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MICHELE KOHLHAAS di Heinrich von Kleist.
(Da una vecchia cronaca)
Lungo le rive della Havel vivevaverso la metà del sedicesimo secolo
un mercante di cavallichiamato Michele Kohlhaasfiglio di un
maestro di scuola: uno degli uomini più onesti e insieme più
spaventosi del suo tempo. Quest'uomo fuori dell'ordinario sarebbe
potuto passare fino al suo trentesimo anno come il modello del buon
cittadino. Aveva una fattoriain un villaggio che porta ancora oggi
il suo nomee ci viveva pacificamentecon i frutti del suo lavoro; i
bambini che sua moglie gli aveva dato li tirava su nel timore di Dio
laboriosi e leali; non c'era uno dei suoi vicini che non avesse
provato i benefici della sua generositào della sua giustizia; il
mondoin breveavrebbe dovuto benedirne la memoriase non avesse
ecceduto in una virtù. Il senso di giustiziainfattifece di lui un
brigante e un assassino.
Un giorno egli era diretto oltre il confinecon un branco di cavalli
giovanitutti lucidi e ben pasciutie rifletteva per l'appunto su
come avrebbe impiegato il guadagno che sperava di ricavarne nei
mercati (un po'da buon massarolo avrebbe investitoperché
fruttasse a sua voltama un po'anchese lo sarebbe goduto
all'istante)quando arrivò all'Elbae qui si imbatténei pressi di
un maestoso castelloin territorio sassonein una barriera che prima
di allora non aveva mai trovato su quella strada. Fermò i cavalli
mentre proprio in quel momento si scatenava un acquazzonee chiamò il
cantoniereche non tardòcon viso burberoad affacciarsi alla
finestra. Il mercante di cavalli gli disse di aprire.
"Che novità è questa?"chiesequando il gabellieredopo un belpo'
di tempouscì dalla casa.
"Privilegio signorile"rispose questiarmeggiando con laserratura
per aprire"concesso al barone Venceslao di Tronka".
"Ah"fece Kohlhaas"il barone si chiama Venceslao?"erimirò il
castelloche dominava i campi con i suoi merli scintillanti. "E'
morto il vecchio signore?".
"Mortogli ha preso un colpo"rispose il gabellieree alzòl'albero
che faceva da sbarra.
"Hmpeccato!"aggiunse Kohlhaas. "Un degno signoreilvecchioche
aveva piacere a intrattenersi con la gentee tutte le volte che
poteva dava una mano ai traffici e ai commerci; una volta fece
costruire un argine di pietre perchélà dietrodove la strada sbocca
nel villaggiouna delle mie cavalle si era spezzata una gamba.
Dunquequanto devo?"domandò; e cominciò a tirare fuori con fatica
da sotto il mantello sbattuto dal ventoi soldi che il gabelliere gli
aveva chiesto.
"Sìvecchio mio"aggiunse ancoradal momento che quellobrontolava
"Svelto! Svelto!"e imprecava contro il maltempo: "Sel'albero se ne
fosse rimasto nel boscosarebbe stato meglioper me e per voi". E
così dicendogli diede il denaro e fece per proseguire. Ma non era
nemmeno arrivato sotto la stangache già un'altra voce gli urlava
dietro "Alto làsensale!"dalla torre di guardia; e lui vide il
castaldo sbattere una finestra e precipitarsi verso di lui.
"Be'che novità è questa?"si domandò Kohlhaas fra séfermandosi
con i suoi cavalli. Il castaldo arrivòallacciandosi ancora il
panciotto sulla figura corpulentaepiantato di traverso contro le
raffiche di ventochiese il lasciapassare. "Lasciapassare?"chiese
Kohlhaas. E disseun po' confusocheper quanto ne sapessenon
l'aveva: ma se solo avessero voluto descriverglibontà divinache
specie di roba eraquel lasciapassaremagari poteva anche darsi che
per caso lo avesse.
Il castaldoguardandolo stortoreplicò chesenza un permesso
scritto del sovranoa nessun sensale era permesso di superare il
confine con i suoi cavalli. Il sensale assicurò che per diciassette
voltenel corso della sua vitaaveva passato il confine senza un
permesso simile; e che lui conosceva perfettamente tutte le
disposizioni sovrane che riguardavano la sua attività; non poteva
trattarsidunqueche di un errore; pregavaperciòche volessero
ripensarcie non trattenerlo ancora laggiù senza ragionevisto che
la sua giornata di viaggio era assai lunga. Ma il castaldo ribatté che
la diciottesima non l'avrebbe fatta francache proprio per questo era
stata recentemente emanata quella nuova ordinanzae chese non si
fosse procurato lì per lì il lasciapassareavrebbe dovuto
ritornarsene di dove era venuto. Il mercanteche cominciava a
irritarsi per quelle estorsioni illegaliscesedopo una breve
riflessioneda cavallolo affidò a un servoe disse che ne avrebbe
parlato di persona con il barone di Tronka. E salì infatti al
castello; il castaldo gli andò dietroborbottando di affaristi
spilorci e di giusti salassi; emisurandosi a vicenda con lo sguardo
i due entrarono insieme nella sala.
Il barone stava bevendo in mezzo a un'allegra brigata di amicie una
facezia aveva appena fatto esplodere fra loro un'interminabile risata
quando Kohlhaas gli si avvicinò per fargli le sue rimostranze. Il
barone gli chiese che cosa volesse; i cavalieriquando videro lo
sconosciutoammutolirono; ma non appena questi ebbe iniziato a
esporre le sue richiesteriguardo ai cavallitutta la brigata saltò
sugridando "Cavalli? Dove sono?"e corse alle finestre per
guardarli. Quando videro quella splendida mandriascesero di corsa
su proposta del baronenel cortile; la pioggia era cessata; il
castaldoil fattorei servi si radunarono intorno a loroe tutti
passarono in rassegna gli animali. Uno lodava il sauro fulvo con la
macchia biancaa un altro piaceva il baioil terzo accarezzava il
pomellato a macchie gialle e nere; e tutti dicevano che quei cavalli
sembravano dei cervie in tutto il paese non se ne allevavano di più
belli. Kohlhaas ribatté allegramente che i cavalli non erano migliori
dei cavalieri che li avrebbero montati; e li invitò a comperare. Il
baronemolto attirato dal poderoso stallone saurogli chiese il
prezzo; il fattore gli consigliò di acquistare un paio di morelli che
pensava di poter utilizzare nei lavori agricoliperché cavalli ce
n'erano pochi; maquando il sensale tirò fuori i prezzii cavalieri
li trovarono troppo carie il barone disse chese pretendeva tanto
per quelle bestiedoveva cavalcare fino alla Tavola Rotondae andare
alla ricerca di Re Artù.
Kohlhaasvedendo il castaldo e il fattore bisbigliare tra loroe
lanciare ai morelli delle occhiate eloquentifeceper un oscuro
presentimentodi tuttoperché si tenessero quei due animali. Disse
al barone: "Signorei morelli li ho acquistati sei mesi faper
venticinque fiorini d'oro; datemene trentae li avrete". Due
cavalieri che stavano vicino al barone dissero apertamente che i
cavalli li valevano sicuramente; ma il barone dichiarò che era
disposto a spendere per il saurocasomainon per i morellie fece
per andarsene. Allora Kohlhaas disse che forse avrebbe concluso un
affare con lui la prossima voltaquando fosse ripassato con i suoi
cavalluccifece al barone i suoi rispettie afferrò le briglie della
sua cavalcaturaper ripartire. Ma in quel momento il castaldo uscì
dal crocchiodicendo che senza un lasciapassarel'aveva sentitonon
avrebbe potuto andarsene.
Kohlhaas si giròe chiese al barone se fosse proprio vera quella
faccendache rovinava tutta la sua attività. Il barone risposecon
aria imbarazzataallontanandosi: "SìKohlhaasdevi procurarti il
lasciapassare. Parlane con il castaldoe va' per la tua via".
Kohlhaas gli assicurò che non aveva nessuna intenzione di eludere le
ordinanze sull'esportazione dei cavalliqualsiasi fosseropromise
chepassando da Dresdasarebbe andato a prendere il lasciapassare
alla Cancelleriae lo pregò di lasciarlo passare solo per quella
voltavisto che non aveva saputo proprio niente di una richiesta di
quel genere.
"E va bene!"disse il baronementre il temporaleproprio in quel
momentoriprendevae il vento sibilando gli passava da parte a parte
le membra rinsecchite. "Lasciate andare questo poveraccio.Venite!"
disse rivolto ai cavalierisi girò e si accinse a rientrare al
castello. Il castaldorivolto al baronedisse che il mercante doveva
almeno lasciare un pegnoper essere certi che andasse a ritirare il
documento. Il barone si fermò di nuovosotto il portone del castello.
Kohlhaas chiese quale valorein denaro o in oggettidovesse
lasciarecome pegno per i morelli. Il fattoremasticando le parole
nella barbadisse che poteva lasciare per l'appunto i morelli.
"Sicuro"disse il castaldo; "è la cosa più conveniente;quando ha
ritirato il lasciapassarepuò venire a riprenderseli in qualsiasi
momento".
Kohlhaassconcertato da una richiesta così sfacciatadisse al
baroneche si stringeva addosso intirizzito il giustacuoreche i
morelli li voleva vendere. Ma questimentre in quell'attimo una
raffica lanciava attraverso il portone uno scroscio di pioggia mista a
grandinegridòper mettere fine alla cosa: "Se non vuol mollare i
cavalliributtatelo al di là dello sbarramento"e se ne andò. Il
sensalerendendosi conto che doveva pur cedere alla violenzadecise
di accogliere la richiestavisto che non gli rimaneva altro da fare;
sciolse i morellie li portò in una stalla indicatagli dal castaldo.
Lasciò con le bestie un servogli diede del denarogli raccomandò di
tenere ben d'occhio i cavalli fino al suo ritornoe proseguìcon il
resto della mandriail suo viaggio verso Lipsiadove voleva andare
alla fiera; rimuginandoincertofra sé e sése forsealla finein
Sassonia non potesse essere stato emanato un tale ordineper
proteggere qualche nuovo allevamento di cavalli.
A Dresdadove possedevanei sobborghiuna casa con alcune stalle
perché quella era la base dei suoi commerci sui mercati minori della
regioneandò subitoappena arrivatoalla Cancelleria; e qui venne a
sapere dai consiglierialcuni dei quali conoscevachecome aveva
sospettatoin realtàfin dal primo momentola storia del
lasciapassare era inventata di sana pianta. Kohlhaasdopo che i
consigliericontrovogliagli ebbero rilasciatosu sua richiesta
una dichiarazione scritta che ne attestava l'infondatezzasorrise
allo scherzo dell'allampanato baroneanche se non capiva ancora bene
a che cosa avesse potuto mirare; evenduto con soddisfazionepoche
settimane dopoil branco di cavalli che aveva con sésenza portarsi
ormai dietro più amarezza se non quella sulla generale miseria del
mondofece ritorno al castello di Tronka.
Il castaldoal quale mostrò la dichiarazionenon aggiunse parola
sull'argomento; e quando il sensale gli chiese se ora poteva riavere i
cavallirispose che scendessee andasse a prenderseli. Ma già
attraversando il cortile Kohlhaas ebbe la spiacevole sorpresa di
venire a sapere che il suo servosolo pochi giorni dopo essere stato
lasciato nel castelloper il suo contegno sconvenientea quanto
dicevanoera stato bastonato e cacciato via. Al ragazzo che gli aveva
dato la notizia Kohlhaas chiese che cosa avesse fattoe chi si fosse
occupatonel frattempodei cavalli; al che il ragazzo rispose di non
saperlomentre apriva davanti a luiche aveva già il cuore pieno di
presentimentila stalla in cui si trovavano. Quale fu però il suo
stuporequandoal posto dei suoi due morelli lucidi e ben pasciuti
vide un paio di allampanati e smagriti ronzini; ossa che sarebbero
potute servire per appenderci i pannipelo e criniere intrecciate
che nessuno aveva pulito e rigovernato: il vero ritratto dello
squallore nel regno animale!
Kohlhaasal quale le bestie nitrironocon un debole movimentoera
al culmine dell'indignazionee chiese che cosa fosse successo ai suoi
poveri cavalli. Il ragazzoche stava al suo fiancorispose che no
alle bestie non era successa nessuna disgraziae avevano sempre
ricevuto la loro razione di biadama dato che era appunto il tempo
del raccoltoe mancavano animali da tiroerano stati adoperati un
po' nei campi. Kohlhaas inveì contro quell'infame soprusodi certo
progettato con curamasentendosi impotenteingoiò la sua rabbiae
stava già preparandosi visto che non gli rimaneva altroad andarsene
con i suoi cavalli da quel covo di brigantiquando comparve il
castaldorichiamato dal battibeccoe chiese che cosa stava
accadendo. "Che cosa succede?"rispose Kohlhaas. "Chi ha datoal
barone di Tronka e alla sua gente il permesso di servirsi per il
lavoro dei campi dei miei morelliche avevo lasciato presso di lui? -
Era umano"aggiunse"comportarsi così?". E provò ascuotere gli
animali esausti con un colpo di frustafacendogli vedere che non si
muovevano nemmeno. Il castaldodopo averlo squadrato per un po'con
aria di sfidareplicò: "Vedi un po' il tanghero! Come se non dovesse
ringraziare Iddioil villanoche i suoi ronzini sono ancora vivi. E
chi avrebbe dovuto prendersene cura"chiese"dopo che il suoservo
se n'era scappato? Non era stato forse giusto che i cavalli si
guadagnassero sui campi il foraggio che avevano ricevuto?". E chiuse
il discorso dicendo che la smettesse di fare storieo avrebbe
chiamato i canie con essi avrebbe saputo come riportare la calma nel
cortile.
Al mercante batteva il cuore contro la giacca. Faceva fatica a non
buttare quell'ignobile grassone in mezzo al letame e a non calpestare
col piede la sua faccia di bronzo. Ma il suo senso di giustiziache
era come la bilancia dell'orafooscillava ancora; davanti al
tribunale del suo cuorenon era ancora sicuro che il suo avversario
fosse colpevole; ementre ingoiando gli insulti si avvicinava ai
cavalli esoppesando in silenzio le circostanzeravviava alle bestie
la crinierachiese a voce bassa per quale mancanza il suo servo fosse
stato allontanato dal castello. "Perché quella lenza si è messo a fare
il gradassoqui nel cortile!"rispose il castaldo. "Perché si è
rifiutato di accettare un cambio di stalla di cui non si poteva fare a
menoe pretendeva che i cavalli di due gentiluomini arrivati al
castello di Tronka passassero la notte sulla strada maestraper amore
dei suoi ronzini!".
Kohlhaas avrebbe dato il valore dei cavalli per avere a portata di
mano il suo servoe poter confrontare il suo racconto con quello che
usciva dalla boccaccia del castellano. Era sempre là in piedi
districando i crini arruffati dei morellie riflettendo sul da farsi
nella situazione in cui si trovavaquando la scena cambiò di colpoe
il barone Venceslao di Tronkacon una frotta di cavalieridi servi e
di canitornando dalla caccia alla lepre entrò nel piazzale del
castello. Il castaldoquando gli venne chiesto che cosa fosse
successoprese subito la parolaementre i canivedendo il
forestieroscatenavano contro di lui dei latrati d'infernoe i
cavalieri a loro volta gridavano per farli star zittiriferì al suo
padronemettendo il fatto nella luce peggioreche specie di rivolta
avesse messo su quel cavallaroperché si erano fatti lavorare un po'
i suoi morelli. E dissefra risate di schernoche rifiutava di
riconoscere i cavalli come suoi.
"NON SONO i miei cavallisignore illustrissimo!"gridò Kohlhaas.
"Non sono i CAVALLI che valevano trenta fiorini d'oro! Voglio riavere
i miei cavalli sani e ben nutriti!".
Il barone per un attimo impallidìe dissescendendo di sella: "Se
mastro Bertoldo non vuole riprendersi i cavalli che li lasci pure qui.
Vieni quaGuntiero!"gridò. "Gianni! Venite qua!"eintanto si
spazzolava con la mano la polvere dai pantaloni. "Portate delvino!"
gridò ancoraquando fu sulla soglia con i cavalieri; ed entrò in
casa. Kohlhaas disse che avrebbe preferito chiamare lo scortichinoe
portare i suoi cavalli al macellopiuttosto che riportarseli nella
sua stalla a Pontekohlhaas così come erano. Lasciò le bestie sul
piazzalesenza occuparsene piùsaltò sul suo baioassicurando che
avrebbe saputo farsi giustiziae se ne andò.
Correva giàa spron battutosulla strada di Dresda; maripensando
al suo servoe alle accuse che avevano mosso contro di lui al
castellosi mise al passo; eprima di averne fatti millegirò il
cavalloeper interrogare innanzi tutto il suo servocosa che gli
sembrava prudente e giustagirò verso Pontekohlhaas. Perché un
sentimento di giustiziaal quale era ben conosciuto l'ordine
imperfetto delle cose umanelo rendeva propensomalgrado le offese
subitese soltanto il suo servo avesse commesso una colpa qualsiasi
come diceva il castaldoa rassegnarsicome se fosse stata una
giusta conseguenzaalla perdita dei cavalli. Ma sedi controgli
diceva un sentimento non meno imperiosoun sentimento che metteva in
lui radici sempre più profondeman mano che egli continuava nella sua
cavalcataedovunque entrassesentiva parlare delle ingiustizie
quotidianamente commesse al castello di Tronkaa danno dei
viaggiatori: se l'intera storiacome tutte le apparenze facevano
crederenon era altro che una macchinazioneallora egli avevadi
fronte al mondoil dovere di procurarsicon tutte le sue forze
soddisfazione per l'offesa subitae ai suoi concittadini sicurezza
contro offese future.
Non appenaarrivato a Pontekohlhaasebbe abbracciato Lisabettala
sua fedele mogliee baciato i suoi figliche gli facevano festa
intorno alle ginocchiachiese subito di Ersianoil capo della
servitù: se ne era saputo qualcosa?
"GiàMichele carissimoproprio Ersiano!"disse Lisabetta."Pensa un
po'quel poveracciosaranno quindici giorniarriva qui tutto pesto
da far pietà; noti dicocosì conciato da non riuscire neppure a
respirare. Lo mettiamo a lettodove non fa che sputare sanguee a
forza di domande veniamo a sapere una storia che nessuno capisce. Che
è stato lasciato indietro da te a Castel Tronkacon dei cavalli che
non hanno lasciato passare; che l'hanno costrettocon i
maltrattamenti più vergognosia lasciare il castello; e che non ha
potuto portarsi via i cavalli".
"Ah sì?"disse Kohlhaastogliendosi il mantello. "E si ègià
rimesso?".
"Metà e metà; ma sputa ancora sangue"rispose lei. "Volevomandare
subito un servo a Castel Tronkaperché si prendesse cura dei cavalli
fino al tuo ritorno. Perché Ersiano si è sempre dimostrato così
sincero con noie così fedelesìpiù di tutti gli altri serviche
non mi è nemmeno venuto in mente di dubitare del suo racconto
confermato da tanti particolari; e di credereper esempioche avesse
perso i cavalli in un altro modo. Ma lui mi scongiurò di non
pretendere da nessuno di metter piede in quel covo di brigantie di
rinunciare alle bestiese non volevoper lorosacrificare degli
uomini".
"E' ancora a letto?"domandò Kohlhaasliberandosi della sciarpa.
"E' già da qualche giorno che ha ricominciato a uscire nel cortile.
Insommavedrai"continuò Lisabetta"che è proprio tutto comelui ha
dettoe che questa faccenda è una delle angherie cheda un po' di
tempoquelli di Castel Tronka si permettono contro i forestieri".
"Prima di tutto vedrò coi miei occhi"replicò Kohlhaas."Fallo venire
un po' quaLisabettase è in piedi!". E con queste parole si
sedettementre la donnamolto contenta che la prendesse così calma
andò a chiamare il servo.
"Che cosa hai combinato a Castel Tronka?"gli domandò Kohlhaas
quando Lisabetta rientrò con lui nella stanza. "Non sono troppo
contento di te".
Il servoil cui viso pallido si coprì di macchie rossea queste
parolerestò per un po' in silenzioe poi rispose:
"Avete ragionepadrone! Perché la miccia cheper volontà di Dio
avevo con meper dare fuoco a quel covo di briganti da cui ero stato
scacciatola buttaiquando sentii piangere un bambino nel castello
nelle acque dell'Elbae pensai: possa ridurlo in cenere la folgore
divina! Io non lo farò".
ImpressionatoKohlhaas disse: "E in che modo ti sei fatto cacciare da
Castel Tronka?". E Ersiano:
"Con un tiro mancinopadrone!". E si asciugò il sudore dallafronte.
"Ma cosa fatta capo ha. Non volevo che rovinassero i cavalli nel
lavoro dei campi; ho detto che erano giovaniche non erano ancora mai
stati aggiogati".
Kohlhaascercando di nascondere il suo turbamentorispose che qui
non aveva detto tutta la veritàperché all'inizio della primavera
scorsa i cavalliqualche voltaerano stati messi al tiro. "Al
castello"continuò"dovein fondoeri una specie di ospite
avresti dovuto farti vedere compiacentealmeno qualche voltaquando
c'era proprio bisognoper portare alla svelta il raccolto al
coperto".
"E' quello che ho fattopadrone"disse Ersiano. "Ho pensatovisto
che mi guardavano maleche i morelli non sarebbero morti per questo.
La mattina del terzo giorno li attaccaie portai dentro tre carichi
di grano".
Kohlhaasal quale il cuore stava per scoppiarechinò gli occhi a
terrae commentò: "Di questo non mi hanno detto nienteErsiano!".
Ersiano lo assicurò che era andata così. "La mia poca compiacenza è
stata questa: che non volli più riaggiogarli a mezzogiornoquando i
cavalli non avevano neppure finito la biada. E quando il castaldo e il
fattore mi proposeroin cambioil foraggioe mi dissero di mettere
in tasca il denaro che voi mi avevate lasciato per il mantenimento
delle bestieio risposi 'vi faccio vedere io' gli girai le spallee
me ne andai".
"Ma non è stato per questa poca compiacenza"disse Kohlhaas"che ti
hanno scacciato da Castel Tronka".
"Dio ne guardi!"gridò il servo. "Per un'azione che gridavendetta a
Dio. Perché quella sera portarono nella stalla i cavalli di due
cavalieriarrivati a Castel Tronkae i miei vennero legati fuori
alla porta della stalla. E quando levai i morelli di mano al castaldo
che ce li legava personalmentee gli chiesi dove dovevano stare
adessole mie bestielui mi indicò un porcilefatto di assi e di
tavoleaccostato al muro di cinta.
"Vuoi dire"lo interruppe Kohlhaas"che era un così bruttoriparo
per dei cavalliche assomigliava più a un porcile che a una stalla".
"Era un porcilepadrone"rispose Ersiano "Un porcile vero eproprio
dove i maiali correvano avanti e indietroe io non potevo stare in
piedi".
"Forse non c'era nessun altro postodove mettere al riparo i
morelli"replicò Kohlhaas. "In un certo senso i cavalli degliospiti
avevano la precedenza".
"Lo spazio"continuò il servoabbassando la voce"erapoco. In
tutto allora c'erano sette cavalieri che alloggiavano al castello. Se
foste stato voiavreste fatto stringere un po' i cavalli. Dissi che
mi sarei cercato una stalla da affittare nel villaggio; ma il castaldo
mi rispose che i morelli non doveva perderli d'occhioe non mi
azzardassi a portarli via dal cortile".
"Hm"fece Kohlhaas; "e tu che hai risposto?".
"Dato che il fattore disse che i due ospiti avrebbero passato soltanto
la nottee il mattino dopo avrebbero proseguitorinchiusi i cavalli
nel porcile. Ma il giorno seguente passòe non partirono; e quando
venne il terzo giornodissero che i signori si sarebbero trattenuti
al castello per qualche settimana".
"Alla fin fine non si stava poi così male nel porcilecome ti era
sembrato quando ci avevi messo il naso la prima volta"disse
Kohlhaas.
"E' vero"rispose il servo. "Quando l'ebbi spazzato un po'il posto
poteva andare. Ho dato due soldi alla sguatteraperché andasse a
mettere i maiali da qualche altra parte. E il giorno dopo mi
preoccupai anche che le bestie potessero stare in piedi; alla prima
luce dell'albatolsi le tavole del soffittoe ce le rimisi la sera.
Così allungavano il collocome le ochesopra il tettoe si
guardavano intornocercando Pontekohlhaaso qualche altro posto
dove stare meglio di là".
"Ma insomma"domandò Kohlhaas"per quale motivo ti hannocacciato
via?".
"Padroneve lo dico io"rispose il servo. "Perché volevanoliberarsi
di me. Perchéfinché c'ero ionon potevano sfiancare del tutto i
cavalli. Da tutte le parti mi guardavano in cagnescoin cortilenei
locali della servitù. E dato che io pensavomi storcete la bocca? vi
si sloghino le mascelle!hanno preso il primo pretesto che gli è
venuto a tiroe mi hanno buttato fuori".
"Ma il motivo!"gridò Kohlhaas. "Avranno pur avuto qualchemotivo!".
"Ohsicuro"rispose Ersiano"un motivo giustissimo. La seradel
secondo giorno che avevo passato nel porcilepresi i cavalliche si
erano tutti insudiciatie volevo portarli allo stagno. E quando sono
giùsotto il portone principalee sto per giraresento il castaldo
e il fattorecon servicani e randelliprecipitarsi dietro di me
dalle stanze della servitùgridando: 'Fermafurfante! Ferma
pendaglio da forca!'come se fossero invasati. Il guardaportone mi
sbarra la strada; io chiedo a luie a quel mucchio di forsennati che
mi corrono dietroche cosa succede. 'che cosa succede?' risponde il
castaldoe prende per le briglie i miei due morelli. 'Dove vuole
andarsenequestocoi cavalli?'. E mi agguanta per la camicia. 'Dove
voglio andarmenedico io? Fulmini del cielo! Allo stagno me ne voglio
andare. Ma pensate che io...?'. 'Allo stagno?'grida il castaldo. 'Ti
insegno io a fare il bagno sulla strada maestraimbroglionedalla
parte di Pontekohlhaas!' E con un colpo vigliacco a tradimento lui e
il fattoreche mi aveva preso per una gambami tirano giù da
cavalloe finisco nel fango lungo disteso. Morte e dannazione!
grido: ma se i finimenti e le coperte sono nella stallae c'è anche
il mio fagotto della biancheria! Ma lui e i servimentre il fattore
si porta via i cavallimi danno tutti addossocoi calcie le fruste
e i randellifinché cadomezzo mortoal di là del portone. E visto
che io grido: Briganti! Dove mi portate i cavalli?e mi tiro su
'Fuori di qui!'urla il castaldo; 'DaiCesare! DaiBracco!'si
sente gridaree: 'DaiLupo!'; e mi piomba addosso una muta di una
dozzina di canie più. Allora io prendonon so che cosaun palo
doveva esseredalla staccionatae tre cani li stendo giù vicino a
memorti stecchiti; ma il dolore per i morsi e i tagliche fanno
spavento a vedersimi costringe a indietreggiare; e allorafiuu!
sibila un fischioi cani rientranoil portone chiude i battenti
mettono il catenaccio: e io cado svenuto sulla strada".
Kohlhaaspallido in visofece ancoracon malizia un po' forzata:
"Ma proprio non te la volevi filareErsiano?". E poiché lui
paonazzofissava per terradavanti a sé: "Viaconfessa"continuò
"non ti piaceva stare nel porcilepensavi che nella stalla di
Pontekohlhaas si sta meglio".
