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Federico De Roberto

 

Processi verbali

 

 

 

Prefazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per un volume di novellineche vorrebbero essere delleminuscole opere d'arteProcessi verbali potrebbe parere un titolo un po'troppo curialesco. Due parole di spiegazione mi sembrano dunque indispensabiliquantunque io abbia imparato a mie spesequal poco conto ci sia da fare sulleprefazioni lunghe o corte che sieno.

Processo verbale comune - i puristi ripudiano questaespressione - significa una relazione semplicerapida e fedele di unavvenimentosvolgentesi sotto gli occhi di uno spettatore disinteressato. Processiverbaliio intitolo delle novelleche sono la nuda e impersonaletrascrizione di piccole commedie e di piccoli drammi colti sul vivo.

Se l'impersonalità ha da essere un canone d'artemi pareche essa sia incompatibile con la narrazione e con la descrizione. Nell'esporrein nome proprio gli avvenimentinel presentare i suoi personaggilo scrittoresi tradisce inevitabilmente; ch'ei voglia o nofinisce per giudicare gli uni ecommentare gli altri; e le fioriture di stilecon cui egli traduce leimpressioni suscitate dal mondo materialesono cosa tutta sua. L'impersonalitàassolutanon può conseguirsi che nel puro dialogoe l'ideale dellarappresentazione obiettivaconsiste nella scena come si scrive pelteatro. L'avvenimento deve svolgersi da sée i personaggi debbono significareessi medesimiper mezzo delle loro parole e delle loro azioniciò che essisono. L'analisi psicological'immaginazione di quel che si passa nella testadelle personeè tutto il rovescio dell'osservazione reale. L'osservatoreimpersonalefarà anch'egli dell'analisimostrerà anch'egli le fasi delpensieroma per via dei segni esteriorivisibiliche le rivelanoe non afuria d'intuizione più o meno verosimili. La parte dello scrittore che vogliasopprimere il proprio intervento deve limitarsiinsommaa fornire leindicazioni indispensabili all'intelligenza del fattoa mettere accanto alletrascrizioni delle vive voci dei suoi personaggi quelle che i commediografichiamano didascalie.

A questo ideale io ho procurato di avvicinarmi quanto piùera possibile. Se il lettore sfoglierà anche rapidamente questo volumevedràche tutte le pagine sono piene delle lineette indicatrici del dialogo; due o trevolte appena ho adoperato il dialogo indiretto. Le mie più lunghe descrizioninon oltrepassano le cinque righe e credo che non mi si possa addebitare un soltratto di narrazione psicologica. In quasi tutte queste novelle c'è unità ditempo e di luogo; non l'unità rigida e spesso inverosimile della ribaltamaquella che si può cogliere sulla scena del mondo.

Io ho cercato di rappresentarevolta per voltaun momentodel verodi quella parte di vero - mi affretto ad aggiungere -alla quale sipuò adattar questo metodo: perchésarà bene ricordarlo sempreogni soggettosi porta con sé la sua formae viceversa. Il compito dell'artista consisteappunto nel trovarein ogni caso specialela pratica applicazione di questalegge d'intimadi assolutad'infrangibile convenienza.

 

Milanodicembre 1889

 

Federico De Roberto

 

 

 

Il rosario

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un leggiero colpo di martello all'uscio del giardino: tantoleggieroda non poter essere udito se non dalle donne che stavano ad aspettarelì dietro.

- Chi è?

- IoAngela...

Aprirono.

- Che notizie? - chiesero tuttea bassa voce.

La comare Angelatrafelatacon la fronte in sudore sotto ilfazzoletto rossorisposepiano.

- Niente!... È morto!... Potete far conto che glirecitino il de Profundis... A stasera non ci arriva!...

Le sorelle Sommatino fecero tutt'e tre lo stesso gesto distupore dolorosoguardando il cielo dell'alba.

- Ma che non ci ha da essere un rimedio?

- Se vi dico che puzza già di cadavere!

Restavano un poco in silenziole une in giardinol'altranella via; l'uscio era aperto a metà e Caterinala maggiore delle vecchiezitelleci teneva sopra una manoper poterlo subito richiuderecome in tempodi peste.

- Adessoche cosa volete fare? - riprese la donna.

Le sorelle si guardaronotutte imbarazzatesenzarispondere.

- Quella creatura non potete lasciarla così! È vostrasorellafinalmente. Può restar solastanottecol morto dentro?

Agatina Sommatino alzò di nuovo gli occhi al cieloe lealtre fecero come lei.

- Noi non possiamo nullasenza mammà!...

- E perché non glielo ditea vostra madre? È sua figliasì o no? Non sarà mai più perdonatafin che campa?... Io vorrei veder voise sapeste che alla vostra figliuola muore il maritoe che resta sola comeMaria Addolorata!...

La comare Angela alzava un poco la vocedall'indignazione;allora le tre zitellone cominciarono a fare:

- Sst!... sst!...

Filippina guardava inquieta verso la casain fondo aglialberi; Agatina faceva segno alla donna di andarsenema Caterina la tratteneva:

- Aspettate! tornate a portar notizie... ma venite alcancelloè più sicuro... Vedremo che cosa si potrà fare...

Come la comare Angela se ne fu andata viastringendosi ilfazzoletto in capoCaterinaAgatina e Filippina restarono dietro all'usciosenza dir nulla.

La maggiorestrettesi le mani con una rassegnazioneangosciataosservò:

- Quiintantonon possiamo rimanere tutte e tre... Faremo aturno. Voialtre per ora andate; aspetterò io...

- Noresto io; tu ripòsati...

- Iopiuttosto...

Piene di emulazionesi contendevano adesso il sacrifizio direstare in sentinella dietro al cancello; ma la maggiorecon un tonoautoritarioinsisté:

- Andatev'ho detto... se mammà sente che non siamo incasasapete!...

Alla minacciale altre rientraronoin silenzioe si miseroa rassettar la casasbattendo uscirimovendo seggioleschiudendo imposteperché la madrechiusa in fondo alle sue stanzenon entrasse in sospetto.Erano in cucinaa prendere consiglio dalla donna di servizioquando Caterinarientròturbata. A voce bassain un angolocome se anche le casseruolepotessero sentiredisse:

- Peggio... sta peggio!... Dice che entra in agonia...

Sospirandosi diedero il cambio al cancelloe la comareAngelavenendo e tornando dalla casa dell'agonizzantepoteva credere di trovarsempre la stessa personatanto le tre zitellonel'età delle quali eracompresa tra i quarantanove e i cinquantacinque annisi rassomigliavano: con lastessa corporatura grassale stesse guancie rossele stesse fronti strettesotto gli stessi capelli grigi.

Le notizie si succedevano di mezz'ora in mezz'orae le duerimaste in casa spiavano la venuta dell'altra attraverso i viali.

- Sempre peggio... non riconosce più... ràntola...

Come diede quest'ultimo annunzio a Filippinache era il suoturnola comare Angela ripeté:

- Volete andare a confortar quella poverettasì o no?...

- Ma come si può fare? Mammà!...

- Sapete che c'è? - dichiarò allora l'altra- io non tornopiù!

- E chi verrà ad informarci? Come faremo per sapere?...

La donnafinalmentemise fuori quel che aveva in corpo.

- E che v'importaa voialtredi vostra sorella? Si vede lagran pena che ve ne date!... I vicinisìpoveretticercano di confortarladi strapparla da quella vista... e l'afflitta creatura che non vuole andarsene eche vi chiama come gli angeli del cielo!...

- Sst!... sst!... - ingiungeva ancora la Sommatinoguardando in fondo al giardino. - Sstper carità...

- E che caritàse non sapete neppure dove sta dicasa!... Vostra madrealmenoè una pazza che la conoscono tuttima voialtreil giudizio non dovete più metterloeh?... Bella Madrequeste son cose che ionon posso sopportare...

E se ne andòpiantando lì la zitellonache adessoarrischiato un poco il capo fuori nella viachiamava inutilmente:

- Pst!... pst!...

Come non ottenne rispostarichiuse il cancello e rientròsoprappensieri.

- Ràntola... - riferì alle sorelleche spiavano la suavenuta. - Dice che quella povera sorella ci chiama... che i vicini voglionoportarla via...

Tutte e tre guardarono per terraquasi cercando qualchecosa.

- Se non fosse per mammà - disse Caterina - a quest'oraio sarei andata...

- Si capisce! - confermò Agatina.

- Ma come si fa? - aggiunse Filippina.

Dopo aver pensato un pocola maggiore riprese:

- Potremmo chiamarlaper farle sapere come stanno lecose...

- E risponderà?

- Questo è il dubbio!... Del restoprova...

- Io? Io non mi ci mettosorella mia. Provate voialtre!

- Fossi pazza!... Niente!

- Staserasi può vederepel rosario...

Alloranell'imbarazzo in cui il cognato le metteva con lasua malattiacominciarono a sfogare:

- Ma vedere che seccatura!... Non poteva morire al suo paesequesto santo cristiano?

- Veramente!... Iosentitese mi affliggonon è perlui; è per la povera sorella nostra...

- Naturale!... Lui anzi è stato causa della sua rovina!Se non le faceva girar la testaRosalia non sarebbe fuggita di casasi sarebbemaritata con chi diceva mammà...

- E non avrebbe fatta una vita così angustiata.

- Ma poiio dicoquando uno vuol prender mogliela primacosa è che la possa mantenere... e non obbligarla a mangiar pane e acqua!

- Come poteva mantener la mogliese ha fatto sempre la vitadi uno scioperato?

- Scioperato? rompicollo!

- Giànoi parliamo come se fosse mortopoveretto; e ilSignore può sempre fare un miracolo!...

A un trattocessarono insieme di parlareporgendo ascolto.Lontanamentedal fondo del giardinoveniva come un rumore di colpi picchiatisui ferri del cancelloe una voce che chiamavaindistinta.

- O Vergine del cielo!...

- Che c'è ancora?

- Corretenon fate gridare... se sentisse mammà!...

- Vieni tu pure... ho paura...

- Noandate!... io resto...

Confusecon la testa perdutaAgatina e Filippina correvanopel giardinointanto che al cancello raddoppiavano i colpi.

- Ohèdi casa!... Non c'è nessuno?...

- Silenzio!... Zitto!... - ingiungevanocoi segnileSommatino a don Vincenzo Condursiaccorrendo.

- È morto!... - diceva don Vincenzogesticolando. - Vostrocognato è morto!...

- E non gridate così!...

Don Vincenzoturbatoagitatissimoripeteva a voce piùbassadietro il cancello:

- È morto... or ora... Vostra sorella sembra unapazza... lo chiamalo bacianon c'è verso di levarla di lì... Adessocomesi fa?

- Come si può fare? - si chiesero a vicenda le duezitellonecon un imbarazzo costernato.

- Non lo volete dire neanche adesso a donna Antonia?

- Caro don Vincenzo - rispose Filippina - voi lo sapetemeglio di noi com'è mammà... e che non le si può nemmeno nominare questafigliuola...

- Ma ora? anche ora che le restano i soli occhi per piangere?Scusatequesta è una cosa che non si è letta mai!... Neanche se avesseammazzato qualcuno!... Finalmenteil male l'ha fatto a sé e non a voi...

- Che possiamo farci?... Lo sa Diose la disgrazia di nostrasorella ci affligge...

- Davverolo sa Dio!... - confermò l'altra.

- Con mammàlo sapetenon si può parlare. Tutto ilgiorno chiusa nelle sue stanze: mangia solanon vuol veder nessuno. La suaconversazione è la seraquando diciamo il rosario... Staseravedremo...

- E intanto la gente vi legge la vitache siete deisenza cuoreche è una porcheria tutta nuovadopo che li avete lasciati morirdi fame!.. Lo sapete che non c'è di che pagare il becchinoda vostra sorella?

Come don Vincenzo parlava con una grande concitazioneleSommatino si consultarono con lo sguardo.

- Chiamiamo Caterina? - disse Filippina.

- No; meglio è che don Vincenzo entri un momento... DonVincenzoentrate! Adesso sentiremo che cosa dice Caterina... Entrate... Ohchedisgrazia!...

- Che disgrazia!...

Caterina era alla finestrae come vide avanzarsi lacomitivascese anche lei.

- È morto?

- Morto...

Adesso confabulavano tutt'e quattro sul da fare; don Vincenzoripeteva che la vedova non poteva esser lasciata sola e le sorelle Sommatino sidisperavanodall'imbarazzo.

- Sentite a mechiamate vostra madre - insisteva l'altro. -

Chiamatela; finalmentenon vi mangerà!....

Caterina disse:

- Aspettatemi qui.

Tornò dopo un pococol muso lungo.

- Mammà non la conoscete!... Ho bussato tre volte; nonrisponde... Per leiè tempo perduto; non le potremo parlare prima del rosario.Piuttosto... piuttostovengo io.

Agatina e Filippina la guardaronostupite.

- Vengo io... Mammà non se ne accorgerà; speriamo che nonse ne accorga!... Quella creatura non può restar solacosì...

- Molto bene... ma portate qualche cosa di denari:l'affezione è bella e buonama la gente bisogna pagarla!

- Denari non ne abbiamodon Vincenzolo sapete... tienetutto mammà... Peròdebbo avere qualche lira da parte...

Andò a prendere i quattrinia mettersi lo scialleenell'andarsene raccomandava alle sorelleingelosite della sua iniziativa:

- State attenteper carità... fatele portare il desinareall'ora solitache non s'accorga di niente... io torno subito... - E dalgiardino ripeteva ancora:

- State attente... aspettatemi pel desinare...

Rimaste soleAgatina e Filippina non dissero più nulladandosi da fare per la casacome se fossero imbronciate. Alle duemandaronocon la serva il cibo alla madrePoinell'ora afosa del pomeriggiosibuttarono un poco sul letto.

- Non viene piùCaterina?

Suonavano le trele tre e mezzoe la sorella maggiore nonsi vedeva. Quando tornòalle quattro meno un quartoera tutta sossoprae nonprese che un po' di brodoa tavola.

- Povera sorella nostra!... Non si riconosce piùleicosì graziosa quand'era con noi... Che miseriain quella casa!... Non volevalasciarmi andare... si è afferrata al mio collostretta stretta...

E posò il cucchiaiodal turbamento.

- Il morto l'hai visto?

- Noci mancava proprio questo!... Stasera lo porterannovia...

All'aveinfattis'intesero i primi rintocchi del mortorio.

Le tre sorelle Sommatino si erano già raccolte nellostanzone del presepeal lume di una lampada a olioquando l'uscio di mezzo sischiuse e comparve donn'Antoniacol bastone in mano. Malgrado l'etàsimanteneva sempre dritta e ferma; era vestita tutta a nerocon un fazzolettonero in capo che le chiudeva il viso magroossutodal naso ricurvo e dagliocchi scintillanti. Con un mazzo di chiavile pendeva dalla cintura la coronadel rosario.

- Buona Seramammà! - augurarono le tre sorellead unavoce.

-Buona sera.

Donn'Antonia sedette nell'ampio seggiolone anticoabbandonòle mani sui braccialitrasse un sospiro di soddisfazioneguardò un poco ingiropoi disse:

- Caterinasmoccola un po' quel lume; non ci si vede.

- Eccellenza sì.

Come il lucignolo gettò una luce più vivaella esclamò:

- Così va bene!...

Si mise il bastone a fiancotossì un pocoprese tabacco edisse:

- Adesso recitiamo il santo rosario:

Le tre sorelle s'inginocchiaronociascuna dinanzi ad unaseggiolasu cui appoggiarono le braccia. La madre cominciò!

- In nome del Padredel Figlio e dello Spirito Santo.

Le altre si segnarono insieme:

- PadreFiglio e Spirito Santo.

- Dominelabia mea aperieset eos meum annuntiabitlaudem tuam. Deus meusin adiutorium meum intende. Dominead adjuvandum mèfestina. Gloria al Padre...

- Gloria al Padreal Figliuolo ed allo Spirito Santocosìè stato; così ècosì sarà per tutta l'eternità.

Donn'Antonia fece scorrere la prima pallottolina rossaecominciò:

- Padre nostro che state in cielosantificato il vostronomevenga a noi il vostro regnosia fatta la vostra santa divina volontàcosì in cielo come in terra... La figlia di massaro Nunzio oggi che non èvenuta?

- Eccellenzasì; le uova erano le sue- disse Caterina;poia coro con le sorelleriprese la preghiera: - Dateci oggi il nostro panequotidianoperdonate i nostri peccaticome noi perdoniamo i nostri nemici: nonci fate cadere in tentazioneliberateci da ogni malecosì sia.

- Un'altra volta dovete dirle di non dare a mangiarcipolla alle galline. Ave Maria piena di grazieil Signore è con voivoisiete benedetta fra tutte le donne e benedetto è il frutto dei vostro ventreGesù.

- Santa Mariamadre di Diopregate per noi peccatori ora enell'ora della nostra mortecosì sia. Sissignoraglielo dirò...

- Adesso che fa caldobisogna togliere le robe d'invernodalle cassele vestile coperte. Ave Maria piena di grazieil Signore è convoivoi siete benedetta fra tutte le donne e benedetto è il frutto del vostroventreGesù...

- Eccellenza sì... - rispose Caterina - Santa Mariamadre di Diopregate per noi peccatori ora e nell'ora della nostra mortecosìsia... Domani faremo stendere le corde nella terrazza - aggiunse AgatinaeFilippina chiese: - Le coperte che le diamo a lavare?

- Le laverà la donna.

- È che ha molto da fare...

- Davvero?... - esclamò sardonicamente donn'Antonia.-Poveretta! Voglio prendere un'altra serva che serva per lei!... Ave Maria pienadi grazieil Signore è con voivoi siete benedetta fra tutte le donne ebenedetto è il frutto del vostro ventre Gesù... A quest'orail pomodoro dellaNoce dev'essere maturato?

- Con questo caldocredo di sì... Domenica domanderemo amassaro Di Crispo. Santa Maria madre di Diopregate per noi peccatori ora enell'ora della nostra mortecosì sia.

Caterina non aveva detto più nullacoi gomiti sullaseggiola e le mani congiunte.

Come donn'Antoniafacendo scorrere la pallottolinatacqueun momentola zitellona tentò di parlare.

- Ave Maria piena di grazia... - riprese subitolamadree quando ebbe finita la mezza preghieradomando: - Quella che era inchiesadomenicanon era la moglie di Corrado Ballanti?

- Eccellenza sì.

- È graziosa. Ma don Filippo Ballanti ha fatto unasciocchezza a maritare quel ragazzo senz'arte né parte.

- Dice che studieràper un concorso a Palermo.

Donn'Antonia risposecantilenandodopo aver mostrato dinuovo i denti:

- Chi a vent'anni non saa trenta non fa; a quaranta non hafatto e non farà! Ave Maria piena di grazieil Signore è con voivoi sietebenedetta fra tutte le donne e benedetto è il frutto del vostro ventreGesù...

- Santa Mariamadre di Diopregate per noi peccatoriora e nell'ora della nostra mortecosì sia.

Agatina e Filippina guardavano adesso con insistenza lasorella maggiore. Di nuovo questa fece per dire qualche cosama donn'Antoniaattaccò il secondo Gloria patri.

- Padre nostro che state in cielosantificato il vostronomevenga a noi il vostro regno... Se non piovel'uva intanto è perduta. Cimancherebbe proprio un altro raccolto scarsocome ranno passato!... Sia fattala vostra santa divina volontàcosì in cielo come in terra...

- Date a noi il nostro pane quotidianoperdonate inostri peccati come noi perdoniamo i nostri nemicinon ci fate cadere intentazioneliberateci da ogni malecosì sia... Eccellenza... - aggiunsetimidamente Caterina.

Ma donn'Antoniacome se non l'avesse uditariprese lapreghiera sopra un tono più alto:

- Ave Maria piena di grazie... Dice che il negozio del vinonon è riuscito a quell'imbroglione di Rava...

- È fallitoanzi... Santa Maria madre di Dio...

- Sacco vuoto non può star in piedi!... Ave Maria piena digrazie...

Cosìfra un ave e un patersfilavano unodopo l'altro tutti gli argomenti della cronaca paesana e domestica. Ogni voltache Caterina faceva per aprir boccala madre riprendeva a pregarescandendopiù nettamente le frasi. Adessomentre recitava il terzo paterAgatinachinando il capo verso la sorella maggiore e spingendola col gomitosussurrava:

- Diglielo!...

- Diglielo tu!... Dateci oggi il nostro pane quotidianoperdonate i nostri peccati come noi perdoniamo i nostri nemicinon ci fatecadere in tentazione...

A un trattonel silenzio della serada Santa Maria delRosario venne il suono del mortorio: due tocchi vicini e uno staccatogravefunebre: 'Ndin'ndin - 'ndon... 'ndin'ndin - 'ndon...

- Ave Maria piena di grazie...

Le Sommatino guardavano la madre. Donn'Antoniaalzato unpoco il capo e socchiuse le palpebrechiese:

- Chi è che è morto?

- Mammà... - rispose Caterinafacendosi animo. - Èmorto nostro cognato... - Le sorelle intuonarono subito l'altra mezza preghiera:- Santa Maria madre di Diopregate per noi peccatori ora e nell'ora dellanostra mortecosì sia...

- Come hai detto? - ridomandò la madre sempre col capo rittoe le palpebre socchiusequasi guardasse lontano.

- È morto Salvatore... Salvatore Pirrone....

- Ave Maria piena di grazieil Signore è con voivoi sietebenedetta fra tutte le donne e benedetto è il frutto del vostro ventreGesù.Ahè morto?...

- Eccellenza sì.. stamattinaalle undici... Quella poveraRosalia...! Santa Maria madre di Diopregate per noi peccatoriora e nell'oradella nostra mortecosì sia...

- E di che è morto?

- Non lo so... era malato da tanto tempo... Senza medicisenza rimedii... Bisognava far venire un medico da Palermo...

- Ave Mariapiena di grazie... E perché non lo ha fattovenire?

- E comese non avevano di che mangiare? Santa Madre diDio...

- Lo ha pagatoquello che ci ha fatto vedere!... - aggiunseAgatina.

- La pena nostra non è tanto per luiquanto per quellapovera sorella... - finì per dire Filippina.

Donn'Antonia ripresepiù rapidamente:

- Ave Maria piena di grazieil Signore è con voivoisiete benedetta fra tutte le donne e benedetto è il frutto del vostro ventreGesù.

- La pena è per Rosaliache la colpa non fu tuttasua... Che cosa sapevaleia sedici anni?... E adesso la sconta amaramentesola e senza un aiuto...

Come lei insistevadonn'Antonia suggerì la ripresa dellapreghierabrevemente:

- Santa Maria madre di Dio...

- Santa Maria madre di Diopregate per noi peccatoriora e nell'ora della nostra mortecosì sia...

- Ave Mariapiena di grazie...

All'altra ripresaCaterina ricominciò:

- Vi ha disobbeditoè veromammà... si è preso uno chenon era del suo stato... vi ha dato tanti dispiaceri... ma adesso! se lavedestenon si riconosce più... Vuole buttarsi ai vostri piedi... perchiedervi perdono... Sapete: non ha come farenon ha più nulla!... Volete chevenga a domandarvi perdono?...

- Padre nostro che state in cielosantificato il vostronome... - Interrompendosi un pococogli occhi sempre socchiusidonn'Antoniadisse: - Di chi stai parlando?

- Di Rosaliamammà... di vostra figlia...

- Venga a noi il vostro regnosia fatta la vostra santadivina volontà... Io non ho figlie di nome Rosalia. Mia figlia è morta...Così in cielo come in terra... - E suggerendo la ripresa alle figliuolecherestavano mutecon le schiene sulle seggiolecontinuò sola sino in fondo: -Dateci oggi il nostro pane quotidiano... perdonate i nostri peccaticome noiperdoniamo i nostri nemici...

 

 

 

Il convegno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Alla tua salute!

E la donnaalzato il bicchiere ricolmolo vuotò d'unfiato. Michele Cardullo non rispose. Ripuliva la sua pipa col coltello da tascadalla lama acuminata e ogni tanto sollevava gli occhigirando uno sguardo perla corte dell'osteriadove un crocchio di curiosiintorno ai giuocatori dibocciestavano intenti ai colpi.

- Tu non bevi?... Cos'hai?

Allora Cardullo si rizzò sulla seggiolaconficcò ilcoltello sulla tavola così forte che fece tremare i bicchieried esclamò:

- Lasciami stareSelina; sangue di Giuda!...

La donna spalancò gli occhisi chinò dalla sua parte e loprese pel bracciomormorando:

- Michele!... Che cos'hai?... Mi fai paura!... Oggi non seial tuo solito; me n'ero accorta: non parlavinon scherzavi...

Lui scuoteva la testaguardando di sottecchi verso un tavolovicinodove Rizzotto e Lalumìa giuocavano a briscolacon le carte in aria;intanto che l'altracarezzandogli il braccio ed abbassando ancora la voceconuna intonazione amorosariprendeva:

- Dimmelocos'hai... Se non lo dici a mea chi vuoidirlo?... Michelino?...

- Cos'ho? - fece luiliberando finalmente il suo braccio ecavandosi il cappello a cencio per ricalcarselo sopra un orecchio: - Ho che daquindici giorni sono a spassocapisci!... e se mi vuoto le tasche sotto soprasacra miseria! un soldo che è un soldo non ce lo trovo... questo hocapisci?...

Céline si trasse indietroabbassando gli occhicomecontristatae per un poco non disse niente; mentre Michelinochiudendo eriaprendo il suo coltellola cui molla scattava con un rumor seccodava altreocchiate dalla parte delle boccie.

- Ma dal principale non ci sei stato? - riprese l'altra.

- Il principalecosa vuoi che vada a farci? Per la miseriad'una liraquando pure c'èdover esser comandato come un servo!... Io non ciero avvezzoa lavorare per conto degli altri... Nell'officina di mio padreilavoranti io li pagavo!...

S'era fatto improvvisamente un viso lungocon un'ariapietosacontinuando a rammaricarsi a voce bassa:

- Questo si buscaa fare il soldato; che quando uno ritornaa casatrova un mondo nuovo: il padre mortogli affari finiti...

InteneritaCéline tornava ad avvicinarglisiguardandolocogli occhi umidi.

- Povero Michelino!...

- Per mecapisci - riprendeva luilisciandosi i bei baffibiondi - non me n'importa niente: se ho da mangiaremangio; se noDioprovvede! Ma è per don Ignazioa cui non ho potuto pagare il debito; e diqueste figure non sono avvezzo a farne...

