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IL MALMANTILE RACQUISTATO
di
PERLONE ZIPOLI (Lorenzo Lippi)
con gli Argomenti di Antonio Malatesti
FIRENZE
G. BARBÉRAEDITORE
______
1861.
AVVERTENZA.
Quando Salvator Rosa lamentava il traviamento degl'ingegnipoetici con quel suo celebre detto che le metafore avean consumato il solegli spiriti allegri dei veri begli umori toscani incominciavano a sentire nonpoco fastidio di certe svaporate piacevolezze e di un artifiziato modo di rideree voler far ridere che ancor prevaleva. Gli anagrammii bisticcii riboboliimonninila lingua jonadatticae la maccheronicache per qualche tempo aveanformato la delizia di molte menti volgarise eran cose non ancora cadute indiscreditoriconoscevansi tuttavia non esser la vera e natural fonte delridicolo e del burlesco. In questo tempo Lorenzo Lippi scriveva il suoMalmantilee dove pure avesse volutogli sarebbe stato impossibile tenere unavia affatto nuova in questo genere. Egli dunqueabbandonate le scimunitagginipatentiprese nel dettare il suo bizzarro poemadei modi proverbiali piùvulgati e più veramente ridevoli; ma non sì però che la sua lingua restasseaffatto immune di quelle maniere artifiziose e convenzionaliche se sonoaccettate per qualche temponon giungono mai ad esser parte e patrimonio dellafavella nazionale. Questo fece che il Malmantileper essere inteso in ogni suafrasenon dico già fuori di Toscanama fuori di Firenzee forse anche inFirenze stessoebbe bisogno di commentoappena uscito alla luce. Principalragione di ciò furono quei rimasugli (il nostro autore direbbe quei spiragli)di lingua jonadattica che il Poeta non seppe o non volle o non potè del tuttoevitare.
Molti non sanno (e in questo non deploriamo davvero la loroignoranza) che cosa sia questa lingua jonadattica. Ondeci è forza darne unaqualche ideaperchè siano più facilmente intese alcune espressioni di questocaro poemettole qual per buona ventura sono abbastanza rare. Consistevapertanto questa pretesa lingua jonadattica nell'adoperare le parole più straneo anche le comuniin un senso affatto diverso da quello che hannosenza checorra la minima analogia o attenenza tra l'idea espressa dalla parola adoperatae l'idea che si vuole esprimerepurchè però una o due sillabe della voce chesi adopra trovinsi anche nella parola che si dovrebbe adoprare se non siparlasse in lingua jonadattica. Citeremo un solo esempio che leggesi anche nelLippi. Per dire che un tale aveva finito tutto il suo averecercavasi unaparola che avesse la sillaba fie trovato Fillídesi diceva: Iltale ha fatto Fillide. Lunghe scritture o cicalatecome gli autoristessi le chiamavanoci restano ancora di queste scimunitagginile qualibenchè prestissimo cadessero in meritata dimenticanzalasciarono tuttavia nelcomune linguaggio una qualche orma di sè in certe locuzioni proverbialiuniversalmente accettatedel cui significato è impossibile rendersi unaragione. Tale è per esempioil modo anche oggi comunissimoUscir delseminato. Noi lo adoperiamo come equivalente di Uscir di tèma:in origine però esso valevacome può vedersi al c. I st. 28 Uscir disenno. E perchè mai aveva questo valore? Perchè seminato e sennocominciano con due lettere uguali. Men degna di derisione era certo lalingua furbesca o zerganella quale almeno fra la parola adoperata e la suacorrispondente in lingua comune correva una qualche analogia.
Il Malmantiledunquealtro di jonadattico noncontiene che queste poche frasi proverbiali. Ma e per queste e per molte altremaniere di linguache sono o furono solo toscanee alcune anche fiorentinesoltantoquesto graziosissimo poemetto non potrebbe essere inteso in ogni suaparte per tutta Italiase non fosse accompagnato di note e dichiarazioni.
È celebre forse quanto il Malmantileo almenoegualmente noto fra i letteratiil commento che ne fece il Minucciaccresciutoe talvolta rettificato dal Biscioni; e sparso qua e là di arguteosservazioncelle del Salvini. Questo commento considerato in sè stesso è unostupendo lavoro di arte filologicama considerato come dichiarazione del Malmantileè sproporzionato ed esuberante; è taleche fa rifuggire dalla lettura delpoema chiunque gli studi filologici non fa sua deliziaMossi da questopensieroabbiamo creduto di provvedere al comodo di moltiristringendo quantoera possibile il sullodato commento. Abbiamo seguíto quasi semprel'interpretazione di quei due celebri espositori e dove lo credevamo opportunoper ragioni che sarà facile intendere ad ogni luogoabbiamo citato i loronomispezialmente se riportavamo le loro stesse parole. Nel dichiarare voci emaniereci è parso meglio essere abbondanti che scarsi; ma dico abbondanti nelnumero non nella lunghezza delle dichiarazioni
A molti Toscani parrà strano che siansi spiegate certeparole e frasi che sono di uso comunissimo in Toscana: ma credo che mi bisogniappena di far considerare che ai non Toscani ho principalmente pensato di renderservigio «nel dichiarare(dirò colle modeste parole del Minucci) oppureconfondere ed intrigare quello che nella presente opera ho stimato pocointelligibile fuori della nostra città di Firenze.»
Precede al Poema la vita che scrisse del Lippi il Baldinucci;la quale sebbenesi diffonda in cose artistiche più che l'indole di questolibro non comportiha nondimenoabbondanti notizie sul Malmantileeritraemeglio di ogni altra la natura e l'ingegno del nostro Poeta; come quellache fu dettata da chi lo ebbe familiare amico.
ANTELMO SEVERINI
VITA
DI LORENZO LIPPI
SCRITTA
DA FILIPPO BALDINUCCI.
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Nacque Lorenzo Lippipittore e cittadino fiorentinol'anno1606. Il padre suo fu Giovanni Lippie la madre Maria Bartolini. Attese ne'primi anni della fanciullezza alle lettere umane; ma poistimolato da una moltofervente inclinazione che egli aveva avuto dalla natura alle cose del disegnodeliberòsenza lasciar del tutto le letteredi darsi a quello studio: e perciò faresi accomodò appresso a Matteo Rossellipittore non solo di buonnomema altrettanto pratico nel suo mestieree caritativo nel comunicare a'giovani la propria virtùed insieme con esso ogni buon costume civile ecristiano. Era in questo tempo il giovanetto Lorenzo di spirito sì vivace efocosoche con esser egli applicato a vari divertimentitutti però virtuosi epropri di quell'etàcioè di schermasaltare a cavallo e ballareed anchealla frequenza dell'accademie di lettere; seppe contuttociò dare tanto di tempoal principale intento suoche fu il disegno e la pitturache in brevelasciatisi indietro tutti gli altri suoi condiscepoliarrivò a disegnar sìbene al naturaleche i disegniusciti di sua mano in quella etàstanno alparagone di molti de' principali maestri di quel tempo. In somma disegnava eglitanto beneche se e' non fosse stato in lui un amor fissoche egli ebbe sempreintorno alla semplice imitazione del naturalepoco o nulla cercando quel piùche anche senza scostarsi dal vero può l'ingegnoso artefice aggiugner di belloall'opera suaimitando solamente il più perfettocon vaghezza diabbigliamentivarietà e bizzarria d'invenzioneavrebbe egli senza fallo avutala gloria del primo artefice che avesse avuto ne' suoi tempi questa patriasiccome fu stimato il migliore nel disegnare dal naturale. A cagione dunque dital suo genio alla pura imitazione del veronon volle mai fare studio sopra leopere di molti gran maestristati avanti di luiche avessero tenuta manieradiversama un solo ne elessein tutto e per tutto conforme al suo cuore: equesto fu Santi di Titocelebre pittor fiorentinodisegnatore maraviglioso ebravo inventore; ma per ordinario tutto fermo ancora esso nella sola imitazionedel vero. Delle opere e disegni di costui fu il Lippi così innamoratoche finonell'ultima sua età si metteva a copiarne quanti ne poteva avere de' piùbelli: ed io lo soche più volte gli prestai per tale effetto certi bellissimiputtialcuno de' quali (così buon maestro come egli era) non ebbe difficultàdi porre in opera quasi interamentesenza punto mutarli. Ammirava il Rossellisuo maestro questo suo gran disegno accompagnato anche da un piacevole colorito:e frequentemente gli diceva alla presenza di altri: Lorenzotu disegni megliodi me. Gli facevacon sua invenzionedisegnarecominciaree talvolta finireaffatto di colorire alcune delle molte opereche gli erano tuttavia ordinate: efra quelleche uscirono fuori per fatte dal Rosselliche furono quasiinteramente di mano di lui con sola invenzione del maestrosi annoverano i duequadriche sono nella parte più alta di quella cappella de' Bonsi di SanMichele dagli Antinoriper la quale aveva fatto il Rosselli la bellissimatavola della Natività del Signore: e rappresentanouno il misterio dellaVisitazione di santa Lisabettae l'altro l'Annunziazione di Maria. Ma perchèuna pittura ottimamente disegnatae più che ragionevolmente coloritatuttochè manchevole di alcuna dell'altre belle qualitàfu sempremai in istimaappresso agl'intendenti; acquistò il Lippi tanto creditoche gli furono date afare molte opereche si veggono per le case di diversi gentiluomini ecittadini. Fra le altre una gran tavola di una Dalida e Sansone per AgnoloGalli: pel cavaliere Dragomannia concorrenza di Giovanni Bilivertdi OttavioVanninie di Fabrizio Boschitutti celebri pittorie allora maestri vecchifece un bel quadro da sala: uno pel marchese Vitelli: e pel marchese Riccardinel suo casino di Gualfondacolorì uno spazio di una volta d'una cameradisotto in su: e pel Porcellini speziale dipinse la favola d'Adoneucciso dalporco cignale: e fece anche altri quadri di storiee di mezze figureche lungacosa sarebbe il descrivere. Partitosi poi dal maestrocrebbe semprepiù il buonconcetto di luionde non mai gli mancò da operare. Per unoche faceva arte dilanafece un'Erodiade alla tavola di Erodeche fu stimata opera singolare: el'anno 1639per la cappella degli Eschini colorì la bella tavola delsant'Andrea in San Friano: e altri molti quadri e anche ritratti al naturale.
Era egli già pervenuto all'età di quaranta anni in circaquando si risolvè di accasarsi colla molto onesta e civile fanciullaElisabettafigliuola di Giovan Francesco Susinivalente scultore e gettatoredi metalli discepolo del Susini vecchioe di Lucrezia Marmicugina di Alfonsodi Giulio Parigiarchitetto e ingegnere del serenissimo Granduca Ferdinando II.Non era ancor passato un anno dopo il suo sposalizioche al nominato AlfonsoParigisuo nuovo parentefu inviata commissione d'Ispruck dalla gloriosamemoria della serenissima arciduchessa Claudiadi mandar colà al servizio diquell'Altezza un buon pittoreonde il Parigiconoscendo il valore di Lorenzodiede a lui tale occasione. Si pose egli in viaggio: e pervenutovi finalmenteericevuto con benigne dimostrazioni da quella amorevole principessasi mise adoperare in tutto ciò che gli fu ordinato: e fecevi molti ritratti di principidame e cavalieri di quella cortee altre pitture. E perchè Lorenzo nonsolamente per una certa sua acutezza nei mottie per alcune parole piacevoliche senza nè punto nè poco dar segno di risocon quel suo voltoper altro inapparenza serio e malinconicoprofferiva bene spesso all'occasioni.rendevaamenissima e desiderabile la conversazion sua: e anche perchè egli aveva giàdato principio alla composizione della bizzarra leggendadi cui appressoparleremointitolandola la Novella delle due Regineche poi ridusse adintero poemacol leggerla ch'ei faceva nell'ore del divertimento a quellaAltezza e con certo piacevole e insieme rispettoso modo suo proprio nelconversare co' grandiseppe guadagnarsi a gran segno la grazia di quellaprincipessaalla qualecosì volendo ella medesimala dedicòcolla letterache ci pose a principio di essache comincia: Ati figliuolo di Creso.Dimorò il Lippi in quelle parti circa sei mesie non diciottocome altriscrisse; ma essendo in quei medesimi tempi seguíta la morte della Principessaegli ben favorito e ricompensato se ne tornò alla patria: dove non lasciandomai di fare opere bellissime in pitturaseppe dare il suo luogo e 'l suo tempoalla continuazione del suo poema. La prima cagione di questo assunto suo fuquella che ora io sono per direper notizia avuta da lui medesimo.
Aveva il Lippifino dalla fanciullezzaavuto in dono dallanatura un'allegrama però onesta vivacità e bizzarriacon una singolareagilità di corpoderivata in lui non solo dal non essere soverchiamentecarnosoma dall'essersi indefessamente esercitato per molti anni nel ballareschermirenelle azioni comicheed in ogni altra operazionepropria di unospirito tutto fuococome era il suo; ma non lasciava per questo di quando inquando di esercitare il suo ingegno nella composizione di alcun bel sonetto ecanzone in istile piacevole. Coll'avanzarsi in lui l'etàe accrescersi lefatiche del pennelloinsieme col pensiero della casasi andarono anchediminuendo molto il tempo e l'abilità agli esercizi corporalima col cessar diquesti si andava sempre più augumentando in lui la curiosità de' pensieritutti intenti al ritrovamento di un buono e bello stile di vaga poesia. Avevaeglicome si è accennatonon solamente qualche parentelama ancora grandeamicizia e pratica col nominato Alfonso Parigiche possedeva una villa in sulpoggio di Santo Romolosette miglia lontano da Firenze sopra la strada pisanain luogo detto la Mazzettaposseduta oggi da Bernardino degli Albizzigentiluomo dotato di ottimi talenti e di graziosi costumi: la qual villa è nonpiù di un miglio lontana da quel castello di Malmantileche oggi per essere intutto e per tutto vòto di abitatori e di abitazionibenchè conservi intattele antiche muranon ha però di castello altro che il nome. Andava bene spessoil Lippi in villa del Parigi: e nel passare un giornoandando a spassoda quelcastellovennegli capricciocom'egli era solito a dirmidi comporre unapiccola leggenda in istile burlesco la quale dovesse esserecome sogliamo dirnoitutto il rovescio della medaglia della Gerusalemme Liberatabellissimopoema del Tasso: e dove il Tasso elettosi un alto e nobilissimo soggetto per losuo poemacercò di abbellirlo co' più sollevati concetti e nobili parolechegli potè suggerire l'eruditissima mente sua; il Lippi deliberò di mettere inrima certe novelledi quelle che le semplici donnicciuole hanno per uso diraccontare a' ragazzi: ed avendo fatta raccolta delle più basse similitudiniede' più volgari proverbi e idiotismi fiorentini; di essi tessè tutta l'operasuafuggendo al possibile quelle vocile quali altria guisa di quelrettorico atticista ripreso da Luciano ne' suoi piacevolissimi Dialoghiaffettando ad ogni proposito l'antichità della toscana favellava ne' suoiragionamenti senza scelta inserendo. Fu sua particolare intenzione il farconoscere la facilità del parlar nostro: e che ancora ad unoche non aveva(come esso) altra eloquenza che quella che gli dettò la naturanon eraimpossibile il parlar bene. Oraperchè spesso accadeche anche le grandissimecose da basso e talvolta minutissimo cominciamento traggono i loro principiiegliche da prima non avendo altro fineche dare alquanto di sfogo al suopoetico capriccioe passar con gusto le ore della vegliaaveva avutointenzione di imbrattar pochi foglide' quali anche già si era condotto quasial destinato segnofu necessitato partire per Germania al serviziocome abbiamdettodella serenissima arciduchessa: e con tale sua gita venne ad incontrarecongiuntura più adeguataper dilatare alquanto l'opera sua; perchèessendoegli colà forestiero e senza l'uso di quella linguae perciò non avendo conchi conversaretalvoltao stanco dal dipingereo attediato dalla lunghezzade' giorni o delle vegliesi serrava nella sua stanzae si applicava allaleggenda finchè la condusse a quel segno che gli pareva abbisognare perdedicarla alla serenissima sua signora siccome fece colla citata lettera.Tornatosene poi alla patriaed avendo fatto assaporare agli amici il suo belconcettogli furono tutti addosso con veementi e vive persuasioniacciocchèegli dovesse darle finenon di una breve leggenda come egli si era proposto madi uno intero e bene ordinato poema.
Uno di coloroche a ciò fare forte lo strinserofu ilmolto virtuoso Francesco Rovai; a persuasione del quale vi aggiunse la mostradell'armata di Baldone. Agli ufizi efficacissimi del Rovai si aggiunsero quellidi altri amicie particolarmente di Antonio Malatestiautore della Sfingee de' bei Sonettiche poi dopo la sua morte sono stati dati alle stampeintitolati: Brindis de' Ciclopi. Grandissimi furono ancora gli stimoliche egli ebbe a ciò fare da Salvator Rosanon meno rinomato pittorecheingegnoso poeta. Da questo ebbe il Lippi il librointitolato: Lo Cunto de liCuntiovvero Trattenemiento de li Piccerillecomposto al modo diparlare napolitanodal quale trasse alcune bellissime novelle: emessele inrimane adornò vagamente il suo poema. Chi queste cose scrisseil quale ebbecon lui intrinseca dimestichezzae in casa del quale il Lippi lesse più voltein conversazione d'amici quanto aveva finitoa gran segno l'importunò dellostesso: ed ebbe con lui sopra le materieche e' destinava di aggiungervimoltie lunghi ragionamenti; tantochè egli finalmente si risolvè di applicarvisi pordavvero. Ciò faceva la sera a veglia con suo grandissimo dilettosolito a direal nominato scrittoreche in tale occasione bene spesso toccava a lui il farela parte di chi compone e quella di chi legge; perchè nel sovvenirli iconcettie nell'adattare al vero i proverbinon poteva tener le risa. Everamente è degno il Lippi di molta lodein questo particolarmentedi aversaputoper dir cosìannestare a' suoi versi i proverbie gli idiotismi piùscuri: e quelli adattare a' fatti sì propriche può chicchessiaancorchènon pratico delle proprietà della nostra linguadal fatto medesimoe dalmodoe dalla occasione in che sono portatiintender chiaramente il verosignificato di molti di loro. E ciò sia dettooltr'a quanto si potrebbe direin sua lodee de' suoi componimenti. Per un giocondissimo divertimentoericreazionenell'ordinazione di cui non ischifò i concetti pure di chi talicose scrive: aggiunsevi molti episodi col canto dell'Inferno: e finalmente indodici cantari terminò il bel poema del Malmantile Racquistatoal qualevolle fare gli argomenti per ogni Cantare il già nominato Antonio Malatesti.
L'allegoria del suo Poema fuche Malmantile vuolsignificare in nostra lingua toscanauna cattiva tovaglia da tavola; echechi la sua vita mena fra l'allegria de' convitiper lo più si riduce amorire fra gli stenti. Nè è vero ciòche da altri fu dettoche egli perbeffa anagrammaticamente vi nominasse molti gentiluominied altri suoiconfidenti: perchè ciò fece egli per mera piacevolezzacon non ordinariogusto di tutti loroi quali con non poca avidità ascoltando dall'organo di luile proprie rimeoltre modo goderono di sentirsi leggiadramente percuotere da'graziosi colpi dell'ingegno suo. Chi vorrà sapere altri accidentioccorsi neltempo che il Lippi conduceva quest'operalegga quanto ha scritto il dottorPaolo Minucci nelle sue eruditissime Note fatte allo stesso Poemaper le qualiviene egliquanto altri immaginar si possaillustrato ed abbellito.
Non voglio però lasciar di dire in questo luogocome unsolo originale di quest'opera uscì dalla penna del Lippimesso al pulitochedopo sua morte restò appresso de' suoi eredi: ed una accuratissima copia delmedesimoriscontrata con ogni esattezza da esso originalefu appresso delcavaliere Alessandro Valorigentiluomo di quelle grandi qualità e dotidi chealtrove si è fatta menzione. Questo cavaliere era solito alcune volte fral'anno di starsene per più giorni in alcuna delle sue ville d'Empoli vecchiodella Lastrao altrain compagnia di altri nobilissimi gentiluominie delvirtuoso cavaliere Baccio suo fratellodove soleva anche frequentementecomparire Lionardo Giraldi proposto d'Empoliche all'integrità de' costumi eaffabilità nel conversareebbe fino da' primi anni congiunto un vivacissimospirito di poesia piacevolein stile bernescocome mostrano le molte ebellissime sue composizioni: ed a costoro fece sempre provare il Valorioltreil godimento di sua gioconda conversazioneeffetti di non ordinarialiberalitàcon un molto nobile trattamento di ogni cosacon cui possaevoglia un animo nobile e generosoonorare chichessia nella propria casa. Conquesti era bene spesso chiamato il Lippie non poche volte ancora lo scrittoredelle presenti notizieche in tale occasione volle sempre essere suo camerata.Veniva Lorenzo ben provvisto colla bizzarria del suo ingegno e col suo poema;con quella condiva il gusto del camminare a diportoil giuocoe l'allegriadella tavolamediante i suoi acutissimi motti: e con questo faceva passare iltempo della vegghia con tanto gustoche moltiche sono stati soliti di goderedi tale conversazioneed io non meno di essinon dubito di affermare di nonaver giammai per alcun tempo veduto giorni più belli.
Ma tornando al poemane son poi a lungo andare uscite fuorialtre moltissime copie di questa bell'operatutte piene di errori; laonde ilgià nominato dottor Paolo Minucci volterranosoggetto di quella erudizione cheè notae che ci ha dato saggio di essere uno de' più leggiadri ingegni delnostro tempoavendo trovato modo di averla tale quale uscì dalla pennadell'autoreha poi fattoche noi l'abbiamo finalmente veduta data alla luceededicata al serenissimo cardinale Francesco Maria di Toscanacoll'aggiuntadelle eruditissime Noteche egli vi ha fatte per commissione della gloriosamemoria del serenissimo cardinale Leopoldoacciocchè meglio si intendano fuoridi Toscana alcune paroledettifrasie proverbiche si trovano in essapocointesi altrove che in Firenze.
Non voglio per ultimo lasciar di notarequanto fu solitoraccontare l'abate canonico Lorenzo Panciatichicavaliere di quella erudizioneche a tutti è nota: e fuche con occasione di aver con altri cavalieriviaggiato a Parigifu ad inchinarsi alla maestà del Reil quale lo ricevècon queste formali parole: Signore abateio stavo leggendo il vostrograzioso Malmantile: e raccontava pure l'abate stessoche la maestà del Red'Inghilterra fu un giorno trovato con una mano posta sopra una copia di questolibroche era sopra una tavola: e tutto ciò seguì molti anni primach'e'fosse dal Minucci dato alle stampe.
Tornando ora a parlare di pitturemolte furono le operechefece il Lippi; il quale finalmente pervenuto all'età di cinquantotto anniperl'indefesso camminarech'e' fece un giornocom'era suo ordinario costumeanche nell'ore più caldee sotto la più rigorosa sferza del Soleparendogliuna tal cosa bisognevole alla sua sanitàavendo anche quella mattina preso uncerto medicamentoassalito da pleuritide con veemente febbrecon straordinariodolore degli amicie con segni di ottimo cristianocome egli era stato invitafinì il corso de' giorni suoi: e fu il suo corpo sepolto nella chiesa diSanta Maria Novella nella sepolturadi sua famiglia. Lasciò due figliuolimaschie tre femmine: il primo de' maschi si chiamò Giovan Francescochevestì l'abito della Religione Vallombrosanae Antonioche vive al presente ingiovanile età. Delle femminela prima ha professato nel convento di SanClemente di Firenze: la seconda vestì l'abito religioso nel Monte a San Savino:e l'altra fu maritata a Gio. Giacinto Paolicittadino Fiorentinoche premorìal marito senza figliuoli.
Fu il Lippi persona di ottimi costumi. amorevole ecaritativo; perlochè meritò di essere descritto nella venerabile Compagniadella Misericordiadetta volgarmente de' Neriche ha per istituto il consolaree aiutare i condannati alla morte: ed in essa fu molto fervoroso. Non fu avidodi robao interessato: ma se ne visse alla giornata col frutto delle suefatichee di quel poco che gli era restato di patrimonio. Ma perchè tale èl'umana miseriache a gran pena si trova alcunoper altro virtuosoche allapropria virtù non congiunga qualche difettopossiamo dire che il Lippipiù per una certa sua natural veemenza d'inclinazione che per altroin questosolo mancassee facesse anche danno a sè stessoin essere troppo tenace delproprio parere in ciò che spetta all'artecioè d'averne collocata laperfezione nella pura e semplice imitazione del verosenza punto cercar quellecoseche senza togliere alle pitture il buono e 'l veroaccrescono lorovaghezza e nobiltà: la qual cosa molto gli tolse di quel gran nomee dellericchezzeche egli avrebbe potuto acquistarese egli si fosse renduto inquesta parte alquanto più pieghevole all'altrui opinioni. In prova di cheoltre a quanto io ne so per certa scienzaper altri casi occorsiraccontommiun gentiluomo di mia patriache avendo avuto una volta dì oltre i monticommissione di far fare quattro tavole da altare a quattro de' più rinomatipittori d'Italia; egli una ne allogòse bene ho a menteal Passignanouna alGuercino da Centoed una ad altro celebre pittore di Lombardiache bene non misi ricordae una finalmente al Lippi: ed a questo la diede con pattoch'eglisi dovesse contentare di dipignerla secondo quella invenzione che egli gliavrebbe fatto fare da altro valoroso arteficesì quanto al numero eall'attitudine delle figurequanto al componimentoabbigliamentoarchitetture. e simili: e dissemi di più il gentiluomoche fatta che ful'invenzione in piccolo disegnoil Lippi si pose a operaree a quella in tuttoe per tutto si conformò con gli studi delle figure: e finalmente condusseun'operache riuscìa parere di ognunola più bella di tutte le altre.Potè tanto in Lorenzo quest'apprensione di voler poco abbigliare le sueinvenzioniche non diede mai orecchio ad alcuno che fosse stato di diversoparere: e al dottore Giovambatista Signicelebre medicoche avendogli fattofare una Juditta colla testa di Oloferne si doleva ch'e' l'avesse vestitapoveramente e poco l'avesse abbigliata; rispose doversi lui contentare ogniqualvolta egli per far quella figura più riccale aveva messo in mezzo alpetto un gioiello di sì grossi diamantiche sarebbero potuti valere trentamilascudi: ed esser quell'altro adornamento solo di pochi cenci e di quattrosvolazzi. Dirò piùche questo suo gusto tanto fermo nella prima imitazionefece sì che poco gli piacquero le pitture di ogni altro maestroche avessediversamente operatofussesi pure stato quanto si volesse eccellente: e siracconta di lui cosa che pare assolutamente incredibilema però altrettantoverae fa: che egli passando di Parma al suo ritorno d'Isprucknè meno sicurò di punto fermarsi per vedere la maravigliosa cupola e le altrediversissime pitture che sono in quella cittàdi mano del Coreggio. E sia ciòdetto per mostrar quanto sia vero che a quel professore di queste belle artiche intende di giugnere a maggiori segni della virtùdella stima e dell'averefa di mestieri talvoltaricredendo il proprio parereagli esempi di coloroaccostarsiche a giudizio universale de' più periti già hanno ottenuto ilpossesso di eccellenza sopra di ogni altro artefice.
PRIMO CANTARE
Argomento
Martesdegnato perchè il Mondo è in pace
corree dal letto fa levar la suora:
e in finto aspettoe con parlar mendace
mandala a svegliar l'ire in Celidora.
Fa la mostra de' suoi Baldone audace:
indi all'imbarco non frappon dimora:
e per via narra con che modo indegno
Bertinella occupato avea il suo Regno.
1
Canto lo stocco e 'l batticul di maglia
onde Baldon sotto guerriero arnese
movendo a Malmantile aspra battaglia
fece prove da scriverne al paese
per chiarir Bertinella e la canaglia
che fu seco al delitto in crimenlese
del fare a Celidora sua cugina
per cansarla del regnouna pedina.
2
O Musa che ti metti al Sol di state
sopra un palo a cantar con sì gran lena
che d'ogn'intorno assordi le brigate
e finalmente scoppi per la schiena;
se anch'iosopr'alle picche dell'armate
vòlto a Febocon te vengo in iscena
acciocch'io possa correr questa lancia
dammi la vocee grattami la pancia.
3
Alcun forse dirà ch'io non so cica
e ch'io farei il meglio a starmi zitto.
Suo danno; innanzi pur; chi vuol dir dica:
fo io per questo qualche gran delitto?
S'io dirò maleil Ciel la benedica;
a chi non piacemi rincari il fitto.
Non so s'e' se la sanno questi sciocchi
ch'ognun può far della sua pasta gnocchi.
4
Mi basta sol se Vostra Altezza accetta
d'onorarmi d'udir questa mia storia
scritta così come la penna getta
per fuggir l'ozioe non per cercar gloria:
se non le gustaquando l'avrà letta
tornerà bene il farne una baldoria;
chè le daranno almen qualche diletto
le monachine quando vanno a letto.
5
Offerta gliel'avea giàlo confesso;
ma sommene anche poi morse le mani
perchè il filo non va nè ben nè presso
e versi v'è che il Ciel ne scampi i cani.
Ma poi ch'ella la vuoleed io ho promesso
non vo' mandarla più d'oggi in domani;
chè chi promettee poi non la mantiene
si sal'anima sua non va mai bene.
6
Ma che? siccome ad un che sempre ingolla
del ben di Dioe trinca del migliore
il vin di Brozziun pane e una cipolla
talor per uno scherzo tocca il cuore;
così la vostra ideadi già satolla
di que' libron che van per la maggiore
forse potràsentendosi svogliata
far di quest'anche qualche corpacciata.
7
Già dalle guerre le provincie stanche
non sol più non venivano a battaglia;
ma fur banditi gli archi e l'armi bianche
ed eziam il portare un fil di paglia:
vedeansi i bravi acculattar le panche
e sol menar le man sulla tovaglia;
quando Marte dal ciel fa capolino
come il topo dall'orcio al marzolino:
8
chè d'averlo non v'è nè via nè modo
se dentr'ad un mar d'olio non si tuffa:
e reputa il padron degno d'un nodo
che lo lascia indurire e far la muffa
così Marteche vede l'armi a un chiodo
tutt'appiccatemalamente sbuffa
che metter non vi possa su le zampe
e che la ruggin v'abbia a far le stampe.
9
Sbircia di qua di là per le cittadi
nè altre guerre o gran campion discerne
che battaglie di giuoco a carte e a dadi
e stomachi d'Orlandi alle taverne.
Si voltae dà un'occhiata ne' contadi
che già nutrivan nimicizie eterne;
e non vede i villan far più quistione
in fuor che colla roba del padrone.
10
Ond'eiche in testa quell'umor si è fitto
che l'uom si crocchi pur giusta sua possa;
senza picchiar nè altrogiù sconfitto
l'uscio a Bellona manda in una scossa.
Niun fïata perciònon sente un zitto
perch'ella dormee appunto è in sulla grossa;
poichè la sera avea la buona donna
cenato fuora e preso un po' di nonna.
11
Le scale corre lesto come un gatto:
poi dal salotto in camera trapassa:
e vede sopra un letto malrifatto
ch'ell'è rinvolta in una materassa;
sta cheto chetoe con due man di piatto
batte la spada sopr'ad una cassa:
la qual s'aperseed eivistevi drento
robe maneschea tutte fece vento.
12
Ma non fa sì che la sorella sbuchi
di modo ch'ei la chiama e le fa fretta:
la solleticae dice: Ovvíafuor bruchi:
lo spedalingo vuol rifar le letta.
S'allunga e si rivolta come i ciuchi
ellache ancor del vino ha la spranghetta:
e fatto un chiocciolin sull'altro lato
le vien di nuovo l'asino legato.
13
Oh corna! disse il re degli smargiassi:
e intanto le coperte avendo preso
le ne tira lontan cinquanta passi;
ma in terra anch'egli si trovò disteso;
o che per la gran furia egli inciampassi;
o ch'elle fusson di soverchio peso;
basta ch'ei battè il ceffoe che gli torna
in testa la bestemmia delle corna.
14
Ella svegliata allora escì del nidio:
e dicendo che 'n ciò gli sta il dovere
e ch'ei non ha nè garbo nè mitidio
non si può dalle risa ritenere;
cosa ch'a Marte diede gran fastidio:
ma perch'ei non vuol darlo a divedere
si rizza e froda il colpo che gli duole:
poi dice che vuol dirle due parole.
15
Dì' purla dea rispondech'io t'ascolto:
hai tu finito ancora? ovvía dì' presto;
ma prima di quei panni fa' un rinvolto
e gettalo in sul lettoch'io mi vesto.
Quello non solma quanto aveva tolto
di quella cassaei rendee mette in sesto:
e postosi a seder su la predella
con gravità dipoi così favella.
16
Sirocchiamale nuove; poichè in terra
veggiam ch'all'armi più nessuno attende;
onde il nostro mestiereidest la guerra
che sta in sul taglionon fa più faccende.
Sai che la Morte ne molesta e serra
che la sua stregua anch'ella ne pretende;
e se non se le dà soddisfazione
la ci farà marcir 'n una prigione.
17
Bisogna qui pigliar qualche partito
se noi non vogliam ir nella malora:
ed un ce n'èch'è buono arcisquisito
qual èche si risvegli Celidora
c'ha dato un tuffo nello scimunito
mentre di Malmantil si trova fuora;
e passandola sempre in piagnistei
pigra si stacome non tocchi a lei.
18
Ma come quellapare a meche aspetta
che le piovano in bocca le lasagne
senza pensare un Jota alla vendetta
la sua disgrazia maledicee piagne.
Or mentre ch'ella in arme non si metta
per racquistar lo scettro e sue campagne
molto male per noi andrà il negozio
che muoiam di mattana e crepiam d'ozio.
19
Chi sa? forse costei se ne sta cheta
perch'ella vede esser legata corta;
che s'ell'avesse un dì gente e moneta
tu la vedresti uscir di gatta morta;
ma qui Baldon farà dall'A alla Zeta;
so quel ch'io dicoquando dico tórta:
ritrova tu costeista' seco in tuono;
chè quant'al restoanch'io farò di buono.
20
Vattene dunquee in abito di mago
dopo il formar gran circoli e figure
conchiudi e dille che tu se' presago
che presto finiran le sue sciagure:
e quel tuo corazzon pelle di drago
imbottito d'insulti e di bravure
mettile indosso; chè vedra'la poi
far lo spavaldo più che tu non vuoi.
21
Bellonache ha il medesimo capriccio
di far braciuoleva col sarrocchino
e col bordone e un bel barbon posticcio
sembrando un venerabil pellegrino:
e fatto di parole un gran piastriccio
esser dicendo astrologo e indovino
che vien di quel discosto più lontano
la ventura le fa sopr'alla mano.
22
Ove dopo mostrato ogni accidente
di tutta la sua vita pel passato
soggiunge che per via d'un suo parente
in breve tempo riavrà lo Stato;
però si metta in armechè un presente
le fa d'un panceroncheancorchè usato
ripara i colpi ben per eccellenza:
e poi piglia da lei grata licenza.
23
Già il termine di un anno era trascorso
che Celidora avea perduto il regno;
quando non pur le spiacque il caso occorso
ma volle un tratto ancor mostrarne segno.
Perciò richiesto ai convicin soccorso
che un piacer fatto non avrian col pegno
e tenevano il lor tanto in rispiarmo
ch'egli era giustocome leccar marmo;
24
fece spallucce a Calcinaia e a Signa;
ma la pania al suo solito non tenne
perchè terren non v'era da por vigna.
Calò nel pianoe ad Arno se ne venne
ove Baldon facea nella Sardigna
vele spiegare e inalberare antenne
fermato avendo lìcome buon sito
d'armati legni un numero infinito.
25
Costuiquando Bellona fu inviata
a Celidoracome già s'intese
da Marte avea avuto una fardata
che lo tenne balordo più d'un mese:
e gli messe una voglia sbardellata
di far battaglia e mille belle imprese;
ond'eglientrato in fregola sì fatta
fece toccar tamburo a spada tratta.
26
Poichè pedoni egli ebbe e gente in sella
tantache al fin si chiama soddisfatto;
render volendo il regno alla sorella
e farle far bandiera di ricatto
destinò muover guerra a Bertinella
che a lei già dato avea lo scacco matto:
così con quell'armata e quei disegni
in Arno messe i sopraddetti legni.
27
Ov'anco in breve Celidora arriva
con armi indossoed altre da far fette;
perchè una volta al fin fattasi viva
ha risoluto far le sue vendette;
chè l'usbergo incantato della diva
l'ha fatta diventar l'ammazzasette:
ed alle risse incitala talmente
ch'ella pizzica poi dell'insolente.
28
Non così tosto al campo si conduce
come la suora vuol del dio soldato
la Marfisa di nuovo posta in luce
ch'ell'esce affatto fuor del seminato:
e col brandoche tagliacom'ei cuce
da far proprio morire un disperato
vuol trucidar ognunognun vuol morto:
e guai a quello che la guarda torto.
29
Se guardaè dispettosa e impertinente:
e sempre vuol che stia la sua di sopra.
Talor affronta per la via la gente
cercando litiquasi franchi l'opra.
Ne vengadicepur chi vuol nïente;
perocchè chi mi dà che farmi sciopra.
Giuntain questain un campo pien di cavoli
n'affettò tantiche Beati Pavoli.
30
Così piena di fumie d'umor bravi
che te l'hanno cavata di calende
rivolge l'occhio al popol delle navi
là dove Brescia romoreggia e splende:
e va per infilarne sette ottavi;
ma nel pensar dipoichese gli offende
far non potrebbe lor se non mal giuoco
gli vuol lasciar campare un altro poco.
31
Alfindeposto un animo sì fiero
in genio cangia appoco appoco l'ira:
e come un orsacchin che appiè d'un pero
a bocca aperta i pomi suoi rimira;
fermaimpalata quivi come un cero
fissando in loro il sguardosviene e spira:
nè può vivere alfinse non domanda
ove l'armata vadae chi comanda.
32
S'abbocca appunto con Baldone stesso:
e sentendo ch'egli ha tai gente fatte
per rimettere in sesto ed in possesso
una cugina suach'è per le fratte;
ben ben lo squadrae dice: Egli è pur desso!
Orsùch'io casco in piècome le gatte:
ed esclama dipoi: Quest'è un'azione
che veramente è degna di Baldone.
33
Maravigliato allora il sir d'Ugnano;
e chi seidissetuche sai il mio nome?
Io ti conosco già di lunga mano
ella risposee acciò tu sappia il come
Celidora son io del re Floriano
fratello d'Amadigi di Belpome:
e con tutto che già sieno anni Domini
ch'io non ti viddiso come ti nomini.
34
S'ell'èdic'eicosìnoi siam cugini:
e subito si fan cento accoglienze:
ed ella a lui ne rende mill'inchini;
egli altrettante a lei fa riverenze.
Così fanno talor due fantoccini
al suon di cornamusa per Firenze;
che l'uno incontro all'altro andar si vede
mosso da un filche tien chi suonaal piede.
35
Poichè le fratellanze e i complimenti
furon finitia lei fece Baldone
quivi portar un po' di sciacquadenti
o volete chiamarla colazione.
Or mentre ch'ella scuffia a due palmenti
pigliando un pan di sedici a boccone
si muove il campoe sott'alla sua insegna
ciascun passa per ordine a rassegna.
36
E per il primo viensene in campagna
Pappoloneil marchese di Gubbiano:
colui che nel conflitto della Magna
estinse il Gallo e seppellì il Germano.
È la sua schiera numerosa e magna:
e perch'egli è soldato veterano
ha nell'insegna una tagliente spada
ch'è in pegno all'osteria di Mezzastrada.
37
Bieco de' Crepiduca d'Orbatello
mena il suo terzoche ha il veder nel tatto;
cioèperch'ei da un occhio sta a sportello
soldati ha preso c'hanno chiuso affatto.
Son l'armi loro il bossolo e il randello:
non tiran pagareggonsi d'accatto:
soffianoson di calcae borsaiuoli
e nimici mortal de' muricciuoli.
38
La strada i più si fanno col bastone;
altri la guida segue d'un suo cane;
chi canta a piè d'un uscio un'orazione
e fa scorci di bocca e voci strane;
chi suona il ribecchinchi il colascione;
così tutti si van buscando il pane.
Han per insegna il diavol de' Tarocchi
che vuol tentar un forno pien di gnocchi.
39
Dietro al Ducache ognun guarda a traverso
vanno cantando l'aria di Scappino:
ma non giunsero al fin del terzo verso
che venuto alla donna il moscherino
fatto a Bieco un rabbuffo a modo e a verso
gli disse: S'io v'alloggiodimmi Nino;
perch'io non veddi mai in vita mia
pigliare i ciechifuor che all'osteria.
40
Signorarispos'eglibenchè cieca
fu però sempre simil gente sgherra:
con quel batocchio zomba a mosca cieca
senza riguardocome dare in terra:
sott'ogni colpo intrepida s'arreca
che non vede i perigli della guerra:
è ciecaè ver; ma pure il pan pepato
è più fortese d'occhi egli è privato.
41
Ovviadiss'ellatira innanzi il cocchio
e se costoro a guerreggiar son atti
tienteli puree non mi stare a crocchio;
mentr'egli è tempo qui di far di fatti.
Va' dunqueo forte e invitto bercilocchio
chè i nemici da te saran disfatti;
perchè in veder la tua bella figura
cascan mortisenz'altrodi paura.
42
Ne segue intanto Romolo Carmari
cavalier di valore e di gran fama;
ma sfortunatoperchè co' danari
giocandoegli ha perduto anco la dama.
Colle pilloledate a' suoi erari
l'affetto evacuò l'Arpia ch'egli ama;
talchèsenz'un quattrinoammartellato
alla guerra ne va per disperato.
43
Dopo un'insegna nerache v'è drento
Cupido morto con i suoi piagnoni
marciar si vede un grosso reggimento
ch'egli ha d'innumerabili Tritoni:
al cui arrivo ognun per lo spavento
si rincantuccia ed empiesi i calzoni:
e da lontano infin dugento leghe
s'addoppiano i serrami alle botteghe.
44
Or comparisce Dorïan da Grilli
che nella guerra è così buon soggetto
che metterebbe gli Ettori e gli Achilli
e quanti son di loroin un calcetto.
Scrive sonetticanta ognor di Filli;
ebuon compagnopiacegli il vin pretto;
rubatoper insegnaha nel Casino
il quattro delle coppeche ha il Monnino.
45
Fra Ciro Serbatondiil sir di Gello
che in Pindo a Mona Clio sostiene il braccio;
Egeno de' Brodettie Sardonello
Vasari ch'è padron di Botinaccio
conducon tanta gentech'è un flagello
da far che le pagnotte abbiano spaccio:
di cui (perchè il mestar diletta a ognuno)
si pigliano il comando a un dì per uno.
46
Di foglio per impresaun bel cartone
insieme colla pasta egli hanno messo
dei lor fantoccii quali da Perlone
soglion copiareo disegnar dal gesso.
Nel mezzo v'han dipinto d'invenzione
l'impresa lornella quale hanno espresso
sulle tre ore il venticel rovaio
che ha spento il lanternone a un bruciataio.
47
Nanni Russa del Braccioed Alticardo
conducon quei di Brozzi e di Quaracchi
cheperchè bevon quel lor vin gagliardo
le strade allagan tutte co' sornacchi.
Hanno a comune un lor vecchio stendardo
da farne a' corvi tanti spauracchi:
e dentro per impresa v'hanno posto
gli spiragli del dì di Ferragosto.
48
Gustavo Falbicavalier di petto
con Doge Paol Corbi or n'incammina
gl'incurabili tuttie 'l lazzeretto
gente che uscía di far la quarantina.
Van molti a gruccein seggiolae nel letto;
perchè non son ancor netta farina
fan per impresa in un lenzuol che sventola
un pappino rampante ad una pentola.
49
Bel Masotto Ammirato anch'egli passa
lindo garzond'ogni virtù dotato:
che puòde' soldi avendo nella cassa
pisciare a lettoe dire: Io son sudato;
ma per l'ipocondria che lo tartassa
ei si dà a creder d'essere ammalato;
ma e' mangiabevee dorme il suo bisogno
(Ch'è sino a vespro) e poi si leva in sogno.
50
Collo scenario in mano e il mandafuora
va innanzi a' nobil suoi commilitoni;
PancrazioPedolino e Leonora
lo seguon con un nugol d'istrioni
c'hanno un'insegna non finita ancora;
perchè Anton Dei con tutti i suoi garzoni
in cambio di sbrigar quella faccenda
è ito al Ponte a Greve a una merenda.