"Tuoni e fulmini!"gridò Ersiano. "Non ho forse lasciatolaggiùnel
porcilele coperte e i finimentie un fagotto di biancheria? E non
mi sarei messo in tasca i tre fiorini imperiali che avevo nascosto
dietro la mangiatoianel fazzoletto di seta rossa? Per tutti i
diavoli dell'inferno! Quando parlate cosìmi viene voglia di
riaccendere subito quella miccia che ho buttato via!".
"Susu!"disse il mercante. "Non intendevo offenderti.Quello che
hai dettoguardalo credo parola per parola. E se qualcuno lo mette
in dubbiosono pronto a prenderci su l'ostia consacrata. Mi dispiace
cheper servirminon ti sia andata meglio. VaiErsianovattene a
lettofatti dare un fiasco di vinoe consolati: ti sarà fatta
giustizia!".
Ecosì dicendosi alzòfece un elenco delle cose che il suo
sottoposto aveva lasciato nel porcilene specificò il valoregli
chieseanchequanto valutasse le spese per la curae lo congedò
dopo avergli datoancora una voltala mano.
Poi raccontò a Lisabettasua moglieper filo e per segnocome erano
andate le cosee cosa c'era sottoe le dichiarò di essere fermamente
intenzionato a ricorrere alla pubblica giustizia; ed ebbe la gioia di
vedere che lei lo incoraggiava con tutta l'anima nel suo proposito.
Lei disseinfattiche molti altri viaggiatoriforse meno pazienti
di luisarebbero passati per quel castelloche sarebbe stata
un'opera benedetta mettere un freno a tali disordinie che ci avrebbe
pensato lei a mettere insieme la somma necessaria per affrontare le
spese del processo. Kohlhaas la chiamò la sua brava mogliepassò
felicemente con lei e con i suoi figli quel giorno e quello seguente
enon appena gli affari gliene diedero modosi mise in viaggio per
Dresdaper portare in giudizio la sua querela.
Quicon l'aiuto di un avvocato che conoscevastese un ricorsonel
qualedopo una descrizione dettagliata del sopruso compiuto dal
barone Venceslao di Tronkacontro lui stessoe contro il suo servo
Ersianochiedeva che il colpevole fosse punito secondo la leggeche
i cavalli fossero riportati nelle condizioni originariee che fossero
risarciti i danni che sia eglisia il suo servoavevano subìto da
tutto ciò. La causainfattiera chiara. La circostanza che i cavalli
fossero stati trattenuti in modo illegittimo gettava su tutto il resto
una luce decisiva; eanche se si fosse voluto supporre che i cavalli
si fossero ammalati per puro casola richiesta del sensale di
riaverli indietro in buona salute sarebbe stata comunque giustificata.
Ementre Kohlhaas si guardava intorno nella città di residenza del
principenon gli mancarono amici che gli promisero di sostenere a
spada tratta le sue ragioni; il suo commercio di cavallimolto
estesola conoscenza e l'onestà con cui lo portava avantigli aveva
procurato la benevolenza degli uomini più importanti del paese. Più
volte egli sedette allegramente a tavolain casa del suo avvocato
che era a sua volta una persona in vista; depositò presso di lui una
somma per far fronte alle spese processualiepassate poche
settimanecompletamente tranquillizzato da quello riguardo all'esito
della causase ne tornò a Pontekohlhaas da Lisabettasua moglie.
Eppure i mesi passaronoe l'anno era quasi finitosenza che egli
ricevesse dalla Sassonia neanche una dichiarazione sulla querela da
lui intentataper non parlare della sentenza. Dopo aver inoltrato più
volte ripetuti solleciti al tribunaleegli scrisse al suo avvocato
una lettera confidenzialein cui gli chiedeva la causa di un ritardo
così eccessivo; e venne a sapere cheper un intervento molto
altolocatopresso il tribunale di Dresdala sua querela era stata
definitivamente cassata. Quando il mercante riscrissesbalordito
chiedendone le ragioniquesti gli comunicò che il barone Venceslao di
Tronka era parente di due nobiluominiEnzo e Corrado di Tronkache
facevano parte del seguito personale del principecoppiere l'unoe
l'altro addirittura camerlengo. E gli consigliava di mettere da parte
ogni sforzodal punto di vista legalee cercare solo di tornare in
possesso dei suoi cavallirimasti nel castello di Tronka; gli faceva
capireinfattiche il baroneche al momento soggiornava nella
capitalesembrava aver dato disposizione alla sua gente di
consegnargli i cavalli; e concludeva pregandolose non voleva
accontentarsi di una simile soluzionedi dispensare almeno lui da
ogni ulteriore incarico.
Kohlhaasin quel periodosi trovava per l'appunto a Brandeburgo
dove il prefetto Enrico di Geusaudella cui giurisdizione faceva
parte anche Pontekohlhaasera in quel momento impegnato a organizzare
un certo numero di istituti per l'assistenza ai poveri e agli
ammalatigrazie a un lascito sostanzioso che era toccato alla città.
E soprattutto si dava da fare per adattare ad uso degli infermi una
fonte minerale che scaturiva in un villaggio della regionee dalle
cui virtù salutari ci si riprometteva molto di più di quanto il futuro
poi mantenesse. Poiché Kohlhaas l'aveva conosciuto e frequentato
durante il periodo in cui aveva soggiornato presso la cortequesti
permise a Ersianoil capo dei servial qualeda quei brutti giorni
al castello di Tronkaera rimasto un dolore al pettoogni volta che
respiravadi sperimentare l'efficacia della piccola fonte
medicamentosanella quale era stato costruito un recinto coperto.
Accadde cheproprio mentre Kohlhaas ricevevadalle mani di un
messaggeromandato da sua mogliela lettera scoraggiante del suo
avvocato di Dresdail prefetto fosse presenteper dare alcune
disposizionivicino a bordo della vasca nella quale il mercante aveva
fatto adagiare Ersiano. Il prefettocheparlando con il medico
aveva notato che Kohlhaas faceva cadere una lacrima sulla lettera che
aveva ricevuto e apertogli si avvicinòcon fare gentile e
premurosoe gli chiese quale sventura lo avesse colpito. E quando il
mercantesenza risponderegli tese la letteraquell'uomo per bene
che era al corrente della ributtante ingiustizia commessa contro di
lui al castello di Tronkaper le cui conseguenze Ersiano appunto
soffrivae avrebbe sofferto forse per tutta la vitagli batté sulla
spallae gli disse di non perdersi d'animo: l'avrebbe aiutato lui a
ottenere soddisfazione!
Quella seraquando il mercantedietro suo ordineandò da lui al
castelloquesti gli disse di stendere soltanto una supplica
all'Elettore del Brandeburgocon una breve esposizione dell'accaduto
di allegarvi la lettera dell'avvocatoe di invocare la protezione del
principea causa della violenza che si erano permessi contro di lui
in territorio sassone. Egli promise di rimettere la petizioneche
avrebbe aggiunto a un altro plicogià prontonelle mani
dell'Elettore: il quale da parte suasenza fallose le circostanze
lo consentivanosarebbe intervenuto presso il principe Elettore di
Sassonia. Un passo simile sarebbe stato più che sufficiente a fargli
ottenere giustizia presso il tribunale di Dresdaa dispetto delle
arti del barone e delle sue conoscenze. Kohlhaasvivamente
rallegratoringraziò di tutto cuore il prefetto per quella nuova
dimostrazione della sua benevolenza; aggiunse che gli dispiaceva solo
di non essersi rivolto fin dall'inizio a Berlinoper trattare la sua
faccendasenza compiere a Dresda passi di alcun tipo; edopo aver
redatto nella Cancelleria del tribunale cittadino la sua lagnanza
seguendo fedelmente le istruzionie averla consegnata al prefetto
fecepiù tranquillizzato che mai sull'esito della sua causaritorno
a Pontekohlhaas. Ma già poche settimane dopoper mezzo di un
magistrato che andava a Potsdam per seguire alcune faccende del
prefettoebbe il cruccio di sapere che il principe Elettore aveva
rimesso la supplica al suo cancelliereil conte Kallheime questi
non si era direttamente rivolto alla corte di Dresdacome sembrava
opportunoper l'inchiesta e la punizione del soprusobensì al barone
di Tronkaper avere innanzitutto da lui maggiori informazioni. Il
magistratochenella sua carrozzache aveva fermato davanti
all'abitazione di Kohlhaassembrava aver avuto l'incarico di fare al
mercante quella comunicazionealla sua stupefatta domanda come mai si
fosse proceduto in quel modonon seppe dare una risposta
soddisfacente. Aggiunse solo che il prefetto gli faceva dire di avere
pazienza; sembrava avere molta fretta di proseguire il suo viaggioe
solo alla fine del breve colloquioda alcune parole buttate là
Kohlhaas indovinò che il conte Kallheim era imparentato con la casa
dei Tronka.
Kohlhaasal quale non davano più gioia né l'allevamento dei cavalli
né la casa e la fattoriae quasi neppure la moglie e i figlitenne
duropieno di cupi presentimenti per il futurofino alla luna
successiva; eproprio come si aspettavapassato quel periodo
Ersianoal quale le cure termali avevano procurato un po' di
sollievoritornò da Brandeburgocon una lettera del prefettoche
accompagnava un lungo scritto. In essa il prefetto si diceva spiacente
di non poter fare niente per la sua causa; gli inviava una risoluzione
della Cancelleria di Statoche gli era stata rimessa; e gli
consigliava di andare a riprendersi i cavalli che erano rimasti nel
castello di Tronkae per il resto lasciare le cose come stavano.
La risoluzione suonava: "Egli erasecondo il rapporto del tribunale
di Dresdaun querelante ozioso; il barone presso il quale egli aveva
lasciato i cavalli non li tratteneva in nessun modo; che mandasse
qualcuno a riprenderli al castelloo almeno facesse sapere al barone
dove avrebbe dovuto mandarglieli; ma in ogni caso risparmiasse alla
Cancelleria di Stato simili beghe fastidiose".
Kohlhaasper il quale non era questione di cavalli - avrebbe provato
lo stesso dolore se si fosse trattato di due cani Kohlhaas ribollì di
furorequando ricevette la lettera. Ogni volta che nel cortile si
faceva sentire un rumoreguardavanell'attesa più odiosa che gli
avesse mai agitato il pettoverso il viottolo dell'ingressose mai
comparissero gli uomini del baroneper riportargliforse addirittura
con le sue scusei cavalli sfiniti dalla fame e dalla fatica; era la
prima volta che la sua animacosì ben temprata alla scuola della
vitasi aspettava qualcosa che non corrispondeva completamente ai
suoi sentimenti. Ma già poco tempo dopo sentì direda un conoscente
che era passato per quella stradache al castello di Tronka i suoi
cavalli continuavano come primacome tutti gli altri cavalli del
baronea essere adoperati nel lavoro dei campi; eattraverso il
dolore di scorgere il mondo in un simile stato di mostruoso disordine
batté con forza l'intima gioia di vedere ormai l'ordine nel suo cuore.
Invitò a casa sua un balivosuo vicinoche da tempo accarezzava il
progetto di ingrandire i suoi possedimentiacquistando i terreni
confinanti; equando questi si fu accomodatogli chiese quanto
sarebbe stato disposto a dargli per le sue proprietà in Sassonia e nel
Brandeburgo; tutto compresocasa e poderebeni mobili e immobili.
Lisabettasua mogliesbiancò a queste parole. Si giròtirò su il
figlio più piccoloche dietro di lei si trastullava per terrae
sfiorando le guance rosse del fanciulloche giocava con le sue
collanelanciò sul mercantee su un foglio che questi teneva in
manodegli sguardi nei quali era dipinta la morte. Il balivo gli
chieseosservandolo con stuporeche cosa gli avesse fatto venire di
colpo in mente un'idea così strana. Ma egli risposecon tutta
l'allegria che riuscì a imporre a se stessoche l'idea di vendere la
sua masseria sulle rive della Havel non era completamente nuova. Non
avevano forse già più volte fatto trattative sull'argomento? Quanto
alla casa nei sobborghi di Dresdaquella non erain confrontoche
un accessoriodel quale non metteva conto parlare. In brevese
voleva fare la sua volontàe prendersi tutti e due i terreniegli
era pronto a concludere il relativo contratto. E aggiunsecon un tono
scherzoso alquanto sforzatoche Pontekohlhaas non era poi il mondo;
che potevano esserci degli scopi in confronto ai quali dirigereda
buon padre di famiglial'azienda domestica era una cosa secondaria e
poco onorevole; chein brevela sua animadoveva dirgliera
rivolta a cose grandidelle qualiforseavrebbe presto sentito
parlare.
Tranquillizzato da queste paroleil balivo disse allegramente
rivolto alla donnache baciava e ribaciava il bambino: "Non
pretenderà mica il pagamento immediato?"posò sulla tavola cappello e
bastoneche teneva fra le ginocchiae prese il foglio che il
mercante aveva in manoper leggerlo tutto. Kohlhaasfacendosi più
vicinogli spiegò che si trattava di un ipotetico contratto di
acquistoa nome suocon una scadenza di quattro settimane; gli
mostrò che non vi mancava nientese non le firmee l'indicazione
delle sommecioè il prezzo d'acquisto da un latoe dall'altro la
penalecioè la somma che egli si impegnava a pagare seentro le
quattro settimanesi fosse tirato indietro; e lo invitò ancora una
voltaallegramentea fare un'offertaassicurando che le sue pretese
erano modestee non avrebbe fatto difficoltà. La donna andava avanti
e indietro per la stanza; il petto le ansimavatanto che il
fazzolettoche il bambino aveva tirato per giocostava per caderle
del tutto dalla spalla. Il balivo disse di non essere in nessun modo
in grado di giudicare il valore della proprietà di Dresda; al che
Kohlhaas risposeporgendogli alcune lettere che erano state scambiate
al tempo dell'acquistoche la valutava cento fiorini d'oro; anche se
da quelle carte risultasse che gli era costata quasi la metà in più.
Il balivo rilesse ancora una volta il contratto di acquisto; e vedendo
chestranamenteincludeva anche da parte sua la facoltà di recedere
dissegià a metà decisoche però non sapeva che farsene degli
stalloni che si trovavano nelle sue stalle; ma poiché Kohlhaas replicò
che non intendeva affatto disfarsenee voleva anche tenere per sé
alcune armiche erano appese nell'armeriaquesti allora esitòesitò
ancorae alla fine ripeté un'offerta che gli aveva già fattomezzo
per scherzomezzo sul seriopoco tempo primadurante una
passeggiatae che era ridicolarispetto al valore dei possedimenti.
Kohlhaas spinse verso di lui la penna e l'inchiostroperché
scrivesse; e quando il balivonon credendo ai suoi occhigli chiese
ancora una volta se faceva sul serioe il mercante gli ebbe risposto
un po' risentitose credeva forse che si stesse prendendo gioco di
luiquesti prese sì in mano la pennacon espressione pensierosae
cominciò a scrivere; ma cancellò il punto nel quale si parlava della
penale che il venditore avrebbe pagatose si fosse pentitosi
impegnò a versarea titolo di prestitocento fiorini d'oro
garantiti da un'ipoteca sul possedimento di Dresda checon quella
sommaegli non intendeva affatto compraree lasciò al mercante piena
libertàper due mesidi recedere dal negozio. Il mercantetoccato
da questo modo di agiregli strinse calorosamente la mano; edopo
che si furono accordati sul puntoche era una delle condizioni
principaliche un quarto del prezzo di acquisto sarebbe stato pagato
subito in contantie il restoentro tre mesipresso la banca di
Amburgoegli gridò che si portasse del vinoper festeggiare un
affare così felicemente concluso. Disse a una ragazzache era entrata
con le bottiglieche Sternbaldil garzonegli sellasse il sauro
spiegando che doveva andare nella capitaledove aveva da fare; e
lasciò capire che in poco tempoquando fosse tornatoavrebbe parlato
a cuore aperto di quello cheper il momentodoveva tenere per sé.
Poiriempiendo i bicchierichiese dei Polacchi e dei Turchiche
proprio allora erano in guerratrascinò il balivo in una serie di
ipotesi politiche sulla questionebrindò ancora una voltaalla fine
alla felice conclusione del loro affaree lo congedò.
Quando il balivo ebbe lasciato la stanzaLisabetta gli cadde in
ginocchio davanti. "Se hai ancora nel cuore"gridò"mee ibambini
che ti ho partoritose non ne siamo già stati banditiormaiper un
qualche motivoche io non so: dimmi che cosa significano questi
orribili preparativi!".
"Moglie carissima"disse Kohlhaas"niente chefinché lecose stanno
cosìti debba impensierire. Ho ricevuto una risoluzionein cui mi si
dice che la mia querela contro il barone Venceslao di Tronka è una
bega oziosa. E poiché deve trattarsi di un malintesoho deciso di
presentare ancora una volta la mia querelapersonalmente al principe
Elettore.
"E perché vuoi vendere la casa?"gridò leialzandosicon ilviso
sconvolto.
Il mercante la strinse teneramente al pettoe rispose: "Perché in un
paesemia carissima Lisabettain cui non mi vogliono proteggere nei
miei dirittiio non voglio restare.
Meglio essere un canese devo essere preso a calciche un uomo!
Sono sicuro che in questo mia moglie la pensa come me".
"Chi ti dice"chiese lei con violenza"che non tiproteggeranno nei
tuoi diritti? Se ti presenti al sovrano umilmentecome ti si addice
con la tua supplicachi ti dice che sarà messa da parteo che ti
risponderanno rifiutandosi di ascoltarti?".
"Ebbene"rispose Kohlhaas"se in questo il mio timore èinfondato
neanche la mia casaper adessoè venduta. Il sovranolo soè
giusto; e se solo riescoattraverso tutti quelli che lo circondano
ad arrivare fino alla sua personanon dubito di ottenere giustiziae
di tornare felicementeancor prima che sia finita la settimanaa te
e alle mie vecchie occupazioni. E che da allora in poi io possa"
aggiunsebaciandola"restare sempre con tefino alla fine dei miei
giorni! Ma è consigliabile"continuò"che io sia pronto a ogni
eventualità; per questo desideravo che tuper qualche tempose è
possibileti allontanassie andassi con i bambini a Schwerinda tua
ziaalla quale del resto già da un pezzo volevi far visita".
"Come"gridò la donna"devo andare a Schwerin? Passare ilconfine
con i bambinie andare a Schwerin da mia zia?". E l'orrore le soffocò
la voce.
"Proprio così"rispose Kohlhaas"e subitose è possibileaffinché
nei passi che intendo fare per la mia causaio non sia disturbato da
alcun riguardo".
"Ohti capisco!"gridò lei. "Adesso non hai più bisogno diniente
se non di armi e di cavalli; tutto il restose lo prenda chi vuole!".
E con queste parole si giròsi buttò su una sedia e pianse.
"Lisabetta carissima"disse Kohlhaasturbato"che fai? Diomi ha
benedettodandomi una mogliedei figli e dei beni; devo oggiper la
prima voltadesiderare che non fosse così?...". E si sedette
affettuosamente vicino a leichea quelle parolegli aveva gettato
le braccia al colloarrossendo. "Dimmi tu"dissescostandole i
riccioli dalla fronte"che devo fare? Devo tirarmi indietro? Devo
andare a Castel Tronkae pregare il cavaliere che mi restituisca i
cavallisaltarci sue portarteli qui?".
Lisabetta non osò dire "Sì! Sì! Sì!"... scosse il capopiangendosi
strinse forte a luie gli coprì il petto di baci ardenti. "Edunque"
gridò Kohlhaas"se tu senti cheperché io possa continuare la mia
attivitàmi deve essere resa giustiziaconcedimi anche la libertà
che mi è necessaria per procurarmela!". E dicendo queste parole si
alzòe disse al garzoneche veniva ad avvertirlo che il sauro era
sellatoche l'indomani dovevano essere attaccati i baiper portare
sua moglie a Schwerin.
Lisabetta disse che le era venuta un'idea! Si alzò in piedisi
asciugò gli occhi pieni di lacrimee chiese al maritoche si era
seduto a uno scrittoiose voleva dare a lei la supplicae lasciare
andare leial posto suoa Berlinoa porgerla al principe. Kohlhaas
commossoper più di una ragionedalla proposta inattesase l'attirò
sulle ginocchiae disse: "Moglie carissimanon è possibile! Il
principe ha molta gente intorno; chi gli si avvicina si espone a
numerose situazioni spiacevoli". Lisabetta obbiettò che c'erano mille
circostanze in cui per una donna sarebbe stato più facile avvicinarsi
a luiche non per un uomo. "Dammi la supplica"ripeté; "ese non
vuoi altrose non essere sicuro che finisca nelle sue maniti do la
mia parola: la riceverà!".
Kohlhaasche del suo coraggiocome della sua prudenzaaveva avuto
più di una provale chiese come pensasse di comportarsi; e lei
guardando davanti a sécon gli occhi bassi per la vergognarispose
che il castaldo del palazzo del principe Elettoretempo primaquando
era in servizio a Schwerinaveva chiesto la sua mano; adesso era
ormai sposatoe aveva numerosi figli; ma non l'aveva ancora del tutto
dimenticata; insommalasciasse a lei di approfittare di questa
circostanzae di alcune altre che sarebbe stato troppo lungo
descrivere. Kohlhaas la baciò con grande gioiadisse che accettava la
sua propostale spiegò che non serviva altro che procurarsi alloggio
presso la moglie del castaldoper potersi avvicinare al principe nel
suo stesso palazzole diede la supplicafece aggiogare i baie la
lasciò partireben equipaggiatacon Sternbaldil suo fedele servo.
Quel viaggio fu peròfra tutti i passi infruttuosi che aveva fatto
per la sua causail più infelice. Dopo pochi giorniinfatti
Sternbald rientrava già nel cortileguidandoal passola carrozza
nella quale era adagiata la donnacon una pericolosa contusione al
petto. Kohlhaaschepallidosi avvicinò alla vetturanon riuscì a
ottenere una spiegazione coerente di quello che aveva causato la
disgrazia. Il castaldoa quanto disse il servonon era in casa; e
dunque erano stati costretti a scendere in una locanda che si trovava
nelle vicinanze del palazzo; il mattino dopo Lisabetta aveva lasciato
la locandaordinando al servo di restare presso i cavallied era
tornata soltanto a serain quello stato. Sembrava che si fosse spinta
con troppa foga verso la persona del sovranoesenza sua colpasolo
per lo zelo brutale di una delle guardie che lo circondavanoavesse
ricevuto sul petto un colpocon l'asta di una lancia. Almenocosì
riferirono le persone cheverso serala riportaronopriva di sensi
nella locanda; perché lei stessaimpedita dagli sbocchi di sangue
poco poteva parlare. La supplica le era stata poi ritirata da un
cavaliere. Sternbald disse che egli avrebbe voluto saltare subito su
un cavallo e portargli la notizia del disgraziato incidente; ma lei
malgrado le rimostranze del chirurgo che era stato chiamatoaveva
insistito per essere riportatasenza farsi precedere dalla notizia
da suo marito a Pontekohlhaas.
Kohlhaas la portòridotta in fin di vita dal viaggiosu un letto
dovetra sforzi dolorosi per respirarevisse ancora qualche giorno.
Si cercò inutilmente di farla tornare in séper trarre qualche
conclusione su quanto era accaduto; ma lei restava distesacon gli
occhi fissie già spentie non rispondeva. Solo poco prima di morire
riprese i sensiancora una volta. Infattimentre un sacerdote di
religione luterana (fede che stava allora prendendo piedee alla
qualeseguendo l'esempio del maritosi era convertita)in piedi
vicino al suo lettole leggevacon voce altacommossa e solenneun
capitolo della Bibbialei lo guardòd'improvvisocon espressione
cupagli presecome se in quel punto non ci fosse niente da
leggerlela Bibbia di manola sfogliò a lungocome se vi cercasse
qualcosae a Kohlhaasche stava seduto vicino al suo lettomostrò
con l'indice il versetto: "Perdona ai tuoi nemicie fai del bene
anche a coloro che ti odiano". Gli strinse allora la manoguardandolo
con tutta l'animae morì. "Così non mi perdoni mai Iddiocome io
perdonerò al barone!"pensò Kohlhaasla baciòmentre gliscorrevano
copiose le lacrimele chiuse gli occhie lasciò la stanza.
Prese i cento fiorini d'oro che il balivo gli aveva già versatoper
le stalle di Dresdae diede disposizioni per un funerale che non
sembrava destinato a leima a una principessa: una bara di quercia
con pesanti ornamenti metallicicuscini di seta con nappe d'oro e
d'argentoe una fossa profonda otto bracciarivestita di pietre e di
calce. Egli stessocon il figlio più piccolo in bracciorestò in
piedi accanto alla criptaa sorvegliare il lavoro. Venuto il giorno
del funeralela salmabianca come la nevefu esposta in una sala
che egli aveva fatto tappezzare di drappi neri. Il sacerdote aveva
appena finito una commovente orazione accanto alla baraquando gli fu
consegnata la risoluzione sovranain risposta alla supplica che era
stata consegnata dalla defunta: doveva andare a prendere i cavalli al
castello di Tronkaesotto pena di essere messo in prigionenon
presentare ulteriori ricorsi sull'argomento. Kohlhaas mise in tasca la
letterae ordinò di mettere la bara sul carro. Non appena fu alzato
il tumulopiantata in cima la crocee congedati gli ospiti che
avevano accompagnato la salmaegli si gettò ancora una volta sul
letto di leiora desertoe subito si preparò a intraprendere la
vendetta.
Si sedettee stese un'ordinanzanella quale condannavain virtù del
suo innato potereil barone Venceslao di Tronka a riportare a
Pontekohlhaasentro tre giorni dal ricevimentoi morelli che gli
aveva sottrattoe sfiancato nel lavoro dei campie a ingrassarli di
persona nelle sue stalle. Gli inviò l'intimazione con un messo a
cavalloal quale diede istruzioninon appena consegnato il
documentodi tornare di gran carriera a Pontekohlhaas. Poiché i tre
giorni passarono senza che fossero consegnati i cavallimandò a
chiamare Ersiano; gli confidò che cosa aveva intimato al barone
riguardo all'ingrasso degli animalie gli chiese due cose: era
disposto ad andare con lui a cavallo a Castel Tronkaa prendere il
baronee poiquando l'avessero portato làse si fosse dimostrato
pigro nell'adempiere all'ordinanzanelle stalle di Pontekohlhaasad
adoperare la frusta? E poiché Ersianonon appena l'ebbe capito
"Padroneoggi stesso!"gridò esultanteelanciando in aria il
berrettolo assicurò che si sarebbe fatto intrecciare uno staffile a
dieci nodiper insegnargli a strigliare! Kohlhaas vendette la casa
spedì i bambiniben sistemati in una carrozzaoltre confineradunò
sul far della notteanche gli altri servisette di numeroognuno
dei quali gli era fedele come oro puroli armòli fece salire a
cavalloe si mosse verso il castello di Tronka.
