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Marfisa

PIETRO ARETINO


TRE PRIMI CANTI

DI MARFISA

DEL DIVINO PIETRO ARETINO

Iosef Santa Fior'

A I LETTORI DELLE VULGARI OPERE

SOPRA I TRE PRIMI CANTI DI MARFISA

DEL DIVINO PIETRO ARETINO

Sempre si è visto e conosciuto in voiumanissimi lettoriquando il tempotalor piú d'ozio vi porgetrovandovi dalle vostre piú gravi cure toltivolger gli animi vostri a quelle operazioni che piú al cuor apportino summagioia e a la propria vita utile e lodecome effettualmente per ognuno usar sidebbe; e piú ch'in ogni altra azzione vi vedo oggi intenti a l'opere e letturedella vulgare e tosca lingua e sí ne le diverse rime quanto nella prosa; laqualancor che quasi in ognuno dilettiè di non picciola gratitudine eutilità per pascier in un tempo gli orecchi e la mente di nuove e varie cosetanto de gli ascoltanti quanto de i lettorioltre all'imprender il modo d'accommodarsia un piú belloesquisito e succinto parlarecome già vediamo in ogni amatordi virtú esser a tutto suo potere d'essa lingua imitatore. Or ecco che a vostrouniversale diletto vien fuor impresso il terzo canto della decantata Marfisa deldivino Aretin poetaunito e raggiunto co gli altri dui di prima in luce uscitiil quale voi trovereteoltre alla dolcezza e leggiadria del stilenon meno dibelle materie arguto e dilettevole che gli altri primi duicome leggendopotrete intendere; e poscia non vi fia grave il render grazie all'accuratissimoe cortese impressore suoil quale a intento delle grazie vostre ve ne fa co glialtri dui copiamosso forse d'affettuoso zelo che tal canto non andassi solo dagli altri vagando. Et in tanto esser potrà che il divino auttor dia fuor ilresto dell'opra sua a requisizione e voto di quelli che piú le grazie d'essogodono e mentre questi tre faranno a gli altri lor fratelli la scortaessendoda voi visti et uditi con allegro animo.

Vivete lieti.

CANTO PRIMO

1

D'arme e d'amor veraci fizioni

vengo a cantar con semplice parole

tacendo come in ciel nascano i tuoni

gli error di Cinzia e 'l faticar del Sole

perché 'l secreto de le gran cagioni

de l'alme cose a noi celar si suole

e stassi in maestà de la natura:

ella il feceella il saella n'ha cura.

2

Canto la donna invitta et immortale

chesubito ch'al ciel s'alzò Ruggiero

l'ira e 'l duol nel cuor suo fu tanto e tale

che dubbia seco a raccontarlo il vero.

Turbò 'l regno divinturbò 'l mortale

e fe' tremar sin al tartareo impero

ond'è l'inclita sua eroica gloria

sempiterno alimento d'ogn'istoria.

3

Gentil Cupidoinculto orrido Marte

per le saette d'orper l'asta fera

aggradi a voi che le mie nuove carte

crein d'e gesti antiqui una chimera

e 'n virtú vostra sien col sole sparte

u' tosto aggiorna e dove tardi assera

l'altrui opre mendaci e la bontade

per far vergogna a la presente etade.

4

Bell'onor che n'acquista il secol nostro

che rivolga l'istorie di Turpino

e di lor canti con pregiato inchiostro

ogni spirito eccelso e pellegrino

ond'ioanime avarea biasmo vostro

scorgo al ciel per drittissimo camino

chi non fu e fia sempree voi ch'or sete

foste un dí 'n vita e 'n morte un dí sarete.

5

E benché 'l Signor miomagno e fecondo

d'alme virtúd'alte eccellenzie sole

sia tal che nessun viengli oggi secondo

(e questo è quel che in furor pommi e dole)

sua largità non basta a un sí gran mondo

come al cielo una lunaun Dio e un sole.

Bastaria forse bene ella fra noi

se la terra ubidisse a' merti suoi.

6

Reale Alfonsoch'ora immortalmente

l'almo trofeo del fortunato Augusto

spiegate al sol del gran diadema ardente

del sacrosanto uccel felice e giusto

potess'io dir di voi ciò che 'l cuor sente

di voi che aprite a Marte il calle angusto

ch'al suon farei d'e vostri gesti santi

le stelle fisse andarrestar l'erranti.

7

Di Cristo e d'onor servomentre l'una

mano a indorar la nostra età tenete

l'altra a la verga con cui la Fortuna

vera amica di Cesaremovete

e quel che in molti il ciel largo raduna

per sommo don di Dio voi solo avete.

Dovrebbepoi che in me non è 'l valore

aitarme ogni stile a farvi onore.

8

Dovrebbe il mondoquasi a fida stella

l'ostie sacrare al vostro nome pio

a guisa de l'antica età novella

chebramando offerir gli 'ncensi a Dio

adorò 'l solpoi che luce piú bella

non vide in cielo; e ciò proprio ho fatt'io

chenon vedendo altro di ben fra noi

l'anima inchino solamente a voi.

9

Per cosí alta cagion la penna mia

move a lodar con fervido e buon zelo

del ceppo almo i germogli onde uscío pria

il legnaggio di voi sceso dal cielo

ch'ogni chiara d'altrui geneologia

vince d'onor nel sempre verde stelo.

Ma da voi mi toglie or l'alto Ruggiero

ch'è de le spoglie del nimico altiero.

10

Poi che Ruggier per viva forza estinse

Rodomonteterror d'uomini e dei

sol l'arme al re scinto dal corpo scinse

che de la palma sua sono i trofei.

In questo un stuol di voci al cielo spinse

la commune letizia e i semidei

testimoni del chiaro alto valore

dier corona di lodi al vincitore.

11

Rotto è 'l forte silenzio che s'impone

per real legge al suon de l'aureo corno

al bel numero immenso di persone

ch'al teatro di Marte ondeggia intorno

quando al sangue et a l'oro si prepone

l'onor da questo e quel di ferro adorno;

porta il grido Ruggier sopra le stelle

sol " Ruggier " suona in queste parti e in quelle.

12

Quella serena gioiache disparve

nel real prandio da ogni lieta fronte

quando a citar Ruggier con l'arme apparve

il temerario ardir di Rodomonte

com'egli caddeil sol che riede parve

le cime a 'ncoronar d'ogni alto monte:

squarcia il velo al timorrentra in ogni alma

e segno face ognun d'allegrezza alma.

13

D'elmo lo sgrava il gran signor d'Anglante

e l'immortal campion di Montalbano;

Marfisach'ha i trionfi nel sembiante

si trassi a contemplar l'empio pagano;

la dolce innamorata Bradamante

bascia al suo dio la vincitrice mano

avendo ancorabenché fosse ardita

dal suo bel viso ogni beltà smarrita.

14

E se ben ella come il suo signore

non combatté con Rodomonte fero

tutti quei crudi colpi ebbe nel cuore

ch'avuti per lo dosso avea Ruggiero:

mentr'ei guerra mortal fece di fuore

ella dentro contese col pensiero

e l'avea quasi posta a l'ore estreme

il desio caldo e la gelata speme.

15

Ecco il magno re Carlo tutto ardente

di zel paterno e fuor per gli occhi versa

quella gioia suprema la qual sente

l'alma che gode in suo desir conversa.

Con la bocca e col cuor teneramente

bascia Ruggiero e gli ha la faccia aspersa

di lieto pianto e in tal vittoria vede

la chiara eternità de la sua fede.

16

Il dignissimo invitto re Sobrino

colmo d'una incredibil meraviglia

prese il gentil e bel caval Frontino

per la gemmata e d'or lucente briglia

in cui salío l'egregio e pellegrino

gran vincitor con sue ridenti ciglia

con somma riverenzia et umiltade

de la sua coronata maestade.

17

Sobrinvie piú d'onor che d'anni pieno

che tempie e man di palme e di corone

sempre ornòora allenta e stringe il freno

a' desir del gran Carlo e gli dispone

grado degno di luich'ha ricco il seno

di consigliodi fédi voglie bone;

ma oggi il valor suo piú raggi mostra

poi ch'ei confessa la credenza nostra.

18

Or al suon vivo de le voci altere

che miste con diversi alti stormenti

crean romor che 'n sino a l'alme spere

s'allegrano e i pianeti e gli elementi

move Ruggiero e par ch'el mondo impere

e 'nnamori di sé tutte le genti

sol col sembiante e gli trionfa in fronte

la maestà di sue virtuti conte.

19

In mezzo a due corone somme e sole

mosse Ruggier magnanimo e divino.

A Bradamante s[u]ol diletta e dole

l'onor che face a lui Carlo e Sobrino:

l'aggrada che s'onori il suo bel sole

e le dol che vorria nel bel camino

compagna essergli sola e mirar fiso

Marte ch'ad Amor cede or nel suo viso.

20

Ella il divo Ruggierche in terra adora

segue in disparte e seco parla e dice:

" Verrà mai quella dolce e beata ora

ch'io sol de l'angel mio goda felice? "

Né sofferendo il tardar che l'accora

poco mancò (s'è ben biasmo e non lice)

ch'a lato a quel che l'arde ella non corse

n'altro che l'onestà la tenne in forse.

21

Le vengon dopo i buon servi di Marte

ragionando con l'inclita Marfisa

de l'aspra oltra misura forza ed arte

che domò in campo il gran signor di Risa

nel corpo di colui che in ogni parte

l'umana gente ha distrutta e conquisa

et insepolto ora si giace il crudo

spettacol de la plebeorrido e nudo.

22

Mossa da generosa e di lei degna

virtúnulla invidiando a l'altrui gloria

disse Marfisa: - Poi che l'alta insegna

seguo di Marte e ch'ho d'uomin memoria

unqua non vidi spirto ove ardir regna

aspirar con piú cuor a ogni vittoria

né piú sicur di quel di Rodomonte

né aver piú orror ne gli occhi e ne la fronte. -

23

- E veramente chiunque ha fama al mondo

nel vestir arme contentar si pote

terz'essergli d'onornon che secondo -

del figliuol di Pipin disse il nipote

né si sdegnò del suo valor profondo

raccontar l'opreancor che fosser note.