51
Don Panfilo Piloti move il passo
chètracchè per usanza mai sta cheto
or ch'ei fa motofa sì gran fracasso
ch'io ne disgrado il diavol 'n un canneto.
Assorda il mondo più d'ogn'altro il grasso
Papirio Golach'appunto gli è dreto:
il qual vestì di lungoe fu guerriero;
perocchè poco gli fruttava il clero.
52
E n'ha fatto con esso de' rammanzi
che un po' di campanile non gli alloga:
e questa è la cagionche là tra' lanzi
da soldato n'andò 'n Oga Magoga:
nè quivi essendo men tirato innanzi
posò la spadae ripigliò la toga:
e per lo meglio si risolse alfine
tornare a casa a queste stiacciatine.
53
Al che tra molti commodi s'arroge
quel ber del vinch'è troppo cosa ghiotta.
Qua birrequa salcrautqua cervoge;
a casa mia diceadel vin s'imbotta;
però finianla: Cedant arma togæ:
io non la voglioin quanto a mepiù cotta:
guerreggi pur chi vuols'ammazzi ognuno
ch'io per me non ho stizza con nessuno.
54
Così rinunzia l'armi a Giovee stima
d'essere il più liet'uom che calchi terra:
pensa stato mutar cangiando clima;
ma trovata l'Italia tutta in guerra
è forzato ferrarsi più che prima:
«Ecco il giudizio uman come spess'erra!»
crede tornar tra genti quiete e gaie
e fugge l'acqua sotto le grondaie.
55
Tra Don Panfilo e lui uno squadrone
dal Pontadera aspettano e da Vico
che parte per la via vanno a Vignone
e parte fanno un sonno a piè d'un fico.
Costoro empion di rena un lor soffione;
e quando sono a fronte all'inimico
gliela schizzan nel viso; ed in quel mentre
gli piglian gli altri la misura al ventre.
56
L'insegna di costoro è un montambanco
che ha di già dato alli suoi vasi il prezzo;
e detto che son buoni al mal del fianco;
e strolagatoe chiacchierato un pezzo:
ma trovandosi al fin sudato e stanco
e non avendo ancor toccato un bezzo
si scandolezza ed entra in grande smania;
poi dice ch'e' si parte per Germania.
57
Uomini bravi quanto sia la Morte
Scandicci n'ha mandati e Marignolle;
gente che si può dir ch'abbia del forte
poich'ella ammazza gli agli e le cipolle.
Sue lance i pali sontarghe le sporte
archibusi le manle palle zolle:
va ben di mirae colpo colpo imbreccia
massime quand'altrui vuol dar la freccia.
58
Vien comandata da Strazzildo Nori
ch'è chimicopoeta e cavaliere:
ed è quei che in un quadro co' colori
fece quei fichi che divenner pere.
E perchè questo è il re de' bell'umori
per dimostrar quanto gli piaccia il bere
ha per impresa un Lanzo a due brachette
che il molle insegna trar dalle mezzette.
59
Morbido GattiEnrigo Vincifredi
a far venire innanzi ecco son pronti
i fanti che ne dà il Ponte a Rifredi
che mille sono annoverati e conti.
Han certi santambarchi fino a' piedi
che chiaman il zimbel di là da' monti
e paion con la spada in sulle polpe
un che faccia lo strascico alla volpe.
60
Nell'insegna han ritratto un uom canuto
che troppo avendo il crin (per esser vecchio)
fioccoso e lungoun fanciullino astuto
dietro gli grida: Gli abbrucia il pennecchio.
Da questa schiera qui s'è provveduto
gran cestepiene d'uova e di capecchio
con fascepezze e tasteaccomodate
per farsi alle ferite le chiarate.
61
È General di tutta questa mandra
Amostante Latonpoeta insigne;
canta improvviso come una calandra:
stampa gli enigmistrolaga e dipigne.
Lasciògran tempo fale polpe in Fiandra
mentre si dava il sacco a certe vigne.
Fortunache l'avea matto provato
volle ch'ei diventasse anche spolpato.
62
Passati tutti con baule e spada
serransi in barca come le sardelle.
Gli affretta il ducae chi lo tiene a bada
o ferma un passoguai alla sua pelle;
ch'ei lo bistrattacomechè ne vada
giù la vinaccia e il sangue a catinelle:
e benchè lesto ciaschedun rimiri
non gli dà tanto tempo ch'ei respiri.
63
Perciò imbarcati tutti in un momento
poichè Baldon facea così gran serra
si spiegaron l'insegne e vele al vento.
Quando le navi si spiccâr da terra
ed egli allora entrò in ragionamento
di quel che lo spingeva a far tal guerra;
ma per contarla più distesa e piana
incominciò così dalla lontana.
64
Risiede Malmantil sovra un poggetto:
e chiunque verso lui volta le ciglia
dice che i fondatori ebber concetto
di fabbricar l'ottava maraviglia.
L'ampio paese poiche egli ha soggetto
non si sa (vo' giuocare) a mille miglia:
v'è l'aria buonaazzurra oltramarina:
e non vi manca latte di gallina.
65
Il re di questo regnogiunto a morte
la mia cugina quiche fu sua Donna
(Non avendo figliuolio altri in Corte
propinqui più)lasciò donna e madonna;
ma come volle la sua trista sorte
un certo diavol d'una Mona Cionna
figliuola d'un guidone ignudo e scalzo
ne venne presto a farle dar lo sbalzo.
66
Gobba e zoppa è costeiorba e mancina
ha il gozzoe da due sfregi il viso guasto:
scorse in Firenze ognor la cavallina
ne' lupanaricon gran pompa e fasto:
e perchè ossequi avea sera e mattina
e il titol di Signora a tutto pasto
fatta arrogantealfine alzò il pensiero
a voler questi onori da dovero.
67
Così la mira ad alto avendo messa
a' suoi frustamattoni un dì ricorsa
bramar dice una graziae che in essa
non si tratta di scorporo di borsa
ma perchè aspira a farsi Principessa
desidera da loro esser soccorsa
col loro aiutovolendoe consiglio
provarse a Malmantil può dar di piglio.
68
Pronto è ciascunoe vuol tra mille stocchi
esporre il ventrecome un paladino;
chèper servire a dametali allocchi
cercan l'occasïon col fuscellino;
ma non si parli o tratti di baiocchi
perchè non hanno un becco d'un quattrino
e credonpromettendo Roma e Toma
di spacciar l'oro della bionda chioma.
69
Era tra' molti suoi più fidi amanti
un ciarlonche però detto è il Cornacchia:
ed è di quei pittor che i viandanti
collo stioppo dipingono alla macchia:
e perchè nella lingua ha il suo in contanti
molto si vantaassai presume e gracchia:
e finalmente colorisce e tratta
questo negozio come cosa fatta.
70
Scrive un viglietto poi segretamente
ad un compagno suo capobandito;
dicendoche veduta la presente
il suo bagaglio subito ammannito
di notte tempo meni la sua gente
a Rimaggioalla Svolta del Romito;
ma vada alla spezzata e pe' tragetti:
e senza pensar altro ivi l'aspetti.
71
Andò la carta: e quei ch'ebbe l'intesa
come quel che invitato era al suo giuoco
andonne e guidò seco a quell'impresa
cent'uomincolle lor bocche di fuoco.
Quivi il Cornacchia e quella buona spesa
di Bertinella giunsero fra poco
anch'eglino con grossa e folta schiera
d'una gente da bosco e da riviera.
72
Dopochè insieme tutti fur costoro
si fece de' più degni una semblea
del comediscorrendo fra di loro
sorprendere il castello si dovea;
onde il Cornacchiain mezzo al concistoro
rizzato in piècon gran prosopopea
ed una toccatina di cappello
in tal modo cavò fuora il limbello:
73
Io so che a un ignorantea un idiota
l'esser il primo a favellar non tocca;
ma perdonate a questa zucca vota
Signoris'io vi rompo l'uova in bocca.
Scricchiola sempre la più trista ruota;
così la lingua mia più rozza e sciocca
v'infastidisceè verma v'assicura
che Malmantile è nostro a dirittura.
74
Credete a me: ciascun si stia nascosto
in queste macchiein questi boschi intorno:
ed io da voi frattanto mi discosto
nè questa notte farò più ritorno.
Rivedrenci colà doman sul posto;
perchèvicino al tramontar del giorno
vi farò cenno; or voi ponete mente
e poi venite via allegramente.
75
Parte il Cornacchiae corre presto presto
da certi suoi amici contadini
da' quali le lor bestie piglia in presto
e carica più some di buon vini:
e di soppiattocome fante lesto
cavò di tasca certi cartoccini
pieni d'alloppio: e dentro al vin gli pone
quello impepando senza discrizione.
76
Così carreggia: e giunto a Malmantile
all'aprir della porta la mattina
scarica in piazza il vino: ed un barile
a regalar ne manda alla regina.
Poi vende il resto a prezzo tanto vile
che ognun ne compra: e infin chi n'ha in cantina
per rivenderlo altrui il fiasco attacca:
si cala al buon mercatoa quella macca.
77
Due o tre fiaschi davane a quattrino
ed a' poveri davalo a isonne;
talchè tutti tuffandosi a quel vino
s'imbriacaron come tante monne:
e subito dal grande al piccolino
tanto degli uominquanto delle donne
cascaro in sonnolenza sì gagliarda
che desti non gli avrebbe una bombarda.
78
Quando il Cornacchia vedde il suo disegno
già riuscitoandò sopr'alle mura
ed a' compagni fece il detto segno;
che bene avendo al tutto posto cura
saliro al poggio senz'alcun ritegno
senza sospetto aversenza paura:
dietro al Cornacchialor guidone e scorta
dentro al castello entraron per la porta.
79
E perchè ognun dormiva come un tasso
la donna fece farne una funata
e condursegli a' piedi a baciar basso
e renderle il tributo ognun pro rata.
A Celidora poi restata in Nasso
cioè da' suoi vassalli rinnegata
giacchè tutti voltato avean mantello
comandò che baciasse il chiavistello.
80
Ella ubbidìtemendo ancor di peggio:
e benchè fosse un pezzo in là di notte
il pigliarsene subito il puleggio
un zucchero le parve di tre cotte.
Così finito il solito corteggio
con due strambelli e un par di scarpe rotte
trista e strascina poiper la boccolica
un tozzo mendicava all'accattolica.
81
Intanto Bertinella del Reame
garbatamente fecesi padrona:
e de' villaggi e d'ogni suo bestiame
prese il possesso in petto ed in persona;
poi per letizia cavalieri e dame
regalò di confetti e di pattona:
e segue ogn'anno di mandarne attorno
«per la dolce memoria di quel giorno».
82
Tostochè v'ebbe fitto il capovolle
che ognun serrasse il traffico e il negozio
donando a ciascheduno entrate e zolle
acciò se la passasse da buon sozio
ed allegroa piè paried in panciolle
senza briga vivesse in pace e in ozio.
Ognun vi s'arrecò di buona gana;
chè la poca fatica a tutti è sana.
83
Così mai sempre in feste ed in convito
tirano innanzi questi spensierati:
nè moverebbonper far nullaun dito
bench'ei credesson d'essere impiccati.
Non teme della corte chi è fallito;
chè tutti i giorni a lor son ferïati:
non v'è giustizia nè il bargel va fuora
se non per gastigar chiunque lavora.
84
Mas'io non erroil tempo è già vicino
che n'ha a venir la piena de' disturbi;
mentre domanper fare un buon bottino
andremo a dar addosso a questi furbi.
Così panno sarà di Casentino:
nè si lamenti alcunoo si sconturbi;
chè chi nuoce al compagno in fatti o in detti
deve saper che chi la fal'aspetti.
85
Qui tacque il duca: e subito rattacca
col dire alla cugina in voce bassa
cheperch'egli ha la bocca asciutta e stracca
il soggiungere a lei qualcosa lassa.
Non ho che dirgli rispond'ellaun'acca;
oltrechè la sarebbe carne grassa.
Di' piuttosto in che mo' noi siam parenti
ch'io non paia a costor degl'Innocenti.
86
Ed ioche non ne ho gran cognizione
e sempre me ne sono stata a detta
(Chè tutta la mia gente andò al cassone
come tu saich'io ero fanciulletta)
t'udirò volentieri. Allor Baldone
soggiunse: Or or ti servo: e a tanta fretta
perchè non gli moría la lingua in bocca
ricominciò quest'altra filastrocca.
SECONDO CANTARE
Argomento
De' due gran figli del signor d'Ugnano
prodigioso il natal narra Baldone:
come s'acquista moglie Florïano
e vien dall'Orco poi fatto prigione:
come Amadigi libera il germano
e il mostro spaventoso a terra pone:
e dice al finche l'un di questi dui
fu padre a Celidorae l'altro a lui.
1
Era in Ugnano il duca Perïone
che sempre all'altarin fidecommisso
faceva notte e dì tanta orazione
e tante caritàch'era un subisso:
nè per altro era tutto bacchettone
che per un suo pensiero eterno e fisso
d'aver prole; perchè della sua schiatta
non v'eramorto luinè can nè gatta.
2
Così durò gran tempo: ma da zezzo
vedendo ch'ei non era esaudito
essendo omai con gli anni in là un pezzo
a mangiar cominciò del pan pentito:
e quant'ei far solea posto in disprezzo
senza voler più dar del profferito
gettatosi all'avaro ed al furfante
cambiò la dïadema in un turbante.
3
Di poi tutto diverso e mal disposto
in modo degli Dei faceasi beffe
che s'egli udia trattarneavria piuttosto
voluto sul mostaccio uno sberleffe.
La moglie un miglio si tenea discosto:
e dov'ei dava ai poveri a bizzeffe
quando picchiavan poidalla finestra
facea lor dare il pan colla balestra.
4
La plebei grandi ed ogni lor ministro
che il duca così buono avean provato
mentre fu scudo ad ogni lor sinistro
ed in lor pro sarebbesi sparato;
vedutolo così mutar registro
e diventare un Turco rinnegato
eran talmente d'animo cattivo
che l'avrebbon voluto ingoiar vivo.
5
Avvenneche già inteso un negromante
che un uomcom'era queisì giusto e magno
faceva novità sì stravagante
un atto volle far da buon compagno:
e per ridurlo all'opre buone e sante
non per speranza di verun guadagno
fintosi un baroa dargli andò l'assalto
un po' di ben chiedendo per Sant'Alto.
6
Rispose Perïone: Fratel mio
se tu te lo credessitu t'inganni:
tu vuoi ch'io doni per l'amor di Dio
nè sai ch'io piglierei per San Giovanni.
Se t'hai bisognoche posso far io?
che son Fra Fazioche rifaccia i danni?
e che pensiche qua ci sia la cava?
non è più tempo che Berta filava.
7
Signorsoggiunse il magomi sa male
di veder che un sì gran limosiniere
ed uom tanto benigno e liberale
caduto sia nel mal del miserere.
Or basta; chi del mio fa capitale
diss'eglifa la zuppa nel paniere:
però va' in pacetu co' tuoi bisogni
perchè per me tu mangerai dei sogni.
8
Comereplicò queise e' si cicala
che tu daresti via fin la gonnella;
vedendomi spedato e per la mala
potrai avere il granchio alla scarsella?
Poichè tu gratti il corpo alla cicala
disse il ducaio levai questa cannella
per quel ch'io ti dirò; perchè se già
donainon era tutta carità.
9
E' non batteva la mia fine altrove
che ad averprima ch'io serrassi gli occhi
in ricompensa un dìpiacendo a Giove
della mia donna quattro o sei marmocchi;
ma finalmentedopo mille prove
di dar il lustro a' marmi co' ginocchi
tenendo gli occhi in molle e il collo a vite
e le nocca col petto sempre in lite
10
io l'ebbi bianca a femmine ed a maschi;
ond'iosbraciar volendo a bel diletto
mi risolvei levar quel vin da' fiaschi
e non dar più quanto un puntal d'aghetto;
perchè po' poidiss'iogli è me' ch'io caschi
dalle finestre prima che dal tetto:
e il cavarmi di mano adesso un pelo
sarebbe un voler dare un pugno in cielo.
11
Che pagherestidisse lo stregone
se la tua moglie avesse il ventre pregno?
Se ciò fosserispose Perïone
ancorch'io non ne faccia alcun disegno
e tal voglia appiccata abbia all'arpione
io ti vorrei donar mezzo il mio regno.
Soggiunse quei: Non vo' pur una crazia
ma solamente la tua buona grazia.
12
Altro da te non aspettar ch'io chieda
nè che alcuno interesse mi predomini;
perchèquantunque abietto altri mi veda
io ho in cul la roba e schiavo son degli uomini.
Or basta: se tu brami d'aver reda
che il regno dopo te governi e domini
commetti al Moscaal Biondo e a Romolino
che un cuor ti portin d'asino marino.
13
Et ordina di poiche se ne cuoca
la terza parte in circa arrosto o lessa;
ch'in tutti i modi è buona; e danne un poca
in quel modo a mangiare alla duchessa.
Presa che l'hagli è fatto il becco all'oca;
chè subito ch'in corpo se l'è messa
senzachè tu più altro le apparecchi
dottela pregna infin sopr'agli orecchi.
14
Oh questadisse il ducaè veramente
da pigliar colle molle! che un somaro
possa col cuore ingravidar la gente!
vedinon ti son finto; io non la paro.
Orsù il provar non ha a costar nïente:
e quando mi costasse anco ben caro
vo' farlo per veder se ciò riesce;
però si mandi al mar per questo pesce.
15
Benchè fusse costui come una pina
tanto largoignorante e discortese;
per non balzare un tratto alla berlina
i pescatori vennero in paese:
così pescando lungo la marina
questo benedett'asino si prese:
e il cuor 'n un bel bacino inargentato
a suon di pive al duca fu portato.
16
Ed eglipreso il prelibato cuore
lo diede al cuoco: al qualmentre lo cosse
si fece una trippacciala maggiore
che a' dì de' nati mai veduta fosse.
Le robe e masserizie a quell'odore
anch'elle diventaron tutte grosse;
e in poco tempo a un'otta tutte quante
fecer d'accordo il pargoletto infante.
17
Allor vedesti partorire il letto
un tenero e vezzoso lettuccino;
di qua l'armadio fece uno stipetto;
la seggiola di là un seggiolino;
la tavola figliò un bel buffetto;
la cassa un vago e piccol cassettino;
e il destro un canteretto mandò fuore
che una bocchina avea tutta sapore.
18
Il cuoco anch'egli poi non fu minchione;
perchèbucar sentitosi in un fianco
si vedde prima uscirne uno stidione;
di poi un guatterin in grembiul bianco
che in far vivande saporite e buone
fu subito squisito e molto franco:
e in quel che 'l padre stette sopr'a parto
cucinò in corte a luial terzo e al quarto.
19
La duchessache 'l cuore avea inghiottito
cotto ch'ei fu con ogni circostanza
anch'ella con gran gusto del marito
stampò due bamboccioni d'importanza:
grazie e bellezze aveano in infinito
e così grande e tanta somiglianza
tanto eran fatti uguali ed a capello
che non si distinguea questo da quello.
20
Crebbero insiemeed all'adolescenza
pervenutimangiaro il pane affatto.
Nel far santànel far la riverenza
ebbero il corpo a maraviglia adatto.
Tra lor non fu mai lite o differenza;
ma d'accordo volevansi un ben matto.
L'Infante Florïano uno ebbe nome:
e qull'altro Amadigi di Belpome.
21
Arrivati che furono ambeduoi
a conoscere omai il pan da' sassi
e saper quante paia fan tre buoi;
sebben dal padre avevan degli spassi
vedendosi già grandi impiccatoi
ed a soldi tenuti bassi bassi
ostico gli pareva e molto strano;
ed in particolare a Florïano.
22
Dimodochè sdegnatocome ho detto
che il duca per la sua spilorceria
ognor viepiù tenevalo a stecchetto
un dì si risolvette d'andar via;
ma tacqueloper fare il giuoco netto
fuor che al fratelloal qual 'n una osteria
disse (veduto avendo a un fiasco il fondo)
volersene ramingo andar pel mondo.
23
Amadigi a distorlo tutto un giorno
s'arrabbiòs'aggirò come un paleo:
ma perchè quanto più gli stava intorno
egli era più ostinato d'un Ebreo;
tu vuoi irdisseè vero? o va' in un forno:
e dopo un grande e lungo piagnisteo
orsùvannediss'egliio me n'accordo;
ma lasciami di te qualche ricordo.
24
Allor per soddisfarlo Florïano
acciocchè più tener non l'abbia in ponte
con un baston fatatoch'avea in mano
toccò la terra e fece uscir un fonte.
E disse: quindi poibenchè lontano
vedrai s'io vivo o s'io sono a Caronte;
perchè quest'acqua ognor di punto in punto
in che grado io sarò diratti appunto.
25
Se al corso di quest'acqua porrai cura
tutto il corso vedrai di vita mia:
mentr'ella è chiaracristallina e pura
di' pur ch'io viva in festa ed allegria;
ed all'incontrose è torbida e scura
ch'ella mi va come dicea la Cia:
ma quand'ella del tutto ferma il corso
di' ch'io sia ito a veder ballar l'orso.
26
Ciò dettoin capo il berrettin si serra
mette manchiude gli occhi e stringe i denti:
e dà sì forte una imbroccata in terra
che 'l ferro entrovvi fino a' fornimenti.
In quel che i grilli e i bachi di sotterra
sgombrano tutti i loro alloggiamenti
pullula fuori un cesto di mortella
e di nuovo Florian così favella:
27
Fratel mio caroquesta pianta ancora
com'io la passiti darà ragguaglio:
cioèmentr'ell'è verdeanch'io allora
son vivofresco e verde come un aglio;
e quand'ella appassisce e si scolora
anch'io languisco od ho qualche travaglio:
in sommas'ella è seccaleva i moccoli
per farmi dire il requie scarpe e zoccoli.
28
Poichè queste parole ebbe finito
dal suo caro Amadigi si licenza:
il qual rimase tutto sbigottito
perocchè gli dolea la sua partenza;
quando in sella Florian di già salito
senza gran doble o lettre di credenza
andonne a benefizio di natura
con due servicercando la ventura.
29
E il primo giorno fece tanta via
che i suoi lacchèspedati e conci male
si rimaserol'uno all'osteria
e l'altro scarmanato allo spedale;
ond'ei più non avendo compagnia
sebbene accanto avea spada e pugnale
per non aver paura in andar solo
cantavach'e' pareva un rusignolo.
30
Così nuove canzoni ognor cantando
con una voce tremolante in quilio
e qualche trillettin di quando in quando
alle stelle n'andava e in visibilio:
onde a' timori al fin dato di bando
tirava innanzi il volontario esilio;
e giunto a Campilì fermar si volle
a beree far la zolfa per B molle.
31
A Campiora spiantato alla radice
dominava in quei tempi Stordilano;
sebben Turpino scriveed altri dice
ch'ei regnasse in un luogo più lontano.
Ebbe una figliadetta Doralice
che aveva un occhio che uccidea 'l cristiano:
ma quel che più tirava la brigata
è l'esser sola e ricca sfondolata.
32
Come io dissiFlorian nella cittade
entrò per rinfrescarsi e toccar bomba:
ma il gran frastuono che in quelle contrade
d'armidi bestie e d'uomini rimbomba;
il sentir su pe' canti delle strade
tutti a cavallo risuonar la tromba;
ed il voler saperne la cagione
lo fecero mutar d'opinïone.
33
Era già scavalcato ad una ostessa
per farsiccome ei feceun conticino:
nè altro ebbe che pane e capra lessa
che fitta anche gli fu per mannerino.
Bevve al pozzo una nuova manomessa;
perchè il vinaio avea finito il vino.
Fece contoe pagò ben volentieri:
poi chiese il fin di tanti strombettieri.
34
Ella rispose: e come? non lo sai?
se per Campi non è altro discorso
che avendo il re una figliach'oggimai
abbraccerebbe un uomprima che un orso:
e perchè reda ell'èbella e d'assai
di pretendenti avendo un gran concorso
bandire ha fattoacciò nessun si lagni
che in giostrachi la vuolse la guadagni.
35
Ma che occorre che in ciò più mi distenda
mentre la cosa è tanto divulgata?
però lasciami andarech'io ho faccenda
avendo sopra un'altra tavolata.
Dice Florian che a' suoi negozi attenda
scusandosi d'averla scioperata:
e rimessa la briglia al suo giannetto
come un pardo saltovvi su di netto.
36
Tocca di sproni e vannee giunge in piazza
dov'egli ha inteso che s'ha a far la giostra
che per veder il popol vi s'ammazza;
e appunto i cavalier facean la mostra.
Sedeva il represente la ragazza
che quanto adorna e bella si dimostra
tanto è confusaavendo a aver consorte
non a suo mo'ma qual vorrà la sorte.
37
Florian in contemplar faccia sì bella
dove quel crudo balestrier d'Amore
tira frecciate come la rovella
sentissi anch'esso traforare il cuore:
e com'uomo di marmo in su la sella
restò perplesso e pieno di stupore;
scorgendo Amorle Graziee in un raccolto
le Trombee il non plus ultra di un bel volto.
38
Poffardiceache bella creatura!
quell'ostessa davvero avea ragione;
perch'ella è bella fuor d'ogni misura:
per me non saprei darle eccezïone.
Capperi! può ben dir d'aver ventura
quello a cui tocca così buon boccone;
ma s'ella s'ha da vincer colla lancia
oggi è quando ci arrischio anch'io la pancia.
39
O per tutt'oggi beccomi su moglie
nobilericca e bella; o veramente
vi lascio l'ossa. S'ella cogliecoglie;
se noa patire: o Cesareo nïente.
Ciò dettosalta in campoe un'asta toglie;
intruppandosi là dov'ei già sente
che appunto il re sollecitae commette
che pe' primi si tirin le bruschette.
40
Come volontaroso Florïano
senza chieder licenza o cosa alcuna
si fece innanzi: e postovi la mano
di trarne la più lunga ebbe fortuna.
Poco dopo il Marchese di Soffiano
simile a quella anch'egli ne trasse una;
ond'essicome pria fu destinato
furono i primi a correr lo steccato.
41
Piglian del campoe al cenno del trombetta
si vanno incontro colla lancia in resta.
Il Marchese a Florian l'avea diretta
per chiapparlo nel mezzo della testa;
ma quei ch'è furboa un tempo fa civetta
e aggiusta luidicendo: assaggia questa.
Perchè gli diede sì spietata botta
ch'egli andò giù come una pera cotta.
42
In quanto a sposaomai questo è ascolto:
s'ei toccò terraancor la voglia sputi.
Così Florian dicea: nè stette molto
che il secondo ne viene a spron battuti
che mette lui per mortoanzi sepolto;
ma il giovaneche dà di quei saluti
gli mostrain avviarlo per le poste
l'error di chi fa i conti senza l'oste.
43
Comparso il terzo in testa della lizza
s'affronta secoe passalo fuor fuora:
soggiunge il quartoed egli te l'infizza;
sbudella il quintoe fredda il sesto ancora;
all'altro mondo il settimo indirizza;
l'ottavo e il nono appresso investe e fora:
e così a tutticon suo vanto e fama
cavò di testa il ruzzo della dama.
44
Il re si rallegrò con Florïano:
sceso di sedia poi colla figliuola
gli fece allor allor toccar la mano
come nel bando avea data parola;
ond'ogni altro ne fu mandato sano:
ed ei nelle dolcezze infino a gola
ben pasciutoservito e ringraziato
rimase quivi a godere il papato.
45
Tre dì suonaro a festa le campane:
ed altrettanti si bandì il lavoro:
e il suoceroche meglio era del pane
un uom discreto ed una coppa d'oro
faceva con gli sposi a Scaldamane
talora a Mona Lunae Guancial d'oro:
e fece a' Paggi recitare a mente
Rosanae la regina d'Orïente.
46
L'andareil giornoin piazza a' Burattini
ed agli Zannifuron le lor gite;
ogni sera facevansi festini
di giuocoe di ballar veglie bandite:
e chi non era in gambe nè in quattrini
da trinciarle e da fare ite e venite
dicea novelleo stavale a ascoltare
o facea al Mazzolino o alla Comare.
47
Altri più là vedevansi confondere
a quel gioco chiamato gli Spropositi;
che quei ch'esce di tèma nel rispondere
convien che 'l pegno subito depositi.
Ad altri piace più Capanniscondere;
hanno altri vari umorvari propositi
perchè ognuno ad un mo' non è composto;
però chi la vuol lessa e chi arrosto.
48
Chi fa le Merenducce in sul bavaglio;
chi coll'amico fa a Stacciaburatta;
chi all'Altalenae chi a Beccalaglio;
va quello a predellucceun s'acculatta.
Per tutti in somma sempre vi fu taglio
di star lieto così in barba di gatta:
e tra Florianoil re e la figliuola
non fu che dir 'n un anno una parola.
49
Non fu tra lor fin qui nulla di guasto;
se non che Florïan vòlto alle cacce
avendone più volte tocco un tasto
e sentendosi dar sempre cartacce
dispose alfin di non voler più pasto;
nè curando lor preghi nè minacce
fece invitar dai soliti bidelli
per l'altro dì i Piacevoli e i Piattelli.
50
Benchè il suocero allora e la consorte
maledicesser questo suo motivo
dicendogli che là fuor delle porte
un Orco v'è sì perfido e cattivo
che persèguita l'uomo insino a morte
e che l'ingoierebbe vivo vivo;
con genti ed armi uscì sull'aurora
gridando: andianneandianneeccola fuora.
51
Senza veder nè anche un animale
frugòbussògirò più di tre miglia:
pur vedde un tratto correre un cignale
ferocegrande e grosso a maraviglia;
ond'ei cheil dìdovea capitar male
si mosse a seguitarlo a tutta briglia;
non essendo informato che in quel porco
si trasformava quel ghiotton dell'Orco
52
che apposta presa avea quella sembianza:
e gli passòfuggendoallor d'avanti
per traviarlosol con isperanza
d'aver a far di lui più boccon santi.
Così guidollo fino alla sua stanza
dov'ei pensò di porgli addosso i guanti:
poi non gli parve tempo; perchè i cani
avrian piuttosto lui mandato a brani.
53
Peròvolendo andare sul sicuro
non a perdita più che manifesta;
perchè a roder toglieva un osso duro
mentre non lo chiappasse testa testa
gli sparì d'occhioe fece un tempo scuro
per incanto levarvento e tempesta
e gragnuola sì grossa comparire
che avrebbe infranto non so che mi dire.
54
Il cacciatorche quivi era in farsetto
e dal sudore omai tutto una broda;
avendo un vestituccio di dobretto
ed un cappel di brucioli alla moda;
per non pigliar al vento un mal di petto
o altroperchè il prete non ne goda
non trovando altra casa in quel salvatico
che quella grottainsáccavi da pratico.
55
A tal gragnuolaa venti così fieri
ch'ogni cosa mandavano in rovina
tal freddo fuche tutti quei quartieri
se n'andavano in diaccio e in gelatina:
ed eich'era vestito di leggieri
nè ma' meglio facea la furfantina
non più cercava capriuolo o damma
ma da fars'ei potevaun po' di fiamma.
56
Trovò fucile ed esca e legni vari
onde un buon fuoco in un cantone accese:
e in su due sassiposti per alari
sopra un altro sedendoi piè distese.
Così con tutti i comodi a cul pari
dopo una lietail crògiolo si prese:
essendosi a far quivi accomodato
metre piovevacome quei da Prato.
57
L'Orco frattanto con mille atti e scorci
affacciatosi all'uscioch'era aperto
pregò Florian con quel grugnin da porci
tutto quanto di fango ricoperto
cheperch'ella veniva giù co' gli orci
ricever lo volesse un po' al coperto;
ritrovandosi fuora scalzo e ignudo
a sì gran pioggia e a tempo così crudo.
58
Ebbe il giovane allora un gran contento
d'aver di nuovo quel bestion veduto:
e facendogli addosso assegnamento
quasi in un pugno già l'avesse avuto
rispose: volentieri: entrate drento;
veniteche voi siate il ben venuto;
chèdopo il fuggir voi l'umido e il gielo
fate a mech'ero solservizio a cielo.
59
Sìeh? soggiunse l'Orco; fate motto!
voler ch'io entri dove son due cani?
credi tu purch'io sia così merlotto?
se non gli cansici verrò domani.
S'altrodice il garzonnon ci è di rotto
due picche te gli vo' legar lontani.
E preso allora il suo guinzaglio in mano
legò in un canto Tebero e Giordano.
60
Poi disse: or via venite alla sicura.
Rispose l'Orco: io non verrò nè anco:
guarda la gamba! perch'io ho paura
di quella striscia ch'io ti veggo al fianco.
Allor Florian cavossi la cintura
ed impiattò la spada sotto un banco.
Disse l'Orcovedutala riporre:
io ti ringraziereima non occorre.
61
E lasciata la forma di quel verro
presa l'antica e mostruosa faccia
con due catene saltò là di ferro
e lo legò pel collo e per le braccia
dicendo: cacciatoretu hai pres'erro:
perchècredendo di far preda in caccia
alfin non hai fatt'altro che una vescia
mentre il tutto è seguito alla rovescia.
62
Rimasto ci sei tucome tu vedi
senza bisogno aver di testimoni:
e perchè con levrieri e cani e spiedi
far me volevi in pezzi ed in bocconi;
cosìperch'ella vadia pe' suoi piedi
farassi a tenè leva piùnè poni;
acciocchè procurando l'altrui danno
per te ritrovi il male ed il malanno.
63
Ed ioch'ebbi mai sempre un tale scopo
d'accarezzar ognunbenchè nimico
come la gatta quando ha preso il topo
chesebbene è tra lor quell'odio antico
scherza con esso alquantoe poco dopo
te lo sgranocchia come un beccafico;
cosìperchè più a filo tu mi metta
voglio far ioe poi darti la stretta.
64
Così spogliollo tutto ignudo nato:
e veduto ch'egli era una segrenna
idest asciutto e ben condizionato
snellolesto e leggier come una penna;
lo racchiusee lo tenne soggiornato
perch'ei facesse un po' miglior cotenna;
perocchè a guisa poi di mettiloro
voleva dar di zanna al suo lavoro.
65
Amadigiche andava per diporto
due volte il giorno almeno a rivedere
la fonte e la mortella che nell'orto
lasciò Florian per tante sue preghiere;
trovato il cesto spelacchiato e smorto
e l'acque bassepuzzolenti e nere
quidicefratel mionoi siam sul curro
d'andare a far un ballo in campo azzurro.
66
E piangendo diceva: o tato mio
se tu muori (che ver sarà pur troppo)
s'ha dire anche di mete lo dich'io
itibuscome disse Prete Pioppo.
Cosìsenza dir pure al padre addio
monta sovra un cavalloe di galoppo
uscì d'Ugnanomolto bene armato:
e seco un cane alano aveafatato.
67
E cavalcando colla guida e scorta
del suo fedele ed incantato alano
che innanzi gli facea per la più corta
la strada per lo monte e per lo piano;
a Campi giunsedove sulla porta
la morte si leggea di Florïano:
chèperchè fu creduta da ognuno
era la corte e tutto Campi a bruno.
68
L'apparir d'Amadigi agli abitanti
raddolcì l'agro de' lor mesti visi
cheper la somiglianzaa tutti quanti
parve il lor re creduto a' Campi Elisi;
perciòper buscar mance e paraguanti
andaron molti a darne al re gli avvisi
altri alla figlia: ed ambi a questi tali
perciò promesser mille bei regali.
69
Doralicebrillando a tai novelle
a rinfronzirsi andossene allo specchio;
si messe il grembiul bianco e le pianelle
il vezzo al collo e i ciondoli all'orecchio:
e non potendo star più nella pelle
saltò fuor di palazzo innanzi al vecchio;
ed incontro correndo al suo cognato:
ecco Floriandicearisuscitato.
70
Noi vi facevam morto: o giudicate
se la carota ci era stata fitta!
Pur noi ci rallegriamche voi tornate
a consolar la vostra gente afflitta.
Domandar non occorre come state
perchè vo' avete buona soprascritta:
e siete grasso e tondo come un porco
per le carezze fattevi dall'Orco.
71
M'immagino così; perch'io non v'ero:
tu sai com'ella andòche fosti in caso:
so ben che mi dirai che non fu vero;
ma la bugia ti corre su pel naso.
Or basta: tu ritorni sano e intero
(Chè a pezzi tu dovevi esser rimaso)
per la Dio graziae sua particolare
perchè te l'ha voluta risparmiare.
72
Dunques'ei fa cosìgli è necessario
ch'ei non sia là quel furbo che un lo tiene;
anzi tutto il rovescio ed il contrario
mentre egli tratta i forestier sì bene.
Ed ioche già l'avea sul calendario
gli voglioin quanto a metutto il mio bene
perch'ei non t'ingoiò; sebben da un lato
ti stava beneavendolo cercato.
73
Così nel mezzo a tutta la pancaccia
ch'è quivi corsa e forma un giro tondo
la sua caponeria gli butta in faccia
e quel ch'ei ne cavò po' poi in quel fondo:
giacchèdicevacoll'andare a caccia
a dispetto di tutto quanto il mondo
cavastisenza fare alcun guadagno
due occhi a teper trarne uno al compagno.
74
Mio padre te lo disse fuor de' denti
ed io pur te lo dissi a buona cera
non una voltama diciotto o venti
che l'Orco ti faria qualche billera;
ma tu volesti fare agli scredenti
perchè te ne struggei come la cera:
e quasi un rischio tal fosse una lappola
volesti andarvie desti nella trappola.
75
Amadigi alla donna mai rispose
e fece il sordo ad ogni suo quesito;
ma sibbene attingea da queste cose
quanto a Florian poteva esser seguito:
e venne immaginandosie s'appose
che ella fosse sua moglieei suo marito:
e ch'egliessendo tutto lui maniato
fosse pel suo fratel da ognun cambiato.
76
Ma perch'ei non credea veder mai l'ora
d'avere il suo fratello a salvamento
dà un ganghero a tuttie torna fuora
dietro al suo canveloce come il vento:
ned era un trar di mano andato ancora
a caccia all'Orcoch'ei vi dette drento
come il fratel vedendo un bel cignale;
ma non fu quanto lui dolce di sale.
77
Chè seguitollo anch'ei per quelle strade
donde ei conduce l'uomo alla sua tana:
ovementre diluvia e dal ciel cade
e broda e ceciil cristianello intana;
ed egli tanto poi lo persuade
ch'ei lega i canie posa Durlindana.
Avendo avuto innanzi la lezione
si stette sempre mai sodo al macchione.
78
E quando l'Orco poi venne anco a lui
a dar parole con quei tempi strani
ed all'uscio facea Pin da Montui
affinchè 'l cane e l'arme egli allontani
ei disse: su piccinpiglia colui:
e chiappata la spada con due mani
si lanciò fuorae quivi a più non posso
gli cominciò a menar le man pel dosso.
79
E mentre che or di punta ed or di taglio
di gran finestre fadi lunghe strisce
più presto che non va strale a berzaglio
il can s'avventa anch'eglie ribadisce;
talchè tutto forato come un vaglio
il pover'Orco al fin cadee basisce:
e lì tra quelle rupi e quelle macchie
rimase a far banchetto alle cornacchie.
80
Amadigi dipoi fece pulito;
perchètrovato avendo il suo fratello
con una barba lunga da romito
e più lordo e più unto d'un panello
lavatolo e rimessogli il vestito
ch'era ancor quivi tutto in un fardello
lo ricondusse a Campiove la moglie
di lui già pregnaappunto avea le doglie.
81
Corse la levatriceed in effetto
fra mille oimèse' soldie doglien'ora
partorìgli una bella piscialletto
che fusti tupoi detta Celidora:
e maritata al recome s'è detto
di Malmantildel qual tu sei signora:
ne seie ne saraiio lo raffibbio;
sebben non puoi per or dir come il nibbio.
82
Ma presto come luipotrai dir mio.
Or senti pur: basito Perïone
anco Amadigi subito tuo zio
venne a tôr donnae n'ebbe un bel garzone
che Baldo fu chiamato: e quel son io
che poi cresciuto detto son Baldone.
Or eccoti dal primo al terzo grado
narrato tutto il nostro parentado.
TERZO CANTARE
Argomento
Vengon d'Arno a seconda i legni Sardi:
sbarcan le gentie vanno a Malmantile;
ma per vari accidenti i più gagliardi
non fan quel tantoche di guerra è stile.
Arma i suoi Bertinellaalza stendardi
e mostra in debol corpo alma virile
nascon grandi scompigli in quella piazza
e ognun si fugge in veder Martinazza.
1
Un che sia avvezzo a starsene a sedere
senza far nulla colle mani in mano
e lautamente può mangiare e bere
e in festa e 'n giuoco viver lieto e sano;
se gli son rotte l'uova nel paniere
considerate se gli pare strano:
ed io lo credochè a un affronto tale
al certo ognun la 'ntenderebbe male.
2
E pur chi vivesta sempre soggetto
a ber qualche sciroppo che dispiace;
perchè al mondo non v'è nulla di netto
e non si può mangiar boccone in pace.
Or ne vedremo in Malmantil l'effetto;
che immerso ne' piacer vivendo a brace
non pensa che patir ne dee la pena
e che fra poco s'ha a mutare scena.
3
Era in quei tempi là quando i Geloni
tornano a chiuder l'osterie de' cani
e talun che si spaccia i milïoni
manda al presto il tabì pe' panni lani;
ed era appunto l'ora che i crocchioni
si calano all'assedio de' caldani
ed escon colle canne e co' randelli
i ragazzi a pigliare i pipistrelli.
4
Quando in terra l'armata colla scorta
del gran Baldone a Malmantil s'invia;
onde un famiglionel serrar la porta
sentì romoreggiar tanta genìa.
Un vecchio era quest'uom di vista corta
che l'erre ognor perdeva all'osteria;
talchè tra il bere e l'esser ben d'età
non ci vedeva più da terza in là.
5
Per questo mette mano alla scarsella
ov'ha più ciarpe assai d'un rigattiere;
perchè vi tiene infin la faverella
che la mattina mette sul brachiere.
Come suol far chi giuoca a cruscherella
due ore andò alla cerca intere intere:
e poi ne trasse in mezzo a due fagotti
un par d'occhiali affumicati e rotti.
6
I quali sopra il naso a petronciano
colla sua flemma pose a cavalcioni;
talchè meglio scoperse di lontano
esser di gente armata più squadroni.
Spaürito di ciòcala pian piano
per non dar nella scala i pedignoni:
e giunto a bassolagrima e singozza
gridando quanto mai n'ha nella strozza.
7
Dicendo forteperchè ognun l'intenda:
all'armi all'armisuonisi a martello:
si lasci il giuocoil ballo e la merenda
e serrinsi le porte a chiavistello;
perchè quaggiù nel piano è la tregenda
che ne viene alla volta del castello;
e se non ci serriamo o facciam testa
mentre balliamovuol sonare a festa.
8
In quel che costui fa questa stampita
e che ne' gusti ognun pur si balocca
l'armata finalmente è comparita
già presso a tiro all'alta biccicocca.
Quivi si vede una progenie ardita
che si confida nelle sante nocca:
e se ne viene all'erta lemme lemme
col Batti e 'l Tessi e tutto Biliemme.
9
Tra questi guitti ancora sono assai
(Oltre a marchesiprincipi e signori)
uomin di contoe grossi bottegai
banchierisetaiuoli e battilori;
v'è lanaiuoliorefici e merciai
notailegistimedici e dottori:
in somma quivi son gente e brigate
d'ogni sortachiedete e domandate.
10
Sul colle compartisce questa gente
Amostante con tutti gli ufiziali:
tra' quali un grasso v'è convalescente
ch'aveva preso il dì tre serviziali
e appunto al corpo far allor si sente
l'operazione e dar dolor bestiali;
talchè gridando senz'alcun conforto
in terra si buttò come per morto.
11
Il nome di costuidice Turpino
fu Paride Garani; e il legno prese
perch'ei voleva darne un rivellino
a un suo nimico traditor francese
che per condurlo a seguitar Calvino
lo tira pe' capelli al suo paese
e per fuggirne a' passi la gabella
lo bollamarchiae tutto lo suggella.
12
Disse Amostantevisto il caso strano
a Noferi di casa Scaccianoce:
per ser Lion Magin da Ravignano
che il venga a medicarcorri veloce;
io dico luiperchè ce n'è una mano
che infilza le ricette a occhio e croce
o fa sopr'all'infermo una bottega
e poi il più delle volte lo ripiega.
13
Gloria cerca Lion più che moneta;
perocch'ei bada al giuoco e fa progresso:
per l'acqua in Pindo va come poeta;
onde a' malati dà le pappe a lesso.
Gli è quel che attende a predicar dïeta
e farebbe a mangiar coll'interesso;
ma perchè già tu n'hai più d'uno indizio
va' viaperchè l'indugio piglia vizio.