Si grattò un poco la nucascrollando il capo; poi le dissesenza guardarla:

- Tu non puoi darmi aiuto?

Lei s'era tratta nuovamente indietroraccogliendosi le maniin grembo.

- Io non ho più niente - dissesecco. - Il libretto l'haivisto: quelle trenta lire erano l'ultime...

- Che cosa ne facesti?...

- Cosa avevo da farne? - esclamò l'altro voltandosi con unmoto bruscoquasi avessero sospettato di lui. - Le diedi a don Ignazio; tant'èvero che ha aspettato finorase no m'avrebbe messo fuori di casa!... Ma nondubitareche ci arriverà...

Vi fu un silenzio. Cardullocol gomito sulla tavola e ilmento nella manoguardava i giuocatori battendo nervosamente un tacco: Célinesi passava una mano fra i capelliraccogliendo dietro le orecchie le cioccheche cominciavano a farsi grigie.

- Oggi non è il primo del mese? - chiese l'uomo.

- Il primo.

- ...La mesata l'hai avuta?

Céline chinò un poco la testaassentendo.

- Cosa sonoquindici lire?

- Quindici.

Michelino colmò di vino il bicchierene bevve mezzoeporse il resto all'amicache rifiutò col gesto.

- Grazie; ne ho già troppo.

- Un sorsocon me!... Quidove ho bevuto io...

Lei vuotò nuovamente il bicchiere. Il suo viso magro epallido si animò. L'altroincrociate le braccia sulla tavola e appoggiatovi ilcapo come sopra un guancialecon la schiena piegata in duele dissepianoguardandola fisso.

- Stasera... non potresti venire?...

Gli sguardi di Céline si animaronointanto che luiavanzando un piede sotto la tavolale premeva un ginocchio.

- Stasera? - rispose leicon la bocca leggermente dischiusaquasi abbandonandosi. - Sìstasera...

- Ma se sei uscita oggi?... - insisté l'altroporgendole ilbicchiere ancora ricolmo.

- Non importa... verrò... Lo dirò ai padroni... Balbettavarispondendo alla pressione del ginocchio di luimettendo anche lei il bracciosulla tavola per urtare gomito contro gomito.

- Sei contenta?...

- Sìsì... E senti... i denari ti servono proprio per donIgnazio?...

Egli si rialzòoffeso.

- Non mi credi? Quante volte debbo dirlo? Per don Ignazionaturale! O per chi dovrebbero servirmi?...

- Va beneva bene... Ma altre donne non ne cerchi?... dimmila veritàne cerchi altre? - e gli piantava gli occhi negli occhigliafferrava di nuovo il bracciostringendolo da fargli male.

- Ahiahi!... NoBella Madre! non ne cerco!... ahiahi!...

Si strofinava adesso la manicacon una smorfia tra dolorosae sorridente; intanto che leiminacciando col gestodiceva:

- Se non è vero!... se mi dici una cosa per un'altra!... tiverrò a strozzarecon queste mani!...

Lui sorrideva schiettamentedimenandosi sulla sediaarricciandosi i baffi di cui guardava la punta.

- Io dico sempre la verità!... Non cerco nessuna - erivolgendole uno sguardo di finta paurapiegando un poco il capo indietroquasi in attesa di un colpoaggiunse: - Al massimo... sono esse che cercanome...

- Dillo un'altra volta!... - esclamava leitra sdegnata ecompiacentelevando il braccio.

- No... m'arrendo!... - rispose l'altrofacendosi tuttoumilestrisciando il capo sulla tavolacon la bocca semi-apertacome uncagnolino che domandi pietà.

E Céline gli si fece nuovamente accostotutta tremante:

- Lo sai benevileche puoi farmi quel che ti piace!... losai bene... e ne profittivile!... - Si ripetevaimpappinandosicon la linguaimpacciataurtando col gomito nell'ascella di Michelinoche si solleticava.

- Ma giurami che non mi farai le cornaperché sonovecchia...

Lui protestòridendo:

- Quelle dell'uomo non sono corna!

- Sìche sono corna!... Non m'importa: giurami... giuramiche non me ne farai...

Michelino stese la manoserio in visogiurando: - BellaMadre!...

- Allora... prendi...

E cavato di tasca un fazzoletto dove aveva fatto un gruppo inun angolosciolse il nodocavò dei bigliettie li contòlentamentestropicciandoli per toglierne via le pieghe.

- Cinque... dieci... quindici... ecco qua: non ce n'è più -e si passò due volte una mano sull'altra. Ma prima di darglieliammonìancora: - Purché servano per don Ignazio!...

Lui lasciò i biglietti dov'erano e versò dell'altro vinocostringendo Céline a bere ancora un sorso.

- Adessobasta... - biascicava leialzandosiraccogliendolo scialle per buttarselo addosso; ma non riusciva a piegarlo pel suo verso. -Opera del diavolo!... Mi par d'essere per mare!...

Michelino prese allora i bigliettili piegò in quattroeripostili nel taschino del panciotto si alzò anche luisalutando in giro igiuocatori. La donna gli si appese al fiancobarcollandoe come furono nellaretrobottegadove non c'era nessunogli si strinse tutta addossopalpandolo.

- Stasera?... E perché non ora?...

Lui la scostòbruscamente:

- Ora non può essere... Stai fermache ci vedono...

Dinanzi al banco dell'osteper pagarecominciò a frugarsiin tutte le tasche.

- Dove li ho messi?... Guarda un po'!... Bisogneràscambiare...

Allora Céline disse:

- Lascia andare... Soldi ne ho...

Pagò lei lo scottoe sull'usciointanto che Michelino siadattava meglio il cappello e dava dei buffetti ai capi della cravattaripeté:

- Stasera dunque?... all'ave?... Aspettami!...

Se ne andò verso casabuttandosi indietro lo sciallepeltroppo caldourtata di qua e di là dai passanti; e come il portinaio la videarrivareaccesa in visocogli occhi stralunati le domandò:

- Cosa v'è successo?

- Successo?... Niente!... Fa caldo...

Si appoggiò un poco al muro del vestibologuardando intornovagamentesenza dir niente. Dopo esclamò:

- Andiamo! Vi saluto.

- Tante cose!

E quello le fece dietro il segno del trincare.

Per le scalelei si teneva al bracciuolofermandosi spessoa tirare un «auff!». Su in cimabussato che ebbele venne ad aprire Tanoilragazzo.

- Dove siete statatanto tempo?... Buon'è che i padronisono fuori!

Lei rispose borbottando qualche cosae se ne andò nel suostanzinoa svestirsi. Non ne usciva più. Tanonon vedendola compariresimise a chiamarla:

- Ohèche siete andata a letto?... Le camicie me lelasciate fra i piedi?... Sapete che la padrona le vuole trovar pronte...

Lei comparvecol corpetto mezzo apertotrascinandosi unpoco. Prese i ferrili guardò lungamente di sotto e di sopra e venne dinanzial fornello per metterli sul fuoco.

- Buono!... Le camicie si faranno... Col tempoeh!...

Ma sul fornello c'era la casseruola dello stufatochefumavacanterellando; e urtatala malamenteCéline la rovesciò. Al rumoreTano accorse.

- Lo stufato!... Vecchia stolida!... Che non ne aveteocchi?... E adesso come faccio?... - gemevarimettendo a posto la casseruolamezza vuota.

- Non sono stata io... è il carbone! - diceva Céline.

- Il carbone dovrebbero passarvelo sulle mani!

- Non sono stata io!...

Intanto che il ragazzo bestemmiavalei cercava diallacciarsi il corpetto; ma non ci riusciva. Poiimpugnato il ferro colcuscinetto di straccise ne andò al tavolo da stirarevi spiegò una camiciae cominciò a ripassarla.

- Ufche caldo!

Di tanto in tantogirava il capoin cerca d'ariae siapriva di più il corpetto. Un leggiero odore d'arsiccio si diffondeva per lastanza; il ferrolasciato un pezzo sulla camiciala bruciava. Allora lei laavvolse fitta e la buttò in un canto.

- Ho sete.

Andò nuovamente in cucinaa versare l'acqua dalla brocca inun bicchiere; ma ogni cosa le scappò di manocon un fracasso di rotturamentre l'acqua allagava il pavimento.

Giusto in quel punto risuonò una scampanellata e sopravvennela padrona.

- Sciagurati!... Animali!...- esclamavaferma sulla soglia.- Guardate!... Guardate che rovina!...

Ed avanzava in punta di pieditenendo sollevato l'orlo dellaveste perché non s'inzuppasse in quel lago.

- Chi è che ha fatta questa rovina?... Siete ammutoliti?...- e come l'acqua guadagnava ogni angolo della cucinala sua collera cresceva: -Guardate un poco!... Una brocca nuova!... Ma si può saperesì o nochi èstato?...

Il ragazzo protestòstringendosi nelle spalle:

- Non sono stato io.

- Alloraè un servizio vostro? - chiese a Célinepiantandosele in faccia.

- Io?.. Che so!... So moltodi servizio...

Si era buttata a sedere sopra una vecchia sediaspagliatasenza spallierae la schiena le s'incurvavala testa le pendevacogli occhiche giravano attornovitreisenza sguardo.

Come il fiato avvinazzato della donna le colpì le narilapadrona si trasse indietro.

- Dove siete stataalla taverna?... Datevi da fareadesso!... Asciugate il pavimento!

E se ne andò nelle sue stanzetenendosi ancora la vesterialzata; ma Céline non si mosse. Tanobuttato per terrafaceva imbeveredell'acqua riversatasi gli strofinacci che poi torceva in un bacile; e comel'altra restava a guardarecol capo penzoloni e gli occhi imbambolati.

- Vi dolgono le gambe? - le andava dicendo. - Volete che viporti una poltrona di quelle del salottoehvecchia stolida?... Così staretepiù comoda!

Lei masticava parole senza nessoincolleritaguardandolofisso; ma l'altro le tirava la lingua:

- Sbraitaubbriacaccia!...

- Zittosai!...

- Ubbriacaccia!...

- Zittosai!...

- Ubbriacaccia puzzolente!...

Alle vocitornò la padrona; più irritata di prima.

- Cos'avete?... Volete star zittio vi caccio fuori a pedatetutti e due?

Céline si lagnava ancorasommessamente; ma come la signorascoperse la camicia bruciata e buttata in un angoloripigliò per conto suo:

- E queste camicie?... Chi le ha pestate così?... Sietestata anche voi?...

- Io... le camicie... - Cercava le parole; poi disserisolutamentecome ricordandosi: - Sissignorasi debbono stirare!

- Ahsi debbono stirare?... E questa qui chi l'ha bruciata?

Gliela mise sotto il nasospiegazzandogliela in faccia egridando:

- Bruta!... Animalacciaubbriaca!...

L'altra si difendevatirando indietro il capoagitando inaria una manocome una zampae balbettava:

- Come?... come ha detto?

- Ubbriacaccia!

Il ragazzo se la stava a goderema in quel punto ilcampanello che squillò nuovamente lo fece accorrere. Rincasava il padrone coibambini.

- Non sai niente?... - disse la signora al maritotuttascombussolata. - Quella bruta si è ubbriacata... è ubbriaca fradicia! Ha rottouna brocca e un bicchiereallagata la cucinabruciata una camicia!

- Non bisognava lasciarla andar fuori! - rispose ilprofessoree i bambini stavano a sentirecuriosamente.

- Andiamo a vederla!... - propose il più grande.

- Non vi movete di qui! - ingiunse bruscamente la madre.

- E adesso cosa fa?

- È buttata per terra - disse Tano - come un animale.

La signora andava adesso di su e di giùper mettere inordine la casacol servizio che mancava; ed apparecchiava lei stessa la tavolafacendosi aiutare dai figliuolipoiché si avvicinava l'ora del desinare. Magiusto in quel punto s'intese un passo lentostrascicatoavvicinarsi dallacucinae Céline comparvecogli sguardi stravoltii pomelli rossii capellidisordinatireggendo una pila di piatti.

I bambini si accostarono istintivamente alla mammae lasignora stette un momento in silenziovedendo già le stoviglie per terra.

- Cosa fate qui? - disse finalmente. - Posate i piatti!Andate in cucina!

- La tavolaapparecchiare- biascicò l'altraappoggiandosi al murocon le gambe che le si piegavano.

- Andate in cucina!... - riprese la padronama non gridavatroppoe le si avvicinava con precauzioneper paura di una nuova rovina.

Come la videro vicina all'ubbriacai bambini si strinserol'uno accanto all'altrodalla paura. Ma la signorapresi i piatti e postili alsicurospinse la donna per una spalla.

- In cucinav'ho detto! Andate in cucina!

- Ehcaspita!... - esclamò l'altracon una mano in ariaese ne andò a lenti passilungo il muro.

La tavola era già apparecchiatacon le posatei bicchierila bottiglia del vinoil pane sotto i tovaglioliquando di nuovo risuonò ilpasso dell'ubbriaca che si riavvicinava.

- Un'altra volta?... Questa è un'ira di Dio!

- La tavola... - biascicava Céline.

- Andate via! - Ora la padronainfuriataquasi urlava. -

Via di qua... Volete rompere ancora qualche altra cosa?

- Io non rompere!...

- Volete bevervi quest'altro vino?

- Io?...

- Sìvoi!

- Io non bere...

- Ubbriacaccia bruta!...

- Lei parlasignora mia... ma io non beresa!... io nonbere!

- Fuori di qui!

- Fuoriin cucina!... - aggiunse il ragazzocome portava lazuppa in tavola; e si mise a spingerla pei fianchi.

Céline si voltava ancora indietroaprendo la bocca egesticolandocome per dire altre cosesenza badare a Tano che la spingeva.

- Che gente!... che gente!... - mormorava la signoraintantoche il professoreprendendo posto a tavolatranquillamentee annodandosi iltovagliolo sulla nucaripeteva:

- Lasciala stare; non ti guastare il sangue. Adesso andrà alettoe domani sarà tutto finito.

- Sì; ma se avessi saputo che aveva questo vizio!...

- Lavora beneperò...

Tanosopraggiungendo con la seconda portataannunziò:

- Signorasa? Selina non ha voluta la minestrae si stavestendo!

- Vestendocome?

- Per uscire. È da ridere! Si mette il corpetto allarovesciapoi dalla drittapoi se lo toglie un'altra volta!

- Ahah!... - i ragazzicon la bocca pienasi dimenavanosulle seggioleintanto che la signora scrollava il capoannoiata.

Quando tutti si levarono di tavola e il professore s'era giàridotto nel suo studiocomparve l'ubbriacacon lo scialle in testa. Lapadronaalzando gli occhi al soffitto per armarsi di pazienzadisse:

- Che c'è di nuovo?

- Signorame ne vado.

- Dove volete andare?

- Me ne vadocosì... buona sera!...

- Voi volete farmi impazzire?... Andate a lettopiuttostoche non vi reggete in piedi!

- Noio mi reggo... signora mia! Io mi reggo bene... moltobene!... Ih! ih!... - e si mise a piangere.

- Santa pazienza!... - esclamava la signora. - Adesso perchépiangete? Che diavolo vi piglia?

Tra i singhiozziCéline rispondeva:

- Ahsignora mia!... Lei offende... lei mi offende!... midice ubbriaca... che io mi bevo il suo vino!... Io non bevosignora mia!

La padrona finiva per sorriderema faceva segno di starzitti a Tano ed ai bambiniche si tenevano i fianchi.

- E va bene; non beveteho detto male; ma adesso andate ariposarviche siete stanca: non lo sentite?

- Nientesignora mia! - rispose l'altrascrollando il capo.- Me ne vado!... Lei mi ha offesa; me ne vado! - E fece per avviarsi.

- La vedremo! - esclamò la padrona.

E passata innanziandò a chiudere a chiave l'uscio di casaportando la chiave a suo marito.

- Quella pazza ubbriaca vuole andar via! Non possiamolasciarla andare in quello stato... Poidomani saremmo senza servizio. Hochiuso l'uscio; ma cerca di persuaderla tu.

Il professore fece col capo una piccola mossa di fastidio; maposò il giornale che stava leggendo e lasciò la sua stanza.

Célinesempre con lo scialle in testaera nella salaaccanto all'usciocercando di aprirlo.

- Cosa fate? - disse il padrone. - Non vedete che è chiuso?

- Signoremi apre?

- Per far che cosa?

- Perchésignore... perché la padrona è... così... unpoco offensiva... Mi ha detto che io che io bevo il suo vino... Iosignorenonbere... nosignore!...

Di nuovos'inteneriva. Il professorecon un tono dipersuasione pacatarispose:

- Non può essere. La padrona vi vuol bene; non può avervidetto questo. Avrete sentito male...

- Noche ho sentito bene... molto bene!...

- Ma poivedetela padrona era in collera; ha avuto deidispiaceril'hanno fatto irritare...

- Veramente?... - chiese leiguardando meravigliata esmettendo di piangere.

- E come!... Perciòse nella collera le è scappata qualcheparolavoi non dovete prendervela; non era detta per voi.

Lei restava a pensarescuotendo appena il capocome sulpunto di persuadersiintanto che il padrone riprendeva:

- Poivi ho detto nienteio?... Le donne sapete come sonohanno tante cose per la testa. Ma il padrone sono ioed io v'ho forserimproverata?...

- Lo so... lo so... Lei è buono!... ma nientesignore... mene vado!...

Il professore tacque un pocoper ripigliar fiatopoi disse:

- E se volete andarveneio non posso tenervi per forza. Mave ne andrete domanicol giorno; vi porterete tutte le vostre robesistemate;non orache sta per imbrunire.

Allora ella disse fermamentecon voce un poco stridula:

- Nientesignore... Quando ho detta una cosaquella è. Miapre?

- Non vi apro un corno! - gridò il padrone.

Tranquillamentel'altra rispose:

- È inutile inquietarsi; io ho detto che me ne vadoe me nevado!

Il professore l'aveva piantata e se n'era tornato nel suostudioa sfogarsi con la moglie.

- Ci mancava proprio questa seccaturastasera!

- E mi piace che te la pigli con me!

- Me la piglio con teperché non bisognava mandarlafuori... È una buona camerierain tutto il resto; ma non bisognava darlel'occasione... Adesso mi dirai come finisce!

- Come vuoi che finisca? Non darle retta; la porta è chiusa:non potrà sfondarlainfine!

Egli passeggiava ora in lungo e in largo per la stanzasenzarispondere a delle leggiere picchiate che davano all'usciodall'altra parte. Ditanto in tanto si sentiva la voce di Céline: «Signoremi apre?...». Ilprofessore fingeva di non sentire; ma come non otteneva rispostal'altrariprendeva più forte; finché eglispazientitodischiuse la porta.

- Chi diavolo è?

- Signoremi apre?

- Un'altra volta?... V'ho detto che ve ne andrete domani...Dove avete imparato a lasciar così le case della gente?... senza che uno si siatrovata un'altra cameriera?... Chi ci servirà stasera?... - A poco a pocoilprofessore si faceva più persuasivo e più insinuante. - Mi lascerete cosìstasera? E chi mi farà il caffè? dovrò farmelo da me? E i bambinivediamochi li spoglieràpoverini? chi li metterà a letto?

Lei stava per piangere un'altra voltadalla commozione. -Sissignore!... Sissignore!... Ha ragione!...

- Vedete? Dunquetornate dentroriprendete il vostrolavoro; e poi domani ne riparleremo...

L'ubbriacainfattise ne andò in cucinae il professoretratto un sospiroripassò nel suo studio.

- Si è persuasafinalmente! - disse a sua moglie.

- Purché non ricominci quando Tano se ne andrà!

- Già!... Allorasenti che cosa facciamo: lo faremo andarvia di nascosto.

Così mentre Céline si dava da fare in cucinail ragazzoche non riusciva a frenar le risaperché l'ubbriaca canterellava adessoallegramente canzonette francesise la svignò; e l'uscio fu richiuso a chiave.

Il professore e sua moglie stavano facendo dei contiintantoche i bambini giuocavanoquando Céline ricomparvecon lo scialle di nuovosulle spalle.

- Che c'è ancora?

- Il caffè è fatto... i letti pure... Adessomi apre?

- Questa ubbriacaccia non ci lascerà in pace! - esclamò lapadrona.

Ma il professore la prese per una spallala guidò findinanzi all'uscio di casa e dissefacendo finta di sforzarsi a tirarlo:

- Vedete? È chiuso a chiave. E la chiave s'è perduta! Nonpuò uscire nessunoneanch'io. Domanise non verrà il fabbromoriremo difame...

Céline guardò il padronecogli occhietti luccicantidimenandosi un poco sul busto.

- Lei fa la commediaeh?... Lei ha la chiave... Tano se n'èandato...

- E voi non ve n'andrete... gridò. - Non posso farvi andarecosì; - ripresepiù calmo; - non sentite che avete la febbre?... Se visuccede un guaio per istrada?

Annaspando con le dital'altra disse allora:

- Non succede niente!... Lei ci ha in testache iocosìabbia bevuto... Lei non credere che io bevo!...

- E va bene; ma adesso è notte; le donne che si rispettanonon vanno sole di notte per le strade!

Sopra un tono musicalee con uno sguardo duroCélinerispose:

- È inutile! Me-ne-vado.

Il professore si mise a passeggiare per la stanza: ogni voltache le si avvicinavalei lo guardava paurosamentequasi fosse minacciata.Stettero un poco in silenzio.

- Célineditemi una cosa- riprese l'altro; - di che paesesiete?

- Di Lionesignore...

- Ed è molto tempo che non siete tornata in Francia?

- Venti annisignore... venti anni!...

- E vostro marito è morto lì?

- Nossignore... è morto a Milanoche è morto... Ahpoveretto... lui mi rispettava!... lui non mi lasciava far la cameriera...Questo fu quel socio assassinoche il Signore possa perdonarlo.

- Che socio era?

- Socio che aveva la dolceriasignore; di confetturesissignore... E cosìgli rubava tutte cose... che mio marito si fidavavedete... e lui teneva la cassa... E poicosìè morto... ed io mi sono messaa cameriera; e sono stata con l'ammiraglio Franchi... che era tanto un buonsignorenon disprezzando lei... e la signora pureche ricevevacosìl'amico; di nascosto del maritoe mi faceva tante cosepoveretta... come aduna sorella!... E poi sono stata anche a Napolia Romasissignore; con laprincipessa Tripoli brava signora!... che eracosìseparata dal suo marito...e la manteneva il marchese Daura...

- Davvero? Ah! Ahi

- Eh! sissignore... quante ne ho visteio... quante!... - edi nuovo minacciava di intenerirsi.

- Che cosa eravatefemme de chambre?

- Femme de chambreoui monsieur!

- Credete che io non sappia il francese? Venite un poco conme...

La condusse nel suo studioaprì una libreriaprese unvolume e gliene fece vedere il frontespizio.

- Come fa qui?

- Essai sur l'esprit. Questo è bello!...

- L'avete letto? - chiese il professoreridendo sotto ibaffi.

- Sissignore!

E ad uno ad unoil padrone le mostrò tutti i librifrancesilasciandole leggere i frontespizisenza stancarsiarricciandosoltanto il naso alle zaffate avvinazzate dell'ubbriaca; poiad un trattoleiesclamò:

- Adessobuona sera; me ne vado.

- Un'altra volta?

Il professore rimise i libri a postochiuse lo scaffale e ledisse:

- Non potete andarveneperché siete digiuna; non avetepreso un boccone! Posso farvi andar via digiuna?...

Lei si mise a scrollare il capo.

- Lei è buono... è caritatevole... ma io me ne vado!

- Io vi dico che non ve ne andrete!

- È inutile...

- Non ve ne andreteavete capitocorpo del diavolo?...

- È inutile...

- Ubbriacaccia!

- Lei può parlare; ma io me ne vado...

Allora egli la spinse fuori dello studio e si chiuse dentro.Venne sua moglie:

- Siamo sempre da capo?

- Stasera non finisce bene...

- Sai che vogliamo fare? Annotta: accendiamo i lumi efingiamo di andare a letto. Ci chiuderemo nelle nostre stanze. Finirà percoricarsi anche lei...

Fecero così; ma mentre accendevano i lumi e si chiudevanonelle stanze coi bambiniCélinepiù insistentecon voce più stridulaattaccandosi al braccio del professoreesclamava:

- Mi apre?... Mi apre?...

- Andate a dormire!

Come si furono chiusiil professore ingiunse ai bambiniavoce bassa:

- State zitti!... Bisogna fingere di dormire.

E si misero tutti ad origliare dietro l'uscioper sentireche cosa faceva l'ubbriaca.

- Minchione!... - diceva Célinerimasta sola al buio. -Cosa crede?... Io me ne vado... Eh!... All'ave.... me ne debbo andare!...Credono di farmela... bella questa commedia!... - A voce più altariprendeva:- Signoremi apre?... signore?...

Il professorecominciando a perder la pazienzadiceva pianoa sua moglie:

- Credi pure che questa vecchia non smetterà!

- Se vuoi lasciarla andare!...

- Ma adesso è notte proprio... Se cade per istradase laschiaccia una carrozzache cosa diranno di noi?...

- Signoremi apre? - gridava adesso Célineborbottandoun'altra filastrocca incomprensibile.

Poi tacquema s'intese il suo passo avvicinarsi all'usciosu cui venne a picchiare.

- Signorabuona sera; me ne vado.

I bambini dettero in una risata.

- Volete star zitti? - ingiunse il professore irritatissimointanto che l'altra ripeteva:

- Lei è alzatosignore; mi apre?

Vi fu un nuovo silenzioquando a un tratto l'uscio cominciòa scuotersidai calcidai pugni che l'ubbriaca vi assestava.

- Me ne vado... buona sera...

- Ahsì?...

Come una furiasvincolandosi dalla moglie che cercava ditrattenerloil professore corse ad afferrare un bastone e schiuse l'uscio conviolenza.

- Non la volete finire?

- Mi apre!...

- Ahno?... - e le assestò una prima legnata.

- Aiuto!... Me ne voglio andare... Aiuto!...

Allorauscito dalla grazia di Dioil professore cominciò apicchiar sodocol bastonecon le mani. Buttata per terral'altra gettavaacute stridaintanto che la padrona correva a chiudere le finestre perché ivicini non sentisseroe che tornava vicino al maritoscongiurando:

- Lascia che se ne vada!... per carità... lascialaandare!...

Con le mani rossecogli occhi accesiil professore andò aschiudere l'uscio di casa.

- Escitroiaccia!... Escio t'accoppo!...

