Readme.it in English  home page
Readme.it in Italiano  pagina iniziale
readme.it by logo SoftwareHouse.it

Yoga Roma Parioli Pony Express Raccomandate Roma

Ebook in formato Kindle (mobi) - Kindle File Ebook (mobi)

Formato per Iphone, Ipad e Ebook (epub) - Ipad, Iphone and Ebook reader format (epub)

Versione ebook di Readme.it powered by Softwarehouse.it


Mark Twain

Le avventure di

Huckleberry Finn

a cura di

Patrizio Sanasi

 

Avviso e avvertenza

AVVISO

Le persone che in questa narrazione cercassero di trovare dei fini sarannoperseguite legalmente; quelle che

cercassero di trovarvi una morale saranno esiliate; quelle che cercassero ditrovarvi una trama saranno giustiziate.

PER ORDINE DELL'AUTORE

IL COMANDANTE MILITARE

AVVERTENZA

In questo libro ho fatto ricorso a parecchi dialetti: il dialetto negro delMississippi; la forma più stretta del

dialetto parlato nei boschi del Sudovest; il normale dialetto della «PikeCounty»; e quattro varianti di quest'ultimo.

Delle diverse sfumature non mi sono servito in modo casuale o sommariomacon grande scrupolo e attenzione

sorretto dalla mia grande familiarità con tutte queste forme di espressionelinguistica.

Do questa spiegazione perché senza di essa molti lettori penserebbero chetutti i personaggi cercano di

parlare allo stesso modo senza riuscirvi.

L'AUTORE

I • Vengo a sapere di Mosèe dei giunchi

Voi di me non sapete niente se non avete letto un libro che si chiama Leavventure di Tom Sawyermaquesto

non importa. Questo libro l'ha fatto Mr. Mark Twaine lui ha detto laveritàin genere. Certe cose le ha tirate in lungo

ma di solito ha detto la verità. Ma questo è niente. Non ho mai vistonessuno che non ha contato delle balleprima o poi

tranne zia Pollyo la vedovao magari Mary. La zia Polly - cioè la ziaPolly di Tom - e Mary e la vedova Douglasbeh

c'è tutto in quel libroche in genere è un libro veritieroanche se unpo' tirato in lungocome ho detto prima.

Ora quel libro si svolge così: io e Tom abbiamo trovato la grana che i ladrihanno nascosto nella grottae così

siamo diventati ricchi. Ci siamo cuccati seimila dollari a cranio - tutti inoro. Era un casino di soldia vederlo tutto

ammucchiato. Beneil giudice Thatcher se lo è presoe lo ha messo ainteressee ci dava un dollaro al giorno ciascuno

per tutto l'anno - che quasi non sapevi che farci. La vedova Douglas mi hapreso come figlio suoe ha detto che voleva

civilizzarmi; ma era una bella barba stare in casa tutto il tempocon lavedova che era così a posto e per bene nei suoi

modi; e cosìquando non ce l'ho fatta piùho tagliato la corda. Mi sonorimesso i miei straccisono tornato alla mia

botteed ero di nuovo libero e soddisfatto. Ma Tom Sawyerlui mi è venutosubito a cercare e mi ha detto che voleva

mettere su una banda di brigantie che potevo entrarci anch'io se tornavodalla vedova e diventavo rispettabile. E così

sono tornato.

La vedova si è messa a strillaree mi ha detto che ero una povera pecorellasmarrita e mi ha detto che ero un

sacco di altre cosema senza cattive intenzioni. Mi ha rimesso addosso ivestiti nuoviche io sudavo da moriree mi

sentivo tutto legato. Behtutto è ricominciato come prima. La vedovasuonava un campanello per la cena e tu dovevi

arrivare in tempo. Quando arrivavi a tavola non potevi sederti subito amangiarema dovevi aspettare lei che metteva

giù la testa e borbottava qualcosa sul ciboanche se sul mangiare non c'eraniente da dire. Cioènientesolo che tutto

era cotto separato. Se invece le metti insiemele cose si mischianoe ilsugo va su tutto e le cose sono più buone.

Dopo cena tirava fuori il libro e mi imparava di Mosè e dei giunchi; e iosbavavo per sapere come andava a

finire; ma poi lei salta fuori a dire che Mosè era morto da un mucchio ditempo; e allora a me non m'interessa più di lui

perché dei morti non me ne frega un cavolo.

Allora mi viene voglia di fumaree chiedo alla vedova se mi lascia. Ma leimi dice che è una cosa bruttache è

un vizioe che devo cercare di non farlo più. Con certa gente è semprecosì. Si fissano su una cosa anche se di questa

cosa non sanno niente. Si scalda tanto per Mosèche non è neppure suoparente e non può fare del bene a nessuno visto

che non c'è piùe invece trova a ridire su di me perché voglio fare unacosa che alla gente gli piace. Lei invece sniffa il

tabaccoma quello va bene perché lo fa lei.

Dopo di lei mi piomba addosso con un abbecedario sua sorellaMiss Watsonuna zitella un sacco magra con

gli occhialini sul nasoche era appena venuta a vivere con lei. Mi tirascemo mica male per circa un'orae poi la vedova

viene a farla smettere. Non avrei potuto andare avanti ancora per molto. Èstata un'ora di noia mortalee io non riuscivo

a star fermo. Miss Watson mi dice: «Non mettere i piedi lìHuckleberry»;e «non stravaccarti in quel modo

Huckleberry - mettiti dritto»; e subito dopo mi fa: «Non sbadigliare e nonstiracchiarti cosìHuckleberry - cerca di

comportarti bene». Poi mi parla di quel brutto postoe io gli chiedoperché non ci va. Allora si è incavolatama io l'ho

detto senza cattive intenzioni. Io volevo solo dire che è bello andare in unpostoma solo per cambiare un po'non

volevo mica criticare. Lei mi ha detto che ero malvagio a dire quella robalì; ha detto che lei non l'avrebbe augurato a

nessunomai e poi mai; lei invece voleva vivere in modo da andare a finirenel posto bello. Io non ci tenevo per niente.3

ad andare dove c'era leie così ho decis o che non ci sarei finito. Peròmica gliel'ho dettoperché chissà che casino ne

veniva fuori.

Ma adesso che è partitachi la ferma piùe ha continuato a dirmi delposto bello. Dice che tutto il giorno la

gente non ha da far altro che andare in giro con l'arpa a cantaree semprecosì. A mequesta cosanon è che mi fa

impazzireperò mica gliel'ho detto. Gli ho domandato se pensava che ancheTom Sawyer sarebbe andato a finirelìe

lei ha detto che era molto difficile. E questo mi ha fatto contentoperchévoglio che io e lui stiamo sempre insieme.

Miss Watson ha continuato così ad angosciarmi per un bel po'che non nepotevo più. Alla fine sono andati a

chiamare i negri per dire le preghieree poi se ne sono andati tutti aletto. Io sono salito su in camera mia con un

mozzicone di candela e l'ho messo sul tavolo. Poi mi sono seduto su una sediaaccanto alla finestra e cercavo di pensare

a qualcosa di allegroma era inutile. Mi sentivo soloe volevo esseremorto. Brillavano le stellee nei boschi le foglie

frusciavano con un suono lugubre; e io sento una civetta lontanache chiamaqualcuno che è mortoe un succiacapre e

un cane che piangono per qualcuno che sta per morire; e il vento cercava dibisbigliarmi qualcosama io non riuscivo a

capire che cosae questo mi fece venire i brividi freddi. Poi lontanonelboscoho sentito quel tipo di verso che fa un

fantasma quando vuole dire qualcosa che ha in mentema non riesce a farsicapiree così non può avere riposo nella

tomba e deve andare in giro ogni notte lamentandosi a quella maniera. Erocosì abbattuto e avevo tanta di quella fifa che

avrei voluto avere qualcuno lì con me a farmi compagnia. Presto un ragnocomincia a strisciarmi sulla spallae io gli do

un colpo con la manoe lui finisce sulla fiamma della candela; e prima cheriesco a muovere un dito è tutto raggrinzito.

E non c'è bisogno che me lo dica nessuno che quello è un brutto segnoeche mi capiterà qualche disgraziae mi viene

una tremarella tale che quasi mi cadono i vestiti. Mi alzo e per tre volte migiro su me stessoe ogni volta mi faccio il

segno della croce; e poi mi lego con uno spago un ricciolo di capelli pertenere lontane le streghe. Però non avevo

nessuna fiduciaperché questo lo fai quando perdi un ferro di cavallo chehai trovato e che ti sei dimenticato di attaccare

subito sulla portama non ho mai sentito nessuno dire che è così che devifare per tenere lontana la scalogna quando hai

ucciso un ragno.

Mi siedo tremando come una fogliae tiro fuori la pipa per farmi unafumatinaperché la casa era ormai

silenziosa che sembrava un cimiteroe dunque la vedova non lo poteva venirea sapere. Behdopo un mucchio di tempo

ho sentito suonare l'orologio della città - don-don-don -dodici colpiepoi di nuovo tutto è calmo - più calmo che mai.

Ma subito dopo sento un ramo che si rompe giù nel buio nero degli alberi -c'è qualcosa che si sta muovendo. Mi metto

fermo e ascolto. Ed ecco sento laggiùpiano pianoun «miao!miao!». Oh meno male! E iorispondo«miao! miao!»

più piano che possoe spengo la luce e scivolo giù dalla finestra sultetto della rimessa. Poi scendo a terra e striscio fra

gli alberie lì trovo Tom Sawyer che mi sta aspettando.

II • Il tenebrosogiuramento della nostra banda

Torniamo in punta di piedi lungo il sentiero verso la fine del giardino dellavedovatutti curvi per non prendere

dentro con la testa nei rami degli alberi. Quando passiamo davanti allacucina io inciampo in una radice e faccio

rumore. Ci accucciamo giù e rimaniamo immobili. Il negro grande e grosso diMiss Watsonche si chiama Jimera

seduto alla porta della cucina. Lo vedo proprio bene perché dietro di luic'è una luce. Si alza e tende il collo per circa un

minutoin ascolto. Poi fa:

«Chi è?».

Ascolta un altro po'e poi viene giù in punta di piedi e si mette proprioin mezzo a noi due; potevamo quasi

toccarlo. Behsaranno passati minuti e minuti senza un rumorecon tutti etre così vicini. Mi è venuto un prurito alla

cavigliama non mi sono grattato; e poi vicino alla testafra le spalle. Misembrava di morire se non mi grattavo.

Questa cosa l'ho notata molte voltedopo. Se sei con gente per beneo a unfuneraleo stai cercando di addormentarti

quando non hai sonno - se sei in un qualunque posto dove ti è difficilegrattartibehallora ti viene un prurito da crepare

in più di mille posti. E presto Jim dice:

«Ehichi è là? Che cosa è stato? Mi venga un accidente se non ho sentitoqualcosa. Behlo so io quello che

faccio. Mi metto qua e non mi muovo finché non lo sento ancora».

E così si siede giù a terra fra me e Tom. Appoggia la schiena a un albero estende le gambe che quasi tocca una

delle mie. Incomincia a prudermi il naso. Mi prude tanto che mi vengono lelacrime agli occhiperò non mi gratto. Poi

comincia a prudermi dentro il naso. Poi sotto il naso. Non sapevo come fareper non muovermi. Questo strazio è andato

avanti per sei o sette minutima mi è sembrato molto più lungo. Mi venivada grattarmi in undici punti diversi ormai.

Pensavo che non potevo resistere un minuto di piùma ho stretto i denti pertenere duro. Proprio allora Jim comincia a

respirare pesante e poi a ronfare - e allora sento che mi sono passati tuttii mali.

Tom mi ha fatto un segno - un piccolo verso con la bocca che si sentivaappena - e ci siamo allontanati piano

pianocamminando a quattro zampe. Quando siamo stati a circa dieci piediTom mi ha sussurrato che voleva legare

Jim all'albero per fargli uno scherzoma io ho detto di noperché potevasvegliarsi e mettersi a fare casinoe allora si

sarebbero accorti che io non ero in casa. Poi Tom ha detto che non avevaabbastanza candelee che si sarebbe infilato in

cucina a prenderne delle altre. Io non volevoe gli ho detto che cosìpoteva svegliare Jim. Ma Tom ha voluto rischiare;

per cui siamo sgusciati dentro e abbiamo preso tre candelee Tom ha messosul tavolo cinque centesimi come

pagamento. Poi siamo usciti e io avevo la fregola di scapparema Tom non èstato contento finché non si è avvicinato.4

ancora a Jim camminando a gattoniper fargli un qualche tiro. Io hoaspettato e mi è sembrato che è passato un bel po'

di tempoe tutto era così calmo e silenzioso.

Non appena è tornato Tom prendiamo il sentiero lungo lo steccato delgiardino e in un attimo siamo sul

monterozzo all'altro lato della casa. Tom dice che ha tolto il cappello a Jime l'ha appeso a un ramo proprio sopra di lui

e Jim si è mosso un po' ma non si è svegliato. Dopo Jim disse che lestreghe gli avevano fatto una fattura e gli erano

montate a cavalcioni e l'avevano fatto girare per tutto lo statoe poi loavevano riportato sotto l'albero e avevano appeso

il cappello sul ramo per far vedere che erano state loro. La volta dopo chelo raccontòdisse che lo avevano fatto andare

fino a New Orleans e dopo di allora ogni volta che lo ripeteva andava piùlontanofinché disse che lo avevano portato in

giro per tutto il mondoe lo avevano stancato a morte e gli avevano fattovenire le fiacche su tutta la schiena. Jim era

tutto fiero di questo fattoe quasi non guardava più in faccia gli altrinegri. I negri facevano un fracco di strada per

sentirlo raccontare questa storiae lui era diventato il negro più ammiratodi tutto il paese. I negri di fuori lo guardavano

a bocca apertacome se era un prodigio. Al fuoco della cucina i negri hannol'abitudine di contarsi storie di streghe e di

tenebre; ma tutte le volte che uno parlava e diceva che sapeva tutto diquelle cosesaltava su Jim e diceva: «Ma tuche

ne vuoi sapere tudi streghe?»e il negro abbassava la cresta e chiudevail becco. Jim si teneva sempre intorno al collo

quella moneta da cinque centesimi legata con uno spagoe diceva che era unacosa incantata che il diavolo gli aveva

dato colle sue mani e gli aveva detto che con quella lui poteva guarire tuttie chiamare le streghe tutte le volte che

voleva dicendo una frase; però la frase non ce l'ha mai detta. I negrivenivano da tutto intorno e gli davano ogni cosa

che avevano solo per vedere quella monetina; però non la toccavanoperchéil diavolo ci aveva messo su le mani. Come

servitore Jim era diventato una franaperché si era tutto gasato con quellastoria che aveva visto il diavolo e che le

streghe gli erano salite in groppa.

Behquando io e Tom siamo arrivati sulla cima del monterozzoabbiamoguardato giù al villaggio e abbiamo

visto tre o quattro lucimagari di case dove c'erano dei malati; le stellesopra di noi splendevano che era una bellezza; e

in fondo al villaggio c'era il fiumeche era largo un buon miglioed eraquieto e immenso. Siamo scesi dal monterozzo

e abbiamo trovato Joe Harper e Ben Rogerse altri due o tre dei ragazzinascosti nella vecchia conceria. Allora

abbiamo slegato una barca e siamo scesi lungo il fiume per due miglia e mezzofino a dove è crollato il fianco della

collinae lì siamo sbarcati.

Siamo andati fino a un gruppo di cespuglie Tom ha fatto giurare a tutti ditenere il segretoe poi ci ha

mostrato un buco nella collinaproprio nella parte più fitta dei cespugli.Allora abbiamo acceso le candele e siamo

andati dentro strisciando a quattro zampe: siamo andati avanti così perduecento iardee poi la caverna si è allargata.

Tom ha cercato fra i corridoi e presto si è fermato sotto una parete dovenessuno avrebbe notato che c'era un buco.

Siamo entrati in un posto stretto e siamo arrivati a una specie di camerapiena di umidità e di goccee molto freddae

qui ci siamo fermati. Tom fa:

«Allorafondiamo questa società di briganti e la chiamiamo la Banda di TomSawyer. Tutti quelli che si

vogliono iscrivere devono giurare e fare la firma col sangue».

Volevano iscriversi tutti. Allora Tom tira fuori un pezzo di carta su cui hascritto il giuramentoe lo legge.

Diceva che ogni ragazzo doveva giurare di essere fedele alla banda e di nondire mai nessuno dei suoi segreti; e se

qualcuno fa qualcosa a un ragazzo della bandaquello della banda che ricevel'ordine di uccidere questa persona e la sua

famiglia deve assolutamente farloe non può mangiare o dormire finché nonli ha ammazzati tutti e gli ha tracciato una

croce sul pettoche è il segno della banda. E nessuno che non è dellabanda può usare questo segnoe se lo fa deve

essere processato; e se lo fa ancora una volta deve essere accoppato. E sequalcuno che appartiene alla banda rivela i

suoi segretibisogna tagliargli la golae il cadavere deve essere bruciatoe le ceneri disperse in giroe il suo nome deve

essere cancellato dalla lista scritta col sangue e non deve essere piùpronunciato dai componenti della bandama essere

maledetto e dimenticato per sempre.

Tutti hanno detto che era un giuramento bellissimoe hanno chiesto a Tom sel'aveva fatto di testa sua. Lui ha

detto che in parte era opera suama il resto veniva dai libri sui pirati esui brigantie che ogni banda rispettabile ne

aveva uno.

Certi hanno detto che per loro era bene ammazzare anche le famigliedei ragazzi che raccontavano isegreti.

Tom ha detto che era una buona ideae così ha tirato fuori una matita e ciha messo dentro anche quello. Allora Ben

Rogers dice:

«Ma Huck Finn non ha famiglia; per lui come si fa?»

«Behnon ha un padre?»dice Tom Sawyer.

«Sìha un padrema adesso chi riesce a vederlo? Una volta lo trovavisempre sbronzo con i porci nella

conceriama ormai non viene da queste parti da più di un anno».

Ne hanno discusso parecchioe volevano buttarmi fuori perché dicevano cheogni ragazzo deve avere una

famiglia o qualcuno da ammazzarese no non è giusto per gli altri. Behnessuno riusciva a pensare come faree tutti

eravamo muti come statue. Mi veniva da piangere; ma all'improvviso mi èvenuta in mente la soluzionee ho offerto

Miss Watson - potevano accoppare lei. Tutti hanno detto:

«Ahlei può andarepuò andare. Per cui tutto è a posto. Huck puòentrare nella banda».

Poi tutti ci siamo punti un dito con uno spillo per far venir fuori il sanguee firmaree anch'io ho scritto il mio

nome sulla carta.

«E qual è l'attività della banda?»ha chiesto Ben Rogers.

«Nientesolo rapine e omicidi»disse Tom..5

«Ma dove rubiamo? Case... animali... o ...?»

«Che stupidaggine! Rubare bestiame e cose del genere non è rapinaèfurto»fa Tom Sawyer. «Noi non siamo

ladri. Nel furto non c'è classe. Noi siamo banditi. Fermiamo le carrozze ele vetture postali sulla stradacon su la

mascheraammazziamo le persone e gli portiamo via gli orologi e la grana».

«La gente dobbiamo ammazzarla sempre?»

«Ohcerto. È meglio. Alcuni autori non la pensano cosìma la maggiorparte dice che è meglio far fuori le

personetranne quelli che portiamo in questa caverna quie si tengono finoa quando non vengono riscattati».

«Riscattati? Che cosa vuol dire?»

«Non lo so. Ma è una cosa che si fa. L'ho visto nei librie naturalmentedobbiamo farla anche noi».

«Ma comese non sappiamo che cos'è?»

«Non fate tante storiedobbiamofarlo. Non vi ho detto che ènei libri? Volete fare le cose diversamente da

come è nei libri e incasinare tutto?»

«Ohè facile dirloTom Sawyerma come diavolo possono essere riscattatiquesti tipise nonsappiamo che

cosa dobbiamo fargli? È questo che voglio capire. Secondo teche roba è?»

«Behnon lo so. Ma forse vuol dire che li dobbiamo tenere con noi finchésono morti».

«Questo è già qualcosa. È una spiegazione. Non potevi dirlo prima? Liteniamo finché a forza di riscattarli

saranno crepati - e saranno un bel fastidioperché mangeranno un mucchio diroba e vorranno cercare di scappare».

«Che fregnacce diciBen Rogers! Come possono scappare quando c'è qualcunoche fa la guardia e che gli

spara addosso se muovono un dito?»

«Fare la guardia? Questa sì che è buona! Allora per fare la guardia aquesti qui bisogna star svegli tutta la notte

e non dormire mai? Questa sì che è una fregnaccia! E perché non prendiamoun bel bastone e non li riscattiamo fino a

farli crepare non appena arrivano qui?»

«Perché questo non è nei libriecco perché. SentiBen Rogersvuoi farele cose in regola o no? Questo è il

punto. Non ti viene in mente che i tizi che hanno fatto i libri sanno qualisono le cose giuste da fare? Credi che gli puoi

imparare qualcosa? Proprio no! Nomio caro sapientoneli riscatteremo comesi deve».

«Va benenon me ne frega una mazza; però è una vaccata comunque. Senti...ammazziamo anche le donne?»

«Ben Rogersse io fossi ignorante come te non mi farei più vedere in giro.Ammazzare le donne? No... nei

libri non si è mai vista una cosa del genere. Le porti nella grotta e conloro sei cortese come un cavaliere; e dopo un po'

loro si innamorano di te e non vogliono più tornare a casa».

«Behse è così che bisogna faresono d'accordoma questa cosa qui nonmi va. Presto avremo la caverna così

invasa dalle donne e dai tipi da riscattare che non ci sarà più posto per ibriganti. Però fai pureio non dico più niente».

Intanto il piccolo Tommy Barnes si era addormentatoe quando lo svegliano sispaventa e dice che vuole

tornare a casa dalla sua mammae il brigante non lo vuole più fare.

E allora tutti a prenderlo per i fondelli e a chiamarlo «cocco di mamma»equesto lo fa incavolare e viene fuori

a dire che lui va subito a spifferare tutti i segreti della banda. Ma Tom glidà cinque centesimi per tenerlo quietoe poi

dice che adesso andiamo tutti a casa e ci troviamo la settimana prossima perrapinare qualcuno e accoppare un po' di

gente.

Ben Rogers ha detto che lui non poteva uscire spessosolo la domenicaecosì voleva cominciare domenica

prossimama tutti gli altri ragazzi hanno detto che la domenica non sidovevano fare le brutte cosee così anche questo

è stato risolto. Ci siamo messi d'accordo che ci vedevamo il più prestopossibile per fissare un giornoe poi abbiamo

eletto Tom Sawyer primo capitano della Banda e Joe Harper secondo capitanoesiamo tornati a casa.

Mi sono arrampicato sulla rimessa e sono entrato dalla finestra proprio pocoprima dell'alba. I vestiti nuovi

erano tutti lerci e infangatie io ero stanco morto.

III • Facciamo un'imboscataagli Arabi

Behla mattina ho preso una bella girata da Miss Watson per via dei vestiti;la vedova invece non mi ha detto

niente e ha pulito il fango e le macchiee aveva un'aria così a terra cheho deciso che per un po' mi sarei comportato

benese potevo. Poi Miss Watson mi porta in uno stanzino e si mette apregarema non succede un cavolo. Lei mi

aveva detto di pregare tutti i giorniche quello che chiedevo l'avreiottenutoma non era vero. E sì che ci ho provato.

Una volta avevo una lenza ma non avevo ami. Non ci fai una mazza con unalenza senza gli ami. Ho pregato tre o

quattro volte per avere gli amima non ha funzionato. Allora un giorno hochiesto a Miss Watson di pregare per mema

lei ha detto che ero uno stupido. Però non mi ha detto perchée io nonl'ho proprio capito.

Allora sono andato nei boschi e mi sono seduto a pensare a lungo. E mi sonochiesto: se pregando uno può

avere una cosaperché il diacono Winn non l'ha fatto per riavere i baiocchiche ha perso con quella speculazione sulla

carne di maiale? E perché la vedova non può riavere la tabacchierad'argento che ci hanno rubato? E Miss Watson

perché non chiede di diventare un po' più grassa? Nomi rispondopregandonon si ottiene niente. Sono andato a dirlo

alla vedovae lei mi ha detto che pregando si può ottenere solo «donispirituali». Io questa cosa mica l'ho afferratama

lei mi ha spiegato che cosa voleva dire: che dovevo aiutare gli altrie fareper gli altri tutto quello che potevoe badare

sempre agli altri e non pensare mai a me. Mi pare di aver capito che questovaleva anche per Miss Watson. Sono andato.6

di nuovo nei boschi e ci ho pensato su moltoma non sono riuscito a vederel'utilità di questa cosa - tranne che per gli

altri - e così alla fine ho deciso di non prendermela tantoe di lasciareperdere. Qualche volta la vedova mi prendeva da

solo e mi parlava della Provvidenza in un modo che mi piaceva un fraccomapoi il giorno dopo arrivava Miss Watson

e parlava della Provvidenza in una maniera che mi faceva cascare le braccia.A me mi è sembrato di capire che ci sono

due Provvidenzee un povero cristo se la passerebbe bene con la Provvidenzadella vedovame se lo becca quella di

Miss Watson è finito. Ci ho pensato su ben bene e ho deciso che volevo laProvvidenza della vedova se a lei - alla

Provvidenza - io gli andavo beneanche se non ho ben capito che cosa ci puòtrovare questa Provvidenza in un tipo

come meche sono così ignorantevolgare e balordo.

Papà non si faceva vedere da più di un annoe questo era un sollievo perme; io non volevo vederlo più. Lui

me le dava sempre quando non era sbronzo e io gli capitavo a tiroanche seio me la battevo quasi sempre nei boschi

quando lui era da queste parti. Behpiù o meno in questo periodo l'hannotrovato annegato nel fiumea circa dodici

miglia più su della cittàcosì diceva la gente. Almeno pensavano che eralui; hanno detto che l'annegato era alto come

luiera vestito di stracci e aveva capelli lunghissimi - insomma era propriocome papà - ma della faccia non potevano

dire niente perché era in acqua da così tanto tempo che non c'era più.Hanno detto che galleggiava in acqua disteso sulla

schiena. L'hanno tirato su e l'hanno seppellito sulla riva del fiume. Ma ilmio sollievo non è durato moltoperché poi mi

è venuto un pensiero. Sapevo bene che un annegato non galleggia stando sullaschienama a faccia in giù. E allora ho

avuto la certezza che quello non era papàma una donna vestita da uomo. Ecosì mi è venuto il magone. Pensavo che il

vecchio sarebbe saltato fuori di nuovoanche se speravo di no.

Per circa un mese abbiamo giocato ai banditie poi ho dato le dimissioni.Anche gli altri hanno dato le

dimissioni. Non avevamo rapinato nessuno e non avevamo ammazzato nessunoavevamo solo fatto finta. Sbucavamo

dai boschi e caricavamo porcari con mandrie di maiali e donne che portavanola verdura al mercato sul carrettoma di

roba non ne prendevamo mai. Tom Sawyer chiamava i porci «lingotti»e lerape e la verdura «gioielli»e poi andavamo

alla grotta e ci mettevamo tutti in giro a parlare di quello che avevamofatto e di tutti quelli che avevamo fatto fuori e

segnato colla croce. Ma io non ci vedevo nessuna utilità in tutta questamanfrina. Una volta Tom manda un ragazzo in

giro per il paese con uno stecco accesoche lui diceva che era il segnale diguerra (cioè che la Banda doveva riunirsi)e

ci dice che ha avuto informazioni segrete dalle sue spie che il giorno dopoun gruppo di mercanti spagnoli e di ricchi

Arabi si sarebbe accampato nella gola davanti alla grotta con duecentoelefanti e seicento cammelli e più di mille muli

«da soma»tutti carichi di diamantie che avevano solo una piccolaguardia di quattrocento soldatie che noi gli faremo

«un'imboscata»come diceva luie li accopperemo tutti e prenderemo laroba. Per cui dobbiamo lucidare le spade e gli

schioppi e stare pronti. Anche per i carretti colle rape dovevamo oliare lespade e gli schioppianche se erano solo

cannebastoni e manici di scopae potevi affannarti a sfregarli a più nonposso che non diventavano meglio di prima. Io

non credo che possiamo darle a tutti quegli Spagnoli e Arabima volevovedere i cammelli e gli elefantie così il giorno

doposabatosono lì per l'imboscata; e quando viene dato l'ordine siamosbucati fuori dai boschi e siamo scesi dalla

collina. Di Spagnoli e Arabicammelli ed elefanti non c'era neanche l'ombra.Era un picnic dell'oratorioed erano anche

i più piccoli. Noi li abbiamo sbaragliati e abbiamo inseguito i bambini super la golama non abbiamo conquistato altro

che un po' di focacce e di marmellataanche se Ben Rogers ha trovato unbambolotto di pezzae Joe Harper un libro di

preghiere e un opuscolo religioso; ma poi è intervenuta l'insegnante e ci hafatto mettere giù tutto e tagliare la corda. Io

diamanti non ne ho vistie l'ho detto a Tom Sawyer. Lui ha detto che cen'era un casinoe anche Arabi ed elefanti e

tutto il resto. E io gli ho dettoallora perché non li abbiamo visti? E luiha detto che se io non fossi così ignorante e

avessi letto un libro che si chiama DonChisciottelo saprei e nonfarei domande stupide. Lui ha detto che era tutto

opera di una fattura. Ha detto che lì c'erano centinaia di soldatielefantie tesori eccetera ecceterama noi avevamo dei

nemiciche si chiamano maghie avevano trasformato tutto in un gruppo dibambini dell'oratorio solo per farci dispetto.

Io gli ho detto che allora dovevamo andare a dargli una battuta a questimaghi. Ma Tom Sawyer dice che non capisco un

corno.

«Un mago»dice«può evocare un mucchio di genie questi ti possonofare a pezzi prima che tu possa dire

beh. Sono tipi alti come alberi e larghi come una chiesa».

«Beh»faccio io«e non li possiamo chiamare anche noii genicosì ciaiutano a dare una battuta a questi

qui?»

«E come fai a chiamarli?»

«Non lo so. Loro comefanno?»

«Loro sfregano una vecchia lampada di latta o un anello di ferroe allora igeni arrivano facendo un gran

casinocon tuoni e fulmini che distruggono tuttoe una grande nuvola difumoe tutto quello che gli dicono di fare lo

fanno. Non ci mettono niente a rovesciare in giù una torre e a dare unabotta in testa a un ispettore scolasticoo a

chiunque altro».

«Ma chi riesce a fargli fare tutte queste cose?»

«Behchiunque ha la lampada o l'anello. Il tipo che sfrega la lampada ol'anello è il loro padronee loro devono

fare tutto quello che dice lui. Se gli dice di fare un palazzo di diamantilungo quaranta miglia e di riempirlo di gomma

da masticareo di quello che vuoie di andare a prendere la figliadell'imperatore della Cina perché tu la vuoi sposare

loro devono farlo - e devono farlo prima dell'alba del giorno dopo. E poidevono spostare il palazzo per tutto il paese

dove ti viene voglia di metterlo».

«Mah»faccio io«secondo me sono una manica di idiotiperchépotrebbero tenersi il palazzo loro invece di

continuare a muoverlo qua e là dove ti gira a te. E poise io fossi uno diloronon pianterei lì tutti i miei affari per.7

correre da quelli che mi chiamano sfregando una vecchia lampada di lattaeli manderei a quel paese».

«Ma che diciHuck Finn? Tu devivenire quando sfregano lalampadaanche se non vuoi».

«Ma alloraa che mi serve essere alto come un albero e largo come unachiesa? Beneci vengoma poi quello

che mi ha chiamato lo faccio volare sull'albero più alto di tutto ilpaese».

«Cribbio! È inutile discutere con teHuck Finn. Non sai proprio unaccidente... sei proprio una testa di legno!».

Ci ho rimuginato per due e tre giorni e poi ho provato a vedere se c'eraqualcosa di vero in quella storia. Ho

preso una vecchia lampada di latta e un anello di ferro e sono andato neiboschi a sfregare e sfregarefinché ero sudato

come un indianoperché calcolavo di farmi fare un palazzo e di venderlo; maniente da farenon è venuto nessun genio.

E allora ho deciso che tutta quella storia era un'altra delle frottole di TomSawyer. Lui magari ci credevaagli Arabi e

agli elefantima per me era diverso. Era proprio una scempiaggineroba cheandava bene per i bambini dell'oratorio.

IV • L'oracolo della palladi pelo

Così sono passati tre o quattro mesi e ormai è arrivato l'inverno. Pertutto questo tempo sono andato a scuola e

ho imparato a leggere e l'ortografiae un po' anche a scriveree so letabelline fino a sei per sette trentacinquema non

penso che saprò andare oltre anche se vivrò cent'anniperché con i numeriproprio non ci prendo.

All'inizio odiavo la scuolama poi ci ho fatto il callo. Quando ero troppostanco bigiavoe la pettinata che mi

prendevo il giorno dopo mi faceva bene e mi tirava su. Per cui più andavo ascuolapiù mi abituavo. Cominciavo ad

abituarmi anche ai modi della vedovae mi andavano abbastanza. Vivere in unacasa e dormire in un letto mi pesava

ancora un po' troppoma prima che arrivasse il freddo ogni tanto me lasvignavo e andavo a dormire nei boschie

questo era un sollievo. Preferivo le abitudini di primama anche le nuovecominciavano a piacermi. La vedova diceva

che i miei progressi erano lenti ma sicurie che stavo andando bene. Dicevache non si vergognava più di me.

Una mattina mi è capitato di rovesciare la saliera a colazione. Più sveltodi un gatto mi sono chinato a

raccogliere un po' di sale da gettarmi dietro la spalla sinistra per tenerelontana la scalognama Miss Watson è scattata a

bloccarmi. Mi fa: «Tieni giù quella manoHuckleberry; fai sempre deiguai». La vedova ha detto una buona parola per

mema la cosa mica serviva a tenere lontana la iellaquesto lo capivo bene.Dopo colazione sono uscito tutto tremante e

preoccupatoperché non sapevo quando sarebbe arrivataquella disgraziaenon sapevo che cos'era. Ci sono anche altri

modi di tenere lontani certi tipi di scalognama con questa gli altri modinon servivano; perciò non ho fatto niente e

andavo avanti abbacchiato e stavo con gli occhi bene aperti.

Sono sceso per il giardino davanti alla casa e sono salito sulla scaletta chesupera lo steccato alto. A terra c'era

un dito di neve fresca e ho visto delle tracce di passi. Il tipo era arrivatodalla cava e si era fermato per un po' davanti

alla scalettama poi aveva girato attorno allo steccato del giardino. Erastrano che dopo essere rimasto per un bel po'

davanti alla scaletta non era entrato. Era strano assai. Stavo per seguirliquei passima poi mi sono chinato a guardare

la forma della traccia. Subito non ho notato nientema poi sì. Nel taccodella scarpa sinistra c'era una croce fatta con le

punte di grossi chiodi per tenere lontano il diavolo. In un secondo ero inpiedi e correvo come un pazzo lungo la

discesa. Ogni tanto mi giravo a guardarema non ho visto nessuno. Sonoarrivato dal giudice Thatcher più presto che

potevo. Mi ha detto:

«Sei tutto trafelatoragazzo mio. Sei venuto a prendere i tuoi interessi?»

«Nosignore»faccio io; «ce ne sono?»

«Ohsìieri sera sono arrivati quelli degli ultimi sei mesi. Più dicentocinquanta dollari. È una bella cifraper

te. Sarebbe meglio che me li lasciassi investire insieme con gli altriseimilaperché se li ritirassi li spenderesti».

«Nosignore»dico io«non voglio spenderli. Io 'sti soldi non li voglioproprio... e neanche i seimila. Voglio

che li prendete voi; voglio regalarceli... i seimila e tutto il resto».

Ha fatto una faccia... Sembrava uno che non aveva capito un corno. Dice:

«Ma che cosa significa questoragazzo?».

Io dico:

«Non fatemi domande su questa cosaper favore. Li prenderetenon èvero?».

Lui dice:

«Behsono perplesso. C'è qualcosa?»

«Per favoreprendeteli»faccio io«e non domandatemi niente... cosìnon dovrò dirvi delle bugie».

Lui ci pensa un po' e poi fa:

«Oohcredo di capire. Tu vuoi venderetutto il tuo patrimonio a me...non vuoi regalarmelo. Questo è giusto».

Allora scrive qualcosa su un pezzo di cartapoi lo rilegge e dice:

«Eccocome vedi c'è scritto «come controvalore». Ciò significa che iol'ho acquistato e ti ho pagato. Eccoti il

dollaro. Orafirma qui».

Così ho firmato e me ne sono andato.

Il negro di Miss WatsonJimaveva una palla di pelo che era stata tiratafuori dal quarto stomaco di un buee

ci faceva delle magie. Diceva che dentro c'era uno spirito che sapeva tutto.Allora quella notte sono andato da lui e gli

ho detto che papà era ancora quiperché ho trovato le sue tracce sullaneve. Quello che volevo sapere era che cosa

faceva e se voleva restare qui. Jim ha tirato fuori la sua palla di pelo e ciha detto su qualcosae poi l'ha alzata e l'ha.8

fatta cadere sul pavimento. È caduta giù piatta ed è rotolata solo undito. Jim ha provato di nuovoe poi un'altra volta

ed era sempre lo stesso. Jim si è messo giù in ginocchio e ci ha appoggiatol'orecchio ad ascoltare. Ma tutto è stato

inutile; lui ha detto che la palla non voleva parlare. Qualche voltamidicelei non parla senza baiocchi. Io gli dico che

ho una vecchia moneta falsa di un quartotutta consumatache non era buonaperché sotto l'argento si vedeva un po'

l'ottonema che non potevi sbolognare da nessuna parte perché era cosìconsumata che se la toccavi ti sembrava untae

così la gente lo capiva subito. (Ho pensato di non dire niente del dollaroche avevo beccato dal giudice.) Gli ho detto

che erano soldi fasulliperò magari la palla l'accettava perché non vedevala differenza. Jim ci ha messo sopra il nasoe

l'ha morsicata e l'ha sfregatae ha detto che provava a fargli credere allapalla che era buona. Ha detto che tagliava una

patata irlandese cruda e ce la ficcava dentro e ce la teneva tutta la nottecosì la mattina non si vedeva più l'ottone e non

era più untae l'avrebbe accettata chiunque in cittàe non solo una palladi pelo. Behche la patata sapeva fare quelle

cose lo sapevo anch'ioma l'avevo dimenticato.

Jim ha messo il quarto di dollaro sotto la palla ed è andato giù un'altravolta a sentire. Questa volta ha detto che

la palla era a posto. Mi ha detto che mi diceva tutta la fortunase volevoche la palla parlava. Io ho detto che va bene. E

così la palla parlava con Jime Jim mi ripeteva. Lui dice:

«II vostro vecchio papà non sa ancora che cosa farà. Qualche volta diceche va viae poi dice che resta. La

meglio cosa da fare è starsene quieti e aspettare che il vecchio fal'accidente che gli pare. Lui ci ha due angeli che gli

girano attorno. Uno è bianco e splendentee quell'altro è nero. Quellobianco ci dice di andare viama poi gli vola

addosso quello nero e scombina tutto. Uno non può dire adesso chi dei due selo prendeil vostro vecchio. Però per voi

tutto bene. Voi avere molte rogne in vostra vitama anche molta gioia.Qualche volta essere feritoed essere malatoma

sempre guarire. E c'è due ragazze in vostra vita. Una è bionda e una èbruna. Una è ricca e l'altra è povera. Voi sposare

prima la poverae poi subito quella ricca. Ma voi stare lontano da acquapiù che poteree non correre rischiperché

magari vi impiccano all'albero d'una nave».

Quella notte vado su in camera e accendo il lumee c'è lì seduto papàproprio lui!

V • Papà cambia vita

Io avevo chiuso l'uscio. Mi sono giratoe me lo sono trovato lì. Prima miveniva una strizza tremenda quando

lo vedevoperché mi dava un fracco di legnate. Penso che anche allora hoavuto paurama dopo un minuto ho visto che

non era così - cioèdopo il primo colpo che mi è venuto a vederlo cosìall'improvvisoche mi è mancato il respiro -; ma

poi vedo che non ho paura di luialmeno non tanta.

Aveva quasi cinquant'annie si vedeva. Aveva i capelli lunghispettinati euntie gli venivano sulla facciae

dietro gli vedevi gli occhi come se stava dietro i rami della vite. Eranotutti nerinon c'era niente di grigioe anche le

basette erano lunghe e arruffate. La faccia non ci aveva coloredove sipoteva vedere; era bianca. Ma non bianca come

quella degli altri uominima un bianco che ti faceva star maleun biancoche ti faceva venire la pelle d'oca - un bianco

come una raganellaun bianco come la pancia di un pesce. E i vestiti...stracciniente altro. Stava con un calcagno

posato sul ginocchio dell'altra gamba; la scarpa di questo piede era andata ec'erano due dita che gli sbucavano fuorie

ogni tanto le muoveva. Il cappello era buttato per terra: un vecchio cencionero tutto schiacciatoche sembrava il

coperchio di una pentola.

Io sono stato lì a guardarlo; lui stava lì a guardare me con la sediainclinata un po' all'indietro. Io ho messo giù

la candela. Ho notato che la finestra era alzata; dunque era entratoarrampicandosi sulla rimessa. Continuava a

guardarmi dalla testa ai piedi. Poi fa:

«Vestiti inamidati... sei tutto in tiro. Pensi di essere chissà chiadessodi' che non è così!»

«Magari sìmagari no»dico io.

«Non fare il bullo con me»dice lui. «Hai tirato su la cresta quando ioero via. Ma vedrai che ti metto a posto

io. E sei pure istruitomi dicono; sai leggere e scrivere. Pensi di esseremeglio di tuo padrevero?che non è capace di

scrivere? Te li faccio passare io i grilli per la testa. Chi ti ha detto dimetterti a fare queste stupidaggini da signorinoeh?

Chi ti ha dato il permesso?».

«La vedova. Me l'ha detto lei».

«La vedovaeh? E chi gliel'ha detto alla vedova di metterci il nasodovenon sono affari suoi?»

«Non gliel'ha detto nessuno».

«Ci imparo io a farsi i cavoli suoi. E senti beneadesso: tu la scuola lalasci starechiaro? Ci imparo io alla

gente a tirare su un ragazzo cosìche si dà le arie davanti a suo padreelo guarda come se è meglio di lui. Se ti becco

ancora a gironzolare attorno a quella scuola ti concio per le feste! Tuamadre non sapeva leggeree neanche scrivere

fino alla morte. Nessuno della famiglia era capacefino alla morte. Io nonsono capace; e tu col petto in fuori come un

tacchino. A me queste cose non le faichiaro? Adessofammi sentire comeleggi».

Io prendo un libro e comincio a leggere qualcosa del generale Washington e leguerre. Quando ho letto da circa

mezzo minuto lui dà una manata al libro che lo fa volare dall'altra partedella casa. Dice:

«È vero. Sai leggere. Avevo dei dubbi quando me l'hanno detto. Ora staibene attento: dacci un taglioa queste

vaccate. Io non voglio. Ti tengo d'occhiotu che vuoi fare il dritto. E seti cucco un'altra volta dalle parti di quella scuola

te la do io una bella ripassata. Se non sto attento diventi anche un tiporeligioso. Mai visto un figlio così»..9

Prende su una figura blu e gialla dove c'erano delle vacche e un ragazzoefa:

«Che cos'è?»

«È una cosa che mi hanno dato perché sapevo bene la lezione».

Lui la straccia e dice:

«Sei un gagà tutto profumatoeh? Te la do io una bella lezione».

Se ne sta lì un minuto a brontolare e a borbottaree poi dice:

«Ma guarda che gagà tutto profumato. Con il suo bel lettoe le coperteelo specchioe un tappeto sul

pavimento... e tuo padre che deve dormire coi porci nella conceria. Mai vistoun figlio così. Giuro che te la faccio

abbassare io la crestaprima di finire. Guarda che arie che si dà... Diconoche sei ricco. Eh? Cos'è questa storia?»

«Sono balleecco che cos'è!»

«Ehiragazzino! Bada a come parli; non so che cosa mi trattiene... e nonrispondermi in quel modo. Sono due

giorni che sto in cittàe continuo a sentire che sei ricco. L'ho sentitoanche giù al fiume. Ecco perché sono venuto. Tu

domanimi darai questi soldi... li voglio».

«Io soldi non ne ho».

«Bugiardo! Li tiene il giudice Thatcher. Ma sono tuoi e io li voglio».

«Ti dico che non ho soldi. Chiedi al giudice Thatcher; ti dirà la stessacosa».

«Benece lo chiedo; e glieli farò anche sputare fuorise no dovrà dirmiperché. Senti... quanto hai in tasca? Lo

voglio».

«Ci ho solo un dollaroe volevo...»

«Non m'importa un fico che cosa volevi. Tiralo fuori».

L'ha preso e l'ha provato coi denti per vedere se era buonoe poi ha dettoche andava in città a prendere del

whisky; ha detto che non aveva bevuto un goccio per tutto il giorno. Dopoessere sceso sul tetto della rimessaha ficcato

dentro la testa di nuovo e ha imprecato ancora contro di meperché avevotirato su la cresta e credevo che ero migliore

di luie quando pensavo che se n'era ormai andatoha rimesso ancora dentrola testa e mi dice di stare alla larga dalla

scuolaperché se vede che ci torno mi dà un sacco di botte.

Il giorno dopo era ubriaco ed è andato dal giudice Thatcher a insolentirlo ea cercare di farsi dare la granama

non c'è riuscitoe allora ha giurato che andava in tribunale percostringerlo.

Il giudice e la vedova sono andati loro al tribunale per chiedere che mitogliessero a mio padre e facessero

diventare uno dei due mio tutorema c'era un giudice nuovoche era appenaarrivato e che non conosceva il vecchio; e

così ha detto che i tribunali non devono interferire e separare le famigliese possono; e ha detto che preferiva non

togliere un figlio al padre. Per cui il giudice Thatcher e la vedova hannodovuto lasciare perdere.

Questo al vecchio è piaciuto molto. Ha detto che mi riempiva di legnate finoa farmi blu se non gli trovavo dei

soldi. Io mi sono fatto prestare tre dollari dal giudice Thatchere papà liha presi e si è sbronzatoed è andato per le

strade a fare un gran casino e a bestemmiaree poi è andato in giro pertutta la città a picchiare come un disperato su un

pentolone di latta fino a mezzanotte; allora l'hanno sbattuto in galerae ilgiorno dopo l'hanno portato davanti al

tribunalee l'hanno condannato a stare al fresco per una settimana. Ma luiha detto che era soddisfatto; ha detto che con

suo figlio comandava lui e che l'avrebbe sistemato lui.

Quando è venuto fuoriil nuovo giudice ha detto che voleva fare un uomo dilui. Così l'ha portato a casa sua e

l'ha vestito come un figurinoe lo teneva a colazionea pranzo e a cena conla sua famigliae con lui era tutto pappa e

cicciaper così dire. E dopo cena ci parlava della temperanza e di cose delgenerefinché il vecchio piangeva e diceva

che era stato uno stupido e che aveva rovinato la sua vita; ma ora era decisoa voltare pagina e fare in modo che nessuno

si vergognava più di luie sperava che il giudice lo aiutava e non loguardava dall'alto al basso. Il giudice ha detto che

per quelle parole lo avrebbe abbracciato; e così lui si è messo a piangeree anche la moglie del giudice si è messa a

piangere; poi papà ha detto che nessuno l'aveva mai capitoe il giudice hadetto che gli credeva. E allora tutti e due si

sono messi di nuovo a piangere. E quando è ora di andare a letto il vecchiosi alza e stende la manoe fa:

«Guardatela tuttisignori e signore; prendetela; stringetela. Questa manoera la mano di un mascalzonema

adesso non più; è la mano di un uomo che ha cominciato una vita nuovaeche morirà piuttosto che tornare come prima.

Ricordate le mie parole... non dimenticate che le ho dette. Adesso è unamano pulita; stringetela... non dovete avere

paura».

Così l'hanno stretta tuttiuno dopo l'altroed erano tutti intorno a luie piangevano. La moglie del giudice l'ha

baciata. Poi il vecchio ha firmato un impegno - ci ha fatto sotto una croce.Il giudice ha detto che era il giorno più

benedetto che lui si ricordavao qualcosa del genere. Poi hanno sistemato ilvecchio in una bellissima camerache era

una camera vuotae a un certo punto della notte gli è venuta una sete damoriree ha scavalcato la finestra ed è sceso a

terra attraverso il tetto del porticoe ha scambiato la sua giacca nuova conun bottiglione di whisky - ed era un whisky

così forte che avrebbe ammazzato un toro - e poi è risalito dalla finestraa trincarselo; e verso l'alba è strisciato fuori di

nuovocompletamente in bambolaed è rotolato giù e si è rotto il bracciosinistro in due puntie quando qualcuno l'ha

tirato su dopo il sorgere del sole era quasi morto dal freddo. E quando sonoentrati nella camera l'hanno trovata in un

tale stato che avevano quasi bisogno di una barca per attraversarla. Ilgiudice c'è rimasto da cane. Ha detto che forse

quel vecchio si poteva riformarlo con una schioppettatae non c'era altromodo.

VI • Papà combatte conl'Angelo della Morte.10

Behmolto presto il vecchio era di nuovo in gambae allora è andato intribunale per far cacciare la grana al

giudice Thatchere anche per farmi smettere di andare a scuola. Un paio divolte mi ha acchiappato e me le ha datema

io ho continuato ad andare a scuola lo stessoe il più delle volte loevitavo o correvo più forte di lui. Io della scuola me

ne sbattevoma avevo deciso di andarci per fare dispetto a papà. La causain tribunale era una faccenda lungasembrava

che non cominciava maie così ogni tanto mi facevo prestare dal giudice dueo tre dollari da dare al vecchiogiusto per

evitare le botte. Tutte le volte che aveva qualche soldo si sbronzavaetutte le volte che si sbronzava faceva un gran

casino in tutta la cittàe tutte le volte che faceva casino lo ficcavano ingalera. Ma a lui quella manfrina andava bene -

era proprio la cosa che ci voleva per un tipo come lui.

Cominciò a gironzolare un po' troppo intorno alla casa della vedovae leialla fine gli disse che se non la

piantava avrebbe passato dei guai. Behlui si è pure arrabbiato. Ha dettoche avrebbe fatto vedere lui a chi apparteneva

Huck Finn. Per cui un giornoin primaverami ha fatto la postami ha presoe mi ha portato al fiumee siamo risaliti

per tre miglia in una barca e poi abbiamo fatto la traversata e siamosbarcati in un punto dell'Illinois dove non c'era

foresta e non c'erano case tranne una vecchia capanna di legno in un puntodove gli alberi erano così fitti che non

l'avresti trovato se non sapevi dov'era.

Mi stava vicino per tutto il tempoe così io non avevo nessuna possibilitàdi scappare. Vivevamo in quella

vecchia capannae di notte lui chiudeva sempre a chiave la porta e simetteva la chiave sotto il cuscino. Aveva un

fucileimmagino che l'aveva rubatoe noi andavamo a cacciare e a pescareevivevamo con quello. Ogni tanto mi

chiudeva dentro e scendeva all'emporiotre miglia più in giùaltraghettoa scambiare pesce e selvaggina con whiskye

se lo riportava a casa e si prendeva una sbronzae se la spassava un mondoe mi picchiava. Dopo un po' la vedova ha

scoperto dov'eroe ha mandato un tizio a provare a riprendermima papàl'ha fatto scappare minacciandolo con il fucile

e a poco a poco io mi sono abituato a stare in quel postoe mi piacevaabbastanzase non era per le legnate.

Me ne stavo lì tranquillo tutto il giornosenza fare un cavoloa fumare ea pescaree non avevo libri e compiti

da fare. Così sono passati due mesi e i miei vestiti sono diventati tuttilerci e sbrindellatie proprio non riuscivo a

immaginare come potevo aver trovato che era bello stare in casa della vedovadove mi dovevo lavaree mangiare sui

piattie pettinarmie andare a letto e alzarmi semp re alla stessa oraesbattermi sempre la testa su qualche libroe avere

sempre addosso Miss Watson a cavarmi il fiato. Io lì non ci volevo piùtornare. Avevo smesso di bestemmiareperché

alla vedova non piacevama ora ricominciaiperché papà non aveva nientein contrario. Tutto sommato lì nei boschi

non era male.

Ma poi papà ha preso a menare un po' troppoe io non ne potevo più. Erodiventato tutto blu dalle botte. E poi

ha cominciato ad andare via per un fracco di tempoe ogni volta mi chiudevaa chiave. Una volta sono stato rinchiuso

per tre giorni. È stato tremendo stare solo per tutto quel tempo. Magari eraannegato e io non avrei più potuto venir fuori

da lì. Avevo paurae decisi che dovevo trovare il modo di uscire. Moltealtre volte avevo cercato di uscire dalla

capannama non c'era niente da fare: le finestre erano così piccole che nonci sarebbe passato neanche un canedal

camino non si poteva venire fuori perché era troppo stretto e la porta erafatta di solide assi di quercia. Papà stava

attento a non lasciare coltelli o cose simili quando era via e io avevo unbel cercare in ogni angolo per tutta la casa -

cosa che facevo sempre quando ero soloperché era anche un modo per passareil tempo. Ma stavolta ho trovato infine

qualcosa: una vecchia sega arrugginita senza manicoinfilata fra una trave ele assi del tetto. L'ho ingrassata e mi sono

messo al lavoro. All'estremità della capannadietro il tavoloc'era unavecchia coperta da cavallo inchiodata al legno

per impedire al vento di entrare dalle fessure e spegnere la candela. Mi sonochinato sotto il tavolo e ho alzato la coperta

per segare via una parte di tronco che poteva bastare per passare. Behèstata lungama stavo per finire quando ho

sentito nei boschi il fucile di papà. Ho tolto di mezzo le tracce di quelloche avevo fatto e ho rimesso a posto la coperta.

Poi ho nascosto la sega e subito dopo è entrato lui.

Era come al suo solitocioè di luna storta. Ha detto che veniva dallacittà e tutto andava male. Il suo avvocato

diceva che secondo lui avrebbe vinto la causa e avrebbe avuto i soldimac'erano anche dei modi per ottenere dei rinvii

e il giudice Thatcher li conosceva bene. E poi tutti dicevano che ci sarebbestata un'altra causa per togliermi a lui e

darmi alla vedovache sarebbe stata la mia tutricee questa volta eranosicuri che la vedova vinceva. Questo non mi è

piaciuto per nienteperché io dalla vedova dovevo stare tutto leccato erigido come un manico di scopa. Allora il

vecchio comincia a bestemmiaree maledice tutto e tutti quelli che glivengono in mentee poi li rimaledice tutti

un'altra volta per essere sicuro che non ha dimenticato nessunoe dopo diquesto fa un altro giro e finisce con una specie

di maledizione generale che comprende un casino di persone di cui non saneanche il nomee quando parla di loro dice

quel-tale-come-si-chiamaper cui può continuare a imprecare e a bestemmiaresenza interrompersi.

Ha detto che gli sarebbe proprio piaciuto vedere questa vedova che cerca diriprendermi. Avrebbe tenuto gli

occhi apertie se facevano tanto di provarcilo conosceva ben lui un postoa sei o sette miglia da lìdove mi avrebbe

ficcato dentroe lì potevano cercare e cercarenon mi avrebbero trovatopiù. Questa cosa non mi ha lasciato molto

tranquilloma solo per pocoperché io mica me ne sarei stato lì a farmibeccare da lui.

Allora il vecchio mi fa andare alla barca a prendere tutte le cose che avevaportato. C'era una sacco da

cinquanta libbre di farina giallaun pezzo di pancettamunizioniunbarilotto di whisky da quattro galloni e un vecchio

libro e due giornali da usare come stoppaoltre a un po' di corda. Porto unprimo carico e poi ritorno e mi siedo sulla

prua della barca a riposare. Mi metto a pensaree decido di scappare con ilfucile e qualche lenza e di andare a

nascondermi nei boschi. Pensavo di non fermarmi in un posto ma di viaggiareper tutto il paesein genere di nottee di.11

procurarmi da mangiare cacciando e pescandoe in questo modo arrivare cosìlontano che non mi potevano più trovare

né il vecchio né la vedova. Quella notte potevo finire di segare se papàsi ubriacava tanto da non accorgersenee io

pensavo proprio che voleva farlo. Ero tanto fisso a quell'idea che il vecchiomi ha tirato un urloe mi ha domandato se

dormivo o ero annegato.

Ho portato su tutto alla capannache ormai si era fatto buio. Mentre preparola cena il vecchio attacca con un

paio di sorsate per tirarsi sue ricomincia la sua solfa. In città si erapreso una sbronza coi fiocchi ed era rimasto steso in

un fosso per tutta la notte. Bisognava vederlo: era così infangato chesembrava Adamo appena fatto da Dio. Quando la

bevuta cominciava a fare effetto quasi sempre se la prendeva col governo.Questa volta fa:

«Che razza di governoquesto! Guarda che roba questa legge che permette diportare via il figlio a un uomo - il

figlio che lui ha tirato su sputando sangue e che gli è costato tanti soldi.Sìe proprio quando il figlio è grande e può

cominciare a lavorare e a fare qualcosa per luiche così può riposare unpo'salta fuori la legge e si mette contro di lui.

Bel governoquesto! E poi non è finita. La legge protegge anche il giudiceThatchere gli permette di tenersi quello che

è roba mia. Ecco cosa fa la legge! La legge ruba a un uomo più di seimiladollari e lo sbatte in una vecchia catapecchia

come questae lo obbliga ad andare in giro con vestiti che non andrebberobene neanche per un maiale. E lo chiamano

governoquesto! Un governo che non riconosce a un uomo i suoi diritti!Qualche volta mi viene la voglia di piantare

questo paese e di non tornare più. Ahma io ce l'ho detto a quelli lì. Cel'ho detto sul grugnoal giudice Thatcher. Mi

hanno sentito in tantiche ce l'ho detto. Ci ho detto«se mi danno duecentesimi me ne vado da questo maledetto paese

e non ci torno più». Proprio così ci ho detto. Ci ho detto«guardate ilmio cappello - se si può chiamarlo un cappello

col cocuzzolo sollevato e il resto che mi cade giù fino al collo -non èpiù un cappelloè un tubo di stufae io ci ho

cacciato dentro la testa». Guardadico iose devo portare un cappello comequesto... io che sono uno degli uomini più

ricchi della cittàse solo potessi avere quello che mi spetta.

«Ohsìche governo splendido! Ma adesso senti questa. C'era un negroliberolì nell'Ohioun mulattobianco

quasi come noi. Questo negro ha la camicia bianca che più bianca non l'homai vistae un cappello che brillava tuttoe

in città non c'era nessuno che aveva vestiti belli come quelli che avevalui; e ci aveva un orologio e una catena d'oroe

un bastone col manico d'argento - un vecchio nababbo con la testa grigia cheera il più schifoso di tutto lo stato. Behsai

che dicevano di questo tipo? Dicevano che era professore all'università eche sapeva parlare in tutte le lingue e che

sapeva tutto. Ma non è mica finita. Dicevano che poteva anche votareal suo paese. Behmi sono cascate le braccia.

Dove andremo a finire?dico io. Era giorno di elezioni e io volevo quasiandare a votarese non ero troppo ubriaco per

arrivare fino a lì; ma quando mi hanno detto che in questo paese c'era unostato dove un negro può votareho lasciato

perdere. Ci ho detto che non avrei votato mai più. Proprio così ci hodettomi hanno sentito tutti. E se è per meil paese

può andare in malora... io non voterò più finché campo. E dovevi vederloche maniere aveva quel negro! Mica mi

voleva lasciare stradae per passare ho dovuto dargli uno spintone. Iochiedo alla gente«ma questo negro perché non lo

prendono e non lo mettono in vendita?... è questo che voglio sapere». E saiche mi hanno risposto? Behhanno detto che

potevano metterlo in vendita solo quando era nello stato da più di sei mesie lui c'era da meno. Benequesto è solo un

esempio. Bel governoquello che non può vendere un negro libero se non ènello stato da almeno sei mesi. Abbiamo un

governo che si fa chiamare governoche pretende di essere un governoche èconvinto di essere un governoe che se ne

sta con le mani in mano per sei mesi prima di prendere un negro maledettovagabondo e ladrolibero e con la camicia

biancae...».

Papà è così imbufalito che non sta attento dove lo portano le sue gambe dipappamollae va a sbattere contro la

tinozza del maiale salato e finisce a gambe all'ariae si sbuccia glistinchi; per cui il suo discorso diventa ancora più

violento - sempre contro il negro e il governoperò un po' di maledizioniogni tantosono anche per la tinozza. Va in

giro saltellando per tutta la capannaprima su una gamba e poi sull'altraetenendosi prima uno stinco e poi l'altroe alla

fine tira indietro all'improvviso il piede sinistro e dà un calcione allatinozza. Ma non è una buona ideaperché era la

scarpa che aveva due dita di fuorie allora caccia un urlo da far rizzare icapelli in testae si rotola giù a terra in mezzo

allo sporcotenendosi le dita del piede; e le bestemmie che ha tirato finoad ora sono niente al confronto. Lo dirà anche

luidopo. Ai bei tempi aveva sentito come bestemmiava il vecchio SowberryHagane secondo lui lo aveva superato

anche se penso che magari in questo esagerava.

Dopo cena papà prende il barilottoe dice che lì c'è tanto whisky chebasta per due sbronze e un delirium

tremens. Quella era una frase che diceva spesso. Calcolo che fra circa un'orasarà completamente in bambolae allora

gli prenderò la chiave o finirò di segare il tronco - una delle due.Continua a bere e a beree dopo un po' ricade sulla

copertama non ho fortunaperché non dorme profondoed è inquieto. Permolto tempo mugola e borbottae agita le

braccia qua e là. Alla fine mi viene una cocca tale che non riesco a teneregli occhi apertie prima di accorgermene mi

addormento come un sassocon la candela ancora accesa.

Non so quanto tempo ho dormitoma di colpo c'è stato uno strillo tremendo eio mi sono alzato di scatto. Papà

era in piedi e saltava qua e là con una faccia da invasatoe urlava chec'erano dei serpenti. Diceva che gli salivano sulle

gambe; poi fa un balzo e un altro strillo e dice che uno gli ha morsicato laguancia - ma io serpenti non ne vedo.

Comincia a girare tutto intorno per la capanna ululando «tiramelo via!tiramelo via! mi morde il collo!». Non ho mai

visto un uomo con gli occhi così spiritati. Quasi subito non ce la fa piùe cade giù ansimando; poi si rotola diverse

voltevelocissimosbattendo da ogni parte contro le cose e agitando le maniin ariastrillandoe dicendo che lo hanno

preso i diavoli. Ma non riesce a reggersi in piedie rimane sdraiato a terramugolando. Poi diventa ancora più tranquillo

e resta completamente muto. Ma io nei boschi sentivo le civette e i lupiecontinuavo ad avere una strizza del diavolo.

Allora si solleva un po' e ascolta con la testa piegata da una parte. Dice avoce molto bassa:.12

«I passi... i passi; sono i mo rti; i passi... i passi; vengono a prendermi;ma io non voglio andare... Ohsono

arrivati! Non toccatemi! no! giù le mani!... Sono freddi; molla!... Lasciatestare un povero diavolo!».

È caduto ginocchioni e ha cominciato a strisciare per terra pregandoli dilasciarlo stare; poi si è avvolto nella

sua coperta ed è rotolato sotto il vecchio tavolo di pinosempre pregando;e subito dopo si è messo a piangere. Lo

sentivo sotto la coperta.

Ma a poco a poco è rotolato fuori ed è scattato in piedi con la facciasconvoltae quando mi ha visto si è

scagliato contro di me. Mi ha inseguito per tutta la capanna con un coltelloa serramanico chiamandomi l'Angelo della

Morte e dicendo che mi avrebbe ammazzatoe così io non l'avrei piùtormentato. Io ho pregatoe gli ho detto che ero

Huckma lui si è messo a ridere - una sghignazzata stridula da far venire ibrividi - e a ruggire e a imprecaree

continuava a inseguirmi. Una volta mi arriva così vicino che devo abbassarela testa per evitare il braccioma lui riesce

ad afferrarmi per la giacca in mezzo alle spallee io penso che per me èfinitae subitosvelto come il fulmine scivolo

fuori dalla giacca e mi salvo. Dopo un po' non ce la fa più e si lasciaandare a terra con la schiena appoggiata all'uscioe

dice che si riposa un momento e poi mi uccide. Si sdraia sul coltello e diceche dorme un po' per riprendere le forzee

poi mi farà vedere lui.

Non passa molto tempo che si addormentae allora io prendo la vecchia sediacol fondo di vimini e ci monto

su più piano che possoper non fare rumoree tiro giù il fucile. Provocon la bacchetta dentro la canna per essere sicuro

che è caricoe poi lo appoggio sul barile delle raperivolto contro papàe mi metto dietro ad aspettare che lui si muove.

Il tempo non passava mai.

VII • Frego papà e scappo

«Tirati su! Che diavolo stai facendo?».

Apro gli occhi e mi guardo in girocercando di capire dove sono. Il sole ègià alto e io avevo dormito sodo.

Papà è in piedi proprio sopra di memi guarda storto e ha la faccia di unoche sta male. Dice:

«Che fai con questo fucile?».

Vedo che non si ricorda un cavolo e gli dico:

«Qualcuno ha cercato di entrare e io facevo la guardia».

«Perché non mi hai svegliato?»

«Ci ho provato ma non ci sono riuscito. Non riuscivo a smuoverti».

«Va benema adesso non stare li a fare flanella tutto il giornoe va'fuori a vedere se c'è qualche pesce alle

lenze per la colazione. Io vengo subito».

Apre la porta e io filo viaalla sponda del fiume. Noto alcuni pezzi di ramie altre cose del genere che

galleggiano sull'acquae anche delle corteccee capisco che il fiume hacominciato a ingrossarsi. Capisco che se adesso

fossi in città per me sarebbe una pacchia. Con la piena di giugno ho sempreavuto fortunaperché non appena comincia

arrivano giù cataste di legna e zattere di tronchi legati - qualche voltaanche dodici tronchi tutti insiemee non c'è che

prenderli e venderli al magazzino di legname e alla segheria. Io risalgol'argine con un occhio attento all'arrivo di papà e

l'altro a quello che può portare la piena. Behvedo subito una canoa chesta scendendouna vera bellezzalunga tredici

o quattordici piedie va che è una meraviglia. Mi tuffo a testa in giùdall'argine come una ranatutto vestitoe arrivo

alla canoa. Avevo il sospetto che ci poteva essere dentro qualcuno nascostoperché spesso si fanno questi scherzi ai

fessie quando questi si sono tirati su e sono già mezzo dentro la barcaquello che è dentro salta su a ridere e a sfotterlo.

Ma questa volta non era cosìera proprio una canoa alla derivae io cisalto dentro e remo fino a riva. Mi dicoil

vecchio sarà contento quando la vede - deve valere una decina di dollari. Maquando scendo a terra papà non si vede

ancorae mentre la porto in una piccola insenatura che sembra un fossatonascosta da rami di salice e rampicantimi

viene un'altra idea; penso che la nasconderò bene e poi quando scapperòinvece di andare nei boschi scenderò lungo il

fiume per circa cinquanta miglia e mi accamperò in un solo postosenzadovermi sbattere a camminare per ore e ore.

Il nascondiglio è abbastanza vicino alla nostra catapecchiae per tuttoquel tempo mi è sembrato di sentire i

passi del vecchioma ho fatto in tempo a nasconderla; allora sono uscitodalla barca e ho visto il vecchio dietro un

gruppo di salici che veniva lungo il sentierocol fucile puntato a unuccello. Dunque non aveva visto un tubo.

Quando mi arriva vicino sono impegnato a tirare su una lenza. Lui protesta unpo' perché sono una lumacama

io gli dico che sono caduto in acquaed è per questo che ho fatto tardi.Sapevo che avrebbe visto che ero tutto bagnato

e allora mi avrebbe fatto delle domande. Abbiamo preso dalle lenze cinquepesci gatto e siamo tornati a casa.

Dopo colazionementre siamo sdraiati per un pisolinoperché tutti e dueeravamo stanchi assai per la nottata

mi viene da pensare che se riesco a trovare il modo che papà e la vedova nonmi seguonoè meglio che cercare di

allontanarmi più che posso prima che si accorgono che sono sparitoperchécosì chissà mai che cosa mi può capitare.

Behper un po' non ho trovato nientema poi papà si alza un momento perandare a bere un altro barile d'acqua e fa:

«Un'altra volta che viene uno a gironzolare da queste parti svegliamicapito? Quello lì era venuto in cerca di

rogne. E io ci sparo. La prossima volta svegliamicapito?».

Poi si rimette giù e si riaddormenta un'altra volta; ma quello che mi hadetto mi dà l'idea che cercavoe io mi

dicoadesso sistemo tuttoche nessuno penserà a seguirmi.

Verso le dodici siamo usciti e siamo andati lungo l'argine. Il fiume stavasalendo velocementee la piena.13

trasportava una caterva di roba. Dopo un po' vediamo arrivare una zattera ditronchi - ce n'erano nove legati insieme.

Usciamo con la barca e la riportiamo a riva. Poi pranziamo. Chiunque nonfosse papà sarebbe rimasto in osservazione

per tutto il giorno per vedere di prendere dell'altra robama non era nelleabitudini di papà. Lui si accontentava di nove

tronchie doveva portarli subito in città per andarli a vendere. Allora michiude dentro a chiave e verso le tre e mezza

parte con la barca e la zattera al traino. Io aspetto fino a quando penso cheormai è a una buona distanzae poi tiro fuori

la sega e ricomincio a lavorare al tronco. Prima che lui è dall'altra partedel fiume io riesco a uscire dal buco; la barca e

la zattera erano un puntino lontanissimo sull'acqua.

Prendo il sacco di farina gialla e lo porto fino al nascondiglio della canoae sposto i rami e i rampicanti per

mettercelo dentro; poi faccio lo stesso con il pezzo di pancetta; poi con ilbarilotto di whisky; prendo tutto il caffè e lo

zucchero che c'erae tutte le munizioni; prendo la stoppa; prendo il secchioe la zuccaprendo un mestolo e una tazza di

lattae la mia vecchia sega e due copertee la padella e la caffettiera.Prendo le lenze e i fiammiferi e altre cose - tutto

quello che ha un minimo valore. Faccio piazza pulita. Avevo bisogno diun'asciama non ce n'era nessunasolo quella

che era fuori sulla catasta della legnama quella sapevo che dovevolasciarla lì. Tiro fuori il fucile e sono pronto.

Avevo formato una buca sul terreno strisciando un fracco di volte dentro efuori dall'apertura che avevo fatto

nel troncoe trascinando tutte quelle coseper cui la sistemo meglio cheposso dall'esternobuttandoci sopra della terra

che così copre la buca nel terreno e la segatura. Poi rimetto a posto ilpezzo di tronco che avevo segato e ci ficco sotto

due sassie un altro di sostegno per tenerlo fermoperché in quel puntos'era formato un tale avvallamento che ormai il

tronco non arrivava più fino in fondo. Ma se stavi a una distanza di quattroo cinque piedi e non sapevi che era segato

mica te ne accorgevi; e poi quella era la parte dietro alla capanna ed eradifficile che qualcuno passava di lì.

Non c'era erba per arrivare da lì alla canoae quindi non avevo lasciatotracce. Faccio un giro per controllare.

Vado sulla sponda a guardare al di là del fiume. Tutto tranquillo. Alloraprendo il fucile e vado dentro al bosco per un

bel tratto a cercare qualche uccello da cacciarequando vedo un maialeselvatico: i maiali si inselvatichiscono

facilmente in quelle zone dopo che sono scappati dalle fattorie dellaprateria. Lo stendo con una fucilata e lo porto al

campo.

Prendo l'ascia e abbatto la portae per farlo la rovino e la sfascio piùche posso. Tiro dentro il maiale e lo porto

fino quasi al tavoloe poi gli squarcio la gola con l'ascia e lo metto giùa terra a sanguinare - e ho detto "a terra" perché

era proprio terraterra pressatasenza tavolato. Dopo prendo un vecchio sacco e ci metto dentromolte grosse pietre -

tutte quelle che riuscivo a trascinare - e partendo da dove c'è il maiale lotrascino fuori dall'uscio attraverso il bosco giù

fino al fiume e ce lo butto dentro; va a fondo che non si vede più niente.Così è facile capire che qualcosa è stato

trascinato sul terreno. Come vorrei che ci fosse Tom Sawyersono sicuro chequesta cosa gli piacerebbe un fraccoe

che ci metterebbe un tocco di fantasia. Nessuno è in gamba come Tom Sawyerin faccende come questa.

Alla fine mi tiro via un po' di capelli e sporco ben bene l'ascia di sangue;appiccico i capelli sul dorso della

lama e la butto in un angolo. Poi prendo il maiale e tenendomelo stretto alpetto avvolto nella giacca (così non gocciola)

mi allontano un bel po' dalla casa e lo butto nel fiume. Allora mi viene inmente un'altra cosa. Vado a prendere dalla

canoa il sacco di farina e la mia vecchia sega e li riporto a casa. Rimettoil sacco dov'era prima e ci faccio un buco in

fondo con la sega - perché non c'erano coltelli o forchette in quel posto epapà preparava tutto quello che c'era da

cucinare con il coltello a serramanico. Poi trasporto il sacco per circacento iarde sull'erba e al di là dei salici a est della

casa fino a un laghetto che era largo cinque miglia ed era pieno di giunchie anche di anatrenaturalmente quando era la

stagione delle anatre. Dall'altra parte c'era un canale o un fossatello cheandava avanti per miglia e miglianon so fino a

dove ma certamente non rientrava nel fiume. La farina che usciva dal saccoaveva lasciato una piccola traccia fino alla

riva del laghetto. Lì lascio a terra la pietra che papà usava per affilarecome se era caduta per caso. Poi chiudo con uno

spago il sacco della farina per non farlo perdere piùe lo riporto sullacanoa con la sega.

Ormai era buioper cui sono sceso con la canoa lungo il fiume fino a deisalici che sporgevano dall'arginein

attesa che si levava la luna. Ho legato la canoa a un salice; allora homangiato un bocconepoi mi sono sdraiato sul

fondo a fare una pipata e a preparare il piano. Penso che seguiranno latraccia del sacco di pietre fino alla sponda e poi

dragheranno il fiume per cercarmi. Poi seguiranno la traccia della farinafino al laghetto e faranno ricerche lungo il

canale che esce da lì per prendere i banditi che mi hanno ammazzato e chehanno preso la roba. Nel fiume non

cercheranno altro che il mio cadaverema presto si stancheranno e non glienefregherà più un cavolo di me. Bene; così

posso fermarmi dove mi pare. L'Isola di Jackson è quello che ci vuole; laconosco piuttosto bene e non ci va mai

nessuno. Così con la canoa posso andare fino alla cittàdi nottee senzafarmi vedere prendere quello che mi serve.

L'Isola di Jackson è proprio quello che fa per me.

Sono piuttosto stancoe mi addormento quasi senza accorgermene. Quando misveglioper un momento non

capisco dove sono. Mi siedo e mi guardo in giroe mi viene un po' di paura.Poi ricordo. Il fiume sembrava largo miglia

e migliae la luna era così lucente che avrei potuto contare i tronchi chepassavano trasportati dalla correntescuri e

quietia centinaia di iarde dalla riva. C'era un silenzio di tombaesembrava molto tardiio sentivo anaso che era tardi

se capite quello che voglio dire... con le parole non ci riesco.

Faccio un bello sbadiglio e mi stiracchio ben benee sto per slegare lacanoa per partire quando sento un

rumore distantesull'acqua. Mi metto ad ascoltaree poco dopo riesco adistinguerlo. Era il suono sordo e regolare dei

remi negli scalmi quando è ancora notte. Sbircio attraverso i rami deisalicied ecco che vedo... è un barca lontanain

mezzo all'acqua. Non so dire quantisono su. Continua a venire avanti equando è alla mia altezza vedo che sopra c'è

solo un uomo.

Pensomagari è papàanche se non me lo aspettavo. Per la corrente finisceun po' a valle rispetto a dove sto io.14

ma poi risale lungo la sponda dove l'acqua è calmae mi arriva così vicinoche se stendo il fucile posso toccarlo. Beh

era proprio papàsicuro... e non aveva neanche bevuto a giudicare da comestava ai remi.

Non ho perso tempo. Un attimo dopo me la stavo filando all'ombra dell'argineseguendo la correnteche era

silenziosa ma veloce. Ho fatto due miglia e mezzoe poi ho deviato un quartodi miglio o poco più verso il centro del

fiumeperché presto sarei passato davanti allo sbarco del traghetto e lagente poteva vedermi e chiamarmi. Mi sono

spostato al largo in mezzo alla legna trascinata dalla corrente; allora misono tirato giù sul fondo della canoa e mi sono

lasciato trasportare. Sono rimasto lì a farmi un bel riposino e una pipatae a guardare il cielo che non aveva neppure una

nuvola. Il cielo ti sembra così profondo quando lo guardi stando sdraiatosulla schiena alla luce della luna; io non me

n'ero mai accorto. E come si sentono bene i suoni stando sull'acqua nellenotti come quella! Io ho sentito la gente che

parlava allo sbarco del traghetto. E capivo anche quello che dicevanoparolaper parola. Un uomo ha detto che ormai

andavamo verso le giornate lunghe e le notti brevi. L'altro ha detto che quellanotte lì non era breve perniente - e si

sono messi a rideree allora lui l'ha ripetuto e hanno riso un'altra volta.Poi hanno svegliato un altro e gliel'hanno

ripetuta anche a luima lui non si è messo mica a rideree ci ha detto aloro qualcosa che si capiva che era molto

scocciato e ci ha detto di lasciarlo in pace. Il primo ha detto che l'avrebbecontata su alla sua vecchia - che anche lei

l'avrebbe trovata buona -ma l'altro gli ha detto che quella non era un granche rispetto ad altre sue battute di quando era

giovane. Ho sentito un uomo dire che erano quasi le tre; speriamodicevache per l'alba non ci vuole una settimana. Poi

le chiacchiere sono continuate sempre più lontane e io non riuscivo più acapire quello che dicevanoe mi arrivava solo

un brusioe ogni tanto anche una risatama sembrava a grande distanza.

Ormai ero al di là del traghetto. Mi sono alzatoed ecco l'Isola di Jacksona circa due miglia e mezzo a valle

con grossi alberiben visibile in mezzo al fiumegrandescura e solidacome un battello che viaggia a luci spente. Non

c'era segno del banco di sabbia che c'era davanti alla punta - adesso eratutto sott'acqua.

Non ci ho messo tanto ad arrivarci. Sono passato al di là della punta allavelocità del fulmineperché lì la

corrente è fortissimae poi sono entrato dove l'acqua era calma e sonosbarcato dalla parte che dà sulla sponda

dell'Illinois. Ho spinto la canoa in una profonda cala della riva checonoscevo; per entrare ho dovuto spostare i rami dei

salicie l'ho legatae nessuno avrebbe potuto vederla stando fuori.

Ho risalito l'isola fino alla punta e mi sono seduto su un cioccoa guardareil grande fiume e tutti i tronchi neri

che passavanoe al di làverso la città a tre miglia di distanzadovebrillavano tre o quattro luci. A montea circa un

miglioc'era una zattera di legno spaventosamente grande con su unalanternae stava scendendo. L'ho seguita mentre

scendevae quando è stata quasi all'altezza dove stavo ioho sentito unuomo che diceva: «Forzaadesso ai remi!

Poggiate a dritta!». Ho sentito l'uomo proprio come se era accanto a me.

Ora il cielo cominciava ad essere grigio; io sono entrato nel bosco e mi sonomesso giù a dormire un po' prima

di colazione.

VIII • Salvo Jim il negrodi Miss Watson

Quando mi sono svegliatoil sole era così alto che ho calcolato che potevaessere più delle otto. Sono rimasto

disteso sull'erba in quella bella ombra frescapensando alle cose miee misentivo riposato e soddisfatto. Attraverso due

o tre buchi fra le foglie vedevo il solema in genere ci avevo dei grossialberi tutto in giroe lì sotto era buio assai. Ogni

tanto a terra c'era qualche punto di luce dove il sole riusciva a passareela luce si muoveva perché ci doveva essere un

po' d'aria lì fuori. Su un ramo si erano posati un paio di scoiattolichemi borbottavano qualcosa molto amichevolmente.

