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Fides et Ratio

LETTERA ENCICLICA
FIDES ET RATIO
DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA
CIRCA I RAPPORTI
TRA FEDE E RAGIONE

Venerati Fratelli nell'Episcopato
salute e Apostolica Benedizione!

La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umanos'innalza verso la contemplazione della verità. E Dio ad aver postonel cuore dell'uomo il desiderio di conoscere la verità eindefinitivadi conoscere Lui perchéconoscendolo e amandolopossagiungere anche alla piena verità su se stesso (cfr Es 3318; Sal 27 [26]8-9; 63 [62]2-3; Gv 148; 1 Gv32).

INTRODUZIONE

« CONOSCI TE STESSO »

1. Sia in Oriente che in Occidenteè possibile ravvisare uncammino chenel corso dei secoliha portato l'umanità aincontrarsi progressivamente con la verità e a confrontarsi conessa. E un cammino che s'è svolto — né poteva esserealtrimenti — entro l'orizzonte dell'autocoscienza personale: piùl'uomo conosce la realtà e il mondo e più conosce se stessonella sua unicitàmentre gli diventa sempre più impellentela domanda sul senso delle cose e della sua stessa esistenza.

Quanto viene a porsi come oggetto della nostra conoscenza diventa per ciòstesso parte della nostra vita. Il monito Conosci te stesso erascolpito sull'architrave del tempio di Delfia testimonianza di una veritàbasilare che deve essere assunta come regola minima da ogni uomodesideroso di distinguersiin mezzo a tutto il creatoqualificandosicome « uomo » appunto in quanto « conoscitore di se stesso ».

Un semplice sguardo alla storia anticad'altrondemostra con chiarezzacome in diverse parti della terrasegnate da culture differentisorganonello stesso tempo le domande di fondo che caratterizzano il percorsodell'esistenza umana: chi sono? da dove vengo e dove vado? perchéla presenza del male? cosa ci sarà dopo questa vita? Questiinterrogativi sono presenti negli scritti sacri di Israelema compaionoanche nei Veda non meno che negli Avesta; li troviamo negli scritti diConfucio e Lao-Tze come pure nella predicazione dei Tirthankara e diBuddha; sono ancora essi ad affiorare nei poemi di Omero e nelle tragediedi Euripide e Sofocle come pure nei trattati filosofici di Platone edAristotele. Sono domande che hanno la loro comune scaturigine nellarichiesta di senso che da sempre urge nel cuore dell'uomo: dalla rispostaa tali domandeinfattidipende l'orientamento da imprimereall'esistenza.

2. La Chiesa non è estraneané può esserloaquesto cammino di ricerca. Da quandonel Mistero pasqualeha ricevuto indono la verità ultima sulla vita dell'uomoessa s'è fattapellegrina per le strade del mondo per annunciare che Gesù Cristo è« la viala verità e la vita » (Gv 146). Tra idiversi servizi che essa deve offrire all'umanitàuno ve n'èche la vede responsabile in modo del tutto peculiare: è la diaconiaalla verità.(1) Questa missioneda una parterende la comunitàcredente partecipe dello sforzo comune che l'umanità compie perraggiungere la verità; (2) dall'altrala obbliga a farsi caricodell'annuncio delle certezze acquisitepur nella consapevolezza che ogniverità raggiunta è sempre solo una tappa verso quella pienaverità che si manifesterà nella rivelazione ultima di Dio: «Ora vediamo come in uno specchioin maniera confusa; ma allora vedremofaccia a faccia. Ora conosco in modo imperfettoma allora conosceròperfettamente » (1 Cor 1312).

3. Molteplici sono le risorse che l'uomo possiede per promuovere ilprogresso nella conoscenza della veritàcosì da rendere lapropria esistenza sempre più umana. Tra queste emerge la filosofiache contribuisce direttamente a porre la domanda circa il senso della vitae ad abbozzarne la risposta: essapertantosi configura come uno deicompiti più nobili dell'umanità. Il termine filosofiasecondo l'etimologia grecasignifica « amore per la saggezza ».Di fattola filosofia è nata e si è sviluppata nel momentoin cui l'uomo ha iniziato a interrogarsi sul perché delle cose esul loro fine. In modi e forme differentiessa mostra che il desiderio diverità appartiene alla stessa natura dell'uomo. E una proprietànativa della sua ragione interrogarsi sul perché delle coseanchese le risposte via via date si inseriscono in un orizzonte che rendeevidente la complementarità delle differenti culture in cui l'uomovive.

La forte incidenza che la filosofia ha avuto nella formazione e nellosviluppo delle culture in Occidente non deve farci dimenticare l'influssoche essa ha esercitato anche nei modi di concepire l'esistenza di cui vivel'Oriente. Ogni popoloinfattipossiede una sua indigena e originariasaggezza chequale autentica ricchezza delle culturetende a esprimersie a maturare anche in forme prettamente filosofiche. Quanto questo siavero lo dimostra il fatto che una forma basilare di sapere filosoficopresente fino ai nostri giorniè verificabile perfino neipostulati a cui le diverse legislazioni nazionali e internazionali siispirano nel regolare la vita sociale.

4. Ècomunqueda rilevare che dietro un unico termine sinascondono significati differenti. Un'esplicitazione preliminare si rendepertanto necessaria. Spinto dal desiderio di scoprire la veritàultima dell'esistenzal'uomo cerca di acquisire quelle conoscenzeuniversali che gli consentono di comprendersi meglio e di progredire nellarealizzazione di sé. Le conoscenze fondamentali scaturiscono dallameraviglia suscitata in lui dalla contemplazione del creato:l'essere umano è colto dallo stupore nello scoprirsi inserito nelmondoin relazione con altri suoi simili dei quali condivide il destino.Parte di qui il cammino che lo porterà poi alla scoperta diorizzonti di conoscenza sempre nuovi. Senza meraviglia l'uomo cadrebbenella ripetitività epoco alla voltadiventerebbe incapace diun'esistenza veramente personale.

La capacità speculativache è propria dell'intellettoumanoporta ad elaboraremediante l'attività filosoficaunaforma di pensiero rigoroso e a costruire cosìcon la coerenzalogica delle affermazioni e l'organicità dei contenutiun saperesistematico. Grazie a questo processoin differenti contesti culturali ein diverse epochesi sono raggiunti risultati che hanno portatoall'elaborazione di veri sistemi di pensiero. Storicamente ciò haspesso esposto alla tentazione di identificare una sola corrente conl'intero pensiero filosofico. E però evidente chein questi casientra in gioco una certa « superbia filosofica » che pretende dierigere la propria visione prospettica e imperfetta a lettura universale.In realtàogni sistema filosoficopur rispettato semprenella sua interezza senza strumentalizzazioni di sortadeve riconoscerela priorità del pensare filosoficoda cui trae origine e acui deve servire in forma coerente.

In questo senso è possibile riconoscerenonostante il mutare deitempi e i progressi del sapereun nucleo di conoscenze filosofiche la cuipresenza è costante nella storia del pensiero. Si pensisolo comeesempioai principi di non contraddizionedi finalitàdicausalitàcome pure alla concezione della persona come soggettolibero e intelligente e alla sua capacità di conoscere Diolaveritàil bene; si pensi inoltre ad alcune norme moralifondamentali che risultano comunemente condivise. Questi e altri temiindicano chea prescindere dalle correnti di pensieroesiste un insiemedi conoscenze in cui è possibile ravvisare una sorta di patrimoniospirituale dell'umanità. E come se ci trovassimo dinanzi a una filosofiaimplicita per cui ciascuno sente di possedere questi principianchese in forma generica e non riflessa. Queste conoscenzeproprio perchécondivise in qualche misura da tuttidovrebbero costituire come un puntodi riferimento delle diverse scuole filosofiche. Quando la ragione riescea intuire e a formulare i principi primi e universali dell'essere e a farcorrettamente scaturire da questi conclusioni coerenti di ordine logico edeontologicoallora può dirsi una ragione retta ocome lachiamavano gli antichiorthòs logosrecta ratio.

5. La Chiesada parte suanon può che apprezzare l'impegnodella ragione per il raggiungimento di obiettivi che rendano l'esistenzapersonale sempre più degna. Essa infatti vede nella filosofia lavia per conoscere fondamentali verità concernenti l'esistenzadell'uomo. Al tempo stessoconsidera la filosofia un aiuto indispensabileper approfondire l'intelligenza della fede e per comunicare la veritàdel Vangelo a quanti ancora non la conoscono.

Facendo pertanto seguito ad analoghe iniziative dei miei Predecessoridesidero anch'io rivolgere lo sguardo a questa peculiare attivitàdella ragione. Mi ci spinge il rilievo chesoprattutto ai nostri giornila ricerca della verità ultima appare spesso offuscata. Senzadubbio la filosofia moderna ha il grande merito di aver concentrato la suaattenzione sull'uomo. A partire da quiuna ragione carica diinterrogativi ha sviluppato ulteriormente il suo desiderio di conosceresempre di più e sempre più a fondo. Sono stati cosìcostruiti sistemi di pensiero complessiche hanno dato i loro frutti neidiversi ambiti del saperefavorendo lo sviluppo della cultura e dellastoria. L'antropologiala logicale scienze della naturala storiaillinguaggio...in qualche modo l'intero universo del sapere è statoabbracciato. I positivi risultati raggiunti non devonotuttaviaindurrea trascurare il fatto che quella stessa ragioneintenta ad indagare inmaniera unilaterale sull'uomo come soggettosembra aver dimenticato chequesti è pur sempre chiamato ad indirizzarsi verso una veritàche lo trascende. Senza il riferimento ad essaciascuno resta in baliadell'arbitrio e la sua condizione di persona finisce per essere valutatacon criteri pragmatici basati essenzialmente sul dato sperimentalenell'errata convinzione che tutto deve essere dominato dalla tecnica. Ecosì accaduto cheinvece di esprimere al meglio la tensione versola veritàla ragione sotto il peso di tanto sapere si ècurvata su se stessa diventandogiorno dopo giornoincapace di sollevarelo sguardo verso l'alto per osare di raggiungere la veritàdell'essere. La filosofia modernadimenticando di orientare la suaindagine sull'essereha concentrato la propria ricerca sulla conoscenzaumana. Invece di far leva sulla capacità che l'uomo ha di conoscerela veritàha preferito sottolinearne i limiti e i condizionamenti.

Ne sono derivate varie forme di agnosticismo e di relativismoche hannoportato la ricerca filosofica a smarrirsi nelle sabbie mobili di ungenerale scetticismo. Di recentepoihanno assunto rilievo diversedottrine che tendono a svalutare perfino quelle verità che l'uomoera certo di aver raggiunte. La legittima pluralità di posizioni haceduto il posto ad un indifferenziato pluralismofondato sull'assunto chetutte le posizioni si equivalgono: è questo uno dei sintomi piùdiffusi della sfiducia nella verità che è dato verificarenel contesto contemporaneo. A questa riserva non sfuggono neppure alcuneconcezioni di vita che provengono dall'Oriente; in esseinfattisi negaalla verità il suo carattere esclusivopartendo dal presuppostoche essa si manifesta in modo uguale in dottrine diversepersinocontraddittorie tra di loro. In questo orizzontetutto è ridotto aopinione. Si ha l'impressione di un movimento ondivago: la riflessionefilosofica mentreda una parteè riuscita a immettersi sullastrada che la rende sempre più vicina all'esistenza umana e allesue forme espressivedall'altratende a sviluppare considerazioniesistenzialiermeneutiche o linguistiche che prescindono dalla questioneradicale circa la verità della vita personaledell'essere e diDio. Di conseguenzasono emersi nell'uomo contemporaneoe non soltantopresso alcuni filosofiatteggiamenti di diffusa sfiducia nei confrontidelle grandi risorse conoscitive dell'essere umano. Con falsa modestia cisi accontenta di verità parziali e provvisoriesenza piùtentare di porre domande radicali sul senso e sul fondamento ultimo dellavita umanapersonale e sociale. E venuta menoinsommala speranza dipoter ricevere dalla filosofia risposte definitive a tali domande.

6. Forte della competenza che le deriva dall'essere depositaria dellaRivelazione di Gesù Cristola Chiesa intende riaffermare lanecessità della riflessione sulla verità. E per questomotivo che ho deciso di rivolgermi a voiVenerati Confratellinell'Episcopatocon i quali condivido la missione di annunziare «apertamente la verità » (2 Cor 42)come pure aiteologi e ai filosofi a cui spetta il dovere di indagare sui diversiaspetti della veritàed anche alle persone che sono in ricercaper partecipare alcune riflessioni sul cammino che conduce alla verasapienzaaffinché chiunque ha nel cuore l'amore per essa possaintraprendere la giusta strada per raggiungerla e trovare in essa riposoalla sua fatica e gaudio spirituale.

Mi spinge a questa iniziativaanzituttola consapevolezza che vieneespressa dalle parole del Concilio Vaticano IIquando afferma che iVescovi sono « testimoni della divina e cattolica verità ».(3)Testimoniare la verità èdunqueun compito che èstato affidato a noi Vescovi; ad esso non possiamo rinunciare senza venirmeno al ministero che abbiamo ricevuto. Riaffermando la veritàdella fedepossiamo ridare all'uomo del nostro tempo genuina fiducianelle sue capacità conoscitive e offrire alla filosofia unaprovocazione perché possa recuperare e sviluppare la sua pienadignità.

Un ulteriore motivo mi induce a stendere queste riflessioni. NellaLettera enciclica Veritatis splendorho richiamato l'attenzionesu « alcune verità fondamentali della dottrina cattolica chenell'attuale contesto rischiano di essere deformate o negate ».(4)Con la presente Letteradesidero continuare quella riflessioneconcentrando l'attenzione sul tema stesso della verità esul suo fondamento in rapporto alla fede. Non si puònegareinfattiche questo periodo di rapidi e complessi cambiamentiesponga soprattutto le giovani generazionia cui appartiene e da cuidipende il futuroalla sensazione di essere prive di autentici punti diriferimento. L'esigenza di un fondamento su cui costruire l'esistenzapersonale e sociale si fa sentire in maniera pressante soprattutto quandosi è costretti a costatare la frammentarietà di proposte cheelevano l'effimero al rango di valoreilludendo sulla possibilitàdi raggiungere il vero senso dell'esistenza. Accade così che moltitrascinano la loro vita fin quasi sull'orlo del baratrosenza sapere ache cosa vanno incontro. Ciò dipende anche dal fatto che talvoltachi era chiamato per vocazione a esprimere in forme culturali il fruttodella propria speculazioneha distolto lo sguardo dalla veritàpreferendo il successo nell'immediato alla fatica di una indagine pazientesu ciò che merita di essere vissuto. La filosofiache ha la granderesponsabilità di formare il pensiero e la cultura attraverso ilrichiamo perenne alla ricerca del verodeve recuperare con forza la suavocazione originaria. E per questo che ho sentito non solo l'esigenzamaanche il dovere di intervenire su questo temaperché l'umanitàalla soglia del terzo millennio dell'era cristianaprenda piùchiara coscienza delle grandi risorse che le sono state concessees'impegni con rinnovato coraggio nell'attuazione del piano di salvezza nelquale è inserita la sua storia.

CAPITOLO I

LA RIVELAZIONE
DELLA SAPIENZA DI DIO

Gesù rivelatore del Padre

7. Alla base di ogni riflessione che la Chiesa compie vi è laconsapevolezza di essere depositaria di un messaggio che ha la sua originein Dio stesso (cfr 2 Cor 41-2). La conoscenza che essa proponeall'uomo non le proviene da una sua propria speculazionefosse anche lapiù altama dall'aver accolto nella fede la parola di Dio (cfr1 Tess 213). All'origine del nostro essere credenti vi èun incontrounico nel suo genereche segna il dischiudersi di un misteronascosto nei secoli (cfr 1 Cor 27; Rm 1625-26)ma orarivelato: « Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarese stesso e far conoscere il mistero della sua volontà (cfr Ef19)mediante il quale gli uomini per mezzo di CristoVerbo fattocarnenello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipidella divina natura ».(5) Equestaun'iniziativa pienamentegratuitache parte da Dio per raggiungere l'umanità e salvarla.Dioin quanto fonte di amoredesidera farsi conosceree la conoscenzache l'uomo ha di lui porta a compimento ogni altra vera conoscenza che lasua mente è in grado di raggiungere circa il senso della propriaesistenza.

8. Riprendendo quasi alla lettera l'insegnamento offerto dallaCostituzione Dei Filius del Concilio Vaticano I e tenendo contodei principi proposti dal Concilio Tridentinola Costituzione DeiVerbum del Vaticano II ha proseguito il secolare cammino di intelligenzadella federiflettendo sulla Rivelazione alla luce dell'insegnamentobiblico e dell'intera tradizione patristica. Nel primo Concilio Vaticanoi Padri avevano sottolineato il carattere soprannaturale della rivelazionedi Dio. La critica razionalistache in quel periodo veniva mossa controla fede sulla base di tesi errate e molto diffuseverteva sulla negazionedi ogni conoscenza che non fosse frutto delle capacità naturalidella ragione. Questo fatto aveva obbligato il Concilio a ribadire conforza cheoltre alla conoscenza propria della ragione umanacapace persua natura di giungere fino al Creatoreesiste una conoscenza che èpeculiare della fede. Questa conoscenza esprime una verità che sifonda sul fatto stesso di Dio che si rivelaed è veritàcertissima perché Dio non inganna né vuole ingannare.(6)

9. Il Concilio Vaticano Idunqueinsegna che la veritàraggiunta per via di riflessione filosofica e la verità dellaRivelazione non si confondononé l'una rende superflua l'altra: «Esistono due ordini di conoscenzadistinti non solo per il loroprincipioma anche per il loro oggetto: per il loro principioperchénell'uno conosciamo con la ragione naturalenell'altro con la fededivina; per l'oggettoperché oltre le verità che la ragionenaturale può capireci è proposto di vedere i misterinascosti in Dioche non possono essere conosciuti se non sono rivelatidall'alto ».(7) La fedeche si fonda sulla testimonianza di Dio e siavvale dell'aiuto soprannaturale della graziaè effettivamente diun ordine diverso da quello della conoscenza filosofica. Questainfattipoggia sulla percezione dei sensisull'esperienza e si muove alla lucedel solo intelletto. La filosofia e le scienze spaziano nell'ordine dellaragione naturalementre la fedeilluminata e guidata dallo Spiritoriconosce nel messaggio della salvezza la « pienezza di grazia e diverità » (cfr Gv 114) che Dio ha voluto rivelarenella storia e in maniera definitiva per mezzo di suo Figlio GesùCristo (cfr 1 Gv 59; Gv 531-32).

10. Al Concilio Vaticano II i Padripuntando lo sguardo su Gesùrivelatorehanno illustrato il carattere salvifico della rivelazione diDio nella storia e ne hanno espresso la natura nel modo seguente: «Con questa rivelazioneDio invisibile (cfr Col 115; 1 Tm117) nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici (cfr Es3311; Gv 1514-15) e si intrattiene con essi (cfr Bar338) per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé.Questa economia della Rivelazione avviene con eventi e parole intimamenteconnessi tra loroin modo che le operecompiute da Dio nella storiadella salvezzamanifestano e rafforzano la dottrina e le realtàsignificate dalle parolee le parole dichiarano le opere e chiariscono ilmistero in esse contenuto. La profonda veritàpoisu Dio e sullasalvezza degli uominiper mezzo di questa Rivelazione risplende a noi inCristoil quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta larivelazione ».(8)

11. La rivelazione di Diodunquesi inserisce nel tempo e nellastoria. L'incarnazione di Gesù Cristoanziavviene nella «pienezza del tempo » (Gal 44). A duemila anni di distanzada quell'eventosento il dovere di riaffermare con forza che « nelcristianesimo il tempo ha un'importanza fondamentale ».(9) In essoinfattiviene alla luce l'intera opera della creazione e della salvezzaesoprattuttoemerge il fatto che con l'incarnazione del Figlio di Dionoi viviamo e anticipiamo fin da ora ciò che sarà ilcompimento del tempo (cfr Eb 12).

La verità che Dio ha consegnato all'uomo su se stesso e sulla suavita si inseriscequindinel tempo e nella storia. Certoessa èstata pronunciata una volta per tutte nel mistero di Gesù diNazareth. Lo dice con parole eloquenti la Costituzione Dei Verbum:« Diodopo avere a più riprese e in più modi parlatoper mezzo dei Profeti“alla finenei nostri giorniha parlato anoi per mezzo del Figlio” (Eb 11-2). Mandò infattisuo Figliocioè il Verbo eternoche illumina tutti gli uominiaffinché dimorasse tra gli uomini e ad essi spiegasse i segreti diDio (cfr Gv 11-18). Gesù CristoVerbo fattocarnemandato come “uomo agli uomini”“parla le parole diDio” (Gv 334) e porta a compimento l'opera di salvezzaaffidatagli dal Padre (cfr Gv 536; 174). Perciò Eglivedendo il quale si vede anche il Padre (cfr Gv 149)con tuttala sua presenza e con la manifestazione di sécon le parole e conle operecon i segni e con i miracolie specialmente con la sua morte ela gloriosa risurrezione di tra i mortie infine con l'invio delloSpirito di veritàcompie e completa la Rivelazione ».(10)

La storiapertantocostituisce per il Popolo di Dio un cammino dapercorrere interamentecosì che la verità rivelata esprimain pienezza i suoi contenuti grazie all'azione incessante dello SpiritoSanto (cfr Gv 1613). Lo insegnaancora una voltalaCostituzione Dei Verbum quando afferma che « la Chiesanelcorso dei secolitende incessantemente alla pienezza della veritàdivinafinché in essa giungano a compimento le parole di Dio ».(11)

12. La storiaquindidiventa il luogo in cui possiamo costatarel'agire di Dio a favore dell'umanità. Egli ci raggiunge in ciòche per noi è più familiare e facile da verificareperchécostituisce il nostro contesto quotidianosenza il quale non riusciremmoa comprenderci.

L'incarnazione del Figlio di Dio permette di vedere attuata la sintesidefinitiva che la mente umanapartendo da sénon avrebbe neppurepotuto immaginare: l'Eterno entra nel tempoil Tutto si nasconde nelframmentoDio assume il volto dell'uomo. La verità espressa nellaRivelazione di Cristodunquenon è più rinchiusa in unristretto ambito territoriale e culturalema si apre a ogni uomo e donnache voglia accoglierla come parola definitivamente valida per dare sensoall'esistenza. Oratutti hanno in Cristo accesso al Padre; con la suamorte e risurrezioneinfattiEgli ha donato la vita divina che il primoAdamo aveva rifiutato (cfr Rm 512-15). Con questa Rivelazioneviene offerta all'uomo la verità ultima sulla propria vita e suldestino della storia: « In realtà solamente nel mistero delVerbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo »afferma laCostituzione Gaudium et spes.(12) Al di fuori di questaprospettiva il mistero dell'esistenza personale rimane un enigmainsolubile. Dove l'uomo potrebbe cercare la risposta ad interrogatividrammatici come quelli del doloredella sofferenza dell'innocente e dellamortese non nella luce che promana dal mistero della passionemorte erisurrezione di Cristo?

La ragione dinanzi al mistero

13. Non saràcomunqueda dimenticare che la Rivelazione permanecarica di mistero. Certocon tutta la sua vita Gesù rivela ilvolto del Padreessendo Egli venuto per spiegare i segreti di Dio; (13)eppurela conoscenza che noi abbiamo di tale volto è sempresegnata dalla frammentarietà e dal limite del nostro comprendere.Solo la fede permette di entrare all'interno del misterofavorendone lacoerente intelligenza.

Insegna il Concilio che « a Dio che si rivela è dovutal'obbedienza della fede ».(14) Con questa breve ma densaaffermazioneviene indicata una fondamentale verità delcristianesimo. Si diceanzituttoche la fede è risposta diobbedienza a Dio. Ciò comporta che Egli venga riconosciuto nellasua divinitàtrascendenza e libertà suprema. Il Dio che sifa conoscerenell'autorità della sua assoluta trascendenzaportaanche con sé la credibilità dei contenuti che rivela. Con lafedel'uomo dona il suo assenso a tale testimonianza divina. Ciòsignifica che riconosce pienamente e integralmente la verità diquanto rivelatoperché è Dio stesso che se ne fa garante.Questa veritàdonata all'uomo e da lui non esigibilesi inseriscenel contesto della comunicazione interpersonale e spinge la ragione adaprirsi ad essa e ad accoglierne il senso profondo. E per questo chel'atto con il quale ci si affida a Dio è sempre stato consideratodalla Chiesa come un momento di scelta fondamentalein cui tutta lapersona è coinvolta. Intelletto e volontà esercitano almassimo la loro natura spirituale per consentire al soggetto di compiereun atto in cui la libertà personale è vissuta in manierapiena.(15) Nella fedequindila libertà non èsemplicemente presente: è esigita. E la fedeanziche permette aciascuno di esprimere al meglio la propria libertà. In altreparolela libertà non si realizza nelle scelte contro Dio. Comeinfatti potrebbe essere considerato un uso autentico della libertàil rifiuto di aprirsi verso ciò che permette la realizzazione di sestessi? E nel credere che la persona compie l'atto piùsignificativo della propria esistenza; quiinfattila libertàraggiunge la certezza della verità e decide di vivere in essa.

In aiuto alla ragioneche cerca l'intelligenza del misterovengonoanche i segni presenti nella Rivelazione. Essi servono a condurre piùa fondo la ricerca della verità e a permettere che la mente possaautonomamente indagare anche all'interno del mistero. Questi segnicomunquese da una parte danno maggior forza alla ragioneperchéle consentono di ricercare all'interno del mistero con i suoi propri mezzidi cui è giustamente gelosadall'altra la spingono a trascenderela loro realtà di segni per raccoglierne il significato ulterioredi cui sono portatori. In essipertantoè già presente unaverità nascosta a cui la mente è rinviata e da cui non puòprescindere senza distruggere il segno stesso che le viene proposto.

Si è rimandatiin qualche modoall'orizzonte sacramentaledella Rivelazione ein particolareal segno eucaristico dove l'unitàinscindibile tra la realtà e il suo significato permette dicogliere la profondità del mistero. Cristo nell'Eucaristia èveramente presente e vivoopera con il suo Spiritomacome aveva bendetto san Tommaso« tu non vedinon comprendima la fede ticonfermaoltre la natura. E un segno ciò che appare: nasconde nelmistero realtà sublimi ».(16) Gli fa eco il filosofo Pascal: «Come Gesù Cristo è rimasto sconosciuto tra gli uominicosìla sua verità restatra le opinioni comunisenza differenzaesteriore. Così resta l'Eucaristia tra il pane comune ».(17)

La conoscenza di fedeinsommanon annulla il mistero; solo lo rende piùevidente e lo manifesta come fatto essenziale per la vita dell'uomo:Cristo Signore « rivelando il mistero del Padre e del suo amore svelaanche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione»(18) che è quella di partecipare al mistero della vitatrinitaria di Dio.(19)

14. L'insegnamento dei due Concili Vaticani apre un vero orizzonte dinovità anche per il sapere filosofico. La Rivelazione immette nellastoria un punto di riferimento da cui l'uomo non può prescinderese vuole arrivare a comprendere il mistero della sua esistenza; dall'altraparteperòquesta conoscenza rinvia costantemente al mistero diDio che la mente non può esaurirema solo ricevere e accoglierenella fede. All'interno di questi due momentila ragione possiede un suospazio peculiare che le permette di indagare e comprenderesenza esserelimitata da null'altro che dalla sua finitezza di fronte al misteroinfinito di Dio.