Gemendotastandosi per tutto il corpoCéline non simuovevae poi che il professore minacciava di ricominciarela signora lasollevò leispingendola fuori.

- Andatevene... presto!... scappate!...

Come fu sul pianerottoloCéline tacque. Si passò le manisulla facciasi mise lo scialle in testae cominciò a scendere i gradinidella scalaad uno ad unobarcollando. E barcollandocosteggiando i muriminacciata dai cavallidalle fruste dei cocchieri nel traversare le viese neandò verso la Vicariaper le straducole strette e sporche che adesso eranomezzo buie e deserte. Dietro i magazzini di Vastafermossi dinanzi ad unacasupola e picchiò alla porta tarlata.

Non rispose nessunoma si sentivano delle voci veniredall'interno.

Céline riprese a picchiare più fortee come non aprivanoancoracominciò a chiamare:

- Michelino!... Michelino!... Sono io... Aprisono io!... Ètardi... Quei porci non volevano lasciarmi andare... Ahi!... sono tutta pesta...

Non aprivano neanche adesso. Per la strada non passavanessuno e solo si sentiva da lontano il martellare dei guardianisulle gratedel carcere.

- Michelino!... - gridava Célinepicchiando più forte comele voci dall'interno si facevano più allegrecon dei canti e un tintinnio dibicchieri. - Michelino... non sei solo!... Me l'hai fattaporco!... Con chisei?... ApriMichelino... Mi hai detto tu di venire!... Chi è questaciabatta?... Ti sei presi i miei denariladraccio svergognato!... Sono statapicchiata per te!... AprimiMichelinuccio...

Poi di nuovo urlavapoi si faceva ancora supplicantepoitempestava: «Apri!» finché l'uscio si spalancò improvvisamente.

Come la donna voleva irrompere nella cameraMichelino ledette uno spintone violentomandandola per terra in mezzo alla via.

- Sangue di Giudache cimice!

E tornò dentrosprangando.

 

 

 

I vecchi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano seduti sulla panchetta a strisce gialle e rossesottoi platani nudie il viale del giardino si allungava dinanziallagato dal soletra due file di statue sulle basi delle quali l'edera s'abbarbicava. In fondola montagna tutta candida di nevecome una campana di zucchero.

Uno era piccologiallognolocon un collare di barbabianchissima: teneva una fascia di lana sulle spalle e le mani appoggiate alpomo d'avorio antico di un grosso bastone. L'altro era robustorosso nel visotutto sbarbato e liscio malgrado l'età: il colletto della camicia si abbattevasul bavero della giacca di panno grossolanomostrando a nudo il collo bronzino.In mezzo a lorodue soldati che parlavano in dialetto.

Il grande vecchio gettava di tanto in tanto delle occhiatetimidamente curiose sui militariesaminando le ghette di tela che ricoprivanogli scarponii pantaloni filettati di rossole stelline del baverolasciabola-baionetta. D'altro latoil piccolo vecchio si passava a momenti unamano sulla boccatossivasi guardava intornocome preparandosi a dire qualchecosa e non sapendosi ancora decidere.

Rannicchiatosi meglio nel suo angolochiese finalmente:

- Lor signori sono continentali?

I soldati continuavano a parlarecome non fosse.

Dopo un pocoegli tossi di nuovopiù forte e riprese:

- Di che paese sono lor signori?

- Mi sun mudnes - rispose il soldato che gli stavavicinoe riattaccò il discorso col suo compagno.

Il vecchio parve meditare un poco quella risposta; cavò ditasca un fazzoletto a scacchi rossi e neri; si soffiò il naso scuotendo ilcaporimise in tasca il fazzoletto dopo averlo piegato accuratamenteeripigliò:

- Quanto hanno ancora da stare sotto l'armi?

Il soldato chiesebruscamente:

- Cuss l'ha ditt?

- Dicose tornano a casa presto?

- Minga adess! - e si mise a ridere.

L'altro vecchio stava a sentireguardando discretamente. Pelvialea quando a quandouna carrozza sfilavaal passo; dei ragazzi sirincorrevanosotto gli occhi delle governanti.

Come i soldati si alzaronouna balia venne a prendere ilposto vuoto. Il bambino girava intorno gli occhi senza sguardocol bracciodistesoannaspando.

Il piccolo vecchio riprese ad armeggiarecercando diattaccar discorso. Sorrise al piccolino e gli mise sotto il naso il manicod'avorio del suo bastone.

- Bellino!... Bellino!... Come si chiama?

Quello fece una smorfia e scoppiò in pianto.

- La ninnaNinì; bello Ninì... - ripeteva la baliasballottandolo. - La ninna di mamma tua...

Ma come il vecchietto gli mostrava ancora il pomo d'avorioil bambino ripigliava a piangere. Della gente si fermava; due seminaristi che sitenevano per mano ridevano.

Esaurito ogni tentativola balia andò via. I pretinisedettero al posto lasciato vuoto. Si cavarono entrambi i tricorniposandolisulle ginocchiae avvicinate le teste tonsuratecominciarono a parlottare.

Il vecchietto esclamò:

- Bel tempo!... - Poirivolgendosi ai seminaristi: - Avetela passeggiata tutt'i giorni?

- Tre volte la settimana - e non gli dettero più retta.

Allora egli si mise a scavare la terra con la punta delbastonemasticando a vuoto; e come i pretini se ne andarono via anch'essitenendosi sempre per manoegli si trascinòlentamentesenza alzarsiversoil grande vecchioin modo che nessuno potesse sedersi più in mezzo.Arrestandosi a fianco del vicinoguardò per aria e disse:

- Bella giornata!

L'altro rispose subitocon un tono di deferenza:

- Bellissima giornatasissignore!

- La neve è a Nicolosi - e additava la montagna. - Nicolosiè qua; lì c'è Trecastagni... Dall'altra partese uno scavalca il Mongibellotrova Bronte. Ci siete statoa Bronte?

- Ionossignore.

- Io ci sono stato molto tempodopo il sessantaun affaredi ventisei anni addietro... misuratore del catastoche non era una cosaliscia... Bisogna saperegiàprima di tuttoche coi Brontesi non sischerza... a segnoche successero i fatti del sessantuno...

Fece una piccola pausaaspettando di essere interrogato;come l'altro lo guardava rispettosamentependendo dalle sue labbrariprese:

- Io glie l'avevo dettoin Casinoai signoriproprietariciviliche il popolo non mi andavae guadagnava la mano ogni giorno di più. Achi dicevoa questo bastone?... Avevano il capo alla politicache dovevaarrivar Garibaldie i borbonici se ne stavano rintanati nelle loro campagne.«Ma badate che la mala gente va attorno!... che tiene consiglio nella tavernadi Piede-di-banco!... che un giorno o l'altro non potremo più scender nellevie!...».

- Giustamente!... - approvava l'altrochinando il capo.

Il vecchietto si grogiolava dentro il soprabitosi adattavameglio la fascia al collosi tirava le maniche sulle punte delle dita eriprendeva:

- A chi dicevoa questo bastone? Niente!... Invecedavanoloro fucilipolvere e pallecol pretesto della rivoluzione; come se nonfossero bastati i temperinicerti temperini lunghi cosìche ognuno diquegli amici portava alla cintura!... Ma tanto va la secchia al pozzofinchési rompe! E lascia fare oggie lascia far domanifinì col sacco e fuoco...

- Madonna del Carmine!

- Il pretesto erano le tasseche l'annata era stata cattivae l'esattore succhiava il sangue della povera gente. Ma la vera tassa era lavendettae il denaro del prossimo. Voi mi avevate fatto un torto? Io venivo acasa vostraa farmi giustizia con le mie manisfondandobruciandoammazzando...

- Ma i civiliniente?... - chiese l'altropassandosi unamano sul mento.

- I civili?... Volevano scendere in piazza; non mandarono achiamare anche me? Fossi stato pazzo! Quando lo dicevo ioche si poteva mettereun riparo senza ammazzare una moscanossignore: «Questa è polvere! Questi sonquattrini!... Abbasso Francesco II!...». Ora che il popolo si scatenava controi cappellibisognava andare incontro a morte sicura; che prima discendere in istrada dovevate confessarvi e comunicarvi!... Com'erano curiosi!Pelle una ne abbiamoe pelle per pellesapete come si dicemeglio la tua chela mia!...

- Eccellente!... dice bene vossignoria!...

- Se dico bene! Dio ci liberi a furore populi!... - Allorail vecchietto si mise a sentenziarecon un'aria di beatitudinealzando un ditoper aria: - Il popolo è come una bestia di cavallogenerosoche si facaricare come un asinoma guai a toccargli la coda. Così sentite i giornalipigliarsela col governoperché intasca le tasse. Io vorrei dir loro: O bestiese pagate le tasse non avete il gasle ferrovie e le scuole gratis?

- Sissignore! Tal'e quale!

Il grande vecchio approvava sempredeferentementetutti gliargomenti dell'altro che citava la gazzetta e vantava la propria esperienza.

- Io ne ho visto di tutti i colorie mi fanno riderequandodicono!... Questi che adesso vedete consiglieri e commendatoriprima eranoborbonici più di Satriano. E non parliamo di chi mise fuori una bandiera al 48o al 60! Invecechi ha fatto il suo dovere!...

Com'egli si fermò un momentopiegando il capo a destra e asinistral'altro che si grattava un orecchio volendo parlare anche lui e nonosando interromperlodisse:

- Anch'io ho vista la rivoluzione.

- Sì? O quando?

- A Leonfortenel quarantotto... Ecco qua: io ero aCaltanissettacol mio padronel'intendente Ramondinoil prefetto di queitempi. Un giornoarriva un galantuomo da Leonfortein carrozzacon unabandiera a tre colori; ma non diceva niente. La popolazionecome le mosche. Chesi fache non si fal'intendente lo manda in fondo a un carcere... Tutt'in unavoltaarrivano quelli di Palermo: «Se gli torcete un capelloqui non restapietra su pietra; ci sono ventimila Palermitani pronti a marciare!». Vocigrida: «Viva Palermo!» e il galantuomo è liberatoche mentre si parlava dimortefesta e quarantore! L'intendentevisto come si mettono le cosemichiama e dice: «Calogeroio son padre di famigliadicee me ne vado aNapoli: tu fai quel che ti piace: ma se vuoi venirtene a Napoliti raccomandodi portarmi la roba...». Allorac'era la bella gioventùe la gioventù nonconosce pericoli. Nientedimenome ne andai dal mio padrigno che era una bestiasant'animapiù di me. Dico: «Il padrone vuole che gli porti la roba a Napoli;che cosa debbo fare?». «Portala» dice«il padrone è un brav'uomotu seigiovane»; poidice: «carceremalattianecessitàsi conosce l'amistà».Sia fatta la volontà di Dio; metto la roba in tredici carrie la carrozza conla serva che fanno quattordicie me ne vado per Castro-Giovanni. Arrivo aLeonforte. La piazzapiena come un uovoe appena mi vedono: «Questa è robadell'intendente; diamola al fuoco!». Viene uno e m'afferra pel colletto: «Tuora vai fucilato!».

Il narratore s'era alzatofacendo il segnocon le bracciaun po' tremantidi sparare un fucile; l'altroammutolitospingeva gliocchietti curiosi sul compagno ancora imponente malgrado la curvatura dell'età.

- Immaginate un po' che spavento!

- Cose viste con quest'occhi; non racconto favole! DunqueBeppe Franconon so se vossignoria l'ha sentito nominareun pezzo digiovanotto alto cosìpunta il fucile e dice: «Carognasei morto!...».Frattantodiciamo che il padroneprima di partiremi aveva consigliato:«Fatti una coccarda coi tre colori; se maiti potrà servire». Io avevo fattola coccardae la tenevo sotto il ferraioloche non si vedeva. AlloracomeBeppe Franco fa per sparareio apro il ferraiolo e mostro i tre colori... Senoero spacciato! Ma andiamo che la popolazione gridava sempre: «A morte!...fucilato!...» e i carrettieri che tremavano come foglie! Viene quelloe dice:«Consegniamolo al comitato!». Mi tirano al comitatoche appena entriamo ilportone si chiude dietro. Chi parla di quachi parla di làe non si sapeva diche morte dovessi morire. Al comitatoc'era il cavaliere; il cavaliere SanVincenzo; e come mi vedeche ero stato anche al suo servizio'viene a dirmi:«Chi diavolo ti porta qui?». Io gli racconto tutta la storiache venivo conla roba di Ramondinoe non sapevo niente. Frattanto il presidente mi domanda:«Di che paese siete?». Io dico: «Eccellenzasono di Girgenti». Volestevedere? Il cavaliere mi butta le braccia al collo: «È di Girgenti! Il primopaese che si è ribellato! Viva Girgenti! Viva la libertà!...». E così il miopaese porco mi salva la vita...

- Oh! Oh! Oh! - Il vecchietto si dimenava sulla panchettadal piaceredalla meraviglia. Un piccolo cerinaro si era fermato lì innanzi estava anch'egli a sentire.

- Allorail comitato dice: «Facciamolo accompagnare a duemiglia di via e se ne vada dove gli piace». Primavogliono le chiavi dellecasse per vedere se c'era niente. Io dico: «Le chiavi non ve le posso dareperla ragionedicoche le ha il padrone». Un altro casa del diavolo! BastacomeDio vuolecinque nobiligran signoricacciatorimi mettono in mezzoperaccompagnarmi a due miglia fuori il paese; una follagran quantità di torciefucili e pistolele donne alle finestre: l'inferno! Il cavaliere mi tira pelsoprabito e ci perdiamo in mezzo alla gente. Camminacamminaentriamo in unafarmacia; il cavaliere mi raccomanda allo speziale e se ne va. Resto tre giornichiuso; al terzo giornoso che la roba è partita per Troina. Scappodi notte;raggiungo la roba e la carrozza con la servae arrivo a Troina. Appena arrivoviene unoarmato come un porcospinoe domanda: «Che roba è questa?». Quellabestia della donna non risponde: «È la roba dell'intendente?». Come sefossero tempi! Ma quellovedendomi tramutato in facciadice: «Denari ve netrovate?...».

- Meglio! - e il vecchietto strizzava un occhiocon ariad'intelligenza. Adesso anche il giardiniere si era avvicinatoe tutti restavanoin ascolto come dinanzi ai cantastorie della Marina.

- Meglio difatti! Mi restavanodi denaritrent'onzedellecinquanta che mi aveva consegnato il padrone; ne do dieci: «Bastano dieci onze?».Dice: «Vedremo quel che si può fare». E mi nasconde in un magazzino. Torna ungiorno dopo: «Bisogna aspettaredice; denari che ne avete ancora?...». Afarla cortatutte le trent'onze se ne vannoa poco a poco. Allora faccio unapensatadi scrivere al padrone... Che padrone e padrone! Il povero signore erascappatodi nascostofino a Trapani; si era chiusoluisua moglie e ibambinidentro la stiva di un bastimento franceseed era partito perMarsiglia...

- Oh che storia! che storia! - esclamò l'altroricavando ditasca il suo fazzoletto e portandoselo al naso.

- Aspettiancora non è niente! Arrivocon la grazia diDioa Messina. Senza danari come si fa? Vendo la carrozzache era costatatrecent'onze - bisognava vederla! - la vendo per quarant'onzea Litteridirimpetto l'ospedale. Vendo un asinodi tredici onzeper quaranta tarì...

Il vecchietto era rimasto col naso fra le dita e ilfazzoletto pendenteimmobile nella stupefazione.

- E m'imbarco con tutta la roba. Da Messinail bastimento facinque miglia e torna indietro. Una tempesta dell'infernoche le budellauscivano di bocca. Stiamo due giorni a Messinae mettiamo una settimana perarrivare a Napoli. A Napoli arrivo il 14 maggiogiusto in punto per vedere ilquindici. Vossignoria sa che cosa fu il 15 maggio?

- Sicurosicuro! - ma il misuratore del catasto non levavagli occhi dal vicinoaspettando curiosamente.

- Il 15 maggio era tutta Napoli in fuococon la rivoluzioneche pigliava piedee la truppa sotto l'armi: reggimenti della guardiareggimenti svizzeribattaglioni cacciatori: che il giovane del caffè Benvenutisi metteva ogni giorno alla finestracol fucile spianatoper sparare addosso aFerdinandose si affacciava. Io ero dai parenti del padroneche stavano chiusiin casadalla paura; maquanto a mepotevo andare dove mi piacevache iSiciliani erano trattati come signori. Quaranta mila Siciliani c'erano inNapolie quelli che non trovavano alloggio se li prendevano nelle casea tre ea quattro per voltacome fratelliviva la libertà! «Ma se i realistivincono» mi dicevano i parenti del padrone«tu vai fucilato!». Orala nottedel quattordicivennero a picchiare all'usciocercando legnameper barricate;vossignoria conoscela strada murata...

- So beneso bene; per sparare al sicuro...

- Giust'appunto. Allorafatte le barricatela mattina alleundici e un quarto prima di mezzogiorno cominciò il fuoco. Sa com'era il fuoco?Ha sentito i mortarettiper Sant'Agata? Più fortee fino alle cinque di serasenza cessare un momento. Il comandante di Sant'Elmo - che la famiglia realeseperdevadoveva calarsi nei trabocchetti - aveva l'ordine di tirare cannonatesopra Napoliche è tutta di sottocome la palma d'una mano; ma bisognaesserci statoper averne un'idea... Il comandanteinvecetirò tre solecannonatea polvere. Ma fino alle cinquei realisti perdevano. Alle cinquevengono fuori il primo e il quarto reggimento svizzero; eMadonna del Carmine!succede una carneficina: case sfondatebruciate; uominidonne e bambini: unmacelloche nella notte Ferdinando fece nascondere tutti i mortiper non farlicontare...

- Lo credo bene!

- Ma se non erano il primo e il quarto reggimento svizzerogliene toccavano di quelle da dirle al medico. Il secondo e il terzo reggimentoerano pronti a venir fuorima non ce ne fu bisogno... Andiamo intanto che incasa non c'era né pane né acquae la signorina era ammalata! Viene sua madree si butta alle mie ginocchia: «Calogerobisogna che tu vada a comprar lamedicina!...». Vado fuoria Dio la sortee trovo uno spezialealla Carità;ma mentre faccio per picchiareuna pattuglia esce da San Liborioe spiana ifucili... Madonna del Carminequesta volta non c'è scampo!... Il sergentedice: «Inginocchiati!...». Come se le gambe mi reggessero! Io m'inginocchiopiù morto che vivo. Dice: «Grida: Viva lo Re». Io non avevo fiato in gola;dico: «Viva lo Re!». E così sono salvo...

A un tratto il misuratore del catasto si alzòincappucciandosi meglio nella sua fascia di lana: il sole era declinato e unbrivido di freddo passava per l'aria.

- Tanti guai per la roba del padrone! - esclamòsul puntodi andarsene. - Se ero voidico la veritàla roba l'avrei speditama io mela sarei battuta!

 

 

 

Donna di casa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella nottela carrozzella venne a fermarsi dinanzi allaQuestura. La guardia di piantone chiamavaverso la scala:

- Trovato!

- Vengo!

Il brigadiereintanto che Trovato finiva di passarsiin unangolo della camerataal lume d'un mozzicone di candelaun abito mezzo daborghese e mezzo da operaiogli ripeteva:

- Prendi qualcun altro!... È un'operazione delicatapotresti aver bisogno d'aiuto!...

- Brigadierenon lo dite neppure - rispose Trovatoannodandosi una cravatta verde.

- E tu fa come vuoi!... Per mepiglierei almeno un compagnoda tener sotto mano. Non per nulla fanno quel mestiere: sono gente furbachenon si lascerà cogliere...

- E se loro son furbiio sono più furbo di loro!

- Behlo so che sei furbo! Per questo i superiori t'hannoscelto. Ma non vorrei che facessi fiasco...

- Brigadiere! - esclamò Trovatopiantandosi in testa unberretto a barcacon due piccoli capi svolazzanti sulla nucacome quello deicarrettieri. - Io l'ho detto al signor questore: questa è spedizione chebisogna fare o solio niente! Non si tratta solamente di arrestarlima diacchiapparli in flagranti. E il signor questore m'ha dato ragione!...

Il brigadiere si strinse nelle spalle.

Trovato dette un'ultima occhiata al suo camuffamentositirò un poco più innanzi sulla fronte il berretto e uscì nella corsia. Lalanterna la rischiarava un poco nel mezzo; le estremità si perdevano in unatenebra fitta. Passando dinanzi alla camera del delegatoTrovato vide lucedalle commessure dell'uscio e si sentì chiamare:

- Chi è?

- Son ioTrovato.

L'uscio s'aperse; il delegatoin maniche di camiciasiaffibbiava una cintura di cuoio intorno al ventre.

- Dove vai?

- Alla Viagrande... per l'affare della donna-di-casa... quellache fa morire la gentecoi suoi rimedi.

- E vai cosìsolo?

Trovato sorriseportando l'indice alla fronte.

- Ho il mio piano!

Il delegato si mise a ridere. Poi chiese:

- Non mi fate sbagliare il treno? Parte proprio alle quattroe cinque?

- Sissignore!

- Va bene; puoi andare. Buone cose!

- Graziesignor delegato!

Scese le scale. Il portone era socchiusoe il piantoneavvolto in un ampio cappottostava sulla soglia del corpo di guardiafregandosi le mani.

- Dove vai?

Trovato fece un segno col braccioaccennando lontano.L'altro lo strinse alla vitaper chiasso; ma sentendo che non teneva armi sottoi pannichiesemeravigliato:

- Non sei a cavallo?...

- Sono in carrozza- rispose Trovatosaltando a cassettaaccanto al cocchiere.

La carrozza partìcon un tintinnìo di sonagli. Le vieerano deserte e mezzo buiecon la metà dei fanali spenti. Di tratto in trattoqualche passantecolle mani in tasca e la testa chinaalzava un poco gli occhia guardare verso il legnetto. All'ufficio del Dazio-Consumosotto il lampionedue guardie incappottate fumavano. Per la salitala carrozze si mise al passo.

Trovato aveva accesa la sua pipaascoltando dal compagno ilfatto della spedizione di Picanello.

- Ci fece vedere cavalli verdiquel brigante d'un pecoraio!Dietro il murotirava dei sassi che arrivavano meglio d'una revolverata! Ioavevo tirato il cavallo dietro la casinavedendo il pericolo; perché i sassipiovevano tutti da quel lato...

L'altro interruppe:

- Un momento: sei sicuro che alla Viagrande nessuno conoscala carrozza?

- Nessuno; è la nuova.

- Va bene.

La guardia che faceva da cocchiere riprese la sua narrazione;ma Trovato non gli dava rettaguardando per aria. La carrozza andava sempre alpassoper la via della Barrierafra le vigne e i giardini. Cominciava adalbeggiare e il freddo era frizzante.

- E così se il tenente non comandava di far fuocodopo cheErasmo Brigida mandava sangue dalla bocca e il maresciallo si buttava a terracon la gamba rottanon l'avremmo preso nemmeno...

- Senti un po' - avvertì a un tratto Trovato; - tu nonentrerai in nessuna stallanon parlerai con nessuno: ti metterai invece adaspettarmi dove ti dirò io...

- Va bene.

- Paglia pel cavallo n'hai portata?

- Per due giorni!

- Va bene!

Scendevano dei carri pieni di casse d'aranci: i carrettieridistesi sopra una pelledormivano; lasciando ai muli di trovarsi la via. Ognitantoquando la strada era in pianura e la carrozzella trottavala guardiagridava un ohé: guarda-voi!... facendo schioccar la frusta.

- Da canto! Tiratevi indietro!...

Alla Puntail sole sorgeva; qualche imposta si apriva.

- Adessosiamo vicini...

L'ultimo tratto della via fu fatto di carriera. Giunti chefurono dinanzi alle prime case della ViagrandeTrovato disse:

- Prendi a mano manca.

Sulla strada del Fleriall'ombra di un muro altofecefermare. Allora saltò a terraripetendo al compagno le ultime raccomandazioni.

- Tu resterai qui. Non ti muoveresiamo intesi?

- C'è tempo?

- Eh! chi sa...

E scese per la via di Sant'Antonio. Alla Venaentrò inun'osteria che stava all'angolo d'una viottola.

- Comaremezzo litro di quello buono!

L'ostessa portò un boccale ed un bicchiere. Trovatoprimadi berechiese:

- Come va la vendemmia da queste parti?

- Sia lodatonon possiamo lamentarci.

- Buono! - esclamòbevuto che ebbe. - E ditemi una cosa:questa vigna qui a fianco di chi è?

- La nostraquesto pezzetto; ma è nientedue palmi diroba.

- Eh! vorrebbe averla ognuno!

L'ostessa sorrideva di soddisfazionepassandosi una mano sulventre pieno. Un bambino di tre annisbucato di dietro il banconesi avanzavabalzelloni e venne a tirare la madre per la veste.

- Gioia! figlio! - fece leiprendendoselo in braccio.

Trovato sorrideva al piccolino che apriva e chiudeva lamanina sudicia.

- Dice che qui c'è il vaiolo?

- E comescansàtene! L'altro giorno è morto il bambino dimassaro Francescouna gioia di figlio che bisognava vederlo quant'era bello!...E intantonel tempo di tre giorni se n'è andato!...

- Ma i medici?

- Sanno assaii medici! Fanno morire i cristianidopoaverli smunti a ricette...

- E allorache si deve morire come i cani?...

La comare dissea voce più bassa:

- Noi abbiamo la comare Pina...

- Chi è la comare Pina? - chiese curiosamente Trovato.

- La comare che sta qui vicino... in fondo a questa viottola.Lei conosce tanti rimediiche ha un libro di magia pieno di figuree ancheleva e mette gl'incantesimise unofiguriamocinon può togliersi di testauna cosaoppure se vuole che un'altra persona pensi a lui...

- Guarda! guarda!... - esclamava Trovatopieno di stupore. -Alloraè una magàra?

- Già... ma lei non vuole che la chiamino così.

- E perché?

- Lo sa lei! - rispose l'altrastringendosi nelle spalle. -Ma quando dà un rimedio oppure fadiciamoun incantesimonon vuole che sidicache se ne parli con nessuno...

- Noeh?

- Niente!

Equasi temendo di aver parlato tropponon aggiunse altro.

- Maditemi un po'- riprese Trovato - i suoi rimedii fannosempre guarire?

- Certe voltesì; certe altresi muore...

- Ahsi muore?

- Coi medicinon si muore? - replicò l'altra.

- Giusto!... giustissimo!... E poiuna volta bisogna purmorire!...