Stavo così bene che non avevo voglia di muovermineanche di alzarmi e dipreparare la colazione. Mi stava

venendo la cocca quando ho sentito il suono profondo di una cannonata lontanaa monte del fiume. Mi sollevo su un

gomito e mi metto ad ascoltare. Subito dopo lo sento un'altra volta. Mi levoe vado a guardare dove c'è un buco tra le

foglie e vedo uno sbuffo di fumo sull'acqua parecchio più sucircaall'altezza del traghetto. Era il battello che scendeva

in giù. Allora capisco. «Bum!»e vedo il bianco del fumo venir fuori dalfianco della nave. Stavano sparando il cannone

per fare venire a galla il mio cadavere. Avevo un bel po' di famema non erauna cosa sana per me accendere il fuoco

perché potevano vedere il fumo. Così sono rimasto lì seduto a guardare ilfumo e a sentire le cannonate. In quel punto il

fiume è largo un miglioe nelle mattine d'estate è fantasticoper cui mela godevo a star lì a vederli che cercavano i miei

restiche se avessi avuto anche qualcosa da mettere sotto i denti sarebbestato il massimo. Poi mi viene di pensare che

mettono sempre argento vivo nelle pagnotte e poi le buttano in acquachecosì vanno diritto ai cadaveri degli annegati e

lì si fermano. Per cui decido di stare in osservazionee se me ne passa unaa tiro li frego io per bene. Vado dall'altra

parte dell'isolasul lato dell'Illinoisper vedere se ho fortunae nonresto deluso. Vedo arrivare una pagnotta doppiae

riesco quasi a pigliarla con un bastone lungoma mi scivola il piede equella va più lontano. Naturalmente ero dove

passa la corrente più vicino alla sponda - sapevo bene che era lì chepotevo vederle. Subito dopo ne è passata un'altrae

questa volta ce la faccio. Allora tolgo il tampone e scuoto fuori quellepoche gocce di argento vivo che c'erano dentroe

ci do un morso. Era "pane bianco" - quello che mangiano i signori -non quella porcheria con la farina gialla che

mandiamo giù noi.

Mi trovo un buon posto tra le foglie e mi siedo su un troncomasticando ilpane e guardando il battellomolto

soddisfatto. E allora mi viene in mente una cosa. Che magari la vedovao ilparroco o qualcun altroha detto una

preghiera che quella pagnotta mi trovassee lei mi ha trovato. Per cuisuccede davvero qualcosa quando si mette a.15

pregare qualcuno come la vedova o il parrocoma se prego io non funzionaperché penso che funziona solo quando

quello che prega è il tipo giusto.

Ho acceso la pipa e mi sono fatto una bella fumata mentre continuavo aosservare. Il battello seguiva la

correntee dunque io penso che quando mi arriva all'altezza dell'isola ho lapossibilità di vedere chi ci sta a bordo

perché passerà dove è passata la pagnotta. Quando è proprio vicino a meio smorzo la pipa e vado a vedere nel posto

dove ho tirato su la pagnottae mi stendo dietro un tronco sulla spondainun punto un po' aperto. Posso sbirciare fuori

dove il tronco fa una forcella con un ramo.

Subito dopo è arrivato il battello e si è avvicinato così tanto chepotevano mettere giù una passerella e sbarcare.

A bordo c'erano quasi tutti. Papàil giudice ThatcherBessie ThatcherJoeHarperTom Sawyerla sua vecchia zia

PollySidMary e un mucchio di altra gente. Parlavano tutti del delittomail capitano dice:

«Adesso guardate bene; la corrente si avvicina molto quiper cui magari èfinito a riva e si è impigliato fra i

rami al bordo dell'acqua. Almeno così spero».

Io invece speravo di no. Si sono tutti affacciati alla muratache mi eranoquasi addossoe se ne stavano in

silenzio a guardare fissi. Io li vedevo benissimoma loro non mi vedevano.Poi il capitano urla: «Tiratevi indietro!»e il

cannone spara un colpo così forte proprio davanti a me che mi è sembrato didiventare sordo e quasi cieco per il fumoe

mi pareva di essere morto. Se nel cannone ci mettevano anche delle palleavevano il cadavere che cercavano. Beh

grazie al cielo ho visto che ero ancora vivo. Il battello ha continuato ed èsparito dietro l'isola. Di tanto in tanto sentivo i

botti sempre più lontanie poi dopo un'ora non li ho sentiti più. L'isolaera lunga tre miglia. Ho calcolato che erano

giunti alla punta giù in basso e che forse avevano lasciato perdere. Einvece sono andati avanti ancora un po'. Arrivati

alla punta hanno girato e sono risaliti a vapore dal lato del Missourimollando un colpo ogni tanto durante il percorso.

Io sono andato a guardarli dall'altra parte. Giunti alla punta dove ero iohanno piantato lì di sparare e si sono diretti alla

riva del Missouriper tornare in città.

Adesso capivo che ero al sicuroe che non sarebbe venuto nessun altro adarmi la caccia. Allora ho tirato fuori

dalla canoa le mie carabattole e mi sono fatto un campo coi fiocchi in mezzoai boschi. Con le coperte ho fatto una

specie di tenda per metterci sotto la robacosì non si bagnava con lapioggia. Ho preso un pesce gatto e l'ho aperto con

la segae verso il tramonto ho acceso il fuoco e ho cenato. Poi ho messo lalenza per prendere dei pesci per colazione.

Quando è venuto il buio mi sono seduto vicino al fuoco del campo a fumaremolto soddisfatto; ma dopo un po'

ho cominciato a sentirmi soloper cui sono andato a sedermi sulla riva adascoltare il rumore dell'acqua e a contare le

stelle e i tronchi trasportati dalla correntee poi sono andato a letto; nonc'è modo migliore per passare il tempo quando

ti senti soloche così non ci pensi più.

È andata avanti in questa maniera per tre giorni e tre notti. Niente didiversosempre lo stesso. Ma il giorno

appresso sono andato a fare un giro di esplorazione per l'isola. Io lì eroil padrone; era tutta miaper così diree volevo

sapere come era fattama soprattutto volevo trovare il modo di far passareil tempo. Ho trovato un mucchio di fragole

belle e maturee uva selvatica ancora verdee lamponi verdie delle moreverdi che cominciavano a spuntare proprio

allora. Ho calcolato che fra poco erano mature.

Behho continuato a girare nel folto del bosco finché ho pensato che potevoessere arrivato all'altra punta.

Avevo con me il fucile ma fino ad allora non avevo sparato un solo colpo;l'avevo portato per difendermima pensavo

di prendere un po' di selvaggina più vicino all'accampamento. Stavolta vadoquasi a camminare su un serpente

abbastanza grossoche scappa attraverso l'erba e i fiorie io dietro acercare di tirargli un colpo di fucile. Continuo per

un po' e all'improvviso mi trovo fra la cenere di un bivacco che fumavaancoraSono rimasto senza fiato e col cuore in

gola. Non mi sono fermato a guardare neanche per un attimoma ho abbassatoil fucile e sono tornato indietro in punta

di piedi più svelto che potevo. Ogni tanto mi fermavo per un secondofra lefoglie fittee ascoltavoma il respiro mi era

diventato come un mantice e non sentivo niente altro. Facevo un altropezzetto e mi fermavo di nuovo ad ascoltare; e

così per un po'. Se vedevo un ceppo lo scamb iavo per un uomo; se camminavosu uno stecco che si spezzavami pareva

che il respiro mi mancavae mi sembrava che m'era rimasto un polmone soloeanche quello funzionava male.

Quando arrivo al mio campomi sento a pezzi e con addosso una grantremarellama mi dico che non è il

momento di perdere tempo in giro. Dunque rimetto di nuovo tutte le miecarabattole nella canoa per farle spariree

spengo il fuoco e spargo tutto in giro la cenereche così sembra un bivaccodell'anno scorsoe poi mi arrampico su un

albero. Sull'albero ci sarò stato due ore; non ho visto niente e non honeanche sentito niente - però pensodi avere sentito

e visto diecimila cose. Behlì sopra mica ci potevo stare in eterno; cosìalla fine scendoma rimango dove il bosco è più

profondoe sto sempre in guardia. Non riesco a mangiare altro che dellebacche e i resti della colazione.

Quando arriva la notte ho una fame bluper cui quando il buio è fitto vadoalla canoa e traverso fino alla

sponda dell'Illinoisa circa un quarto di miglio. Vado nei boschi e mipreparo la cenae avevo quasi deciso che mi

fermavo lì per tutta la notte quando sento to-tocto-tocto-toce mi dicoeccoche arrivano dei cavalli; e poi sento voci

di gente. Rimetto tutto nella canoa più svelto che possoe torno pianopiano nel bosco per vedere chi è. Non avevo fatto

molta strada che sento la voce di un uomo che dice:

«È meglio che ci accampiamo qui se troviamo un posto che va bene; i cavallinon ce la fanno più. Guardiamo

in giro».

Non aspettoma schizzo indietro e via con la canoa. Torno al posto di primae la legoe penso che ci dormirò

dentro.

Ma non ho dormito bene. Non potevo perché mi venivano dei pensieri. E tuttele volte che mi svegliavomi

sembrava che c'era qualcuno che mi acchiappava per il collo. Quando ho finitodi dormire mi sento più stanco di prima.16

e allora mi dico che non posso vivere in quella maniera; voglio scoprire chic'è nell'isola con meo la va o la spacca.

Così mi sento subito meglio.

Do qualche colpo di pagaia e mi allontano dalla sponda di un paio di passielascio andare la canoa alla

correntein mezzo alle ombre. C'era la lunae dove non c'era l'ombra laluce era così forte che sembrava quasi giorno.

Vado avanti per quasi un'orae tutto era tranquillo e fermo come uncimitero. Ero quasi sceso fino alla punta bassa

dell'isola. Si leva una brezza fresca e leggerae a questo punto la notte inpratica è finita. Ci do dentro con la pagaia e

riporto a riva la canoa; poi prendo il fucile e scendo al margine del bosco.Mi siedo su un tronco e guardo fra le foglie.

Quando scompare la lunasul fiume si posa come una grande coperta scuramapoco dopo vedo una striscia pallida

sulle cime degli alberie capisco che sta arrivando il giorno. Prendo dunqueil fucile e scivolo nella direzione del

bivacco che avevo trovatofermandomi ad ascoltare ogni uno o due minuti. Manon ho fortuna e non mi riesce di

ritrovare il posto. Però dopo un po' scorgo il bagliore di un fuoco inlontananza attraverso gli alberi. Mi avvicino piano

pianocon grande attenzione. Poco dopo sono abbastanza vicino da dareun'occhiatae c'è un uomo disteso per terra.

Dal colpo quasi mi va insieme la vista. Aveva una coperta intorno alla testae la testa era vicinissima al fuoco. Mi metto

lì in una macchia di cespugli a circa sei piedi da luie non gli tolgo gliocchi di dosso neanche per un istante. Ormai era

spuntato il grigio dell'alba. Subito dopo lui sbadiglia e sbatte via lacopertaed era Jim di Miss Watson! Sono stato

felice di vederlo. Gli faccio:

«CiaoJim!»e schizzo fuori.

Lui fa uno zompo e mi guarda con gli occhi sbarrati. Poi piomba giù inginocchioe congiunge le mani e dice:

«Non fatemi male... vi prego! Non ho mai fatto male a un fantasma. A me imorti mi sono sempre piaciutie

per loro ho fatto tutto quello che potevo. Tornate nel fiumedove c'è ilvostro regnoe non fate niente al vecchio Jim

che a voi vi è sempre stato amico».

Behce ne ho messo per fargli capire che non ero un fantasma. Ero cosìcontento di vedere Jim! Adesso non

ero più solo. Gli ho detto che non avevo paura che lui andasse a raccontarealla gente dov'ero. Io parlavo e parlavoma

lui stava lì fermo a guardarmi; non apriva bocca. Poi io dico:

«Adesso è proprio giorno. Prepariamo la colazione. Accendi il fuoco».

«A che serve accendere il fuoco per le fragole e altra robaccia del genere?Ma voi avete un fucileno? E allora

possiamo trovare qualcosa di meglio delle fragole».

«Fragole e altra robaccia?»faccio io. «È questo che mangi?»

«Non riesco a trovare niente altro»fa lui.

«Ma da quanto tempo sei nell'isolaJim?»

«Sono arrivato qui la notte dopo che vi hanno accoppato».

«Tutto questo tempo?»

«Sìproprio».

«E non avevi altro da mangiare?»

«Nosignoreniente altro».

«Behsarai mezzo mo rto di fame allorano?»

«Mangerei un cavallo. Proprio cosìun cavallo. Voi da quanto statesull'isola?»

«Dalla notte che mi hanno fatto fuori».

«Davvero? Ma come avete fatto a vivere? Magiàvoi avete un fucile. Moltobene. Ora voi prendete qualcosa

e io preparo il fuoco».

Allora siamo andati dov'era la canoae mentre lui accendeva un fuocosull'erba sotto gli alberidove c'era uno

slargoio prendevo farina e pancetta e caffèe la caffettiera e lapadellae lo zucchero e le tazze di lattae il negro c'è

rimasto di paltaperché credeva che l'avevo fatto tutto per magia. Ho presoanche un bel pesce gatto e Jim l'ha pulito col

coltello e l'ha fritto. Quando la colazione è pronta noi ci mettiamosull'erba e la mangiamo ancora calda. Jim ci ha dato

dentro perché era quasi morto di fame. Poiquando ci siamo riempiti finoagli occhici siamo sdraiati a flanellare.

Dopo un po' Jim dice:

«Ma sentitechi era quello lì che hanno fatto fuori nella capannase noneravate voi?».

Allora gli ho raccontato tuttoe luiha detto che sono un tipo in gamba. Hadetto che Tom Sawyer non poteva

fare un piano migliore di quello. Poi io dico:

«E tu come mai sei quiJimcome sei venuto qui?».

Lui sembrava un po' imbarazzato e per un minuto non dice niente. Poi dice:

«Forse è meglio che non lo dico».

«PerchéJim?»

«Behci sono delle ragioni. Ma voi non fate la spia se ve lo dicoveroHuck?»

«Mi venga un colpo se faccio la spia».

«Benevi credoHuck. Io... io sonofuggito».

«Jim!»

«Però avete detto che non fate la spia... l'avete detto che non fate laspiaHuck».

«Behsì. L'ho promesso e mantengo la parola. Giuro che la mantengo. Lagente dirà che sono uno schifoso

abolizionistae mi disprezzerà perché sono stato zitto... ma questo nonconta. Io non dico un cavoloe comunque lì non

ci torno. Per cui dimmi tutto».

«Behcapiteè stato così. La vecchia miss - cioè Miss Watson - ce l'hasu con me e mi tratta maleperò ha.17

detto sempre che non mi venderà mai giù a Orleans. Ma ultimamente ho vistoche c'era un mercante di negri che

bazzicavae ho cominciato a stare preoccupato. Behuna notte mi avvicinoalla portae la porta non era mica chiusa

benee io sento la vecchia miss che dice alla vedova che mi venderà giù aOrleansche lei non volevama per

comprarmi gli hanno offerto ottocento dollarie che sono così tantibaiocchi che lei non sa resistere. La vedova cerca di

dirgli di non farloma io non sto lì ad aspettare il resto. Me la filo comeuna frecciaposso ben dirlo.

«Mi sbatto giù dalla collina e penso di sgraffignare una barca lungo lariva sopra la cittàma c'era ancora in

giro della gentee allora mi nascondo nel vecchio negozio del bottaioquello tutto a pezzi che sta sulla sponda del

fiumeper aspettare che se ne vanno. Behci sono stato tutta la notte.C'era sempre qualcuno fra i piedi. Verso le sei

della mattina cominciano a passare le barchee verso le otto o le nove ognibarca che passa dice di vostro papà che è

venuto in città e ha detto che vi hanno accoppato. Queste barche qui eranopiene di signori e di signore che vanno su a

vedere il posto. Qualche volta si fermano sulla sponda a riposare un po'prima di fare la traversatae dai discorsi che

fanno capisco che vi hanno ammazzato. A me mi dispiaceva un sacco che viavevano ammazzatoHucke adesso sono

contento che invece siete qui.

«Io sto lì tutto il giorno in mezzo ai trucioli. Avevo famema non avevopauraperché sapevo che la vecchia

miss e la vedova avevano un raduno religioso subito dopo colazione e stavanovia tutto il giornoe credevano che io

andavo via all'alba con il bestiamee non gli veniva nessun sospetto se nonmi vedevano per tutto il giornoper cui solo

quando arrivava la serae c'era il buiocapivano che io non c'ero. Glialtri servi non s'accorgevano neanche loro che io

non c'eroperché se la battevano e si prendevano una vacanza non appena levecchie erano fuori dai piedi.

«Behquando viene scuro io vado su lungo il fiume per circa due miglia earrivo dove non ci sono più case. Io

avevo deciso quello che dovevo fare. Se continuo a scappare a piedi i canipossono seguirmi e beccarmi; se frego una

barca per fare la traversata fino all'altra parte il padrone della barca sene accorgee capiscono dove sono sbarcato e

sanno da dove devono cominciare a cercarmi. E allora ci vuole una zattera; seprendo una zattera non lascio tracce.

«In quel momento vedo la luce di una zattera che sbuca da dietro la puntaeallora entro in acqua e prendo un

tronco e lo spingo davanti a mee in questo modo traverso mezzo fiumeetengo giù la testa e finisco in mezzo alla

legna trasportata dalla correntee sto lì a nuotare contro corrente finchéarriva questa zattera. Allora nuoto fino a poppa

e mi attacco. Poi si fa nuvoloe per un po' è molto buioper cui mi tirosu e mi sdraio sul fondodall'altra parte della

lanternadove si sono riuniti tutti gli uomini. Il fiume saliva e c'era unabella corrente; e così penso che alle quattro di

mattina starò venticinque miglia più sottoper cui poco prima dell'albaandrò giù in acqua e nuoterò fino a rivae

scapperò dentro i boschi dalla parte dell'Illinois.

«Ma non ho fortuna. Quando siamo quasi alla punta dell'isolacomincia avenire verso poppa un uomo con la

lanterna. Io vedo che è meglio non aspettare piùe allora scivolo in acquae vado diritto all'isola. Behcredevo che era

possibile salire a terra quasi in qualunque punto... e invece nola spondaè troppo ripida. Ho dovuto fare il giro fino

quasi all'altra punta prima di trovare un posto che andava bene. Vado nelbosco e decido che non mi faccio più cuccare

dalle zattere colle lanterne. Avevo la pipa con un po' di tabaccoe nelberretto ci avevo dei fiammiferi che non si erano

bagnatiper cui si accendevano».

«E così non hai mandato giù un pezzo di pane o di carne per tutto questotempo? E perché non hai preso

qualche tartaruga?»

«E come facevo? Mica potete pigliarle su così; bisogna beccarle con unsasso. E come potevo farlo di notte? E

di giorno non volevo farmi vedere a riva».

«Behhai ragione. Dovevi stare sempre nel bosconaturalmente. Hai sentitoche sparavano il cannone?»

«Ohsì. Lo sapevo che cercavano voi. Li ho visti passare di qui; li hovisti attraverso i cespugli».

Si sono avvicinati degli uccelliniche volavano a una iarda o due da noi esi posavano. Jim dice che quello è un

segno che sta per piovere. Dice che quando fanno così le galline è segnoche sta per piovereper cui lui pensa che sia

così anche per gli uccellini. Io volevo prenderne qualcunoma Jim non mi halasciato. Ha detto che si può morire. Ha

detto che suo padre una volta stava malissimoe qualcuno di loro ha preso unuccelloe la sua vecchia nonna ha detto

che suo padre sarebbe mortoe infatti è morto.

Jim ha detto anche che non devi contare le cose che vuoi cucinare per pranzoperché quello porta iella. E pure

scuotere la tovaglia dopo il tramonto porta iella. E poi ha detto che se unoha un alveare e muorebisogna dircelo alle

api prima dell'alba la mattina dopoperché se no le api si ammosciano tuttee smettono di lavorare e muoiono. Poi Jim

ha detto che le api non pungono gli idiotima io a quello mica ci hocredutoperché molte volte ci avevo provato e a me

non mi hanno punto.

Alcune di queste cose le avevo già sentite primama non tutte. Jim sapevaun casino di segni. Ha detto che li

sapeva quasi tutti. Io gli ho detto che mi pareva che tutti i segni chesapeva lui erano segni bruttie gli ho chiesto se

c'erano dei segni belli. Lui dice:

«Pochissimie non servono a nessuno. Perché sapere i segni che dicono chesta arrivando la fortuna? Per

evitarla?». Poi ha detto: «Se ci hai le braccia e il petto pieno di peli èsegno che diventi ricco. Behun segno così serve

perché è per il futuro. E magari tu prima sei povero per un po'e ti puoiscoraggiare e ammazzartima non lo fai se un

segno ti dice che presto diventerai ricco».

«Tu ci hai le braccia e il petto pieni di peliJim?»

«E perché mi fate questa domanda? Non si vede che ce li ho?»

«Sìma sei ricco?»

«Noma una volta sono stato riccoe tornerò ad essere ricco. Una volta hoavuto quattordici dollarima mi.18

sono messo a fare speculazioni e ho preso una fregatura».

«Che speculazioni eranoJim?»

«Behho cominciato coi capi».

«Capi? In che senso?»

«Behcapi di bestiame. Bovini... vacche. Ho speso dieci dollari per unavaccama coi bovini ho chiuso. La

vacca mi è morta fra le mani».

«E così hai perso i dieci dollari».

«Nonon tutti. Ne ho persi circa nove. La pelle e il grasso li ho vendutiper un dollaro e dieci centesimi».

«Allora ti restavano cinque dollari e dieci. Hai continuato a farespeculazioni?»

«Sì. Conoscete quel vecchio negro con una gamba sola che appartiene aMister Bradish? Behquello ha messo

su una bancae ha detto che quelli che gli danno un dollaro lui ci dàquattro dollari alla fine dell'anno. Tutti i negri ce li

portavanoma non avevano molti baiocchi. Io ero l'unico che ce li aveva.Però ci dico che io voglio più di quattro

dollariche se non me li dà metto su una banca pure io. Allora quel negrodice che io non posso fargli concorrenza

perché posto per due banche non ce n'èma se gli do i cinque dollari luime ne paga trentacinque alla fine dell'anno.

«E io ce li do. Però i trentacinque dollari poi mica li avrei tenuti fermie li avrei investiti. C'era un negro che si

chiama Bobche aveva una chiatta per la legnache il suo padrone non losapeva; io ce l'ho comprata e gli ho detto di

beccarsi lui i trentacinque dollari alla fine dell'anno; ma quella nottequalcuno l'ha fregatae il giorno dopo il negro con

una gamba sola dice che la sua banca ha fatto fallimentoe nessuno di noi hapreso indietro i soldi».

«E coi dieci centesimi che ci hai fattoJim?»

«Behvolevo spenderlima ho fatto un sognoe il sogno mi diceva di darlia un negro che si chiama Balaam -

ma la gente per brevità lo chiama Asino di Balaam -e questo qui è un tipostramboperò dicono che lui è fortunatoe

io invece ci ho una scalogna nera. Il sogno mi diceva di fare investire idieci centesimi a Balaamche lui li faceva

diventare un sacco di più. Allora Balaamlui prende 'sti soldi e quando èin chiesa sente il prete che dice che chiunque

dà ai poveri è come che dà al Signoree i soldi che dà ci vengono ridaticento volte. Per cui Balaam questi baiocchi li dà

ai poverie si mette lì a vedere che cosa viene fuori».

«E che cosa è venuto fuori?»

«Non è venuto fuori un accidente. Io quei soldi non sono riuscito abeccarlie neanche Balaam. Adesso ho

capito che se non ci ho la garanzia non tiro fuori più niente. I soldi civengono ridati cento volteha detto il prete! A me

basta che mi ridanno i dieci centesimimica di più!»

«Niente pauraJimquello che conta è che tu sarai ricco un giorno».

«Sìtanto più che adesso sono già ricco. Sono padrone di me stessoe iovalgo ottocento dollari. Magari avessi

'sti soldimica voglio altro».

IX • Ci passa accanto lacasa della morte

Volevo andare a vedere un posto che avevo trovato proprio nel centrodell'isolamentre facevo le mie

esplorazioni; così siamo partiti e non ci abbiamo messo molto ad arrivarciperché l'isola era lunga appena tre miglia e

larga un quarto.

Questo posto era un monterozzo ripido e abbastanza lungoalto circa quarantapiedi. Arrivare fino in cima è

stato un bel problemaperché il fianco era quasi diritto e i cespugli assaifitti. Ci siamo girati intorno e poco dopo

abbiamo trovato una bella caverna grande nella rocciaquasi sul cocuzzoloche dava dalla parte dell'Illinois. La caverna

era grande come due o tre camere messe insiemee Jim poteva starci in piedi.C'era un bel fresco e Jim voleva portarci

subito tutte le nostre robema io gli ho detto che era una bella scocciaturafare su e giù tutte le volte.

Jim ha detto che se nascondevamo bene la canoa e tenevamo lì tutte le nostrecosepotevamo scapparci dentro

se veniva qualcuno nell'isolae lì non ci potevano trovare senza cani. Epoi la roba non si bagnavavisto che gli

uccellini ci avevano detto che stava per piovere.

Così siamo tornati a prendere la canoasiamo arrivati a remi finoall'altezza della caverna e abbiamo portato su

tutte le provviste. Poi siamo andati a cercare un posto per nascondere lacanoain mezzo ai fitti salici. Abbiamo tirato su

le lenze e preso i pesci e poi le abbiamo rimesse giùe abbiamo cominciatoi preparativi del pranzo. L'ingresso della

caverna era così grande che ci poteva entrare una bottee da una parte ilfondo sporgeva un po' ed era piattocosì che il

posto andava bene per il fuoco. L'abbiamo dunque acceso e ci siamo messi acucinare.

Abbiamo disteso le coperte come tappeti e abbiamo mangiato lì sopra. Tuttele altre cose le abbiamo messe

dentroa portata di mano. Molto presto è venuto buio e sono cominciati ituoni e i lampiper cui gli uccellini avevano

ragione. In un attimo ha cominciato a piovereche veniva giù come unafuriae c'era un vento che non avevo mai visto.

Era un temporale d'estate come ne vengono spessocon il cielo che diventacosì buio che fuori è tutto nero e bellissimo

e l'acqua cade così fitta che gli alberi vicini non si vedono quasicomedietro una tela di ragno; e ogni tanto arriva un

vento così forte che piega gli alberi e fa vedere il verde più chiaro chec'è sotto le foglie; e poi viene una raffica e scuote

i ramiche sembrano impazziti; e subito dopoproprio quando il buio è piùnero - zac! -c'è una luce che ti acceca e

sbucano fuori le cime degli alberi lontani sotto la buferacentinaia diiarde più in làche tu prima non riuscivi a vederli;

poi in un attimo è ancora buio come la notte e senti lo scoppio spaventosodi un tuonoche continua a rombarea.19

ruggirea brontolare giù dal cielo cadendo verso l'altra parte del mondocome barili vuoti che rotolano giù dalle scalee

non finiscono maie cadono e cadono.

«Che belloJim!»faccio io. «Adesso non vorrei essere in nessun altroposto. Passami un altro pezzo di pesce e

un po' di pane caldo».

«Behnon sareste qui se non fosse per Jim. Sareste giù nel bosco senzamangiaree magari col pericolo di

annegareproprio cosìtesoruccio. Le galline lo sanno quando sta perpioveree anche gli uccelliragazzo».

Per dieci o dodici giorni il fiume ha continuato a salirefinché ha invasole rive. L'acqua era profonda tre o

quattro piedi nei punti bassi dell'isola e anche sulle spianatedell'Illinois. Da quella parte la terra si era allontanata di

parecchie migliama dalla parte del Missouri la distanza era la stessa -mezzo miglio - perché la sponda del Missouri

era alta come un muro.

Di giorno giravamo l'isola in canoa. Dove il bosco era più profondo l'ombraera fitta e c'era un bel fresco anche

se il sole fuori picchiava. Passavamo fra un albero e l'altroe qualchevolta i rampicanti erano così spessi che dovevamo

tornare indietro e provare da un'altra parte. Sugli alberi vecchi che eranostati abbattuti si vedevano conigliserpenti e

altre bestie; e dopo uno o due giorni di inondazione erano diventati cosìmansueti per la fame che potevi toccarli con la

mano se volevima non i serpenti e le tartarughe - loro scivolavano inacqua. La cima dove c'era la caverna ne era

piena. Se volevamo ne potevamo addomesticare un bel po'.

Una notte abbiamo preso un pezzo di una zattera di tronchi - erano dei beitronchi di pino. Era larga dodici

piedi e lunga quindici o sedicie la parte in alto stava sei o sette pollicisopra l'acquae aveva un fondo robusto. Di

giorno vedevamo passare qualche volta dei tronchi segatima li abbiamolasciati andare; con la luce non ci facevamo

vedere. Un'altra nottequando eravamo alla punta dell'isolapoco primadell'albavediamo scendere una casa di legno

dalla parte ovest. Era a due pianie stava molto inclinata. Siamo andatifuori con la canoa e ci siamo saliti suentrando

da una finestra del primo piano. Ma era troppo buio per vederee allora ciabbiamo legato la canoa e ci siamo messi ad

aspettare il chiaro.

La luce comincia ad arrivare prima che la corrente ci porti giù alla puntabassa dell'isolae allora guardiamo

dalla finestra. Vediamo un lettoun tavolodue sedie vecchie e un mucchiodi cose sparse sul pavimento; e c'erano

anche vestiti appesi alle pareti. Sul pavimento nell'angolo lontano c'eradisteso qualcosa che sembrava un uomo. Jim fa:

«Ehivoi!».

Ma quello non si muove. Io lo chiamo ancorae allora Jim dice:

«Quell'uomo non dormeè morto. State quivado a vedere io».

Vasi piega a guardare e dice:

«È morto. Sìè pure nudo. Gli hanno sparato nella schiena. Penso che èmorto da due o tre giorni. Venite

Huckma non guardategli la faccia... è troppo spaventoso».

Io non l'ho guardato per niente. Jim gli ha buttato addosso degli straccimanon era necessarioperché non

avevo proprio voglia di vederlo. C'era un mucchio di vecchie carte untesparse per il pavimentoe vecchie bottiglie di

whiskye un paio di maschere fatte con stoffa nera; e intornosui muric'erano frasi e disegni sconcifatti col carbone.

Appesi alla parete c'erano due vestiti di cotone sporchiun cappello da solee biancheria da donnae anche degli abiti da

uomo. Abbiamo messo tutto nella canoa perché potevano venir buoni. A terrac'era un vecchio cappello di paglia da

ragazzo pieno di macchie; ho preso anche quello. C'era una bottiglia in cuic'era stato del lattee aveva un tampone di

stracci che serviva da succhiotto per i bambini. Volevamo prendere purequellama era rotta. C'era una vecchia cassa

malandata e un vecchio baule di crine con la chiusura rotta. Erano apertimadentro non c'era niente di valore. Da come

le cose erano buttate lì in giro si vedeva che quelli che stavano dentro sen'erano andati di corsae non avevano avuto il

tempo di portarsi via molta della loro roba.

Ci siamo presi una vecchia lanterna di lattaun coltello da macellaio senzamanico e un coltello a serramanico

nuovo di pacca che in qualsiasi negozio non trovavi a meno di un quarto didollaroun fracco di candele di segoun

candeliere di lattauna zuccauna tazza di lattauna trapunta vecchia esbrindellata che era caduta dal lettouna reticella

con dentro aghi e spilli e cera e bottoni e filo e altra roba del genereun'accetta con dei chiodiuna lenza per pescare

grossa come il mio dito mignolo con degli ami enormiun rotolo di pelli didainoun collare di cuoio per caneun ferro

di cavallo e delle boccette di medicine che non ci avevano su nessunaetichetta; e proprio mentre stavamo andando via

ho trovato una striglia ancora buonae Jim ha trovato un archetto di violinotutto rovinato e una gamba di legno. Le

cinghie erano venute viama a parte questo era ancora buonaanche se eratroppo lunga per me e troppo corta per Jim;

ma l'altra non siamo riusciti a trovarla anche se abbiamo cercato ben bene.

E cosìa conti fattiè stato un bottino niente male. Quando siamo venutivia eravamo a un quarto di miglio

sotto l'isolaed era giorno fattoper cui ho detto a Jim di mettersi giùnella canoa e l'ho coperto con la trapuntaperché

se si rizzava la gente poteva vedere che era un negro anche da molto lontano.Ho traversato il fiume verso la sponda

dell'Illinoise quando siamo arrivati dall'altra parte eravamo scesi quasidi un altro mezzo miglio. Ho accostato dove

c'era l'acqua morta sotto rivasenza problemi e senza vedere nessuno. Ecosì siamo arrivati a casa con tutta tranquillità.

X • Che cosa capita atoccare la pelle di serpente

Dopo colazione volevo parlare del mortoe cercare di capire come l'avevanofatto fuorima Jim non ha voluto..20

Ha detto che portava malee il fantasma poteva venire a tormentarci; un uomoche non è stato seppellito è più facile che

vada in giro ad angosciare la gente di uno che ci hanno dato sepoltura e chequindi se ne sta tranquillo sotto terra. La

cosa mi sembrava ragionevoleper cui non ho detto più nientema micariuscivo a dimenticarlo'sto mortoe

continuavo a pensare chi era che gli aveva sparatoe perché.

Abbiamo frugato nei vestiti che avevamo preso e abbiamo trovato otto dollarid'argento cuciti nella fodera di

un vecchio pastrano. Jim dice che per lui quelli che stavano nella casal'avevano rubatoperché sapendo che c'erano

dentro dei soldi mai più l'avrebbero lasciato lì. Io gli ho risposto che ilmorto l'hanno fatto fuori per quelloma Jim di

quella cosa non voleva proprio parlare. Io dico:

«Tu hai detto che porta male. Ma che cosa hai detto quando ho preso suquella pelle di serpente che ho trovato

sul cocuzzolo della nostra collina l'altro ieri? Hai detto che toccare unapelle di serpente con le mani portava iella. Beh

hai visto che iella abbiamo avuto? Abbiamo trovato tutta 'sta robae pureotto dollari. Magari ci capitasse una disgrazia

così tutti i giorniJim».

«Aspettatetesoruccioaspettate. Non fate tanto il gallettoperché ladisgrazia arriva. Vedrete che arriva».

E infatti è arrivata. Quei discorsi li avevamo fatti di martedì. Behilvenerdìdopo pranzoeravamo distesi

sull'erba sulla punta della nostra collina a monte del fiumee avevamofinito il tabacco. Vado alla caverna a prenderne

un po'e dentro ci trovo un serpente a sonagli. L'ammazzo e lo metto giùbene ai piedi della coperta di Jimda sembrare

che era vivopensando al ridere che facevo quando lo trovava Jim. Behdinotte me ne sono dimenticatoe quando Jim

si è messo giù sulla copertamentre io accendevo il lumec'era lì ilcompagno del serpente che gli ha dato un morso.

Lui salta su urlandoe quando tiro su la luce vedo il serpente tuttoraccolto e pronto a fare un altro salto. Io lo

stendo in un attimo con un bastonee Jim abbranca il barilotto di whisky dipapà e comincia a versarselo.

Lui era a piedi nudi e il serpente l'ha beccato proprio sul calcagno. Tuttoquesto è venuto perché io sono stato

così scemo che non mi sono ricordato che se lasci giù un serpente morto gliarriva subito il compagno che gli si avvolge

intorno. Jim mi dice di tagliare la testa del serpente e di buttarla via epoi di pelare il corpo e di arrostirne un pezzo. Io

faccio così e lui lo mangiae dice che quello aiuta a guarire. Poi mi fatogliere i sonagli e se li mette intorno al polso.

Dice che anche quello aiuta a guarire. Allora io esco quieto quieto e butto idue serpenti in mezzo ai cespugliperché

non voglio che Jim venga a sapere che è stata colpa miaguai se se neaccorge.

Jim continua a ciucciare dal barilotto e ogni tanto va fuori di testa e simette a girare e a urlare come un pazzo;

poi quando torna normale riprende a succhiare il barilotto. Il piede diventagonfio come un melonee la gamba pure. Ma

dopo un po' a forza di bere comincia a sbronzarsie io capisco che le cosesi stanno mettendo bene; per me preferisco

cento volte farmi mozzicare da un serpente che mandare giù il whisky dipapà.

Jim rimane a letto quattro giorni e quattro notti. Poi il gonfio se ne va elui riprende a camminare. Io giuro che

non prenderò più in mano una pelle di serpenteora che ho visto i guai checombina. Jim dice che ora avrò ben capito

che devo darci retta a quello che dice lui. E poi dice che toccare una pelledi serpente porta una scalogna così nera che

magari non abbiamo ancora finito. Dice che piuttosto che prendere fra le maniuna pelle di serpente preferisce guardare

la luna nuova mille volte voltando la testa a sinistra. Behadesso ne eroconvinto anch'ioanche se ho sempre pensato

che guardare la luna nuova voltando la testa a sinistra era la cosa piùcretina e imprudente che uno può fare. Il vecchio

Hank Bunker una volta l'ha fattoed è andato in giro a vantarsie meno didue anni dopo si è sbronzato ed è piombato

giù dalla torrettae si e spiaccicato a terra che sembrava una frittella -non esagero -tanto che per fargli la bara hanno

unito una all'altra le due porte di un granaio e ce l'hanno ficcato dentroepoi l'hanno seppellito così; questo è quello che

diconoma io non l'ho visto. A me l'ha detto papà. Comunque tutto è natodal fatto che ha guardato la luna in quel

modoproprio da scemo.

I giorni passavano e il fiume cominciava ad abbassarsi; e la prima cosa chefacciamo è di mettere un coniglio

scuoiato come esca su uno degli ami grossie con questo becchiamo un pescegatto grande come un uomolungo sei

piedi e due polliciche pesava più di duecento libbre. Naturalmente non cipensiamo neanche a cercare di tirarlo su

perché ci avrebbe trascinato fino nell'Illinoise allora stiamo lì sedutia guardarlo che si sbatte di qua e di là come un

demoniofino a che non affoga. Nello stomaco gli troviamo un bottone diottone e una palla tondae un sacco di altra

roba. Apriamo la palla con l'accetta e dentro c'era un rocchetto. Jim diceche è lì dentro da parecchio tempo per essere

così coperto e averci in giro una palla. Per me è il pesce più grosso cheè stato mai preso nel Mississippi. Jim ha detto

che non ha mai visto un pesce come quello. Al villaggio ci si poteva fare unmucchio di soldi. Un pesce così si vende a

libbre al mercato del paesee tutti ne comprano un po'; aveva la carnebianca come la nevee a friggerla c'è da leccarsi i

baffi.

La mattina dopo io dico che quella vita comincia a essere una barbae chevoglio un po' di movimento. Dico

che magari vado al di là del fiume a vedere che succede. Jim dice che è unabuona idea ma che devo andare quando è

buio e stare molto attento. Poi ci pensa su e diceperché non mi mettoaddosso un po' di quelle vecchie cose e mi vesto

come una ragazza? Behera una buona idea pure quella. Allora accorciamo unadelle sottane di telae io mi tiro su i

calzoni fino al ginocchio e me l'infilo. Jim me la chiude dietro con i gancie mi andava a pennello. Mi metto il

cappellino da sole e me lo lego sotto il mentocosì che la gente non potevacapire chi erocome se avesse voluto

guardarmi in faccia attraverso il gomito di un tubo da stufa. Jim ha dettoche vestito a quel mo do non mi riconosceva

nessunoneanche di giorno. Ho fatto le prove per tutta la giornata perabituarmie dopo un po' me la cavavo abbastanza

bene con quegli abitie Jim diceva solo che non camminavo come una ragazza;e che dovevo piantarla di tirarmi su la

sottana per ficcarmi le mani in tasca. Allora io ci sono stato attento e sonomigliorato.

Appena fatto buio sono partito in canoarisalendo lungo la rivadell'Illinois. La traversata l'ho cominciata poco.21

sotto il traghettoin modo che la spinta della corrente mi portava appenasotto la città. Lego la barca e comincio a

camminare lungo l'argine. C'era una luce in una catapecchia che da moltotempo non ci abitava nessunoe mi chiedevo

chi c'era andato a stare. Allora mi avvicino e sbircio dalla finestra. C'erauna donna di circa quarant'anni che faceva la

maglia alla luce della candela sul tavolo di pino. Non conoscevo la suafaccia; era una stranieraperché le facce del

paese io le conoscevo proprio tutte. Questo è un bel colpoperchécominciavo ad avere fifae a pentirmi che ero venuto;

la gente mi poteva riconoscere dalla voce e scoprire chi ero. Mi bastava chequella donna fosse in città da due giorni

perché così mi poteva dire tutto quello che volevo sapere; così bussoall'uscio e mi metto in testa che non devo

dimenticare che sono una ragazza.

XI • Ci stanno arrivandoaddosso!

«Vieni dentro»fa la donnae io entro. E mi dice: «Prendi una sedia».

Io mi metto a sedere. Mi guarda dalla testa ai piedi con gli occhietti chesprizzano scintille e fa:

«Come ti chiami?»

«Sarah Williams».

«Dove abiti? Da queste parti?»

«Nosignora. A Hookervillesette miglia sotto. L'ho fatta tutta a piedi esono stanca morta».

«Immagino che hai pure fame. Ti trovo qualcosa da mangiare».

«Nosignora. Non ho fame. Prima avevo così fame che ho dovuto fermarmi inuna fattoria due miglia più

sottoe ora non ho più fame. Mia madre è rimasta giùmalata e senzasoldie io sono venuto a dircelo a mio zio Abner

Moore. Lei dice che lui vive all'altra parte della cittàma io non ci sonomai stata. Lo conoscete?»

«Noma non conosco ancora tutti. Non sono neanche due settimane che vivoqui. Ci vuole molto per arrivare

all'altra parte della città. È meglio se stai qui stanotte. Togliti ilcappello».

«No»faccio io«mi riposo un po' e continuo. Non ho paura del buio».

Ha detto che non voleva farmi andare da solama fra un po' arrivava ilmaritomagari fra un'ora e mezzae lei

gli diceva di accompagnarmi. Poi prende a parlare di suo maritoe deiparenti che stavano a montee dei parenti che

stavano a vallee di come stavano meglio primae dello sbaglio che avevanofatto a venire nella nostra città invece di

lasciare le cose come stavanoeccetera ecceterache io pensavo proprio cheavevo fatto male a rivolgermi a lei per

sapere quello che succedeva in città; poi però comincia a parlare di papàe dell'assassinioe allora sono curioso di

sentire. Mi racconta di me e Tom Sawyer che abbiamo trovato i dodicimiladollari (solo che li aveva fatti diventare

ventimila) e di papà che era un tipo da lasciar perderee di me che eroanch'io un tipo da lasciar perderee alla fine

arriva a dove mi hanno accoppato. Io dico:

«Chi è stato? Abbiamo sentito molto di queste cosegiù a Hookervillemanon sappiamo chi è stato che ha

ammazzato Huck Finn».

«Behcredo proprio che qui c'è un bel mucchio di gente che ci piacerebbesapere chi l'ha ammazzato. Certi

credono che è stato il vecchio Finn».

«Davvero?»

«Quasi tutti l'hanno pensato all'inizio. Lui non sa quanto è stato vicino aessere linciato. Ma prima di sera le

cose sono cambiate e tutti pensavano che è stato un negro fuggiascoche sichiama Jim».

«Ma perché lui...».

Mi sono fermato in tempo. Era meglio tenere chiuso il becco.

Lei continuava. Non si era neanche accorta che io avevo cominciato a direqualcosa.

«Il negro è scappato la stessa sera che hanno ammazzato Huck. Così per luic'è una taglia: trecento dollari. E

c'è una taglia anche per il vecchio Finn: duecento dollari. Capirailamattina dopo l'assassinio lui viene giù in città a

raccontare tuttoe va fuori con gli altri a cercare il corpo col battelloma non appena scende scompare. Arriva la sera e

la gente vuole linciarloma lui se n'è andato. Behil giorno dopo vienefuori che è sparito anche il negroe scoprono che

non lo vedevano dalle dieci della sera del delitto. Allora danno la colpa aluie mentre tutti sono presi dal pensiero di

'sto negroecco che il giorno dopo torna il vecchio Finne va a fare unputiferio del diavolo dal giudice Thatcher per

avere dei soldi e dare la caccia al negro in tutto l'Illinois. Il giudice cene dà un po'e quella sera lui si ubriaca e va in

giro fino a dopo mezzanotte con un paio di stranieri dalla faccia bruttaese ne va via con loro. Behda allora non è più

tornatoe nessuno si aspetta di vederlo tornare fino a quando la cosa non sicalma un po'perché adesso la gente pensa

che è stato luiFinnad ammazzare il ragazzo e a sistemare le cose in modoche la gente crede che sono stati i banditie

così lui può avere i soldi di Huck senza dover aspettare la causa intribunaleche va per le lunghe. La gente qui dice che

lui è un tipo che non ci pensa mica due volte a fare una cosa del genere.Lui è furbo. Se sta alla larga per un annotutto

va a posto. Contro di lui non ci sono prove; allora tutto si sarà calmatoelui si prenderà i soldi di Huck senza neanche

doversi affannare troppo».

«Lo credo anch'io signora. Non vedo chi glielo può impedire. Ma allora nonc'è più nessuno che pensa che è

stato il negro?»

«Oh noce n'è. Lo pensano in molti che è stato lui. Ma presto loprenderanno e magari riusciranno a mettergli

paura e a farlo parlare»..22

«Perchélo stanno ancora cercando?»

«Sei proprio ingenua tu! Che crediche la gente li trovi tutti i giornitrecento dollari? Alcuni pensano che il

negro non è lontano da qui. Lo penso anch'ioma non sono andata a dirlo ingiro. Qualche giorno fa stavo parlando con

una vecchia coppia che vive qua vicinonella capanna di tronchie lorom'hanno detto che non c'è quasi mai nessuno

che va a quell'isola laggiù che chiamano l'Isola di Jackson. E non ci abitanessuno?chiedo io. Nonessunodicono loro.

Io non ho detto nientema mi sono messa a pensare. Ero quasi certa di averevisto del fumo laggiù sulla punta dell'isola

due o tre giorni primae così mi dico fra me che è molto probabile chequel negro si sta nascondendo laggiù: e

comunquedico iovale la pena andare a cercare lì. Da allora non ho piùvisto fumoper cui forse se n'è andatose era

lui: ma il marito ha voglia di andare a vedere - lui e un altro. Avevarisalito il fiumema oggi è tornato e io gliel'ho detto

quando è arrivato due ore fa».

Ero così sulle spine che non riuscivo a stare fermo. Dovevo fare qualcosacon le mani; così prendo un ago dal

tavolo e mi metto a infilargli il filo. Ma mi tremavano le mani e non ce lafacevo. Quando la donna smette di parlare io

giro gli occhie lei mi sta guardando in modo curiosocon un piccolosorriso. Metto giù ago e filo e cerco di fare una

faccia interessata - ma poi lo ero davvero - e dico:

«Trecento dollari è un casino di soldi. Vorrei che se li beccasse miamadre. Vostro marito ci va questa sera?»

«Ohsì. È andato su in città con l'uomo che ti dicevo a prendere unabarca e a vedere se potevano farsi prestare

un altro fucile. Ci vanno dopo mezzanotte».

«Non ci si vede meglio di giorno?»

«Sìma ci vede meglio anche il negro. Dopo mezzanotte invece è piùfacile che lui è addormentato e loro

possono passare per il bosco e vedere meglio al buio il fuoco del camposene ha uno».

«Non ci avevo pensato».

La donna continuava a guardarmi in modo curiosoe io mi sentivo morire. Abruciapelo lei mi chiede:

«Come hai detto che ti chiamitesoro?»

«M... Mary Williams».

Mi è venuto subito in mente che forse prima non avevo detto Marye cosìnon ho tirato su la testa; avevo

l'impressione che avevo detto Sarahe così ero in gran confusionee avevopaura che magari si vedeva pure. Volevo che

la donna continuasse a parlaree più stava zitta più ero confuso. Ma poilei fa:

«Tesoromi pare che prima avevi detto che ti chiamavi Sarah».

«Ohsìsignoraproprio così. Sarah Mary Williams. Il mio primo nome èSarah. Certi mi chiamano Sarah e

certi Mary».

«Ohdavvero?»

«Sìsignora».

Ora mi sentivo meglioma volevo essere fuori da lì comunque. E ancora nonme la sentivo di alzare la testa.

Behla donna si mette a dire che sono tempi duri quei tempie che loro sonopoverie che hanno una casa

dove i topi girano come se i padroni sono loroeccetera ecceterae io misono sentito come prima. Per i topi aveva

ragione. Ogni tanto qualcuno tirava fuori la testa da un buco nell'angolo.Lei dice che deve avere delle cose a portata di

mano da tirarci dietro quando è solaperché sennò non la lasciano inpace. Mi fa vedere una sbarra di piombo fatta su

con un nodoe mi dice che di solito con quello ha una buona mirama ungiorno o due fa si è storta un braccio e ora non

sa se riesce più a tirare bene. Si guarda in giro e subito lo tira a untopoma lo sbaglia di parecchio e dice «Uuuh!» per il

male al braccio. Poi mi dice di provare una volta io. Io avevo voglia diandarmene prima che tornava il vecchioma

naturalmente non potevo farglielo vedere. Prendo quell'affare e il primo topoche tira fuori il naso ce lo tiro addosso

che se quel topo restava dov'era lo spiaccicavo. Lei mi dice che quello è untiro coi fiocchie che col prossimo lo becco

certamente. Va a riprendere il pezzo di piomboe quando torna tira su unamatassache voleva che io l'aiutavo. Io tiro

su le mani e lei ci mette su la matassae continua a parlare delle faccendedi suo marito. Ma s'interrompe e fa:

«Dai un occhio ai topi. È meglio che il piombo lo tieni in grembo a portatadi mano».

E senza aspettare mi tira il piombo in gremboe io chiudo le gambe perprenderlo mentre lei continua a parlare.

Ma parla solo per un minuto. Prende in mano la matassa e mi guarda in facciafissoma con un'espressione di simpatia

e dice:

«Andiamo... come ti chiami veramente?»

«Che-che cosasignora?»

«Come ti chiami veramente? BillTomBob... o che altro?»

Credo che tremavo come una fogliae non sapevo che fare. Però dico:

«Per favorenon prendete in giro una povera ragazza come mesignora. Sequi sono di disturboio...»

«Ma noma no! Siediti e resta dove sei. Io non ti farò del malee nonfarò neanche la spia. Tu dimmi solo il

tuo segretoe fidati di me. Io non vado a dirlo in giroe poi voglio ancheaiutarti. E anche il mio vecchiose ti va.

Capisco... tu sei un apprendista che è scappatonon sei mica altro. Nonc'è niente di male. Ti maltrattavano e dunque hai

pensato di tagliare la corda. Che Dio ti benedicaragazzo. Non farò mai laspia. Ora raccontami tutto... da bravo».

A quel punto gli ho detto che era inutile continuare a fare la fintae chevolevo dirgli la verità e confessargli

tuttoma lei doveva mantenere la promessa. Così gli ho raccontato che miopadre e mia madre erano mortie che la

legge mi aveva affidato a un vecchio agricoltore spilorcio in una campagna atrenta miglia dal fiumeche mi trattava

così male che io non potevo più resistere; lui doveva andare via perunpaio di giornie allora io ho preso dei vecchi

vestiti di sua figlia e me la sono svignatae per fare trenta miglia ciavevo messo tre notti; di notte viaggiavo e di giorno.23

mi nascondevo e dormivoe il sacco di pane e carne che avevo portato via dacasa mi era bastato per tutta la strada e

avevo ancora molta roba. Poi ho detto che ero sicuro che mio zio Abner Mooresi sarebbe preso cura di meed era per

quello che miero diretto alla città di Goshen.

«Goshenragazzo? Qui non siamo a Goshen. Qui siamo a St. Petersburg. Goshenè a dieci miglia più a monte.

Chi ti ha detto che qui era Goshen?»

«Behun uomo che ho incontrato stamattina all'albaproprio mentre stavoper entrare in un bosco per andare a

dormire. Mi ha detto che al bivio della strada dovevo andare a destra e dopocinque miglia sarei arrivato a Goshen».

«Forse era ubriaco. Ti ha detto proprio il contrario».

«Infatti sembrava un po' ubriacoma adesso non ha importanza. Parto subitocosì arrivo a Goshen prima

dell'alba».

«Fermati un istante. Ti do qualcosa da mangiare. Magari ne avrai bisogno».

Così mi prepara un boccone e mi dice:

«Dimmi un po': quando una vacca è distesaquale parte tira su per primala testa o la coda? Rispondi subito

non pensarci su. Che parte tira su per prima?»

«La parte di dietrosignora».

«Benee un cavallo?»

«La parte davantisignora».

«Quale lato dell'albero ha il muschio?»

«Il lato a nord».

«Se quindici vacche pascolano su una collinaquante di loro mangiano con latesta nella stessa direzione?»

«Tutte e quindicisignora».

«Behmi pare che tu hai vissuto davvero in campagna. Pensavo che magaricercavi di infinocchiarmi un'altra

volta. Oradimmiqual è il tuo vero nome?»

«George Peterssignora».

«Cerca di ricordarteloGeorge. Non dimenticarloe non venirmi a dire fraun po' che ti chiami Alexandere

poi saltare fuori a direquando ti prendo in castagnache ti chiami GeorgeAlexander. E con quel vestitostai alla larga

dalle donne. La ragazza la fai proprio malema forse gli uomini riesci afarli su. Santo cieloragazzoquando infili l'ago

devi tenere fermo l'ago e muovere il filoe non il contrario - è così chefanno le donnementre gli uomini fanno proprio

l'opposto. E quando tiri a un topo o a un'altra cosarizzati in punta dipiedi e tira la mano dietro la testamuovendoti più

imbranato che puoie il topo mancalo di sei o sette piedi. Tira col bracciorigido e muovendo la spalla - come se dentro

ci hai un perno -come fanno le ragazze; non di polso e di gomito e colbraccio di latocome fanno i ragazzi. E fai

attenzione che quando una ragazza cerca di prendere qualcosa in gremboallarga le ginocchiae non le unisce come hai

fatto tu quando hai preso il pezzo di piombo. Io mi sono accorta che tu eriun ragazzo quando cercavi di infilare l'agoe

le altre cose le ho fatte per averne la certezza. Ora fila da tuo zioSarahMary Williams George Alexander Peterse se ti

metti nei guai fallo sapere a Mrs. Judith Loftusche sono ioe farò quelloche posso per tirarti fuori. Segui la strada del

fiume per tutta la sua lunghezzae la prossima volta che devi fare unacamminata come questa prenditi dietro calze e

scarpe. La strada del fiume è piena di sassie credo che quando arriverai aGoshen avrai i piedi rovinati».

Sono risalito per l'argine per circa cinquanta iarde e poi sono tornato pianopiano dove avevo lasciato la canoa

che era parecchio a valle della casa. Ci salto su e schizzo via. Ho risalitola corrente abbastanza da essere all'altezza

della punta superiore dell'isolae poi ho traversato. A circa metà stradasento che comincia a battere l'orologio; mi

fermo a contaree il suono mi arriva debole ma chiaro sull'acqua: le undici.Quando tocco la punta dell'isola non mi

fermo a prendere fiato anche se soffio come un manticema vado fra glialberi dov'era il mio vecchio campo e lì

accendo un bel fuoco in un posto ben sollevato e asciutto.

Salto di nuovo sulla canoa e punto verso il nostro posto a un miglio e mezzopiù supiù forte che posso. Sbarco

e corro come una furia fra i tronchi e poi su per il monterozzo fino allanostra caverna. Jim era disteso lì a terra e

dormiva come un sasso. Lo sveglio e gli faccio:

«Alzati e muovitiJim! Non c'è un minuto da perdere. Ci stanno arrivandoaddosso!».

Jim non mi domanda nientenon dice una parolama da come ci dà dentro alavorare capisco che gli è venuta

una bella strizza. Dopo mezz'ora tutto quello che avevamo era nella zatterae siamo pronti a spingerla al largo da sotto i

salici che gli avevamo messo sopra. Come prima cosa abbiamo spento il fuocodella cavernae fuori non teniamo

accesa neanche una candela.

Con la canoa vado un po' al largo a dare un'occhiatama se c'era un battelloio non l'ho vistoperché alla luce

delle stelle si vede poco. Poi spingiamo la zattera e ci allontaniamo inmezzo al buiooltre la punta dell'isola silenziosa

come un cimiterosenza dire una parola.

XII • «Era meglio lasciarperdere»

Sarà stato dopo l'una quando finalmente ci siamo lasciati dietro l'isolaela zattera andava piano da morire. Se

arrivava un battello ci infilavamo nella canoa e schizzavamo via verso lariva dell'Illinois; ma ci è andata bene che non è

arrivato nessun battelloperché non avevamo pensato a mettere il fucilenella canoao una lenza o qualcosa da.24

mangiare. Non era stato molto intelligente mettere tutto nella zattera.

Se gli uomini vanno nell'isola spero che trovano il fuoco che ho fatto e simettono lì ad aspettare il ritorno di

Jim. Comunque a noi non ci hanno scocciatoe se quella faccenda del fuoconon l'hanno bevutabehnon è colpa mia

io ci ho provato meglio che potevo a farli fessi.

Quando comincia a venire fuori la prima striscia di chiaroleghiamo lazattera a un banco di sabbia in una

grande curva sulla riva dell'Illinois e tagliamo con l'accetta rami di pioppoper coprirla tuttaper fare sembrare che in

quel punto è sprofondata la riva. Da quelle parti i banchi di sabbia sonopieni di pioppi fitti come i denti di un erpice.

Dalla parte del Missouri c'erano montagnementre sulla riva dell'Illinoisc'erano alberi grossissimima lì la

corrente passava vicino alla riva del Missouriper cui non c'era paura checi poteva venire addosso qualcuno. Siamo

stati quieti tutto il giorno a guardare le zattere e i battelli a vapore cheandavano come frecce lungo il canale dalla parte

del Missourie quelli diretti a monte contro correnteche più al centrodel fiume facevano una gran fatica a risalire.

Dico a Jim quello che ho saputo dalle chiacchiere della donnae Jim dice chequella era una bella lenza e che se era lei a

venirci dietro mica si fermava a guardare come una scema il fuocodell'accampamento - nossignorilei era capace di

andare a prendere un cane. Ma alloradico ioperché non gliel'ha detto asuo marito di andare a prendere un cane? Jim

dice che poteva scommetterci che a lei quella cosa lì ci veniva in mentequando gli uomini erano pronti a partiree che

secondo lui erano andati fino in città a prendere un canee così avevanoperso tutto quel tempoperché sennò noi non

saremmo qui su un banco di sabbia sedici o diciassette miglia sotto ilvillaggio - proprio nosaremmo di nuovo in città

invece. Allora io ho detto che me ne sbattevo di sapere perchénon ci avevano beccatil'importante era che non ci

avevano beccati.

Quando ha cominciato a fare scuro abbiamo tirato fuori la testa dal boschettodi pioppi e abbiamo guardato a

montea valle e alla riva di fronte; non si vedeva un tuboe Jim ha tiratosu delle tavole dal fondo della zattera per farci

un comodo wigwam perripararci quando fa troppo caldo e quando piovee per tenere all'asciutto lenostre cose; sotto ha

fatto un rialzo di almeno un piedecosì che ora le coperte e tutta la robasono protette dalle ondate dei battelli a vapore.

Proprio in mezzo al wigwam abbiamo messo uno strato di terra di circa cinqueo sei pollici con intorno delle assi per

tenerla insiemeche così ci potevamo accendere il fuoco quando era freddo eumido senza che nessuno lo poteva

vedere. Abbiamo anche fatto un remo di direzione di riservaperché unodegli altri poteva rompersi prendendo dentro in

qualche ramo o altro. Abbiamo fissato una corta forcella per appenderci lavecchia lanternache dobbiamo accendere

tutte le volte che vediamo un battello che scende con la correnteche cosìnon ci viene addossoma per i battelli che

risalgono non dovevamo accenderlatranne quando facevamo quella che chiamanouna "traversata"perché l'acqua del

fiume era ancora abbastanza alta e le parti basse delle rive erano ancorasott'acquaper cui i battelli non andavano

sempre lungo i canali vicino a rivama cercavano un'acqua sicura.

Questa seconda notte andiamo avanti per sette od otto orecon una correnteche faceva più di quattro miglia

all'ora.

Peschiamo e chiacchieriamoe ogni tanto facciamo una nuotata per scacciareil sonno. Era bellissimo andare

giù per il fiume grande e quietosdraiati sulla schiena a guardare lestelleperché non avevamo voglia di parlare fortee

non ridevamo neanche - al massimo una risatina bassa bassa. In genere abbiamoun tempo splendidoe non ci capita

niente per tutta la nottee neanche quella dopo e quella dopo ancora.

Ogni notte passavamo davanti alle cittàe alcune di loro erano lontanesulle colline buiesolo una striscia di

lucima le case non si vedevano. La quinta notte siamo passati davanti a St.Louised era come se la notte era diventata

giorno. A St. Petersburg dicevano che a St. Louis c'erano venti o trentamilapersonee io non ci credevo finché non ho

visto quella stupenda distesa di luce - erano le due di notte e c'era unagrande pace. Non si sentiva un rumoreche tutti

erano a dormire.

Ora ogni sera andavo a rivaverso le dieciin qualche paesinoe compravodieci o quindici centesimi di farina

o pancetta o altra roba da mangiare; e qualche volta prendevo su un pollo cheera in giro perché si trovava male nel suo

pollaio. Papà diceva sempre che un pollo lo devi sempre prendere se ticapitaperché se a te non ti serve puoi sempre

trovare qualcuno che ci servee una buona azione non si dimentica. Io non homai visto papà dare via un pollo che non

gli servivama questo era quello che diceva.

Di mattinaprima dell'albaandavo nei campi di granturco e prendevo aprestito un'anguriao un meloneo una

zuccao delle pannocchie novelleo cose del genere. Papà diceva sempre chenon c'è niente di male a prendere a

prestito delle cose se hai intenzione di pagarle un giorno o l'altroma lavedova diceva che prendere a prestito in quel

modo era come rubaree che nessuna persona per bene lo faceva. Jim ha dettoche secondo lui la vedova aveva ragione

ma anche papà aveva ragione; così la cosa migliore era fare una lista dellecose che si trovavano e poi scegliere due o

tre di loroche quelle non le prendevamo a prestito piùe allora secondolui non c'era niente di male a prendere le altre.

Una notte abbiamo discusso per bene di 'sta faccenda mentre la zatteracontinuava a scendere lungo il fiumeper

decidere se dovevamo lasciare perdere le angurieo i cantalupio i melonio altro. Ma verso l'alba abbiamo trovato un

accordo che andava bene per tutt'e duee abbiamo deciso di lasciare perderele mele selvatiche e i cachi. Prima non

eravamo molto tranquillima adesso eravamo soddisfatti. Io ero contento dicom'era finitaperché le mele selvatiche a

me non mi piaccionoe i cachi sarebbero stati maturi solo fra due o tremesi.

Ogni tanto tiravamo una fucilata a qualche uccello acquatico che si alzavatroppo presto la mattina o che

andava a letto tardi la sera. A conti fatti ce la passavamo abbastanza bene.

La quinta notte abbiamo preso un temporalone sotto St Louisdopo mezzanottecon una caterva di tuoni e

lampi e l'acqua che veniva giù a secchiate. Siamo rimasti nel wigwam eabbiamo lasciato che la zattera andasse dove.25

voleva lei. Alla luce dei fulmini vedevamo davanti a noi un bel trattodiritto di fiumecon le sponde alte e piene di

rocce. Dopo un po' io dico:

«EhiJimguarda laggiù!».

Era un battello a vapore che si era sfasciato su uno scoglio. Eravamo propriodiretti su di lui. L'abbiamo visto

benissimo alla luce dei lampi. Era inclinato con parte del ponte sopral'acquae quando scoppiava un fulmine si

vedevano chiarissimi i cavi dei fumaiolie una sedia accanto alla campanacon un vecchio cappellone appeso allo

schienale.

Behnel pieno della nottein mezzo alla tempestacon quell'aria dimisteromi sentivo come si sarebbe sentito

qualunque altro ragazzo a vedere quel relitto triste e abbandonato nel fiume.Volevo andarci a bordo e curiosare un po'

per vedere che cosa c'era rimasto. Così faccio:

«Andiamo suJim».

All'inizio Jim non ne voleva sapere. Dice:

«Io a fare lo scemo sui relitti non ci vado. Ora tutto ci va abbastanzabenee allora perché andiamo a

complicarci la vitacome si dice? Magari c'è su uno a fare la guardiasu'sto relitto».

«Ci sarà tua nonna a fare la guardia!»faccio io. «A che cosa devonofare la guardiavisto che c'è rimasto solo

il locale ufficiali e la cabina del pilota? E chi credi che ha voglia dirischiare la vita a fare la guardia al locale ufficiali e

alla cabina del pilota in una notte come questache tutto si può sfasciareda un momento all'altroo essere portato via

dalla corrente?». A questo Jim non ha saputo risponderee non ci ha neancheprovato. «E poi»dico«possiamo

prendere a prestito qualcosa di valore nella cabina del capitano. Sigarisono pronto a scommetterci - e costano cinque

centesimi l'uno - e soldi in contanti. I capitani dei battelli è gentericcache prendono sessanta dollari al mesee non

gliene frega un cavolo quanto costa la robase hanno voglia di comprarla.Ficcati una candela in tasca Jim; non sono

contento finché non sono andato a dare un'occhiata. Pensi che Tom Sawyer lalascerebbe perdere una cosa come questa?

Manco per sognote lo dico io! Direbbe che è un'avventura - è così che lachiamerebbe -; su quel relitto ci andrebbe

anche se fosse l'ultima cosa che fa. E poi conterebbe un sacco di ballee lametterebbe giù duraneanche fosse

Cristoforo Colombo che scopre l'Eldorado. Ahcome vorrei che fosse qui TomSawyer».

LuiJimborbotta un po'ma poi ci sta. Però dice che dobbiamo parlarepochissimosolo il minimo necessario

per cui parliamo pianissimo. Il lampo ci mostra un'altra volta il relittogiusto in tempoe noi prendiamo l'albero di

carico a dritta e ci leghiamo la zattera.

In quel punto il ponte era fuori dall'acqua. Da lì scendiamo al buio lungola superficie inclinata verso il lato

sinistroin direzione del locale ufficialimuovendo i piedi a tentoni etenendo la mani protese per evitare di inciampare

nei caviperché era così buio che non si vedevano. Presto picchiamo controla parte anteriore dell'osteriggio e ci

montiamo su; ancora un passo e ci troviamo davanti alla porta del capitanoche era apertaeaccidentiin lontananzain

fondo al locale ufficialivediamo una luce! E nello stesso istante ci sembradi sentire laggiù delle voci bassissime!

Jim mi bisbiglia che lui si sente malee mi dice di venir via. Io dico cheva bene e stiamo per tornare alla

zatterama proprio allora sento una voce che piagnucola e dice:

«Ohper favoreragazzi; vi giuro che non andrò mai a dirlo!».

E un'altra voce rispondeabbastanza forte:

«Sei un bugiardoJim Turner. L'hai già fatto una volta. Tu vuoi semprepiù di quello che ti spetta della robae

te l'abbiamo sempre dato perché tu dicevi che sennò andavi a dirlo. Maadesso l'hai detto una volta di troppo. Sei il

verme più brutto e schifoso del paese».

Jim era sparito per tornare subito alla zatterama io morivo dallacuriositàe fra me mi dico che Tom Sawyer

non si tirerebbe indietro a quel puntoe allora non mi tiro indietroneanch'ioe vado a vedere che cosa succede. Così mi

metto giù carponi nel corridoio stretto e avanzo strisciando al buiofinché non c'era che una cabina fra me e il corridoio

davanti al locale ufficiali. E lì vedo un uomo disteso per terra legato manie piedie due uomini in piedi su di luie uno

di loro ha in mano una debole lanternae l'altro una pistola. Questo tenevapuntata la pistola alla testa dell'uomo sul

pavimento e diceva:

«Mi sento una voglia di ammazzarti!... È una cosa che dovrei proprio farecane maledetto!».

L'uomo a terra si torceva tutto e ripeteva: «Ohper favoreBill... nondirò una parola».

E ogni volta che lo diceva l'uomo colla lanterna si metteva a ridere ediceva:

«Non dirai una parolasicuro! Qui ti do proprio ragione». E una volta hadetto: «Sentilo come frigna! Ma se

non ci saltavamo addosso e non lo mettevamo giùci ammazzava tutti e due.Per che cosapoi? Per niente. Giusto

perché volevamo quello che ci toccava - solo per questo. Ma ti assicuro cheadesso non potrai minacciare più nessuno

Jim Turner. Metti via quella pistolaBill».

Bill dice:

«Non voglioJake Packard. Io dico di farlo fuori - lui ha ammazzato ilvecchio Hatfield proprio allo stesso

modo; non merita di morire?»

«Ma io non lo voglio mortoe ho le mie ragioni».

«Che il cielo ti benedica per quello che hai dettoJake Packard! Non lodimenticherò mai finché campo!»fa

l'uomo a terra quasi frignando.

Packard non ci badama appende la lanterna a un chiodo e comincia a veniredove sono iolì al buioe fa

segno a Bill di venire anche lui. Io indietreggio carponi più veloce cheposso di circa due iardema il battello era così

inclinato che non potevo andare troppo forteper cui per evitare che miarrivano addosso e mi trovano mi infilo in una.26

cabina della parte superiore. L'uomo avanza brancolando nel buio e quandoPackard è davanti alla mia cabina dice:

«Quifermiamoci qui».

Ed entraseguito subito da Bill. Appena prima che entrano io sono schizzatosulla cuccetta superiore. Mi

sentivo in trappolaed ero pentito di essere venuto. Poi si sono piazzatilìcon le mani sul bordo della cuccettae

parlavano e parlavano. Io non riuscivo a vederlima potevo dire dov'eranodalle zaffate del whisky che bevevano. Era

una fortuna che io whisky non ne bevevoanche se comunque non potevanoscoprirmi perché io manco respiravo.

Avevo troppa fifa. E poi se mi mettevo a respirare non capivo quello chedicevanoperché parlavano talmente piano che

non avrei sentito una parola. Parlavano pianoma erano decisi assai. Billvoleva accoppare Turner. Dice:

«Ha detto che parleràe parlerà. E anche se adesso gli diciamo che glidiamo la nostra partenon farà nessuna

differenza dopo che gli siamo saltati addosso e dopo la battuta che gliabbiamo dato. Lui ci denunciasicuro come la

morte. Ora ascoltami. Io dico che dobbiamo toglierlo di mezzo».

«Anch'io»fa Packard tranquillo.

«Cribbiocominciavo a pensare di no. Allora è deciso. Torniamo di là efacciamolo fuori».

«Aspetta un minutofammi finire. Ascolta. Se dobbiamo farlo fuori possiamofarlo senza sparare. Io dico che

non ha senso rischiare la forca quando possiamo ottenere quello che vogliamosenza sbatterci tanto e senza pericolo.

Non ti pare?»

«Ci puoi scommettere. Ma con lui che dobbiamo fare?»

«Behla mia idea è questa: andiamo in giro a tirare su tutto quello cheabbiamo lasciato nelle cabine e

torniamo a riva; poi nascondiamo la roba e aspettiamo. Io dico che nonpassano due ore che questo relitto si sfascia e

viene portato via dal fiume. Capito? Così lui annega e nessuno ne ha colpa.Secondo me è molto meglio che

ammazzarlo. Non mi va di fare fuori uno quando posso evitarlo. Non ha sensoed è immorale. Non ho ragione?»

«Sì... credo di sì. Ma se il relitto non si sfascia e non finisce inacqua?»

«Behdue ore possiamo aspettare comunque per vedere che succedenon tipare?»

«Beneallora. Andiamo».

Se ne vanno che io sono tutto un sudore freddoe me la filo diritto a prua.Lì era buio pestoe io chiamo con

voce strozzata: «Jim!»; lui è proprio accanto a me e mi risponde con unverso lamentoso. Io faccio:

«SveltoJimnon c'è tempo per andare in giro a piagnucolare; li dentroc'è una banda di assassini e se non

troviamo la loro barca e non la molliamo alla corrente del fiumeuno di loropasserà dei guai. E se la troviamo

possiamo metterli tutti neiguaiperché li beccherà lo sceriffo. Sveltomuoviti! Io cerco a dritta e tucerca a sinistra.

Comincia ad andare alla zattera e...»

«OhSignoreSignore! La zattera?Non c'è piùla zattera: si è slegato il nodo e se n'è andata!... E noisiamo

qui nei casini!».

XIII • Un buon bottinosulla «Walter Scott»

Mi è mancato il fiato e stavo per svenire. In trappola su un relitto con unabanda come quella! Ma non c'era

tempo di fermarsi a frignare. Ora dovevamo assolutamentetrovare quella barca - dovevamotrovarla per noi. Cosìtutti

agitati e pieni di tremarellascendiamo da dritta fino a poppa. Non c'ètraccia di barca. Jim dice che lui non può

continuare - ha una strizza tale che non ce la fa piùdice. Ma io gli dico:forzacontinuase restiamo su 'sto relitto siamo

davvero nei casinisicuroe così riprendiamo. Cerchiamo la parete dietrodel locale ufficialie quando l'abbiamo trovata

proseguiamo a tastoni fino all'osteriggioattaccandoci agli sportelliperché una parte dell'osteriggio era già in acqua.

Quando siamo abbastanza vicini all'uscio del corridoioecco la scialuppasicuro! La vedevo appena appena. Mi sentivo

felice. Faccio per saltarci subito dentroquando proprio in quel momento siapre la porta. Uno degli uomini mette fuori

la testa a circa due piedi da me soltantoe io penso che per me è la finema subito torna dentro e dice:

«Tira via quella dannata lanternaBill!».

Butta un borsone nella barcapoi ci sale sopra e si siede. È Packard.Quindi è la volta di Billche viene fuori e

sale anche lui sulla scialuppa. Packard dicea bassa voce:

«Pronti... spingi via!».

Io ero così debole che non ce la facevo più a reggermi agli sportellimaBill fa:

«Un momento: gli hai frugato addosso per vedere che cos'ha?»

«Io no. E tu?»

«No. Allora ha ancora la sua parte di soldi».

«Behdobbiamo tornare indietro; è inutile portare via la roba e lasciaredei quattrini».

«Sentinon gli verranno dei sospetti così?»

«Forse sìma dobbiamo farlo comunque. Andiamo».

Così scendono dalla scialuppa e rientrano. L'uscio si richiude di colpoperl'inclinazione dello scafoe in un

attimo io piombo sulla barcae dopo di me Jim. Tiro fuori il coltellotaglio la cimae via che andiamo!

Non tocchiamo un remonon diciamo una parola e quasi non respiriamo. Filiamovia in un silenzio di tomba

scivoliamo davanti al tamburo della ruota e alla poppae in un paio disecondi siamo cento iarde sotto il relittoche

viene ingoiato dal buio; ora del relitto non si scorge più una mazzae noisiamo al sicuro e lo sappiamo..27

Quando siamo tre o quattrocento iarde a vallevediamo apparire la lanternacome una debole scintilla alla porta

del locale ufficialie da quello intuiamo che i due gaglioffi si sonoaccorti che non hanno più la barca e che stanno

cominciando ad afferrare che sono nei guai anche loro come Jim Turner.

Allora Jim arma i remi e andiamo alla ricerca della nostra zattera. Solo inquel momento ho cominciato a

preoccuparmi degli uomini - prima non ci avevo avuto il tempo. Comincio apensare come dev'essere terribile - anche

per degli assassini - trovarsi in un guaio compagno. Mi dico fra me chemagari un giorno potrei diventare un assassino

anch'ioe allora mica mi piacerebbe se mi fanno uno scherzo come quello!Così dico a Jim:

«Alla prima luce che vediamo sbarchiamo cento iarde prima o dopoin unposto dove c'è un buon nascondiglio

per te e la barcae io vado a contare su qualche ballache così qualcunova a tirar fuori la banda da 'sto casinoe quando

viene il momento li possono impiccare per bene».

Ma è stata un'idea disastrosaperché subito ricomincia la tempestaequesta volta più forte che mai. Con quella

pioggia non si vedeva una luceimmagino che erano tutti a letto. Scendevamoil fiume cercando di vedere delle luci a

terra e di trovare la nostra zattera. Dopo parecchio tempo la pioggia mollaun po'ma rimangono le nuvole con i fulmini

che continuano a sprazzie poco dopo la luce del lampo ci fa vedere davantia noi una cosa nerache galleggiae noi ci

andiamo vicino.

Era la zatterae siamo ben contenti di salirci sopra di nuovo. Ora vediamouna luce giù a rivasulla destrae io

dico che voglio andare a terra. La scialuppa era mezza piena di roba che labanda aveva rubato sul relitto.

L'ammucchiamo sulla zatterae io dico a Jim di continuare a scendere e diaccendere la luce quando pensa di avere fatto

due migliae di tenerla accesa finché non torno; poi armo i remi e midirigo verso la luce a terra. Avvicinandomi ne

vedo altre tre o quattropiù in altosul fianco della collina. Era unvillaggio. Ho accostato stando a monte della luce che

era sulla spondapoi ho tirato su i remi lasciandomi trasportare dallacorrente. Mentre passo vedo che è una lanterna

appesa al bompresso di un traghetto a doppio scafo. Giro intorno alla ricercadel guardianochiedendomi dove sta a

dormiree lo trovo appoggiato con la schiena alle bittecon la testa inavanti fra le ginocchia. Gli do due o tre colpetti

sulla spalla e comincio a piangere.

Lui si sveglia di scattoma quando vede che sono solo io fa un bellosbadigliosi stira e fa:

«Ciaoche cosa c'è? Non piangereragazzino. Che cos'hai?».

Io dico:

«Il mio papàe la mia mammae mia sorella e...».

E scoppio a piangere. Lui dice:

«Càspitaadessonon prendertela cosìabbiamo tutti le nostre graneesi risolverà anche questa. Allorache

cosa è successo?»

«Sono... sono... siete il guardiano della nave?»

«Sì»fa lui con aria piuttosto soddisfatta. «Sono il capitanol'armatoreil secondoil pilotail guardianoil

nostromoe qualche volta anche il carico e i passeggeri. Non sono ricco comeil vecchio Jim Hornbacke non posso

essere maledettamente generoso e buono con Tizio e Caio come luie buttarevia la grana come fa lui; ma ci ho dettoe

più di una voltache non farei mai cambio con luiperché - dico io - lavita del marinaio è la mia vitae mi venga un

accidente se vivrò mai a due miglia dalla cittàdove non succede mainientee questo con tutti i suoi quattrinie tutto il

resto. Io dico...»

Io lo interrompo:

«Sono in una brutta posizione e...»

«Chi

«Ma il mio papàla mia mammamia sorella e Miss Hooker; e se voiprendeste il traghetto e ci andaste...»

«Andare? Dove? Dove sono?»

«Sul relitto».

«Quale relitto?»

«Behce n'è solo uno».

«Come? Sulla Walter Scott?»

«Sì».

«Cribbio! Che accidente ci sono andati a fare?»

«Behnon ci sono andati apposta».

«Ci credo! Cribbionon hanno scampo se non scendono alla svelta! Ma comediavolo hanno fatto a finire li?»

«Semplice. Miss Hooker era andata in visitalì in città...»

«Sìa Booth's Landing... continua».

«Era andata in visitalì a Booth's Landinge proprio quando stavaarrivando la sera è partita per traversare con

la sua negra sul traghetto a cavalliper andare a dormire a casa della suaamicaMiss... Miss...beh non mi ricordo come

si chiamama hanno perso il remo di direzione e hanno cominciato a scenderecolla correntea poppa in avantiper

circa due migliacosì sono finiti addosso al relittoe il traghettatore ela negra e i cavalli sono andati tutti sottoma Miss

Hooker è riuscita ad afferrarsi al relitto e a salirci su. Behun'ora dopoche era buionoi scendiamo col nostro barcone

ed è così buio che non vediamo il relitto finché non ci siamo sopraecosì ci andiamo addosso anche noi; noi ci

salviamo tutti tranne Bill Whipple - ohproprio luiche era così buono! -era meglio se morivo io».

«Per tutti i diavoli! È la cosa più bislacca che abbia mai sentito. Eallora che cosa avete fatto?»

«Ci siamo messi a urlare da perdere la vocema lì il fiume è largo e nonci sentiva nessuno. Allora papà dice.28

che qualcuno deve andare a terra a cercare aiuto. Io ero l'unico che sapevanuotare e mi sono buttato in acquae Miss

Hooker mi ha detto che se non trovavo subito qualcuno dovevo andare a cercaresuo zioche lui sistemava subito tutto.

Io ho toccato terra a circa un miglio più sotto e da allora continuo agirare per convincere la gente a fare qualcosama

tutti mi dicono: "Come? In una notte compagna e con una corrente comequesta? È da pazzi; vai a chiedere al traghetto

a vapore". Orase voi andate...»