La Rivelazionepertantoimmette nella nostra storia una veritàuniversale e ultima che provoca la mente dell'uomo a non fermarsi mai; laspingeanziad allargare continuamente gli spazi del proprio sapere finoa quando non avverte di avere compiuto quanto era in suo poteresenzanulla tralasciare. Ci viene in aiuto per questa riflessione una delleintelligenze più feconde e significative della storia dell'umanitàa cui fanno doveroso riferimento sia la filosofia che la teologia:sant'Anselmo. Nel suo Proslogionl'Arcivescovo di Canterbury cosìsi esprime: « Volgendo spesso e con impegno il mio pensiero a questoproblemaa volte mi sembrava di poter ormai afferrare ciò checercavoaltre volte invece sfuggiva completamente al mio pensiero; finchéfinalmentedisperando di poterlo trovarevolli smettere di ricercarequalcosa che era impossibile trovare. Ma quando volli scacciare da me quelpensiero perchéoccupando la mia mentenon mi distogliesse daaltri problemi dai quali potevo ricavare qualche profittoallora cominciòa presentarsi con sempre maggior importunità [...]. Ma povero meuno dei poveri figli di Evalontani da Dioche cosa ho cominciato a faree a che cosa sono riuscito? A che cosa tendevo e a che cosa sono giunto? Ache cosa aspiravo e di che sospiro? [...]. O Signoretu non solo sei ciòdi cui non si può pensare nulla di più grande (non solumes quo maius cogitari nequit)ma sei più grande di tutto ciòche si possa pensare (quiddam maius quam cogitari possit) [...].Se tu non fossi talesi potrebbe pensare qualcosa più grande ditema questo è impossibile ».(20)

15. La verità della Rivelazione cristianache si incontra in Gesùdi Nazarethpermette a chiunque di accogliere il « mistero »della propria vita. Come verità supremaessamentre rispettal'autonomia della creatura e la sua libertàla impegna ad aprirsialla trascendenza. Qui il rapporto libertà e verità diventasommo e si comprende in pienezza la parola del Signore: « Conosceretela verità e la verità vi farà liberi » (Gv832).

La Rivelazione cristiana è la vera stella di orientamento perl'uomo che avanza tra i condizionamenti della mentalitàimmanentistica e le strettoie di una logica tecnocratica; èl'ultima possibilità che viene offerta da Dio per ritrovare inpienezza il progetto originario di amoreiniziato con la creazione.All'uomo desideroso di conoscere il verose ancora è capace diguardare oltre se stesso e di innalzare lo sguardo al di là deipropri progettiè data la possibilità di recuperare ilgenuino rapporto con la sua vitaseguendo la strada della verità.Le parole del Deuteronomio bene si possono applicare a questasituazione: « Questo comando che oggi ti ordino non è troppoalto per tené troppo lontano da te. Non è nel cielo perchétu dica: Chi salirà per noi in cielo per prendercelo e farceloudire sì che lo possiamo eseguire? Non è di là dalmareperché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare perprendercelo e farcelo udire sì che lo possiamo eseguire? Anziquesta parola è molto vicina a teè nella tua bocca e neltuo cuoreperché tu la metta in pratica » (3011-14). Aquesto testo fa eco il famoso pensiero del santo filosofo e teologoAgostino: « Noli foras irein te ipsum redi. In interiore hominehabitat veritas ».(21)

Alla luce di queste considerazioniuna prima conclusione si impone: laverità che la Rivelazione ci fa conoscere non è il fruttomaturo o il punto culminante di un pensiero elaborato dalla ragione. Essainvecesi presenta con la caratteristica della gratuitàproducepensiero e chiede di essere accolta come espressione di amore. Questaverità rivelata è anticipoposto nella nostra storiadiquella visione ultima e definitiva di Dio che è riservata a quanticredono in lui o lo ricercano con cuore sincero. Il fine ultimodell'esistenza personaledunqueè oggetto di studio sia dellafilosofia che della teologia. Ambedueanche se con mezzi e contenutidiversiprospettano questo « sentiero della vita » (Sal16 [15]11) checome la fede ci diceha il suo sbocco ultimo nellagioia piena e duratura della contemplazione del Dio Uno e Trino.

CAPITOLO II

CREDO UT INTELLEGAM

« La sapienza tutto conosce e tutto comprende » (Sap911)

16. Quanto profondo sia il legame tra la conoscenza di fede e quella diragione è indicato già nella Sacra Scrittura con spunti disorprendente chiarezza. Lo documentano soprattutto i Libri sapienziali.Ciò che colpisce nella letturafatta senza preconcettidi questepagine della Scrittura è il fatto che in questi testi vengaracchiusa non soltanto la fede di Israelema anche il tesoro di civiltàe di culture ormai scomparse. Quasi per un disegno particolarel'Egitto ela Mesopotamia fanno sentire di nuovo la loro voce ed alcuni tratti comunidelle culture dell'antico Oriente vengono riportati in vita in questepagine ricche di intuizioni singolarmente profonde.

Non è un caso chenel momento in cui l'autore sacro vuoledescrivere l'uomo saggiolo dipinga come colui che ama e ricerca la verità:« Beato l'uomo che medita sulla sapienza e ragiona conl'intelligenzaconsidera nel cuore le sue viene penetra con la mente isegreti. La insegue come uno che segue una pistasi apposta sui suoisentieri. Egli spia alle sue finestre e sta ad ascoltare alla sua porta.Fa sosta vicino alla sua casa e fissa un chiodo nelle sue pareti; alza lapropria tenda presso di essa e si ripara in un rifugio di benessere; mettei propri figli sotto la sua protezione e sotto i suoi rami soggiorna; daessa sarà protetto contro il caldoegli abiterà all'ombradella sua gloria » (Sir 1420-27).

Per l'autore ispiratocome si vedeil desiderio di conoscere èuna caratteristica che accomuna tutti gli uomini. Grazie all'intelligenzaè data a tuttisia credenti che non credentila possibilitàdi « attingere alle acque profonde » della conoscenza (cfr Pro205). Certonell'antico Israele la conoscenza del mondo e dei suoifenomeni non avveniva per via di astrazionecome per il filosofo ionico oil saggio egiziano. Ancor meno il buon israelita concepiva la conoscenzacon i parametri propri dell'epoca modernatesa maggiormente alladivisione del sapere. Nonostante questoil mondo biblico ha fattoconfluire nel grande mare della teoria della conoscenza il suo apportooriginale.

Quale? La peculiarità che distingue il testo biblico consistenella convinzione che esista una profonda e inscindibile unità trala conoscenza della ragione e quella della fede. Il mondo e ciò cheaccade in essocome pure la storia e le diverse vicende del popolosonorealtà che vengono guardateanalizzate e giudicate con i mezzipropri della ragionema senza che la fede resti estranea a questoprocesso. Essa non interviene per umiliare l'autonomia della ragione o perridurne lo spazio di azionema solo per far comprendere all'uomo che inquesti eventi si rende visibile e agisce il Dio di Israele. Conoscere afondo il mondo e gli avvenimenti della storia non èpertantopossibile senza confessare al contempo la fede in Dio che in essi opera.La fede affina lo sguardo interiore aprendo la mente a scoprirenelfluire degli eventila presenza operante della Provvidenza.Un'espressione del libro dei Proverbi è significativa in proposito:« La mente dell'uomo pensa molto alla sua viama il Signore dirige isuoi passi » (169). Come direl'uomo con la luce della ragione sariconoscere la sua stradama la può percorrere in maniera speditasenza ostacoli e fino alla finese con animo retto inserisce la suaricerca nell'orizzonte della fede. La ragione e la fedepertantononpossono essere separate senza che venga meno per l'uomo la possibilitàdi conoscere in modo adeguato se stessoil mondo e Dio.

17. Non ha dunque motivo di esistere competitività alcuna tra laragione e la fede: l'una è nell'altrae ciascuna ha un suo spazioproprio di realizzazione. E sempre il libro dei Proverbi che orienta inquesta direzione quando esclama: « E gloria di Dio nascondere lecoseè gloria dei re investigarle » (Pro 252). Dioe l'uomonel loro rispettivo mondosono posti in un rapporto unico. InDio risiede l'origine di ogni cosain Lui si raccoglie la pienezza delmisteroe questo costituisce la sua gloria; all'uomo spetta il compito diinvestigare con la sua ragione la veritàe in ciò consistela sua nobiltà. Un'ulteriore tessera a questo mosaico èaggiunta dal Salmista quando prega dicendo: « Quanto profondi per mei tuoi pensieriquanto grande il loro numeroo Dio; se li conto sono piùdella sabbiase li credo finiticon te sono ancora » (139 [138]17-18). Il desiderio di conoscere è così grande e comportaun tale dinamismoche il cuore dell'uomopur nell'esperienza del limiteinvalicabilesospira verso l'infinita ricchezza che sta oltreperchéintuisce che in essa è custodita la risposta appagante per ogniquestione ancora irrisolta.

18. Possiamo direpertantoche Israele con la sua riflessione hasaputo aprire alla ragione la via verso il mistero. Nella rivelazione diDio ha potuto scandagliare in profondità quanto con la ragionecercava di raggiungere senza riuscirvi. A partire da questa piùprofonda forma di conoscenzail popolo eletto ha capito che la ragionedeve rispettare alcune regole di fondo per poter esprimere al meglio lapropria natura. Una prima regola consiste nel tener conto del fatto che laconoscenza dell'uomo è un cammino che non ha sosta; la secondanasce dalla consapevolezza che su tale strada non ci si può porrecon l'orgoglio di chi pensa che tutto sia frutto di personale conquista;una terza si fonda nel « timore di Dio »del quale la ragionedeve riconoscere la sovrana trascendenza ed insieme il provvido amore nelgoverno del mondo.

Quando s'allontana da queste regolel'uomo s'espone al rischio delfallimento e finisce per trovarsi nella condizione dello « stolto ».Per la Bibbiain questa stoltezza è insita una minaccia per lavita. Lo stolto infatti si illude di conoscere molte cosema in realtànon è capace di fissare lo sguardo su quelle essenziali. Ciògli impedisce di porre ordine nella sua mente (cfr Pro 17) e diassumere un atteggiamento adeguato nei confronti di se stesso edell'ambiente circostante. Quando poi giunge ad affermare « Dio nonesiste » (cfr Sal 14 [13]1)rivela con definitivachiarezza quanto la sua conoscenza sia carente e quanto lontano egli siadalla verità piena sulle cosesulla loro origine e sul lorodestino.

19. Alcuni testi importantiche gettano ulteriore luce su questoargomentosono contenuti nel Libro della Sapienza. In essi l'Autore sacroparla di Dio che si fa conoscere anche attraverso la natura. Per gliantichi lo studio delle scienze naturali coincideva in gran parte con ilsapere filosofico. Dopo aver affermato che con la sua intelligenza l'uomoè in grado di « comprendere la struttura del mondo e la forzadegli elementi [...] il ciclo degli anni e la posizione degli astrilanatura degli animali e l'istinto delle fiere » (Sap 717.19-20)in una parolache è capace di filosofareil testosacro compie un passo in avanti di grande rilievo. Ricuperando il pensierodella filosofia grecaa cui sembra riferirsi in questo contestol'Autoreafferma cheproprio ragionando sulla naturasi può risalire alCreatore: « Dalla grandezza e bellezza delle creatureper analogiasi conosce l'autore » (Sap 135). Viene quindi riconosciutoun primo stadio della Rivelazione divinacostituito dal meraviglioso «libro della natura »leggendo il qualecon gli strumenti propridella ragione umanasi può giungere alla conoscenza del Creatore.Se l'uomo con la sua intelligenza non arriva a riconoscere Dio creatore dituttociò non è dovuto tanto alla mancanza di un mezzoadeguatoquanto piuttosto all'impedimento frapposto dalla sua liberavolontà e dal suo peccato.

20. La ragionein questa prospettivaviene valorizzatama nonsopravvalutata. Quanto essa raggiungeinfattipuò essere veromaacquista pieno significato solamente se il suo contenuto viene posto in unorizzonte più ampioquello della fede: « Dal Signore sonodiretti i passi dell'uomo e come può l'uomo comprendere la propriavia? » (Pro 2024). Per l'Antico Testamentopertantolafede libera la ragione in quanto le permette di raggiungere coerentementeil suo oggetto di conoscenza e di collocarlo in quell'ordine supremo incui tutto acquista senso. In una parolal'uomo con la ragione raggiungela veritàperché illuminato dalla fede scopre il sensoprofondo di ogni cosa ein particolaredella propria esistenza.Giustamentedunquel'autore sacro pone l'inizio della vera conoscenzaproprio nel timore di Dio: « Il timore del Signore è ilprincipio della scienza » (Pro 17; cfr Sir 114).

« Acquista la sapienzaacquista l'intelligenza »(Pro 45)

21. La conoscenzaper l'Antico Testamentonon si fonda soltanto su unaattenta osservazione dell'uomodel mondo e della storiama suppone ancheun indispensabile rapporto con la fede e con i contenuti dellaRivelazione. Qui si trovano le sfide che il popolo eletto ha dovutoaffrontare e a cui ha dato risposta. Riflettendo su questa sua condizionel'uomo biblico ha scoperto di non potersi comprendere se non come «essere in relazione »: con se stessocon il popolocon il mondo econ Dio. Questa apertura al misteroche gli veniva dalla Rivelazioneèstata alla fine per lui la fonte di una vera conoscenzache ha permessoalla sua ragione di immettersi in spazi di infinitoricevendonepossibilità di comprensione fino allora insperate.

Lo sforzo della ricerca non era esenteper l'Autore sacrodalla faticaderivante dallo scontro con i limiti della ragione. Lo si avverteadesempionelle parole con cui il Libro dei Proverbi denuncia la stanchezzadovuta al tentativo di comprendere i misteriosi disegni di Dio (cfr 301-6). Tuttaviamalgrado la faticail credente non si arrende. La forzaper continuare il suo cammino verso la verità gli viene dallacertezza che Dio lo ha creato come un « esploratore » (cfr Qo113)la cui missione è di non lasciare nulla di intentatononostante il continuo ricatto del dubbio. Poggiando su Dioegli restaprotesosempre e dovunqueverso ciò che è bellobuono evero.

22. San Paolonel primo capitolo della sua Lettera ai Romanici aiutaa meglio apprezzare quanto penetrante sia la riflessione dei LibriSapienziali. Sviluppando un'argomentazione filosofica con linguaggiopopolarel'Apostolo esprime una profonda verità: attraverso ilcreato gli « occhi della mente » possono arrivare a conoscereDio. Egliinfattimediante le creature fa intuire alla ragione la sua «potenza » e la sua « divinità » (cfr Rm 120). Alla ragione dell'uomoquindiviene riconosciuta una capacitàche sembra quasi superare gli stessi suoi limiti naturali: non solo essanon è confinata entro la conoscenza sensorialedal momento che puòriflettervi sopra criticamentema argomentando sui dati dei sensi puòanche raggiungere la causa che sta all'origine di ogni realtàsensibile. Con terminologia filosofica potremmo dire chenell'importantetesto paolinoviene affermata la capacità metafisica dell'uomo.

Secondo l'Apostolonel progetto originario della creazione era previstala capacità della ragione di oltrepassare agevolmente il datosensibile per raggiungere l'origine stessa di tutto: il Creatore. Aseguito della disobbedienza con la quale l'uomo scelse di porre se stessoin piena e assoluta autonomia rispetto a Colui che lo aveva creatoquestafacilità di risalita a Dio creatore è venuta meno.

Il Libro della Genesi descrive in maniera plastica questa condizionedell'uomoquando narra che Dio lo pose nel giardino dell'Edenal cuicentro era situato « l'albero della conoscenza del bene e del male »(217). Il simbolo è chiaro: l'uomo non era in grado di discerneree decidere da sé ciò che era bene e ciò che era malema doveva richiamarsi a un principio superiore. La cecitàdell'orgoglio illuse i nostri progenitori di essere sovrani e autonomiedi poter prescindere dalla conoscenza derivante da Dio. Nella lorooriginaria disobbedienza essi coinvolsero ogni uomo e ogni donnaprocurando alla ragione ferite che da allora in poi ne avrebberoostacolato il cammino verso la piena verità. Ormai la capacitàumana di conoscere la verità era offuscata dall'avversione versoColui che della verità è fonte e origine. E ancoral'Apostolo a rivelare quanto i pensieri degli uominia causa del peccatofossero diventati « vani » e i ragionamenti distorti e orientatial falso (cfr Rm 121-22). Gli occhi della mente non erano ormaipiù capaci di vedere con chiarezza: progressivamente la ragione èrimasta prigioniera di se stessa. La venuta di Cristo è statal'evento di salvezza che ha redento la ragione dalla sua debolezzaliberandola dai ceppi in cui essa stessa s'era imprigionata.

23. Il rapporto del cristiano con la filosofiapertantorichiede undiscernimento radicale. Nel Nuovo Testamentosoprattutto nelle Lettere disan Paoloun dato emerge con grande chiarezza: la contrapposizione tra «la sapienza di questo mondo » e quella di Dio rivelata in GesùCristo. La profondità della sapienza rivelata spezza il cerchio deinostri abituali schemi di riflessioneche non sono affatto in grado diesprimerla in maniera adeguata.

L'inizio della prima Lettera ai Corinzi pone con radicalitàquesto dilemma. Il Figlio di Dio crocifisso è l'evento storicocontro cui s'infrange ogni tentativo della mente di costruire suargomentazioni soltanto umane una giustificazione sufficiente del sensodell'esistenza. Il vero punto nodaleche sfida ogni filosofiaèla morte in croce di Gesù Cristo. Quiinfattiogni tentativo diridurre il piano salvifico del Padre a pura logica umana èdestinato al fallimento. « Dov'è il sapiente? Dov'è ildotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Diodimostrato stolta la sapienza di questo mondo? » (1 Cor 120)si domanda con enfasi l'Apostolo. Per ciò che Dio vuolerealizzare non è più possibile la sola sapienza dell'uomosaggioma è richiesto un passaggio decisivo verso l'accoglienza diuna novità radicale: « Dio ha scelto ciò che nel mondo èstolto per confondere i sapienti [...]; Dio ha scelto ciò che nelmondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla perridurre a nulla le cose che sono » (1 Cor 127-28). Lasapienza dell'uomo rifiuta di vedere nella propria debolezza ilpresupposto della sua forza; ma san Paolo non esita ad affermare: «Quando sono deboleè allora che sono forte » (2 Cor 1210). L'uomo non riesce a comprendere come la morte possa essere fonte divita e di amorema Dio ha scelto per rivelare il mistero del suo disegnodi salvezza proprio ciò che la ragione considera « follia »e « scandalo ». Parlando il linguaggio dei filosofi suoicontemporaneiPaolo raggiunge il culmine del suo insegnamento e delparadosso che vuole esprimere: « Dio ha scelto ciò che nelmondo [...] è nulla per ridurre a nulla le cose che sono » (1Cor 128). Per esprimere la natura della gratuità dell'amorerivelato nella croce di Cristol'Apostolo non ha timore di usare illinguaggio più radicale che i filosofi impiegavano nelle lororiflessioni su Dio. La ragione non può svuotare il mistero di amoreche la Croce rappresentamentre la Croce può dare alla ragione larisposta ultima che essa cerca. Non la sapienza delle parolema la Paroladella Sapienza è ciò che san Paolo pone come criterio diverità einsiemedi salvezza.

La sapienza della Crocedunquesupera ogni limite culturale che le sivoglia imporre e obbliga ad aprirsi all'universalità della veritàdi cui è portatrice. Quale sfida viene posta alla nostra ragione equale vantaggio essa ne ricava se vi si arrende! La filosofiache giàda sé è in grado di riconoscere l'incessante trascendersidell'uomo verso la veritàaiutata dalla fede può aprirsi adaccogliere nella « follia » della Croce la genuina critica aquanti si illudono di possedere la veritàimbrigliandola nellesecche di un loro sistema. Il rapporto fede e filosofia trova nellapredicazione di Cristo crocifisso e risorto lo scoglio contro il quale puònaufragarema oltre il quale può sfociare nell'oceano sconfinatodella verità. Qui si mostra evidente il confine tra la ragione e lafedema diventa anche chiaro lo spazio in cui ambedue si possonoincontrare.

CAPITOLO III

INTELLEGO UT CREDAM

In cammino alla ricerca della verità

24. Racconta l'evangelista Luca negli Atti degli Apostoli chedurante isuoi viaggi missionariPaolo arrivò ad Atene. La città deifilosofi era ricolma di statue rappresentanti diversi idoli. Un altarecolpì la sua attenzione ed egli ne trasse prontamente lo spunto perindividuare una base comune su cui avviare l'annuncio del kerigma: «Cittadini ateniesi— disse — vedo che in tutto siete moltotimorati degli dei. Passandoinfattie osservando i monumenti del vostrocultoho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello chevoi adorate senza conoscereio ve lo annunzio » (At 1722-23). Apartire da quisan Paolo parla di Dio come creatorecome di Colui chetrascende ogni cosa e che a tutto dà vita. Continua poi il suodiscorso così: « Egli creò da uno solo tutte le nazionidegli uominiperché abitassero su tutta la faccia della terra. Peressi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazioperchécercassero Diose mai arrivino a trovarlo andando come a tentonibenchénon sia lontano da ciascuno di noi » (At 1726-27).

L'Apostolo mette in luce una verità di cui la Chiesa ha semprefatto tesoro: nel più profondo del cuore dell'uomo èseminato il desiderio e la nostalgia di Dio. Lo ricorda con forza anche laliturgia del Venerdì Santo quandoinvitando a pregare per quantinon credonoci fa dire: « O Dio onnipotente ed eternotu hai messonel cuore degli uomini una così profonda nostalgia di teche soloquando ti trovano hanno pace ».(22) Esiste quindi un cammino chel'uomose vuolepuò percorrere; esso prende il via dalla capacitàdella ragione di innalzarsi al di sopra del contingente per spaziare versol'infinito.

In differenti modi e in diversi tempi l'uomo ha dimostrato di saper darevoce a questo suo intimo desiderio. La letteraturala musicala pitturala scultural'architettura ed ogni altro prodotto della sua intelligenzacreatrice sono diventati canali attraverso cui esprimere l'ansia della suaricerca. La filosofia in modo peculiare ha raccolto in sé questomovimento ed ha espressocon i suoi mezzi e secondo le modalitàscientifiche sue propriequesto universale desiderio dell'uomo.

25. « Tutti gli uomini desiderano sapere »(23) e oggettoproprio di questo desiderio è la verità. La stessa vitaquotidiana mostra quanto ciascuno sia interessato a scoprireoltre ilsemplice sentito direcome stanno veramente le cose. L'uomo èl'unico essere in tutto il creato visibile che non solo è capace disaperema sa anche di saperee per questo si interessa alla veritàreale di ciò che gli appare. Nessuno può essere sinceramenteindifferente alla verità del suo sapere. Se scopre che èfalsolo rigetta; se puòinveceaccertarne la veritàsisente appagato. E la lezione di sant'Agostino quando scrive: « Moltiho incontrato che volevano ingannarema che volesse farsi ingannarenessuno ».(24) Giustamente si ritiene che una persona abbia raggiuntol'età adulta quando può discernerecon i propri mezzitraciò che è vero e ciò che è falsoformandosiun suo giudizio sulla realtà oggettiva delle cose. Sta qui ilmotivo di tante ricerchein particolare nel campo delle scienzechehanno portato negli ultimi secoli a così significativi risultatifavorendo un autentico progresso dell'umanità intera.

Non meno importante della ricerca in ambito teoretico è quella inambito pratico: intendo alludere alla ricerca della verità inrapporto al bene da compiere. Con il proprio agire eticoinfattilapersonaoperando secondo il suo libero e retto voleresi introduce nellastrada della felicità e tende verso la perfezione. Anche in questocaso si tratta di verità. Ho ribadito questa convinzione nellaLettera enciclica Veritatis splendor: « Non si dàmorale senza libertà [...]. Se esiste il diritto di essererispettati nel proprio cammino di ricerca della veritàesisteancora prima l'obbligo morale grave per ciascuno di cercare la veritàe di aderirvi una volta conosciuta ».(25)

E necessariodunqueche i valori scelti e perseguiti con la propriavita siano veriperché soltanto valori veri possono perfezionarela persona realizzandone la natura. Questa verità dei valoril'uomo la trova non rinchiudendosi in se stesso ma aprendosi adaccoglierla anche nelle dimensioni che lo trascendono. E questa unacondizione necessaria perché ognuno diventi se stesso e cresca comepersona adulta e matura.

26. La verità inizialmente si presenta all'uomo in formainterrogativa: ha un senso la vita? verso dove è diretta? Aprima vistal'esistenza personale potrebbe presentarsi radicalmente privadi senso. Non è necessario ricorrere ai filosofi dell'assurdo néalle provocatorie domande che si ritrovano nel Libro di Giobbe perdubitare del senso della vita. L'esperienza quotidiana della sofferenzapropria ed altruila vista di tanti fatti che alla luce della ragioneappaiono inspiegabilibastano a rendere ineludibile una questione cosìdrammatica come quella sul senso.(26) A ciò si aggiunga che laprima verità assolutamente certa della nostra esistenzaoltre alfatto che esistiamoè l'inevitabilità della nostra morte.Di fronte a questo dato sconcertante s'impone la ricerca di una rispostaesaustiva. Ognuno vuole — e deve — conoscere la veritàsulla propria fine. Vuole sapere se la morte sarà il terminedefinitivo della sua esistenza o se vi è qualcosa che oltrepassa lamorte; se gli è consentito sperare in una vita ulteriore oppure no.Non è senza significato che il pensiero filosofico abbia ricevutoun suo decisivo orientamento dalla morte di Socrate e ne sia rimastosegnato da oltre due millenni. Non è affatto casualequindiche ifilosofi dinanzi al fatto della morte si siano riproposti sempre di nuovoquesto problema insieme con quello sul senso della vita e dell'immortalità.

27. A questi interrogativi nessuno può sfuggirené ilfilosofo né l'uomo comune. Dalla risposta ad essi data dipende unatappa decisiva della ricerca: se sia possibile o meno raggiungere unaverità universale e assoluta. Di per séogni veritàanche parzialese è realmente veritàsi presenta comeuniversale. Ciò che è verodeve essere vero per tutti e persempre. Oltre a questa universalitàtuttavial'uomo cerca unassoluto che sia capace di dare risposta e senso a tutta la sua ricerca:qualcosa di ultimoche si ponga come fondamento di ogni cosa. In altreparoleegli cerca una spiegazione definitivaun valore supremooltre ilquale non vi siano né vi possano essere interrogativi o rimandiulteriori. Le ipotesi possono affascinarema non soddisfano. Viene pertutti il momento in cuilo si ammetta o nosi ha bisogno di ancorare lapropria esistenza ad una verità riconosciuta come definitivachedia certezza non più sottoposta al dubbio.