E già al calare della terza notte irrompevacon questo piccolo
drappellotravolgendo il gabelliere e il portiereche stavano
chiacchierando sotto il portonenel castello; ementre di colpo
tutte le baraccheall'interno del muro di cintasi incendiavano e
crepitavanoinfiammate dalle torce che vi erano state lanciateed
Ersianosu per la scala a chiocciolacorreva nella torre di guardia
e si avventavacon fendenti di taglio e di puntacontro il castaldo
e l'amministratorechemezzo svestitierano seduti a tavola a
giocareKohlhaas si precipitava nel castello alla ricerca del barone
Venceslao. Così scende dal cielo l'Angelo del Giudizio; e il barone
che per l'appuntofra grandi risatestava leggendo alla brigata di
giovani amici che era con lui l'ordinanza che il mercante di cavalli
gli aveva fatto recapitarenon appena ne ebbe sentita la vocenel
cortile del castellodivenutod'improvvisobianco come un cadavere:
"Fratellisalvatevi!"urlò a quei signorie sparì. Kohlhaasche
entrando nella salaaveva preso per il collo un barone Giovanni di
Tronkache gli veniva controe l'aveva scaraventato nell'angolo
così da farne schizzare sulle pietre il cervellomentre i servi
sopraffacevano e disperdevano gli altri cavalieriche avevano messo
mano alle armichiese dove fosse il barone Venceslao di Tronka. E
poiché quegli uoministorditinon lo sapevanodopo aver sfondato
con un calcio le porte di due stanze che davano nelle ali del
castelloe percorso in tutte le direzioni il vasto edificiosenza
trovare nessunoscese imprecando nel cortileper far presidiare le
uscite.
Intantoraggiunto dal fuoco delle baraccheanche il castello era
ormai in fiammecon tutti gli edifici attiguisprigionando contro il
cielo un fumo spessoementre Sternbaldcon tre servi indaffarati
portava giù tutto ciò che non era intrasportabile o attaccato ai muri
e lo ammassava in mezzo ai cavallicome buon bottinodalle finestre
spalancate della torre di guardia volavano giùcon giubilo di
Ersianoi cadaveri del castaldo e del fattorecon mogli e figli.
Kohlhaasal qualementre scendeva la scala del castellosi era
gettata ai piedi la vecchia economatormentata dalla gottache aveva
il governo della casale chiesefermandosi sul gradinodove fosse
il barone Venceslao di Tronka; e poiché leicon voce debole e
tremantegli disse in risposta che credeva che fosse fuggito nella
cappellachiamò due servi con le torcefece scardinarein mancanza
di chiavil'ingresso con leve di ferro e con le ascerovesciò le
panche e gli altarimacon suo rabbioso dolorenon trovò il barone.
Accadde che un giovane garzoneche apparteneva alla servitù del
castellonel momento in cui Kohlhaas ritornava dalla cappella
accorresse per tirare fuori da una grande stalla in pietraminacciata
dalle fiammegli stalloni da battaglia del barone. Kohlhaasche
proprio in quel momentoin una piccola rimessa coperta di paglia
vide i suoi due morellichiese al servo perché non mettesse in salvo
i morelli; e poiché questiinfilando la chiave nella porta della
grande stallarispose che ormai la rimessa era in fiammeKohlhaas
gettò la chiavedopo averla strappata con violenza dalla porta della
stallaal di là del murospinsecon una grandinata di piattonate
il servo fin dentro la baracca in fiammee lo costrinsetra le
orribili risate degli astantia salvare i morelli. Tuttaviaquando
il garzone pallido di terrorepochi istanti prima che la rimessa
crollasse dietro di luine uscì con i cavalli alla cavezzanon trovò
più Kohlhaas; e quando raggiunse i servi sul piazzale del castelloe
chiese al mercanteche più volte gli voltò le spalleche cosa
dovesse fareadessocon quelle bestiequesti d'un tratto levò il
piedecon una mossa così terribilechese il calcio l'avesse
raggiuntosarebbe stata la sua mortemontòsenza rispondergliil
suo baiosi piantò sotto il portone del castelloe aspettòmentre i
servi continuavano ad affaccendarsiin silenzioil giorno.
Quando giunse il mattinotutto il castellotranne le muraera in
ceneree non vi si trovava più nessunose non Kohlhaas e i suoi
sette servi. Egli scese da cavalloe setacciò ancora una voltaalla
chiara luce del soleche ora ne illuminava ogni angolol'intero
postoe poichéper quanto difficile gli fosse ammetterlodovette
convincersi che l'impresa contro il castello era fallitainviòcon
il cuore oppresso dalla pena e dal doloreErsiano e alcuni servi a
cercare informazioni sulla direzione che il barone aveva preso nella
sua fuga.
Soprattutto lo preoccupava un ricco educandato per fanciulle nobili
chiamato Erlabrunnche sorgeva sulle rive della Moldae la cui
badessaAntonia di Tronkaera conosciuta nella regione come una
donna piabenefica e santa; poiché all'infelice Kohlhaas pareva fin
troppo probabile che il baroneprivo com'era di tutto il necessario
si fosse rifugiato in quell'istitutodato che che la badessa era sua
zia carnalee l'aveva allevato nella prima infanzia. Kohlhaasdopo
essersi informato su questa circostanzasalì alla torre del corpo di
guardiaal cui interno aveva ancora una stanza abitabilee scrisse
quello che lui chiamò "Bando Kohlhaasiano"nel quale intimava al
paese di non prestare nessun aiuto al barone Venceslao di Tronka
contro il quale egli era sceso in giusta guerrae anzi faceva obbligo
a ogni abitantenon esclusi i suoi parenti e amicisotto pena di
mortee dell'immancabile incenerimento di tutto quello che si potesse
chiamare proprietàdi consegnarlo nelle sue mani.
Egli diffuse quella dichiarazione nella contradaper mezzo di
viaggiatori e forestierie ne diede anche una copia al suo servo
Waldmanncon il preciso incarico di consegnarla a Erlabrunnnelle
mani di donna Antonia. Subito dopotrattò con alcuni servi del
castello di Tronkache erano scontenti del baroneeattirati dalla
speranza di bottinovolevano entrare al suo servizio; li armòalla
maniera dei fantidi daga e balestrae li istruì a tenersi in groppa
dietro gli uomini a cavallo; poiquando ebbe venduto tutto quello che
la sua gente aveva predatoe distribuito fra loro il ricavatoriposò
alcune oresotto il portone del castellodai suoi tristi impegni.
Verso mezzogiorno arrivò Ersianoe gli confermò quello che il suo
cuoresempre propenso ai più cupi presentimentigli aveva già detto:
che per l'appunto il barone si trovava a Erlabrunn nell'educandato
presso l'anziana donna Antonia di Tronkasua zia. Si era salvatoa
quanto sembravaattraverso una porticina chenel muro posteriore del
castellodava sul vuotoe per una stretta scala di pietra che
coperta da un piccolo tettoscendeva fino ad alcune barche sull'Elba.
Ersianoalmenoriferiva chein un villaggio lungo l'Elbacon
grande stupore della genteche si era radunata a causa dell'incendio
di Castel Tronkaegli era arrivatoverso la mezzanottein un
canotto senza timone e senza remie aveva proseguito poi per
Erlabrunn in un carro di contadini.
Kohlhaasa quella notiziamandò un profondo sospirochiese se i
cavalli avevano mangiatoe poiché gli fu risposto di sìfece montare
il drappelloe in tre ore era già davanti a Erlabrunn. Stava proprio
entrando con la sua schieraal brontolio di un lontano temporale
all'orizzontecon le fiaccoleche aveva fatto accendere alle porte
nel cortile del conventoe Waldmannil suo servogli veniva
incontroper comunicargli che il bando era stato consegnato come si
devequando vide la badessa e il castaldoin un concitato colloquio
farsi avanti sotto il portale del monastero; ementre questiil
castaldoun uomo piccoloanzianocandido come la nevelanciando a
Kohlhaas degli sguardi torvisi faceva allacciare la corazzae ai
servi che lo circondavano gridavacon voce arditadi suonare a
martelloleila superiora del monasterocon un crocifisso d'argento
in manoscesepallida come un lenzuolo di linola scalinatae si
gettò con tutte le sue ragazze in ginocchio davanti al cavallo di
Kohlhaas.
Kohlhaasmentre Ersiano e Sternbald riducevano all'impotenza il
castaldoche non aveva in pugno la spadae lo portavano prigioniero
tra i cavallile chiese dove fosse il barone Venceslao di Tronka; e
poiché leisciogliendosi dalla cintura un grande anello di chiavi
rispondeva: "A VittembergaKohlhaasuomo dabbene"; e aggiungevacon
voce tremante: "Abbi timor di Dionon commettere ingiustizia!"
Kohlhaas giròricacciato nell'inferno della vendetta inappagatail
cavalloe stava per gridare: "Appiccate il fuoco!"quando unfulmine
spaventoso cadde al suolo proprio vicino a lui. Kohlhaasgirando di
nuovo il cavallo verso di leile chiese se avesse ricevuto il suo
bando: e poiché la nobildonnacon voce flebilequasi impercettibile
rispose: "Proprio ora!""Quando?""Due ore facosì mi aiuti Iddio
dopo che il baronemio nipoteera ormai partito!"e Waldmannil
suo servoal quale Kohlhaas si era rivolto con sguardo bieco
confermòbalbettandoquesta circostanzaperchédissele acque
della Moldagonfiate dalla pioggiagli avevano impedito di giungere
se non pochissimo tempo primaallora Kohlhaas riprese il controllo di
sé; all'improvviso un tremendo rovescio di pioggiache spazzò il
selciato del cortilespegnendo le fiaccolesciolse il dolore nel suo
petto infelice; giròsollevando di poco il cappello davanti alla
nobildonnail suo cavallogli diedecon le parole: "Seguitemi
fratelli! Il barone è a Vittemberga!"di spronee lasciò la badìa.
Egli entròallo scendere della nottein una locanda sulla strada
maestranella quale dovetteper la grande stanchezza dei cavalli
riposare un giornoerendendosi conto che con un drappello di dieci
uomini (tanti ne aveva in quel momento) non poteva sfidare una
località come Vittembergastilò un nuovo bandonel qualedopo un
breve racconto di quello che gli era toccato nel paeseinvitava "ogni
buon cristiano"così si espresse"con la promessa di una pagaedi
altri vantaggi di guerraad abbracciare la sua causa contro il barone
di Tronkanemico comune di tutti i cristiani". In un altro bandoche
apparve poco dopoegli si definiva "libero signorenon soggetto né
al mondo né all'Imperoma soltanto a Dio"; una millanteria folle e di
cattiva legache peròcon il suono del suo denaro e con la
prospettiva del bottinogli procurò un gran mucchio di gentefra la
marmaglia che la pace con la Polonia aveva lasciato senza pane: così
che egli contava trenta uomini e piùquando ripassò sulla riva destra
dell'Elbaper ridurre in cenere Vittemberga.
Egli si accampòcon i cavalli e i fantial riparo di una vecchia
fornace diroccatanella solitudine e nell'oscurità del bosco che a
quel tempo circondava la localitàenon appena ebbe saputo da
Sternbaldche aveva inviato travestito in cittàcon il suo bando
che esso vi era già notosubito si mosse con il suo drappellola
santa vigilia della Pentecosteementre gli abitanti erano immersi
in un sonno profondoappiccò l'incendio alla cittàin più punti
contemporaneamente. Poimentre la sua truppa metteva a sacco i
sobborghiattaccò al pilastro di una chiesa un foglio di questo
tenore: "EgliKohlhaasaveva dato fuoco alla città: ese non gli
fosse stato consegnato il baronel'avrebbe a tal punto ridotta in
cenereche"così si espresse"non avrebbe avuto bisogno diguardare
dietro a nessun muro per trovarlo". L'orrore degli abitanti per
l'inaudito misfatto fu indescrivibile; e non appena le fiammeche in
quella notte d'estateper fortuna non molto ventosanon avevano raso
al suolo più di diciannove casefra le qualituttaviac'era una
chiesafuronoverso il sorgere del giornoalmeno in parte domate
il vecchio prefettoOttone di Gorgasinviò lì per lì una piccola
compagnia di cinquanta uomini per spazzare via l'orribile flagello.
Ma il capitano che la guidavadi nome Gerstenbergsi comportò così
male nell'impresache la spedizioneinvece di sconfiggere Kohlhaas
gli diede una pericolosissima gloria militarepoichéquando l'uomo
d'armi divise le sue forze in plotoniper circondarlocosì pensava
e quindi sopraffarlofu invece attaccato da Kohlhaasche aveva
tenuto compatto il suo drappellonei diversi puntie battuto: tanto
chegià la sera del giorno doponemmeno uno degli uomini della
truppa nella quale erano riposte le speranze del paese restava più in
campo contro di lui. Kohlhaasche in quei combattimenti aveva subìto
alcune perditeil mattino del giorno seguente appiccò di nuovo
l'incendio alla cittàe le sue crudeli istruzioni furono così
efficaciche questa volta un gran numero di case e quasi tutti i
fienili dei sobborghi furono ridotti in cenere. Nel frattempo egli
affisse di nuovoquesta volta agli angoli dello stesso Municipioil
bando già notoaggiungendovi le novità sulla sorte del capitano
Gerstenberginviato contro di lui dal prefettoe da lui sbaragliato.
Il prefettoal culmine dell'indignazione davanti a tanta arroganza
si mise lui stessocon molti cavalierialla testa di uno squadrone
di centocinquanta uomini. Diede al barone Venceslao di Tronkache
l'aveva sollecitata per iscrittouna scorta che lo proteggesse dalle
violenze del popoloche pretendeva che egli fosse allontanato senza
indugio dalla cittàedopo aver inviato dei presìdi in tutti i
villaggi dei dintornie guarnito di sentinelle anche le mura di cinta
della cittàper difenderle da un colpo di manouscì di persona dalle
porteil giorno di san Gervasioper catturare il drago che devastava
il paese.
Il mercante di cavalli fu così abile da evitare lo squadrone; edopo
aver attirato il prefettocon abili marcea cinque miglia dalla
cittàe averlo indottocon una serie di stratagemminella falsa
convinzione che luiincalzato da forze troppo superioristesse per
cercare scampo nel Brandeburgofece bruscamente dietro frontallo
scendere della terza notteritornò di gran carriera a Vittembergae
per la terza volta diede alle fiamme la città. Ersiano si era
intrufolato in città travestitoe aveva realizzato l'orribile colpo
maestro; e un vento teso di tramontana rese il divampare dell'incendio
così funesto e divorante chein meno di tre orequarantadue case
due chiesenumerosi conventi e scuole e lo stesso edificio della
prefettura furono ridotti in cenere e macerie.
Il prefettocheallo spuntar del giorno credeva il suo avversario in
territorio brandeburghesequandoinformato di quello che era
successoebbe fattoa marce forzateritornotrovò la città intera
in rivolta; il popolo era accampatoa migliaiadavanti alla casa
barricata con pali e tronchidel baronee chiedevacon urla
furibondeche fosse portato via dalla città. Due borgomastridi nome
Genziano e Ottoneche erano andati sul posto con le divise e le
insegnealla testa di tutta la magistratura cittadinaspiegarono
inutilmente che bisognava in ogni caso aspettare il ritorno di un
messo inviato d'urgenza al presidente della Cancelleria di Statoper
chiedere l'autorizzazione a portare il barone a Dresdadove lui
stesso desideravaper più di una ragioneandare; la folla
irragionevolearmata di spiedi e di spranghenon se ne dava per
intesoe già stava malmenando alcuni consiglieriche proponevano di
impiegare le maniere fortie si preparava a dare l'assalto alla casa
in cui si trovava il baronee raderla al suoloquando il prefetto
Ottone di Gorgasalla testa del suo squadrone di cavalieriapparve
in città.
A quell'uomo per beneche era abituato a infondere nel popolocon la
sua sola presenzaobbedienza e rispettoera riuscitoquasi come
compenso per l'impresa fallita dalla quale ritornavadi catturarea
poca distanza dalle porte della cittàtre fanti sbandati della banda
dell'incendiario; e poiché eglimentre quei ribaldi venivanoal
cospetto del popoloincatenatiassicurò i magistraticon un accorto
discorsoche in poco tempo contava di portare in città in catene lo
stesso Kohlhaasdel quale era già sulle tracceriuscìgrazie a
queste circostanze rassicurantia disarmare l'angoscia del popolo
radunatoe a calmarlo un po'circa la presenza del barone fino al
ritorno del messaggero da Dresda. Egli smontòaccompagnato da alcuni
cavalierida cavalloe andòfatta rimuovere la barricatanella
casadove trovò il baroneche passava da uno svenimento all'altro
nelle mani di due mediciche cercavano di farlo rinvenire con essenze
e stimolanti; e poiché Ottone di Gorgas si rendeva perfettamente conto
che non era quello il momento per chiacchierare con lui su tutto ciò
che era successo per causa suagli disse solocon uno sguardo di
muto disprezzoche per favore si vestisseeper la sua stessa
sicurezzalo seguisse nelle stanze della prigione dei nobili. Quando
ebbero fatto indossare al barone un panciottoe gli ebbero messo un
elmo in testaed egliancora a metà sbottonatovisto che gli
mancava il respiroapparveal braccio del prefetto e del conte di
Gerschausuo cognatosulla stradasalirono fino al cielo
maledizioni e bestemmie orribili contro di lui. Il popolotrattenuto
a fatica dalla truppalo chiamava sanguisugainfameaguzzino
flagello del paesemaledizione della città di Vittemberga e rovina
della Sassonia; dopo un pietoso tragitto per la città ridotta in
maceriedurante il quale egli più voltesenza accorgerseneperse
l'elmoche un cavaliere gli rimetteva in testa da dietrosi
raggiunse finalmente la prigionedove egli sparì in una torresotto
la protezione di una buona scorta.
Intanto il ritorno del messaggero con la decisione del principe
Elettore suscitava in città nuove preoccupazioni. Infatti il governo
dello Statoal quale la cittadinanza di Dresda si era immediatamente
rivolta con una supplicanon voleva saperne di un soggiorno del
barone nella capitaleprima che l'incendiario fosse ridotto
all'impotenza; e anzi obbligava il prefetto di difenderlodovunque
fossepoiché in qualche posto doveva pur starecon le forze che
aveva sotto il suo comando; ma annunciava contemporaneamente alla
buona città di Vittembergaper sua tranquillitàche un battaglione
di cinquecento uominial comando del principe Federico di Meissen
era già in marciaper difenderla da ulteriori molestie. Il prefetto
che ben capiva come una decisione simile non potesse in nessun modo
rassicurare la popolazionepoiché non solo numerose piccole
scaramucceche il mercante di cavalli aveva combattuto con successo
in diversi puntidavanti alla cittàavevano diffuso le voci più
incresciose su un aumento delle sue forzemaper di piùla guerra
che egli conducevacon pecepaglia e zolfonell'oscurità della
notteper mezzo di gentaglia travestitaavrebbe potuto rendere
inefficaceinaudita e senza esempio com'erauna difesa anche
maggiore di quella con la quale il principe di Meissen si stava
avvicinando: il prefettodunquedopo una rapida riflessionedecise
di tenere completamente nascosta l'ordinanza che aveva ricevuto. Fece
solo affiggereagli angoli della cittàuna lettera nella quale il
principe di Meissen gli annunciava il suo arrivo; una carrozza chiusa
che uscì sul fare del giorno dal cortile del carcere dei nobili
presescortata da quattro cavalieri pesantemente armatila strada di
Lipsiamentre i cavalieri della scorta facevano capirecon vaghi
accenniche andavano al castello sulla Pleisse; edopo aver così
tranquillizzato il popolo riguardo all'infausto baronela cui
presenza significava ferro e fuocosi mosse egli stessocon una
schiera di trecento uominiper unirsi al principe Federico di
Meissen.
Nel frattempo Kohlhaasgrazie alla singolare posizione che aveva
assunto nel mondoera salitoin effettialla forza di cento e nove
uomini; edopo aver anche scopertoa Jessenun deposito di armie
averne rifornito di tutto punto le sue schierepreseinformato della
doppia tempesta che si stava addensandola decisione di andare
incontro a tutte e due con la rapidità del ventoprima che si
scatenassero sula sua testa. E infatti il giorno dopo attaccava già il
principe di Meissenin un assalto notturnonei pressi di Muhlberg;
in quel combattimento perse sìcon suo grande doloreErsianoche
fin dai primi colpi cadde morto al suo fianco: maesasperato da
quella perditain tre ore di battaglia ridusse il principeincapace
di riordinarsi nel borgocosì a mal partitocheallo spuntare del
giornoa causa di molte gravi ferite e del completo disordine della
sua truppafu costretto a ritirarsi in direzione di Dresda. Reso
temerario da questo successoKohlhaas si rivolseprima che potesse
essere informato dell'accadutocontro il prefettolo assalìvicino
al villaggio di Damerowin campo apertoin pieno mezzogiornoe si
batté con luicon perdite sanguinosema con uguale successofino
allo scendere della notte. E di sicuro il mattino dopocon il resto
della sua schieraegli avrebbe senza dubbio attaccato di nuovo il
prefettoche si era ritirato nel camposanto di Damerowse questi
attraverso degli esploratorinon fosse stato informato della disfatta
subita dal principe presso Muhlberge non avesse perciò ritenuto più
prudente ritornarea sua voltaa Vittembergain attesa di tempi
migliori.
Cinque giorni dopo aver distrutto questi due contingentiKohlhaas era
davanti a Lipsiae da tre lati appiccava il fuoco alla città. - Nel
bando che diffuse in quella circostanza egli si definiva "luogotenente
dell'Arcangelo Michelevenuto a punire col ferro e col fuocosu
tutti quelli che nella contesa prendessero le parti del baroneil
male in cui era caduto il mondo intero". Dal castello di Lutzendi
cui si era impadronito di sorpresae in cui si era insediatoegli
chiamava il popolo a unirsi a luiper dare alle cose un migliore
ordinamentoe il bando era sottoscrittocon gesto quasi follein
questo modo: "Dato nel regale castello di Lutzensede provvisoria del
nostro governo universale". La fortuna degli abitanti di Lipsia fu che
il fuocoa causa di una pioggia insistente che cadeva dal cielonon
si propagassecosì chegrazie alla rapidità d'intervento
dell'organizzazione antincendio localesolo alcune botteghe che
sorgevano intorno alla rocca sulla Pleisse furono divorate dalle
fiamme. E tuttavia la costernazione della città per la presenza del
forsennato incendiarioe per la sua falsa idea che il barone fosse a
Lipsiaera indescrivibile; equando un reparto di cento e ottanta
uomini a cavalloche era stato inviato contro di luiritornò
sbaragliato in cittàai magistratiche non volevano mettere a
repentaglio le ricchezze della cittànon restò altro da fare che
chiudere del tutto le portee ordinare che la cittadinanza facesse
giorno e nottela guardia fuori delle mura.
Inutilmente i magistrati fecero affiggerenei villaggi delle zone
circostantimanifesti con la precisa assicurazione che il barone non
si trovava nel castello sulla Pleisse; il mercante di cavalli
insistevasu manifesti analoghiche egli era nella roccae
dichiarava chese non vi si fosse trovatoegli avrebbe comunque
proceduto come se ci fossefinché non gli venisse indicatocon tanto
di nomeil posto in cui si trovava. Il principe Elettoreinformato
per mezzo di un corriere veloce della situazione gravissima in cui si
trovava la città di Lipsiadichiarò che stava già radunando un
esercito di duemila uominie che si sarebbe messo alla sua testaper
catturare Kohlhaas. Egli rivolse al signor Ottone di Gorgas un severo
rimprovero per l'astuzia ambigua e sconsiderata della quale si era
servito per allontanare l'incendiario dalla regione di Vittemberga; e
nessuno può descrivere il turbamento che invase l'intera Sassoniae
soprattutto la capitalequando laggiù si venne a sapere chenei
villaggi intorno a Lipsiaera stata affissada parte di chi non si
sapevauna dichiarazione diretta a Kohlhaassecondo la quale
"Venceslaoil baronesi trovava presso i cugini Enzo e Corradoa
Dresda".
In quel momentoil dottor Martin Lutero prese su di sé il compito
sostenuto dal prestigio che la sua posizione nel mondo gli davadi
riportare Kohlhaascon la forza di parole pacatedentro gli argini
dell'ordine umano; efacendo affidamento su quanto di onesto c'era
ancora nel cuore dell'incendiariogli indirizzò un manifesto di
questo tenoreche venne affisso in ogni città e in ogni borgo del
principato:
"Kohlhaastu che ti spacci per inviato a brandire la spada della
giustiziache cosa mai ardiscitemerarionel delirio di una cieca
passionetu che di ingiustizia sei pieno dalla punta dei capelli alle
piante dei piedi? Poiché il sovrano al quale sei suddito ha negato il
tuo dirittoil tuo diritto nella contesa per una cosa da nientetu
ti sollevio sciaguratocol ferro e col fuocoe irrompicome il
lupo del desertonella pacifica comunità di cui egli è scudo. Tuche
seduci gli uomini con i tuoi proclamipieni di falsità e di malizia
credi tupeccatoredi trovare scampo davanti a Dio in questo modo
nel giorno che getterà luce dentro le pieghe di tutti i cuori? Come
puoi dire che ti è stato negato il tuo dirittotuil cui cuore
rabbiosoeccitato dal prurito di un'ignobile brama di vendettadopo
i primiavventati tentativi che ti fallironoha lasciato cadere ogni
sforzo per guadagnartelo? E' la panca occupata dagli uscieri e dagli
sgherri del tribunaleche intercettano la lettera che hanno ricevuto
o trattengono la sentenza che dovrebbero consegnareè questa la tua
autorità? E devo io dirtiuomo dimentico di Dioche la tua autorità
non sa nulla della tua causa - che cosa dico? che il sovranocontro
il quale tu ti rivoltinon conosce nemmeno il tuo nomedi modo che
quando tu comparirai un giorno davanti al trono di Dioe penserai di
accusarloegli potrà direcon il viso sereno: a quest'uomoSignore
io non feci nessun tortopoiché della sua esistenza l'anima mia non
sa nulla? La spada che tu impugnisappiloè la spada della rapina e
della strage; un ribelle tu seie non un soldato del giusto Iddio; la
tua meta sulla terra è la ruota e la forcae nell'al di là la
dannazione che pende sul misfatto e sull'empietà.
Vittembergaeccetera.
Martin Lutero".
Kohlhaas stava proprio alloranel castello di Lutzenmeditando un
nuovo piano per incenerire Lipsianel suo petto lacerato egli non
davainfattinessun credito alla notizia affissa nei villaggi che il
barone Venceslao si trovasse a Dresdavisto che non era firmata da
nessunoe tanto meno dai magistraticome egli aveva richiesto -
quando Sternbald e Waldmann notaronocon la più profonda
costernazioneil manifestochedi notteera stato affisso al
portone del castello. Invano speraronoper diversi giorniche
Kohlhaaspoiché preferivano non essere loro a rivolgergli la parola a
quel propositoci lasciasse cadere lo sguardo: cupo e ripiegato su se
stessoegli si faceva sì vedereverso serama solo per dare i suoi
brevi ordinie non vedeva niente; tanto che essiun mattinoin cui
lui voleva fare impiccare un paio dei suoi fantichecontro la sua
volontàavevano saccheggiato nei dintornisi decisero ad attirarne
l'attenzione. Egli tornava appuntomentre il popolo si faceva da
parteintimiditoda entrambi i latidal luogo dell'esecuzionecon
il seguito chedall'ultimo bandogli era abituale - lo precedeva una
grande spada da cherubinoadagiata su un cuscino di cuoio rosso
adornato di nappe d'oroe lo seguivano dieci fanti con le fiaccole
accese -quando i due uominicon le spade sottobracciogiraronoin
un atteggiamento che non poteva non colpirlointorno al pilastro sul
quale era affisso il manifesto. Kohlhaasquandocon le mani
intrecciate dietro la schienaimmerso nei suoi pensieriarrivò sotto
il portonealzò gli occhi e si fermò di colpo; e quando i servi
vedendolosi tirarono con deferenza da parteegli si avvicinò al
pilastroguardandoli distrattamentea passi veloci.
