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Joseph Conrad.
LORD JIM.
INDICE.
Nota dell'autore: pagina 5.
Capitolo 1: pagina 9.
Capitolo 2: pagina 20.
Capitolo 3: pagina 31.
Capitolo 4: pagina 46.
Capitolo 5: pagina 55.
Capitolo 6: pagina 87.
Capitolo 7: pagina 117.
Capitolo 8: pagina 135.
Capitolo 9: pagina 152.
Capitolo 10: pagina 167.
Capitolo 11: pagina 188.
Capitolo 12: pagina 195.
Capitolo 13: pagina 208.
Capitolo 14: pagina 226.
Capitolo 15: pagina 245.
Capitolo 16: pagina 252.
Capitolo 17: pagina 262.
Capitolo 18: pagina 268.
Capitolo 19: pagina 282.
Capitolo 20: pagina 292.
Capitolo 21: pagina 312.
Capitolo 22: pagina 324.
Capitolo 23: pagina 334.
Capitolo 24: pagina 347.
Capitolo 25: pagina 357.
Capitolo 26: pagina 371.
Capitolo 27: pagina 381.
Capitolo 28: pagina 391.
Capitolo 29: pagina 403.
Capitolo 30: pagina 412.
Capitolo 31: pagina 421.
Capitolo 32: pagina 432.
Capitolo 33: pagina 441.
Capitolo 34: pagina 456.
Capitolo 35: pagina 470.
Capitolo 36: pagina 480.
Capitolo 37: pagina 490.
Capitolo 38: pagina 502.
Capitolo 39: pagina 515.
Capitolo 40: pagina 527.
Capitolo 41: pagina 541.
Capitolo 42: pagina 550.
Capitolo 43: pagina 561.
Capitolo 44: pagina 572.
Capitolo 45: pagina 580.
"E' certo che qualsiasi convinzione guadagna infinitamente non
appena vi aderisca un'altra anima".
A G. F. W. Hope ed a sua moglie con grato affetto dopo molti anni
di amicizia.
NOTA DELL'AUTORE.
Allorché questo romanzo apparve la prima volta in volumesi
cominciò a dire che mi ero lasciato prender la mano. Qualche
recensore sostenne che il lavoroiniziato come novellaera poi
sfuggito al controllo dell'autore. Di ciòun paio di critici
scoprirono alcune prove interne: il che parve divertirli molto.
Insistettero sui limiti della forma narrativa. E' assurdo
sostenneroche uno possa parlare tutto quel tempoe che altri
stiano ad ascoltarlo così a lungo. Non era molto credibile
dissero.
Ho avuto agio di ripensarci per circa sedici annima non sono
ancora tanto sicuro che avessero ragione. Si sa di uomini rimasti
in piedi metà della notte - tanto ai tropici che in zone temperate
- a "raccontarsi storie". E' vero che questa è una storia solama
vi ho pur inframezzato pause che danno una certa dose di sollievo;
equanto alla resistenza degli ascoltatoricerto bisognerà
accettare - assunto preliminare necessario - il postulato che il
racconto sia interessante davvero. Per parte mia se non l'avessi
trovato interessantenon avrei mai potuto mettermi a scriverlo.
In riguardo poi alla possibilità fisicaognun sa che certi
discorsi in Parlamento hanno avuto una durata più prossima alle
sei che alle tre ore; mentre tutta quella parte del libro che
corrisponde al racconto di Marlow si può leggerla ad alta voce
direiin meno di tre ore. E d'altronde sebbene io abbia
rigorosamente escluso dal libro tutti i dettagli del genere -
possiamo ben supporre che quella notte siano stati offerti dei
rinfreschi; e che un bicchiere d'una qualunque acqua minerale
abbia aiutato il narratore a tirare avanti. Mascherzi a parteè
effettivamente vero che la mia prima concezione fu d'una novella
ristretta al solo episodio della nave dei pellegrini: null'altro.
Dopo però averne buttate giù poche pagine ne restai scontento
chissà perché; e per un certo tempo le misi a dormire. Non tornai
a cavarle dal cassetto se non quando il povero William Blackwood
mi chiese qualcosa per la sua rivista.
Soltanto allora mi resi conto che la faccenda della nave dei
pellegrini era un buon spunto per un racconto da lasciarlo andar
libero dove volesse; e che tale episodio poteva opportunamente
prestarsi ad illuminar tutto intero il "senso dell'esistenza" in
un personaggio di temperamento semplice e sensibile. Ma tutti
questi stati d'animo e questi moti dello spiritoantecedenti
all'atto dello scriveremi rimasero lì per lì alquanto oscuri; e
non mi appaiono più chiari nemmeno oggidopo tanti anni.
Le poche pagine che avevo messo da parte ebbero il loro peso nella
scelta dell'argomento. Ma riscrissi deliberatamente ogni cosa.
Sapevoquando mi ci misi. che sarebbe stato un libro lungo; pur
non prevedendo che avrebbe finito con l'occupare tredici numeri
della "Maga".
Talora mi è stato domandato se dei miei libri non fosse Lord Jim
quello che preferivo. Sono un nemico dichiarato dei favoritismi
nella vita pubblicanella vita privatae perfino nei delicati
rapporti che corrono fra un autore e le sue opere. Per questione
di principio non voglio favoriti; ma non giungo al punto da
sentirmi addolorato ed urtato per la preferenza che certuni
accordano a questotra gli altri miei romanzi. Non dirò neppure
che "non arrivo a capire..." No! Ma una volta ebbi ragione di
restare interdetto e sorpreso.
Un mio amico di ritorno dall'Italia aveva parlato colà con una
signoraalla quale il libro non piaceva. La cosa mi rincrebbe
naturalmentema a stupirmi fu la causa della sua avversione. "E'
così malsano"aveva detto.
Su questo giudizio ebbi da meditare ansiosamente per un'ora. Alla
fine - debitamente riconosciuto che il tema è piuttosto estraneo
alla sensibilità femminile - giunsi alla conclusione che quella
signora non poteva essere italiana. Chissà anzi se era neanche
europea? Comunqueun temperamento latino non avrebbe mai trovato
nulla di morboso in un'acuta coscienza dell'onore perduto. Una
simile coscienza può essere erratapuò essere giustao venir
condannata come artificiosa; e forse Jim non è un tipo molto
comune. Ma posso accertare ai miei lettorisenza tema di
sbagliarmiche egli non è il prodotto di una riflessione fredda e
perversa. Non è nemmeno una creatura delle nebbie nordiche. Fu una
mattina di solenell'ambiente banale d'una strada di Orienteche
vidi passarecommovente e significativaravvolta in una nubela
sua figura perfettamente silenziosa. Come doveva essere. Toccava a
mecon tutta la comprensione di cui ero capacecercar le parole
adatte per esprimerne il significato. Era "uno dei nostri".
Giugno 1917.
CAPITOLO 1.
Per tre o forse cinque centimetri non arrivava a un metro e
ottanta. Di complessione robustavi veniva incontro a passi
sicuriun po' curvo nelle spallecon la testa protesa in avanti
e uno sguardo fisso di sotto in su che vi faceva pensare a un toro
sul punto di slanciarsi. La voce era profonda e sonora; nei modi
una sorta di sicurezza caparbiasenza nulla tuttavia di
aggressivoche pareva voluta per imporre a se stesso non meno che
agli altri. Nella persona meticolosamente curato: tutto di bianco
dalle scarpe al cappelloimmacolato. Nei diversi porti orientali
dove si guadagnava da vivere come commissionario marittimo era
favorevolmente conosciuto.
Un commissionario marittimo non ha bisogno di sottoporsi ad esami
di sortama certe capacità deve possederle in astratto e saperle
dimostrare in concreto. Il suo lavoro consiste nel gareggiare di
velocitàsia a vela che a vapore o a remicon altri
commissionari per essere il primo a raggiungere ogni nave in
procinto di dar fondo; nel salutarne festosamente il capitano
cacciandogli in mano a forza il listino delle varie mercanzie; e
non appena costui mette piede a terranel pilotarlo con energia
ma senza ostentazione fino ad un vasto magazzino che pare una
cavernacolmo non soltanto di tutte quelle cose che a bordo si
mangiano e si bevonoma dove si può anche procurarsi quanto rende
un bastimento atto alla navigazione e bello a vedersi: da un
assortimento di ganci per le cime d'ormeggio a un libretto d'oro
in foglia per gli intagli di poppa. Qui il capitano è ricevuto dal
proprietario dell'azienda come un fratellobenché lo veda allora
per la prima volta. V'è un fresco salottinopoltronebottiglie
sigaril'occorrente per scrivereuna copia del regolamento
portualee un'accoglienza così cordiale da scioglier nel cuore
d'un marinaio tutta la salsedine che vi hanno accumulato tre mesi
di navigazione. I rapporti così iniziati son mantenuti viviper
tutto il periodo che la nave rimane in portoattraverso le visite
giornaliere del commissionario marittimo. Egli si mostrerà fedele
al capitano come un amico e pieno d'attenzioni come un figlio;
avrà la pazienza di Giobbela dedizione altruistica d'una donna e
l'eterna allegria d'un buontempone. Più tardi arriverà anche il
conto. E' un mestiere bello e umano. Perciò un bravo
commissionario marittimo è raro. Se poi un commissionario
marittimoche possieda in astratto le volute capacitàha anche
il pregio d'essersi fatto le ossa sul mareegli merita da parte
del suo principale un bel po' di soldi e parecchia indulgenza. A
Jim toccavano sempre buoni salari e indulgenza quanta ne
basterebbe per render fedele un demonio. Eppurecon nera
ingratitudineogni tanto abbandonava sui due piedi l'impiegoe
se n'andava da qualche altra parte. Ai suoi principalile ragioni
che dava apparivano assolutamente insufficienti. "Maledetto
idiota!" esclamavanoappena aveva voltato le spalle: e questo era
tutto il commento che facevano sulla sua squisita sensibilità.
Per i bianchi che trafficavano nei commerci marittimi e per i
capitani delle naviegli era Jim: null'altro che Jim. Avevaben
s'intendeanche un altro nomema gli premeva che non fosse mai
pronunciato. Codesto suo incognitobucherellato d'altronde come
un setaccionon era tuttavia destinato a nascondere una
personalitàbensì un fatto. Quando il fatto sbucava fuori
dall'incognitoJim abbandonava all'improvviso il porto dove si
trovava in quel momentoe si trasferiva in un altro: di solito
sempre più verso oriente. Si teneva ai portiperché era un uomo
di mare in esilio dal maree perché possedeva quelle capacità
astratte che non servono in nessun mestieresalvo in quello di
commissionario marittimo. Si ritirava in buon ordine verso il sole
levantee il fatto gli teneva dietro a casoma senza scampo.
Cosìanno dietro annolo conobbero successivamente a Bombaya
Calcuttaa Rangoona Penanga Batavia: e in ciascuna di queste
tappe egli non era che Jimil commissionario marittimo. Più
tardiallorché la sua acuta percezione dell'intollerabile lo
distaccò per sempre dai porti di mare e dagli uomini bianchi
sospingendolo fin dentro le foreste verginii malesi di quel
villaggio nella giungla dove s'era deciso a nascondere la propria
deplorevole sensibilitàaggiunsero una paroletta al monosillabo
del suo incognito. Lo chiamarono Tuan Jimche è come dire: Lord
Jim.
Era nato in un presbiterio. Molti sono i comandanti di belle navi
mercantili che provengono da simili asili di devozione e di pace.
Il padre di Jim possedeva una così sicura conoscenza
dell'Inconoscibile da lasciar soddisfatta la rigidezza morale di
chi abitava in povere catapecchiesenza perciò turbare i sonni di
coloro ai quali una Provvidenza infallibile consentiva di vivere
in ricchi castelli. La chiesetta sulla collina aveva il color
grigio muschioso di una roccia irretita da un intrico di
vegetazione. Sorgeva là da secolima gli alberi onde era
circondata ricordavan probabilmente il giorno in cui ne fu posta
la prima pietra. Più in basso la rossa facciata del rettorato
brillava col suo tono caldo fra i praticellile aiuole e gli
abeti. Sul dietro si stendeva un fruttetoa sinistra il cortile
lastricato della scuderiae le vetrate in pendenza delle serre
lungo un muro di mattoni. La parrocchia apparteneva da generazioni
alla famiglia; ma Jim aveva quattro fratelli: e quandodopo una
serie di romanzi d'avventure letti durante le vacanzes'era
manifestata in lui la vocazione marinaralo mandarono subito su
una nave-scuola per allievi ufficiali della marina mercantile.
Qui imparò un po' di trigonometriae come si bracciano i pennoni
di velaccio. Tutti gli volevano bene. Per la navigazione si
guadagnò il terzo posto in graduatoria e fu fatto capovoga nella
prima lancia. Aveva una testa solida e un fisico eccellente che lo
servivano a dovere nelle manovre in cima agli alberi. Il suo posto
era sulla crocetta di trinchettoe di lassù spesso gettava un
occhiocon lo sprezzo dell'uomo destinato a rifulgere nei
pericolisulla pacifica moltitudine dei tetti tagliata in due
dalla torbida corrente del fiumementresparsi ai margini della
pianura circostantei comignoli delle fabbriche si drizzavano uno
per uno a perpendicolo contro il cielo sporco: sottili come
matiteeruttavan fumo al pari di vulcani. Vedeva grandi navi
partirechiatte panciute far la spola in continuazionebarchette
laggiù laggiù sotto ai suoi piediil fosco splendore del mare
verso l'orizzontee la speranza di una vita eccitante in un mondo
pieno d'avventure.
Sotto copertain una babele di duecento vocisi spogliava della
propria realtà presente per anticipar con l'immaginazione la vita
di mare quale la letteratura romanzesca glie l'aveva dipinta.
Vedeva se stesso in atto di salvare dei naufraghio di tagliar
con l'ascia le alberature nella furia d'un cicloneo di nuotare
contro il risucchio trascinando un gherlino. Oppure si vedeva
naufrago solitarioscalzo e in brandellivagare sui nudi scogli
in cerca di frutti di mare per sfamarsi. Altre volte affrontava i
selvaggi su spiagge tropicalisedava ammutinamenti in alto mare
in una barchetta sperduta nell'oceano rincuorava gli affranti
compagni: esempio costante di dedizione al dovereeroe a tutta
provacome un personaggio di romanzo.
"E' successo qualcosa. Vieni su!"
Balzò in piedi. Come una fiumana gli allievi facevan le scalette a
quattro a quattro. Si sentiva sul ponte un gran correre e gridare.
Quando fu sbucato dal boccaportoJim si fermò di botto allibito.
Era il crepuscolo di una giornata d'inverno. Il vento aveva
rinfrescato nel pomeriggiobloccando il traffico sul fiume; e ora
soffiava con la violenza d'un uraganoa raffiche capricciose che
rimbombavano come salve di grossi cannoni sull'oceano. La pioggia
veniva giù di traverso a scrosci interrottie nelle pause si
offriva a Jim la rapida e minacciosa visione dell'accavallarsi dei
marosidelle barche sballottate che si urtavano lungo la riva
dei fabbricati immobili nella bruma fuggentedelle chiatte
panciute che sgroppavano pesantemente tesando le cime
d'ancoraggiodei grandi pontoni che facevano l'altalena inondati
dagli spruzzi. La raffica che seguì parve spazzasse via tutto.
L'atmosfera era gonfia d'acqua portata dal vento. V'era come un
proposito di ferocia nella buferaun'intensità furibonda
nell'urlo del turbinein quel tumulto brutale della terra e del
cieloche pareva diretto proprio contro di luie che lo lasciò
senza fiatoimmobile e sgomento. Gli sembrava d'esser trascinato
in un vortice.
Qualcuno gli diede uno spintone. "Armate la lancia!" Ragazzi gli
passarono accanto correndo. Un battello guardacostementre filava
a ripararsi in portoera andato a sbattere contro una goletta
all'ormeggio: dell'infortunio era stato testimone uno degli
istruttori della nave-scuola. Una folla di allievi si arrampicò
sui bastingaggisi raggruppò intorno ai paranchi. "Una
collisione... Proprio davanti a noi... Il signor Symons ha visto
benissimo". Un urtone lo scaraventò fin contro all'albero di
mezzanadove si sostenne afferrandosi ad una cima. La vecchia
nave-scuola costretta dall'ormeggio vibrava tuttadando
dolcemente la prua al ventoe traverso la sua poca attrezzatura
mormorava con voce di basso profondo l'affannata canzone della sua
giovinezza sul mare. "Cala!" Vide la lanciacon l'equipaggio al
completoscender rapida al disotto dell'intraversata e si
precipitò da quella parte. Sentì un tonfo. "Molla; libera via!"Si
sporse. Il fiume ribolliva schiumoso lungo la murata. Si scorgeva
nell'oscurità crescente la lancia in balìa del risucchio e del
vento che la tennero per un attimo magicamente in loro potere a
sballottar sul fianco della nave. Una voce tonante gli giunse a
mala pena alle orecchie: "Remate d'accordocuccioli che non siete
altrose volete salvar qualcuno! Remate a tempo!" E
all'improvviso la lancia s'inalberò di pruae balzando a remi
alzati sopra un'ondataruppe il breve incantesimo in cui l'avevan
tenuta il vento e il risucchio.
Jim si sentì stringere una spalla con forza. "Troppo tardi
giovanotto". Il comandante della nave trattenne con la mano quel
ragazzo che pareva volesse buttarsi in maree Jim sollevò verso
di lui uno sguardo pieno di cosciente dolore per la disfatta
subita. Il comandante sorrise con simpatia. "Avrai più fortuna
un'altra volta. Questo t'insegnerà ad esser svelto".
Acute grida d'entusiasmo accolsero la lancia che tornava indietro
a balzellonimezza piena d'acqua e con due uomini esausti che
diguazzavano sui paglioli. A Jim il tumulto e la minaccia del
vento e del mare sembravano ormai assolutamente spregevoliciò
che accresceva il suo rammarico per essersi lasciato sgomentare
dal loro vano furore. Ora sapeva cosa pensarne. Era ben certo che
della bufera non glie ne importava più nulla. Sarebbe stato capace
di affrontare pericoli ben più grandi. Sicuro: un giorno li
avrebbe affrontatie meglio di chiunque altro. Non aveva più
neanche un briciolo di paura. Tuttavia se ne rimase la serata
intera in dispartepensieroso e aggrondatomentre il capovoga -
un ragazzo con un viso da femminuccia e certi grandi occhi grigi -
era festeggiato come un eroe nel ponte inferiore. Tutti gli si
stringevano attorno con le più appassionate domande. E lui
raccontava: "Non appena ho scorto la sua testa che scompariva e
riapparivasubito ho lanciato in acqua l'alighiero. Gli si è
agganciato ai calzoni e per poco non cascavo in marese non era
il vecchio Symons chelasciato andare il timonemi ha acciuffato
per le gambe. La lancia è andata a un pelo dal capovolgersi. Gran
brav'uomo quel vecchio Symons. Che m'importa se ogni tanto fa il
brontolone con noi? Tutto il tempo che mi ha tenuto per le gambe
non ha fatto che coprirmi d'improperima quello era il suo modo
di dirmi di non mollar l'alighiero. Certo che il vecchio Symons si
eccita con terribile facilitàvero? Nonon il biondino....
voglio dir l'altroquello grossocon la barba. Quando l'abbiamo
tirato a bordo gemeva: OHLA MIA GAMBA! OHLA MIA GAMBA! e
rovesciò gli occhi fino al bianco. Curiosoun tipo così grosso
che svenga come una ragazza. Voi sverreste per una botta di
alighiero? Io no sicuro. Gli s'era infilato nella gamba tanto
così" Esuscitando viva emozionemostrò in giro l'alighiero che
aveva portato apposta sotto coperta. "Ma nosciocco! Non era la
carne a reggerloerano i calzoni. Ma sanguinava anche molto
s'intende".
A Jim queste parevano penose esibizioni di vanita. La tempesta
aveva provocato un eroismo spurio quanto la sua minaccia era
falsa. Si sentiva irritato contro quel brutale tumulto della terra
e del cielo che l'aveva preso alla sprovvista soffocando a
tradimento il suo slancio generoso verso il rischio. Per il
rimanente era piuttosto soddisfatto di non essere andato con la
lanciavisto che alla bisogna era bastata un'iniziativa di
proporzioni così modeste. Aveva arricchito la propria esperienza
meglio dei materiali esecutori dell'impresa. Quando tutti gli
altri avessero indietreggiatoallora sì - ne era sicuro - lui
solo avrebbe saputo affrontare la falsa minaccia del vento e del
mare. Sapeva ormai cosa pensarne. Obbiettivamente vedutaera una
minaccia spregevole. Non riusciva a trovare in se stesso la minima
traccia di emozionee insomma l'effetto conclusivo di
quell'avvenimento eccezionale fu chedimenticato e solo in mezzo
alla chiassosa folla dei compagniJim esultò nella rinnovata
certezza del proprio spirito d'avventura e in un sentimento di
multiforme coraggio.
CAPITOLO 2.
Dopo due anni di tirocinio prese imbarco; maaddentrandosi in
regioni tanto familiari alla sua fantasiadovette riconoscerle
stranamente povere di avventure. Fece molte traversate. Conobbe la
magica monotonia di un'esistenza fra cielo e mare; ebbe a subire
le critiche degli uominile esigenze del maree la prosaica
durezza del compito giornaliero da cui si ricava il panema
anchein compensol'amore per il proprio lavoro. Era un compenso
di cui non godeva: eppure non poteva tornare indietroperché non
v'è nulla al mondo che seducadeluda e renda schiavi come la vita
di mare. Senza contare che la carriera prometteva bene. Di modi
distinti e di buon naturaleprofondamente conscio dei propri
doveriera un tipo che ispirava fiducia; sì chegiovanissimo
ancorasi ritrovò primo ufficiale sopra una bella navesenza
esser mai stato messo a prova da quegli incidenti di navigazione
che dimostrano alla luce del giorno il valore intrinseco d'un
uomol'affilatura della sua temprala fibra della sua stoffa:
che rivelano il grado della sua resistenza e la segreta verità
delle sue apparenzenon solo agli occhi degli altrima ai
propri. Una volta sola in tutto quel periodo ebbe di nuovo il
sensoin una rapida visionedi quanto possa essere intensa la
rabbia del mare. E' una rabbia che si manifesta meno spesso di
quanto può creder la gente. Vi sono molte gradazioni di pericolo
nelle avventure e nei fortunali: solo ogni tanto appare sul volto
dei fatti la sinistra violenza di un'intenzione; quel quid
indefinibile che forza la mente e il cuore dell'uomo a convincersi
come quella concatenazione d'incidentio quella furia degli
elementi che lo assalgonoabbiano un preciso intento di perfidia
una forza al di là d'ogni controllouna crudeltà sfrenata che
vuol strappare all'animo speranza e timoretravaglio di
stanchezza e desiderio infinito di riposo; che vuol schiacciare
distruggereannientare tutto ciò che fino a quel momento egli ha
vistoconosciutoamatogodutooppure odiato; tutto ciò che è
necessario e senza prezzo: la luce del solele memorie
I'avvenire; che vuole spazzar via d'un colpo dai suoi occhi tutto
il mondo prezioso col solosemplice e spaventevole gesto di
togliergli la vita.
Ferito da un pennone che gli era caduto addosso al principio d'una
settimana di burrasca (della quale in seguito il capitanouno
scozzeseusava dire: "Ragazzi! per conto mio è un vero miracolo
se la nave l'ha scampata!")Jim passò lunghi giorni disteso sul
dorsocon la testa confusain un abbattimento senza speranza e
in un'agitazione tale come se avesse toccato il fondo d'un abisso
di irrequietezza. Di come sarebbe finito non gli importava; nei
momenti di lucidità si esagerava la propria indifferenza. Il
pericoloquando non lo vediamoha la stessa confusa imperfezione
del pensiero umano. La paura diventa vaga; e quella nemica
dell'uomo che è l'immaginazionemadre di tutti i terrorise non
è stimolata dai fatti si affloscia nel tedio dell'emozione
esausta. Jim non vedeva altro che il disordine della sua cabina
sballottata. Giaceva là prigioniero nel bel mezzo d'una piccola
devastazionesegretamente felice di non dover salire in coperta.
Ma di quando in quando un fiotto di incontenibile angoscia lo
sopraffaceva fisicamentelasciandolo senza fiato a contorcersi
sotto le lenzuola. Allora la stupida brutalità di un'esistenza
così atrocemente schiava di simili sensazioni gli dava un
desiderio disperato di fuggirne ad ogni costo. Poicol ritorno
del bel temponon ci pensò più.
Continuava tuttavia a zoppicaresì che quando la nave raggiunse
un porto in Oriente bisognò ricoverarlo all'ospedale. La
guarigione tardavae dovettero lasciarlo a terra.
Nella corsia dei bianchi vi erano altri due soli pazienti: il
commissario di bordo d'una cannoniera che si era rotto una gamba
cadendo in un boccaportoe una specie d'imprenditore di ferrovie
d'una provincia vicina. Costuiafflitto da una misteriosa
malattia tropicaleriteneva il dottore un vero ciucoe si
abbandonava a segrete orgie di specialità medicinali che il suo
servo Tamilo gli portava di nascosto con devozione instancabile.
Si raccontarono a vicenda la storia della loro vitagiocavano un
po' a carteoppure sbadigliando ciondolavano in pigiama dalla
mattina alla serasdraiati sulle poltrone senza scambiarsi una
parola. L'ospedale sorgeva sopra una collinae un'arietta
delicataentrando dalle vetrate sempre aperteportava nella
stanza disadorna la morbidezza del cieloil languore della terra
l'affascinante respiro delle acque orientali. Vi portava profumi
suggestioni d'infinito riposoil dono di sogni senza fine.
L'occhio di Jim spazzava ogni giorno di là dai boschetti dei
giardinisopra le terrazze della cittàoltre le fronde dei
palmizi che crescevano sulla spiaggiaper fermarsi sulla grande
via dell'Oriente: una via costellata d'isolette inghirlandate
illuminata dal sole delle grandi occasionicon le sue navi simili
a giocattolicol suo traffico brillante come una parata festiva
con in alto l'eterna serenità del cielo orientalee in basso la
sorridente pace dei mari orientalipadroni dello spazio fino
all'estremo orizzonte.
Non appena gli fu possibile camminare con un bastonescese in
città a informarsi d'un mezzo per ritornare in patria. Ma non
essendovi nulla in vista per il momentogli venne naturalmente
fattoper ingannare l'attesad'entrare in relazione con gli
uomini del suo mestiere che si trovavano in porto. Costoro erano
di due categorie. Alcunipochi e che si vedevano raramente
facevan vita misteriosaavevano conservato un'inalterabile
energia einsieme con una cert'aria da piratiocchi da
sognatori. Pareva vivessero in un pazzo labirinto di progettidi
speranzedi pericolid'impreseal di là della civiltànegli
oscuri ricetti del mare; la loro morte sembrava poter essere
l'unico avvenimento in qualche modo probabile di quelle
fantastiche esistenze. La maggioranza invece si componeva di
uomini checapitati là per casocome Jimvi eran rimasti come
ufficiali di cabotaggio locale. Ormai pensavano con orrore
all'idea di prestar servizio sui bastimenti dei bianchicon
quelle condizioni di vita tanto più durecon quella rigida
concezione del doverecol rischio delle traversate sugli oceani
bizzosi. S'erano intonati all'eterna pace del cielo e del mare
d'Oriente. Amavano i viaggi brevile buone sdraie di copertai
folti equipaggi indigenie il privilegio d'esser bianchi.
Rabbrividivano al pensiero di dover faticaree conducevano così
un'esistenza precaria ma comodasempre sul punto d'essere
licenziatisempre sul punto d'essere assunti; al servizio di
Cinesidi Arabidi meticci... Anche al soldo del diavolo si
sarebbero messi se ci fosse stato poco da fare. Discorrevano
eternamente di colpi di fortuna: come al Tal dei Tali era stato
affidato un bastimento che faceva un servizio comodo comodo lungo
le coste della Cina; come quell'altro aveva un'occupazione
piacevole in qualche parte del Giappone; come un terzo si faceva
d'oro nella marina siamese. E in tutto quanto dicevano - come
anche nelle azioninell'aspettonelle persone - si scopriva il
punto deboleil marcio: quel proposito ben determinato di
bighellonar senza rischio attraverso la vita.
A Jim codesta masnada di chiacchieronia considerarli come
marinaisembraron sulle prime irreali più che fantasmi. Ma finì
con lo scoprire un certo fascino in quegli uominiin quella loro
aria di passarsela a meraviglia con una razione così minuscola di
fatica e di rischio. Col tempoaccanto al suo iniziale disprezzo
crebbe lentamente in lui un altro sentimento; e all'improvviso
abbandonata l'idea di tornarsene in patriaprese imbarco sul
Patna come primo ufficiale.
Il Patna era un vapore locale vecchio come il mondosmilzo come
un levriero e divorato dalla ruggine peggio d'un serbatoio
abbandonato. Proprietà d'un Cineseera noleggiato da un Arabo e
lo comandava un rinnegato tedesco della Nuova Galles del Sudil
quale ci teneva moltissimo a maledire pubblicamente la propria
terra d'originema chetraendo forse esempio dalla trionfante
politica di Bismarcksi compiaceva di trattar brutalmente tutti
coloro del quali non aveva paurae aveva un'aria di "a ferro e
sangue" combinata con un naso violaceo e dei mustacchi rossi. Dopo
che la nave fu ridipinta all'esterno e imbiancata di dentroa un
dipresso ottocento pellegrini vi vennero imbarcatimentre stava
all'attracco con le caldaie accese lungo un molo di palafitte.
Al fiotti i pellegrini salivano a bordo per tre passerelle;
salivano a fiotti sospinti dalla fede e dalla speranza del
Paradiso; salivano a fiotti con un struscìo continuo di piedi
scalzisenza dire una parolasenza né mormorare né guardarsi
indietro: enon appena fuori dai guardamano che li obbligavano a
procedere incolonnatidilagarono d'ogni parte sul pontefluivano
verso prua e verso poppastraripavan giù per i boccaporti
spalancatiandavano a riempire i più lontani recessi della nave:
come l'acqua che colma una cisternacome l'acqua che filtra da
crepacci e fessurecome l'acqua che silenziosa cresce su su fino
all'orlo. Ottocento tra uomini e donnecon la loro fede e
speranzai loro affetti e ricordisi erano là riuniti provenendo
dal Nord e dal Sud e dai limiti estremi dell'Orientedopo aver
percorso i sentieri della giungladisceso i corsi dei fiumi
costeggiato in proe sui bassifonditraversato in piccole canoe da
un'isola all'altrasopportato disagi e patimentiincontrato
spettacoli strani e subìto l'assedio di strane paureun solo
anelito sostenendoli sempre. Venivano da capanne solitarie
abbandonate in lande deserteda accampamenti popolosida
villaggi in riva al mare. Al richiamo di un'idea avevano
abbandonato le loro forestele radurela protezione dei capila
prosperità e la miseriai luoghi della giovinezza e le tombe dei
padri. Arrivavano coperti di polveredi sudoredi sudiciumedi
stracci: gli uomini più forti a capo di gruppi di famigliei
vecchi scarni che si facevan strada nella calca senza speranza di
ritorno; ragazzi d'occhio ardito che si guardavano attorno con
curiositàbambine scontrose dai lunghi capelli arruffati; timide
donne imbacuccate che si stringevano al senoavvolti nei lembi
sciolti delle sporche pezzuole da testai loro marmocchi
addormentati; pellegrini inconsci di una ferrea credenza.
"Guardi un po' che mandria"fece il capitano tedesco al suo nuovo
primo ufficiale.
Per ultimo giunse il capo di quella pia carovanaun Arabo. Salì a
bordo lentamentebello e solenne nella sua tunica bianca e col
suo grande turbanteseguito da uno stuolo di servi carichi dei
suoi bagagli. Il Patna salpòstaccandosi dalla calata a macchina
indietro.
Dapprima diresse la prua verso un passaggio tra due isolettepoi
attraversò in senso obliquo lo spazio d'ancoraggio riservato ai
velieridescrisse un semicerchio all'ombra di una collinae
prese la via lungo una scogliera frangiata dalla spuma dei marosi.
Dritto a poppal'Arabo recitò ad alta voce la preghiera dei
naviganti. Invocò la protezione dell'Altissimo sul viaggione
implorò la benedizione sulle fatiche degli uomini e sulle segrete
mire dei loro cuori: il piroscafo intanto solcava pulsante nel
crepuscolo le calme acque dello Stretto e laggiù lontano lontano
a poppaviaun faro piantato da miscredenti sopra una secca
traditricesembrava gli strizzasse quel suo occhio di fiamma
quasi a deriderne la missione di fede.
Uscito fuor dagli stretti il bastimento superò la baia
proseguendo la sua rotta attraverso il passaggio detto del " Primo
Grado". Puntò direttamente sul Mar Rosso sotto un cielo sereno
sotto un cielo rovente e senza nubi ravvolto in un fulgore di sole
che annientava il pensieroopprimeva il cuorefaceva avvizzire
ogni impulso d'energia. E sotto al sinistro splendore di quel
cieloil mare azzurro e profondo restava immobilesenza un
fremitosenza un'increspaturasenza una ruga: vischioso
stagnantemorto. Il Patna trascorreva con un lieve sibilo su
quella pianura liscia e luminosasnodando un nastro di fumo nero
attraverso il cielolasciandosi dietro un nastro di spuma candida
che subito si sfaceva e scomparivacome il fantasma d'una scìa
tracciata su un mare senza vita dal fantasma d'una nave.
Tutte le mattine il solequasi volesse tener dietro con le sue
rivoluzioni alla marcia dei pellegriniemergeva dalle acque con
un silenzioso scoppio di lucesempre alla stessa distanza a poppa
della navela raggiungeva sul mezzogiornoversando il fuoco
concentrato dei suoi raggi sulle pie intenzioni degli uomini; le
scivolava dinanzi nella sua discesae sprofondava misteriosamente
nel mare una sera dopo l'altraconservando sempre la stessa
distanza dalla prua. I cinque bianchi di bordo vivevano a mezza
naveappartati da quel carico umano. Il tendone copriva il ponte
da prua a poppa come un tetto biancoe soltanto un debole
mormorìoun sussurrar di malinconiche voci rivelava la presenza
di una folla sulla distesa immensa e sfolgorante dell'oceano. Tali
erano le giornate immobiliafose e pesantiche scomparivano una
dopo l'altra nel passatoquasi cadessero nell'abisso
continuamente aperto dalla scìa; e la navesolitaria sotto un
fiocco di fumoproseguiva il suo cammino costantenera e
infuocata in un'immensità luminosacome arsa dalla fiamma che un
cielo senza pietà le saettava contro.
Le notti calavano su di essa come una benedizione.
CAPITOLO 3.
Una placidità meravigliosa riempiva il mondoe pareva che le
stelle effondessero sulla terrainsieme ai loro raggi serenila
garanzia di un'eterna sicurezza. La falcata luna giovinetta che
splendeva bassa a ponenteera simile a un truciolo sottile
piallato da una sbarra d'oroe il mare Arabicoliscio e fresco
all'occhio come una lastra di ghiacciostendeva la sua superficie
perfettamente livellata fino al circolo perfetto dell'oscuro
orizzonte. L'elica girava senza intoppocome se il suo pulsare
rientrasse nello schema d'un universo privo di rischi; e sui
fianchi del Patna due profondi solchi d'acquascuri e
ininterrotti sullo scintillìo senza rughe del mareracchiudevano
entro i loro orli dritti e divergenticandidi vortici di schiuma
che si rompevano con un sibilo sommesso creando piccole onde
increspature leggerebrevi risucchi che un istante agitavano il
mare dopo il passaggio della naveper poi placarsi con un tenue
sciacquìo e finalmente dissolversi in quell'immobilità circolare
dell'acqua e del cielo che aveva eternamente per centro la macchia
nera del piroscafo in movimento.
Jimin piedi sul pontesi sentiva pervaso da una grande
certezza: la certezza di un'incolumità e di una pace senza confini
che si leggeva chiaramente nell'aspetto silenzioso della natura
così come la certezza d'esser protetti da un amore si legge nella
tenera calma del volto materno. Riparati dal tendone teso come una
tettoiaaffidati alla saggezza e al coraggio degli uomini
bianchialla potenza del loro scetticismo e al ferreo involucro
della nave col fuoco in corpoi pellegrini di una fede esigente
si abbandonavano al sonno su stuoiesu copertesulle nude tavole
dei pontiin ogni angolo buioravvolti in panni ritinti
imbacuccati in luridi cencicon la testa sui loro fagotti e il
volto contro le braccia ripiegate: uominidonnebambini; i
vecchi insieme ai giovanii decrepiti con i vigorosi - tutti
uguali davanti al sonnofratello della morte.
Una corrente d'aria provocata dalla corsa della nave attraversava
senza posa la lunga zona di penombra fra gli alti bastingaggi
spazzava le file dei corpi distesi. Poche lampade a globo di
debole fiamma erano appese qua e là con una breve catenella alle
capriate di sostegno del tendone; entro ai torbidi cerchi di luce
proiettati verso il bassoche tremavano appena per l'incessante
vibrazione della naveappariva qui un mento rivolto in su oppure
due palpebre chiuselà una mano scura con i suoi anelli d'argento
o una gamba scarna drappeggiata di stracci; qui una testa
ripiegata all'indietro o un piede scalzola una gola nuda e tesa
come si offrisse al coltello. I più agiaticon casse pesanti e
stuoie polverose avevan messo insieme dei ricoveri per le loro
famiglie; i poveri riposavano uno vicino all'altro tenendo sotto
al capo tutto ciò che possedevano al mondo avvolto in un cencio; i
vecchi solitari dormivano con le gambe rattratte sui loro tappeti
da preghieracon le mani sulle orecchie e un gomito per parte
all'altezza delle guance; un padrecon le spalle sollevate e la
fronte sulle ginocchiastava assopito con un'aria desolata
accanto a un ragazzo che dormiva supino coi capelli arruffati e il
braccio teso in un gesto imperioso; una donna chiusa dalla testa
ai piedicome un cadaverein un lenzuolo biancoteneva un
bambino ignudo nel cavo di ogni braccio; il bagaglio dell'Arabo
ammucchiato a poppa sulla destraera come una pesante montagna
dai contorni frastagliatisu cui ciondolava una lampada da stiva;
e più dietro s'intravedeva una gran confusione di forme
eterogenee: panciuti vasi d'ottone che lanciavan riflessi
l'appoggiapiedi d'una poltrona a sdraiole lame di certe lancie
il fodero dritto d'una vecchia sciabola appoggiato a un mucchio di
cusciniil beccuccio d'una caffettiera di latta. Il solcometro
automatico sul bastingaggio di poppa batteva periodicamente un
tocco argentino per ogni miglio superato da quella spedizione di
fedeli. Talora sopra la massa dei dormienti aleggiava un lieve e
paziente sospirol'esalazione d'un sogno agitato; erano altra
volta brevi colpi metallici che risonavano improvvisi nelle
profondità della nave: l'aspro raschiar di una palalo sbattere
violento del portello d'una caldaia scoppiavano brutalmentecome
se gli uomini che laggiù maneggiavano quelle cose misteriose
avessero l'animo pieno d'ira selvaggia. Intanto lo scafo alto e
snello del piroscafo proseguiva imperturbato il suo camminosenza
neanche un'oscillazione della spoglia alberaturafendendo
ininterrottamente la gran calma delle acque sotto l'inaccessibile
serenità del cielo.
Jim attraversò il pontee i suoi passi nel vasto silenzio parvero
fragorosi al suo stesso orecchioquasi li riecheggiassero le
stelle in agguato. Gli occhi gli andavan vagando lungo la linea
dell'orizzontecome a scrutare l'irraggiungibile con immensa
avidità. "I fatti imminenti si proiettan dinanzi la propria
ombra": ma egli non sapeva scorgerla. Una sola ombra si vedeva sul
marequella del fumo nero cheuscendo dalla ciminierasvolgeva
pesantemente la sua immensa codamentre l'aria ne dissolveva di
continuo l'estremità. Due Malesisilenziosi e quasi immobili
governavano ai due lati della ruota del timoneil cui orlo
d'ottone brillava or sì or no nell'ovale di luce irradiato dalla
chiesuola. Di quando in quando una manocon le dita nere che a
vicenda abbandonavano ed afferravano le caviglie rotantiappariva
nei punti illuminati; gli anelli della catena della ruota
strisciavano pesantemente entro le scanalature della botte. Jim
diede un'occhiata alla bussolaun'altra in giro verso l'orizzonte
irraggiungibilesi stiròal colmo del benesserefino a far
scricchiolare le giunture in un lento avvitarsi delle membra; e
quasi lo rendesse audace quell'aria circostante di calma
invincibilepensò che non gli importava nulla di quanto avrebbe
potuto accadergli fino alla fine dei suoi giorni. Di tanto in
tanto gettava un occhio indifferente su una carta nautica
appuntata con quattro cimici su un basso tavolino a tre gambe
dietro alla cassetta dell'apparato di governo. La cartadov'eran
segnate le profondità marinepresentava la sua superficie lucida
al chiarore dell'occhio di bue appeso a un braccio: una superficie
liscialivellata e luccicante come quella delle acque. Un regolo
parallelo e un paio di compassi vi stavan gettati sopra; la
posizione della nave al mezzodì del giorno innanzi era marcata con
una crocetta nera. La linea segnata a matita con mano sicura fino
a Perim figurava la rotta della nave: il sentiero delle anime
verso il Luogo Santola promessa di salvazioneil premio della
vita eterna. Con la punta aguzza che toccava la costa somalala
matita giaceva cilindrica e immobile come un nudo pennone
galleggiante sul placido specchio d'acqua d'una darsena. "Guarda
come fila a dovere"pensò Jim con meravigliaanzi con una sorta
di gratitudine per quella pace profonda del mare e del cielo. In
momenti simili i suoi pensieri eran pieni di gesta valorose: egli
amava infinitamente quei sogni e il successo che coronava le sue
imprese immaginarie. Erano la parte migliore della sua vitala
sua verità segretala sua nascosta realtà. Una magnifica forza
virile era in essie insieme il fascino delle cose vaghe; gli
sfilavano davanti a passo eroico: gli si portavan via il cuorelo
inebriavano col filtro divino di un'illimitata fiducia in se
stesso. Cosa non avrebbe saputo affrontare? Quest'idea gli piacque
tanto che sorrise tenendo gli occhi fissi distrattamente davanti a
sé; poiquando si volse indietrovide la linea bianca della scìa
tracciata sul mare con la stessa precisione della linea nera
disegnata con la matita sulla carta.
Nell'andar su e giù le secchie della cenere facevan fracasso
urtando contro i ventilatori delle caldaiee quello sbatacchìo di
latta lo avvertì che stava per terminare il suo turno di guardia.
Sospirò soddisfattoma anche leggermente rammaricato di dover
abbandonare quella serenità che eccitava l'avventuroso sbrigliarsi
dei suoi pensieri. Aveva anche un po' di sonnoe si sentiva un
piacevole languore diffuso per tutte le membracome se tutto il
sangue delle sue vene si fosse tramutato in buon latte tiepido.
Silenziosamente gli si era fatto vicino il capitano in pigiama
con la giacca da notte tutta sbottonata. Rosso in visoancora
mezzo addormentatocon l'occhio sinistro semichiuso e il destro
d'una fissità stupida e vitreacurvò la grossa testa sulla carta
grattandosi le costole con aria assonnata. V'era qualcosa di
osceno in quella sua carne nuda. Il petto scoperto luccicava
soffice e untocome se avesse trasudato grasso nel sonno. Buttò
là un'osservazione tecnica con voce aspra ed afonasimile al
suono rasposo d'una lima sullo spigolo di un'asse di legno. La
piega del doppio mento pendeva come un sacco sospeso alla cerniera
della mascella. Jim si riscossee rispose con voce piena di
deferenza; ma quella figura odiosa e flaccidaquasi la vedesse
allora per la prima volta in un attimo di luciditàgli si fissò
per sempre nella memoria come l'incarnazione di quanto si annida
di spregevole e basso nel mondo che amiamo: nei nostri stessi
cuori dai quali attendiamo salvezzanegli uomini che ci
attornianonegli spettacoli che ci sazian la vistanei suoni che
ci colmano le orecchie e nell'aria che ci riempie i polmoni.
L'esile truciolo d'oro della lunaavviandosi lentamente a
tramontaresi era smarrito sulle acque ormai buiee l'eternità
che è oltre il firmamento sembrava farsi più vicina alla terra
ora che più scintillavan le stelle e più profonde s'eran fatte le
tenebre sotto la sfolgorante cupola translucida da cui era
ricoperto il disco piatto del mare opaco. La nave avanzava così
liscia che il suo procedere restava impercettibile ai sensicome
fosse stata un affollato pianeta in corsa attraverso i cupi spazi
dell'etereal di là della miriade dei soliin quelle calme e
spaventose solitudini che attendono il soffio di creazioni future.
"Non c'è parola per dire quanto caldo fa sotto coperta"fece una
voce.
Jim sorrise senza voltarsi. Il capitano presentava l'immota
larghezza del dorso: era un vezzo di quel rinnegato mostrarsi
volutamente ignaro della vostra esistenzaa meno che non gli
piacesse gettare su di voi uno sguardo divorante prima di dar la
stura al torrente d'un gergo schiumoso e offensivo che prorompeva
dalla sua bocca come uno spurgo di fogna. Questa volta non emise
che un burbero grugnito; il secondo macchinistain cima alla
scaletta del ponte di comandocontinuò imperterritomentre
impastava tra le palme umide uno sporco asciugamani cenciosoa
sgranare il rosario delle sue lamentele. Quassù in coperta i
marinai se la passavano proprio bene; di che utilità fossero mai
al mondo costorosi sarebbe dannato l'anima per saperlo. Tanto
toccava sempre a quei poveri diavoli di macchinisti far camminare
la nave; avrebbero potuto benissimo far loro addirittura anche il
resto; i macchinistiperdinci...
"Silenzio!" ringhiò stolidamente il tedesco. "Già:silenzio... Ma
quando qualcosa non vase la rifà con noieh?" proseguì l'altro.
Si sentiva a un buon punto di cotturadisse: ma almeno non glie
ne importava più nienteoramaidei peccati che avrebbe commesso
perché negli ultimi tre giorni aveva superato un ottimo corso di
perfezionamento per quel posto dove vanno i cattivi ragazzi dopo
morti... perdincil'aveva superato sul serio... oltre ad essersi
mezzo assordato col frastuono del diavolo che c'era là sotto. Quel
maledetto mucchio d'immondizia marcio e rappezzatoquella vecchia
ferraglia d'una macchina a condensazione strepitava e sbatacchiava
laggiù come un argano decrepitoma peggio. Perché diavolo lui
rischiasse la vita ogni notte e ogni giorno che Dio fece in mezzo
a quella specie di rifiuto d'un cantiere da demolizione fatto
marciare pazzamente alla velocità di cinquantasette girinon
riusciva davvero a capirlo. Doveva esser nato pazzoperdinci.
Doveva... "Chi ti ha dato da bere?" chiese il tedescofuribondo
ma immobile nella luce della chiesuolasimile alla goffa effigie
d'un uomo scolpita in un blocco di grasso. Jim continuò a
sorridere: aveva il cuore pieno d'impulsi generosi; e se con
l'occhio guardava l'orizzonte fuggentecol pensiero contemplava
la propria superiorità. "Sìda bere!" ripeté il macchinista con
ironico spregio: si appoggiava con tutt'e due le mani al
bastingaggionebulosa figura dalle gambe flessibili. " Non da lei
certamentecapitano. Lei è troppo tirchioperdinci. Lascerebbe
morire uno piuttosto che dargli una goccia di schnaps. Questa voi
tedeschi la chiamate economia. Ma chi risparmia il soldo spreca la
lira". Poi diventò sentimentale. Il capo macchinista verso le
dieci gli aveva dato quattro dita di un certo liquorino... -
"quattro di numeroche Dio m'aiuti!" - quel brav'uomo d'un capo!
ma quanto a tirar fuori quel vecchio imbroglione dalla sua
cuccetta neppure con un paranco da cinque tonnellate ci si
riuscirebbe. Macché. Per questa notte no di sicuro. Dormiva
placido come un marmocchiocon una bottiglia di brandy di prima
qualità sotto al cuscino. Dalla gola adiposa del comandante del
Patna uscì un sordo borbottìosopra al quale il suono della
parola schwein svolazzava su e giù come una piuma capricciosa
presa in una leggera corrente d'aria. Lui e il capo macchinista
erano amici da parecchi anni: sempre al servizio del medesimo
Cinese astuto e giovialecon gli occhiali montati in corno e i
cordoncini di seta rossa intrecciati nei venerabili capelli grigi
del codino. L'opinione più diffusa sulle banchine del porto dove
il Patna figurava iscritto era che quei duesul capitolo del
peculato senza scrupoli "avevan fatto di comune accordo quasi
tutto il pensabile". Fisicamente erano male assortiti: l'uno con
gli occhi opachi pieni d'astiotutto curve molli e carnose:
l'altro asciutto e scavatocon una testa lunga e ossuta come
quella d'un vecchio cavallo: guance infossatetempie infossate
sguardo indifferente e vitreo negli occhi infossati. Aveva dato in
secco da qualche parte in Oriente: a Cantona Sciangaio forse a
Yokohama: probabilmente non ci teneva neanche lui a ricordarsi il
luogo esattoe la causa del suo naufragio. In considerazione
della giovane etàs'erano limitati a buttarlo fuori a calci
senza scandali. Questo era accaduto una ventina d'anni addietro o
forse più; e la cosa avrebbe potuto finire talmente peggioche
col tempo il ricordo dell'episodio aveva quasi perduto ai suoi
occhi il carattere d'un infortunio. Tuttaviasiccome la
navigazione a vapore andava ormai estendendosi in quei marie sul
principio la gente del mestiere era raracosì il macchinista
aveva potuto in un modo o nell'altro tirare avanti. Era ansioso
d'informare i forestiericon un cupo mormorìoche lui era
"vecchio di quei posti". A ogni mossa pareva che uno scheletro gli
si agitasse dentro ai panni troppo larghi; aveva un passo sempre
incertoe usava così andar girellando intorno al lucernario della
sala-macchinefumando senza gusto del tabacco drogato in una pipa
d'ottone dal cannuccio di ciliegio lungo un metrocon la stolida
solennità d'un pensatore che stesse ricavando un sistema
filosofico dalla nebulosa e fugace visione della verità. Per
solito si mostrava tutt'altro che generoso della sua provvista
personale di liquori: ma quella notte aveva fatto uno strappo
talché ii suo secondouno di Wapping con la testa debolefra la
sorpresa per il dono e la forza della bevandaera diventato
all'improvviso molto felicemolto impertinente e molto loquace.
Il Tedesco della Nuova Galles del Sud era fuor di sé dalla rabbia:
soffiava come un tubo di scappamento; ma Jimbenché si divertisse
blandamente alla scenanon vedeva l'ora di poter scendere
abbasso: quegli ultimi dieci minuti di guardia erano irritanti
come un cannone che ritarda lo sparo; e poi costoro non
appartenevano al suo mondo di eroiche avventureanche se non eran
cattivi ragazzi. Perfino il capitano... Gli venne la nausea alla
vista di quella massa di carne ansimante dalla quale uscivatra
borbottii e gargarismiun tortuoso rivolo di laide espressioni.
Ma si sentiva addosso un languore troppo piacevole per provare una
vera antipatia verso costui o chiunque altro. Che razza d'uomini
fossero poco gli importava; viveva spalla a spalla con loroma in
realtà non potevan toccarlo; respiravano la stessa ariama egli
era diverso... Il capitano le avrebbe suonate al macchinista?...
La vita era facilee lui troppo sicuro di sé - troppo sicuro di
sé per... La linea che divideva la sua meditazione da un subdolo
pisolino all'impiedi era più sottile del filo d'una ragnatela.
Per via di facili transizioni il macchinista in seconda stava
venendo a valutar lo stato delle proprie finanze e del proprio
coraggio.
"Chi è ubriaco? Io? Ah nonocapitano! Così non va. Oramai lo
dovrebbe sapereperdinciche il capo non è generoso neanche
tanto da fare diventar brillo un passerotto. A me nessun liquore
ha mai fatto effetto; l'hanno ancora da inventare quello capace di
far ubriacare me. Potrei bere fuoco mentre lei beve whiskytanti
bicchieri lei tanti iorestando fresco come una rosa. Se mi
accorgessi d'essere ubriaco mi butterei in mare; m'ammazzerei
perdinci. Proprio! Subito! E nonon voglio andar via dal ponte di
comando. Dove crede che potrei prender aria in una notte come
questasentiamo? Sotto coperta fra quei pidocchiosi? Probabile...
eh? E poi lei non mi fa paura".
Il Tedesco alzò verso il cielo due pugni pesantiagitandoli senza
dir nulla.
"Non so neanche che siala pauracontinuò il macchinista con
l'entusiasmo di un convincimento sincero. "Non mi spaventa neanche
tutto il maledetto lavoro di questa marcia carcassaperdinci! Eh
gran fortuna per lei che ci sia qualcuno al mondo che non ha paura
per la propria pelle: se no che ne sarebbe di lei... di lei e di
questa vecchia ciabattacon le sue lamiere che sembrano di carta
da involtare... carta da involtareche Dio m'aiuti? Per lei va
benissimo... lei ne ricava un mucchio di quattriniin un modo o
nell'altro; ma io?... che ci guadagno io? Una paga rognosa di
centocinquanta dollari al mese e mi dica un po' lei... glie lo
domando rispettosamente rispettosamentele faccio notare - chi
non butterebbe ai pesci un impiego maledetto come questo? Non c'è
sicurezzaDio m'aiuti! non c'è sicurezza. Fortuna che io sono uno
di quei tipi senza paura che..."
Si staccò dal bastingaggio facendo larghi gesti come per dimostrar
nello spazio la forma e l'estensione del proprio valore; la sua
vocetta esile rimbalzava con squittii prolungati sul mare;
oscillava avanti e indietro sulla punta dei piedi per dar più
enfasi al suo discorsoe d'un tratto ruzzolò a terra come se gli
avessero appioppato una mazzata sulla nuca. "Dannazione!" disse
mentre capitombolava; e seguì un attimo di silenzio. Jim e il
capitano barcollarono in avanti di comune accordo; poiripreso
l'equilibriorimasero rigidamente fermi a fissar con stupore la
superficie indisturbata del mare. Finalmente guardarono in su
verso le stelle.
Cos'era accaduto? Gli asmatici tonfi delle macchine continuavano.
Si era forse arrestata la terra nella sua corsa? Non riuscivano a
capire... e all'improvviso quel mare calmoquel cielo senza nubi
apparvero formidabilmente malsicuri nella loro immobilitàquasi
fossero in bilico sull'orlo d'un vortice di distruzione. Il
macchinista rimbalzò verticalmente quant'era lungoe ricadde in
un mucchio scomposto. Quel mucchio esclamava: "Cos'è successo?"
con accento velato di terribile angoscia. Un rombo lieve come di
tuonod'un tuono infinitamente remotoquasi meno d'un rumore
poco più d'una vibrazionetrascorse lentamente nell'ariae la
nave vibrò come se rispondessecome se quel tuono avesse
brontolato laggiù nella profondità dell'acqua. Gli occhi dei due
Malesi al timone scintillarono in direzione degli uomini bianchi
ma le loro mani scure rimasero ferme sulle caviglie. L'affilata
carenaprocedendo nel suo camminoparve via via sgroppare di
poche dita in tutta la sua lunghezzaquasi fosse diventata
pieghevole; poi si ripose rigidamente al suo lavoro di solcar la
liscia superficie del mare. S'interruppero le sue vibrazionie
anche quel lieve rombo di tuono cessò all'improvvisocome se la
nave avesse attraversato da parte a parte una sottile fascia di
acqua trepidante e d'aria sonora.
CAPITOLO 4.
Un mese o due doporispondendo a domande insidioseJim cercò di
essere onesto e franco circa l'accadutoquandoriferendosi alla
navedisse: "Passò sopra all'ostacoloquale che fossecon la
stessa facilità d'un serpente che striscia sopra un bastone ".
L'immagine era buona; ma le domande miravano a fatti concretie
l'inchiesta si svolgeva nel tribunale di polizia di un porto
d'Oriente. Jim stava lassù nel recinto dei testimoni; aveva le
guance infocatementre l'ambiente era fresco e alto di soffitto.
La grande intelaiatura dei punkah ondeggiava dolcemente avanti e
indietro sulla sua testae dal basso erano fissi su di lui molti
occhi piantati in volti di color scuroin volti bianchiin volti
rossiin volti attentiammaliaticome se tutta quella gente
seduta in file ben ordinate su strette panche fosse rimasta
soggiogata dal fascino della sua voce. Una voce fortissimada cui
restavano colpite le sue stesse orecchie: l'unico suonogli
parevache si potesse udire al mondoperché quelle domande
terribilmente nitide che gli strappavano una risposta dietro
l'altra sembravan nascere dall'angosciadalla sofferenza che
aveva in petto; giungevano a lui strazianti e silenziose come i
tremendi interrogativi della coscienza. Fuori del tribunale
sfolgorava il sole; dentroc'era il vento dei grandi punkah che
faceva rabbrividirela vergogna che bruciavaquegli sguardi
intenti che trafiggevano. La faccia glabra e impassibile del
Presidente che lo guardava gli parve pallidissimatra le facce
paonazze dei due assessori nautici. La luce di un'ampia finestra
sotto al soffitto pioveva dall'alto sulle teste e le spalle dei
tre uominiche apparivano crudelmente stagliati nella penombra
della vasta sala del tribunaledove il pubblico sembrava composto
di ombre con gli occhi fissi. Dei fattivolevano. Dei fatti!
Pretendevan dei fatti da luicome se i fatti potessero spiegare
qualcosa!
"Dopo che aveste l'impressione d'aver urtato contro una qualche
massa alla derivadiciamo contro un relitto così pieno d'acqua da
restar sommersoil capitano vi ordinò di correre a prua per
accertarvi di eventuali avarie. A voi sembrava probabile che ve ne
fosserodata la violenza dell'urto?" chiese l'assessore che
sedeva a sinistra. Costui aveva una corta barbetta a ferro di
cavallozigomi sporgentiecon i gomiti appoggiati sul banco
si teneva le mani rugose intrecciate dinanzi al visoguardando
Jim con pensosi occhi azzurri; l'altroun tipo grosso e
sprezzantegettato all'indietro sulla sediacol braccio sinistro
teso tamburellava delicatamente con la punta delle dita sopra un
foglio di cartasuga; nel mezzo il Presidentedritto nell'ampia
poltronacon la testa leggermente inclinata sulla spallateneva
le braccia conserte sul petto; in un vaso di vetro accanto al
calamaio c'era qualche fiore.
"Nonon mi sembrava probabile"rispose Jim. "Ebbi ordine dinon
far chiasso per evitare che nascesse un pànico. La precauzione mi
parve ragionevole. Presi una delle lampade appese sotto il tendone
e andai a prua. Aperto che ebbi il boccaporto della gavonasentii
uno sciabordìo. Calai giù la lampada quanto lo permetteva la
lunghezza della catenae constatai che la gavona era già più che
a mezzo invasa dall'acqua. Allora mi resi conto che doveva esservi
una grossa falla sotto alla linea di emersione". E s'interruppe.
"Già"fece il grosso assessore rivolgendo un sorriso distratto
alla cartasuga; le sue dita giocherellavano instancabilmente
battendo sul foglio senza rumore.
"Lì per lì non pensai al pericolo. Forse rimasi appena appena
sorpreso... Tutto s'era svolto così quietamente e all'improvviso!
Sapevo chenella navedi paratie stagne c'era soltanto quella
che divide la gavona dalla stiva di prua. Nel tornare indietro per
informare il capitanom'imbattei nel secondo macchinista: si
stava rialzando da terra ai piedi della scaletta del ponte di
comandoe sembrava intontito. Mi disse che credeva d'essersi
rotto un braccio: nello scendere era scivolato sul primo gradino
mentre io andavo a prua. 'Dio mio!' esclamò: 'marcia com'è la
paratia cederà in un minutoe questa maledetta carcassa andrà a
picco come un pezzo di piombo!' Col braccio destro mi spinse da
parte e si arrampicò su per la scaletta prima di megridando
qualcosa. Il sinistro gli pendeva lungo il fianco. Lo seguii in
tempo per vedere il capitano gettarglisi addosso econ un pugno
buttarlo lungo disteso per terra. Non lo colpì che una volta; poi
gli si curvò sopra parlando con tono furibondo ma a voce
bassissima. Credo gli domandasse perché diavolo non andava a
fermare le macchine invece di far tutto quel chiasso sul ponte.
Sentii che diceva: 'Alzati! CorriVola!' Né mancò qualche
bestemmia. Il macchinista scivolò giù per la scaletta di drittae
fece di corsa il giro del lucernario per raggiunger la scaletta
della sala-macchine che si trovava dalla parte opposta. Correndo
si lamentava... "
Parlava lentamente; i ricordi gli si presentavano rapidi e con
estrema chiarezza; avrebbe potuto imitare come un'eco i gemiti del
macchinistaper informarne con precisione quegli uomini che
esigevano "fatti". Dopo aver ceduto in un primo momento a un senso
di ribellioneJim era arrivato a concludere che soltanto se
avesse deposto con meticolosa esattezza sarebbe riuscito ad
esprimere tutto l'orrore che si nascondeva dietro l'aspetto non
più che impressionante dell'accaduto. I fatti che quegli uomini
tenevan tanto a sapereerano stati visibiliofferti ai sensi;
avevano occupato il loro posto nello spazio e nel tempo
richiedendo per manifestarsi un piroscafo di millequattrocento
tonnellate e ventisette minuti d'orologio; avevano determinato un
tutto che aveva una fisonomiadelle sfumature d'espressioneun
apparenza complessa di cui l'occhio poteva serbare il ricordo: ma
oltre a ciòanche qualcosa d'altro: qualcosa d'invisibileuno
spirito di perdizione che aveva mire ben precise e risiedeva
dentro ai fatti stessicome un'anima malefica dentro a un corpo
repulsivo. A Jim pareva importantissimo far risultare chiaramente
tutto ciò. Quella non era stata una faccenda qualunque: ogni
minimo incidente vi aveva avuto importanza estremae per fortuna
lui si ricordava di tutto. Voleva continuare a parlare per amor
della veritàe forse anche per amor di se stesso; ma mentre le
sue parole erano limpide e deciseil cervello vorticava entro
l'angusto cerchio dei fatti che gli si era serrato addosso per
tagliarlo fuori dal resto dei suoi simili. Era come un animale
chesentendosi rinchiuso in un'alta stecconatacorresse
disperatamente in cerchio nella notteimpazzitoalla ricerca
d'un punto deboled'una fessurad'un posto da poter scalare
d'un varco dove insinuarsi e fuggire. Questa assillante attività
mentale faceva sì che a tratti il suo discorso era un po`
incerto...
"Il capitano continuava ad andar qua e là sul ponte di comando;
sembrava abbastanza calmosolo che incespicò varie volte; e a un
certo puntobenché stessi parlando proprio a luivenne a
sbattermi contro come un cieco. Non rispose con precisione a
quanto gli dicevo; borbottava fra sé. Non afferrai che qualche
parola come: 'Maledetto vapore!' e 'Vapore del diavolo!' ...
qualcosa in riguardo al piroscafoinsomma. Mi parve... "
Stava divagando: una domanda precisa gli tagliò la parola in bocca
di nettocome uno spasimo subitaneoe ad un tratto si sentì
infinitamente scoraggiato e stanco. Stava proprio arrivandociera
lì lì per dirlo... e invecebrutalmente interrottodoveva
rispondere sì o no. Disse la veritàcon un secco "Sì". Bello in
voltoaitante della personagiovanili e malinconici gli occhi
si teneva drittocon le spalle ben squadratesul banco dei
testimonimentre l'animadentrogli si contorceva. Dovette
rispondere a un'altra domanda altrettanto precisa e altrettanto
inutilepoi rimase in attesa. Si sentiva la bocca arida e
insipida come se avesse mangiato polveree subito dopo salata e
amara come quando si è bevuto acqua di mare. Si asciugò la fronte
madidapassò la lingua sulle labbra aridesentì un brivido
scendergli giù per la schiena. Il grosso assessore aveva abbassato
le palpebree tamburellava con le dita senza far rumore
indifferente e lugubre; gli occhi dell'altroal di sopra delle
mani intrecciatebrune dl soleparevano brillar di bontà; il
Presidente si era curvato in avantidondolando il viso pallido
davanti ai fiori; poi si adagiò di fianco sul bracciolo della
poltronala tempia nel palmo della mano. L'ondeggiar dei punkha
agitava l'aria sopra le teste dei presentisugli indigeni di
pelle scura ravvolti nei loro voluminosi drappeggisugli Europei
accaldatiseduti tutti in gruppocoi loro abiti di cotone
aderenti come una seconda pelle e i rotondi cappelli di fibra
sulle ginocchiamentrescivolando lungo le paretii peoni di
servizioattillati nelle loro palandrane bianche di uscieri del
tribunalesvolazzavano svelti svelti qua e làcorrendo sulla
punta dei piedi nudicon la fusciacca rossa ai fianchi e il
turbante rosso in testasilenziosi come fantasmisempre all'erta
come cani da caccia.
Gli occhi di Jimvagando a caso per la salafra una risposta e
l'altrasi posarono sopra un bianco che se ne stava seduto
discosto dagli altristanco e rannuvolato in voltoma con quieti
occhi che guardavan dritto davanti a sélimpidi e pieni
d'interesse. Jim rispose a un'altra domanda ancorama aveva
voglia di gridare: "A che serve tutto questoa che serve?" Batté
leggermente un piede per terrasi morse il labbroe guardò
lontano sopra tutte quelle teste. Incontrò gli occhi del bianco.
Lo sguardo che questi volgeva verso di lui non aveva la fissità
allucinata degli altri. Rispondeva a un atto di volontàa un
comando dell'intelligenza. Jimfra due domandesi distrasse
tanto dall'interrogatorio da trovar tempo a riflettere. Quest'uomo
- diceva il suo pensiero - mi guarda come se scorgesse qualcuno o
qualcosa dietro alle mie spalle. Si era già imbattuto in costui...
forse per la strada. Era sicuro però di non avergli mai rivolto la
parola. Da giornida parecchi giorninon aveva parlato con anima
vivama intrattenuto se stesso con una conversazione silenziosa
incoerente e continuacome un prigioniero solitario nella sua
cella o un viandante sperduto in una landa deserta. Ora stava
rispondendosìa domande inutili benché dirette a uno scopo; ma
gli nasceva il dubbio se mai più in vita sua avrebbe parlato
veramente con qualcuno. Il suono delle sue dichiarazioni veritiere
confermava in lui la decisa opinione che la parola non gli avrebbe
mai più servito a nulla. Eccoquell'uomo laggiù pareva si
rendesse conto della difficoltà disperata in cui si dibatteva. Jim
lo guardòpoi volse altrove gli occhi risolutamentecome dopo un
distacco definitivo.
Molto spessopiù tardiin lontane parti del mondoMarlow si
compiaceva di raccontare per disteso o con molti dettagli i suoi
ricordi su Jim.
Ciò accadeva per esempio dopo cenasu una veranda inghirlandata
di immoto fogliame e coronata di fiorinel profondo crepuscolo
punteggiato dalle estremità incandescenti delle sigarette. La
sagoma bislunga d'ogni poltrona di vimini ospitava un ascoltatore
silenzioso. Di quando in quando un puntino di brace si spostava
all'improvviso eravvivandosiilluminava le dita di una mano
languidao parte d'un viso profondamente tranquillo; oppure
accendeva un lampo scarlatto su un paio d'occhi pensosi sotto
l'ombra d'un frammento di fronte senza nubi; e appena pronunciata
la prima parolail corpo di Marlowabbandonato in riposo sulla
poltronas'immobilizzava come se lo spirito ne fosse volato via
risalendo a ritroso nel tempoe attraverso le sue labbra parlasse
il lontano passato.
CAPITOLO 5.
"Ma sì. Seguii l'inchiesta"diceva"e ancora adesso midomando
perché vi andai. Eccomi pronto a credere che ognuno di noi abbia
un angelo custodese in cambio mi concedete che abbiamo anche un
demone familiare. Voglio che lo ammettiate perché non mi piace
sentirmi eccezionale in nessun modoe io so bene di averne uno:
un demone familiarevoglio dire. Non l'ho mai vedutos'intende
ma mi baso su prove circostanziali. Ce l'hoeccome! emaligno
com'èmi ficca sempre in questo genere di pasticci. Quali
pasticcidirete voi? Per esempio il pasticcio di un'inchiesta; il
pasticcio d'un certo cane giallo... non par credibilevero? che
sia lecito a un rognoso botolo indigeno di far inciampare la gente
sulla veranda d'un tribunale! insommaquel genere di pasticci che
mi trascina per vie tortuoseinaspettate e propriamente
diabolichea incontrarmi sempre con tipi che hanno qualche punto
deboleo qualche punto duroo qualche punto con la lebbra; e
chesanti numiscioglie loro la lingua appena mi vedono perché
mi facciano le loro maledette confidenze. Come seperbacconon
avessi abbastanza confidenze da fare a me stesso! Come seDio
m'aiutinon avessi tante informazioni confidenziali sul conto mio
da bastare a straziarmi l'anima fino alla fine dei giorni che mi
spettano. Che cos'ho fatto per esser favorito cosìvorrei proprio
saperlo. Per conto mio son già pieno di preoccupazioni come
chiunque altroe memoria ne ho quanta la media dei pellegrini di
questa valle di lagrime; dunque vedete che non sono
particolarmente adatto per far da ricettacolo alle confessioni
altrui. E allora perché? Non saprei... salvo che non sia per far
passare il tempo agli ospiti dopo cena. Carlettomio caroil tuo
pranzo era squisitoe per conseguenza anche una partitina
tranquilla questi amici la considerano un occupazione
faticosissima. Si beano nelle tue comode poltrone e pensano in
cuor loro:
'Al diavolo gli sforzi inutili. Discorra Marlowpiuttosto.'
Discorrere? E va bene. Del resto discorrere del signorino Jim è
abbastanza faciledopo un buon pranzoa sessanta metri sul
livello del marecon una scatola di sigari discreti a portata di
manoin una benedetta serata di frescura e di stelle che farebbe
dimenticare anche al migliore di noi che ci troviamo quaggiù
soltanto per la tolleranza di Qualcunoe dobbiamo trovar la
strada fra opposti segnali luminosibadando che ogni minuto può
esser preziosoe irrimediabile ogni passosperando di farcela
ancora a uscirne alla fine in un modo decente - ma senza esserne
molto sicuridopo tutto - e aspettandoci un aiuto maledettamente
insignificante da coloro coi quali viviamo a contatto di gomiti.
Benintesoesistono qua e là uomini che la vita intera la
considerano un dopo cena con un buon sigaro tra le labbra: facile
piacevolevuotamagari insaporita da qualche racconto di dure
lotte da dimenticarsi prima ancora d'averne sentita la
conclusione... prima d'averne sentita la conclusione... anche se
per caso una conclusione c'èall'ultimo.
I miei occhi s'incontraron coi suoi per la prima volta durante
quell'inchiesta. Dovete sapere che chiunque avesse qualcosa a che
fare col mare era presenteperché la faccenda faceva chiasso già
da parecchi giornifin da quando era arrivato da Aden quel
misterioso cablogramma a dar la stura alle nostre chiacchiere.
Dico misterioso perché in un certo qual senso lo erabenché si
limitasse ad esporre un nudo fatto; nudo e brutto quanto un fatto
può esserlo. Al porto non si parlava d'altro. Fin dalle prime ore
del mattinomentre mi vestivo nella mia cabinasentivo
attraverso il tramezzo il mio dubash ciarlare del Patna col
cambusierementre beveva in dispensa una tazza di tè gentilmente
offertagli. Appena a terrase incontravo qualche conoscentele
sue parole erano: 'Hai mai sentito una cosa simile?' esecondo il
tipoo sorrideva cinicamente o prendeva un'aria triste o tirava
giù un paio di bestemmie. Gente del tutto estranea si abbordava
familiarmentesolo per sfogarsi sull'argomento; ogni maledetto
fannullone della città rimediava un mucchio di bicchierini
entrando in discussione su quella faccenda; se ne sentiva
discorrere nella capitaneria di portonegli uffici degli armatori
e dei vostri agentida bianchida indigenida meticciperfino
dai barcaioli accucciati seminudi sui gradini di pietra
dell'imbarcaderoquando si scendeva a terra... santi numi! Chi
s'indignavachi scherza; le dispute sulla fine che poteva aver
fatto quella gente erano infinite. Si andò avanti così per un paio
di settimane e piùe già cominciava a prevaler l'opinione che la
faccenda avrebbe finito col mostrare anche un lato tragicoquando
una bella mattinamentre me ne stavo all'ombra vicino alle scale
della capitaneriavidi quattro uomini venirmi incontro lungo la
banchina. Mi domandai per un momento da dove potevano esser
saltati fuori quegli strani individui; ma tutto ad un trattose
posso esprimermi cosìgridai a me stesso: Sono loro!
Erano loro davvero: tre di normale complessionee uno assai più
largo di circonferenza che non sia lecito ad essere umano. Erano
appena sbarcaticon un'ottima colazione in corpoda un piroscafo
della Dale Line in viaggio d'andatagiunto in porto un'ora circa
dopo il far dell'alba. Impossibile sbagliarsi: riconobbi l'allegro
capitano del Patna alla prima occhiata: l'uomo più grasso che si
potesse incontrare entro quella benedetta cintura dei tropici che
circonda questo nostro caro vecchio globo. E poicirca nove mesi
primal'avevo veduto per caso a Samarang. Il suo piroscafo stava
caricando nelle Radee lui inveiva contro le istituzioni
tiranniche dell'impero germanico ingozzandosi di birra tutto il
giorno e tutti i giorni nel retrobottega di De Jonghfino a che
lo stesso De Jonghche pur gli faceva pagare un gulden a
bottiglia senza batter cigliomi prese da parte ecol suo
visetto di cuoio tutto corrugatomi dichiarò confidenzialmente:
'Gli affari sono affarima quest'uomocapitano mi fa troppo
schifo. Pfui!'
Lo osservavo dall'ombra in cui mi trovavo. Procedeva in fretta un
po' avanti agli altrie la luce del sole che lo investiva in
pieno dava alla sua mole un sorprendente risalto. Mi faceva
pensare a un piccolo elefante ammaestrato che camminasse sulle
zampe posteriori. Inoltre era vestito in modo pazzamente vistoso:
un lercio pigiama da notteverde vivo a gran righe verticali
color arancioneun paio di pantofole di paglia tutte sdrucite sui
piedi nudie un sudicissimo cappello di fibraevidentemente
smesso da qualcun altro perché gli andava di due misure troppo
piccololegato con un pezzo di corda di manilla in cima al suo
testone. Un uomo cosiffattocapiretenon ha l'ombra d'una
probabilità di trovar roba adattase gli tocca rivestirsi di
seconda mano. Benissimo. Veniva avanti di furiasenza guardare né
a destra né a sinistra; mi passò vicino a meno d'un metroe
nell'innocenza del suo cuore si precipitò su per le scale della
capitaneria di porto per andar a fare la sua deposizioneil suo
rapportoo come volete chiamarlo.
Pare che per prima cosa si rivolgesse all'ufficiale marittimo.
Archie Ruthvel era arrivato in ufficio da un momento appenaea
quanto mi raccontò poistava per iniziare la sua giornata di duro
lavoro con una lavata di testa al suo capo ufficio. Qualcuno di
voi costui deve averlo conosciuto... un piccolo meticcio
portogheseservizievolecon un misero collo allampanatosempre
in vedetta per farsi regalar dai comandanti delle navi qualcosa di
commestibile: un pezzo di maiale salatoun pacco di biscotti
delle patate o che so io. Al ritorno da un viaggiomi ricordo
gli diedi per mancia una pecora viva avanzata alle mie provviste;
non che avessi bisogno dei suoi servigi - era impossibile che mi
fosse utile in nullasi capisce - ma perché quella fede infantile
nel suo sacrosanto diritto alle regalìe mi toccò proprio il cuore.
Era così radicata da diventar quasi bella. La sua razza... anzi le
sue due razze... e il clima... Insommanon importa. So dove
posseggo un amico per la vita.
BastaRuthvel dice che gli stava facendo una gran strapazzata -
m'immagino sulla moralità che dovrebbe avere un pubblico ufficiale
- quando sentì dietro di sé una specie di rattenuta agitazionee
voltando la testavideper usare le sue parolequalcosa di
rotondo e di enorme che somigliava a una botte di zucchero da
duecentotrentotto avvolta in una flanellina a righe e lasciata in
piedi sul vasto spazio libero che v'era al centro dell'ufficio.
Rimase così stupefattodiceda non rendersi conto per un bel po'
che quell'oggetto era vivoe se ne restò lì seduto a domandarsi
per quale scopo e con quali mezzi glie l'avessero trasportato
davanti alla scrivania. L'arcata che dava sul vestibolo era
affollata di sventagliatori di punkahdi spazzinidi guardie
peone; v'era anche il comandante e l'equipaggio del rimorchiatore
destinato al servizio di portotutti a collo teso e quasi
arrampicati l'uno sulla schiena dell'altro. Una vera rivoluzione.
Ormai l'uomo era riuscitocon uno strappoa togliersi il
cappello di testae avanzava con piccoli inchini verso Ruthvel.
Era un'apparizione talmente sconcertante che questicome mi
disseper un po' non seppe far altro che stare ad ascoltarlo
incapace di capire quel che volesse. L'altro parlava con voce
aspra e lugubrema anche intrepidae a poco a poco Archie
incominciò a rendersi conto che si trattava d'un seguito del caso
Patna. Dice che appena comprese chi gli stava davanti si sentì
proprio rimescolare (Archie è tanto sensibile e facile a
scombussolarsi); ma subito si dominò gridando: 'Aspetti! La cosa
non riguarda me. Lei deve andare dall'ufficiale di servizio. Non
mi riguarda assolutamente. Il capitano Elliot è l'uomo che fa per
lei. Da questa parteda questa parte!' Balzò in piedifece di
corsa il giro di quel suo banco lunghissimotiròspinse: e
quellosorpreso ma remissivolo lasciava fare; finché sulla
porta dell'ufficio del capitano una sorta di istinto animale non
lo fece ritrarsi addietro sbuffando come un torello spaventato.
'Ma insomma! Che succede? Mi lasci andare! Guarda un po'!' Archie
spalancò la porta senza bussare. 'C'è il comandante del Patna!'
grida. 'Entri capitano!' Vide il vecchio alzar la testa dal foglio
su cui stava scrivendocon un gesto così brusco che gli caddero
gli occhiali dal naso. Allora Archie richiuse la porta con un
tonfoe tornò di corsa al proprio bancodove aveva certe carte
da firmare: ma dice che la bufera che si scatenò là dentro era
così spaventosa che non gli riusciva di concentrarsi neppur quel
tanto da ricordar l'ortografia del proprio nome. Archie è il più
sensibile primo capo marittimo dei due emisferi. Dice che si
sentiva come se avesse gettato un uomo in pasto a un leone
affamato. E certo il baccano doveva esser fortese arrivava a me
che stavo fuori; anzi ho ragione di credere che lo si sentisse
attraverso tutto il Piazzalefino al chiosco della banda. Il
vecchio papà Elliot aveva una riserva inesauribile di parole
sapeva urlare che era una bellezza... e non glie ne importava un
corno chi gli stesse di fronte quando urlava. Avrebbe urlato anche
col Viceré. Me lo diceva sempre: 'Sono arrivato all'apice della
carriera; la pensione è assicurata. Ho qualche sterlina da parte;
e se ai miei superiori non garba il mio modo di concepire il
doverepoco mi fa di andarmene a casa. Sono vecchioe ho sempre
detto quel che pensavo. Non m'importa d'altroormaiche di veder
accasate le mie figliole!' Era un po' fissato su questo punto. Le
sue tre figlie erano molto carinebenché gli rassomigliassero in
modo sorprendente; ma le mattine che gli capitava di svegliarsi
pessimista sulle loro prospettive matrimonialil'intero ufficio
glie lo leggeva negli occhi e si metteva a tremare: perché
dicevano'si poteva star sicuri che si sarebbe pappato qualche
impiegato per colazione.' Quella mattina tuttavia non divorò il
rinnegato; mase mi è lecito continuar la metaforase lo masticò
finché l'ebbe ridotto a pezzettiniper così diree... puah! lo
risputò subito.
Cosìdopo pochissimi minutividi quella mole mostruosa scendere
la scala a precipizio e fermarsi sull'ultimo gradinoproprio
accanto a me. Era chiaro che aveva bisogno di meditare
profondamente. Le enormi guance paonazze gli tremolavano; si
morsicava il pollice. Dopo un po' si accorse della mia presenzae
mi guardò seccato con la coda dell'occhio. Gli altri tre individui
che eran sbarcati con lui stavano un po' distanti ad attenderlo in
gruppo. L'uno era un meschino omiciattolo col viso giallo e un
braccio al collo; un tipo alto il secondocon una giacca di
flanella azzurraasciutto come il legno e magro come un manico di
scopacoi baffi grigi spioventi: si guardava attorno con un'aria
di pretensiosa imbecillità. Il terzo poiun giovane dritto della
personaspalle larghe e mani in tascavoltava la schiena agli
altri due che discutevano animatamente fra loro. Teneva gli occhi
fissi sul piazzale deserto. Un gharry sconquassatotutto polvere
e tendine di stuoiasi fermò bruscamente di fronte al gruppoe
il cocchiereaccavallando le gambe nudesi dedicò a un esame
critico delle dita del proprio piede destro. Senza un gestosenza
muovere nemmeno la testail giovinotto fissava la luce del sole.
Questa fu la mia prima visione di Jim. Appariva distaccato e
inabbordabile come soltanto i giovani sanno esserlo. Stava lì sano
di membrabello di voltosolidamente piantato: il ragazzo più
promettente su cui mai si posasse il sole; e nel guardarloio che
sapevo tutto quel che sapeva luie anche qualcosa di piùmi
sentii vincere dall'ira come se l'avessi colto a cercar
d'imbrogliarmi. Non aveva il dirittoeccodi sembrare così
valido. Pensai fra me: behse un tipo simile può andar fuori
strada in quel modo... E mi venne voglia di buttar per terra il
cappello e di ballarci sopra nient'altro che per sfogare la mia
mortificazionecome avevo visto fare una volta al capitano d'un
brigantino italiano quando quell'idiota del suo secondomentre
doveva dar fondo all'abbrivo in una rada piena di navitra la sua
e le altre ancore aveva combinato un pasticcio inestricabile. Al
vederlo lì con quell'aria così disinvoltami domandai: ... è
stupido? è insensibile? Sembrava sul punto di mettersi a
fischiettare. E notatedi come si comportavano gli altri due non
m'importava un fico. Le loro personein qualche modo
s'intonavano con i fatti che erano ormai di pubblico dominioe
che stavan per formare oggetto d'un'inchiesta ufficiale. 'Quel
vecchio matto di un briccone lassù mi ha dato del cane' disse il
capitano del Patna. Non so se mi avesse riconosciuto... direi di
sì; comunque i nostri sguardi s'incontrarono. Lui lanciava fiamme
dagli occhiio sorrisi: cane era l'epiteto più blando che mi
fosse giunto all'orecchio attraverso la finestra aperta.
'Davvero?' dissistranamente incapace di tener ferma la lingua.
Egli annuì col capotornò a morsicarsi il pollicecacciò una
soffocata bestemmia; poialzando la testa e guardandomi con
aggrondata e feroce impudenza: 'Bah! il Pacifico è grandeamico
mio. Voialtri maledetti Inglesi potete fare tutto quel che volete:
so dove c'è posto a sufficienza per uno come me. Mi conoscono bene
a Apiaa Honolulua...' S'interruppe pensosamentementre io
potevo raffigurarmi senza il minimo sforzo qual fosse il genere di
persone che lo 'conoscevano bene' in quei luoghi. Non voglio
nascondervi che ne avevo conosciuti parecchi anch'io. Ci son
situazioni che uno e meglio si comporti come se la vita fosse
egualmente dolce in qualsiasi compagnia. Situazioni simili ne son
capitate anche a me; e dirò di più: non voglio atteggiarmi a
vittima della necessitàperché buona parte di quei manigoldi
proprio per la loro mancanza di una.. di una... come dire? di
un'impostazione moraleerano il doppio più istruttivi e venti
volte più divertenti del solito rispettabile commerciante ladro
che voialtri invitate a pranzo senza necessità alcunama soltanto
per abitudineper vigliaccheriaper cordialità naturaleo per
altri cento motivi altrettanto inadeguati e meschini.
'Voialtri Inglesi siete tutti bricconi' riprese il mio patriota
australiano di Flensburgo di Stettino che fosse. Non ricordo
proprio quale onesto porticciolo delle sponde del Baltico si era
disonorato col dare un nido a quel prezioso uccello. 'Chi siete
voi per urlarmi contro? Eh? Si può sapere? Non valete più di me; e
quel vecchio furfante mi ha fatto una storia dell'altro mondo!'
La sua grossa carcassa tremava sulle gambe come su due pilastri:
tremava dalla testa ai piedi. 'Ecco cosa fate semprevoialtri
Inglesi: delle storie dell'altro mondoper qualunque piccolezza
perché non son nato nel vostro maledetto paese. Levatemi la mia
patente. Levatemela pure. Non ne ho bisognoiodella patente.
Uno come me non ne ha bisognod'una verfluchte patente! Ci sputo
sopraio!' E sputò. 'Io voglio cittadino americano diventare'
gridò agitandosi tuttosmaniando e battendo i piedi come per
liberarsi le caviglie da una qualche morsa misteriosa che lo
tenesse inchiodato in quel luogo. Si era scaldato tanto che quella
sua testa a palla gli si vedeva materialmente fumare. Non v'era
nulla di misteriosoinvecein quel che m'impediva di andarmene a
mia volta: la curiosità è il più naturale dei sentimentied era
la curiosità a farmi restar lì per vedere che effetto avrebbe
fatto la nuova rivelazione su quel giovanotto chemani in tasca e
schiena rivolta al marciapiediguardava al di là delle aiuole del
Piazzaleverso il portico color giallo dell'Albergo Malabarcon
l'aria di uno che aspetti gli amici per andare a passeggio
insieme. Ecco l'aria che aveva: un'aria odiosa. Mi trattenni per
vederlo sopraffattoannichilitoa divincolarsi come uno
scarafaggio infilzato da parte a parte... e nello stesso tempo
avevo quasi paura d'un simile spettacolo: non so se potete
capirmi. Non c'è nulla di più orribile che osservare un uomo
riconosciuto reonon d'un delittoma d'un atto di debolezza
peggio che delittuosa. Se la più elementare forza di volontà ci
impedisce di diventar delinquenti nei senso legale del termineè
da simili debolezzesconosciute a noi stessima di cui si ha
tuttavia qualche sospetto - come in certe parti di mondo vien da
sospettare che ogni cespuglio nasconda un rettile velenoso -è da
debolezze che giacciono nascoste in noisorvegliate o non
sorvegliatetenute lontane pregando Iddioo disprezzate con
animo virilerepresse o fors'anche ignorate per più di metà della
nostra vitache nessuno può mai sentirsi al sicuro. In certi casi
siamo trascinati ad azioni che ci fanno coprire di epiteti
ingiuriosi; ad azioni che ci portano magari al patibolo: e
tuttavia il nostro spirito sopravvive: sopravvive alla condanna
sopravvive anche al patiboloperdiana! E vi sono azioni invece -
sembrano così insignificantialle volte! dalle quali restiamo
totalmentecompletamente annientati. Osservavo quel ragazzo.
Aveva un'aria simpatica; conoscevo il genere: veniva dalla parte
giustaera dei nostri. Riassumeva in sé tutti gli ascendenti
della sua razza: uomini e donne tutt'altro che intelligenti o
pittoreschima ben piantati su una fede solida e sull'istinto del
coraggio. Non alludo al coraggio militare o a quello civilené a
qualunque altro genere particolare di coraggio. Intendo soltanto
la capacita innata di guardare in faccia le tentazioni; un tenersi
prontisa Dio con quanto scarso intervento del cervello ma senza
pose; una forza di resistenzacapite: sgraziatasia purema
impagabile; un irrigidirsi istintivo e benedetto di fronte a tutti
i terroriesterni ed interni; di fronte alla potenza della natura
e alla seducente corruzione degli uomini: sostenutotutto questo
da una fede invulnerabile nella forza dei fattinel contagio
dell'esempio nella sollecitazione delle idee. Al diavolo le idee!
Sono delle vagabondedelle zingare che bussano alla porta di
servizio della nostra mentee ognuna di esse vi ruba un po' della
vostra sostanzaognuna di esse si porta via qualche briciola di
quel vostro credere in poche e semplici nozioniche è un punto a
cui bisogna tenersi ben aggrappati se si vuol vivere con decenza e
morire con serenità.
Tutto questo non ha direttamente nulla a che vedere con Jim; solo
cheper l'aspetto esterioreegli rappresentava nel modo più
spiccato quel tipo umanobuono e stupidoda cui fa piacere di
sentirsi circondati nel cammino della vita; quel tipo umano che
non si lascia turbare dai vaneggiamenti dell'intelligenza e dalle
perversioni dei... dei nervidiciamo. Era il genere d'individuo
chesoltanto a guardarlogli avreste affidato la guardia del
pontesia in senso letterale che figurato. Per conto mioglie
l'avrei affidata: e sì che dovrei intendermene. A tempo mio ne ho
iniziati un bel po' di ragazzisotto l'insegna dello Straccio
Rossoal mestiere del mare! Un mestiere che tutto il suo segreto
si potrebbe condensarlo in una laconica frasettae che invece
ogni santo giorno bisogna tornarlo a ribadire in quei cervelli
adolescenti fino a che non sia diventato il lievito di ogni loro
pensiero da sveglie non occupiquando dormonotutti i loro
sogni giovanili! Con me il mare è stato galantuomo: ma quando
ripenso a tutti quei ragazzi che mi son passati per le mani
qualcuno ormai adultoqualche altro finito ai pescima tutti
trasformati in ottimo materiale per luinon mi pare d'averlo
trattato male neanch'io. Dovessi tornarmene in patria domaninon
sarebbero passati due giorniscommettoche qualche primo
ufficiale bruciato dal sole mi raggiungerebbe sul cancello di una
darsenae una voce giovanile e profonda risuonerebbe al disopra
del mio cappello: 'Non mi riconoscecapitano? Ma come! il piccolo
Tal-dei-Tali. Sulla nave Così-e-Così. Era la mia prima
traversata.' Allora mi tornerebbe in mente un ragazzuccio tutto
rimescolatoalto come lo schienale d'una seggiolaezitta zitta
sulla banchinauna madreo forse una sorella troppo sconvolta
per sventolare il fazzoletto verso la nave che scivola via
dolcemente tra i moli; oppure un bravo babbo di mezz'etàvenuto
di buon'ora col suo ragazzo per vederlo partiree che poi è
rimasto a bordo tutta la mattinata perchéguarda un po'l'argano
lo interessava enormemente; e così si attardato troppotanto che
all'ultimo deve precipitarsi a terra senza più tempo per far gli
addii. Il pilota di fondo basso mi grida con voce strascicata: 'La
tenga ferma un momento col cavo d'ormeggiocapitano. C'è un
signore che deve scendere... Suforzasignore. Quasi quasi
partiva anche lei per Talcahuanoeh? Ecco il momento giusto:
senza fretta... Bravissimo. Mollate di nuovo a prua.' I
rimorchiatori fumano come il baratro infernale e si mettono in
tiraresbattendo le acque del vecchio fiume fino a farlo diventar
furioso; il signore che è sceso a terra si spolvera i
ginocchielli; il benevolo dispensiere gli getta l'ombrello che ha
dimenticato a bordo. Tutto molto come si deve. Lui ha offerto il
suo piccolo sacrificio al maree ora può tornarsene a casa
fingendo di non darvi importanza; e la piccola vittima volontaria
avrà un terribile mal di mare prima che finisca la notte. Più
tardiquando avrà imparato tutti i piccoli misteri e l'unico
grande segreto del mestiereanche lui sarà degno di vivere o di
morirea seconda che il mare decreterà; e all'uomo che ha giocato
a quel giuoco da pazzi in cui il mare fa lui tutte le prese
piacerà un mondo sentirsi battere sulla spalla da una pesante mano
giovanilee udir la voce allegra d'un cucciolo di mare che
esclama: 'Mi riconoscesignore? Il piccolo Tal-dei-Tali.'
Vi dico che è bello; e la prova che una volta almeno nella vita
avete lavorato come si deve. M'è capitato di ricevernedi queste
botte sulla spalla! E ci ho fatto anche una smorfiaperché eran
pesanti; ma dopo mi son sentito contento tutto il giornoe
andando a letto mi pareva d'esser meno solo al mondograzie a
quella manata cordiale. Se riconosco il piccolo Tal-dei-Tali? A
regoladi fisonomie dovrei intendermene. E vi dico chedopo
un'occhiata appenaa quel giovanotto gli avrei affidato il ponte
poi sarei andato a dormire fra due guanciali: eperdiana! avrei
fatto una bella imprudenza. Ci sono abissi di orroredentro a
questo pensiero. Sembrava schietto come una sterlina di zeccama
nella lega del suo metallo v'era un elemento diabolicamente
impuro. In che quantità? Ohminima... la goccia più piccola
possibile d'un qualcosa di raro e di maledetto; la più piccola
delle gocce!... ma bastava per far nascere il dubbio - a vederlo
lì in piedi con quell'aria di menimpipo - a far nascere il dubbio
che potesse esser tutto d'un metallo non più prezioso dell'ottone.
Non riuscivo a capacitarmi. Vi giuro cheper l'onore del
mestiereavrei voluto vederlo divincolarsi. Gli altri due
individuiquelli senza importanzasi accorsero del capitanoe
lentamente si avviarono verso di noi. Venivano avanti pian piano
chiacchierandoe non m'importava nulla di lorocome non fossero
stati visibili. Ridevano... fors'anche scherzavanopuò darsi.
Vidi che uno dei due aveva un braccio rotto; mentre l'altroquel
tipo allampanato coi baffi grigiera un capo macchinista
abbastanza conosciuto per varie ragioni. Insommadue vere
nullità. Si avvicinarono. Il capitano stava come imbambolato a
guardarsi fra i piedi; si sarebbe detto che fino a quelle
dimensioni innaturali l'avesse gonfiato una qualche orribile
malattia o l'azione misteriosa d'un veleno sconosciuto. Alzò il
caposi vide dinanzi i due in attesaaprì ghignando la bocca con
uno straordinario contorcimento di quel viso incredibilmente
paffuto... e stavacredoper dir qualcosaquando parve che un
pensiero lo colpisse. Le grosse labbra violacee tornarono a
chiudersi senza emettere alcun suono; si diresse con passo molle
ma risoluto verso il gharrye cominciò a scuoterne la maniglia
con tale impaziente brutalità che mi aspettavo da un momento
all'altro di veder l'intera baracca rovesciarsi su un fianco
cavallino e tutto. Il cocchieredistolto dalla contemplazione
della pianta del proprio piedemanifestò subito segni del più
intenso terrore. Aggrappatosi al sedile con le due maniguardava
dall'alto quell'enorme carcassa decisa ad introdursi per forza
nella sua vettura. Il trabiccolo si agitava e rollava
tumultuosamente; la nuca paonazza di quel collo curvoi polpacci
tesi nello sforzol'immenso ansimare di quella miserabile schiena
a strisce verdi e arancionitutta la forza d'urto di quella massa
vistosa e sordida turbavano il senso della probabilità con un
effetto comico e pauroso ad un tempocome una di quelle visioni
insieme nitide e grottesche che spaventano e affascinano il
febbricitante. Ad un tratto scomparve. Mi aspettavo quasi che il
tetto della vettura si spaccasse in dueche quella scatoletta a
ruote scoppiasse come un baccello di cotone maturo... e invece si
limitò ad abbassarsi con un suono metallico di molle che cedonoe
di colpo una delle tendine di stuoia cadde giù srotolandosi
rumorosamente. Riapparverocompresse entro la piccola apertura
le spalle c'el giganteche cacciò fuori la testa tesa e
ballonzolante come un pallone frenatosudatafuriosain una
spruzzaglia di scaracchi. Agguantò il gharry-wallah con un gesto
rabbioso di quel suo pugno massicciorosso come un pezzo di carne
crudae gli muggì contro di camminaredi andarsene. Dove? Nel
Pacificoforse. Il cocchiere diede di frustail cavallino
sbuffòs'impennoe partì al galoppo. Per dove? Per Apia? per
Honolulu? C'erano seimila miglia di cintura tropicale dove
andarsene a zonzoe a me non riuscì d'afferrar l'indirizzo
preciso. Un cavallino sbuffante lo rapì in un baleno
nell''Ewigkeit' e non lo rividi mai più. Che dico? non conosco
persona al mondo che gli abbia messo gli occhi addosso da quando
si sottrasse alla mia vista in quel piccolo gharry sgangherato che
svoltava a precipizio entro una bianca nuvola di polvere. Partì
sparìsvanì; equel che è più assurdo ancorasi direbbe che
avesse portato via con sé anche il gharry perché mai più mi è
capitato d'imbattermi in quel cavallino sauro con l'orecchio
spaccato e in quel pigro cocchiere tamilo afflitto da un'ulcera al
piede. Il Pacifico è grande davvero; ma vi abbia trovato o no il
capitano un luogo adatto per mettere in valore le proprie doti
resta il fatto che scomparve nello spazio come una strega a
cavallo d'una scopa. L'ometto col braccio al collo si diede a
rincorrere la vettura belando: 'Capitano! Ehicapitano! Ehiii!'
ma dopo pochi passi si fermò di bottochinò la testae tornò
indietro pian piano. All'aspro stridìo delle ruoteil più giovane
s'era rapidamente girato sui tacchi. Ma poi non fece nessun altro
movimentonessun gestonessun segno: restò immobile col viso
rivolto nella direzione del gharryanche dopo che questo era già
sparito da un pezzo.
Tutto si svolse in assai minor tempo di quanto ora me ne occorra a
raccontarloperché io sto cercando di analizzare per voicon
lente parolel'effetto istantaneo di parecchie impressioni
visive. Subito dopo entrò in scena l'impiegato meticciomandato
da Archie a occuparsi un po' dei poveri naufraghi del Patna.
Costui sbucò fuori dall'edificio di corsaeccitato e senza nulla
in testaguardando a dritta e a mancatutto compreso
dall'importanza della propria missione. La quale era destinata
all'insuccesso per quanto riguarda il personaggio principale; ma
il portoghese si avvicinò agli altri tre con aria di affaccendata
importanzae quasi immediatamente si trovò coinvolto in un
violento alterco con l'individuo che aveva il braccio al collo e
pareva non chiedesse altro che di fare una bella leticata. Non
riceveva ordini da nessunoluinoperdinci! Ci voleva altro per
spaventarlo che un mucchio di bugie uscite di bocca a uno
sfacciato impiegatucolo meticcio! Non si lasciava maltrattare da
un 'coso del genere' anche se la storia che raccontava era
'quanto mai' vera! E gridò il suo desideriola sua aspirazione
la sua determinazione di mettersi a letto. 'Se tu non fossi un
Portoghese abbandonato da Dio' lo udii gridare'avresti bell'e
capito che l'ospedale è il posto che ci vuole per me.' Piantò il
pugno del braccio sano sotto al naso dell'impiegato; cominciava a
raccogliersi folla; il meticcioagitatoma facendo del suo
meglio per mostrarsi dignitosocercava di spiegar le proprie
intenzioni. Io me ne andai senza aspettare la fine della scena.
Ma per l'appunto in quei giorni avevo uno dei miei marinai
all'ospedaleenell'andare a prenderne notizie la vigilia
dell'inchiestanella corsia dei bianchi ritrovai l'omiciattolo
che smaniavadisteso sul dorsocol braccio ingessato e in preda
al delirio. Con mia grande sorpresa anche l'altro individuolo
spilungone coi baffi bianchi spioventiaveva trovato modo di
entrar là dentro. Ricordavo d'averlo veduto svignarsela durante il
litigiod'un passo metà disinvolto metà strascicatoe facendo un
gran sforzo per non apparir spaventato. In porto era conosciutoa
quanto pare; sì che oratrovandosi nei guaipensò di cercar
rifugio nel caffè con biliardi di Marianiaccanto al bazar.
Quell'indescrivibile vagabondo di un Marianiche lo conosceva per
aver provveduto ai suoi vizi in un paio di altri luoghibaciò la
terraper così diredavanti ai suoi piedie lo rinchiuse con
una provvista di bottiglie in una camera al primo piano del suo
infame bordello. Pare che il tipo si sentisse vagamente
preoccupato circa la propria sicurezza personalee desiderasse
rimaner nascosto. Mariani mi disse molto tempo dopo (un giorno che
salì a bordo a reclamare dal mio dispensiere il pagamento di certi
sigari) che lui per quell'uomo avrebbe fatto ben altrosenza
chiedergli nessuna spiegazionetanto gli era grato per qualche
spregevole favore ricevuto da lui molti anni primaa quanto mi
riuscì di capire. Si batté due volte il petto muscolosoroteando
gli enormi occhi bianchi e nerilucidi di lagrime. 'Antonio non
dimentica mai... Antonio non dimentica mai!' La precisa origine di
codesta immorale riconoscenza non venni mai a conoscerla; ma
quale che fossequell'individuo ebbe tutte le agevolazioni per
restarsene ben chiuso a chiavecon una sediaun tavoloun
materasso in un angoloe un mucchio di sudiciume sul pavimento
in preda a un irragionevole pànico che cercava di vincere con i
tonici di cui Mariani gli era generoso. La faccenda andò avanti
fino alla sera del terzo giornoquandodopo aver emesso alcuni
orribili urlifu costretto a cercar scampo nella fuga contro una
legione di millepiedi. Sfondò la portadiscese d'un unico salto
disperato la scaletta sghimbesciafinì di peso sul ventre di
Marianisi rialzòe fuggì via come un coniglio per la strada. La
polizia lo raccolse sopra un cumulo d'immondizie la mattina dopo
all'alba. A tutta prima pensò che volessero portarlo via per
impiccarloe lottò per la libertà come un eroe; ma quando io mi
sedetti sulla sponda del suo lettoera calmo da ormai due giorni.