14
Noferi vannee sente dir ch'egli era
con un compagno entrato in un fattoio
ov'egli ha per lanternaessendo sera
l'orinal fitto sopra a un schizzatoio
e di fogli distesa una gran fiera
ha bello e ritto quivi il suo scrittoio;
sicchè presto lo trovae in sull'entrata
dell'unto studio gli fa l'ambasciata.
15
Eiche alla cura esser chiamato intende
rispondeavere allora altro che fare;
perchè una sua commedia ivi distende
intitolata Il Console di Mare:
e che se l'opra sua colà s'attende
un buon suggetto è quivi suo scolare
di già sperimentato; ed in sua fece
avría mandato lui: e così fece.
16
Era quest'uomo un certo medicastro
che al dottorato suo fe piover fieno:
e perch'ei vi patì spesa e disastro
è stato sempre grosso con Galeno.
E giunto là: vo' fardisseun impiastro;
ondese il mal venisse da veleno
presto vedremo: intanto egli si spogli
e siami dato calamaio e fogli.
17
Mentre è spogliatoper la pestilenza
ch'egli esalasi vede ognun fuggire:
pervenne una zaffata a Sua Eccellenza
che fu per farlo quasichè svenire:
confermata però la sua credenza
rivolto a' circostanti prese a dire:
questo è velenoe ben di quel profondo:
sentite voi ch'egli avvelena il mondo?
18
Rispose il General commosso a sdegno:
come veleno? oh corpo di mia vita!
e dove è il vostro naso e il vostro ingegno?
lo vedrebbe il mio bue ch'egli ha l'uscita.
A ciò soggiunse il medico: buon segno:
segnoche la natura invigorita
a' morbi repugnanteadesso questo
a' nostri nasi manda sì molesto.
19
Vedendo poiche il flusso raccappella
come quello che ha in zucca poco sale
comincia a gridar: guardiala padella
e (quasi fosse quivi uno spedale)
chiama gli astantigl'infermieri appella
il cerusico chiede e lo speziale:
e venuto l'inchiostroal fin si mette
a scrivere una risma di ricette.
20
Dove diceva (dopo milïoni
di scropolidi dramme e libbre tante)
chegiacchè questo mal par che cagioni
stemperamento forteumor piccante
per temperarloRecipe in bocconi
collagommamèlchiara e diagrante.
Quindici libbre in una volta sola
di sangue se gli tragga dalla gola.
21
Acciocchè tiri per canal diverso
l'umorche tende al centrout omne grave;
chè se durasse troppo a far tal verso
dir potrebbe l'infermo: addiofave.
Poi tengasi due dì capo riverso
legato ben pe' piedi ad una trave:
se questo non facesse giovamento
composto gli faremo un argomento.
22
Però presto bollir farete a sodo
un agnelloo caprettoin un pignatto:
'N un altro vasonello stesso modo
un lupoper insin che sia disfatto;
poi fate un servizial col primo brodo
e col secondo un altro ne sia fatto:
farà questa ricetta operazione
senz'alcun dubbioed ecco la ragione:
23
questi animali essendo per natura
nimici come i ladri del bargello
ritrovandosi quivi per ventura
il lupo correrà dietro all'agnello;
l'agnelloche del lupo avrà paura
ritirando s'andrà su pel budello:
così va in su la roba e si rassoda
e i due contrari fan che 'l terzo goda.
24
Ciò dettorivoltossi al mormorío
di quelle ambretteove a mestar si pose;
eperch'elle sapean di stantío
teneva al naso un mazzolin di rose.
Soggiunse poi: costui vuol dirci addio;
chè queste flemme putride e viscose
mostranche benaffetto agli ortolani
ei vuol ire a 'ngrassare i petronciani.
25
In quel che questo capo d'assiuolo
ne dice ognor dell'altra una più bella
Tosello Gianniil quale è un buon figliuolo
mosso a pietàcon una sua coltella
tagliate avea le rame d'un querciuolo;
sopr'alle quali a foggia di barella
fu Paride da certi contadini
portato a' suoi poder quivi vicini.
26
Fu del Garani ascritto successore
Puccio Lamonianch'ei grande ingegnere
bravissimo guerriersaggio dottore
cortigianomercantee taverniere.
Dicon ch'ei nacque al tempo delle more
perch'egli è di pel bruno e membra nere;
or qua di Cartagena eletto duce
il fior de' mammagnuccoli conduce.
27
L'armata avea tra gli altri un cappellano
dottorma il suo saper fu buccia buccia;
perocch'egli studiò col fiasco in mano
ed era più buffon d'una bertuccia.
Faceva da pittoreda Tiziano;
ma quanto fece main'andava a gruccia:
ebbe una chiesae quivi a bisca aperta
si giuocò fino i soldi dell'offerta.
28
Franconio si domanda Ingannavini:
e fu pregatocome il più valente
perch'egli sapea leggere i Latini
a far quattro parole a quella gente.
Egliche aveva in casa il Coltellini
già fatta una lezione e salla a mente
subito accettae siede in alto solio
senza mettervi su nè sal nè olio.
29
Sale in bigoncia con due torce a vento
acciò lo vegga ognun pro tribunali:
ovemostrar volendo il suo talento
fece un discorso e disse cose tali
che ben si scorse in lui quel fondamento
che diede alla sua casa Giorgio Scali:
e piacque sìche tutti di concordia
si messero a gridar misericordia.
30
Il tèma fu di questa sua lezione
quand'Eneagià fuor del suo pollaio
faceva andare in fregola Didone
come una gatta bigia di gennaio:
e che se i Greciascosi in quel ronzone
in Troia fuoco diedero al pagliaio
e in man d'Enea posero il lembuccio
ond'ei fuggì col padre a cavalluccio;
31
cosìdiceala vostra e mia regina
qui viva e sanae della buona voglia
cacciata fu dall'empia concubina
tre dita anch'ella fuor di quella soglia;
peròse un tanto ardire e tal rapina
parvi che adesso gastigar si voglia
v'avete il modosenza ch'io lo dica.
Io ho finito: il ciel vi benedica.
32
Poichè da esso inanimite furo
le schieresi portarono a' lor posti:
e già sdraiato ognunlassoe maturo
in grembo al sonno gli occhi aveva posti;
quando a un tratto le trombe ed il tamburo
roppe i riposi e i sonni appena imposti;
ma svanì presto così gran fracasso
chè 'l fiato al trombettier scappò da basso.
33
E questo cagionòche incollorito
il Generale di cotanta fretta
con occhi torvi minacciò col dito
mostrando voler farne aspra vendetta.
Seguìche un ufizial suo favorito
che più d'ogn'altro meno se lo aspetta
toccò la corda con i suoi intermedi
de' tamburini e trombettieri a' piedi.
34
Alla corda così vuol che s'attacchi
perchè d'arbitrio e senza consigliarsi
facea venir all'armiallorchè stracchi
bisogno avevan più di riposarsi:
ed eran mezzi mortie come bracchi
givano ansando inordinati e sparsi:
e con un fior di lingue e orrenda vista
soffiavanch'i'ho stoppato un alchimista.
35
Amostante non solo era sdegnato
che di suo capo e propria cortesia
senza lasciar che l'uom riabbia il fiato
ei volesse attaccar la batteria;
ma perchè seco aveva concertato
ch'egli stessoche sa d'astrologia
vuolprima che 'l nimico si tambussi
veder che in Cielo sien benigni influssi.
36
Omai la famache riporta a volo
d'ogni intorno le nuove e le gazzette
sparge per Malmantilche armato stuolo
vien per tagliare a tutti le calzette.
Già molti impauriti e in preda al duolo
non più co' nastri legan le scarpette
ma con buone e saldissime minuge
perchè stien forti ad un rumores fuge.
37
In tal confusïonein quel vilume
all'udir quei lamenti e quegli affanni
a molti ch'eran già dentro alle piume
lo sbucar fuori parve allor mill'anni:
chi per vestirsi riaccende il lume
perocch'al buio non ritrova i panni;
chi nudo scappa fuorie non fa stima
che dietro gli sia fatto lima lima.
38
Perchè s'egli ha camicia o brache o vesta
non bada che gli facciano il baccano;
bensì del tristo avviso afflitto resta
onde più d'un poi giuoca di lontano:
chi torna indietro a fasciarsi la testa
e chi si tinge con il zafferano;
chi dice che una doglia gli s'è presa
per non avere a ire a far difesa.
39
Altriche fugge anch'ei simil burrasca
finge l'infermoe vanne allo spedale:
e benchè sano ei sia com'una lasca
col medico s'intende o col speziale;
perchè all'uno ed all'altro empie la tasca
acciò gli faccian fede ch'egli ha male:
ed essi questo e quel scrivon malato:
e chi più dàlo fan di già spacciato.
40
Sicchè con queste finte e con quest'arte
costorche usan la tazza e non la targa
servir volendo a Bacco e non a Marte
che non fa sanguema vuol che si sparga
d'uno stesso voler la maggior parte
trovan la via di starsene alla larga;
ed il restantenon sì astuto e scaltro
comparisceperch'ei non può far altro.
41
Mentre in piazza si fa nobil comparsa
anche in palazzo armata la regina
con una treccia avvoltae l'altra sparsa
corre alla malmantilica rovina;
benchè ne' passi poi vada più scarsa
perchè all'uscio da via mai s'avvicina.
Da sette volte in su già s'è condotta
fino alla sogliama quel sasso scotta.
42
Viltà l'arretraonor di poi la 'nvita
a cimentar la sua bravura in guerra:
l'esorta l'una a conservar la vita
l'altro a difender quanto può la terra.
Purfatto conto di morir vestita
voltossi a bere; e divenuta sgherra
(Perocchè Bacco ogni timor dilegua)
dice: o de' mieichi mi vuol ben mi segua.
43
Dietro a' suoi passi mettesi in cammino
Maria Ciliegiaillustre damigella:
tutto lieto la segue il Ballerino
che canta il titutrendo falalella;
va Meo col paggio; zoppica Masino
corre il Massellie il capitan Santella;
molti e molt'altri amici la seguiro
e più mercantic'hanno avuto il giro.
44
La segue Piaccianteo suo servo ed aio
che in gola tutto quanto il suo si caccia:
le cacchiatelle mangia col cucchiaio
ed è la distruzion della vernaccia.
Già misurò le doppie collo staio;
finita poiche fu quella bonaccia
pel contagio portò fin la barella:
ed ora in corte serve a Bertinella.
45
Comanda la padrona ch'egli scenda
e stia giù fuori con gli orecchi attenti
fra quelle schierefinch'ei non intenda
a che fine son là cotante genti;
ma queglial qual non piace tal faccenda
se la trimpella e passa in complimenti:
e perchè a' fichi il corpo serbar vuole
prorompe in queste o simili parole:
46
Alta Reginaperchè d'obbedire
più d'ogni altro a' tuoi cenni mi do vanto
colà n'andrò; macome si suol dire
come la serpe quando va all'incanto:
non ch'io fugga il pericol di morire
perch'io fo buon per una volta tanto
ma perchès'io mi partonon ti resta
un uomche sappia dov'egli ha la testa.
47
Non ti sdegnar s'io dico il mio pensiero;
chè possibil non è ch'io taccia o finga:
es'e' n'andasse il collosempre il vero
son per dirtie chi l'ha per malsi cinga.
Ti servirò di cor vero e sincero
senza interesse d'un puntal di stringa
e non come in tua corte sono alcuni
adulatorche fanno Meo Raguni.
48
Io dunqueche non voglio esser de' loro
ma tengo l'adular pessimo vizio
soggiungoe dicoper ridurla a oro
che mal distribuito è questo ufizio
e che non può passar con tuo decoro;
poichèmostrando non aver giudizio
un tuo aio ne mandi a far la spia
quasi d'uomin tu avessi carestia.
49
Manda manda a spiar qualche arfasatto
o un di quei che piscian nel cortile:
questo farà il mestier come va fatto
senza sospetto dar nel campo ostile;
ostile dicomentre costa in fatto
che cinto ha d'armi tutto Malmantile.
Tal gente si può dire a noi contraria
perchè non vien quassù per pigliar aria.
50
E perch'ei non vorrebbe uscir del covo
soggiunge dopo queste altre ragioni;
ma quellache conosce il pel nell'uovo
s'accorge ben che son tutte invenzioni;
peròsenza più dirglielo di nuovo
lo manda fuori a furia di spintoni;
e mentre ei pur volea 'mbrogliar la Spagna
gli fa l'uscio serrar sulle calcagna.
51
Sperante resta alla Regina intorno
spianator di pantondo riformato:
gridan le spalle sue remo e Livorno
ed ha un culo che pare un vicinato:
la pala nella destra tien del forno
nella sinistra un bel teglion marmato
in cambio di rotellache gli guarda
da' colpi il magazin della mostarda.
52
De' Rovinati anch'ei passò la barca;
perchè la golail giuocoe il ben vestire
gli aveano il panela farina e l'arca
in fumo fatto andar come elisire;
talchè cantando poicome il Petrarca
«Amoreio falloe veggo il mio fallire»
al giuoco del Barone e alla Bassetta
giuocavaapparecchiando alla Crocetta.
53
Fu dalle dame amato in generale
(Io dico dalle prime della pezza);
poi Bertinella stavane sì male
ch'ella fece per lui del ben bellezza;
perchèspesa la robae concia male
fatta più bolsa d'una pera mezza
potea di nottequanto a mezzo giorno
andar sicura per la fava al forno.
54
Ma poivenuta quasi per suo mezzo
a porsi sopr'al capo la corona
e lasciati di già gli stenti e il lezzo
profumata si sta nella pasciona;
ne 'mpazza affattoe non lo vede a mezzo:
e pospostane leich'è la padrona
e Martinazzach'è la salamistra
Sperante sempre va in capo di listra.
55
Or perch'egli è di nidio e navicello
e forte e sodo come un torrione
gli dà l'ufizio e titol di Bargello
colla solita sua provvisïone;
perchèse in questo caso alcun ribello
si scuoprefacil sia farlo prigione;
acciò sul letto poi di Balocchino
se gli faccia serrare il nottolino.
56
Fa in tanto nel castel toccar la cassa
e inalberar la 'nsegna del carroccio;
e comandante elegge della massa
il nobil cavalier Maso di Coccio
che 'n fretta alla rassegna se ne passa
colle schiere però fatte a babboccio;
che ad una ad una accomoda e dispone
sotto sua guida e sotto suo campione.
57
Il primo è il Furbanobile stradiere
che non giuoca alla buona e meno a' goffi;
a' noccioli bensì si fa valere
perch'ei dà bene i buffie meglio i soffi.
Il secondo è il Vecchinail gran barbiere
che vuol che ognor si trinchi e si sbasoffi;
e dove a mensa metter può la mano
si fa la festa di San Gimignano.
58
Dalle fredde acque il Mula i fanti approda
a spiaggia militar fra fronde e frasche:
ha nobil bardatura tinta in broda
di cedri e di ciriege d'amarasche.
Co' pescatori al Mula ora s'accoda
Dommeotreccon de' ghiozzi e delle lasche.
Pericol Pallerino anch'ei ne mette
dugento suoiarmati di racchette.
59
Melicchecuocoall'ordine s'appresta;
per giannettina ha in mano uno stidione
ed un pasticio per visiera in testa
con pennacchio di penne di cappone;
un candido grembiul per sopravvesta
gli adorna il culo e l'uno e l'altro arnione;
una zana è il suo scudo; e nell'armata
conduce tutta Norcia e la vallata.
60
L'unto Sgaruglia con frittelle a josa
alla squadra de' cuochi ora soggiugne
quella de' battilani assai famosa
genteche a bere è peggio delle spugne:
a cui battiemdicevala calcosa
ch'affeddeddieci làdove si giugne
noi non abbiamo a scardassar più lana
ma s'ha far sempre la Lunediana.
61
Conchino di Melone ecco s'affaccia
chel'osteria tenendo degli Allori
col fine e saldo d'un buon pro vi faccia
ha dato un frego a tutt'i debitori;
che tutti allegri e rubicondi in faccia
cantando una canzone a quattro cori
di gran coltelli e di taglieri armati
si son per amor suo fatti soldati.
62
Scarnecchiache di guerra è un ver compendio
l'eroe degli arcibravie dico poco
a cui dovrebbe dar piatto e stipendio
chiunque governa in qualsivoglia loco
perchèquando seguisse qualche incendio
ei fa il rimedio per guarir dal fuoco
mena gente avanzata a mitre e a gogne
da vender fiabechiacchiere e menzogne.
63
Rosaccio con altissime parole
movendo il pièracconta che a pigione
fa per quel mese dar la casa al sole
e nel Zodiaco alloga lo Scorpione:
così sballando simil ciance e fole
si tira dietro un nugol di persone.
Fa per impresain mezzo all'intervallo
di due sue cornaun globo di cristallo.
64
Sopra un letto ricchissimo fiorito
portar Pippo si fa del Castiglione
ove coperto sta tutto vestito
chè in tal modo lo scalda al suo padrone;
e purse in arme ei non fu gran perito
guerrier comodo è almen nel padiglione.
Questo impera dal morbido piumaccio
a quelli del mestier di Michelaccio.
65
A gire a Batistone adesso tocca
gran gigante da Cigolidi quelli
che vanno a côrre i ceci colla brocca
e batton colle pertiche i baccelli:
per sue bellezze Amore ha sempre in cocca
per ferir damei dardi ed i quadrelli;
fa il cavaliere nelle cavalcate
e va spesso furiero alle nerbate.
66
Cento suggetti egli ha della sua classe
anch'eglino pigmei distorti e brutti;
fantiche nacquer nelle Magne basse;
ma sebben son piccinie' vi son tutti.
Mangian spinaciarruffan le matasse
ed ha più vizi ognun di sei Margutti:
cosa è questache va pel suo diritto
chè non è in corpo storto animo dritto.
67
Piena di sudiciume e di strambelli
gran gente mena qua Palamidone
che il giorno vanne a Carpi ed a Borselli
e la notte al Bergel porta il lancione:
maestro de' bianti e de' monelli
e' veste la corazza da bastone;
perch'egliquanto ogni altro suo allievo
è tutto il dì figura di rilievo.
68
Comparisce frattanto un carro in piazza
da Farfarel tirato e Barbariccia
ubbidïenti al cenno della mazza
sodanocchiutaruvida e massiccia
con che la formidabil Martinazza
a lorch'è ch'èle costole stropiccia.
E quei demòni in forma di camozza
van tirando a battuta la carrozza.
69
Costei è quella strega maliarda
che manda i cavallucci a Tentennino
ed egli un punto a comparir non tarda
quand'ella fa lo staccio o il pentolino;
come quand'ella s'unge e s'inzavarda
tutta ignuda nel canto del cammino
per andar sul barbuto sotto il mento
colla granata accesa a Benevento.
70
Ove la notte al Noce eran concorse
tutte le streghe anch'esse sul caprone
i diavoli e col bau le bilïorse
a ballare e cantare e far tempone;
ma quando presso al dì l'ora trascorse
fa di mestieri battere il taccone:
come a costeiche or viensene di punta
e in su quel carro nel castello è giunta.
71
E la cagion si èch'ella ne vada
adesso a casa tutta in caccia e in furia
l'aver veduto dentro alla guastada
un segnoche le ha data cattiv'uria;
perchè vi scorse una sanguigna spada
che alla sua patria minacciava ingiuria;
perciòse nulla fosse di quel regno
ne viene anch'essa a dare il suo disegno.
72
Fuggì tutta la gente spaventata
all'apparir dell'orrido spettacolo;
la piazza fu in un attimo spazzata
pur un non vi rimase per miracolo.
Così correndo ognuno all'impazzata
si fa l'un l'altro alla carriera ostacolo;
chi dà un urtonquell'altro dà un tracollo
chi batte il capoe chi si rompe il collo.
73
Figuriamci vedere un sacco pieno
di zucche o di popon sopra un giumento
cherottasi la cordain un baleno
ruzzolan tutti fuor sul pavimento
e nell'urtarsi batton sul terreno;
chi si percuotee chi s'infrange drento
chi si sbuccia in un sassoe chi s'intride
ed un altro in due parti si divide.
74
Così fa quella razza di coniglio;
chenel fuggir la vista di quel cocchio
chi si rompe la bocca o fende un ciglio
e chi si torce un piede e chi un ginocchio;
a talchènel veder quello scompiglio
io ho ben presodicequi lo scrocchio
mentre a costor così comparir volli:
sapeva pur chi erano i miei polli.
75
Scese dal carro poiper impedire
così gran fuga e rovinosa fola;
ma quei viepiù si studiano a fuggire
e mostra ognun se rotte ha in piè le suola;
chè finalmentecome si suol dire
chi corre correma chi fugge vola;
ond'ellabenchè adopri ogni potere
vede che farà tordo a rimanere.
76
Perciò si ferma strambasciata e stracca;
ritorna in dietroed un de' suoi caproni
dalla carretta subito distacca
e gli si lancia addosso a cavalcioni;
così correndotutta si rinsacca
perchè quel diavol vanne balzelloni.
Pur dicendo: arri làcarne cattiva
lo fruga sìche al fin la ciurma arriva.
QUARTO CANTARE
Argomento
I guerrier di Baldon son mal disposti
perchè la fame in campo gli travaglia.
Il Fendesie Perlon lasciano i posti
non vedendo arrivar la vettovaglia.
Psiche non tiene i suoi pensieri ascosti
a Calagrillocavalier di vaglia
che promette aiutar la damigella
e poscia ascolta una gentil novella.
1
Omnia vincit Amordice un testo;
e un altro dissee diede più nel segno:
Fames Amorem superat; e questo
è certoe approva ognun c'ha un po' d'ingegno;
perchèquantunque Amor sia sì molesto
che tutt'i martorelli del suo regno
dicano ognora: ahi lasso! io moroio pèro;
e' non si trova mai che ciò sia vero.
2
Non ha che far nïente colla Fame
che fa da veropurch'ella ci arrivi;
posson gli amanti star senza le dame
i mesi e gli annie mantenersi vivi;
ma se due dì del consueto strame
i poveracci mai rimangon privi
e' basta; chè de fatto andar gli vedi
a porre il capo dove il nonno ha i piedi.
3
Talchè si vien da questi effetti in chiaro
che d'Amore la Fame è più potente;
ond'è che ognun di lui più questa ha caro
e quando alle sue ore ei non la sente
lamentasie gli pare ostico e amaro.
Perciò riceve torto dalla gente
mentre ciascun la cerca e la desia
e s'ella vienevuol mandarla via.
4
Anzi la scacciacome un animale
sul buon del desinare e della cena:
per questo ella talorche l'ha per male
più non gli torna; ovver per maggior pena
in corpo gli entra in modo e nel canale
che non l'empierebb'Arno colla piena;
come vedremo che a Perlone ha fatto
che a questo conto grida come un matto.
5
Desta l'Aurora omai dal letto scappa
e cava fuor le pezze di bucato;
poi batte il fuocoe cuocer fa la pappa
pel suo giorno bambin ch'allora è nato.
E Feboch'è il compargià colla cappa
e con un bel vestito di broccato
che a nolo egli ha pigliato dall'Ebreo
tutto splendente viensene al corteo.
6
Nè per ancora le Ugnanesi genti
hanno veduto comparire in scena
la materia che dà il portante a' denti
e rende al corpo nutrimento e lena;
perciò molti ne stanno malcontenti
che son usi a tener la pancia piena:
e ben si scorge a una mestizia tale
che la mastican tutti più che male.
7
È tra costoro un certo girellaio
che per l'asciutto va su i fuscellini
male in arnesee indosso porta un saio
che fu sin del Romito de' Pulcini.
Ci è chi vuol dir ch'ei dorma in un granaio
perc'ha il mazzocchio pien di farfallini:
è matto in somma; pur potrebbe ancora
un dì guarirneperchè il mal dà in fuora.
8
E perch'ei non avea tutt'i suoi mesi
fu il primo ad esclamare e far marina
forte gridando: oimè! ch'io vado a Scesi
pel mal che viene in bocca alla gallina.
Onde Eravano e don Andrea Fendesi
che abbruciavano insieme una fascina
e per cibare i lor ventri di struzzoli
cercavan per le tasche de' minuzzoli
9
mentre di gagnolar giammai non resta
costui ch'è senza numero ne' rulli
anzi rinforza col gridare a testa
lasciano il fuoco e i vani lor trastulli:
e per vedere il fin di questa festa
se ne van discorrendo grulli grulli
del bisogno ch'essi han che 'l vitto giunga
perchè sentono omai sonar la lunga.
10
Così domandan chi sia quei ch'esclama
e mette grida ed urli sì bestiali.
Gli è detto: questo è un tale che si chiama
Perlonedipintor de' miei stivali;
un uomche al mondo acquistasi gran fama
nel far de' ceffautti pe' boccali:
e con gl'industri e dotti suoi pennelli
suo nome eterno fa negli sgabelli.
11
Si trova in basso statoanzi meschino;
ma benchè il furbo ne maneggi pochi
giuocherebbe in su' pettini da lino
chè un'ora non può viver ch'ei non giuochi.
Ma s'ei vincesse un dì pur un quattrino
in vero si potrebbon fare i fuochi;
perchègiuocando sempre giorno e notte
farebbe a perder colle tasche rotte.
12
Giuocossi un suo fratel già la sua parte
suo padre fu del giuco anch'egli amico;
però natura qui n'incaca l'arte
avendo ereditato il genio antico.
Costui teneva in man prima le carte
che legato gli fosse anche il bellico;
e pria che mammababbopappa e poppe
chiamò spadebastondanari e coppe.
13
Ma perchè voi sappiate il personaggio
che ciò raccontaè il Franco Vicerosa
cavalierodel qual non è il più saggio
scrittor sublime in verso quanto in prosa;
dipingenè può farsi da vantaggio
generalmente in qualsivoglia cosa;
vince nel canto i musici più rari
e nel portare occhiali non ha pari.
14
È suo amicoed è pur seco adesso
Salvo Rosataun uom della sua tacca;
perocchè anch'ei si abbevera in Permesso
e pittorpassa chiunque tele imbiacca;
tratta d'ogni scienza ut ex professo
e in palco fa sì ben Coviel Patacca
chesempre ch'ei si muove o ch'ei favella
fa proprio sgangherarti le mascella.
15
Or perchè Franco ed egli ogni maniera
proccuran sempre di piacere altrui
di Perlone dan contoe dove egli era
di conserva n'andâr con gli altri due;
là dove minchionando un po' la fiera
il Franco disse lor: questo è colui
che in zucca non ha punto; anzi ragionasi
d'appiccargli alla testa un appigionasi.
16
Spiacque il suo male ad ambi tanto tanto:
e mentre ei piange ch'e' si getta via
il pietoso Eravan pianse al suo pianto
verbigraziaper fargli compagnia.
Poi tutto lieto postosegli accanto
per cavarlo di quella frenesia
di quelle strida e pianto sì dirotto
che fa per nulla il bietolon mal cotto
17
se forsedicetu sei stato offeso
che fai tu della spadail mio piloto?
A che tenere al fianco questo peso
per startene a man giunte come un boto?
Se al corpo alcun dolor t'avesse preso
gli è qua chi vende l'olio dello Scoto:
se t'hai bisogno d'oroio ti fo fede
che qualsivoglia banca te lo crede.
18
Dopo Eravano poi nessun fu muto;
chè ognun gli volle fare il suo discorso
offerendo di dargli ancora aiuto
mentre dicesse quanto gli era occorso;
ond'eiche avrebbe caro esser tenuto
d'aver piuttosto col cervello scorso
alzando il visoin loro gli occhi affisa
e sospirando parla in questa guisa:
19
Non v'è rimedioamicialla mia sorte:
il tutto è vanogiacchè la sentenza
è stabilita in ciel della mia morte
che vuol ch'io muoiae muoia in mia presenza.
Già l'alma stivalata in sulle porte
omai dimostra d'esser di partenza;
e già col corpo tutt'i sentimenti
le cirimonie fanno e i complimenti.
20
Mutar devo mestierse avvien ch'io muoia
di soldato cioè nel ciabattino;
perocchè mi convien tirar le cuoia
per gir con esse a rincalzare il pino.
Un'altra cosa ancor mi dà gran noia:
ed èche sotto son come un cammino;
e che innanzi a Minòs e agli altri giudici
rappresentar mi debba co' piè sudici.
21
Ma ecco omai l'ora fatale è giunta
ch'io lasci il mio terrestre cordovano;
già già la Morte correche par unta
verso di me colla gran falce in mano;
spinge ella il ferro nel bel sen di punta
ond'io mancar mi sento a mano a mano;
però lo spirto e il corpo in un fardello
tiro fuor della vita e vo all'avello.
22
Ormai di vita son uscitoe pure
non trovo al mio penar quiete e conforto.
O cieloo mondoo Gioveo creature
ditese udiste mai così gran torto?
Se Morte è fin di tutte le sciagure
come allupar mi sentoancorchè morto?
E comedove ognuno esce di guai
mi s'aguzza il mulino piucchè mai?
23
Va' a dir che qua si trovi pane o vino
o altro da insegnar ballare al mento:
se non si fa la cena di Salvino
quanto a mangiaree' non c'è assegnamento.
O ser Isaco Abramoo Iacodino
quando v'avete a ire al monumento
voi l'intendeteche nel cataletto
con voi portate il pane ed il fiaschetto.
24
Orbècompagniolà dal cimitero
se 'l ciel danari e sanità vi dia
empiete il buzzo a un morto forestiero
o insegnategli almeno un'osteria.
Sebben voi fate qui sempre di nero
perchè di carne avete carestia
è tale l'appetito che mi scanna
che un diavol cotto ancor mi parrà manna.
25
Sebben non c'è da far cantare un cieco
di questa spada all'oste fo un presente
che ad ogni mo'da poi ch'ella sta meco
mai battè colpo o volle far nïente.
Per una zuppa dolla ancor di greco.
Ma che gracch'io? qui nessun mi sente.
Che fo? se i morti son di pietà privi
meglio sarà ch'io torni a star tra' vivi.
26
Qui tacquee per fuggir la via si prese
facendo sempre il Nanni ed il corrivo;
perch'egli è un di que' matti alla sanese
c'han sempre mescolato del cattivo.
Per aver campo a scorrere il paese
ne fece poi di quelle coll'ulivo
mostrando ognor più dar nelle girelle;
e tutto fece per salvar la pelle.
27
Perch'unoche il soldato a far s'è messo
mentre dal campo fugge e si travia
sendo trovatovien senza processo
caldo caldo mandato in Piccardia.
Però s'ei partenon vuol far lo stesso
ma che lo scusi e salvi la pazzia;
onde minchion minchionfacendo il matto
se ne scantona che non par suo fatto.
28
Il Fendesi a scappare anch'ei fu lesto
con gli altri tre correndo a rompicollo;
volendo risicar prima un capresto
e morir collo stomaco satollo
che restar quivi a menarsi l'agresto
ed allungare a quella foggia il collo.
Il danno certo è sempre da fuggire;
s'egli avvien peggio poinon c'è che dire.
29
Lasciam costoroe vadan pure avanti
cercando il vitto lì per quel contorno;
che se fame gli cacciae' son poi fanti
da battersi ben ben seco in un forno;
perchè d'un gran guerrier convien ch'io canti
mezzo impaniatoperch'egli ha d'intorno
una donna straniera in veste bruna
che s'affligge e si duol della fortuna.
30
Calagrillo è il guerrieroe via pian piano
cavalcando ne va con festa e gioia
ognor tenendo il chitarrino in mano
perchè il viaggio non gli venga a noia.
È bravo sìma poi buon pastricciano;
e' farebbe servizio infino al boia:
venga chi vuola tutti dà orecchio
sebben e' fosse il Bratti Ferravecchio.
31
Poichè bella è colei che si dispera
sempre piangendo senz'alcun ritegno
e vannecome io dissiin cioppa nera
per dimostrar di sua mestizia il segno
perciò con viso arcigno e brutta cera
par un Ebreo ch'abbia perduto il pegno;
e di quanto l'affligge e la travaglia
Calagrillo il campion quivi ragguaglia.
32
Signoreincominciòdevi sapere
ch'io ebbi un bel marito; ma perch'io
dissi chi egli era contro al suo volere
già per sett'anni n'ho pagato il fio;
perch'egli allorper farmela vedere
stizzato meco se n'andò con Dio
in luogoche a volerlo ritrovare
la carta vi volea da navicare.
33
E quando poi io l'ho bell'e trovato
Martinazzach'è sempre lo scompiglia
fa sìche pur di nuovo m'è scappato
ed in mia vece all'amor suo s'appiglia.
Tal ch'io rimango cacciator sgraziato:
scuopro la lepree un altro poi la piglia.
Ti dico questoperchè avrei voluto
che tu mi dessi a raccattarlo aiuto.
34
Ei le promette e giura che 'l marito
le renderà; però non si sgomenti:
e se non basterà quel c'ha smarrito
quattro e seibisognandoe dieci e venti.
Ed ella lo ringraziae del seguito
di tante sue fatiche e patimenti
(Fatta più lieta per le sue promesse)
così da capo a raccontar si messe:
35
Cupido è la mia cara compagnia
ricco garzonsebben la carne ha ignuda;
anzi non è: t'ho detto una bugia;
perch'ei non mi vuol più cotta nè cruda.
Ma senti puree nota in cortesia:
quando la madre suach'era la druda
del fiero Marteidest la Dea d'Amore
gravida fu di questo traditore
36
perch'una trippa aveache conveniva
che dalle cigne omai le fosse retta
cagionche in Cipro mai di casa usciva
se non con due braccieri ed in seggetta;
pur sempre con gran gente e comitiva
com'a Reginacom'ell'ès'aspetta;
i paggi addietro e gli staffier dinanzi
e dagl'inlati due filar di Lanzi;
37
essendo così fuori una mattina
per suoi negozi e pubbliche faccende
urtò per caso una vacca trentina
e tocca appenain terra la distende;
ond'elladopo un'alta rammanzina
perch'una lingua ell'ha che taglia e fende:
va'che tu facciaquando ne sia otta
un figliuoldicein forma d'una botta.
38
E così fu; chè in vece d'un bel figlio
di suo gusto e di tutt'i terrazzani
un rospo fece come un pan di miglio
che avrebbe fatto stomacare i cani;
che poicresciutofecesi consiglio
di dargli un po' di moglie; ma i mezzani
non trovaron mai donna nè fanciulla
che saper ne volesse o sentir nulla.
39
Se non che i miei maggiori finalmente
mio padre che 'l bisogno ne lo scanna
con un mio zio ch'andava pezïente
e un mio fratello anch'ei povero in canna
sperando tutti e tre d'ungere il dente
e dire: o corpo miofátti capanna
e riparare ad ogni lor disastro
me gli offeriroe fecesi l'impiastro.
40
Fu volentier la scritta stabilita;
io dico sol da lorche fan pensiero
di non aver a dimenar le dita
ma ben di diventar lupo cerviero.
E perchè e' son bugiardi per la vita
dimostrano a me poi 'l bianco pel nero;
dicendomiche m'hanno fatta sposa
d'un giovanettoch'è sì bella cosa.
41
Soggiunsero di lui mill'altre bozze;
ma quando da me poi lo veddi in faccia
con quella forma e membra così sozze
pensate voi se mi cascò le braccia:
anzi nel giorno proprio delle nozze
che a darmi ognun venia il buon pro vi faccia
ogni voltacon mio maggior dolore
sentivo darmi una stoccata al cuore.
42
Non lo volevo; pur mi v'arrecai
veduto avendo ogni partito vinto;
ma perchè non è il diavol sempre mai
cotanto brutto com'egli è dipinto
quand'io più credo a gola esser ne' guai
ecco al mio cuore ogni travaglio estinto;
vedendo ch'ei lasciòsendo a quattr'occhi
la forma delle botte e de' ranocchi.
43
E molto ben divenne un bel garzone
che m'accolse con molta cortesia;
ma subito mi fa commissïone
ch'io non ne parli mai a chicchessia
perch'io saròparlandonecagione
ch'ei si lavi le man de' fatti mia
e per nemmen sentirmi nominare
si vada vivo vivo a sotterrare.
44
E perchè quivi ancora avrà paura
ch'io non vada a sturbargli il suo riposo
avrà sopr'ad un monte sepoltura
che mai si vedde il più precipitoso
ed alto poi così fuor di misura
che non v'andrebbe il Bartoli ingegnoso;
oltrechè innanzi ch'io vi possa giugnere
ci vuol del buonoe ci sarà da ugnere.
45
Poichè una strada troverò nel piano
che veder non si può giammai la peggio;
poigiunta a piè del monte alpestre e strano
con due uncini arrampicar mi deggio
menando all'erta or l'una or l'altra mano
come colui che nuota di spasseggio;
ed anche andar con flemma e con giudizio
s'io non me ne vogl'ire in precipizio.
46
Scosceso è il montein sommae dirupato;
e 'l viaggio lunghissimo e diserto.
Così disse Cupido smascherato
dopo cioè ch'ei mi si fu scoperto;
ond'io promessi di non dir mai fiato
e che prima la morte avria sofferto
che trasgredir d'un punto in fatti o in detti
i suoi gustii suoi cennii suoi precetti.
47
Nè tal cosa a persona avrei scoperta;
ma perchè tuttavia la gente sciocca
ridea del rospo e davami la berta
ed io che quand'ella mi viene in cocca
non so tenere un cocomero all'erta
mi lasciai finalmente uscir di bocca
che quel non era un rospoma in effetto
un grazïoso e vago giovanetto.
48
E chese lo vedesson poi la notte
quando in camera meco s'è serrato
e getta via la scorza delle botte
ch'un Sole proprio par pretto sputato
le male lingue forse starian chiotte
che sì de' fatti altrui si danno piato;
perocchè non si può tirare un peto
che il comento non voglian fargli dreto.
49
Le ciglia inarca e tien la bocca stretta
chiunque da me tal maraviglia ascolta;
ma quel che importaa sordo non fu detta;
chè Vener che ogni cosa avea ricolta
per veder s'ella è vera o barzelletta
poichè a dormire ognun se l'era colta
entra in camera e vien pian piano al letto
e trova il tutto appunto come ho detto.
50
E nel vedere in terra quella spoglia
che per celarsi al mondo il giorno adopra
di levargliela via le venne voglia
acciò con essa più non si ricuopra;
così la prendee poi fuor della soglia
fa un gran fuoco e ve la getta sopra:
nè mai di lì si volle partir Venere
insinchè non la vedde fatta cenere.
51
Fu questa la cagion d'ogni mio male;
perchè quando Cupido poi si desta
si stropiccia un po' gli occhi e dal guanciale
per levarsi dal letto alza la testa
e va per rivestirsi da animale
nè trovando la solita sua vesta
si volta verso mesi morde il dito
e nello stesso tempo fu sparito.
52
Non ti vo' dir com'io restassi allora
che mi sovvenne subito di quando
il primo dì mi si svelòche ancora
mi fece l'espressissimo comando
che in alcun tempo io non la dessi fuora;
ed io son itascioccaa fare un bando:
e poi mi pare strano e mi scontorco
s'egli è in valigia ed ha comprato il porco.
53
Sospesa per un pezzo me ne stetti
ch'io aspettava pur ch'ei ritornasse;
a cercarne per casa poi mi detti
per le stanze di sopra e per le basse.
Guardo su pel cammingiro in su i tetti
apro gli armari e fo scostar le casse;
nè trovandolo maial fin mi muovo
per non fermarmi finch'io non lo trovo.
54
Scappo di casae via vo sola sola;
nè son lontana ancora una giornata
ch'io sento dire: aspettami figliuola.
Mi voltoe dietro veggomi una Fata;
e perch'ella mi diede una nocciuòla
quest'è megliodiss'iod'una sassata.
Di ciò ridendoun'altra sua compagna
mi pose in mano anch'ella una castagna.
55
Ed ioche allora avrei mangiato i sassi
m'accomodai per darvi su di morso;
ma fummi detto ch'io non la stiacciassi
se un gran bisogno non mi fosse occorso.
Vergognata di ciòcon gli occhi bassi
il termine aspettai del lor discorso;
poifatte le mie scuse e rese ad ambe
mille graziele lascioe dolla a gambe.
56
Ripongo la nocciuòla e la castagna
e rimetto le gambe in sul lavoro
per una lunga e sterile campagna
disabitata più che lo Smannoro.
Dopo cinqu'anni giunta a una montagna
mi si fe' innanzi un grande e orribil toro
che ha le corna e i piè tutti d'acciaio
e tirache correbbe nel danaio.
57
E come cavalier che al saracino
corre per carnovale o altra festa
verso di me ne viene a capo chino
colla sua lancia biforcata in testa.
Io già colle budella in un catino
addiodicevo al mondoaddio chi resta;
addio Cupídodove tu ti sia
a rivederci ormai in pellicceria.
58
O mamma miache pena e che spavento
ebbe allor questa mezza donnicciuola!
Tremavo giusto come un giunco al vento;
chè quivi mi trovavo inerme e sola.
Purcome volle il cieloio mi rammento
del dono delle Fate; e la nocciuòla
presa per casopresto sur un sasso
la scaglio; ella si rompee n'esce un masso.
59
Tal pietra per di fuori è calamita
e ripiena di fuoco artifiziato.
Ormai arriva il toroed alla vita
con un lancio mi ven tutto infuriato:
ma perchè dietro al masso ero fuggita
il ribaldo riman quivi scaciato;
chè in esso dando la ferrata testa
in quella calamita affisso resta.
60
Sfavilla il masso al batter dell'acciaro
e dà fuoco al rigiro ch'è nascosto;
ed eglia' razzi ch'allor ne scapparo
un colpo fatto aver vede a suo costo
perchè non vi fu scampo nè riparo
ch'ei tra le fiamme non si muoia arrosto.
Ed ioscansato il fuoco e ogni altro affronto
lieta mi parto e tiro innanzi il conto.
61
Più là ritrovo un grand'uccel grifone
e topi assai che giran come pazzi
perch'eglientrato in lor conversazione
gli beccagraffia e ne fa mille strazzi.
Di lor mi venne gran compassïone
e vo per ovviar ch'ei non gli ammazzi;
ma quei mi sente al motoe in piè si rizza
e per cavarsi vien con me la stizza.
62
Questo animale ha il busto di cavallo
di bue la codae in sulle spalle ha l'ale;
il capo e il collo giusto come il gallo
e i piè di nibbio vero e naturale;
gli artigli di fortissimo metallo
grandigrossi e adunchi in modo tale
che non vedestiquando leggi o scrivi
mai de' tuo' dì i più bei interrogativi.
63
Son appuntati poiche a far più acuto
un ago altrui darebbe delle brighe;
talchèse al viso fossemi venuto
con essi mi lasciava assai più righe
d'un libro di maestro di liuto
e d'una stamperia di falsarighe
con farmi a liste come le gratelle
da cuocervi le triglie e le sardelle.
64
Or per tornare: in quel ch'io ho timore
che 'l mio grifo sia scherzo del grifone
la castagnach'i'ho in tascacaccio fuore
la rompoe n'esce subito un lione
che mi scemò non poco il batticuore;
perch'egli in mia difesa a lui s'oppone
e mostrògli or coll'ugna ed or co' denti
in che mo' si gastigan gl'insolenti.
65
L'uccello anch'egliche non ha paura
gli rende molto ben tre pan per coppia;
ma quelche aver del suo nulla si cura
il contraccambio subito raddoppia;
e ben ch'ei voglia star seco alla dura
l'afferra e stringe tantoch'egli scoppia;
di poi garbatamente gli riseca
gli stinchi su' nodelli e me gli reca.
66
Metto uno stridoe mi ritiro in dreto
ioc'ho paura allorch'ei non m'ingoi;
ma queglich'è un lione il più discreto
che mai vedesse il mondo o prima o poi
ciò conoscendotutto mansueto
gli lascia in terrae va pe' fatti suoi.
Ed io gli prendo alloraessendo certa
d'averne aver bisogno in sì grand'erta;
67
là dove non si può tenere i piedi
ma bisogna che l'uom vada carponi.
Perciò con quegli uncini poi mi diedi
a costeggiar il monte brancoloni:
e convenne talor farsi da piedi
battendo giù di grandi stramazzoni
perchè non v'è dove fermare il passo;
cagionche spesso mi trovai da basso.
68
Tutti quei topi via ne vengon ratti
e furon per mangiarmi dalla festa;
perocchè dalle granfie io gli ho sottratti
di quella bestia a lor tanto molesta.
Così vo rampicando come i gatti
sull'aspro monte dietro alla lor pesta
sopportando fatichestenti e guai
e fame e sete quanto si può mai.
69
Pur finalmente in capo a due altr'anni
giungemmo al luogo tanto desiato.