Lo conferma Rinaldo e replica anco

ch'ei fu guerrier singolarmente franco.

24

Ma s'ei fu di valor solo et invitto

chi è Ruggier che di lui ten la palma

e tolto gli hadove fu morto e vitto

l'animo alter da l'alterissima alma

e l'anima dal corpo in terra afflitto

e dal corpo de l'arme la gran salma

e da l'arme l'eterno e sacro onore

e da l'onor le lodi e lo splendore?

25

Ma tosto ch'ebbe Rodomonte l'empio

dal mondo nostro sempiterno bando

nel bel Parigi il fer mortal suo scempio

la vaga Fama publicò volando

onde sonar le squille in ciascun tempio

del fin del gran pagan Dio ringraziando

il qual pur dianzi entro le regie mura

mise il fuocola morte e la paura.

26

Ed era ancor per la gran villa il segno

di sue forze orgogliose senza fine;

piú d'una mole e piú d'un tetto degno

vedesi a terra in ceneri e 'n ruine;

urne infinite sculte in bel disegno

son piene d'ossa di genti divine

l'alme di cui la sua possanza ardita

dié da la prima a la seconda vita.

27

Onde lieta la bassa e l'alta gente

fa vota la città famosa et alma

con gioia universale e amor fervente

portand'in man lauro et olivo e palma.

Fassi il suon de le trombe ognor piú ardente

di ciascun Ruggier scorge il cuore e l'alma

ciascuno è intento a pensar seco come

possa onorargli l'onorato nome.

28

Ora i signori a la gran porta entraro

toccando al vincitor esser primiero;

succede a lui il magno Carlo chiaro

poi ven Sobrinpiú che mai saggio e fiero;

con Orlando e 'l cugin vennero a paro

la moglie e la sorella di Ruggiero;

passò senz'ordin poi con voglie pronte

ciascun signorecavalliero e conte.

29

Il popol per le strade è corso e incalca

l'un l'altro sí che in dietro Ruggier fassi:

sembra essercito alter quando cavalca

e che d'ogni ordin fuor a alloggiar vassi

che quel ch'è in mezzo a la noiosa calca

va innanzi dieci e 'n dietro venti passi

e consumar il sol col giorno vede

e a pena move il ritenuto piede.

30

Ruggiero alteramente mansueto

resta a l'intrico e sempre gente cresce

e 'n sí grato e dolcissimo diveto

ciascun balcon nembi di fior giú mesce.

Al fin lo stuol con vero affetto lieto

lasso ne la gran piazza a gran pena esce

ove di trombe e squille odiasi suono

che 'l fa nel ciel minor folgore e tuono.

31

Sente Ruggiermentre gran gloria il mena

quasi in carro superbo e trionfale

di sí divin piacer l'anima piena

ch'in se stesso egli oblia tutto il mortale;

la propria lode udir vera e serena

spiegare e aprir gli fa le piume e l'ale

e d'ineffabil gioia acceso in zelo

senza il carco terreno ascese in cielo.

32

Salito a le lucenti case eterne

presenti i deidiègli corona Giove

di sacre frondi immortali e superne

bel guiderdon di sue divine prove;

poscia riede qua giúche ben discerne

quant'il ciel sopra lui di favor piove;

or ei salío signorilmente adagio

per marmorei gradi al gran palagio.

33

Giunto ch'è il mezzo dio ne l'ampia sala

tra 'l re Sobrino e Carlo imperadore

restò chius'a una porta a mezza scala

la patrizia e plebea gente di fuore

e mentre i paladin fangli intorn'ala

con somma reverenzia e sommo onore

apparve Bradamante e porse al collo

le belle braccia al suo terreno Apollo.

34

E poi ch'ella ebbe replicati lieta

i legittimi bascil'arme sole

gli spoglia virilmente e in ciò s'acqueta

suo cuorche mai pensar d'altro non vuole.

Ruggier con dolce vista e mansueta

i suo begli occhiin cui s'annida il sole

quando parte dal dífiso rimira

e per soverchio amor d'amor sospira.

35

Ma non par che Ruggier per ischerzo abbia

combattuto col re nomato tanto:

simiglian l'arme sue proprio la sabbia

che 'l fiume scemo a sé lascia da canto

ch'è giunto il sole e con ardente rabbia

secca l'umor che la fea mollee intanto

la terrache da lui mal si difende

in ogni parte si ragroppa e fende.

36

Carloche solo al ciel divoto chiede

grazia sí alta che 'l gran merto possa

gradir con guiderdon qual si richiede

a chi di man la palma a Marte ha scossa

per darne al mondo gloriosa fede

fece porre le dure e domite ossa

di Rodomonte sopra un marmo intero

che un tempo andò di tai reliquie altero.

37

Comandò anco che fossero ridotte

nel tempio principalsospese in alto

l'arme smagliate e orribilmente rotte

di quel che volse a Dio movere assalto

(vestille il re d'Algier dopo Nembrotte

e d'antiqua bontà col ver l'essalto)

e questo titol d'or sotto li mise:

" Di Rodomonte fur. Ruggier l'uccise ".

38

Ubidissi del re l'alto talento:

fu de l'arme arricchito il tempio tosto

e 'l mortoche d'e vivi era spavento

dove finí suso un pilastro è posto

a guisa che si suolposcia che 'l vento

e la fortuna ha lasciato discosto

dal mar profondo il mostruoso pesce

che non può rientrar ne l'acqua ond'esce

39

onderimaso in su la salsa arena

l'animal sí terribile atterrato

s'impende con fortissima catena

u' 'l busto orrido appaia e smisurato

ch'un gli entra ne la bocca e 'l crede apena

l'altro l'ha con gran passi misurato;

tal è 'l gigante estinto in fere tempre

e intorno ha gente a contemplarlo sempre.

40

Sembra ancor Polifemo allor ch'ei dorme

appoggiato ad un sasso in vista oscura

che i satirche seguite han le sue orme

vedutol adagiarsenz'altra cura

de l'orride unghie e del ciglio disforme

prendan con tirsi e canne alta misura;

e par di Rodi il guasto corpo noto

il Colosso che ruppe il terremoto.

41

Fe' poi Carlo saper per ciascun clima

per suoi fidi e solleciti corrieri

qual in Parigi Sua Corona stima

per onorar le nozze di Ruggieri

fare una festa che sen vada prima

fra quante mai vide ne i giochi fieri

l'invitta Roma e la prudente Atene

e tre lune il suo termine contene.

42

Otto giorni a durar la gran festa have:

di larveballi e musiche è 'l primiero;

il secondo aventar s'ha il palo grave

canne et archi a tirarsaltar leggiero;

vedrassi il terzo se in battaglia pave

l'indomito caval del leon fiero

e se i cuor giovenili accesiacerbi

i torvi temeran tauri superbi;

43

comedie il quarto e correr palî il quinto

da femineda vecchi e da cavalli;

il sesto in giostra avrà l'un l'altro vinto

al coragioso suon d'aurei metalli;

libero campo è l'altro dí distinto

per chiunque ha ne i marziali balli

a troncar litee in un trionfo fine

i giochi avran con pompe alte e divine.

44

Portò la Fama al dritto et al traverso

de la festa real care novelle

tal che tosto lo seppe l'universo

e s'apparecchia in foggie altere e belle

gente a venir fin da l'Atlante al Perso.

Già 'l grido è giunto al regno de le stelle:

l'ode Angelica diva e venir vuole

in Franciaella e Medorcon grazie sole.

45

L'ode Ganche in Pontier se stesso cela

che invidia di Ruggier l'alma gli rode

e mentre stassi a l'ordir l'empia tela

del tradimentotal novella egli ode

onde ciò ch'ha nel cuor pien d'odio vela

con industria malvagia e cauta frode.

In tanto il re d'Algiernato in mal punto

su la ripa letea gridando è giunto.

46

L'anima del tremendo Rodamonte

che pur dianzi Ruggier dal corpo sciolse

ardita giunse al fiume d'Acheronte

né trapassar su la sua conca volse

anzi senza cercar varco né ponte

per lo livido umore il passo volse

sempre il cielo e l'inferno bestemiando

e salvati e perduti minacciando.

47

Caronche 'l spirto furibondo vide

l'acque passar fuor del costume eterno

incontra vienli e lo minaccia e stride

tal che fa ribombar tutto l'Averno.

Quell'anima bizarra il sguarda e ride

e disse: - Se i dimon del crudo inferno

sono come sei tusuperbo mostro

per certo oggi sarò principe vostro.

48

E come vivo il mio soverchio ardire

ha sbigotito il mondo e la natura

vo' morto ancora m'abbia ad obedire

nel centro ogni perduta creatura.

Io son quel ch'era al viveral morire

sí che fuggi da mesozza figura

se non teco la barca e queste genti

vi gettarò sopra gli tetti ardenti. -

49

Rispose il nochier aspro: - Esci di l'onda

e sali in questo paventoso legno

che tosto andrai dove tua colpa immonda

avrà la punizion di che sei degno. -

Il bestial spirto allor piglia la sponda

de la nave che induce al basso regno

e suso orribilmente il fiero ascende

e 'l passaggier per la gran barba prende.

50

Con la destra la barba e i crin irsuti

con la sinistra il furioso tiene;

la barcach'è di vimine tesciuti

il grave e strano pondo non sostiene;

d'anime ch'eran d'uomin mal visciuti

carica essendoa rovesciar si viene:

cade lorocad'egli e il vecchio rio

ne l'umor nero del perpetuo oblio.

51

L'ombra del re defonto a volo corre

ne l'acqua tenebrosa e seco tira

l'almela naveil patrone vuol torre

il stato a Pluto e tutto avampa d'ira

e le transite ciurme brama porre

forsi nel ciel e in sú turbato mira

e cosípien d'orgoglioil fiero arriva

con la disutil preda a l'altra riva.