I filosofinel corso dei secolihanno cercato di scoprire e diesprimere una simile veritàdando vita a un sistema o una scuoladi pensiero. Al di là dei sistemi filosoficituttaviavi sonoaltre espressioni in cui l'uomo cerca di dare forma a una sua «filosofia »: si tratta di convinzioni o esperienze personaliditradizioni familiari e culturali o di itinerari esistenziali in cui ci siaffida all'autorità di un maestro. In ognuna di questemanifestazioni ciò che permane sempre vivo è il desiderio diraggiungere la certezza della verità e del suo valore assoluto.

I differenti volti della verità dell'uomo

28. Non sempreè doveroso riconoscerlola ricerca della veritàsi presenta con una simile trasparenza e consequenzialità. Lanativa limitatezza della ragione e l'incostanza del cuore oscurano edeviano spesso la ricerca personale. Altri interessi di vario ordinepossono sopraffare la verità. Succede anche che l'uomo addiritturala sfugga non appena comincia ad intravederlaperché ne teme leesigenze. Nonostante questoanche quando la evitaè sempre laverità ad influenzarne l'esistenza. Maiinfattiegli potrebbefondare la propria vita sul dubbiosull'incertezza o sulla menzogna; unasimile esistenza sarebbe minacciata costantemente dalla paura edall'angoscia. Si può definiredunquel'uomo come colui checerca la verità.

29. Non è pensabile che una ricerca così profondamenteradicata nella natura umana possa essere del tutto inutile e vana. Lastessa capacità di cercare la verità e di porre domandeimplica già una prima risposta. L'uomo non inizierebbe a cercare ciòche ignorasse del tutto o stimasse assolutamente irraggiungibile. Solo laprospettiva di poter arrivare ad una risposta può indurlo a muovereil primo passo. Di fattoproprio questo è ciò chenormalmente accade nella ricerca scientifica. Quando uno scienziatoaseguito di una sua intuizionesi pone alla ricerca della spiegazionelogica e verificabile di un determinato fenomenoegli ha fiducia findall'inizio di trovare una rispostae non s'arrende davanti agliinsuccessi. Egli non ritiene inutile l'intuizione originaria solo perchénon ha raggiunto l'obiettivo; con ragione dirà piuttosto che non hatrovato ancora la risposta adeguata.

La stessa cosa deve valere anche per la ricerca della veritànell'ambito delle questioni ultime. La sete di verità ètalmente radicata nel cuore dell'uomo che il doverne prescinderecomprometterebbe l'esistenza. E sufficienteinsommaosservare la vita ditutti i giorni per costatare come ciascuno di noi porti in sél'assillo di alcune domande essenziali ed insieme custodisca nel proprioanimo almeno l'abbozzo delle relative risposte. Sono risposte della cuiverità si è convintianche perché si sperimenta chenella sostanzanon differiscono dalle risposte a cui sono giunti tantialtri. Certonon ogni verità che viene acquisita possiede lostesso valore. Dall'insieme dei risultati raggiuntituttaviavieneconfermata la capacità che l'essere umano ha di pervenirein lineadi massimaalla verità.

30. Può essere utileorafare un rapido cenno a queste diverseforme di verità. Le più numerose sono quelle che poggiano suevidenze immediate o trovano conferma per via di esperimento. E questol'ordine di verità proprio della vita quotidiana e della ricercascientifica. A un altro livello si trovano le verità di caratterefilosoficoa cui l'uomo giunge mediante la capacità speculativadel suo intelletto. Infinevi sono le verità religioseche inqualche misura affondano le loro radici anche nella filosofia. Esse sonocontenute nelle risposte che le varie religioni nelle loro tradizionioffrono alle domande ultime.(27)

Quanto alle verità filosoficheoccorre precisare che esse non silimitano alle sole dottrinetalvolta effimeredei filosofi diprofessione. Ogni uomocome già ho dettoè in certo qualmodo un filosofo e possiede proprie concezioni filosofiche con le qualiorienta la sua vita. In un modo o in un altroegli si forma una visioneglobale e una risposta sul senso della propria esistenza: in tale luceegli interpreta la propria vicenda personale e regola il suocomportamento. E qui che dovrebbe porsi la domanda sul rapporto tra leverità filosofico-religiose e la verità rivelata in GesùCristo. Prima di rispondere a questo interrogativo è opportunovalutare un ulteriore dato della filosofia.

31. L'uomo non è fatto per vivere solo. Egli nasce e cresce inuna famigliaper inserirsi più tardi con il suo lavoro nellasocietà. Fin dalla nascitaquindisi trova immerso in varietradizionidalle quali riceve non soltanto il linguaggio e la formazioneculturalema anche molteplici verità a cuiquasi istintivamentecrede. La crescita e la maturazione personalecomunqueimplicano chequeste stesse verità possano essere messe in dubbio e vagliateattraverso la peculiare attività critica del pensiero. Ciònon toglie chedopo questo passaggioquelle stesse verità siano «ricuperate » sulla base dell'esperienza che se ne è fattaoin forza del ragionamento successivo. Nonostante questonella vita di unuomo le verità semplicemente credute rimangono molto piùnumerose di quelle che egli acquisisce mediante la personale verifica.Chiinfattisarebbe in grado di vagliare criticamente gli innumerevolirisultati delle scienze su cui la vita moderna si fonda? Chi potrebbecontrollare per conto proprio il flusso delle informazioniche giorno pergiorno si ricevono da ogni parte del mondo e che pure si accettanoinlinea di massimacome vere? Chiinfinepotrebbe rifare i cammini diesperienza e di pensiero per cui si sono accumulati i tesori di saggezza edi religiosità dell'umanità? L'uomoessere che cerca laveritàè dunque anche colui che vive di credenza.

32. Nel credereciascuno si affida alle conoscenze acquisite da altrepersone. E ravvisabile in ciò una tensione significativa: da unapartela conoscenza per credenza appare come una forma imperfetta diconoscenzache deve perfezionarsi progressivamente mediante l'evidenzaraggiunta personalmente; dall'altrala credenza risulta spesso umanamentepiù ricca della semplice evidenzaperché include unrapporto interpersonale e mette in gioco non solo le personali capacitàconoscitivema anche la capacità più radicale di affidarsiad altre personeentrando in un rapporto più stabile ed intimo conloro.

E bene sottolineare che le verità ricercate in questa relazioneinterpersonale non sono primariamente nell'ordine fattuale o in quellofilosofico. Ciò che viene richiestopiuttostoè la veritàstessa della persona: ciò che essa è e ciò chemanifesta del proprio intimo. La perfezione dell'uomoinfattinon stanella sola acquisizione della conoscenza astratta della veritàmaconsiste anche in un rapporto vivo di donazione e di fedeltà versol'altro. In questa fedeltà che sa donarsil'uomo trova pienacertezza e sicurezza. Al tempo stessoperòla conoscenza percredenzache si fonda sulla fiducia interpersonalenon è senzariferimento alla verità: l'uomocredendosi affida alla veritàche l'altro gli manifesta.

Quanti esempi si potrebbero portare per illustrare questo dato! Il miopensieroperòcorre direttamente alla testimonianza dei martiri.Il martirein effettiè il più genuino testimone dellaverità sull'esistenza. Egli sa di avere trovato nell'incontro conGesù Cristo la verità sulla sua vita e niente e nessuno potràmai strappargli questa certezza. Né la sofferenza né lamorte violenta lo potranno fare recedere dall'adesione alla veritàche ha scoperto nell'incontro con Cristo. Ecco perché fino ad oggila testimonianza dei martiri affascinagenera consensotrova ascolto eviene seguita. Questa è la ragione per cui ci si fida della loroparola: si scopre in essi l'evidenza di un amore che non ha bisogno dilunghe argomentazioni per essere convincentedal momento che parla adognuno di ciò che egli nel profondo già percepisce come veroe ricercato da tanto tempo. Il martireinsommaprovoca in noi unaprofonda fiduciaperché dice ciò che noi giàsentiamo e rende evidente ciò che anche noi vorremmo trovare laforza di esprimere.

33. Si può così vedere che i termini del problema vannoprogressivamente completandosi. L'uomoper naturaricerca la verità.Questa ricerca non è destinata solo alla conquista di veritàparzialifattuali o scientifiche; egli non cerca soltanto il vero beneper ognuna delle sue decisioni. La sua ricerca tende verso una veritàulteriore che sia in grado di spiegare il senso della vita; è perciòuna ricerca che non può trovare esito se non nell'assoluto.(28)Grazie alle capacità insite nel pensierol'uomo è in gradodi incontrare e riconoscere una simile verità. In quanto vitale edessenziale per la sua esistenzatale verità viene raggiunta nonsolo per via razionalema anche mediante l'abbandono fiducioso ad altrepersoneche possono garantire la certezza e l'autenticità dellaverità stessa. La capacità e la scelta di affidare se stessie la propria vita a un'altra persona costituiscono certamente uno degliatti antropologicamente più significativi ed espressivi.

Non si dimentichi che anche la ragione ha bisogno di essere sostenutanella sua ricerca da un dialogo fiducioso e da un'amicizia sincera. Ilclima di sospetto e di diffidenzache a volte circonda la ricercaspeculativadimentica l'insegnamento dei filosofi antichii qualiponevano l'amicizia come uno dei contesti più adeguati per il rettofilosofare.

Da quanto ho fin qui dettorisulta che l'uomo si trova in un cammino diricercaumanamente interminabile: ricerca di verità e ricerca diuna persona a cui affidarsi. La fede cristiana gli viene incontrooffrendogli la possibilità concreta di vedere realizzato lo scopodi questa ricerca. Superando lo stadio della semplice credenzainfattiessa immette l'uomo in quell'ordine di grazia che gli consente dipartecipare al mistero di Cristonel quale gli è offerta laconoscenza vera e coerente del Dio Uno e Trino. Così in GesùCristoche è la Veritàla fede riconosce l'ultimo appelloche viene rivolto all'umanitàperché possa dare compimentoa ciò che sperimenta come desiderio e nostalgia.

34. Questa veritàche Dio ci rivela in Gesù Cristonon èin contrasto con le verità che si raggiungono filosofando. I dueordini di conoscenza conducono anzi alla verità nella sua pienezza.L'unità della verità è già un postulatofondamentale della ragione umanaespresso nel principio dinon-contraddizione. La Rivelazione dà la certezza di questa unitàmostrando che il Dio creatore è anche il Dio della storia dellasalvezza. Lo stesso e identico Dioche fonda e garantiscel'intelligibilità e la ragionevolezza dell'ordine naturale dellecose su cui gli scienziati si appoggiano fiduciosi(29) è ilmedesimo che si rivela Padre di nostro Signore Gesù Cristo.Quest'unità della veritànaturale e rivelatatrova la suaidentificazione viva e personale in Cristocosì come ricordal'Apostolo: « La verità che è in Gesù » (Ef421; cfr Col 115-20). Egli è la Parola eternain cui tutto è stato creatoed è insieme la Parolaincarnatache in tutta la sua persona (30) rivela il Padre (cfr Gv114.18). Ciò che la ragione umana cerca « senzaconoscerlo » (cfr At 1723)può essere trovatosoltanto per mezzo di Cristo: ciò che in Lui si rivelainfattièla « piena verità » (cfr Gv 114-16) di ogniessere che in Lui e per Lui è stato creato e quindi in Lui trovacompimento (cfr Col 117).

35. Sullo sfondo di queste considerazioni generaliè necessarioora esaminare in maniera più diretta il rapporto tra la veritàrivelata e la filosofia. Questo rapporto impone una dupliceconsiderazionein quanto la verità che ci proviene dallaRivelazione ènello stesso tempouna verità che vacompresa alla luce della ragione. Solo in questa duplice accezioneinfattiè possibile precisare la giusta relazione della veritàrivelata con il sapere filosofico. Consideriamopertantoin primo luogoi rapporti tra la fede e la filosofia nel corso della storia. Da qui saràpossibile individuare alcuni principiche costituiscono i punti diriferimento a cui rifarsi per stabilire il corretto rapporto tra i dueordini di conoscenza.

CAPITOLO IV

IL RAPPORTO
TRA LA FEDE E LA RAGIONE

Tappe significative dell'incontro tra fede e ragione

36. Secondo la testimonianza degli Atti degli Apostolil'annunciocristiano venne a confronto sin dagli inizi con le correnti filosofichedel tempo. Lo stesso libro riferisce della discussione che san Paolo ebbead Atene con « certi filosofi epicurei e stoici » (1718).L'analisi esegetica di quel discorso all'Areopago ha posto in evidenza leripetute allusioni a convincimenti popolari di provenienza per lo piùstoica. Certamente ciò non era casuale. Per farsi comprendere daipaganii primi cristiani non potevano nei loro discorsi rinviare soltanto« a Mosè e ai profeti »; dovevano anche far leva sullaconoscenza naturale di Dio e sulla voce della coscienza morale di ogniuomo (cfr Rm 119-21; 214-15; At 1416-17). Poiché peròtale conoscenza naturalenella religione paganaera scaduta in idolatria(cfr Rm 121-32)l'Apostolo ritenne più saggio collegareil suo discorso al pensiero dei filosofii quali fin dagli inizi avevanoopposto ai miti e ai culti misterici concetti più rispettosi dellatrascendenza divina.

Uno degli sforzi maggiori che i filosofi del pensiero classicooperaronoinfattifu quello di purificare la concezione che gli uominiavevano di Dio da forme mitologiche. Come sappiamoanche la religionegrecanon diversamente da gran parte delle religioni cosmicheerapoliteistagiungendo fino a divinizzare cose e fenomeni della natura. Itentativi dell'uomo di comprendere l'origine degli dei ein lorodell'universo trovarono la loro prima espressione nella poesia. Leteogonie rimangonofino ad oggila prima testimonianza di questa ricercadell'uomo. Fu compito dei padri della filosofia far emergere il legame trala ragione e la religione. Allargando lo sguardo verso i principiuniversaliessi non si accontentarono più dei miti antichimavollero giungere a dare fondamento razionale alla loro credenza nelladivinità. Si intrapresecosìuna strada cheuscendo dalletradizioni antiche particolarisi immetteva in uno sviluppo checorrispondeva alle esigenze della ragione universale. Il fine verso cuitale sviluppo tendeva era la consapevolezza critica di ciò in cuisi credeva. La prima a trarre vantaggio da simile cammino fu la concezionedella divinità. Le superstizioni vennero riconosciute come tali ela religione fualmeno in partepurificata mediante l'analisi razionale.Fu su questa base che i Padri della Chiesa avviarono un dialogo fecondocon i filosofi antichiaprendo la strada all'annuncio e alla comprensionedel Dio di Gesù Cristo.

37. Nell'accennare a questo movimento di avvicinamento dei cristianialla filosofiaè doveroso ricordare anche l'atteggiamento dicautela che in essi suscitavano altri elementi del mondo culturale paganoquali ad esempio la gnosi. La filosofiacome saggezza pratica e scuola divitapoteva facilmente essere confusa con una conoscenza di tiposuperioreesotericoriservato a pochi perfetti. E senza dubbio a questogenere di speculazioni esoteriche che san Paolo pensaquando mette inguardia i Colossesi: « Badate che nessuno vi inganni con la suafilosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umanasecondo glielementi del mondo e non secondo Cristo » (28). Quanto mai attualisi presentano le parole dell'Apostolose le riferiamo alle diverse formedi esoterismo che dilagano oggi anche presso alcuni credentiprivi deldovuto senso critico. Sulle orme di san Paoloaltri scrittori dei primisecoliin particolare sant'Ireneo e Tertullianosollevano a loro voltariserve nei confronti di un'impostazione culturale che pretendeva disubordinare la verità della Rivelazione all'interpretazione deifilosofi.

38. L'incontro del cristianesimo con la filosofiadunquenon fuimmediato né facile. La pratica di essa e la frequentazione dellescuole apparve ai primi cristiani più come un disturbo che comeun'opportunità. Per loroprimo e urgente dovere era l'annuncio diCristo risorto da proporre in un incontro personale capace di condurrel'interlocutore alla conversione del cuore e alla richiesta del Battesimo.Ciò non significacomunqueche essi ignorassero il compito diapprofondire l'intelligenza della fede e delle sue motivazioni.Tutt'altro. Ingiusta e pretestuosapertantorisulta la critica di Celsoche accusa i cristiani di essere gente « illetterata e rozza ».(31)La spiegazione di questo loro iniziale disinteresse va ricercata altrove.In realtàl'incontro con il Vangelo offriva una risposta cosìappagante alla questionefino a quel momento ancora non risoltacirca ilsenso della vitache la frequentazione dei filosofi appariva loro comeuna cosa lontana eper alcuni versisuperata.

Ciò appare oggi ancora più chiarose si pensa aquell'apporto del cristianesimo che consiste nell'affermazionedell'universale diritto d'accesso alla verità. Abbattute lebarriere razzialisociali e sessualiil cristianesimo aveva annunciatofin dai suoi inizi l'uguaglianza di tutti gli uomini dinanzi a Dio. Laprima conseguenza di questa concezione si applicava al tema della verità.Veniva decisamente superato il carattere elitario che la sua ricerca avevapresso gli antichi: poiché l'accesso alla verità è unbene che permette di giungere a Diotutti devono essere nella condizionedi poter percorrere questa strada. Le vie per raggiungere la veritàrimangono molteplici; tuttaviapoiché la verità cristianaha un valore salvificociascuna di queste vie può essere percorsapurché conduca alla meta finaleossia alla rivelazione di GesùCristo.

Quale pioniere di un incontro positivo col pensiero filosoficoanche senel segno di un cauto discernimentova ricordato san Giustino: questipur conservando anche dopo la conversione grande stima per la filosofiagrecaasseriva con forza e chiarezza di aver trovato nel cristianesimo «l'unica sicura e proficua filosofia ».(32) SimilmenteClementeAlessandrino chiamava il Vangelo « la vera filosofia »(33) einterpretava la filosofia in analogia alla legge mosaica come unaistruzione propedeutica alla fede cristiana (34) e una preparazione alVangelo.(35) Poiché « la filosofia brama quella sapienza checonsiste nella rettitudine dell'anima e della parola e nella purezza dellavitaessa è ben disposta verso la sapienza e fa tutto il possibileper raggiungerla. Presso di noi si dicono filosofi coloro che amano lasapienza che è creatrice e maestra di ogni cosacioè laconoscenza del Figlio di Dio ».(36) La filosofia grecaperl'Alessandrinonon ha come primo scopo quello di completare o rafforzarela verità cristiana; suo compito èpiuttostola difesadella fede: « La dottrina del Salvatore è perfetta in sestessa e non ha bisogno di appoggioperché essa è la forzae la sapienza di Dio. La filosofia grecacol suo apportonon rende piùforte la veritàma siccome rende impotente l'attacco dellasofistica e disarma gli attacchi proditori contro la veritàla si èchiamata a ragione siepe e muro di cinta della vigna ».(37)

39. Nella storia di questo sviluppo è possibilecomunqueverificare l'assunzione critica del pensiero filosofico da parte deipensatori cristiani. Tra i primi esempi che si possono incontrarequellodi Origene è certamente significativo. Contro gli attacchi chevenivano mossi dal filosofo CelsoOrigene assume la filosofia platonicaper argomentare e rispondergli. Riferendosi a non pochi elementi delpensiero platonicoegli inizia a elaborare una prima forma di teologiacristiana. Il nome stessoinfattiinsieme con l'idea di teologia comediscorso razionale su Diofino a quel momento era ancora legato alla suaorigine greca. Nella filosofia aristotelicaad esempioil nome designavala parte più nobile e il vero apogeo del discorso filosofico. Allaluce della Rivelazione cristianainvececiò che in precedenzaindicava una generica dottrina sulle divinità venne ad assumere unsignificato del tutto nuovoin quanto definiva la riflessione che ilcredente compiva per esprimere la vera dottrina su Dio. Questonuovo pensiero cristiano che si andava sviluppando si avvaleva dellafilosofiama nello stesso tempo tendeva a distinguersi nettamente daessa. La storia mostra come lo stesso pensiero platonico assunto inteologia abbia subito profonde trasformazioniin particolare per quantoriguarda concetti quali l'immortalità dell'animala divinizzazionedell'uomo e l'origine del male.

40. In quest'opera di cristianizzazione del pensiero platonico eneoplatonicomeritano particolare menzione i Padri CappadociDionigidetto l'Areopagita e soprattutto sant'Agostino. Il grande Dottoreoccidentale era venuto a contatto con diverse scuole filosofichema tuttelo avevano deluso. Quando davanti a lui si affacciò la veritàdella fede cristianaallora ebbe la forza di compiere quella radicaleconversione a cui i filosofi precedentemente frequentati non eranoriusciti ad indurlo. Il motivo lo racconta lui stesso: « Dal quelmomento però cominciai a rendermi conto che una preferenza perl'insegnamento cattolico mi avrebbe imposto di credere a cose nondimostrate (sia che una dimostrazione ci fosse ma non apparisseconvincentesia che non ci fosse del tutto) in misura minore e conrischio d'errore trascurabile in confronto all'insegnamento manicheo. Ilquale prima si prendeva gioco della credulità con temerariepromesse di conoscenzae poi imponeva di credere a tante fantasiefavolose ed assurdedato che non poteva dimostrarle ».(38) Aglistessi platonicia cui si faceva riferimento in modo privilegiatoAgostino rimproverava chepur avendo conosciuto il fine verso cuitendereavevano ignorato però la via che vi conduce: il Verboincarnato.(39) Il Vescovo di Ippona riuscì a produrre la primagrande sintesi del pensiero filosofico e teologico nella quale confluivanocorrenti del pensiero greco e latino. Anche in luila grande unitàdel sapereche trovava il suo fondamento nel pensiero biblicovenne adessere confermata e sostenuta dalla profondità del pensierospeculativo. La sintesi compiuta da sant'Agostino rimarrà persecoli come la forma più alta della speculazione filosofica eteologica che l'Occidente abbia conosciuto. Forte della sua storiapersonale e aiutato da una mirabile santità di vitaegli fu anchein grado di introdurre nelle sue opere molteplici dati chefacendoriferimento all'esperienzapreludevano a futuri sviluppi di alcunecorrenti filosofiche.

41. Diversedunquesono state le forme con cui i Padri d'Oriente ed'Occidente sono entrati in rapporto con le scuole filosofiche. Ciònon significa che essi abbiano identificato il contenuto del loromessaggio con i sistemi a cui facevano riferimento. La domanda diTertulliano: « Che cosa hanno in comune Atene e Gerusalemme? Che cosal'Accademia e la Chiesa? »(40) è chiaro sintomo dellacoscienza critica con cui i pensatori cristianifin dalle originiaffrontarono il problema del rapporto tra la fede e la filosofiavedendolo globalmente nei suoi aspetti positivi e nei suoi limiti. Nonerano pensatori ingenui. Proprio perché vivevano intensamente ilcontenuto della fedeessi sapevano raggiungere le forme piùprofonde della speculazione. E pertanto ingiusto e riduttivo limitare laloro opera alla sola trasposizione delle verità di fede incategorie filosofiche. Fecero molto di più. Riuscironoinfattiafar emergere in pienezza quanto risultava ancora implicito e propedeuticonel pensiero dei grandi filosofi antichi.(41) Costorocome ho dettoavevano avuto il compito di mostrare in quale modo la ragioneliberatadai vincoli esternipotesse uscire dal vicolo cieco dei mitiper aprirsiin modo più adeguato alla trascendenza. Una ragione purificata erettaquindiera in grado di elevarsi ai livelli più alti dellariflessionedando fondamento solido alla percezione dell'esseredeltrascendente e dell'assoluto.

Proprio qui si inserisce la novità operata dai Padri. Essiaccolsero in pieno la ragione aperta all'assoluto e in essa innestarono laricchezza proveniente dalla Rivelazione. L'incontro non fu solo a livellodi culturedelle quali l'una succube forse del fascino dell'altra; essoavvenne nell'intimo degli animi e fu incontro tra la creatura e il suoCreatore. Oltrepassando il fine stesso verso cui inconsapevolmente tendevain forza della sua naturala ragione poté raggiungere il sommobene e la somma verità nella persona del Verbo incarnato. Dinanzialle filosofiei Padri non ebbero tuttavia timore di riconoscere tantogli elementi comuni quanto le diversità che esse presentavanorispetto alla Rivelazione. La coscienza delle convergenze non offuscava inloro il riconoscimento delle differenze.

42. Nella teologia scolastica il ruolo della ragione filosoficamenteeducata diventa ancora più cospicuo sotto la spintadell'interpretazione anselmiana dell'intellectus fidei. Per ilsanto Arcivescovo di Canterbury la priorità della fede non ècompetitiva con la ricerca propria della ragione. Questainfattinon èchiamata a esprimere un giudizio sui contenuti della fede; ne sarebbeincapaceperché a ciò non idonea. Suo compitopiuttostoèquello di saper trovare un sensodi scoprire delle ragioni che permettanoa tutti di raggiungere una qualche intelligenza dei contenuti di fede.Sant'Anselmo sottolinea il fatto che l'intelletto deve porsi in ricerca diciò che ama: più amapiù desidera conoscere. Chivive per la verità è proteso verso una forma di conoscenzache si infiamma sempre più di amore per ciò che conoscepurdovendo ammettere di non aver ancora fatto tutto ciò che sarebbenel suo desiderio: « Ad te videndum factus sum; et nondum fecipropter quod factus sum ».(42) Il desiderio di veritàspingedunquela ragione ad andare sempre oltre; essaanziviene comesopraffatta dalla costatazione della sua capacità sempre piùgrande di ciò che raggiunge. A questo puntoperòlaragione è in grado di scoprire ove stia il compimento del suocammino: « Penso infatti che chi investiga una cosa incomprensibiledebba accontentarsi di giungere con il ragionamento a riconoscerne consomma certezza la realtàanche se non è in grado dipenetrare con l'intelletto il suo modo di essere [...]. Che cosa c'èperaltro di tanto incomprensibile ed inesprimibile quanto ciò che èal di sopra di ogni cosa? Se dunque ciò di cui finora si èdisputato intorno alla somma essenza è stato stabilito su ragioninecessariequantunque non possa essere penetrato con l'intelletto in mododa potersi chiarire anche verbalmentenon per questo vacilla minimamenteil fondamento della sua certezza. Seinfattiuna precedente riflessioneha compreso in modo razionale che è incomprensibile (rationabilitercomprehendit incomprehensibile esse) il modo in cui la sapienzasuperna sa ciò che ha fatto [...]chi spiegherà come essastessa si conosce e si diceessa di cui l'uomo nulla o pressochénulla può sapere? ».(43)

L'armonia fondamentale della conoscenza filosofica e della conoscenza difede è ancora una volta confermata: la fede chiede che il suooggetto venga compreso con l'aiuto della ragione; la ragioneal culminedella sua ricercaammette come necessario ciò che la fedepresenta.