Ma non finiron qui mica gli affanni
perchè di muro il tutto è circondato;
e qui s'aggiunge ancor male a malanni
ch'io trovo l'uscioma 'l trovo diacciato.
pensa se allor mi venne la rapina
e s'io dicevo della violina.
70
Ora tu sentiraiche 'l dare aiuto
a tutti quanti sempre si conviene;
perchè giammai quel tempo s'è perduto
che s'è impiegato in far altrui del bene.
Non dico sol all'uomoma anche a un bruto
che forse immondo e inutile si tiene
e che tu non lo stimi anche una chiosa;
perocch'ognuno è buono a qualche cosa.
71
Se tu giovi al compagnoallor tu fai
(Quasi gli presti roba) un capitale;
anzi talorper poco che gli dài
ti rende più sei volte che non vale.
Ma non si dee ciò pretender mai
perch'ell'è cosa che starebbe male;
questo è un censoil quale a chi lo prende
richieder non si puòs'ei non lo rende.
72
Guarda s'ell'è così: ioper la mia
pietà di prender di quei topi cura
da lor vinta restai di cortesia
e n'ebbi la pariglia coll'usura;
perocchè in questa zezza ricadía
ch'io ho d'aver trovata clausura
eglino tutti sul cancel saliro
e si fermaroove è la toppain giro.
73
E gli denti appiccando a quel legname
come se 'n bocca avessero un trapáno
presto presto vi fecero un forame
da porre il fiasco e vendere il trebbiano;
talchèin terra cascando ogni serrame
spalanco l'uscio di mia propria mano
e passo dentroe resto pur confusa
perch'ancor quivi è un'altra porta chiusa.
74
Ma parve giusto come bere un uovo
a' topi farvi il consueto foro.
E dopo questa a un'altrae poi di nuovo
infino a sette fanno quel lavoro;
quando fra verdi mirti mi ritrovo
che fan corona a una cassa d'oro
ch'è a piè d'un tempio ch'è dipinto a graffio
e a prima faccia tien quest'epitaffio:
75
Cupído Amorche tanti ha sbolzonato
bersaglio qui si giace della morte:
eich'era fuocoil naso ora ha gelato
se i cuor legòprigione è in queste porte.
Hallo trafittomorto e sotterrato
quella cicala della sua consorte;
nè sorgeràse pria colma di pianto
non sarà l'urna che gli è qui da canto.
76
Non ti vo' dire adessose in quel caso
mi diventaron gli occhi due fontane
e feci come chi s'è rotto il naso
che versa il sangue e corre al lavamane.
Così cors'io a piangere a quel vaso
durando a lagrimar sei settimane;
e per aver quel più voglia di piagnere
mi diedi pugna sìch'io m'ebbi a infragnere.
77
Quando veddi ch'egli era poco meno
in su che all'orlo ed esser a buon porto
volliinnanzi ch'e' fosse affatto pieno
e che 'l marito mio fosse risorto
lavarmi il viso e rassettarmi il seno
acciò sì lorda non m'avesse scorto.
Perciò mi partoe cerco se in quel monte
per avventura fosse qualche fonte.
78
In quel ch'io m'allontanocom'io dico
Martinazzache era in Stregheria
passò di là portata dal nimico
chè non potette star per altra via;
e perchè sempre fu suo modo antico
di far per tutto a alcun qualche angherìa
lesse il pitaffiosquadrò l'urnae tenne
che lì fosse da farne una solenne.
79
Se quadice fra sèCupído dorme
vo' risvegliarloper veder un tratto
s'egli è come si dicee se conforme
a quel che da' pittori vien ritratto;
sebben chi lo fa belloe chi deforme:
basta; mi chiarirò com'egli è fatto.
Per questo ad empier mettesi quel vaso
a cui poco mancava ad esser raso.
80
Coll'animo di piagner vi s'arreca;
ma ponza ponzalagrima non getta:
si prova a far cipiglio e bocca bieca
nè men questa è però buona ricetta.
Al fin si pone a un fumo che l'accieca
sicchè per forza a piangere è costretta;
onde la pila in mezzo quarto d'ora
restò colmae Cupído scappò fuora.
81
Quand'ella verso lui voltò le ciglia
e vedde quella sua bella figura
disposta e grazïosa a maraviglia
che più non si può far 'n una pittura
gli s'avventa di subito e lo piglia;
e senza ricercar della cattura
da' suo' staffieri tenebrosi e bui
portar se ne fa via con esso lui.
82
Fermossi a Malmantilee per marito
lo vollee già le nozze han celebrate.
Come sai tudiraitutto il seguìto?
Lo sochè me lo dissero le Fate
quelle che mi donâr quel ch'hai sentito;
che in due aquile essendo trasformate
perchè lassù i' facea degli sbavigli
m'han trasportata qua ne' loro artigli.
QUINTO CANTARE
Argomento
Vuol con gl'incanti dar la Maga aita
in Malmantile al popolo assediato;
ma dagli spirti è così mal servita
che tra' nimici è il suo saper beffato.
Vien Calagrilloe a duellar la 'nvita:
e lo 'nvito è da lei tosto accettato.
Il Fendesie altri duecom'è usanza
sparir di Piaccianteo fan la pietanza.
1
E' si trova talun che è sì capone
che ad una cosa che si tocca e vede
e che di più l'afferman le persone
vuol essere ostinato e non la crede;
un altro è poi sì tondo e sì minchione
che se le beve tutte e a ognun dà fede;
e ci son uomin tanto babbuassi
che crederebbon ch'un asin volassi.
2
Gli estremi non fur mai degni di lode:
ci vuol la via di mezzo; e chi ha cervello
se vere o false novitadi egli ode
a crederle al compagno va bel bello:
le credes'elle son fondate e sode;
ma s'elle star non possono a martello
non le gabella mica di leggieri
come fa il Duca a certi messaggieri.
3
Ma perchè chi m'ascolta intenda bene
tornare a Martinazza mi bisogna:
la qual dianzi lasciaise vi sovviene
che in sul Caprinfernalpigra carogna
quel popolaccio ha aggiunto e lo ritiene
dal fuggir via con tanta sua vergogna;
perchèquando per lei la raffigura
rallenta il corso e piscia la paura.
4
E quivicoll'affanno in sulla pena
tutto lamenticondoglienze e strida
tremando forte come una vermena
la pregaperchè in lei molto confida
e perchè addosso giunta gli è la piena
e lì tra lor non è capo nè guida
a far in mo'se si può far di manco
ch'ei non s'abbia a cacciar la spada al fianco.
5
Ella risponde allorch'è di parere
che il pigliar l'arme faccia di mestiero;
che per la patria par che sia dovere
il farsi bravoe diventar guerriero;
sebben fra tanto vuole un po' vedere
s'ella con Gambastorta e Baconero
trovar potesse il modo che costoro
vadano a far il bravo a casa loro.
6
Ciò dettobalza in casae colà drento
per ugnersi dispogliasi in capelli;
e cacciatasi addosso quant'unguento
aveva ne' suoi fetidi alberelli
un gran circolo fa nel pavimento
e con un vaso in manscritti e cartelli
borbottando parole tuttavia
che nè men si direbbono in Turchia
7
fa un salto a piè pari in mezzo al segno;
e quivi avendo all'ordine ogni cosa
per mandare ad effetto il suo disegno
grida così con voce strepitosa:
O colaggiù dal sotterraneo regno
cornuti mostri e gente spaventosa
filigginosi abitator di Dite
badate a mele mie parole udite.
8
Vi pregovi scongiuro e vi comando
per la forza e virtù di questi incanti;
per quest'acqua che a gocce in terra spando
dagli occhi distillata degli amanti;
per questa cartaov'è stampato il bando
di quella porcheria de' guardinfanti
che di portar le donne han per costume
ricettacol di pulci e sudiciume;
9
per gl'imbrogli vi chiamo e l'invenzioni
che ritrova il legista ed il notaio
quando per pelar meglio i buon pippioni
gli aggirache nè anche un arcolaio:
orsùpezzi di sacchi di carboni
per quei ladri del sarto e del mugnaio
che ti voglion rubare a tuo dispetto
uscite fuorvenite al mio cospetto.
10
Tutto l'Inferno a così gran parole
vien sibilando e intorno le saltella
come dall'alba al tramontar del sole
fa quel ch'è morso dalla tarantella.
Domandale Pluton quel ch'ella vuole
chè stridendo ogni dì lo dicervella;
e luich'or mai ha dato nelle vecchie
fa ire in giù e in su come le secchie;
11
ed a far ch'ei si pigli quella stracca
senza cagiongli par ch'ell'abbia il torto;
perchè dalla profonda sua baracca
a Malmantil non è la via dell'orto.
Corpo!... (dic'ellaed al celon l'attacca)
a venire insin qui tu sarai morto!
Ma sentiil mio Plutonnon t'adirare
chè venir non t'ho fatto sine quare;
12
ma perchè tu mi voglia far piacere
di darmi Baconero e Gambastorta
perch'io mi vo' dell'opra lor valere
in cosa che mi preme e che m'importa.
Plutone allor quei due fa rimanere
e la strada si piglia della porta
seguìto da' suoi sudditiche tutti
posson fondar la Compagnia de' Brutti.
13
Lascian Plutone e corron dalla druda
i due spirtiaspettando il suo decreto:
ed ella allorche fa da Cecco Suda
per far sì che Baldon dia volta a dreto
ed anchese si puòch'ei vada a Buda
gli prega che le dian qualche segreto
di farsenz'altre guerre ovver contese
che quelle genti sfrattino il paese.
14
Io hodice un di lorbell'e trovato
un'invenzionche ci verrà ben fatto;
perchè il duca Baldone è innamorato
della Geva di cortee ne va matto:
ma la furba lo tiene ammartellato
e due tavole dar vorrebbe a un tratto
tenendo il piè in due staffeamando lui
e parimente il duca di Montui.
15
Peròse noi finghiam ch'ella gli scriva
che 'l suo rivale (adesso ch'egli ha inteso
ch'ei s'è partito) colla gente arriva
per volergliela su levar di peso;
e che se proprio è ver che per lei viva
com'ei spesso giuròd'amore acceso;
e se gli è cara; lo dimostrie prenda
ed armi e bravie corra e la difenda.
16
Vedrai che 'l duca torna allotta allotta
correndo a casa come un saettone
con quanta ciurma ch'egli ha qua condotta
per voler ammazzar bestie e persone.
Or dunque tuche sei saputa e dotta
che non la cedi manco a Cicerone
scrivi la carta; chè tu sai che noi
siam tutti un monte d'asini e di buoi.
17
Non ti do controrispond'ellaa questo
ed ho gusto che voi vi conoschiate.
Orsùdice il demonioscrivi presto
due parole in tal genere aggiustate.
Sìdic'ella; ma vediio mi protesto
ch'io non portai mai lettere o imbasciate.
Scrivi soggiunge quei; chèquanto al porta
eccomi lesto qui con Gambastorta.
18
E per dare al negozio più colore
in forma voglio ir io d'una comare
della sua Gevadetta Mona Fiore
confidente del duca in ogni affare.
Gambastorta verrà da servitore
che mostri di venirmi a accompagnare;
e già per questo ho fatte far di cera
due palleuna ch'è biancae l'altra nera.
19
Quand'un tien questa nera in una branca
di subito d'un uom prende figura;
e s'ei vi chiude quell'altra ch'è bianca
in femmina si muta e trasfigura.
Sicchè riguarda ben s'altro ci manca
e distendi mai più questa scrittura;
chè 'l mio compagno ed io qua per viaggio
ci muterem l'effigie e il personaggio.
20
La nera a lui daròch'altrui lo faccia
parere un uom di venerando aspetto;
la bianca terrò ioche membra e braccia
della donna mi dia che già t'ho detto.
La strega qui gli dice ch'ei si taccia
perch'ella scrivee guasto le ha un concetto;
ma lo scancellae mettelo in postilla:
così piega la carta e la sigilla.
21
Le fa la soprascritta e poi finisce
a piè d'un ghirigoroin propria mano;
e con essa quel diavolo spedisce
alla volta del principe d'Ugnano:
là dove l'un e l'altro comparisce
con una delle dette palle in mano
credendo l'un rappresentar la Fiore
e l'altro il servo; ma sono in errore.
22
Chè Baconeroil quale è un avventato
nel dar la palla all'altro di nascosto
senza guardarla primaavea scambiato
e preso un granchio e fatto un grand'arrosto.
Perciò quand'a Baldone egli è arrivato
dice cose dal ver troppo discosto;
mentr'egli afferma d'esser donnae sembra
uomo alla barbaall'abito e alle membra.
23
E Gambastortaanch'ei balordo e stolto
mentr'apparir si crede un uom dabbene
alla favellaalla presenza e al volto
per una fasservizi ognun la tiene.
Il foglio intanto il Duca avea lor tolto;
e veduto lo scritto e quel contiene
resta certo di quanto era indovino
che i furbi vorrian farlo Calandrino.
24
E poichè gli hanno detto che la Geva
a lui gli manda con quel foglio apposta
ma prima che da loro ei lo riceva
hann'ordine d'averne la risposta;
e soggiuntoche mentr'ella scriveva
gettava gocciolon di questa posta
per il trambusto grande ch'ella ha avuto
come potrà sentir dal contenuto;
25
egli èdic'egliun gran parabolano
chi dice ch'ella ha scritto la presente;
quand'ella non pigliò mai penna in mano
e so di certo ch'ella n'è innocente.
Che poi tu sia la Fioreche in Ugnano
a me fu molto nota e confidente
e tu sia uoma dirla in coscïenza
a me non paree nego conseguenza.
26
I buon compagni a una risposta tale
guardansi in viso; e in quel sendosi accorti
ch'egli hanno equivocato e fatto male
restan quivi allibbiti e mezzi morti;
ed alle gambe avendo messo l'ale
fuggonch'e' par che 'l diavol se gli porti
con una solennissima fischiata
di Baldone e di tutta la brigata.
27
Adesso a Calagrillo me ne torno
che va marciando al suon del suo strumento
colla dolente Psiche ognor d'attorno
ch'ad ogni quattro passi fa un lamento.
Ha camminato tutto quanto il giorno
e domandato cento volte e cento
la via di Malmantilee similmente
di Martinazzae se v'è di presente.
28
Dà in unch'al fin la mette per la via
con dirle che quest'orrida befana
che già d'un tozzo aveva carestia
e stava come l'erba porcellana
in oggi ha di gran soldi in sua balía
ed ha una casa come una dogana;
e nella corte è in gradoe giunta a segno
ch'ell'è il totum continens del regno.
29
Che la padrona il tutto le comparte
come se in Malmantil sien due regine;
anzi il bando si manda da sua parte
perch'ella soffia il naso alle galline.
Cosìpoich'ebbe dato libro e carte
entra nell'un vie unche non ha fine
costuiche quivi s'è posto a bottega
a legger sopra il libro della strega.
30
Quest'altroche non cerca da costui
di questi cinque soldiavendo fretta
poich'egli ha inteso quel che fa per lui
sprona il cavallo tutto a un tempo e sbietta.
La donnache trovare il suo colui
di giorno in giorno per tal mezzo aspetta
per non lo perder d'occhio e ch'ei le manchi
segue la starna e le va sempre ai fianchi.
31
Quando al castello al fin sono arrivati
là dove altrui assordano l'orecchie
gli strepiti dell'armi e de' soldati
che d'ogn' intorno son più delle pecchie
domandan soldo; ed a Baldon guidati
che avendo del guerrier notizie vecchie
gli va incontrol'accoglie e riverisce
ed egli a lui coll'armi s'offerisce.
32
Ma piacciatisoggiunsech'io ti preghi
per questa donna rimaner servito
che questo ferro pria per lei s'impieghi
per conto qua d'un certo suo marito.
A tanto cavalier nulla si nieghi
risponde a ciò Baldon tutto compìto.
Tu se' padronefa' ciò che tu vuoi
non ci van cirimonie fra di noi.
33
Ti servirò di scriverti alla banca;
e in tanto per adesso ti consegno
il gonfalon di questa ciarpa bianca
chè tra le schiere è il nostro contrassegno;
talchè libero il passo e scala franca
avraiper dar effetto al tuo disegno
che non so qual si sia nè lo domando;
però va' purch'io resto al tuo comando.
34
Ei lo ringrazia; e gito più da presso
ove sta chiuso di Psiche il bel Sole
ad essa dice: in quanto al tuo interesso
fin qui non ti ho servitoe me ne duole;
chè tu non pensiavendoti promesso
ch'io faccia fango delle mie parole;
e che il mio indugio e il non risolver nulla
sia stato un voler darti erba trastulla.
35
Ovver ch'io me la metta in sul liuto
o ti voglia tener l'oche in pastura
come quel che ci vada ritenuto
per mancanza di cuore o per paura;
perchèsiccome avrai da te veduto
non ho sin qui trovata congiuntura
di chi m'indirizzasse qua al castello
per poterne cavar cappa o mantello.
36
Risponde Psiche a questa diceria:
Io non entrosignorein questi meriti.
Non ho parlato mainè che tu sia
tardoo speditoovver che tu ti periti.
Quel che tu faitutt'è tua cortesia;
per tal l'accettoe 'l Ciel te lo rimeriti
con darti in vita onorfama e ricchezza
sanità dopo morte ed allegrezza.
37
Sta' quietale dic'eglie ti conforta
ch'io voglio adesso dar fuoco al vespaio.
Cosìcol cornoil quale al collo porta
chiama la guardiaovvero il portinaio.
Non è sì presto il gatto in sulla porta
quand'ei sente la voce del beccaio
quanto veloce a questo suon la ronda
sopr'alle mura accostasi alla sponda.
38
Un par d'occhiacciorlati di savore
così addosso ad un tratto gli squaderna
che par quando il Faina alle sei ore
in faccia mi spalanca la lanterna;
e medïante un certo pizzicore
ch'ei sente al colloi pizzicotti alterna
ond'alle dita egli ha fatti i ditali
d'intorno a innumerabili mortali.
39
Non tanto s'abburatta per la rogna
e pe' bruscol che vanno alla goletta
quanto che dir non può quel che bisogna
ch'ei tartaglia e scilingua anche a bacchetta.
Qual il quartuccio le bruciate fogna
nè senza quattro scosse altrui le getta
tal si dibattee a vite fa la gola
ogni volta ch'ei manda fuor parola.
40
Bu bu bu bucominciachè 'l buon giorno
vorrebbe dar al cavalierch'ei tiene
il corriermedïante il suon del corno
del popol d'Israel ch'or va or viene.
Van le parole a balzi e per istorno
prima ch'al segno voglian colpir bene:
pur pinse tantoche gli venne detto:
Buon dìcorrier: che nuova c'è di Ghetto?
41
Rispose l'altrotal parola udita:
D'esser corriere già negar non posso
perch'io l'ho corsa a far questa salita;
ma quanto al Ghetto io non la voglio addosso.
Non ho che far con gente Israelita:
ben ti farà il mio brando il cappel rosso
e col darti sul viso un soprammano
d'Ebreo farà mutarti in Siciliano.
42
Ma che vo il tempo qui buttando via
in disputar con matti e con buffoni?
Il trattar tecocredomi che sia
come a' birri contar le sue ragioni;
nè dissi malperch'hai fisionomia
d'un di color che ciuffan pe' calzoni:
e l'esser tu costìpar ch'ella quadri
chè i birri sempre van dove son ladri.
43
Ben che voi siate come cani e gatti
ch'essi non han con voi gran simpatia
perchè peggio de' diavol sete fatti
usando nel pigliar più tirannia.
Dell'alma sola quei son soddisfatti;
ma voi col corpo la portate via.
Or bastase tra voi tant'odio corre
meglio a' lor danni ti potrò disporre.
44
Or dunque tuche sei così pietoso
che pigli i ladriacciò Mastro Bastiano
sul letto a tre colonne almo riposo
dia lor del tanto lavorar di mano;
perch'a qualunque ladro il più famoso
Martinazza in rubar non cede un grano
che non uccella a pispolema toglie
Cupído a questa donnach'è sua moglie;
45
lo stesso devi oprar che a lei sia fatto
mentr'a costei non renda il suo consorte
a cui (perch'ei consente in tal baratto)
questa potrebbe far le fusa torte;
ed ei si cerca esser mandato un tratto
sull'asin con due rócche dalla Corte.
Sicchèse tu nol saiti rappresento
che un disordine qui ne può far cento.
46
Però se voi adessoa cui s'aspetta
costà non impiccate questa troia
io stesso vo' pigliarmi questa detta
e farle il birroe in sulle forche il boia
mentre però Cupído non rimetta;
ma se lo rendenon vi do più noia.
Va' dunquee narra a lei quanto t'ho detto
ch'io qui t'attendo e la risposta aspetto.
47
La rondache far lite non si cura
e vuol riguardar l'armi dalle tacche
quantunque ad alto sia sopr'alle mura
molto lontana e già in salvummeffacche
non vuol tenersi mai tanto sicura
che rilevar non possa delle pacche.
Peròveduto avendo il ciel turbato
tacech'ei pare un porcellin grattato.
48
Lascia la sentinellae caracolla
giù pel castellodando questa nuova;
e benchè il maggioringo della bolla
gli abbia promessomentre ch'ei si mova
di fargli porre a' piedi la cipolla
cercando della morte in bella prova
vuol avvisar di ciò Mona Cosoffiola
ch'è per basire a questa battisoffiola.
49
Ella insieme le schiere ha già ridotte
di gentiche non vagliono un pistacchio;
cioè di quelle a cui fece la notte
col suo carro sì grande spauracchio.
Ed or quivi pararee dar le botte
insegna lorche non ne san biracchio;
ma quand'innanzi a lei costui si ferma
così tremantela cavò di scherma.
50
Mentre del fatto poi le dà contezza
con quella ambascia e lingua di frullone
fa (perchè nulla mai si raccapezza)
chi lo sente morir di passïone;
ma quellach'a sentirlo è forse avvezza
lo 'ntende un po' così per discrezione;
e qui finiscon le lezion di guerra
perch'ella non dà più nè in ciel nè in terra.
51
Tutto in un tempo vedesi cambiare
l'amante ingelosita Martinazza;
or ora è biancacome il mio collare
or bigiaor giallaor rossaor paonazza;
or più rossa del c... d'uno scolare
dopoch'egli ha toccata una spogliazza.
In somma ella ha sul viso più colori
che in bottega non han cento pittori.
52
Rabbiosa il capo verso il ciel tentenna
quasi col piede il pavimento sfonda;
or si gratta le chiappeor la cotenna
or dice al messaggero che risponda
or lo richiamamentr'egli è in Chiarenna:
gridae minacciae par che si confonda;
mille disegni entro al pensier racchiude
i enne innee nulla mai conchiude.
53
Il guardo al fine in terra avendo fiso
'N un vasto mare ondeggia di pensieri
e lagrime diluvia sopra il viso
grosse come sonagli da sparvieri
che lavandole il collo lordo e intriso
laghi formano in sen di pozzi neri;
al fin tornata in sècolla gonnella
s'asciugae al messagger così favella:
54
Tornae rispondi a questo scalzagatto
che si crede ingoiar colle parole
ch'io non so quel ch'ei dice; e s'egli è matto
non ci posso far altroe me ne duole.
Poicirca alla domanda ch'egli ha fatto:
che gli darò Cupídoe ciò ch'e' vuole
se colla spada in mano ovver coll'asta
prima di guadagnarlo il cor gli basta.
55
Peròse in questo mentre umor non varia
domani al far del dì facciami motto;
e s'io gli farò dar le gambe all'aria
quella sua landra ha da pagar lo scotto;
ma se la sorteforse a me contraria
vuol ch'a me tocchi andar col capo rotto
prenda Cupído allorch'io gli prometto
lasciarglielo segnato e benedetto.
56
Ciò dettoparte: e queich'era uomo esperto
(Essendo stato cavallaroe messo)
al cavaliere ad unguem fa il referto
di quel che Martinazza gli ha commesso.
Ed in viso vedendolo scoperto
quest'ha bisognodiced'un buon lesso;
perch'egli è duroe non punto pupillo:
lo conosco bensìgli è Calagrillo.
57
Ma qui la dama e Calagrillo resti;
quest'altro giorno rivedremgli poi.
Il passo meco ora ciascuno appresti
per giungere il Fendesi e gli altri duoi
che seguitaroncome voi intendesti
Perlon che se n'andò pe' fatti suoi;
chè troveremglise venir volete
più presto assai di quel che vi credete.
58
Chè giò giò se ne vanno giù nel piano
sbattuticom'io dissidalla fame:
ma non son iti ancora un trar di mano
che senton razzolar tra certo strame;
perciò coll'armi subito alla mano
corron dicendo: qui c'è del bestiame;
sicchè quando crediamo di trar minze
il corpo forse caverem di grinze.
59
Curiosi quel che fosse di vedere
dentr'a una stalla inabitata entraro.
E vedderch'era un uom posto a giacere
sopr'alla paglia a guisa di somaro;
accanto aveva da mangiare e bere
e gli occhi distillava in pianto amaro;
e tra i disgusti e il vinch'era squisito
pareva in viso un gambero arrostito.
60
Questo è quel Piaccianteo già sublimato
al grado onoratissimo di spia:
quel cheper soddisfar tanto al palato
ha fatto in quattro dì Fillide mia;
e lì colla sua spada s'è impiattato
dell'onor della quale ha gelosia;
chè avendola fanciulla mantenuta
non gli par ben che ignuda sia tenuta.
61
Ma perchè un uom più vil mai fe natura
si pente esser entrato in tal capanna;
perocchè a starvi solo egli ha paura
che non lo porti via la Trentancanna:
e perchè tutto il giorno quant'e' dura
egli ha il mal della lupa che lo scanna
non va mai fuors'a cintola non porta
l'asciolver col suo fiasco nella sporta.
62
Ovunque egli èd'untumi fa un bagordo
ch'ognor la gola gli fa lappe lappe;
strega le bottidi lor sangue ingordo
e le sustanze usurpa delle pappe;
aggira il beccaficoe pela il tordo
e a' poveri cappon ruba le cappe;
e prega il ciel che faccia che gli agnelli
quanti le melagrane abbian granelli.
63
Vedendo quivi comparir repente
l'insolite armisbigottisce il ghiotto;
e dal timor ch'egli ha di tanta gente
trema da capo a pièsi piscia sotto.
Con tutto ciò digruma allegramente
e spesso spesso bacia il suo barlotto;
e acciò stremata non gli sia la vita
non dice pur: degnateo a ber gl'invita.
64
Ma i cavalier famosi a quel plebeo
che non profferì lor della rovella
furon per insegnare il galateo
con battergli giù in terra una mascella.
Chi sei? diss'un di loro: e Piaccianteo
ch'è un pover uom risponde; e in quella cella
molt'anni in astinenza ha consumati
per penitenza de' suoi gran peccati.
65
E quei soggiunge: mi rallegroe godo
che voi facciate benee vi son schiavo:
ma se 'l patire è fatto a questo modo
penitente di voi non è più bravo;
tal ch'io per me vi mando a corpo sodo
non nel settimo cielma nell'ottavo;
donde a' mondanie a meche sono il capo
pisciar potrete a vostra posta in capo.
66
Ma perch'al certo Vostra Reverenza
ch'è stenuata come un carnovale
avrà fatta fin or tant'astinenza
che basti a soddisfare a ogni gran male;
or può lasciar a noi tal penitenza
acciò baciam la terra del boccale
per più mondi accostarci a questi avanzi
delle reliquie ch'ell'ha qui dinanzi.
67
Qual madre che ripara il suo figliuolo
ch'è sopraggiunto da mordaci cani
ei cuopre tutto col suo ferraiuolo;
ed eglino gli danno in sulle mani
e col lazzo del Piccaro Spagnuolo
che dalla mensa vuol tutti lontani
acciò poi a tal cosa non arrivi
con due calci lo fan levar di quivi.
68
Così fan carità di più rigaglie
oltr'ad un'oca grossa arciraggiunta;
ma vedendo più in là fra quelle paglie
d'un pezzo d'arme luccicar la punta
e del giaco scappare alcune maglie
da quella sua casacca unta e bisunta
insospettironcom'un'altra volta
potrà sentir chi volentier m'ascolta.
SESTO CANTARE
Argomento
Nel tenebroso centro della terra
ove regna Plutoneentra la strega:
e vuolche secoper finir la guerra
di Malmantileentri l'Inferno in lega:
fanno concilio i mostri di sotterra
ove ciascun buone ragioni allega:
certa al fin le promette l'assistenza:
rend'ella graziee fa di lì partenza.
1
Miser chi mal oprando si confida
far alla peggioe ch'ella ben gli vada;
perchè chi piglia il vizio per sua guida
va contrappelo alla diritta strada;
e benchè qualche tempo ei sguazzi e rida
col vento in poppa in quel che più gli aggrada
e' vien poi l'ora ch'ei n'ha a render conto
e far del tuttodondolach'io sconto.
2
Di chi credilettortu qui ch'io tratti?
Tratto di Martinazzainiqua strega
c'ha più peccati che non è de' fatti
e pel demonio ogni ben far rinnega.
Di darsi a lui già seco ha fatto i patti
acciò ne' suoi bagordi la protega;
ma state purperchè tardi o per tempo
lo sconterà: da ultimo è buon tempo.
3
Non si pensi d'averne a uscir netta:
s'intrighi pur col diavolch'io le dico
se forse aver da lui gran cose aspetta
che nulla dar le può; ch'egli è mendico:
e quand'ei possanon se lo prometta;
perch'eiche sempre fu nostro nimico
nè può di ben verun vederci ricchi
una fune daralle che l'impicchi.
4
Orsù tiriamo innanzich'io ho finito
perch'a questi discorsi le persone
non mi dicesser: questo scimunito
vuol farci qualche predica o sermone.
Attenti dunque. Già v'avete udito
l'incantoch'ella fece a petizione
di quei del luogoch'ebbero concetto
scacciarne il duca; ma svanì l'effetto.
5
Ellach'in tanto avuto avea sentore
che quei due spirti sciocchi ed inesperti
avean dinanzi a lui fatto l'errore
sicchè da esso furono scoperti
se la digrumache ne va il suo onore
mentre gli accordi fatti ed i concerti
riusciti alla fin tutte panzane
con un palmo di naso ne rimane.
6
Ma non si sbigottisce già per questo
chè vuol cansar quell'armi dalle mura.
A' diavolida' quali ebbe il suo resto
e che gliel'hanno fatta di figura
vuoldopo il far che rompano un capresto
squartaree poi ridurre in limatura;
perchè non fu mai can che la mordesse
che del suo pelo un tratto non volesse.
7
Bastach'ella se l'è legata al dito
e l'ha presa co' dentie se n'affanna;
talch'andarsene in Dite ha stabilito
perchè ne vuol veder quanto la canna
ed oprar che Baldon resti chiarito
ch'ambisce in Malmantil sedere a scranna.
Or mentre a questa volta s'indirizzi
potrà fare un viaggio e due servizzi.
8
Giù da Mammone andar vuole in persona
chè più non è doverch'ella pretenda
che sua bravicornissima corona
salga a suo conto a ogni pocoe scenda.
Chieder grazie e dar brighe non consuona
e chi ha bisognosi suol dirs'arrenda;
per questo a lei tocca a pigliar la strada
perch'alla fin convien che chi vuol vada.
9
Perciò s'acconciae va tutta pulita
col drappo in capo e col ventaglio in mano
a cercar chi la 'nformi della gita;
nè meglio sache Giulio Padovano
che l'ha su per le punte delle dita
e più di Dantee più del Mantovano;
perch'eglino vi furon di passaggio
e questo ogni tre dì vi fa un viaggio.
10
Onde a trovarlo andata via di vela
dimanda (perchè in Dite andar presume)
che luoghi v'èche gente e che loquela;
ed ei di tutto le dà conto e lume.
E poi per abbondare in cautela
volendola servire insino al fiume
le porge un fardellin piccolo e poco
di robeche laggiù le faran giuoco.
11
Così la maga se ne va con esso
che l'introduce in una bella via
tutta fiorita sìche al primo ingresso
par proprio un paradisoun'allegria;
ma non più presto l'uomo il piè v'ha messo
ch'ella diventa un'altra mercanzia
per i gran morsi e le punture acerbe
che fanno i serpiascosi tra quell'erbe.
12
Entravi Martinazzae sente un tratto
due e tre morsi a' pièdove calpesta;
perciò bestemmiache non par suo fatto
e dice: o Giulio mioche cosa è questa?
Ed eiridendo allora come un matto:
non è nullarisposevien pur lesta
che pensi tuch'io sia privilegiato?
anch'io mi sento morderee non fiato.
13
Questa è la viache mena a Casa calda
perch'ella è allegrao almeno ella ci pare;
perchè a martello poi non istà salda
la scorre ognor gente di male affare:
le serpi sono ogni opera ribalda
ch'ella ci fale quali a lungo andare
di quanto ha fattoscavallatoe scorso
ci fa sentire al cuor qualche rimorso.
14
Ma se ravvista un tratto del suo fallo
bada a tirar innanzi alla balorda
perch'il vizio rifiglia e mette il tallo
vien sempre più a aggravarsi in sulla corda.
Il male invecchia al fine e vi fa il callo;
sicchè venga un serpente puree morda
ch'ella non sente nè meno un ribrezzo:
così peggio che mai la dà pel mezzo.
15
Nella neve si fa lo stesso giuoco;
chè l'uom sul primo diacciasi le dita
poi quel gran gelo par che manchi un pco
e sempre più nell'agitar la vita;
al fine ei si riscalda come un fuoco
sicchè non la farebbe mai finita;
nè gli darebbe punto di spavento
quand'ei v'avesse ancora a dormir drento.
16
Or tu m'hai inteso: rasserena il volto;
chè tu vedraitirando innanzi il conto
(Perchè di qui a poco non ci è molto)
che delle serpi non farai più conto.
Ma dimmiche ha' tu fatto del rinvolto?
L'ho quidic'ellasempre lesto e pronto.
Sta bensoggiunge Giulioadunque corri
perchè qui non è tempo da por porri.
17
Restadic'ellaomai; ch'io ti ringrazio
dell'instruzionch'appunto andrò seguendo;
promissio boni viri est obligatio
dic'egli: t'ho promessoe però intendo
ancor seguirti questo po' di spazio;
e quivi con un tibi me commendo
all'in qua ripigliando il mio cammino
ti lasciocom'io dissial colonnino.
18
Ed essa allora abbassa il capoe tocca
sebben de' serpi ell'ha qualche paura;
pur via zampettae fatto del cor ròcca
va calcando la strada alla sicura;
sicch'ella non si sente aprir la bocca
perchè non è più morsao non lo cura.
Giunti alla fine al gran fiume infernale
restò la donnaed ei le disse: Vale.
19
Questo è il famoso fiume d'Acheronte
ove s'imbarca ognun che quivi arriva.
S'affaccia anch'essa; ma il nocchier Caronte
da poi che tratto ognuno ebbe da riva
sta' indietro (grida a lei con torva fronte)
chè qua non passa mai anima viva;
ond'ellamessi fuor certi baiocchi
gli getta un po' di polvere negli occhi.
20
Ed egliche da essa ebbe il sapone
e che si trovò lì come il ranocchio
preso dalla medesima al boccone
mentr'ella saltò in barcachiuse l'occhio.
La strega fra quell'anime si pone:
quai colle brache son fino al ginocchio
dovendo a' soprassindaci di Dite
presentar de' lor libri le partite.
21
Piangendocome quando uno ha partito
le cipolle fortissime malige
passan quel fiumee poi quel di Cocito
ultimamente la palude Stige
che a Dite inonda tutto il circuito
e in sè racchiude furbi e anime bige;
ove Caronte al fin sendo arrivato
sbarcò tutti: ed ognun fu licenziato.
22
Ch'entrar dovendo in Ditee salta e gira
che par quando mi barbera la trottola;
andar non vi vorrebbe e si ritira
grattandosi belando la collottola;
pur finalmente forza ve lo tira
come fa il peso al grillo una pallottola;
così ne van quell'anime nefande
chi dal piccin tiratae chi dal grande.
23
Per la gran calca nel passar le porte
convenne a ognuno andarne colla piena;
ma la strega non ebbe tanta sorte
chè tienla il can che quivi sta in catena.
E perchè per tre bocche abbaia forte
ella dice: ti dia la Maddalena.
E intanto trova il pane e in pezzi il taglia
e in tre golech'egli apregliene scaglia.
24
Il mostroche mangiato avria Salerno
chè quanto a masticar quei ser saccenti
voglion (perch'egli è guardia dell'Inferno)
tenerlo sobrioacciò non s'addormenti;
ond'è ridotto per il mal governo
sì struttoche e' tien l'anima co' denti;
perch'egli è ossa e pellee così spento
ch'ei par proprio il ritratto dello stento.
25
Sicchèquand'ei si sente il tozzo in bocca
perchè la fame quivi ne lo scanna
l'ingozzache nè manco non gli tocca
nè di qua nè di là giù per la canna;
ma subito gli venne il sonno in cocca
ond'ei s'allunga in terra a far la nanna;
chè il papavero e il loglioch'è in quel pane
farìa dormir un orsonon ch'un cane.
26
Or mentre fa il sonnifero il suo corso
la donnache più là facea la scorta
(Perocchè avea timor di qualche morso)
vedendo che la bestia come morta
sdraiata dormee russa com'un orso
legno da botte fa verso la porta;
e poibench'ella fosse alquanto stracca
dà una corsae in Dite anch'ella insacca.
27
Perchè d'alloro ha sotto alcune rame
vien fatta a' gabellier la marachella;
tal ch'un di lorch'arrabbia dalla fame
fermatediceolà: che roba è quella?
Ti gratteraidic'ellanel forame
perch'io non ho qui roba da gabella
se non un po' d'allòrch'a Proserpina
portoperch'ella fa la gelatina.
28
S'ell'ècome voi ditea questo modo
ei le rispondeandate purmadonna;
perch'altrimenti c'entrerebbe il frodo
e voi stareste in gogna alla colonna.
Orsù correte pria che freddi il brodo
chè la regina poi sarebbe donna
da farci per la stizza e pel rovello
buttar a piè la forma del cappello.
29
La maga senza dir più da vantaggio
mentr'egli aspetta un po' di mancia e intuona
ripiglia prontamente il suo viaggio
e incontra Nepo già da Galatrona
ch'avendo dato là di sè buon saggio
in oggi è favorito e per la buona;
perchè Breusse in oltre a' premi e lode
l'ha di più fatto diavolo a due code.
30
Or che gli arriva all'improvviso addosso
il venir della magach'è il suo cuore
lui magopur tagliatole a suo dosso
le spedisce per suo trattenitore.
Mentr'il petardo col cannon più grosso
sentesi fargli strepitoso onore
cavalier Nepocom'io dissi dianzi
col riverirla se gli affaccia innanzi.
31
E perchè a Benevento essa di lui
com'ei di leiavuto avea notizia
non prima si riveggonch'ambedui
rifanno il parentado e l'amicizia.
Tra' diavoli poi van ne' regni bui;
e perchè Martinazza v'è novizia
e non intende il gracidar ch'e' fanno
l'interpetre fa egli e il torcimanno.
32
Per via l'informa e le dà molti avvisi
d'usanze e luoghie intanto di buon trotto
la guida a' fortunati campi Elisi
dove si mangia e beve a bertolotto;
e tra quei rosolacci e fioralisi
si passa il tempo in far di quattro e d'otto:
chi un balocco e chi un altro elegge
chè lì non è un negozio per la legge.
33
Quivi si vede un pratoch'è un'occhiata
pien di mucchietti d'un'allegra gente;
che vada pure il mondo in carbonata
non si piglia un fastidio di nïente;
macom'io dicotutta spensierata
ballonzacantae beve allegramente
come suol far la plebe agli Strozzini
o sul prato del Puccio del Gerini.
34
Quivi si fa al pallone e alla pillotta:
parte ne giuoca al sussi e alle murelle:
colle carte a primiera un'altra frotta
i confortini giuoca e le ciambelle:
altri fanno a civettaaltri alla lotta:
chi dice indovinellie chi novelle:
chi coglie fiorie un altro un ramo a un faggio
ha tagliatoe con esso canta maggio.
35
Più là un branco ha messo l'oste a sacco
sicchè tutti dal vin già mezzi brilli
mentre la girafan brindisi a Bacco:
altri giuoca a te te con paglie o spilli:
altri piglia o dispensa del tabacco:
altri piglia le moscheun altro grilli:
e tutti quanti in quei trastulli immersi
si tengono il tenorsi vanno a' versi.
36
La donna resta lì trasecolata
vedendo quanto bene ognun si spassa;
e perchè Nepo l'ha di già informata
non ragiona di lorma guarda e passa.
Per tutta la città vien salutata
e infin le stanghe e ogni forcon s'abbassa;
ed ellaor qua or là voltando inchini
pare una banderuola da cammini.
37
Perocchè tutti quanti quei demòni
per vederla n'uscian di quelle grotte
ronzando com'un branco di moscioni
che s'aggirin d'attorno a una botte;
saltellan per le strade e su' balconi
com'al piover d'agosto fan le botte:
e fanvedendo sue sembianze belle
«voci altee fiochee suon di man con elle».
38
Così fra quel diabolico rombazzo
la strega se ne va collo stregone;
sicch'alla fine arrivano al palazzo
là dove s'abboccaron con Plutone.
Ma perchè tra di loro entrò nel mazzo
scioccamente il Mandragora buffone
che in quel colloquio fe sì gran frastuono
che finalmente ognuno uscì di tuono
39
perciò passano in casae colà drento
tirato colla strega il re da banda
le dà la benvenutae poiche vento
l'ha spinta in quelle parti le domanda.
Ellaper conseguir ogni suo intento
gli dice il tuttoe se gli raccomanda
ch'ei voglia a Malmantilch'omai traballa
far grazia anch'ei di dare un po' di spalla.
40
Sta' purdic'eicoll'animo posato
ch'a servirti mo mo vo' dar di piglio.
Io giàcome tu saiaveo imprunato;
ma il tutto è andato poi in iscompiglio.
Orsùfra poco adunerò il senato
e sopra questo si farà consiglio;
acciò batta Baldon la ritirata
e tu resti contenta e consolata.
41
Io ti ringrazio sìma non mi placo
perciògli rispond'elladi maniera
ch'io non voglia pigliar la spada e 'l giaco
chè in bugnola son più di quel ch'io m'era.
Così con quei due spirti avendo il baco
soggiungeperch'a lor vuol far la pera
io l'ho con quei bricconfurfanti indegni
c'hanno sturbato tutt'i miei disegni.
42
Dico di Gambastortail tuo vassallo
e di quel pallerin di Baconero
che fa nel giuoco con due palle fallo
scambiando il color bianco per lo nero:
errorche nol farebbe anch'un cavallo.
Ma e' vien ch'egli strapazzano il mestiero;
che s'egli andasse un po' la frusta in volta
imparerebbon per un'altra volta.
43
Risponde il re: facciam quanto ti piace;
ma ti verranno a chieder perdonanza
sicchè tu puoi con essi far la pace;
però t'acquietae vanne alla tua stanza.
Non penso di restar già contumace
s'io non ti servoperch'io fo a fidanza.
Dunque ti lascioe sono al tuo piacere
fatti servir da questo cavaliere.
44
Nepo la mena allora alle sue stanze
che i paramenti avean di cuoi umani
ricamati di fignoli e di stianze
e sapevan di via de' Pelacani:
ove gli orsifacendo alcune danze
dan la vivanda e da lavar le mani:
volati al cibo alfincome gli astori
sembrano a solo a sol due toccatori.
45
Fiorita è la tovaglia e le salviette
di verdi pugnitopi e di stoppioni
saldate con la pecee in piega strette
infra le chiappe state de' demòni.
Nepo frattanto a macinar si mette
e cheto cheto fa di gran bocconi
osservando Catonch'intese il giuoco
quando disse: in convito parla poco.
46
Fa Martinazza un bel menar di mani;
ma più che il ventregli occhi al fin si pasce;
e quel pro fàlleche fa l'erba a' cani
chè il pan le buca e sloga le ganasce;
perchè reste vi son come trapàni
nè manco se ne può levar coll'asce;
crudo è il carnaggioe sì tirante e duro
che non viene a puntare i piedi al muro.
47
Talchè s'a casa altrui suol far lo spiano
e caseo barca e pan Bartolommeo
fremechè lì non può staccarne brano;
pur si rallegra al giunger d'un cibreo
fatto d'interïora di magnano
e di ventrigli e strigoli d'Ebreo;
e quivi s'empie infino al gorgozzule
e poi si volta e dice: acqua alle mule.
48.
Prezïosi liquori ecco ne sono
Portati ciascheduno in sua guastada
Essendovi acqua fortee inchiostro buono
Di quel proprio ch'adopera lo Spada.
Ellache quivi star voleva in tuono
E non cambiarpartendosila strada
Perchè i gran vini al cerebro le danno
Ben ben l'annacqua con agresto e ranno.