52

Mentre Pluton si duol cresce un grid'alto

e fallo il prigionier vecchio Caronte

che vede preparato un fiero assalto.

Il crudo e formidabil Rodomonte

il qual s'ha tolto dal bagnato smalto

è corso nel ferrigno ardente ponte

ch'ha l'inserrabil porte (il ponte allora

non avean gli demoni alzato ancora).

53

Quand'il spirto rabbioso il salto mosse

sopra il ponte infernal con furia altiera

con tanta forza et impeto lo scosse

che 'l centro fe' cangiar abito e c[h]iera;

serrò Plutonnon sapendo chi fosse

dentro una bolgia incognitaaspra e nera

Proserpinase non che in rauca voce

disse queste parolein vista atroce:

54

- Mal nata gentech'oggi meco ardete

di quel foco che incende uomini e dei

dove pietà non èpietà prendete

di meofferta a casi novi e rei

e per amor di quella a cui tenete

l'ombra ancor serva in dolorosi omei

salvatime il mio regnoanzi il mio bene

che l'inferno col viso in gaudio tiene.

55

E se ciò fatei' vo' tenervi ognora

per cari amici e del mio stato a parte

e tutt'il mal che l'infenito ha ora

dolce in voi fiacon privilegio e carte

et in eterno assolverovi ancora

del martír che l'inferno ' ognun comparte

e vo' guidare in questa '<n>fernal chiostra

per sempre l'alma d'ogni donna vostra.

56

E voisepolti solamente in face

che mercé de l'error tienvi in martíre

me difendendo da periglio audace

parte del duol toravi il vostro ardire. -

Detto questoPluton con duol si tace.

L'ombre poscia ebbe delle tombe a uscire

s[u]ol per grazia acquistar e il premio tanto

dal crudo re del sempiterno pianto.

57

L'anima d'Agrican franca e sicura

la prima fu che presentossi innante

a l'infocata e paventosa mura;

secondo fu lo spirto d'Agramante;

l'altre ombre aparse con sembianza oscura;

venne da poscia Trufaldin errante:

se ascose per viltà fra strani impacci

tra serpimostri e vive fiamme e ghiacci.

57 bis

Quando il gran Dio sentí giunger là suso

l'orribil suon di strani accenti rei

ne la maestà sua restò confuso

sé restringendo agli altri sommi dei.

D'ira santa infiammato guarda giuso

ove lo spirto aver crede i trofei

ed è già là con l'alto pensier dentro

de l'ardentegelato e tristo centro.

57 ter

Dio mira e vede le tartaree genti

corse a furor su l'infelici mura

et aciò che 'l ministro d'e tormenti

non tenti impresa fuor d'ogni natura

e 'n mano avendo duo folgori ardenti

per far al rio fratel danno e paura

gli aventa irato e l'uno e l'altro telo

accennò d'abruciar questo e quel cielo.

58

Ecco i folgori scender dal pol alto

d'orror focoso e orribil foco armati

(mugg<h>iono i tuoniquei prendendo il salto)

e i nuvoli disfarsiarsi e spezzati;

crolla il furor tutto il terrestre smalto.

Son gl'infernali dei sí spaventati

che 'l padre lor dice tremante e fioco:

- Qual foco è quel che 'l mio spegner vuol foco?-

59

Or le saette sfavillanti e accese

toccan d'abisso i tenebrosi tetti

ch'odite le celesti e forti offese

radoppiò tema e rinovò sospetti.

L'ira superna sopra Dite scese

né fe' sortirqual pensò forseeffetti;

forse abbatter pensòe segna a pena

de' rei la casa di spavento piena.

60

L'immobil terrach'ode il ciel che freme

e sente il centro ch'aspro suon ribomba

non sa che farsi e sbigottita teme

l'eccelso albergo e la tartarea tomba;

di giú fanla tremar le voci estreme

e di sú 'l fuoco ch'alta nube piomba

tal ch'en dubbio confuso pensa il mondo

se 'l fin suo è ne l'alto o nel profondo.

61

Sol del gran re di Sarza l'ombra forte

dal corpo altier fieramente espedita

che (pur che ci pensasse) da la Morte

per forza si faria render la vita

di nulla teme e per vie dritte e torte

col pensier rio già la vittoria addita:

vuol regnar qual Plutone e con voce alta

sul ponte de l'inferno ardita salta.

62

L'ode e crede Pluton ch'altro Ercol vegna

con nuovi eroi de la magion terrena

per sua donna involar u' vive e regna;

odepiange e si duol con forte pena;

e mentre nel dolor s'adira e sdegna

ogni alma gode di letizia piena

pianger vedendo in disusati accenti

l'inventor de le pene e de' tormenti.

63

Dice ei: - Cittadin meiè qui chi tenga

ardir tal ch'a l'altrui metta paura

e 'l nimico che vuol spegnermi spenga

con sua forza invincibil e sicura?

S'alcun n'ha 'l centroal mio cospetto venga

che fin che 'l foco e 'l giel qui dentro dura

gli prometto levar tutti i martíri

ch'ei pate eterni in questi ardenti giri. -

64

Odendo ciò tutto l'abisso rio

vuol tuor l'impresa e far al duolo schermi

onde disse il fratel del primo dio:

- Non spero in voitimidi spirti infermi

ma nel valor che fe' pagar il fio

al mondo e gli uomin fe' d'orgoglio inermi.

S[u]ol colui ch'ebbe piú trionfi in terra

per la sua pace e mia prenda or tal guerra. -

65

- Se quel ch'ebbe piú spoglie e piú trofei

per te die' vestir l'arme e tor la lancia-

disse Gradasso - a me sol lasciar dèi

l'impresa che tu temi e io tengo ciancia

perch'io sol vinsie 'l sanno uomini e dei

in un dí Carlo e i paladinie in Francia

forni' duo voti che ' adempirne un solo

poco è 'l valor da l'uno e l'altro polo.

66

Fece voto il cuor mio d'animo caldo

dispregiator di tesori e di regni

conquistare d'Orlando e di Rinaldo

morte e terror d'umani orgogli e sdegni

il cavallo e la spadae in virtú saldo

presto compi' miei singular disegni

e sol la mia mercésicuro e franco

l'un cavalcail'altra mi cinsi al fianco. -

67

Non puote supportare il vanto altiero

il gran figliuol d'Agrican Mandricardo

ma con sembiante minaccioso e fiero

disse: - O Plutonquesto signor gagliardo

lasciàn gir com'ei fu mio prigioniero

e qual vilmente egli involò Baiardo

e Durindanach'io di man li tolsi

quando la viltà sua publicar volsi;

68

Astolfoun cavallier che nel profume

suo nome tiene e però vago odora

di quei che col vantar soglion far lume

a i gesti lor che non han vita un'ora

questo Gradassoch'esser sol presume

gettò con scherno de la sella fora

con una lancia d'or senza valore

che per giostre d'amor trovolla Amore. -

69

Con terribil rossor Gradasso ascolta

sue venture sí crude e stranie e tante

e la risposta che gli ha 'l ver disciolta

gli 'nterrompe il grandissimo Agramante

dicendo: - Non mi fia la palma tolta

se 'l valore al valor proponsi innante;

qual convi<e>nsi il mio grado oggi s'osservi

ch'io re trentadoi re tenni per servi. -

70

- Per serve trentadue corone avesti-

il tartar gli respose in suon profondo

- ma non la miache con suoi propri gesti

la fama t'impennò piú volte al mondo. -

- Non son - disse Gradasso - manifesti

i fatti di chi fu primo o secondo?

Non ti vergogni tu per virtú porre

l'opra che ti vestí l'arme d'Ettorre?

71

Arte di donne innamorate e belle

a cui servisti a l'uso feminile

non tuo valorti dier quelle armequelle

ch'a torto assicurar tuo corpo vile.

Pon forse il nome tuo sopra le stelle

il furto fatto a Stordilan gentile

de l'alta figlia? or son tue lode tante

d'un red'un uomd'un cavalliero errante?

72

S'io caddicader femmi incanto forte

non d'Astolfo viltà posemi in duolo;

se in mezzo al campo e de la regia corte

mi levasti di mano il ferro solo

piú biasimo ch'onor ven che t'apporte

(e questo il sa tutto il vivente stuolo)

l'atto inumano e temerario e quale

conviensi ad uom che di disnor vuol l'ale.

73

Com'io fui prigion tuo il vero sallo

vie piú chiaro che 'l sol sotto la luna;

uccise meseguendo Marte in ballo

d'Agramante la ria forte fortuna;

ma 'l vil cuor tuoche ti fe' sempre fallo

non avendo nimica stella alcuna

da Ruggierd'anni verd'e d'arme cinto

fu con poco onor suo traffitto e vinto. -

74

- A che piú contrastar? Sentenzia dia

il re d'e guai di tutto il merto nostro -

rispose Mandricardoil qual faria

s'ei fosse in cieltremar l'eterno chiostro.

Dice Agramante: - Io credo che qui sia

notato con il mio anco il far vostro

e se puote veder nel libro eterno

chi mandò piú di noi spirti a l'inferno. -

75

Disse il tartar ridendo: - Inclito sire

già di regni potente infra i potenti

di me facesti ben con duol morire

per l'altrui man piú numero di genti

ma piú uomini uccisicaldo d'ire

che tu non festi e in queste tombe ardenti

l'ombre lor fede eterna ognor faranno.

Adunque innanzi a' tuoi miei merti vanno. -

76

Disse Pluton: - Signorqui Radamanto

ciascuna lite racqueta e recide

et in me non fa men la doglia e 'l pianto

se 'l testimon de le memorie fide

giudica cui di voi merta piú vanto.

Il vostro alto valor ch'ognun conquide

vagliamisignor mieivagliami or ora

che 'l nimico m'assalminaccia e accora. -

77

Nel tacer suo del tartaro l'empia alma

sen vene innanzi e a guisa d'uom contento

con dir: - Vo' darti vincitrice palma

senz'altra aita e chi t'oltraggia spento;

ma leva in prima a l'ombra mia la salma

de l'eterno amoroso empio tormento

chese non sciema u' non è spemespero

u' non si mor non vivre un lustro intero.