La novità perenne del pensiero di san Tommaso d'Aquino

43. Un posto tutto particolare in questo lungo cammino spetta a sanTommasonon solo per il contenuto della sua dottrinama anche per ilrapporto dialogico che egli seppe instaurare con il pensiero arabo edebreo del suo tempo. In un'epoca in cui i pensatori cristiani riscoprivanoi tesori della filosofia anticae più direttamente aristotelicaegli ebbe il grande merito di porre in primo piano l'armonia cheintercorre tra la ragione e la fede. La luce della ragione e quella dellafede provengono entrambe da Dioegli argomentava; perciò nonpossono contraddirsi tra loro.(44)

Più radicalmenteTommaso riconosce che la naturaoggettoproprio della filosofiapuò contribuire alla comprensione dellarivelazione divina. La fededunquenon teme la ragionema la ricerca ein essa confida. Come la grazia suppone la natura e la porta acompimento(45) così la fede suppone e perfeziona la ragione.Quest'ultimailluminata dalla fedeviene liberata dalle fragilitàe dai limiti derivanti dalla disobbedienza del peccato e trova la forzanecessaria per elevarsi alla conoscenza del mistero di Dio Uno e Trino.Pur sottolineando con forza il carattere soprannaturale della fedeilDottore Angelico non ha dimenticato il valore della sua ragionevolezza; hasaputoanziscendere in profondità e precisare il senso di taleragionevolezza. La fedeinfattiè in qualche modo «esercizio del pensiero »; la ragione dell'uomo non si annulla nési avvilisce dando l'assenso ai contenuti di fede; questi sono in ognicaso raggiunti con scelta libera e consapevole.(46)

E per questo motivo chegiustamentesan Tommaso è sempre statoproposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo difare teologia. Mi piace ricordarein questo contestoquanto ha scrittoil mio Predecessoreil Servo di Dio Paolo VIin occasione del settimocentenario della morte del Dottore Angelico: « Senza dubbioTommasopossedette al massimo grado il coraggio della veritàla libertàdi spirito nell'affrontare i nuovi problemil'onestà intellettualedi chi non ammette la contaminazione del cristianesimo con la filosofiaprofanama nemmeno il rifiuto aprioristico di questa. Perciòeglipassò alla storia del pensiero cristiano come un pioniere sul nuovocammino della filosofia e della cultura universale. Il punto centrale equasi il nocciolo della soluzione che egli diede al problema del nuovoconfronto tra la ragione e la fede con la genialità del suo intuitoprofeticoè stato quello della conciliazione tra la secolaritàdel mondo e la radicalità del Vangelosfuggendo così allainnaturale tendenza negatrice del mondo e dei suoi valorisenza peraltrovenire meno alle supreme e inflessibili esigenze dell'ordinesoprannaturale ».(47)

44. Tra le grandi intuizioni di san Tommaso vi è anche quellarelativa al ruolo che lo Spirito Santo svolge nel far maturare in sapienzala scienza umana. Fin dalle prime pagine della sua Summa Theologiae(48) l'Aquinate volle mostrare il primato di quella sapienza che èdono dello Spirito Santo ed introduce alla conoscenza delle realtàdivine. La sua teologia permette di comprendere la peculiaritàdella sapienza nel suo stretto legame con la fede e la conoscenza divina.Essa conosce per connaturalitàpresuppone la fede e arriva aformulare il suo retto giudizio a partire dalla verità della fedestessa: « La sapienza elencata tra i doni dello Spirito Santo èdistinta da quella che è posta tra le virtù intellettuali.Infatti quest'ultima si acquista con lo studio: quella invece “vienedall'alto”come si esprime san Giacomo. Così pure èdistinta dalla fede. Poiché la fede accetta la verità divinacosì com'èinvece è proprio del dono di sapienzagiudicare secondo la verità divina ».(49)

La priorità riconosciuta a questa sapienzatuttavianon fadimenticare al Dottore Angelico la presenza di altre due complementariforme di sapienza: quella filosoficache si fonda sulla capacitàche l'intelletto haentro i limiti che gli sono connaturalidi indagarela realtà; e quella teologicache si fonda sullaRivelazione ed esamina i contenuti della federaggiungendo il misterostesso di Dio.

Intimamente convinto che « omne verum a quocumque dicatur aSpiritu Sancto est »(50) san Tommaso amò in manieradisinteressata la verità. Egli la cercò dovunque essa sipotesse manifestareevidenziando al massimo la sua universalità.In luiil Magistero della Chiesa ha visto ed apprezzato la passione perla verità; il suo pensieroproprio perché si mantennesempre nell'orizzonte della verità universaleoggettiva etrascendenteraggiunse « vette che l'intelligenza umana non avrebbemai potuto pensare ».(51) Con ragionequindiegli può esseredefinito « apostolo della verità ».(52) Proprio perchéalla verità mirava senza riservenel suo realismo egli seppericonoscerne l'oggettività. La sua è veramente la filosofiadell'essere e non del semplice apparire.

Il dramma della separazione tra fede e ragione

45. Con il sorgere delle prime universitàla teologia veniva aconfrontarsi più direttamente con altre forme della ricerca e delsapere scientifico. Sant'Alberto Magno e san Tommasopur mantenendo unlegame organico tra la teologia e la filosofiafurono i primi ariconoscere la necessaria autonomia di cui la filosofia e le scienzeavevano bisognoper applicarsi efficacemente ai rispettivi campi diricerca. A partire dal tardo Medio Evotuttaviala legittima distinzionetra i due saperi si trasformò progressivamente in una nefastaseparazione. A seguito di un eccessivo spirito razionalistapresente inalcuni pensatorisi radicalizzarono le posizionigiungendo di fatto auna filosofia separata e assolutamente autonoma nei confronti deicontenuti della fede. Tra le altre conseguenze di tale separazione vi fuanche quella di una diffidenza sempre più forte nei confronti dellastessa ragione. Alcuni iniziarono a professare una sfiducia generalescettica e agnosticao per riservare più spazio alla fede o perscreditarne ogni possibile riferimento razionale.

Insommaciò che il pensiero patristico e medievale avevaconcepito e attuato come unità profondageneratrice di unaconoscenza capace di arrivare alle forme più alte dellaspeculazionevenne di fatto distrutto dai sistemi che sposarono la causadi una conoscenza razionale separata dalla fede e alternativa ad essa.

46. Le radicalizzazioni più influenti sono note e ben visibilisoprattutto nella storia dell'Occidente. Non è esagerato affermareche buona parte del pensiero filosofico moderno si è sviluppatoallontanandosi progressivamente dalla Rivelazione cristianafino araggiungere contrapposizioni esplicite. Nel secolo scorsoquestomovimento ha toccato il suo apogeo. Alcuni rappresentanti dell'idealismohanno cercato in diversi modi di trasformare la fede e i suoi contenutiperfino il mistero della morte e risurrezione di Gesù Cristoinstrutture dialettiche razionalmente concepibili. A questo pensiero si sonoopposte diverse forme di umanesimo ateoelaborate filosoficamentechehanno prospettato la fede come dannosa e alienante per lo sviluppo dellapiena razionalità. Non hanno avuto timore di presentarsi come nuovereligioni formando la base di progetti chesul piano politico e socialesono sfociati in sistemi totalitari traumatici per l'umanità.

Nell'ambito della ricerca scientifica si è venuta imponendo unamentalità positivista che non soltanto si è allontanata daogni riferimento alla visione cristiana del mondoma ha ancheesoprattuttolasciato cadere ogni richiamo alla visione metafisica emorale. La conseguenza di ciò è che certi scienziatiprividi ogni riferimento eticorischiano di non avere più al centro delloro interesse la persona e la globalità della sua vita. Di più:alcuni di essiconsapevoli delle potenzialità insite nel progressotecnologicosembrano cedereoltre che alla logica del mercatoallatentazione di un potere demiurgico sulla natura e sullo stesso essereumano.

Come conseguenza della crisi del razionalismo ha preso corpoinfineilnichilismo. Quale filosofia del nullaesso riesce ad esercitareun suo fascino sui nostri contemporanei. I suoi seguaci teorizzano laricerca come fine a se stessasenza speranza né possibilitàalcuna di raggiungere la meta della verità. Nell'interpretazionenichilistal'esistenza è solo un'opportunità per sensazionied esperienze in cui l'effimero ha il primato. Il nichilismo èall'origine di quella diffusa mentalità secondo cui non si deveassumere più nessun impegno definitivoperché tutto èfugace e provvisorio.

47. Non è da dimenticared'altra parteche nella culturamoderna è venuto a cambiare il ruolo stesso della filosofia. Dasaggezza e sapere universaleessa si è ridotta progressivamente auna delle tante province del sapere umano; per alcuni aspettianzièstata limitata a un ruolo del tutto marginale. Altre forme di razionalitàsi sono nel frattempo affermate con sempre maggior rilievoponendo inevidenza la marginalità del sapere filosofico. Invece che verso lacontemplazione della verità e la ricerca del fine ultimo e delsenso della vitaqueste forme di razionalità sono orientate —o almeno orientabili — come « ragione strumentale » alservizio di fini utilitaristicidi fruizione o di potere.

Quanto sia pericoloso assolutizzare questa strada l'ho fatto osservarefin dalla mia prima Lettera enciclica quando scrivevo: « L'uomo dioggi sembra essere sempre minacciato da ciò che producecioèdal risultato del lavoro delle sue mani eancor piùdel lavorodel suo intellettodelle tendenze della sua volontà. I frutti diquesta multiforme attività dell'uomotroppo presto e in modospesso imprevedibilesono non soltanto e non tanto oggetto di'alienazione'nel senso che vengono semplicemente tolti a colui che li haprodotti; quantoalmeno parzialmentein una cerchia conseguente eindiretta dei loro effettiquesti frutti si rivolgono contro l'uomostesso. Essi sonoinfattidirettio possono essere diretti contro dilui. In questo sembra consistere l'atto principale del drammadell'esistenza umana contemporaneanella sua più larga euniversale dimensione. L'uomopertantovive sempre più nellapaura. Egli teme che i suoi prodottinaturalmente non tutti e non nellamaggior partema alcuni e proprio quelli che contengono una specialeporzione della sua genialità e della sua iniziativapossano essererivolti in modo radicale contro lui stesso ».(53)

Sulla scia di queste trasformazioni culturalialcuni filosofiabbandonando la ricerca della verità per se stessahanno assuntocome loro unico scopo il raggiungimento della certezza soggettiva odell'utilità pratica. Conseguenza di ciò è statol'offuscamento della vera dignità della ragionenon piùmessa nella condizione di conoscere il vero e di ricercare l'assoluto.

48. Ciò che emerge da questo ultimo scorcio di storia dellafilosofia èdunquela constatazione di una progressivaseparazione tra la fede e la ragione filosofica. E ben vero chead unaattenta osservazioneanche nella riflessione filosofica di coloro checontribuirono ad allargare la distanza tra fede e ragione si manifestanotalvolta germi preziosi di pensierochese approfonditi e sviluppati conrettitudine di mente e di cuorepossono far scoprire il cammino dellaverità. Questi germi di pensiero si trovanoad esempionelleapprofondite analisi sulla percezione e l'esperienzasull'immaginario el'inconsciosulla personalità e l'intersoggettivitàsullalibertà ed i valorisul tempo e la storia. Anche il tema dellamorte può diventare severo richiamoper ogni pensatorearicercare dentro di sé il senso autentico della propria esistenza.Questo tuttavia non toglie che l'attuale rapporto tra fede e ragionerichieda un attento sforzo di discernimentoperché sia la ragioneche la fede si sono impoverite e sono divenute deboli l'una di fronteall'altra. La ragioneprivata dell'apporto della Rivelazioneha percorsosentieri laterali che rischiano di farle perdere di vista la sua metafinale. La fedeprivata della ragioneha sottolineato il sentimento el'esperienzacorrendo il rischio di non essere più una propostauniversale. E illusorio pensare che la fededinanzi a una ragione deboleabbia maggior incisività; essaal contrariocade nel gravepericolo di essere ridotta a mito o superstizione. Alla stessa streguauna ragione che non abbia dinanzi una fede adulta non è provocata apuntare lo sguardo sulla novità e radicalità dell'essere.

Non sembri fuori luogopertantoil mio richiamo forte e incisivoperché la fede e la filosofia recuperino l'unità profondache le rende capaci di essere coerenti con la loro natura nel rispettodella reciproca autonomia. Alla parresia della fede devecorrispondere l'audacia della ragione.

CAPITOLO V

GLI INTERVENTI DEL MAGISTERO
IN MATERIA FILOSOFICA

Il discernimento del Magistero come diaconia alla verità

49. La Chiesa non propone una propria filosofia né canonizza unaqualsiasi filosofia particolare a scapito di altre.(54) La ragioneprofonda di questa riservatezza sta nel fatto che la filosofiaanchequando entra in rapporto con la teologiadeve procedere secondo i suoimetodi e le sue regole; non vi sarebbe altrimenti garanzia che essarimanga orientata verso la verità e ad essa tenda con un processorazionalmente controllabile. Di poco aiuto sarebbe una filosofia che nonprocedesse alla luce della ragione secondo propri principi e specifichemetodologie. In fondola radice della autonomia di cui gode la filosofiaè da individuare nel fatto che la ragione è per sua naturaorientata alla verità ed è inoltre in se stessa fornita deimezzi necessari per raggiungerla. Una filosofia consapevole di questo suo« statuto costitutivo » non può non rispettare anche leesigenze e le evidenze proprie della verità rivelata.

La storiatuttaviaha mostrato le deviazioni e gli errori in cui nondi rado il pensiero filosoficosoprattutto modernoè incorso. Nonè compito né competenza del Magistero intervenire percolmare le lacune di un discorso filosofico carente. E suo obbligoinvecereagire in maniera chiara e forte quando tesi filosofichediscutibili minacciano la retta comprensione del dato rivelato e quando sidiffondono teorie false e di parte che seminano gravi erroriconfondendola semplicità e la purezza della fede del popolo di Dio.

50. Il Magistero ecclesiasticoquindipuò e deve esercitareautoritativamentealla luce della fedeil proprio discernimento criticonei confronti delle filosofie e delle affermazioni che si scontrano con ladottrina cristiana.(55) Al Magistero spetta di indicareanzituttoqualipresupposti e conclusioni filosofiche sarebbero incompatibili con la veritàrivelataformulando con ciò stesso le esigenze che si impongonoalla filosofia dal punto di vista della fede. Nello sviluppo del saperefilosoficoinoltresono sorte diverse scuole di pensiero. Anche questopluralismo pone il Magistero di fronte alla responsabilità diesprimere il suo giudizio circa la compatibilità o meno delleconcezioni di fondoa cui queste scuole si attengonocon le esigenzeproprie della Parola di Dio e della riflessione teologica.

La Chiesa ha il dovere di indicare ciò che in un sistemafilosofico può risultare incompatibile con la sua fede. Molticontenuti filosoficiinfattiquali i temi di Diodell'uomodella sualibertà e del suo agire eticola chiamano in causa direttamenteperché toccano la verità rivelata che essa custodisce.Quando esercitiamo questo discernimentonoi Vescovi abbiamo il compito diessere « testimoni della verità » nell'adempimento di unadiaconia umile ma tenacequale ogni filosofo dovrebbe apprezzareavantaggio della recta ratioossia della ragione che riflettecorrettamente sul vero.

51. Questo discernimentocomunquenon deve essere inteso primariamentein forma negativacome se intenzione del Magistero fosse di eliminare oridurre ogni possibile mediazione. Al contrarioi suoi interventi sonotesi in primo luogo a provocarepromuovere e incoraggiare il pensierofilosofico. I filosofi per primid'altrondecomprendono l'esigenzadell'autocriticadella correzione di eventuali errori e la necessitàdi oltrepassare i limiti troppo ristretti in cui la loro riflessione èconcepita. Si deve considerarein modo particolareche una è laveritàbenché le sue espressioni portino l'impronta dellastoria eper di piùsiano opera di una ragione umana ferita eindebolita dal peccato. Da ciò risulta che nessuna forma storicadella filosofia può legittimamente pretendere di abbracciare latotalità della veritàné di essere la spiegazionepiena dell'essere umanodel mondo e del rapporto dell'uomo con Dio.

Oggi poicol moltiplicarsi dei sistemidei metodidei concetti eargomenti filosoficispesso estremamente particolareggiatiundiscernimento critico alla luce della fede si impone con maggiore urgenza.Discernimento non facileperché se è già laboriosoriconoscere le capacità congenite e inalienabili della ragioneconi suoi limiti costitutivi e storiciancora più problematicoqualche volta può risultare il discernimentonelle singoleproposte filosofichedi ciò chedal punto di vista della fedeesse offrono di valido e di fecondo rispetto a ciò cheinvecepresentano di erroneo o di pericoloso. La Chiesacomunquesa che i «tesori della sapienza e della scienza » sono nascosti in Cristo (Col23); per questo interviene stimolando la riflessione filosoficaperché non si precluda la strada che conduce al riconoscimento delmistero.

52. Non è solo di recente che il Magistero della Chiesa èintervenuto per manifestare il suo pensiero nei confronti di determinatedottrine filosofiche. A titolo esemplificativo basti ricordarenel corsodei secolii pronunciamenti circa le teorie che sostenevano lapreesistenza delle anime(56) come pure circa le diverse forme diidolatria e di esoterismo superstiziosocontenute in tesi astrologiche;(57) per non dimenticare i testi più sistematici contro alcune tesidell'averroismo latinoincompatibili con la fede cristiana.(58)

Se la parola del Magistero si è fatta udire più spesso apartire dalla metà del secolo scorso è perché in quelperiodo non pochi cattolici sentirono il dovere di opporre una lorofilosofia alle varie correnti del pensiero moderno. A questo puntodiventava obbligatorio per il Magistero della Chiesa vegliare perchéqueste filosofie non deviasseroa loro voltain forme erronee enegative. Furono così censurati simmetricamente: da una parteilfideismo (59) e il tradizionalismo radicale(60) per laloro sfiducia nelle capacità naturali della ragione; dall'altraparteil razionalismo (61) e l'ontologismo(62) perchéattribuivano alla ragione naturale ciò che è conoscibilesolo alla luce della fede. I contenuti positivi di questo dibattito furonoformalizzati nella Costituzione dogmatica Dei Filiuscon la qualeper la prima volta un Concilio ecumenicoil Vaticano Iinterveniva inmaniera solenne sui rapporti tra ragione e fede. L'insegnamento contenutoin quel testo caratterizzò fortemente e in maniera positiva laricerca filosofica di molti credenti e costituisce ancora oggi un punto diriferimento normativo per una corretta e coerente riflessione cristiana inquesto particolare ambito.

53. Più che di singole tesi filosofichei pronunciamenti delMagistero si sono occupati della necessità della conoscenzarazionale edunqueultimamente filosofica per l'intelligenza della fede.Il Concilio Vaticano Isintetizzando e riaffermando in modo solenne gliinsegnamenti che in maniera ordinaria e costante il Magistero pontificioaveva proposto per i fedelimise in evidenza quanto fossero inseparabilie insieme irriducibili la conoscenza naturale di Dio e la Rivelazionelaragione e la fede. Il Concilio partiva dall'esigenza fondamentalepresupposta dalla Rivelazione stessadella conoscibilità naturaledell'esistenza di Dioprincipio e fine di ogni cosa(63) e concludeva conl'asserzione solenne già citata: « esistono due ordini diconoscenzadistinti non solo per il loro principioma anche per il lorooggetto ».(64) Bisognava affermaredunquecontro ogni forma dirazionalismola distinzione dei misteri della fede dai ritrovatifilosofici e la trascendenza e precedenza di quelli rispetto a questi;d'altra partecontro le tentazioni fideisticheera necessario che siribadisse l'unità della verità equindianche l'apportopositivo che la conoscenza razionale può e deve dare allaconoscenza di fede: « Ma anche se la fede è sopra la ragionenon vi potrà mai essere una vera divergenza tra fede e ragione:poiché lo stesso Dioche rivela i misteri e comunica la fedehaanche deposto nello spirito umano il lume della ragionequesto Dio nonpotrebbe negare se stessoné il vero contraddire il vero ».(65)

54. Anche nel nostro secoloil Magistero è ritornato piùvolte sull'argomento mettendo in guardia contro la tentazionerazionalistica. E su questo scenario che si devono collocare gliinterventi del Papa san Pio Xil quale rilevava come alla base delmodernismo vi fossero asserti filosofici di indirizzo fenomenistaagnostico e immanentista.(66) Non si può neppure dimenticarel'importanza che ebbe il rifiuto cattolico della filosofia marxista e delcomunismo ateo.(67)

Successivamenteil Papa Pio XII fece sentire la sua voce quandonellaLettera enciclica Humani generismise in guardia controinterpretazioni erroneecollegate con le tesi dell'evoluzionismodell'esistenzialismo e dello storicismo. Egli precisava che queste tesierano state elaborate e venivano proposte non da teologiavendo la loroorigine « fuori dall'ovile di Cristo »; (68) aggiungevacomunqueche tali deviazioni non erano semplicemente da rigettarema daesaminare criticamente: « Ora queste tendenzeche più o menodeviano dalla retta stradanon possono essere ignorate o trascurate daifilosofi o dai teologi cattoliciche hanno il grave compito di difenderela verità divina ed umana e di farla penetrare nelle menti degliuomini. Anziessi devono conoscere bene queste opinionisia perchéle malattie non si possono curare se prima non sono ben conosciutesiaperché qualche volta nelle stesse false affermazioni si nasconde unpo' di veritàsiainfineperché gli stessi errorispingono la mente nostra a investigare e a scrutare con piùdiligenza alcune verità sia filosofiche sia teologiche ».(69)

Da ultimoanche la Congregazione per la Dottrina della Fedeinadempimento del suo specifico compito a servizio del magistero universaledel Romano Pontefice(70) ha dovuto intervenire per ribadire il pericoloche comporta l'assunzione acriticada parte di alcuni teologi dellaliberazionedi tesi e metodologie derivanti dal marxismo.(71)

Nel passato il Magistero ha dunque esercitato ripetutamente e sottodiverse modalità il discernimento in materia filosofica. Quanto imiei Venerati Predecessori hanno apportato costituisce un preziosocontributo che non può essere dimenticato.

55. Se guardiamo alla nostra condizione odiernavediamo che i problemidi un tempo ritornanoma con peculiarità nuove. Non si tratta piùsolamente di questioni che interessano singole persone o gruppima diconvinzioni diffuse nell'ambiente al punto da divenire in qualche misuramentalità comune. Tale èad esempiola radicale sfiducianella ragione che rivelano i più recenti sviluppi di molti studifilosofici. Da più parti si è sentito parlarea questoriguardodi « fine della metafisica »: si vuole che lafilosofia si accontenti di compiti più modestiquali la solainterpretazione del fattuale o la sola indagine su campi determinati delsapere umano o sulle sue strutture.

Nella stessa teologia tornano ad affacciarsi le tentazioni di un tempo.In alcune teologie contemporaneead esempiosi fa nuovamente strada uncerto razionalismosoprattutto quando asserti ritenutifilosoficamente fondati sono assunti come normativi per la ricercateologica. Ciò accade soprattutto quando il teologoper mancanzadi competenza filosoficasi lascia condizionare in modo acritico daaffermazioni entrate ormai nel linguaggio e nella cultura correntemaprive di sufficiente base razionale.(72)

Non mancano neppure pericolosi ripiegamenti sul fideismochenon riconosce l'importanza della conoscenza razionale e del discorsofilosofico per l'intelligenza della fedeanzi per la stessa possibilitàdi credere in Dio. Un'espressione oggi diffusa di tale tendenza fideisticaè il « biblicismo »che tende a fare della lettura dellaSacra Scrittura o della sua esegesi l'unico punto di riferimentoveritativo. Accade così che si identifichi la parola di Dio con lasola Sacra Scritturavanificando in tal modo la dottrina della Chiesa cheil Concilio Ecumenico Vaticano II ha ribadito espressamente. LaCostituzione Dei Verbumdopo aver ricordato che la parola di Dio èpresente sia nei testi sacri che nella Tradizione(73) afferma con forza:« La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un solosacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa. Aderendo ad essotutto il popolo santounito ai suoi Pastoripersevera costantementenell'insegnamento degli Apostoli ».(74) La Sacra Scritturapertantonon è il solo riferimento per la Chiesa. La « regola supremadella propria fede »(75) infattile proviene dall'unità chelo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizionela Sacra Scrittura e ilMagistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre nonpossono sussistere in maniera indipendente.(76)

Non è da sottovalutareinoltreil pericolo insito nel volerderivare la verità della Sacra Scrittura dall'applicazione di unasola metodologiadimenticando la necessità di una esegesi piùampia che consenta di accedereinsieme con tutta la Chiesaal sensopieno dei testi. Quanti si dedicano allo studio delle Sacre Scritturedevono sempre tener presente che le diverse metodologie ermeneutiche hannoanch'esse alla base una concezione filosofica: occorre vagliarla condiscernimento prima di applicarla ai testi sacri.

Altre forme di latente fideismo sono riconoscibili nella pocaconsiderazione che viene riservata alla teologia speculativacome purenel disprezzo per la filosofia classicaalle cui nozioni sial'intelligenza della fede sia le stesse formulazioni dogmatiche hannoattinto i loro termini. Il Papa Pio XIIdi venerata memoriaha messo inguardia contro tale oblio della tradizione filosofica e contro l'abbandonodelle terminologie tradizionali.(77)

56. Si notainsommauna diffusa diffidenza verso gli asserti globali eassolutisoprattutto da parte di chi ritiene che la verità sia ilrisultato del consenso e non dell'adeguamento dell'intelletto alla realtàoggettiva. E certo comprensibile chein un mondo suddiviso in molti campispecialisticidiventi difficile riconoscere quel senso totale e ultimodella vita che la filosofia tradizionalmente ha cercato. Nondimeno allaluce della fede che riconosce in Gesù Cristo tale senso ultimononposso non incoraggiare i filosoficristiani o menoad avere fiducianelle capacità della ragione umana e a non prefiggersi mete troppomodeste nel loro filosofare. La lezione della storia di questo millennioche stiamo per concluderetestimonia che questa è la strada daseguire: bisogna non perdere la passione per la verità ultima el'ansia per la ricercaunite all'audacia di scoprire nuovi percorsi. E lafede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiarevolentieri per tutto ciò che è bellobuono e vero. La fedesi fa così avvocato convinto e convincente della ragione.

L'interesse della Chiesa per la filosofia

57. Il Magisterocomunquenon si è limitato solo a rilevare glierrori e le deviazioni delle dottrine filosofiche. Con altrettantaattenzione ha voluto ribadire i principi fondamentali per un genuinorinnovamento del pensiero filosoficoindicando anche concreti percorsi daseguire. In questo sensoil Papa Leone XIII con la sua Lettera enciclicaÆterni Patris compì un passo di autentica portatastorica per la vita della Chiesa. Quel testo è statofino ad oggil'unico documento pontificio di quel livello dedicato interamente allafilosofia. Il grande Pontefice riprese e sviluppò l'insegnamentodel Concilio Vaticano I sul rapporto tra fede e ragionemostrando come ilpensare filosofico sia un contributo fondamentale per la fede e la scienzateologica.(78) A più di un secolo di distanzamolte indicazionicontenute in quel testo non hanno perduto nulla del loro interesse dalpunto di vista sia pratico che pedagogico; primo fra tuttiquellorelativo all'incomparabile valore della filosofia di san Tommaso. Lariproposizione del pensiero del Dottore Angelico appariva a Papa LeoneXIII come la strada migliore per ricuperare un uso della filosofiaconforme alle esigenze della fede. San Tommasoegli scriveva« nelmomento stesso in cuicome convienedistingue perfettamente la fededalla ragionele unisce ambedue con legami di amicizia reciproca:conserva ad ognuna i propri diritti e ne salvaguarda la dignità ».(79)

58. Si sa quante felici conseguenze abbia avuto quell'invito pontificio.Gli studi sul pensiero di san Tommaso e di altri autori scolasticiricevettero nuovo slancio. Fu dato vigoroso impulso agli studi storicicon la conseguente riscoperta delle ricchezze del pensiero medievalefinoa quel momento largamente sconosciutee si costituirono nuove scuoletomistiche. Con l'applicazione della metodologia storicala conoscenzadell'opera di san Tommaso fece grandi progressi e numerosi furono glistudiosi che con coraggio introdussero la tradizione tomista nellediscussioni sui problemi filosofici e teologici di quel momento. I teologicattolici più influenti di questo secoloalla cui riflessione ericerca molto deve il Concilio Vaticano IIsono figli di talerinnovamento della filosofia tomista. La Chiesa ha potuto cosìdisporrenel corso del XX secolodi una vigorosa schiera di pensatoriformati alla scuola dell'Angelico Dottore.