49.
E fatte due tirate da Tedesco
La tazza butta via subito in terra
Perocch'ell'è di morto un teschio fresco
Che suonae tre dì fa n'andò sotterra.
Nepoche mai alzò viso da desco
Che intorno ai buon boccon tirato ha a terra
Anch'egli al finedato a tutto il guasto
«La bocca sollevò dal fiero pasto.»
50
Lasciati i bicchier voti e i piatti scemi
Vanno al giardino pieno di semente
Di berlinedi mitere e di remi
E di strumenti da castrar la gente.
Risiede in mezzo il paretaio del Nemi
D'un pergolatoil quale a ogni corrente
Sostiencon quattro braccia di cavezza
Penzoloniche sono una bellezza.
51.
Spargon le rame in varia architettura
Scheretri bianchie rosse anatomie;
Gli abortii mostri e i gobbi in sulle mura
Forman spalliere in luogo di lumie;
D'ugnadi denti e simile ossatura
Inseliciate son tutte le vie;
'N un bel sepolcro a nicchia il fonte butta
Del continuo morchia e colla strutta.
52.
Le statue sono abbrustolite e scure
Mummiedal mar venute della rena;
Che intorno intorno in varie positure
In quei tramezzi fan leggiadra scena.
Su' dadi i torsinobili sculture
(Perché in rovina il tutto il tempo mena)
Ristaurati sonoe risarciti
Da vere e fresche teste di banditi.
53.
In terra sono i quadri di cipolle
Ove spuntano i fior fra foglie e natiche;
Sonvi i ciccionii fignoli e le bolle
Le postemela tigna e le volatiche;
V'è il mal francese entrante alle midolle
Ch'è seminato dalle male pratiche:
I cancherile rabbie e gli altri mali
Che vi mandano gli osti e i vetturali.
54.
Pesche in su gli occhi sonvi azzurre e gialle;
Gli sfregifior per chi gli porta pari;
I marchiche fiorir debbon le spalle
Al tagliaborse e ladri ancor scolari;
Le piaghe a massei peterecci a balle;
Spine ventosee gonghe in più filari;
V'è il fior di rosolíae più rosoni
D'orteficavaiuolo e pedignoni.
55.
Si maravigliasi stupisce e spanta
Martinazza in veder sì vaghi fiori;
E rimirando or questa or quella pianta
Non sol pasce la vista in quei colori
Ma confortar si sente tutta quanta
Alla fragranza di sì grati odori.
E di non côrne non può far di meno
Un bel mazzettoche le adorni il seno.
56.
Alla ragnaia al fin si son condotti
Di stili da toccar la margherita;
Ove de' tordi cala e de' merlotti
Alla ritrosa quantità infinita
Che son poi da Biagin pelati e cotti
Sgozzando de'più frolli una partita;
Altra ne squarta; e quella ch'è più fresca
Nello stidione infilza alla turchesca.
57.
Veduto il tuttoNepo la conduce
Al bagnoov'ogni schiavo e galeotto
Opra qualcosa: un fa le calzeun cuce;
Altri vende acquavitealtri il biscotto;
Chi per la pizzicatache produce
Il luogo fa tragedie in sul cappotto;
Un mangiaun soffia nella vetriuola;
Un trema in sentir dir: fuor camiciuola.
58.
Vanno più innanzi a' gridi ed a' romori
Che fanno i rei legati alla catena
Ove a ciascunsecondo i suoi errori
Dato è il gastigo e la dovuta pena.
A' primiche son due proccuratori
Cavar si vede il sangue d'ogni vena;
E questo lor avvienperchè ambidui
Furon mignatte delle borse altrui.
59.
Si vede un nudoche si vaglia e duole
Perocchè molta gente egli ha alle spalle
Come sarebbe a dir tonchi e tignuole
Punteruolimosciontarli e farfalle;
Talchè pe' morsi egli è tutto cocciuole
E addosso ha sbrani e buche come valle;
Ed è poi fiagellato per ristoro
Con un zimbello pien di scudi d'oro.
60.
Queidice Nepoè il re degli usurai
Che pel guadagno scorticò il pidocchio
Un servizio ad alcun non fece mai
Se non col pegnoe dandoli lo scrocchio;
Il gran se gli marcì dentro a' granai
Chè nol vendease non valea un occhio;
Così fece del vinoed or per questo
Gl'intarla il dosso e da' suoi soldi è pesto.
61.
Un altro ad un balcon balla e corvetta
Chè un diavol colla sferza a cento corde
Che un grand'occhio di bue ciascuna ha in vetta
Prima gli dà cento picchiate sorde;
Con una spinta a basso poi lo getta
In cert'acque bituminose e lorde
Che n'esce poich'io ne disgrado gli orci
O peggio d'un norcinmula de' porci.
62.
Dice la maga: questa è un po'ariosa
Quand'ella vedde simìl precipizio;
Costui ha fatto qualche mala cosa;
Pur non so nullae non vo' far giudizio.
Domanda a Nepofattane curiosa
Tal pena a chi si debbaed a qual vizio.
Ed eiche per servirla è quivi apposta
Prontamente così le dà risposta:
63.
Quei fu zerbinoe d'amoroso dardo
Mostrando il cuor ferito e manomesso;
Credeva il mio fantoccío con un sguardo
Di sbriciolar tutto il femmineo sesso;
Ma dell'occhiate sue ben più gagliardo
Or sentene il riverbero e il riflesso;
E com'e' già pensò far alle dame
Dalla finestra è tratto in quel litame.
64.
Si vede un ch'è legatoe che gli è posto
In capo un berrettin basso a tagliere;
E il diavolcolpo colpo da discosto
Con la balestra gliene fa cadere.
Il misero sta quivi immoto e tosto
Battendo gli occhi a' colpi dell'arciere;
Che s'e' si muove punto o china o rizza
Per tutto v'è un cultello che l'infizza.
65.
Qui Nepo scopre la di lui magagna
Mostrando ch'e' fu nobile e ben nato
E sempre ebbe il pedante alle calcagna;
Contuttociò voll'esser mal creato
Perchèse e' fosse stato il re di Spagna
Il cappello a nessun mai s'è cavato:
Peròs'e' fu villanoora il maestro
Gl'insegna le creanze col balestro.
66.
In oggi questa par comune usanza
Martinazza risponde al Galatrona;
Stanno i fanciulli un po' con osservanza
Mentre il maestro o il padre gli bastona.
Se e' saltan la granataaddio creanza;
Par ch'e' sien nati nella Falterona;
Ma per la loro asinità superba
Son poi fuggiti più che la mal'erba.
67.
Ma chi è quel c'ha i denti di cignale
E lingua cosi lunga e mostruosa?
Si vede che son fuor del naturale;
A me paion radicio simil cosa.
Nepo rispose: quello è un sensale
Che si chiamò il Parola; ma la glosa
Uom di fandonie dice e di bugie
Perchè in esse fondò le senserie.
68.
Oraper queste sue finzioni eterne
Ch'egli ebbe sempre nella mercatura
Lucciole dando a creder per lanterne
Sbarbata gli han la lingua e dentatura
Ma in bocca avendo poi di gran caverne
Perchè non datur vacuum in natura
Gli hanno a misterio in quelle stanze vote
Composto denti e lingua di carote.
69.
Quell'altro ch'all'ingiù volta ha la faccia
E un diavol legnaiuolo in sul groppone
Gli ascia il legname sega ed impiallaccia
Facendolo servir per suo pancone;
Un di coloro fuch'alla pancaccia
Taglian le legne addosso alle persone:
Sicchè del non tener la lingua in briglia
Così si sente render la pariglia.
70.
Vedi colui ch'al collo ha un orinale
Ciecorattrattolacero e piagato?
Ei fu governator d'uno spedale
Ov'ei non volle mai pur un malato.
Oraper penaogni dolore e male
Che gl'infermi v'avrebbono portato
Mentr'alla barba lor pappò sì bene
Sopr'al suo corpo tutto quanto viene
71.
Chi è costui ch'abbiamo a dirimpetto
Dice la donnaa cui quegli animali
Sbarban colle tanaglie il cuor del petto?
Nepo risponde: questo è un di quei tali
Che non ne pagò mai un maladetto.
Tenne gran postofe spese bestiali;
Ma poi per soddisfare ei non avría
Voluto men trovargli per la via.
72.
Coluic'ha il viso pesto e il capo rotto
Da quei due spirti in feminili spoglie
Uom vile fuma biscaiuolo e ghiotto
Che si volle cavar tutte le voglie;
Ogni sera tornava a casa cotto
E dava col baston cena alla moglie.
Orfinti quella stessaquei demoni
Sopra di lui fan trionfar bastoni.
73.
Riserra il muroche c'è qui davanti
Donneche feron giàper ambizione
D'apparir gioiellate e luccicanti
Dar il cul al marito in sul lastrone;
Or le superbe pietre e i diamanti
Alla lor libertà fanno il mattone
Perocchè tanto grandi e tanti furo
C'han fatto per lor carcere quel muro.
74.
Ma sta' in orecchichè mi par ch'e' suoni
Il nostro tabellaccio del Senato
Sicchè e' mi fa mestier ch'io t'abbandoni
Perocch'io non voglio essere appuntato.
A veder ci restavano i lioni
Ma non posso venirch'io son chiamato:
Ed ecco appunto i diavoli co' lucchi;
Però lascia ch'io corra e m'imbacucchi.
75.
Dice la maga: vo' venire anch'io
Perch'il veder più altro non m'importa
Ed in questa città così a bacío
A dirlami par d'esser mezza morta.
Voglio trattar col re d'un fatto mio
Ed andarmene poi per la più corta.
Ed ei le dice in burla: se tu parti
Va' via in un'orae torna poi in tre quarti.
76.
Tu vuoigli rispos'ellasempre il chiasso.
Nel consiglio così ne va con esso
Ove ciascun l'onora e dàlle il passo
Sbirciandola un po' meglio e più da presso.
Ella baciando il manto a Satanasso
Lo prega ad osservar quanto ha promesso;
Ei gliel confermae perchè stia sicura
Per la palude Stige glielo giura.
77.
Ed ellaper offerta così magna
Ringraziamenti fattigli a barella
Dice ch'ormai sbrattar vuol la campagna.
E tornar a dar nuove a Bertinella.
Pluton le dà licenzae l'accompagna
Fino alla portae lì se ne sgabella;
Ond'ella in Dite a un vetturin s'accosta
Che la rimeni a casa per la posta.
78.
Il refatta con lei la dipartenza
Al salon del Consiglio se ne torna;
Onde ciascuno alla real presenza
Alza il civilee abbassa giù le corna.
Salito alla sua sbieca residenza
Di stracci e ragni a drappelloni adorna
Voltando in qua e in là l'occhio porcino
Si spurgae butta fuora un ciabattino.
79.
Spiegar volendo poi quanto gli occorre
Comincia il suo proemio in tal maniera:
Voiche di sopra al Sole in queste forre
Cadesti meco all'aria oscura e nera
Onde noi siam quaggiù 'n fondo di torre
«Gentea cui si fa notte avanti sera;»
Voich'in maliziain ogni frode e inganno
«Siete i maestri di color che sanno;»
80
Sebben foste una man di babbuassi
Minchioni e tondi piucchè l'O di Giotto;
Ma poi nel bazzicar taverne e chiassi
S'è fatto ognun di voi sì bravo e dotto
Che in oggi è più cattivo di tre assi
E viepiù tristo d'un famiglio d'Otto;
Voi dunquebenchè pazzi cittadini
Nel vitupero ingegni peregrini;
81
Siete pregati tutti in cortesia
Da Martinazzanostra confidente
Poichè Baldone ancor cerca ogni via
D'entrar in Malmantil con tanta gente
Ad oprarch'egli sbandi e trucchi via;
Però ciascun di voi liberamente
Potrà dir sopra questo il suo parere
Del modo che e' ci fosse da tenere.
82.
Cominci il primo: diteMalebranche
Quel ch'e' vi par che qui v'andasse fatto.
Levato il tòccoe sollevate l'anche
Allor quel diavol'n un medesmo tratto
Un capitombol fa sopr'alle panche
Beppe andava e veniva dalla casa alla stalla. Suo figlioToninoun ragazzo quindicennestrigliava il cavallorientrava con un fasciodi sarmentiportava l'erba per i conigli.
Le figliole che dormivano in camera con noinel lettoaccanto al nostrodi giorno erano sempre nei campi. Si sentivano chiamare echiamarsi di lontano.
- Rosa-anna! Marti-ina! Lu-ci-ia!
Erano trea scala: diciottosediciquattordici anni.
Molto spesso ce ne partivamo a esplorare i dintorni delMolino.
Si passava il ponticello sull'acqua: al di là si biforcavanodue viottoli; uno si inerpicava su in altol'altro si perdeva scendendo fral'erba umida.
Io sceglievo il viottolo in salitaanche se era stretto esassoso e ad ogni passo i rovi e gli arbusti ci impedivano il cammino.
Qualche volta Lia si ribellava:
- Ma Isa! Dove mi porti? - diceva- mostrandomi un ginocchiosgraffiato o un dito punto da un rovoche sanguinava.
Ma io sentivo un'ansia di arrampicarmi sempre più in alto.Non guardavo quello che mi circondavagodevo a respirare quell'aria fineasentire accelerarsi i battiti del cuore. Era il gusto di sentirsi ancora vivaliberacome gli uccelli che ci volteggiavano sul capo. Volevo assaporarlo finoin fondocon l'avidità quasi dolorosa dell'affamato che teme di vedersi portarvia all'improvviso il piatto che ha davanti.
Mia sorella forse non mi capiva. A volte diceva sorridendo: -Sono un po' stancaIsa! Mi pare che per oggi abbiamo scavallato abbastanza.
Eppure non era ancora abbastanza per mema rientravo anch'ioper compiacerla.
La casa era silenziosa in quelle ore pomeridiane. Sulpavimento appena lavatoi mattoni imbevuti d'umido si asciugavano lentamentele brocche di rame lucevano nella penombra.
Tutti erano fuori per i campi.
Nella nostra stanzaLia sedeva al tavolino con un librodinanzi e leggeva. Dalla lentezza con cui voltava le paginecapivo che spessoil suo pensiero vagava lontanoma appariva quietain pace. A volte coglievo unsorriso sulle sue labbra dischiusecome se dialogasse con qualcuno insegreto... Rimaneva là per delle orefinché veniva sera. L'ombra invadeva lastanzama lei non dava segno di accorgersene.
Allora iosenza far rumorescappavo fuori da sola. Nonpotevo più restare chiusa là dentroun'ansia irresistibile mi spingeva aduscire.
Respiravo l'odore dell'erbapiù frescopiù intenso.
La casa spariva nell'oscuritàsolo un filo di fumo dalcamino si levava nel cielo di un azzurro spento.
Il silenzio della sera era appena interrotto da qualche voceche chiamava di lontano:
- Ohe! Rosanna!
- In do' sei Martina?
Sulla via dell'alberaiagli uccelli si posavano a mezzastrada sui rami nudi dei pioppi: di là volavano al cipresso. Il loro cinguettiocresceva d'intensità ed era tutto un balenare di ali che s'infrascavanofino ache cessava lo svolazzareil cinguettio si faceva man mano più sommessos'illanguidiva in un pispiglio fievolee taceva.
Si sentiva solo in lontananza il canto monotono del chiù.
Una sera io seguitavo a vagare fra le ombre: sul mio capocorrevano le nuvolevelando e svelando una sottile falce di luna.
Chiù... chiù... chiù...
Provavo uno struggimentomisto quasi a pauracome se ilchiù mi invitasse a inoltrarmi per la campagna solitaria. Un'ansiaquasi unbisogno di tentare l'ignotoN="JUSTIFY">A acconsentire a un atto perentorio.
88.
Perchè sempre de jure pria si cita
L'altra parte a dedur la sua ragione;
Poi s'ella è in moraviensi a un'inibita
E non giovandoalla comminazione
Che in pena caschi delle forche a vita.
E se la parte innova lesïone
Allor può condennarsiavendo osato
Di farcausa pendenteun attentato.
89.
Sommelo anch'ioche in altro tribunale
Si tiendice Plutoncotesto stile;
Ma quidove s'attende al criminale
S'esclude ogni atto e ogni ragion civile.
Ma sia com'ella vuoleo bene o male
Io vo' levar quest'uom da Malmantile;
Però chetiamcie dica il Calcabrina:
E quei si rizzae verso il re s'inchina.
90.
E poic'ha fatte riverenze in chiocca
Co' suoi piè lindi a pianta di pattona
Si soffia il nasoe spazzasi la bocca
E posta in equilibrio la persona
Come quel che si pensa dare in brocca
Tutto sfrontato dice: alta Corona
Circa l'ordingopur si metta in opra;
Perch'io concorro e affermo quanto sopra.
91.
Ma in vece di quel cappio da beltresca
Ch'è il tossico de' ladrisi provvegga
Una bilancia o rete per la pesca
Con una lunga fune che la regga.
E perchè 'l fatto meglio ci riesca
Si tinga tuttaacciocchè non si vegga;
E in terraquanto ell'apreivi si spanda
Fino che'l porco vengane alla ghianda.
92.
Perchès'e' muovon l'armidi ragione
Se dal capo l'esercito è condotto
Innanzi a tutti marcerà Baldone.
E quand'ei giunga ed ha la rete sotto
Fate che leste allor sien più persone
A farla tirar su coll'avannotto
Operando in maniera ch'egli insacchi
In luogoove si vede il sole a scacchi.
93.
Questodice Plutoneha più disegno.
Ma il cancellier di nuovo s'attraversa
Con dire: o laccio o rete abbia quel legno
È tutta favaet idem per diversa;
Perchè manco il Cipolla a questo segno
Concede il molestar la parte avversa.
Se poi comandianch'io non me ne parto
Lodando il suspendatur collo squarto.
94.
Quidice il resi dà sempre in budella
Sicchè mi cascan le braccia e l'ovaia;
Mentre costui a ogni cosa appella
E co' suoi punti mena il can per l'aia.
Gli ha sempre più ritorte che fastella;
Ma e' non lo credes'ei non va a Legnaia.
Orsù dite costà voiCappelluccio:
Ed ei si rizzae cavasi il cappuccio.
95.
E disse: io dicoche direio sire
Poichè da te ch'io dica mi vien detto;
Ma dir non osoch'io non ho che dire
Se non dir quanto qui quest'altro ha detto;
Perch'ei l'ha detto con sì terso dire
Ch'io sto per dir che mai s'udì tal detto:
Però dico ch'a dir non mi dà il cuore
E lascio dire a un altro dicitore.
96.
Anch'io l'ho detto che tu sei un buffone
Risponde il re; e intanto Libicocco
Tagliare ad Arno l'argine propone
Acciò nel campo l'acqua abbia lo sbocco.
E come vuoirisponde allor Plutone
Mandar Arno all'insùviso di sciocco?
E poi dal fiume d'Arno a Malmantile
V'è un ghiandellino. Dica Baciapile.
97.
Questoche fa il baséoma è tristo e accorto
E perch'egli è auditor d'ipocrisia
Veste cilizioe con un viso smorto
Canta sempre laldotti per la via
Risponde a occhi bassi e collo torto:
Fate motto di là in cancelleria.
E qui va in mezzobacia terrae in fine
Tornando al luogopiovon discipline.
98.
Vòltatidice il respropositato!
S'alcuna cosa qui non hai proposta
Come vuoi tubuaccioche 'l Senato
Vada in cancelleria per la risposta?
Pur sentorispond'eich'in magistrato
Così dir s'usaed io l'ho detto apposta;
Ma s'io vi scandolezzo e alcun m'incolpa
D'errore in questoio me ne rendo in colpa.
99.
Non occorre brunir co' labbri i sassi
Dice Plutoneossaccia senza polpe
E fare il torcicolloeovunque passi
Seminar discipline e dir tue colpe;
Ch'io soche chi per lepre ti comprassi
Avrebbe almen tre quarti della volpe;
Però va' a siedie segua il Tiritera.
E quei s'assetta e parla in tal maniera:
100.
Ioche sono un insano e ignaro ognora;
Perchè saper supir non voglio o vaglio
Dico: ch'al ducaperchè a' muri ei mora
Tosto in testa si dia pel meglio un maglio
Finchè lo spirto sporti al foro fora
Dond'ei fa i petie pute d'oglio e d'aglio;
Acciò l'accia sull'aspo doppo addoppi
La Parcae il porco colla stoppa stoppi.
101.
Ben tu puzzi di Pazzo ch'è un pezzo
Disse Plutonbestiacciaper bisticcio:
Perch'io per me non so nè raccapezzo
Quel che tu voglia dir nel tuo capriccio;
Ma non son res'io non te ne divezzo:
E perchè tu non temi grattaticcio
Mentre stima non fai delle bravate
Quest'altra volta le saran pecciate.
102.
Or via seguite. Qui lo Scamonea
Si rizza in viso tutto insanguinato
Perch'eich'è un fastidiosoappunto avea
Fatto a' graffi con un che gli era allato;
Però colla bisunta sua giornea
La qual traluce come ciel stellato
Sicch'ella un Argo par fatto alla macchia
Si nettaal Re s'inchina e così gracchia:
103.
Io non sose Baldon sogna o frenetica
Perchès'ei vuol sturbar la nostra pratica
Fa male i contie colla sua aritmetica
Nel zero l'ho fra l'una e l'altra natica
Poichèse un bacchio il capo a lui solletica
Sbrattar l'armata non sarà in gramatica
Che tutta a brache pieneancorchè stitica
Tremando andranne come paralitica.
104.
Olàdove siam noi? (dice Plutone)
E che sìscorrettaccioch'io ti zombo.
Darò ben io sul capo a te il forcone
Sicchè alle stelle n'anderà il rimbombo.
Guarda quel che tu di'porco barone
E va' più lesto e col calzar dei piombo;
Sta' ne' terminie parla con giudizio
Chè per mia fè ti privo dell'ufizio.
105.
S'alza Scorpione allorae vien da esso
D'Astolfo il corno orribile proposto
Che gli esercitidicein fuga ha messo
Conforme scrive e accerta l'Ariosto.
Si rallegra Plutonee dice: adesso
Non ci sarà dal cancelliere opposto
Perchè ci calza bene; e certo questa
Cosa del corno a me va per la testa.
106.
Risponde sogghignando Ciappelletto
(Ch'in tal modo si chiama il cancelliere):
Voi già m'avete per dottore eletto
E non ch'io serva qua per candelliere
Per mio debito dunque io son costretto
A dire all'occorrenze il mio parere.
Sudice il redottor de' miei stivali
Metti anche il corno in termini legali.
107
Vuoi forse darci qualche eccezïone?
Stiamo in decretis; di' peto vestito;
Va benrisponde il serech'ei propone
Cosache non deprava ordine o rito.
Sonate un doppiodisse allor Mammone
Ch'ei la passò; facciam dunque il partito
Perch'ella segua di comun consenso
E ognun favorirà siccome io penso.
108.
Vanno le fave attorno ed i lupini
E sentesi stuonato e fuor di chiave
Alle panchegridartavolaccini;
Raccogliete pel numeroe le fave
Pigliate in man; chè questi cittadini
Che in simil luogo star dovrian sul grave
Rendonoil capo avendo pien di baie
Male i partiti e mangian le civaie.
109.
Vanno i donzelliognun dalla sua banda;
Ma perchè ne ricevon mille scherzi
Che più nessuno ardisca il re comanda
Se non vuol che a pien popolo si sferzi.
Di nuovo attorno i bossoli si manda
Da vincersi il partito pe' due terzi;
E cercate alla fin tutte le panche
Fu vintonon ostante cento bianche.
SETTIMO CANTARE
.
ARGOMENTO.
Paridedopo aver molto bevuto
Entra d'andar al campo in frenesia;
E come il sonno avea pel ber perduto
Perde nel gir di notte anche la via.
Cade in un fossoonde a donargli aiuto
Corron le Fatee gli usan cortesia;
Vien condotto in un antroe per diporto
La storia gli è narrata di Magorto.
1
Vino tempera tedisse Catone
Perchè si dee berne a modo e a verso;
E non come colà qualche trincone
Che giorno e notte sempre fa un verso;
Ond'ei si cuocee perchè ci va a Girone
La favola divien dell'universo:
E vede poimorendo in tempo breve
Ch'è verche chi più bevemanco beve.
2.
Se il troppo vino fa che l'uom soggiace
A tal error di tanto pregiudizio
Chi non ne bevee quello a cui non piace
A questo conto dunque ha un gran giudizio;
Anzichè nosia detto con sua pace
Perch'ogni estremo finalmente è vizio;
E se di biasmo è degno l'uno e l'altro
Questo ha il vantaggioal mio parersenz'altro.
3
Perchè se quel s'ammazza e non c'invecchia
Ed è burlato il tempo di sua vita
Almen sente il sapor di quei ch'ei pecchia
E tien la faccia rossa e colorita.
Burlar anche si fa chi va alla secchia
E insacca senza gusto acqua scipita
Che lo tien sempre bolso e in man del fisico
Il qual l'aiuta a far morir di tisico.
4.
Però sia chi si vuoleegli è un dappoco
Chi 'mbotta al pozzo come gli animali;
S'avvezzi a ber del vino appoco appoco
Ch'ei sache l'acqua fa marcire i pali;
Macom'io dicosi vuol berne poco:
Basta ogni volta cinque o sei boccali:
Perch'egli è poi nocivo il trincar tanto
Com'udirete adesso in questo Canto.
5.
Omai serra gli ordinghi e le ciabatte
Chiunque lavora e vive in sul travaglio
E difilato a cena se ha batte
A casao dove più gli viene il taglio.
Chi dal compagno a ufo il dente sbatte;
Tanti ne va a tavernach'è un barbaglio;
Parte alla busca; e infinpurchè si roda
Per tutto è buona stanzaov'altri goda.
6.
E Paridech'anch'egli si ritrova
A corpo voto in quelle catapecchie
D'Amor chiarito figlio d'una lova
Che svaligiar gli ha fatto le busecchie
Dice al villan: Va' a comprarmi dell'uova
Ecco sei giulitônne ben parecchie;
Piglia del panee sopra tutto arreca
Buon vinosai! non qualche cerboneca.
7.
E se t'avanza poi qualche quattrino
Spendilo in cacio; non mi portar resto.
Messer sinerispose il contadino
Io torròs'io ne trovoancor cotesto.
E partendo gli ride l'occhiolino
Sperando aver a far un po' d'agresto;
Ma facendo i suoi conti per la via
S'accorge ch'e' non v'è da far calía.
8.
All'oste se ne va per la più corta
E l'uovail panee 'l cacioe 'l vin procaccia
E fatto un guazzabuglio nella sporta
Le quattro lire slazzera e si spaccia.
L'altro l'aspetta a gloriae in sulla porta
Per veder s'egli arrivaognor s'affaccia;
E per anticipareil fuoco accende
Lava i bicchieri e fa l'altre faccende.
9.
Perch'egli è tardi ed ha voglia di cena
Poích'ogni cosa ha bell'e preparato
Si strugge e si consuma per la pena
Che lì non torna il messo nè il mandato;
Ma quand'ei vedde colla sporta piena
Giunger al fine il suo gatto frugato.
Oh ringraziatodicesia Minosse
Ch'una volta le furon buone mosse.
10.
Chiappa le robee mentre ch'ei balocca
In cuocer l'uovae il cacio ch'è stupendo
Sente venirsi l'acquolina in bocca
E far la gola come un saliscendo.
Sbocconcellando intantoil fiasco sbocca
E con due man alzatolobevendo
Dice al villanche nominato è Meo
Orsù ti fo bricconeaddioio beo.
11.
Così per celia cominciando a bere
Dagliene un sorso e dagliene il secondo
Fe sìche dal vedere e non vedere
Ei diede al vino totalmente fondo.
A tavola dipoi messo a sedere
Lasciato il fiasco voto sopra il tondo
Voltossi a' dieci pan da Meo provvisti
E in un momento fece repulisti.
12.
Dieci pan d'ottoe un giulio di formaggio
Non gli toccaron l'ugola: e s'inghiotte
Due par di serque d'uova e da vantaggio;
Poi dice: o Meospilla quella botte
Che t'hai per l'opree dammi il vino assaggío;
Io vo' stasera anch'io far le mie lotte
Bench'io stia benesia ripieno e sventri
Perchè mi par ch'una lattata c'entri.
13.
Il rusticoche dar del suo non usa
Non saperdice dove sia il succhiello;
Che per casa non v'è stoppa nè fusa
E che quel non è vinma acquerello.
Ci vuolrisponde Paride altra scusa.
E rittosidi canna fa un cannello;
E in sulla botte posto a capo chino
Con esso pel cocchiume succia il vino.
14.
E perch'è buonoe non di quello il quale
È nato in sulla schiena de' ranocchi
A Meoche piuttosto a carnovale
Che per l'opre lo serbaesce degli occhi
E bada a dire: ovvia! vi farà male;
Ma quegliche non vuol ch'ei lo 'nfinocchi
Ed è la parte sua furbo e cattivo
Gli risponde: oh tu sei caritativo!
15.
Non sose tu minchioni la mattea
Lasciami berch'io ho la bocca asciutta;
Che diavol pensi tu poi ch'io ne bea?
Io poppo poppoma il cannel non butta.
Risponde Meo: poffar la nostra Dea
Che s'ei buttassela beresti tutta;
Oh discrezione! s'e' ce n'è minuzzolo.
Paride bevee poi gli dà lo spruzzolo.
16.
Non vi so dir se Meo allor tarocca.
Ma l'altroche del vin fu sempre ghiotto
Di nuovo appicca al suo cannel la bocca
E lascia brontolare. e tira sotto;
Ma tanto esclamapregae dàglie tocca
Ch'ei lascia al fin di bergià mezzo cotto;
Dicendoch'ei non vuoi che il vin lo cuoca;
Ma che chi lo trovò non era un'oca.
17.
Poichè dal cibo e da quel vin che smaglia
Si sente tutto quanto ingazzullito
Risolve ritornare alla battaglia
Donde innocentemente s'è partito
Chè scusa non gli pare aver che vaglia
Che non gli sia a viltade attribuito.
Così ribeve un colpettinoe incambio
D'andare a lettos'arma e piglia l'ambio.
18.
Senza lume nè luce via spulezza
E corre al buioche nè anche il vento:
Non ha paura mica della brezza
Perch'egli ha in corpo chi lavora drento;
Per la mota sibben si scandolezza
Chèdando il cul in terra ogni momento
Quanto più casca e nella memma pesca
Tanto più sente ch'ell'è molle e fresca.
19.
Dopoch'ei fu cascato e ricascato
Per non sentir quel molle e fresco ancora
Chè'l vinoe quanto dianzi avea ingubbiato
Opra di dentro sì ma non di fuora
Giunto al mulindal mezz'in giù sbracciato
Si sciaguatta i calzoni in quella gora
Per dopo nella casa di quel loco
Farsegli tutti rasciugare al foco.
20.
Mentre si chinadando il culo a leva
E' fece un capitombolo nell'acqua;
Ond'avvien ch'una volta ei l'acqua beva
Sopra del vinche mai per altro annacqua.
Quanto di buon si èche s'ei voleva
Lavare i panniil corpo anche risciacqua:
E divien l'acqua sì fetente e gialla
Che i pesci vengon tutti quanti a galla.
21.
Le regole ben tutte a lui son note
Che insegnòper nuotar beneil Romano:
Distende il corpogonfie fa le gote.
Molto annaspa col piede e colla mano.
Intanto si conduce fra le ruote
Che fan girando macinare il grano;
Ben se n'avvedee già mette a entrata
Di macinarsie fare una stiacciata.
22.
In questo che il meschin già si presume
D'andar a far la cena alle ranocchie
Aprir vede una portae in chiaro lume
Sventolar drappi e campeggiar conocchie;
Chè le Naiadi ninfe di quel fiume
Coronate di giunchi e di pannocchie
Corrono ad aiutarloinfin ch'a riva.
Là dove il dì riluce in salvo arriva.
23.
E vede all'ombra di salcignefrasche
Fra le più brave musiche acquaiuole
Parte di loro al suon di bergamasche
Quinte e seste tagliar le capriuole.
Chi tien che queste ninfe sien le lasche
Chi le sirene ed altri le cazzuole.
Io non so chi di lor dia più nel buono
E le lascio nel grado ch'elle sono.
24.
Ognun si tenga pure il suo parere;
O quelle o altrea me non fa farina.
Bastivi per adesso di sapere
Che queste non son bestie da dozzina;
E s'ella non m'è stata data a bere
Elle son Fate c'han virtù divina;
E che sia il verofede ve ne faccia
Il Garani scampato dalla stiaccia.
25.
Il quale così molle e sbraculato
Il cadavero par di mona Checca
Ch'essendo stato allor disotterrato
Abbia fatto alla morte una cilecca.
Si scuote e trema sìch'io ho stoppato
Per San Giovanni il carro della Zecca;
E mentr'ei si dibatte e il capo serolla
Il pavimento e i circostanti ammolla.
26.
Ma le Fateche specie son di pesce
Ed hanno il corpo a star nell'acqua avezzo
Più che l'esser bagnate a lor rincresce
Il vederlo così fradicio mezzo;
Perciò lo spoglian; ma perchè riesce
Quando un vuol far più prestostare un pezzo
Per trattenerlomentr'or questa or quella
L'asciugauna contò questa novella.
27.
Furo un tratto una dama e un cavaliero
Moglie e maritoin buono e ricco stato
Che fatti vecchi contro ogni pensiero
Dopo d'aver qualche anno litigato
La grinza pelle con un cimitero
Convenne loro al fin perdere il piato
E senza appello aver a far proposito
Di dar per sicurtà l'ossa in deposito.
28.
Lasciaron due figliuolii più compiti
Che 'l mondo avesse mai sulle sue scene;
Perch'essi avevan tutt'i requisiti
Dovuti a un galantuomo e a un uom dabbene;
Aggiunto che di soldi eran gremiti
(Chè questo in somma è quel che vale e tiene);
Stavan d'accordo in pace ed in amore.
Ed eran pane e cacioanima e cuore.
29.
Cosa che fare in oggi non si suole
perchè i fratelli s'han piuttosto a noia:
E se lor han due cenci o terre al sole
All'un mill'anni par che l'altro muoia.
E questo è il ben ch'al prossimi si vuole!
E siam di così perfida cottoia
Che sebben fosser anche al lumicino
E' non si sovverrebbon d'un lupino.
30.
Perch'e' sono una man di mozzorecchi;
Al contrario costordi chi io favello
I quai di cortesia furon due specchi
E trattavan ciascun da buon fratello
S'avrebbon portat'acqua per gli orecchi.
E si servian di coppa e di coltello:
E per cercar dell'uno il bene stare
L'altro voluto avrebbe indovinare.
31.
Essendo un giorno insieme ad un convito.
Quand'appunto aguzzato hanno il mulino
E mangian con bonissimo appetito
Non so comeil maggior detto Nardino.
Nell'affettar il pan tagliossi un dito
Sicch'egli insanguinò il tovagliuolino;
E parvegli sì bello a quel mo intriso
Ch'ei si pose a guardarlo fiso fiso.
32.
E resta a seder lì tutto insensato
Ch'ei par di legno anch'ei come la sedia;
Può fartanto nel viso è dilavato
Colla tovaglia i simili in commedia.
E mirando quel panno insanguinato
Ormai tant'allegria muta in tragedia;
Mentre nel più bel suon delle scodelle
Si vede ognun riposar le mascelle.
33.
E tutti quei che seggon quivi a mensa
i servii circostanti ed ogni gente
Corrongli addossochè ciascun si pensa
Che venuto gli sia qualch'accidente;
Nè sanno che il suo male è in quella rensa
Com'appunto fra l'erba sta il serpente;
Rensa non giàma lensaonde il suo cuore
Preso al lamo col sangue aveali Amore.
34.
Che gli par di vedermentre in quel telo
Contempla in campo bianco i fior vermigli
Un carnato di qualche Dea di cielo
Composta colassù di rose e gigli.
E sì gli piacee tanto gli va a pelo.
Che finalmentementrech'ei non pigli
Una moglie d'un tal componimento.
Non sarà de' suoi di mai più contento.
35.
E già se la figura nel pensiero
E bianca e fresca e rubiconda e bella
Co' suoi capelli d'oro e l'occhio nero
Che più nè men la mattutina stella
E come ch'ei la vegga daddovero
Divoto se le inchina e le favella
E le promettes'egli avrà moneta
Di pagarle la Fiera all'Improneta.
36.
E vuol mandarle il cuore in un pasticcio
Perch'ella se ne serva a colazione;
E gli s'interna sì cotal capriccio
E tanto se ne va in contemplazione
Che il matto s'innamora come un miccio
D'un amor che non ha conclusïone
Ma ch'è fondatocome uditein aria
D'una bellezza finta e immaginaria.
37.
Così a credenza insacca nel frugnuòlo
Ma da un canto egli ha ragion da vendere;
Che s' egli è ver ch'Amor vuol esser solo
Rivale non è qui con chi contendere.
Ma Brunetto il fratel che n'ha gran duolo
Poichè 'l suo male alcun non può comprendere
Tien per la prima un'ottima ricetta
Per rimandarlo a casauna seggetta.
38.
Ove condotto e messolo in sul letto
Il medico ne venne e lo speziale
Chiamati a visitarlo; ma in effetto
Anch'essi non conobbero il suo male.
Disperato alla fin di ciò Brunetto
Col gomito appoggiato in sul guanciale
A cald'occhi piangendo più che mai:
Io vo saperdiceaquel che tu hai.
39.
Ei che vagheggia sotto alle lenzuola
Il gentil volto e le dorate chiome
Ne anche gli risponde una parola
Non che gli voglia dir nè che nè come.
Replica quello e seccassi la gola;
Lo frugatira e chiamalo per nome:
Ed ei pianta una vigna e nulla sente;
Pur tanto l'altro fach'ei si risente.
40.
Dicendo: fratel miose tu mi vuoi
Quel ben che tu dicei volermi a sacca
Non mi dar noiava' pe' fatti tuoi
Perchè il mio mal non è male da biacca;
Al quale ad ogni mo' trovar non puoi
Un rimedio che vaglia una patacca;
Perch'egli è stravagante ed alla moda
Chè non se ne rinvien capo nè coda.
41.
Vedisoggiunse l'altroo ch'io m'adiro
O pur fa' conto ch'io lo vo' sapere;
Hai tu quistione? hai tu qualche rigiro?
Tu me l'hai a dire in tutte le maniere.
Nardin risposedopo un gran sospiro:
Tu sei importuno poi più del dovere;
Ma da che devo dirloeccomi pronto.
Così quivi di tutto fa un racconto.
42.
Brunettoudito il caso e quanto e' sia
Il suo cordoglioanch'ei dolente resta
Sebbenper fargli cuormostra allegria
Macome io dicodentro è chi la pesta;
Perch'in veder sì gran malinconia
Ed un umor sì fisso nella testa
In quanto a lui gli par che la succhielli
Per terminare il giuoco a' Pazzerelli.
43.
E conoscendoch'a ridurlo in sesto
Ci vuol altro che 'l medico o 'l barbiere
Vi si spenda la vita e vada il resto
Vuol rimediarvi in tutte le maniere.
E quivi si risolve presto presto
D'andar girando il mondoper vedere
Di trovargli una moglie di suo gusto
Com'ei gliel'ha dipinta giusto giusto.
44.
Perciò d'abiti e soldi si provvede
E dà buone speranze al suo Nardino;
E preso un buon cavallo e un uomo a piede
Esce di casae mettesi in cammino
Sbirciando sempre in qua e in là se vede
Donna di viso bianco e chermisino;
E se ne incontra mai di quella tinta
Vuol poi chiarirsi s'ella è vera o finta.
45.
Perch'oggidì non ne va una in fallo
Che non si minii o si lustri le cuoia.
E dov'ell'ha un mostaccio infrigno e giallo
Ch'ella pare il ritratto dell'Ancroia
Ogni mattina innanzi a un suo cristallo
Quattro dita vi lascia su di loia;
E tanto s' inverniciaimpiastra e stucca
Ch'ella par proprio un angiolin di Lucca.
46.
Di modo ch'ei non vuol restarvi còlto
Ma starvi lesto e rivederla bene;
E per questo una spugna seco ha tolto
E sempre in molle accanto se la tiene
Con che passando ad esse sopra il volto
Vedrà s' il color regge o se rinviene;
Ma gira girain fatti ei non ritrova
Suggetto che gli occorra farne prova.
47.
Dopo che tanto a ricercare è ito
Che i calli al culo ha fatto in sulla sella.
Giunse una sera al luogo d'un romito
Che a restar l'invitò nella sua cella;
A lui parve toccar il ciel col dito
Per non aver a star fuori alla stella
Il passar dentro ed egli e il servitore
Ringraziando il buon uom di tal favore.
48.
Vestia di bigio il vecchio macilente
Facendo penitenza per Macone;
E perch'ei fu nell'accattar frequente
Per nome si chiamò fra Pigolone.
Costuicom'io dicevaallegramente
In cella raccettò le lor persone;
Spogliò il cavallogli tritò la paglia
Sul desco poi distese la tovaglia.
49.
E gli trovò buon pane e buon formaggio
Tutto accattatoed erbe crude e cotte
E del vino fiorito quanto un maggio
Ch'egli è di quel delle centuna botte;
Di che spesso ciascun pigliando a saggio
Stettero a crocchio insieme tutta notte.
E perchè per proverbio dir si suole:
La lingua batte dove il dente duole
50.
Brunettoche teneva il campanello
Dice chi siae che di casa egli esce
Non per suo contoma d'un suo fratello
Del quale infino all'anima gl'incresce
Perchè gli pare uscito di cervello;
Non si sa s'ei si sia più carne o pesce.
Così piangendo in far di ciò memoria
Per la minuta contagli la storia.
51.
Sta Pigolone attento a collo torto
Ad ascoltarloe poich'egli ha finito:
Figliuolrisponde a luidátti conforto
E sappi che tu sei nato vestito;
Chè qui è l'uom salvatico Magorto
Ch'è un bestioneun diavol travestito;
Chese tu lo vedessiuh egli è pur brutto!
Bastaa suo tempo conterotti il tutto.
52.
Egli ha un giardino posto in un bel piano
Ch'è ognor fiorito e verde tutto quanto;
Giardiniero non v'è nè ortolano
Chè d'entrarvi nessun può darsi vanto.
Da per sè lo lavora di sua mano
E da sè lo fondò per via d'incanto
Con una casa bella di stupore
Che vi potrebbe star l'Imperadore.
53.
Ma io ti vo' dar adesso un'abbozzata
Qui presto presto della sua figura:
Ei nacque d'un Folletto e d'una Fata
A Fiesol 'n una buca delle mura
Ed è sì brutto poiche la brigata
Solo al suo nome crepa di paura.
Oh questo è il caso a por fra i Nocentini
E far mangiar la pappa a quei bambini.
54.
Oltrech'ei pute come una carogna
Ed è più nero della mezzanotte
Ha il ceffo d'orso e il collo di cicogna
Ed una pancia come una gran botte.
Va in su i balestri ed ha bocca di fogna
Da dar ripiego a un tin di méle cotte;
Zanne ha di porcoe naso di civetta
Che piscia in bocca e del continuo getta.
55.
Gli copron gli occhi i peli delle ciglia
Ed ha cert'ugna lunghe mezzo braccio;
Gli uomini mangiae quando alcun ne piglía
Per lui si fa quel giorno un Berlingaccio
Con ogni pappalecco e gozzoviglia;
Ch'ei fa prima coi sangue il suo migliaccio
La carne assetta in vari e buon bocconi
E della pelle ne fa maccheroni.
56.
Dell'ossa poi ne fa stuzzicadenti
Niente in somma v'è che vada male;
SicchèBrunetto figliuol miotu senti
Ch'egli è un cattivo ed orrido animale.
Ora torniamo a' suoi scompartimenti
Ove son frutte buone quanto il sale
Vaghe piantebei fiori ed altre cose
Com'io ti potrei dirmaravigliose
57.
Ma lasciando per or l'altre da parte
Cocomeri vi son dì certa razza
Che chi ne può aver uno e poi lo parte
Vi trova una bellissima ragazza;
Cheper esser astuta la sua parte
Diratti che tu gli empia una sua tazza
A un di quei fonti lì sì chiari e freddi
Ma se la servia Lucca ti riveddi.
58.
Tu puoi far conto allor d'averla vista
Perchè mentr'ella beve un'acqua tale
Ti fuggirà in un subito di vista
E tu resterai quivi uno stivale.
Se tu non l'ubbidisciellach'è trista
Vedendo che il pregare e il dir non vale
Intorno ti farà per questo fine
Un milion di forche e di moine
59.