Ma come descrivere quello che avvenne nella sua anima quando vi vide
il foglio che lo accusava di ingiustiziasottoscritto dal nome più
caro e più venerando che conoscesse: dal nome di Martin Lutero!
Un cupo rossore gli salì al viso; egli lo lesse due voltetogliendosi
l'elmodal principio alla fine; si girò indietrocon sguardi
incertiai suoi uominicome se volesse dire qualcosae non disse
niente; staccò il foglio dalla paretelo lesse tutto ancora una
voltae gridò: "Waldmann! Fai sellare il mio cavallo!"e poi:
"Sternbald! Seguimi nel castello!"e sparì. Quelle poche paroleerano
bastatecon tutto l'alone di terrore che lo circondavaa disarmarlo
di colpo. Egli indossòcome travestimentole vesti di un fittavolo
della Turingiadisse a Sternbald che un affare di notevole importanza
lo costringeva ad andare a Vittembergagli affidòalla presenza di
alcuni dei suoi migliori soldatiil comando della schiera rimasta a
Lutzene partìassicurando che entro tre giornidurante i quali non
c'era da temere nessun attaccosarebbe stato di ritornoper
Vittemberga.
Si introdussesotto falso nomein una locandaenon appena fu
scesa la notteavvolto nel suo mantelloe munito di un paio di
pistole che erano bottino del castello di Tronkaandò nella stanza di
Lutero. Luteroche sedeva al suo leggìofra libri e manoscritti
vedendo quello strano sconosciuto aprire la portae richiuderla col
catenaccio dietro di ségli chiese chi fosse e che cosa volesse; e
l'uomoche teneva con deferenza il cappello in manoaveva appena
timidamente rispostogià presentendo quale spavento stesse per
provocareche egli era Michele Kohlhaasil mercanti di cavalliche
già Lutero gridava: "Vialontano da me!"aggiungendomentre si
alzava dal leggìoe si precipitava verso un campanello: "Il tuo alito
è pestela tua vicinanza è perdizione!".
Kohlhaas dissementresenza muoversi dal suo postotirava fuori la
pistola: "Reverendo signorequesta pistolase voi toccate il
campanellomi stenderà senza vita ai vostri piedi! Sedetevie
ascoltatemi; fra gli angeli dei quali trascrivete i salmi non siete
più sicuro che vicino a me".
Luterosedendosigli chiese: "Che vuoi?".
"Confutare"rispose Kohlhaas"la vostra opinione di mecheio sia
un uomo ingiusto! Mi avete dettonel vostro manifestoche la mia
autorità non sa niente della mia causa: ebbeneprocuratemi un
salvacondottoe io andrò a Dresdae gliela sottoporrò".
"Uomo empio e spaventevole!"esclamò Luteroconfuso e
tranquillizzato insieme da quelle parole. "Chi ti ha dato il diritto
di aggredireeseguendo una tua arbitraria ingiunzioneil barone di
Tronkaenon avendolo trovato nel suo castellodi mettere a ferro e
fuoco la comunità intera che lo difende?".
"Reverendo signore"rispose Kohlhaas"nessunofinora! Unanotizia
che ricevetti da Dresda mi ha tratto in ingannoe fuorviato! La
guerra che conduco contro la comunità degli uomini è un delittose è
vero che iocome voi mi avete assicuratonon ne sono stato
ripudiato".
"Ripudiato!"gridò Luteroguardandolo. "Quale pensierofolle ti ha
preso? Chi ti avrebbe ripudiato dalla comunità dello Stato nel quale
vivevi? Dove si ebbe maida quando esistono Statiche qualcuno
chiunque egli fossesia stato da esso ripudiato?".
"Ripudiato"rispose Kohlhaasstringendo a pugno la mano"chiamo
colui al quale si nega la protezione delle leggi! Poiché di questa
protezioneper la prosperità del mio pacifico commercioio ho
bisogno; ed èanziproprio per questo che iocon tutto quello che
mi sono guadagnatocerco rifugio nella comunità; e chi me la nega mi
ricaccia fra i selvaggi del desertoe mi mette in manopotete forse
negarlo?la clava che mi protegge".
"Chi ti ha negato la protezione delle leggi?"gridò Lutero."Non ti
scrissi che dell'accusa che avevi presentato il sovranoal quale
l'avevi presentatanon sa niente? Se i servitori di Statoalle sue
spalleannullano i processio si fanno altrimenti beffea sua
insaputadel suo nome consacratochitranne Diopuò chiedergli
conto della scelta di simili servitorie sei tuuomo orribile e
maledetto da Dioautorizzato a giudicarlo per questo?".
"Ebbene"disse allora Kohlhaas"se il sovrano non miripudierà
anch'io ritornerò nella comunità che da lui è difesa. Procuratemilo
ripetoun salvacondotto per Dresda: e io scioglierò la gente che ho
raccolto nel castello di Lutzene presenterò di nuovodavanti al
tribunale di Statol'accusa che mi è stata respinta".
Luterocon aria contrariatascompigliò le carte che aveva sullo
scrittoioe tacque. L'atteggiamento di sfida allo Stato che
quell'uomo strano assumeva lo contrariavaeripensando
all'ingiunzione che eglida Pontekohlhaasaveva emanato contro il
baronegli chiese che cosa pretendesseinsommadal tribunale di
Dresda.
"La punizione del baroneconforme alla legge"rispose Kohlhaas;"il
ristabilimento dei cavalli nello stato in cui erano; e il risarcimento
del danno che tanto io quanto il mio servo Ersianocaduto a Muhlberg
abbiamo subìtoa causa della violenza commessa contro di noi".
"Il risarcimento del danno!"gridò Lutero. "Somme amigliaiada
ebrei e da cristianisu tratte e su pegnihai preso a prestitoper
far fronte alle spese della tua selvaggia vendetta. Metterai nel conto
anche il loro valorese si farà l'inchiesta?".
"Dio ne scampi!"rispose Kohlhaas. "Casa e podereel'agiatezza che
è stata miaio non li richiedo; e neppure le spese del funerale di
mia moglie! La vecchia madre di Ersiano farà un conto delle spese per
la sua curae un elenco delle cose che suo figlio perse nel castello
di Tronka; e il danno che io ho subìto per la mancata vendita dei
morelli lo faccia valutare il governoper mezzo di un esperto".
"Uomo folleincomprensibile e spaventoso!"disse Luteroe lofissò.
"Dopo che la tua spada si è presa sul barone la vendetta più feroce
che si possa immaginareche cosa ti spinge a insistere su una
sentenza il cui rigorequando fossealla finepronunciatalo
colpirebbe con un peso di così scarso rilievo?".
"Reverendo signore"replicò Kohlhaasmentre una lacrima glirigava
le guance"mi è costata mia moglie; Kohlhaas farà vedere al mondo che
non è morta in una causa ingiusta. Adattatevisu questoalla mia
volontàe fate che la corte pronunci la sua sentenza; in tutto il
restosu cui possa ancora esservi contesaio mi adatterò alla
vostra".
"Vedi"disse Lutero"quello che tu chiedise davvero lecircostanze
sono come la voce pubblica le riferisceè giustoe se tu avessi
saputo portare la liteprima di passare arbitrariamente alla vendetta
privatafino alla decisione del principela tua richiestanon ho
dubbiti sarebbe stata accolta punto per punto. Maben considerata
ogni cosanon avresti fatto megliose tuper amore del tuo
Redentoreavessi perdonato il baroneavessi preso per la cavezza i
morellisecchi e sfiniti com'eranofossi salito in sella e avessi
cavalcato fino a casa tuaa ingrassarli nelle tue stalle di
Pontekohlhaas?".
"Forse sì"rispose Kohlhaasavvicinandosi alla finestra;"forse sì
e forse no! Se avessi saputo che mi sarebbe toccato rimetterli in
piedi con il sangue e il cuore della mia cara moglieforse sìavrei
fatto come dite voireverendo signoree non sarei stato a guardare
uno staio di avena! Ma poichéormaimi sono venuti a costare tanto
le cose vadanocosì la pensoper il loro verso: lasciate che sia
pronunciata la sentenza che mi spettae che il barone mi ingrassi i
morelli".
Luteromettendotra vari pensieridi nuovo le mani tra le sue
cartedisse che avrebbe avviato per lui una trattativa con il
principe Elettore. Intantoche egli restasse tranquillo nel castello
di Lutzen; se il principe avesse consentito al salvacondottoglielo
si sarebbe fatto sapere per via di pubblici manifesti. "A dire il
vero"continuòmentre Kohlhaas si chinava per baciargli la mano"se
l'Elettore vorrà usare clemenzaanziché giustizianon so; poiché ha
raccoltoho saputoun esercitoed è in procinto di coglierti nel
castello di Lutzen; ma nel frattempocome ti ho già dettonon
risparmierò i miei sforzi". E con queste parole si alzòmostrando di
volerlo congedare.
Kohlhaas disse che la sua intercessione lo tranquillizzava
completamentesu quel punto; al che Lutero lo salutò con la manoma
egliimprovvisamentepiegò un ginocchio davanti a luie disse di
avere ancora una preghiera sul cuore. A Pentecosteinfattiquando
era solito accostarsi alla mensa del Signoreeglia causa di quella
sua impresa guerrescanon era andato in chiesa: voleva avere la
compiacenza di riceveresenza altra preparazionela sua confessione
e impartirgliin cambioil beneficio del santo sacramento?
Luterodopo una breve riflessionelo fissò severamente e disse: "Sì
Kohlhaaslo farò. Ma il Signoredel quale desideri il corpoperdonò
il suo nemico. Vuoi tu"aggiunsementre egli lo guardava turbato
"perdonare allo stesso modo il barone che ti ha offeso: andare al
castello di Tronkamontare sui tuoi morellie portarteli a casa a
Pontekohlhaasper ingrassarli?".
"Reverendo signore"disse Kohlhaas arrossendoe gli prese lamano.
"Ebbene?".
"Neppure il Signore perdonò tutti i suoi nemici. Lasciate che io
perdoni i due principi Elettorimiei sovraniil castaldo e il
fattorei signori Enzo e Corradoe chiunque altro mi abbia offeso in
questa circostanza: ma chese è possibileio costringa il barone a
farmi tornare grassi i morelli".
A queste parole Lutero gli giròcon uno sguardo dispiaciutole
spallee tirò il campanello. Kohlhaasmentre un domesticoda esso
chiamatosi annunciavaportando una lampadanell'anticamerasi
alzò confuso da terraasciugandosi gli occhi; e poiché il domestico
essendo tirato il catenacciosi affaccendava invano alla porta
mentre Lutero si era di nuovo seduto davanti alle sue carteKohlhaas
aprì la porta a quell'uomo. Luterolanciando un breve sguardodi
latoal forestierodisse al domestico: "Fa' luce!"e questiunpo'
sorpreso da quel visitatoreverso il quale lanciò un'occhiatastaccò
dalla parete la chiave di casaeaspettando che l'ospite se ne
andassesi ritirò nel vano della porta semiaperta.
"E cosìsignore reverendissimo"disse Kohlhaastenendo ilcappello
con tutte e due le maniche tremavano"non mi può essere impartito
il beneficio della riconciliazioneche vi ho supplicato di
concedermi?".
"Con il tuo Salvatoreno"rispose brevemente Lutero; "con iltuo
sovrano... questo dipenderà dal tentativo che ti ho promesso!". E con
ciò fece al domestico il cenno di eseguiresenz'altro indugio
l'incarico che gli aveva affidato. Kohlhaas si portòcon
un'espressione di dolorele mani al pettoseguì l'uomoche gli
faceva lume giù per le scalee scomparve.
Il mattino dopo Lutero inviò una lettera al principe Elettore di
Sassonianella qualedopo un'amara allusione ai signori Enzo e
Corrado di Tronkaciambellano e coppiere addetti alla sua personai
qualicome a tutti era notoavevano intercettato la querela
dichiarava al sovranocon la franchezza che gli era propriache in
così spiacevoli circostanze non restava altro da fare che accogliere
la proposta del mercante di cavallie concederglial fine di
riaprire il suo processol'amnistia per quanto era accaduto.
L'opinione pubblicaosservavaera pericolosamente incline a prendere
le parti di quell'uomotanto che persino a Vittembergada lui tre
volte incendiatasi alzavano voci in suo favore; e poiché
immancabilmentenel caso fosse stata respintaegli avrebbe portato
la sua offertacon odiosi commentia conoscenza del popoloquesto
avrebbe facilmente potuto essere sobillato tanto checon la forza
dello Statoniente più si sarebbe potuto intraprendere contro di lui.
E concludeva chein quel caso fuori dell'ordinariobisognava passare
sopra lo scrupolo di aprire una trattativa con un cittadino che aveva
impugnato le armi; egliin effettiper colpa dei procedimenti
seguiti contro di luiera stato postoin certo modoal di fuori del
consorzio statale; ein breveper uscire da quella situazione
bisognava considerarlo più come una potenza stranieracomein un
certo sensoil suo stesso essere forestiero lo qualificavapenetrata
nel paeseche come un ribelle sollevatosi contro il trono.
Il principe Elettore ricevette questa lettera proprio mentre il
principe Cristiano di Meissengeneralissimo dell'Imperozio del
principe Federico di Meissenbattuto a Muhlberge ancora a letto per
le feriteil Gran Cancelliere del Tribunaleconte Wredeil conte
Kallheimpresidente della Cancelleria di Statoe i due signori Enzo
e Corrado di Tronkaciambellano questicoppiere l'altroamici
d'infanzia e confidenti entrambi del sovranoerano presenti a
palazzo. Il ciambellanoil nobile Corradochein qualità di
consigliere segretosbrigava la corrispondenza privata del principe
con facoltà di servirsi del suo nome e del suo sigilloprese per
primo la parolaedopo aver spiegato ancora una voltaper filo e
per segnoche mai e poi mai egli avrebbe messo da partedi propria
iniziativala querela che il mercante di cavalli aveva sporto presso
il Tribunale contro il baronesuo cuginoseingannato da false
informazioninon l'avesse ritenuta una bega oziosa e priva di
qualunque fondamentoarrivò a parlare della situazione attuale.
Osservò che né in base alle leggi divine né in base a quelle umane il
mercante di cavalli era autorizzato a prendersiper quello sbaglio
una vendetta personale tanto mostruosa come quella che si era
permesso; descrisse la gloria che una trattativa con luicome se
fosse stato una potenza militare in piena regolaavrebbe fatto cadere
sul suo capo maledetto da Dio; e la vergogna che ne sarebbe ricaduta
sulla sacra persona del principe gli sembrò così insopportabileche
nella foga della sua perorazioneaffermò che avrebbe preferito
soffrire l'estremoe vedere eseguita l'ordinanza del pazzo ribellee
il baronesuo cuginoportato a Pontekohlhaasa ingrassare i
morellipiuttosto di sapere che era stata accettata la proposta del
dottor Lutero.
Il Gran Cancelliere del Tribunaleconte Wredeespresserivolto a
metà verso di luiil proprio dispiacere per il fatto che una così
delicata sollecitudinecome quella che egli mostravaper il buon
nome del sovranonella conclusione di quella faccendacertamente
incresciosanon l'avesse ispirato fin dal momento del suo inizio.
Egli espose all'Elettore le sue riserve a fare ricorso alla forza
dello Stato per dare esecuzione a una misura chiaramente ingiusta;
osservòcon una significativa allusione al grande seguito che il
mercante di cavalli continuava a incontrare nel paeseche in questo
modo il filo dei delitti minacciava di dipanarsi all'infinito; e
dichiarò che solo una schietta azione di giustiziache desse
immediatamente e senza riguardiriparazione all'errore al quale era
stato colpevolmente dato corso avrebbe potuto strapparloe tirar
fuori felicemente il governo da quel brutto impiccio.
Il principe Cristiano di Meissenrichiesto dal sovrano di dire che
cosa pensasse di tutto ciòaffermòrivolgendosi con deferenza verso
il Gran Cancelliereche la linea di pensiero da lui esposta gli
ispiravasìil massimo rispetto; mavolendo aiutare Kohlhaas a
ottenere i suoi dirittiegli non rifletteva che così veniva a ledere
Vittemberga e Lipsiae tutto il paese da lui devastatonella giusta
pretesa di un risarcimento dei dannio almeno della loro punizione.
L'ordinamento dello Stato erain rapporto a quell'uomocosì
sconvoltoche difficilmente lo si sarebbe potuto raddrizzare con un
principio fatto derivare dalla scienza del diritto. Perciò egli era
del pareresecondo l'opinione del ciambellanodi fare ricorso ai
mezzi previsti per questi casi: radunare un esercito di grandezza
sufficientee con esso sloggiare o schiacciare il mercante di cavalli
che si era insediato a Lutzen.
Il ciambellanomentre toglieva dalla parete due sedieper lui e per
l'Elettoree le sistemava con fare premuroso al centro della stanza
disse di rallegrarsi che un uomo della sua probità e intelligenza
fosse d'accordo con lui sui mezzi per risolvere l'intricata questione.
Il principetenendo ancorasenza sedersila mano appoggiata sulla
sediae guardandolo fissogli assicurò che non aveva nessun motivo
di rallegrarsi per questo: poiché la misura necessariamente collegata
a questo era di spiccareprimaun ordine di cattura contro di luie
metterlo sotto processo per abuso del nome del sovrano. Poichése la
necessità esigeva di calare il velodavanti al trono della giustizia
su una serie di delitti checontinuando a perdita d'occhionon
trovavano ormai posti sufficienti per comparire davanti al suo
tribunalequesto non valeva per il primoche li aveva causati; e
solo un'accusa capitale portata contro di lui avrebbe potuto
autorizzare lo Stato a schiacciare il mercante di cavallila causa
del quale eracome notopiù che giustae al quale essi stessi
avevano messo in mano la spada che brandiva. Il principementre a
queste parole il barone lo guardava sgomentosi giròfacendosi rosso
su tutto il visoe andò alla finestra.
Il conte Kallheimdopo una pausa d'imbarazzo generaledisse che in
quella maniera non si usciva dal cerchio stregato di cui erano
prigionieri. Con lo stesso diritto si sarebbe potuto mettere sotto
processo il nipote del Generalissimoil principe Federico; poiché
anche luinel corso della poco ortodossa campagna intrapresa contro
Kohlhaasaveva in vari modi travalicato le istruzioni ricevute: di
modo chese si fosse voluto fare l'elenco della lunga schiera di
quelli che avevano causato l'imbarazzante situazione in cui ci si
trovavaanch'egli sarebbe stato del numeroe il sovrano avrebbe
dovuto chiedergli conto di ciò che era avvenuto presso Muhlberg.
Il coppiereil nobile Enzo di Tronkamentre il principecon sguardi
indecisiandava verso il suo tavoloprese la parolae disse di non
capire come la decisione di Stato che doveva essere adottata potesse
sfuggire a uomini di tanta saggezzacome quelli lì riuniti. Il
mercante di cavallia quanto gli risultavaaveva promessoin cambio
di un semplice salvacondotto per Dresdae di una nuova indagine sulla
sua causadi sciogliere la banda con la quale era penetrato nel
paese. Non ne seguivaperòche gli si dovesse concedere l'amnistia
per la sua delittuosa vendetta personale: due concetti giuridici che
tanto il dottor Lutero quanto il Consiglio di Stato sembravano
confondere. "Quando"proseguìtoccandosi il naso con il dito"il
Tribunale di Dresda avrà pronunciatonon importa comela sentenza a
proposito dei morelliniente impedirà di gettare Kohlhaas in prigione
per i suoi incendi e le rapine: soluzione politicamente opportunache
unisce i vantaggi di quelle dei due statisti che mi hanno precedutoe
alla quale non potrà mancare il plauso dei contemporanei e dei
posteri".
Il principe Elettorepoiché sia eglisia il Gran Cancelliere avevano
risposto solo con uno sguardo a questo discorso del coppiereil
nobile Enzoe con ciò la discussione sembrava terminatadisse che
avrebbe riflettuto per conto suofino alla prossima seduta del
Consiglio di Statosulle diverse opinioni che gli erano state
esposte. Sembrava che la misura preliminare da lui stesso suggerita
gli avesse tolto dal cuoremolto sensibile all'amiciziala voglia di
mettere in atto la spedizione contro Kohlhaasper la quale tutto era
già pronto. In ogni casotrattenne presso di sé il Gran Cancelliere
conte Wredela cui opinione gli sembrava la più praticabile; e
quando questi gli ebbe mostrato delle lettere dalle quali risultava
chein effettile forze del mercante di cavalli erano già cresciute
a quattrocento uominie anziper via della generale scontentezza
chea causa delle prevaricazioni del ciambellanoregnava nel paese
egli avrebbe potuto in breve contare su forze raddoppiate e
triplicateil principe Elettore si decisesenza ulteriori
esitazioniad accettare il consiglio che il dottor Lutero gli aveva
dato. Affidò dunque al conte Wrede tutta la direzione dell'affare
Kohlhaas e già pochi giorni dopo compariva un manifestodel quale
riassumiamo l'essenziale nel modo seguente:
"NoiecceteraecceteraPrincipe Elettore di Sassoniaconcediamo
avendo preso in particolare e benigna considerazione l'intercessione
del dottor Martin Lutero presso di Noia Michele Kohlhaasmercante
di cavalli del Brandeburgoa condizione cheentro tre giorni dalla
visione della presenteabbia deposto le armi da lui impugnateil
salvacondotto per recarsi a Dresdaal fine di replicare l'esame della
sua causa: affinchénel caso in cuicome non è da attendersiil
Tribunale di Dresda respinga la sua querelaa proposito dei morelli
si proceda contro di luia causa della sua arbitraria impresa di
farsi giustizia da sécon tutta la severità della legge; manel caso
contrariosia concessa a lui e a tutta la sua banda grazia in luogo
di giustiziae completa amnistia per le violenze da lui commesse in
Sassonia".
Kohlhaasnon appena ebbe ricevutoper mezzo del dottor Luteroun
esemplare di quel manifestoche era stato affisso in tutte le piazze
del paesesciolse immediatamenteper quanto condizionate fossero le
espressioni in esso contenutetutta la sua bandacon regali
ringraziamenti e raccomandazioni opportune. Depose tutto quello che
aveva predatodenaroarmi e masseriziepresso il tribunale di
Lutzencome proprietà del principe Elettore; edopo aver inviato
Waldmann a Pontekohlhaasdal balivocon una sua letteraper il
riacquistose era possibiledella sua fattoriae Sternbald a
Schwerina riprendere i suoi bambiniche desiderava avere di nuovo
con sélasciò il castello di Lutzenein incognitoportandosi
dietrosotto forma di documentiil resto del suo piccolo patrimonio
andò a Dresda.
Spuntava il giornoe tutta la città dormiva ancoraquando egli bussò
alla porta della sua piccola proprietà nel sobborgo di Pirnache
grazie all'onestà del balivo gli era rimastae disse a Tommasoil
vecchio portiere al quale era affidatache gli aveva aperto con
stupore e sgomentodi andare al palazzo del Governo e annunciare al
principe di Meissen che egliKohlhaasil mercante di cavalliera
arrivato. Il principe di Meissenchea questo annuncioritenne
opportuno informarsi immediatamente di persona della situazione nella
quale ci si trovavariguardo a quell'uomotrovò le strade che
portavano all'abitazione di Kohlhaasquandopoco tempo dopovi
apparvecon il suo seguito di cavalieri e di fantigià gremitea
perdita d'occhidalla folla radunata. La notizia che era arrivato
l'Angelo sterminatoreche cacciava gli oppressori del popolo col
ferro e col fuocoaveva richiamato tutta Dresdacittà e sobborghi;
si dovette sbarrare il portone di casa davanti alla folla dei curiosi
che premevae i ragazzi si arrampicarono fino alle finestreper
vedere coi loro occhi l'incendiario che faceva colazione.
Non appena il principecon l'aiuto delle guardieche gli facevano
largoriuscì a entrare in casae giunse nella stanza di Kohlhaas
chiese all'uomo che stava in piedi vicino a un tavoloin maniche di
camiciase fosse Kohlhaasil mercante di cavalli; al che Kohlhaas
tirando fuori dalla cintura un portafogli con varie carteche
attestavano la sua identitàe porgendoglielo rispettosamenterispose
di sìe aggiunse di esser venutodopo aver sciolto le sue truppea
Dresdasecondo l'immunità concessagli dal sovranoper sporgere
davanti al tribunale la sua querelaa proposito dei morellicontro
il barone Venceslao di Tronka. Il principedopo un rapido sguardo
con il quale lo squadrò da capo a piedidiede una scorsa alle carte
che si trovavano nel portafogli; si fece spiegare da lui che cosa
volesse dire una ricevuta che vi trovòredatta dal tribunale di
Lutzena proposito dei beni depositati a beneficio del tesoro
dell'Elettore; edopo aver ulteriormente saggiato con domande di
varie speciesui suoi bambiniil suo patrimonio e la vita che
pensava di condurre in futuroche tipo di uomo fossee averlo
trovato sotto ogni punto di vista tale che si poteva essere tranquilli
sul suo contogli restituì le carte e gli disse che niente si
opponeva al suo processoe cheper avviarlosi rivolgesse pure
direttamente al Gran Cancelliere del tribunaleconte Wrede.
"Nel frattempo"disse il principe dopo una pausaavvicinandosialla
finestra e osservando con stupore il popolo radunato davanti alla
casa"dovraiper i primi giorniaccettare una scorta che ti
proteggasia in casa tuasia quando esci".
Kohlhaasturbatoguardava a terra davanti a sée taceva. Il
principe disse: "Fa lo stesso!"e lasciò la finestra. "Diciò che
saràdovrai fare carico a te stesso"; e con ciò si girò verso la
portacon l'intenzione di lasciare la casa.
Kohlhaasche aveva riflettutodisse: "Vostra Graziafate ciò che
volete. Datemi la vostra parola di ritirare la scortanon appena io
lo desiderie non avrò niente da obbiettare circa questo
provvedimento".
Il principe replicò che non c'era bisogno di dirlo; edopo aver
spiegato a tre lanziche gli erano stati presentati a quello scopo
che l'uomo nella casa del quale si trattenevano era liberoe che solo
per sua difesa dovevanoquando uscivaseguirlosalutò il mercante
di cavalli con un cenno condiscendente della manoe si allontanò.
Verso mezzogiorno Kohlhaasaccompagnato dai suoi tre lanzie seguito
da una folla sterminata chetuttaviamessa sull'avviso dalla
polizianon gli fece nessun maleandò dal Gran Cancelliere del
tribunaleconte Wrede. Il Gran Cancelliereche lo ricevette
gentilmente e con indulgenza nella sua anticamerasi intrattenne con
lui per due ore intere; edopo essersi fatto raccontare dal principio
alla fine come si erano svolte le cosegli disse di rivolgersiper
l'immediata stesura e presentazione della querelaa un noto avvocato
cittadinoche esercitava presso il tribunale. Kohlhaassenza
ulteriori indugiandò nell'abitazione di questi; e dopo che la
querela fu redattain tutto e per tutto uguale alia prima che era
stata cassatachiedendo la punizione del barone secondo le leggila
reintegrazione dei cavalli nello stato precedente e il risarcimento
dei danni suoi proprie anche di quelli subiti dal suo servo Ersiano
caduto presso Muhlberga favore della vecchia madrefece
accompagnato dalla follache continuava a guardarlo con tanto
d'occhiritorno a casaben deciso a non lasciarla piùa meno che
non fosse chiamato da affari improcrastinabili.