«Perdianaio sono pronto ad andarcimi venga un colpo se non è cosìmapoi chi paga? Credi che il tuo

papà...»

«Ohnon preoccupatevi. Miss Hooker mi ha dettoinmodo particolareche suo zioHornback...»

«Corpo di mille diavoli! È suo zio? Senti un po'va' fino a quella lucequando arrivi lì gira verso occidente e a

circa un quarto di miglio arriverai alla taverna; lì chiedi che ti fannovedere dove sta Jim Hornbackche è lui che paga il

conto. E non perdere tempo in giro a chiacchierareperché lui vorràsapere. Digli che prima che lui faccia in tempo ad

arrivare in città sua nipote sarà sana e salva. E adesso fila via; io vadoqui dietro l'angolo a svegliare il mio

macchinista».

Io mi sono precipitato verso la lucema non appena lui ha svoltato l'angolosono tornato alla mia scialuppa

l'ho aggottatapoi sono risalito lungo la costa in acque calme per circaseicento iarde e mi sono nascosto in mezzo alle

chiatte per la legna; non ero tranquillo finché non vedevo partire iltraghetto. Però tutto sommato mi sentivo soddisfatto

che avevo fatto tutto quel casino per una banda di manigoldiperché non soquanti l'avrebbero fatto. Chissà se lo sapeva

la vedova! Sarebbe stata orgogliosa di vedereche aiutavo quei malandriniperché i balordi e i farabutti sono quelli che

alla vedova e alle persone buone gli stanno più a cuore.

Behdopo un po'in mezzo al buioecco il relitto che scivola al pelodell'acqua! Mi viene un brivido freddoe

ci vado incontro. Era quasi tutto sotto e vedo subito che non ci sono moltepossibilità che ci sia rimasto vivo qualcuno.

Io ci giro intorno e urlo un po'ma non c'è risposta: silenzio di tomba. Misentivo un po' abbacchiato per la bandama

non moltoperché se erano così tranquilli lorodovevo essere tranquilloanch'io.

E poi è arrivato il traghettoe allora io mi sono spinto verso il centrodel fiume facendo una lunga diagonale

nella direzione della correntee quando ho giudicato che nessuno mi potevapiù vedere ho messo giù i remie mi sono

girato a guardare il traghetto che si accostava al relitto per cercare iresti di Miss Hookerperché il capitano sapeva che

suo zio Hornback li voleva; ma dopo un po' ha rinunciato ed è tornato arivae io mi sono messo a spingere e sono

andato giù a tutta birra.

Mi è sembrato che è passata un'eternità prima di riuscire a vedere la lucedi Jime quando è comparsa mi

pareva lontana mille miglia. Quando l'ho raggiunta il cielo cominciava adiventare grigio a est. Ci siamo diretti a un

isolottoabbiamo nascosto la zattera e abbiamo affondato la scialuppae poici siamo messi a dormire come due

ciocchi.

XIV • Era veramente saggioSalomone?

Appena ci siamo svegliati abbiamo guardato fra la roba che i banditi avevanofregato sul relittoe abbiamo

trovato scarpecopertevestitiun mucchio di libriun cannocchiale e trescatole di sigari. Non eravamo mai stati così

ricchiné io né Jim. I sigari erano quelli di lusso. Per tutto ilpomeriggio siamo rimasti sdraiati nel bosco a parlaree io

mi sono messo a leggere i librie in generale ce la siamo spassata. Horaccontato a Jim tutto quello che era successo

dentro il relitto e al traghettoe gli ho detto che cose come quelle eranodelle avventurema lui mi ha detto che di

avventure non ne voleva più. Ha detto che quando io sono entrato nel localeufficiali e lui è tornato a prendere la zattera

e ha scoperto che era sparitaci è quasi venuto un colpoperché hapensato che ormai lui erafregatocomunque andava

a finire: se non si salvava moriva annegatoe se si salvavachiunque losalvava lo rispediva a casa per beccarsi la taglia

e poi Miss Watson lo vendeva al Sudsicuro. Behaveva ragione; lui avevaragione quasi sempre; ci aveva un cervello

mica maleper essere un negro.

Io gli ho letto un sacco di cosea Jimdi reduchiconti e gente delgeneree come erano sempre tutti in tiroe

che grande scena che facevanoe che si chiamavano fra di loro vostramaestàe vostra graziae vostra signoria

ecceterainvece che signore; e Jim ci aveva gli occhi fuori dalla testaegli interessava un fracco. Dice:

«Io mica lo sapevo che ce n'erano così tanti. Io non ho sentito di nessunodi questi quitranne il vecchio re

Salomonea parte i re che sono nel mazzo di carte. Quanti baiocchi prende unre?»

«Quanto prende?»faccio io; «bahsi beccano mille dollari al mesesevogliono. Possono prendere tutto quello

che gli pare; sono loro i padroni di tutto».

«Davvero? Che bello! E che cosa devono fareHuck?»

«Ma che dici? Non fanno niente. Se ne stanno seduti tutto il giorno».

«Nooo!... Davvero?»

«Naturale. Se ne stanno seduti tutto il giorno. Behtranne quando c'è unaguerra; allora devono andare in

guerra. Ma per il resto se ne stanno a fare flanella; oppure vanno a cacciacol falcone e... Sccc!... Non ti sembra di

sentire un rumore?».

Siamo andati fuori a guardarema era solo il fruscio della ruota di unbattello a paleancora lontanoche era

appena uscito da dietro la punta; così siamo tornati indietro..29

«Sicuro»faccio io«e altre voltequando tutto è calmoci hanno granecol parlamento; e poi se tutti non

scattano subito quando loro parlanogli fanno tagliare la testa. Ma ingenere bazzicano l'harem».

«Bazzicano che cosa?»

«L'harem».

«Che cos'è l'harem?»

«Il posto dove tengono le mogli. Non lo sapevi dell'harem? Salomone ne avevauno; aveva circa un milione di

mogli».

«Ahsìè vero; me n'ero scordato. Un harem è come una pensionecredo.Chissà che casino c'era con tutti quei

bambini. E poi le mogli chissà che litigate si facevano! E quindi il casinoaumentava. Dicono che Salomone era l'uomo

più saggio che c'era al mondo. Ma io a questo non ci credoperché un uomosaggio mica ci piace di vivere sempre in

mezzo a tutta 'sta confusione! Proprio no. Un saggio prende su e apre unafabbrica di caldaieche così quando ha finito

chiude bottega e va a riposare».

«Behlui comunque era l'uomo più saggio che c'eraperché a me me l'hadetto la vedovaproprio lei».

«Me ne sbatto che l'ha detto la vedovalui non era saggioproprio no. Epoi faceva delle cose da pazzi. Lo

sapete di quel bambino che voleva tagliare in due?»

«Sìme l'ha raccontato la vedova».

«E allora! Questa non è proprio una cosa da pazzi? Pensateci un momento.Prendete quel tronco lì - behquella

è una delle donne -; qui ci siete voi - e siete l'altra donna -; io sonoSalomone; e questo biglietto da un dollaro è il

bambinoche lo volete tutte e due. Allora io che faccio? Vado in giro achiedere ai vicini a quale delle due appartiene

veramente il bambinoe così lo do alla donna giustasano e salvocomefarebbe chiunque con un po' di sale in zucca?

Noio invece taglio in due il dollaroe ce lo do metà a voi e metàall'altra donna. È così che voleva fare Salomone con il

bambino. Ora io vi chiedo: che ci fate con un dollaro tagliato a metà? micaci potete comprare niente. E un bambino

tagliato a metà a che serve? Anche un milione di mezzi bambinibehche cifaccio?»

«MaaccidentiJimnon hai capito un fico secco; sei proprio fuoristrada».

«Macché strada e strada! Ionon capire niente? Io capisco le cose giustequando le vedoe in questa cosa qui di

giusto non c'è niente. La baruffa non era su mezzo bambinoma sul bambinointero. E quello che crede che può mettere

a posto una baruffa su un bambino intero con due mezzi bambiniè tonto comese ne vedono pochi. Non parlatemi di

SalomoneHuckio so che era proprio un fesso».

«E io ti dico che sei fuori strada».

«Accidenti alla vostra strada! Io so quello che dico. La veritàbadatebeneè un'altraè più profonda. Ed è nel

modo come Salomone l'hanno tirato su. Prendete un uomo che ha solo uno o duebambini. Pensate che li può sprecare

cosìi bambini? Nomica se lo può permettere. Lui sa quanto valgono. Maprendete uno come luiche ha circa cinque

milioni di bambini che ci girano per la casabehè diverso. A tagliare unbambino in due non ci mette nientecome se

fosse un gatto. Un bambino più o menonon cambiaper Salomone; lui ne hatantiche il diavolo se lo pigli!».

Un negro come Jim io non l'ho mai visto. Se si metteva qualcosa in testa nonse la toglieva più. Ce l'aveva su

con Salomone come nessun altro negro che ho conosciuto. Allora io hocominciato a parlare degli altri ree Salomone

l'ho lasciato perdere. Gli ho detto di Luigi XVIche gli hanno tagliato latesta in Francia tanto tempo fae del suo

ragazzoil Delfinoche doveva diventare rema l'hanno preso e l'hannoficcato in galerae alcuni dicono che è morto lì.

«Povero figlio».

«Ma alcuni dicono che è riuscito a scappareed è venuto in America».

«Bene! Ma si sentirà solo come un cane... Qui re non ce ne sonoveroHuck?»

«No».

«E allora non ci avrà lavoro. Che cosa farà?»

«Non lo so. Alcuni di questi entrano nella poliziaaltri imparano allagente a parlare francese».

«Ma comeHucki francesi non parlano come noi?»

«NoJim; non capiresti una parola di quello che dicononeanche unaparola».

«Sentisentiche mi venga un colpo! E come mai?»

«Non soma è così. Qualche parola di questa lingua l'ho trovata in unlibro. Immagina che uno viene da te e ti

fa: "Parlé-vu-fransé?"; behtu che gli diresti?»

«Non ci dico un cavolo; ci spacco la facciaecco cosa ci faccio se non èbianco. Nessun negro può dirmi delle

male parole».

«Càspitanon ti ha mica detto delle male parole. Ti ha solo detto:"Parlate francese?"».

«E perché non l'ha detto?»

«Ma lo ha detto! I francesi lo dicono in questo modo».

«Behè un modo ridicoloe io non ne voglio più parlare. È una cosastupida».

«Senti un po'Jimun gatto parla come noi?»

«Noun gatto no».

«E una vacca?»

«Noneanche una vacca».

«E un gatto parla come una vaccao una vacca come un gatto?»

«No».

«ÈÈ giusto e naturale che ognuno parla diverso dall'altrono?».30

«Certamente».

«E non è giusto e naturale che un gatto e una vacca parlano diverso danoi?»

«Sicuro».

«Behalloraperché non è giusto e naturale che un francese parla diversoda noi? Rispondi a questo».

«Un gatto è un uomoHuck?»

«No».

«Dunque è stupido che un gatto parla come un uomo. Una vacca è un uomo?...Una vacca è un gatto?...»

«Nouna vacca non è né un uomo né un gatto».

«Behallora non deve parlare né come un uomo né come un gatto. Unfrancese è un uomo?»

«Sì».

«Eccovedete? E allora perché non parla come tutti gli uomini? Adessorispondete voi a questo!».

Ho visto che era inutile sprecare il fiato - non si può imparare a un negroa ragionare. Così ho piantato lì.

XV • Piglio per i fondelliil vecchio Jim

Abbiamo calcolato che con altre tre notti arrivavamo a Cairoin fondoall'Illinoisdove entra il fiume Ohioed

era quello che volevamo. Avremmo venduto la zattera e saremmo saliti su unvapore per risalire l'Ohio fino agli stati

liberie così tirarci fuori dai guai.

Behla seconda notte scende giù la nebbia e noi andiamo verso un banco disabbia per fissare la zatteraperché

non aveva senso continuare senza vedere una mazza; ma quando io vado avanticon la canoa tenendo in mano la cima

per legarla a un troncovedo che ci sono solo degli arbusti. Passo la cimaintorno a uno di questi sul bordo di una

sponda ripidama c'era una corrente gagliardae la zattera corre cosìforte che lo strappa con tutte le radici e se ne va. Io

vedo il nebbione che si chiude dietro e mi viene un colpo tale che per quasimezzo minuto non riesco a muovermi - e a

quel punto la zattera è sparita; non si vedeva niente a venti iarde. Saltonella canoa e corro a poppa a pigliare la pagaia

e do un colpo per partirema quella non si muove. Nella fretta non l'avevoslegata. Mi tiro su per cercare di scioglierla

ma ero così eccitato che ci avevo le mani che tremavano e non riuscivo acombinare niente.

Non appena riesco a partire vado dietro alla zattera a tutta forzapropriooltre il banco di sabbia. Tutto va bene

finché ci passo di fianco; ma quel banco non era che sessanta iardeequando mi resta dietro mi trovo in mezzo alla

nebbia bianca e spessache non mi ci raccapezzavo proprio e non sapevo dache parte andare.

Penso che remare non serve a nienteperché prima di avere il tempo difiatare posso finire sulla riva o su un

banco di sabbia o cose del genere; non c'è che da sedersi e andare alladerivaanche se ti senti impazzire a stare lì con le

mani in mano in un momento come quello. Caccio un urlo e mi metto adascoltare se sento rispondere. In lontananzada

qualche parte sento un urlo debolissimoe mi sento rinascere. Mi precipitoverso lì e tendo l'orecchio se per caso lo

sento ancorae quando mi arriva un'altra volta vedo che non ci sto andandoincontro ma mi sto spostando verso destra.

Lo sento ancora e questa volta mi sto spostando a sinistra - e non riesco maiad avvicinarmiperché deviando prima di

qua e poi di là ci stavo girando intornomentre lui continuava ad andareavanti dritto.

Ma perché a quello scemo non gli viene in mente di picchiare su una pentolasenza smettere neanche un

momento? E invece noe sono questi silenzi fra un urlo e l'altro che mifanno sbagliare. Behcontinuo a darci dentro

con la pagaiae dopo un po' sento l'urlo dietrodi me. Allora non mi ciraccapezzo proprio più. O era un altro che urlava

oltre a Jimoppure sono io che continuo ad andare in tondo.

Sbatto giù la pagaiae sento di nuovo l'urlo; era ancora dietro di memain un punto diverso; continuava a

venirema ogni volta cambiava posizionee io continuo a rispondere finchédopo un po' ce l'ho di nuovo davanti a mee

capisco che la prua della canoa si era girata nella direzione della correntee allora così andava benese quello era Jim e

non era qualcun altro che urlava su un'altra zattera. Delle voci che sentiquando sei nella nebbia non si può mai dire

nienteperché non c'è nessun suono che sembra naturale.

Gli urli continuanoe dopo circa un minuto mi ritrovo ad andare come unafreccia accanto a una sponda ripida

con sopra i fantasmi pieni di fumo di grandi alberie la corrente mi sbattea sinistra e scende come una furia in mezzo a

un mucchio di tronchi e rami che facevano un casino d'inferno per la correnteche ci passava in mezzo.

Ma dopo un secondo o due mi ritrovo ancora dentro la nebbia bianca e spessae allora mi metto seduto

tranquilloe sento il cuore che mi batte; ho contato i battitie credo chenon ho tirato il fiato finché non sono arrivato a

cento.

Poi smetto di contare. Ho capito che cosa era successo. Quella sponda cosìripida era un'isolae Jim era finito

dall'altra parte. Non era un banco di sabbiache potevi farlo in dieciminuti spinto dalla corrente. Aveva gli alberi grossi

di una vera isola; poteva essere lunga cinque o sei migliae larga più dimezzo.

Me ne sto tranquillo con le orecchie tese per circa quindici minuticosì mipare. Naturalmente andavo colla

corrente a quattro o cinque miglia all'orama di questo non te ne accorgi.Ti pare di stare fermoe se vedi un ramo che

sbuca dall'acqua non ti viene in mente che sei tu che stai andandomatrattieni il fiato e pensi: "Accidenti! come sta

andando forte quel ramo!". Se pensate che stare fuori così da soli dinotte in mezzo alla nebbia non vi fa venire le

paturnie...behprovate e mi saprete dire.

Poi per circa mezz'ora ogni tanto faccio un'urlata; alla fine sento unarisposta molto lontanae cerco di seguirla.31

ma non ci riescoe dopo un po' mi pare che sono finito in una rete di banchidi sabbiaperché mi sembra di vedermeli

intorno da tutte le partie ogni tanto fra di loro c'è uno stretto canale;altri non li vedo ma capisco che sono liperché

sento il rumore dell'acqua contro i cespugli e i rami che crescono sullerive. Purtroppo fra quei banchi finisco per non

sentire più gli urliperché era come trovare un ago in un fienile. Noncredevo che un suono poteva cambiare tanto in

continuazione e spostarsi così alla svelta.

Quattro o cinque volte stavo per finire a rivae ho dovuto allontanarmi intutta fretta per non sbattere contro le

isole che venivano fuori dall'acqua; così mi è venuto in mente che forse lazatterache andava più forte della canoaogni

tanto

si incastrava su qualche spiaggiaperché sennò si sarebbe allontanatacosì tanto che non si poteva più sentire.

Behdopo un po' mi sembra di essere ancora al largoma gli urli non riescopiù a sentirli. Forse Jim è finito

addosso a un ramo e per lui non c'è più niente da fare. Io ero così apezzi che mi sono messo giù sul fondo della canoae

ho deciso che non me ne fregava più di tanto. Non volevo addormentarminaturalmentema mi era venuta addosso una

cocca tale che non riuscivo a tenere gli occhi apertiper cui decido chemagari mi faccio un pisolino.

Però è stato più di un pisolinoperché quando mi sono svegliato lestelle brillavano di una luce fortissimala

nebbia era andata via del tuttoe io stavo facendo un'ansa molto larga conla canoa a poppa in avanti. Non sapevo

dov'ero; credevo che era un sognoe quando comincio a ricordarmi mi vengonoin mente delle vaghe cose dell'altra

settimana.

Lì il fiume era spaventosamente grandee su tutt'e due le rive aveva alberialti e fitti- due solide pareti di

tronchi per quello che si riusciva a vedere alla luce delle stelle. Io guardoa valle e vedo una macchia scura sull'acqua.

Mi precipito a

vederema quando ci arrivo vicino vedo che sono solo due tronchi segati elegati stretti fra loro. Poi vedo

un'altra macchia e l'inseguoe questa volta ci azzecco. Era la zattera.

Quando ci monto su vedo che Jim è seduto lìaddormentatocon la testa frale ginocchia e il braccio destro

penzoloni sul remo di direzione. L'altro remo era a pezzie la zattera erapiena di foglierami e terra. Se l'era passata

brutta.

Io la lego e mi stendo sulla zattera sotto il naso di Jim; poi comincio astiracchiarmi e con i pugni gli finisco

quasi controgli faccio: «CiaoJimma io ho dormito? Perché non mi haisvegliato?»

«Santo cieloHucksiete voi? Allora non siete morto... non sieteannegato... siete tornato? Non riesco a

credercitesoruccionon riesco a crederci. Fatevi guardareragazzofatevitoccare. Nonon siete morto! Siete tornato

sano e salvoproprio lo stesso vecchio Huck... lo stesso vecchio Huckgrazie a Dio!».

«Mache cos'hai Jim? Hai bevuto?»

«Bevuto? Ho bevuto? E come ho potuto bere?»

«E allora perché stai dicendo tutte queste scempiaggini?»

«Io? Che scempiaggini ho detto?»

«Ma come? Mi dici che sono tornato e tutto il restocome se me ne fossiandato via!»

«Huck... Huck Finnguardatemi negli occhi. Non siete andato via?»

«Andar via? Ma di che diavolo stai parlando? Io non sono andato in nessunposto. E dove avrei dovuto

andare?»

«Behsentitepadronec'è qualcosa che non quadraproprio così. Iosono o non sono io? Sono quio dove

sono? È questo che voglio sapere».

«Behio penso che tu sei quiquesto è chiaroma penso anche che sei unvecchio scemo e che la testa non ti

funziona beneJim».

«Ahè così? E allora rispondetemi. Non siete andato fuori con la cima ela canoaper legare la zattera alla

punta del banco di sabbia?»

«No. Quale banco di sabbia? Non ho visto nessun banco di sabbia».

«Non avete visto il banco di sabbia? Sentite un po': la cima non è venutaviacon la zattera che è andata giù per

il fiumee voi che siete rimasto dietro nella nebbia?»

«Quale nebbia?»

«Ma... la nebbia.La nebbia che c'è stata qui tutta la notte. E voi che urlavate e io che urlavofinché ci siamo

persi in mezzo alle isolee uno di noi si è perdutoe quell'altro era comeperduto perché non sapeva più dov'era? E io

non sono andato a sbattere un mucchio di volte contro le isolee non me lasono passata proprio bruttache quasi

annegavo? Ditemipadronenon è così? Rispondete a questo».

«Behper me questo è troppoJim. Io non ho visto nebbiané isolenépasticciné niente. Sono stato qui

seduto a parlare con te tutta la nottefinché ti sei addormentato circadieci minuti fae io credo di aver fatto lo stesso. In

questo tempo non ti potevi sbronzaree quindi hai sognato».

«Ma che mi prenda un colpo! Come ho fatto a sognare tutte 'ste cose in dieciminuti?»

«Accidenti a tehai sognatoperché non è successo proprio un cavolo».

«MaHucklo ricordo bene come...»

«Non vuole dire niente che tu lo ricordi benenon c'è stato niente. Lo soperché sono sempre stato qui».

Per circa cinque minuti Jim non ha detto nientema è rimasto lì a pensarcisu. Poi fa:

«Behallora credo proprio che ho sognatoHuck; ma che mi prenda un colpose non è il sogno più pazzo che

ho mai fatto. Non ho mai fatto un sogno che mi ha stancato così tanto comequesto qua»..32

«Ohquesto è veroperché un sogno può stancare più di tuttoqualchevolta. Ma questo sogno qui è proprio

gagliardo; contamelo su un po'Jim».

Così Jim si è messo sotto e ha cominciato a raccontare tutto dall'inizioalla fineproprio com'era successosolo

che ha fatto diventare tutto molto più grande. Poi ha detto che doveva farela "terpretazione"perché quello era un

segno. Ha detto che il primo banco di sabbia voleva dire che c'era un uomoche ci faceva del benema la corrente era un

uomo che ci portava via da lui. Gli urli erano avvertimenti che ci arrivavanoogni tantoe se non facevamo di tutto per

capirli ci portavano iellainvece di tirarci fuori dalle rogne. Tutti quelbanchi di sabbia erano delle grane che ci

capitavano con dei tipi attaccabrighe e con altri malandrinima se noi cifacevamo gli affari nostri e non ci

rispondevamoe così non li facevamo infuriarepotevamo cavarcela e tirarcifuori dal nebbionee andare nel fiume

grande e sgombroche erano gli stati liberisenza avere più guai.

Si era rannuvolato parecchio subito dopo che ero arrivato sulla zatteramaadesso si stava di nuovo schiarendo.

«Ohbenel'hai interpretato molto bene finoraJim»dico io; «ma questaporcheria che cosa vuole dire?»

Gli mostro le foglie e la terra sulla zatterae il remo spaccato. Ora sivedevano benissimo.

Jim guarda la zatterapoi guarda mee poi di nuovo la zattera. Si erafissato così tanto su quel sogno che non

riusciva a tirarsene fuori e a rimettere tutto a posto com'era veramente. Maquando finalmente riesce a capire come

stanno le cosemi guarda fisso senza sorrideree dice:

«Che cosa vuole dire? Ve lo dico io. Quando mi sono ammazzato di fatica aforza di chiamarvie mi sono

addormentatomi sentivo la morte nel cuore perché vi avevo perdutoe nonm'importava niente di quello che capitava a

me e alla zattera. E quando mi sono svegliato e ho visto che siete tornatosano e salvomi è venuto da piangeree avevo

voglia di mettermi in ginocchio e baciarvi i piediche ero così contento. Evoitutto quello che voi pensavate era come

prendere per i fondelli il vecchio Jim dicendogli una bugia. La porcheriavuol dire questo: porcheria èquello che la

gente fa quando mette delle cose sbagliate nella testa degli amicie li farimanere male».

Poi si è alzato lentamenteed è entrato nel wigwam senza dire altro. Maquello era sufficiente. Mi ha fatto

vergognare così tanto di quello che avevo fattoche mi era venuta voglia diandare da lui e di baciargli io i piedi.

Ci ho messo quindici minuti prima di essere capace di umiliarmi davanti a unnegro - ma gli ho chiesto scusae

dopo non me ne sono pentito. A lui non gli ho più fatto dei brutti scherzie non gli avrei fatto neanche quello se sapevo

che la prendeva così.

XVI • La pelle di serpentecolpisce ancora

Abbiamo dormito quasi tutto il giorno e siamo ripartiti la nottepoco dietroa uno zatterone così lungo che non

finiva mai di passaree sembrava una processione. A ogni estremità portavaquattro remi lunghiper cui doveva avere

sopra almeno trenta uomini. A bordo ci aveva cinque grossi wigwammoltostaccati fra loroe in mezzoall'apertoun

fuoco da campoe all'inizio e alla fine un'asta per la bandiera. Faceva unagrande scena. Doveva essere fantastico

lavorare sopra una zattera compagna.

Siamo entrati in una grande ansae la notte si è rannuvolata e hacominciato a fare caldo. Il fiume era molto

largoe le due sponde avevano un fitto muro di boschidove non ci vedevimai uno spiraglio o una luce. Abbiamo

parlato di Cairoe ci chiedevamo se riuscivamo a riconoscerlo quando ciarrivavamo davanti. Io ho detto che forse non

ce ne saremmo accortiperché avevo sentito dire che sulla riva c'eranoappena una dozzina di casee se per caso in quel

momento non avevano la luce accesa come potevamo sapere che stavamo passandodavanti a una città? Jim ha detto che

potevamo capirlo perché proprio lì si univano i due grandi fiumima io hodetto che magari pensavamo che stavamo

passando la punta di un'isola e che il fiume che poi riprendevamo era quellodi prima. Questo ha preoccupato Jim. - e

anche me. Allora ci siamo domandati che cosa dovevamo fare. Io ho detto chela prima luce che vedevamo andavo a

riva colla canoaa chiedere a qualcunodicendogli che papà era dietro dime col barconee siccome era la prima volta

che faceva quel mestiere non sapeva quanto mancava per arrivare a Cairo. Jimha detto che era una buona ideaper cui

ci siamo messi tranquilli a farci una fumatina e abbiamo aspettato.

Però un ragazzo non è capace di aspettare troppo quando è impaziente discoprire una cosa. Ne abbiamo

parlato e dopo un po' Jim ha detto che la notte era così nera che non c'erapericolo a nuotare fino a quel grosso zatterone

ad ascoltare - forse parlavano di Cairo perché magari contavano di andare eterra a fare bisbocciao comunque

avrebbero mandato a terra delle barche per comprare whisky o carne fresca oqualche altra cosa. Jim ci aveva una bella

testaper essere un negro; al momento giusto gli venivano sempre delle belleidee.

Io mi alzoe dopo essermi tolto i miei stracci salto nel fiume e vadodiritto verso la luce della zattera. Dopo un

po'quando sono quasi vicinorallento e vado avanti piano e prudente. Matutto era a postoe ai remi di direzione non

c'era nessuno. Così nuoto fino a che sono all'altezza del fuoco che c'è inmezzoe poi salgo e mi avvicino piano piano

in mezzo a mucchi di assi tagliatedi sopravvento rispetto al fuoco. Lìc'erano tredici uomininaturalmente erano tutti

quelli che facevano il turnoed era gente che ci aveva la faccia del duro.Ci avevano un barilotto e tazze di stagnoe il

barilotto lo facevano girare. Un uomo stava cantandoanzi stava facendo deiversi che sembrava un toro; e non era una

canzone pulitaniente roba da signorine. Ruggiva col naso e prolungavasempre l'ultima parola di ogni verso. Quando

lui ha finitotutti gli altri si mettono a fare una specie di grido diguerra indiano; poi quello ne canta un'altra. Questa

cominciava così:.33

C'era una donna nella nostra città

Che viveva nella nostra città

Amava il caro marito

Ma anche un altrosicuro.

Cantando tra-la-la la-la

Tra-la la-la la-la

Amava il caro marito

Ma anche un altrosicuro.

E così via per quattordici strofe. Era un po' barbosae quando lui sta percominciare ancora un'altra strofa uno

dice che quella canzone fa morire di noia una vecchia vaccae un altro fa:«Ohsentiper un po' lasciaci in pace». E un

altro gli dice di andarsi a fare una passeggiata. Vanno avanti a sfruculiarloper un bel po' finché quello s'incavola e salta

su e comincia a dire che sono tutti dei bastardie che lui può spaccarglila faccia a ognuno di loro. Tutti saltano su per

menarloma il più grosso della banda si mette in mezzo e dice:

«State dove sietegentiluomini; a lui ci penso io».

Poi fa tre zompi in aria e ogni volta sbatte i tacchi. Getta via la suagiacca di pelle di daino che era tutta piena

di frange e dice: «Non vi mu ovete finché non è finito il massacro»; epoi butta a terra il cappelloche era tutto pieno di

nastrie fa: «Non vi muovete finché non avrà finito di soffrire».

Poi fa un altro zompo in aria e sbatte un'altra volta i tacchi e urla:

«Uuuhhh! Ecco a voi il Terrore dell'Arkansasmascella-di-ferromani-d'ottonepancia-di-rame! Guardatemi!

Io sono l'uomo che la gente chiama "Morte improvvisa" e«Distruzione generale"! Concepito da un uraganopartorito

da un terremotofratellastro del coleracugino del vaiolo per parte dimadre! Guardatemi! Quando sto bene prendo a

colazione diciannove alligatori e una botticella di whiskye quando sonoindisposto un cestino di serpenti a sonagli e il

cadavere di un uomo! Con un'occhiata spacco le rocce eternee quando parlofaccio tacere il tuono! Uuuhhh! State

indietro e fate largo quando passo io! Ai pasti bevo sanguee i lamenti deimorenti sono musica per le mie orecchie!

Gettate gli occhi su di megentiluomini! Tirate giù la testa e tenete ilrespiroche adesso mi scateno!».

Per tutto il tempo che va avanti con questa solfa scuote la testafa lafaccia ferocegonfia il pettosi tira su le

maniche e ogni tanto si rizza e si batte il petto col pugnodicendo:«Guardatemigentiluomini!». Quando ha finito fa

altri tre zompi sbattendo i tacchie ruggisce: «Uuuhhh! sono il più ferocefiglio di gatto selvaggio che c'è al mondo!».

Allora quello che ha cominciato tutto il casino si tira giù il cappellacciosull'occhio destro; poi si piega in

avanti con la schiena curva e il sedere in fuoricoi pugni alzati che faruotare davanti a sée così fa tre giri gonfiandosi

il petto e sbuffando come un toro. Poi si raddrizzafa anche lui uno zompo esbatte tre volte i tacchi prima di ricadere (e

qui tutti applaudono) e comincia a urlare così:

«Uuuhhh! Tirate giù la testa e riparateviche sta arrivando il regno deldolore! Tenetemiche mi sento addosso

una forza da spaccare tutto! Uuuhhh! Sono il figlio del peccatoguai a voise comincio! Mettetevi gli occhiali

affumicati! Non vi azzardate a guardarmi a occhio nudogentiluomini! Quandosono di buonumore mi faccio una rete

coi meridiani e i parallelie drago l'Atlantico a pesca di balene! Coifulmini mi gratto la testa e i tuoni mi fanno la ninna

nanna! Quando ho freddo faccio bollire il golfo del Messico e ci faccio ilbagno; quando ho caldo mi faccio vento cogli

uragani; quando ho sete alzo il braccio e mi succhio una nuvola; e quando hofame dove passo io c'è la carestia!

Uuuhhh! Tirate giù la testa e riparatevi! Se copro il sole colla manofaccio subito notte; se mangio un pezzo di lunale

stagioni arrivano prima; se do una scrollata faccio venir giù le montagne!Mettetevi il cuoio davanti agli occhi - non

guardatemi a occhio nudo! Sono l'uomo dal cuore di pietrache ci ha lebudella come caldaie. Massacrare città isolate è

il mio passatempodistruggere nazioni è il mio mestiere! Lo spazio immensodel grande deserto americano è mia

proprietà privatae i miei morti li seppellisco tutti nella mia terra!».Fa ancora uno zompo e sbatte tre volte i tacchi (e

tutti lo applaudono un'altra volta)e quando ricade a terra urla: «Uuuhhh!Tirate giù la testa e riparateviche arriva il

Figlio della calamità!».

Allora riattacca l'altro - quello che si chiamava Bob - a girare e agonfiarsi il pettoe poi riprende il Figlio della

calamitàpiù bullo di prima; e poi ricominciano tutti e due nello stessomomento e allora si mettono a girare uno contro

l'altroguardandosi di bruttogonfiandosi il pettoagitando i pugnidavanti alla faccia e facendo «Uuuhhh!» e altri

versacciche sembravano due indiani; poi Bob dice delle male parole alFiglio e il Figlio ci risponde; quindi Bob ce le

dice ancora più pesanti e il Figlio ci risponde con delle parolacce come nonavevo mai sentito; allora Bob butta giù il

cappello al Figlioe il Figlio lo tira su e sbatte giù quello di Bobcontutti i suoi nastria circa sei piedi; Bob lo va a

raccattare e ci dice che mica finisce cosìche lui è un uomo che nondimentica e non perdonae quindi il Figlio stia

attentoperché arriverà il momento buonosicuro come la morteche luidovrà rendere conto col sangue di quelle cose

lì. E il Figlio ci dice che nessuno sarà più contento di lui quandoarriverà quel momentoe che lui oraa Bobci dà

questo avvertimento: di stargli alla largaperché non avrà riposo finchénon avrà fatto il bagno nel suo sangueperché

lui è fatto cosìanche se adesso lo risparmia perché ha pietà della suafamigliase ne ha una.

Tutti e due se ne vanno in direzioni diverseringhiando e scuotendo la testae continuando a dire quello che

avrebbero fatto; ma un tipetto con dei baffi neri salta su e dice:

«Tornate un po' indietroconigli che non siete altroche vi concio io perle festea tutti e due!»..34

E lo fa davvero. Li piglia e li sbatte di qua e di làli fa volare e quellinon fanno in tempo a tirarsi su che lui li

sbatte giù di nuovo. Dopo neanche due minuti quei due si mettono apiagnucolare come due cagnetti presi a calci - e

quanto urlavano e ridevano quegli altrie come battevano le mani egridavano: «Fatti sottoTerrore dell'Arkansas!»

«Dagli! Figlio della calamità!»«È forteil piccolo Davy!». Behperun po' c'è una bella baraonda. Quando è finitaBob

e il Figlio ci hanno il naso rosso e gli occhi neri. Il piccolo Davy gli hafatto dire che loro sono dei fifoni e dei coniglie

che non sono degni di mangiare coi cani o di bere coi negri; allora Bob e ilFiglio si stringono la mano solennementee

dicono che loro si sono sempre rispettati e che il passato è passato. Poivanno a lavarsi la faccia nell'acqua; e proprio

allora arriva un ordine di prepararsi a traversare dall'altro lato del fiumee alcuni vanno a governare i remi di direzione

a prua e gli altri quelli a poppa.

Io me ne sto li quieto per una quindicina di minuti e mi faccio una fumatinacon una pipa che uno di loro aveva

lasciato lì a portata di mano; poi la traversata finisce e loro tornanosifanno una bevutina e riprendono a parlare e

cantare. Poi tirano fuori un vecchio violinoe uno si mette a suonare e unaltro batte il tempoe il resto si sparpaglia in

giro a ballare. Però dopo un po' ci hanno il fiatone e così si risiedono eriprendono col barilotto.

Cantano «Che bellache bella la vita sulla zattera»e poi cominciano aparlare delle differenze fra i vari tipi di

maialie le diverse abitudini che hanno; e poi delle donne e del loro mododi fare; e poi della maniera migliore per

spegnere gli incendi delle case; e poi di come bisogna fare cogli indiani; epoi di quello che deve fare il re e di quanti

soldi ci ha; e poi che cosa bisogna fare quando uno ha le convulsioni; e poidelle differenze fra i fiumi coll'acqua chiara

e i fiumi coll'acqua fangosa. Quello che si chiama Ed dice che l'acquafangosa del Mississippi è meglio da bere

dell'acqua chiara dell'Ohio; dice che se lasci riposare l'acqua gialla delMississippial fondo si deposita mezzo pollice o

tre quarti di fangosecondo lo stato del fiume - e allora vale quantol'acqua dell'Ohio; e che la cosa da fare è agitarla

sempree quando il fiume è basso bisogna tenersi vicino del fango emettercelo dentrocosì che l'acqua diventa spessa

al punto giusto.

Il Figlio della calamità dice che è proprio cosìche il fango ènutritivoe che quello che beve l'acqua del

Mississippi può piantarsi il granturco nello stomaco se vuole. Dice:

«Guardate i cimiteri e capirete. Gli alberi vengono su striminziti nelcimitero di Cincinnatima in quello di St.

Louis arrivano a più di ottocento piedi d'altezza. E tutto per viadell'acqua che la gente beve prima di morire. I cadaveri

di Cincinnati non arricchiscono il suolo proprio per niente».

E poi parlano come all'acqua dell'Ohio non ci piace di mescolarsi con l'acquadel Mississippi. Ed dice che se

guardi l'acqua del Mississippi quando è in pienache invece l'Ohio è inmagravedi una striscia di acqua chiara sul lato

est del Mississippi che va avanti per cento miglia o piùma se esci di unquarto di miglio dalla riva e superi quella linea

lìal di là è spessa e gialla fino all'altra riva. Poi parlano di comefare perché il tabacco non ci abbia la muffae da lì

passano a discutere dei fantasmie raccontano di cose viste da altri; peròEd fa:

«Perché non dite qualcosa che avete visto proprio voi? Ora voglio dire unacosa io. Cinque anni fa ero su una

zattera grande come questa ed eravamo da queste partiche c'era una bellalunae io ero di guardia e governavo il remo

di dritta a poppae uno dei miei compagni era un uomo che si chiamava DickAllbrighte lui viene dove sto io a poppa -

e si mette a sbadigliare e a stirarsi - e si china sul bordo della zattera alavarsi la faccia nel fiumepoi viene a sedersi

vicino a me e tira fuori la pipache l'aveva appena riempitae mi guarda efa:

«"Guarda un po' lì"mi fa"non è il posto di Buck Millerquello lì alla curva?"

«"Sì"dico io"perché?". Lui si tira via la pipa eappoggia la testa sulla mano. Poi dice:

«"Credevo che eravamo più giù". Io dico:

«"Lo credevo anch'ioquando ho smontato" - facevamo turni di seiore - "però i ragazzi m'hanno detto"dico

io"che da un'ora sembra che la zattera non si muove neancheanche seadesso sta andando via allegra"dico io. Lui

allora fa una specie di lamento e dice:

«"Un'altra volta ho visto una zattera fare cosìda questeparti"dice"mi pare che da due anni in qua la

corrente si ferma dietro a questa curva"dice.

«Behlui si alza due o tre volte e va a guardare lontano e poi l'acqua. Eio lo seguo ogni volta. La gente fa

sempre quello che fanno gli altrianche se sono cose senza senso. Subitovedo un coso nero che galleggia sull'acqua a

dritta e si piazza dietro di noi. Vedo che lo sta guardando anche lui.Faccio:

«"Che cos'è?". E lui dicecon una voce dispettosa:

«"Nienteè solo un barile vuoto".

«"Un barile vuoto?"faccio io"accidenti"dico"ci hai una vista che è meglio d'un cannocchiale. Come fai a

dire che è un barile vuoto?". E lui fa:

«"Non lo so; forse è un barilema magari no"dice lui.

«"Sì"dico io"magari lo èma forse è un'altra cosa;mica si può dire nientea una distanza compagna"faccio

io.

«Non ci abbiamo niente altro da fare e così continuiamo a guardarlo. Dopoun po' io dico:

«"Guarda lìDick Allbrightmi pare che quell'affare va più forte dinoi".

«Lui non dice niente. Quell'arnese si avvicina sempre piùe mi sembra cheè un caneche però è stanco morto.

Behfacciamo una deviazione come per traversare e quel coso traversa anchelui passando sulla luce della luna riflessa

sull'acquaecàspitaè proprio un barile. Io dico:

«"Dick Allbrightche cosa ti ha fatto pensare che era un barilequando era a mezzo miglio?"faccio io. E lui

dice:.35

«"Non lo so". Io dico:

«"DimmeloDick Allbright". Lui fa:

«"Behlo sapevo che era un barile; l'ho già visto; c'è un sacco digente che l'ha visto; dicono che è un barile

incantato".

«Ho chiamato gli altri che facevano il turnoe loro sono venuti e sonostati lì a sentiree gli ho detto che cosa

aveva detto Dick. Ormai quell'affare era alla nostra altezzaperò nonguadagnava più su di noi. Era a circa venti piedi.

Alcuni lo vogliono tirare a bordoma gli altri non vogliono. Dick Allbrightdice che le zattere che hanno voluto

giocarcicon quel coso lìhanno avuto delle disgrazie. Il capoturno diceche lui non ci crede. Dice che per lui il barile

va più forte di noi perché è in una corrente un po' più veloce dellanostra. Dice che fra un po' lo perdiamo.

«Allora cominciamo a parlare di altre cosecantiamo una canzonefacciamoun ballo; poi il capoturno dice di

cantare un'altra canzone; ma ora il cielo si stava coprendo di nuvole e ilbarile restava sempre lì dov'erae la canzone

non ci viene benenon c'è allegriae non la cantano neanche tuttae nonci sono applausima finisce così e per un

minuto nessuno dice niente. Poi tutti attaccano a parlare nello stesso tempoe uno racconta una barzellettama non c'è

niente da farenon ride nessunoneanche il tipo che l'ha raccontatachequesta è una cosa che non capita mai. Ce ne

stiamo lì tutti ingrugnati a guardare il barilema siamo come sulle spine.Behpoi diventa tutto nero e calmoe quindi

comincia a fischiare il ventoe poi ci sono lampi e attaccano i tuoni. Esubito dopo c'è una bella tempesta e uno che

corre a poppa sotto l'acqua cade e si sloga una cavigliache poi devestarsene dis teso. I ragazzi scuotono la testae ogni

volta che c'è un lampo vediamo il barile che sbuca fuori da quella luce blu.Stiamo lì quasi ad aspettarlo. Poiverso

l'albanon c'è più. Quando viene il giorno non lo vediamo più da nessunapartee non è che ci dispiace.

«Ma la notte dopocirca alle nove e mezzache eravamo tutti presi acantare e fare baldoriaeccolo che viene

di nuovoe si mette nella stessa posizionea dritta. Le risate finiscono dicolpo. Tutti diventano seri; non parla nessuno;

non si riesce più a far fare niente a nessunoche tutti se ne stanno lìcolla faccia scura a guardare il barile. Vengono di

nuovo le nuvolee quando cambia il turno quelli che hanno finito non vanno adormire ma rimangono alzati. Il

temporale va avanti per tutta la notte con una furia pazzescae sotto lapioggia ce n'è un altro che inciampa e si sloga la

cavigliae deve mettersi disteso. Il barile se ne va verso l'albae nessunolo vede quando si allontana.

«Per tutta la giornata non parla nessuno e sembra di essere a un funerale.Non è che non bevonoanzi. Bevono

più del solito - ma non insieme - ognuno se ne sta nel suo brodo e beve dasoloin silenzio.

«Quando si fa buioil turno che smonta non se ne va; nessuno cantanessunoparla; i ragazzi non si disperdono

neanche in giro per tutta la zattera; si ammucchiano tutti insiemea pruaeper due ore se ne stanno lìin perfetto

silenzioguardando fisso in una direzionee ogni tanto fanno un sospiro. Edecco che arriva di nuovo il barilee si mette

sempre nella stessa posizione. Lì rimane per tutta la nottee nessunorientra alla fine del turno. Dopo mezzanotte viene

di nuovo il temporalee c'è buio pestocon pioggia fortissima e grandinee il tuono che non smette un momento di

ruggiree il vento che soffia da far spaventoe il fulmine che illuminatuttoche sulla zattera si può vedere ogni cosa

come di giorno; e il fiume che infuriabianco come il latte per miglia emigliaa perdita d'occhioe quel barile che sta

sempre lì. Il capitano ordina di andare a manovrare i remi di direzione pertraversare dall'altra parte del fiumema non

vuole andare nessuno - dicono che sono stufi di slogarsi le caviglie. Nonvogliono neanche avvicinarsialla poppa. Beh

proprio allora si squarcia il cielo con un rumore infernale e un fulmineammazza due uomini che facevano il turno a

poppae altri due li azzoppa. E sapete come si azzoppano? Sislogano le caviglie!

«Il barile sparisce fra i fulminiverso l'alba. Behquella mattina nessunoha voglia di mangiare un boccone a

colazione. Gli uomini gironzolano a gruppetti di due o trema nessuno siavvicina a Dick Allbright. Lo evitano tutti. E

se lui capita dove ci sono degli altri riunitiil crocchio si sciogliesubito. Nessuno vuole stare ai remi di direzione con

lui. Il capitano fa tirare su tutte le scialuppe e le fa ammucchiare vicinoal wigwame non vuole far portare a terra i due

morti per seppellirliperché è sicuro che se qualcuno va a terrasullazattera non ci torna più; e ha ragione.

«Quando viene la notte si capisce subito che se torna quel barile ci sarannodegli altri guai; in giro ci sono

mugugni e facce scure. Molti volevano accoppare Dick Allbrightperché luiaveva visto il barile in altri viaggie la cosa

puzzava. Alcuni volevano lasciarlo a terra. Altri dicono che dobbiamo andarea terra tutti in massa se quel barile

ricompare ancora.

«Gli uomini erano tutti ammucchiati a poppa a brontolare e a vedere searrivava il barilequando eccolo lì che

arriva! Viene verso di noi lento e continuoe si rimette nella sua solitaposizione. Si poteva sentir cadere uno spillo.

Allora salta su il capitano che dice:

«"Ragazzinon fate gli scemi e i bambini; io non voglio che 'stobarile ci venga dietro fino a New Orleanse

non lo volete neanche voi; behche facciamo per fermarlo? Lo bruciamo - eccoche facciamo! Vado a prenderlo e lo

tiro a bordo"dice lui. E prima che qualcuno ci ha il tempo di direbehsi tuffa e va.

«Nuota fino al barilee quando torna spingendoselo davanti gli uomini sispostano tutti da una parte. Ma il

vecchio lo issa a bordo e ci dà una botta per aprirloe dentro c'era unbambino! Sicuroun bambino tutto nudo. Era il

bambino di Dick Allbright; è lui che ce lo dice.

«"Sì"dice piegandosi su di lui"sìè il mio poverocompianto figliolo Charles William Allbright

prematuramente scomparso"dice - perché lui sapeva parlare bene se gliveniva vogliausando tutte 'ste parolonee te le

sbatteva in facciacosì. Sìci ha dettolui una volta viveva all'iniziodi quella curvae una volta ha soffocato il

bambinoche stava piangendoma lui non aveva intenzione di ucciderlo - maquella forse era una balla - e poi ha avuto

paura e allora lo ha seppellito in un barile prima che tornasse a casa suamoglie. Così se n'è andato; ha preso la strada

per il nord e ha cominciato a lavorare sulle zattere; ed erano tre anni cheil barile lo seguiva. Ci ha detto che le prime.36

disgrazie erano roba da pocoma poi peggioravano e duravano finché nonerano morti quattro uominie dopo il barile

non li seguiva più. Ha detto che gli uomini avevano da resistere ancora peruna notte... che tutto andava avanti come al

solito... Ma gli uomini ne avevano abbastanza. Cominciano a mettere in acquauna barca per portarlo a terra e linciarlo

ma lui abbranca all'improvviso il bambino e salta nel fiume stringendoselo alpettoe piangevae da allora nessuno l'ha

più rivistoné lui né l'anima tormentata di Charles William».

«Chi piangeva?»domandaBob«Allbright o il bambino?»

«Ma Allbrightnaturalmente; non vi ho detto che il bambino era morto? Eramorto da tre anni - come poteva

piangere?»

«Behma se non poteva piangere - come poteva conservarsi per tutto questotempo?»fa Davy. «A questo che

cosa rispondi?»

«Non so come ha fatto»dice Ed. «Però l'ha fatto - questo è tuttoquello che so».

«E del barile che cosa ne hanno fatto?»dice il Figlio della calamità.

«Behl'hanno buttato in acquaed è andato giù come il piombo».

«Edwardil bambino ci aveva l'aspetto di uno che l'hanno soffocato?»chiede uno.

«Ci aveva la riga fra i capelli?»domanda un altro.

«Il barile di che marca eraEddy?»fa quello che chiamano Bill.

«Ce l'hai ancora il giornale con tutta 'sta sbrodolataEdmund?»diceJimmy.

«Senti un po'Edwineri tu uno dei due che sono stati ammazzati dalfulmine?»domanda Davy.

«Uno? Oh nolui era tutti e due»dice Bob. E tutti si piegano in due dalridere.

«Di'Edwardnon credi che è meglio se prendi una pastiglia? Ci hai unabrutta faccia... non ti senti pallido?»

fa il Figlio della calamità.

«AndiamoEddy»fa Jimmy«tira fuori quello che hai. Devi aver tenuto unpezzo del barile come prova. Facci

vedere il foro per il tappo - perpiacere - e noi ti crediamo».

«Sentiteragazzi»fa Bill«dividiamola in parti uguali. Siamo intredicie io posso bere un tredicesimo di 'sta

frottolase voi mandate giù il resto».

Ed s'è infuriato di bruttoe li ha mandati tutti a fare qualcosa - però hausato una parola molto più precisa - e

poi se n'è andato a poppa borbottando fra sée tutti a urlargli dietro e asfotterloe a sghignazzare che si sentivano a un

miglio.

«Ragazziadesso ci facciamo un'anguria»dice il Figlio della calamità; eva a frugare al buioin mezzo ai

mucchi delle assiproprio dove stavo ioe con una mano mi tocca. Cosìsente qualcosa di nudocaldo e sofficee fa uno

zompo indietro dicendo «Aaah!».

«Portate qui una lanterna o un tizzone del fuocoragazzi; c'è qui unserpente grosso come una vacca!».

Allora corrono tutti lì con una lanterna e si ammucchiano tutti a guardarmi.

«Vieni fuori di lìmariolo!»dice uno.

«Chi sei?»chiede un altro.

«Che cosa cerchi qua? Sputa subito l'osso o finisci diritto in acqua».

«Tiratelo fuoriragazzi. Prendetelo per i piedi».

Io comincio a pregarlie striscio fuori in mezzo a loro tutto tremante. Loromi scrutano da tutte le partima non

sanno che farefinché il Figlio della calamità dice:

«È un maledetto ladro! Venitemi a dare una manoche lo sbattiamo inacqua!»

«No»fa il Grande Bob«tiriamo fuori il barattolo della verniceche lopitturiamo tutto di celeste dalla testa ai

piedie poi lo buttiamo fuori!»

«Bene! Facciamo così! Vai a prendere la verniceJimmy».

Quando arriva la vernicee Bob prende il pennello e sta per cominciare - egli altri tutti giù a ridere e a fregarsi

le mani -io mi metto a piangeree allora a Davy gli passa la vogliaedice:

«Piantatela! Non vedete che è un ragazzino? Se qualcuno lo tocca lo pitturoio per bene!».

Io alzo gli occhi in giroe alcuni brontolano e mugugnanoe Bob mette giùil barattoloma gli altri non lo

tirano su.

«Vieni qua al fuocoe vediamo che cosa stavi combinando qui»fa Davy.«Siediti e dicci chi sei. Da quanto

tempo eri su a bordo?»

«Da neanche un minutosignore»faccio io.

«Come hai fatto ad asciugarti così in fretta?»

«Non lo sosignore. Ci metto sempre poco ad asciugarmi».

«Davveroeh? E come ti chiami?»

Non volevo dircelocome mi chiamavo. Non so che cosa risponderee alloradico:

«Charles William Allbrightsignore».

Allora tutti si fanno una grande sghignazzatae io sono contentissimo chel'ho dettoperché magari una risata li

mette di buonumore.

Quando hanno finito di ridere Davy mi fa:

«Non ce la conti giustaCharles William; neanche in cinque anni potevicrescere così tantoe poi quando sei

venuto fuori dal barile eri un lattanteed eri anche morto. Andiamosudicci la verità e non ti farà del male nessunose

non sei venuto a bordo a combinare qualche guaio. Come ti chiami?».37

«Aleck Hopkinssignore. Aleck James Hopkins».

«BeneAleck. E fino a qui da dove ci sei arrivato?»

«Da un barcone da trasporto. È ormeggiato làdietro la curva. Io ci sononatosul barcone. Papà ci ha lavorato

per tutta la vita. Mi ha detto di venire a nuoto fino a quiperché quandosiete passati voleva dirvia uno di voidi andare

a parlare a un certo Mr. Jonas Turnera Cairoe di dirci...»

«Andiamo!»

«Sìsignoreè la veritàve lo giuro; papà dice...»

«Dillo a tua nonna!».

Si mettono tutti a rideree io provo di nuovo a parlarema loro miinterrompono.

«Senti un po'»fa Davy; «adesso ci hai fifae quindi dici dellefregnacce. Vivi davvero su un barconeo è una

balla?»

«Sìsignoresto in un barcone. Però mica ci sono nato. Questo è ilnostro primo viaggio».

«Ora va meglio. E perché sei venuto a bordo? Per rubare?»

«Nosignore... Volevo solo fare un giro sulla zattera. A tutti i ragazzi cipiace viaggiare sulle zattere».

«Ehlo so! Ma perché ti sei nascosto?»

«Perché qualche volta i ragazzi li sbattono giù».

È vero. Behpotrebbero fregare la roba. Senti un po'; se questa volta tilasciamo andareprometti che non lo

farai più?»

«Certocapo. Potete contarci».

«Bene allora. Non sei molto lontano dalla riva. Giù in acquaalloraeun'altra volta non farlo più. T'è andata

beneragazzoin un'altra zattera ti avrebbero fatto blu dalle botte!».

Io non aspetto il bacio dell'addioma mi tuffo in acqua e vado diritto ariva. E quando passa Jim colla nostra

zatteralo zatterone è già andato al di là della punta e non si vedepiù. Io mi butto di nuovo in acqua e ci salgo sue sono

contento che sono di nuovo a casa.

Adesso non c'è altro da fare che stare con gli occhi aperti per non passaredavanti alla città senza vederla. Jim

ha detto che era sicuro di vederlaperché quello per lui voleva dire essereliberoma se non stava attento e se la faceva

scappare finiva ancora in regioni schiaviste senza più possibilità dilibertà. Ogni tanto salta su a dire:

«Eccola lì!».

Ma non erano luci di case. Erano fuochi fatui o lucciole; così lui sirimetteva seduto e continuava a scrutare

come prima. Jim diceva che si sentiva pieno di brividi e di febbre alpensiero che era così vicino alla libertà. Behposso

dirvi che mi sentivo anch'io pieno di brividi e di febbre a sentirloperchéha cominciato a venirmi in mente che lui era

quasi libero - e chi aveva la colpa di questo? Behio.Anche se non volevo pensarciera una cosa che mi sentivo sulla

coscienza. Mi tormentava e non riuscivo a star tranquillo; continuavo amuovermi e a cambiare posto. Prima non ci

pensavo maia questa cosa che stavo facendo. Ma adesso sìce l'avevosempre in testae mi bruciava sempre più. Ho

cercato di convincermi che io non ci avevo colpaperché non ero stato io aportarlo via al suo legittimo padronema era

inutile; la coscienza ogni volta mi rispondeva e mi diceva: "Ma tu losapevi che lui scappava perché voleva la libertàe

potevi andare a riva colla canoa e avvertire qualcuno". Era propriocosì - non riuscivo in nessun modo a togliermi quel

pensiero che mi tormentava. E la coscienza mi diceva: "Che cosa ti hafatto la povera Miss Watsonche hai visto il suo

negro che ti scappava proprio sotto gli occhie non l'hai detto a nessuno?Che cosa ti ha fatto quella povera vecchiache

ci fai una porcheria come questa? Lei ha cercato di impararti i librihacercato di impararti le buone maniereha cercato

di essere brava con te in tutti i modi che poteva. Eccoquello che ha fatto".

Mi sentivo come un verme schifoso ed ero così a terra che avevo quasi vogliadi essere morto. Camminavo

avanti e indietro sulla zattera imprecando contro me stessoma anche Jimfaceva su e giù. Nessuno dei due riusciva a

stare fermo. Tutte le volte che lui prendeva a ballarmi intorno dicendo «Ahecco Cairo!»provavo un colpo al cuore e

pensavo che se quello era veramente Cairo sarei morto per la disperazione.

Jim continuava a parlare fortementre io parlavo fra me. Diceva che la primacosa che faceva quando arrivava

in uno stato libero era di mettersi a risparmiare i soldi e a non spendere unsolo centesimoe quando ne aveva

abbastanza avrebbe comprato sua moglieche era schiava in una fattoriavicino a dove viveva Miss Watson; e poi tutti e

due avrebbero lavorato per comprare i due figlie se il padrone non ce livoleva vendere avrebbero chiesto aiuto a

qualche abolizionistache poteva rubarli e riportarceli a loro.

Mi veniva freddo a sentire quei discorsi. Prima non avrebbe mai osato parlarein quella maniera. C'era da

restare secchia pensare a che cambiamento aveva fatto dal momento checredeva che ormai era libero. Era proprio vero

quello che diceva la genteche «se dai a un negro un ditolui si prendetutto il braccio». E questo perché ho fatto tutto

senza pensare. Ecco qui un negro che io ho quasi aiutato a scapparee mispiattella in facciatutto tranquilloche ruberà

i suoi figli - figli che appartenevano a un uomo che io manco conoscevoa unuomo che non mi aveva fatto nessun

male.

Mi dispiaceva sentire Jim dire quelle cosenon me lo aspettavo da lui. Lamia coscienza ricominciava a

sgridarmi più forte che maifinché io alla fine gli rispondo: 'Lasciamifare... non è ancora troppo tardi... alle prime luci

del giorno vado a terra con la canoa e racconto tutto". Mi sono sentitosubito sollevatofelice e leggero come una

piuma. Mi era passata tutta la tristezza. Mi sono messo sotto a cercare unaluce a rivae cantavo fra me e me. Dopo un

po' se ne vede una. Jim strilla:.38

«Siamo salviHucksiamo salvi! Che colpo abbiamo fattoquella è la caravecchia Cairo finalmenteio lo

so!».

Io faccio:

«Prendo la canoa e vado a vedereJim. Magari non lo è».

Lui salta in piedi a preparare la canoae mette giù sul fondo la suavecchia giaccacosì che sto più comodo; e

mentre mi allontano mi dice:

«Molto presto io urlerò dalla gioiae allora dirò: per questo devo diregrazie a Huck; sono un uomo liberoe

come potevo mai essere libero se non era per Huck? È stato tutto merito suo.Jim non vi dimenticherà maiHuck; voi

siete il meglio amico che ci ha avuto Jim; voi siete il soloamico che il vecchio Jim ci haadesso».

Io remavo come un disperatotutto sudatoper andare a denunciarlomaquando lui mi dice questo è come se

di botto mi manca la forza. Ho continuato lentamentee non sapevo più seero contento che stavo andandooppure no.

Quando sono a cinquanta iardeJim dice:

«Ed eccolo lìil bravovecchio Huck; il solo signore bianco che ha maimantenuto una promessa al vecchio

Jim».

Behstavo male. Peròmi dicevo fra medevofarlo - di qui non si scappa.Ma proprio allora arriva una barca

con due uomini sopracon in mano il fucile; loro si fermano e mi fermoanch'io. Uno di loro dice:

«Che cos'è quell'affare laggiù?»

«Una zattera»dico io.

«È tua?»

«Sìsignore».

«Quanti uomini ci sono sopra?»

«Solo unosignore».

«Behsono scappati cinque negri stanottelàproprio alla punta dellacurva. L'uomo della tua zattera è bianco

o nero?»

Io non ho risposto subito. Ho cercatoma non mi venivano le parole. Hoprovato per un secondo o due a

vedere se trovavo la forza di parlarema non ho avuto fegato - ne avevo menodi un coniglio. Mi sentivo floscio come

un sacco vuoto e allora ho smesso di lottare e ho detto:

«Bianco».

«Meglio andare a vedere coi nostri occhi».

«Magari lo faceste»dico io«perché è il mio papàche è malatoeforse potete aiutarmi a trainare la zattera a

rivadove c'è la luce. Sta male - e anche la mamma e Mary Ann».

«Ohdiavolo! Abbiamo frettaragazzo; però penso che dobbiamo venire.Forza - spingi con la pagaiae

andiamo».

Io mi metto alla pagaiae loro ai remi. Dopo un colpo o due io faccio:

«Il papà vi sarà molto obbligatoposso dirvelo. Scappano tutti quando glidico di aiutarmi a trainare la zattera a

rivae da solo non ce la faccio».

«Behsono dei disgraziati a fare così. È strano davvero. Sentiragazzoche cos'ha tuo padre?»

«Ha il... un... il... behnon è niente di grave».

Si fermano di colpo. Ormai alla zattera ci mancava pochissimo. Uno dice:

«Ragazzostai dicendo una bugia. Che cos'ha il tuo papà? Parla chiaroesarà meglio per te».

«Sìsignorecerto - ma non lasciateciper favore. Ha il... il...signorise voi continuate a remaree date a me la

cima da fissarenon dovrete venire vicino alla zattera... per favore».

«Sta' indietroJohnsta' indietro!»dice uno dei due. Cominciano adallontanarsi. «Sta' alla largaragazzo;

tieniti sottovento. Càspitaproprio adesso ha soffiato verso di noi. Il tuoPapà ha il vaioloe tu lo sai benissimo. Perché

non ce l'hai detto subito? Vuoi attaccarlo a tutti?»

«Beh»dico io balbettando«finora l'ho detto a tuttie tutti se ne sonoandati via piantandoci in asso».

«Poverinohai ragione anche tu. Ci dispiace un sacco per tema noi...accidentiil vaiolo non lo vogliamo!

Sentiti dico io quello che devi fare. Non cercare di sbarcare da soloperché così rovini tutto. Lasciatevi portare dalla

corrente per altre venti miglia e arriverete a una città sulla riva sinistradel fiume. Sarà parecchio dopo l'albae quando

chiederai aiuto digli che i tuoi sono a letto con i brividi di febbre. Nonfare lo scemo un'altra voltache fai capire alla

gente che malattia è. Ora stiamo cercando di farti una gentilezzama tu fa'il bravo e metti venti miglia fra te e noi. Non

serve a niente sbarcare là dove c'è quella luce - è solo un deposito dilegname. Behsenti... immagino che tuo padre è

poveroe penso di capire che se la sta passando male. Ecco... metto unamoneta d'oro da venti dollari su quest'assee tu

prendila quando ti arriva vicino. Mi sento un verme a lasciarti cosìmacribbio! non si scherza col vaiolocapisci?»

«AspettaParker»fa l'altro«ecco un altro pezzo da venti da parte miada mettere sull'asse. Addioragazzofa'

come ti ha detto Mr. Parker e ti troverai bene».

«Proprio cosìragazzo... addioaddio. Se trovi dei negri fuggiaschiaiuta a prenderli e ci farai la grana».

«Addiosignore»dico io«non lascerò scappare nessun negro fuggiascose potrò».

Se ne sono andati e io sono salito sulla zattera con il morale a terra comenon maiperché capivo benissimo

che ero stato una bella carognae vedevo che proprio non riuscivo a farneuna giusta; uno che non comincia bene

quando è piccolo non ci ha più speranza - quando viene il momento buono nonci ha nessuno che gli dà una mano e gli

dice quello che deve faree così lui continua a sbagliare. Poi ci hopensato un minuto e mi sono dettoun momento!.39

immagina che hai fatto il tuo dovere e che hai mollato Jim; ti sentirestimeglio di adesso? Nomi rispondomi sentirei

maleproprio come adesso. Behallorami dicoa che serve imparare acomportarsi come si devequando a far bene si

prova l'infernoe fare il male viene così facilee il risultato è poi lostesso? Sono restato lì che non sapevo che fare. E

allora ho deciso che me ne stropicciavoe avrei fatto sempre quello che miandava.

Sono entrato nel wigwam; Jim non c'era. Ho guardato tutto intorno; non era danessuna parte. Io dico:

«Jim!»

«Sono quaHuck. Sono ancora qui vicino? Non parlate forte».

Era in acquasotto il remo di poppae teneva fuori solo il naso. Gli hodetto che erano andatie lui è salito a

bordo. Mi fa:

«Ho sentito tutta la chiacchieratae allora mi sono messo giù nel fiume eandavo a riva a nuoto se salivano a

bordo. Poi quando se ne andavano tornavo sulla zattera. Dio santocome sieteriuscito a infinocchiarli beneHuck! Siete

stato veramente in gamba! Io dico che siete stato voi a salvare il vecchioJim - e questo il vecchio Jim non se lo scorderà

maitesoruccio».

Poi abbiamo parlato dei quattrini. Venti dollari a cranio era un bel colpo.Jim ha detto che ora potevamo

comprare un passaggio su un vaporee che quel denaro ci bastava per andaredove volevamo negli stati liberi. Ha detto

che altre venti miglia non erano molto da fare in zatterama a lui cisarebbe piaciuto essere già arrivato.

Verso l'alba abbiamo legato la zatterae Jim è stato molto attento anasconderla bene. Poi ha lavorato tutto il

giorno a fare dei fagotti e a preparare tutto per quando lasciavamo lazattera.

Quella sera intorno alle dieci abbiamo avvistato le luci di una cittàdavanti a noi in un'ansa sulla riva sinistra.

Io mi sono avvicinato colla canoa a chiedere informazioni. Abbastanza prestoho trovato un uomo in una barca

che stava mettendo giù le lenze. Ci sono andato incontro e gli ho fatto:

«Ehicapoquella città è Cairo?»

«Cairo? Nodevi essere proprio stupidotu».

«Che città ècapo?»

«Vaccie lo saprai. E se vai avanti ancora un po' a scocciarmivedrai checosa ti succede».

Sono tornato alla zattera. Jim c'è rimasto da canema io gli ho detto dinon prenderselaperché la città

successiva sarebbe stata certamente Cairo.

Prima dell'alba siamo passati davanti a un'altra cittàe io stavo perandare a vedere come si chiamavama poi

non l'ho fatto perché le rive erano alte e Jím aveva detto che intorno aCairo il terreno non era alto. Io non mi ricordavo

com'era. Per la fermata ci siamo sistemati abbastanza vicino alla rivasinistra. Io cominciavo ad avere dei sospettie

anche Jim. Dico:

«Magari abbiamo passato Cairo quella notte quando c'era la nebbia».

Lui dice:

«Non me ne parlateHuck. I poveri negri non hanno mai fortuna. Lo sapevoche quella pelle di serpente non

aveva finito di portare male».

«Magari non avessi mai visto quella pelle di serpenteJim... magari non ciavessi mai messo gli occhi sopra».

«Non è colpa vostraHuck; voi non lo sapevate. Non l'avete fattoapposta».

Quando si fa giorno eccoci nelle acque chiare dell'Ohiovicino alla spondanon ci sono più dubbie al largo il

fango del Mississippi! Cairo era andato.

Ci abbiamo discusso un bel po'. Andare a riva non era il caso; e collazattera non potevamo neanche risalire la

corrente. Non c'era altro da fare che aspettare il buio e tornare indietrocolla canoasperando in bene. Abbiamo dormito

tutta la notte in un boschetto di pioppi per essere freschi per quellafaticatae quando siamo tornati alla zattera col buio

la canoa era sparita!

Per un bel po' siamo rimasti senza parole. Non c'era niente da dire. Sapevamobene tutti e due che era ancora

l'influsso di quella pelle di serpentee dunque a che serviva parlarne?Poteva sembrare che ce l'avevamo su con leicon

la pelleche magari si indispettiva e ci portava altre disgrazie finché nonimparavamo a tenere chiuso il becco.

Poi abbiamo cominciato a discutere di quello che era meglio faree abbiamotrovato che non c'era altro che

continuare a scendere con la zatterafinché non ci avevamo la possibilitàdi comprare una canoa da tornare indietro.

Non volevamo prenderne una a prestito senza farci vederecome faceva papàperché così ci tiravamo dietro la gente.

Dunque siamo ripartiti sulla zattera quando è venuto il buio.

Tutti quelli che non ci hanno creduto che è da pazzi toccare una pelle diserpentedopo tutto quello che ci era

capitatoci crederanno se continuano a leggere e vedono quello che ci èsuccesso dopo.

Il meglio posto per comprare una canoa è chiedere a una zattera che hafinito il suo viaggio. Ma zattere così

non ne abbiamo vistee allora siamo andati avanti per tre ore e più. Behla notte si fa grigiae l'aria molto spessache è

la peggio cosa dopo la nebbia fitta. La forma del fiume non la vedi piùenon riesci a calcolare le distanze. Era molto

tardie tutto era calmoe vediamo venire verso di noi un vapore che starisalendo il fiume. Accendiamo il fanale e

pensiamo che ci vedrà. I battelli che risalivano la corrente generalmentenon ci passavano vicino; di solito vanno al

largo seguendo i banchi di sabbiae cercano le acque tranquille sotto diloroma in notti come questa risalgono sparate

il canale contro la forza piena della corrente.

Lo sentiamo sbuffarema non lo vediamo bene finché non è vicinissimo. Civeniva proprio addosso. Lo fanno

spessodi venirci più vicino che possono senza toccarcima qualche voltala ruota prende dentro in un remo e lo fa

volare viae allora il pilota tira fuori la testa e fa una ghignatae pensache è stato molto in gamba. Behquesto qui.40

punta diritto verso di noie noi pensiamo che vuole farci il peloma invecenon si sposta manco per sogno. Era un

vapore grossoe ci veniva contro come una furiache sembrava un nuvolonenero con tante file di puntini luminosi tutti

intornoma all'improvviso ci arriva addosso grande come una montagnacon lalunga fila dei portelli della fornace

spalancati che splendevano come tanti denti infuocatie colla massa dellaprua e lo scafo che ci sono proprio sulla testa.

Ci fanno un urloe si mettono a scampanellare per fermare le macchinee sisente un gran putiferio di bestemmie e di

fischi di caldaia; poi Jim si butta giù da una parte e io dall'altrae ilvapore prende in pieno la zattera e la sfascia.

Io mi tuffoe cerco di andare a toccare il fondo perché avevo sopra di meuna ruota di trenta piediche voglio

che mi passa sopra comoda. Sono sempre stato capace di stare sott'acqua unminutoma questa volta credo che ho fatto

un minuto e mezzo. Poi vengo su in gran frettaperché non ce la facciopiù. Emergo con un balzo fino alle ascelle

soffiando acqua dal naso e sbuffando come un mantice. Naturalmente c'era unacorrente gagliardae naturalmente il

battello fa andare di nuovo le macchine dieci secondi dopo che le ha fermateperché quelli delle zattere se ne freganoe

così ora aveva ripreso a battere l'acqua del fiumee con quell'aria spessanon si vedeva più nienteanche se si sentivano

i rumori.

Chiamo Jim una dozzina di voltema non mi arriva nessuna risposta; cosìabbranco una tavola che mi passa

vicino mentre nuoto con la testa alta per vederee con quella mi dirigo ariva spingendola davanti a me. Però mi

accorgo che la spinta della corrente era verso la riva sinistrache vuoldire che stavo attraversando da un lato all'altro;

così cambio direzione e vado da quella parte.

Era una di quelle traversate di sbieco di due migliache non finiscono mai.Prendo terra senza problemi e salgo

sull'argine. Riesco a vedere pocoma avanzo per circa un quarto di miglio opiù su un terreno accidentatoe finisco

davanti a una grande casa doppia di tronchi di forma anticache vedoall'ultimo momento. Io volevo passargli attorno

per continuarema salta fuori un esercito di cani che si mettono adabbaiarmi contro e a fare un gran casinoe così mi

blocco e resto lì fermo come una statua.

XVII • Sono ospitato daiGrangerford

Dopo circa un minuto sento qualcuno alla finestra che senza mettere fuori latesta dice:

«Ehicuccia voi! Chi è là?»

Rispondo:

«Sono io».

«Iochi?»

«George Jackson.signore».

«Che cosa volete?»

«Non voglio nientesignore. Voglio solo passarema i cani non milasciano».

«Perché venite a ficcare il naso qui a quest'ora della notteeh?»

«Non stavo ficcando il naso da nessuna partesignore; sono caduto in acquadal battello».

«Ahsì? Qualcuno faccia luce. Come avete detto che vi chiamate?»

«George Jacksonsignore. Sono solo un ragazzo».

«Ascoltami bene: se dici la verità non devi aver pauranessuno ti faràdel male. Ma non muovertirimani lì

dove sei. Qualcuno vada a svegliare Bob e Tom e a prendere i fucili. GeorgeJacksonc'è qualcuno con te?»

«Nosignorenessuno».

Sento gente che si muove per casae vedo una luce. L'uomo dice:

«Togli da lì quella luceBetsyvecchia stupida... non hai un briciolo dibuon senso? Appoggiala a terra dietro

la porta. Bobse tu e Tom siete prontimettetevi ai vostri posti».

«Siamo pronti».

«DimmiGeorge Jacksonconosci gli Shepherdson?»

«Nosignoremai sentiti nominare».

«Mahforse è veroforse no. Voi restate pronti. Vieni avantiGeorgeJackson. Sta' attento a non muoverti

troppo velocemente... vieni avanti molto piano. Se con te c'è qualcunochenon si faccia vedere... se si mostreràgli

spareremo. Ora avanza pure. Vieni lentamente; apri appena l'uscio... quantobasta per entrare... hai sentito bene?».

Io avanzavo piano; anche volendonon potevo andare forte. Facevo un passoalla volta; non c'era il minimo

rumore e mi pareva solo di sentire il mio cuore che batteva con furia. I canierano tranquillicome gli uominima erano

poco dietro di me. Quando sono arrivato ai tre gradini di legno ho sentitoche toglievano le barre e aprivano i

chiavistelli. Io ho messo la mano sulla porta e ho cominciato a spingerlaleggermente fino a quando qualcuno ha detto:

«Basta così... adesso metti dentro la testa». L'ho fattoma avevo paurache me la staccavano.

C'era la candela sul pavimentoed erano lì tutti che mi guardavanoeanch'io li guardavoe questo per circa un

quarto di minuto. Tre uomini grandi e grossi mi hanno puntato contro ilfucilee io mi sentivo addosso la tremarellave

lo posso assicurare; il più vecchio aveva i capelli grigi e circasessant'annie gli altri due erano sui trenta - e tutti erano

fini e di bell'aspetto - e poi c'era una vecchia signora dolcissima daicapelli grigie dietro di lei due donne giovani che

non vedevo bene. Il vecchio signore dice:

«Ecco... adesso è tutto a posto. Entra»..41

Appena io sono dentroil vecchio signore chiude l'uscio col chiavistello erimette le sbarree quindi dice ai

giovani di andargli dietro coi fucilie sono andati tutti in un grandesalotto che sul pavimento aveva un tappeto di pezza

nuovoe si sono riuniti in un angolo riparato rispetto alle finestre dellafacciata - e da quel lato finestre non ce n'erano.

Hanno tirato su la candela e mi hanno scrutato ben benee hanno detto tutti:«Behnon è uno Shepherdson... noin lui

non c'è nulla degli Shepherdson». Poi il vecchio mi ha domandato se non midispiaceva che mi perquisivano per vedere

se avevo delle armiche loro non avevano cattive intenzionied era solo persicurezza. Non mi ha frugato dentro le

taschema mi ha tastato da fuori con le manie ha detto che tutto era aposto. Poi mi ha detto di mettermi tranquilloe di

dire tutto di mema la vecchia signora fa:

«Dio ti benedicaSaulil poverino è tutto inzuppato; e non pensi cheabbia anche fame?»

«Hai ragioneRachel... me n'ero dimenticato».

Allora la vecchia dice:

«Betsy» (che era una donna negra)«cerca in giro e trovagli qualcosa damangiare più svelta che puoi

poverino; e una di voi ragazze vada a svegliare Buck e a dirglielo... oheccolo qui. Buckaccompagna questo piccolo

forestiero a togliersi i vestiti bagnati e dagliene di asciutti».

Buck era un ragazzo che aveva più o meno la mia età - tredici o quattordiciannima era un po' più grosso di

me. Addosso non ci aveva che una camicia e aveva i capelli tutti spettinati.È entrato sbadigliando e fregandosi gli occhi

con una manoe coll'altra si tirava dietro un fucile. Dice: «Non ci sonoShepherdson in giro?».

Tutti hanno risposto che noera un falso allarme.

«Beh»fa lui«se c'erano ne beccavo uno».

Si sono messi tutti a rideree Bob dice:

«AccidentiBuckcon tutto il tempo che ci hai messo avrebbero fatto atempo a toglierci lo scalpo a tutti».

«Nessuno è venuto a chiamarminon è giusto; non mi dite mai nientee nonmi fate vedere niente».

«Non preoccupartiBuckragazzo mio»dice il vecchio«verrà anche iltuo momentonon essere impaziente.

Adesso vaie fa' come ti ha detto tua madre».

Quando siamo andati su in cameralui mi ha dato delle robe sue - una camiciagrezzaun giubbotto e dei

calzoni - e io me li sono messi. Mentre mi vesto mi domanda come mi chiamoma non mi lascia il tempo di dircelo

perché comincia subito a contarmi di una ghiandaia e di un coniglietto cheha preso nei boschi l'altro ierie mi chiede

dov'era Mosè quando si è spenta la candela. Gli ho detto che non lo sapevo;non ne avevo sentito niente di quella

faccenda.

«Beneindovina».

«Come faccio a indovinare»dico io«se non ho sentito niente di questacosa qui?»

«Ma sìche puoi indovinare! È facile».

«Quale candela?»faccio io.

«Behuna candela qualunque»fa lui.

«Io non lo so dov'era questo tipo qui»dico io. «Alloradov'era?»

«Behera al buio!Era lì che stava».

«Ma se sapevi dov'era perché me l'hai domandato?»

«Macàspitaè un indovinellonon hai capito? Sentiquanto tempo tifermi qui? Devi fermarti per sempre.

Possiamo divertirci un sacco; adesso non c'è la scuola. Tu hai un cane? Iosì; e lui va nel fiume a prendere i pezzi di

legno che tu ci butti dentro. A te ti piace vestirti tutto a puntino ladomenicae fare tutte quelle altre cose noiose? A me

noci puoi scommetterema la mia mamma mi obbliga. Accidenti a questivecchi calzonimi sa che è meglio che li

mettoma magari nofa un caldo d'inferno. Sei pronto? Bene... hophopvieni dietro a mecavallo».

Per me avevano preparato pane di melicacarne freddalatte e latticelloenon ho mai mangiato delle cose

tanto buone. Buck e la sua mammae tutti gli altrifumavano pipe dipannocchiatranne la donna negrache se n'era

andatae le due signorine. Parlavano e fumavanoe io parlavo e mangiavo. Ledonne giovani erano fatte su in trapunte e

ci avevano i capelli sulle spalle. Mi hanno fatto tutti delle domandee iogli ho detto che io e il mio papà e tutta la

famiglia stavamo in una piccola fattoria giù in fondo all'Arkansase miasorella Mary Ann era scappata e si era sposata

e di lei non sapevamo più nientee Bill era andato a cercarli e neanche dilui abbiamo saputo più nientee Tom e Mort

sono mortie così non c'era rimasti altri che me e papàe con tutti queiguai lui non riusciva neanche a reggersi in piedi;

e così quando lui è morto io ho preso quello che ancora ci avevamoperchéla fattoria non era nostrae sono montato sul

vapore per risalire il fiumeci avevo un posto-pontema sono caduto inacqua; ed ero arrivato fino a lì. Loro mi hanno

detto che lì potevo avere una casa per tutto il tempo che volevo. Era quasil'alba e sono andati tutti a lettoe io sono

andato con Bucke quando mi sono svegliato la mattinaaccidentiquasi nonmi ricordavo come avevo detto che mi

chiamavo. Me ne sto lì a pensare per circa un'orae quando Buck si svegliagli faccio:

«Tu sai scrivereBuck?»

«Sì»dice lui.

«Però scommetto che il mio nome non sai come si scrive».

«Invece lo so»fa lui.

«Come si scrive allora?»faccio io.

«G-O-R-G-E J-A-X-O-N. Visto?»dice lui.

«Bravoce l'hai fatta. Non pensavo che eri capace. È un nome difficilesenon l'hai visto scritto prima».