78

Serpentimostrigielfoco e catene

perpetua croce a l'alme senza emende

l'angosciose non son mie crude pene

ma la fiamma d'amor solo m'incende.

L'ombra mia franca sempre in tema tene

l'abisso e 'l cielgli offesi e chi gli offende

e i dei là sú e i dei qua giú confondo

con quello ardir col qual confusi il mondo.

79

Io soloin compagnia del mio gran cuore

del fer desiode la mia forza estrema

de' miei sdegnimie ire e mio furore

e de gli occhiterror di che ognun trema

e del mio natural sommo valore

(che dir prima dovea)ch'ogn'altro scema

la palma ti darò d'alta vittoria

tal che Giove avrà invidia a la tua gloria. -

80

Detto ciòa mirar lor quasi sdegnando

ad Agramante e a[d] Gradasso in fera

voce gridò: - Tornate al mondo errando

e 'n Francia dispiegate ogni bandera

voi una spada et un caval bramando

e voi per pompa e non per gloria vera

che sol beato in ciascun mondo parme

quel che sacra ad amor l'anima e l'arme. -

81

Rispose il padre rio del centro diro:

- N'anco il ciel può scemar le fiamme sue

e se patir non puoi lor fer martíro

spegne le miech'io spegnerò le tue. -

Volea seguirma gli uccise un sospiro

l'afflitte voci e fuor accese due

facelle col sospiro e com'ei tacque

l'aspre guancie rigò con bollenti acque.

82

Or Rodomonte fierche morto e vivo

al nostro e al mondo suo diede terrore

l'abisso assale in atto orrido e schivo

e 'l proprio ha in gli occhi fer del centro orrore;

tien Caron per la barba mezzo vivo

e d'ira e d'odio un'altra volta more

se d'odio e d'ira morir puote un'ombra

che 'l fral carco terren piú non ingombra.

83

L'alma superba in suon terribil grida:

- Rendetevi a mespirtie 'l centro aprite! -

e 'l signor d'e perduti a guerra sfida

con tutti i dei de la città di Dite;

posciaqual uom che con fosco occhio rida

con la virtú de le sue forze ardite

prese Caron fieramente nel collo

et al già re de' Tartari aventollo.

84

Et eivisto Caron quasi afflitto angue

l'aere caldo vogar con piedi e braccia

i graffi tinti di foco e di sangue

di man tolse a Plutonche in foco agghiaccia

et a chi vola senza penne e langue

le punte volge e 'l re d'Algier minaccia

et al colpo fa schermo ch'a gran fretta

venne in sú come in giú va la saetta.

85

Vola Caron e 'l destro braccio coglie

del figliuol d'Agrican con forza tale

che lascia i graffi per soverchie doglie

che gli dà 'l colpo de l'ombra immortale

e se non che la morte non discioglie

l'alma da l'alma in legge naturale

moriva l'ombra per salvar colui

ch'è guiderdon de le rie colpe altrui.

86

Gli sfavillanti graffiin man di Pluto

verga realcader nel ponte crudo.

Rodomontemal morto e mal vivuto

gli prende ardito e di quel s'arma il nudo;

fassi inanzi al fer uscio che 'l perduto

seme richiude et elmospada e scudo

gli sono i graffie giunta ira a la forza

romper d'abisso il varco empio si sforza.

87

A ciascun colpo che ne gli usci ardenti

del crudo spirto il crudo graffio piomba

s'ode il romor de l'anime dolenti

vilmente afflitte in questa e in quella tomba.

Ecco giú vene un groppo di serpenti

con sibilante suon ch'arde e ribomba

e tosco e foco spaventoso fiocca

da gli occhi perigliosi e da la bocca.

88

Il tartar gli aventò per vendicarsi

del colpo che 'n su l'anima gli pesa.

Tentano i serpiintorno a l'ombra sparsi

con l'aspre code far tenace presa

ma non ponno in sua alma aviticchiarsi

perch'ella con terribile diffesa

n'affoga e strazia e fieramente ride

mentre in ira gli affogastrazia e uccide.

89

Non ferno i serpi sopra Rodomonte

quei crudi nodi in doglia empia e proterva

che fer gli antiqui nel buon Laocoonte

il qual per dire il ver puní Minerva;

monstra 'l suo spirto l'aspre forze pronte

che in marmo a Roma il miser anco osserva

vivaci símercé de lo scultore

chebenché sasso siasente dolore.

90

Mandricardocui diede ira al furore

senza punto temer chi si dà vanto

di porre il giogo al regno del dolore

sul ponte salta col suo ardir cotanto

e d'un urto il gittò nel stigio umore

che varcar nessun puote senza pianto.

Rompesi l'acqua e suona u' ei cade e nota

e l'alta ingiuria alteramente nota.

91

Mentre salvarsi l'ombra audace tenta

e le braccia et <i> piè notando accorda

quello che pensa piú men si ramenta

e le tempre del noto stempra e scorda

perché l'umor ch'ogni memoria ha spenta

gli spruzza in boccaond'ei non si ricorda

ciò che far debbee 'n giú e 'n sú per l'onde

l'oblivion l'aggira e lo confonde.

92

Quando 'l vide Pluton nel fiume scuro

con grido fer ch'orribilmente suona

disse: - Il primo che scende or questo muro

di funereo cipresso avrà corona.

L'assalto è vinto invincibile e duro

s'alcuno a gir là giú se stesso sprona;

scendete omai e col vostro ardir forte

dateglise si puoteun'altra morte. -

93

Mandricardoch'al primo immenso mondo

vinse l'invitte e chiare forze estreme

non vuole soff<e>rire or nel secondo

di compartir suo onor con gli altri insieme

onde con voce d'un furor profondo

disse a colui ch'a mentovar si teme:

- O tu l'ombre ritene a Dite dentro

o ch'io l'uccido e a te ruino il centro.

94

Basto sol ionon solo a darti vinto

chi vincer vuolma il ciel voglio punire

che senza mio rispetto ardendo ha spinto

su i tetti nostri sue saette dire.

Tornarò al mondo di mia gloria cinto

e tutto il seme uman farò venire

con la salma del corpo al basso inferno

acciò l'alma e la carne arda in eterno. -

95

Smarrissi chi smarrir face il terrore

al minacciante dir de l'ombra nuda.

Il travagliato re de l'acqua fuore

su la ripa letea fermossi cruda

poscia con disusato empio furore

che l'ira interna fuor distilla e suda

fieramente rivoltoMandricardo

fe' temere e tremar sol con lo sguardo.

96

Poi se gli aventa e la man vincitrice

gli ferma adosso e sí lo stringe e preme

che nessun spirto nel regno infelice

patequal egli fapene supreme;

ma soffriscesi rode e nulla dice

spirando un fiato mentre langue e geme

onde aven quasi estinto nel duol caggia

che par che l'alma sua altr'anim'aggia.

97

Capriol pargoletto afflitto in terra

mal concio da gli adunchi e acuti artigli

da cui l'aquila altera a un tratto <'l> sferra

s'aven che del pastor temenza pigli

quando a torle la preda indi si serra

lo spirto serican par che simigli.

Or Rodomontea cui la Morte cede

l'anima lascia e move altrove il pede.

98

Subito ch'ebbe l'anima immortale

lasciata in duolporge le mani ardite

al muro ardente e con valor mortale

gí sino al mezzo a la città di Dite.

Plutonche avicinar vede il suo male

un colmo vaso di pene infinite

sopra gli gittae rotto con spavento

sprezza l'ombra ogni duoloogni tormento.

99

Di Pluton ride e dice in forte grido:

- Questi guai che mi getti e questi pianti

son l'arme che in battaglia usa Cupido

per trionfar de gli 'nfelici amanti

ma nocer non può a meche ti disfido

né giel né fuoco d'e tuoi mostri erranti

e temo tanto irato il centro e 'l cielo

quanto un vento rabbioso un sottil velo.

100

Forse c'è chi pensa ora ch'io nel mondo

perdei l'ardita mia spoglia reale;

al pensier alto altamente rispondo

sia pur d'un uomsia pur d'un dio immortale:

de le membra io lasciai l'orribil pondo

guastar dal ferro e dal voler fatale

perché l'animo miomia alma ardita

tenne a vil dal fral corpo avere aita.

101

Non vols'io che 'l vil corpo audace e forte

con sempre mio disnor facesse istoria

d'avermi dato fra l'armate scorte

il trionfola fama e la vittoria;

anzi stimai vita eterna la morte

non avendo parte ei ne la mia gloria

e credo ch'onor divo in quel si chiuda

che vince e doma ognun con l'ombra ignuda.

102

Or ch'espedito son d'ogni vil salma

e lo spirto ho senza carne e senz'armi

con la mia singolare intrepida alma

solo adorar dal sommo ciel vo' farmi.

Scuoterò poscia questa e quella palma

di mano al mondo e porrò 'l vivo in marmi. -

Il re d'e rei che lo rimira e sente

fuor di se stesso a ciò ch'ei fa pon mente.

103

Eich'ardea di rabbiosa ira e di sete

senz'altro dir ne l'onda ria gittossi.

Come il nero gustò liquor di Lete

d'esser estinto e far guerra scordossi

tal checarco d'obliocon voci quete

per via solinga ond'ei partí tornossi;

tornò dove l'antica profezia

del re di Caramanta s'adempía.

104

Predisse già quel buon mago prestante

ch'ei fora cibo d'e corvi di Francia

e fu nel gran consiglio d'Agramante

quando il fer Rodomonte il tenne a ciancia.

Ora l'almaterror d'anime tante

vede il suo corpo senza spada e lancia

a le schiere d'e corvi in preda andarne

e l'ossa biancheggiar senza la carne.

