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Lauro de Bosis

 

 

 

 

Storia della
mia morte

Il volo antifascista su Roma

 

a cura di

Alessandro Cortese de Bosis

 

 

 

 

 

mancosu editore

 

 

 

 

 

 

 

 

A Lillian Vernon de Bosis

madre di due caduti per l'Italia

e la libertà.

 

Avvertenza

 

 

 

Ringrazio Furio Colomboche presenta a Roma il libro diLauro de Bosis. Furio ha scritto recentemente pagine indimenticabili nel volume“Fascismo e Antifascismo”.

Insegnare ai giovani che cosa sia stato in Italia ilfascismovecchio e nuovoè dovere dell'uomo di culturaspecie oggiricordando la guerra di liberazione dal nazifascismo di cinquanta anni fa:liberazione che significa anche lotta ad ogni forma di liberticidiocomunista enon.

Il compito di chi scrive si limita a collegarel'introduzionealcune note esplicativele testimonianze e i commenti diSalveminiSpadoliniRogariche precedono e accompagnano il testo di “Storiadella mia morte”: scritto nel 1931dal pilota dell'aereo chedopo ilvolo antifascista su Romanon è più rientrato alla base.

 

A. C. d. B.

 

Introduzione

di

Alessandro Cortese de Bosis

 

 

 

Mezzo secolo fa si concludeva il capitolo della Resistenzacontro il nazifascismo.

Rievocazioni storiche del 50º Anniversario si svolgono intutto il Paesecollegate idealmente al ricordo della Resistenza al regimefascistafin dagli anni venticon il sacrificio di tantie fra i più grandiGobettiAmendolaMatteottii fratelli Rosselli; il rifiutol'esilio e laprigionia di TuratiSaragatPertini; il movimento “Giustizia e Libertà”.Impossibile citare tutti gli individuiisolati spessoo associati in gruppisegreti: come l' “Alleanza Nazionale della Libertà”creata da Lauro deBosis. Tutti protagonisti di quello che fu giustamente definito il SecondoRisorgimento.

L'Alleanzanata ai primi del 1930si proponeva disensibilizzare l'opinione pubblica moderata con l'invio di lettere circolari suiguasti prodotti dal regime con la soppressione delle libertà statutariecon ilbavaglio posto alla stampacon il “delitto Matteotti” e con il progressivoinsorgere di una dittatura veramente totalitariala prima del genere in Europadopo le leggi “fascistissime” del '25-'29.

L'Alleanza Nazionale ebbe una vita brevenon giàimproduttiva.

Colleghi e amici di Lauronel sodaliziovennero arrestati eprocessati nel dicembre 1930 dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Statocomposto da alti gerarchi fascisti. Fra gli imputatidi cospirazionevi eraanche la madre di LauroLillian Vernon de Bosis.

In quell'epoca Lauro era in America e perciò ful'unico a non essere processato.

Fallita l'AlleanzaLauro decise di sfidare il regime con ungesto spettacolarediretto a dimostrare la permanente validità dellaResistenza liberale contro il fascismo.

E fu il volo su Romadurante il quale egli disseminò400.000 manifestini contenenti un monito e un appello al Re e al popoloitaliano.

Dal suo volo del 3 Ottobre 1931Lauro non fece più ritorno.

Storia di un annodunqueo poco più. Ma la risonanza cheebbe il volo è testimoniata dal rilievo che la stampa mondiale seppe dareall'episodio e alla diffusione di Storia della mia morteil testamentospirituale che egli scrisse alla vigilia del decollo da Marsiglia.

L'idea di rievocare Lauro e la sua “Storia”ogginell'ambito delle celebrazioni della Resistenzaha trovato il più autorevolesostegno nell'iniziativa del compianto Giovanni Spadolini che ha dedicato aLauro alcune mirabili pagine de “Il Mondo frantumato”. Il Presidentedel Senato scriveva: “...noi proponiamo a qualche editore animoso eintraprendente di ristampare un piccolo e prezioso libro... uscito a Torinopresso una testata editoriale ormai avvolta nel mitoFrancesco De Silva... eche comprendeva nella sua breve e gloriosa storia Se questo è un uomo diPrimo Levi e l'Antologia della rivoluzione liberalecurata dal nostrovecchio e indimenticabile amico e collega Nino Valeri.

“Storia della mia morte”un'operetta scritta quasiin una notte da un poeta e studiosoche si chiamava Lauro de Bosisgià autorepredestinato di Icaroche aveva deciso di ripetere sulla Roma diMussolini il gesto di Bassanesi su Milano. Proprio nel pieno degli 'anni delconsenso' per dirla con De Felice.”

“De Bosis. Un personaggio unico e inconfondibile. Di padreitaliano (e quale padre!) e di madre americana. Professore a New York: cultoreprofondo e appassionato della storia della civiltà italianalargamentepermeato di dannunzianesimo (Valianiche se ne intende e che è di Fiumeamadire che D'Annunzio ha influenzato egualmente fascismo e antifascismo). Arrivatotardi alla lotta contro il regime e non senza qualche sgradevole equivoco coicompagni di esilio (eccetto Salvemini che lo capì subito e lo protesse sempre).Fondatore nel '30insieme con Mario Vinciguerra (un altro personaggio chemeriterebbe una “Vita”) dell'Alleanza Nazionaleuna specie di riduzionedell' ”Unione democratica” amendoliana in chiave monarchicaanzi in chiavedi collaborazione tra forze liberali cattoliche e moderateal fine di premeresu Monarchia e Chiesa per la rottura col fascismo (non importa se due anni dopoil Concordato). Scriveva de Bosis nella “circolare n.1” dell'Alleanzanazionale (1 luglio 1930):

...“Eppure bisogna agire: per essere in pace collapropria coscienzaper salvare l'Italia da mali peggioribisogna fare. Ilregime non poggia che sulla inerzia degli italiani. Guai a lasciare aisovversivi il monopolio della lotta contro il fascismo! Non solo si rischia cheal momento della inevitabile crisi non vi siano di pronti che loroma sifinisce col lasciar identificare nell'opinione pubblica antifascismo concomunismocol risultato che chiunque ha interessi da difendere preferirà inultima analisi rassegnarsi al fascismo”.

“Una specie di 25 Luglio ante litteram. Sanzionato dal voloche porterà il poeta angelico sulla capitaleda un'altezza di duemila metri apoco più di trecento metricon un aereo disseminante 400.000 manifestiniproprio nella zona di Palazzo Venezia e di Palazzo Chigi. Un errore nelrifornimento della benzinacondurrà a morte il pilota e il suo apparecchio nelrientro in terra di Francia. 'Il martirio' - diceva Mazzini - 'non è maisterile'”.

È opportuno soffermarsi su queste parole che confermano insintesi l'analisi già elaborata dall'illustre storico nel 1981 durante ilConvegno di studio su Lauro de Bosis nel 50° anniversario del volo e sul qualepiù ampiamente ritorneremo: analisi che restituisce al gesto di Lauro de Bosisil suo pieno significato storico-politico di collegamento ideale tra ilmovimento di resistenza amendoliano e la nascitatredici anni dopodelmovimento di Liberazione Nazionale. La relazione di Spadolinie lo studio diSandro Rogariletti al Convegnosegnano perciò una svolta importante nellastoriografia dell'antifascismo e dell'Alleanza Nazionale.

Spadolini ha avuto il merito di collocare la Storia dellamia morte e l'Alleanza Nazionale nella concatenazione storica dei movimentidi Resistenza degli anni trenta.

Vi sono dunque due tempi o due fasi storiografiche sull'operadi Lauro de Bosis. Dagli anni trenta al 1981 prevale la fase dell'elogioall'episodio isolato di un solitario romantico-liberale senza conseguenzepolitiche di rilievo; dal 1981grazie allo storico Spadoliniil volo diventauno dei capitoli nella storia di una lungatenace resistenza chenonostante lesue disfattenon ebbe soluzione di continuità; e in cui il monito di Lauroinsieme al “non mollare” di Giustizia e Libertàal rifiuto dei pochi mavalorosi cattedratici di sottomettersi al regime e all'opera degli esulipolitici e uomini di culturacostituì un punto di riferimento costante nelmondo occidentale e una ragione di speranza per gli oppositori del fascismo -pochi o molti - in Italia e fuori dai nostri confini.

Nelle pagine che seguono cercheremo di integrarecon datifinora ineditii commenti di Gaetano SalveminiGiovanni SpadoliniSergioFenoalteaMario VinciguerraSandro Rogari sull'impresa di Lauro de Bosis.

 

Il volo su Roma

di A. C. d. B.

 

 

Lauro de Bosis concepì e decise il volo su Roma e il lanciodei messaggi al Re e al popolo italiano come l'adempimento di un preciso doveremorale e politico. Dovere moraleperché egli solo era rimasto libero dopol'arresto e la condanna dei suoi compagni d'azione. Solidarietà dunque conVinciguerra e Rendi condannati a quindici anni di carceresolo per averproposto il ripristino delle libertà statutariesoppresse dalle cosiddette “leggifascistissime” che avevano demolito lo Stato liberale nato dal Risorgimento.Dovere politicoperché occorreva dimostrare al regime che la lotta continuavanonostante la cattura di membri dell'Alleanza Nazionale; e rassicurare anche glialtri gruppi di oppositoricome 'Giustizia e Libertà' e più in generale gliantifascisti in esilio e in patria. Soprattutto occorreva che la grande stampaliberale europeala quale aveva registrato non senza amarezza la condanna diVinciguerra e Rendinel Dicembre 1930riprendesse e rilanciasse l'eroico gestodi sfida che Lauro aveva in animo di compiere.

Lauro aveva appreso la notizia della condanna dei suoicolleghi il 1 Dicembre 1930quando era ancora in navigazione dall'America versoSouthamptonper rientrare poi in Italia. La sua decisione fu immediata.Bisognava continuare la lotta. L'accusa della propaganda fascista che lo dipinsecome un disertoreindifferente al destino dei suoi compagni di lottaesigevauna risposta. Come ricorda Salveminiegli decise dunque di regolare il suoconto personale con il regimecon o senza l'appoggio dei fuoruscitiantifascisti.

Il volo di Bassanesi su Milano fu certo un importanteprecedente di cui Lauro tenne conto nel progettare il volo su Roma. Variscrittori hanno accennato anche ad un altro episodio più remoto che può averloispirato: il volo di D'Annunzio su Viennadodici anni primanel 1918e illancio di manifestini sulla capitale austriaca.

Ancora più struggente per Lauro il ricordo di un altro deBosis aviatore: suo fratello Valenteche era stato decorato di medagliad'argento con i Granatieri di Sardegnain prima linea nel 1917e che era poipassato all'aeronautica. Comandante di una squadriglia di idrovolantiantisommergibili a PalermoValente de Bosisdopo numerose azioni di guerraera precipitato nello specchio d'acqua della città siciliana. “Il tempo nonlenirà il dolore” avevano scritto i suoi ufficiali sui resti dell'aereoreliquie poi inviate a Romaalla madre di Valente e di Lauro.

Sìun gesto ardito si imponeva per Lauro: scriverà poi in Storiadella mia morte: “Varrò più da morto che da vivo”.

La determinazione di Lauro ad attuare la sua beffa aerea sirivela anche nel suo rifiuto di tener conto dei consigli di esperti da luiconsultati e che gli dettero un giudizio negativo sulle possibilità di riuscitadell'impresa. Egli aveva pensato ad una rotta aerea Francia-Roma-Corsica comeprogetto più valido. E nel Novembre 1930 egli si consultò circa lafattibilità del volo non solo con lo stesso Bassanesima anche con un pilotaamericanoEric Wilmer Woodche Lauro aveva conosciuto negli Stati Uniti. Laprudente risposta di Wood lo metteva in guardia dall'affrontare il rischiodell'impresa. Secondo Woodil pilota dell'aereo (naturalmente l'amico nonpensava che Lauro lo avrebbe pilotato personalmentedata la sua inesperienza)il pilota - dicevamo - avrebbe dovuto avere almeno 600-800 ore di volo a suocredito (Lauro ne avrà solo sette al momento del decollo)e non meno diduecento ore nell'anno precedente; e per quanto concerne il volo notturno sisarebbe dovuto trattare di uno dei migliori piloti europeicon lunga esperienzadi volo strumentale. Wood consigliava anche - ben conoscendo l'obiettivopolitico del gesto - di prendere il volo durante una giornata caratterizzata daannuvolamenti cumuliformi per poter scomparire e nascondersi dagli eventualiaerei da caccia. E Wood terminava consigliando di usare un aereo “anfibio”Lockheed-Vega oppure un Boeing da cinquecento cavalli.

Ma quegli aerei erano troppo dispendiosi per un esule isolatocome Lauro che dovette perciò ripiegare su un tipo di apparecchio di secondamanoche costava più o meno quanto il velivolo di Bassanesi: 45.000 franchifrancesi. E volle ignorare del tutto il parere negativo (e saggio) dell'amicopilota; come pure i consigli della sua guida spiritualeGaetano Salvemini. Lostorico pugliese era contrario al progetto: per l'altissimo rischiodell'impresadata l'inesperienza di Lauro come aviatorerischio di vedere unaltro esponente della lotta clandestina cadere in un'impresa presumibilmentesterile di risultati politici. Era la stessa posizione di ”Giustizia eLibertà”: e sta qui una delle principali differenze - pur tra varie analogie- fra il volo di Bassanesi e quello di Lauro. Il volo su Milano non fu ilprogetto di un individuo isolato: i migliori nomi dell'antifascismo in esilioda Rosselli a Tarchianilo assistettero nella redazione dei manifestinibendiversi come contenutodall'appello al Re e ai cittadini lanciati nel cielo diRoma. “Giustizia e Libertà” non considerava affatto validoanzi del tuttoinattuale il programma dell' ”Alleanza Nazionale” con il suo proposito diradunare intorno alla monarchia gli elementi liberali e conservatori. (Etuttavia si leggono con commozione le pagine che la stampa clandestina di “GL”dedicò a Lauro dopo la sua scomparsa).

De Bosis proseguì dunque da solo il suo proposito. Preselezioni di volo in Inghilterra. Con l'aiuto di pochi amici riuscì ad acquistareun piccolo velivolo. Concordò con un pilota inglese il trasferimento dell'aereoin Francia; la rotta più breve e più sicuraegli calcolavasarebbe stataquella da Cannes alla Corsicae poi da là su Roma.

Impressionatocome si è dettodal successo di BassanesiLauro riuscì a mettersi in contatto con un collaboratore del pilota lombardoGioacchino Dolciche aveva preso parte al volo su Milano. In precedenza ilgiovane Dolci aveva altresì collaborato all'organizzazione della fuga da Liparidi RosselliLussu e Fausto Nitti. Lauro si recò poi a ispezionare i luoghipiù opportuni per il decollo. In Corsica visitò un'area pianeggiante sullacosta orientale presso la “Ghisonaccia”. Decise anzi che l'aviatore ingleseavrebbe trasferito lui stesso l'aereo (un De Havilland Moth di otto cavallibendiversodunquedal Lockheed di cinquecento cavalli che gli era stato suggeritodall'amico Wood) da Cannes alla Corsica. Lauro lo avrebbe preso in consegna allaGhisonaccia. I manifestini dovevano essere stampati in una tipografia di fiduciaa cura di un altro grande protagonista dell'antifascismo in esiliocon cuiLauro era da tempo in contatto: Don Sturzo.

L'appuntamento col pilota inglese è dunque fissato per l'11Luglio 1931 al campo della Ghisonaccia. Lauro attende ansiosamente l'aereo e ilsuo carico di manifestini.

Ma il pilota sbaglia la manovra d'atterraggioun'ala toccail terrenoil velivolo si spezza. Equel che è peggiosi perdono moltimanifestiniche verranno poi sequestrati dalla polizia francese. Tutto daricominciare. Scriverà poi Salvemini in Memorie di un fuoriuscito. “Occorrevauna forza di volontà sovrumana per ricominciare da capo. Lauro ricominciò”.(Chi scrive ricorda ancoraincredibilmentequel giorno di Luglio 1931. Bambinodi cinque annigiocava sul terrazzo di Piazza di Spagnadove abitava lafamiglia de Bosis. Un terrazzo con vista su tutta Romapieno di fiori“un'isolafelice”. Egli ricorda una sola frase della madre di Lauro: la nonna maternadello scrivente. Le era giunto un telegrammalo lessedisse soltanto: “È inCorsica”. Che cosa voleva dire la parola “Corsica”evidentemente maisentita da quel bambino? E come tanti incisivi eventiquella frase si impresseindelebile nella memoria infantile: forse riallacciandosi al ricordo di uominisconosciuticol cappello in testa anche dentro la nostra casache erano venutiuna certa notte di un anno primaper arrestare i famigliari di Lauro).

Luglio-Ottobre 1931. Pochi mesi di febbrile attività perriorganizzare il volo su Roma. Fra le decisioni da prendere vi è la scelta delperiodo ottimale per la trasvolata notturna. Ma Lauro pensò perfino adun'impresa duplice e simultanea: un altro volo di Bassanesi al Nord congiuntocol volo su Roma. E lo scrisse in segreto ad un amico liberalel'avvocatoFerrariuno dei pochissimi oltre SalveminiSforzaFerlosioDon Sturzoconcui egli era in contatto: “...Capisco che questo (il duplice volo)complicherebbe le cosema si potrebbe all'ultimo momento fissare una data; seuno dei suonatori all'ultimo istante vede che non puòpazienza. Per lavigilanzaormai sanno perfettamente quali erano le mie intenzioni su luogoorapercorso; sicché io credo che più vigilanza di così sia impossibile. Lacosa non mi preoccupa; ma credo che se anche avvenisse un altro concerto a nordprima del mio non pregiudicherebbe le cose a mio riguardo più di quanto losiano ora. Vede: mi tocca farlo quando non c'è lunadalle 20 alle 21. Sicchéo verso il 15 Agostoil ché mi pare un po' prestoo fra il 3 e il 15Settembre”.

Giorni dopo questa letteraLauro s'incontrò con Bassanesiin Svizzera o in Franciae Bassanesi gli prospettò le grandi difficoltà cheLauro avrebbe incontrato per un volo tanto più lungo e difficile del percorsoeffettuato da Bassanesi stessodal Canton Ticino a Milano. Ma cercare dirimuovere Lauroaccumulando difficoltà su difficoltàera tempo perso. “Nondiscutete il problema. Le difficoltà parleranno da sole”così Churchillammonì i suoi collaboratori prima dello sbarco in Normandia (come avrebbesorrisoLaurocon il suo sense of humourdi fronte a certi paragonistorici...).

Sulla preparazionee soprattutto sulla ricerca del secondoapparecchiooccorre lasciare la parola a Franco Fucciche nel suo libro narracon precisione di giornalista e di storico i particolari della vicenda. “...InAgosto e Settembre egli percorre in su e in giù la Germania; mantiene una fittacorrispondenza con i suoi amiciche impazziscono per inseguirlo con la postanei suoi fulminei e continui spostamenti. Èdi volta in voltaa MonacoFriburgoLindaua Garmischa Sciaffusa poi di nuovo a Monaco che è la suabase principale. Il 4 Agosto scrive a La Piana (professore ad Harvard): “...InItalia hanno capito subito che il pilota ero io dallo stile dei fogliettiperché tra questi esuli non ce n'è neppure uno che sia in speaking terms colRe. Salvemini se non altro approva [ma con quali critiche negative einquietudini diffusel'abbiamo detto]ma gli altri preferirebbero vedere ilfascismo continuare per cinquant'anni piuttosto che di vederlo finire conl'aiuto del Re...”.

“Verso la metà di Agosto - è sempre Fucci che scrive -“Lauro ha un contrattempo: un ritardo nella consegna dell'aereoormaiacquistato a Monacoun Klemm con nominativo D-1783. Il velivolo è di unmodello cheper strana combinazionela casa costruttrice ha battezzato “Pegasus”;proprio il nome che Lauro aveva scelto per l'aeroplano - qualunque esso sia -con cui compirà il volo su Roma. Il ritardo gli fa perdere l'ultima sera diAgosto senza luna...”.

Per varie circostanze la stampa dei volantini venneeffettuata vicino a Ginevra e Lauro stesso li recò con sé a Marsiglia da dove- dopo i vari mutamenti di programma e soprattutto dopo l'incidente sul campodella Ghisonaccia - Lauro aveva deciso di decollarenon appena possibileversoRoma.

L'aereo “Pegaso” gli venne effettivamente consegnatoall'aeroporto di Marignane (Marsiglia) la mattina del 3 Ottobre 1931 dai dueaviatori tedeschiex piloti di guerraHans Böhning e Max Rainerdai quali loaveva acquistato all'aeroclub di Monaco per la somma di 45.000 franchi (anchequesto secondo apparecchiosuperfluo dirloera “di occasione”ma incondizioni soddisfacenti).

La notte dal 2 al 3 Ottobreall'Hotel Terminus di MarsigliaLauro scrive Storia della mia morte. Il manoscrittoche egli invieràall'amico Francesco Ferrari a Bruxelles era destinato ad essere pubblicatoincaso di scomparsa dell'autoredal giornale liberale belga “Le Soir”secondo accordi presi con il redattore capo della testataAuguste d'Arsaccheaveva entusiasticamente aderito alla iniziativa anticipando una parte dellasomma. Il liberalismo europeo non conosceva confini: la “buona battaglia” diLauro era condivisa da questo autentico liberale belga. I due aviatori tedeschiavevano ricevuto l'ordinazione del velivolo da Lauroche nascondeva la propriaidentità sotto il nome di William Morris. L'acquisto doveva servire - secondol'acquirente - per un “volo pubblicitario” su Barcellona.

Franco Fucci ricostruisce nel libro su de Bosis le probabilicause della scomparsa del pilota. Insufficienza di carburante per un volo cosìlungo e per una “permanenza” aerea su Roma così prolungataventi contrariche ne rallentarono notevolmente la velocità? Nessuno credette ad uno scontrocon gli aerei da caccia predisposti dal regime. Un anno prima (Luglio 1930)subito dopo il volo di Bassanesiil Capo della Polizia aveva chiesto e ottenutol'intervento dell'aeronauticanegli aeroporti lungo il confine svizzeroperprevenire e respingere “incursioni” come quella effettuata su Milano: “Avvistatol'aereo sospetto ed esperiti gli ordinari mezzi tendenti a ottenere il pacificoatterraggioil capo pattuglia farà una raffica di mitragliatrice a vuoto; seil primo avvertimento risulta inefficaceil capo pattugliacon altra rafficacolpirà l'aereo sospetto in parti non vitali; se anche il secondo avvertimentonon avrà pratici risultatiil capo pattuglia potrà abbatterel'apparecchio(...). Tutta la materiacomunquedovrebb'essere... rigorosamentestudiata sotto il triplice aspetto tecnicogiuridico e di polizia... anche perevitare... equivoci che potrebbero causare incidenti di natura internazionale eper perfezionare... questo primo rudimentale servizio di difesa aerea controincursioni di criminali politici''. Così recita la richiesta ufficiale.

Quel 3 Ottobrecontro l'incursione del nostro “criminalepolitico” gli aerei da caccia ebberotardivamentel'ordine di levarsi involo. Presumibilmentel'aereo “Pegaso” aveva già lasciato il cielo di Romaquando il comandante dell'aeroportoinformato dell'accadutoordinò in tuttafretta il decollo.

A quanto risultò più tardipresero il volo gli aereipilotati dagli ufficiali Aldo PellegriniGuido Bonini e Letterio Cannistracci.Il Maresciallo Italo Balbo - che Lauro nomina nella Storia della mia mortecome “il mio amico Balbo” - conosceva e apprezzava i tre piloti. Essi eranostati accuratamente selezionati per la trasvolata atlantica dall'Italia alBrasile prevista per il 1932. Piloti esperti dunque. E Lauro ricordanel suoultimo scrittoche la velocità deiloro apparecchi era circa il doppio di quella di “Pegaso”.

Ma le ricerche furono vane. Gli aerei da caccia rientrarono aCiampino dopo essersi sospinti sullo specchio d'acqua dell'arcipelago toscanoavolo radente sul mareanche per rintracciare l'eventuale relitto. L'aereo “Pegaso”era scomparso. Anche i tre ufficialianni dopocome accadde all'aviatoresolitariocaddero con i loro aerei. Aldo Pellegrinidivenuto Generale disquadra aereamorì nel Dicembre 1940in un incidente di volo. Il ColonnelloGuido Bonini nel Marzo 1941anche egli per un incidente. Il Colonnello LetterioCannistracci cadde durante la guerra civile spagnola. Il Maresciallo dell'AriaItalo Balbo morì nel 1940abbattuto dall'artiglieria antiaerea italiananelcielo di Tobrukdopo una incursione aerea inglese su quella città.

 

*****

 

“Icaro cadde qui...” Così inizia un sonetto di JacopoSannazaroche Lauro aveva incluso tra le liriche da lui pubblicatenell'antologia The Golden book of Italian Poetry (Oxford University Press1930).

Lauro cadde quinel Tirreno. E a questo punto non ci restache dare la parola ai testimoni del tempo. Primi fra tutti gli “storici di ungiorno solo”ossia i giornalisti che sui quotidiani di tanti Paesi detterosubito notizia del volononché i diplomatici che dall'estero riferirono sullereazioni della stampa locale. Subito dopo citeremo gli esponenti dellaResistenzai compagni d'arme che difendevano dall'esilio una “certa idea”dell'Italiadi un'Italia libera e del suo onore. Di idee e programmi d'azionediverse. “Marciare divisima colpire uniti” ammoniva Salvemini.

 

*****

 

Che la stampa estera si sarebbe subito impossessata dellanotizia del volo del 3 ottobreappariva ovvio alle autorità del regime:bastava raccogliere uno delle centinaia di migliaia di manifestini e il “pezzoera fatto”anche se le congetture e le illazioni sull'autore potevano esserele più svariate. E così infatti scriveva al suo capoun anonimo funzionariodella Pubblica Sicurezzain un “appunto riservato” del 4 Ottobre 1931“annoIX dell'Era fascista”.

 

RISERVATO

Da fonte giornalistica estera:

 

“Nella mattina ho potuto constatare che la notizia del raidcompiuto ieri su Roma dall'aeroplano che ha lanciato manifestini antifascistiè conosciuta da tutti i corrispondenti esteri e devo avvertire che alcuni diessi hanno deciso di lanciarlaquesta sera per telefonoa LondraParigiBerlinomentre gli americani la telegraferebbero.

Il corrispondente dell'Agenzia 'Patt'Coreckimi ha dettoche all'Ambasciata di Polonia il fatto è biasimato e si dice che colui che loha compiuto deve essere un mattosia per il rischio per il quale si è espostosia per il male che produce. Il servizio d'ordine disposto intorno al PalazzoFarnese è considerato come una conferma della supposizione che l'apparecchiosia venuto dalla Corsica. Waringdel 'Daily Telegraph'si esprimeva anche egliin senso ostile ai fuoriuscitiai quali ormai tutti attribuiscono il propositodi tentare qualche nuova impresa con lancio di bombe. Alla Stampa Estera sidiceva stamane che l'apparecchio misterosodi colore biancodi modello diversoda quelli italianivolando a bassissima quota ed a lumi spentisarebbe passatosopra il Vaticanoil Palazzo Veneziala Villa Torlonia ed il Quirinale. APiazza San Silvestro sembrava che stesse per precipitare tanto si era avvicinatoai tetti dei fabbricati. Alcuni corrispondenti non sarebbero disposti atrasmettere la notizia. Ma se altri lo fannotutti si troveranno in questanecessità”.