La scarna testa abbronzatacon quei baffi bianchiavrebbe potuto
apparir bella e serena sul guanciale come la testa d'un soldato
che le battaglie avessero logoratoma rimasto fanciullescamente
candido nell'animonon fosse stato per un accenno di spettrale
paura cheannidata nel luccichìo dello sguardo atonofaceva
pensare a un'indistinta immagine del terrore appiattata in
silenzio dietro a un vetro. Era così incredibilmente calmoche mi
abbandonai all'assurda speranza di aver qualche spiegazione dal
suo punto di vista sulla famosa faccenda. Perché poi io provassi
tanto desiderio di frugare nei deplorevoli dettagli d'un
avvenimento chedopo tuttonon mi riguardava affatto se non come
membro d'un'oscura associazione di gente riunita insieme da una
comunanza di fatiche ingloriose e di fedeltà a una certa linea di
condottanon so proprio spiegarmelo. Chiamatela pure curiosità
morbosase volete; ma fatto sta che avevo bisogno di trovare
qualcosa. Forseinconsciamentesperavo di scoprire una qualche
giustificazione ripostal'ombra almeno di una scusante. Oggi vedo
bene che speravo l'impossibile. Speravo di veder sgominare il più
ostinato fantasma a cui l'uomo abbia mai dato forma: quel dubbio
febbrile che si diffonde come una nebbiache rode occulto come un
tarlopiù agghiacciante che la certezza della morte: il dubbio
che a dominare una certa linea di condotta sia un potere
dispotico. E' la cosa più dura contro cui si possa inciampare; è
la cosa che suscita il pànico urlante e le brave piccole
mascalzonate compiute in silenzio; è la vera ombra della calamità.
Credevo dunque in un miracolo? e perché lo desideravo così
ardentemente? Era egoismo quello che mi spingeva a cercar anche
l'ombra d'un'attenuante per quel giovanotto che non avevo mai
visto prima? Era bastato il suo solo aspetto per aggiungere una
sfumatura d'interesse personale ai pensieri che mi suggeriva il
convincimento della sua debolezzae per rendere questa debolezza
una cosa di mistero e di terrorequasi un accenno a un destino
d'annientamento in agguato dietro le spalle di tutti coloro la cui
giovinezza aveva somigliatoun tempoalla sua giovinezza? Ho
paura che il motivo segreto della mia curiosità fosse proprio
quello. Certo è che stavo cercando un miracolo. Oggidopo tanto
tempol'unica cosa che mi sembri miracolosa è l'enormità della
mia stupidaggine. Perché non c'è dubbio che qualche esorcismo
contro lo spettro del dubbio sperai di ottenerlo da quell'ammalato
losco e consunto. Dovevo esser davvero sulle spine sesenza
perdere tempodopo qualche frase indifferente e cordiale a cui
rispose con languida prontezzacome farebbe qualunque malato
rispettabiletirai subito fuori la parola Patna avvolta in una
delicata domanda come in una matassina di seta morbida. Per
egoismoero così delicato: non volevo spaventarlosemplicemente;
non che provassi la minima sollecitudine verso di lui. Non mi
faceva né rabbia né compassione; poco o nulla m'importava sapere
quale fosse stata la sua esperienza personale; l'eventualità d'una
sua redenzione mi riusciva del tutto indifferente. Era invecchiato
in mezzo ad iniquità di piccolo calibroe non poteva più ispirare
né pietà ne avversione. Ripeté: Patna in tono interrogativocome
se facesse un breve sforzo di memoriae poi disse: 'Già. Sono
vecchio di questi luoghiio. L'ho veduta affondare.' Mi disponevo
a dar libero corso al mio sdegno per una bugia così stupida
quand'egli soggiunse tranquillamente: 'Era piena di rettili.'
Queste parole mi trattennero. Che intendeva dire? Fu come se
l'ondeggiante fantasma del terrore appiattato dietro ai suoi occhi
vitrei si fermasse di colpo e guardasse malinconicamente nei miei.
'Mi cavaron fuori dalla cuccetta a metà guardia' proseguì in tono
pensoso. La voce gli si era fatta all'improvviso troppo fortee
io mi pentii della mia follia. Nessuna candida cuffia alata
d'infermiera in vistasvolazzante nella prospettiva della corsia;
v'era soltanto laggiùnel mezzo d'una lunga fila di letti di
ferro vuotiun infortunato di qualche nave delle Radeseduto
abbronzato e fantomaticocon una benda bianca di traverso sulla
fronte. Di scatto il mio interessante malato sfoderò un braccio
magro come un tentacoloafferrandomi per una spalla. 'Io solo
avevo occhi abbastanza buoni per vederla. Sono famosoioper la
vista. E forse fu proprio per questo che mi chiamarono. Nessuno di
loro fu tanto svelto da scorgerla mentre affondavama videro bene
quando fu scomparsae allora urlarono tutti insieme... così...'
Un ululato da lupo mi penetrò fin nei precordi. 'Ohlo faccia
star zitto' gemette l'infortunato con irritazione. 'Forse lei non
mi crede' continuò l'altro con un'ineffabile espressione di
vanità. 'Le dico che non ci sono occhi come i mieida questa
parte del Golfo Persico. Guardi sotto al letto.'
Naturalmente mi curvai subito. Vorrei sapere chi non avrebbe fatto
altrettanto. 'Che vede?' domandò. 'Nulla' risposi pieno di
vergogna. Mi scrutò in viso con un disprezzo così selvaggio da
annichilirmi. 'Già' fece'ma se guardassi iovedrei... Non
esistono occhi come i mieile dico.' Mi afferrò di nuovo
tirandomi a sénella sua ansia di liberarsi l'anima con una
confidenza. 'Milioni di rospi rosa. Non esistono occhi come i
miei. Milioni di rospi rosa. E' peggio che veder affondare una
nave. Potrei star tutto il giorno a guardare navi che affondano
senza smettere di fumar la pipa. Perché non mi rendono la mia
pipa? Potrei fare una fumatina guardando i rospi. Il piroscafo
n'era pieno zeppo. Bisogna tenerli d'occhiosa': e ammiccava
scherzosamente. Il sudore della mia fronte gli sgocciolava
addosso; la giacca di cotone mi s'incollava alla schiena bagnata;
la brezza pomeridiana trascorse impetuosa sulla fila di lettile
pieghe rigide delle tende si agitarono perpendicolarmente
stridendo sulle aste d'ottonele coperte dei letti vuoti
sventolarono senza rumore sul pavimento nudo della corsiae io
rabbrividii fino al midollo delle ossa. Il dolce vento dei tropici
giocherellava in quella sala spoglia come una malinconica bufera
invernale in un vecchio granaio inglese. 'Non gli lasci
ricominciare i suoi urlisignore' strillò da lontano
l'infortunato. Quella voce ansiosa e piena di rabbia giunse fino a
me risuonando fra le pareti come un grido fioco entro un tunnel.
La mano mi artigliava la spalla; l'uomo tornò a farmi l'occhietto
con aria d'intesa. 'Ne era piena zeppasae bisognò svignarsela
in un battibaleno' sussurrò a precipizio. 'Tutti rosa. Tutti
rosa... grossi come mastinicon un occhio in cima alla testa e
delle grinfie tutt'intorno alla loro bocca schifosa. Uh! Uh!'
Rapidi sussulti come di scosse elettriche rivelaronosotto le
copertela sagoma di due gambe magre e agitate. Lasciò andar la
mia spalla e cercò di afferrare qualcosa per aria; il corpo teso
gli tremava come una corda d'arpa appena abbandonata dal dito; e
mentre lo guardavol'orrore spettrale che era in lui tornò ad
affiorare nel suo sguardo vitreo. All'istante quella sua faccia da
vecchio soldatocosì nobile e calma di lineesi decompose
davanti ai miei occhi come corrotta da una furberia sotterranea
da una prudenza abominevole e da una paura disperata. Trattenne un
grido: ... 'Ssssh! cosa stanno facendo là sotto?' chiese additando
il pavimentocon nella voce e nei gesti certe fantastiche
precauzioni il cui significatoora che mi s'era rivelato d'un
lampo in tutta la sua luridezzami nauseò della mia intelligenza.
'Dormono tutti' risposi osservandolo attentamente. Ecco. Era
questo che voleva: erano proprio queste le parole che potevan
calmarlo. Tirò un lungo respiro. 'Ssssh! Zittipiano. Sono
vecchioiodi queste parti. Le conosco quelle bestiacce. Botte
in testa al primo che si muove. Troppi ce ne sonotroppi: non
potrà galleggiare più di dieci minuti.' Ansimò di nuovo. 'Presto!'
gridò a un tratto; e poitutto in un urlo: 'Sono tutti svegli!
Sono milioni! Mi pesticciano! Aspettate! Oh! aspettate! Li
spiaccicherò a mucchicome mosche. Aspettatemi! Aiuto! aiuto!'...
Un urlo tenutointerminabilecompletò la mia umiliante disfatta.
Vidi laggiù l'infortunato portarsi le mani alla testa bendata con
un gesto di disperazione; un infermierechiuso in un grembiale
che gli arrivava al mentoapparve in fondo alla prospettiva della
corsiacome guardato con un cannocchiale a rovescio. Mi confessai
vintoeinfilando senz'altro uno dei finestroni apertifuggii
nel corridoio esterno. L'urlo m'inseguì come una vendetta. Svoltai
in un pianerottolo desertoe all'improvviso tutto fu immobile e
silenzioso intorno a me. Scesi le lucide e nude scale in un
silenzio che mi consentì di raccogliere i miei pensieri sconvolti.
Al pianterreno incontrai uno dei medici interniche stava
attraversando il cortile e che mi fermò. 'E' stato a trovare il
suo marinaiocapitano? Credo che potremo lasciarlo uscire domani.
Questi idiotiperònon hanno proprio idea di cosa significhi
badare alla propria pelle! A propositosa che abbiamo qui il capo
macchinista di quella nave dei pellegrini? Delirium tremens della
peggior specie. Ha bevuto come una spugna per tre giorni di fila
nella bettola di quel Grecoo Italiano che sia. Che altro ci si
poteva aspettare? Quattro bottiglie di brandy al giornomi han
detto: e di quella qualità poi! Meravigliosose è vero. Ha da
esser foderato di lamiera da caldaie. La testaeh! la testasi
capisceè andata; ma lo strano è questoche nel suo divagare c'è
una specie di metodo: sto cercando d'individuarlo. Caso
eccezionalissimoun fil di logica in un delirium simile. Se
seguisse la tradizione dovrebbe veder serpenti; e invece non ne
vede affatto. Oggigiorno le buone vecchie tradizioni sono in
ribasso... Bahche vuol farci? Le... come dire?... le visioni di
costui sono di tipo batracico. Ah! ah!... Noparlando seriamente
non ricordo d'aver mai veduto un caso di sbronzatura così
interessante. E badi chedopo un simile esperimento di baldoria
sarebbe stato suo dovere andarsene all'altro mondo. Sì! è un tipo
duroquello. E con ventiquattro anni di tropici sulle spalle
come se non bastasse. Dovrebbe proprio dargli un'occhiata. Un
vecchio beone con un'aria molto nobile. Il tipo più straordinario
ch'io abbia incontrato mai... dal punto di vista medico
beninteso. Non vuol vederlo?' Fino allora avevo manifestato i
consueti segni di cortese interessamentoma a questo punto
assumendo un'espressione di rammaricomormorai che mi mancava il
tempoe gli strinsi in fretta la mano. 'Senta' mi gridò dietro
'quel tale non potrà mica venirciall'inchiesta. Crede che la sua
testimonianza possa essere importante?'
'Oh noniente affatto' risposi dalla soglia del cancello
d'ingresso".
CAPITOLO 6.
Evidentemente le autorità furono della mia stessa opinione.
L'inchiesta non venne rinviatae si svolse entro il termine
voluto dalla legge. Gran folla vi presenziòforse per l'interesse
umano che presentava. Dubbi circa i fatti non ne esistevano:
voglio dire in riguardo all'unico fatto materialmente assodato.
Come il Patna avesse subìto avarìa non era possibile accertarené
il tribunale contava che elementi nuovi in proposito risultassero
dal dibattimento. D'altrondeanche nel pubblico non v'era una
sola persona a cui interessasse questo problema. E sì checome vi
ho dettotutti i marinai del porto erano presentie il commercio
marittimo era rappresentato al completo. Se ne rendessero conto
oppur nol'interesse che attirava là quella gente era puramente
psicologico: l'attesa di qualche rivelazione fondamentale sulla
forzala potenzal'orrore cui possono giungere le emozioni
umane. Ma nulla di tutto questonaturalmentesarebbe stato
detto. L'interrogatorio dell'unica persona capace di stare a un
tema simile e disposta a confessarsisi andava futilmente
aggirando intorno a un fatto già ben notoe la schermaglia delle
domande in proposito era utile come battere con un martello su un
recipiente di ferroper scoprire cosa contiene. D'altra parte
un'inchiesta ufficiale non poteva essere diversa. Suo scopo non
era l'essenziale 'perché'ma il superficiale 'in che modo' della
faccenda.
Quel perché il giovanotto avrebbe saputo esporlo benissimo; ma
sebbene fosse proprio codesto il punto che interessava il
pubblicoil modo come le domande gli venivan rivolte lo
allontanava per forza da quella che a meper esempiosarebbe
parsa la sola verità degna d'essere conosciuta. Non si può
aspettarsi che le autorità costituite indaghino sulle condizioni
dell'anima di una persona... o meglio sarebbe dire su quelle del
suo fegato? A loro spettava di venire alle conseguenzee
francamenteda un magistrato di polizia noncurante e da due
assessori nautici non c'è da attendersi molto più di così. Non
intendo insinuare che costoro fossero degli stupidi. Il magistrato
era molto paziente; uno degli assessoricapitano di velieri
aveva una barba rossiccia e tendenze bigotte. L'altro era Brierly.
Il grosso Brierly. Qualcuno di voi deve aver sentito parlare del
grosso Brierly: il capitano della miglior nave della Blue Star
Line. Luisì.
Sembrava enormemente seccato dall'onore propinatogli. Mai in vita
sua aveva fatto uno sbagliomai gli era capitato un incidente
mai una disgraziamai un intoppo nella sua carriera sempre più
brillante: uno di quegli individui fortunati che non conoscono
l'indecisionee meno ancora la sfiducia in se stessi. A trentadue
anni aveva uno dei migliori comandi che esistano nelle linee
d'Orienteed era estremamente soddisfatto della propria
posizione. Secondo lui non ve n'era una come quella nel mondo
intero; e ho idea che se glie lo avessero chiesto di punto in
biancoavrebbe confessato chea suo giudizioal mondo non
esisteva nemmeno un capitano come lui. Insommaper quel posto
unicola scelta era caduta sull'uomo più adatto. Ai suoi occhi il
resto dell'umanitàesclusa dal comando del piroscafo d'acciaio
Ossavelocità sedici nodiera costituita da creature
assolutamente insignificanti. Aveva salvato delle vite sul mare
aveva soccorso navi pericolantipossedeva un cronometro d'oro
regalatogli da un gruppo di ammiratorie un binocolo con su
incise appropriate paroledono di qualche Governo stranieroin
riconoscimento dei suoi servigi. Valutava al giusto i propri
meriti e le ricompense avute. A me era abbastanza simpatico; ma
conosco qualcuno - gente mite e cordiale del resto - che non lo
poteva assolutamente soffrire. Non ho il minimo dubbio che si
stimassee di moltosuperiore a me: in effettianche a esser
stati Imperatori d'Oriente e d'Occidenteimpossibile non rendersi
conto della propria inferiorità in sua presenza; con tutto questo
non riuscivo a sentirmi veramente offeso. Difatti non mi
disprezzava per qualcosa che dipendesse da meo inerente alla mia
personacapite? Soltanto ero una quantità trascurabile
semplicemente perché non ero l'unico uomo davvero fortunato di
questo mondo: perché non ero Montague Brierly comandante
dell'Ossa; non ero il proprietario di un cronometro d'oro con
dedicané d'un binocolo montato in argento a testimonianza della
mia eccellenza nell'arte nautica e del mio indomabile ardire; non
sapevo rendermi esatto conto dei miei meriti e del valore delle
mie ricompense; e non potevo vantar l'amorela devozione d'un can
da caccia neroil più meraviglioso della razza dei retriever: mai
uomo pari a quello era stato parimenti amato da un cane pari a
quello. Sìcertotrovarsi costretti ad ammettere tutto questo
era abbastanza esasperante; mariflettendo che sì fatali
manchevolezze le condividevo con dodici milioni a dir poco di
essere umanisentivo di poter sopportare la mia porzione di
benevola e sprezzante pietà in riguardo a qualcosa d'indefinito e
di attraente che v'era in lui. Non ho mai chiarito a me stesso
qual genere d'attrazione fosse mai quelloma c'eran momenti in
cui arrivavo a individuarlo. Sul suo animo compiaciuto l'aculeo
della vita non poteva incidere più del graffio d'uno spillo sulla
superficie levigata di una roccia. E questo era invidiabile. Lo
guardavo a fianco del pallido e modesto magistrato che presiedeva
all'inchiesta: la sua soddisfazione di sé offriva a me e al mondo
una superficie dura come il granito. Pochissimo dopo si suicidò.
Era naturale che il caso di Jim lo annoiasse; e mentre io
riflettevocon un sentimento non molto lontano dalla paura
sull'immensità del suo disprezzo verso quel giovanotto sottoposto
all'interrogatorioegli stava invece probabilmente svolgendo una
ben diversa inchiesta sul proprio caso: e il verdetto dev'esser
stato di colpevolezza senza attenuantima il segreto delle prove
a carico se lo portò via con sé in quel suo salto nel mare. Se
sono capace di comprender qualcosa dell'animo umanola faccenda
senza dubbio era per lui di grandissimo momento: una di quelle
inezie che risveglian le ideedanno vita a pensieri coi quali un
uomonon avvezzo a compagnie del generetrova impossibile
vivere. Sono in grado di sapere che non si trattava né di danaro
né di vizio del beree neppur d'una donna. Si buttò in alto mare
poco più d'una settimana dopo la conclusione dell'inchiestameno
di tre giorni dopo aver lasciato il porto con la sua nave; come se
proprio in quel punto preciso dell'oceano avesse visto
all'improvviso le porte dell'altro mondo spalancarsi per
riceverlo.
Eppure non aveva obbedito a un impulso improvviso. Il suo secondo
un tipo coi capelli grigi e marinaio di prim'ordineaffabile
verso gli estranei ma il più arcigno ufficiale ch'io abbia mai
veduto nei suoi rapporti col comandanteraccontava la storia con
gli occhi pieni di lagrime. Sembra chequand'egli salì in coperta
la mattinaBrierly fosse chiuso a scrivere nella cabina delle
carte nautiche. 'Mancavano dieci minuti alle quattro' raccontava
'e quindi la guardia di notte non aveva ancora avuto il cambio.
Sentì la mia voce sul ponte di comando mentre stavo parlando al
secondo ufficialee mi chiamò. Non avevo voglia d'andarci
confesso la veritàcapitano Marlow: non lo potevo soffrireil
povero capitano Brierly. E lo dico a mia vergognaperché
purtroppo non si sa mai di che stoffa sia fatto un uomo. Troppe
promozioni aveva avuto passando sulla testa d'altra gentesenza
contar la mia; e aveva il maledetto vizio di farvi sentire piccini
piccinisoltanto da come vi diceva buongiorno. Non gli rivolgevo
mai la parolasignoretranne che per servizioe anche allora
dovevo fare uno sforzo per mostrarmi educato.' (In questo
s'illudeva. Mi ero chiesto spesso come Brierly avesse potuto
tollerar le sue maniere per più di una traversata). 'Ho moglie e
figliuoli' soggiunse'ed ero da dieci anni nella Compagnia
sempre ad aspettare che toccasse a me il primo comando vacante
stupido che ero. Lui mi diceproprio a questo modo: - Entri
signor Jones. - E io entrai. Facciamo il punto- dice curvandosi
sulla cartacon un paio di compassi in mano. Stando agli ordini
in vigoresarebbe toccato all'ufficiale che smontava di fare il
punto al termine della sua guardia. Tuttavia non dissi nullae
rimasi a guardarlo mentre segnava la posizione con una crocettina
e poi l'ora e la data. Lo vedo ancora tracciare quelle sue nitide
cifre: diciassetteottoquattro A. M. L'anno era scritto in
inchiostro rosso sul bordo superiore della carta. Non le usava mai
più d'un annoil capitano Brierly. Quell'ultimaora è rimasta a
me. Quando ebbe finito indugiò un po' a guardare il segno che
aveva fattosorridendo fra sé; poi alza gli occhi e mi guarda. -
Deve fare ancora trentadue miglia sempre in questa direzione-
dice; poi ne saremo fuorie lei potrà modificare la rotta di
venti gradi verso sud -. (Passavamo al nord della secca di Hector
in quel viaggio). Risposi: - Va benesignore -; e intanto mi
domandavo di cosa mai si stesse preoccupandovisto che in ogni
modo avrei dovuto chiamarlo prima di cambiar rotta. Proprio in
quel momento la campana di bordo batté il quarto: uscimmo sul
ponte di comandoe l'ufficiale in seconda prima di allontanarsi
butta lì nel solito modo: - Settantuno sul solcometro -. Il
capitano Brierly guarda prima la bussola e poi tutt'intorno a sé.
La notte era buia e pur limpida: si vedevano nitide tutte le
stellecome in certe notti di gelo nelle alte latitudini. Al un
tratto dice con una specie di piccolo sospiro: - Vado a poppa e le
metto io a zero il solcometroperché non vi siano errori.
Trentadue miglia ancora su questa rottae poi siamo al sicuro.
Vediamo un po'... Ia correzione sul solcometro è del sei per cento
addizionale; diciamo dunquetrenta da superare secondo il
quadrante; e poi può deviar subito di venti gradi a dritta.
Inutile allungare la strada... vero? - Non l'avevo mai sentito
parlar tanto di filaea mio giudiziocosì inutilmente. Non
dissi nulla. Scese la scalettae il caneche gli stava sempre
alle calcagna notte e giornolo seguì scivolando col naso avanti.
Sentii il ticchettare dei tacchi delle sue scarpe sul ponte di
poppa; poi si fermò a parlare al cane: - Torna addietroRover.
Sul ponte di comando! Va' viava'... Piglia! Poi grida a me
dall'oscurità: - Chiuda il cane nella cabina delle cartesignor
Jonesper favore.- Fu questa l'ultima volta che sentii la sua
vocecapitano Marlow. Queste sono le ultime parole che lui ha
pronunciato e che orecchio umano abbia uditesignore.'
A questo punto la voce del bravo vecchio s'incrinò. 'Aveva paura
che la povera bestia gli saltasse dietrocapisce?' riprese con un
tremito. 'Proprio cosìcapitano Marlow.' Regolò il solcometro per
me. Lo crederebbe? Ci mise dentro anche una goccia d'olio.
L'oliatore stava ancora dove lui l'aveva posatolì accanto. Alle
cinque e mezzo il secondo del nostromo andò a poppa con la sistola
per lavare il ponte; dopo un poco pianta lì il suo lavoroe corre
sul ponte di comando. - Scenda a poppaper favoresignor Jones
- dice. - C'è una cosa buffa. Non mi va di toccarla -. Era il
cronometro d'oro del capitano Brierly appeso con cura per la
catena al bastingaggio. Ci avevo appena posato su gli occhiche
capiisignore. Le gambe mi si piegarono sotto. Era come se
l'avessi veduto buttarsi giù: e sapevo anche con precisione di
quanto lo avevamo lasciato indietro. Il solcometro del coronamento
di poppa segnava diciotto miglia e tre quarti; e mancavano quattro
cavicchi di ferro intorno all'albero di maestra. Se li sarà messi
in tasca per aiutarsi ad andare a fondoimmagino: maDio mio
che differenza potevan fare quattro cavicchi a un uomo grosso come
il capitano Brierly? Forse la sua fiducia in se stesso in quegli
ultimi momenti era un po' scossa. E' l'unico segno d'agitazione
direi anziche abbia dato in vita sua; ma sono pronto a garantir
per lui cheuna volta fatto il saltonon ha tentato di dare
nemmeno una bracciataper quello stesso coraggio che l'avrebbe
fatto nuotare un giorno intero dietro a un filo di speranzase in
acqua ci fosse cascato accidentalmente. Sissignore. Non era
secondo a nessuno: e poco importa se era lui stesso a dichiararlo
come l'ho sentito una volta con queste orecchie. Durante la
guardia di notte aveva scritto due lettere: una alla Compagnia e
un'altra a me. Mi dava un mucchio di istruzioni circa la
traversata - a me che ero nel mestiere prima che lui venisse al
mondo - e un'infinità di consigli sul come condurmi con i nostri
principali di Shangai perché il comando dell'Ossa restasse a me.
Mi scriveva come farebbe un padre al figlio predilettocapitano
Marlowe io avevo venticinque anni più di luie avevo assaggiato
l'acqua salata quando a lui non avevano ancora messo le prime
brachette. Nella lettera agli armatori - l'aveva lasciata aperta
apposta perché io la leggessi - diceva di aver sempre fatto il suo
dovere verso di loro... fino a quel momento; e anche oradiceva
non veniva meno alla loro fiduciadacché lasciava la nave nelle
mani del marinaio più competente che ci fosse. Parlava di me
signoreparlava di me! Diceva chese l'ultimo gesto della sua
vita non gli aveva tolto ogni credito ai loro occhisperava
avrebbero apprezzato il mio fedele servizio e tenuto in conto la
sua calda raccomandazione quando si sarebbe trattato di
rimpiazzarlo. E molte altre cose del generesignore. Non potevo
credere ai miei occhi. 'Mi sentivo una curiosa sensazione dalla
testa ai piedi' soggiunse tutto turbato il bravo vecchio
schiacciandosi qualcosa nell'angolo dell'occhio con l'estremità
d'un pollice largo come una spatola. 'Si sarebbe dettosignore
che fosse saltato in mare soltanto per offrire a un uomo poco
fortunato un'ultima occasione di farsi strada. Un po' per
l'impressione d'averlo veduto scomparire in quella maniera
avventata e terribileun po' per l'idea che un avanzamento di
carriera l'avrei dovuto a un aiuto similerimasi fuor di me per
una settimana. Ma niente paura. Sull'Ossa fu trasferito il
capitano del Pelton (prese imbarco a Sciangai)... un piccolo
bellimbustosignorecon un abito grigio a quadretti e la
scriminatura in mezzo alla testa: Hem... io sono... hem... il suo
nuovo capitanosignor... signor... hem... Jones -. Era affogato
nel profumo... puzzava addiritturacapitano Marlow. Fu l'occhiata
che gli diedicredoa farlo balbettare. Borbottò qualcosa sulla
mia delusione: naturalissima... Era meglio sapessi subito che il
suo secondo era stato promosso capitano del Pelton... Lui non
c'entravas'intende... la Compagnia sapeva quel che faceva... era
spiacente... Io rispondo: - Non si preoccupi per il vecchio Jones
signore; c'è avvezzomaledetta l'anima sua -. Capii subito d'aver
scandalizzato le sue orecchie delicate. Poimentre si stava a
pranzo insieme per la prima voltacominciò a trovar da ridire in
modo poco simpatico su questa e quella cosa che aveva osservato a
bordo. Non ho mai sentito una voce di Pulcinella come la sua.
Strinsi i denti e fissai gli occhi sul piatto restandomene cheto
il più possibile; ma alla fine dovetti pur rispondere qualcosa;
lui salta suin punta di piediarruffando le sue belle pennucce
come un gallo in pieno combattimento. - Si accorgerà d'aver a che
fare con un tipo diverso dal defunto capitano Brierly -. - Me ne
sono già accorto- risposi io con grande malinconiama fingendo
d'essere impegnatissimo con la mia bistecca. - Lei è un vecchio
furfantesignor... hem... Jones; e le dirò anche che per tale è
conosciuto in sede -squittisce. Quei maledetti marinai del
servizio di mensa erano tutti lì impalati ad ascoltarecon le
bocche spalancate da un'orecchia all'altra.- Sarò anche un
delinquente incallito- dissi- ma non al punto da poter
sopportare di vederla seduto al posto del capitano Brierly -. E
con queste parole abbandono sulla tovaglia coltello e forchetta.-
Le piacerebbe di sedersi lei... ecco dove le duole il dente -
ribatté lui con aria beffarda. Me ne uscii dalla saletta da
pranzoraccolsi i miei cencie mi trovai sulla banchina con
tutto il mio bagaglio ai piedi quando ancora gli scaricatori di
porto non si erano rimessi al lavoro. Già. Alla deriva... a
terra... dopo dieci anni di servizio... e con una povera donna e
quattro bambini seimila miglia lontanoche ogni boccone che
mangiavano lo dovevano alla metà del mio stipendio. Sissignore!
Piantai tuttopiuttosto che sentir insolentire il capitano
Brierly. Mi aveva lasciato il suo telescopio notturno : eccolo
qua; e m'aveva pregato di prender cura del suo cane: eccolo qui
anche lui. OlàRovervecchio mio. Dov'è il capitanoRover?' Il
cane sollevò su di noi i malinconici occhi giallidiede in un
latrato di desolazioneabbaiò e strisciò sotto la tavola.
Questa scena accadevapiù di due anni dopoa bordo di quel
rudere nautico che era il Fire-Queendi cui Jones aveva avuto il
comandograzie a una curiosa combinazioneper il tramite di
Matherson.
Matherson il pazzolo chiamavan di solito: quello che bazzicava
sempre a Hai-phongsapeteprima dell'occupazione. Il vecchio
Jones proseguìcon quella sua voce nasale: 'Sissignorequi il
capitano Brierly sarà ricordatoanche se il resto del mondo
dovesse dimenticarlo. Scrissi a lungo a suo padrema non ebbi una
parola di risposta: né Grazie né Va' al diavolo! Niente! Forse
avrebbero preferito non sapere.'
La vista del vecchio Jones con gli occhi umidiche si asciugava
la testa calva con un fazzoletto di cotone rosso; il guaìto
malinconico del cane; lo squallore di quel quadrato pieno di
moscheormai unico santuario della memoria di Brierlygettavano
un velo inesprimibilmente umile e patetico sul ricordo dello
scomparso: postuma rivincita del fato per quella fiducia nel
proprio fulgore che dalla vita di lui aveva quasi eliminato i più
legittimi terrori. Quasi? Interamenteforse. Chi può dire di qual
splendore Brierly fosse riuscito a circonfondere dinanzi a se
stesso anche il proprio suicidio?
Giungendo le maniJones mi chiese: 'Perché maicapitano Marlow
crede lei che abbia commesso quel gesto inconsulto? Perché? Io non
arrivo a capirlo. Perché?' Si batté la fronte bassa e rugosa.
'Fosse stato poverovecchio e indebitato... senza mai un po' di
fortuna... oppure matto. Ma non era tipo da diventar mattolui.
Creda pure a me. Quello che un secondo ignora del proprio
capitanonon val la pena di essere conosciuto. Giovanesano
agiatosenza preoccupazioni... Qualche volta me ne sto seduto qui
a pensarea pensarefinché comincia a ronzarmi la testa. Una
ragione deve pur esserci stata!'
'Stia certocapitano Jones' risposi'che è una ragione che non
avrebbe turbato gran che nessuno di noi due' dissi. Alloracome
se una luce si fosse improvvisamente accesa nella confusione del
suo cervelloalla fine il povero vecchio Jones trovò una parola
di sorprendente profondità. Si soffiò il nasoannuendo
tristemente col capo. 'Giàgià! ma né lei né iosignoreabbiamo
mai avuto un'opinione così buona di noi stessi.'
Naturalmente il ricordo della mia ultima conversazione con Brierly
è influenzato dal fatto che ora so quanto da vicino lo seguì la
fine di lui. Gli parlai per l'ultima volta durante l'inchiesta. Fu
dopo la prima udienza; mi si avvicinò per istrada. Era in uno
stato d'irritazione che notai con sorpresa; di solito il suo
comportamentoquando accondiscendeva a conversar con qualcuno
era perfettamente calmocon un barlume di divertita degnazione
come se l'esistenza del suo interlocutore fosse uno scherzo
abbastanza spiritoso. 'Mi hanno accalappiato per questa inchiesta
ha veduto?' cominciò; e per un poco si profuse in lamentele sulla
noia di doversi recar tutti i giorni in tribunale. 'E sa Dio
quanto durerà ancora. Tre giorni m'immagino!' Lo ascoltavo in
silenzioche era un modo come un altrosecondo medi esprimere
la mia opinione. 'E a che serve poi? E' la cosa più stupida che si
possa immaginare' soggiunse con ira. Gli chiesi che altro si
sarebbe potuto fare. M'interruppe con una specie di violenza
trattenuta. 'Mi sento come un imbecille tutto il tempo
dell'udienza.' Lo guardai. Quellaper un Brierly che parlava di
Brierlyera già una frase fuor del comune. S'interruppe di colpo
eafferrandomi per il baveromi diede una piccola stratta.
'Perché mai stiamo tormentando quel giovanotto?' chiese. La
domanda era così all'unisono con i rintocchi di un certo mio
pensieroche - con negli occhi l'immagine del rinnegato
introvabile - risposi subito: 'Al diavolo se lo so; a meno che non
sia perché è lui che ve lo lascia fare.' Fui stupito di veder come
si schieravaper così diredalla parte d'una frase che avrebbe
dovuto sembrargli un indovinello. Disse irritato: 'Ma già. Non se
ne accorgedunqueche quel gaglioffo d'un capitano ha tagliato
la corda? Cosa si aspetta che possa succedere? Niente può
salvarlo. E' buscherato!' Facemmo qualche passo in silenzio.
'Perché mangiare tutto quel fango?' esclamò valendosi
d'un'energica espressione orientale (press'a poco l'unico genere
d'energia di cui si possa trovar traccia a oriente del
quindicesimo meridiano). In quel momento non riuscivo a immaginar
la direzione dei suoi pensieri; ma oggi ho fondato sospetto che
fossero perfettamente in carattere: ossia che il povero Brierly
stessein sostanzapensando a se medesimo. Gli feci osservare
che era notorio come il capitano del Patna avesse saputo
imbottirsi bene il nidocosì da potersi procurar quasi dovunque
il modo per mettersi al sicuro. Ma per Jim le cose stavano
diversamente. Intantoa ospitarlo era il Governonell'Asilo del
Marinaio: e con tutta probabilità non aveva in tasca il becco d'un
quattrino. Per scappare ci voglion soldi. 'Davvero? non sempre'
fece con una risata amara. E poiin risposta a qualche altra mia
osservazione: 'Behallorache si ficchi dieci metri sotto terra
e che ci rimanga! Perdio! Io al suo posto farei così.' Non so
perché il suo tono m'irritòe ribattei: 'C'è una specie di
coraggio anche nell'affrontar tutto questo come sta facendo lui:
tanto più sapendo benissimo chese fuggissenessuno si darebbe
la pena di corrergli dietro.' 'Al diavolo il coraggio!' brontolò
Brierly. 'Codesta specie di coraggio non serve a tenere un uomo
sulla strada buona; non darei un soldo per un coraggio simile.
Perché non dire invece che è una specie di vigliaccheria?... di
mollezza? Sa cosa le dico? Scommetto duecento rupie contro cento
che lei ci riescese s'impegna a farlo scappare domattina presto.
E' un gentiluomobenché faccia schifo... Capirà. Bisogna che
capisca! Questa maledetta pubblicità è troppo scandalosa; lui se
ne sta lìe intanto tutti quegli indigeni del diavoloserang
lascarquartiermastrofanno deposizioni da ridurre un uomo in
cenere dalla vergogna. E' abominevole. Ma non le pareMarlownon
sente anche lei che è abominevole? Lo dicasuda buon marinaio!
Se lui se ne andassetutto questo finirebbe subito!' Brierly
pronunciò queste parole con animazione insolitae fece l'atto di
tirar fuori il portafogli. Lo trattenni dichiarando freddamente
che la vigliaccheria di quei quattro individui non mi sembrava poi
cosa tanto importante. 'E lei si considera un marinaiovero?'
esclamò con ira. Risposi che infatti mi consideravo tale e speravo
anche di esserlo. Mi ascoltava con un atteggiamento del suo grosso
braccio che pareva mi volesse privare d'ogni personalità per
ricacciarmi nella folla. 'Il peggio è' soggiunse'che nessuno di
voialtri ha il senso della dignità; non pensate abbastanza a ciò
che siete idealmente.'
Avevamo camminato a lenti passichiacchierandoe ora ci fermammo
davanti alla capitaneria di portovicino al punto dove l'enorme
capitano del Patna era così totalmente scomparso come una piccola
piuma spazzata via dalla furia dell'uragano. Sorrisi. Brierly
riprese: 'E' una vergogna. Ce n'è di tutte le specie fra noi...
compreso qualche furfante della più bell'acqua; madiamine
dobbiamo pur serbare un certo decoro professionalealtrimenti Ci
riduciamo al livello dei vagabondi che girano per le campagne. La
gente ha fiducia in noi. Capisce?... Ha fiducia! A dirla franca
di tutti i pellegrini che mai siano usciti dall'Asia a me non
importa un ficoma un uomo con un minimo di dignità non si
sarebbe comportato così nemmeno con un carico di stracci vecchi.
Non siamo una classe organizzatanoie la sola cosa che ci tiene
insieme è proprio la fama di cui godiamo d'aver quella certa
dignità. Un processo come questo ci toglie la fiducia. Un marinaio
può passare l'intera vita senza che gli si presenti l'occasione di
mostrar del fegato. Ma quando il momento viene... Ah! se io...'
S'interruppee riprese con altro tono: 'Le darò subito duecento
rupieMarlowsemplicemente perché lei gli parli. Maledetto!
Magari non fosse mai capitato qui. Fatto è che qualcuno della mia
famiglia credo conosca i suoi parenti. Suo padre è un pastore
anglicanoe ora ricordo d'averlo incontrato una voltaquando ero
ospite di mio cugino nell'Essexl'anno scorso. Se non sbaglioil
vecchio sembrava avesse una predilezione per questo figlio
marinaio. Orribile. Io non posso farlo... ma lei...'
Cosìa proposito di Jimebbi una rapida visione del vero
Brierlypochi giorni prima ch'egli affidasse realtà e posa
insieme della sua natura alla custodia del mare. Naturalmente
rifiutai d'immischiarmi nella faccenda. Il tono di quell'ultimo
'ma lei' (povero Brierlynon aveva potuto trattenersi)in cui
era implicito ch'io non contavo più d'un insettomi fece
considerar la proposta con indignazione; efosse per questo o per
qualche altro motivomi convinsi che l'inchiesta stessa
rappresentava una punizione sufficiente per quel Jime che il
fatto di affrontarla (si può dire di sua libera volontà) era un
elemento purificatore nell'abbominevole faccenda. Finallora non ne
ero stato tanto sicuro. Brierly se ne andò tutto arrabbiato. Lì
per lì il suo stato d'animo mi restò più misterioso di quanto non
mi sembri adesso.
Il giorno dopo arrivai tardi in tribunalee mi sedetti da una
parte. Naturalmente non potevo dimenticare quella conversazione
con Brierlye adesso avevo entrambi gli uomini sotto gli occhi.
Il contegno dell'uno sembrava dimostrare una cupa insolenzae
quello dell'altro una noia sprezzante; eppure l'atteggiamento
dell'uno poteva non essere più schietto di quello del secondo; e
ormai sapevo che uno dei due non era sincero. Brierly non era
affatto annoiato... era esasperato; e dunque anche Jim poteva non
essere insolente davvero. Anzisecondo la mia teoria non lo era.
Pensai che fosse piuttosto senza speranza. Fu allora che i nostri
sguardi s'incontrarono. S'incontraronoe l'occhiata che mi diede
sarebbe bastata a togliermi ogni velleità di parlarglianche se
l'avessi avuta. Qualunque delle due ipotesi fosse la giusta -
insolenza o disperazione - sentii che non potevo essergli utile in
nulla. Quello era il secondo giorno del processo. Poco dopo il
nostro scambio d'occhiate l'inchiesta fu nuovamente rinviata
all'indomani. I bianchi cominciarono a sfollare subito in gruppo.
Jim aveva già avuto il permesso di lasciare il suo bancoe poté
quindi andarsene fra i primi. Vidi le sue spalle larghe e la sua
testa profilarsi nella luce della portae mentre mi avviavo
lentamente verso l'uscita chiacchierando - qualche estraneo che mi
aveva rivolto la parola per caso -lo scorgevo dalla sala del
tribunale con i gomiti appoggiati alla ringhiera della veranda e
la schiena rivolta verso la corrente della folla che discendeva i
pochi gradini fra un mormorio di voci e lo strascicare dei piedi.
Il processo seguente riguardava un'aggressione con vie di fatto ai
dannise ben ricordod'un usuraio; e il convenuto - un venerando
campagnolo con una barba bianca tagliata dritta stava seduto sopra
una stuoia subito fuori dell'uscio insieme ai figlialle figlie
ai generi con le loro mogliedireia metà del villaggio per
sovrappiùchi accovacciato per terra e chi in piedi vicino a lui.
Una donna bruna e slanciatacon parte della schiena e una spalla
nudee un sottile anello d'oro al nasocominciò a un tratto a
parlare con voce acuta e bisbetica. Quel tale che era con me alzò
gli occhi istintivamente a guardarla. Eravamo appena fuori
dell'uscioe stavamo passando dietro la poderosa schiena di Jim.
Se fossero stati quei contadini a portarsi dietro il cane giallo
non so. In ogni modo il cane c'erae si ficcava fra le gambe
della gente con quel fare silenzioso e furtivo che è dei cani
indigeni. Il mio compagno v'inciampò; il cane balzò via senza un
guaitoe l'uomoalzando un poco la vocedisse con una risatina
soffocata: 'Guardi là quel cane rognoso!' Subito dopo ci trovammo
separati da un gruppo di gente che si era spinta in mezzo a noi.
Io mi tirai addietro un momento contro il muro mentre lo
sconosciutoche aveva già finito di scendere i gradini
scomparve. Vidi Jim voltarsi di colpo. Fece un passo avanti e mi
tagliò la strada. Eravamo soli; mi guardava con occhi infuocati e
un'aria di cocciuta risolutezza. Mi resi conto d'esser nelle sue
maniper così direcome fossi stato in un bosco solitario. La
veranda ormai era vuotaogni rumore e movimento eran cessati
nella sala del tribunale: cadde un grande silenzio; mentre chissà
da doveda qualche remota stanza dell'edificiouna voce di
timbro orientale incominciava un abbietto piagnisteo. Il cane
proprio nell'atto che tentava di intrufolarsi nell'uscio
s'accucciò di colpo per cercarsi le pulci.
'Diceva a me?' domandò Jim a voce bassissimacurvandosi in avanti
non tanto verso di mese capite cosa voglio direquanto contro
di me. Risposi: 'No' immediatamente. Qualcosa nel suono di quella
voce pacata mi avvertì di tenermi in guardia. Lo osservai. Il
nostro era davvero come un incontro in un bosco: ma più incerto
nelle conseguenzeperché lui non voleva certamente la mia borsa
né la mia vita... nulla ch'io potessi consegnargli senz'altroo
difendere con la coscienza pulita. 'Giàdice di no' ribatté
torbido'ma io ho sentito.' 'Si sbaglia' protestainon
comprendendo assolutamente cosa volesse dire e senza levargli gli
occhi di dosso. Guardarlo in viso era come scrutare un cielo che
si annuvola prima d'un rombo di tuono. Impercettibilmente gli
calava addosso un'ombra dopo l'altrae l'oscurità si faceva
misteriosamente intensa in quella calma dove andava maturando lo
scoppio della violenza.
'Per quel che so non ho aperto bocca' affermai con assoluta
schiettezza. L'assurdità di quella discussione cominciava anche a
darmi un poco sui nervi. Mi colpisce il pensieroadessodi non
esser mai stato in vita mia così vicino a esser picchiato:
materialmente picchiatovoglio dire: a forza di pugni. Avevo però
un vago presentimentosuppongoche ci fosse in aria una simile
eventualità. Non che Jim mi minacciasse col gesto. Tutt'altro; era
stranamente inattivo... capite? ma si curvava in avanti ebenché
non fosse eccezionalmente grossopareva capacissimotutto
sommatodi demolire un muro. Il sintomo più rassicurante che
notai fu una specie di lenta e pesante esitazione che interpretai
come un tributo all'evidente sincerità delle mie maniere e del mio
tono. Ci guardammo in faccia. Nel tribunale si stava intanto
svolgendo il processo per aggressione. Afferrai le parole: 'Beh...
bufalo... bastone... fu tale la mia paura...'
'Cosa voleva dire quel tenermi gli occhi addosso tutta la
mattina?' disse Jim finalmente. Mi squadrò e poi riabbassò lo
sguardo. 'Si aspettava forse che si restasse tutti quanti a occhi
bassi per un riguardo alla sua suscettibilità?' ribattei
seccamente. Non avevo nessuna intenzione di menargli buone le sue
strampalerie. Alzò di nuovo gli occhie questa volta continuò a
guardarmi dritto in faccia. 'No. Questo è vero' dichiarò con
l'aria di aver vagliato fra sé la giustezza dell'asserzione. 'Su
questo non c'è nulla da dire; e lo sopporterò fino in fondo.
Soltanto' e qui prese un tono più concitato'non permetterò a
nessuno d'insolentirmi fuori del tribunale. C'era un tale con lei.
Lei gli ha parlato... Oh sì... lo so ; d'accordo: si rivolgeva a
lui; con l'intenzione però che sentissi anch'io... '
Lo assicurai che era vittima di uno straordinario equivoco. Non
avevo idea di come potesse esserci caduto. 'Lei credeva che non
avrei avuto il coraggio di risentirmi' soggiunse con appena una
punta di amarezza. Provavo abbastanza interesse alla scena per
cogliere anche le minime sfumature della sua espressione; tuttavia
non riuscivo ancora a capir nullabenché un qualcosa in quelle
paroleforse soltanto l'intonazione della frase m'inducesse
all'improvviso ad accordargli tutte le attenuanti possibili.
Quanto v'era d'inaspettato nella situazione cessò d'irritarmi.
Doveva sbagliarsi; era vittima di un equivoco; e intuivo che
quell'equivoco doveva essere di natura disgraziata e antipatica.
Ero ansioso di porre termine alla scena per ragioni di decoro
così come si è ansiosi di tagliar corto a una confidenza non
richiesta e vergognosa. Il più buffo era chein mezzo a tutte
queste considerazioni d'ordine superioremi accorgevo di provare
una certa trepidazione circa la possibilità- anzi la probabilità -
che lo scontro andasse a finire in una rissa volgaredi cui
sarebbe stato impossibile spiegare le ragioni e che mi avrebbe
fatto fare una figura ridicola. Non aspiravo affatto a tre giorni
di celebrità come colui che aveva avuto un occhio pesto o qualcosa
del genere dall'ufficiale in seconda del Patna. Con ogni
probabilità lui era pronto a tuttoe comunque si sarebbe sentito
pienamente giustificato ai propri occhi. Non c'era bisogno
d'essere indovini per capire che era straordinariamente arrabbiato
per qualche cosacon tutto che le sue maniere fossero tranquille
o addirittura torpide. Non nego che non avrei desiderato di meglio
che rappacificarlo a qualunque costoavessi saputo da che parte
rifarmi. Ma non lo sapevocome vi potete immaginar facilmente.
Brancolavo in una completa oscuritàsenza il minimo barlume.
Stavamo l'uno di fronte all'altro in silenzio. Lui sospese il
fuoco per circa quindici secondi; poi fece un passo avantie io
mi preparai a parare il colpopur senza muovere un muscolo
credo. 'Anche se fosse grosso come due uomini e forte come sei'
disse pian piano'le direi lo stesso cosa penso di lei. Lei...'
'Un momento!' esclamai; e ciò valse a trattenerlo per un secondo.
'Prima di dirmi cosa pensa di me' ripresi in fretta'vuol essere
tanto gentile da dirmi cos'ho detto o fatto di male?' Nella pausa
che seguì mi esaminò con indignazionementre io facevo sforzi
soprannaturali di memoriasforzi resi anche più ardui dal suono
della voce orientale che all'interno del tribunale protestava con
appassionata volubilità contro l'accusa di mendacio. Poi parlammo
quasi contemporaneamente. 'Le farò vedere ben presto che non sono
quello che ha detto' sbottò lui in un tono tale da lasciar
credere che si avvicinasse una crisi. 'Dichiaro di non saperne
nulla' esclamavo io con calore nello stesso momento. Cercò di
schiacciarmi con un'occhiata di sprezzo. 'Ora che vede che non ho
paura cerca di tirarsi indietro' disse. 'Chi di noi è un cane
rognoso adesso... eh?' Allorafinalmentecapii.
Mi stava scrutando in faccia come cercasse il posto più adatto per
piantarvi un pugno. 'Non permetterò a nessuno...' borbottò
minacciosamente. Era davvero un equivoco orribile: egli si era
tradito a fondo. Non so dirvi quanto rimasi male. Credo mi abbia
letto in viso qualche riflesso dei miei sentimentiperché mutò un
poco d'espressione. 'Buon Dio!' balbettai'non crederà mica che
io...' 'Sono sicuro d'aver sentito' insisté; e per la prima volta
dall'inizio di quella scena deplorevole aveva alzato la voce. Poi
con un'ombra di disprezzosoggiunse: 'Sicché non è stato lei?
Benissimo; non mi resta che trovare quell'altro.' 'Non faccia
l'imbecille!' gridai esasperato: 'si trattava di tutt'altro.' 'Ho
sentito benissimo' tornò a ripetere Jim con cupa e incrollabile
ostinazione.
Qualcuno forse avrebbe riso della sua insistenza. Ma io non risi.
Oh no! Mai uomo si era più spietatamente scoperto da séseguendo
l'impulso della propria natura. Era bastata una parola a
strappargli di dosso tutto il suo ritegno: quel ritegno più
necessario alla decenza del nostro io interno che gli abiti alla
decenza del nostro corpo. 'Non faccia l'imbecille!' ripetei.
'Però quell'altro l'ha dettoquesto non lo negavero?' disse
scandendo le parole e guardandomi negli occhi senza batter ciglio.
'Nonon lo nego' feci fissandolo a mia volta. Finalmente il suo
occhio seguì verso il basso la direzione che gli accennava il mio
indice teso. A tutta prima parve che non capissepoi che
rimanesse confusoe finalmente stupito e spaventato come se un
cane fosse un mostro e lui non ne avesse mai visto uno. 'Nessuno
si è sognato d'insultarla' conclusi.
Jim contemplò il disgraziato animaleche immobile come una statua
stava seduto con le orecchie dritte e il muso aguzzo rivolto verso
la porta. E improvvisamente diede un morso in aria per acciuffare
una moscacome se un meccanismo gli fosse scattato dentro.
Guardai il giovanotto. La sua abbronzata carnagione di biondo
s'incupì a un tratto sotto la peluria delle guanceil rossore gli
invase la frontesi estese fino alla radice dei capelli ricciuti.
Le orecchie gli diventarono d'un rosso accesoe perfino l'azzurro
chiaro dei suoi occhi si fece assai più scuro per l'afflusso
improvviso del sangue. Una smorfia gli alterò le labbra che
tremarono come fosse sul punto di scoppiare in lagrime. Mi resi
conto che l'estrema umiliazione gli impediva di pronunciare una
sola parola. Forse c'entrava anche un po' di delusione... chissà?
Può darsi che avesse pensato con gioia alle botte che mi avrebbe
dato per riabilitarsiper rimettersi in pace con se stesso. Chi
può dire qual sollievo credeva di poter trovare in una rissa
eventuale? Era abbastanza ingenuo per aspettarsi qualunque cosa; e
invece si era tradito senza motivo. Era stato franco con se stesso
con me poinon ne parliamo neanche - nella pazza speranza di
raggiunger così una confutazione efficace: invece le ironiche
stelle non gli erano state propizie. Dalla gola gli uscì un suono
tronco e profondocome a un uomo mezzo accoppato da un colpo sul
cranio. Era una cosa pietosa.
Non lo raggiunsi che quando era già uscito dal cancello. Alla fine
dovetti persino trottare un pocoma quando mi trovai sfiatato al
suo fianco accusandolo di voler scapparedisse: 'Mai!'
mettendosi subito sulla difensiva. Gli spiegai che non intendevo
dire che volesse sottrarsi a me. 'A nessuno... a nessuno al
mondo' affermò con un'espressione ostinata. Mi trattenni
dall'additargli quell'unica eccezione evidentedavanti alla quale
fuggirebbero anche i più coraggiosi; pensavo che l'avrebbe
scoperta prestissimo da sé. Mi guardò pazientemente mentre cercavo
qualcosa da dirgli: ma non trovai nulla lì per lìe lui riprese a
camminare. Io gli tenni dietroenell'ansia di non perderlogli
dissi in fretta che non potevo lasciarlo sotto la falsa
impressione del mio... del mio... Balbettavo. La stupidità delle
mie parole mi fece inorridire mentre tentavo di dar loro una
conclusione; ma l'efficacia di una frase non ha niente a che
vedere col suo significato o con la logica della sua costruzione.
Quel mio borbottìo idiota sembrò fargli piacere. Lo interruppe per
direcon una placidità cortese che dimostrava un'immensa forza di
controllo su se stessooppure una meravigliosa elasticità di
umore: 'L'errore è tutto mio.' Mi stupii moltissimo di
quest'espressioneche sarebbe stata tutt'al più adatta per un
incidente insignificante. Ma dunque non aveva capito il
significato deplorevole dell'episodio? 'Può ben scusarmi'
soggiunse; e riprese con aria cupa: 'In tribunaletutta quella
gente con gli occhi fissi mi sembrava talmente idiota che... che
sarebbe potuto accadere benissimo quello che mi era parso.'
Queste parole aprirono improvvisamente alla mia meraviglia un
nuovo orizzonte su di lui. Lo guardai con curiositàma gli occhi
che incontrai erano imperturbati e impenetrabili. 'Non posso
tollerare questo genere di cose' disse molto semplicemente'e
non intendo tollerarle. In tribunale è diverso: quello lo devo
sopportare - e lo possoanche.'
Non dico che lo comprendessi. Le brevi visioni che mi permetteva
d'aver di lui erano come quei lembi di paesaggio che appaiono tra
le smagliature della nebbia portata dal vento: frammenti di
dettagli vividi e subito scomparsiche non danno nessuna idea
logica dell'aspetto complessivo di un panorama. Alimentavano la
curiosità senza soddisfarla: non servivano a nulla per orientarsi.
Tutto sommato era un essere inafferrabile. Tali le mie conclusioni
a suo riguardo quando mi lasciò: il che fu a tarda sera. Io
alloggiavo all'Hôtel Malabar per qualche giorno ecedendo alle
mie insistenzeegli vi aveva pranzato in mia compagnia."
CAPITOLO 7.
"Un postale in viaggio d'andata era entrato in porto quel
pomeriggioe la grande sala da pranzo dell'albergo era più che a
metà piena di gente con in tasca biglietti per il giro del mondo
al prezzo di cento sterline. C'erano coppie di sposi novelli che a
mezzo viaggio avevano già un'aria d'abitudine e di noia reciproca;
c'erano gruppi piccoli e grandie individui solitari; chi
pranzava con solennità e chi faceva chiassose gozzovigliema
tutti pensavanoconversavanoscherzavano o erano di malumore
proprio come a casa lororeagendo alle nuove impressioni con la
medesima intelligenza dei bagagli depositati nelle loro camere.
D'ora innanzi avrebbero portato addossocome le loro valige
l'etichetta che dimostrava che eran passati per questo o per quel
luogo. Avrebbero tenuto cara una simile distinzioneconservando i
cartellini incollati sulle valige come documenti indiscutibili
come unica traccia permanente del vantaggio culturale ricavato
dalla loro impresa. I camerieri di pelle scura scivolavano
leggerisenza rumoresul vasto pavimento lucido; di quando in
quando si sentiva zampillare la risata di una giovinetta
innocente e vuota come il suo cervello; oppurein un'improvvisa
pausa dell'acciottolìo delle stovigliesi udivano poche parole
pronunciate con voce languida e affettata da qualche bello
spiritoche ricamavaper lo spasso d'una tavolata sogghignante
sull'ultimo pettegolezzo di bordo. Due vecchie zitelle nomadi
tutte in fronzoli per il miraggio d'una conquistastudiavano la
lista con sostenuta acrimonia: le labbra avvizzite si scambiavano
bisbiglii visi strani e legnosi le facevano simili a spauracchi
di lusso. Un po' di vino aprì il cuore di Jim e gli sciolse la
lingua. Notai anche che aveva buon appetito. Era come se avesse
seppellito chissà dove l'episodio inaugurale della nostra
conoscenza: pareva un argomento di cui non si sarebbe parlato mai
più in questo mondo. E tutto il tempo avevo di fronte a me quei
fanciulleschi occhi azzurriche guardavano dritto nei mieiquel
viso giovanequelle spalle poderosequella fronte aperta e
abbronzata con una linea bianca sotto la radice dei folti e
ricciuti capelli biondiquell'aspetto chefin dal primo momento
aveva attirato tutta la mia simpatia: una fisonomia schiettaun
sorriso sinceroquella serietà giovanile... Era del ceppo buono;
era uno dei nostri. Parlava pacatocon una specie di sobria
confidenza e con una tranquilla compostezza che potevano derivare
tanto da un autocontrollo virile come da un'impudenza o
incoscienza colossalequanto anche da una duplicità mostruosa.
Chi può dirlo? Dal tono della nostra conversazionesi sarebbe
potuto credere che parlassimo d'una terza personao d'una partita
a calcioo del tempo che faceva l'anno scorso. La mia mente si
perdeva in un mare di congetture: finché la piega della
conversazione non mi consentìsenza indiscrezione offensiva per
il mio interlocutoredi osservare chetutto sommato
quell'inchiesta doveva riuscirgli abbastanza penosa. Lanciò il
braccio attraverso la tovaglia eafferrando la mano che tenevo
accanto al piattomi fissò con occhi infuocati. Rimasi proprio
sbalestrato. 'Sìdev'essere terribilmente penoso' balbettai
tutto confuso da questa muta esplosione di sentimento.' '... è un
inferno' si lasciò sfuggire con voce rauca.
Quel gestoe le sue parolefecero alzar gli occhi con
inquietudine a due turisti elegantissimiche al tavolo vicino
stavano curvi sui loro dolci glassati. Mi alzaie passammo nella
grande galleria esterna per prendere il caffè e fumare un sigaro.
Sui tavolini ottagonali ardevano delle candele entro globi di
cristallo; ciuffi di piante dalle foglie rigide dividevano in
tanti gruppi le accoglienti poltrone di viminie fra le colonne
abbinatei cui fusti rossastri riflettevano in lunga fila la luce
dei finestronisembrava che la notte buia e scintillante pendesse
come un drappeggio sontuoso. I fanali di navigazione delle navi
occhieggiavano da lontano come stelle al tramontoe le colline al
di là della rada sembravan le rotonde masse di pece d'immobili
nuvole temporalesche.
'Non potevo svignarmela' cominciò Jim. 'Il capitano l'ha fatto...
affar suo. Io non potevo e non volevo. Tutti si sono arrangiati in
un modo o nell'altroma per me non era il caso.'
Ascoltavo con attenzione concentratanon osando muovermi sulla
sedia; volevo sapere... ma oggi ancora non so nullaposso
soltanto indovinare. Egli appariva tutt'insieme fiducioso e
depressocome se il convincimento di un'innata innocenza
ricacciasse indietro la verità che ad ogni passo gli si contorceva
dentro per saltar fuori. La prima cosa che dissecol tono d'un
uomo che si riconosca incapace di saltare un muro di sei metrifu
che ormai non sarebbe più tornato a casa: il che mi fece ricordare
di quanto mi aveva detto Brierly sul 'vecchio pastore dell'Essex
che pareva avesse un debole particolare per quel suo figliolone
marinaio.'
Non saprei dirvi se Jim avesse coscienza di quel 'debole
particolare'; ma il tono come accennava al 'mio babbo' voleva
certo dar l'impressione che mai uomo migliore di quel buon vecchio
decano campagnolo avesse sentito tutta la responsabilità d'una
famiglia numerosa. Questo convincimento Jim non lo manifestava
esplicitamentema nel suo sottintenderlo si leggeva l'ansia che
non sorgessero dubbi in proposito: un'ansia davvero piena di
sincerità e di graziama che in quel suo evocare esistenze
lontane aggiungeva un senso doloroso agli altri elementi della
storia. 'Ormai deve averlo letto in tutti i giornali inglesi'
fece Jim. 'Non potrò mai più guardare in faccia quel povero
vecchio.' Non osai alzar gli occhi fino a che non sentii che
soggiungeva: 'Non riuscirei mai a spiegargli la verità. Non
capirebbe.' Allora lo guardai: fumava con aria assorta; ma dopo un
momento si riscosse e riprese a parlare. Manifestò subito il
desiderio ch'io non lo confondessi con i suoi complici nel... nel
delittodiciamo così. Non era dei loroluima di tutt'altra
razza. Io non manifestai segno alcuno di dissenso. Non avevo la
più lontana intenzioneper amor della nuda veritàdi rubargli
neanche un atomo di grazia redentricese glie n'era toccata in
sorte. Non sapevo fino a qual punto credesse alle proprie parole
né a che mirasse (se pur mirava a qualcosa): ho idea che non lo
sapesse nemmeno luitanto sono convinto che nessuno si rende mai
ben conto delle proprie ingegnose gherminelle per sfuggire
all'ombra torva della conoscenza di se stesso. Mi guardai
dall'aprir bocca mentre egli si chiedeva 'cosa avrebbe potuto fare
una volta finita quella stupida inchiesta.'
Aveva l'aria di condividere il disprezzo di Brierly verso codesti
procedimenti voluti dalla legge. Non avrebbe saputo da che parte
voltarsiconfessò: e si vedeva chiaro chepiù che parlare con
mestava riflettendo ad alta voce. Perduta la patentespezzata
la carrierasenza danaro per andarsenecredeva che non avrebbe
più trovato lavoro di nessuna specie. In patria forse avrebbe
potuto rimediare un impieguccio: ma questo significava rivolgersi
ai suoi per aiutoe non voleva farlo. L'unica possibilità era un
imbarco come semplice marinaio... forse non gli avrebbero negato
un posto di quartiermastro su qualche piroscafo. Sìil
quartiermastro avrebbe potuto farlo... 'Lo crede proprio?'
domandai spietatamente. Si alzò di scatto eavvicinatosi alla
balaustra di pietrasi mise a scrutare la notte. Ma quasi subito
tornò indietro: dominava con l'alta statura su me sedutoil volto
giovanile ancora contratto nella sofferenza di un'emozione
contenuta. Aveva capito benissimo che non era della sua capacità a
governare una nave che dubitavo. Con voce leggermente tremante mi
chiese perché avevo detto così. Ero stato "tanto mai buono" con
lui.. Non avevo nemmeno riso di lui quando - e qui incominciò a
barbugliare - "quell'equivocosa... ho fatto una figura da
imbecille". L'interruppi per dire con un certo calore che a me in
un equivoco simile non pareva ci fosse nulla da ridere. Sedette e
bevve il suo caffè con aria decisavuotando la tazzina fino
all'ultima goccia. 'Questo non significa ch'io ammetta neppure per
un momento che quella definizione mi si adatti' dichiarò
nettamente. 'Davvero?' domandai. 'No' affermò con tranquilla
decisione. 'Lo sa cosa avrebbe fatto lei al mio posto? Lo sa? E sì
che lei non si crede un...' (parve che inghiottisse qualcosa) 'non
si crede un... un cane rognosovero?'
E così dicendo - parola d'onore! - mi guardava con aria
interrogativa. Era proprio una domanda: una domanda bona fide! Ma
non aspettò la risposta. Prima ch'io mi rimettessiguardando
fisso davanti a sé come se leggesse delle parole scritte sulla
carne della notteriprese: 'Tutto sta nell'esser pronti. E io non
lo ero... non lo ero ancorain quel momento. Non cerco scusanti:
ma vorrei spiegare... vorrei che qualcuno capisse... qualcuno...
una persona almeno! Lei! Perché non lei?'
Era una scena un po' solenne e anche un po' ridicolacome sempre
lo sono gli sforzi d'un uomo che tenti di salvar dal fuoco la
propria personalità eticaquale avrebbe dovuto essere nell'idea
ch'egli se ne è fatto: idea preziosa benché si tratti di pura
convenzionedi una fra le regole del gioco e nulla più; eppure
terribilmente efficaceper quel tanto di illimitato potere che ha
sugli istinti naturali e per il terribile prezzo che costano le
sue sconfitte. Egli incominciò il suo racconto con abbastanza
calma. A bordo di quel piroscafo della Dale Line che aveva
raccolto i quattro naufraghi da un battello alla deriva sul
semispento fulgore del mare al tramontofin dal secondo giorno si
erano messi a guardarli di traverso. L'enorme capitano tedesco
aveva raccontato non so che storiellaascoltata in silenzio da'
loro salvatoriche lì per lì glie la menarono buona. A nessuno
verrebbe in testa di sottoporre a interrogatorio dei poveri
naufraghi che si è avuto la fortuna di salvarese non da una
morte crudeleper lo meno da crudeli sofferenze. Dopo
ripensandoci suforse balenò alla mente degli ufficiali
dell'Avondale che nella faccenda potesse esserci qualcosa di
losco; ma naturalmente si tennero i loro dubbi per sé. Avevano
raccolto il capitanoil secondoe due macchinisti d'un vapore
affondato; eda persone beneducatenon domandavan di più. Non
interrogai Jim sulla natura dei suoi sentimenti durante i dieci
giorni che passò a bordo. Da come ne parlava mi era lecito dedurre
che fosse rimasto stordito dalla propria scoperta - la scoperta
del fondo di se stesso - e che facesse di tutto per cercar di
darne una spiegazione esauriente all'unico uomo capace di
valutarne la spaventosa enormità. Capitemi bene: non tentava in
nessun modo di attenuar l'importanza del fatto. Di questo sono
sicuro; e qui sta la sua attrattiva. Delle sue sensazioni quando
sceso a terravenne a conoscere l'inaspettata conclusione della
storia cui aveva preso parte in modo così pietoso non mi disse
nullaed è difficile immaginarsele. Chissà se si sentì mancare il
terreno sotto i piedi? Chissà? Ma certo riuscì a trovare ben
presto un nuovo punto di appoggio. Rimase a terra in attesa due
settimane interenella Casa del Marinaiodove in quel periodo
v'erano altri sei o sette ricoveratidai quali ebbi occasione di
sentir parlare un poco di lui. La loro languida opinione pareva
fosse questachea prescindere dagli altri suoi difettiJim era
un animale sempre ammusonito. Aveva trascorso quelle giornate
sepolto in una poltrona a sdraio della verandae usciva da quella
tomba soltanto nelle ore dei pasti o la sera tardiper girellare
sulle banchine tutto soloestraneo a quanto lo circondava
incerto e silenzioso come uno spettro a cui manchi una casa dove
aggirarsi. "Non credo d'aver rivolto tre parole ad anima viva
durante tutto quel periodo"disseispirandomi molta compassione;
e subito dopo soggiunse: 'Qualcuno di quei tipi si sarebbe certo
abbandonato a considerazioni che non avrei saputo tolleraree non
volevo scene. No! Allorano. Ero troppo... troppo... non mi
andavaecco.' 'Dunque quella paratìa ha resistitodopo tutto'
osservai allegramente. 'Già' mormorò'ha resistito. Eppure le
giuro che l'ho sentita incurvarsi sotto la mia mano.' 'E'
straordinariocerte voltea quali tensioni può reggere il ferro
vecchio' dissi. Gettato all'indietro sulla poltronacon le gambe
rigidamente allungate e le braccia penzoloniannuì leggermente
col capo a più riprese. Non si potrebbe immaginare spettacolo più
malinconico. A un tratto rialzò il capo e si drizzò a sedere
dandosi una manata sulla coscia. 'Ah! che occasione perduta! Mio
Dio! che occasione perduta!' esclamò con calore; e in quell'ultimo
'perduta' sentii come la vibrazione d'un grido che gli fosse
strappato da un dolore fisico.
Tornò silenziosoe nel suo sguardo fisso e lontano c'era una
voglia feroce di codesta gloria mancatamentre le narici gli si
dilatavano un attimo ad aspirare l'odore inebriante di
quell'occasione andata in fumo. Se credete che io fossi sorpreso o
scandalizzato mi fate proprio torto. Ahera un ragazzo pieno
d'immaginazionequello! Si sarebbe tradito; si sarebbe arreso.
Dentro a quel suo sguardo immerso nella notte scorgevo la sua più
segreta natura proiettata a capofitto nel regno fantasioso delle
aspirazioni temerariedegli eroismi inauditi. Non pensava nemmeno
pl a rimpiangere quel che aveva perdutotanto era completamente
assorbito dal miraggio di ciò che non era riuscito a raggiungere.
Era lontanissimo da meche lo osservavo da un metro di distanza.
Attimo per attimo stava penetrando più addentro nel mondo
impossibile delle gesta romantiche: e alla fine vi giunse proprio
nel cuore! Una strana espressione di beatitudine gli si diffuse in
voltoe gli occhi gli luccicarono alla luce della candela che
stava fra me e lui; arrivò addirittura a sorridere! Sìera
arrivato proprio nel cuore... nel più profondo cuore di quel
mondo! Un sorriso estaticoil suoche sui vostri visi non si
vedrà maie nemmeno sul miocari ragazzi. Lo ricondussi in un
attimo alla realtàdicendo: 'Se lei fosse rimasto sulla nave
eh?'
Volse verso di me due occhi improvvisamente sbigottiti e pieni di
doloreun volto confusointerdettosofferentecome se l'avessi
fatto piombar giù da una stella. Né voi né io avremo mai uno
sguardo simile. Rabbrividì profondamentecome se la punta d'un
dito di ghiaccio gli avesse toccato il cuore. In ultimo sospiro.
Io non mi sentivo d'umor compassionevole. Quelle sue
sfacciataggini contraddittorie m'irritavano. 'Peccato che non
l'abbia saputo prima!' dissicon le più malvagie intenzioni; ma
la mia perfida frecciata cadde senza ferire - gli cadde ai piedi
come uno strale esaustoper così direed egli non pensò neanche
a raccoglierla. Forse non l'aveva nemmeno veduta. Dopo un poco
sistemandosi più comodamente sulla sdraiafece: 'Al diavolo! Le
dico che si era incurvata. Andavo esplorando con la lampada il
ponte inferiore di stiva lungo lo spigolo di ferroquando una
falda di ruggine grande come il palmo della mano si staccò da sé
dalla lamiera.' Si passò la mano sulla fronte. 'La falda di
ruggine si mosse e saltò viamentre guardavocome una cosa
viva.' 'Dev'esser stata una brutta impressioneno?' osservai con
noncuranza. 'Ma lei crede forse' ribatté'che pensassi alla mia
pellecon centosessanta passeggeri dietro a me profondamente
addormentati in quel corridoio del ponte di pruae parecchi di
più a poppa; e altri ancora sopra coperta... addormentati... senza
sospettare di nulla.. il triplo di quanti potessero entrarcene
nelle scialuppeanche se ci fosse stato il tempo di calarle in
mare? Mi aspettavo di veder la piastra di ferro spaccarsi da un
momento all'altroe l'acqua precipitarsi su di lorodistesi
com'erano... Cosa potevo fare?... cosa?'
Non facevo fatica a figurarmelo nel buio cavernoso di quell'antro
stivato di corpi giacentidove la lampada a globo non rischiarava
che un breve tratto di quella paratìa che con l'altra faccia
sosteneva tutto il peso dell'oceanoed egli aveva nelle orecchie
il respiro di tutti quei dormienti ignari. Lo vedo che fissa la
parete di ferro con occhi infuocatiatterrito dalla ruggine che
si staccasopraffatto dalla certezza di una morte imminente.
Tutto questo accadevaa quanto capiila seconda volta che era
stato mandato a prua dal capitanosoprattutto per allontanarlo
pensodal ponte di comando. Mi disse che il suo primo impulso era
stato quello di gridarefacendo balzar su di colpo dal sonno
tutta quella gente terrorizzata; ma lo sopraffece tale un senso
della propria impotenza che non fu capace di articolare alcun
suono. Questo si deve voler esprimere quando si dice che la lingua
s'appiccica al palato. 'Troppo arida' disse concisamente Jim per
spiegare la sua sensazione. Cosìin silenziosi precipitò sopra
coperta dal boccaporto numero uno. Una manica a vento lì fuori gli
sbatté contro per casoe Jim si ricordava che il lieve tocco
della tela sul suo viso per poco non era bastato a farlo ruzzolare
giù per la scaletta.
Mi confessò che i ginocchi gli tremavano forte mentre s'era
fermato sul ponte di prua a guardare un'altra massa di dormienti.
Le macchine erano ormai ferme e gli ultimi sbuffi di vapore
uscivano dalla ciminiera con un muggito cupo che faceva vibrar la
notte come una corda di contrabbasso. La nave ne tremava tutta.
Vedeva qua e là una testa sollevarsi dalla stuoiauna forma vaga
drizzarsi a sederestare un momento in ascolto piena di sonnoe
poi risprofondarsi in quella montuosa confusione di bagagli
verricelli a vapore e ventilatori. Si rendeva conto che quella
gente era troppo all'oscuro di tutto per attribuire un significato
preciso a quel rumore anormale. La nave di ferrogli uomini dai
visi bianchitutto quel che si vedeva e si udiva a bordoogni
cosa per quella pia e ignorante moltitudine era egualmente strana
tanto degna di fiducia quanto incomprensibile. Gli venne fatto di
maledire codesta fiducia cieca: ma era un pensiero tremendo.
Dovete ricordarvi che era convinto - e chiunque altro lo sarebbe
stato al suo posto - che la nave sarebbe colata a picco da un
momento all'altro: le piastre rigonfiedivorate dalla ruggine
che trattenevano l'oceanodovevano cedere fatalmente tutto d'un
colpocome una diga minata dal di sotto che apra la via a
un'improvvisa e travolgente inondazione. Restava immobile a
guardare quei corpi distesicome un condannato cosciente del
proprio destino che contemplasse la compagnia silenziosa dei
morti. Perché eran già morti: nulla poteva salvarli! C'eran forse
scialuppe sufficienti per la metà di loroma in ogni modo non
c'era tempo. Non c'era tempo! non c'era tempo! Non valeva la pena
di aprir la boccadi muovere una mano o un piede. Prima che
avesse potuto urlar tre parole o muovere tre passistarebbe a
dibattersi in un mare reso orribilmente spumeggiante dagli sforzi
disperati di esseri umaniecheggiante delle loro angosciate grida
d'aiuto. Ma nessun aiuto era possibile. Immaginava perfettamente
quel che sarebbe accaduto; l'intera scena gli passò dinanzi agli
occhimentre se ne restava immobile vicino a quel boccaportocon
la lanterna in mano; l'intera scena gli passò dinanzi agli occhi
fino ai minimiai più atroci dettagli; e credo chementre mi
stava raccontando queste cose di cui non poteva parlare in
tribunalequella visione gli si ripresentasse ancora.
'Vidi chiaro come vedo lei adesso che non avrei potuto far nulla
e questo pensiero mi svuotava di vita le membra. Mi dissi che
tanto valeva rimanere addirittura dov'eroe aspettare. Non
credevo di avere ancora molti secondi a disposizione...' A un
tratto gli sbuffi di vapore cessarono. Quel frastuono faceva
impazzire; ma il silenzio diventò subito opprimente
intollerabile.
'Mi pareva che prima ancora d'affogare sarei morto soffocato'
disse.
Insisté che non pensò neppure a salvarsi. L'unico pensiero nitido
che si formavasvanivae tornava a formarsi nel suo cervello era
questo: ottocento passeggeri e sette scialuppe; ottocento
passeggeri e sette scialuppe.
'Qualcuno parlava a voce alta nella mia testa' feceun po fuori
di sé. 'Ottocento passeggerisette scialuppe... e non c'era
tempo! Pensi cosa significa.' Si curvò verso di me attraverso il
tavolinoe io cercai di evitare il suo sguardo fisso. 'Crede che
avessi paura di morire?' domandò a bassa vocecon una sorta di
ferocia. E lasciò cadere la mano aperta sul tavolo con un colpo
che fece traballare le tazzine da caffè.
'Sono pronto a giurare che non ne avevo... non ne avevo... per
Dio!... no!' Si raddrizzò sulla vita incrociando le braccia; il
mento gli cadde sul petto.
Un leggero acciottolìo di stoviglie giungeva attutito fino a noi
dai finestroni. Ci fu uno scoppio di vocie un gruppo di gente
allegra uscì nella galleria scambiandosi umoristiche reminiscenze
sui somarelli del Cairo. Un giovanotto pallido e con l'aria
inquieta che camminava senza rumore sulle lunghissime gambeera
preso in giro da un globe-trotter pettoruto e rubicondo a
proposito dei suoi acquisti al bazar. 'Novia... credi che mi sia
lasciato mettere in mezzo fino a questo punto?' domandò in tono
deciso e caloroso. La brigata si allontanòrovesciando due
seggiole al passaggio; fiammeggiarono dei ceriniilluminando per
un secondo dei volti completamente inespressivi e la lucida
superficie piatta degli sparati bianchi; il brusìo di molte
conversazioni animate dal calore del banchetto mi parve un suono
assurdo e infinitamente remoto.
'Qualche marinaio dormiva sul boccaporto numero unoa portata del
mio braccio' riprese Jim.
Dovete sapere che su quella nave si montava la guardia all'uso
Kalashee; la notte l'intero equipaggio dormivae non si faceva il
cambio che dei quartiermastri e delle vedette. Jim fu tentato di
afferrare e scuotere per la spalla il 'lascar' più vicinoma non
lo fece. Qualcosa gli tenne fermo il braccio lungo il fianco. Non
aveva paura... ohno! solo che non poteva... ecco tutto. Forse
infattinon aveva paura della mortema ve lo diro io di che
aveva paura: aveva paura del disastro. La sua maledetta
immaginazione gli aveva evocato tutti gli orrori di un panicoil
precipitarsi furiosole urla pietosele scialuppe stracariche
che imbarcavano acqua - tutti insomma gli atroci episodi d'un
disastro in marequali li conosceva da letture e racconti. Forse
a morire era rassegnato; ma suppongo che volesse morire senza
terrori in soprappiùsilenziosamentein una specie di coma
tranquillo. Una certa qual attitudine alla morte non è poi tanto
rarama raro è incontrar uomini la cui animachiusa
nell'impenetrabile e ferrea armatura della risolutezzasiano
pronti a combattere fino all'ultimo una battaglia perduta: il
desiderio di pace aumenta via via che la speranza svaniscefinché
giunge a superare il desiderio stesso di vivere. Chi di noi non ha
osservato questo fattoo non ha addirittura provato in se stesso
un po' di questo sentimento: un'estrema stanchezza delle emozioni
L'inanità dello sforzol'immenso desiderio di riposo? Coloro che
lottano contro forze brute lo conoscono bene: i naufraghi
abbandonati sulle scialuppei viaggiatori sperduti nei deserti
tutti gli uomini che combattono contro le potenze cieche della
natura o contro la stupida brutalità delle folle".
CAPITOLO 8.
"Quanto tempo rimase immobile vicino al boccaportoaspettandosi
da un istante all'altro di sentir la nave sprofondarglisi sotto i
piedi e un fiotto d'acqua investirlo alle spallesballottarlo di
qua e di là come un fuscellonon lo saprei dire. Certo non
molto... forse due minuti. Un paio d'uomini che non riuscì a
distinguere cominciarono a discorrere con voce assonnatae gli
giunse all'orecchionon sapeva da doveuno strano scalpiccìo. Ma
sovrastante a codesti lievi rumori c'era quella calma terribile
che precede le catastrofiquel silenzio insostenibile che si fa
un attimo prima del crollo; allora gli balenò nella mente che
forse avrebbe avuto il tempo di precipitarsi a tagliar tutte le
cime dei paranchiin modo cheaffondando la navele scialuppe
si trovassero a galleggiare per conto loro.
Il Patna aveva un ponte di comando più lungo che per solito non
usie tutte le scialuppe si trovavano lassùquattro da una parte
e tre dall'altra; la più piccola era sospesa sulla sinistraquasi
di traverso all'apparato di governo. Jim mi assicuròcon evidente
ansia d'esser credutoche si era sempre preoccupato con ogni
diligenza di tenerle pronte per l'uso. Conosceva il suo dovere. E'
probabile cheda questo punto di vistafosse un bravo ufficiale.
'Mi è sempre parsa una buona cosa tenersi pronti al peggio'
soggiunse fissandomi inquieto. Annuii con aria di approvazionema
distogliendo gli occhi dallo spettacolo di quell'astuzia malfida.
Incominciò a correre con difficoltà. Dovette scavalcar delle
gambestare attento a non inciampare contro delle teste. Al un
tratto qualcuno lo afferrò per le falde della giaccamentre una
voce angosciata gli parlava di sotto al gomito. Il raggio della
lampada che teneva nella destra cadde sopra un viso rivolto in su
i cui occhi erano supplichevoli come la voce. Con quel poco che
Jim aveva imparato della lingua dei pellegrinicapì la parola
acqua ripetuta varie volte con insistenzain tono di preghiera
quasi di disperazione. Diede uno strattone per liberarsie sentì
che un braccio gli si avvinghiava a una gamba.
'Mi teneva stretto come quando uno sta affogando' disse con tono
mordente. 'Acquaacqua? Di che acqua voleva parlare? Cosa sapeva?
Con quanta calma poteigli ordinai di lasciarmi. Mi tratteneva
il tempo stringevaaltra gente cominciava ad agitarsi: avevo
bisogno di tempo... di tempo per sciogliere le scialuppe. Poi mi
afferrò la manoe capii che stava per mettersi a gridare. Mi
balenò alla mente che sarebbe bastato questo per provocare un
panicoe allora col braccio libero gli sbattei il lume sulla
faccia. Il vetro tintinnòla fiamma si spensema il colpo gli
fece lasciar presae io corsi via... Volevo raggiungere le
scialuppe; volevo raggiungere le scialuppe. Quegli mi saltò
addosso alle spalle. Mi voltai. Non voleva smetterla; cercò di
gridare; e prima di capire cosa volesse l'avevo già mezzo
strangolato. Dell'acquavoleva... acqua da bere! Perché deve
sapere che eran tenuti strettamente a razionee quello aveva con
sé un ragazzetto che avevo notato varie volte. Ora il bambino era
malato... aveva sete. Egli mi aveva visto passaree mi supplicava
di dargli un po' d'acqua. Ecco tutto. Eravamo sotto al ponte di
comandonel buio. Continuava a stringermi i polsi: non c'era modo
di liberarsene. Mi precipitai nella mia cabinaafferrai la
borraccia e glie la misi in mano. Scomparve. Non mi ero accorto
fino allora quanto bisogno avessi anch'io di bere.' Si appoggiò a
un gomito con una mano sugli occhi.
Una specie di brivido mi corse giù per la schiena; c'era qualcosa
di stranoin tutto questo... Le dita che gli nascondevan la
fronte tremavano leggermente. Ruppe il breve silenzio.
'Cose come queste succedono una volta sola nella vita d'un uomo
e... Bene: allorché raggiunsi finalmente il ponte dl comandoquei
mascalzoni stavano calando una scialuppa giù dai paranchi. Una
scialuppa! Io correvo su per la scaletta quando un colpo pesante
passandomi a un pelo dalla testami cadde sulla spalla. Ma non
bastò a fermarmi; e il capo macchinista - erano riusciti a tirarlo
fuori dalla sua cuccetta - alzò di nuovo su di me il poggiapiedi
della scialuppa. Non so perchéma non mi sorprendevo più di
nulla. Mi sembrava tutto naturale... e orribile... orribile.
Scansai quel miserabile pazzopoi saltandogli addosso lo sollevai
su dal ponte come fosse stato un bambinoe lui cominciò a
sussurrarmimentre lo tenevo così in braccio: - No! mi lasci!
Credevo fosse un di quei negri -. Lo scaraventai lontano:
ruzzolando lungo il ponte andò a finir tra le gambe di quell'altro
omettinoil secondo macchinistae lo fece cadere a sua volta. Il
capitanoche si dava da fare intorno alla scialuppasi voltò e
mi venne contro a testa bassagrugnendo come un animale
selvatico. Io rimasi immobile come una roccia. Ero durolì in
piediduro quanto questo': e batté leggermente con le nocche sul
muro vicino alla sua poltrona. 'Mi pareva d'aver già sentitogià
vistogià vissuto tutto questo venti volte. Non avevo paura di
loro. Tirai indietro il pugno pronto a colpiree lui si fermò di
colpoborbottando:
- Ahè lei. Mi dia una manopresto! -. Ecco cosa disse: PRESTO!
Come se si fosse potuto fare abbastanza presto! - Sicché lei non
ha intenzione di far qualcosa? - domandai. - Sì. Di squagliarmela
-sogghignò senza voltarsi.
Non credo d'aver capito lì per lì cosa intendesse dire. Gli altri
due si erano ormai rimessi in piedie si precipitavano insieme
sulla scialuppa. Pestavano i piediansavanofacevan forza di
spallemaledicevano la scialuppala navesi maledicevano a
vicenda... e maledicevano me. Tutto a bassa voce. Io non mi
muovevonon dicevo nulla. Tenevo d'occhio la pendenza del
piroscafo. Stava immobile come lo sostenessero i puntelli in
bacino di carenaggio... soltanto che stava così.' Alzò una mano
col palmo verso il bassoinclinando la punta delle dita. 'Così'
ripeté. 'Davanti a me vedevochiara come un tocco di campanala
linea dell'orizzonteal disopra della ruota di prua; vedevo
laggiù l'acqua nera e lucentequieta... quieta come uno stagno
mortalmente quietapiù di quanto fosse mai stata... più di quanto
potessi sopportar di vederla. Ha mai vistoleiun piroscafo con
la prua in giùche non va a picco perché una piastra di ferro
vecchio regge ancora... reggema e troppo marcia perché si possa
puntellarla? L'hai mai visto? Ehgiàpuntellarla! Ci pensai...
pensai tutto quello che si può pensare; ma è possibile puntellare
una paratìa in cinque minuti?... o anche in cinquantadel resto?
Dove avrei trovato gli uomini da far scendere nella stiva? E il
legname... il legname? Avrebbe avuto il coraggioleidi dare il
primo colpo di martellodopo aver veduto quella paratìa? Non mi
dica di sì; lei non l'ha veduta; nessuno avrebbe avuto il
coraggio. Al diavolo!... per fare una cosa similesi sarebbe
dovuto credere a una possibilità: almeno a una su mille; all'ombra
di una possibilità: e neanche lei ci avrebbe creduto. Nessuno ci
avrebbe creduto. Lei mi giudica un cane rognoso perché sono
rimasto lì senza far nientema cosa avrebbe fatto lei? Cosa? Non
si sa... nessuno può saperlo. Bisogna avere almeno il tempo di
guardarsi intorno. Cosa vuole che facessi? Bell'atto di bontà
sarebbe stato far impazzire di paura tutta quella gente che da
solo non potevo salvare... che nulla poteva salvare! Senta: come è
vero che son seduto su questa poltrona...'
Ogni due o tre parole ansimava lanciandomi rapide occhiatecome
senella sua angosciavolesse leggermi in viso l'effetto che
produceva. Non stava parlando a me; parlava soltanto davanti a me
alle prese con una personalità invisibilecon un antagonista
ormai inseparabile dalla sua esistenza: con un altro padrone
dell'anima sua. Queste erano quistioni che esulavano dalla
competenza d'un tribunale; era una controversia grave e sottile
sulla più vera essenza della vitae non richiedeva un giudice.
Egli aveva bisogno d'un alleatod'un aiutanted'un complice. Mi
rendevo conto che stavo correndo il rischio di lasciarmi circuìre
acciecareprendere in trappolaforse obbligare con la violenza
ad assumere una parte precisa in quella disputache non aveva
conclusione possibile se si voleva esser giusti verso tutti gli
elementi in campo: sia verso i diritti dell'onesto quanto verso le
esigenze dell'essere abbietto che è in noi. Non posso spiegarea
voi che non avete conosciuto Jim e che sentite le sue parole
soltanto dalla mia boccail contrasto dei miei sentimenti. Era
come se mi si obbligasse a comprendere l'Inconcepibile - e non
conosco disagio paragonabile a quello d'una sensazione simile. Mi
si obbligava a contemplar quanto di convenzionale si annida in
ogni verità e la fondamentale sincerità della menzogna. Si faceva
appello in una volta sola a tutti i lati della mia coscienza... al
lato che sta perpetuamente rivolto verso la luce del solee a
quel lato di noi checome l'altro emisfero della lunaesiste
segretamente in un'oscurità perennee i cui orli soltanto sono
sfiorati a momenti da una spaventosa luce cinerea. Egli mi
dominava: lo confessolo confesso. Il fatto in sé era oscuro
insignificante... quei che volete: un giovane finito maleuno fra
un milione di suoi simili... ma era uno dei nostri! L'incidente
era privo d'importanza come un formicaio allagato: e tuttavia il
mistero dell'atteggiamento di Jim s'impossessò di me come se egli
fosse stato in prima fila fra i suoi paricome se l'oscura verità
della sua condotta avesse un tal peso da influire sul concetto che
di se stessa può farsi l'umanità..."
Marlow s'interruppe per riaccendere il sigaro morente. Per un
istante parve aver completamente dimenticato quel che stava
dicendo; poi all'improvviso riprese:
"La colpa era miasi capisce. Non bisognerebbe mai interessarsi
davvero alle cose. E' una mia debolezza. La sua invece era d'un
altro genere. La mia debolezza consiste nel non avere occhio
critico per tutto ciò che è accidentaleesteriore: nessuna
capacità di distinguere tra la cesta del cenciaiolo e la
biancheria fine del mio prossimo. Il mio prossimo... dico bene. Ho
incontrato tanti uomini!" soggiunse Marlow con una passeggera
sfumatura di malinconia..."li ho incontrati anche con una
certa... una certa... violenzadiciamo; come quel ragazzo lìper
esempio... e ogni volta non ho saputo vedere in essi che l'essere
umano. Un maledetto modo democratico di vedereche varrà anche
più della cecità totalepuò darsima non mi è stato mai di
nessun vantaggio... ve lo posso assicurare. Gli uomini si
aspettano che si faccia gran conto della loro biancheria fine; io
invece non sono mai riuscito a entusiasmarmi per queste faccende.
Oh! è un difettolo so: è un difetto; poi capita una serata
soaveun gruppo di amici troppo indolenti per giuocare a whist...
e un racconto..."
S'interruppe di nuovoforse per aspettare una riflessione
incoraggiante: ma nessuno aprì bocca. Soltanto il padrone di casa
quasi adempisse contro voglia a un doveremormorò...
"Sei così cavillosoMarlow!"
"Chiio?" replicò Marlow a bassa voce. "Oh no! ma 'lui' sìche lo
era; e benché faccia di tutto per portare a buon fine questa
storiami sto lasciando sfuggire una quantità di sfumature...
troppo sottilitroppo difficili da rendere in parole scolorite.
Perché complicava le cosea furia d'essere così semplicelui...
il più semplice dei poveri diavoli!... Perdiana! Era stupefacente.
Se ne stava lì seduto dinanzi a me dicendomi checosì come lo
vedevonon avrebbe avuto paura di affrontar nulla al mondo... e
sono sicuro che ci credeva. Vi dico che era una cosa di
un'innocenza favolosaed anche enormeenorme! Lo tenevo d'occhio
senza parereproprio come se lo sospettassi intenzionato a farmi
un brutto colpo. 'Se il gioco è leale' affermava con sicurezza
'ma leale davvero;' intendiamocinon c'era nulla che lo potesse
spaventare. Fin da quando era 'alto così' - un ragazzinoproprio
- si era preparato a tutto quel che può capitare in terra e per
mare. Era orgoglioso di questa specie di previdenza. Si era
rappresentato ogni sorta di pericoli e tutti i modi di pararli
aspettandosi sempre il peggio e sempre di sé dando il meglio.
Dev'esser statala sual'esistenza di un esaltato. Ve
l'immaginate? Una sequela di avventureuno splendore di gloria
una marcia continuamente vittoriosa; e ogni giorno della sua vita
interiore trionfalmente dominato dal sentimento profondo della
propria sagacia. In quel momento era del tutto fuori dalla realtà;
gli luccicavano gli occhi; e ad ogni sua parola il mio cuore
sempre più penetrato dalla luce della sua mentalità assurdami si
faceva più pesante nel petto. Non avevo voglia di ridere; e
tuttaviaper paura di sorrideremi diedi un'espressione stolida.
Jim incominciò ad irritarsi.
'E' sempre l'inaspettato a succedere' osservai in tono
propiziatorio.
La mia ottusità lo fece uscire in un 'puah!' sprezzante.
Probabilmente voleva dire che l'inaspettato non poteva toccarlo;
nel suo stato di preparazione perfettasoltanto l'inconcepibile
poteva aver la meglio su di lui. Era stato preso alla
sprovvista... e mormorò fra i denti una maledizione contro le
acque e il firmamentocontro la navecontro gli uomini. Tutto lo
aveva tradito! Con l'inganno era stato ridotto a quella specie di
altera rassegnazione che gli impedì di muovere anche un dito
mentre quegli altriche al contrario si rendevano chiarissimo
conto delle necessità impellentisi montavano addossosudavano
si arrabbattavano da disperati intorno alla scialuppa. Qualcosa si
era guastato proprio all'ultimo momento. Sembra chenella furia
fossero riusciti in qualche misteriosa maniera a bloccar la
chiavarda scorrevole d'uno dei paranchi della prima scialuppae
cosìdavanti a quella catastrofeavevan finito di perdere quel
po' di testa che ancora avevano. Doveva essere un bello
spettacolosulla nave immobilegalleggiante in pace nel silenzio
d'un mondo addormentatoil dimenarsi indiavolato di quei
miserabili che si agitavano per far presto a liberare la
scialuppasi trascinavano a quattro zampee si rialzavano in
piedi disperatitiravanospingevanosi scambiavano ringhiando
insulti velenosipronti a uccideresul punto di scoppiare in
piantoe che dal prendersi l'un l'altro alla gola tratteneva
soltanto la paura della mortesilenziosa alle loro spalle come un
sorvegliante inflessibilecon gli occhi di ghiaccio. Oh sì
doveva essere un bello spettacolo! Jim l'aveva vedutoe poteva
parlarne con disprezzo e amarezza; ne aveva afferrato i minimi
dettagli per mezzo d'un sesto sensodireiperché mi giurò che si
era tenuto da parte senza gettare un'occhiata né sugli uomini né
sulla scialuppa... neanche un'occhiata. E ci credo. Doveva esser
troppo occupato a osservare l'inclinazione minacciosa della nave
quella sospesa minaccia rivelatasi nel bel mezzo della più
perfetta sicurezza; troppo affascinato dalla spada che pendeva per
un filo sulla sua testa immaginosa. Nulla al mondo che si muovesse
dinanzi ai suoi occhi; nulla che gli impedisse di rappresentarsi
l'improvviso balzo all'insù dell'orizzonte buioil subitaneo
impennarsi della vasta pianura del mareil rapidosilenzioso
sollevamentolo schianto brutalela stretta dell'abissola
lotta senza speranzala luce delle stelle che gli si sarebbe
rinchiusa per sempre sul capo come la pietra d'un sepolcrola
ribellione della sua giovane vitala fine nera. Sapeva
figurarselo benissimo. Perdiana! E chi non avrebbe saputo? Dovete
anche ricordarvi che su quel particolare terreno era un artista
compiutoun povero diavolo dotato di un'antiveggenza fulminea. Le
visioni suscitategli da codesta facoltà davanti agli occhi della
fantasia l'avevan mutato dalla pianta dei piedi alla nuca in una
gelida pietra; ma nella sua testa c'era una danza infuocata
d'ideeun turbine d'idee zoppeciechemute... una ridda di
ripugnanti mutilati. Non vi ho detto che si confessava a me come
se io avessi avuto il potere di legare e di sciogliere? Si scavava
profondo nel cuoresperando in una assoluzioneche non gli
sarebbe servita a nulla. Il suo era uno di quei casi che nessuna
solenne menzogna avrebbe potuto placare; a cui nessuno può prestar
rimedi; uno di quei casi in cui lo stesso Creatore sembra
abbandonare il peccatore alle proprie risorse.
Stava sulla dritta del pontelontano il più possibile da quegli
uomini curvi sulla scialuppaaccaniti al fatto loro con
un'agitazione da forsennati e una cautela da cospiratori. I due
Malesi non avevano mollato la barra. Immaginatevi gli attori di
quel dramma del maredi quell'episodio unicograzie a Dio!... i
quattro uomini esausti di sforziselvaggi e furtivie gli altri
tre che li guardavano immobili come statue davanti ai tendoni che
coprivano la profonda inconsapevolezza di centinaia di esseri
umaniaddormentati nella loro stanchezzanei loro sogni
trattenuti da una mano invisibile sull'orlo dell'abisso. Che
fossero proprio sull'orlo dell'abissodate le condizioni della
naveper me è assolutamente fuori dubbio; nessuna avaria avrebbe
potuto esserle altrettanto fatale. Quei disgraziati intorno alla
scialuppa avevano tutte le ragioni di perder la testa dal terrore.
Francamentemi ci fossi trovatonon avrei dato un soldo per
l'eventualità che la nave restasse a galla fino al seguente minuto
secondo. Eppure galleggiava! Quei pellegrini addormentati erano
destinati a seguitare il loro pellegrinaggio fino all'amarezza di
un'altra fine. Si sarebbe detto che l'onnipotenza da cui
invocavano misericordia avesse bisogno per qualche momento ancora
della loro umile testimonianza su questa terrae avesse chinato
gli occhi sull'oceano con un gesto di comando: 'Non voglio!' La
loro sopravvivenza mi colpirebbe come un miracolo inesplicabile
se non sapessi quanta resistenza possano avere i ferri vecchi
resistenza analoga a quella di certe carcasse umane incontrate qua
e làridotte a un'ombrae che pure sopportano ancora tutto il
peso della vita. Non è per me la sorpresa minore di quei venti
minuti il comportamento dei due timonieri. Facevano parte di quel
gregge variopinto di indigeni menato da Aden per venire a
testimoniare all'inchiesta. Uno di essigiovanissimolottava
contro un'estrema timidezzae la sua faccia glabragiallastra e
giovialelo faceva ancora più giovane di quel che fosse. Ricordo
perfettamente che Brierly gli fece domandare dall'interprete che
cosa avesse pensato in quel momenti; e l'interpretedopo un breve
colloquiovolgendosi alla Corte con aria importante: 'Dice che
non pensava niente.' L'altrocon i suoi occhi remissivi che
sbatteva continuamentecol suo fazzoletto di cotone azzurro
scolorito dai molti lavaggi e annodato con arte su una massa di
ciocche grigieaveva un viso scavato da dure pieghee una pelle
bruna che faceva sembrare più scura una rete di rughe; aveva
coscienza che una sciagura si era abbattuta sulla nave: ma non
aveva ricevuto ordini: per lo meno non se ne ricordava: perché
avrebbe dovuto lasciar la barra? Di fronte a più precise domande
gettò indietro le magre spallee dichiarò che non lo aveva
neanche sfiorato l'idea che gli uomini bianchi potessero aver
abbandonato la nave per paura della morte. Non ci credeva ancora.
Potevano aver avuto ragioni segrete. Scuoteva la vecchia testa con
l'aria di chi la sa lunga. Certo! ragioni segrete... Era uomo
d'esperienzae voleva far capire a quel Tuan lì - si volse verso
Brierlyche non alzava il capo - che lui ne aveva imparate tante
in tanti anni al servizio di uomini bianchi sul mare; e
improvvisamentecon agitazione febbrilescaricò sulla nostra
attenzione ansiosa un fiotto di nomi che suonavano straninomi di
capitani scomparsinomi dalle consonanze familiari e storpiate e
velieri dimenticaticome se la mano del tempo vi avesse gravato
sopra da secoli. Finirono col farlo tacere. Il silenzio cadde sul
tribunale - un silenzio totale che durò oltre un minuto prima di
risolversi in un mormorio profondo. L'episodio fu l'avvenimento
sensazionale della seconda udienza e scosse tutto il pubblico
tutti fuorché Jimil quale sedeva aggrondato all'estremità del
primo bancoe non alzò mai gli occhi su quel testimone strano e
terribile che sembrava seguire un suo misterioso metodo di difesa.
Così quei due lascar erano dunque rimasti alla barra della nave
senza governoe ve li avrebbe trovati la mortese tale fosse
stato il loro destino. I bianchi non li degnarono nemmeno di uno
sguardo; probabilmente si erano dimenticati della loro esistenza.
Jim non se ne ricordava certamente più. Ricordava soltanto di non
poter far nullaora che era solo. Altro non rimaneva che
scomparire con la nave. A che scopo far del chiasso? A che scopo?
Aspettava in piedisenza una parolairrigidito in un'attitudine
di eroico riserbo. Il capo macchinista gli corse incontro in punta
di piedi attraverso il ponte di comando e lo tirò per la manica.