59. Il rinnovamento tomista e neotomistacomunquenon è statol'unico segno di ripresa del pensiero filosofico nella cultura diispirazione cristiana. Già primae in parallelo con l'invitoleonianoerano emersi non pochi filosofi cattolici chericollegandosi acorrenti di pensiero più recentisecondo una propria metodologiaavevano prodotto opere filosofiche di grande influsso e di valoredurevole. Ci fu chi organizzò sintesi di così alto profiloche nulla hanno da invidiare ai grandi sistemi dell'idealismo; chiinoltrepose le basi epistemologiche per una nuova trattazione della fedealla luce di una rinnovata comprensione della coscienza morale; chiancoraprodusse una filosofia chepartendo dall'analisi dell'immanenzaapriva il cammino verso il trascendente; e chiinfinetentò diconiugare le esigenze della fede nell'orizzonte della metodologiafenomenologica. Da diverse prospettiveinsommasi è continuato aprodurre forme di speculazione filosofica che hanno inteso mantenere vivala grande tradizione del pensiero cristiano nell'unità di fede eragione.

60. Il Concilio Ecumenico Vaticano IIper parte suapresenta uninsegnamento molto ricco e fecondo nei confronti della filosofia. Nonposso dimenticaresoprattutto nel contesto di questa Lettera enciclicache un intero capitolo della Costituzione Gaudium et spes costituiscequasi un compendio di antropologia biblicafonte di ispirazione anche perla filosofia. In quelle pagine si tratta del valore della persona umanacreata a immagine di Diosi motiva la sua dignità e superioritàsul resto del creato e si mostra la capacità trascendente della suaragione.(80) Anche il problema dell'ateismo viene considerato nella Gaudiumet spes e ben si motivano gli errori di quella visione filosoficasoprattutto nei confronti dell'inalienabile dignità della persona edella sua libertà.(81) Certamente possiede anche un profondosignificato filosofico l'espressione culminante di quelle pagineche horipreso nella mia prima Lettera enciclica Redemptor hominis e checostituisce uno dei punti di riferimento costante del mio insegnamento: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luceil mistero dell'uomo. Adamoinfattiil primo uomoera figura di quellofuturo e cioè di Cristo Signore. Cristoche è il nuovoAdamoproprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anchepienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione ».(82)

Il Concilio si è occupato anche dello studio della filosofiaacui devono dedicarsi i candidati al sacerdozio; sono raccomandazioniestensibili più in generale all'insegnamento cristiano nel suoinsieme. Afferma il Concilio: « Le discipline filosofiche siinsegnino in maniera che gli alunni siano anzitutto guidati all'acquistodi una solida e armonica conoscenza dell'uomodel mondo e di Diobasandosi sul patrimonio filosofico perennemente validotenuto contoanche delle correnti filosofiche moderne ».(83)

Queste direttive sono state a più riprese ribadite e specificatein altri documenti magisteriali con lo scopo di garantire una solidaformazione filosoficasoprattutto per coloro che si preparano agli studiteologici. Da parte miapiù volte ho sottolineato l'importanza diquesta formazione filosofica per quanti dovranno un giornonella vitapastoraleconfrontarsi con le istanze del mondo contemporaneo e coglierele cause di alcuni comportamenti per darvi pronta risposta.(84)

61. Se in diverse circostanze è stato necessario intervenire suquesto temaribadendo anche il valore delle intuizioni del DottoreAngelico e insistendo per l'acquisizione del suo pensierociò èdipeso dal fatto che le direttive del Magistero non sono state sempreosservate con la desiderabile disponibilità. In molte scuolecattolichenegli anni che seguirono il Concilio Vaticano IIsi èpotuto osservarein materiaun certo decadimento dovuto ad una minorestimanon solo della filosofia scolasticama più in generaledello stesso studio della filosofia. Con meraviglia e dispiacere devocostatare che non pochi teologi condividono questo disinteresse per lostudio della filosofia.

Diverse sono le ragioni che stanno alla base di questa disaffezione. Inprimo luogoè da registrare la sfiducia nella ragione che granparte della filosofia contemporanea manifestaabbandonando largamente laricerca metafisica sulle domande ultime dell'uomoper concentrare lapropria attenzione su problemi particolari e regionalitalvolta anchepuramente formali. Si deve aggiungereinoltreil fraintendimento che siè creato soprattutto in rapporto alle « scienze umane ».Il Concilio Vaticano II ha più volte ribadito il valore positivodella ricerca scientifica in ordine a una conoscenza più profondadel mistero dell'uomo.(85) L'invito fatto ai teologi perchéconoscano queste scienze eall'occorrenzale applichino correttamentenella loro indagine non devetuttaviaessere interpretato comeun'implicita autorizzazione ad emarginare la filosofia o a sostituirlanella formazione pastorale e nella praeparatio fidei. Non si puòdimenticareinfineil ritrovato interesse per l'inculturazione dellafede. In modo particolare la vita delle giovani Chiese ha permesso discoprireaccanto ad elevate forme di pensierola presenza di moltepliciespressioni di saggezza popolare. Ciò costituisce un realepatrimonio di cultura e di tradizioni. Lo studiotuttaviadelle usanzetradizionali deve andare di pari passo con la ricerca filosofica. Saràquesta a permettere di far emergere i tratti positivi della saggezzapopolarecreando il necessario collegamento con l'annuncio delVangelo.(86)

62. Desidero ribadire con vigore che lo studio della filosofia rivesteun carattere fondamentale e ineliminabile nella struttura degli studiteologici e nella formazione dei candidati al sacerdozio. Non è uncaso che il curriculum di studi teologici sia preceduto da unperiodo di tempo nel quale è previsto uno speciale impegno nellostudio della filosofia. Questa sceltaconfermata dal Concilio LateranenseV(87) affonda le sue radici nell'esperienza maturata durante il MedioEvoquando è stata posta in evidenza l'importanza di unacostruttiva armonia tra il sapere filosofico e quello teologico. Questoordinamento degli studi ha influenzatofacilitato e promossoanche se inmaniera indirettauna buona parte dello sviluppo della filosofia moderna.Un esempio significativo è dato dall'influsso esercitato dalle Disputationesmetaphysicae di Francesco Suárezle quali trovavano spazioperfino nelle università luterane tedesche. Il venire meno diquesta metodologiainvecefu causa di gravi carenze sia nella formazionesacerdotale che nella ricerca teologica. Si consideriad esempioladisattenzione nei confronti del pensiero e della cultura modernache haportato alla chiusura ad ogni forma di dialogo o alla indiscriminataaccoglienza di ogni filosofia.

Confido vivamente che queste difficoltà siano superate daun'intelligente formazione filosofica e teologicache non deve mai veniremeno nella Chiesa.

63. In forza delle ragioni espressemi è sembrato urgenteribadirecon questa Lettera enciclicail forte interesse che la Chiesadedica alla filosofia; anziil legame intimo che unisce il lavoroteologico alla ricerca filosofica della verità. Di qui deriva ildovere che il Magistero ha di discernere e stimolare un pensierofilosofico che non sia in dissonanza con la fede. Mio compito è diproporre alcuni principi e punti di riferimento che ritengo necessari perpoter instaurare una relazione armoniosa ed efficace tra la teologia e lafilosofia. Alla loro luce sarà possibile discernere con maggiorchiarezza se e quale rapporto la teologia debba intraprendere con idiversi sistemi o asserti filosoficiche il mondo attuale presenta.

CAPITOLO VI

INTERAZIONE
TRA TEOLOGIA E FILOSOFIA

La scienza della fede e le esigenze della ragione filosofica

64. La parola di Dio si indirizza a ogni uomoin ogni tempo e in ogniparte della terra; e l'uomo è naturalmente filosofo. La teologiada parte suain quanto elaborazione riflessa e scientificadell'intelligenza di questa parola alla luce della fedesia per alcunisuoi procedimenti come anche per adempiere a specifici compitinon puòfare a meno di entrare in rapporto con le filosofie di fatto elaborate nelcorso della storia. Senza voler indicare ai teologi particolarimetodologiecosa che non compete al Magisterodesidero piuttostorichiamare alla mente alcuni compiti propri della teologianei quali ilricorso al pensiero filosofico si impone in forza della natura stessadella Parola rivelata.

65. La teologia si organizza come scienza della fede alla luce di unduplice principio metodologico: l'auditus fidei e l'intellectus fidei.Con il primoessa entra in possesso dei contenuti della Rivelazione cosìcome sono stati esplicitati progressivamente nella Sacra TradizionenellaSacra Scrittura e nel Magistero vivo della Chiesa.(88) Con il secondolateologia vuole rispondere alle esigenze proprie del pensiero mediante lariflessione speculativa.

Per quanto concerne la preparazione ad un corretto auditus fideila filosofia reca alla teologia il suo peculiare contributo nel momento incui considera la struttura della conoscenza e della comunicazionepersonale ein particolarele varie forme e funzioni del linguaggio.Ugualmente importante è l'apporto della filosofia per una piùcoerente comprensione della Tradizione ecclesialedei pronunciamenti delMagistero e delle sentenze dei grandi maestri della teologia: questiinfatti si esprimono spesso in concetti e forme di pensiero mutuati da unadeterminata tradizione filosofica. In questo casoè richiesto alteologo non solo di esporre concetti e termini con i quali la Chiesariflette ed elabora il suo insegnamentoma anche di conoscere a fondo isistemi filosofici che hanno eventualmente influito sia sulle nozioni chesulla terminologiaper giungere a interpretazioni corrette e coerenti.

66. Per quanto riguarda l'intellectus fideisi deveconsiderareanzituttoche la Verità divina« a noi propostanelle Sacre Scrittureinterpretate rettamente dalla dottrina della Chiesa»(89) gode di una propria intelligibilità cosìlogicamente coerente da proporsi come un autentico sapere. L'intellectusfidei esplicita questa veritànon solo cogliendo le strutturelogiche e concettuali delle proposizioni nelle quali si articolal'insegnamento della Chiesama anchee primariamentenel far emergereil significato di salvezza che tali proposizioni contengono per il singoloe per l'umanità. E dall'insieme di queste proposizioni che ilcredente arriva a conoscere la storia della salvezzala quale culminanella persona di Gesù Cristo e nel suo mistero pasquale. A questomistero egli partecipa con il suo assenso di fede.

La teologia dogmaticaper parte suadeve essere in grado diarticolare il senso universale del mistero del Dio Uno e Trino edell'economia della salvezza sia in maniera narrativa siasoprattuttoinforma argomentativa. Lo deve farecioèmediante espressioniconcettualiformulate in modo critico e universalmente comunicabile.Senza l'apporto della filosofiainfattinon si potrebbero illustrarecontenuti teologici qualiad esempioil linguaggio su Diole relazionipersonali all'interno della Trinitàl'azione creatrice di Dio nelmondoil rapporto tra Dio e l'uomol'identità di Cristo che èvero Dio e vero uomo. Le stesse considerazioni valgono per diversi temidella teologia moraledove è immediato il ricorso a concettiquali: legge moralecoscienzalibertàresponsabilitàpersonalecolpa ecc.che ricevono una loro definizione a livello dietica filosofica.

E necessariodunqueche la ragione del credente abbia una conoscenzanaturalevera e coerente delle cose createdel mondo e dell'uomochesono anche oggetto della rivelazione divina; ancora di piùessadeve essere in grado di articolare tale conoscenza in modo concettuale eargomentativo. La teologia dogmatica speculativapertantopresuppone edimplica una filosofia dell'uomodel mondo epiù radicalmentedell'esserefondata sulla verità oggettiva.

67. La teologia fondamentaleper il suo carattere proprio didisciplina che ha il compito di rendere ragione della fede (cfr 1 Pt315)dovrà farsi carico di giustificare ed esplicitare larelazione tra la fede e la riflessione filosofica. Già il ConcilioVaticano Irecuperando l'insegnamento paolino (cfr Rm 119-20)aveva richiamato l'attenzione sul fatto che esistono veritàconoscibili naturalmentee quindi filosoficamente. La loro conoscenzacostituisce un presupposto necessario per accogliere la rivelazione diDio. Nello studiare la Rivelazione e la sua credibilità insieme conil corrispondente atto di fedela teologia fondamentale dovràmostrare comealla luce della conoscenza per fedeemergano alcune veritàche la ragione già coglie nel suo autonomo cammino di ricerca. Aqueste la Rivelazione conferisce pienezza di sensoorientandole verso laricchezza del mistero rivelatonel quale trovano il loro ultimo fine. Sipensiad esempioalla conoscenza naturale di Dioalla possibilitàdi discernere la rivelazione divina da altri fenomeni o al riconoscimentodella sua credibilitàall'attitudine del linguaggio umano aparlare in modo significativo e vero anche di ciò che eccede ogniesperienza umana. Da tutte queste veritàla mente ècondotta a riconoscere l'esistenza di una via realmente propedeutica allafedeche può sfociare nell'accoglienza della rivelazionesenza innulla venire meno ai propri principi e alla propria autonomia.(90)

Alla stessa streguala teologia fondamentale dovrà mostrarel'intima compatibilità tra la fede e la sua esigenza essenziale diesplicitarsi mediante una ragione in grado di dare in piena libertàil proprio assenso. La fede saprà così « mostrare inpienezza il cammino ad una ragione in ricerca sincera della verità.In tal modo la fededono di Diopur non fondandosi sulla ragionenon puòcertamente fare a meno di essa; al tempo stessoappare la necessitàper la ragione di farsi forte della fedeper scoprire gli orizzonti aiquali da sola non potrebbe giungere ».(91)

68. La teologia morale ha forse un bisogno ancor maggiore dell'apportofilosofico. Nella Nuova Alleanzainfattila vita umana è moltomeno regolamentata da prescrizioni che nell'Antica. La vita nello Spiritoconduce i credenti ad una libertà e responsabilità che vannooltre la Legge stessa. Il Vangelo e gli scritti apostolicicomunquepropongono sia principi generali di condotta cristiana sia insegnamenti eprecetti puntuali. Per applicarli alle circostanze particolari della vitaindividuale e socialeil cristiano deve essere in grado di impegnare afondo la sua coscienza e la forza del suo ragionamento. In altre paroleciò significa che la teologia morale deve ricorrere ad una visionefilosofica corretta sia della natura umana e della società che deiprincipi generali di una decisione etica.

69. Si può forse obiettare che nella situazione attuale ilteologopiuttosto che alla filosofiadovrebbe ricorrere all'aiuto dialtre forme del sapere umanoquali la storia e soprattutto le scienzedicui tutti ammirano i recenti straordinari sviluppi. Altri poia seguitodi una cresciuta sensibilità nei confronti della relazione tra fedee culturesostengono che la teologia dovrebbe rivolgersidi preferenzaalle saggezze tradizionalipiuttosto che a una filosofia di origine grecaed eurocentrica. Altri ancoraa partire da una concezione errata delpluralismo delle culturenegano semplicemente il valore universale delpatrimonio filosofico accolto dalla Chiesa.

Queste sottolineaturetra l'altro già presenti nell'insegnamentoconciliare(92) contengono una parte di verità. Il riferimento allescienzeutile in molti casi perché permette una conoscenza piùcompleta dell'oggetto di studionon deve tuttavia far dimenticare lanecessaria mediazione di una riflessione tipicamente filosoficacritica etesa all'universalerichiesta peraltro da uno scambio fecondo tra leculture. Ciò che mi preme sottolineare è il dovere di nonfermarsi al solo caso singolo e concretotralasciando il compito primarioche è quello di manifestare il carattere universale del contenutodi fede. Non si deveinoltredimenticare che l'apporto peculiare delpensiero filosofico permette di discerneresia nelle diverse concezionidi vita che nelle culture« non che cosa gli uomini pensinomaquale sia la verità oggettiva ».(93) Non le varie opinioniumanema solamente la verità può essere di aiuto allateologia.

70. Il temapoidel rapporto con le culture merita una riflessionespecificaanche se necessariamente non esaustivaper le implicanze chene derivano sia sul versante filosofico che su quello teologico. Ilprocesso di incontro e confronto con le culture è un'esperienza chela Chiesa ha vissuto fin dagli inizi della predicazione del Vangelo. Ilcomando di Cristo ai discepoli di andare in ogni luogo« fino agliestremi confini della terra » (At 18)per trasmettere laverità da Lui rivelataha posto la comunità cristiana nellacondizione di verificare ben presto l'universalità dell'annuncio egli ostacoli derivanti dalla diversità delle culture. Un branodella lettera di san Paolo ai cristiani di Efeso offre un valido aiuto percomprendere come la comunità primitiva abbia affrontato questoproblema. Scrive l'Apostolo: « Ora invecein Cristo Gesùvoiche un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sanguedi Cristo. Egli infatti è la nostra pacecolui che ha fatto deidue un popolo soloabbattendo il muro di separazione che era frammezzo »(213-14).

Alla luce di questo testo la nostra riflessione s'allarga allatrasformazione che si è venuta a creare nei Gentili una voltaarrivati alla fede. Davanti alla ricchezza della salvezza operata daCristocadono le barriere che separano le diverse culture. La promessa diDio in Cristo diventaadessoun'offerta universale: non piùlimitata alla particolarità di un popolodella sua lingua e deisuoi costumima estesa a tutti come patrimonio a cui ciascuno puòattingere liberamente. Da diversi luoghi e tradizioni tutti sono chiamatiin Cristo a partecipare all'unità della famiglia dei figli di Dio.E Cristo che permette ai due popoli di diventare « uno ». Coloroche erano « i lontani » diventano « i vicini » graziealla novità operata dal mistero pasquale. Gesù abbatte imuri di divisione e realizza l'unificazione in modo originale e supremomediante la partecipazione al suo mistero. Questa unità ètalmente profonda che la Chiesa può dire con san Paolo: « Nonsiete più stranieri né ospitima siete concittadini deisanti e familiari di Dio » (Ef 219).

In una così semplice annotazione è descritta una grandeverità: l'incontro della fede con le diverse culture ha dato vitadi fatto a una realtà nuova. Le culturequando sono profondamenteradicate nell'umanoportano in sé la testimonianza dell'aperturatipica dell'uomo all'universale e alla trascendenza. Esse presentanopertantoapprocci diversi alla veritàche si rivelano di indubbiautilità per l'uomoa cui prospettano valori capaci di renderesempre più umana la sua esistenza.(94) In quanto poi le culture sirichiamano ai valori delle tradizioni anticheportano con sé —anche se in maniera implicitama non per questo meno reale — ilriferimento al manifestarsi di Dio nella naturacome si è vistoprecedentemente parlando dei testi sapienziali e dell'insegnamento di sanPaolo.

71. Essendo in stretto rapporto con gli uomini e con la loro storialeculture condividono le stesse dinamiche secondo cui il tempo umano siesprime. Si registrano di conseguenza trasformazioni e progressi dovutiagli incontri che gli uomini sviluppano e alle comunicazioni chereciprocamente si fanno dei loro modelli di vita. Le culture traggonoalimento dalla comunicazione di valorie la loro vitalità esussistenza è data dalla capacità di rimanere aperteall'accoglienza del nuovo. Qual è la spiegazione di questedinamiche? Ogni uomo è inserito in una culturada essa dipendesudi essa influisce. Egli è insieme figlio e padre della cultura incui è immerso. In ogni espressione della sua vitaegli porta con séqualcosa che lo contraddistingue in mezzo al creato: la sua aperturacostante al mistero ed il suo inesauribile desiderio di conoscenza. Ogniculturadi conseguenzaporta impressa in sé e lascia trasparirela tensione verso un compimento. Si può direquindiche lacultura ha in sé la possibilità di accogliere la rivelazionedivina.

Il modo in cui i cristiani vivono la fede è anch'esso permeatodalla cultura dell'ambiente circostante e contribuiscea sua voltaamodellarne progressivamente le caratteristiche. Ad ogni cultura icristiani recano la verità immutabile di Dioda Lui rivelata nellastoria e nella cultura di un popolo. Nel corso dei secoli continua cosìa riprodursi l'evento di cui furono testimoni i pellegrini presenti aGerusalemme nel giorno di Pentecoste. Ascoltando gli Apostolisidomandavano: « Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? Ecom'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?Siamo PartiMediElamiti e abitanti della Mesopotamiadella Giudeadella Cappadociadel Ponto e dell'Asiadella Frigia e della Panfiliadell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirenestranieri di RomaEbrei e proselitiCretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostrelingue le grandi opere di Dio » (At 27-11). L'annuncio delVangelo nelle diverse culturementre esige dai singoli destinataril'adesione della fedenon impedisce loro di conservare una propriaidentità culturale. Ciò non crea divisione alcunaperchéil popolo dei battezzati si distingue per una universalità che saaccogliere ogni culturafavorendo il progresso di ciò che in essavi è di implicito verso la sua piena esplicazione nella verità.

Conseguenza di ciò è che una cultura non può maidiventare criterio di giudizio ed ancor meno criterio ultimo di veritànei confronti della rivelazione di Dio. Il Vangelo non è contrarioa questa od a quella cultura come seincontrandosi con essavolesseprivarla di ciò che le appartiene e la obbligasse ad assumere formeestrinseche che non le sono conformi. Al contrariol'annuncio che ilcredente porta nel mondo e nelle culture è forma reale diliberazione da ogni disordine introdotto dal peccato enello stessotempoè chiamata alla verità piena. In questo incontroleculture non solo non vengono private di nullama sono anzi stimolate adaprirsi al nuovo della verità evangelica per trarne incentivo versoulteriori sviluppi.

72. Il fatto che la missione evangelizzatrice abbia incontrato sulla suastrada per prima la filosofia grecanon costituisce indicazione in alcunmodo preclusiva per altri approcci. Oggivia via che il Vangelo entra incontatto con aree culturali rimaste finora al di fuori dell'ambito diirradiazione del cristianesimonuovi compiti si apronoall'inculturazione. Problemi analoghi a quelli che la Chiesa dovetteaffrontare nei primi secoli si pongono alla nostra generazione.

Il mio pensiero va spontaneamente alle terre d'Orientecosìricche di tradizioni religiose e filosofiche molto antiche. Tra essel'India occupa un posto particolare. Un grande slancio spirituale porta ilpensiero indiano alla ricerca di un'esperienza cheliberando lo spiritodai condizionamenti del tempo e dello spazioabbia valore di assoluto.Nel dinamismo di questa ricerca di liberazione si situano grandi sistemimetafisici.

Spetta ai cristiani di oggiinnanzitutto a quelli dell'Indiailcompito di estrarre da questo ricco patrimonio gli elementi compatibilicon la loro fede così che ne derivi un arricchimento del pensierocristiano. Per questa opera di discernimentoche trova la sua ispirazionenella Dichiarazione conciliare Nostra aetateessi terranno contodi un certo numero di criteri. Il primo è quello dell'universalitàdello spirito umanole cui esigenze fondamentali si ritrovano identichenelle culture più diverse. Il secondoderivante dal primoconsiste in questo: quando la Chiesa entra in contatto con grandi cultureprecedentemente non ancora raggiuntenon può lasciarsi alle spalleciò che ha acquisito dall'inculturazione nel pensiero greco-latino.Rifiutare una simile eredità sarebbe andare contro il disegnoprovvidenziale di Dioche conduce la sua Chiesa lungo le strade del tempoe della storia. Questo criteriodel restovale per la Chiesa di ogniepocaanche per quella di domaniche si sentirà arricchita dalleacquisizioni realizzate nell'odierno approccio con le culture orientali etroverà in questa eredità nuove indicazioni per entrarefruttuosamente in dialogo con quelle culture che l'umanità sapràfar fiorire nel suo cammino incontro al futuro. In terzo luogoci siguarderà dal confondere la legittima rivendicazione dellaspecificità e dell'originalità del pensiero indiano conl'idea che una tradizione culturale debba rinchiudersi nella suadifferenza ed affermarsi nella sua opposizione alle altre tradizioniciòche sarebbe contrario alla natura stessa dello spirito umano.

Quanto è qui detto per l'India vale anche per l'ereditàdelle grandi culture della Cinadel Giappone e degli altri Paesidell'Asiacome pure delle ricchezze delle culture tradizionalidell'Africatrasmesse soprattutto per via orale.

73. Alla luce di queste considerazioniil rapporto che deveopportunamente instaurarsi tra la teologia e la filosofia saràall'insegna della circolarità. Per la teologiapunto di partenza efonte originaria dovrà essere sempre la parola di Dio rivelatanella storiamentre obiettivo finale non potrà che esserel'intelligenza di essa via via approfondita nel susseguirsi dellegenerazioni. Poichéd'altra partela parola di Dio è Verità(cfr Gv 1717)alla sua migliore comprensione non può nongiovare la ricerca umana della veritàossia il filosofaresviluppato nel rispetto delle leggi che gli sono proprie. Non si trattasemplicemente di utilizzarenel discorso teologicol'uno o l'altroconcetto o frammento di un impianto filosofico; decisivo è che laragione del credente eserciti le sue capacità di riflessione nellaricerca del vero all'interno di un movimento chepartendo dalla parola diDiosi sforza di raggiungere una migliore comprensione di essa. E chiaroperaltrochemuovendosi entro questi due poli — parola di Dio emigliore sua conoscenza —la ragione è come avvertitae inqualche modo guidataad evitare sentieri che la porterebbero fuori dellaVerità rivelata ein definitivafuori della verità pura esemplice; essa viene anzi stimolata ad esplorare vie che da sola nonavrebbe nemmeno sospettato di poter percorrere. Da questo rapporto dicircolarità con la parola di Dio la filosofia esce arricchitaperché la ragione scopre nuovi e insospettati orizzonti.

74. La conferma della fecondità di un simile rapporto èofferta dalla vicenda personale di grandi teologi cristiani che sisegnalarono anche come grandi filosofilasciando scritti di cosìalto valore speculativoda giustificarne l'affiancamento ai maestri dellafilosofia antica. Ciò vale sia per i Padri della Chiesatra iquali bisogna citare almeno i nomi di san Gregorio Nazianzeno esant'Agostinosia per i Dottori medievalitra i quali emerge la grandetriade di sant'Anselmosan Bonaventura e san Tommaso d'Aquino. Il fecondorapporto tra filosofia e parola di Dio si manifesta anche nella ricercacoraggiosa condotta da pensatori più recentitra i quali mi piacemenzionareper l'ambito occidentalepersonalità come John HenryNewmanAntonio RosminiJacques MaritainÉtienne GilsonEdithStein eper quello orientalestudiosi della statura di Vladimir S.Solov'evPavel A. FlorenskijPetr J. CaadaevVladimir N. Lossky.Ovviamentenel fare riferimento a questi autoriaccanto ai quali altrinomi potrebbero essere citatinon intendo avallare ogni aspetto del loropensieroma solo proporre esempi significativi di un cammino di ricercafilosofica che ha tratto considerevoli vantaggi dal confronto con i datidella fede. Una cosa è certa: l'attenzione all'itinerariospirituale di questi maestri non potrà che giovare al progressonella ricerca della verità e nell'utilizzo a servizio dell'uomo deirisultati conseguiti. C'è da sperare che questa grande tradizionefilosofico-teologica trovi oggi e nel futuro i suoi continuatori e i suoicultori per il bene della Chiesa e dell'umanità.