105

Visto il suo corpo miserabilmente

senza sepolcropien d'oltraggio e scorno

or di volere se rivolge in mente

nel suo caduto busto far ritorno

sol per mostrar che d'alma vita ardente

lo puote fare e di gran forza adorno.

Già tenne a vil che quel gli desse aita

or pargli onor se lo raccende in vita.

106

E mentre entrar dond'egli uscío si china

e con fier occhi mira il corpo estinto

l'altera opra a 'mpedire il ciel destina

lo stuol d'e corvi in color ner dipinto

a cui si volta con tanta ruina

che tremar face il piú lontan procinto

e perché il vol gli uccei ch'han tema sprona

l'ombra irata con lor non gli abbandona.

107

Dovunque i rochi corvi spiegan l'ale

gli segue l'alma altamente gridando;

si tene augurio di futuro male

dove i negri animai passan volando

ch'a sorte giunser con l'ombra immortale

al luogo sacro ove perísalvando

fede con castitàl'alma Isabella

ch'or splende in ciel vie piú d'ogn'altra stella.

108

Riconobbe il re fer nel nostro mondo

il per lui sacro a la sua diva tempio

la torre e 'l ponte e 'l gran fiume profondo

e 'l sepolcro del corpo senza essempio

ch'ha in ciel lo spirto a null'altro secondo

e fermossi ivi umilemente l'empio.

Ma la Musa che detta ciò ch'io canto

seco v'invita a riposare alquanto.

CANTO SECONDO

1

Quel dolce nodo che n'ordisce Amore

per la cara et amata libertade

tosto ch'egli entra in signoria del cuore

per cagion alta d'immortal beltade

mai scioglier non se puòse ben se more

perché con la medesma potestade

in vita e in morte intorno l'alma avinto

tenace stassi in bel disio dipinto.

2

E ben che bea del sempiterno oblio

gentil spirito acceso in questa vita

a cui fu da un bel vago disio

alta donna nel cuor viva scolpita

scordar non può il suo terreno dio

perché ne l'aspra et ultima partita

il cuore a la vicina alma s'appressa

e lascia in lei la bella effigie impressa

3

qual suol smeraldo d'alto pregio e ornato

d'imagin diva ne la calda cera

ch'avegna ch'ei sia poi guasto o spezzato

pur resta in lei la sua sembianza vera.

Or io torno al gran spirto innamorato

che lascia i corvi e se rammenta ch'era

anzi ivi è 'l sacro cener di colei

or viva e bella in grembo a i sommi dei.

4

Egli ha gustatocome già sapete

de l'umor de la mesta oblivione

che de far obliviar le triste e liete

rimembranze mortali è la cagione.

Ma 'l privilegio dal ciel dato a Lete

a nesun d'amor servo legge impone

onde l'ombra desia posarsi in pace

sino al gran dí dove Isabella giace.

5

Staravvi almense non sempreanni cento

ch'un vago spirto a gli occhi nostri occulto

errando va da ch'el suo corpo spento

senza funereo onor resta insepulto.

Or ei se ferma nel tempio contento

facendo spesso il bel sepolcro culto

superbo de le spoglie senza essempio

ch'ei vincitor già consacrò nel tempio.

6

Or egli appar sopra il disconcio ponte

visibilmente e guerrier sembra errante

e chiama or Isabella or Rodomonte

e fa Ecco rispondersi tremante.

In questo scende giú del vicin monte

un cavallier simíle a Sacripante

e può ben parer lui lungi e da presso

essendo ei quel che sol[o] sembra se stesso.

7

Sacripante il suon vivo attento ascolta

e li par Rodomonteonde il piè ferma;

tende gli orecchi a la voce disciolta

e che sia lui l'alto signor conferma

et u' il suon nasce il passo ardito volta

pur con l'almaqual suold'amor inferma.

Al ponte è giunto e quel sicuro sale;

lo guarda e tace l'ombra empia e immortale.

8

Ma perché fu sempre invid[i]a e ritrosa

donna d'amor che veramente è bella

cantaMusa gentile et amorosa

cantaio ten pregoquella donnaquella

che tanto bella fu quanto sdegnosa

e altera qual la piú felice stella

né degnarebbe il ciel s'al suo cospetto

non s'inchinasse ciascun spirto eletto.

9

Sa ben ogni gentil persona e degna

ch'Angelica io vo' dirsí bella e altera

che se in lei non spiegasse Amor l'insegna

i suo begli occhi avria per prigion fera.

Ellache 'l mondo aver per servo sdegna

con la sua stessa angelica maniera

Medoro aletta e con la rosea bocca

sue dolci labbia dolcemente tocca.

10

Basciolloe volti a' suoi gli occhi ridenti

ch'han prestato piú volte il lume al sole

la bocca aperse e spiraro i suo accenti

odor nati<o> di rose e di viole

e mossi i vaghi e bei robini ardenti

soave mormorio d'alme parole

sonar fra le sue perle in atto pio:

- Verrete voidolce Medoro mio? -

11

- E dove andremd'ogni mio ben reina? -

rispose il fortunato. Et ella: - In Francia

ad onorar real festa e divina

in cui gioco minor sarà la lancia. -

Et ei: - Sia tostoo nobil pellegrina

ciò che v'aggrada. - E l'una e l'altra guancia

tinse il vermiglio che far rosa sole

tra 'l fin de l'alba e 'l cominciar del sole.

12

De purpurea onestà tinto- Per voi -

diss'egli - andrei nel mar quando ha piú ira

nel foco eterno e con gran gioia poi

sopra il gielo e dovunque il mondo gira.

Amorche 'l saiper me giurar lo puoi

(e già de l'indugiar l'alma sospira)

s'io bramo de venirche sol col riso

me terrete mai sempre in paradiso. -

13

Cosí dicendoin atto dolce e umíle

con lasciva onestade e grazia sola

basciò de la sua dea la man sottile

onde Angelica a sé se stessa invola

e poi ch'asserenò l'aria gentile

in mezzo a i labbri l'ultima parola

li bevve con un basciou' l'alma corse

acciò del fervor suo non stesse in forse.

14

Quando Angelica il bascio dolce a pieno

gustò con l'alma e destillò con bocca

nel cuor d'affetto colmo e desir pieno

da un vital morir sentissi tocca.

Fuor del suo bello e bianco e gentil seno

la dolcezza d'amor calda trabocca

onde in suon che Medor ne l'alma sente

tai parole formò teneramente:

15

- Vita et animaaltero e solo obietto

di mia speme e d'amord'e desir miei

de gioir degno del mio fido petto

che di tal non goder già mai gli dei. -

Medoro aggiunge e con ridente aspetto

segue Angelica e dice: - Io non sarei

si voi non fosseet ho meco alto sdegno

non ve potendo dar altro ch'un regno.

16

Ma l'altezza di voich'ogn'altra eccede

prenda il nobil voler d'e miei fervori

ch'ove manca il valorbasta la fede

di cui si pregian men tutti i tesori.

Medorch'è nel cuor miosasselo e vede

quanti ha da sera e da mattina onori.

L'anima ancor pote giurarli come

reverisco et adoro il suo bel nome. -

17

Medor ne le parole dolci e sante

lo spirto inebbra e scorge nel bel viso

con gioia incomprensibil l'alte e tante

meraviglie che son su in paradiso

e per l'affezzion d'amor tremante

al destr'occhio d'Angelicain lui fiso

porse la bella boccadolce et alma

basciando a l'alma sua l'animo e l'alma.

18

Poscia ch'ebber di sguardi e basci grati

gli occhi e i labbri notriti in gioie sole

e gli orecchi attentissimi cibati

de la dolce armonia de le parole

disse colei a colui ch'ebbe i fati

amici qual la terra il giorno e 'l sole:

- Subito estinto il dísignor miochero

che noi prendiam per Francia il bel sentiero. -

19

Detto ciòdi contesto e terso argento

orna sua belle e delicate membra;

propio d'angelo è suo bel portamento

e non del mondodel ciel donna sembra.

Comparte il dolce oro il velo e 'l vento

e cui veder già mai sola rimembra

ninfa seder su i fiori o in selva dea

dica: " Angelica è tal "non " tal parea ".

20

D'un bel<l'>abito verdericco e strano

poscia vestí suo bel caro tesoro

in cui ritratto avea sua dotta mano

di bei diamanti " Angelica e Medoro ".

Veramente angel sembra in corpo umano

al vestirea' sembiantia' capei d'oro

e un dolce foco di color di rose

le tenere gli ardea guance amorose.

21

Conchiusa con dolcezza alma e gradita

nel propio dícome la notte imbruna

la segretta e [la] crudel fatal partita

ch'avrà contra e le stelle e sole e luna

Angelica ad armar l'idol suo invita

e l'armò ellache fu nel mondo una

con dir: - Voi porterete a casa nostra

gli alti trofei de la famosa giostra. -

22

Col giorno il sol sen gía e 'l denso velo

spiega la notteonde la coppia bella

porse i begli occhi al bel sereno cielo

e col guardo gli accese ogni sua stella;

poi mosseardendo d'amoroso zelo

sopra degni cavalli et egli et ella.

Vanno soli ambo doi e Amorch'è duce

per camin destro gli scorge e conduce.

23

Ma le bellezzea l'altrui morte pronte

per cui sospira il ponente e 'l levante

m'avean quasi di mente tolto il ponte

ove ascese pur dianzi Sacripante

ch'odendo e non vedendo Rodomonte

entra nel tempio ch'ei se vede inante.

Pria se disarma e poi a l'erbe elette

le spoglie sue sicuramente dette

24

però ch'egli era sí dal caldo vinto

di ch'ardeo il cieloa quel d'amor congiunto

ch'ei teme non tornare in polve estinto

non ristorando gli spirti in quel punto.

Il buon corsier nel bel prato dipinto

lascia discioltoe nel gran tempio giunto

qual l'opra empito l'ha di meraviglia

lo dimostra co i labbri e con le ciglia.