Nel frattempo anche il barone era stato rilasciato dalla sua custodia
a Vittembergaedopo essere guarito da una pericolosa risipolache
gli aveva infiammato un piedeaveva ricevuto dal tribunale dello
Stato l'ingiunzione perentoria di presentarsi a Dresdaper rispondere
dell'accusasollevata contro di lui dal mercante di cavalli Kohlhaas
di avere illegalmente trattenuto e sfiancato i suoi morelli. I due
fratelliil ciambellano e il coppiere di Tronkacugini del barone e
feudatari come luiche prese alloggio da lorolo ricevettero pieni
di indignazione e di disprezzo; lo chiamarono sciaguratobuono a
nullavergogna e disonore di tutta la famigliagli annunciarono che
ormaiavrebbe perduto senza alcun dubbio il processoe lo invitarono
a darsi da fare per rintracciare subito i morellipoichéfra le
risate di scherno del mondosarebbe stato condannato a ingrassarli.
Il barone dissecon voce debole e tremantedi essere l'uomo più
miserevole di questo mondo. Giurò e spergiurò di aver saputo
pochissimo di tutta la sventurata faccendache lo stava portando alla
rovinae che di tutto avevano colpa il castaldo e il fattorechea
sua completa insaputae senza l'ombra del suo consensoavevano usato
i cavalli per il raccoltoe con fatiche eccessivein parte sui loro
stessi campi li avevano sfiancati. Ecosì dicendosi sedette
pregandoli di non farlo ricadere di propositocon le insinuazioni e
le offesenella malattia dalla quale si era appena riavuto.
Il giorno dopo i signori Enzo e Corradoche avevano dei possedimenti
nella regione del castello incendiato di Tronkasu preghiera del
barone loro cuginopoiché non restava altro da farescrissero ai
loro affittuari e amministratori che si trovavano in zonaper
ottenere notizie dei morelli che quel giorno disgraziato erano andati
perdutie che erano da allora del tutto svaniti. Ma tutto quello che
a causa della completa devastazione del postoe della strage di quasi
tutti gli abitantipoterono venire a sapere fu che un servospinto a
piattonate dall'incendiarioli aveva tratti in salvo dalla baracca in
fiamme in cui si trovavanoma in seguitoavendo chiesto dove dovesse
portarlie che dovesse fare di loroda quell'uomo sanguinario e
feroce aveva ricevuto una pedata per tutta risposta. La vecchia
governante del baronetormentata dalla gottache si era rifugiata a
Meisseninterrogata per lettera assicurò al barone che il servoil
mattino dopo quella notte di orroreera andato con i cavalli verso il
confine del Brandeburgo; ma tutte le indagini fatte laggiù furono
vanee quella notizia sembrò basata su un errorepoiché il barone
non aveva nessun servo che abitasse nel Brandeburgoe neppure lungo
la strada che vi portava. Alcuni uomini di Dresdache erano stati a
Wilsdruf pochi giorni dopo l'incendio dei castello di Tronka
raccontarono chepiù o meno nel periodo indicatovi era giunto un
servo che tirava due cavalli per la cavezzaepoiché le bestie erano
assai mal ridottee non avrebbero potuto proseguirele aveva
lasciate nella stalla di un pecoraioche era disposto a rimetterle in
piedi. Sembrava molto probabileper varie ragioniche si trattasse
proprio dei morelli oggetto dell'inchiesta; ma il pastore di Wilsdruf
così assicuravano alcuni viaggiatori che giungevano da lìli aveva di
nuovo rivendutinon si sapeva a chi; e una terza diceriadi cui non
si riuscì a scoprire la fontediceva persino che i cavalli avessero
reso l'anima a Dioe fossero sepolti nella fossa di Wilsdruf.
I signori Enzo e Corradoper i quali questa piega degli avvenimenti
eracome è facile capirela più graditadal momento che veniva a
liberarlimancando al barone loro cugino una stalla propriadalla
necessità di nutrire i morelli nelle lorovolevano tuttaviaper
essere pienamente sicuriaccertare la circostanza. Il barone
Venceslao di Tronka mandò perciò uno scrittonella sua qualità di
titolare del feudocon diritti giurisdizionalial tribunale di
Wilsdrufin cui lo pregava con il massimo zelodopo una minuziosa
descrizione dei morelli che come egli dicevagli erano stati
affidatied erano andati smarriti per un incidentedi fare indagini
sul posto dove ora si trovasseroe di intimare al proprietario
chiunque fossedi farli recapitaredietro generoso rimborso di tutte
le spesenelle stalle del ciambellanoil nobile Corradoa Dresda.
In seguito a ciòpochi giorni dopocomparve davvero l'uomo al quale
il pastore di Wilsdruf li aveva cedutie li portòsecchi e
vacillantilegati al montante del suo carrosulla piazza del mercato
della città; ma la cattiva sorte del nobile Venceslaoe ancor più
dell'onesto Kohlhaasvolle che egli fosse lo scortichino di Dobbeln.
Non appena il nobile Venceslaoalla presenza del ciambellano suo
cuginovenne a sapereda voci vagheche era arrivato in città un
uomo con due cavalli neriscampati all'incendio del castello di
Tronkatutti e due si recarono accompagnati da alcuni servi radunati
in fretta nella casasulla piazza principaledove l'uomo si trovava
per rilevarlinel caso fossero quelli appartenenti a Kohlhaasprevio
rimborso delle spesee portarli a casa. Ma quale fu l'imbarazzo dei
due nobili quando videro giàintorno al carro al quale erano legate
le bestieun mucchio di personeattratte dallo spettacoloche
andavano crescendo di momento in momento e gridavano le une alle
altrefra sonore risateche ormai i cavalli che avevano fatto
tremare lo Stato erano finiti nelle mani dello scortichino!
Il baroneche aveva fatto il giro del carrettoe aveva osservato
quelle povere bestieche sembravano dover morire da un momento
all'altrodisseimbarazzatoche non erano i cavalli che aveva
ritirato a Kohlhaas; ma il nobile Corradoil ciambellano
lanciandogli un'occhiata piena di muto furorechese fosse stata di
ferrolo avrebbe schiacciatoandògettando indietro il mantelloe
scoprendo il collare e le insegne del suo gradovicino allo
scortichinoe gli chiese se si trattava dei morelli che il pastore di
Wilsdruf si era tenutoe che il barone Venceslao di Tronkaal quale
appartenevanoaveva fatto cercare per mezzo del tribunale.
Lo scortichinochecon un secchio d'acqua in manoera occupato a
dar da bere a uno stallone grosso e ben pasciutoche tirava il
barrocciodisse: "I neri?"tolse al cavallodopo aver posato il
secchio a terrail morso di boccae disse che i morelli legati al
montante glieli aveva venduti il porcaro di Hainichen. Di dove quello
li avesse avutie se venissero dal pecoraio di Wilsdruflui non lo
sapeva. A luidisse riprendendo il secchioappoggiandolo contro la
stanga e tenendolo fermo col ginocchioa lui il messo del tribunale
di Wilsdruf aveva detto di portarli a Dresdaa casa di quelli di
Tronka; ma il barone al quale doveva rivolgersi si chiamava Corrado. E
a queste parole si giròrovesciando sul selciato della strada l'acqua
che il suo cavallo aveva avanzato nel secchio.
Il ciambellanosul quale erano beffardamente puntati tutti gli occhi
della follae che non riusciva a ottenere da quell'uomointentocon
zelo imperturbabilealle sue faccendedi farsi guardare in faccia
disse di essere lui il ciambellanoCorrado di Tronka; i morelli che
egli doveva ritirare appartenevanoperòa suo cugino; erano arrivati
al pecoraio di Wilsdruf per mezzo di un servoche era fuggito in
occasione dell'incendio del castello di Tronka; ma originariamente
erano due cavalli di proprietà del mercante di cavalli Kohlhaas! Egli
chiese all'uomoche stava a gambe larghee si tirava su i pantaloni
se non sapesse niente di tutto questo; e se il porcaro di Hainichen
non se li fosse magari procuratitutto dipendeva da questa
circostanzadal pecoraio di Wilsdrufoppure da un terzoche a sua
volta li aveva acquistati da lui.
Lo scortichinochemessosi contro il carrovi aveva fatto un po'
d'acquadisse che gli era stato ordinato di venire a Dresda con i
morellie di andare a prendere in casa di quelli di Tronka il denaro
che in cambio gli spettava. Di quel che gli andava raccontandolui
non capiva niente; e se prima del porcaro di Hainichen li aveva avuti
Tizioo Caioo il pecoraio di Wilsdrufquesto per luidal momento
che non erano rubatiera uguale. E con questo si diressegettatasi
la frusta di traverso sulle ampie spalleverso una bettola che si
trovava sulla piazzacol propositoaffamato com'eradi mangiare un
boccone. Il ciambellanoche non sapeva che farsene dei cavalli che il
porcaro di Hainichen aveva venduto allo scortichino di Dobbelnse non
erano quelle le bestie sulle quali il diavolo cavalcava per la
Sassoniachiese al barone di pronunciarsi; ma quando costuicon
labbra pallide e tremantiebbe detto che la cosa più consigliabile
era comprare i morelliche appartenessero a Kohlhaas oppure noil
ciambellano maledisse il padre e la madre che l'avevano messo al mondo
etiratosi giù il mantello del tutto incerto su ciò che bisognava
fare o non fareuscì dalla ressa. Chiamò il barone di Wenksuo
conoscenteche passava a cavallo per la stradaeostinandosi a non
lasciare la piazzaproprio perché la marmaglia lo fissava con
schernoepremendosi i fazzoletti sulla boccasembrava non
aspettare altro che se ne andasse per scoppiare in risatelo pregò di
scendere dal Gran Cancelliereconte Wredeetramite luifar venire
laggiù Kohlhaasa esaminare i morelli.
Capitò che Kohlhaasmandato a chiamare da un messo del tribunalesi
trovasse appunto nella stanza del Gran Cancelliereper via di certe
spiegazioni che gli erano state richieste a proposito del deposito di
Lutzenquando il barone di Wenk fu introdotto presso di lui con
l'incarico che sappiamo; ementre il Gran Cancelliere si alzava dalla
poltrona con il viso contrariatoe il mercante di cavallila cui
persona era sconosciuta al baronerimaneva in dispartecon le carte
che teneva in manoquesti riferì l'imbarazzante situazione in cui si
trovavano i signori di Tronka. Lo scortichino di Dobbelna causa di
indagini troppo sommarie del tribunale di Wilsdrufera comparso con
dei cavalli in condizioni così disperateche il barone Venceslao
esitava a riconoscerli come quelli appartenenti a Kohlhaas; e di
conseguenzase si volevano rilevare lo stesso dallo scortichinoper
fare il tentativo di rimetterli in forze nelle stalle dei cavalieri
era prima necessaria un'ispezione oculare da parte di Kohlhaasper
eliminare ogni dubbio dalla suddetta circostanza. "Abbiate pertanto la
bontà"concluse"di mandare a prendere da una scorta ilmercantee
farlo portare al mercatodove si trovano i cavalli".
Il Gran Cancellieretogliendosi gli occhiali dal nasorispose che
egli era incorso in un duplice errore: in primo luogose riteneva che
la circostanza in questione non si potesse accertare in altro modose
non con un'ispezione oculare del Kohlhaas; e poi se immaginava che
egliil Cancellierefosse autorizzato a far portare Kohlhaas da una
scorta dovunque piacesse al barone. Quindi gli presentò il mercante
che era in piedi alle sue spallee lo pregòsedendosi e rimettendosi
gli occhialidi rivolgersi direttamente a lui per quella faccenda.
Kohlhaasil cui viso non dava a vedere niente di ciò che accadeva nel
suo cuoredisse di essere pronto a seguirlo al mercatoper esaminare
i morelli che lo scortichino aveva portato in città. Mentre il barone
si giravaconfusoverso di luiegli si avvicinò di nuovo al tavolo
del Gran Cancelliereedopo avergli datotirandole fuori dalle
carte del suo portafogliuna serie di informazioni riguardanti il
deposito di Lutzenprese congedo da lui; il baronecherosso su
tutto il visosi era avvicinato alla finestrafece egualmente i suoi
rispetti; e tutti e dueaccompagnati dai tre lanzi assegnati dal
principe di Meissensi avviaronocol seguito di una gran folla
verso la piazza principale.
Il ciambellanoil nobile Corradoche nel frattemposfidando i
consigli di parecchi amici che gli si erano radunati intornoera
rimasto fermo al suo postoin mezzo al popolodi fronte allo
scortichino di Dobbelnnon appena apparve il barone con il mercante
di cavalli si avvicinò a quest'ultimoe gli chiesetenendo la spada
con superbia e ostentazionesotto il bracciose i cavalli che
stavano dietro il carro erano i suoi. Il mercantedopo essersi tolto
con gesto rispettosoil cappellodi fronte al signore che gli aveva
rivolto la domandache lui non conoscevasi avvicinòsenza
rispondergliseguito da tutti i cavalierial carretto dello
scortichino; edopo aver osservato di sfuggitada una distanza di
dodici passidove si fermògli animaliche se ne stavano là sulle
gambe malfermecon le teste chine verso terrasenza toccare il fieno
che lo scortichino aveva messo loro davantisi rivolse di nuovo al
ciambellano: "Vostra Grazialo scortichino ha proprio ragione; i
cavalli legati al suo barroccio mi appartengono". E con questo
girando gli occhi tutt'intorno sul cerchio dei signorialzò un'altra
volta il cappello eaccompagnato dalla sua scortalasciò la piazza.
A quelle parole il ciambellano si avvicinò a passi rapidiche gli
fecero ondeggiare il cimieroallo scortichinoe gli lanciò una borsa
di denaro; e mentre questicon la borsa in manosi ravviava i
capelli dalla fronte con un pettine di piomboe contava i soldiegli
ordinò a un servo di slegare i cavalli e di portarli a casa. Il servo
cheal richiamo del padronesi era staccato da un crocchio di amici
e parenti che aveva tra la follasi avvicinò infattiun po' rosso in
visoai cavallisaltando una larga pozza di liquami che si era
formata accanto a loro; ma ne aveva appena toccato la cavezzaper
slegarliquando mastro Himboldtsuo cuginolo afferrò per un
braccioe gridandogli: "Tu non toccherai quelle carogne!"lo
scaraventò via dal barroccio. Esaltandocon qualche esitazionela
pozza di liquamesi girò indietro verso il ciambellanoche a
quell'incidente era rimasto senza paroleaggiungendo che doveva
procurarsi un garzone di scortichinoper fargli quel servizio!
Il ciambellanoche aveva squadrato per un momento mastro Himboldt
schiumando di rabbiasi giròe chiamòal di sopra delle teste dei
cavalieri che lo circondavanola scorta; e quandosu richiesta del
barone di Wenkun ufficiale e alcuni armigeri del principe Elettore
furono giunti dal palazzoesortò questidopo aver brevemente esposto
quali vergognose sobillazioni si permettessero i borghesi della città
ad arrestare mastro Himboldtil caporione. Eafferratolo per il
collolo accusò di aver scaraventato via dal carretto e malmenato il
suo servocheper suo ordinestava slegando i morelli. Il mastro
sfuggendo alla presa del ciambellano con un agile movimentoche lo
liberòrispose: "Vostra Grazia! Far capire a un giovanotto di
vent'anni quel che deve fare non significa sobillarlo! Chiedetegli se
contro l'uso e la decenzaè disposto a occuparsi dei cavalli legati
al carretto. Se è disposto a farlodopo quello che ho dettosia
pure! Per quel che mi riguarda può anche squartarli e scorticarli!".
A queste parole il ciambellano si girò verso il servoe gli chiese se
aveva qualche obiezione a eseguire il suo ordinee a slegare i
cavalli che appartenevano a Kohlhaas e a portarli a casa; e poiché
questi rispose timidamentecercando di confondersi fra i borghesi
che bisognava ridare l'onore ai cavalliprima di pretendere questo da
luiil ciambellano gli corse dietrogli strappò il cappelloornato
dallo stemma della casataedopo averlo calpestatotrasse dal
fodero la spada e con furibondi colpi di piatto cacciò il servosui
due piedidalla piazza e dal suo servizio. "Addosso! Buttate a terra
quell'assassino!"urlò mastro Himboldt; ementre i borghesi
indignati da quella scenastringevano le file e respingevano le
guardieafferrò da dietro il ciambellanolo gettò a terragli
strappò il mantellol'elmo e il collettogli tolse di mano la spada
e la scaraventò lontanocon rabbiaattraverso la piazza. Invano il
barone Venceslaomentre si metteva in salvo dal tumultogridò ai
cavalieri di correre in aiuto del cugino; prima di aver fatto un
passoessi erano già dispersi dalla folla che premevacosì che il
ciambellanoche si era ferito alla testa cadendorimase
completamente in balìa del furore popolare.
Soltanto la comparsa di uno squadrone di lanzi a cavallo che passavano
per caso nella piazzae che l'ufficiale degli armigeri del palazzo
chiamò in suo soccorsopoté salvare il ciambellano. L'ufficiale
ricacciata la follaafferrò l'artigiano inferocito ementre questi
veniva portato in prigione da alcuni soldati a cavallodue amici
sollevarono da terra il disgraziato ciambellanocoperto di sanguee
lo portarono a casa. Così disastroso fu l'esito dell'onesto e
benintenzionato tentativo di dare soddisfazione al mercante di cavalli
per il torto che gli era stato fatto. Lo scortichino di Dobbelnper
il quale l'affare era conclusoe che non voleva trattenersi più a
lungoquando la gente cominciò a disperdersi legò i cavalli a un
lampionedove le bestie rimaserosenza che nessuno se ne curassea
ludibrio dei ragazzi di strada e dei perdigiornoper tutta la
giornata; tanto chein assenza di ogni altra cura e custodiadovette
farsene carico la poliziacheal calare della notteandò a chiamare
lo scortichino di Dresdaper farli ricoverarefino a nuove
disposizioninello scorticatoio fuori le mura cittadine.
Questo incidenteper quanto pocoin realtàil mercante ne avesse
colpasuscitò tuttavia nel paeseanche fra gli uomini migliori e più
moderatiuno stato d'animo estremamente pericoloso per il buon esito
della sua causa. Si trovava del tutto intollerabile il suo rapporto
con lo Stato enelle case private e sulle pubbliche piazzesi fece
strada l'opinione che fosse meglio commettere contro di lui una palese
ingiustiziae mettere di nuovo tutto quanto a tacerepiuttosto che
rendergli una giustizia estorta con azioni violentein una questione
così insignificantesoltanto per soddisfare la sua folle ostinazione.
Ea completare la rovina del povero Kohlhaaslo stesso Gran
Cancelliere dovette contribuireper eccessiva probitàe per l'odio
contro la famiglia dei Tronka che ne derivavaa confermare e a
diffondere questo stato d'animo. Era quanto mai improbabile che i
cavallidei quali adesso si occupava lo scortichino di Dresda
potessero mai essere riportati allo stato in cui si trovavano quando
erano usciti dalle stalle di Pontekohlhaas; maammesso pure che
questocon estrema perizia e cure assiduefosse possibilela
vergogna che nelle circostanze attuali ne sarebbe ricaduta sulla
famiglia del barone era tanto grandechedato il peso che essa
rivestiva nello Stato e nel paesecome una delle prime e più nobili
niente pareva più ragionevole e opportuno che cercare di procurare un
indennizzo dei cavalli in denaro. Come che fossea una letteranella
quale il presidente del tribunaleconte Kallheima nome del
ciambellanotrattenuto in casa dalla sua indisposizionefaceva al
Gran Cancellierepochi giorni dopo questa propostaquest'ultimo
rispose sì inviando a Kohlhaas uno scritto in cui lo esortava a non
respingere una simile offertanel caso gli venisse fattama al
presidente stesso replicò con un biglietto breve e poco cerimonioso
in cui lo pregava di risparmiargli incarichi privati in quella
faccendae invitava il ciambellano a rivolgersi direttamente al
mercante di cavalliche gli dipinse come uomo ragionevole e modesto.
Il mercante di cavallila cui volontà era stata realmente spezzata
dall'incidente avvenuto sulla piazza del mercatonon aspettava per
l'appunto altrosecondo il consiglio del Gran Cancelliereche un
passo da parte del baroneo di uno dei suoi parentiper venire loro
incontro con tutta la buona volontàperdonando quanto era accaduto;
ma proprio compiere questo passo era penoso per gli orgogliosi
cavalieri; i qualiprofondamente amareggiati dalla risposta che
avevano ricevuto dal Gran Cancellierela mostrarono al principe
Elettore cheil mattino del giorno seguenteaveva fatto visita al
ciambellanonella stanza dove egli giaceva indisposto per le ferite
riportate. Il ciambellanocon una voce che il suo stato rendeva
flebile e toccantegli chiese se eglidopo aver messo a repentaglio
la vita per risolvere quella faccenda secondo i suoi desideridoveva
ancora esporre il suo onore al biasimo del mondoe farsi avanti con
una preghiera di accomodamento e di accondiscendenza verso un uomo che
aveva riversato ogni onta e vergogna immaginabile su di lui e sulla
sua famiglia. Il principe Elettoredopo aver letto la lettera
domandò imbarazzato al conte Kallheim se il tribunale non fosse
autorizzatosenza ulteriori colloqui con Kohlhaasa basarsi sulla
circostanza che i cavalli non potevano essere ristabilitie a
pronunciare quindicome se fossero mortiuna sentenza di semplice
risarcimento in denaro.
"Sono mortiVostra Grazia"rispose il conte; "sono morti insenso
giuridicopoiché non hanno nessun valoree lo saranno anche
fisicamenteprima che siano condotti dallo scorticatoio alle stalle
dei cavalieri"; al che il principe Elettoremettendosi in tasca la
letteradisse che ne avrebbe parlato di persona con il Gran
Cancellieretranquillizzò il ciambellanoche si tirò su a metàper
stringergliriconoscentela manoedopo avergli raccomandato
ancora una volta di aver cura della sua salutesi alzòcon
espressione di grande benevolenzadalla poltronae lascio la stanza.
Così stavano le cose a Dresdaquando sul povero Kohlhaas si addensò
un'altra e più grave tempestaproveniente da Lutzenle cui folgori
gli astuti cavalieri furono abbastanza abili da dirigere sul suo capo
sfortunato. Giovanni Nagelschmidtinfattiuno dei servi arruolati
dal mercantee poi congedati dopo la pubblicazione dell'amnistia del
principe Elettoreaveva pensato benepoche settimane dopoai
confini della Boemiadi riunire nuovamente una parte di quella
marmagliarotta a tutte le infamiee di continuare per conto suo il
mestiere al quale Kohlhaas lo aveva avviato. Questo poco di buonosia
per incutere spavento agli sbirridai quali era inseguitosia per
indurresecondo un metodo già sperimentatola gente delle campagne a
unirsi alle sue ribalderiesi proclamava luogotenente di Kohlhaas;
con l'astuzia appresa dal suo padroneegli sparse la voce che nei
confronti di molti servi che erano pacificamente ritornati alle loro
case l'amnistia non era stata rispettatae che Kohlhaas stessocon
spergiuro che gridava vendetta al cieloal suo arrivo a Dresda era
stato arrestatoe consegnato alle guardie; fino al punto chesu
manifesti in tutto simili a quelli di Kohlhaasla sua masnada di
incendiari era presentata come un esercito insorto a sola gloria di
Dioe destinato a vigilare sull'osservanza dell'amnistia a loro
concessa dal principe Elettore; tutto questocome si è già detto
niente affatto a gloria di Dioné per attaccamento a Kohlhaasla cui
sorte era loro del tutto indifferentema per poterammantati da
simili finzionitanto più impunemente e comodamente incendiare e
saccheggiare.
I nobilinon appena arrivarono a Dresda le prime notizie di ciònon
seppero soffocare la loro gioia per l'incidenteche dava all'intera
faccenda un aspetto ben diverso. Con sapienti e velenose allusioni
essi ricordarono quale passo falso fosse statoa dispetto dei loro
pressanti e ripetuti ammonimenticoncedere a Kohlhaas l'amnistia
quasi si fosse avuta l'intenzione di dare con questa ai ribaldi di
tutte le specie l'autorizzazione a mettersi sulla stessa strada; e
non contenti di prestar fede alla pretesa del Nagelschmidt di aver
preso le armi solo in difesa e per la sicurezza del suo perseguitato
padronemanifestarono perfino l'opinione ben precisa che la comparsa
di costui altro non fosse che una trama ordita dallo stesso Kohlhaas
per mettere paura al governoaffrettare la pronuncia della sentenza e
ottenerla punto per punto conforme alla sua folle ostinazione. Il
coppiereil nobile Enzoandò addirittura tanto oltre da proclamare
di fronte ad alcuni gentiluomini di caccia e cortigianichedopo il
banchettosi erano radunati intorno a lui nell'anticamera
dell'Elettoreche lo scioglimento della banda di masnadieri a Lutzen
non era stato altro che una perfida commedia; efacendosi beffe
dell'amore di giustizia del Gran Cancellieremostròcon una serie di
elementi astutamente collegaticome la banda fosse presente come
prima nei boschi dei principatoe aspettasse solo un cenno del
mercante di cavalli per irrompere ancora una voltacol ferro e col
fuoco.
Il principe Cristiano di Meissenmolto contrariato dalla piega che
prendevano le coseche minacciava di macchiare in modo
spiacevolissimo il buon nome del suo signoreandò immediatamente da
lui a palazzo; eben intuendo che i nobili avevano interesse a
rovinare Kohlhaasse era possibilea causa dei nuovi delittichiese
al signore il permesso di sottoporre subito il mercante a un
interrogatorio. Il mercanteportatonon senza stuporeda uno
sgherroal palazzo del governoapparve portando in braccio Enrico e
Leopoldoi suoi due piccini; poiché Sternbaldil suo servoera
giunto presso di lui il giorno prima con i suoi cinque figli dal
Meclemburgodove essi erano rimasti fino a quel momentoe vari
pensieriche sarebbe troppo lungo esporrel'avevano indotto a
prendere in braccio i due marmocchii qualiquando stava per uscire
l'avevano chiesto versando lacrime infantilie a portarseli dietro
all'interrogatorio.
Il principedopo aver osservato benevolmente i bambiniche Kohlhaas
aveva fatto sedere accanto a sée avere chiesto con gentilezza quanti
anni avevano e come si chiamavanogli fece presenti gli abusi che il
Nagelschmidtgià suo servostava commettendo nelle valli dei monti
Metalliferi; eporgendogli i sedicenti mandati di costuilo esortò a
esporre quello che poteva dire a propria giustificazione. Il mercante
per quanto realmente spaventato da quei fogli svergognati e proditori
non ebbe tuttaviadi fronte a un uomo retto qual era il principe
molta pena a dimostrare in modo soddisfacente l'infondatezza delle
accuse che gli venivano contestate. Non soloegli fece osservareper
come stavano andando le cose egli non aveva nessun bisogno di aiuto da
parte di un terzo per la decisione della sua causache procedeva nel
migliore dei modi; ma da alcune lettere che aveva con sée che mostrò
al principeemergeva come del tutto inverosimile che il Nagelschmidt
potesse avere in animo di prestargli un aiuto similepoichépoco
prima dello scioglimentoa Lutzendella bandaegli era sul punto di
far impiccare quel ribaldoa causa degli stupri e di altre violenze
da lui commesse nelle campagne; tanto che solo la pubblicazione
dell'amnistia concessa dal principeeliminando tra loro ogni
rapportolo aveva salvatoe il giorno dopo i due si erano separati
come nemici mortali.