Poi quando lui non mi guardava mi sono seduto a scriverloperché magariqualcuno mi chiedeva di scriverlo e.42

così volevo farlo senza pensarci su tantocome uno che è abituato a farlosempre.

Era una famiglia bellissimae anche la casa era bellissima. Io in campagnanon avevo mai visto una casa così

bella e che aveva così tanta classe. Sulla porta principale non ci aveva unpomo di ferroe neanche di legno legato con

una corda di pelle di dainoma un pomo di ottone da girarecome quellidelle case di città. Non c'era nessun letto nel

salottoe neanche una traccia di lettoe invece in città ci sono unmucchio di salotti che ci hanno dentro i letti. C'era un

camino grandissimo con i mattoni che arrivavano fino in fondoe i mattonierano tenuti rossi e puliti versandoci sopra

l'acqua e fregandoli con un altro mattone; qualche volta li tingevano con uncolore rosso che chiamano "marrone di

Spagna"proprio come fanno in città. Avevano alari di ottonegrandissimiche potevano tenere su un ceppo da segare.

C'era una pendola in mezzo alla mensolacon su dipinta una città nellaparte bassa del vetroe in mezzo un tondo con il

solee dietro potevi vedere il pendolo che faceva avanti e indietro. Erabellissimo sentire l'orologio che faceva toc-toc-toc;

e qualche voltadopo che era venuto a metterlo a posto uno di quelli chegirano a riparare le cosesi metteva magari

a battere e arrivava a centocinquanta colpi prima che si scaricava. Ma anchese potevano farci un sacco di soldi non

l'avrebbero venduto mai e poi mai.

C'erano anche due grossi pappagalli esotici ai due lati della pendolachesembravano fatti con una specie di

gesso e pitturati con colori molto vivaci. Accanto a uno dei due c'era ungatto di terracottae di fianco all'altro c'era un

caneche quando tu li schiacciavi facevano un versoma non aprivano labocca e non muovevano gli occhi. Il verso

veniva fuori da sotto. Dietro a queste cose c'erano un paio di ventagliaperti di penne di tacchino selvatico. Su un tavolo

in mezzo alla stanza c'era una specie di cestino di terracottaabbastanzabellocon dentro mele e arance e pesche e uva

tutte ammucchiateche erano più rossegialle e lucide di quelle veremanon erano vere perché dov'erano venuti via dei

pezzetti vedevi sotto il bianco del gessoo quello che era.

Questo tavolo aveva una bellissima tovaglia di ceratacon sopra pitturataun'aquila rossa e blu con le ali aperte

e tutto intorno un bordo dipinto. Dicevano che veniva proprio da Filadelfia.C'erano anche dei librimessi giù in

perfettoordinea ciascun angolo del tavolo. Uno era la grande Bibbia difamigliapiena di figure. Uno si chiamava Il

viaggio del pellegrinoeparlava di un uomo che lasciava la sua famiglia e non diceva perché. Io holetto parecchio di

'sto libroquando potevo. Ci aveva delle frasi interessantima eradifficile. Un altro si chiamava Leofferte dell'amicizia

ed era pieno di poesie e di belle robema io le poesie non mi piaceleggerle. Un altro si chiamava «Idiscorsi di Henry

Clay»eun altro «Ilmedico in famigliaopera delDr. Gunn»e ti diceva tutto quello che dovevi fare se ci avevi in casa

un morto o un malato. C'era anche un "Libro degli inni" e un fraccodi altri libri. C'erano delle sedie di viminima tutte

intere - non col buco in mezzo e sfondate come le ceste vecchie.

Ai muri ci avevano dei quadri - soprattutto di Washington e Lafayettee dibattagliee di Mary degli Altipiani

e uno che si chiamava Lafirma della dichiarazione d'Indipendenza.Ce n'erano certi che loro chiamavano "pastelli"che

li aveva fatti una delle figlie quando aveva solo quindici annie ora eramorta. Erano diversi dai quadri che avevo visto

fino ad allorae in genere più scuri del solito. Uno era di una donna conun vestito nero e strettocon una piccola cintura

che arrivava fino a sotto le ascellecon maniche gonfie come meloni suigomitie un grande cappello nero che pareva

una palacon un velo nero e sottili caviglie bianche con intorno incrociatoun nastro neroe babbucce piccolissime che

finivano a punta come un ceselloe questa signorina aveva la faccia triste estava appoggiata col gomito destro su una

tomba sotto un salice piangentee l'altra mano era tesa giù lungo il fiancoe teneva un fazzoletto bianco e una borsettae

sotto il quadro c'era scritto: «Non ti vedrò mai piùahimè». Un altroci aveva una signorina con i capelli pettinati lisci

tirati su e avvolti intorno a un pettine che sembrava lo schienale di unasediae ci aveva un fazzoletto che ci piangeva

dentroe nell'altra mano ci aveva un uccello morto disteso sulla schiena conle zampe alzatee sotto il quadro c'era

scritto: «Non udrò più il tuo dolce gorgheggioahimè». E ce n'era unodove una signorina era alla finestra e guardava la

lunae le scendevano le lacrime dalle guance; e in una mano aveva unalettera apertache sul bordo si vedeva la cera

nera del sigilloe contro la bocca ci aveva un medaglione attaccato a unacatenae sotto il quadro c'era scritto: «E tu te

ne sei andatosìte ne sei andatoahimè». Questi quadri erano tuttibellimi parema a me non mi andavano molto

perché se ero un po' a terra mi facevano venire il magone. Erano tuttitristi che la ragazza era mortaperché ci aveva in

mente di farne un sacco di questi quadrie da quelli che aveva fatto sivedeva che grande perdita era stata la sua morte.

Però per mecon quelle idee lì se ne stava meglio al cimitero. Quando siè ammalata stava lavorando a un quadro che

dicevano che sarebbe stato il meglio di tuttie ogni giorno e ogni nottepregava di poter vivere per finirloma non ha

avuto questa possibilità. C'era una signorina con una lunga veste biancache stava sul parapetto di un ponte pronta a

saltarecoi capelli giù per la schienae guardava la luna con le lacrimeche gli venivano giù dalla facciae aveva due

braccia piegate sul pettoaltre due distese in avanti e altre due levate sualla luna - e 'sto pastrocchio l'aveva fatto perché

voleva vedere quali erano le due braccia che stavano meglioche poi le altrele cancellava. Ma come dicevo è morta

prima che ha potuto decideree adesso tenevano quel quadro sulla spallieradel letto in camera suae tutte le volte che

c'era il suo compleanno ci mettevano dei fiori. Gli altri giorni invece lotenevano coperto con una tendina. La donna del

quadro aveva una faccia simpatica e dolcema a me mi pareva che con tuttequelle braccia sembrava un po' un ragno.

Quando era vivala ragazza aveva anche una specie di diarioche ciappiccicava annunci mortuari e notizie di

incidenti e di malati che soffrivanoche ritagliava dal «PresbyterianObserver»e sotto ci scriveva delle poesie che

componeva lei. Erano poesie molto belle. Qui ce n'è una che ha scritto su unragazzo che si chiamava Stephen Dowling

Bots che è caduto da un muro ed è annegato:

ODE PER IL COMPIANTO STEPHEN DOWLING BOTS.43

Da un morbo fu al piccolo Stephen

Recisa la tenera vita?

Da bacillo del piccolo Stephen

La dolce esistenza rapita?

Nonon fu questa la sorte

Di Stephen Dowling Bots;

Crudo male non portò alla morte

Di Stephen Dowling Bots.

Non morbillo il suo fato decise

Rosolia o tosse canina;

Nessun morbo sua vita recise

Varicella o scarlattina.

Non pena di amore smarrito

L'eletto suo cuore spezzò

Non cibo guasto ingerito

La sua forte fibra piegò.

Col pianto e le braccia protese

Vi narro il suo acerbo destino.

La sua anima al cielo ascese

Dal pozzo ove cadde bambino.

Pur pescato e con cura svuotato

Ahimè mai più lo vedremo.

In alto il suo spirto è volato

Dove alberga il Padre Supremo.

Se Emmeline Grangerford era capace di fare poesie come queste prima deiquattordici annichissà che cosa

avrebbe fatto dopo. Buck dice che lei tirava fuori le poesie una dietrol'altra come niente. Non doveva mai fermarsi a

pensare. Lui dice che lei cominciava a buttar giù un versoche se non civeniva la rima lo cancellava e ne buttava giù un

altroe così andava avanti. E non era neanche schizzinosama scriveva sututto quello che ci dicevi di scriverela sola

cosa che ci importava era che doveva essere triste. Tutte le volte che morivaun uomo o una donna o un bambinolei

componeva il suo "tributo" prima ancora che il cadavere era freddo.Tutte quelle poesie le chiamava "tributi". I vicini

dicevano che in questi casi il primo che arrivava era il dottorepoiEmmelinee poi il beccamorti - c'è stata solo una

volta che il beccamorti è riuscito ad arrivare prima di Emmelinee quellavolta Emmeline ha bruciato i versi che aveva

scritto per quel tizioche si chiamava Whistler. Dopo di allora non è statapiù la stessa; non si è mai lamentatama si è

come intristita e non è vissuta ancora per molto. Poverinasono andato unsacco di volte nella sua cameretta a leggere il

diario che aveva scrittoperché quei quadri mi avevano fatto venire lamalinconiae io mi sentivo scombussolato. Ci

volevo bene a quella famigliavivi e mortie volevo essere sempre in pacecon tutti loro. Quando era vivala povera

Emmeline faceva poesie su tutti quelli che erano mortie adesso che lei sen'era andata non mi pareva giusto che non

c'era nessuno a fare una poesia su di lei; così mi ci sono messo io a fareun paio di versima è stata una faticaccia e non

è venuto fuori niente. Tenevano la stanza di Emmeline pulita e ordinatacontutte le cose come le voleva lei quando era

vivae lì dentro non ci dormiva mai nessuno. Se ne occupava la vecchia inpersona anche se loro ci avevano un casino

di negrie lei stava lì un mucchio di tempo a cucire e a leggere la Bibbia.

Behcome vi dicevonel salotto c'erano delle bellissime tende bianche allefinestrecon figure di castelli coi

muri coperti di rampicantie animali che scendevano ad abbeverarsi. C'eraanche un pianoforte vecchio e piccolo

piccolocon un suono che sembrava che dentro ci aveva delle pentole dilattae non c'era niente di meglio che sentire le

signorine che ci cantavano S'èrotto l'ultimo anello e cisuonavano La battaglia di Praga.Le pareti delle stanze erano

tutte intonacatee molte ci avevano tappeti sul pavimentoe di fuori tuttala casa era imbiancata.

Era una casa doppiae il grande spazio aperto fra le due parti ci aveva ilpavimento ed era coperto dal tettoe

qualche volta a mezzogiorno apparecchiavano lì la tavolaed era un postofresco e comodissimo. Non ce n'era uno

meglio. E anche il mangiare era buonissimoe ce n'era una montagna!

XVIII • Quando a Harney èvolato via il cappello

Il colonnello Grangerford era un gentiluomo. Era un gentiluomo fatto efinitoe così tutta la sua famiglia. Era

nato benecome si dicee questo è importante in un uomo non meno che in uncavallocosì diceva la vedova Douglase.44

nessuno poteva negare che lei apparteneva alla meglio aristocrazia che c'eranella nostra città; lo diceva persino papà

anche se luiquanto ad aristocrazianon era meglio di un pesce gatto. Ilcolonnello Grangerford era molto alto e snello

e aveva una pelle chiara un po' abbronzatama senza macchie rosse da nessunaparte. La faccia era tutta lisciache si

sbarbava ogni mattinae ci aveva labbra sottilissime e narici sottilissimee il naso della gente altolocatae sopracciglia

foltissimee occhi neri nericosì infossati che pareva che ti guardava dadentro una cavernaper così dire. Ci aveva la

fronte alta e i capelli neri e lisciche gli scendevano sulle spalle. Ciaveva le mani lunghe e magree tutti i giorni che

Dio manda in terra si metteva una camicia pulita e si vestiva di tutto puntodi un abito di lino così bianco che a

guardarlo ti veniva male agli occhi; e alla domenica si metteva su una giaccablu con le code e i bottoni d'oro. Aveva un

bastone di mogano con pomello d'argento. In lui non c'era niente di frivoloneanche un po'e non alzava mai la voce.

Era di una gentilezza da non dire - e tu lo sentivied era per questo cheprovavi fiducia. Qualche volta sorridevae

faceva piacere vederloma quando si metteva ritto come l'albero di una navee cominciava a mandare lampi da sotto le

sopraccigliala prima cosa che ti veniva voglia di fare era cercare riparosu una pianta e poi chiedergli che cosa aveva.

Non doveva dirci a nessuno di comportarsi bene - perché quando c'era luifilavano tutti diritto. Erano tutti contenti

quando c'era lui; lui era come la luce del sole - voglio dire che era comequando c'è il bel tempo. Ma se aveva qualcosa

di storto era come quando il sole è coperto da un nuvolone nero e c'è unbuio da far paura; però bastava mezzo minutoe

dopo tutto andava liscio come l'olio per una settimana.

Quando lui e la vecchia signora scendevano la mattinatutta la famiglia sialzava dalla sedia per dire «buon

giorno»e non si rimetteva giù finché non s'erano seduti loro due. AlloraTom e Bob andavano alla credenza dov'erano

le brocche e mescevano un bicchiere di amaroe ce lo davano a luie lui loteneva in mano e aspettava che erano pronti

anche i bicchieri di Tom e Bobe allora tutti e due si inchinavano edicevano: «Il nostro rispettoso saluto a voisignore

e signora»; e anche loro si inchinavano appena appena e dicevano «grazie»e così bevevano tutti e tree poi Bob e Tom

versavano un po' d'acqua su dello zucchero con un goccio di whisky o grappadi mele che gli era rimasto in fondo ai

bicchieri e lo davano a me e Bucke bevevamo anche noi alla salute dei duevecchi.

Bob era il maggiore dei fratellie dopo di lui veniva Tom - uomini alti ebellicon spalle larghissime e la faccia

abbronzatae ci avevano lunghi capelli neri e occhi scuri. Erano vestiti dilino bianco da capo a piedie sulla testa

portavano larghi cappelli di Panama.

Dopo di loro c'era Miss Charlotteche aveva venticinque anni ed era altaorgogliosa e superbama buona

come il pane se nessuno la stuzzicava; però se gli andava qualcosa stortofaceva due occhi che ti fulminavacome suo

padre. Era bellissima.

Era bellissima anche sua sorellaMiss Sophiama era un tipo diverso. Eradolce e gentile come una colombae

aveva solo vent'anni.

Ognuno aveva il suo negro che lo serviva - anche Buck. Il mio negro non ciaveva mai un cavolo da fare

perché io non ero mica abituato ad avere qualcuno che mi faceva le cosemaquello di Buck era sempre in movimento.

La famiglia era tutta lì orama un tempo erano molti di più - tre figliche erano stati ammazzatied Emmeline

che era morta.

Il vecchio signore aveva un mucchio di fattorie e un fracco di schiavi.Qualche volta arrivava un gruppo di

gente a cavalloda qualche posto dieci o quindici miglia da lìe sifermavano cinque o sei giornie se la spassavano lì in

giro e sul fiumee di giorno facevano dei picnic e delle passeggiate neiboschie di sera dei balli nella casa. Questi qui

erano in genere parenti della famiglia. Gli uomini si portavano il fucile.Era gente molto distintave lo posso dire.

Da quelle parti c'era un altro clan di aristocratici - cinque o sei famiglie- che per la maggior parte si

chiamavano Shepherdson. Erano distintinobiliricchi e signori come latribù dei Grangerford. Gli Shepherdson e i

Grangerford usavano lo stesso approdo dei battelliche era a circa duemiglia dalla nostra casaper cui qualche volta

quando ci andavo con molti dei nostrici vedevo parecchi degli Shepherdsonsui loro bei cavalli.

Una volta io e Buck siamo fuori nel boscoa cacciae sentiamo arrivare uncavallo. Stavamo traversando la

strada. Buck fa:

«Svelto! Nascondiamoci nel bosco!».

Scappiamo e poi sbirciamo fra le foglie degli alberi. Subito dopo scende giùper la strada uno splendido

giovaneche cavalcava con grande disinvoltura e aveva il modo di fare di unsoldato. Teneva il fucile di traverso sul

pomo della sella. Io l'avevo già visto: era il giovane Harney Shepherdson.Sento scoppiarmi vicino all'orecchio il fucile

di Bucke vedo che il cappello di Harney gli vola via dalla testa. Luiabbranca il fucile e punta diritto al posto dove

eravamo nascosti noi. Ma non siamo stati lì ad aspettaree siamo scappatidi corsa per il bosco. Gli alberi non erano

fittie ogni tanto giravo la testa a guardare per evitare le pallottoleedue volte vedo Harney mirare a Buck col fucile;

poi torna indietro sui suoi passicredo a riprendersi il cappelloma nonsono riuscito a vedere. Abbiamo continuato a

correre senza fermarci fino a quando siamo arrivati a casa. Per un istante ilvecchio signore ha avuto gli occhi che gli

brillavano - penso che era contento -ma poi la sua faccia si è calmata unpo' e ha dettocon voce gentile:

«Non mi piace che si spari da dietro i cespugli. Perché non sei uscito instradaragazzo mio?»

«Gli Shepherdson non lo fannopadre. Approfittano sempre dei vantaggi».

Miss Charlotte teneva la testa alzata come una regina mentre Buck parlavacon le narici frementi e gli occhi

che mandavano scintille. I due giovani avevano uno sguardo duroma non hannodetto niente. Miss Sophia è diventata

pallidama ha ripreso colore quando ha scoperto che l'uomo non si era fattoniente.

Non appena mi sono trovato solo con Buckaccanto alle rastrelliere dellamelica sotto gli alberigli faccio:

«Lo volevi accoppareBuck?».45

«Certo che volevo!»

«Ma che ti ha fatto?»

«Lui? Lui non mi ha fatto niente».

«E allora perché lo volevi ammazzare?»

«Behnienteè per via della faida».

«La faida? Che roba è?»

«Ma in che mondo vivi? Non sai che cos'è una faida?»

È una parola che non ho mai sentito. Che cos'è?»

«Beh»dice Buck«una faida viene così. Un uomo attacca lite con unaltro uomo e l'uccide; allora il fratello di

questo altro uomo uccide lui; e allora gli altri fratelli di tutti e duecercano di ammazzarsi anche loro; poi entrano in

ballo i cugini... e col tempo vengono fatti fuori tutti e non c'è piùfaida. Ma sono faccende lentee ci vogliono anni e

anni».

«E questa faida qui va avanti da moltoBuck?»

«Ehdirei! È cominciata trent'anni fao giù di lì. Ci sono stati deicasini per qualcosae c'è stata una causa in

tribunale per risolvere la cosa; e la causa è finita a sfavore di uno deiduee allora questo qui ha sparato a quello che

aveva vinto e l'ha ammazzato - come è naturale. Chiunque avrebbe fattocosì».

«Ma perché ci sono stati i casiniBuck? Una faccenda di terre?»

«Mahforse... non lo so».

«E chi ha sparato per primo? Un Grangerford o uno Shepherdson?»

«E come faccio a saperlo? È stato tanto tempo fa!»

«Non lo sa nessuno?»

«Ohsìpapà lo sacredoe qualcuno dei vecchi; ma i più ormai non losanno mica perché è cominciata tutta

'sta storia».

«Ci sono stati tanti mortiBuck?»

«Ahsì... un sacco di funerali. Ma non sempre finisce coi morti. Papà ciha in corpo qualche pallettonema lui

se ne sbatte perché tanto non pesa molto. Bob l'hanno tagliuzzato con uncoltelloe Tom è stato ferito una volta o due».

«E quest'anno è stato accoppato qualcunoBuck?»

«Sìne abbiamo avuto uno noi e uno loro. Circa tre mesi fa mio cugino Budche aveva quattordici annistava

andando a cavallo nei boschi dall'altra parte del fiumeed è stato stupidoperché non si è portato dietro le armie così in

un posto solitario sente un cavallo che gli viene dietro e vede il vecchioBaldy Shepherdson che l'insegue col fucile in

mano e i capelli bianchi che gli volano al vento; e allorainvece diallontanarsi subito e nascondersi nella macchiaBud

pensa che può correre più forte di lui; e così cominciano a correre ventrea terra per cinque miglia o piùma il vecchio

continuava a guadagnare terrenoper cui alla fine Budvisto che erainutilesi ferma e si voltacosì che le pallottole le

prende al pettoe il vecchio si avvicina a lui e l'ammazza. Ma non ha avutomolto tempo per vantarsiperché nel giro di

una settimana i nostri lo hanno steso».

«Per me quel vecchio è stato un vigliaccoBuck».

«Per me noneanche per sogno. Non ci sono vigliacchi fra gli Shepherdson -neanche uno. Ma neppure fra i

Grangerford ci sono dei vigliacchi. Pensa che quel vecchio un giorno hatenuto testa per un'ora a tre Grangerforde ne è

venuto fuori vincitore. Erano tutti a cavallo; allora lui è sceso e si èmesso dietro a una catasta di legnamee teneva il

cavallo davanti a sé per ripararsi dalle pallottole; i Grangerford sonorimasti sui loro cavalli e ci giravano attorno e ci

sparavano addossoe lui sparava a loro. Lui e il cavallo sono tornati a casatutti bucherellati e cionchima i Grangerford

hanno dovuto andarli a prendere e riportarli a casa - e uno era morto e unaltro è morto il giorno dopo. Nocarose si

cercano dei vigliacchi è inutile provare dagli Shepherdsonperché da lorodi vigliacchi non ne nascono».

La domenica dopo siamo andati tutti in chiesaa circa tre migliae tuttierano a cavallo. Gli uomini hanno

portato il fucilee anche Bucke se li sono messi tra le ginocchiaoppureli hanno appoggiati alla parete. Lo stesso

hanno fatto gli Shepherdson. La predica è stata di una noia mortale - tuttasull'amore fraterno e scempiaggini di questo

genere -ma tutti giù a dire che era stato un buon sermonee andando acasa hanno continuato a discuterne; avevano

così tante cose da dire sulla fedele buone operela grazialapredestinazione e non so che altroche mi è sembrata una

delle domeniche più barbose che ho mai passato.

Circa un'ora dopo il pranzo tutti erano lì a dormicchiarealcuni inpoltrona e altri in camerae io ero

abbastanza stufo. Buck era disteso sull'erba accanto a un canee dormivacome un sasso. Io sono salito in camera nostra

e pensavo che magari mi facevo anch'io una ronfatina. In piedi vicino allasua portache era accantoalla nostraho

trovato quella dolce Miss Sophiae lei mi ha portato in camera sua e hachiuso la porta piano pianoe mi ha chiesto se

ci facevo un piaceree io ho detto di sì; e allora mi ha domandato sefacevo una commissione per lei ma senza dirlo a

nessunoe io ci ho detto di sì. Poi mi ha detto che ha dimenticato la suaBibbia sul suo banco in chiesafra altri due

librie se potevo andare a prendercelama senza dire niente a nessunoe ioho detto di sì. Io scivolo fuori e rifaccio la

stradae in chiesa non c'era nessunotranne forse un paio di maialiperché la porta non era chiusa e ai maiali gli piace il

pavimento di legno d'estateperché è bel fresco. Se avete notatola genteentra in chiesa solo quando deve andarcima

per i maiali è diverso.

Io mi dico che c'è qualcosa che puzzaperché non è naturale che unaragazza si scalda così tanto per una

Bibbia; ci do uno scrollone e cade giù un pezzo di carta con su scritto amatita «Due e mezza».Guardo dentro bene ma

non trovo niente altro. Non ci capisco un accidente e così rimetto la cartanel libroe quando torno a casa e vado su per.46

le scaleeccola lì Miss Sophiaalla porta della sua stanza che mi aspetta.Mi tira dentro e chiude la porta: poi guarda

nella Bibbia e ci trova la carta e quando la legge è tutta contentaeallora mi abbranca di colpo e mi stringe tutto e dice

che sono il miglior ragazzo del mondoe di non parlare con nessuno. Per unminuto diventa rossa rossa in facciae ci ha

gli occhi che gli ridonoed era bella come una fata. Io ero rimasto disassoma quando riprendo fiato ci domando che

cos'è quel pezzo di carta; lei allora mi domanda se l'ho lettoe io dico dinoe allora lei mi chiede se sapevo leggere la

roba scritta a manoe io rispondo «Nosolo la stampa»e allora lei diceche quel pezzo di carta non è nientesolo un

segnalibro per tenere la paginae che adesso posso andare a giocare.

Io vado giù al fiumerimuginando 'sta cosae presto noto che il mio negromi sta seguendo da vicino. Quando

siamo fuori dalla vista della casalui si guarda indietro e attorno per unpo' e quindi viene di corsa da me e mi fa:

«Signorino Jacksonse venite giù alla palude vi faccio vedere un nido divipere d'acqua».

Io penso che è molto stranoperché me l'ha già detto ieri. Dovrebbecapire che alla gente le vipere d'acqua

mica ci piacciono così tanto che muore dalla voglia di vederle. Chissà checosa ci ha in mente. Allora gli dico:

«Benefammi strada».

Gli vado dietro per circa mezzo migliopoi lui infila la palude e andiamoavanti per un altro mezzo miglio con

l'acqua alle caviglie. Arriviamo a un pezzo di terra piatta e asciuttapienadi cespuglialberi e rampicantie lui dice:

«Andate lì avantisolo pochi passisignorino Jacksonè lì chestanno».

Lui si allontana e dopo un po' sparisce dietro gli alberi. Io entro dove miha detto e arrivo in uno spazio aperto

grande come una stanzatutto circondato da rampicantie ci trovo un uomoaddormentato... ecribbio!era il mio

vecchio Jim.

Lo sveglio e penso che per lui sarà una grande sorpresa vedermie inveceno. Quasi si mette a piangereed era

contento da morirema non era sorpreso. Dice che mi ha nuotato dietro quellanottee ogni volta che io gridavo mi

sentivama non osava rispondere perché se qualcuno lo tirava su tornava afare lo schiavo. Dice:

«Ho preso una bottae non riuscivo a nuotare velocee così ero assaidietro a voi alla fine; quando siete andato

a terra ho pensato che vi potevo raggiungere camminando senza dover urlarema quando ho visto la casa ho cominciato

ad andare più pianoed ero troppo lontano per sentire quello che vidicevano - avevo paura dei cani -; ma quando tutto è

stato di nuovo calmo ho capito che voi eravate nella casae così sonoandato nel bosco ad aspettare il giorno. Alla

mattina di buon'ora sono passati dei negri che andavano nei campie mi hannoportato quadove i cani non possono

trovarmi per via dell'acqua che c'è in giroe tutte le notti mi portanodella roba da mangiare e mi raccontano di voi».

«Ma perché non hai detto al mio Jack di portarmi qui primaJim?»

«Behnon serviva disturbarvi primaHuckfinché non potevamo fare nientema adesso è tutto a posto. Ho

comprato pentoletegami e roba da mangiare quando ho potutoe di notte horiparato la zattera quando...»

«Zattera? Che zatteraJim?»

«La nostra vecchia zattera».

«Ma la nostra vecchia zattera non è andata tutta a pezzi?»

«No. Era conciata un po' male - in una parte - ma non c'erano grandi danniperò abbiamo perso quasi tutta la

nostra roba. E se non avessimo dovuto andare tanto sott'acquae se la nottenon fosse stata così buiae se non ci fosse

venuta addosso tanta strizzacome si diceriuscivamo anche a vederla. Maforse è meglio che non l'abbiamo vista

perché adesso che è tutta sistemata è come nuovae abbiamo un fracco diroba nuova al posto di quella che abbiamo

perso».

«Ma come hai fatto a ritrovare la zatteraJimeri riuscito ariprenderla?»

«E come facevo a riprenderla stando qua in mezzo al bosco? Nol'hanno vistadei negri che s'era impigliata in

un ramo sott'acquaqui avantialla curva del fiumee l'hanno nascosta inuna calettafra i salicie discutevano di chi di

loro doveva esseree allora io ho sentito 'sta storia e ho risolto lafaccendaperché ci ho detto che la zattera non era di

nessuno di loroma apparteneva a voi e a me; e loro volevano forse prendersiuna cosa che era di un signore bianco e

tenerla nascosta? Allora ci ho dato dieci centesimi per unoe loro eranocontenti assaie magari ne trovassero delle

altredi zattereda farci su dei bei baiocchi. Vedetetesoruccio'stinegri si farebbero ammazzare per mee tutto quello

che chiedo si precipitano a farlo. E quel Jack è un negro bravissimoed èanche molto sveglio».

«Sì. Non mi ha detto che eri qui; mi ha detto di venire a vedere che c'eraun nido di vipere d'acqua. Se succede

qualcosa lui non c'entra. Può dire che non ci ha mai visto insiemeed è laverità».

Del giorno dopo non ho voglia di parlare. Per farla breve mi sveglio versol'albae stavo per girarmi e

rimettermi a dormire quando noto che è tutto molto calmo - come se non c'eranessuno che si muoveva. Poi mi accorgo

che Buck s'è alzato e se n'è andato. Questa è una cosa strana. Behmialzo anch'ioperché ci ho curiositàe vado giù

dalle scale: in giro non c'è nessuno - un silenzio come se fossero mortitutti. Fuori lo stesso. Mi chiedo che cosa vuol

dire 'sta cosa. Vicino alla catasta della legna trovo il mio Jack e glifaccio;

«Ma che cosa è successo?»

E lui mi dice:

«Non lo sapetesignorino Jackson?»

«No» dico io«non so niente».

«BehMiss Sophia è scappata! Davvero! È scappata di notte - a che ora nonlo sa nessuno -è scappata per

sposarsi col giovane Harney Shepherdsonsapete... almeno così dicono. Lafamiglia l'ha scoperto circa mezz'ora fa - o

forse un po' di più - e non hanno perso tempoposso proprio dirvelo. Untrambusto compagnocoi fucili e i cavalliio

non l'ho mai visto! Le donne sono andate ad avvertire i parentie il vecchioMister Saul e i ragazzi hanno pigliato i.47

fucili e hanno preso la strada del fiume per cercare di beccare il giovanottoe ammazzarlo prima che passa il fiume con

Miss Sophia. Mi sa che avremo un bel casino».

«Buck se n'è andato senza svegliarmi».

«E lo credo! Non volevano mettere in mezzo anche voi. Il signorino Buck hacaricato il fucile e ha giurato che

fa fuori uno Shepherdson a costo di lasciarci lui la pelle. Behce nesaranno parecchi in girooggie potete star sicuro

che uno lo becca se gli capita l'occasione».

Prendo la strada del fiume correndo a più non posso. Dopo un po' sento colpidi fucile piuttosto lontano.

Quando arrivo in vista del magazzino di legname e della pila di tronchiammucchiatidove c'è l'approdo dei battelli

passo fra gli alberi e i cespugli fino a che arrivo a un posto buonoe miarrampico fino alla forcella di un pioppo a una

certa distanzaper vedere. C'era una catasta di legna alta quattro piedipoco davanti al mio alberoe mi era venuto in

mente che potevo nascondermi lì dietroma meno male che non l'ho fatto.

C'erano quattro o cinque uomini che andavano in tondo sui loro cavalli nellospazio aperto davanti al

magazzino del legnameche bestemmiavano e gridavanoe cercavano diavvicinarsi a un paio di giovanotti che stavano

dietro alla catasta di legna lungo l'approdo dei battellima non ciriuscivano. Ogni volta che uno di loro sbucava fuori da

dietro la pila dei tronchi ammucchiati che era verso il fiumegli sparavanoaddosso. I due ragazzi si erano appostati

schiena contro schiena dietro i tronchi e così riuscivano a controllare datutte e due le parti.

Dopo un po' gli uomini la piantano di girare e di urlare e cominciano adandare verso il deposito. Allora uno

dei due ragazzi si tira suspara un colpo da dietro la catasta e ne beccaunoche cade dalla sella. Gli altri saltano giù dai

cavalli a prendere il ferito e cominciano a trasportarlo verso il depositoeproprio in quel momento i due ragazzi escono

allo scoperto di corsa. Erano a metà strada dall'albero dove stavo io quandogli uomini se ne accorgonoe non appena li

vedono saltano di nuovo sui cavalli e gli corrono dietro. Guadagnano terrenoma non riescono a pigliarliche i ragazzi

ci hanno troppo vantaggioe così arrivano alla pila di tronchi davanti almio albero e si nascondono dietroper cui

possono di nuovo tenerli sotto controllo. Uno dei due era Buckl'altro ungiovanotto smilzo di circa diciannove anni.

Gli uomini stanno un po' lì a strepitarepoi si allontanano. Non appenasono spariti chiamo Bucke gli dico che

sono io. Al momento lui non sa raccapezzarsi colla mia voce che viene giùdall'albero. Era molto sorpreso. Mi dice di

guardare bene e di fargli sapere quando si vedono di nuovo gli uomini; cheloro stanno preparando qualche diavoleriae

presto torneranno. Ci avevo voglia di scendere dall'alberoma non osavo.Buck comincia a piangere e a gridaree giura

che lui e suo cugino Joe (questo era il nome del giovanotto) gliela farannopagare a quei bastardi. Dice che suo padre e i

suoi due fratelli sono mortima anche due o tre nemici. Dice che gliShepherdson gli hanno fatto un'imboscata. Dice che

il padre e i fratelli dovevano aspettare i parenti - gli Shepherdson sonotroppo forti per loro. Gli chiedo che ne è di

Harney e Miss Sophia. Lui mi dice che hanno traversato e sono salvi. Io sonocontento; ma da come se l'è presa Buck

perché non è riuscito ad accoppare Harney quel giorno che gli ha sparato...behnon avevo mai visto uno imbufalito a

quella maniera.

E all'improvviso - bang! bang! bang! - si sentono tre o quattro colpi... Gliuomini erano passati dietro facendo

il giro attraverso il bosco e adesso arrivavano alle loro spalle! I ragazzisi precipitano al fiume - erano feriti tutti e due -

e mentre nuotano seguendo la corrente gli uomini corrono lungo la spondasparandogli contro e urlando: «Ammazzali

ammazzali!». Io stavo così male che quasi cascavo dall'albero. Nonracconterò tutto quello che è successoperché se lo

faccio mi sento male un'altra volta. Magari non fossi mai arrivato a rivaquella nottea vedere scene come queste. Sono

cose che non mi scorderò maie me le sono sognate di notte un sacco divolte.

Sono stato sull'albero finché ha cominciato a fare scuro; avevo paura ascendere. Qualche volta ho sentito degli

spari lontani nel boscoe due volte ho visto dei gruppetti di uomini armatiche passavano al galoppo davanti al

magazzino di legname. Ero disperatoe ho deciso che non mi sarei piùavvicinato a quella casaperché mi pareva che in

qualche modo era colpa mia. Capivo che quel pezzo di carta voleva dire cheMiss Sophia doveva trovarsi con Harney da

qualche parte alle due e mezzae che avrei dovuto avvertire il padre di quelfatto e del modo strano che si era

comportatae allora forse lui l'avrebbe chiusa a chiave e non ci sarebbestato quel terribile macello.

Quando sono sceso dall'alberoho camminato per un pezzo lungo l'argine delfiume e ho trovato i due corpi

distesi al bordo dell'acquae li ho tirati sulla riva; poi gli ho coperto lafaccia e sono scappato più svelto che potevo. Ho

pianto un po' mentre coprivo la faccia di Buckperché lui era stato cosìbuono con me.

Adesso era proprio buio. Non sono più andato vicino alla casama sonoentrato nel bosco e mi sono diretto alla

palude. Jim non era sull'isolaper cui mi sono precipitato alla caletta e misono fatto largo fra i saliciche non vedevo

l'ora di saltare a bordo e di uscire da quell'orribile paese - e la zatteraera scomparsa! Che colpo è stato quello! Per quasi

un minuto sono restato senza fiato. Poi ho fatto una caciara che pareval'infernoe sento una voce a non più di

venticinque piedi da me che dice:

«Santo cielosiete voitesoruccio? Non fate così tanto rumore».

Era la voce di Jime non ho mai sentito un suono così bello. Corro per unpo' lungo la sponda e vado a bordoe

Jim mi prende e mi abbracciache era così contento di vedermi. Mi dice:

«Dio vi benedicafigliolostavolta ero proprio certo che eravate morto.C'è stato qui Jacke ha detto che era

sicuro che vi avevano accoppatoperché non eravate più tornato a casa; eallora proprio adesso stavo spingendo la

zattera verso l'uscita della calettacosì che ero pronto ad andare via nonappena torna Jack a dirmi che voi siete

certamente morto. Signore!come sono contento che siete tornatofigliolo».

Io dico:

«Benemeglio così. Non mi troveranno e penseranno che sono stato ammazzatoe buttato nel fiume... e laggiù.48

c'è qualcosa che gli farà pensare proprio questo... E allora non perderetempoJimma spingi verso il fiume più in fretta

che puoi».

Non mi sono sentito tranquillo finché la zattera non è stata due migliapiù sotto e in mezzo al Mississippi. Poi

abbiamo appeso la lanterna di segnalazione e abbiamo capito che eravamo dinuovo liberi e al sicuro. Era da ieri che

non mangiavo; così Jim ha tirato fuori delle focacce di farina gialla elatticelloe maiale e cavoli e verdura - non c'è

niente di meglio al mondo se è cotto bene - e mentre mangio la mia cenachiacchieriamoe siamo soddisfatti. Non stavo

più nella pelle che ero scappato dalle faidee così Jim che era scappatodalla palude. Ci siamo detti che non c'era una

casa migliore della zatteradopo tutto. Tutti gli altri posti sono cosìstretti e chiusima la zattera no. Sulla zattera ti senti

liberotranquillo e felice.

XIX • Arrivano a bordo ilDuca e il Delfino

Sono passati due o tre giorni - anzipotrei dire che scivolavano sull'acquainsieme con noiperché andavano

via quieti e tranquilli che non ce ne accorgevamo. Il tempo lo passavamo inquesta maniera. Lì il fiume era grande che

faceva paura - qualche volta era largo un miglio e mezzo -; di notteviaggiamo e di giorno ci nascondiamo; quando la

notte è quasi finita ci fermiamo e leghiamo la zatteraquasi semprenell'acqua morta sotto un banco di sabbia; poi

tagliamo i rami dei pioppi giovani e dei salici e li mettiamo sulla zatteraper nasconderla. Quindi tiriamo giù le lenze.

Poi andiamo nel fiume a farci una nuotatinacosì ci rinfranchiamo e stiamopiù freschie quando abbiamo finito ci

sediamo sul fondo sabbioso dove l'acqua è fonda circa fino al ginocchioeguardiamo arrivare l'alba. Non si sente un

rumore tutto in giro - c'è silenzio dappertutto -come se tutto il mondofosse addormentato; solo qualche volta un verso

di una rana toromi pare. La prima cosa che noti quando guardi sull'acqua èuna specie di linea scura - la foresta che sta

sull'altra riva -ma non si vede niente altro; poi una luce pallida nelcieloe dopo un po' la luce diventa ancora più

pallida e si sparge tutta in giro; poi il fiume diventa più chiaro inlontananzae non è più nero ma grigioe cominci a

vedere dei puntini scuri che si muovono distanti - barconi da trasporto erobe del genere - e lunghe strisce nere - zattere

-; a volte si sente un remo che cigolaoppure voci confuse e suoni chevengono da molto lontanoe riescono ad arrivare

fino a noi per il grande silenzio che c'è; e poi nell'acqua noti una stranascia e dal modo che è fatta capisci che lì c'è un

ramo sommersoe la corrente che è molto forte ci passa su e ti dàquell'impressione; e vedi la nebbiolina salire in

mulinelli dall'acquae l'oriente diventare tutto rossoe scorgi una capannadi tronchi al margine del boscolontana

sull'altra sponda del fiumeche forse era un deposito di legnamecon itronchi messi su così larghi che in mezzo ci può

passare un cane; e poi si leva una bella brezza che ti arriva addosso frescae deliziosae porta il profumo dolce dei fiori

e dei boschima qualche voltainvecela puzza dei pesci morti lasciati ingiro a marcire; e infine è giorno fattoe tutto

sorride alla luce del solee senti i canti degli uccelli!

A quell'ora il fumo non si poteva vedere ancorae così noi tiravamo su ipesci dalle lenze e preparavamo una

colazione calda. Poi stavamo lì un po' davanti al fiume desertoe a mano amano ci prendeva la cocca e ci

addormentavamo. Ogni tanto ci svegliavamo a vedere che cos'era successoemagari ci capitava di osservare un battello

che ansimava contro correntecosì lontano verso l'altra riva del fiume chenon si distingueva nulla tranne dov'era la

ruotae notavamo se era a poppa o sulla fiancata; poi per circa un'ora nonsi vedeva e sentiva nientesolo la distesa

dell'acqua. Quindi potevi vedere passare una zattera a grande distanzaemagari c'era sopra un mozzo che tagliava la

legnae notavi il lampo dell'accetta che andava giù - ma non sentivi ilrumore -e poi l'uomo la tirava su di nuovo sulla

testa - e solo allora sentivi il suono del colpoche ci aveva messo tuttoquel tempo per arrivare fino a te sull'acqua. Era

così che passavamo la giornatafacendo un po' di flanella e godendociquella pace. Una volta ci fu un nebbione fittoe

le zattere e le barche che passavano picchiavano sulle pentolecosì che ibattelli a vapore non ci andavano addosso. Un

barcone da trasporto - o forse era una zattera - ci è passato così vicinoche sentivamo la gente parlareridere e

bestemmiare; li sentivamo benissimoma non vedevamo una mazza; ti faceva unacerta impressioneera come delle

voci di spiriti che volavano per l'aria. Jim ha detto che per lui eranoproprio spiritima io gli ho detto:

«Nogli spiriti non dicono "Al diavolo 'sta nebbia dannata"».

Non appena scende la notte ripartiamoe quando la zattera è all'incirca inmezzo al fiumela lasciamo andare

da sola dove la manda la corrente; allora accendiamo le pipe e ci sediamo sulbordo coi piedi in acquae parliamo di un

mucchio di cose. Stavamo sempre nudigiorno e nottequando ce lopermettevano le zanzare - i vestiti nuovi che mi

avevano fatto fare i parenti di Buck erano troppo belli per essere comodiepoi di mettere i vestiti non mi è mai andato

troppo.

Qualche volta avevamo il fiume tutto per noi per un casino di tempo. Lesponde e le isole erano lontaneal di

là dell'acquae di tanto in tanto ci vedevi un lume - che poteva essere unacandela alla finestra di una capanna - e

qualche volta una luce o due sull'acqua - su una zattera o un barconeepoteva succedere di sentire un violino o una

voce che cantava su queste barche. La vita sulla zattera è bellissima. Sopradi noi ci avevamo il cielo tutto pieno di

stellee ci mettevamo sdraiati sulla schiena a guardarlee discutevamo seerano state fatte o erano venute fuori da sole -

e Jim diceva che erano state fattema per me erano venute fuori da soleperché erano così tante che chissà quanto

tempo ci voleva a farle tutte. Jim diceva che poteva averle depostela lunacome fa una gallinacolle uova; behquesto

mi è sembrato ragionevolee non ho detto niente perché una volta ho vistouna rana deporre tante di quelle uova che

naturalmente poteva essere possibile anche per le stelle. Guardavamo anche lestelle cadentie le seguivamo quando.49

cascavano giù. Jim diceva che quelle non erano più buone e le avevanobuttate fuori dalla covata.

Una o due volte la notte vedevamo un vapore che passava nell'oscuritàeogni tanto sputava fuori dai suoi

fumaioli una caterva di scintilleche cadevano giù sull'acqua ed eranobellissime; poi girava dietro qualche punta e

sparivano le luci e non sentivamo più il suo "ciufciufciuf"eil fiume tornava calmo come prima; e dopo un po'

arrivavano fino a noi le ondateun fracco di tempo dopo che se n'era andatoe dopo non sentivi più niente per un sacco

di tempotranne magari le rane o cose del genere.

Dopo mezzanotte la gente a riva andava a lettoe allora per due o tre ore lesponde erano nere - non c'erano più

luci alle finestre delle capanne. Quelle luci erano il nostro orologio: laprima che vedevamo di nuovo voleva dire che

stava arrivando la mattinache così cercavamo un posto per nasconderci lazattera dopo averla legata.

Una mattina verso l'alba ho trovato una canoa e ho traversato una rapida chec'era fra noi e la riva - che era

appena a duecento iarde - e ho risalito per circa un miglio un fiumiciattoloin mezzo a dei cipressi per vedere se riuscivo

a raccogliere dei frutti selvatici. Proprio mentre stavo passando davanti aun posto dove il fiumicello aveva un ponte per

le vaccheecco che arrivano due uomini che corrono come degli ossessi. Iopenso che per me è finitaperché tutte le

volte che vedo uno correrci dietro a un altro credo che vuole beccare me - omagari Jim. Sto per tagliare la corda in

fretta e furiama quelli sono vicinissimi e mi urlano di salvargli la vita;dicono che non hanno fatto niente e che gli

stanno correndo dietroe che ci sono uomini e cani. Volevano saltare dentrola canoama io gli dico:

«Adesso no. Ancora non si sentono cani e cavallie voi ci avete del tempoper cui entrate fra i cespugli e

risalite un po' il fiumepoi tornate verso l'acqua e arrivate da me a guado- che così i cani perdono la traccia».

Loro fanno cosìe non appena sono a bordo io torno indietro verso il nostrobanco di sabbiae dopo cinque o

dieci minuti ci arrivano in lontananza le grida di uomini e cani. Li sentiamoche si avvicinano al fiumiciattoloma non

riusciamo a vederlici pare che si fermano e che stanno lì un po' a cercareda quelle partima poisiccome continuiamo

ad andare sempre più in lànon li sentiamo più proprio per niente; quandoci siamo lasciati dietro un miglio di bosco

tutto ormai è tranquilloe noi remiamo verso il nostro banco di sabbia e cimettiamo al sicuro in mezzo ai pioppi.

Uno dei due tizi aveva circa settant'anni o anche piùe aveva la testaliscia e lucida come una palla e le basette

grigie. Ci aveva addosso un vecchio cappellaccio e una camicia di lana blusudicia e bisuntae vecchi blue-jeans tutti

sbrindellati ficcati dentro gli stivalie bretelle di maglia fatte a mano -anzidi bretelle ne aveva una sola. Ci aveva una

giacca di jeans colle code e con bottoni di ottone lucidato che teneva sulbraccioe tutti e due avevano grosse sacche da

viaggio che sembravano mangiate dal cane.

L'altro tipo aveva circa trent'anni ed era strapelato più o meno come ilprimo. Dopo che abbiamo mangiato ci

mettiamo lì tranquilli a chiacchieraree salta fuori che 'sti due manco siconoscevano.

«Come hai fatto a finire nei casini?»chiede Crapapelata all'altro.

«Behvendevo un articolo che tira via il tartaro dai denti - solo che titira via anche lo smalto -; ma sono

rimasto una notte di troppoe quando stavo per tagliare la corda ho vistoteche uscivi da quella stessa parte della città

e tu mi hai detto che stavano arrivando e mi hai chiesto di aiutarti ascappare. È stato così che ti ho detto che prevedevo

delle grane anche per me e che volevo filarmela via insieme con te. Tuttoqui. E tu?»

«Behio avevo cominciato una campagna contro l'alcol da circa unasettimanaed ero il cocco delle donne

vecchie e giovaniperché ci davo dentro duro contro quelli che bevevanoposso proprio dirloe ci facevo anche cinque

o sei dollari a sera - dieci centesimi a cranionegri e bambini gratis - egli affari andavano a gonfie vele; ma poinon so

comeieri sera si e sparsa la voce che quando nessuno mi vedeva io miattaccavo alla bottiglia. Così questa mattina m'ha

svegliato un negro e mi ha detto che la gente si stava raccogliendo insilenziocoi cani e i cavallie che molto presto

sarebbero arrivati lìe che volevano darmi una mezz'ora di vantaggio e poimi sarebbero venuti dietro; e se mi

beccavano mi incatramavano tutto e mi riempivano di piumee mi spedivano viaconciato a quel modo. Allora mica mi

sono fermato a fare colazione - m'era passata la fame».

«Vecchio»fa il giovane«penso che potremmo metterci insieme; che nepensi?»

«Niente in contrario. Tu che tipo di lavoro faiin genere?»

«Di mestiere sono tipografo; però commercio nel campo dei medicinali; esono pure attore - attore tragico

capisci -; quando ci ho l'occasione faccio sedute di ipnotismo e frenologia;qualche voltagiusto per cambiareinsegno

geografia musicale; ogni tanto faccio delle conferenze... Ohfaccio un saccodi cose... quello che capitabasta che non

sia lavoro. E tu che fai?»

«Anch'io ai miei tempi ho fatto molto nel campo della medicina. Il miocavallo di battaglia era l'imposizione

delle mani - per curare il cancrola paralisi e robe del genere -; e riescoanche a dire il futuro quando ci ho con me

qualcuno che mi procura le informazioni sulla gente. Anche le prediche sonola mia specialitàe i discorsi ai raduni

religiosi e delle missioni».

Per un po' nessuno ha detto nientepoi il giovanotto fa un sospirone e dice:

«Ahimè!».

«Che cos'hai da dire "ahimè"?»gli fa Crapapelata.

«Penso a come mi sono ridottoche sono costretto a frequentare similicompagnie».

E comincia ad asciugarsi gli occhi con uno straccio.

«Che il diavolo ti pigliche cos'hai da dire di questa compagnia?»glirisponde Crapapelata guardandolo storto

e con la voce piena di stizza.

«Nonosu questa compagnia non ho niente da direè proprio quella che mimerito; perché di chi è la colpa se

sono caduto così in bassose non mia? Non ho niente da dire su di voisignori... lungi da me. Non do la colpa a.50

nessunodevo ringraziare solo me stesso. Il mondo crudele faccia di me quelche vuolema una sola cosa so: che da

qualche parte c'è una tomba pronta ad accogliermi. Il mondo può continuarea trattarmi come ha sempre fattoe a

rubarmi tutto - affettibeniogni cosa -ma non può togliermi la certezzache un giorno morirò e dimenticherò tuttoe

allora il mio povero cuore affranto avrà finalmente riposo». E continuò apiangere.

«Che gli venga un accidente al tuo povero cuore affranto»gli faCrapapelata«che ce lo vieni a sbattere in

faccia in questa maniera! Noi mica ti abbiamo fatto niente».

«Nonolo so che voi non c'entratee io non vi accuso di nullasignori.Sono stato io a rovinarmi colle mie

mani... proprio così. È giusto che io debba soffriree non me nelamento».

«Ma chi diavolo sei per parlare così? Da dove diavolo vieni?»

«Ahvoi non mi credeteil mondo non mi crede... ma lasciamo perdere... nonimporta. Il segreto della mia

nascita...»

«Il segreto della tua nascita? Vuoi dire che...»

«Signori»fa il giovanotto con voce molto solenne«a voi lo riveleròperché sento che in voi posso avere

fiducia. Per diritto di nascita io sono duca!».

Jim strabuzza gli occhi quando sente questa cosae io credo di avere fattolo stesso. Allora Crapapelata dice:

«No! Dici proprio sul serio?»

«Sì. Mio bisnonnofiglio primogenito del Duca di Pontecorvoarrivò inquesto paese alla fine del secolo

scorso per respirarvi l'aria pura della libertà; qui si sposòe morìlasciando un figlioquasi nello stesso periodo in cui

morì anche il padre suo. Il secondo figlio del defunto duca si impadronìquindi del titolo e delle sostanzescavalcando

l'infante che era il vero duca. Io sono il discendente diretto diquell'infante - il legittimo Duca di Pontecorvo -; ed

eccomi quisolo e abbandonatoprivato del titoloperseguitato dagliuominidisprezzato dal mondo crudele... lacero

afflittocol cuore affranto e costretto a dividere una zattera con unacombriccola di marioli!».

Jim provava pietà per luie anch'io. Abbiamo provato a confortarloma luiha detto che non servivache ogni

consolazione era inutile; però se ci avevamo l'intenzione di riconoscerlo...behquesta cosa qui a lui gli avrebbe fatto

bene più che ogni altra cosa al mondo; allora gli abbiamo detto che sìnoilo potevamo riconoscerema lui doveva dirci

quello che dovevamo fare. E lui ha detto che quando parlavamo con luidovevamo inchinarcie dire "Vostra Grazia"o

"Mylord"o "Vostra Signoria"; ma che lui non ci badavaanche se lo chiamavamo soltanto "Pontecorvo" - che

comunque era un titolo e non un nome -; e uno di noi doveva servirlo apranzoe fare per lui tutto quello che voleva.

Behera una cosa facilee noi abbiamo fatto così. Per tutto il pranzo Jimlo ha servito e gli faceva: «Vostra

Grazia vuole questa roba quio magari quella lì?»e frasi cosìe sipoteva vedere che gli faceva piacere.

Dopo un po' il vecchio è diventato silenzioso; non parlava e sembravapiuttosto ingrugnato per tutta quella

manfrina intorno al duca. Pareva che stava rimuginando qualcosae infatti inun momento del pomeriggio dice:

«SentiPonteporco mi dispiace proprio per tema non sei l'unico che haavuto delle disgrazie come quelle che

ci hai raccontato».

«No?»

«Proprio no. Non sei l'unico che è stato cacciato ingiustamente dall'altoposto che ti spettava».

«Ahimè!»

«Nonon sei l'unico col segreto della nascita». E a questo punto... non simette anche lui a piangere?

«Un momento! Che cosa vuoi dire?»

«Ponteporcoposso fidarmi di te?»dice il vecchio fra un singhiozzo el'altro.

«Che possa morire in questo momento!». Prende la mano del vecchio estringendola dice: «Qual è il segreto

della tua nascita? Sputalo fuori!»

«Ponteporcoio sono il defunto Delfino!».

Capirete che stavolta io e Jim lo guardiamo davvero cogli occhi fuori dallatesta. Poi il duca dice:

«Che cosa sei tu?»

«Sìamico mioè la pura verità: in questo momento i tuoi occhi stannocontemplando il povero Delfino

scomparsoLuigi Diciassettefiglio di Luigi Sedici e di Maria Antonella».

«Tu! Alla tua età? No!... Vorrai dire che sei il defunto Carlomagno; deviavere almeno sei o settecento anni».

«Sono stati i dolori a ridurmi cosìPonteporcosono stati i dolori; sonostati i dolori a portarmi questi capelli

grigi e questa prematura testa pelata. Sìsignoridavanti a voi vedeteinblue-jeans e in miseriail legittimo Re di

Franciache vive in esilio come un vagabondocalpestato e disperato».

Behsi è messo a piangere proprio fortee io e Jim ci faceva così tantodispiacere che non sapevamo che cosa

fare - ma eravamo anche contenti e orgogliosi che ce l'avevamo su a bordo connoi. Così gli andiamo vicinocome

abbiamo fatto prima col ducae cerchiamo di confortare anche lui. Ma lui cidice che è tutto inutilee che solo la morte

sarà la fine delle sue sofferenzeanche semagaripoteva trovare un po'di conforto se la gente lo trattava secondo il

titolo che gli spettava e sequando gli parlavametteva giù un ginocchioper terrae ogni volta che lo chiamava gli

diceva "Vostra Maestà"e lo serviva per primo quando c'era damangiaree non si metteva a sedere in sua presenza se

lui non gli aveva dato il permesso. E allora io e Jim ci mettiamo a dirgli«Maestà»e a fare questo e quello per luie a

stare lì impalati finché a lui gli frulla di dirci che ci possiamo sedere.Dopo tutta 'sta storia lui è bello allegroe ha la

faccia contenta. Ma il duca lo guarda di bruttoe sembra davvero che quellaroba lì non gli va per niente; però il re lo

tratta proprio come un amicoe gli dice che suo padre aveva una grandeopinione del bisnonno del duca e di tutti i

Duchi di Ponteporco in generee che gli permetteva di venire un fracco divolte al suo palazzo; ma il duca continua a.51

tenere il muso per un bel po'e allora il re gli dice:

«C'è il caso che dobbiamo stare insieme molto tempo su questa zattera quiPonteporcoper cui non ti pare che

è meglio per tutti se ti calmi un po'? Non è colpa mia che non sono natoducae non è colpa tua che non sei nato re; e

allora perché dobbiamo tormentarci? Prendi le cose come vengonodico ioquesto è il mio motto. Non ci è mica andata

male a finire qui - vita tranquilla e un sacco di roba da mangiare. Suquala manoducaqui siamo tutti amici».

Il duca accettae io e Jim siamo contentissimi di come è finita. In questamaniera non ci sono più malumori fra

loroe sulla zattera torna l'allegriaperché può mettersi veramente malese fra di noi ci si mette a bisticciare; in una

zattera quello che conta è che tutti sono soddisfattie che si sentonoamici fra di loro.

Io non ci metto molto a capire che questi due cacciaballe non sono né re néduchima due imbroglioni e

truffatori da quattro soldi. Però non dico niente e tengo il becco chiuso;è meglio fare cosìperché in questa maniera non

ci sono baruffee non nascono dei casini. Se volevano far finta che erano ree duchiio non ci avevo niente in contrario

purché così vada tutto liscio; era anche inutile dirlo a Jime infatti alui non glielo dico. Se da papà non ho imparato

altroalmeno questo l'ho imparato: che la cosa migliore per non avere granecon tipi del genere è di lasciarli nel loro

brodo e non risponderci mai.

XX • Che cosa ha fatto aPokeville Sua Maestà

Ci hanno fatto un mucchio di domande; volevano sapere perché durante ilgiorno coprivamo la zattera in quella

manierae ci fermavamo invece di continuare a viaggiare; Jim era forse unoschiavo fuggito? Io gli ho detto subito:

«Santo cielovi pare logico che uno schiavo che scappa vada verso sud?».

Behhanno riconosciuto che non era logico. E siccome dovevo dare dellespiegazioni per molte altre cosegli

ho raccontato la mia storia:

«I miei vivevano nella Pike Countynel Missouridove io sono natoe sonomorti tutti tranne iopapà e mio

fratello Ike. Allora papà ha detto che voleva chiudere tutto e andare avivere con lo zio Benche ci ha una piccola

fattoria sul fiumequarantaquattro miglia sotto Orleans. Papà era moltopovero e aveva dei debitie cosìdopo che ha

messo a posto ogni cosanon gli restano che sedici dollari e il nostronegroJimche non ci bastavano per fare

millequattrocento miglia col battelloanche pagando solo il posto-ponte.Behquando arriva la piena del fiume papà un

giorno ha un colpo di fortuna e riesce a prendere questo pezzo di zatteraecosì decide che in questo modo possiamo

andare giù fino a Orleans. Però la fortuna di papà non dura tanto perchéuna notte un vapore prende dentro un angolo

della zatterae noi cadiamo tutti in acqua e andiamo sotto assai per evitaredi essere beccati dalla ruota a pale; io e Jim

ce la facciamoma papà era sbronzo e Ike aveva solo quattro annicosìloro non vengono più su. Siamo andati avanti lo

stessoma per un giorno o due ci abbiamo avuto un sacco di scocciatureperché la gente continuava a venire da noi in

barca a cercare di portarmi via Jimperché secondo loro era un negro cheera scappato. Da allora non viaggiamo più di

giornocosì di notte non ci seccano più».

Il duca fa:

«Aspettate un po' che ci penso; lo trovo io un modo per viaggiare di giornose ne abbiamo voglia. Vedrete che

faccio un piano che sistema tutto. Per oggi stiamo ancora tranquilliperchénaturalmente non è una cosa sana che

passiamo di giorno proprio per quella città lì... behè proprio meglio dino».

Verso sera comincia a diventare tutto buioche sembra che deve mettersi apiovere; nel cielo basso si vedono

dei lampi di caloree le foglie cominciano a tremolare tutte - fra un po'sarà molto bruttonon ci vuole tanto a capirlo.

Allora il re e il duca vanno a guardare dentro al wigwamper vedere comesono i letti. Il mio letto era di paglia pressata

- meglio di quello di Jim che era fatto di foglie di pannocchie; in un lettocompagno resta sempre qualche pannocchia

che te la senti nelle costole e ti dà fastidio; e poi quando ti giri'stefoglie fanno un casino che sembra che ti stai

rivoltando su un mucchio di foglie secchee ti svegliano. Behil ducadecide che lui prenderà il mio lettoma il re gli

dice che non glielo può permettere. Gli fa:

«Pensavo che la differenza di rango ti avrebbe fatto capire che un letto difoglie di pannocchia non si addice

alla mia posizione. Questo letto lo può prendere Vostra Grazia».

Per un minuto a me e a Jim ci vengono di nuovo i sudori freddiperché ciavevamo paura che attaccavano lite

un'altra volta; così tiriamo un sospiro di sollievo quando sentiamo il ducache dice:

«Il crudele destino continua a calpestarmi nel fangosotto il tallone diferro dell'oppressione. Le sventure

hanno piegato il mio spirito un tempo indomito; piego il capo e obbediscoperché questo è il mio fato. Sono solo al

mondo con le mie infinite sofferenzema ad esse sono avvezzo».

Non appena è buio fitto partiamo. Il re ci dice di andare bene al largoverso il centro del fiumee di non

accendere nessuna luce finché non siamo un bel po' sotto la città. Dopo unpo' avvistiamo un gruppetto di luci - era la

città - e ci passiamo davanti stando a una distanza di mezzo migliosenzaproblemi. Quando siamo a circa tre quarti di

miglio più sottoaccendiamo la lanterna di segnalazione; poi verso le diecicomincia una pioggia da far spaventocon

tuonifulmini e vento; allora il re ci dice a tutti e due di fare la guardiafinché il tempo non migliorae lui e il duca

entrano nel wigwam e vanno a dormire. Fino alle dodici io potevo staredentroma anche se avevo un letto non sono

entrato a ripararmiperché una tempesta come quella mica si vede tutti igiorni. Bisognava sentire che vento! E ogni

secondo o due scoppiava una luce che illuminava le creste bianche delle ondeper mezzo miglio intornoe le isole le.52

vedevi appena da tanto era fitta la pioggiae gli alberi si piegano per ilvento; e poi viene un crack! - bangbumbum

bumbuuum - e il tuono si allontanava brontolando fino a cessaree poi zac!arriva un altro lampo e unaltro boato.

Qualche volta le onde mi sbattevano quasi giù dalla zatterama non me nefregava nienteperché tanto ero nudo. I rami

sommersi non ci hanno creato problemiperché i fulmini erano cosìfrequenti che riuscivamo a vederli in tempo da

cambiare direzione ed evitarli.

Come ho già dettoio ho il turno di guardia da mezzanotte alle quattromaquando arriva il momento ho

abbastanza sonnoe allora Jim dice che la prima metà me la fa lui; perqueste cose Jim era buono come il panedico sul

serio. Così mi infilo nel wigwamma il re e il duca si erano spaparanzatiin una maniera tale che non c'era spazio per

mee allora mi metto fuori - la pioggia non mi dava fastidio perché facevacaldoe le onde non erano più così alte. Però

verso le due riprendono ad alzarsie Jim stava per chiamarmima poi cambiaidea perché gli pare che non sono così alte

da essere ancora pericolose; però questa volta si sbaglia perché dopo unpo' arriva un'ondata alta come una montagna e

mi butta giù dalla zattera. Jim si piegava in due dalle risate. Ci volevapoco per farlo ridere - un negro che rideva come

lui non l'ho mai visto.

Allora io ho cominciato il mio turno di guardiae Jim si mette giù eattacca a russare; dopo un po' il temporale

diminuisce e poi smette del tuttoe alla prima luce che vediamo in unacapanna della riva lo sveglio e portiamo la

zattera in un posto dove la possiamo nascondere per la giornata.

Dopo colazione il re tira fuori un vecchio mazzo di carte logoro e sporcoelui e il duca si mettono a giocare a

sette e mezzoa cinque centesimi per ogni mano. Poi però si stancano eallora decidono che devono preparare una

"campagna"come la chiamano loro. Il duca fruga nella sacca daviaggio e tira fuori un pacco di manifestini stampati

che ci legge ad alta voce. Uno diceva che «L'illustre Dottor Armand deMontalban di Parigi» avrebbe tenuto «una

conferenza sulla Scienza della Frenologia»nella città di ...nel giornodi...e lì c'erano gli spazi lasciati in bianco.

Biglietto d'ingressodieci centesimi. E avrebbe fornito «lo schema delcarattere a venticinque centesimi per persona». E

ci ha detto che il dottore era lui. In un altroinvecelui era il«celeberrimo attor tragico shakespeariano Garrick Junior

del Drury Lane di Londra». In altri manifestini aveva un mucchio di altrinomie aveva fatto delle altre cose

meravigliosecome trovare l'acqua e l'oro con una «verga rabdomantica»«allontanare il malocchio» e così via. Dopo

un po' fa:

«Ma la mia preferita è la Musa teatrale. Tu hai mai calcato le sceneAltezza?»

«No»dice il re.

«Lo farai fra meno di tre giornio Sovrano Caduto»dice il duca. «Allaprima città grande dove arriviamo

affittiamo una sala e facciamo la scena del duello in RiccardoIII e la scena del balcone in Romeoe Giulietta. Che cosa

ne pensi?»

«Mi va benissimo tutto quello che rende dei quattriniPonteporcoma non soun'acca di come si recita nelle

commedie... non ne ho mai viste molte. Ero troppo piccolo quando papà facevavenire gli attori al palazzo reale. Pensi

che puoi impararmi?»

«È facilissimo!»

«Bene. Sono contento di fare qualcosa di nuovo. Cominciamo subito».

Allora il duca gli ha contato su chi era Romeoe chi era Giuliettae gli hadetto che lui faceva sempre Romeo

e quindi il re doveva fare Giulietta.

«Ma se Giulietta è una ragazza così giovaneducacome facciamo con lamia testa pelata e le basette

bianche?»

«Non ti preoccupare; questi bifolchi di campagna non ci fanno caso. E poi tuavrai su l'abito di scena e non ti

riconoscerebbe neanche tua madre; Giulietta è al balcone che si gode la lucedella luna prima di andare a lettoe ha su la

camicia da notte e la cuffia tutta stropicciata. Adesso prendo i costumi perle parti».

Tira fuori due o tre vestiti di tela per tendeche dice sono le corazzemedioevali per Riccardo III e quell'altro

tizioe una lunghissima camicia da notte di cotone bianco e una cuffia tuttastronfignata che ci va insieme. Il re era

soddisfatto. Allora il duca tira fuori un libro e legge le parti facendo ungran movimento colle braccia e saltando di qua

e di là per far vedere come si fa a recitare; poi dà il libro al re e glidice di imparare a memoria la sua parte.

C'era un paesotto da quattro soldi circa tre miglia sotto la curva del fiumee dopo pranzo il duca dice che ci ha

avuto un'idea per viaggiare anche di giornosenza pericoli per Jim; e quindidecide che va in città a sistemare 'sta cosa.

Il re dice che ci va anche lui per vedere se c'è qualcosa da fare. Non ciavevamo più caffècosì Jim dice che è meglio

che vado anch'io con loro in canoa a prenderne un po'.

Quando arriviamo non c'è in giro nessuno; strade vuote e perfetto silenziopareva che era domenica. Troviamo

un negrocolla faccia di uno che sta maleche prende il sole dietro unacasae questo qui ci dice che tutti quelli che non

erano troppo piccolio troppo malatio troppo vecchi erano andati a unraduno religioso che era a due miglia

nell'internoin mezzo al bosco. Il re si fa dare tutte le indicazioni e diceche va a vedere se ne vale la pena e che cosa ci

può tirare fuorie che io potevo andare con lui.

Il duca invece dice che lui ha bisogno di una tipografia. Ne troviamo una:una stanzetta piccolissima sopra una

falegnameria. Tutti i falegnami e gli stampatori erano andati al raduno senzachiudere a chiave la porta. La stamperia

era un locale sudicio con tutta la roba in disordine e i muri pieni dimacchie d'inchiostro e di manifesti con figure di

cavalli e di negri scappati. Il duca si toglie la giacca e dice che hatrovato quello che cerca. Allora io e il re partiamo per

il raduno religioso.

Ci arriviamo dopo circa mezz'orache coliamo di sudore perché era un giornocaldo da morire. Ci saranno state.53

almeno mille personeche venivano da venti miglia attorno. Il bosco erapieno di carri e di cavalli legati dappertutto

che mangiavano dalle greppie dei carri e battevano in continuazione glizoccoli per terra per mandare via le mosche.

Avevano fatto delle tettoie con dei pali e dei ramie sotto ci tenevanolimonatepan di zenzeromucchi di cocomeri

pannocchie verdi e roba del genere che la gente andava a comprare.

Le prediche le facevano sotto altri capannoniche erano come le tettoiesolo che erano più grandi e ci stava un

casino di gente. Le panche per sedersi erano fatte di tronchi segati per illungocon quattro buchi nella parte tondadove

ci avevano infilato dei bastoni per farci le gambe. Però non avevanoschienale. I predicatori stavano su pedane molto

alte in fondo ai capannoni. Le donne avevano in testa cappellini da sole;certe avevano vestitini di mezzalana o

percallinae alcune delle più giovani avevano abiti di tela. Alcunigiovanotti erano a piedi nudie dei bambini non

avevano neanche un vestito ma solo una camiciola di lino. Qualche vecchia sene stava a fare la magliae c'erano

ragazzi e ragazze che si facevano dei segni senza farsi vederee siguardavano con occhi dolci.

Nel primo capannone dove andiamo il predicatore sta attaccando un inno. Luicantava due versie tutti

ripetevanoed era bello sentirliperché c'era tanta gentee cantavano congrande passione; poi lui ne cantava altri duee

loro ripetevano - e così via. La gente si esaltava sempre di piùe cantavasempre più forte; e verso la fine alcuni

cominciano a gemeree altri a gridare. Allora il predicatore comincia lapredicae ci dà dentro di brutto; e prima va da

una parte della pedanapoi va dall'altrae poi si china verso il centroeper tutto il tempo si muove in continuazione con

le braccia e il corpoe urla con tutte le sue forze; ogni tanto tira su laBibbia e l'apree la fa girare di qua e di là

strillando: «È il serpente di bronzo del deserto! Guardatelo e vivete!». Eallora la gente gridava: «Gloria! Amen!». E lui

continuava cosìe la gente continuava a gemere e a dire «amen»:

«Ohvenite al banco dei pentiti! venite coi vostri neri peccati! (amen!)venite coi dolori e le malattie!(amen!)

venite voi che siete sciancati e storpi e ciechi! (amen!)venite voi che siete poveri e bisognosipieni di vergogna !

(amen!)venite tutti voiche siete stanchi e afflitti e sofferenti! Cancellate il vostro orgoglio evenite! venite con l'animo

contrito! venite con i vostri stracci e i vostri peccati e la vostra miseria!ecco per voi le acque purificatriciecco aperta

davanti a voi la porta del Cielo... ohentrate e siate in pace! (amen!gloriagloria alleluia!)».

Ed è andato avanti così per un bel po'che tu poi non capivi più quelloche diceva il predicatore per il gran

casino che c'era di pianti e di strilli. In mezzo alla folla ce n'erano certiche si alzavano e a spinte e a gomitate si

facevano strada in quel pigia pigia fino al banco dei pentitie ci avevanole lacrime agli occhi; e quando tutti i pentiti

erano riuniti in massa nelle prime filesi mettevano a cantare e a gridaree si buttavano sulla pagliatutti eccitati che

sembravano fuori di testa.

Behsenza dire né ai né bai ecco il re che si mette a urlare in unamaniera che la sua voce supera quella di tutti

gli altri; e subito dopo parte a testa bassa per la pedanae il predicatorelo prega di parlare alla follae lui si mette a

parlare. Ci dice che lui è stato pirata - ha fatto il pirata per trent'anninell'oceano Indiano - e la primavera scorsa la sua

ciurma si è ridotta assai in una battagliae lui era tornato a casa acercare dei nuovi uominima grazie a Dio ieri sera

quelli del vapore dove viaggiava lo hanno derubato e lo hanno lasciato aterra senza un centesimoe lui adesso era

feliceera la cosa più bella che gli poteva capitareperché ora eracambiatoed era felice per la prima volta in vita sua; e

anche se ormai era povero in cannain quel momento gli era venuta lavocazione di ripartire subitoper tornare

nell'oceano Indiano e dedicare il resto della sua vita a cercare di riportarei pirati sulla retta via; lui ci poteva riuscire

meglio di chiunque altroperché conosceva tutte le ciurme di pirati diquell'oceano; e anche se per arrivarci ci avrebbe

messo un sacco di tempoe anche se era senza soldici sarebbe arrivato inogni modoe ogni volta che convinceva un

pirata aveva intenzione di dirgli: «Non ringraziare menon è a me che deviesprimere la tua gratitudine; tutto il merito è

di quella cara gente del raduno religioso di Pokevilleveri fratelli ebenefattori del genere umanoe di quel caro

predicatore che ho trovato lìl'amico più sincero che un pirata abbia maiavuto!».

A questo punto scoppia a piangeree si mettono a piangere anche tutti glialtri. Allora qualcuno grida:

«Facciamo una colletta per luifacciamo una colletta!». Behcinque o seisaltano in piedi per cominciarema qualcuno

urla: «Lasciate passare lui afare il giro col cappello!». Questo lo ripetono tuttie anche il predicatore.

Allora il re passa in mezzo alla folla col cappelloe continuava astrabuzzare gli occhi e a benedire la gente e a

lodarla e a ringraziarla per essere stata così buona con quei poveri piratidi laggiù; e tutte le volte che una bella ragazza

arrivava da lui con le lacrime sulle guance e gli chiedeva se lui glipermetteva di baciarlo per poterlo ricordare meglio

lui la baciava - e qualche volta l'abbracciava e baciava anche cinque o seivolte -; e lo invitano a fermarsi una settimana;

tutti lo volevano a casa loroe dicevano che era un onore; ma lui diceva chesiccome quello era l'ultimo giorno del

raduno religiosolui non avrebbe potuto più fare del benee poi non vedeval'ora di tornare subito nell'oceano Indiano

per andare a fare opera di evangelizzazione fra i pirati.

Quando torniamo alla zattera e lui comincia a contare i solditrova che haraccolto ottantasette dollari e

settantacinque centesimi. Aveva anche fregato un bottiglione da tre gallonidi whiskyche aveva trovato sotto un carro

al momento di avviarsi per tornare attraverso il bosco. Il re dice che aconti fatti quel giorno lìcome soldibatteva tutti

gli altri giorni che aveva lavorato nel campo della religione e dellemissioni. Dice anche che - poche chiacchiere! - gli

infedeli non valgono nienterispetto ai piratinei raduni religiosi comequello lì. Il ducache fino all'arrivo del re

pensava di avere avuto una buona giornatadopo è rimasto senza parole. Siera piazzato nella tipografia e aveva fatto

due lavoretti per dei contadini - degli avvisi di cavalli - e aveva incassatoi soldiquattro dollari. Aveva anche chiesto

dieci dollari per inserzioni sul giornalema gli aveva detto che glielelasciava a quattro dollari se pagavano in anticipoe

loro avevano accettato. L'abbonamento al giornale costava due dollariall'annoma lui gli concedeva tre abbonamenti a

mezzo dollaro l'uno a condizione che lo pagavano in anticipo; loro lovolevano pagare in legna da bruciare e cipolle.54

come al solitoma lui gli ha risposto che aveva appena comprato la ditta eaveva ridotto i prezzi più che potevae

adesso aveva bisogno di contanti. Dopo aveva stampato una poesiola che avevafatto luidi testa sua - tre strofe -dolce

e un po' tristeche si chiamava Sìspezzamondo crudelequesto povero cuore;e aveva lasciato tutto già composto e

pronto per la stampa sul giornalee quella lì gliela lasciava gratis. Behin totale aveva fatto nove dollari e mezzoperò

per quei soldi aveva dovuto lavorare sodo.

Poi ci ha fatto vedere un'altra cosetta che aveva stampatoma quella nonl'aveva fatta pagare a nessuno perché

era per noi. Era un manifesto che ci aveva la figura di un negro scappato conuna bisaccia su un bastone che teneva sulla

spallacon scritto sotto «Ricompensa di 200 dollari». L'avviso era su Jime lo descriveva proprio com'era. Diceva che

era scappato dalla piantagione di St. Jacquesquaranta miglia sotto NewOrleansl'inverno scorsoe probabilmente era

diretto a norde chi lo prendeva e lo rimandava indietro gli davano laricompensa e le spese.

«In questa maniera»fa il duca«possiamo viaggiare di giorno se abbiamovoglia. Tutte le volte che vediamo

venire qualcuno leghiamo Jim mani e piedi con una corda e lo mettiamo nelwigwam; facciamo vedere questo

manifestoe diciamo che l'abbiamo catturato sul fiumema siccome siamotroppo poveri per prendere il battelloci

siamo fatti dare a credito questa zattera da amici e stiamo scendendo aprendere la ricompensa. Le manette e le catene

sarebbero ancora meglioperò non vanno bene con la storia che siamo cosìpoveri. Sarebbe come se ci avessimo

addosso dei gioielli. Le corde sono quello che ci vuole - dobbiamo rispettarela verisimiglianzacome diciamo noi gente

di teatro».

Tutti abbiamo detto che il duca era stato in gambae che così non avremmoavuto più grane viaggiando di

giorno. Abbiamo deciso che era meglio fare parecchie miglia quella notte perevitare tutto il casino che ci sarebbe stato

nel paesotto per quello che aveva fatto il duca nella tipografia; poipotevamo continuare di notte o anche di giorno

come volevamo.

Stiamo quieti e senza dire una parola fino quasi alle dieci; poi andiamo viae ci allontaniamo un bel po' dalla

cittàe issiamo la lanterna solo quando non la vediamo più. Quando Jim michiama per il mio turno di guardia alle

quattro di mattinami dice:

«Huckcredete che troveremo tanti altri re in questo viaggio?»

«No»dico io«credo di no».

«Behmeno male»mi fa lui. «Uno o due re possono andare benema non dipiù. Questo qui è sbronzo da far

spaventoe il duca non è molto meglio».

Poi ho scoperto che Jim aveva cercato di farlo parlare in franceseperchévoleva sentire com'erama lui gli

aveva detto che era da tanto tempo in Americae aveva avuto tanti guaicheaveva dimenticato tutto.

XXI • Difficoltànell'Arkansas

Il sole si era già levatoma noi abbiamo continuato senza legare lazattera. Dopo un po' sono venuti fuori il re e

il ducae sembravano un po' a terrama un tuffo in acqua e una nuotata liha rimessi in sesto. Dopo colazione il re è

andato in un angolo della zatterasi è tolto le scarpesi è arrotolato icalzoni e si è seduto con le gambe penzoloni e i

piedi nell'acqua per stare più comodo; poi ha acceso la pipa e si è messo aimparare a memoria la parte di Romeoe

Giulietta. Dopo che l'haimparata un po'lui e il duca hanno cominciato a provare insieme. Il duca gliha dovuto fare

ripetere un sacco di volte tutte le battutegli ha fatto vedere come dovevasospiraremettersi la mano al cuoree poi gli

ha detto che l'aveva fatto abbastanza bene. «Però»gli ha detto«nondevi dire "Romeo!" conquel vocioneche semb ri

un toroma devi dirlo con una voce morbida e delicatacosì - R-o-o-meo! -rendo l'idea? Perché Giulietta è una

ragazza dolce e tenerae non raglia come un asino».

Behil giorno dopo tirano fuori un paio di lunghe spade che il duca avevaricavato da delle stecche di legno di

querciae cominciano a provare il duello - col duca che faceva la parte diRiccardo IIIed era uno spettacolo vedere

come si avventavano uno contro l'altro e saltellavano in quella maniera pertutta la zattera. Ma dopo un po' il re

inciampa e cade in acquae allora si prendono un riposino e parlano delleavventure che hanno avuto in altre occasioni

lungo il fiume.

Dopo pranzo il re dice:

«SentiCapetoquesto spettacolo deve essere di prim'ordineper cui cimettiamo qualche altra cosa. Dobbiamo

preparare qualcosa se ci chiedono il bis».

«Che cos'è 'sto bisPonteporco?»

Il duca gliel'ha spiegatoe poi dice:

«Magari per il bis io gli faccio la danza delle Highlandso il ballo delmarinaioe tu... fammi un po' pensare...

ohsìecco qua... tu gli puoi fare il monologo di Amleto».

«E che roba è?»

«Il monologo di Amleto - è il pezzo più famoso di Shakespeare. Ahèsublimesublime! Tutte le volte che lo

reciti il pubblico impazzisce. Nel libro non c'è - io ho soltanto un volume-ma penso che lo posso ricostruire da quello

che ricordo. Adesso mi metto a camminare su e giù per qualche minuto e vedose posso richiamarlo dagli antri della

memoria».