'Venga a aiutarci! Per amor di Dio venga a aiutarci!'
Corse di nuovo verso la scialuppa in punta di piedima poi tornò
subito indietro a tirarlo per la manicasupplicando e
bestemmiando.
'Credo che mi avrebbe baciato le mani' diceva Jimviolento'e
subito dopocominciò a schiumare di rabbiabestemmiandomi in
faccia: - Se avessi tempo sarei felice di spaccarle la testa.- Lo
respinsi. A un tratto mi afferrò per il collo. Maledetto! Lo
colpii. Lo colpii senza guardare. - Allora non vuol salvarsi la
vitalei... maledetto vigliacco! singhiozzava. Vigliacco! Mi
chiamò maledetto vigliacco! Ah! ah! ah! ah! mi chiamò... ah! ah!
ah!...'
Si era rovesciato indietroin un convulso di riso. Non avevo mai
udito in vita mia un riso così amaro. Cadeva come un vento
malefico sopra l'allegria delle chiacchiere sugli asinellisulle
piramidisui bazare tutto il resto. Nella penombra della lunga
galleria le voci tacquerole macchie pallide dei visi si volsero
tutte insieme verso di noi e si fece un così profondo silenzio che
il tintinnìo di un cucchiaino caduto sul pavimento della veranda
lo riempì di un piccolo rumore argentino.
'Non rida cosìcon tutta questa gente intorno' protestai con
aria di rimprovero. 'Fa un brutto effettosa.'
Da principio parve non aver sentito; ma fissò un attimo sul vuoto
uno sguardo chesenza vedermicontemplava una visione orribile
e borbottò con noncuranza: 'Ohcrederanno che sono ubriaco.'
Edopoa guardarlosi sarebbe pensato che non avrebbe più detto
una parola. Ma... neanche per sogno! Non poteva smettere di
parlareorapiù di quanto non avrebbe potuto smettere di vivere
per pura forza di volontà".
CAPITOLO 9.
"'Io dicevo tra me: - E va' a fondo... maledetta! Va' a fondo! -'
Con queste parole riprese il discorso. Non desiderava se non che
fosse finita. Gli altri con disprezzo lo avevano lasciato da
parteed egli nella sua testa lanciava questa apostrofe alla nave
in tono di invocazione e d'imprecazionementree nello stesso
tempogustava il privilegio di esser testimonio di scene- a mio
parere - di bassa commedia. Quelli continuavano ad arrabattarsi
intorno alla chiavarda. Il capitano dava ordini. 'Buttatevi là
sotto e cercate di sollevarla;' e gli altri naturalmente si
schermivano. Capirete che trovarsi appiattiti sotto la chiglia di
una scialuppa non è una posizione idealecon una nave che può
affondare da un momento all'altro. 'Perché non ci va lei... lei -
il più forte?' guaì il piccolo macchinista. 'Gott-for dam! Sono
troppo grosso' borbottò il capitano disperato. Era buffo da far
piangere gli angeli. Rimasero lì immobili un momentoe poi a un
tratto il capo macchinista si buttò contro Jim.
'Venga a aiutarelei! E' matto a voler gettare via l'unica sua
speranza? Venga a aiutarelei! lei! Guardi... guardi!'
E finalmente Jim guardò verso poppa dove l'altro indicava con
insistenza di maniaco. Vide un silenzioso tendone nero che s'era
già mangiato un terzo del cielo. Sapete come vengono su quei nembi
da quelle partiin quella stagione. Prima si vede oscurarsi
appena appena l'orizzonte - niente altro; poi si alza una nuvola
opaca come un muro. Un orlo diritto di vapore sfrangiato da
luccicori lividi e giallastri monta da sudovestingoiandosi le
stelle a intere costellazioni; la sua ombra vola sulle acquee
confonde mare e cielo in un unico abisso di oscurità. E tutto è
calmo. Né tuoni né vento né rumori; non un bagliore di lampi. Poi
nella tenebrosa immensità appare una cappa livida; una o due onde
lunghequasi il fiatare della stessa oscuritàpassano velocie
improvvisamente vento e pioggia si abbattono insieme con
particolare impetuositàcome se avessero sfondato un ostacolo
solido. Una di codeste nuvole s'era levata senza che ci avessero
fatto caso. Ora la scorserosi resero esattamente conto chese
nella calma assoluta c'era qualche possibilità che la nave
restasse a galla ancora qualche minutonon appena il mare si
fosse mosso le avrebbe dato subito il colpo di grazia. Il suo
primo sbandamento avanti il rompersi di uno di quei nembi sarebbe
stato anche l'ultimosi sarebbe risolto in un tuffosi sarebbe
per così direprolungato in un lungo inabissarsigiù giùfino
in fondo. Donde quei loro scossoni di pauraquei nuovi gesti
buffoneschi con cui dimostravano che non eran disposti a morire.
'Era neranera' continuava Jim con una calma tetra. 'Ci era
venuto susornione sornione alle spallequel dannato! In fondo
al cervello mi doveva essere rimasta un'ombra di speranza. Non so.
Ma ormai era finita. Mi esasperava di trovarmi preso così. Ero
furibondo di sentirmi in trappola. E c'ero in trappola! Mi ricordo
che la notte era caldamolto: non un soffio d'aria.'
Se ne ricordava così benecheansimando sulla sua poltrona
sembrava sudare e soffocare davanti ai miei occhi. Certo che il
nembo lo aveva esasperato: lo aveva messo a terra una seconda
voltaper modo di dire - ma gli aveva anche fatto tornare in
mente lo scopo importante che lo aveva spinto a precipizio sul
ponte e che lì poi gli era svanito subito dalla mente. Voleva
liberare le scialuppe di salvataggio. Tirò fuori il coltello e si
mise a dar di taglio come se non avesse veduto nullaudito nulla
e non conoscesse nessuno a bordo. Gli altri pensarono che gli
avesse dato di volta il cervello e che fosse matto senza rimedio
ma non osarono protestare a voce alta contro quell'inutile perdita
di tempo. Quando ebbe terminatotornò nel punto preciso da cui si
era mosso. Il capo macchinista era lìpronto ad afferrarlo e a
sussurrarglicon la testa vicino alla suarabbiosamentecome se
volesse mordergli l'orecchio...
'Imbecille! E lei crede di avere un'ombra di probabilità di
salvarsi quando quel branco di bestie saranno nell'acqua? La
prenderanno a colpi in testa da codeste scialuppe.'
E si torceva le maniaccanto a Jim che non gli badava
menomanente. Il capitano continuava a battere i piedi borbottando:
'Martello! Martello! Mein Gott! andate a prendere un martello '
Il piccolo macchinista piagnucolava come un bambinomacon tutto
il suo braccio rottosi dimostrò meno vigliacco degli altri
pare; perché in realtà trovò tanto coraggio da correre
ubbidientemente nella sala macchine. Non è cosa da pocoa voler
esser giusti con luiquesta. Jim mi disse che lanciava occhiate
di disperazione come uno messo alle stretteaveva dato soltanto
un gemito sordoe era corso via. Tornò immediatamente
incespicandocol martello in manoe senza fermarsi si gettò
sulla chiavarda. Gli altri abbandonarono subito Jim e corsero ad
aiutarlo. Jim udì i colpi del martelloe il rumore della zeppa
che cadeva. La scialuppa era libera. Soltanto allora si voltò a
guardare - soltanto allora. Ma mantenne le distanze... mantenne le
distanze. Desiderava farmi capire che manteneva le distanze; che
non c'era nulla in comune fra lui e quegli uomini... quelli del
martello. Assolutamente nulla. Molto probabilmente si sentiva
separato da loro da uno spazio insuperabileda un abisso senza
fondo. Si teneva alla massima distanza da loro... l'intera
larghezza della nave.
Teneva i piedi abbarbicati in quel punto isolato e gli occhi fissi
sul gruppo indistinto di quegli uomini curvi che avevano strani
ondeggiamenti nell'angoscia collettiva della paura. Una lampada
portatile appesa a un sostegno sopra un tavolino messo sul ponte
di comando - il Patna non aveva una cabina di guardia a mezza nave
- gettava un po' di luce sulle loro spalle tese nello sforzo
sull'oscillare delle loro schiene arcuate. Spingevano la scialuppa
da pruala spingevano avanti nella notte; spingevanoe non si
curavano più di lui. Lo avevano lasciato perdere come se veramente
fosse stato tanto lontano e senza rimedio separato da loroda non
meritare neanche un richiamouno sguardoun cenno. Non avevano
tempo di voltarsi a osservare il suo eroismo passivodi sentire
l'aculeo della sua astensione. La scialuppa era pesante; la
spingevano da prua senza che avanzasse fiato per una parola
d'incitamento; ma l'orgasmo di terrore che aveva disperso il loro
coraggio come pula al ventotrasformava i loro sforzi disperati
in una specie di farsa. Una vera farsa da pagliacci in un circo.
Spingevano con le manicon la testaspingevano disperatamente
con tutto il peso del corpospingevano con tutta la forza della
loro anima - se non cheappena riuscivano con la prua a
oltrepassare la grusmettevano tutti come un sol uomosi
arrampicavano per gettarsi come matti nella barca. La scialuppa
manco a dirlotornava indietro di colporigettandoli a terra
senza rimedioe ammucchiandoli uno contro l'altro. Per un poco
rimanevano lì intontitiscambiandosi in un feroce brontolìo gli
epiteti più infamanti che venivano loro alla boccae poi
riprendevano da capo. Per tre volte si ripeté la scena. Jim me la
descriveva con una tetra precisione. Non un gesto gli era sfuggito
di quella scena comica. 'Li odiavo. Li aborrivo. E ho dovuto
vedere tutto questo' disse senza enfasivolgendosi verso di me
con uno sguardo cupo e sospettoso. 'Ci fu mai nessuno messo a più
vergognosa prova?'
Si prese la testa fra le mani per un momentocome uno uscito di
senno per qualche indicibile offesa. Queste cose non poteva
spiegarle al tribunale - e nemmeno a me; ma sarei stato poco degno
di ricevere le sue confidenze se non avessi saputo ogni tanto
capire anche le pause tra le parole. In questo assalto contro la
sua forza d'animo c'era l'intenzione beffarda di una vendetta vile
e maligna; c'era qualcosa di buffonesco nella prova a cui era
sottoposto... qualcosa di degradante nelle comiche smorfie che
accompagnavano l'avvicinarsi della morte o del disonore.
Mi riferì fatti che non ho dimenticatima a tanta distanza di
tempo non potrei rammentarmi le sue precise parole; ricordo
soltanto che riuscì magnificamente col nudo racconto degli
avvenimenti a manifestare il rancore che covava nell'animo. Due
voltemi disseaveva chiuso gli occhi nella certezza che fosse
scoccata la sua ultima orae due volte ebbe a riaprirli. Ogni
volta notò più oscurità nella grande calma. L'ombra della nuvola
silenziosache cadeva ormai a perpendìcolo sulla navesembrava
aver estinto ogni suono in quella sua vita formicolante. Non si
sentiva più una voce sotto i tendoni. Mi disse che ogni qual volta
aveva chiuso gli occhi un lampo di pensiero gli aveva mostrato
chiaro come il solequella folla di corpi distesipronti per la
morte. Quando li riaprivavedeva la lotta confusa e caparbia dei
quattro uomini che si accanivano come matti intorno alla barca. Di
quando in quando arretravanoe si mettevano a inveire uno contro
l'altroper poi precipitarsi avanti di nuovo tutti in una
volta... 'C'era da morir dal ridere' commentò a occhi bassi: poi
alzandomeli in viso un momento con un sorriso malinconico: 'Dovrei
avere un avvenire allegroperchéper Dio! quel buffo spettacolo
lo avrò davanti agli occhi un bel po' di volte prima di morire.'
Abbassò gli occhi di nuovo. 'Negli occhi e nelle orecchie... negli
occhi e nelle orecchie...' disse due voltecon un lungo
intervallo pieno di uno sguardo assorto.
Si riscosse.
'Mi ero imposto di tener gli occhi chiusi' riprese'ma non mi
riuscì. Non mi riuscìe non m'importa che si sappia. Si provino a
passare per certe esperienzeprima di parlare. Si provi... e a
far meglio:... ecco tutto. La seconda volta le palpebre mi si
aprirono di colpoe anche la bocca. Avevo sentito muover la nave.
S'era abbassata un poco di prua - per risollevarsi pian piano -
lenta... lenta un'eternità e appena appena. Da giorni e giorni non
faceva così. La nuvola era trascorsae questa prima onda lunga
sembrava avanzare su un mare di piombo. Non c'era vita in quel
movimento. Eppure bastò a sconvolgere qualcosa nella mia testa.
Che avrebbe fatto lei? E' sicuro di séno? Ma che farebbe se
sentisse orasul momentomuoversi la casaquimuoversi appena
d'un tantinosotto la sua poltrona? Un salto! Un salto -
perdiana! - da qui dove è seduto fino a quel gruppo di cespugli
laggiù.'
Tese il braccio verso la notte oltre la balaustra di pietra.
Tacqui. Mi guardava con occhi fermiseveri. Non c'era dubbiomi
trovavo iooraa mal punto e mi conveniva non dar segno né con
un gesto né con una parola che mi mettesse a rischio di venir
trascinato a qualche fatale ammissione in rapporto con quella
faccenda. Non ero affatto disposto a correre un rischio del
genere. Non dimenticate che Jim io me lo trovavo di frontee che
realmenteera troppo dei nostri per non riuscire pericoloso. Non
ho vergogna a dirvi - se volete saperlo - che con un rapido
sguardo scandagliai la distanza che mi separava da quella massa
d'ombra più densa che spiccava nel mezzo dell'aiuoladavanti alla
veranda. Aveva esagerato. Con un salto non sarei mai arrivato
tanto lontano... ed è l'unica cosa di cui sono piuttosto sicuro.
Il momento estremo era giunto - pensava - ma non si mosse. I piedi
gli rimanevano abbarbicati al piancitoè i pensieri gli
turbinavano nella testa. In quel momento vide uno degli uomini
intorno alla scialuppa arretrare improvvisamente di un passo
batter l'aria con le braccia alzatebarcollare e accasciarsi.
Non proprio cadutoma scivolato dolcemente a sederetutto
raggomitolatoe con le spalle appoggiate al fianco del lucernario
della sala macchine. 'Era il fuochista. Un tipo macilento
pallidocon baffi ispidi. Fungeva da terzo macchinista' spiegò.
'Morto' dissi. Ne avevamo sentito accennare in tribunale.
'Così dicono' pronunciò con cupa indifferenza. 'In verità non
l'ho capito allora. Malato di cuore. Si lamentavada qualche
tempodi non sentirsi molto in gamba. L'eccitazione. Lo sforzo.
Lo sa il diavolo. Ah! ah! ah! Si vedeva bene che neanche lui
voleva morire. Buffono? Che io possa morire ammazzato se non
l'avevano trascinato ad uccidersi! Trascinato... né più né meno.
Trascinatoperdiana! Proprio come me... Ah! Se non si fosse
mosso! se avesse detto a quei tre di andare all'inferno quando
erano corsi a strapparlo dalla cuccetta perché la nave stava
affondando! Se si fosse tenuto da parte con le mani in tasca e
glie ne avesse dette quattro!'
Si alzòagitò il pugnomi guardò con occhi di fuocoe si rimise
a sedere.
'Un'occasione perdutaeh?' mormorai.
'Perché non ride?' fece. 'Uno scherzo combinato nell'inferno.
Debolezza di cuore!... Qualche volta vorrei averla avuta anch'io
la debolezza di cuore!'
Questo mi irritò. 'Davvero?' esclamai con profonda ironia. 'Sì!
Non lo capisce?'gridò. 'Non so che altro avrebbe potuto
desiderarelei' ribattei con ira. Mi guardò con aria di assoluta
incomprensione. Anche questa freccia non era andata a segnoed
egli non era tipo da preoccuparsi di frecce sperdute. Parola mia
era troppo poco sospettoso; non era un giuoco leale. Fui contento
di avere sprecato il mio dardo... che lui non avesse udito nemmeno
la vibrazione dell'arco.
Di certoalloranon poteva sapere che quell'uomo era morto. Il
minuto seguente - il suo ultimo a bordo - fu pieno d'un tumulto di
casi e di sensazioni che gli si rovesciarono addosso come il mare
su uno scoglio. Adopro di proposito questo paragone perché dal suo
racconto debbo credere che abbia mantenuto per tutto lo svolgersi
di questi avvenimenti una strana illusione di passivitàcome se
non fosse stato lui l'agentema uno strumento nelle mani di
potenze infernali che lo avevano scelto a vittima del loro scherzo
diabolico. La prima cosa di cui riebbe coscienza fu lo stridore
delle pesanti gru che si misero finalmente in moto oscillando...
uno stridore pungente che parve propagarglisi in corpo dal ponte
attraverso le piante dei piedie su su lungo la spina dorsale
fino alla sommità del capo. Alloranell'imminenza del nembo ora
vicinissimoun'onda più alta sollevò lo scafo inerte a una
altezza paurosa che gli tolse il respiromentre grida di terrore
come pugnalate gli passavano cuore e cervello. 'Molla! per amor di
Diomolla! Molla! Va giù.' Subito dopo le cime di sostegno
scorsero nei bozzelli e molti uomini sotto i tendoni si diedero a
parlare con voce spaventata. 'Quegli sciaguratiperduto ogni
ritegnocominciarono a strillare che avrebbero svegliato un
morto' disse. Poidopo il colpo e lo sciacquìo della scialuppa
messa di peso in acquasentì rumori sordi e lo scalpiccìo di
quelli che si buttavano nella scialuppain una confusione di
grida: 'Scoccia! Scoccia! Spingi! Scoccia! Spingi per amor di Dio!
Eccoil nembo ci viene addosso!...' Udìalto sopra il suo capo
il lieve sussurro del vento; esotto i piediun grido di dolore.
Una voce sperduta da sottobordo si alzò a bestemmiare contro una
gaffa. La nave cominciò a ronzare da poppa a prua come un'arnia
infastidita; econ la stessa calma con cui mi aveva raccontato
tutto questo perché in quel momento era calmo nell'atteggiamento
nel voltonella voce - Jim soggiunseper così diresenza
preavviso: 'Inciampai nelle sue gambe.'
Era il primo accenno al fatto di essersi mosso. Non potei
trattenere un segno di sorpresa. Qualcosa lo aveva finalmente
fatto muoverema quando esattamentee per qual motivo si fosse
distolto dalla sua immobilitàegli non sapeva più di quanto un
albero sradicato ne sappia del vento che lo ha buttato a terra. Ai
suoi sensi erano arrivati i suonile immaginiI'urto contro le
gambe del morto... perdiana! Lo scherzo diabolico gli era stato
ficcato in gola da una potenza infernalema - badate non avrebbe
mai ammesso di aver consentitoluicon un pur minimo movimento
di deglutizione. E' straordinario come riusciva a trascinarvi
nella sua illusione. Lo ascoltavo come si ascolta una storia di
magìa nera operata su un cadavere.
'Cadde piano piano di fianco; e questa è l'ultima cosa che mi
rammento di aver veduta a bordo' continuò. 'Di quel che facesse
non mi curavo. Sembrava volesse tirarsi sue mi parve naturale.
Mi aspettavo di vedermelo correre davanti a buttarsi di là dai
bastingagginella scialuppadietro agli altri che sentivo
urtarsi di qua e di làlì sottoe una voce che sembrava venire
dal fondo di un pozzo chiamò: - Giorgio! - Poi tre voci urlarono
contemporaneamente. Ma mi arrivarono ben distinte: un belatouno
strilloun guaìto. Puah!'
Ebbe un brividoe lo vidi alzarsi lentamente in piedicome se
una mano ferrea lo avesse tirato su dalla poltrona per i capelli.
Sulento - quanto era alto; e quando le ginocchia si furono tese
quella mano lo lasciòed egli vacillò un poco. C'era un tal senso
di paurosa immobilità nel suo voltonei suoi movimentiperfino
nella sua voce quando disse 'urlarono' che involontariamente tesi
le orecchie per ascoltare il fantasma di quel grido che tra poco
avrei certamente udito in quell'effetto di illusorio silenzio.
'C'erano ottocento persone sulla nave' disse Jiminchiodandomi
contro lo schienale della poltrona col suo terribile sguardo
vuoto. 'Ottocento persone vive: e loro urlavano a quell'unico
morto di buttarsi giù e di salvarsi. SaltaGiorgio! Salta! Oh!
Salta! - Io stavo lìcon la mano sulla gru. Ero molto calmo.
S'era fatto buio come la pece. Non si vedeva né cielo né mare. Per
un momento non udii più che la scialuppa sbatteresbattere
sottobordocontro lo scafomentre la nave sotto di me era piena
di brusìo. A un tratto il capitano urlò: - Mein Gott! Il nembo! il
nembo! Tiriamoci fuori! - Col primo fischio di pioggia e la prima
raffica di vento gridarono: SaltaGiorgio! Ti prendiamo noi!
Salta! - La nave beccheggiò lentamente; la pioggia la spazzava
come colpi di mareil berretto mi volò via; il vento mi
ricacciava in gola il respiro. Come dall'alto di una torre udii un
ultimo grido selvaggio: Giooorgio! Ohsalta! - La nave stava
affondandoaffondando sotto i miei piedi... a cominciar dalla
prua.'
Si portò deliberatamente una mano al visomuovendo le dita come
per togliersi delle ragnatele che gli dessero fastidio; poi si
guardò per un attimo la palma aperta prima di sputar fuori le
parole:
'Mi ero buttato giù...' S'interruppevolse gli occhi... 'Pare'
soggiunse.
I suoi occhi celesti si volsero verso di me con uno sguardo
penosoe vedendolo lìin piedi davanti a meconfuso e accorato
mi sentii oppresso da un senso triste di rassegnata saggezza
misto alla pietà distaccata e profonda di un vecchioimpotente
davanti al malestro fatto da un bambino.
'Giàsembrerebbe' borbottai.
"Non me ne accorsi finché non guardai in su"spiegò in fretta. E
anche questo è possibile. Bisognava starlo a sentirecome un
ragazzetto nei guai. Non se n'era accorto. La cosa era andata
così... ma non sarebbe mai più successo. Era cascato quasi addosso
a unodi traversosu un banco. Ebbe l'impressione di essersi
sfondato tutto il costato sinistro: poi rotolòe vide
confusamente sopra di lui la nave che aveva abbandonatacon il
fanale rosso di fianco che nella pioggia sembrava più grandecome
un fuoco in cima a una collina visto attraverso la nebbia.
'Sembrava più alta di un muro; dominava la scialuppa come una
rupe... Desiderai di morire' gridò. 'Non c'era modo di tornare
indietro. Era come se mi fossi buttato in un pozzo... in un buco
fondo senza fine.'".
CAPITOLO 10.
"Intrecciò le ditapoi le disciolse con uno strappo. Non c'era
nulla di più vero: era saltato proprio in un buco fondo senza
fine. Era caduto da un'altezza che mai più avrebbe potuto scalare.
Frattanto la scialuppa alla deriva aveva sorpassato la prua. Era
troppo buio in quel momento perché potessero vedersi i quattro
uominiaccecatiper di piùe mezzo affogati dalla pioggia. Mi
disse che era come se fossero stati trascinati da un'inondazione
attraverso una caverna. Voltavano le spalle al nembo; il capitano
pareaveva messo fuori un remo da poppa per mantenere la barca
prua a ventoe per due o tre minuti fu un finimondo con quel
diluvio in un'oscurità di pece. Il mare fischiava 'come ventimila
pentole.' Il paragone è suonon mio. Immagino non ci fosse più
molto ventodopo quella prima raffica; e lui stesso aveva
ammessoall'inchiestache il mare non era cresciuto gran che
durante la notte. Si accoccolò a prua guatandosi alle spalle. Vide
un'unica luce gialla: quella del fanale a riva dell'albero
maestroalto e incerto come un'ultima stella sul punto di
spegnersi. 'Mi fece drizzare i capellia vederlo ancora lì'
disse. Questo disse. Ciò che lo empì di terrore fu l'idea che la
nave non fosse ancora affondata. Senza dubbio desiderava che
quell'abominio fosse finito al più presto possibile. Nessuno
fiatava nella scialuppa. Nell'oscurità la barca sembrava volare
ma naturalmente non doveva far molta strada. Poi l'acquazzone
passò oltreveloce; e il vasto sibilo che li ossessionava la
seguì allontanandosie si spense. Non si udiva altro che un
leggero sciabordare lungo i fianchi della barca. Uno batteva forte
i denti. Una mano toccò la schiena di Jim. Una voce fioca disse:
'Ci sei?' Un'altratremulaesclamò: 'Se n'è andata!' e tutti
insieme si alzarono in piedi a guardare verso poppa. Non si vedeva
più il fanale. Tutto buio. Una pioggerella fredda e sottile
batteva le facce. La barca rollò leggermente. I denti batterono
più in frettapoi più nullapoi ricominciarono due volte a
battere prima che l'uomo riuscisse a dominare il proprio tremito
tanto da dire: 'G... g... g... Giusto in t... t... t... tempo...
Brrr.' Jim riconobbe la voce del primo macchinista che diceva in
tono burbero: 'L'ho vista affondare. Mi sono voltato per caso.' Il
vento era caduto quasi del tutto.
Scrutavano l'oscurità stando rivolti contro ventocome in attesa
di udire delle grida. Da principio si sentì grato alla notte di
avergli nascosto alla vista la scena; ma poi il fatto che tutto
era accaduto senza che egli avesse visto né udito nulla gli parve
in qualche modo il punto saliente di un'orribile disgrazia.
'Stranovero?' mormoròinterrompendosi nella sua saltuaria
narrazione.
A me non parve tanto strano. Doveva aver avuto una inconsapevole
convinzione che la realtà non avrebbe potuto essere neanche
lontanamente bruttaangosciosaspaventosa e crudele quanto il
terrore creato dalla sua immaginazione. Sono sicuro chein quel
primo momentoil suo cuore dovette essere dilaniato da tutta
intera la sofferenzala sua anima aver assaporato il cumulo di
pauradi orroredi disperazione di quegli ottocento esseri umani
afferrati in piena notte da una morte subitanea e violenta; se no
perché avrebbe detto: 'Mi pareva di dover saltar giù da quella
maledetta barcaper tornar indietro a nuoto a vedere... Un mezzo
miglio... di più... qualunque distanza... fino al punto
preciso...?' Perché questo impulso? Ne capite il significato?
Perché indietronel punto preciso? Perché non affogarsi lì vicino
alla barca - se intendeva affogarsi - perché tornare nel punto
precisoa vedere... come se la sua immaginazione avesse avuto
bisogno di placarsi nella certezza che tutto era finito prima di
cercare una liberazione nella morte? Sfido chiunque di voi a
trovare un'altra spiegazione. Eraattraverso la nebbiauno di
quei bizzarri e commoventi barlumi che vi ho detto. Una
rivelazione straordinaria: egli la buttò fuori come la cosa più
naturale del mondo. Aveva soffocato quell'impulso; poi si rese
conto del silenzio intorno. Me ne accennò. Silenzio del maredel
cielofusi in una unica immensità indefinibileferma come la
morteintorno a quelle vite salvepalpitanti. 'Si sarebbe
sentito cadere uno spilloin quella barca' disse con una strana
contrazione delle labbracome un uomo che si sforzi di dominare
la propria sensibilità mentre racconta un fatto di una estrema
commozione. Il silenzio! Soltanto Iddioche aveva voluto Jim così
com'erasapeva che cosa significava quel silenzio per il suo
cuore. 'Non credevo che al mondo ci fosse un luogo così cheto'
disse. 'Non si distingueva il mare dal cielo: non si vedevanon
si sentiva nulla. Non una lucenon una formanon un suono. Si
sarebbe detto che la terraferma fosse sprofondata tutta fino
all'ultima zolla; che tutti gli uomini della terraeccetto quei
tali della scialuppa e iofossero affogati.' Si curvò sulla
tavola con le nocche delle mani puntate tra le tazzine da caffèi
bicchierini da liquorele cicche di sigarette. 'Mi pareva di
crederlo davvero. Tutto scomparsoe... tutto finito...' sospirò
profondamente... 'per me.'".
Marlow si drizzò di colpo sulla sediae gettò via con forza il
sigaro che seguì una traiettoria rossacome un razzo da bambini
lanciato attraverso il drappeggio dei rampicanti. Nessuno si
mosse.
"Ehiche ve ne pare?" esclamò con improvvisa vivacità. "Erain
linea con se stessono? La sua vita salvata era perduta perché
gli mancava la terra sotto i piedigli mancava la vista per gli
occhigli mancavano voci per le sue orecchie. Annichilimento..
ehi! E sempre soltanto il cielo torbidola bonaccia senza
frangentie un'aria senza moto. Nient'altro che la notte;
nient'altro che il silenzio.
"Così durò per un poco; poi improvvisamente gli altri tre si
misero a schiamazzare sul loro salvataggio. 'Lo sapevo fin dal
primo momento che sarebbe andata giù.' 'In tempo in tempo.'
'Scampati proprio per un peloporca miseria!' Lui non disse
nullama la brezza che era caduta ripreseuna bava di vento
venne rinfrescando gradatamentee il mare unì il suo mormorio a
quello schiamazzo di reazione dopo i primi istanti di muto
spavento. Sparita! Sparita! Non c'era dubbio. Nessuno avrebbe
potuto farci niente. Ripetevano le medesime parolesempre quelle
come se non potessero farne a meno. Non avevano mai dubitato che
sarebbe andata giù. I fanali erano scomparsi. Non c'era da
sbagliare. I fanali erano scomparsi. Non c'era da aspettarsi
altro. Doveva andar giù per forza... Notò che parlavano come se si
fossero lasciati dietro una nave vuota. Conclusero che doveva
averci messo pocouna volta che aveva cominciato ad affondare.
Ciò sembrava procurar loro una specie di soddisfazione. Si
rassicuravano l'uno con l'altro: doveva averci messo poco...
'Calata giù come un ferro da stiro.' Il primo macchinista dichiarò
che il fanale a riva dell'albero maestroal momento d'affondare
era precipitato 'come a buttar via un fiammifero acceso.' A queste
paroleil secondo macchinista scoppiò in una risata isterica.
'Sono c-c-contentosono c-c-contento.' I suoi denti continuavano
a battere 'come una raganella' disse Jim'e tutto a un tratto si
mise a piangere. Piangeva e frignava come un bambinotirando il
fiato e singhiozzando: - OhDio! Oh Dio! Oh Dio! - Si
interrompeva per un po'e poi ricominciava tutto a un tratto: -
Oh il mio povero braccio! Ohil mio povero bra-a-accio -. Lo
avrei picchiato. Qualcuno sedeva sul cordame di poppa. Potevo
appena intravvedere le loro ombre. Mi arrivavano vociborbottii
mugoliigrugniti. Tutto questo era difficile da sopportarsi.
Avevo anche freddo. E non potevo far nulla. Mi pareva che se mi
fossi mosso avrei finito col gettarmi in acqua e...'
Poiché con la mano brancicava a casovenne a contatto con un
bicchierino da liquoree la ritrasse di colpocome se avesse
toccato un carbone acceso. Gli avvicinai un poco la bottiglia.
'Non ne vuole un altro po'?' domandai. Mi lanciò un'occhiata
rabbiosa. 'Crede che io non possa dirle quello che c'è da dire
senza farmi ubriacare?' domandò. Il gruppo di globe-trotters era
andato a letto.
Eravamo rimasti soli; c'era soltanto un'incerta forma bianca
dritta nell'ombrachequando si sentì guardatasi sporse in
avantiesitòe si allontanò in silenzio. Si faceva tardima non
diedi fretta al mio ospite.
Nella sua desolazione sentì i compagni inveire contro qualcuno.
'Che aspettavi a saltar giùpezzo di scemo?' gridò una voce
aspra. Il primo macchinista scese dal cordame di poppa e avanzò
incespicando come mosso da intenzioni ostili contro "il più grande
imbecille del mondo". Il capitanodal suo posto dove era seduto
reggendo il remocon voce raucasforzatalanciava insulti. Jim
a questo berciare alzò la testa e sentì chiamare: 'Giorgio!'
mentre una mano nel buio lo colpiva al petto. 'Avanti! Che hai da
direstupido?' domandò qualcunocon una rabbia che ricordava
quella della virtù offesa. 'Ce l'avevano con me' disse. 'Mi
insultavano - mi insultavano - continuando a chiamarmi Giorgio.'
S'interruppe per fissare il vuotocercò di sorriderevolse gli
occhi e riprese: 'Quel mezz'uomo del sotto capo macchinista ecco
che mi mette la testa sotto al naso. - Ma è quel maledetto
ufficiale in seconda! - Come? - urla il capitano dall'altra
estremità della scialuppa. - Ma no! - grida il capo. E anche lui
si chinò per guardarmi in faccia.'
Il vento s'era improvvisamente calmato. Ricominciò a pioveree si
udì nella notte tutto intorno il suono dolceininterrottoun
poco misterioso dell'acquazzone sul mare. 'Lì per lì non dissero
altro tanto erano sbalorditi' proseguì con voce ferma; 'e io che
potevo dire?' La voce gli mancò un momento; poicon uno sforzo
riprese a dire: 'Mi ricopersero degli insulti più ignominiosi.' La
sua voceche s'era venuta spegnendoa tratti si riaccendeva
all'improvvisoindurita dalla violenza del suo disprezzocome se
stesse svelando qualche segreto abominio. 'Non mi facevano niente
con i loro improperi' disse a muso duro. 'Si sentiva l'odio nelle
loro parole. Per fortuna. Non potevano perdonarmi di essere lì in
quella barca. L'idea li rivoltava; eran furibondi...' Ebbe un
breve riso... 'Ma fu proprio questo a trattenermi da... Guardi!
Sedevo a braccia conserte sul bordo!...' Si sedette addirittura
sull'orlo del tavolinoa braccia conserte... 'Così... vede? Una
spintina e sarei andato... a raggiungere gli altri. Una
spintina... da niente... appena appena...' Aggrottò le
sopraccigliae battendosi in fronte la punta del medio: 'C'era da
un pezzoqui' disse in tono solenne. 'Da un pezzo - quel
pensiero. E la pioggia... freddafittafredda come neve
sciolta... più fredda... sui miei vestiti leggeri di cotone... non
avrò mai più tanto freddo in vita mialo so. E il cielo era
nero...tutto nero. Non una stellanon una luce da nessuna
parte. Nulla fuorché quella maledetta barca e quei due che mi
abbaiavano addosso come una coppia di botoli ringhiosi che
incalzano un ladro. Bau! Bau! Che fai qui? Bel genere! Troppo
delicato il signore per dare una mano. E s'è svegliatoeh? Per
intrufolarsi qua con noi! Vero? Bau! Bau! Non è degno di stare al
mondo! Bau! Bau! Due alla voltae cercando di abbaiare uno più
forte dell'altro. E il terzo latrava da poppa attraverso la
pioggia... non potevo capire le sue sudicie parolacce. Uà! uà!
Bauau-au-au-au. Uà! uà! Bau! Bau! Era un dolce sentire; mi legava
alla vita... le dico. Ci si misero d'impegnocome se volessero
gettarmi in mare a forza di berci!... Mi meraviglio che abbia
avuto il fegato di buttarsi di sotto. Non ce lo vogliamo qui. Se
avessi saputo che era leil'avrei scaraventato fuori bordo...
coniglio che non è altro! Che ne ha fatto del nostro compagno?
Dove ha trovato tanto fegato da buttarsi di sotto?... vigliacco!
Chi c'impedisce a noi tre di cacciarla in mare? Non avevan più
fiato; l'acquazzone dileguò sul mare. Poi più nulla. Nulla intorno
alla barcanemmeno un rumore. Avrebbero voluto vedermi in mare
eh? Perdio! Credo che il loro desiderio sarebbe stato soddisfatto
senz'altrose fossero rimasti tranquilli. Gettarmi fuori bordo!
Davvero? - Provatecidissi. - Per due soldi lo faccio -. -Troppo
per lei! urlarono tutti insieme. Era così buio che soltanto quando
l'uno o l'altro si muoveva ero proprio sicuro di vederlo.
Perdiana! Magari ci avessero provato!'
Non potei trattenermi dall'esclamare: 'Straordinario!'
'Non c'è male... eh?' disse con una cert'aria stupita. 'Fecero
finta di credere che quel fuochistaper qualche motivol'avessi
levato di mezzo. Perché lo avrei fatto? E come diavolo potevo
sapere? Non c'ero comunque arrivato in quella barca? in quella
barca... io...' I muscoli della bocca gli si contrassero in una
smorfia involontaria sotto la maschera della sua espressione
abituale... un segno violentoistantaneorivelatore come il zig-
zag d'un lampo che apra all'occhio per un attimo la segreta
geografia di una nuvola. 'C'ero: c'ero evidentemente lì con
loro... no? Non è terribile che un uomo possa essere trascinato a
fare una cosa in quel modo... e ne debba poi rispondere? Che ne
sapevo di quel Giorgio di cui stavano berciando? Ricordavo di
averlo veduto sul ponte raggomitolato su se stesso. - Vigliacco
assassino! - continuava a gridarmi il capo-macchinista. Sembrava
incapace di ricordare altre parole che quelle due. Non me
n'importava nientea mema il baccano che facevaquello sì
cominciava a seccarmi. - Falla finita! - dissi. Allora raccolse
tutte le sue forze per urlare da maledetto: - Lei l'ha ucciso! Lei
l'ha ucciso! - No! gridaima ammazzerò te se séguiti -. Balzai in
piedie lui cadde riverso sul banco con un tonfo pauroso. Non so
come. Troppo buio. Forsenel tentativo di tirarsi indietro.
Cercai di guardar bene da poppavia dove quel mezzo uomo del
secondo macchinista si sentiva ora piagnucolare: - Avrebbe il
coraggioleidi mettersi con un disgraziato che ha un braccio
rotto... e poi dice di essere un gentiluomo...- Sentii un passo
pesante... uno... due... e un gorgoglio asmatico. Era l'altro
bestioneche mi serrava addossosbattendo il suo remo sulla
poppa. Lo vidi venire avantigrandegrande... come si vede un
uomo nella nebbiao in sogno.- Fatti avanti -gridai. Gli sarei
piombato addosso come una valanga. Si fermòbrontolò qualche
cosae tornò indietro. Forse aveva sentito il vento. Io no. Fu
l'ultima raffica greve che ci investì. E fece ritorno al suo remo.
Peccato! Mi sarebbe piaciuto di... di...'.
Aprì e richiuse le dita adunche; le sue mani ebbero un fremito
d'impazienza feroce. 'Calmacalma' mormorai.
'Eh? Come? Sono calmo" protestòterribilmente offeso; e con uno
scatto convulso del gomito rovesciò la bottiglia del cognac. Feci
un balzotirandomi dietro la poltrona. Scattò giù dal tavolo come
se una mina gli fosse esplosa alle spalleefatto un mezzo giro
prima di toccar terrarestò accoccolato sul pavimento con occhi
atterriti e un orlo di pallore intorno alle narici. Poi ebbe uno
sguardo d'intenso fastidio. "Sono mortificatissimo. Che sventato!'
borbottò tutto indispettitomentre nella purafresca oscurità
della notte l'odore pungente dell'alcool spanto ci avviluppò
tutt'a un tratto in una avvinazzata atmosfera da bettola. Nella
sala da pranzo erano state spente le luci; la nostra candela
ardeva solitaria per tutta la lunghezza della galleriae le
colonne s'erano fatte nere dal basamento al capitello. Contro le
stelle vividelo spigolo superiore della Capitaneria di Porto
spiccava distintamente di là dal piazzalecome se quella massa
oscura fosse scivolata avantiavvicinandosi a noi per meglio
vederci e ascoltarci.
Affettò un'aria d'indifferenza.
'Oserei dire di esser meno calmo adesso che allora. Ero pronto a
tutto. Quelle mi sembravano piccolezze...'
'Lei se la deve essere spassata in quella scialuppa'osservai.
'Ero pronto' ripeté. 'Scomparsi i fanali del piroscafoqualunque
cosa sarebbe potuta succedere nella barca - qualunque cosa al
mondo - che nessuno ne avrebbe mai saputo niente. Questo lo
sentivoe mi faceva piacere. C'era anche un discreto buio.
Eravamo come uomini murati alla rinfusa in una tomba capace.
Nessun rapporto con nessuna cosa al mondo. Tutto senza importanza'
Per la terza volta nel corso di quella conversazione rise amaro
ma non c'era nessuno lì in giro che potesse crederlo ubriaco. 'Né
paurené legginé rumoriné sguardi - nemmeno i nostri... fino
almeno alla levata del sole.'
Fui colpito dalla suggestione di verità che nasceva dalle sue
parole. Una barchetta in mezzo al mare immenso dà una sua
particolare sensazione. Sulle vite sottratte all'ombra della morte
sembra incombere l'ombra della pazzia. Perdendo la vostra navevi
sembra di perdere tutto il vostro mondo: il mondo che vi ha fatti
vi ha tenuti a frenoche si è preso cura di voi. Come se le anime
degli uominia galla sull'abisso e in contatto con l'immensità
fossero libere di oltrepassare ogni limite di eroismodi
assurditào di abominio. Naturalmenteanche per i naufragicome
per la fedeper il pensierol'amorel'odiole convinzioni e
perfino per l'aspetto visibile delle cose materialitanti sono i
casi quanti sono i tipi di uomini; e in questo qui c'era qualcosa
d'abietto che rendeva più completo l'isolamento; c'era nelle sue
contingenze una bruttura che tagliava fuori nel modo più preciso
quegli uomini da tutta quella parte di umanitàil cui ideale del
costume non era mai stato sottoposto alla prova di uno scherzo
così diabolico e spaventoso. Erano esasperati contro di lui che
ritenevano uno scroccone vile; e lui li gratificava d'un odio
globaleper tutta quella faccenda: avrebbe voluto trar su di loro
una vendetta esemplare per l'odiosa occasione che gli avevano
fornito. Servitevi di una barca in alto mare per far emergere
l'Irrazionale che si annida in fondo a ogni nostro pensieroe
sentimentoe sensazione o emozione. Fu ancora un segno della
meschinità buffonesca insita in quel particolare sinistro nautico
il fatto che i naufragi non arrivarono a scazzottarsi. Tutto si
limitò a minaccea una finzione terribilmente efficace; una
commedia dal principio alla finepreparata dal supremo scherno
delle Potenze Oscure i cui terrori realisempre sull'orlo del
trionforestano perpetuamente smontati dalla costanza degli
uomini. Domandaidopo una breve pausa d'attesa: 'Behche
accadde?' Futile domanda. Troppe già ne sapevo per poter sperare
la grazia che tutto avesse a riscattarsi con un sol tocco:
l'attenuante di un sospetto di pazziadi un'ombra di orrore.
'Nulla' disse. 'Io facevo sul serioma loro facevano solo per
chiasso. Non accadde nulla.'
E l'alba lo trovò esattamente come quando era saltato sulla prua
della scialuppa: pronto in attesa. Che costanza! Se n'era stato
tutta la notte con in mano la barra del timone. Il timone l'avevan
perso in mare nel tentativo di gettarlo a bordoeprobabilmente
un calcio aveva buttato la barra verso prua mentre correvano su e
giù per la scialuppa cercando di far mille cose in una volta nella
fretta di allontanarsi dalla nave. Era un pezzo di legno duro
lungo e pesante: deve esserselo tenuto stretto in pugno per circa
sei ore. Se non si chiama questo essere pronti! Ve lo figurate?
Taciturnoin piedi per metà della nottefaccia alle raffiche di
pioggiafissi gli occhi su quelle forme d'ombraattento a ogni
cenno di movimentocon le orecchie tese per afferrare i mormorii
sommessi che venivano dalla poppa! Saldezza di coraggioo sforzo
di paura? Che vi pare? Innegabilmenteanche capacità di
sopportazione. Sei ore più o meno sulla difensiva; sei ore di
immobilità guardingamentre la barca o avanzava lenta o fluttuava
immobile a capriccio del vento; mentre il mareora in bonaccia
finalmentedormiva sorvolato dalla nuvolaglia; mentre il cielo da
un'immensità di opaco e di nero si delimitava in una volta scura e
traslucida cosparsa di un più lucente scintillìosfumava verso
levantesbiadita allo zenith; e quelle ombre oscureche là da
poppa nascondevano alla vista le stelle basseprendendo a poco a
poco rilievo e contornodiventavano spalletestefacce
fattezze; là di fronte a luicon sguardi fissi e tetri; capelli
scompostiabiti strappatile palpebre arrossate e inquiete nel
pallore dell'alba. 'Sembrava gente che avesse sguazzato per le
pozzanghere della stradain un'ubriachezza di sette giorni'
disse con un'immagine visiva; e poi borbottando ricordò quella
levata di sole come una di quelle che annunciano una bella
giornata. Conoscete l'abitudine dei marinai di riferirsi al tempo
che fa a proposito di tutto. E a me bastarono quelle poche parole
smozzicate a mostrarmi al vivo l'orlo inferiore del disco solare
staccarsi dalla linea dell'orizzontee il fremito di una larga
increspatura scorrere a vista d'occhio su tutta la stesa del mare
come se le acque avessero rabbrividito nel partorire il globo di
lucementre l'ultimo soffio di brezza moveva I'aria in un sospiro
di sollievo.
'Stavano seduti a poppaspalla contro spallacol capitano nel
mezzocome tre brutti gufie mi fissavano' disse con un accento
d'odio che versava un tossico erosivo in quelle parole banali
come versare una goccia di potente veleno in un bicchier d'acqua;
ma il mio pensiero si era fermato su quella levata di sole.
Immaginavo sotto la vacuità pellucida del cielo quei quattro
uomini prigionieri della solitudine di quel mareil sole
ascendere solitarioincurante di quell'atomo di vitasu per
l'arco limpido del cielo come per voglia di contemplare da più
alto il proprio splendore riflesso nello specchio immobile
dell'oceano. 'Da poppaalzando la vocemi parlarono' disse Jim
'come se fossimo stati amiconi. Li udivo. Mi pregavano di essere
savio e di lasciare quel PEZZO DI LEGNO DEL DIAVOLO. Perché mai
volevo prenderla su questo tono? Non mi avevano fatto niente di
maleno? Male a nessuno... Niente di male!'
Avvampò come se non riuscisse a tirare il fiato. 'Niente di male!'
esclamò. 'Giudichi leiche può capire. Vero? Che potevano fare di
peggio? Ah sìlo so benissimo... sono saltato giù... Certo. Sono
saltato giù! Glie l'ho detto da me che sono saltato giù; però
anche le dico che quelli erano troppo forti per chiunque. Erano
stati loro; chiaro solare; come se mi avessero tirato giù con un
raffio. Non capisce? Eppure deve capirlo. Suparli... cuore in
mano!'
I suoi occhi turbati si fermarono sui mieicon aria di
interrogazionedi preghieradi spaventodi implorazione. Non
potei trattenermi dal mormorare: 'Certolei è stato messo a dura
prova.' 'Più del dovere' ribatté pronto. 'C'era poco da
sceglierecon una cricca simile. E ora trattavano da amici...
così maledettamente da amici! Cameraticompagni di mare. Tutti
nello stesso guaio. Prendiamola per il meglio. Con me non ci
avevano proprio niente. Di Giorgio non glie ne importava un fico.
Giorgio era tornato in cabina a prender qualcosa all'ultimo
momentoe era rimasto in trappola. Quell'uomo era un fior
d'imbecille. Certo la cosa non era molto allegra... Avevano gli
occhi su di me. Muovevano le labbrascuotevano la testa
all'altra estremità della barca; mi facevano cenni... a me. Perché
no? Non m'ero buttato di sotto? Non dissi nulla. Non ci sono
parole per esprimere cose del genere di quelle che volevo dire. Se
avessi aperto bocca in quel momento avrei urlato come una bestia.
Mi domandavo quando mi sarei svegliato. Mi invitarono con
insistenzaad alta vocea portarmi a poppa per sentire con calma
quel che il capitano aveva da dirmi. Ci avrebbero ricuperati senza
dubbio prima di sera - eravamo proprio sulla rotta di tutto il
traffico del Canale; già si vedeva del fumo a nord-ovest.
'Ebbi un colpo al cuore alla vista di quella vagatenue macchia;
quella traccia bassa di nebbia color marrone che lasciava
trasparire la linea di demarcazione tra mare e cielo. Gridai loro
che li sentivo benissimo da dove mi trovavo. Il capitano si mise a
bestemmiarepiù rauco d'una cornacchia. Non intendeva sgolarsi
per far comodo a me. - Ha paura che lo sentano da terra? -
domandai. Roteò gli occhi come se avesse avuto voglia di sbranarmi
con le unghie. Il primo macchinista gli consigliò di lasciar
perdere. Disse che non ero ancora tornato del tutto in me. L'altro
si alzò in piedida poppae si mise a parlare - a parlare...'
Jim s'interruppesoprappensiero. 'Ebbene?' dissi. 'Cosa m'importa
che storiella s'eran combinati fra loro?' gridò eccitato.
'Potevano dire tutto quello che gli andava a genio. Affar loro. La
storia verala sapevo io. Nulla di quanto sarebbero riusciti a
far credere alla gente avrebbe potuto cambiare la mia verità. Lo
lasciai parlareargomentare... parlareargomentare. E avanti-
avanti-avanti... A un tratto mi sentii cedere le gambe. Ero
nauseatostanco... stanco... da morire. Lasciai cadere la barra
voltai le spalle ai tree sedetti sul banco più vicino. Ne avevo
abbastanza. Mi gridarono se avevo capito - non eraparola per
parolala verità? Perdiose era la verità! Non voltai la testa.
Li sentii che tenevan conciliabolo. - Quel pezzo d'asino non dirà
niente -. - Ohcapisce benissimo! - Lo lasci stare; funzionerà a
dovere -. Tantoche cosa può fare? - Che potevo fare? Non eravamo
tutti nello stesso guaio? Cercai di restar sordo. Il fumo era
scomparso in direzione Nord. C era una bonaccia marcia. Bevvero al
barile e bevvi un sorso anch'io. Dopo si diedero un gran da fare a
stendere la vela sul carabottino. Mi domandarono se mi sarei
prestato a far da vedetta. Si infilarono sottoche non li vedevo
grazie a Dio! Mi sentivo stanco mortoesaustocome se non avessi
dormito un'ora dal giorno ch'ero nato. L'acqua non si scorgeva
tanto il barbaglio del sole. Di quando in quando uno di loro
veniva fuori carponisi alzava in piedi per dare un'occhiata in
giroe poi si rinfilava sotto. Sentivo russare a tratti di sotto
la vela. Dunque qualcuno riusciva a dormire. Uno almeno. Io no!
Tutto era lucelucee la barca sembrava vi sprofondasse
attraverso. Ogni tanto provavo una vera sorpresa a ritrovarmi lì
su un banco...'
Cominciò a far su e giù a passi misurati davanti alla mia
poltronacon una mano nella tasca dei calzonila testa china.
pensierososollevando ogni tanto il braccio destro come a toglier
di mezzo un invisibile intruso.
'Lei penserà che diventavo matto?' riprese con tono diverso. 'E
non avrebbe tortose si ricorda che avevo perduto il berretto. Il
sole mi batté per tutto intero il suo arco da est a ovest sul capo
nudoma si vede che quel giorno là non mi poteva succedere nulla.
Il sole non riuscì a farmi diventar matto... Col braccio destro
respinsi l'idea della pazzia... Né a uccidermi...' Di nuovo
ricacciò un'ombra col braccio... 'Questo dipendeva da me.'
'Davvero?' esclamaiprofondamente stupito a questa svolta
inattesae guardandolo con l'espressione che sarebbe stata
naturale se Jimfatta una piroettami fosse riapparso col viso
d'un altro.
'Non mi presi un'insolazionee nemmeno cascai morto' proseguì.
'Non mi scomposi affatto per tutto quel sole che mi batteva sulla
testa. Riflettevo con la stessa calma di uno cheseduto
all'ombrasegua i suoi pensieri. Quel bestione sugnoso del
capitano spinse fuori il suo testone rasato di sotto la tela e
fissò su di me i suoi occhi di pesce. - Donnerwetter! Lei si
piglia un accidente -brontolòritraendosi nel guscio come una
tartaruga. Lo avevo veduto. Lo avevo udito. Ma non mi mossi. Stavo
concludendoproprio in quel momentoche non sarei morto.'
Cercò di sondare i miei pensieri lanciandomi un'occhiata
penetrante nel passarmi davanti. 'Lei vuol dire che stava
decidendo in se stessose morire o no?' domandaicol tono più
impenetrabile che mi riuscì di assumere. Annuì col capo senza
fermarsi. 'Sìc'ero arrivato mentre stavo seduto làda solo'
disse. Fece qualche passo fino al limite immaginario della sua
marciae quando si voltò di scatto per tornare indietros'era
ficcato tutt'e due le mani in tasca fino in fondo. Si fermò di
colpo davanti alla mia poltrona e mi guardò dall'alto in basso:
'Non mi crede?' domandò con tesa curiosità. E mi sentii portato a
dichiarare solennemente d'esser pronto a credere implicitamente a
tutto ciò che gli fosse piaciuto di raccontarmi".
CAPITOLO 11.
"Mi stava a sentire con la testa inclinata da una partee fu per
me un'altra schiaritacome uno squarcio nella nebbia entro a cui
si muoveva la sua sostanza viva. Lo vedevo appenaalla luce
debole di una candela che sfrigolava nel suo globo di vetro;
dietro di lui la notte buia con le limpide stelleil cui
scintillìo remoto attirava l'occhio attraverso una successione di
piani di tenebra sempre più fitta; e tuttavia una luce misteriosa
sembrava scoprirmi la sua testa di ragazzocome se in quel
momento la gioventù che era in lui si fosse effusa in un attimo di
chiarore subito spento. 'E' proprio buonoleiad ascoltarmi
così' disse. 'Mi fa bene. Non può sapere che significhi per me.
Lei non...' Parve non trovare le parole. Questa volta in un netto
chiarore vidi che era un giovanotto del tipo di quelli che ci
vediamo volentieri d'attorno; del tipo a cui ci piace immaginare
di aver somigliato un tempo; del tipo il cui aspetto richiama per
affinità illusioni che credevamo perduteestintefreddee che
quasi riaccese dall'accostarsi di un'altra fiammadanno ancora un
guizzo in qualche punto laggiùlaggiù... dal profondo; un guizzo
di luce... di calore!... Sìebbi una illuminazione di lui in quel
momento... e non fu l'ultima... 'Non può immaginare che significhi
per uno nella mia situazione essere creduto... poter raccontare
tutto a un più anziano. E' così difficile... così terribilmente
iniquo... così duro da capire.'
La nebbia si riaddensava. Non so quanto gli sembrassi vecchio... o
quanto saggio. Assai meno vecchio di quanto mi sentivo io in quel
momento; e assai meno saggio (di una saggezza inutile) di quanto
mi conoscevo. Certoin nessun altro mestiere quanto nel
marittimoil cuore di chi è già varatoper naufragare o per
restar a galla che siasi sente più vicino ai giovani che guardan
dall'orlo con occhi accesi lo scintillare della vasta superficie
che altro non è se non il riflesso dei loro sguardi infuocati. C'è
una così magnifica indeterminatezza nelle speranze che hanno
spinto ognuno di noi verso il mareuna così meravigliosa
indefinitezzauna così bella sete di avventure che hanno soltanto
in se stesse la loro ricompensa! Con che costrutto poi - beh
lasciamo andare - ma esiste chi tra noi riuscirà a trattenere un
sorriso? In nessun altro genere di vita l'illusione è così lontana
dalla realtà... in nessun altro l'esordio è così tutto
illusione... e la delusione così pronta... così completo
l'asservimento. Non avevamo cominciato tutti con le stesse
aspirazionifinito con la stessa esperienzaportato il ricordo
dello stesso incantesimo lungo le nostre giornate sordide
d'imprecazioni? Che meravigliadunquesequando capita addosso
qualche grossa tegolaci si accorge che il legame resiste; che
oltre al senso di consorteria e di mestiere c'è la forza di un più
profondo sentimento... il sentimento che unisce un adulto a un
bambino. Era lìdavanti a mefiducioso che l'età e la saggezza
possano trovare un rimedio contro lo squallore della verità e mi
rivelava in luidi colpoun giovanotto che si è messo in un
guaio che è l'anima dei guaiuno di quei guai davanti ai quali i
barbogi scuotono il capo solenninascondendo un sorriso. Dunque
tra séaveva pensato alla morte... maledetto! Aveva trovato
questo bell'argomento da meditareperché gli pareva di essersela
salvata la vitadopo aver perduto tutta la sua aureola - quella
notte - insieme alla nave. Che c'era di più naturale? Piuttosto
tragico e buffoin coscienzaquel chiedere a gran voce
compassione. Valevo io forse più degli altri per rifiutargli la
mia pietà? E già mentre ancora lo stavo guardandola nebbia
riavvolse lo squarcioe non udii più che la sua voce:
'Ero così spersocapisce. Era una di quelle cose che uno non se
l'aspetta mai. Non come una battagliaper esempio.'
'Infatti' annuii. Sembrava cambiatocome se si fosse maturato
tutt'a un tratto.
'Non si poteva essere sicuri' borbottò.
'Ah! Lei non era sicuro' feciplacato però dall'alito di un
lieve sospiro che passò fra di noi come il fruscìo di un'ala nella
notte.
'Non ero sicuro' ripeté deciso. 'Come quella storia meschina che
avevano inventato quei tre. Che non era una menzogna... ma non era
nemmeno la verità. Era una certa cosa... Una menzogna vera e
propria si riconosce. C'è meno d'un capello tra il bene e il male
in questa faccenda.'
'Che voleva di piùlei?' chiesi; ma credo di averlo detto così
piano chenon afferrò le mie parole. Aveva sostenuto la sua tesi
come se la vita fosse un intreccio di sentieri separati da abissi.
La sua voce aveva un tono di convinzione.
'Mettiamo che io non avessi... insommamettiamo che io fossi
rimasto sulla nave. Bene. Per quanto tempo ancora? Diciamo un
minuto - mezzo minuto. Ecco. Dopo trenta secondicome allora
sembrava certomi sarei trovato in acqua; e crede lei che non mi
sarei afferrato alla prima cosa che mi fosse capitata sottomano...
un remoun salvagenteun pagliolo... qualunque cosa. Non lo
crede?' 'E si sarebbe salvato' feci.
'Avrei cercato di salvarmi' ribatté. 'E questo è più di quanto
intendevo fare quando...' rabbrividì come chi ingoia una droga
nauseabonda... 'quando mi buttai di sotto' disse con uno sforzo
convulso chequasi si propagasse in onde d'ariami fece
trasalire sulla poltrona. Mi fissò con occhi cupi. 'Non mi crede?'
esclamò. 'Lo giuro!... Accidenti! Mi ha fatto venir qui a parlare
e... Lei deve! Deve credermi!... Lei ha detto che mi avrebbe
creduto.' 'Certo che le credo' risposi con un tono naturale che
ebbe un effetto calmante. 'Mi scusi' fece. 'Naturalmente non le
avrei parlato di tutto questo se lei non fosse un gentiluomo.
Avrei dovuto capire... Sono... sono... un gentiluomo anch'io...'
'Sìsì' dissi subito. Mi guardò dritto in facciapoi lentamente
distolse lo sguardo. 'Ora capisce perchédopo tuttonon... non
ho seguito la mia prima idea. Non volevo aver paura di quel che
avevo fatto. Ein ogni modose fossi rimasto sulla nave avrei
cercato con ogni mezzo di salvarmi. Si sa di gente che è rimasta a
galla per delle ore... in alto mare... e fu ricuperata in
condizioni abbastanza buone. Io avrei potuto resistere meglio di
tanti altri. Io il cuore ce l'ho sano.' Si tolse di tasca il pugno
destroe il colpo che si diede sul petto risuonò nel buio come
una detonazione sorda.
'Già' dissi. Meditavacon le gambe leggermente divaricate e il
mento sul petto. 'Un filo di rasoio' borbottò. 'Un filo di
rasoiofra questo e quello. E lì per lì...'
'E' difficile vedere un filo di rasoio a mezzanotte' commentai
con un po' di velenoforse. Lo capite che intendo io per
solidarietà di mestiere? Ero irritato contro di lui come se avesse
rubato a me... a me personalmente!... una splendida occasione per
confermare le illusioni dei miei primi tempi; come se avesse tolto
alla nostra vita comune l'ultima scintilla del suo splendore. 'E
così lei se n'è andato... subito.'
'Saltato di sotto' corresse con tono deciso. 'Saltato... badi!'
ripetée io mi stupii dell'evidentema oscurosottinteso.
'Ebbenesì! Forse non ci ho visto chiarosul momento. Ma poi
ebbi tanto tempo per schiarirmi bene le idee in quella scialuppa.
E per riflettereanche. Nessuno ne avrebbe saputo nulla
naturalmentema questo non migliorava la mia condizione. Lei deve
credermi anche in questo. Io non avevo in mente di far tutte
queste chiacchiere... No... Sì... non voglio mentire... Ne avevo
bisogno; era la cosa che desideravo di più... laggiù. Crede che
lei o chiunque altro avrebbe potuto obbligarmi se io... Non ho...
non ho paura di parlare. Come non avevo paura di riflettere. Ho
guardato bene le cose in faccia. Non intendevo scappare. Da
principio... durante la nottenon fosse stato per quegli uomini
forse avrei... No! perdio! Non intendevo dar loro quella
soddisfazione. Si erano già spinti anche troppo. Avevano inventato
una storiaeper quanto ne soci credevano. Ma io conoscevo la
verità egiorno per giornocon le mie sole forzesarei riuscito
a sgretolarla ed a vincerla. Non intendevo cedere a una così
bestiale ingiustizia. Cosa provavadopo tutto? Ero maledettamente
giù. Nauseato della vita... a dirle la verità; ma a cosa sarebbe
servito di sfuggirle in... in... quella maniera? Non era quella la
buona via. Credo... credo che non avrebbe... non avrebbe messo
fine... a nulla.'
Andava in su e in giùma a quest'ultima parola si volse di scatto
verso di me.
'Che ne pensalei?' domandò con violenza. Seguì una pausae a un
tratto mi sentii carico di una stanchezza profonda e disperata
come se la sua voce mi avesse strappato fuori da un vagarein
sognofra gli spazi vuoti di una immensità che mi torturava
l'anima e mi estenuava il corpo.
'... non avrebbe messo fine a nulla' insisté dopo un poco
borbottandodominandomi con la persona. 'No! Non c'era altro da
fare che affrontar tutto questo... da me solo... aspettare
un'altra occasione... scoprire...'".
CAPITOLO 12.
"Intornotutto era silenzio fin dove si arrivava coll'udito. La
nebbia dei sentimenti di Jim che stagnava tra noioracome se
l'avessero agitata gli sforzi di luisi fransee negli squarci
di quel velo immaterialeegli apparve ai miei occhi fissi netto
nei suoi contorni e carico di un fascino vagocome una figura
simbolica in un quadro. Il rigore della notte mi pesava addosso
come una lastra di marmo.
'Capisco' mormoraipiù che altro per provare a me stesso che ero
in grado di rompere quel mio stato di torpore.
'L'Avondale ci raccolse poco prima del tramonto' osservò con aria
imbronciata. 'Filò dritto su di noi. Non avemmo che da star ad
aspettarloseduti.'
Dopo un lungo intervallosoggiunse: 'Gli altri raccontarono la
loro storiella.' Seguì un altro silenzio opprimente. 'Soltanto
allora capii la portata della mia decisione' fece poi.
'Lei non disse nulla' mormorai.
'Che potevo dire?' domandòanche a lui a bassa voce... 'Urto
leggero. Fermata la nave. Accertato il danno. Prese le misure
necessarie per mettere in mare le scialuppe senza creare panico.
Mentre si calava la primala navepresa in un nemboandò giù.
Affondò come piombo... Che poteva esserci di più chiaro...'
abbassò il capo... 'e di più orribile?' Gli tremarono le labbra
mentre mi fissava dritto negli occhi. 'Mi ero buttato giù... non è
vero?' domandòsgomento. 'Ecco cosa dovevo scancellare con la mia
vita. La storiella non contava...' Giunse le mani un attimo
gettando uno sguardo a destra e a sinistra nel buio. 'Era come
ingannare i morti' balbettò.
'E morti non ce n'erano' feci.
A queste parole svanì. Non posso altrimenti dare un'idea del suo
movimento. Vidi a un tratto la sua schiena contro la balaustra.
Rimase un poco lìquasi ammirasse quella purezza e quella pace
della notte. Qualche cespo fioritodal giardino di sottoesalava
il suo profumo potente nell'aria umida. Tornò dietro a passi
affrettati.
'E neanche questo contava niente' dissetestardo come un mulo.
'Può darsi' ammisi. Cominciavo a dubitare se non fosse lui più
forte di me. Dopo tuttoche ne sapevo?
'Morti o non mortinon potevo cavarmela così' disse. 'Dovevo pur
continuare a vivereno?'
'Behsì... se la prende da questo lato' mormorai.
'Naturalmente fui ben contento' gettò lì con indifferenzacon la
mente fissa altrove... 'della chiarificazione' soggiunse
lentamente; e alzò il capo. 'Sa lei quale fu il mio primo pensiero
quando seppi? Un senso di sollievo. Di sollievo nel sapere che
quelle grida... le ho detto che avevo udito delle grida? No? Beh
le avevo udite. Grida di aiuto... portate dal vento con la
pioggia. Immaginazionesuppongo. Eppuremi sarebbe difficile...
Che stupidaggine... Gli altri non le avevano udite. Glie lo
domandaidopo. Dissero tutti di no. No? E io le udivo ancora!
Avrei dovuto capire... ma non facevo riflessioni... ascoltavo
soltanto. Fievolissime grida... giorno per giorno. Poi quel
piccolo meticcio mi si avvicinò e mi parlò.- Il Patna... una
cannoniera francese... riuscita a rimorchiarlo fino a Aden...
Indagine... Capitaneria di porto... Casa del Marinaio... Tutto
sistemato. Vitto e alloggio! - Lo seguiicontento del silenzio
finalmente. Dunque non c'erano state grida. Immaginazione.
Bisognava credergli. Non udivo più nulla. Mi domandavo per quanto
tempo avrei potuto reggerci. Di male in peggio... sìvoglio dire
sempre più forti...'
Si immerse nei suoi pensieri.
'E invece non avevo udito nulla! Bene. E sia. Ma i fanali? I
fanali erano scomparsi! Non li abbiamo visti più. Se li avessimo
visti ancorasarei tornato indietro fino alla nave a gridare. Li
avrei scongiurati di riprendermi a bordo... Avrei riavuto una
possibilità di salvezza... Lo mette in dubbio?... Come può sapere
quello che sentivo io? Che diritto ha di dubitare?... Anche così
fui sul punto di farlo... capisce?' Poia voce più bassa: 'Non
c'era nemmeno una luce... neppur l'ombra...' protestò lugubre.
'Non capisce che se ci fosse stato anche un barlume leiadesso
non mi vedrebbe qui? Mi vede qui... e dubita?'
Negai col capo. Quella faccenda dei fanali scomparsi alla vista
quando la scialuppa non poteva essere a più d'un quarto di miglio
dalla naveoffriva molta materia di discussione. Jim si teneva
fermo alla versione che non si era visto più niente dopo il primo
acquazzone; e gli altri avevano confermato la cosa davanti agli
ufficiali dell'Avondale. Naturalmente la gente scuoteva il capo e
sorrideva. Un vecchio capitano seduto vicino a me in tribunale mi
fece il solletico nell'orecchio con la sua barba bianca per
mormorare: 'E' naturale che mentiscano.' In realtà non avevano
mentito affatto; nemmeno il capo macchinista con la sua storia del
fanale che aveva fatto una traiettoria come un fiammifero buttato
via. Per lo menonon aveva mentito in mala fede. Un uomo col
fegato in quello stato può benissimo aver veduto una luminella
all'angolo dell'occhio nel volgere una rapida occhiata alle sue
spalle. Non videro luci di nessun genere pur essendo tanto vicini;
e non se lo seppero spiegare che in un modo solo: la nave era
affondata. Era consolante certezza. E la immediatezza onde la loro
previsione si era avverata aveva giustificato la loro
precipitazione. Naturale che non si fossero indugiati in cerca di
altre ipotesi. Eppure la vera era la più semplicee appena
Brierly l'ebbe accennata alla Cortecessò ogni discussione su
quel punto. Se ricordatela nave era fermacon la prua sulla
rotta seguìta fino a quel momentocon la poppa sollevata e la
prua ingavonata per l'allagamento del quadrato prodiero. Essendo
così in pannaquando il nembo la investì da poppavirò
rapidamente prua a vento come se fosse stata all'àncora. Questo
giro di posizione nascose in un batter d'occhio tutti i fanali
dalla vista della scialuppadi sottovento. Può darsi benissimo
chese fossero stati visibiliquei fanali avrebbero avuto
l'effetto di una muta invocazione - la loro luce solitariacontro
l'oscurità della nuvolagliaavrebbe forse avuto il misterioso
potere di uno sguardo umanocapace di risvegliare il senso del
rimorso e della pietà. Avrebbe detto: 'Sono qui - ancora qui...' e
cosa può dire di più l'occhio del più abbandonato essere umano? Ma
la nave voltò le spalle come per disprezzo della loro sorte: aveva
virato di bordocol suo peso d'acquaa contemplare ostinatamente
con sguardi accesi sul mare aperto il pericolo a cui doveva
sopravvivere in un modo così impensatoper terminare i suoi
giorni in un cantiere di demolizionecome se fosse stato
stabilito dal destino che dovesse fare una morte oscura sotto i
colpi di tanti martelli. Quale fine avesse riservato la sorte ai
pellegrininon sono in grado di dirlo io; ma il loro immediato
avvenire portò sul luogoalle nove circa del mattino dopouna
cannoniera francese che rimpatriavaproveniente da Réunion. Il
rapporto del suo comandante era di dominio pubblico. Aveva
dirottato alquanto per vedere cosa fosse successo a quel piroscafo
che navigava paurosamente appruato su un fosco mare in bonaccia.
C'era una bandiera nazionale capovolta che sventolava sul suo
picco di maestra (il serang aveva avuto il buon senso di metter
questo segnale di pericolo appena giorno); ma i cuochi stavano
preparando come al solito il cibo nelle cassette di cottura a
prua. I ponti erano gremiti come stazzi di pecore; c'era gente
arrampicata su tutti i bastingaggistipata sul ponte di comando
in massa compatta; centinaia d'occhi fissavano la cannonierae
non si udì una voce mentre questa si dirigeva sul Patnacome se
quel mucchio di labbra fosse stato sigillato da un incantesimo.
Il comandante chiamòe non avendo ricevuto risposta
intelligibiledopo essersi accertato col binocolo che la folla
sul ponte non aveva l'aria di essere appestatadecise di mandare
una scialuppa. Due ufficiali salirono a bordoascoltarono il
serangtentarono di parlar con l'Araboma non riuscirono a
levare un ragno dal buco; comunquela natura del pericolo era
abbastanza evidente. I Francesi rimasero anche molto colpiti nel
vedere un bianco mortotranquillamente raggomitolato sul ponte di
comando. 'Fort intrigués par ce cadavre' come mi disse molto
tempo dopo un tenente anziano che incontrai a Sidneyper uno
stranissimo casoin una specie di caffèe che si ricordava
benissimo dell'incidente. In realtà quella faccendadetto tra
parentesiaveva una straordinaria potenza per sfidare la brevità
della memoria e la lunghezza del tempo: sembrava persistere con
una sorta di vitalità dispettosa nella mente e sulla lingua degli
uomini. Ho avuto il dubbio piacere di risentirla spessoanni più
tardia migliaia di miglia di distanzaemergere dai discorsi
meno attinentiportata alla superficie dalle allusioni più
lontane. Non è forse venuta a galla anche stasera fra noi? E io
sono il solo uomo di marequi. Sono il solo per il quale questa
storia rappresenti un ricordo. Eppure ha trovato la via per saltar
fuori! Se due uomini al corrente della faccendama all'insaputa
uno dell'altrosi fossero incontrati per puro caso in un punto
qualunque della terraera immancabile come il destino che questa
cosaprima di separarsivenisse in ballo tra loro. Non avevo mai
conosciuto quel Francesee un'ora dopo avevamo già chiuso i
nostri rapporti per tutta la vita: non sembrava nemmeno molto
comunicativo: era anzi un tipo tranquillomassicciocon la
divisa ciancicatasedutosonnacchiosodavanti a un mezzo
bicchiere di un liquido scuro. Aveva le controspalline un po'
opacheguance ben rasate larghe e pallidicce: sembrava un tipo da
fiutar tabacco - sapete? Non dico che ne fiutasse davvero: ma che
a un tipo così quell'abitudine sarebbe stata in carattere.
Cominciò così: lui mi porse attraverso il tavolino di marmo un
numero del Home News che non m'interessava affatto. Dissi:
'Merci.' Scambiammo qualche frase apparentemente senza importanza
e a un trattoprima di poter sapere com'era successoeravamo
entrati in pieno nella faccenda del Patnae quegli mi stava
raccontando come 'erano rimasti perplessi di fronte a quel
cadavere.' Risultò che lui era uno degli ufficiali saliti a bordo.
In quel locale c'era una gran varietà di bibite straniereper gli
ufficiali di marina di passaggioe il mio compagno bevve un sorso
di quella roba scuradall'aspetto medicinaleche probabilmente
era un innocente cassis à l'eau; poigettando con un occhio solo
uno sguardo nel bicchierescosse leggermente la testa.
'Impossible à comprendre - vous concevez' dissecon una strana
mistura di indifferenza e di riflessione. Potevo agevolmente
rendermi conto di come fosse stato impossibile per loro capire.
Nessuno sulla cannoniera sapeva tanto l'inglese da seguir la
storia raccontataa modo suodal serang. E si faceva anche un
gran baccano attorno ai due ufficiali. 'Molti li avevamo tra i
piedi; altri stavano in cerchio intorno al morto (autour de ce
mort)' raccontò. 'C'era da badare a cose più urgenti. Quella gente
cominciava ad agitarsi... Parbleu! Una folla così... capisce?'
esclamò con filosofica indulgenza. Quanto alla paratìalui aveva
detto al comandante che la cosa migliore era di lasciarla stare
tanto aveva un'aria malsicura. Portarono immediatamente (en toute
hâte) a bordo due gherlinie presero il Patna a rimorchio - per
la poppa! - il chedata la situazionenon era poi una
sciocchezzaché il timoneun bel po' fuori dell'acquanon
poteva servire gran che a governaree questa manovra alleggeriva
lo sforzo della paratìail cui statocome mi spiegò con
loquacità volubilevoleva le massime precauzioni (exigeait les
plus grands ménagements). Non potevo fare a meno di pensare che la
mia nuova conoscenza doveva aver avuto una parte consultiva in
quasi tutte codeste operazioni: sembrava un ufficiale degno di
fiducianon più molto agilema d'aspetto in certo modo assai
marinarescobenchémentre sedeva lìcon le grosse dita
intrecciate sul ventrefacesse venire in mente uno di quei preti
di campagna tabaccosi e tranquillinelle cui orecchie si
riversano peccatisofferenzerimorsi di generazioni di
contadinie la cui espressione placida e semplice è come un velo
gettato sul mistero di tanti dolori e miserie. Avrebbe dovuto
indossare una soutane nera e consuntalisciaabbottonata fino
all'ampio mentoinvece della finanziera con le controspalline e i
bottoni d'ottone. Il suo largo petto si sollevava regolarmente
mentre seguitava a raccontarmi che era stato un lavoro del
diavolocome certamente (sans doute) potevo figurarminella mia
qualità d'uomo di mare (en vôtre qualité de marin). Alla fine
della frase curvò appena il corpo verso di meespingendo un
poco in fuori le labbra rasatecacciò una specie di sibilo. 'Per
fortuna' soggiunse'il mare era liscio come questa tavola e non
c'era più vento che qui...' In realtà il locale sapeva di chiuso
in un modo intollerabile; faceva molto caldo; il viso mi bruciava
come se fossi stato tanto giovane da arrossire di imbarazzo.
Avevano fatto rottacontinuòverso il porto inglese più vicino
'naturellement' dove si scaricarono di quella responsabilità
'Dieu merci...' Gonfiò un poco le guance piatte... 'Perchébadi
(notez bien) durante tutta l'operazione due quartiermastri
rimasero piazzati con delle ascie vicino ai gherlinipronti a
liberarci dal rimorchio nel caso che...' Abbassò lentamente le
palpebre pesantirendendo di piena evidenza il proprio
pensiero... 'Che vuole! Si fa quel che si può (on fait ce qu'on
peut)' e per un momento riusci a permeare di un'aria di
rassegnazione la sua poderosa immobilità. 'Due quartiermastri per
trenta ore - sempre lì. Due!' ripetéalzando un poco la destra e
mostrando due dita. Era il primo gesto che gli vedevo faree mi
fornì l'occasione di osservare una cicatrice a stella sul dorso
della mano - prodotta evidentemente da pallottola di fucile; e
come se mi si fosse acuita la vista per questa scopertami
accorsi anche della sutura di una vecchia feritache partendo da
un po' sotto la tempia andava a perdersi tra i corti capelli grigi
da un lato della testa - il solco di una lancia o il taglio di una
sciabola. Di nuovo intrecciò le mani sul ventre. 'Rimasi a bordo
di queldi quel... la mia memoria se ne va (s'en va). Ah! Patt-
nà. C'est bien ça. Patt-nà. Merci. E' buffo come svanisce la
memoria. Rimasi a bordo trenta ore...'
'Davvero!' esclamai. Sempre guardandosi le manistrinse un poco
le labbra ma senza fischiarestavolta. 'Parve opportuno' disse
sollevando pacato le sopracciglia'che uno degli ufficiali
rimanesse lì a tener d'occhio (pour ouvrir l'oeil...)' sospirò a
caso... 'e per i segnali di collegamento con la cannoniera...
capisce... E anch'io ero d'accordo. Mettemmo le nostre scialuppe
in posizione di ammaraggio... e anch'io su quel piroscafo avevo
preso le opportune misure... Enfin! Si è fatto il possibile. Era
una posizione delicata. Trenta ore. Mi prepararono da mangiare.
Quanto al vino... col binocolo!... nemmeno una goccia.' Io non so
per che straordinaria manierasenza nessun percettibile mutamento
nel suo aspetto inerte e nella placida espressione del suo volto
riuscì a dare l'idea di un profondo disgusto. 'Io... sa... quando
si tratta di mangiare senza il mio bicchiere di vino... non mi ci
ritrovo.'
Temevo che l'avrebbe fatta lunga sul tema di quel torto patito;
perchépur senza muovere membro né batter ciglioriusciva a
manifestare l'alto grado di irritazione che gli suscitava quel
ripensamento. Ma poi sembrò dimenticarsene del tutto. Consegnarono
il loro ricupero alle 'autorità portuali' come disse lui. Era
rimasto colpito dalla calma con cui lo ricevettero. 'Si sarebbe
detto che di questi buffi oggetti rinvenuti (drôle de trouvaille)
ne ricevessero in consegna uno tutti i giorni. Siete straordinari
- voialtri' commentòcon la schiena appoggiata al muro
mostrando a sua volta l'aspetto di un essere incapace di reazioni
emotive quanto un sacco di farina. C'era per caso una nave da
guerra e un piroscafo della marina indiana in porto in quel
momentoe il Francese non nascose la sua ammirazione per la
sveltezza onde le scialuppe delle due navi liberarono il Patna dei
suoi passeggeri. In veritàcon quel suo aspetto torpido non
lasciava nulla inespresso: aveva quei potere misteriosoquasi
miracolosodi raggiungere effetti impressionanti con mezzi
impercettibili; che è il non plus ultra della grande arte.
'Venticinque minuti - orologio alla mano - venticinquenon
più...' Aprì e intrecciò di nuovo le dita senza togliere le mani
di sul ventrearrivando a un effetto molto più efficace che se
avesse alzato le braccia al cielo in gesto di stupore... 'Tutta
quella gente (tout ce monde) a terra... con le loro carabattole...
a bordo soltanto una squadra di marinai (marins de l'Etat) e
quell'interessante cadavere (cet intéressant cadavre)...
Venticinque minuti...' Con gli occhi bassi e la testa un tantino
piegata da una partesembrava assaporarsi da conoscitoretra
lingua e palatouna fettina di quella brillante operazione. Dava
la persuasione in tale modosenz'altro segnoche il suo
gradimento era di gran pesoeriassumendo quella sua immobilità
che non aveva quasi mai interrottoriprese a parlare per
informarmi cheavendo ricevuto l'ordine di recarsi a Tolone al
più prestoripartirono meno di due ore dopo'talché (de sorte
que) molte cose in questo episodio della mia vita (dans cet
épisode de ma vie) mi sono poi rimaste oscure.'".
CAPITOLO 13.
"Dopo queste parolee senza mutar posizioneegliper così dire
si sottomise a uno stato di silenzio passivo. Gli tenni compagnia;
e ad un trattoma non in modo bruscocome se fosse giunto il
momento prestabilito per far uscire dal chiuso la sua voce calma e
rocaesclamò: 'Mon Dieu! come passa il tempo!' Nulla poteva
essere più banale di questa osservazione; ma venne a sorprendermi
in un momento di visione. E' straordinario: noi passiamo
attraverso la vita con gli occhi semichiusicon le orecchie
ovattatecol pensiero addormentato. Forse è meglio così; e può
darsi che sia proprio questo attutimento dei sensi a far la vita
sopportabile e gradita alla stragrande maggioranza della gente.
Tuttaviaben pochi di noi non avranno mai vissuto uno di quei
rari momenti di risveglioquando viviamo ascoltiamo
comprendiamo tante cose - tutte - in un lampo prima di ricadere
nella nostra dolce sonnolenza. A quelle sue parole alzai gli occhi
e lo vidi come per la prima volta. Vidi il suo mento abbassato sul
pettole goffe pieghe della sua giaccale sue mani giuntela
sua immobilità che dava la stranissima idea di un oggetto
abbandonato lì. Ne era passato davvero tantodel tempo: e lo
aveva raggiunto e sorpassatolasciandoselo irrimediabilmente alle
spallecon pochipoveri doni: i capelli grigio-ferrola pesante
stanchezza del viso abbronzatodue cicatriciun paio di
controspalline che avevano perso il lustro; uno di quegli uomini
solididi fiduciache sono la materia prima delle grandi
reputazioni; una di quelle vite che non si calcolanoche si
seppelliscono senza tamburi né trombe sotto le fondamenta dei
successi monumentali. 'Ora sono capitano di corvetta sulla
Victorieuse' (era l'ammiraglia della squadra francese del
Pacifico in quel periodo)dissestaccando di cinque centimetri
le spalle dal muro per presentarsi. M'inchinai leggermente dalla
mia parte del tavolodicendogli che comandavo una nave mercantile
ancorata in quel momento nella Rushcutters' Bay. L'aveva
'rimarcata': un bel bastimentino. Pur nella sua impassibilitàsu
questo argomento fu molto gentile con me. Mi pare che arrivasse
perfino a muovere la testa per complimentomentre ripeteva a
bassissima voce 'Ah sì. Un bastimentino verniciato di nero...
molto carino... molto carino (très coquet)'. Dopo un po' fece una
lenta conversione per volgersi alla porta a vetri sulla nostra
destra. 'Città malinconica (Triste ville)' osservòfissando la
strada. Era una giornata luminosa; faceva vento di scirocco:
vedevamo i passantiuomini e donneschiaffeggiati dalla buriana
lungo i marciapiedie le facciate solatìe delle case di fronte
seminascoste dagli alti mulinelli di polvere. 'Ero sceso a terra'
disse'per sgranchirmi un po' le gambema...' S'interruppee
ricadde nelle profondità del suo riposo. 'Mi dica un po'scusi'
ripreserisalendo faticosamente alla superficie. 'Che c'era
precisamente (au juste) in fondo a quella faccenda? Curiosa cosa!
Quel cadavereper esempio... e tutto quanto.'
'E i vivi' risposi. 'Qualcunoanche molto più strano del morto.'
'Senza dubbiosenza dubbio' annuì come un soffio; poiquasi
dopo matura riflessionemormorò: 'Evidentemente.' Non ebbi
difficoltà a comunicargli quel che più mi aveva colpito nella
faccenda. Mi sembrava che avesse il diritto di saperlo: non aveva
passato trenta ore sul Patna - non ne avevaper così dire
raccolto l'ereditànon aveva fatto 'il possibile?' Mi ascoltò
con un aspetto più sacerdotale che mai e con un'aria probabilmente
per via di quei suoi occhi bassi - di devoto raccoglimento. Una o
due volte sollevò le sopracciglia (ma senza alzare le palpebre)
come uno che dicesse 'Diavolo!' Una volta esclamò con calma: 'Ah
bah!' sottovocee quando ebbi terminato spinse le labbra in fuori
con decisione emettendo un leggero sibilo di pena.
In qualunque altra persona questo avrebbe significato uno stato di
noiaun segno d'indifferenza; ma luicol suo metodo misterioso
riuscì a dare alla sua immobilità un profondo senso di risposta
piena di pensieri importanti come un uovo è pieno di sostanza. Ciò
che disse alla fine non fu che un 'molto interessante' pronunciato
con cortesiae poco più forte di un sussurro. Prima che mi fossi
rimesso dalla mia delusionesoggiunsecome parlando fra sé:
'Già. Proprio così.' Il mento sembrò sprofondarglisi ancor più nel
pettoil suo corpo pesare ancor più sulla sedia. Stavo per
domandargli che intendesse direquando una specie di tremito
preparatorio lo trascorse per tutta la personacome quella
leggera increspatura che si scorge sulle acque di uno stagno prima
che si metta il vento. 'E così quel povero giovanotto se ne scappò
con gli altri' dissecon pacata severità.
Non so che cosa mi fece sorridere: è l'unico mio sorriso sincero
che ricordi in tutta questa storia di Jim. Comunqueanche questa
semplice dichiarazione suonava buffain francese... 'S'est enfui
avec les autres' aveva detto il tenente. E a un tratto cominciai
ad ammirare la prontezza di quell'uomoche aveva colto subito il
punto della questione; aveva afferrato subito l'unica cosa per me
importante. Mi parve di essere a consulto da un avvocato. La sua
maturità calma e imperturbabile era quella di un esperto in
possesso dei fattiper il quale le perplessità altrui non sono
che giochi di bambini. 'Ah! la gioventùla gioventù' disse con
indulgenza. 'E dopo tuttodi questo non si muore.' 'Di che cosa
non si muore?' domandai subito. 'Di paura.' Chiarito il suo
pensierobuttò giù un sorso della sua bibita.
Mi accorsi che il mediol'anulare e il mignolo della sua mano
ferita erano rigidi e senza facoltà di movimento autonomosicché
teneva il bicchiere in modo un po' sgraziato. 'Si ha sempre paura.
Si può discorrere quanto si vuolema...' Posò il bicchiere... 'La
paurala paura... badi... è sempre qui...' Si toccò il petto
vicino a uno dei bottoni di metalloproprio nel punto dove Jim si
era dato una manata quando aveva dichiarato che il suo cuore era
sanissimo. Mi sfuggì forse un moto di dissensoperché insistette:
'Sì! Sì! Si discorresi discorre; va tutto benissimoma alla
resa dei conti uno non è più intelligente di un altro... e nemmeno
più coraggioso. Coraggioso! Questo resta sempre da vedersi. Ho
viaggiato un mucchio (roulé ma bosse)' disseusando quel termine
del gergo con imperturbabile serietà in tutte le parti del mondo;
'ho conosciuto uomini coraggiosi - alcuni celebri addirittura.
Allez!...' Bevve con aria indifferente... 'Coraggiosi... lei lo
capisce... in servizio... bisogna esserlo... lo richiede il
mestiere (le métier veut ça). No?' Si volse a me in tono calmo.
'Eh bien! Ognuno di loro - dico ognuno di lorose fosse stato
sincero - bien entendu - avrebbe confessato che c'è un punto c'è
un punto - per il più in gamba di noi - c'è più in qua o più in là
il punto che si lascia andare ogni cosa (vous lâchez tout). E
bisogna vivere con questa certezza... Capisce? In certe date
coincidenze di casila paura non può mancare. Una fifa terribile
(un trac épouvantable). E anche per coloro che non credono a
questa veritàla paura c'è ugualmente... la paura di se stessi.
Non si scappa. Creda a me. Sì. Sì... Alla mia età si parla a
ragion veduta... que diable!...' Aveva scodellato tutto ciò nella
sua immobilitàcome un portavoce della saggezza astratta; ma a
questo punto accrebbe quel senso di distacco mettendosi a girare
lentamente i pollici. 'E' chiaro... parbleu!' riprese; 'perchéha
voglia uno di essersi preparato l'animobasta un semplice mal di
capo o una indisposizione di stomaco (un dérangement d'estomac)
a... Guardi meper esempio... io ne ho passate abbastanza... Eh
bien! Io che le parlouna volta...'
Scolò il bicchieree poi riprese a far girare i pollici. 'Nono;
non si muore di questo' dichiarò con aria conclusiva; e quando
capii che non intendeva continuare il racconto del suo fatto
personale rimasi estremamente deluso; tanto più che eravamo in un
campo chesi sanon è mai il caso di spingere la gente a
confidarsi. Rimasi in silenzioe anche lui; come se niente
potesse riuscirgli più gradito. Erano fermiadessoperfino i
suoi pollici. A un tratto cominciò a muovere le labbra. 'E' così'
ripreseplacidamente. 'L'uomo nasce vigliacco (L'homme est né
poltron). E' una difficoltà parbleu! Altrimenti sarebbe troppo
facile. Ma l'abitudine... la necessità... capisce?... l'occhio
degli altri... voilà. Ci si vince. E poi l'esempio degli altri
che non valgono più di noieppure si tengono su...'. Tacque.
'Quel giovane - lei lo avrà notato - non aveva di questi
stimolanti... almeno in quel momento' osservai.
Alzò le sopracciglia con aria benevola. 'Non diconon dico. Il
giovanotto in questione poteva avere le migliori qualità - le
migliori' ripeté ansando un poco.
'Sono contento di vedere che lei considera la cosa con tanta
indulgenza"dissi. "I sentimenti di quel giovanein materia
erano... ah!... ottimistie...'
Lo stropiccìo dei suoi piedi sotto la tavola m'interruppe. Tirò su
le palpebre pesanti. Tirò sudico - nessun'altra espressione
potrebbe descrivere la calma decisa dell'atto - e finalmente mi si
rivelò del tutto. Mi stavano addosso due cerchietti grigi
stretticome due minuscoli anelli di acciaio intorno al nero
carico delle pupille. Quello sguardo acutoda quel corpo
massicciodava un senso di estrema potenzacome un'affilatura di
rasoio su un'ascia da battaglia. 'Domando scusadisse con un po'
di pedanteria. Alzò la mano destra e si piegò in avanti. 'Mi
permetta... Sostenevo che si può vivere sapendo benissimo che il
coraggio non viene da sé (ne vient pas tout seul). In questo non
c'è nulla di male. Una verità di più non sarà quella che rende la
vita impossibile... Ma l'onore - l'onoremonsieur!.. . L'onore...
quella è una realtà. .. quella! E che valore può aver la vita
quando'... si alzò in piedi con pesante impetocome un bue
spaventato si tira su dall'erba... 'quando l'onore se n'è andato -
ah! ça par exemple - non posso esprimere una opinione. Non posso
esprimere un'opinione... perché... monsieur - non ne so nulla.'
Mi ero alzato in piedi anch'ioesforzandoci di manifestare la
più gran cortesia con i nostri atteggiamenti restammo l'uno di
fronte all'altromuticome due cani di porcellana su un
caminetto. Al diavolo anche quello lì! Aveva bucato la bolla di
sapone. Il demone della futilità che tende l'agguato ai discorsi
degli uomini era piombato in mezzo alla nostra conversazione
riducendola a una vuota discussione di suoni. 'Benissimo' dissi
con un sorriso impacciato. 'Ma forse basterebbe non essere
scoperti?' Fece il gesto di ribattere subitoma quando parlò
aveva cambiato idea. 'Questomonsieurè troppo sottile per me -
mi supera di molto - non ci voglio pensare.' S'inchinò
profondamentetenendo il suo berretto davanti a séper la punta
fra il pollice e l'indice dalla mano ferita. Mi inchinai anch'io.
Ci inchinammo insieme uno di fronte all'altro con gran strusciar
di piedi e salamelecchisotto gli occhi d'una specie di cameriere
bisunto che ci osservava con aria di criticocome se avesse
pagato il biglietto per quello spettacolo. 'Serviteur' disse il
Francese. Un'altra strisciatina di piedi. 'Monsieur...'
'Monsieur...' La porta a vetri si richiuse dietro alla sua schiena
voluminosa. Vidi la sciroccata investirlo e portarselo via col
vento in poppauna mano sulla testale spalle squadratee le
falde della giacca appiccicate alle gambe.
Tornai a sedermisolo e scoraggiato - scoraggiato per il caso di
Jim. Non vi meravigliate che dopo più di tre anni la faccenda
fosse ancora presente al mio spirito. Jimio lo avevo riveduto
poco prima. Venivo dritto da Samarang dove avevo fatto carico per
Sydney: un affare privo assolutamente di interesse - una di quelle
cose che Carlettoquichiamerebbe una delle mie transazioni
razionali: e a Samarang avevo visto Jim. Lavorava allora per De
Jonghsu mia raccomandazione. Commissionario marittimo. 'Il mio
commesso galleggiante' lo chiamava De Jongh. Non potete
immaginare vita più povera di consolazionicon meno possibilità
di rallegrarsi per una scintilla di bellezza. Soltanto quella di
un agente di assicurazioni è peggiore. Il piccolo Bob Stanton -
Carlettoquilo conosceva bene - ci è passato. Parlo di quel Bob
che annegò nel tentativo di salvare una cameriera nel naufragio
del Sephora: quel caso di collisione- ve lo ricorderete certo -
una mattina di nebbia lungo la costa spagnola. Tutti i passeggeri
erano stati sistemati a dovere nelle scialuppe e spinti lontano
dalla navequando Bob tornò ancora sottobordo e si arrampicò sul
ponte a riprendere quella ragazza. Come mai l'avessero
dimenticatanon so capacitarmene; comunqueera impazzita: non
voleva abbandonare la nave - si reggeva al bastingaggio con tutte
le sue forze. Dalle scialuppe questa lotta si vedeva benissimo; ma
il povero Bob era il più basso di statura degli ufficiali in prima
di tutta la marina mercantile: e la donnaalta un metro e
settantacinquepare che fosse robusta come un accidente. Così
tira di quae tira di là; e quella disgraziata che urlava senza
treguae Bob che ogni tanto dava uno strillo per raccomandare
alla scialuppa di tenersi lontana dalla nave. Uno dei marinai mi
raccontòsorridendo al ricordo: 'Sembrava propriosignoreun
bambino cattivo alle prese con la mamma.' Aggiunse: 'Alla fine
vedemmo che il signor Stanton aveva rinunciato all'idea di staccar
la donna dal bastingaggioe si teneva semplicemente vicino a lei
come in osservazione. Pensammo poi che doveva aver fatto calcolo
sulla forza del mareche forsedopol'avrebbe strappata di lì
dandogli modo di salvarla. Avvicinarci noi sottobordoneanche a
dirlo: difattipoco dopola vecchia navedopo una sbandata a
drittaandò giù di colpo: plop! Il risucchio fu una cosa
terribile. Non vedemmo tornar a galla niente: né vivo né morto.'
Il periodo di vita a terra del povero Bob fucredoun episodio
d'un suo affare di cuore. Sperava seriamente di averla finita per
sempre col maree gli pareva di toccare il cielo con le ditama
alla fine dovette acconciarsi a un lavoro duro. Il posto glie
l'aveva trovato un suo cugino di Liverpool. Ci raccontava sempre
quanto aveva tribolato a far quel mestiere. Ci faceva ridere fino
alle lagrime eincoraggiato dal successopiccolo com'era e
barbuto fino alla cintura come uno gnomosi alzava sulla punta
dei piedi in mezzo a noie diceva: 'Ridete purevoialtrima la
mia anima immortale si riduceva alle proporzioni di un pisello
seccodopo una settimana di quel lavoro.' Non so come si
adattasse la natura di Jim alle sue nuove condizioni di vita -
avevo già dovuto sudar sangue per trovargli un'occupazione che gli
conservasse l'anima in corpo ma sono convinto che la sua fantasia
avventurosa ha dovuto soffrire tutte le pene dell'inedia non
avendo certamente di che nutrirsi nel suo nuovo impiego. Faceva
pena vederlo lavorarebenché ci si mettesse con una serena
pertinacia degna di ogni rispetto. Tenevo d'occhio la sua costanza
in quel noioso lavoroche mi pareva una forma di punizione per le
fanfaronate della sua fantasia - un castigo per la sua aspirazione
a una bellezza per la quale non gli sarebbero bastate le forze.
Gli era troppo piaciuto immaginarsi come un magnifico cavallo da
corsa; e ora era condannato a faticar senza gloria come il ciuco
d'un erbivendolo. Era bravissimo. Si chiudeva in se stesso
abbassava la testae non diceva mai una parola. Bene; benissimo -
eccetto quando tornava disgraziatamente a galla l'insopprimibile
storia del Patnaché allora scoppiavano scenate fantastiche e
violente. Per sua sventuraquello scandalo dei mari d'Oriente era
duro a morire. E perciò non avevo mai la sensazione di averla
finita con Jim.
Rimasi seduto pensando a lui dopo che l'ufficiale francese se ne
fu andato; però non lo rivedevo nel retrobottega fresco e
malinconico di De Jonghdove ci eravamo stretti la mano qualche
tempo primama come tre anni faagli ultimi guizzi della
candelanella lunga galleria dell'Hôtel Malabarcol freddoil
buio della notte alle spalle. La rispettabile spada della patria
Legge gli pendeva sospesa sul capo. Domani - o oggi? (la
mezzanotte era scivolata via molto prima che ci separassimo) il
magistrato faccia di marmodopo aver distribuito multe e prigione
nel processo di aggressione con vie di fattoavrebbe impugnato la
sua terribile armae lo avrebbe colpito sul collo proteso. Il
nostro colloquio durante quella notte era stato incredibilmente
simile all'ultima veglia di un condannato. Anche lui era
colpevole. Era colpevole - me l'ero ripetuto tante volte;
colpevole e finito; e tuttavia desideravo risparmiargli i
particolari di un'esecuzione formale.
Non mi proverò a spiegare le ragioni di quella mia disposizione
d'animo - non credo che potrei; ma se non siete arrivati ormai a
farvene un'ideaallora devo esser stato assai poco chiaro nel mio
raccontooppure avete troppo sonno per afferrare il significato
delle mie parole. Io non difendo la mia moralità. Non c'era una
questione di moralità nell'impulso che mi spinse a offrirgli il
piano d'evasione di Brierly - se così posso chiamarlo - in tutta
la sua semplicità primitiva. Le rupie c'erano - le avevo in tasca
assolutamente pronte per luia sua disposizione. Oh! non era che
un prestito; un prestitosi capisce - e se una presentazione a un
tale (a Rangoon) che poteva trovargli qualche lavoro... Ma col
massimo piacere! Avevo pennainchiostro e carta in cameraal
primo piano. E già mentre parlavo ero impaziente di cominciare la
lettera: giornomeseannoore 2.30 antimeridiane... in nome
della nostra vecchia amicizia ti prego di trovare un'occupazione
per il signor Giacomo Tal dei Talinel qualeecc. ecc.... Per
lui ero pronto perfino a scrivere in quel tono. Se non si era
conquistato la mia simpatiaper sé aveva fatto di più - era
penetrato fino alla sorgente e alla radice di quel sentimento
aveva toccato la segreta sensibilità del mio egoismo. Non vi
nascondo nullaperché se lo facessi il mio atto apparirebbe più
inspiegabile di quanto sia lecito a qualsiasi atto umano; senza
contare che domani avrete dimenticato la mia sincerità come tutte
le altre lezioni del passato. In questa faccendaa parlar chiaro
I'uomo irreprensibile ero io; ma le raffinate intenzioni della mia
immoralità furono vinte dalla semplicità morale del colpevole.
Aveva anche luisenza dubbiola sua parte d'egoismoma di
un'origine più altae per uno scopo più elevato. Mi accorsi che
qualunque cosa io dicessilui era ansioso di presentarsi alla
cerimonia dell'esecuzione; né dissi gran cheperché sentivo che
in una discussione tra noi la sua gioventù avrebbe avuto buon
giuoco contro di me: egli credeva ancora in ciò su cui da un pezzo
io avevo cessato d'illudermi. C'era una certa bellezza nella
follia della sua inespressaquasi non formulata speranza.
'Svignarmela! Non ci penso nemmeno' fecescuotendo il capo. 'Le
faccio una offerta per la quale non pretendo né mi aspetto neanche
l'ombra della gratitudine' dissi; 'mi restituirà il danaro a suo
comodoe...' 'Lei è molto buono' borbottò senza alzare gli
occhi. Lo osservai a fondo; l'avvenire doveva sembrargli
orribilmente incerto; ma non esitò un attimocome se davvero nel
suo cuore non ci fosse stato nulla di men che buono. Mi sentii
irritato non era la prima voltain quella sera. 'Tutta questa
disgraziata faccenda' dissi'è già abbastanza duradireiper
un uomo come lei...' 'Infattiinfatti' mormorò due voltecon
gli occhi fissi sul pavimento. Spezzava il cuore. Era lì dritto
alto sopra il lumee vedevo la peluria della sua guanciail
colorito caldo sotto la pelle liscia del suo viso. Credetemi o no
vi dico che faceva spezzare il cuore. Mi sentii spinto alla
brutalità. 'Sì' feci; 'e mi permetta di confessarle la mia
impossibilità assoluta di vedere che vantaggio c'è a voler
arrivare così fino alla feccia.' 'Vantaggio!' mormorò senza un
gesto. 'Dio mi dànni se ce lo vedo' ribatteifuribondo. 'Per
farle capire che cosa c'è sotto...' seguitò lentamentecome
preparasse un argomento inconfutabile. 'Madopo tuttoè un guaio
mio personale.' Aprii la bocca per ribatterema mi accorsi d'un
tratto di aver perduto ogni fiducia in me stesso; e mi parve che
anche lui mi avesse tolta la sua stimaperché borbottò come uno
che riflette a mezza voce: 'Chi scappato - chi all'ospedale...