E se di compiacerla poi ricusi
Dirà che tu buon cavalier non sia
Mentre conforme all'obbligo non usi
Servitù colle dame e cortesia;
Ma lascia dire e tien gli orecchi chiusi
Non ti piccar di ciòsta' pure al quia;
Gracchi a sua posta; tu non le dar bere
Acciò non fuggae poi ti stia il dovere.
60.
Con questache sarà fatta a pennello
Come tu cerchileverai dal cuore
Ogni doglia ogni affanno al tuo fratello
Ed io te n'entro già mallevadore;
Vientene dunque meco e sta' in cervello
Cammina pianoe fa' poco romore;
Che se e' ci sente a sorte o scuopre il cane
Non occor'altronoi abbiam fatto il pane.
61.
Zitti dunquenessun parli o risponda;
Andiamoch'e' s'ha a ir poco lontano.
Così va innanzi e l'altro lo seconda
E il servitor gli segue anch'ei pian pìano;
Ma quel demonio che va sempre in ronda
Gli sente e gli vuol vincer della mano;
Perchè gli aspettae il vecchio ch'alla siepe
Vien primochiappa su come di' pepe.
62.
A casa lo strascina e te lo ficca
'N un sacco e colla corda ve lo serra;
E fatto questoa un canapo l'appicca
Che vien dal palco giù vicino a terra;
E per pigliar il resto della cricca
Esce poi fuora; ma nel fatto egli erra
Chèquand'ei prese quellogli altri due
Ad aspettarlo avuto avrian del bue.
63.
Ed oggimai si trovano in franchigia;
Sicchè Magorto quivi ne rimane
Un bel minchionee n'è tanto in valigia
Che nè manco daria la pace a un cane.
Sfogarsi intende e a quella veste bigia
Vuole un po' meglio scardassar le lane;
Perciò su verso il bosco col pennato
A tagliar un querciuol va difilato.
64.
Brunettoche l'osserva di nascosto
Vedutolo partireentra nell'orto
E corre a casadi veder disposto
Quel ch'é del vecchios'egli è vivo o morto.
Così chiuso in quel sacco il trova posto
Chè 'l poverintrovandosi a mal porto
E tremae stridee par che giù pel gozzo
Egli abbia una carrucola da pozzo.
65.
Ed ei le corde al sacco a un tratto sciolte
E fatto quel meschino uscirne fuore
Che lo ringrazia e bacia mille volte
E fa un salto poi per quell'amore
Vi mette il can che guarda le ricolte
Dandogli aiuto ed egli e il servitore.
E poi con piatti e più vasi di terra
Due fiaschi di vin rossoe lo riserra.
66.
E l'attacca alla fune in quella guisa
Ch'egli era primae poi di quivi sfratta;
E del fatto crepando delle risa
Di nuovo con quegli altri si rimpiatta;
Quando Magortoin giù viene a ricisa
Con una stanga in man cotanto fatta;
Perchè gli par mill'anni con quel tronco
Di far vedere altrui ch'ei non è monco.
67.
Arriva in casae sbracciasie si mette
Serrato l'usciocon quel suo randello
Sopr'a quel sacco a far le sue vendette
Suonandoquant'ei può sodo a martello.
Il Romito che stava alle velette
Perchè l'uscio ha di fuora il chiavistello
Andòbenchè tremandoe con spavento
Che avea di lui; e ve lo serrò drento.
68.
Ed ei ch'è in sulle furienon vi bada
Chè insin ch'ei non si sfoga non ha posa.
Sta intanto il vecchio all'uscio fermo in strada
Ad origliare per udir qualcosa;
E sente dire: o leccapeverada
Carne stantiabarba piattolosa
Ribaldosantinfizza e gabbadei
Ch'a quel d'altri pon cinque e levi sei!
69.
Guardate qui la gatta di Masino
Che riprendeva il vizio ed il peccato
Se il monello ha le man fatte a oncino
Per gire a sgraffignar poi vicinato!
Ma quel c'hai tolto a meladro assassino
Non dubitarti costerà salato;
Chè tante volte al pozzo va la secchia
Ch'ella vi lascia il manico o l'orecchia.
70.
Poi sente ch'eglidopo una gran bibbia
D'ingiurie dà nel sacco una percossa
Che tutte le stoviglie spezza e tribbia
E ch'ei diceva: orsùgli ho rotto l'ossa;
E che di nuovo un'altra ne raffíbbia
E chefacendo il via la terra rossa
Soggiunge: oh quanto sangue ha nelle vene!
Questo ghiottone a mebeeva bene!
71.
Bench'ei creda finita aver la festa
Tira di nuovo e dà vicino al fondo.
Ed il suo cane acchiappa in sulla testa
Che fa urti che van nell'altro mondo;
Ond'egli stupefatto assai ne resta
Dicendo: qui è quando io mi confondo;
Se tutt'il sangue egli ha di già versato
Come a gridar può egli aver più fiato?
72.
Brunetto in questo mentre col suo fante
Avea di giàscorrendo pel giardino
Il luogo ritrovato e quelle piante
Ov'è colei che chiede il suo Nardino.
E già l'ha tratta fuor bell'e galante
Che non si vedde mai il più bel sennino;
E con un suo bocchin da sciorre aghetti
Chiede da ber; ma non già se l'aspetti.
73.
Perch'ei del certo in quanto a contentarla
Non ci ha nè meno un minimo pensiero;
E però quante volle ella ne parla
Muta discorso e la riduce al zero;
Ma perch'ella è mozzinae colla ciarla
Le monache trarría del monastero
Vede che s'ella bada troppo a dìre
Si lascerebbe forse convertire;
74.
Però per non cadere in questo errore
La piglia a un tratto e se la porta in strada;
Ed al vecchio fa dir pel servitore
Che più tempo non è di stare a bada
E ch'ei ne vengach'ei l'aspetta fuore
Acciò con essi anch'egli se ne vada;
Che lì non vuoi lasciarlo nelle peste
Ma condurlo al paese alle lor feste.
75.
Così di là poi tutti fer partita
Ma più d'ogn'altro allegra la fanciulla;
Perchè non prima fu dell'orto uscita
Ch'ogni incanto ogni voglia in lei s'annulla.
Anzi a' lor preghi in sul caval salita
Senza più ragionar di ber nè nulla
Va sempre innanzi agli altri un trar di mano
Fiera e bizzarra come un capitano.
76.
Brunetto si ridea di Pigolone
Perch'ei parea nel viso un fico vieto
E menava a due gambe di spadone
Come egli avesse avuto i birri dreto.
E la donna diceva: Giambracone
Che la duri! ed il vecchio mansueto
Che si vedeva fatto il lor zimbello:
Dagli purrispondeach'egli è sassello.
77.
Così scherzandocom'io dicoin briglia
Ne vanno senza mai sentirsi stanchi;
E sempre ognun più calda se la piglia
Perchè il timor gli spinge e sprona i fianchi
Perciòdopo aver fatte molte miglia.
E che lor parve un tratto d'esser franchi
Tutti affannati per sì lunga via
D'accordo si fermaro a un'osteria.
78.
Dove il padronche intende fare a pasto
Trova gran roba per parer garbato;
Ch'ei tien che a far non abbian troppo guasto
Ma e' non sa ch'e' non hanno desinato.
Ben se n'accorge alfin ch'ei v'è rimasto
Quando in sul desco poi non restò fiato
E che quella per lui è una ricetta
Che il guadagno va dietro alla cassetta.
79.
Magorto intantofinalmente stracco
Di menar il randello a quel partito
Sciolto ed aperto avendo omai quel sacco
Per cucinar la carne del romito
Ed in quel cambio vistovi il suo bracco
Tra cocci e vetri macolo e basito
Resta maravigliato in una forma
Ch'einon sa s'ei sia desto o s'ei si dorma.
80.
S'io percossì quel vecchio mariuolo
Com'ho io fattodisseun canicidio?
So ch'io lo presi e lo serrai qua solo
Chè gnun potea vedermi o dar fastidio;
Non so s'io sono il Grasso Legnaiuolo
A queste metamorfosi d'Ovidio
Che sono in ver meravigliose e strane
Poichè un romito mi diventa un cane.
81.
Cane infelicepovero Melampo
Che netto qua tenei quanto si scerne!
Chi più farà la guardia al mio bel campo
Adesso che t'hai chiuse le lanterne?
Io ho una rabbia addosso ch'io avvampo
Con quel vecchiaccio barba d'Oloferne
Che al certo fatto m'ha così bel giuoco;
Che dubbio? metterei le man nel fuoco.
82.
Oimè! le mie stoviglie e il vin di Chianti
Ch'io tolsi in dar la caccia a un vetturale
A cagion di quel tristo graffiasanti
In un tempo e versato e ito male.
Giuro al ciel ch'io non vo' ch'ei se ne vanti;
E s'ei non volapuò far capitale
Ch'io voglia ritrovarlo; e s'ei c'incappa
Che mi venga la rabbia s'ei mi scappa.
83.
Lo troverò bensìperch'io vo' ire
Qua intorno per veder s'io lo rintraccio.
Così corre alla porta per uscire
Ma ei non può farlo perch'e' v'è il chiavaccio.
Lo squote e sbatte per voler aprire
Ed or v'attacca l'uno or l'altro braccio.
Noiato alfine vanne e corre ad alto
E da' balconi in strada fa un salto.
84.
Ma perchè ei vede quivi le pedate
Volte al giardino e poi verso la via
Che Brunetto e quegli altri avean lasciate
Quando v'entraro e quando andaron via
Insospettito lascia andare il frate
Ed entra nel giardinoe a quella via
Scorge quel suo cocomero diviso
Ch'è stato il fargli un fregio sopr'al viso.
85.
Poichè levata gli han quella figliuola
Che in essocom' io ho dettosi trovava
Per la stizza non può formar parola;
Si sgraffiabatte i denti e fa la bava;
E spalancando poi tanto di gola
Urlabestemmia il cielminaccia e brava
Dicendo: o Macometto e tu comporti
Che si facciano al mondo questi torti?
86.
In quanto a techi ti pisciasse addosso
So ben che tu non ne faresti caso;
Ma io che da miei dì mai bevvi grosso
E le mosche levar mi so dal naso
Saprò ben io a costor fare il cul rosso:
Credilo pur; perchè s'e' si dà il caso
Che si darà senz'altroch'io gli arrivi
Io me gli vo' di posta ingoiar vivi.
87.
Ma dove col cervel son io trascorso?
Più bue di me non è sotto le stelle;
Perch'innanzi ch'io abbia preso l'orso
Vo'come si suol dirvender la pelle.
Fatti ci voglion quiperchè il discorso
Fuorchè a i sensalinon fruttò covelle;
E mal per chi ha tempo e tempo aspetta:
Chè mentre piscia il canla lepre sbietta.
88.
E però prima che a viola a gamba
Una fuga mi suonin di concerto
A casa Pigolon vogl'ir di gamba
Che vi sarà co' complici del certo.
Così conchiusocorre ch'ei si sgamba.
E come un bracco va per quel deserto
Tutti quanti quei luoghi a uno a uno
Cercandos'ei vi scopre o sente alcuno.
89.
Quel della cella del romito è il primo
Ove trovando il passo e porto franco
Intana drento e non vi scorge nimo
Fruga e rifruga in qua e in lànè anco;
Sgomina ciò che v'è da sommo a imo
Ma tutto invano; ond'egli al fine stanco
Se n'esce colle man piene di vento
Ma dieci volte più di mal talento.
90.
Entrò nel bosco e ogni contrada scorse
E in somma ne cercò per mari e monti;
E vedde senza metterla più in forse
Il pigiato esser lui al far de' conti;
Onde nel fine all'arti sue ricorse
Chè pur vuol vendicar sì grandi affronti
Così v'arriverò po' poi in quel fondo
Se voi fostediceadi là dal mondo.
91.
E poichè fatti egli ha certi suoi incanti
Che gli riescon bene e vanno a vanga
Andatediceo stummia di furfanti
Poich'a pianger volete ch'io rimanga.
Che sieno in casa vostra eterni pianti
Tal che ciascuno e fino al gatto pianga.
E così poi di quanto aveva detto
Nè più nè manco ne seguì l'effetto.
92.
Poichè Brunetto e le sue camerate
Pagaron l'oste (il quale assai contese
Perchè le gole lor disabitate
Gli eran parute care per le spese)
Partirone poi dopo altre fermate
Ei le condusse salve al suo paese;
E giunto a casaringraziando il cielo
Entra in salae di posta fa un belo.
93.
Entra la donna col romito appresso
Ecominciaro a piangere ambedui;
Entra il famiglio e anch'egli fa lo stesso
Senza saper perchènè men per chi.
Trovan Nardino ancor di male oppresso
E sbietolar lo veggono ancor lui;
L'astante che porgevagli l'orzata
Pur ne faceva la sua quattrinata.
94.
Nardin vede colei bell'e vezzosa
Com'appunto l'aveva nel pensiero.
E dice: benvenuta la mia sposa;
Voi mi piacete a fè da cavaliero;
Ma voi piangete? ditemi una cosa
Voi ci venite a malincorpoè e' vero?
Non vogliate risponder ch'e' non sia
Perchè voi mi diresti una bugia.
95.
Mettete pur così le mani innanzi
Rispond'ellasignorper non cadere;
Mentre temendo ch'io non mi ci stanzi
Specorate sì bench'egli è un piacere:
Ch'io mi vi leviditemidinanzi
Chè voi non mi potete più vedere
Senza darmi la burlach'io m'acquieto
E senza replicar do volta a dreto.
96.
Nè sossopra la man non volterei
Chè l'andare e lo starmi son tutt'una;
E bench'al mondo io sia come gli Ebrei
Che non han terra ferma o patria alcuna
Andrò pensando intanto a' fatti miei
Per veder di trovar miglior fortuna;
Perchècome dìceva Mona Berta
Chi non mi vuolsegn'è che non mi merta.
97.
Ed ei risponde: oimè! Signora mia!
Non vi levate in barca così presto;
S'io non v'ho detto o fatto villanía
Perchè venite voi a dirmi questo?
Abbiate un po' più flemma in cortesia
Ch'ogni cosa andrà bene in quanto al resto;
Voi siete bella ed anco di più sposa
Però non vogliat'esser dispettosa.
98.
Ella soggiungeed egli ribadisce:
Ella non cedeed ei risponde a tuono:
Pur gli acquieta Brunettoe al fin gli unisce
Sicchè l'un l'altro chiedesi perdono;
Ma non per questo il lagrimar finisce
Ch'ognora in casa e fuora e ovunque sono
Perchè sempre si smoccica e si cola
Hanno a tenere agli occhi la pezzuola.
99.
Vivono in somma in un continuo pianto;
Piangono i servi e piangon gli animali;
Onde il guazzo per terra è tale e tanto
Che e' portan tutti quanti gli stivali.
Ma torniamo a Magortoche frattanto
Per saper quel che sia di questi tali
E dove la sua figlia si ritrovi
Ha fatto al consueto incanti nuovi.
100.
E veduto ch'ell'è tra buona gente
Moglie d'un ricco e nobil baccalare
E che giammai le può mancar nïente
Perch'ella è in una casa come un mare
Non vi so dir s'ei gongola e ne sente
Contento grande e gusto singolare;
Di modo ch'ei si penteaffligge e duole
Di quanto ha fattoe risarcir lo vuole.
101.
Perciòper un suo cogno se ne corre
E nell'orto lo porta dove è un frutto
C'ha i pomi d'oroe ne comincia a corre
Durando fin che l'ebbe pieno tutto.
E poichè dentro più non ne può porre
Sapendo che 'l suo aspetto è molto brutto
Si lavaripulisce e raffazzona
E rimbellisce tutta la persona.
102.
E presa addosso poi quella sua cassa
Ch'è tanto grave ch'ei vi crepa sotto
Si mette in viae presto se ne passa
Ov'è la figlia e il flebile raddotto
Che al suo venire ogni mestizia lassa
Mutando in riso il pianto sì dirotto;
E versa i pomi in mezzo della stanza
Poi si sberretta in termin di creanza.
103.
E dice ch'egli è il padre della sposa
E che di lui non abbiano spavento;
Perch'egli omai scordato d'ogni cosa
L'antico sdegno totalmente ha spento.
Anzicome persona generosa
Vuol dare agli sponsali il compimento
Ch'è quello che la sposa abbia la dote
E che non vadia a marito a man vote.
104.
E perchè qualsivoglia donnicciuola
Porta la dote ed il corredo appresso
Acciocch'in quella casa la figliuola
Possa mostrar d'aver qualche regresso
Nè che gli abbian a aver quel calcio in gola
Che un picciolo nè anche v'abbia messo
La vuol dotar conforme al grado loro
Con quel gran monte di bei pomi d'oro.
105.
Gli sposi allor brillando con Brunetto
Gli rendon grazie e fan grata accoglienza;
Ed ordinato un grande e bel banchetto
Reiterâr le nozze in sua presenza.
Ed egli poi al fin con ogni affetto
Riverì tutti e volle far partenza
Lodandosi del furto del romito
Che sì grand'allegrezza ha partorito.
OTTAVO CANTARE.
ARGOMENTO.
Dalle sue Fate Paride vestito
Vede la galleria di quell'albergo:
D'un'avventura grande è poi avvertito
E appresso ha un libro che non parla in gergo
Con una spada d'un acciar forbito;
Ond'ei piglia licenzae volta il tergo.
Vien Piaccianteo condotto al generale
Che non gli volle far nè ben nè male.
1.
Vorrei che mi dicesse un di costoro
Che giostrantutta notte per le vie
Che gusto v'è; perchèa ridurla a oro
Non v'è guadagno e son tutte pazzie;
Poichèlasciando ch'e' non è decoro
L'aria cagiona cento malattie.
Mille disgrazie possono accadere
Mille malannidiavoli e versiere.
2
Sapete ch'e' s'inciampa e ch'e' si casca
Si può in cambio d'un altro esser offeso;
O dar in unse t'hai moneta in tasca
Ch'alleggerir ti voglia di quel peso;
Manca in qual mo' si può correr burrasca:
Però vi giuroch'io non ho mai inteso
La fin di questi talie tengo a mente
Quel ch'un tratto mi disse un uom valente.
3.
La nottedisseè un vaso di Pandora
Che versa affrontirisichi e tracolli;
Perocchè nel suo tempo sbucan fuora
Tutti i ribaldiladri e rompicolli;
Onde sia ben riporsi di buon'ora:
E deve esempio l'uom pigliar da' polli
Che l'un di loro al più vale un testone
E pria che 'l Sol tramontisi ripone.
4.
Ed egli che d'un mondo assai più vale
Sta fuori tutta notteo diacci o piova
E gira al buio come un animale
Cercando di Frignuccio in bella prova;
Nè fia gran fatto poi se gli avvien male
Chè ben sapesti che chi cerca trova.
Ed eccovene in Paride il riscontro
In modo che non v'è da dargli contro.
5.
Perchè le son tutte cose provate
E vereche non v'è spina nè osso;
E non si trovan poi sempre le Fate
Chè vengano a levarti il mal da dosso;
Come al Garaniquand'a gambe alzate
Andato era la notte giù nel fosso
Chementre conteggiava colla morte
Da esse ebbe un favor di quella sorte.
6.
Or questi vuol che pur di lui discorra
Onde di nuovo a' atti suoi ritorno.
Le ninfeche 'l vedean batter la borra
Tutte li son co' panni caldi attorno
E già tra loro par che si concorra
Di fargli dare una scaldata in forno;
Ma perchè questo in danno suo risulta
Dir volle il suo parere anch'ei in consulta.
7.
Che terminò di non farn'altro; ond'esse
Lo feron rivestire a spese loro;
Una camicia nuova una gli messe
C'ha dal collo e da man trina e lavoro;
L'altra il giubboneun'altra le brachesse
Tutto di un ricco e nobil quoio d'oro;
Un'altra gli ravvia la capelliera
E gli metteil benduccio e la montiera.
8.
A spasso poi lo menan per la mano
A veder la lor bella abitazione
Ma poi più buonabenchè sia in pantano
Perchè a pagar non hanno la pigione;
La quale è un negozio odioso e strano
Quando quell'insolente del padrone
Ti picchia a casa e con sì poca grazia
Chiede il semestrech'e' non vè una crazia.
9.
Circa questopensiero elle non hanno.
Nè di fare altre spesecome accade
Ad ogni galantuomo a capo d'anno
D'acconci tasse e lastrichi di strade.
Il ventoe il freddo non può far lor danno
Perch'il tettoche scorre e mai non cade
L'inverno su i pilastri di corallo
Si ferma e forma un palco di cristallo
10.
Di state il Sole giù ne' lor quartieri
Non può col frugnolone aver l'ingresso;
Tal ch'elle stanno bene e volentieri.
E godonoun pacifico possesso.
Paride intanto infra tazze e bicchieri
E di più sorte vini e frutte appresso
Con esse ritrovandosi in cantina
Volle provarne almeno una trentina.
11
Nè per questo alterato egli ne resta;
O venga ch'egli è avvezzo in Alemagna
O che quel vin faccia a salvar la testa
Ed in quel cambio dia nelle calcagna;
Ragion che quadra bene e quella e questa
Perch'ei non urta mai chi l'accompagna
Ma sempre in tuonoe dritto com'un fuso
Con esse per le scale torna suso.
12.
Ov'egli entrato in una bella sala
Ch'ella sia l'accademia si figura;
Perchè vi son l'aratolo e la pala
Strumenti da studiar l'agricoltura:
Di lì poi salgon sopr'a un'altra scala
Di baston congegnati infra due mura.
Dondearpicando come fan le gatte
Vanno a passar per certe cateratte.
13.
Ma qui la Musa vuol ch'io mi dichiari.
Circa al descriver queste loro stanze;
Chè s'io vi pongo addobbi un po' ordinari
Non son per dir bugie nè stravaganze;
Perchè le ninfe han solo i necessari
Nè voglion pompe nè moderne usanze
Per insegnare a noi ch'abbiam le borie
Di quadrie letti d'oroe tante storie.
14.
Ch'ognun vuol far il principe al dì d'oggi;
Sebben chi la volesse rivedere
Molti si veggon far grandezze e sfoggi
Che sono a specchio poi col rigattiere.
Il lusso è grande e già regna in su i poggi
E son nelle capanne le portiere.
E tra cannelli insin qualsivoglia unto
Ha i suoi stipetti e seggiole di punto.
15.
Orsùperch'ío non caschi nella pena
De' cinque soldiecco ritorno a bomba
A brache d'orche nel salire arrena
Per quella scala che va su per tromba
Perchèsebbene ci fa il Mangia da Siena
Gli è disadatto e pesa ch'egli spiomba;
E colle ninfe a correr non può porsi
Massime lìche v'è un salir da orsi.
16.
Elle di giàcom'io diceva adesso
Uscite son di sopra a stanze nuove
Aspettando che faccia anch'ei l'istesso
Ch'appunto com'il gambero si muove;
Onde convien poi loro andar per esso.
Ed aiutarlo fin che piacque a Giove
Che quasi manganato e per strettoio
Passasse ad alto il cavalier di quoio
17.
'N un dormitorio grandema diverso
Ove ciascuna in proprio ha la sua cella
Che stacom'io diròper questo verso
Se non erra Turpin che ne favella
Una stanga a mezz'aria evvi a traverso
Dov'ella tien le calze e la gonnella
Il penzol delle sorbe e del trebbiano
E quel che più le par di mano in mano.
18.
Più giù da banda un tavolin si vede
Che su i trespoli fa la ninna nanna
E fa spalliera al muroove si vede
Una stoia di giunchi e sottil canna.
Evvi una madia zoppa da un piede
E il filatoio colla sua ciscranna;
Non v'è lettise non un per migliaio
Chè tutte quante dormono al pagliaio.
19.
Paride guarda e par che gliene goda;
Chè la gente alla buona e positiva
Sempre gli piacquee la commenda e loda.
In questo mentre a un'altra porta arriva
E nel sentir un certo odor di broda
Che tutto lo conforta e lo ravviva
Entra di puntaperchè s'indovina
Che quella sia senz' altro la cucina.
20.
Dal che sentitosi allegare i denti
Sì pensa che vi sien grand'apparecchi;
Ma trova in ozio tutti gli strumenti
E i piatti ripuliti come specchi:
Teglie e padelleinutili ornamenti
Star appiccate al muro per gli orecchi;
Ed anche son per starvi più d'un poco
Perchè il gatto a dormir vede in sul fuoco.
21.
Ond'egli offeso molto se ne tiene
Ch'una mentita per la gola tocca;
Ma quelle che s'avveggon molto bene
Ch'egli ha l'arme di Siena impressa in bocca
Gli accennan ch'ei vedrà se il corpo tiene;
Ed ei ghignando allor più non balocca
E con esse ne va di compagnia
Per ultimo a veder la galleria.
22.
Di maiolica nobil di Faenza
Ivi le soglie sono e i frontespizi;
Quivi son quadri di gran conseguenza
Di principi ritratti e di patrizi
Originali fatti già in Fiorenza
Da quel che gli vendea sotto gli Ufizi;
Ed evvi dello stesso una sibilla
Ed una bella cittadina in villa.
23.
Di cartapesta mensole e sgabelli
Intorno intorno innalzansopra al piano
Statue eccellenti di quei Prassitelli
Ch'a i sassi danno il moto in Settignano;
Cedano i Buonarruoti e i Donatelli
A quel basso rilievo di lor mano
Ch'a' Padri Scalzi pur si vede ancora
Sull'arco della porta per di fuora.
24.
Sicchè quest'opre che non hanno pari
Quanto i suddetti quadri c'han del vago
Non si posson pagar mai con danari
Perchè son gioie che non hanno pago.
Uno scaffale v'è di libri vari
Ch'eran la libreria di Simon Mago
Ch'abbellita. di storie e di romanzi
Fu poi venduta lor dal Pocavanzi.
25.
Evvi un tomo fra gli altri scritto a penna
Ch'a me par bello e piace sine fine
Ove si legge in carta di cotenna
Tradotte le libréttine in sestine;
E che Galeno e il medico Avicenna
In musica mettean le medicine;
Peròse il corpo sempre a chi le piglia.
Gorgheggia e canta non è meraviglia.
26.
Un ve n'è in rima che La Sfinge è detto
Scelta d'enigmi che non hanno uguali;
Perch'ognuno è distinto in un sonetto
Che il poeta ha ripien tutto di sali:
Perch'eiche sa che è saleebbe concetto
Acciocchè i versi suoi sieno immortali
E i vermi dell'obblio non dien lor noia
Porgli fra sale e inchiostro in salamoia.
27.
Altri poemi poi vi sono ancora
Ed hanno caparrato alla Condotta
Grilloil GiambardaIpolito e Dianora
I sette Dormientie Donna Isotta
E un certo Malmantilche s'e' va fuora
Ecco subito bell'e messe in rotta
Le Dee col Bambiche l'ha chiestoe vuole.
Farne all'acciughe tante camiciuole.
28.
Evvi anch'un libro di segretiil quale
Giova a chi legge e insegna di bei tratti
E infra gli altria far che le cicale
Cantinsenza che 'l corpo se le gratti;
E a far che i tordi magricoll'occhiale
Guardandoglidivengan tanto fatti.
Descrive poi moltissimi rimedi
Per chi patisce de' calli de'piedi.
29.
S'io vi narrassi tutto il continente
Costuidirestiha i lucidi intervalli;
Pur vo' contarven'una solamente
Ch'è veranè crediate ch'io sfarfalli
Racconta d'una tal parturïente
Che una carrozza fece a sei cavalli
E ch'una voglia fu che avea avuta;
Ed io lo crederò senza disputa.
30.
Perchè la donnacome altera e vana
Sopr'agli sfoggi ognor pensa e vaneggia;
E bench'ell'abbia un ceffo di befana
Pomposa e ricca vuol che ognun la veggia:
Perciò colei ebbe la voglia strana
Della grandezza dell'aver la treggia
Ancorchè tutteperchè il cervel gira
Le girelle vorrianchè 'l sangue tira.
31.
Ma basti circa i libri quanto ho detto;
Perch'ioche negli studi non m'imbroglio
E questi mai nè altri non ho letto
Chè forse i fatti lor saper non voglio
A qualche error non voglio star soggetto
Chè pur troppi n'ho fatti sopr'al foglio;
E poi perchè son tanti e tanti i tomi
Che né anco so dir d'un terzo i nomi.
32.
Però seguiam con Paride le Dee
A veder cose belle e stravaganti
E prima troverem di gran miscee:
Corpi di mummie ed ossa di giganti:
Essere in corpo a un pesce due galee
Impietrite con tutt'i naviganti
Legnili quali esse han per tradizione
Che fur fatti del giuggiol di Nerone.
33.
Chiuse in un vaso poi vedrem le gotte
Ch'ebbe quel vecchio chioccia di Sileno;
E l'asta che fudicondi Nembrotte
Con che volle infilzar l'arcobaleno;
Benchè si creda più di Don Chisciotte:
E veramente non può far di meno
Perchè in vettanel mezzo della lama
V'è scritto Dulcinea ch'era sua dama.
34.
Pende dal palco un secco gran serpente
Che quasi al coccodrillo s'assomiglia;
E dicon che la coda solamente
Per la lunghezza arriva a cinque miglia;
Ma quel che più curioso di nïente
È certoè una grandissima conchiglia
Ove fra minuta alga e poca rena
Sta congelato un uovo di balena.
35.
Evvi un manticeil qual per via d'ingegni
Soffiando fa girare uno strumento
D'un arcolaio a ventiquattro legni
Invenzion nuova d'orivolo a vento;
Perch'ogni stecca ha i suoi numeri e segni
Che mostran l'oree' quarti e ogni momento.
Chi vi dipana sa quant'ei lavora
Ch'al fin d'ogni gomitol suona l'ora.
36.
Una sfera bellissima si vede
Ch'è sopr'a un ben tornito piedistallo
Che per giustezza tutte l'altre eccede
O sien fatte di legno o di metallo;
Vada pure e sotterrisi Archimede
Con quella sua ch'ei fece di cristallo
Ch'e' bisogna guardarla e starsi addietro
Perchè si rompe giusto come il vetro.
37.
Chè questache con ogni diligenza
Di purgate vesciche fu commessa
Se per disgrazia o per inavvertenza
Perquote o cadeell'è sempre la stessa.
E se 'l cristallo ha in sè la trasparenza
La vescica al diafano s'appressa;
Ed è un corpo che giammai non varia
E quel si cangia ognor secondo l'aria.
38.
Se in Grecia fatta fu la cristallina
E questa di vesciche vien da Troia
Che a Fiesol fa portata a Catilina
La notte ch'ei fuggì verso Pistoia;
Ch'ei non giunse nè anco alla mattina
Ch'il poveraccio vi tirò le quoia;
Sicchè due capitan sue camerate
La preseroe la diedero alle Fate.
39.
Mentre s'ammira così bel lavoro
E vi si fanno su cento argomenti
Paride guardae vede una di loro
Cavarsi un occhiola parrucca e i denti
E dargli a un'altraperchè in tutto il coro
Delle naiadi ch'ivi son presenti
O fuorachè pur anche son parecchi
Han sol quei dentiun occhio e due cernecchi.
40.
Peroch'elle son cieche e vecchie tutte
E loro i denti son di bocca usciti;
Ma non per questo ell'appariscon brutte
Ch'ell'hanno volti belli e coloriti;
E se mangiar non posson carne e frutte
Elle s'aiutan con de' panbolliti
Perchè quei denticome l'occhio e i ricci
Non hanno più virtùch'e' son posticci.
41.
Gli portan per bellezza solamente
Una per voltaacciocchè per la via
S'ell'ha ir fuora a vista della gente
Asconda ogni difetto e mascalcía;
Ma il tenergli la legge non consente
Se non un'orae poi a quella via
A riportargli a casa vien costretta
Acciocch'un'altra dopo se gli metta.
42.
Così per osservar le lor vicende
Questa ch'io dico se gli cava adesso
Già ritornata dalle sue faccende
Perch' il portargli più non l'è permesso
Ond'a quell'altra gli consegna e rende
Cedendo ogni ragion e ogni regresso
Perchè in quest'ora a ornarsi ad essa tocca
La fronte e il capoe riferrar la bocca.
43.
Piena di cibi intanto una credenza
Vien pari pari aperta spalancata.
E fatta da vicin la riverenza
Parole pronunziò di questa data:
Cavalierse tu vuoi far penitenza
E in parte a noi piacere e cosa grata
Ho munizion da caricar la canna
E poi da bere un vino ch'è una manna.
44.
Credilo a me ch'egli è del glorïoso;
Però qua dentroviadistendi il braccio
Chè troverai del buono e del gustoso
Se tu volessi ben del castagnaccio.
Paride fece un po' del vergognoso;
Ma nel veder le bombole nel ghiaccio
Mandò presto da banda la vergogna
E fece come i ciechi da Bologna.
45.
Levatagli poi via la calamita
Di quel buon vino e massime del bianco
Gli fataron le Dee tutta la vita
Dalla basetta infuor del lato manco;
Sicchèin quanto ad aver taglio o ferita
In altra parteera sicuro e franco:
Poi dangli un brando colla sua cintura
E del trattarlo l'intavolatura.
46.
E perchè il tempo ormai era trascorso
Che inviarlo dovean di quivi altrove
Prima in sua lode fatto un bel discorso
Che l'agguagliava a Marteal Sole e a Giove
Figliuol disseroquanto t'è occorso
Fin qui stanottee il come e il quando e il dove
A noi palese è tutto per appunto
Anzi sei qui per opra nostra giunto.
47.
Acciò tu vada incontro a un'avventura
pro d'unpover uomo questa notte.
Questo è un talcognominato il Tura
Ch'in Parïon gonfiava le pillotte.
Era in bellezze un mostro di natura
sicchè tutte le donne n'eran cotte;
E lasciando i rocchetti ed i cannelli.
Per luich'è ch'èfacevano a' capelli
48.
Non ch'ei ne desse loro occasïone
Come qualche Narciso inzibettato
Ch'una cuffia ch'e' vegga a un verone
Di posta corre a far lo spasimato;
Anzi è un di quei ch'al mondo sta a pigione
A bioscio nel vestire e sciamannato;
Ch'addosso i panni ognor tutti minestra
Tirati gli parean dalla finestra.
49.
Ed esse eran capone; ma chiarite
Alfin lasciando quel suo cuor di smalto
Fecer come la volpe a quella vite
Ch'aveva sì bell'uva e tanto ad alto
Che dopo mille proveanzi infinite
Arrivar non potendovi col salto
Gli ème'dissech'io cerchi altra pastura
Chè questa ad ogni mo' non è matura.
50.
Così non la saldò già Martinazza;
La qual non vi trovando anch'ella attacco
Poichè gran tempo andata ne fu pazza.
Avendo il terzo e quarto e ognuno stracco
Condurre un giorno fecelo alla mazza;
E per via d'un che le teneva il sacco
Avvezzo a tosar pecore ed agnelli
Mentr'ei dormivagli tagliò i capelli.
51.
Quei capellich'un tempo avea chiamati
Del suo fascio mortal funi e ritorte
Le bionde chiomeo Dio! quei crini aurati
Che ricoprivan tante piazze morte
Onde scoperti furo i trincerati
Ove il nimico si facea sì forte;
Perchèper quanto un autore accenna
Lo rimondaron fino alla cotenna.
52.
E così Martinazza ebbe il suo fine
Volendo vendicarsi per tal via;
Perocchè buona parte di quel crine.
Ch'alcun non se n'avveddeleppò via;
E fabbriconne al Tura le rovine
Con una potentissima malía
Che registrata in Dite al protocollo
In un lupo rapace trasformollo.
53.
E questo lupo raggirar si vede
Intorno a un montuoso casamento
D'una genteche mentre move il piede
Sopra alla terra v'è rinvolta drento.
Di questa cosa il tempo non richiede
Così per ora fartene un comento;
Perch'egli è tardie pria che tu l'intenda
Spedir devi lassù questa faccenda.
54.
Or dunque vannee perchè tu non faccia
Qualche marron ma venga a arar dritto
Acciò tal magistero si disfaccia
Perchè scattando un pel tu avresti fritto
In questo libro qui faccia per faccia
L'ordine e il modo si ritrova scritto;
Portalo tecoe acciocchè tu discerna
Perch'egli è buioto' questa lanterna.
55.
Egli la prende con il libro insieme
Dicendo che varrassi dell'avviso:
E che d'incanti e diavoli non teme
Perch'egli è uom che sa mostrare il viso.
Si partee perchè al campo andar gli preme
In due parti vorrebbe esser diviso:
Pur vuol servírleperch'ei si figura
Che non ci vada gran manifattura.
56.
Considerando poi nel suo cervello
Che s'a quel luogo a bambera s'invia
Potrebbe andar a Roma per Mugello
Perch'ei non si rinvien dov'ei si sia
Ricerca nel suo mastro scartabello
Di quei paesi la geografia;
Ma quelper quanto noi potrem comprendere
Non si vorria da lui lasciare intendere.
57.
Fu Paride persona letterata
Che già studiato avea più d'un saltero;
Ma poi non ne volendo più sonata
Alla scuola studiò di Prete Pero;
Peròs'ei non ne intende boccicata
È da scusarlo; e poiper dire il vero
Lettere ed armi van di rado unite
Perc'han di precedenza eterna lite.
58.
Ma benchè la lettura sia fantastica
A un che si può dir non sa nïente
E ch'altro di vìrtù non ha scolastica
Che pelle pelle l'alfabeto a mente
Tanto la biasciastrologa e rimastica
Ch'a cómpito leggendofinalmente
Il sunto apprendee fra l'altre sue ciarpe
Ripone il libroe sprona poi le scarpe.
59.
Così camminae a quel castello arriva;
Passa dentrolo gira e si stupisce
Che quivi non si vede anima viva
Perch'a quell'ora in casa ognun poltrisce.
Ma perchè non è tempo ch'io descriva
Quanto col Tura a Paride sortisce
Con buona grazia vostra farem pausa
Per diffinir di Piaccianteo la causa.
60.
Che da quei tristicom'io dissi dianzi
Fattomentre pappavaassegnamento
D'insaccarsi per lor quei pochi avanzi
Toccò de' piè nell'arsenal del vento.
Di poi gli stessi sel cacciaro innanzi
Giusto come il villano il suo giumento.
Pungolandolo come un animale
Finchè lo spinser dove è il generale.
61.
Appunto il generale a far s'è posto
Alle minchiateed è cosa ridicola
Il vederlo ingrugnato e maldisposto
Perchè gli è stata morta una verzicola.
Le carte ha dato malnon ha risposto
E poi di non contareanco pericola
Sendo scoperto aver di più una carta
Perchè di radoquando rubascarta.
62.
Costoro alfine se gli fanno avanti
Per dirgli del prigion c'hanno condotto;
Ma e' posson predicar ben tutti quanti
Perch'eglich'è nel giuoco un uomo rotto
E perde una gran mano di sessanti
E gliene duole e non ci può star sotto
Lor non dà rettae a gagnolare intento
Pietosamente fa questo lamento:
63.
Che t'ho io fatto maifortuna ria
Che t'hai con me sì grande inimicizia
Mentre tu mi fai perder tuttavia
Che e' non mi tocca pure a dir Galizia?
Questo non si farebbe anche in Turchia
L'è proprio un'impietade un'ingiustizia.
Vedinon lo negarche tu l'hai meco;
E poi se n'avvedrebbe Nanni cieco.
64.
Ma se volubil sei quanto sdegnosa
Facciam la pacemanda via lo sdegno;
E se tu sei de' miseri pietosa
Danne col farmi vincer qualche segno.
«Fu il vincer sempre mai lodevol cosa
«Vincasi per fortuna o per ingegno;»
Perciò de' danni miei restando sazia
La fortuna mi sianon la disgrazia.
65.
Ma che gracch'io? forse che tai preghiere
Mi farandopo così gran disdetta
Vincer la posta o porre a cavaliere?
Sìsì; ma basta poi non aver fretta.
O baccellaccio! l'orso sogna pere
L'è bell'e vintaovvia tientela stretta.
Capitale! sai tu quel che tu hai a fare?
Se tu non vuoi più perdernon giocare.
66.
E cosi finiran tanti schiamazzi
Di chiamar la fortuna e i giuochi ingiusti;
Chèmentre vi ti ficchi e vi t'ammazzi
Tu spendi e paghi il boia che ti frusti.
Gli è ver; ma il libriccin del Paonazzi
Ov'io ritrovo ognor tutt'i miei gusti
Per forza al giuoco mi richiama e invita
Appunto come il ferro a calamita.
67.
E sarà ver ch'io abbia a star soggetto
Ad una cosa che mi dà tormento?
Come tormento? oibò! s'io v'ho diletto!
Sì; ma intanto per lui vivo scontento.
Oh perfido giocaccio! oh maladetto
Chi t'ha trovato e me che ti frequento!
Tu non ci hai colpa tu; a me il gastigo
Si dee darpoichè con te m'intrigo.
68.
Datemi dunque un mazzo in sulla testa:
Vedete! eccomi qui ch'io non mi muovo;
Nè voi farete cosa men che onesta
Se dal giocarmorendoio mi rimuovo:
So ch'ogni dì sarebbe questa festa
Ch'altro diletto che giocar non provo;
Ed a giocare omai son tanto avvezzo
Che'l pentirmi non giovami da zezzo.
69.
L'usare ogni sapereogni mia possa
Non vale a farmi contro al giuoco schermo;
Imperocch'io l'ho fitto sì nell'ossa
Ch'amo il mio mal qual assetato infermo
E forse giocherò dentro alla fossa.
Che forse! diciam pur: tengo per fermo;
E se trovar le carte ivi non posso
Faròpurch'e'si giuochiall'aliosso.
70.
Van co' libri alla fossa i gran dottori
I bravi colla spada e col pugnale:
Con libro ed armi anch'io da giocatori
Sarò portato morto al funerale
Grillandato di fiori; e a picche e cuori
Trapunta avrò la vestee per guanciale
Quattro mattoni; e poichè pien di vermini
I quarti avròvo' fare un quarto a' Germini.
71.
Volea seguir; ma tutti della stanza
Gli dieron su la vocecon il dire
Che il perdere è comunee star usanza;
E perde una miseria di tre lire;
Però si quieti pure e abbia speranza
Chè un giorno la disdetta ha da finire;
Perocchè i tempi variabili sono
E dopo il tristo n'ha a venire il buono.
72.
Intanto gli mostraron il prigione
Che sott'il manto dell'ipocrisia
In caritàdicendoin divozione
Faceva lo scultoreidest la spia;
Peròperch'in effetto egli è un guidone
L'impicchis'ei vuol fare opera pia:
Serragli purdiceanla gola; e poi
S'ei ridice più nullaapponlo a noi.
73.
Amostantech'è uom di buona pasta
E poi dabbeneancorch'egli abbia il vizio
Di questo suo giocar dov'ei si guasta
Fa liberarlo senz'alcun supplizio
Dicendo ch'a impiccarlo non gli basta
L'aver semplicemente un po' d'indizio;
Ma quand'anch'egli avesse ciò commesso
Del far la spia non se ne fa processo
74.
Ed al prigion preterito imperfetto
Rivolto colle carte in manl'invita
Già fattoselo porre a dirimpetto
A giocar d'una crazia la partita
Ovver si metta fuor in sul buffetto
Un testoncinoe sia guerra finita;
Così lo pregalo scongiura e in parte
Bada pur sempre a mescolar le carte.
75.
Quegliche compiacerlo non gli costa
E vede averla avuta a buon mercato
L'invito tiene e regge a ogni posta
Bench'ei non abbia un bagattino allato;
E dice: al più faremo una batosta
Quand'ei mi vinca e voglia esser pagato;
Di rapa sangue non si può cavare
Nè far due cose: perdere e pagare.
76.
Duraro a battagliar forse tre ore
Poi la levaron quasi che del pari;
Se non ch'il general fu vincitore
Di certa po' di somma di danari.
E perchè gli domanda e fa scalpore
Queiche gli spese in cene e in desinari
Non averdicemanco assegnamento;
Talchè Amostante resta al fallimento
NONO CANTARE
Argomento
Giunti i rinfreschi e invigorito il campo
Corre all'assaltoe segue aspra baruffa.
Malmantil quasi è presoond'al suo scampo
Chiama all'accordoe termina la zuffa;
Chi tratta più di guerra or trova inciampo
Perchè nell'allegrezze ognun si tuffa:
Fassi in corte il convitoe poidal vino
Riscaldati quei principiil festino.
1.
La guerra che in latino è detta bello
Par brutta a me in volgar per sei befane;
Non ch'altros'e' comincia quel bordello
Di quell'artiglierie che son mal sane
E ch'e' non v'è da mettere in castello
E stenti poi per altro com'un cane
Senz'un quattrìno e pien di vitupero;
Ditelo voi se questo è un bel mestiero.
2.