Così ha cominciato a passeggiare avanti e indietro per farselo venire inmentee ogni tanto faceva delle orribili.55

smorfie; dopo tirava su gli occhi e corrugava la fronte; quindi si portava lamano alla testa e indietreggiando faceva una

specie di lamento; poi sospiravae un momento dopo gli veniva da piangere.Era bellissimo da vedere. Dopo un po' gli

era tornato tutto in mentee allora ci dice di fare attenzione. A questopunto prende un atteggiamento solennecon una

gamba un po' in avanti e le braccia larghe e alzate in altocolla testabuttata indietro e gli occhi al cielo; e così comincia

a sbuffarea contorcersi e a digrignare i dentie poidurante tutto ildiscorsonon fa che urlare e smaniare e gonfiarsi il

petto; insommanon ho mai visto uno che recitava bene come lui. Il discorsoè questo qui - io non ci ho messo molto a

impararlo perché l'ho sentito mentre lui continuava a ripeterlo perimpararlo al re:

Essere o non essere: questo è il pugnale

Che fa sciagura di sì lunga vita;

Chi vorrebbe i malanni sopportarefinché la foresta di Birnam si muoveràfino a Dunsinane

Se non che la paura di qualcosa dopo la morte

Uccide il sonno innocente

L'altro mondo della nostra umana realtà

E c'induce a sferrare i dardi della fortuna oltraggiosa

Piuttosto che volare ad altri ignoti.

Questo è il riguardo che ci fa indugiare:

Sveglia Duncan con il tuo bussare! So che lo puoi;

E chi sopporterebbe i malanni e le frustate dei tempi

I torti dell'oppressorele contumelie dell'orgoglio

Gli indugi della leggee la pace che i suoi tormenti potrebbero avere

Nel fondo della notte funestaquando i sepolcri si aprono

Vestiti nel loro lutto solenne

Se non fosse che l'angoscia del paese inesploratodal cui confine nessunviaggiatore ritorna

Infetta il mondo col suo morbo

E così la sanguigna decisionecome il povero gatto del proverbio

Al riflesso del dubbio si corrompe

E le nubi che incombevano sulle case

Con questo dubbio il loro corso deviano

E perdono il nome di azione.

Questa è la consunzione da desiderare devotamente. Zittigiunge la bellaOfelia;

Non aprire le tue possenti fauci di marmo

Ma va' in convento - va'!

Behal vecchio quel discorso lì ci è piaciutoe così non ci ha messoniente a impararlo ed era diventato

bravissimo. Pareva che fosse nato per fare quel pezzo. E quando ci avevapreso la manoe s'era scaldato ben beneera

un piacere vedere come strillavae gli zompi che faceva quando lo recitava.

Alla prima occasione che ci è capitatail duca ha fatto stampare deimanifesti dello spettacolo; e poiper due o

tre giornimentre continuavamo ad andare sull'acquala zattera è diventataun luogo di divertimentiperché non si

faceva altro che duelli e prove di scena - così le chiamava il duca. Unamattinaquando ormai eravamo abbastanza giù

nello stato di Arkansasvediamo da lontano un'altra cittadina in una grandeansa del fiumecosì leghiamo la zattera a

circa tre quarti di miglio più in altoalla foce di un fossato che eracoperto come una galleria da dei cipressie tutti

tranne Jimprendiamo la canoa e scendiamo in città a vedere se c'eranodelle possibilità per il nostro spettacolo.

Abbiamo un colpo di fortunaperché quel pomeriggio doveva venire un circoe i contadini stavano già

arrivando su ogni genere di carri vecchi e traballantioppure a cavallo. Ilcirco doveva andarsene prima di seraper cui

il nostro spettacolo poteva avere una grande occasione. Allora il duca prendein affitto il tribunalee noi andiamo in giro

ad attaccare i manifesti. Sopra c'era scritto:

Festival skakespeariano!!!

Meraviglioso spettacolo!

Per una sola serata!

I celeberrimi attori

DAVID GARRICK JUNIORdel Drury Lane di Londra

e

EDMUND KEAN SENIORdel Royal Haymarket Whitechapel

Pudding LanePiccadillyLondrae i

Regi Teatri d'Europanel loro superbo

spettacolo shakespeariano intitolato

«La scena del balcone»

da

ROMEO E GIULIETTA!!!.56

Romeo ......................Mr. Garrick

Giulietta........................Mr. Kean

Con la collaborazione dell'intera compagnia!

Nuovi costuminuovi scenarinuovi attori!

Inoltre:

Il magnificoemozionante e sensazionale

Duello alla spada

in

RICCARDO III!!!

Riccardo III...............Mr. Garrick

Richmond....................Mr. Kean

E inoltre:

(a gentile richiesta)

L'IMMORTALE MONOLOGO DI AMLETO!!

dell'Illustrissimo Kean!

Già recitato per 300 serate consecutive a Parigi!

Qui per una sola sera

a causa di imminenti impegni in Europa!

Ingresso: 25 centesimi; ragazzi e servi: 10 centesimi.

Poi siamo andati a passeggio per la città. I negozi e le case erano quasitutti fabbricati di legnovecchi che

stavano in piedi per miracoloe non erano stati neanche imbiancati; eranoquasi tutti su paletti di tre o quattro piediin

modo da stare al riparo dall'acqua quando c'erano le inondazioni del fiume.Intorno alle case c'erano dei piccoli ortima

dentro non ci cresceva nientetranne foglie di stramonio e girasoliec'erano mucchi di spazzaturascarpe rottepezzi di

bottigliestracci e vecchie latte. Gli steccati erano fatti con tavole dilegno differenti fra loroattaccate in tempi diversi

e pendevano di qua e di là; le porte di solito avevano un solo cardineequesto era di cuoio. Alcuni steccati erano stati

imbiancati nel passatoma il duca ha detto che doveva essere stato al tempodi Colombo. Negli orti di solito ci

entravano i maialie la gente li sbatteva fuori.

Tutti i negozi erano lungo una sola strada. Sul davanti avevano dei tendonibianchi fatti alla buonae i

contadini attaccavano i cavalli ai pali che li tenevano su. Sotto i tendonic'erano degli scatoloni vuotie per tutto il

giorno ci stavano seduti gli sfaccendatiche li tagliavano coi coltelli aserramanico e passavano le ore a masticare

tabaccoa sbadigliare e a stirarsi - una bella banda di perdigiorno!Generalmente avevano dei cappelli di paglia larghi

come ombrellima non avevano giacche o gilè; fra di loro si chiamavano Bille Buck e Hank e Joe e Andye parlavano

con voce lenta e strascicatadicendo un sacco di parolacce. Quasi ad ognipalo c'era appoggiato uno di questi bighelloni

e ci aveva quasi sempre le mani in tascatranne quando le tirava fuori perdare un pezzo di tabacco a qualcuno o per

grattarsi. Stando in mezzo a loro si sentivano sempre discorsi come questo:

«Dammi 'na cicca di tabaccoHank».

«Non possoce n'ho solo una. Chiedigli a Bill».

Allora magari Bill gli dà la ciccaoppure gli conta una bugia e gli diceche non ce l'ha. Qualcuno di questi

fannulloni non ha mai un centesimo in tascae neanche una cicca di tabacco.Quello che masticano se lo sono fatto

prestare dicendo all'amico: «Mi puoi prestare una ciccaJackche ho appenadato a Ben Thompson l'ultima che

avevo?»; ma quasi sempre è una frottolache ci credono solo quelli che nonlo conosconoma Jack lo conosce e gli fa:

«Che? Tu glihai dato una cicca? Gliel'ha data la nonna del gatto di tua sorella! Primaridammi le cicche che ti

sei fatto prestareLafe Bucknere poi te ne do una o due tonnellatee nonti faccio neanche pagare gli interessi».

«Behun po' te le ho ridate».

«Sì... circa sei cicche. Io ti do del tabacco di prima e tu mi restituiscidelle schifezze».

Il "tabacco di prima" è una tavoletta di tabacco nero pressatomaquesti tizi in genere masticano la foglia

naturale ripiegata. Quando si fanno prestare una ciccadi solito non latagliano con il coltelloma prendono fra i denti la

tavoletta e la tirano con le mani finché non l'hanno divisa in due - equalche volta la cicca è così grande che il padrone

del tabacco la guarda un po' scocciato quando ce lo ridanno e fasarcastico:

«Va beneallora dammi la ciccae prenditi tu la tavoletta».

Tutte le strade e i vicoli del paese sono solo fango - fango nero come lapeceche in certi punti è fondo anche

un piedee comunque mai meno di due o tre pollici. I maiali giranodappertutto. E ti può capitare di vedere una scrofa

con tutti i suoi porcellini che arriva e si sdraia pacifica in mezzo allastradache la gente ci deve girare intornoe lei si

stende e chiude gli occhie agita le orecchie mentre i maialini poppanoeha un'aria beata come uno che lo pagano per

fare la bella vita. E dopo un po' puoi sentire uno di questi mangiapane a ufoche urla «Dagli addossoTigeforza!»e

vedi la scrofa che se ne va strillando disperatacon un cane o due attaccatialle orecchiee una caterva di altri che

arrivano; e allora tutti quei battifiacca si alzano a vedere la bestia che siallontana e spariscee ridono e sono contenti

che ci sia stato un po' di casino. Poi si rimettono tranquillimagari fino aquando non c'è una baruffa di cani. Niente li

sveglia e li fa contenti come una baruffa di canitranne forse gettare dellatrementina su un cane randagio e dargli

fuocoo legargli una pentola di latta alla coda e vederlo correre fino acrepare..57

Sul bordo del fiume delle case sporgono oltre l'arginetutte curve epiegatee stanno per cadere dentro. La

gente che ci stava se n'è andata. La sponda è sparita anche da sottol'angolo di qualche altra casache se ne sta lì

sospesama in queste qui la gente ci vive ancoraanche se è pericolosoperché qualche volta frana in un colpo solo una

striscia di terra grande come una montagna. Qualche volta comincia a cedereuna striscia di terra profonda un quarto di

miglioe continua a franare finché basta un'estate perché sparisca tuttanel fiume. Una città come quella deve continuare

a spostarsi verso l'internoperché il fiume continua a mangiare la terra.

Quel giornoa mano a mano che si avvicinava mezzogiornoi carri e i cavallinelle strade diventavano più fitti

e ne arrivavano sempre di nuovi. Le famiglie si erano portate il pranzo dallacampagnae mangiavano sui carri. Whisky

se ne beve tantoe vedo tre risse. Dopo un po' qualcuno urla:

«Ecco lì il vecchio Boggsche arriva dalla campagna per la bevuta delmeseeccolo quaragazzi!».

Tutti i fannulloni sono contentiimmagino perché gli piaceva sfotterequesto Boggs. Uno di loro dice:

«Chissà con chi vuole attaccare briga stavolta. Se avesse accoppato tuttiquelli con cui ha bisticciato negli

ultimi vent'anniadesso sarebbe veramente famoso».

Un altro dice:

«Magari il vecchio Boggs minacciasse me; sarei sicuro di campare milleanni».

Boggs arriva di corsa sul cavallo facendo urli e versi come un indianoestrillando:

«Fate largolìsono sul sentiero di guerrae adesso il prezzo delle baresalirà subito».

Era sbronzo e dondolava sulla sella; aveva più di cinquant'anni e una facciamolto rossa. Tutti gli gridavano

dietroridevano e lo sfruculiavanoe lui gli rispondeva e diceva che conloro i conti li faceva dopoquando veniva il

loro turnoperché in città c'era venuto per ammazzare il vecchiocolonnello Sherburne il suo motto era «Prima spara e

poi discuti».

Mi vedesi avvicina e mi fa:

«Di dove sei ragazzo? Sei pronto a morire?»

Io avevo fifama un uomo mi dice:

«Non farci caso; quando è sbronzo fa sempre così. E lo scemo più buono ditutto l'Arkansasma non ha fatto

mai male a nessunoné da sbronzoné quando è sobrio».

Boggs va poi al più grande negozio della città; piega la testa a guardaresotto il tendone e urla:

«Vieni fuoriSherburn! Vieni fuoriche c'è quello che hai imbrogliato.Sei tu il furfante che cercoe adesso il

tuo momento è arrivato!».

È andato avanti per un po' in questa manieradicendo a Sherburn tutte leparolacce che sapevacon tutta la

strada piena di gente che ascoltavarideva e faceva commenti. Dopo un po'viene fuori dal negozio un uomo dall'aria

superba di circa cinquantacinque anni - e non ce n'era nessuno coi vestitieleganti come lui in tutta la città - e la folla gli

fa largo per farlo passare. Va da Boggs e gli dicecon voce lenta e calma:

«Sono stanco di questa storia; vi do tempo fino all'una. Fino all'unabadatee non di più. Se dopo quell'ora

direte ancora qualcosa contro di menon avrete più scampodovunque virifugerete».

Si gira e se ne va. La folla era rimasta in silenzio; non si muoveva nessunoe non si sentivano più risate. Boggs

si allontana e insulta Sherburn con tutto il fiato che ha in corpo lungotutta la strada; e dopo un po' ritorna e si ferma

davanti al negozio continuando a strepitare. Alcuni uomini gli vanno intornoe cercano di farlo stare zittoma lui non

vuole; loro gli dicono che fra quindici minuti è l'unae dunque deveandare a casadeve andarsenesubito. Ma non serve.

Lui continua a smoccolare con tutta la sua forzabutta a terra il cappello elo pesta coi piedie poi riprende ad andare

giù per la strada con i capelli grigi al vento. Tutti quelli che riescono adavvicinarlo fanno del loro meglio per

convincerlo a scendere da cavalloper poterlo chiudere a chiave e farglipassare la sborniama non c'è stato niente da

fare: risale la strada e tira un'altra imprecazione a Sherburn. Alloraqualcuno dice:

«Andate a cercare la figlia! Prestoandate a cercare la figliache qualchevolta a lei gli dà retta. Se c'è

qualcuno che può persuaderlo è sua figlia».

Così qualcuno parte di corsa. Io vado un po' giù per la strada e poi mifermo. Dopo cinque o dieci minuti ecco

che torna Boggsma non è più a cavallo. Cammina ondeggiando e traversa lastrada verso di mesenza cappelloe ai

due lati ci ha due amici che lo tengono per le braccia e lo fanno camminarein fretta. Era zittoma sembrava inquieto;

non faceva resistenzama andava sveltoe qualche volta era lui che tiravagli altri. Qualcuno dice forte:

«Boggs!».

Io mi giro a vedere chi ha parlato ed è quel colonnello Sherburn. Era inpiedi immobilein stradae aveva una

pistola alzata nella mano destra; non la puntavama la teneva con la cannatirata su verso il cielo. Proprio in quel

momento vedo una ragazza che viene di corsae con lei ci sono due uomini.Boggs e gli altri si voltano a vedere chi ha

chiamatoe quando vedono la pistola i due uomini fanno un salto da parteela canna viene giù lenta e continua finché è

ad altezza d'uomocon tutti e due i cani sollevati. Boggs alza tutte e duele mani e dice: «OhDionon sparate!». Bang!

e al primo sparolui traballa all'indietro agitando le braccia per aria -bang! e al secondo precipita a terra di schiena

solido e pesantecon le braccia aperte. La ragazza urla e corre aprecipizioe si getta sul padre piangendo e dicendo:

«Ohl'ha uccisol'ha ucciso!». La folla si precipita e si chiude intornoa lorospingendo e facendo a gomitatee allunga

il collo per vederementre quelli che sono più all'interno cercano direspingerli urlando: «State indietrostate indietro!

Dategli ariadategli aria!».

Il colonnello Sherburn getta la pistola a terrasi gira e si allontana.

Portano Boggs a un piccolo drugstorecon la folla che continua apremere tutt'intornoproprio come primae.58

io corro a prendere un buon posto fuorivicino alla vetrinadove possovedere da vicino. Lo stendono sul pavimentoe

gli mettono sotto la testa una grande Bibbiae un'altra aperta sul petto; maprima gli stracciano la camiciacosì posso

vedere dove è entrata una delle pallottole. Lui fa dieci o dodici respiriaffannosi - con la Bibbia che si solleva quando

aspira l'aria e va giù quando la manda fuori - e poi si ferma: è morto.Allora allontanano la figliache continua a

piangere e a disperarsi. Aveva circa sedici annie aveva un aspetto dolce egentilema era pallida e spaventata da fare

paura.

Behquasi subito è lì tutta la cittàe tutti non fanno che smaniarespingere e sgomitare per arrivare alla vetrina

a dare un'occhiatama quelli che avevano il posto non volevano mollarloequelli dietro a dire: «Adesso tiratevi via

voiche avete già visto; non è giusto che restate lì per tutto il tempoe non fate vedere a nessuno; gli altri hanno gli

stessi vostri diritti».

Vedo che alcuni cominciano a litigaree così vengo viache magari finiscea botte. Le strade erano piene ed

erano tutti eccitati. Quelli che hanno visto la sparatoria raccontano com'èstatae intorno a ognuno di loro c'è una grande

folla di gente che allunga il collo e cerca di sentire bene. Un uomo lungo emagrissimocoi capelli lunghi e un grande

cappello di pelo bianco a tubo tirato all'indietro segnava sul terrenoconuna canna dal manico curvodove era stato

Boggsdove era stato Sherburne la gente lo seguiva da un posto all'altro eguardava tutto quello che facevae facevano

di sì colla testa per dire che avevano capitoe si chinavano un po' e simettevano le mani sui fianchi a osservare i segni

che faceva a terra col bastone; poi questo tipo si è messo ritto e rigidodov'era stato Sherburncolla faccia brutta e il

bordo del cappello tirato giù sugli occhie grida «Boggs!»e poi abbassala canna lentamente ad altezza d'uomo e dice

«Bang!»indietreggia barcollando e dice di nuovo «Bang!»e cade giùpiatto sulla schiena. Quelli che avevano visto la

scena dicono che l'ha imitata perfettamenteche era proprio così che erasuccesso. Poi una dozzina di persone tirano

fuori le loro bottiglie e gli offrono da bere.

Behdopo un po' qualcuno dice che Sherburn deve essere linciato. E in unattimo lo dicono tuttie così si

allontanano urlanti e furiosia prendere tutte le corde da bucato che glicapitano sotto le mani per impiccarlo.

XXII • Perché fallì illinciaggio

Sono andati in massa su per la strada verso la casa di Sherburnlanciandoversi e urla furiose come tanti

indianie tutti si dovevano scansare se non volevano essere investiti efatti a pezzi; era una scena da far paura. I ragazzi

se la davano a gambe davanti a quella folla scatenatae scappavanostrillando; e ogni finestra che dava sulla strada si

era riempita di teste di donnee ogni albero di ragazzini negrie uomini edonne negre sbirciavano da dietro ogni

steccato; e non appena la folla si avvicinava si staccavano e scomparivanoche non volevano farsi vedere. E c'era un

mucchio di donne e ragazze che piangevano disperatee avevano una pauradella malora.

Si sono ammassati davanti alla palizzata di Sherburn così fitti che se unocrepava non poteva neppure cadere

per terrae dal rumore non riuscivi a capire neanche le parole che tu stessodicevi. Era un piccolo cortile di venti piedi.

Alcuni urlano: «Sbattete giù lo steccato!». E allora c'è un gran pigiapigia con urticolpi e spintonie lo steccato va giù

e la folla entra come un'ondata.

Proprio allora Sherburn esce sul tetto del piccolo portico davanti alla casacon in mano un fucile a doppia

cannae prende posizionecalmo e decisosenza dire una parola. Alloracessa il chiassoe l'onda torna indietro.

Sherburn non dice una parola; se ne sta lì a guardare verso il basso. Era unsilenzio terribileche faceva venire

la pelle d'oca. Sherburn gira gli occhi lentamente su tutta la follaequelli che colpisce con lo sguardo tentano di fissarlo

e fargli abbassare gli occhima non c'è verso; invece sono loro cheguardano da un'altra parte e cercano di nascondere la

faccia. Poisubito dopoSherburn fa una specie di ghigno - non una risatadi piacerema quella che può fare uno che sta

mangiando pane e sente che c'è dentro della sabbia.

Poi dicelento e sprezzante:

«E voi vorreste linciare qualcuno? Questa è bella! Mi viene proprio daridere a pensare che voi abbiate il

fegato di linciare un uomo! Siccome siete così coraggiosi che riuscite acoprire di catrame e di piume qualche povera

donna vagabonda e senza protettori che passa da queste partivi siete messiintesta di avere il coraggio di mettere le

mani su un uomo. Ma un uomo è al sicuro nelle mani di diecimila di voi -purché sia giorno e non gli siate alle spalle.

«Se vi conosco? Vi conosco benissimo. Sono nato e cresciuto nel Sude hovissuto nel Nord; e dunque

conosco profondamente gli uomini. L'uomo medio è un codardo. Nel Nord silascia calpestare da tutti quelli che hanno

voglia di farloe quando va a casa prega di avere l'umiltà per sopportarlo.Nel Sud un uomo solosenza aiutopuò

fermare una diligenza piena di uominialla luce del giornoe rapinaretutti. I vostri giornali dicono che siete gente

coraggiosai più coraggiosi che ci sianoe invece voi avete lo stessocoraggio degli altrinon di più. Perché le vostre

giurie non impiccano gli assassini? Perché hanno paura che gli amici delcondannato sparino loro alle spalleal buio. E

infatti è proprio questo che farebbero.

«Ecco perché assolvono sempre. E allora che fa un uomo?Aspetta la nottee con cento codardi mascherati a

dargli man forte sorprende il mascalzone e lo lincia. Ma il vostro errore èche non avete portato un uomo con voi; e un

altro errore è che non siete venuti al buio e con le maschere. Sietearrivati qui con un mezzo uomo- Buck Harknessche

vedete lì - e se non ci fosse stato lui a farvi muoveretutto sarebbefinito in nulla.

«Voi non volevate venire. L'uomo medio non ama i fastidi e i pericoli. Ma seun mezzo uomo- come Buck.59

Harkness - urla «Linciatelolinciatelo!»voi avete paura a tirarviindietro; avete paura che si veda ciò che realmente

siete - dei codardi - eallora sollevate l'inferno e vi attaccate alla giacca di questo mezzo uomoearrivate qui infuriati

promettendo che farete sfracelli. La folla è la cosa più miserabile che cisia; e un esercito è come una folla: gli individui

non combattono con il coraggio che hanno dentro dalla nascitama con quelloche sentono in loro grazie alla massa e

all'azione degli ufficiali. Ma una folla che non ha un uomo alla propriatesta è meno che miserabile. Ora quello che vi

resta da fare è abbassare la crestatornare a casa e rifugiarvi nellavostra tana. Se linciaggio ci saràverrà fatto al buio

alla maniera del Sud; e quelli che verranno si porteranno le maschereperandare a prendere un uomo. Ora andatevene -

e portatevi dietro il vostro mezzo uomo». E così dicendo appoggia il fucileal braccio sinistro e tira su il cane.

La folla indietreggia di colpopoi si sparpaglia tutta e si dis perde daogni partee Buck Harkness segue gli altri

coll'aria di un cane bastonato. Io potevo restare se avevo vogliama non miandava.

Sono andato al circo a gironzolare intorno alla parte posteriorefinchésono passati i guardianie allora mi

sono infilato sotto la tenda. Avevo la mia moneta d'oro da venti dollari edegli altri soldima ho deciso che era meglio

che li risparmiavo perché magari poi ne avevo bisognovisto che ero cosìlontano da casa e fra estranei. La prudenza

non è mai troppa. Non ci ho niente in contrario a spendere quattrini neicirchi quando non ci sono altri divertimentima

è anche stupido buttarli via.

Era un circo veramente in gamba. È stata una cosa splendida vedere arrivaresui cavallia due a dueun signore

e una damafianco a fiancocogli uomini che erano solo in mutande emagliettasenza scarpe e staffee cavalcavano

tenendo le mani sulle gambetranquilli e senza sforzo - saranno stati unaventina -e le donne erano bellissime e

avevano una carnagione stupendache parevano tante reginee ci avevanovestiti che costavano milioni di dollari ed

erano pieni di diamanti. Era una cosa fantasticache io non ho mai vistoniente di così bello. E poi a uno a uno si

sollevano e si mettono in piedi sui cavallie fanno il giro dell'anellomuovendosi dolcementepieni di grazia e di

armonia; e gli uomini sembravano sempre più altileggeri e diritticolleteste che si muovevano su e giù sotto la

copertura del tendonee le donne avevano lucidi vestiti rosa che glisventolavano appena sui fianchie che sembravano

dei bellissimi parasoli.

Poi hanno preso ad andare sempre più velocitirando su in aria prima unpiede e poi l'altrocoi cavalli che si

piegavano sempre di piùe il direttore che continuava a girare attorno alpilone centrale schioccando la frusta e gridando

«Hop... hop... hop!»e il pagliaccio che dietro di lui diceva dellespiritosaggini; e dopo un po' tutti lasciano le redinie

ogni dama si mette le mani sui fianchie ogni signore si mette con lebraccia consertee i cavalli che si piegano ancora

di più - e come rizzano la groppa! Poiuno dopo l'altrosaltano tutti aterra e fanno l'inchino più elegante che io ho mai

vistoe quindi escono fuorie tutti battevano le mani e impazzivano.

Behper tutto lo spettacolo hanno fatto le cose più incredibili; e pertutto il tempo il pagliaccio faceva morire

dal ridere. Il direttore non faceva in tempo a dirgli qualcosa che quello glirispondeva svelto come il fulmine con le cose

più comiche che ho mai sentito. E quello che ancora adesso non riesco acapire è come faceva a pensarne tante e a

tirarle fuori al momento giusto. Behio non riuscivo a pensarle tutteneanche in un anno. Dopo un po' un tipo che aveva

bevuto cerca di entrare nella pistae dice che vuole montare sul cavallo;dice che lui a cavallo è bravissimo. Loro ci

parlano insieme e cercano di tenerlo fuorima lui non vuole sentiree tuttolo spettacolo si interrompe. Allora la gente

comincia a protestare e a sfotterloe questo lo fa imbufaliree attacca aurlare e ad agitarsi; così la gente si incavolae

molti uomini cominciano a scendere dalle panche e ad andare giù verso lapista dicendo «Dategli una battuta!

Mandatelo fuori!»e una o due donne cominciano a strillare. Allora arrivail direttore a fare un discorsettoe dice che si

augura che non ci saranno disordinie che se l'uomo prometteva di non farepiù casinolui gli permetteva di andare a

cavallose pensava che riusciva a restare in groppa. Così tutti si mettonoa ridere e dicono che va benee l'uomo monta

sul cavallo. Ma appena lui è salitoil cavallo comincia a tirare calciasaltare e a caracollare in girocon due uomini del

circo che gli stanno attaccati alle redini per tenerloe lo sbronzo che siaggrappa al colloe a ogni balzo va colle gambe

all'ariae tutta la gente in piedi che urla e ride fino alle lacrime. Allafineanche se gli uomini continuano a tirareil

cavallo si liberae parte alla velocità di un lampo e attacca a girare perl'anellocon quel fesso sempre attaccato al collo

con le gambe che quasi toccano terra prima da una parte e poi dall'altraela gente che impazzisce. Io però non mi

divertivoe tremavo per lui. Però a un certo punto riesce a mettersidrittoe a beccare la brigliadondolando di qua e di

là; e subito dopo salta sulla groppa e lascia andare la briglia! - e ilcavallo continua a correre come se ci avesse dietro il

fuoco. L'uomo se ne sta lì in piedi a girare quieto e tranquillo come se nonavesse mai bevuto in vita sua; poi comincia a

togliersi i vestiti e a buttarli giù. Li tira così in fretta che sembrariempire l'ariae in totale ci aveva su diciassette vestiti.

E finalmente eccolo lìbellomagrovestito con l'abito più splendido echiassoso che ho mai vistoe allora dà un colpo

di frustache il cavallo parte sparato; e infine salta giùfa un inchino eva a saltelli nello spogliatoioe tutti intorno a

urlare per la sorpresa e il piacere.

Allora il direttore capisce che gli hanno fatto fare la figura dello scemoeavreste dovuto vedere che faccia ha

fatto quando si è accorto che quello lì era un suo uomo! Questo qui avevainventato quello scherzo di testa suae mica

l'aveva detto a nessuno. Behanch'io mi sono sentito preso un po' per ifondellima al posto di quel direttore non ci

avrei voluto essereneanche per mille dollari. Non so; forse ci sono deicirchi più in gamba di quello lìma io non li ho

ancora trovati. Per me comunque è stato bellissimoe tutte le volte cheposso andrò sempre a vederlo.

Behquella notte abbiamo fatto anche noi il nostrospettacoloma dentro c'eranosì e no dodici personeche

bastavano appena per pagare le spese. E poi continuavano a ridereche ilduca si è incavolato di bruttoe se ne sono

andati tutti prima della finetranne un ragazzo che si era addormentato.Allora il duca ha detto che quei cafoni

dell'Arkansas non erano in grado di capire: Shakespeare; quello che ci volevaper loro era la farsa - e magari qualcosa di.60

ancora più giù della farsa. Ha detto che aveva lui qualcosa per loro. Cosìla mattina dopo piglia dei grossi fogli di carta

da imballaggio e della vernice nera e prepara dei manifesti da attaccare pertutto il paese. Dicevano:

Al tribunale

SOLTANTO PER TRE SERE!

I famosissimi attori

DAVID GARRICK JUNIOR!

e

EDMUND KEAN SENIOR!

Dei teatri di Londra e d'Europa

Nella loro sensazionale tragedia

IL CAMMELLOPARDO DEL RE

OVVERO

UNA REGALITÀ SENZA PARI!!!

Prezzo d'ingresso 50 centesimi.

E poi in fondo c'era l'annuncio più grosso di tutti che diceva:

VIETATO L'INGRESSO A DONNE E BAMBINI

«Ecco qua»fa il duca«se con questa frase che c'è in fondo nonfacciamo il pienovuol dire che non conosco

l'Arkansas!».

XXIII • I re sono dellecarogne

Behtutto il giorno lui e il re hanno lavorato come muli a preparare ilpalcoscenicoe a mettere il sipario e una

fila di candele per fare le luci della ribalta; e quella sera la sala si èriempita in un attimo di uomini. Quando posto non

ce n'era piùil duca ha lasciato l'ingresso dove controllava le entrate efacendo il giro da dietro è salito sul palco ed è

uscito davanti al sipariodove ha fatto un discorsetto per lodare la suatragediae dire che era la cosa più sensazionale

che è mai stata vista; e poi ha continuato a vantare la sua tragediae larecitazione di Edmund Kean Seniorche doveva

fare la parte principale; e finalmentequando tutti si aspettano di vederechissà che cosalui tira su il sipario ed ecco che

esce fuori il re che cammina gattoninudopitturato dappertutto a righe e astrisce coi colori più incredibilie pareva un

arcobaleno. E anche... ma è inutile che dico il resto del costumeeraproprio una cosa fantasticama c'era anche da

spanciarsi dal ridere. E quando il re ha finito di fare le capriolee con unultimo salto è andato fuori scenatutti sbattono

le mani e urlano e fanno una cagnara bestialefinché lui torna indietro efa tutto un'altra volta; e poi ce lo fanno rifare

una terza volta. Behc'era da scompisciarsi dalle risate a vedere quelvecchio idiota che faceva tutta 'sta sceneggiata.

Allora il duca tira giù il sipariofa un inchino al pubblicoe dice che lagrande tragedia sarà rappresentata solo

per altre due seratea causa di pressanti impegni a Londradove i postisono già stati tutti venduti al Drury Lanee dice

che se hanno gradito questo spettacolo divertente e istruttivogli saràinfinitamente grato se loro ne parleranno coi loro

amicie se li convinceranno a vederlo pure loro.

Una ventina di persone cominciano a protestare:

«Come? Già finito? Tuttoqui?».

Il duca dice di sì. E allora c'è un casino pazzesco. Tutti si mettono agridare che è una «fregatura»e si alzano

infuriati per andare verso il palco e gli attori. Ma un uomo grandedibell'aspettosalta in piedi su una panca e urla:

«Un momento! Solo una parolasignori». Tutti si fermano ad ascoltare. Èuna truffacertoavete ragione. Ma

dobbiamo diventare lo zimbello di tutta la cittàche continueranno asfotterci finché campiamo? No! Quelloche

dobbiamo fare è andare fuori di qui come se niente fossee parlare benedello spettacolo per farci venire anche gli altri.

Allora saremo tutti nella stessa barca. Non è una buona idea?». («Non èsbagliato! - Il giudice ha ragione!»gridano

tutti). «Benissimo! Allora non una parola su questa fregatura che ci siamopresi. Andate a casae consigliate a tutti di

venire a vedere la tragedia».

Il giorno dopo in città non si sentiva parlare d'altro che della bellezzadello spettacolo. La sera la platea era di

nuovo zeppae abbiamo bidonato la folla alla stessa maniera. Quando ioilre e il duca siamo tornati sulla zattera

abbiamo cenato tutti; poicirca a mezzanottehanno detto a me e a Jim dislegare la zattera e di portarla al centro del

fiume e quindi di riaccostare e di nasconderla a circa due miglia sotto lacittà.

La terza sera la platea era di nuovo piena come un uovo - solo che stavoltanon erano spettatori nuovima

gente che era già venuta la prima o la seconda sera. Io stavo accanto alduca all'ingresso e vedevo che tutti quelli che

entravano avevano le tasche gonfieo delle cose nascoste sotto la giacca - enon ci vuole molto a capire che non sono

mica dei fiori profumati. Ho sentito odore di uova marce a non finiree dicavoli andati a male e roba del genere; e se so

riconoscere la puzza di un gatto morto - e vi assicuro che ne ho visti tanti-ne ho contati sessantaquattro. Io sono

andato dentro un momentoma c'era un tanfo tale che non sono riuscito aresistere. Behquando in sala non ci poteva

entrare più neanche uno spilloil duca dà un quarto di dollaro a un tizioe gli dice di stare lì all'ingresso al suo posto per

un minutoe quindi prende la porta che dà sul palcoscenicoe io dietro dilui; ma non appena giriamo l'angoloche è

tutto buiolui mi fa:

«Ora cammina svelto fino a quando sei fuori dalle casee poi giù allazattera di corsacome se ci avessi il.61

diavolo che ti corre dietro!».

Faccio come mi ha detto e lui mi seguee arriviamo alla zattera nello stessomomentoe in meno di due

secondi stiamo andando giù colla correnteal buio e in silenzioe ciportiamo al centro del fiumesenza dire una parola.

Io pensavo che il povero re era là da solo ad arrangiarsi col pubblicomainvece no; dopo un po' lui striscia fuori dal

wigwam e dice:

«Behducail vecchio trucco ha funzionato anche stavoltano?».

Lui in città non c'era neanche andato.

Non mettiamo luci finché non siamo dieci miglia sotto la città. Poiaccendiamo e ceniamoe il re e il duca si

tenevano la pancia dal gran ridere a pensare come avevano bidonato tuttaquella gente. Il duca dice:

«Teste di legno! Boccaloni! Io lo sapevo che gli spettatori della prima seraavrebbero tenuto il becco chiuso e

che volevano che anche gli altri si prendevano un bidone; e sapevo anche chela terza sera ci aspettavano per farcela

pagare ed erano convinti che erano loro a spassarsela. Behadesso stannospassandoselae non so quanto darei per

sapere che stanno facendo. Magari possono farsi un picniccon tutta laverdura e le uova che hanno portato».

In quelle tre sere quei marioli avevano tirato su quattrocentosessantacinquedollari. Io non avevo mai visto

nessuno far soldi a palate come quei due lì.

Poiquando loro sono andati a dormire e stanno ronfandoJim mi fa:

«Non siete sorpreso a vedere che imbrogli fanno questi reHuck?»

«No»rispondo«proprio no».

«Perché noHuck?»

«Perché sono tutti una razza. Fanno tutti alla stessa maniera».

«MaHuckquesti re che ci abbiamo qua noi sono dei mascalzoniecco cosasonodei veri mascalzoni».

«È quello che ho detto io; in genere i re sono dei farabuttiper quanto neso».

«Davvero?»

«Leggi quello che hanno fatto e vedrai. Prendi Enrico VIII; al confrontoquello che abbiamo noi è un

gentiluomo. E guarda Carlo IIe Luigi XIVe Luigi XVe Giacomo II eEdoardo IIe Riccardo IIIe un'altra quarantina

di loro; e non parliamo di tutte quelle eptarchie sassoni che anticamente sele davano di brutto e combinavano dei gran

sconquassi. Cribbiodovevi vedere il vecchio Enrico VIII quando era nelfiore degli anni. Ogni giorno sposava una

donna diversae la mattina dopo ci faceva tagliare la testa. E tutto questosenza fare una piegacome ordinare un uovo

fritto. "Andate a prendere Nell Gwynn"dice. E loro la vanno aprendere. E la mattina dopo: "Tagliateci la testa!". E

loro ci tagliano la testa. "Andate a prendere Jane Shore "dice. Eloro la fanno venire. E la mattina dopo: "Tagliateci la

testa! ". E loro ce la tagliano. "Andate a suonare la porta de11abella Rosamunda». La bella Rosamunda va ad aprire. E

la mattina dopo: "Tagliateci la testa!". E ogni notte si facevaraccontare una storia da ciascuna di loro; ed è andato

avanti così finché in questa maniera ha raccolto mille e una storiaeallora le ha messe tutte in un libro che ha chiamato

il "Libro del Catasto" - che è un bel nomee dal titolo capisciche lì dentro c'è proprio tutto. Tu i re non li conosciJim

ma io sì; e questo vecchio manigoldo che abbiamo qui è uno dei meglio cheio ho trovato nella storia. Beha 'sto Enrico

a un certo punto gli è frullato in testa che vuole fare un gran casino nelnostro paese. Come pensi che fa? Manda un

avviso? Fa capire qualcosa prima? No. Tutto a un tratto butta giù in maretutto il tè che trova nel porto di Bostone

schiaffa giù una dichiarazione d'indipendenzache li sfida tutti a direqualcosase hanno coraggio. Era così che faceva.

Cavava il fiato a tutti. Per esempioci ha dei sospetti su suo padreilDuca di Wellington. Behche fa? Gli dice che gli

vuole parlare? No: lo annega in un barile di malvasiacome un gatto. E se lagente lasciava in giro dei quattrini dove

passava luisai che faceva? Se li metteva in tasca. E se firmava uncontratto per fare qualcosache tu dovevi pagarloe

non ti mettevi a curarlo per vedere che la facevasai che ti combinava? Behti combinava proprio il contrario. E se

apriva la bocca per parlaresai che diceva? Ogni due parole era una bugia.Era proprio un bel tomo'sto Enrico. E se

sulla zattera ci avevamo lui invece dei nostri requella città la fregavamolto peggio. Io non dico mica che i nostri sono

degli agnelliniperché non lo sonose pensi a quello che hanno fatto; marispetto a quel vecchio furfante non sono

niente. Io dico solo che i re sono ree che mica li puoi cambiare. Prendilitutti insiemesono proprio delle sporche

carogne. Sono stati educati così».

«Ma questo qui puzza come un caproneHuck».

«Behpuzzano tutti. Non possiamo farci niente; la storia non ci dice comesi può fare».

«Ma il duca è meglioper certe cose».

«Sìun duca è diversoma mica poi tanto. Questo che abbiamo èabbastanza tostoper essere un duca. Quando

è ubriaco non lo distingui per niente da un re».

«Behcomunque io altri non ne vorreiHuck. Questi due mi bastano».

«Sono d'accordo con teJim. Però ce li abbiamoe dobbiamo ricordare chisono e che non li puoi cambiare.

Qualche volta mi piacerebbe sapere se c'è dei paesi senza re».

A che serviva dire a Jim che quei due non erano dei re e duchi veri? Nonavrebbe portato niente di buono; e poi

non scherzavo quando gli avevo detto quelle cose; in fondo mica erano diversida quelli veri.

Sono andato a dormire e Jim non mi ha chiamato quando era il mio turno diguardia. Era una cosa che faceva

spesso. Quando mi sono svegliatoproprio all'albaera seduto con la testafra le ginocchiache sospirava e si lamentava.

Io non ci ho badatoe non gli ho chiesto che aveva. Lo sapevoquello chegli aveva preso. Pensava a sua moglie e ai

bambiniche erano rimasti sue ci aveva una nostalgia che gli faceva venireil magoneperché in vita sua non era mai

stato lontano da casa; e io sono convinto che pensava alla sua famigliaproprio come fanno i bianchi. A noi ci può.62

sembrare strano ma è così. Spesso sospirava e si lamentava in quellamanieradi nottequando pensava che io dormivo

e diceva: «Poverapiccola 'Lizabeth! Povero piccolo Johnny! È duraèdura; ci ho paura che non vi vedrò piùnon vi

vedrò più!». Era proprio un bravo negroil vecchio Jim.

Ma questa voltanon so comeci siamo messi a parlare di sua moglie e deibambinie dopo un po' lui mi dice:

«Quello che mi ha fatto venire così tanta tristezzastavoltaè che hosentito un bambino che ci davano delle

bottepoco fa a rivae mi ricordo che delle volte ho trattato male la miapiccola 'Lizabeth. Lei ci aveva circa quattro

annie ci è venuta la scarlattinache l'ha presa brutta assai; però poistava meglioe un giorno che era in giro io ci

dico:

«"Chiudi la porta".

«Lei non si muovee sta lì a guardarmi con un sorrisino. Allora mi sonoinfuriatoe ci dico ancoraforte:

«"Sei sorda? Chiudi la porta!".

«E lei che sta lì come primasempre con 'sto sorrisino. Allora mi sonodavvero imbufalitoe ci dico:

«"Adesso ti faccio vedere io!".

«E ci do un ceffone che la mando a terra lunga distesa. Poi vado in un'altrastanza e sto via circa dieci minuti; e

quando tornola porta è ancora apertae la bambina era lìche guardava epiangeva. Cribbiomi è venuto il sangue alla

testa e stavo per pestarla ben benema proprio allora - era una porta che siapriva dall'interno - proprio allora arriva un

colpo d'aria e sbatte la porta appena dietro alla bambina - una botta cheveniva giù la casa! - edannazione!la bambina

non si muove neanche! Io mi sento un colpo al cuore che mi paredi morireemi volto e apro la portapiano pianoe

ficco dentro la testa dietro alla bambina senza fare rumoree di botto cidico " bum!"più forte che posso. E lei nonsi

muove! OhHuckmi metto apiangere e la prendo fra le braccia e ci dico: "Ohpovera creatura! Diobenedetto perdoni

il povero vecchio Jimperché lui non si darà pace finché campa!".Era diventata sordomutaHucksordomuta! E io che

l'ho trattata così!».

XXIV • Il re diventaparroco

Il giorno dopoverso seraci fermiamo dietro a un piccolo banco di sabbiapieno di salici proprio in mezzo al

fiumecon due villaggi sulle due rive oppostee il duca e il re comincianoa preparare un piano per farsi quelle due

città. Jim allora parla al duca e gli dice che sperava che la cosa finiva inpoche oreperché per lui era dura quando

doveva stare nel wigwam tutto il giorno legato con una corda. Capirete chequando lo lasciavamo solo dovevamo

legarloperché se arrivava qualcuno e lo trovava liberovedeva che non ciaveva proprio l'aspetto di un negro che è

scappato. Allora il duca ha detto che doveva essere proprio una bellascocciatura stare fermo e legato tutto il giornoma

che ci pensava lui a una soluzione.

Il duca era proprio in gamba per 'ste cosee presto gli viene un'ideabrillante. Veste Jim col costume di Re

Learche era una lunga tunica di tela per tende con una parrucca e basettedi crine di cavallo bianco; poi prende il

trucco e dipinge la facciale manile orecchie e il collo di Jim di un blulividocome di uno che è annegato da una

settimana. Mi prenda un colpo se quella non è la faccia più brutta che hovisto. Poi prende un cartello e ci scrive su:

Arabo malato - innocuo quando non è fuori di testa.

Il cartello lo inchioda a un'assee pianta l'asse quattro o cinque piedidavanti al wigwam. Jim è soddisfatto.

Dice che è molto meglio così che stare legato ogni giorno per un'eternitàe tremare a ogni piccolo rumore. Il duca gli

dice di girare pure tranquilloe se qualcuno veniva a mettere il nasoluidoveva saltare fuori dal wigwam a fare un po'

di scenae cacciare uno o due urlacci come una bestia feroceche così sene andavano e lo lasciavano stare. Era sicuro

che finiva così; ma una persona normale scappava prima e non c'era neanchebisogno dell'urlo - gli bastava guardarlo in

faccia per tagliare la corda.

I due imbroglioni volevano riprovare colla tragedia del «Cammellopardo»perché rendeva un sacco di grana

ma poi decidono che forse non era prudenteperché magari ormai si erasparsa la notizia. Però non riescono a trovare un

progetto che va beneper cui alla fine il duca dice che vuole pensarci super un'ora o dueper vedere se gli viene

qualcosa di buono per quel villaggio dell'Arkansas; il re invece decide difare un salto all'altro villaggio senza un piano

precisoma spera che a fargli venire in mente qualcosa di buono ci penseràla Provvidenza - e credo che voleva dire il

diavolo. Dove ci eravamo fermati l'ultima volta avevamo tutti comprato deivestiti nuovi in un negozio; e ora il re si

mette su il suoe mi dice di mettermi su il mio. Naturalmente faccio comedice lui. Quello del re era tutto neroe così

era proprio in tiroe faceva un figurone. Non mi ero mai accorto come gliabiti possono cambiare la gente. Behprima

lui era il vecchio più scalcinato che avevo mai visto; ma adessoquando sitoglie il cappello bianco e fa l'inchino e

sorridesembra un signore così distinto e con una faccia così religiosache diresti che è appena venuto fuori dall'arca

santae che magari è il vecchio Levitico in persona. Jim pulisce la canoa eio prendo la pagaia. C'era un grosso battello

a vapore ormeggiato vicino all'argine sotto la puntaa circa tre migliadalla città; era lì da un paio d'ore perché doveva

caricare della merce. Il re dice:

«Visto come sono vestitomagari è meglio che faccio finta di arrivare daSt. Louis o Cincinnatio qualche altra

grande città. Vai al battelloHuckleberry; ci andremo su per arrivare alvillaggio».

Non c'è bisogno di dirmelo due volte se c'è la possibilità di fare un giroin battello. Vado a terra mezzo miglio

sopra il villaggio e poi risalgo lungo gli alti scogli della riva in acquetranquille. Abbastanza presto incontriamo un.63

paesanotto dall'aria un po' ingenua seduto su un tronco ad asciugarsi ilsudore dalla facciaperché il caldo era infernale.

Vicino ci aveva due grosse sacche da viaggio.

«Vai a terra»mi dice il ree io obbedisco. «Dove siete direttogiovanotto?»

«Al battello. Vado a Orleans».

«Venite a bordo»dice il re. «State lì un momentoche il mio servo viaiuta colle valige. Salta fuori e aiuta il

signoreAdolphus» - e capisco che sta dicendo a me.

Io faccio come mi ha detto e così ripartiamo in tre. Il giovanotto ci eramolto gratoe dice che era una gran

faticata portare dei bagagli con quel caldo. Chiede al re dove sta andandoeil re gli dice che in mattinata era arrivato

all'altro villaggio scendendo il fiume da norde che adesso faceva ancoraqualche miglio per andare a trovare un amico

che aveva una fattoria da quelle parti. Allora il giovanotto dice:

«Quando vi ho visto la prima voltami sono detto: "Ma quello è Mr.Wilksche quasi ce la faceva ad arrivare

in tempo" Ma poi mi sono detto: "Nonon è mica luilui mica vain canoa sul fiume". Voi non siete luivero?»

«Nomi chiamo Blodgett - Elexander Blodgett - ReverendoElexander Blodgett dovrei direperché sono uno

dei poveri servi del Signore. Mi dispiace proprio che Mr. Wilks non èarrivato in tempose questo gli fa perdere

qualcosa. Ma spero di no».

«Behanche così soldi non ne perdeperché riuscirà a prenderli lostesso; però non riuscirà a vedere per

l'ultima volta suo fratello Peter - che magari non gliene frega nientechipuò dirlo? -e invece Peter avrebbe dato chissà

che cosa per vedere lui prima di morire; in queste tre settimane non ha fattoche parlare d'altro - non si sono più visti da

quando erano ragazzi - e non ha più visto neanche l'altro fratelloWilliam- quello sordomuto -; William non ha più di

trenta o trentacinque anni. Peter e George erano i soli che sono venuti quiin America. George era sposato; lui e la

moglie sono morti tutti e due l'anno scorso. E ora Harvey e William sono isoli rimasti; e come vi dicevo non sono

arrivati in tempo».

«Li ha avvertiti qualcuno?»

«Ohsìuno o due mesi faquando Peter si è ammalato; perché alloraPeter ha detto che sentiva che stavolta

non ce l'avrebbe fatta. Dovete sapere che era piuttosto vecchioe le figliedi George erano troppo giovani per andarlo a

trovaretranne Mary Jane - quella coi capelli rossi -per cui lui eraspesso solo dopo che sono morti George e la moglie

e sembrava che di vivere non gliene importava molto. Aveva una gran voglia divedere Harvey - e anche Williamse è

per questo -perché è di quelli che non ci va l'idea di fare testamento.Ha lasciato una lettera per Harveye ha detto che

lì c'è scritto dove ha nascosto i quattrinie come voleva dividere ilresto del patrimoniocosì da sistemare le ragazze di

George - perché George di soldi non ne ha lasciati molti. E quella letteraè l'unico pezzo di carta che sono riusciti a

fargli scrivere».

«Perché pensate che Harvey non verrà? Dove vive?»

«Ohvive in Inghilterraa Sheffield; fa il prete lìe non è mai statoin questo paese. Non ci ha mai avuto il

tempo. E poi magari non ha neanche ricevuto la lettera».

«È bruttoè brutto che non abbia avuto il tempo di vedere per l'ultimavolta i suoi fratellipoveretto. Avete

detto che andate a Orleans?»

«Sìma non mi fermo lì. Mercoledì prossimo mi imbarco per Rio deJaneirodove vive mio zio».

«Santo cieloche lungo viaggio! Ma sarà bello; magari potessi andarci io.Mary Jane è la maggiore? Quanti

anni hanno le altre?»

«Mary Jane ha diciannove anniSusan ne ha quindici e Joanna circaquattordici - questa qui è quella che si dà

alle buone opere e che ha il labbro leporino».

«Poverine! Restare sole in questo mondo crudele!»

«Behavrebbero potuto passarsela peggio. Il vecchio Peter aveva amiciequesti faranno in modo di

proteggerle. C'è Hobsonil predicatore battista; e c'è il diacono LotHoveye Ben Ruckere Abner Shackleforde

l'avvocato Levi Bell; e c'è il dottor Robinsone le mogli di tutti questie la vedova Bartleye... behc'è un sacco di altra

gente; ma questi erano quelli che Peter ci aveva più confidenzae qualchevolta scriveva di loro nelle lettere che

mandava ai suoi. Quindi Harvey saprà chi cercare quando arriverà».

Behil vecchio ha continuato a fare domande al giovanotto e l'ha spremutoben bene. Mi venga un accidente se

non ha voluto sapere ogni cosa di tutta la gente che stava in quellabenedetta cittàe tutto su ciascuno dei Wilks; e del

mestiere di Peter - che era conciatore -e di George - che era falegname -e di Harvey - che era ministro dissenziente -

e così di seguito. Poi dice:

«Perché volevate andare a piedi fino a quel battello?»

«Perché quello è un grande battello che va a Orleanse avevo paura chequi da me non si fermava. Quando

pescano molto non si fermano su richiesta. Quelli che vengono da Cincinnatisi fermanoma questo qui viene da St.

Louis».

«Era ricco Peter Wilks?»

«Ohsìnon stava niente male. Aveva case e terrenie hanno calcolato cheha lasciato tre o quattromila dollari

in contanti nascosti da qualche parte».

«Quando avete detto che è morto?»

«Non l'ho dettoma è morto ieri sera».

«I funerali saranno domaninon è vero?»

«Sìverso mezzogiorno»..64

«Behtutto questo è molto tristema dobbiamo andarcene tuttiun giorno ol'altro. Quello che dobbiamo fare è

essere preparati; solo così non saremo presi alla sprovvista».

«Sìsignoreè la meglio cosa da fare. Lo diceva sempre anche la mamma».

Le operazioni di carico sono quasi finite quando noi arriviamo al battelloche poco dopo parte. Però noi a

bordo non ci siamo più andatie così io mi perdo il mio giro in nave.Quando il battello è partitoil re mi fa remare per

un altro miglio fino a un posto solitario; poi sbarca e mi dice:

«Ora torna indietro alla sveltae porta qui il duca con le nuove sacche daviaggio. E se è andato sull'altra riva

vai a prenderlo. E digli di mettersi elegante. Adesso fila».

Io vedo subito quello che ha in mente di farema naturalmente non diconiente. Quando torno col duca

nascondiamo la canoae poi loro due si siedono su un troncoe il re glidice tutto quello che gli aveva spifferato il

giovanottofino all'ultima parola. E mentre raccontacerca di parlare comegli inglesi; e ci riesce abbastanza beneper

un cafone come lui. Io non riesco a imitarloe quindi non ci provo neanchema a lui gli veniva veramente bene. Poi fa:

«Come te la cavi a fare il sordomutoPonteporco?».

Il duca dice che quello è il suo cavallo di battagliache l'ha fatto unfracco di volte sul palcoscenico. Così

aspettano il battello.

Verso metà pomeriggio passano due piccoli battellima non arrivano daabbastanza lontanoma poi ne viene

uno grandee loro ci fanno segno di fermarsi. Viene fuori a prenderci unaiole e noi andiamo a bordo. Arrivava da

Cincinnati; peròquando scoprono che volevamo fare solo quattro o cinquemigliasi sono incavolati di brutto e ci

hanno tirato contro un sacco di bestemmiee ci hanno detto che non cifacevano sbarcare. Ma il re era calmo e gli fa:

«Gentiluomini come noiche possono permettersi di pagare un dollaro a testaper ogni migliohanno il diritto

di pretendere di essere presi a bordo e portati dove vogliono».

Allora quelli si calmano e dicono che va bene; e quando arriviamo alvillaggio ci portano a riva con la iole. E

da terraquando vedono che arriva una ioleci vengono incontro una ventinadi personee il re gli dice:

«Qualcuno di lor signori sa dirmi dove vive Mr. Peter Wilks?».

Quelli si danno un'occhiata e abbassano la testacome dire:

"Che cosa vi avevo detto?". Poi uno di lorocon una voce gentile eparlando pianodice:

«Mi dispiacesignorema purtroppo posso dirvi solo dove vivevaieri sera».

E allora quel vecchio marpionesvelto come un gattosi mette le mani infaccia e attacca a piangere come un

vitelloe butta le braccia al collo di quell'uomo e gli mette il mento sullaspallae piange e piangee dice:

«Ahimèahimèpovero fratello nostro... se n'è andatoe noi che nonsiamo riusciti a vederlo... Ohche destino

crudele!».

Poi si gira e comincia a biascicare qualcosa e a fare un fracco di segniidioti al duca colle mani; e quelloche ti

fa? non sbatte giù la sacca e non scoppia a piangere anche lui? Erano gliimbroglioni più dritti che ho mai conosciuto

quei due lì.

Behgli uomini si raccolgono tutti intorno a loroe gli dicevano un saccodi cose gentilie gli tirano su il

bagaglio e glielo portano per tutta la salitae gli fanno coraggioeraccontano al re degli ultimi momenti di suo fratello

e il re ci conta di nuovo tutto al duca colle manie tutti e due si fanno unpianto per quel conciatore che era mortoche

sembrava avevano perso i dodici discepoli. Behmi venga un colpo se ho maiincontrato due carogne come quei due.

C'era da vergognarsi che eravamo anche noi della razza umana.

XXV • Lacrime e scemenze

In due minuti la notizia ha fatto il giro della cittàe vedevi la gente cheveniva di corsa da tutte le partie

qualcuno si metteva la giacca mentre camminava. Molto presto siamo in mezzo auna gran follae il rumore dei passi

era come un esercito in marcia. Le finestre e le porte sono tutte pienee aogni momento sentivi qualcuno che diceva da

dietro un recinto:

«Sono loro?».

E qualcuno che trottava con tutta la banda gli rispondeva:

«E chi vuoi che siano?».

Quando siamo arrivati nella strada davanti alla casa c'era un sacco di gentee le tre ragazze aspettavano alla

porta. Mary Jane ci aveva sì i capelli rossima questo non contava perchéera una ragazza bellissimae aveva gli occhi e

la faccia pieni di luce per la contentezza che erano venuti i suoi zii. Il reapre le braccia e Mary Jane gli corre incontroe

quella col labbro leporino corre incontro al ducae tutti che siabbracciano. Moltissimie comunque tutte le donne

piangono dalla gioia di vedere che si sono ritrovatie tutti sono felici econtenti.

Poi il re dà un colpetto al duca senza farsi vedere - ma io lo vedo - e poisi gira e vede la baralì in un angolo

su due sedie; e allora lui e il ducatenendosi abbracciati alle spalle conuna mano e portando l'altra agli occhivanno

verso la bara lenti e solenniche tutti si scansano per farli passaree nonsi sente più nessuno che parla e fa rumore

colla gente che fa «Sssccc!»e tutti gli uomini che si tolgono il cappelloe tirano giù la testae si poteva sentir volare

una mosca. E quando sono arrivatisi piegano a guardare nella baraci dannoun'occhiata e poi scoppiano a piangere

che li potevano sentire fino quasi a Orleans; poi si buttano le braccia alcollo e appoggiano il mento l'uno sulla spalla.65

dell'altroe per tre minutiforse quattropiangono che non ho mai vistouna cosa compagna. E notate che tutti facevano

lo stessoper cui quel posto lì era tutto un mare di lacrimeche sembravail diluvio universale. Allora il re si mette a un

lato del mortoe il duca all'altroe si inginocchiano colla fronteappoggiata alla barae fanno finta che stanno pregando

in silenzio. Behcon 'sta manfrina la folla rimane così colpita che io nonavrei mai credutoe allora ecco di nuovo tutti a

piangere e a singhiozzare proprio forte - anche le povere ragazze -; e quasiogni donna senza dire una parola va dalle

ragazze a baciarle solennemente sulla fronte e a metterci la mano sullatestae alza gli occhi al cielo colle lacrime che

vengono giù a fiumie poi scoppia di nuovo in singhiozzi e se ne vafregandosi gli occhilasciando il posto a un'altra

donna per ripetere la stessa scena. Mai visto niente di così disgustoso.

Behdopo un po' il re si alza e fa qualche passo avanti; poi fa vedere cheè tutto emozionato e attacca un

discorso pieno di sospiri e di scempiagginie dice che per lui e il suopovero fratello era una grande afflizione perdere il

caro estintoe non riuscire a vederlo ancora in vita dopo quel lungo viaggiodi quattromila migliama l'afflizione è

addolcita dal balsamo di quella grande simpatia e di quelle sante lacrime ditutta la genteche lui li ringraziava dal più

profondo del cuoreanche a nome di suo fratelloperché colle parole non èpossibile esprimere quello che sentonoche

le parole sono troppo misere e inadeguatee così per un bel po' sono andatiavanti a dire tante di quelle fregnacce che

alla fine non ne potevo più; poi alla fine biascica fuori un «Amen» conuna voce proprio da pretema non ce la fa a

resistere e scoppia a piangere disperato.

Non ha neanche finito di parlare che qualcuno nella folla attacca una speciedi innoe tutti ci danno dentro con

forzache ti senti riavere come quando è finita la messa e si può uscire.La musica è davvero una cosa buonae dopo

tutto quello sbrodolamento e quelle sconcezze ecco finalmente qualcosa onestoe schietto.

Poi il re riattacca colle sue vaccatee dice che lui e le sue nipotisarebbero lieti se i principali amiciquelli che

più erano vicini alla famigliapotranno cenare con loro quella seraeaiutarli a provvedere alle spoglie del caro estinto

che lui sapeva quali nomi direbbe il suo povero fratello che giaceva lìnella bara se avesse potuto parlareperché quei

nomi gli erano dilettissimie lui li scriveva spesso nelle sue letteree aquesto punto il re li snocciola tutti: il reverendo

Mr. Hobsonil diacono Lot HoveyMr. Ben RuckerAbner ShacklefordLeviBell e il dottor Robinsoncon tutte le loro

mogli e la vedova Bartley.

Il reverendo Hobson e il dottor Robinson erano insieme dall'altra parte dellacittà a sistemare un povero

malato: il dottore lo aiutava ad andare all'altro mondoe il prete asistemarsi bene una volta di là. L'avvocato Bell era

viaa Louisville per affari. Ma gli altri erano tutti lìe così sonopassati tutti a stringere la mano al re e a ringraziarlo e a

parlargli; poi sono andati a stringere la mano al ducama a lui non ci hannodetto niente; gli sorridevano e facevano di sì

con la testa come tanti idiotimentre lui faceva un sacco di segni collemani e continuava a dire «Goo-goo... goo-goo-goo»

come un bambino che non è capace di parlare.

Il re invece parlava a più non possoe fa in modo di chiedere notizie diuominidonnebambini e cani di tutta

la cittàe ricorda tutte le minime cose che sono capitate in città allafamiglia di George e Peterfacendo sempre vedere

che quelle cose gliele aveva scritte Peterma quella era una ballaeranotutte cose che si era fatto dire dal paesanotto

quando gli avevamo dato il passaggio fino al battello colla canoa.

Poi Mary Jane va a prendere la lettera che aveva lasciato suo padree il rela legge e ci fa un altro pianto.

Lascia la casa e tremila dollari in oro alle ragazze; lascia la conceria (cherendeva un fracco di quattrini) insieme con

altre case e terreni (del valore di circa settemila dollari) e tremiladollari d'oro a Harvey e Williame indica dove sono

nascosti giù in cantina quei seimila dollari in contanti. Allora 'sti duemascalzoni dicono che vogliono andarli a prendere

per dividere tutto precisoe fare ogni cosa alla luce del solee così midicono di andare a prendere una candela. Ci

chiudiamo dietro la porta della cantinae quando trovano la borsa larovesciano a terraed era uno spettacolo vedere

tutti quei tondini gialli. E il recome gli brillavano gli occhi! Dà unapacca sulla spalla al duca e gli fa:

«Questa è una cosina da niente! Che ne diciPonteporco? Non batte anche il"Cammellopardo"?».

Il duca dice di sì. Palpano e accarezzano i tondini giallie dopo che lihanno tirati su aprono le dita e li fanno

scivolare giùe sentono che bel rumore fanno quando battono sul pavimento.Il re dice:

«Poche chiacchierePonteporcofinalmente abbiamo trovato la cosa che faper noi: diventare fratelli di un

uomo ricco che è mortoe tutori di eredi forestieri. Abbiamo avuto fede ela Provvidenza ci ha ricompensati. Prima o

poi va sempre a finire così. Non c'è niente di meglio».

Quasi tutti si sarebbero accontentati di quel mucchioe l'avrebbero preso susenza fare tante storiema loro no!

Non si mettono a contarli? E conta e ricontasalta fuori che mancanoquattrocentoquindici dollari. Il re dice:

«Accidenti a luiche diavolo avrà fatto con quattrocentoquindicidollari?».

Questa faccenda li preoccupae cercano in giro come dei disperati. Poi ilduca dice:

«Behera molto malatomagari si è sbagliato... non ti pare? La megliocosa è lasciare perdere e non dire

niente. Va bene anche così».

«Ohcribbiocerto che va bene così! Non dico di no; ma poi... quandodovremo contarli? Qui dobbiamo fare le

cose per benee alla luce del sole. Dobbiamo portare di sopra tutti 'stisoldi e contarli davanti a tuttiche così non ci

sono sospetti. Ma quando il morto dice che ci sono seimila dollarie invece...»

«Ho capito»fa il duca. «Allora mettiamo noi la differenza»e cominciaa frugarsi nelle tasche per prendere

dei soldi suoi da aggiungere al mucchio.

«Ducaquesta è un'idea straordinariasei proprio una testa fina»diceil re. «Mi venga un colpo se il vecchio

"Cammellopardo" questa volta non ci viene in aiuto»e anche luiattacca a tirar fuori i quattrini che aveva in tasca.

Restano quasi all'asciuttoma riescono a fare seimila dollari pulitipuliti..66

«Senti»fa il duca«mi è venuta un'altra idea. Andiamo di sopra acontare i soldie poi diamolialle ragazze».

«Bel colpoduca! Lasciati abbracciare. È l'idea più brillante che hosentito in vita mia. Ci hai il più bel

cervello che io ho mai visto! Che pensataragazzi! Adesso voglio propriovedere chi ha il coraggio di sospettare!».

Quando torniamo sututti si raccolgono intorno al tavolo e il re conta isoldi e ne fa dei mucchietti di trecento

dollari per ciascuno - venti eleganti mucchietti. Tutti li guardano collabava alla boccaleccandosi le labbra. Poi li

rimettono nella borsa e io vedo che il re comincia a gonfiare il pettopronto a fare un altro discorso. Dice:

«Amici mieiil mio povero fratello che giace laggiù ha trattatogenerosamente coloro che ha lasciato dietro di

séin questa valle di lacrime. È stato magnanimo con queste povereagnelline che amava tantoe che sono rimaste senza

padre e madre. Sì. E noiche lo conoscevamosappiamo che sarebbe statoancora più generoso se non avesse avuto

paura di ferire il suo caro William e me. Non lo credete anche voi? Io non hodubbi in proposito. Ma allorache fratelli

saremmo se volessimo contrastare i suoi disegni in un momento come questo? Eche razza di zii saremmo se volessimo

rapinare - sìrapinare - queste poveredolci agnelline che egli tantoamavae in un momento come questo? E se

conosco William - e sono certo di conoscerlo... behadesso glielo chiedo».Si gira e comincia a fare un casino di segni

colle mani al duca; il duca lo guarda per un po' con aria tontae poi dicolpo sembra afferrare che cosa quello gli voleva

diree salta al collo del recontinuando a fare «Goo-goo» per tutto iltempo per la gran gioiae lo abbraccia almeno

quindici volte prima di mollarlo. Allora il re dice: «Losapevo. Penso cheadesso abbiano capito tutti qual è il suo

parere. EccoMary JaneSusan e Joannaprendete i soldi - prendeteli tutti.È il dono di colui che giace laggiùfreddo

nella mortema pieno di felicità».

Mary Jane va dal reSusan e Labbro-leporino vanno dal ducae di nuovo sonobaci e abbracci a non finire. E

tutti ci vanno intorno colle lacrime agli occhie molti stringono la mano aquei due gaglioffi continuando a ripetere:

«Che animo eletto! ... Che grande gesto!... Ma come avete potuto?».

Behpoi tutti riattaccano a parlare del caro estintoe della nobiltàd'animo che avevae della perdita

irreparabile che abbiamo avutoe così via; e dopo un po' un uomo grande egrossocon una mascella dura che sembra di

ferro si fa largo e si mette ad ascoltarema nessuno gli dice niente perchéstava parlando il re e tutti erano presi ad

ascoltare. Il re stava dicendocontinuando una cosa che aveva cominciato:

«... perché erano amici speciali del caro estinto. Ecco perché sono statiinvitati questa sera; ma domani

vogliamo che vengano tutti...Tutti. Perché egli amava e rispettava tuttied è opportuno che le sue orgefunebri siano

pubbliche».

E così continua a chiacchierare e chiacchierarecome ubriacato dalle suestesse parolee ogni tanto ritirava

fuori questa faccenda delle "orge" funebrifinché il duca non cela fa piùe gli scrive su un pezzetto di carta: «Esequie

non orgevecchio scemo»lo piega e glielo dàe poi riprende a fare«Goo-goo»e a stringere mani che sbucano da

dietro le teste di quelli delle prime file. Il re legge il bigliettose loficca in tasca e dice:

«Il povero Williambenché così disgraziatoha un cuor d'oro. Mi dice diinvitare tutti a venire al funerale

vuole che dia il benvenuto a tutti. Non devi preoccuparticaro Williameraproprio quello che stavo per fare».

Poi riattacca col suo bla-bla-blacalmissimoe ogni tanto tira fuori dinuovo le "orge" funebriproprio come

prima. Lo ripete tre volte e poi fa:

«Dico "orge"non perché sia una parola corrente - il terminepiù comuneinfattiè "esequie" - ma perché è il

termine esatto. Adesso in Inghilterra non si dice più "esequie" -che è una parola antiquata. In Inghilterra diciamo

"orge". E "orge" è migliore perché è una parola piùprecisaindica proprio cosa si fa in questi casi. È una parola che

deriva dal greco orgo - chevuol dire 'esterno''aperto''pubblico' -e dall'ebraico gisum- 'piantare''coprire'equindi

'seppellire'. Dunquecomepotete vedereper orge funebri si intende 'pubblico funerale'».

E questa è proprio grandiosa! Davverouno come lui non l'ho mai incontrato.BehMascella-di-ferro scoppia a

ridergli in faccia. Tutti restano di sasso e gli dicono: «Suvviadottore!»e Abner Shackleford dice:

«MaRobinsonnon avete sentito la notizia? Questo è Harvey Wilks».

Il re sorride cordiale e gli tende la mano dicendo:

«Siete voi il medicobuon amico del mio povero fratello? Io...»

«Tenete le mani lontano da me!»dice il dottore. «E voi parlereste comeun inglese? È l'imitazione peggiore

che io abbia mai sentito. E sareste il fratello di Peter Wilks? Siete untruffatoreecco cosa siete!».

A questo punto c'è una gran cagnara. Tutti vanno intorno al dottore acercare di calmarloe a spiegargli e a

dirgli come Harvey aveva dimostrato in mille modi che era veramente Harveyche conosceva tutti per nomee sapeva

addirittura come si chiamavano i canie a pregarlo di non urtare isentimenti di Harvey e delle povere ragazzee così

via; ma era inutilelui continuava a urlare che uno che pretendeva di essereinglese e non era neanche capace di imitare

la pronuncia inglese era un bugiardo e un imbroglione. Le povere ragazze siattaccavano al re e piangevanoe di botto il

dottore si rivolge a loro e gli dice:

«Ero amico di vostro padree sono amico vostro; e da amicoda onesto amicoche vuole proteggervi dalle

disgrazie e dalle insidievi consiglio di volgere le spalle a questoimpostoredi non avere nulla a che fare con questo

vagabondo ignorante con le sue idiote citazioni dal greco e dall'ebraico. Èchiarissimo che è un truffatoree che è

venuto qui con nomi e fatti che ha raccolto da qualche partee che voi avetepreso per prove; e come non bastassero

loroquesti sciocchi amici che vi stanno attornoche dovrebbero avere unpo' più di sennofanno del loro meglio perché

cadiate nell'inganno. Mary Jane Wilksvoi lo sapete che io sono vostro amico- un amico disinteressato. Ascoltatemi

dunquee cacciate questo ignobile mascalzone. Fatelove ne supplico. Lofarete?».

Mary Jane si è rizzata tuttae Dio! com'era bella! Dice:.67

«Ecco la mia risposta». Tira su la borsa coi soldi e la mette in mano alredicendo: «Prendete questi seimila

dollari e investiteli per me e per le mie sorelle nel modo che voletee davoi non voglio neanche la ricevuta».

E così si mette al braccio del re al suo fiancoe lo stesso fannodall'altra parteSusan e Labbro-leporino. Tutti

battono le mani e pestano i piedi per terracome una tempesta furiosamentre il re alza la testa e sorride tutto fiero. Il

dottore dice:

«Benedi questa faccenda me ne lavo le mani. Ma vi avverto che verrà unmomento in cui penserete con

tristezza a questo giorno». E se ne va.

«Benedottore»dice il re con l'aria dello sfottò«allora vi faremochiamare». E tutti si mettono a rideree

dicono che è proprio una bella risposta.

XXVI • Rubo il malloppo alre

Behquando se ne sono andati tuttiil re chiede a Mary Jane se ci hannodelle camere liberee lei gli dice che

aveva una camera liberadove ci può dormire lo zio Williammentre camerasuache è un po' più grandela darebbe

allo zio Harveye per sé metterà una brandina nella camera delle suesorelle; in solaio c'è anche una stanzetta con un

pagliericcio. Il re dice che questa stanzetta qui va benissimo per il suovalletto - e intende dire me.

Così Mary Jane ci porta su e gli fa vedere le loro stanzeche eranosemplici ma carine. Dice che se i suoi

vestiti e tutta l'altra roba sua allo zio Harvey gli dà fastidiolei lifarà portar viama lui dice che non importa. I vestiti

erano appesi lungo la paretee davanti a loro ci stava una tendina fatta ditela che arrivava fino al pavimento. In un

angolo c'era un baule di crine e in un altro una custodia di chitarrae ingiro un cumulo di cianfrusaglie e oggettini vari

quelli che le ragazze si mettono in camera per fare allegria. Il re dice checon quelle cose la stanza è più bella e

accoglientee quindi di lasciarle. La camera del duca era piuttosto piccolama abbastanza bellae così la mia stanzetta.

Quella sera c'è una grande cenacon tutti gli uomini e le donne che avevanoinvitatoe io stavo dietro alle sedie

del re e del duca per servirlie gli altri erano serviti dai negri. MaryJane stava a capotavolacon Susan accanto a leie

diceva che i biscotti erano venuti maleche le conserve erano uno schifoeil pollo fritto era duro e cattivo - e tutte

quelle cose che dicono le donne che così gli altri gli fanno i complimenti-ma tutti sapevano che la roba era

buonissimae allora ci dicevano: «Come fate ad avere biscotti così buoni ecroccanti?» e «Dove mai avete trovato dei

sottaceti così buoni?»e tutte quelle altre fregnacce che la gente dicesempre a tavola.

E quando tutto è finitoio e Labbro-leporino ceniamo in cucina cogliavanzimentre gli altri aiutano i negri a

sparecchiare. Labbro-leporino comincia a farmi l'interrogatoriosull'Inghilterraeaccidenti!le cose rischiano di

mettersi male. Lei mi domanda:

«Hai mai visto il re?»

«Chi? Guglielmo IV? Behcerto... viene alla nostra chiesa». Io lo sapevoche era morto da un sacco di tempo

ma mica ce lo faccio capire. Allora quando io dico che viene alla nostrachiesalei mi fa:

«Ci viene regolarmente?»

«Certoregolarmente. Il suo banco è proprio di fronte al nostro -dall'altro lato del pulpito».

«Ma io credevo che lui viveva a Londra!»

«Behcertoa Londrae dove se no?»

«Ma voi... non vivete a Sheffield?»

Vedo che sono nei casini. Ho dovuto far finta che mi era rimasto un osso dipollo in golacosì ho potuto avere

un po' di tempo per pensare a cosa dire. Poi faccio:

«Voglio dire che viene regolarmente alla nostra chiesa quando è aSheffieldcioè solo d'estatequando viene a

fare i bagni di mare».

«Ma che dici? Sheffield non è mica sul mare!»

«Behmica ho detto che è sul mare!»

«Sìche l'hai detto».

«Non l'ho mica detto».

«L'hai detto!»

«Non l'ho detto».

«L'hai detto».

«Una cosa così non l'ho mica detta».

«Che cosa hai dettoallora?»

«Ho detto che viene a fare i bagni di mareecco cosa ho detto».

«E come può fare i bagni di mare se il mare non c'è?»

«Senti un po'»dico io«hai mai sentito parlare dell'acqua di Colonia?»

«Sì».

«E devi andare a Colonia per averla?»

«Behno».

«E quindi neanche Guglielmo IV deve andare al mare per fare i bagni dimare».

«E come faallora?».68

«Fa quello che fa la gente per avere l'acqua di Colonia: colle bottiglie.C'è un palazzo a Sheffield dove ci sono

delle stufeperché lui l'acqua la vuole molto calda. E se sono al mare comefanno a scaldarla tutta? Non ci hanno il

modo per farlo».

«Ahadesso capisco. Potevi dirlo subitocosì non perdevamo tutto questotempo».

Quando dice questo capisco che l'ho rimediatae tiro un sospiro di sollievo.Poi lei dice:

«Vai in chiesa anche tu?»

«Sìregolarmente».

«Dove ti siedi?»

«Behnel nostro banco».

«Quale banco?»

«Mail nostro... quello di tuo zio Harvey».

«Il suo banco? Come mai ha bisogno di avere un suo banco?»

«Per sedersi. Che cosa credevi che ci faceva col suo banco?»

«Ma io pensavo che lui era sempre sul pulpito».

Maledizione! Mi ero dimenticato che era un predicatore. Allora mi facciovenire un altro osso di pollo in gola e

così riesco a pensare a come rimediare. Allora dico:

«Accidentima che cosa credi? Che una chiesa abbia un solo predicatore?»

«E perché dovrebbe averne più di uno?

«Perché?... Ma per fare le prediche al re! Ne hanno non meno didiciassette».

«Diciassette? Dio benedetto! Non riuscirei a sentirli tuttineanche seriuscissi ad arrivare in Paradiso. Ci vorrà

una settimana».

«Ma mica predicano tutti nello stesso giorno; solo uno».

«E gli altri che cosa fanno?»

«Ohniente di particolare. Giranopassano col piatto delle elemosine... ealtre cosette. Ma in genere non fanno

niente».

«E allora perché li tengono?»

«Ma è per il prestigio! Non sai proprio nientetu».

«Behsciocchezze come queste non ci tengo proprio a saperle. E i servi?Come sono trattati in Inghilterra?

Meglio di come noi trattiamo i negri?»

«No! Un servo non ènessuno lì. Li trattano peggio dei cani».

«Non gli danno i giorni festivi come facciamo noi - la settimana di Natale eCapodannoe il Quattro luglio?»

«Ma che dici? Dalle domande che mi fai si capisce che in Inghilterra non cisei mai stata. SentiLab...cioè

Joannanon hanno mai un giorno di festaanno dopo anno; non vanno mai alcircoa teatroal varietà... non vanno mai

da nessuna parte».

«Neanche in chiesa?»

«Neanche in chiesa».

«Ma tu in chiesa ci vai sempre».

Behmi ero messo nei guai un'altra volta. Mi ero dimenticato che ero ilservo del vecchio. Ma subito mi

imbarco in una specie di spiegazione su come un valletto è diverso da unnormale servoe che doveva andare in chiesa

che gli piaceva o noe sedersi colla famigliae questo perché c'era unalegge. Però non mi è venuta molto benee

quando ho finito vedo che lei non è soddisfatta. Mi fa:

«Parola d'onorenon m'avrai detto un sacco di bugie?»

«Parola d'onore»rispondo io.

«Neanche un po'?»

«Neanche un po'. Non ho detto una sola bugia».

«Metti la mano su questo libro e ripetilo».

Vedo che è solo un dizionarioe allora ci metto su la mano e lo ripeto.Allora lei sembra un po' più soddisfatta

e dice:

«Behallora un po' ci credo. Ma mica a tuttoperò».

«A che cosa non vuoi credereJo?»ci fa Mary Janeche è entrataconSusan dietro. «Non è giusto né gentile

che tu parli così a uno stranieroche è tanto lontano dai suoi. Tipiacerebbe che facessero lo stesso con te?»

«Tu fai sempre cosìMaimsempre pronta a difendere tutti per paura che cirestano male. Io mica gli ho fatto

niente. Lui mi ha contato delle frottolee io gli ho detto che tutte non lebevo; solo questo gli ho detto. Mica si sarà

offeso per così poco?»

«Non m'importa se era poco o tantolui è nella nostra casaè unostranieroe non è bello che tu gli dica queste

cose. Se tu fossi stata al suo posto avresti provato vergogna; e quindi nondevi dire agli altri delle cose che gli fanno

provare vergogna».

«MaMaimlui ha detto ...»

«Non importa quello che ha detto; non è questo che conta. Quello che contaè che tu devi trattarlo benee non

devi dirgli delle cose che gli fanno ricordare che non è nel suo paese e cheè lontano dai suoi».

Fra me io mi dico: "E io permetto a quei due vecchi serpenti di derubareuna ragazza come questa?".

Poi arriva anche SusanecredetemiLabbro-leporino si prende una di quellegirate!.69

E fra me mi dico: "E anche a questa io ci faccio rubare i suoisoldi!".

Allora riattacca Mary Janeche era tornata dolce e carina - come era sempre-e quando ha finito la povera

Labbro-leporino si è fatta piccola piccolae scoppia a piangere.

«Molto bene»gli dicono le altre due«e adessochiedigli scusa».

Lei mi chiede scusa tutta gentile. È diventata così gentile che era unpiacere sentirlae mi veniva voglia di

contarci un sacco di bugie così che poi la potevo sentire un'altra volta.

E fra me mi dico: "E questa è ancora un'altra che ci rubano tutti isoldi e io non dico niente". Quando lei ha

finitotutte e tre mi fanno un mucchio di festee dicono che devo sentirmifra amici e come a casa mia. Sentivo che

stavo facendo una cosa schifosae allora mi dico: "Ho deciso; a costodi crepare 'sti soldi glieli voglio salvare".