E infatti tutta la stampa europea pubblicò subito notiziesul “misterioso volo”. Riportiamo qualche titolo. “Un avion mystérieuxlance sur Rome des Tracts politiques” (Ere NouvelleParigi); “Le raidclandestin sur Rome” (Heure); “Les aviateurs allemands dont l'appareilsurvola Rome vont être expulses de France” (Echo de Paris); “Il testamentodi un eroe che va volontariamente alla morte”(Duch Casugiornalececoslovacco); “La legende d'Icare renouvélee (VolontéParigi); “O poetaaviator De Bosis” (O seculoLisbona); “British plane is chased over Rome”(Daily HeraldLondra)quando per un momento si credette che l'aviatore fosseun certo Sir Morriso Mauricecome Lauro aveva fatto credere ai due aviatoritedeschi che lo avevano assistito. “Chi ha bombardato Roma con manifestiniantifascisti?” “Il misterioso 'Sir Morris' o un asso italiano dell'aria?”si chiedeva il 6 Ottobre l'Agenzia Reuter; “Antifascist leaflets addressed toKing” (Manchester Guardian). “Identificato l'uomo che ha 'bombardato' Roma“(Morning Post); “Un titolato inglese in un volo spettacolare su Roma”. “Searchfor Lauro de Bosis” (Manchester Guardian).

Fin nella remota Riga il volo fu seguito come un eccezionaleavvenimento. Il quotidiano in lingua russa “Segodnja”(Oggi) pubblicò lanotizia. A Sofia il giornale “Narod” scriveva: “De Bosis non ha volutorimanere vivo dopo il suo atto eroico per non essere poi trascinato davanti aitribunali come è avvenuto per Bassanesi? “Der Flieger über Rome“scrivela “Kölnishe illustrierte Zeitung”.

E finalmentequando apparve l'intero testo del suotestamento spirituale dal titolo Storia della mia morte su “Le soir”di Bruxelles e poi sul “New York Times”tutta la stampa europeachiaritoil misterodedicò amplissimo spazio all'impresa: “The story of my death”(TimesLondra); ”Die Geschichte meins todes” (Der Abend16 Ottobre 1931);“Il Testamento dell'aviatore della libertà Lauro de Bosis” (Munchen Post20 Ottobre 1931).

Quasi si direbbe che la grande stampa europea scorgesse nelgesto di Lauro una nota “rassicurante”: perché dimostrava che vi eranoancora persone disposte a rischiare la vita per la libertà in pericolononsolo in Italia ma anche in Germaniadovenemmeno due anni dopoHitler sarebbeandato al potere.

Sull'identità dei due aviatori tedeschi che consegnaronol'aereo a Lauroè interessante leggere quanto riferì a Roma il ConsoleGenerale a MonacoGuerrini Maraldi:

 

R. Ministero dell'Interno

Direz. Gen. della P.S.

 

R. Ministero degli Esteri

Ufficio STAMPA

R O M A

 

per conoscenza:R. Ambasciata d'Italia BERLINO

 

Oggetto: Notizie circa volo aviatore sconosciuto su Roma.

 

Riferimento: Telegramma R. Ministero dell'Interno n. 28022del 7 corr.

 

La “München Telegramm Zeitung” del 6 corr. riportava lanotizia che nel volo misterioso compiuto su Roma sabato decorso da ignotoaviatore erano rimasti implicatisebbene involontariamentedue aviatori diquesta cittàil signor Hanz Böhning ed il signor Max Raineri quali avevanopilotato l'apparecchioacquistato dal presunto suddito inglese Morris in questacittàfino a Marignano (Marsiglia).

Nell'intento d'appurare quanto di vero vi fosse in talenotiziami rivolsi subito al signor Heilerex maggiore dell'esercitogermanicoda lungo tempo da me favorevolmente conosciutoora direttoregenerale di questo aeroportoil quale mi fornì le seguenti informazioni:

“Nel decorso Settembrecerto signor Morrisspacciatosiper suddito ingleseche aveva preso alloggio all'Hotel Bayerischer Hof diquesta cittàentrò in trattative con questo aeroclub per l'acquisto di unaeroplano. Gli fu offerto l'apparecchio Klemm D.1783 per il prezzo di 8.000marchiche l'aeroclub aveva poco tempo prima acquistato per la somma di 7.000marchi da una nota fabbrica di aeroplani d'Augusta andata in fallimento. Ilsignor Morris che nel frattempoallo scopo di poter eseguire voli con minorspesasi era fatto socio temporaneo di questo clubsi dimostrò soddisfattodell'apparecchio e senz'altro pagò l'importo richiestogli. Dichiarando inoltreche l'aeroplano gli sarebbe servito a scopo di propaganda commercialepregòche all'apparecchio fosse applicato un migliore sistema di illuminazione ed unospeciale ordigno che gli permettesse il lanciocon maggiore facilitàdifoglietti propagandistici. Ad operazione compiuta l'apparecchio avrebbe dovutoessergli portato a Cannespoiché egli doveva ripartire subito in ferrovia.

Il signor Böhning ed il signor Hans Rainerdietro compensodelle spese da parte del Morrispartirono il 22senonché furono costretti adatterrare a Ginevra per difetto di motore. Ritornarono a Monaco di Bavieradadove ripartirono il 2 Ottobre pilotando l'apparecchio fino a Cannesovel'aeroplano - sempre secondo quanto mi è stato raccontato - fu regolarmenteconsegnato al Morris.

Circa il Böhning ed il Rainergià piloti di guerra edattualmente soci di questo aeroclubho potuto sapere che sembrano personealiene dalla politicapiuttosto interessate a far danari essendo sprovvistiassolutamente di mezzi di fortuna. Il Böhning - mi disse il magg. Heiler - èpersona assai poco benvoluta in questi ambienti aviatori per il suo caratterelitigioso e per la sua indisciplinatezza. Più volte è stato ripreso dal clubper aver eseguito voli senza autorizzazione e senza le carte di bordo in ordine.Nient'altro mi è stato possibile conoscere - anche dietro informazione di altrepersone - circa le loro tendenze politiche. Mi è stato però decisamenteassicurato che i due sunnominati fossero in buona fede e completamenteall'oscuro delle intenzioni del Morris e della sua reale identità. Sembra che idue piloti abbiano ricevuto come compenso duecento marchi.

Non sono riuscito ad appurare se il presunto Morris fosseeffettivamente in possesso di un passaporto inglese intestato a tale nome. Devopresumere però che egli lo fossead evitare che nel corso delle trattative perl'acquisto dell'aeroplano e per poter divenire socio dell'Aeroclubpotesseserichiesto dei suoi precisi documenti personalidestare sospetti.

Unisco alcuni ritagli di giornali nonché tre fotografiechesono riuscito a procurarmi mediante uno stratagemma e che - per ragioniintuibili - sarei a pregare di tenere colla massima riservatezzaevitandone lapubblicazione. Nessun'altra traccia - a quanto mi risulta almeno a tuttora - èstata lasciata dal presunto Morris. Continuo tuttavia colla massima discrezione”.

 

Ben dodici anni dopoin piena guerra mondiale“The TimesLiterary supplement” di Londrain un articolo dedicato agli eroidell'aviazione mondialeda Blériot ai piloti da caccia della battagliad'Inghilterracosì concludeva la sua rievocazione: “Non tutta l'Italia hadimenticato la libertà... Nell'attuale guerra d'idee le frontiere nazionaliesistono solo come distinzioni geografiche. Questa è una guerra civile e la RAFin occasione del suo anniversario può annoverare nella sua ideale brigatainternazionale... un nobile giovane poeta e aviatore italianoLauro de Bosisuno dei primi nella Resistenza alla minaccia contro l'Europache nell'Ottobre1931 partì da Marsiglia in aereo per diffondere parole di libertà su Roma; edi cui nessuno seppe più nulla... Fintanto che la causa della libertàprodurrà uomini di questa tempra che dedicano la loro fede e il loro coraggiocontro l'incommensurabile malvagità dei tirannila liberazione della civiltàe il trionfo della pace sono garantiti. Essi non hanno bisogno dell'aureoladella leggenda per far meditare gli uomini: il nudo resoconto delle loro gestaispira le menti alla risoluzione”.

Così il Timesin piena guerrainclude un italianodi unPaese nemicotra gli eroi dell'aviazione: caduto in difesa della libertàcomei “così pochi” nell'autunno 1940 contro gli aerei nazisti demolitori diCoventry e di Londra.

Aggiungiamotra le ironie della storiache il Comando dellapolizia fascistavenuta a conoscenza di quest'articoloe credendo di capireche Lauro fosse ancora vivodiramò ordini segreti affinché lo si ricercassein patria o all'estero“essendo egli probabilmente emigrato in Inghilterra earruolatosi. nella RAF” (sic).

L'articolo del Times apparve nell'Aprile 1943tre mesi primadella caduta di Mussolini con il concorso del Reche Lauro aveva prefiguratofin dal 1930.

 

 

*****

 

Hanno dunque parlato i giornalisti del mondo occidentale. Maquali furono le reazioni degli amici di Laurodei testimoni a lui piu vicini?L'onore di essere il primo a parlare spetta a Mario Vinciguerrache languiva daun anno in carcere quando Lauro volava su Roma. Mario Vinciguerra “sentì”nel suo spirito che Lauro era accorso in volo anche per testimoniarefino alsupremo sacrificiola sua solidarietà con l'amico di “Allenza Nazionale diLibertà”. Il volo di Pegaso doveva significare al prigionieroa lui e aRendiche Lauro era loro fisicamente e idealmente vicino.

E prigionieroluil'eminente giornalista del “Mondo”lo fu per due volte. Amnistiato dopo otto anni di carcerenel 1938vennenuovamente arrestato insieme alla figlia Claudia allora ventennenel 1943 aMilano: perché Claudia - buon sangue non mente - fu trovata dalla poliziamentre recava stampati antifascisti da Milano a Firenze. Liberati dopo il 25LuglioMario e sua figliainutile dirlocontinuarono la lotta clandestinadurante l'occupazione tedesca. Aveva ragione Lauro quando scrissediVinciguerra e dell'Alleanza Nazionale: “Siamo in pieno Risorgimento”.

Ecco cosa seppe dire Mario Vinciguerra rievocando il suoamico e compagno di lotta:

“Sono diciassette anni come oggi che la più audacepiùgenerosa e più poetica avventura dell'antifascismo si svolsenel vesperocristallino del 3 ottobre 1931col volo di Lauro de Bosis su Roma. Maquell'avvenimentoprima di presentarsi al pubblico internazionale nel suoaspetto poetico e avventurosofu un cocente tormento e un turbinoso drammanello spirito del suo eroe”.

“Questo è stato poco inteso fino adessoper due ragioni:perché in generenel considerare la vita di Lauropersone che gli furonovicine hanno amato soffermarsi su atteggiamenti della prima giovinezzafatalmente influenzata dalle tendenze estetizzanti dannunzianeche dominarono iprimi anni di questo secolo; e perché la politica organizzata dal governoonnipotente fece discendere una cappa di silenzio su tutta l'ultima parte dellavita di Laurorendendo quasi impenetrabili le ragioni che lo determinaronoall'ultimo atto”.

“Il vero è che Lauro de Bosische era stato precocissimosi trovava sulla via di un processo di svolgimento e approfondimento delleideologie carezzate nei primi anniquando si presentarono davanti alla suacoscienzain forma imperativai problemi della vita civicaai quali fino al1924 circaaveva dato poca attenzioneassorbito dalle visioni ed ambizionipoetiche”.

“Fu la grande sorpresa e l'angosciosa rivelazione non soloper luima per tanti suoi coetaneivissuti fino allora come in un cielo disogno”.

“A queste esigenzepolitiche ed etiche insieme - quali glisi presentarono col delitto Matteotti e sue conseguenze - egli rispose secondoil suo temperamentopoetico e cavalleresco”.

“Allontanatosi dall'Italia si recò negli Stati Unitiedivi per un paio d'anni s'illuse di poter fare una propaganda culturale italianafingendo di non conoscere la politica del governo italiano. Ma posizioni diquesto genere sono insostenibili per un'anima retta e leale. Egli tornò inItalia nella primavera del '30deciso a cambiare strada definitivamenteadentrare direttamente nella lotta politica. Egli si era persuaso ormai che unmondo poetico estraneo alla vita sociale è un'astrazione arcadicaun nascostoegoismo o una nascosta viltà; e che dove non c'è libertà di coscienza nonc'è neanche poesia”.

“Con questi convincimenti si gettò nella lottain cuiimpegnò il fuggevolema luminoso resto della sua vitacreando d'incantointorno a sé una atmosfera tra l'inno e il romanzo d'avventurein cui simossero gli amiciche egli attrasse intorno a sé in quei mesi. Colui che èsopravissuto sente il dovere a questo punto di collocare accanto al ricordo diLauro quello di Renzo Rendiche anche lui non è piùdopo avere moltosofferto con alta dignitàsenza pentimenti e senza rinunzie”.

“Cosa si proponeva quel gruppo di amici? Ora è più faciledirlo in sintesiperche Franco Antonicellianimatore della casa editrice DeSilvae che ha creato la collana di memorie storiche della resistenzaintitolata a Leone Ginzburgproprio in questi giorni ha fatto apparire in essai documenti di quell'episodio storico e le ultime fiammanti lettere di Lauroinsieme con le pagine scritte alla vigilia del voloStoria della mia morteche danno il titolo al libro. La genesi della vicenda è lucidamente narratanella prefazione di Gaetano Salvemini”.

“Lauro e gli amici si proponevano non di costituire unaltro partitoma di raccogliere intorno alla bandiera dei diritti civili edelle libertà costituzionali tutti i ceti e gli ordini che potessero esercitareuna azione efficiente”.

“Per dire tutto in poche ed efficaci parolemi avvarrò diquelle di Croceil qualeinterpellatoebbe a dire cheal punto in cuistavano le cosebisognava cercare di raccogliere tutte le forze sulle qualisia pure in via ipoteticasi potesse contare per la liberazione dal fascismo”.

“Facili criticiquando sulla fine del 1930 gli amici diLauro furono travolti in un processoepoco dopoLauro fu inghiottito dalleacquedissero con un sorriso di commiserazione che il progetto di Lauro era pursempre della poesiae che era un sogno pensare di mettere insieme laiciliberali e democraticimilitariaderenti al distrutto Partito popolare edell'Azione Cattolica”.

“Ebbeneguardando a quello che è avvenuto dopobisognadire che la Storia ha avuto il capriccio di dare ragione ai poeti; poichéquando è venuto il momento della stretta finalenella fatale estate del 1943l'unica via d'uscitain quel momentoè stata quella disegnata nel programmadell'Alleanza nazionale; e gli elementi che teoricamente parevano ripugnasserooperarono insiemesotto la spinta della necessità comuneper liberare lastrada dall'immane sassoe ridare via libera al paese”.

 

“Io non so sein quella tragica ora in cui giunse al colpodi statoVittorio Emanuele III abbia pensato al programma dell'Alleanzanazionalee soprattutto all'ultimo disperato appello di Lauro a lui lanciatocoi manifestini dall'aeroplano nell'ottobre 1931. Se ci pensòmi pareimpossibile che un gelo non abbia percorso le sue veneconsiderando quellanobile giovinezza perdutae il troppo tardivo ricorso a quelle idee e progettiche minacciava ormai di sterilità e di rovina la loro attuazione da parte dellaMonarchia”.

“Così quel breve episodio che il governo del tempo crede'di avere annegato nell'oblioriappare ora nelle sue giuste proporzionie nelsuo valore storicooltre che umano”.

Mario Vinciguerra

 

Venti anni dopoSergio Fenoaltea - uno dei più strenuianimatori della lotta di liberazione nella Roma occupata dai nazistie poiAmbasciatore a Washington e Senatore della Repubblica - così scrivevaacutamente sui tre successivi messaggi personali inviati al Re VittorioEmanueleda tre esponenti della Resistenza: Giovanni Amendolapoi Lauro deBosisinfine Carlo Sforza: “...Il messaggio di Lauro era il secondo solenneavvertimento alla monarchia. Il primo fu un celebre articolo di GiovanniAmendolaallora capo dell'opposizione costituzionale al fascismoapparso su'Il Mondo'se ricordiamo esattamentenel 1925. Il giornale fu naturalmentesequestrato: ma nell'articolo si prevedeva il sequestroe si diceva: 'A noiimporta che questo articolo abbia un solo destinatario'. Amendola avvertiva ilsovrano cherinnegando il patto statutario e facendosi complice del fascismola monarchia segnava la propria condanna. Il terzo messaggio al Re fu la letteradi Carlo Sforzadel Giugno 1940 quandonel pieno del trionfo hitlerianoegliavvertì Vittorio Emanuele che firmare la dichiarazione di guerra - di unaguerra chemalgrado tuttole democrazie avrebbero vinto - era firmare ilsuicidio della monarchia sabauda. Fra l'uno e l'altroil sublime avvertimentodi Lauro de Bosische per darlo affrontava la morte”.

Ricordiamo che esattamente cento anni primanel giugno 1831- accennarlo non significa paragonarlo - un altro patriota italianoGiuseppeMazziniindirizzava a Carlo Albertobisavolo di Vittorio Emanuele IIIunmessaggio-avvertimento. La “lettera di un italiano”anch'essa rimastainevasaanch'essa profetica di un “risorgere” della libertà: diciotto annidopo.

Perché Lauro decise di volare su Romacon la minaccia - frale altre - di essere intercettato e abbattuto dagli aerei da caccia di Balbo? Larisposta ce la dà Lauro stesso. L'idea del volo come rivincita e comedimostrazione al regime che la lotta continuava; quell'idea era divenuta per lui“un'ossessione”come il Capo Horn per l'olandese volanteaveva scritto. Epoiperché andare a cercare oggicon il metodo dello psicoanalistai motivireconditi dell'azione eroica di un uomo solo?

Chi spinsevent'anni dopoSolzenitsin a sfidare da solo ilregime dei gulag?

Chiche cosaindusse Luciano Bolisprigioniero dei nazistidurante la resistenza di Genovaa cercare la morte per non cedere alle torturee poi a recidersi le corde vocali “perché non riuscivo a morire”?

Chiche cosa spiega la sfida di Jean Moulin - capo dellaResistenza francese - che chiede una matita ai suoi torturatoriperché nonpuò più parlare dopo i giorni di tormenti continuinon già per scrivere inomi dei colleghi clandestinima per tracciare uno schizzo del capotorturatorerassomigliante a un maialevenendone poi ucciso subito dopo?

Chiche cosa indusse i martiri del Risorgimento a dire “tireminnanz” verso il patibolo?

E perché Pertinievaso dal carcere di Regina Coeli e poilibero dopo l'arrivo degli alleatidecide di passare le linee e tornare interritorio occupato dai tedeschial Nordper continuare la lotta?

Perché Edgardo Sognomedaglia d'orolascia anch'eglil'Italia libera per dirigere al Nord la banda Franchi ed essere catturato dainazisti mentrevestito da SScercava di liberare i capi partigiani?

E infiniti altri eroi - non vi è altro nome che questo -militari e civili rifiutarono la vita per quest'idea d'onoreche “dettadentro” il suo comando implacabile.

Perché i giudici Falcone e Borsellino e tanti altri chesanno tutto sulla mafia e perciò sanno anche di essere condannati a morteperché resistonoperché non si fanno trasferire nelle retrovie? Come Lauroanche loro avrebbero potuto scrivere Storia della mia mortelasciando inbianco solo la data... “Varrò più da morto che da vivo”scrive Lauronello stesso testo in cui si domanda perché nel Risorgimento tanti giovanisceglievano la lotta e la mortementre “oggi sono così pochi”. Forseperché si pensava che il Fascismo fosse un fenomeno passeggero e che l'eternotrasformismo italiano avrebbe finito alla lunga con il mitigarlorenderlodemocratico.

Non è veroegli ammoniva. Il fascismo va preso sul serioper quello che è. E ne prevedeva anche l'avvio ad una politica di riarmo e diaggressione. Non poteva nel '31 prevedere l'insorgere del nazismo. Ma guerre eaggressioni non furono proprio il contrassegno del fascismo e del nazismodal1935 al 1941?

Del resto il suo commento alla condanna fascista diVinciguerra (“è una tragediama la lotta deve continuare con fedeincrollabilefino alla vittoria”) non ricorda forse la sua poesia: “Ciascunmattino sugli azzurri monti...” scritta a vent'anni e che conclude con unanota di incoraggiamento: “cosa t'importa se a soffrir sei tu? Trionfa altroveun'altra gioventù”. Poesia che rievocherà poicommossoil suo maestroGaetano Salvemini.

Severità del dovere. Del dovere fino in fondodel doverecome conseguenza ineluttabile dell'impegno di responsabilità personalenondelegabile a nessuno. L'atto di Lauro è dunque perfettamente coerente alla suapsiche. Uomo di cultura risorgimentale vedeva nel fascismo il tradimentodell'etica e dello Stato risorgimentaleche è libero oltre che indipendente.Scrittori liberali hanno ammonito nei decenni scorsi a non confondere questi duevalori. Fenoaltea citava Cuba e la Romania comunista come Paesi indipendenti sìma non certo liberi. E il Risorgimento aveva dato all'Italia uno Stato-Nazionelibero. Sessantacinque anni dopo non lo era più.

Occorreva dunque rimediare al più presto a questacontraddizione lottando contro un regime che - adoperando le parole di Orwellante litteram - assicurava i giovani che “Nel fascismo è la salvezza dellanostra libertà”. E contro una propaganda che esaltava le “opere del regime”Lauro dimostrò con i fatti il rigoroso monito di Pertini che non si puòparlare di progresso sociale se il prezzo da pagare per conseguirlo è larinuncia alla libertà.

De Bosis - Solzenitsin - Luciano Bolis - Jean Moulin - Palach- chi di loro poteva illudersi che il sacrificio personale di ognuno avrebbeportato alla disfatta della tirannia? Nessuna illusione. Ma un dovere dacompiere comunque: portare testimonianza della propria fiducia nel proprio Paese“che può essere tuo solo se è anche patria di libertà”. La loro vitastessa si identifica con questo dovere. Ecco perché la Storia della miamorte diventa in realtà “La storia della mia vita”. La vita di Lauro siriassume in quel volo verso la morte.

Ma Lauro aveva l'abitudine all”'understatement”: forseper controbilanciare la drammaticità degli autori con cui si era misuratotraducendo “Edipo Re”“Antigone” e scrivendo “Icaro”.Quell'understatement che gli fece dire: “Questo mio gesto dovrà essereconsiderato dai miei connazionali solo come un piccolo atto di spirito civico...”.Poco più che una buona azione da boy scout? Così scrive Lauro nel suo ultimomessaggio.

 

*****

 

Sìlo stato d'animo di Laurodopo la condanna degli amiciVinciguerra e Rendi è di profondo dolorema al tempo stesso di freddadeterminazione a continuare la lotta. Lo dice in una lettera del 20 Gennaio1931: “... quando si è impegnati in battaglial'unica regola è quella dicombattere il più duramente possibile nonostante il dolore e l'infelicità chene derivano... Nell'ultima guerra abbiamo perso seicentomila vite per liberaredue province. Oggi si tratta di liberarne novantatre... Il dolore di una dozzinadi persone vicine a noi è cosa tragicama la causa che abbiamo fatta nostra(non senza successo) coinvolge la felicità di 42 milioni di persone. Il prezzonon appare sproporzionato... Dio sa - prosegue Lauro - la mia angoscia di esserelibero e di non esser stato processato invece degli altri... Sìil dolore deinostri amici è terribile ma quello di milioni di italiani è ancora piùterribile... Il mio cosiddetto ottimismo non deriva certo dal fatto di esseremeno sensibile di altri al dolore dei miei amicilo sa Dio: ma dal fatto diessere immerso nel dolore del Paese. Guardo perciò le cose con gli occhi delsoldato il quale è così intento a dare il meglio di sé nella lotta che nonascolta pienamente il lamento dei suoi compagni caduti o dei suoi cari... Labattaglia è appena iniziata e coloro che sono caduti oggi avranno più grandegloria e felicità domani...”.

Ritorna poi sulla sua assenza da Roma durante il processo deisuoi amici: “... Se tu sapessi il mio tormentola mia invidia. Se fossirimasto a Roma forse sarei apparso da solo al processo e vi avrei fatto unabuona figura. Certo è facile oggi dire quale terribile errore fu lasciare Roma(e nessuno lo rimpiange più di me) ma la gente non sa che era necessario per meandare in Americanon solo per la Società (Italy-Americadi cui eraSegretario esecutivo) ma anche per ottenere un posto senza il quale mi sarebbestato assolutamente impossibile continuare il mio lavoro in Italia... E comunquel'Alleanza Nazionale va avanti... Dunquequando parlo di pace non intendo certoindifferenza nei riguardi del dolore degli altrima guardare al futuro confermezza e fede incrollabili...”.

E più tardisullo stesso tema: “... L'Alleanza Nazionaletrionferàalla fineanche senza di meforse senza che il mio nome vengamenzionatoo menzionato solo per essere condannato... Ma questo mi èperfettamente indifferente: sarà stata una di quelle battaglie perdutema chesolo per averle combattute assicurano la vittoria finale. Che più potreisperare?".

Hanno parlato i testimoni di quei giorni. Di essiil piùillustreGaetano Salveminicosì commentòda par suoil gesto di Lauroanche alla luce del suo credo politicoe dell'influenza esercitata sul giovanepatriota dalle esperienze familiari. Egli scrivevain occasione della primapubblicazione di Storia della mia mortenel 1948citata da Giovanni Spadoliniall'inizio di questo volume.

 

Gaetano Salvemini

su Lauro de Bosis

 

 

Adolfo Lauro de Bosis nacqueultimo di sette figliin Romail 9 dicembre 1901da Adolfo de Bosis e Lillian Vernon.

Il padre fu uomo di nobile cultura e d'alto sentire. Sidebbono a lui versi e saggi critici di vigore e signorilità non comuni.Tradusse stupendamente le LiricheI Cencie il PrometeoLiberato di Shelleyframmenti di Omero e poesie di Walt Whitman. Nellarivista da lui direttaIl Convitoche uscì in dodici fascicoli dalgennaio 1895 al dicembre 1897Carducci pubblicò La Canzone di Legnanod'Annunzio Le vergini delle RoccePascoli alcuni dei suoi miglioriPoemi Conviviali. La sua casa fu convegno a quanto di meglio la intelligenzaitaliana e non italiana contò in Roma fra il 1890 e il 1920: poetipittorimusicistiscienziaticriticigiornalistiuomini politici.

Pubblicando nel 1922 la traduzione del Prometeo Liberatodi Shelleyscrisse nella dedica:

Ed ora a teAdolfo Laurofiglio mio! Pur dedicata a tuamadrequesta traduzione ti appartiene: perché io sono lieto di pubblicarlaunicamente per rendermi a un tuo desiderio. Come si può resistere a una domandalampeggiata dagli occhi tuoi? Tu dunque va e portala ai vivitu giovinetto.

Nel 1924in una nota alla quarta edizione delle sue rime Amoriac Silentiorespinse il rimprovero di aver ceduto “a un certo andazzo dipoesia democratica o socialistica in voga al declinare dell'Ottocento”:

Così avessi fiato pari al mio animo veemente per inalzarepur sempre il mio verso in grido di protesta e d'indignazione contro tutte leinsolenzecontro tutte le iniquitàper la difesa e per la elevazione degliumiliper salutare le fide cittadinanze ideali... che i poeti cercanoconindefettibile animodalle altezze dei loro sogni! Non è questa fede la lampadacommessa alle loro manialla qualesolasi riconoscono? Giungerà ella arischiarare la tenebra?