Nessuno di loro ha voluto affrontare... Loro!...' Agitò lievemente
la mano in segno di spregio. 'Ma io ho da superare questa prova
senza sottrarmi a nullaaltrimenti...' Tacque. Fissava il vuoto
come allucinato. La sua faccia inconsapevole rifletteva il
susseguirsi di varie espressioni: disprezzodisperazione
risolutezza - le rifletteva a turnocome in uno specchio magico
il passaggio labile di forme ultraterrene. Viveva in un cerchio di
spettri fallacidi ombre austere. 'Ohsciocchezzeragazzo'
cominciai. Ebbe un moto d'impazienza. 'Sembra che non mi abbia
inteso bene' fece con tono incisivo; poiguardandomi senza
batter palpebra: 'Mi son buttato giùè veroma non sono uno che
scappa.' 'Non intendevo offenderla' dissi; poi soggiunsi come uno
stupido: 'Uomini meglio di lei hanno trovato opportunotalvolta
di scappare.' Arrossì tuttomentre io per poco non soffocavo
dalla mortificazione. 'Forse è così' disse alla fine. 'Io non
valgo abbastanza: non posso permettermi questo lusso. Debbo
lottare contro questo... Sto lottando anche adesso.' Mi alzai
dalla poltronae mi sentii tutto irrigidito. Il silenzio era
penosoe per finirla non seppi trovar nulla di meglio che
osservare con disinvoltura: 'Non credevo fosse così tardi...' 'Lei
ne ha abbastanza - credo - di questa storia' disse bruscamente:
'eper dire la verità' - cominciò a cercar con gli occhi il suo
berretto - 'anch'io.'
Bene! Aveva rifiutato quella straordinaria offerta. Aveva respinto
la mia mano tesa ad aiutarlo; ora era pronto ad andarsenee al di
là della balaustra la notte sembrava aspettarlo immobilecome la
vittima designata. Udii la sua voce. 'Ah! eccolo qui.' Aveva
trovato il berretto. Per pochi secondi rimanemmo sospesi. 'Che
farà quando... quando...' domandai a voce bassissima. 'Andrò al
diavolomolto probabilmente' rispose in un borbottio roco. Mi
ero un po' ripresoe mi parve meglio prender la cosa alla
leggera. 'La prego di ricordarsi' dissi'che sarei molto lieto
di rivederla prima della sua partenza.' 'Perché no? Questa
maledetta storia non mi renderà mica invisibile.' replicò con
intensa amarezza... 'Magari!' Alloraal momento di congedarsifu
una serie di balbettiidi gesti incertidi tremende esitazioni.
Dio gli perdonia lui... e anche a me! Si era ficcato in quella
sua testa fantastica che forse avrei avuto difficolta a
stringergli la mano. Una cosa tremenda! Credo che gli gridai
qualcosa a un trattocome si urlerebbe a un uomo sul punto di
metter piede sopra un burrone; ricordo che alzammo la vocee
ricordo l'apparire sul suo volto di un povero sorrisouna stretta
di mano da stritolarmelae la sua risatina nervosa. La candela si
spense sfrigolandoe la cosa finìse Dio vuolecon un gemito
che mi giunse per l'aria nel buio. In qualche modo riuscì ad
allontanarsi. La notte ne inghiottì la sagoma. Era uno spaventoso
pasticcione. Spaventoso. Sentii lo scricchiolìo della ghiaia sotto
le sue scarpe. Se n'andava di corsa; proprio di corsasenza un
posto al mondo dove andare. E non aveva ancora ventiquattr'anni".
CAPITOLO 14.
"Dormii pocomangiai un boccone in fretta e decisidopo un
attimo di titubanzadi saltare la visita mattutina alla mia nave.
Facevo uno strappo grave perché il mio primo ufficiale di bordo
sebbene fosse in tutto e per tutto un eccellente uomoera
soggetto a così nere fantasie chese non riceveva una lettera
dalla moglie nel termine stabilitodiventava addirittura matto di
rabbia e di gelosia; lasciava perdere il suo lavorolitigava con
tutti i marinaie se non si ritirava a piangere in cabina
s'inaspriva al punto di portar l'equipaggio sull'orlo della
rivolta. Questa faccenda non l'avevo mai capita: erano sposati da
tredici anni: lei l'avevo vista di sfuggita una volta e in
coscienza non si arriva a immaginare un donnaiolo di così buon
palato da cadere in tentazione per quello straccetto. Non so se ho
fatto male a non aprir gli occhi in proposito al povero Selvin
quando quel disgraziato si creava un inferno in terra chedi
contraccolpoinvestiva anche me; ma una certaindubbiamente
falsadelicatezza mi trattenne. I rapporti coniugali dei marinai
sarebbero un interessante argomento; io potrei raccontarvi
episodi... Ma ciò sarebbe fuor di tempo e di luogo: qui noi ci
stiamo occupando di Jim - che era celibe. Qualora per il suo
carattere estroso o il suo orgoglioovvero per tutte quelle
fantasmagorie e ombre austere di cui ebbe le calamitose
visitazioni in gioventùnon fosse riuscito a sfuggire al ceppo
io chenaturalmentenon ho mai ricevuto visitazioni simili
neanche il sospettoero spinto da una forza irresistibile ad
assistere alla sua decapitazione. Presi la via del tribunale. Non
pensavo affatto di rimanere molto colpito o edificatoo eccitato
e nemmeno impauritosebbene un bello spavento ogni tanto sia
disciplina salutare finché uno ha vita da vivere. Ma non mi
aspettavo nemmeno che la faccenda mi avrebbe così terribilmente
depresso. L'amarezza del suo castigo era tutta in quell'atmosfera
gelida e meschina. La vera essenza del delitto sta nel mancar di
fede al consorzio umano; da questo punto di vista Jim non era un
traditore da pocoma la sua esecuzione fu una cerimonia pietosa.
Né la solennità del patiboloné i drappi rossi (si usavano i
drappi rossi a Tower Hill? Avrebbero dovuto esserci) né
moltitudini esterrefatte dall'orrore del delittoe commosse fino
alle lacrime per la fine del reo - né l'aspetto d'una cupa
giustizia punitrice. Splendevasui miei passiun limpido sole
troppo vivo per riuscir consolantele strade piene d'un
guazzabuglio di note di colorecome in un caleidoscopio rotto:
gialloverdeazzurrobianco da levar gli occhi; la nudità
scoperta di una spalla abbronzataun carro di buoi con un
baldacchino rossouna compagnia di fanteria indigena in un blocco
color nocciola opaco punteggiato di teste nereche marciava con
gambaletti coperti di polverone; un agente indigeno in uniforme
scura di taglio striminzitocon cintura di cuoio lucidoche mi
guardò con occhi d'un'accoratezza orientalecome se il suo
spirito trasmigratore soffrisse troppo di quell'imprevista come si
chiama?... avatar... incarnazione. All'ombra di un albero
solitario nel cortilei contadini implicati nel processo
d'aggressionein gruppo pittorescosedutisembravano la
cromolitografia di un accampamento per un libro di viaggi in
Oriente. Veniva fatto di cercare l'immancabile fil di fumo in
primo piano e le bestie da soma a brucare in libertà. Più alto
dietro l'albero si levava un liscio muro giallo e rifletteva il
bagliore del sole. L'aula del tribunalecosì buiasembrava più
grande. Lassù nella zona in penombra i punkahs oscillavano avanti
e indietroavanti e indietro. Qua e là una figura drappeggiata
rimpicciolita dalla nudità delle paretistava immobile in mezzo
alle file di banchi vuoticome assorta in pia meditazione. Il
querelantequello che era stato bastonatoun obeso color
cioccolato con la testa rapatacol petto oleoso scoperto e un
segno di casta di un giallo brillante sopra la radice del naso
sedeva in pomposa immobilitàrotando nell'ombra gli occhi
scintillantie dilatando nel respiro e riabbassando le narici con
energia. Brierly si abbandonò sulla sedia e pareva esaustocome
se avesse passato la notte a correre su una pista di cenere. Il
pio capitano di veliero sembrava eccitato e aveva scatti nervosi
come se trattenesse a stento l'impulso di balzare in piedi per
esortarci solennemente alla preghiera e al pentimento. La testa
del magistratodi uno squisito pallore sotto le chiome ravviate
con curasembrava la testa d'un malato incurabile cheben lavato
e pettinatoavessero messo a sedere sul lettosollevato sui
cuscini. Spostò il vaso da fiori - un mazzo di corolle purpuree su
gambi lunghicon qualche punteggiatura di rosa - poisollevato a
due mani un foglio di carta azzurrinalo scorse con gli occhi
appoggiò gli avambracci sull'orlo della scrivaniae cominciò a
leggere ad alta voce in tono ugualenitido e assente "Perdiana!
Con tutte le mie sciocchezze a proposito di patibolie di teste
tagliate - io vi assicuro che fu infinitamente peggio di una
decapitazione. Un grave senso di ineluttabilità incombevasenza
neanche il sollievo di quella speranza di riposo e di sicurezza
che segue il cadere della mannaia. Questo giudizio legale aveva la
freddezza vendicativa di una sentenza di morteaveva la crudeltà
di un bando di esilio. Così per lo meno mi parve quella mattina -
e ancora adesso mi sembra di riconoscere un innegabile fondo di
verità in quella mia valutazione eccessiva d'un fatto di cronaca.
Potete dunque farvi un'idea dell'intensità dei miei sentimenti in
quel giorno. Per questoforsenon riuscivo a persuadermi che il
giudizio fosse definitivo. La questioneper merestava aperta;
ero ancora ansioso di rimetterlo in discussionecome se non fosse
già esaurita - suffragandola di pareri individuali - di opinioni
internazionalimagari. Per esempioquella del Francese. E costui
aveva emesso il giudizio di tutto il suo Paese con la fraseologia
spassionata e precisa di una macchinase le macchine sapessero
parlare. La testa del magistrato restava mezzo nascosta dal
fogliola sua fronte sembrava d'alabastro.
Vari quesiti vennero sottoposti alla Corte. Primose la nave era
sotto ogni punto di vistain efficienza e in condizione di
reggere il mare. La Corte rispose: no. Il secondo quesito
ricordoera se fino al momento dell'incidente il Patna avesse
navigato con le debite e specifiche norme nautiche. A questo
risposero: sì - Dio sa perché - e poi dichiararono che non era
emerso alcun elemento probatorio sulle precise cause del sinistro.
Probabilmente un relitto vagante. Mi ricordavo di un tre alberi
norvegeseche faceva rotta con un carico di pino americano e fu
dato disperso verso quell'epoca: giusto il tipo di nave da
scuffiare sotto un fortunale e seguitar poi a galleggiarechiglia
in super dei mesi - una specie di versiera marinaalla ricerca
di preda nell'oscurità. Tali cadaveri vaganti sono piuttosto
comuni nell'Atlantico settentrionaleinfestato com'è da tutti i
terrori del mare nebbieicebergscarcasse di navi all'agguatoe
la maledizione di burrasche insistentiche ti si attaccano
addosso come vampirie non mollano finché non hanno succhiato
tutte le forzetutto il coraggioe perfino la speranzae ti
riducono un uomo a un guscio vuoto. Ma lì - in quei mari - il caso
era tanto raro da sembrare piuttosto il personale proposito di una
provvidenza maligna: la qualetranne non si fosse proposta come
scopo preciso la morte d'un fuochista e peggio della morte per
Jimappariva un gioco diabolico assolutamente gratuito. Queste
considerazioni che mi spuntavano in mentemi sviarono
l'attenzione. Per un certo tempo la voce del magistrato non la
sentii più che come puro suono; ma improvvisamente riprese a
scandirsi in parole definite... 'con assoluta noncuranza del loro
preciso dovere' diceva. La frase successivanon so comemi
sfuggì. E poi... 'abbandonando nel momento del pericolo le vite e
la roba a loro affidate...' continuò la voce in tono monotonoe
quindi si tacque. Due pupille sotto a una fronte bianca gettarono
un cupo sguardo di sopra il margine del foglio. Cercai subito Jim
con gli occhicome se mi aspettassi di non trovarlo più li. Era
fermo immobile - ma c'erasedutobiondoroseoraccolto. 'Per
questi motivi...' riprese la voceenfatica. Jim con gli occhi
fissi e la bocca semiapertapendeva dalle parole di quell'uomo di
là dalla scrivania: cadevano esse nel silenzio intornolibrandosi
sul vento mosso dai punkahs: e ioche badavo al loro effetto su
Jimnon afferravo che a frammenti quella terminologia
ufficiale... 'La Corte... Gustavo Tal-dei-Talicapitano... nato
in Germania... Giacomo Tal-dei-Tali... primo ufficiale... radiati
dall'albo.' Seguì in silenzio. Il magistrato aveva lasciato cadere
il foglioechinandosi di traverso su un bracciolo della
poltronasi mise a parlare tranquillamente con Brierly. La gente
si avviava all'uscita; altri cercavano di entrareio mi avviai
alla porta. Fuorimi fermai; e quando Jim mi passò vicino
diretto al cancellolo presi per un braccio. L'occhiata che mi
diede mi turbò come se fossi stato responsabile della sua
situazione: mi guardò come se fossi ioin carne e ossail male
della vita. 'E' finita' balbettai. 'Già' ribatté con voce afona.
'E orache nessuno...' con uno strappo si liberò il braccio dalla
mia strettae lo vedevo di schiena allontanarsi. La strada
correva dritta ed egli mi rimase in vista per un pezzo. Camminava
piuttosto adagiocon le gambe un po' apertecome se gli
riuscisse difficile seguire una linea retta. Poco prima di
perderlo d'occhiomi parve di vedere che barcollava un po'.
'Un uomo in mare' disse una voce profonda dietro di me.
Voltandomividi un tipo che conoscevo appenaun Australiano
dell'Ovest: un tal Chester. Anche lui l'aveva accompagnato con gli
occhi. Era un uomo con un torace immensoun viso scabroraso
color moganoe due ciuffetti di peli grigio ferrofoltiduri
sul labbro superiore. Era stato pescatore di perlerecuperatore
di relitticommerciante e anche pescatore di balenecredo;
secondo quanto diceva lui stessoaveva fatto tutto ciò che un
uomo può fare in mareeccetto il pirata. Il Pacifico del Nord e
del Sud era la sua bandita di caccia; ma adesso era arrivato fino
a quel porto in cerca di un piroscafo da comprare a buon mercato.
Recentemente aveva scoperto in qualche parte - a sentir lui -
un'isola di guanoma c'era un approdo pericoloso e l'ancoraggio
allo stato delle cosesi presentava innegabilmentea dir poco
malsicuro. 'Vale una miniera d'oro' esclamava. 'Proprio in mezzo
alle scogliere di Walpolee anche se non si trovamagaridove
dar fondo a meno di quaranta bracciache importa? E ci sarà
magari qualche ciclone. Però è un affare di prim'ordine. Vale una
miniera d'oro... di più! Eppure non ce n'è unodi questi
imbecilliche se ne renda conto. Non mi riesce di trovare un
capitano o un armatore che ci si voglia accostare. Così ho deciso
di caricarla da me quella grazia di Dio...' Ecco perché cercava un
piroscafoe sapevo che proprio allora stava trattando con grande
entusiasmo con una ditta Parsi per un vecchio anacronismo
attrezzato a brigantinodella forza di novanta cavalli. Ci
eravamo incontrati varie voltee avevamo fatto quattro
chiacchiere insieme. Ora guardava Jim allontanarsie con aria di
chi è al correntedomandò con sarcasmo: 'E quello se la prende
eh?' 'Moltissimo' risposi. 'Allora è un buono da niente'
concluse. 'Tante storie per uno straccio di pergamena: roba che
non è mai servita a fare un uomo! Bisogna vedere le cose come sono
- altrimenti meglio piantarlache tanto non si farà mai nulla in
questo mondo. Guardi me. Mi sono fatto una regola di non
pigliarmela mai di nulla.' 'Già' feci. 'Vede le cose come sono
lei.' 'Vorrei veder arrivare il mio socioecco cosa vorrei
vedere' disse. 'Lo conosce lei il mio socio? Il vecchio Robinson.
Già: il Robinson. Non lo conoscelei? Il famoso Robinson. L'uomo
più in gamba al mondo per contrabbandare l'oppio e sgraffignar
foche. Dicono che costumava arrembare gli schooner dei cacciatori
di foche su verso l'Alaska quando la nebbia era così fitta che
Domeneddio solo poteva riconoscere un uomo da un altro. Robinson
il Terrore di Dio. Ecco chi è il mio socioin quell'affare di
guano. La migliore occasione che gli sia capitata in vita sua.'
Avvicinò le labbra al mio orecchio. 'Cannibale? - behlo
chiamavano così tanti e tanti anni fa. Si ricorda della storia? Un
naufragio sulla costa occidentale dell'isola Stewart; appunto;
arrivati a toccar terra in settepare che non andassero gran che
d'accordo. C'è sempre il fegatoso che niente gli va bene e piglia
tutto per traverso che non vede le cose come stanno - ma proprio
come stannocaro mio! E allora come va a finire? E' chiaro! Guai
guai! e la bona in testasi sapoi ci scappae meritata
magari. Quei tipi li fan più comodo morti. Vuol la leggenda che
una scialuppa della Regia Nave Wolverine lo trovò inginocchiato
sulle alghenudo brucoche cantava qualcosa come un salmosotto
un nevischio leggero. Aspettò che la barca fosse a un remo dalla
rivapoi si rialzòe via. Gli diedero la caccia per un'ora su e
giù per la scoglierae alla fine un marinaio gli tirò un sasso
che lo pigliò provvidenzialmente dietro l'orecchio e lo stese in
terra svenuto. Solo? Si capisce. Ma è come quell'altra storia
degli schooner dei cacciatori di focheche Dio solo sa il vero e
il falso di quella faccenda. Quelli della scialuppa non andarono a
cercar tanto in là. Lo avvilupparono in una incerata e se lo
portarono via in frettache già faceva buioil tempo minacciava
e la nave sparava colpi d'appello ogni cinque minuti. Tre
settimane dopo era più in gamba che mai. Non si curò né tanto né
poco delle storie che mettevano in giro a terra; strinse forte le
labbrae che la gente cantasse pure. Era già un guaio grosso aver
perduto nave e ogni cosasenza dover anche far attenzione agli
insulti della gente. Ecco l'uomo che fa per me.' Alzò un braccio
per far cenno a qualcuno in fondo alla strada. 'Ha un po' di
quattrinie così ho dovuto metterlo a parte dell'affare. Per
forza! Sarebbe stato un delitto buttar a mare una simile scoperta!
E io ero a secco. Mi piangeva il cuorema a guardar la faccenda
esattamente com'eranon potevo far a meno di dividere l'impresa
con qualcuno - e allorapensai- viva la faccia di Robinson. L'ho
lasciato che faceva colazione in albergoperché son voluto venire
in tribunaleper via di una certa idea... Ah! buongiorno capitano
Robinson... Un mio amicoil capitano Robinson.'
Un emaciato patriarcacon un vestito di cotonina biancaun casco
orlato di verde sul capo tremulo di vecchiaiaci raggiunse dopo
aver attraversato la strada con un trottellerino strascicato; e si
fermòcon le due mani appoggiate sul manico dell'ombrello. Una
barba bianca striata d'ambra gli scendeva a bioccoli fino alla
vita. Sbatté le palpebre rugose guardandomi con aria sperduta.
'Come sta? come sta?' cinguettò amabilmentee barcollò. 'Un po'
sordo' mi confidò Chester. 'E lei se lo è strascinato dietro per
seimila miglia per comprare un piroscafo a buon mercato?'
domandai. 'Gli avrei fatto fare due volte il giro del mondo
soltanto perché ci desse un'occhiata' rispose Chester con una
straordinaria energia. 'Quel vapore sarà la nostra fortunacaro
mio. E' forse colpa mia se tutti i capitani e armatori della mia
benedetta Australasia non sono che dei maledetti imbecilli? Una
volta ci persi tre ore a parlare con uno a Auckland. - Mandi una
nave -gli dissi- mandi una nave. Le do metà del primo carico
gratis et amore Dei... per nienteregalo: solo per cominciare. -
Dice lui: - Ma neanche se non avessi altro posto al mondo da
mandarci una nave. - Quell'asino calzato e vestitocapisce?
Scoglicorrentiniente baie riparateroccia a strapiombo nel
punto di ancoraggionessuna compagnia d'assicurazione che voglia
correre un rischio similenon vedeva come si sarebbe potuto fare
il carico in meno di tre anni... Asino. Quasi quasi mi ci
inginocchiavo davanti. - Ma guardi la cosa esattamente com'è -
dissi. - Macché scogli e cicloni del diavolo. La guardi com'è. C'è
guano laggiùroba che i piantatori di zucchero del Queensland ci
farebbero a botte... a botte sulla banchinaglie lo dico io... -
Che si può combinare con un imbecille?... - Questo è uno dei suoi
scherzettiChester- dice... Scherzetti! Mi sarei messo a
piangere. Lo domandi al capitano Robinsonqui... E c'era un altro
tipo di armatore - un grassone in panciotto biancoa Wellington
che pareva avesse paura di esser magari messo in mezzo. - Non so
che genere d'imbecille lei stia cercandodicema in questo
momento ho da fare. Arrivederla. - Avevo una voglia matta di
prenderlo a due mani e buttarlo fuori per la finestra del suo
ufficio. Ma non lo feci. Mi tenni dolce come un sagrestano. - Ci
pensi- dico. - Ci pensila prego. Ripasso domani. - Grugnì che
sarebbe stato 'fuori tutto il giorno'. Scendendo le scale avrei
battuto la testa contro il muro dalla rabbia. Il capitano
Robinsonquiglie lo può dire. Era una disperazione pensare a
tutto quel ben di Diofermoinutilizzatosotto al sole - roba
da mandar le canne da zucchero a bucare il cielo. La fortuna del
Queensland! La fortuna del Queensland! E a Brisbanedove andai
per un ultimo tentativomi diedero del matto. Imbecilli! L'unica
persona di buon senso capitatami fu il vetturino che mi portò in
giro. Doveva essere un pezzo grosso decaduto - positivo! Ehi!
Capitano Robinson! Si ricorda quello che le ho detto del mio
vetturino di Brisbane - eh? Quello aveva un occhio straordinario
per le cose. Vide l'affare di colpo. Era un piacere parlare con
lui. Una seradopo una giornata infernale tra gli armatorimi
sentii così a mal partito chedico: - Qui o prendo una sbornia o
impazzisco. - Ci sto - dice lui. - E subito. - Non so cos'avrei
fatto senza di lui. Ehi! Capitano Robinson!'.
Ficcò un dito nelle costole del suo socio. " Eh! eh! eh!" rise
quell'Antico guardando giù per la strada con occhio svagatoe poi
dandomi un'occhiata dubbiosa con le sue pupille tristi e opache...
'Eh! eh! eh!'... Si appoggiò con più forza sull'ombrello e abbassò
gli occhi a terra. Io - neanche a dirlo - avevo cercato varie
volte di andarmenema Chester aveva sventato ogni mio tentativo
semplicemente afferrandomi per la falda della giacca. 'Un minuto.
Ho un'idea.' 'Che è questa maledetta idea?' gridai alla fine. 'Se
crede di trascinarmici dentro...' 'Nonocaro. Troppo tardi
anche se ne morisse di voglia. Abbiamo il piroscafoormai!'
'Avete un fantasma di piroscafofeci. 'Per cominciarebasta...
non abbiamo sciocche pretesenoi. Verocapitano Robinson?' 'No!
no! no!' gracchiò il vecchio senza alzare gli occhima con tanta
risolutezza che il tremito della sua testa divenne quasi
spasmodico. 'So che lei conosce quel giovanotto' disse Chester
accennando col capo verso la strada per la quale era scomparso Jim
un bel po' prima. 'Ha mangiato con lei al Malabar ieri sera - me
l'hanno detto!'
Risposi che era vero; e quegli mi confidò che anche a lui piaceva
viver bene e con eleganzama cheper il momentodoveva spellare
il centesimo; 'non ce n'è mai abbastanzaper il nostro affare!
Verocapitano Robinson?' Poi drizzo le spallee si lisciò i
baffettimentre il famoso Robinsonal suo fianconei colpi di
tosse si attaccava più che mai al manico del suo ombrelloe
sembrava sul punto di dissolversi insensibilmente in un mucchietto
di vecchie ossa lì a terra. 'Capisceè il vecchio che ci mette i
quattrini' mormorò Chester confidenzialmente. 'Io sono rimasto a
secco nel tentativo di riparare quella maledetta caffettiera. Ma
aspetti un po'aspetti e vedrà! Si avvicina il momento buono.'
D'un tratto sembrò stupirsi dei miei segni d'impazienza. 'Oh!
canchero!' esclamò'io gli parlo dell'affare più grandioso che si
sia mai vistoe lui...' 'Ho un appuntamento' dichiarai con aria
di umile preghiera. 'E che importa?' domandò con schietta
sorpresa. 'Li faccia aspettare.' 'E': proprio quello che sto
facendo' osservai. 'Non farebbe più presto a dirmi che vuole?'
'Arrivare a comprare venti alberghi come quello' brontolò fra sé
'e anche tutti i buffoni che ci abitano... comprarli venti volte.'
Alzò la testa di scatto. 'Mi occorre quel giovanotto.' 'Non
capisco' feci. 'E' un buon da nientevero?' disse Chester con
vivacità. 'Non ne so nulla' protestai. 'Ma se me l'ha detto
proprio lei che se la prendeva tanto per quel suo guaio 'ribatté
Chester. 'Behsecondo meun tipo che... In ogni casodi scarso
valore certo; d'altra partesto cercando gentee ho per
l'appunto un lavoro adatto per lui: un impiego sulla mia isola.' E
fece col capo un cenno significativo. 'Ci sgnacco un quaranta
coolies - dovessi rapirli. Qualcuno ci ha pur da lavorare a quella
roba. Oh! intendo far le cose a modo: baracca di legnotetto di
lamieraconosco un tale a Hobart che mi accetta un effetto a sei
mesi per i materiali. Davvero. Giuro. Poi c'è la riserva d'acqua.
Devo mettermi in giro presto per trovare qualcuno che mi fornisca
su parola una dozzina di serbatoi di seconda mano. Per captare la
pioggiacapito? A lui la direzione. Lo faccio direttore generale
dei coolies. Buon'ideano? Che ne dicelei?' 'Passano anni
interi senza che caschi una goccia d'acqua a Walpole' risposi
troppo stupito per poter ridere. Si morse il labbro e parve
perplesso. 'Ohbehmi arrangerò in qualche modo- magari ci porto
una provvista d'acqua - accidenti! Non è questo il problema.'
Non risposi. Vidi come in un lampo Jim arrampicarsi per una
sassaia bruciataimmerso nel guano fino alle ginocchiacon le
orecchie intronate dagli strilli dei gabbianie la palla
incandescente del sole sopra la testa; il cielo deserto e l'oceano
deserto a perdita d'occhiofrementi di una stessa tensione
torrida. 'Neanche al mio peggior nemico...' cominciai. '"Che va
cercando?' gridò Chester; 'intendo dargli un ottimo stipendio -
voglio direappena la cosa sia ben avviatasi sa. Un incarico
facile come lasciarsi cadere da un ramo. Assolutamente niente da
fare; due pistole a sei colpi nella cintura... Non avrà mica
pauraquellodi ciò che possono fare quaranta coolies...
disarmatie lui con due pistole. Molto meglio che non sembri a
prima vista. Lei mi deve aiutare a convincerlo.' 'No!' gridai. Il
vecchio Robinson alzò un attimo la malinconia dei suoi occhi
cisposi; Chester mi guardò con un supremo disprezzo. 'Dunque lei
non glie lo vuol proporre?' disse lentamente. 'No certo' risposi
indignato come se mi avesse chiesto di aiutarlo ad assassinare
qualcuno. 'E poi sono sicuro che lui non accetterebbe. E' molto
avvilitoma non è mattoch'io sappia.' 'Non può più fare niente
al mondo' ribatté Chester ad alta voce. 'Mi andava proprio bene.
Se lei sapesse veder le cose come sonocapirebbe che è proprio
quello che fa per lui. E poi... Ma come! Ma se è l'occasione più
rarala più sicura...' Ed'un trattofuribondo: 'Ho bisogno di
un uomo. Ecco!...' Batté un piede in terracon un sorriso
antipatico. 'Comunquela mia isola garantisco che non gli si
affonderebbe sotto i piedi... e mi pare che questa sia una
circostanza di particolare valore per lui.' 'Buongiorno' dissi io
secco secco. Mi guardò come se fossi stato un assurdo imbecille...
'Bisognerà levar l'àncoracapitano Robinson' urlò a un tratto
nell'orecchio del vecchio. 'Questi citrulli di Parsee ci stanno
aspettando per concluder l'affare.' Con una stretta energica
afferrò il socio per un bracciogli fece fare un mezzo giro su se
stessoeimprovvisamentesi voltò lanciandomi un'occhiata
furbesca di sopra le sue spalle. 'Intendevo di fargli un piacere'
asserìcon un'espressione e un tono di voce che mi rimescolarono
il sangue. 'Le pare - grazie per lui' ribattei. 'Ohlei ha un
punto più del diavolo' disse a scherno; 'ma è anche lei come
tutti gli altri. Troppo nelle nuvole. Vedremo che ne saprà fare
leidi quell'individuo.' 'Non credo di volerne far nulla.'
'Davvero?' Sputacchiò; dalla rabbia gli si drizzarono i baffi
grigimentre il famoso Robinson puntellato dall'ombrello gli
stava al fianco volgendomi le spallepaziente immobile come un
esausto brocco di carrozzella. 'Io non ho trovato isole di guano'
feci. 'Sono convinto che lei non saprebbe trovarnequando anche
ce lo portassero per mano' ribatté sùbito. 'E in questo mondo
bisogna prima vederla una cosaper poterla mettere a partito.
Bisogna vederla da parte a partené più né meno.' 'E persuadere
anche gli altri a vederla' insinuai con un'occhiata alla schiena
curva che gli stava vicino. Chester grugnì. 'Gli occhi ce l'ha
buoni abbastanza... non abbia paura. Non è mica un cucciolo.' 'Oh
mai più!' dissi. 'Venga viacapitano Robinson' urlòcon una
specie di deferenza dispoticasotto alla falda del cappello del
capitano; il Terrore di Dio fece un salterello remissivo. Un
fantasma di piroscafo li aspettava; come pure la Fortuna su
quell'isola bella! Formavano una curiosa coppia di Argonauti.
Chester a passi lentiben costruitomaestoso e in aspetto di
dominatore - l'altroallampanatosmuntocadenteattaccato al
suo bracciotrascinava in affannosa fretta le cianche vizze".
CAPITOLO 15.
"Non andai sùbito in cerca di Jim perché avevo davvero un
appuntamento a cui non potevo mancare. Poi accadde che
nell'ufficio del mio agentefossi bloccato da uno arrivato di
fresco dal Madagascar con uno schema di progetto per un affare
mirabolante. Si trattava di bestiamedi cartucce e di un tal
principe Ravonalo; ma il perno dell'intera faccenda era la
stupidità di un ammiraglio - l'Ammiraglio Pierremi pare. Tutto
convergeva lìe quel tipo non riusciva a trovare parole
abbastanza efficaci ad esprimere tutta la sua fiducia. Aveva due
occhi a globo che gli uscivano dalle orbitecon una rifrazione da
pesceforti bozze frontali e capelli lunghi tirati indietro senza
scriminatura. Aveva una sua frase favorita che ripeteva
trionfalmente: 'Il minimo rischio col massimo profitto è il mio
motto. Eh?' Mi diede il mal di capomi rovinò la colazionema mi
sfruttò a suo piacere; e appena me lo fui levato dai piedimi
diressi al mare. Trovai Jim appoggiato al parapetto della
banchina. Vicino a lui tre barcaioli indigeni che litigavano per
cinque anni facevano un baccano del diavolo. Non mi sentì
arrivarema quando lo toccai si voltò di colpo come se il lieve
contatto del mio dito avesse fatto scattare una molla. 'Guardavo'
balbettò. Non ricordo che dissicerto poche parolema si lasciò
condurre all'albergo senza difficoltà.
Mi seguì con la docilità d'un bambinettoe un'aria ubbidiente
senz'ombra di reazionequasi fosse stato lì ad aspettare ch'io
venissi a prenderlo e condurlo via. Non avrei dovuto rimanere così
sorpreso della sua docilità. In tutta la sfera del mondoche a
qualcuno sembra così grande e che altri fan mostra di considerare
alquanto più piccola di un seme di mostardaper lui non esisteva
un luogo dove avrebbe potuto - come dire? - dove avrebbe potuto
rifugiarsi. Ecco! Rifugiarsi - essere solo con la propria
solitudine. Mi camminava al fiancomolto calmoguardando un po'
qua e un po' làe una volta girò il capo per seguire con lo
sguardo un pompiere Sidiboy dalla giacca a coda di rondine e i
calzoni giallinicon un volto nero dai riflessi di seta come un
pezzo d'antracite. Stimo però che non vedesse nullain realtàe
che neppur si accorgesse sempre neanche della mia esistenza
perché se non lo avessi ora spinto un po` a sinistraora tirato
un po' a destracredo che avrebbe proseguito dritto davanti a sé
in qualsiasi direzionefinché non lo avesse fermato un muro o
qualche altro ostacolo. Lo portai in camera miae mi misi subito
a sedere per scrivere delle lettere. Era l'unico posto al mondo
(oltreforsele scogliere di Walpole: ma quelle non erano così
sotto mano) dove potesse concentrarsi in se stesso senza esser
disturbato dal resto dell'universo. Quella maledetta faccenda -
l'aveva detto lui stesso - non lo aveva reso invisibilema io mi
comportavo proprio come se lo fosse. Appena messomi a sederemi
chinai subito sul mio tavolinocome uno scriba medioevalee
tranne il movimento della pennarimasi in una ansiosa immobilità.
Non che avessi paura; ma è certo che mi tenni immobile come se
nella stanza ci fosse una presenza pericolosapronta a balzarmi
addosso al primo accenno di movimento da parte mia. Non c'era gran
che nella stanza: sapete come sono combinate le camere d'albergo -
una specie di letto a colonne sotto a una zanzarieradue o tre
sedieil tavolo al quale sedevoun pavimento nudo. Una porta a
vetri dava su una verandae Jim se ne stava in piedi di fronte a
quellain un isolamento assolutoalle prese col proprio dramma.
Calò il crepuscolo; accesi una candela con la massima parsimonia
di movimentiguardingo come se fosse un atto clandestino. Non c'è
dubbio che fosse per lui un momento difficilee anche per me
tanto chelo confessoarrivai in cuor mio a mandarlo
all'infernoo almeno alle scogliere di Walpole. Una o anche due
volte mi venne fatto di pensare chedopo tuttoChester poteva
essere davvero l'uomo adattoprovvidenzialein un disastro
simile. Quel curioso tipo d'idealista aveva trovato subito il lato
pratico della questionediciamo così. Tanto da farmi supporre
cheforselui fosse in grado sul serio di vedere il vero aspetto
di cose chea persone di minore immaginazioneapparivano
misteriose e del tutto disperate. Scrivevoscrivevo; sbrigai
tutta la corrispondenza arretrata e poi mi misi a scrivere a gente
che non aveva nessun motivo di aspettarsi da me una lettera di
chiacchiere a vuoto. Ogni tanto lo sbirciavo con la coda
dell'occhio. Ci pareva radicatolìma si vedeva che brividi
convulsi gli correvano per la schiena; a tratti scuoteva le
spalledi colpo. Lottavalottava... più che altroo almeno in
apparenzaper tirare il respiro. Le ombre massicceproiettate
tutte da una parte dalla fiamma diritta della candelasembravano
possedute da una cupa consapevolezza; il mobilio immobile pareva
al mio occhio furtivo in sospensione attenta. Mi si accendeva la
fantasia in quei miei laboriosi scarabocchi; e sebbenequando
s'interrompeva un momento lo stridore della mia pennanella
stanza succedesse un silenzio pieno e un'immobilità assoluta
tuttavia provavo quella penosa confusione mentale e quel profondo
turbamento provocati normalmente da un fragore violento e pauroso
- per esempio da una grossa burrasca in mare. Qualcuno di voi
forsesa cosa intendo dire: quel misto di ansiadi penadi
irritazione e quel filo di vigliaccheria che vi s'insinua dentro;
chepiuttosto difficile da confessaredà tuttavia un valore
speciale alla nostra forza d'animo. Non voglio farmi un merito per
aver resistito alla tensione emotiva di Jim; avevonelle mie
lettereuna diversione; potevo anche scrivere a degli
sconosciutise volevo. A un trattomentre prendevo un altro
foglio di cartasentii come un gemito sommesso: il primo suono
cheda quando eravamo chiusi insiememi fosse giunto
all'orecchio nella silenziosa penombra della stanza. Restai a capo
chinocon la mano sospesa. Chi ha mai vegliato vicino al letto di
un infermo sa che cosa sono questi suoni leggeri nel silenzio
delle ore notturnestrappati dalla sofferenza del corpodalla
stanchezza dell'anima. Spinse la porta con tanta forzache ne
rintronarono tutti i vetri: lo ascoltai uscire trattenendo il
respiro e tendendo le orecchie senza sapere che altro mi
aspettassi. Davvero se la prendeva troppo per una vuota formalità
che al rigoroso senso critico di Chester appariva di nessun peso
per chi vede le cose come sono. Una vuota formalità: un pezzo di
pergamena. Giàgià. Quell'inaccessibile banco di guanoinvece
era tutt'un'altra storia. Di questo si potevanon senza ragione
farsi una spina al cuore. Una sorda folata di voci mescolate a un
tintinnìo d'argenterie e di cristalli salì dalla sala da pranzo.
Attraverso la porta aperta l'estremo orlo di luce della mia
candela batteva fioco sulla schiena di Jim; di làera tutto buio.
Stava sul margine di una vasta oscuritàcome una figura solitaria
sulla spiaggia di un oceano disperatamente buio. In quell'oceano
c'era la scogliera di Walpole - questo sì - un puntino nella vuota
oscuritàuna festuca per un uomo che affoga. La mia compassione
per lui si concretò in questo pensiero: non avrei voluto che la
sua gente lo vedesse in quel momento. Era già una pena per me.
L'ansito non gli scuoteva più la schiena: stava lì in piedi
dritto come una frecciaappena visibile e fermo; e il significato
di quell'immobilità mi scese in fondo all'animo come piombo
nell'acquae con tanto peso che per un attimo mi augurai di tutto
cuore mi restasse un'unica cosa da fare: pagargli il funerale.
Ormai neppure la legge aveva più nulla da spartire con lui.
Seppellirlo sarebbe stato un atto di bontà così facilee così in
accordo con la saggezza della vitala quale vuole che
scancelliamo in noi ogni rievocazione delle nostre folliedelle
nostre debolezzedella nostra natura mortale: tutto ciò che può
diminuire il nostro rendimento - il ricordo dei nostri mancamenti
l'incubo dei nostri timori sempre vivii cadaveri dei nostri
amici morti. Forse davvero se la prendeva troppo. E in tal caso...
l'offerta di Chester... A questo punto presi un foglio bianco e mi
misi a scrivererisoluto. Non c'ero che io fra lui e il buio
oceano. Sentii tutta la mia responsabilità. Se avessi parlato
quel giovane lì fermoin penanon avrebbe forse fatto un salto
nel buio... per afferrarsi a una festuca? Capii come può essere
difficile talvolta uscir dal silenzio. C'è un potere magico nella
parola detta. E perché noche diavolo! Me lo domandavo con
insistenza mentre seguitavo faticosamente a scrivere. Tutto a un
tratto mi si insinuarono di sorpresa sul foglio biancoproprio
sotto la punta della pennale due figure di Chester e del suo
vetusto socionitidissime e completecol loro passo e i loro
gesticome riprodotte sullo schermo d'un qualche giocattolo
ottico. Le osservai un attimo. No! Erano troppo spettrali e
stravaganti per influire sul destino di un uomo. E una parola può
portare lontano... molto lontano... portare col tempo la
distruzionecome una pallottola nella sua traiettoria. Non dissi
nulla; e Jim era in piedilì fuoricon le spalle alla lucecome
incatenato e imbavagliato da tutti i nemici invisibili dell'uomo
senza un gesto né una parola".
CAPITOLO 16.
Giorno sarebbe venuto nel quale l'avrei visto amatostimato
ammirato; il suo nome aureolato da una leggenda di forza e di
ardimentocome se fosse stato della stoffa degli eroi. E' proprio
vero... ve lo assicuro: com'è vero che io sono qui seduto a
parlare di lui senza costrutto. Jimda parte suaaveva quel dono
di scoprireal minimo accennoil volto del suo desiderio e la
forma del suo sognodono senza il quale non ci sarebbe al mondo
né un amante ne un avventuriero. Si acquistò molto onore e una
felicità arcadica (dell'innocenza non parlo) nel "bush"e ciò
valeva per lui quanto l'onore e la felicità arcadica che altri
uomini trovano nelle strade delle città. La felicitàla
felicità... come dire?... si attinge da una tazza d'oro sotto
qualunque latitudine: il gusto ne è in noi... solo in noiche lo
possiamo rendere inebriante a volontà. Lui era tipo da berne a
fondocome potete intuire da quello che ho detto finora. Lo
ritrovaise non proprio ubriacoalquanto acceso dalle reiterate
libagioni di quell'elixir. Non lo aveva però scoperto subito.
Aveva avutocome sapeteun periodo di tirocinio in mezzo a quei
diavoli di fornitori marittimie in quel tempo aveva sofferto e
io mi ero molto preoccupato per... per - come dire? - per il mio
pupillo... Né posso dire di sentirmi tranquillo del tutto neanche
adessodopo averlo veduto in tutto il suo splendore: è proprio
questo l'ultimo ricordo rimastomi di lui: radiosodominatore
eppure in perfetto accordo col suo mondo: con la vita della
foresta e con la vita degli uomini. Confesso di esser rimasto
colpito lì per lìma devo anche confessare a me stesso che dopo
tutto quella non fu un'impressione durevole. Era protetto dal suo
isolamentoesemplare unico di una razza superiorea stretto
contatto con la naturache tiene fede con tanta liberalità a chi
l'ama. Ma non riesco a fissare davanti agli occhi l'immagine di
lui già salvo. Lo ricorderò sempre come lo vidi attraverso la
porta aperta della mia cameraquando se la prendeva tantoe
forse troppoper le naturali conseguenze della sua mancanza. Sono
contentosi capisceche un po' di bene - e anche un certo
splendore - sia risultato dai miei sforzi; ma a volte mi pare che
sarebbe stato meglioper la tranquillità del mio spiritodi non
essermi trovato tra lui e quell'offerta maledettamente generosa di
Chester. Chissà che ne avrebbe fatto la sua immaginazione
esuberantedi quell'isoletta delle Walpole - il briciolo di terra
più disperatamente abbandonato sulla faccia delle acque!
Probabilmente non ne avrei saputo mai più nullaperchévi dirò
Chesterdopo essersi fermato in un porto australiano per far
rabberciare quel suo anacronismo marittimo attrezzato a
brigantinopartì verso il Pacifico con un equipaggio di ventidue
uomini in tutto; e la sola notizia che forse poteva collegarsi al
mistero del suo destino fu di un uragano che circa un mese dopo
avrebbe investito le secche delle Walpole. Degli Argonauti mai più
neanche il segno; non una voce uscì da quel nulla. Finis! Il
Pacifico è il più discreto fra gli oceani di temperamento
turbolento; anche il gelido Antartico sa serbare un segretoma
piuttosto come lo serba una tomba.
"C'è un senso di finalità divina in tale discrezioneche noi
tutti più o meno sinceramente siamo pronti a riconoscere;
cos'altro c'è infatti di così adatto a rendere accettabile l'idea
della morte? La fine! Finis! Quella parola potente di esorcismo
che scaccia dalla casa della vita lo spettro incombente del fato.
Ecco - nonostante la testimonianza dei miei occhie le sue stesse
affermazioni calorose - quel che mi manca quando considero il
successo di Jim. Finché c'è vita c'è speranzaè vero; ma c'è
anche paura. Non che io rimpianga il mio atto; non che io voglia
far credere che ciò mi tolga il sonno la notte! ma mi si presenta
insistente l'idea che lui facesse troppo caso al suo disonore
mentre quello che importa è soltanto la colpa. Egli per me aveva
perduto - per così dire la sua limpidità. Ai miei occhi non era
limpido. E c'è da credere che non fosse limpido neanche ai suoi.
Rimanevano certe sue raffinate sensibilitài suoi raffinati
sentimentile sue aspirazioni raffinate - una specie di
sublimatodi idealizzato egoismo. Era - lasciatemelo dire - molto
raffinato; molto raffinato - e molto disgraziato. Una natura un
po' più grezza non avrebbe retto a quella tensione; sarebbe venuta
a patti con se stessa - con un sospiroun grugnito o magari con
una risata; una natura ancora più grezza sarebbe rimasta immersa
in un'ignoranza invulnerabile e del tutto priva d'interesse per
me.
Ma lui era troppo interessante o troppo disgraziato per esser
buttato ai canio anche a Chester. Me ne resi conto mentre ero
seduto col viso sul foglio e lui lottava ansimando e cercando di
riprender fiato in quel suo modo di pena segretain camera mia;
me ne resi conto vedendolo precipitarsi in veranda come per
buttarsi di sotto - ma non si buttò; me ne resi conto sempre più e
meglio tutto il tempo che rimase là fuoririschiarato appena
sullo sfondo della nottecome sul margine di un mare buio senza
speranza.
Un grave rombo improvviso mi fece alzare il capo. Sembrò rotolar
via; un subito bagliore penetrante e violento accese il volto
cieco della notte. Il barbaglio sostenuto e abbacinante sembrò
durare per un tempo infinito. Il brontolìo del tuono cresceva
mentre guardavo Jimnitido e neropiantato solido sulla riva di
un oceano di luce. Al momento di più intenso baglioresuccesse
una più fonda oscurità nell'acme del tuono; ed egli mi sparve
tutto dalla vista abbacinata come mi si fosse dissolto in atomi in
quel fragore. Passò nell'aria un fiato strepitoso; mani furibonde
sembrarono strappare arbustiagitare cime d'alberi sotto la
finestrasbattere porterompere vetri lungo tutta la facciata
dell'edificio. Jim rientròchiudendosi l'uscio alle spallee mi
trovò sempre curvo sul mio tavolo; mi prese una grandissima ansia
improvvisa per ciò che avrebbe dettoun'ansia assai vicina alla
paura. 'Posso prendere una sigaretta?' domandò. Gli spinsi la
scatola senza alzare il capo. 'Ho bisogno... ho bisogno di
fumare' borbottò. Mi sentii tutto sollevato. 'Un momento'
mormorai con cortesia. Fece un po' su e giù per la stanza. 'E'
passata' lo sentii dire. Un lontano tuono isolato arrivò dal mare
come una cannonata d'allarme. 'Il monsone ha rotto per tempo
quest'anno' osservò in tono di conversazioneda un punto alle
mie spalle. Questo mi persuase a voltarmiappena messo
l'indirizzo sull'ultima busta. Fumava avidamentenel mezzo della
stanza; e nonostante il rumore che feci muovendomicontinuò a
volgermi le spalle per un bel po'.
'Beh - me la son cavata abbastanza bene' fecegirando tutt'a un
tratto sui tacchi. 'Un po' l'ho pagata - ma non tanto. Chissà che
altro mi succederà.' Non mostrava nessuna emozione in visosolo
sembrava un po' più scuro e tesocome se avesse trattenuto il
respiro. Sorrisesi direbbedi controvogliae mentre lo
guardavo in silenzio soggiunse: '... Grazieperò... la sua
stanza... una bella comodità... per uno... a mal partito...'. La
pioggia tamburellava e scrosciava nel giardino; una grondaia
(doveva esserci un buco) faceva proprio davanti alla finestra la
parodia di un dirotto pianto con ridicoli singhiozzi e
lamentazioni gorgoglioseinterrotti da strappi di silenzio
spasmodico... 'Una specie di ricovero...' mormoròe tacque.
Il bagliore smorzato di un lampo dardeggiò attraverso la cornice
nera della finestrae svanì senza rumore. Studiavo il modo di
avvicinarmi a lui (non volevo esser respinto malamente un'altra
volta) quando abbozzò una risatina. 'Né più né meno che un
vagabondo adesso...' la cicca della sigaretta gli finiva di
bruciare tra le dita... 'senza neanche un... un...' disse
lentamente; 'eppure...'. S'interruppela pioggia cadeva con
raddoppiata violenza. 'Ha da capitareun giorno o l'altroper
forzal'occasione di recuperare ogni cosa. Per forza!' mormorò
bene scandito e con gli occhi fissi sulle mie scarpe.
Non arrivavo a capire cosa desiderava tanto di recuperare; che
cosa avesse perduto così tragicamente. Forse era cosa tanto
importante che a lui riusciva difficile anche parlarne. Uno
straccio di diploma in pergamenasecondo Chester... Alzò su di me
uno sguardo interrogativo. 'Può darsi. Se le basterà la vita'
borbottai fra i denti con un'irritazione senza motivo. 'Non ci
conti troppo.'
'Perdiana! Ho idea che ormai niente mi può far più niente' fece
in tono di cupa convinzione. 'Se questa storia non ce l'ha fatta a
mettermi a terranon c'è pericolo che ora mi manchi il tempo
per... per arrampicarmie...' Guardò per aria.
Mi balenò l'idea che è tra individui simili che si recluta il
grande esercito dei vagabondi e dei reiettil'esercito in marcia
sempre più giùsempre più giù per tutti i pantani del mondo.
Appena lasciata la mia stanzaquella 'specie di ricovero'
avrebbe preso posto nei ranghiiniziando la sua marcia verso
l'abisso senza fondo. Ioper lo menonon mi facevo illusioni; ma
ero pur sempre io checosì sicuro fino a un momento prima della
potenza delle paroleora avevo paura di parlarecosì come non si
osa muoversi per tema di perdere una presa vacillante. Proprio
quando ci troviamo di fronte alle esigenze più intime del nostro
prossimoallora ci appare chiaro quanto indecifrabilicangianti
e nebulosi siano gli esseri compartecipi con noi dello spetta olo
delle stelle e del calore solare. E' come se la solitudine fosse
una dura e assoluta condizione d'esistenza; l'involucro di carne e
sangue su cui fermiamo lo sguardo sfugge di sotto la mano tesae
rimane soltanto il capricciosoinconsolabile ed elusivo spirito
che l'occhio non può seguireche la mano non afferra. Era il
timore di perderloquello che mi teneva in silenzioperché ebbi
la sensazione immediata e stranamente precisa che se lo avessi
lasciato scivolar via nella notte non me lo sarei perdonato mai
più.
'Beh - grazie... ancora una volta. E' stato... hem...
straordinariamente... proprio non ci sono parole per...
Straordinariamente. Davvero non so perché... Temo di non riuscire
a dimostrarmi tanto grato quanto potrei se tutta questa faccenda
non mi fosse piovuta addosso in un modo così brutale. Perché in
fondo... anche lei...'. Balbettava.
'Può darsi' risposi. Aggrottò le sopracciglia.
'Siamomalgrado tuttodegli esseri responsabili.' Mi fissava
come un falco.
'E anche questo è vero' dissi.
'Beh. Ho sopportato fino in fondoe non intendo che nessuno venga
a rivedermi le bucce senza... senza... averla da fare con me.'
Strinse i pugni.
'Ha sempre da vedersela con se stesso' ribattei con un sorriso -
Dio sa se poco allegro - ma bastò perché mi guardasse con cipiglio
minaccioso.
'Questo è affar mio' disse. Un'aria di risolutezza indomita gli
si accese sul visosubito spenta come un'ombra vana e passeggera.
Un attimo dopo tornò il bambino crucciato di prima. Gettò via la
sigaretta. 'Addio' disse con l'improvvisa furia di chi si è
indugiato troppo da un lavoro urgente che lo aspetta; ma per un
paio di secondi rimase lì senza il minimo movimento. L'acquazzone
cadeva con lo scroscio pesante e continuo della corrente impetuosa
di un fiume in pienacon un fragore furibondoprepotente e senza
ritegnoche richiamava alla mente immagini di ponti crollatidi
alberi sradicatidi montagne sconvolte. Nessun uomo avrebbe
potuto affrontare il flutto colossale e turbinoso che sembrava
infrangersi e mulinare contro l'isola di pacata penombra in cui
stavamoprecariamente riparati. La grondaia forata gorgogliava
rantolavasputava e sciaguattava; odiosa parodia di nuotatore che
lotta per la vita. 'Piove' avvertii'e io...' 'Piova o splenda
il sole' cominciò deciso; ma s'interruppe e si avvicinò alla
finestra. 'Un vero diluvio' borbottò dopo un poco; appoggiò la
fronte al vetro. 'E poi è buio.'
'Sì. Molto' feci.
Girò sui tacchiattraversò la stanzaeprima che io fossi
balzato dalla seggiolina aveva già aperto la porta che dava sul
corridoio. 'Aspetti' gridai. 'Voglio che lei...'. 'Non posso mica
cenare con lei un'altra volta questa sera' esclamò con un piede
già fuori della porta. 'Non ho la più lontana intenzione di
invitarla' risposi. Allora ritrasse il piedema rimanendo con
aria sospettosa sulla soglia. Lo pregai senz'altro e con
insistenza di non fare assurdità; di tornar dentro e chiudere la
porta".
CAPITOLO 17.
"Finalmente rientrò; ma credo che fu soprattutto per via della
pioggia; stava diluviando in quel momento con una violenza
rabbiosa che venne poi calmandosi a poco a poco mentre
discorrevamo. Si portava in modo calmo e deciso;
nell'atteggiamento di un uomo naturalmente taciturno e dominato da
un pensiero fisso. Ioprospettandogli il lato materiale della sua
situazionecon l'unico scopo di salvarlo dall'abbrutimentodalla
rovina e dalla disperazione che fanno così prestolaggiùa
riversarsi sull'uomo senza amici e senza casalo supplicai di
accettare il mio aiuto; gli portai argomenti solidi; ma ogni volta
che alzavo gli occhi su quel volto assorto e lisciocosì giovane
e serioprovavo il disagio di essergli non di aiuto ma piuttosto
di ostacoloper non so quale misteriosainesplicabile
impalpabile reazione del suo spirito ferito.
'Immagino che intenda mangiarebere e dormire sotto un tetto come
tutti' ricordo di aver detto con irritazione. 'Lei dice di non
voler neanche toccare il danaro che le è dovuto...' Fece il più
vivo gesto d'orrore di cui sia capace un individuo del suo tipo.
(Gli venivanodi pagatre settimane e cinque giorni come primo
ufficiale del Patna). 'Behcomunque è troppo poco per
occuparsene; ma che farà domani? Dove si rivolgerà? Deve pur
vivere...' 'Non è questo' commentò tra i denti. Feci finta di non
averlo uditoe continuai confutando quelli che supponevo fossero
gli scrupoli di una eccessiva delicatezza. 'Lei deve comunque
permettermi d'aiutarla' conclusi. 'Non si può' rispose con molta
semplicità e dolcezzaseguendo una sua idea profondache potevo
intravvedere come uno specchio d'acqua nel buioma senza speranza
di poter mai tanto avvicinarmi ad esso da riuscire a sondarne la
profondità. Considerai la sua ben proporzionata struttura. 'Ad
ogni modo' feci'posso aiutarla per quel che di lei è
l'esteriore. Non pretendo arrivare più in là.' Scosse il capo
senza guardarmiincredulo. Mi sentii le fiamme al viso. 'Posso!
posso!' insistei. 'E posso fare forse anche di più. Già lo sto
facendo. Io le faccio credito...' 'I quattrini...' cominciò a
dire. 'Parola miameriterebbe che io la mandassi al diavolo'
esclamaisforzandomi di apparire molto indignato. Sorrise
perplesso; io cercai di sfruttare quel vantaggio iniziale. 'Non si
tratta di quattrini. Affatto! Lei è troppo superficiale' dissi (e
pensavo tra me: Piglia su! chein fondoè forse proprio così).
'Guardi: questa è una lettera che voglio consegnarle. Ho scritto a
una persona a cui non ho mai chiesto un favore; e ho parlato di
lei in termini che non si osa adoperare se non scrivendo di un
amico molto intimo. Mi assumo a suo riguardo tutte le
responsabilità; senza riserve. Ecco che sto facendo io per lei. E
in realtàse lei volesse riflettere un momento sul significato di
questo mio atto...'
Alzò il capo. L'acquazzone era passato; solo dalla grondaia
seguitava uno stillicidio di lagrime ridicole lìfuori della
finestra. Nella stanza tutto era tranquillocon quelle zone
d'ombra addensata negli angolilontano dalla fiamma della candela
dritta e ferma come un pugnale; e il suo voltoa poco a poco
apparve soffuso d'un tenue riflesso di pallida lucecome se fosse
già spuntata l'alba.
'Perdiana!' sospirò. 'Un gesto veramente nobile il suo...'
Se mi avesse lì per lì mostrato a scherno la linguanon mi sarei
sentito più mortificato. Pensai fra me: mi sta bene a fare il
moralista a collotorto... Mi fissava in faccia con occhi accesi
ma non d'ironia. Poitutto a un trattosi riscossepreso da una
improvvisa agitazione spasmodicacome una marionetta mossa dai
suoi fili. Alzò le bracciapoi le riabbassò con rumore. Divenne
un altr'uomo. 'E non l'avevo capito' gridòmordendosi il labbro
e aggrottando le sopracciglia. 'Che asino sono stato' aggiunse
lento e sbigottito. 'Lei è un asso!' gridò con voce rotta: e mi
afferrò la mano come se l'avesse scoperto allora allorae subito
me la lasciò. 'Ma come! se proprio questo io... lei... io...'
balbettò; poitornando al suo primo atteggiamento stolidovorrei
dire mulescoriprese a stento: 'Ma ora sarei una bestia se...'
Qui parve gli si spezzasse la voce. 'Sìsì; va bene' dissi. Mi
aveva un po' scombussolato questa piena di sentimentida cui
traspariva uno strano giubilo. Involontariamente avevoper così
diretirato i fili giustisenza conoscere la meccanica del
giocattolo. 'Ora devo andare' disse. 'Perdio! Lei mi ha aiutato
sul serio! Non sto più nei panni. Proprio quello che...'
Proprio quello - sicuro! questo era il punto. Dieci contro uno
che l'avevo salvato da morir di fame - quella particolare sorta di
fame che quasi invariabilmente si associa all'ubriachezza. Ecco
tutto. Non faceva ombra di dubbio in proposito; maosservandolo
mi permisi di domandare a me stesso che sorta di miraggio fosse
quello che negli ultimi tre minuti gli si era evidentemente creato
dentro. Lo avevo costretto ad accettare un piano per tirare
avanticon qualche decenzain quella cosa seria che e la vita;
per procurarsi anche lui da mangiare e da bere e un asilo come
tutti; mentre il suo spirito feritocome un uccello con un'ala
rottasi sarebbe infrattato a salti e sbalzi in qualche buco a
morir d'inediain silenzio. Quel che l'aveva spinto ad accettare
erain ultima analisiuna cosa da nulla: e invecemiracolo! per
il modo come l'aveva accettataora essa ci dominavanella
incerta luce della candelacome un'ombra enormeindistinta e
forse minacciosa. 'Non faccia caso se non so trovare le parole
adatte' esclamò. 'Ma non ci sono parole che bastino. Già ieri
sera lei mi ha fatto un bene incalcolabile standomi a sentire...
capisce? Le do la mia parola che ho sentito più di una volta
scoppiarmi il cervello...' Si slanciò - proprio si slanciò - da un
punto all'altro della stanza; si infilò le mani in tasca d'un
trattoe le tirò di nuovo fuori; si buttò il berretto in testa.
Non riuscivo a immaginare che avesse in corpo da essere così
arioso e vivace. Dava l'idea di una foglia secca presa in un
mulinelloe intanto un'apprensione misteriosaun gravame di
oscuri dubbi mi inchiodava sulla sedia. Rimase fermo impietrito
come folgorato da una sùbita illuminazione. 'Lei mi ha ridato
fiducia' dichiarò senza enfasi. 'Ohper amor di Diofigliolo...
basta così!' lo supplicaicome se mi avesse offeso. 'Va bene: non
dirò più niente - né ora né mai. Però lei non può impedirmi di
pensare... che... Non fa niente!... Vedrà... vedrà...' Corse alla
portasostò un attimo a testa bassatornò indietro con passo
risoluto. 'Ho sempre pensato se un uomo non potrebbe ricominciare
da capoa pagina bianca... e ora lei... fino a un certo punto...
sì... pagina bianca.' Gli feci un saluto con la manoe lui uscì
senza voltarsi; il suono dei suoi passi a poco a poco si spense di
là dalla porta chiusa - il passo sicuro di un uomo che procede
nella luce piena del sole.
Ma iorimasto solo con la mia candela solitariaio mi trovavo
per contro in pieno buio. Non ero più tanto giovane da scoprire a
ogni svolta il magnifico splendore che guida i nostri passi
perduti verso il bene o il male. Sorrisi al pensiero chedopo
tuttodi noi dueera lui che possedeva la luce. E mi sentii
triste. Una pagina bianca aveva dettoeh? Come se la parola
iniziale nel destino di ciascuno di noi non fosse incisa a lettere
indelebili sul vivo di una roccia!".
CAPITOLO 18.
"Sei mesi dopo ricevetti una lettera dal mio amico. Era costui uno
scapolo su per giù di mezza etàcinicoin fama d'eccentrico
proprietario di un mulino da riso. Dal calore della mia
raccomandazioneaveva stimato che la cosa mi stesse a cuoree
perciò nello scrivermi si diffuse alquanto sulle dotipacatema
efficacidi Jim. 'Non essendo riuscito a trovarmi in cuore più
che una rassegnata sopportazione di fronte a tutti gli altri
esemplari della razza umanaho vissuto finora solitario in una
casa che anche in questo clima torrido potrebbe considerarsi
troppo grande per una persona sola. Me lo sono preso in casa tempo
fa: ea quanto parenon è stato uno sbaglio.' Mi domandavo
leggendo questa letterase il mio amico si fosse scovato in
cuoremeglio che un sentimento di tolleranza verso Jimil
preannuncio di una vera simpatia. E si esprimeva in un modo tutto
personale. Punto primoJim si conservava fresco in quel clima.
'Se fosse una ragazza' scriveva il mio amico'si potrebbe dire
che fiorisce - fiorisce quieto quieto come una violettanon come
uno dei nostri roboanti fiori tropicali.' Da sei settimane abitava
in casa suae non si era ancora spinto a dargli una manata sulla
schienao a chiamarlo 'vecchio mio' o a dargli la sensazione di
considerarlo un annoso fossile. Non aveva il vizio di
chiacchierareproprio dei giovani. Era di buon caratteredi
poche parolenon troppo intelligente 'se Dio vuole' - scriveva il
mio amico. Abbastanza peròda apprezzare tranquillamente le
arguzie dell'ospite che a sua volta era molto rallegrato
dall'ingenuità del ragazzo. 'Ha ancora addosso la rugiadae da
quando ho avuto la buona idea di dargli una stanza in casa mia e
tenermelo a tavola mi par di rinverdire. L'altro giorno si è messo
in testa di attraversare tutta la stanza solo per aprirmi una
porta; e questo mi ha fatto sentire in accordo con l'umanità; che
da anni non mi capitava. Buffono? Non mi sfugge che qualche
mistero sotto ci ha da essere; qualche brutto piccolo guaio - di
cui tu sei al corrente - ma se anche si tratta di cosa
riprovevolecon un po' di buona volontà credo che si possa
passarci sopra. Per parte miaconfesso che non riesco a
immaginarlo reo se nontutt'al piùdi aver rubato della frutta
in un orto. Si tratta davvero di cosa molto più grave? Me ne
avresti forse dovuto parlare: ma da tanto tempo siamo diventati
santinoi dueche devi esserti scordato che i nostri peccatial
tempo nostroli abbiamo fatti anche noi. Può darsi che un giorno
te lo abbia da chiederee allora bisognerà che tu mi risponda.
Non voglio interrogarlo io direttamente finché non ho almeno
un'idea di quel che si tratta. E poiè ancora troppo presto.
Lasciamolo aprirmi la porta qualche altra volta...' Così il mio
amico. Ero soddisfatto per tre ragioni per la buona riuscita di
Jimper il tono della letteraper la mia perspicacia.
Evidentemente avevo agito con criterio; avevo studiato a fondo i
caratteri delle persone; e così via. E se ne fosse venuto fuori
qualche risultato inatteso e meraviglioso? Quella serasteso su
una sdraia all'ombra del mio tendone di poppa (ero nel porto di
Hong-Kong)posai in onore di Jim la prima pietra d'un castello in
aria.
In seguitodi ritorno da un viaggetto nel nordtrovai tra la
posta in giacenza un'altra lettera del mio amico. L'apersi per
prima: 'Posate non ne mancanoa quanto pare' diceva la prima
riga; 'e non mi son curato di farne la verificaperché non mi
importa molto. Se n'è andatolasciandomi sulla tavola da pranzo
un bigliettino di scuse convenzionaliche denota o stupidità o
mancanza di cuore. Probabilmente tutt'e due le cose insiemeper
me è lo stesso. Permettimi di dirticasomai tu avessi in serbo
qualche altro giovinotto misteriosoche ho chiuso bottega
definitivamente e per sempre. Sarà stata la mia ultima
eccentricità. Non devi credere che me ne importi un fico secco; ma
ha lasciato molti rimpianti sui campi di tennisenel mio stesso
interesseho dovuto raccontare una storia plausibile al
circolo...'. Misi la lettera da parte e mi posi a frugare fra le
altre ammucchiate sul mio tavolinofinché mi capitò sott'occhio
la calligrafia di Jim. Lo credereste? Un caso su cento! Ma è
sempre quel centesimo caso che càpita! Il secondo macchinista del
Patnaquel mezz'uomoera saltato fuori in condizioni più o meno
disperateed aveva ottenuto l'incarico temporaneo di sorvegliante
al macchinario del mulino. 'Non potevo sopportare la confidenza
che si pigliava quell'animale' scriveva Jim da un porto di mare a
settecento miglia più a sud del luogo dove avrebbe dovuto essere a
far vita da re. 'Per il momento lavoro da Egström e Blake
fornitori marittimicome... ecco... galoppinoa dirla com'è. Per
le referenzeho dato il suo nomeche naturalmente conoscono; e
se lei volesse mettere una buona parolail mio impiego potrebbe
diventare stabile.' Ero rimasto schiacciato sotto le rovine del
mio castello manaturalmentescrissi quanto mi veniva richiesto.
Prima della fine dell'annoil mio nuovo ingaggio mi portò da
quelle partie così ebbi occasione di vederlo.
Lavorava ancora per Egström e Blakee c'incontrammo nel
'salottino' come chiamavano una stanzetta che dava sul magazzino.
Tornava da una nave appena attraccatae mi affrontò a fronte
bassapronto a battagliare. 'Che ha da dire a sua difesa?'
cominciaiappena ci fummo stretti la mano. 'Quello che le ho
scrittoniente di più' dissein tono scontroso. 'Quello ha
chiacchierato... o che cosa?' domandai. Alzò gli occhi
guardandomicon un sorriso turbato. 'Oh no! chiacchierato no. Ma
ne aveva fatto una specie di legame confidenziale tra noi.
Prendeva una maledetta aria di mistero ogni volta che io andavo al
mulino; mi strizzava l'occhio molto compuntocome per dire: NOI
SAPPIAMO QUEL CHE SAPPIAMO. E poisempre con un maledetto
servilismo e una familiarità... ecceteraeccetera.' Si lasciò
andare su una seggiola con lo sguardo fisso sulle sue gambe. 'Un
giorno ci capitò di ritrovarci solie quell'individuo ebbe la
faccia di dirmi: - Behsignor Giacomo - (lì mi chiamavano tutti
signor Giacomocome fossi il figlio del padrone) - eccoci un
altra volta insieme. Meglio qui che su quel ferrovecchiono? Non
era orribile? Lo guardaie lui prese un'aria furba. Niente
paurasignor Giacomo- dice. - Riconosco un gentiluomo a colpo
d'occhioe so come un gentiluomo la intende. Speroquindiche
lei mi terrà a questo posto. L'ho passata brutta anch'io per via
di quella vecchia maledetta storia del Patna. Perdiana! era
spaventoso. Non so che avrei detto o fatto se in quel momento non
avessi sentito dal corridoio la voce del signor Denver che mi
chiamava. Era ora di pranzo; attraversammo insieme il cortile e il
giardino per entrare nel bungalow. Cominciò a stuzzicarmicol suo
modo così pieno di bontà... credo che mi volesse bene...'
Jim rimase un po' in silenzio.
'Lo so che mi voleva bene: e proprio per questo mi sentivo tanto a
disagio. Un uomo così straordinario!... Quella mattina mi prese
sotto braccio... Anche lui mi trattava con familiarità.' Scoppiò
in una risata secca e piegò il mento sul petto. 'Bah! Ricordavo le
parole e il modo di quello schifoso vermiciattolo' riprese a un
tratto con voce tesa'e mi ribellai all'idea che io... Lei lo
sa...' Annuii col capo. 'Più che un padre' esclamò; poi abbassò
la voce. 'Dovevo dirgli tutto. Così non si poteva seguitareno?'
'Beh?' mormoraidopo un momento di attesa. 'Ho preferito
andarmene' rispose lento; 'questa faccenda bisogna seppellirla.'
Sentivamo Blake in negozio scaricare una volata d'improperi contro
Egström con grandi strilli e berci. Erano soci da molti anni. E
ogni giornodall'apertura del negozio fino all'ultimo minuto
prima della chiusurasi sentiva Blakeun omino dai capelli lisci
liscinerissimie due occhietti tondiscontentistrapazzare
cosìsenza posail suo sociocon una specie di furia astiosa e
lagnosa. Il frastuono di quelle eterne scenate faceva parte
dell'ambiente con tutto il resto della mobilia; i forestieri
imparavano anche loro molto presto a non farci più caso e si
limitavano a borbottare qualche volta: 'Accidenti!' o ad alzarsi
di colpo dalla sedia per chiudere la porta del 'salottino'.
Intanto Egströmuno scandinavo massicciodalle ossa a fior di
pellee due immensi scopettoni biondiseguitava indaffarato a
dar ordini ai suoi dipendentia registrar pacchia preparar
conti o a scrivere lettere su un alto bancone in negozio
comportandosi insomma in mezzo a quell'ira di Dio come se fosse
sordo spaccato. A trattie per scarico di coscienzalanciava un
'Sshh!' che non producevané intendeva produrreil minimo
effetto. 'Mi trattano molto benequi' fece Jim. 'Blake è una
canagliettama Egström è in gamba.' Balzò in piedie
avvicinandosi al treppiede che sosteneva il telescopio puntato
alla finestra verso la baiavi applicò un occhio. 'Ecco la nave
rimasta in panne stamani al largo e che ha trovato alla fine una
bava di vento per entrare' osservò tranquillamente. 'Devo andare
a bordo.' Ci stringemmo la mano in silenzioe si avviò per
uscire. 'Jim!' esclamai. Si volse con la mano sulla maniglia.
'Lei... lei ha buttato via qualcosa come una fortuna.'
Riattraversò tutta la stanza e mi si avvicinò. 'Un così
straordinario vecchio...' fece. 'Come potevo? Come potevo?' Gli
tremavano le labbra. 'Quinon ha importanza.' 'Oh! che... che...'
cercavo la parola adattama prima che arrivassi a rendermi conto
che non c'era un epiteto confacenteJim se n'era andato. Udii da
fuori la voce profonda e dolce di Egström che diceva allegramente:
'E' il Sara W. GrangerJimmy. Devi far di tutto per trovarti a
bordo prima di tutti' e subito interloquì Blakestrillando come
un pappagallo infuriato. 'Di' al capitano che abbiamo posta per
luiqui. Vedrai che viene subito. Capitosignor Come-ti-chiami?'
E la risposta di Jim a Egström con un che di fanciullesco nel
tono. 'Va bene. Si va in regata!' Sembrava consolarsi della
miseria di quel mestiere prendendolo dal lato marinaresco.
Non lo vidi più in quel mio viaggioma durante il seguente (avevo
un contratto di sei mesi) tornai all'emporio. A dieci metri
dall'ingresso mi arrivò all'orecchio il blaterare di Blakeil
qualequando fui entratomi lanciò un'occhiata piena di uno
scoramento totale; Egströmtutto sorrisiavanzòtendendomi una
grande mano ossuta. 'Molto lieto di vederlacapitano... Sshh...
Lo dicevo io che doveva esser in via di ricapitare da queste
parti. Come dicesignore?... Sshh... Ah! quello lì! Se n'è
andato. Si accomodi in salottino.'... Richiuso l'usciola voce
stridula di Blake arrivò alquanto smorzatacome di uno che
facesse sfoghi disperati in mezzo al deserto... 'Ci ha messo in un
grosso impiccioanche. Si è comportato male con noise l'ho da
dire...' 'Dov'è andato? Lo sa?' domandai. 'No. A lui era inutile
chiederlo' rispose Egströmrimasto in piedi davanti a mecon i
suoi scopettoniservizievolele braccia goffe lungo i fianchie
l'esile catenina d'argento dell'orologio attaccata molto in basso
su un panciotto di lana blu tutto ciancicato. 'Un uomo così non ha
mai una particolare direzione.' La notizia mi rattristava troppo
per lasciarmi la voglia di farmi spiegare questa sua teoria; egli
proseguì: 'E' partito... vediamo un poco... proprio il giorno che
riparò qui in porto un piroscafo con dei pellegrini di ritorno dal
Mar Rossoche aveva perso due pale dell'elica. Giusto tre
settimane oggi.' 'Non si parlòper casodella faccenda del
Patna?' domandaitemendo il peggio. Trasalì e mi guardò come se
fossi un mago. 'Ma sì! Come fa a saperlo? Se ne parlò proprio qui:
un paio di capitaniil direttore dell'officina Vanlo al porto
altri due o tre e io. C'era anche Jimche faceva colazione con
panini imbottiti e un bicchiere di birra; quando abbiamo molto da
fare - capiscecapitano - non c'è tempo per un vero pasto.
Mangiava in piedi a questo tavolinoe noialtri intorno al
telescopio a guardar entrare il piroscafo. Dopo un po' il
direttore della Vanlo cominciò a parlare del capo macchinista del
Patna; gli aveva fatto certe riparazioni una volta; da questo
passò a raccontarci di quella naveche era una vecchia carcassa
e quanto danaro ne avevan ricavato. Gli capitò d'accennare al suo
ultimo viaggioe allora interloquimmo tutti. Chi disse una cosa
chi un'altra - non gran che - cose che lei o chiunque altro
potrebbe dire; e ci fu qualche risata. Il capitano O'Brien del
Sara W. Grangerun vecchio grossorumorosocol bastone - che
ascoltava seduto su questa poltrona quitutto a un tratto batte
col bastone per terra e ruggisce: Vigliacconi!... - Ci fece
sobbalzare tutti. Il direttore della Vanlo ci fa l'occhietto e
chiede: - Che succedecapitano O'Brien? - Che succede? Che
succede? - cominciò a gridare il vecchio; - che c'è da ridere
pezzi di pellirossa? Non c'è niente da ridere. E' una vergogna per
il genere umanoecco cos'è. Mi vergognerei di farmi vedere nella
stessa stanza con uno di quegli uomini. Sissignore! - Pareva
avesse preso di mira proprio mee dovetti rispondere per
educazione: Vigliacconi! dissi- certocapitano O'Brien: e
neanch'io li riceverei qui dentro: dunque leiquipuò star
tranquillocapitano O'Brien. Prenda una bibita fresca -. - Al
diavolo le sue bibiteEgströmdisse sbattendo le palpebre-
quando mi va di bere qualcosaso gridare da me che me la portino.
Vi pianto. Ci puzza qua dentroadesso -. A queste parole tutti
scoppiarono a rideree se ne andarono dietro al vecchio. E
allorasignorequel dannato di Jim posò il panino che aveva in
mano e fece il giro del tavolino per appressarsi a me; e lasciò lì
il suo bicchiere di birra ancora pieno fino all'orlo. - Me ne
vadodice... cosìpreciso. - Non è ancora l'una e mezzo-
faccio io; - puoi farti una fumatinaprima. - Credevo dicesse che
era l'ora di andare al lavoro. Quando capii la sua vera
intenzionemi caddero le braccia... così! Non si trova tutti i
giorni un uomo come quellosasignore; un vero diavolo per
portare una barca a vela; pronto a far miglia e miglia di mare con
qualunque tempo per andare incontro alle navi. Più d'una volta è
successo che qualche capitano mi entrasse qui pieno di meraviglia
e la prima cosa che diceva era: - Un bel matto quel suo
commissionario di bordoEgström. Stavo cercando la rotta per il
portoapprofittando dell'ultima luce del giornoe interzarolato
strettoquando mi sbuca dalla nebbia come una frecciapropria
sulla mia rotta di pruauna barca mezza abboccata d'acquacon
gli schizzi che le arrivavano a riva dell'alberodue negri
spaventatissimi sui pagliolie un diavolo al timone che urla:
Ehi! Ehi! Ohè della nave! Ohè! Capitano! Ehi! Ehi! Quil'uomo di
Egström e Blake: il primo a passarvi parola! Ehi! Ehi! Egström e
Blake! Olà! Ehi! - Via! un calcio ai negri - molla i terzaroli -
arriva una raffica - ci fila davanti urlando e berciando di
mollare a vento che mi avrebbe pilotato lui fino in porto - un
demonio più che un uomo. Non ho mai visto in vita mia portare una
barca così. E non aveva mica bevutovero? Un ragazzo così
tranquillo quando fu a bordoeducatocapace di arrossire come
una ragazza... - Le dicocapitano Marlowche nessuno poteva
vincerci con le navi in arrivoquando in mare c'era Jim. Gli
altri fornitori marittimi era bazza se riuscivano a conservarsi i
vecchi clientie...'
Egström parve sopraffatto dall'emozione.
'Behsignore - non ci avrebbe pensato né poco né tanto a farsi
cento miglia al largo su una scarpa vecchia per guadagnare una
nave alla nostra ditta. Se si fosse trattato di un commercio suo
ancora tutto da impiantaresotto questo riguardo non avrebbe
potuto fare di più. E ora... tutto a un tratto... ecco! Penso io
tra me: Oho!... un piccolo aumento - sta qui la questione eh?
Benissimo - dico- inutile far tante storie con meJimmy. Basta
la cifra. Di' tu... Qualunque sommase di ragione.- Mi guarda
come se cercasse d'ingoiare qualcosa rimastagli in gola. Devo
andarmene da qui -. - Che scherzo stupido è questo? domando.
Scosse il capogli si leggeva negli occhi che se n'era già bell'e
andatosignore. Allora lo presi di petto e glie ne dissi di cotte
e di crude. - Che cosa ti fa scappar via? domando. Chi ti ha fatto
torto? Chi ti ha minacciato? Non hai più cervello di un topo:
quellida una nave buona non se ne vanno. Dove credi di trovare
un posto migliore?... pezzo di questo e di quest'altro. - Lo
ridussi come un cencioglie lo dico io. - La nostra ditta non
andrà a fondo lo stesso- dico. Fece un gran salto. - Addio-
dicesalutandomi con un cenno del capocome un gran signore; -
Lei è un buon uomoEgström. E io le do la mia parola che se
conoscesse la mia condizionenon avrebbe più tanta voglia di
trattenermi -. - Questa è la più grossa bugia che tu abbia mai
detto- dico io. - So io che pensare. - Mi aveva talmente fatto
andare in bestiache dovetti mettermi a ridere. - Non puoi
davvero fermarti nemmeno tanto da finirti questo bicchiere di
birradisgraziato? - Non so co sa gli successe; sembrava che non
riuscisse più a trovare la porta; una cosa buffale assicuro
capitano. La birra me la bevvi io. Behse hai tanta furiabevo
io alla tua buona fortunadico; solosenti a mese continui di
questo passoti accorgerai presto che il mondo non è abbastanza
grande per contenertiecco. - Mi diede un'occhiata torvae
scappò con una faccia da far paura ai bambini.'
Egström sbuffò con amarezzalisciandosi uno dei basettoni
rossiccicon le dita nodose. 'Non mi è mai più riuscitodopodi
trovare un uomo che valesse un soldo. Tutto a rotoliqui. Ma lei
se è lecitodove l'ha conosciutocapitano?'
'Era secondo sul Patna durante quella famosa traversata' risposi
sentendo che gli dovevo una spiegazione. Egström rimase un po'
immobilecon le dita immerse nel pelame degli scopettoni; poi
esplose. 'E che diavolo può importare questo? A chi?' 'Forse a
nessuno' cominciai... 'E chi diavolo crede di esserequello
comunqueper prendersela in questo modo?' A un tratto si ficcò in
bocca il basettone sinistro e prese un'aria stupita. 'Perdiana!'
esclamò. 'Glie l'ho ben detto che la terra non sarebbe bastata
alle sue giravolte!'".
CAPITOLO 19.
"Vi ho raccontato per esteso questi due soli episodiche mostrano
lo stato d'animo di lui in quel periodo della sua vita: ma ce ne
furono molti altri del genere; quanti ne potrei contare sulle dita
delle mani e anche più; tutti con lo stesso segno di un così alto
scrupolo morale da rendere profonda e commovente anche la loro
futilità. Gettare via il proprio pane quotidiano per aver mano
libera nella lotta contro un fantasma sarà magari un atto di
eroismo banale. Altri l'hanno fatto prima di lui (ma noi sappiamo
troppo bene - noi che abbiamo vissuto - come non sia l'ossessione
spiritualema la fame fisica a creare i proscritti): sempre
applaudita la loro meritoria pazzia dagli uomini che mangianoe
intendono continuare a mangiare ogni giorno. Davvero disgraziato
il povero Jimchecon tutta la sua temerarietà non riusciva a
liberarsi da quell'ombra: sul suo coraggio persisteva sempre un
dubbio. La verità èforseche non ci si libera dallo spettro di
un fatto materiale. Lo si può affrontare o sfuggire - e mi è
capitato d'incontrare un tipo o due che sapevano dare
eventualmente una strizzatina d'occhio al loro fantasma familiare.
Jim non era davvero tipo da fargli l'occhietto; io però non sono
mai riuscito a decifrare se si comportava così con l intenzione di
fuggire il suo spettro o d'affrontarlo.
Tutti i miei sforzi di perspicacia mi portavano soltanto alla
conclusione checome sempre nella complessità delle nostre
azionil'ombra di differenza era troppo sfumata per riuscire a
coglierla. Quella di Jim poteva essere una fuga come poteva essere
una maniera di combattere. Il volgo vedeva Jim come l'immagine di
un sasso che seguita a rotolar giù; cioè dal suo lato più buffo:
dopo un certo tempo divenne infatti notissimoaddirittura famoso
nel cerchio dei suoi vagabondaggi (che aveva un diametro di
mettiamotremila miglia) allo stesso modo come un tipo strambo è
conosciuto nel suo circondario. Per esempio a Bangkokdove trovò
lavoro presso i fratelli Yuckeenoleggiatori e mercanti di teck
era quasi commovente vederlo andare in giro lungo il fiume sotto
la canicolatenendosi stretto dentro il suo segretoconosciuto
ormai fino alle più lontane capanne del retroterra. Schombergil
direttore dell'albergo dove alloggiavaun irsuto Alsaziano che
con quell'aria virile era un inesauribile divulgatore di tutte le
chiacchiere e scandali localipropinava regolarmentegomiti sul
tavolinouna versione infiorettata della storia di Jim a tutti i
clienti propensi ad ingerire un po' di notizie insieme ai liquori
più costosi. 'Ebadiil più simpatico ragazzo che si possa
incontrare' concludeva generosamente; 'proprio un uomo
superiore.' E' tutto a favore della folla eterogenea di clienti
dello stabilimento di Schombergil fatto che Jim riuscisse a
reggere a Bankok per sei mesi buoni. Notai che la gentesenza
conoscerlo affattogli si affezionava come a un caro bambino.
Nonostante i suoi modi riservatiil suo aspetto fisicoi suoi
capellii suoi occhiil suo sorrisogli creavano amicizie
dovunque capitasse. E poi non era affatto uno sciocco. Udii
Siegmund Yucker (oriundo svizzero: un mite uomoconsumato da una
feroce dispepsiazoppo sconciatoche la testa gli tracciava un
quarto di cerchio a ogni passo) dichiarare con ammirazione che
per essere così giovaneera 'di grande gabacità' come se fosse un
caso di semplice capienza cubica. 'Perché non mandarlo
nell'interno?' suggerii con ansiasapendo che i fratelli Yucker
possedevano certe concessioni e foreste nel retroterra. 'Se ha
capacitàcome lei dicefarà presto a impratichirsi. Ha un fisico
molto robustouna salute di ferro.' 'Ah! E' una gran cosa in
questo paese non soffrire di tispepsia' sospirò il povero Yucker
con invidiadandosi un'occhiata di sfuggita alla cavità dello
stomaco. Lo lasciai lìassorto a tamburellare sulla scrivania
borbottando: 'Es ist eine Idee. Es ist eine Idee.'
Disgraziatamenteproprio quella sera accadde nell'albergo una
scena incresciosa.
Non per farne troppo un carico a Jimma fu senz'altro un caso
molto sgradevole: una delle solite squallide risse da bar; e
l'avversario era un Danese strabicoche nel biglietto da visita
sotto un nome bastardosi spacciava per 'primo tenente della
Regia Marina Siamese.' Costui era una vera schiappa al biliardo
ma naturalmentedi perdere non l'intendeva. Aveva la sbornia
cattivasicché alla sesta partita perse le staffe e si permise
qualche frase di scherno contro Jim. I più dei presenti non lo
avevano udito; quei pochi che avevano inteso se lo scordarono in
fretta per lo spavento di quel che ne seguì immediatamente. Fu una
fortuna per il Danese quella di saper nuotareperché il locale
dava su una veranda a picco sul Menam che scorreva di sotto
larghissimo e nero. Una barca di Cinesidiretti molto
probabilmente a qualche impresa ladrescaripescò l'ufficiale del
Re del Siame Jim mi arrivò a bordo verso mezzanotte senza
cappello. 'Sembrava che lo sapessero tuttinel locale' disse
quasi ansimando ancora per la baruffa. In via di principio era
piuttosto pentito dell'accadutobenchénella speciesecondo
luinon rimaneva altro da fare. Soprattutto lo aveva atterrito la
scoperta che era noto a tutti il segreto che gli pesava addosso
come se lo fosse portato in giro sempre bene in vista.
Naturalmenteora doveva andarsene anche di lì. Tutti lo
accusarono di violenza brutalecosì poco opportuna per un uomo
nella sua situazione delicata; alcuni sostenevano che in quel
momento era ubriaco fradicio; altri gli rinfacciavano la sua
mancanza di tatto. Perfino Schomberg ne fu molto seccato. 'E' un
giovanotto molto simpatico' mi disse con una punta di polemica
'ma anche il tenente è un tipo di prim'ordine. Cena ogni sera alla
mia table d'hôtesa. E mi hanno rotto una stecca di biliardo.
Queste cose non le posso permettere. La mattina dopo sono andato
per tempo a far le mie scuse al tenentee per parte mia credo
d'aver appianato le cose; ma pensi un po'capitanose tutti si
mettessero a fare di questi giochetti! E se quell'altro affogava?
Senza contare che qui non si tratta mica di fare un salto nella
strada accanto per ricomprarmi una stecca nuova. Devo ordinarla in
Europa. Nono! Un carattere simile non va!...' L'argomento gli
bruciava forte.
Questo fu l'incidente più grave di tutta la sua... la sua
ritirata. Nessuno più di me era nel caso di rammaricarsene;
perchése qualcuno nel sentirlo nominare aveva potuto dire: 'Ah
sì! lo conosco. E' venuto a sbatter la testa anche da queste parti
per un bel po'' - egli era tuttavia riuscito fino a quel momento a
tirar avanti senza troppe botte e ammaccature. Quest'ultima
faccendainvecemi seccò sul serioperché se la sua squisita
suscettibilità arrivava al punto di trascinarlo a risse da
bettolaallora avrebbe perduto quella sua nomèa di baggiano
innocuoanche se un po' pesanteacquistandosi quella di un
fannullone qualunque. Con tutta la mia fiducia in luinon potevo
tenermi dal pensare che in certi casi dalla parola al fatto il
passo è breve. Capiretemi figuroche oramai non potevo pl
pensare a lavarmene le mani. Me lo portai via da Bankok sulla mia
nave; la traversata fu piuttosto lunga. Faceva pena vederlo
ritirarsi così in se stesso. Un marinaioanche da semplice
passeggeroprende interesse alla navee osserva la vita
marinaresca intorno a lui col godimento valutativo di un pittore
mettiamoche osservi l'opera di un collega. Egli è "sul ponte" in
tutto il senso della parola. Il nostro Jiminvecestava per lo
più da bassotutto aggrondatocome un passeggero clandestino. Me
l'attaccò anche a me; tanto che mi astenevo dal parlargli di
questioni professionalicome sarebbe naturale tra due marinai
durante una traversata. Restavamo senza scambiarci una parola per
intere giornate; e mi riusciva estremamente difficile anche dare
ordini ai miei ufficiali in sua presenza. Spessotrovandoci
insieme soli sul ponte o in cabinanon sapevamo dove posare gli
occhi.
Lo misi da De Jonghcome sapeteben lieto di sistemarlo in
qualche modoma convinto che la sua situazione diventava
intollerabile. Aveva perduto un poco di quella elasticità che gli
aveva permesso altre volte di tornare a galla intatto dopo ogni
rovescio. Un giornosbarcandolo trovai in piedi sulla banchina;
l'acqua della baia e il mare aperto formavano un piano liscio e
ascendente; i bastimenti all'àncoralontanisembravano navigare
immobili nel cielo. Stava aspettando che finissero di caricare una
barcasotto ai nostri piedicon pacchi di minute provviste per
qualche nave lesta a salpare. Ci salutammo e restammo in silenzio
uno vicino all'altro. 'Perdiana!' disse a un tratto. 'E' un lavoro
che ammazza.'
Mi sorrise; devo dire che in genere fino a un sorriso ci arrivava.
Non risposi. Sapevo benissimo che non alludeva alla fatica: aveva
la vita facile con De Jongh. Tuttaviaa quelle sue parolemi
convinsi in pieno che veramente quel lavoro lo ammazzava. Senza
guardarlo: 'Le piacerebbe' dissi'abbandonare definitivamente
questa parte di mondo; provare in California o sulla Costa
occidentale? Vedrò se è possibile...' M'interruppe alquanto
sdegnato: 'Che differenza c'è...' Capii subito che aveva ragione.
Non c'era differenza; non cercava un riposolui; mi parve di
intuire vagamente che gli occorreva eper così direstava
aspettandoqualcosa difficilmente definibile qualcosa come
un'occasione. Glie ne avevo fornite diversema di quelle buone
soltanto a procurargli il pane. Eppure che si poteva fare di più?
Il caso mi parve disperatoe mi sovvenivano le parole di Brierly:
'Che si scavi una buca sei metri fonda e ci rimanga.' Meglio
questopensaiche codesto stare a fior di terra ad aspettar
l'impossibile. Eppurenon si poteva esser sicuri neanche di ciò.
Lì per lìe prima che la sua barca si fosse staccata di tre remi
dalla banchinadecisi di andare subito. in serata. a consultare
Stein.
Questo Stein era un mercante ricco e stimato. La sua ditta (perché
era proprio una dittaStein e Company: esisteva anche una specie
di socio chea sentire Stein 'si occupava delle Molucche') aveva
un'estesa rete di commerci interinsularie molte agenzie nei
luoghi più remoti per la raccolta dei prodotti. Non erano tuttavia
né la sua ricchezzané la sua autorità quelle che mi spingevano
così urgentemente a chiedergli i suoi pareri. Avevo bisogno di
confidargli la mia apprensione perché era uno degli uomini più
degni di fiducia che io abbia mai conosciuto. Una bella aureola di
bontà sempliceper così dire instancabilee intelligente gli
illuminava il viso lungo e glabro dalle profonde rughe verticali
e pallido come il viso di una persona accostumata ad una vita
sedentaria - chein realtà non era mai stata la sua. Aveva
capelli radispazzolati all'indietro sulla fronte massiccia e
spaziosa. Veniva fatto di pensare che a vent'anni doveva essere
stato molto simile a orache ne aveva sessanta. Era il viso di
uno studioso; soltanto le sopraccigliaquasi completamente
bianchefolte e a cespugliedi sotto a quellelo sguardo che
ne scaturiva risoluto e penetrantecontrastavano col suo aspetto
direidi scienziato. Era alto e dinoccolato; la schiena
leggermente curvae il sorriso innocente lo facevano apparire
pronto a prestarvi benevola attenzione; le lunghe braccia con le
grandi mani pallide avevano radi gesti decisi per indicare o
dimostrare. Se mi indugio a parlar di lui è perchédietro a
questo aspetto esterioree in accordo con una natura diritta e
indulgentequest'uomo possedeva un'intrepidità di spirito e un
coraggio fisico che poteva passare per temerarietà se non fosse
stata una funzione naturale del suo corpo - come la buona
digestioneper esempio - e del tutto inconsapevole. Si dice
talvolta che la vita l'abbiamo nelle nostre mani. Codesto modo di
dire non sarebbe valso per lui: durante la prima parte della sua
esistenza in Oriente ci aveva giocato addirittura a pallacon la
sua vita. Tutto questo apparteneva ormai al passatoma io
conoscevo la sua storia e l'origine della sua ricchezza. Era anche
un naturalista di un certo valoreopiù esattamenteun dotto
collezionista. L'entomologia era la sua particolare passione. La
sua collezione di Buprestidae e Longicornuae tutti scarabei -
orribili mostri in miniaturadall'aspetto nemico anche
nell'immobilità della mortee la sua vetrina di farfallebelle e
frementi nelle loro ali senza vita sotto al vetro delle scatole
avevano portato lontano la sua fama nel mondo. Il nome di questo
mercante avventurieroconsiglierein passatodi un sultano
malese (e non lo chiamava altrimenti che 'il mio povero Mohammed
Bonso') era notoin Europain virtù di poche staia di insetti
mortia scienziati che non potevano farsi neanche l'ideae certo
non si sarebbero curati di farseladella sua vita e del suo
carattere. A meche ero al correnteparve persona adattissima a
ricevere le mie confidenze sulle difficoltà di Jim: e sulle mie
proprie...".
CAPITOLO 20.
"La sera sul tardi entrai nel suo studiodopo aver attraversato
una sala da pranzo imponentema vuotae scarsamente illuminata.
La casa era silenziosa. Mi precedeva un servo giavaneseanziano e
severocon una specie di livrea formata da una giacca bianca e da
un sarong giallo; costuidopo aver spalancato la portaesclamò a
bassa voce: 'Oh padrone!' efacendosi da partesparì in certa
sua misteriosa manieracome un fantasma che avesse preso corpo
solo un attimo per quel particolare servizio. Stein si voltò
girando la poltronae sembrò che lo stesso movimento gli
sollevasse gli occhiali sulla fronte. Mi diede il benvenuto con la
sua voce pacata e gioviale. Soltanto un angolo dell'ampia camera
l'angolo dove si trovava la sua scrivaniaera fortemente
illuminato da una lampada da tavolinocon paralume; il resto del
vasto ambiente si fondeva con l'oscurità informecome di una
caverna. Stretti scaffali pieni di scatole scureuguali di forma
e di colorecoprivano le pareti tutt'intornonon dal pavimento
al soffittoma in una scura zona di circa un metro e venti
d'altezza: catacombe di scarabei. Tavolette di legno vi pendevano
a intervalli irregolari. La luceraggiungendo una di queste
tavolettefaceva scintillare misteriosa nella vasta penombra la
parola Coleoptera scrittavi a lettere d'oro. Le cassette di vetro
della collezione di farfalle erano allineate in tre lunghe file su
certi tavolini di gambe sottili. Una di queste cassettetolta dal
suo postoera posata sulla scrivania cosparsa di striscie di
carta rigate da una minuscola calligrafia.
'Così mi trova... così' disse. La sua mano rimase sospesa sulla
cassetta in cui una farfallagrandiosa nel suo isolamento
stendeva le ali d'un color bronzo scurolarghe un diciassette
centimetri o piùcon squisite venature bianchee una sontuosa
orlatura di puntini gialli. 'Esiste un solo esemplare così nella
SUA Londra: uno e basta. Alla mia cittadina natìa io questa mia
collezione lascerò. Qualcosa di me. Il meglio.'
Si chinò in avanti sulla poltrona osservando intensamentecol
mento sulla cassetta. Io gli stavo dietro in piedi. 'Meravigliosa
mormoròe sembrò aver dimenticato che io ero lì. Strana storia
la sua. Nato in Bavieraa ventidue anni aveva preso parte attiva
al movimento rivoluzionario del 1848. Gravemente compromesso
riuscì a mettersi in salvoe da principio trovò un rifugio presso
un povero orologiaio repubblicano di Trieste. Da lì arrivò a
Tripoli con un blocco di orologi a buon mercato da smerciare:
esordio non proprio magnificoma che si risolse poi in una
fortuna per luiperché là conobbe un esploratore olandese - uomo
piuttosto famosocredoma di cui non ricordo il nome. Fu questo
naturalista a prenderselo con sé come una specie di aiutantee a
portarselo in Oriente. Viaggiarono per l'Arcipelago insieme e
separatifacendo collezione d'insetti e d'uccelliper oltre
quattr'anni. Poi il naturalista tornò in patriae Steinnon
avendo una patria dove tornarerimase laggiù con un vecchio
mercante che aveva conosciuto durante i suoi viaggi nell'interno
delle Celebes - se si può dire che le Celebes abbiano un interno.
Questo vecchio Scozzeseunico bianco che avesse allora permesso
di residenza nel paesegodeva le preferenze del più potente
monarca degli Stati del Wajo: che era una donna. Ho sentito spesso
raccontare da Stein che quello Scozzeseaffetto da leggera
paralisi lateralelo aveva presentato alla Corte indigena poco
prima che un nuovo colpo apoplettico se lo portasse via. Era un
uomo tanto fattodalla bianca barba patriarcale e di statura
imponente. Arrivò nella sala del Consiglio dove tutti i rajah
pangerani e capi tribù erano raccolti intorno alla reginauna
donna grassa e grinzosa (molto spregiudicata nel parlarediceva
Stein) distesa su un alto divano sotto un baldacchino.
Strascicando la gamba egli batteva col bastone sul pavimento:
afferrò il braccio di Stein e lo portò dritto dritto presso il
divano. 'Guardaoh Reginae voi rajahquesti è mio figlio'
proclamò con voce stentorea. 'Ho commerciato con i vostri padrie
quando io morrò lui commercerà con voi e coi vostri figli.'
Per effetto di questa semplice cerimoniaStein ereditò la
situazione privilegiata dello Scozzeseinsieme con tutta la sua
merce in blocco e a una casa fortificata sulle rive dell'unico
fiume navigabile del paese. Poco dopola vecchia reginatanto
spregiudicata nel parlaremorì; e il paese fu turbato dalle lotte
tra i vari pretendenti al trono. Stein si unì al partito del
figlio minorequello che trent'anni dopo non ricordava se non
chiamandolo 'il mio povero Mohammed Bonso.' Insieme divennero i
protagonisti di innumerevoli imprese; ebbero avventure
meravigliosee una volta sostennero un assedio di un mese nella
casa dello Scozzesecon appena una ventina di seguaci contro un
intero esercito. Credo che di quella guerra gli indigeni seguitino
a parlare ancora oggi. E nel frattempo sembra che Stein non
tralasciasse mai di far tesoro di tutte le farfalle o scarabei che
gli capitavano sotto mano. Dopo circa otto anni di guerredi
negoziatidi falsi armistizid'improvvise riprese d'ostilità e
di riconciliazionidi tradimentie via di seguitoproprio
quando sembrava che la pace fosse definitivamente e stabilmente
conchiusail suo 'povero Mohammed Bonso' fu assassinato sul
cancello della residenza regale mentre scendeva da cavalloin
stato di alta euforiadi ritorno da una riuscitissima caccia al
cervo. Per questo avvenimento Stein si ritrovò in una posizione
estremamente malsicurama lui sarebbe forse rimasto lì lo stesso
se poco tempo dopo non avesse perduto anche la sorella di Mohammed
('la mia cara mogliela principessa' soleva dire solennemente)
dalla quale aveva avuto una bambina: madre e figlia erano morte a
tre giorni di distanzaper non so quale febbre infettiva. Stein
abbandonò il paeseche questi gravi lutti gli avevano reso
insopportabile; e così terminò la prima partequella avventurosa
della sua esistenza. Ciò che seguì fu così diversochese non
fosse stata la realtà del dolore che era rimasto sempre vivo in
luiquel suo strano passato gli sarebbe parso un sogno. Aveva un
po' di danaro; ricominciò la sua vita da capoe nel corso degli
anni mise insieme una fortuna considerevole. Da principio viaggiò
molto da un'isola all'altrama col sopraggiungere a poco a poco
dell'etàda ultimo raramente gli accadeva di allontanarsi dalla
sua vasta casa a tre miglia dalla cittàcon una bella stesa di
giardinoe in mezzo a una corona di stalleufficie casette di
bambù per i servi e i dipendenti che aveva in gran numero. Col suo
carrozzino scoperto si recava ogni mattina in cittàdove aveva un
ufficio con impiegati bianchi e cinesi. Possedeva una piccola
flotta di schooner e d'imbarcazioni indigenee commerciava su
larga scala prodotti delle isole. Del restoviveva solitarioma
non misantropocon i suoi libri e la sua collezione
classificando e sistemando esemplaricorrispondendo con
entomologi europeipreparando un catalogo descrittivo dei suoi
tesori. Tale era la storia di colui che ero venuto a consultare
sul caso di Jimsenza una precisa speranza. Mi sarebbe già
riuscito di sollievo ascoltare semplicemente ciò che mi avrebbe
detto. Ero molto in ansiama rispettai la concentrazione intensa
quasi appassionatacon cui Stein osservava la farfallacome se
nella lucentezza bronzea di quelle fragilissime ali dai candidi
disegni e dalle splendide macchieegli vedesse altre cose:
l'immagine di qualche cosa altrettanto fragile e indistruttibile
quanto quei tessuti delicati e senza vita che mostravano una
sontuosità non alterata dalla morte.