25

Mentre ch'ei va quel magister guardando

sopra un sasso pietosa assisa vede

alma donnaa cui disse sospirando:

- Sete voi ninfa o dea? - Io son la Fede

dal secolo malvagio posta in bando -

li rispos'ella e un bianco velch'eccede

la neve e 'l lattesantamente stende

al foco soprae 'l foco non l'offende.

26

Inchinossi il re chiaro a quella diva

a quella a cui si squarcia ognora il fianco

(da lui non giàche sol l'adora e aviva

né forse un sí buon servo ha veduto anco);

poi a la veste co i pronti occhi arriva

piena di macchieet un sol lembo ha bianco

ma sí lucente ch'el lume gli offese

e la cagion per cortesia le chiese.

27

- L'abito che me vedi era una vesta

del color de le perle- ella rispose

- in cui giàquasi in specchioquella e questa

buona età l'opra sue scorgea famose;

or ogni manoa violarmi presta

dopo il mentir de le promesse cose

se forbisce a' miei panni e tai colori

son l'alte destre d'e piú gran signori.

28

N'altro rimaso m'è che questo lembo

semplicenettodelicato e vago

il qual lavò nel suo casto e bel grembo

Isabelladi cui sol or m'appago

et al sol d'e suoi lumi senza nembo

l'asciugai e 'nbiancaiond'io la imago

ch'è cener quicelèbro ognor di lei.

Falle onorsommo res'amante sei. -

29

Fe' reverenzia il re di Circasia

al sacrato e bel vaso e gli occhi affisse

ne la tomba onorataqual copria

le gelide ossae pien d'affetto disse:

- O gloriosa donnao donna pia

in cui tutte sue grazie il ciel prescrisse

quanto è diverso il mio fero destino

da la felice sorte di Zerbino!

30

Sante reliquieche morendo deste

a l'altre donne di voi chiaro essempio

ben degno è che di voi memoria reste

sí sprezzaste del ferro il duro scempio.

Zerbin beatoqueste graziequeste

son sole al mondoond'io d'invidia m'empio

poi che te fur le braccia sue per sorte

lett'almo in vita e pio sepolcro in morte.

31

Anziinvidia non t'hogentile amante

del godere e gioir in terra e 'n cielo

di tua donna bellissima e costante

che 'l mondo bea ancor col suo bel velo;

io vorrei ben ch'a le mie pene tante

la mia facesse men le fiamme e 'l gelo. -

E mentre egli ha l'alt[r]a parola sciolta

un terribil romor gli l'ebbe tolta.

32

L'alto e forte romor nato improviso

ven da lo spirto solo e innamorato

sul caval suo visibilmente assiso

e de le sue gloriose arme ornato.

E come il re gli ebbe rivolto il viso

- Temerario! - gridò - qual empio fato

ti mena or qui a tor l'arme e 'l cavallo

a chi punir te può di maggior fallo? -

33

Ride l'ombra superba e 'l corsier alto

fa girar d'ogni manlo spinge e tene;

or lo galoppaor fallo andar di salto

quando correndo a sciolto freno vene

ecco tutto l'afferma su lo smalto

poscia ne l'aria mezz'ora il sostene.

Freme il circasso e fer se gli avicina

e mena con la spada alta ruina.

34

Finge l'alma la fuga e non pon mente

al re ch'a gran furor dietro li move

dicendotutto acceso d'ira ardente:

- Da le man mie non può camparti Giove! -

L'ombrache 'l minacciante parlar sente

quasi tema venir seco a le prove

tremando il caval fermaonde il re degno

li mena un colpo ch'è sol ira e sdegno.

35

Mena un colpo il buon re u' l'elmo eletto

termina con l'usbergo e foco e maglia

sparge per l'aria e se crede in effetto

la palma conquistar de la battaglia

perché l'elmo saltò sul campo netto

ma ombra e vento e fumo <et> aere taglia.

Allora l'alma del gigante ingiusto

tenne a cavallo senza capo il busto.

36

Di meraviglia sínon di paura

empissi il cavalliergli occhi torcendo;

intanto apparve in sua propia figura

di Sarza il recon gran voce dicendo:

- Procacciatisignornuova armatura

ch'or questa a la mia dea sacrare intendo. -

E 'n quel che 'l gentil sire ebbe a voltarsi

sparvero l'armeond'ei non sa che farsi.

37

Resta qual uom ch'alto miracol vede

che s'affige pensosoe dice seco

è e non èe l'afferma e nol crede

col vero dubbia e ' aperti occhi è cieco.

Al fin lascia il cavallo e al tempio riede

al tempio al corpo d'Isabella speco

e 'n su mirandotra scudielmi e 'nsegne

p[r]ender vede sue arme uniche e degne.

38

Li par sognar esser nel tempio e pargli

veder dormendo e l'insegne e gli scudi

e mentre stassi confuso a mirargli

sente un che dice: - Con miei colpi crudi

da forti cavallier feci lasciargli

qui giunti armati e via partiti ignudi. -

Riconosce la voce e gli è molesta

e vegghiando se stesso scuote e desta.

39

Ei non sapea che Rodomonte forte

fosse stato il trionfo di Ruggiero

né ch'avesse nel campo avuto morte

il guerrier già terror d'ogni guerriero

che l'avria con parole alte et accorte

chiamato a nome e chiesto al re sí fiero

la verace cagion che 'l tene errando

nel mondo nostro e da l'inferno in bando.

40

Risolve al fin senz'arme girsen via

ch'aver le sue non puònon avendo ale;

cosí del tempio in gran pensier partia

e disse al cener d'Isabella vale.

Giunto al bel pratosul caval salia;

trapassa il ponte e d'elmo non li cale;

entra in un bosco e dove il sentier piglia

s'incontra in una nuova meraviglia.

41

Sente una vocecui ode ogni stella

creata da un cuor pien d'alti martíri.

Mentre l'ascolta scorge una donzella

che l'aria fiammeggiar fea co i sospiri;

li parve a un tratto la sua donna bella

e volti gli occhi con vezzosi giri

languidamente al ciel mesta dicía:

- Merita questo l'innocenzia mia? -

42

Tremò a Sacripante il cuor nel petto

e 'l sangue da sue guancie dileguossi

tornò di terra il suo vivace aspetto

morí la voce in quel ch'ella creossi;

parve uom notturnoil qual senza sospetto

ne l'impese reliquie ricontrossi

che li fugge il color e ven di gelo

e se li torce adosso ciascun pelo.

43

La real donna al verde tronco avea

le treccie d'or lucente avinte in guisa

ch'arte né forza scior non le potea.

Una vecchia la guarda in molte risa

che la madre d'e secoli parea

sul tempo antiquo adagio e stanca assisa.

Piange la bella donna in pena dura

ma taccio ora di lei l'empia ventura.

44

Sento omai l'alto suon de l'auree trombe

veggio l'altere pompe e gli apparati

del gran Parigi e parme che ribombe

il nome in ciel d'alti guerrier pregiati;

veggio uno stuol di candide colombe

in sembianza di donne in gesti amati

spiegare usanze non spiegate altrove

cheno che un reonorarebbon Giove.

45

Ruggiertanto divin quanto eccellente

ne' servigi d'Amore e 'n quei di Marte

ha ne l'almonel cuore e ne la mente

sol la sua donna e a lei l'alma comparte;

ei toccavedegustaintende e sente

sol co i sensi di lei; resta ella e parte

con le virtú di lui et ambo assembro

un'alma a cui obedisce ogni membro.

46

Venuto è in corte il vecchio duca Amone

bramoso di veder se il ver risponde

a la fama di quel cui ognor corone

tessano a gara le famose fronde.

Di se stesso esce quando gli occhi pone

nel gran sembiantedove se confonde

de gli uomini la gloria e l'alterezza

e piange lieto in ultima vecchiezza.

47

E a Dio volgendo il cuore e le parole

disse: " Signorbenché i miei vizii rei

indegni sien de le tue grazie sole

per bontà tuanon merto miovorrei

del seme suo veder figli o figliuole

e che tu li aggiungesse anco i dí miei

i dí ch'ho vissi troppoe s'a te piace

serrar poi fammi i felici occhi in pace. "

48

Ciò ch'Amon nel cuor sentesente Carlo

gioisce il conte et è lieto Rinaldo;

quel che ridir non se puote io non parlo

basta ch'ognun d'alma letizia è caldo.

Con quai tempre arda Amor non so ritrarlo

Bradamante e Ruggier in fervor caldo

ma dicalo per me chi se riposa

in paradiso talee sposo e sposa.

49

Mentre l'altera sposa e 'l sommo sposo

pendenti al collo l'uno a l'altro stansi

per lo Danesepaladin famoso

alti apparecchi a l'alte feste fansi.

A i signor peregrin nel gran pomposo

del re palagio commodi agi dansi

e a pena il potria dir penna immortale

come vestite son camere e sale.

50

Ove il cavallo e il fer leon sicuro

a vincer s'hannoè con arte ordinato

in guisa di teatro un saldo muro

al commodo d'altrui facile e grato;

per cui brama finir col ferro duro

lite mortale è fatto ampio steccato;

a i tauria la giostra e al corso altero

gran luogo ha procacciato il grande Uggiero.

51

Ma un romor che tutt'il mondo scote

l'aria cinge d'orrorconturba l'onde

e le genti palesi e quelle ignote

fa temere e tremarqual vento fronde

un terribil valor che vuole e pote

non pensato dal stil che se confonde

per forza il cantar mio volge a' suoi gesti

acciò l'alto suo nome or manifesti.

52

Desto è in quel clima dove nasce il giorno

et ha ciascuno in sé color di notte

un re ch'el mondo a girar d'ogni intorno

sí alter non vedee fu men fer Nembrotte.

Ha tanto cuor che tien disnore e scorno

del valor suo se non ha guaste e rotte

l'alte sede celesti e non dà cura

d'esser secondo al Dio de la natura.

53

Stassi in Biserta e 'nvittamente sede

nel real tronoove 'l desio l'accende

d'el ciel salirche insignorirsi crede

sin del lume del sol dove piú splende;

e tanto a Giove e a Marte in valor cede

quanto il mare ad un rio che 'l fio li rende.