Morì il 28 agosto 1924dopo crudele malattiacon stoicismoeroico.

La madre di Lauro apparteneva a una famiglia americana diorigine ingleseche dal New England aveva proceduto verso il Middle West altempo dei “pionieri”. Era figlia di un ministro protestante che fondò laChiesa Metodista Episcopale in Italia. Era vissuta in Italia fino dallainfanzia.

La casa paterna fu la migliore scuola di Lauro e contribuìpiù che ogni altra influenza alla formazione della sua vasta coltura e dellasua solida struttura morale. Studiò chimica all'Università di Romadove silaureò nel 1922. Ma la poesiala filosofia e la critica letteraria erano lesue vere passioni. Era buon grecista. La sua traduzione dell'Edipo Re diSofocle fu rappresentata nel 1923 allo Stadio del Palatinoe l'anno seguente fudata alle stampe.

Gli anni formativi della sua adolescenza videro la primaguerra mondiale (1914-1918) e quella crisi di smarrimento che aprì la via altrionfo di Mussolini (1919-1921). Lauro seguì con simpatia la prima fase delmovimento fascista. La città di Romain cui vivevaera immune dalle formepiù bestiali del fascismoi giornali non ne parlavano o attribuivano tutte leresponsabilità ai “sovversivi”ed era facile a un giovane inesperto nonvedere nel fascismo che un risveglio del sentimento nazionale offeso. Ma nonprese mai parte attiva in quel movimento. La politica non lo interessava. Glistudi lo assorbivano intero. D'Annunzio era allora l'idolo della gioventù.Lauro ne subì la influenza. Quando se ne liberòsoleva dire di quello chechiamava il “cimurro dannunziano”: “Ce lo leveremo d'addossoma ci vuoletempo”.

Sempre in quegli anni ebbe qualche accenno di curiositàpiù che di federeligiosa. Ma ben presto cessò in lui anche quellacuriosità. Si sentì parte di un “ordine cosmico” nel quale la vita dovevaessere accettata con tutti i suoi conflittii suoi dolorile sue gioie. Questavisione del mondodella vita e dell'umano destino è consegnata in una poesiache fu ritrovata nelle sue carte dopo la sua mortee che a me sembra assaibella:

 

Ciascun mattino sugli azzurri monti

Ebbre di luce balzano le aurore.

Ciascun mattino i marii laghii fonti

Rispecchiano il novissimo splendore.

 

Ciascun mattino mille vivi cuori

S'empion di gioia alla novella luce.

Ciascun mattino nuova forza adduce

Novelli canti e più novelli amori.

 

Dunquefanciullosta sereno e pensa

Che i tuoi tormenti e la tua gioia frale

Son le pallide note di un'immensa

Sinfonia che trascende il bene e il male.

 

Indifferente alle tue poche pene

La Natura prosegue il suo cammino.

Canta la sera e canta sul mattino

E in un inno compone il male e il bene.

 

Ascoltaascolta il suo canoro andare

Piaciti di sue note or bianche or nere

Gli uomini sono i flutti del suo mare

La tristezza è sorella del piacere.

 

Cosa t'importa se a soffrir sei tu?

Trionfa altrove un'altra gioventù.

 

In politica era “liberale” come Crocenel senso che laparola aveva allora in Italiacioè era un conservatore dell'Italia quale erastata creata dal Risorgimento. Accettava i diritti personali e politici deicittadini e le istituzioni rappresentative e la indipendenza del governosecolare della Chiesa. Nell'atmosfera di un regime libero tutte le riforme etrasformazioni politiche e sociali erano accettabilipurché volute dallamaggioranza e promosse per vie legali.

Croce prese posizione netta contro il fascismo solo nel 1925dopo che Mussolini “era andato troppo avanti”demolendo ogni reliquia dellelibertà costituzionali italiane. Lauro stessonel 1931nella prefazioneall'opuscolo sulla “Alleanza Nazionale”indicò il 1925 come l'anno criticodella politica italiana.

Alla fine del 1924 - a ventitrè anni - chiamato dallasocietà “Italia-America” di New Yorkvisitò per la prima volta gli StatiUniti e vi fece conferenze su soggetti di letteraturastoria e filosofia.Parlava correttamente l'ingleseera attraentedi maniere semplici e raffinate.Ebbe un grande successo. D'allora in poi passò sempre parte del tempo inAmerica. Nell'estate del 1926 insegnò lingua e letteratura italiana nel corsoestivo di Harvard. In quegli anni pubblicò in forma abbreviata la traduzionedell'opera famosa di J. G. FrazerIl Ramo d'orosulla magia e religionedei popoli primitivi (1925); e poi le traduzioni de La vita privata di Elenadi Troia di J. Erskine (1928) e di Il ponte di San Luis Rey di T.Wilder (1929).

Negli Stati Unitimeglio che se fosse vissuto in ItaliaLauro non poteva non aprire gli occhi al significato di quanto avveniva inItalia. Gli scritti più seri che si pubblicavano in America sull'Italiae leconversazioni con persone assennate e moralmente integre gli rivelavano che ilfascismo invece di essere unanimemente ammirato fuori d'Italiacome si facevacredere alla ignara gioventù italianaera oggetto di disprezzo quando nonfaceva ridere.

La traduzione dell'Antigone di Sofoclepubblicata nel1927è in lui il primo indice del passaggio all'antifascismo militante.Antigoneche Lauro ha prescelto per il suo lavorovìola la legge scritta perobbedire al comando della legge morale.

Al 1927 appartiene anche Icarola sola completa operapoetica che rimanga di lui. Nessuna influenza dannunziana in questo poema.Nessuna traccia del provincialismo sgonfionevolgare e selvaggioche dominavanel pensiero fascista allora. Lauro ha definitivamente scelto la sua fede e laproclama senza veli.

Icaro e suo padreDedalosono schiavi di Minosse. Dedalo hascoperto il ferroe con questo assicura a Minosse la dominazione del mondo. Èil tecnico che bada solo alla sua arte. Vive in solitudinenon ha fede negliuominivorrebbe uscire di schiavitùma non pensa che a se stesso: “che soio di tiranni e libertà?” Icaro è il poeta che sogna un mondo nuovo diuomini liberi ed egualie intende operare per raggiungerlo. La spadache suopadre ha regalata al tirannoegli avrebbe voluto brandirla per liberare ilpopolo.

Dedalo costruisce le ali per volare: lui e suo figliopotranno sfuggire alla servitù e tornare liberi nella loro patria. Icaro ha unamira più vasta:

 

Il nuovo

mondo che sorge senza ceppi e senza

vincoli di muraglie e di frontiere

uno ed uguale per gli ugualilibero

per i liberiche accerchia le diverse

gentisfatte dall'odioin una sola

 

azzurra patrialuminosa e immensa:

il cieloo Fedrail cieloecco il mio regno!

 

- E se si frangon l'ale?

- Quando si corre a un buon cimentosfuma

ogni labile aspetto de la vita

e più non v'è che un demone e una meta.

 

Minosse scopre che Dedalo e Icaro pensano di fuggire volando;fa mettere nei ferri Dedaloe ordina che Icaro sia gettato nell'antro deileoni. Fedrafiglia di Minosseimpetra ed ottiene la grazia per Dedalo e perIcaroche essa ama riamata. Ma Icaro non accetta il donose prima non proveràla scoperta paterna.

 

Giovine

sai tu il rischio che corri?

- Tutto il fascino è questo.

 

- E se cadrai?

Tu non temi la morte?

- Non mi tocca.

Finché c'è vita si combatte; e poi...

pace! Il mio fatoquale siaio voglio!

 

Dedalo nel momento in cui il figlio si accinge all'impresa sisente preso dall'angoscia:

 

- Figlio

figlio valente ed animosoquanto

avrei con te dividere voluto

il rischio! Insieme non sarebbe stato

nulla. Ma ora da tuo padre forse

avrai avuto insieme con l'immensa

gloria la morte. E sarò stato io...

- De la gloria e del rischio parimente

grazie ti rendopoi che l'unapadre

nulla sarebbe senza l'altro. Bella

anche di più la gloria se fiorisca

su la morte.

 

In una lettera dell'inverno 1931Lauro accennò all'originedel suo poema:

Perché ho scritto Icaro? Chi lo sa? Fu in un momentopiuttosto eccezionale. La mamma mi suggerì l'idea di prendere come soggetto Icarus.Questa le era venuta mentre leggeva un sonetto francese su Icaro del secolodecimosesto... Poi c'era stato propria allora il volo di Lindbergh. E c'era lamemoria di mio fratello che morì a ventitre anni cadendo nel mare come Icaro.Le parole di Erigone nel quinto atto sono veramente quelle della mamma allora.Per diverso tempo avevo desiderato scrivere una tragedia lirica per glorificareil progressol'élan vitalnella sua forma individuale ed eroica. Ilmito di Icaro è quello che incorporapiù di qualunque altrolo spiritod'oggi. Eppure non era mai stato messo in una tragedia. Lo scrissi indiciotto sere.

Ecco il sonetto di Philippe Desportes:

 

ICARE est cheut icyle jeune audacieux

Qui pour voler au ciel eut assez de courage;

Icy tomba son corps dégarni de plumage

Laissant tous braves coeurs de sa chute envieux. Obienheureux travail d'un esprit glorieux

Qui tire un si grand gain d'un si petit dommage; Obienheureux malheur plein de tant d'avantageQu'il rende le vaincu des ansvictorieux!

Un chemin si nouveau n'estonna sa jeunesse.

Le pouvoir lui faillit mais non la hardiesse

Il eust pour le brûler des astres le plus beau.

Il mourut poursuivant une haute adventure

Le ciel fut son désirla mer sa sépulture

Est il plus beau desseinou plus riche tombeau?

 

È curioso notare che il sonetto di Desportes è latraduzione di un sonetto di Sannazaroche Lauro doveva poi riprodurre nel GoldenBook of Italian Poetry. Ma più che dal poeta francesepiù che dal poetaitalianopiù che dalla memoria di suo fratello ValenteLauro trasse laispirazione dalle convinzioni morali e politiche a cui aveva oramai dedicato ilsuo cuore. Naturalmente l'uomo non deve essere giudicato su quanto scrisse aventisei anni. C'erano in lui ben altre possibilità spezzate dalla morte.

Nell'estate del 1928 gli fu offerto l'ufficio di segretariodella società “Italia-America” negli Stati Uniti. Questa organizzazionesorta nel 1920 per promuovere le buone relazioni fra i due paesisi era cosìcambiata a poco a poco dopo il 1923 che era diventata organo di propagandafascista. Dapprima Lauro rifiutò.

Non potevo accettare - scrisse nell'agosto del 1928 a personaamica - senza fare un compromesso colla mia coscienza e tradire i mieiprincipî. Nella conferma ufficiale dell'offerta affermano che l'ufficio èassolutamente apolitico. Ma è ovvio che l'ufficio rende necessitàun'attitudine favorevole al fascismo e che non è possibile sfuggire all'obbligodi diventare strumento di propaganda fascista. Forse non si resero conto diquesto fatto e credono di potere tenersi fuori dalla politica. Ma al punto a cuisiamo arrivatinulla rimane in Italia che sia apoliticoe per quanti sforzi sifaccianonon è possibile rimanere neutrali. Eppoi la mia nomina avrebbe dovutoessere “convalidata” da Mussolini. Certo lui l'avrebbe passata pensando cheio sono ancora favorevole al fascismo. Ma io non avrei potuto accettare sapendoche egli avrebbe rifiutato il consenso se avesse conosciuto la mia fede. Sarebbestato disonesto approfittare della sua ignoranza sul mio cambiamento per escamoterda lui un favore.

Ma tutti gli amici insistevano che accettasse. ChesterAldrichche era diventato allora presidente della società “Italia-America”ed era generoso amico dell'Italia e liberale sincerogli garantì che avrebbedovuto fare solamente opera di cultura disinteressata. Si arrese. E in veritànei due anni in cui egli occupò l'ufficiola Società tenne una condottaonesta e dignitosa. Ma si sentiva a disagio. La ripugnanza contro il fascismocresceva. Ripeteva spesso a se stesso e agli amici che non era lecito starseneinerti innanzi a tale disastro morale. Bisognava far qualcosa. Ma che cosa?

Nella primavera del 1929quando ci incontrammo per la primavolta in New Yorkegli mi domandò che cosa avrei io pensato se un aeroplanoavesse volato su Roma esortando gl'italiani a mettere fine alla loro schiavitùe vergogna. Io gli risposi che se fosse stato possibile avrei applaudito ditutto cuore. “È possibile”egli replicò“un aviatore inglesemioamicomi assicura che è possibile”. Icaro aveva cominciato a prendererealtà nel suo spirito.

Nel 1930 pubblicò Icaro e la traduzione del PrometeoIncatenato di Eschiloe preparò il Golden Book of Italian Poetry(che doveva uscir postumo nel 1932). I fascisti non capirono quello che Antigonee Icaro e Prometeo insegnavano. Credevano che Lauro fosse uno dei loroe questodoveva bastare. Eppoi Icaro aveva ottenuto il premio olimpico dellapoesia nella gara internazionale di Amsterdam nel 1928. Quel “bravo giovane sifaceva onore”. PassidunqueIcaro. Possono i libri di poesia esserepericolosi per chi comanda centinaia di migliaia di armati?

Lauro andava ripetendosi che qualche cosa bisognava fare.Nell'estate di quell'annotornato dagli Stati Uniti per le vacanzeiniziòsotto il nome di “Alleanza Nazionale” un lavoro di propaganda clandestina.Fra il giugno e l'ottobrecompose otto fogliettili ciclostilò in seicentocopie e li impostò lui stessoviaggiando sotto il naso delle spiedall'unaall'altra città dell'Italia settentrionale. Egli si rivolgeva al Rericordandogli il suo dovere di tener fede al giuramento di re costituzionale.Non vi era nelle circolari dell'“Alleanza Nazionale” una sola parola cheeccitasse ad azioni illegali o rivoluzionarie. I lettori erano invitati “sevolevano rimanere in pace con la loro coscienza” a “non lasciare alle forzesovversive il monopolio della lotta contro il fascismo”. Se gli uomini dibuona volontà non promuovevano essi il ritorno alle pratiche della monarchiacostituzionalei comunisti avrebbero preso l'iniziativa. Gli italiani dovevanoguardarsi bene dall'aderire ai movimenti antimonarchici e anticlericali.Mussolini era ben contento di mostrare al Quirinale e al Vaticano che la solaalternativa al fascismo era una rivoluzione contro la monarchia e contro laChiesa. Il Re aveva l'esercito e non era possibile mettersi contro l'esercito.Il Papa aveva con sé l'Azione Cattolica. Quando la crisi fosse sopravvenutaesercito e Azione Cattolica si sarebbero associati non solo contro il fascismoma anche contro ogni pericolo estremista. L'“Alleanza Nazionale” intendevaservire come terreno d'intesa per chiunque volesse combattere il fascismostringendosi intorno al Quirinale e al Vaticano.

Oggi si può rivelare che Lauro non si mise alla ventura“Oraziosol contro Toscana tutta”. Alcuni uomini maturifra cui uno che oggi èmortoil Duca di Cesaròlo incoraggiarono. Anche Croce guardò con simpatiail tentativoed ebbe a dire cheal punto a cui stavano le cosebisognavacercare di raccogliere tutte le forze sulle qualisia pure in linea ipoteticasi potesse contare per la liberazione dal fascismo. Umberto Zanotti Biancoaderì con entusiasmo e prestò ogni aiuto all'impresae così Romolo Ferlosioraro esempio di banchiere idealista. E poiché l' “Alleanza” si proponeva dipenetrare anche negli ambienti cattolicifu cercato e trovato un favoreggiatoreanche da questo latonella persona di padre Enrico RosaS. J.tra i piùdistinti collaboratori della Civiltà cattolicae uno dei pochiecclesiastici del tempo più sinceramente riluttante al compromessovaticano-fascistada cui non presagiva nulla di bene per la Chiesa. Egli usòdi fidate amicizie per divulgare discretamente i fogli dell' “Alleanza” inmezzo all'Azione cattolica.

Quale diffusione ebbero i fogli di Lauro? Quanti di essifurono intercettati dalla censura postale? Quanti arrivarono a destinazione?Quanti furono distrutti per paura? Quanti ridattilografati o riciclostilati erimessi in circolazione? Nessuno lo saprà mai.

Dalle lettere di Lauro a Francesco Luigi Ferrari e a merisulta chiaro che Lauro era sì monarchicoma nel senso tradizionale che èpiuttosto il senso inglese: “un re ci vuolema bisogna che sappia fare il suomestierese no lo mandiamo via”. Nel 1931 salutò con gioia la nascita dellarepubblica spagnola. Quanto alla monarchia di Savoiadopo il 1922e piùancora dopo il 1924egli non s'illudevae riconosceva che essa era venuta menoa specifici doveri statutari. Masul piano politicoche cosa era piùconveniente fare? La monarchia esisteva di fattoe possedeva nell'esercito unaforza propria. Le forze antifasciste in Italia non potevano prevalereseminacciavano non solo Mussolini ma anche il Ree così spingevano il Re el'esercito a stringersi con Mussolini. Era più pratico - Lauro pensava -utilizzare la monarchia e l'esercito nell'intento di restaurare il regime dilibertà in Italia. Nel clima di libertà ristabilito dopo la caduta del regimefascistaciascun partito politico avrebbe ripreso la sua funzione. Chi avesseavuto miglior filo avrebbe tessuto miglior tela. E se la maggioranza del paeseavesse voluto la repubblicaperché non una repubblica anche in Italia?

Quanto al VaticanoLauro viveva nella atmosfera delRisorgimento italiano. Il cattolicesimo era per lui una delle religioniprimitive da lui studiate nell'opera di Frazer. La distinzione crociana frafilosofia (religione superata) e religione (filosofia cristallizzata) gliconsentiva di trattare la religione come una realtà da tenere in conto. Il Papaesisteva in Italia come il Re. Non era un idealemacome Lauro usava direerauna forzaera un interessee doveva essere uno strumento da utilizzare in unalotta contro il fascismoche altrimenti sarebbe stata senza speranza.

Nella primavera di quell'anno Lauro aveva conosciuto MarioVinciguerrae ben presto una cordiale amicizia s'era stretta tra loro. Quandosi risolse ad intraprendere la propaganda dell' “Alleanza nazionale”siconfidò con luie ne ebbe immediata promessa di appoggio. Finché egli rimasea Romaperòtenne per sé la parte più pesante e rischiosa del lavorocioèla tiratura delle copie mediante un ciclostile e la loro impostazione. Eglisapeva che Vinciguerragià arrestato due anni prima per alcuni mesierasorvegliato dalla poliziae il suo animo generoso non lo avrebbe mai indotto amettere l'amico in una situazione molto pericolosa (naturalmente una percentualedi pericolo spettava a chiunque volesse fare dell'antifascismo sul serio). Manell'ottobre gli fu necessario ritornare negli Stati Uniti per alcune settimane.Intendeva dimettersi da segretario della società “Italia-America” e poiritornare e rimanere in Italia. Doveva fare le consegne dell'ufficio al suosuccessore. Sperava anche di ottenere dalla “Lega per l'educazioneinternazionale” l'ufficio di rappresentarla in Italia. Con un incarico di quelgenere avrebbe potuto viaggiare spessomettersi a contatto con molte personecolte nelle diverse parti d'Italiaestendere la propria influenza e attività.

Egliche era leale e candido come un fanciullodovevadissimulare se voleva operare. Chi vive in un paese libero trova difficilecomprendere e approvare siffatti sotterfugi. Questo è il delitto più orribiledei regimi dispotici: costringono quanti vogliono rivendicare per il propriopopolo i diritti di libertà a mascherare opinioni e attivitàa servirsi dellastampa clandestinaa vivere due vite contraddittorieuna vita pubblica e unavita segretasacrificando i doveri della verità al diritto della resistenzapolitica. Perfino i caratteri più onesti ed aperti sono trascinati a servirsidi metodiche in regime di libertà sarebbero essi i primi a condannare.Messosi su questa strada pericolosaLauro commise un errore di cui doveva benpresto subire le conseguenze amare. Per ottenere l'incarico della “Lega perl'educazione internazionale” scrisse all'ambasciatore italiano a Washingtonuna lettera in cui protestava fedeltà al regime. Sperava così di lavorare inItalia con maggiore sicurezza per sé e per le sue idee.

Prima della partenza de Bosisdi CesaròVinciguerraFerlosioZanotti Bianco si misero d'accordo sul modo di continuare l'impresadurante la breve assenza dell'amico e promotore. La compilazione dei fogliettisarebbe avvenuta su per giù come era proceduta fino alloracioè medianteun'amichevole collaborazione in massima parte tra LauroVinciguerra e Ferlosio(per la parte finanziaria). Lauroa questo scopolasciava una buona messe diappunti e prometteva di far pervenire in modo sicuro dall'estero altromateriale. Si trattava di superare le altre maggiori difficoltà riguardanti illavoro al ciclostile e la diffusione. Su quest'ultimo puntodi Cesarò eZanotti Bianco offrirono la loro operae infatti si prodigarono; per l'altrode Bosis e Vinciguerra pensarono di avvalersi di un giovane pubblicistalaborioso e serioRenzo Rendiche sul finire di settembre s'era accostato adessi con sincero desiderio di collaboraree della signorina Maria Cardoninella quale giustamente il Ferlosio riponeva ogni fiducia.

Lauro partì dagli Stati Uniti per Roma alla fine dinovembre. Quando il piroscafo era prossimo all'Inghilterraricevette da unamico attraverso il telegrafo la notizia che sua madretre altre persone dellafamiglia e i suoi due amici Vinciguerra e Rendi erano stati arrestati.

Il suo primo impulso fu di continuare nel viaggioandare aRomae farsi arrestare. Mentre a Londra si dibatteva in angosciose incertezzefu chiamato d'urgenza a Berna dall'amico Ferlosioil qualedisponendo delpassaporto ed essendo insospettatoin seguito a preghiera della famiglia deBosiss'era messo subito in viaggio per la Svizzera. Da lui Lauro potéapprendere più ampie notizie sull'avvenimento. Tanto Ferlosioa nome dellafamigliaquanto altri amici di Londradi Parigidi Svizzera furono concordinel dissuaderlo dal primo proposito. Andando in Italia egli non avrebbe salvatoné sua madre né i suoi amicied avrebbe perduto se stesso. Il dovere delsoldato che vede cadere al suo fianco i suoi compagniè di continuare nellalotta e non quello di rendersi prigioniero. Lauro doveva dimostrare la suasolidarietà con la madre e gli amici continuando la loro battaglia e nonlasciandosi murare con essi nella stessa galera.

Una serie di circostanze avverse aveva portato all'arresto diVinciguerra. In provincia di Verona era avvenutocirca due mesi primal'arresto di alcuni diffonditori delle circolari. Da qualche scritto e dagliinterrogatori la polizia fu portata a rivolgere la sua attenzione sugliantifascisti di Roma. Malgrado questoe checché si sia potuto dire in altrosensoessa non era riuscita ad individuare nessuno. L'arresto di Vinciguerraavvenne per un caso disgraziatodopo che egli aveva imbucato alcune circolari;futili circostanze provocarono quello di Rendi eimmediatamente dopodellasignora de Bosis. La polizia perquisì minutamente l'appartamento dei de Bosise scoprì la macchina da ciclostilare. La signora de Bosis non si era maiinteressata di politica. In assenza di Lauro aveva ciclostilato una delle suecircolariper affetto materno più che per determinata adesione alle sue idee.Non si perde' d'animo al momento dell'arresto. Il delegato che l'arrestò ledomandò cortesemente: “Signoraperché ha fatto così?”

E leiricordando che poco tempo prima Mussolini avevaparlato del popolo italiano come di “quaranta milioni di buone pecore italiane”che davano al governo la loro lanarispose: “Perché non sono una pecora”.

Chi si trova solo in carcere per la prima volta e non è undelinquente di professioneva soggetto alle esaltazioni e allucinazioni piùinaspettateanche se ha un carattere di ferro. La Signora de Bosis avevasessantasei anni ed era malata. Quattro guardie rimanevano giorno e notte nellasua stanza alla infermeria. Tre persone della sua famiglia erano state arrestatecome lei e trattenute per due giorni.

Le lasciarono vedere Rendi e Vinciguerra il secondo giornoma non poté parlare con loro. Se non si fosse sottomessase non avessepromesso di non far più nulla in futuro contro il fascismoi suoi altri figliavrebbero pagato insieme a lei la pena; le loro carriere sarebbero statespezzate - così le diceva l'avvocato che la consigliava.

Si aspettava di essere mandata al confino ed era pronta adaccettare la pena. Ma dopo avere cercato di assistere uno dei suoi figlidovevaora evitare che gli altri fossero danneggiati dalla propria azione. Anche acosto di spergiurare doveva fare il possibile per salvarli. La sua animaapparteneva a leie non le importava quel che la gente avrebbe dettoammessoche la gente volesse interessarsi proprio di lei.

In questi pensieri era confortata dai suggerimentidell'avvocato sceltole dai familiari. Alla fine fra costorol'avvocato e laprigioniera si giunse d'accordo alla decisione di piegarsi alla dura condizioneofferta con modi insinuanti dal governoche la signora scrivesse una lettera disottomissione personale a Mussolini. Questa era prospettata dagli organigovernativi come una soluzione bonariaconfidenziale di una vertenzaincresciosa per entrambe le parti. Purtroppo si die' fede a quelle lusinghe. Lasignora de Bosis non pensò mai che una lettera scritta da lei potesse essereusata contro il figlio assente. La lettera sarebbe rimasta un segreto fra ilDuce generoso e lei. Perché rifiutarsi a un passo così necessario alla interafamigliainnocuo per tuttinaturale per una madre? La donna infelice scrissela lettera. (Questo non evitò che da allora in poi i suoi figli in Italiafossero sempre tenuti d'occhio e spesso disturbati).

Il 22 dicembre ebbe luogo il processo innanzi al Tribunalespeciale per la difesa dello Stato. Vinciguerra e Rendi tennero un contegnodignitoso. Accettarono la propria responsabilitàma protestarono di non avermai esortato alla violenza. Questa era la pura verità. La signora de Bosisammise di avere ciclostilato un foglio dell' “Alleanza nazionale”. Con suagrande sorpresa e costernazione a questo punto fu letta la sua lettera aMussolini. Ogni via di scampo le era intercettata.

Alla fine venne il colpo di scena più clamoroso. Fu lettasolennemente la lettera di Lauro nell'ottobre all'ambasciatore fascista aWashington.

Ottenuto lo scopo di demolire moralmente l'assenteilTribunale assolvette la signora de Bosische come cittadina americana eraprotetta dalla opinione pubblica del suo paesee una condanna avrebbe fattoscandalo. Quanto a Vinciguerra e Rendila stessa legge fascista non condannava“la propaganda delle dottrineprogrammi e metodi tradizionalmente riguardaticome compatibili con la costituzione politica ed economica dello Stato”.Tutt'al più i due accusati avrebbero dovuto essere condannati per avere violatola legge che vietava le pubblicazioni clandestine e quella che proteggeva dallecritiche la persona di Mussolini. I giudiciinveceli condannarono a quindicianni di reclusione. Una persona accusata di aver ciclostilato le circolari fucondannata a tre anni. Altri tre accusati che avevano fatto lo stessomaespressero la loro ammirazione per il Ducefurono assolti. Insomma i giudicidistribuirono a capriccio condanne e assoluzioni. Condannarono a pene ferociquegli accusati che non fecero atto di contrizionee assolvettero quelli cheavevano fatto pace con il regime. Non fu osservata né la lettera né lo spiritodi nessuna legge. Il fascismo era fatto così.