Differenti stati della filosofia

75. Come risulta dalla storia dei rapporti tra fede e filosofiasoprabrevemente accennatasi possono distinguere diversi stati della filosofiarispetto alla fede cristiana. Un primo è quello della filosofiatotalmente indipendente dalla Rivelazione evangelica: è lostato della filosofia quale si è storicamente concretizzata nelleepoche che hanno preceduto la nascita del Redentore edopo di essanelleregioni non ancora raggiunte dal Vangelo. In questa situazionelafilosofia manifesta la legittima aspirazione ad essere un'impresa autonomache procede cioè secondo le leggi sue proprieavvalendosi dellesole forze della ragione. Pur nella consapevolezza dei gravi limiti dovutialla congenita debolezza dell'umana ragionequesta aspirazione vasostenuta e rafforzata. L'impegno filosoficoinfattiquale ricerca dellaverità nell'ambito naturalerimane almeno implicitamente aperto alsoprannaturale.

Di più: anche quando è lo stesso discorso teologico adavvalersi di concetti e argomenti filosoficil'esigenza di correttaautonomia del pensiero va rispettata. L'argomentazione sviluppata secondorigorosi criteri razionaliinfattiè garanzia del raggiungimentodi risultati universalmente validi. Si verifica anche qui il principiosecondo cui la grazia non distruggema perfeziona la natura: l'assenso difedeche impegna l'intelletto e la volontànon distrugge maperfeziona il libero arbitrio di ogni credente che accoglie in séil dato rivelato.

Da questa corretta istanza si allontana in modo netto la teoria dellacosiddetta filosofia « separata »perseguita da parecchifilosofi moderni. Più che l'affermazione della giusta autonomia delfilosofareessa costituisce la rivendicazione di una autosufficienza delpensiero che si rivela chiaramente illegittima: rifiutare gli apporti diverità derivanti dalla rivelazione divina significa infattiprecludersi l'accesso a una più profonda conoscenza della veritàa danno della stessa filosofia.

76. Un secondo stato della filosofia è quello che molti designanocon l'espressione filosofia cristiana. La denominazione èdi per sé legittimama non deve essere equivocata: non si intendecon essa alludere ad una filosofia ufficiale della Chiesagiacchéla fede non è come tale una filosofia. Con questo appellativo sivuole piuttosto indicare un filosofare cristianouna speculazionefilosofica concepita in unione vitale con la fede. Non ci si riferiscequindi semplicemente ad una filosofia elaborata da filosofi cristianiiquali nella loro ricerca non hanno voluto contraddire la fede. Parlando difilosofia cristiana si intendono abbracciare tutti quegli importantisviluppi del pensiero filosofico che non si sarebbero realizzati senzal'apportodiretto o indirettodella fede cristiana.

Due sonopertantogli aspetti della filosofia cristiana: unosoggettivoche consiste nella purificazione della ragione da parte dellafede. Come virtù teologaleessa libera la ragione dallapresunzionetipica tentazione a cui i filosofi sono facilmente soggetti.Già san Paolo e i Padri della Chiesa epiù vicino a noifilosofi come Pascal e Kierkegaard l'hanno stigmatizzata. Con l'umiltàil filosofo acquista anche il coraggio di affrontare alcune questioni chedifficilmente potrebbe risolvere senza prendere in considerazione i datiricevuti dalla Rivelazione. Si pensiad esempioai problemi del male edella sofferenzaall'identità personale di Dio e alla domanda sulsenso della vita opiù direttamentealla domanda metafisicaradicale: « Perché vi è qualcosa? ».

Vi è poi l'aspetto oggettivoriguardante i contenuti: laRivelazione propone chiaramente alcune verità chepur non essendonaturalmente inaccessibili alla ragioneforse non sarebbero mai state daessa scopertese fosse stata abbandonata a sé stessa. In questoorizzonte si situano questioni come il concetto di un Dio personalelibero e creatoreche tanto rilievo ha avuto per lo sviluppo del pensierofilosofico ein particolareper la filosofia dell'essere. A quest'ambitoappartiene pure la realtà del peccatocosì com'essa apparealla luce della fedela quale aiuta a impostare filosoficamente in modoadeguato il problema del male. Anche la concezione della persona comeessere spirituale è una peculiare originalità della fede:l'annuncio cristiano della dignitàdell'uguaglianza e della libertàdegli uomini ha certamente influito sulla riflessione filosofica che imoderni hanno condotto. Più vicino a noisi può menzionarela scoperta dell'importanza che ha anche per la filosofia l'eventostoricocentro della Rivelazione cristiana. Non a casoesso èdiventato perno di una filosofia della storiache si presenta come unnuovo capitolo della ricerca umana della verità.

Tra gli elementi oggettivi della filosofia cristiana rientra anche lanecessità di esplorare la razionalità di alcune veritàespresse dalla Sacra Scritturacome la possibilità di unavocazione soprannaturale dell'uomo ed anche lo stesso peccato originale.Sono compiti che provocano la ragione a riconoscere che vi è delvero e del razionale ben oltre gli stretti confini entro i quali essasarebbe portata a rinchiudersi. Queste tematiche allargano di fattol'ambito del razionale.

Speculando su questi contenutii filosofi non sono diventati teologiin quanto non hanno cercato di comprendere e di illustrare le veritàdella fede a partire dalla Rivelazione. Hanno continuato a lavorare sulloro proprio terreno e con la propria metodologia puramente razionalemaallargando la loro indagine a nuovi ambiti del vero. Si può direchesenza questo influsso stimolante della parola di Diobuona partedella filosofia moderna e contemporanea non esisterebbe. Il dato conservatutta la sua rilevanzapur di fronte alla deludente costatazionedell'abbandono dell'ortodossia cristiana da parte di non pochi pensatoridi questi ultimi secoli.

77. Un altro stato significativo della filosofia si ha quando èla stessa teologia a chiamare in causa la filosofia. In realtàla teologia ha sempre avuto e continua ad avere bisogno dell'apportofilosofico. Essendo opera della ragione critica alla luce della fedeillavoro teologico presuppone ed esige in tutto il suo indagare una ragioneconcettualmente e argomentativamente educata e formata. La teologiainoltreha bisogno della filosofia come interlocutrice per verificarel'intelligibilità e la verità universale dei suoi asserti.Non a caso furono filosofie non cristiane ad essere assunte dai Padridella Chiesa e dai teologi medievali a tale funzione esplicativa. Questofatto storico indica il valore dell'autonomia che la filosofiaconserva anche in questo suo terzo statoma insieme mostra letrasformazioni necessarie e profonde che essa deve subire.

E proprio nel senso di un apporto indispensabile e nobile che lafilosofia fu chiamata fin dall'età patristica ancillatheologiae. Il titolo non fu applicato per indicare una servilesottomissione o un ruolo puramente funzionale della filosofia neiconfronti della teologia. Fu utilizzato piuttosto nel senso in cuiAristotele parlava delle scienze esperienziali quali « ancelle »della « filosofia prima ». L'espressioneoggi difficilmenteutilizzabile in forza dei principi di autonomia a cui si è fattocennoè servita nel corso della storia per indicare la necessitàdel rapporto tra le due scienze e l'impossibilità di una loroseparazione.

Se il teologo si rifiutasse di avvalersi della filosofiarischierebbedi far filosofia a sua insaputa e di rinchiudersi in strutture di pensieropoco adatte all'intelligenza della fede. Il filosofoda parte suaseescludesse ogni contatto con la teologiasi sentirebbe in dovere diimpadronirsi per conto proprio dei contenuti della fede cristianacome èavvenuto con alcuni filosofi moderni. In un caso come nell'altrosiprofilerebbe il pericolo della distruzione dei principi basilari diautonomia che ogni scienza giustamente vuole garantiti.

Lo stato della filosofia qui consideratoper le implicanze che comportanell'intelligenza della Rivelazionesi colloca insieme alla teologia piùdirettamente sotto l'autorità del Magistero e del suodiscernimentocome ho precedentemente esposto. Dalle verità difedeinfattiderivano determinate esigenze che la filosofia deverispettare nel momento in cui entra in rapporto con la teologia.

78. Alla luce di queste riflessioniben si comprende perché ilMagistero abbia ripetutamente lodato i meriti del pensiero di san Tommasoe lo abbia posto come guida e modello degli studi teologici. Ciòche interessava non era prendere posizione su questioni propriamentefilosofichené imporre l'adesione a tesi particolari. L'intentodel Magistero erae continua ad esserequello di mostrare come sanTommaso sia un autentico modello per quanti ricercano la verità.Nella sua riflessioneinfattil'esigenza della ragione e la forza dellafede hanno trovato la sintesi più alta che il pensiero abbia mairaggiuntoin quanto egli ha saputo difendere la radicale novitàportata dalla Rivelazione senza mai umiliare il cammino proprio dellaragione.

79. Esplicitando ulteriormente i contenuti del Magistero precedenteintendo in questa ultima parte indicare alcune esigenze che la teologia —anziprima ancora la parola di Dio — pone oggi al pensierofilosofico e alle filosofie odierne. Come già ho rilevatoilfilosofo deve procedere secondo le proprie regole e fondarsi sui propriprincipi; la veritàtuttavianon può essere che una sola.La Rivelazionecon i suoi contenutinon potrà mai umiliare laragione nelle sue scoperte e nella sua legittima autonomia; per parte suaperòla ragione non dovrà mai perdere la sua capacitàd'interrogarsi e di interrogarenella consapevolezza di non potersiergere a valore assoluto ed esclusivo. La verità rivelataoffrendopienezza di luce sull'essere a partire dallo splendore che proviene dallostesso Essere sussistenteilluminerà il cammino della riflessionefilosofica. La Rivelazione cristianainsommadiventa il vero punto diaggancio e di confronto tra il pensare filosofico e quello teologico nelloro reciproco rapportarsi. E auspicabilequindiche teologi e filosofisi lascino guidare dall'unica autorità della verità cosìche venga elaborata una filosofia in consonanza con la parola di Dio.Questa filosofia sarà il terreno d'incontro tra le culture e lafede cristianail luogo d'intesa tra credenti e non credenti. Saràdi aiuto perché i credenti si convincano più da vicino chela profondità e genuinità della fede è favoritaquando è unita al pensiero e ad esso non rinuncia. Ancora unavoltaè la lezione dei Padri che ci guida in questa convinzione: «Lo stesso credere null'altro è che pensare assentendo [...].Chiunque crede pensae credendo pensa e pensando crede [...]. La fede senon è pensata è nulla ».(95) Ed ancora: « Se sitoglie l'assensosi toglie la fedeperché senza assenso non sicrede affatto ».(96)

CAPITOLO VII

ESIGENZE E COMPITI ATTUALI

Le esigenze irrinunciabili della parola di Dio

80. La Sacra Scrittura contienein maniera sia esplicita che implicitauna serie di elementi che consentono di raggiungere una visione dell'uomoe del mondo di notevole spessore filosofico. I cristiani hanno presoprogressivamente coscienza della ricchezza racchiusa in quelle paginesacre. Da esse risulta che la realtà di cui facciamo esperienza nonè l'assoluto: non è increatané si èautogenerata. Dio soltanto è l'Assoluto. Dalle pagine della Bibbiaemerge inoltre una visione dell'uomo come imago Deiche contieneprecise indicazioni circa il suo esserela sua libertà el'immortalità del suo spirito. Non essendo il mondo creatoautosufficienteogni illusione di autonomiache ignori la essenzialedipendenza da Dio di ogni creatura — uomo compreso — porta adrammi che distruggono la ricerca razionale dell'armonia e del sensodell'esistenza umana.

Anche il problema del male morale — la forma di male piùtragica — è affrontato nella Bibbiala quale ci dice che essonon è riconducibile ad una qualche deficienza dovuta alla materiama è una ferita che proviene dall'esprimersi disordinato dellalibertà umana. La parola di Dioinfineprospetta il problema delsenso dell'esistenza e rivela la sua risposta indirizzando l'uomo a GesùCristoil Verbo di Dio incarnatoche realizza in pienezza l'esistenzaumana. Altri aspetti si potrebbero esplicitare dalla lettura del testosacro; ciò che emergecomunqueè il rifiuto di ogni formadi relativismodi materialismodi panteismo.

La convinzione fondamentale di questa « filosofia » racchiusanella Bibbia è che la vita umana e il mondo hanno un senso e sonodiretti verso il loro compimentoche si attua in Gesù Cristo. Ilmistero dell'Incarnazione resterà sempre il centro a cui riferirsiper poter comprendere l'enigma dell'esistenza umanadel mondo creato e diDio stesso. In questo mistero le sfide per la filosofia si fanno estremeperché la ragione è chiamata a far sua una logica cheabbatte le barriere in cui essa stessa rischia di rinchiudersi. Solo quiperòil senso dell'esistenza raggiunge il suo culmine. Si rendeintelligibileinfattil'intima essenza di Dio e dell'uomo: nel misterodel Verbo incarnatonatura divina e natura umanacon la rispettivaautonomiavengono salvaguardate e insieme si manifesta il vincolo unicoche le pone in reciproco rapporto senza confusione.(97)

81. E da osservare che uno dei dati più rilevanti della nostracondizione attuale consiste nella « crisi del senso ». I puntidi vistaspesso di carattere scientificosulla vita e sul mondo si sonotalmente moltiplicati chedi fattoassistiamo all'affermarsi delfenomeno della frammentarietà del sapere. Proprio questo rendedifficile e spesso vana la ricerca di un senso. Anzi — cosa anche piùdrammatica — in questo groviglio di dati e di fatti tra cui si vive eche sembrano costituire la trama stessa dell'esistenzanon pochi sichiedono se abbia ancora senso porsi una domanda sul senso. La pluralitàdelle teorie che si contendono la rispostao i diversi modi di vedere edi interpretare il mondo e la vita dell'uomonon fanno che acuire questodubbio radicaleche facilmente sfocia in uno stato di scetticismo e diindifferenza o nelle diverse espressioni del nichilismo.

La conseguenza di ciò è che spesso lo spirito umano èoccupato da una forma di pensiero ambiguoche lo porta a rinchiudersiancora di più in se stessoentro i limiti della propria immanenzasenza alcun riferimento al trascendente. Una filosofia priva della domandasul senso dell'esistenza incorrerebbe nel grave pericolo di degradare laragione a funzioni soltanto strumentalisenza alcuna autentica passioneper la ricerca della verità.

Per essere in consonanza con la parola di Dio è necessarioanzituttoche la filosofia ritrovi la sua dimensione sapienziale diricerca del senso ultimo e globale della vita. Questa prima esigenzaaben guardarecostituisce per la filosofia uno stimolo utilissimo adadeguarsi alla sua stessa natura. Ciò facendoinfattiessa nonsarà soltanto l'istanza critica decisivache indica alle varieparti del sapere scientifico la loro fondatezza e il loro limitema siporrà anche come istanza ultima di unificazione del sapere edell'agire umanoinducendoli a convergere verso uno scopo ed un sensodefinitivi. Questa dimensione sapienziale è oggi tanto piùindispensabile in quanto l'immensa crescita del potere tecnico dell'umanitàrichiede una rinnovata e acuta coscienza dei valori ultimi. Se questimezzi tecnici dovessero mancare dell'ordinamento ad un fine non meramenteutilitaristicopotrebbero presto rivelarsi disumanied anzi trasformarsiin potenziali distruttori del genere umano.(98)

La parola di Dio rivela il fine ultimo dell'uomo e dà un sensoglobale al suo agire nel mondo. E per questo che essa invita la filosofiaad impegnarsi nella ricerca del fondamento naturale di questo sensoche èla religiosità costitutiva di ogni persona. Una filosofia chevolesse negare la possibilità di un senso ultimo e globale sarebbenon soltanto inadeguatama erronea.

82. Questo ruolo sapienziale non potrebbeperaltroessere svolto dauna filosofia che non fosse essa stessa un sapere autentico e verocioèrivolto non soltanto ad aspetti particolari e relativi — siano essifunzionaliformali o utili — del realema alla sua veritàtotale e definitivaossia all'essere stesso dell'oggetto di conoscenza.Eccodunqueuna seconda esigenza: appurare la capacità dell'uomodi giungere alla conoscenza della verità; una conoscenzaperaltroche attinga la verità oggettivamediante quella adaequatiorei et intellectus a cui si riferiscono i Dottori dellaScolastica.(99) Questa esigenzapropria della fedeè stataesplicitamente riaffermata dal Concilio Vaticano II: «L'intelligenzainfattinon si restringe all'ambito dei fenomenisoltantoma può conquistare la realtà intelligibile convera certezzaanche seper conseguenza del peccatosi trova in parteoscurata e debilitata ». (100)

Una filosofia radicalmente fenomenista o relativista risulterebbeinadeguata a recare questo aiuto nell'approfondimento della ricchezzacontenuta nella parola di Dio. La Sacra Scritturainfattipresupponesempre che l'uomoanche se colpevole di doppiezza e di menzognasiacapace di conoscere e di afferrare la verità limpida e semplice.Nei Libri Sacrie in particolare nel Nuovo Testamentosi trovano testi eaffermazioni di portata propriamente ontologica. Gli autori ispiratiinfattihanno inteso formulare affermazioni veretali cioè daesprimere la realtà oggettiva. Non si può dire che latradizione cattolica abbia commesso un errore quando ha compreso alcunitesti di san Giovanni e di san Paolo come affermazioni sull'essere stessodi Cristo. La teologiaquando si applica a comprendere e spiegare questeaffermazioniha bisogno pertanto dell'apporto di una filosofia che nonrinneghi la possibilità di una conoscenza oggettivamente veraperquanto sempre perfezionabile. Quanto detto vale anche per i giudizi dellacoscienza moraleche la Sacra Scrittura suppone poter essereoggettivamente veri. (101)

83. Le due suddette esigenze ne comportano una terza: ènecessaria una filosofia di portata autenticamente metafisicacapace cioè di trascendere i dati empirici per giungerenella suaricerca della veritàa qualcosa di assolutodi ultimodifondante. E un'esigenzaquestaimplicita sia nella conoscenza acarattere sapienziale che in quella a carattere analitico; in particolareè un'esigenza propria della conoscenza del bene moraleil cuifondamento ultimo è il Bene sommoDio stesso. Non intendo quiparlare della metafisica come di una scuola specifica o di una particolarecorrente storica. Desidero solo affermare che la realtà e la veritàtrascendono il fattuale e l'empiricoe voglio rivendicare la capacitàche l'uomo possiede di conoscere questa dimensione trascendente emetafisica in modo vero e certobenché imperfetto ed analogico. Inquesto sensola metafisica non va vista in alternativa all'antropologiagiacché è proprio la metafisica che consente di darefondamento al concetto di dignità della persona in forza della suacondizione spirituale. La personain particolarecostituisce un ambitoprivilegiato per l'incontro con l'essere edunquecon la riflessionemetafisica.

Ovunque l'uomo scopre la presenza di un richiamo all'assoluto e altrascendentelì gli si apre uno spiraglio verso la dimensionemetafisica del reale: nella veritànella bellezzanei valorimoralinella persona altruinell'essere stessoin Dio. Una grande sfidache ci aspetta al termine di questo millennio è quella di sapercompiere il passaggiotanto necessario quanto urgentedal fenomenoal fondamento. Non è possibile fermarsi alla solaesperienza; anche quando questa esprime e rende manifesta l'interioritàdell'uomo e la sua spiritualitàè necessario che lariflessione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamentoche la sorregge. Un pensiero filosofico che rifiutasse ogni aperturametafisicapertantosarebbe radicalmente inadeguato a svolgere unafunzione mediatrice nella comprensione della Rivelazione.

La parola di Dio fa continui riferimenti a ciò che oltrepassal'esperienza e persino il pensiero dell'uomo; ma questo « mistero »non potrebbe essere rivelatoné la teologia potrebbe renderlo inqualche modo intelligibile(102) se la conoscenza umana fosserigorosamente limitata al mondo dell'esperienza sensibile. La metafisicapertantosi pone come mediazione privilegiata nella ricerca teologica.Una teologia priva dell'orizzonte metafisico non riuscirebbe ad approdareoltre l'analisi dell'esperienza religiosa e non permetterebbe all'intellectusfidei di esprimere con coerenza il valore universale e trascendentedella verità rivelata.

Se tanto insisto sulla componente metafisicaè perchésono convinto che questa è la strada obbligata per superare lasituazione di crisi che pervade oggi grandi settori della filosofia e percorreggere così alcuni comportamenti erronei diffusi nella nostrasocietà.

84. L'importanza dell'istanza metafisica diventa ancora piùevidente se si considera lo sviluppo che oggi hanno le scienzeermeneutiche e le diverse analisi del linguaggio. I risultati a cui questistudi giungono possono essere molto utili per l'intelligenza della fedein quanto rendono manifesti la struttura del nostro pensare e parlare e ilsenso racchiuso nel linguaggio. Vi sono cultori di tali scienzeperòche nelle loro indagini tendono ad arrestarsi al come si comprende e comesi dice la realtàprescindendo dal verificare le possibilitàdella ragione di scoprirne l'essenza. Come non vedere in taleatteggiamento una conferma della crisi di fiduciache il nostro tempo staattraversandocirca le capacità della ragione? Quando poiinforza di assunti aprioristiciqueste tesi tendono ad offuscare icontenuti della fede o a negarne la validità universaleallora nonsolo umiliano la ragionema si pongono da se stesse fuori gioco. La fedeinfattipresuppone con chiarezza che il linguaggio umano sia capace diesprimere in modo universale — anche se in termini analogicima nonper questo meno significativi — la realtà divina etrascendente. (103) Se non fosse cosìla parola di Dioche èsempre parola divina in linguaggio umanonon sarebbe capace di esprimerenulla su Dio. L'interpretazione di questa Parola non può rimandarcisoltanto da interpretazione a interpretazionesenza mai portarci adattingere un'affermazione semplicemente vera; altrimenti non vi sarebberivelazione di Dioma soltanto l'espressione di concezioni umane su diLui e su ciò che presumibilmente Egli pensa di noi.

85. So bene che queste esigenzeposte alla filosofia dalla parola diDiopossono sembrare ardue a molti che vivono l'odierna situazione dellaricerca filosofica. Proprio per questofacendo mio ciò che i SommiPontefici da qualche generazione non cessano di insegnare e che lo stessoConcilio Vaticano II ha ribaditovoglio esprimere con forza laconvinzione che l'uomo è capace di giungere a una visione unitariae organica del sapere. Questo è uno dei compiti di cui il pensierocristiano dovrà farsi carico nel corso del prossimo millenniodell'era cristiana. La settorialità del saperein quanto comportaun approccio parziale alla verità con la conseguente frammentazionedel sensoimpedisce l'unità interiore dell'uomo contemporaneo.Come potrebbe la Chiesa non preoccuparsene? Questo compito sapienzialederiva ai suoi Pastori direttamente dal Vangelo ed essi non possonosottrarsi al dovere di perseguirlo.

Ritengo che quanti oggi intendono rispondere come filosofi alle esigenzeche la parola di Dio pone al pensiero umano dovrebbero elaborare il lorodiscorso sulla base di questi postulati e in coerente continuitàcon quella grande tradizione cheiniziando con gli antichipassa per iPadri della Chiesa e i maestri della scolasticaper giungere fino acomprendere le acquisizioni fondamentali del pensiero moderno econtemporaneo. Se saprà attingere a questa tradizione ed ispirarsiad essail filosofo non mancherà di mostrarsi fedele all'esigenzadi autonomia del pensare filosofico.

In questo sensoè quanto mai significativo chenel contestoattualealcuni filosofi si facciano promotori della riscoperta del ruolodeterminante della tradizione per una corretta forma di conoscenza. Ilrichiamo alla tradizioneinfattinon è un mero ricordo delpassato; esso costituisce piuttosto il riconoscimento di un patrimonioculturale che appartiene a tutta l'umanità. Si potrebbeanzidireche siamo noi ad appartenere alla tradizione e non possiamo disporre diessa come vogliamo. Proprio questo affondare le radici nella tradizione èciò che permette a noioggidi poter esprimere un pensierooriginalenuovo e progettuale per il futuro. Questo stesso richiamo valeanche maggiormente per la teologia. Non solo perché essa possiedela Tradizione viva della Chiesa come fonte originaria(104) ma ancheperchéin forza di questodeve essere capace di recuperare sia laprofonda tradizione teologica che ha segnato le epoche precedentisia latradizione perenne di quella filosofia che ha saputo superare per la suareale saggezza i confini dello spazio e del tempo.

86. L'insistenza sulla necessità di uno stretto rapporto dicontinuità della riflessione filosofica contemporanea con quellaelaborata nella tradizione cristiana intende prevenire il pericolo che sinasconde in alcune linee di pensierooggi particolarmente diffuse. Anchese brevementeritengo opportuno soffermarmi su di esse per rilevarne glierrori ed i conseguenti rischi per l'attività filosofica.

La prima è quella che va sotto il nome di eclettismoterminecol quale si designa l'atteggiamento di chinella ricercanell'insegnamento e nell'argomentazioneanche teologicaè solitoassumere singole idee derivate da differenti filosofiesenza badare néalla loro coerenza e connessione sistematica né al loro inserimentostorico. In questo modoegli si pone in condizione di non poterdiscernere la parte di verità di un pensiero da quello che vi puòessere di erroneo o di inadeguato. Una forma estrema di eclettismo èravvisabile anche nell'abuso retorico dei termini filosofici a cui a voltequalche teologo s'abbandona. Una simile strumentalizzazione non serve allaricerca della verità e non educa la ragione — sia teologicache filosofica — ad argomentare in maniera seria e scientifica. Lostudio rigoroso e approfondito delle dottrine filosofichedel linguaggioloro peculiare e del contesto in cui sono sorte aiuta a superare i rischidell'eclettismo e permette una loro adeguata integrazionenell'argomentazione teologica.

87. L'eclettismo è un errore di metodoma potrebbe anchenascondere in sé le tesi proprie dello storicismo. Percomprendere in maniera corretta una dottrina del passatoènecessario che questa sia inserita nel suo contesto storico e culturale.La tesi fondamentale dello storicismoinvececonsiste nello stabilire laverità di una filosofia sulla base della sua adeguatezza ad undeterminato periodo e ad un determinato compito storico. In questo modoalmeno implicitamentesi nega la validità perenne del vero. Ciòche era vero in un'epocasostiene lo storicistapuò non esserlopiù in un'altra. La storia del pensieroinsommadiventa per luipoco più di un reperto archeologico a cui attingere per evidenziareposizioni del passato ormai in gran parte superate e prive di significatoper il presente. Si deve considerareal contrarioche anche se laformulazione è in certo modo legata al tempo e alla culturalaverità o l'errore in esse espressi si possono in ogni casononostante la distanza spazio-temporalericonoscere e come tali valutare.