Allora le lascioe gli dico che vado a dormire; ma a letto non ci vadosubitoe quando sono solo comincio a

pensare. Mi viene in mente di andare dal dottoresenza farmi vedereadenunciare 'sti due delinquenti. Ma nonon va

bene. Potrebbe saltar fuori che sono stato ioe allora il re e il duca me lafanno pagare. Vado a dirglielo in privato a

Mary Jane? Nonon va bene neanche questoperché glielo vedrebbero scrittoin facciae siccome la grana ce l'hanno

loro scapperebbero via subito col malloppo. E se invece lei va a cercareaiutoci mette un po' di tempo prima che torna

con qualcunoe ci vado di mezzo io. Noc'è un solo modo. Devo rubare io iquattrinie devo farlo in modo che non

sospettano che sono stato io. Loro qui hanno trovato la pacchiae non se neandranno finché non hanno spremuto più

che possono la famiglia e la cittàper cui di tempo ne ho ancora un po'.Quindi rubo i soldi e li nascondo; poiquando

sono lontanosul fiumeci scrivo una lettera e dico a Mary Jane dove li honascosti. Però è meglio che li prendo

stanottese possoperché magari il dottore ci riprovae allora se gliviene paura possono scappare via subito.

Decido quindi di andare a cercare nelle loro camere. Di sopra era buio ma ioriesco a entrare nella camera del

ducae attacco a cercare brancolando alla cieca; poi mi viene in mente cheè ben difficile che il re affidi i soldi a

qualcun altroe così vado in camera sua e comincio a girare a tentoni anchelì. Ma capisco che non riesco a fare niente

se non ho una candelae naturalmente non posso accendere nessun lume. Decidoallora che è meglio fare un'altra cosa:

aspettare che arrivano e sentire i loro discorsi. In quel momento sentorumore di passi; volevo andare sotto il lettoma lo

cerco a tastoni e non lo trovoperò mi capita di toccare la tenda che coprei vestiti di Mary Janecosì mi nascondo

dietroe mi sistemo fra le sottane senza muovermi.

Loro entrano e chiudono la portae la prima cosa che il duca fa è dichinarsi a guardare sotto il lettocosì sono

contento che non l'ho trovato quando lo cercavo. E pensare che è naturalenascondersi sotto il letto quando si fa

qualcosa di segreto. Loro si siedono e il re dice:

«Allorache cosa vuoi? Falla cortaperché è meglio star giù a sorbircii pianti e a dire preghiere che qua sopra

che non sentiamo che cosa dicono di noi».

«Behc'è questoCapeto. Io non sono tranquillo. Quel dottore mipreoccupa. Volevo sapere che avevi in

mente. Io un'idea ce l'ho e mi pare che è buona».

«Che cosa pensiduca?»

«Che è meglio che tagliamo la corda prima delle tre di mattinae cheandiamo giù per il fiume con quello che

abbiamo. Specialmente adesso che l'abbiamo avuto così facilmente - che cel'hanno ridatoce l'hanno quasi tirato dietro

mentre noi pensavamo che per lo meno dovevamo fregarglielo. Io dico diprendere la grana e scappare».

Io provo come un colpo. Un'ora o due fa sarebbe stato diversoma adessoquesto mi fa star male. Ma il re non

è d'accordo:

«Cosa? E non vendere il resto della proprietà? Andarcene come due scemi elasciare perdere otto o novemila

dollari di proprietà che aspettano solo qualcuno che se li prenda? Ed èanche tutta roba che si vende facilmente».

Il duca brontola; dice che la borsa coll'oro era abbastanza e lui non volevaesagerare - non voleva rubare a

degli orfani tutto quello che avevano.

«Ma che stupidaggini dici?»gli fa il re. «Noi non gli rubiamo niente - aparte questi soldi. Quelli che restano

fregati sono quelli che comprano le proprietàperché quando si scopre chenon sono nostre - e questo sarà non molto

tempo dopo che ce la siamo battuta - la vendita non è più validae tuttotorna agli eredi. Questi orfani qui si beccano di

nuovo la loro casae che cosa vogliono ancora? Sono giovani e pieni diforzae potranno ben guadagnarsi da vivere.

Pensa solo a quanti non stanno bene come loro. Cribbionon hanno proprioniente da lamentarsi».

Behil re la mena tanto che alla fine quello mollae dice che va beneanche se per lui era cretino restarecon

quel dottore che gli soffia sul collo. Ma il re dice:

«Ma perché ti scaldi tanto per 'sto dottore? Lascialo perdere! Non ciabbiamo dalla nostra parte tutti gli scemi

della città? E gli scemi non sono sempre la maggioranza in qualunquecittà?».

Così sono pronti a scendere di nuovo giùma il duca dice:

«Non mi pare che abbiamo scelto un bel posto per i soldi».

Questo mi rallegraperché penso che adesso dicono qualcosa che mi può farcapire dove li hanno messi.

«Perché?»

«Perché Mary Jane dovrà vestire a lutto per un po'e allora la negra cherifà le stanze per prima cosa metterà

via i vestiti che lei tiene qui; e ti pare che una negra che trova dei soldinon se ne prende un po'?

«Adesso sì che ragioni beneduca»fa il ree viene a frugare sotto latendina a due o tre piedi da dove stavo io.

Io mi sono schiacciato al muroesono rimasto fermo più che potevoanchese tremavo tutto; mi chiedo che cosa mi

diranno se mi beccanoe ho provato a pensare a che cosa dovevo fare. Ma ilre prende la borsa che non faccio neanche

in tempo a cominciare a pensaree non gli è mai venuto il sospetto che ioero lì. Prendono la borsa e la ficcano in una.70

fessura nel sacco di paglia che stava sotto il materasso di piume e sopra cimettono un pugno o due di pagliae dicono

che adesso va bene perché le negre quando fanno il letto girano il saccosolo una volta o due all'annoe quindi ora il

malloppo è al sicuro.

Ma io li fregoe tiro fuori la borsa che loro sono ancora a metà scala.Arrivo a tentoni fino alla mia stanzetta e

per il momento la nascondo lì. Capisco che è meglio metterla da qualcheparte fuori dalla casaperché se se ne

accorgono perquisiscono la casa da cima a fondoper cui mi metto a lettotutto vestito. Però non riuscivo a dormire

anche se volevoperché ero tutto agitato e sudato al pensiero di quellafaccenda. Dopo un po' sento venire su il re e il

ducae allora rotolo giù dal pagliericcio e mi stendo per terracol mentoappoggiato al primo gradino della scaletta a

pioliper vedere se succede qualcosa. Invece non succede niente.

Così resisto finché non cessano tutti gli ultimi rumori della notte e nonsono ancora cominciati quelli della

mattina.

XXVII • L'oro torna almorto

Vado a sentire alle loro porte: russanoe allora scendo le scale in punta dipiedi. Nessun rumore da nessuna

parte. Sbircio da una fessura nella porta della sala da pranzo e vedo gliuomini che vegliavano il cadavere che dormono

sulle sedie come angioletti. La porta che dava sul salottodov'era ilcadavereera apertae in tutt'e due le stanze c'era

una candela. Siccome la porta è aperta vado nel salottoma lì dentro nonc'è nessuno - solo i resti di Peter. Così

continuo fino alla porta di casama questa è chiusa e la chiave non c'è.Proprio allora sento qualcuno che scende le

scaleappena dietro di me. Corro nel salotto e mi guardo in giro allasveltama il solo posto dove posso nascondere la

borsa è la bara. Il coperchio era aperto di circa una spannae si vede lafaccia del morto con sopra un panno bagnatoe

il sudario che ci hanno messo attorno. Ficco dentro la borsa dei soldiappena sottodove ci ha le mani incrociatee mi

viene la pelle d'oca a toccarleche erano così freddee quindi attraversodi corsa la stanza e vado dietro la porta.

Quella che scendeva era Mary Jane. Piano piano va alla barae lì siinginocchia e guarda dentro; poi prende il

fazzoletto e vedo che comincia a piangereanche se non la sento e riescosolo a vederla di spalle. Scivolo fuorie

mentre passo per la sala da pranzo decido che è meglio avere la sicurezzache quelli che sono restati a vegliare non mi

hanno vistocosì guardo dalla fessura e vedo che è tutto a posto. Non sisono mossi.

Mi ficco nel lettoma sono scocciato assai per come si sono messe le cosedopo che mi sono sbattuto così

tanto e ho passato così tanti rischi. Mi dico che va bene se i soldi restanodove sonoperché quando siamo sul fiume a

cento o duecento miglia più in basso posso scrivere a Mary Janeche cosìpuò tirare fuori la bara e ritrovare i soldi; però

non andrà a finire così; andrà a finire che quando vanno a inchiodare ilcoperchio trovano i soldi. Così li ridaranno al re

e allora ce ne vorrà prima che lui se li farà sgraffignare un'altra volta.Volevo scendere giù di nuovo e andarli a

prenderema non osavo. Si avvicinava la mattinae da un momento all'altroquelli che vegliavano avrebbero potuto

cominciare a girare e mi potevano beccare con in mano seimila dollari chenessuno si era sognato di affidarmi. Mi viene

voglia di tirarmi fuori da quella faccenda.

Quando scendola mattinail salotto è chiuso e quelli che hanno vegliatose ne sono andati. In giro non c'è

nessuno se non gente di famigliala vedova Bartley e la nostra banda. Liguardo in faccia per vedere se è successo

qualcosama non si capisce niente.

Verso mezzogiorno viene quello delle pompe funebri col suo uomoe piazzanola bara in mezzo alla stanza su

un paio di sediee poi fanno delle file di sedie con tutte quelle cheabbiamo e con altre che si sono fatte imprestare dai

vicinifinché l'ingressola sala da pranzo e il salotto sono tutti pieni.Vedo che il coperchio della bara è come primama

non oso guardare dentrocon la gente che c'è in giro.

Poi cominciano ad arrivare gli altrie le due carogne e le ragazze prendonoposto in prima fila davanti alla

barae per mezz'ora la gente ci passa davanti lentamente in fila per unoguarda per un minuto la faccia del mortoe

qualcuno piangee tutto è così calmo e solennee le ragazze e le carognesi tengono il fazzoletto agli occhi e stanno

colla testa chinasinghiozzando un po'. Non c'era altro rumore che quellodei piedi strascinati a terra e di quelli che si

soffiavano il naso - perché la gente si soffia il naso ai funerali più chein altri casitranne che in chiesa.

Quando il posto è pieno come un uovoquello delle pompe funebri comincia agirare senza far rumorecon i

suoi guanti neri e il suo modo calmo e tranquilloa dare gli ultimi tocchi ea sistemare tutto e tuttimuovendosi come un

gatto. Non diceva una parola; faceva spostare la gentepiazzava quelli chearrivavano in ritardoapriva dei passaggie

faceva tutto muovendo la testa e facendo dei segni colle mani. Poi va al suoposto vicino al muro. Era l'uomo più quieto

che ho mai conosciutoche non ho mai visto uno che camminava calmo esilenzioso come lui; sulla sua faccia non c'era

mai un sorriso - sembrava un pezzo di legno.

Avevano preso un armonium- scalcinato assai -; e quando tutto è prontouna signorina si siede davanti e

attacca a martellareche vengono fuori dei versi e lamenti come uno che hail mal di panciae tutti cominciano a cantare

in coro in una maniera da far paurache per me l'unico che stava bene lìera Peter. Poi è il momento del reverendo

Hobsonche comincia a parlare lento e solennema subito dopo si sente unrumore spaventoso che viene giù dalla

cantina: era solo un canema fa un casino pazzesco e va avanti perparecchio; il parroco deve smettere di parlare e

rimanere lì come un fesso davanti alla barae aspettare che finisca. C'eraun fracasso della malorae nessuno sapeva che

fare. Ma poco dopo vediamo quello spilungone delle pompe funebri fare unsegno al pretecome dire "Non.71

preoccupartici penso io". Allora tira giù la testa e comincia ascivolare lungo il muroche si vedono solo le sue spalle

sopra le teste delle personee intanto la cagnara continua sempre piùforte; infinedopo che ha fatto due lati della

stanzasparisce giù per la porta della cantina. Dopo due secondi sentiamoun gran botto e il cane che fa due strilli

terribili e poi la pianta di colpoe allora c'è un grande silenzioe ilparroco riprende il suo discorso pieno di solennità

dove l'aveva interrotto. Dopo un minuto o due si rivedono le spalle di quellodelle pompe funebri che scivolano di

nuovo lungo il muro per tre lati; poi tira su la testasi porta le mani allaboccaallunga il collo verso il prete etirandosi

avanti sulle teste delle personebisbiglia colla voce rauca: «Avevapreso un topo!».Tira di nuovo giù la testa eriprende

a scivolare fino al suo posto. Si vedeva che la gente era soddisfattaperché naturalmente erano tutti curiosi. Una cosetta

come quella non costa nientema sono le piccole cose che ti rendonosimpatico alla gente. In quella città non c'era un

uomo popolare come quello delle pompe funebri.

Behil sermone è stato magnificoma accidenti quanto era lungoe chebarba! E poi salta su il re con un po'

delle sue solite menatee finalmente la faccenda è finitae quello dellepompe funebri comincia ad avvicinarsi alla bara

col cacciavite. Io ero tutto sudato e lo seguivo cogli occhi spalancati. Malui senza fare una piega sistema il coperchio

tranquillamente e l'avvita in un lampo. Ed eccomi servito! Adesso non so se isoldi sono dentro o no. E se qualcuno li ha

fregati senza farsi vedere? Come faccio adesso a sapere se devo scrivere aMary Jane o no? E se lei tira su la bara e poi

non trova nienteio che figura ci faccio? Dannazionepotrebbero cercarmi emettermi in galera; meglio stare quieti e

non scrivere nienteche adesso la faccenda si è incasinata. Cercando dirisolverla l'ho resa molto più complicata...

magari avessi lasciato perdere tutta questa storia maledetta!

Dopo che l'hanno seppellito e noi siamo tornati a casaio ricomincio ascrutare le facce perché non ce la faccio

a stare tranquilloma non riesco a capire niente.

La sera il re fa un giro di visiteed è gentile con tutti e si rendesimpatico a tutti; e così fa capire che la sua

congregazione in Inghilterra non può stare senza di luie che quindi devesistemare alla svelta la faccenda dell'eredità e

tornare a casa. Dice che gli dispiace un sacco non poter stare di piùetutti gli rispondono che dispiace anche a loroe

però capiscono che non è possibile. Poi dice che naturalmente le ragazzepartiranno con lui e Williame naturalmente

tutti sono contenti perché così le ragazze sono sistematee staranno coiloro parenti; e questa cosa gli piaceva anche alle

ragazzeche così dimenticavano tutte le disgrazie che avevano avuto nellavitae loro gli dicono di vendere tutto più in

fretta che puòche loro erano pronte ad andare. Quelle povere creatureerano così allegre e felici che ci avevo male al

cuore a vedere che ci cascavano in quella manierama io non vedevo in chemodo potevo farglielo capire senza pericolo

per me.

Behil re non perde tempo e mette subito degli avvisi per la venditaall'asta della casadei negri e di tutte le

proprietà - e la vendita sarà due giorni dopo il funeralema tuttipotevano comprare privatamente anche primase

volevano.

Così il giorno dopo il funeraleverso mezzogiornola gioia delle ragazzericeve il primo colpo; arrivano un

paio di mercanti di negri e il re gli vende i negri a un prezzo ragionevolecon tratta a tre giorni - così l'hanno chiamata -;

in questo modo i due figli risalgono il fiume verso nord e finiscono aMemphise la madre scende giù a Orleans. E il

dolore delle povere ragazze e dei negri è tale che mi aspettavo di vederlimorire di crepacuore. Piangevano e si

disperavano così tanto che mi veniva male a sentirli. Le ragazze hanno dettoche non avevano mai immaginato che

avrebbero visto il giorno in cui la famiglia sarebbe stata divisa o venduta apadroni fuori città. Non riuscirò mai a

dimenticare la vista delle ragazze e dei negri chepiangenti e disperatisiabbracciavano e si stringevano; e certamente

non avrei resistitoe sarei saltato su a rivelare pubblicamente tutto ilpasticciose non era che sapevo che la vendita non

era valida e che i negri sarebbero tornati fra una settimana o due.

La cosa fa molto rumore in cittàe parecchi saltano su a dire senza tanticomplimenti che è scandaloso separare

la mamma e i figli in quella maniera. I due delinquenti ci restano un po'malema il vecchio continua senza fare una

piega e senza badare a quello che poteva dire o fare il duca; e il ducavel'assicuroera sulle spine.

Il giorno dopo c'era l'asta. Alla mattinache ormai c'è già la luce pienail re e il duca salgono in solaio a

svegliarmie dalla faccia capisco che si sta mettendo male. Il re mi fa:

«Sei stato in camera mia l'altro ieri notte?»

«Nomaestà» - perché era così che lo chiamavo sempre quando eravamo franoi della banda.

«Ci sei stato ieri notte?»

«Nomaestà».

«Parola d'onore? Non stai dicendo una bugia?»

«Parola d'onoremaestàvi sto dicendo la verità. Non mi avvicino allacamera vostra da quando Miss Mary

Jane vi ha portato suvoi e il ducae ve l'ha mostrata».

Il duca fa:

«Hai visto entrare qualcun altro?»

«Novostra graziaalmeno non mi ricordo».

«Pensa bene».

«Behho visto entrare i negri parecchie volte».

Fanno uno zompo tutti e due; sembrava che non se l'aspettavanoe poi che sel'aspettavano. Poi il duca chiede:

«Ma quali? Tutti?»

«No... almeno non tutti allo stesso tempo. Cioèmi pare che una sola voltali ho visti uscire tutti insieme».

«Ahsì? E quando è stato?».72

«Il giorno del funerale. La mattina. Non era tanto prestoperché quellamattina avevo dormito fino a tardi.

Stavo cominciando a scendere dalla scala... e li ho visti».

«E alloracontinuacontinua... che cosa facevano? E che faccia avevano?»

«Non facevano nientee la faccia non era niente di specialeper quello cheho potuto vedere. Se ne andavano

in punta di piedi; per quello che ho visto erano entrati a rifare la cameradi vostra maestào qualcosa del genere

pensando che vostra maestà era in piedie siccome hanno visto che noneravate alzatose ne andavano senza far rumore

per non svegliarvise non vi avevano già svegliato prima».

«Porca miserial'hanno fatta veramente bella!»dice il re. Ci sonorestati di sasso tutti e due. Sono rimasti

come due scemi per circa un minutoa pensare e a grattarsi la testapoi ilduca fa una risatina e dice:

«Ci hanno fatti fessi proprio bene'sti negri. Tutta quella scena didoloreche se ne dovevano andare! E io che

ci ho creduto! E non dirmi più che i negri non sono bravi attori. Behcomehanno recitato quella scena ci sarebbe

cascato chiunque. Per me questi tipi valgono un capitale. Se avessi dei soldie un teatro saprei come impiegarli... E noi

che li abbiamo ceduti per un pezzo di pane. E comunque finora non abbiamoneanche quello. A propositodov'è? Parlo

della tratta».

«In banca per la riscossione. Dove credi che sia?»

«Allora siamo al sicuro».

A questo punto intervengo iotimidamente:

«C'è qualcosa che non va?».

Il re si gira di colpo e m'investe:

«Non sono fatti tuoi! Tappati le orecchie e pensa alle tue faccende... se nehai. Finché sei in questa città non te

lo devi scordarehai capito?». Poi si gira verso il duca e gli fa:«Dobbiamo far finta di nientee non dire una parola».

Mentre stavano andando verso la scala il duca ridacchia ancora e dice:

«Rapide vendite e scarsi profitti! È così che si fanno i buoni affari...certo».

Il re si volta di scatto e gli dice:

«Cercavo di fare la cosa migliorea venderli così in frettae se iprofitti sono zeroe anzi ci abbiamo rimessoè

colpa mia come è colpa tua».

«Behse facevamo come dicevo ioadesso erano ancora in questa casa».

Il re gli risponde per le rimepoi si volta verso di me e mi dà un'altragirata. Se la piglia con me perché non

sono andato a dirgli subito che i negri erano usciti da camera sua in quellamanierache l'ultimo degli scemi avrebbe

capito che stavano combinando qualcosa. Poi per un po' se la prende anche conse stessoche tutto era perché si era

alzato troppo presto e non aveva riposato come al solito quella mattinaeche gli venisse un colpo se ci cascava un'altra

volta. Poi se ne vanno smoccolandoe io sono felice che adesso sono convintiche sono stati i negrie però i negri non ci

sono andati di mezzo.

XXVIII • È sempre meglionon esagerare

Dopo un po' è l'ora di alzarsi; io scendo dal solaio colla scaletta a piolie sto prendendo la scala per andare giù

quando passo davanti alla camera delle ragazze colla porta che non è chiusae vedo Mary Jane seduta accanto al suo

vecchio baule di crineche era aperto - che ci stava mettendo le cose per ilviaggio in Inghilterra. Però adesso si era

fermata con una sottana piegata sulle ginocchiae si teneva la faccia fra lemani e piangeva. Io mi sento male a vederla

come sarebbe capitato a chiunque. Entro e gli dico:

«Miss Mary Janevoi non potete vedere la gente tristee non mi piaceneanche a me. Ditemi che ci avete».

E lei me lo dice. Era per i negricome mi aspettavo. Dice che quel fatto gliha quasi rovinato il bellissimo

viaggio in Inghilterrache non sa come potrà mai essere felice lìsapendoche la mamma e i figli non si vedranno più; e

poi scoppia a piangere più forte ancorae alza in alto le braccia dicendo:

«Dio benedettopensare che non si vedranno mai più!»

«Si vedranno invece - e fra due settimane - io loso!»dico io.

Accidentil'ho detto senza pensarci... e non faccio in tempo a dire behchelei mi getta le braccia al collo e mi

dice di ripeterlo ancorae ancorae ancora!

Io mi accorgo che ho parlato troppo prestoe ho detto troppoe che sono neicasini. Gli chiedo di lasciarmi

pensare per un minutoe lei intanto se ne sta lì sedutaimpaziente edeccitatae bellissimama sembrava contenta e

soddisfattacome uno che ci hanno tolto un dente. Io mi dico che uno chesalta su a dire la verità quando è nei casini

deve aspettarsi un sacco di rischianche se io non ci ho propriol'esperienza per dirloperò a me mi pare che è così;

tuttavia questo è un caso di quelli che dire la verità è megliomi vengaun colpo se non è cosìed è anche più sicuro per

me che dire una bugia. Devo ricordarmelo di pensarci su a 'sto problemaqualche altra voltache per me è così nuovo e

strano. Una cosa compagna non l'ho mai provata. Behmi dico alla fineio mibutto; questa volta voglio proprio dire la

veritàanche se mi dà l'impressione di stare seduto su un barile dipolvere da sparo e di girarci attorno col fuoco in

mano giusto per vedere che succede. Allora dico:

«Miss Mary Janec'è qualche posto fuori cittàun po' lontanodovepotete andare a stare per tre o quattro

giorni?».73

«Sì... a casa di Mr. Lothrop. Perché?»

«Non chiedetemi perché ora. Se io vi dico come so che i negri si rivedranno- fra due settimanequi in questa

casa - e vi dimostro come faccio a saperloandrete da Mr. Lothrop e cistarete per tre o quattro giorni?»

«Quattro giorni?»dice lei. «Ma ci resto un anno!»

«Bene»dico io«da voi non voglio altro che la vostra parola... per mequella vale più che se giurate sulla

Bibbia». Lei sorride e diventa così rossa che è una delizia a vederlaeio gli faccio: «Se non vi dispiacechiudo la porta

e ci metto il catenaccio».

Poi torno e mi siedo di nuovoe dico:

«Non piangete. State calma e prendetela come farebbe un uomo. Io devo dirvila veritàe voi dovete essere

forteMiss Maryperché la verità è durae può essere un brutto colpoma è così e non c'è niente da fare. Questi vostri

zii non sono per niente i vostri zii... sono due imbroglioni... dei veridelinquenti. Eccoora che vi ho detto il peggio... il

resto... behè più facile».

Behè stata una bella bottanon c'è che direma io ormai ero in acquecalmee adesso vado via liscio senza

problemie gli dico tutto dall'a alla zetada quando abbiamo trovato quelfessacchiotto che andava a prendere il vapore

a quando lei si è gettata al collo del re alla porta di casa e lui l'habaciata un mucchio di volte... e lei salta sucolla faccia

tutta rossa che sembrava il sole al tramontoe dice:

«Che vigliacchi! Vieni... non perdiamo un minuto... non perdiamo unsecondo... adesso li facciamo spalmare di

pece e di piume e buttare nel fiume!».

Io dico:

«Certo. Ma volete dire che lo fate prima di andare da Mr. Lothropo...»

«Oh»fa lei«non mi ricordavo della promessa!». E si mette di nuovo asedere. «Non badare a quello che ho

detto... per favore... ti chiedo scusa». Mi mette la sua manina di fatasulla miae mi parla in una maniera che mi faceva

morire. «Non ci avevo pensatoero tutta scombussolata»dice; «oracontinuaio non dico più niente. Dimmi che cosa

devo faree io lo faccio».

«Bene»dico io«sono brutta gentequesti due mascalzonie io sonocostretto a viaggiare con loro ancora per

un po'anche se non voglio... preferisco non dirvi perché... e se voi lidenunciate la gente di qui mi salva dalle loro

grinfiema c'è un'altra persona che non conoscete che se la passerebbemolto male. Lo dobbiamo salvareno? Naturale!

Behallora non dobbiamo dire niente adesso».

Mentre dicevo quelle parole mi era venuta in testa un'ideae capisco comemagari possiamo fare per liberarci

io e Jimdi quelle due carogne; farli mettere in prigione qui e andarcene.Però non volevo viaggiare in zattera di giorno

senza nessun altro sulla zattera a rispondere alle domande su Jime quindinon volevo cominciare il piano fino a sera

tardi. Così dico:

«Miss Mary Janele dico io che cosa facciamo; e da Mr. Lothrop voi nondovrete neanche starci molto. È

lontano?»

«Poco meno di quattro miglia... proprio in campagnaqui dietro».

«Behè quello che ci vuole. Allora andatecie restateci fino alle nove onove e mezza di questa serae poi

ditegli che dovete tornare a casa... ditegli che vi siete ricordata diqualcosa. Se arrivate prima delle undicimettete una

candela su questa finestrae se io non torno prima delle undici vuol direche me ne sono andatoe sono lontano e al

sicuro. Allora venite fuori a denunciare questi due animali e fateli finirein galera».

«Bene»dice lei«lo farò».

«E se succede che io non ce la faccio a scapparema mi prendono con glialtrivoi dovete dirgli che sono stato

io a dirvi tuttoe dovete aiutarmi».

«Ti aiuterò certamente. Non ti torceranno un capello!»dice leie vedoche ha le narici dilatate e i lampi negli

occhi quando lo dice.

«Se riesco a scappare non sarò qui»dico«a testimoniare che questecarogne non sono i vostri ziie anche

restando qui non posso farlo. Posso giurare che sono degli animali e dellecanagliema non posso fare altroanche se

questo è già qualcosa. Ma ci sono altri che possono dirlo meglio di me - edè gente che la loro parola ha valoremica

bugiardi come me. Ve lo dico io come fate a trovarli. Datemi una matita e unpezzo di carta. Ecco qua: «Il

cammellopardo del reBricksville».Mettetelo via e non perdetelo. Quando il tribunale vuole trovare qualcosa contro

questi dueditegli di mandare qualcuno a Bricksville a dire che avete presoquelli che hanno recitato "Il cammellopardo

del re"e di chiedergli se hanno dei testimoni... e vi vedrete arrivarequi tutta la città in un batter d'occhioMiss Mary. E

vorranno dargli una bella lezione!».

A questo punto ho capito che avevamo fissato tuttoe allora gli dico:

«Lasciategli fare l'astanon preoccupatevi. Nessuno deve pagare le cose cheha comprato fino al giorno dopo la

venditaperché il preavviso è stato brevee loro di qui non si muovonofinché non hanno i soldi - e con quello che

abbiamo deciso di fare la vendita non vale e i soldi non li prendono. È comeper i negri: la vendita non ha valore e fra

poco torneranno. Per i negri non possono ancora incassare i soldi; qui lorostanno ancora peggioMiss Mary».

«Beh»fa lei«adesso vado giù a colazione e poi parto subito per andareda Mr. Lothrop».

«Però non è così che dovete fareMiss Mary Jane»dico io«proprioper niente; andate subitoprimadi

colazione».

«Perché?»

«Perché mai pensate che vi ho chiesto di andar viaMiss Jane?».74

«Mahnon me lo sono chiesto; e ora che ci penso non lo so».

«Perché non avete mica la faccia di bronzocome quei due. Quello che avetein testa ce l'avete scritto in faccia.

Lo capisce chiunque. Pensate che sarete capace di guardare in faccia i vostriziiquando vengono a darvi il buon giorno

e di non...»

«Non c'è bisogno che continuiho capito. Sìandrò prima di colazione;sarò felice di farlo. Ma le mie sorelle

restano qui?»

«Sìdi loro non preoccupatevi. Dovranno avere pazienza ancora per un po'.I due potrebbero sospettarese

andate via tutt'e tre. Io non voglio che voi vedete gli ziiné le vostresorellené qualcun altro della cittàperchése un

vicino vi chiede come stanno i vostri zii questa mattinala vostra facciagli rivela tutto. Noandate subitoMiss Mary

Janee sistemo io tutto. Gli dirò a Miss Susan di dare un bacio per voiagli zii e di dirci che siete andata via per poche

ore per riposare un po'o per vedere un'amicae che tornate stanotte odomattina presto».

«Ditegli pure che sono andata a vedere un'amicama non che gli mando unbacio».

«Va benefarò come volete». Gli ho detto questocosì era contenta. Erauna cosa da nullae lei era tranquilla;

alla gente gli basta le piccole cose; Mary Jane era soddisfatta e a me non miè costato niente. Poi dico: «C'è un'altra

cosa... quella borsa coi soldi».

«Behquella ce l'hanno loro; e mi sento una stupida se penso in che modol'hanno avuta».

«Noqui vi sbagliate. Non ce l'hanno loro».

«Chi ce l'ha allora?»

«Magari lo sapessi! Ce l'avevo ioperché gliel'avevo rubata; e gliel'avevorubata perché la volevo dare a voi;

so dove l'ho nascostama ho paura che lì non c'è più. Mi dispiace unsaccoMiss Mary Janemi dispiace da morire; ho

fatto quello che potevodavvero. A momenti mi prendevanoe allora l'hoficcata nel primo posto che ho trovato... non

era un bel posto».

«Ohsmettila di rimproverarti - non è giusto e non te lo permetto -nonhai potuto evitarlonon è stata colpa

tua. Dove l'hai nascosta?».

Non voglio che lei si mette di nuovo a pensare ai suoi guaie non riesconeanche a dirci che deve rivedere il

cadavere nella baracon la borsa dell'oro sullo stomaco. Così per un minutonon dico niente; poi faccio:

«Preferisco non dirvi dove l'ho messaMiss Mary Janese non vi dispiace;ma ve lo scrivo su un pezzo di

cartae voi potete leggerlo andando da Mr. Lothropse proprio volete. Cistate?»

«Ohsì».

Allora ho scritto: "L'ho messa nella bara. Era lì dentro quando voipregavate lì davantidi notte. Io ero dietro la

portae mi dispiaceva da morire per voiMiss Mary Jane".

Mi sono venute le lacrime agli occhi a pensare come piangeva lì da soladinottecon quei due bastardi che

erano proprio sotto lo stesso tettoche la disonoravano e la derubavano; equando piego il foglio per darcelo vedo che

gli vengono le lacrime anche a lei; mi stringe la mano con forza e mi dice:

«Addio. Farò tutto proprio come mi hai detto. Anche se non ti vedrò piùnon ti dimenticherò maie penserò a

te tantetante voltee pregheròanche per te!». E così se neva.

Pregare per me! Immagino che se mi conosceva mica prometteva di fare una cosacompagna. Però penso che

l'ha fatto lo stesso. Se gli frullava di farloera capace di pregare ancheper Giuda - non c'era verso di fargli cambiare

idea. Dite quello che voletema per me in lei c'era una grinta che non homai visto in una ragazza; behper me era un

tipo tutta grinta. Questo sembra un complimentoma non è un complimento.Però quanto a bellezza - e anche bontà - lei

le sotterra tuttele altre ragazze. Non l'ho più vista da quel momento cheè andata fuori da quella porta; nonon l'ho più

vistama credo che ci ho pensato un milione di voltee ho pensato a quandomi ha detto che pregava per me; che se poi

ero sicuro che io ci facevo del bene a pregare per leibehmi venga un colpo se per lei non ero pronto a fare anche

questo - lo giuro!

BehMary Jane esce dalla parte di dietrocredoperché nessuno la vedepartire. Quando becco Susan e

Labbro-leporinoci dico:

«Come si chiamano quelli che stanno dall'altra parte del fiumeche voiqualche volta andate a trovarli?».

Loro mi fanno:

«Ce ne sono parecchi; ma soprattutto andiamo dai Proctor».

«Sìsono quelli»dico io; «me l'ero dimenticato. BehMiss Mary Janemi ha appena detto che è andata da loro

in fretta e furia... uno di loro è malato».

«Chi?»

«Non so; o almeno me lo sono scordato; ma mi pare che è ...»

«Misericordianon sarà Hanner?»

«Mi dispiace»faccio io«ma è proprio Hanner».

«Santo cielo! E pensare che stava così bene la settimana scorsa! Ègrave?»

«Ancora non l'hanno detto. Sono rimasti con lei tutta la notteha dettoMiss Mary Janee credono che non

potrà resistere ancora per molto».

«Ma che cosa terribile! Ma insomma che cos'ha?».

In quel momento non mi viene in mente niente di meglio e allora dico:

«Orecchioni».

«Tua nonna avrà gli orecchioni! Mica stanno su tutta la notte per uno cheha gli orecchioni»..75

«No? Con questi orecchioni qui è meglio di sì. Questi qui sono diversi. Èun tipo nuovoha detto Miss Mary

Jane».

«Che vuol direun tipo nuovo?»

«Perché insieme ci sono altre cose».

«Che altre cose?»

«Behrosoliatosse caninarisipolatisiepatitemeningite e non so chealtro».

«Misericordia! E li chiamano orecchioni?»

«Questo è quello che ha detto Miss Mary Jane».

«Ma alloraperché li chiamano orecchioni?»

«Behperché sono orecchioni. È una roba che comincia con gliorecchioni».

«Ma è una cosa cretina! Uno può cominciare a slogarsi il ditone del piedema poi bere velenocadere in un

pozzorompersi l'osso del collo e spaccarsi la testae se qualcuno chiedecome è morto può saltare su qualche idiota a

dire: "Behsi è slogato il ditone del piede". Ti sembra una cosalogica? No. E non è una cosa logica neanche questa. È

una roba che si può attaccarequesta qui?»

«Se si può attaccare? Ma che strano modo di ragionare! È come quandoalbuioprendete dentro nel dente di

un erpice. Quando vi attaccate a un dente è come se vi attaccate a tutti identinon vi pare? E se volete andar via mica

potete andare via con un dente soloperché vi viene dietro tutto l'erpice.Behquesto tipo di orecchioni è come l'erpice

si può diree non è mica un erpice sgangheratoche vi potete staccarenocon questo ci avrete da penare».

«È terribile»fa Labbro-leporino. «Vado da zio Harvey e ...»

«Ohsìgiustissimo»faccio io. «Io dico che non dovete perdere neancheun minuto».

«Perché?»

«Pensateci un momento e capirete. I vostri zii non sono costretti a tornarein Inghilterra più presto che

possono? E pensate che saranno così egoisti da andarsene subitofacendovifare il viaggio da sole? Sapete bene che vi

aspetteranno. Mi seguite? Oravostro zio Harvey è pretenon è vero? Epensate che un prete voglia ingannare il

commissario di bordo del battello? E poi quello della nave? E che faràsalire a bordo Miss Mary Jane? Sapete bene che

non lo farà. Che faràdunque? Behdirà: "È un gran peccatomal'attività della mia chiesa deve andare avanti nel

miglior modo possibile; mia nipote è stata esposta ai terribili orecchionipluribusunume dunque è mio preciso dovere

fermarmi qui ad aspettare i tre mesi che ci vogliono per vedere se li hapresi". Ma non importase pensate che è meglio

dirlo a vostro zio Harvey ...»

«E così rimanere qui a perdere tempo quando potremmo divertirci tanto inInghilterra aspettando di sapere se

Mary Jane ha preso il contagio? Sei proprio stupido tu».

«Behalmeno potete dirlo a qualcuno dei vicini».

«Senti un po'per dire scempiaggini tu sei un campione. Non capisci cheloro glielo andrebbero a dire? Non ci

resta che stare zittee non dire niente a nessuno».

«Behmagari avete ragione... sìpenso proprio che avete ragione».

«Però credo che dobbiamo dire a zio Harvey che lei è andata via per unpo'che sennò si preoccupa».

«SìMiss Mary Jane voleva che voi fate così. Ha detto: "Ditegli disalutare zio Harvey e zio Williame di

dargli un bacioe ditegli che sono andata di là del fiume a trovareMr...Mr..." - come si chiama quella famiglia ricca che

vostro zio Peter ci aveva una grande opinione?... voglio dire quella che...»

«Behsaranno gli Apthorpè questo il nome?»

«Sì; accidenti a 'sti nomiil più delle volte non si ricordano. Sìhadetto di dirgli che lei ha fatto una corsa dagli

Apthorp per essere certa che verranno all'asta per la casaperché ha dettoche zio Peter voleva darla a loro più che a

chiunque altro; e che insisterà con loro finché non diranno che verrannoesolo allorase non sarà troppo stancatornerà

indietro; la mattinacomunquetornerà. Ha detto di non dire niente .deiProctorma solo degli Apthorp - che poi non è

una frottolaperché ci va davveroda loroa dirgli di comprare la casa;lo so perché me l'ha detto proprio lei».

«Benissimo»mi hanno detto le ragazzee se ne sono andate a portare aglizii i saluti e i bacie a dirci il

messaggio.

Adesso tutto era a posto. Le ragazze non avrebbero detto niente perchévolevano andare in Inghilterra; il re e il

duca preferiscono che Mary Jane va in giro a occuparsi dell'asta invece chestar lìa due passi dal dottor

Robinson. Io ero molto soddisfatto; penso che sono stato davvero in gamba -immagino che Tom Sawyer non poteva

fare meglio neanche lui. Naturalmente lui avrebbe fatto più scenama io perquesto non me la cavo beneperché non ci

ho avuto l'educazione adatta.

Behl'asta l'hanno fatta nella pubblica piazzaverso la fine delpomeriggioed è andata avanti un mucchio di

tempocol vecchio che era sempre fra i piedi a fare la faccia del santoeogni tanto andava accanto al banditore e

buttava lì qualche frase delle Scritture o qualche detto moralee il ducache andava in giro a fare «goo-goo» più che

potevache così tutti sentivano simpatia per lui.

Ma dopo un po' la cosa finiscee tutto è stato venduto. Tutto tranne unpiccolissimo lotto nel cimiteroe

dovevate vedere quei due come si davano da fare anche per quello - mai vistoun ingordo come il ducache vuole

mangiarsi ogni cosa. Behmentre sono dietro a questa faccenda arriva unbattelloe dopo circa due minuti viene avanti -

con urlastrilli e risate - una folla che grida:

«È arrivata l'opposizione! E adesso abbiamo due gruppi di eredi del vecchioPeter Wilks. Forza! Si accettano

scommesse!»..76

XXIX • Scappo nella bufera

Stavano accompagnando un vecchio signore dall'aspetto molto distintoe unopiù giovane dall'aria cordiale che

aveva un braccio al collo. Cribbiogridavano tutti quanti come mattiridevano e facevano una cagnara d'inferno. Ma io

non ci trovavo niente da rideree pensavo che anche per il re e il duca nonc'era niente di comico in quella faccenda. Fra

me penso che adesso diventano pallidie invece macché! non fanno neancheuna piega. Il duca non lascia capire che

sospetta quello che sta succedendoma continua a fare «goo-goo» felice esoddisfattocome una pentola piena d'acqua

che bolle; e il re guarda i nuovi venuti colla faccia tristee scuote latesta come se provasse un dolore infinito al

pensiero che al mondo ci sono canaglie e imbroglioni di quella fatta. Oheraveramente in gamba. Molti di quelli

importanti si raccolgono intorno al re per fargli vedere che sono con lui. Ilsignore appena arrivato ci aveva la faccia di

uno che non sa che pesci pigliare. Poi comincia a parlaree io sento subitoche lui parlava davvero come un inglesenon

alla maniera del reanche se il re lo faceva bene per essere un'imitazione.Non riesco a ripetere le parole del vecchio

signoree non sono capace di imitarlo; comunque lui si rivolge alla folla edice più o meno questo:

«Questa è una sorpresa che non mi attendevoe devo dirviin tuttafranchezzache non sono in condizioni di

affrontarla; mio fratello e io abbiamo avuto dei contrattempiperché lui siè rotto un braccioe l'altra notte il nostro

bagaglio è stato sbarcato per errore in un'altra città. Io sono Harveyequesto è mio fratello Williamche non è in grado

né di sentire né di parlare - e ora non può neppure comunicare a segniperché può usare una sola mano. Noi siamo

davvero coloro che abbiamo detto di esseree fra un giorno o duequandoriceverò il bagagliosarò in grado di

dimostrarlo. Fino ad allora non farò più dichiarazionima rimarrò inattesa nel mio albergo».

Se ne va coll'altro sordomutoe allora il re scoppia a ridere e sbotta:

«Si è rotto il braccioeh?... che caso strano!... è venuta proprio afagioloquesta fratturaa salvare un

impostore che non sa come comunicano i sordomuti! Perso il bagaglioeh?Splendido! E molto ingegnosodate le

circostanze!».

E scoppia di nuovo a ridere; e con lui si mettono a ridere tuttitranne treo quattroo forse qualcuno di più.

Uno era il dottore; un altro un signore dall'aria svegliacon una sacca daviaggio di vecchio tipo fatta con la stoffa dei

tappetiche era appena smontato dal battello e gli stava parlando a bassavocee ogni tanto davano un'occhiata al re e

facevano dei segni colla testa - e questo era Levi Belll'avvocato che eraandato a Louisville; e un terzo era un uomo

grosso e robusto che era venuto con gli altri e aveva sentito quello cheaveva detto il vecchio signoree che adesso stava

ascoltando il re. E quando il re ha finitoquesto tipo qui fa:

«Sentite un po': se siete Harvey Wilksquando siete arrivato in questacittà?»

«Il giorno prima del funeraleamico»dice il re.

«A che ora?»

«Alla sera... circa un'ora o due prima del tramonto».

«Come siete arrivato?»

«Con la Susan Powell daCincinnati».

«Allora come mai eravate su alla Puntaallamattinasu una canoa?»

«È una bugia».

Parecchi saltano su a dirgli che non deve parlare in quella maniera a uno diquell'etàche è pure un prete.

«Macché prete e prete! È un bugiardo e un imbroglione. La mattina era sualla Punta. Io abito lìe quella

mattina c'ero. L'ho visto arrivare su una canoacon Tim Collins e unragazzo».

Allora salta su il dottore e dice:

«Riconosceresti il ragazzo se lo vedessiHines?»

«Credo di sìanche se non so... ma sìeccolo lì. Lo riconoscoperfettamente».

E indica me. Il dottore dice:

«Amiciio non so se i signori che sono appena arrivati sono dei truffatorio noma se questi duenon lo sono

significa che io sono un idiotae non c'è altro da dire. E credo che sianostro dovere impedire che se ne vadano da qui

finché questa faccenda non sia stata chiarita. AscoltaHines; e ascoltatetutti. Adesso portiamo questi due individui alla

taverna e li mettiamo a confronto con gli altri duee sono convinto chequalcosa salta fuori».

Alla gente questa cosa qui ci piaceanche se a quelli che tenevano per il remica tantoe così ci avviamo tutti.

Era l'ora del tramonto. Il dottore mi porta per manoed è molto gentilemala mano non me la lascia andare.

Entriamo tutti nel grande salone dell'albergo e accendiamo delle candeleepoi andiamo a chiamare la nuova

coppia. Per prima cosa il dottore dice:

«Io non voglio essere troppo duro con questi due uominima sono convintoche siano dei truffatorie

potrebbero avere dei complici che non conosciamo. Se li hannoè probabileche questi scappino con la borsa d'oro

lasciata da Peter Wilks. Quindise non sono degli imbroglioniquesti uomininon avranno nulla in contrario ad andare a

prendere questo denaro e ad affidarlo a noi finché non avranno dimostrato laloro identitànon vi pare?».

Tutti hanno detto di sìe allora io penso che siamo proprio in un belcasinoma il re fa la faccia addolorata e

dice:

«Signorivorrei anch'io che il denaro fosse quiperché ben vengaun'indagine giustaseria e onesta su questa.77

dolorosa faccenda; purtroppo i soldi non ci sono piùe potete constatarlovoi stessise volete».

«Dove sonoallora?»

«Behquando mia nipote me li ha dati da tenereio li ho messi nel sacco dipaglia che è sotto il materasso nel

mio lettoperché era inutile metterli in banca per i pochi giorni chestavamo qui; io pensavo che il letto era un posto

sicurodato che noi non sapevamo niente dei negri e credevamo che eranoonesticome i servi in Inghilterra. Invece i

negri li hanno rubati proprio l'indomani mattinaappena dopo che io erosceso; e quando li ho venduti non mi ero

ancora accorto che mancavanoe quindi loro se ne sono potuti andare con laborsa. Potete chiedere anche al mio servo

signori».

Il dottore ripete parecchie volte «Balle!»e io vedo che non c'è nessunoche gli crede. Un uomo mi domanda se

ho visto i negri che fregavano la roba. Io dico di noperò ho visto cheuscivano dalla camera in punta di piedi e

andavano viae che non mi è venuto in mente nientee ho pensato solo cheavevano paura di avere svegliato il mio

padronee cercavano di scappare perché sennò lui ce la faceva passarebrutta. Questa cosa qui me l'hanno domandata

tutti. Poi il dottore si gira di colpo verso di me e mi fa:

«Sei inglese anche tu?».

Io dico di sìe lui e degli altri si mettono a ridere e dicono «Balle!».

Behpoi attaccano a fare un'indaginee ci siamo tutti dentro fino al colloper ore e oree nessuno che parla

della cenae sembra che non viene neppure in mente a nessuno; e la cosacontinuaed è una roba incasinata assai.

Fanno dire la sua storia al re e poi la fanno dire al vecchio signore; se nonfossero stati una massa di teste di legno

l'avrebbero visto tutti che il vecchio signore diceva la verità e l'altro unsacco di frottole. E dopo un po' chiamano me e

mi fanno dire quello che sapevo. Il re mi guarda storto colla codadell'occhioe io capisco che devo filare diritto e stare

dalla sua parte. Comincio a dire di Sheffieldche era lì che abitavamoedei Wilks inglesie così viama non vado

avanti per molto perché il dottore attacca a ridere; e Levi Bellil vecchioavvocatodice:

«Sieditiragazzo miose fossi in te non me la prenderei tanto. Immaginoche tu non sia abituato a dire bugie

perché non ti viene molto bene; ti manca la pratica. Lo fai maluccio».

A me questo complimento non mi è mica piaciutoperò sono contento chealmeno adesso mi lasciano stare.

Il dottore comincia a dire qualcosapoi si gira e fa:

«Se tu fossi stato in città fin dall'inizioLevi Bell...».

Allora interviene il reche stende la mano e dice:

«Dunque siete voi il vecchio amico del mio povero fratelloche lui scrivevacosì tanto di voi?».

Lui e l'avvocato si stringono la manoe l'avvocato sorride e sembrasoddisfattoe poi si mettono da parte e

parlottano un po'; e alla fine l'avvocato dice:

«Così va bene. Io prendo l'ordine e lo mandoinsieme con quello di vostrofratelloe così si saprà che tutto è in

ordine».

Prendono carta e penna e il re si siedescuote la testasi mordicchia lalingua e scribacchia qualcosa; poi danno

la penna al duca - e allora per la prima volta il duca ha l'aria sconvolta.Però prende la penna e scrive anche lui. Poi

l'avvocato si rivolge al vecchio signore e dice:

«Per favore scrivetevoi e vostro fratellouna riga o duee firmate».

Il vecchio signore scrivema nessuno è capace di leggere quella roba.L'avvocato fa una faccia sorpresa e dice:

«Behquesto è troppo anche per me». Tira fuori di tasca un mucchio divecchie lettere e le esaminapoi

esamina la scrittura del vecchio signoree poi di nuovo le lettere; quindidice: «Queste vecchie lettere sono di Harvey

Wilks; e qui ci sono le scritture di questi due quie chiunque capisce chele lettere non le hanno scritte loro» (il re e il

duca restano lì come due fessive l'assicuroquando capiscono chel'avvocato li ha fregati)«e questa invece è la

scrittura di questo vecchio signoree anche qui lo capisce chiunque che lelettere non le ha scritte lui - anziquesti

scarabocchi che ha fatto non si possono neanche chiamare scrittura.Ecco ora delle lettere di ...».

A questo punto interviene il vecchio signore:

«Se permettete posso spiegarvi. Nessuno è in grado di leggere la miacalligrafiatranne questo mio fratelloche

infatti copia tutte le mie lettere. Quella che vedete è la sua calligrafianon la mia».

«Bene!»dice l'avvocato«le cose stanno così. Io ho anche alcunelettere di William; quindi se gli dite di

scrivere un rigo o dueche noipossiamo confr...»

«Non è in grado di scrivere con la sinistra»dice il vecchio signore.«Se potesse usare la destra vedreste che lui

ha scritto sia le mie lettere che le sue. Guardate le une e le altreperfavore; sono state scritte dalla stessa mano».

«Mi pare che sia proprio così; e comunque c'è una somiglianza molto piùforte di quanto avessi notato prima.

Benebenebene! Io credevo di essere sulla strada giustama ancora nonabbiamo la sicurezza. In ogni caso una cosa

l'abbiamo dimostrata: questi due non sono i Wilksné l'uno né l'altro»ecolla testa fa segno verso il re e il duca.

Behci credereste? Quel testone del vecchio mica vuole dargliela vinta!Proprio no. Dice che non è giusto.

Dice che suo fratello William è il più dannato mattacchione che ci sia almondoe che mica aveva scritto sul serio - lui

l'ha visto che William stava per fare uno dei suoi scherzi fin da quando hapreso in mano la penna. E si stava scaldando

e continuava a menare il torrone con quella storiache quasi stavacominciando a crederci anche lui a quello che stava

dicendo; ma poi interviene il vecchio signore che dice:

«Mi è venuta un'idea. C'è qui qualcuno che ha aiutato a preparare il corpodi mio fra... che ha aiutato a

preparare la salma del defunto Peter Wilks prima del funerale?»

«Sì»dice qualcuno«io e Ab Turner. Eccoci qui»..78

Allora il vecchio signore si rivolge al re e gli fa:

«Siete in grado di dirmisignoreche cosa aveva tatuato sul petto?».

Behquesto è un colpo da ammazzare un bueche il re si è beccatoall'improvviso - e badate bene che chiunque

sarebbe andato giù disteso a terra con una mazzata di quel genereche gliarriva in testa che lui proprio non se l'aspetta -

perché come diavolo faceva a saperlo che cosa ci aveva tatuato sul pettoquel tipo? Lui diventa un po' bianco - non

può evitarlo -; in giro c'era un gran silenzio e tutti si erano chinativerso di lui a fissarlo. Io mi dico fra me:"Behora

getta la spugna; non gli resta altro da fare". E invece no. Èincredibilema lui non vuole mollare! Immagino che voleva

continuare per ore e ore con quelle fregnacce finché la gente si stancava eandava viae così lui e il duca potevano

filarsela via e non farsi più vedere. Comunque se ne sta lì seduto e dopoun po' comincia a sorrideree dice:

«Perbacco! Questa è una domanda molto difficile! Sìsignoreio possodirveloquello che ci aveva tatuato sul

petto. È solo una freccia piccolasottile e azzurraecco che cosa ci ha;ma se non si guarda bene non si può vedere. Che

cosa avete da dire adesso?».

Behuno con una faccia di bronzo come quello non l'ho mai incontratove logiuro.

Il vecchio signore si gira di scatto verso Ab Turner e il suo compare cogliocchi che gli brillanoche questa

volta è sicuro di avere incastrato il ree dice:

«Eccoavete sentito che cosa ha detto? C'era una cosa del genere sul pettodi Peter Wilks?».

I due rispondono:

«Non abbiamo visto questo segno».

«Bene!»fa il vecchio signore. «Ve lo dico io quello che voi avete vistosul suo petto: era una piccola P

sbiaditae una B (che è un'iniziale che lui ha abbandonato quand'eragiovane)e una Wcon dei trattini fra queste

letterein questo modo: P-B-W»e così le scrive su un pezzo di carta.«Andiamonon è questo che avete visto?».

E i due rispondono:

«No! Non abbiamo visto niente. Non abbiamo visto nessun tatuaggio».

A sentire questo saltano su tutti come delle furiee dicono:

«Sono degli imbroglioni tutti quanti! Sbattiamoli in acqua! Affoghiamoli nelfiume! Attacchiamoli a un palo!»

e parlano tutti nello stesso tempoche c'è un chiasso pazzesco. Mal'avvocato salta sul tavolo e urla:

«Signori! Signori! Lasciatemi dire una parolaPER FAVORE! Ci è rimastoancora un modo per arrivare alla

verità: andiamo a tirare su il cadavere e guardiamo».

Questo alla gente gli va.

«Hurrà!»gridanoe stanno tutti per partirema il dottore e l'avvocatourlano:

«Un momento! Un momento! Prendete questi quattro uomini e il ragazzoeportiamo anche loro!».

«È giusto!»gridano tutti; «e se non troviamo quei segni linciamo tuttala banda!».

Adesso ci avevo davvero una bella strizzave lo posso assicurare. Però nonc'era modo di tagliare la corda. Ci

pigliano in mezzo e ci fanno camminare con lorodiritti al cimiteroche eraa un miglio e mezzo in giùverso il fiumee

tutta la città ce l'avevamo alle calcagnaperché si sentiva una grancagnara ed erano solo le nove di sera. Quando

passiamo davanti a casa nostra mi mordo le dita pensando che sono stato io amandare Mary Jane fuori cittàperché se

ora potessi farci un segnolei salterebbe fuori a salvarmi e a denunciare idue truffatori.

Behandiamo tutti lungo la strada del fiume che sembravamo dei gattiselvaggi; e come se non bastava la fifa

che già ci avevamostava arrivando il buioe si vedeva in fondo la lucedei lampie il vento cominciava a soffiare in

mezzo alle foglie. Io me la vedevo proprio bruttache una cosa come questanon l'avevo mai passatae non sapevo da

che parte girarmiperché tutto andava diversamente da come avevo pensato;invece di fare le cose con comodoe star lì

tranquillo a vedere come andava a finire se ne avevo voglia - con Mary Jane adarmi una mano e a salvarmi quando si

metteva male -ecco che fra me e la morte adesso non c'era altro che deisegni di tatuaggio. E se non li trovavano...

Non riuscivo a pensarcie contemporaneamente non mi veniva di pensare adaltro. Si faceva sempre più scuro

ed era proprio il momento buono per piantare in asso tutta la compagniamaquello che mi teneva il polso era Hines -

che era un tipo grande e grosso - e cercare di scappargli era come volerlafare in barba a Golia. Mi trascinava dietro di

luima lui camminava come un ossesso e io non ce la facevo a stargli alpasso.

Quando arrivanoinvadono il cimiteroche pareva un'inondazione del fiume. Equando arrivano alla tomba

vedono che di terra da tirare su ce n'hanno finché voglionoma nessuno cheha pensato a portare una lanterna.

Comunque attaccano a scavare alla luce dei fulminie mandano un uomo allacasa più vicinaa una distanza di mezzo

miglioa prenderne una.

Allora scavano come delle furieche sembra che al mondo non c'è altro chequello; però diventa buio pestoe

comincia la pioggiacol vento che soffia da tutte le partie i fulmini chesono sempre più vicinie i tuoni che scoppiano;

ma quelli non fanno una pieganon se ne accorgono neanche; capita che siriesce a vedere tuttocon tutte le facce di

quella folla immensa e la terra che vola in aria dalla tombae l'istantedopo il buio cancella ogni cosa e non si vede più

niente.

Alla fine tirano fuori la bara e cominciano a svitare il coperchioe allorala massa si fa avanti a spinte e

gomitate tutti premono per riuscire a vederee fra il chiasso e il buio èuna buriana mai vista. Hines mi fa male al polso

da tanto che mi stringe e mi tira; credo che per la grande eccitazione sideve essere scordato che ci sono anch'io.

All'improvviso un lampo manda un bagliore bianchissimoe qualcuno grida:

«Corpo di mille diavoli! Ci ha la borsa coll'oro qui sul petto!».

Hines caccia fuori un urlocome tutti gli altrie mi lascia andare ilpolsoperché si butta con un salto in mezzo.79

alla mischia per andare a guardaree in un attimo io schizzo via come unalepre per la strada tutta buia.

Ero soloe quasi volavo - e per tutta la strada intorno a me non ho avutoche il buio fittola luce dei lampila

pioggia che picchiavail vento che mi sbatteva in faccia e le esplosioni deituonima andavo avanti che neanche me ne

accorgevo! Quando arrivo alla città vedo che non c'è in giro nessuno conquel tempo da lupiper cui non devo cercare le

stradine deserte e passo al galoppo per la via principalee quando comincioad avvicinarmi alla nostra casa tiro su gli

occhi a guardare. Non ci sono lucie la casa è tutta buia - e a me midispiacee non so perché. Ma proprio quando mi

sto allontanandoecco il lampo di una luce alla finestra di Mary Jane! - eio mi sento il cuore gonfioche mi pare di

scoppiare -; ma subito dopo la casa e tutto il resto me li sono lasciatidietro e non li rivedrò mai più per tutta la vita. Lei

è stata la meglio ragazza che io ho mai conosciutoe quella che ci avevapiù grinta.

Quando sono abbastanza fuori dalla città da capire che adesso posso andareal banco di sabbiacomincio a

guardarmi in giro per cercare una barcae la prima volta che i lampi me nemostrano una che non è legata alla catena io

l'afferro e comincio a remare. Era una canoa ed era ormeggiata solo con unacorda. Il nostro banco di sabbia era lontano

assaiin mezzo al fiumema io non perdo tempoe quando infine arrivo allazattera ero così distrutto chese solo avessi

potutome ne sarei rimasto giù senza muovermia riprendere fiato. E invecesaltando a bordourlo:

«ForzaJimmolla tutto! Ringraziamo il cieloche finalmente ce li siamotolti dai piedi quei due!».

Salta fuori subito Jime mi viene incontro colle braccia aperteper lagioia immensa che sentiva; ma quando lo

vedo quasi mi viene un colpo e ricasco in acqua di schiena: avevo dimenticatoche ci aveva su il vestito del vecchio Re

Lear e la faccia pitturata come un arabo annegatoe dalla paura quasisvengo. Ma Jim mi tira su e stava per

abbracciarmi e farmi le carezzee tutte quelle cose lìche era cosìcontento di vedermi e che il re e il duca non li

avevamo più sulle croste; io però gli dico:

«DopoJimdopo! Molla gli ormeggi e andiamo!».

E così ce ne andiamo senza perdere un secondoe scivoliamo giù lungo ilfiumeed è bellissimo essere di

nuovo liberie da soli sul grandefiumee nessuno a romperci l'anima. Ionon riesco proprio a stare calmoe sento il

bisogno di saltaremuovermi e sbattere un po' i tacchi; e giusto mentrefaccio 'ste cose sento un suono che conosco

benepurtroppo - e allora trattengo il respiro e mi metto ad ascoltare -emaledizione! quando un altro lampo illumina

l'acquaeccoli venirespingendo come matti sui remiche la barca quasi vacome una freccia! Erano il re e il duca.

Allora mi cascano le bracciae crollo sulle assi della zattera; mi veniva dapiangere.

XXX • L'oro salva i ladri

Quando montano a bordoil re s'infuria con me e mi prende per il collodicendo:

«Cercavi di farci il bidoneehragazzino? Ti eri stancato della nostracompagniaeh?».

Io dico:

«Nomaestànove l'assicuro... maestàper favore!»

«Sveltoalloradicci che cavolo avevi intenzione di fareo ti faccio apezzi!»

«Parola d'onorevi dirò tutto proprio com'è successomaestà. L'uomo chemi teneva è stato molto buono con

mee continuava a dirmi che aveva un ragazzo grande come me che era mortol'anno scorsoe che gli dispiaceva vedere

un ragazzo in un imbroglio così pericoloso; e quando tutti si sono messi inagitazione per l'oro che s'era trovatolui mi

ha lasciato andare e mi ha bisbigliato: "Filaadessosennò tiimpiccano! "e io ho tagliato la corda. Non aveva senso

rimanere lì - non potevo fare niente e non volevo essere impiccatoquandoinvece potevo scappare. Così non mi sono

mai fermato finché ho trovato la canoae quando sono arrivato qui ho dettoa Jim di far prestoche sennò mi beccavano

e m'impiccavanoe ci ho detto che avevo paura che voi e il duca eravatemortie a me mi dispiaceva un fraccoe anche

a Jime sono stato contento da morire quando ho visto che stavate arrivando- chiedeteci a Jim se non è vero».

Jim ha detto che era vero; e il re gli ha detto di chiudere il beccoe poifa: «Ohsìe tu pensi che io ci credo?»

e riattacca a scuotermi e a dire che gli viene voglia di buttarmi nel fiume.Ma il duca dice:

«Molla il ragazzopezzo d'idiota! Che cosa avresti fatto tu? Ti sei fermatoa chiedere sue notizie quando ti sei

liberato? Non mi pare».

Allora il re mi lascia andare e comincia a smoccolare contro la città etutti quelli che ci abitano. Ma il duca gli

fa:

«Faresti meglio a prendertela con te stessoperché te lo meriti proprio.Fin dal primo momento tu non hai fatto

che cavolatetranne quando sei venuto fuoriprontocon quella storia deltatuaggio e della freccetta blu. Lì sei stato

fortein gamba davvero; ed è stata quella cosa lì che ci ha salvato.Perché se non era per quello ci mettevano in galera

finché non arrivava il bagaglio degli inglesie poi... andavamo diritti alpenitenziarioci puoi scommettere! Ma con

quella pensata li hai fatti andare al cimiteroe l'oro poi ha salvato tuttala situazioneche se quegli scemi non si

scaldavano tanto a vederloe non ci mollavanostanotte andavamo a dormirecon una bella cravatta al colloma di

quelle molto resistentiche durano tanto... di quelle che ti durano finoalla morte».

Per un po' stanno zittie riflettono su 'sta faccenda; poi il re dicequasisoprappensiero:

«E noiche pensavamo che l'avevano cuccato i negri!».

Quando sento questoa me mi vengono i brividi.

«Sì»fa il ducaparlando lento e sarcastico«l'abbiamo propriopensato»..80

Dopo circa mezzo minuto il re facon voce strascicata:

«Behio l'hopensato».

E il ducaanche lui con voce strascicata:

«Ma va'! Sono stato io che l'ho pensato».

Il re mi pare che gli salta un po' la mosca al nasoe dice:

«SentiPonteporcoche cosa vuoi insinuare con questo?».

E il duca subito:

«Se è per questo sei tu che devi dirmi che cosa vuoi insinuare».

«Io non voglio insinuare niente!»fa il recon una faccia da schiaffi.«Però magari tu dormivi... e l'hai fatto

senza saperlo».

Adesso è il duca che incomincia a incavolarsi e dice:

«Ohpiantala di dire scempiaggini! Mi prendi per scemo? Credi che non sochi è stato a mettere la grana nella

bara?»

«Ohlo sai certamente... ce l'hai messa tu!»

«È una bugia!». E il duca gli salta addosso e gli mette le mani al collo.

«Giù le mani... molla la gola!... ritiro tutto!».

Il duca continua:

«Beneallora confessa per prima cosa che hai ficcato lì la grana perchéuno di 'sti giorni volevi farmi il bidone

e poi tornare indietro per tirarla fuoriche così non dovevi dividere connessuno».

«Aspetta un minutoduca... ti ho solo fatto una domanda... in buona fede;se i soldi non ce li hai messi tu...

dilloe io ti credo e ritiro tutto quello che ho detto».

«Vecchio delinquentenon sono stato ioe tu lo sai che non sono stato io.Sei contento adesso?»

«Behallora ti credo. Ma rispondi ancora a una domanda... non t'incavolareper favore; non ti è neanche

venuto in mente di prendere i soldi e nasconderli?».

Il duca per un po' non dice niente; poi fa:

«Behche te ne frega se l'ho pensatopoi non l'ho fattocomunque. Invecetu non solo hai avuto l'intenzione di

farloma poi li hai anche presi».

«Che mi venga un colpo se sono stato ioducate lo giuro! Non dico che nonci avevo voglia di farloperché

ce l'avevo; invece tu... voglio dire qualche bastardo è arrivato prima dime».

«Balle! Sei stato tue devi dirlo che sei stato tusennò ...»

Il re comincia a mancargli l'ariae poi urla colla voce strozzata:

«Nooo!... sìconfesso!».

Io sono molto contento quando lui dice questa cosa. Allora il duca gli togliele mani dalla gola e dice:

«Se neghi un'altra voltati sbatto giù in acqua. E adesso eccolo lìchefrigna come un poppantenon ti resta

altro da fare dopo quello che hai combinato! Non ho mai visto uno come teaffamato come un lupoche vuole

mangiarsi tutto... E io che mi fidavocome se eri mio padre. Dovrestivergognartiche sei stato lì a sentire che davano la

colpa a dei poveri negrie non hai detto niente per difenderli. Mi viene larabbia a pensare che le ho credute anch'io

quelle fregnacce. Che ti venga un canchero! adesso capisco perché ci avevitanta voglia di metterci la differenza: volevi

quello che avevo guadagnato col "Cammellopardo" e le altre coseefregartelo tutto!».

Il re dicetimidamente e ancora colla voce piagnucolosa:

«Ma ducasei stato tu a dire che dovevamo metterci la differenzanon io».

«Piantala! Non voglio più sentirti!»dice il duca. «Non vedi che cosahai ottenuto? Loro si beccano tutti i loro

soldie anche tutti i nostriche non ci è rimasto in tasca quasi niente.Ora fila a dormire... che 'sta storia della differenza

non voglio più sentirtela dire!».

Allora il re se la svigna nel wigwame si attacca alla sua bottiglia perconsolarsi; e dopo un po' il duca si

attacca alla sua bottigliae in breve sono di nuovo pappa e cicciae più si sbronzano più diventanoamicie si

addormentano russandotutti abbracciati. Però anche quando erano ormaipartitiho notato che il re mica se lo era

dimenticato che non doveva più negare di avere nascosto la borsa coi soldi.Naturalmente quando cominciano a ronfare

io e Jim ci siamo fatti una lunga chiacchieratae gli ho raccontato tutto.

XXXI • I bugiardi nonriescono a pregare

Anche stavolta per giorni e giorni non ci fermiamo in nessuna cittàmaproseguiamo diritti giù per il fiume.

Eravamo parecchio a sud e molto lontano da casae faceva caldo. Cominciamo avedere gli alberi colle tillandsieche

pendono dai rami come lunghe barbe grigie. Erano le prime che vedevoe aiboschi ci davano un aspetto cupo e

solenne. Cosìquando hanno la sicurezza che sono fuori pericolole duecanaglie ricominciano a lavorare nei villaggi.

Per prima cosa fanno una conferenza sulla temperanzama quello che ciricavano non basta neanche per

sbronzarsi tutti e due. Poi in un altro paese aprono una scuola di danzamaquando ballano sembrano due cangurie alla

prima piroetta il pubblico salta in piedi a protestare e li sbatte fuoridalla città. Un'altra volta provano a fare una

"allocuzione"che però non dura molto perché la gente comincia aurlarci dietro e a sfotterlie li fa sloggiare subito..81

Allora tentano con le raccolte di soldi per le missionicon l'ipnotismoconla medicinacolla chiromanzia e con un po'

di tuttoma sembra che non ci hanno fortuna. E così alla fine sono tuttiingrugnatie se ne stanno sdraiati sulla zattera -

che continua ad andare avanti colla corrente - a pensare e pensaresenzadire una parola magari per mezza giornata

incarogniti e con un diavolo per capello.

Infine cambianoe cominciano a starsene nel wigwam e a parlottare per due otre ore di fila. Quella faccenda

non ci piace per niente a me e Jim. Non siamo tranquilliperché pensiamoche stanno preparando qualche diavoleria

peggio delle altre. Ci abbiamo riflettuto e alla fine decidiamo che stannoper fare un furto con scasso in qualche casa o

negozioo che si vogliono mettere a spacciare soldi falsio qualcosa delgenere. Così ci viene una bella strizzae fra noi

ci mettiamo d'accordo che non vogliamo proprio entrarci per niente inpasticci come quellie se ci abbiamo l'occasione

ce la filiamo e gli facciamo il bidone. Behuna mattina di buon'oranascondiamo la zattera in un bel posto sicurocirca

due miglia al di sotto di un paesotto scalcinato che si chiama Pikesvilleeil re va a terra e ci dice di rimanere nascosti

mentre lui è in città e dà un'occhiata per vedere se in quel posto c'èqualcuno che ha già sentito parlare del

"Cammellopardo del re". ("Di' piuttosto che vuoi vedere sec'è qualche casaper andarci a rubare"mi dico fra me; "e

quando tornerai qui dopo il furto ti domanderai dove diavolo ci siamocacciati io e Jim e la zatterae non ci sarà lì

nessuno a darti una risposta".) Dice che se lui non è di ritorno permezzogiornovuol dire che tutto è a postoe io e il

duca dobbiamo andarci anche noi.

Così restiamo lì. Il duca pareva che ci aveva la fregola in corpo e la lunastorta. Ci sgridava per tutto e

sembrava che non facevamo niente di giustoe trovava da ridire su ogniminima cosa. Stava covando qualcosasicuro.

Io sono contento quando arriva mezzogiorno e non si vede tornare il reperché almeno si faceva qualcosa di nuovo - e

magari saltava anche fuori la possibilità di tagliare la corda. Allora io eil duca andiamo al paese e cerchiamo il ree

dopo un po' lo troviamo in una specie di bettolapiuttosto sbronzocon unfracco di bighelloni che lo sfruculiavano per

divertirsie luiche strepitava e minacciava con tutto il fiato che avevain corpoma era così sbronzo che non riusciva

neppure a camminare. Il duca comincia a prenderlo a male parole e a dirgliche è un vecchio scemoe il re gli risponde

e proprio quando stanno per menarsiio esco e scendo giù come un fulmineper la strada del fiumeche quella era

l'occasione buona; stavolta ci vorrà un pezzo prima che potranno rivedere mee Jim. Arrivo che sono senza fiato ma

pieno di felicità e grido:

«Molla gli ormeggiJimsiamo liberi!».

Ma non c'è rispostae dal wigwam non viene fuori nessuno. Jim è sparito!Caccio un urloe poi un altroe poi

un altro ancorae vado di qua e di là nel bosco gridando e strillandomanon c'è niente da fare: il vecchio Jim è sparito.

E allora mi siedo e mi metto a piangere; non posso evitarlo. Ma non riesco astare seduto per tanto tempo. Dopo un po'

vado sulla strada pensando a che cosa è meglio faree incontro un ragazzo egli chiedo se ha visto un negro forestiero

vestito così e cosìe lui mi fa:

«Sì».

«Da che parte?»dico io.

«Giù alla casa di Silas Phelpsdue miglia sotto. È un negro che èscappatoe adesso l'hanno beccato. Lo stai

cercando?»

«No! Mica lo sto cercando. L'ho incontrato nel bosco un'ora o due fae miha urlato dietro che mi mangiava

vivoe che dovevo starmene quieto lì dov'ero; e io ho fatto proprio così.È da allora che sto qui; ho fifa a uscir fuori».

«Beh»fa lui«adesso non devi più avere fifaperché l'hanno beccato.È scappato da qualche postogiù a

Sud».

«È stato un bel colpo che l'hanno preso».

«E ti credo! C'è un premio di duecento dollari per chi lo prende. È cometrovare i soldi per strada».

«Davvero... potevo guadagnarli io se ero più grande; l'ho visto io perprimo. Chi l'ha incastrato?»

«Ohè stato un vecchioun forestieroe ha venduto l'informazione perquaranta dollariperché deve risalire il

fiume e non può aspettare. Pensa che scemo. Se ero io aspettavoanche setteanni!».

«Anch'io»dico io. «Però magari a lui ci bastase ha vendutol'informazione a così poco. Magari c'è sotto

qualcosa».

«Ma noè chiaro come il sole. L'ho visto anch'io l'avviso. Dalladescrizioneè lui fatto e sputatocol nome

della piantagione da dove è scappatosotto New Orleans. Proprio nonon cisono problemi in questa faccendapuoi

stare sicuro. Senti un po'non ci hai una cicca di tabacco da masticare?».

Non ne avevo e me ne sono andato. Sono tornato alla zattera e mi sono sedutonel wigwam a riflettere. Però

non sono arrivato a una decisione. Ho continuato a riflettere fino a farmivenire il mal di testama non riuscivo a vedere

una soluzione. Dopo tutto 'sto viaggio e dopo tutto quello che avevamo fattoper quei farabuttitutto era finito in fumo

tutto era andato in rovinaperché avevano avuto il coraggio di fare a Jimuna carognata similee riportarlo alla schiavitù

per il resto della vitae come se ciò non bastasse anche fra genteestraneae tutto questo per quaranta sporchi dollari.

Una delle cose che mi sono venute in mente è stata che era mille voltemeglio che Jim era schiavo nel paese

dove stava la sua famigliavisto che comunque dovevarimanere uno schiavoe perciòfacevo bene a scrivere a Tom

Sawyer e a dirgli di dire a Miss Watson dove si trovava Jim. Ma presto hoscartato questa idea per due ragioni: perché

se facevo così lei si sarebbe arrabbiata assai di quella canagliata di Jim edella sua ingratitudine nel lasciarlae l'avrebbe

subito venduto in qualche posto del Sud; e poianche se non lo vendevatutti disprezzano i negri ingratie

gliel'avrebbero fatto sentire per semprea Jime per lui sarebbe stata unacosa bruttissima. E poi pensate a me!Tutti

sarebbero venuti a sapere che Huck Finn ha aiutato un negro a diventareliberoche se mi capitava d'incontrare.82

qualcuno di quella città mi sentivo obbligato a buttarmi per terra aleccargli le scarpe per la vergogna. La vita è così: la

gente fa le brutte cose e poi non vuole portarne le conseguenze. Peròsenessuno lo sanon c'è niente di male. Ed era

proprio questo il caso mio. Più ci pensavopiù la coscienza mi rodeva e misentivo un verme schifoso. E quando

finalmentemi viene in mente che lì c'era la mano della Provvidenzachecosì mi aveva dato un bello schiaffone in

faccia per farmi sapere che la mia cattiveria era stata vista dall'alto delcielo - e l'aveva fatto perché io stavo rubando il

suo negro a una povera donna vecchia che non mi aveva fatto nessun male - eadesso mi dimostrava che c'è Qualcuno

che ti vede sempre e che ti permette di andare solo fino a un certo puntonelle tue mascalzonatebehquando mi viene

in mente questosono quasi cascato per terra dalla paura che ho provato. Hofatto del mio meglio per giustificarmi

dicendo che mi avevano educato malee dunque non avevo tanta colpaperòqualcosa dentro di me continuava a dirmi:

"C'era l'oratorioe tu perché non ci sei andato? Se ci andavit'imparavano che la gente che fa come hai fatto tu con

questo negro finiscono diritti nel fuoco eterno".

Mi sono venuti i brividi. E stavo quasi per mettermi a pregareche magaricosì la piantavo di essere quello che

ero e diventavo meglio. Allora mi sono inginocchiatoma non mi venivano leparole. Perché? Era inutile cercare di

nascondere le cose a Lui. E anche fare finta che io non ci capivo niente. Iolo sapevo benissimo perché le parole non mi

venivano. Era perché il mio cuore non era a posto dentro di me; e non era aposto perché io non ero onestofacevo il

doppio gioco. Volevo fare credere che rinunciavo al peccatoma dentro di memi tenevo il peccato più grosso di tutti.

Cercavo di costringere la lingua a dire che avrei fatto l'unica cosa giusta epura - che sarei andato a scrivere alla padrona

di quel negro per dirci dove lui stava -ma nel mio profondo sapevo chequella era una bugiae che Lui lo sapeva. E

non si può pregare colle bugie.

Così ero nelle pestee c'ero proprio benee non sapevo che fare. Alla fineho un'ideae mi dico che vado subito

a scrivere la letteracosì vedo se poi riesco a pregare. Behmi sonosentito subito leggero come una piumacalmo e

tranquillosenza più guaie allora prendo un pezzo di carta e una matitatutto felice ed eccitatoe mi metto a scrivere

così:

Miss Watsonil vostro negro Jim è qui a due miglia sotto Pikesvilleche loha beccato Mr. Phelpse ce lo darà

in cambio del premio che voi mandate.

HUCK FINN

Allora per la prima volta in vita mia mi sono sentito senza peccatie hosentito che stavolta potevo pregare.

Però non ho cominciato subito a pregarema ho messo giù il foglio e misono seduto a pensare - e ho pensato che era

stato bello quello che era successoche per poco non ero dannato e finivoall'inferno. Poi ho continuato a pensaree mi

sono ricordato del nostro viaggio lungo il fiumee così mi vedo davantiJima tutte le ore del giorno e della notte

qualche volta colla luce della lunaqualche volta coi temporalie noi checontinuavamo ad andare colla correntee

parlavamoe cantavamoe ridevamo. Però non mi veniva in mente nulla controdi lui - tutto il contrario. Lo vedevo che

continuava a fare il suo turno di notte invece di chiamarmicosì che iopotevo dormire; lo vedevo così contento quando

lo avevo ritrovato dopo il nebbione; e quando ero andato da lui nella paludequella volta della faida; e altre occasioni

del genere; e quando lui mi chiamava "tesoruccio"e miaccarezzavae faceva l'impossibile per meed era sempre

buono; e alla fine m'è venuta in mente quella volta che io l'ho salvatodicendo agli uomini che a bordo avevamo il

vaioloche mi era stato così grato e aveva detto che io ero il meglio amicoche il vecchio Jim aveva al mondoe così mi

è venuto in mente che adesso io sono davvero l'unicoamico che lui ha; e poiguardando in girovedo per caso il foglio.

Behdevo proprio decidermi. Lo prendo su e lo tengo in mano. Tremavo perchédovevo scegliere fra due cose

ed era una scelta che facevo per sempree lo sapevo. Ci ho studiato per unminutoche quasi non respiravoe poi dico

fra me:

«E va beneallora andrò all'inferno!»e straccio il foglio.

Sto maledopo che ho detto quelle parole terribilima ormai quello che èdetto è dettoe non ci penso neanche

a cambiare idea. Quella cosa lì me la tolgo proprio dalla testae quinditorno a fare il ragazzo cattivoche mi riesce

benementre la vita del bravo ragazzobehnon è proprio una cosa che faper me. Cosìper cominciare libererò di

nuovo Jim dalla schiavitùe magari poi farò anche di peggioperché giàche ci sono voglio proprio darci dentro.

Allora mi metto a pensare come faree mi vengono in mente un sacco dipossibilitàcosì alla fine mi fis so su

un piano che secondo me va bene. Allora studio la posizione di un'isola tuttacoperta di alberi che era sul fiumeun po'

più giùe non appena è abbastanza buio esco colla zattera e ci vadolanascondo là e poi vado a dormire. Dormo tutta la

notte e mi alzo prima della lucefaccio colazione e mi metto il vestitocomprato nel negozio; quindi ficco gli altri vestiti

e qualche altra cosa in un fagottoprendo la canoa e vado a riva. Sbarco unpo' sotto rispetto a dove mi pare che c'è la

casa dei Phelpse nascondo il fagotto nel boscoe poi riempio d'acqua lacanoa e ci metto dentro dei sassi per mandarla

a fondoma in un posto dove posso ritrovarla se mi servea circa un quartodi miglio sotto una piccola segheria ad

acqua che era sulla riva.