E pur la gente corree vi s'accampa
Ognunper farsi un uomo e acquistar gradi
Quasi degli uomin colà sia la stampa
Mentr'il cavarne l'ossa avviene a radi.
Là gli uomin si disfannoe chi ne scampa
Ha tirato diciotto con tre dadi;
E pria ch'ei giunga a esser caporale
Mangerà certo più d'un staio di sale.
3.
Sícchè e' mi par ben tondo ed un corrivo
Chi può star bene in casa allegro e sano
E lascia il proprio per l'appellativo
Cercando miglior pan che quel di grano.
Ce n'è un'altra ancor ch'io non arrivo
Ch'è quell'assalir un coll'armi in mano
Che non sol non m'ha fatto villania
Ma che mai viddi in viso in vita mia.
4.
Orsùcerchi chi vuol battaglia e risse
E si chiarisca e provi un po' le chiare;
Che s'io credessi farmi un altro Ulisse
L'armi perciò non m'hanno a inzampognare.
Ognuno ha il suo capricciocome disse
Quel lanzo che volea farsi impiccare;
Però mi quietoma perch'ora bramo
Mostrarvi il veroattenti e cominciamo.
5.
Sorge l'aurorae come diligente
Spazza le stelle in cielo e fa pulito;
Poi fassi alla finestra d'orïente
E vòta l'orinal del suo marito;
Ma perchè il carretton ricco e lucente
Già muove il Sole ed ella l'ha sentito
Acciocch'ei non la vegga sconcia e sciatta
Manda giù l'impannata e si rimpiatta.
6.
Quando il vitto comparve ed il rinfresco
Sicchè chi avea col masticar divieto
Appoggiò lietamente il corpo al desco
Ecome si suol dirriebbe il peto.
E il generalche tutta notte al fresco
Andò coll'astrolabio innanzi e indreto
Battendo la dïana in sul lunario
Avea fatto di stelle un calendario.
7.
Lasciato s'era anch'egli rivedere
Tutto quanto aggrezzato al pappalecco
Dove per aver meglio il suo dovere
Fece in principio un bel murare a secco.
Quand'ei fu pienoalfin chiese da bere
E poich'egli ebbe in molle posto il becco
Figliuolidisseomai venuta è l'ora
Ch'e' si tratta d'averla a cavar fuora.
8.
Se a mensa ognun di voi tanto s'affolta
Mangia per quattro e beve poi per sette
Che par proprio ch'e'sia giunto a ricolta
Anzi ch'egli abbia a far le sue vendette;
Tal ch'io pensai vedervi anco una volta
La tovaglia ingoiar e le salviette:
Ed ebbi un tratto anche di me paura;
Per una spalla dávola sicura.
9.
Redeamus ad rem: secome ho detto
Qua foste al bere infermi e al mangìar sani
E co' coltelli in man standovi a petto
Riusciste sì bravi sparapani
In battaglia vedervi ancora aspetto
Colla spada così menar le mani
Onde il nimico vinto ed abbattuto
Ne siacome stanotte ho preveduto.
10.
Chè quasi fui per dar nelle girelle;
Perchèdopochè i punti della Luna
Ebbi descrittie che tutte le stelle
Avevo rassegnate ad una ad una
Trovo smarrite aver le Gallinelle;
Ma dopo è ch'io mi davo alla fortuna
Che fra le stelle fisse e fra l'erranti
Non vedevo nè anche i Mercatanti.
11.
Ma dissi poi da me che poco importa
Se quel branco di polli non si trova;
Anzi che questo a noi risparmio apporta
Perocchè mangian molto e non fann'uova.
E se nè anche alcuna stella ho scorta
De' Mercatantiqui creder mi giova
Ch'e' sieno in fieraovvero al lor viaggio
Per la Via Lattea a mercantar formaggio.
12.
Ma perchè in armi boti son costoro
Chefuor che a' tribunalinon fan lite
Nè altro scudo impugnan che quel d'oro
Nè danse non di pennale ferite
Ogn'altro poi nel resto dee dar loro
Come a' lor libri piantan le partite;
Senza lor dunque andiamchè avrem vittoria:
Essi cerchin la robae noi la gloria.
13.
Non prima stabilì l'andare in guerra
Che vedestipiù presto ch'io nol dico
Un leva leva a un trattoun serra serra
Ed ir correndo contr'all'inimico:
Com'un branco d'uccelli il quale in terra
Sia calato a beccar grano o panico
Un che si muovabasta; chè quel solo
Fa subito pigliare a tutti il volo.
14.
I coraggiosial primo che si mosse
Gli altrigià sendo meglio su' picciuoli
Non poterono stare più alle mosse
Ma corsero ancor lor come terzuoli.
Giunti di Malmantile in sulle fosse
Drizzate al muro assai scale a piuoli
Il salirvi tenevano una baia
Com'andar pe' piccioni in colombaia.
15.
Ma quei di sopra fecero parerli
Ben presto un altro suon; perchè isso fatto
Cominciaro a tirar non solo i merli
Ch'avrebbon le testuggini disfatto
Maquasi fosse quivi un Bastian Serli
O quanti architetture hanno mai fatto
A stampar capitelli e frontespizi
Per aria diluviavan gli edifizi.
16.
Gli stipitile soglie e gli architravi
A questo effetto essendo già smurati
Per via di currid'argani e di travi
Gli avevan sulle mura strascinati;
E benchè molto disadatti e gravi
In tal maniera posti e bilicati
Che ad ogni po' di spinta botto botto
Faceano un venga addosso a chi era sotto.
17.
Le donne anch'esse corron co' figliuoli
E ciò che trovan gettan dalle mura;
Chi colla conca o vaso da viuoli
Pigha a qualcun del capo la misura:
Profuma il piscio i panni e i ferraiuoli
Nè guardan s'e' v'è pena il far bruttura
Chi tira già un lastrone alle cervella
Che s'e' v'è grilli serva per murella.
18.
Chiperchè giù non piglin l'imbeccata
Cuopre i capi con tegoli e mattoni:
Chi versa giù bollente la rannata.
Che pela i visi e porta via i bordoni:
Nell'olio un'altra intigne la granata
E fa l'asperges sopra i morïoni:
Altre buttan le casseacciò i soldati
Partir si debban poichè son cassati.
19.
Un'altra con un gatto vuol la berta:
Legato il cala; ond'ei fra quei d'Ugnano
Sguaina l'ugna e colla bocca aperta
Grida inasprito in suo parlar soriano:
Ed il primo ch'ei trovaegli diserta
Chè dov'ei chiappavuol levarne il brano:
Così l'alz'ella e abbassa colla corda
Acciocch'or questo or quello ei graffi e morda.
20.
Miagola e soffia il gatto e s'arronciglia
Ed essa gode ed utile ne strappa;
Perchè quel che tra l'ugna un tratto piglia
Egli è miracol poi se più gli scappa;
Ond'ella spessoche lo tiene in briglia
Lo tira su con qualche bella cappa
Con qualche ciarpa o qualche pennacchiera.
Ecosì gli riesce di far fiera.
21.
Quand'una volta lascialo calare
Dinanzi al busto di Grazian Molletto
Che fu dì posta per ispiritare
Quel pelliccion vedendo intorno al petto
La bestia intanto saltae dal collare
Tutto prima gli straccia un bel giglietto;
Di poi si lancia e al capo se gli serra
Sicchè il cappello gli mandò per terra.
22.
Non sa Grazianche diavol si sia quello;
Pur tanto fach'al fine ei se ne sbriga
Ed alza il viso per farne un macello.
Ma vedendo il rigiro e ch'ei s'intriga
Con damevuol cavarsi di cappello;
Ma perch'il micio gli ha tolto la briga
La dama accivettataanzi civetta
Lo burla che gli è corsa la berretta
23.
Ed ei che da colei punger si sente
Onde al naso lo stronzolo gli sale
Perde il rispetto e quivi si risente
Con dirgli mona Merda e ogni male.
Va in questo all'aria un gran romor di gente
Che a terra scende a masse dalle scale
Fiaccate e rotte anch'esse dagli spruzzoli
Di pietre che ancor grattano i cocuzzoli.
24.
Chi bocconchi per banda e chi supino
Giù se ne viene e fa certe cascate
Che manco le farebbe un Arlecchino
Quand'in commedia fa le sue scalate.
Sicchèse innanzi fecero il fantino
Le brache in fatti gli eran poi cascate;
E infranti e pesti andando giù nel fosso
Hann'oltre a questo nuove scale addosso.
25.
Quantunque il campo annaffi tal rugiada
Come le zuccheinarpican le scale;
Onde più d'uno in giù verso la strada
Fa pur di nuovo un bel salto mortale:
Ma benchè a monti ne trabocchi e cada
Sardonello sta forte e in alto sale;
E tra i nimici affinea lor mal grado
Mette su il piede e agli altri rompe il guado.
26.
Chi vidde in un pollaio ove si trova
Un numero di polli senza fine
Tra lor cascar qualche pollastra nuova
Che tost'addoss'ell'ha galli e galline
Ciascun per far di lei l'ultima prova;
E se e' non fosse la padrona alfine
Che la difende e da beccar le porta
Stroppiata rimarrebbe e forse morta:
27.
Non altrimenti il numeroso stuolo
Vedendo Sardonel c'ha fatto il passo.
Concorre tutto quanto contro a un solo
Per mandarlo in minuzzoli a Patrasso;
E gli facean tirar presto l'aiuolo
O col ferirlo o col tirarlo a basso;
Ma Eravanche debito lo scorge
Aiuto a un tempo ed animo gli porge.
28.
Chiunque è 'n castello allor pien di paura
Corre per far ch'avanti ei più non vada
E mentre il vuol rispinger dalle mura
Ch'altri più la s'arrampica non bada.
Purd'ovviare anco di qua proccura.
Ma in sette luoghi è già fatta la strada.
E d'ogn'intorno tanto il popol cresce.
Che ogni riparo invalido riesce.
29.
Avviene a lor nè più nè meno un iota
Com'a' fanciulliquando per la via
Fan la tura al rigagnol colla mota
E l'acqua ne comincia a portar via
Che mentre assodan quivi ov'ella è vota.
Essa distende altrove la corsia;
E se riparan làpiù qua fracassa
Talch'ella rompe e a lor dispetto passa.
30.
Già tutti son di sopr'alla muraglia
Che la circonda un lungo terrapieno;
Già si fiorisce in sì crudel battaglia
Di sanguinacci la gran madre il seno;
Celidora a due man ferisce e taglia
Che nè anche un villan che seghi il fieno
Tanti fil d'erba col falcion ricide
Quant'uomini costei squarta ed uccide.
31.
Il principe d'Ugnano ed Amostante
Da toccatori fan col brandistocco
Perocchè della morte almen cessante
Se non prigionsi fa chi è da lor tocco.
All'incontro ritrovasi Sperante
Che famenando la sua palail fiocco:
E se già le sustanze ha dissipate
Or manda male gli uomini a palate.
32.
Maso di Coccio a questo e quel comanda
Ed all'un donne e a un altro ne promette;
La compagnia del Furba innanzi manda;
Che resti a' fianchi a Batiston commette
Con Pippoil quale sta dall'altra banda.
Ma egli in retroguardia poi si mette;
E mentr'ognun s'avanza a gloria intento
Ei siede a gambe larghe e si fa vento.
33.
Amostante all'incontro un nuovo Marte
Sempra fra tutti avanti alla testata;
Lo segue Paol Corbi da una parte
E da quell'altra Egeno alla fiancata.
Vengonsi intanto a mescolar le carte
E vien spade e baston per ogni armata;
E chi dà in picche e a giuocar non è lesto
Vi perde la figura e fa del resto.
34.
Vedendo i terrazzan che stanno in fiori
Che il nimico dà spade e giuoca ardito
Per non far monte in su' mattonda' cuori
Ritiransi e non tengon più l'invito;
Ma speran benmostrando a'giuocatori
Denari e coppeindurgli a far partito;
Perciò nel campo un saggio ambasciadore
Spedisconche parlò in questo tenore:
35.
Spidasignoril'armi ognun sospenda.
A che far questa guerra aspra e mortale?
Fermiper graziapiù non si contenda
Perch'altrimenti vi farete male;
Fate che la cagione almen s'intenda
Chè a chetichelli a questo mo' non vale;
E chi pretendevenga colle buone
Chè data gli sarà soddisfazione.
36.
Con quei che dona per amornon s'usa
In tal modo la forza e la rapina;
Chiedete; imperciocchè giammai ricusa
Il giusto ed il dover la mia regina.
Non entraron mai mosche in bocca chiusa
E con chi tacequa non s'indovina.
Puoss'egli accomodarla con danari?
Dunque parlatee vengasi a' ripari.
37.
A questo il general c'ha un po' d'ingegno
Ritiene il colpo e indietro si discosta.
Che si fermino i suoi dipoi fa segno
Passa parola e manda gente a posta:
Né badò molto a fargli stare a segno
Chè la materia si trovò disposta.
Ciascun d'ambe le parti stette saldo
Ch'ognun cerca fuggire il ranno caldo.
38.
Chi della pelle ha punto punto cura
Cioè che non vorrebbe essere ucciso
Sempre le sciarre di fuggir proccura
E se mai v'entraha caro esser diviso.
E bench'ei mostri non aver paura
Se in quel cimento lo guardate in viso.
Lisciato le vedrete d'un belletto
Composto di giuncate e di brodetto.
39.
Sien due gran bravisien due masnadieri
Se mai vengono a quel tirarla fuore
Credete che e' lo fan malvolentieri
Perocch'a tutti viene il batticuore;
E ch'e' la passerebbon di leggieri
Se lo potesser far con loro onore
Attenendosi a quella opinïone
Di veder quanto viver sa un poltrone.
40.
E questi che badavansi a zombare
In Malmantils'accorsero ben presto
Che quel non è mestier da abborracciare;
Però si contentaron dell'onesto.
Già i tagli alcuno impiastra colle chiare
Altri rimette braccia e gambe in sesto.
Altri da capo a piedi si son unti
E chi si fa sul ceffo dar de' punti.
41.
Baldone in questoper la più sicura
Due gran dottori a' trattamenti invia:
L'un Fiesolan Branducciche proccura
D'avers'ei non può in Pisa o in Pavia
Almeno in refettorio una lettura;
L'altro è Mein Forcon da Scarperia
Che se l'uom vive per mangiarvi giuro
Ch'ei vuol campar mill'anni del sicuro.
42.
Cassandro casa Cheleri frattanto
Del duca allora il primo segretario
Per far loro un disteso di quel tanto
Dovevan dire al popolo avversario
Cacciatosi Giovan Boccaccio accanto
E scorso tutto il suo vocabolario
Scrisse in maniera e fece un tale spoglio
Ch'ei messe un mar di crusca in mezzo foglio.
43.
Et essi andaron colla lor patente
Di poter dire e fare e alto e basso:
Lor camerata futra l'altra gente
Che gli seguíacurioso per suo spasso
Baldino Filippucci lor parente
Uom che piuttosto canta ben di basso;
Crescer voleva come gli altri appunto
«Ma si pentì quand'a mezzo fu giunto.»
44.
Son alti gli altri due fuor di misura
Ond'ei nel mezzo camminando ad essi
Resta aduggiato sìche di statura
Nè men può crescer piùquand'ei volessi.
Giunti alla fin colà dentro alle mura
E a Bertinella che gli aspetta ammessi
Un bel riverenzon fecerche prese
Di territorio un miglio di paese.
45.
Ed ella pure a lor quivi s'inchina
Dando a ciascuno i suoi debiti titoli;
E con essi fermò l'altra mattina
Il discorreree far patti e capitoli
Purchè il nome conservi di regina
Quando per l'avvenire altra s'intitoli;
Che questo non le nieghin chiede almanco
Nel resto poi dà loro il foglio bianco.
46.
E perchè l'ore già finian del giorno
Si consultò che fosse fatta sera;
Perciò tutti alle stanze fer ritorno
Com'un sacco di gatti fuor di schiera.
I cittadini stavan d'ogn'intorno
Nelle stradesu i canti e alla frontiera
Acciocch'ognunsecondo il suo potere
A' forestieri in casa dia quartiere.
47.
Giunta a palazzo Bertinella intanto
In Amostante e in Celidora incappa;
E vuol chegli odii omai posti da canto
Stien seco; ma ciascun ricusa e scappa.
Pur finalmentene li prega tanto
Ch'e' non si fanno poi stracciar la cappa.
Va innanzi il general dentro al palagio:
Chi dà spesadic'einon dia disagio.
48.
Del principe d'Ugnan poi si domanda:
E perchè la labarda anch'egli appoggi
Staffieri attorno a ricercar si manda
Chi l'abbia raccettato e chi l'alloggi.
Ed ei che in una camera locanda
S'era acculatovolle mille stoggi
Pria ch'ei n'uscisse: pur col suo codazzo
N'andò per alloggiar anch'ei in palazzo.
49.
A cenaperchè il giorno in questo loco
Ebber altra faccenda le brigate
Che stare a cucinare intorno al foco
Si fece una gran furia di frittate
Che si fan presto sìma duran poco
Chè appena fatte ell'eran già ingoiate;
Perchè la gente a tavola era molta
E ne mangiavan due e tre per volta.
50.
In cambio di guarir dell'appetito
Faceano il collo come una giraffa;
Se vien frittateognun stava accivito.
Chè per aria chi può se la scaraffa.
Si ridussero in breve a tal partito
Ch'ogni volta faceano a ruffa raffa;
In ultimo seguendo Bertinella
L'andavano a cavar della padella.
51.
Stanchi già di mangiar non sazi ancora.
Tal musica finì po' poi in quel fondo;
Ma perchè dopo cena il vin lavora
Facean pazzïe le maggior del mondo.
Fra l'altre Bertinella e Celidora
Cominciaron per burla un ballo tondo;
E appoco appoco entrovvi altra brigata
Talchè si fece poi veglia formata.
52.
Accender fanno ancorcom'è l'usanza
Molte candele intorno alla muraglia
Lo splendor delle quali in quella stanza
È tale e tantoche la gente abbaglia;
Sicchè distinto si vedeva in danza
Chi meglio capriole intreccia e taglia.
Nannaccio intanto sopr'alla spinetta
S'era messo a zappar la spagnoletta.
53.
Un gobbo suo compagnoun tal delfino
Ch'alle borsepiuttosto che nel mare
Tempesta induceprese un violino
Che sonando parea pien di zanzare.
Intanto un ben dipinto mestolino
Si porge in mano a quei c'ha da invitare;
E l'Ugnaneseal quale il ballo tocca
Sciorina a Bertinella in sulle nocca.
54.
È grave il colpo e giugne in modo tale
Che quanto piglia tanta pelle sbuccia;
La donnabenchè sentasi far male
Senz'alterarsi in burla se la succia.
Non vuol parerma in sè l'ha poi per male;
E dice l'orazion della bertuccia:
Sorridema nel fin par che riesca
In un rider piuttosto alla tedesca.
55.
Al duca veramente pare strano
Ch'ell'abbia a far sì grande storcimento
Perchè gli par d'averle dato piano
Anzi d'averla tocca a malo stento;
Ma quando sanguinar vedde la mano
Io mi disdicodissee me ne pento;
Finalmente io ho il diavol nelle braccia
E sono e sarò sempre una bestiaccia.
56.
Per curargliene pensa e ghiribizza
Ma non sa come; al fin gli tocca il ticchio
Di tôr del sale e ve lo spolverizza
Come il villano quando fa il radicchio;
Ed ellachè la man perciò le frizza
E di quel tiro stiaccia come un picchio
Ritiratasi in camera in sul letto
Manda giù Trivigante e Macometto.
57.
Il principea quel grido a quel guaire
Quale a soqquadro il vicinato mette
Si sente tutto quanto imbietolire
Ch'amore in lui vuol far le sue vendette.
Comincia impietosito a maledire
Il mestolino e quei che glie lo dette;
E per mostrare or quant'ei lo disprezzi
Lo getta in terra in cento mila pezzi.
58.
E pensa poi la bestia scimunita
Che se un canescarpione o ragnatelo
Ci morde in qualche parte della vita
E che se il corpo loro ovvero il pelo
S'applica presto sopr'alla ferita
Va via il dolore ed è la man del cielo;
Quel mestolino ancoraessendo messo
Dov'egli ha rottodebba far lo stesso
59.
Ravvia quei legniond'egli forse spera
Cessare il duoloi pìanti e le querele;
E perchè per le fasce ivi non era
Comodità di panni nè di tele
La camicia dappiè fregiata e nera
Da' venti che portavan via le méle
Squaderna fuorae tagliane un buon brano;
Così alla donna medica la mano.
60.
Gridò la donna allor come una bestia
E dopo il dirgli manco che messere
Per levarsi d'attorno tal molestia
Volle co' calci fargli il suo dovere;
Ma trattenuta poi dalla modestia
Di non mostrar intanto Belvedere
Getta nel muso al medico da succiole
L'unguento che le fa veder le lucciole.
61.
Non dimostra la faccia così mesta
Quel ragazzo scolarquel cavezzuola
Allorchè molti giorni è stato festa
E che finita poi quella vignuola
Il maladetto tempo ecco s'appresta
Ch'e' s'ha di nuovo a tornar alla scuola;
Nè si guasta belando sì la bocca
Quand'il maestro col baston lo chiocca;
62.
Quanto cambiato in viso e mal contento
Adesso pare il povero Baldone
Che ha una stizza ch'ei si rode drento
Per non aver cervel nè discrizione;
Chè bench'altrui la morte dia spavento
S'e' non fosse che e' c'è condennagione
A chi s'ammazza pena della vita
Con una fune avrebbela finita.
63.
S'impiccherebbe; ma dall'altro canto
Ei va poi renitentee circospetto
Stimando che l'indugio tanto o quanto
Sia sempre ben per ogni buon rispetto.
Fatto al morir un soprattieni intanto
Vuol ch'ella stessa che è per lui nel letto
Con quella man ch'a lei di sangue ha tinta
Gli vada in sulle forche a dar la spinta.
64.
Poichè 'l condotto delle pappardelle
S'ha da serrardic'egliella sia il boia;
Perchè s'ìo levo alle sue man la pelle
A lei s'aspetta il farmi trar le quoia;
Ch'è ben doverse membra così belle
Con legno offendoche in tre legni io muoia
E mentr'io quivi i calci all'aria avvento
Mostri ch'io sono un ballerino a vento.
65.
In tal maniera per uscir d'affanni
Entro sè stesso di morir divisa;
Ed ella più colà facendo il nanni
Il tutto osserva e scoppia dalle risa;
Nè può per l'allegrezza star ne' panni
Perchèmentre ch'e' l'amiella s'avvisa
Ch'omai la guerra e ogni sparere e lite
Se n'abbia a ire in fumo d'acquavite.
66.
Mentre Baldon qual semplicetto uccello
Così d'intorno alla civetta armeggia
A tutti quivi serve per zimbello
Senza che mai vi badi o se n'avveggia
Ognun lo burla e dice: Vèllovèllo!
Ciascun dice la suaciascun motteggia;
Beato chi più bella te la stianta;
E noi levansi crosci dell'ottanta
67.
Ma ridan pure e faccian cicalecci
Perch'ei vuol fare orecchi di mercante;
Lo burlino le gentiAmor lo frecci
Ch'ad ogni mo' sarà fido e costante.
Come talor s'abbrucia i costerecci
Il gatto al fuoco e stavvi non ostante
Baldon già sente il fuoco e non lo fugge
Ma com'un pan di burro ivi si strugge.
68.
E così vaperchè a principio Amore
Par bella cosae sembra giusto giusto
Una pera cotognail cui colore
Odorsapor diletta e piace al gusto;
Ma nel gettarlaallor dà gran dolore
Perchè ristringe e rende il ventre adusto:
E così Amoreal primo è un certo imbroglio
Ch'alletta e piacema nel fin ti voglio.
69.
Ed eglich'è impaniato e a qualche segno
Crede il suo amor da lei esser gradito
Altero vannee stima d'esser degno
D'invidia piùche d'esser mostro a dito.
Ma lasciamlo per orch'io fo disegno
Che questo canto resti qui finito;
Perchè disse un dottor da Palestrina;
Brevis oratio penetra in cantina.
DECIMO CANTARE
Argomento
Per far la maga col rival quistione
Vama in vederlo poi le spalle volta
E con lui dietro fugge nel salone
Ove è la gente per ballare accolta.
Del lupo in traccia Paride si pone:
Il trovae 'l prende con industria molta:
E ucciso queldà fine all'avventura
Ed in tal guisa è liberato il Tura.
1.
Quanti ci son che vestono armatura
Dottor di scherme e ingoiator di scuole
Fantonacci che fanno altrui paura
Tremar la terra e spaventare il Sole;
E raccontando ognor qualche bravura
Ammazzan sempre ognun colle parole;
Se si dà il caso di venire all'ergo
Zitti com'olio poi voltano il tergo!
2.
Ma e' son da compatir s'e'fanno errore
Benchè non sembri mancamento questo;
Se chi a menar la man non gli dà il cuore
In quel cambio a menare i piedi è lesto.
Ohmi diretevanne del tuo onore;
Sì; ma un po' di vergogna passa presto:
Meglio è dire: un poltron qui si fuggì
Che: qui fermossi un bravo e si mori.
3.
Dunque appien mostra in zucca aver del sale:
Chè il savio sempre fugge la quistione;
Anzi veder facendo quanto ei vale
Nel giocare al bisogno di spadone
E che chi a nessun vorria far male
Sa ritirarsi dall'occasïone
E senza pagar taste o chi lo medichi
Dà campo che di lui sempre si predichi.
4.
Ma voi che di question fate bottega
Credendo immortalarvi; e che vi giova
Far la spada ogni dì com'una sega
E porvi a' rischi e fare ogni gran prova
Se quando poi la morte vi ripiega
«Il vostro nome appena si ritrova?»
Or imparate un po' da Martinazza
Ch'ella v'insegnera corne s'ammazza.
5.
Colei c'ha fatto buioe che fallita
Paga di sogni i debiti a ciascuno
Quella chedianzi tolse al dì la vita
Cagion che tutto il mondo porta bruno;
Perch'ella teme d'esserne inquisita
Benchè si chiugga gli occhi per ognuno
Per fuggir l'alba c'ha le calze gialle
Comincia a ragionar di far le balle.
6.
E Martinazzache di quei balletti
Sarebbe in corte tutto il condimento
Perchè in un tempo soloco' calcetti
Ballandosuona al par d'ogni strumento;
Dopo cena per degni suoi rispetti
Prese dagli altri un canto in pagamento
E sopra un pagliericcio angusto e sodo
Fino ad ora s'è cotta nel suo brodo.
7.
Perocchènel pensar che la mattina
Entrare in campo dee alla tenzone
Fa giusto come quella nocentina
Ch'a giorno andar dovendo a processione
Occhio non chiudee tuttavia mulina
Tantochè'l capo ell'ha come un cestone;
Così la strega in cella solitaria
Attende a far mille castelli in aria.
8.
Infastidita poi da tanti e strani
Suoi mulinellisorge dalla paglia:
E data una scossetta come i cani
La lancia chiedebrandopiastra e maglia
Perchè il nimico all'alba de' tafani
Vuol trucidare in singolar battaglia;
Ed a fargli servizio e più che vezzi
Vuol che gli orecchi sieno i maggior pezzi.
9.
Dimostra cuore intrepido e sicuro
E spaccia il Baiardino e il Rodomonte;
Chi la stringesse poi fra l'uscio e il muro
Pagherebbe qualcosa a farne monte;
Ma tutto questo finge e in sè tien duro
Fa faccia tosta e va con lieta fronte
Sperando ognor che venga un accidente
Ch' e' non se n'abbia a far poi più niente.
10.
Spada e lancia frattanto un servo appresta;
Col petto a botta in man l'altro galoppa
Un altro l'elmo da coprir la testa
Da difenderun altroe braccia e groppa:
Di che coperta in ricca sopravvesta
Par un pulcin rinvolto nella stoppa;
Ed allestita in sul cantar del gallo
Altro quivi non resta che il cavallo.
11.
Perciò fa comandare a' barbereschi
Che lo menin 'n un campo di gramigna
Acciocch'ei pasca un poco e si rinfreschi
Perchè per altro il poverin digrigna.
La marca ebbe del Regnoe i guidaleschi
Gli hanno rifatta quella di Sardigna:
Maglie e reti ha negli occhionde per cena
Vanne a pescar nel lago di Bolsena.
12.
Or mentre pasce il misero animale
E ch'e' si fa la cerca della sella
Giunge un diavol più nero del caviale
Con un martello in mano e una rotella
Ed un liquor bollente in un pitale
Ed inchinato a lei così favella:
Il re dell'infernal diavolería
Con queste trescherelle a te m'invìa.
13.
E ti saluta e ti si raccomanda
E perc'ha inteso che tu fai duello
Un rotellon di sughero ti manda;
Spada non giàma ben questo martello
Con una potentissima bevanda
Ch'io ti presento entr'a quest'alberello
Bell'e calducciacome la mattina
Allo spedal si dà la medicina.
14.
Or sentichè qui batte il fondamento:
Quand'il nimico ti verrà a ferire
Va' pure innanzie non aver spavento
Al ferro questa targa a offerire;
E tosto ch'ei la passa per di drento
Sii presta col martello a ribadire;
Ma lasciagliene subito alla spada
Perch'egli a sè tirandotu non cada.
15.
Facc'egli poi con essa quanto vuole
Chè più di punta non può farti offesa:
Di taglio manco; essendochè una mole
Sì fatta a maneggiar pur troppo pesa:
Portila dunque per ombrello al sole
Perch'alla testa non gli muova scesa;
E digligiacchè quella non è il caso
Che s'egli ti vuot dar ti dia di naso.
16.
Ma se per non aver buon corridore
Quivi a cansarti tu non fossi lesta
O per altra disgrazia o per errore
E t'appoggiasse qualche colpo in testa
Voglio che tu per sicurtà maggiore
Or per allora ti tracanni questa
Qual'è una bevanda sì squisita
Che chi l'ha in corpo non può uscir di vita.
17.
Così le fa ingoiar tanto di micca
D'una colla tenace di tal sorte
Che dove per fortuna ella si ficca
Al mondo non è presa la più forte:
Questadic'egli l'anima t'appicca
Ben ben col corpoe s'altro non è morte
Ch'una separazion di questi duoi
Oggi timor non hai de' fatti suoi.
18.
Quando la maga vede un tal presente
C'ha in sè tanta virtùtanto valore
Da morte a vita riaver si sente
Si ringalluzza e fa tanto di cuore;
E dove sarebb'ita un po' a rilente
Nel far con Calagrillo il bell'umore
Or c'ha la barca assicurata in porto
Per sette volte almanco lo vuol morto.
19.
Le stelle omai si son ite a riporre
Han prese l'ombre già tacita fuga
E già dell'aria i campi azzurri scorre
Quel che i bucati in su i terrazzi asciuga;
Perciò fatta al ronzin la sella porre
Vi monta sopra e poi lo zomba e fruga
Perch'adesso ch'egli ha rotto il digiuno
Camminerebbe pìú in tre dì che in uno.
20.
Perch'ei bada a studiar declinazioni
Più non sì può farlo levare a panca;
Le polizze non puòporta i frasconi
E colle spalle s'è giocato un'anca;
Purgrazia del martello e degli sproni
Tentenna tantozoppica ed arranca
Ch'ei vien dove n'ha a irnon dico a once
Ma a catinelle il sangue ed a bigonce.
21.
Quando il nimico ch'ivi sta a disagio
A tal pigriziagrida ad alta voce:
Vieni asinacciamoviti Sant'Agio
Ch'io son qui pronto a caricarti a noce.
Ella risponde: a noce? adagioBiagio!
Fate un po' pianbarbierche 'l ranno cuoce;
S'altro viso non haivàllo a procura
Perchè codesto non mi fa paura.
22.
Se tu sapessicome tu non sai
Ch'armi son questee poi del beveraggio
Faresti forse il bravo manco assai
O parleresti almen d'altro linguaggio.
Ma giacchè tu venisti al tuo' ma' guai
A' vermini a tua posta manda il saggio;
Mentr'io che mai non volli portar basto
Coll'ammazzarti farotti lor pasto.
23.
Orsùdic'egli all'armi t'apparecchia
E vedrem se farai tante cotenne.
A questo suono allor mona Pennecchia
Dice fra sè: nononon tanto ammenne
Sarà meglio qui far da lepre vecchia.
E senza star a dir pur al cui vienne
Fa provagià discesa dal destriero
Se le gambe le dicon meglio il vero.
24.
Le guarda dietro Calagrillo e grida:
M'avessi detto almen salamelecche!
Volta facciavigliaccach'io t'uccida
E ch'io t' insegni farmi le cilecche;
Così tuche intimasti la disfida
Mi lasci a prima giunta in sulle secche?
Ma fa' pur quanto saich' io ho teco il tarlo
E ti vo'se tu fossi in grembo a Carlo.
25.
Se al cimentodic'elladel duello
A furia corsior fuggolo qual peste;
Però va benche chi non ha cervello
Abbia gambe; e così mena le seste
E intana di ritorno nel castello
Perocchè dopo il muro salvus este.
Gridi egli quanto vuolla va in istampa
Chè per le grida il lupo se ne scampa.
26.
Poich'egli vede in somma che costei
Altrimenti non tornafa i suoi conti
Che sarà ben ch'ei vada a trovar lei
Come faceva Macometto a' monti;
E perch'ell'ha due gambe ed egli sei
Mentre però di sella ei non ismonti
L'arriverà; nè prima il destrier punge
Ch'all'entrar di palazzo ei te la giunge.
27.
Martinazza che teme del suo male
Vedendo che 'l nemico se le accosta
Tre scaglion c'ha la porta a un tempo sale
E gli dà nel mostaccio dell'imposta;
Dipoi dandola a gambe per le scale
Senza dar tempo al tempo o pigliar sosta
Insacca nel salon là dove èil ballo
Ed ei la seguesceso da cavallo.
28.
Appunto era seguíto in sul festino
Come interviene in tresche di tal sorte
Che due di quei che fanno da zerbino
S'eran per donne disfidati a morte;
L'un forestieroe smenticò pel vino
L'armi la seraanch'ei cenando in corte;
Ha spada accanto il cortigianch'è l'altro
Ma più per ornamento che per altro.
29.
Tutta l'architettura e prospettiva
Questi a vestirsi mette di Vitruvio;
Or mentre che più gonfio d'una piva
Tirar crede ogni dama in un vesuvio
Spesso riguarda se 'l nimico arriva
Perocch'egli ha paura del diluvio
Che in un tempo estinguendo il fuoco al cuore
Alle spalle non susciti il bruciore.
30.
In quel ch'ei morde i guanti e fa quei giuochi
Che van de plano all'arte del Mirtillo
E ch'egli ha sempr'all'uscio gli occhi a' mochi
Dietro alla strega giunge Calagrillo
Che lui non solma spaventò quei pochi;
Ond'egliche più cuor non ha d'un grillo
Fecestimando quello il suo rivale
Più de' piè che del ferro capitale.
31.
Tosto tornando l'amicizia in parte
Si viene all'armichè ciascuna armata
Ciò tien dell'altra un segno fatto ad arte
Per darle a tradimento la pietrata.
Di qui si viene a mescolar le carte
Tal ch'in vederla tanto scompigliata
Ritirandosia dir badan le dame:
Bastabastanon piùdentro le lame.
32.
Prima che tra costoro altro ci nasca
E che la rabbia affatto entri fra' cani
E' mi convien saltar di palo in frasca
E ripigliar la storia del Garani
Ch'è dietro a far che 'l Tura ci rinasca;
Acciò tornato poi come i cristiani
Ad onta della strega ogni mattina
Ritorni a visitar la Regolina.
33.
Paride giunto in mezzo a' casolari
Ove messer Morfeo a un tempo solo
Fa dir di sì a molti in Pian Giullari
Strepitandofuggir lo fece a volo
Sì ch'ognun desto vanne a' suoi affari
Ed ei che star non vuol quivi a piuolo
Anzi dare al negozio spedizione
Dimanda di quel lupo informazione.
34.
Un gran villanoun nom d'età matura
De' quarantotti lì di quel contado
Che perchè ei non ha troppa sessitura
Ed è presontuoso al quinto grado
Innanzi se gli fece a dirittura
E con certi suoi inchin da Fraccurrado:
Benvengadissevostra signoria
E le buone calende il ciel vi dia.
35.
In quanto al lupoegli è un animale;
Ma che animal dich'io bue di panno?
Un fistol di quei veriun facimale
C'ha fatto per ingenito gran danno:
E già con i forconi e colle pale
I popoli assiliti tutto uguanno
Quin'oltre gli enno stati tutti rieto
Per levar questo morbo da tappeto.
36.
Ma gli è un setanasso scatenato
Che non teme legami né percosse.
S'è carpito più volte ed ammagliato
Ed ha reciso funi tanto grosse;
Le bastonate non gli fanno fiato
Ch'e' non l'ha a briga tocchech'e' l'ha scosse.
D'ammazzarlo co' ferri non c'è via
Ch'egli è come frucar'n una macía.
37.
Là entro in quella selva ei si rimpiatta
Perch'ella è grandedirupata e fitta
Acciocchè nimo un tratto lo combatta
Quand'egli ha dato a' socci la sconfitta;
Chè tutti gli animali ch'ei raccatta
Ciuffandogli strascina liviritta.
E chi guatar potesseio fo pensiero
Ch'e' v'abbia fatto d'ossa un cimitero.
38.
Sta Paride a sentirlo molto attento;
Ma poivedendo quanto ci si prolunga
Fra sè dice: costui v' ha dato drento
Come quel che vuol farmela ben lunga:
Gli è me' troncargli qui il ragionamento
Acciò prima che il dì mi sopraggiunga.
Io possa lasciar l'opera compita
Però gli dice: ovviafàlla finita.
39.
Poich' egli ha inteso dov'ei possa battere
A un dipresso a rinvergare il Tura
Dell'esser folto il boscoe d'altre tattere
Che gli narra costuisaper non cura.
La lanterna apre e il libroonde al carattere
Possavedendodare una lettura;
Così leggendosente darsi norma
Di quanto debba fare in questa forma.
40.
Vicino al boschereccio scannatoio
Mentre fuoco di stipa vi riluca
Pallon grossobracciali e schizzatoio
Co'giocatori a palleggiar conduca:
Al rimbombar del suo diletto cuoio
Tosto vedrà che 'l gocciolone sbuca
Quei ricchi arnesi vago di mirare
Che già in Firenze lo facean gonfiare
41.
Paride in questo subito ubbidisce;
Accender fa le scopee intorno al fuoco
Già questi e quel si spoglia ed allestisce
Col suo braccialee si comincia il giuoco;
Al suon del qual l'amico comparisce
Ma è ritenuto perch'ei vede il fuoco:
Elementoche vien dall'animale
Fuggito per instinto naturale.
42.
Il Garaniche stava alle velette
Vedendo che 'l compar viene alla cesta
Che le scope si spengano commette
Ed in un tempo a' giocator dà festa.
'N un batter d'occhio il giuoco si dismette
La stipa si sparpaglia e si calpesta;
Talchè sicuro l'animal ridotto
Va Paride pian piano e fa fagotto.
43.
Ciò ch'è in giuoco in un fascio egli ravvia
E tra gambe la strada poi si caccia
Il tutto strascicando per la via
Con una fune d'otto o dieci braccia.
Spinto dal genio a quella ghiottornia
Da lunge il Tura séguita la traccia
Come fa il gatto dietro alle vivande
E il porco a' beveroni ed alle ghiande.
44.
Vagheggiatos'allungazappa e mugola;
Talor s'appressa e colle zampe il tocca;
Or mostra sbavigliando aperta l'ugola;
Or per leccarlo appoggiavi la bocca
Tutto lo fiutalo rovistia e frugola;
Così mentre il suo cuor gioia trabocca
Eiche non tocca per letizia terra
Entra nel borgo e in gabbia si riserra.
45.
Perchè Paride fa serrar le porte
E poi comanda a un branco di famigli
Che quivi fatti avea venir di corte
Che di lor mano l'animal si pigli;
Ma i birriche buscar temean la morte
Non voglion accettar simil consigli;
E fan contosebben'ei fa lor cuore
Ch'ei passi tuttavia l'Imperadore.
46.
Poichè gran pezzo a' porri ha predicato
E che fan conto tuttavia ch'ei canti
Perocchè da' ribaldi gli vien dato
L'udïenza che dà il papa a' furfanti
Senza più star a buttar via il fiato
Tolti di mano al caporale i guanti
Bisognadicecon questa canaglia
Far come il podestà di Sinigaglia.
47.
E quei guanti che san di caporale
Legando ad una delle sue legacce
Uno per testaaddosso all'animale
Mette attraverso a uso di bisacce;
Al fragor di tal concia di caviale
La bestia fece subito due facce
Ch'una di lupoed una d'uomosembra;
E di sua specie ognuna ha le sue membra.
48.
Si resta il lupoe 'l Tura uomo diviene
Ma non però che libero ne sia
Ch'ambi sono appiccati per le rene
Formando un mostro qual'è la bugia.
Dice Turpinoe par ch'ei dica bene
Ch'essendo questa sì crudel malía
Non erano a disfarla mai bastanti
Gli odor birreschi semplici de' guanti.
49.
E che se tanto oprò tal masserizia
Avrebbon molto più fatto le mani;
Perchè gl'incanti in man della Giustizia
Come i fichi alla nebbiavengon vani.
E Paride che già n'ebbe notizia.
Da quel suo librosi dà quivi a' cani;
Perchè più oltre il libro non ispiega
Ond'ei fa conto al fin di tôr la sega.
50.
Perciò fatti venir due marangoni
Con tutto quell'ordingo che s'adopra
A segare i legnami ed i panconi
A divider il mostro mette in opra.
Mentre la sega in mezzo a'duoi gropponi
Scorre cosìva il mondo sottosopra
Mediante il rumor de'due pazienti
Che l'un fa d'urlie l'altro di lamenti.
51.
Pur senza ch'intaccato ell'abbia un osso
La sega insino all'ultimo discese
Lasciando il Tura liberoma rosso
Dietro di sanguecom'un Genovese
La bestia gli volea tornare addosso;
Ma Paride che subito l'intese
Presa la spadala tagliò pel mezzo
Pensando di mandarla un tratto al rezzo.
52.
E morta te la dà per cosa certa;
Ma quel demonio insieme si rappicca
E qual porco ferito a gola aperta
Per divorarlo sotto se gli ficca.
Ed egli ch'all'incontro stava all'erta
In sulla testa un sopramman gli appicca
Che in due parti divisela di netto
Com'una testicciuola di capretto.
53.
Ma ritornato a penna e a calamaio
Pur questo stesso a Paride si volta;
Che per veder il findi quel moscaio
Se e'fosse mai possibile una volta
Mena le man chee' pare un berrettaio
Ed a chius'occhi pur suona a raccolta
E dágli e picchiarisuona e martella;
Ma forbice! l'è sempre quella bella.
54.
Talch'ei si scosta nove o dieci passi
E piglia fiatoperch'ei provar vuole
Se la virtude a sorte gli giovassi
C'hanno l'erbele pietre e le parole;
Perciò gli avventa il libro e poi de' sassi
Con una man di malve e petacciuole;
E parve giusto il medico indovino
Già detto mastro Grillo contadino.
55.
Perchè 'l demonioo si recasse a scorno
Che un uomo uso alle giostre e alle quintane
Con tal chiappolerie gli vada intorno
E lo tratti co' sassi come un cane;
Ovver ch'e' fosse l'apparir del giorno
Che scaccia l'ombreil bau e le befane;
Sparisce affatto e più non si rivede:
Ma Paride per questo non gli crede.
56.
Resta in paratamolto gira il guardo
Prima ch'un piè nè anche egli abbia mosso
Mercè ch'ei sa che 'l diavolo è bugiardo
E quanto ci sia sottile e fili grosso;
Perciò si mette un pezzo a Bellosguardo
Credendo ognor che gli saltasse addosso;
Ma poich'ei vedde omai d'esser sicuro
Andò all'oste e cavollo di pan duro.
UNDECIMO CANTARE
Argomento
Cangia le danze in rissa un accidente
Fuggonsi Bertinella e Martinazza.
Vien fuor Bianconee fa morir gran gente;
Ma gli orbi a lui fan poi sentir la mazza.
Da Celidora e da Baldon possente
Mezza destrutta è quella trista razza:
Tagliansi a pezzi in quelle squadre e in queste
E così in Malmantil fansi le feste
1.
Chi mi darà la voce e le parole
Bastanti a dir la guerra indiavolata
Ond'oggimai darà le barbe al Sole
Bertinella con tutta la sua armata?
Che al ciel gagliarde alzando e capriole
Farà verso Volterra la calata;
E se d'amor cantò con cetra in mano
Dirà col ferro il vespro siciliano.