I pennivendoli italiani e non italiani fecero il restogareggiando a gettare il ridicolo sui condannati e il fango sull'assente. Chipiù si segnalò in questa opera abbiettafu il corrispondente del New YorkTimesArnaldo Cortesi.

Una prima notizia delle condannema non del modo come ilprocesso si era svoltoarrivò a de Bosis in Parigi la mattina del 23 dicembre.Ne fu turbatissimo. Sarebbe stato assai più sereno se avesse condiviso la sortedei suoi amicianzi fosse stato condannato a una pena maggiore! Ad ogni modoil processo aveva fatto conoscere all'Italia e al mondo l'esistenza dell' “Alleanzanazionale”. Questa avrebbe ora allargato la sua azione. Niente era perduto.Dall'estero egli avrebbe ripreso il lavoro.

Il giorno dopole corrispondenze dei giornali francesiincui il pubblico dibattimento era descritto in modo da aggravare iniquamente laposizione morale della signora de Bosis e dell'assentee poi le infamie deigiornali italiani lo annientarono. La sua azione politica minacciava di essereparalizzata. Come avrebbe potuto respingere efficacemente il rimprovero digodersi la libertàmentre i due amici suoi erano sepolti vivi?

Adorava sua madre. Quando conobbe le circostanze in cui avevascritto la lettera a Mussolinicomprese e giustificò il suo smarrimento. Macome far accettare il proprio giudizio agli estranei e agli ignari?

Furono mesi di tragico muto dolore. Nessuno più rispondevadall'Italia ai suoi appelli. La certezza che il lavoro dell' “Alleanzanazionale” fosse continuato in Italia da altriunico possibile conforto alsuo cuoresvaniva. Sfuggì alla disperazione perché un'idea cominciò adominare nel suo spirito. Egli doveva testimoniare la propria fede affrontandoun pericolo mortale. Doveva volare nel cielo di Roma in un aeroplano da cuicadessero manifestini per esortare il Re e il popolo d'Italia ad ascoltare lavoce dell'onore e del dovere. Confortatarafforzata da questa ideala suafibra giovanile superò la prova di quell'inverno terribile. Il suo carattere neuscì ritemprato e più forte.

Tradusse in inglese e pubblicò nell'opuscolo The “Alleanzanazionale”: documents of the Second Italian Risorgimento (ParisImprimerie Vendôme338Rue Sant-Honoré; MXCXXXI) i manifesti dell' “Alleanzanazionale”per dimostrare quanto ingiusta e illegale era stata la condannainflitta ai suoi due amici.

Viveva a Parigi solitario. Fra gli emigrati non ve n'era unosolo che approvasse le sue idee sul Re e sul Papa. Parecchi ne diffidavano.Vedeva solamente qualche inglese e americanoi Nittiamici di famiglia - eralegato specialmente alla Luigia Nittigiovane di eccezionale ingegno e angelicocuore - e me. Si teneva a contatto per lettera con Don Sturzoche viveva aLondra; con Francesco Luigi Ferrariun altro cattolico di bella intelligenza edi bel carattereche aveva dovuto evadere dall'Italia e viveva a Bruxellesecol conte Carlo Sforzache dimorava anche lui a Bruxelles e di tanto in tantopassava per Parigi.

L'idea di presentarsi a Roma e farsi condannare affioravaspesso nel suo spirito. Lo sconsigliai tenacemente. Si togliesse dalla testa dipoter sfidare un processo pubblico. I giornalisti italiani e non italianiasserviti a Mussolini avrebbero falsificato le sue parole e fatto scempio delsuo onoreancora una volta. Probabilmente non sarebbe neanche stato portato alpubblico dibattimento. Appena arrivato a Romasarebbe sparito senza lasciartraccia di sé.

Naturalmente discutevamo sulla monarchia e sul Vaticanoediscutevamo a perdita di fiato. Il dissenso politico era sul metodo più chesulla sostanza. Lauro era giunto alla conclusione che in ultima istanza unarepubblica era diventata oramai inevitabile in Italiama per il passaggio daldispotismo fascista alla repubblica riteneva probabilmente necessaria la faseintermedia di una monarchia costituzionalegrazie alla quale il paese avesse unminimo di libertàche gli permettesse di cercare a ragion veduta la suastrada. Un rovesciamento del regime fascista non poteva avvenire senza lacooperazione della monarchia e dell'esercito. Secondo meLauro perdeva il suotempo quando eccitava il Re a restaurare le istituzioni libere. L'uomo eratroppo scettico e vile per prendere una iniziativa di quel genere. Nel 1925aveva lasciato che i fascisti bastonassero a morte uno dei suoi fedeliGiovanniAmendola. Aveva lasciato ora che due monarchiciVinciguerra e Rendifosserocondannati a quindici anni di galera. Perché sciupare energie preziose su unavia senza uscita? Quanto al Papa e alla Azione cattolicanon erano essi chesostenevano Mussolini in Italia. Era Mussolini che li proteggeva quando facevanoquel che voleva luie li minacciava quando non obbedivano. In compenso deiprivilegi che ottenevano in Italiafacevano la “propaganda” di Mussoliniall'estero. Finché la dittatura fascista fosse rimasta salda sulle sue basiilPapa sarebbe rimasto buon amico di Mussolini insieme al Re. Dopo che ladittatura fascista fosse andata in rovinache bisogno ci sarebbe più stato diesortare tanto il Re quanto il Papa a cambiare connotati? “Lascia che i mortiseppelliscano i loro morti”gli ripetevo.

Come sempre avvieneciascuno rimaneva del proprio parere. Mail nostro dissenso non offuscò mai la nostra amicizia affettuosa. Io sentivo inlui un cuore sincero e puro. C'era nel suo pensiero una eccezionale onestà.Aveva un assoluto disinteresse personale. Era immune da quello che è un difettopiù comune in Italia che negli altri paesi: la vanità. A parte il fascino cheesercitava su di me quella lucida aurora giovanileio ero persuaso che chiunqueintendesse combattere la dittatura fascista - monarchicocattolicorepubblicanosocialistacomunistaanarchico che fosse - dovesse essereaccolto come fratello e cooperatore. Ciascuno combattesse sotto la propriabandiera coi propri metodi. Marciar divisi e colpire uniti. Caduto il nemicocomuneognuno avrebbe ripreso la propria strada nel nuovo clima di libertà pertutti.

Col passare dei giorni si rinsaldava nel suo animo ilproposito di effettuare il volo su Roma.

Volare su Roma! Ma dove trovare i mezzi per imparare a volaree per acquistare un aeroplano? Viveva come portiere in un piccolo albergoeconomizzando ottocento franchi al mese che mandava alla famiglia di Rendi.Quando ricevé la prima manciane fu tutto costernato. “Ma ci si fa prestol'abitudine”diceva sorridendo in quel suo sorriso dolcetriste e insiemegioviale.

Nell'aprile venne da me tutto felice. Il denaro per l'impresaera trovato. Oggi si può rivelare che il denaro fu procurato dal redattore capodel quotidiano liberale di BruxellesLe Soird'Arsacun vecchietto dalcuore d'oroanticlericaleanticomunista e antifascistainsomma liberale sulserio e non a parole. L'idea di rivolgersi a lui venne a Ferrarinonostantel'anticlericalismo di d'Arsace fu idea felice: Laurose l'impresa fosseriuscital'avrebbe raccontata sul giornale di d'Arsace questo sarebbe statoil pagamento.

Il dottor Siccaun medico italiano che viveva a Londraamico generoso degli esulicontribuì largamente alle spese.

Io non avevo nessun diritto né di sollevare obiezioninédi incoraggiareil che del resto non era necessario. Data la sua decisavolontàogni consiglio che potesse indebolirlo nel momento dell'azione sarebbestato delittuoso. E quando mi domandò la mia opinione sul testo dei foglioliniche si proponeva di far cadere dall'aeroplanogliela detti mettendominaturalmente dal suo punto di vista. Perciò lo consigliai a parlare al Re comemonarchico coerente e non come uomo che non lo rispettasse più. Parlava dellaimpresa con perfetta calmacome di un affare d'ordinaria amministrazione.Sapeva di mettere in gioco la vita. Ma la vita non gli sarebbe valsa nientesenon l'avesse giocata in quel modo. Se fosse rimasto incatenato a una esistenzamediocre e tranquilla mentre i suoi due compagni rimanevano in galeranonavrebbe potuto più dedicarsi a nessuna attività politica senza sentirsiaccusato di viltà da gente che aveva interesse a vituperarlo e da gente dibuona fede che non lo conosceva affatto. Se invece fosse riuscito nella suaimpresaavrebbe dimostrato anche ai più ciechi che non era uomo da sfuggire aipericoli e che era rimasto libero per continuare la buona battaglia. Si erafidanzato ad una donna ammirevole. Chi più di lui doveva desiderare di vivere?Ma le circostanze lo avevano condotto al punto che il volo su Roma era diventatoper lui una necessitàun doveree un desideriola più perfetta espressionedel suo carattere. Se la vittoria avesse coronato il suo ardireegli avrebbecontinuato a vivere la sua vita con maggior forza e certezzanel più altogrado d'intensità.

Cominciò a imparare l'uso dell'aeroplano in aprile in uncampo privato di aviazione vicino a Versailles. Il 24 maggiogiorno diPentecostefece il primo volo da solo. Ma proprio allora si sentì sorvegliato.Si trasferì a Londrae qui continuò la praticasempre sotto falso nome. Ilpiano era di acquistare un aeroplano inglese; un amico inglese lo avrebbeportato dall'Inghilterra in Corsica in un luogo fuori manopresso Bastia; Lauroallora avrebbe preso l'aeroplano; sarebbe arrivato a Roma verso il tramonto; ilritorno nella oscurità della notte sarebbe stato pericolosoanche se gliaeroplani fascisti non gli avessero dato la caccia; l'amico avrebbe acceso deifuochi per indicare il luogo dove discendere; se tutto fosse andato benenonsarebbe rimasto più per lui e per l'aiutante che tornarsene in Francia.

Il 22 giugno cominciò a mettere per iscritto in francese leragioni dell'impresa. Era il primo abbozzo di quel che doveva essere la Storiadella mia morte. Non ne fu contento. Il manoscritto fu trovato fra le suecarte. Non occorre riprodurlo per intero. Farebbe doppione col testo definitivo.Ma alcune parti danno una idea immediata del suo stato d'animo in quel momento.

 

Il mio tecnico dice che ho una probabilità su dieci diriusciree da buon inglese sorride dietro gli occhiali. Una su dieci! Ma questoè molto più di quanto mi occorre. Il mio tecnico non sente che per me la viapiù comoda per trovare la pace dell'anima è la via di Roma. Mi occorrebbe piùcoraggio a rinunciare che ad andare. Eppoi tutti i pericoli sono nel ritorno.Non c'è dubbio che se arrivo a Romauna volta compiuto il mio lavoroio possochiudere il bilancio della mia vita. E se sarò abbattuto dalle mitragliatricidegli aeroplani fascistiil successo del mio volo dal punto di vista dellacausa sarà raddoppiato... Siccome questo scritto sarà letto solamente se iomuoiomi sia permesso di parlare in stile oltretomba. Che i miei amici nonrimpiangano la mia morte. Essa è stata per me il miglior modo di vivereintensamente la mia vita. Sarei partito anche se avessi saputo che non sareiritornato. Anzitutto era il mio semplice dovere di soldato. Io avevo un debitourgente da pagare. Se non l'avessi pagatola vita mi sarebbe stataintollerabile.

Se fosse sopravissutoLauro pensava di ritornare in Americae farvi un giro di conferenze su: La filosofia dell'umanitàL'unitàdell'Europae L'Umanesimo della civiltà italiana. Impossibile trovare unacontraddizione più radicaleassolutainconciliabile fra dottrina del fascismoe la fede internazionalista di Lauro.

L'aeroplano fu comprato in Inghilterraattraverso iltecnicodi cui Lauro parla nel testo del 22 giugno. I manifesti avrebberodovuto essere stampati ad Auchpresso la frontiera franco-svizzeraper cura diCarlo Emanuele Aprato. All'ultimo momento parve più opportuno stamparli in unapiccola cittadina inglese per caricare l'aeroplano in Inghilterra ed evitarequesto traffico in Francia dove la polizia poteva stare all'erta. Le autoritàinglesiinsospettitenon volevano lasciar partire l'aeroplano. Insistevano perconoscere le ragionila viala mèta del viaggio. Quante bugie siano statenecessarie per tenerle a badaDio solo lo sa.

Finalmente l'aeroplano poté partire. Arrivò l'11 luglio inCorsica al luogo designato. Nell'atterrare si ruppe un'ala sparpagliando ifogli. L'impresa era fallita. E quel che era peggioil progetto non era piùsegreto.

Occorreva una forza di volontà sovrumana per ricominciare dacapo. Lauro ricominciò.

Questa volta non poteva più prendere come base d'operazionel'Inghilterra. Sotto il nome di Mr. Morrisun ingleseagente di pubblicitàche voleva usare l'aeroplano per i suoi affariandò ad acquistare un altroaeroplano in Germania. Due meccanici tedeschiignari delle sue intenzioniloassistettero nello scegliere e impratichirsi della macchina. I manifesti furonostampati ad Annmassequesta volta. Fu fissato per il volo il pomeriggio del 4settembre. Ma la persona che avrebbe dovuto portare l'aeroplano a Cannes siammalò. Bisognò aspettare per un altro mese una serata senza luna. In ottobrefinalmentenon vi furono difficoltà.

I due meccanici tedeschi arrivarono la sera del 2 ottobre alcampo di Cannes. Lauro era già a Marsiglia. Assicuratosi che tutto era inordine scrisse in francese nella notte dal 2 al 3 ottobre la Storia della miamortee la mattina del 3 la imbucò perché Ferrari la facesse pubblicarequalora il viaggio fosse stato senza ritorno. L'aeroplanoil 3 ottobrepassòdall'aeroporto di Cannes a quello di Marignano presso Marsiglia. Ecco quantoriferì uno dei due meccanici tedeschil'ultima persona che Lauro vide prima dipartire:

Verso le due pomeridiane un taxi arrivò e ne saltò fuoriMr. Morrissalutandoci cordialmente. Nell'hangar sgombrammo l'aeroplano di ognialtro peso mentre Mr. Morris portava sacchetti pieni di roba stampata. Noi nonce ne meravigliammo perché già ci aveva detto a Monaco che aveva contratti dipubblicità. Era nervoso. Pensammo che questo dipendesse dal fatto che per tre oquattro settimane non aveva fatto esercizio. Perciò gli dissi che avrebbe fattobene a provare un paio di volte prima di partire per Barcellona. “Non hotempo” mi disse“tutto andrà bene.” In circa dieci minuti caricai labenzina per il motorementre Mr. Morris collocava tutta la roba stampata sulsedile anteriore dell'aeroplanoe il mio compagno dava un'ultima occhiata allamacchina. Riempito il serbatoioaccertammo che tutto era in perfetto ordine.L'aeroplano aveva un raggio d'azione di almeno otto o nove ore. Ce n'erad'avanzo per andare a Barcellona e tornare a Nizza. Mr. Morris venne a me e midisse: “Herr Rainersono lieto che ella sia venuto. Ci ritroveremo a Nizzaquesta notte. Questo è del denaro. Paghi il taxi e faccia un buon pranzo colsuo compagno”. Mi dette 600 franchie dopo alcuni minuti altri 400 franchiperché 600 franchi non sarebbero bastati. Disse “Prenda il treno che lasciaMarsiglia alle 4 pomeridiane circa. Quando torneròce la godremo”. Prese ilsuo posto nell'aereo. Prese anche una bottiglia ordinaria. Credo fosse caffè. Anoi non piaceva vederlo partire. Io gli dissi: “Mr. Morrisnon dimentichi dipompare in tempo la benzina dal serbatoio laterale in quello principiale; se nola macchina si fermerà.” Mr. Morris mi domandò sull'uso della lampadaelettrica che gli avevo portato in donoe io gli detti le spiegazioni.Spingemmo l'aereo fuori dell'hangar coll'aiuto del conduttore del taxi. Temendoche Mr. Morris potesse dimenticare di pompare la benzina in tempogli ripeteiancora una volta l'avviso. Adesso egli era più calmo. L'elica cominciò agirare. Io dissi: “Buon viaggiobuona fortunae arrivederci a Nizza stanotte”.Il mio compagno lo seguì fino al punto di partenzamentre io raccoglievo inostri oggetti e li mettevo nel taxi. Guardai l'aereo mentre partiva e salutai.La partenza fu eccellente.

Partito alle 1515Lauro arrivò a Romapoco dopo iltramontoalle 20. Discese da un'altezza di duemila metri fino a poco più ditrecento metri. Disseminò 400.000 manifestini proprio sul centro di Roma:Piazza Veneziail Corsointorno a Palazzo Chigie poi sull'aeroporto.Migliaia di foglietti caddero in grembo agli spettatori di un cinematografoall'aperto. Fu uno spettacolo di abilità e di coraggio che riempì diammirarazione e trepidazione chi ne fu testimone. Le strade della città in cuii manifestini cadevano furono tutte in subbuglio. La gente leggeva e passava ifogli di mano in mano. “Era come vivere in un mondo nuovoqualcosa che non siera mai sentito per anni”. Dopo circa mezz'ora l'aeroplano sparì nella notte.

Sulla fine di Lauro si può fare una sola ragionevoleipotesi. Vi erano fra Marignan e Roma meno che cinque ore di volo. La benzinanei due serbatoi era sufficiente per otto o nove orecioè non per tornare daRoma a Cannes. Ma vi era un terzo serbatoio che avrebbe dato la benzinanecessaria per l'ultima parte del volo. Gli assistenti credendo che Laurosarebbe andato a Barcellona e non a Romanon pensarono che fosse necessariofornire anche il terzo serbatoio. Lauro verso la fine del viaggio si trovòsenza la benzina necessaria. “E il fatal gorgo sopra lui si chiuse”.

L'aviazione preposta alla difesa di Roma fu in pienoscompiglio. Gli ufficiali erano tutti assenti dai loro posticon immenso furoredi Balbo e di Mussolini. Solo dopo mezz'orasi fecero viviiniziarono lacacciae tanto per far qualcosa andarono ad aspettare Lauro al varco verso laCorsicamentre lui volava verso l'isola d'Elba. Camions e motociclette dellapolizia perlustrarono la città per soffocare possibili dimostrazioni.Carabinieri e agenti investigatori in cerca dei foglietti illegaliperquisironocase private dopo avere letti quelli che erano caduti dal cieloe qualcuno fraessi ne approvò il contenuto e ne conservò una copia come reliquia. Anche lamacchina del partito si mise in movimento. Le occorsero quattro ore persgranchirsi. A mezzanotte vi fu una “dimostrazione spontanea” di fedeltàfatta da gente mezzo assonnata che aveva dovuto levarsi dal letto.

Volando su Roma per mezz'ora e riprendendo la via del ritornosenza essere disturbatoLauro aveva clamorosamente dimostrato quanto fosseinefficace la decantata arma antiaerea fascista. Questa seconda sfida li avevatrovati inetti allo stesso modo. Eppurela intenzione di de Bosis era nota finda quandonel luglioaveva lasciato in Corsica l'aeroplano e i manifesti.

I giornali del 4 ottobre ricevettero l'ordine di non dedicareche due righe all'avvenimento e di non fare neanche il nome del colpevole.Dissero solamente che l'aeroplano da Roma si era diretto verso la Jugoslavia. Inquel momento le relazioni colla Jugoslavia erano torbide e un po' di calunnia“patriottica” veniva a proposito. Quella falsa notizia è interessanteperché dimostra che nessuno a Roma sapeva dove l'aeroplano fosse andato e chequindi non ha fondamento la voce che Lauro sia stato abbattuto dall'aviazionefascista. Un “trionfo” di questo genere sarebbe stato magnificato in tutti itoni se fosse realmente avvenuto.

In Roma gli agenti fascistie fuori d'Italia i diplomaticidel regime sparsero la voce che Lauro si godeva la vita sulla Riviera francesema si teneva nascosto per “non aver seccature” e per suscitare simpatiafacendo credere di essere morto. Dissero anche che guadagnava quattrini inAmericae tutto sommato non aveva corso nessun pericolo. La menzogna non siarrestò neanche innanzi alla morte.

Dodici anni dopoaltri aeroplani violarono il cielo di Romaportando un messaggionon di riabilitazione e di vitama di distruzione e dimorte.

Nel 1931 la voce di Lauro de Bosis cadde nel deserto. Il suosacrificio fu vano. Fu vano? Un atto di eroismo non va mai perduto. Chi muoreper un ideale non sa quel che succederà alle speranze del suo cuore. Obbedisceall'appello del dovere. “La voce del mio cor per l'aria sento”. Da cosanasce cosa. Sarà quel che sarà. Altri ripresero il lavoro di Lauro dove luidove' arrestarsi. Quale lunga schiera di lottatori e di martiri! Senza tantapreparazione e tanti sacrifici gli eroismi dei patrioti italiani nella guerra diliberazione non sarebbero stati possibili dopo il settembre 1943. Altrimieterono dove lui seminò.

Che cosa penserebbeche cosa farebbe oggi Lauro? Nessunopuò dare una risposta assoluta a domande di questo genere. Lo spirito umano èun complesso di forze e impulsi incalcolabili. Fattori infinitesimali possonocondurre lo stesso uomo a reagire dinanzi allo stesso fenomeno nelle manierepiù inaspettate. Ma non è in nessun modo pensabile che l'autore di Icaro avrebbesentito altro che orrore innanzi alle vittorie feroci di Hitlerche non avrebbeprotestato con tutte le forze della sua anima quando aeroplani italianibombardarono e cosparsero di iprite l'Etiopia; che dopo avere salutato con gioiail sorgere della repubblica in Spagnaegli non sarebbe accorso a difenderequella stessa repubblica contro i complici italiani e tedeschi di Franco; chel'alleanza con Hitlerl'attacco all'Albanial'attacco alla Francia eall'Inghilterral'attacco alla Greciae poi le disfatte militari- e poi ladichiarazione di guerra agli Stati Unitie poi l'intera penisola divenuta campodi battaglie e distruzione agli eserciti di tutto il mondo - insomma dodicialtri anni di tragiche esperienze lo avrebbero lasciato immobile nelle posizionidel 1931.

Nel 1943 Mussolini fu eliminato da un colpo di statopreparato dal Re d'accordo coi capi militari e senza dubbio con l'approvazionedel Vaticano: proprio quello che Lauro avrebbe desiderato. Ma nel luglio del1943 intervennero nel gioco forze che Lauro non prevedevae che del resto nel1931 nessuno di noi prevedeva. Nel luglio del 1943il Re e i capi militariorganizzarono il colpo di stato contro Mussoliniperché le forzeanglo-americane avevano occupato la Siciliae i capi militari italiani e il Resi erano fino alla fine dell'anno precedente convinti della inevitabilità dellasconfitta. Nello stesso tempoil malcontento popolare montava da ogni parte. Igrandi scioperi dell'Italia settentrionale nella primavera del 1943 minacciavanodi trasformarsi in un movimento rivoluzionario ben più minaccioso che quelprimo movimento economico. Sotto l'incubo delle due minaccie - la sconfittamilitare e la rivolta popolare - il Re e i suoi si decisero ad agire non persalvare l'Italia dal fascismoma per salvare se stessi dalla rovina. Quello cheessi volevano era sostituire in Italia al fascismo con Mussolini un neofascismosenza Mussolini.

È ben difficile ammettere che Lauromesso di fronte aquesta nuova situazionese ne sarebbe accontentatocome se essa rappresentassela culminazione delle sue speranze. Più difficile ancora è ritenere che egliavrebbe insistito nel suo piano primitivo dopo la fuga del Re e di Badoglio daRoma e dopo la totale disintegrazione delle forze armate provocata da quellafuga.

Gaetano Salvemini

 

*****

 

 

 

Dopo questo esauriente commento dello storico pugliese che futitolare della cattedra “Lauro de Bosis”istituita da Ruth Draperall'Università di Harvardleggiamo ora il testamento spirituale e politico diLauroscritto alla vigilia del suo ultimo volo.

 

STORIA DELLA MIA MORTE

 

 

 

Domani alle tresu un prato della Costa azzurraho unappuntamento con Pegaso.

Pegaso - è il nome del mio aeroplano - ha la groppa rossa ele ali bianche; benché abbia la forza di ottanta cavalliè svelto come unarondine. S'abbevera di benzina e si avventa nei cieli come il suo fratello di untempoma di nottese vuolesa scivolare nell'aria come un fantasma. L'hotrovato nella foresta Erciniae il suo ex-padrone me lo porterà sulle rive delMar Tirreno credendo in buona fede che abbia da servire agli svaghi di ungiovane signore britannico. La mia cattiva pronuncia non gli ha destatosospetti: gli chiedo qui scusa dell'inganno.

Ma non andremo a caccia di chimere. Andremo a portare unmessaggio di libertà a un popolo schiavo di là dal mare. Fuor di metafora(bisognava usarne per lasciar discretamente nell'ombra le origini del miovelivolo) andiamo a Roma per diffondere in pieno cielo quelle parole di libertàcheda ormai sette annison proibite come delittuose; e con ragionegiacchése fossero permessescoterebbero in poche ore la tirannia fascista. Tutti iregimi della terraanche l'afgano e il turcoposson lasciarechi più chimenouna qualche libertà ai loro sudditi: solo il fascismoper difendersiècostretto a annientare il pensiero. Né gli si può rimproverare di punire lafede nella libertà e la fedeltà alla costituzione italiana più severamenteche non il parricidio: se vuol sopravviverenon può fare altrimenti. Non glisi può rimproverare di aver deportato senza processo migliaia di cittadininédi aver distribuitoin quattro annisettemila anni di galera: come potrebbetenere soggetto un popolo libero se non lo terrorizzasse con la sua neraguarnigione di trecentomila sicari? Per il fascismo non v'è scelta. Se siaccetta anche minimamente il suo punto di vistasi è obbligati a dichiararecol suo apostolo Mussolini: “La libertà è un cadavere putrefatto”. Se sidesidera anche minimamente la continuazione di un tal dominiobisogna approvarel'assassinio di Matteotti e le ricompense elargite agli assassiniladistruzione dei giornali italianila devastazione della casa di Croceimiliardi spesi ad assoldare spie e agenti provocatorila spada di Damoclesospesa sulla testa di ogni cittadino.

So bene che né gli austriaci nel 1850né i Borboninégli altri tiranni d'Italia son mai arrivati a tanto: essi non han mai deportatogente senza processo; il totale delle loro condanne non s'è maineppur dalontanoavvicinato alla cifra di settemila anni di galera in quattro anni;soprattuttoessi non si sono mai sognati di arruolare di forzanelle file delloro esercito di aguzzinii figli stessi dei liberalicome fa il fascismostrappando i figli a tutte le famiglie (anche liberali e socialiste) findall'età di otto anni per imporre loro la divisa dei carnefici e assoggettarlia una barbara educazione guerresca: “Amate il fucileadorate lamitragliatricee non dimenticate il pugnale”ha scritto Mussolini in unarticolo destinato ai ragazzi.