Poi prendo la stradae quando passo la segheria vedo che ci ha un'insegnacon su scritto «Segheria Phelps»e

quando sono alle fattoriedue o trecento iarde più in làscruto ben benema non vedo nessunoanche se ormai è giorno

fatto. Però non me ne frega nienteperché mica voglio vedere qualcunovoglio solo esplorare il posto. Secondo il mio

piano devo arrivare dal villaggioe non da sud. Quindi do giustoun'occhiatae continuo diritto verso il paese. Behil

primo che vedo lì è il duca. Stava attaccando un manifesto per "Ilcammellopardo del re" - tre serate di spettacolocome

l'altra volta. Ci avevano una bella faccia di bronzoi due gaglioffi! Nonriesco a schivarlo e mi trovo davanti a lui. Lui

mi guarda sbalordito e fa:

«Ciao! Da dove vieni?». E poi mi chiedetutto contento e sorridente: «Ela zattera dov'è? L'hai messa in un.83

posto sicuro?»

Io dico:

«Mah era proprio quello che ci volevo domandare a vostra grazia».

Allora si vede che non è più tanto contentoe mi dice

«E perché volevi chiederlo proprio a me?»

«Beh»faccio io«ieriquando ho visto il re che aveva preso quellasbronzami sono detto che ci volevano

delle ore prima che gli passava e tornava a casae allora sono andato a fareun giro in città ad aspettare. Un uomo è

venuto da me a offrirmi dieci centesimi se lo aiutavo ad andare a prendere unmontone dall'altra parte del fiume con la

barcae io sono andatoma quando lo stiamo trascinando alla barcae l'uomomi ha mollato la corda per andare dietro a

spingerloil montone ha dato uno strattone tremendo e si è liberato ed èscappatoe noi dietro. Però non avevamo il

canee così abbiamo dovuto corrergli dietro per un sacco di tempofinchél'abbiamo stancato. Era scuro quando

l'abbiamo presoe poi l'abbiamo riportato di là e io sono tornato allazattera. Però ho visto che non c'era piùe allora mi

sono detto: "Si sono messi nei casini e hanno dovuto scappareperò sisono presi il mio negroche è l'unico negro che ci

hoe pensare che sono in un paese forestieroe non ci ho più soldinon ciho nientee non ci ho modo di guadagnarmi

da vivere"; e così mi sono seduto a piangere. Per tutta la nottehodormito nel bosco. Ma dov'è finita la zatteraallora?

E Jimpovero Jim?»

«Che mi venga un colpo se lo so - dico della zattera. Quel vecchio scemo hafatto un qualche affare per

quaranta dollarie quando l'abbiamo trovato sbronzo i fannulloni del paesestavano facendo scommesse con lui a mezzo

dollaro a botta e gli hanno cuccato tuttotranne i soldi che aveva speso peril whisky; e così quando ieri sera l'ho

riportato a casa e ho trovato che la zattera non c'era piùci siamo detti:"Quella piccola carogna ci ha fregato la zattera e

ci ha piantatoed è scappato giù per il fiume"».

«E che faccio? Me ne scappo e pianto qui il mionegro? Il solo negro che ho almondoche è la mia unica

proprietà?»

«Non ci abbiamo pensato. Il fatto è che avevamo preso a considerarlo il nostronegro; sìlo consideravamo

nostrocon tutte le grane che ci ha dato. Così quando abbiamo visto che lazattera era andatae noi eravamo proprio

strapelatinon c'è rimasto niente altro che fare un altro tentativo col"Cammellopardo del re". Ed è da allora che mi sto

sbattendo in giro lavorando come un muloe con la gola secca. Dov'è queldieci centesimi? Dammelo».

Di quattrini ne hoe allora gli do un dieci centesimima lo prego diprenderci qualcosa da mangiare perché

sono gli unici soldi che ho e non ho mangiato da ieri. Lui non dice niente.Un minuto dopo si gira verso di me e mi fa:

«Credi che quel negro è capace di farci la spia? Se lo fa lo peliamovivo!».

«Come può fare la spia? Non ha tagliato la corda?»

«No! Quel vecchio scemo l'ha vendutoe non ha neanche fatto a metà con mee adesso la grana è sparita».

«Venduto?»faccio ioecomincio a piangere; «ma era il mio negroe quei soldi erano miei. Adessodov'è?...

Voglio il mio negro».

«Behora non puoi più riprenderteloil tuo negro... quindi piantala difrignare. Senti un po'non ti verrà in

mente di fare la spia? Accidenticome faccio a fidarmi di te? Guarda che sefai la spia ...».

Si fermama una grinta come quella non l'avevo mai vista sulla faccia delduca. Io continuo a piagnucolare e

dico:

«Io non faccio la spia a nessuno; e non ci ho neanche tempoche devo andarein giro a cercare il mio negro».

Lui fa una faccia un po' scocciata e se ne sta lì coi manifesti appesi albraccio e la fronte corrugata. Alla fine

dice:

«Sai che ti dico? Noi qui ci dobbiamo stare tre giorni. Se prometti che nonfai la spiae non la lasci fare al

negroti dico dove lo trovi».

Io ho promessoe lui mi fa:

«C'è un agricoltore che si chiama Silas Ph ...»e qui si ferma un'altravolta. Aveva cominciato a dirmi la verità

ma quando si è fermato in quella maniera e si è rimesso a riflettere e apensare ho immaginato che aveva cambiato idea.

Ed era proprio cosìperché non si fidava di me. Voleva essere sicuro cheper tre giorni io me ne stavo fuori dai piedi.

Così subito dopo mi dice:

«Quello che l'ha comprato si chiama Abram Foster - Abram G. Foster - e abitaa quaranta miglia da qui

nell'internosulla strada di Lafayette».

«Bene»dico io«se vado a piedi posso farcela in tre giorni. Partoquesto pomeriggio».

«Nopartirai subito; e non devi perdere tempo a chiacchierare lungo lastrada. Tieni la bocca chiusa e va'

avanti dirittoe noi non ti faremo passare guaihai capito?».

Era proprio l'ordine che volevoe avevo fatto in modo che me lo desse.Volevo essere lasciato libero di seguire

i miei piani.

«Sloggia»fa lui; «a Mr. Foster puoi dirgli quello che vuoi. Magaririuscirai a fargli credere che Jim è il tuo

negro - alcuni idioti non chiedono i documenti -almeno ho sentito dire chequi al Sud ci sono dei tipi del genere. E

quando gli racconti che il manifesto colla ricompensa è un trucco e gli diciperché l'abbiamo fattomagari ti crede. Vai

e digli quello che vuoi; ma sta' attento a non ficcare il naso qui».

Io me ne sono andato e mi sono diretto verso l'internoma sentivo che lui miseguiva. Però sapevo anche che

potevo perderlo. Sono andato diritto per circa un miglio prima di fermarmi;poi ho svoltato e sono tornato indietro verso

la casa di Phelps passando per il bosco. Ho deciso che era meglio partiresubito col mio pianosenza perdere tempo.84

perché volevo tappare la bocca a Jim finché quei due non se ne andavano.Non volevo grane con tipi del genere. Ne

avevo abbastanzae con loro volevo chiudere per sempre.

XXXII • Cambio nome

Quando sono arrivato c'era un tale silenzio che sembrava domenicasplendevail sole e faceva caldoe i

lavoranti erano andati tutti nei campi; nell'aria c'era quel debole ronzaredi insetti e mosconi che ti dà l'impressione che

è un posto solitariocome quando non c'è nessunooppure sono tutti morti;e se soffia un po' di brezza e muove le

foglieti viene una bella strizzaperché ti pare che sono le voci deglispiriti - spiriti di gente morta da tanto tempo - e

credi che stanno parlando di tee allora ti viene quasi voglia di esseremorto anche tee che tutto è finito.

La fattoria di Phelps era una di quelle piccole piantagioni di cotone chesembrano tutte uguali. Uno steccato

intorno a un campo di due acri; una scaletta di gradini fatti coi tronchisegati e piantati in terra come canne d'organo di

lunghezza diversaper scavalcare lo steccato e per le donne che voglionomontare a cavallo; dei tratti di erba giallastra

nel grande cortileche però era in genere liscio e nudocome un cappellovecchio che ha perso il pelo; una grande casa

doppia di tronchi per i bianchi - coi tronchi tagliati e le fessure riempitedi fango o calcee i muri che una volta erano

stati imbiancati -; cucina di tronchi rotondi con un grande corridoio chel'unisce alla casaaperto ai lati ma tutto coperto

in alto; un affumicatoio di tronchi dietro alla cucina; tre piccole capannedi tronchi per i negritutte in filadall'altra

parte dell'affumicatoio; un casotto tutto solo un po' più in là contro losteccato di dietroe alcuni depositi lontani

dall'altra parte; un tino per la cenere e una grossa pentola per bollircidentro il sapone accanto al casotto; una panca

accanto alla porta della cucina con un secchio d'acqua e una zucca; un caneche dorme al sole; altri cani che dormono in

giro; più in làin un angolotre alberi che fanno una grande ombra; dellepiante di ribes e uva spina piantate vicinein

un posto presso lo steccato; fuori dallo steccato un orto e un pezzo di terracoltivato ad anguriee dopo questi

cominciano i campi di cotone; e dopo i campi il bosco.

Faccio il giro e salgo sulla scaletta posteriore vicino al tino della cenere;poi vado verso la cucina. Quando ho

fatto qualche passo sento il rumore leggero di un filatoio che salemiagolando e poi scende subito; e allora mi viene

proprio voglia di essere morto - perché quello è il suono più tris te chec'è al mondo.

Vado avanti senza avere in mente una cosa precisama affidandomi allaProvvidenza che quando è il momento

buono mi metta in bocca le parole giusteperché ho notato che laProvvidenza me le faceva trovare sempre le parole

giustese la lasciavo fare.

Quando sono a metà strada prima un cane e poi un altro vengono verso di me ecominciano ad abbaiaree io

naturalmente mi fermo e me ne sto quieto. Facevano un casino della malora!Dopo quindici secondi mi pare di essere il

mozzo di una ruotacon i raggi che sono i cani tutti intorno a me - cen'erano una quindicina che ci avevano il collo e il

muso verso di mee abbaiavano e ululavano; e ne stavano venendo degli altri;li potevi vedere che volavano sopra gli

steccativenivano da dietro gli angolisbucavano da tutte le parti.

Una donna negra esce tutta arruffata dalla cucina con in mano un mattarelloe urla: «Via! cuccia Tige! cuccia

Spot! via!»e gli tira una botta col mattarelloprima a uno e poi a unaltroche li fa scappare facendo «kaì! kaì!»e tutti

gli altri dietro; e dopo un attimo una metà di loro tornano indietro e mivengono intorno agitando la codae facciamo

amicizia. I cani non sono mai pericolosi.

E dietro la donna c'è una ragazzina negra e altri due negrettiche addossoci hanno solo una camicia di lino

grezzo e si attaccano alla sottana della mammae restano dietro di lei aguardarmi con la faccia tutta vergognosa

come fanno sempre i bambini. E poi arriva di corsa dalla casa la donnabiancauna di quarantacinque o

cinquant'annisenza niente in testacon il fuso in mano; e dietro di lei cistanno i bambinetti bianchiche fanno come i

negri. Mi fa un gran sorrisoche quasi non sta nella pellee dice:

«Sei tufinalmente! Vero?».

Mi viene di dire: «Sìsignora»senza neanche pensarci.

Lei mi abbraccia e mi stringe forte; poi mi abbranca tutte e due le mani ecomincia a stringermele; gli vengono

le lacrime agli occhie giù a piangere! E non sa che fare primaseabbracciarmi o stringermi le manimentre continua a

dire: «Non assomigli a tua madre come pensavoma - santo cielo! - di questonon m'importa: sono così contenta di

vederti! Carocaromi viene voglia di mangiarti. Bambiniè vostro cuginoTom! Salutatelo bene».

Ma loro tirano indietro la testa e si mettono la mano davanti alla boccaesi nascondono dietro alla mamma. E

lei continua:

«Lizecorri subito a preparargli una colazione calda - o hai fattocolazione sul battello?».

Io gli ho detto che avevo mangiato sul battello. Allora lei parte verso lacasa tenendomi per manoe i bambini

dietro. Quando arriviamomi fa sedere su una sedia di viminimentre lei sisiede su uno sgabellotto basso davanti a me

tenendomi le manie dice: «Ora posso guardarti bene... Santo cielo! Quantol'ho desiderato per tutti questi annie

finalmente ti vedo! Sono due giornio anche piùche ti aspettiamo. Checosa ti ha trattenuto? Si è arenato il battello?»

«Sìsignorail ...»

«Non dire "sì signora" - di' "zia Sally". Dove si èarenato?».

Io non sapevo proprio che direperché non potevo sapere se il battelloveniva da nord o da sudperò in genere

seguo il mio istinto; e il mio istinto mi diceva che il battello veniva davalle - dalla direzione di New Orleans. Quello.85

però non m'aiutava moltoperché non conoscevo i nomi delle secche che cisono da quelle parti. Vedo che devo

inventarmene unooppure dire che ho dimenticato quello dove ci siamoarenati... o... Poi mi viene un'idea e faccio:

«Sìma non abbiamo perso tempo perché ci siamo arenati. Ci è scoppiatauna caldaia».

«Dio santo! Ci sono stati dei feriti?»

«Nosignora. È morto un negro».

«Che fortuna! Poteva farsi male qualcuno. Due anni faa Nataletuo zioSilas stava tornando da New Orleans

sul vecchio Lally Rook quandoè scoppiata una caldaia e si è ferito un uomo. E credo che poi sia morto. Eraun battista.

Tuo zio Silas conosceva una famiglia di Baton Rouge che conosceva molto benei suoi. Sìadesso mi ricordo che è

proprio morto. Gli era venuta la necrosi e hanno dovuto amputarloma questonon l'ha salvato. Sìgli era venuta la

necrosi... ecco che cosa gli era venuto. Era diventato tutto blued è mortonella speranza di una gloriosa resurrezione.

Dicono che faceva impressione a vederlo. Per tutti questi giorni tuo zio èvenuto a prenderti giù in città. Ci è andato

anche adessonon più di un'ora fa; dovrebbe essere di ritorno da un momentoall'altro. Forse l'hai incontrato in strada...

un uomo piuttosto vecchiocon ...»

«Nonon ho visto nessunozia Sally. Il battello è attraccato soloall'albae io ho lasciato il bagaglio sul pontile

e ho fatto un giro in cittàe poi anche in campagnaper far passare iltempo e non arrivare qui troppo presto; ed è per

questo che venivo dalla parte di dietro».

«A chi hai dato il bagaglio?»

«A nessuno».

«Santo cieloragazzote l'avranno preso!»

«Non dove l'ho nascosto io»dico io.

«Come mai hai fatto colazione così presto sul battello?».

Sono in difficoltàma rispondo:

«Il capitano mi ha visto lì e mi ha detto che era meglio se prendevoqualcosa damangiare prima di andare a

terra; così mi ha portato nel locale degli ufficiali a pranzare con loroemi ha dato tutto quello che volevo».

Ero così sulle spine che non riuscivo a sentire bene. Per tutto il tempo hotenuto d'occhio i bambini; volevo

prenderli da parte e farli parlare per scoprire chi eroperò non ho avutola possibilità perché Mrs. Phelps continuava a

chiacchierare e a cavarmi il fiato. Dopo un po' mi fa venire i brividi freddialla schiena perché mi fa:

«Ma noi continuiamo a parlare e tu ancora non mi hai detto una parola di miasorella e degli altri. Ora io me ne

sto zitta e attacca tu. Dimmi tutto... dimmi tutto di tutti: come stannochecosa fannoche cosa ti hanno detto di dirmi;

dimmi tutto quello che ti viene in mente di loro».

Vedo che sono nei guaie ci sto dentro fino al collo. Finora la Provvidenzami ha aiutatoma adesso mi ha

ficcato in un bel pasticcio. Capisco che è inutile continuare; è meglio chela pianto lì e confesso tutto. E allora mi dico

che anche stavolta devo rischiare a dire la verità. Apro la bocca percominciarema lei mi abbranca e mi spinge in casa

dietro il lettoe dice:

«Eccolo che viene! Metti un po' più giù la testa; eccocosì lui non tipuò vedere. Non far capire che sei qui.

Adesso gli facciamo uno scherzo. Bambininon dite una parola».

E adesso sono proprio nei guai. Ma preoccuparsi non serve; non c'è altro dafare che star calmi e cercare di

schivare la botta quando arriva.

Io riesco appena a vedere il vecchio signore quando entraperché poi illetto me lo nasconde. Mrs. Phelps ci va

incontro e ci dice:

«È venuto?»

«No»fa il marito.

«Dio benedetto!»dice lei«dove mai sarà andato a finire?»

«Non riesco a immaginarmelo»fa il vecchio signore; «e devo dire che nesono molto preoccupato».

«Preoccupato?»dice lei. «Io sto per impazzire! Deveessere qui; ti sarà sfuggitolungo la strada. Sento che è

così... qualcosa me lo dice».

«InsommaSallynon può essermi sfuggito lungo la strada; èimpossibile».

«Dio mioDio mioche cosa dirà mia sorella? Perché non è arrivato? Tidev'essere sfuggito. Lui ...»

«Ohnon mettertici anche teche sono già abbastanza preoccupato per contomio. Non riesco a darmi una

spiegazione. Non so che pensaree devo confessarti che adesso comincio adavere proprio paura. È impossibile che sia

già arrivatoperché se fosse arrivato non avrei potuto fare a meno divederlo. Sallyè terribile... terribile... è avvenuto

qualcosa al suo battellocerto!».

«Silas! Guarda laggiù!... In fondo alla strada!... Non sta arrivandoqualcuno?».

Lui balza alla finestra alla testa del lettoe questo dà a Mrs. Phelps lapossibilità che cerca. Si china subito ai

piedi del lettomi dà uno strattone e io esco fuori; e quando lui si voltalei gli va davanti colla faccia così contenta e

sorridente che sembra come illuminata da una grande fiammae accanto a leici sono io mogio mogio e tutto sudato. Il

vecchio signore guarda sbalordito e fa:

«Chi è?»

«Non immagini chi è?»

«Non ne ho la minima idea. Chi è?»

«È Tom Sawyer!».

Caspitaa momenti mi viene un colpo. Ma non c'è tempo da perdereche ilvecchio mi afferra la mano e me la.86

stringee continua a stringere per un po'e intanto la donna ci ballaintorno ridendo e gridando; e poi tutt'e due mi

sparano domande a raffica su Side Marye il resto della tribù.

Ma se loro erano contentipotete immaginarvi com'ero ioperché a saperechi ero mi sembrava di essere rinato.

Behper due ore non mi hanno mollato neanche per un istantema alla finequando ci ho le mascelle che mi fanno male

per il gran parlare della mia famiglia - cioè della famiglia Sawyer -sonoriuscito a dirgli molto più di quello che

sapevo. E gli ho anche spiegato com'era scoppiata la caldaia alla foce delWhite Rivere che ci avevamo messo tre

giorni a ripararla. E 'sta cosa l'hanno bevuta tranquillamenteperché loromica lo sapevano quanto ci voleva. Se gli

dicevo che per cambiare un bullone ci avevano messo tre giorniavrebberobevuto pure questa.

Ora per un verso tutto s'era messo bene; ma per un altro verso andava tuttomale. Essere Tom Sawyer poteva

essere belloed è stato bello finché non ho sentito che c'era un vaporeche sbuffava giù al fiumee allora mi dico: "E se

Tom Sawyer arriva con questo battello qui? E se entra qui da un momentoall'altro e dice il mio nome prima che io

posso fargli segno di star zitto?"

Behnon posso rischiare. Devo andargli incontro e fermarlo sulla strada.Così dico a 'sta gente che devo andare

in città a prendere il mio bagaglio. Il vecchio signore voleva venire conmema io gli dico di noil cavallo sono capace

di guidarlo da soloe non voglio che lui si disturbi.

XXXIII • La fine ingloriosadell'aristocrazia

Così mi avvio in città con un carro. Quando sono a metà strada vedoarrivare un altro carro; sopra c'è proprio

Tom Sawyere allora sto lì ad aspettarlo. Io gli faccio «Alt!»e quellosi ferma colla bocca spalancata come un fornoe

inghiotte due o tre volte come uno che ci ha la gola secca; poi mi dice:

«Io non ti ho mai fatto alcun male. Perché sei tornato a tormentarmi?».

E io dico:

«Non sono tornato a tormentarti... non sono mai morto».

Quando sente la mia voce diventa un po' più tranquilloma ancora non è deltutto sicuro. Mi fa:

«Non farmi brutti scherziperché io a te non te li faccio. Ma davvero nonsei un fantasma?»

«Non sono un fantasmaproprio no»dico io.

«Beh... io... io... behallora tutto è a postoperò ancora non riesco acapire. Sentima non ti hanno mai

ammazzato?»

«Non mi ha ammazzato nessuno... sono io che li ho fatti fessi. Se non cicredi vieni qui a toccarmi».

Lui mi toccae allora è soddisfatto; ed è così contento di rivedermi chenon sa che fare. E vuole sapere subito

tuttoperché quella è un'avventura fantastica e misteriosa - di quelle chelo fanno impazzire. Ma io gli dico di lasciar

perdere per adessoe poi dico al suo conducente di aspettare un momento. Ciallontaniamo di qualche passoe io gli

racconto in che casino mi sono cacciatoe gli chiedo come possiamo fareelui mi dice di stare in silenzio per un minuto

senza disturbarloche ci deve pensare su. Così sta lì per un po' ariflettere e poi dice:

«Benemi è venuto in mente quello che faremo. Mettiamo il mio baule sultuo carroe tu fa' credere che è il

tuo; poi torna indietroma mettici un po' di tempocosì che non arrivi acasa subito: io torno verso la città e ripartocosì

che arrivo un quarto d'ora dopo di tee quando mi vedi fai finta che non miconosci».

Io dico:

«Sìma aspetta un momento. Non è mica finita... perché c'è un'altracosa che nessuno sa. Ed è che qui c'è un

negro che io sto cercando di fare scappare...e lui si chiama Jimed è quelJim della vecchia Miss Watson».

Lui dice:

«Che cosa? Ma Jim è ...».

Si interrompe e si rimette a pensare. Io dico:

«So che cosa vuoi dirmi. Vuoi dirmi che è una carognata: e allora? Io sonouna carogna. Voglio farlo scappare

e voglio che tu tieni il becco chiuso su 'sta faccenda. Lo farai?».

Lui ci ha un lampo negli occhi e dice:

«Ti aiuterò io a farlo scappare!».

Behallora è come se mi fosse arrivato un fulmine addosso. Era la cosa piùterribile che avevo mai sentito - e

devo dire che ho perso molta della stima che avevo per Tom Sawyer. Nonriuscivo a crederci. Tom Sawyer che fa

scappare i negri!

«Balle!»dico io«stai scherzando».

«Non scherzo per niente».

«Beneallora»dico io«scherzi o nose tu senti parlare di un negrofuggiasco ricordati che non ne sai niente

e che neanche io ne so niente».

Andiamo a prendere il baule e lo mettiamo sul mio carro; poi voltiamo etorniamo indietro tutt'e due. Ma

naturalmente io mi dimentico che devo andare pianoperché sono contento esto pensando a un sacco di cosee a casa

ci arrivo troppo presto considerando la strada che dovevo fare. Il vecchiosignore è alla porta e mi dice:

«Ma è meraviglioso. Chi poteva pensare che quella cavallina andasse cosìforte? Peccato che non ho guardato a

che ora sei partito. E non è neanche sudataneanche un po'. Straordinario.Adesso non la darei via neanche per cento.87

dollaridavveromentre prima l'avrei venduta per quindiciperché erosicuro che di più non valeva».

Ha detto proprio così. Era il vecchio più buono e innocente che hoconosciuto. Ma non è una cosa strana

perché non faceva solo l'agricoltore: era anche predicatoree aveva unachiesa piccolissima in fondo alla piantagionee

l'aveva costruita lui a sue spese - che serviva da chiesa e da scuola - e nonfaceva pagare niente per le predichee

predicava anche così bene! C'era un mucchio di altri agricoltori-predicatoriche facevano lo stessogiù al Sud.

Dopo mezz'ora il carro di Tom si ferma davanti alla scaletta principale dellarecinzionee zia Sally lo vede

dalla finestrache è solo a cinquanta iardee dice:

«È arrivato qualcuno! Chissà chi è? Mahcredo proprio che sia unforestiero. Jimmy» (era così che si

chiamava uno dei bambini)«corri a dire a Lize di mettere un altro posto atavola».

Tutti si precipitano alla porta di casaperché naturalmente non capitaspesso che arrivi un forestieroe quindi

quando ne viene uno sono tutti eccitaticome se ci fosse in giro la febbregialla. Tom monta sulla scaletta e si avvicina

alla casamentre il carro riprende la strada per il villaggioe noi ce nestiamo lì tutti in mucchio davanti alla porta. Tom

aveva gli abiti buoni e un gruppo di gente a sentirlo parlaree lui siesalta in una situazione come questa. In questi casi è

capace di fare una grande scena. Mica è un tipo da traversare il cortile atesta bassacome una pecora; nolui viene

avanti tranquillo e decisocome un montone. Quando è davanti a noi sitoglie il cappello con gesto elegante e pieno di

graziacome se in testa ci avesse una scatola di farfalle e non vuoledisturbarlee fa:

«Mr. Archibald Nicholssuppongo».

«Noragazzo mio»dice il vecchio signore«mi dispiacema il conducenteti ha ingannato; la fattoria di

Nichols è più giùa circa tre miglia. Entraentra».

Tom gira la testa e dice:

«Troppo tardi... adesso non lo vedo più».

«Sìse n'è andatoragazzo mio; ma adesso entra a pranzare con noi; poiattacchiamo il cavallo e ti portiamo

giù noifino da Nichols».

«Ohnon voglio che vi disturbiatenon posso accettare. Andrò a piedi...la distanza non mi spaventa».

«Non permetteremo che tu vada a piedi; non lo consente la tradizione diospitalità che abbiamo noiqui al Sud.

Entra».

«Ti prego»dice zia Sally; «per noi non è nessun disturbodavvero. Devifermarti. Sono tre lunghe miglia di

stradapiene di polvere. Non possiamo lasciarti andare a piedi. E poi hofatto mettere un altro posto a tavola quando ti

ho visto arrivaree dunque non puoi deluderci. Entrae fai come se fossi acasa tua».

Allora Tom li ringrazia con molta cordialità e cortesia e si lasciapersuadere ad entrare; e quando è dentro dice

che è un forestiero di Hicksvillenell'Ohioe che si chiama WilliamThompson - e fa un altro inchino.

Behcomincia a contare un sacco di balle su Hicksville e su un mucchio dipersone che si inventa lì al

momentoe io divento un po' nervosoperché non vedo in che maniera puòaiutarmi a venir fuori dai miei casini; e alla

fine si sporge in avanti e bacia zia Sally proprio sulla bocca; poi sirimette a sedere tranquillo e continua a parlare; ma

lei salta in piedi e si frega la bocca col dorso della manoe dice:

«Villano che non sei altro!».

Lui fa un po' l'offesoe dice:

«Sono davvero sorpreso di voisignora».

«Sei uno sfacciato... Ma per chi mi prendi? Mi viene voglia di... Di' unpo'che cosa ti viene in mente di

baciarmi?».

Lui diventa tutto umile e fa:

«Non volevo far niente di malesignora. Io... io... pensavo che vi facevapiacere».

«Ma sei proprio stupido!». Lei prende il fusoe ha l'aria di una che fauno sforzo per non darglielo sulla testa.

«Che cosa ti ha fatto pensare che mi faceva piacere?»

«Behnon lo so. Solo che me l'hanno detto... me l'hanno detto... loro».

«Te l'hanno detto loro?Chi te l'ha detto è un altro pazzo. Non ho mai sentito una stupidaggine comequesta.

Ma chi l'ha detto poi?»

«Tutti... me l'hanno detto tuttisignora».

Lei faceva degli sforzi tremendi per stare calmama ci aveva gli occhi chemandavano lampie muoveva le

dita come se voleva graffiarlo; poi dice:

«E chi sono "tutti"? Tira fuori i nomio ci sarà un idiota dimeno al mondo».

Lui si alza colla faccia davvero sconvoltae giochicchia col cappello; poifa:

«Mi dispiacenon me l'aspettavo proprio. Me lo hanno detto loro. Me l'hannodetto tutti. Tutti mi hanno detto

di baciarvi perché vi faceva piacere. L'avevano detto proprio tutti. Peròmi dispiace e non lo farò più... lo giuro».

«Non lo farai piùeh? Lo credo bene che non lo farai più!»

«Nosignoraquesto è sicuro; non lo farò più. Finché non me lochiederete voi».

«Finché non te lo chiederò io? Behquesta è la cosa più stupida che hosentito da quando sono nata. Puoi

essere certo che diventerai vecchio come Matusalemme prima che te lochiederòa te e a quelli come te».

«Beh»fa lui«ne sono molto sorpreso. Non riesco a capire. Mi avevanodetto che vi sarebbe piaciutoe

pensavo anch'io che vi sarebbe piaciuto. Però ...» Si interrompe e guardain giro lentamentecome se volesse cercare da

qualche parte uno sguardo amico; poi si ferma a fissare il vecchio signore edice: «Non lo pensereste anche voisignore

che alla signora fa piacere se io le do un bacio?».88

«Ma noio... io... behnocredo di no».

Poi continua a guardare in giro come primae questa volta si ferma su di mee dice:

«Tomnon pensavi anche tu che la zia Sally avrebbe aperto le braccia eavrebbe detto: "Sid Sawyer..."»

«Santo cielo!»l'interrompe lei facendo un salto verso di lui«cheimpudente mascalzone sei stato e prendermi

in giro in questo modo ...»e stava per abbracciarloma lui la respinge efa:

«Noprima devi chiedermelo».

E allora lei non perde tempo e glielo chiede; poi lo abbraccia e lo baciadiverse voltee dopo lo manda dal

vecchioche fa la sua parte anche lui. Poi quando si sono calmati lei dice:

«Ma che bella sorpresa! Noi non aspettavamo tema solo Tom. Mia sorella nonha scritto che sarebbero venuti

altri oltre a lui».

«Sìera soltanto Tom che doveva venire»dice lui; «ma io ho continuatoa pregaree all'ultimo momento lei

mi ha lasciato andare; e cosìmentre scendevamo lungo il fiumeio e Tomabbiamo pensato che sarebbe stata proprio

una sorpresa coi fiocchi se lui arrivava alla casa per primoe poi capitavoio e facevo finta che ero un forestiero. Ma

abbiamo fatto un errorezia Sally. Qui i forestieri non li accolgono bene».

«Solo i monellacci sfacciatiSid. Avrei dovuto prenderti a schiaffi; eratanto tempo che non mi arrabbiavo

così. Che attore sei stato! Non lo negosono rimasta di sasso per lasorpresa quando mi hai dato quel bacio».

Abbiamo pranzato nel largo spazio aperto fra la casa e la cucinae sultavolo c'era roba da mangiare per sette

famiglie - e tutta caldamica come la carne dura ed elastica che è rimastatutta la notte dentro una credenza in una

cantina umida e che la mattina sembra una vecchia bistecca di cannibale.Prima di cominciare zio Silas ha detto una

preghiera che non finiva maima ne valeva la pena; e la roba non si èneanche raffreddatacome avviene di solito con

queste attese.

Abbiamo chiacchierato a non finireper tutto il pomeriggioed io e Tomsiamo stati molto attenti per tutto il

tempoma non c'è stato niente da fare perché non hanno detto nulla dinessun negro fuggiascoe noi avevamo paura a

cominciare a parlarne noi. Ma a cenadi serauno dei ragazzini fa:

«Papàposso andare allo spettacolo con Tom e Sid?»

«No»dice il vecchio«penso che non ci sarà niente; e anche se ci fossenon ci andresteperché il negro

fuggiasco ha detto tutto di questo scandaloso spettacolo a Burton e a meeBurton ha detto che l'avrebbe fatto sapere

alla gente; quindi penso che quei due sfacciati fannulloni li caccerannodalla città prima che comincino».

Eccole cose stanno cosìe non c'è più niente da fare. Tom ed io avremmodormito nella stessa camerae

quindisiccome eravamo stanchiabbiamo dato la buonanotte a tutti e siamoandati su a letto subito dopo cenae siamo

usciti subito dalla finestra scendendo giù per il parafulmine; poi siamoandati verso la cittàperché non pensavo proprio

che qualcuno si prendeva la briga di avvertire il re e il ducae se io nonce lo dicevo alla svelta questa volta non la

passavano liscia.

Lungo la strada Tom mi ha detto che tutti pensavano che mi avevano accoppatoe che papà era scomparso

subito dopo e non era più ricomparsoe che gran casino c'è stato quando èscappato Jim; e io ho raccontato a Tom dei

due manigoldi e del loro «Cammellopardo»e avevo anche cominciato a dirglidelle avventure colla zattera in quel poco

tempo che abbiamo avuto; ma poi siamo arrivati in città e quando siamoproprio in mezzo alle case - allora saranno state

almeno le otto e mezza - ecco che viene una marea di gente con le torce inmanoche urlano e fanno un chiasso del

demonio picchiando su pignatte e suonando dei corni. Noi ci tiriamo via conuno zompo per fargli strada; e mentre

passano vedo che hanno messo il re e il duca a cavalcioni di un palo - cioèio ho capito che erano il re e il ducama loro

erano tutti ricoperti di pece e di piume e non avevano per niente un aspettoumano: sembravano due enormi e mostruosi

pupazzi di piume. Beha vederli mi è venuto maleed ero dispiaciuto perquelle due povere canagliee contro di loro

adesso non provavo più nessun risentimento. Era una cosa terribile. Gliesseri umani possono essere molto crudeli a

volte con altri esseri umani.

Vediamo che ormai è troppo tardie che non possiamo più essergli utili.Allora abbiamo chiesto in giro che era

successo e ci hanno detto che tutti sono andati allo spettacolo facendo fintadi nientee che sono rimasti calmi e

tranquilli fino a quando il re non era nel pieno delle sue smorfie e dellesue capriole sul palcoscenico; allora qualcuno ha

fatto un segnale e tutti si sono alzati in piedi e sono saliti sul palco afarli prigionieri.

Siamo tornati a casa lentamentee io non mi sentivo allegro come primamatutto abbacchiatocome se era

colpa miaanche se non avevo fatto nulla. È sempre così: non importa sehai fatto bene o malela coscienza non ragiona

e ti prende comunque. Se avessi un cane bastardo che ragiona come lacoscienza di un uomolo avvelenerei. Anche se

sta dentro all'uomo più di ogni altra cosala coscienza non combina nientedi buono. Lo dice anche Tom Sawyer.

XXXIV • Facciamo coraggio aJim

Abbiamo smesso di parlare e ci siamo messi a riflettere. Dopo un po' Tomdice:

«Ma guarda un po'Huckche scemi siamo stati a non pensarci prima! Credodi sapere dov'è Jim».

«No! Dov'è?»

«In quella capannagiùvicino al tino della cenere. Non hai visto chequando eravamo a pranzo c'era un uomo

che entrava lì dentro con della roba da mangiare?».89

«Sì».

«Per chi pensavi che era quella roba?»

«Per un cane».

«Anch'io. Behnon era per un cane».

«Perché?»

«Perché c'era un pezzo d'anguria».

«È verol'ho notato anch'io. Behallora siamo sicuriperché io non homai visto un cane mangiare un'anguria.

Certe volte le cose si vedonoma è come se non si vedessero».

«Behil negro ha aperto colla chiave quando è entratoe ha richiusoquando è uscito. E quando ci siamo alzati

da tavola ha portato una chiave allo zio... e scommetto che era la stessachiave. L'anguria dimostra che lì c'è un uomoe

la chiave che c'è un prigioniero; e non è probabile che i prigionieri sianoduein una piantagione così piccolacolla

gente che è così buona e gentile. Il prigioniero è Jim. Benesonocontento che l'abbiamo scoperto facendo delle

indaginicome dei detective. Scoprirlo in un altro modo non me ne fregavaniente. Ora mettiti a pensaree studia un

piano per portare via Jime ne studio uno anch'ioche poi scegliamo quellomigliore».

Che testa ha quel ragazzo! Se avessi la sua testa non la scambierei perdiventare ducao secondo in un battello

o pagliaccio in un circoné per nessun'altra cosa che mi viene in mente. Misono messo a pensare un pianoma solo per

fare qualcosa; lo sapevo bene da dove sarebbe venuto il piano che andavabene. Dopo un po' Tom fa:

«Finito?»

«Sì»dico io.

«Benetiralo fuori».

«Il mio piano è questo»dico io. «È facile scoprire se lì dentro c'èJim. Allora domani sera prendi la mia canoa

e vai a pigliare la zattera che è rimasta nell'isola. Poila prima voltache c'è una notte buiarubiamo la chiave dai calzoni

del vecchio quando lui è andato a letto e scendiamo per il fiume sullazattera con Jimnascondendoci di giorno e

viaggiando di nottecome facevamo prima io e Jim. Non è un bel piano?»

«Bello? È bello come il sole. Però è troppo semplice; così sono capacitutti. Che gusto c'è in un piano dove non

ci sono difficoltà? Ce la farebbe anche un bambino. Non c'è niente dadiscutere su un piano così».

Io non ho detto nienteperché da lui non mi aspettavo niente di diverso; masapevo benissimo che al suo piano

quando era prontonon si potevano certamente fare critiche come quelle.

E infatti fu proprio così. Lui me l'ha spiegato e io ho visto subito che infatto di stile valeva quindici dei mieie

avrebbe liberato Jim proprio come il mioe magari finivamo anche tuttiaccoppati. Io sono stato soddisfatto e ho detto

che dovevamo subito darci da fare. È inutile dirvi com'eraperché sapevoche non sarebbe rimasto com'era stato

previsto. Sapevo che lui l'avrebbe cambiato qua e làcol passare del tempoe che se c'era la possibilità ci avrebbe messo

dentro delle altre cose ancora più belle. E infatti fece proprio così.

Behuna cosa era sicuraed era che Tom Sawyer faceva sul serio e avevaveramente intenzione di liberare quel

negro dalla schiavitù. E questo era veramente troppo per me. Perché lui eraun ragazzo rispettabileeducato come si

devecon un buon nomeche aveva una famiglia per bene; un ragazzo svegliomica un tontoe con una culturamica

un ignorante; ed eccolo qui a prestarsi a una faccenda come quellasenzaprovare un minimo scrupolo nel fare una cosa

che per tutti è vergognosa e che porta il disonore alla sua famiglia.Proprio non lo capivo. Era una cosa indegnae io

sapevo che dovevo dirceloda vero amicodi piantarla lì e di salvarsi. Eho cominciato a dirceloma lui mi ha detto

subito di darci un taglio a quelle prediche:

«Credi che non lo so quello che sto facendo? Di solito non sono uno che saquello che fa?»

«Sì».

«Non ti ho detto che mi andava di aiutarti a fare scappare quel negro?»

«Sì».

«E allora che vuoi?».

Solo questo ci siamo detti. Era inutile andare avantiperché quando dicevache faceva una cosa la faceva. Io

però non riuscivo a capire come gli era venuta voglia di questa cosa qui; adogni modo ho lasciato perdere e non l'ho più

scocciato. Se era deciso a fare in quella maniera non c'erano santi.

Quando siamo arrivati a casaera tutto buio e tranquillo; così siamo andatifino alla capanna vicino al tino della

cenere per esaminarla. Abbiamo attraversato il cortile per vedere che cosafacevano i canima ormai ci conoscevanoe

non hanno fatto più casino di quello che fanno di solito i cani di campagnaquando sentono un rumore di notte. Quando

siamo arrivati alla capanna abbiamo dato un'occhiata al davanti e ai duelati; in quello che non conoscevo - il lato nord -

abbiamo trovato una specie di finestrella abbastanza altache sopra ciavevano piantato un'asse coi chiodi. Io dico:

«Ecco qua. Questa apertura è abbastanza grande per far passare Jimsestrappiamo via quell'asse».

Tom dice:

«Ma così è troppo semplice... è un gioco da bambini! Spero che riusciamoa trovare un modo che sia un po' più

complicatoHuck Finn».

«Behallora»faccio io«che ne dici di farlo uscire segando un troncodella capannacome ho fatto io per

venire fuori dalla capanna di papàquando ho fatto credere che mi avevanoammazzato?»

«Questo va già meglio»dice lui. «Così c'è misteroe la faccendadiventa complicata; però scommetto che

possiamo trovare un modo molto più lungo. Non c'è fretta; andiamo avanti acercare in giro».

Fra la capanna e lo steccatonella parte posteriorec'era una tettoia fattadi assiche arrivava alla grondaia.90

della capanna. Era lunga come la capanna ma molto più stretta - ci aveva unalarghezza di soli sei piedi. La porta

d'entrata dava sul lato sud ed era chiusa con un catenaccio. Tom è andato acercare intorno alla pentola del saponeed è

tornato con quel coso di ferro che usano per sollevare il coperchio; conquesto ha fatto saltare uno degli anelli del

catenaccio. La sbarra è caduta e noi abbiamo aperto la porta e siamoentrati; poi l'abbiamo richiusae abbiamo acceso

un fiammiferocosì abbiamo visto che la tettoia era solo appoggiata allaparete della capannama non c'era nessuna

apertura per entrare nella capanna; non aveva neanche pavimentoe dentro nonc'era niente tranne delle zappedelle

pale e dei picconi tutti arrugginiti e consumatie un aratro tutto scassato.Quando si è spento il fiammifero siamo usciti

abbiamo rimesso l'anello del catenaccioe così la porta è tornata comeprima. Tom era felice. Dice:

«Adesso siamo a posto. Scaviamo un cunicolo e lo tiriamo fuori. Ci metteremouna settimana!».

Poi siamo andati verso casa e io sono entrato dalla porta posteriore - devisolo tirare una corda di

cuoio che tiene fermo il saliscendiche da queste parti non chiudono achiave le porte delle case -ma questo non era

abbastanza romantico per Tom: per lui il rientro era bello solo se si potevaarrampicare lungo l'asta del parafulmine. Ma

dopo che ci ha provato tre voltearrivando a metà e cadendo a terra ognivoltache l'ultima volta quasi si spaccava la

testaha pensato che era meglio piantarla lì; però dopo che si è riposatoha voluto fare un altro tentativo per vedere se

aveva più fortunae questa volta ce l'ha fatta.

La mattina dopo siamo in piedi all'alba e scendiamo alle capanne dei negri atener buoni i cani e a fare amicizia

con quelli che portano il mangiare a Jim - se era poi a lui che gli portavanoda mangiare. I negri avevano appena finito

di fare colazione e stavano partendo per i campie il negro che si curava diJim stava mettendo panecarne e altre cose

in una pentola di stagno; e mentre gli altri se ne stanno andandoecco chesalta fuori la chiave. Questo negro ci aveva

una faccia da buono ma un po' da tontoe ci aveva i capelli lanosi tutti atreccinelegati da fili per tenere lontane le

streghe. Lui diceva che le streghe lo tormentavano di bruttoin quelleseratee gli facevano vedere un fracco di cose

stranee sentire un fracco di strani discorsi e rumoriche prima non ciaveva mai avuto una fattura compagnae per così

tanto tempo. Era così stanco e tormentato da tutti quei guai che sidimenticava delle cose che doveva fare. Allora Tom

gli fa:

«Per chi è quella roba da mangiare? È per i cani?».

Il negro fa una specie di sorrisoche gli si allarga sulla faccia come fannole onde quando butti un mattone in

uno stagnoe dice:

«Sìsignorino Sidun cane. Un cane curioso. Volete vederlo?»

«Sì».

Io do una gomitata a Tome gli borbotto:

«Vuoi entrare lì dentro adessodi giorno? Non era questo il piano».

«Noma adesso il piano è cambiato».

E così andiamo dentro - che il diavolo lo pigli -e la cosa non mi piaceproprio per niente. Quando entriamo

non riusciamo a vedere un accidentetanto che era scuro; ma Jim c'erasicuroe ci ha visto subitoe allora grida:

«Huck! Santo cielo! Equesto non è il signorino Tom?».

Io lo sapevo che finiva cosìme lo aspettavo. Non sapevo che fare; ma anchese lo sapevo non potevo farci

nienteperché quel negro piomba dentro e dice:

«Dio santo! Lui vi conosce di giàsignori?».

Ora ci vedevamo abbastanza bene. Tom guarda il negrofisso e come se fossemeravigliatoe dice:

«Chi è che ci conosce?»

«Mahquesto qui'sto negro che è scappato».

«Non mi pare proprio; che cos'è che ti ha fatto pensare questo?»

«Che cos'è? Ma non è stato luiproprio adessoche ha detto che viconosce?».

E Tomcon una faccia piena di sorpresagli fa:

«Questo è molto strano. Chiè che ha parlato? E quandoha parlato? E checosa ha detto?». Poi si giraverso di

mecalmissimoe mi domanda: «Hai sentito qualcuno che parlava?».

Naturalmente io potevo rispondere solo in un modoe dico:

«Nonon ho sentito nessuno che parlava».

Allora lui si gira verso Jime lo guarda come se non l'avesse mai vistoprimae dice:

«Hai parlato tu?»

«Nossignore»fa Jim«io non ho detto nientesignore».

«Neanche una parola?»

«Nossignoreneanche una parola».

«Ci hai mai visto prima?»

«Nossignorenon mi pare proprio».

Così Tom si gira verso il negroche ci aveva la faccia preoccupata esembrava tutto sconvoltoe gli dice

abbastanza secco:

«Che cavolo ti sta succedendo? Che cosa ti ha fatto pensare che qualcuno siè messo a parlare?»

«Ohsono quelle dannate streghesignorevorrei moriredavvero. Mi stannosempre addosso a tormentarmi

signoree mi fanno quasi morire dagli spaventi che mi fanno prendere. Perpiacerenon dite niente a nessunosignore

che sennò il vecchio padron Silas mi sgridaperché dice che non sono micale streghe. Come vorrei che fosse qui

adessochissà che cosa avrebbe da dire! Stavolta rimarrebbe senza parola.Però è sempre così. Chi è tontoresta tontoe.91

non vuole vedere le cose come sono; e quando tu ce le fai vedere non ticredono».

Tom gli dà dieci centesimi e gli promette che noi non ne avremmo parlato connessunoe poi gli dice di

comprare dell'altro filo per legarsi i capelli; quindi guarda Jim e dice:

«Chissà se zio Silas farà impiccare 'sto negro. Se becco un negro che ècosì ingrato da scappareio mica lo

consegno: lo impicco subito». E mentre il negro si era avvicinato alla portaper guardare la sua moneta e dargli un

morso per vedere se era buonalui bisbiglia a Jim:

«Non farti scappare che ci conosci. E se di notte senti il rumore di scavisiamo noi; ti libereremo».

Jim fa solo in tempo ad afferrarci la mano e a stringerlapoi il negrotornae noi gli diciamo che torneremo a

trovarlose gli fa piacere; e il negro ci dice di sìparticolarmentequando fa buioperché le streghe lo attaccavano

soprattutto di notte e allora era bello avere vicino qualcuno.

XXXV • Piani grandi etenebrosi

Mancava ancora un'ora alla colazionee allora ce ne siamo andati nel boscoperché Tom ha detto che ci voleva

un po' di luce per poter scavaree una lanterna ne faceva troppa e cipotevano scoprire; quello che ci serviva era un

mucchio di pezzi di legno marcioche fanno un fuoco debole quando sei in unposto buio. Ne abbiamo preso una

bracciata e l'abbiamo nascosto in mezzo all'erba altae poi ci siamo sedutia riposare. Tom diceun po' ingrugnato:

«Che diavolo! Tutto questo affare è troppo facile e stupido. Possibile chenon si riesca a fare un piano

veramente difficile? Non c'è un guardiano da farci bere una pozione peraddormentarlo - dovrebbe esserci un guardiano!

Non c'è neanche un cane da darci un sonnifero. E Jim ha una gamba legata auna catena di dieci piedi che è infilata a

una gamba del lettoe così basta tirare su la testata del letto e sfilarela catena. E zio Silas si fida di tutti; manda la

chiave a quel cetriolo di negroe nessuno a controllarlo. Jim avrebbe potutouscire dalla finestra già da un sacco di

tempoe se non l'ha fatto è solo perché poi doveva andare in girotrascinandosi una catena di dieci piedi a una gamba.

Maledizione! Huckè l'impresa più cretina che io abbia mai visto. Siamonoi che dobbiamo inventarci tutte le difficoltà.

Accidenti! Non possiamo farci nientedobbiamo fare il meglio che possiamocon i materiali che abbiamo. Però almeno

c'è più onore a tirarlo fuori da un sacco di pericoli e difficoltà che ciabbiamo messo noi inventandoli di testa nostra

perché quelli che dovevano non ce li hanno messi. Per esempioprendi questafaccenda della lanterna. Se ci atteniamo

ai fatti nudi e crudidobbiamo solo far finta che è una roba rischiosa.Perchése vogliamocredo che possiamo lavorare

anche con una fila di torce accese. Behora che ci pensodobbiamo trovareil modo di costruire una seganon appena ci

capita qualcosa di adatto».

«Che ce ne facciamo di una sega?»

«Che ce ne facciamo? Non dobbiamo segare la gamba del letto per liberare lacatena?»

«Ma tu hai appena detto che chiunque può sollevare la testiera e sfilare lacatena».

«Non cambierai maiHuck Finn. Per fare le cose tu scegli sempre la via piùcomodaroba da bambini

dell'asilo. Ma come? Non hai mai letto come facevano i veri eroi - il baroneTrenckCasanovaBenvenuto Cellini

Enrico IV? Non si è mai sentito di un prigioniero che fugge in questamanieracome una zitella che va a fare una

passeggiata. No; il modo miglioreche trovi negli autori più famosiè disegare in due la gamba del letto e di lasciarla al

suo postoe di inghiottire la segatura così che non si vede in giromettendo dello sporco e del grasso nel punto dove hai

segatoche anche il siniscalco più attento non riesce a vedere nessun segnoe pensa che la gamba è tutta intera. Poila

notte che sei prontodai un calcio alla gambache così cade giùsfili lacatena ed ecco fatto. Non ci hai altro da fare che

fissare ai merli una scala di cordaandare giùromperti la gamba nelfossato - perché la scala è troppo corta e devi fare

un salto di diciannove piedi -e giù trovi i tuoi cavalli e i tuoi fedelivassalliche ti tirano su e ti sbattono sulla sellae

via come il vento alla tua regione nativa - Linguadocao Navarrao quelloche è. Questa sì che è roba coi fiocchiHuck.

Magari ci fosse un fossato intorno a questa capanna. Se la notte della fugaci resta un po' di tempo ne scaviamo uno».

Io dico:

«Che ce ne facciamo di un fossatose lo facciamo scappare attraverso uncunicolo sotto la capanna?».

Ma lui non mi ha sentito. Si era scordato di me e di tutto il resto. Stavalì col mento appoggiato alla mano

perso nei suoi pensieri. Dopo un po' sospira e scuote la testa; poi sospiradi nuovo e dice:

«Nonon va bene... non c'è la necessità di farlo».

«Di fare che?»dico io.

«Mahdi tagliare la gamba a Jim»fa lui.

«Santo cielo!»dico io«non ce n'è nessuna necessitàdavvero. Eperché mai avremmo dovuto tagliargli la

gamba?»

«Behperché alcuni dei migliori autori lo fanno. Non riuscivano a toglierela catenae allora hanno tagliato la

mano e tirato indietro il braccio. Una gamba andrebbe ancora meglio. Peròquesta cosa dobbiamo lasciarla perdere. In

questo caso non c'è la necessità di farlo; e poi Jim è un negroe non necapirebbe i motiviperché è un'abitudine

europea; e così lasciamo perdere. Invece la scala di corda... behquellapuò averla; se tagliamo i nostri lenzuolifare una

scala di corda non è difficile. Possiamo mandargliela in una torta; ingenere si fa così. E di torte ne ho mangiate di

peggiori».

«AccidentiTom Sawyerche scempiaggini dici?»faccio io. «Jim non sache farsene di una scala di corda»..92

«E invece gli serve. Sei tu che dici delle scempiaggini; di queste cose nonsai niente. Lui deve avereuna scala

di corda; ce l'hanno tutti».

«Che cavolo ci fa?»

«Che ci fa? La nasconde nel lettono? È così che fanno tuttie dovràfarlo anche lui. Hucktu proprio non vuoi

fare le cose secondo le regole; vuoi farle sempre di testa tua. E anche senon gli servirànon può rimanere lì dentro il

suo letto come indiziodopo che lui sarà scappato? Non credi che loroavranno bisogno di indizi? Certo che ne avranno

bisogno. E tu non vuoi lasciargliene nessuno? Non è giusto! Io una cosa delgenere non l'ho mai sentita».

«Beh»dico io«se 'sta cosa è scritta nelle regolee lui deve farla...benissimo! lasciamogliela fare; io mica

voglio andare contro le regole; ma c'è una cosaTom Sawyer: se noi cimettiamo a tagliare i lenzuoli per fare una scala

di corda per Jimci avremo delle rogne con zia Sally - sicuro come l'oro!Orasecondo meuna scala fatta con corteccia

di tronco d'albero non costa nullae così noi non roviniamo nientee vabenissimo anche così per metterla dentro una

torta e nasconderla in un pagliericcioproprio come una scala fatta condelle strisce di stoffa; e quanto a Jimlui non se

ne intendee non gliene frega niente di che cosa è fatta ...»

«CribbioHuck Finnse io fossi ignorante come te me ne starei col beccochiuso... ecco cosa farei. Non si è

mai sentito di un prigioniero politico che scappa con una corda fatta concorteccia di tronco d'albero. È una roba

ridicola».

«Va beneva beneTomfa' come vuoi; ma se vuoi il mio consiglioillenzuolo prendiamolo fra quelli stesi ad

asciugare».

Lui ha detto che quella cosa lì poteva andaree questo gli ha fatto venireun'altra ideae così dice:

«Prendiamo anche una camicia».

«E che ci facciamo con una camiciaTom?»

«Serve a Jim per tenere un diario».

«Tua nonna ci può tenere un diario! Jim non è capace di scrivere».

«Immaginiamo anche che lui non sia capace di scrivere... però sulla camiciapuò farci dei segnise noi gli

facciamo una penna con un vecchio cucchiaio di peltro o con un pezzo di ferropreso da un vecchio cerchio di barile».

«MahTomfacciamo prima a strappare una penna a un'ocache scrive anchemeglio».

«I prigionieri non hanno delle oche che scorrazzano nelle celle a farsistrappare le pennetesta di legno! Fanno

sempre una fatica d'inferno per costruirsi una penna da un pezzo di vecchiocandeliere di ottone o qualcosa del genere

che gli capita fra le mani; e gli ci vuole settimane e settimanee mesi emesiper limarla beneperché devono farlo

sfregandola sul muro. Non userebbero una penna d'oca anche se ce l'avesseronon è nelle regole».

«E poi l'inchiostro dove lo trovano?»

«Molti lo fanno con ruggine e lacrimema sono gli uomini e le donne dimezza tacca; gli autori migliori

scrivono col sangue. Jim può fare così; e quando vuole mandare qualchebreve messaggio misterioso può scriverlo sul

fondo di un piatto di stagno con la forchetta e buttarlo fuori dallafinestra. La Maschera di Ferro ha fatto sempre cosìed

è un modo bellissimo anche questo».

«Jim non ha un piatto di stagno. Gli portano da mangiare in una pentola».

«Non importa; possiamo procurargliene uno».

«Nessuno capirà niente di quello che c'è scritto nei suoi piatti».

«Questo non vuol dire nienteHuck Finn. Tutto quello che deve fare èscrivere sul piatto e buttarlo fuori. Poi

non è necessario che qualcuno lo legga. Behla metà delle volte nessuno ècapace di leggere quello che il prigioniero

scrive su un piatto di stagno o in qualunque altro posto».

«E allorache senso ha rovinare i piatti?»

«Accidenti! Non sono mica piatti del prigioniero».

«Ma sono piatti di qualcuno».

«E con ciò? Che gliene frega al prigioniero di chi...».

Qui si è interrottoperché si è sentito il suono della colazionee cisiamo avviati verso casa.

Durante la mattina ho preso in prestito un lenzuolo e una camicia bianca frai panni stesi ad asciugare; poi ho

trovato un vecchio sacco e ce li ho ficcati dentro; dopo siamo andati araccogliere legna marcia per illuminare e

abbiamo messo dentro anche quella. Io dicevo che 'ste robe le prendevo aprestito perché era così che diceva papàma

Tom ha detto che quello non era prendere a prestito: era rubare. Lui ha dettoche noi agivamo per conto di prigionierie

ai prigionieri non gliene frega niente come ottengono una cosa - a loro gliimporta solo di avercelae nessuno gliene fa

una colpa. Tom ha detto che un prigioniero che ruba una cosa che gli serveper scappare non commette nessun crimine

perché è nel suo diritto; e quindisiccome noi rappresentavamo deiprigionieriin quel posto lì avevamo il diritto di

rubare tutte le cose che ci potevano servire. Ha detto che se non eravamo deiprigionieri sarebbe stata un'altra faccenda

che solo le persone inferiori rubano quando non sono prigionieri. E alloraabbiamo deciso che avremmo rubato tutto

quello che ci poteva venir buono. Però un giorno lui ha fatto un gran casinoperché avevo rubato un'anguria dal campo

dei negri per mangiarlae mi ha fatto andare dai negri a darci diecicentesimi senza dirci perché. Tom ha detto che

eravamo d'accordo che potevamo rubare tutto quello che ciserviva. Io gli ho detto chequell'anguria mi servivama lui

ha detto che non mi serviva per uscire dalla prigioneed era lì ladifferenza. Ha detto che andava bene se la rubavo per

nasconderci un coltello e farlo avere a Jim per ammazzare il siniscalco.Allora io ho lasciato perdereanche se non

vedevo che vantaggio ci avevo a rappresentare un prigioniero se poi dovevostare attento a quelle sottili distinzionie

non potevo neanche fregare un'anguria e farmela in santa pace..93

Behcome stavo dicendoquella mattina abbiamo aspettato che tutti sen'erano andati per gli affari loroe nel

cortile non c'era nessuno; allora Tom ha portato il sacco dentro la tettoiamentre io stavo a fare il palo un po' più

lontano. Dopo un po' lui è venuto fuorie siamo andati a sederci sullacatasta di legno a chiacchierare. Lui ha detto:

«Adesso è tutto a postotranne gli attrezzi; ma anche questa lasistemiamo».

«Gli attrezzi?»faccio io.

«Sì».

«Gli attrezzi per fare che?»

«Behper scavare. Facciamo una galleria sotterraneanon ti ricordi?»

«Ma quei vecchi picconi e le altre cose che ci sono qui dentro non vannobene per tirar fuori un negro?»

chiedo io.

Lui si gira a guardarmi come per fulminarmie fa:

«Huck Finnhai mai sentito di un prigioniero con picconi e pale e tutte lecomodità moderne nell'armadio

messe lì per fargli scavare un bel buco? Ora ti chiedo - e cerca diragionare - che cosa ci sarebbe di eroico in tutto

questo? Tanto vale che gli danno la chiave e la fanno finita. Picconi epale...non li darebbero neanche a un re».

«Behallora»dico io«se i picconi e le pale non vanno benedi checosa abbiamo bisogno?»

«Di un paio di coltelli da cucina».

«Per scavare una galleria sotto la capanna?»

«Sì».

«AccidentiTomè una cosa cretina!»

«Non importa se è cretinaè la maniera corretta... ed è fatta secondo leregole. Che io sappia non c'è altro

modoe i libri che danno informazioni su queste faccende io li ho lettitutti. Lavorano sempre con un coltello da cucina;

e bada bene che non scavano la terrageneralmente tagliano la roccia. Cimettono settimane e settimanee non finiscono

mai. Per esempiouno di quelli che sono stati nella segreta del Castellod'Ifnel porto di Marsigliasi è tirato fuori in

questo modo. Indovina quanto tempo ci ha messo».

«Non lo so».

«Behindovina».

«Non lo so. Un mese e mezzo?»

«Trentasette anni - ed èuscito in Cina. Proprio così. Magari il fondo di questa fortezza fosse di duraroccia!».

«Ma Jim non conosce nessuno in Cina».

«E questo che c'entra? Neanche quell'altro tizio. Tu ti perdi sempre inquesti dettagli secondari. Perché non ti

concentri sul problema principale?»

«E va bene; non m'importa dove viene fuoripurché venga fuori. E neanche aJim importaimmagino. Però c'è

una cosa: Jim è troppo vecchio per venir fuori scavando con un coltello dacucina. Muore prima di vecchiaia».

«E invece resisterà. Pensi che ci vogliano trentasette anni a scavare unfosso se c'è solo della terra?»

«E quanto ci vorràTom?»

«Behnon possiamo rischiare di metterci tutto il tempo che ci vuoleperché zio Silas impiegherà poco a

ricevere le informazioni da New Orleans. Allora lui farà un annuncio su Jimo qualcosa del genere. Dunque non

possiamo rischiare di metterci tutto il tempo che ci vorrebbe. Per fare lecose giustedovremmo impiegarci un paio

d'anni. Però in una situazione così incerta io suggerisco questo: noiscaviamo più svelti che possiamoche dopo

facciamo fintafra di noidi averlo fatto in trentasette anni. Poi possiamo farlo scappare in fretta laprima volta che

viene dato l'allarme. Sìpenso che questa sia la soluzione migliore».

«Questa è una cosa sensata»dico io. «Fare finta non costa niente;facendo finta non ci sono problemie se

proprio ci tieni posso anche far finta di averci messo centocinquant'anni. Seci prendo la manopoi non ci bado più.

Adesso vado dentro e cerco di beccare un paio di coltelli da cucina».

«Beccane tre»fa lui«che con uno dobbiamo fare la sega».

«Tomnon voglio fare le cose in modo irregolare»dico io«ma c'è unalama di sega vecchia e arrugginita che

sbuca fuori dalle assi del murodietro l'affumicatoio».

Lui mi guarda coll'aria stanca e scoraggiatae dice:

«È inutile impararti qualcosaHuck. Va' a fregare i coltelli - tre». E ioho fatto così.

XXXVI • Cerchiamo diaiutare Jim

Quella nottenon appena abbiamo pensato che tutti erano addormentatisiamoscesi giù attraverso l'asta del

parafulmineci siamo chiusi dentro la tettoiaabbiamo tirato fuori la legnamarcia e ci siamo messi a lavorare. Abbiamo

tolto tutto quello che c'era a terra per quattro o cinque piedi in direzionedel centro dell'ultimo tronco. Tom ha detto che

lì eravamo proprio dietro al letto di Jim e avremmo scavato proprio sottoequando passavamo dall'altra parte nessuno

nella capanna poteva dire che lì c'era un cunicoloperché la coperta diJim arrivava quasi fino a terrae si doveva alzarla

e guardare sotto per scoprire che c'era il buco. Abbiamo continuato a scavaree scavare coi coltelli da cucina fin quasi a

mezzanotte; a quell'ora eravamo morti dalla stanchezza e avevamo le manipiene di fiacchema non avevamo fatto

molta strada. Alla fine io dico:.94

«Non ci vorranno trentasette anniTom Sawyerce ne vorranno trentotto».

Lui non ha detto niente. Però ha fatto un sospiro e dopo un po' ha piantatolì di scavareed è rimasto fermo

colle mani in manoe io sapevo che stava pensando. Poi fa:

«È inutileHucknon funziona. Andrebbe bene se fossimo prigionieriperché allora avremmo tutti gli anni che

ci servono e non avremmo fretta; e ogni giorno avremmo solo pochi minuti perscavaredurante il cambio della guardia

e così non ci verrebbero le fiacche alle manie potremmo andare avanti peranni e anni facendo le cose per benee

proprio come si deve. Noi però non possiamo prendercela comodadobbiamofare alla svelta. Un'altra notte come

questa e dobbiamo interrompere per una settimana per fare andare a posto lemani; prima di allora non potremmo

riprendere in mano un coltello».

«Che faremo alloraTom?»

«Sai che ti dico? Non è giusto e non è moralee non voglio proprio che sisappia in giro... ma non c'è che un

modo: ci mettiamo a scavare coi picconi e facciamofinta che sono dei coltelli dacucina».

«Adesso sì che parli bene!»dico io. «Mi piace sentirti ragionare cosìTom Sawyer. Sono i picconi quelli che

ci voglionoaltro che morale e morale; a me non me ne frega un accidentedella morale. Se voglio portare via un negro

o un'anguriao un libretto dell'oratorionon m'interessa come lo faccio;ciò che conta è riuscirci. Quello che voglio è il

mio negroo la mia anguriao il mio libretto; e se un piccone è la megliocosa per scavare e tirar fuori il negroo

l'anguriao il librettonon m'importa un fico secco di quello che pensanogli autori famosi».

«Beh»fa lui«in un caso come questo ci sono dei motivi validi per usarei picconi e far finta che sono coltelli

da cucina. Se non fosse così io non potrei ammetterloe non me ne stareiqui a veder infrangere le regole senza far

niente; perché quel che è giusto è giustoe uno non ha scuse se le cosele conosce e sa bene come devono essere fatte.

Potresti essere giustificato tua tirare fuori Jim usando unpiccone senza farfinta che è un coltelloperché tu di queste

cose non capisci un cavolo; ma non va bene per meperché io so come stannole cose. Dammi un coltello».

Aveva il suo lì vicinoma io gli ho allungato il mio. Lui lo sbatte giù efa:

«Ti ho detto di darmi un coltello».

Io non sapevo che fare; ma proprio allora mi è venuto in mente. Ho frugatoin mezzo ai vecchi attrezziho

tirato fuori un piccone e gliel'ho datoe lui l'ha preso senza dire unaparola.

Lui era fatto così. Stava sempre molto attento alle questioni di principio.

Allora io ho preso una pala e abbiamo lavorato con piccone e pala come seniente fossee ci abbiamo dato

dentro di brutto. Siamo rimasti lì ancora una mezz'orafino a quando cirestava un po' di forzama alla fine c'era un bel

buco. Quando sono risalito in camera per le scale ho guardato fuori dallafinestra e ho visto Tom che faceva del suo

meglio per arrampicarsi sull'asta del parafulminema non ce la facevaperché ci aveva le mani tutte rovinate. Infine

dice:

«È inutilenon ce la faccio. Che cosa pensi che debbo fare? Non ti vienein mente niente?»

«Sì»dico io«però penso che non è secondo le regole. Vieni su dallescale e fa' finta che è il parafulmine».

E lui ha fatto così.

Il giorno dopo Tom ha sgraffignato dalla casa un cucchiaio di peltro e uncandeliere di ottone - per farci delle

penne per Jim - e sei candele di sego; e io sono restato a gironzolareintorno alle capanne dei negri per vedere se avevo

la possibilità di fregare qualcosae ho beccato tre piatti di stagno. Tomha detto che non bastavanoma io gli ho detto

che nessuno avrebbe visto i piatti che Jim buttava fuoriperché sarebberocaduti in mezzo alla camomilla e allo

stramonio sotto la finestrellae allora potevamo tirarli su e riutilizzarli.Tom è rimasto soddisfatto. Poi dice:

«Ora dobbiamo studiare come far avere queste cose a Jim».

«Le facciamo passare per il cunicolo quando l'abbiamo finito».

Lui mi ha guardato con aria di disprezzo e ha borbottato che non aveva maisentito una roba così idiotae poi si

è messo a riflettere. Dopo un po' mi dice che gli sono venuti in mente due otre modima non era necessario decidere

subitoche prima dovevamo sentire Jim.

Quella notte siamo scesi per l'asta del parafulmine appena dopo le dieci e cisiamo portati dietro una delle

candele; ci siamo messi ad ascoltare alla finestrella e abbiamo sentito cheJim stava ronfando. Abbiamo buttato dentro

la candelama lui non si è svegliato. Poi ci siamo fatti sotto con picconee palae dopo circa due ore e mezza avevamo

finito. Siamo strisciati sotto il letto di Jim e siamo entrati nella capanna;cercando a tentoni colle mani abbiamo trovato

a terra la candela e l'abbiamo accesae per un po' siamo rimasti a guardareJime così abbiamo visto che aveva un

bell'aspetto sano e riposato; allora lo abbiamo svegliato piano piano e congentilezza. Lui è stato così contento di

vederci che quasi si metteva a piangeree ci chiamava tesorucci e usavatutti i nomi più dolci che gli venivano in mente

e voleva che ci procurassimo subito martello e scalpello per spaccare lacatena e tagliare la corda senza perdere tempo.

Ma Tom gli ha dimostrato che quello non era regolaree si è messo acontargli su tutti i nostri pianie che però

potevamo cambiarli da un momento all'altro in caso di urgenza; e di non averepauraperché noi lo facevamo scappare

questo era sicuro. Allora Jim ha detto che andava benee noi siamo stati lìa chiacchierare dei vecchi tempie Tom gli

ha fatto un sacco di domandee quando Jim gli ha detto che zio Silas venivaogni giorno o due a pregare con luie che

zia Sally veniva a vedere se lui stava bene e aveva abbastanza da mangiareeche tutti e due erano gentili che più non si

potevaTom dice:

«Adesso ho capito come fare. Ti manderemo delle cose attraverso di loro».

Io ho detto: «Non fare mica una cosa compagna; è l'idea più scema chepotevi avere»; ma lui non mi ha dato

rettaed è andato avanti per la sua strada. Faceva sempre così quandopreparava un piano..95

Così ha detto a Jim che gli avremmo fatto avere una torta con dentro unascala di corda e altri oggetti

voluminosi per mezzo di Natil negro che gli portava da mangiaree luidoveva fare molta attenzione e non mostrare

sorpresa e non aprirla davanti a lui; noi avremmo anche messo delle piccolecose nelle tasche della giacca dello zio e lui

doveva prenderle; e se si presentava l'occasioneavremmo legato delle coseai lacci del grembiule della ziae altre gliele

avremmo messe in tasca; e gli abbiamo detto che cos'erano e a che servivano.E poi gli abbiamo detto che con il sangue

doveva scrivere un diario sulla camicia. Tom gli ha spiegato tutto il piano.Jim non riusciva a capire che senso avevano

tutte quelle cosema ha ammesso che noi eravamo bianchi e che ne sapevamopiù di luiper cui non ha protestato e ha

detto che avrebbe fatto proprio come aveva detto Tom.

Jim aveva parecchie pipe di pannocchia e un mucchio di tabaccoe cosìabbiamo fatto una piacevole

chiacchierata in compagnia; poi siamo strisciati giù per il bucosiamoentrati in casa e siamo andati a lettocon le mani

che sembravano bistecche al sangue. Tom era su di giri. Ha detto che non siera mai divertito tanto in vita suae che

quella era un'avventura intelligentee ha detto che se solo si poteva c'erada farla continuare per tutto il resto della vita

e lasciare Jim ai nostri figli perché così lo liberavano loro; che erasicuro che a Jim quella roba lì gli sarebbe piaciuta

sempre di più a mano a mano che si abituava. Ha detto che di quel passo sipoteva farla durare anche ottant'anniche

sarebbe stato il record assolutoe in quella maniera tutti noi che ciavevamo avuto parte saremmo diventati famosi.

La mattina siamo andati alla catasta della legnae abbiamo spaccato ilcandeliere di ottone in tanti pezzetti più

piccolie Tom se li è messi in tasca assieme al cucchiaio di peltro. Poisiamo andati alle capanne dei negrie mentre io

distraevo NatTom ha ficcato un pezzetto di candeliere dentro una pagnottache era nella pentola col mangiare di Jime

poi abbiamo accompagnato Nat per vedere come andava a finirema tutto hafunzionato a meravigliache quando Jim

ci ha dato un morso quasi si rompeva i denti; non poteva andare megliol'hadetto anche Tom. Jim mica ha detto che

cos'era e ha detto che era solo un sassolino o qualcosa del genereche nelpane ce li trovi qualche volta; però da allora

non ha mai morsicato niente se prima non ci aveva ficcato dentro la forchettadue o tre volte.

E mentre stiamo lì nella mezza luce della capannasbucano fuori un paio dicani da sotto il letto di Jime poi

ne saltano fuori altri a frottefinché ce n'erano undicied eravamo cosìpigiati che non potevamo neanche respirare.

Cribbio! ci eravamo scordati di chiudere la porta della tettoia. Il negro Natsi mette a strillare che sono le streghee poi

piomba a terra in mezzo ai cani e comincia a mugolare come se stesse permorire. Tom spalanca la porta e butta fuori un

pezzo della carne di Jime i cani ci corrono dietroe per un paio disecondi anche lui rimane fuorie quando torna

chiude la porta della capannae io ho capito che è andato a sistemare anchel'altra porta. Poi va dal negroa consolarlo e

coccolarloe gli chiede se per caso non ha avuto un'altra volta dellevisioni. Quello si tira suguarda in giro sbattendo

gli occhi e fa:

«Signorino Sidvoi direte che sono uno stupidoma possa morire qui se nonho visto un milione di canio

demoni o altre diavolerie. Li ho vistilo giurosignorino Sidli ho sentiti- li ho proprio sentitisignore; mi venivano

addosso da tutte le parti. Ma se riesco una volta ad acchiapparne unadiqueste streghe... solo una voltamica chiedo

altro. Voglio solo che mi lasciano in pacesolo questo voglio».

Tom dice:

«Ti dirò come la vedo io. Sai perché vengono sempre all'ora di colazionenella capanna di questo negro

fuggiasco? Perché hanno fameecco perché. Fagli una torta per streghe: èquesto che vogliono».

«Masanto cielosignorino Sidcome posso fare una torta per streghe? Nonsono mica capace. Di una cosa

come questa non ho mai neanche sentito parlare».

«Behallora la farò io».

«La farete voitesoruccio? Davvero? Se la fate bacerò dove camminatelogiuro!»

«Va benelo faròperché sei tu - e perché sei stato buono con noi amostrarci il negro fuggiasco. Però devi

stare molto attento. Girati quando arriviamo noie poiqualunque cosa vedinella pentolafai finta che non hai visto

niente. E non guardare quando Jim vuota la roba che c'è nella pentolachesennò ti può capitare qualcosa. E soprattutto

non prendere in mano le cose delle streghe».

«Prenderle in manosignorino Sid? Che dite? Non le tocco neanche con un ditoneanche per unmilione di

miliardi di dollarisicuro».

XXXVII • Jim riceve latorta per le streghe

Così tutto è a posto. Allora siamo usciti e siamo andati al mucchio dirifiuti che c'è nel cortile posterioredove

buttano scarpe vecchiestraccibottiglie rotteoggetti di stagno consumatie roba del generee frugando dentro abbiamo

trovato un vecchio catino di stagno e abbiamo chiuso i buchi meglio chepotevamo per farci la torta; l'abbiamo portato

giù in cantina e l'abbiamo riempito di farinae poi ci siamo avviati perfare colazione; abbiamo trovato un paio di chiodi

che secondo Tom andavano bene a un prigionieroperché ci poteva scrivere ilnome e la storia dei suoi dolori sui muri

della cellae ne abbiamo messo uno nella tasca del grembiule di zia Sallyche era appeso a una sedia e l'altro l'abbiamo

ficcato dentro al nastro del cappello di zio Silasche era sulla scrivaniaperché abbiamo sentito i bambini che dicevano

che in mattinata papà e mamma andavano alla casa del negro che era scappato;poi siamo andati a mangiaree Tom ha

fatto cadere il cucchiaio di peltro nella tasca della giacca di zio Silasmazia Sally non c'era ancora e abbiamo dovuto

aspettare un po'..96

Quando è arrivata era tutta accaldatarossa e arrabbiatae quasi nonaspettava neanche la preghiera; poi con

una mano si è messa a versare il caffè e con l'altracol ditale infilatoin un ditoa picchiare il bambino che gli era

vicinoe ha detto:

«Ho cercato disperatamente in tutti gli angolima non riesco a capiredov'è finita l'altra tua camicia».

Ho sentito che il cuore mi cadeva giù dai polmoni all'altezza del fegato edelle altre frattagliee che dietro al

cuore mi scendeva giù per la gola una crosta dura di panee mentre andavagiù mi è venuto un tale colpo di tosse che è

uscita fuori sparata come una pallottola e attraversando tutto il tavolo habeccato nell'occhio uno dei bambiniche si è

piegato in due e ha cacciato un urlo che pareva un indiano sul sentiero diguerrae Tom diventa rosso come un tacchino

e per circa un quarto di minuto c'è una baraonda tale che mi veniva vogliadi piantare lì tutto se solo sapevo come. Dopo

però va tutto a posto - era stata la sorpresa che ci aveva coltiimpreparati. Zio Silas dice:

«È stranissimonon riesco a capire. Ricordo benissimo che me la sono toltaperché ...»

«Perché addosso non puoi metterne che una. Ma senti questa! Lo so che te lasei toltae me lo ricordo anche

meglio di te perché ieri era stesa ad asciugare - ce l'ho vista io coi mieiocchi. Maa farla cortaora non c'è piùe devi

mettertene una rossa di flanella finché non trovo il tempo di fartene unanuova. E sarà la terza in tre anni; c'è da lavorare

in continuazionecolle tue camicie; che cosa ci faiproprio non riesco acapirlo. Alla tua età dovresti averne più cura».

«Lo soSallye cerco di fare del mio meglio. Ma non è colpa mia; io levedo solo quando ce le ho addossoe

quando me le sono tolte non me ne occupo più; non ne ho mai persa una».

«Behnon è colpa tuaSilas; ma sono certa che le avresti persesedipendeva da te. E poi non è sparita solo la

camicia. Anche un cucchiaio non si trova più; e non è finita. Di cucchiaice n'erano diecie adesso sono solo nove.

Immagino che la camicia l'ha mangiata il vitelloma il cucchiaio noquestoè sicuro».

«Che altro è scomparso?»

«Sono sparite sei candeleecco che altro. Potrebbero averle mangiate itopie penso proprio che sia stato così;

strano che non siano ormai loro i padroni di casa; io ti dico sempre diturare tutti quei buchi nei murima tu non lo fai

mai; un giorno o l'altro ti cammineranno in testaSilase tu non te neaccorgerai; però neppure i topi possono aver preso

il cucchiaioanche questo è sicuro».

«BehSallyè colpa miae lo riconoscoho lasciato trascorrere troppotempo; ma prima di domani sera quei

buchi saranno chiusi».

«Non prendertela tanto. Basta che lo fai l'anno prossimo. Matilda AngelinaAraminta Phelps!».

La mano col ditale scende di nuovo di colpo su una testae la bambina togliesubito le mani dalla ciotola dello

zucchero. Proprio allora passa una negra dal corridoio e fa:

«Padronaè sparito un lenzuolo».

«È sparito un lenzuolo? Ma che succedesanto cielo?»

«Quei buchi li chiudo oggi»dice zio Silascoll'aria di un canebastonato.

«Ohpiantala! Non crederai che il lenzuolo l'abbiano preso i topi? Edov'eraLize?»

«Proprio non ne so nientelo giuroMiss Sally. Ieri era ad asciugareeoggi non c'è più... è sparito».

«È la fine del mondo. Non ho mai visto niente del genere da quando sono almondo. Una camiciaun lenzuolo

un cucchiaio e sei can ...»

«Padrona»salta su a dire una mulatta«manca un candeliere di ottone».

«Fila via subitosfacciatao ti arriva in testa una padella!».

Behera proprio incavolatae io cerco di trovare il modo di battermelasenza dare nell'occhioe rintanarmi nel

bosco finché non passa la bufera. Per un po' continua a tempestaree tuttigli altri stanno zitti e a testa bassa; infine zio

Silascon la faccia stupitatira fuori il cucchiaio dalla tasca. Lei siinterrompe colla bocca aperta e le mani alzate; io

avrei voluto essere a Gerusalemme o ancora più lontano. Ma non rimane cosìper moltoperché dice:

«Proprio come pensavo. Per tutto questo tempo ce l'avevi tu in tasca; emagari hai preso anche tutte le altre

cose. Come fai ad averlo tu?»

«Davvero non lo soSally»dice luiquasi scusandosi«altrimenti te lodirei. Stavo studiando gli Attidegli

Apostoliildiciassettesimoprima di colazionee forse me lo sono messo in tascadistrattamentepensando che fosse il

Vangeloe deve essere proprio così perché il Vangelo non c'è; ma adessovado a vederee se è rimasto dove lo stavo

leggendo sarò sicuro di non averlo messo in tascae questa sarà ladimostrazione che ho messo giù il Vangelo e al suo

posto ho preso il cucchiaio e ...»

«Per amor del cielopiantala! Lasciami respirare! Adesso andatevene tuttie non tornatemi vicino finché non

mi è passata».

Io stavo già per farlo anche se lei non lo dicevae così mi alzo e filovia come una lepre. Mentre passavamo

per il soggiorno il vecchio si toglie il cappello e il chiodo gli cade sulpavimento; lui si china a tirarlo sulo mette sulla

mensola senza dire una parolae poi esce. Tom lo guardasi ricorda delcucchiaio e dice:

«Behè inutile mandare a Jim delle altre cose attraverso questoquinon possiamo fidarci di untipo come lui».

Poi fa: «Però senza saperlo ci ha fatto un favorecol cucchiaioe alloranoi ne faremo uno a lui senza che lo sappia: gli

chiuderemo le fessure nei muri».