2.
Qui ci vorria chi scortica l'agnello
O se al mondo è persona più inumana
A descriver la strage ed il flagello
Che seguir si vedrà di carne umana
Ch'io già mi sentomentre ne favello
Il tremito venir della quartana;
E n'ho sì gran terrorch'io vi confesso
Che mai più de' miei dì sarò quel desso.
3.
Sbandiva il gallo apportator del giorno
La notte nera più d'un calabrone
E il suo buio e quant'ombre ell'ha dintorno
D'ogni e qualunque grado e condizione
Acciò sicuri omai faccian ritorno
Gli uccei cantando il lor falso bordone
Incontr'al Sol; che in questa parte e in quella
Fa pel lor gozzo nascer le granella;
4.
Quand'infra dame e cavalieri erranti
Ch'al trescone in palazzo erano intenti
Comparsi un dietro all'altro i duellanti
Armati tutti due come sergenti
Si sballò il balloandâr da canto i canti
E le chitarre e i musici strumenti
A' propri sonatori e a' ballerini
Divenner tante cuffie e berrettini.
5.
Perchè ciascun che quivi si ritrova
Vedendo entrar quell'armi colà drento
Subito disse: qui gatta ci cova:
Questa è trama di qualche tradimento.
Si fa però bisbiglioe si rinnova
L'odio fra le fazion già quasi spento
Che tirando a' rispetti giù la buffa
Ruppe la tregua e rappiccò la zuffa.
6.
Baldone mette man da buon soldato
E nimico ritorna a Bertinella;
Alla quale in quel punto cascò il fiato
Il fegatola milza e le budella
Vedendoquando men l'avria pensato
Uscire i pesci fuor della padella
Mentre la fa venir Marte vigliacco
Col suo Baldone alle peggio del sacco.
7.
Ma perch' un certo vento non le gusta
Che fan le spade e ognor per l'aria fischia
E già vedendo che la morte aggiusta
Chi più vuol far del bravo e più s'arrischia
Bel bello svignae vanne alla rifrusta
D'un luogo da salvarsi da tal mischia:
Mischia che non le par di poter credere;
Perciò sospira e non si può discredere.
8.
Mentre se alcun l'osserva ella pon mente
Per cansarsi e non esser appostata
Ecco in un tratto vedesi presente
Martinazza la sua confederata
Che poco dianzi anch'ella similmente
Di man di Calagrillo è scapolata;
E seco vanne in luoghi occulti e scuri
A fare incanti e i soliti scongiuri.
9.
Ne' quali aiuto ella chiede a Plutone
Ed ei comparso quivi in uno istante
Dice c'ha fatto a lor riquisizione
Già spedire un lacchè per un gigante:
Qual è quel famosissimo Biancone
Che col battaglioch'era di Morgante
Verrà quivi tra poco ìn lor soccorso
A dar picchiate c'hanno a pelar l'orso.
10.
Ed eccolosoggiunseoh ve' battaglio!
Io ti so dir che al primo ch'egli accoppa
Tutta l'armata a irsene in sbaraglio
Che la barba pensò farvi di stoppa;
E s'avvedrà ch'al fin pisciò nel vaglio
E che pigliar un regno non è loppa;
Così scaciata abbasserà la cresta
Li veder che de' suoi non campa testa.
11.
Qui tacque il diavolperch'è fatto roco
E perchè l'aria al capo gli è maligna
Essendo avvezzo a star sempre nel foco
Volta alle donne il dietro a casa e svigna
E lasciavi il gigante nel suo loco;
Che dovendo a Baldon grattar la tigna
Sull'uscio del salon già pervenuto
Alzò il battaglio e questo fu il saluto.
12.
Sei braccia era il battaglio alto e di passo
E n'infragneva almen diciotto o venti;
Ma dando su nel palcomandò a basso
Una trave intarlata e tre correnti:
E fece tal frastuono e tal fracasso
Che sbalordì a un tratto i combattenti;
E per pauraa chi non fu percosso
Non rimase in quel punto sangue addosso.
13.
Ed infra gli altri Piaccianteoil quale
S'era schermito bene insino allora
Vedendo un fantoccion sì badiale
Dopo il terror di tante spade fuora
Di quel detto farebbe capitale:
«Che un bel fuggir salva la vita ancora;»
Ma perchè in qua e in là v'è mal riscontro
Vede aver viso di sentenza contro.
14.
Poichè non sa trovar modo nè via
Per nessun verso da scampar la guerra
E ch'egli è forzache chi v'è vi stia
Fintosi mortogettasi giù in terra;
E ritrovando la bottiglieria
Apre l'armadio e dentro vi si serra
Con pensiero di starvi sempre occulto
Finchè si quieti così gran tumulto.
15.
Col battagliodi nuovoagile e presto
Tira il gigante e dà nella lumiera;
La qual cadendo fece del suo resto
Perchè si spensee roppe ciò che v'era;
Or s'egli è in bestia dicavelo questo
Mentre ch'ei dà ne' lumi in tal maniera
E dice che 'l demonio lo staffila
Poichè gli fa fallir due colpi in fila.
16.
E giacch'egli non può per quella stanza
Armeggiar col battaglio a suo talento
Perocchè il luogo non ha gran distanza
Cagion ch'ei trova sempre impedimento
Lascialo andaravendo più fidanza
Nelle sue man che in simile strumento
E piglia quella ciurma abbietta e sbricia
A manatecom'anici in camicia.
17.
Così tutto arrabbiato come un cane
Piglia un pel collo e scaglialo nel muro
Di sortache disfatto ei ne rimane
Com'un ficaccio piattolo maturo
Talchè 'l meschin non mangera più pane
Perciò gli amici suoi a' quai par duro
Nè voglion che il ribaldo se ne vanti
Gli andaron alla vita tutti quanti.
18.
Paion costoro un branco di galletti
Quando la state a tempo di ricolta
Intorno a qualche bica uniti e stretti
ognun di loro a bezzicar s'affolta.
Però il gigante fa certi scambietti
Che te ne svisa quattro o sei per volta;
Infastidito alfin da quel baccano
Si china ed aggavignane un per mano.
19.
E come la mia serva quand'in fretta
Dee fare il pesce d'uovoe che si caccia
Tra man due uovae insieme le picchietta
Sicchè in un tempo tutte due le schiaccia;
Eiche dall'ira è spinto alla vendetta
Sostien quei duee s'apre nelle braccia
Poi ciacche! batte insieme quello e questo
Sicchè e' diventan più che pollo pesto.
20.
Allor Bieco non ha più sofferenza
E giura che di questo il bacchillone
Non andrà al prete per la penitenza
Perch'ei vuol ch'e' la faccia col bastone;
E i suoiche di tal'arme han la licenza
Gliene daran d'una santa ragìone.
Così guida i suoi ciechi ov'è il colosso
Acciò gli caccin le mosche da dosso.
21.
Eglino tutti quivi fermi a tiro
Presso a Bianconea un fischio co' bastoni
Senza tramezzo alcunsenza respiro
Ne diedero un carpiccio di quei buoni.
Ed egli con un piede alzato in giro
Fa lor sentir s'egli ha sodi i talloni;
E mentre questo passa e quel rientra
Con quel pedino te gli chiappa e sventra.
22.
Quand'ecco il vecchio Paolino il cieco
Il qual fa più canzon che il Testi o 'l Ciampoli
Eperch'egli è bizzarroavendo seco
Condotticom'ei suoleun par di trampoli
Ov'è salito a petizion di Bieco
Va col mantel ch'egli ha di cento scampoli
Tastando ov'è il gigantee all'improvviso
Per dalle schiene gl'imbacucca il viso.
23.
Ei con Macone allor si scandolezza
E dice: oh traditorche cosa è questa?
Che temich'e' mi porti via la brezza
Che tu m'hai posto il pappafico in testa?
Ma porco! oibò! questo cenciaccio allezza
E sa di refe azzurro ch'egli appesta;
Io vo' pagarti colla tua moneta
E darti anch'io l'incenso colle peta.
24.
Fatto legare intanto avea Perlone
La trave dal gigante rovinata.
Al canapo ancor quivi ciondolone
Che la lumiera già tenea legata;
Ed a foggia d'arïete o montone
Tiranla addietro e dannole l'andata
Verso quel torrïonche si distese
Col sì più volte in bocca del Franzese.
25.
Or è quandoperch'egli sbalordito
E tutto intenebrato in terra giace
i ciechi più che mai fanno pulito
Ed egli se la piglia in santa pace:
E fra le mazze involto a quel partito
Un sacco divenuto par di brace;
E ben quel panno al viso gli è dovuto
Dovendosi il cappuccio a un battuto.
26.
Mentre gli rompon l'ossa e poi gli fanno
Così l'incannucciata co' randelli
E talor non vedendo ov'essi danno
Si tamburan fra lor come vitelli
Gli altri soldati a gambe se la danno
Ed ognun dice: alla largasgabelli.
Fuggee la parte amica e la contraria
Perchè quivi non è troppo buon'aria.
27.
Ma restin pare a rinfrescarlo gli orbi
Con quell'insalatina di mazzocchi;
Ed ei riposi all'ombra dì quei sorbi
Che gli grattan la rogna co' lor nocchi
Mentre quiviper far dispetto a' corbi
Sotto quel cencio tien coperti gli occhi.
Chè se ognun parteed io mi parto ancora
Per tornare a Baldone e a Celidora.
28.
Che là nel mezzo a' suoi nemici zomba
Di modo ch'essi sceman per bollire;
Chè dove i colpi ella indirizza e piomba
Te gli manda in un subito a dormire
Che nè meno col suon della sua tromba
Camprïan gli farebbe risentire:
E quanto bravasimilimente accorta
A combattere i suoi così conforta:
29.
Su viafigliuoli: sottobuon piccini;
Facciam di questi furbi un tratto ciccioli:
Non temete di questi spadaccini
Ch'al cimento non vaglion poi tre piccioli:
E se in vista vi paion paladini
Han facce di leoni e cuor di scriccioli:
E se 'l gridare e il bravar lor v'assorda
Il can ch'abbaia raro avvien che morda.
30.
In quel ch'ella da ritto e da rovescio
Così dicendova sonando a doppio
Dà sul viso al Cornacchia un manrovescio
Che un miglio si sentì lontan lo scoppio;
Di modo ch'ei cascò caporovescio
Pigliando anch'egli un sempiterno alloppio;
Ma il sapor non gustò già de' buon vini
Come chi prese il suo de' cartoccini.
31.
Sperante per di là gran colpi tira
Con quell'infornapan della sua pala;
Ne batte in terrasempre ch'ei la gira
Otto o dieci sbasiti per la sala;
Talchè ciascuno indietro si ritira
O per fianco schifandolo fa ala;
E chi l'aspettacome avete inteso
Hacome si suol dirfinito il peso.
32.
Amostanteche vede tal flagello
D'un'arme non usata più in battaglia
Alza la spadae quando vede il bello
Tira un fendente e in mezzo gliela taglia.
Riman brutto Sperantee per rovello
Il resto che gli avanza all'aria scaglia;
Vola il tronconee il diavol fa ch'ei caschi
Sulla bottiglieria tra vetri e fiaschi.
33.
Dalle diacciate bombole e guastade
Il vino sprigionato bianco e rosso
Fugge per l'assee da un fesso cade
Giù dov' è Piaccianteoe dàgli addosso.
Ei che nel capo ha sempre stocchi e spade
A quel fresco di subito riscosso
Pensando sia qualche spada o coltello
Si lancia fuorae viasarpafratello.
34.
Ma il fuggir questa volta non gli vale
Perch'Alticardoch'al passo l'attende
Il gozzo gli trafora col pugnale
E te lo manda a far le sue faccende;
Così dal gozzo venne ogni suo male
Per lui fallìper lui la vita spende;
E vanne al diavolche di nuovo piantalo
A ustolare a mensa appiè di Tantalo.
35.
Era sua camerata un tal Guglielmo
C'ha la labarda e i suoi calzoni a strisce;
Un bigonciuolo ha in capo in vece d'elmo
E tutto il resto armato a stocchefisce;
Alemanno è costui berneiter scelmo
E con quel dir che brava ed atterrisce
Sbruffi fetenti scaricando e rutti
In un tempo spaventa e ammorba tutti.
36.
Costuiche a quel ghiottone a tutte l'ore
Fu buon compagno a ber la malvagía
Per non cadere adesso in qualche errore
E fare un torto alla cavalleria
Pur anco gli vuol far mentre ch'ei muore
Con farsi dar due crocchiecompagnia
E non durò molta fatica in questo
Ch'ei trovò chi spedillo e bene e presto.
37.
Perchè voltando il ferro della cappa
Verso Alticardo a vendicar l'amico
Quei gliele scansae gli entra sotto e 'l chiappa
Colla spada nel mezzo del bellico;
Onde il vin pretto in maggior copia scappa
Che non mesce in tre dì l'Inferno e il Fico;
Ma non va malperch'ei caduto allotta
Mentre boccheggiatutto lo rimbotta.
38.
Gira Sperante peggio d'un mulino
Perch'arme alcuna in man più non gli resta;
Pur trova un tratto un piè d'un tavolino
E Ciro incontra e gli vuol far la festa;
Ma quei preso di quivi un sbaraglino
Una casa con esso a lui fa in testa;
Perchè passando l'osso oltr'alla pelle
Nel capo gli raddoppia le girelle.
39.
Ritrasse già Perlone un certo matto
Ch'aveva il naso da fiutar poponi;
E perch'ei nol pagò mai del ritratto
Però fa seco adesso agli sgrugnoni;
E dieglien'un sì forteche in quell'atto
Gli si stiantò la stringa de' calzoni
Che qual tenda calando alle calcagna
Scoprì scena di bosco e di campagna.
40.
Toselloche in fierezza ad uom non cede
Riesce adesso qui tutto garbato;
Perch' ei risana un zoppo da un piede
Ch'ognor su quella parte andò sciancato;
Mentre di taglio un sopramman gli diede
In quel che sano avea dall'altro lato
Che pareggiollo; ond'ei fu poi di quei
Che dicon: qui è mioe qua vorrei.
41.
Grazian di sangue in terra ha fatto un bagno
Ond'egli è forza a chi va giù che nuoti:
Affetta un salta e un birro col compagno
E stroppia un tal che fa le gruccie a' boti
Che vien da un trombettier di Carlo Magno
Quando le mosse dar fece a' tremoti;
Toglie ad un l'asta il qual fa il paladino;
Sebben con essa fu spazzacammino.
42.
Tutto tinto ne va Puccio Lamoni
Stoccheggiando nel mezzo della zuffa;
E in Pippo un tratto dà del Castiglioni
Che mascherato ancor tira di buffa:
Ed ei che nel sentir quei farfalloni
Venir piuttosto sentesi la muffa
Passandolo pel petto banda banda
A far rider le piattole lo manda.
43.
Nanni Russa ha più là pien di ferite
Pericolo che fu scopamestieri;
Fu pallaiosensaleattor di lite
Stette bargello ed abbacò di zeri
Prese l'appalto alfin dell'acquavite
Ma con essa svaniro i suoi pensieri
Non più il vino stillando ma il cervello
Per mettervi poi il mosto e l'acquerello.
44.
Con Dorïano il Furba ecco alle mani
Di ferro da stradieri impugna un fuso;
E l'altro una paletta da caldani
E con essa a lui cerca e sbracia il muso
Ma perchè quei le scuote come i cani
Gli scarica il suo solito archibuso
Ch'egli ha a' monninie vanne un sì terribile
Che lo flagella e mandalo in visibile.
45.
Maso di Coccia avria colla squarcina
Fatto d'ognun polpette e cervellata
Se a tanto mal non fea la medicina
Col dar sul grifo a lui Salvo Rosata
Che sapendo ch'ei fa la contadina
Vuol ch'e' faccia però la tombolata;
Ch'essendo presso all'uscio della sala
Lo spinge fuori a tombolar la scala.
46.
Palamidone intanto colla mano
In tasca a Belmasotto andava in volta
Per tirarne la borsa in su pian piano
Per carità che non gli fosse tolta;
Ma il buon pensier ch'egli ha riesce vano
Perch'egli col pugnal se gli rivolta
E fa per caritade anch'ei che muoia
Acciò la vita non gli tolga il boia.
47.
Quasi di viver Batistone stufo
Egeno affronta con un punteruolo;
E perchè quei l'uccella come un gufo
Salta ch'ei pare un galletto marzuolo.
E tanto fach'Egeno il mal tartufo
Manda con un buffetto a far querciuolo;
E poi lo pigliae in tasca se l'impiatta
Per darlo per un topo a una gatta.
48.
Romolo infilza per lo mezzo al busto
Sgarugliache in un canto era fuggiasco
Ed ei ne muor con molto suo disgusto
Perch'egli aveva a essere a un fiasco.
Tira in un tempo stesso a un bell'imbusto
E passagli un vestito di dommasco;
E quei gli duolchè 'l rinnovò quell'anno
E se e' si muorvuol che gli paghi il danno.
49.
L'armi Papirio ad un Fiandron guadagna
Che fa il Tagliacantoni e lo Smillanta:
Ma se a parole egli è Spaccamontagna
All'ergo poi riesce Spadasanta:
Perch'eifattegli al ciel dar le calcagna
Non una volta dice ma cinquanta:
Sta' suchè in terra i pari miei non danno
Ed ei risponde: s'io sto sumio danno!
50.
Da Enrico il Mula e l'oste degli Allori
Son mandati per sempre a far un sonno;
Miccio e 'l Baggina da Strazzildo Nori
Sono inviati dove andò il lor nonno;
E nelle parti giù posterïori
Panfilo aggiusta Meo che vende il tonno
Talchè se allor putivaor chi s'accosta
Sente che raddoppiata egli ha la posta.
51.
In abito Scarnecchia da Coviello
Tinta ha di brace l'una e l'altra guancia
E per sua spada sfodera un fuscello
C'ha 'l pome d'una bella melarancia;
Rivolto con quest'armi a Sardonello
Ferma! gli dice: guárdati la pancia!
Ed ei risponde: questo è pensier mio;
E dàgli un colpo e te lo manda a Scio.
52.
Gustavo Falbi con un soprammano
Di netto il capo smoccola a Santella
Scaramuccia si muor sotto Eravano
Ch'ammazza anche Gaban da Berzighella
E sventra quel birbon dell'Ortolano
Che fa il minchion per non pagar gabella;
Ma colto poi vi resta ad ogni modo
Mentre adesso gli va la vita in frodo.
53.
Armato a privilegi omai Rosaccio
Marte sguaina e Venere influente;
Ma presto Sardonello sul mostaccio
Gli fece colla spada un ascendente
Che piove al collo e privalo d'un braccio
Ond'ei in quel punto andando all'occidente
Vede le stelle e l'una e l'altra sfera
Nel viso eclissa e dice: buona sera.
54.
Mein per fianco sentesi percosso
Dallo stidion del cucinier Melicche
Parasitaccioporco grande e grosso
Perchè il ghiotto si fa di buone micche.
Si rivolta Meinoe dà al colosso
Nella gola che ha piena di pasticche;
Talchè morendo dolcemente il guitto:
Addio cucinadicech'io ho fritto.
55.
Già per la stanza il sangue era a tal segno
Ch'andar vi si potea co' navicelli;
Istrïon Vespitutto furia e sdegno
Rinvolto ha quivi il povero Masselli;
E col coltel da Pedrolin di legno
Su pel capo gli squotola i capelli
Acciòtrattane poi la lisca e il loto
Più bella faccian la conocchia a Cloto.
56.
Il Gatti e Paol Corbi inveleniti
Quasi villan che i tronchi ed i rampolli
Taglin di Marzo a' frutti ed alle viti
Potan da' busti bracciagambe e colli;
A tal ch'ai paesani sbigottiti
E dal disagio sconquassati e frolli
Oltre che a pochi il numero è ridotto
Cominciaron le gambe a tremar sotto.
DUODECIMO CANTARE
Argomento.
A Montelupo dà Paride il nome
Poi gastigar la Maga e Biancon vede:
Rimessa in trono è Celidorae come
Marito al general dà la sua fede.
Baldonche la fortuna ha per le chiome
Con Calagrillo a Ugnan rivolge il piede.
E al suo bel regno con Amor va Psiche
A côrre il frutto delle sue fatiche.
1.
Stanco già di vangar tutta mattina
Il contadino affin la va a risolvere
In fermar l'opre ed in chiamar la Tina
Col mezzo quarto e il pentol dell'asciolvere;
Quand'in castello ancor non si rifina
Fra quei matti di scuotersi la polvere;
Onde Baldon quei popoli disperde
Talchè a soldati Malmantile è al verde.
2.
E ben gli staperchè potevan dianzi
Quando vedean col peggio andar sicuro
Cedere il campo e non tirare innanzi
Senza star a voler cozzar col muro;
E così vache questi son gli avanzi
Che fa sempre colui c'ha il capo duro
Che dentro a sè si reputa un oracolo
Nè crede al Santo se non fa miracolo.
3.
Chè sono staticom'io dissi sopra
Nella maga affidatisiaspettando
Da' diavoli in lor pro veder qualch'opra:
Ma chi vive a speranza muor cacando;
Perch'in Dite son tutti sottosopra
Per non saper dovecomenè quando
Lasciasse il corno Astolfoch'alle schiere
Esser tromba dovea nelle carriere.
4.
Di modo che Plutoneomai scornato
Poichè quel corno più non si ritrova
Pel Proconsolo dice aver pescato
Però convien pensare a invenzion nuova;
Ma innanzi ch'ei risolva col senato
E che 'l soccorso a Malmantil si muova
Ch'egli abbia a esser proprio poi s'avvisa
Di Messina il soccorso o quel di Pisa.
5.
Qui per alquanto a Paride ritorno
Ch' ènell'oste alla quarta sboccatura;
E perchè dal paese egli ha in quel giorno
Tolta ogni noialiberando il Tura
La gente quivi corre d'ogni intorno
A rallegrarsi della sua bravura;
Ne lo ringraziae a regalarlo intenta
Chi gli dà chi gli dona e chi gli avventa.
6.
Ma queglich'obbligarsi non intende
Non vuol pur quanto un capo di spilletto;
E subito ogni cosa indietro rende
Ringraziando ciascun del buon affetto.
E diceche da lor nulla pretende
E se di soddisfarlo hanno concetto
Per tal memoria gli sarà più grato
Che il luogo Montelupo sia chiamato.
7.
Sìsìch'egli è dover; da tutti quanti
Gli fu risposto: ed in un tempo stesso
L'editto pel castello su pe' canti
Per memoria de' popoli fu messo
Che divulgato poi di lì avanti
Fu osservato sìche fino adesso
Questo nome conservan quelle mura
E 'l manterrannofinchè 'l mondo dura.
8.
Se Paride riman quivi contento
Di tal prontezzanon si può mai dire;
Ma non volle aspettarne poi l'evento
Perchè gli venne il grillo di partire:
Ch'egli ebbe sempre quello struggimento
D'andare al campoed or ne vuol guarire;
Perciò ne va per ritornare in schiera
E trova che sparito è ciò che v'era.
9.
E che fuor del castello il popol piove
Che ognor ne scappa qualche sfucinata
Per lo più gente che a pietà commove
Cotanto è rifinita e maltrattata.
E' s'avvicina. e dice: olàche nuove?
Ed un risponde e dice: o camerata
Cattivedolorose; e se tu vai
Qui punto innanzitu le sentirai.
10.
Paride passae ne riscontra un branco
Nel qual chi è ferito e chi percosso;
Chi dietro strascicar si vede un fianco
E chi ha un altro guidalesco addosso
Mostrando anch'eglisenza andare al banco
O al sabato aspettarch'egli ha riscosso;
Ciascuno ha il suo fardel di quelle tresche
Che pigliarsi ha potuto più manesche.
11.
Chi ha scatolechi sacchi e chi involture
Di gioiedi misceedi biancheria:
Un altro ha una zanata di scritture
Ch'egli ha d'un piato nella Mercanzia:
E piange ch'ei le vede mal sicure
Perocchè 'l vento gliele porta via;
Un altrodopo aver mille imbarazzi
Port'addosso una gerla di ragazzi.
12.
Un altro imbacuccato stretto stretto
Va soloe spesso spesso si trattiene
Perch'egli ha certe doppie in un sacchetto
E le riscontra s'elle stanno bene.
Le donne agli occhi han tutte il fazzoletto
E sgombrano aspirócche e pergamene;
Chi'l suo vestito buono e chi uno straccio
Chi porta il gatto o la canina in braccio.
13.
Entra Paride alfin dentro alla porta
Ove gli par d'entrare in un macello;
Ch'ad ogni passo trova gente morta
O per lo men che sta per far fardello.
Ma quel che maraviglia più gli apporta
Si è il veder in piazza un capannello
Di scope e di fascinee poi fra poco
Strascinarvi una donna e dargli fuoco.
14.
Curioso vanneed arrivato in piazza
Per chidomandaè sì gran fuoco acceso?
E gli è risposto: egli è per Martinazza
Che già v'è drento e scrive: lato preso;
E le sta benperch'una simil razza
C'ha fatto sempre d'ogni lana un peso
E' si vorrebbeDio me lo perdoni
Gastigare a misura di carboni.
15.
In questo ch'ognun parla della strega
Si sente dire: a voilargosignori!
E un omaccion più lungo d'una lega
Dal palazzo si vede condur fuori;
Poi sopra al carro ove Birreno il lega
E cintocome già gl'Imperadori
Di alloro in veced'un carton la chioma
Va trionfante al remonon a Roma.
16.
Questo infelice è il povero Biancone
Che tra queì pochi là della sua schiera
Che restan viviè fatto anch'ei prigione
Per esser vogavanti di galera;
Chè tal fu d'Amostante l'intenzione
Ma perch'eglí è un uomo un po' a bandiera
Sentenziato l'aveasenza pensare
Che Malmantil non ha legni nè mare
17.
Perciòmentre che tutto ignudo nato
Se non ch'egli ha due frasche per brachetta.
Sì bel trofeo si muoveed è tirato
Da quattro cavallacci da carretta
La Consulta il decreto ha revocato
Sicchè di lui nuov'ordine s'aspetta;
Ed è stato spedito un cancelliere
Con più famigli a farlo trattenere.
18.
I ragazzi frattanto che son tristi
A veder ciò che fosse essendo corsi
E poi ch'egli è un prigion si sono avvisti
E ch'egli è ben legato e non può sciorsi.
Unitamentein un balen provvisti
Di buccedi meluzzerape e torsi
Cominciarono a fare a chi più tira
Ed anche non tiravan fuor di mira.
19.
E perch'ei non ha indosso alcuna vesta
Lo segnan colpo colpo in modo tale
Che innanzi ch'e' finiscan quella festa
Ne lo svisaron e conciaron male;
E al miteronche a torre aveva in testa
Benchè giammai spuntate avesse l'ale
Con quei suoi merli che non han le penne
Pigliar il volo all'aria alfin convenne.
20.
Paolin ciecoil qual non ha suoi pari
Nel fare in piazza giocolare i cani
E vende l'operette ed i lunari
E proprio ha genio a star co' ciarlatani
Pensato ch'ei farebbe gran denari
Se quel bestion venisse alle sue mani
Perch'avrebbe a mostrarsi quel gigante
Più calca che non ebbe l'elefante;
21.
Così presa fra sè risoluzione
Va in corte a Bieco e lo conduce fuora:
Gli dice il suo pensiero e lo dispone
A chieder il gigante a Celidora;
E Bieco andato a ritrovar Baldone
Tanto l'insipíllòch'allora allora
Ei corre alla cugina e gliene chiede
Ed ella volentier glielo concede.
22.
Ed ei lo dona a Bieco e a Paolino
Col carro e tutte l'altre appartenenze;
Ed eglino con tutto quel traíno
Fatte col duca già le dipartenze
Si messero di subito in cammino
Indrizzati alla volta di Firenze;
Poi giuntì là di buona compagnia
Fermansi in piazza della Signoria.
23.
Subito quiví Paolino scende
Per trovar qualche stanza che sia buona
Avendolo serrato fra due tende
Acciò non sia veduto da persona.
Bieco a tenerlo con due altri attende
Ese lo vede muoverlo bastona;
Ma egli ha fortunaperch'è così grande
Ch'e' non gli arriva manco alle mutande.
24.
Piange Bíancone e chiede altrui mercede
E mentre il fato e la fortuna accusa
Fuor delle tende il guardo girae vede
Perseo c'ha in man la testa di Medusa
E immoto resta lì da capo a piede;
Né più sì duolma tien la bocca chiusa
Perchè col carro e tutta la sua muta
De' cavallacciin marmo si tramuta.
25.
Quei trech'ognor come cuciti a' fianchi
Gli stavan quivi acciocch'ei non scappassi
Privi di senso allorae freddie bianchi
Anch'eglino si fanno immobil sassi.
Ma perchè 'l prolungarmi non vì stanchi
Gli è me' ch'a Malmantile io me ne passi
Ove gli amici Paride ritrova
E sente ch'ogni cosa si rinnova.
26.
Poichè Baldone Malmantile ha preso
E tutte quelle povere brigate
Salvo però chi non si fosse arreso
Ormai se non son ite a gambe alzate;
Sicchè da questo avendo al fin compreso
Poi Bertinellach'ella l'ha infilate
Per ammazzarsi sfodera un pugnale;
Ma queich'è buononon le vuol far male.
27.
Chè non so come gli esce fra le dita
E salta in stradachè le gambe ha destre:
Ov'ella a ripigliarlo è poi spedita
Da chi dopo di lei fa le minestre;
E perch'ell'abbia a raccorciar la gita
Le fa pigliar la via dalle finestre;
Ella va sìma poco poi le importa
Trovar chi ammazza se vi giunge morta.
28.
Così cercando le grandezze e gli agi
A spese d'altrior sconta il suo peccato;
Onde tornata Celidorail Lagi
De' popoli padrona e dello Stato
Temendo ancor de' tristi e de' malvagi
Nuovi ministri fanuovo senato;
Sebben de' primi poco ha da temere
Chè tutti han ripiegate le bandiere.
29.
E per estinguer la memoria affatto
Di Bertinella in ogni gente e loco
Si levan le sue armie il suo ritratto
Tagliato in croce si condanna al fuoco.
Un bando va di poich'a verun patto
Nessun ne parli più punto nè poco
Sotto pena di star in sulla fune
Quattro mesi al palazzo dél Comune.
30.
Un oratore intanto de' più bravi
A Celidora Malmantile invia
Che del castello ad essa dà le chiavi
E rende omaggio colla dicería;
Ed ella in detti maestosi e gravi
Pronta risponde a tant'ambasceria;
Indi le chiavi pigliae un altro mazzo
Di quelle delle stanze del palazzo.
31.
E perch'egli è un pezzo ch'ell'ha voglia
Di riveder come d'arnesi è pieno
Del manto e d'altri addobbi si dispoglia
E comincia a girarlo dal terreno.
I guardarobi aspetta ad ogni soglia
Ch'ad aprir gli usci paiono il baleno.
E subito poi lesto uno staffiere
Quand'ella passale alza le portiere.
32.
Ed ella se ne va sicura e franca
Sapendo ogni traforo a menadito;
Perchè troppo non è ch'ella ne manca
E l'abitò fin quando avea marito.
Scesegiròsalìnè mai fu stanca
Sinchè non ebbe di veder finito;
All'ultimo si fece in guardaroba
Aprir gli armadie cavar fuor la roba.
33.
Spiegasi prima sopr'a un tavolotto
Un abito mavì di mezza lana
Che in su' fianchi appiccato ha per di sotto
Un lindo guardinfante alla romana;
Poi viene un verde e nuovo camiciotto
Con bianche imbastiture alla balzana;
E poi due trincerate camiciuole
Che fanno piazza d'arme alle tignuole.
34.
Una zimarra pur di saia nera
Per dove si fa a' sassi arcisquisita;
Perchè gli aliotti e il bavero a spalliera
Paran la testa e in giù mezza la vita;
Portandola alle nozze o a una fiera
Tôrre e comprar si può roba infinita
Ch'ell'ha due manicon sì badïali
Ch'e' tengon per quattordici arsenali.
35.
Una cappa tanèbella e pulita
Di cotonesebben resta indeciso
S'ella è di drappo o pur ringiovanita
Perchè non se le vede pelo in viso;
Evvi d'abiti pur copia infinita
Ma chi tintochi rotto e chi riciso
Chè 'l tempo guasta il tuttoe per natura
Cosa bella quaggiù passa e non dura.
36.
Bastase v'è qualcosa un po' cattiva
Che Celidora ha quivi abiti e panni
Che al certotuttavolta ch'ella viva
Può francamente andar in là con gli anni;
Ma perchè al suo cuor magno non s'arriva
Di certe toppescampoli e soppanni
Tôrsi d'impaccio vollee a quella gente
Ch'ell'ha dintornofarne un bel presente.
37.
Due altri armadi poi fur visitati
Che l'uno è tutto pien di biancheria
l'altro di paramenti ricamati
D'oro netto con nobil maestria;
E un altro di più tresche e arnesi usati
E calzee scarpee simil mercanzia
Che a vedersi per ultimo è rimasa;
V'è poi la masserizia della casa.
38.
Di qui si parteed apre uno stipetto.
D'intagli e d'arabeschi ornato e ricco
E trova due cassette di belletto
Cert'altre dì pezzette e d'orichicco
Una di biaccae in una un bel vasetto
Che dà l'acqua da rogna per lambicco;
'N un'altrach'elle furon fino a dieci
Ellera a mazzi e un bel tascon di ceci.
39.
Ad un casson di ferro va da zezzo
E quivi trova il morto ma da vero;
Chè i diamanti e le gioie di gran prezzo
Non v'hanno che far nulla e sono un zero;
Perchè si tratta ch' e' vi fosse un vezzo
Di perleche sebben pendeano in nero
Eran sì grosseche si parsevoce
Ch'ell'eran poco manco d'una noce.
40.
D'anelli e d'orecchini v'è il marame
Tanti gioielli poi che è un fracasso:
Di medaglie dorate o vuoi di rame
Un moggio ne misurano e di passo;
Ma quella è spazzatura ed un litame
Rispetto alle monete che più basso
Le più belle comparsero del mondo;
Chè in fatti i pesci grossi stanno al fondo.
41.
Tutte in sacchetti co' lor polizzini
Che dicon la moneta che v' è drento;
Le piastre sono in unoin un fiorini
In un gli scudi d'oroin un d'argento
Lire in ungiuli in questoin quel carlini;
Poi dopo un ordinato spartimento
Di craziesoldi e più danar minuti
Sonvi i quattrinii piccioli e i battuti.
42.
Poi ne venivan gli occhi di civette;
Ma il proseguir più oltre fu interrotto
Perchè alla donna venner più staffette
A dir che'l duca le volea far motto;
Ond'ella il tutto nel casson rimette:
E riserratoscende giù di sotto
Ove Baldon l'aspetta in istivali
E per partir di quivi sta in sull'ali.
43.
Perch'aggiustate omai tutte le cose
Che più desiderar non si potea
Eglich'era per far come le spose
La ritornataidestalla Ducea
In punto a questo fine allor si pose;
E in quelche il camerier della chinea
La puliva per metterle la sella
Licenziossi così dalla sorella.
44.
Omai è tempocara Celidora
Che inverso li miei sudditi m'appressi;
Chè 'l trattenermi di vantaggio fuora
Pregiudicar potrebbe a' miei interessi.
Però qui resta tu co' tuoi in buon'ora
E fátti amare e rispettar da essi;
Ed in ordine a questo si conviene
Fare anche un'altra cosa per tuo bene.
45.
Perchè s'io parto poicugina mia
Non so se tu ci avrai tutti i tuoi gusti;
Chè qui non è nessun che per te sia
Mentre sorgesser poi nuovi disgusti
Ma voglia il ciel ch'io dica la bugia;
Ad ogni modo io vo' che tu t'aggiusti
Per sicurtà con un compagno il quale
S'accasi teco: e questo è il Generale.
46.
I tuoi Stati difender si dà vanto
Chè tu vediegli è bravo quant'un Marte;
E se fin or per noi ha fatto tanto
Pensa quel ch'ei farà s'egli entra a parte.
Orsù dágli la mancava su il guanto;
E voi non ve ne state più in disparte:
Casa Latonio Amostante nostro
Fatevi innanzidite il fatto vostro.
47.
Ovvia passate qua da mia cugina
Ch'avete voi paura che vi morda?
Guardate se vi piace la pannina;
Ditenon ci tenete in sulla corda
Bisogna domandarne alla Regina
Rispose il Generals'ella s'accorda
Chè quanto a megiá son bell'e accordato
Anzi terrei d'averne di beato.
48.
Sì egli è dover sentir l'altra campana
Baldon soggiunse voi parlate bene
Già soquesto va in forma e per la piana
Ed altrimenti far non si conviene.
Così alla donna dice: ovvia sutrana
Rispondi prestocavaci di pene
Vuo'l tu? parla: or oltre dàlla fuore
Di' mai più sìe daccela in favore.
49.
Ed ella nel sentir com'ei l'astringe
A dar pronta risposta a tal domanda
D'un modesto rossor tutta si tinge
Perchè morir volea colla grillanda;
Pur alfin nelle spalle si ristringe
E dice che farà quanto comanda.
O garbato! rispose allor Baldone
Oh così presto e malee conclusione!
50.
Dagli dunque la mano in mia presenza.
E voio Generaldatela a lei;
Ch'io voglio prima della mia partenza
Veder solennizzar questi imenei.
Ma per non recar tedio all'udïenza
Idest a chi ascolta i versi miei
Col trattar sempre d'una stessa cosa
Lasciamglie andiamo incontro a un'altra sposa.
51.
Seguito col suo eroe già Psiche avea
La strega che da lui fuggiasi ratta;
Quand'ei l'incorse colla cinquadea
Perch'al duello non volle la gatta
E per questa rival nuova Medea
Che rovinata l'ha intrafinefatta
Adesso è tribolata al maggior grado
E s'allor pianseor qui tira per dado.
52.
Perchè dopo d'aver cercato tanto
Amordi chi fu sempre ansiosa e vaga
Sel trova chiuso in un luogo d'incanto
Per opra pur di questa crudel maga.
La quale in quei frangenti fatto il pianto
Di patria e benidi morir presaga
E che in suo onor doveansi fra poco
Alzar capanne e far cose di fuoco;
53.
Più non potendo aver Cupido sposo
Perocch'Amor da' morti sta lontano
Non vuols'ei muorcosì n'ha il cuor geloso
Che pur veduto sia da corpo umano;
Perciò con incantesmi l'ha nascoso
Facendo come il can dell'ortolano
Ch'all'insalata non vuoi metter bocca
E non può comportar s'altri la tocca.
54.
GiàCalagrillo e Psiche ebbero avviso
Di tutto quello ch'è seguíto in corte;
Ma il luogo appunto non si sa preciso
Però si fanno aprir tutte le porte;
Intanto crosciar sentesi un gran riso
E quel ch'è peggio poi suonarma forte
Bastonate di peso traboccanti
Senza conoscer chi recò contanti.
55.
Giù per le scale ognun presto addirizza
Chè dal timor glì s'arricciano i peli;
Ma Calagrillo altiero e pien di stizza
Colla sua striscia fa colpi crudeli;
Va per la stanzae fendetaglia e infizza
Ma non chiappase non de' ragnateli;
Paride giunge col suo libro intanto
E il diavol caccia e manda via l'incanto.
56.
Così dopo gli affanni e le fatiche
Sofferti per tant'anni e lustri interi
Ritrovatosi Amoreed eglie Psiche
Rappatumati fur da' cavalieri;
Onde scordati dell'ingiurie antiche
E riuniti più che volentieri
Ai regi sposi fero i baciabassi
Restando a parte di lor feste e spassi.
57.
Giunti i cialdoni poi e fatto il ballo
Il duca diede affin l'ultimo addio;
E subito con ogni suo vassallo
In verso Ugnano si pigliò il pendío.
E Calagrillo in groppa al suo cavallo
Preso con Psiche il faretrato Dio
Anch'ei partìe inteso il lor disegno
Gli ricondusse all'amoroso regno.
58.
Finito è il nostro scherzo: or facciam festa
Perchè la storia mia non va più avanti;
Sicchè da fare adesso altro non resta
Se non ch'io reverisca gli ascoltanti.
Ond'io perciò cavandomi di testa
Mi v'inchinoe ringrazio tutti quanti.
Stretta la foglia sialarga la via:
Dite la vostrach'i' ho detto la mia.
INDICE
DELLE PERSONE NOMINATE NEL POEMA
COLLO SCIOGLIMENTO DEGLI ANAGRAMMI.
__
Alticardo | Carlo Dati I47; XI54. |
Amostante Latoni | Antonio Malatesti I61; III10; VIII2664;IX631 3747; XI 32; XII 1645. |
Antonio Dei | I50. |
Baggina (il) | XI50. |
Baldino Filippucci | Filippo Baldinucci IX43. |
Ballerino (Il) | III43. |
Bambi | VIII27. |
Batistone | III65; IX32; XI47. |
Belmasotto Ammirati | Mattias BartolommeiI49; IX46. |
Bieco da Crepi | Piero de' Becci I37; XI 90; XII21. |
Calagrillo | Carlo Galli IV30; V27; X 21; XI8; XII51. |
Cassandro Cheleri | Alessandro Cerchi IX42. |
Conchino di Melone | III61; XI50. |
Cornacchia (il) | I69; XI30. |
Doge Paol Corbi | Iacopo del Borgo I48; IX33; XI56. |
Don Andrea Fendesi | Ferdinando Mendes IV8; V57. |
Don Meo | III58; XI43. |
Don Panfilo Piloti | Ippolito Pandolfini I51; XI50. |
Dorian da' Grilli | Lionardo Giraldi I44; XI44. |
Egeno de' Brodetti | Benedetto Gori I 45; IX33; XI47. |
Enrigo Vincifedi | Vincenzio Federighi I59; XI50. |
Eravano | Averano (Seminetti)IV8; V57; XI52. |
Faina (il) | V38. |
Fiesolano Branducci | Francesco Baldovini IX41. |
Fra Ciro Serbatondi | Cristofano Berardi I45; XI38. |
Franconio Ingannavini | Giovanni Antonio Francini III28. |
Franco Vincerosa | Francesco Rovai IV13; V57. |
Furba (il) | III57; IX32; XI44. |
Gabban da Berzighella | XI52. |
Grazian Molletto | Lorenzo Magalotti IX21; XI41. |
Guglielmo Lanzo | XI35. |
Gustavo Falbi | Balì Ugo Stufa I48; XI52. |
Istrion Vespi | Pietro Susini XI55. |
Leon Magin da Ravignano | Giovanni Andrea Moniglia III12. |
Maria Ciliegia | III43. |
Mandragora | VI38. |
Masino | III43 |
Maso di Coccio | III56; IX32; XI45. |
Masselli | III43; XI55. |
Melicche | III59; XI54. |
Meino Forconi da Scarperia | Pier Francesco Mainardi IX41. |
Meo | III45. |
Miccio | XI50. |
Morbido Gatti | Migiotto Bardi I59; XI56. |
Mula (il) | III58; IX50. |
Nannaccio | IX52. |
Nanni Russa del Braccio | Alessandro Brunaccini I47; XI45. |
Nepo da Galatrona | VI29. |
Noferi Scaccianoce | Francesco Cionacci III12. |
Ortolano (l') | XI52. |
Palamidone | III67; XI46. |
Paolino cieco | XI22; XII20. |
Papirio Gola | Paolo Parigi I51; XII49. |
Pappolone | Paolo Pepi I36. |
Paride Garani | Andrea Parigi III11; VII6; VIII5; X32; XII52555. |
Pericolo | III58XI43. |
Perlone Zipoli | Lorenzo Lippi I46; IV15; V57; VIII27; XI2439. |
Piaccianteo | III44; V60; VIII59; XI1333. |
Pippo del Castiglione | III64; IX32; XI42. |
Pocavanzi | VIII24. |
Puccio Lamoni | Paolo Minucci III26; XI42. |
Romolo Carmari | Carlo Mormorai I42; XI48. |
Rosaccio | III63; XI53. |
Santella | III43; XI52. |
Salvino | IV23. |
Salvo Rosata | Salvator Rosa IV14; V57; XI45. |
Sardonello Vasari | Alessandro Valori I45; IX2527; XI5153. |
Scaramuccia | XI52. |
Scarnecchia | III62; XI51. |
Sgaruglia | III60; XI48. |
Sperante | III51; IX31; XI3138. |
Strazzildo Nori | Rinaldo Strozzi I58; XI50. |
Tosello Gianni | Agostino Nelli III25; XI40. |
Tosino | XI54. |
Tura (il) | VIII47; X32; XII5. |
Turpino | II31; III11. |
Vecchina (il) | III57. |