- Eh!

Ma l'ostessa si guardava intornoguardava sospettosa versol'uscio.

- Mi figuro che si farà pagare - disse ancora Trovato.

- Ahper questosì!... Due lirecinque liredipende...oppureuna misura di faveuna quartàra di vinoquelli che non hannodenari.

- Vi dico la verità!... - esclamò allora Trovato: - Se famorire come i medici e si fa pagare come i mediciio non ci avrei fiducia...Che cosa direste voise per causa sua vi morisseDio ne scansiqualcuno incasa?

- Scansàtene!... - esclamò la donnastringendosi al pettoil figliuolo. Poi aggiunse: - Eh!... certamente...

Si mise a sedere vicino al bancocol bambino sempre inbraccioe scuoteva il capo.

- Certamente... - riprese - ci sono quelli che mormorano...ma non gli conviene di parlare...

- Perché?

L'altra aggiunsea bassa vocepaurosa: - Perché lei è donna-di-casa...

- Davvero?

Trovato era rimastodallo stupore; e si grattava la testa.

- Esentiamo... cosa fa? - chiesedopo un poco.

- Che cosa?... quello che fanno le donne di casa. La nottementre pare che sia a letto con suo maritova attorno per il mondoentra nellecasemette tutto sottosopragetta malefizii per le campagnefa inacidire ilvino...

- Tutte le notti?

- No; quella del sabato e del mercoledì.

- Voi l'avete vista?

- Io?... lontano sia!... - E l'ostessa si fece il segno dellacroce.

Trovato restava pensieroso.

- E suo marito che cosa fa?

- Lui fa lo zappatore; ma la aiuta anche nelle magherie.

- Ahè mago anche lui?...

Dei carri vennero a fermarsi dinanzi all'osteria; icarrettieri entrarono a bere. Allora Trovato s'alzòpagò il suo vinosalutòl'ostessa e s'avviò per il viottolo della donna-di-casa.

Esso giravastretto e ingombro di sassifra i campi chiusidi muri altiin mezzo ai qualidi tratto in trattoera praticato un usciogrigio e sgangherato dal tempo e dall'uso. Dopo un centinaio di passiilviottolo si allargava in una specie di piazzetta con una Casupola in fondo.

Era tutta chiusa. Trovato picchiò sulla portacon le nocchedelle dita. Dopo un pocouna voce femminile rispose: - Chi è lì?

- Amici!

- Quali amici?

Trovato rispose subitocon tono d'intelligenza:

- Sono iocomare Pina; mi manda il compare Matteo.

Per un poco non si sentì nulla. Una finestrellapraticatasull'alto dell'usciosi aperse: vi si s'affacciò una donna sulla cinquantinadalla pelle rugosadalle labbra un po' stortedagli occhi inquieti. Aveva ilcapo avvolto in un fazzoletto gialloe una banda di capelli che le scendevanogiù sulla fronte.

Chieseguardando attentamente il visitatore:

- Chi è il compare Matteo?

- Non ve ne ricordate più?... quello che gli levaste lamalaria- spiegò Trovatosottovocebenché non ci fosse nessuno; - con unacerta polvereche benedice sempre la mano di chi glie la diede!...

La comare scosse il capo.

- Io non penso a questa malaria.

- Sissignora- affermava Trovato - il compare Matteomiocugino; chea portar segnomi ha mandato luiper una carità che mi potetefare voi sola: e anzimi ha detto di portarvi questo...

Introdusse due dita nel taschino del panciottovi frugò unpoco e ne trasse un biglietto da cinque lirenuovo fiammante. La comare Pinascrollando ancora il caposcomparve dalla finestrella.

Dopo un pocos'intese un rumore di serrature e l'uscio sischiuse.

- Entrate... che cosa volete?

L'altro entròdando un'occhiata alla cameraccia dallepareti sgretolate da cui pendevano una lanterna a manodelle reste di aglidelle chiavi e dei vecchi panni. Vi erain fondouna tavola sgangherata condue deschetti intornoda una partee dall'altra un letto a due; in un angolostavano disposti delle zappedelle vanghe e uno schioppo.

Trovato sedette sopra un deschettosi cavò il berrettosiprese la fronte in una manocome soffrisse molto al capoe dissealzando unosguardo alla donna che gli stava ritta dinanzi:

- Comarese sapeste: ho un chiodo quida una tempiaall'altragiorno e notteche non mi dà requie... Ho fatto le umane e ledivine coseper farlo andar via; ma è stato tempo perduto... Intantoio debbopigliar moglie; che anzi tutto era pronto il mese passato; ma ecco questo chiodoche non mi dà pace. La mia promessapoverettami vuol benenon pensa che amee io intantoper questo chiodola tratto malele faccio sgarbi continui.Poi me ne pentoe invece comincio da capo: una cosacomareche non si puòdire!...

Trovato aveva lasciato cadere il braccio penzolonidallosconforto; e la comare Pina si annodava meglio il fazzoletto sotto il mentosenza dir nulla. Dopo un pocoandò all'uscio e lo chiuselasciando apertasolo la finestrella.

- Eh!... - cominciò ad esclamareguardandolo fisso etorcendo di più la bocca naturalmente storta. - Eh!... questa tu me la dài aintendere!...

L'altro protestòinquieto:

- Che io possa essere privo degli occhise non vi dico laverità!

- Non me la dài a bere! Questo sai cos'è? Te lo dico io.

- Cos'ècomare?

- È che tu pensi ad un'altra!

Trovato spalancò gli occhi e dischiuse un poco le labbraintanto che levava un dito per aria.

- Ho indovinatosì o no?

- È verocomare!

- Vedifiglio mio? E impara che a me bisogna dir tuttomeglio che al confessore; perché io mi accorgo subito quando uno non dice laverità.

- Sissignora...

- Tu non sei di queste parti; è vero?

- Sissignora...

- E non parlare più di cotesto chiodo! Il tuo chiodo è chepensi ad un'altra.

- Sissignoraquesta è la verità. Ma la cosa è che io nonci voglio pensare; e intantopiù non voglioe più ci penso!

- Eh!... - rifece la magacon un tono di preoccupazione.-Questo è un incanto che ti hanno gettato; e fino a quando non te ne sarailiberatoavrai che vedere!...

- E come si fa per farlo passare?

- Ah!... - esclamò di nuovoin aria di mistero. - Come sifa? Tu non lo saicome si fa! Si fache ci vogliono tante cose... - Alzatasiaprì uno sportello praticato nel muro e cavò da un ripostiglio una pupattoladi ceradeformerosa dall'usocon tante spille dalle grosse capocchieappuntate sulla testa e sul petto.

- La vedi questa? questa serve per levare l'incantesimo. Tufigliuolodove lo senti il chiodo?

- Quicomarea questo punto... - e Trovato si appuntaval'indice sulla tempia sinistra.

- Qui? - domandò la magamostrando lo stesso punto nellatesta della pupattola.

- Sissignora... e un'oppressione alla bocca dell'anima! -Adessoraccolte tutte e cinque le dita della destraTrovato se le appuntavafra lo stomaco e il petto.

- Va bene; va bene. Ma per ora non possiamo far niente!...

- E perché?... c'è bisogno di vostro marito?... - chiesel'altroguardando verso l'uscio.

- Ehtroppe cose vuoi saperefigliuolo!... Cos'hai dafarnedi mio marito?

- Nientescusate!... dicevo cosìper sapere... Alloraquando si potrà?

- Quando?... - La maga restò un poco assortaguardando perterra. Poi riprese: - Quando?... venerdì mattinafigliuolo... Puoi venirevenerdì mattina?

- Sissignoraquando volete voi! Intantovi prego diaccettare questo fioreper amicizia...

Trovato s'era alzatoe tratto di tasca il biglietto dacinque lirelo aveva deposto in un angolo del tavolo.

- Comareintanto io vi ringrazio! Venerdì dunque civedremonella mattina... Farò il possibile di venire. Ho una sorellina a cuisono saltati i vermireverentere anzi bisogna che le compri lapolvere...

- I vermi?

- Sissignora...

La maga stette un poco in attenzione; poi chiese:

- E che polvere vuoi comprare?

- La polvere per ammazzarliper farli andar via...

- Bah!... Bah?... - fece l'altralentamentescuotendo ilcapo. - La polvere non serve a niente! Non buttarli a mare i tuoi quattrini!...

- Ma come faccioallora? Un rimedio chi me lo dà?

- Eh!... un rimedio...

- Comare! - insisté Trovato. - Se voi lo sapetefatemi lacarità completa: datemelo voi. Ai medici e agli spezialiio non gli ho maicreduto. Io credo più a voicome il compare Matteo: ché siete la provvidenzadei poveretti...

La donna-di-casa socchiudeva un poco gli occhibeatamente; poiriapertilidisse:

- Senti un po'figliuolo: il rimedio io te lo darò; mabisogna stare bene attentoe non dirlo a nessuno!...

- Comare! - protestò Trovatoalzando un braccio.

- Vedifiglio mio; tu mi sembri un buon figliuolo; ma ilmondo è pieno di mala genteche non si può fare una cosa senz'essereinvidiati... Perciò ti dico: non parlare con nessunosai?...

- A chi lo ditecomare!... Lo so io quel che si passaavoler fare del bene al prossimo...

- Vedifigliuolo?... Dunquesilenzio!...

- Privo degli occhi!...

Come Trovato attestò un'altra volta la sua discrezionelamaga s'alzò etirata la cassetta della tavolavi prese un gomitolo di spago euna forbice. Silenziosamenteintanto che l'altro guardava con un'espressione diattenta ammirazionetagliò una dozzina di pezzi di spagolunghi tutti press'apoco quanto un verme intestinale; poi prese un bicchiere dall'armadietto a murovi versò una cert'acqua giallognola da una bottiglia verdee infuse nelbicchiere i pezzi di spago. Intanto che questi si sgrovigliavano lentamentecome veri verminell'acqua sporcala donna-di-casa guardava ilbicchiereintentaimmobilecon le mani sulle ginocchia. Poi prese ilbicchiereassaggiò un poco di quell'acqua e la sputò. Finalmente trasse ipezzi di spagoli asciugò con le mani e li porse a Trovato.

- Ecco qui: questi li metterai sullo stomaco a tua sorella.legandoli con una fascia di lana; e poi vedrai!

Pieno di meravigliaTrovato esclamava:

- Guarda un po'! Quanto sapere c'è al mondo!...

- Ehfigliuololo sai dire? Bisogna sudare perapprendere!...

- Comareio vi ringrazio un'altra volta!... E vi prego digradire anche questo...

Egli mise un'altra lira sulle cinque e restò in piedisulpunto di andarsene.

- Che gran sapere! I medici queste cose non le conoscono!Sono tanti ignoranti presuntuosi!... Volete sentirne una? Io ho un cognato cheè stato alla Mottaper certi lavorie vi ha preso le febbri. Sapete quantotempo è che i medici glie le coltivano addosso? Due anni! E quel poveretto cheè ridotto giallo come se avesse l'itteriziae trema tuttoche neanche sefosse tra le nevi!...

- Questa è malaria!

- Sissignora! E intanto i medici la curano per febbregastrica!

La maga scosse il caposi alzò nuovamenteandòall'armadiovi frugò dentro ficcandovi il capopoi venne a presentare aTrovatoche volgeva tratto tratto lo sguardo dalla parte dell'uscioun piccoloinvolto di carta.

- Prendi questo. A tuo cognato darai un pizzico di questapolvere la mattina e un pizzico la serain mezzo bicchiere di vino: hai capito?Questa te la regalo; maricordati di non dir niente!...

- Oh!... E di cos'è fatta cotesta polveresi può sapere?

- Di cos'è fatta? - ripeté misteriosamente la donna-di-casa.- Ecco qua: si pigliano dei galletti; li saii galletti? e gli si strappanoi ventricelli. La pelle dei ventricelli si mette a seccaree quand'è seccas'inforna. Infornata che èsi pesta ben benee così si fa la polvere...

Trovato spalancava gli occhi; ad un trattocome colpito daun sùbito pensierodisse:

- Macomareallora può farla ognuno!

- Eh!... Così ti pareeh?... - La maga sorridevapassandosi una mano sulle labbra storte. - Ma poi c'è bisogno d'una certaacqua... e poi bisogna dirci su due parole che so io!...

- Allora!...

La comare andò verso il lettointrodusse un braccio tra lematerasse e ne cavò un libro dalla copertina così sporca d'unto che non ci sivedeva niente.

- Questo cos'è?

- Questo?... Ah! questo è un gran libro! il meglio libro delmondo che tre sole persone posseggono sulla faccia della terraio e altredue... - Intanto lo sfogliavamostrando le pagine figurate.

- Voi dunque sapete di letterecomare?

- Io? no. Ma cosa credifigliuoloche questo sia un librocome tutti gli altri? Qui lettere non ce n'è: sono tutte combinazioni efenomeni!...

- Ah!... - E Trovato vi guardava dentrocon rispettosacuriosità.

A un tratto s'intese un rumor di passi e dalla finestrella siaffacciò uno.

- Apri!

- Vostro marito? - chiese Trovatosussultando.

- Già.

L'uomocoi calzoni negli stivali infangatiun panciottoscuroe senza giaccaentrò buttando in un angolo la zappa.

- Che c'è?

- Niente; questo cristiano voleva sapere certe cose...

Trovato salutò il nuovo venutoil qualevisti i denarisulla tavolase li mise in tasca.

- Gran libro! - esclamava Trovato. - Es'è lecitochi vel'ha datocomare?

- Ah!... Me l'ha dato un vecchiofiglio mioun vecchio chene sapeva più di me e più di tutti: quello sì!... Mi voleva benevedi;perciòquando fu in punto di mortemi lasciò il libroche a pagarlo nonbastano tutti i tesori che ci sono sulla faccia della terra...

- Altro!... Potete vantarvi di possedere un vero tesoro!-esclamava Trovatovoltandosi verso il marito. Poitratti dei sigari di tascali offrì: - Comparevolete favorirmi di accettare?...

- Grazie- rispose l'altroprendendone due: e acceso unozolfanello sullo spigolo della tavolasi mise a fumare in silenzio.

- Dunquecomarevenerdì?... E quella polveremattina eseraun pizzico in mezzo bicchiere?...

- Sìfigliuolo.

- Alloratante grazie. Io adesso vi saluto...

- Ti saluto!

- Salute!

Trovato se ne andò. Fatti una diecina di passitornòindietro.

- Comare... compare!... scusate: mi potreste dire dove sipuò mangiare un boccone?

- Dal Brontese- rispose l'uomo; - dietro la piazzaa manomancadopo il fruttaiolo...

Trovato guardava per ariacome smarrito.

- E di dove si va?... Scusatenon sono del paese... - Poiaggiunse: - Volete farmi una compitezza? Accompagnatemie piglieremo un bocconeinsieme...

L'uomo si alzò.

- Grazie; eccomi qua...

- E voicomaremi volete onorare?...

- Io non possofigliuolo! Ho da fare! ho tante cose per latesta!...

- Come volete!

I due se ne andarono insieme. Per istradaTrovato si mise achiacchierare; raccontava la storia delle febbridei vermi e del chiodoprodigando ringraziamenti alla comare che era una provvidenza. All'osteriadiede il miglior posto al comparee ordinò un arrosto di costato; intanto fecevenire del formaggio e del salame e un boccale del miglior vino. Il comparemangiava a due palmentie Trovato gli versava da bere.

- Gran donnavostra moglie! - esclamava di tratto in tratto.

- Ehgran donna!... - rispondeva l'altro. - Ma non crediateche faccia tutto lei! So anch'io dove metter le mani...

- Ahsì?... Alla vostra salute!

- Grazie!... Non c'è malequesto vino...

- E ditemi un po': per tutte le malattie v'è un rimedio?

- Per tutte! Pestescarlattinagruppocolèra: c'èrimedio per tutte...

- Bevetecompare!

L'altro tracannavafaceva scoppiettar la lingua contro ilpalatostirava le gambe e girava intorno gli occhi socchiusi voluttuosamente.

- E per le malattie dei tumori?

- Anche quelle! Enfiagioniusciturebubbonitumorimalignisi guarisce tutto...

- E voi li sapete distinguere uno dall'altro?

Come il compare sorridevatanto la cosa era facileTrovatosi dette un colpo sulla fronte.

- Comparevoi potete darmi aiuto!

- Ditecompare! Dite purenoi siamo amici...

- Ecco qua: io ho una nipote che sta al Borgo e da tre mesiha una cosa in una naticache non si sa che cosa sia! Intantonon si puòmuoverenon si può alzareinchiodata tutto il giorno sopra un lettosempreda un lato!... Se mi volete fare un favorevenite a vederla! Ho qui la carrozzache m'ha portato: vi servirà per farvi una scampagnata!...

Il compareall'idea della scampagnatasi fregò le mani:

- Ai vostri comandicompare!...

- Un altro bicchiere!...

- Grazie!

Trovato pagò lo scotto e uscì col mago. A un tratto sidette un secondo colpo.

- Non ne possiamo far niente!

- E perché? Chi l'ha detto?

- Perché!... Perché l'ammalata è una ragazzadi quindiciannicapite! e non si lascierebbe vedere da un uomo... Se venisse anche vostramoglie!...

- Andiamo a prenderla.

Entrando in casa sual'uomo esclamò:

- Questo bravo compare! Abbiamo fatto una buona colazione.Adesso andiamo tutti in cittàin carrozza!...

- Per far che cosa?

Trovato ripeté la sua preghieraintanto che l'uomoingiungeva:

- Andiamolesta! È al Borgo...

- Macosì... adesso?

- Comarenon mi dite di no!... Non è poi un viaggio.Tornerete anche in carrozzae ci saranno per voi altre dieci lire!

- Andiamo!... - insisteva l'altro.

La maga si decise. Buttatosi addosso un vecchio scialle eduscitachiuse a chiave l'uscio di casa. Marito e moglieguidati da Trovatosene andarono fino alla carrozzadove la guardia stava sedutafumando.

- Andiamodi carriera!... Voi accomodatevi qui...

Cedette ai due i primi posti; egli si pose a sedere sullapanchetta dalla parte del cocchio. La carrozza si mise in moto.

- Compareun altro sigaro!...

Il mago fumava come la Montagnacon le gambe distese e lafaccia all'aria; la maga stava a sentire Trovato che parlava per trefacendo larelazione di quest'altra malattia che non si sapeva cosa fossedescrivendo lesofferenze dell'ammalata e chiedendo informazioni sulla cura.

- E questa ragazza che cosa fa? - domandava l'altraavvertendo coi gesti di parlar pianoperché il cocchiere non sentisse.

- La serva... fa la serva; ma da tre mesi non può lavorare:considerate! con quella razza di malanno - neppure ai cani! - che le capitaaddosso! Ma speriamo che con la vostra carità anche lei possa uscir dai guai;che il Signore ne rimeriti voi e vostro marito!...

- Ma mi raccomandoche non ci sia nessunopresente!...

- Nessunocompare! - avvertì pure l'uomoalzando un dito.

- State tranquilli!

La carrozza andava allegramentecol tintinnio argentinodelle sonagliereper la via tutta in discesa. Il cocchieredi tanto in tantofaceva schioccar la frustatrionfalmente.

Dalla Barrieratutta la città si dominavae il magoammirava la vistagettando buffate di fumo. Ma al Borgo la carrozza non sifermòe si mise per la via maestra.

La donna disseguardando intorno:

- Ma di qui dove andiamo? Il Borgo è passato...

- È passatocomareperché al Borgo sta la famiglia di mianipotema lei è coi padroni!

La carrozza traversava il centro della cittàe agli angolidelle vie c'erano dei carabinieri e delle guardie.

- Ma- riprese la magainquieta; - se è malatacom'è chesta a servizio?

- I padroni la tengono ancoraper carità...

- E dove stanno di casa?

- Alla stazione.

Invecela carrozza risalì verso Sant'Agostino.

- Compare- disse ancora l'uomo - mi pare che alla stazioneci si vada da un'altra parte...

Trovato si mise a ridere.

- Si vede che siete contadini! Non sapete neanche dov'è lastazione. Scommetto che non siete mai stati in ferrovia!...

Non risposero né il maritoné la moglie. L'uomo avevabuttato il suo sigaroe tutti e due guardavano da un lato e dall'altro dellavia.

La carrozza si fermò un po' prima del portone.

- Siamo arrivati- disse Trovatoscendendo.

Gli altri scesero anch'essi. Il compare esaminò ilfabbricato.

- Questo mi pare un convento...

- Sicuro; è l'antico convento del Rosarioma adesso ilgoverno l'ha venduto...

Entrando pel portone della Questurail mago alzò gli occhie vide lo stemma. Procedeva a piccoli passiscuotendo un poco il capo.

- Ho paura- borbottò- che questa colazione mi facciapeste...

Delle guardie sbucarono da un uscio. Marito e moglie feceroper scapparema furono subito presi in mezzointanto che Trovato saliva lescale a quattro a quattrogridando con accento di vittoria:

- Brigadiere!... Brigadiere!...

 

 

 

Lupetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Il figliuolo della Lupa!

Vedendolo passarei mulattieri raccolti nell'osteria diMazzagliasotto il pergolatolo chiamavano ad una voce: «Lupetto!...Lupetto!... Vieni un po' qui!» e si mettevano a strapazzarlobuttandogli giùil berretto con uno scappellottofingendo di dargli un pezzo di pane: «To'prendi!...» e ficcandoselo invece in tasca; aizzandogli contro il cane eallungandogli delle pedatecome egli si voltava per difendersi dalla bestia.

- Ahu!... Ahu!...

Egli emetteva quel grido che pareva anche esso un latratoesgangherava la bocca fino alle orecchiecon una smorfia da scemovedendo laroba da mangiare disposta sulla tavola: una minestra di favedei peperoni alpomodoro; ma i mulattieri gli tiravano delle bucciedegli ossi nettati come uncoltellodelle croste di pane più dure degli ossi; ed egli acchiappava tutto avolocon la boccasenza mancare un colpo.

- Ahu!... lì... quello lì... - e indicava il pane fresco.

- Aspettaaspetta...

Contarino si chinavafingendo di raccogliere un tozzo dipane cadutoglima prendeva invece un pugno di terra compatta e gliela tiravasul muso.

- Ahu!... Ahu!...

- Giufà!

Egli era un allocco peggio del Giufà della favolaquelloche aveva scardinata la porta di casa quando sua madreandando a messagliaveva lasciato detto: «Se escitirati dietro l'uscio!». Aveva dovuto essercome luiGiufà: secco e lungocon le braccia fino alle ginocchiale spallealtela testa grossail viso sudicio di peluria e i capellacci come quellidell'uomo selvaggio.

- Ma l'ingegno gli si sveglia - diceva il compare Lucio dellaMotta - quando si tratta di rubare galline o colombi nelle fattorie!

- Ne hai toccate altre legnate da massaro Nicola?

- Io?... Gliele do a luile legnate!

- Stai attentoche se ti coglie un'altra voltati spacca lazucca!

- Io?... A lui!... - ripeteva Lupettobadando a rosicchiarequel pezzo di pane che finalmente gli avevano gettato.

- Giufà!...

Tutt'in una voltacon una mossa da gattoegli s'eraslanciato contro il muro della vignaappiastrandovi una mano.

- Cos'è?... Cos'è stato?...

Chiudendo a poco a poco le dita lungo il muroLupettostaccò il braccio e mostrò ridendo la lucertola che aveva acchiappata e chedimenava furiosamente la coda.

- Ahu!... Ahu!...

- Adesso che cosa faila mangi? - chiese Contarino.

- La mangi tupiuttosto!...

E schiacciata un poco la testa alla bestiolase la ficcòtra il petto e la camicia. Sorridendo maliziosamentesi frugava ancora lìdentrocome cercando qualche cosa che gli sfuggivae finalmente trasse fuoriuna specie di fune grossa e nerachiazzata di giallo: un serpe ancora mezzointorpidito.

- Com'è brutto!... - gridava l'ostessadalla soglia dellatavernavenendo a sparecchiare. - Buttalo viaanimale!... Va via!...

Ma Lupetto fingeva di tirarle addosso il rettile che tenevaper la coda: «Ahu... a voi!...» e sogghignavamostrando una fila di dentibianchi ed aguzzi.

- Sta buonoGiufà!... non le far paura!... Hanno poiragione le donnequando ti fuggono peggio del diavolo!...

- Bestie!... Femmine bestie!... - borbottava lui. Eriprendeva a giuocare coi suoi rettili.

- Questa cos'è? - chiedeva Contarino. - La caccia distamani?...

- Giàla caccia!...

- Conigli che ne hai presi?... I laccioli dove li hai messi?

- Laggiù.

- Dovelaggiù?

- Lànella sciara.

Questa adesso era la sua occupazione: tendere lacci e venderela cacciagionedopo che don Ignazioil merciaio ambulantela cui carrettellaegli aveva tirato per le stradedi paese in paeselo aveva mandato via apedate.

- Come gridavi quand'eri con don Ignazio?

Lupetto si metteva una mano aperta vicino alla boccaafoggia di portavoce e cantava a tutta gola:

- Fazzo-o-letti di seta!... Fazzoletti alla mo-o-da!...

- E quand'eri con l'arrotino?

Come un pappagalloLupetto rispondeva:

- Arrota forbici e rasoi!...

Anche quell'altro era stato costretto a cacciarlomalgradole raccomandazioni della Saponaraa cui la Lupa aveva lasciato il figliuolo sulpunto di morire. Nessuno aveva potuto durare a trattariotanto era sciocco emalignocon l'istinto della rapinal'astuzia unicamente pronta quando sitrattava di far del male. Ed aveva finito per crescere come la mal'erbasoloamodo suo; perché la Saponarache gli aveva fatto da madrese n'era andataanch'essa pel mondoe suo padre nessuno aveva mai saputo chi fosse.

- Un porto di marela Lupa!

- Alla larga! È fortuna che sia morta!

Adesso i mulattieri sparlavano della madre di Lupettoricordavano tutto il male che aveva fattoe la triste fine; ma egliche nonl'aveva mai conosciutaessendo rimasto orfano a quattro anninon se ne davaper inteso. Sdraiato per terra giuocava col serpe e con la lucertolae solo ditanto in tanto si voltava verso gli altriuggiolando:

- Ahu!... Pane...

- Va via!... - gli gridava ancora l'ostessada lontanocom'egli le mostrava le bestie. - Va viaanimale!...

Lui s'era alzatoavvicinandoselecol serpe e la lucertolain manoper godere dei suo spavento.