L'atteggiamento che consiste nell'ammirare il fascismo purdeplorando gli eccessi non ha senso. Il fascismo non può esistere che grazie aisuoi eccessi. I suoi cosiddetti eccessi sono la sua logica. E per la logicastessa della sua natura che il fascismo è condotto a esaltare il sicario e aschiaffeggiare Toscanini. Si è detto che l'assassinio di Matteotti fu unerrore: ma dal punto di vista del fascismoquel delitto fu un colpo di genio.Si dice che il fascismo fa male a ricorrere alla tortura per estorcereconfessioni ai suoi prigionieri: ma se il fascismo vuol viverenon può farealtrimenti. I giornali esteri dovrebbero capirlo una buona volta. Non si puòaugurarsi che il fascismo diventi pacifico e umano senza volere la sualiquidazione piena e completa. Il fascismo questo l'ha capito eda sette anni aquesta partel'Italia è diventata una grande prigionedove s'insegna aibambini a adorare le loro catene e a compiangere quelli che ne sono liberi. Igiovani che hanno adesso vent'anni non possono avere nessun ricordo di unaatmosfera diversa da questa. Il nome di Matteotti è loro quasi sconosciuto. Findall'età di tredici anni si è loro insegnato che gli uomini non hanno nessundirittotranne quelli che lo Stato si degna di dar loro in prestito a suo unicoarbitrio. Molti ci credono. Il mito che Mussolini ha salvato l'Italia dalbolscevismo è ormai accettato senza discussione. Ma non bisogna per questocredere che l'Italia si lasci ingannare. La prova che il popolo italiano è ingrandissima maggioranza profondamente antifascista ne è data dallo stessoregimecon la paura che esso mostra al minimo sussurro e con la ferocia con laquale punisce i minimi accenni di pensiero indipendente. I regimi che si sentonoforti non agiscono a questo modo.

Nel giugno 1930io cominciai a far circolare delle letterebimensilidi carattere strettamente costituzionalesulla necessità che tuttele persone d'ordine venissero a una qualche intesa tra loro per il giorno il cuiil fascismo sarebbe crollato. Siccome il fascismo sembra aver fatto suo il mottodi Luigi XV “Dopo di meil diluvio”l'iniziativa era quanto mai opportuna.Difatti le letteresecondo il principio della catenacominciarono a circolarea migliaia. Per cinque mesiriuscii a compiere questo lavoro da solospedendoogni quindici giorni seicento lettere firmate l'“Alleanza nazionale”con lapreghiera che ogni persona che le riceveva ne facesse a sua volta sei copie.Sfortunatamentein dicembredurante un breve viaggio che ero stato costretto aintraprendere all'esterola polizia arrestò i due amici che avevano accettatodi imbucare le lettere in mia assenza. Essi furono sottoposti alla tortura econdannati a quindici anni di carcere. Uno dei dueMario Vinciguerrascrittorefra i migliori che abbia l'Italiacritico d'arte e di letteraturasebbene disalute malfermafu lasciato un'intera notte (una notte di dicembre)completamente nudo sulla terrazza della Questura centrale di Roma. Dopodiché fumalmenato e battuto a tal segno da rimanere sordo da un orecchio. Poi fu gettatoin una cella di due metri per duedove non c'era neppure uno sgabello persedersi e doveogni mattinagli si toglieva persino il letto. Dopo le protestedei giornali esteri e di eminenti personalità politiche inglesi e americanelesue condizioni son state migliorate. Mussolini è arrivato ad offrire lalibertà a tutt'e duepurché firmassero una lettera di sottomissione. Tutti edue han rifiutato.

Il giorno in cui lessi la notizia dell'arresto dei miei amiciero in procinto di riattraversare la frontiera per tornare a Roma. Il mio primoimpulso fu naturalmente di recarmi ugualmente a Roma per condividere la lorosorte; ma mi resi subito conto che il dovere di un soldato non è di consegnarsinelle mani del nemicobensì di continuare a battersi fino all'ultimo. Decisiimmediatamente di andare a Romanon già per arrendermima anzi per dareimpulso all'attività dell'Alleanza lanciando dal cielo quattrocentomila letteree poio morire combattendooppure tornare alla base per prepararvi altricolpi. Il cielo di Roma non è mai stato violato da aeroplani nemici. Mi dissiche io sarei il primoe mi misi subito a preparare l'impresa.

La cosa non era facile. Anche la modesta impresa diguadagnarsi il pane è cosa arduaper un poeta. Quandoper giuntaegli sitrovi nelle condizioni del profugoe per colmo di sfortuna in un anno di crisieconomicanon c'è da stupirsi se egli scenda assai presto fino ai più bassigradini della vita randagia. Per giuntanon sapevo guidare neppure lamotocicletta: figurarsi l'aeroplano! Per cominciaretrovai un impiego comeportiere all'Hôtel Victor Emanuel IIIrue de Ponthieua Parigi. I miei amicirepubblicani mi prendevano in giro dicendo che ero punito dove avevo peccato. Adire il veronon adempivo soltanto le mansioni di portierema anche quelle digerente e di telefonista. Talvoltacon tre o quattro campanelli che squillavanoall'unisonomi si sentiva gridare con voce stentorea nella tromba delle scale:“Irmaun doppio burro al 35”. Come preparazione al mio volo su Romanonera un gran che; e tuttaviatra il conto del fornaio e le ricevute dei clientiscrivevo un messaggio al Re d'Italia e studiavo la carta del Mar Tirreno.

Il seguito dei miei preparativi è la parte più interessantedella storiama purtroppo deve rimaner segreto. Nel mese di maggio feci il mioprimo volo da solo a bordo di un apparecchio Farmannei pressi di Versailles.Poiavendo saputo che il mio segreto era giunto alle orecchie dei fascistimiaffrettai a sparire per ricomparire sotto altro nome in Inghilterra. Il 13luglio lasciavo Cannes su un biplano ingleseportando con me ottanta chili dimanifestini. Siccome la mia esperienza di pilota si limitava a cinque ore divolopartii soloper non rischiare la vita di un amico.

Sfortunatamentela mia impresa fu troncata sulle coste dellaCorsica da un incidentee dovetti darmi alla macchiaabbandonando l'aeroplanoin un campo. Il mio segreto era svelato. Le polizie d'Inghilterra e di Franciami si misero alle calcagna con uno zelo che mi lusingò assai: arrivarono fino adisputarsi la mia fotografia. Le prego di scusarmi per le noie che ho causato.

Il peggio è che ormai non potevo più contare sullasorpresala mia maggiore possibilità di successo. E tuttaviaRoma divenne perme quel che il capo Horn era per l'Olandese volante; giurai di arrivarci vivo omorto. La mia morte (benché seccante per meche ho tante cose da portare atermine) non potrà che giovare al successo del volo. Siccome i pericoli sontutti nel ritornoessa non potrà sopraggiungere prima che io abbia recapitatole mie quattrocentomila lettere: queste non ne saranno che meglio “raccomandate”.Dopo tuttosi tratta di dare un piccolo esempio di spirito civicoe d'attirarel'attenzione dei miei concittadini sull'anormalità della loro situazione.

Io sono convinto che il fascismo non cadrà se prima non sitroveranno una ventina di giovani che sacrifichino la loro vita per spronarel'animo degli italiani. Mentredurante il Risorgimentoi giovani pronti a darla vita si contavano a migliaiaoggi ce ne sono assai pochi. Non è che ilcoraggio e la fede siano in loro minori che nei loro padri. Gli è piuttosto chenessuno prende il fascismo sul serio. Tutticominciando dai suoi stessi capisi aspettano una fine prossimae sembra sproporzionato dar la vita per farfinire una cosa che crollerà da sé. È un errore.

Bisogna morire. Spero chedopo di memolti altriseguirannoe riusciranno infine a scuotere l'opinione pubblica.

Non mi resta che dare il testo dei miei messaggi.

Nel primo - diretto al Re - ho cercato d'interpretare ilsentimento della massa del popolofacendo astrazione dal mio personale. Credoche un repubblicano e un monarchico potrebbero egualmente sottoscriverli. Noi cilimitiamo a porre il dilemma: “Per la libertà o contro la libertà”. Ilnonno dell'attuale Redopo la più terribile disfatta della storia d'Italiaseppe resistere al maresciallo austriacoil quale voleva forzarlo ad abrogarela costituzione. Vuole veramente l'attuale monarcadopo la più grande vittoriadella storia d'Italia (vittoria di liberali)lasciar perire senza il minimogesto l'ultimo brandello di costituzione?

A parte le letteregetterò molte copie di un magnificolibretto di Bolton King: Il fascismo in Italia. Come si getta pane a unacittà affamatacosì a Roma bisogna gettare libri di storia.

Dopo aver sorvolato a quattromila metri la Corsica e l'isoladi Montecristoarriverò a Roma verso le ottofacendo gli ultimi ventichilometri a motore spento. Sebbene non abbiaper tutta esperienzache setteore e mezzo di volose cado non sarà per errore di pilotaggio. Il mioaeroplano non fa che centocinquanta chilometri all'oraquelli di Mussolini nefanno trecento. Egli ne ha novecentoe han tutti ricevuto l'ordine di abbatterea ogni costo con le loro mitragliatrici qualunque aeroplano sospetto. Per pocoche mi conoscanodevon sapere chedopo il primo tentativonon posso averabbandonato l'impresa. Se il mio amico Balbo ha fatto il suo dovereessi sonoora là ad attendermi. Tanto meglio: varrò più morto che vivo.

 

Ecco i testi:

 

ALLEANZA NAZIONALE

 

Roma Anno VIII dal delitto Matteotti

 

Cittadini

voi tenete un altare davanti alla salma dell'ignoto eroedella libertà; ma lasciate ch'essa venga profanata ogni giorno da chilìaccantogetta in galera tutti coloro che nella libertà credono ancora.L'Absburgo in camicia nerarientrato di soppiatto nel suo palazzoè unoltraggio per tutti i nostri morti. Quella libertà per cui essi dieder la vitaegli la chiama “un cadavere putrefatto” e lo calpesta indisturbato da noveanni.

Seicentomila cittadini si son fatti ammazzare per liberar duecittà: fino a quando tollererete voi l'uomo che tiene schiava l'Italia intera?

Da nove anni vi si dà a intendere che torna a contosacrificare libertà e coscienza pur d'avere un governo forte e capace. Doponove anni vi accorgete che avete avuto non solo il più tirannico e il piùcorrotto ma anche il più bancarottiero di tutti i governi. Avete rinunziatoalla libertà per vedervi tolto anche il pane!

Accampato tra voicome una guarnigione stranierailfascismo oltre a corrompere le vostre animedistrugge le vostre sostanze:paralizza la vita economica del paesesprofonda miliardi per preparare laguerra e per tenervi oppressilascia ingigantire tutte le spese rimaste senzail vostro controllo ed abbandona il paese alla rapacità dei suoi gerarchifamelici. Mentre esso vanta il suo “prestigio nel mondo”il mondo guardacon orrore un regime che per ridurvi a un gregge di schiavideve logicamenteschiaffeggiar Toscanini ed esaltar la brutalità dei suoi sgherri.

Cittadininon vi lasciate intimorire dalle bande che voistessi pagate né da questo “Radetzky in quarantottesimo”: il secondoRisorgimento trionferà come il primo. L'Alleanza nazionale ha lanciato ilprogramma d'unione di tutte le forze contro il fascismo. La borbonica ferociadelle condanne vi dimostra quanto quel programma gli faccia paura. Stringeteviin alleanza! Gli spagnuoli han liberato la patria loro: non tradite la vostra!

 

Il Direttorio

 

ALLEANZA NAZIONALE

 

Roma Anno VIII dal delitto Matteotti

 

Chiunque tu siatu certo imprechi contro il fascismo e nesenti tutta la servile vergogna. Ma anche tu ne sei responsabile con la tuainerzia. Non cercarti un'illusoria giustificazione col dirti che non c'è nullada fare. Non è vero. Tutti gli uomini di coraggio e d'onore lavorano insilenzio per preparare un'Italia libera. Anche se non vuoi esser dei nostrivison sempre dieci cose che tu puoi fare da solo. Puoidunque devi.

1. Non assistere a nessuna cerimonia fascista. 2. Noncomprare nessun giornale. Son tutte bugie.

3. Non fumare. (Il fumo rende al fascismo oltre 3 milardil'annotanto di che pagare tutti i suoi sbirri. Fa contro il nuovo Radetzkyquel che fecero i milanesi contro l'antico. E fu il principio delle Cinquegiornate).

4. Non far nessun atto né dir nessuna parola che suoniossequio al regime.

5. Boicotta nei rapporti personali e d'affari i servitori delregime. Sono i tuoi sfruttatori. 6. Boicotta o intralcia con l'ostruzionismotutte le iniziative fasciste. Anche le migliori servono a ribadirti addosso lecatene. (Bottai ha dichiarato: “Lo Stato corporativo è i1 miglior strumentodi polizia che abbiamo trovato finora!”)

7. Non accettare nulla dal fascismo. Qualsiasi cosa ti dia èil prezzo della tua prostituzione.

8. Diffondi le circolari dell'Alleanza. Diffondi ogni notiziavera che puoi ghermire. La verità è sempre antifascista.

9. Forma una catena di amici fidati su cui contare per ognievenienza.

10. Abbi fede nell'Italia e nella Libertà. Il disfattismodegli italiani è la vera base del regime fascista. Comunica agli altri la tuafede ed il tuo fervore. Siamo in pieno Risorgimento. I nuovi oppressori son piùcorruttori e più selvaggi di quelli antichima cadranno egualmente.Essi non sono uniti che da una complicità e noi dalla volontà d'esser liberi.Gli spagnuoli han liberato la patria loro. Non disperar della tua.

 

Il Direttorio

 

ALLEANZA NAZIONALE

Al Re d'Italia

 

Maestà

tra il re e il popolo v'è un patto sacro: Voi lo giuraste.Quando in nome di quel patto Voi ci chiamaste a difendere la libertà d'Italiaed i principi da Voi giuratinoi prendemmo le armi in sei milionieseicentomila morirono al Vostro comando. Oggiin nome di quegli stessiprincipicalpestati come non maiin nome del Vostro onore di Reed in nomedei nostri mortitocca a noi di rammentarVi quel patto.

Seicentomila cittadini han dato a un Vostro cenno la vita pertogliere il giogo da due città: è col Vostro consenso che un giogoinfinitamente peggiore grava da anni sull'Italia intera? Accettate Voi veramented'infrangere dopo Vittorio Veneto quel giuramento cui il Vostro Avo restòfedele dopo Novara?

Son sette anni che Vi vediamo firmare i decreti di Radetzkycon la penna di Carlo Alberto. PureVoi ci avete guidati alla vittoria e perventiquattr'anni siete stato il campione della libertà. No; non possiamodimenticarlo. Noi abbiamo ricevuto dai nostri padri un'Italia libera. Saresteproprio Voiil re vittoriosoa tramandarla schiava ai nostri figli? Maestànon vogliamo crederlo.

Molti hanno perso fede nella Monarchia. Non fate che il loronumero cresca. Non fate che il popolo italianoseguendo l'esempio di quellospagnuolo Vi giudichi responsabile dell'oppressione. Come può seguitare adavere fede in Voi se i migliori tra noi vengono puniti per questa fede come sefosse il peggior dei delittie ciò vien fatto nel Vostro nome?

Gli italiani che soffrono la vergogna d'esser bollati difronte al mondo come un gregge servilenon sanno se Voi siete con loro o con laguarnigione degli oppressori.

Maestàscegliete. Una terza via non esiste. Dal fondo dellaloro disperazione quaranta milioni d'Italiani Vi guardano.

 

Il Direttorio

 

 

 

Cinquant'anni dopo il volocosì prendeva la parola sulgesto di Lauro un altro grande storico e statista: Giovanni Spadolini.

 

Relazione di
Giovanni Spadolini
nel Cinquantenario del volo di Lauro de Bosis

3 ottobre 1981

 

 

 

Cari amicicostretto da inderogabili impegni dovuti ai mieicompiti istituzionali a restare lontano dall'incontro di studiormai aperiodicità annualedell' Istituto per la Storia del Movimento Liberalechel'amico Camurani presiede con competenza pari alla passionedesidero porgere ilmio saluto a tutti gli studiosi intervenuti e in particolare all'amico e collegaCarlo Bodi cui mi è caro ricordare i molti anni di proficua collaborazionegiornalisticae a Giovanni Malagodidel quale ricordo il felice incontro sulterreno del dibattito storiografico poco più di un anno faa Ferraranellacittà che gli è quasi nataleper il convegno di studi su un personaggio caroai miei studi gobettianiMax Ascoli.

EinaudiAmendolaGobettiAscolide Bosis. L'Istituto perla Storia del Movimento Liberale prosegue nell'approfondimento dei fili dellanostra cultura democratica e liberaledi quella cultura revisionistica econtestatrice di un certo Risorgimento agiografico e retoricovolta allaricerca dei fondamenti democratici di uno Stato che nel primo dopoguerra dovevaaprirsi a nuove istanze di riformismo sociale che la guerra aveva suscitato.

Dopo Amendoladi cui mi è particolarmente cara la memoriadel convegno del 1976tenuto nelle sale bolognesi del Circolo della Stampaperl'affettuosa e calda partecipazione di uno degli ultimi amendoliani viventiunodegli ultimi protagonisti di quell'entusiasmante anche se effimera esperienzache fu l'Unione NazionaleUgo La Malfa; dopo Ascoliesponente dell'altrofilone del revisionismo democratico del primo dopoguerraquello gobettianocheaveva proseguito la sua battaglia antifascista in AmericaLauro de Bosischerappresenta una singolare mediazione fra la vicenda personale e culturale diAmendola e di Ascoli.

Perchécari amicidella battaglia politica di GiovanniAmendola molto ricorre in de Bosis. Che cos'è la stessa Alleanza Nazionalecolsuo programma di coalizzazione delle forze costituzionali del paesedaicattolici ai socialistiin funzione antifascista se non l'ideale continuazionedella battaglia morale dell'Aventino? Che cosa è l'Alleanza Nazionale se non laprefigurazionesia pure limitata e condizionata dai tempidei Comitati diLiberazione Nazionale? Che cos'è la necessità avvertita di tenere conto delleforze storiche presenti nel paesela Chiesa e la monarchiase nonl'anticipazione di un realismo politico che fu proprio di tanta partedell'antifascismosenza con ciò compromettere i principi di una visione laicadello stato e di un orientamento ormai sostanzialmente repubblicano che de Bosismanifesta chiaramente nelle sue lettere a Salvemini.

Ed'altra partedi Ascoli ricorre in de Bosis la comuneesperienza americana. Anzi vien fatto di chiedersianche se mancadocumentazione in propositose si sono conosciuti. Di certoanche se per breviperiodinel 1930sia Ascoli che de Bosis erano a New York. Comunqueperambedue l'esperienza americana è stata decisiva. Per Ascoli ha contribuito afar maturare una riflessione che già si era formata nelle pagine di “CriticaSociale” e della”Rivoluzione Liberale”per il giovane Lauro chefigliodi madre di nazionalità americana approdava in America per la prima voltaventicinquenne nel 1926lo spirito e l'influenza delle libertà di cui ilcittadino americano poteva godere avevano accelerato la sua conversioneantifascistaavevano suscitato il fermo proposito di combattere l'ignobiledegradazione in cui il fascismo aveva ridotto l'Italia.

Un proposito che si era concretizzato nell'estate del 1930nell'organizzazione clandestina dell'Alleanza Nazionale per la Libertà per laquale Lauro aveva subito trovato l'appoggioil sostegno e la collaborazione diRenzo Rendi e di quella indimenticabile figura di antifascista e carissimo amicoe collega di tante battaglie giornalistiche che fu Mario Vinciguerra. Unproposito chequale che sia il giudizio dello storico sulle sue realipossibilità di successo nella lotta al regime fascista - e sarà proprio questagiornata di studi che dovrà dare una risposta a questo problema storiografico -fu pagato ad un prezzo altissimo da tutti i suoi promotori: quindici anni dicarceresolo più tardi ridotti a sette per Vinciguerra e Rendie la suamortecercata dallo stesso Lauroche era fortuitamente sfuggito alla catturacol suo volo su Roma di cinquant'anni facompiuto per lanciare un appellocontro chi teneva schiava l'Italia...

Io credocari amiciche la testimonianza di intransigenzamoralefino al sacrificio della vitache Lauro de Bosis ha voluto dare restipietra miliare di quella certa idea dell'Italia per la quale ci siamo battuti econtinueremo a batterci.

 

Dopo Gaetano Salveminidopo Giovanni Spadolinila parolaspetta ora a Sandro Rogari.

Questo lucido ed esauriente commento del Professor SandroRogariletto nel 50º Anniversario del volo di Lauro de Bosis su Romanell'importante convegno di Ancona animato dal Professor Camuranipone in luceil rifiuto del fascismo di un de Bosis che come tanti altri giovani aveva sulleprime aderito a certi aspetti retorici ed attivistici del movimento. È lostesso travaglio critico che ha ispirato altre opere come il bellissimo libro diFrancesco Berti Arnoaldi “Viaggio con l'amico” (SellerioPalermo) in cuil'autorevaloroso esponente della Resistenzaricorda con paroleindimenticabiliil sacrificio di un altro “fratello ideale” di LauroGiuliano Benassitrucidato dalle SS dopo un'epicaesemplare resistenzapersonale. Dopo le “Lettere di condannati a morte della Resistenza” e tantealtre sublimi testimonianze (leggiamo sempre con commozione “Il mio granellinodi sabbia” di Luciano Bolis) ripercorrere il libro di Berti Arnoaldi insieme aqueste pagine di Sandro Rogari fa riemergere la coerente continuità ideale frala prima e la seconda Resistenza italiana.

 

Relazione di Sandro Rogari

 

 

 

Scrive Giuseppe Prezzolini in uno dei più penetrantiritratti che siano stati dedicati a Lauro de Bosis - anche sea mio avvisomolto ingeneroso - che la sua scomparsa nel cielo di Roma il 3 ottobre 1931 èun “mistero da spiegare”. “Non il fatto in sé- scrive Prezzolini - chepar semplicema le ragionise di ragioni si può parlare in atti della vitache tutta la vita riassumono”. E il quesito nasce in Prezzolini proprio dallaprofonda conoscenza del personaggiodalla sua convinzioneper il giudizio chesi era fattoche si trattasse di uomo simpatico e generoso ma un po' leggero;capace di grandi entusiasmi e di grandi propositima inadeguati ai fini cheintendeva raggiungeree comunque alimentati soprattutto da un grande ottimismo.Insomma non si trattava di uomo capace di condurre una lunga battagliaclandestina e di morire per un ideale politico. Ma era un uomosecondoPrezzoliniche proprio per l'aura dannunziana che lo circondavaper leascendenze paterneper sua formazione e cultura era capace piuttosto didivenire un martire cavalleresco. Poteva morireo comunque arrischiare in modograve la vita per un motivo di carattere moraleche in quel momento stavasempre secondo Prezzolininella pessima figura fatta quandosia pure per unacombinazione fortuitaera sfuggito alla catturaperché all'esteronelnovembre-dicembre del 1930mentre i suoi due compagni di cordata della AlleanzanazionaleVinciguerra e Rendiassieme a tanti altri e alla stessa madreeranostati arrestati.

A questo puntoin realtàil quesito iniziale di Prezzolinifinirebbe per rivelarsi retorico. La risposta c'èanche se diversa da quellache ci aspetteremmo. Ma credo che sia necessario prendere subito le distanze daPrezzolini chiarendo che il giudizio espresso muove da una valutazionepersonalenon da una analisi storica della vicenda politica di de Bosis; mancanel ritratto del poeta d'Icaro un collegamento con quello che de Bosistalvoltain modo non del tutto consapevoleè stato nella storia dell'antifascismoitaliano; mancaancoraun collegamento con l'Aventino e con quanto la suasconfitta ha pesato anche nell'analisi politica dell'Alleanza nazionale.Insommail giudizio di Prezzolini è tutto confinato negli ambitiche a noistanno un po' strettidella valutazione personalema sfuggono alla realedimensione storica del problema.

Dovendo quindi noi muoverci su questo secondo pianoche èpoi l'unico che ci interessaè necessario anzitutto riuscire a comprendere dadove nasca l'antifascismo di Lauro; quali ne siano le prime manifestazioni. Estando ai testi e ai ricordi di chi l'ha conosciutogli anni coincidono conl'avvio del processo di instaurazione dello stato totalitario. Il fascismo hasuperato la crisi dell'Aventino e sta avviando la costruzione del regime cheotterrà un successo decisivo nell'acquisizione del consenso grazie allaConciliazione. Questa fase della costruzione dello stato totalitario coincidecol primo svilupparsi di una sensibilità politica in Lauro.

In ciò deve essere stata determinante l'esperienzaamericana. A questo proposito abbiamo la testimonianza di Gaetano Salveminimaabbiamo soprattutto una lettera scritta da Lauro a Prezzolini. Scriveva da NewYorknel maggio 1926prima di iniziare ad Harvard il corso estivo di lingua eletteratura italiana:

“ ... è doloroso confessarloma mi si son sviluppatedelle insane aspirazioni politiche (naturalmente a lunga scadenza) e ho decisodi mettermi a studiare sul serio per essere pronto quando verrà il tempo tracinque o dieci o quindici anni. Non so se è un'illusionema credo che tra uncerto numero di anni ci sarà un terribile bisogno di uomini nuoviche nonsiano stati né dall'una né dall'altra parte in questi annie ho paura che cene saranno pochissimi. Almeno a vedere con che preparazione e con che educazionepolitica vengon su i giovani tra i venti e i trentacinque anni. Che ne dici tu?”

Cinque o dieci o quindici anni; non si dà una scadenzapolitica precisaanzi non si parla neanche del regime fascistache pure èpresente e anzi determinante nella conversione di Lauro all'impegno politico.Direi addiriturastando al testo parziale della letterache la stessaconversione di Lauro sia in fieriancora indefinitanon chiarita soprattutto ase stesso. Purtroppo mancandoci fonti dirette - in questo ha ragione Prezzolini:gli epistolari finora pubblicati sono del tutto incompleti - dobbiamogiustificare certi percorsi del suo pensiero tramite la sua biografia. La suachiamata alla fine del 1924 in America per conto della società''Italia-America''i suoi cicli di conferenze nel continente americanoebberosenza dubbio un peso decisivo. Come ricorda Salveminil'immagine che lapropaganda fascista dava dell'Italiapresentata come un paese abitato da unpopolo anarcoide e corrottofortunatamente salvato dall'uomo della Provvidenzada Mussolinifiniva per essere fortemente offensiva per chicome de Bosiseraorgoglioso d'essere italianonon suddito di Mussolini. Ma soprattutto deveavere avuto il suo peso constatare come nell'ottica americana il fascismo nonera quella panacea che si voleva presentare agli italiani. A Lauro che ventennepur non prendendo parte in prima personaaveva plaudito al fascismo forsesoprattutto per quel tanto di volontaristicodi eroicodi accattivanteilregime di Mussolini cominciava a rivelare il suo vero volto.

Del restose andiamo a leggere quei frammenti di lettere chesono reperibili di Lauro ventennetroviamo proprio quello spirito d'attivismofreneticoquell'entusiasmo per il diverso e per il nuovo chetipico di tutti igiovaniera esasperato dai riflessi della guerra appena conclusaera attrattodai movimenti politici emergenti. “Sono passato fin ora per questa mia vitasenza fermarmi e senza riflettere- scriveva a Sibilla Aleramo nel dicembre1921 - cantando e mordendo ad ogni fruttosenza chiedermi né il perché né ildove. Se mi guardo intorno non so né quel che ho voluto né quel che voglioper l'avvenire non vedo né una meta né una ragione(...) Ho molto imparato emolto goduto delle parole degli altri (e delle vostreSibilla) mach'iosappianon ho mai dettoionessuna parola che avesse qualche valore”. C'èin queste parole l'ansia di volere vivere ad ogni costod'essere protagonista;il fascismo non poteva non avere una attrattiva irresistibileerainevitabilmente frainteso da questi giovanicome del resto lo fucon benpeggiori implicazioni da uomini ben più anziani e gravati di ben altreresponsabilità.