Fratel fu di Don Chiarfiglio a Gherardo

ch'un sdegno il diede a un dio vano e bugiardo.

54

Gherardopadre al buon Don Chiaro invitto

ch'al tempo d'Agolante uccise Orlando

fatto nimico a Dio dal duol trafitto

morío avendo un picciol figlioe quando

potette gir sopra i suo piedi dritto

giuròcome il vecchio empio andò lasciando

su l'Arcorano innanzi a Macometto

a la vendetta offrir la fronte e 'l petto.

55

E perch'ei nacque quando in Aspramonte

fe' 'l sangue già piú d'un corrente fiume

il fero padre nomol<l'>Aspromonte

nome conforme al suo crudel costume.

Un angelo a par suo fu Rodomonte

e poder piú che Dio solo presume

e hassi vinto il giovin foribondo

la monarchia ch'ebbe Agramante al mondo.

56

Trenta due teste ornate di corone

a la maestà sua tributo danno

onde un numero immenso di persone

tosto in campo a suo nome arriveranno

perch'in Francia passar l'alter dispone

(e v'anderà con sua vergogna e danno)

e già nel fiero cuor l'arme prepara

per far del gran fratel vendetta amara.

57

Egli è 'n convito con terribil festa;

cibansi i re con gran timor fra loro.

Mensa non fu già mai simile a questa

ch'ha tutti i vasi di smeraldo e d'oro;

è di diadema cerchiato ogni testa

né tanta pompa è ne l'eterno coro

n'altre vivande gustano i campioni

che cuor di draghi e nervi di leoni.

58

Gl'invitti eroitrofei d'e gesti conti

tengan beati sé standogli innante

ma com'ei torce i feroci occhi e pronti

trema ogni ardito dal capo a le piante.

L'etade sua gli ha cinque lustri conti

ha forza estremaè d'animo costante

tien poca barba e veste orridi panni

qual ha fatto a' dí nostri il gran Giovanni.

59

Scorciati ha i crin la sua terribil testa

ha 'l fronte alteroha minacciante il guardo

le ciglia oscure e la sembianza mesta

le guancie piene e 'l parlar crudo e tardo

picciol vento al cuor suo move tempesta

ha 'l pensier pari a l'animo gagliardo

largo promette e osserva realmente

e dove è piú valor piú dar consente.

60

Finito il prandioa guisa di corona

saliti in piedei principi famosi

stan d'intorno a colui ch'alt[r]o ragiona

d'imprese degne e d'atti coraggiosi;

parla di guerra e sí quel parlar suona

ne i cuor d'e redi guerreggiar bramosi

che ne' medesmi gesti ognun se scaglia

con cui movano il corpo a la battaglia.

61

Di parlare in parlardi cosa in cosa

voltarsi a contemplar la loggia altera

che in sé tene opra sí meravigliosa

ch'a prova è l'arte assai del ver piú vera.

Nel primo quadro è la torre famosa

del gran Nembrotte e la vil turba v'era

ch'atende a l'edifizio e ognun s'adopra

perch'a onta di Dio si compia l'opra.

62

Nel secondo è l'istoria d'e giganti

orridi figli a l'universa Terra:

dico lo stuol d'e crudei frati erranti

che 'l ciel prender tentar con nuova guerra.

Guardano insuso in sí fieri sembianti

che ciascun che gli mira il volto atterra

però ch'ha 'l solo e pellegrino ingegno

posta un'altra natura nel disegno.

63

Nel spazio ultimo è finto il crudo inferno

corso da l'uno e l'altro semideo

con lor gloria e disnore e duolo interno

del tristo imperator del centro reo.

Veggonsi vivi dentro al fuoco eterno

quei che con l'armee non col suon d'Orfeo

domar le Furie e portar fieramente

l'anima e 'l corpo a la città dolente.

64

Aspromontecompresi i chiari essempi

che nel petto gli han posto un altro cuore

et a i lor fatti impossibili et empi

di piú sdegno arricchissi e piú furore

e minaccia di far crudeli scempi

d'ogni immortale et infernal signore

e fa sgombrar de la sala ogni turba

che d'alte imprese ogni alto cuor disturba.

65

Poscia congrega a general consiglio

trenta duo re ch'al suo cospetto vede.

Lieto gli guarda e con terribil ciglio

gli 'nginocchiati fa levar in piede

e cominciò: - Senza aprezzar periglio

col valor mio ch'ogni valore eccede

benché impossibil sia vo' con mie prove

tor l'inferno a Plutone e il cielo a Giove.

66

E quando io penso che 'l mio pensier degno

prima di me pensar le genti accorte

che viste avemo in natural disegno

ch'al centro e al ciel ferno serrar le porte

meco vegno in tanta ira e in tanto sdegno

se non che di me teme insin la Morte

m'ucciderei et hommi nel cuor miso

in abisso impor leggi e in paradiso.

67

Andrò là súe tolti i fuochi ardenti

di mano a Gioveabbrucciarò sua prole;

vo' dar legge io col cenno a gli elementi

la luna al giorno et a la notte il sole;

non spirarans'io nol comandoi venti;

vo' ch'umane le fere abbian parole;

vo' 'l mar senz'onde e 'l ciel privo di lumi;

torrò per dargli a i monti i piedi a i fiumi.

68

Voglioessend'io nel cielche i cuor divoti

preghin medi ciascun posto al governo

e che per tutti i tempî eccelsi e noti

s'adori il mio gran simulacro eterno;

l'ostiegli 'ncensigli innii fuochi e i voti

porgansi al nome mio solo e superno;

se nonfulminarò con mortal pondo

la rotonda e gran machina del mondo.

69

Vo' che chi erra al cielo empireo ascenda

e chi non pecca giú nel centro vada

quel che merta servir che in grado splenda

cui degno è di salir che in basso cada;

voglio che la Fortuna nel crin prenda

chi aggrada a meche per virtú di spada

farò ciò ch'io desio per forza d'arme.

E chi può quel ch'io bramo oggi vetarme?

70

Sí che tosto insegnatemi una via

per cui girmen là sú possa almen solo;

bastando l'ali de la fama mia

mi levare' in questo punto a volo

manon potendo tanto e c'è chi sia

esperto del camin de gire al polo

or ora prenderò col ciel la guerra

ch'è vil cosa ad un re vincer la terra. -

71

Doriongioven re de l'Alganzera

che de l'andar non esce d'Aspromonte

di senno voto e pien di forza fera

cui la natura sua mostra nel fronte

d'aspro parlare e di persona austera

che tanto suda al pian quanto nel monte

né sa chiunque si sia Pluton né Dio

e tene indifferente il buon dal rio

72

costuich'ha gli occhi grossi e 'l guardo losco

torti i capelli e con duo peli il mento

e di color che pende in rosso fosco

con un riso villantutto contento

disse: - Signorte solo oggi conosco;

de l'abisso e del ciel morte e spavento

tu sol sei cielo e abisso e tu sol puoi

a gli uomini et a' dei far ciò che vuoi.

73

Però comanda a ciascun gran signore

saliti là sú sol per forza d'ale

ch'aprano il cielo al tuo real valore

che sei di lor piú vero e piú immortale

e se s'indugia ad ubidir due ore

ardiamgli il regno suo sommo e fatale

e vedremmossa a fuoco e a fiamma guerra

chi pote piú: essi in cielo o noi in terra.

74

Piú oltrere d'e repenso e favello

fa' monte sopra monte anche tu porre

su i monti ogni cittade e ogni castello;

sopr'essi d'uomin poi forma una torre

et alzati a punir cui t'è rubello.

Ma chi meglior consiglio ha da preporre

parlich'io taccioe chi parlar non vuole

a te dia fatti in vece di parole. -

75

Risero i rech'avean l'animo e 'l senno

conforme al suodi sue real chimere

ch'ad Aspromonte una baldanza denno

che già li par ciò ch'ei brama ottenere

e per ch'ognun ragionavacol cenno

legò la lingua a le corone fere.

Melegro in questore di Caramanta

con orrido atto in piei se stesso pianta.

76

Gigante era Melegro e la sembianza

ha gigantea e cosí il cuore e 'l volto

e qual ciascun d'aspra persona avanza

cosí è piú d'ogn'altro audace e stolto.

- Gran tempo è già - diss'ei - ch'ebbi speranza

salir là sú per veder Marte <'n> volto

e con l'arme provar al vile dio

chi piú degno è del cieloo egli o io.

77

Ma orasommo reche nel ciel alto

vuoi pur salireanch'io voglio seguirti

e di là sú giú nel terrestre smalto

gittarem i divin[i] semplici spirti

bench'è disnor di prender chiaro assalto

co lo stuol de gli dei sú nei calli irti

ch'edificata s'han l'alta cittade

per pompaper superbia e per viltade.

78

Pur mi pars'a te parche di dragoni

prenda una schieradi quei fier ch'han l'ali

due d'aquile e due altre di grifoni

congiunte insieme; poi sopr'essi sali

e me e chi tu vuoi presso ti poni

per ch'alentato il freno agli animali

ci portaran sicuri armati in cielo

e quel distruggerem col nostro telo. -

79

Cosí dicendo il fier gigante e forte

quasi ch'ei fosse per levarsi a volo

l'aer fería ne la superba corte

credendosi assalir gli dei nel polo.

Serion di Fizzandi quelle accorte

e saggie teste ch'hanno il nome solo

cui salvarien con purgati consigli

duo mondi da' disagi e da' perigli

80

(costui è taciturno per natura

ma nel parlar essecutor del vero;

ghigna e non rideha grave guardatura

pallidoinculto e qual Caton severo

d'animo è bello e brutto di statura

co i buoni umílco i rei superbo e fero

et appresso al re suo non vuol fortuna

che sul bel del favor gli torni bruna);

81

dico che l'egregio uom la bocca aperse

sciolse la linguanon mai indarno sciolta

e pronti nel gran re gli occhi converse

poi tutto umílcon reverenzia molta

disse: - Vero signorl'opre alte e terse

che a gli atti sembran de la turba stolta

interamente in sé non han l'istoria

ch'aperto splenderien con minor gloria.