- Ah!... ah!... - strillava l'ostessaindietreggiando dalribrezzo; e chinatasi a terraprese un sasso e fece per tirarglielo.

- Fuori!... Hai sentito?... fuori!... O ti pare che qui cisia quella ciabattaccia della Saponara?...

Allora Lupetto si scagliò furiosamente contro la donnachese i mulattieri non lo afferravano a tempole sarebbe finito male.

- Giufàsta buono!... Si tratta a questo modo con le donne?

Adesso egli digrignava i denti e si dimenavauggiolando piùdi primaguardando torvo l'ostessa che aveva osato dir male della Saponara:l'unica persona che avesse avuto un potere su di lui ed a cui egli si fosseaffezionato.

- Stai buonoGiufà... To'prendi!

Dinanzi ai resti della tavola che Contarino gli presentava inun piattelloLupetto si chetavae si metteva a divorare quella robaridottoal silenzio dal ciboma volgendo ancora occhiate minacciose verso l'internodell'osteria. Il cane gli ghignava dinanzima restava inchiodato sulle quattrozampedallo sguardo con cui egli lo fissava.

- E quant'è che non vedi la Saponara? - chiese compareLucio.

A bocca pienarispose con un gesto largo del braccio.

- Anni!... Tant'anni!...

- Adessotu quanti ne hai?

- Io?... che so!

- Deve avere diciotto anni - disse Contarinofacendo unconto. Poi aggiunsea voce bassa: - La Saponara l'ho vista alla Mascalucial'altro giorno...

- E che fa?

- Chi ne sa niente! È una vecchiaadesso!

- S'è divertitaai suoi tempicon la sua amica la Lupa!...

Come Lupetto sollevava il capoascoltandoi mulattieri lomandarono via:

- Adessoscappa!

- Via!... E se prendi dei coniglifàlli assaggiare agliamicihai capito?

- Ahu!

Egli se ne andò dalla strada dal Calvariosu per l'ertaarenosae tutti i contadini che venivano da Malpasso o dai Monti Rossiincontrandolosi fermavano a salutarlo.

- AddioLupetto!

- Ahu!

I Monti Rossisulla cimaerano coperti di nuvolaglia e ilmaestrale fischiava tra le ginestre alte più di un uomo. Sul CalvarioLupettosi fermò un poco e guardò in girocon la mano tesa sulla fronteper tutte lesciare scureil mare di lave vomitate un tempo dalla montagna. Poi simise di nuovo in camminoverso Mompileri. In mezzo alle conche formate dalleineguaglianze della lavasulla poca terra che il vento vi aveva accumulatasivedevano le traccie delle lepri e dei coniglitutte rivolte verso levante; eLupetto si fermavadi tanto in tantoesclamando:

- Cani! cani!...

I suoi laccioli erano tesi sotto Mompilerifuori delladirezione giustae come egli arrivava alla dágala dove li avevadispostisotto le macchie delle ginestreli ritrovava tali e quali.

- Cani! Figli di cani!...

Da Massa Annunziatala chiesa del villaggio sepolto dalfuocoveniva un suono di campane; ma tutt'intornoper la sciara nereggiantenon si vedeva anima vivae solo il vento fischiava sempre fra gli sterpi.Adesso la giornata andava guastandosie la montagna era tutta coperta dinuvoleche non si scorgeva neppure Monte Fusara e la Serra.

- Cani! cani!...

Ma come egli disfaceva i suoi lacciuolisi intese un passoe in mezzo alle cime della lavache parevano tanti cappuccicomparve unadonna. Il vento le sbatteva le gonne fra le gambeed essa si studiava diraccoglierle con una manoreggendo con l'altra una cesta che aveva sul capo. Ilfazzolettotirato in avantile nascondeva il viso; ma come fu giunta dinanzialle macchiesi fermògridando:

- OhLupetto!...

- Tu?... Tu?... Turututù!...

Dalla gioiaegli si era messo a saltellare dinanzi allaSaponarapigliandole le maniguardandola in visofacendo scoppiettare lalingua sul palatocome faceva lei quando lo cullavabambino.

- E come sei qui?... Hai già la barba!... Aspettaaiutami ametter giù la cesta...

Sbarazzatasi del suo pesoella sedette per terraaccanto alfolto delle ginestretenendosi vicino Lupetto che si dimenava quant'era lungo.

- Sono stanca! - esclamò la Saponaracon un sospiro. - Econ l'arrotino non ci sei più?

- No! - rispose Lupettostrizzando un occhio. - Era bestia.

- E adessoche cosa fai?

- Io?... Niente!

- Quant'è che non sei più con l'arrotino?

- Uh! - fece luiper dire che era molto.

- Sei fatto un uomo!... Adesso quanti anni hai? Diciotto!

Lei adesso contava: ne eran passati quattordici che era mortasua madre: e siccome lo aveva lasciato orfano a quattro annifacevano giustotanti.

- Passa il tempo! Io ne ho quaranta!...

Si sentiva stanca come se avesse fatto trenta migliaed erasoltanto un'ora che s'era messa in camminoda Mascalucia per Nicolosidoveaveva da consegnare a don Paolo Fiandaca quella cesta e una lettera per contodel suo padrone. Faceva la servacogli anni che pesavano sulle spalle; e ognifatica l'abbatteva.

- Te ne ricordi di tua madre?

- Iono!

- Perché non cerchi lavoro?

Lupetto si strinse nelle spallefacendo sporgeresprezzantemente il labbro inferiore.

- Alla piana c'è bisogno di bracciaper le vigne chepiantano. Adesso tutta la piana è un vignetoche bisogna vederlo. Vuoivenirci?

- E tu? - chiese Lupettoche le si fece più vicinoe le simise fianco contro fiancocome quando era ancora piccolo e non si staccava maidalle sue gonne.

- Io sono a servizionon posso lasciare il padrone! E poiper le donne non c'è da farealtro che la spulegraquando móndano lavite; ma questo è lavoro delle donne dei mezzadri... Ahah! sta' fermo!...

Con un filo di ginestra egli la solleticava ora in unorecchioe come la Saponara gli scostava il braccio con la sua mano rugosa eincallitaegli fingeva di smetteresi faceva serioper riprendere dopo unpoco.

- Sta fermo!... La comare Santa che la vedi?

- Io? No!... Sono tutte bestiequeste femmine...

E spiegava che scappavanoquando lo scorgevano.

- Perché? - chiedeva la Saponara.

- Lo sanno loro!... Tuno!...

- Il perché te lo dico io: perché stai sempre in mezzo allestradesenz'arte né parte... Fermoti dico!... Bisogna fare qualche cosamettersi a lavorare...

Come lui faceva il muso lungoimbronciatolei appoggiò unamano per terra sollevandosi un poco.

- Me lo devi promettere!... - e cominciò a parlare dellaLupache le aveva voluto bene come ad una sorellae glielo aveva raccomandatobambinoin punto di morte; per questo s'inquietava del suo statoquasi glivenisse figlio. - Alloranon è vero che mi vuoi bene!

- Ahuahu!...

- Se ti procuro lavoro alla piana ci vai?

- Ahu! - egli diceva di sìtutto allegroe si fregava laschiena per terracome un asino.

- Ti voglio bene... a te sola!...

Si mise un dito in boccacome cercando di dargliene unaprova.

- Vedi... a te sola...

E le saltò addossobrancicandola.

- Ehlo so... ma lévati!

- Noti voglio bene...

Prima la Saponara si mise a riderementre egli le nascondevala testa sul senotenendola stretta pei fianchi; poicome gli occhi gli siaccendevanotentò di svincolarsi.

- Lasciami... lo senti?... Mi soffochi... Ah!... No... majale!...Aiuto!...

- Ahuti voglio bene...

- Aiuto!... aiu...

Esasperato dalla resistenzal'aveva afferrata pel collostringendodigrignando i dentisquassando la testa; e poiché la Saponaracogli occhi stravoltila lingua neranon rispondevaegli si alzòscuotendola.

- Bestia!... Alzati!... Ahualzatibestia!

Ma la donna non si moveva più.

- Alzatibestia!... Non mi fare spavento!...

E come il compare Lucio della Motta passava di lìcolla suamula carica di ginestralo trovò che la scuoteva ancoradicendo:

- Alzatibestia!...

 

 

 

La «trovatura»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Principaleleviamo mano?

Brasi Spataroche ad ogni due colpi di piccone sentiva ilbisogno di riposarsiasciugandosi il sudoretirandosi su i calzoni ofrugandosi nelle tasche e attaccando discorsi coi compagnirivolgeva per laterza volta quella domanda a Santavita l'imprenditoreil quale non gli davaretta e badava a prendere misuresotto il sole cocenteda cui lo riparavaappena un vecchio cappellaccio di paglia.

- Si leva mano?... È mezzogiorno!...

- L'orologio l'hai nella panciascanza-fatiche? Lavora!...

- Boia!... - borbottò l'altroriprendendo a grattare ilvecchio muromentreaccanto a luiAmaddio buttava giùad ogni colpounmonte di calcinacci rotolanti sull'impalcato fra una nuvola di polvere secca cheentrava in gola.

- Mezzogiorno è suonatosì o noa San Francesco?

- Non l'ho sentito - rispose breve Amaddiocontinuando adabbatteretutto intento al suo lavoro.

- Sangue d'un cane!... - riprendeva Spataroappoggiandosisul manico del piccone. - Mannaggia la miseria!... Almenosbancassi la trovatura!...- E tastava il muro e il pavimentoper sentire se risuonava a vuoto. - Chissàquanti denari debbono esser sepolti in queste vecchie case!... Gli antichi liseppellivano sotto i mattoniper le rivoluzioni e i colèra... Mastro AlfioMazzarà s'è arricchitocon la trovatura sbancata a Caltagirone... Sangue d'uncane!...

Ma giusto in quel momento il primo rintocco del campanone delDuomo segnava l'ora del riposoe Brasi Spataro scese il primo lungo la scala apiuolicome un gattoscappando subito alla tavernapel boccone dellacolazione.

Adessouno dopo l'altrotutti i manovali lasciavano levanghei picconile mazzele cazzuole e i fili a piomboper raccogliersiall'ombraseduti per terrao sui rottamio sulle travi accatastatecol panein mano e la bottiglia fra le gambe. I carrettieri smettevano anch'essi di farviaggi per la calce e la terra rossae attaccati i muli ai pali della nuovafabbricasi univano agli operai. Gli scarpelliniche lavoravano la pietra diSiracusa sotto la tettoia di cannapieni di polvere fin sulle ciglia come tantifornaivenivano anch'essi a merendaree non si sentiva più rumor di seghe odi piccozze. Nunzio e gli altri ragazzi che apprendevano il mestiereandavano evenivano dall'osteriafacendo le commissioni dei più grandie finivano perriposarsi anche lorocon un soldo di fichi d'India disposti sopra un sasso.Spataro aveva del formaggiodelle uliveroba sott'aceto: due o tre piattidinanzie li presentava ai compagnimesso di buon umore dalle prime sorsatealla fiaschetta.

- Compare!... Mastro Menico!... Per amiciziagradite!...

- Che l'hai sbancatala trovatura? - gli chiedevano intornoceliandocome lo vedevano trattarsi così bene.

- Lasciatemi stare! Mannaggia la miseria!... - rispondevamasticando a due palmenti. - Ma le trovature ci sono; gli altri le sbancano!...Io soltanto non posso affondare il piccone nel posto buono!...

- Sicuro che ci sono!... - disse allora mastro Menicol'anzianoche buttato il crivello sul monte della terra rossa veniva a mangiareun pezzo di pane con due arancie. - Tu non lo sai quel che dice la storia?

- Che dice?... Sentiamo! Sentiamo!

E mentre l'uditorio lavorava di mascellemastro Menicochene sapeva tanteed era anche stato fuori regnoa Maltacominciò:

- Dunquesi conta e si racconta che c'era una volta unfigliuolo di reil quale tanto studiò e si scervellòche imparò la magia el'arte di sbancare le trovature...

- Ma se era figliuolo di reche bisogno aveva?... - chieseNunziosbucciando i suoi fichi d'India.

- Zittobestia! Era figliuolo di rema suo padre campava eperciò non lo faceva valere più di un corbello sfondato!... Dunqueilfigliuolo del reimparata l'arte della magiascoprì un bel giorno unatrovatura ad una parte; poniamo: nel banco di Ddisisa...

- Qual è il banco di Ddisisa?

- Il banco di Ddisisa? Adesso ve lo dico...

Mastro Menicofinito d'inghiottire un bocconeci bevv sudue sorsi e riprese:

- Il banco di Ddisisa è un gran tesoro che si trova nelfeudo di Ddisisa. Raccontano gli antichi che c'è una gran massa di denaridimonete d'oro e d'argento; e chi è che la piglia non trova più la via di uscirfuori. Se vi menano un cane e gli fanno inghiottire una di quelle monete in unpoco di mollicaneanche il cane può uscir fuorise non la rimanda dall'altraparte: considerate!... Maper sbancare la trovaturac'è la maniera che diconoi libri. Bisogna pigliare tre uomini che si chiamino Santi Turrisiditre capi di regnoe poi anche una giumenta biancaper ammazzarla e strapparlele budella. Questeuno se le deve mangiare a frittelledentro la grotta; poisi ammazzano anche i tre Santi Turrisie così il tesoro si sbanca...

- Quanti ammazzamenti!... - esclamarono i manovali. - È unabeccheria!...

Brasi Spatarocon la faccia all'aria e il fiasco attaccatoalle labbrabadava a sorseggiaree delle goccie di vino gli rigavano leguancie sporche di terra.

- Ah!... - Egli trasse un profondo sospiro di soddisfazionesi forbì la bocca col rovescio della mano ed esclamò: - Questa è trovaturache nessuno troverà!

- Ma il figliuolo del re?... - domandò Nunziocol mentotutto giallo di sugo.

- Un momento...

Il vecchio mastro Menicopulito che ebbe il suo coltellosulla manica della camiciatriturò dei mozziconi di sigarocacciò il tabacconella pipacercò nel taschino del panciotto i zolfanelli di legno e ne acceseuno strofinandolo sui pantaloni.

- Il figliuolo del re - ripresefumando - scoperta che ebbela trovaturadisse: «Oh! adesso la sbanco!...». Ma andiamo chepersbancarlaera necessario che dieci milioni di milioni di formiche passasseroad una ad unail fiume di Gianquadara sopra una barchetta di mezza scorza dinoce!...

- Guardaguarda il diavolo!...

- Il figliuolo del re- continuò serio serio mastro Menico- piglia la scorza di nocela mette nel fiume e comincia a far passare leformiche· E unae duie tri... e seguita ancora così!

- Ahahah!...

Il piccolo Nunzio e gli altri ragazzi si sbellicavano dallerisae i manovali sorridevano anch'essicon la bocca pienao accendendo lepipecome finivano di merendare.

- Questo è per dire- commentava adesso assennatamentemastro Menicoappuntandosi l'indice sulla fronte - che a cercare i tesorinascosti si perde il tempo e la faticae che la vera trovatura sono un paio dibraccia forti e il giudizio nel cervello.

- Giusto- confermava Spataroriempiendo anch'egli la suapipa. - Ma se uno trovasse dei quattrinicome se vincesse un ternocosadovrebbe fareguardarli e lasciarli lì?

- Tu ne hai trovato mai?

- Iono; ma Alfio Mazzarà...

- Gli è finita bellaa mastro Alfio! Quattro giorni diallegra vitae poi la fame peggio di prima; che aveva perduta la voglia e laforza di buscarsi il pane!...

Allora Amaddioche non parlava mai se non per dire cosegiudizioseaggiunse:

- Tristo chi perde per andar cercando·

- Questo è! - approvò mastro Menico.

- La mia trovatura è il salvadenaio - disse Nunzio. - Quandolo rompoci trovo una liradue liresecondo...

E ognuno raccontava una storia di ricchezze improvvise cheavevano fatto finir male i fortunati ai quali erano capitatemettendoli insuperbiapersuadendoli a sdegnare i compagnia unirsi con gente che li rubavao li sbeffeggiavariducendoli a una miseria più trista. E come passavaSantavita il principalegrondante sudorecogli abiti sporchi di calce e ilmetro sempre in manolo stesso Spataro esclamò:

- Alloraa che serve il danaro?

Santavita aveva fatto quattrini a palatecol suo mestierecominciando da semplice muratoree adesso aveva case in città e villini incampagna; ma sfacchinava ancorapiù dei primi tempial sole e al ventosenzariposarsi maisenza conoscere svaghimangiando una minestra soltantovestendosi peggio dell'ultimo dei mastri.

- È come se avesse messo da parte carta sporcainvece dipolizze di banca!

- I danari sono carta sporca!

- E il barone di Donnatrovata?...

Il padrone del palazzo che buttavano giù per rifabbricarlodi sana piantail barone di Donnatrovata anche luiche cosa ne faceva dellesue ricchezze? Quello non era un imprenditore arricchito; era un signore figliodi signorinato nella bambagiatirato su a zuccherinie con tutti i malanniche aveva addosso i suoi denari se li godevano i medici e gli speziali...

 

- Ma la salute non si compra!

- Quando c'è la salutec'è tutto!

- Io sono meglio del barone- riconobbe Spatarofumandobeatamentecome un turcoe incrociando le braccia sotto il capoa modo d'origliere.- Piuttosto pane e cipolla ma lo stomaco sano. Fin quando c'è giovenmnon c'èbisogno d'altro...

- Lo sai dire anche te?... - domandò in quel punto Santavitavenendo a riposarsi un istante fra i suoi operaicavandosi il cappellaccio eannodandosi intorno al collo un fazzoletto diventato color della terra. - Lacerchi ancorala trovatura?

- Che cosa ho da farnedella trovatura? Io lavoro e mangio;quando non potrò più lavorareprovvederà Dio.

- Bravo!... Poise anche la trovassila trovatura nonsarebbe tutta per te.

- Questo lo so!... Ma io la dividerei cogli amici: tuttiallegrifesta grande!...

- Adesso dimmi una cosa: l'orologio tu l'hai semprenell'orecchio quando si tratta di levar mano; quando è l'ora di rimettersi allavoro che cosa fasi ferma?...

I manovali ridevano allo scherzo del principalementre BrasiSpataro si levava in piediprecipitosamentericacciava la pipa nella tasca deipantalonie si riboccava le manicheesclamando:

- Comesangue d'un cane?... Eccomi qui: che cosa bisognafare?...

Ma restò malecon i compagni che gli ridevano sul musoquando Santavitache non aveva preso neppure il tempo di rasciugarsi il sudoresi alzòdicendo:

- A noiragazzi! Il muro maestro stasera non dev'essercipiù!

- E avanti! - soggiunse Spatarostringendosi nelle spalle earrampicandosi anche questa volta il primo su per le scaleseguìto a poco apoco da tutti gli altri

Il muroal primo pianoera a un metro dal pavimentoe adogni colpo di piccone e di mazza ne rovinava un pezzofragorosamente. Nunzio egli altri monelli portavano via i calcinacci e tornavano coi corbelli vuotiaprocessionefischiando; e anche Spataro canticchiava allegramentelavorandocon nuova lena:

 

Te l'ho dettoe son tre volte

Non far l'amore coi cocchieri...

 

- Avantiragazzi! - esclamavavolgendosi a mastro Menico ead Amaddio che gli stavano a fiancoe facevano lena con le mazze pesantiseriie silenziosi. - Avanti; che stasera il principale ci darà da bere... - Estrizzava un occhio. - Non è veroprincipale?...

- Senza chiacchiere! - ingiunse dal basso Santavitacheaiutava due uomini a sollevare una trave enorme; e adessonel pomeriggiosoffocantenon si udiva più che il martellare dei ferri sulla selceilrovinio dei rottami e lo stridore delle seghesotto la tettoia.

Brasi Spataro taceva anch'eglie i suoi compagni sivoltavano un poco dalla sua partetanto la cosa era rara. Egli era arrivatoquasi a livello del pavimento e scagliava grandi colpi di picconequando a untratto il suo strumentoconficcandosi nel murofece un piccolo rumorecome distoviglie rotte.

- Ohi!... cos'è?... - dissero gli altrifermandosi.

Spataro era giallo come un risuscitato e rispondeva: -Niente... niente!... - cercando di nascondere il bucotirandovi sopra dellaterra.

- Lévati di lì!... - urlò Amaddiobuttandoglisi addosso eafferrandolo per le spalleintanto che mastro Menico balbettavabuttato con leginocchia e le mani a terra:

- La trovatura!... La trovatura!...

- Sangue di Cristo!... Lasciatemi! Ci ho messa la mano io!...

- Indietro tutti!

Il vecchio brandiva ora la mazzadandone terribili colpi neifianchi agli altri due; e tutti e tre finirono per ruzzolareafferrati peicapellimordendosi e graffiandosi.

- La trovatura!... Una pignatta piena di monete!... - e tuttii manovali accorrevanoSantavita alla testabrandendo gli arnesi del mestierebuttandosi nella mischiacadendo e rialzandosiafferrati gli uni cogli altrifin quando Nunzioficcato il capo dentro il bucogridava con la sua vocettasquillante:

- Rame vecchio!... È piena di rame vecchio!

 

 

 

Mara

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Mammaper carità!... diteglielo voiper caritàche nonho colpa!... che se avessi volutooggi non morirei di fameio e questiinnocenti... lo stesso sangue suo!...

La piccina che ella teneva in braccio le strappava i capellirabbiosamente; e il ragazzocon la testa avvolta in un vecchio fazzoletto e lelabbra screpolate dal freddodomandava panetirandola per la gonna rattoppatae scolorita.

- Allorase fosse verosarei ridotta a tanto?... Ma lui nonpuò crederlose non mi vede... Io la conoscoquella che lo mette su contro dime... è sua madre!... Che cosa le ho fatto? Perché l'hanno tutti con me?...Ahche sarebbe stato meglio se m'aveste gettata in fondo a un pozzoquandonacqui!...

E le lacrime cominciarono a solcarle le guancie scarne.

Donna Tiravedendo piangere la figliuolasi alzò di scattotirandosi lo scialle sul capo.

- Andiamo! Cammina con me! Andiamo dall'avvocatoandiamo dalcapitano!... Li voglio far ballareluiquella vecchia stregatutti quantisono.

- No! No! - protestava Marasfiduciata. - Con le minaccieche cosa guadagneremo?... È la ragione che deve sentire; sono questi innocentiche devono parlargli per me... Poiin fondo all'ospedalesolocome puòreggergli il cuore di non vedere i suoi figli?... Non regge a medi saperlo inpericolo di morte... Io gli voglio sempre bene!... Non me ne sono scordata!...

- Cammina! - insisté donna Tina. - Andremo all'ospedaleglifaremo parlare dal capitano; dovrà vederti per amore o per forza!...

- Mammapane!... - piagnucolava il grandicelloattaccatoalla sua veste; e donna Tina lo prese per mano.

- QuiNelicon la nonna!... Adesso compreremo il paneeanche le mele: ti piaccionole mele?... Tu fai presto; andiamo!...

Mara si aggirava per lo stambugio umido e scurocercando losciallela chiavecon la testa smarritanon sapendo più dove metter le manifacendo il segno del bacio dinanzi alla stampa dell'Addolorata.

- O Cristo della Croce! Mi par d'essere impazzita... Ahlachiave è qui... ZittaNinuccia; zittagioia mia!... Adesso andremo dalbabbo... tu vuoi venirci?... Zittafiglia bella!...

Donna Tina l'aiutò a mettersi lo scialle e tirò la sprangadell'uscio. Come Mara apparve sulla sogliatutte le comari sedute al solenella cortesmisero di cicalarevoltandosi a guardarla. Erano occhiate durediffidentiche l'accusavanola perseguitavanola scacciavanolei e tutta lasua grama figliuolanza.

- Buon giornocomare Vanna... Come statecomare Filippa?...

Mentre sua madre chiudeva l'uscio a chiaveella salutava levicinesforzandosi di sorridereper disarmare la collera di tutte quelle altrea cui non aveva mai fatto nulla; ma le comari la lasciavano andar viasenzarispondereo borbottando qualche cosa che non si capiva.

- Chiudetechiudetedonna Tina!... - esclamò soltantoquella monella di Grazia. - Potrebberonon si sa mairubare le gioie di vostrafiglia!...

E tutte si misero a ridere.

Donna Tina stava per replicare con una mala parolaquandoMara l'afferrò per un bracciosupplicante:

- Lasciatele stare!... Andiamo via!

Alloracome madrefigliuola e bambini furono scomparsisotto l'androneognunanel cortiledisse la sua contro quella ciabatta chedisonorava il quartiere.

- Ci vuole una bella sfacciatagginea pretendere che suomarito la rivedadopo la vita che ha fatta! - diceva la Sampietresefilando.

- Mentre quel povero Pietro Tosto era soldato e buttavasangue dal pettolei se l'è spassata con questo e con quello...

- E poi canta miseriefa la pietosaper intenerire igonzi!...

- Come non si sapesse - riprendeva la Sampietresepiùaccanita di tutte- che Vito il limonaio le ha speso un occhio del capo!...

Egli l'aveva presa con la ciurma per la raccolta degliarancia Monserrato; ma che cosa gli era piaciuto in quel manico di granatainquella faccia smunta e gialla di veleno? Solo per non sentire i continuipiagnistei di quegli affamati dei marmocchiogni altro si sarebbe fatta lacroceevitandola come la malanova! Adesso che suo marito era tornatoe dalfondo d'un letto all'ospedale militare le aveva intentato il processo che simeritavalei faceva l'afflitta e l'innocentetrascinava i bambini dal giudiceall'avvocatoe s'era messa in testa di rivederlo!...

- Vuole star fresca!... Tosto è tosto davveromalandatocom'è!...

- Chiil soldato? - disse mastro Nunzioentrandocon lasporta delle scarpe vecchie sotto il braccio. - Sta meglio; me l'ha detto ilpiantone dell'infermeria...

- Allegramente!... Quando ne usciràvorranno esser legnateper sua moglie!...

Il ciabattino scosse il capo.

- L'avete sempre con quella creatura?...

Ma come suonava mezzogiornoegli accendeva il fuocomettevaa cuocere la minestra; e le comari rientravano anch'essea darsi da fare incasa. Solo la Sampietreseche aveva la biancheria distesa intorno al pozzosulle cordicelle sostenute da aste forcuterestava a staccare i panni asciuttie a stirarli sulle ginocchiadisponendoli poi uno sull'altro in un canestro.