'Meraviglioso!' ripetéalzando gli occhi. 'Guardi! La bellezza...
ma questo è nulla... guardi la finitural'armonia. E' così
fragile! E così robusto! E così esatto! Questa è Natura -
equilibrio di forze colossali. Ogni stella così... ogni filo
d'erba lìcosì... e il potente Kosmos in perfetto equilibrio
produce... questo. Questo miracolo; questo capolavoro di Natura...
la grande artista.'
'Non ho mai sentito un entomologo parlare così' osservai
allegramente. 'Capolavoro! E l'uomoallora?'
'L'uomo è stupefacentema non è un capolavoro' dissetenendo
gli occhi fissi sulla cassetta di vetro. 'Forse l'artista era un
po' fuori squadra. Eh? Che glie ne pare? Qualche volta sembra che
l'uomo sia capitato dove nessuno lo aspettavadove non c'è posto
per lui; ché altrimenti come vorrebbe tutto per sé? Perché
correrebbe qua e là facendo tanto strepito intorno a se stesso
chiacchierando delle stellecalpestando i fili d'erba?...'
'Acchiappando farfalle' interloquii.
Sorrisesi gettò all'indietro sulla poltrona e stese le gambe.
'Si accomodi' fece. 'Questo raro esemplare l'ho preso proprio io
in una mattinata bellissima. Provai una profonda emozione. Lei non
immagina che significhi per un collezionista catturare un
esemplare così raro. Non può immaginarlo.'
Seduto comodamente nella mia poltrona a dondolosorrisi. I suoi
occhi sembravano guardare molto oltre la parete che stava
fissando; e narrò comeuna seraera arrivato un messo del suo
'povero Mohammed' che lo chiamava alla 'residenza' - come diceva
Stein - distante un nove o dieci migliaa prendere la mulattiera
che attraversava una piana coltivatarotta qua e là da plaghe
boscose. La mattina presto partì dalla sua casa fortificatadopo
aver baciato la sua piccola Emmatrasferendo il comando alla
'principessa' sua moglie. Raccontò come essa lo aveva accompagnato
fino al cancellocamminandogli a fianco con una mano sul collo
del cavallo; con una giacchetta biancae spilloni d'oro nei
capellie sulla spalla sinistra una bandoliera di cuoio marrone
con una rivoltella. 'Parlava come parlano le donne' fece
'dicendomi di far attenzionedi procurare di esser di ritorno
prima di nottee chiamandomi brutto cattivo che andavo solo.
Eravamo in guerrae il paese non era sicuro; i miei uomini
stavano adattando alle finestre della casa certe imposte a prova
di pallottolae tenevano i fucili carichima mi scongiurò di non
star in pena per lei. Poteva difendere la casa contro chiunque
fino al mio ritorno. Ridevo di contentezza. Mi piaceva vederla
così coraggiosa e giovane e forte. Anch'io ero giovane allora. Al
cancello mi afferrò una manomi diede una stretta e si ritirò.
Rimasi fermo sul cavallodi fuorifinché non ebbi sentito
richiudersi le sbarre del cancello alle mie spalle. C'era un mio
grande nemicoun gran nobile - e anche un gran furfante - che
batteva i dintorni con una sua banda. Per quattro o cinque miglia
mi tenni al galoppo; aveva piovuto durante la nottema la nebbia
era salitasu su - e la faccia della terraadessotutta linda
mi sorrideva fresca e innocentecome una fanciullina. Ad un
tratto una sparatoria - una ventina di colpimi parve. Mi sentii
fischiare le pallottole all'orecchioe il cappello mi salta sulla
nuca. Un'imboscatacapisce. Avevano brigato per farmi chiamare
dal mio povero Mohammede poi avevano preparato l'insidia.
Capisco tutto in un balenoe penso: QUI BISOGNA FAR MENTE LOCALE.
Il mio cavallino sbuffasaltae si impennae io mi piego
lentamente in avanti con la testa sulla sua criniera. Si rimette
in camminoe con la coda dell'occhio scorgo al disopra del suo
collo una nuvoletta di fumo davanti a un ciuffo di bambù sulla mia
sinistra. Penso: AHA! AMICI BELLIAVETE AVUTO TROPPA FURIA A
SPARARE. ANCORA NON MI AVETE GELUNGEM. Oh no! afferro la mia
rivoltella con la destra... piano... piano. Dopo tutto non erano
che settequelle canaglie. Si alzano da terra e si mettono a
correre in avanti con i loro sarong tirati suagitando le lance
sopra la testa e urlandosi l'un con l'altro di badare a non
lasciarsi scappare il cavalloperché io ero spacciato. Li lasciai
avvicinare fino alla distanza di quella porta lìe poi bumbum
bum - prendendo ogni volta anche la mira. Sparo l'ultimo colpo
alla schiena di unoma lo sbaglio. Era già troppo lontano. E
allora resto solo sul mio cavallola terra linda che mi sorride e
tre uomini stesi al suolo. Uno s'era accercinato come un caneun
altroa pancia all'ariateneva un braccio sugli occhi come per
ripararsi dal solee il terzo tira su lento lento una gamba e poi
la stende di nuovo con un calcio. Lo osservo molto attentamente
dall'alto del mio cavalloma non succede altro - bleibt ganz
ruhig rimane fermo lì. E mentre gli cerco in viso un segno di
vitaosservo come un'ombra passargli sulla fronte. Era l'ombra di
questa farfalla. Guardi la forma dell'ala. Questa specie vola in
alto con un volo resistente. Alzai gli occhi e la vidi svolar via.
Penso... E' mai possibile? Poi la persi di vista. Sceso a terra
avanzavo piano pianoguidando il cavallo per la brigliae
stringendo la rivoltella mentre scrutavo in girosu e giùa
destra e a sinistra e dappertutto! Finalmente la vidi su un
mucchio di letame a tre metri di distanza. Cominciò a battermi
forte il cuore. Lascio andare il cavallotenendo sempre la
rivoltella in manoe con l'altra mi tolgo di testa il cappello
floscio. Un passo. Attenzione. Un altro passo. Flop! Presa! Quando
mi alzai tremavo come una foglia dall'emozione. Ma quando le
apersi le belle ali e mi avvidi della rarità e della straordinaria
perfezione dell'esemplare che avevo trovatomi girò addirittura
la testa e mi si fiaccarono talmente le gambe dall'agitazione che
dovetti mettermi a sedere per terra. Avevo desiderato molto di
possedere anch'io un esemplare di quella speciequando lavoravo
col Professore. Avevo proprio fatto lunghi girie molti
sacrifici: me l'ero sognata la notte; ed ecco che a un tratto
l'avevo fra le dita - tutta per me! Dirò col poeta (pronunciava
BOETA):
So halt' ich's endlich denn in meinen Händen
Und nenn'es in gewissem Sinne mein.'
Diede enfasi all'ultima parola con un improvviso abbassamento di
vocee mi distolse lentamente lo sguardo dal viso. Cominciò a
caricare con cura e in silenzio una pipa di lunga cannucciapoi
soffermandosi col pollice sulla bocca del fornellomi rivolse
ancora uno sguardo d'intesa.
'Sìmio buon amico. Quel giorno non avevo più nulla da
desiderare: avevo dato un serio dispiacere al mio principale
nemico; ero giovaneforte; avevo un amico; avevo l'amore di una
donna (pronunciava TONNA) e una bambinaavevo: tanto dunque da
colmarmi il cuore - e adesso perfino ciò che avevo sognato nel
sonnome lo trovavo tra le mani!'
Scriccò un fiammiferoche diede una fiamma viva; vidi rabbuiarsi
il suo viso placido e pensoso.
'Amicomogliebambina' disse lentamenteguardando la piccola
fiammella. 'Pfu!' E con un soffio spense il fiammifero. Sospiròe
di nuovo si volse verso la cassetta di vetro. Le ali fragili e
bellissime tremolarono appena come se il suo fiato avesse per un
momento richiamato in vita quel superbo oggetto dei suoi sogni.
'Il mio lavoro' riprese a un trattoindicando le strisciole di
carta sparpagliatee col suo tono dolce e allegro'procede a
gran passi. Ho di descrivere questo raro esemplare finito!... Na!
Leiche buone nuove mi porta?' 'A dir la veritàStein' risposi
con uno sforzo che mi stupì'sono venuto anch'io a descrivere un
esemplare...'
'Una farfalla?' domandò con calore incredulo e scherzoso.
'Nulla di così perfetto' replicaisentendomi improvvisamente
disarmato e pieno di ogni sorta di dubbi. 'Un uomo!'
'Ach so!' mormoròvolgendosi a mee la sua fisonomia di
sorridente si fece seria. Poidopo aver mi osservato un po'
disse adagio adagio: 'Beh... anch'io sono uomo.'
Qui era tutto lui; l'uomo che sapeva riuscire incoraggiante con
tanta generosità da indurre una persona scrupolosa a esitare al
limite di una confidenza; e io esitaima per poco.
Mi ascoltò fino alla finesedutocon le gambe accavallate.
Qualche volta che la testa gli spariva completamente in una grande
eruzione di fumoda quella nuvola usciva un sussurro di
comprensione. Quando ebbi finitotolse la gamba di sopra
all'altraposò la pipasi protese serio serio verso di me
appoggiando i gomiti sui braccioli della poltronae unendo le
punte delle dita.
'Capisco benissimo. E' un romantico.'
Mi aveva bell'e fatto la diagnosi del casoe da principio mi
stupii molto che fosse così semplice; il nostro colloquio
somigliava preciso a un consulto medico: Steincon quel suo
aspetto di dottoreseduto in poltrona davanti alla scrivaniaio
seduto in un'altra poltrona di fronte a luiun poco di lato in
ansiosa attesa del responso. Mi sembrò perfino naturale di
chiedere:
'E che rimedio mi consiglia?'
Levò un lungo indice.
'L'unico! C'è un solo modo per guarirci dall'essere noi stessi!'
L'indice piombò sulla scrivania con un colpo secco. Il casodi
cui dianzi egli aveva saputo rivelarmi tutta la semplicità
apparve se possibile ancora più semplice - e assolutamente
disperato. Seguì una pausa. 'Già' dissi'a rigor di terminiil
problema non è guarirema esistere.'
Approvò col capoun po' tristemi parve. 'Ja! Ja! Insommacon
le parole del vostro grande poeta: That is the question...'
seguitava ad affermare del capocon comprensione... 'Esistere!
Ach! Esistere.'
Si alzò in piedi poggiando le punte delle dita sulla scrivania.
'Noi vogliamo in tanti modi diversi esistere' riprese. 'Questa
magnifica farfalla trova un mucchietto di fimoe vi si ferma su;
ma l'uomo non si vuol mai sul suo mucchio di fimo fermare. Vuole
esistere cosìe dopo vuole invece esistere così...' Girò la palma
in alto e poi in basso... 'Vuol essere un santoe vuol essere un
diavolo... e ogni volta che chiude gli occhi vede se stesso come
una rara meraviglia... così rara come non potrà mai essere... In
sogno...'
Abbassò il coperchio di vetrola cui serratura automatica scattò
con un rumore seccoepresa la cassetta a due manila riportò
religiosamente al suo postopassando dal cerchio di piena luce
della lampada in un anello di luce più tenue... e alla fine
nell'ombra informe. Era un effetto strano... come se quei pochi
passi lo avessero portato fuori da questo mondo concreto e pieno
di perplessità. La sua alta figuraquasi vuotata dalla sua
sostanzafluttuava senza rumore su oggetti invisibilicon
movimenti obliqui e indefiniti; la sua voceda quella remota
lontananzadove lo intravvedeva misteriosamente occupato in atti
immaterialinon era più così incisivama sembrava snodarsi
voluminosa e grave-smorzata dalla distanza.
'E dal fatto che non si possono tenere gli occhi sempre chiusi
nasce il male - la pena del cuore - la pena del mondo. Le dico
amico mioche non è un vantaggio scoprire che non si possono
tradurre in realtà i nostri sogni unicamente perché non si è forti
abbastanzané abbastanza intelligenti - Ja!... E frattanto si è
pur sempre gente in gamba! Wie? Was? Gott in Himmel! Come va
questa storia? Ah! ah! ah!...'
L'ombra vagolante tra le tombe delle farfalle rideva forte.
'Già! Molto buffa questa terribile cosa. Ogni uomo nascendo cade
in un sogno come si casca in mare. Se si arrabatta per tirarsi
fuori come chi non è praticoannega... nicht wahr?... No! Le
dirò! Il segreto è di adattarsi all'elemento distruttivoe con
sforzi di mani e di piedi nell'acqua costringere il profondo
profondo mare a tenerci su. Così se mi domanda: come esistere?...'
La sua voce arrivava straordinariamente fortequasi laggiù nella
penombra lo ispirasse uno spirito di saggezza. '... le rispondo:
Anche per questo c'è un solo modo!'
In un frettoloso stropiccìo di pantofole sul pavimento si delineò
di nuovo nel cerchio di luce più tenuee a un tratto comparve nel
campo di luce piena della lampadacon la mano tesa in direzione
del mio petto come una pistola; i suoi occhi infossati sembravano
passarmi da parte a partema dalle labbra tremanti non usciva più
una parolae gli si spense nel volto l'austera esaltazione di
quella certezza che si era manifestata nella penombra. Lasciò
ricadere la mano puntata sul mio pettoe dopo un po'
avvicinandosi d'un passome la posò lieve su una spalla. Ci sono
cosedisse con una punta di tristezzache forse non bisognerebbe
mai direma lui viveva tanto solo che qualche volta si lasciava
andare... si lasciava andare... La luce aveva distrutto la
certezza che lo aveva esaltato nell'ombra remota. Sedettee coi
gomiti sulla scrivaniasi stropicciò la fronte. 'Eppure è vero...
è vero. Nell'elemento distruttivo immersi...' Parlava in tono
sommessosenza guardarmicol viso tra le palme. 'Ecco il
segreto. Seguire il sognosempre seguire il sogno... e così...
ewig... usque ad finem...' La voce sommessa della sua convinzione
sembrava aprire davanti a me una distesa vasta e malsicura come di
una landa a stesa d'orizzonte nel crepuscolo dell'alba... o era
forse il calare della notte? Chi poteva dire? Non si osava
definirla: ma era una luce di ingannevole fascinoche diffondeva
l'impalpabile poesia della sua penombra su baratri - tombe. La sua
vita era cominciata con aspirazioni al sacrificiocon entusiasmi
per ogni idea generosa; era andato molto lontanoper varie
stradesu strani sentieri; in ogni nuova impresa si era buttato
senza esitazionee quindi senza vergogna e senza rimpianti. Fin
qui aveva ragione lui. E questa era senza dubbio la via buona.
Eppurenonostante tuttola grande pianura dove gli uomini vagano
fra tombe e baratri rimaneva molto desolata sotto l'impalpabile
poesia della sua luce crepuscolareprigione dell'ombra nel
centroe circondata da un alone luminoso come se si trovasse al
mezzo di un abisso pieno di fiamme. Finalmente ruppi il silenzio
per esprimere l'opinione che nessuno poteva essere più romantico
di lui.
Scosse il capo lentamente e poi mi guardò con occhi pazienti e
interrogativi. 'E' una vergogna' disse. 'Eccoci qui a
chiacchierare come due ragazzi invece di metterci di buona lena a
cercare un rimedio pratico - un rimedio - per il male... per il
grave male' ripetécon un sorriso arguto e indulgente. E
tuttaviala nostra conversazione non volse affatto al positivo.
Evitammo di pronunciare il nome di Jim come per lasciare fuori
discussione la sua persona di sangue e di carnequasi si
trattasse soltanto d'uno spirito in preda all'erroreun'ombra
senza pace e senza nome. 'Na!' disse Steinalzandosi. 'Stanotte
lei dormirà quie domattina faremo qualcosa di pratico...
pratico...' Accese un candeliere a due bracci e mi fece strada.
Attraversammo stanze buie e vuoteguidati dal chiarore della
candela che portava Stein. Le luci slittavano lungo i pavimenti a
ceracorrevano qua e là sulla superficie lucida di un tavolino
lambivano lo spigolo d'un mobile o si accendevano in diretti
riflessi negli specchi lontanimentre si vedevano passare nella
profonda cavità del cristallo le forme di due uomini e il
palpitare di due fiammelle. Stein procedeva lentoun passo avanti
a mecon deferente cortesia; aveva in viso la profonda quiete di
chi sta in ascolto; le lunghe ciocche bionde sparse di fili
bianchi cadevano rade e in disordine sul collo un po' piegato.
'E' un romantico... un romantico' ripeté. 'E questo è un gran
male... un gran male... ma anche un gran bene' soggiunse.
'Davvero?' domandai.
'Gewiss' dissee si fermòreggendo alzato il candelabroma
senza guardarmi. 'Evidente! Che altro mai lo porterebbe
attraverso una pena interiorea conoscere se stesso? Che altro
per lei e per melo fa... ESISTERE?'
Era difficilein quel momentocredere all'esistenza di Jim
partito ragazzo da una parrocchia di campagnaavvolto dalla
moltitudine degli uomini come da una nuvola di polvereammutolito
dallo strepitoso contrasto della vita e della morte in un mondo
tutto materiale: eppure la sua realtà indistruttibile mi si
presentò davanti con una forza convincente e perentoria! La scorsi
vividacome sedurante il passaggio; attraverso le alte stanze
silenziose fra i labili raggi di luce e le improvvise immagini di
figure umane che avanzavano furtive con vacillanti fiammelle a
profondità insondabili e translucideci fossimo avvicinati alla
Verità assoluta; checome la stessa Bellezzafluttua elusiva
oscurasemisommersasulle acque silenziose e ferme del mistero.
'Romanticopuò darsi' ammisi con un riso leggeroche risuonò
con forza così imprevista da farmi abbassar subito la voce: 'ma
anche lei di certo.' Con la testa piegata sul petto e reggendo in
alto il candeliereStein riprese a camminare. 'Beh... anch'io
esisto' disse.
Mi precedette. Seguivo con gli occhi ogni suo movimento; e non
vedevo pl in lui il capo di una dittaI'ospite gradito dei
ricevimenti pomeridianiil corrispondente di dotte società
l'anfitrione dei naturalisti di passaggio: vedevo soltanto la
realtà del suo destinoche egli aveva saputo seguire con passo
sicuroquella sua vita partita da un'umile originericca di
slanci generosiper l'amicizial'amorela guerra - per tutti
gli elementi esaltati del romanticismo. Sulla porta della mia
stanza si voltò. 'Sì' dissicome continuando una discussione
'anche lei chetra l'altrosognava candidamente di una certa
farfalla; però quandoin una bella mattinatail suo sogno le
apparve davantivivo e tangibilelei non si è mica perduto
quella magnifica occasione. No? Mentre lui...' Stein alzò una
mano. 'E lo sa lei quante occasioni mi son perduto io; quanti
sogni mi son lasciato scappareche mi erano venuti davantivivi
e tangibili?' Scosse la testa in tono di rimpianto. 'Ho idea che
qualcuno di quei sogni sarebbe riuscito molto bello... se lo
avessi saputo tradurre in realtà. Lo sa quanti? Forse non lo so
nemmeno io.' 'Fossero belli o no quelli di Jim' dissi'uno egli
sa con sicurezza che gli è sfuggito.' 'Tutti sappiamo di uno o due
così' ribatté Stein; 'e questo è il guaio... il grosso guaio...'
Mi strinse la mano lì sulla sogliadando un'occhiata alla mia
camera di sotto al braccio alzato. 'Dorma bene. Domani bisogna che
facciamo qualcosa di pratico... di pratico...'
Benché la sua camera fosse più avanti lo vidi rifare la strada
percorsa venendo. Tornava alle sue farfalle".
CAPITOLO 21.
"Non credo che nessuno di voi abbia mai sentito parlare del
Patusan"riprese Marlowdopo un silenzio colmato dalla rituale
accensione di un sigaro. "Non fa niente: esistono tanti corpi
celestiin quel comizio affollato che ci si svolge ogni notte
sulla testadi cui la gente non ha mai sentito parlareperché
sono fuori dalla nostra sfera d'azione e non hanno importanza per
nessuno al mondoeccetto che per gli astronomii quali sono
pagati per far dotti discorsi sulla loro composizionesul peso
sull'orbitasui loro capriccisulle anomalie della loro luce;
una specie di pettegolezzo scientificoinsomma. Così si può dire
del Patusan. Vi si accennava con aria d'intesa nei circoli
governativi di Bataviaspecialmente per quel che riguarda le sue
irregolarità e anomaliee pochipochissimi tra la gente di
commercio lo conoscevano neanche di nome. Nessunocomunquec'era
mai statoe nessuno - ho idea - desiderava andarci di persona
proprio come nessun astronomocredosenza opporre obbiezionisi
lascerebbe portare in un lontano corpo celeste doveseparato dai
suoi emolumenti terrestririmarrebbe a bocca aperta alla vista di
cieli inusuali. Comunquené i corpi celesti né gli astronomi
hanno nulla a che vedere col Patusandove andò a finire Jim.
Volevo solo farvi intendere che se Stein si fosse invece adoperato
per spedirlo in una stella di quinta grandezza non avrebbe
determinato una più radicale trasformazione. Lasciatesi dietro le
sue colpe terrenee quella certa fama che s'era fattaJim si
trovò in una serie di situazioni interamente nuovesu cui
esercitare le facoltà della sua fantasia. In tutto e per tutto
nuovee notevoli. E dal canto suoin modo notevole ne profittò.
Stein era l'uomo che la sapeva più lunga di qualunque altrosul
Patusan. Più di quanto se ne sapesse negli ambienti governativi
direi. Non c'è dubbio che c'era andatosia ai tempi delle sue
caccie alle farfallesia più tardiquandoseguendo la sua mania
inguaribilecercò di condire con un pizzico di romanticismo le
troppo sostanziose vivande della sua cucina commerciale. Erano
pochissimi i luoghi dell'Arcipelago che non avesse visitati nel
loro stato di naturaprima che vi avessero portato la luce (e
perfino la luce elettrica) per l'incremento della moralità e...
e... behanche dei materiali profitti. Fu durante la prima
colazionela mattina seguente alla nostra conversazione a
proposito di Jim: e Stein accennò a quel luogoquando gli ebbi
ripetuta la frase del povero Brierly: 'Che si scavi una fossa sei
metri sotto terra e ci rimanga.' Mi guardò con attento interesse
come fossi stato un raro coleottero. 'Sarebbe una soluzione'
osservòsorseggiando il suo caffè. 'Una forma di sepoltura'
spiegai. 'Non è una cosa molto piacevole da farecertoma
sarebbe la soluzione miglioreconsiderando quello che è Jim.'
'Già; è giovane' fece Stein con aria assorta. 'La più giovane
creatura umana che sia oggi in vita' affermai. 'Schön. C'è il
Patusan' riprese nello stesso tono. '... E la donna ormai è
morta' soggiunse. Io non capivo.
Non sono a giornonaturalmentedi questa storia; posso soltanto
intuire che già una volta il Patusan ha da aver servito da tomba a
qualche peccatotrasgressione o sfortuna. E' assurdo sospettare
di Stein. La sola donna al mondoper luiera quella ragazza
malese che chiamava 'mia moglie la principessa' opiù raramente
in momenti di espansione: 'la madre della mia Emma.' Chi era la
donna che aveva ricordato a proposito del Patusan? Non saprei
dirlo; ma dalle sue allusioni compresi che si trattava di una
ragazza fiammingo-malesecolta e bellissimacon una tragicao
forse anche soltanto pietosa storiadi cui il più doloroso
capitolo fu senza dubbio quello del suo matrimonio con un
Portoghese della Malacca impiegato in una ditta commerciale nelle
colonie olandesi. A quanto potei capire dalle parole di Stein
quest'uomo era persona malfida sotto vari punti di vistaperò
semprepoco più poco menoloschi ed indefinibili. Soltanto per
un riguardo verso la moglie Stein lo aveva messo a capo
dell'agenzia Stein e Company a Patusan; ma dal punto di vista
commerciale era stato un disastroalmeno per la dittae ora che
la donna era mortaStein era disposto a ritentare la prova
mandando laggiù un altro agente. Il Portogheseche si chiamava
Corneliussi considerava un uomo di gran valoresebbene molto
misconosciutoe degno pertantoper i suoi talentidi un
trattamento molto più alto. Questo l'individuo che Jim avrebbe
dovuto sostituire. 'Non credo però che se n'andrà di lì' osservò
Stein'ma questo non mi riguarda. Soltanto per la donna io...
Siccome però credo che abbia lasciato una figliase vuol rimanere
gli per metterò di tenersi la vecchia casa.'
Il Patusan è la regione remota di uno stato governato da indigeni
e la sua capitale porta lo stesso nome. Sul fiumein un punto a
circa quaranta miglia dal maredove si scoprono le prime case
emergono sopra la zona delle foreste i cocuzzoli di due colline
scoscese molto vicine l'una all'altrae separate da una specie di
profondo spacco; come il solco di una potente sciabolata. In
realtàla valle tra le due alture non è che uno stretto burrone:
viste dall'abitato sembrano piuttosto una collina unica a cono
irregolare diviso in duee con le due metà leggermente
divergenti. Al terzo giorno di pleniluniola lunavista dallo
spiazzo davanti alla casa di Jim (aveva una bellissima casa in
stile indigenoquando lo andai a trovare io) sorgeva esattamente
da dietro le due collinedando a tutta primacon la sua luce
diffusaun intenso rilievo alla loro massa scura; poi il disco
quasi perfettotutto acceso di luce rossastraappariva
scivolava salendo tra i due bordi della spaccaturafinché
compariva a galla sopra le cimein un dolce trionfo di
resurrezione sulla sua tomba aperta. 'Un effetto meraviglioso'
disse Jim vicino a me. 'Val la pena di vederlono?'
E me lo domandava con una nota di compiacimento personale che mi
fece sorridere; come se avesse collaborato a mettere insieme
questo spettacolo unico. Aveva messo insieme tante cose a Patusan!
Cose che potevano sembrare fuori dalla sua sfera d'influenza
quanto i movimenti della luna e delle stelle.
Incredibile! Proprio questa era la nota distintiva dell'attività a
cui Stein ed io lo avevamo spinto senza saperlocon l'unico
pensiero di aiutarlo a sbrigarsela; a sbrigarsi di se stesso
beninteso. Questo era stato il nostro primo scopobenchélo
confessoper me ci avesse concorso anche un altro motivo
determinante. Ero sul punto di tornare in patria per un po' di
tempo; e può darsi che desiderassipiù di quanto non me ne
rendessi conto io stessodi sistemarlo - sistemarlocapite prima
di partire. Io stavo per tornare in patriae da lì lui mi era
arrivatocon i suoi poveri guai e i suoi oscuri diritticome un
uomo ansante sotto un pesonella nebbia. Non posso dire di averlo
mai capito bene - nemmeno adesso che l'ho veduto per l'ultima
volta; ma mi sembrava chemeno lo capivopiù mi sentivo legato a
lui in nome di quel dubbio che è parte inseparabile di ogni nostra
conoscenza. Non capivo molto più nemmeno di me stesso. E poi
ripetostavo per tornare in patria- quella patria abbastanza
lontana perché tutti i suoi focolari mi sembrassero un solo
focolaredavanti al quale il più umile di noi ha il diritto di
mettersi a sedere. A migliaia andiamo vagando sulla faccia della
terraillustri ed oscuriin cercadi là dai maridi fama
danaro e anche soltanto di una crosta di pane; ma mi sembra che
per ognuno di noi tornare in patria sia come un andare a render
conto. Torniamo per presentarci ai nostri superioriai nostri
congiuntiai nostri amici - per obbedienza o per affetto; ma
anche coloro che non hanno legami né di obbedienza né di affetto
gli assolutamente liberisolisenza responsabilità e senza
vincoli - coloro per i quali la patria non significa né un viso
caroné una voce nota - anche questi hanno da ritrovare lo
spirito che abita nella loro terrasotto a quel cieloin
quell'ariain quelle vallatee su quelle alturein quei campi
in quelle acque e in quegli alberi- amico mutogiudicee
ispiratore. Dite quel che voletema per goderne le gioieper
respirarne la paceper affrontarne la veritàdi quello spirito
bisogna tornare con la coscienza netta. Tutto ciò può sembrare
mero sentimentalismo; e veramente pochissimi di noi possiedono la
volontà o la facoltà di guardare con coscienza sotto la scorza
degli affetti più familiari. Esistono le fanciulle che amiamogli
uomini che ammiriamole tenerezzele amiciziele occasionii
piaceri! Ma il fatto sta che bisogna ricevere questo premio con
mani pulitese no vi si cambia in foglie morte o spine. I
solitarii senza focolarei senza richiami d'affetticoloro che
non tornano a una casama a un paesecredo che siano proprio
loro a incontrarne l'incorporeoeterno ed immutabile spirito; a
comprenderne meglio la severitàil potere di redenzione e la
grazia del suo secolare diritto alla nostra fedeltà e obbedienza.
Sì! pochi di noi lo capisconoma lo sentiamo tutti però; e dico
tutti senza eccezioneperché quelli che non lo sentono non
contano. Ogni filo d'erba ha il suo punto della terra da cui trae
vita e forza; e così l'uomo è radicato alla patria dalla quale
trae vita e fede. Non so quanto ne capisse Jim; ma so che sentiva
sentiva confuso ma potente il bisogno di simile verità o illusione
- non m'importa come la vogliate chiamare: c'è tanto poca
differenzae la differenza conta tanto poco. Fatto sta che
proprio in virtù di questo suo sentimento Jim contava qualche
cosa. Non sarebbe più tornato in patria ormai. Lui no. Mai. Se
fosse stato capace di fantasie pittoresche avrebbe rabbrividito al
pensieroe avrebbe fatto rabbrividire anche voi. Ma non era di
questa temprabenchéa modo suosapesse riuscire abbastanza
espressivo. All'idea di tornare in patria si sarebbe irrigidito in
una immobilità disperatamento sul petto e labbra in fuoricon
quei suoi ingenui occhi azzurri che luccicavano torvi sotto alle
sopracciglia aggrottatecome alla vista di qualcosa
d'insopportabiledi disgustoso. C'era la sua parte di
immaginazione in quel suo cranio tosto sul quale i capelli folti e
ricci calzavano come un berretto. Quanto a menon ho
immaginazione (andrei più a colpo sicuro nel giudicarlooggise
ne avessi) e non vi voglio dar da intendere che mi figurassi di
vedere lo spirito della patria sorgere sui bianchi strapiombi di
Dover per chiedere a me - che tornavoper così diresenza un
osso rotto - che ne avevo fatto di quel mio molto giovane
fratello. Non potrei cascare in un simile equivoco. Sapevo
benissimo che Jim era di quelli su cui nessuno avrebbe fatto
domande. Avevo veduto uomini migliori di lui svanireeliminati
scomparire del tuttosenza provocare una voce di curiosità o di
rimpianto. Lo spirito della patriasecondo un costume che si
addice ai grandi capiè indifferente alla sorte di innumerevoli
vite. Guai ai dispersi! Esistiamo soltanto per adesione reciproca.
Lui si era in certo modo sperduto; non aveva aderito abbastanza;
ma ne era consapevole in modo così intenso da muovere a pietà;
come avviene che la maggiore intensità di vita rende la morte di
un uomo più commovente della morte di un albero. Era capitato a me
di trovarmi proprio lìe capitò a me di commuovermi; ecco tutto.
Mi stava a cuore sapere come sarebbe andata a finire. Mi avrebbe
fatto maleper esempiose mi avessero detto che si era dato al
bere. La terra è così piccola che temevo dì esser fermato un bel
giorno da un vagabondo lerciodagli occhi cisposidal viso
gonfiocon le scarpe di tela scalcagnatebrandelli al vento sui
gomitiil qualein nome della nostra vecchia amiciziami
chiedesse in prestito cinque dollari. La conosciamo tutti la
spaventosa improntitudine di questi spaventapasseri che ci vengono
incontro da un passato decorosocon la loro voce di raspa
amorfae lo sguardo sfacciatoobliquo- incontri più duri per
un uomo il quale creda alla solidarietà umana che per un prete la
vista di un reprobo sul suo letto di morte. Quelloa dirvi la
veritàera l'unico pericolo che riuscissi a immaginare per lui e
per me; ma temevo la mia scarsità d'immaginazione. Poteva accadere
di peggioin un qualsiasi modo che la mia fantasia non era in
grado di prevedere. Non arrivavo a dimenticarmi che Jim era dotato
di una certa immaginazione; e chi è dotato d'immaginazione va
sempre a finire più lontano degli altri su qualunque strada; come
se possedessero una cima più lunga per il non agevole ancoraggio
della vita. Proprio così. E si danno anche al bere. Forse gli
faccio torto con questa mia supposizione. Che ne posso sapereio?
Perfino Stein aveva dovuto limitarsi a chiamarlo un romantico e
basta. Io sapevo soltanto che era uno di noi. E che c'entrava
luiad essere romantico? Mi diffondo a parlare dei miei
sentimenti istintivi e delle mie ponderate riflessioni perché di
lui rimane ben poco da dire. Esisteva per mee dopo tutto è
soltanto attraverso me che esiste per voi. Me lo son preso per
mano e l'ho fatto uscire davanti a voi. Erano ingiuste le mie
banali preoccupazioni? Non saprei dirlo... nemmeno adesso. Forse
potete giudicarne meglio voisecome dice il proverbiosono gli
spettatori a seguire meglio la partita. Comunquele mie
preoccupazioni risultarono gratuite. Non andò a finir male
affatto; anzine uscì brillantementene uscì dritto come un fuso
e in ottima forma; dimostrando di esser capace tanto di reggere
alla distanza che di partire in velocità. Dovrei rallegrarmene
perché è una vittoria alla quale ho dato mano: eppure non mi sento
contento come mi sarei aspettato. Mi domando se gli abbia giovato
tirarsi fuori cosìdi slancioda quella nebbia che lo rendeva
nella sua modestiaassai interessantea contorni fluidi - un
dispersocon la desolata nostalgia per il suo umile posto nei
ranghi. E poi non è detta l'ultima parola... probabilmente non
esiste ultima parola. Troppo corta è la nostra vitaper bastare a
condurre a termine quel discorso cheattraverso i nostri
balbettamentiè pur sempre la nostra unica e stabile aspirazione.
Ho lasciato ogni speranza di arrivare a sentire l"' ultima parola"
chedettascuoterebbe il cielo e la terra. Non c'è mai tempo
abbastanza per arrivare all'ultima parola l'ultima parola del
nostro amoredel nostro desideriodella nostra federimorso
sottomissionerivolta. Credo che il cielo e la terra non la
intendano di lasciarsi scuotere - almeno non da noi che sappiamo
tante verità su questa e su quello. Le mie ultime parole su Jim
saranno poche. Affermo che aveva raggiunto una sua grandezza; ma
la cosa s'immiserisce a dirlae più a sentirla dire. Francamente
non delle mie parole diffidoma dei vostri cervelli. Potrei
essere eloquentese non sospettassi che voialtri abbiate ridotto
alla fame le vostre immaginazioni per rimpinzarvi la pancia. Non
intendo offendere nessuno: non avere illusioni è cosa rispettabile
- sicura - proficua - e triste. Dovrete pur aver conosciuto anche
voiuna voltal'intensità della vitalo sfavillìo che
scaturisce dall'urto delle ineziemeraviglioso come lo sfavillìo
prodotto da un colpo su una pietra dura - e ahimè! altrettanto
effimero".
CAPITOLO 22.
"La conquista dell'amoredell'onoredella fiducia degli uomini -
l'orgoglio che ne nascela potenza che ne risultasarebbero
materia di racconto eroico; se la nostra mente non fosse colpita
per lo più dal puro aspetto esteriore del successo. Orai
successi di Jim non erano affatto appariscenti. Trenta miglia di
foreste li nascondevano alla vista di un mondo indifferentee il
rumore delle schiume bianche lungo la costa soffocava la voce
della fama. La corrente della civiltàquasi divisa in due corsi
da un promontorio un cento miglia a nord di Patusansi dirama
verso est e sud-esttrascurando e lasciando circoscritte quelle
pianurequelle valliquei vecchi alberi e quella antica umanità
come un insignificante isolotto in erosione tra i due rami di un
fiume potente e divoratore. Il nome del paese ricorre abbastanza
spesso nei resoconti dei vecchi viaggi. I mercanti del
diciassettesimo secolo vi si recavano in cerca di pepegiacché la
passione per il pepe sembrava ardere come una fiamma d'amore nel
petto degli avventurieri olandesi e inglesi del tempo di Giacomo
Dove non sarebbero andati costoro pur di procurarsi del pepe! Per
un sacchetto di pepe si sarebbero scannati a vicenda senza
pensarci sue si sarebbero giuocata l'animadella quale in
genere avevano tanta cura; quella bizzarra ostinata bramosia li
portava a sfidare la morte in mille varie forme: mari sconosciuti
orribili e strane malattie; feriteprigioniafamepestilenza e
disperazione. Li faceva grandi! Perbacco! li rendeva eroici; e ne
faceva delle figure romantiche in quella loro sete di commerci
con la morte lì sul capo che esigeva inflessibile il suo tributo
di giovani e vecchi. Sembra impossibile credere che soltanto
l'avidità arrivasse a dotare gli uomini di tanta pertinacia di
propositie tanta persistenza cieca nello sforzo e nel
sacrificio. E veramente coloro che mettevano così allo sbaraglio
persona e vita rischiavano tutto il loro avere per un molto scarso
guadagno. Andavano a lasciare le loro bianche ossa sui remoti
lidiper far affluire l'oro nelle borse dei vivi rimasti a casa.
Ai nostri occhi di successori messi a meno dure proveappaiono
gloriosinon come pionieri del commercioma come strumenti di un
destino segnatoin via verso l'ignoto per ubbidire a una voce
interiorea un impulso del sanguea un miraggio del futuro.
Erano prodigiosi; e bisogna riconoscere che erano preparati al
prodigioso. Lo ritrovavano con compiacenza nelle loro sofferenze
nell'aspetto dei marinei costumi di nazioni stranierenella
gloria di Capi magnifici.
Nel Patusan avevano trovato pepe a bizzeffeed erano rimasti
colpiti dalla magnificenza e dalla saggezza del Sultano; manon
si sa comedopo un secolo di scambi saltuariquella regione
parve restare a poco a poco esclusa dal commercio. Forse il pepe
era esaurito. Comunqueoggi nessuno sembra più occuparsene; è
spenta la sua gloriail Sultano è un giovane deficiente che ha la
mano sinistra con due pollici e una rendita incerta e scarsa che
egli estorce a un popolo in miseria e che gli vien poi rubata dai
suoi molti zii.
Tutto questonaturalmentel'ho saputo da Stein. Mi diede lui il
nome di costorocon un breve riassunto della vita e del carattere
di ognuno. Era pieno di dati sugli Stati indigenicome un
rapporto ufficialema infinitamente più spassoso. Aveva l'obbligo
di sapere. Trafficava con un'infinità di paesiin qualcuno dei
quali - come per esempio al Patusan - la sua ditta era l'unica a
possedere un'agenzia con licenza speciale delle autorità olandesi.
Il Governo si fidava della sua discrezione; i rischi peròtutti a
suo carico: era inteso. Gli uomini che lavoravano da Stein si
regolavano di conseguenzamaevidentementelui sapeva fare in
modo che ci trovassero il loro tornaconto. Fu pienamente sincero
con me quella mattinadurante la prima colazione. Per quanto ne
sapeva lui (le ultime notizie risalivano a tredici mesi prima:
data precisa) laggiù era cosa normale il massimo rischio della
vita e dei possedimenti. Vi erano al Patusan varie forze
contrastanti; una delle quali era rappresentata dal peggiore tra
gli zii del Sultano che aveva governo sulla zona del fiume: il
Rajah Allangche a forza di estorsioni e ruberie spremeva fino
all'osso i Malesi nativi del paese; i qualicompletamente privi
di ogni difesanon avevano nemmeno la risorsa di emigrare -
'giacché' osservava Stein'come e dove potevano andarsene?'
Senza dubbio non riuscivano più neanche a desiderarlo. Il loro
mondo (che è circoscritto da alte montagne insormontabili) è stato
affidato alle mani di chi è di alta nascitae quel Rajah lì lo
conoscevano bene: apparteneva a casa reale. Ebbi il piacere più
tardi di conoscere codesto gentiluomo. Era un vecchietto sudicio
consuntodagli occhi cattivi e la bocca flaccida; che ingoiava
una pillola d'oppio ogni due oreein spregio alla più
elementare decenzaportava i capelli scoperti e cadenti in
ciocche sottili come spaghi intorno al viso sporco e risecchito.
Per dare udienza si arrampicava su una specie di stretto
palcoscenico eretto in una sala che sembrava un granaio in rovina
col pavimento di bambù marciochetra una fessura e l'altra
lasciava scorgereun tre o quattro metri al disottomucchi di
rifiuti e d'immondizie d'ogni genere ammonticchiati sotto casa. In
tal modo e luogo ci ricevette quandoaccompagnato da Jimandai a
fargli la visita di etichetta. C'erano una quarantina di persone
dentro la stanzae forse il triplo nel grande cortile di sotto.
Sentivamo dietro le nostre spalle un continuo movimento di flusso
e riflusso; spinte e mormorii. Qualche raro giovanotto vestito di
sete sgargianti ci fissava da lontano con occhi vivi; la
maggioranzaschiavi e umili dipendentierano mezzo nudiavvolti
in sarong a brandellisporchi di cenere e di pillacchere. Non
avevo mai veduto Jim così seriocosì padrone di sécosì
impenetrabile e imponente. In mezzo a quegli uomini di colorela
sua alta figura vestita di biancole ciocche dei suoi capelli
biondo lucidosembravano raccogliere tutta la luce del sole che
penetrava a stento attraverso le fessure delle persiane chiusein
quella sala semibuiadalle pareti di stuoia e dal tetto di
paglia. Sembrava una creatura non solo di un'altra razzama di
un'altra sostanza. Se non lo avessero veduto arrivare in una canoa
avrebbero potuto credere che fosse disceso dalle nuvole. Ma era
giunto in un barchetto quasi in pezziseduto (fermo immobile con
le ginocchia uniteper la paura di farlo scuffiare) - seduto su
una scatola di latta - che gli avevo prestato io - tenendo
amorosamente sulle ginocchia una rivoltella da marina- che gli
avevo dato come regalo d'addioe chegrazie all'intervento della
Provvidenzao per qualche assurda fissazione dello stesso Jim
che spesso ne avevao forse per una semplice sagacia istintiva
egli s'era deciso a tenere scarica. Così Jim aveva risalito il
fiume di Patusan. Niente avrebbe potuto essere più prosaico e più
malsicuropiù a casacciopiù strampalato e più solitario. Strana
fatalità che persisteva a dare a tutte le sue azioni aspetto di
fugadi diserzione impulsiva e istintiva - di salto nel buio.
E' proprio codesto senso di casualità in tutte queste cose quello
che più colpisce. Né Stein né io avevamo un'idea precisa di ciò
che ci fosse dall'altra parte quandoper usare una metaforalo
afferrammo per lanciarlo pari pari oltre il muro. Lì per lì io
desideravo soltanto di farlo sparire; Steinsempre in carattere
aveva invece un motivo sentimentale: l'idea di ripagare (in
naturaimmagino) quel suo vecchio debito morale che non aveva mai
dimenticato. In realtàtutta la vita egli si era mostrato
particolarmente cordiale con chiunque venisse dalle isole
britanniche. Il suo antico benefattoreveramenteera scozzese -
fino al punto di chiamarsi Alessandro Mac Neil - e Jim proveniva
da un bel po' a sud della Tweed; ma alla distanza di sei o
settemila miglia la Gran Bretagnapur senza mai diminuire di
staturaappare anche ai suoi figli un po' di scorciosicché
certi dettagli restano senza importanza. Stein era dunque
scusabilee certe sue intenzioni appena accennate mi parvero così
generose che lo pregai molto vivamente di tenerle segrete per un
po' di tempo. Sentivo che non bisognava lasciar influire su Jim
considerazioni di vantaggio personale; che bisognava evitarne
anche il più lontano rischio. Qui eravamo di fronte a un altro
genere di realtà: a lui occorreva un rifugio e noi glie ne
offrivamo unomagari pericoloso: e niente altro.
Su tutti gli altri punti fui nettamente sincero con luie perfino
esagerai i pericoli dell'impresa (così almeno mi era parso allora.
In realtà non li avevo valutati abbastanza). Mancò poco che il suo
primo giorno a Patusan non fosse anche il suo ultimo - anzi lo
sarebbe stato senz'altro se Jimmeno temerario o meno fermo nel
suo propositosi fosse deciso a caricare la rivoltella. Ricordo
mentre gli comunicavo il nostro magnifico progetto di un suo
ritiro in quell'eremola sua rassegnazione ancora testardama
stancacome andò trasformandosi via via in sorpresainteresse
stupore e entusiasmo infantile. Questa era l'occasione che aveva
sognata. Non capiva come aveva fatto a meritarsi che io... Potesse
scoppiare se riusciva a spiegarsi a che doveva... Ed era Stein
Stein il mercante che... ma naturalmente a me egli doveva... Lo
interruppi. Balbettava e la sua gratitudine chi sa perché mi
metteva a disagio. Gli dissi chese verso qualcuno doveva
sentirsi in debito per l'offertaquesti era un vecchio Scozzese
del quale non aveva mai sentito parlaremorto da molti annie di
cui poco si sapeva ormaise non che possedeva una voce stentorea
e una specie di rozza onestà. Non c'era proprio nessuno che
meritasse i suoi ringraziamenti. Stein non faceva che passare a un
giovane l'aiuto ricevuto in gioventùe io non avevo fatto altro
che suggerirgli il nome di Jim. A tali parole arrossìe
cincischiando un pezzetto di carta tra le ditadisse timidamente
che io avevo avuto sempre fiducia in lui.
Ammisi che questo era verosoggiungendo dopo una pausa che si
provasse a fare altrettanto. 'Crede che non lo faccia?' domandò
impacciatoe aggiunse balbettando che però prima avrebbe dovuto
dar prova di meritarselo; poirischiaratosi in voltoprotestò a
gran voce che non mi avrebbe dato motivo di pentirmi della mia
fiduciala quale... la quale...
'Non equivochiamo' precisai. 'Non è in suo potere di farmi
rimpiangere nulla.' Certo ne sarebbero mancati i motivi: manel
casosarebbe affar mio: di me solo; e d'altra parte desideravo
fargli chiaramente intendere che il buon esito di questo progetto
di questo... questo... esperimentodipendeva unicamente da lui
che ne rispondeva in modo pieno ed esclusivo. 'Ecco! Ecco!'
balbettò'proprio quello che io...'. Lo pregai di nuovo di non
far lo stupidoe allora sembrò più perplesso che mai. Era sulla
buona strada per rendersi la vita intollerabile... 'Le pare?'
domandòturbato; ma subito dopo soggiunsecon fiducia: 'Eppure
stavo facendo progressino?' Era impossibile prendersela con uno
così; non seppi trattenere un sorrisoe gli dissi che anticamente
le persone che compivano simili progressi finivano coll'andare a
far gli eremiti nel deserto. 'Alla forca gli eremiti!' commentò
Jim con simpatico impulso. Ma il deserto non gli dispiaceva
naturalmente... 'Meno male' dissi. Proprio in un deserto stava
per andare... Potevo tuttavia promettergli che l'avrebbe trovato
piuttosto movimentato. 'Sìsì' fece con entusiasmo. Era tuttavia
un chiudersi definitivamente la porta alle spalle... 'Davvero?'
interruppe in uno strano accesso di malinconia che parve
avvolgerlo dalla testa ai piedi come l'ombra di una nuvola
passeggera. In fondo era straordinariamente espressivo.
Straordinariamente! 'Davvero?' ripeté amaro. 'Non si può dire che
io abbia fatto troppe storie. E sono anche capace di tenere il mio
punto... Solo chediavolo! lei mi deve indicare la porta...'.
'Benissimo. Si accomodi' ribadii. Ero in grado di dargli la più
netta assicurazione che quella porta gli sarebbe stata sbattuta
dietro con tutto lo slancio. Il suo destinoqualunque fosse
sarebbe rimasto ignoratoperché il paesesebbene in pieno
decadimentonon pareva ancora maturo per una presa di possesso
europea. Una volta arrivato laggiùper il mondo era come se lui
non fosse mai esistito. Non avrebbe posseduto che le piante dei
piedi per stare rittoe anche per questo gli sarebbe toccato
cercar prima il terreno su cui posarle. 'Mai esistito... quel che
ci vuoleperdiana!' mormorò fra sé. Gli occhifissi sulle mie
labbragli ardevano. Se aveva capito a fondo i miei suggerimenti
conclusiavrebbe fatto bene a saltare sul primo gharry che gli
capitasse e andare da Stein a ricevere le ultime istruzioni. Si
precipitò fuori della stanza prima ancora che avessi finito di
parlare".
CAPITOLO 23.
"Non tornò che la mattina dopo. Era stato trattenuto a cena e a
dormire. Non era mai esistito un uomo straordinario come il signor
Stein. Jim aveva in tasca una lettera per Cornelius ("quello che
sta per far fagotto"spiegòe per un momento si spense la sua
euforia) e tirò fuori di slancio un anello d'argentodi quelli
che usano gli indigenireso molto sottile dall'uso e con lievi
tracce d'incisioni.
Questa era la presentazione per un vecchio chiamato Doramin uno
dei personaggi più importanti di laggiù - un pezzo grosso che era
stato amico del signor Stein nel paese dove aveva avuto tutte
quelle avventure. Il signor Stein lo chiamava il suo 'compagno
d'armi'... 'Bello: COMPAGNO D'ARMIno? E l'inglese? come lo parla
bene il signor Stein! Dice di averlo imparato a Celebespensi un
po'! Buffissimono? Veramente lo parla con un accento... una
sfumatura...' l'avevo notato? Glie lo aveva dato Doramin
quell'anello. Si erano scambiati un regaloquando si lasciarono
l'ultima volta. Una specie di patto d'eterna amicizia. Una cosa
bellano? Avevano dovuto prendere un fugone per salvarsi la pelle
quando quel Mohammed... Mohammed... coso... era stato ucciso. La
conoscevonoquella storia?... Fu un gran peccatono?...
Chiacchierava cosìdimenticandosi il piatto che aveva davanti
col coltello e la forchetta in mano (mi aveva trovato a far
colazione)un po' rosso in visoe con gli occhi assai più scuri
del solito: che in lui era segno di esaltazione. L'anello
sostituiva le credenziali ('E' una cosa come se ne leggono nei
libri' gettò lì con ammirazione) - e Doramin avrebbe fatto di
tutto per aiutarlo. Il signor Stein aveva salvato la vita a
quell'individuouna volta; per puro casoaveva aggiunto il
signor Steinma luiJimaveva la sua opinione in proposito. Il
signor Stein era tipo da crearselo un caso del genere. Non fa
niente. Caso o volontàveniva giusto giusto a proposito. Voglia
Iddiopiuttostoche quel bravo vecchierello non abbia tirato le
cuoia nel frattempo. Il signor Stein non avrebbe saputo dirlo. Non
aveva sue notizie da più di un anno; e laggiù c'erano state
sparatorie dell'altro mondo tra una parte e l'altrae il fiume
era sbarrato. Bella sorpresaquestama niente paura; lui avrebbe
trovato una fessura da infiltrarcisi.
Mi colpìquasi mi spaventòquel suo chiacchiericcio esaltato.
Era loquace come un ragazzo alla vigilia di una lunga vacanza in
vista di gioconde avventure; un simile stato d'animo in un adulto
e in simile frangente aveva in sé del fenomenaledel pazzesco
del pericolosodel malsicuro. Ero sul punto di invitarlo a
prendere le cose sul serioquando lasciò cadere coltello e
forchetta (aveva cominciato a mangiareo meglio a ingoiar cibo
per così direinconsciamente)e si mise a cercare tutt'intorno
al piatto. L'anello! L'anello! Dove diavolo... Ah! Eccolo... Lo
strinse nella sua grande manoficcandoselo in una tasca dopo
l'altra. Perdiana! Non bisognava perderloper carità. Restò
meditabondoguardandosi tutto assorto il pugno chiuso. Ecco! Se
lo sarebbe appeso al collo quel gingillo. E si diede subito da
fare tirando fuori uno spago (che sembrava un pezzetto di stringa
di cotone). Ora sì! Ora funziona! Vedremo ora se... Per la prima
volta mi alzò un poco gli occhi in visoe questo gli rese un
certo equilibrio. Forse non mi rendevo contodisse con serietà
ingenuadell'importanza di quel pegno per lui. Voleva dire un
amico; ed è una bella cosa trovare un amico. Ne sapeva qualcosa
lui. Mi fece un cenno d'intesa col capoma prima ch'io potessi
fare un gesto di protesta chinò la testa sulla manoe rimase un
po' in silenziogiocherellando con le briciole sulla tovaglia
assente... "Sbattersi la porta alle spalle... proprio ben detto"
esclamòebalzando in piedicominciò a misurare la stanza a
grandi passie mi fece ricordarecon la quadratura delle spalle
ii portamento del capoil passo rapido e sconnessoquella sera
che aveva camminato cosìconfessandospiegando - come volete ma
in ultima analisivivo - vivo davanti a mechiuso nella sua
nuvoletta personalecon tutti quegli involontari cavilli per
cercare una consolazione nella fonte stessa del dolore. Era sempre
lo stesso umore; lo stessoma diversocome un compagno volubile
chedopo averci guidato oggi sulla via giustacol medesimo
sguardoil medesimo gesto e il medesimo impulso domani ci porta
irrimediabilmente fuori strada. Si muoveva con passo sicuro; i
suoi occhi mobilirabbuiatisembravano frugare per la stanza in
cerca di qualche cosa. Un passoogni tantofaceva più rumore
degli altri - derivava probabilmente dalle sue scarpe- dando la
strana impressione che zoppicasse. Si era ficcata una mano in
fondo alla tasca dei calzonie l'altratutto a un trattose la
agitò sopra alla testa. 'Sbatta pure l'uscio!' gridò. 'Non
aspettavo altro. Farò vedere iofarò... io... sono pronto a ogni
cimento... Era il mio sogno... Perdiana! Uscir di qui. Perdiana!
E' la fortuna finalmente... Aspetti un pocoe... vedrà se io...'.
Scosse il capo con un gesto spavaldo: confesso che per la prima e
l'ultima volta da quando lo conoscevo mi accadde di accorgermi a
un tratto di non poterne proprio più di lui. A che pro' codeste
spacconate? Camminava per la stanza agitando il braccio in un modo
ridicoloe tastandosi a tratti l'anello sotto gli abiti. Che
senso poteva avere una simile esaltazione in un uomo assunto come
agente commerciale in un luogooltre tuttodove il commercio non
esiste? A che scopo questa sfida all'universo? Non era uno stato
d'animo da accingersi a una impresa qualsiasi; uno stato d'animo
che non si addiceva non solo a luidissima a nessuno. Si fermò
davanti a me. 'Ahcosì?' domandòtutto spentoe con un sorriso
in cui mi parve di scoprire a un tratto una punta d'insolenza. Ma
io sono di vent'anni più vecchio di lui. La gioventù è sempre
insolente: è il suo diritto - la sua legge; ha da affermarsi; e
ogni affermazionein questo mondo di dubbiè una sfida
un'insolenza. Arrivò fino all'angolo opposto etornando indietro
si misea dirla sotto metaforaa dilaniarmi. Parlavo così perché
io - perfino ioche ero stato di una infinita bontà con lui -
perfino io ricordavo... ricordavo... a sua vergogna... quello...
quello... che era successo. E gli altri allora?... il... mondo.
Che c'era di strano se desiderava uscirnese intendeva uscirne
se intendeva restarne fuori... perdio! E io parlavo di stato
d'animo inadatto?
'Non sono né io ne il mondo a ricordare' gridai. 'E' lei... lei!'
Non batté ciglioe continuò con calore: 'Dimenticarsi di tutto
di tutti... di tutti...' abbassò la voce. 'Fuorché di lei'
soggiunse.
'Sì... anche di me... se questo può aiutarla' ribattei abbassando
la voce a mia volta. Dopo di che rimanemmo silenziosi e abbattuti
per un po'come esausti. Quindi Jim riprese a parlarepacato
dicendomi che il signor Stein gli aveva detto di aspettare un mese
circaper accertarsi che gli fosse possibile rimanereprima di
cominciare a costruirsi una casa ed evitare una 'vana spesa.'
Adopera certe espressioni buffequello Stein. 'Vana spesa!' Buona
davvero! Rimanere? Ma certo! Ci si sarebbe radicato. Bastava
arrivare fin là - ecco tutto; ci sarebbe rimasto; garantito! Per
sempre. Rimanere era piuttosto facile.
'Non sia troppo avventato' dissiturbato dal suo tono
pericoloso. 'Se vivrà abbastanzafinirà che avrà voglia di
tornare.'
"Tornare dove?" domandò assentecon gli occhi fissi sul quadrante
di un orologio alla parete.
Tacqui per un momento. 'Dunqueper sempre?' dissi. 'Per sempre'
ripeté con aria assorta senza guardarmi; poi si lasciò andare
improvvisamente a un'irrequietezza frenetica. 'Perdiana! Le duee
si salpa alle quattro!'
Era vero. Un brigantino di Stein partiva per l'occidente nel
pomeriggioa lui era stato detto di imbarcarsima la nave non
aveva avuto ordine di rimandar la partenza. Forse Stein se n'era
dimenticato. Jim corse a prendere la sua roba mentre io andavo a
bordo della mia navedove promise di passarmi a salutare nel
raggiungere la rada esterna. Infatti comparve a bordo in gran
frettacon una valigetta di pelle in mano. Era insufficiente per
quel viaggio: gli regalai un mio vecchio baule di zinco
impermeabile all'acquao almeno capace di preservar dall'umidità.
Effettuò il travaso da un collo all'altro rovesciando senz'altro
il contenuto della valigia come si vuota un sacco di grano.
Intravidi tre libri precipitare col resto; due più piccoli con le
copertine scuree uno grosso legato in verde e oro - uno
Shakespeare completo in un'edizione da mezza corona. 'Lo legge
lei?' gli chiesi. 'Sì. Ottima roba per tirar su il morale'
rispose in fretta. Fui colpito da questa rispostama non c'era
tempo per una discussione scespiriana. Sul tavolino della cabina
c'era una pesante rivoltella e due scatolette di cartucce. 'Li
prendala prego' dissi. 'Possono servirle a rimanere laggiù.'
Capiiappena detteche queste parole potevan acquistare un
significato macabro. 'Possono servirle per penetrare nel paese'
corressipieno di rimorsi. Ma Jim non si lasciava turbare da
significati nascosti; mi ringraziò con effusionee scappò via
gridandomi 'Arrivederci' senza voltarsi. Udii la sua voce dalla
murata della nave incitare i suoi barcaioli a dar di remoe
affacciatomi al portello di poppavidi la barca francare la
volta. Jim sedutopiegato in avantispronava i suoi uomini con
la voce e col gesto; e siccome aveva sempre la rivoltella in mano
- puntatasembravain direzione delle loro teste - non
dimenticherò mai le facce spaurite dei quattro Giavanesi né lo
slancio frenetico dei loro remiche mi sottrassero alla vista
quello spettacolo. Poivoltandomila prima cosa che notai furono
le due scatole di cartucce sul tavolo della cabina. S'era
dimenticato di prenderle.
Ordinai subito che si armasse la mia saettìa; ma i rematori di
Jimvogando sotto l'impressione che la loro vita fosse appesa a
un filo finché avessero a bordo quel pazzoarrancavano a ritmo di
regata; e io non ero ancora a mezzo cammino tra i due bastimenti
che lo vidi arrampicarsi sul bastingaggio; mentre issavano a bordo
il suo bagaglio. Il brigantino aveva già sciolto tutte le vele: la
maestra era a puntoe già l'argano dell'àncora cominciava a
stridere quando misi piede a bordo; il capitanoun piccolo
meticcio di una quarantina d'annivispo e atticciatovestito di
flanella blucon occhi vivaciil viso tondo color limonee due
baffettini neri e sottili che gli scendevano dai due angoli delle
labbra grosse e scuremi venne incontro tutto gestroso.
Nonostante il suo aspetto soddisfatto e gaiorisultò poi di
carattere pessimista. In risposta a una mia osservazione (mentre
Jim era sceso un momento)disse: 'Ahgià. Patusan.' Avrebbe
condotto quel signore fino alla foce del fiumema non lo avrebbe
"mai asceso". Il suo inglese disinvolto sembrava attinto al
dizionario di un pazzo. Se il signor Stein gli avesse chiesto di
'ascendere' gli avrebbe 'riverenzialmente' (credo volesse dire
rispettosamentema lo sa il diavolo) - 'riverenzialmente fatto
obbietti per la sicurezza delle sostanze.' Se il signor Stein
avesse insistitogli avrebbe presentato 'la rassegnazione delle
dimissioni.' L'ultimo viaggio da quelle parti lo aveva fatto
dodici mesi primae benché il signor Cornelius avesse 'propiziato
molti offertori' al signor Rajah Allang e alle 'principali
popolazioni' a patti tali da rendere il commercio 'un'insidia e
cenere in bocca' tuttavia la sua nave era stata bersaglio di armi
da fuocodai boschi lungo tutto il corso del fiumeper opera di
'partiti irresponsivi;' il cheobbligando il suo equipaggio 'per
l'esposizione delle membraa rimaner silenzioso in nascondiglio'
il brigantino si era quasi insabbiato alla focedove 'sarebbe
stato distruggibile al di là delle forze dell'uomo.' Il disgusto e
l'ira che lo invadevano al ricordoe l'orgoglio della propria
loquelaalla quale prestava un attentissimo orecchiolottavano
per il possesso del suo largo e semplice viso. Mi guardava
cipiglioso e insieme sorridenteosservando con soddisfazione
l'effetto immancabile della sua fraseologia. Oscuri fremiti
sfioravano veloci la superficie calma del maree il brigantino
con la vela di parrocchetto a riva e la randa della maestra a
mezzanavesembrava perplesso tra le réfole. Il capitano mi disse
anchedigrignando i dentiche il Rajah era una 'iena ridicolosa'
(non so immaginare come avesse trovato la parola iena); mentre un
altro individuo era di gran tratto più falso delle 'armi di un
coccodrillo.' Con un occhio fisso a prua sulla manovra
dell'equipaggiodiede libero sfogo alla propria loquacità
paragonando quel paese a una "gabbia di bestie feroci invoracite
da una lunga impenitenza". Credo intendesse dire impunità. Non
aveva intenzioneesclamòdi 'esibirsi per esser assalito
appositamente a una ruberia.' La lunga cantilena ritmica degli
uomini che salpavano l'àncora si tacque; e il capitano abbassò la
voce. 'Ne ho molto troppo abbastanza del Patusan' concluse
energicamente.
Seppi in seguito che laggiù si era portato così male da meritarsi
di esser legato per il collo con un capestro di canapa a un palo
piantato in mezzo a una buca da immondizie davanti alla residenza
del Rajah. Passò gran parte del giorno e un'intera notte in quella
scomoda posizionema c'era serio motivo per credere che si
trattasse di una specie di scherzo. Dovette rimasticarsi un po'
quell'orribile ricordoperché poi affrontò con aria litigiosa il
marinaio che si stava avviando a poppa verso la barra del timone.
Quando si rivolse di nuovo a me fu in tono riflessivopacato.
Avrebbe condotto quel signore fino alla foce del fiume a Batu-
Kring (la città di Patusan essendo 'collocata interiormente'
osservò'a trenta miglia'). Ma ai suoi occhi - soggiunse con una
espressione di noia e di stanchezza che andava sostituendosi alla
sua loquacità di prima - era già 'una similitudine di un
cadavere.' 'Come? Che dice?' esclamai. Assunse un aspetto di
ferocia impressionantee imitò alla perfezione l'atto di
pugnalare qualcuno alle spalle. 'Giàcome il corpo di uno che è
deportato' spiegò con l'aria insopportabilmente vanesia delle
persone del suo genere quando si mettono in mente di fare sfoggio
d'intelligenza. Alle sue spalle scorsi Jimche sorridendomi in
silenzio mi fermò con la mano alzata l'esclamazione che mi saliva
alle labbra.
Alloramentre il meticciogonfio d'importanzagridava i
comandie mentre i pennoni oscillavano cigolando e la pesante
randa piegava palpitando verso di noiJim ed ioin certo modo
soli di sottovento alla vela maestraci stringemmo la mano
scambiandoci in fretta le parole di commiato. Il mio cuore si era
liberato di quel vago risentimento che era stato finora in me
insieme all'interesse per il suo destino. L'assurdo vaniloquio del
meticcio era riuscito a dar corpo ai pericoli che Jim avrebbe
incontrato sul suo cammino più di quanto non fosse riuscito a
Stein con le sue descrizioni precise. In quel momento quella
specie di ritegno mondano che era stato sempre nei nostri colloqui
svanì del tutto. Credo di averlo chiamato 'caro ragazzo' e lui unì
le parole 'vecchio mio' a qualche smozzicata espressione di
gratitudinecome se i suoi rischibilanciati con i miei annici
avessero parificati di età e di sentimento. Vi fu un attimo di
vera e profonda intimitàinaspettata e passeggera come un colpo
d'occhio a qualche verità eterna e redentrice. S'ingegnò di
rendermi la tranquillità come se fosse stato lui il più maturo di
noi. 'Va beneva bene' disse rapidamente e con sentimento. 'Le
prometto di esser prudente. Sì; non correrò rischi inutili.
Neanche uno. Ma certo. Intendo di starcilaggiù. Non abbia paura;
perdiana! mi pare che nulla mi potrà intaccare. Ma come! la
fortuna comincia con la parola Partenza. Non vorrei mai perdere
una così splendida occasione!...' Un'occasione splendida! Beh
risultò magnifica davveroma le occasioni sono quali le fanno gli
uominie come potevo io sapere? Come aveva detto Jimperfino
io... perfino io ero contro di lui... io che ricordavo la sua...
la sua disgrazia. Era vero. E la miglior cosa che potesse fare era
di partire.
La mia saettìa rimase indietro sulla scìa del brigantinoe lo
vidi a poppa stagliato nella luce del tramontosollevare il
berretto alto sul capo. Udii un grido indistinto: 'Avrà notizie di
me.' Di me o da menon so benema credo fosse 'di me.' I miei
occhi erano troppo abbacinati dal barbaglio del mare che
scintillava sotto i suoi piedi perché potessi vederlo chiaro; è
mio destino di non vederlo mai chiaro; ma vi assicuro che nessuno
poteva apparire meno di lui 'in similitudine di cadavere' come si
era espresso quel corbaccio di meticcio di cui vedevo la faccia di
canagliettaforma e colore di zucca maturaaffacciarsi di sotto
al gomito di Jim. Anche lui alzò il braccioma nel gesto di una
pugnalata dall'alto in basso. Absit omen!".
CAPITOLO 24.
"La costa del Patusan (la vidi circa due anni dopo) è dritta e
scurain faccia all'oceano nebbioso. Tracce rosse scendono come
cataratte di ruggine sotto il fogliame verde scuro dei cespugli e
dei rampicanti che vestono la rupe poco elevata. Una bassura
paludosa si stende intorno alla foce del fiumee mostra un
panorama frastagliato di picchi azzurri di là dalle vaste foreste.
Al largouna catena di isole spiccanella nebbia eterna
illuminata dal solecon le sue forme buie e sgretolate come i
resti di un muro scalzato dal mare.
C'è un villaggio di pescatori sulla foce di uno dei rami
dell'estuario: Batu-Kring. Il fiumeche da tanto tempo era
rimasto chiuso al trafficoera stato riapertoe il piccolo
schooner di Steinsu cui ero imbarcatorisalì la corrente con
l'aiuto di tre maree successive senza esser preso a fucilate da
'partiti irresponsivi.' Questo pericolodel restodoveva già
appartenere alla storia anticasecondo quanto diceva il vecchio
capo del villaggio di pescatoriil quale venne a bordo a fare in
certo modo da pilota. Mi parlò con tranquilla fiducia. Ero il
secondo uomo bianco che avesse mai veduto: e l'argomento
principale dei suoi discorsi fu il primo uomo bianco che avesse
mai veduto. Lo chiamava Tuan Jime me ne parlò con un tono in cui
risaltava una strana mistura di familiarità e di reverenza. Lì
nel villaggioerano sotto la speciale protezione di quel Signore
il che mostra che Jim non serbava rancori. Quando mi preannunciò
che io avrei avuto sue notizieaveva detto la verità: queste che
ricevevo erano notizie sue. Cominciava già la leggenda: di una
marea alzatasi due ore prima del solito per agevolargli il viaggio
su per il fiume. E proprio luiil vecchio ciarlierolui in
persona aveva tenuto il timone della canoaquella volta: e a quel
fenomeno era rimasto a bocca aperta. Inoltre la luce di
quell'episodio si riversava tutta sulla sua famiglia. Ai remi
stavano suo figlio e suo genero: ma quellidue giovanotti senza
esperienzanon si fecero accorti che la canoa agguantava in modo
insolitofinché non aveva attirato lui la loro attenzione su tal
fatto strabiliante.
L'arrivo di Jim in quel villaggio di pescatori era stato una
benedizionema anche per lorocome per molti di noila
benedizione giunse preannunciata da terrori. Tante generazioni si
erano susseguite da quando l'ultimo bianco era approdato sul
fiumeche se n'era persa perfino la tradizione. La comparsa di
quell'essere chesceso tra loropretese con volontà inflessibile
di essere portato a Patusanera una cosa da scombussolare la
gente; la sua insistenza dava apprensione; la sua generosità era
peggio che sospetta. Era una pretesa inauditala sua. Senza
precedenti. Che ne avrebbe detto il Rajah? E a loroche avrebbe
fatto? Passarono la maggior parte della notte a dibattere il caso;
ma il furore di quell'uomo ignoto sembrò tale e così immediato
rischioche finalmente si rassegnarono ad apprestargli uno
straccio di piroga. A vederla partirele donne urlarono
d'angoscia: una vecchia strega scagliò una intrepida maledizione
sullo straniero.
Jim stava sedutocome vi ho dettosul suo bauletto di zinco
tenendosi teneramente poggiata sulle ginocchia la sua rivoltella
scarica. Sedeva con cautela - una fatica del diavoloquesta! e
così penetrò nel paese che egli era destinato a riempire della
fama delle sue virtùdai picchi azzurri dell'interno fino al
candido nastro di schiume che segue la costa. Alla prima curva
perdette di vista il marecol lavorio delle sue onde nell'eterno
travaglio di sollevarsiriabbassarsiscomparirerisollevarsi -
precisa immagine dell'umano travaglio - e fu di fronte alle
immense foresteprofondamente radicate alla terratese alla luce
del soleeternenella loro tradizione di potenza e d'ombra come
la vita stessa. Gli sedeva al fiancovelatal'occasionecome
una sposa orientale in attesa che la sciolga dai veli la mano del
suo padrone. Anche lui era l'erede di una tradizione di potenza e
d'ombra! A me confessò peraltroche mai in vita sua si era
sentito stanco e depresso come in quella canoa. Il solo movimento
che osava permettersi era quello di stender la manoquasi di
soppiattoverso un mezzo guscio di noce di cocco che gli
galleggiava fra i piediper aggottare un po' d'acqua con gesti
accuratamente trattenuti. Seppe quanto può essere duro il
coperchio di un bauletto di zinco a starci seduti su. Aveva una
salute eroica; eppure varie voltedurante quel viaggioebbe dei
giramenti di capoe da una volta all'altracome in un
dormivegliasi domandava che dimensioni poteva aver raggiunto la
vescica che il sole gli andava formando sulla schiena. Per
distrarsi si mise a guardare davanti a sécercando di stabilire
se quelle cose melmose che vedeva stese al margine dell'acqua
fossero un tronco d'albero o un alligatore. Ma si stufò presto.
Non c'era sugo. Sempre alligatori. Uno si lasciò cadere
nell'acquache per poco non rovescio la canoa. E anche
quest'emozione passò subito. Poidurante una tratta che non
finiva maifu molto grato a un gruppo turbolento e irriverente di
scimmie che scesero fino sulla riva con un baccano del diavolo e
un bailamme d'insulti al suo passaggio. Così si avvicinava egli
alla più genuina grandezza che uomo abbia mai raggiunto. Agognava
soprattuttoal tramonto; e intanto i tre pagaiatori stavano
preparandosi a mettere in esecuzione il loro piano di consegnarlo
al Rajah.
'Dovevo essere istupidito di faticao forse ero rimasto un po'
addirittura assopito' disse. Ad un tratto si accorse che la canoa
stava per toccare la riva. Immediatamente si rese conto che si
erano lasciati indietro la foresta; vide le prime case un po' più
in suuno steccato alla sua sinistrae i tre barcaioli saltare
tutti insieme in un punto di terra bassa e darsela a gambe.
Istintivamente saltò giù anche lui. Dapprincipio pensò di essere
stato abbandonato per qualche misteriosa ragionema poi udì grida
esaltatevide spalancare un cancelloe una frotta di gente
riversarsi fuoriverso di lui. Nel medesimo tempo una barca piena
d'armati apparve sul fiume e si pose a fianco della canoa vuota
tagliandogli la ritirata.
'Preso così alla sprovvista non potevo serbare il mio sangue
freddo - capisce? Se quella rivoltella fosse stata caricaavrei
ammazzato qualcuno - forse duetre uominie sarebbe stata la mia
rovina. Ma era scarica...' 'E perché?' 'Behnon potevo mica
combattere contro tutto un paese; e non a sarei venuto se avessi
avuto paura per la mia pelle' fececon un'occhiata in cui
ritrovai una sfumatura della sua vecchiacupa cocciutaggine. Mi
trattenni dal fargli notare che gli indigeni non potevano sapere
se la rivoltella era carica o scarica. Meglio lasciargli le sue
idee... 'Comunqueera scarica' rispose bonario'e mi fermai
domandando cosa succedeva. Ammutolirono stupiti. Vidi qualcuno di
quei ladri portarsi via la mia cassetta. Quel vecchio gambalunga
di Kassimun furfanteche le farò conoscere domanivenne fuori
a raccontarmi con un sacco di storie che il Rajah voleva vedermi.
Dissi: VA BENE. Anch'io volevo vedere il Rajah; così non ho avuto
che da varcare il cancello e... e... eccomi qua.' Rise; poi con
enfasi improvvisa: 'E sa il più bello?' domandò. 'Glie lo dico io.
E' che ero sicurose mi avessero levato di mezzoche a
rimetterci sarebbero stati loro.'
Questo mi disse davanti alla sua casa la sera che sapete - dopo
aver contemplato insieme la luna salire di sopra al crepaccio fra
i due collicome uno spirito asceso dalla tomba; col suo chiarore
soffuso e pallido e freddo come il fantasma di un sole morto. C'è
un sapore spettrale nella luce della luna; tutta la frigidità di
un'anima senza corpo e un poco del suo inspiegabile mistero. In
confronto della nostra luce solare che - si dica quel che si vuole
- è l'unica cosa che possediamo per vivereè come l'eco per il
suono: fallace e svianteironico o triste che ne sia il tono.
Toglie consistenza alle forme materiali - chedopo tuttosono il
nostro regno - e presta una realtà soltanto alle ombre: sinistra.
Le ombre apparivano molto concrete intorno a noi; ma Jim al mio
fianco restava alto e solidocome se nulla ai miei occhi -
nemmeno la forza occulta della luna - potesse privarlo della sua
realtà. Forse veramente nulla poteva toccarlodacché aveva
sopravvissuto all'assalto di forze tenebrose. Tutto era pace e
silenzio; perfino sul fiume i raggi della luna sonnecchiavano come
su uno stagno. Era il momento dell'alta mareaun momento di
immobilità che accentuava il totale isolamento di quest'angolo
perduto della terra. Le case affollate lungo la vasta ansa immersa
in un lago di luce senza né increspature né barbaglinella loro
discesa in fila verso l'acquacon un sovrapporsi di forme vaghe
grigieargenteemiste a masse nere d'ombrasembravano una
mandria spettrale di labili creature che si spingessero avanti per
bere a un fiume anch'esso spettrale e senza vita. Qua e là un
rosso chiarore occhieggiava tra le pareti di bambùcaldocome
una scintilla di vitasimbolo di affetti umanidi buon rifugio
di riposo.
Mi confessò di aver spesso osservato quei punti di luce sparire
uno dopo l'altroe che gli piaceva vedere la gente
addormentarglisi sotto gli occhifiduciosa nella sicurezza del
domani. 'Che pacequieh?' domandò. Non era eloquentema nelle
parole che seguirono c'era un significato profondo. 'Guardi queste
case: non ce n'è una in cui si diffidi di me. Perdiana! Glie lo
avevo detto che avrei resistito. Domandi a chi vuole: uomodonna
o bambino...' S'interruppe. 'Behiocomunquesono un
galantuomo.'
Gli risposi subito che era ora che se ne fosse accorto! E che io
ne ero sempre stato sicuro. Scosse il capo: 'Davvero?' Mi strinse
leggermente il braccio sopra al gomito. 'Ebbeneallora... Lei
aveva ragione.'
C'era un senso di esultanza e d'orgoglioc'era quasi un sacro
panico in quell'esclamazione a bassa voce. 'Perdiana!' esclamò
'pensi cosa significa questo per me.' Mi strinse di nuovo il
braccio. 'E mi ha chiesto se pensavo a scappar via! Santo Dio! Io
via di qua! Specialmente adessodopo quello che mi ha detto del
signor Stein... Andarmene! Ma se era quello che temevo di più!
Sarebbe stato... sarebbe stato peggio della morte. Sì... parola
mia. Non rida. Ho bisogno di sentire... ogni giornoogni volta
che apro gli occhi... che la gente si fida di me... che nessuno ha
il diritto... capisce? Andarmene! Dove? A che scopo? In cerca di
che?'
Gli avevo detto (anzi era stato questo il movente principale della
visita) che Stein aveva l'intenzione di fargli dono immediato
della casa e dello stock di mercecon qualche lieve condizione
tanto per rendere la transazione del tutto regolare e valida. Da
principio cominciò a sbuffare e a impennarsi. 'Al diavolo la sua
delicatezza!' gridai. 'Stein non c'entra niente. Le dà soltanto
quello che lei si è creato da sé. E in ogni modo risparmi le sue
proteste per Mac Neil - quando lo incontrerà all'altro mondo. E
speriamo non sia tanto presto...' Dovette cedere ai miei
argomentiperché tutte le sue conquistefiduciafamaamicizia
amore - tutte queste cose che gli avevano dato un senso di
padronanzalo avevano anche ridotto in schiavitù. Guardava con
occhio di padrone la seratail fiumele casela vita imperitura
delle forestela vita della vecchia umanitài segreti della
terral'orgoglio del suo cuore; ma eran quelli a possederlo e a
impadronirsi di lui in pienofino al suo pensiero più intimoal
più lieve moto del suo sanguefino al suo ultimo respiro.
C'era da andarne orgogliosi. Anch'io ero orgoglioso di luipur
non sentendomi sicuro come Jim della favolosa bontà dell'affare.
Era meraviglioso. Ma non al suo coraggio pensavo io. Strano! Gli
davo pochissimo peso: come se fosse una cosa troppo convenzionale
per avere una consistenza effettiva. No. Mi colpiva di più la
rivelazione di altre sue doti. Aveva spiegato grande adattabilità
a situazioni insoliteagilità d'intelletto in quel certo campo
del pensiero. E la sua prontezza! Straordinaria. E tutto questo
gli era venuto come il buon fiuto a un bravo cane da caccia. Non
era eloquentema c'era una certa dignità nella sua naturale
reticenzac'era una profonda serietà nel suo balbettare. Aveva
conservato il vecchio vizio di arrossire di caparbia. Ogni tanto
perògli sfuggiva una parolauna fraseche mostrava quanto a
fondoe con quanta solennità considerava quel compito che gli
aveva procurato la certezza della sua riabilitazione. Ecco perché
sembrava amare quella terra e quella gente con una specie di
feroce egoismo con una sdegnosa tenerezza".
CAPITOLO 25.
"'Qui sono stato prigioniero tre giorni' mi sussurrò (il giorno
della nostra visita al Rajah)mentre attraversavamo lentamente il
cortile di Tunku Allangtra una folla di servi sbalorditi. 'Che
schifoeh? E non mi davano niente da mangiare se non facevo
baccano; e anche allora mi passavano appena un piattino di riso e
un'ombra di pesce fritto... Maledetti! Perdiana! Ne ho patita di
famein questo cortile fetidoa far su e giùcon qualcuno di
questi vagabondi che mi ficcava il muso fin sotto al naso. Avevo
consegnato alla prima richiesta quella sua famosa rivoltellaben
contento di liberarmi di quell'arnese infernale. Facevo una figura
da imbecille a girar con una canna da fuoco scarica in mano.' In
quel momento giungemmo alla real presenzae Jim si fece
rigidamente solenne e complimentoso col suo ex-nemico. Oh! era
magnifico! Mi vien da ridere quando ci penso. Quel vecchio
mascalzone di Tunku Allang non riusciva a dissimulare la sua gran
paura (non era un eroenonostante tutte le storie che andava
raccontando intorno alla sua bollente gioventù)mentre sfoggiava
una patetica fiducia nel modo di comportarsi verso il suo ex-
prigioniero. Vedete? Anche quelli che più lo odiavano avevano
fiducia in lui. Jim - per quel che potevo capire dalla piega del
colloquio - approfittava dell'occasione per fargli una predica.
Certi poveracci del villaggio erano stati fermati e rapinati
mentre si recavano da Doramin con un po' di gomma e di cera
d'apiario da scambiare con riso. 'E' Doramin il ladro' scoppiò a
dire il Rajah. La fragile carcassa era in preda a un tremito
furibondo. Si contorceva tutto sulla stuoiagesticolando con le
mani e coi piediagitando gli spaghi scompigliati della sua
zazzera: incarnazione della rabbia impotente. Tutt'in giro occhi
sgranati e bocche aperte intorno a noi. Jim cominciò a parlare.
Risolutamentefreddamente e a lungo sostenne che a nessuno si
deve impedire di procurarsi onestamente il cibo per sé e per i
figli. L'altro stava seduto come un sarto al suo tavolinocon le
palme sulle ginocchiaa testa bassae fissando Jim attraverso i
capelli grigi che gli cadevano fin sugli occhi. Alle ultime parole
di Jim seguì un gran silenzio. Pareva che nessuno fiatasse più;
nessuno diceva una parola; finalmente il vecchio Rajahdopo un
sospiro leggeroalzando gli occhicon una scossa del capodisse
in fretta: 'Hai sentitopopolo mio? Basta con questi scherzetti.'
Questa ordinanza cadde in un profondo silenzio. Un uomo piuttosto
grossoevidentemente investito di autoritàocchi intelligenti
viso ossutoscurissimomodi gioviali e alla mano (seppi poi che
era il boia) ci offrì due tazze di caffè su un vassoio d'ottone
tolto dalle mani d'un suo sottoposto. 'Non è necessario che lei
beva' disse Jim in fretta e tra i denti. Non afferrai subito il
significato delle sue parole e mi limitai a guardarlo. Ma egli
bevve un lungo sorsopoi restò correttamente sedutotenendo il
piattino nella mano sinistra. Lì per lì rimasi seccatissimo. 'Che
diavolo!' mormoraisorridendogli amabilmente'perché mi ha
esposto a un rischio così sciocco?' Bevvinaturalmentenon c'era
altro da faresenza che Jim battesse ciglio; e dopoquasi
subitoci congedammo. Mentre stavamo attraversando il cortile
diretti alla nostra barcasotto la scorta dell'allegro e
intelligente carneficeJim mi dichiarò di essere molto
mortificato. In fondole probabilità di rischio erano minime. Lui
al veleno non ci aveva neanche pensato: una lontanissima
eventualità. Mi assicurò di essere considerato infinitamente più
utile che pericolosoe quindi... 'Ma il Rajah ha una paura matta
di lei. Lo si vede a colpo d'occhio' ribatteilo confessocon
una certa acredinesempre in attesa dei primi sintomi di una
possibile colica tremenda. Ero di pessimo umore. 'Se voglio
riuscire a qualche risultatoquie conservar la mia posizione'
disse Jim prendendo posto vicino a me nella barca'devo correre
dei rischi: questo lo corro almeno due volte al mese. Molta gente
si affida a me - perché io lo affronti per il loro bene. Paura di
me? Appunto. Probabilmente ha paura di me perché io non ho paura
del suo caffè.' Poiindicandomi un punto sul lato settentrionale
dello steccato dove c'erano diversi pali con la punta spezzata:
'Eccodi qui sono saltato il terzo giorno della mia venuta a
Patusan. Non ci hanno ancora rimesso i pali nuovi. Un bel salto
no?' Poco dopo passammo davanti allo sbocco di un ruscello
melmoso. 'Qui ho fatto il secondo salto. Presi un po' di rincorsa
e spiccai il balzo di volatama non ce la feci. Credevo di
lasciarci la pelle. Ci ho perso le scarpe nel tramestio per
tirarmi fuori. E dopo ho ripensato sempre che bel costrutto ci
sarebbe stato a pigliarmi nella schiena un colpo di quelle
maledette lancie lunghementre ero così invischiato nel fango.
Ricordo lo schifo a sguazzare in quella melma. Una vera nausea -
dico - proprio come se mi fossi messo sotto i denti una cosa
marcia.'
Ecco com'era andata - e l'Occasione correva al suo fianco
saltando con lui gli steccati rottisguazzando con lui nella
melma... sempre velata. La sorpresa al momento del suo arrivo fu
l'unica cosacapiteche lo salvò dall'essere immediatamente
spacciato con un colpo di kris e buttato nel fiume. Lo avevano fra
le manima era come voler stringere un'apparizioneun fantasma
uno spirito maligno. Che poteva significare? Che se ne doveva
fare? Non era troppo tardi per conciliarselo? Non era meglio
ucciderlo senza indugio? Ma dopoche cosa sarebbe successo? Quel
povero vecchio Allang ci aveva quasi perso il cervelloper
l'orgasmo e per la difficoltà di prendere una risoluzione. Varie
volteinterrompendo i lavori del Consiglioi partecipanti si
erano precipitati alla rinfusa verso la porta e di lì sulla
veranda. Uno di essi - a quel che si racconta fece perfino un
salto dall'altezza di un quattro metri e mezzo e si ruppe una
gamba. Il regio governatore di Patusan aveva delle strane
fissazioni; come quella d'introdurre nel corso di ardue
discussionicerte sue rapsodie millantatorienelle quali veniva
a mano a mano esaltandosifinchébrandendo il suo krisfiniva
col saltar giù dalla piattaforma dove stava appollaiato. Maa
parte tali interruzionile dispute sul destino di Jim seguitarono
notte e giorno.
Intanto lui vagava per il cortilee qualcuno lo scansavaaltri
lo fissavano con sguardi accesie tutti lo osservavano; e lui lì
si può dire alla mercè del primo cialtrone che capitasse con un
trinciante. Per dormire aveva preso possesso di una piccola
tettoia mezzo crollata; ma gli effluvi d'immondizie e di roba in
putrefazione gli davano allo stomaco; l'appetito invece pare che
non l'avesse perduto perché - mi disse - per tutto quel tempo
aveva avuto sempre fame. Ogni tanto 'qualche asino in gran
faccenda' in deputazione dalla sala del Consigliogli si
avvicinava di corsa e in tono mellifluo gli infliggeva
stupefacenti interrogatori. 'Era vero che gli Olandesi sarebbero
venuti a prendersi il paese? Gradirebbe l'uomo bianco ridiscendere
il fiume? Con quali intenzioni era egli venuto in un paese così
poverello? Il Rajah desiderava sapere se l'uomo bianco sapeva
riparare un orologio.' Gli portarono davvero una sveglia di nichel
fabbricata nella Nuova Inghilterra; e luipur di vincere il
tormento della noiasi era dato a tutt'uomo a tentar di rimettere
in efficienza la suoneria. E proprio mentresotto la sua tettoia
era così occupato alla bisognapare che gli si affacciasse alla
mente la precisa percezione dell'estremo pericolo in cui versava.
Lasciò cadere l'orologio - dice - 'come una patata bollente' e
uscì in frettasenza la minima idea di quel che avrebbe volutoo
meglio potutofare. Sapeva soltanto che in quelle condizioni non
ci poteva durare. Passava senza scopo davanti a una specie di
piccolo fatiscente granaio su palafitteallorché gli caddero gli
occhi sui pali spezzati dello steccato; e allora - dice - di
colpoquasi senza un vero procedimento mentalesenza slancio
emotivosi decise alla fuga come se da un mese ne avesse maturato
il piano. Si allontanò come se niente fosse per avvantaggiarsi di
una buona rincorsaquandovoltandosisi vide al fianco un
dignitario scortato da due portatori di lancieche si preparava a
rivolgergli una delle solite domande. Gli spiccò la corsa 'proprio
sotto il naso' volò oltre l'ostacolo 'come un uccello' e cadde
dall'altra parte con un tonfo che gli sconquassò le ossa e parve
spaccargli il cranio. Si rialzò immediatamente. Non pensò a nulla
lì per lì: non ricordava altro - disse - che un grande urlo; le
prime case di Patusan gli stavano di fronte a quattrocento metri
di distanza; vide il ruscelloe quasi automaticamente accelerò la
corsa. La terra sembrava volargli indietro sotto i piedi. Prese lo
slancio dall'estremo punto di terra asciuttasi sentì volare per
ariae si trovò senza il minimo urto ficcato in piedi in un banco
di poltiglia molliccia e vischiosa. Soltanto quando provò a
muovere le gambe e si accorse che non ce la facevaalloraa
dirla con le sue parole'tornò in sé.' Cominciò a pensare a
'quelle maledette lancie lunghe.' In realtàconsiderando che la
gente da dentro lo steccato doveva correre al cancellopoi
scendere all'imbarcaderomettersi in barca e fare il giro di un
promontorioJim aveva più vantaggio di quanto immaginasse.
Inoltreessendo bassa mareail ruscello era senz'acqua - non si
poteva dire asciutto - e all'atto pratico non c'era altro rischio
per il momento che quelloforsedi un tiro di lunghissima
tratta. La terra ferma si trovava a due metri scarsi davanti a
luipiù in alto. 'Ho creduto tuttavia che lì ci sarei morto'
disse. Allungò le mani nel tentativo disperato di afferrarsi a
qualche cosa e riuscì soltanto a tirarsi contro il pettoquasi
fino al mentoun gran mucchio di melma fredda e lucida
ripugnante. Gli parve di seppellirsi vivo da sée allora si mise
a sbatacchiar le braccia come un pazzogettando il fango qua e là
a pugni. Glie ne arrivò sul caposul visonegli occhiin bocca.
Mi disse che si era ricordato a un tratto del cortilecome si
ricorda un luogo dove si è stati un tempo molto felici. Agognava -
disse proprio così - ad esser lì di nuovoa riparare quella
sveglia. Riparare la sveglia - era la sua idea fissa. Faceva
sforziterribili sforzi tra singhiozzi e ànsiti; sforzi che
sembrava gli dovessero far scoppiare gli occhi dalle orbite
lasciandolo lìcieco; sforzi che culminarono in un energico
tentativo supremonel buiodi spaccare in due la terradi
liberarsene le membra - e allora sentì che stava arrampicandosi
piano piano per la proda. Arrivato alla terra fermavi giacque a
lungo distesoe rivide la luceil cielo. Alloracome una felice
trovatagli sorse l'idea di mettersi a dormire. Lui ama dire che
dormì davvero; che dormì - forse un minutoforse venti secondi
forse un secondo soloma ricorda benissimo il sobbalzo convulso e
violento del risveglio. Restò un po' steso così immobilepoi si
alzò lercio di melma dalla testa ai piedie rimase lì a
considerare che era il solo della sua razza per un raggio di
centinaia di miglia; solosenza speranza di aiutoné di
comprensionené di pietà da nessunocome un animale braccato. Le
prime case erano adesso a non più di venti metri da lui; e furono
gli strilli disperati di una donna a riscuoterlochespaventata
cercava di trascinarsi via un bambino. Riprese a correre in avanti
con i soli calzini ai piedicosì imbrattato di quel bitume da non
aver più sembianza umana. Attraversò in lunghezza più di metà
della colonia. Le donnepiù agilifuggivano a destra e a
sinistragli uominipiù lentilasciavan cadere tutto quello che
avevano in manoe restavan lìpietrificatia bocca aperta. Era
il terrore volante. Dice di aver veduto dei bimbettiche nella
furia di scappare cascavano pancia a terra e scalciavano. Svoltò
tra due casesu per un'ertascavalcò alla disperata uno
sbarramento di tronchi d'albero (non passava settimana senza
qualche battaglia a Patusanin quell'epoca) e poi giùa
precipizioirruppe attraverso un recinto in un campo di
granturcodove un ragazzo spaventato gli scagliò un bastone;
raggiunse un sentiero a casoe andò dritto a finire in mezzo a un
gruppetto di uomini sbalorditi. Gli bastò appena il fiato di
boccheggiare: 'Doramin! Doramin!' Ricorda di esser stato mezzo
portatomezzo spinto in cima all'erta in un vasto recinto con
palme e alberi da fruttae condotto di corsa davanti a un pezzo
d'uomo massiccio seduto su una poltrona in mezzo a una folla in
preda a grandissima agitazione ed orgasmo. Si frugò fango e stoffa
per tirar fuori l'anelloetrovatosi a un tratto a pancia
all'aria si domandò chi lo aveva buttato a terra. Lo avevano
semplicemente mollato capite? - non si reggeva più in piedi. Dal
fondo del declivio si sentiva sparacchiare a casaccioe disopra
ai tetti della colonia si levò un sordo brontolio di
sbigottimento. Ma lui era in salvo. Gli uomini di Doramin stavano
barricando il cancello e versandogli acqua in gola; la vecchia
moglie di Doramintutta affaccendata e premurosacon voce
stridulaimpartiva ordini alle sue serve. 'Quella vecchia' disse
dolcemente'si faceva in quattro per me come se fossi suo figlio.
Mi misero in un letto immenso - il suo letto di gala - e lei
correva dentro e fuori dalla camera asciugandosi gli occhi e
battendomi cordialmente sulla schiena. Dovevo fare pietà. Rimasi
lì come un pezzo di legno per non so quanto tempo.'
Mostrava una gran simpatia per la vecchia moglie di Doramin. Lei
dal canto suol'aveva preso a benvolere come una madre: con quel
suo viso largotondomorbidocolor nocetutto grinze sottili e
labbra grosse di un rosso lucido (masticava betel continuamente)
e occhi semichiusibenevoli con gran batter di palpebre. Era
sempre in motosempre a dare ordini e lavate di capo a una
schiera di femmine dal viso limpido color marrone e grandi occhi
seri; sue figlie o sue serveo sue schiave. Sapete come va in
quelle famiglie: in genere è impossibile cogliere certe
differenze. Era magrolinae anche il suo ampio mantellochiuso
davanti con fibbie di pietre preziosedava non so come un senso
di miseria. I piedi nudi e bruni teneva infilati in pantofole
cinesi di paglia. L'ho vista coi miei occhi sfaccendare di qua e
di là con quel suo bosco fitto di capellilunghi e grigigiù per
le spalle. Parlava a proverbi arguti e casalinghinasceva di
nobile stirpeera eccentrica e arbitraria. Nel pomeriggio sedeva
in una poltrona enormedi fronte al maritosenza mai staccar gli
occhi da una larga apertura nella paretedonde si scorgeva una
vasta zona della città e del fiume.
Invariabilmente lei sedeva a gambe ripiegate; il vecchio Doramin
invecerigidoimponente come una montagna sopra la pianura. Lui
apparteneva alla classe nakhoda ossia dei mercantima la sua
autorità e la sua dignità di portamento facevano piuttosto colpo.
Era il capo del secondo potere in Patusan. Gli emigranti di
Celebes (circa sessanta famiglie checoi sottoposti e il resto
erano in grado di mettere insieme un paio di centinaia di uomini
'portatori di kris') lo avevano eletto molti anni prima loro capo.
Gli uomini di quella razza lì sono intelligentiintraprendenti
vendicativie di un coraggio più risoluto degli altri Malesi;
insofferenti di servaggio. Formavano il partito d'opposizione
contro il Rajah. Naturalmentei litigi sorgevano sempre per via
dei commercicausa prima delle lotte di partedei sommovimenti
che riempivano tutto a un tratto di fumodi fiammedi sparatorie
e di grida questo o quel punto del paese. Villaggi bruciati
uomini trascinati dentro il recinto del Rajahper pagar con la
vita o la tortura il delitto di aver fatto commercio con altri e
non con lui. Un giorno o due prima dell'arrivo di Jim erano stati
buttati in mare dall'alto della costada un gruppo di lancieri
del Rajahvari capi famiglia proprio di quel villaggio di
pescatori che passò più tardi sotto la sua speciale protezione; e
c'erano stati buttati perché sospetti di aver fatto raccolta di
nidi commestibili di uccelli per un mercante di Celebes. Il Rajah
Allan pretendeva essere l'unico mercante del paese; ogni
violazione di questo monopolio era punita con la morte; ma la sua
idea del commercio non era in fondo molto lontana dalla comune
forma del furto. La sua crudeltà e rapacità non era limitata che
dalla sua vigliaccheria; e paura ne avevadella forza organizzata
degli uomini di Celebesse non che - fino alla venuta di Jim -
non tanta che bastasse a frenarlo. Colpiva quella gente per mano
dei suoi sudditi e pensava in buona fede di essere nel suo
diritto. A complicare le cose contribuiva la presenza di un
forestiero erranteun mezzosangue araboil qualeper ragioni
credopuramente religioseaveva incitato le tribù dell'interno
(gli uomini della macchiali chiamava Jim) a sollevarsie si era
stabilito in un campo trincerato sul culmine di una delle due
colline gemelle. Stava lìlevato sulla città di Patusan come un
falco su un cortile di fattoriae intanto devastava l'aperta
campagna. Interi villaggiabbandonatimarcivano sulle loro
palafitte annerite in riva ai limpidi fiumimentre cadevano a
pezzi nelle acque l'erba delle paretile foglie dei tetticon
uno strano effetto di disfacimento naturalecome una vegetazione
colpita da morbo fino alle radici. I due partiti di Patusan non
sapevano quale esattamente di loro quel partigiano avesse maggior
desiderio di saccheggiare. Il Rajah propendeva a complottare con
lui. Qualcuno della colonia Bugistufo di quella vita senza mai
sicurezzaaveva una mezza voglia di chiamarsi l'arabo in casa. I
più giovanischerzandoconsigliavano di 'unirsi allo Sceriffo
Alì e ai suoi selvatici seguaci per buttar fuori dal paese il
Rajah Allang.' Doramin durava fatica a tenerli. Invecchiavae
benché la sua autorità non fosse affatto diminuitatuttavia la
situazione cominciava a soverchiarlo. Tale era lo stato delle cose
quando Jimfuggendo dalla palizzata del Rajahmostrò l'anello e
venne accoltoper così direnel cuore stesso della comunità".
CAPITOLO 26.
"Doramin era uno degli uomini più notevoli che io abbia mai
vedutodella sua razza. La sua era una corporatura enormeper un
Malesema non sembrava soltanto grasso: appariva imponente
monumentale. Quel corpo immobileravvolto in ricche stoffesete
coloratericami d'oro; quel testone cinto d'un gran fazzoletto
rosso e oro; quel faccione rotondorugososolcatocon le sue
due profonde pieghe semicircolari chepartendo dai due lati delle
narici larghe e ferocichiudevano come in una parentesi la bocca
dalle labbra carnose; quella gola da boro; quell'ampia fronte
corrugataaffacciata sugli occhi orgogliosi e fermi - formavano
un tutto chevisto una voltanon si dimenticava più. Il suo
impassibile stato di riposo (una volta seduto non muoveva un dito)
era come una mostra di dignità. Nessuno lo sentì mai alzar la
voceche restava un mormorio basso e potenteun tantino velato
come dalla lontananza. Quando camminavadue giovanotti bassi e
tarchiatinudi fino alla cintolain sarong bianchi e con
zuccotti scuri piantati sulla nucalo reggevano per i gomiti: lo
aiutavano a sedersie rimanevano dietro la sua poltrona finché
non desiderava rialzarsi; nel qual caso volgeva lentamente il
capoquasi con difficoltàprima a destra e poi a sinistra: e
allora quei due lo afferravano sotto le ascelle e lo tiravano su.