Ce n'era una quantità enormegiù in cantinae ci abbiamo messo una buonaorama abbiamo fatto un bel

lavoroproprio come si deve. Poi abbiamo sentito dei passi sulle scaleeallora abbiamo spento la luce e ci siamo

nascosti; ed ecco arrivare il vecchio con una candela in una mano enell'altra l'occorrente per tappare i buchicon un'aria

svanita che sembrava arrivare dalla luna. Fa il giro cercando le fessureunadopo l'altrafinché le ha passate tutte..97

Allora rimane lì fermo a riflettere per cinque minutia raccogliere legocce della candela. Poi si gira lentamente verso le

scale con aria stranita e dice:

«Possa morire in questo momento se mi ricordo quando ho fatto 'sto lavoro.Adesso lei non potrà dire che ci

sono i topi per colpa mia. Ma non importalasciamo perdere. Tanto è lostesso».

Risale per le scale borbottando ed esce. Quell'uomo era buono come il paneed era sempre così.

Tom era preoccupato assai per quel cucchiaioma ha detto che noi dovevamoassolutamente procurarceloe

allora si è messo a pensare come fare. Dopo un po' mi ha spiegato il suopiano e siamo andati alla cesta delle posate ad

aspettare finché non abbiamo visto arrivare zia Sallye Tom si è messo acontare i cucchiai e a metterli da partee io me

ne sono infilato uno nella manica; allora Tom ha detto:

«Peròzia Sallyanche adesso ci sono soltanto nove cucchiai».

E lei dice:

«Andate a giocare e non mi scocciate. Lo so bene quanti sonoli ho contatiio stessa».

«Io li ho contati due volteziettae sono soltanto nove».

Lei sembrava sul punto di esploderema naturalmente si è messa a contare -l'avrebbe fatto chiunque.

«È proprio veroce ne sono solo nove!»fa lei. «Che accidenti èsuccesso? Diavolo!... Li conto di nuovo».

Io ho tirato fuori alla svelta quello che avevoe lei li conta e dice:

«Che mi prenda un colpoadesso sono dieci!»e aveva un'aria incavolataassai. Ma Tom dice:

«Ma ziaa me non mi pare che sono dieci».

«Testa di legnonon mi hai visto che li contavo?»

«Sìma ...»

«Li conto un'altra volta».

Allora ne cucco unoe stavolta sono ancora novecome prima. Behlei avevaun diavolo per capellotremava

tutta tanto era infuriata. Ha continuato a contare e contaree si era cosìincasinata che qualche volta le capitava di

contare anche la cesta come se fosse un cucchiaio; e così tre volte ilnumero le viene fuori giusto e tre volte sbagliato.

Allora abbranca la cesta e la scaraventa dall'altra parte della stanzaebecca in pieno il gatto che fa uno zompo; poi ci

dice di smammare e di lasciarla in paceche se andiamo a scocciarla un'altravolta prima dell'ora di pranzo ci fa a pezzi.

Così riusciamo ad avere quel cucchiaio ballerinoe farcelo cadere nellatasca del grembiule proprio mentre ci urlava di

stare alla largae prima di mezzogiorno Jim già ce l'ha fra le maniinsieme col chiodo. Noi eravamo molto soddisfatti di

com'era andata quella faccendae Tom ha detto che valeva la pena di faretutto quel casino perché adesso lei non li

avrebbe contati più neanche per tutto l'oro che c'è al mondoperché anchese li contava era sicuro che sbagliava ancora

e che se va avanti ancora un po' a contarli in quella maniera è capace diammazzare il primo che gli domanda quanti

cucchiai ci ha in casa.

Quella notte rimettiamo il lenzuolo sulla corda per asciugaree ne freghiamouno dall'armadioe per due giorni

continuiamo a prenderlo e a rimetterlofinché lei non capisce più quantilenzuoli ha e finisce per dire che non gliene

importa più nienteche vadano all'infernoe che lei non li conterà piùper tutto l'oro che c'è al mondo.

Adesso siamo a posto colla camiciail lenzuoloil cucchiaio e le candelegrazie al vitello e ai topi e al

conteggio incasinato; invece per il candeliere non se la prende nessunoedopo un po' non ci hanno pensato più.

Ma per la torta abbiamo dovuto penaree ci ha creato un sacco di grane.L'abbiamo preparata nel boscoe lì

l'abbiamo anche cotta; alla fine era prontaed è venuta anche benema nonce l'abbiamo fatta in un giorno soloe

abbiamo dovuto usare tre catini di farinae ci siamo scottatie col fumo ciavevamo gli occhi che ci bruciavano; perché

noi volevamo farci la crostache però non stava su e si abbassava sempre.Ma alla fine abbiamo trovato come fare:

dovevamo cuocere la scala dentro la torta. Allora la seconda notte siamoentrati da Jime abbiamo fatto il lenzuolo in

tante piccole strisce e le abbiamo annodate assiemee prima dell'albaavevamo una bella cordache ci potevi impiccare

una persona. Abbiamo fatto finta che per farla ci abbiamo messo nove mesi.

In mattinata l'abbiamo portata nel boscoma nella torta non ci volevaentrare. Siccome avevamo usato un

lenzuolo interola corda che era venuta fuori bastava per quaranta tortesevolevamoe ce n'era anche per la minestra

le salsicce e tanti altri piatti. Ce n'era per un pranzo intero.

Noi avevamo bisogno di molto meno. Ci serviva solo quella che poteva entrarein una tortae il resto l'abbiamo

buttato via. Le torte non le abbiamo cotte nel catinoperché potevafondersi; meno male che zio Silas ci aveva un

bellissimo scaldaletto di ottoneche ci teneva moltissimo perchéapparteneva a un suo antenatoe ci aveva un lungo

manico di legnoed era arrivato direttamente dall'Inghilterra con Guglielmoil Conquistatore sulla Mayflowero su una

di quelle prime navied era nascosto su in soffitta con un mucchio di altrivecchi vasi e cose di valore - non perché

fossero preziosedato che in realtà non valevano nientema perché eranodelle cose antiche -e allora l'abbiamo tirato

su senza farci vedere e l'abbiamo portato nel bosco; ma le prime torte non cisono venute bene - chissà perché -però

l'ultima era una meraviglia. L'abbiamo preso e l'abbiamo foderato con unostrato di pastapoi l'abbiamo messo sul

carboneci abbiamo ficcato dentro la scala di cordaabbiamo ricoperto iltutto con un altro strato di pastaabbiamo

sistemato il coperchio e in cima ci abbiamo messo la brace; e con quel lungomanico potevamo stare al fresco e

tranquilli a cinque piedie dopo quindici minuti è saltata fuori una tortache era uno splendore a vederla. Però chi la

mangiava doveva procurarsi un bel mucchio di stuzzicadentiperché sonopronto a scommettere che quella scala di

corda gli legava i denti da impazziree gli faceva anche venire un mal distomaco da fargli passare la voglia di torta.

Quando abbiamo messo la torta per le streghe nella pentola di JimNat non haguardatoe sul fondosotto il

mangiarenoi abbiamo ficcato i tre piatti di stagno; così Jim ha potutoavere tutto senza problemie non appena è.98

rimasto solo ha aperto la tortaha nascosto la scala di corda dentro ilpagliericcioha fatto dei freghi su un piatto e l'ha

buttato fuori dalla finestrella.

XXXVIII • «Qui s'infranseil cuore di un prigioniero»

Per fare le penne c'è stato da penaree anche per la segae Jim ha dettoche l'iscrizione sul muro sarebbe stata

la cosa più difficile di tutte. L'iscrizione è quella roba che ilprigioniero deve scribacchiare sulla parete della cella.

Quella era una cosa che dovevamo fare assolutamente; secondo Tom non sipoteva farne a meno - non si era mai sentito

di un prigioniero politico che non aveva lasciato dietro di sé l'iscrizionee il suo stemma.

«Prendi Lady Jane Grey»dice; «prendi Gilford Dudley; prendi il vecchioNorthumberland! SìHuckè un

lavoraccio... e con ciò? È una cosa da fare! Jim deve fare l'iscrizione eanche lo stemma. Lo fanno tutti».

Jim dice:

«Masignorino Tomio non ci ho lo stemma; io non ci ho altro che questavecchia camiciae sapete che sopra

ci devo tenere il diario».

«Non hai capitoJim: uno stemma è un'altra cosa».

«Però»faccio io«Jim ha ragione quando dice che non ci ha lo stemmaperché non ce l'ha».

«Questo lo so»dice Tom«ma puoi scommetterci che ne avrà uno prima diuscire; perché lui dovrà fuggire in

modo regolaree io sorveglierò che la sua fuga avvenga secondo le regole».

Così mentre io e Jim affiliamo le penne fregandole sui mattoni - Jim con ilcandeliere d'ottone e io col

cucchiaio -Tom se ne sta a pensare come dev'essere lo stemma. Dopo un po'dice che gli sono venute tante belle idee

che non riesce a decidersi quale scegliereperò ce n'è forse una che èmeglio delle altre. Dice:

«Sopra uno scudo avremo una banda d'ornel quarto destrouna croce diSant'Andrea morata nella fasciacon

un canecouchantcome emblemae una catena merlata a rappresentare la schiavitù; uno scaglione vertin sommo

trinciato e tre linee infiorate in campo azurecon le punte rampanti su un gallone dentato; nella cresta un negro

fuggiascosablecon una bisaccia sulla spalla infilata in un bastone a sinistra; e due gregaricremisiche siamo noi due;

il motto è: Maggiore frettaminore atto. Questo l'hotrovato in un libroe vuol dire che se fai le cose alla svelta ci metti

di più».

«Càspita»dico io«e il resto che vuol dire?»

«Adesso non c'è tempo per spiegarlo»dice lui«adesso dobbiamo darcidentro a scavare».

«Almeno»dico io«spiegaci qualcuna di 'ste robe. Per esempioche vuoldire couchant

«Couchant... couchant vuoldire... non è necessario sapere che vuol dire. Gli farò vedere io come si faquando

ci arriva».

«CribbioTom»dico io«potresti anche dircelo. E le linee infiorate conpunte rampanti che cosa sono?»

«Ohquesto non lo so. Ma lui deve averle. Tutta la nobiltà ce l'ha».

Lui era così. Se non gli andava di spiegarti una cosamica te la spiegava.Potevi piangere in cinese per una

settimanama non c'era niente da fare.

Dopo che ha sistemato 'sta faccenda dello stemma attacca col restoche è diinventare una frase piena di

disperazione - e dice a Jim che deve scrivere un'iscrizione anche luicomefanno tutti. Tom ne prepara un po' su un

pezzo di cartae ce le legge ad alta vocecosì:

1. Qui s'infranse il cuore diun prigioniero.

2. Qui un povero prigionieroabbandonato dal mondo e dagli amicisi strugge per la sua misera vita.

3. Qui si è infranto unpovero cuoree uno spirito afflitto ha trovato la quiete dopo trentasette annidi solitaria

prigionia.

4. Quisenza patria e senzaamicidopo trentasette anni di amara prigioniaperì un nobile forestierofiglio

naturale di Luigi XIV.

A Tom gli tremava la voce mentre leggevae quasi si metteva a piangere.Quando ha finito non sa decidersi

quale deve incidere sul muro per Jimche erano tutte così bellema poidice che ce le faceva scrivere tutte. Jim ha detto

che lui ci avrebbe messo un anno a incidere tutta quella roba sui tronchidella parete con un chiodoe poi lui mica le

conosceva le lettere dell'alfabetoma Tom gli dice che gliele traccia lui astampatello a una a unae non doveva far altro

che scrivere sopra quelle linee. Ma subito dopo dice:

«Adesso che ci penso i tronchi non vanno bene; nelle celle non hanno micadei tronchi; dobbiamo incidere le

iscrizioni su una pietra. Andiamo a prendere una pietra».

Jim dice che la pietra è peggio del tronco; dice che lui ci mette un casinodi tempo a incidere la pietrae così

non viene fuori più. Ma Tom dice che lui permetterà a me di aiutarlo.Quindi vuole vedere come ce la caviamo colle

penne io e Jim. Era un lavoro lento e di una noia spaventosae non eraquello che ci voleva per le fiacche che ci avevo

alle manie andavamo avanti come le lumache. Allora Tom fa:

«Ho avuto un'idea fantastica. Visto che per lo stemma e l'iscrizione abbiamobisogno di una pietrapossiamo

prendere due piccioni con una fava. C'è una macina bellissima giù almulino; la prendiamo per inciderci le nostre frasi

e ci serve anche per affilarci le penne e la sega».

Come idea non era fantastica proprio per nientee neanche 'sta faccendadella molaperò gli diciamo che ci.99

stiamo. Non era ancora mezzanottee allora siamo andati al mulinolasciandoJim al lavoro. Abbiamo preso la macina e

abbiamo cominciato a farla rotolare verso casama era di una pesantezzaincredibile. Qualche voltaper quanto

spingevamonon potevamo impedire che cadessee ogni volta quasi cischiacciava. Tom dice che prima che arriviamo

alla fine uno di noi due ci resta secco. Arriviamo a metà stradama allorasiamo morti dalla stanchezzae in un bagno di

sudore. Vediamo che è inutilee dobbiamo andare a chiamare Jim. Allora luisolleva il lettosfila la catena dalla gamba

del letto e se l'avvolge intorno al collo; in questo modo strisciamoattraverso il cunicolo e arriviamo fino alla macinae

Jim e io la spingiamo come nientementre Tom ci dirige. A dirigere gli altrilui era bravissimo. E sapeva trovare le

soluzioni per tutto.

Il cunicolo era abbastanza grandema non abbastanza per farci passare lamacina; però Jim prende il piccone e

l'allarga. Poi Tom ci segna col chiodo le linee delle cose che deve scriveree mette al lavoro Jimcol chiodo come

scalpello e come martello una spranga di ferro che abbiamo trovato fra laroba vecchia della tettoiae gli dice di

continuare a lavorare finché non finisce la candelae poi può andare aletto; la macina può nasconderla sotto il

pagliericcio e ci può dormire sopra. Poi l'aiutiamo a rimettere la catenaalla gamba del lettoe siamo pronti per andare a

dormire anche noi. Ma a Tom ci viene in mente qualcosa e fa:

«Ci hai dei ragni qui dentroJim?»

«Nossignoregrazie al cielo non ce n'èsignorino Tom».

«Benete ne procuriamo qualcuno noi».

«Dio vi benedicatesoruccionon li voglio. Io ho paura dei ragni. Quasipreferisco avere vicino dei serpenti a

sonagli».

Tom ci pensa su un minuto o due e poi fa:

«È una buona idea. E credo che l'hanno già fatto. Devono averlo giàfatto; è una cosa ragionevole. Sìè un'idea

magnifica. Dove puoi tenerlo?»

«Tenere cosasignorino Tom?»

«Mahun serpente a sonagli».

«Dio ci scampi e liberisignorino Tom! Se qua dentro ci viene un serpente asonagli io sbatto giù il muro a

capocciate e scappo».

«Ma Jimdopo un po' non ne avresti più paura. Potresti addomesticarlo».

«Addomesticarlo?»

«Sìè abbastanza facile. Tutti gli animali sono contenti delle gentilezzee delle carezzee non si sognano di far

male a quelli che li carezzano. Tutti i libri te lo dicono. Provaci... tichiedo solo questo: prova per due o tre giorni. Beh

dopo un po' lui ti vorrà bene; vorrà dormire con te e non ti lasceràneanche un minuto; e tu lascerai che ti si avvolga

intorno al collo e che ti metta la testa in bocca».

«Per favoresignorino Tomnon parlate così che mi viene paura solo a pensarci. Il serpente lascerà cheio mi

ficco 1a sua testa in boccaavete detto? Mi farà questo favore? Dovràaspettare un bel pezzo che ce lo chiedo! E poi col

serpente non ci voglio dormire».

«Jimnon essere sciocco. Un prigioniero deve avere un animaletto domesticoe se nessuno ha mai provato con

un serpente a sonaglibehallora c'è più gloria ad essere i primi a fareuna cosa come questa che per qualunque altra

cosa che hai fatto per salvarti la vita».

«Ma signorino Tomio non la voglio la gloria. Il serpente arriva qui emozzica la faccia a Jime allora che ci

faccio colla gloria? Nossignore'sta cosa io non la voglio».

«Accidenti a tema non puoi provare? Io voglio solo che tu provi... nondevi continuare se la cosa non

funziona».

«Ma se il serpente mi mozzica mentre facciamo la provaio sono bell'efritto. Signorino Tomio sono pronto a

fare tutto quello che è ragionevolema se voi e Huck andate a prendere unserpente a sonagli da addomesticare io da qui

me ne vadoquesto è sicuro».

«Va benelasciamo perderesei un testone. Possiamo portarti qui dellebisce e tu puoi attaccargli dei bottoni

alla coda e far finta che sono dei serpenti a sonagli; ci dovremoaccontentare di questo».

«Le bisce possono andaresignorino Tomperò se le cose non vanno bene velo dico e la piantiamo lì. Ma non

credevo che c'erano così tante rogne e grane ad essere prigioniero».

«Behce ne sono sempre se si fanno le cose secondo le regole. Ci hai deitopi qui in giro?»

«Nossignoreio non ne ho mai visti».

«Behti procureremo dei topi».

«Ma signorino Tomio non li voglio i topi. Sono gli animali più schifosiche ci sono per disturbare la gente

che ci camminano soprae ci mozzicano i piedi quando la gente cerca didormire. Nossignorepreferisco le biscese

proprio devo avere degli animalima niente topiproprio non ci tengo adavere dei topi».

«Ma Jimdevi averlice li hanno tutti; quindi piantala di protestare. I prigionieri hanno sempre deitopi. Non ci

sono esempi di prigionieri senza topi. E li ammaestranoli accarezzanociimparano i trucchie loro diventano socievoli

come le mosche. Però tu gli devi suonare della musica. Ci hai qualcosa persuonare della musica?»

«Ci ho solo un vecchio pettine e un pezzo di cartae uno scacciapensieri;però magari lo scacciapensieri non

gli dice niente».

«Sì invece. A loro non gliene frega niente del tipo di musicae unoscacciapensieri va benis simo per i topi.

Tutti gli animali amano la musica - e in prigione ci vanno pazzi. Soprattuttoper la musica tristee con lo scacciapensieri.100

non tiri fuori che musica triste. A loro gli interessa e vengono sempre fuoria vedere che cosa ci hai. Sìhai ragione; sei

sistemato bene. La notteprima di dormiree la mattina appena svegliodovrai metterti seduto sul letto a suonare lo

scacciapensieri; suona L'ultimoverso interrotto - è quelloche ci vuole per attirare qualche topo meglio di ogni altra

musica -e quando avrai suonato per circa due minuti vedrai che tutti itopii serpentii ragni e le altre bestie

cominceranno a preoccuparsi di te e a venire. Ti cammineranno addosso e se lagodranno da pazzi».

«Loro sìsignorino Tomma... Jim?Mi prenda un colpo se vedo a che serve 'sta cosa. Però lo farò se è

necessario. Meglio avere gli animali soddisfattiche mi lasciano in pace».

Tom è rimasto lì a riflettereper ricordare se c'era qualcos'altroe dopoun po' dice:

«Ohc'è una cosa che dimenticavo. Credi che potresti coltivare qualchefiore qui?»

«Non lo soma magari è possibilesignorino Tom; però qua dentro è buioassaie di un fiore non so che

farmene comunquee poi è una bella rottura di scatole».

«Behprovaci in ogni caso. Alcuni prigionieri l'hanno fatto».

«Una di quelle grosse piante di digitale che sembrano code di gatto qui cicrescerebbesignorino Tomma non

vale la pena sbattersi tanto per una pianta così».

«Tu non ci pensare. Te ne portiamo noi una piccolae tu la pianterai lìnell'angoloe la coltiverai. E non

chiamarla digitalechiamala Picciolache è il suo nome giusto quando è inprigione. E dovrai innaffiarla colle lacrime».

«Behma di acqua di fonte ne ho tantissima».

«L'acqua di fonte non va benedovrai innaffiarla con le lacrime».

«La farò moriresignorino Tom; morirà di sicuroperché io non piangoquasi mai».

Tom resta di sasso e non sa che dire. Però ci studia su e dice che Jimpoteva piangere con una cipolla. Gli

promette che andrà alle capanne dei negri e che la mattina ne lasceràcadere unasenza farsi vederenella tazza del

caffè. Jim dice che quella roba gli fa schifoche è quasi meglio mettercitabacconel caffè; e trova tanto da ridire con

tutto il lavoro e la scocciatura di dover coltivare il digitalesuonare loscacciapensieri per i topicarezzare e coccolare i

serpentii ragni e le altre bestieoltre a tutto il resto che doveva farecolle pennele iscrizioniil diario e le altre cose

che fare il prigioniero era la roba più difficile e complicata che aveva maifatto; e allora Tom perde quasi la pazienzae

gli dice che lui aveva le migliori possibilità che un prigioniero aveva maiavuto di farsi un nomee invece di essere

contento trovava da protestaree tutte quelle cose erano sprecate per lui.Jim ci è restato male e ha detto che non

avrebbe fatto più cosìe finalmente io e Tom abbiamo potuto andare adormire.

XXXIX • Tom scrive lettere«nonime»

La mattina siamo andati al villaggio e abbiamo comprato una trappola agabbietta per prendere i topi; poi

l'abbiamo portata giù in cantinaabbiamo aperto il buco più grosso chec'era sul muro e dopo un'ora avevamo una

quindicina di topi magnifici; allora l'abbiamo tirata su in casa e l'abbiamomessa in un posto sicurosotto il letto di zia

Sally. Peròmentre stavamo andando a cercare i ragnil'ha trovata ilpiccolo Thomas Franklin Benjamin Jefferson

Alexander Phelps e ha aperto lo sportellino per vedere se i topi uscivanoei topi sono usciti; in quel momento è entrata

zia Sallye quando noi siamo tornati lei era sul letto che strillava comeun'ossessa e i topi facevano quello che potevano

per non farla annoiare. Allora lei ha preso il bastone e ci ha dato unaripassatae per colpa di quel moccioso

rompiscatole noi abbiamo dovuto metterci altre due ore per riprenderne altriquindici o sediciche non erano neanche

come gli altri perché i primi quindici erano il meglio della tana. Io ditopi belli come quei primi non ne ho mai visti.

Abbiamo anche preso un bel mucchio di ragni assortitiscarafaggiranebruchi e altre bestie; volevamo anche

prendere un nido di calabronima non abbiamo potuto: c'era dentro tutta lafamiglia. Non ci abbiamo rinunciato subito

ma siamo rimasti ad aspettare più che potevamoperché abbiamo pensato chepotevamo stancarlioppure erano loro a

stancare noied è successo che ci siamo stancati prima noi. Allora abbiamopreso l'unguento e ce lo siamo fregato sulle

punturee dopo un po' eravamo di nuovo a postoanche se ancora sentivamo unpo' di male se ci sedevamo. Poi siamo

andati per i serpentie abbiamo beccato un paio di dozzine di bisce e serpili abbiamo ficcati in un sacco e li abbiamo

messi in camera nostrae a quel punto era ormai ora di cenache avevamoavuto una bella giornata di lavoro. Avevamo

fame? Behdirei! E quando torniamo non c'era più l'ombra di un serpente;avevamo legato male il sacco e quelli erano

riusciti a venir fuori. Però non importaperché dovevano pur essere inqualche parte della casae alcuni potevamo

ripigliarli. Behper un bel po' in casa non si è certo sentita la mancanzadi serpenti. Ogni tanto li vedevi appesi alle travi

e nei posti più strani; generalmente ti cascavano sul piatto o giù per laschienae il più delle volte finivano dove meno li

volevi. Beh erano bellinitutti a striscee non ti facevano nientemaquesto zia Sally mica lo capivalei i serpenti non li

poteva soffriredi qualunque razza fossero; e tutte le volte che uno glipiombava addossoqualunque cosa faceva

piantava lì tutto e scappava. Una donna così non l'ho mai vista. E dovevatesentire come strillava. Non riuscivi a

convincerla che poteva prenderli con le molle del camino. E se gli capitavadi trovarne uno nel lettosaltava fuori come

una furia e urlava come se la casa fosse in fiamme. Ha rotto l'anima cosìtanto al vecchio che lui ha detto che il suo

desiderio più grande era che Dio non avesse mai creato i serpenti. Behdopoche l'ultimo serpente era sparito dalla casa

da almeno una settimana zia Sally non aveva ancora finito di pensarciproprio noe quando se ne stava seduta a pensare

ai fatti suoi bastava sfiorarla sul collo con una piuma che balzava su con lavelocità di un fulmine. Era molto stranoma

Tom ha detto che le donne sono tutte così; chissà perché..101

Tutte le volte che gli capitava fra i piedi una biscia ci beccavamo unabattutae ci diceva che quello non era

niente rispetto a quella che ci avrebbe data se mai ci fosse venuto in mentedi portare in casa dei serpenti un'altra volta.

Delle botte non me ne fregava nienteperché non facevano molto malema mipreoccupava doverne tirare su degli altri.

Comunque li abbiamo presicon tutto il resto; e non c'era capanna piùallegra di quella di Jimquando venivano tutti

fuori a sentire la musica e gli andavano addosso. A Jim i ragni non cipiacevanoe ai ragni non ci piaceva Jime gli

facevano un sacco di dispetti. E lui diceva che fra i topii serpenti e lamacinaa letto lui non ci aveva più posto; e

anche quando riusciva a sdraiarsi non riusciva a dormire per tutto queltrafficoe c'era sempre un gran parapiglia perché

non dormivano mai tutti nello stesso momentoma facevano i turnie cosìquando dormivano le bisce i topi facevano il

diavolo a quattroe quando i topi andavano a riposare si svegliavano iserpentie lui aveva sempre un gruppo di bestie

sotto il letto o fra i piedi e un altro gruppo che faceva casino tutt'intornoa luie se si alzava e si cercava un altro

posto i ragni approfittavano dell'occasione per attaccarlo. Ha detto che semai riusciva a venir fuori da quel posto lìil

prigioniero non l'avrebbe più fattoneanche se lo pagavano a peso d'oro.

Benedopo tre settimane tutto era in ordine. A suo tempo gli avevamo mandatola camiciae allora ogni volta

che un topo lo mordeva Jim si alzava a scrivere qualcosa sul suo"diario" finché aveva l'inchiostro fresco; avevamo

affilato le pennee sulla macina avevamo inciso le iscrizioni e tutto i1resto; avevamo segato in due la gamba del letto e

mangiato la segaturache ci aveva fatto venire un tremendo mal di stomaco.Credevamo di morirema poi ci siamo

rimessi. È stata la segatura più indigesta che abbia mai mangiato; ancheTom la pensava così. Comunquecome dicevo

ormai avevamo fatto tuttoed eravamo morti dalla stanchezzaspecialmenteJim. Il vecchio aveva scritto un paio di

volte a quelli della piantagione sotto New Orleans di venire a prendersi ilnegro che gli era scappatoma non aveva

ricevuto risposta perché la piantagione non esistevae allora aveva decisodi fare un annuncio sui giornali di St. Louis e

New Orleans; quando ha accennato ai giornali di St. Louis a me mi sono venutii brividie ho capito che non c'era più

tempo da perdere. Tom ha detto che era giunto il momento delle lettere"nonime".

«Che roba è una lettera "nomina"?»chiedo io.

«È una roba per avvertire la gente che sta per succedere qualcosa. Peravvisare qualcuno si può fare in due

modi. Ci può essere qualcuno che fa la spia e ce lo dice al governatore delcastello. Quando Luigi XVI stava per

scappare dalle Tuileriesè stata una servetta a fare la spia. È un modoche va molto benema anche le lettere "nonime"

vanno bene. Noi li useremo tutti e due questi modi. Di solito la madre delprigioniero si scambia i vestiti con luicosì

che lui può andar fuori e lei rimane dentro. Faremo anche questo».

«Ma senti un po'Tomperché dobbiamo essere noi ad avvertire qualcuno chesta per succedere qualcosa?

Perché non se lo scoprono loro da soli? Sono loro che devono stareattenti».

«Lo soma di loro mica ti puoi fidare. Pensa a come hanno agito findall'inizio; ci hanno lasciato fare tutto.

Sono così tonti e ingenui che non fanno attenzione a niente. Perciò se nonli avvisiamo noi non ci sarà nessuno a

ostacolarcie così dopo tutto il lavoro e la fatica che abbiamo fattoquesta fuga sarà un disastro - non la noterà nessuno e

non ci sarà nessuno a parlarne».

«Beha me è proprio così che mi piace».

«E invece è uno schifo»dice lui con la faccia disgustata. Allora iodico:

«Però non ho niente in contrario. Se a te ti va benemi va bene anche ame. E come faremo per la servetta?»

«La farai tu. Tu in piena notte entrerai in casa e ti metterai il vestitodella ragazza mulatta».

«Behci sarà un bel casino la mattina dopoTomperché forse lei ci hasolo quel vestito».

«Lo so; ma a te ti serve soltanto per una quindicina di minutiper portarela lettera "nomina" e ficcarla sotto la

porta di casa».

«Benelo faccio; ma posso portarla anche con addosso i miei stracci».

«Che cos'hai? Non hai voglia di vestirti da servetta?»

«Di questo non me ne frega nientema non ci sarà nessuno a vedermi».

«Questo non c'entra niente. Quello che dobbiamo fare è solo il nostrodoveree non preoccuparci se qualcuno

ci vede o non ci vede. Ma ne hai di principi morali?»

«Va benenon dico più nientefarò la servetta. Ma chi farà la madre diJim?»

«La farò io. Fregherò un vestito a zia Sally».

«Allora tu dovrai restare nella capanna mentre io e Jim scapperemo».

«Non per molto. Riempirò di paglia i vestititi di Jim e li metterò sulletto a rappresentare sua madre travestita

e Jim si metterà il vestito della donna negrae tutti insieme faremoun'evasione. Quando scappa un prigioniero

altolocato si chiama "evasione". Per esempio si dice così quandoquello che taglia la corda è un re. E anche quando è il

figlio di un re; e non c'è differenza se è un figlio naturale oinnaturale».

Allora Tom ha scritto la lettera "nonima"e quella notte io hofregato il vestito della ragazza mulattame lo

sono messoe così ho ficcato la lettera sotto la porta d'ingressocome miaveva detto Tom. Diceva:

Attenzione. Si sta tramando qualcosa. State molto attenti

UN AMICO

Il giorno dopo abbiamo attaccato alla porta d'ingresso un disegno con unteschio e due ossa incrociateche

Tom aveva fatto col sanguee la sera dopo un altro di una bara alla portaposteriore. Non ho mai visto una famiglia

spaventata in quella maniera. Non avrebbero provato una fifa tale se la casafosse stata piena di fantasmi che li

aspettavano al varco e sotto i lettie che dondolavano in aria. Se sbattevauna porta zia Sally faceva uno zompo e diceva

«Aaah!»e se cadeva qualcosa faceva uno zompo e diceva «Aaah!»e lostesso se ti capitava di toccarla quando era.102

soprappensiero; non era tranquilla se teneva gli occhi fissi da qualche parteperché pensava sempre che ci aveva

qualcosa alle spallecosì si girava sempre di botto dicendo «Aaah!»enon aveva ancora finito di voltarsi che si girava

di nuovo di botto dicendo ancora «Aaah!»; e aveva paura ad andare a lettoperò non voleva rimanere alzata. La cosa

funzionava benissimodiceva Tom; lui diceva che non aveva mai visto qualcosaandare meglio.

Quella era la provadiceva luiche tutto era stato fatto secondo le regole.

E alloraha dettoadesso sotto con l'ultimo colpo! Così la mattina dopoproprio all'albaabbiamo preparato

un'altra lettera; ma poi ci siamo domandati che cosa dovevamo farciperchéa cena abbiamo sentito che avrebbero

messo per tutta la notte due negri a guardia delle due porte. Tom è scesoper l'asta del parafulmine a dare un'occhiata: il

negro alla porta posteriore era addormentatoe lui gli ha appiccicato lalettera alla nuca ed è tornato in casa. La lettera

diceva:

Non traditemiperché io voglio esservi amico. C'è una banda di disperatidelinquenti provenienti dal Territorio

indiano che questa notte vogliono rapirvi il vostro negro fuggiascoe hannointenzione di spaventarvi così tanto che così

questa notte voi restate in casa e non li scocciate. Io sono uno della bandama sono un uomo religioso e ho intenzione di

smettere e tornare alla vita onestae quindi voglio far fallire il loropiano diabolico. Loro arriveranno dal lato nord

lungo lo steccatoa mezzanotte in puntocon una chiave falsae andrannoalla capanna del negro per prenderlo. Io

dovrò stare lì vicino a suonare un corno se vedo pericolo; invece farò«baa» come una pecora non appena loro saranno

arrivatie non suonerò per niente il corno; così mentre loro sono dentro asciogliere il negro dalle catene voi potrete

andare alla capanna e chiuderli dentro colla chiavee poi potete accopparlicon comodo. Fate solo quello che vi ho

detto; se fate un'altra cosa a loro gli verranno dei sospetti e sarà uninferno. Non desidero ricompensema solo sapere

che ho fatto quello che dovevo.

UN AMICO

XL • Un salvataggiosplendido e complicato

Eravamo soddisfattissimie allora dopo colazione io sono andato alla miacanoa col sacco del mangiare per

andare a pescare sul fiume; mi sono divertito un fraccoe così ho potutodare un'occhiata alla canoache comunque era

perfettamente a postoper cui sono tornato tardi per la cena e li ho trovaticosì terrorizzati e preoccupati che avevano

perso la testae ci hanno fatto andare subito a lettoun minuto dopo cheera finita la cenae non ci hanno voluto dire

che cos'era successoe non hanno detto neanche una parola sulla nuovaletteraanche se non era necessarioperché noi

ne sapevamo più di loro di quella faccenda; e non appena siamo a metà dellascala e la zia ci ha girato le spalle siamo

andati giù piano piano alla dispensa della cantina e ci siamo preparati unbel po' di provvistee poi alle undici e mezza

ci siamo alzatie Tom si è messo il vestito che aveva fregato a zia Sallye stava per partire con le provviste quando ha

detto:

«Dov'è il burro?»

«Ne ho messo una fetta sul pane»dico io.

«E devi avercelo lasciatoperché qua non c'è».

«Possiamo far senza»dico io.

«Noche non possiamo»fa lui; «va' in cantina a prenderlo. Poi scendigiù per il parafulminee vieni alla

capanna anche tu. Io vado a mettere la paglia nei vestiti di Jim come sefosse sua madre travestitae mi preparo a fare

«baa» e a scappare non appena arrivi tu».

Così lui è uscito e io sono andato giù in cantina. La fetta di burrospessa come il pugno di un uomoera dove

l'avevo lasciatae allora ho preso il pezzo di pane col burro che c'erasopraho spento la luce e ho cominciato a salire le

scale in punta di piedie sono arrivato bene al pianterrenoma ecco chearriva zia Sally con una candela in manoe io

metto la roba dentro il cappello e me lo ficco in testa; e proprio un momentodopo lei mi vede e mi dice:

«Sei andato giù in cantina?»

«Sì».

«E che cosa ci sei andato a fare?»

«Niente».

«Niente?»

«Niente».

«Allora perché ti è venuto in mente di andarci a quest'ora della notte?»

«Non lo so».

«Non lo sai? Non rispondermi in questo modoTomio voglio sapere che cosasei andato a fare giù».

«Non ho fatto nientezia Sallyti giuro che non ho fatto proprio niente».

Io penso che adesso mi lascia andaree normalmente l'avrebbe fattoma contante faccende strane che

succedevano lei sospettava ogni più piccola cosa che non era chiara come ilsolee quindi mi dicemolto decisa:

«Vai in quel salotto e restaci finché non arrivo io. Hai combinato qualcosache non dovevie sono sicura che lo

scopriròe così poi faremo i conti».

Così mentre lei se ne va io apro la porta ed entro nel salotto. Càspitac'era dentro una bella folla! Erano

quindici contadinie tutti col fucile in mano. Io mi sento malee così mibutto a sedere su una sedia. Erano seduti in.103

circoloe alcuni parlavano a voce bassama tutti erano tesi e nervosi anchese facevano finta di essere calmi; ma io ho

capito che non erano tranquilliperché continuavano a togliersi il cappelloe a rimetterseloe a grattarsi la testae a

cambiare posizionee a giocherellare coi bottoni. Ero nervoso anch'ioma ilcappello mica me lo toglievo.

Speravo che venisse zia Sally e così la facevamo finitache magari me ledava se ne aveva vogliama poi mi

lasciava andareche così andavo a dire a Tom che quella volta avevamoesageratoe che ci eravamo cacciati in un bel

casinoe quindi dovevamo piantarla subito con tutte quelle fregnacce escappare con Jim prima che quei tipi perdono la

pazienza e ce la fanno pagare davvero.

Finalmente arriva lei e comincia a farmi delle domandema io non potevodargli delle risposte chiare e

cominciavo a perdere la testaanche perché quei tipi erano nervosi evolevano partire subito a fare la festa a quei

desperadose dicevano cheormai mancavano pochi minuti a mezzanottementre altri cercavano di prenderetempo per

aspettare il verso della pecora; e intanto la zietta continuava a farmidomande che non mi lasciava respiraree io che

tremavo tutto e che stavo per crollare a terra tanta era la strizza cheavevo; e quel posto che diventava sempre più caldo

col burro che cominciava a sciogliersi e a scendermi giù per il collo edietro le orecchie; e subito dopoquando uno di

loro fa: «Io dico che dobbiamo andare per primi alla capannae andarcisubitoe beccarli quando arrivano»io sto quasi

per sveniree un rivoletto di burro mi scende giù dalla frontee zia Sallylo vedediventa bianca come un lenzuolo e

dice:

«In nome del cieloche cos'ha il ragazzo?... Ci ha la meningitesicuroegli sta colando fuori il cervello!».

Tutti corrono a vederee lei mi strappa il cappelloe così si vede il panee quello che è restato del burroe lei

mi afferra e mi abbraccia e dice:

«Ohche spavento mi hai fatto pigliare! E come sono felice e contenta cheè solo questo; noi ci abbiamo un

sacco di disgraziee siccome piove sempre sul bagnatoquando ho vistoquella roba ho pensato che eri finitoche dal

colore mi credevo proprio che era il tuo cervello... Carocaroperché nonme l'hai detto subito che cosa eri andato a fare

in cantinamica mi arrabbiavosai? Ora fila a lettoe non farti piùvedere fino a domattina!».

In un lampo sono di soprae in un attimo scendo per il parafulmine e miprecipito al buio fino alla tettoia. Non

riuscivo a parlareda tanto ero eccitatoma dico a Tompiù svelto chepossoche adesso dobbiamo tagliare la corda e

non abbiamo un minuto da perdere... che la casa laggiùè piena di uominiarmati di fucile!

Gli brillano gli occhie dice:

«No! Davvero? Non è un trionfo? Huckse lo rifacciamostavolta ne facciovenire duecentodi uomini! Se

potessimo resistere ancora fino a...»

«Svelto! svelto!»dico io. «Dov'è Jim?»

«Qui accanto a te; se stendi il braccio puoi toccarlo. È vestitoe tuttoè pronto. Ora andiamo fuori e io faccio il

verso della pecora».

Ma proprio allora sentiamo passi di uomini che arrivano fino alla porta esentiamo che maneggiano col

lucchettoe uno dice:

«Ve l'ho detto che era troppo presto; non sono ancora arrivati e la porta èchiusa a chiave. Ecco adesso alcuni

di voi vanno nella capanna e io vi chiudo dentroche così li aspettate albuio e quando arrivano li ammazzate; gli altri si

mettono tutti in giro a sentire quando arrivano».

E così entranoma al buio non riescono a vedercie quasi ci sbattonoaddosso mentre noi ci precipitiamo a

rifugiarci sotto il letto. Però riusciamo a nasconderci benee a uscire dalcunicolosvelti ma senza fare rumore - prima

Jimpoi io e ultimo Tomsecondo gli ordini di Tom. Ora siamo nella tettoiae sentiamo fuori dei passi vicinissimi.

Allora strisciamo verso la portae lì Tom ci ferma e guarda da una fessurama non riesce a vedere niente perché è buio

fitto; poi ci dice a voce bassissima che aspetterà che i passi siallontaninoe quando ci toccherà col gomito dovremo

uscireper primo Jim e per ultimo lui. Avvicina l'orecchio alla fessura erimane lì ad ascoltare per un bel po'ma il

rumore dei passi continua tutt'intorno a noi; alla fine ci dà di gomito enoi scivoliamo fuori piegati in duesenza

respirare e senza fare il più piccolo rumoree passo passo ci avviciniamoallo steccato in fila indiana e ci arriviamo

senza difficoltàe io e Jim andiamo dall'altra partema a Tom gli siimpigliano i calzoni in una scheggia del tronco più

alto e quando sente arrivare i passi dà uno strappoe così si sente ilcolpo secco della scheggia che si rompe; e mentre

lui ci viene dietro correndoqualcuno urla:

«Chi è là? Rispondete o sparo!».

Ma noi mica rispondiamo - gambe in spalla e via! Allora si sente unparapiglia e bang! bang! bang!colle

pallottole che ci fischiano vicino alle orecchie! E sentiamo che urlano:

«Eccoli! Stanno andando verso il fiume! Inseguiamoliragazzi! E liberate icani!».

Ed eccoli che arrivano correndo come matti. Li sentivamo perché addossoavevano degli scarponi e strillavano

mentre noi avevamo scarpe leggere e stavamo in silenzio. Eravamo sul sentieroche andava al mulino; e quando loro ci

sono abbastanza vicinici infiliamo nei cespugli e li lasciamo passareepoi usciamo e continuiamo dietro di loro. I cani

erano rimasti tutti chiusiper non spaventare i banditima ora qualcuno liha liberatied eccoli che arrivano facendo un

putiferio del diavoloperò ci conoscevano; e allora ci fermiamo e cifacciamo raggiungere; e quando vedono che siamo

soltanto noie quindi c'era poco da scaldarsici salutano appena e vannoavantidove sentono che c'è una gran baraonda

e gente che urla; poi noi riprendiamo ad andare dietro di loro fino quasi almulinoentriamo nel cespuglio dove avevo

nascosto la canoa legataci saltiamo su e filiamo via in salvo verso ilcentro del fiumema senza fare più rumore dello

stretto necessario. Poi ci dirigiamotranquilli e senza affannoversol'isola dove ho lasciato la zattera; e su e giù per

tutta la riva sentiamo urlare e abbaiarefinché siamo così lontani che irumori diventano sempre più deboli e.104

svaniscono. E quando saliamo sulla zattera io dico:

«Adessovecchio Jimsei di nuovo un uomo liberoe sono sicuro che nonsarai più schiavo».

«È stato un lavoro coi fiocchiHuck. Siete stati in gambissima aprepararloche non c'era nessuno che poteva

fare un piano bello come questo che avete fatto voi».

Eravamo tutti contentissimima Tom era il più contento di tuttiperché siera beccato una pallottola nel

polpaccio.

Quando io e Jim lo veniamo a sapere non siamo più così allegri come prima.La ferita gli faceva un male cane

e sanguinava; allora lo mettiamo sdraiato nel wigwam e strappiamo una dellecamicie del duca per bendarloma lui

dice:

«Da' quache faccio io. Adesso non fermatevinon perdete tempochel'evasione va a meraviglia; armate i

remi e mollate gli ormeggi! Ragazzi siamo stati grandi davvero! Se ci fossimostati noi a far fuggire Luigi XVI adesso

nella sua biografia non ci sarebbe la frase: "Figlio di San Luigisalial cielo!". Nossignorel'avremmo trasferito oltre il

confinee avremmo fatto tutto tranquillamentecome bere un bicchierd'acqua. Armate i remi... armate i remi!».

Però io e Jim ci siamo consultati e ci siamo messi a riflettere. E dopoaverci pensato per un minuto io dico:

«Parla tuJim».

E lui dice:

«Behio voglio dire questoHuck. Se era lui che doveva essere liberatoeuno dei ragazzi era colpitoavrebbe

detto: "Scappiamoe freghiamocene di chiamare un dottore per questoragazzo"? È una frase da Tom Sawyer? Avrebbe

detto questo? Potete scommetterci di no! E allora come potete pretendere chelo dica Jim? Nossignoreio di qui non mi

muovo senza un dottore; dovessi restarci quarant'anni!».

Io lo sapevo che dentro di sé Jim era un biancoed ero sicuro che eracapace di dire quello che ha detto; per cui

adesso era decisoe io ho detto a Tom che andavo a chiamare un dottore. Luiha strepitatoma io e Jim abbiamo tenuto

durotanto che voleva rimettersi in piedi e andare lui a mollare gliormeggi; ma noi non l'abbiamo lasciato. Lui si è

incavolato di brutto e ci ha insultatima niente da fare.

Così quando vede che ho preparato la canoa dice:

«Behse proprio dovetevi dirò come fare quando arrivate al villaggio.Chiudete la porta e bendate gli occhi al

dottoree fategli giurare che non dirà niente a nessuno; poi mettetegli inmano una borsa d'oro e portatelo qui alla canoa

facendogli fare un sacco di giri per le strade e i vicoli buie poi un lungogiro fra le isolema prima perquisitelo e

portategli via il gessoe non ridateglielo finché non sta per tornare alvillaggioche sennò lui fa un segno sulla zattera.

Fanno tutti così».

Io gli ho detto che facevo come diceva lui e me ne sono andatoe Jim avrebbedovuto nascondersi nel bosco

quando vedeva arrivare il dottoree restarci finché non andava via.

XLI • Saranno stati glispiriti

Il dottore era vecchio; quando l'ho chiamato mi è sembrato un vecchiosimpatico e dall'aspetto gentile. Gli ho

detto che io e mio fratello eravamo andati a caccia sull'Isola Spagnolaieripomeriggioe ci eravamo accampati su un

pezzo di zattera che avevamo trovatoe verso mezzanotte lui deve aver fattoun brutto sogno e ha dato un calcio al

fucileperché quello ha sparato e l'ha beccato nella gambae così noivolevamo che lui andasse a visitarlo e a sistemarlo

senza dire nientee senza parlarne con nessunoperché stasera vogliamotornare a casa e fare un sorpresa alla nostra

famiglia.

«E chi è la vostra famiglia?»

«I Phelpslaggiù».

«Oh»dice lui. E dopo un minuto dice: «Come hai detto che si èsparato?»

«Ha fatto un brutto sogno»dico io«e si è sparato».

«Strano sogno»fa lui.

Allora ha acceso il lumeha preso le sue borse e siamo partiti. Ma quandovede la canoa fa una smorfiadice

che è troppo grande per unoma per due non è abbastanza sicura. Io dico:

«Ohnon c'è da aver paurasignoreperché ci siamo stati facilmentetutti e tre».

«Perché tre?»

«Behio e Sid e... e... e ifucili; per questo ho dettotre».

«Oh»fa lui.

Ha messo il piede sul bordo e l'ha fatta dondolare un po'; poi scuote latesta e dice che preferisce prenderne una

più grossa. Ma erano tutte legate con catena e lucchettoe allora prende lamia e mi dice di aspettare il suo ritorno

oppure di andare a fare un giroe magari se ne ho voglia andare giù a casaa prepararli per la sorpresa. Ma io dico di no;

gli spiego dove trovare la zattera e lui parte.

Dopo un po' mi viene un'idea. Fra me e me mi dico che magari non riesce amettergli a posto la gamba subito

e che forse ci vogliono tre o quattro giorni. E allora che facciamo? Ce nestiamo qui ad aspettare che lui spiffera tutto?

Nossignorelo so io quello che faccio. Aspetto che lui tornae se dice chedeve vederlo un'altra voltaci vado anch'io

dovessi andarci a nuoto; e quando è lì lo prendiamo e lo leghiamoe ce loportiamo con noi lungo il fiume; e quando.105

Tom sta bene gli diamo quello che gli spettao magari tutto quello cheabbiamoe lo riportiamo a terra.

Così mi rifugio sotto una catasta di legna per dormire un po'e quando misveglio il sole è già alto sulla mia

testa! Schizzo via come una lippa verso la casa del dottorema mi dicono cheè uscito stanotte e non è ancora tornato.

Behpenso iosi mette male per Tomvado subito all'isola. E allora mi giroper andaree svoltato l'angolo incoccio

proprio in zio Silas! Mi dice:

«OhTom!Dove sei stato tutto questo tempobirbante!»

«Non sono stato da nessuna parte»dico io«sono andato solo a caccia delnegro che è scappato - io e Sid».

«Ma dove siete andati?»dice lui. «Tua zia era così preoccupata».

«Non doveva preoccuparsiche stavamo benissimo. Abbiamo seguito gli uominie i canima ci hanno staccati

e li abbiamo persi; abbiamo creduto di sentire che erano in acqua e alloraabbiamo preso una canoa per cercarlie

abbiamo anche traversato ma non li abbiamo trovati; abbiamo incrociato lungola riva finché ci siamo stancatie allora

abbiamo legato la canoa e siamo andati a dormiree ci siamo svegliati soloun'ora fae allora siamo venuti a riva a

sentire se c'è qualcosa di nuovoe Sid è andato giù all'ufficio postaleper avere notiziee io sto cercando qualcosa da

mangiare e poi torniamo a casa».

Così siamo andati all'ufficio postale a prendere "Sid"; macomesospettavolui non c'era; il vecchio ha ritirato

una lettera sua e abbiamo aspettato un altro po'ma Sid non è arrivato; ilvecchio mi ha detto di andare a casa con lui

che Sid sarebbe venuto per conto suo a piedi o in canoa quando si stancava digironzolaree noi potevamo andare col

carro. Non sono riuscito a convincerlo a farmi restare lì ad aspettare Sid;lui ha detto che era inutilee dovevo venire

subito per far vedere a zia Sally che tutto era a posto.

Quando siamo arrivati a casa zia Sally era così contenta di vedermi cherideva e piangeva nello stesso tempoe

mi abbracciava e mi dava anche un po' di quelle scuffie che di solito dàleie ha detto che Sid quando arriverà avrà

anche lui la sua parte.

La casa era piena di contadini e di mogli di contadini che si fermavano apranzoe facevano un pandemonio

tale che non ne ho mai sentito uno compagno. La vecchia Mrs. Hotchkiss era lapeggio di tutte; ci aveva una lingua che

non stava mai ferma. Dice:

«Sorella Phelpsquella capanna l'ho passata e ripassata ben bene e credoproprio che quel negro era pazzo. Ce

l'ho detto anche alla sorella Damrell - non è mica verosorella Damrell? -:è mattodico ioproprio così ci ho detto. Mi

avete sentito tutti: è mattodico io. Guardate 'sta macinadico io; mivolete dire perché una persona normale dovrebbe

scrivere su una macina tutte 'ste frasi senza senso? Con questo qui che ci hail cuore infrantoe quest'altro che sta lì per

trentasette anniche è il figlio naturale di Luigi vattelapescae altrescempiaggini di questo tipo. È matto da legaredico

io; lo dicoe lo ripeto mille voltequel negro è matto come neancheNabucodonosordico io».

«E guardate quella scala che ha fatto cogli straccisorella Hotchkiss»dice la vecchia Mrs. Damrell; «a che

diavolo gli poteva servire ...»

«Proprio quello che ho detto io un minuto fa a sorella Utterbackche ve lopuò dire anche lei. Lei mi fa

guardate 'sta scala di straccimi fa lei; sìdico ioguardatela benedico ioa che gli servivadico io. Sorella Hotchkiss

mi fa lei...»

«Ma come diavolo ha fatto a portare dentro quella macina? E chi ha scavatoquel cunicolo? Chi...»

«Proprio quello che ho detto iofratello Penrod. Stavo dicendo - passatemiquella tazza lì di melassaper

favore -stavo dicendo a sorella Dunlap proprio adessocome ha fatto aportare dentro quella macinadico io. Senza

aiutobadate bene - senza aiuto! Incredibile. Ahma a me non me la fanno!L'hanno aiutatodico ioe l'hanno aiutato in

tantidico io; saranno stati una dozzina ad aiutare quel negroma loscoprirò chi è stato dovessi spellarli vivi tuttie poi

dico io...»

«Una dozzinadite voi! Ma saranno stati quaranta a fare tutto quello chehanno fatto. Guardate quelle seghe coi

coltelli di cucina e tutte le altre cosee che pazienza hanno avuto;guardate la gamba del lettoche l'hanno segata con

quei così lì; e quel negro fatto colla paglia che stava nel letto; eguardate ...»

«Potete ben dirlofratello Hightower! È proprio quello che stavo dicendo afratello Phelpsproprio a lui. Che

cosa ne pensatesorella Hotchkiss?mi fa lui. Di che cosafratelloPhelps?dico io. Della gamba del letto segata a quel

modofa lui. Che ne penso?dico io. Scommetto che non si è segata da soladico io; l'ha segata qualcunodico io;

questo è come la penso iove la dico come la vedo ioche magari è unastupidagginema io la penso cosìdico ioche

se qualcuno ha un'idea migliore la tiri fuoridico ioquesto è tutto. Ciho detto a sorella Dunlap...»

«Sìperdianaogni notte per quattro settimane ci deve essere stata lacasa piena di negri per fare tutto quel

lavorosorella Phelps. Guardate quella camiciapiena in ogni parte di cosemagiche africane scritte col sangue!

Dovevano essere una banda intera a fare tutta 'sta roba. Behpagherei duedollari per sentirmeli leggere. E i negri che

l'hanno scritto li prenderei a frustate fino a che...»

«Ce ne aveva di gente ad aiutarlofratello Marples! Behdovevate esserequi in questa casa negli ultimi tempi.

Ci rubavano tutto quello che riuscivano a trovare - e sì che noi stavamo congli occhi aperti! Quella camicia ce l'hanno

rubata mentre era stesae il lenzuolo che hanno preso per fare quella scaladi stracci non potete immaginare quante volte

l'hanno fatto sparire! E poi farinacandelecandeliericucchiaiilvecchio scaldaletto e mille altre cose che adesso non

ricordoe il mio vestito nuovo di calicò; e sì che io e Silas e il mio Side il mio Tom stavamo sempre con gli occhi

aperti giorno e nottecome vi dicevoma non siamo riusciti a prenderli incastagna neanche una volta; e all'ultimo

momento - avete visto! - ci sono scappati sotto il naso e ci hanno beffatienon solo noi ma anche i banditi del Territorio

indianoe sono scappati col loro negro sano e salvoe tutto questo consedici uomini e ventidue cani alle calcagna. Ve.106

lo dico iouna cosa compagna non si è mai sentita. Neanche degli spiritipotevano essere più furbi e fare le cose meglio.

E per me dovevano essere proprio degli spiritiperché i nostri cani sono ingambae con tutto ciò non hanno trovato

neanche una traccia. Spiegatemi 'sta cosa se potetetutti quanti voi!»

«Behuna roba del genere...»

«Oh Signoremai e poi mai...»

«Dio mi salvi e liberinon avrei voluto...»

«Ladri e anche...»

«Per amor di Dioio avrei avuto paura a vivere con...»

«Pauradite voi! Behio ero così terrorizzata che non osavo andare alettoalzarmisdraiarmi o sedermi

sorella Ridgeway. Accidentipotevano rubare proprio...perbaccopotetecapire in che stato ero ieri sera quando è

arrivata mezzanotte. Ci avevo paura anche che rapivano qualcuno della miafamiglia! Ero arrivata a un punto tale che

non riuscivo più a ragionare. Sembra una cosa sciocca adessocolla luce delgiorno; ma io mi dicevo che i miei due

poveri ragazzi dormivano di soprain quella camera così solitariae vidico chiaro e tondo che ero così nervosa che

sono salita e li ho chiusi dentro a chiave! Proprio così. L'avrebbe fattochiunque. Perchécapitequando si è così

spaventati - e la cosa va avanti e peggiora col passare del tempo - allora latesta ti va tutta in confusione e fai le cose più

pazzee ti viene in mente che sopra ci sono i tuoi ragazzi e la porta non èchiusa a chiave e tu...». Si interrompe colla

faccia stranitapoi gira la testa lentamente e quando i suoi occhi si posanosudi me... io mi alzo e vado a fare una

passeggiata.

Mi dico fra me e me che se esco e mi metto un po' a studiare la cosapoiriesco a spiegare come mai stamattina

non eravamo in camera. Faccio cosìma non oso allontanarmi troppoperchésennò manda qualcuno a cercarmi. E

quando è pomeriggio tardie se ne sono andati tuttiio rientro e ciracconto che il rumore e gli spari hanno svegliato me

e "Sid "ma la porta era chiusa a chiave e allora siamo scesi peril parafulminee così ci siamo fatti un po' malee

quindi non lo facciamo più. E poi le ho contatotutto quello che avevo giàdetto a zio Silas; e allora lei ha detto che ci

perdonavae magari non c'era neanche niente di male in quello che abbiamofattoche dai ragazzi c'è da aspettarsi di

tuttoperché lei sa per esperienza che i ragazzi sono tutti un po' discoli;e quindisiccome non si è fatto male nessuno

lei era contenta che eravamo vivi e stavamo benee quello che è stato èstato. Poi mi ha baciato e mi ha carezzato la

testae per un po' è rimasta zitta; ma all'improvviso salta su a dire:

«Santo cieloè quasi notte e Sid non è ancora tornato! Che sarà successoal ragazzo?»

Io prendo la palla al balzo e faccio:

«Vado in città a prenderlo»dico io.

«Notu no»dice lei. «Tu rimani dove sei; se n'è perso già uno. Se acena non è ancora tornatoandrà tuo zio».

Beha cena non è tornato; e così subito dopo cena lo zio è uscito.

E tornato verso le dieciun po' inquieto; non aveva trovato traccia di Tom.Zia Sally era molto inquietama zio

Silas ha detto che non era il caso - i ragazzi sono ragazziha dettoe celo vedremo tornare domattina sano e salvo.

Doveva stare tranquilla. Però lei ha detto che comunque rimaneva un po'alzata ad aspettarlo tenendo la luce accesa

così che lui poteva vederci meglio.

Poiquando io sono salito a lettolei è venuta con me portando unacandelae mi ha rimboccato le coperte e mi

ha coccolato così tanto che io mi sentivo un vermee non riuscivo aguardarla in faccia; e si è seduta sul letto a

chiacchierare con me per un mucchio di tempoe a dirmi che splendido ragazzoera Side sembrava che non aveva mai

voglia di smettere; e ogni tanto mi domandava se pensavo che poteva perdersio farsi male o magari annegaree che

forse in quel momento era da qualche parte che soffrivao era mortoe leiche non poteva far niente per aiutarloe così

si metteva a piangeree io a dirci che Sid stava benissimoe che lamattina sarebbe stato di sicuro a casa; e allora lei mi

stringeva la manoe magari mi baciavae mi diceva di ripeterloe dicontinuare a dirceloperché gli faceva così bene

sentirloche era tanto preoccupata. E andandosene mi fissa negli occhicollo sguardo buono e gentilee mi dice:

«La porta non la chiudo a chiaveTom; c'è la finestra e il parafulminematu fa' il bravod'accordo? Mi

prometti che non andrai? Che lo farai per me?».

Dio solo sa quanta voglia avevo di andare a cercare Tom - ed ero decisissimo-ma dopo quelle parole non

sarei andato per tutto l'oro del mondo.

Pensavo a lei e pensavo a Tome quindi ho dormito agitato. Due volte sonosceso per il parafulmine e sono

andato a vedere la facciata della casae lei era lì seduta alla finestracolla candela accesa e gli occhi fissi alla strada e la

faccia piena di lacrime; volevo fare qualcosa per leima non potevoeallora ho giurato che non avrei fatto più niente

che poteva fargli dispiacere. E la terza volta che mi sono svegliato e sonosceso giùall'albalei era ancora lìcolla

candela quasi consumata e la vecchia testa grigia appoggiata alla manochedormiva.

XLII • Perché non hannoimpiccato Jim

Il vecchio è andato di nuovo in città prima di colazionee non è riuscitoa trovare traccia di Tom; lui e la

moglie si sono seduti a tavola senza dire nientecon una faccia da funeralecol caffè che si faceva freddo e loro che non

mangiavano niente. E dopo un po' il vecchio dice:

«Ti ho dato la lettera?».107

«Quale lettera?»

«Quella che ho ritirato ieri all'ufficio postale».

«Nonon mi hai dato nessuna lettera».

«Behdevo essermene scordato».

Dopo che si è frugato nelle taschesi è alzato per andarla a prendere dovel'aveva lasciatal'ha presa e gliel'ha

data. Lei dice:

«Ma viene da St. Petersburg! È di mia sorella».

Ho pensato che un'altra passeggiata poteva farmi beneperò non sonoriuscito a muovermiperché zia Sally ha

visto qualcosa ed è uscita di corsae la lettera gli è cascata di manoprima di aprirla. Ho visto anch'io cos'era. Era Tom

Sawyer sdraiato su un materassocon quel vecchio dottoree Jim col suovestito di calicò e le mani legate dietroe una

folla di persone. Io ho nascosto la lettera dietro la prima cosa che mi ècapitata a tiroe sono corso fuori. Lei si è buttata

su Tom piangendo e ha detto:

«Ohè mortoè mortolo so che è morto!».

Tom ha girato un po' il capo e ha borbottato qualcosache si è capito cheera fuori di testae allora lei ha

gettato in alto le braccia e ha gridato:

«È vivograzie a Dio! Questo mi basta!»e allora gli ha dato un bacio esi è precipitata in casa a preparargli un

letto e a sparare ordini che pareva una mitragliaa ogni passo che facevaadestra e a mancaai negri e a tutti gli altri.

Io ho seguito gli uomini per vedere che intenzioni avevano per Jim; e ilvecchio dottore e zio Silas hanno

seguito Tom in casa. Gli uomini ce l'avevano su con Jime alcuni lo volevanoimpiccare per dare un esempio a tutti gli

altri negri del postoche così non cercavano di scapparee per aver fattotutto quello sconquasso e avere spaventato a

morte per giorni e notti un'intera famigliaMa altri dicevano di non farloche non serviva a nientee non è un nostro

negroche se poi salta fuori il padrone dobbiamo pure pagarcelo. Allora sisono calmati un po'perché quelli che più

smaniano per impiccare un negro che non è stato bravo sono anche quelli chemeno hanno voglia di pagarlo dopo che

hanno avuto soddisfazione in quel modo.

Però gli hanno tirato un sacco di accidentia Jime ogni tanto gli davanouna sberla o due sulla testae Jim non

diceva nientee non lasciava capire che mi conoscevae allora l'hannoportato alla capannagli hanno messo addosso i

suoi vestiti e l'hanno incatenato di nuovoperò questa volta non alla gambadel lettoma a un grosso anello che avevano

piantato al tronco più basso della parete e gli hanno incatenato tutt'e duele gambe e anche le manie hanno detto che

dopo quello che aveva fatto gli davano da mangiare solo pane e acqua finchénon arrivava il suo padroneoppure lo

vendevano all'asta se lui non veniva a prenderselo entro un certo periodoesi sono installati da noie hanno detto che

un paio di contadini avrebbero fatto la guardia ogni nottee di giornoavrebbero tenuto un mastino legato alla porta; e

quando hanno finito di fare tutte 'ste cose e se ne stanno andando tirando unpo' di moccoli come saluto a tuttiil

vecchio dottore viene a dare un'occhiata e fa:

«Con lui non siate più duri del necessarioperché non è un cattivonegro. Quando sono arrivato dov'era il

ragazzoho visto che non potevo togliere la pallottola se non c'era qualcunoad aiutarmiperò lui era in condizioni tali

che non potevo andare a cercare aiuto; e continuava a peggiorare a poco apocoe dopo un po' ha cominciato a delirare

e non voleva che gli andassi vicino e mi diceva che se segnavo la zattera colgesso lui mi ammazzavae un mucchio di

stupidaggini del generee io vedevo che da solo non riuscivo a fare niente;così ho detto forte che avevo bisogno di

aiutoe nel momento che ho detto questo ecco che salta fuori questo negro daqualche parte a dirmi che mi aiuta luie lo

ha fattoe anche molto bene. Naturalmente ho capito che lui doveva esserescappatoma io ero lì in un bel pasticcioe

sono dovuto restare lì per tutto il resto del giorno e della notte. Ero inun bel pasticcioposso dirvelo! Avevo un paio di

malati con le febbri e naturalmente volevo correre in città a vederlimanon sono andato via perché il negro poteva

scappare e allora davano la colpa a me; e non ho potuto chiamare nessunoperché non è passata nessuna barca. Così

sono dovuto restare lì fino all'alba di stamattinae non ho mai visto unnegro più buono e più fedelee pensare che per

farlo rischiava la libertàed era anche stanchissimoe si vedevachiaramente che negli ultimi tempi aveva faticato

parecchio. Mi è piaciuto questo negro; e io vi dicosignoriche un negrocome questo vale mille dollarie merita che lo

trattiamo bene. Da lui ho avuto tutto quello che mi servivae il ragazzo èstato curato come a casa suae anche meglio

perché c'era tanta tranquillità; ma io ero bloccato lìcon quei duee cisono dovuto restare fino all'alba di stamattina;

allora sono passati degli uomini con una barcae per fortuna il negro eraseduto sul pagliericcio con la testa appoggiata

alle ginocchia e dormiva profondamente; allora io gli ho fatto cenno divenire e loro gli sono andati vicino senza far

rumoree l'hanno preso e legato prima che capisse che cosa stava succedendoe non ci ha dato grane. E siccome anche

il ragazzo era in una specie di dormivegliaabbiamo fasciato i remi e legatola barca alla zatterache così l'abbiamo

trainata in silenzioe mai che il negro abbia fatto chiasso o detto unaparola. Non è un negro cattivosignori; questo è

quello che penso di lui».

Qualcuno dice:

«Behquesto è bellodottoredevo proprio dirlo».

E allora anche gli altri si sono calmati un po'e io ero molto grato a quelvecchio dottore che aveva parlato così

bene di Jim; ed ero anche contento che lui la pensava come meperché findal primo momento che l'ho visto ho capito

che in lui c'era un buon cuore ed era un uomo buono. Allora tutti hanno dettoche Jim aveva agito molto beneed era

giusto che si sapesse e che avesse una ricompensa. E tutti hanno promessosubito e con tutto il cuoreche non gli

dicevano più le male parole.

Poi se ne vanno e lo rinchiudono. Speravo che a loro gli veniva in mente ditirargli via qualcuna delle catene.108

perché erano pesanti assaioppure di dargli anche carne e verdurae nonsolo pane e acquama non hanno detto niente e

io ho pensato che era meglio se non mi immischiavoma ho deciso che prima opoi racconto a zia Sally quello che ha

detto il dottoredopo che sono riuscito a tirarmi fuori dai casini che miaspettano. Infatti gli devo spiegare come ho

potuto dimenticarmi di dirgli che Sid era stato ferito da uno sparo quandogli ho raccontato che eravamo andati in canoa

a cercare il negro fuggiasco.

Ho avuto un sacco di tempo per pensare a quello che dovevo direperché ziaSally è rimasta ad assistere Tom

giorno e nottee tutte le volte che vedevo gironzolare zio Silas me lasvignavo.

La mattina dopo ho sentito che Tom stava molto meglio e zia Sally era andataa fare un sonnellino. Cosi vado

nella camera di Tomche se lo trovo sveglio possiamo inventare una storia dafar bere alla famiglia. Ma lui dormivaed

era molto tranquilloed era pallido e non colla faccia in fiamme come quandoè tornato. Così mi siedo e aspetto che si

sveglia. Dopo circa mezz'ora entra zia Sallye io sono in pieno nei casini!Lei mi fa segno di fare piano e si siede vicino

a me e comincia a bisbigliarmi che ora dobbiamo essere tutti feliciperchéi sintomi vanno benissimoed è tanto tempo

che lui dorme pacifico in quella manierae l'aspetto continua a miglioraree c'è da scommetterci che quando si sveglia è

andato a posto anche colla testa.

Così restiamo lì ad assisterloe dopo un po' lui si stiraapre gli occhitranquillissimo come se non fosse

successo nienteguarda in giro e fa:

«Oheccoci a casa! Come mai? Dov'è la zattera?»

«Tutto sistemato».

«E Jim?»

«Anche lui»dico ioma non lo dico molto convinto. Lui però non se neaccorge e dice:

«Bene! Splendido! Allora tutto è a posto e noi siamo al sicuro! L'hai dettoalla zia?»

Stavo per dire di sìma lei m'interrompe e chiede:

«Che cosaSid?»

«Che abbiamo tirato in piedi noi tutta la faccenda».

«Quale faccenda?»

«Mahtutta questa storia qui. Per farla breve: siamo stati noi a liberareil negro fuggiasco - io e Tom».

«Santo cielo! Liberare il negro... Ma che cosa dice il ragazzo? È di nuovofuori di testa!».

«No! Io non sono fuoridi testa! So quello che dico.L'abbiamo liberato noi - io e Tom. Abbiamo fatto un piano

e l'abbiamo liberato. E l'abbiamo fatto proprio bene». Oramai era partitoelei non l'interrompevastava solo lì seduta a

guardarlo cogli occhi aperti e lo lasciava parlaree io capivo che erameglio se non ci mettevo becco. «Ma sìziaci è

costato una fatica del diavolo per settimane... ore e orementre voidormivate tutti. Abbiamo dovuto rubare le candeleil

lenzuolola camiciail tuo vestitoi cucchiaii piatti di stagnoicoltelli da cucinalo scaldalettola macinala farina e

un mucchio di cose a non finiree non puoi immaginare che lavoro è statofare le seghele pennele iscrizioni e tutto il

restoma non puoi neanche immaginare come ci siamo divertiti! Abbiamo dovutoanche fare i disegni delle bare e delle

altre cose e le lettere "nonime" dei banditicontinuare a scenderee salire per il parafulminescavare il cunicolo nella

capannafare la scala di corda e mandarla dentro nella tortae mettertinella tasca del grembiule i cucchiai e le altre cose

per lavorare...»

«Misericordia!»

«... e fare entrare nella capanna un sacco di topiserpenti e altre bestieper fare compagnia a Jim; e invece tu

hai tenuto qui Tom per tanto tempo col burro dentro il cappello che a momentirovinavi tuttoperché gli uomini sono

arrivati prima che noi siamo usciti dalla capanna e allora abbiamo dovutoscappare di corsama loro ci hanno sentiti e ci

hanno sparato e io ho avuto la mia partema noi abbiamo abbandonato ilsentiero e li abbiamo lasciati passaree quando

sono arrivati i cani non ci hanno fatto niente perché sono corsi dove c'erapiù chiassoe allora noi abbiamo preso la

canoasiamo andati alla zattera e così ci siamo salvati e Jim era libero...E abbiamo fatto tutto da solizianon siamo

stati in gambissima?»

«Mamma mianon ho mai sentito una cosa compagna da quando sono nata! Allorasiete stati voipiccoli

mascalzonia fare tutto 'sto sconquassoe a fare impazzire tutti e aspaventarci a morte. Mi sento prudere le mani così

tanto che avrei voglia di fare subito i conti con voi. Se penso che sonostata qui una notte dopo l'altra a... Guarisci

piccolo farabuttoche dopo vi faccio blu in quel posto - a tutti e due!».

Ma Tom era così orgoglioso e felice che non riusciva a trattenersi econtinuava a parlare - e lei che s'infuriava

sempre di piùche pareva mandare fiamme da tutta la facciae tutti e duevolevano parlare nello stesso momentoche

sembrava un concerto di gatti. Lei dice:

«Behtu cerca di goderti il divertimento adessoperché se ti trovo ancorauna volta a mettere il naso in questa

storia ...»

«A mettere il naso?»fa Tom colla faccia sorpresae adesso non sorridepiù.

«Sì a mettere il naso in questa faccenda del negro fuggiasconaturalmente.A che cosa pensavi?».

Tom mi guarda colla faccia seria e dice:

«Tomnon mi hai appena detto che adesso tutto è sistemato? E lui non sen'è andato per i fatti suoi?».

«Lui?»dice zia Sally;«vuoi dire il negro fuggiasco? No. L'hanno ripreso sano e salvo e l'hannorimesso nella

capanna a pane e acqua bene incatenatofinché non c'è qualcuno che loreclama o qualcuno che lo compra!».

Tom si alza di colpo sul lettocon gli occhi che mandano lampi e il respiroaffannato che pareva un manticee

mi urla:.109

«Non hanno nessun diritto di tenerlo chiuso! Corri!... E non perdere unminuto. Scioglilo e liberalo! Lui non è

più uno schiavo; è libero come qualunque creatura che cammina sullaterra!»

«Ma che cosa sta dicendo questo ragazzo?»

«Te lo ripetozia Sallye se non va nessunoci vado io. Jim lo conoscobenissimoe lo conosce anche Tom. La

vecchia Miss Watson è morta due mesi fae si era vergognata che avevaparlato di venderlo nel Sudcosì nel testamento

ha scritto che lo liberava».

«E allora perché diavolo lo volevi liberarevisto che era già libero?»

«Che domanda... proprio una domanda da donne! Perché volevo avere un'avventurae avrei nuotato nel sangue

per... accidenti! ZIA POLLY!».

Che mi venga un colpo se non era proprio leiappena dentro la portacollafaccia dolce e soddisfatta che

sembrava un angelo che si è appena rimpinzato di torta!

Zia Sally gli salta al colloe gli stacca quasi la testa piangendoe io mitrovo un posticino tranquillo sotto il

lettoperché ci avevo proprio l'impressione che l'aria si stava facendobrutta per noi. Do un'occhiata fuori e dopo un po'

vedo zia Polly che si libera dalle braccia di sua sorella e si mette aguardare fisso Tomal di sopra degli occhialiche

sembra che lo vuole fulminare. Poi dice:

«Sìfai bene a girare la testa... Lo farei anch'io al tuo postoTom».

«Santo cielo!»dice zia Sally; «è così cambiato che non lo riconosci?Questo non è Tomè Sid. Tom... Tom...

dov'è Tom? Era qui un minuto fa».

«Volevi dire "dov'è Huck Finn?"è questo che volevi dire. Crediche non so riconoscere Tom quando lo vedo...

io che ho tirato su questo manigoldo per tutti questi anni? Questa è bella!Vieni fuori da sotto il lettoHuck Finn».

Io sono uscito. Mi sentivo un po' a terra.

Zia Sally aveva l'aria della persona più scombussolata che io abbia maivistoma ancora più di lei ce l'aveva

zio Silasquando entra e gli raccontano tutta la storia. Si poteva propriodire che pareva sbronzoe per tutto il resto della

giornata è rimasto con un'aria svanitae alla riunione religiosa di quellasera ha fatto un sermone che gli ha dato una

reputazione grandissimaperché nessuno ci ha capito niente. E allora ziaPolly ha detto a tutti chi ero e che facevo; e io

ho dovuto spiegare che ero in una situazione così difficile quando Mrs.Phelps mi ha preso per Tom Sawyer - ma in quel

momento lei mi ha interrotto e mi ha detto: «Ohcontinua a chiamarmi ziaSallyormai ci sono abituata e non c'è

bisogno di cambiare le cose» -behche quando zia Sally mi ha preso perTom Sawyer io non ho potuto far altro che

star zitto; non c'era altro modoe io sapevo che a lui non gli dispiacevaanzi per quelle cose lui ci andava mattoperché

era un intrigoe lui faceva in modo di tirarci fuori un'avventura e quindiera soddisfattissimo. Infatti è andata proprio

cosìe a lui gli è venuto in mente che poteva dire che era Side mi harisolto quel problema.

Zia Polly ha detto che Tom aveva ragione a dire che Miss Watson aveva scrittonel testamento che liberava

Jime quindi Tom Sawyer aveva fatto tutto quel guazzabuglio per liberare unnegro libero! E pensare che fino a un

momento prima io non riuscivo a capire come luicol tipo di educazione cheaveva ricevutopoteva aiutare qualcuno a

liberare un negro.

Poi zia Polly ha detto che quando zia Sally gli ha scritto che Tom e Siderano arrivati sani e salvilei si era

detta:

«Guardaguarda! Dovevo aspettarmelo quando gli ho dato il permesso dipartire cosìsenza nessuno a

sorvegliarlo. Adesso devo prendermi su la mia roba e scendere per tutto ilfiume - millecento miglia - per scoprire che

cosa ha combinato stavolta questo gaglioffovisto che alle mie lettere nonriuscivo ad avere una risposta».

«Ma io non ho mai ricevuto lettere da te»dice zia Sally.

«Strano! Ti ho scritto due volte per chiederti che cosa intendevi quandoparlavi di Sid».

«Io non le ho mai ricevutesorella».

Zia Polly si gira lentamente con uno sguardo severo e fa:

«Tom!»

«Sìche cosa c'è?»dice lui colla faccia da schiaffi.

«Non parlarmi cosìsfacciato... tira fuori le lettere».

«Quali lettere?»

«Le lettere. Giuro che semi capiti fra le mani ...»

«Sono nel bauletutto qui. E sono proprio come quando le ho ritirateall'ufficio postale. Non le ho mica

guardatee non le ho neanche toccate. Però sapevo che potevano creareconfusione e allora ho pensato che se non avevi

premura io ...»

«Dovrei pelarti vivonon c'è dubbio su questo. E te ne ho anche scrittaun'altra per dirti che stavo arrivando;

immagino che lui ...»

«Noquesta è arrivata ieri; non l'ho ancora lettaperò questa qui cel'ho».

Volevo scommettere due dollari che non era veroma ho pensato che magari erapiù prudente non farlo. E

allora non ho detto niente.

Non c'è più niente da scrivere.110

La prima volta che ho beccato Tom da solo gli ho domandato che idea aveva almomento dell'evasionecioè

che cavolo aveva in mente di fare se l'evasione andava bene e lui riusciva aliberare un negro che era già libero. Lui mi

ha detto che quello che ci aveva in testa fin dall'iniziose tiravamo fuoriJim sano e salvoera di scendere con la zattera

lungo il fiume per avere delle avventuree poiquando arrivavamo alla focedirgli che era libero e riportarlo a casa su

un battello a vapore facendo una grande scena e pagandogli il tempo che avevaperdutoma prima scrivere del suo

ritorno per far venire tutti i negri della zonae farli entrare con lui incittà con le torce e la bandache allora lui sarebbe

stato visto come un eroee anche noi. Io però pensavo che anche così eraandata bene.

In un attimo gli abbiamo fatto togliere le catenee quando zia Polly e zioSilas e zia Sally hanno saputo

com'era stato bravo ad aiutare il dottore a curare Tomgli hanno fatto unsacco di festee l'hanno trattato come un

principee gli hanno dato da mangiare tutto quello che volevae volevanoche se la spassava e che non ci aveva niente

da fare. Noi l'abbiamo fatto andare nella camera di Tom per farci unachiacchierata come si devee Tom gli ha dato

quaranta dollari per essere stato un prigioniero così paziente e aver fattotutto così benee Jim era contento da morire e

allora sbotta fuori a dire:

«AlloraHuckche cosa vi avevo detto? Che cosa vi avevo detto làsull'Isola di Jackson? Vi ho detto che ho il

petto peloso e che cosa voleva dire; vi ho detto che una volta sono statoricco e che sarò ricco un'altra volta; e questo è

avvenutoecco qua! Sicuroi segni sono segnie io lo sapevo che diventavoancora riccoproprio come ora sono qui

con voi!».

E Tom ha continuato a parlare e parlaree ha detto che una di queste nottiscappiamo tutt'e treci procuriamo la

tenuta che ci vuole che così possiamo avere delle meravigliose avventure fragli indianilì nel Territorio indianoper un

paio di settimane o un mese; io dico che mi va benema non ci ho soldi percomprare la tenutae credo che da casa mia

non ne avrò mai perché è probabile che papà è tornato e se li è fattidare dal giudice Thatcher e ormai se li è bevuti tutti.

«No»dice Tom«sono ancora tutti lì - seimila dollari e più -; e iltuo papà non è più tornato da allora. Almeno

non era tornato quando sono venuto via io».

Jim dicecon voce solenne:

«Non tornerà piùHuck».

Io dico:

«PerchéJim?»

«Non importaHuck - ma lui non tornerà più».

Ma io ho insistito e lui alla fine ha detto:

«Ricordate la casa che galleggiava sul fiumeche dentro c'era un uomocopertoe io sono andato dentro e l'ho

scoperto e vi ho detto di non andare dentro? Behpotete andare a prendere ivostri baiocchi quando voleteperché era

lui».

Adesso Tom sta bene e ha la pallottola intorno al collo attaccata alla catenadell'orologioe continua a guardare

che ora èe adesso non c'è più niente da scrivere e io sono propriocontentoche se sapevo quanto era rognoso scrivere

un libro non ci provavo neanchee comunque è l'ultima volta che lo faccio.Però credo che andrò nel Territorio indiano

prima degli altriperché zia Sally ha intenzione di adottarmi ecivilizzarmi e io una cosa così non la posso sopportare.

Ci ho già provato una volta.




Google