Ad un trattol'intesero gridare:

- Il fazzoletto di seta!... Dov'è il fazzoletto di seta?

Le vicine s'affacciavano agli uscìdomandando che cosafosse successoe la Sampietresebuttando all'aria ogni cosaripeteva:

- Non c'è più!... Non sono cieca!... Il fazzolettobianco... l'avevo appeso quidietro il lenzuolocon le mie mani!... Non c'èpiù... è sparito!...

- Cercate bene - disse mastro Nunzio scodellando. - Cercatein casa...

- In casa?... Cosa ho da cercare?... Non c'è! Me l'hannopreso!... Trovatelo voise siete buono!

E comestrillando più di primagli occhi le andaronoall'uscio chiuso della catapecchia di Maraesclamòstendendo il braccio:

- Questo è lei che l'ha rubato!... Ch'io perda la vistadegli occhise non è lei!

- Perciò sua madre ha chiuso a chiave! - confermò Grazia. -Le tiene il sacco!

- Vi dico che è lei! Chi dev'essere?... Ma se non lorestituiscecom'è vero Dio! glie lo tiro dal naso!

Se ne andò dentrogridando ancorae tutte le vicine ledavano ragione; solo mastro Nunzioingoiando un bocconeripeteva che primabisognava cercar bene.

Egli rigovernava la pignattadisponeva di nuovo gli arnesile forme e le scarpe nella sua sportase la passava al braccio e s'avviava.Sotto l'androneincontrò Mara che tornavacoi bambini sonnacchiosi e un visosconsolato.

- Cos'avete fatto?... - le chiesefermandosi un poco.

- Ahmastro Nunziolasciatemi andare!... Niente! Non vuolvederminon sente ragione!... Gli ha parlato il colonnello; tutto è statoinutile... Io non mi fido più - e pareva che stesse per cascare.

- Andiamo! - esclamò luicon un gesto largo. - Non viperdete d'animo! Solo alla morte non c'è rimedio.

- Ed io che cosa faccio a campare?... Ditelo voiche cosafaccio?... Mio marito non vuol più sentirne di mela miseria ci mangia vivila gente mi perseguita... Ahche meglio sarebbe attaccarsi una pietra al colloe buttarsi in fondo al. mare!...

Mastro Nunzio restò a seguirla cogli occhimentre leitraversava la corte ecavata di tasca la chiave di casaapriva. Al rumorelaSampietrese venne fuoricome una furia; le corse addossola prese per unaspallale piantò gli occhi in faccia quasi volesse mangiarlae gridò:

- Anche ladrasei?

Mara la guardavaspauritanon comprendendo; e l'altra lascuoteva per una spallale mostrava il pugno.

- Il fazzoletto?... Il fazzoletto di seta?... T'è piaciutonon è vero?... Il limonaio non te ne comperava così?

- Che fazzoletto?... Io non so niente... per la VergineImmacolatanon so di fazzoletto...

- Lascia stare l'Immacolatache non sei degna dinominarla!... e restituisci il fazzoletto che era appeso quidietro illenzuolohai capito?

- Io non so niente... non l'ho preso: possa morire di mortesúbita!... Domandatelo a tuttise sono uscita nella cortestamattina...

E con lo sguardo invocava la testimonianza delle vicine; maquesteche stavano a godersi la scenanon dissero una parola.

- Ahno?... non lo vuoi restituire?... Aspetta ch'io vadadal delegato... - S'allontanò di due passipoi si fermòvoltandosie lesputò in faccia:

- Ladra!

Mastro Nunziodeposta la sua sportaera tornato indietroper cercare di placar quella furia; ma la Sampietrese se la pigliava anche conluichiamando Dio e i santi a testimonivolendo andare subito subito allaQuestura. Le altre donne l'avevano attorniatafacendola rientrare in casadandole ragionema persuadendola a non guastarsi il sangue per questo.

- Un fazzoletto che valeva più di lei! Non era neanche unanno che l'avevo comprato!...

Mastro Nunzio spinse uno sguardo dentro lo stambugio di Mara;la vide mettere a letto i bambinibaciarli e coprirli col proprio scialle. Poivenne fuori: era più pallida di primama non diceva niente. Si diresse alpozzo e si mise ad attinger acqua.

Allora egli scosse la testainfilò di nuovo la sporta sottoil braccio e riprese la sua via. Ad un trattoil cigolio della carrucolas'arrestò e s'intese un tonfo cupo.

- Patriarca san Giuseppe!...

Dinanzi al pozzo non c'era più nessuno e la corda dellasecchia era scappata.

- Aiutocristiani!...

Mastro Nunzio urlava come un ossessocorrendoalzando lebraccia; le donne venivano fuorispaventatefinendo per gridare anch'essesenza sapere:

- Aiuto!... Cos'è?... S'è buttata all'acqua!... ChiMara?... Gesù e Maria!... Chiamate aiuto!... L'avete ammazzata!... La corda èrotta... Aiuto!...

Accorreva gente dalla viasi raccoglieva una folla dicuriosi che s'interrogavanosi spingevano a gomitate per arrivare al collo delpozzo.

- Si vedesventurata!... - gridava mastro Nunzio. - C'època acqua... eccola lì!

- Delle funi!... Una tavola!...

Non sapevano come disporre il salvataggioognuno diceva lasuala confusione crescevae solo quando vennero i carabinieri col delegatodue uomini a cavalcioni a una grossa trave tenuta ad un canapo furono calati nelpozzo.

- Legatela - comandava il delegatoe la voce echeggiavanella cavità profonda. - Legatela forte...

- Corda!... Molla!... - gridavano gli uomini di sotto.

E in quel momento arrivò donna Tinascarmigliatacome unapazza.

- Marafiglia mia!... - Le guardie non volevano farlapassare; essa le ricacciò indietro. - Figliafiglia mia!... Assassino infameè lui che me l'ha uccisa!...

- Silenzio! State quieta... - ingiunse il delegato; e icarabinieri tiravano ora il canapolentamentespezzati in duegrondantisudore.

- Adagio!... Arriva al collo... Attenti!...

Donna Tina che stava a guardareansiosamentesi nascose aun tratto la faccia nelle manilanciando un grido acutissimo.

Mastro Nunzio la sorressee come i bambinia cui nessunoaveva più badatouscivano nella corteegli si mise a far segni con le manialle comari istupidite:

- I figli!... Portate via i figli!...

Veniva su un mucchio di panni gocciolanti; i capelliimpiastrati nascondevano il viso lordo di sangue. Le contusioni del capoperòsarebbero state nientesenza la gamba sfracellata; e il dottor Valentia SantaMartadiceva che bisognava tagliarla; se no sarebbe morta. Ma per questo eranecessario il permesso della famiglia.

- Sia fatto come vuol Dio!... Meglio la gamba che la vita...

E nell'anticamera dell'ospedaleaccanto alla sala delleoperazionidonna Tina era messa ad aspettareaccompagnata dalle altre suefigliuoleda mastro Nunzio e dalla Sampietreseche aveva poi trovato il suofazzoletto dietro la gabbia dei polli e veniva a sentir notizie dell'inferma.

- Almenol'allòppiano? - chiedevaa bassa voce.

- Vorrei vedere! - rispose mastro Nunzio. - Li allòppianotutti e non sentono dolore...

Dalla salasi udivano le parole del dottore che faceva anchela lezione agli studenti arrampicati sulla galleria; e dopo un'ora di quel limbovi fu un rimescolìo.

- È finito - disse mastro Nunzio.

L'uscio si spalancò e comparvero gl'inservienti reggendo datesta e piedi la barella coperta di tela grigia. Il viso di cera parevatra lebendeancora più pallido.

- Mara!... Hai nulla?...

Ella alzò un poco gli occhi lucenti.

- Nomamma... non ho sentito niente... - e sorrisea tutti.

Ma comenella seraandò peggiorandoe donna Tinanascondeva le sue lacrime per non farla abbattere di piùella disse con unfilo di voce:

- Mammanon piangete... Lo so che io sono morta; ed èmeglio... Piuttostomandate a dire a Pietrino che vorrei vederloalmeno inpunto di morte...

- Quell'assassino? Pensi ancora a quell'assassino?...

- ...In punto di morte!...

L'infermeria militare era dirimpetto all'ospedale di SantaMattae donna Tina vi fu in quattro salti. Tornò coi pugni stretti e il visoscuro.

- Non vuole?... Mandatemi a chiamare il padre cappellano...

Col padre cappellanoMara si confessò.

- Mio marito non vuol vedermineanche ora... perché glihanno dette tante cose di me... che mentre lui era soldatoio mi divertivo conquesto e con quello... Non è veroinnanzi a Dio!... Fu una volta solacollimonaioper dar da mangiare alle creature... Glielo dica vossignoriachevorrei vederloprima di morire... Lui si può muovere e io no... Sono duepassinon gli farà male...

Il cappellano corse anche lui; ma tornò soloche PietroTosto diceva sempre di no.

- Allorasia fatta la volontà di Dio!... Mammaviraccomando i bambini...

Ed all'alba morì.

 

 

 

Pietro Micca

 

 

 

 

 

Questa la raccontava don Giacomo Spataforaai villeggiantiseduti al frescosotto i platanidinanzi al Casino di conversazione diSant'Antonio al Monte.

Come passava il fattorino che saliva ogni giornoa cavalloall'asinaa Barreale per portarvi e prendervi la postaGiovannino Paternòaveva detto:

- To': Pietro Micca!

- A proposito! - chiese il barone Ventimiglia. - Volevodomandarlo da un pezzo: si chiama proprio Pietro Miccacome quello dell'assediodi Torino?

Don Giacomo Spataforache era il sindaco del paeserispose:

- Nossignore. Lui si chiamaa casa suaSaverio Rosicalerba.Pietro Micca glie l'hanno appiccicatoquando fu del colèra del sessantasette.

- E com'è stato?

- Avrà fatto qualche atto di coraggio?

- Altro che!... - esclamò il sindacoe stava per cominciareil suo racconto; ma il segretario comunale gli fece segno di star zitto.

Pietro Miccaavvicinandosi alla comitivasi cavavarispettosamente il berretto filettato di rossoe teneva abbassata come unasciabola la verga d'oleastro che gli serviva per frustare e punzecchiar l'asinarestiaquando andava per la posta. Era basso di staturacon una faccia magra epiccola dal grosso naso ricurvodagli occhietti grigi e dalla barba radagrigiastradura come ciuffi di setole.

- Che c'èPietro?... - chiese il sindacovedendolo restarpiantato lìin quell'atteggiamento quasi militare.

- Al brigadiere gli debbo dir nulla? - chiesea voce bassacome continuando un discorso.

- Niente. Gli dirai che i certificati non li posso fareperla ragione che lui sa. Ma nell'ufficio c'è spiegato tutto.

Allora Pietro Micca alzò la sua verga di oleastro salutandoin giro la comitivagirò sui tacchi e si allontanò per la sua via.

- Se non pare un vecchio sergente in ritirocon quelberretto e quella verga!... - riprese il sindaco Spataforaridendo.

- No; il bello sapete cos'è? - osservò il barone. - È lagran serietàl'aria di riflessioneil suo laconismo!... E dunque sentiamo:come andò che gli misero quel nome?

- Eccomisignoree vi servo. Fu pel colèra delsessantasetteche i cristiani cascavano freddi come le mosche. Ma aSant'Antonioniente: non c'era stato per fortuna nessun casoaltro che quellodella lavandaia del vicario; ma era stato un falso allarme. Per questoappuntola gente che scappava di qua e di là voleva venirsene da noia portarci ilmalanno in casa nostra. Autoritàpolizianon se ne parla: neppure l'ombra;che la società era in dissoluzione. Ecco signore che per guardarci la nostrapellenoi abbiamo chiamato tutti gli uomini validi del paese per armarli e farela guardia.

- La guardia a che cosa?

- Al paeseper non lasciarvi entrare nessuno di fuori via!

- Al solito!... Selvaggi!... - esclamava il baronegesticolando dall'indignazione. - Sempre selvaggi sarete?...

- Selvaggiperché mettiamo un cordone sanitario? -rispondeva il sindacocon grande pacatezza.

- Ma che cordoni... e cordoni!... Ma non sapete che sonotutte sciocchezze?... Ma nei paesi civili...

- E se ci pigliava un colèra fulminantechi ce lo toglievala vostra civiltà?

Come era un pezzo che don Giacomo Spatafora ed il barone nonsi bisticciavanoquest'ultimo riprendevastringendosi nelle spalle:

- Con voicaro don Giacomove l'ho detto tante volteèinutile discutere!... Il colèrase vieneè una disgraziacome tantealtre... ma non per questo si deve tornare al medioevocoi cordonilesentinelle e le barricate!... È una disgrazia -ripetevacavandosi il cappelloe abbassando un poco la testa - che manda Domineddio ma voialtri la rendete piùterribilecon tutte queste paure... Col colèravedete fuori: si vasi vienetutti restano al loro postocosa vuol dire! e le autorità dànno l'esempio...

- Sicurocol contravveleno che hanno in tasca...

Il barone lo fissò un pocopoi si alzò come per andarsene.- A questo siamo?... V'ho intesoa rivederci...

- Aspettate!... baronevenite qui!... - diceva don Giacomointanto che tutti gli altri ridevano di cuoredimenticando la storia di PietroMicca.

- Prendete fuoco?... - ripiglia don Giacomocostringendo ilbarone a sedersi nuovamente. - Andiamoditemi un po': lo sapete cos'è cheproduce il colèra?

- Sono i microbi.

- Ma gli scienziatice n'è che non ci credono?

- E cosa volete concludere?

- Che ognuno ha la sua opinione! E la mia è che siamalefizio...

A questa dimostrazionefatta da don Giacomo con un sorrisoambiguocome per dare a intendere che egli non credeva poi molto a quel chedicevail barone Ventimiglia stava per andarsene un'altra voltaperdendo lapazienzacol maggior gusto degli astantiquando Giovannino Paternò disse:

- E la storia di Pietro Micca?... Lasciamo per ora tuttiquesti discorsie sentiamo la storia.

- La storia!... La storia!...

Mentre il barone gesticolava ancoradon Giacomo Spataforache lo guardava con la coda dell'occhioriprese il suo raccontointerrompendosi un poco da principiofingendo di aver paura di lui:

- Dunque... abbiamo dettosignorechechiamati tutti gliuomini validi... ci siamo armati per far la guardia al paese. Di armiquelliche ne avevano: doppietteo pistole d'arcioneo carabineportavano leproprie; per gli altric'erano i fucili della Guardia Nazionale; ma nonbastavano a tanti. Saverio Rosicalerbache ancora non si chiamava Pietro Miccama aveva sempre quell'aria di serietàed era uomo di poche paroleviene da mee mi dice che vuole un fucileper prestare il suo servizio. Io dico: se nonarmiamo luichi vogliamo armare? Basta: la distribuzioneallo scopo di evitarefavoritismil'abbiamo fatta a sorteggio ed ecco signore che io ho letto il nomedi Saverio Rosicalerba invece di quello di Pietro Stranoche era veramenteuscito. Potevo sapere?... Il grazioso era che gli schioppi - dei ferri vecchi -erano molto lunghi; e a vedere Rosicalerbaquando teneva il suo a spall'armepareva uno che portasse una canna da pesca!

Gli astanti cominciavano a rideree il barone Ventimigliarabbonitosiprestava anche lui ascolto al narratore.

- Armati tutti gli uominiecco signore che abbiamo dispostoil servizio. Prima di tuttoci siamo divisi in due squadre: una per la guardiadi giorno e l'altra per la notte. Per non usar preferenzeabbiamo diviso ametà gli uomini di tutti i ceti: metà dei proprietari il giorno e metà lanottecosì i contadini e gli operai: in tuttosaremo stati due centinaia. Digiornoera niente: dai posti di guardia si dominavano le strade e i campisemai qualcuno avesse voluto entrare saltando i murivenendo dalle traverse. Ilpiù del temposi passava giocando alle carteoppure chiacchierandocoifucili a portata di mano. Ogni tantoma di raroperché sapevano le nostreintenzioni: drlindrlinlo scampanio delle sonagliere. Una carrozza:all'armi! Eccoci in fila in mezzo alla stradasbarrandolacoi fucili spianati:«Alto là!...».

- Selvaggi!... - borbottava ancora il barone.

Don Giacomo Spataforasenza badargliriprendeva:

- «Alto là... Di dove venite?». «Da Barreale». «Dietro-fron'!».«Ma» dice «abbiamo il certificato del sindaco; abbiamo questoabbiamoquest'altro...». Le donne preganoi bimbi guardano spaventati. «Dietro-fron'!...Cocchiere: volta!». E il cocchierevedendosi le bocche dei fucilivoltavasubito. «Buon viaggio!...».

Come il barone si dimenava sulla seggioladon Giacomos'interruppe.

- Avete nullabarone?...

- Ho che è più forte di me!... Son cose che non possoneppur sentirle.

- E perché... Vi pare che abbiamo fatto andare indietrotutti quanti? Nossignore! La famiglia di Tornabene non l'abbiamo ricevuta?«Alto là!... Di dove venite?». «Da Regalmini». «Avete il certificato?».«Eccolo qua». «Spiegatelo e mettetelo in mezzo alla via». Come il foglio dicartaaperto era per terrauno di noi s'avvicinava e ci guardava. «Vengono daRegalmini: c'è il bollo». A Regalmini si godeva perfetta salute: li abbiamolasciati entrare!

Gli astanti ridevano più di primaall'aria di serietàastuta con cui don Giacomo diceva quelle cose. Il barone guardava per ariaarruffandosi i baffi.

- Dunquedi giorno la guardia era niente. I guai erano dinotte: prima di tutto per la stessa oscuritàpel sonno mancato; poi perchénon potendosi dominare le posizionibisognava scaglionarsi per tutta la cintadel paesein mezzo alle vigne ed ai boschetti. Ecco signore che don AntoninoLaspinail capitan d'armedispone il servizio delle sentinelle: alla torrettadei Ficarazzia San Giovannial palmento di Giacomianella sciara deiPollastrellae così tutto in giro. L'ordine era: al primo all'arme - fuoco!Tutte le sentinelle vicineappena sentito lo sparodovevano concentrarsi nelpunto dove si era tirato. Ogni uomo era sempre posto allo stesso puntoperabituarsi a conoscere la località. Un piano di guerrain tutto e per tuttoché don Antonino ci aveva genioe ai villani non raccontava altro che storiemilitarie anche quella di Pietro Miccail veroche avevano sentita a boccaaperta... Veniamo adesso al posto della Macalubbaquello dove montava laguardia Rosicalerbache era il più difficile da guardare. La Macalubbasapetecom'è: il gruppo dei Casalini qui; dinanziil boschetto; poi le viottolescorciatoie che s'incrociano dietro il poggio. Marasca e Falsaperla erano statimessi al crocevia; cento passi più làRosicalerbafra il boschetto e lecase; poi Nino il cacciatore nelle vigne di massaro Nicolapoi don GiuseppeFrássarie poi altri... Eccoci arrivatisignorealla notte di mezz'agostoche c'era una luna piena da vederci come a mezzogiorno. Don Antonino Laspinaaun'ora di notteprima di andarsene al corpo di guardia centrale del Municipioaveva passata la rondaper vedere se tutto stava bene; ecome ogni seraripeteva a Rosicalerba e a tutti gli altri la consegna: «Il primo cristiano ches'affaccia dietro un muro o dietro un albero sparate subito all'aria per fareaccorrere gli altri. Se invece sentite spararenon fate fuocomi raccomando;ma correte sul luogoper dare mano forte. Se veniste col fucile scaricononpotreste essere di nessun aiuto... Avete capito?». Rosicalerba chinò il caposenza dir nientecome al solito. E cosìpassata la rondaognuno restò alsuo posto. Io mi trovavo di guardia alla torretta dei Ficarazzi ed avevo accesala pipa. Con quel chiaro di lunasi vedeva distintamente tutto in giro per lacampagna e si sarebbero potuti contare i sassi della via; ma il cuore sistringevapensando a quello spavento della peste. Non era ancora tardima nonsi sentiva il più piccolo rumoreil più piccolo segno di vita. A Barrealedove morivano a cinquanta per giornonon si vedeva un solo lume; mentreinaltri tempia due ore di nottec'era come una luminaria. Per le stradequinon un sonaglio di mulonon stridore di ruotenon un canto di carrettiere. Alpaesetutti tappati in casa. Silenzio e solitudine. Vi dico checon quelchiaro di lunaera una cosa che stringeva il cuore... Io avevo finito di fumarela mia pipa e l'avevo riposta in tasca. In coscienzaavevo un po' di sonno;pensai: «A quest'ora chi vuole andare attorno?». Cosìappoggiato il fucileal muro della torrettami misi a sedere sopra un grosso sasso... e credo che miappisolai... Tutt'ad un trattodue colpiuno dopo l'altro: pon... pon... Saltoin piedicol fucile in mano. Venivano dalla Macalubba. Dico: «Ci siamo!...».Possono passare cinque secondiquando si odedalla stessa parteun terzocolpo: pan!... Sangue di baccola cosa è grossa!... Mi metto a correre versola Macalubba. Alla guardia di San Giovanni non c'era nessuno; la sentinella eraaccorsa come me. Corro più presto; da lontanonella vigna di massaro Nicoladov'era il posto di Ninovedo un gruppo di gente. «Che è?... che è?...»grido da lontano. Rispondonoagitando le braccia: «Niente!... Niente!...».Cos'era? Nino il cacciatore aveva visto saltare un coniglio tra le vigne e gliaveva tirate due piombatefreddandolo...

- Ah! ah! ah!... - una risata scoppiava nell'uditorio.

- Un coniglio che pareva un maiale: non ne ho visto mai unocosì grosso! Nino lo teneva per le zampe di dietro dandolo a pesare: «Eranotre sere che me la faceva in barbasaltandomi fuori tiro. Sangue d'un ulivociavevo rabbia. Stasera m'apposto dietro il murocol fucile. Tutt'in una volta:fru-fru... pon-pon!...». E pesava la bestiolache sarà pesata quasi diecichili. Intantoaltra gente accorrevada tutti gli altri postie don AntoninoLaspina anche lui. «Chi va là?... Amici!... Cos'è stato?... Nienteilconiglio...». E ognuno voleva sentire quanto pesavatanto era grossolabestia! «Ma tu» dice don Antonino Laspina a Nino il cacciatore«quanticolpi hai sparati?». Risponde Nino e dice: «Due signore». «Io però ne hosentiti tre» dico iodicono tutti gli altri: «Sicurotre!». «Dunquechiha sparato l'altro colpo?». Ninocol capo al coniglionon si era accorto diniente. Ecco Marasca che dice: «Il terzo colpo è partito dai Casalinidev'essere stato Rosicalerba». «Ma dov'è Rosicalerba?». Fra tutti gliaccorsiRosicalerba non c'era. «Andiamo a vedere...». Ci siamo buttatisignorei fucili sulle spalle e ci siamo avanzati fra i Casalini e ilboschetto: Rosicalerba non si vedeva! Si ferma don Antonino e si mette agridarein quel silenzio della nottecon le mani fatte ad imbuto intorno allabocca: «Ohé!... Ohé!...». Non risponde nessuno. Ad un trattoio inciampo inqualche cosa. Mi chinoe che trovo? Lo schioppo di Rosicalerba. «Don Antoninoqui c'è lo schioppo!...». Si avvicinano tutti. «Com'è»dice«carico?».Fiuto dalla parte del cane e dico: «È stato sparato or ora!». Ci fermiamoallora a tenere consiglio: c'è il caso che quel povero Rosicalerba abbiapassato un guaio? La consegna era precisa: non spararema accorrere. Se hasparato anche luisarà stato per qualcuno che voleva passare per forza?... DonAntonino Laspina ci dispone in filaed ecco che ci siamo messi a battere ilboschetto. «Rosicalerbaohé!... ohé...». Niente Rosicalerba. Tornati tuttidinanzi ai Casaliniognuno dice la suae non sappiamo che cosa fare. A untratto don Antonino si batte la fronte e ci fa segno di seguirlo dentro lerovine. «Cosa volete fare?». «Nientevenite con me...». Dentroc'era buiocome in un forno. Abbiamo fatto dei fasci d'erba secca e li abbiamo accesi.Subitamentecome abbiamo sbattuto per terra i calci dei fucilis'è sentito ungrido: «Aiuto!...». «Ahcarogna!...» fa don Antonino«l'avevo detto ioche ha avuto paura e s'è nascosto!». Ecco che siamo entrati in fondoall'ultima stanzae abbiamo visto Rosicalerba con la faccia al muro. «Ohé»grida Laspina«sei sordo?...». Lui rispondesenza voltarsicon una vocepietosa: «Chi siete...?». «Siamo noi!... Cosa fai qui dentro? Così stai allaconsegna?...». Era giallo come un morto e noi ci tenevamo i fianchidallerisa. «Cosa fai?...» tuona don Antoninoper non ridere anche lui. Dicecomedomandando perdono: «Niente». «E perché hai sparato?». «Perché ho sentitosparare... per chiamare aiuto...». «E il fucile?...». «Mi è cascato aterra...». Allora don Antonino si avanza e gli batte sopra una spalla: «BravoPietro Micca! Evviva! Evviva!...». Voleste vedere? Una convulsione di risadanon poterne più... Pietro Micca! bravo Pietro Micca!... Da quel momentoRosicalerba si è chiamato Pietro Micca!

Il barone VentimigliaPaternòil segretariotuttiridevano; quandofinita la storias'intese uno scalpiccio di ferri sulselciatoe comparve Pietro Miccaa cavallo all'asinacon la sacca della postae la verga in mano. Dietrovenivano due carabinieri a cavallo.

- Se non pare un generale!

L'asinasentendo i cavallisi mise a recalcitraree PietroMicca lavorava a frustarla di santa ragioneper non fare cattiva figura dinanzia tanti spettatori. I carabinieri passarono innanzi e l'asina continuava agirare su se stessa.

- DàlliPietro... attento!...

A un trattocome uno dei cavalli nitrì da lontanoessapartì al galoppocon Pietro Micca cheafferrato alla crinierasollevava laverga in atto di trionfo.

- Bravo Pietro Micca!... Evviva! Evviva!...

 

 

 

L'onore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fra un interrogatorio e l'altroil cancelliere avevacominciato a narrare al pretore il fatto dei Sortino: «Una vera battaglia: idue fratelli Sortino col padreda una parte e dall'altra gli Sgraia padre efiglio... In mezzoAnna Sortinoche strepitava come una gallina spennataviva... Tutta la scena è stata per lei...». Ma non gli era riuscito ancora dicompletare la storiaper l'andirivieni continuo degli avvocatidei testimoni edi tutta la gente che aveva da fare con la giustizia.