Kohlhaassu sua propostache il principe accettòsi sedettee
scrisse una lettera per il Nagelschmidtnella quale dichiarava che la
pretesa di costui di aver preso le armi per salvaguardare l'amnistia
violata a lui e alla sua banda era un'infame e scellerata invenzione;
gli diceva che al suo arrivo a Dresda egli non era stato arrestatoné
consegnato alle guardiee che anche la sua causa procedeva in modo
del tutto conforme ai suoi desideri; eper gli incendi e le stragi da
lui commesse nei monti Metalliferi dopo la pubblicazione
dell'amnistialo abbandonavaad ammonimento della banda raccolta
intorno a luial pieno rigore della legge. A questo furono allegati
alcuni estratti del procedimento criminale che il mercante di cavalli
aveva istruito contro di lui nel castello di Lutzena causa delle
ribalderie di cui si è dettoaffinché il popolo fosse istruito sul
conto di quel buono a nullafin da allora destinato alla forcache
come si è già dettosolo il provvedimento di clemenza del principe
aveva salvato. In seguito a ciò il principe tranquillizzò Kohlhaas a
proposito del sospetto checostretti dalle circostanzeavevano
dovuto avanzare contro di lui nell'interrogatorio; gli assicurò che
finché egli fosse stato a Dresdal'amnistia che gli era stata
concessa non sarebbe stata in alcun modo violatadiede ancora una
volta la mano ai bambiniregalando loro della frutta che si trovava
sulla tavolasalutò Kohlhaas e lo congedò.
Il Gran Cancelliereche però vedeva il pericolo che incombeva sul
mercante di cavallifece l'impossibile per portarne a conclusione
prima che da nuovi avvenimenti venisse complicata e confusala causa;
ma proprio questo era il desiderio e il fine dei cavaliericheda
politici consumatianziché limitarecome primacon tacita
ammissione della loro colpala loro opposizione al raggiungimento di
una sentenza mitecominciarono oracon argomentazioni speciose e
cavillosea negare quella colpa completamente. Ora davano a intendere
che i morelli di Kohlhaas erano stati trattenuti al castello di Tronka
in seguito a decisioni arbitrarie del castaldo e del fattoredelle
quali il barone non aveva avuto nessuna conoscenzaoppure incompleta;
ora assicuravano chefin dal momento del loro arrivo nel castello
gli animali soffrivano già di una violenta e pericolosa tosse
appellandosi a testimoni che si impegnavano a citare al momento
opportuno; e quandodopo lunghe indagini e discussioniquesti loro
argomenti vennero a cadereessi esibirono addirittura un editto del
principe Elettorecon il qualedodici anni primaa causa di
un'epidemia del bestiameera statain effettivietata
l'importazione dei cavalli dal Brandeburgo in Sassonia: prova lampante
che il barone non soltanto era autorizzatoma era tenuto a trattenere
i cavalli che Kohlhaas portava oltre confine.
Kohlhaasche nel frattempo aveva ricomprato dall'onesto balivo di
Pontekohlhaasin cambio di un modesto risarcimento del danno da lui
subìtola sua fattoriavolevaa quanto sembra allo scopo di
perfezionare giuridicamente quel contrattolasciare per qualche
giorno Dresdae recarsi nella sua patria; risoluzione nella quale
tuttavianon ne dubitiamoebbe un ruoloancora più di quell'affare
per quanto urgente fossela necessità di provvedere alle semine
invernalil'intenzione di saggiare la sua posizionein circostanze
tanto singolari e preoccupanti: e alla quale contribuironoforse
anche ragioni di altra specieche preferiamo lasciar indovinare a
chiunque sappia vedere nel proprio cuore. Andò dunquelasciando a
casa la guardia che gli era stata assegnatapresso il Gran
Cancellieree gli fece saperele lettere del balivo in manoche era
sua intenzionenel caso che il tribunale non avessecome sembrava
necessità della sua presenzalasciare la cittàeper un periodo di
otto o dodici giornitrascorsi i quali prometteva di essere di
ritornocompiere un viaggio nel Brandeburgo. Il Gran Cancelliere
guardando a terra con il volto scontento e preoccupatoobiettò chea
dire il verola sua presenza era proprio allora più necessaria che
maipoiché il tribunalea causa delle insidiose e tortuose eccezioni
della controparteaveva bisogno delle sue dichiarazioni e
chiarificazioni in mille casi imprevedibili; ma poiché Kohlhaas diceva
di rivolgersi al suo avvocatoperfettamente al corrente della causa
e ritornava con rispettosa insistenzapromettendo di limitarsi a otto
giornisulla sua richiestail Gran Cancellieredopo una pausagli
disse brevementecongedandolodi sperare che egli richiedessea
tale scopoil permesso scritto al principe Cristiano di Meissen.
Kohlhaasche sapeva leggere in volto al Gran Cancelliere si misepiù
che mai confermato nella sua decisioneimmediatamente a sederee
pregòsenza addurre alcuna ragioneil principe di Meissenin quanto
capo del Governodi concedergli un permesso di otto giorni per andare
a Pontekohlhaas e fare ritorno. In risposta al suo scrittoegli
ricevette una risoluzione governativafirmata dall'intendente di
Palazzobarone Sigfrido di Wenkche suonava così: "La sua richiesta
di un permesso per recarsi a Pontekohlhaas sarebbe stata presentata a
Sua Altezza il principe Elettoreenon appena fosse pervenuto il suo
alto consensoil permesso gli sarebbe stato inviato". Quando Kohlhaas
si informòpresso il suo avvocatocome mai la risoluzione
governativa fosse firmata da un certo barone Sigfrido di Wenkanziché
dal principe Cristiano di Meissenal quale egli si era rivolto
ottenne questa risposta: il principe era partitotre giorni prima
per i suoi possedimentie durante la sua assenza gli affari di
Governo erano stati affidati all'intendente di Palazzoil barone
Sigfrido di Wenkcugino del nobiledi cui si è detto soprache
portava lo stesso nome.
Kohlhaasal quale tutti questi contrattempi cominciavano a far
battere il cuore con inquietudineattese per parecchi giorni la
decisione relativa alla sua richiestatrasmessa alla persona del
sovrano con singolare lentezza; ma una settimana passò e passarono
altri giornisenza che la decisione giungessené ii tribunaleper
quanto gli fosse stato dato per sicuropronunciasse la sentenza:
tanto cheil dodicesimo giornofermamente deciso a far venire alla
luce le intenzioni del Governo nei suoi confrontifossero quelle che
fosseroKohlhaas sedette e pregò di nuovo il governo di fargli avere
sottolineandone l'urgenzail permesso che aveva richiesto.
Ma quale fu il suo turbamentoquando eglila sera del giorno dopo
anch'esso passato senza che arrivasse l'attesa rispostamentre
immerso nei suoi pensieririfletteva sulla sua situazionee in
particolare sull'amnistia che gli aveva fatto ottenere il dottor
Luterosi avvicinò alla finestra dello stanzino che dava sul retro
enel piccolo fabbricato annesso che si trovava sul cortilee che
egli aveva riservato alla scortaper sua dimoranon vide più la
guardia che il principe di Meissenal suo arrivogli aveva
assegnato.
Tommasoil vecchio custodeda lui chiamatointerrogato su che cosa
questo significasserispose sospirando: "Padrone! Non tutto va come
dovrebbe; i lanziche oggi sono più numerosi del solitoallo
scendere della notte si sono distribuiti tutto intorno alla casa; due
stannocon lancia e scudodavanti alla porta esternache dà sulla
strada; due a quella internasul giardino; e altri due sono distesi
nell'anticamerasu un fascio di pagliae dicono che dormiranno lì".
Kohlhaasche impallidì a quelle parolesi giròe rispose che era lo
stessopurché ci fossero; e lo pregòquando scendeva al piano terra
di portare ai lanzi una lampadaperché potessero vederci. Poidopo
aver apertocon il pretesto di vuotare un recipientele imposte di
una finestra esternaed essersi convinto che ciò che il vecchio gli
aveva detto rispondeva a veritàpoiché proprio allora avvenivasenza
nessun rumoreil cambio della guardiamisura alla qualefino a quel
momentoda quando essa era stata istituitanessuno aveva pensato
andòcon poca voglia di dormirea coricarsie la decisione per
l'indomani fu subito presa. Nienteinfattirimproveravaal Governo
con cui aveva a che farese non l'apparenza della giustizianel
momento in cuidi fattoesso violava nei suoi confronti l'amnistia
che gli era stata giurata; e sein realtàdoveva essere prigioniero
come non c'erano ormai più dubbivoleva almeno costringerlo a
dichiarare in modo franco ed esplicito che era così.
Perciònon appena arrivò il mattino del giorno seguenteegli ordinò
a Sternbaldil suo servodi attaccare e condurre davanti a casa la
carrozzaper recarsicosì dissea Lockewitz dal fattoreil quale
suo vecchio conoscentegli aveva parlatoa Dresdaalcuni giorni
primainvitandolo a fargli visita con i suoi bambini. I lanziche
tutti in crocchioassistevano in casa a quei preparativimandarono
di nascosto uno di loro in città; e in pochi minuti apparve un
ufficiale del Governoalla testa di numerosi armigerichecome se
avesse qualche affare da sbrigarvientrò nella casa di fronte.
Kohlhaascheoccupato a vestire i ragazziaveva però notato quei
movimentie a appositamente aveva fatto sostare la carrozza davanti a
casa più a lungo di quanto fosse necessarionon appena vide che i
preparativi della polizia erano terminatiuscì con i bambinisenza
curarsenedavanti a casapassò davanti al crocchio dei lanziin
piedi sotto il portonedicendo loro che non occorreva che lo
seguisseromise i bambini nella carrozzae baciò e consolò le
bambineche piangevano perchésecondo le sue disposizionidovevano
restare presso la figlia del vecchio portiere.
Era appena salito anche lui nella carrozzaquando l'ufficiale del
Governocon il suo seguito di armigeriuscì dalla casa di fronte
gli si avvicinò e gli chiese dove aveva intenzione di andare. Alla
risposta di Kohlhaas che voleva recarsi a Lockewitzda un amicoil
balivoche alcuni giorni prima l'aveva invitato a raggiungerlo in
campagnacon i suoi due figlil'ufficiale del Governo rispose che
in tal casoegli doveva aspettare qualche minutopoiché alcuni lanzi
a cavallosecondo gli ordini del principe di Meissenl'avrebbero
accompagnato. Kohlhaas chiese sorridendosporgendosi dalla carrozza
se credeva che la sua personain casa di un amico che si era offerto
di ospitarlo per un giorno alla sua mensasarebbe stata poco sicura.
L'ufficiale risposecon tono allegro e amabileche non c'erain
effettigran pericolo; maaggiunsei soldatidel restonon
l'avrebbero disturbato in nessun modo. Kohlhaas replicòserioche il
principe di Meissenal suo arrivo a Dresdalo aveva lasciato libero
di servirsi della scorta oppure no; epoiché l'ufficiale si
meravigliava di questa circostanzae con prudenti giri di frase si
richiamava all'abitudinedurata per tutto il tempo del suo soggiorno
il mercante di cavalli gli raccontò i fatti che erano stati
all'origine dell'insediamento della scorta. L'ufficiale lo assicurò
che gli ordini dell'intendente di Palazzobarone di Wenkche eraal
momentoa capo della polizialo obbligavano a proteggere
ininterrottamente la sua persona; e lo pregòse proprio non voleva
accettare la scortadi andare personalmente al palazzo del Governo
per rimediare all'errore che doveva essere sorto. Kohlhaaslanciando
all'ufficiale uno sguardo eloquente dissedeciso a rompere o a
spuntarlache l'avrebbe fattoscesecon il cuore che gli batteva
dalla carrozzafece portare i bambini in anticamera dal portieree
mentre il servo restava fermo davanti alla porta con il veicoloandò
con l'ufficiale e la sua scortaal palazzo del Governo.
Accadde che l'intendente di Palazzobarone di Wenkfosse per
l'appunto occupato a esaminare una banda di accoliti del Nagelschmidt
portati laggiù la sera precedentee che i furfantiche erano stati
catturati nella regione di Lipsiavenissero interrogati dai
cavalieriche erano là con luisu un certo numero di particolari che
essi avrebbero voluto sapere da loroquando il mercante di cavalli
con i suoi accompagnatorientrò nella sala. Il baronenon appena lo
videandòmentre i cavalieridi colpoammutolivanointerrompendo
l'interrogatorio dei prigionieriverso di luie gli chiese che cosa
volesse; equando il mercante di cavalli gli ebbe espostocon
deferenzail suo proposito di recarsi a colazione presso il fattore
a Lockewitze il desiderio di lasciare a casa i lanzidei quali non
aveva bisognoil baronecambiando colorerisposementre sembrava
inghiottire un altro discorsoche avrebbe fatto bene a restarsene
tranquillo a casa suae a rimandareper il momentoil banchetto
presso il balivo di Lockewitz. E con queste paroletroncando di netto
il discorsosi rivolse all'ufficialee gli disse cheper quanto era
degli ordini che gli aveva dato a proposito di quell'uomoil problema
era chiusoe che egli non aveva il permesso di allontanarsi dalla
cittàse non sotto scorta di sei lanzi a cavallo. Kohlhaas chiese se
fosse prigionieroe se dovesse credere che l'amnistiache gli era
stata solennemente giuratasotto gli occhi di tutto il mondofosse
infranta; al che il barone si giròfattositutto a un trattodi
porporaverso di luigli andò vicinolo fissò negli occhiedopo
avergli risposto: "Sì! Sì! Sì!"gli voltò la schiena epiantandolo
in assoritornò agli uomini del Nagelschmidt.
Kohlhaasa quel puntolasciò la sala; epur rendendosi conto di
essersi resa molto più difficilecon i passi compiutil'unica via di
salvezza che gli restassevale a dire la fugasi compiacque
tuttaviadel suo operatopoiché anch'egli ormai si vedeva liberato
dalla sua partedall'obbligo di rispettare le clausole dell'amnistia.
Fecegiunto a casastaccare i cavallieaccompagnato
dall'ufficiale del Governosi recòassai triste e scossonella sua
stanza; ementre quest'uomocon modi che ispiravano disgusto al
mercanteassicurava che tutto doveva dipendere solo da un malinteso
che in breve tempo si sarebbe risoltogli armigeria un suo cenno
sbarravano tutte le uscite dell'abitazione che davano sul cortile; ma
l'ufficiale assicurò che l'ingresso principalesul davantigli era
apertocome primaa suo piacimento.
Intanto il Nagelschmidtnei boschi dei monti Metalliferiera tanto
incalzato da ogni parte da armigeri e lanzichecompletamente privo
com'era di mezzi per sostenere una parte come quella che si era
assuntaebbe l'idea di tirare davvero Kohlhaas dalla sua parte; e
poichéper mezzo di un viandante che passava per quelle stradeera
stato informato in modo abbastanza preciso di come si erano messe le
cose a Dresda per la sua controversiacredettea dispetto
dell'aperta inimicizia che li dividevadi poter indurre il mercante
di cavalli ad accettare una nuova alleanza con lui. Di conseguenza gli
inviò un servocon uno scritto redatto in un tedesco appena
leggibiledi questo tenore: "Se voleva recarsi nell'Altenburgoe
prendere di nuovo la guida della banda che làcon i resti di quella
scioltasi era radunataegli si offriva di dargli man fortecon
cavalliuomini e denaroper sfuggire alla prigionia di Dresda; e gli
prometteva di essere in futuro più obbedientee in generale migliore
e più disciplinato che in passatoeper dimostrare il suo
attaccamento e la sua fedeltàsi impegnava a venire in persona nella
zona di Dresdaper disporre la sua liberazione dal carcere". Ora
l'uomo incaricato di portare la lettera ebbe la sfortuna di caderein
un villaggio assai vicino a Dresdain preda a gravi convulsioni
delle quali soffriva dalla giovinezzae in quell'occasione la
letterache teneva nel farsettofu trovata da persone che gli erano
venute in aiuto; e perciò
non appena si fu ripresovenne arrestatoesotto buona scorta
condottocon grande accompagnamento di popoloal palazzo del
Governo.
Non appena l'intendentebarone di Wenkebbe letto la letteraandò
senza indugio dal principe Elettorea palazzodove trovò presenti i
signori Enzo e Corradoquest'ultimo ristabilito dalle sue feritee
il presidente della Cancelleria di Statoconte Kallheim. I nobili
erano dell'opinione che Kohlhaas dovesse essere senz'altro arrestato
e processato per le sue intese segrete con il Nagelschmidt; poiché
argomentavanouna lettera simile non avrebbe potuto essere scritta
se non fosse stata preceduta da altreanche da parte del mercante di
cavalliecomunquesenza che fosse intercorsa tra loro una
scellerata e criminale intesaper tramare nuove atrocità. Il principe
Elettore si rifiutò fermamentesulla semplice base di quella lettera
di violare il salvacondotto che aveva concesso e giurato; ed era
anzidell'opinione che dalla lettera del Nagelschmidt emergessecon
una certa probabilitàche fra loro non era intercorsa nessuna
precedente intesa; e tutto ciò a cuiper venire in chiaro della cosa
su proposta del presidentee non senza molta esitazionesi decise
fu di far consegnare la lettera a Kohlhaasper mezzo del servo
inviato da Nagelschmidtcome se questo fosse ancora liberoper
verificare se avrebbe risposto.
Di conseguenza il servoche era stato gettato in prigioneil mattino
seguente fu portato al palazzo del Governodove l'intendente gli
restituì la letterae gli ingiunsecon la promessa della libertà e
del condono della pena che si era meritatadi consegnare lo scritto
come se niente fosse accadutoal mercante di cavalli; il furfante si
lasciò utilizzare senza difficoltà per quello stratagemma di bassa
legaefacendo mostra di grande segretezzacon il pretesto di
vendergli dei gamberiche l'ufficiale del Governo aveva comperato per
lui al mercatoentrò nella camera di Kohlhaas.
Kohlhaasche lesse la lettera mentre i bambini giocavano con i
gamberiin altre circostanze avrebbe certo afferrato il briccone per
il collettoper consegnarlo ai lanzi di guardia alla sua porta; ma
poiché la disposizione degli animi era tale che persino quel passo
avrebbe potuto essere interpretato con indifferenzae lui si era
pienamente convinto che niente al mondo avrebbe potuto salvarlo dal
pasticcio in cui era invischiatocon uno sguardo triste fissò bene in
faccia quell'uomoche conosceva benegli chiese dove abitassee lo
invitò a ritornare da lui di lì a qualche orache gli avrebbe fatto
sapere le sue decisioni a proposito del suo padrone. Disse a
Sternbaldche entrava per casodi comprare un po' di gamberi
dall'uomo che si trovava nella stanzaequando l'affare fu concluso
e i due si furono allontanatisenza riconoscersisi sedettee
scrisse a Nagelschmidt una lettera del seguente tenore: "Prima di
tuttoaccettava la sua propostariguardo al supremo comando della
sua banda dell'Altenburgo; e di conseguenzaper liberarlo dalla
momentanea prigionia nella qualecon i suoi cinque figliera tenuto
che gli mandasse una carrozza con due cavalli a Neustadtvicino
Dresda; inoltre aveva bisognoper proseguire più in frettadi un
altro tiro di due cavalli sulla strada per Vittembergapoiché
soltanto attraverso quella deviazioneper ragioni che sarebbe stato
troppo lungo riportarepoteva raggiungerlo; i lanzi che lo
sorvegliavano credeva sì di poterli tirare dalla sua con la
corruzione; manel caso che fosse necessaria la forzavoleva essere
certo che fossero presenti a Neustadt un paio di servi animosisvegli
e ben armati; per far fronte alle spese richieste da tutti questi
preparativi gli inviavaattraverso il suo servoun rotolo di venti
corone d'orosull'impiego delle quali avrebbe fatto i conti con lui a
cosa finita; eper finiregli vietavapoiché non era necessariodi
venire personalmente a Dresda per liberarloe anzi gli impartiva
l'ordine tassativo di restare nell'Altenburgoa comandare
temporaneamente la bandache non poteva rimanere senza un capo".
Questa lettera la consegnò al servoquando egliverso serafu di
ritornolo ricompensò con larghezzae gli raccomandò di custodirla
con cura. La sua intenzione era di andare ad Amburgo con i suoi cinque
figlie imbarcarsi da lì per il Levantee le Indie Orientalio
dovunque il sole splendesse su genti diverse da quelle che conosceva:
poiché all'idea di far ingrassare i morelli il suo animoprostrato
dall'amarezzaanche indipendentemente dalla ripugnanza che sentiva a
far causa comune con il Nagelschmldtaveva rinunciato.
Non appena il furfante ebbe consegnato questa risposta all'intendente
del Palazzoil Gran Cancelliere fu destituitoil presidente della
Cancelleriaconte Kallheimfu nominatoal suo postocapo del
Tribunalee Kohlhaas venne arrestatosu mandato del gabinetto del
Principee portatogravato da pesanti catenenella torre della
città. Il processo fu istruito sulla base dl quella letterache venne
affissa a tutti gli angoli della città; epoiché eglidavanti al
Tribunalealla domanda se ne riconoscesse la scrittura rispose"Sì!"
al consigliere che l'interrogavama alla domanda se avesse qualcosa
da dire a sua difesa rispose "No!"abbassando a terra lo sguardofu
condannato a essere straziato dagli aguzzini con tenaglie roventi e
squartato e il suo corpo a essere arso tra la ruota e la forca.
Così stavano le cose a Dresda per il povero Kohlhaasquando si fece
avantiper salvarlo dalle mani della prepotenza e dell'arbitrioil
principe Elettore del Brandeburgoein una nota fatta pervenire
laggiùpresso la Cancelleria di Stato dell'Elettorene pretese la
consegnaquale suddito brandeburghese. Infatti l'onesto prefetto
messer Enrico di Geusaugli aveva riferito durante una passeggiata
lungo le rive della Spreala storia di quell'uomo singolarema non
spregevoleein quella occasioneincalzato dalle domande del suo
stupito sovrano non poté fare a meno di menzionare la colpa chea
causa delle scorrettezze del suo Cancelliere supremoil conte
Sigfrido di Kallheimgravava sulla sua stessa persona: al che il
principe Elettoreprofondamente indignatodopo aver chiamato il Gran
Cancelliere a rendere contoe aver constatato che la causa di tutto
era la sua parentela con il casato dei Tronkaimmediatamentee con
molti segni del suo disappuntolo destituìnominando Gran
Cancelliere messer Enrico di Geusau.
Accadde che proprio allora la corona di Poloniache era venuta a
contesanon sappiamo a causa di quale oggetto con la Casa di
Sassoniarivolgesse al principe Elettore del Brandeburgo ripetute e
insistenti considerazioniper indurlo a fare causa comune con essa
contro la Casa di Sassoniaedi conseguenzail Gran Cancelliere
messer Enrico di Geusauche sapeva destreggiarsi in simili affari
era sicuro di poter venire incontro al desiderio del suo sovrano di
rendere giustizia a Kohlhaascostasse quello che costassesenza
mettere in gioco la pace universale in modo più rischioso di quanto
fosse consentito per proteggere un solo uomo. In quel frangente il
Gran Cancelliere non soltanto pretesea causa del procedimento del
tutto arbitrariospiacente a Dio e agli uominial quale era stato
sottopostol'incondizionata e immediata consegna di Kohlhaasperché
in caso che fosse gravato da colpefosse giudicato secondo le leggi
del Brandeburgoin base ai capi d'accusa che la corte di Dresda
avrebbe potuto presentare a Berlino per mezzo di un avvocato; ma
richiese persino il lasciapassare per un avvocato che il principe
Elettore del Brandeburgo intendeva mandare a Dresdaper far valere i
diritti di Kohlhaas contro il barone Venceslao di Tronkaa causa dei
morelli che gli erano stati sottratti in territorio sassonee degli
altri maltrattamenti e violenze da lui subitiche gridavano al cielo.
Il ciambellanomesser Corradoche nell'avvicendarsi delle cariche
pubbliche in Sassonia era stato nominato presidente della Cancelleria
di Statoe per varie ragioninella spinosa situazione in cui si
trovavanon voleva offendere la corte di Berlinorisposea nome del
suo signoreprofondamente abbattuto dalla nota brandeburghese
pervenutache "si era meravigliati della mancanza di cortesia e di
equità con le quali si negava alla corte di Dresda il diritto di
giudicare il Kohlhaas secondo le leggiper i delitti che aveva
commesso nel paesedal momento che era universalmente noto che il
Kohlhaas possedeva un vasto terreno nella capitalee che nemmeno egli
stesso aveva negato la sua qualità di cittadino sassone". Ma poiché la
corona di Poloniaper sostenere le sue pretese con le armiaveva già
riunito ai confini della Sassonia un esercito di cinquemila uominie
il Gran Cancellieremesser Enrico di Geusaudichiarò che
"Pontekohlhaasla località dalla quale il mercante di cavalli aveva
preso nomesi trovava nel Brandeburgoe l'esecuzione della sentenza
di morte pronunciata contro di lui sarebbe stata considerata una
violazione del diritto internazionale"il principe Elettoredietro
consiglio del ciambellanomesser Corrado in personache desiderava
tirarsi fuori dalla faccendarichiamò dai suoi possedimenti il
principe Cristiano di Meissene decise ascoltate poche parole di
quell'uomo ragionevoledi consegnare Kohlhaasconformemente alla
richiestaalla corte di Berlino.
Il principeil qualebenché poco soddisfatto delle scorrettezze
compiuteaveva dovuto sobbarcarsi la direzione dell'affare Kohlhaas
per desiderio del suo angustiato sovranogli chiese su quali basi
volesse ora accusare il mercante di cavalli davanti al tribunale
camerale di Berlinoe poiché alla sua infausta lettera al
Nagelschmidt non ci si poteva appellarea causa delle circostanze
ambigue e poco chiare nelle quali era stata scrittamentre non si
poteva neppure nominare i saccheggi e gli incendiper via del
manifesto con il quale gli erano stati perdonatiil principe Elettore
decise di presentare a Sua Maestà l'imperatorea Viennaun rapporto
sull'aggressione armata portata da Kohlhaas contro la Sassoniain cui
si lagnava della rottura della pubblica pace da lui causatae
supplicava Sua Maestànon vincolata da alcuna amnistiadi chiederne
conto a Kohlhaas davanti al tribunale di corte di Berlino per mezzo di
un accusatore imperiale. Otto giorni dopoil cavalier Federico di
Malzahnche il principe Elettore del Brandeburgo aveva inviato a
Dresda con sei armati a cavallocaricava il mercante di cavalli
incatenato com'erasu una carrozzaper tradurlocon i suoi cinque
figlichedietro sua preghieraerano stati mandati a prendere dagli
orfanotrofi in cui si trovavanoa Berlino.
Oraaccadde che il principe Elettore di Sassoniasu invito del
Governatoreconte Alvise di Kallheimche aveva allora vasti
possedimenti lungo il confine della Sassoniafosse partito per il
villaggio di Dahmein compagnia del ciambellanomesser Corradoe
della sua consortedonna Eloisafiglia del Governatore e sorella del
presidentesenza parlare dello splendido seguito di nobilidame
gentiluomini di caccia e dignitari di corte che li accompagnavaper
una grande battuta di caccia al cervo organizzata per svagarlo; e che
mentreal riparo di padiglioni imbandieratieretti su una collina ai
due lati della stradatutta la compagniaancora coperta dalla
polvere della cacciasedeva a tavola al suono di una musica allegra
che proveniva dal tronco di una querciaservita da paggi e da
fanciulli nobiliil mercante di cavalli avanzasse lentamentecon la
sua scorta di uomini a cavalloper la strada di Dresda. Infatti la
malattia di uno dei figli piccoli di Kohlhaasdi salute cagionevole
aveva costretto il cavaliere di Malzahnche lo accompagnavaa
fermarsi a Herzberg per tre giorni; misura della quale eglitenuto a
risponderne soltanto al principe che servivanon aveva ritenuto
necessario informare il governo di Dresda.