Con tutto ciòegli non aveva niente in sé del paralitico; anzi
tutti i suoi movimenti ben ponderati apparivano come espressioni
di una potente risolutezza. Era convinzione di tuttiin giroche
consultasse sua moglie sulle pubbliche faccende; ma nessunoch'io
sappiali aveva mai sentiti scambiarsi una parola. Quando si
sedevano in tutta la loro maestà vicino alla finestra spalancata
intorno regnava il silenzio. Vedevanosotto di loronella luce
digradantela vasta spianata della campagna boscosail cupo mare
assopito in una ondulazione verde carico che si perdeva lontano
fino alla catena delle montagne porpora e viola; la lucida
sinuosità del fiumecome un'immensa lettera S d'argento battuto;
il nastro bruno delle case che segnava la curva delle due sponde
dominate dalle due colline gemellecime emergenti sulle vette
degli alberi più vicini. Che profondo contrasto tra i due! Lei
leggeradelicatasottilesveltaun po' stregae con un'ombra
di preoccupazione materna anche durante il riposo; luidi fronte
enorme e massiccio come una statua rozzamente scolpita nel sasso
con un misto di magnanimo e di barbarico nella sua immobilità. Il
figlio di questi due vecchi era un giovane di rara distinzione.
Lo avevano avuto tardi. Forse non era poi così giovane come
sembrava. Ventiquattro o venticinque anni non sono tanto pochi per
un uomo che a diciott'anni è già padre di famiglia. Entrando nella
grande sala di belle stuoie alle pareti e sul pavimentosotto
l'alto soffitto di tela bianca dove la coppia sedeva solenne in
mezzo alla sua deferentissima corteandava dritto verso Doramin a
baciargli la mano - che quegli gli abbandonava con maestà; poi
attraversava la stanza e si fermava in piedi vicino alla poltrona
della madre. Potrei forse dire che quei due lo adoravanoanche se
non ho mai colto in loro una aperta occhiata a quel figliolo. Vero
è che quelle erano cerimonie ufficiali e la salaper lo più
affollatissima. La solenne formalità delle accoglienze e dei
congedi; il profondo rispetto espresso dai gestidalle fisonomie
dai sussurri sommessi è semplicemente inenarrabile. 'Valeva la
pena di vederlino?' mi diceva Jimnell'attraversare il fiume
per tornarcene a casa. 'Sono come personaggi di un libronon è
vero?' disse con aria trionfale. 'E Dain Waris - il loro figlio -
èa parte leiil miglior amico che ho mai avuto. Quello che il
signor Stein chiamerebbe un buon COMPAGNO D'ARMI! Ho avuto
fortunaperdiana! Ho avuto fortuna ad arrivare coll'ultimo fiato
in mezzo a quella gente.' Chinò il capoassorto: poi
riscuotendosisoggiunse:
'Naturalmente non ci ho dormito suma...' S'interruppe di nuovo.
'M'è venuto cosìtutt'a un tratto' mormoro'di vedere quel che
avevo da fare...'
Senza dubbio gli era venuto cosìtutt'a un tratto; e gli era
venuto attraverso la guerranaturalmentegiacché questa forza
sopravvenutagli come per un miracolo era la forza di portare la
pace. Soltanto in questo senso la potestà è talvolta un bene. Non
è da credere che egli avesse trovato subito la sua via. Quando
arrivòla comunità Bugi era in una condizione molto critica.
'Avevano tutti paura' mi disse'e ognuno aveva paura per sé; e
intanto io lo vedevo chiaro come l'aria che avrebbero dovuto
subito muoversise non volevano restar schiacciati l'uno dopo
l'altro tra il Rajah da una parte e quel vagabondo di sceriffo
dall'altra.' Ma averlo capito non voleva dir niente. Bisognava
escogitare un piano. Compresa l'idea si trattò di farla entrare in
testa a gente refrattaria e corazzata di paura e di egoismo. Ci
arrivò alla finema non era ancora niente. Doveva escogitare i
mezzi. Li trovò: fece un piano audace e non era ancora che a metà.
Gli restava da infondere la sua stessa fede a una quantità di
gente che aveva assurdi e coperti motivi di tenersi indietro
doveva conciliare stolte gelosie e battere in breccia le più
insensate diffidenze. Senza il peso d'autorità di Doramin e il
focoso entusiasmo del figlioavrebbe fatto fiasco. Dain Waris
quel giovane così distintofu il primo ad accordargli fede; la
loro fu una di quelle straneprofonde e rare amicizie fra un uomo
di colore e un biancoin cui sembra che sia proprio la differenza
di razza ad avvicinare due esseri umani in virtù di qualche arcano
elemento di simpatia. Di Dain Warisla sua gente diceva con
orgoglio che combatteva come un bianco. Era vero; con quel tipo di
coraggio che si potrebbe chiamare coraggio allo scoperto
possedeva anche un cervello europeo. Se n'incontrano a voltedi
fatti cosìe ci si sorprende allora di scoprire in loro
inaspettatamenteun giro di pensieri familiariuna visione
mentale non ottenebratatenacia di propositiun principio di
altruismo. Piccolo di staturaperò mirabilmente proporzionato
Dain Waris aveva un portamento dignitoso e schivoun tratto
educato e disinvoltoun temperamento come una chiara fiamma. Il
suo viso scurocon quei due grandi occhi neriera espressivo
nell'azioneenel riposocogitabondo. Di carattere silenzioso;
il suo sguardo fermoil suo sorriso ironico e la sua cortese
sicurezza di modi sembravano dar segno di grandi riserve di
intelligenza e di forza. Tali creature scoprono agli occhi degli
occidentaliche volentieri restano alla superficie delle cosele
arcane possibilità di razze e di paesi su cui sta il mistero di
evi immemorabili. Non solo egli aveva fede in Jimmane sono
fermamente convintolo capiva. Parlo di lui perché ne ero rimasto
preso. La sua - vorrei chiamarla - caustica placidità eal tempo
stessola sua intelligente comprensione dei disegni di Jimmi
attraevano. Mi pareva di essere arrivato a scoprire le origini di
quell'amicizia. Se Jim aveva preso il comandol'altro aveva
conquistato il proprio capo. In realtàJimil capoera
prigioniero in tutti i sensi. Il paesela gentel'amicizia
l'amore erano come tante severe guardie del corpo; e ogni giorno
aggiungeva un anello alla catena di quella strana libertà. Me ne
convincevo sempre piùvia via chedi giorno in giornovenivo a
conoscere altri fatti della sua storia.
La sua storia! Non l'ho sentitala sua storia; L'ho sentita in
marciaall'accampamento (Jim mi faceva battere tutta la campagna
a caccia di selvaggina introvabile); ne ho sentita una buona parte
sulla vetta di una delle due cime gemelledopo aver fatto
l'ultima trentina di metri a quattro zamperampicando. La nostra
scorta (dei volontari cioè che ci seguivano da un villaggio
all'altro) si era accampata su un piccolo ripiano a mezza costa; e
nel silenzio della serasenza un alitoci arrivava da lì giù
l'odore del fumo di legna con l'acuta squisitezza di un profumo di
marca. Anche le voci arrivavano meravigliosamente chiare
distinteimmateriali. Jim si era messo a sedere su un tronco
d'albero abbattutoetirata fuori la pipacominciò a fumare.
Una nuova messe d'erba e di cespugli stava germogliando: sotto un
groviglio di stecchi spinosi si scoprivano ancora le tracce di uno
sterro. 'Tutto è partito di qui' fecedopo una lunga pausa di
silenzio assorto. Sull'altra collinaun duecento metri sopra
l'ombra di un burronevidi una fila di pali altianneriti
guasti qua e là come rovine: i resti del campo inespugnabile dello
sceriffo Alì.
Però lo avevano espugnato. Lui: con questa trovata: aveva fatto
portare la vecchia artiglieria di Doramin lì in vetta alla
collina: due rugginosi obici di ferro da sette libbreuna
quantità di cannoncini di bronzo - di quelli che servono da
moneta. Oggi servonosìper trasformarli in moneta: ma se
bravamente caricati fino alla boccapossono anche mandare un buon
colpo a una certa distanza. Il problema era di portarli fin lassù.
Mi mostrò dove aveva assicurato le funispiegò come aveva
improvvisato un rozzo argano con un tronco scavato che girava su
un palo appuntitomi indicò col fornello della pipa il profilo
dello sterro. Gli ultimi trenta metri di ascesa erano stati i più
duri. Si era presoin cuor suola responsabilità della riuscita.
Aveva indotto il partito della guerra a lavorare sodo tutta la
notte. Ardevano grandi fuochi accesi a intervalli lungo tutta la
salita'ma quassù' spiegò'la squadra di trazione doveva
sbrigarsela al buio.' Dall'alto vedeva gli uomini muoversi lungo
il pendìo della collina come formiche affaccendate. Lui stesso
quella nottenon aveva fatto altro che salire e scenderecome
uno scoiattolodirigendoincoraggiandotutto tenendo d'occhio
lungo la fila degli uomini. Il vecchio Doramin si era fatto
portare su per la collina in poltrona. Lo deposero sul ripiano a
mezza costae sedette lànella luce di uno dei grandi fuochi
'straordinario vecchio - un vero capo come nell'antichità' fece
Jim'con i suoi occhietti feroci - e un paio di enormi pistole a
pietra focaia sulle ginocchia. Oggetti magnificidi ebano
montati in argentocon bellissime piastre e un calibro da vecchio
trombone. Un regalo di Steinpare - in cambiosadi
quell'anello. Avevano appartenuto al buon vecchio O'Neil. Dio sa
a luicome gli erano capitate. Stava lì sedutosenza muovere un
ditocon una fiammata di sarmenti dietro la schienaeintorno
un mucchio di gente che correva qua e làurlando e tirando: la
figura più solenne e imponente che si possa immaginare. Poca
possibilità di scampo ci sarebbe stata per lui se lo sceriffo Alì
avesse sguinzagliato la sua banda di demonie fatto polpette dei
miei uomini - no? Comunquese andava malelassù dov'era venuto
ci moriva. Di certo. Perdiana! Mi empiva d'entusiasmo a vederlo lì
- come una roccia. Ma lo sceriffo deve averci presi per matti;
perché non si diede neanche la pena di venir a ficcare il naso nei
fatti nostri. Nessuno pensava che facessimo sul serio. Macché!
Credo che perfino quelli che tiravano e spingevano e sudavano
all'opera non credessero possibile la cosa. Proprio in parola-
direi di no...'
Stava dritto in piedi stringendo in mano la pipa accesacol
sorriso sulle labbra e un fuoco vivo negli occhi infantili. Io
sedevo su un tronco d'albero ai suoi piedi e sotto a noi si
stendeva il paesegrande distesa di forestebuia sotto al sole
ondosa come il mare; la chiarità dei fiumi sinuosile macchie
grigie dei villaggie - qua e là - una raduracome un isolotto
di luce in mezzo alle onde scure di quel mare di cime d'alberi.
Una cupa malinconia incombeva su quel paesaggio vasto e monotono;
la luce vi cadeva come in un abisso. La terra si divorava i raggi
del sole; soltanto in lontananzalungo la costail vuoto oceano
liscio e lucido in un velo di nebbia sembrava alzarsi nel cielo
come un muro d'acciaio.
E io ero lìcon lui alto nel sole sulla cima di quella sua
collina storica. Dominava la forestala malinconia secolarela
vecchia umanità. Era come una figura messa su un piedestalloa
rappresentare nella sua giovinezza persistente la forzae forse
le virtùdi razze che non invecchianoche sono sfuggite al buio.
Perché mi sia sempre dovuto apparire come un simboloio non so;
ma è forse questa la ragione del mio interesse per la sua sorte.
Non so se era bello verso di lui il ricordarmi dell'incidente che
aveva dato un nuovo orientamento alla sua vita ma proprio in
quell'attimo preciso mi tornò nitidissimo alla memoria. E fu come
un'ombra nella luce".
CAPITOLO 27.
"Giàla leggenda gli prestava virtù soprannaturali. Sìdiceva la
gentec'erano state tutte quelle corde disposte con accorgimento
e quello strano marchingegno che girava con lo sforzo riunito di
molti uominisicché ogni cannone era salito facendosi strada
lentamenteattraverso i cespuglicome un cinghiale che si
grùfola la via nell'intrico del sottoboscoma... i più saggi
scuotevano il capo. Lì sotto c'era senza dubbio qualche magìa;
perché che è mai la forza delle corde e delle braccia umane? C'è
nelle cose un'anima ribellante che bisogna vincere con potenti
esorcismi ed incantesimi. Così il vecchio Sura - un
rispettabilissimo capo famiglia di Patusan col quale feci una
placida chiacchierata una sera. Suraperòera altresì mago di
professionesoprintendente alle semine e mietiture del riso per
un raggio di molte migliacon la funzione appunto di soggiogare
l'anima proterva delle cose. Pare che questa sua mansione gli
riuscisse piuttosto arduae forse l'anima delle cose è veramente
più proterva dell'anima umana. La gente semplice dei villaggi
lontani credeva e diceva (come la cosa più naturale del mondo) che
Jim avesse portato sulla schiena i cannoni in cima alla collina -
a due alla volta.
Questo faceva battere per la rabbia i piedi a Jimche esclamava
seccatissimocon un risolino esasperato: 'Che si può fare con
degli sciocchi simili? Sono capaci di star su metà della notte a
raccontarsi le loro maledette fandonie; e più grande è la bugia
più sembra gradita.' Si intravvedeva la sottile influenza
dell'ambiente in questa sua irritazione. Faceva parte dei suoi
legami. Buffo come si scaldava a negare. 'Ma mio caro' dissi alla
fine'non penserà mica che ci creda io...' Mi guardò tutto
sorpreso. 'Eh no - no che non lo penso' fece; e scoppiò in una
risata omerica. 'Behcomunque i cannoni arrivarono sue
spararono tutti insieme all'alba. Perdiana! Lei doveva vedere che
volata di scheggie!' esclamò. Al suo fianco Dain Warisascoltando
con un sorriso tranquilloabbassò le palpebre e strisciò un poco
i piedi. La buona riuscita di quell'idea di portar su i cannoni
pareva aver procurato alla gente di Jim un gran senso di fiducia;
sicché egli si decise di affidare la batteria a due Bugi anziani
che avevano visto al tempo loro più di una battagliaper andare a
raggiungere Dain Waris e il gruppo d'assalto nascosto nel burrone.
Nelle ore piccole avevano cominciato ad arrampicarsie quando
furono a due terzi della salita si distesero nell'erba umida ad
aspettar la levata del soleche era il segnale convenuto. Mi
disse con che impaziente e angosciata emozione aveva seguìto il
rapido avvicinarsi dell'alba; comeaccalorato qual era dal lavoro
e dalla scalatagli era penetrato nelle ossa fino al midollo il
freddo della rugiada; e la sua gran paura di mettersi a tremare
come una foglia e a sentirsi addosso i brividi al momento
dell'avanzata. 'Fu la mezz'ora più lenta della mia vita'
dichiarò. A poco a poco la palizzata cominciò a spiccare contro il
cielo sopra di luisilenziosa. Gli uomini sparpagliati sull'erba
erano accovacciati tra i sassi scuri e i cespugli roridi. Dain
Waris era steso bocconi al suo fianco. 'Ci guardammo' fece Jim
dolcemente posando una mano sulla spalla del suo amico. 'Mi
sorriseallegro come una pasquama io non osai aprir bocca per
paura di un attacco di brividi. Parola miache è proprio così!
Lei deve pensare che si colava di sudore quando ci stendemmo
sull'erba - e perciò può immaginare...' Mi dichiaròe gli credo
di non aver avuto dubbi sul risultato dell'impresa. L'unica sua
preoccupazione era quella di riuscire a reprimere quei brividi.
Del successo non si dava pensiero. Era sicuro di raggiungere la
vetta di quella collina e di rimanercia tutti i costi. Indietro
lui non ci sarebbe tornato. Quella gente si era messa nelle mani
di lui; implicitamente. Di lui. Di lui solo! Una sua semplice
parola...
Ricordo comea questo puntos'interruppe con gli occhi fissi nei
miei. 'Per quanto mi risulta non hanno mai avuto l'occasione di
pentirsene - fino a oggi' fece. 'Mai.' E sperava con tutta
l'anima che neanche in seguito... Intanto - disgraziatamente!
avevano preso l'abitudine di ricorrere a lui in tutto e per tutto.
Non se ne poteva avere una idea!... Ma sì!... Anche l'altro giorno
un vecchio imbecille che non aveva mai veduto in vita suaera
venuto da un villaggio lontano miglia e miglia per sapere se
doveva divorziare dalla moglie. Proprio così! Parola d'onore. Ecco
che genere di cose... Non si sarebbe mai creduto. Vero? Quel
vecchio si mise a sedere lì per terra sulla veranda masticando
noce di betelsospirando e sputando da tutte le parti per più di
un'oramalinconico come un impiegato delle pompe funebrifinché
se ne venne fuori con quel suo maledetto quesito. E non è tanto
buffo quanto sembraquesto genere di cose. Che gli si poteva
rispondere? - Buona moglie? - Sìbuona moglie... ma vecchia... -
Cominciò una lunga storia dell'accidentea proposito di certe
pignatte di rame. Vivevano insieme da quindici anni - vent'anni -
chi se ne ricorda? Tantotanto tempo. Buona moglie. L'aveva
picchiataqualche po' - non molto - solo un po'quando lei era
giovane. Per forza - per onor di firma. Tutt'a un trattoora che
era vecchiava a prestare tre pignatte di rame alla moglie del
figlio di sua sorellae comincia a insolentire lui ogni giorno e
si fa anche sentire dagli altri. I suoi nemici lo schernivano.
Mette su una faccia da funerale. Le pignatteperdute per sempre.
Per sempre. E luiavvilito morto. 'Impossibile capirci un'acca
in una storia simile; gli dissi di tornarsene a casapromettendo
che sarei andato io a sistemargli la faccenda. Lei fa presto a
riderema è stata una seccatura dell'altro mondo! Una giornata di
cammino attraverso la forestaun'altra persa a persuadere un
branco di stupidi contadini per arrivar a capo della questione.
C'era da scatenare una serie di liti a sangue. Il primo venuto di
quegli imbecilli del diavolo prendeva le parti di una famiglia o
dell'altrae meta del villaggio era pronta a buttarsi sull'altra
metà con tutto quel che capitasse sotto mano. Parola d'onore!
Senza scherzi!... Invece di badare ai loro maledetti raccolti.'
Naturalmente gli aveva fatto restituire quelle pignatte del
diavolo - e messo tutti in pace. Senza nessuna fatica
naturalmente. Lui poteva far finire qualunque litigio solo
piegando un mignolo. Il difficile era di arrivare alla verità
nelle cose. Non era sicuroa tutt'oggidi essere stato giusto
con tutti. E questo lo preoccupava. E le chiacchiere! Perdiana!
Senza capo né coda. Meglio andare tutti i giorni all'assalto di
una vecchia palizzata alta sei metri! Molto meglio! Un gioco da
bambini in confronto. E poi più spiccio. Behsì; tutto sommato
in fondouna faccenda ridicola- quell'imbecille pareva tanto
vecchio da potergli essere nonno. Ma da un altro punto di vista
non era uno scherzo; perché la sua parola poteva essere sempre
decisiva - da quando aveva sbaragliato lo sceriffo Alì. Una
terribile responsabilitàripeté. 'Nodavvero... a parte gli
scherzisi fosse trattato di tre vite umane invece che di quelle
tre sporche pignatte di ramesarebbe stato lo stesso...'
Così m'illustrava l'effetto morale della sua vittoria di guerra.
Un effetto davvero immensoche l'aveva portato dal combattimento
alla pacee attraverso la morte l'aveva immerso nella vita più
intima di quel popolo; e tuttavia la tetraggine di quella terra in
pieno sole conservava il suo carattere di arcanosecolare
assopimento. La sua fresca voce giovanile (è straordinario quanto
scarsi erano in lui i segni di usura) si levava leggera e passava
sopra la faccia impassibile delle forestecome il rombo dei
grossi cannoni in quel freddo mattino rugiadosoquando egli non
aveva altra preoccupazione al mondo che impedirsi di rabbrividire.
Appena coi primi raggi obliqui il sole sfiorò le cime immobili
degli alberila vetta di una delle colline rimase avvolta con
grandi boati in bianche nuvole di fumoe sull'altra scoppiò un
fragore incredibile di urligrida di guerraimprecazioni di
rabbiadi sorpresadi sgomento. Jim e Dain Waris furono i primi
a metter la mano sugli stecconi della palizzata. La leggenda
popolare narrò subito di Jimche col semplice tocco d'un dito
aveva rovesciato il cancello. Egli eranaturalmenteansioso di
confutare questa diceria. La intera palizzata - si affannava a
spiegare a tutti - non era che una modesta faccenda (lo sceriffo
Alì si affidava soprattutto al vantaggio della posizione); e
comunquei pali già in pezzi per le cannonate stavano in piedi
per miracolo. Ci aveva dato una spallata storditamenteed era
finito dentro a gambe all'aria. Perdiana! Se non c'era Dain Waris
un certo vagabondo butterato e tatuatocon la sua lancia lo
avrebbe inchiodato a un tronco d'albero come uno degli scarabei di
Stein. Il terzo a entrare fu - pare - Tamb'Itamil servo di Jim.
Era costui un Malese del norduno straniero capitato per caso a
Patusane trattenuto per forza dal Rajah Allang come pagaiatore
di una delle sue imbarcazioni di gala. Se l'era svignata alla
prima occasioneetrovato un rifugio precario (e pochissimo da
mangiare) fra i coloni Bugisi era posto al servizio di Jim. Era
di carnagione scurissimaaveva il viso schiacciatogli occhi
prominenti e iniettati di bile. C'era una punta di esagerazione
quasi di fanatismonel suo attaccamento al 'Signore bianco.' Era
inseparabile da Jimcome un'ombra malinconica. Nelle grandi
occasionicamminava alle calcagna del suo padrone ekris alla
manoteneva a distanza la gente bassa con le sue occhiate torve e
truculente. Jim lo aveva fatto suo maggiordomoe tutta Patusan lo
rispettava e lo corteggiava come persona molto influente. Alla
presa della palizzata si era molto distinto per la ferocia
melodica del suo modo di combattere. La squadra d'assalto era
piombata dentro così fulminea - disse Jim - cheanche in mezzo al
panico della guarnigioneci furono 'cinque minuti caldi di corpo
a corpo di là dalla palizzata; ma poi un asinaccio diede fuoco ai
ripari di rami e d'erba seccae dovemmo tutti tagliar la corda
per salvare la pelle.'
Pare che la rotta sia stata completa. Doraminimmobile nella sua
poltrona a mezza costacol fumo dei cannoni che si stendeva
lentamente sulla sua testa enormericevette la notizia con un
profondo brontolio. Quando seppe che il figlio era salvo e si era
gettato all'inseguimentoluisenza una parolafece un immenso
sforzo per alzarsi; i suoi servi si precipitarono in suo aiutoed
eglirispettosamente sorrettosi avviòstrascicando i piedi
verso un po' d'ombra dove si stese e si mise a dormirecoperto da
capo a piedi d'una tela bianca. A Patusan c'era un intenso
fermento. Jim mi disse che dalla collinavolgendo le spalle alla
palizzata che era tutta un bracierealla sua cenere nera e ai
suoi cadaveri semicarbonizzativide a più riprese gli spiazzi fra
le casesulle due sponde del fiumeriempirsi a folate di una
marea tumultuosa di gentee rivuotarsi in un attimo. Alle sue
orecchie arrivava attenuatoda laggiù sottoil terribile
strepito dei gong e dei tamburile grida selvagge della folla lo
raggiungevano in volate di muggiti smorzati dalla distanza. Una
quantità di bandierine mettevano come un palpito d'ali d'uccelli
bianchirossigialli tra gli orli bruni dei tetti. 'Dev'essere
stata una grande gioia per lei' mormoraiin uno slancio di
simpatetica emozione.
'Ohsì... Una cosa immensa! Immensa!' esclamò fortespalancando
le braccia. Quel movimento improvviso mi spaventò come se lo
avessi veduto denudare i segreti del suo cuore davanti al sole
alle cupe foresteal mare d'acciaio. Sotto di noila città
posava in pigre curve sulle rive del fiumeche sembrava assopito.
'Immensa!' ripeté una terza volta tra i dentisolo per sé.
Immensa! Immensa indubbiamente; il successo venuto a suggellar le
sue paroleil territorio conquistato da posarvi i suoi piedi
la cieca fiducia degli uominila fede in se stesso strappata al
fuocola solitudine della vittoria. Tutto questo ve l'ho detto -
si rimpicciolisce a raccontarlo. Non possocon le sole parole
comunicarvi il senso del suo isolamento assoluto e totale. So
naturalmenteche della sua razzalaggiùerain tutta
l'estensione del terminesolo; ma insospettate doti di carattere
lo avevano portato a così stretto contatto con l'ambiente che il
suo isolamento sembrava effetto della sua potenza soltanto. La sua
solitudine lo accresceva di statura. Non c'era nulla sott'occhi
con cui poterlo commisurarecome se fosse stato uno di quegli
uomini eccezionali che si devono ragguagliare soltanto alla misura
della loro fama; e la sua famaricordateloera la più grande
cosa del paesein un àmbito di molti giorni di viaggio. Si doveva
remaremetter velao aprirsi un lungo e faticoso cammino nella
giungla per giungere oltre la portata di quella voce. Una voce che
non era come lo strombettare di quella dea spregevole che tutti
conosciamo - né roboante - né sfacciata. Prendeva il suo tono dal
silenzio triste di un paese senza passatodove la sua parola era
l'unica ferma verità di ogni transitoria giornata. Partecipava un
po' del carattere di quel silenzio attraverso il quale essa vi
guidava a profondità inesploratesempre viva al vostro fianco
penetrantee di lunga portata - sussurro di meraviglia e di
mistero sulle labbra degli uomini".
CAPITOLO 28.
"Lo sconfitto sceriffo fuggì a gambe levate dal paese; e quando i
poveri contadini perseguitati cominciarono a far capolino fuor
dalla giungla per tornare finalmente alle loro casupole
imputriditefu Jim ad eleggere i capi del paesedopo essersi
consigliato con Dain Waris. Così egli diventò virtualmente il
sovrano: Quanto al vecchio Tunku Allangla sua paura lì per lì
non conobbe limiti. Si racconta chealla notizia dell'assalto
vittorioso della collinasi buttasse bocconi sul pavimento di
bambù nella sala delle udienzee vi restasse così tutta la notte
e tutto il giorno dopoimmobilecon gemiti soffocati tanto
paurosiche nessuno osava avvicinarsi a quel prostrato a meno di
una lunghezza di lancia. Già si vedevacacciato da Patusan con
ignominiaandar ramingo e solospogliosenza oppiosenza le
sue donne e senza scortafacile preda del primo che volesse
ammazzarlo. Dopo lo sceriffo Alìadesso era il suo turno: chi
poteva resistere all'assalto di un diavolo simile? In realtà
dovette la vitaa quel po' di prestigio che conservava ancora al
momento della mia visitaall'idea chedella giustizia puraJim
si era fatta. I Bugi erano prontissimi a regolare i conti col
passatoe il vecchio Doraminnella sua impassibilitànutriva la
speranza di vedere un giorno suo figlio sovrano del Patusan.
Durante una delle nostre interviste mi lasciò di proposito
intravvedere la sua segreta ambizione. Non si poteva immaginare
cosa a suo modo più elegante della dignitosa prudenza delle sue
allusioni. Cominciò col dire che lui la sua forzain gioventù
non se l'era risparmiatama adesso era vecchio e stanco. Con la
sua mole imponente e certi sguardi sagaci dei suoi occhietti
orgogliosirichiamava irresistibilmente al pensiero la furberia
d'un vecchio elefante; il lento respiro del suo vasto petto era
continuopotente e regolare come il buleggiume di un mare in
bonaccia. Asserì d'avere anche lui una fiducia illimitata nella
saggezza di Tuan Jim. Ah - poter avere appena una promessa;
bastava una parola!... Le pause di calmo respiroil rombo
sommesso della sua voce ricordavano gli ultimi brontolii in coda
al temporale.
Tentai di lasciar cadere l'argomento. Non era facileperché Jim
era ormai indiscutibilmente una potenza; e nella sua nuova
situazione pareva non esserci nulla ch'egli non avesse facoltà di
concedere o negare. Ma questadiròera un'inezia appetto
all'idea che mi balenòmentre facevo finta di ascoltare il
vecchio: che Jim pareva ormai arrivare al possesso del proprio
destino. Doramin era in ansia per l'avvenire del paesee restai
colpito dal giro che diede all'argomento: 'Il paese rimane dove
Dio l'ha messoma i bianchi' disse'loro vengono qui e dopo
poco tempo se ne vanno. Vanno via. Quelli che restanoquinon
possono prevedere se e quando faranno ritorno. Se ne vanno al loro
paesetra la gente loroe così farà anche quel bianco'... Non so
che cosa m'indusse a compromettermi fino al punto di ribattere con
un vigoroso: 'Nono.' Misurai tutta la portata della mia
indiscrezionequando Doraminalzandomi in faccia tutto il suo
visoinalterato in quella sua espressionefissata da profonde
rughe scabre come un'enorme maschera brunastraprima disse
cogitabondo che questa era una veramente buona notiziae poi
volle sapere perché.
Quella streghetta dall'aria materna di sua moglieseduta
dall'altro mio latocol capo coperto e i piedi raccolti sotto di
séteneva lo sguardo fisso oltre l'apertura delle persiane.
Vedevo soltanto un riccioletto grigio ribelleuno zigomo altoun
leggero movimento masticatorio del mento aguzzo. Senza distogliere
gli occhi dal vasto panorama delle foreste che si stendeva fino
alle collinemi domandò con voce piena di carità come mai uno
così giovane aveva abbandonato la sua casa per venire fin quaggiù
in mezzo a tanti pericoli. Non aveva una famiglianessun parente
là nel suo paese? Non aveva una vecchia madre che ne avrebbe
sempre ricordato il viso?...
A questo ero del tutto impreparato. Riuscii appena a borbottare
non so che scuotendo il capo. Ma dopo - me ne rendo conto - devo
aver fatto una meschina figura nel tentativo di tirarmi fuori da
questo impiccio. Da quel momentoperòil vecchio nakhoda divenne
taciturno. Non era molto soddisfattoho paura; era chiaro che
dovevo avergli dato materia di riflessione. E' piuttosto strano
chela sera di quello stesso giorno (l'ultimo che dovevo passare
a Patusan)mi trovassi di nuovo di fronte alla stessa domandaa
quel perché senza risposta sul destino di Jim. E questo mi porta
alla storia del suo amore.
Voi penserete magari che sia una storia che sareste capaci di
immaginare da soli. Ne abbiamo sentite tantee la maggior parte
di noi non le crede affatto vere storie d'amore. Quasi sempre le
consideriamo storie d'incontri fortuiti; tutt'al più episodi di
passioneo forse soltanto trascorsi di giovinezzatentazioni;
votati a una definitiva dimenticanzaanche se comportano una
certa tenerezzauna realtà nostalgica di rimpianto. Questo punto
di vistaspessissimo esattolo è forse anche in questo caso...
Eppure non so: raccontare questa storia non è affatto così facile
come se ci si potesse mettere dal solito punto di vista.
Apparentementeè una storia come tante altre: ma io ci vedo
nello sfondola figura malinconica di una donnal'ombra di una
spietata saggezza sepolta in una tomba solitariauno sguardo
triste e desolatoa labbra suggellate. La tomba stessache
scopersi per caso durante una passeggiata mattutinaera un
mucchio di terra scura piuttosto informe conalla baseuna linda
bordura di pezzi di corallo bianco confitti nel terrenocinto
d'una staccionata circolare fatta di arboscelli spaccati per il
lungo con la corteccia e tutto. Una ghirlanda di foglie e di fiori
correva per tutto il cerchio in cima ai picchetti - e i fiori
erano freschi.
Cosìsia o no quell'ombra frutto della mia immaginazioneposso
comunque segnalarvi il fatto rilevante di una tomba non
dimenticata. Quando poi vi diro che Jim con le sue mani aveva
costruito quel rustico recintocoglierete subito l'elemento
differenzianteil lato individuale della storia. Codesta adozione
della memoria e dell'affetto di un'altra creatura umana era tipica
della serietà della sua natura. Aveva una sua coscienza; ed era
una coscienza romantica. In tutta la sua vita la moglie
dell'innominabile Cornelius non aveva avuto altra compagna
confidente o amica fuori che sua figlia. Come mai la poveretta
avesse avuto l'idea di sposare quell'orribile Malaccoportoghese -
dopo essersi separata dal padre della sua bambina - e se tale
separazione fosse avvenuta per la morteche a volte sa mostrarsi
anche pietosao per le meno pietose convenzioni socialiquesto
resta per me un mistero. Da quel poco che Stein (che sapeva tante
storie) si era lasciato sfuggire con memi sono convinto che non
si trattava di una donna comune. Suo padre era un bianco; alto
funzionario; un uomo di brillanti qualità: uno di quelli cheper
non essere abbastanza stupidi da covarsi il successofiniscono la
carriera nell'ombra. Immagino che anche a lei mancasse quella
provvidenziale stupidità - e la sua carriera finì nell'ombra a
Patusan. Il nostro comune destino... perché dov'è quell'uomo
intendo il vero uomo dotato di sentimento - che non abbia il vago
ricordo di esser stato abbandonatonella pienezza del possesso
da qualche cosa o da qualcuno più prezioso della vita?... il
nostro comune destino infierisce sulla donna con particolare
ferocia. Non castiga come un padronema infligge una lenta
torturacome per sfogare un dispetto segretoimplacabile. Si
crederebbe checostretto a regnare sul mondocerchi di rivalersi
proprio su quegli esseri che sono i più prossimi a superare le
pastoie delle umane cautele; perché soltanto le donne riescono
talvolta a mettere nel loro amore un elemento tangibile appena
quanto basti a sbigottirci: una punta di ultra-terreno. Mi domando
talvolta... come apparirà ad esse il mondo? avrà la stessa forma e
sostanza che noi gli conosciamonella stessa aria che noi
respiriamo? Qualche volta immagino che ci debba essere una regione
di illogiche sublimità mosse dallo slancio di quelle loro anime
avventuroseilluminate dalla gloria di tutti i rischidi tutte
le rinuncie. Temo peraltro che esistano poche vere donne al mondo
benché naturalmente mi renda conto che l'umanità consiste di
moltitudinie che i sensi - dal punto di vista numerico - si
equivalgono. Ma sono sicuro che la madre aveva in sé tanto di
donna quanto pareva averne la figlia. Non posso far a meno di
immaginarmele tutt'e due; prima l'una donna giovane e l'altra
bambinapoi l'una vecchia e l'altra ragazza la terribile
monotonia del tempo nel suo rapido passarela barriera della
forestala solitudine e il tumulto intorno a quelle due vite
solitariee il carico di tristezza che portava ogni parola
pronunciata. Si saranno scambiate le loro confidenzenon tanto
sui fattisuppongoquanto sui sentimenti più intimi: paure
rimpianti - e senza dubbio avvertimenti; che la più giovane non
comprese del tutto finché non fu morta l'anziana - e apparve Jim.
Quel giorno sono sicuro che molto comprese - non tutto - e
specialmentedireila paura. Jim la chiamava con un nome che
voleva dire preziosonel senso di una pietra preziosa: gioiello.
Graziosovero? Lui era capace di tutto. Era all'altezza della
propria fortunacome - dopo tutto - era stato all'altezza della
propria disgrazia. Gioiellola chiamava; e lo diceva come avrebbe
potuto dire 'Giannina' sapetecon un accento coniugale
casalingosereno. Sentii quel nome per la prima volta dieci
minuti dopo essere entrato nel suo cortilequandodopo avermi
quasi slogato un braccio nel darmi la manosi slanciò su per la
scalae si mise come un ragazzo a fare un allegro fracasso
davanti all'usciosotto alle sue pesanti grondaie. 'Gioiello!
Oho! Gioiello! Presto! E' arrivato un amico!...' e a un tratto
guardandomi di sottecchi nella penombra della verandamormoro con
voce profonda: 'Sa... questa... Niente sciocchezze... niente
maledette storie... non le so dire quanto devo a quella ragazza...
e così... capisce... io... è proprio come se...' L'ansioso
incalzare dei suoi balbettamenti fu interrotto di colpo
dall'improvviso passaggio di una forma bianca dentro la casauna
leggera esclamazioneun visino infantile ma energico dai tratti
delicati e uno sguardo attento e profondo che si mossero dal buio
dell'interno.come un uccello dal fondo di un nido. Rimasi
colpito dal nomesi capisce; ma dovette passar un bel tratto di
tempo per farmelo ricollegare con una stravagante diceria che
avevo sentito durante il viaggioin un angolo della costa a 230
miglia a sud del fiume Patusan. Lo schooner di Steindove ero
imbarcatosostò làper caricare un po' di robae ioscendendo
a terraebbi la grande sorpresa di trovare che quell'angolo di
miseria poteva gloriarsi di avere un vice-segretario di residenza
di terza classe; un tipo grossograssobisuntostrizzalocchio
meticcio lucido-labbruto. Lo trovai sdraiato a pancia all'aria in
un divano di viminiindecorosamente sbottonatocon una grande
foglia di chissà che pianta appoggiata sul capo fumigantee
un'altra in mano che adopravapigroa modo di ventaglio...
Diretto a Patusan? Ahsì. Società Commerciale Stein. Conosceva.
Con autorizzazione? Non era affar suo. Le cose andavano un po'
meno peggio laggiùosservò con indifferenzae soggiunse con voce
strascicata: 'C'è arrivato una specie di vagabondo bianco
dicono... Eh? Come? Un amico suo? Davvero?... Allora era vero che
c'era laggiù uno di questi VORDAMTE. Che gli era mai saltato in
mente? Aveva trovato la stradail briccone! Eh? Mi pareva
impossibile. Patusan... laggiù tagliano la gola non è affar mio.'
S'interruppe con un gemito. 'Pfui! Onnipotente! Che caldo! Che
caldo! Behallorapoteva esserci del vero anche in quell'altra
storiadopo tuttoe...' Chiuse uno dei suoi orribili occhi
vitrei (la palpebra continuò a tremolare) mentre con l'altro mi
ammiccava sinistro. 'Senta un po'' fece con aria di mistero'se
- capisce? - se realmente ha messo le mani su qualcosa che valga -
non uno dei soliti pezzetti di vetro verde - capisce? - io sono
funzionario governativo - dica a quel furfante - Eh? Come? Amico
suo?...' Continuava a star stravaccato tranquillamente sulla
poltrona... 'Me l'ha detto lei; appunto; e sono contento di
metterla sull'avviso. Anche a leisuppongopiacerebbe di cavarne
fuori qualcosa. Non m'interrompa. Lei gli dica soltanto che ho
saputo la storiama al mio governo io non ho fatto rapporto. Non
ancora. Capito? Perché fare un rapporto? Eh? Gli dica di venire da
me se lo lasciano uscire vivo da quel paese. Farà bene a
salvaguardarsi le spalle. Eh? Prometto di non fargli domande.
Discrezione - capito? E penseremo anche a lei. Una piccola
commissione per il disturbo. Non m'interrompa. Sono un funzionario
governativo e non farò rapporti. Gli affari sono affari. Capito?
Conosco della brava gente pronta a comprar qualunque cosa che
valga la pena e che può dargli più quattrini di quanti quel
farabutto ne abbia mai veduti in vita sua. Conosco i miei polli.'
Mi fissava con tanto d'occhi - ora tutti e due aperti - mentre gli
stavo davanti in piedi sbalorditoe mi domandavo se era matto o
ubriaco. Sudava sbuffavalamentandosi tra i denti e grattandosi
con una tranquillità così ributtante che non riuscii a sopportarne
la vistané ebbi la forza di domandargli schiarimenti. Il giorno
dopoparlando a caso con la gente della piccola Corte indigena
venni a sapere che lungo la costa si andava diffondendo la storia
di un misterioso bianco che a Patusan era venuto in possesso di
una gemma straordinaria - uno smeraldo di enormi dimensionie
assolutamente senza prezzo. Lo smeraldo sembra far colpo sulla
immaginazione orientale più di qualsiasi altra pietra preziosa. Il
bianco se l'era procuratomi disseroun po' con l'uso della sua
forza meravigliosaun po' con l'astuziadal monarca di un paese
lontanodi dove era fuggito immediatamentegiungendo a Patusan
in condizioni pietosema sempre in grado di ispirar terrore al
popolo con la sua estrema ferociache nulla sembra poter
ammansare. I più tra i miei informatori erano d'opinione che la
pietra desse il malocchio - come la famosa gemma del Sultano di
Succadana che aveva portato anticamente in quella contrada
infinite guerre e calamità. Forse era il medesimo gioiello - non
si sa mai. In realtà la storia di uno smeraldo di dimensioni
favolose risale ai tempi dell'arrivo dei primi bianchi
nell'Arcipelago; ed è credenza così persistente che ancora un
quarant'anni fa fu condotta un'inchiesta ufficiale in proposito da
parte del Governo olandese. Un simile gioiello - mi spiegò un
vecchio dal quale mi era stato riferito questo straordinario mito
Jimmiano - una specie di scriba del poverissimo piccolo Rajah
locale - un gioiello similedissealzando verso di me i suoi
poveri occhi mezzo acciecati (stava seduto per terra nella capanna
in segno di rispetto)si conserva meglio nascondendolo addosso a
una donna. Però non tutte le donne sono adatte. Devono essere
giovani - e trasse un profondo sospiro - e insensibili alle
seduzioni dell'amore. Scosse il capo incredulo. Eppure una donna
simile sembra che ci sia.
Davvero. Gli avevano parlato di una ragazza alta che l'uomo bianco
trattava con molto rispetto e attenzionie che non usciva mai di
casa senza scorta. La gente diceva che il bianco si faceva vedere
in sua compagnia quasi ogni giorno: passeggiavano insieme in
faccia a tuttie lui se la portava in giro col braccio sotto al
suostretta stretta al fianco cosìin un modo proprio strambo.
Questo poteva anche non esser vero - lo concedeva - perché
veramente era un comportamento fin troppo bizzarro. Ma che
portasse lei nascosto in petto il gioiello dell'uomo bianco non si
poteva mettere in dubbio".
CAPITOLO 29.
"Così si interpretavano le maritali passeggiate di Jim alla sera.
Più di una volta avevo fatto il terzo incomodo in queste
passeggiatesempre consapevole della sgradita presenza di
Cornelius checovando in cuore una punta di paterno sdegnoci
pedinava furtivo con la bocca contrattacome sempre sul punto di
digrignare i denti. Avete mai notato comea trecento miglia
dall'ultimo palo telegrafico e dall'approdo dei postalile
meschine bugie utilitarie della nostra civiltà avvizziscano e
muoianosostituite da puri giuochi di fantasiache hanno la
leggerezza e spesso il fascino e qualche volta la profonda verità
intima di un'opera d'arte? Il romanticismo aveva eletto Jim al
proprio servizio - e la parte romantica era l'unica autentica di
quella storiache per il resto era tutta una fandonia. Non lo
nascondevaluiil suo gioiello. In realtàne era immensamente
orgoglioso.
Mi accorgo ora chetutto sommatoquella ragazza io l'avevo vista
ben poco. Quello che ricordo meglio è il pallore unitoolivastro
della sua carnagionei vivi riflessi metallici dei suoi capelli
neriche fluivano abbondanti di sotto a un berretto scarlatto
tenuto molto indietro sulla testa ben modellata. Sciolta e sicura
nei movimentiarrossiva talvolta d'un rosso intenso. Mentre Jim e
io si discorrevaella andava e veniva dandoci qualche occhiata
fuggitiva e lasciandosi dietrosul suo passaggioun ricordo di
grazia e di fascino e un netto sottinteso di attenta vigilanza. I
suoi modi denotavano una strana combinazione di timidezza e di
audacia. Ogni suo bel sorrisocome disperso dal ricordo d'un
incombente pericoloera seguìto subito da uno sguardo d'ansia
taciturna e repressa. A volte sedeva con noiecon le nocche
della sua mano piccolina infossate nella morbida guancia
ascoltava la nostra conversazione; i suoi grandi occhi chiari si
fissavano sulle nostre labbracome se ogni nostra parola fosse
pronunciata in forma visibile. Sua madre le aveva insegnato a
leggere e a scrivere; aveva imparato un bel po' di inglese con
Jime lo parlava che era uno spasso con la stessa intonazione e
le stesse abbreviazioni fanciullesche di lui. La sua tenerezza si
librava su di lui come un palpito d'ali. Viveva così pienamente
nella contemplazione di luiche aveva perfino acquistato un po'
del suo aspetto esteriorequalcosa che lo ricordava nei
movimentinel modo di stendere un bracciodi girare il capodi
volgere lo sguardo. Il suo vigile affetto aveva un'intensità tale
da renderlo quasi percettibile ai sensi; sembrava esistere
concretamente nella sostanza dello spazioavvolgendolo come di
una fragranza particolareeffondersi nel sole come una nota
tremulasommessa e appassionata. Credo che prenderete anche me
per un romantico: ma non è vero. Vi riferisco la pura impressione
di un frammento di giovinezza; di uno strano travagliato romanzo
che mi è capitato sottocchi. Notai con interesse il lavorìo della
sua - diciamo - fortuna. Era amato d'un amore geloso; ma perché
poi lei dovesse essere gelosae di chenon sapevo. La terrala
gentele foreste erano ora complici in accordo vigile per
tenerselo d'occhio con un'aria di segregazionedi misterodi
possesso esclusivo. Per lui non c'eraper così direvia
d'appello; era prigioniero della libertà stessa della propria
potenzae leipur essendo pronta a mettergli il capo sotto i
piedia sgabellosi custodiva inesorabilmente la sua conquista -
come se temesse di non potersela conservare. Lo stesso Tamb'Itam
marciando alle calcagna del suo Signore biancodurante le nostre
uscitetesta indietrotruculento e tuttarmi come un giannizzero
con krisaccetta e lancia (oltre al fucile che Jim gli dava da
portare); lo stesso Tamb'Itam si permetteva di darsi delle arie di
custode incorruttibile come un carceriere arcigno e devoto pronto
a dare la vita per il proprio prigioniero. La seraquando eravamo
alzati fino a tardila sua sagoma silenziosaindistintapassava
e ripassava sotto la verandaa passi felpatie talvoltaalzando
la testalo coglievo a sua insaputa dritto in piediimpalato
nell'ombra. Di regola scompariva dopo un po' senza rumore; ma
quando ci si alzavadi balzo ci era vicino come se fosse uscito
di sottoterrapronto a qualunque ordine di Jim. Neanche la
ragazzacredosi addormentava mai finché non ci eravamo dati la
buonanotte. Più di una voltadalla finestra della mia camerala
vidi uscire con Jim piano pianoappoggiarsi alla rozza balaustra
- due figure bianche strette l'una all'altralui col braccio
cingendole la vitalei col capo reclinato sulla spalla di lui. Mi
giungeva il loro sussurro sommessopenetranteteneronota calma
e triste nel silenzio della nottecome un monologo internosu
due voci. Più tardirigirandomi sul letto sotto la zanzariera
avrei giurato di sentire leggeri scricchioliiun tenue respiro
uno schiarirsi cauto della golae voleva dire che Tamb'Itam era
ancora lìdi ronda. Benché avesse (per la munificenza del Signore
bianco) una casa di sua proprietà dentro la cintae avesse 'preso
una moglie' e ricevuto recentemente la benedizione di un bambino
tuttavia sono convinto chealmeno durante il mio soggiorno
dormiva sulla veranda ogni notte. Era molto difficile far parlare
quell'armigero arcigno e fedele. Neanche Jim riusciva a tirargli
fuori più che risposte secche e a strappiquasi in tono di
protesta: come volesse dar da intendere che il parlare non era
affar suo. Il discorso più lungo formulato di sua iniziativa glie
lo sentii fare una mattinaquandostendendo a un tratto la mano
verso il cortileindicò Cornelius e disse: 'Ecco qua il
Nazzareno.' Non credo che parlasse con meper quanto gli stessi a
fianco; il suo discorso sembrava piuttosto diretto a risvegliare
l'attenzione e lo sdegno dell'universo intero. Certi borbottamenti
allusivi che seguironoa proposito di cani e odor d'arrostomi
parvero singolarmente appropriati. L'ampio quadrato del cortile
era tutto una vampa torrida di soleeavvolto in quella luce
intensaCornelius veniva avanti lento lentobene in vistae
tuttavia con un'aria ineffabilmente furtivadi oscuro e coperto
segretosgattaiolando. Faceva pensare a quanto ci può essere di
più stomachevole. Il suo passo lentolaboriosoricordava il
movimento dello scarafaggio schifoso: dava lo stesso ribrezzo
vedergli muovere sole le gambee fermo tutto il resto del corpo.
Camminavasenza dubbiodritto per la sua direzioneeppurecon
quella spalla in avantipareva andare obliquo. Lo si vedeva
spesso aggirarsi lento tra le tettoie come fiutando una pista;
passare davanti alla veranda dando una sbirciata furtiva all'insù;
sparire adagio dietro l'angolo di una capanna. Che costui potesse
circolare liberamente là dentroaccusava una assurda negligenza
da parte di Jimoppure un supremo disprezzoperché Cornelius
aveva avuto una parte assai dubbia (a dir poco) in un certo
episodio che a Jim avrebbe potuto riuscire fatale. All'atto
pratico quell'episodio era tornato a sua maggior gloria. Ma tutto
riusciva ormai a sua gloria; ed era questa l'ironia della sua
buona fortuna attuale: che per essere stato una volta troppo
attaccato alla propria vitaora la sua vita sembrava protetta da
un sortilegio.
Dovete sapere che aveva lasciato la casa di Doramin poco dopo il
suo arrivo - un po' troppo prestoin realtàper la sua
sicurezzaenaturalmentemolto prima della guerra. A questo lo
aveva spinto il senso del dovere: doveva attendere agli affari di
Steinno? - mi disse. A tal finecon assoluto disprezzo del
pericoloaveva attraversato il fiume andando a stare da
Cornelius. Come avesse fatto costui a campare in tempi così
agitatiio non lo so. Quale agente di Steindopo tuttodoveva
aver usufruito in certo senso della protezione di Doramin; certo è
chein un modo o nell'altroera riuscito a cavarsela attraverso
a tutte quelle gravi complicazionie non dubito che la sua
condottaqualunque linea sia stato costretto a seguiredebba
aver portato il segno di quell'abiezione che era come lo stampo di
quell'uomo abietto di dentro e di fuoricome altri è d'aspetto
riconoscibilmente generosodistinto o venerando. A questo suo
elemento costitutivo si informava ogni suo attopassione o moto
dell'animo; si arrabbiava abiettosorrideva abiettos'attristava
abietto; parimenti abiette in lui cortesia e villania. Non c'è
dubbio che l'amorein luisarebbe stato il più abietto dei
sentimenti: ma come immaginare l'amore in un insetto schifoso?
Perché anche la sua schifezza era abiettatalché una persona non
più che disgustosa sarebbe apparsa nobile al confronto. Costui non
è figura né di sfondo né di primo piano in questa storia: lo si
vede soltanto ai margini aggirarsi enigmatico e sporcoa
corromperne l'ingenuità e la fragranza di giovinezza.
La sua condizionein ogni casonon poteva essere che
estremamente bassa; ma può darsi benissimo che lui ne traesse
qualche vantaggio. Jim mi disse di esser stato accolto da
principio con un'abietta ostentazione dei più amichevoli
sentimenti. 'Sembrava che quell'individuo non riuscisse a
contenere la propria gioia' fece Jim con aria disgustata.
'Correva da me ogni mattina a stringermi tutt'e due le mani - il
maledetto! - ma non sapevo mai se poi sarei andato a colazione. Se
arrivavo a mangiare tre volte in due giorni mi consideravo
fortunato; eppure mi faceva firmare un buono di dieci dollari alla
settimana. Diceva d'esser sicuro che il signor Stein non intendeva
che mi mantenesse per niente. Beh... mi manteneva quasi con
niente. Ne incolpava lo stato di disordine del paesee fingeva di
strapparsi i capellichiedendomi perdono venti volte al giorno
tanto che dovetti alla fine supplicarlo di non angustiarsi così.
Mi dava la nausea. Metà del tetto era crollato e tutta la casa
aveva un aspetto squallidocon dei ciuffetti d'erba secca che
spuntavano fuori qua e làe penzolanti da ogni parete gli orli
sfilaccicati delle stuoie. Fece del suo meglio per far risultare
che il signor Stein gli doveva dei soldi sugli affari degli ultimi
tre annima i suoi libri mastri erano tutti strappati e qualcuno
mancava addirittura. Cercò di accennare che la colpa era della
buonanima di sua moglie. Mascalzone schifoso! Alla fine dovetti
proibirgli perfino di nominarlasua moglieper non far piangere
Gioiello. Non arrivai a scoprire dove era andata a finire tutta la
merce; nel magazzino vuoto c'erano rimasti soltanto i topi che
avevan trovato la cuccagna in mezzo a quella baraonda di carta
color marrone e di sacchi vecchi. Da tutte le parti mi
assicuravano che aveva un mucchio di quattrini sepolti chissà mai
dove; ma naturalmente da lui non c'era da cavar fuori nulla.
Passai in quella casa del diavolo i giorni più disgraziati della
mia vita. Cercai di far il mio dovere verso Steinma avevo anche
altro da pensare. Quando mi rifugiai in casa di Doraminil
vecchio Tunku Allang si spaventò e mi restituì la mia roba: tutto
per vie oblique e con un'infinità di misteriattraverso un Cinese
che ha qui un negozietto; ma appena lasciai il quartiere dei Bugi
per andar a stare da Cornelius si cominciò a dire apertamente che
il Rajah aveva deciso di farmi ammazzare al più presto. Un bel
fattono? E non vedevo che cosa avrebbe potuto impedirglielose
veramente ne avesse avuto l'idea. Il peggio era che dovevo
necessariamente riconoscere di non far niente di utile né per
Stein né per me stesso. Oh! furono davvero un inferno quelle sei
lunghe settimane...'".
CAPITOLO 30.
"Mi disseseguitandodi non sapere che cosa lo avesse trattenuto
lì - ma non ci vorrà molto a intuirlo. Provava una profonda pietà
per quella ragazza inermealla mercé di quello 'straccio di
mascalzone vigliacco.' Pare che Cornelius le facesse una vita
d'infernoanche se non arrivava a metterlema sol per mancanza
di coraggiole mani addosso. Pretendeva perfino che lo chiamasse
babbo - 'e con rispetto anche - con rispetto' urlavaagitandole
davanti alla faccia un pugno giallorinsecchito. 'Sono un uomo
rispettabileioe tu che cosa sei? Avanti! che cosa sei? Credi
che io la intenda di tirar su la figlia d'un altro e non farmi
rispettare? Ringrazia Iddio ch'io ti permetta di chiamarmi così!
Avanti! - di': Sìbabbo... ah no?... Aspetta un po'!' E allora si
metteva a ingiuriare la morta finché la ragazza non se ne scappava
con le mani nei capelli. La rincorrevaprecipitandosi dentro e
fuori e intorno alla casae in mezzo alle tettoie; finché non la
rincantucciava in qualche angolodove lei cadeva in ginocchio
tappandosi le orecchiee allorada lontanoper delle mezze ore
seguitava a scaricarle contro una sfilza di sudicie ingiurie. 'Tua
madre era un demonio - un demonio di falsità. E anche tu sei un
demonio!' urlava come sparata finaleraccogliendo un po' di terra
secca o una manciata di fango (fango ce n'era quanto se ne voleva
intorno alla casa) e glie la buttava nei capelli. Qualche volta
peròlei gli teneva testaaccesa di rabbiaguardandolo fisso in
silenzioa faccia dura e contrattalasciando cadere una parola
ogni tantoma così tagliente che lo facevan saltare convulso.
Scene spaventosemi disse Jim. Cose davvero inauditelì in mezzo
al deserto. Un tale stato di raffinata cattiveriapensate un po'
che tormento doveva essere pensare che non sarebbe finito mai. Il
rispettabile Cornelius (Inci' Nelyuslo chiamavano i Malesicon
una smorfia che voleva dir molte cose) era un uomo profondamente
scontento. Non so che cose si fosse aspettato in conseguenza del
suo matrimonio: maevidentementeil privilegio di poter rubare a
man salvae incamerare per molti anni e come meglio gli talentava
le merci della Società Commerciale di Stein (Stein soleva
reintegrargli puntualmente il deposito tutte le volte che poteva
mandare i suoi capitani a portargli la roba) non gli pareva
sufficiente compenso al sacrificio del suo rispettabile nome. Jim
avrebbe toccato il cielo con le dita a poter dare un tal sacco di
legnate a Cornelius da ridurlo a un filo dalla morte; ma d'altra
parte quelle scene erano così penosecosì ributtantiche il suo
impulso era piuttosto di allontanarsidove non si sentissero più
quelle vociin modo da risparmiare la sensibilità della ragazza.
Quelle scenate la lasciavano tutta agitata e taciturna a
dilaniarsi il pettoe col viso impietrito dalla disperazione.
Allora Jimcosì senza parerele si avvicinava con aria sgomenta:
'Su... andiamo... davvero... a che serve... provi a mangiare
qualcosa' o qualche altra parola di simpatia. Cornelius sgusciava
da una porta all'altra attraversando la veranda per poi tornare
sui propri passimuto come un pescee sogguardando malevolo
sospettosodi sottecchi: 'Glie la faccio finire io...' le disse
Jim una volta. 'Mi dica una sola parola.' E sapete che rispose
lei? Disse - Jim me lo riferì con aria solenne - che se non fosse
stata sicura che Cornelius era tanto infelice anche luiavrebbe
trovato il coraggio di ammazzarlo con le proprie mani. 'Pensi un
po'! Quella povera diavola di ragazzaquasi una bambina
trascinata a parlare in questo modo!'esclamò con orrore.
Sembrava impossibile salvarlanon dalle grinfie di quel brutto
furfantema anche da se stessa! Non che gli facesse soltanto
compassionemi assicurò; era più che pietà; era come se avesse un
peso sulla coscienza finché fosse durata quella vita. Abbandonare
la casa sarebbe parsa una vile diserzione. Aveva capito alla fine
che non c'era nulla da aspettarsi da una più lunga permanenza: né
rendicontiné denaroné verità di nessun genere; eppure restava
esasperando Cornelius fino all'orlo non dico della pazziama
quasi del coraggio. Intanto sentiva ogni sorta di pericoli
accumularglisi oscuramente intorno. Doramin gli aveva mandato due
volte un suo uomo di fiducia a dirgli che davvero non avrebbe
potuto far niente per la sua sicurezza se non ripassava il fiume
per tornare tra i Bugicome prima. Gente di ogni condizione
veniva a trovarlospesso nel cuore della notteper rivelargli
complotti di gente che voleva assassinarlo. Lo volevano
avvelenare. Lo volevano pugnalarenello stabilimento dei bagni.
Si stavano prendendo accordi per fargli sparare addosso da una
barca sul fiume. Ognuno di questi informatori si professava suo
grande amico.
Ce n'era abbastanza - mi disse - per togliere la pace per sempre a
un disgraziato. Una cosa del genere era estremamente plausibile -
anzi probabilissima - e quegli avvertimentianche se bugiardi
gli davano la sensazione di complotti di morte che gli si andavano
tramando intorno da tutte le partinel buio. Nulla di più
indovinato per scuotere i più solidi nervi. Finalmenteuna notte
Cornelius in personacon grande sfoggio di orgasmo e di mistero
gli rivelo con voce untuosa e solenne un progettinocome
qualmente per cento dollari - o anche per ottanta: diciamo ottanta
- luiCorneliusavrebbe procurato un uomo di fiducia per portare
di soppiatto Jimsano e salvofino alla foce del fiume. Non
c'era altro da fareormai - se Jim faceva il minimo conto della
sua vita. Che sono ottanta dollari? Un'inezia. Una somma
insignificante. E intanto luiCorneliussarebbe rimasto lìa
sfidare senz'altro la morte pur di dare questa prova di
attaccamento al giovane amico del signor Stein. Era difficile - mi
disse Jim - di reggere alla vista delle sue abiette smancerie; si
tirava i capellisi batteva il pettosi dondolava con le mani
compresse sul ventree finse perfino di spargere una lagrima. 'Il
tuo sangue ricada sul tuo capo!' squittì finalmentee scappò via.
Sarebbe interessante sapere fino a che punto Cornelius era sincero
in questa commedia. Jim mi confessò di non aver chiuso occhio dopo
che quell'individuo se ne fu andato. Rimase supino sopra la stuoia
sottile sul piancito di bambùa contare le travi nude del
soffittoe ad ascoltare il fruscìo nelle sconnessure della paglia
di copertura. Una stella brillò a un tratto attraverso un buco del
tetto. Il cervello gli turbinava; eppure proprio in quella notte
maturò il suo piano per dare addosso allo sceriffo Alì. Era stato
il suo pensiero fisso nei rari momenti liberi dalle vane indagini
intorno agli affari di Steinma la soluzione - dice gli balenò in
mente allora tutto a un tratto. Videper così direi cannoni
piazzati sulla vetta della collina. Rimase lì distesoma tutto
accalorato ed eccitato: di dormireneanche a dirlonon se ne
parlava più. Balzò in piedie scalzo se ne uscì in veranda senza
far rumore. S'imbatté nella ragazzaferma contro il murocome di
vedetta. Nello stato in cui si trovavanon si sorprese di
trovarla alzatae nemmeno che gli domandasse in ansiasottovoce
dove poteva essere Cornelius. Rispose semplicemente che non lo
sapeva. L'altra ebbe un gemito sommessofrugando con gli occhi
nel campong. Tutto era tranquillissimo. Jimossessionato e
invasato dalla sua ideanon poté astenersi dal comunicarla subito
alla ragazza. Questa ascoltòbatté le mani senza far rumore
espresse la propria ammirazione a voce bassama senza cessare di
tenersi visibilmente all'erta. Pare che Jim ne avesse fatto la sua
confidente fin dal primo giorno: - che leidal canto suofosse
al caso di fornirglie gli fornisse in realtàutili ragguagli
sulle cose di Patusan non c'è dubbio. Jim mi assicurò più di una
volta di non aver mai avuto da dolersi dei suoi consigli.
Comunqueera lì lì per accingersi a spiegarle dettagliatamente il
suo pianoquando la ragazza gli diede una stretta al braccioe
svanì dal suo fianco. Allora apparve Corneliuschissà da doveil
qualescorgendo Jimfece uno scarto di latocome se gli
avessero sparato addossoe si tenne poi fermo immobile nel buio.
Alla fine avanzò guardingocome un gatto sospettoso. 'Sono venuti
dei pescatori - con del pesce' disse con voce incerta. 'A vendere
il pesce - capisci'... Dovevano essere le due del mattino: proprio
l'ora più adatta per portare il pesce in giro nelle case!
Jim lasciò passare la frase senza farci mente locale: neanche per
un attimo. Altri pensieri gli occupavano il cervelloe poi non
aveva visto niente. Si accontentò di lasciar cadere un 'Oh!'
distratto; bevve un sorso d'acqua da una brocca che era lìe
lasciando Cornelius in preda a un'emozione inesplicabile (che gli
fece afferrare a due braccia la ringhiera tutta tarlata dalla
veranda come se gli cedessero le gambe) rientrò e si distese sulla
sua stuoia a riflettere. Dopo un po' udì dei passi furtivi: poi
più. Una voce in tremito sussurrò attraverso la parete: 'Dormi?'
'No! Che c'è?' rispose Jim allegramente; poi un movimento brusco
di fuorie poi silenziocome se chi aveva mormorato quelle
parole avesse preso spavento. Estremamente seccatoJim uscì fuori
d'impetoe Corneliuscon un grido soffocatofuggì per tutta la
veranda fino ai gradini d'accessodove restò attaccato alla
balaustra rotta. Molto sorpresoJim gli domandò da lontano che
diavolo gli era preso. 'Hai riflettuto a quello che ti ho detto?'
domandò Corneliusspiccicando le parole a faticacome in preda a
un attacco di febbre fredda. 'No!' gridò Jimfuori di sé. 'Non ci
ho riflettutoe non ci rifletterò mai. Voglio vivere quia
Patusan.' 'Tu ci m-m-morraiqui' ribatté Corneliussempre
scosso forte dal tremitocon una voce da moribondo. Tutta questa
scena era così assurda e irritante che Jim non sapeva bene se
divertirsi o arrabbiarsi. 'Non prima di vederti messo a posto a
dovereci puoi contare' gridò a sua voltaesasperatoe sul
punto di ridere. Mezzo sul serio (eccitato com'era dai propri
pensiericapite) continuò a urlare: 'Nulla mi può far nullaa
me! Quand'anche tu buttassi all'aria il mondo ". In certo modo
quel Cornelius in ombra laggiù in fondo sembrava l'odiosa
incarnazione di tutte le noie e le difficoltà che aveva incontrato
sul suo cammino. Si lasciò andare - aveva i nervi tesi da parecchi
giorni - e lo investì coi più lusinghieri epiteti: imbroglione
bugiardobrutto mascalzone; insommafece un baccano d'inferno.
Ammise poi di aver passato tutti i limiti della creanza - ché era
proprio fuori di sé - sfidando Patusan intera a costringerlo a
scappar per paurae dichiarando che ce l'aveva lui la musica da
farli ballar tutti; e così viain tono minaccioso e fanfarone. Un
comportamento assolutamente ridicolo e burbanzosomi disse.
Sentiva le orecchie bruciargli solo a ripensarci. Doveva aver
perso la tramontanain certo modo... La ragazzaseduta con noi
mi fece un rapido gesto d'assenso con la sua testinaaggrottando
un poco le sopraccigliae disse: 'Io ho sentito tutto' con
solennità infantile. Jim rise e arrossì. Ciò che lo fece smettere
dissefu il silenzioil profondo silenziocome di mortedella
figura indistinta che stava laggiù in fondoe sembrava pendere
tutta svuotatapiegata in duesulla balaustrain una macabra
immobilità. Tornato in sétacque subito e si meravigliò molto di
se stesso. Osservò l'altro per un po'. Non un gestonon un suono.
'Proprio come se colui fosse morto mentre facevo tutto quel
putiferio' disse. Si vergognava tanto che rientrò in fretta
senza aggiungere verboe si gettò di nuovo sulla stuoia. La
sparata sembra gli avesse fatto beneperòperché dormì per tutto
il resto della notte come un bambino. Erano settimane che non
dormiva così. 'Ma io non dormii' disse la ragazza col gomito
sulla tavolae la guancia sulla mano. 'Io montai la guardia.'
Girò un poco lo sguardo e mi fissò coi suoi grandi occhi
scintillanti".
CAPITOLO 31.
"Potete immaginare con quanto interesse tenni dietro a questo
discorso. Il significato di questi particolari si rivelò
ventiquattr'ore dopo. La mattinaCornelius non fece alcuna
allusione agli avvenimenti della notte. 'Immagino che tornerai
nella mia povera casa' borbottò con aria arcignaobliquando su
Jim che si preparava a salire in canoa per recarsi al campong di
Doramin. Il giovanotto si limitò ad annuire col caposenza
guardarlo. 'Ti ci divertituè chiaro' borbottò l'altro in tono
acido. Jim passò la giornata col vecchio nakhodaa propugnare la
necessità di un'azione vigorosadavanti agli uomini più eminenti
della comunità Bugiche erano stati convocati a gran parlamento.
Ricordava con piacere di essere stato molto eloquente e
persuasivo. 'Son riuscito a rinforzare la loro spina dorsale
positivo' mi disse. L'ultima spedizione dello sceriffo Alì aveva
raggiunto la periferia della coloniae alcune donne del borgo
erano state portate dentro la sua palizzata. Il giorno prima gli
emissari dello sceriffo s'erano fatti vedere sulla piazza del
mercato a pavoneggiarsi altezzosi nei loro mantelli bianchia
vantar l'amicizia del Rajah per il loro padrone. Uno si era fatto
avantiall'ombra di un alberoeappoggiato alla lunga canna del
fucileaveva esortato il popolo alla preghiera e al pentimento
consigliando ad ammazzare tutti i forestieri che s'erano
intrufolati nel paesefra i qualidissecerti infedeli -
peggio! figli di Satanacamuffati da Mussulmani. Si raccontava
che parecchi di parte del Rajah avessero gridato la loro
approvazione. Il popolino era atterrito. Jimsoddisfattissìmo
dell'opera svolta in quel giornoripassò il fiume prima del
tramonto.
Essendo riuscito a ottenere dai Bugi un impegno inderogabile per
l'azioneed avendo preso su di sé tutta la responsabilità del
successosi sentiva così feliceche nella sua leggerezza di
cuore fece di tutto per mostrarsi cortese verso Cornelius. Ma
questidi rimandogli rispose con una giovialità pazzesca
sicché a lui non bastò l'animomi disse Jimdi sopportare quel
suo squittire e rider falsoquei suoi contorcircimenti e
quell'ammiccaree afferrarsi a un tratto il mento e restar lì
curvo sulla tavola con lo sguardo fisso dell'invasato. La ragazza
non si fece vederee Jim si ritirò presto. Al momento in cui si
alzò per congedarsiCornelius balzò surovesciò la sedia e
scomparve come per raccattar qualcosa che aveva lasciato cadere.
La sua buonanotte arrivò roca di sotto al tavolino. Jim stupì di
vederlo riemergere a bocca aperta e con occhi vuotispalancati
di spavento. Si teneva afferrato al margine del tavolino. 'Che
succede? Ti senti male?' domandò Jim. 'Sìsìsì. Un mal di
pancia tremendo' fece l'altro; e secondo Jim doveva essere
proprio vero. In tal casodata l'azione che andava premeditando
era il segnoseppure abiettodi una incompleta intossicazione di
cinismo della quale converrà dargli atto.
Comunqueturbò i sonni di Jim un sogno di cieli bronzeitonanti
con voce terribile: 'Svegliati! Svegliati!' così alto che
nonostante la sua disperata volontà di continuar a dormire
dovette pur svegliarsi. Lo colpì il bagliore di un incendio rosso
tutto scoppia mezz'aria. Spire di un fumo denso e nero
avvolgevano la testa di un'apparizioneun essere sovrumanotutto
vestito di biancocon un viso severoteso e ansioso. Dopo un
attimo di perplessitàriconobbe la ragazza. Teneva levata a
braccio teso una torciaalta sul capoe ripeteva con insistenza
monotona d'incitamento: 'Alzati! Alzati!'
A un tratto Jim balzò in piedie subito lei gli mise in mano una
rivoltellala rivoltella di Jimche stava appesa a un chiodoe
stavoltacarica. La afferrò in silenziostupefattobattendo gli
occhi abbacinati. Si domandò che cosa ella potesse volere.
La ragazza gli chiese presto in un soffio: 'Puoi affrontare
quattro uomini con questa?' Jim rideva nel raccontarmi questo
episodioal pensiero della cortese prontezza della propria
risposta: e pare che sul momento gli premesse molto di farla
rilevare: 'Certamente... si capisce... certamente... agli ordini!'
Non era ben sveglioma aveva la sensazione di condursi in modo
gentilissimoin così straordinaria contingenzadimostrandosi di
tanto incondizionata e immediata devozione. Ella uscì dalla
stanzae lui la seguì; passando per il corridoio disturbarono una
vecchia megera chequando le capitavafaceva un po' di cucina
ma era così decrepita da non riuscir quasi più a capire il
linguaggio umano. Costei si alzò e li seguì arrancando e
borbottando qualcosa tra le gengive. Sulla veranda un'amaca di
tela di saccoche era di Corneliusa una gomitata di Jim oscillò
un poco: era vuota.
Il fondaco di Patusancome tutti i depositi della Società
Commerciale Steinconsisteva in origine di quattro edifici. Due
erano ormai ridotti a un mucchio di stecchiframmenti di bambù e
paglia marciasu cui si levavano quattro pilastri d'angolodi
legno durotristi e sbilenchi; si reggeva ancora in piedi il
magazzino principaledi fronte alla casa del rappresentante. Era
una capanna oblungadi fango e argilla; a un'estremità aveva una
larga porta di tavole robuste non ancora sgangheratae in una
delle pareti laterali un'apertura quadrauna specie di finestra
con tre sbarre di legno. Prima di scendere i pochi gradini
d'accessola ragazza volse il capo e disse presto presto:
'Volevan saltarti addosso nel sonno.' Jim mi confessò di aver
provato un senso di delusione. Sempre la solita storia. Non ne
poteva più di attentati alla sua vita. Ne aveva fin sopra i
capelli di falsi allarmi. Era stufo. Mi assicurò che si era
arrabbiato contro la ragazza che l'aveva ingannato. L'aveva
seguita perché persuaso che fosse lei ad aver bisogno di aiutoe
ora per il dispetto quasi quasi si sentiva una mezza voglia di
voltare i tacchi e tornarsene a dormire. 'Lo sa?' mi disse a
commento e con aria solenne. 'Credo proprio di non esser stato del
tutto in me per intere settimane in quell'epoca.' 'Ma sì. Era
perfettamente in sé' non potei trattenermi dal contraddirlo.
La ragazza proseguì a passo sveltoe Jim la seguì nel cortile.
Tutte le staccionate erano cadute da un pezzo; i bufali dei vicini
ogni mattina entravano liberamente nel recinto aperto traendo dal
profondo lunghi sbuffi senza scomporsi; era già la vera e propria
invasione della giungla. Jim e la ragazza si fermarono nell'erba
folta. La luce che li avvolgeva creava intorno una più densa
oscurità; soltanto sopra al loro capo brillava uno scintillìo
opulento di stelle. Mi disse che era una bella notte - fresca
fresca con un fiato di brezza dal fiume. A Jim non sfuggìpare
questa amorosa bellezza. Ricordatevi che è una storia d'amore
quella che vi sto raccontando adesso. Una notte soave che sembrava
alitare su di loro una leggera carezza. La fiamma della torcia
ruscellava a volta a volta con un fruscìo come di bandierae per
un certo tempo non si sentì altro. 'Sono nel magazzino in attesa'
mormorò la ragazza. 'Aspettano il segnale.' 'Da chi?' domandò Jim.
L'altra scosse la torciache dopo aver spanto una pioggia di
scintille fiammeggiò più alta. 'Ma tu dormivi tanto agitato!'
riprese la fanciulla sottovoce. 'Io ho vegliato anche sul tuo
sonno.' 'Tu!' esclamò il giovaneallungando il collo per
guardarsi intorno. 'Credi che sia la prima notte che monto la
guardia?' disse l'altra dopo una pausa di cupa indignazione.
Jim dice che gli parve di ricevere un colpo in pieno petto. Rimase
senza fiato. Pensò di essersi condotto come una brutta bestiae
si sentì pieno di rimorsicommossofeliceesultante. Questa
permettete che ve lo ricordi ancoraè una storia d'amore: lo si
riconosce dalla sua imbecillità; non un'imbecillità odiosama
l'esaltata imbecillità di ogni suo episodiocome questa sosta a
torcia accesaquasi che fossero venuti lì proprio apposta per
farsi le loro confessionia maggior edificazione degli assassini
in agguato. Se gli emissari dello sceriffo Alì avessero posseduto
- come osservò Jim - un briciolo di fegatoquesto era per loro il
momento di saltar fuori. Gli batteva il cuore - non di paura - ma
perché gli era sembrato di sentir frusciare l'erba; e fece un
subito scarto fuori dalla zona di luce. Un'ombra nera vista e non
vista svanì di corsa. Jim chiamò con voce sonora: 'Cornelius! oh!
Cornelius!' Seguì un profondo silenzio; parve che la sua voce non
avesse avuto più di dieci passi di portata. Di nuovo la ragazza fu
al suo fianco. 'Fuggi!' disse. La vecchia si avvicinava; la sua
figura sbilenca entrò a balzelli paralitici sul margine della
luce; la udirono borbottareed emettere un lieve sospiro
doloroso. 'Fuggi!' ripeté la fanciullaeccitata. 'Ora che sono
spaventati... questa luce... le voci. Hanno capito che tu sei
sveglio adesso - sanno che tu sei grandefortee hai
coraggio...' 'Ma se io sono tutto questo' cominciò a dire; ma la
ragazza lo interruppe. 'Sì - stanotte! Ma domani notte? E
dopodomani? E le notti appresso?... tantetante notti? Posso star
sempre di guardiaio?' Le tagliò il fiato un singhiozzo che lo
commosse oltre ogni possibilità di parola.
Mi disse di non essersi mai sentito così piccolocosì niente e
anche il coraggioa che serviva? pensò. Era così scosso che anche
la fuga gli sembrò inutile; benché la ragazzacon insistenza
febbrile seguitasse a mormorargli: 'Va' da Doraminva' da
Doramin.' Egli si rese conto che da quella solitudine in cui si
centuplicavano tutti i pericolinon gli restava altro scampo che
in lei. 'Pensai oscuramente' mi disse'che se la lasciavo era la
fine di tutto.' Però siccome non potevano restare all'infinito
fermi lì in mezzo al cortiledecise di andare a dar un'occhiata
nel magazzino. Lasciòsenza neanche protestarech'ella lo
seguissecome fossero stati indissolubilmente uniti. 'Ho coraggio
ehio?' borbotto fra i denti. La ragazza lo afferrò per un
braccio. 'Aspetta finché non sentirai la mia voce' dissee con
la torcia in mano sparì leggera dietro l'angolo. Egli rimase solo
nel buiocol viso verso la porta; non un suononon un respiro di
là dentro. Da chi sa dove alle sue spallela vecchia megera dette
un lugubre lamento. Udì un richiamo acutoquasi un grido della
ragazza. 'Adesso! Spingi!' Diede una spinta violenta e la porta si
spalancò con un cigolìo e un tonfoe agli occhi stupefatti di Jim
apparve un basso interno di prigionerischiarato da una miseria
di luce incerta. Un turbine di fumo andava a morirecalandosu
una gerla vuota in mezzo al pavimento; nella corrente d'aria un
mucchietto di cenci e di paglia parve volersi sollevarema fu
appena smosso. La fanciulla aveva ficcato la fiaccola attraverso
le sbarre della finestra. Jim vide il braccio rotondo di lei
steso e rigidotener la fiaccola con la saldezza di un torciere
di ferro. Non c'era che un cono di vecchie stuoie sdruscite in un
angoloalto fin quasi al soffittoe nient'altro.
Jim mi spiegò che ne era rimasto amaramente deluso. La sua
resistenza era stata provata da tanti avvertimenti; per settimane
e settimane era stato circondato da tante minacce di pericoloche
sentiva il bisogno d'affrontare finalmente un po' di realtà
concreta e tangibile. 'Avrebbe schiarito l'aria almeno per un paio
d'orenon so se rendo l'idea' mi disse. 'Perdiana! Erano giorni
e giorni che vivevo con una pietra sullo stomaco.' Finalmente
aveva creduto di afferrare qualche cosae invece... niente! Né
una tracciané un segno: nessuno. Aveva sollevato l'arma mentre
la porta si spalancavama aveva lasciato ricadere il braccio.
'Spara! Difenditi' gridò la ragazza di fuori con accento
disperato. Essalìal buiocol braccio infilato fino alla
spalla nello stretto passaggionon poteva vedere quel che
succedevae non osava ormai ritirare la torcia e rifare il giro.
'Non c'è nessuno!' urlò Jim furioso: ma la risata di dispetto e di
esasperazione che stava per scoppiargli istintiva gli si strozzò
in gola. Proprio nell'atto di voltarsi aveva avvertito di tra il
mucchio delle stuoie uno sguardo che si incrociava col suo. Vide
muoversi il bianco di quegli occhi: 'Vieni fuori!' gridò
furibondoancora in dubbio: e una faccia abbronzatauna testa
senza corposi delineò fra le immondizie: una testa stranamente
spiccata dal bustoche lo fissava torvo. Poidi colpotutto il
mucchio si agitòe con un sordo grugnito l'uomo si levò di balzo
contro Jim. Di sulla sua schiena le stuoie parvero saltare e volar
via: teneva alto il braccio destro col gomito piegatomentre una
lama opaca di kris gli spuntava dal pugnoun po' più su del capo.
La fascia stretta intorno ai fianchi sembrava d'un bianco
abbagliante contro la pelle di bronzo del suo corpo nudolucido
come fosse bagnato.
Jim notò tutto questomi dissecon un senso ineffabile di
sollievouna esultanza di vendetta. Trattenne il colpodissedi
proposito. Lo trattenne per un attimo: il tempo che l'altro mise a
far tre passi avanti - un tempo incalcolabile. Lo trattenne per il
piacere di dire a se stesso: E' bell'e morto! Era assolutamente
sicuro e certo. Lo lasciò avvicinareche tanto era lo stesso.
Tanto era bell'e morto. Notò le sue narici dilatategli occhi
sbarratil'intensa avida immobilità del visoe poi sparò.
L'esplosionein quello spazio ristrettofu assordante. Jim
indietreggiò di un passo. Vide l'uomo sollevar la testa di scatto
lanciar le braccia avantie lasciar cadere il kris. Dopo si
accorse di averlo colpito alla boccaun poco dal sotto in su
sicché la pallottola gli era uscita dalla nucain alto. Portato
dall'impeto del suo slanciol'uomo seguitò a venire in avanti
col viso a un tratto sfiguratole mani aperte davanti a sé in
atto di arrancarecome un ciecoe cadde picchiando orrendamente
con la fronte a pochi centimetri dai piedi nudi di Jim. Mi disse
poi che di tutto questo non si era perduto il minimo particolare.
Si ritrovò calmopacificatosenza rancoresenza disagiocome
se la morte di quell'uomo avesse riequilibrato ogni cosa. Il luogo
si andava riempiendo del fumo fuligginoso della torciadi cui la
fiamma immobile ardeva unita e sanguigna. Avanzò risoluto
scavalcando il cadaveree puntò la rivoltella contro un'altra
figura nuda che si delineava appena all'estremità opposta della
stanza. Mentre stava per far partire il colpol'uomo scagliò
lontano da sé una lancia corta e pesante e si lasciò cadere sui
calcagni con aria di sottomissionela schiena contro la parete e
le mani giunte fra le gambe. 'Vuoi salva la vita?' fece Jim.
L'altro non fiatò. 'Quanti altri siete?' domandò ancora Jim.
'Altri dueTuan' rispose l'uomo con molta dolcezzafissando con
grandi occhi affascinati la bocca della rivoltella. Sùbitodue
altri uomini uscirono carponi di sotto le stuoiesollevando ben
visibilmente le mani vuote".
CAPITOLO 32.
"Jim si mise in posizione di vantaggio e li spinse attraverso la
porta in gruppocome pecore: durante tutto questo tempo la
piccola mano aveva tenuto verticale la torciastretta senza un
tremito. I tre uomini gli ubbidirono zitti zitti procedendo come
automi. Li fece mettere in riga. 'Datevi il braccio!' ordinò.
Quelli eseguirono. 'Il primo che lascia il braccio o volta la
testa è un uomo morto' disse. 'Marsch!' Si mossero insieme
rigidi: seguiti da Jim; al suo fianco la ragazza in una veste
bianca lunga fino a terra e coi capelli neri sciolti fino alla
vitaportava la fiaccola. Eretta e snella sembrava scivolar via
senza toccar terra; senz'altro rumore che il fruscìo di seta
dell'erba alta che stormiva. 'Alt!' gridò Jim.
Dalla proda ripida del fiume saliva una grande frescura; la luce
cadeva sul filo dell'acqua liscia e buia che ribolliva senza
increspature; a destra e a sinistra le sagome parallele delle case
si stendevano seguendo la netta allineatura dei tetti. 'Portate i
miei saluti allo sceriffo Alì - che poi vengo io' fece Jim.
Nessuna delle tre teste si mosse. 'In acqua!' tuonò. Tre tonfi
come un tonfo soloun grande schizzo d'acquae le tre teste
nereemerse e risommerse in movimenti convulsiscomparvero; ma
per un bel pezzo continuò un gran soffiare e sputacchiaresempre
più lontanoperché s'ingegnavano a nuotare sott'acquatemendo
molto una salva d'addio. Jim si volse alla ragazzatestimone
attenta e silenziosae gli parve a un tratto che il cuore gli si
fosse fatto troppo grande nel pettoe gli chiudesse la gola
mozzandogli il respiro. Forse per questo si tenne in silenzio a
lungo: e la ragazzascambiato uno sguardo con luilanciò la
torcia accesa nel fiume con un ampio gesto del braccio. La luce
rossa della fiammafatto un lungo volo nel buiosprofondò con
uno stridore malignoe la dolce calma luce delle stelle discese
su loro incontrastata.
Non mi riferì ciò che disse quando finalmente riprese voce. Non
credo che possa essere stato molto eloquente. Il mondo era
immobilela notte alitava su di loro; una di quelle notti che
sembrano create per aprirsi alla tenerezza; in quei momenti in cui
le nostre animequasi disciolte dal loro buio involucroardono
con una sensibilità squisita che rende certi silenzi più lucidi
delle parole. Della ragazzami disse: 'Ebbe un momento di crisi.
L'eccitazione... capisce. La reazione. Doveva essere stanca
morta... e tutta questa specie di cose. E... accidenti... mi
voleva benecapisce.. Anch'io... non lo sapevonaturalmente...
non mi era mai passato per la testa...'
Qui si alzò e cominciò a far su e giù piuttosto agitato. 'Io... io
l'amo con tutta l'anima. Più che io non possa dire. Naturalmente
queste cose non si possono mai dire. Si considerano le proprie
azioni con altri occhi quando si viene a capirequando vi fanno
capire che la vostra vita è necessaria intende? assolutamente
necessaria - a un'altra persona. Io sono costretto a capire
questo. Meraviglioso. Ma cerchi un po' lei di farsi un concetto di
quel che era stata la sua vita. Roba da matti! Spaventoso! No? E
io che la trovo quicosì... come seuscendo per far quattro
passi ci s'imbattesse a un tratto in qualcuno che affoga in un
sito desertodi notte. Perbacco! Non c'è tempo da perdere. Behè
anche una responsabilità... Ma credo di essere all'altezza.'
Devo dirvi che la ragazza da un po' di tempo ci aveva lasciati
soli. Si batté il petto. 'Sì! Mi rendo conto di questoma sono
convinto di essere all'altezza di tutta la mia fortuna!' Aveva la
virtù di trovare un particolare senso in tutto quello che gli
accadeva. E la sua storia d'amore l'aveva presa per questo verso.
Un punto di vista idillicoun poco solennee anche autentico
perché la sua convinzione aveva tutta la incrollabile serietà
della giovinezza. Qualche tempo dopoin un altro colloquiomi
disse: 'Sono qui da due anni appenaeppureparola mianon so
concepire come si possa vivere altrove. Il solo pensiero del mondo
fuorivia mi fa spavento; perché si capisce' soggiunseseguendo a
occhi bassi i movimenti della propria scarpa molto seriamente
impegnata a spiaccicare a regola d'arte un pezzetto di fango secco
(passeggiavamo lungo la sponda del fiume) '... che non ho mica
dimenticato la ragione che mi ha condotto qui. Non ancora!'
Mi astenni dal guardarloma direi di aver sentito un breve
sospiro; facemmo qualche passo in silenzio. 'Sull'anima mia e in
coscienza' riprese'se si può dimenticare una cosa simile
allora credo di avere il diritto anch'io di sradicarmela dalla
mente. Domandi a chi vuolequi...' La sua voce mutò. 'Non è
strano' soggiunse in tono dolcequasi supplichevole'che tutta
questa gentetutta questa gente che per me si butterebbe nel
fuoconon possa mai far tanto di capire? Mai! Se lei non credesse
in meio non potrei chiamarli a testimonianza. Sembra ingiusto.
Sono stupidovero? Che potrei desiderare di più? Se lei domanda a
chiunque di loro chi è coraggioso - chi è fedele chi è giusto -
chi è quello a cui affiderebbero la loro vita direbberoTuan Jim.
Eppure non potranno mai sapere la veritàla verità vera...'
Questo mi disse l'ultimo giorno che passai con lui. Mi guardai
bene dall'insistere sul tema; sentii che avrebbe potuto seguitare
a parlare ancorama non si sarebbe avvicinato di un'oncia alla
radice della questione. Il soleche con la sua luce concentrata
riduce la terra a un briciolo di fango inquietoera calato dietro
la forestae la luce diffusa da un cielo opalino sembrava versare
su un mondo senza ombre e senza lucentezza l'illusione di una
calma e pensosa grandezza. Non so perchéascoltando luimi sia
accaduto di notare con tanta precisione il graduale oscurarsi del
fiume dell'aria: il lavorìo lento e inoppugnabile della notte che
si stende in silenzio su tutte le forme visibilicancellando i
contorniseppellendo le parvenze sempre più a fondocome per la
caduta costante di un'impalpabile sostanza nera.
'Perdiana!' cominciò a un tratto'ci sono dei giorni che uno è
davvero troppo assurdo; ma so che a lei posso dire tutto. Dico
sempre di non pensarci più a quella maledetta faccenda... e sempre
l'ho in fondo al cervello... Dimenticare!... Dio mi punisca se io
so... Però mi riesce di pensarci con calma. Dopo tuttoche cosa
provava? Nulla. Immagino che lei non la pensi così...' Feci un
accenno di protesta.
'Non fa niente' disse. 'Sono soddisfatto... quasi. Mi basta
guardare in viso il primo che incontro qui per riacquistare la
fiducia in me stesso. Non si può portarli a capirequesta gente
quel che succede in me. E con questo? Andiamoche non me la sono
cavata tanto male.'
'Non tanto male' feci.
'Eppuretutto sommatolei a bordo della sua nave non mi ci
vorrebbe: no?'
'Vada al diavolo!' esclamai. 'La smetta...'.
'Aha! Lo vede?' ribattécon ariaper così diredi placido
trionfo. 'Soltanto' soggiunse'provi a dirlo a chi vuole
quaggiù: la prenderanno per mattobugiardo o peggio. E io resisto
qui. Ho pur fatto qualche cosa per loroma questo è quanto hanno
fatto loro per me.'
'Mio caro ragazzo' esclamai'per loro lei sarà sempre un mistero
insolubile.' E qui restammo un po' in silenzio.
'Un mistero' ripetéprima di alzare gli occhi. 'E allora resto
qui per sempre.'
Dopo il tramonto del soleil buio sembrò venirci addossoportato
da ogni alito di brezza. Nel mezzo di un sentiero costeggiato da
siepi vidi la figura di Tamb'Itam immobileallampanatovigile
che pareva reggersi su una gamba sola; e oltre una zona di
penombrascorsi una cosa bianca muoversi avanti e indietrodi là
dai sostegni del tetto. Appena Jim con Tamb'Itam alle calcagna se
ne fu partito per la sua ronda serale iorimasto solomi avviavo
verso casaquandoinaspettatamentemi vidi tagliare la strada
dalla ragazza che evidentemente aspettava quest'occasione.
E' un po' difficile dirvi che cosa esattamente volesse estorcermi.
Senza dubbio qualche cosa di semplice - la più semplice
impossibilità del mondo; comeper esempiol'esatta descrizione
della forma di una nuvola. Un'assicurazioneuna dichiarazione
una promessauna spiegazione - non so come chiamarla; una cosa
senza nome. Faceva buio sotto l'ala del tettoe non potevo veder
altro che le mobili linee della sua vesteil pallido ovale della
sua faccia piccolinail lampo bianco dei suoi dentierivolte a
mele grandi orbite scure dei suoi occhidove sembrava annidarsi
una leggera agitazionequale possiamo immaginar di scorgere
spingendo lo sguardo in un pozzo di smisurata profondità. Che c'è
laggiù che si muove? Ci si domanda. E' un mostro ciecoo soltanto
una luce perduta dell'universo? Mi venne in mente - non ridete -
che a parte tutte le differenzeera più indecifrabile lei nella
sua ignoranza infantileche la sfinge coi suoi enigmi infantili
proposti al passeggero. Era stata portata a Patusan prima di
aprire gli occhi. Era cresciuta lì; senza vedere mai nullasapere
nullafarsi un concetto di nulla. Mi domando se aveva neanche
l'idea che esistesse qualche altra cosa. Non riesco a figurarmi
quali immagini si fosse fatta del mondo lontano: tutto quel che
conosceva dei suoi abitanti era una donna tradita e un pagliaccio
sinistro. Anche il suo innamorato veniva da quel mondocon un
dono di seduzioni invincibili; ma che sarebbe stato di leise
fosse tornato in quelle regioni inconoscibili che sembravano
reclamare sempre a sé i propri figli? Sua madre l'aveva avvertita
di questopiangendoprima di morire...
Mi aveva afferrato forte per un braccioe appena mi ero fermato
aveva subito ritirata la mano. Era audace e ritrosa. Non aveva
paura di nullama era trattenuta da una profonda titubanza e da
un estremo disagio - una creatura coraggiosa brancolante nel buio.
Io appartenevo a quell'Inconoscibile che avrebbe potuto reclamare
Jimda un momento all'altroper sé. Eroper così direnei
segreti della sua natura e delle sue intenzioni... partecipe di un
mistero pieno di minaccia... forsearmato del suo stesso potere!
Doveva pensare - credo - che io con una parola avrei potuto
strapparglielo proprio di fra le bracciail suo Jim. Sono alla
lettera persuaso chedurante le mie lunghe conversazioni con lui
la poveretta doveva aver passato agonie d'apprensione; e
un'angoscia così autentica e intollerabile da portarla fino a
preparare la mia morte se avesse avuto una ferocia naturale pari
allo sconvolgimento della sua fantasia. E' soltanto una mia
impressione; di più non posso offrirvi; tutto questo mi si rivelò
per gradie via via che la cosa mi si faceva più chiara ero preso
di crescente stupore incredulo. Mi obbligò a crederlema non c'è
parola che sulle mie labbra possa dare l'effetto di quel suo
mormorìo serrato e veementedi quei toni caldiappassionatidi
quelle improvvise pause affannate e del gesto d'implorazione di
quelle braccia bianche sollevate d'impeto. Le braccia le
ricadderola figura evanescente oscillò come un albero sottile al
ventoil pallido ovale del viso le si abbassò triste; era
impossibile distinguerne i trattio sondarne l'ombra degli occhi;
due ampie maniche si levarono nel buio come l'aprirsi di due ali
ed ella restò cosìin silenziocol capo tra le mani ".
CAPITOLO 33.
"Ero infinitamente commosso; la sua giovinezzala sua ingenuità
la sua graziosa bellezza che aveva il semplice fascino e il vigore
delicato di un fiore selvaticoil suo accorato supplicarequella
sua vita indifesasuscitavano in me una tenerezza profonda quanto
la sua paura assurda e naturale. Aveva paura dell'ignoto come noi
tuttima la sua ingenuità le figurava l'ignoto di vastità
infinita. L'Inconoscibileper leiera costituito da me
personalmente e in rappresentanza di tutti voidi tutti quelli ai
quali in realtà non importava niente di Jim e che non avevano
alcun bisogno di lui. Sarei stato più che pronto a garantire
i'indifferenza di questo mondo affollatissimose non mi avesse
trattenuto il pensiero che anche Jim apparteneva a quel misterioso
ignoto creato dai timori di leie cheper quante garanzie
potessi darenon potevo garantire per lui. Questo mi tenne
incerto. Un suo sospiro di desolata tristezza mi dissigillò le
labbra. Cominciai col ribadire che per lo meno io ero lungi da
ogni intenzione di portar via Jim.
'E allora perché ero venuto?' - disse la ragazza; e subito riprese
la sua immobilità come una statua di marmo nel buio. Cercai di
spiegare in poche parole: motivi di amiciziaaffari; se una cosa
desideravo erase maiche Jim rimanesse... 'Sempre ci lasciano'
mormorò. Questo soffio di triste saggezza venuto da una tomba che
la sua pietà inghirlandava di fiori sembrò trasvolare come un
sospiro leggero... Nullarisposiavrebbe potuto separare Jim da
lei.
E ne sono fermamente convinto oggi come ne ero fermamente convinto
allora; era l'unica conclusione possibile allo stato delle cose.
Né concorsero a persuadermi le parole ch'ella mi sussurrò come
parlando tra sé: 'Me lo ha giurato.' 'Perchélei glie lo ha
chiesto?' domandai.
Mi si avvicinò di un passo. 'No. Mai.' Gli aveva chiesto soltanto
di andarsene: quella notte sulla riva del fiume dopo che Jim ebbe
ucciso quel sicario - dopo che lei aveva gettato la torcia
nell'acqua perché lui la guardava in quel modo. C'era troppa luce
e il pericolo era passato... per un poco... per un poco. Jim disse
che non l'avrebbe lasciata alle mani di Cornelius. Lei aveva
insistito. Voleva che la lasciasse. Lui replicò che non poteva...
che era impossibile: e tremava dicendo così. Lo aveva sentito
tremare... Non occorre molta fantasia per immaginarsi la scena
fin quasi a udirne il sussurro. Aveva anche paura per lui. Credo
che allora non vedesse in lui che la vittima designatae credesse
di accorgersi dei pericoli meglio di lui. Sebbene con la sola sua
presenza Jim le avesse preso il cuorele avesse riempito di sé
tutti i pensierisi fosse impadronito di tutto il suo affetto
tuttavia la ragazza sottovalutava le probabilità di riuscita di
lui. E' evidente che in quell'epoca tutti erano portati a
sottovalutare queste probabilità. A rigor di termininon ne
aveva. So che questo era anche il punto di vista di Cornelius. Me
lo confessò lui per attenuare la gravità dell'azione sospetta che
aveva svolto nel complotto dello sceriffo Alì per toglier di mezzo
l'infedele. Perfino lo stesso sceriffo Alìcome ormai sembra
certoaveva un'opinione piuttosto modesta sull'uomo bianco. Jim
doveva essere assassinato soprattutto per motivi di religione
credo. Come semplice atto di fedealtamente meritoriomaper
altri rispettidi scarsa importanza. Su quest'ultima parte
Cornelius era d'accordo. 'Eccellenza' osservòsempre abietto
l'unica volta che riuscì a parlarmi da solo a solo. 'Eccellenza
come facevo a indovinare? Chi era lui? Come poteva persuadere la
gente ad accordargli fiducia? Cosa intendeva il signor Stein
mandando un ragazzo come quello a far la voce grossa con un
vecchio impiegato come me? Ero pronto a salvarlo per ottanta
dollari. Ottanta dollari appena. Perché non se n'è andato
quell'imbecille? Dovevo farmi pugnalare per i begli occhi di un
estraneo?' Si rivoltolavamoralmentenel fango davanti a mecol
corpo piegato in duein atto servile e agitando le mani intorno
alle ginocchiacome se volesse abbracciarmi le gambe. 'Cosa sono
ottanta dollari? Una somma insignificante da dare a un vecchio
inermerovinato per sempre da quella defunta del diavolo.' Qui si
mise a piangere. Ma sto anticipando i tempi. Quella notte non mi
incontrai con Cornelius se non dopo aver terminato il colloquio
con la ragazza.
Era stato un tratto generoso da parte di lei esortare Jim a
lasciarla; anzi a lasciare il paese. Sua prima preoccupazione era
il pericolo che correva luisebbene cercasse anchenel medesimo
tempoe magari inconsciamentedi salvare se stessa; ma pensate
agli avvertimentialla lezione che aveva potuto trarre da ogni
minuto di quella vita finita da poco e in cui si accentravano
tutti i suoi ricordi. Gli cadde ai piedi - così mi disse lei - là
vicino al fiumenella luce discreta delle stelle che dava solo
risalto a grandi masse d'ombre silenziosespazi vuoti
indefinitie che col riflesso del loro debole tremolio sul largo
corso d'acquacreavano l'illusione d'una vastità marina. L'aveva
rialzata da terra. L'aveva rialzata e lei non aveva più voluto
lottare. No. Più. Braccia fortivoce dolcespalla robusta su cui
appoggiare la sua povera testolina solitaria: il bisogno... il
bisogno infinito di tutto questo per il cuore dolentelo spirito
smarritogli stimoli della gioventùla necessità del momento!
Che volete farci? Si capisce- a meno di esser incapaci di capire
qualsiasi cosa sotto il sole. E perciò le piacque di essere tirata
su e tenuta stretta. 'Sa... perdiana! è una cosa seria... niente
sciocchezze!' mi aveva sussurrato Jim in fretta sulla soglia di
casa suaserio e turbato. Non m'intendo molto di sciocchezzema
certo non era una cosa a cuor leggero il loro idillio; si erano
incontrati all'ombra del crollo di una vitacome un cavaliere
antico e una donzella s'incontravano a scambiarsi i loro
giuramenti tra le rovine popolate di fantasime. Per la loro
vicenda bastava la luce delle stelleuna luce lieve e lontana che
non riusciva a dar forma alle ombrené a scoprire alla vista
l'altra sponda del fiume. Anch'io guardai il fiume quella nottee
dallo stesso punto: scorreva silenzioso e più nero dello Stige:
partii il giorno dopoma difficilmente dimenticherò a quale
pericolo voleva sfuggire la ragazza quando supplicava Jim di
andarsene finché era in tempo. Me lo disse leiqual'era questo
pericoloallorché si fu calmata; e nel suo impeto tutto
passionale era ormai lontana da un semplice eccitamento: con una
voce che parve lievenel buiocome la sua figura bianca quasi
evanescentemi disse: 'Non volevo morire piangendo'. Credetti di
non aver capito bene.