Ad un trattocome il magistrato aveva finito di udire uncarrettiere accusato di ribellione alla forza pubblicadal fondo del gabinettosi avanzarono due contadinidue giovanotti altirobustisnellidallefisionomie larghe ed aperte. Arrivati dinanzi al tavolosi fermarono nellostesso tempotenendo i berretti con tutte e due le mani.

- Che c'è? - disse il pretorefissandolimentre ilcancelliere gli faceva dei segni d'intelligenzacome per dire: «Eccoli qui!».

- Siamo venutiVossignoriaall'oggetto di dare una querela.

- Come vi chiamate?

- Sortino... Salvatore Sortino... Cosimo e Salvatore... -

risposerosuggerendosi a vicenda.

- Contro chi date querela?

- Contro Giuseppe Sgraia e Gaspare Sgraiapadre e figlio.

- Che cosa vi hanno fatto?

- Qui... Vossignoria può vedere... - e tutti e due sivoltarono di profilomettendo un dito sopra un punto della faccia.

- Venite da questa parte.

Nella sala attiguac'era il dottoreche fattosi allafinestraprese a ciascuno dei querelanti il capo con tutte e due le manirovesciandolo un poco ed esaminandolo alla luce.

- Ferita lacero-contusa nella regione mascellare destralunga cinque centimetriguaribile in dieci giorni. Cos'eraun bastone?

- Nossignoreuna sedia...

- Contusione al zigomo sinistrocon lacerazione edecchimosi. Guaribile in sei giorni.

Il cancelliere prendeva nota di tuttoseguitando a far segnial pretore. Tornato nel suo gabinettoquesti continuava ad interrogare.

- Sentiamo: com'è andata la faccenda?

- Ecco quasignor Pretore: - disse Cosimo. - È stato perdifendere nostra sorella Annache sempre suo marito Gaspare Sgraia le facevamaltrattamenti.

- Cosa facevala bastonava?

- Sissignore- confermò Salvatore.

- A segno- riprese l'altro - che nostro padre era andato aprendersela per ricondursela a casa.

- Ma suo marito poteva opporsi! - obiettò il pretore.

- Ecco qua... - aggiunse Cosimo Sortinocon un mezzosorrisoquasi a significare che il pretore aveva ragione di avanzare quelladifficoltà ignorando le circostanze del fatto. - Ecco qua: essi non sonomaritati...

- O dunque?

- Stanno insieme.

Il pretore che badava a suggerire al cancelliere le risposteda scrivere nel verbaledomandò:

- Allora vostra sorella sta a serva con lo Sgraia?

- Nossignore...

- Ma insommacos'è questo pasticcio?

Cosimo disse:

- Stanno assiemecosì...

Il pretore prima guardò luipoi l'altro fratellocheallargò un poco le bracciacon un gesto di adesione.

- Ho capito. E per questo siete venuti alle mani?...

- Nossignore... sissignore... - I due fratelli Sortino siconfondevanointanto che il cancelliere se la rideva sotto i baffi.

- Insomma: è stato per questosì o no?

- Signor Pretoreecco qua: - disse risolutamente Salvatorefacendo passare il berretto da una mano all'altra. - Che sono insiemeè unaffare di un anno e mezzo. Gaspare Sgraia s'è portata in casa nostra sorellaall'altro San Giuseppe: giusto fa un anno e mezzo il diciannove di questo mese.IntantoVossignoria deve sapere che la maltrattava da mattina a seracheperfino i vicini se ne scandalizzavano. Questo sapendonoi abbiamo detto infamiglia: «Andiamo a pigliarci Annae finiamo la commedia». Siamo andatitutti e trecol signor padre; ma io e mio fratello siamo rimasti in istrada. Èsalito solo il signor padrein casa di Gaspare Sgraia. Alla salitail signorpadre dice: «Gasparequesta commedia è durata assai; e se devi trattare cosìmia figliaio me la riporto a casa!». Quello risponde che non e veroche Annal'ha mantenuta e rispettata; e alza anche la voce. Il signor padre gli rispondeinvecequalmente l'ha presa a legnatee che ci sono i vicini pronti a fartestimonianzae che lui è un bugiardo. Allora comparisce il padre di GaspareSgraiaa difendere suo figlio ed a minacciare ad alta voce il signor padre.Alle minacciesiamo saliti anche noi; qui le lingue si sono confuse e io non miricordo niente. So che le sedie sono volatee che quando sono venuti i vicini adividerciio e mio fratello che è quici siamo trovati con questi segni infaccia.

Il pretore restò un poco a considerarli.

- E due giovanotti come voi- disse lentamente - si fannosfregiareper soprammercatodopo che hanno preso loro la sorella?

Cosimo e Salvatore Sortino non risposero nulla; aprironosoltanto un poco le braccia.

- Non siete stati soldati?

Cosimo rispose:

- Iosissignore.

In quel momentos'intesero delle voci; l'usciere esclamava:«Vi dico che c'è gente!...» e altri replicavano: «È per la stessa causa!...Se è per la stessa causa!...». L'uscio finalmente si schiuse e due altriindividui si fecero avanti. Questiche parevano di condizione un poco piùelevata dei due giovanotti contadinivennero a mettersi dall'altro lato deltavolo.

- Voialtri chi siete?

- Io sono Giuseppe Sgraiasignor Pretore - disse il piùvecchio - e questo è mio figlio Gaspare.

- E che cosa volete? - riprese l'altroirritato; intanto cheil cancelliere gli faceva dei segni con una mano per significare: «Li lascidire; ne sentiremo delle belle!».

- Signor Pretoresono venuti a fare una violenza didomiciliominacciandoin casa nostra!...

- Chi è venuto?

- Salvatore e Cosimo Sortino - rispose lo Sgraiaadditando idue fratelliche se ne stavano lìritti e tranquilli.

- Perché vi minacciavano?

- Signor Pretorela servo io- disse Gasparefacendosi unpoco più avanti. - Due anni addietro...

- Un anno e mezzo- corresse Cosimo Sortino.

- Sissignoredice bene; ma questo non importa. Un anno emezzo addietrola loro sorella Anna se ne venne a stare con me...

- Se ne venneo la faceste venire per forza? - chiese ilpretore.

- Se ne venne leidi sua sponte! - protestò Gaspare.

- Quanti anni aveva?

- Sedici anni compitisignor Pretore...

- E la famiglia di lei non si oppose?

- Nossignore; siamo stati un anno e mezzo insiemecomemarito e moglie...

- In casa di mio figlio- commentò il vecchio - AnnaSortino è stata sempre trattata benechégrazie a Dionon siamo ricchimaun poco di provvidenza l'abbiamo...

- E durante quest'anno e mezzosuo padrei suoi fratellinon hanno fatto nulla per riaverla?

- Cosa dovevano fare? - ridisse il vecchio. - Era trattatacome una signora!...

Il pretore si volse verso i fratelli Sortino; chieseduramente:

- In tutto questo tempovoialtri non avete dunque fattonulla per la situazione di vostra sorella?

- Nossignore- rispose Salvatore alzando il capo.

- Ah! va benissimo! Dunque- ripresevoltandosi versoquegli altri- sono venuti a riprendersi la sorella? Perché se la volevanoriprendere?...

- Signor Pretore- disse Cosimo Sortino - perché lamaltrattava...

- Non è vero! - sostenne Gaspare Sgraia. - Io non l'homaltrattata. Facciamolo dire a lei stessaallora!...

- O dunque: perché sono venuti a casa vostra?

- Perché... ecco qua...

Come Gaspare si confondevasuo padre gli dette una piccolaspinta in una spallaper farlo tacere.

- Signor Pretorela verità sacrosanta come l'Evangelolavuol sapere? È questa che le dico io. Quando mio figlio si prese Anna Sortinofu col piacere della famiglia di lei. Lo sapevanoche in casa nostra non lesarebbe mancato nulla! E anziil padre della ragazza aveva promesso a miofiglio che gli avrebbe dato un pezzetto di vigna. Gaspareanzise la prese conquesto patto. Se non era un ragazzola vigna doveva farsela dare prima; maVossignoria sa com'è la gioventùche non considera. Oraogni volta che miofiglio mandava a dire a Sortino di mantenere la sua promessasi sentivarispondere: «Oggidomanistasera...» ma non si concludeva mai niente. Passaun annopassa un anno e mezzoe ancora non abbiamo visto né vignané uva!

Il pretore guardava i due fratelliche restavano impalaticon le braccia lunghe pendentistando a sentire come non fosse il fatto loro.

- E poi?

- E poisignor Pretorei Sortino erano ben contenti di avercollocata la ragazza senza metter mano alla tasca! Ma queste sono azioni che nonsi fannoingannare un giovanottopromettendogli questo e quest'altroe poilasciandolo solo nel ballocoi figli che possono venire di momento inmomento!...

- Allora- osservò il pretore - se la ragazza era di pesoin casa vostraperché non l'avete lasciata andarequando sono venuti perriprendersela?

Gaspare Sgraia disse:

- Masignor Pretoreconsideri lei: dopo un anno e mezzo chesiamo stati insiemeanche se fosse stata una cagna ci avrei preso affezione!...

- Giàl'affezione!... - ripeté Cosimo Sortinosorridendo.- L'affezione era per avere la roba!

- E non l'avevate promessaeh? - chiese il vecchiopicchiando con una mano sul tavolo. - Bisognava darlase l'avevate promessa!...

- Già; e per costringerla a farvela darepigliavate alegnate nostra sorella!

- Non è veroper Gesù Sacramentato! - attestava GaspareSgraia. - È verosissignoreche io le dicevo di persuadere i suoi parenti adare il convenuto; ma con le buonesempre con le buone!...

- Già!... già... - ripeteva Salvatore Sortinocon un tonod'incredulitàma senza scomporsi.

- Com'è vero Diosignor Pretore!...

- E le lividure che vide la comare Giovanna?

- Le lividure?... quali lividure?

La discussione procedeva calmissimaspecialmente da partedei Sortino. Il pretore tagliò cortorivolgendosi a questi ultimi:

- Insommavoialtri avevate promesso sì o no di dare laroba?

- Sissignore! - affermò Salvatore. - Ma di darla se nostrasorella era ben trattatae se le cose andavano come dovevano andare!

- Alloravolevate costringere costui a sposarlaper poidare la roba?

- Nossignore! - protestò Sortino. - Noi siamo andati perriprenderci nostra sorella!

- E per non dare il convenuto! - esclamò lo Sgraia.

- Naturale! per non dare niente! Dopo che la trattavanocosì!...

Il pretore guardò il cancelliereche se la godevagrattandosi un'orecchia col portapennee faceva delle smorfie con la boccacome per dire: «Che gente!».

- E vostra sorella adesso con chi è?

- Eh! con lui... - rispose Salvatoreadditando GaspareSgraia.

- Benissimo! - esclamò il magistrato. - Adesso finiamola.Voialtri Sgraia volete dar querela per violazione di domicilio?

- Una volta che sono venuti a darla loro!

Il cancelliere stropicciava i piedi sull'impiantito.

- Allorasiete voialtri Sortino che vi querelate peraggressione e ferimento?

I due fratelli si consultarono con lo sguardo. Cosimo disse:

- Eh! se si querelano essi...

Il pretore picchiò con una mano sul bancoe sorse in piedi.

- Non c'è fretta. Quando poi vi deciderete!... Uscierechiamate l'udienza.

 

 

 

Il krak

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nell'anticameramolte persone aspettavano il proprio turnoper essere introdotte; e come don Rosario Leone entròtutti si voltarono aguardare il nuovo venuto. Egli si mise a sedere sopra uno spigolo di poltronaguardandosi intorno timidamentequasi vergognoso della sua giacca di pannogrossolanodel suo berretto contadinesco che non sapeva in qual mano tenerefra tanti signori che si baloccavano con le mazze dai pomi d'argento.

- Chi è?... - si chiedevano nell'altro angolo della salaadditando quel faccione tutto liscioquella figura tozza e bonaria.

- Don Rosario Leoneil primo coltivatore della provincia! -rispose il sensale Farandache si alzò e gli andò incontrobattendogli soprauna spalla: - Voi quidon Rosario?... Da quando bazzicate coi banchieri?...

Don Rosario si alzòrispettosamentebalbettando qualcheparola: era molto confuso.

- State comodo! - disse l'altrocome fosse in casa suaemettendoglisi a sedere vicino. - Beato voiche ve ne state in campagnaemettete il vostro denaro in buone terre. Qui c'è l'infernolo sapete?... Apropositocome sta vostra moglie?

- Sempre a un modo...

- Mi dispiace!... Mai medici?

- Non sanno niente. Si dovrebbe andare a Napoliperconsultare un dottore...

- Perché non vi andate? Vostro figlio è ancora lì?

Ad un tratto don Rosario prese la mano del sensaleabbassando ancor più la voce:

- Sentitedon Salvatorenon mi parlate. Non ne posso più.Sono sfinitonon ho forzanon ho coraggio...

- Ma che cos'è stato?... Avete nulla?... Volete qualchecosa?... - chiedeva l'altro premurosamentefacendoglisi più accosto.

Don Rosario dissetutt'in una voltaquasi avesse fretta:

- Ho bisogno di denaro: mio figlio ha da pagare dei debiti:perdite di giuocovuoto di cassache cosa so io? Se non pagase non gli mandoi denarisubitoè rovinatola sua carriera è finita. Coi militarinon sischerza; capite? E quell'altra sventurata che è buttata in fondo a un letto! Edei creditori che non mi dànno pace: carta bollata su carta bollata; sapetecom'è dei piccoli impegniche ne abbiamo tutticontratti con la sicurezza dipoter far fronte... Chi avrebbe previsto questo inferno?...

Adesso il sensale s'era appoggiato allo schienale dellapoltronascuotendo la testa e torcendo un poco la bocca.

- Eh!... Sono guai serii... Ma voicosì accorto?...

- E che accortezza volete che bastise le tegole vi cascanosul capo?... Bussare a tutte le portesalire e scendere scalee tornarsenesempre con le mani vuote; perché? certe volte mi viene da ridereperché! Perotto mila lireche solo l'ingrasso delle stalle di Primosole vale di più! Ottomila lireanche meno per tre mesianche per due! con la certezza di pagarlefino all'ultimo centesimoanche prima della scadenzanon si possono averecapite?...

- A chi lo dite!...

- Ora mi resta questa speranzadel commendatore. Dicono chelui può tuttogli ho fatto parlare... Voi che speranze mi date? Dirà disì?...

- Eh! se lui vuole...

Tacquero. Don Rosariogirando penosamente il capo come incerca d'ariapicchiò colla mano grossacorta e pelosa sul proprio ginocchio.

Tutt'intornosi parlottava sommessamentecomenell'anticamera di un dottore. Ad intervallila bussola si schiudevaqualcunousciva indietreggiando e salutando; e il cameriere introduceva un altro.Dall'uscio dirimpettosi vedeva una fila di stanze divise per il lungo da unosteccato bassooltre il quale gl'impiegati stavano curvi sui loro registri.Ogni tantoil campanello elettrico tintinnavail cameriere andava a prenderegli ordinie un commessocon la penna all'orecchioun libro dal dorso verdesotto l'ascellatraversando rapidamente l'anticamerapassava di làdalcommendatore.

Il sensale non interrogava più l'amico; si gingillava con lacatenella dell'orologioper darsi un contegno. Poi venne il cameriere a dirgli:

- Tocca a leivuole accomodarsi?...

- Allorapermettete? Due parolee vi cederò il posto.

Infattidopo qualche momento la bussola si riaperse; Farandavenne fuori e don Rosario Leone entrò.

Il commendatoreseduto al grande scrittoio a ribaltas'eravoltato dalla sua partesi era tolto il sigaro dalla bocca e gli aveva stesa lamanoinvitandolo ad avanzarsi.

- Ohlei! Quis'accomodi; tenga in testala prego!... Èun tempaccio... Metta dunque il suo cappello!...

Don Rosario sedette sull'orlo d'una seggiola di Viennasenzaosare di appoggiarsi alla spalliera.

- Lei vorrà perdonarmi - cominciò - se vengo adisturbarla...

- Lei non mi disturba niente affatto; mi fa un vero piacere.Si è molto onorati...

- Per carità!...

- Di ricevere una persona del suo merito!

- Il cavaliere Pagliari- disse allora don Rosariocogliocchi che gli ridevano- le avrà parlato...

- Signor sìè stato qua stamani; lui e tutta la Camera dicommercioe tutti i direttori delle banche. Come mi vedeio non ho ancorapreso un boccone...

- Mi dispiace...

- Ehfosse questo soltanto! È che la cosa non può durare.L'affare è seriogravissimo! Più tempo passapiù la situazione si complica.Sa che è fallito Serrigliano?

- Non so...

- Ma è naturalesignori miei! I nodi vengono al pettine. Èfinito il tempo delle lusinghe! Prima si pigliavano i quattrini da una parte esi pagavano all'altrae poi da capo; e con questo va e vieni si tirava via. Oraè finita! Non si scherza! Se lei scende in piazzaper mille lirepuò averela firma di Torlonia - dicodi Torlonia! - non ne trova neppur cento. Ierinonpiù tardi di ieriuna persona che non posso nominare - ma si figuri: una dellemigliori firmedue milioni di proprietàuna gestione di affari considerevole- ebbenelo crederebbe? cercava otto mila lireed era disposta a pagare ancheil dieci! Capisce benenon è a dire che fosse il seio l'otto; perché tuttoè relativo. Sono venuti da meed io sono l'ultimo! Vuol dire che non hannotrovato a nessun'altra parte. Ma è naturale: le banche non ne vogliono sapernientenessuna fa operazioni nuovei depositi sono tutti ritiratie ognunoseppellisce il numerario sotto un mattone! I privatinon ne parliamo; chi haquattro soldi se li tien cari. C'è piùgli strozzini? Ma senta dunque unpoco: il Chiara cerca lui denari!...

E il commendatore riaccese il suo virginia.

Don Rosario girava intorno uno sguardo vagofacendomacchinalmente dei conti sulle dita. Poi disse:

- Allorauna metàlei non crede?...

- Io credo - riprese subito il commendatore infilando ilpollice nello sparato del panciotto - che chi ha coraggio e quattriniin questomomento può far quel che vuolee tiene in pugno un paese. Quando vi vengono adoffrire la firma di Gerandi e Milio - di Gerandi e Miliosignori miei! - percinque mila lireall'otto!... Gerandi e Milio che cercano cinque mila lire!...Ma una cambiale con la firma di Gerandi e Miliose io la chiudo dentro la miacassaforteè meglio che se ci tenessi altrettanti napoleoni d'oro! Capiscebeneio non le avevole cinque mila lire; ma avrei impegnato gli orecchini dimia moglieper dire; tanto l'affare era vantaggioso. Non si scherza: Gerandi eMilio!... E tuttitutti gli altrii più grossitutti inclusi e nessunoescluso. Lei vede: le riferisco fattifatti che parlano chiaro! Per venire damecostorovuol dire che non hanno trovato nulla alla Banca Nazionale; Gerandie Milioche in tempi ordinariise scontavano un milione era come se ioscontassi mille lire! Ma il direttore ha le sue istruzioninon c'è cristiedieri lo ripeteva in pubblico casino: «Nessun effetto nuovo! Fuori i sensali!Fuori gli strozzini! Qualche operazione limitatissima con chi è stato sempreesatto come una sentinella». Certuninon si crederebbese la pigliano conluicome se quello i denari li cavasse dalla propria saccoccia. Non lo volevamandare a sfidareil barone Giammaria? Dice: «A me respinge una cambiale disei mila lire? O non lo posso comperarelui e tutti i consiglieri di sconto?».Masignori mieiio domando e dico: quelli che colpa ci hanno? Quelli hanno unaconsegnae la consegna viene dall'alto. Il direttore dice: «Io sono direttorecommerciale e industriale; il denaro della Banca serve al commercio eall'industrianon ai proprietari! Il proprietario faccia l'operazione delcredito fondiario; il credito fondiario è istituito per questo». Mafra dinoicaro signorepossiamo confessarlo: la rovina della piazza non è cagionatada questa facilità di credito al proprietario? Piglia oggi e piglia domaniinvece che per migliorare le terre il denaro si inverte ad altri usi - lasciamostar quali! - e quando un bel giorno il più corto riman da piedemandano asfidare il direttore della Banca Nazionale! C'è serietà? Questo si chiama faregli amministratori?...

- Mauna cifra più piccola... - interruppe ancora donRosariofacendo sempre dei conticon un'espressione febbrile nello sguardo: -Soltanto tre mila...

- Io glie l'ho già detto: cifreinteressiscadenze: tuttoè relativo. Se ne sono fatte delle operazioniper diecine e centinaia dimigliaiaa lunghi terminial sei ed anche al cinqueche pareva una usura! Oracome oracento lirecreda a meè bravo chi le trova. Stia sicuro che nonesagero. Ma senta un poco qui: c'è più dell'anticipo sopra pegno? La cambialeè un pezzo di carta firmata - la fiduciasta bene; tutti siamo galantuominiecceteraeccetera - ma la cartacarta è! Il pegno ha un valore intrinsecoilpegno rappresenta qualche cosa per se stesso! Io vi porto un oggetto che valeputadiecie vi dico: «Questo è un oggetto che vale dieci» oppure: «Ditevoi stesso che cosa vale!... Quanto dite che vale? Otto? sei?... Ebbeneio vidomando di prestarmi quattrotre...». Nossignore! Non è più possibile! Nonsi fanno nemmeno anticipi! Quando si rifiutano gli anticipi - contro il pegno! -non c'è più dove arrivare!... È una cosa che non si è mai vista. Krak ce nesono stati tantidifficoltà ne abbiamo incontrate; ma come ora? È ilfinimondo! Gli avvisi di protesto raccomandati ogni giorno alla postasa aquanto sommano?... Dica lei... Non si crede: a duecentoa trecento!... C'èquesto di buonoche i notai hanno affari!...

E il commendatore si mise a ridere.

Oradon Rosario Leone non diceva più nullanon faceva piùconti sulla punta delle dita. Se ne restava lìcome non avendo più la forzadi alzarsiinchiodato su quella seggiola dalla stanchezzadall'avvilimentotenendo il suo berretto in mano come se domandasse l'elemosinacogli occhistranamente fissi sopra un calendario americano appeso al muro.

- Madiceil denaro è finito? - riprendeva ilcommendatorerovesciandosi un poco sulla poltrona. - Il denaro è nascostoinquesti paesi di provinciache rappresentano il forte dei depositi. Tutti idepositi furono ritirati. I milioni ritirati non saremmo buoni neanche acontarli. Che cosa ne fanno? Si contentano di starli a guardare. Questaiodicoè cretineria bella e buona. Ma comprate dunque; perché occasioni comequestecon tante espropriazioni iniziatenon se ne presenteranno mai più!...Qualcuno se ne comincia a persuadere. L'altro ieriMontesani ha firmato ilcontratto per la compra dei cinque feudi di Roccellara: due milioni e settecentotrenta mila lirecinque feudi che valgono cinque milioniad occhi chiusi. La Bisacciaqui alle porteè stata venduta duecento mila lire; per mezzo milione avreicreduto di fare un bell'affare. Questo Montesani prima era un fallito; furono izolfi che lo salvarono. Ora è il più forte proprietario della provincia. Sivendono anche le Terre grossemezzo milione; il feudo della Barcaunmilione...

Alloradon Rosario si alzò. Appoggiandosi ai braccialidella poltronail commendatore si alzò anche lui.

- Questo è il momento di fare buoni acquisti. Chi haquattrinie non sa profittarneè uno sciocco. Pel creditoci vuole delcoraggio. Se si trovasse un uomo di coraggiopotrebbe fare la sua fortuna; igalantuomini ci sono ancoraquelli su cui si può aver fiducia... Mabisognerebbe stare con tanto di occhi spalancatiperché i tempi sonodifficilie il più onesto di questo mondocon gl'imbarazzi sempre crescentinon so a che cosa potrebbe essere tentato!... Lei dunque va via? Si stia benearivederla...

Sull'usciomentre girava la maniglia per dargli passaggioil commendatore riprese:

- Vedeil sicuro è comprarecon la proprietà cosìrinvilita. Tutti i generi sono in ribasso: il granoil vinol'olio - nonparliamo del resto! Ma la reazione che non ha da venire? Staremmo freschi!Allorachi avrà avuto nasose ne troverà bene...

La bussola era aperta; don Rosario mormorò qualche cosa comeun saluto.

- Di nuovosi stia bene. Lo ripeto: comprare è il mioconsiglio.

 

 

 

Pentimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La lavandaiaentrandos'era tolto di capo il fazzolettoebuttatasi carponi dinanzi al sottoscala dove stavano i panni sporchiavevacominciato a cavarneli.

- Come sei venuta tardi! - disse la padronapreparando unastriscia di carta per scriverci su la nota.

L'altra sospirò:

- Signorami lasci stare!

E con un ginocchio piegato a terral'altra gamba arcuata eil capo dentro il ripostigliocominciava a buttar fuori camicie e mutandefazzoletti e strofinacci.

- Perché t'affliggi?

Inginocchiata ancorala lavandaia levò un momento la testasi grattò i capelli ruvidi come la lana e disselamentosamente:

- Per mia figliasignora!... per quella povera creaturacheanche se fosse calato un angelo dal cielo apposta per dirmelomai e poi maiavrei potuto credere a quello che doveva succederle!...

Adessosospirandos'era alzata in piedi e piegatasi in duesul monte della biancheriaandava separando le lenzuola dalle calze e letovaglie dai corpetti.

- Chi doveva dirmelo che sarebbe rimasta solaa ventun annicon quattro figliuoli sulle spallenel meglio della gioventù? e che nellavecchiaia io avrei dovuto lavorare per leiper darle da mangiare?...

I panni sporchi erano finalmente disposti in tanti piccolimucchie la padronacon un mozzicone di lapis in manocominciava a chiamare:

- Lenzuola?

- Unoduetrequattrocinque. Scriva: cinque lenzuola. Lopotevo saperequando le davo quel malacarneche le davo un galeotto? e chel'avrebbe lasciata vedova prima del tempo?

- Perché? Dov'è?...