Ma se nell'estate del 1926 la maturazione politica era ancoraincertal'anno successivodi ritorno in Italial'antifascismo di Lauro èormai pienamente acquisito. La traduzione dell'Antigone di Sofocle è -come scrive Salvemini - “il primo indice del passaggio all'antifascismomilitante”. E in quello stesso 1927 Lauro scrive la sua unica opera poeticaorganicaIcaroche già nel titolo è rivelatrice degli intentidell'autore. Ad una componente famigliare difficilmente ponderabile e valutabilenella sua portatanella sua influenza su Laurosi unisce una componenteculturale che fonde il mito positivista di una scienza dominatrice del mondoequindi creatrice di libertà per l'uomocon forme di vitalismo bergsoniano dimarca nettamente antipositivista. Del Bergson dell'Evoluzione creatriceLauro avrebbe potuto sottoscrivere il detto che la vita “è ininterrottozampillo di novità”. Questa lettera è rivelatrice di ascendenze culturaliche emergeranno ancor più chiare dall'analisi dei pochi testi politici efilosofici che ci ha lasciato.

Un punto importante da rilevare è che l'antifascismo di deBosis si manifesta in via primaria con un linguaggio poetico che gli è piùcongeniale. Sotto questo profiloanche se Lauro scrisse significativi testi dianalisi politica e filosofica negli ultimi mesi di vitaha ragione MarioVinciguerra quando sostiene che de Bosis “sentiva bene e riconosceva di nonessere un uomo politico nel vero senso della parolané la sua anima infiammatadi poesia e tesa verso un ideale di assoluta indipendenza avrebbe potuto giammaipiegarsi alla formulazione precisa di un programma politico e ad una disciplinadi partito”. Sarebbe inutile cercare in lui l'organizzazione di un pensierosistematicoma è certo possibile trovare colleganze intellettualisignificativemagari anche sedimenti di una cultura liberale fortementeinnovativa - da Amendola a Gobetti - che riemerse nell'esilioquasi effetto diletture che nella prima metà degli anni venti non avevano rappresentato per luiuno stimolo immediato.

Dopo Icaronell'estate del 1928la sua irrequietezza loriporta in America a ricoprire l'ufficio di segretario della societàItalia-America. Dapprima aveva rifiutato per il rischio di compromissionepolitica che quella carica poteva comportare. Poi accettò su pressioni diChester Aldrich che era divenuto presidente della società e gli aveva garantitoche avrebbe fatto solo cultura del tutto disinteressata.

E a tal proposito possiamo fare una considerazioneapparentemente banalema in realtà sempre a torto trascurataa propositodell'impressione che deve avere esercitato su di lui la grande crisi economica.Il trovarsi in America in quell'ottobre del 1929 e assistere agli sviluppisuccessivi della grande crisi sul continente americano fece maturare a mioavvisoin de Bosisla convinzione che l'impatto di questo maremoto sarebbestato sconvolgente anche sulle società europee. Non ho pezze d'appoggioadeguate per giustificare questa tesima mi pare del tutto significativo - e miscuserete se anticipo questo tema - che alla crisi economica del regime siadedicato addirittura un numero doppio dell'Alleanza nazionaleil 3-4 del 1-15agosto 1930.

“Nessuno sa - si legge nel foglio - come i prossimi buonidel tesoro saranno pagati. L'Italia 'non ha più bisogno di danaro straniero'perché non riceve più credito da nessuno. Dappertutto prestiti nascostamenteforzosiquindi nessun bilancio sincero. Ogni fascio tassa le imprese secondo unproprio calcolo. Licenziamenti impossibili senza permesso dell'autoritàpoliticaquindi rapido aumento di fallimenti e di cambiali insolvibili”.

L'immagine che si dà della crisi è gravissima; il suosviluppo sembra irreversibile. E su questo tema si ritorna in un documentofinora rimasto inedito e che getta nuova luce sulla sopravvivenza dell'Alleanzanazionale che gli storici hanno dato fino ad oggi virtualmente liquidata con gliarresti del dicembre 1930.

Una lettera firmata l'“Alleanza nazionale per la libertà”e datata 8 maggio 1931impostata a Romaviene recapitata a certo onorevoleBaragiola che il giorno prima aveva esaltato alla Camera il rinnovo dei buonidel tesoro come indice della forza economica del regime. “Ma quale forza” -si legge nella lettera - “Alle tre parole 'prestiti al fascismo'tutte lecasseforti estere si sono inchiavardate come per incanto. Dunquela volontàd'indipendenza si risolve nella storiella dell'uva acerba”. La truffaecononica perpetrata dal regime verso il popolo italiano viene ribadita inquesta lettera di cui non è possibile stabilire la paternità - de Bosis non sitrovava a Roma nel maggio del 1931 - ma che è facile ricollegare in qualchemodo al promotore della Alleanza nazionale. E ancora vale la pena di fareun'ultima annotazione sul riflesso dei fallimenti bancari che sono interpretatidall'organo della Concentrazione antifascista “La Libertà” e da altriquotidiani stranieri come sintomo dello sfacelo economico del regimenon senzache la polizia fascista vi dedichi una preoccupata attenzione.

Tutto questo per dire chea mio avvisogli aspettieconomici della crisi o supposta crisi del fascismo sono in de Bosis e nei suoiamici un prius che precede gli altri aspetti della crisiquelli piùstrettamente politici. Anche perché altrimenti non si comprende come mai Lauronel maggio del 1926 dava al regime una scadenza non lungama certo piuttostolontana nel tempomentre nel 1930 egli è convinto che il regime non abbia piùdi due anni di vita. Il 21 dicenbre 1930 scrivendo da Parigi a Ruth Draper inmerito all'arresto della madre e di Rendi e VinciguerraLauro manifesta laconvinzione che per i suoi compagni prendere due o trent'anni sia lo stessodalmomento che “questo regime non può durare più di due anni”. In questeparole si può leggere certamente ancora l'iniziale smarrimento di chi si trovaal sicuro mentre i propri compagni di lotta sono stati arrestati - un problemadi coscienza che senza dubbio graverà sulla decisione del volo - masecollegate alla iniziativa dell'estate precedentepossono anche riflettere unareale convinzione di precarietà del fascismo.

Comunquechiusa questa parentesiche tuttavia investe unpunto qualificante dell'analisi del fascismo operata da Lauro - e anche delledeformazioni da cui era viziata - riprendiamo la ricostruzione della nascitadell'Alleanza nazionale dal ritorno in Italia di Lauro nell'estate del 1930;ossia dal momento in cui le fonti e la memorialistica ci offrono materiali piùconsistenti di analisi storica. Vale subito la pena di correggere certastoriografia americana sull'antifascisno in merito all'ispiratore dell'Alleanza.Non Mario Vinciguerracome scrive Charles F. Delzellma lo stesso Lauro ful'ispiratore e l'organizzatore della trama clandestina nel giugno del 1930.Questo risulta chiaramente non solo dalla prefazione all'opuscolo The'Alleanza Nazionale'documents of the Second Italian Risorgimentopubblicato nel 1931 a Parigi ma anche nella lettera inviata a Salvemini nelgennaio 1931.

“Vinciguerra è stato veramente eroico - scriveva Lauro. -Ha persino affermato che l'idea dell'Alleanza era venuta a luimentre inrealtàpur ricevendo i fogli non seppe che ero io che li mandavo fino allametà di agosto (Rendi lo seppe solo in ottobre)”.

Il meccanismo con cui Lauro intendeva sviluppare la sua tramaclandestina era molto semplice. Egli stesso all'inizio si sarebbe preoccupatodella stesura e dell'invio per posta di un buon numero di circolaridell'Alleanza che i singoli destinatari dovevo riprodurre in sei copie e a suavolta spedire ad altrettante persone. La diffusione avrebbe avuto così unaprogressione geometrica. Questo doveva essere il marchingegno - che è faciledefinire ingenuo - che avrebbe dovuto organizzare il dissenso contro il fascismochesecondo Lauroera diffuso nel paese; e che investiva anche i quadri delfascismo: si tenga presente che destinatari delle circolari non erano solopersone note per i loro precedenti antifascistima anche piccoli gerarchi delregime.

Questo per quanto riguarda l'avvio organizzativomentre iperni politici del ribaltone che avrebbe dovuto fare il regime dovevano esserela monarchia e la Santa Sede. Era ferma convinzione di Lauro che l'antifascismoavesse commesso due gravi errori: l'essere antimonarchico e l'essereanticlericale. Questoinvece di ostacolare Mussoliniaveva fatto il suo gioco.

“Ora sarebbe follia disconoscere i seguenti fatti: - silegge nella seconda circolare del 15 luglio 1930 - la Monarchia con l'esercito eil Vaticano con l'Azione cattolica sono le due più grandi forze che esistano inItalia fuori del fascismo. Nessuno dubita che il Re e il Papa non siano in cuorloro antifascisti. Se fin'ora hannol'uno subìtol'altro utilizzato ilfascismo per quel chea torto o a ragioneè parso loro il bene dellaMonarchia e della Chiesatocca a noi capovolgere e non già consolidare quelgioco d'interessidi speranze e di timoriche han fin qui determinato la lorocondotta. E non è chi non veda come già di per sé sta mutando diametralmente.”

Siamo così giunti al punto centrale di quella che contermine un po' altisonante potremmo definire la strategia politica di Lauro deBosis: coinvolgere le forze istituzionali del paese nella lotta antifascistapuntando sulla loro reale - o presunta - ostilità verso il regime. Questo pianoaveva due risvolti essenziali nelle intenzioni di de Bosis. Anzitutto dovevaessere tranquillizzante per i cosiddetti ben pensantiper gli uomini d'ordine.De Bosis mirava a sfatare il mito alimentato per fini strumentali dal regime chel'alternativa al fascismo era il comunismo.

Coinvolgere monarchia e Santa Sede significava soprattuttoquesto: garantire con la coalizione liberale italiana - ma intesa in senso latoperchécome vedremol'Alleanza non si qualificava come movimento liberalecontrapposto o differenziato da altri movimenti politici compresi in quello chepotremmo chiamare l'arco aventiniano - che la caduta del regime sarebbe avvenutanell'ordine costituzionale. Sotto questo profilo il primo manifestodell'Alleanza era stato chiaro: “tocca (...) agli uomini d'ordine dideterminare la crisi del fascismo e salvare così l'Italia anche dalla minacciacontraria”.

Il secondo risvolto della strategia di de Bosis implicava unacritica di fondo a quella che era stata la politica dell'Aventino e anche allalinea della Concentrazione parigina.

“Per il passato- si legge nell'ultima circolaredeldicembre 1930 - responsabili del fascismo sono stati un po' tutti: quelli chegli hanno aperto le porte non più di quelli che in cinquant'anni hannocontribuito alle miserie della vita politica italiana. Qualunque azioneimperniata sopra una intransigente valutazione morale era quindi condannata atrovar tutti nemici e a isterilirsi in una vacua e generale condanna dell'Italiain blocco”.

In fin dei contide Bosis è profondamente contrario alletesi della pura condanna morale proveniente da quella che a tortosecondo luisi considera ”l'altra Italia”. Le magagne e i meritise ci sono e per queltanto che ci sonoappartengono a tutti gli italiani; la purificazione dalleprime e l'esaltazione dei secondi può essere solo una opera comunenon puònascere dalla divisione manichea fra chi ha perduto l'Italia e chi puòsalvarla. La Monarchia e la Chiesa cattolicapur con i loro gravi errori e leloro responsabilitàpur se gravati dal peso di aver provocato ritardi e cadutenello sviluppo civile del paesefanno parte della storia d'Italiae gliantifascisti devono prenderne atto. Questa mi sembra essere l'intuizione difondo che de Bosis trasfuse nel programma dell'Alleanza nazionale. Ed essarappresentaa mio avvisoun superamento delle posizioni aventiniane e unprogramma che anticipa la logica ispiratrice dei comitati di Liberazionenazionale.

Naturalmentesi tratta di un programma che è suscettibiledi essere qualificato come sostanzialmente conservatoredesideroso diripristinare uno status quo ante che l'antifascismo rifiutava. E chequesto fosse l'atteggiamento assunto dalla “Concentrazione” e da “Giustiziae Libertà” nei confronti dell'Alleanza è comprovato da molteplicitestimonianze. Lo stesso de Bosis ne fa riferimento in una lettera a Giorgio LaPiana spedita dal parigino hotel Victor-Emmanuel III ove lavorò nell'invernodel 1931 come portiereper preparare l'impresa dell'ottobre successivo. ”Lastessa Concentrazione di Parigi- scrive - che in settembre ci avevaviolentemente attaccato (con la sciocca idea che val meglio il fascismo che nonun'Italia ancora monarchica)ora ha capito la forza del nostro movimento ecerca di mettersi in contatto con esso. Insomma i sacrifici non sono stati vani”.Ma esiste anche una documentazione inedita che conferma le rivalità soprattuttoprovenienti da “Giustizia e Libertà”. In un rapporto del 14 gennaio 1932proveniente da Parigi si legge che “l'affermarsi della nuova organizzazioneantifascista 'Alleanza Nazionale' - che si è rivelata con il noto volo di Laurode Bosis e la recente istituzione repubblicana 'La Giovane Italia' - con unprogramma di natura terroristica - fecero comprendere ai dirigenti del comitato'Giustizia e Libertà' che le su accennate associazioniin quanto operavano nelregno potevano rappresentare un serio pericolo di concorrenza per l'azioneantifascistacon un conseguente grave discapito per le sorti future dellaorganizzazione stessa”. Del resto delle ostilità che provenivanodall'antifascismo parigino abbiamo conferma anche nella testimonianza di MarioVinciguerra.

Ma in realtà l'atteggiamento dell'antifascismo parigino erafrutto o di rivalità o di fraintendimento sulle finalità politiche delmovimento di de Bosis. In Lauro vi era una forma di realismo politiconon unapersonale adesione o fedeltà alle istituzioni considerate corresponsabili delfascismo. Naturalmente si può discutere se questonel 1930fosse veramenterealismo politico; se cioè veramente avesse un fondamento credere in unsostanziale antifascismo della Monarchia e della Santa Sede a un anno dallaConciliazione. E di questo discuteremo.

Per quanto riguarda il primo puntoossia la valutazione chede Bosis faceva della Monarchiaabbiamo la probante personale interpretazionedi Lauro che il 2 febbraio 1931 scriveva a Salvemini per chiarire che “néVinciguerra né alcuno di noi altri siamo d'un pelo più monarchici dei nostriamici di 'Giustizia e Libertà'; crediamo soltanto alla necessità di manovrarecon delle forze esistenti e non con delle ideeche condividiamo anche noimadietro alle quali oggi in Italia non ci sono delle vere forze su cui farpresa”.

Ed era ancor più esplicito nella lettera inviata a FrancescoLuigi Ferrari a fine maggio del 1930:

“Ionaturalmentepreferisco la repubblica alla monarchiae non ho il minimo attaccamento ai Savoia(...) Quello che mancava finora è unaut aut dei monarchicichese non raccoltofa più male alla monarchia chenon tutta l'opposizione repubblicana”.

E disponiamo della ancor più probante testimonianza diSalvemini:

“Il dissenso politico (fra de Bosis e me) era sul metodopiù che sulla sostanza. Lauro era giunto alla conclusione che una repubblicaera diventata ormai inevitabile in Italiama per il passaggio dal dispotismofascista alla repubblica riteneva probabilmente necessaria la fase intermedia diuna monarchia costituzionalegrazie alla quale il paese avesse un minimo dilibertàche gli permettesse di cercarea ragione vedutala sua storia”.

Per quanto riguarda poi la linea di Lauro verso il mondocattolicoe la gerarchia ecclesiasticaogni accusa di clericalismo rivolta aLauro è destituita di ogni fondamento. Anche in questo caso ci soccorre latestimonianza di una bozza di piano delle cose da fare nell'Italia liberata dalfascismo che Lauro delineò all'amico Cecil Spriggeconosciuto a Roma quandoera corrispondente del “Manchester Guardian”.

Vale poi la considerazione di massima che Lauro consideravale forme codificatedogmatichedi religiosità come retaggio di civiltàarretratedestinate ad essere superate dalla religione della libertàintesacome credenza laica dell'immanenza del divino nel consorzio umanonon della suatrascendenza. In questoLauro raccoglieva l'eredità del pensiero di Vicotramite la mediazione di Croce. Del restotutta crociana era la suasottovalutazione del movimento modernista e del suo tentativo di conciliare laChiesa con le esigenze dell'età moderna:

“Se avesse accettato i suggerimenti dei Modernisti laChiesa cattolica avrebbe commesso un atto di suicidio immediato. La Chiesacattolicarifiutandosi di discutereha ancora dalla sua parte molte maestose evenerabili forze di carattere sentimentale se non intellettuale”.

Lauro non aveva raccolto la lezione di Amendola e la suastrenua difesa del modernismo come moto profondo di rinnovamento della Chiesacattolica che avrebbe avuto un effetto benefico anche nel progresso dellasocietà italiana; tramite Croceaveva fatto sue certe incomprensioni dellaclasse dirigente giolittiana per tutto quanto avveniva all'interno della Chiesacattolicacon cui si trattava ormai solo sul piano politico e diplomatico. Mipare quindi di poter interpretare il ruolo che la Santa Sede avrebbe avutosecondo de Bosisnel crollo del regime in un quadro di pura valutazionerealistica delle tendenze in atto nel mondo cattolico - anche se questainterpretazione era estremizzata - senza alcun apprezzamento da parte di Laurodi questo presunto antifascismo come di un progresso reale del mondo cattolicoche si sarebbe riverberato nella società italiana del post-fascismo.

Il problema storiograficodunqueè un altro. Non si trattadi assolvere o di condannare Lauro de Bosis e l'Alleanza Nazionale in funzionedei collegamenti che intendeva creare e considerava opportuni fra monarchia eSanta Sede e il supposto antifascismo latente nell'opinione pubblica italianama piuttosto di valutare la fondatezza delle sue analisi politiche. Naturalmenteè un quesito di carattere storiografico che può trovare una risposta semplice- o addirittura semplicistica - nella banale constatazione che il moto fallì.La razionalità del realeper dirla in termini hegelianista dalla parte diMussolini. Ma ad una critica storiografica più accortadesiderosa di accertarenella loro reale portata i motivi di dissenso verso il regime che indubbiamenteesistevanoanche dopo il pur grande successo ottenuto dal fascismo grazie aiPatti dell'11 febbraio 1929questa constatazione non basta. Tanto più che lapossibilità che oggi ha lo storico di accertare l'attenzione e lapreoccupazione con cui la polizia fascista seguì e perseguì il fenomeno sioppone ad ogni valutazione riduttiva dello stesso.

Le carte di polizia sono illuminanti anzitutto sull'apportodei cattolici all'organizzazione clandestina. Anzi i primi ad essere scoperti -molto prima dei capiVinciguerra e Rendi - a Verona agli inizi dell'ottobre1930 furono degli ex-popolari assieme a socialisti. In particolare sonointeressanti i risvolti dell'arresto del professor Umberto Gelmettiex-popolare arrestato il 25 settembre 1930 su accusa di altri arrestati per averriprodotto le circolari 1234 dell'Alleanza nazionale. Dal verbale dipolizia risultain base alle sue dichiarazioni che:

egli non era mai venuto in possessoné aveva vistilibelli antifascisti di alcun generedichiarava che soltanto nella decorsaprimaveratrovandosi a Trentovide nelle mani di un alto prelato del luogodel quale sconosceva (sic) il nomeuna circolare dattilografata in due o trefoglidiretta con firma anonima 'I VOSTRI DIOCESANI E I CATTOLICI MILANESI'contro il Cardinale Schuster di Milano”.

In detta circolaresecondo Gelmettisi accennava all'errorecommesso dal Cardinale Schuster nell'aver affermato in una lettera da luidiretta al Segretario Politico del Fascio di Milanoin occasione del Decennaledei Fasci di Combattimentoche il Papa e la Chiesa “avevano benedetto ilFascismo nelle sue origini”.

Il documento cui faceva riferimento il Gelmetti era inrealtà noto al Ministero. I motivi della protesta dei cattolici milanesi -trecento erano i firmatari della lettera e pare che fra questi vi fosse ancheStefano Jacini - erano motivati soprattutto dall'affermazione del cardinale che“l'Italia cattolica e il Santo Padre sino dalla prima ora hanno benedetto ilfascismo ed hanno concepito grandi speranze sulle giovani forze del Fascismostesso”. Il cardinale veniva accusato di dimenticare le violenze che in piùoccasioni i fascisti avevano messo in atto contro i cattolicie soprattuttol'ostilità più volte manifestata contro l'azione cattolica.

Ma di tutta la vicenda delle ostilità che suscitava lafigura di Schuster - sia in ambienti cattolici ostili al regime sia anche insacerdoti fascistissimi - è interessante in questa sede il fatto che essasuperasse i confini della diocesi di Milano e divenisse quasi simbolo pressocerto ex-popolarismo di contestazione verso i settori della gerarchiaecclesiastica più favorevoli a forme di legittimazione ideologica del regime.Quale collegamento ci fosse fra questi ex-popolari e padre Enrico Rosa S. J.direttore de “La Civiltà Cattolica” non è possibile dire. Il primo storicodei rapporti fra mondo cattolico e fascismo a parlare dell'apporto dato da padreRosa alla diffusione delle circolari dell'Allenanza nazionale è stato RichardWebster che a sua voltasi basa sulla testimonianza di Luigi Salvatorelli.Comunque si tratta di tradizione oralefondata sul dato incontestabile chepadre Rosa era personalmente ostile al regime ed era arrivato a provocare ilsequestro di un numero de “La Civiltà Cattolica” ove paragonava ilConcordato sottoscritto con Mussolini con quello napoleonico: “Mussolinicomel'imperatoreintendeva fare del concordato un instrumentum regni”suscitando le proteste della Chiesa che rifiutava ogni compromissione - nellainterpretazione del gesuita - con un sistema politico. Mancano provedocumentarie d'appoggio dell'attività di diffusione delle circolaridell'Alleanza esercitata da padre Rosa.

Il cospicuo numero di ex-popolari che cade nella rete dellapolizia fascista a Verona non è comunque un caso limitato al Venetocome pensaWebster. Ad Ancona la percentuale di ex-popolari era parimenti altaanche separe che il centro motore della organizzazione fosse certo Aldemiro Naccidiprofessione tipografoche la polizia fascista qualifica come “anarchicosfegatato”. Mentre in Liguria la maggiore personalità affiliata al movimentoera il professor Giuseppe Rensidocente di filosofiaqualificato come “socialistanon biografato”ma chein realtàaveva precedenti politicidemocratico-repubblicani. Figurava fra gli arrestati anche un certo Tito Rosinaex attivista del movimento clandestino “Italia Libera”.

Comunquedal quadro generale che possiamo trarre dalle cartedi polizia emerge una partecipazione all'organizzazione clandestina checoinvolge ex-popolarisocialisti d'ispirazione riformistarepubblicanidemocratici di diversa estrazionee qualche anarchico. Parteciparono osodalizzarono con l'Alleanza anche il duca di Cesarò e Zanotti Bianco; ilfinanziere Ferlosio fu il finanziatore del movimento che fu visto di buon occhioanche da Benedetto Croce. Sono completamente assenti i comunisti cheevidentementenon potevano sottoscrivere un movimento i cui principi eranoprofondamente legalitarie cheanzinella ispirazione di fondointendevaprovare che in Italia esisteva un antifascismo non comunistae soprattutto erapossibile dare uno sbocco statutario di tipo liberaldemocratico alla lottacontro il fascismo.

La dinamica dell'arresto dei capi dell'organizzazioneVinciguerra e Rendioltre che della madre di de Bosiscui Lauro sfuggìperché si trovava in America da metà settembreè nota. Vinciguerra fusorpreso mentre impostava le lettere; Rendi fu arrestato perchésospettato peri frequenti contatti con Vinciguerrafurono trovate a casa sua le macchine dascrivere con cui erano state battute alcune circolari della Alleanza; mentre lamadre di LauroLiliana Vernonfu tratta in arresto perché teneva in casa ilciclostile con cui erano stati riprodotti esemplari delle varie circolari.Questi arresti avvennero fra la fine di novembre e gli inizi di dicembre del1930. L'organizzazione fu sostanzialmente decapitataanche se continuò unacerta attivitàpromossa da de Bosis da Pariginella prima metà del 1931. Nelcorso del processo il regime potè gettare fango su Lauro e sua madre per lalettera che il primo aveva scritto all'ambasciatore italiano a Washington ove sidichiarava fedele al regime per ottenere l'incarico di rappresentanza in Italiadella “Lega per l'educazione nazionale”: sarebbe stata una buona coperturaper poter viaggiare e contattare molte persone. Mentre la madre di Lauro sicompromise con una lettera di sottomissione al ducecondizione perché glialtri suoi figli non avessero la carriera stroncata.

La letteranonostante le promesse contrariefu resa dipubblica ragione. Vinciguerra e Rendi furono condannati a quindici anni dicarcereche furono poi ridotti a sette. Era una pena durissima che sigiustifica solo con la volontà del regime di dare una lezione feroce agliambienti costituzionali che intendessero manifestare intenzioni ostili alregime. Mi sembra acutaa questo proposito la notazione del quotidiano diTunisi “Le Petit Matin” del 22 dicembre 1930 - che non era sfuggita allapolizia - a proposito del fatto che questo processo era il primo “a fartradurre innanzi al Tribunale Speciale per la difesa dello Stato non deirivoluzionari o dei comunistima dei semplici cittadini cattolici e monarchicioperanti in nome delle opinioni liberali”. Con qualche riserva per la tropporestrittiva delimitazione a cattolici e monarchicil'osservazione era comunquevalida.

Ma allora quali reali possibilità di successo aveva ilmovimento suscitato da Lauro de Bosis? E se scontiamocome pare legittimochequeste in realtà non ci fosseroquale fondamento aveva la sua convinzionedella ostilità della Chiesa e della Monarchia verso il fascismo?

Per quanto riguarda la primava anzitutto detto che motividi ostilità c'erano e per quel tanto che si manifestavanoriguardavano duepunti essenziali: l'educazione cattolica della gioventù e l'Azione cattolicache la gerarchia ecclesiastica considerava tramite essenziale per mantenere unostretto contatto con la società civile. Il secondo punto avrebbe scatenato unacrisi molto grave fra Chiesa e regime nella estate del 1931 - dopo le crisi chepure c'erano state prima della firma dei Patti - anche perché la Conciliazioneaveva rinfocolato nel mondo cattolico la convinzione che fosse giunta l'ora perla creazione di una monarchia cattolica. La Conciliazioneinsommacrea unclima di effervescenza e di grandi aspettative nel mondo cattolico che sitraducono anche in uno sforzo di espansione organizzativacerto non visto dibuon occhio dal regime fascista. Perché se andiamo al fondo delle crisideicontrastio delle potenzialità di contrasto che pure vi furono fra mondocattolico e fascismo - ma badando bene a non esaltarne troppo la portata -vediamo come esse non fossero tanto radicate in motivi di ordine ideologico. Perintendercii conflitti non si muovevano sulla base delle incompatibilità frail vecchio popolarismo e l'ideologia totalitaria del regimema piuttosto per lastessa presenza di una organizzazione di massacon oltre un milione diiscrittiche non era antifascistama che non era integrata nelleorganizzazioni del regime. La Santa Sede difese strenuamente la sopravvivenzadel laicato cattolico organizzato e fu vittoriosa in questa battagliagraziealla grande duttilità con cui seppe piegarsi alle pressioni del regime nel1931senza cedere sull'essenziale e recuperando le posizioni perdute a partiredalla metà degli anni trenta.