Il principe Elettoreche sedevacon il giustacuore slacciato e il
cappello piumato ornatoalla moda dei cacciatoridi rametti d'abete
vicino a donna Eloisachenella prima giovinezza di luiera stata
il suo primo amoredisselietamente disposto dal gaudio raffinato
della festa: "Andiamo fin làe porgiamo a quell'infelicechiunque
esso siaquesto calice di vino!". Donna Eloisalanciandogli uno
sguardo affettuososi alzò immediatamenteesaccheggiando la tavola
imbanditariempì un vassoio d'argentoche un paggio le aveva porto
di fruttadolci e pane; e già tutta la compagniacon rinfreschi
d'ogni genereera sciamata fuori dalla tendaquando il Governatore
le si fece incontrocon il viso imbarazzatoe la pregò di fermarsi.
Alla meravigliata domanda del principe Elettore su che cosa fosse
successoda turbarlo così tantoil Governatore rispose balbettando
rivolto al ciambellanoche nella carrozza c'era Kohlhaas; a quella
notiziaper tutti incomprensibileessendo universalmente noto che
questi era partito già da sei giorniil ciambellanomesser Corrado
prese il suo calice di vino egirandosi indietroverso la tendalo
rovesciò per terra. Il principe Elettorediventato tutto rossoposò
il suo sopra un piatto che un paggio nobilea un cenno del
ciambellanogli aveva teso a questo scopo; ementre il cavaliere
Federico di Malzahnsalutando con deferenza la compagniache non
conoscevapassava lentamente fra le due linee di padiglioni che
correvano lungo la stradae proseguiva per Dahmei signorisu
invito del Governatoresi ritiraronosenza più curarsenenella
tenda. Il Governatorenon appena il principe ebbe preso postoinviò
segretamente a Dahme dei messaggeriaffinché le autorità locali
disponessero che il mercante di cavalli fosse fatto proseguire senza
indugio; ma poiché il cavaliereessendo il giorno ormai troppo
inoltratodichiarò che intendeva assolutamente pernottare nel
villaggioci si dovette limitare a portarlo senza rumore in una
fattoria di proprietà del municipioche sorgeva fuori manonascosta
in una fitta macchia.
Oraaccadde cheverso seraquando i signoridistratti dal vino e
dai cibi di una cena sontuosaavevano ormai del tutto dimenticato
l'incidenteil Governatore tirò fuori l'idea di rimettersi alla
postaper via di un branco di cervi che era stato avvistato; tutta la
compagnia accolse con gioia la propostaedivisa in coppiecorse
dopo essersi munita di archibugiper fossati e per siepi nella
foresta vicina: tanto che il principe Elettore e donna Eloisache
l'aveva preso a braccettoper assistere allo spettacolofurono
portatida un domestico che era stato messo al loro servizioproprio
ad attraversarecon loro meravigliail cortile della casa in cui si
trovava Kohlhaascon i cavalieri brandeburghesi.
La damaquando lo seppedisse: "VeniteVostra Graziavenite!";e
tenera e scherzosagli nascose nel gran colletto di seta la catena
che gli pendeva dal collo: "Prima che arrivi tutta la brigata
entriamo di soppiatto nella fattoriaa vedere lo strano uomo che vi
pernotta!".
Il principe le prese la mano arrossendoe disse: "Eloisa! Che vi
viene in mente?". Ma poiché leiguardandolo confusaaggiungeva che
nessunonell'abito da cacciatore che portavaavrebbe potuto
riconoscerloe lo trascinava con séeproprio in quell'istanteun
paio di gentiluomini della cacciache avevano già soddisfatto la
propria curiositàuscivano dalla casaassicurando chegrazie alle
misure prese dal Governatorené il cavaliere del Brandeburgo né il
mercante di cavalli sapevano chi fossero i signori riuniti nella
regione di Dahmeil principe Elettorecalandosi con un sorriso il
cappello sugli occhidisse: "Folliatu governi il mondoe il tuo
seggio è una bella bocca di donna!".
Accadde che Kohlhaas fosse per l'appunto seduto su un mucchio di
pagliacon la schiena contro la paretee nutrisse con pane bianco e
latte il bambino che si era ammalato a Herzbergquando i signori
entrarono nella fattoria per fargli visita; e quando la damaper
attaccare discorsogli chiese chi fossee che cosa avesse il
bambinoe anche che cosa avesse commessoe dove fosse portato con
quella scortaegli si tolse davanti a lei il berretto di cuoio e
diede a tutte le sue domandecontinuando nella sua occupazione
concise ma soddisfacenti risposte. Il principe Elettoreche stava in
piedi dietro i gentiluomini di caccianotando una piccola capsula di
piombo appesacon un filo di setaal collo del mercantegli chiese
poiché non si offriva niente di meglio per fare conversazionequale
ne fosse il significato e che cosa contenesse.
"Giàla capsulamessere illustrissimo"rispose Kohlhaasche sela
tolsesollevando il filo dietro la nucal'aprìe ne tirò fuori un
bigliettino sigillato con una goccia di ceralacca. "La storia di
questa capsula è davvero strana! Saranno sette mesi faall'incirca
proprio il giorno dopo la sepoltura di mia moglie; ero partito da
Pontekohlhaascome forse vi sarà notoper agguantare il barone di
Tronkache mi aveva fatto un gran tortoquandoper certe trattative
che non conoscoil principe Elettore di Sassonia e il principe
Elettore di Brandeburgo si incontrarono a Juterbockuna borgata con
diritto di fieraper la quale doveva passare la mia spedizione; e
poichéverso serasi erano accordati secondo i loro desiderisi
incamminaronoin amichevole colloquioper le strade della cittadina
per dare un'occhiata alla fiera annualeche proprio allora vi si
svolgeva con allegra animazione. Incontrarono così una zingarache
seduta su uno sgabellopredicevadal suo lunariol'oroscopo al
popolo che la circondavae le chieserocon fare scherzosose non
aveva da rivelare anche a loro qualcosa di piacevole. Ioche ero
sceso da pococon il mio drappelloin una locandae ero presente
sulla piazza dove questi fatti si svolgevanonon potevo sentire
dietro a tutto il popolosulla soglia di una chiesadove mi trovavo
che cosa diceva ai signori quella strana donna; e tuttaviasiccome i
presenti si sussurravano ridendo l'un l'altro che non a tutti lei
elargiva la sua scienza eper godersi lo spettacolo che si preparava
spingevano e si accalcavanoionon tantoa dire il veroper
curiositàquanto per far posto ai curiosisalii in piedi su un
sedile scolpitodietro di menella paretea fianco del portale
della chiesa. Da quel postodal quale la vista era interamente
liberaavevo appena visto i signori e la donnache sedeva su uno
sgabello davanti a loro e sembrava scarabocchiare qualcosaquando
leidi colposi alzaappoggiandosi sulle stampellegira lo sguardo
intornofra il popololo fissa su di meche non avevo mai scambiato
una parola con leiné maiin tutta la mia vitaavevo desiderato
servirmi della sua scienzasi spingefacendosi strada per la fitta
calcafino a mee dice: 'Ecco! Se il signore vorrà saperlovenga
poi a chiederlo a te!' E con queste parolemessere illustrissimomi
porsecon le sue mani secche e ossutequesto biglietto. E poiché io
stupitomentre tutto il popolo si gira verso di mele dico:
'Nonninache vuol dire questo onore?'lei rispondedopo molte
parole incomprensibilifra le quali tuttaviacon mio grande stupore
sento il mio nome: 'Un amuletoKohlhaasmercante di cavalli;
custodiscilo beneun giorno ti salverà la vita!' e sparisce".
"Ebbene"continuò Kohlhaas con tono bonario"a dire laveritàa
Dresdaper quanto le cose si fossero messe malenon ci ho rimesso la
vitacome mi andrà a Berlinoe se me la caverò anche laggiùlo dirà
il futuro".
A queste parole il principe si sedette su una panca; eper quanto
all'ansiosa domanda della damache gli chiedeva che cosa avesse
rispondesse: "Niente! Niente!"prima ancora che lei avesse avutoil
tempo di accorrere e di riceverlo tra le bracciacadde al suolo privo
di sensi. Il cavaliere di Malzahnche proprio in quel momento entrava
nella stanza per un'incombenzaesclamò: "Santo Iddio! Che cos'ha il
signore?". La dama gridò: "Portate dell'acqua!". Igentiluomini di
caccia lo sollevaronoe lo portarono su un letto che si trovava nella
stanza vicina; e la costernazione arrivò al culmine quando il
ciambellanoche un paggio era corso a chiamaredopo ripetuti
inutili sforzi per richiamarlo in vitadichiarò che mostrava tutti i
segni di chi ha avuto un colpo!
Il Governatorementre il coppiere mandava a Luckau un messaggero a
cavalloper far venire un medicopoiché il principe aveva aperto gli
occhilo fece portare su una carrozzae condurrea passo d'uomoal
suo castello di cacciache si trovava nelle vicinanze; ma quel
viaggio gli causòdopo il suo arrivodue nuovi svenimenti: tanto che
si riprese un po' solo nella tarda mattinata del giorno seguente
all'arrivo del medico da Eiickauseppure con gli evidenti sintomi che
si stava avvicinando una febbre nervosa.
Appena ebbe ripreso i sensiil principe si alzò a sedere sul lettoe
la sua prima domanda fu subito dove fosse Kohlhaas. Il ciambellano
fraintendendo la sua domandadisseprendendogli la manoche a
proposito di quell'uomo orribile poteva tranquillizzarsipoichédopo
quello strano e incomprensibile incidenteegli era rimastosecondo
le sue disposizioninella fattoria presso Dahmesotto la scorta dei
Brandeburghesi. Efra le assicurazioni della sua vivissima
partecipazionee le sue proteste di aver fatto a sua moglie i più
aspri rimproveriper la sconsiderata leggerezza di averlo fatto
incontrare con quell'uomogli chiese che cosa di tanto strano ed
enorme lo avesse colpitonella conversazione con lui.
Il principe Elettore disse che doveva confessargli che la vista di un
insignificante fogliettoche quell'uomo portava con séin una
capsula di piomboera tutta la causa dello spiacevole incidente che
gli era capitato. Per spiegare la circostanzaaggiunse molte cose che
il ciambellano non capìe a un trattostringendogli la mano tra le
suegli assicurò che per lui il possesso di quel biglietto era della
massima importanzae lo pregò di salire immediatamente in selladi
raggiungere Dahme e trattare con quell'uomoqualunque ne fosse il
prezzol'acquisto del biglietto.
Il ciambellanoche faticava a nascondere il proprio imbarazzolo
assicurò chese quel biglietto aveva per lui qualche valoreniente
al mondo era più necessario che tacere a Kohlhaas questa circostanza:
non appena egliper una frase imprudentene fosse venuto a
conoscenzaneppure tutte le ricchezze che il principe possedeva
sarebbero bastate a riscattarlo dalle mani di quell'uomo truce
insaziabile nella sua brama di vendetta. Eper calmarloaggiunse che
bisognava pensare a un altro mezzoe che forse con l'astuziaper
mezzo di una terza personache agisse con la massima disinvoltura
sarebbe stato possibilepoichéin sé e per séil ribaldo non
avrebbe dovuto tenerci moltoprocurarsi il possesso del biglietto che
gli stava tanto a cuore.
Il principeasciugandosi il sudorechiese se non si poteva mandare
subito qualcuno a Dahme a questo scopoe intanto sospendere
provvisoriamente la prosecuzione del viaggio del mercantefinché non
ci si fosse impadronitiin qualunque mododel foglio.
Il ciambellanoche non credeva alle sue orecchiereplicò che
purtroppoin base ai calcoli più verosimiliil mercante di cavalli
doveva ormai aver lasciato Dahmee trovarsi oltre confinein
territorio brandeburghesedove l'impresa di impedire il suo
proseguimentoo addirittura di farlo tornare indietro avrebbe
incontrato difficoltà spiacevolissime di ogni generee forse
addirittura insormontabili. Epoiché il principein silenzioaveva
riappoggiato la testa sul cuscinocon l'espressione di chi ha perso
ogni speranzagli chiese che cosa contenesse il bigliettoe per
quale caso sorprendente e inspiegabile egli sapesse che il suo
contenuto lo riguardava.
Ma a queste parole il principe guardò ambiguamente il ciambellano
della cui compiacenzain quel casonon si fidava e non rispose;
giaceva irrigiditocon il cuore che batteva con inquietudine
fissando l'orlo inferiore del fazzoletto che teneva pensierosofra le
manieimprovvisamentelo pregò di chiamare nella stanza il barone
di Steingentiluomo di cacciaun nobile giovaneabile e gagliardo
del quale si era già più volte servito per affari segreticon il
pretesto che doveva sbrigare con lui un'altra faccenda.
Quando ebbe ragguagliato il gentiluomo sulla faccendae gli ebbe
rivelata l'importanza del biglietto del quale Kohlhaas era in
possessoil principe gli chiese se voleva acquistarsi eterno diritto
alla sua amiciziaprocurandogli il biglietto prima che Kohlhaas
giungesse a Berlino; e poiché il baronenon appena si fu fatto
un'idea approssimativa della situazioneper strana che fossegli
assicurò di essere pronto a servirlo con tutte le sue forzeil
principe gli affidò l'incarico di raggiungere Kohlhaas a spron battuto
epoiché egliprobabilmentenon si sarebbe lasciato convincere con
il denarodi offrirgli in cambio in un abboccamento abilmente
condottola libertà e la vitae persinose egli l'avesse preteso
di aiutarlo immediatamenteper quanto con cautelacon cavalli
uomini e denaroa evadere dalla custodia dei soldati brandeburghesi
che lo scortavano.
Il gentiluomofattosi rilasciare dal principe un foglio di suo pugno
che attestasse la sua missionepartì immediatamentecon alcuni
servienon risparmiando le forze dei cavalliebbe la fortuna di
raggiungerein un villaggio di confineKohlhaas cheinsieme al
cavaliere di Malzahn e ai suoi cinque figlistava consumando
all'apertodavanti alla porta di una casail pasto di mezzogiorno.
Il cavaliere di Malzahnal quale il barone si era presentato come un
forestiero chepassando di lì nel suo viaggiodesiderava vedere coi
propri occhi lo strano uomo che egli portava con sépieno di premura
gli fece subito prendere posto a tavolapresentandogli Kohlhaas; e
poiché il cavaliereoccupato nei preparativi della partenzaandava e
venivae i soldati pranzavano a un tavolo che si trovava sull'altro
lato della casaben presto al barone si offrì l'opportunità di
rivelare al mercante di cavalli chi egli fossee con quale preciso
incarico fosse venuto a cercarlo.
Il mercante di cavalliche era già a conoscenza del rango e del nome
di colui chenella fattoria presso Dahmeera caduto in deliquio alla
vista della capsulae cheper coronare l'ebbrezza che quella
scoperta gli aveva infusonon avrebbe avuto bisogno d'altrose non
di prendere visione dei segreti del bigliettoche egliper molte
ragioniera deciso a non aprire per mera curiosità; il mercante di
cavallidunquericordando il trattamento tutt'altro che magnanimo e
degno di un principe che a Dresda aveva dovuto subiremalgrado la sua
piena disponibilità ad accettare ogni possibile sacrificiodisse che
"intendeva tenersi il biglietto".
Equando il gentiluomo gli chiese da che cosa fosse indotto a un così
strano rifiutoquando gli si offrivain cambio niente di meno che la
libertà e la vitaKohlhaas rispose:
"Nobile signore! Se venisse qui il vostro sovranoe dicesse: 'Io mi
voglio annientareinsieme a tutti coloro che mi aiutano a reggere lo
scettro'annientarecapiteche è appunto il più gran desiderio che
agiti l'anima miaebbeneanche allora questo fogliettoche per lui
vale più della vitaio glielo rifiutereie direi: 'Tu puoi mandarmi
al patiboloma io posso farti soffriree lo farò!'".
Econ la morte sul visochiamò un soldatoinvitandolo a servirsi di
un buon boccone che era rimasto nella zuppiera; per tutto il resto del
tempo che passò nel villaggio fuper il barone seduto alla sua mensa
come se non ci fosse; soltanto quando salì in carrozza si girò di
nuovocon uno sguardo di saluto e di congedoverso di lui.
La salute del principe Elettorequando ricevette quella notizia
peggiorò tanto cheper tre fatali giornateil medico nutrì i più
gravi timori per la sua vitaattaccata nello stesso tempo da tante
parti. Tuttaviagrazie alla forza della sua costituzione naturalmente
sanadopo alcune settimane di letto e di dolorosa malattia egli si
ristabilìalmeno fino al punto che lo si poté mettere su una
carrozzaeben provvisto di cuscini e coperteriportare a Dresda e
alle sue cure di governo. Non appena arrivò in quella cittàegli
mandò a chiamare il principe Cristiano di Meissene gli chiese a che
punto fosse la missione del consigliere di giustizia Eibenmayerche
si aveva intenzione di mandare a Vienna come avvocato per l'affare
Kohlhaasaffinché presentasse laggiùdavanti a Sua Maestà
l'imperatorel'accusa per la rottura della pace dell'Impero.
Il principe Cristiano rispose che il consiglieresecondo gli ordini
che il sovrano stesso aveva lasciatoal momento della partenza per
Dahmesubito dopo l'arrivo del giurisperito Zaunerche il principe
Elettore del Brandeburgo aveva inviato a Dresda come avvocatoper
portare in giudizio la sua accusa contro il barone Venceslao di Tronka
a proposito dei morelliera partito per Vienna.
Il principe Elettore avvampò eavvicinandosi alla sua scrivania
espresse stupore per tanta frettapoichéa quanto ricordavaegli
aveva dichiarato che si riservava di disporre con un ulteriore e più
preciso ordine la partenza definitiva dell'Eibenmayerpoiché prima
era necessario avere un colloquio con il dottor Luteroche aveva
fatto ottenere a Kohlhaas l'amnistia. Enel dire questoscompigliò
con un'espressione di malumore repressoalcuni atti e incartamenti
che si trovavano sulla scrivania.
Il principe Cristianodopo una pausadurante la quale l'aveva
guardato con tanto d'occhirispose che gli dispiaceva di non averlo
soddisfatto in quella incombenza; ma poteva mostrargli la delibera del
Consiglio di Stato che gli faceva obbligo di far partire l'avvocato
per la data suddetta. Egli aggiunse che in Consiglio di Stato non si
era parlato affatto di un colloquio con il dottor Lutero; e che in
precedenzaforseavrebbe potuto essere opportuno tenere in conto
l'opinione di quel religiosoper via del suo intervento a favore di
Kohlhaasma ora non piùdopo che a luisotto gli occhi di tutto il
mondoera stata violata l'amnistiaed egli era stato arrestato e
consegnato ai tribunali del Brandeburgo per essere condannato e messo
a morte.
Il principe Elettore disse chein effettil'errore di aver fatto
partire l'Eibenmayer non era grave; desideravatuttaviache per il
momentofino a nuovo ordineegli non desse esecuzionea Viennaal
suo mandato di accusatoree pregò il principe di fargli avere
immediatamenteper mezzo di un corriere velocele necessarie
istruzioni a questo proposito.
Il principe rispose chepurtroppoquesto ordine arrivava con un
giorno di ritardopoichésecondo una relazione ricevuta quel giorno
stessol'Eibenmayer aveva già presentato le sue credenzialie aveva
già sporto l'accusa presso la Cancelleria di Stato di Vienna. E
aggiunserispondendo al principe Elettoreche chiedevacosternato
come tutto ciò fosse stato possibile in un tempo così breveche dalla
partenza di quell'uomo erano già trascorse tre settimanee che le
istruzioni da lui ricevute gli facevano obbligo di dare inizio alla
pratica senza indugionon appena arrivato a Vienna. Tirare in lungo
osservò il principesarebbe stato in questo caso quanto mai
inopportunotanto più che Zaunerl'avvocato del Brandeburgo
procedeva con la più ostinata energia contro il barone Venceslao di
Tronka: egli aveva già chiesto alla Corte di giustizia il ritiro
provvisorio dei morelli dalle mani dello scortichinoperché potessero
esserein seguitoristabilitiea dispetto di tutte le obiezioni
sollevate dalla controparteera riuscito a ottenerlo.
Il principe Elettoresuonando il campanellodisse: "Fa lo stesso;
poco importa!"edopo aver rivolto al principe alcune domande
indifferenti"Come andavanoper il restole cose a Dresda? Che cosa
era avvenuto durante la sua assenza?"lo salutòincapace di
nascondere il suo stato d'animocon la manoe lo congedò.
Il giorno stesso gli richieseper iscrittocon il pretesto chedata
la sua importanza politicavoleva lavorare egli stesso alla cosa
tutti gli atti riguardanti Kohlhaas; epoiché il pensiero di causare
la morte dell'unico uomo dal quale avrebbe potuto ottenere ragguagli
sui segreti del foglietto era per lui intollerabilescrisse di suo
pugno una lettera all'imperatorenella quale lo pregavacon calore e
con insistenzaper gravi ragioniche forse entro breve tempo gli
avrebbe spiegato in modo più precisodi poter ritirare per il
momentofino a nuova decisionel'accusa che l'Eibenmayer aveva
presentato contro Kohlhaas.
L'imperatorein una nota redatta dalla Cancelleria di Statogli
rispose che "il cambiamento che sembrava essersi prodotto nel suo
animo lo stupiva al massimo grado; la relazione a lui inviata da parte
sassone aveva fatto della vicenda di Kohlhaas una questione che
riguardava tutto il Sacro Romano Impero; e di conseguenza egli
l'imperatorecome suo reggitore supremosi era visto obbligato a
farsi avanti come accusatore presso la casa di Brandeburgo; tanto che
dal momento che l'assessore di corte Francesco Muller si era già
recato a Berlinoin qualità di avvocatoper chiedere conto a
Kohlhaas della sua violazione della pubblica pacel'accusa non poteva
più in nessun modo essere ritiratae la vicenda doveva seguire il suo
corsosecondo le leggi".
Da questa lettera l'Elettore fu del tutto prostrato; e poichéa suo
estremo sconfortopoco tempo dopo giunsero da Berlino rapporti
riservatinei quali si comunicava l'apertura del procedimento davanti
alla Corte cameralee si notava cheprobabilmenteKohlhaasa
dispetto di tutti gli sforzi dell'avvocato che gli era stato messo a
disposizionesarebbe finito sul patibolol'infelice sovrano decise
di compiere ancora un tentativoe pregò il principe Elettore del
Brandeburgoin una missiva redatta di suo pugnodi concedergli la
vita del mercante di cavalli. Egli adduceva il pretesto che l'amnistia
giurata a quell'uomo non consentiva contro di lui l'esecuzione
legittima di una sentenza di morte; gli dava assicurazione che
malgrado l'apparente severità con la quale si era proceduto contro di
luimai era stata sua intenzione di farlo morire; e gli spiegava
infineche non avrebbe mai potuto perdonarsise la protezione che
avevano promesso di fargli ottenere da parte di Berlino si fosse in
conclusione risoltaper un cambiamento inaspettatoin uno svantaggio
maggioreper luidi quel che gli sarebbe toccato se fosse rimasto a
Dresdae la causa fosse stata decisa secondo le leggi della Sassonia.
Il principe Elettore del Brandeburgoal quale molti punti di questa
lettera erano sembrati ambigui e poco chiarigli rispose che
"l'energia con cui procedeva l'avvocato di Sua Maestà imperiale non
consentiva in alcun modo di derogaresecondo il desiderio da lui
espostodalla rigida applicazione della legge. Egli osservava che le
preoccupazioni di cui veniva messo a parte andavanoin realtàoltre
il segnopoiché l'accusa per i delitti perdonati a Kohlhaas con
l'amnistia era stata presentata alla Corte camerale di Berlino non già
da luiche aveva concesso l'amnistia al mercantebensì dal reggitore
supremo dell'Imperoche da essa non era legato in alcun modo. Inoltre
gli faceva presente quanto fosse necessariomentre continuavano le
violenze del Nagelschmidt checon inaudita impudenzasi spingevano
fin sulle terre del Brandeburgodare un esempio che agisse come
deterrentee lo pregavase non avesse voluto tenere conto di tutto
questodi rivolgersi direttamente a Sua Maestà l'imperatore poiché
se un atto d'imperio doveva intervenire a favore di Kohlhaasnon
sarebbe potuto giungere altrimenti che attraverso una dichiarazione da
quella parte".
L'Elettoreper il dolore e la rabbia di tutti questi tentativi andati
a vuotocadde nuovamente ammalato; euna mattina che il ciambellano
era venuto a trovarlogli mostrò le lettere cheper prolungare la
vita di Kohlhaas e così per lo meno guadagnare tempoper impadronirsi
del foglietto che possedevaaveva inviato alle Corti di Vienna e di
Berlino. Il ciambellano si mise in ginocchio davanti a lui e lo
scongiuròper tutto quello che aveva di sacro e di carodi dirgli
che cosa era scritto nel foglietto. L'Elettore gli disse di chiudere a
chiave la stanza e di sedersi sul letto; edopo avergli preso la
manoed essersela premuta sul cuore con un sospirocominciò nel modo
che segue:
"Tua moglieho sentito direti ha già raccontato che l'Elettore del
Brandeburgo e ioal terzo giorno del convegno da noi tenuto a
Juterbockincontrammo una zingara; e poiché l'Elettorevivace com'è
di naturaaveva deciso di distruggere con uno scherzoin presenza di
tutto il popolola fama di quell'avventurieradella cui arte poco
primaa tavolasi era parlato in modo sconvenienteegli si avvicinò
al suo tavolinoa braccia consertee le chiesea proposito della
predizione che gli avrebbe fattoun segno che si potesse verificare
quel giorno stessoavvertendola chealtrimentinon avrebbe potuto
credere alle sue parolefosse stata pure la Sibilla romana in
persona. La donnamisurandoci con un'occhiata da capo a piedidisse
che il segno sarebbe stato che il capriolo dalle grandi corna che il
figlio del giardiniere allevava nel parco ci sarebbe venuto incontro
sulla piazza della fierasulla quale ci trovavamoprima che la
lasciassimo. Oradevi sapere che quel capriolodestinato alla cucina
della corte di Dresdaera custoditocon tanto di lucchetto e di
catenaccioin un recintoombreggiato dalle querce del parcochiuso
da un'alta palizzatatanto chesiccomeper di piùl'intero parco
eal di là di essoil giardino che vi portavaerano tenuti
accuratamente chiusiper via della selvaggina più piccola e dei polli
che vi si trovavanonon si riusciva proprio a capire come l'animale
potessesecondo la strana predizionevenirci incontro fin sulla
piazza dove stavamo; e tuttavia l'Elettorepreoccupato chedietro di
questopotesse nascondersi una mariuoleriadopo aver brevemente
parlato con me e ben decisoper via dello scherzoa rovinare in modo
irrimediabile tutto ciò che quella donna potesse direinviò a palazzo
l'ordine di uccidere immediatamente il caprioloe di prepararlo per
il banchetto uno dei giorni seguenti. Poi si girò di nuovo verso la
donnadi fronte alla quale tutto ciò era stato discusso ad alta voce
e le disse: 'Suavanti! Che cosa hai da rivelarmi per il futuro?'. La
donnaguardandogli la manodisse: 'Salvemio principe Elettore e
sovrano! La tua benevolenza governerà a lungo; la casa dalla quale
provieni durerà ancora a lungo; i tuoi discendenti saranno grandi e
splendidie il loro potere supererà quello di tutti gli altri
principi e signori del mondo!'. Il principedopo una pausadurante
la quale osservò la donna pensierosodisse a mezza vocefacendo un
passo verso di meche adesso quasi gli dispiaceva aver mandato un
messo per ridurre a niente la profezia; ementre dalle mani dei
cavalieri che lo seguivano il denaro pioveva a mucchifra gran grida
di giubiloin grembo alla donnaegli le chieseinfilandosi una mano
in tascae deponendo anch'egli una moneta d'orose l'augurio che
aveva da fare a me avesse un suono argentino come il suo. La donna
dopo aver aperto una cassetta che aveva a fiancoavervi ordinato
lentamente e meticolosamente il denarodiviso per specie e quantità
e aver richiuso la cassettasi protesse dal sole con la manocome se
le desse noiae mi guardò; e quando io le ripetei la domandae
dissicon fare scherzosoal principe Elettorementre mi esaminava
la mano: 'A mea quanto sembranon ha proprio niente di piacevole da
predire'lei diede di piglio alle gruccesi tiròlentamentesu dal
suo sgabello econ le mani protese in un gesto pieno di misteromi
si fece vicina fino a toccarmi e mi sussurrò distintamente
all'orecchio: 'No!'. 'Ah!'dissi ioturbatoe feci un passo
indietro da quella figurachecon uno sguardo freddo e senza vita
come se avesse avuto occhi di marmotornò a sedersi sullo sgabello
che stava dietro di lei: 'Da quale parte il pericolo minaccia la mia
casa?'. La donnaprendendo in mano un carboncino e un foglioe
accavallando le ginocchiachiese se doveva scrivermelo; e quando io
realmente impacciatorispondosemplicemente perchéin una
situazione come quellanon mi restava altro da fare: 'Sìfallo!'
lei aggiunse: 'Va bene! Tre cose ti scriverò: il nome dell'ultimo
regnante della tua casal'anno in cui perderà il regnoe il nome di
colui che se lo conquisterà con la forza delle armi'. Compiuto questo
davanti agli occhi di tutto il popolosi sollevasigilla il
foglietto con ceralaccainumidita nella sua bocca vizzae vi imprime
un sigillo di piomboche porta al dito medio come anello. E quando
iocuriosocome puoi facilmente immaginarepiù di quanto le parole
possano direfaccio per prendere il bigliettolei dice: 'Niente
affattoAltezza!'si girae leva in alto una delle sue stampelle:
'Da quell'uomo laggiùquello con il cappello piumatoche sta in
piedi sul sediledietro tutto il popolosulla soglia della chiesa
andrai a prendere il fogliose lo vorrai!'. E con ciòprima ancora
che io abbia ben capito che cosa sta dicendomi pianta in asso sulla
piazzasenza parole per lo stupore; echiusa con un colpo la
cassetta che stava alle sue spallese la getta sulla schiena e si
confondesenza che io possa più scorgere quello che sta facendonel
mucchio della folla che ci circonda. Proprio in quel momentocon mia
grandissima consolazionedevo diresi fece avanti il cavaliere che
l'Elettore aveva inviato a palazzoe gli comunicòcon la bocca
atteggiata a un sorrisoche il capriolo era stato uccisoe che due
cacciatorisotto i suoi occhilo avevano trasportato in cucina.