- Alle Isoledove vuole che sia? Galeotto infamecheammazzò il suo principale a tradimento!... Fu alla Guardia dell'Ognina: didietrogli diede una pugnalatae quando lo vide caderecontinuò ancora asbudellarlo. Il principaleche lo aveva riconosciutogli diceva: «Basta!...Bastafratello mio... Che cosa ti ho fatto?...». E lui continuava: galeottoinfame!... E pareva un agnellochi lo avesse vistoun santo spiccicatoincapace di far male ad una mosca!...

- Camicie?

- Camicieunadue... dieciundici.

- E perché lo ha ammazzato?

- Perché!... Questa è l'infamità... - esclamò lalavandaiache s'era di nuovo inginocchiata in mezzo alla biancheria sudiciaelasciava pendere le bracciadall'accasciamento. - Questa è l'infamità: che hafatto nascere una mala fama intorno a mia figliadicendo che lei se la sentivacol suo principalee che per questo l'ha ammazzato... Innanzi a Dio! - giuravaincrociando adesso le braccia sul petto e alzando gli occhi al soffitto. -Innanzi a Diosignora bella: una infamità che ha inventata lui!... Mia figlia?queste cose?... Mia figlia non sapeva altro che la casa e la modistala modistae la casa! Tutto il giorno al lavoroper buscarsi il pane - ché quel malarneseera buono soltanto a sciupare - e la sera coi figlia rassettar la casae apensare anche per luiscelleratoa rappezzargli gli abitia cucirgli un pocodi biancheriaperché potesse fare una buona figura... Unaduetre... tre...- matenendo ancor il quarto paio di calze in manola lavandaia lasciava dicontareper riprenderecome parlando col galeotto:

- E poiscelleratoquesta era l'affezione che portavi a tuamoglieche la lasciavi sola per andar dietro alle ciabattee ad ubbriacarti;che se ti diceva mezza parola la pigliavi a ceffonie le bastonavi i bambini -con qual cuorequegli innocenti?... - questa era l'affezione?... Trequattrocinque...

- Calze?

- Cinque... nossignorace n'è un altro paio; sei: calzesei. Neppur la testa mi regge. Ogni volta che penso a queste cosela testa nonmi regge...

E chinata sul monticello dei fazzolettiricominciava acontare: «Unoduetre..».

- Maallora perché lo ha ammazzato? - chiedeva la padrona.

- Perchélo sa lui e la sua coscienza!... Per questioni diciabattedice la gente; che faceva una mala vita: tutta la notte in bagordi colsuo principaleche gli dava troppa confidenza; e poibene gli sta come gli èfinita!... Fazzolettidodici... Ma per questo doveva infamare mia figliainventando quelle porcheriee che io le davo mano - bugiardo svergognato! - conla speranza di avere alleggerita la condanna?... Unodue... La condanna nonpoteva mancargli; la giustizia c'è per tuttia questo mondo... Trequattrocinque...

Si curvava e si rialzavasecondo che contava i capi dibiancheria o che riprendeva a narrare la storia della figliuola. La signoramano manoveniva chiamando:

- Mutande?

- ...Seisetteotto... Tu lo sapevi quello che avevi fattoe la pena che t'aspettava; dunquescellerato - e la lavandaia alzava unbracciovenendo a tu per tu coll'assassino; - dunquescelleratoperchéinfamare quella creaturache è la madre dei tuoi figli e sai se t'ha volutobene?... Dunque perché rovinare quella creatura? Non ti bastava di lasciarlamoglie di un galeotto; bisognava anche macchiarla nell'onore?...

- Ma lei non si è difesa?

- Difesasissignorasi è difesapiangendo a lacrime disangueche perfino i giudici si sono inteneritie i carabinieriall'udienza!... Per tutta l'udienzanon ha fatto che piangerepovera creatura:«Io non so niente!... gli ho sempre voluto bene... signoreio non soniente!...». Questo solopoverettasapeva rispondere al presidente. Che cosapoteva rispondere? Che cosa sapeva leipovera creatura messa a casa suadelleinfamità che andavano inventando?...

La madre si commovevaal ricordo; ed anche la signorascrollava un poco il capo e metteva un eh! di compassione.

- Corpetti?

- Cinque e sei: corpettisei... Non poteva saper nientemiafiglia; e tanto gli voleva benea quel forcache sarebbe stata capace diaccusarsiper fargli scemar la pena. Ma c'è una giustizia al mondo! E la penache si meritavalo scelleratol'ha avuta! E questo è niente; che il Signorelo deve punire nell'altro mondo di tutto quello che ci ha fatto soffrire! Perluiquella creatura è stata mandata via dalla modistae non ha più trovatolavoroe tutti la maltrattanocon un bambino che sta per andarsene!...Morirebbero tutti di famese non fosse per queste mani...

Ora la lavandaia tendeva le sue manirugosescrepolatecolor mattone vecchio sul dorso; roseeliscie e dure sulle palme.

- Tutto per causa tuascellerataccio!... - Levando a untratto un pugnoimprecò: - Arsa l'anima!...

- Nono... - avvertì la padrona; - quelle sono mutande; nonle confondere lì.

- Sissignoraha ragione... Sottovesteuna... Signora bella- ripresedopo un momento di silenzio! - giacché siamo a questovorrei dirleuna cosa... Me la fa una carità?

- Che cosa vuoi?

- Lo dice al cavaliere se fa entrare mia figlia ai Tabacchi?Sarebbe una grazia di Dio se dicesse di sì...

La signora chinò un poco il capo:

- Glie ne parlerò; ma sta poi a vedere se è possibile...

- Oh!... - esclamò la donnasorridendo. - Se vuole ilcavaliereè cosa fatta. A lui non dicono di no! Sì che sarebbe una grazia diDiose potesse avere questo posticino!... Leicreaturanon domanda che dilavorare...

- E adesso cosa fa?

- Cucestira in casaper conto di qualche signore; chepersua bontàqualche benefattore c'è ancora... E se lei avesse bisogno di cucirebiancheriae anche di ricami di biancoricami finimia figlia sa far ditutto...

- Va bene... vedrò... Questi strofinacci quanti sono?

- Unoduetre: sono tre.

La nota era completa e la biancheria stava di nuovo riunitatutta in un monte. Preso un lenzuolo e spiegatolo a terrala lavandaia adessovi buttava su tutti gli effetti.

- Sono belle le cifre di questi fazzoletti... Manondisprezzandomia figlia ne sa fare di migliori... Alla baronessa Lanzeriaquando la serviva leiglie ne fece certunepel corredo della baronessinacheerano una galanteria....

Sul lenzuoloil monte dei panni crescevain bell'ordine.

- Un corredo che non c'erano occhi per vederloquello lì...Era una brava signorala baronessanon disprezzando; che se campavanon cisaremmo trovati in tanti guai!...

Adesso disponeva sui fazzoletti le calzeed esaminandone unpaioosservava:

- Lavorano benecon queste macchine; ma qualche magliacomincia ad andarsene...

- Eh...

- Bel damasco! - disse poipalpando la tovaglia da tavolaestrisciando un poco sulle ginocchia verso il balconeper osservarla meglio allaluce. - Bella roba!... roba forte!... Questa dove l'ha presada Giammona?

- Noda Fischetti.

- Ah! giusto!... Le buone cose le ha lui!

Finito di ammonticchiare i pannisi alzòe presi i quattrocapi del lenzuololi annodò per ammaccare la grossa pila.

- Lei ha una bella roba... La meglio dei signori che servoio!... - Poi sospirò: - Anche mia figlia potrebbe avere qualche cosa di suoaquest'orase non fosse capitata con quello scellerato!...

Il fagotto era fatto. Intanto che si rimetteva in testa ilfazzolettola lavandaia esclamava:

- Ma la colpa è anche mia!... Bene mi sta! ci ho colpaanch'io se mia figlia è ridotta a questo stato!...

Afferrato il fagotto pel nodocon una prima spinta brusca loappoggiò al fiancocon una seconda se l'assestò sul capo.

- E come? - chiese la padrona.

- Come? - proruppe lei finalmente. - Che la voleva ilmarchese Malvizzi! Mi mise in croce per averlaprima che la maritassi. Quanteme ne disse! quante me ne fece direda mia comareda mio zioda tutti! Che laragazza gli piacevae non avrebbe badato a spesa!... Anche una casa le avrebbecomprataal Fortino!...

Nel suo rammaricola lavandaia faceva dei movimenti bruschicol capoe il fagotto tentennava; per non farlo caderelo sorresse alzando unbraccio ad arco.

- A quest'ora starebbe per casa suavestita e spesata intutto e per tuttocome una signora!... Bene mi sta!... Il marchese è unsignore ed uomo di parola; che anzi ne ha arricchite tante altreed anche lafiglia del suo servitore... Bisogna vederla come escein carrozzapiena dicose d'oro!... Bene mi sta! Fui io che non glie la volli dare!... La colpa èmia!...

Mentre stava per andarsenela signora avvertiva:

- Ti raccomando le tovaglie; non ci mettere troppo cloruro...

- Sissignoranon dubiti!... Ma quanto me ne sono pentitasignora mia!... Più di quanti capelli ho in testa...

 

 

Il viaggio a San Vito

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come era giorno chiaro e il sole penetrava dalle fessuredell'uscioCarmela saltò dal letto.

- Adessolasciami andare...

- Un momento!... vieni qui... T'ho a dire una cosaveramente!... - esclamò Nitto Larosaallungando un braccio e afferrandola perla camicia.

Ma lei si difendevasorridendoprotestandodandogli deipizzicotti per impedirgli che le facesse il solletico.

- Lasciami andare... è tardi!... a quest'ora tua mogliem'aspetta!...

- Ha aspettato me tutta la notte!... Può aspettare ancora unaltro poco...

Allora lei cominciò a rideredifendendosi sempre menocontro l'armeggio di Nittoche l'attirava a sé; poi esclamòfinalmenteliberatasi:

- Glie ne fai vedere di tutti i coloria quella tua poveramoglie!

- Io?... E tu nodunque?...

- Certe volteanche mi sa male!... Se si dovesse accorgeredi qualche cosa...

- Lei?... ah! ah!... - Larosa ridevarivoltandosivoluttuosamente nel letto. - Tu non la conosci!...

- L'altra voltaperòalla sartorial'ho sentitaminacciareche mi parve come volesse dire a noi!...

- Cos'èhai paura?... Se ti dico che non la conosci!...-ripeteva Larosaintanto che Carmelaaperta la finestrella che dava sullacortecominciava a vestirsi. - Sentirlapare che debba mangiarsi mezzo mondo;ma cane che abbaia moltomorde poco... Un ragazzo l'abbìndola...

- La fortunadici piuttostoè che io sto tutta la giornatainsieme con leie che i nostri quartieri sono lontani... Se nopotrebbesuccedereDio liberiun guaio!...

- Ti dico di no!...

- Eh!... tu non l'hai sentita a parlare!... A tenon diceniente...

In gonnella dinanzi allo specchiocon le braccia nudes'acconciava i capelliperdendo tanto tempoche Larosadal lettoesclamò:

- Adesso fretta non ne hai più?... Per chi sono tutte questespese?

- Per chi hanno da essere? - rispose Carmelavoltandosi discatto. - Credi che la gente sia tutta falsa come teche dici di volermi benee quando te ne vai di quilo sa Dio dove vai?...

Fingendo di non capirelui riprese:

- E alla sartoriauomini non ce ne vengono?

- Perché non lo domandi a tua moglie?

Datagli quella risposta con un tono di finto corrucciocomeuna rappresagliaCarmela gli voltò le spalle per finire di pettinarsi.

Cominciando anche lui a vestirsiLarosa la chiamavaconparolette dolcicon supplicazioni insistentichiedendo perdono; ma leicomefosse offesanon gli dava rettapassandosi la veste rosaassestandosi in capolo scialle di merletto nero e inquadrandovi il viso.

- Vieni quisimpatia!... - insisteva Larosama solo quandofu pronta lei gli s'avvicinò.

- Fermosenza sciuparmi!... - avvertì indietreggiandocomel'altro minacciava di brancicarla.

- E adessoquando ci vedremo?

- Quando si potrà... Sono inquieta per tua moglie!...

- Un'altra volta?

- Che cosa le dirai per l'assenza di stanotte?

- Le dirò che sono stato alla stazioneper lavoristraordinarii... - rispose Larosa calcandosi sul capo il berretto gallonato conla R e l'S della rete sicula.

- Basta!... Ora me ne vado. Ti raccomando la chiave: mettilaal solito posto... Fermonon mi sciupare!...

E sgusciandogli di manouscì nella via. Camminava a piccolipassibattendo i tacchitutta raccolta nello scialledalle cui maglietraspariva il rosa tenero della vestee abbassava un poco gli occhicon unprincipio di sorrisoalle occhiate che le rivolgevano i maschi con cuis'incontrava. Arrivata in Piazza del Carminesi fermò dinanzi all'uscio didonna Venera Larosa e picchiò.

Nessuno rispose.

- Se n'è già andata?... - chiese alla vicina fornaiachestava seduta sulla soglia della sua bottega.

- No; non ha ancora aperto.

- Dormite ancoracomare? - esclamò alloradietro l'usciocontinuando a picchiare. - Andiamoche a quest'ora Madama aspetta!

S'intese un rumore di paletti e donna Venera s'affacciò alfinestrino.

- Sono qui... vengo...

Parlava con una voce così raucaed aveva gli occhi cosìrossi sul viso patitoche l'altra disse:

- Cos'avetecomare?... Vi sentite male?

- No... non mi sento niente... m'ero un poco addormentata...- e intanto finiva di aprire.

- Ma dove avete dormitose il letto non è disfatto? - dissela fornaiaentrata anche lei. - E vostro maritodov'è?...

Allora donna Venera si mise a piangeresilenziosamente.

- Non è tornato a casatutta la notte... L'ho aspettato inpiedisenza chiudere un occhio!... Ogni passo che sentivomi pareva lui...Dicevo: Madonna delle Graziefatelo tornare!... Niente... non s'è visto!...Non gli bastava di piantarmi giornate intere... anche la notteadesso!...

I singhiozzi le spezzavano le parole. Carmela guardava perterracosternata; ma la fornaia disse:

- Che gli sia successo qualche cosa?

- Già... - ripeté allora Carmela - se gli è successoqualche cosa?

Allora donna Venera esclamòcon violenza:

- Cosa volete che gli sia successo? Questa è la vitaccia chefa semprelo svergognato! con le peggio ciabatte!... Ma se ne capito unacom'è vero Diole strappo gli occhi! con queste mani! prima a lei e poi alui!... - E stendeva il bracciocoll'indice e il medio minacciosamenteappuntati.

- Macomare... - prese allora a dire Carmelatimidamenteaggiustandosi lo scialle addosso. - Alla ferrovia sapete com'è... ci sonolavori straordinarii... specialmente se si guasta qualche macchinae ilconvoglio non arriva.

- Che macchina e che convoglio!... - riprese l'altraconimpeto. - Alla ferrovia non gli è piaciuto di restare sui treniquandoguadagnava due e tre lire al giorno di piùsecondo le miglia che facevae incasa si vedeva un poco di grazia di Dio!... Ma sui treni non poteva andare acaccia alle ciabatte!... e prima si fece mandar viapoi è tornato allastazione dove non fa nientee quel poco che guadagna lo scialacqua con questa econ quella!... La disgrazia è che non ne ho trovata nessunaancora; ma se latrovo!... vorremo ridere!... non vi dico altro!...

Carmela dissecon un tono convinto:

- Per menon ci credo!... Vostro marito si vuol divertirecome tutti gli uominicome voleva divertirsi il mio - sant'anima! - ma a questonon ci credo... Per meè successo qualche cosa alla ferrovia.

- Sentiremoquando verrà - disse la fornaia.

- Sìstarete fresca!... Come se dicesse mai la verità!...È più bugiardo dell'eternissimo diavolone!... Ma saperlodevo!... saperlo!...- e donna Venera picchiava con una mano sull'altra.

La fornaiadopo un poco di silenziosuggerì:

- Alloraperché non fate un viaggio a San Vito?

- Giustoperché?... - ripeté Carmela.

- Ci avevo pensato! - rispose donna Venera. - Ma io a SanVito non ci sono mai stata; il viaggio non so come si fa...

- Come si fa? Non ci vuol niente - spiegò la fornaia. -Bisogna essere in due: una dice le devozioni e l'altra sta attenta ai discorsiche tengono i passanti. Voi andateper esempiodi qui alla chiesa di San Vito:la sapete dov'è? Sopra i Cappuccini... Ahlo sapete? va bene; dunquetutte lepersone che incontrate per la strada dicono qualche cosa. Ora San Vitoneidiscorsi della gentevi dà la risposta che volete sapere. Arrivata allachiesavi buttate ai suoi piedi per lodarlo e ringraziarlo.

Donna Venera stava a sentireattentamente.

- Un santo miracoloso!... che primaanzic'era la suastatua tutta d'orocon gli occhi che si muovevanocome fossero di carne... maora non c'è piùcon questi scomunicati del governo che hanno spogliato iconventi!...

- Voi l'avete fattoil viaggio?

- Eh! tante volteper me e per altre!... E San Vito mi hafatto sempre sapere quello che volevo. Sentite questa: una voltaperdetti lachiave della cassapanca; cerca di quacerca di làla casa fu messasottosoprama non era chiave che si trovava. Allora dico a mia comare:«Facciamo il viaggio a San Vito». Camminacammina; mia comare diceva ledevozioni e io stavo attenta ai discorsi delle persone... Niente! Non si capivaniente!... Quando siamo vicini alla porta d'Aciche si sta per salire aiCappuccini e arrivare a San Vitola comare dice: «Sapete che cosa vi dicocomare? Questo è viaggio che bisognerà ricominciare un'altra volta». Perchési fa duetre volteil viaggiofin quando San Vito dà la risposta. Iorispondo: «Adesso che l'abbiamo cominciato bisogna finirlo». Tutt'ad un colpopassando davanti al banco del notaio Distefano - sapetesotto il palazzoToscano - c'è uno che legge un avviso ad un altroe dice: «Si vende ilgiardino». Il giardino! Bisognava cercare in giardino!... Cerco la chiave nelgiardino e la trovo sotto le lattughe!...

Donna Venera stava a sentirecogli occhi aperti.

- Se volete sapere cosa fa vostro marito - rispose la fornaia- fate il viaggio a San Vito! San Vito non sbaglia. Io v'accompagnereise nonfosse che ho la fornata pronta

- Voi ci siete stata? - chiese donna Venera a Carmela.

- Altro!... - rispose questaprontamente. - Anzisevogliamo andarci insieme...

- E Madama?

- Possiamo domandarle il permesso.

Allorapassandosi una mano sugli occhi rossidonna Veneraprese lo sciallese lo buttò addossoed uscìdopo aver chiuso.

- Se vienequesta è la chiave; - disse alla fornaia cherientrava nella sua bottega.

- Va bene... E attente ai discorsi - avvertiva ancora - atutti i discorsi. Certe volte pare che non vogliano dir nientema bisogna stareattentipensare semprefin quando viene l'ispirazione...

Donna Venera e Carmela s'avviarono insieme per la sartoria.Dapprincipionessuna parlava; ma donna Venera chiese:

- E voiil viaggio a San Vito lo avete fatto molte volte?

- Come! L'ho fatto sempree l'ultima voltaanziper lamalattia del mio povero marito - sant'anima! - che i denari se ne andavano tuttia medicinee intanto non aveva sollievo... San Vito mi fece indovinareperchédue cristiani ai quali passavo accanto dicevano: «Chiamane un altro...». Cosìchiamai un altro dottore e stette meglio... Ma poi il nuovo medico se ne andòin campagnatornò l'antico... e il Signore me lo prese!...

Carmela spiccicava le parole a una a unae scrollavamestamente il capotirandosi in su lo scialle; poi riprendevacon voce amara:

- Almenose vostro marito vi dà qualche dispiacerevoi loavete sempre; non come me!... che sono rimasta sola al mondo!... Ahcomarenonvi lamentate!... Voi non sapete che cosa vuol dire questo!... Bisogna averpazienzavedeteche al peggio non c'è fine!...

- Questo è vero...

- Altrose è vero!... Ma vostro marito vi vuol bene; non ècapace di farvi tanto tortocredete a me...

- San Vito lo dirà! - e donna Venera alzò gli occhi alcielo. Erano arrivate sotto il portone col cartello: Madame Duvalrobes etconfections. Salirono. Nell'anticamera le lavorantiattorno alle macchinefacevano uno strepito assordantee Madamavedendo arrivare le due donneesclamò:

- A quest'oravenite?...

Carmela parlò per tutt'e due:

- Madamamia comare non sta bene... non ha potuto chiudereun occhio tutta la notte... a segno che l'ho trovata a letto... Oralei devefarle la carità di permettere che vada dal medicocon me... Mezz'oranonmancheremo più di mezz'ora.

Come Madama voltò loro le spalleesse ridiscesero.

- San Vito mi deve perdonare la menzogna- riprese Carmela -ma le potevo dire la vera ragione?

- Giusto- riconobbe donna Venerachinando il capo.

Sul punto di uscire dal portone l'altra raccomandò:

- Adesso voi cominciate a dire le devozioniche io stoattenta...

- PadreFigliuolo e Spirito Santo... - donna Veneracominciò a dir Credi e Salve reginecol capo bassoe Carmela leandava accostoguardando a destra e a sinistra.

Pel vicolo di San Giuseppe un fruttaiolospingendo la suacarrettella piena d'arancigridava: «A tre palanchedolci come lozucchero!...»; una madre picchiava un ragazzo dinanzi alla bottega: «Ahnonla vuoi finire? ahno?...» e due uomini discorrevano sul marciapiede: «Ioglie l'ho detto: se non la buttano a terra...».

- Ancora niente- osservò Carmelaintanto che donna Veneracontinuava a borbottare le sue preghiere. - Ma San Vito ancora è lontano...

«A chi dici?... A te!...» due monelli venivano alle mani;una donna spingeva un asino: «Aha... aha!...». Intanto sul corso un crocchiodi persone stava raccolto dal lato opposto a quello in cui si erano messe ledonne. Carmela disse:

- Andiamo lì... sentiamo cosa dicono; - e traversò la via.Ad un trattoun carro fu quasi addosso a donna Venerache col capo chino nonvedeva niente; il carrettierecon la frusta levatabestemmiava:

- Sangue di Giudache siete sorde?...

Ancora tutta tremante pel pericolo appena scansatodonnaVenera si lasciava guidare per mano da Carmelala quale esclamava:

- Avete sentito? «Che siete sorde?». Questo è unavvertimento; vuol dire che bisogna stare più attenteche adesso sapremoqualche cosa!...

E si fermò vicino al gruppo degli uomini.

«Sono tutte castronerie!... Vorrei vederese fosse un altropaese!... La colpa è del Prefetto... Dice che gli faranno una dimostrazionecontro... Chiacchiere! Chiacchiere!...».

Le due donne restavano a sentireintente; e donna Veneradimenticava di recitare le sue preghiere. Ma come uno di quelli si voltòvedendo Carmelae si mise a sorriderlelei riprese subito per mano la comare.

- Andiamo viaquesti l'hanno col Deputato... Niente ancora;ma non siamo neppure a mezza strada!...

«Col tempodiventano cronichebrutte malattie!...».

Dei frammenti di conversazionedei salutidelle frasispezzate dove non si capiva nulla.

«Chil'avvocato?... Io non vi andrò... I miei rispetti...Bisognava scriverlo...».

Risalendo pel Corsopassavano rasente alle botteghepersorprendere quello che vi si diceva. Un signoreuscendo da un orologiaioinsistevacol capo dentro: «Mi raccomandoche sia presto»; un vecchionellafarmacia di Guglielminoesclamava: «Una cosa mai veduta!...» e Scutoilsartoconsegnando un involto di robe a un giovaneordinava: «Portali a casaper gli occhielli...». Carmelarallentando il passo come stavano per arrivarealla Porta d'Acisi guardava inquieta intornoporgendo l'orecchiononperdendo una parolaintanto che donna Venerascrollava un poco il caporecitando avemmarie.

- Pazienzacomare!... Il viaggio non è finito ancora... epoive l'ha detto anche la fornaia: si fa due e tre voltefin quando San Vitorisponde...

- Dell'Ògninasono!... pesci dell'Ògnina!... - gridava unpescivendolocon le sporte sotto il braccio.

- Non dubitate; che San Vito ce lo dirà dov'è stato vostromarito...

In quel momentocome sboccavano alla Porta d'Aciun signoresaliva rapidamente in carrozzella e diceva al cocchiere: «Prestoallastazione...».

- Comare!... Comare!... Avete sentito?...

Carmela urtava col gomito il braccio di donna Veneracheaveva nuovamente smesso di pregare e si guardava intorno.

- Avete sentito?... Alla stazione!... È stato alla stazione:è chiaro sì o no?... Ve lo dicevo io!...

- Alla stazione?...

- Ha detto così... Questo è San Vito che parlacomare!Andiamo presto in chiesa... voi intanto dite un paternostro e un'avemaria...Alla stazione; lo dicevo io!...

E come voltarono pei Cappuccinialcune persone ferree sottoil Tribunale leggevano un gran cartellonecon una testa di pagliaccio dipintain rossonel mezzo.

«Entrata dei fratelli Zirilli... L'uomo volantefaticastraordinaria...».

- Comare!... Comare!... - Carmela riprendeva a dar gomitate adonna Venera: - Avete sentito?... È stata una fatica straordinaria... pelconvoglio!... Vostro marito ha lavorato alla stazionecomare: qui non c'èdubbio!...

Donna Venera aveva adesso un'espressione di meraviglia nelvolto.

- È vero... hanno detto così...

- Questo è San Vitocomare... San Vito che parla con la suastessa bocca!... Lo vedetese avete torto di prendervela con vostro marito?...AhSan Vito sia lodato... Venite quicomare; leviamoci l'arsura...

All'acquaiolo del chiosco ordinò due ponci: limoneanice e acqua; porse lei stessa il bicchiere alla comarebevve poi d'un fiato epagò.

Adessoforbendosi la bocca col fazzoletto cifrato e odorososu per l'erta dei Cappucciniriprendeva:

- Io ve l'avevo detto!... Non era possibilequello che voidicevate!... Adesso a San Vito gli credete? San Vito non inganna i suoidevoti... Ora siamo quasi arrivate... Io ci ho piacereperché m'angustiavedere discordie tra marito e moglie...

Parlava rapidamentecome liberata da un gran pesocogliocchi luccicantitirando lunghi respiri.

- Eccola làla chiesetta... San Vito miracoloso!... Èaperta!... Adesso dobbiamo accendergli una lampada...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- FINE -