L'errore di valutazione compiuto da de Bosis stavadunquenel confondere Azione cattolica e dissidenza degli ex-popolari. Questi ultimi inparte ancora sopravvivevano nelle file dell'Azione cattolicama a condizioneche non si trattasse di personalità eminenti e note del popolarismo e acondizione che non manifestassero in alcun modo il loro antifascismosalvo adessere emarginati dall'or-ganizzazione. La Santa Sede accettava il conflitto conil regime per mantenere saldi i punti di raccordo con la società civilema nonper difendere posizioni politiche o ideologiche che essa stessa non condivideva.Il fatto poi che esistessero sacerdoti o vescovi o gesuiti dalle personaliopinioni contrarie al regime non modificava nella sostanza il quadro delineato.

Per quanto riguarda la monarchiaè sufficiente rinviarealle osservazioni sempre acute di Renzo De Felice a proposito della volontà diMussolinitanto più in questa fasedi risolvere i rapporti con la monarchia“senza scosse e col tempo - quando cioè il suo peso nella diarchia fossediventato superiore a quello del reassai probabilmentequandocon la mortedi Vittorio Emanuele IIIil problema fosse venuto naturalmente sul tappeto”.Ea conferma di questa tesiDe Felice fa riferimento proprio alle forze armatee alla opposizione del duce ad ogni progetto di radicale fascistizzazione chepure gli veniva presentato “perché sapeva che ciò gli avrebbe creato gravidifficoltà con la monarchia”. Mi pare evidente che se Mussolinidisponendodi un osservatorio certo migliore di quello di de Bosis e dei suoi amicidell'Alleanza nazionaleavesse creduto in una minaccia che poteva venire dal reo dall'esercito avrebbe tenuto una linea diversa.

I mesi che succedono all'arresto di VinciguerraRendi edella madre sono mesi che potrebbero essere definiticon una formula cara acerta agiografia mazzinianadella tempesta del dubbio. Compie il primotentativo aereo fallimentare in Corsica nel luglio 1931 ed è poi costretto ariparare in Inghilterra per sfuggire alla cattura. (Dalle carte della poliziasarebbe risultato anche un suo viaggio in America in quella estate del 1931perché viene intercettata una sua lettera alla madreproveniente dagli StatiUnitidel 10 settembre 1931ove Lauro si rammarica con la madre di avertrascinato anche lei nella via da lui percorsa e per causa sua averla esposta atanti guai).

Traspare da questi studi la concezione di un liberalismo chenon si lascia cristallizzare in un apparato istituzionale fisso ed immutabilema che si evolve con la storiache deve sempre rispondere ad una sfidapermanente di rinnovamento e di adattamento alle circostanze. Questa “religionedella libertà” esprime la sua fede laica in una crescita umana e civile nellaquale la “negatività”che nella fattispecie concreta è rappresentatadalla dittatura fascistanon rappresenta altro che una caduta momentaneaunaparentesicome avrebbe detto Croce. Questotuttavianon comporta in de Bosisuna assuefazione passiva alla realtà del regime. Egli è un eroe mazzinianocome l'ha descritto acutamente Piero Calamandrei nel magistrale ritratto diLauro de Bosis disegnato nel quinto anniversario della Liberazione. È un eroedel Risorgimento che opera una sintesi di pensiero e di azione; il suo ottimismoliberale non prescinde dall'impegno concreto fino al sacrificio della vita pergli ideali in cui crede.

È facile osservare che la sua visione di una battagliaindividuale contro il fascismo è più il frutto di una cultura ottocentescache non il portato della consapevolezza della forza dei mostri totalitari delnovecento. Nella sua statura di eroe romanticode Bosis non è toccato dalpessimismo della ragione individuale proprio dell'uomo del novecento. Ma a tortolo ridurremmo negli ambiti angusti di una cultura tutta ottocentesca. Nelloscritto sull'Unità europea rivela una sensibilità tutta gobettianaquando esalta il progresso attuato dall'internazionale socialista“la forzache ha fatto la parte del liberalismo contro le vecchie forze conservatrici”pur additando i rischi che essa corre di divenire portatrice di dispotismo.

Come è del tutto ingiusto e ingiustificato ridurre il suoottimismo a leggerezzacome fa Prezzoliniper tornare al punto di partenza delmio intervento; come è ancora fuorviante ridurre la figura di Lauro a quella di“un martire cavalleresco che si è sacrificato per l'onore”. Eglicomeabbiamo visto anche nella lettera scritta alla madrenon ha alcuna speranza disuccesso immediato. Cionostante ritiene che il suo sacrificio non sia inutile;la sua fede laica gli permette di credere nella immortalità delle opereanchele più anonimeanche se perdentipurché votate ad un grande ideale. In unadelle sue pagine più significative ed illuminanti del senso della sua vitascrive:

“Coloro che hanno collocato il loro amore nelle cose eternesono più immortali di quelli che lo hanno dedicato alle cose perituree delledue categorie di individui sono più immortali quelli che amano cose grandi esono pronti a morire per esse (...) L'immortalità non è figlia della morte madell'amore”.

La sua volle essere una testimonianza di veritàcostassequello che costasseperché era certo che alla fine la verità avrebbetrionfatoe Lauro sarebbe stato partecipe di questo trionfo.

 

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Cosìinfineebbe a esprimersi Piero Calamandreiillustregiurista e uomo politiconella commemorazione del voloil 25 aprile 1951ventennale della scomparsa di Lauro.

... dobbiamo ricordare che chi primo lanciò il gridonel silenzio sconsolato furono gli uomini isolati ed esemplari che anche neglianni del buio seppero segnare la strada e mantenere la continuità tra il primoe il secondo Risorgimento. La Resistenza è stata possibile perché CesareBattistieroe che ricongiunge due secoliè stato impiccato; perché Matteottiè stato pugnalato; perché Amendola è stato abbattuto dai sicari e Gobettistroncato a bastonate; perché i Rosselli sono stati assassinati; perchéGramsci è stato fatto morire in galera; perché Lauro de Bosis si è inabissatonella notte dopo avere assolto il suo voto. Sono essi i precursori dellaResistenza; essi i fratelli di tutti i caduti dell'ultima guerradi tutti itorturati dai tedeschidi tutti i trucidati dai fascistidi tutti gliscomparsi nei campi di deportazione.

Cosìcome SalveminiSpadolini e gli altri testimoni eautori citatianche Calamandrei pone in luce l'aspetto “risorgimentale”dell'azione di Lauro e il suo legame tra la Resistenza al fascismo e la Guerradi Liberazionedodici anni dopo.

 

Testimonianze

 

 

 

1 bisrue Vaneau VIIº

15 octobre 33

 

 

Mon cher Aveline

Tous mes remerciements pour l'envoi (pas encore reçu) duLauro de Bosis. Je connais déjà et Icare et l'admirable testamentayant eu en mains tous les documents de cette héroïque et mortelle aventure;mais suis heureux d'avoir ce volume et de le tenir de vous.

Bien cordialement votre

 

André Gide

 

 

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Copie d'une lettre à Gide

16.10.33

 

 

Mon cher ami

Je n'ai pas oublié que vous avez eu entre les mains tous lesdocuments concernant l'aventure et la mort de Lauro de Bosis. Je n'ai pasoublié non plus notre entretienle jour où je suis venu vous demander lapréface que nous rêvions d'avoir de vous. Vos scrupules ont arrêté maprière. Mais ces scrupulesces objectionsqui ne pouvaient prendre place dansun avant-proposne les verrons-nous pas exprimés dans quelche page de votrejournal? Tous les amis de Lauro de Bosis souhaitent de voir son nom ecrit parAndré Gide et ils savent bien que vos réserves seront encore sous votre plumeun grand hommage à une charmante et belle mémoire.

Votre toujours fidèle

 

Claude Aveline

 

 

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Bougie 10.12.33

 

Cher et illustre confrère

Je ne sais comme vous remercier de l'envoi de l'Icare dont lalecture m'a ravi. Il a eu la change de trouver un traducteur grand poète M.Ferdinand Hérolddont j'ai toujours admiré la sensibilité et le talent.C'est un monument digne de Lauro de Bosis que la France a dédié à samémoire. Encore merciet en vous souhaitant un heureux Noël et toutes sortesde félicités pour 1934

Agréezcher et illustre confrèrel'assurance de monadmiration et de mon dévouement.

 

Teixeira-Gomes

 

 

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Northampton Mass.28 Novembre 1933

 

 

Cher Monsieur Aveline

J'ai reçu le livre de mon cherhéroïqueinoubliable amiLauro de Bosis. Je trouve la traduction très belle: elle fait ressortiradmirablement toutes les intentions du texte.

C'est avec émotion que je vous remercie de m'avoir faitl'honneur de me l'envoyer.

 

G. Ant. Borgese

 

 

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le 10 Décembre 1933

 

 

Monsieur

J'ai tardé à vous remercier du très beau livreIcareque vous m'avez envoyé. J'ai moins tardé à écrire un article pour la N. R.F. destiné à réveiller énergiquement le souvenir du héros. Je ne puism'empêcher de regretter ces méthodes de luttequipar la mort de l'hommelibredonnent force au tyran. Mais la beauté du geste est toute pure. Lalettre finaleHistoire de ma Mortest sublime: et le drame d'Icare égaleles plus hauts qu'on puisse lire. Honneur au traducteur qui a tant sauvé de lapoésie originale. Graces à Romain Rollandqui paraît toujours justement oùon l'attendet à vousMonsieurqui avez transformé en objet ce précieuxlivre. Lauro de Bosis nous a quittés; c'est donc que nous avions oublié laliberté chérie. J'ai résolu de ressentir ce départ comme un mépris. Maisd'un autre côtéje saiset voudrais faire entendreque le devoir d'un hommelibre n'est jamais de mourir. C'est ainsi que cet ange flamboyant me divisecontre moi-même. Encore merci à vouset message fraternel à tous les amis duhéros.

 

Alain

 

 

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Cassis 31 Octobre 33

 

Cher ami

J'ai reçu votre lettre et j'apprends que le beau livre deBosis est arrivé chez moi à Belleme - Je vais le faire venir avec toutes lesprécautions nécessaires. Je suis bien heureux d'être des privilégiés quipossèderont cette édition de choix. La viela penséela mortde Lauro deBosis éveillent en moi d'autant plus d'émotionqu'en ce momentreprisentièrement par l'achèvement des Thibaultje vis avec eux dans cettesemaine terrible qui a précédé les mobilisations européennes de 1914oùjustementjour après jourgrâce aux machiavéliques dosages de la presselafièvre mauvaise de vengeance et haine fratricide montait de degré en degrécollectivecontagieuseirrésistible. C'est vous dire quel accueil je réserveà votre livre.

Le “Testament” de Bosislu dans je ne sais plus quellerevuem'avait déjà profondément bouleversé.

Je pense rester encore cet hiver dans le Midi. Je ne puisdonc vous dire “à bientôt”. Mais tout a une finmême les réclusionslaborieuseseten attendantmon amitié ne s'altère pas. Vous n'endoutez pas?

Vôtre

 

Roger Martin du Gard

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Villeneuve (Vaud) Villa Olga

24 Octobre 1933

 

Cher Claude Aveline

Merci de vos beaux livres. Je félicite sincèrementl'éditeur et les imprimeurs.

Si vous pouviez disposer encore pour moi de deux ou troisexemplairesje vous en serais reconnaissant. - Mais il ne faut pas que celapuisse vous gêner.

Et combien j'aurais souhaité qu'un de ces volumes pûtparvenir à la mère de Lauro! J'ai reçu d'ellele mois dernierune lettrebien émouvanteque des amis avaient portéepar dessus les Alpespour lamettre à la poste de Chamonix. Si vous aviez quelque moyen de l'atteindresonadresse est:

Madame Liliana Vernon de Bosis36 viale Principe EugenioFirenze.

Je vous serre affectueusement la main

Votre dévoué

Romain ROLLAND

 

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Paris le 18 Octobre 1933

 

Monsieur

Je reçois votre lettre et l'exemplaire Icare que vousavez eu l'amabilité de m'offrir.

Je vous suis infiniment reconnaissant de m'avoir procurél'occasion de savourer les beautés poétiques de ce livre édité par voussoinset vous prie d'agréerMonsieurl'assurance de ma considération trèsdistinguée.

 

 

S. Madariaga

 

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Meudon

10rue du Parc

17 Octobre 1933

 

Mon cher Claude

Je viens de recevoir l'exemplaire d'Icare que vousavez bien voulu m'envoyer et je vous en remercie de tout coeur. Je serai heureuxde lire le drame et le “testament” de l'héroïque Lauro de Bosis...

Quand vous verra-t-on à Meudon? J'espère que ce serabientôt. Je pense souvent avec émotion à votre dernière visite.

A vous bien affectueusement.

 

Jaques Maritain

 

 

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20 Octobre 1933

62rue Pierre Charron

Paris 8º

 

Monsieur

Je viens de recevoir l'Icare de Lauro de Bosis. J'aiaimé Lauro de Bosis. Je regarde aujourd'hui son livre avec une dévotionprofonde. Je vous remercie d'avoir édité le livre et de me l'avoir envoyé. Jene manquerai pas de faire de mon miex pour que la renommée de Lauro de Bosis etla valeur de sa voix soient répandues.

AgréezMonsieurmes sentiments bien dévoués.

 

Lionello Venturi

 

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32Chepstow Villas

London W.ll

22.X.33

 

Monsieur

Je vous remercie beaucoup d'avoir pensé à moi en envoyantun exemplaire de la traduction d'Icare de Lauro de Bosis.

Le souvenir du jeune poète et héros est toujours présentà ma pensée et à mon coeur: et l'Italie de l'avenir ne l'oubliera jamais.

Veuillez agréerMonsieur Avelinemes sentiments trèsdévoués

 

Luigi Sturzo

 

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Parisle 24 Octobre 1933

 

Cher Monsieur

J'ai reçu de votre part la belle édition française de Icaro.

Ami des lettres et italien qui a cru être son devoir de toutsacrifier à l'amour de la libertéj'éprouve une profonde reconnaissance verstous ceux qui coopèrent à l'exaltation du souvenir de Lauro de Bosis. Il estvoué à l'immortalité comme tous les poètes qui ont sanctifié leur rêve parune mort glorieuse.

Lauro de Bosisqui est aujourd'hui un héros pur parmi lesantifascistessera demain pour tous les italiens un des saints martyrs dudeuxième “Risorgimento” de notre patrie.

Merci doncMonsieurà vousà Miss Draper et à MessieursRolland et Hérold.

Votre très dévoué

 

Alberto Tarchiani

 

 

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(telegramma)

 

14º PC S Roma Quirinale

 

Si compiono oggi quarant'anni dal giorno in cui Lauro deBosisnobile figura di antifascistascomparve nel cielo del Tirreno dopo ilsolitario volo da lui effettuato su Roma per dimostrare contro la dittatura. Miè caro in tale occasionenon solo rendere omaggio alla memoriamatestimoniare l'ammirazione e la gratitudine che l'Italia restituita a libertàdeve a lui e alla purezza del suo eroismo. Il suo fu un atto di sfida del cuirischio egli fu pienamente consapevole. Tanto consapevole da dettareprima dicompierloquella “Storia della mia morte” che non possiamo rileggere senzacommuoverci e che è bene richiamare ai dimentichi e additare ai giovani.Trentennepoetainnamorato della vitaegli fece nondimeno volontario ecosciente dono di essa per l'affermazione degli ideali di libertà. Esempio pertuttidesidero dirle nella presente ricorrenza che il ricordo di Lauro de Bosisnon perirà.

 

Giuseppe Saragat

 

 

(telegramma)

 

Signora Charis Cortese de Bosis

Via Giovagnoli25

00152 Roma

 

Cinquant'anni orsonola sera del 3 ottobre 1931Lauro deBosisgiovane generosocon grande coraggiocompiva un'impresa che si sarebbeconclusa tragicamentecome lui stesso aveva presagito. Con la sola forzadell'ideale e della fede nella libertàlanciava la sua sfida alla tirannidefascistarealizzando il suo audace volo propagandistico per risvegliare lecoscienze degli italiani al culto di quei valori per i quali si erano immolateintere generazioni di patrioti. La “Storia della mia morte” di Lauro deBosis resta un esemplare testamento spirituale per quanti si volgano a cercarein momenti di crisi moraleun sicuro punto di riferimento nella lotta per lademocrazia. Con questi sentimenti desidero esprimerLegentile Signorail miocomosso ricordo e quello degli italiani tutti per la figura sempre viva di suofratello Lauro

 

Sandro Pertini

 

 

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I sottoscritti membri del Comitato Centrale di LiberazioneNazionale dichiarano di avere tenuto più voltedurante l'occupazione tedescadi Romariunioni plenarie del Comitato nell'appartamento abitato dalla sig.raCARIS DE BOSIS in Via Due Macelli66 da questa cortesemente e coraggiosamenteofferto.

 

Nel documento qui sopra riprodottoin ordinecompaiono lefirme autografe di: Ivanhoe BonomiMeuccio RuiniPietro NenniGiovanniGronchiMauro ScoccimarroAlcide De GasperiSergio FenoalteaGiorgioAmendola.

 

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[qui le riproduzioni di alcuni manoscritti. Nota perl'edizione elettronica (e-text)]

 

EPILOGO

 

 

 

“Icaro cadde qui”. Così scriveva Jacopo Sannazaro nelsonetto caro a Lauro de Bosis: cadutonon dimenticato. Il nome di Lauro rivivenell'affetto dei suoi congiunti ed è rievocato ogni giorno nella più celebreuniversità degli Stati Uniti. Il destino ha voluto che l'ideatore di AlleanzaNazionale per la libertà desse vitacon la sua mortead un alleanza culturaletra Italia e America: che si concreta con l'ospitalità offerta da Harvard adesponenti della nostra culturapresso la cattedra intitolata al nome di Lauro:“the Lauro de Bosis lectureship on Italian civilization”.

Il loro compito è dei più importanti per l'Italia e perl'America: confermare e arricchire quell'intimo rapporto di interdipendenzaculturale tra due paesi appartenenti alla stessa civiltà. Una generosa eintelligente iniziativa di Ruth Draper - compagna di Lauro in Italia e in esilio- ha reso possibile fin dal 1934 l'istituzione del Comitato Inter-disciplinaresulla Civiltà Italiana che per più di sessant'anni ha ricordato il gesto diLauro. Ruth Draper aveva intuito che legare il nome di Lauro alla diffusionedella cultura Italiana in America era il tributo più nobile e più gradito allasua memoria.

Il Presidente della Harvard UniversityProfessor Conantnonesitò ad accogliere l'iniziativaanche se autorevoli simpatizzanti americanidel fascismo tentarono tenacemente di impedirglielo. Ma l'ateneo è sovrano. Ela decisione favorevole di Conant rese possibile questa istituzione veramenteunica nei rapporti tra Italia e America.

Il primo titolare fu Gaetano Salveminicome sappiamoamicoe maestro di Laurouna delle poche ma eloquenti voci italiane che dall'esterodenunciavano puntualmentecon scrupoloso senso della verità storicaquellapolitica dissennata del fascismo che avrebbe portato l'Italia a coinvolgersi inotto guerre o interventi unilaterali nello spazio di sei anni: 1935-1941. Finoalla catastrofe finale.

Da Gaetano Salvemini a Dante della TerzaautorevoleDirettore del Dipartimento di Filologia Romanza di Harvard. L'elenco degliuomini di culturaveri ambasciatori della nostra civiltà antica e modernanonha bisogno di commenti. Fra gli altri: S. QuasimodoF. VenturiG. SpiniR.ProdiP. Sylos-LabiniF. FarnetiV. FrosiniS. RomanoV. BrancaF.Chiapelli e altri illustri docenti.

Se oggi il governo Italiano potesse e sapesse promuovere lacreazione di analoghe “ambasciate culturali” in seno alle maggioriuniversità del più importante paese del mondol'immagine dell'Italia inAmericane risulterebbe riequilibrata e arricchita.

Si tratterebbe in fondoricordando le parole con cui Laurodescrisse il suo gestodi fornire un “atto di spirito civico.”

Per l'Italia.

 

Introduzione
di Plinio Perilli

 

 

 

“Ce lo leveremo d'addossoma ci vuole tempo”...

Come invocando presto il conforto propedeutico d'un urgente enudo controestetismod'una provvidenziale e volitiva cura omeopaticacosì ilgiovane Lauro De Bosisfiglioccio ideale del Vate Imaginificoadditava estigmatizzava il proprio stesso “cimurro dannunziano”. Primi anni Ventivocazione generazionaleversi adolescenzialilirismi atavicidavveroancestralipredestinati:

...

Ciascun mattino mille vivi cuori

S'empion di gioia alla novella luce.

Ciascun mattino nuova forza adduce

Novelli canti e più novelli amori.

 

Dunquefanciullo sta sereno e pensa

Che i tuoi tormenti e la tua gioia frale

Son le pallide note di un'immensa

Singonia che trascende il bene e il male

...

 

Lauro era figlio di un personaggio importante e stimatonelpanorama dell'Italia tra fine Ottocento e inizio secolo: quell'Adolfo De Bosisamico e sodale di D'Annunziodirettore dell'allor celebre rivista “Il convito”antipositivistica e votata ad accarezzare e codificare le istanze d'un aulicoaccentuato romanticismo decadente ed estetizzante. I collaboratorioltreall'autore del Piacere e de Le vergini delle rocce (che uscìappunto sul “Convito” fra il 1894 e il '95)erano il Giovanni Pascoli degliappunto battezzati Poemi Convivialied altri artisti e grandi figureintellettuali quali E. ScarfoglioA. VenturiG. Sartorio... Adolfo eraanch'egli poetasensualeraffinatofra il dannunziano e il preraffaellita (Amoriac silentio sacrum1900)nonché apprezzato traduttore del Prometeoliberato di Shelley.

Per questo abbiamo parlato del figlio Lauro come d'unpredestinato: culturalmenteliricamentefinanche politicamente. Nato nel 1901col Secolonon poté davvero esimersi dal nutrirsi e impastarsi d'ogni carafulgida retorica potentemente in auge. Ma forse proprio questa dispiegatapreparazione psicologica - il privilegio d'un Idealismo incarnatod'unEstetismo praticatorisolto già in casaanzi per medesima connotazionefelice patologiatara e dono di sangue - lo condusse fuori bellamenteversoaltri lidialtri convincimentiegualmente nobili ma certo più aderenti aitempi nuovie alla difficile situazione politica dell'Italia anni '20inavanzato grado di fascistizzazione.

Sfebbrò da soloLauroredento in proprioemancipato daogni vacuo trionfo estetico o idealizzazione dorata quanto inattendibile. Nonpococertolo aiutò anche l'internazionalitàl'estraneità sapienzialedella madre (Lilian Vernonamericanafiglia d'un pastore protestantemetodista) a quel Gotha Italicoa quel Parnaso elegante ma troppoaccondiscendente con una dittatura di destra inventatasublimata con drammaticocinismo da un ex trascinante oratore socialistavecchio compagno di galera conNennie ora circondato e duce di scombiccherategaglioffe squadracce dacombattimento pagatein nome d'una sacra crociata contro il bolscevismocoisoldi degli industriali del Nord e dei gattopardi o latifondisti del Sudebenedette dalla trasparentecauta ma consenziente ambiguità della Chiesapresto avviata all'utileaffaristico concordato dei Patti Lateranensi (1929)...

“Gli anni formativi della sua adolescenza” - rievoca ilgrandeaffettuoso rispetto memoralistico d'un Gaetano Salvemini - “videro laprima guerra mondiale (1914-1918) e quella crisi di smarrimento che aprì la viaal trionfo di Mussolini (1919-1921). Lauro seguì con simpatia la prima fase delmovimento fascista. (...) Ma non prese mai parte attiva in quel movimento. Lapolitica non lo interessava. Gli studi lo assorbivano intero. D'Annunzio eraallora l'idolo della gioventù. Lauro ne subì l'influenza. (...) In politicaera 'liberale' come Crocenel senso che la parola aveva allora in Italiacioèera un conservatore dell'Italia quale era stata creata dal Risorgimento”... Isuoi mitile sue aspettative e in fondo anche i suoi errori di valutazionefurono in realtà quelli di tuttianche della migliore intellighenzia; confermaSalveminiil grande storico e antifascistafondatore nel '25coi fratelliRossellidel periodico clandestino “Non mollare”poi esule in USA dal '34al '47: “Croce prese posizione netta contro il fascismo solo nel 1925dopoche Mussolini 'era andato troppo avanti'demolendo ogni reliquia delle libertàcostituzionali italiane. Lauro stessonel 1931nella prefazione all'opuscolodell''Allenza Nazionale'indicò il 1925 come l'anno critico della politicaitaliana”...

Così si era formato Laurofrutto adolescente d'un'interaepoca dello Stiledel Gustodi Amori Sensuali o Letteraridi LiberataSconfinata Retorica:

 

 

Così veda tu un giorno il mare latino coprirsi

di strage alla tua guerra

e per le tue corone piegarsi i tuoi lauri e i tuoi (mirti

o semprerinascenteo fiore di tutte le stirpi

aroma di tutta la terra

ItaliaItalia

sacra alla nuova aurora

con l'aratro e la prora!

- sono i versi roboanti ed enfatici del “Canto augurale perla nazione eletta”che D'Annunzio intonò proprio nel 1901anno natale diLauronomecuore poetico per eccellenza...

L'Imaginificopoi Orbo Veggente dopo l'incidente aviatorio ele gesta di guerraaveva salutato il nuovo secolo col romanzo Il Fuoco(l'amore con la Dusela morte di Wagner a Venezia)aveva abbracciato la grandepoesia col terzo libro delle LaudiAlcyone (1904)per sperdersi poinelle liiriche celebratorie e propagandistiche di Merope (1912) e Asterope(1914-18): la canzone d'oltremarequella del sanguedel sacramentodeitrofeidei Dardanelli... Cielo e MareTerra ed Eroi -tutto vi confluiva... supremo “Annunzio” dedicato alle Pleiadi e ai Fati!Aggiornatissimo pre-futuristaclassicheggiante padre in pectore di tuttele avanguardie e gli esibizionismi di Modernitàil Gabriele nazionale avevaall'uopo dedicato un intero romanzo Forse che sì forse che no (1910)ai primordi dell'arte e della tecnica aviatorieinfuse nel personaggio di PaoloTarsisalter-ego o proiezione del Vateesteta fanatico di macchine edaeroplani... L'intero finale del librocon Paolo disperato perché Isabellaormai impazzitaviene rinchiusa in casa e gli è impedito di rivederla - e conPaolo senza speranza che prende allora il suo aereo e decide di tentare un volosenza ritornoimmolandosi come supremo esorcismo esistenziale... Ma il viaggioil volo giustappunto romanzesco riescee Paolotrasvolatore fataleapprodadal continente alla Sardegnaliberato e quasi riscattato verso e contro ilsole...