'Lei non voleva morire piangendo?' ripetei. 'Come mia madre'
soggiunse pronta. Il profilo della sua sagoma candida restò
assolutamente immobile. 'Mia madre pianse amaro prima di morire'
spiegò. Una calma indicibile sembrava essere intorno a noisalita
quasi impercettibilmentecome di notte la insidiosa piena di un
fiumea cancellar i termini delle sensazioni familiari. Come se
mi fosse mancato il piede nel bel mezzo di un guadomi sentii
addosso un terrore improvviso - il terrore di una profondità
sconosciuta. La fanciulla continuò a raccontare che durante gli
ultimi momenti di sua madretrovandosi sola con leidovette
allontanarsi dal giaciglio per mettersi con la schiena contro la
porta e tenerla chiusaché Cornelius voleva venir dentroe
seguitava a picchiare con tutt'e due i pugniinterrompendosi solo
per urlare con voce rauca: 'Aprimi! Aprimi! Aprimi!' In un angolo
lontanosu poche stuoiela moribondagià senza parolae
incapace di sollevare un bracciovolgeva il capo di qua e di là
e con un debole gesto della mano sembrava ordinare: No! No! mentre
la figlia non le toglieva gli occhi di dossopuntando a tutta
forza le spalle contro la porta. 'Le caddero due lagrime giù dagli
occhi - e poi morì' concluse la ragazza con un'imperturbabile
monotoniache più di tutto il resto - più dell'immobilità
statuaria della personapiù delle stesse parole - riusciva a
turbar profondamente con la rievocazione di quella scena di orrore
passivoineluttabile. Quella voce aveva il potere di strapparmi
fuori dal mio concetto della vitadal riparo che ognuno di noi si
costruisce per infilarcisi dentro nei momenti di pericolocome
una tartaruga nel suo guscio. Per un istante ebbi davanti agli
occhi la visione di un mondo in aspetto di vasto e desolato
disordinementre in realtàgrazie ai nostri sforzi instancabili
esso rappresenta il più luminoso sistema di piccoli espedienti
pratici che mente umana possa concepire. Ma fu un attimo; tornai
subito nel mio guscio. BISOGNA tornarci - non è vero? - sebbene a
me sembrasse anche di aver perduto tutte le mie parole nel caos di
cupi pensieri che avevo contemplato per uno o due secondi di là
dalla frontiera. Ma mi tornarono ben presto anche le parole
perché anch'esse appartengono al concetto di luce e d'ordine che è
il nostro rifugio di protezione. Me le trovai a disposizione prima
ancora di sentirla mormorare dolcemente: 'Mi ha giurato di non
lasciarmi maiquando eravamo lìsoli! Me lo ha giurato!...' 'Ed
è possibile che lei... lei! non gli creda?' domandaicon tono di
sincero rimproveroché veramente mi sentivo urtato. Perché non
poteva credergli? A che scopo tutta quella smania d'inquietudine
quell'attaccarsi a tutte le paurecome se l'inquietudine e la
paura fossero la salvaguardia del suo amore? Era mostruoso.
Avrebbe dovuto farsidi quell'onesto affettoun rifugio di pace
inespugnabile. Ma forse mancava dell'esperienza... o forse della
capacità necessaria. Ci aveva sorpresi la notte; si era fatto buio
presto intorno a noisicché la ragazza era insensibilmente
svanita come la forma impalpabile di uno spirito inquieto e
dispettoso. E a un tratto la sentii di nuovo mormorare calma:
'Altri uomini bianchi hanno fatto gli stessi giuramenti.' Era come
il commento interiore a un pensiero pieno di tristezza e di
terrore. E soggiunseancora più pianose possibile: 'Anche mio
padre.' S'interruppe per trarre un impercettibile sospiro. 'Anche
il padre di mia madre...' Queste cose sapeva! Subito dissi: 'Ah!
ma lui non è così!' Su questo punto sembrava non voler discutere;
ma dopo un poco mi tornò all'orecchio il calmo strano mormorio che
passava come in sogno nell'aria: 'In che è diverso? E' migliore
lui? E'...' 'Credo di sì' interruppi. 'Sulla mia parola d'onore.'
Abbassammo la vocein tono di mistero. In mezzo alle capannetra
gli operai di Jim (in gran parte schiavi liberati dalla palizzata
dello sceriffo)qualcuno attaccò un canto acuto e strascicato.
Oltre il fiume un grande fuoco (in casa di Doramincredo) formava
una palla di luce isolata nella notte. 'E' più leale?' mormorò
lei. 'Sì' risposi.
'Più leale di tutti gli altri uomini?'ripetéscandendo la
frase. 'Nessuno qui' feci'si sognerebbe di dubitare della
parola di lui... nessuno oserebbe... tranne lei.'
Qui mi parve di vederle fare un gesto. 'Più coraggio' proseguì
con altra voce. 'Non sarà mai la pauraè sicuroa farlo
allontanare da lei' replicai un po' inquieto. Il canto
s'interruppe su una nota acutaa cui seguirono varie voci in
lontananza. Anche quella di Jim. Mi stupì il silenzio di lei. 'Che
le ha detto? Le ha detto qualche cosa?' domandai. Nessuna
risposta. 'Che le ha detto?' insistei.
'E come faccio a dirglielo? Che ne posso sapereio? Che ne
capisco?' esclamò alla fine. Colsi appena un movimento. Credo che
stesse torcendosi le mani. 'C'è qualche cosa che lui non potrà mai
dimenticare.'
'Tanto meglio per lei' ribattei cupamente.
'Che cos'è? Che cos'è?' Dette una straordinaria forza di
invocazione al tono supplichevole della sua voce. 'Dice che ha
avuto paura. Come posso crederlo? Sono mattaioda crederlo?
Siete tutti pieni di ricordi di laggiùvoialtri. Ci tornate
tuttilaggiùa ritrovarli. Che cos'è? Me lo dica lei! Che è
questa cosa? E' una cosa viva?... è una cosa morta? Una cosa che
odioperché è senza pietà. Ha forse una faccia e una voce...
questa sciagura? La vedrà lui? la sentirà? Forse nel sonnoquando
non può vedermi... e allora si alzerà e se n'andrà. Ah! non gli
perdonerò mai. Mia madre aveva perdonato... ma io nomai! Ci sarà
un segno... un richiamo?...'
Era un fatto straordinario. Dubitava perfino del sonno
dell'amato... e credeva che io le potessi spiegare il perché! Così
un povero mortalesotto il fascino di un fantasmapotrebbe
cercar di strappare a un altro spettro il tremendo segreto
dell'attrazione dell'al di là su un'anima incorporeavagante tra
le passioni di questa terra. La terra stessasu cui poggiavo
sembrava dissolversi sotto i miei piedi. Eppureera così
semplice: ma se gli spiriti evocati dalle nostre paure e dalla
nostra inquietudine hanno mai dovuto garantire l'uno per l'altro
la loro costanza di fronte a quei maghi derelitti che siamo noi
io in quel momentoio solo tra i rivestiti di carnefui
costretto a rabbrividire per il gelo disperato di un simile
compito. Un segnoun richiamo! Si esprimeva in termini così
efficacila sua ignoranza! Poche parole! Come le avesse imparate
e come facesse a formularlenon riesco a immaginarmelo. Le donne
traggono ispirazione dalla stretta di momenti che a noi appaiono
soltanto spaventosiassurdio futili. La semplice scoperta che
aveva una voce bastava a far tremare il cuore. Se una pietra
calpestata avesse gridato di dolore non sarebbe stata una cosa più
grande né più pietosa. Quei pochi sussurri nel buio mi scopersero
alla mente la tragedia delle loro due vite ottenebrate. Era
impossibile farle capire. Mi irritai tra di me di essere un buono
a nulla. E anche Jim... povero diavolo! Chi poteva aver bisogno di
lui? ricordarlo? Aveva quel che voleva: ché ormai tutti si erano
forse dimenticati della sua stessa esistenza. Avevano entrambi
soggiogato i loro destini. Erano nella tragedia.
Ella stava immobile al mio fianco evidentemente in attesae ora
sarebbe stato mio compito parlare in favore di quel mio fratello
richiamato dal regno delle ombre in oblio. Ero profondamente
scosso per la mia responsabilità e per la sua pena. Avrei pagato
qualunque cosa per riuscire a calmare la sua anima così fragile e
che si dibatteva nella sua ineluttabile ignoranzacome un
uccellino contro le sorde sbarre della gabbia. Niente di più
facile che dire: Non temere! Niente di più difficile. Chi sa come
si farà a uccidere la paura? Come si fa a colpire al cuore uno
spettro con una fucilataa tagliargli la testa di spettro con un
fendentead afferrarlo per la sua gola di spettro? E' un'impresa
a cui ci si butta nei sognie che si è ben contenti quando se ne
esce fuori con i capelli madidi e tutte le membra in tremore.
Quella pallottola non è ancora stata fusaquella lama non ancora
forgiatae ancora non è nato quell'uomo; perfino le parole alate
della verità cadono ai nostri piedi come pezzi di piombo. Occorre
per uno scontro così disperato una freccia incantata e avvelenata
intinta in una menzogna tanto sottile come non ce n'è sulla terra.
Un'impresa di sognosignori miei!
Cominciai il mio esorcismo con un peso al cuoree anche una
specie di rabbia sorda. Giungeva da oltre il cortile la voce di
Jimlevatasi a un tratto severaa rimproverare qualcuno che
doveva avere commesso qualche sciocca mancanza. Nulla cominciai
con parole sommessema nette - non ci poteva esser nulla in quel
mondo sconosciutoche lei immaginava tanto impaziente di rubarle
la sua felicità: nulla c'era né vivo né mortonon un visoné una
vocené una forza capaci di strapparle dal fianco il suo Jim.
Ripresi fiatoe lei mormorò dolcemente: 'Me l'ha detto.' '"Le ha
detto la verità' replicai. 'Nulla' sospirò; e a un tratto mi si
rivolse con voce quasi impercettibile. 'Perché è venuto tra noi da
laggiùlei? Jim parla troppo spesso di lei. Lei mi fa paura.
Lei... ha bisogno di Jim?' Una specie di ferocia segreta si era
infiltrata nel nostro mormorio concitato. 'Ioquinon ci tornerò
mai più' dissi con amarezza. 'E non ho bisogno di Jim. Nessuno ha
bisogno di lui.' 'Nessuno' ripeté non convinta. 'Nessuno'
affermaiin preda a una strana emozione. 'Lei lo crede forte
saggiocoraggiosogrande... perché non crederlo anche sincero?
Io partirò domani - e cosìtutto finito; lei non sarà mai più
turbata da nessuna voce di laggiù. Quel mondo che lei non conosce
è troppo grande per accorgersi della mancanza di Jim. Capisce?
Troppo grande. Lei ha nelle sue mani il cuore di Jim. Deve
rendersi conto di questo. Deve saperlo.' 'Sìlo so' fece in un
soffioduro e fermocome potrebbe essere quello di una statua.
Sentii di non esser riuscito a niente. Ma a che cosa volevo
riuscire? Oggi non lo so più bene. Ero allora animato da una
inesplicabile ardenzacome davanti a un compito grande e
necessario - era l'influsso del momento sul mio stato mentale ed
emotivo. Nella vita di tutti noi ci sono momenti simili a tali
influssiper così diredal di fuori; irresistibili
incomprensibili - quasi creati da misteriose congiunzioni di
pianeti. Quella ragazza possedevacome avevo detto a leiil
cuore di Jim. Possedeva quello e tutto il resto - qualora fosse
riuscita a crederci. Io le avevo detto semplicemente che nessuno
al mondo avrebbe mai avuto bisogno del cuoredel cervellodella
mano di lui. E' la condizione comune: eppuredetta d'un singolo
sembrava una cosa orrenda. Mi ascoltò senza aprir bocca; il suo
silenzio era adesso come la reazione di una insuperabile
incredulità. Che glie ne doveva importarea leidel mondo al di
là di quelle foreste? - domandai. Dalla varia moltitudine che
popolava la vastità di quel mondo ignotopotevo affermarle che
non sarebbe mai venutovita durantené un richiamo né un segno
per Jim. Mai. Ero lanciato: Mai! Mai! Ricordo con meraviglia la
mia spietata insistenza. Avevo l'illusione di aver finalmente
afferrato lo spettro per la gola. Veramentela realtà di quel
colloquio mi ha lasciato in tutti i suoi particolari lo stupore di
un sogno. Che aveva da temere? Sapeva che egli era fortesincero
saviocoraggioso: tutto questo era. Certo. Era di più. Era
grande... invincibile... e il mondo non aveva bisogno di luilo
aveva dimenticatonon lo riconoscerebbe nemmeno.
M'interruppi; il silenzio su Patusan era profondo; e il lieve
rumore di una pagaia contro il fianco di una canoa in un punto in
mezzo al fiume sembrava riprenderlo all'infinito. 'Perché?'
mormorò. Provai quella specie di rabbia che si prova durante una
lotta accanita. Lo spettro tentava di scivolar via dalla mia
stretta. 'Perché?' ripeté più forte; 'me lo dica!' E siccome
indugiavo perplessobatté un piede per terra come un bambino
capriccioso. 'Perché? Parli.' 'Vuole saperlo?' domandai furibondo.
'Sì!' esclamò. 'Perché non vale abbastanza' ribattei con
brutalità. Nel breve silenzio che seguì vidi il fuoco sull'altra
sponda crescere tutto a un tratto d'intensitàdilatando il suo
cerchio di luce come un occhio per stuporee subito contrarsi in
una rossa punta di spillo. Mi accorsi di quanto la ragazza mi era
vicina soltanto quando sentii la stretta delle sue dita sul mio
avambraccio. Mise nella sua voce trattenuta un'infinità di rovente
disprezzodi amarezza e di disperazione.
'E' proprio quello che ha detto lui... Lei mente.'
Le ultime due parole me le gridò nel suo dialetto indigeno. 'Mi
ascolti!' supplicai; ebbe un tremito di singultoe mi lasciò il
braccio. 'Nessunonessuno vale abbastanza' cominciai col più
grande impeto. Udivo il suo faticoso ansimare rotto da singhiozzi
e paurosamente concitato. Abbassai il capo. A che pro? Sentivo
avvicinarsi dei passi; scivolai via senza aggiungere parola...".
CAPITOLO 34.
Marlow allungò le gambebalzò in piedie barcollò un pococome
se avesse atterrato dopo un salto attraverso lo spazio. Appoggiò
la schiena contro la balaustradi fronte alla scomposta fila
delle poltrone di vimini. Il suo movimento parve riscuotere dal
loro torpore i corpi che vi stavano adagiati. Un paio si
drizzarono a sederetrasalendo; qua e là ardeva ancora qualche
sigaro; Marlow li guardò a uno a uno con gli occhi di chi torna
dall'infinita lontananza di un sogno. Uno si schiarì la gola; una
voce calma parve incitarema senza interesse: "E poi?"
"E poi niente"rispose Marlowriscosso appena. 'Glie lo aveva
detto' ecco tutto. E lei non gli aveva creduto - e niente altro.
Quanto a menon so se è giustoconvenienteda persona a modo
che io me ne rallegri o me ne rammarichi. Per parte mianon
saprei che ne pensassi allora - e in realtà non lo so neanche
adessoed è probabile che non lo saprò mai. Ma quel povero
diavolo che pensava? La verità deve trionfare - sapete? Magna est
veritas et... Sìquando ce la fa. C'è una legge senza dubbio -
come c'è una legge che regola la sorte ai dadi. Non è la
Giustiziaserva degli uominima sono l'accidenteil casoe la
Fortuna - alleata del Tempo paziente - a reggere quella bilancia
equilibrata e scrupolosa. Tutti e due le avevamo detto la stessa
identica cosa. Ma avevamo detto tutti e due la verità?- o uno solo
- o nessuno?..."
Marlow s'interruppeincrociò le braccia sul pettoe poicon
altro tono:
"Lei disse che noi eravamo bugiardi. Poveretta. Beh... lasciamo la
decisione al casoche ha per alleato il Tempoil quale non si
può acceleraree per nemica la Morteche non si può ritardare.
Avevo battuto in ritirata - un po' avvilitolo confesso. Avevo
tentato di lottare con la paura in persona - e ero stato messo a
terra ionaturalmente. Ero riuscito soltanto ad aggiungere
all'angoscia della ragazza il sospetto di qualche segreta
combuttadi una cospirazione complicata e misteriosa per tenerla
allo scuro per sempre. E tutto questo cosìsenza sforzo
naturalmenteineluttabilmenteper opera di luidi lei stessa!
Era come se mi fosse stato rivelato il meccanismo dell'implacabile
destino di cui siamo le vittime - e gli strumenti. Era spaventoso
pensare a quella ragazza che avevo lasciato lìnella sua
immobilità; i passi di Jim avevano un suono di fatalità mentre
senza vedermisi avvicinava con le sue pesanti scarpe allacciate.
'Come! Al buio?' disse a voce altasorpreso. 'Che state facendo
al buio - voi due?' Subito dopo dovette scoprire lei. 'Ciao
ragazza!' esclamò allegramente. 'Ciaoragazzo!' rispose l'altra
di rimandocon mirabile forza d'animo.
Era il loro saluto abitualee quel tanto di spacconeria che lei
metteva nella sua voce piuttosto acutama dolcefaceva un
effetto molto buffograzioso e infantile; e piaceva tanto a Jim.
Questa fu l'ultima volta che li udii scambiarsi quel saluto
familiaree mi gelò il cuore. Era la solita voce acuta e dolce
la solita graziosa sforzaturala solita spacconeria; ma tutto
sembrò troppo presto spentoe il giocondo richiamo suonò
piuttosto come un gemito. Era maledettamente triste. 'Che ne hai
fatto di Marlow?' chiedeva Jim; e poi: 'E' sceso - sì? Strano che
non l'ho veduto... E' lìleiMarlow?'
Non risposi. Non volevo intervenire... non ancora per lo meno.
Proprio non potevo. Mentre mi chiamava io badavo a svignarmela
attraverso un cancelletto che metteva a un terreno aperto sboscato
di fresco. No; non avevo ancora il coraggio di trovarmi faccia a
faccia con loro. Camminavo a passo sveltotesta bassalungo una
traccia di sentiero. Il terreno era in leggera salitai pochi
alberi grandi erano stati abbattutiil sottobosco tagliato e
l'erba bruciata. Jim aveva in progetto di tentare una piantagione
di caffè. La grande collinaerta la doppia vettanera come il
carbone contro il giallino della luna nascentesembrava gettar la
sua ombra sullo scasso preparato per l'esperimento. Jim intendeva
farne tanti altridi esperimenti; avevo ammirato la sua energia
il suo spirito d'iniziativala sua sagacia. Niente al mondo
sembrava meno realeadessodei suoi pianidella sua energia e
del suo entusiasmo; alzando gli occhividi uno spicchio di luna
scintillare attraverso i cespugli dietro lo spacco della collina.
Per un momento si sarebbe detto che quel disco lisciocadendo in
terra dal suo luogo nel cielosi fosse sprofondato nel
precipizio; la sua ascensioneun rimbalzo a rilento; si liberò da
un intrico di ramoscelli; il ramo nudo e contorto di un albero le
attraversò la facciona d'un taglio nero. Irradiava lo spazio a
fasci paralleli come di fondo a una cavernae in questa
malinconica luce da eclissi i ceppi degli alberi tagliati
mettevano macchie d'uno scuro intensoe le loro ombre compatte mi
raggiungevano da ogni lato: ai miei piedi la mia ombra mobilee
quella della tomba solitaria perpetuamente inghirlandata di fiori
che mi attraversava il sentiero. Nella luce attenuata della luna
le corolle della ghirlanda assumevano forme non presenti alla
memoria e colori non definibili all'occhiocome di fiori non
raccolti da mani umanecresciuti non sulla terrae destinati
soltanto ai morti. Il loro profumo acuto aleggiando nell'aria
caldala rendeva densa e greve come i fumi dell'incenso. Le
pietre di corallo bianco spiccavano intorno alla zona d'ombra come
un rosario di crani rinsecchiti; così profondo era il silenzio
intornoche quando mi fermai parvero spenti ogni suono e ogni
movimento del mondo.
Era una gran pacecome se la terra fosse stata tutta una tombae
per un poco rimasi làcol pensiero fisso alle creature vive che
sepolte in luoghi remotifuori anche dalla conoscenza
dell'umanitàsono condannate dal destino a condividerne le
tragiche o grottesche miserie. E anchechi sa? le sue lotte
generose. Il cuore umano è tanto vasto da contenere tutto il
mondo; tanto valente da sopportarne il peso; ma chi avrebbepoi
il coraggio di liberarsene?
Dovevo essermi lasciato prendere dall'umore sentimentaleforse;
so soltanto che mi indugiai lì tanto quanto bastò a che quel senso
di solitudine assoluta si impadronisse di mee così a fondo da
farmi credere che tutto ciò che dianzi avevo veduto e udito
compresa la stessa parlata umanafosse trasmigrato fuori dalla
nostra esistenzaaffidato ancora solo per un poco alla mia
memoriacome se fossi stato l'ultimo abitante della terra. Era
una illusione strana e malinconicasviluppatasi nel subcosciente
come tutte le nostre illusionile quali mi sta in mente altro non
siano se non visioni di una verità remota e irraggiungibile
appena intravista. Quello era senza dubbio uno dei luoghi persi
dimenticatisconosciuti della terra; me l'ero studiato fin sotto
la sua superficie oscura; era chiaro che domaniquando l'avessi
lasciato per sempresarebbe scivolato fuori dell'esistenzaper
vivere soltanto nella mia memoria finché non fossi finito in
dimenticanza anch'io. Pure adesso mi produce quella sensazione:
alla quale si deve forse se mi sono indotto a raccontarvi questa
storiaa tentar di trasmettervi la suaper così direautentica
consistenzala sua realtà - la verità sbocciata da una momentanea
illusione.
Venne ad interromperla Cornelius. Uscì fuoricome un verme
dall'erba alta che cresceva in un avvallamento del terreno. Doveva
esser lì vicino quel marciume della sua casache io non avevo mai
vistanon essendomi allontanato mai tanto in quei paraggi. Mi
corse incontro sul sentiero; gli vedevo spiccare contro il terreno
buio i piedi calzati di scarpe bianco sporco; si drizzò e cominciò
ad adularmi piagnucolando sotto il suo copricapo a tubo di stufa.
La sua piccola carcassa rinsecchita era tutta sepoltaingoiata da
un abito di panno nero. Era vestito da festada cerimoniae
questo mi ricordò che era domenica: la quarta che passavo a
Patusan. Durante tutta la mia permanenza mi ero vagamente accorto
del suo desiderio di confidarsi con meappena fosse riuscito ad
avermi tutto per lui. Mi ciondolava intorno con un'espressione
avida e avvilita in tutta la sua faccetta acida e gialla; ma lo
tratteneva sia la timidezza quanto la mia naturale riluttanza a
trattare con un individuo così antipatico. Ci sarebbe arrivato
comunquese fosse stato meno pronto a sgattaiolare non appena gli
si mettevano gli occhi addosso. Sgattaiolava sotto lo sguardo
severo di Jimsotto il mioche pur mi sforzavo di conservare
indifferente; perfino sotto le occhiate dall'alto in basso
arcignedi Tamb'Itam. Sgattaiolava via in continuazione; ogni
volta che si vedeva guardatomuovendo obliquola testa inclinata
sulla spallao con un ghigno di malfidanzao con un aspetto
desolatopietosochiuso; ma sotto nessun atteggiamento riusciva
a nascondere l'innatairrimediabile abiezione del suo carattere
più di quanto un abito di sapiente confezione non riesca a
dissimulare una mostruosa difformità del corpo.
Non so se per lo scoraggiamento della completa sconfitta di meno
di un'ora fanel mio scontro con lo spettro della pauraio mi
lasciai accalappiare da lui senz'ombra di resistenza. Ero
destinato a fare il ricettacolo delle confidenzee a trovarmi
alle prese con domande per le quali non c'è risposta. Era una
seccatura; ma il disprezzola ripugnanza gratuita per l'aspetto
di quell'individuo facilitava la cosa e aiutava a sopportarla. Non
aveva importanza. Nulla aveva importanzadacché m'ero persuaso
che Jimil solo che mi premesseaveva finalmente dominato ii
proprio destino. Mi aveva detto di essere soddisfatto... quasi. E'
andar più oltre di quanto non osino i più di noi. Io - che ho il
diritto di considerarmi abbastanza a posto - non oserei. E nessuno
di voiquinon è vero?..."
Marlow s'interruppequasi attendesse una risposta. Nessuno fiatò.
"Benissimo"riprese. "Che non lo sappia anima viva. Laverità può
esserci estorta solamente da qualche piccola catastrofe tremenda e
dolorosa. Ma lui è dei nostrie ha potuto dire di essere
soddisfatto - quasi. Pensate un po'! Quasi soddisfatto. C'era da
invidiargli la sua catastrofe. Quasi soddisfatto. Dopo questo
niente conta più niente. Non conta chi avesse sospettato di lui
chi si fosse fidato di luichi gli volesse benechi gli volesse
male... tanto più se a volergli male era Cornelius.
Eppuredopo tuttoanche questo era una specie di riconoscimento.
Si può giudicare un uomo dai suoi nemici quanto dai suoi amicie
questo nemico di Jim era taleche nessun uomo per bene si
vergognerebbe di averlo controanche senza prenderlo troppo sul
serio. Questo era il punto di vista di Jimche condividevo; ma
Jim lo disprezzava per considerazioni d'indole generale. 'Mio caro
Marlow' fece; 'sento che se io vado drittoniente mi può
toccare. Io vado dritto. Ora lei è stato qui abbastanza per
essersi reso conto di come stanno le cose: efrancamentenon le
pare che sono del tutto al sicuro? Non dipende che da mee
perdiana! io ho un bel po' di fiducia in me stesso. Il peggio che
potrebbe farmi costui è di uccidermidirei. Ma non credo affatto
che lo farebbe. Non gli basta l'animosa... nemmeno se il fucile
glie lo dessi iocarico; e poi mi mettessi col viso al muro.
Ecco: è fatto così... E anche se lo facesse... se ne avesse il
coraggio? Beh... e allora? Non sono scappato qui per salvarmi la
vita... non è vero? Sono venuto per mettermi le spalle al muroe
ci sto...'
'Finché sarà soddisfatto... del tutto' interruppi.
Stavamo seduti in quel momento sotto al carabottino di poppa della
sua barca; venti pagaie balenavano come una soladieci per parte
battendo l'acqua con unico tonfo; dietro di noi Tamb'Itam
affondava senza rumore il suo remo a destra o a sinistraper
mantenere la lunga canoa sul filo della corrente. Jim chinò il
capoe lì sembro spegnersi davvero la nostra ultima
conversazione. Mi accompagnava fino alla foce del fiume. Lo
schooner era partito il giorno primaarrancando sul riflussoe
io avevo prolungato di una notte il mio soggiorno. Ora veniva ad
accompagnarmi.
Jim s'era preso un po' a male che io gli avessi anche soltanto
nominato Cornelius. In fondonon avevo poi detto gran che. Troppo
insignificantequello lìper essere pericolosobenché fosse
pieno di odio da scoppiare. Mi dava di 'eccellenza' ogni due
frasivenendomi piagnucoloso a fianco a fianco in tutto il tratto
dalla tomba della sua 'defunta moglie' fino al cancello del
recinto di Jim. Giurava di essere il più infelice degli uomini
una vittimaschiacciata come un verme; e che io lo guardassi
supplicò. Io non ci pensai neanche e non voltai il capo; ma vedevo
con la coda dell'occhio la sua ombra ossequiosa strisciare vicino
alla miamentre la lunasospesa sulla nostra destrasembrava
godersi lo spettacolo in santa pace. Cercò di spiegarmi - come vi
ho detto - la parte che aveva avuto negli avvenimenti di quella
notte memorabile. Si trattava di fare il doppio giuoco. Come
poteva sapere chi avrebbe preso il sopravvento? 'Lo avrei salvato
eccellenza! Lo avrei salvato per ottanta dollari' protestò in
tono dulcorosotenendosi di un passo dietro a me. 'Si è salvato
da sé' ribattei; 'e le ha perdonato.' Udii una risatinaed
essendomi voltato di scatto lo credetti sul punto di darsela a
gambe. 'Che ci ha da ridere?' domandaifermandomi. 'Non ci creda
saeccellenza!' strillòperdendo evidentemente il controllo sui
propri sentimenti. 'Luisalvarsi! Non sa nullaeccellenza! -
nulla di nulla. Chi è? Che ci fa qui? Che vuole quel... pezzo di
ladrone? Che vuole qui? Dar la polvere negli occhi a tutti; anche
a leieccellenza; ma a me nosa: non ce la fa. E' un grande
imbecilleeccellenza.' Risi con ripugnanzaegirando sui
tacchiripresi la strada. Si mise a trotterellare al mio fianco
mormorando con insistenza: 'Non vale più di un bambinoqui... di
un bambinetto... un bambinetto.' Va da sé che non l'ascoltai
nemmeno; e vedendo che il tempo stringevaperché ci stavamo
avvicinando alla palizzata di bambù che spiccava sul terreno scuro
della raduravenne al punto. Cominciò con un abietto lacrimare.
Le gran disgrazie gli avevano toccato il cervello. Sperava che
avrei avuto la bontà di scordarmi tutto quel che mi diceva
indotto soltanto dai suoi guai. Non mica per niente; ma Sua
Eccellenza non poteva immaginar che significhi esser rovinato
distruttocalpestato. Dopo questo preambolosi accostò
all'argomento che lo toccava più da vicino; ma in modo così
fumicosotortuoso e abiettoche stentai a capire dove volesse
andare a parare. Voleva ch'io mi adoprassi in suo favore presso
Jim. Pareva che ci fosse di mezzo una questione di danaro. Sentii
a più riprese le parole 'Una modesta provvigione... un adeguato
presente.' Pareva reclamasse un compenso di qualche cosae arrivò
al punto di proclamare con un certo calore che non valeva la pena
di vivere per vedersi derubato di tutto. Non fiatai naturalmente
ma neanche mi turai le orecchie. Il nocciolo della faccendache
via via mi si chiarìera questo: che si considerava in diritto di
ricevere del danaro in cambio della ragazza. Se l'era tirata su.
La figlia d'un altro. Gran pena e disturbo - un vecchio ormai
adeguato presente. Se Sua Eccellenza volesse mettere una
parolina... Mi fermai per guardarmelo un po' benema luitemendo
che lo considerassisuppongotroppo esigentesi affrettò subito
a fare una concessione: in cambio di un 'adeguato presente'
subito e per una volta tantosi dichiarò pronto a riassumersi
l'onere della ragazza 'senz'altro compensoal momento del
rimpatrio di quel signore.' La sua faccetta giallaavvizzita come
un limone strizzatoera tutta tesa di avara ingordigia.
Piagnucolava carezzevole: 'E poi più niente da pensare... naturale
tutela... una somma di danaro...'
Io stavo lìpieno di stupore. Evidentemente per questo genere di
cose ci aveva una vocazione. Scoprii ad un tratto sotto al suo
fare scivoloso una sorta di certezzacome se nella certezza
avesse sguazzato per tutta la vita. Dovette credere che io stessi
considerando spassionatamente la sua propostaperché si fece
dolce come il miele. 'Tutti i signori lasciano una provvigione al
momento del rimpatrio' cominciò con tono insinuante. Sbattei il
cancelletto. 'Nel caso presentesignor Cornelius' dissi'quel
momento non verrà mai.' Gli ci volle qualche secondo per assorbire
la notizia. 'Cosa?' strillò. 'E che' ribatteidall'altra parte
del cancello' non l'ha sentito dire anche da luiproprio dalla
sua bocca? Non tornerà mai in patria.' 'Oh! questo è troppo!'
gridò. Non mi chiamava più 'eccellenza.' Rimase un po' in
silenzioe poisenza più ombra di umiltàcominciò a voce bassa:
'Non tornerà mai... eh? Lui... lui... lui vienesa il diavolo da
dove viene... viene qui... sa il diavolo perché... per calpestarmi
fino alla mia morte... ah... calpestarmi' (batté piano i piedi
per terrauno dopo l'altro) 'calpestarmi così... sa il diavolo
perché... fino alla mia morte...' La sua voce si spense del tutto;
fu preso da un colpo di tossetta; si avvicinò alla staccionata per
dirmiin tono miserevole e confidenzialeche non si sarebbe
lasciato mettere sotto i piedi. 'Pazienza... pazienza' borbottò
battendosi il petto. Avevo smesso di farmi beffe di luima fu lui
a colpirmi con una improvvisa risata convulsa: 'Ah! ah! ah! La
vedremo! La vedremo! Come? Rubare a me? Portarmi via tutto! Tutto!
Tutto!' La testa gli ricadde su una spallale mani gli pendevano
davanti intrecciate. Si poteva credere che quella ragazza gli
fosse più cara del suo respiro e che gli si fosse spezzata anima e
cuore per la più crudele delle spoliazioni. A un tratto rialzo la
testa e sbottò in una invettiva oltraggiosa: 'Come sua madre - è
come quella bugiarda di sua madre. Tale quale. Anche di faccia. Di
faccia. Demonio!' Appoggiò la fronte alla staccionatae in quella
posizione sputò minacce e orribili bestemmie in portoghese con
sorde interiezionimiste a miserevoli gemiti e lamentiemessi
con certi scossoni di spalle che facevan pensare a un terribile
insulto di vomito. Uno spettacolo inenarrabilmente basso e
grottescoe me ne allontanai in fretta. Cercò di gridarmi dietro
qualcosa. Un insulto per Jimcredo... non troppo forteperò
perché eravamo vicini alla casa. Ben chiaro mi arrivò soltanto:
'Non più che un bambinetto... un bambinetto...'".
CAPITOLO 35.
"Ma la mattina dopoalla prima curva del fiume che mi nascose le
case di Patusantutto questo mi cadde in blocco dagli occhi
coloredisegno e sensocome un quadro fissato dalla fantasia
sulla telae al qualedopo averlo a lungo contemplatosi
voltano le spalle per sempre. Rimane però nella memoria immobile
col suo colorefermato nella sua vita in una luce immutabile.
Ambizionipaureodiosperanzemi sono presenti nel ricordo
proprio come le vidi allora - intense e direi sospese per sempre
nella loro espressione. Avevo voltato le spalle al quadroe
tornavo nel mondo degli avvenimenti mobilidegli uomini mutevoli
dove la luce vibrala vita scorre in limpida correntenon
importa se sul fango o sui sassi. Non intendevo tuffarmici dentro
avrei avuto abbastanza da fare per tener fuori la testa. Quanto a
quello che mi lasciavo alle spallenon so immaginarmelo mutato in
nessun modo. L'immenso e magnanimo Doramin e quella materna
streghetta di sua moglie a contemplare insieme le campagne
nutrendo in segreto le loro ambizioni per il figliolo; Tunku
Allangrinsecchito e sempre in gran perplessità: Dain Waris
intelligente e coraggiosocon la sua fede in Jimil suo sguardo
fermo e la sua cordialità ironica; la ragazza in una adorazione
piena di orgasmo e di sospetto; Tamb'Itamarcigno e fedele;
Corneliuscon la fronte appoggiata alla staccionata sotto la luna
- li sento immancabili. Come sotto una bacchetta magica. Ma la
figura intorno alla quale si raggruppano tutti costoro - quella
sola vivema non così precisa. Nessuna bacchetta magica può
fermarla ai miei occhi. E' dei nostri.
Jimcome vi ho dettomi accompagnò nella prima tappa di ritorno
verso il mondo al quale aveva rinunciatoe il nostro cammino
pareva a volte condurci proprio nel cuore della foresta vergine. I
tratti liberi del fiume scintillavano sotto al sole a picco; tra
gli alti muri di vegetazione la caldura sonnecchiava sull'acqua e
la barcaspinta vigorosamentesi tagliava la via attraverso
un'aria che pareva essersi messa a riparodensa e calda
nell'àmbito di smisurati alberi.
L'ombra della separazione imminente aveva già posto uno spazio
immenso fra noi e dovevamo fare uno sforzo per parlarecome se
avessimo dovuto forzar le nostre voci troppo basse per vincere una
distanza sempre più vasta e crescente. La barca volava
addirittura; uno vicino all'altrosoffocavamo in quell'atmosfera
stagnante e arroventata; l'odore di fangodi paludel'odore
primigenio della terra feconda sembrava pungerci la faccia; finché
a un trattoa una curvafu come se una grande mano da una
perduta lontananza avesse sollevato una tenda pesante. La luce
stessa ne sembrò ravvivatasi allargò il cielo sulle nostre
testeun mormorio remoto ci giunse alle orecchieci avviluppò
una frescura che ci riempì i polmonici accelerò sanguepensieri
e nostalgie - edritto di fronte a noile foreste si
appiattirono contro l'orlo azzurro cupo del mare.
Tirai un profondo respirorisollevato dalla vastità
dell'orizzonte apertonella mutata atmosfera che sembrò vibrare
di un travaglio di vitadell'energia di un mondo impeccabile. Mi
si apriva questo cielo e questo mare. Aveva ragione la ragazza:
veniva di là un segnoun richiamo - qualche cosa a cui rispondevo
con ogni mia fibra. Lasciai spaziare i miei occhicome chi
liberato da una catenasi sgranchisce le membracorresaltasi
abbandona all'ebbrezza istintiva della libertà. 'Splendido!'
esclamai; poi guardai il peccatore che mi stava a fianco. Sedeva
con la testa affondata sul pettoe disse 'Sì' senza alzar gli
occhiquasi temesse di vedere scritto in grandesul cielo
limpido oltre la foceil rimprovero della sua coscienza
romantica.
Ricordo i minimi particolari di quel pomeriggio. Approdammo su un
piccolo tratto di spiaggia biancachiusa da una bassa scogliera
boscosa in vettarivestita di rampicanti proprio fino alla base.
Sotto a noila piana del maredi un inteso e sereno azzurro
sembrava salire quasi insensibilmente fino al filo dell'orizzonte
teso all'altezza dei nostri occhi. Grandi ondate scintillanti
scorrevano leggere sulla solcata superficie caricarapide come
piume incalzate dalla brezza. Si stendevadi fronte all'estuario
apertouna catena di isolerotte e massiccieorlate da una zona
d'acqua vitrea che ne disegnava puntualmente i contorni. Alto
nella luce falba del soleun uccello solitariotutto nerosi
teneva sospeso nel cielocalando e risollevandosi sempre allo
stesso punto con un lieve palpito d'ali. Un gruppo di capanne di
stuoiasquallide e sporche di nerofumosi levava sulla propria
immagine rovesciatasopra una quantità di alti pali contorti
color d'ebano. Se ne staccò una minuscola canoa neracon due
minuscoli uominitutti neriche facevano sforzi sovrumani a dar
di remo nell'acqua pallida; e la canoa sembrava slittare a fatica
su uno specchio. Quel gruppo di squallide capanne formava quel
villaggio di pescatori che godeva la particolare protezione del
Signore biancoe i due uomini che arrancavano erano il vecchio
capo e suo genero. Approdaronoe ci vennero incontro sulla rena
biancamagricolor marrone caricocome pesci affumicaticon
macchie cinerine sul nudo delle spalle e del petto. Portavano
legati intorno alla testa fazzoletti sudicima attorti con cura
e il vecchio cominciò subito a esporre una sua lagnanzavolubile
tendendo il suo braccio magrosbirciando Jim dal basso con i suoi
vecchi occhi cisposi e fiduciosi. La gente del Rajah non li
lasciava in pace; c'era stata una storia per una certa quantità di
uova di tartaruga che i suoi avevano raccolto su quelle isolette -
e appoggiandosi a braccio teso sulla pagaiaindicò il mare con
una mano magra color marrone. Jim ascoltò un poco senza alzare gli
occhie alla finecon dolcezzagli disse di aspettare. Gli
avrebbe dato retta più tardi. I due si ritirarono obbedienti un
po' distantiseduti sui talloni e con le pagaie posate davanti a
loro sulla rena: lo seintillìo argenteo dei loro occhi seguiva
pazientemente i nostri movimenti; e l'immensa apertura di mare
l'immobilità della costa che si stendeva a nord e a sud a perdita
d'occhioformavano una Presenza colossale che osservava quei
quattro naniisolati su una striscia di sabbia scintillante.
'Il guaio è' osservò Jim immusonito'che per generazioni i
pescatori di questo villaggiopoveraccisono stati considerati
schiavi personali del Rajah... e quel vecchio citrullo non si vuol
mettere in testa che...'
L'interruppi. 'Che lei ha cambiato ogni cosa' interloquii.
'Già. Ho cambiato ogni cosa' ripeté con voce sorda.
'Ha avuto la sua Occasione' ripresi.
'Io?' replicò. 'Behsì. Forse. Sìho ripreso fiducia in me
stesso - una buona fama - eppure a volte preferirei... No! Mi
contento di quello che ho. Non posso pretendere altro.' Levò a un
tratto il braccio verso il mare. 'Comunquenon di là.' Batté il
piede sulla sabbia. 'Qui è il mio confineperché di meno non mi
contento.'
Continuammo a passeggiare sulla spiaggia. 'Sìho cambiato ogni
cosa' ripresecon un'occhiata di traverso ai due pescatori
pazientemente accoccolati per terra'ma cerchi un po' di
figurarsi che accadrebbe se io me ne andassi. Perdiana! Se
l'immagina? Si scatena l'inferno. No! domani andrò a tutto mio
rischio a prendere il caffè da quello stupido vecchio di Tunku
Allange farò un sacco di storie per quelle uova di tartaruga.
No. Non posso dire: basta. Mai. Devo andare avantiavanti sempre
tenendo sempre presente il mio scopoper sentire con sicurezza
che niente può toccarmi. Devo appoggiarmi alla loro fiducia in me
per sentirmi sicuro e per... per...' Si guardò intorno per cercar
la parola giustaparve cercarla sul mare... 'per sentirmi in
contatto con...' A un tratto abbassò la voce che divenne un
sussurro: '...con coloro cheforsenon vedrò mai più. Con - con
- leiper esempio.'
A queste parole mi sentii profondamente umiliato. 'Per amor di
Dio' dissi'non mi metta così in altomio caro; pensi soltanto
a sé.' Sentivo gratitudineaffettoper quel povero disperso che
mi aveva scoperto con un'occhiata e tirato fuori da una insulsa
moltitudineche era il mio mondo: e non c'era poi da menarne gran
vantiin fin dei conti. Distolsi il viso che mi scottava; sotto
il sole bassodi una luce già smortae scarlatto come un tizzo
tolto dal fuocola distesa del mare offriva la sua sconfinata
immobilità alla imminente discesa del globo infocato. Due volte
stette per parlarema si frenò; finalmentequand'ebbe trovato la
formula:
'Terrò fede' dissecon voce tranquilla. 'Terrò fede' ripeté
senza guardarmima lasciando per la prima volta vagar lo sguardo
sulle acqueche da azzurre si erano tinte dl un rosso cupo sotto
le fiamme del tramonto. Ah! era romanticoromantico. Ricordai le
parole di Stein... 'Nell'elemento distruttivo immersi!;.. Seguire
il sognosempre seguire il sogno.. e così... sempre... usque ad
finem.' Era romanticoma non meno sincero per questo. Chi può
dire quali formequali visioniche faccequali pedoni vedeva
lui nel fulgore del ponente. Una lanciastaccatasi dallo
schooneravanzava lentacol ritmo regolare dei due remi verso la
sabbia della nostra riva per venirmi a prendere. 'E poi c'è
Gioiello' soggiunse in quel gran silenzio della terradel cielo
e del mare: i quali mi avevano così profondamente occupato i più
reconditi pensieri che la sua voce mi fece trasalire. 'Già'
mormorai. 'Non ho bisogno di dirle quello che essa è per me'
disse. 'Lo ha ben visto. Col tempo finirà col capire...' 'Lo
spero' interruppi. 'Anche Gioiello si fida di me' disse con aria
pensosa; poi cambiò tono. 'Chissà quando ci rivedremo?' disse.
'Mai... a meno che lei non venga via' risposievitando il suo
sguardo. Non sembrò sorpreso; rimase un momento immobile.
'E allora addio' disse dopo una pausa. 'Meglio cosìforse.'
Ci stringemmo la manoe mi avviai alla lancia che aspettava con
la poppa sulla spiaggia. Lo schoonercon la maestra issata e un
fiocco controventofaceva gran riverenze al mare di porpora; le
vele avevano una tinta rosa. 'Tornerà subito in patria?' domandò
Jimmentre io già scavalcavo il bordo. 'Fra un anno circase
sarò vivo' risposi. La chiglia grattò sul fondola barca prese
il marei remi bagnati si tuffarono una voltadue volte.
Sull'orlo dell'acquaJim alzò la voce: 'Dica a quelli laggiù...'
cominciò. Feci cenno agli uomini di alzare i remie aspettai
profondamente sorpreso. Dire a chi? Il solegià immerso per metà
gli stava di fronte; vedevo il suo riflesso rosso negli occhi di
Jim che mi seguiva con uno sguardo vuoto... 'No - niente' disse
e con un lieve gesto della mano accennò alla barca di
allontanarsi. Io non mi volsi più verso terra finché non mi fui
arrampicato a bordo dello schooner.
Frattanto il sole era tramontato. Il crepuscolo si stendeva da
levantee la costatutta opacaallungava all'infinito un muro
di oscurità che sembrava il baluardo della nottementre da
ponente l'orizzonte era tutto un riflesso d'oro e di scarlattoe
vi stava sopra una grande nuvola isolataspenta e immobile
spandendo un'ombra color lavagna sull'acqua sottostante; vidi Jim
sulla spiaggia che osservava lo schooner puggiare e mettersi alla
via.
I due pescatori seminudiappena andato via iosi erano alzati in
piedi; senza dubbio avevano ripreso a versare i crucci della loro
vita meschina di oppressi nelle orecchie del Signore biancoil
quale senza dubbio li ascoltava come in causa propria: non era
forse questa una parte della sua fortuna - la fortuna 'cominciata
dalla parola Partenza' - la fortuna di cui mi aveva detto di
sentirsi all'altezza? Una fortunadireianche per loro; di cui
anche lorosono certoerano all'altezzain virtù della loro
insistenza. Persi di vista i loro corpi di pelle scura che si
fusero nello sfondo di oscurità molto prima di quello del loro
protettore. Era bianco dalla testa ai piedie seguitò ad essere
bene in vistacon il bastione della notte alle spalleil mare ai
piedie al suo fianco l'Occasione - sempre velata. Che dite? Era
sempre velata? Non so. Per mequella figura bianca
nell'immobilità silenziosa della costa e del mare mi sembrava nel
cuore di un enigma smisurato. Sul suo capo il crepuscolo si
ritirava rapidamente dal cielola striscia di sabbia gli si era
già sommersa sotto ai piedilui stesso non sembrava più alto di
un bambino... poi un punto soltantoun minuscolo punto bianco
che sembrò prendersi tutta la luce rimasta in un mondo
ottenebrato... E a un trattonon lo vidi più...".
CAPITOLO 36.
Con queste parole Marlow aveva terminato il suo raccontoe i suoi
ascoltatori si erano subito sparpagliati mentre egli era rimasto
con lo sguardo assenteassorto. Gli uomini uscirono dalla veranda
soli o a coppie senza indugiarsisenza perdersi in osservazioni
come se l'ultima immagine di quella storia incompiuta e la sua
stessa incompiutezzae il tono stesso dello storicoavessero
eliminato ogni discussioneogni possibile commento. Ognuno di
loro sembrava portarsi via con sé come un segreto la propria
opinione su quella storia; ma ce n'era uno che un giorno doveva
apprenderne l'ultima parola. Gli giunse in casapiù di due anni
dopodentro un grosso pacco con l'indirizzo tracciato dalla
scrittura dritta e angolosa di Marlow.
Il privilegiato aprì il paccoci guardò dentroeposatolosi
avvicinò alla finestra. Il suo appartamento era all'ultimo piano
di un edificio altissimodonde si poteva spingersi lontano con lo
sguardo oltre i vetri limpidi della finestracome a guardare
dalla lanterna di un faro. Gli spioventi dei tetti spiccavano
separati da interstizi d'ombra che si susseguivano come onde buie
e senza schiuma; e dal profondo della cittàsotto i suoi piedi
saliva un confuso e continuo brusìo. I campanili delle chiese
numerosi e sparpagliati a casosi levavano come fari su un
labirinto di secche senza canali; il battere della pioggia si
mescolava al calar del crepuscolo nella sera invernalee il
rintoccar del grande orologio che da una torre batteva le ore
passò ronzando con tonfi di suono voluminosi e austericonal
centrouna vibrazione più acuta. L'uomo chiuse le tende pesanti.
La lampada del tavolinocol suo paralumesonnecchiava come uno
stagno riparato dai venti; non risuonava il suo passo sul tappeto
i suoi giorni di vagabondaggio erano finiti. Non più orizzonti
sconfinati come speranze; non più crepuscoli nelle foreste solenni
come templinell'ardente ricerca del Paese Inesploratodi là
dalla collinaoltre il fiumeal di là dell'onda. Battevano le
ore. Non più! Non più!... ma il pacco aperto sotto la lampada gli
riportava con suoni e visioni il sapore stesso del passato - una
moltitudine di visi sfocatiun tumulto di voci lontaneche si
spegnevano sulle sponde di mari remoti sotto a un sole
inconsolatamente appassionato. Sospiròe si sedette per leggere.
Dapprima vide tre plichi separati: un bel po' di pagine fitte e
tenute insieme da uno spillo; un foglio unicoquadratodi carta
grigiastra con poche parole scritte in una calligrafia che non
aveva mai veduta; e una lettera d'accompagno di Marlow; di tra i
fogli della quale un'altra ne caddeingiallita dal tempo e tutta
spiegazzata. La raccolseemessala da parteprese il messaggio
di Marlowdiede subito una rapida scorsa alle righe inizialima
poifrenandosisi mise a leggere in tutta calmacome uno che si
avvicini attento e a lenti passi a un paese inesploratoche ha
appena allora intravisto.
"... non credo che tu abbia dimenticatodiceva la lettera. Tu
solo hai dimostrato per lui un interesse che è sopravvissuto al
racconto della sua storiabenché - me lo ricordo bene - neanche
tu volevi ammettere che egli fosse arrivato a dominare il suo
destino. Tu prevedevi per lui la tragedia di trovarsi un giorno
stanco e disgustato degli onori acquistatidel compito impostosi
dell'amore nato dalla pietà e dalla giovinezza. Dicesti di
conoscere troppo bene 'questo genere di cose' le loro
soddisfazioni illusoriela inevitabile delusione. Dicesti anche -
ricordo - che 'dare la propria vita per loro' (e loro voleva dire
tutta l'umanità di colore: brunigialli o neri) 'era come buttar
l'anima ai cani.' Sostenevi che 'una cosa così' è sopportabile e
duratura solo se sorretta da una convinzione della verità di
alcune idee razzialmente nostrein nome delle quali si stabilisce
l'ordine e la moralità di un progresso etico. 'Abbiamo bisogno di
questa forza alle spalle...' avevi detto. 'Abbiamo bisogno di
credere nella sua necessità e nella sua giustizia per fare un
degno e cosciente sacrificio della nostra vita. Senza di che il
sacrificio non è che smemoratezzala via all'offerta non è
migliore della via alla perdizione.' In altre paroleper teo
combattere nei propri ranghio perdersi la vita per niente. Può
darsi! Tu dovresti saperlo - sia detto senza malizia - tu che ti
sei gettato da solo in un qualche frangentetirandotene fuori con
abilitàsenza bruciacchiarti le ali. La questione ècomunque
chedi tutta l'umanitàJim era l'unico a non dover rispondere
che a se stesso; bisognerà vedere se alla fine non abbia
professato una fede più alta che le leggi dell'ordine e del
progresso.
Non affermo nulla. Potrai forse giudicarea lettera finita. C'è
molto di vero - dopo tutto - nel modo di dire: 'come dentro una
nuvola.' E' impossibile farsene un'idea chiara specialmente quando
dobbiamo limitarci a vederlo un'ultima volta attraverso gli occhi
degli altri. Non ho nessuna difficoltà a riferirti quanto io so
dell'ultimo episodio checome soleva dire Jim'era venuto a
lui.' Ci si domanda se non fu quella forse l'Occasione estremala
prova ultima e decisiva che ho sempre sospettato egli stesse
aspettando per formulare finalmente il suo messaggio
all'impeccabile mondo. Tu ricorderai che sul punto di lasciarci
l'ultima volta egli mi domandò se sarei tornato subito in patria
e mi gridò a un tratto: 'Dica a quelli laggiù!...' E dopo aver
atteso - con curiositàlo confessoe anche con speranza - non lo
sentii aggiungere che un: 'No... niente.' E fu tuttoallora - e
non ci sarà mai niente di più; e neanche un messaggiose non quel
tanto che ciascuno di noi potrà ricavare interpretando per proprio
conto il linguaggio dei fattiche sono spesso più enigmatici dei
più scaltriti giri di parola. Feceè veroancora un tentativo
per liberarsi; ma vano anche questocome vedrai se dai
un'occhiata al foglio di carta grigiastra qui accluso. Aveva
tentato di scrivere; avrai notato la calligrafia molto comune. E'
intestata: 'La FortezzaPatusan.' Immagino che abbia attuato il
suo progetto di trasformare la sua casa in un fortilizio
difensivo. Il progetto era ottimo: un profondo fossatoun
terrapieno sormontato da una palizzatae agli angoli cannoni
montati su piattaforme per dominare tutti i fronti del quadrato.
Doramin si era indotto a cedergli i cannoni; e sicché ogni suo
uomo avrebbe saputo dove trovare uno scampo e ogni fido partigiano
dove accorrere in caso di pericolo improvviso. Tutto questo
dimostrava la sua giudiziosa previdenzala sua fede nel futuro.
Quelli che chiamava 'i miei propri uomini' - i prigionieri dello
Sceriffo liberati - dovevano formare un quartiere a parte a
Patusancon le loro capanne e quelle quattro dita di terreno
sotto le mura della fortezza. Dentroluida solo: un esercito
invincibile. 'La FortezzaPatusan.' Nessuna datacome vedi. Che
significa un numero o un nome per un giorno tra tanti giorni? E'
anche impossibile dire a chi volesse indirizzarsi quando prese la
penna in mano: Stein - me - il mondo in blocco... O non fu che il
grido vanosbigottitodi un uomo solitario di fronte al suo
destino? 'E' successo un fatto tremendo' scrisseprima di
lasciar cadere la penna una prima volta: guarda quella macchia che
sembra la punta di una frecciasotto quelle parole. Dopo un po'
ci si era provato di nuovoscarabocchiando con mano pesantedi
piomboun'altra riga: 'Ora devo subito...' La penna gli aveva
fatto uno scartoe questa volta ci rinunciò. E niente più: si era
trovato di fronte a un immenso abisso a perdita d'occhio e di
voce. Posso capirlo: era stato sopraffatto dall'inesplicabile;
sopraffatto dalla sua stessa personalità... il dono di quel
destino che aveva fatto di tutto per dominare.
Ti mando anche una vecchia - vecchissima - letteratrovata
riposta con cura nei suoi incartamenti. E' di suo padree dalla
data vedrai che la dovette ricevere pochi giorni prima di
imbarcarsi sul Patna. Dunque dev'essere l'ultima che ha ricevuto
da casa. L'aveva custodita come un tesoro tutti questi anni. Il
buon vecchio pastore prediligeva il figlio marinaio. Ho letto
qualche frase qua e là. E tutta affettoe basta. Dice al suo
'caro Giacomo' che l'ultima sua lunga lettera era molto 'proba e
dilettevole.' Gli raccomanda di non 'giudicare il prossimo in
fretta e con severità.' Sono quattro pagine di morale alla manoe
notizie di famiglia. Tom aveva 'preso gli Ordini.' Il marito di
Carrie aveva avuto 'rovesci finanziari.' Il buon vecchio prosegue
esortandolo a fidare sia nella Provvidenza sia nell'ordine
stabilito dell'universoche ha certo i suoi piccoli pericoli come
le sue piccole ricompense. Par quasi di vederlobrizzolato e
serenonel rifugio inviolabile del suo studio foderato di libri
scolorito e comododove per quarant'anni si era sempre girato e
rigirato coscienziosamente intorno alle sue ristrette idee sulla
fede e la virtùsulla condotta nella vita e sulla sola maniera
pulita di morire; dove aveva scritto tante predichedove si era
tante volte seduto a ragionare col suo ragazzo da lì all'altro
capo del mondo. Ma che è la distanza? La virtù una in tutto il
mondoe una la fedeuna la buona condotta di vitaunico il modo
di morire pulitamente. Spera che il suo 'caro Giacomo' non
dimentichi mai che 'colui che una volta apre le porte alla
tentazionearrischia in quell'attimo la totale depravazionee la
perdizione eterna.' Quindi risolversi fermissimamente a non mai
per nessun motivo al mondofar cosa che si reputi malvagia. Ci
sono anche notizie di un cane assai diletto; e quel poney 'che
calvacate tutti voialtri ragazzi' era diventato cieco di
vecchiaia e si era dovuto ucciderlo. Il bravo vecchio invoca la
benedizione del cielo; la mamma e le ragazze allora in casa
mandano i loro saluti affettuosi... Nonon c'è gran che in quella
lettera gialla e sciupatasfuggita dopo tanti anni all'affettuosa
custodia. Non aveva mai avuto rispostama chi può dire quali
colloqui egli avrà allacciato con tutte quelle immagini placide e
scolorite di uomini e donne che popolavano quel tranquillo angolo
del mondolibero dal pericolo e dalla lotta quanto una tombae
abituato a respirare in pieno equilibrio un'aria di indisturbata
rettitudine. Sembra incredibile che fosse questo il suo mondodi
lui al quale erano 'venute' tante cose. A lorolìnon 'veniva'
mai nulla; mai non erano presi alla sprovvistamai chiamati a
cimento col destinoEccoli tutti quievocati dal mite
chiacchiericcio paternotutti questi fratelli e sorelleossa
delle sue ossa e carne della sua carneche guardano con occhi
chiariinconsapevolimentre a me pare di vedere luitornato
finalmentenon più un semplice punto bianco nel cuore di un
immenso misteroma dritto di tutta la sua staturanegletto in
mezzo alle loro immagini imperturbatecon aria severa e
romanticama sempre mutooscuro - dentro una nuvola.
La storia degli ultimi avvenimenti la troverai nelle poche pagine
accluse. Devi ammettere che è più romantica dei più strampalati
sogni della sua adolescenza; eppure secondo me c'è dentro una
specie di logica profonda e spaventosacome se la nostra
immaginazione avesse il potere da sola di scatenarci addosso la
violenza di un destino soverchiatore. L'imprudenza dei nostri
pensieri ricade sul nostro capo; chi scherza con la spada di spada
perirà. Quest'avventura stupefacentedi cui il lato più
stupefacente è che è autenticaci si presenta come una
conseguenza ineluttabile. Qualcosa del genere doveva accadere. Ce
lo ripetiamo dentro di noimentre ci meravigliamo che una cosa
sìmile sia potuta accadere nell'anno di grazia ultimo scorso. Ma è
successo - e non c'è da star a discuterne la logica.
Te la riferisco come se ne fossi stato testimonio ocularesu
informazioni frammentarie; io però ho messo insieme i vari
frammentie mi par che ce ne sia abbastanza per cavarne fuori un
quadro intelligibile. Chissà come l'avrebbe raccontata lui. Si è
confidato tanto spesso con meche mi sembra debba entrare qui da
un momento all'altro a contarmela tutta a modo suocon la sua
voce indifferente e pure piena di sentimentocon i suoi modi
sbrigativi; un po' perplessoun po' seccatoun po' offesoma
ogni tanto capace di rivelarti con una parola o una frase uno di
quei lampi della sua vera personalità che non servivano affatto ad
orientarti. E' difficile credere che non tornerà più. Non sentire
mai più la sua vocené vedere il suo viso lisciod'un color rosa
abbronzatocon un orlo bianco sulla frontee gli occhi giovanili
che nei momenti di eccitazione diventavano di un cupo insondabile
azzurro fondo".
CAPITOLO 37.
"Origine di tutto è la notevole impresa di un tale Brownche si
rubò pari pari uno shooner spagnolo da una piccola baia vicino a
Zamboanga. Finché non ebbi scoperto quell'individuole mie
informazioni restarono incomplete; ma mi capitò sottomano nel modo
più inaspettato poche ore prima che rendesse l'anima proterva.
Fortunatamente in voglia e in grado di parlarenonostante gli
attacchi d'asma che gli tagliavano ogni tanto il respiroil suo
corpo martoriato si torceva di maligna esultanza al solo pensiero
di Jim. Esultava all'idea di aver 'dato la paga a quel vanesio
alla fine.' Era raggiante di quella sua azione. Dovetti sopportare
lo sguardo affocato dei suoi occhi feroci coronati di rugheper
venir a sapere quel che m'importava: e così lo sopportai
riflettendo quanto siano vicine alla pazzia certe forme di
cattiveriaoriginate da un potente egoismoattizzate dalla
proterviache frantumano l'animae danno al corpo un illusorio
vigore. Il racconto rivela anche una insospettata profondità di
astuzia in quel disgraziato di Corneliusil cui odio abietto ed
intensocome una sottile ispirazionelo mise sulla dritta via
della vendetta.
'Mi accorsi a colpo d'occhio con che razza di imbecille l'avevo da
fare' ansimò il moribondo Brown. 'Un uomo quello lì? Accidenti!
Una canna vuotaera. Non poteva dir subito: - Giù le mani dal mio
bottino! -che Dio lo stramaledica? Questo sarebbe stato agire da
uomo! Dio gli imputridisca quella sua anima di lusso! Mi aveva in
mano laggiù - ma non ce la faceva con me: ci voleva un punto più
del diavolo. Macché! Un tanghero come quello lasciarmi perdere
come se non meritassi neanche un calcio!...' Brown ansimava
disperatamente per riprender fiato... 'Mascalzoni!... lasciarmi
perdere... E così alla fine glie l'ho fatta vedere ioa lui...'
Gli mancò di nuovo il respiro. 'Questo malanno mi ammazzerà di
certoma adesso muoio contento... Lei... lei... non so il suo
nome - le regalerei un biglietto da cinque sterline se... se lo
avessi... per questa notizia - quanto è vero che mi chiamo
Brown...' Ebbe un orrendo ghigno... 'Il gentiluomo Brown.'
Disse tutte queste cose ansando fortefissandomi con quei suoi
occhi gialli fuori da quella faccia lungascuradevastata; agitò
il braccio sinistro; con quella barba pepe e sale tutta arruffata
che gli arrivava quasi alla cintura; e quella coperta sudicia e
ruvida che gli copriva le gambe. L'avevo scoperto a Bangkok per
mezzo di quel maneggione di Schombergl'albergatoreche mi aveva
suggerito in confidenza dove scovarlo. Pare che una specie di
vagabondo sfaticato e ubriacone- un bianco insabbiato fra gli
indigeniche viveva con una donna siamese - avesse ascritto a suo
grande onore di dar ricovero nei suoi ultimi giorni al famoso
Gentiluomo Brown. Mentre costui parlava con me in quello squallido
tuguriotenendosi può direla vita coi denti minuto per
minutola donna siamesegrosse gambe nude e faccia stupida e
volgaresedeva in un angolo buio masticando betel con stolidità
bestiale. Di quando in quando si alzava per cacciare fuori dalla
porta un pollastroe tutta la capanna tremava sotto i suoi passi.
Un brutto bambino giallonudo e con la pancia rigonfia come un
piccolo budda stava ai piedi del giacigliocol dito in bocca
immerso in una profonda e calma contemplazione del moribondo.
Questi parlava febbrilmentecon una ferocia piena di gioia e di
folle e implacabile disprezzo verso il povero Jim; ma a voltea
metà di una parolauna mano invisibile lo afferrava alla gola e
lui restava con gli occhi imbambolaticol petto ansante e
un'espressione di timore e d'angoscia. Si vedevano le sue labbra
volgari farsi violacee dietro ai baffi cascanti e ispidi. Pareva
temere che iostanco di aspettar la fine del suo accessome ne
andassilasciandolo a metà del suo diresenza poter sfogare
tutta la sua esultanza. Nulla di più lontano dai miei pensieri;
temevo anzi che la mortesospesa su di luigli piombasse addosso
a un trattosventando il mio desiderio di sapere. Morì durante la
nottecredoma ormai non aveva altro da dirmi.
La storia la conoscevo giàsi capisce; lui non fece che chiarirmi
un punto oscurobenché il nero profondo del suo atto non si possa
diradare in nessun modo.
E di Brownper il momentobasta.
Otto mesi primaarrivando a Samarangandai come al solito a
trovare Stein. Dal lato della casa che dava sul giardinodi sulla
veranda mi accolse con un timido saluto un Maleseche mi
ricordavo di aver visto a Patusan nella casa di Jimfra altri
Bugi che venivano la sera a fare interminabili rievocazioni dei
loro ricordi di guerra o a discutere affari di Stato. Jim me lo
aveva segnalato una volta come un modesto e rispettabile mercante
proprietario di una imbarcazione indigena di lungo cabotaggioe
che si era mostrato 'uno dei migliori all'assalto della
palizzata.' Non rimasi troppo sorpreso nel vederloperché mi
parve naturale che un mercante di Patusanavventuratosi fino a
Samarangprendesse la via di casa Stein. Risposi al suo saluto e
passai oltre. Ma sulla porta di Stein m'imbattei in un altro
Malese che riconobbi per Tamb'Itam.
Gli domandai subito che cosa faceva lì; pensai che Jim ci fosse
venuto in visita. Confesso che al pensiero mi sentii contento e
ravvivato. Sembrava che Tamb'Itam non sapesse che dire. 'C'è Tuan
Jim?' domandai con impazienza. 'No' mormoro confusoabbassando
un momento il capo; poi con improvviso vigore: 'Non ha voluto
combattere. Non ha voluto combattere' ripeté. Siccome pareva non
sapesse dir altrolo spinsi da parte ed entrai.
Steinalto e curvoera soloin piediin mezzo alla stanzafra
le file delle cassette di farfalle. 'Ach! E' leiamico mio? disse
accoratoscrutandomi attraverso gli occhiali. Una sdruscita
giacca a sacco di alpaga gli cadeva aperta fino alle ginocchia.
Aveva in testa un panamae le guance pallide solcate da rughe
profonde. 'Che c'è di nuovo?' domandai con inquietudine. 'C'è
Tamb'Itam di fuori...' 'Venga a vedere la ragazza. Venga a vedere
la ragazza. E' qui' fececon una falsa mostra di energia. Cercai
di trattenerloma con dolce ostinazione si rifiutò di rispondere
alle mie domande ansiose. 'E' quiè qui' ripeté tutto
agitazione. 'Sono venuti due giorni fa. Un estraneoe un vecchio
come me... sehen Sie - non può far molto... Venga di qua... I
cuori dei giovani sono implacabili...' Vedevo che era in grande
angoscia... 'La forza della vitain loro; la spietata forza della
vita...' borbottavaconducendomi in giro per la casa; lo seguii
perso in congetture piene di desolazione e di collera. Sulla porta
del salotto mi sbarrò la strada. 'Lui la amava assai' fece
interrogativamentee io mi limitai ad annuire col capo
sentendomi così amaramente deluso che non mi fidavo a parlare.
'Molto spaventoso' mormorò. 'Quella non può capirmi. Sono
soltanto un vecchio sconosciuto. Forse lei... la conosce. Le
parli. Non possiamo lasciarla così. Le dica di perdonargli. E'
stato molto spaventoso.' 'Certo' feciesasperato di essere
all'oscuro di tutto. 'Ma leiSteinlei gli ha perdonato?' Mi
guardò in un modo curioso. 'Sentirà' disseeaprendo la porta
mi cacciò - addirittura - nel salotto.
Tu conosci la grande casa di Steine le due immense sale da
ricevimentodisabitate e inabitabilipulitepiene di solitudine
e di un brillìo di cose che paiono non essere state mai sfiorate
da uno sguardo umano? Sono fredde nelle giornate più torridee vi
si entra come in una caverna sotterranea dal pavimento
accuratamente scopato. Ne attraversai unae nell'altra vidi la
ragazza seduta all'estremità di un tavolone di moganosu cui
appoggiava la testacol viso nascosto tra le braccia. Il
pavimento a cera ne rifletteva vagamente l'immagine come una
lastra d'acqua gelata. Gli stoini di giunco erano calati; forti
raffiche di vento entravano attraverso la strana penombra
verdastra degli alberi di fuoriagitando i lunghi tendaggi delle
finestre e delle porte. La sua figura bianca sembrava plasmata
nella neve; i cristalli penduli del lampadario tintinnavano sul
suo capo come ghiaccioli trasparenti. Sentendomi avvicinare alzò
gli occhi e mi fissò in volto. Ero raggelato come se quelle vaste
sale fossero state la fredda dimora della disperazione.
Mi riconobbe subito e appena mi fui fermato a guardarla di sopra
in giù: 'Mi ha lasciata' disse calma; 'ci lasciate sempre... per
i vostri disegni.' Non batteva ciglio. Pareva che tutto il calore
di vita si fosse raccolto in qualche punto inaccessibile del suo
petto. 'Sarebbe stato facile morire con lui' continuòe fece un
leggerostanco gesto come di chi si arrende all'imperscrutabile.
'Non ha voluto! Era come cieco: ed ero io che gli stavo parlando;
ero io che gli stavo davanti agli occhi; ero io quella che lui
guardò per tutto il tempo! Ah! siete cattivitraditori; senza
veritàsenza compassione. Che cosa vi fa così malvagi? Oppure
siete tutti pazzi.'
Le presi la manoche rimase inertee ricadde quando la lasciai
fin quasi a sfiorare il pavimento. Quell'indifferenzapiù
tremenda di un piantodi un urlodi una rampognasembrava
sfidare il tempo e la consolazione. Si sentiva che non si sarebbe
mai esauritae che mai una parola avrebbe raggiunto la sede di
quel dolore torpido e fermo.
Stein mi aveva detto 'Sentirà...' E sentiiinfatti. Tutto. Seguii
con stuporecon orrorela voce della sua stanchezza
irrimediabile. Non arrivavo ad afferrare il vero senso di quello
che mi andava raccontando con un rancore che mi riempiva di pietà
per lei... e anche per lui. Rimasi inchiodato là anche dopo che
ella ebbe finito. Appoggiata sui gomititeneva i suoi occhi duri
fissi nel vuoto; e passava il vento a raffichee i cristalli
continuavano a tintinnare nella penombra verdastra. Seguitò a
mormorare tra sé: 'Eppure mi stava guardando! Vedeva il mio viso
sentiva la mia vocee la mia pena! Quando mi sedevo ai suoi
piedicon la guancia sul suo ginocchio e la sua mano sul capola
maledizione della cattiveria e della pazzia era già in luie
aspettava il giorno. E il giorno è venuto!... e prima del
tramontar del sole non mi vide più... s'era fatto cieco e sordo e
spietatocome siete tutti. Non piangerò per lui. Maimai. Non
una lagrima. No. Mai. E' scappato via da me peggio che se fossi la
morte. E' scappato come se fosse inseguito dalla maledizione di
qualche cosa che aveva udita o veduta nel sonno...'
I suoi occhi fermi sembravano inseguire l'immagine di un uomo
strappato alle sue braccia dalla forza di un sogno. Non rispose
neanche d'un cenno al mio inchino silenzioso. Fu per me una
liberazione andar via.
La rividi nello stesso pomeriggio. Lasciata leiero andato in
cerca di Steine non lo trovai in casa; e uscii in giardino
tormentato da pensieri tristi; in quel famoso giardino di Stein
dove si trovano tutte le piante e tutti gli alberi dei bassopiani
tropicali. Seguii un corso d'acqua incanalatoe sedetti a lungo
su una banchina ombreggiata vicino a uno stagno ornamentaledove
qualche anatra con le ali mozzate si tuffava e starnazzava
rumorosa. I rami degli alberi di casuarina alle mie spalle
ondeggiavano appenacostantementee mi ricordavano il fruscìo
degli abetial mio paese.
Questo suono malinconico e inquieto era l'accompagnamento adatto
alle mie riflessioni. La ragazza aveva detto che lui le era stato
strappato da un sognoe non c'era niente da ribattere non pareva
potesse esservi perdono per una così mala azione. Eppure non è
l'umanità stessa a mettersi ciecamente in camminoincalzata da
sogni di grandezza e di potenza sui sentieri tenebrosi di una
eccessiva crudeltà o di un'eccessiva dedizione? E che è la ricerca
della verità... dopo tutto?
Quando mi alzai per tornare a casa intravidi la giacca lisa di
Stein attraverso una breccia tra il fogliamee prestoa una
svolta del sentieroincontrai lui con la ragazza. La piccola mano
di lei poggiava sul suo avambraccioesotto la falda larga e
piatta del suo panamaStein si curvava su di leicanuto
paternocon deferenza pietosa e cavalleresca. Io mi feci da
partema loro si fermarono di fronte a me. Il vecchio aveva
chinato lo sguardo a terraai suoi piedi; la ragazzadritta e
sottile al suo bracciofissava un punto oltre le mie spalle
cupacon i suoi occhi grandichiariimmoti. 'Schrecklich'
mormorò Stein. 'Terribileterribile. Che si può fare?' Sembrava
supplicarmi ma la gioventù di leii lunghi giorni sospesi sul suo
capo mi supplicavano molto di più; e a un trattoproprio mentre
mi rendevo conto che non c'era nulla da diremi trovai a perorare
la causa di Jim per pietà di lei. 'Deve perdonargli' conclusie
la mia voce suonava soffocata alle mie stesse orecchiepersa in
una immensità sorda e senza risposta. 'Tutti abbiamo bisogno di
perdono' soggiunsi dopo una pausa di silenzio.
'Che torti ho io?' domandò ella a fior di labbra.
'Di non aver mai avuto fede in lui' risposi. 'Era come gli
altri' disse lentamente.
'Non come gli altri' protestaima ella continuò con voce
monotonasenza calore...
'Era un traditore.' E subito intervenne Stein. 'No! No! No! Mia
povera bambina!...'
Le diede qualche colpetto sulla mano abbandonata inerte sulla sua
manica. 'No! No! Non traditore! Fedele! Fedele! Fedele!' Cercò di
penetrare quel suo viso di sasso. 'Lei non capisce... Ach! Perché
non capisce?... Terribile' disse a me. 'Un giorno DOVRA' capire.'
'Glie lo spiegherà lei?' gli chiesiguardandolo fisso. Ripresero
a camminare.
Li seguii con lo sguardo. La sua gonna strusciava sul sentieroi
suoi capelli neri cadevano sciolti. Camminava dritta e leggera a
fianco di quell'alto uomo dalla giacca lunga e sformata che gli
scendeva in pieghe perpendicolari dalle spalle curvee che
procedeva a passi lenti. Scomparvero dietro quel boschetto (forse
te lo ricordi) dove crescono sedici qualità diverse di bambù tutte
riconoscibili all'occhio dello studioso. Per parte miaio ero
affascinato dalla grazia squisita e dalla bellezza di quel
boschetto di flauti incoronati da foglie puntute e da sommoli di
piumedalla leggerezzadal vigoredal fascinochiaro come una
vocedi quella vita lussureggiante e risoluta. Ricordo che rimasi
a guardarlo a lungocome uno che si indugi nel campo sonoro di un
mormorìo consolatore. Il cielo era color di perla. Era una di
quelle giornate coperte così rare ai tropiciin cui le memorie si
affollano dentromemorie di altre spondedi altri visi.
Tornai in città nel medesimo pomeriggioportando con me Tamb'Itam
e l'altro Maleseche aveva fornito l'imbarcazione per la fuga al
momento del disastronel primo sbigottimento di paura e di pena.
Il colpo sembrava aver mutato il carattere a tutti. Aveva
impietrito la passione della ragazzae reso quasi loquace
l'aggrondato e taciturno Tamb'Itam. Anche il suo tono arcigno era
ridotto a perplessa umiltàcome se avesse assistito al fallimento
di un gran mito in un momento supremo. Il mercante Bugiun uomo
timido e titubantefu molto preciso per quel poco che ebbe da
dire. Tutti e due erano sopraffatti evidentemente da un senso di
meraviglia profonda e inesprimibiledal tocco di un mistero
imperscrutabile".
Quicon la firma di Marlowterminava la lettera. Il privilegiato
destinatario rattizzò la sua lampadaesolitario tra il
mareggiare dei tetti della cittàcome il guardiano di un faro
alto sul maresi avvio alla lettura del racconto.
CAPITOLO 38.
"Tutto ebbe iniziocome ti ho dettoda quel Brown"cominciava
la prima frase del racconto di Marlow. "Tu che hai bazzicato per
il Pacifico occidentale devi averne sentito qualche cosa. Era il
furfante più tipico della costa australiananon perché si facesse
vedere spesso in quei paraggima perché era sempre in ballo in
tutte le storie sui fuori legge che si ammanniscono ai viaggiatori
in arrivo dalla madre patria; e la più blanda delle imprese che di
lui si raccontavano da Capo York a Eden Bay sarebbe stata più che
sufficiente a far impiccare un uomose fosse stata raccontata
altrove. Non mancava mai il particolare che egli fosse figlio di
un baronetto. Sia un po' come siaè certo che aveva disertato da
una nave inglese nei primi tempi della caccia all'oroe in pochi
anni fece parlare largamente di sé come del terrore di questo o di
quel gruppo di isole della Polinesia. Rapiva indigenispogliava
qualche solitario mercante bianco fino del pigiama che aveva
addossoedopo aver saccheggiato quel povero diavoloera capace
di sfidarlo come niente a un duello alla doppietta sulla spiaggia;
cosa neanche tanto slealedi questi tempise l'altro non fosse
stato già mezzo morto dalla paura. Brown era un pirata in ritardo
uno sciagurato al pari dei più celebri prototipi; ma ciò che lo
distingueva dalla confraternita dei furfanti suoi contemporanei
come Bully Hayes o il mellifluo Peaseo quel mascalzone
profumatoquell'elegantone dagli scopettoni alla Dundreary
conosciuto col nome di Dick il Lercioera il carattere arrogante
dei suoi misfatti e il suo disprezzo veemente per l'umanità in
genere e per le sue vittime in ispecie. Gli altri non erano che
dei bruti volgari e avidima lui sembrava mosso da più complesse
intenzioni. Rubava a un uomo quasi soltanto per dimostrargli la
sua scarsa stimae metteva nell'uccidere o nel mutilare qualche
pacifico e innocuo sconosciuto una intensità di vendetta così
selvaggia da terrorizzare il più temerario dei filibustieri. Nei
giorni del suo massimo splendore possedeva un tre-alberi armato
con una ciurma mista di Kanaka e di balenieri evasie si vantava
non so con quanta veritàdi esser finanziato di sottomano dalla
più stimata ditta di mercanti di copra. In seguito scappò - dicono
- con la moglie di un missionariola quale aveva sposato in un
momento di esaltazione quel poveraccio mitedai piedi piattie
trapiantata subito nella Melanesia vi aveva in certo modo perso la
bussola. Fu una storia triste. Era malata al tempo che Brown se la
portò viae gli morì a bordo. Si racconta - come la cosa più
straordinaria che sul suo cadavere egli si abbandonasse a uno
scoppio di dolore cupo e violento. Poco dopo lo abbandonava anche
la sua buona fortuna. Perse la nave su certi scogli al largo di
Malaitae scomparve per qualche tempo come se fosse andato a
fondo anche lui. Se ne sentì riparlare per la prima volta a Nuka-
Hiva dove comprò dalla Francia un vecchio schooner fuori servizio.
Quale impresa meritoria potesse avere in vista quando fece
quell'acquisto non saprei direma è evidente che fra Alti
Commissariconsolinavi da guerra e controlli internazionalii
mari del Sud stavano diventando troppo caldi per un galantuomo del
suo stampo. E' chiaro che doveva aver spostato verso occidente il
suo teatro d'operazioniperché un anno dopo egli ha una parte
d'incredibile audaciase non proprio di gran profittoin una
faccenda tragicomica nella Baia di Manilladi cui sono
protagonisti un governatore reo di peculato e un tesoriere
latitante; da allora sembra si sia attaccato alle Filippine col
suo schooner marcitosempre alle prese con l'avversa fortuna
finchéun giornoseguendo la sua via segnataentrò a vele
spiegate nella storia di Jimcomplice cieco delle Potenze Oscure.
A sentir luiquando fu catturato da un cutter spagnuolo di
perlustrazionenon aveva fatto altro che un tentativo di passare
ai ribelli qualche fucile. In tal caso non so che ci facesse al
largo della costa meridionale di Mindanao. E' mia convinzione
inveceche stesse taglieggiando i villaggi indigeni lungo la
costa. Fatto sta che il cutterimbarcata una pattuglia sullo
schoonerlo obbligò a navigare di conserva verso Zamboanga.
Strada facendoper una ragione o per l'altrale due navi
dovettero dar fondo davanti a uno di quei nuovi possedimenti
spagnoli - che in definitiva non servirono mai a nulla - dove non
esisteva a riva che un solo funzionario civile in caricama c'era
lì nella calancaall'àncoraun bello e robusto schooner da
piccolo cabotaggio; e quel barcomigliore del suo sotto ogni
punto di vistaBrown decise di rubarselo.
Gli andavaalloraa rotta di collo - come mi disse lui stesso.
L'aver bistrattato il mondo per venti anni con disprezzo feroce e
aggressivo non gli aveva procurato altrodal punto di vista dei
vantaggi materialiche una borsetta di dollari d'argento nascosta
così bene nella sua cabina che 'il diavolo stesso non l'avrebbe
potuta fiutare.' E nient'altro - assolutamente nient'altro. Era
stanco della sua esistenzae non aveva paura della morte. Ma
quest'uomoche si sarebbe giocata la vita per un capriccio con
amara e sarcastica baldanzaaveva una paura gialla della
prigione: una specie di assurdo terroresudafreddoscuotinervi
sanguinacquaal solo immaginare l'eventualità d'esser messo in
gattabuia: quella sorta di terrore che proverebbe un pauroso dei
morti all'idea di poter essere abbracciato da uno spettro. Così è
che il funzionario civile salito a bordo per svolgere un'indagine
preliminare sulla catturain questa investigazione faticosa ci
spese tutto il giornoe non scese a terra che a buioavvolto nel
mantello e molto badando a non far tintinnare la borsa di dollari
di Brown. Dopoessendo uomo di parolaprovvidefin dalla sera
seguentea rispedire il cutter governativo in perlustrazione
urgentissima. Siccome il comandante del cutter non aveva uomini da
poter lasciare di guardiasi accontentò di portar via tutte le
vele di Brown fino all'ultima striscia di telae si prodigò a
rimorchiarne le due scialuppe sul secco della spiaggia a un paio
di miglia più in là.
Ma fra l'equipaggio di Brown c'era un isolano delle Salomone
rapito in gioventù e devotissimo a Brownil quale era il meglio
pezzo della banda. Costui si portò a nuoto fino alla nave
spagnuola - un cinquecento metri - l'estremità di una corda fatta
con tutti i pezzi di cima da manovra corrente annodati insieme per
la bisogna. Il mare era come l'olioe nella calanca faceva buio
'come dentro la pancia di una vacca' secondo l'espressione di
Brown. L'isolano delle Salomone si arrampicò sui bastingaggicon
l'estremità della fune fra i denti. L'equipaggio della nave
costiera - tutti Tagal - era a terra a far bisboccia nel villaggio
indigeno. I due guardiani di bordo si svegliarono di soprassalto e
videro il diavolo. Aveva occhi scintillanti e saltò sul ponte come
un lampo. Caddero in ginocchioparalizzati di paura; e fattisi il
segno della croce cominciarono a masticar preghiere. Con un
coltello che trovò nella cambusal'isolanosenza interrompere le
loro orazioni li pugnalò uno dopo l'altro; con lo stesso coltello
si mise a segare pazientemente la cima d'ormeggio finché non si
spezzò tutta in un colpo sotto la lamaschizzando nell'acqua.
Alloranel silenzio della calancail Salomonese lanciò un cauto
gridoe la banda di Brownche intanto se n'era stata con gli
occhi fitti e le orecchie dritte in attesacominciò a tirare pian
piano dall'altra estremità della fune. In meno di cinque minuti i
due schooner si toccarono dì murata con un leggero urto e uno
scricchiolìo del fasciame.
Senza perdere un attimo la gente di Brown trasbordòportando con
sé le armi e una larga provvista di munizioni. Erano sedici in
tutto: due marinai scappati da un piroscafo ingleseuno
spilungone disertore da una nave da guerra Yankeeun paio di
Scandinavi biondi e innocentiuna specie di mulattoun placido
Cinese che faceva il cuoco - e il restoindefinibile minutaglia
dei mari del Sud. Nessuno di loro disse niente; Brown li piegava
al suo voleree adesso Brownindifferente all'idea della forca
scappava dallo spettro di una prigione spagnuola. Egli non diede
loro neppur l'agio di trasbordare sufficienti provviste; il tempo
era calmol'aria carica di guazzae quando salparono gli ormeggi
e si misero alla vela con una leggera brezza di terra non ebbero
un palpito le vele umide: il vecchio schooner sembrò staccarsi lui
dolcemente dalla nave rubata e scivolare via in silenzioinsieme
alla massa nera della costanella notte.
Se la cavarono in pieno. Brown mi riferì i particolari del loro
passaggio per gli Stretti di Macassar. E' una storia di una
disperazione ossessionante. Erano scarsi di cibo e d'acqua;
abbordarono parecchie imbarcazioni indigene e presero un po' di
roba da tutte. Con una nave rubata Brown non osava certo di
entrare nei porti. Non aveva soldi da comprar nullanon aveva
documenti da mostraree neanche bugie plausibili per cavarsi
d'impaccio. Un brigantino arabobattente bandiera olandese
sorpreso una notte all'àncora al largo di Poulo Laut cedette un po
di riso sporcoun grappolo di bananee una bariletta d'acqua;
tre giorni di burrasca con nebbia e vento da nord-est
scaraventarono lo schooner attraverso al mare di Giava. Ondate
giallefangoseinzupparono quella serqua di furfanti affamati.
Avvistarono i postali che facevano rotta fissa; incrociarono navi
inglesiben rifornite nei fianchi di ferro arrugginito
all'àncora nei bassi fondi ad aspettare il cambiamento del tempo o
il flusso della marea; un giorno una cannoniera inglesebianca e
lindacon due alberi sottilitagliò loro la rotta da lontano; e
un'altra volta una corvetta olandesenera e carica di vele
comparve minacciosa da poppalentissima e fumigante nella nebbia.
Sgattaiolarono in mezzo a tuttinon visti e non curatibanda di
ultra-fuorilegge macilentifacce gialledivorati dalla fame e
incalzati dalla paura. Era progetto di Brown di puntare verso il
Madagascardove si aspettavanon senza fondata ragionedi
vendere lo schooner a Tamatavesenza interrogatorio forse di
ottenere dei documenti di navigazione più o meno falsificati. Ma
prima di affrontare la lunga traversata dell'Oceano Indiano
cibarie occorrevanoe acquaanche
Forse aveva sentito parlare di Patusan - o forse gli capitò magari
di trovare scritto in piccolo sulla carta quel nome probabilmente
di un villaggio alquanto grandesu un fiumea una certa distanza
dalla focein uno Stato indigenodel tutto ìndifesofuori dalle
vie battute del mare e dai cavi sottomarini. Aveva fatto già cose
del genere - in cerca di guadagno; ma quella d'ora era un'assoluta
necessitàuna questione di vita o di morte - o meglio di libertà.
Libertà! Era certo di trovarvi provviste - bovini - riso - patate
dolci. Quell'equipaggio morto di fame si leccava le dita. Forse si
sarebbe potuto rimediare anche un carico di merce per il barco e
chissà? - anche qualche po' di buona moneta sonante! Qualche volta
quei capi e maggiorenti di villaggi ci si arriva a portarli a
generose offerte. Mi disse chea costo di arrostirlia bocca
asciutta non ci sarebbe restato. Gli credo. Anche i suoi uomini
gli credettero. Non scoppiarono in applausi rumorosi perché erano
un branco piuttosto taciturnoma arrotarono i denti come lupi.
In quanto al tempo la fortuna lo servì bene. Pochi giorni di
bonaccia avrebbero scatenato orrori innominabili a bordo di quello
schoonerma con l'aiuto del vento di terra e di marein meno di
una settimanadopo aver passato gli Stretti della Sondadiedero
fondo alla focea Batu Kringa meno di un tiro di schioppo dal
villaggio di pescatori.
Quattordici di loro si ammassarono nella scialuppa dello schooner
(che era grandetanto che aveva già servito da barca da carico) e
si avviarono su per il fiumeavendo lasciato due di guardia a
bordocon viveri sufficienti a tener a bada la fame per dieci
giorni. La marea e il vento erano in favoree nelle prime ore di
un pomeriggio la grande scialuppa biancacon una vela malandata
e buon vento di mare in poppaarrivò a Patusancol suo
equipaggio di quattordici scelti spauracchi che spingevano avanti
certi loro sguardi vogliosi e affamatile dita ai grilletti dei
loro vecchi fucili. Brown aveva calcolato su una terrificante
sorpresa al suo apparire. Giunsero con l'estrema spinta della
marea; la palizzata del Rajah non diede segno di vita; le prime
case dai due lati del fiume sembravano deserte. Qualche canoa in
piena fuga si vedeva in fondo al tratto diritto del fiume. Brown
rimase stupefatto della grandezza del villaggio. Regnava un
profondo silenzio. Tra le case il vento cadde; misero due remie
seguitarono a risalire il fiumecon l'idea di accamparsi al
centro della città prima che gli abitanti potessero pensare a una
resistenza.
Sembra però che il capo del villaggio a Batu Kring avesse pensato
a mandare in tempo un messaggio d'allarme. Quando la scialuppa
arrivò all'altezza della moschea (costruita da Doramin: un
edificio con comignoli e pinnacoli di corallo lavorato) lo spiazzo
di fronte era tutto pieno di gente. Risuonò un gridoseguito dal
fragore dei gong lungo tutto il fiume. Da un punto elevato
partirono due colpi di cannoncino da sei libbree i bronzei
proietti raggiunsero il tratto dritto e libero del fiume
sollevando getti d'acqua scintillanti nel sole. Davanti alla
moschea una massa d'uomini cominciò urlando una sparatoria che
frustava per traverso la corrente del fiume; dalle due rive la
barca fu presa in mezzo a un fuoco di fucileria irregolare e
continuoe gli uomini di Brown risposero con un fuoco nutrito e
selvaggio: intanto avevano ritirato i remi in barca.
Il flusso dell'alta marea si ritrae velocementein quel fiumee
la barca in mezzo alla correntequasi nascosta dal fumocominciò
a retrocedere di poppa. Anche lungo le due rive il fumo si
addensavastendendosi sotto ai tetti in una striscia orizzontale
come a volte si vedono certi strappi di nuvole allungarsi
tagliando il pendìo di una montagna. Un tumulto di grida di
guerrail clamore vibratorio dei gongil ronfare profondo dei
tamburigli urli di rabbiagli scoppi di fucileria facevano un
chiasso infernalee Brownin mezzo a questo bailammestupefatto
ma fermoal timonesi rodeva l'animain preda a una crescente
ondata di odio e di rabbia contro quella gente che osava
difendersi. Gli rimasero feriti due dei suoi uomini; poi si vide
tagliare la ritirata a valle della città da alcune barche uscite
dalla palizzata di Tunku Allang. Erano seicariche d'uomini.
Mentre era minacciato cosìscorse l'imbocco del ruscello (quello
stesso che Jim aveva saltato a bassa marea). In quel momento era
pieno fino all'orlo: vi diresse la scialuppasbarcaronoea
farla brevesi stabilirono su una piccola alturaa novecento
metri circa dalla palizzatache venivano cosìin fattoa
dominare da quel punto. La collinetta era spoglia sui fianchima
sulla vetta aveva qualche albero. Si diedero a buttarli giù per
farsene un parapetto di difesae avanti buio si trovavano
trincerati abbastanza bene; mentre le barche del Rajahgiù nel
fiumesi tenevano neutrali chissà perché. Tramontato il solei
bagliori di molti fuochi di stoppie illuminarono le rive del
fiumee tra la doppia fila di case sulla sponda più elevata
diedero un nero rilievo ai tettiai gruppi di palme sottiliai
densi agglomerati di alberi da frutto. Brown ordinò di bruciare
tutta l'erba intorno al fortino; un anello di fiamme radenti sotto
al fumo che saliva lento serpeggiò rapido lungo il pendìo
dell'altura; qua e là un cespuglio secco prendeva fuoco con un
muggito forte e maligno. Il fuoco formò un campo libero di tiro ai
fucili della piccola pattugliae morì rosseggiando all'orlo della
foresta e lungo la riva fangosa del ruscello. Una striscia di
giungla lussureggiante nel fosso profondo tra la collinetta e la
palizzata del Rajah fermò il fuoco da quella parte con grandi
schianti e botti dei fusti di bambù che scoppiavano. Il cielo
buiovellutatobrulicava di stelle. Il terreno annerito fumava
tranquillocon qualche ultimo guizzo e pennacchietto qua e là
finchélevatasi una brezzolina leggerasoffiò via ogni cosa.
Brown si aspettava un assalto appena la marea fosse risalita di
quel tanto da permettere alle barche da guerrache gli avevano
tagliato la ritiratadi penetrare nel ruscello. Era comunque
sicuro che ci sarebbe stato un tentativo di portargli via la
scialuppacheferma ai piedi della collinettaformava un
ammasso alto nel buio sul debole appoggio di un piano di fango
umido. Ma le barche sul fiume non si mossero per nulla. Al disopra
della palizzata e degli edifici del RajahBrown vedeva i loro
lumi: sembravano ancorate in mezzo alla corrente. Luci vaganti si
muovevano nel tratto diritto del fiumein continuo movimento da
una sponda all'altra. Delle luci occhieggiavano immobili sui
lunghi muri delle case lungo la rivafino all'ansa del fiume
altre più in là; altre ancora nel retroterra. Il bagliore di
grandi fuochi scopriva edificitettipilastri neri a perdita
d'occhio. Era un villaggio che non finiva più. I quattordici
invasori pronti a tuttolunghi distesi dietro agli alberi
abbattutialzarono il mento per osservare il tumulto della città
che sembrava estendersi per miglia e miglia lungo il fiumee
brulicare di migliaia d'uomini furibondi. Non si scambiavano
parola. Ogni tanto arrivava un grido o uno sparo isolato molto da
lontanochissà dove. Ma intorno alla loro trincea tutto era
immobilebuiosilenzioso. Sembravano dimenticati lìcome se
l'orgasmo che teneva sveglia quella popolazione non avesse nessun
rapporto con lorocome se fossero già morti".
CAPITOLO 39.
"Tutti gli avvenimenti di quella notte hanno una grande
importanzagiacché portarono a una situazione rimasta poi
inalterata fino al ritorno di Jim. Costui da più di una settimana
si trovava nell'internoed era stato Dain Waris a organizzare la
prima difesa. Quel giovane coraggioso e intelligente ('che sapeva
combattere alla maniera dei bianchi') avrebbe voluto sistemar la
faccenda lì per lìma non gli dettero retta: non aveva il
prestigio razziale di Jimné la reputazione di un potere
invincibilesoprannaturale. Non era l'incarnazione visibile
tangibiledella immancabile verità e della immancabile vittoria.
Amatostimato ed ammirato quanto si vuolerestava pur sempre UNO
DI LORO mentre Jim era UNO DI NOI. Inoltrel'uomo biancotorre
di potenza di per se stessoera invulnerabilementre Dain Waris
poteva essere ucciso. Furono questi pensieri impliciti a guidare
l'opinione dei capi della città; i quali stabilirono per
deliberare sul caso d'emergenza di raccogliersi nella fortezza di
Jimquasi per trarre forza e saggezzain assenza dell'uomo
biancodal luogo della sua dimora. Il loro umore era spietato.
Soprattutto i Bugi si sentivano esasperati. Il fuoco dei pirati di
Brown era stato così ben aggiustato o fortunatoche c'era una
mezza dozzina di caduti fra i difensori. I feritistesi sulla
verandavenivano curati dalle loro donne. Le donne e i bambini
della città bassa erano stati raccolti nel forte al primo allarme.
Lì il comando lo aveva Gioiellomolto pratica ed energica
obbedita dalla 'gente propria di Jim' venuta a far da guarnigione
al fortedopo aver abbandonato in blocco la piccola colonia sotto
la palizzata. I rifugiati le si affollavano intorno; e durante
l'intera vicendafino alla sua disastrosissima finela fanciulla
mostrò uno straordinario spirito combattivo. Da lei era corso Dain
Waris subito al primo sentore del pericolo; perché devi sapere che
Jim era il solo in Patusan a possedere una provvista di polvere da
sparo. Steincol quale egli si era tenuto a stretto contatto per
letteras'era fatto rilasciare dal Governo olandese la speciale
autorizzazione di esportarne a Patusan cinquecento barili. Il
magazzino delle polveri era una capannuccia di pali grezzi
interamente coperta di terra; la chiavein assenza di Jimla
teneva la ragazza. Durante il Consiglioche si riunì alle undici
di sera nella stanza da pranzo di Jimessa sostenne l'opinione di
Dain Waris per un'azione immediata e a fondo. Dritta in piedi - mi
han detto vicino alla sedia vuota di Jimal capo estremo del
lungo tavolotenne un discorso di foga così battagliera che lì
per lì strappò mormorii di approvazione da quel concilio di capi.
Il vecchio Doraminche da oltre un anno non rimetteva il naso
fuori dal suo cancellos'era fatto portare a gran fatica.
Naturalmente era lui il personaggio più importante. L'umore del
Consiglio era di non dar quartieree la parola del vecchio
avrebbe potuto essere decisiva; masecondo melui che conosceva
bene l'impetuoso ardimento del figlioquella parola non osò
pronunciarla. Prevalsero i suggerimenti dilatori. Un certo Haji
Saman dimostrò con un lungo discorso che 'quegli uomini tirannici
e feroci erano esposti a una morte sicura in ogni caso: se
restavan fermi sulla loro collinasarebbero morti di fame; se
avessero cercato di raggiungere la barcasarebbero stati uccisi
da tiratori imboscati di là dal ruscello; se avessero spezzato
l'assedio fuggendo nella forestavi sarebbero periti a uno a
uno.' Sostenne che usando opportuni stratagemmi si potevano
annientare i forestieri senza correre il rischio di una battaglia;
e le sue parole furono di gran pesospecialmente per i Patusanesi
del borgoì quali erano molto turbati dal fatto che era mancata
l'azione delle barche del Rajah al momento decisivo. A
rappresentare il Rajah era venuto il diplomatico Kassim. Parlava
pocoascoltava sorridendomolto cordiale e impenetrabile.
Durante la sedutamessaggeri arrivavanosi può direogni due o
tre minuticol resoconto delle mosse degli invasori. Si
spargevano rapidamente le voci più esagerate ed assurde: alla foce
del fiume c'era una grande nave con grossi cannoni e molti altri
uomini... alcuni bianchialtri di pelle nera e d'aspetto
sanguinario. Si erano mossi con molte barche per venire a
sterminare ogni essere vivente. La sensazione di un'oscura
imminenza teneva il popolo in agitazione. A un dato momento si
sparse il panico tra le donne in cortile; strilligran pigia
pigia; bambini che piangevano... Haji Saman uscì a calmarle. Poi
una sentinella sparò contro qualcosa che aveva visto muovere sul
fiumee per poco non ammazzò uno del villaggio che aveva caricato
in una canoa le sue donnei suoi utensili migliori e una dozzina
di pollie veniva a portar ogni cosa nel forte. Questo portò
nuova confusione. Intanto dentro alla casa di Jim seguitavano a
concionare alla presenza della ragazza. Doramin sedutopesante
colla faccia feroceguardava gli oratori uno dopo l'altro e
traeva lunghe soffiate come un toro. Non parlò che all'ultimo
quando Kassim ebbe dichiarato che il Rajah avrebbe ritirato le sue
barcheessendo gli uomini necessari per la difesa alla palizzata
del suo padrone. Dain Warisin presenza del padrenon volle
prendere la parolabenché la ragazza lo supplicasse in nome di
Jim di parlare. Nella sua ansia di veder cacciare subito gli
intrusiella offrì 'la gente propria di Jim.' Ma il giovane
scosse il capo dopo avere una o due volte scambiato un'occhiata
con Doramin. Finalmentequando il Consiglio si sciolseera stato
deciso di far occupare in forza le case più vicine al ruscello per
avere il controllo sulla barca del nemicosenza però toccare la
barca medesimaaffinché i banditi della collina si sentissero
invogliati a imbarcarsinel qual caso una ben aggiustata
fucileria avrebbe senza dubbio fatto strage dei più. Per tagliare
la via di scampo agli eventuali superstiti e impedire ad altri di
venire in rincalzoDain Waris ebbe ordine da Doramin di condurre
un gruppo di Bugi armati lungo il fiume fino a un quindici miglia
a valle di Patusane lì mettere il campo sulla riva bloccando il
fiume con le canoe. Non credo neanche per ombra che Doramin
temesse l'arrivo di rinforzi. Secondo me la sua condotta fu
determinata soltanto dal suo desiderio di tenere il figlio lontano
dal pericolo. Per impedire un irruzione dentro il borgo fu decisa
la costruzione di una palizzata da iniziarsi all'albain capo
alla stradasulla riva sinistra. Il vecchio nakhoda dichiarò di
volerne assumere il comando di persona. Ebbe luogo immediatamente
una distribuzione di polverepallottolee capsule a percussione
sotto la sorveglianza della ragazza. Furono spediti a Jim parecchi
messaggeri in direzioni varienon sapendosi dove precisamente si
trovasse. Queste staffette partirono all'albama ormai Kassim era
riuscito a mettersi in comunicazione con l'assediato Brown.