L'Elettoreprendendomi allegramente sotto bracciocon l'intenzione
di portarmi via dalla piazzadisse: 'Insommala profezia non era
altro che una delle solite fanfaronateche non valeva il tempo e il
denaro che c'è costata!' Ma quale fu il nostro stupore quandomentre
ancora pronunciava queste parolesi alzò un vociare tutto intorno per
la piazzae tutti gli occhi si rivolsero a un grosso cane da
macellaioche si avvicinava dal cortile del palazzodove aveva
afferrato in cucina il capriolocome una buona predaeinseguito
dai servi e dalle fanteschelasciò cadere al suolo la bestia a tre
passi da noi: così che davvero la profezia della donnaa garanzia di
tutto quello che aveva annunciatosi era compiutae il capriolosia
pure già mortoci era venuto incontro sulla piazza della fiera. Il
fulmine che in un giorno d'inverno cade dal cielo non può colpire in
modo più devastante di quanto mi colpì quella vistae la mia prima
preoccupazionenon appena mi fui liberato della compagnia in cui mi
trovavofu di rintracciare subito l'uomo con il cappello piumato che
la donna mi aveva indicato; ma nessuno dei miei uominimandati
ininterrottamente per tre giorni a cercare informazionifu in grado
di darmene notizianeppure nel modo più vago: e ora Corradoamico
miopoche settimane fanella fattoria vicino a Dahmeho visto
quell'uomo con i miei occhi".
Con queste parolelasciò andare la mano del ciambellano e
asciugandosi il sudorericadde sul suo giaciglio. Il ciambellano
ritenendo fatica sprecata contrapporre la sua opinione di quell'evento
a quella che ne aveva il principe Elettoreper modificarlalo pregò
di tentare un mezzo qualunque per venire in possesso del foglioe poi
di abbandonare quell'uomo al suo destino; ma il principe rispose di
non vederne il mezzo in nessun modoanche se il pensiero di doverci
rinunciareo addirittura di veder svanire con quell'uomo ogni
possibilità di conoscere il segretolo portava sull'orlo dello
strazio e della disperazione. Alla domanda dell'amico se avesse fatto
il tentativo di rintracciare la zingara in personail principe
rispose che la poliziain forza di un ordine che egli aveva emanato
con un falso pretestofino a ieri l'aveva ricercata invano in tutti
gli angoli del principato: tanto cheper ragioni chetuttavia
rifiutò di esporre nei particolariegli dubitava persino che fosse
rintracciabile in Sassonia.
Oraaccadeva che il ciambellanoper via di numerosi ed estesi
possedimenti che sua moglie aveva ereditatonella Marca Nuovadal
conte Kallheimil Gran Cancelliere depostoe poco tempo dopo morto
volesse appunto andare a Berlino; tanto chepoiché voleva davvero
bene al principe Elettoredopo una breve riflessione gli chiese se
voleva lasciargli mano libera in quella faccenda; e poiché il
principepremendosi con calore la sua mano sul pettogli rispondeva:
"Fa' conto di essere me stessoe procurami il foglio!"il
ciambellanosbrigati i suoi affariaffrettò di qualche giorno la sua
partenza e si recòlasciando a casa la moglieaccompagnato soltanto
da alcuni servia Berlino.
Kohlhaasche nel frattempocome si è dettoera giunto a Berlino e
per un ordine particolare del principe Elettoreera stato portato in
un carcere destinato ai nobiliche lo ricevetteinsieme ai suoi
cinque figlicon la massima comodità possibilesubito dopo la
comparsa del procuratore imperiale da Vienna era stato chiamato a
rendere contodavanti al tribunale cameraleper il turbamento della
pace pubblicatutelata dall'imperatoreda lui causato nel paese; e
benché luinella sua difesaobbiettasse che non lo si poteva
processare per la sua incursione armata in Sassoniané per le
violenze allora commessein forza del compromesso da lui stipulato a
Lutzen con il principe Elettore di Sassoniasi sentì rispondereper
suo insegnamentoche Sua Maestà l'imperatoreil cui procuratore
sosteneva l'accusa nel processonon poteva tenerne conto: e ben
prestopoiché la cosa gli fu spiegata in dettaglioe gli fu
dichiarato chein compensoavrebbe ottenuto piena soddisfazioneda
parte di Dresdanella sua causa contro il barone Venceslao di Tronka
si mise l'anima in pace. Di conseguenzaaccadde che proprio il giorno
dell'arrivo del ciambellano fu pronunciata la sentenzaed egli fu
condannato a perire di spada: un verdetto alla cui esecuzione peròin
una situazione così intricataindipendentemente dalla sua mitezza
nessuno credevae che anzi l'intera cittàdata la benevolenza che il
principe Elettore nutriva per Kohlhaassperava di veder cambiata
sicuramenteper un suo atto d'imperioin una semplice pena
detentivamagari lunga e penosa.
Il ciambellanoche tuttavia capiva che non c'era tempo da perderese
l'incarico che il suo sovrano gli aveva affidato doveva andare a buon
finecominciò a mettere in atto il suo piano facendosi vedere da
Kohlhaasun mattino in cui questi stava in piedialla finestra della
prigionee osservava distrattamente i passantinel suo solito
vestito di cortea lungo e con intenzione; e quandoda un movimento
improvviso del capo concluse che il mercante di cavalli l'aveva
notatoesoprattuttoquando videcon grande soddisfazioneche
egli aveva portato involontariamente la mano al pettodove teneva la
capsulapensò che quello che in quel momento era avvenuto nel suo
animo fosse una preparazione sufficiente per consentirgli di compiere
il passo successivonel tentativo di impadronirsi del foglietto.
Mandò a chiamare una vecchia rigattierache andava in giro con le
stampellee che egli aveva notatoper le strade di Berlinoin mezzo
a un crocchio di altri straccivendoli; poichéper l'età e per
l'abitogli sembrava corrispondere abbastanza bene a quella che il
principe gli aveva descrittosupponendo che Kohlhaas non avesse
potuto imprimersi profondamente nella memoria i tratti di quella che
in una fugace apparizionegli aveva consegnato il fogliettodecise
di sostituirla con la donna da lui sceltae di farle recitare presso
Kohlhaasse ci riuscivala parte della zingara. Quindiper metterla
in condizione di farlola istruì dettagliatamente su tutto ciò che
era successo a Juterbock fra il principe e la suddetta zingaraenon
sapendo fin dove si fosse spinta la zingara nelle sue rivelazioni a
Kohlhaasnon dimenticò di insistere particolarmente sui tre
misteriosi punti scritti sul foglio; edopo averle spiegato quello
che avrebbe dovuto lasciarsi sfuggirecon allusioni monche e
scarsamente comprensibiliriguardo a certe misure che erano state
prese per impadronirsicon l'astuzia o con la forzadel biglietto
che era di estrema importanza per la corte di Sassoniale affidò
l'incarico di farsi consegnare da Kohlhaas il foglio con il pretesto
che presso di lui non era più sicuroper custodirlo durante alcuni
giorni densi di pericoli. La rigattiera accettò subitodietro
promessa di una lauta ricompensadella quale il ciambellanosu sua
richiestadovette pagare in anticipo una partedi eseguire
l'incarico; epoiché la madre del servo Ersianocaduto presso
Muhlbergandava di tanto in tanto a trovare Kohlhaascon il permesso
del Governoe già da qualche mese conosceva quella donnala zingara
riuscìuno dei giorni seguenticon un piccolo obolo al capo
carcerierea ottenere di vedere il mercante di cavalli.
Ma Kohlhaasquando la donna entròcredettedall'anello con il
sigillo che portava al ditoe dalla collana di corallo che aveva sul
pettodi riconoscere in lei proprio la vecchia zingara che gli era
già notae che a Juterbock gli aveva consegnato il foglio; e poiché
non sempre la verosimiglianza sta dalla parte della veritàcaso volle
che fosse appunto avvenuto un fatto che noi riferiamopur essendo
costretti a lasciarea chiunque preferiscail diritto di dubitarne:
il ciambellano aveva compiuto il più clamoroso dei passi falsi econ
la vecchia rigattiera che si era procurato per le strade di Berlino
perché facesse finta di essere la zingarasi era imbattuto proprio
nella misteriosa zingara che voleva far imitare da lei. Per lo meno la
donnamentreappoggiandosi sulle stampelleaccarezzava le guance
dei bambinii qualicolpiti dal suo strano aspettosi stringevano
al padreriferì che già da diverso tempo era ritornata dalla Sassonia
nel Brandeburgoe chea una domanda imprudentemente arrischiata dal
ciambellanoper le strade di Berlinoa proposito della zingara che
nella primavera dell'anno precedenteera stata a Juterbockgli si
era subito avvicinata esotto falso nomesi era offerta di assolvere
all'incarico che egli intendeva affidare.
Il mercante di cavalliche notò una strana somiglianza fra lei e la
sua defunta moglie Lisabettatanto che avrebbe potuto chiederle se
non fosse la nonna di leipoiché non soltanto i tratti del suo viso
e le manicheper quanto ossuteerano ancora bellee soprattutto
il suo modo di muoverle mentre parlavagliela ricordavano nel modo
più vivoma egli notò perfino sul collo di lei un neo simile a quello
di sua moglieil mercante di cavallidunquela pregòmentre in lui
si intrecciavano strani pensieridi mettersi a sederee le chiese
che cosa mai la portasse da luiper affari del ciambellano. La donna
mentre il vecchio cane di Kohlhaas le annusava le ginocchiae
scodinzolava alle carezze della sua manorispose che l'incarico che
il ciambellano le aveva affidato era quello di svelargli quale fosse
la misteriosa risposta contenuta nel foglietto alle tre domande
importanti per la corte di Sassonia; doveva mettere in guardia lui
Kohlhaasda un inviatoche si trovava a Berlino per impossessarsene
e pertanto chiedergli la consegna del fogliocon il pretesto che al
suo collodov'egli lo portavanon era più sicuro. Ma l'intenzione
con la quale era venuta era invece di fargli sapere che la minaccia di
privarlo del biglietto con l'astuzia o con la forza era una
sciocchezzaun vuoto spauracchio; chesotto la protezione del
principe Elettore di Brandeburgoalla custodia del quale era
affidatonon aveva proprio niente da temere per il biglietto; che
anziil foglio era molto più sicuro presso di lui che presso di lei
e che si guardasse bene dal farsene privareconsegnandolo a chiunque
sotto qualsiasi pretesto. E conclusecomunqueche le sembrava saggio
fare del biglietto l'uso per il quale glielo aveva dato alla fiera
annuale di Juterbock: porgere orecchio alla proposta che gli era stata
fatta presso il confine da parte del barone di Steine consegnare il
foglioche a lui ormai non serviva piùal principe Elettore di
Sassoniain cambio della libertà e della vita.
Kohlhaasche esultava per il potere che gli era dato di ferire a
morte il tallone del suo nemiconel momento in cui ne veniva
calpestatorispose: "Per niente al mondononnina; per niente al
mondo!". Epremendo la mano alla vecchiavolle solo sapere che
specie di risposte a quelle arcane domande fossero contenute nel
foglietto.
La donnaprendendosi in grembo il più piccoloche si era accoccolato
ai suoi piedidisse: "Non per il mondoKohlhaas: ma per questo
piccolodolce bambino biondo!"enel dir questogli sorriselo
strinse a sé e lo baciòmentre il bambino la guardava con i suoi
grandi occhie gli porsecon le sue mani ossuteuna mela che
portava nella bisaccia.
Kohlhaas disseconfusoche i bambini stessise fossero stati
grandilo avrebbero lodato per il suo comportamentoe che per loro
e per i loro nipotinon avrebbe potuto fare niente di più benefico
che conservare il biglietto. Inoltrechiesechidopo l'esperienza
che aveva fattolo avrebbe garantito da un nuovo inganno? Non
avrebbealla finesacrificato invano al principe Elettore il foglio
come aveva fatto in passato con la banda da lui raccolta a Lutzen?
"Con chi mi ha mancato di parola una volta"disse"io nonimpegno
più la mia parola; solo una tua richiestaprecisa e inequivocabile
mi separerànonninadal foglio attraverso il quale mi viene datain
modo così straordinariosoddisfazione per tutto quello che ho
sofferto".
La donnadeponendo a terra il bambinodisse cheda più di un punto
di vistaaveva ragionee che poteva fare e non fare ciò che voleva.
E con queste parole riprese le sue stampelle e fece per andarsene.
Kohlhaas ripeté la sua domandaa proposito dello straordinario
biglietto; e avrebbe volutodopo che lei ebbe brevemente risposto
chesìpoteva aprirlofosse pure soltanto per mera curiositàche
lei gli spiegasse ancora mille altre coseprima di lasciarlochi
fosse in realtàdi dove venisse la scienza che era in leie perché
non avesse voluto dare al principe Elettore il bigliettoper il quale
pure l'aveva scrittoe perché proprio a luiche non aveva mai avuto
desiderio della sua scienzaavesse consegnatofra tante migliaia di
uominiil prodigioso foglietto. Ma accadde cheproprio in quel
momentosi sentisse un rumoreprodotto da alcune guardie che stavano
salendo le scale; tanto che la donnapresa dall'improvviso timore di
essere vista da loro in quelle stanzerispose: "Arrivederci
Kohlhaas! Se ci incontreremo di nuovola risposta a tutto questo non
ti mancherà!". Egirandosi verso la portagridò: "Addiobambini
addio!"baciò i piccoliuno dopo l'altroe se ne andò.
Nel frattempo il principe Elettore di Sassoniain preda ai suoi
tormentosi pensieriaveva fatto venire due astrologidi nome
Oldenholm e Oleariusche a quel tempo erano molto conosciuti in
Sassoniae li aveva consultati riguardo al contenuto del foglio
misteriosotanto importante per lui e per tutta la stirpe dei suoi
discendenti; e poiché i due uominidopo un'approfondita indagineche
continuò per molti giorninella torre del palazzo di Dresdanon
riuscirono ad accordarsi se la profezia si riferisse ai secoli futuri
o al tempo presentee se non volesse forse alludere alla corona di
Poloniacon la quale i rapporti erano ancora molto ostilila dotta
disputainvece di dissipare l'inquietudineper non dire la
disperazionein cui si trovava l'infelice sovranonon fece che
acccentuarlaaccrescendola alla fine a tal puntoche diventò per il
suo animo assolutamente insopportabile. A questo si aggiunse chepiù
o meno in quei giorniil ciambellano incaricò sua moglieche era sul
punto di seguirlo a Berlinodi far conoscerecon parole adatte
all'Elettoreprima di partirequanto fossero scarsedopo il
tentativo fallito da lui compiuto per mezzo di una donna che non s'era
più fatta vederele speranze di venire in possesso del foglio
conservato da Kohlhaaspoiché la sentenza di morte pronunciata contro
di lui era statadopo un esame accurato degli attiormai firmata
dall'Elettore di Brandeburgoe il giorno dell'esecuzione era già
fissatoper il lunedì successivo alla domenica delle Palme; notizia
alla quale il principecon il cuore lacerato dal dolore e dal
rimorsosi chiusecome un uomo senza più speranzanella sua camera
per due giornisazio della vitanon toccò ciboe il terzo
improvvisamentedopo aver brevemente annunciato al governo che
sarebbe recato a caccia presso il principe di Dessausparì da Dresda.
Dove realmente andassee se si fosse diretto a Dessauè questione
che lasciamo apertapoiché le cronache dal cui confronto noi
ricaviamo questa relazione si contraddicono in modo stranoe si
annullano a vicendasu questo punto. Certo è chea quel tempoil
principe di Dessau non era in condizione di andare a cacciapoiché
giaceva malato a Braunschweigospite di suo zioil conte Enrico; e
chela sera del giorno seguente donna Eloisa arrivava a Berlino
presso il ciambellanomesser Corradosuo consortein compagnia di
un certo conte di Königsteinpresentato da lei come suo cugino.
Nel frattempoper ordine dell'Elettorevenne letta a Kohlhaas la
sentenza di mortegli furono tolte le catene e gli furono
riconsegnati i documenti relativi al suo patrimonioche a Dresda gli
erano stati tolti; epoiché i consiglieri messi a sua disposizione
dal tribunale gli chiesero in che modo volesse provvederedopo la
morteai beni che possedevaegli redassecon l'aiuto di un notaio
un testamento a favore dei figlied elessecome tutore di questi
l'onesto balivo di Pontekohlhaassuo amico. Dopo di ciòla
tranquillità e la contentezza dei suoi ultimi giorni furono senza
pari; poichéper una particolare e straordinaria concessione del
principe Elettorepochi giorni dopo anche le porte del carcere in cui
si trovava furono apertee fu concesso libero accesso a luigiorno e
nottea tutti gli amiciche erano moltiche aveva in città. Ed egli
ebbe perfino la soddisfazione di veder entrare nella sua prigione il
teologo Giacomo Freisinginviato dal dottor Luterocon una lettera
di questiscritta di suo pugno e senza dubbio assai notevolela
qualeperòè andata perdutae di ricevere da questo sacerdotealla
presenza di due decani brandeburghesiche coadiuvarono al ritoil
beneficio della santa comunione.
E cosìtra la generale agitazione della cittàche ancora non
riusciva a mettere da parte la speranza in un atto d'imperio che lo
salvassearrivò il fatale lunedì delle Palme in cui avrebbe dovuto
pagare al mondo il prezzo della riconciliazioneper il troppo
precipitoso tentativo di reintegrare da sé il proprio diritto. Stava
appunto uscendoaccompagnato da una poderosa scortacon due dei suoi
bambini in braccio (concessione che egli aveva espressamente richiesto
al cospetto del tribunale)dalla porta della sua prigionepreceduto
dal teologo Giacomo Freisingquandonel fitto accalcarsi dei
conoscenti che gli stringevano la manoe prendevanotristemente
commiatosi fece strada fino a luicon il viso turbatoil castaldo
del palazzo dell'Elettoree gli diede un foglio checosì dissegli
era stato consegnato per lui da una vecchia. Kohlhaasguardando con
Stupore quell'uomoche conosceva appenaaprì il foglioil cui
sigilloimpresso nella ceralaccagli ricordò immediatamente la
zingara a lui ben nota. Ma chi potrebbe descrivere il suo
sbalordimentoquando vi lesse il seguente messaggio: "Kohlhaasil
principe Elettore di Sassonia è a Berlino; egli ti ha preceduto sulla
piazza dell'esecuzioneese ti interessapotrai riconoscerlo dal
suo cappelloornato da piume bianche e azzurre. L'intenzione che l'ha
guidato non serve che te la dica: vuolenon appena tu sarai sepolto
far dissotterrare la capsulae aprire il foglio che vi si trova. La
tua Lisabetta".
Kohlhaasgirandositotalmente sconvoltoverso il castaldo gli
chiese se sapeva chi fosse la misteriosa donna che gli aveva
consegnato il foglio. Ma quando il castaldo rispose: "Kohlhaasla
donna..."e a metà del discorsoin modo strano si interruppeegli
trascinato dal corteoche proprio in quel momento si era rimesso in
motonon poté udire le parole che l'uomoche sembrava tremare in
tutto il corpopronunciava.
Quando arrivò sulla piazza dell'esecuzionevi trovò in attesafra
una sterminata moltitudineil principe Elettore del Brandeburgoa
cavallocon il suo seguitofra il quale era presente anche il Gran
Cancellieremesser Enrico di Geusau: alla destra del principe
l'avvocato imperialeFrancesco Mullercon una copia della sentenza
di morte in manoa sinistra del principe l'avvocato di questiil
giurisperito Antonio Zaunercon le conclusioni del tribunale di corte
di Dresda; eal centro del semicerchiochiuso in fondo dal popolo
un araldo con un fagotto in manoe i due morellilustri e ben
pasciutiche battevano il terreno con gli zoccoli. Infatti il Gran
Cancellieremesser Enricoaveva vinto la causa intentata a Dresda
in nome del suo sovranocontro il barone Venceslao di Tronkapunto
per punto e senza la minima limitazione; e di conseguenza i cavalli
resi al loro onore dallo sventolio di una bandiera sopra le loro
testee poi ritirati dalle mani dello scortichino che li nutriva
erano stati ingrassati dalla gente del baroneealla presenza dl una
commissione insediata a questo scopoerano stati consegnati
all'avvocatosulla piazza del mercato di Dresda.
Il principe Elettorequando Kohlhaasaccompagnato dalla sua scorta
avanzò sul rialto davanti a luiparlò così:
"EccoKohlhaas: oggi è il giorno in cui ti è resa giustizia! Guarda!
Io ti riconsegno ora tutto quello che ti fu con la violenza sottratto
al castello di Tronkae che iocome tuo sovranoero tenuto a farti
restituire: i morelliil fazzolettoi fiorinila biancheriae
anche le spese per le cure al tuo servo Ersianocaduto presso
Muhlberg. Sei contento di me?".
Kohlhaasposati a terra accanto a sé i due bambini che aveva in
bracciolesse velocementecon gli occhi spalancati e raggiantile
conclusioni del processochea un cenno del Gran Cancellieregli
erano state consegnate; e poiché vi trovò anche una clausola con la
quale il barone Venceslao era condannato a due anni di prigionesi
lasciò cadereda lontanosopraffatto dai suoi sentimentiin
ginocchio davanti all'Elettorecon le mani incrociate sul petto. Egli
assicurò con voce lieta al Gran Cancellierealzandosi e portandosi la
mano al pettoche il più grande desiderio che aveva in terra era
adempiuto; si avvicinò ai cavallili esaminòne palpò il collo sodo;
e dichiarò allegramente al Cancelliereritornando verso di luiche
"li regalava ai suoi due figliEnrico e Leopoldo".
Il Cancellieremesser Enrico di Geusaurivolgendosi a lui
benevolmente da cavallogli promisein nome del principe Elettore
che la sua ultima volontà sarebbe stata religiosamente rispettatae
lo invitò a disporre come meglio riteneva anche delle altre cose
contenute nel fagotto. Allora Kohlhaas invitò la vecchia madre di
Ersianoche aveva visto sulla piazzaa uscire dalla folla che aveva
intornoe consegnandole il fagotto le disse: "Eccononnatutto ciò
ti appartiene"; aggiungendo al denaro che si trovava nel fagotto anche
la somma che aveva ricevuto come proprio indennizzoche volle darle
in donocome sostegno e conforto per i suoi ultimi giorni.
"AdessoKohlhaasmercante di cavalli"esclamò il principeElettore
"al quale è stata data in questo modo soddisfazionepreparati a dare
a tua volta soddisfazione a Sua Maestà l'imperatorel'avvocato del
quale è al mio fiancoper la rottura della pubblica pace!".
Kohlhaastogliendosi il cappello e gettandolo al suolodisse che era
pronto! Affidò i suoi bambinidopo averli presi su da terra ancora
una voltae stretti al pettoal balivo di Pontekohlhaasementre
questicon lacrime silenzioseli portava via dalla piazzasi
avvicinò al ceppo. Stava per l'appunto sciogliendosi il fazzoletto dal
colloe aprendosi il giustacuorequandoguardando di sfuggita il
cerchio formato dal popoloscorsea breve distanza da séfra due
cavalieri che lo coprivano a metà coi loro corpil'uomo ben noto
dalle piume bianche e azzurre. Con uno scarto improvvisoche sorprese
la scorta che lo circondavaKohlhaas gli andò proprio davantisi
sciolse dal petto la capsulane tirò fuori il foglioruppe il
sigillo e lo lesse: e con gli occhi fissi sull'uomo dalle piume
bianche e azzurreche già cominciava a nutrire dolci speranzelo
mise in bocca e lo inghiottì. L'uomo dalle piume bianche e azzurrea
quella vistapreso da convulsionicadde svenuto. Kohlhaasmentre
gli accompagnatori di quell'uomo si chinavanoaffrantisu di lui e
lo tiravano su da terrasi girò verso il patibolodove la sua testa
cadde sotto la scure del boia.
Qui finisce la storia di Kohlhaas. Si depose la salma nella barafra
il compianto unanime del popolo; ementre i necrofori la sollevavano
per darle degna sepoltura nel camposanto fuori cittàil principe
Elettore chiamò a sé i figli del defunto e dichiarando al Gran
Cancelliere che dovevano essere educati nella scuola dei paggi di
corteli armò cavalieri. Il principe Elettore di Sassonia ritornò
poco dopostraziato nel corpo e nell'animaa Dresdae quello che
accadde dopo va letto nella storia. Ma di Kohlhaas nel secolo scorso
vivevano ancora nel Meclemburgo alcuni felici e gagliardi discendenti.