Inquietanteprofetico “prologo” letterarioscrittod'una vicendad'un'emozione suprema che Lauro De Bosisallora bimbettovivràpoi davveroe con ben altre implicazioni moralietichepolitiche - fuor daogni banale o superomistico estetismo allora di moda...

 

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Certo è che questi nuovi Icari futuristi seducevano in pienol'immaginario dei tempianche se D'Annunziocominciando nel 1909 il campod'aviazione romano di Centocellee intrattenendosi col famoso tenente Calderaraper mettere a punto una nuova terminologia aviatoria per il romanzorimanevainsoddisfatto delle espressioni tecniche come “sterzare”“planare”“aeroplano”- preferendoad esempiola più lieve e lirica parola “velivolo”consacrata da Ovidio e da Virgilio... Il Futurismo chiedeva lumi allaclassicità.

Giàil futurismo! Neanche quel germe mancavanel nonpiccolo elenco di malattie virali esantematiche che aveva dovuto patireattraversare il giovane Lauro: “Risveglio dell'idealismo” - scrivevaBoccioni nei suoi taccuini - “La vita prende forma nell'ideale. Quindi lostile contiene il rinnovarsi della fiamma-idea”. Mutava l'artemutava ilmondoma le fiamme-idee lottavanovincevano o soccombevano con gli stessisentimenti di semprei medesimi perigliosi gorghi di civiltàle correntimarine o aeree della Storia: “Accennare con la forma ai voli dell'anima”annotava Boccioni nel 1907. E ricopiava dall'epistolario di Wagner unaconfessione drammaticamente egocentrica: “Io mi rendo sempre più conto che lavera causa di tutte le mie sofferenze consiste unicamente nel fatto di non poterrinunziare definitivamente alla vita e alle ambizioni”. Oppure raccontavaammirato una corsa automobilistica al circuito di Brescia: “Mi sembrava divedere gli eroi nuovi! Sarà vero? Certo che in quelle corse meravigliosamentefantastiche c'era l'idealità eterna della conquista. Bisogna trasformare inmateria d'arte il tutto”. Quando Boccioni moriràl'amicosodale ecapoplotone Marinettigli dedicherà con la penna un ritratto indimenticabileche ora vale anche per quel momento artistiicoquel morbo seducente e nuovo:“Il futurismo plastico che egli amò era la nuova Italia ebbra coscienteimprovvisatrice e volitivatutta ad angoli prepotentia spirali volantiacolori bellicosì assolutamente opposta alla vecchia Italia scialba cascantemolle e stupidamente fronzoluta”...

Un manifesto futurista del 1916 teorizzava “La nuovareligione morale della velocità”; quei poeti cantavano l'aereoil trenolatorpediniera: “voleremo insaziabilmente!” invoca Enrico Cavacchioli in “Fugain aeroplano”e come lui Libero AltomarePaolo Buzzieccetera. “Lavelocità” - commenta Mario Verdone - “consente di uscire dalla dimensioneterrestredi acquistare una coscienza cosmica”...

Intantoin attesa della marinettianaardente quantoimprobabile “ricostruzione futurista dell'Universo”il nostro giovane ebaldo Lauro smaltiva i postumi di queste e tante altre influenze: un'anticaipoteca postromanticaanzitutto (i privilegi paradossali in 23 articoli cheinvocava e “brevettava” Stendhal: “Articolo 23 - Dieci volte l'anno ilprivilegiato potrà venir trasportato nel luogo in cui vorràalla velocità dicento leghe l'ora; durante il viaggio dormirà”; o il pathos irrefrenabile diDe Musset quando stila in quartine “L'heure de ma mort”):

Da un anno e mezzo l'ora della morte

suona da ogni lato alle mie orecchie

... Tutto

persino il mio riposo è una battaglia;

si consuma e si prodiga lottando

la mia forzae così come un destriero

spossato di faticabarcollando

stramazza a terra spento il mio coraggio.

 

Ainsi je caressais une folle chimère... Ohsìdavverotroppe chimere poetiche affollavano le menti dei giovani del nuovo secolodai Cantiorfici di Campana (“Sui suoi divini ginocchisulla sua forma pallida comeun sogno uscito dagli innumerevoli sogni dell'ombra”- delira ne “Ilviaggio e il ritorno” - Tra le innumerevoli luci fallacil'antica amical'eterna Chimera teneva fra le mani rosse il mio antico cuore”)all'Apollinaire di Alcools:

...

È Cristo che sale in cielo meglio d'un aviatore

Del primato mondiale d'altezza è lui il detentore

Pupilla Cristo dell'occhio

ventesima pupilla dei secoli questo secolo

Ci sa fare e mutato in uccello come Gesù in aria sale

I diavoli negli abissi alzano il capo a guardare

Dicono che imita Simon Mago in Giudea

Gridano se sa rubar gli spazi di ladro abbia (nomea

Gli angeli intorno al bel volteggiatore volteggiano

Icaro Enoch Elia Apollonio di Tiana

Intorno al primo aeroplano aleggiano

...

Senza dimenticare il ventoso rutilante Nietzsche poeta di “Almaestrale” (“Liberiamo il litorale / Da Respiri estenuati / E da sguardiscoraggiati!”)o le meditazioni di Miguel de Unamuno sull'“uomo di passione”quale “unico vero ribelle” (“Io ho bisogno dell'immortalità della miaanimadella persistenza infinita della mia coscienza individuale”).

 

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Alla fine del 1924appena ventitreenneLauro De Bosisinvitato dalla società “Italia-America” di New Yorkvisita per la primavolta gli USA e vi tiene conferenze stoorico-letterarie e filosofiche. Tornòmolte altre volte: “negli Stati Uniti” - ha ragione Salvemini - “meglioche se fosse vissuto in ItaliaLauro non poteva non aprire gli occhi alsignificato di quanto avveniva in Italia”. Così come più tardi avverrà conIgnazio Silone e l'esilio svizzero nel quale nascevano i suoi importanti librida Fontamaraedito a Zurigo nel 1933alle opere di battaglia poliiticacome Il fascismo (1934) o La scuola dei dittatori (1938).

Nel 1927con la traduzione dell'AntigoneLaurointraprende un'autentica svoltanon solo esteticama propriamenteintellettualecivile. Nella storia di quest'eroina di Sofocle che viola lalegge scritta per obbedire al sacro comando del principio morale e del dirittonaturalenell'adesione a questo classicoSalvemini capta “il primo indicedel passaggio all'antifascismo militante”. Vero è anche il suo definitivosvincolarsi da ogni retaggio dannunziano nel suo primo (e unico) testo poeticoIcaroedito nel '30. In una lettera del 1931Lauro ripercorre l'ispiratagenesi del suo poema:

“... La mamma mi suggerì l'idea di prendere come soggettoIcarus. Questa le era venuta mentre leggeva un sonetto francese su Icaro delsecolo decimosesto... Poi c'era stato proprio allora il volo di Lindbergh. Ec'era la memoria di mio fratello che morì a ventitre anni cadendo nel mare comeIcaro. Le parole di Erigone nel quinto atto sono veramente quelle della mammaallora. Per diverso tempo avevo desiderato scrivere una tragedia lirica perglorificare il progressol'élan vitalnella sua forma indiividuale ederoica. Il mito di Icaro è quello che incorporapiù di qualunque altrolospirito d'oggi. Eppure non era mai stato messo in tragedia”...

Naturalmente i fascisti non compresero il valore metaforicola viva pregnanza simbolica di quei due mitiAntigoneDedalo e Icaro.L'episodio ovidiano del giovinetto malinconico per l'esilio forzato a Creta dare Minossepoi inebriato dal volo e imprudente in altopiù in altocontrotroppo sole - fu considerato un consuetoinnocuo soggetto poetico. Nessun altogerarca o ufficiale della Regia Aereonautica Militare avrebbe profetato fin daalloradopo i colloqui con Chester Aldrchpresidente della società “Italia-America”e poinel luglio 1930lo stesso volo dalla Svizzera su Milano di GiovanniBassanesi e Gioacchino Dolcilanciando miriadi di manifestinidell'organizzazione repubblicana socialista “Giustizia e Libertà”il pianodi Lauro De Bosis per volare su Roma esortando tutti gli italiani con unmessaggio al Re e un altro ai cittadini della Capitalea porre fine alla loropigraignava acquiescenza al regime fascista. Con diverso intento si ripetevanole dannunziane gesta del volo su Vienna il 9 agosto 1918con la squadriglia “Serenissima”- e perfino la provocazione del fido legionario fiumano Guido Kellernelnovembre del '20ai tempi della Reggenza del Carnaroquando l'irruentoaviatore e avventuriero dannunziano lasciò caderevolando su Romauna rosabianca sul Vaticanoomaggio a S. Francesco patrono nazionalesul Quirinalesette rose rosseomaggio alla Regina e al popolo d'Italiae su Monteciitorioun pitale di ferro smaltatodedicato ai Signori della Politica...

Lauro “uomo di passione” civilepaladino e alfiere dell'“infinitapersistenza” della propria “coscienza individuale”per dirla con Unamunoportò a definitiva maturazione la sua scelta di vita in uno dei decenni piùtorbidi e ingrati nella storia d'Europa. La eroica eredità ottocentescamazzinianagaribaldinasavoiarda e massoneche aveva portato nel '18 achiuderecon 600.000 mortila c.d. quarta guerra d'indipendenza e dunque illungo processo storico e bellico del Risorgimento s'era presto discioltaannacquata o corrotta nella nuova dissennata marea dell'Era Littoria. Gliintellettuali tacevanoo si schieravano a favore. Bontempelli e il suomovimento '900 tuonavano col furore risolutorio ed epocale degli Editti Sommari:“Il secolo XIX finisce col 1915. Il XX comincia col 1922. Tutto il disordinementale e pratico del 1919 e del 1920 fa parte dell'azione violenta che dovevacompiere l'opera della guerra nell'uffizio di chiudere il secolo decimonono inmodo deciso e irrevocabile. La guerra e il travaglio del 1919-20 bruciarono finoalla cenere più impalpabile gli ultimi avanzi delle ultime degenerazioni delromanticismo. Col 1922 comincia una grande era antiromantica”...

Le analisi culturaliletterariea questo puntos'intrecciano inestricabilmente con gli eventi politicie sarebbe assurdoperfino voler inseguireproporre una cronologia settoriale senza tener contodei vari campi e versanti in cui tanto drammatici avvenimenti maturarono.

...

1922:

In Italiacolpo di stato fascistapieni poteri a Mussolini;creazione dell'URSS. AlvaroL'uomo nel labirinto. PirandelloEnricoIV... Gobetti fonda e dirige “Rivoluzione liberale”...

1923:

Stalin primo segretario del partito comunista dell'URSS.FreudL'io e l'es. LukàcsStoria e coscienza di classe. RilkeSonettia Orfeo. Svevo La coscienza di Zeno...

1924:

Morte di Lenin; riconoscimento dell'URSS da parte degli statieuropei; in Italiascioglimento delle Camere; assassinio di Matteotti. ThomasMannLa montagna incantata. A BretonPrimo manifesto surrealista.M. Sironi Paesaggio urbano. Maccari“Il selvaggio”...

1925:

In Italia instaurazione della dittatura fascista. Trotzkijesautorato in Russia. KafkaIl processo. Ortega y GassetLadisumanizzazione dell'arte. MontaleOssi di seppia...

“Soppressa nel '25 ogni manifestazione di vita democraticafuoriusciti o ridotti al silenzio col carcere e con la violenza i piùprestigiosi oppositori” - rievoca Salvatore Guglielmino - “Mussolini con lacreazione dell'Accademia d'Italiadell'Istituto fascista di culturacon lescuole di 'mistica fascista' cerca di legare al regime anche la cultura. Inrealtà (...) egli ottenne solo conformistiche adesioni e la migliore produzioneletteraria in quegli anni ignorò le mitologie e le parole d'ordine ufficiali”...Gramsci su “L'Ordine nuovo” e Gobetti su “La Rivoluzione liberale”teorizzano un'attività letteraria in rapporto alle questioni più vive dellarealtà nazionale. Guerra e dopoguerra accentuano la definitiva crisi dei valoriborghesie i migliori movimenti artistici d'avanguardia portano all'estremaconseguenza questo riifiuto intellettualepsicologicooltreché politico. Daldivaganteinfiorato Simbolismo si giunge all'urgente inquietudinedell'Espressionismo (“Mai la pace è stata così lontana e la libertà cosìmorta” - dirà Hermann Bahrmorto nel 1934pochi anni dopo il sacrificio diLauro De Bosis - “Ed ecco che l'angoscia leva il suo grido: l'uomo invocaurlando la sua animatutta la nostra generazione non è che un unico gridod'angoscia. E grida anche l'arteverso le tenebre profondeinvoca aiutoinvoca lo spirito: e questo è l'espressionismo”).

 

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Lauro invocavain Italiala fine dell'Indifferenza alRegimeprimo passo verso uno strascicato ma gigantesco consenso collettivoela temperieanche artisticad'un tronfioambiguo “ritorno all'ordine”.L'Indifferenzail sentimento che il giovane romanziere Moravianel '29eleggea simbolo e protagonista subdolo quanto invasivoinfettivoinsomma endemicodella sua stessa classe sociale (“Gli indifferenti di Moravia”argomenteràAsor Rosa nel volume einaudiano della Storia d'Italiadedicato alla culturadall'Unità ad oggi“assommano la rappresentazione realisticail commentocritico e al tempo stesso la piccola epica dei personaggi che essi descrivono”).Moraviaper splendidamimetica sintesi neuro-vegetativas'emancipaesorcizzale proprie forti radici.

Anche Lauroelegantebennato rampollo borghesesmascheravae lottava contro un'Indifferenza atavicarinnegatarifiutata ma dura avincersia estirparsi. Come il Michele Ardengo di Moraviasoffre e anela ilpassaggio dall'indignazione interioreinsomma dal pensiero narciiso o annodatoumbratileall'azione solaremanifestarischiosairrevocabile gestod'eticitàprotesta civileein fondoal contempoautodifesa e autocritica.La retorica insopportabile e malvagia esige ora una virile controretoricaunvaccino forteefficace. Tale doveva essere e funon solo nei voti di Lauroilprogetto e il movimento di Allenaza Nazionaleben documentato dai ricchidocumenti di questo libro cheaccentrato sul nucleo eroicocome un cuorepulsantedella Storia della mia mortetestamento di Lauro prima delvolo fatale su Romasi articola in molte altre struggenti e sentitetestimonianze d'ordine storicomorale e civile.

Del resto“un determinato momento storico-sociale non èmai omogeneoanzi è ricco di contraddizioni” - lo ribadiva Antonio Gramscinei suoi esemplari Quaderni dal Carcere meditando proprio sul tema “Artee lotta per una nuova civiltà”. Certo è che per la cultura di queglianni buicoartatipiù dei titoli delle opere d'artepiù dei librideitestivalgono davverocome in un tormentatotragico cimitero dello Spiritole epigrafile nude e crude date di nascita e mortemorti quasi sempreviolenteprovocatedei nostri migliori cuori e cervelli: Giacomo Matteotti(1885-1924); Giovanni Amendola (1882-1926); Piero Gobetti (1901-1926); CarloRosselli (1899-1937); e Nello Rosselli ((1901-1937); Antonio Gramsci(1891-1937)...

Circolava eccome sangue risorgimentalein Lauro (ai tempi diGaribaldisarebbe certo stato protagonista ammirevole di tali impreseinsiemecoi migliori giovani di tante belle famiglienobili e borghesi; avrebbefraternizzato per fede letteraria o politica con Nievo o Mameli!); maconsapevole o menoLauro assomigliaper raggiuntaseppur sofferta pacatezzaequilibrio intellettualerigore d'analisial suo grande coetaneo Piero Gobetti(anch'egli del 1901)profondamente diverso dal tipico letterato dannunziano ofuturistanonostante tante sporetanti seducenti condizionamenti fluttuasseronell'aria. “In Gobetti”ha scritto Montaleche gli fu amico“l'idealismoera soprattutto tragicola persuasione che la battaglia deve essere affrontatanon elusa e che è troppo facile attendere dal tempo soluzioni di compromesso”...Così Lauro mai dette al tempomai s'arrese in soluzioni di compromessoorinunciò a scendere in campo paladino d'una battaglia vinta già idealmenteperfino contro la morte: “varrò più morto che vivo” esclamò a chiuderel'autobiograficaprofetica Histoire de ma mortun documento morale ecivile saldo come una pietra angolaree trasparente come un cristallofinissimo:

”... Ho cercato d'interpretare il sentimento della massadel popolofacendo astrazione dal mio personale.” Parlando dei suoi messaggisoggiungeva: ”Credo che un repubblicano e un monarchico potrebbero egualmentesottoscriverli. Noi ci limitiamo a porre il dilemma: 'Per la libertà o controla libertà'”.

Tutta la breve vita di Lauro De Bosise il suo combattutoprogetto di un'Alleanza Nazionale contro il fascismobene intende e oggicommemora l'amoroso nipote Alessandro Cortese de Bosisesplicano e rifulgono“il loro valore di anello di congiunzione tra la prima e la secondaResistenzada cui è nata la Repubblica nel 1946” Lauro preferiva chiamarloSecondo Risorgimento Italianocome amò battezzarlo in un suo opuscoloappassionato tradotto anche in inglese.

”Le nazioni non hanno grandi uomini che a loro dispetto”scrive Baudelaireinesorabilmente polemico nei Giornali intimi.E ThomasCarlyle chiamava tanto più letterato ad un suo veemente dovere d'eroismo: “Visono letterati sinceri e ve ne sono di non sinceri; come in tutte le specie dicosevi è il genuino e l'artefatto. Se l'eroe è preso nel significato disinceroallora io dico che l'eroe letterato adempie presso di noi una funzionesempre onorevolesempre altissimae cheuna volta ben conosciutadovevaessere la più alta. Egli esprime fuori di sénel modo che gli è propriol'anima sua ispirataed è quanto un uomo in tutti i casi può fare. (...) Eroeè colui che vive nella sfera interiore delle cosenel veronel divino enell'eternoche esistono sempre invisibili per la maggior partesotto iltemporale e il triviale; la sua essenza è in questo; egli lo dichiara fuori disécon atti o parole secondo il casomanifestando se stesso fuori di sé”.

Quest'eroismoben più che solo letterarioLauro De Bosistenne a dimostrarlo anche coi fattigiacché poco gli bastavano le parole - dasole - affettateridondantio scabre e taglienti che fossero. Nei lirici “Frammentid'antropologia”Novalisprincipe del grande romanticismo tedescorecitava:“Diventare uomini è un'arte. L'uomo è un individuo storico dato a se stesso”...E in un recenteacuto saggio di Wolf Lepenies siamo portati prepotentemente ainterrogarci sull' Ascesa e declino degli intellettuali in Europa - cioèproprio sul ruolo attivoo così detto status ufficiale (“Malinconia eutopia - fra questi due poli si collocano gli splendori e le miserie degliintellettuali europei”).

Difficile proclamare legginormedecreti etico-culturali.Vale forse più la coscienzala cognizione altalenante del dubbio: una sorta disanafeconda incertezza programmatica. QUella che confessava e incarnava ungrande scrittoreintellettuale organicopensatore civilecome Albert Camus:“ Intellettuale? Sì. E non rinnegare mai. Intellettuale=colui che si sdoppia.Mi piace. Sono contento di essere entrambe le cose. 'Ma possono coesistere?'.Domanda pratica Bisogna darci dentro. 'Disprezzo l'intelligenza' significa inrealtà: 'Non posso sopportare i miei dubbi'. Io preferisco tenere gli occhiaperti”.

 

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Teneva gli occhi bene apertiLauro De Bosisnel suotestamento-proclama; e l'anima libera - lealtà e coscienzacalore e respiro:“Seicentomila cittadini si son fatti ammazzare per liberar due città: fino aquando tollererete voi l'uomo che tiene schiava l'Italia intera? (...) IlDisfattismo degli italiani è la vera base del regime fascista. Comunica aglialtri la tua fede ed il tuo fervore. Siamo in pieno Risorgimento. (...)L'atteggiamento che consiste nell'ammirare il fascismo pur deplorando glieccessi non ha senso. Il fascismo non può esistere che grazie ai suoi eccessi.I suoi cosiddetti eccessi sono la sua logica. E per la logica stessa della suanatura che il fascismo è condotto a esaltare il sicario e a schiaffeggiareToscanini. Si è detto che l'assassinio di Matteotti fu un errore: ma dal puntodi vista del fascismoquel delitto fu un colpo di genio”...

Nulla davvero della trascorsaampollosaaffabulanteretorica dannunziana che aveva dettato al Vatead esempio“L'orazion piccolain vista del Carnaro” (e in genere tutti i discorsi e messaggi per l'impresadi Fiumeraccolti nella Penultima ventura e ne L'urna inesausta)- nullaanchedell'urgenza rivoltosa futurista che animavasublimava (oinficiava?) Kobilekil “giornale di battaglia” d'Ardengo Sofficifrabombardemitragliatrici e granatein un “firmamento arrotato dallostrisciare sibilanteululanteabbaiantedi migliaia di proiettili”...

Quando uno studiosofuor d'ogni ideologismo ocontroretoricavorrà veramente stilare una storia degli intellettuali italianisotto il fascismodovrà collocareannoverare in prima fila il pensiero e ilsacrificio di Lauro De Bosis - e poi magari percorrererecuperareprivilegiareuna strada diversaalternativarispetto alle trattatistichecoerentiagli stereotipi ufficiali d'ogni medaglione storiografico... E dovràrecuperare un altro testo importante come il Diario di un privilegiato sottoil fascismo tenuto dal giovane Leo Ferrero (1903-1933) dall'autunno del 1926al dicembre 1927altro anno cruciale dopo l'attentato di Bologna a Mussolini el'inasprimento della politica del regime contro gli oppositori clandestini e gliintellettuali indipendenti. O ricordare il valore di “evasione e rifugio”come sottolinea Solmidella ricerca d'un Pavesed'un Vittorinie dei loromigliori coetanei scrittori verso la letteratura americana (la scoperta delprimitivo e del selvaggio come “attivo fermento mitico del mondo moderno”).E infineparagonarecollazionare il saggio d'intervento che un delirantemistificante Ezra Pound il 18 aprile 1943 dedicò all'“Amor di patria”o il10 maggio 1942 alle “Idee fondamentali” (“Lo Stato deve poter assorbireTUTTA l'energiae tutte le energie dell'uomo. L'idea fascista è questa: lostato puòe deveassorbire tutte le energie dell'uomo senza stroncarel'uomo”)al tragicoescatologicofatale messaggio che uno dei piùsventurati ed eroici condannati a morte della Resistenza italianailventiduenne Giorgio Paglialasciò ai suoi poveri carila mamma e il fratello:“Sappi che combattendo io combattivo solo per ottenere un'Italia Libera daogni straniero. Ricorda anche tu quanto nostro Padre ci ha insegnato: 'la Patriasopratutto ed il suo bene'”.

Questo medesimo empito e questi sinceri sentimenti di unuomodi cittadinoaccompagnòcondivise e anticipò Lauro De Bosis. Poetascrittore - che oltrepassò la Scrittura: esattamente comenel suo gesto scrittosuicidio annunciato o neomiticotravalicò i consueti bioritmi della Politicaogni praticata logica tattica o tecnica dell'Opposizione. Forse davvero in voloripensòdeclamò a memoriasquisito retaggio di prima giovinezzaladannunziana “Canzone d'oltremare”:

I miei Lauri gettai sotto i tuoi piedi

o Vittoria senz'ali. È giunta l'ora.

Tu sorridi alla terra che tu predi.

 

Italia! Dall'ardor che mi divora

sorge un canto più fresco del mattino

mentre di te l'esilio si colora.

 

Oggi più alta sei che il tuo destino

più bella sei che la tua veste d'aria;

e di lungi il tuo volto è più divino.

 

...

Lirismi da far ora avverarecome i versi metaforici del suopoemaparole belle trasmutatetransustanziate in azione: “non andremo acaccia di chimere”... Così le fragili ali di Icaroche in Lauro stessos'erano disciolteabbacinate in poesiaadesso si materializzano in un Pegaso umanotroppo umanotutto cuore e metallo: “è il nome del mio aeroplano - ha lagroppa rossa e le ali bianche: benché abbia la forza di ottanta cavallièsvelto come una rondine”...

Quando tutto fu in ordineo comunque tale sembròLauroche era a Marsigliavergò in francesein una sola nottedal 2 al 3 ottobre1931la Storia della mia mortee la mattina stessa del giorno 3 laspedì perché l'amico Ferrari potesse farla pubblicarese il viaggio fosserisultato senza ritorno. Decollò nel pomeriggio alle 1515dall'aeroporto diMarignanpresso Marsiglia. In rotta verso Romagli arrivò poco dopo iltramontoverso le ore venti. Scese da duemila metri a circa 300fino alanciare in pieno centro cittadino almeno 400.000 manifestinifra PiazzaVeneziail CorsoPalazzo Chigi... I passanti erano ammutoliti e insiemeammiratile vie in subbuglio; tutti leggevano i manifestini e se li passavano.Mezz'ora dopo l'aereo Pegaso sparì nella notte.

E forse entrò in una favolain un nuovo mito cheanch'esso appartiene all'artealla religione più sacra della Storia. Lauro maifece ritorno. Volò viavolavae ancora in voloun eternatouniversale Volodi nottecome quello che Pari a lui scrisse e per sempre vivrà l'estro e ilcoraggio del suo ideale collega Antoine de Saint-Exupéryalla ricerca dellaFelicitàdell'Amoredel Piccolo Principe affaticato nell'immenso giardinodella Vita: “Infattisul pianeta del piccolo principe ci sonocome su tuttii pianetile erbe buone e quelle cattive. Di conseguenza: dei buoni semi dierbe buone e dei cattivi semi di erbe cattive. Ma i semi sono invisibili.Dormono nel segreto della terra fino a che all'uno o all'altro pigli la fantasiadi risvegliarsi. Allora si stirae sospinge dapprincipio timidamente verso ilsole un bellissimo ramoscello inoffensivo. Se si tratta di un ramoscello diravanello o di rosaiosi può lasciarlo spuntare come vuole. Ma se si tratta diuna pianta cattivabisogna strapparla subitoappena la si è riconosciuta.C'erano dei terribili semi sul pianeta del piccolo principe: erano i semi delbaobab. I suolo ne era infestato. Oraun baobabse si arriva troppo tardinonsi riesce più a sbarazzarsene. Ingombra tutto il pianeta. Lo trapassa con lesue radici. E se il pianeta è troppo piccolo e i baobab troppo numerosilofanno scoppiare”...

Volano ancoraLauro e Antoineinvisibili a noiseparatiirraggiuntio forse insiemeogni notte fino all'albadal buio alSoledal ricordo sognante al progresso severoliberi e quasi-angeliverso ilnostro Futuro: “L'aeroplano era improvvisamente sboccatonello stesso attimoin cui era emersoin una calma che pareva straordinaria. Non un'onda che lofacesse inclinare. Come una barca quando passa la digaesso entrava in acqueriservate. Era preso in una parte sconosciuta di cielonascosta come la radadelle isole felici. Sotto di luila tempesta formava un altro mondo di tremilametri di spessorepercorso da rafficheda trombe d'acquada lampi; ma essavolgeva agli astri una faccia di neve e di cristallo. (...)

S'immaginava d'aver raggiunto uno strano limboperché tuttosi faceva luminoso; le sue manile sue vestile sue ali. La luce non scendevadagli astrima si sprigionavasotto di luiintorno a luida quei depositibianchi...”.

 

Plinio Perilli