Quel matricolato diplomatico e confidente del Rajah
nell'abbandonare il forte per tornare dal suo padroneimbattutosi
in Cornelius che se la sgattaiolava zitto zitto tra la gente del
cortilese lo portò in barca con sé. Kassim aveva un progettino
tutto di sua invenzionee pensò di portarsi Cornelius come
interprete. Così accadde che la mattina Brownmentre rifletteva
sulla propria disperata situazioneudì di tra la fitta
vegetazione del fosso paludoso una voce amichevoletremolante
chiocciache gridando in inglese chiedeva con la garanzia
dell'incolumità personale il permesso di salireper
un'importantissima missione. Brown toccò il cielo con le dita. Se
qualcuno gli rivolgeva la parola voleva dire che non gli si dava
più la caccia come a una bestia feroce. Quelle parole amichevoli
lo sollevarono subito dalla terribile tensione di quella
spasmodica vigilanza di ciechi che si aspettano il colpo di grazia
senza veder da che parte può arrivare. Finse una grande titubanza.
La voce si dichiarò 'un uomo bianco. Un povero vecchio rovinato
che viveva lì da anni.' Una nebbia umida e fredda copriva il
pendìo della collinae dopo qualche altro scambio di parole Brown
gridò: 'Vieni suavanti! ma da solobada!' In via di fatto - mi
dissestorcendosi di rabbia al ricordo della sua impotenza - in
fondo era poi lo stesso. Non ci vedevano un metro più in là del
loro nasoe la loro situazione era tale che nessun tradimento
avrebbe potuto peggiorarla. Dopo un po' videro Corneliuscol suo
vestito di tutti i giornifatto d'una camicia e di un paio di
pantaloni strappati e sudicia piedi nudicon in testa un
cappello di fibra dalla tesa tutta smozzicatache si avvicinava
di sbieco alla trinceaesitando e fermandosi in ascoltoquasi
guatando. 'Vieni su! Non c'è pericolo' urlo Brownmentre i suoi
uomini eran lì a occhi sbarrati. Tutte le loro speranze di vita
convergevano su quello straccio meschino e miserabile di nuovo
venutoil qualenel più profondo silenzioscavalcava goffamente
un tronco d'albero abbattutoerabbrividendocol suo viso
acidodiffidentesogguardava quel gruppo di banditi barbuti
ansiosiinsonniche gli facevano corona.
Una mezz'oretta di conversazione amichevole con Cornelius bastò
per aprire gli occhi a Brown sulla situazione interna di Patusan
e a fargli drizzare le orecchie. Possibilità ce n'erano-
moltissime; prima però di prendere in esame le proposte di
Cornelius volle che sulla collina fossero mandati viveri a
garanzia di buona fede. Cornelius se ne andò pian piano e a
ciondolonigiù per la costadalla parte della dimora del Rajah
e dopo un breve intervallo qualcuno degli uomini di Tunku Allang
venne su a portare un po' di riso'chilli' e pesce secco. Poco
ma infinitamente meglio che niente. Più tardi Cornelius ritornò
in compagnia di Kassimche se ne venne avanti con una cera
gioviale e pienamente fiduciosain sandalie avvolto dal collo
alle caviglie in un lenzuolo bianco. Strinse con discrezione la
mano a Browne i tre uomini si appartarono per conferire. Quelli
di Brownripreso animosi davano gran manate sulla schienacon
occhiate d'intesa al loro capitanomentre si eran dati a
tutt'uomo a preparare il rancio.
Kassim non poteva soffrire né Doramin ne i suoi Bugie meno
ancora il nuovo ordine di cose. Si era messo in mente che questi
bianchiinsieme ai seguaci del Rajahavrebbero potuto attaccare
e sbaragliare i Bugi prima del ritorno di Jim. Poine inferiva
sarebbe seguita immediatamente una defezione generale e il regno
dell'uomo bianco paladino della povera gente sarebbe crollato.
Doposi poteva regolare la faccenda coi nuovi alleatiche non
avevano amici. Kassim era pienamente in grado di rilevare certe
differenze di caratterie ne sapeva abbastanza sui bianchi per
capire che questi nuovi venuti erano dei reiettiuomini senza
patria. Brown conservava un contegno duro e imperscrutabile. La
voce di Corneliusa tutta primaquando domandò di esser lasciato
saliregli aveva acceso dentro appena una lieve speranza - di
riuscire a scapparsene da una maglia rotta. In meno di un'ora
nuovi pensieri gli misero la testa in ebollizione. Spinto da
un'estrema necessitàera venuto lì a rubare un po' di viveri
forse qualche tonnellata di gomma o di caucciùo una manciata di
dollari; e si era trovato in un pantano di pericoli mortali. Ora
in conseguenza di quelle profferte di Kassimcominciò a pensare
di rubarsi tutto il paese. Un dannato individuo sembrava che
avesse già fatto qualcosa del genere - e da solo. Ma non ci doveva
esser riuscito proprio a dovere. Forse avrebbero potuto
collaborare: spremere tutta questa roba fino all'ossoe poi
andarsene tranquillamente per i fatti loro. Nel corso dei
negoziati con Kassim gli risultò che la gente lo credeva padrone
di una grande nave e molti uomini in rada. Kassim lo pregò
caldamente di far subito risalire il fiume a questa nave con i
suoi molti cannoni e uominiper metterla al servizio del Rajah.
Brown si dichiarò pronto a farloe su questa base si svolsero i
negoziati con reciproca sfiducia. Tre volte durante la mattinata
il cerimonioso e attivo Kassim scese a consultarsi col Rajah
sempre tornando su con aria affaccendata a gran passi. Brown
durante queste trattativeprovava una specie di acre allegria
pensando al suo schooner scalcinato con nella stiva un mucchio di
immondizie e niente altrodiventato tutto a un tratto un
bastimento armato; e al Cinese e allo zoppoex-ladro di naufragi
raccolto morto di fame sulla spiaggia di Levukache
rappresentavano tutti quei suoi molti uomini. Nel pomeriggio
ottenne un'altra distribuzione di viverila promessa di un po' di
danaroe una provvista di stuoie da farsene dei ripari per i suoi
uomini. Questi si distesero a terra e si misero a russare
protetti dal sole cocente; ma Brownseduto bene allo scoperto su
uno degli alberi abbattutisi rallegrò la vista con lo spettacolo
della borgata e del fiume. C'era molta grazia di Dio laggiù.
Corneliusche si sentiva ormai a casa sua nell'accampamento
standogli a fiancogli parlava e gli segnava a dito le varie
localitàgli dava consiglie la propria interpretazione della
personalità di Jimcommentando a modo suo gli avvenimenti degli
ultimi tre anni. Brownin apparenza distratto e con gli occhi
sempre altroveascoltava però con attenzione senza perdersi una
parola; ma non riusciva a veder chiaro che razza d'uomo potesse
essere questo Jim. 'Come si chiama? Jim! Jim! Un po' poco per un
nome d'uomo.' 'Qui lo chiamano' fece Cornelius con sarcasmo
'Tuan Jimossia Lord Jimcome direste voialtri.' 'Chi è? Di dove
esce?' domandò Brown. 'Che tipo d'uomo è? E' inglese?' ' Sìsìè
inglese. Anch'io sono inglese. Di Malacca. E' uno stupido. Non hai
che da ammazzarlo e qui sarai tu il re. Qui è tutto suo' spiegò
Cornelius. 'Mi sa che tra non molto dovrà rassegnarsi a dividere
il suo con qualcun altro' commentò Brown a mezza voce. 'Nono.
La cosa da fare è di ammazzarlo alla prima occasioneche allora
puoi fare quello che ti paredopo' insisteva Cornelius con
calore. 'Vivo qui da molti annie ti do un consiglio da amico.'
In tali conversazionie nel compiacimento della vista di Patusan
che aveva deciso in cuor suo di far sua predaBrown passò gran
parte del pomeriggio mentre i suoi uomini riposavano. Quel giorno
la flotta di canoe di Dain Warisscivolando a una alla volta
lungo la sponda opposta al ruscelloscese a chiudere il fiume per
tagliargli la ritirata. Di questo Brown non si rese contoe
Kassimsalito alla collina un'ora prima del tramontosi guardò
bene dal metterlo al corrente. Desiderava che la nave dell'uomo
bianco risalisse il fiume; e temeva che queste notizie lo
avrebbero trattenuto dall'impresa. Insistette molto con Brown
perché mandasse l''ordine' offrendoglinel medesimo tempouna
staffetta di fiducia cheper maggior segretezza (spiegò)avrebbe
preso la via di terra per la foce del fiumea consegnare
1''ordine' a bordo. Dopo una breve riflessioneBrown trovò più
spiccio strappare un foglio dal suo taccuino e scriverci su queste
semplici parole: 'Andiamo bene. Grosso affare. Trattenete l'uomo.'
Lo stolido giovane scelto da Kassim per far da staffetta eseguì
fedelmente la missionee venne ricompensato subito con un bel
volo a testa avanti nella stiva vuotache gli fecero fare l'ex
vagabondo e il Cinesei quali si affrettarono a chiudere i
boccaporti. Come gli andò a finireBrown non me lo disse".
CAPITOLO 40.
"Scopo di Brown era di guadagnar tempo trastullandosi con la
diplomazia di Kassim. Per far un colpo sul serio non poteva
esimersi dal pensare che bisognava senz'altro lavorarsi l'uomo
bianco. Non poteva immaginare che un tipo simile (che doveva
essere maledettamente abiledopo tuttoper tenere in mano a tal
punto gli indigeni) rifiutasse un'alleanza che gli avrebbe
eliminata la necessità di quei lenti raggiricauti e rischiosia
che costringe l'unica linea di condotta possibile per un uomo
solo. LuiBrowngli avrebbe apportato la forza. Impossibile
esitare. Tutto stava arrivare a un'intesa chiara. Naturalmente
avrebbero poi fatto a mezzo. L'idea che ci fosselìun forte
prontoa portata di mano - un vero forte con la sua artiglieria
(glie l'aveva detto Cornelius) lo eccitava. Bastava far il primo
passoche poi... Avrebbe imposto condizioni modeste. Non troppo
però. Quello - a quanto pareva - non era un imbecille. Avrebbero
lavorato da buoni fratellifinché... finché non fosse venuto al
momento opportuno un litigio e una fucilata a sistemare tutti i
conti. Nella sua spasmodica impazienza di saccheggioavrebbe
voluto già trovarsi a colloquio con quell'uomo. Quella terra gli
sembrava già suada farla a pezzistrizzarlae buttarla via.
Intantobisognava tenersi buono Kassimprima di tutto per via
dei viveri - e poi avere un rinforzo. L'essenzialeper oraera
di aver da mangiare giorno per giorno. D'altra parte era anche
disposto a combattere per il Rajahpur di dare una lezione a
quella gente che l'aveva ricevuto a colpi d'arma da fuoco. Lo
spirito di battaglia era in lui.
Mi rincresce non saperti riferire questo brano della vicenda che
naturalmenteho saputo per la maggior parte da Brown - con le sue
stesse parole. C'era nel fraseggiare rottoviolento di
quell'uomoche metteva a nudo dinanzi a me i suoi pensieri con la
Morte alla golauna sfrenata crudeltà di propositiuno strano
atteggiamento di vendetta contro il proprio passatoe una cieca
fede nel buon diritto della sua volontà contro l'umanità intera;
un sentimento molto vicino a quello che poté permettere al capo di
un'orda di tagliagole vaganti di chiamarsi con orgoglio il
Flagello di Dio. Senza dubbio la naturale ferocia insensata che è
al fondo di simili caratteri si esasperava in lui per
l'insuccessol'avversa fortuna e le recenti privazioninon meno
che per la condizione disperata in cui Brown si trovava; ma la
cosa più straordinaria era chementre progettava false alleanze e
aveva già deciso in cuor suo il destino dell'uomo biancoe
complottava con aria di superiore degnazione con Kassim
risultasse così chiaroquasi suo malgradoil suo vero desiderio:
che era quello di mettere a ferro e fuoco quel borgo della giungla
che lo aveva sfidato e di vederlo disseminato di cadaveri e
avvolto nelle fiamme. Ascoltando la sua voce spietata e affannosa
potevo figurarmi come se lo contemplava dall'alto della collina
popolandolo d'immagini di strage e di rapina. Il quartiere più
prossimo al fiume pareva deserto alla vistabenché in realtà ogni
casa nascondesse qualche uomo armato e all'erta. A un tratto
molto di là della vasta piana incoltacosparsa di ciuffi di bassa
e fitta vegetazionedi buchedi mucchi di rifiutie tagliata da
sentieriun uomo solitarioche pareva piccolo piccolose ne
uscì tranquillamente all'aperto per la strada deserta tra le
costruzioni chiusebuiesenza vitain capo al paese. Forse uno
degli abitantifuggito all'altra sponda del fiumee tornato a
prendere qualche oggetto d'uso domestico. Evidentemente si
riteneva del tutto sicuro a quella distanza dalla collina
dall'altra parte del ruscello. Una debole palizzatatirata su in
frettasi ergeva lì vicinoallo svolto della stradapopolata
dai suoi amici. Si muoveva a suo agio. Brown lo videe chiamò
immediatamente il disertore yankee che fungeva in certo modo da
sottocomandante. Questo spilungone dinoccolato si avvicinòcon la
sua faccia di legnotrascinandosi dietro svogliato il suo fucile.
Quando capì che cosa si voleva da luicon ghigno omicida e
vanesio scoprì i dentimentre due rughe profonde gli solcarono le
guancie giallastre e coriacee. Si vantava di essere un tiratore
infallibile. Piegato un ginocchioe mirando con la canna
appoggiata solidamente ai rami ancora frondosi di un albero
abbattutosparòe subito si alzò a guardare. L'uomo laggiù volse
il capo al rumorefece ancora un passosembrò esitaree di
colpo cadde sulle ginocchia e sulle mani. Nel silenzio che seguì
al colpo secco del fucileil tiratore infallibiletenendo gli
occhi fissi sulla predaosservò che 'la salute di quel tanghero
lì non avrebbe più dato dispiaceri ai suoi amici.' Si vedevano gli
arti della vittima agitarsi sotto il suo corpo nel tentativo di
avanzare carponi. In quello spazio vuoto sali un grido collettivo
di sgomento e di sorpresa. L'uomo cadde distesobocconie non si
mosse più. 'Per far vedere a quella gente cosa potevamo fare noi'
mi disse Brown. 'E mettergli in corpo la paura della morte
improvvisa. Questo ci occorreva. Erano duecento contro unoed
ecco che davamo loro un argomento da ripensarci su la notte.
Primanessuno di essi aveva mai avuto neanche l'idea di un tiro
così lungo. Quello straccione dell'uomo del Rajah scappò giù per
la collina con gli occhi fuori della testa.'
Mentre mi parlava cosìcercò di tergersi con mano tremante un po'
di schiumetta di sulle labbra violaceeche si contorcevano.
'Duecento contro uno. Duecento contro uno... metterli in
terrore... terrore; terroreglie lo dico io...' Anche a lui gli
occhi strabuzzavano fuori dell'orbita. Ricadde all'indietro
annaspando l'aria con dita nodosesi tirò su di nuovocurvo e
irsutoe mi squadrò di traverso con occhi infocaticome l'orco
delle favolecon la bocca aperta nella sua agonia orribile e
miserandaprima di poter riprendere la parola dopo quell'attacco.
Certi spettacoli uno non se li scorda più.
Inoltreper attirare il fuoco avversario e individuare le
pattuglie che potevano nascondersi nei cespugli lungo il ruscello
Brown ordinò all'isolano delle Salomone di scendere fino alla
barca e di portar su un remocome si ordina a un cane di
riportare un bastone gettato in acqua. La manovra fallì e l'uomo
tornò senza che da nessuna parte gli avessero sparato un colpo.
'Non c'è anima viva' concluse qualcuno. 'E' assurdo' osservò lo
Yankee. In realtàKassim se n'era andato un po' scosso e un po'
contentoma anche inquieto. Fedele alla sua politica tortuosa
aveva mandato un messaggio a Dain Warisavvertendolo di tener
d'occhio il barco degli uomini bianchi che- secondo le sue
informazioni - era sulle mosse per risalire il fiume. Ne
sottovalutò la potenza ed esortò Waris ad impedirgli il passaggio.
Questo doppio giuoco rispondeva al suo scopo che era quello di
tener divise le forze Bugi e di indebolirle col combattimento.
D'altra partenel corso della giornataaveva passato parola ai
capi Bugi adunati in paeseassicurandoli che stava tentando di
indurre gli invasori a ritirarsi; e intanto con messaggi al forte
chiedeva insistentemente polvere per gli uomini del Rajah. Era
passato molto tempo da quando Tunku Allang aveva ricevuto le
ultime munizioni per quella ventina di vecchi moschetti che si
arrugginivano nelle rastrelliere della sala delle udienze. I
palesi rapporti fra la collina e il palazzo turbavano gli spiriti.
Si cominciava a dire che era tempo che gli uomini prendessero
partito. Presto ci sarebbe stato molto spargimento di sanguee
quindi gran dolore per molta gente. La tela sociale di vita
ordinatapacificain cui ogni uomo era sicuro del domani
l'edificio che Jim aveva costruito con le proprie manisembrava
quella sera sul punto di crollare in rovina e nel sangue. I più
poveri già si davano alla macchia o fuggivano su per il fiume. Un
buon numero di quelli delle classi più elevate si credettero in
dovere di andar a fare la corte al Rajah. Ma i giovanotti al
servizio del Rajah li presero rudemente a spintoni. Il vecchio
Tunku Allangquasi fuori di sé dalla paura e dall'indecisioneo
li accolse in silenzioimmusonitoo li insolentì violentemente
perché avevano osato venire a mani vuote; sicché quelli se ne
andarono spaventatissimi. Soltanto il vecchio Doramin teneva in
pugnocompattii suoi compaesani e seguiva inflessibile la sua
tattica. Seduto maestosamente in una grande poltrona dietro la
palizzata improvvisataimpartiva i suoi ordini con un boato roco
e profondo; impassibile come se fosse stato sordotra quel
fluttuar dl notizie.
Calò il crepuscolo e nascose prima il corpo del mortoche era
stato lasciato lì disteso con le braccia apertequasi inchiodato
al terreno; poi la sfera volvente della nottenel suo dolce moto
pèndula sopra la Patusanversò sulla terra lo scintillio di
innumerevoli mondi. Di nuovonella parte scoperta del borgo
fiammeggiarono grandi fuochilungo l'unica stradae spiccarono a
intervallinei bagliorile linee rette dei tetti a spiovente
confusi frammenti di murie qualche capanna qua e là tutta intera
contro luce sulle dritte linee nere di un gruppo di pali altie
tutta una striscia di abitazionisvelata a trattisembrava
palpitar con la luce delle fiamme lungo la linea tortuosa del
fiume fino alla zona di buio nel cuore dei paese. Un grande
silenzioin cui ardeva silenziosa la fila dei fuochisi stendeva
nelle tenebre ai piedi della collina; ma dall'altra riva del
fiumetutta buia con un'unica fiamma solitaria sulla sponda
prospiciente il fortiliziogiungeva per l'aria un crescente
brulichìocome lo scalpicciare di una moltitudineil sussurro di
molte vocio il rumore di una cascata lontanissima. Fu quello il
momentomi confessò Brownin cuistando seduto a guardare tutto
ciòcon le spalle voltate ai suoi uomininonostante il suo
disprezzo per gli altri e la sua fede assoluta in se stessoebbe
viva la sensazione di aver sbattuto alla fine la testa contro un
muro di pietra. Se la sua barca in quel momento non fosse stata in
seccoavrebbe tentato probabilmente di svignarselaaffrontando
il rischio di un lungo inseguimento sul fiume e di una lunga fame
per mare. Non è gran che sicuro se ce l'avrebbe fatta a scappare.
Comunquenon ci provò neanche. Un momento dopo gli balenò l'idea
di tentare un assalto di sorpresa contro il borgoma si rese
subito conto che alla fine si sarebbe trovato nella strada
illuminatae dalle case li avrebbero ammazzati tutti come cani.
Erano duecento contro uno - pensò - mentre i suoi uomini
accoccolati intorno a due mucchi di brage semispentabiascicavano
le ultime banane e arrostivano quelle poche patate che aveva loro
procurato la diplomazia di Kassim. Cornelius sedeva fra loro
sonnecchiandoscontento.
Allora uno dei bianchi si ricordò che era rimasto un po' di
tabacco nella barcaespinto dall'esempio fortunato dell'isolano
delle Salomonedisse che sarebbe andato a prenderlo. A quell'idea
tutti si riscossero dalla loro malinconia. Brownquando si sentì
chiedere il permessorispose sprezzante: 'Va'e Dio ti...' Non
pensava ci potesse esser pericolo a scendere al ruscello di notte.
L'uomo scavalcò un tronco e scomparve. Un attimo dopo lo sentirono
arrampicarsi sulla barca e uscirne. 'Trovato!' gridò. Un lampo e
un colpo proprio ai piedi della collina. 'Mi hanno pizzicato'
urlò l'uomo. 'Attentiattenti... mi hanno ferito' e
immediatamente partì una scarica di tutti i fucili. La collina
rovesciò fuoco e fragore nella notte come un vulcano in miniatura
e quando Brown e lo Yankee a furia di bestemmie e di pugni furon
riusciti a fermare quella sparatoria della pauraun gemito stanco
e profondo salì dal ruscelloseguìto da un lamento di una così
accorata desolazione che raggelava il sangue nelle vene come un
veleno. Poi una voce forte pronunciò alcune parole distinte e
incomprensibili da un punto oltre il ruscello. 'Nessuno spari'
gridò Brown. 'Che cosa dice?'... 'Voi della collinami sentite?
Mi sentite? Mi sentite?' ripeté la voce tre volte. Cornelius
tradussee poi suggerì la risposta. 'Parla' gridò Brown. 'Ti
sentiamo.' Allora la vocedeclamando col tono turgido e roboante
di un araldoe spostandosi continuamente sull'orlo della
brughiera invisibileproclamò che tra gli uomini di razza Bugi di
Patusan e gli uomini bianchi sulla collina e loro partitanti non
poteva esserci né fede né pietà né discorsi né pace. Un fruscìo in
un cespuglioe partì una fucilata a casaccio. 'Maledetta
stupidità' borbottò lo Yankeebattendo seccato il calcio del
fucile in terra. Cornelius tradusse. Il feritoai piedi della
collinadopo aver gridato due volte: 'Venitemi a prendere -
venitemi a prendere' continuò a gemere e lamentarsi. Finché si
era tenuto sul terreno buio del pendìoe poi accoccolato nella
barcaera rimasto abbastanza al sicuro. Ma pare che nella sua
gioia di aver ritrovato il tabacco si fosse lasciato andare
saltando fuori dalla barca dalla parteper così direesterna. La
scialuppa biancaalta così tutta in seccofece spiccare netto il
suo profilo; il ruscello non era largo più di sette metri in quel
puntoe capitò che in un cespuglio sull'altra sponda ci si fosse
appostato un uomo.
Era un Bugi di Tondanovenuto da poco a Patusane parente
dell'uomo ucciso nel pomeriggio. Quel famoso tiro a lunga portata
aveva davvero sgomentato i presenti. Quel disgraziatoche se ne
stava così sicurocolpito davanti agli occhi dei suoi amicicon
ancora sulle labbra una parola di scherzoe l'atrocità
particolare che gli indigeni vedevano in quell'omicidioaveva
suscitato tra loro un profondo rancore. Quel parente del mortoun
certo Si-Lapasi trovava in quel momento a pochi metri da lui
con Doramindentro la palizzata. Tu che conosci quei tipi devi
ammettere che quel Si-Lapa mostrò un ardire non comune quando si
offerse di portare il messaggio da solodi notte. Trascinandosi
carponi attraverso il terreno scopertoaveva deviato a sinistra e
s'era trovato di fronte alla barca. Spaventato dal grido dell'uomo
di Brownsi mise a sedere col fucile appoggiato alla spallae
quando l'altro saltò fuori allo scoperto fece scattare il
grilletto e piazzò di punto in bianco tre pallettoni nella pancia
di quel disgraziato. Poisteso a terra bocconifece il morto
quando quella grandinata di piombo gli tagliuzzò e frustò i
cespugli a due dita da luisulla destra. Poi lanciò il suo
proclama gridandopiegato in duee tenendosi costantemente al
coperto. Detta l'ultima parola fece uno scarto di fiancose ne
stette un po' lì chiotto chiottoe quindi se ne tornò sano e
salvo tra le caseessendosi acquistato in quella notte una
rinomanza che i suoi figli non lasceranno tanto facilmente
dimenticare.
Intanto sulla collina quella banda di derelitticol capo tra le
maniaveva lasciato spegnersi i due mucchietti di brage. Sedevano
tristissimi per terraa labbra compresse e occhi bassi
ascoltando i lamenti del loro compagno lì disotto. Era un uomo
robusto e stentò a morirecon gemiti ora alti ora abbassati fino
a un curioso tono di sofferenze confidate in un sussurro. Qualche
volta urlavapoidi nuovodopo un intervallo di silenziolo si
sentiva borbottare una lamentela lunga e inintelligibilein
delirio. Non smetteva un momento.
'A che serve?' aveva detto Brownimpassibilevedendo lo Yankee
il quale aveva bestemmiato fino allora sottovoceprepararsi a
scendere. 'Difatti' assentì il disertorerinunciando a
malincuore. 'Non c'è niente per i feriti quassù. Soltantoquesta
lagna può mettere in capo agli altri troppi pensieri dell'al di
làcapitano.' 'Acqua!' gridò il ferito con voce
straordinariamente chiara e vigorosae poi riprese a lamentarsi
fioco. 'Sìacqua. L'acqua ti sistemerà' borbottò tra i denti
l'Americano con aria rassegnata. 'Anche troppatra un momento; la
marea risale.'
Risalì difattisommergendo gemiti e grida di dolore. L'alba era
vicina quando Brownseduto di fronte a Patusan col mento sul
palmo della manocome chi fissa il fianco di una montagna
inaccessibileudì il breve e secco latrato di un cannoncino di
bronzo da sei libbre laggiù lontanoda un punto del borgo. 'Che
è?' domandò a Cornelius che gli era sempre ai panni. Cornelius si
mise in ascolto. Un mugghìo di grida soffocate corse lungo il
fiume per tutta la città; un grande tamburo cominciò a rullare
altri risposeropulsando e ronfando. Minuscole luci cominciarono
a scintillare qua e là nella parte buia del paesementre dalla
parte illuminata dalla fila di fuochi saliva sempre il brusìo
profondo e prolungato. 'E' arrivato' fece Cornelius. 'Come? Già?
Sei certo?' domandò Brown. 'Sì! Sì! Certissimo. Senti questo
rumore.' 'Perché fanno tanto chiasso?' soggiunse Brown. 'Per la
gioia' stronfiò Cornelius; 'è un vero grand'uomomatutto
sommatoè anche un bamboccioe così fanno molto rumore per
dargli piacere perché sono degli stupidi.' 'Senti un po'' fece
Brown'come si fa per arrivare fino a lui?' 'Verrà lui a
parlarti' dichiarò Cornelius. 'Che vuoi dire? Che verrà a farsi
una passeggiatina per questi paraggi?' Cornelius annuì
vigorosamente col capo nel buio.
'Sì. Verrà qui dritto dritto a parlarti. E' proprio uno scemo.
Vedrai quant'è scemo.' Brown non ci poteva credere. 'Vedrai
vedrai' ripeteva Cornelius. 'Non ha paura - non ha paura di
nulla. Verrà a ordinarti di lasciar in pace la sua gente. Tutti
devono lasciar in pace la sua gente. E' un bamboccio. Verrà dritto
da te.' Ahimè! conosceva bene Jim - quel 'vigliacchetto' come lo
chiamò Brown parlando con me. 'Proprio così' soggiunse Cornelius
con ardore'e alloracapitanotu devi dire a quell'uomo alto
col fucile di sparargli addosso. Ammazzalo; e metterai addosso a
quelli là un tale spavento chedopopotrai fare quello che vuoi.
Ah! ah! ah! ah! Bello...' Stava quasi ballando per l'impazienza e
la smaniae Brownguardandolo di traversovedevaspietatamente
illuminati dall'albai suoi uomini fradici di guazzaseduti tra
le ceneri freddein mezzo al disordine dell'accampamento
stracciatismunti e avviliti".
CAPITOLO 41.
"Fino all'ultimissimo momentofinché non li assalì d'un balzo il
giorno chiaroi fuochi sulla riva occidentale fiammeggiarono
lucidi e splendenti; e allora Brown vide in un gruppo di indigeni
immobili tra le case più vicineun uomo vestito all'europeacon
il cascotutto bianco dalla testa ai piedi. 'E' lui; guarda!
guarda!' fece Corneliuseccitato. Tutti gli uomini di Brown erano
saltati su e facevano ressa alle sue spalle con occhi spenti. Il
gruppo di vivaci colori e faccie scurecon la figura bianca nel
mezzostava osservando la collina. Brown vedeva braccia nude
alzate a far solecchioe altre braccia brune tese a indicare.
Cosa doveva fare? Si guardò intorno; le foreste di controda ogni
latosembravano le pareti di un'arena per un duello ineguale.
Guardò un'altra volta i suoi uomini. Gli si agitavano in petto
disprezzostanchezzadesiderio di viverevoglia di fare ancora
un tentativo per raggiungere con miglior fortuna una diversa
sepoltura. Dal modo come si profilava la figuragli sembrò che
l'uomo biancolaggiùspalleggiato da tutto il paese stesse
esaminando la sua posizione col binocolo. Brown salì in piedi su
un troncoalzando le braccia con le palme in fuori. Il gruppo di
colore si contrasse ed allargò due volte prima che l'uomo bianco
ne fosse fuori per avanzare lentamenteda solo. Brown rimase in
piedi sul tronco finché Jimapparendo e scomparendo tra gli
sterpetiebbe quasi raggiunto il ruscello; allora saltò giù e gli
andò incontro dalla parte sua.
S'incontrarono non molto lontanodirei - o forse proprio
esattamente - nel punto dove Jim aveva fatto il secondo salto
disperato della sua vita - quello che lo trapiantò nella vita di
Patusannella fedenell'amorenella fiducia del popolo. Si
guardarono in faccia dalle opposte rive del ruscello e con occhi
fermi cercarono di comprendersi a vicenda prima di aprire bocca.
Il loro antagonismo dovette risultare chiaro a colpo d'occhio: io
so che Brown odiò Jim al primo sguardo. Qualunque speranza avesse
concepitosvanì di colpo. Quello non era l'uomo che si aspettava.
Lo odiò per questo - enella sua camicia a quadretti dalle
maniche cortela barba grigiala faccia smunta e abbronzata
maledisse in cuor suo la gioventù e la sicurezza dell'altroi
suoi occhi limpidi e il suo portamento tranquillo. Quel ragazzo ne
aveva della strada davanti a sé! Non pareva il tipo proclive a
cedere qualche cosa per procacciarsi aiuti. Aveva tutti i vantaggi
per sé: possessosicurezzapotenza; stava col partito di gran
lunga dominante. Non era né alla fame né alla disperazionee non
sembrava avere minimamente paura. Perfino nella lindura degli
abiti di Jimdal casco bianco alle mollettiere di telaalle
scarpe pulite col bianchettoc'era qualcosa che agli occhi
torbidi e corrucciati di Brown sembrava appartenere a un mondo da
lui sempre vilipeso e sconfessato col tenore stesso della sua
vita.
'Chi sei?' domandò Jim alla finecol suo tono di voce naturale.
'Mi chiamo Brown' rispose l'altro a voce alta. 'Capitano Brown. E
tu?' Ma Jimdopo una breve pausaproseguì tranquillamentecome
se non avesse sentito. 'Che cosa ti ha condotto qui?' 'Vuoi
saperlo?' ribatté Brown amaramente. 'E' presto detto. La fame. E
tu?'
'Quell'individuo trasalì a questa domanda' mi diceva Brown
riferendomi quella strana conversazione tra due uomini separati
soltanto dal letto fangoso del torrentema ai poli opposti di
quel concetto della vita che include l'umanità tutta intera.
'L'individuo trasalì e si fece tutto rosso in faccia. Troppo in
alto per sopportar domandeimmagino. Gli dissi che se mi
considerava un uomo morto da pigliar sottogambalui in fondo non
si trovava affatto in acque migliori: che io avevo un tipo lassù
il quale non gli levava un momento la mira di dosso e aspettava
soltanto un segno da me. Non c'era niente di male in questo. Era
venuto lì di sua spontanea volontà. - Riconosciamo d'accordo -
gli dissi- che siamo due uomini mortie ragioniamo su questa
base da pari a pari. Non siamo tutti uguali davanti alla morte? -
dissi. Ammisi di essercilìcome un topo in trappolama ci
eravamo stati tirati per forzae anche un topo in trappola può
dare un morso. Mi ribatté subito: - No: se non ci si avvicina alla
trappola finché non è morto. - Gli dissi che un giochetto del
genere andava bene per quei suoi amici indigenima che lo credevo
troppo bianco per trattare a quel modo anche un topo. Sì
desideravo ragionare con lui. Non per pregarlo di salvarmi la
vitaperò. I miei compagni erano... beh!... quello che erano;
uomini come luiin ogni modo. Tutto quel che gli chiedevamo era
di farsi avantiaccidenti al diavoloe finirla. - Maledizione! -
dissimentre lui stava lì fermo impalato- non vorrai mica
venire quaggiù ogni giorno col cannocchiale a contare quanti di
noi sono ancora in piedi. Avanti. Scatenaci contro la tua
maledetta genteo lasciaci andare a morir di fame per il mare
apertoperdio! Sei stato biancouna voltacon tutte le tue
chiacchiere e che questo popolo è il tuoe che tu sei uno di
loro. Lo sei davvero? E che diavolo ne ricavi? Che hai trovato qui
così maledettamente prezioso? Eh? Non vuoi averci qui tra i piedi
eh? Siete duecento contro uno. Non vuoi che scendiamo in campo
aperto. Ah! parola mia che vi faremo divertire prima di finirla.
Mi parli di un assalto da vigliacco contro gente che non mi aveva
fatto nulla. Che me n'importa se non mi hanno fatto nullaquando
io muoio di fame senza aver fatto quasi nulla neanche io? Ma non
sono un vigliacco. Non esserlo neanche tu. Portali qui o se no
per tutti i diavoliti mandiamo in fumo e in cielo con noi metà
del tuo paese che non ha fatto nulla! -'
Era orrendoin questo suo raccontarequello scheletro torturato
e rattrappitocol viso sulle ginocchiasopra un letto squallido
in quell'orribile tugurioe che rialzava la testa per guardarmi
con aria di trionfo maligno.
'Ecco che cosa gli dissi - sapevo che cosa bisognava dire'
ripreseda prima fievolema eccitandosi via via con incredibile
crescendofino a uno scoppio focoso di disprezzo. '- Non vogliamo
mica cacciarci nella foresta a vagolare come una fila di scheletri
vivia cadere uno dopo l'altroe che le formiche ci vengano
addosso prima ancora d'esser morti del tutto. Eh no... - Non
meritate un destino migliore -fece. - E tu che cosa meriti? -
gli gridai- infrattato quia empirti la bocca con la tua
responsabilitàe le vite innocentie il tuo maledetto dovere?
Che sai di me più di quanto io so di te? Io sono venuto qui a
cercar da mangiare. Capito? da riempirci la pancia. E tuche cosa
sei venuto a cercare? Che hai domandato arrivando qui? Non ti
chiediamo altro che di darci battaglia o via libera per tornare là
da dove siamo venuti... - Io la battaglia te la darei anche subito
-fa lui tirandosi i baffetti. - E io ti lascerei sparare su di
me e tanti saluti! ribattei. - Sarebbe per me un trampolino come
un altro. Sono stufo della mia maledetta scarogna. Ma sarebbe
troppo facile. Ci ho i miei uomini con me nella nassa - e perdio
non sono tipo da levarmi dagli impicci lasciandoci lorosangue di
Giuda! dissi. Rimase lì un momento sopra pensieroe poi volle
sapere cos'avessi fatto (- laggiù- dicecon un cenno del capo
al fiume a valle) per essere ridotto così. - Ci siamo forse dati
appuntamento per raccontarci la storia della nostra vita? - gli
domandai. - Comincia un po' tu. No? Behnon muoio certo io dalla
voglia di starla a sentire. Tientela per te. So che non vale più
della mia. Ho vissuto... come hai fatto tubenché tu parli come
uno di quelli che dovrebbero aver le ali per andare in giro senza
toccare questa sporca terra. Beh... sporca èe io non ho ali.
Sono qui perché una volta nella mia vita ho avuto paura. Vuoi
sapere di che? Della prigione. Quella mi spaventae non m'importa
di fartelo sapere - se ti serve. Io non voglio domandarti che
spavento ti ha cacciato in questo buco d'infernodove sembri aver
trovato da far bene. E' la tua sorte; la mia è questa: il
privilegio di chiedere come una grazia di essere ammazzato subito
o di esser cacciato a calci a morir di fame a modo mio... -'.
Il suo capo emaciato vibrava di un'esultanza veementesicura e
malignacome se avesse cacciato via la morte che lo aspettava in
quella catapecchia. Il cadavere del suo matto amor proprio si
sollevava da quegli stracci e da quella miseria come dal buio
orrore di una tomba. E' impossibile dire quanto avesse mentito con
Jim allorao quanto mentisse con me adesso - e con se stesso
sempre La vanità gioca dei tiri mancini alla nostra memoriae la
verità del sentimento vuol esser tenuta viva da un po' di
finzione. Già davanti alla porta dell'altro mondo in veste di
mendicanteaveva preso a schiaffi questo mondo quigli aveva
sputato in facciagli aveva scaricato addosso quel cumulo di
disprezzo e di rivolta che era al fondo delle sue malefatte. Li
aveva vinti tutti - uominidonneselvaggimercantimascalzoni
missionari... e Jimquello straccione dal viso di carne cruda. Io
non gli contrastavo quel suo trionfo 'in articulo mortis'
quell'illusione quasi postuma di essersi messo tutta la terra
sotto i piedi. Mentre si vantava con menella sua agonia sordida
e ripugnantenon potevo trattenermi dal pensare alle allegre
chiacchiere che circolavano sulla sua famosa avventura al tempo
del suo massimo splendore: quandoper un anno e più la nave di
Brown il Gentiluomo si vedevaper molti giorni di seguito
attardarsi nei dintorni di Erromangavicino a un'isoletta col suo
orlo verde in mezzo all'azzurroe il puntino nero della Missione
sulla spiaggia bianca; quando Brown il Gentiluomoa terra
stregava col luccichio della propria fama una giovane donna
romantica cui la Melanesia aveva già fatto girare il cervelloe
al marito di lei faceva balenare il miraggio di una conversione
strabiliante. Il pover'uomoqualche voltas'era fatto sentire a
esprimere la speranza di 'avviare il Capitano Brown per una strada
migliore nella vita...' 'Imbarcare il Gentiluomo Brown alla volta
della Gloria celeste' - come disse un giorno un vagabondo
dall'occhio maligno - 'se non altro per far vedere lassù com'è
fatto un capitano di lungo corso del Pacifico Occidentale.' E
questo era l'uomo - eccolo lì - che aveva rapito una moribondae
lagrimato sul suo cadavere.' 'Esaltato come un bambino' non si
stancava mai di raccontare il suo secondo di allora'e che gusto
ci trovassech'io possa essere ammazzato a calci da una carogna
di Kanaka se lo so. Signori miei! Era già troppo aggravata per
riconoscerloquando la portò a bordo; stava lì a pancia all'aria
nella cuccetta di Brown a fissare il trave con degli occhi
tremendamente lucidi... e poi morì. Qualche sorta di febbre
maligna direiaccidenti!...' Mi ritornavano a mente queste storie
mentreasciugandosi la massa incolta della barba con la mano
livida e ossutaBrowndal fondo del suo ripugnante giacigliomi
raccontava come s'era rigiratoincocciato e tirato a bordo quello
làquel tipo immacolato di santarellino. Dio lo fulmini! Ammise
che quello non era uomo da lasciarsi impressionarema che un modo
c'era'largo come una strada maestraper arrivargli al cuore e
rivoltargli quella sua anima da due soldidi dentro e di fuori
dall'alto e dal bassotutta sottosopraper Dio!'".
CAPITOLO 42.
"Non credo che Brown fosse in grado di gettare più che uno sguardo
appena su quella 'via maestra.' Sembra tuttavia che quanto vi
aveva veduto lo avesse lasciato perplessoperché s'interruppe più
di una volta nel suo racconto per esclamare: 'Qui mi sfuggì quasi
di mano. Non riuscivo ad agganciarlo. Ma chi era dunque?' E dopo
avermi guardato con occhi stralunatiriprendeva a narrarecon
giubilo e scherno. A me la conversazione di quei due sulle sponde
opposte del ruscello fa l'effetto di uno dei duelli più mortali
che il Destino abbia mai contemplato con gli occhi gelidi della
sua prescienza finale. Nonon riuscì a voltar sottosopra l'anima
di Jimmase proprio non m'ingannodovette trasfondere in
quello spirito così fuori dalla sua portatal'amarezza di
quell'incontrotuttafino alla feccia. Questi erano gli emissari
con i quali il mondoa cui aveva rinunciatolo veniva a scovare
nel suo rifugio: i bianchiprovenienti da 'laggiù'dove non si
sentiva degno di vivere. Solo questo gli arrivava: minacciaurto
pericolo per il suo lavoro. Immagino che fosse questo senso di
tristezzatra il risentito e il rassegnatoche risalta nelle
poche sporadiche parole di Jima rendere Brown così per plesso di
fronte a quel carattere per lui indecifrabile. Certi grandi uomini
devono la maggior parte della loro grandezza al dono di saper
riconoscere in quelli che si scelgono a strumenti di lavorole
precise qualità che servono a loro; e Browncome se fosse stato
davvero grandeaveva il dono satanico di scoprire i lati migliori
e quelli peggiori delle sue vittime. Mi ammise che Jim non era di
quelli che si possono vincere umiliandosie quindi ebbe cura di
assumere l'aspetto di un uomo che affronta impavido fortuna
avversamala fama e rovine. Il contrabbando di pochi fucili -
fece ben notare - non era poi un gran delitto. Quanto alla sua
venuta a Patusanchi aveva il diritto di affermare che non era
venuto a elemosinare un pezzo di pane? Quel popolo maledetto gli
aveva sparato addosso dalle due rive senza neanche sapere chi era.
E qui spiegava tutta la sua sfacciataggineché in realtà l'azione
energica di Dain Waris aveva impedito calamità incalcolabili; e di
fatti proprio Brown mi aveva detto chiaro e tondo chevista la
estensione del paeseaveva deciso immediatamente in cuor suo
appena messovi piededi appiccare il fuoco a destra e a sinistra
ammazzandointantoqualunque essere vivente gli fosse venuto
sotto manoper incutere rispetto e terrore alla popolazione. Ché
data la sproporzione delle forzenon c'era altro modo di
assicurarsi appena una probabilità di riuscita: lo aveva detto
luia mein un accesso di tosse. Ma non lo disse a Jim. Che
aveva sofferto fame e privazioni era verissimo: bastava guardare
la sua banda. Con un fischio acuto aveva fatto mettere tutti i
suoi uomini in fila sui tronchiben esposti perché Jim li
vedesse. L'uccisione dell'indigeno c'era stata va bene - ma la
guerra è la guerrae senza sangue non si fa nulla a questo
mondo... E colui poi era stato ucciso in piena regola con una
palla nel pettonon massacrato come il suoquel poveraccio che
adesso giaceva nel ruscello. Per sei ore aveva dovuto starlo a
sentir morirecon le budella sbrindellate dai proiettili
deformanti. In ogni modouna vita per l'altra... E tutto questo
detto con la stanchezzail distaccodi un uomo cacciato avanti
dalla sfortunafinché non gli importa più di niente. Non un
raggio di lucenon un momento di respiro nella disgrazia. Quando
domandò a Jima bruciapelocon una specie di franchezza
disperatase davvero lui - cuore in mano - non capiva che 'quando
si tratta di salvare la pellaccia al buio non si bada a chi ci va
di mezzo: tretrentatrecento persone' fu come se questa frase
glie l'avesse soffiata all'orecchio un demonio. 'Lo feci diventar
bianco come la carta' si vantò Brown con me. 'Smise subito di
fare la perla di virtù. Rimase lì senza parolacon una faccia da
temporale; e senza guardare me: guardando per terra.' Domandò a
Jim se nella sua vita non ci aveva proprio nessun punto nero per
essere così maledettamente duro contro un disgraziato che cercava
di cavarsi da un tremendo impiccio col primo mezzo che gli era
capitato sotto mano - eccetera eccetera. E sotto tutto questo
rozzo discorso correva una vena di subdoli riferimenti alla loro
comunanza di sangueun assunto di comuni esperienze; un
disgustoso sottinteso di complicitàdi compartecipazione a uno
stesso segreto che li teneva legati insieme: cervello e cuore.
Finalmente Brown si gettò lungo disteso per terra sbirciando Jim
con la coda dell'occhio. Jimdalla sua parte del ruscelloin
piedisopra pensierosi batteva la gamba col frustino. Le case
in vista erano silenziose come se fossero state completamente
svuotate di ogni alito di vita da una pestilenza; ma molti occhi
invisibilidall'internoosservavano i due uomini separati dal
ruscelloda una barca bianca arenata e dal cadavere di un terzo
uomo mezzo sprofondato nel fango. Sul fiume s'erano mosse di nuovo
le canoeperché Patusanda quando era tornato il Signore bianco
stava riprendendo la propria fiducia nella stabilità delle
istituzioni terrene. La riva destrale piattaforme delle casele
zattere ormeggiate lungo le spondeperfino i tetti delle capanne
da bagno eran gremiti di gente chenell'assoluta impossibilità di
udire e quasi di vedereaguzzava gli occhi verso l'altura oltre
la palizzata del Rajah. Dentro al vasto anello irregolare delle
forestespezzato in due punti dalla luminosità del fiumetutto
era silenzio. 'Mi prometti di lasciare la costa?' domandò Jim.
Brown sollevò un braccio e lo lasciò ricadereper far intendere
che si arrendeva all'inevitabile. 'E cederai le armi?' continuò
Jim. Brown si drizzò a sedere e lo guardò con occhi infocati.
'Cedere le armi? Maise non ce le verrete a levare dalle mani da
morti. Credi che la fifa mi abbia dato alla testa? No no! Quelle
e quei quattro stracci che ho addossosono tutto quanto possiedo
al mondooltre a qualche altro fucile a retrocarica che ho a
bordo; e intendo vendere ogni cosa al Madagascarse mai ci arrivo
- a forza d'elemosina da una nave all'altra.'
Jim non rispose. Alla finegettando via il frustino che teneva in
manodissequasi per sé: 'Non so se ne ho il potere...' 'Non lo
sai! E un momento fa volevi che cedessi le armi! Questa sì che è
bella' gridò Brown. 'E se a te dicono una cosa e con me ne fanno
un'altra?' Si calmò di molto. 'Immagino che il potere ce l'hai
altrimenti che sugo c'era a far tutti questi discorsi?' soggiunse.
'Cosa sei venuto a fare qui? Quattro chiacchiere?'
'Benissimo' fece Jimalzando a un tratto la testa dopo una lunga
pausa. 'Avrai via libera o aperta battaglia.' Girò le spalle e si
allontanò.
Brown balzò subito in piedima non salì sulla collina finché non
ebbe veduto Jim scomparire tra le prime case. Non doveva rivederlo
mai più. Rientrando incontrò Cornelius che scendeva curvocon la
testa incassata nelle spalle: si fermò davanti a Brown. 'Perché
non lo hai ucciso?' domandòcon voce acida e scontenta. 'Perché
ho di meglio' replicò Brown con un sorriso allegro. 'Niente!
Niente!' protestò Cornelius con energia. 'Impossibile. Io sono qui
da tanti anni.' Brown lo guardo con curiosità. C'erano molti
aspetti nella vita di quel paese in armi contro di luimolte cose
che non avrebbe mai compreso. Corneliusavvilito e strascicando
il passocontinuò la sua strada in direzione del fiume.
Abbandonava i suoi nuovi amici; accettava il corso desolato degli
avvenimenti con un'ostinazione arcigna che pareva rinsecchirgli
ancor più il suo viso di vecchiopiccolo e giallo; ora
scendendogettava occhiate bieche di qua e di làsenza mai
abbandonare la sua idea fissa.
D'ora in poi gli avvenimenti precipitarono velocisenza sosta
fluendo dai cuori stessi degli uomini come un fiume da una occulta
sorgentee vi troveremo in mezzo Jimvisto soprattutto
attraverso gli occhi di Tamb'Itam. Anche gli occhi della ragazza
lo avevano seguìtoma la sua vita è troppo intrecciata con quella
di lui; e sempre la sua passioneil suo stuporela sua collera
esoprattuttola sua paura e il suo amore implacabili. Del servo
fedelenon meno inadatto degli altri a comprenderela sola
fedeltà è in giuoco; una così piena fedeltà e fiducia nel suo
signore che perfino lo stupore si riduce in lui a una specie di
triste accettazione di un misterioso insuccesso. Non ha occhi che
per uno solo; e attraverso tutte le titubanze dello sbigottimento
egli conserva sempre il suo atteggiamento di guardianoobbediente
e solerte.
Il suo padrone tornò dal colloquio con gli uomini bianchi
avviandosi a passi lenti verso la palizzata sulla strada. Tutti si
rallegrarono a vederlo ritornare perché mentre era via ognuno
temeva non solo per la vita di luima anche per se stesso; per le
conseguenze. Jim entrò nella casa dove si era ritirato il vecchio
Doramin e rimase solo a lungo col capo dei Bugi; senza dubbio per
prendere accordi con lui sul da farsi; ma nessuno fu presente al
colloquio. Soltanto Tamb'Itamtenendosi il più vicino che poté
alla portasentì il suo padrone che diceva: 'Sì. Farò sapere a
tutto il popolo che tale è il mio desiderio; ma ho voluto parlare
a teo Doraminprima che a tutti gli altrie da solo a solo:
perché tu conosci il mio cuore come io conosco il tuoe il suo
più grande desiderio. Ma sai anche bene che non ho altro pensiero
che il bene del popolo.' Poi il suo padronesollevando la
portiera di stoffauscìe luiTamb'Itamebbe un'occhiata dal
vecchio Doraminseduto lì dentro nella sua poltrona con le mani
sulle ginocchiae gli occhi fissi a terra tra un piede e l'altro.
Doporaggiunse il suo padrone sulla via del fortedove tutti i
principali Bugi e i capi di Patusan erano stati convocati a
consiglio. Tamb'Itamper conto suosperava che ci sarebbe stata
battaglia. 'Non si trattava che di conquistare un'altra collina'
esclamò con aria malinconica. Tuttavia in paese molti speravano
che gli stranieri rapinatori si sarebbero decisi ad andarsene
alla vista di tanti valorosi pronti a combattere. Da quandoprima
dell'albail forte aveva annunciato con una cannonata e col rullo
del tamburo il ritorno di Jimla paura che incombeva su Patusan
si era spianata e frantumatacome un'onda su uno scoglio
lasciandosi dietro la schiuma e il ribollire dell'eccitazione
della curiosità e di interminabili dissertazioni. Metà della
popolazione era stata cacciata dalle case adibite alla difesae
viveva in mezzo alla via sulla riva sinistra del fiume
affollandosi intorno al fortecon la preoccupazione di veder
incendiare da un momento all'altro le loro case vuote sulla riva
minacciata. Desiderio generale era di vedere la faccenda sistemata
al più presto. Gioiello si era incaricata di far distribuire
viveri ai ricoverati. Nessuno sapeva che avrebbe fatto il loro
uomo bianco. Qualcuno osservò che questa volta era peggio della
guerra contro lo sceriffo Alì. Quellaper moltinon ebbe grande
importanza; adesso invece tutti avevano qualche cosa da perdere.
Era seguìto con interesse il movimento delle canoe che andavano
avanti e indietro tra le due parti del borgo. Un paio di barche da
guerra Bugi stavano all'àncora in mezzo alla corrente per
proteggere il fiume; un filo di fumo si alzava sulla prua di
ognuna: gli uomini a bordo stavano cuocendo il loro rancio di
mezzogiorno quando Jimfiniti i suoi colloqui con Brown e
Doraminattraversò l'acqua ed entrò nel forte dal cancello sul
fiume. Dentrola gente gli si affollò talmente intorno che durò
fatica ad aprirsi la strada fino a casa. Non lo avevano veduto
fino allora perchéarrivato di notteaveva scambiato appena due
parole con la ragazzascesagli incontro all'imbarcaderoe subito
si era affrettato a raggiungere i capi e i guerrieri sull'altra
riva. Il popolo lo salutava con acclamazioni. Una vecchia sollevò
uno scoppio di ilarità facendosi largo come una pazza fino in
prima filaper ingiungere a Jimcon voce minacciosadi badare
che ai suoi due figlidel seguito di Dorarninnon fosse torto un
capello per mano di quei ladroni. Parecchi degli astanti cercarono
di trascinarla viama lei gridava dibattendosi: 'Lasciatemi
stare! E cheoh Mussulmani! Che c'è da ridere? Sciagurati! Non
sono forse ladroni crudeliassetati di sanguee venuti per
sterminare?' 'Lasciatela' fece Jimenel silenzio che seguì
ìmmediatamentedisselento: 'Tutti saranno salvi.' E prima che
si fosse spento il grande sospiro e i forti mormorii di
soddisfazione che seguironoera già entrato in casa sua.
Era senza dubbio deciso a lasciare a Brown via libera al mare. Il
suo destino gli si rivoltava contro e gli forzava la mano. Per la
prima volta si trovava a dover affermare la propria volontà di
fronte a un'opposizione dichiarata. 'Ci fu un gran parlaree da
principio il mio padrone stava sempre zitto' disse Tamb'Itam. 'Si
fece buioe allora accesi le candele sul tavolo lungo. I capi
sedevano ai due lati e la signora rimase alla destra del mio
padrone.'
Quando cominciò a parlarel'insolita resistenza parve ottenere il
solo effetto di rinsaldarlo solidamente nel suo proposito. I
bianchi sulla collina aspettavano la sua risposta. Il loro
capitanoparlandogli col linguaggio del suo proprio popoloaveva
rese piane molte cose difficili da spiegarsi in altra lingua.
Erano dei traviati che i patimenti avevan fatto sordi al bene e al
male. E' vero che si erano già perdute delle vitema perché
perderne delle altre? Dichiaròa quel raduno di capipopolo che
l'ascoltavanoche il loro benessere era il suo; le perditele
sue; i loro luttii suoi. Volse intorno lo sguardo su quei visi
seri in ascolto e disse loro di ricordarsi che avevano combattuto
e lavorato a fianco a fianco. Conoscevano il suo coraggio... Qui
si levò un mormorìo... E che lui non li aveva mai ingannati. Da
molti anni vivevano insieme. Amava il paese e i suoi abitanti di
un grandissimo amore. Era pronto a rispondere con la vita di
qualsiasi eventuale danno fosse capitato a loro per aver
consentito agli uomini bianchi e barbuti di ritirarsi. Erano gente
malvagiama anche il destino era stato malvagio con loro. Aveva
egli mai dato un cattivo consiglio? Le sue parole avevano mai
portato danno al popolo? domandò. Era convinto che era meglio
lasciar che quei bianchi e i loro seguaci se ne andassero col dono
della vita. Un dono assai modesto. 'Ioche voi avete messo alla
prova e trovato sempre fedelevi chiedo di lasciarli andare.' Si
volse a Doramin. Il vecchio nakhoda non si mosse. 'Allora' disse
Jim'richiama Dain Waristuo figlio e mio amicoperché a capo
di questa impresa io non ci voglio essere'".
CAPITOLO 43.
"Tamb'Itam dietro alla sua seggiola rimase folgorato. La
dichiarazione destò un'impressione enorme. 'Se ne vadano pure: è
il meglio a quanto pare a meche non vi ho mai ingannati'
insisté Jim. Seguì un silenzio. Nel buio del cortile si sentiva il
mormorìo sommessolo stropiccìo dei piedi di una moltitudine.
Doramin sollevò la testa pesantee disse che leggere nei cuori è
impossibile quanto toccare il cielo con le dita - ma che
acconsentiva. Gli altri espressero a turno la loro opinione. 'E'
meglio' 'Lasciateli andare' e così via. Ma la maggior parte
disse semplicemente che 'credevano in Tuan Jim.'
In questa semplice formula di assenso è il nocciolo di tutta la
situazione; la loro fedela sua lealtà; e il riconoscimento di
quella onestà che lo poneva agli stessi suoi occhi nel novero
degli uomini senza macchia che s'innalzano sul gregge. Le parole
di Stein: 'Romantico!... romantico!' sembrano superare quelle
lontananze che ormai non lo restituiranno mai più né al mondo
indifferente alle sue debolezze e alle sue virtùné all'affetto
costante chenello sbigottimento di un grande dolore e di una
eterna separazionegli rifiuta l'elemosina delle lagrime. Dal
momento in cui la pura sincerità degli ultimi tre anni di vita
bastò a fargli riportare la vittoria sull'ignoranzala paura e la
collera degli uominiJim non mi appare più come lo vidi l'ultima
volta - una macchiolina bianca che assorbiva tutta la tenue luce
rimasta sulla costa buia e il mare scuro - ma più grande e
compassionevole nella solitudine di quella sua anima cheanche
per colei che lo amò più di tuttiresta un amaro e insolubile
mistero.
E' evidente che non negò fede alle parole di Brown; non c'era
motivo di mettere in dubbio la sua storiala cui autenticità
sembrava suffragata dalla sua rude franchezzada quella sincerità
così maschia nell'accettare le conseguenze e la morale dei suoi
atti. Ma Jim non aveva idea dell'egoismo quasi inconcepibile
dell'uomodi quell'egoismo chese avversato o deluso nelle sue
preteselo riduceva pazzo di rabbiosa indignazione e di vendetta
come un autocrate contrastato. Ma se Jim non sospettava di Brown
era però evidentemente preoccupato che non nascesse qualche
equivoco da portare a un urto e a spargimento di sangue. Per
questa ragioneappena partiti i capi malesipregò Gioiello di
dargli qualcosa da mangiare ché doveva uscire dal forte per andare
ad assumere il comando del borgo. All'obbiezione di lei che doveva
essere troppo stancoJim rispose che durante la sua assenza
poteva accadere qualcosa che non si sarebbe mai perdonato. 'Sono
responsabile di ogni vita nel paese' disse. Dapprima appariva un
po' triste; la ragazza lo servì con le proprie manifacendosi
dare da Tamb'Itam piatti e vassoi (del servizio che gli aveva
regalato Stein)ed egli finì per rianimarsi; le disse di tener
lei il comando ancora per una notte. 'Non possiamo pensare al
sonnofigliola' disse'finché la nostra gente è in pericolo.' E
poi soggiunse scherzando che lei era il miglior soldato di tutti.
'Se tu e Dain Waris aveste fatto a modo vostronon uno di quei
disgraziati oggi sarebbe vivo.' 'Sono molto cattivi?' domandò la
ragazzacurva sulla seggiola di lui. 'Certi uomini a volte
agiscono male senza essere molto peggiori degli altri' rispose
Jim dopo un momento di perplessità.
Tamb'Itam seguì il suo padrone fino all'imbarcadero fuori del
forte. Era una notte limpidama senza luna; e mentre il centro
del fiume era buiol'acqua sotto alle due rive rifletteva la luce
di molti fuochi 'come nella notte del Ramadan' disse l'indigeno.
Barche armate andavano chete chete alla deriva per il buio
sentiero dell'acquaoppureancoratefluttuavano con un forte
sciacquìo. Quella notte Tamb'Itam ebbe molto da pagaiare con la
canoae molto da camminare alle calcagna del padrone: misurarono
più di una volta la strada dove ardevano i fuochie il
retroterraal margine dell'abitatodove piccole pattuglie
montavan la guardia nei campi. Tuan Jim dava ordinied era
ubbidito. In ultimo si recarono alla palizzata del Rajahche
quella notte era difesa da un distaccamento degli uomini di Jim.
Il vecchio Rajah era fuggito quella mattina con la maggior parte
delle donnein una sua casetta vicino a un villaggio nella
giunglasu un affluente del fiume. Kassimrimasto lìaveva
partecipato all'assemblea per spiegare con la sua aria di
indaffarata diligenza la sua diplomazia del giorno avanti. Ebbe
molto fredde accoglienzema riuscì a conservare la sua vivacità
sorridente e serenae si dichiarò felicissimo quando Jim gli
disse secco secco che intendeva di guarnire quella notte la
palizzata coi suoi uomini. Allorché l'assemblea fu scioltalo si
sentì di fuori avvicinarsi a questo e a quel capo in procinto di
andarseneparlando con voce alta e soddisfatta del territorio del
Rajah così ben difeso durante la sua assenza.
Gli uomini di Jim arrivarono verso le dieci alla palizzatache
dominava la foce del ruscelloe Jim intendeva rimanerci finché
Brown venendo giù per il fiume non l'avesse oltrepassata. Accesero
un focherello sullo spiazzo liscioerbosofuori dalla cinta dei
palie Tamb'Itam posò a terra uno sgabello pieghevole per il suo
padrone. Jim gli disse di mettersi a dormire. Tamb'Itam si cercò
una stuoia e si distese poco distante; ma non gli riuscì di
chiuder occhiobenché sapesse di dover andare per una missione
importante prima dello spirar della notte Il suo padrone camminava
avanti e indietro davanti al fuocoa capo chino e con le mani
dietro la schiena. Aveva un viso triste. Ogni volta che gli
passava vicino Tamb'Itam fingeva di dormireperché il padrone non
si accorgesse che lui non lo perdeva di vista. Finalmente si
fermòguardandolo dall'alto lì distesoe disse piano: 'E'
l'ora.'
Tamb'Itam balzò in piedi e si mise a fare i preparativi. La sua
missione era di scendere lungo il fiumeprecedendo di un'ora o
più la barca di Browna dire a Dain Warisin modo formale e
perentorioche i bianchi si dovevano lasciar passare
indisturbati. Jim non si fidava di nessun altro per questo
servizio. Prima di muoversiTamb'Itam domando un segnopiù che
altro per formalitàgiacché la sua posizione presso Jim la
conoscevano tutti. 'PerchéTuan' disse'il messaggio è
importantee sono le tue precise parole quelle che porto.' Il suo
padrone si frugò prima in una tascapoi nell'altrae alla fine
si tolse dall'indice l'anello d'argento di Steinche portava
quasi sempree lo consegnò a Tamb'Itam. Quando Tamb'Itam partì
per la sua missioneil campo di Brown sull'altura era buiosalvo
un'unica piccola luce che splendeva attraverso i rami di uno degli
alberi che gli uomini bianchi avevano tagliato.
Sul far della sera Brown aveva ricevuto da Jim un pezzo di carta
piegato su cui era scritto: 'Hai via libera. Parti appena la tua
barca sarà rimessa a galla dal flusso della mattina. Bada che i
tuoi uomini facciano ben attenzioneperché i cespugli ai due lati
del ruscello e della palizzata alla sua confluenza col fiume sono
pieni di uomini bene armati. Non ve la cavereste; ma non credo che
tu voglia spargimenti di sangue.' Brown lessestrappò il foglio
in tanti pezzettievolgendosi a Corneliusche lo aveva
portatodisse con aria di motteggio: 'Addiomio eccellente
amico.' Cornelius quel pomeriggio era andato giù al forte e si era
aggirato di soppiatto intorno alla casa di Jim. Questi lo incaricò
di portare il bigliettoprima perché sapeva l'inglesee poi
perché Brown lo conosceva e non c era pericolo che i suoi uomini
eccitatilo ammazzassero per sbagliocome sarebbe potuto
capitare a un Malese che si fosse avvicinato alla collina nel
crepuscolo.
Cornelius consegnò il bigliettoma non se ne andò subito. Brown
sedeva davanti a un po' di fuocotutti gli altri erano sdraiati
per terra. 'Potrei dirti qualcosa che ti piacerebbe sapere'
borbottò Cornelius di malumore. Brown non gli fece caso. 'Tu non
l'hai voluto ammazzare' riprese l'altro'e che te n'è venuto? Ci
avresti ricavato un po' di soldi da parte del Rajaholtre al
bottino di tutte le case Bugi; e così non prendi niente.' 'Faresti
meglio a levarti dai piedi' brontolò Brownsenza nemmeno
guardarlo. Ma Cornelius si lasciò cadere al suo fianco e cominciò
a parlargli in fretta in frettasottovocedandogli un colpetto
sul gomito di quando in quando. Quel che aveva da dire fece
drizzar la schiena a Brown che tirò giù una bestemmia: ché l'altro
lo aveva semplicemente informato della pattuglia di Dain Waris giù
per il fiume. Lì per li Brown si considerò venduto e tradito in
pienoma gli bastò un momento di riflessione per convincersi che
a un tradimento non c'era neanche da pensarci. Non disse nullae
dopo un poco Cornelius osservòcon aria d'assoluta indifferenza
che c'era un altra via d'acqua oltre al fiumee che lui la
conosceva benissimo. 'Buono a sapersi' fece Browndrizzando le
orecchie; e Cornelius cominciò a parlare di quel che succedeva nel
borgoe gli ripeteva tutto ciò che era stato detto in Consiglio
versando nell'orecchio di Brown un mormorìo monotonocome si fa
trovandosi in mezzo a gente addormentatache non vogliamo
svegliare. 'Crede di avermi tirato via i dentieh?' borbottò
Brown molto sottovoce... 'Sì. E' uno stupido. Un bamboccio. E'
venuto qui a portarmi via il mio' continuò a mormorare Cornelius.
'E l'ha data da bere a tutti. Ma se succede qualcosa per cui non
gli crederanno piùcome gli va a finirea quello lì? E il Bugi
Dain che ti aspetta in agguato lungo il fiumecapitanoè proprio
quello che ti assalì quando sei arrivato. Brown osservò con
disinvoltura che certo avrebbe preferito di non incontrarsi con
luie con la stessa aria distaccatadistrattaCornelius
dichiaro di conoscere una diramazione del fiume abbastanza larga
da passarci la barca di Brown fin oltre al campo di Dain Waris.
'Dovrete stare molto zittiperò' soggiunsecome se fosse un
ripensamento'perché in un punto passiamo vicino
all'accampamentoalle sue spalle. Molto vicino. Sono accampati
sulla riva con le barche tirate in secco.' 'Ohlo sappiamo come
si fa a star zitti come topinon aver paura.' Cornelius pattuì
chese doveva far da guida a Brownquesti gli avrebbe portato a
rimorchio la sua canoa. 'Bisognerà ch'io torni indietro in
fretta' spiegò.
Mancavano un paio d'ore all'alba quando le vedette passarono
parola alla palizzata che i pirati bianchi stavano scendendo alla
barca. In brevissimo tempo da un'estremità all'altra di Patusan
ogni uomo armato fu all'ertaeppure le rive del fiume rimasero
così silenziose chenon fossero stati i fuochi a ravvivarsi a
tratti con leggeri bagliori improvvisiil borgo poteva sembrare
addormentato come in tempo di pace. Una nebbia fitta stagnava
bassissima sull'acquacreando una specie di illusoria luce grigia
che non rischiarava niente. Quando la scialuppa di Brown scivolò
dal ruscello nel fiumeJim stava in piedi su un promontorio basso
davanti alla palizzata del Rajah proprio lì dove aveva messo piede
a Patusan la prima volta. Vide a un tratto un'ombratra quel
grigiore di nebbiascendere solitariamassicciaevasivaogni
momento sottratta alla vistacarica di un mormorìo di voci
represse. Brownal timoneudì la voce di Jim giungere calma:
'Via libera. Farete bene ad affidarvi alla corrente finché dura
questo nebbione; ma si alzerà presto.' 'Sìtra poco ci si vedrà
chiaro' rispose Brown.
I trenta o quaranta uomini che stavano pronti con i moschetti
imbracciati fuori della palizzata trattennero il respiro. Il
mercante Bugiche incontrai poi sulla veranda di Steine che si
trovava tra loromi disse che la scialuppapassando rasente al
promontoriosembrò per un momento ingigantirsi e dominarlo come
una montagna. 'Se potete aspettare un giorno alla fonda' gridò
Jim'cercherò di mandarvi qualcosa: un vitelloun po' di patate
dolci - quello che posso.' L'ombra alta veniva sempre più avanti.
'Sì. Bravo' disse una voce opaca e attutita dalla nebbia. Nessuno
dei difensori inorecchiti capì il significato di quelle parole;
poi la barca di Brown e i suoi uomini passarono oltrescomparendo
in silenzio come spettri.
E così Browninvisibile nella nebbiase ne andò da Patusan
gomito a gomito con Corneliusseduto a poppa della scialuppa.
'Forse ti darà un bel vitello' disse Cornelius. 'Già; un bel
vitello. E patate. Te li ha promessi e te li dà. E' di parola. Mi
ha rubato tutto il mio. Un bel vitello è meglio che il bottino di
molte case.' 'Ti consiglio di tener la lingua a postose non vuoi
che qualcuno ti butti fuori bordo in questa nebbia stramaledetta'
fece Brown. La barca sembrava immobile; non si vedeva niente
nemmeno il fiume sottobordosolo un pulviscolo umido volava e si
condensavagiù per le barbe e in faccia. Una fantasmagoriami
disse Brown. Ognuno di loroin sé e per sési sentiva come se
fosse stato soloalla deriva in una barcasotto l'incubo di
presenze spettrali sospirose e mormoranti. 'Buttarmi fuorieh? Ma
io saprei orientarmi' mormorò Corneliusimmusonito. 'Vivo qui da
molti anni.' 'Non tanti da vedere attraverso a una nebbia come
questa' ribatté Brownabbandonato all'indietro col braccio che
gli dondolava sulla barra inoperosa. 'Sì. Anche attraverso a
questa nebbia' ringhiò Cornelius. 'Molto bene' commentò Brown.
'Vuoi farmi credere che sapresti ritrovare così alla cieca quel
canale secondario di cui hai parlato?' Cornelius grugnì. 'Vi
farebbe troppa fatica remare?' domandò dopo un silenzio. 'No
perdio!' gridò Brown a un tratto. 'Fuori i remi laggiù.' Ci fu
nella nebbia un gran tramestìoche dopo un poco si mutò nel
raschio regolare di invisibili remi contro invisibili scalmiere.
Per il restotutto come prima; e non ci fosse stato un leggero
sciacquìo era come remare in mezzo a una nuvola dalla navicella di
un pallonemi disse Brown. Da lì in poi Cornelius non aprì bocca
se non per domandare lagnosamente che qualcuno gli aggottasse la
canoaa rimorchio della scialuppa. A poco a poco la nebbia si
sbiancò e da prua schiariva. A sinistra Brown vide una massa
scurache poteva sembrar la schiena della notte in fuga. A un
tratto un grande albero fronzuto gli fu sopra alla testae le
estremità di alcuni ramettigocciolanti e immobili s'incurvarono
sottilivicinissimi al bordo. Corneliussenza una parolagli
prese di mano la barra".
CAPITOLO 44.
"Non credo che si scambiassero più parola. La barca entrò nello
stretto canale secondario e la spinsero pontando i remi contro le
prode sfarinose; su cuiper la fitta oscuritàpareva che si
fossero tese due enormi ali nere dal fondo fino alla cima degli
alberi per tutto il suo spessore. Grandi goccie piovevano dal
fogliame dei rami attraverso la densità della nebbia. Cornelius
brontolò qualche cosa e Brown fece caricare le armi ai suoi
uomini. 'Vi darò il modo di far pari con loro prima di abbandonare
il campobranco di storpiati che siete' disse alla banda.
'Badate di non perdervi l'occasionerazza di cani.' Un ringhio
sordo rispose a quelle parole. Cornelius entrò in grande
agitazione per la sua malsicura canoa.
Intanto Tamb'Itam era arrivato a destinazione con un po' di
ritardo per la nebbia: ma aveva pagaiato regolarmentetenendosi a
contatto con la sponda meridionale. Alla fine la luce del giorno
si accese come una fiammella in un globo di vetro smerigliato. Ai
due lati del fiume le sponde mettevano una sbavatura caliginosa
in cui si delineavano accenni di forme un po' come colonne e
molto in altoombre di intrecci ramosi. La nebbiaa fior
d'acquaera ancora fitta; ma sull'accampamento si faceva buona
guardia. Infattiall'avvicinarsi di Tamb'Itamle sagome di due
uomini emersero dal vapore lattiginosoe lo investirono voci in
tono violento. Rispose; e subito una canoa essendoglisi messa di
fiancoscambiò le notizie con i pagaiatori. Tutto bene. Il
pericolo era passato. Allora gli uomini della canoa mollarono
presa dal bordo di Tamb'Itame immediatamente scomparvero. Egli
tirò innanzi finche non udì delle voci che gli arrivavano calme
sull'acqua; e ora videsotto la nebbia che si sollevava in
turbiniil chiarore di molti piccoli fuochi accesi su una
spiaggiola di renacontro uno sfondo di alberi alti e sottili e
di cespugli. Anche lì c'erano le sentinelle che gli diedero il chi
va là. Gridò il suo nomee con due colpi di pagaia azzuccò la sua
barca sulla rena. C'era un vasto accampamento: uomini accoccolati
in molti gruppetti nel mormorio ininterrotto delle conversazioni
mattutine. Molti fili sottili di fumo si avvitavano lenti nella
nebbia biancastra. Elevati sul terrenosporgevano i piccoli
rifugi dei capi. I moschetti erano raggruppati a fascie lunghe
lancie erano conficcateuna distante dall'altranella sabbia
vicino ai fuochi.
Tamb'Itamcon aria d'importanzavolle esser accompagnato da Dain
Waris. Trovò l'amico del suo padrone bianco disteso su un alto
giaciglio di bambùriparato da una specie di tettoia di stecchi
ricoperti di stuoie. Dain Waris era sveglioe un fuoco vivo
ardeva davanti al suo giaciglio che sembrava una specie di rozzo
altare. L'unico figlio del nakhoda Doramin rispose cortesemente al
saluto Tamb'Itam per prima cosa gli consegnò l'anellopegno di
fede del messaggio e della sua parola. Dain Warisappoggiato sul
gomitogli ordinò di parlare e di riferirgli le notizie. Dopo la
formula consacrata: 'Notiziebuone' Tamb'Itam cominciò a
riferire le parole precise di Jim. Gli uomini bianchipartiti con
il consenso di tutti i capidovevano aver passo libero giù per il
fiume. Rispondendo a una domanda o dueTamb'Itam riferì sullo
svolgimento dell'ultima assemblea. Dain Waris ascoltò attentamente
fino in fondogiocherellando con l'anello che alla fine si infilò
nell'indice della mano destra. Dopo aver ascoltato quanto aveva da
dire Tamb'Itamlo mise in libertà che andasse a mangiare e a
riposarsi. Furono immediatamente impartiti gli ordini per il
ritorno in Patusan nel pomeriggio. Poi Dain Waris si stese di
nuovoa occhi apertimentre i servi addetti alla sua persona gli
preparavano il rancio sul fuocovicino al quale anche Tamb'Itam
si era seduto a chiacchierare con gli uomini che si erano distesi
ad ascoltare le ultime notizie di Patusan. Il sole si andava
divorando la nebbia. Sul braccio principale de! fiume dove si
attendeva da un momento all'altro di veder apparire la barca dei
bianchigli uomini facevano buona guardia.
E qui Brown sì prese la sua rivalsa su quel mondo che dopo
vent'anni di bravacciate altezzose e temerarie gli rifiutava il
tributo di successo di ogni comune brigante. Fu un atto di ferocia
a sangue freddoche sul suo letto di morte lo sosteneva come il
ricordo di un'indomita sfida. Sbarcò i suoi uomini alla
chetichella dal lato esterno dell'isoladietro all'accampamento
Bugie glie la fece attraversare tutta. Dopo una brevema
silenziosissima discussioneCorneliusil quale aveva tentato di
sgattaiolarsela al momento dello sbarcosi rassegnò a indicare la
via per il sottobosco più rado. Brown gli teneva tutte e due le
mani magre strette nel suo grande pugno dietro la schiena
mandandolo avanti con un energico spintone. Cornelius restava muto
come un pesceabiettoma fedele al suo scopodi cui
intravvedeva il raggiungimento vagamentedavanti a sé. Al margine
del terreno boscosogli uomini di Brown si sparpagliarono al
copertoe aspettarono. L'accampamento era tutto scoperto da
un'estremità all'altrain piena luce ai loro occhie non c'era
una sentinella da quella parte. Nessuno si sognava nemmeno che i
bianchi potessero aver sentore dello stretto canale che passava
alle spalle dell'isola. Tutti e due i suoi imbocchi erano così
stretti e irti di vegetazione che gli stessi indigenipassando in
canoastentavano a trovarli. Quando credette venuto il buon
momentoBrown urlò: 'Addosso!' e quattordici colpi echeggiarono
come un colpo solo.
Tamb'Itam mi disse tanta essere stata la sorpresa chetranne i
caduti morti o feritidopo quella scaricae per un bel pezzetto
non si mosse un'anima. Poi un uomo gettò un gridoe dopo quel
gridosalì da tutte le gole un grande urlo di sorpresa e di
paura. Sotto l'impeto di un panico cieco quegli uomini si
precipitarono in follaondeggiando e fluttuandoavanti e
indietro per la rivacome una mandria di buoi spaventati
dall'acqua. Qualcuno saltò nel fiume subitoma i più si decisero
soltanto dopo la terza scarica. Tre volte gli uomini di Brown
spararono sulla massamentre Brownl'unico che si mostrasse allo
scopertobestemmiava e urlava: 'Mirate basso! Mirate basso!'
Tamb'Itam dice chequanto a luiquel che era successo lo capì
alla prima scarica. Benché illesocadde e si tenne appiattato a
terra come mortoma con gli occhi aperti. Ai primi colpiDain
Warisbalzando dal suo giacigliosaltò fuori e alla seconda
scarica corse sulla riva allo scopertoproprio in tempo per
prendersi una pallottola in fronte. Tamb'Itam lo vide spalancare
le braccia e cadere. Alloradicenon primasi sentì preso da
una grande paura. I bianchi si ritirarono com'erano venuti - non
visti.
Così Brown pareggiò il suo conto con la fortuna avversa. Nota che
perfino in questo orrendo misfatto si sente la superiorità
dell'uomo che porta in sé la realtà astratta del diritto
nell'involucro dei suoi comuni desideri. Non era un massacro da
volgare tradimentoquello; era una lezioneuna retribuzione una
dimostrazione di qualche attributo oscuro e spaventoso della
nostra naturail quale temo non sia così a fondo sotto la scorza
quanto ci fa comodo di credere.
Poi i bianchi si allontanarono non visti neanche da Tamb'Itame
sembrarono così svanire del tutto di sotto gli sguardi umani; e
anche lo schooner scomparve al modo della roba rubata. Si racconta
però di una scialuppa bianca raccolta un mese dopo nell'Oceano
Indiano da un vapore mercantile. C'erano dentro due scheletri
rinsecchitigiallicon gli occhi vitrei e con un fil di voce
sottomessi all'autorità di un terzo scheletro che dichiarò di
chiamarsi Brown. Il suo schoonerdissediretto al sud con un
carico di zucchero giavaneseaveva fatto una brutta avaria e gli
era affondato sotto i piedi. Lui e i suoi compagni erano i
superstiti di una ciurma di sei. Gli altri due morirono a bordo
del vapore che li aveva salvati. Non ha importanza. Brown visse
per farsi vedere da mee posso testimoniare che restò fedele a se
stesso fino all'ultimo.
Sembratuttaviachenell'andarseneavessero trascurato di
sganciare la canoa di Cornelius. LuiCorneliusBrown lo aveva
lasciato libero all'iniziò della sparatoriacon un calcio
d'estrema benedizione. Tamb'Itamsorto su di tra i mortivide il
Nazareno correre su e giù per la riva tra i cadaveri e i fuochi in
estinzionecon grida sottili. A un tratto si precipitò verso il
fiumee con sforzi frenetici tentò di varare una barca Bugi.
'Dopofinché non mi ebbe scorto' riferì Tamb'Itam'rimase lì in
piedi a guardare la pesante canoa grattandosi la testa.' 'Che ne è
stato di lui?' domandai. Tamb'Itamguardandomi fissofece un
gesto espressivo col braccio destro. 'Due volte l'ho colpito
Tuan' fece. 'Quando mi vide avvicinare si gettò a terra
scalciandoe gridando forte. Due volte l'ho colpito. Strillò come
una gallina spaventata finché non sentì la punta; poi tacquee
rimase steso lìa guardarmi fissomentre la vita gli usciva
dagli occhi.'
Tamb'Itam non si attardò oltre. Capì l'importanza di arrivar primo
con le orrende notizie al forte. C'eranonaturalmentemolti
superstiti della pattuglia di Dain Waris; ma nel furore del panico
qualcuno aveva attraversato il fiume a nuotoaltri erano fuggiti
nella macchia. In realtà nessuno sapeva precisamente chi avesse
fatto il colpo - e se non fossero in via altri predoni bianchie
se non avessero già dilagato per tutto il paese. Immaginavano
senz'altro di essere vittime di un tradimento in grandevotati
alla distruzione totale. Si dice che alcuni piccoli gruppi non
giunsero a casa che tre giorni dopo. Comunquepochi tentarono di
tornare subito a Patusan. Una delle canoe che quella mattina erano
di ronda sul fiumesi trovò in vista del campo proprio al momento
dell'assalto. E' vero che da principio gli uomini si buttarono di
sottoe nuotarono fino alla riva oppostama poi tornarono nella
barca e ripresero la rottaincerticontro corrente. Su costoro.
Tamb'Itam aveva un'ora di vantaggio".
CAPITOLO 45.
"Quando Tamb'Itampagaiando come un mattoarrivò in vista del
paesele donne stavano affollate sulle piattaforme davanti alle
caseaspettando il ritorno della flottiglia di Dain Waris. Il
borgo aveva un'aria festosa; qua e là si vedevano gruppi di
uominiancora armati di lance e fucilimuoversi o star fermi a
capannelli lungo la riva. I negozi cinesi avevano aperto di
buon'ora; ma il mercato era vuotoe una sentinellaancora al suo
posto all'angolo del fortericonobbe Tamb'Itam e diede la voce a
quelli di dentro. Il cancello era spalancato. Tamb'Itam saltò a
terra e si precipitò dentro. La prima persona che incontrò fu la
ragazza che usciva di casa.
Tamb'Itamsconvoltoaffannatocon le labbra tremanti e gli
occhi stralunatirimase un momento davanti a lei come paralizzato
da un improvviso sortilegio. Poi disse a precipizio: 'Hanno ucciso
Dain Waris e molti altri.' La ragazza si torse le manie le sue
prime parole furono: 'Chiudi i cancelli.' La maggior parte degli
uomini del forte erano tornati alle loro casema Tamb'Itam
trasmise l'ordine immediato ai pochi rimasti per il turno di
guardia. La ragazza rimase immobile in mezzo al cortilementre
gli altri correvano qua e là 'Doramin' esclamò disperatamentre
Tamb'Itam le passava vicino. Quando ripassòrispose in fretta al
pensiero inespresso di lei. 'Sì. Ma noi abbiamo tutta la polvere
di Patusan.' Lo afferrò per un braccio eindicando la casa: 'Va'
a chiamare lui' mormoròtutta in tremito.
Tamb'Itam corse su per i gradini. Il suo padrone dormiva. 'Sono
ioTamb'Itam' gridò alla porta: 'con notizie che non possono
aspettare.' Vide Jim rivoltarsi sul cuscino e aprire gli occhie
aggiunse subito: 'QuestoTuanè giorno di sventuragiorno
maledetto.' Il suo padrone si sollevò su un gomito per ascoltarlo
- proprio come aveva fatto Dain Waris. E allora Tamb'Itam cominciò
il suo raccontocercando di riferire i fatti per ordine
chiamando Dain Waris 'Panglima;' e stava dicendo:
'Allora il Panglima gridò al suo capo-voga: - Da' a Tamb'Itam
qualcosa da mangiare -'quando il suo padrone mise i piedi a
terra e lo guardò con un viso così sconvolto che gli chiuse le
parole in gola.
'Parla' fece Jim. 'E' morto?' 'Possa tu vivere a lungo' esclamò
Tamb'Itam. 'E' stato il più infame dei tradimenti. Corse fuori ai
primi colpie cadde...' Il suo padrone si avvicinò alla finestra
e con un pugno aprì le imposte. La stanza si illumino; e allora
con voce sicurama parlando rapidamentecominciò a dargli gli
ordini: radunare una flotta di barche per un immediato
inseguimento; andare da questo e da quello... mandare messaggeri;
e mentre parlava sedette sul lettochinandosi ad allacciarsi le
scarpe in fretta. A un tratto alzò gli occhi: 'Sei ancora lì?'
domandòacceso in volto. 'Non perdere tempo.' Tamb'Itam non si
mosse. 'PerdonamiTuanma... ma' cominciò a balbettare. 'Che
cosa?' gridò il suo padrone alzando la voceterribile
nell'aspettoe inclinato in avantistringendo con tutte e due le
mani l'orlo dei letto. 'Non è prudente per il tuo servo uscire in
mezzo al popolo' disse Tamb'Itam dopo un attimo di esitazione.
Allora Jim capì. Si era ritirato da un mondoper un incidente da
nulla: un salto istintivo; e ora quest'altro mondoche si era
costruito con le sue manigli era crollato addosso. Non era
prudente per il suo servo uscire in mezzo al suo popolo! Credo che
da quel preciso momento abbia deciso di sfidare il disastro
nell'unico modo in cui gli parve che un simile disastro si potesse
sfidare; questo soltanto sochesenza dir parolauscì dalla sua
stanza e sedette davanti alla lunga tavolain capo alla quale era
abituato a dirigere gli affari di questo suo mondoproclamando
quotidianamente la verità che gli viveva sicura in cuore. Ma era
romantico - romantico - e tuttavia leale. Le potenze oscure non
gli avrebbero rubata due volte la pace. Sedeva come una statua di
pietra. Tamb'Itamdeferenteaccennò ai preparativi di difesa. La
sua amata entrò a parlarglima Jim fece un cenno con la manoed
ella rimase atterrita a quel muto disperato invito al silenzio. La
ragazza uscì sulla veranda e sedette sulla sogliacome a
difenderlo con la sua persona dai pericoli esterni.
Quali pensieri gli passarono per il capo quali memorie? Chissà?
Tutto era finitoe lui che già una volta aveva mancato fede al
suo compito aveva perduto un'altra volta la fiducia degli uomini.
Fu alloracredoche tentò di scrivere - a qualcuno - e poi vi
rinunziò. La solitudine gli si stringeva addosso. Solo per questo
la gente gli aveva affidato la propria vita - e intanto nessuno
maicome aveva detto luimai sarebbe stato in grado di capirlo.
Quelli di fuori non gli udirono pronunciare parola. Più tardi
verso seracomparve sulla soglia a chiamare Tamb'Itam. 'Ebbene?'
domandò. 'C'è molto pianto. Anche molta collera' rispose
Tamb'Itam. Jim lo guardò. 'Tu sai' mormorò. 'SìTuan' disse
l'altro. 'Il tuo servo sae i cancelli sono chiusi.
Combatteremo.' 'Combattere? A che scopo?' domandò Jim. 'Per la
vita.' 'Io non ho vita' rispose. Tamb'Itam udì un grido della
ragazza che era sull'uscio. 'Chi sa?' disse Tamb'Itam. 'Con
audacia e accortezza potremmo forse fuggire. C'è anche molta Paura
nei cuori degli uomini.' Uscìpensando vagamente alle barche e al
mare apertoe lasciò Jim solo con la ragazza.
Non mi basta l'animo di riferire qui le brevi notazioni di
Gioiello sulla sua lotta di più d'un'ora per il possesso della
propria felicità. Se a lui restasse qualche speranza - se e cosa
aspettasseo immaginasse - è impossibile dire. Fu irremovibilee
nell'isolamento sempre più cupo della sua ostinazioneil suo
spirito sembrò sollevarsi al disopra delle rovine della sua
esistenza. Gli gridò nelle orecchie: 'Combatti!' Lei non capiva. A
che scopo combattere? Egli avrebbe dimostrato altrimenti la sua
forzavincendo la fatalità stessa del suo destino. Uscì in
cortile; la ragazza lo seguì barcollandocon i capelli sciolti
il viso sconvoltoansimantee si appoggiò allo stipite. 'Aprite
i cancelli' ordinò Jim. Poirivolto a quei suoi uomini che
stavano nel fortediede loro il permesso di tornare a casa. 'Per
quanto tempoTuan?' domandò timidamente uno di essi. 'Tutta la
vita' rispose con voce cupa.
Sul borgo era disceso il silenzio. Dopo un primo scoppio di gemiti
e lamentazioni che avevano spazzato il fiume come una raffica di
vento venuta dall'aperta dimora del doloresul borgo era disceso
il silenzio. Ma le dicerie si spandevano in labili mormorazionie
riempivano i cuori di atroci dubbi e di costernazione. I predoni
stavano per tornaree con loro ne avrebbero portati chi sa quanti
altri in una grande navee non ci sarebbe più stato scampo per
nessuno in paese. Un senso di totale sbigottimentocome durante
un terremotoempiva l'animo degli uomini che si mormoravano i
loro sospettiguardandosi l'un l'altro negli occhi come in
presenza di un pauroso presagio.
Il sole calava verso le foreste quando portarono il corpo di Dain
Waris nel campong di Doramin. Lo portarono quattro uominicoperto
pietosamente da un lenzuolo che la vecchia madre aveva mandato al
cancello incontro al figlio che le tornava. Lo posarono ai piedi
di Doramine il vecchio sedette a lungo immobilecon le mani
sulle ginocchiaguardando in terra. Le fronde delle palme
ondeggiavano dolcemente e sul suo capo palpitava il fogliame degli
alberi da frutto. Tutti gli uomini del suo popolo erano lìarmati
di tutto puntoquando il vecchio nakhoda alla fine alzò gli
occhi. Li volse lentamente sulla follaquasi cercando un viso che
mancava. Il mormorìo della moltitudine si mescolava al fruscìo
lieve delle foglie.
Era lì anche il Malese che portò poi Tamb'Itam e la ragazza a
Samarang. 'Non in rivolta come tanti altri' mi disse'ma colpito
da sgomento e stupore di fronte al destino subitaneo che pende sul
capo degli uomini come una nuvola carica di tuoni.' Mi disse che
quandoa un cenno di Doraminscopersero il corpo disteso di Dain
Wariscolui che usavano chiamare l'amico del Signore bianco
apparve immutatocon le palpebre socchiusecome sul punto di
svegliarsi. Doramin si inclinò un poco più in avantiquasi
cercasse qualche cosa caduta per terra. Percorse con gli occhi
tutto il corpo dai piedi alla testaforse per vedere dov'era
ferito. Il foro era nella frontee piccolo; nel più profondo
silenzio uno degli astantichinandosi sul cadaveresfilò
l'anello d'argento dalla mano freddarigidae in silenzio lo
mostrò a Doramin. Allora corse per la folla un mormorìo d'orrore e
di sgomento alla vista di quel pegno ben noto. Il vecchio nakhoda
lo fissò a occhi sbarratie ad un tratto lanciò un gran grido
selvaggiodal profondo del petto; un ruggito di dolore e di
rabbiapotente come il muglio di un toro feritoche mise un gran
timore nel cuore degli uomini per la smisurata forza della sua
collera e della sua penachiarissime cosìsenza parola. Seguì un
gran silenzio per qualche attimomentre quattro uomini
sollevavano il corpo espostandosi da un lato lo deponevano sotto
un albero. Immediatamentecon un solo lungo urlole donne della
casa cominciarono a far lamento tutte insiemepiangendo con acute
strida. Il sole volgeva al tramonto; nelle pause delle grida delle
lamentatrici si sentivanostaccatele voci alte a cantilena di
due vecchi che intonavano il Corano.
Press'a poco nello stesso momentoJimappoggiato a un affusto di
cannoneguardava il fiumevolgendo le spalle alla casa; e la
ragazzaansimante nel rettangolo della portacome se fosse
venuta di corsa a fermarsi lìlo guardava di là dal cortile.
Tamb'Itam in piedinon lontano dal suo padronestava in paziente
attesa degli avvenimenti. Ad un tratto Jimche sembrava immerso
in calmi pensierisi voltò verso di lui dicendo: 'E' ora di
finirla.'
'Tuan?' disse Tamb'Itam con premura. Non capiva le intenzioni del
suo padronema al primo movimento di Jimanche la ragazza si era
mossauscendo all'aperto. Pare che nessun altro della casa fosse
in vista. Barcollava un pocoe circa a metà cammino chiamò Jim
che sembrava aver ripreso a contemplare tranquillamente il fiume.
Egli si voltòappoggiando la schiena al cannone. 'Combatterai?'
gli gridò. 'Non c'è ragione di combattere' le rispose; 'niente è
perduto.' Così dicendo fece un passo verso di lei. 'Fuggirai?'
gridò ancora la ragazza. 'Non c'è via di scampo' ribatté
fermandosi lì su due piedi; e anche lei si fermòin silenzio
fissandolo con occhi di fuoco. 'E andrai là?' disse lentamente.
Jim chinò la testa. 'Ah!' esclamò la fanciullafissandolo come a
scrutarlo. 'O sei pazzoo mancatore di parola. Ti ricordi la
notte che ti pregai di andartenee tu dicesti che non potevi? Che
era impossibile! Impossibile! Ti ricordi che dicesti che non mi
avresti mai lasciata? Perché? Io non ti domandavo nessuna
promessa. Me l'hai fatta tu spontaneamente - ricordatene.' 'Basta
poveretta' rispose. 'Che varrei ormaise restassi?'
Tamb'Itam disse che mentre parlavano la ragazza scoppiò a ridere
forte e senza sensocome una visitata da Diosicché il suo
padrone dovette chiudersi la testa tra le mani. Era vestito di
tutto punto come semprema senza cappello. A un tratto Gioiello
smise di ridere. 'Per l'ultima volta' gridò minacciosa'ti vuoi
difendere o no?' 'Niente può toccarmi' ribatté Jim con un ultimo
lampo di superbo egoismo. Tamb'Itam la vide curvarsi in avanti
aprire le braccia e correre veloce verso Jimabbattersi sul suo
petto e abbracciarlo al collo.
'Ah! ma io ti terrò così' gridò... 'Tu sei mio!'
Era scossa da singhiozzi violenti. Il cielo sopra Patusan era
sanguignoimmensocolava sangue come una vena aperta. Un sole
enormescarlattosi annidava tra le cime degli alberiesotto
la foresta aveva un volto nero e sinistro.
Tamb'Itam mi disse che quella sera l'aspetto del cielo era
crucciato e minaccioso. Posso ben crederloperché so che proprio
quel giorno un ciclone era passato entro il raggio di sessanta
miglia dalla costasebbene lì non spirasse che una languida
brezza.
A un tratto Tamb'Itam vide Jim afferrarle le braccianel
tentativo di staccarsi le mani di lei dal collo. Essa stava appesa
con la testa rovesciata all'indietro; i capelli toccavano terra.
'Vieni quitu!' gli gridò il padronee Tamb'Itam lo aiutò a
metterla giù. Fu difficile scioglierle le dita. Jimcurvo su lei
a terrala fissò a lungo nel visopoidi colposi slanciò
verso l'imbarcadero. Tamb'Itam lo seguìmavolgendo il capo
vide che la ragazza si era rimessa in piedi a fatica. Li rincorse
per qualche passoe ricadde pesantemente sulle ginocchia. 'Tuan!
Tuan!' chiamò Tamb'Itam; 'voltati e guarda!' Ma Jim stava già
nella canoain piedicon la pagaia in mano. Non si voltò.
Tamb'Itam ebbe appena il tempo di arrampicarsi a bordoche la
canoa prese il largo. La ragazza era sempre in ginocchio
torcendosi le manial cancello d'imbarco. Rimase così per un po'
in atto di implorazione prima di balzar su e a gridargli dietro:
'Traditore!' 'Perdonami!' rispose Jim. 'Mai! Mai!' ribatté.
Tamb'Itam tolse la pagaia di mano a Jim perché era indecoroso che
lui stesse a sedere mentre il suo signore remava. Quando toccarono
la riva oppostail suo padrone gli proibì di proseguire; ma
Tamb'Itam lo seguì a distanzasalendo l'erta fino al campong di
Doramin.
Cominciava a imbrunire. Torcie occhieggiavano qua e là. Quelli che
incontravano sembravano atterriti e si facevano subito da parte al
passaggio di Jim. Dall'alto scendeva il lamento delle donne. Il
cortile era pieno di Bugi armati con i loro seguacidi gente di
Patusan.
Non so precisamente che scopo avesse questa adunata. Erano
preparativi di guerrao di vendettao di difesa da una minaccia
d'invasione? Trascorsero molti giorni prima che la gente cessasse
di star in vedettatrepidanteper il ritorno degli uomini
bianchi dalle lunghe barbe e dagli abiti a brandellidi cui non
erano mai arrivati a capire gli esatti rapporti col loro uomo
bianco. Anche per quei semplici cervelli Jim rimane nell'ombra di
una nuvola.
Doramin soloimmenso e desolatosedeva nella sua poltronacon
le sue due pistole a pietra focaia sulle ginocchiadi fronte alla
folla armata. Quando comparve Jimsi levò qualche esclamazione
le teste si voltarono tutte insiemepoi la massa si aprì a destra
e a sinistrae lui avanzò lungo un sentiero di sguardi volti
altrove. Era seguito da sommessi mormorii; da sussurri: 'Tutto il
male ci viene da lui;' 'Possiede un sortilegio... '. Egliforse
li sentì.
Quando entrò nella zona di luce delle torcieil lamento delle
donne cessò tutt'a un tratto. Doramin non alzò il capoe Jim gli
stette fermo davanti per un po'in silenzio. Poi si guardò a
sinistra e si avviò in quella direzione a passi lenti. La madre di
Dain Waris stava accoccolata vicino alla testa del cadaverecon
la faccia coperta dai suoi capelli grigi in disordine. Jim si
avvicinò piano piano esollevato il lenzuologuardò il suo amico
morto; poi riabbassò il lenzuolo senza una parola. Lentamente
tornò indietro.
'E' venuto! E' venuto!' passava di bocca in boccaformando un
mormorìo che accompagnava i suoi passi. 'Ha preso tutto questo sul
suo capo' disse forte una voce. Jim sentì e si voltò verso la
folla. 'Sì. Sul mio capo.' Qualcuno si tirò indietro. Jim attese
un poco davanti a Doramine poi disse con dolcezza: 'Sono venuto
in tristezza.' Aspettò ancora. 'Sono venutopreparato e
senz'armi' ripeté.
Il pesante vecchioabbassando la fronte enorme come un bove sotto
al giogofece uno sforzo per alzarsiimpugnando le pistole che
teneva sulle ginocchia. Gli uscì dalla gola come un gorgoglio
soffocatodisumanoe i suoi due servi lo aiutarono sostenendolo
alle spalle. La gente osservò che l'anelloche si era lasciato
cadere sulle ginocchiaera rotolato fino ai piedi dell'uomo
biancoe che il povero Jim aveva abbassato un momento gli occhi
su quel talismano che gli aveva aperto la porta alla fama
all'amoreal successo entro muri di foreste orlati di schiuma
biancae la costa chea calasolesembra il baluardo stesso
della notte. Doraminrizzandosi faticosamente in piediformava
con i suoi due sostegni un gruppo instabile e barcollante; i suoi
piccoli occhi guardavano fissi con un'espressione di dolore pazzo
di rabbiae una luce selvaggia che non sfuggì agli astanti; poi
mentre Jim in piedi - rigido e a capo scoperto nella luce delle
torcielo fissava dritto in viso - si appoggiò pesantemente col
braccio sinistro al collo di uno dei giovanottiche piegò sotto
il pesoealzando deliberatamente la destrasparò a bruciapelo
contro il petto dell'amico di suo figlio.
La follache si era subito aperta alle spalle di Jim quando
Doramin alzò la mano armatasi precipitò in avanti tutta insieme
dopo il colpo. Si dice che l'uomo bianco lanciò a destra e a
sinistra su tutti quei volti uno sguardo fermo e superbo. Poiuna
mano sulle labbracadde in avantimorto.
Ed è finito. Egli se ne va nell'ombra di una nuvolacol suo cuore
imperscrutabile; dimenticatonon perdonato ed estremamente
romantico. Nemmeno le folli visioni dei più bei giorni della sua
infanzia avrebbero potuto creargli più attraente visione di uno
straordinario successo! Perché può ben darsi chenel breve attimo
del suo ultimo sguardo fermo e superboabbia veduto il volto di
quell'Occasione che gli si era messa al fianco tutta velata come
una sposa orientale.
Ma noi possiamo vederlooscuro conquistatore di rinomanza
strapparsi dalle braccia di un'innamorata gelosaal cennoalla
chiamata del suo esaltato egoismo. Egli se ne va lontano da una
donna viva per celebrare spietate nozze con una vaga idealità di
condotta. E' forse proprio del tutto soddisfatto adesso? Dovremmo
saperlo. E' uno di noi - non mi sono io fatto garanteuna volta
come uno spettro evocatodella sua eterna costanza? Edopo
tuttomi ero proprio sbagliato? Ora che lui non c'è piùcerti
giorni la realtà della sua esistenza mi viene incontro con una
forza immensasoverchiante; eppuresul mio onorevi sono anche
momenti in cui mi appare agli occhi della mente come uno spirito
disincarnato sperduto tra le passioni di questa terra - pronto a
rendersi puntualmente alla chiamata del suo mondo di ombre.
Chi sa? Se n'è andatocol suo imperscrutabile cuore e la povera
ragazza trascina una specie di vita inertesordanella casa di
Stein. Stein è invecchiato molto negli ultimi tempi. Lo sente da
sée dice spesso che si sta 'preparando a lasciare tutto questo;
si sta preparando a lasciare...' e triste accenna con la mano alle
sue farfalle".
Settembre 1899-luglio 1900.
FINE.