Nella riflessione teologicalo storicismo tende a presentarsi per lo piùsotto una forma di « modernismo ». Con la giusta preoccupazionedi rendere il discorso teologico attuale e assimilabile per ilcontemporaneoci si avvale soltanto degli asserti e del gergo filosoficopiù recentitrascurando le istanze critiche chealla luce dellatradizionesi dovrebbero eventualmente sollevare. Questa forma dimodernismoper il fatto di scambiare l'attualità per la veritàsi rivela incapace di soddisfare le esigenze di verità a cui lateologia è chiamata a dare risposta.

88. Un altro pericolo da considerare è lo scientismo.Questa concezione filosofica si rifiuta di ammettere come valide forme diconoscenza diverse da quelle che sono proprie delle scienze positiverelegando nei confini della mera immaginazione sia la conoscenza religiosae teologicasia il sapere etico ed estetico. Nel passatola stessa ideasi esprimeva nel positivismo e nel neopositivismoche ritenevano prive disenso le affermazioni di carattere metafisico. La critica epistemologicaha screditato questa posizioneed ecco che essa rinasce sotto le nuovevesti dello scientismo. In questa prospettivai valori sono relegati asemplici prodotti dell'emotività e la nozione di essere èaccantonata per fare spazio alla pura e semplice fattualità. Lascienzaquindisi prepara a dominare tutti gli aspetti dell'esistenzaumana attraverso il progresso tecnologico. Gli innegabili successi dellaricerca scientifica e della tecnologia contemporanea hanno contribuito adiffondere la mentalità scientistache sembra non avere piùconfinivisto come è penetrata nelle diverse culture e qualicambiamenti radicali vi ha apportato.

Si deve costatarepurtroppoche quanto attiene alla domanda circa ilsenso della vita viene dallo scientismo considerato come appartenente aldominio dell'irrazionale o dell'immaginario. Non meno deludente èl'approccio di questa corrente di pensiero agli altri grandi problemidella filosofiachequando non vengono ignoratisono affrontati conanalisi poggianti su analogie superficialiprive di fondamento razionale.Ciò porta all'impoverimento della riflessione umanaalla qualevengono sottratti quei problemi di fondo che l'animal rationalefin dagli inizi della sua esistenza sulla terracostantemente si èposto. Accantonatain questa prospettivala critica proveniente dallavalutazione eticala mentalità scientista è riuscita a fareaccettare da molti l'idea secondo cui ciò che è tecnicamentefattibile diventa per ciò stesso anche moralmente ammissibile.

89. Foriero di non minori pericoli è il pragmatismoatteggiamento mentale che è proprio di chinel fare le sue scelteesclude il ricorso a riflessioni teoretiche o a valutazioni fondate suprincipi etici. Notevoli sono le conseguenze pratiche derivanti da questalinea di pensiero. In particolarevi si è venuta affermando unaconcezione della democrazia che non contempla il riferimento a fondamentidi ordine assiologico e perciò immutabili: la ammissibilitào meno di un determinato comportamento si decide sulla base del voto dellamaggioranza parlamentare. (105) E chiara la conseguenza di una simileimpostazione: le grandi decisioni morali dell'uomo vengono di fattosubordinate alle deliberazioni via via assunte dagli organi istituzionali.Di più: è la stessa antropologia ad essere fortementecondizionatamediante la proposta di una visione unidimensionaledell'essere umanodalla quale esulano i grandi dilemmi eticile analisiesistenziali sul senso della sofferenza e del sacrificiodella vita edella morte.

90. Le tesi fin qui esaminate conduconoa loro voltaa una piùgenerale concezioneche sembra oggi costituire l'orizzonte comune a moltefilosofie che hanno preso congedo dal senso dell'essere. Intendo riferirmialla lettura nichilistache è insieme il rifiuto di ognifondamento e la negazione di ogni verità oggettiva. Il nichilismoprima ancora di essere in contrasto con le esigenze e i contenuti propridella parola di Dioè negazione dell'umanità dell'uomo edella sua stessa identità. Non si può dimenticareinfattiche l'oblio dell'essere comporta inevitabilmente la perdita di contattocon la verità oggettiva econseguentementecol fondamento su cuipoggia la dignità dell'uomo. Si fa così spazio allapossibilità di cancellare dal volto dell'uomo i tratti che nerivelano la somiglianza con Dioper condurlo progressivamente o a unadistruttiva volontà di potenza o alla disperazione dellasolitudine. Una volta che si è tolta la verità all'uomoèpura illusione pretendere di renderlo libero. Verità e libertàinfattio si coniugano insieme o insieme miseramente periscono. (106)

91. Nel commentare le linee di pensiero appena ricordate non èstata mia intenzione presentare un quadro completo della situazioneattuale della filosofia: essadel restosarebbe difficilmentericonducibile ad una visione unitaria. Mi preme sottolineare che l'ereditàdel sapere e della sapienza si èdi fattoarricchita in diversicampi. Basti citare la logicala filosofia del linguaggiol'epistemologiala filosofia della natural'antropologial'analisiapprofondita delle vie affettive della conoscenzal'approccioesistenziale all'analisi della libertà. D'altro cantol'affermazione del principio d'immanenzache sta al centro della pretesarazionalistaha suscitatoa partire dal secolo scorsoreazioni chehanno portato ad una radicale rimessa in questione di postulati ritenutiindiscutibili. Sono nate così correnti irrazionalistementre lacritica metteva in evidenza l'inanità dell'esigenza diautofondazione assoluta della ragione.

La nostra epoca è stata qualificata da certi pensatori comel'epoca della « post-modernità ». Questo termineutilizzato non di rado in contesti tra loro molto distantidesignal'emergere di un insieme di fattori nuoviche quanto ad estensione edefficacia si sono rivelati capaci di determinare cambiamenti significativie durevoli. Così il termine è stato dapprima impiegato aproposito di fenomeni d'ordine esteticosocialetecnologico.Successivamente è stato trasferito in ambito filosoficorestandoperò segnato da una certa ambiguitàsia perché ilgiudizio su ciò che è qualificato come « post-moderno »è a volte positivo ed a volte negativosia perché non vi èconsenso sul delicato problema della delimitazione delle varie epochestoriche. Una cosa tuttavia è fuori dubbio: le correnti di pensieroche si richiamano alla post-modernità meritano un'adeguataattenzione. Secondo alcune di esseinfattiil tempo delle certezzesarebbe irrimediabilmente passatol'uomo dovrebbe ormai imparare a viverein un orizzonte di totale assenza di sensoall'insegna del provvisorio edel fuggevole. Parecchi autorinella loro critica demolitrice di ognicertezzaignorando le necessarie distinzionicontestano anche lecertezze della fede.

Questo nichilismo trova in qualche modo una conferma nella terribileesperienza del male che ha segnato la nostra epoca. Dinanzi alladrammaticità di questa esperienzal'ottimismo razionalista chevedeva nella storia l'avanzata vittoriosa della ragionefonte di felicitàe di libertànon ha resistitoal punto che una delle maggioriminaccein questa fine di secoloè la tentazione delladisperazione.

Resta tuttavia vero che una certa mentalità positivista continuaad accreditare l'illusione chegrazie alle conquiste scientifiche etecnichel'uomoquale demiurgopossa giungere da solo ad assicurarsi ilpieno dominio del suo destino.

Compiti attuali per la teologia

92. In quanto intelligenza della Rivelazionela teologia nelle diverseepoche storiche si è sempre trovata a dover recepire le istanzedelle varie culture per poi mediare in essecon una concettualizzazionecoerenteil contenuto della fede. Anche oggi un duplice compito lespetta. Da una parteinfattiessa deve sviluppare l'impegno che ilConcilio Vaticano IIa suo tempole ha affidato: rinnovare le propriemetodologie in vista di un servizio più efficaceall'evangelizzazione. Come non pensarein questa prospettivaalle parolepronunciate dal Sommo Pontefice Giovanni XXIII in apertura del Concilio?Egli disse allora: « E necessario cheaderendo alla viva attesa diquanti amano sinceramente la religione cristianacattolicaapostolicaquesta dottrina sia più largamente e più profondamenteconosciutae che gli spiriti ne siano più pienamente istruiti eformati; è necessario che questa dottrina certa ed immutabilechedeve essere fedelmente rispettatasia approfondita e presentata in modoche corrisponda alle esigenze del nostro tempo ». (107)

Dall'altra partela teologia deve puntare gli occhi sulla veritàultima che le viene consegnata con la Rivelazionesenza accontentarsi difermarsi a stadi intermedi. E bene per il teologo ricordare che il suolavoro corrisponde « al dinamismo insito nella fede stessa » eche oggetto proprio della sua ricerca è « la VeritàilDio vivo e il suo disegno di salvezza rivelato in Gesù Cristo ».(108) Questo compitoche tocca in prima istanza la teologiaprovocanello stesso tempo la filosofia. La mole dei problemi che oggi siimpongonoinfattirichiede un lavoro comuneanche se condotto conmetodologie differentiperché la verità sia di nuovoconosciuta ed espressa. La Veritàche è Cristosi imponecome autorità universale che reggestimola e fa crescere (cfr Ef415) sia la teologia che la filosofia.

Credere nella possibilità di conoscere una veritàuniversalmente valida non è minimamente fonte di intolleranza; alcontrarioè condizione necessaria per un sincero e autenticodialogo tra le persone. Solamente a questa condizione è possibilesuperare le divisioni e percorrere insieme il cammino verso la veritàtutta interaseguendo quei sentieri che solo lo Spirito del Signorerisorto conosce. (109) Come l'esigenza di unità si configuriconcretamente oggiin vista dei compiti attuali della teologiaèquanto desidero ora indicare.

93. Lo scopo fondamentale a cui mira la teologia consiste nel presentarel'intelligenza della Rivelazione ed il contenuto della fede. Il verocentro della sua riflessione saràpertantola contemplazione delmistero stesso del Dio Uno e Trino. A questi si accede riflettendo sulmistero dell'incarnazione del Figlio di Dio: sul suo farsi uomo e sulconseguente suo andare incontro alla passione e alla mortemistero chesfocerà nella sua gloriosa risurrezione e ascensione alla destradel Padreda dove invierà lo Spirito di verità a costituiree ad animare la sua Chiesa. Impegno primario della teologiain questoorizzontediventa l'intelligenza della kenosi di Diovero grandemistero per la mente umanaalla quale appare insostenibile che lasofferenza e la morte possano esprimere l'amore che si dona senza nullachiedere in cambio. In questa prospettiva si impone come esigenza di fondoed urgente una attenta analisi dei testi: in primo luogodei testiscritturisticipoi di quelli in cui si esprime la viva Tradizione dellaChiesa. A questo riguardo si propongono oggi alcuni problemisoloparzialmente nuovila cui coerente soluzione non potrà esseretrovata prescindendo dall'apporto della filosofia.

94. Un primo aspetto problematico riguarda il rapporto tra ilsignificato e la verità. Come ogni altro testocosì anchele fonti che il teologo interpreta trasmettono innanzitutto unsignificatoche va rilevato ed esposto. Oraquesto significato sipresenta come la verità su Dioche da Dio stesso viene comunicatamediante il testo sacro. Nel linguaggio umanoquindiprende corpo illinguaggio di Dioche comunica la propria verità con la mirabile «condiscendenza » che rispecchia la logica dell'Incarnazione. (110)Nell'interpretare le fonti della Rivelazionepertantoènecessario che il teologo si domandi quale sia la verità profonda egenuina che i testi vogliono comunicarepur nei limiti del linguaggio.

Quanto ai testi biblicie in particolare ai Vangelila loro veritànon si riduce certo alla narrazione di semplici avvenimenti storici o allarilevazione di fatti neutralicome vorrebbe il positivismo storicista.(111) Questi testial contrarioespongono eventi la cui veritàsta oltre il semplice accadere storico: sta nel loro significato nellae per la storia della salvezza. Questa verità trovapiena esplicitazione nella lettura perenne che la Chiesa compie di talitesti nel corso dei secolimantenendone immutato il significatooriginario. E urgentepertantoche anche filosoficamente ci siinterroghi sul rapporto che intercorre tra il fatto e il suo significato;rapporto che costituisce il senso specifico della storia.

95. La parola di Dio non si indirizza ad un solo popolo o a una solaepoca. Ugualmentegli enunciati dogmaticipur risentendo a volte dellacultura del periodo in cui vengono definitiformulano una veritàstabile e definitiva. Sorge quindi la domanda di come si possa conciliarel'assolutezza e l'universalità della verità conl'inevitabile condizionamento storico e culturale delle formule che laesprimono. Come ho detto precedentementele tesi dello storicismo nonsono difendibili. L'applicazione di un'ermeneutica aperta all'istanzametafisicainveceè in grado di mostrare comedalle circostanzestoriche e contingenti in cui i testi sono maturatisi compia ilpassaggio alla verità da essi espressache va oltre questicondizionamenti.

Con il suo linguaggio storico e circoscritto l'uomo può esprimereverità che trascendono l'evento linguistico. La veritàinfattinon può mai essere limitata al tempo e alla cultura; siconosce nella storiama supera la storia stessa.

96. Questa considerazione permette di intravedere la soluzione di unaltro problema: quello della perenne validità del linguaggioconcettuale usato nelle definizioni conciliari. Già il mio veneratoPredecessore Pio XII nella sua Lettera enciclica Humani generis affrontavala questione. (112)

Riflettere su questo argomento non è facileperché sideve tenere seriamente conto del senso che le parole acquistano nellediverse culture e in epoche differenti. La storia del pensierocomunquemostra che attraverso l'evoluzione e la varietà delle culture certiconcetti di base mantengono il loro valore conoscitivo universale e perciòla verità delle proposizioni che li esprimono. (113) Se cosìnon fossela filosofia e le scienze non potrebbero comunicare tra loro népotrebbero essere recepite da culture diverse da quelle in cui sono statepensate ed elaborate. Il problema ermeneuticodunqueesistema èrisolvibile. Il valore realistico di molti concettid'altrondenonesclude che spesso il loro significato sia imperfetto. La speculazionefilosofica molto potrebbe aiutare in questo campo. E auspicabilepertantoun suo particolare impegno nell'approfondimento del rapporto tralinguaggio concettuale e veritàe nella proposta di vie adeguateper una sua corretta comprensione.

97. Se compito importante della teologia è l'interpretazionedelle fontiimpegno ulteriore e anche più delicato ed esigente èla comprensione della verità rivelatao l'elaborazionedell'intellectus fidei. Come già ho accennatol'intellectusfidei richiede l'apporto di una filosofia dell'essereche consentainnanzitutto alla teologia dogmatica di svolgere in modo adeguatole sue funzioni. Il pragmatismo dogmatico degli inizi di questo secolosecondo cui le verità di fede non sarebbero altro che regole dicomportamentoè già stato rifiutato e rigettato; (114) ciònonostanterimane sempre la tentazione di comprendere queste veritàin maniera puramente funzionale. In questo casosi cadrebbe in uno schemainadeguatoriduttivoe sprovvisto dell'incisività speculativanecessaria. Una cristologiaad esempioche procedesse unilateralmente «dal basso »come oggi si suole direo una ecclesiologiaelaborataunicamente sul modello delle società civilidifficilmentepotrebbero evitare il pericolo di tale riduzionismo.

Se l'intellectus fidei vuole integrare tutta la ricchezza dellatradizione teologicadeve ricorrere alla filosofia dell'essere. Questadovrà essere in grado di riproporre il problema dell'essere secondole esigenze e gli apporti di tutta la tradizione filosoficaanche quellapiù recenteevitando di cadere in sterili ripetizioni di schemiantiquati. La filosofia dell'esserenel quadro della tradizionemetafisica cristianaè una filosofia dinamica che vede la realtànelle sue strutture ontologichecausali e comunicative. Essa trova la suaforza e perennità nel fatto di fondarsi sull'atto stessodell'essereche permette l'apertura piena e globale verso tutta la realtàoltrepassando ogni limite fino a raggiungere Colui che a tutto donacompimento. (115) Nella teologiache riceve i suoi principi dallaRivelazione quale nuova fonte di conoscenzaquesta prospettiva trovaconferma secondo l'intimo rapporto tra fede e razionalitàmetafisica.

98. Considerazioni analoghe si possono fare anche in riferimento allateologia morale. Il recupero della filosofia è urgenteanche nell'ordine della comprensione della fede che riguarda l'agire deicredenti. Di fronte alle sfide contemporanee nel campo socialeeconomicopolitico e scientifico la coscienza etica dell'uomo è disorientata.Nella Lettera enciclica Veritatis splendor ho rilevato che moltiproblemi presenti nel mondo contemporaneo derivano da una « crisiintorno alla verità. Persa l'idea di una verità universalesul beneconoscibile dalla ragione umanaè inevitabilmentecambiata anche la concezione della coscienza: questa non è piùconsiderata nella sua realtà originariaossia un attodell'intelligenza della personacui spetta di applicare la conoscenzauniversale del bene in una determinata situazione e di esprimere cosìun giudizio sulla condotta giusta da scegliere qui e ora; ci si èorientati a concedere alla coscienza dell'individuo il privilegio difissarein modo autonomoi criteri del bene e del male e agire diconseguenza. Tale visione fa tutt'uno con un'etica individualisticaperla quale ciascuno si trova confrontato con la sua veritàdifferente dalla verità degli altri ». (116)

Nell'intera Enciclica ho sottolineato chiaramente il fondamentale ruolospettante alla verità nel campo della morale. Questa veritàriguardo alla maggior parte dei problemi etici più urgentirichiededa parte della teologia moraleun'attenta riflessione chesappia mettere in evidenza le sue radici nella parola di Dio. Per poteradempiere a questa sua missionela teologia morale deve far ricorso aun'etica filosofica rivolta alla verità del bene; a un'eticadunquené soggettivista né utilitarista. L'etica richiestaimplica e presuppone un'antropologia filosofica e una metafisica del bene.Avvalendosi di questa visione unitariache è necessariamentecollegata alla santità cristiana e all'esercizio delle virtùumane e soprannaturalila teologia morale sarà capace diaffrontare i vari problemi di sua competenza — quali la pacelagiustizia socialela famigliala difesa della vita e dell'ambientenaturale — in maniera più adeguata ed efficace.

99. Il lavoro teologico nella Chiesa è in primo luogo al serviziodell'annuncio della fede e della catechesi. (117) L'annuncio o il kerigmachiama alla conversioneproponendo la verità di Cristo che culminanel suo Mistero pasquale: solo in Cristoinfattiè possibileconoscere la pienezza della verità che salva (cfr At 412;1 Tm 24-6).

In questo contestosi capisce bene perchéoltre alla teologiaassuma notevole rilievo anche il riferimento alla catechesi:questa possiedeinfattidelle implicazioni filosofiche che vannoapprofondite alla luce della fede. L'insegnamento impartito nellacatechesi ha un effetto formativo per la persona. La catechesiche èanche comunicazione linguisticadeve presentare la dottrina della Chiesanella sua integrità(118) mostrandone l'aggancio con la vita deicredenti. (119) Si realizza così una singolare unione trainsegnamento e vita che è impossibile raggiungere altrimenti. Ciòche si comunica nella catechesiinfattinon è un corpo di veritàconcettualima il mistero del Dio vivente. (120)

La riflessione filosofica molto può contribuire nel chiarificareil rapporto tra verità e vitatra evento e veritàdottrinale esoprattuttola relazione tra verità trascendente elinguaggio umanamente intelligibile. (121) La reciprocità che sicrea tra le discipline teologiche e i risultati raggiunti dalle differenticorrenti filosofiche può esprimeredunqueuna reale feconditàin vista della comunicazione della fede e di una sua più profondacomprensione.

CONCLUSIONE

100. A più di cento anni dalla pubblicazione dell'Enciclica ÆterniPatris di Leone XIIIa cui mi sono più volte richiamato inqueste paginemi è sembrato doveroso riprendere di nuovo e inmaniera più sistematica il discorso sul tema del rapporto tra lafede e la filosofia. L'importanza che il pensiero filosofico riveste nellosviluppo delle culture e nell'orientamento dei comportamenti personali esociali è evidente. Esso esercita una forte influenzanon semprepercepita in maniera esplicitaanche sulla teologia e le sue diversediscipline. Per questi motiviho ritenuto giusto e necessariosottolineare il valore che la filosofia possiede nei confrontidell'intelligenza della fede e i limiti a cui essa va incontro quandodimentica o rifiuta le verità della Rivelazione. La Chiesainfattipermane nella più profonda convinzione che fede e ragione «si recano un aiuto scambievole »(122) esercitando l'una per l'altrauna funzione sia di vaglio critico e purificatoresia di stimolo aprogredire nella ricerca e nell'approfondimento.

101. Se il nostro sguardo si volge alla storia del pensierosoprattuttonell'Occidenteè facile vedere la ricchezza che è scaturitaper il progresso dell'umanità dall'incontro tra filosofia eteologia e dallo scambio delle loro rispettive conquiste. La teologiacheha ricevuto in dono un'apertura e una originalità che le permettonodi esistere come scienza della fedeha certamente provocato la ragione arimanere aperta davanti alla novità radicale che la rivelazione diDio porta con sé. E questo è stato un indubbio vantaggio perla filosofiache ha visto così schiudersi nuovi orizzonti suulteriori significati che la ragione è chiamata ad approfondire.

E proprio alla luce di questa costatazione checome ho ribadito ildovere della teologia di recuperare il suo genuino rapporto con lafilosofiacosì mi sento in dovere di sottolineare l'opportunitàche anche la filosofiaper il bene e il progresso del pensierorecuperila sua relazione con la teologia. Troverà in essa non lariflessione del singolo individuo cheanche se profonda e riccaportapur sempre con sé i limiti prospettici propri del pensiero di unosoloma la ricchezza di una riflessione comune. La teologiainfattinell'indagine sulla verità è sostenutaper sua stessanaturadalla nota dell'ecclesialità (123) e dallatradizione del Popolo di Dio con la sua multiformità di saperi eculture nell'unità della fede.

102. Insistendo in tal modo sull'importanza e sulle vere dimensioni delpensiero filosoficola Chiesa promuove insieme sia la difesa della dignitàdell'uomo sia l'annuncio del messaggio evangelico. Per tali compiti non viè oggiinfattipreparazione più urgente di questa: portaregli uomini alla scoperta della loro capacità di conoscere il vero(124) e del loro anelito verso un senso ultimo e definitivodell'esistenza. Nella prospettiva di queste esigenze profondeiscritte daDio nella natura umanaappare anche più chiaro il significatoumano e umanizzante della parola di Dio. Grazie alla mediazione di unafilosofia divenuta anche vera saggezzal'uomo contemporaneo giungeràcosì a riconoscere che egli sarà tanto più uomoquanto piùaffidandosi al Vangeloaprirà se stesso aCristo.

103. La filosofiainoltreè come lo specchio in cui si riflettela cultura dei popoli. Una filosofiachesotto la provocazione delleesigenze teologichesi sviluppa in consonanza con la fedefa parte diquella « evangelizzazione della cultura » che Paolo VI haproposto come uno degli scopi fondamentali dell'evangelizzazione. (125)Mentre non mi stanco di richiamare l'urgenza di una nuovaevangelizzazionemi appello ai filosofi perché sappianoapprofondire le dimensioni del verodel buono e del belloa cui laparola di Dio dà accesso. Ciò diventa tanto piùurgentese si considerano le sfide che il nuovo millennio sembra portarecon sé: esse investono in modo particolare le regioni e le culturedi antica tradizione cristiana. Anche questa attenzione deve considerarsicome un apporto fondamentale e originale sulla strada della nuovaevangelizzazione.

104. Il pensiero filosofico è spesso l'unico terreno d'intesa edi dialogo con chi non condivide la nostra fede. Il movimento filosoficocontemporaneo esige l'impegno attento e competente di filosofi credenticapaci di recepire le aspettativele aperture e le problematiche diquesto momento storico. Argomentando alla luce della ragione e secondo lesue regoleil filosofo cristianopur sempre guidato dall'intelligenzaulteriore che gli dà la parola di Diopuò sviluppare unariflessione che sarà comprensibile e sensata anche per chi nonafferra ancora la verità piena che la Rivelazione divina manifesta.Tale terreno d'intesa e di dialogo è oggi tanto piùimportante in quanto i problemi che si pongono con più urgenzaall'umanità — si pensi al problema ecologicoal problemadella pace o della convivenza delle razze e delle culture — trovanouna possibile soluzione alla luce di una chiara e onesta collaborazionedei cristiani con i fedeli di altre religioni e con quantipur noncondividendo una credenza religiosahanno a cuore il rinnovamentodell'umanità. Lo ha affermato il Concilio Vaticano II: « Perquanto ci riguardail desiderio di stabilire un dialogo che sia ispiratodal solo amore della verità e condotto con la opportuna prudenzanon esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di alti valoriumanibenché non ne riconoscano ancora la Sorgentenécoloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere ».(126) Una filosofianella quale risplenda anche qualcosa della veritàdi Cristounica risposta definitiva ai problemi dell'uomo(127) saràun sostegno efficace per quell'etica vera e insieme planetaria di cui oggil'umanità ha bisogno.

105. Mi preme concludere questa Lettera enciclica rivolgendo un ultimopensiero anzitutto ai teologiaffinché prestinoparticolare attenzione alle implicazioni filosofiche della parola di Dio ecompiano una riflessione da cui emerga lo spessore speculativo e praticodella scienza teologica. Desidero ringraziarli per il loro servizioecclesiale. Il legame intimo tra la sapienza teologica e il saperefilosofico è una delle ricchezze più originali dellatradizione cristiana nell'approfondimento della verità rivelata.Per questoli esorto a recuperare ed evidenziare al meglio la dimensionemetafisica della verità per entrare così in un dialogocritico ed esigente tanto con il pensiero filosofico contemporaneo quantocon tutta la tradizione filosoficasia questa in sintonia o invece incontrapposizione con la parola di Dio. Tengano sempre presentel'indicazione di un grande maestro del pensiero e della spiritualitàsan Bonaventurail quale introducendo il lettore al suo Itinerariummentis in Deum lo invitava a rendersi conto che « non èsufficiente la lettura senza la compunzionela conoscenza senza ladevozionela ricerca senza lo slancio della meravigliala prudenza senzala capacità di abbandonarsi alla gioial'attività disgiuntadalla religiositàil sapere separato dalla caritàl'intelligenza senza l'umiltàlo studio non sorretto dalla graziadivinala riflessione senza la sapienza ispirata da Dio ». (128)

Il mio pensiero è rivolto pure a quanti hanno la responsabilitàdella formazione sacerdotalesia accademica che pastoraleperchécurino con particolare attenzione la preparazione filosofica di chi dovràannunciare il Vangelo all'uomo di oggi epiù ancoradi chi dovràdedicarsi alla ricerca e all'insegnamento della teologia. Si sforzino dicondurre il loro lavoro alla luce delle prescrizioni del Concilio VaticanoII (129) e delle disposizioni successivedalle quali emergel'inderogabile e urgente compitoa cui tutti siamo chiamatidicontribuire a una genuina e profonda comunicazione delle verità difede. Non si dimentichi la grave responsabilità di una previa eadeguata preparazione del corpo docente destinato all'insegnamento dellafilosofia sia nei Seminari che nelle Facoltà ecclesiastiche. (130)E necessario che questa docenza comporti la conveniente preparazionescientificasi presenti in maniera sistematica proponendo il grandepatrimonio della tradizione cristiana e si compia con il dovutodiscernimento dinanzi alle esigenze attuali della Chiesa e del mondo.

106. Il mio appelloinoltreva ai filosofi e a quantiinsegnano la filosofiaperché abbiano il coraggio diricuperaresulla scia di una tradizione filosofica perennemente validale dimensioni di autentica saggezza e di veritàanche metafisicadel pensiero filosofico. Si lascino interpellare dalle esigenze chescaturiscono dalla parola di Dio ed abbiano la forza di condurre il lorodiscorso razionale ed argomentativo in risposta a tale interpellanza.Siano sempre protesi verso la verità e attenti al bene che il verocontiene. Potranno in questo modo formulare quell'etica genuina di cuil'umanità ha urgente bisognoparticolarmente in questi anni. LaChiesa segue con attenzione e simpatia le loro ricerche; siano pertantosicuri del rispetto che essa conserva per la giusta autonomia della loroscienza. Vorrei incoraggiarein particolarei credenti che operano nelcampo della filosofiaperché illuminino i diversi ambitidell'attività umana con l'esercizio di una ragione che si fa piùsicura e acuta per il sostegno che riceve dalla fede.

Non posso non rivolgereinfineuna parola anche agli scienziatiche con le loro ricerche ci forniscono una crescente conoscenzadell'universo nel suo insieme e della varietà incredibilmente riccadelle sue componentianimate ed inanimatecon le loro complessestrutture atomiche e molecolari. Il cammino da essi compiuto ha raggiuntospecialmente in questo secolotraguardi che continuano a stupirci.Nell'esprimere la mia ammirazione ed il mio incoraggiamento a questivalorosi pionieri della ricerca scientificaai quali l'umanitàtanto deve del suo presente svilupposento il dovere di esortarli aproseguire nei loro sforzi restando sempre in quell'orizzonte sapienzialein cui alle acquisizioni scientifiche e tecnologiche s'affiancano i valorifilosofici ed eticiche sono manifestazione caratteristica edimprescindibile della persona umana. Lo scienziato è benconsapevole che « la ricerca della veritàanche quandoriguarda una realtà limitata del mondo o dell'uomonon terminamai; rinvia sempre verso qualcosa che è al di sopra dell'immediatooggetto degli studiverso gli interrogativi che aprono l'accesso alMistero ». (131)

107. A tutti chiedo di guardare in profondità all'uomoche Cristo ha salvato nel mistero del suo amoree alla sua costantericerca di verità e di senso. Diversi sistemi filosoficiilludendololo hanno convinto che egli è assoluto padrone di séche può decidere autonomamente del proprio destino e del propriofuturo confidando solo in se stesso e sulle proprie forze. La grandezzadell'uomo non potrà mai essere questa. Determinante per la suarealizzazione sarà soltanto la scelta di inserirsi nella veritàcostruendo la propria abitazione all'ombra della Sapienza e abitando inessa. Solo in questo orizzonte veritativo comprenderà il pienoesplicitarsi della sua libertà e la sua chiamata all'amore e allaconoscenza di Dio come attuazione suprema di sé.

108. Il mio ultimo pensiero è rivolto a Colei che la preghieradella Chiesa invoca come Sede della Sapienza. La sua stessa vita èuna vera parabola capace di irradiare luce sulla riflessione che hosvolto. Si può intravedereinfattiuna profonda consonanza tra lavocazione della Beata Vergine e quella della genuina filosofia. Come laVergine fu chiamata ad offrire tutta la sua umanità e femminilitàaffinché il Verbo di Dio potesse prendere carne e farsi uno di noicosì la filosofia è chiamata a prestare la sua operarazionale e criticaaffinché la teologia come comprensione dellafede sia feconda ed efficace. E come Marianell'assenso dato all'annunciodi Gabrielenulla perse della sua vera umanità e libertàcosì il pensiero filosoficonell'accogliere l'interpellanza chegli viene dalla verità del Vangelonulla perde della suaautonomiama vede sospinta ogni sua ricerca alla più altarealizzazione. Questa verità l'avevano ben compresa i santi monacidell'antichità cristianaquando chiamavano Maria « la mensaintellettuale della fede ». (132) In lei vedevano l'immagine coerentedella vera filosofia ed erano convinti di dover philosophari in Maria.

Possala Sede della Sapienzaessere il porto sicuro per quanti fannodella loro vita la ricerca della saggezza. Il cammino verso la sapienzaultimo e autentico fine di ogni vero saperepossa essere liberato da ogniostacolo per l'intercessione di Colei chegenerando la Verità econservandola nel suo cuorel'ha partecipata all'umanità interaper sempre.

Dato a Romapresso San Pietroil 14 settembrefesta dellaEsaltazione della Santa Crocedell'anno 1998ventesimo del mioPontificato.


(1) Già lo scrivevo nella mia prima lettera enciclica Redemptorhominis: « Siamo diventati partecipi di questa missione diCristo-profeta ein forza della stessa missioneinsieme con lui serviamola verità divina nella Chiesa. La responsabilità per taleverità significa anche amarla e cercarne la più esattacomprensionein modo da renderla più vicina a noi stessi e aglialtri in tutta la sua forza salvificanel suo splendorenella suaprofondità e insieme semplicità ». N. 19: AAS 71(1979)306.

(2) Cfr Conc. Ecum. Vat. IICost. past. sulla Chiesa nel mondocontemporaneo Gaudium et spes16.

(3) Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium25.

(4) N. 4: AAS 85 (1993)1136.

(5) Conc. Ecum. Vat. IICost. dogm. sulla divina Rivelazione DeiVerbum2.

(6) Cfr Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei FiliusIII: DS

3008.

(7) Ibid.IV: DS 3015; citato anche in Conc. Ecum. Vat.IICost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes59.

(8) Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum2.

(9) Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994)10: AAS 87 (1995)11.

(10) N. 4.

(11) N. 8.

(12) N. 22.

(13) Cfr Conc. Ecum. Vat. IICost. dogm. sulla divina Rivelazione DeiVerbum4.

(14) Ibid.5.

(15) Il Concilio Vaticano Ia cui fa riferimento la sentenza soprarichiamatainsegna che l'obbedienza della fede esige l'impegnodell'intelletto e della volontà: « Poiché l'uomodipende totalmente da Dio come suo creatore e signore e la ragione creataè sottomessa completamente alla verità increatanoi siamotenutiquando Dio si rivelaa prestarglicon la fedela pienasottomissione della nostra intelligenza e della nostra volontà »(Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei FiliusIII; DS 3008).

(16) Sequenza nella solennità del Santissimo Corpo eSangue di Cristo.

(17) Pensées789 (ed. L. Brunschvicg).

(18) Conc. Ecum. Vat. IICost. past. sulla Chiesa nel mondocontemporaneo Gaudium et spes22.

(19) Cfr Conc. Ecum. Vat. IICost. dogm. sulla divina Rivelazione DeiVerbum2.

(20) Proemio e nn. 1. 15: PL 158223-224.226; 235.

(21) De vera religioneXXXIX72: CCL 32234.

(22) « Ut te semper desiderando quaererent et inveniendoquiescerent »: Missale Romanum.

(23) AristoteleMetafisicaI1.

(24) ConfessionesX2333: CCL 27173.

(25) N. 34: AAS 85 (1993)1161.

(26) Cfr Giovanni Paolo IILett. ap. Salvifici doloris (11febbraio 1984)9: AAS 76 (1984)209-210.

(27) Cfr Conc. Ecum. Vat. IIDich. sulle relazioni della Chiesa con lereligioni non cristiane Nostra aetate2.

(28) E questa un'argomentazione che perseguo da molto tempo e che hoespresso in diverse occasioni. « Che è l'uomo e a che puòservire? Qual è il suo bene e qual è il suo male? (Sir187) [...]. Queste domande sono nel cuore di ogni uomocome bendimostra il genio poetico di ogni tempo e di ogni popolochequasiprofezia dell'umanitàripropone continuamente la domanda seriache rende l'uomo veramente tale. Esse esprimono l'urgenza di trovareun perché all'esistenzaad ogni suo istantealle sue tappesalienti e decisive così come ai suoi momenti più comuni. Intali questioni è testimoniata la ragionevolezza profondadell'esistere umanopoiché l'intelligenza e la volontàdell'uomo vi sono sollecitate a cercare liberamente la soluzione capace dioffrire un senso pieno alla vita. Questi interrogativipertantocostituiscono l'espressione più alta della natura dell'uomo: diconseguenza la risposta ad esse misura la profondità del suoimpegno con la propria esistenza. In particolarequando il perchédelle cose viene indagato con integralità alla ricerca dellarisposta ultima e più esaurienteallora la ragione umana tocca ilsuo vertice e si apre alla religiosità. In effettila religiositàrappresenta l'espressione più elevata della persona umanaperchéè il culmine della sua natura razionale. Essa sgorgadall'aspirazione profonda dell'uomo alla verità ed è allabase della ricerca libera e personale che egli compie del divino »:Udienza generale del 19 ottobre 19831-2: Insegnamenti VI2(1983)814-815.

(29) « [Galileo] ha dichiarato esplicitamente che le due veritàdi fede e di scienzanon possono mai contrariarsi « procedendo dipari dal Verbo divino la Scrittura sacra e la naturaquella comedettatura dello Spirito Santoe questa come osservantissima esecutricedegli ordini di Dio » come scrive nella lettera al Padre BenedettoCastelli il 21 dicembre 1613. Non diversamenteanzi con parole similiinsegna il Concilio Vaticano II: « La ricerca metodica di ognidisciplinase procede [...] secondo le norme moralinon sarà maiin reale contrasto con la fedeperché le realtà profane ele realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio » (Gaudiumet spes36). Galileo sente nella sua ricerca scientifica la presenzadel Creatore che lo stimolache previene e aiuta le sue intuizionioperando nel profondo del suo spirito ». Giovanni Paolo IIDiscorsoalla Pontificia Accademia delle Scienze10 novembre 1979: InsegnamentiII2 (1979)1111-1112.

(30) Cfr Conc. Ecum. Vat. IICost. dogm. sulla divina Rivelazione DeiVerbum4.

(31) OrigeneContro Celso355: SC 136130.

(32) Dialogo con Trifone81: PG 6492.

(33) Stromati I18901: SC 30115.

(34) Cfr ibid.I16805: SC 30108.

(35) Cfr ibid.I5281: SC 3065.

(36) Ibid.VI7551-2: PG 9277.

(37) Ibid.I201001: SC 30124.

(38) S. AgostinoConfessiones VI57: CCL 2777-78.

(39) Cfr ibid.VII913-14: CCL 27101-102.

(40) De praescriptione haereticorumVII9: SC 4698. «Quid ergo Athenis et Hierosolymis? Quid academiae et ecclesiae? ».

(41) Cfr Congregazione per l'Educazione CattolicaIstr. sullo studiodei Padri della Chiesa nella formazione sacerdotale (10 novembre 1989)25: AAS 82 (1990)617-618.

(42) S. AnselmoProslogion1: PL 158226.

(43) Id.Monologion64: PL 158210.

(44) Cfr Summa contra GentilesIVII.

(45) Cfr Summa TheologiaeI18 ad 2: « cum enim gratianon tollat naturam sed perficiat ».

(46) Cfr Giovanni Paolo IIDiscorso ai partecipanti al IX CongressoTomistico Internazionale (29 settembre 1990): InsegnamentiXIII2 (1990)770-771.

(47) Lett. ap. Lumen Ecclesiae (20 novembre 1974)8: AAS66 (1974)680.

(48) Cfr I16: « Praetereahaec doctrina per studiumacquiritur. Sapientia autem per infusionem habeturunde inter septem donaSpiritus Sancti connumeratur ».

(49) Ibid.IIII451 ad 2; cfr pure IIII452.

(50) Ibid.III1091 ad 1 che riprende la nota frase dell'AmbrosiasterIn prima Cor 123: PL 17258.

(51) Leone XIIILett. enc. Æterni Patris (4 agosto 1879):ASS 11 (1878-1879)109.

(52) Paolo VILett. ap. Lumen Ecclesiae (20 novembre 1974)8:AAS 66 (1974)683.

(53) Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979)15: AAS71 (1979)286.

(54) Cfr Pio XIILett. enc. Humani generis (12 agosto 1950):AAS 42 (1950)566.

(55) Cfr Conc. Ecum. Vat. ICost. dogm. prima sulla Chiesa di CristoPastor Aeternus: DS 3070; Conc. Ecum. Vat. IICost. dogm.sulla Chiesa Lumen gentium25 c.

(56) Cfr Sinodo di CostantinopoliDS 403.

(57) Cfr Concilio di Toledo IDS 205; Concilio di Braga IDS459-460; Sisto VBolla Coeli et terrae Creator (5 gennaio1586): Bullarium Romanum 4/4Romae 1747176-179; Urbano VIIIInscrutabilis iudiciorum (1o aprile 1631): Bullarium Romanum6/1Romae 1758268-270.

(58) Cfr Conc. Ecum. ViennenseDecr. Fidei catholicaeDS902; Conc. Ecum. Lateranense VBolla Apostolici regiminisDS 1440.

(59) Cfr Theses a Ludovico Eugenio Bautain iussu sui Episcopisubscriptae (8 settembre 1840)DS 2751-2756; Theses a LudovicoEugenio Bautain ex mandato S. Cong. Episcoporum et Religiosorumsubscriptae (26 aprile 1844)DS 2765-2769.

(60) Cfr S. Congr. IndicisDecr. Theses contra traditionalismumAugustini Bonnetty (11 giugno 1855)DS 2811-2814.

(61) Cfr Pio IXBreve Eximiam tuam (15 giugno 1857)DS2828-2831; Breve Gravissimas inter (11 dicembre 1862)DS2850-2861.

(62) Cfr S. Congr. del S. OfficioDecr. Errores ontologistarum (18settembre 1861)DS 2841-2847.

(63) Cfr Conc. Ecum. Vat. ICost. dogm. sulla fede cattolica DeiFiliusII: DS 3004; e can. 21: DS 3026.

(64) Ibid.IV: DS 3015citato in Conc. Ecum. Vat. IICost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes59.

(65) Conc. Ecum. Vat. ICost. dogm. sulla fede cattolica Dei FiliusIV: DS 3017.

(66) Cfr Lett. enc. Pascendi dominici gregis (8 settembre 1907):ASS 40 (1907)596-597.

(67) Cfr Pio XILett. enc. Divini Redemptoris (19 marzo 1937):AAS 29 (1937)65-106.

(68) Lett. enc. Humani generis (12 agosto 1950): AAS 42(1950)562-563.

(69) Ibid.l.c.563-564.

(70) Cfr Giovanni Paolo IICost. ap. Pastor Bonus (28 giugno1988)artt. 48-49: AAS 80 (1988)873; Congr. per la Dottrinadella FedeIstr. sulla vocazione ecclesiale del teologo Donumveritatis (24 maggio 1990)18: AAS 82 (1990)1558.

(71) Cfr Istr. su alcuni aspetti della « teologia della liberazione» Libertatis nuntius (6 agosto 1984)VII-X: AAS 76(1984)890-903.

(72) Il Concilio Vaticano Icon parole tanto chiare quantoautoritativeaveva già condannato questo erroreaffermando da unaparte che « quanto a questa fede [...]la Chiesa cattolica professache essa è una virtù soprannaturaleper la quale sottol'ispirazione divina e con l'aiuto della grazianoi crediamo vere le coseda lui rivelatenon a causa dell'intrinseca verità delle cosepercepite dalla luce naturale della ragionema a causa dell'autoritàdi Dio stessoche le rivelail quale non può ingannarsi néingannare »: Cost. dogm. Dei Filius III: DS 3008ecan.3. 2: DS 3032. Dall'altra parteil Concilio dichiarava che laragione mai « è resa capace di penetrare [tali misteri] comele verità che formano il suo oggetto proprio »: ibid.IV: DS 3016. Da qui traeva la conclusione pratica: « I fedelicristiani non solo non hanno il diritto di difendere come legittimeconclusioni della scienza le opinioni riconosciute contrarie alla dottrinadella fedespecie se condannate dalla Chiesama sono strettamente tenutia considerarle piuttosto come erroriche hanno solo una ingannevoleparvenza di verità »: ibid.IV: DS 3018.

(73) Cfr nn. 9-10.

(74) Ibid.10.

(75) Ibid.21.

(76) Cfr ibid.10.

(77) Cfr Lett. enc. Humani generis (12 agosto 1950): AAS42 (1950)565-567; 571-573.

(78) Cfr Lett. enc. Æterni Patris (4 agosto 1879): ASS11 (1878-1879)97-115.

(79) Ibid.l.c.109.

(80) Cfr nn. 14-15.

(81) Cfr ibid.20-21.

(82) Ibid.22; cfr Giovanni Paolo IILett. enc. Redemptorhominis (4 marzo 1979)8: AAS 71 (1979)271-272.

(83) Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius15.

(84) Cfr Giovanni Paolo IICost. ap. Sapientia christiana (15aprile 1979)art. 79-80: AAS 71 (1979)495-496; Esort. ap.postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992)52: AAS 84(1992)750-751. Cfr pure alcuni commenti sulla filosofia di S. Tommaso:Discorso al Pontificio Ateneo Internazionale Angelicum (17 novembre 1979):Insegnamenti II2 (1979)1177-1189; Discorso ai partecipantidell'VIII Congresso Tomistico Internazionale (13 settembre 1980): InsegnamentiIII2 (1980)604-615; Discorso ai partecipanti al CongressoInternazionale della Società « San Tommaso » sulladottrina dell'anima in S. Tommaso (4 gennaio 1986): Insegnamenti IX1 (1986)18-24. InoltreS. Congr. per l'Educazione CattolicaRatiofundamentalis institutionis sacerdotalis (6 gennaio 1970)70-75: AAS62 (1970)366-368; Decr. Sacra Theologia (20 gennaio 1972):AAS 64 (1972)583-586.

(85) Cfr Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium etspes57; 62.

(86) Cfr ibid.44.

(87) Cfr Conc. Ecum. Lateranense VBolla Apostolici regiminisollicitudoSessione VIII: Conc. Oecum. Decreta1991605-606.

(88) Cfr Conc. Ecum. Vat. IICost. dogm. sulla divina Rivelazione DeiVerbum10.

(89) S. Tommaso d'AquinoSumma TheologiaeII-II53 ad 2.

(90) « La ricerca delle condizioni nelle quali l'uomo pone da séle prime domande fondamentali sul senso della vitasul fine che ad essavuole dare e su ciò che l'attende dopo la mortecostituisce per lateologia fondamentale il necessario preamboloaffinchéancheoggila fede abbia a mostrare in pienezza il cammino ad una ragione inricerca sincera della verità ». Giovanni Paolo IILetteraai partecipanti al Congresso internazionale di Teologia Fondamentale a 125anni dalla « Dei Filius » (30 settembre 1995)4: L'OsservatoreRomano3 ottobre 1995p. 8.

(91) Ibid.

(92) Cfr Conc. Ecum. Vat. IICost. past. sulla Chiesa nel mondocontemporaneo Gaudium et spes15; Decr. sull'attività missionariadella Chiesa Ad gentes22.

(93) S. Tommaso d'AquinoDe Caelo122.

(94) Cfr Conc. Ecum. Vat. IICost. past. sulla Chiesa nel mondocontemporaneo Gaudium et spes53-59.

(95) S. AgostinoDe praedestinatione sanctorum25: PL44963.

(96) Id.De fidespe et caritate7: CCL 6461.

(97) Cfr Conc. Ecum. CalcedonenseSymbolumDefinitio: DS 302.

(98) Cfr Giovanni Paolo IILett. enc. Redemptor hominis (4marzo 1979)15: AAS 71 (1979)286-289.

(99) Cfrad esempioS. Tommaso d'AquinoSumma TheologiaeI161; S. BonaventuraColl. in Hex.381.

(100) Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium etspes15.

(101) Cfr Giovanni Paolo IILett. enc. Veritatis splendor (6agosto 1993)57-61: AAS 85 (1993)1179-1182.

(102) Cfr Conc. Ecum. Vat. ICost. dogm. sulla fede cattolica DeiFiliusIV: DS 3016.

(103) Cfr Conc. Ecum. Lateranense IVDe errore abbatis IoachimII: DS 806.

(104) Cfr Conc. Ecum. Vat. IICost. dogm. sulla divina Rivelazione DeiVerbum24; Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius16.

(105) Cfr Giovanni Paolo IILett. enc. Evangelium vitae (25marzo 1995)69: AAS 87 (1995)481.

(106) Nello stesso senso scrivevo nella mia prima Lettera enciclica acommento dell'espressione del Vangelo di S. Giovanni: « Conosceretela verità e la verità vi farà liberi » (832): «Questeparole racchiudono una fondamentale esigenza ed insieme un ammonimento:l'esigenza di un rapporto onesto nei riguardi della veritàcomecondizione di un'autentica libertà; e l'ammonimentoaltresìperché sia evitata qualsiasi libertà apparenteogni libertàsuperficiale e unilateraleogni libertà che non penetri tutta laverità sull'uomo e sul mondo. Anche oggidopo duemila anniilCristo appare a noi come Colui che porta all'uomo la libertà basatasulla veritàcome Colui che libera l'uomo da ciò chelimitamenoma e quasi spezza alle radici stessenell'anima dell'uomonel suo cuorenella sua coscienzaquesta libertà »: Lett.enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979)12: AAS 71 (1979)280-281.

(107) Discorso di apertura del Concilio (11 ottobre 1962): AAS 54(1962)792.

(108) Congr. per la Dottrina della FedeIstr. sulla vocazioneecclesiale del teologo Donum veritatis (24 maggio 1990)7-8: AAS82 (1990)1552-1553.

(109) Ho scritto nell'Enciclica Dominum et vivificantemcommentandoGv 1612-13: « Gesù presenta il ConsolatoreloSpirito di veritàcome colui che “insegnerà” e “ricorderà”come colui che gli “renderà testimonianza”; ora dice: “Eglivi guiderà alla verità tutta intera”. Questo “guidarealla verità tutta intera”in riferimento a ciò di cuigli Apostoli “per il momento non sono capaci di portare il peso”è in necessario collegamento con lo spogliamento di Cristo permezzo della passione e morte di croceche alloraquando pronunciavaqueste paroleera ormai imminente. In seguitotuttaviadiventa chiaroche quel “guidare alla verità tutta intera” si ricollegaoltre che allo scandalum Crucisanche a tutto ciò cheCristo “fece ed insegnò” (At 11). Infattiilmysterium Christi nella sua globalità esige la fedepoichéè questa che introduce opportunamente l'uomo nella realtàdel mistero rivelato. Il “guidare alla verità tutta intera”si realizzadunquenella fede e mediante la fede: il che è operadello Spirito di verità ed è frutto della sua azionenell'uomo. Lo Spirito Santo deve essere in questo la suprema guidadell'uomola luce dello spirito umano »: n. 6: AAS 78(1986)815-816.

(110) Cfr Conc. Ecum. Vat. IICost. dogm. sulla divina Rivelazione DeiVerbum13.

(111) Cfr Pontificia Commissione BiblicaIstr. sulla veritàstorica dei Vangeli (21 aprile 1964): AAS 56 (1964)713.

(112) « E chiaro che la Chiesa non può essere legata ad unqualunque sistema filosofico effimero; ma quelle nozioni e quei terminiche con generale consenso furono composti attraverso parecchi secoli daidottori cattolici per arrivare a qualche conoscenza e comprensione deldogma senza dubbio non poggiano su di un fondamento così caduco. Siappoggiano invece a principi e nozioni dettate da una vera conoscenza delcreato; e nel dedurre queste conoscenzela verità rivelatacomeuna stellaha illuminatoper mezzo della Chiesala mente umana. Perciònon c'è da meravigliarsi se qualcuna di queste nozioni non solo siastata adoperata in Concili Ecumenicima vi abbia ricevuto tale sanzioneper cui non ci è lecito allontanarcene »: Lett. enc. Humanigeneris (12 agosto 1950): AAS 42 (1950)566-567; cfrCommissione Teologica InternazionaleDoc. Interpretationis problema(ottobre 1989): Ench. Vat. 11nn. 2717-2811.

(113) « Quanto al significato stesso delle formule dogmaticheessonella Chiesa rimane sempre vero e coerenteanche quando èmaggiormente chiarito e meglio compreso. Devonoquindii fedelirifuggire dall'opinione la quale ritiene che le formule dogmatiche (oqualche categoria di esse) non possono manifestare la veritàdeterminatamentema solo delle sue approssimazioni cangianti che sonoincerta manieradeformazioni e alterazioni della medesima »: S. Congr.per la Dottrina della FedeDich. sulla difesa della dottrina cattolicacirca la ChiesaMysterium Ecclesiae (24 giugno 1973)5: AAS65 (1973)403.

(114) Cfr Congr. S. OfficiiDecr. Lamentabili (3 luglio 1907)26: ASS 40 (1907)473.

(115) Cfr Giovanni Paolo IIDiscorso al Pontificio Ateneo «Angelicum » (17 novembre 1979)6: InsegnamentiII2(1979)1183-1185.

(116) N. 32: AAS 85 (1993)1159-1160.

(117) Cfr Giovanni Paolo IIEsort. ap. Catechesi tradendae (16ottobre 1979)30: AAS 71 (1979)1302-1303; Congr. per laDottrina della FedeIstr. sulla vocazione ecclesiale del teologo Donumveritatis (24 maggio 1990)7: AAS 82 (1990)1552-1553.

(118) Cfr Giovanni Paolo IIEsort. ap. Catechesi tradendae (16ottobre 1979)30: AAS 71 (1979)1302-1303.

(119) Cfr ibid.22l. c.1295-1296.

(120) Cfr ibid.7l. c.1282.

(121) Cfr ibid.59l. c.1325.

(122) Conc. Ecum. Vat. ICost. dogm. sulla fede cattolica DeiFiliusIV: DS 3019.

(123) « Nessuno può fare della teologia quasi che fosse unasemplice raccolta dei propri concetti personali; ma ognuno deve essereconsapevole di rimanere in stretta unione con quella missione di insegnarela veritàdi cui è responsabile la Chiesa »: GiovanniPaolo IILett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979)19: AAS71 (1979)308.

(124) Cfr Conc. Ecum. Vat. IIDich. sulla libertà religiosa Dignitatishumanae1-3.

(125) Cfr Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975)20:AAS 68 (1976)18-19.

(126) Cost. past sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium etspes92.

(127) Cfr ibid.10.

(128) Prologus4: Opera omniaFirenze 1891t. V296.

(129) Cfr Conc. Ecum. Vat. IIDecr. sulla formazione sacerdotale Optatamtotius15.

(130) Cfr Giovanni Paolo IICost. ap. Sapientia christiana (15aprile 1979)artt. 67-68: AAS 71 (1979)491-492.

(131) Giovanni Paolo IIDiscorso all'Università di Cracovia peril 600o anniversario dell'Alma Mater Jagellonica (8 giugno 1997)4: L'OsservatoreRomano9-10 giugno 1997p. 12.

(132) « 'e noerà tes písteos tràpeza »:Omelia in lode di Santa Maria Madre di Diodello pseudo Epifanio:PG 43493.




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