82

Ci mancano i divin folgori ardenti

ch'uccisero i gigantiaudaci tanto

e la confusion di quelle genti

che la mole compir dieronsi vanto

per cui l'alto fattor de gli elementi

lor temerario ardir ridusse in pianto.

Guardati or tuch'a mover guerra al cielo

in te stesso converti il proprio telo. -

83

Qui finío e qui tacque di Fizzano

il prencipe onoratoond'Aspromonte

imbiancò 'l volto e fegli un guardo strano;

né si smarrí sua generosa fronte

anzi seco col cuor disse in suon piano:

" Io non mi curo di recever onte

per dar fidi consigli al sol re mio

ma il bene avrei per mal dandogli il rio ".

84

O d'e prencipi stella iniqua e dura

ch'a lor mal grado ognor gl'infondi in cuore

voglie inumanesí che la natura

sofferir non ne pote il tristo odore;

e s'alcun c'è ch'aggia a remover cura

lo stran desio di questo e quel signore

tu schernir e spregiar fai senno e fede

la grata adulazion ponendo in sede.

85

Adunque che miracol s'un re fiero

qual Aspromonte discopra nel volto

quant'ebbe a sdegno che 'l suo gran pensiero

dal cuor gli fosse dal ver dir distolto?

Ecco move a parlar Salastrovero

del Garbo sirtutto in modestia involto.

Oltra i cari al suo re caro è costui

e vede ei sol ciò che segreto è in lui.

86

Sol egli libertà d'amonir have

colui che vuol del ciel per forza il regno

ma sí dolcegiocondasaggia e grave

usa manieramista in tanto ingegno

cheraffrenando ognor sue voglie prave

giudica chi giudizio ha sano e degno

ch'è piú concesso d'Aspromonte e dato

che da la sicurtà d'esso usurpato.

87

La bontà di Salastro ognuno adora

perch'a l'ira del re dispenna i vanni

né trapassa già mai punto né ora

che non salvi qualcun posto in affanni.

Se non che biasmo sé lodando fora

direi: tale vivea col gran Giovanni

un ch'amo e tengo in cuor quasi me stesso;

ma sé proprio esaltar non è concesso.

88

Pien di fede e d'amor l'alto uom prudente

disse: - Nobil signorfreno del mondo

io lodo il tuo real desire ardente

ch'in terra e 'n ciel non vuol nessun secondo.

Il valor tuoche in tanto ardir si sente

che nulla tien domar la terra a tondo

m'aggrada e sí men gloriopoi ch'io servo

un re che 'l paradiso vuol per servo.

89

Ma bisogna pensar pria che se vada

là súdove ancor io teco men vegno

per qual potrem salir spedita strada

e scender giú nel reo tartareo regno;

anzi andrai per saper d'industria rada

or adempiendo questoor quel disegno

ciascun clima infiammando con tua gloria;

ma ciò che dèi far pria ponti in memoria.

90

Di popoli pastord'e tuoi re dio

dovrien pur pensar or le virtú tue

ch'Orlando uccise a tradimento rio

Don Chiarche passò 'l ciel con l'opre sue;

ei ti tolse un fratel che 'l sai com'io

ch'a dar fama a la spada il primo fue

la cui vendetta con fronte serena

giurasti avendo tu dieci anni a pena.

91

Questo si deve a tequi la tua forza

movesignorche giusta impresa fia;

il desio d'ire in ciel tanto ramorza

che l'orgoglio d'Orlando estinto sia;

l'invitta destra tua scioglier ti sforza

dal sacro giuramentoalto repria

che se non la desoblighi non puoi

con essa adoperar ciò che tu vuoi. -

92

Aspri color ne la terribil faccia

il re umíle al re superbo ha sparsi

con il ricordo buon che gli rinfaccia

il voto che lo sprona a vendicarsi

e divenne qual uom che par se sfaccia

nel sentir suo disnor rimproverarsi

e per ch'a far risposta ha vana scusa

smarrito se rimane a bocca chiusa.

93

Ma l'ira ardente qual salío nel volto

il velo de la subita vergogna

con un vampo d'ardir dal viso ha tolto

e appar nel fronte ciò che 'l cuore agogna

ond'Aspromonteal buon Salastro volto

diss': - Altro replicar non me bisogna

se non ch'Orlando è vivo sol per ch'io

ho suggetto sí vil posto in oblio. -

94

- Vil è 'l suggetto e la vendetta degna-

Salastro in vista dolce gli rispose

- dico al cuor tuo che mirar basso sdegna

né 'l seggio vuol de le terene cose;

ma gli altri fa tremar l'altera insegna

sotto la qual con opre gloriose

trionfa Orlando e ciascun paladino

crescendo gloria al figliuol di Pipino.

95

Io mi ramentoe fusignor mioquando

Gherardo confessò d'essi la fede

ch'io vidi Carlo e giovinetto Orlando

sí come la mia mente ora gli vede;

poscia rividi i paladini stando

lieti a partir le trionfali prede

d'un famoso pagan alto signore

cui non vo' mentovar per nostro onore.

96

Orlando è di persona grande e grossa

d'ulivigno color che l'occhio offende;

composto tutto d'aspri nervi e d'ossa

non mai la testa a nessun lato pende;

ampio è nel petto e un non so che s'addossa

che l'animo e 'l valor d'esso comprende;

brevi ha gli orecchi e largo e corto il collo;

fermato in piènessun può dargli crollo.

97

Crespi e lanosi ha i criniinculti e appresi

cosí la barba al mento e adosso i peli

sicuro fronte e gli occhi vivi e accesi

torvitraversiorribili e crudeli

sempre fissi in un luogo a cigli tesi

né cosa è sí terribil sotto i cieli

che gli potesse far chiudere a lui

e però sempre è vincitor d'altrui.

98

Ècci (Dio lo confonda) un Rinaldo empio

cugin suomortal briga e intrico al mondo

qual temerà di tedi valor tempio

et al cuor d'e gagliard'orribil pondo.

Costui è d'e pagan crudele scempio

né spirto pria di lui né a lui secondo

abitò corpo mai piú destro e forte

né men suggetto al terror de la morte.

99

Cingesi con la man du' l'uom se cinge

ha 'l fronte in rugiadoso ognor sudore

la barba bionda e 'l volto gli dipinge

foco di sangue ond'ha viril colore

tien sempre il capo nudo e mai non finge

cosa che pensi il suo terribil cuore

e donarebbe il mondo e l'arderia

se lo movesse o ira o cortesia.

100

Parla in voce alta e nel parlar s'affolta

con la lingua intermette le parole;

diverso è da Orlandoil qual ascolta

ciascun che parla e mai parlar non vuole.

Gli occhi ha lieti et ardenti e ratto volta

in qua e in là le chiare luci e sole;

l'animo ha ne gli sguardi sempre erranti

sicurigenerosi e sfavillanti. -

101

Gran senno ed arte usa a parlar Salastro

perché del gran signor la mente ha in cura:

ove die' porreove levar l'impiastro

conosce esperto e dove è 'l mal procura.

Non sa cosí le sorti umane ogni astro

qual ei sa d'Aspromonte la natura

e però l'unge e punge or ratto or tardo

volgendo u' vuole il suo pensier gagliardo.

102

Ma non sempre a Salastro concesso era

il poter raffrenar sua sfrenata ira;

tal volta in rabbia vien sí cruda e fera

ch'a pena per timor nel viso il mira:

la mente d'Aspromonte è tanto altera

che seco stesso ancor empio s'adira

et ha divin giudizio quel che intende

s'a tacere o parlar con esso prende.

103

Spesso l'ira crudel nel cuor ardente

ebbe il lume al suo onor con biasmo spento

e ne la furia a sé tolto di mente

sfogava lei sopra l'altrui tormento;

ma Salastroet esperto e paziente

nel strano andar dove il suo senno ha intento

col parlar saggio e col tacer d'ingegno

spesso temprò suo stemperato sdegno.

104

Tal arte or usa e gli raffredda al cuore

del ciel l'impresa e glielo scalda in terra;

con senno lusinghier tutto il furore

gli volge a far con gli uomini empia guerra

e gli tene il pensier fermo e 'l valore

pur nel vincer ciascun che in ciel si serra

e intanto il move a gir sé vendicando

contra il conte d'Anglante invitto Orlando.

105

Non era in quel consiglioove son tante

chiare corone a servir Marte ascritte

alcun profeta n'alcun mago errante

ch'ardisca disturbar le cose ditte

perch'Aspromonte la setta arrogante

ch'ha le future sorti a noi preditte

con la fune e col fuoco in modo onora

ch'augurio bono o rio non appar fuora.

106

Or il gran rede cui se teme e trema

ruppe il consiglio e 'n piei levossi altero

dicendo: - Ognun con sua possanza estrema

segua me e Marte fin d'ogni emispero. -

Poivolti gli occhich'han vista suprema

in quella parte dove Carlo ha impero

disse: - Presto al ciel fia tuo duro scempio

del mio alto valor crudele essempio. -

107

E 'n cotal dir comanda a i re che presto

riedano a lui con le lor forze in armi

ond'è 'l romor per l'universo desto;

già 'vien ch'ognun per gire in Francia s'armi.

Ma lasciamsignor mieilasciam or questo

ch'han desio di cantar d'altro i miei carmi

lasciam in ordin por l'orribil mostra

mentre ognun corre in Parigi a la giostra.

108

Io ho riposte tante cose indietro

ch'or vo' raccorle e pormele dinante:

mira la donnain dolor crudo e tetro

impesa al troncoil nobil Sacripante;

con gioia di diamante e non di vetro

sen van con paci graziose e sante

Angelica e Medorcoppia ch'a dito

il ben ne l'amor suo mostra infinito;

109

di Spagna il recon tutte le corone

serve a la suaGrandonio et Isoliero

BianciardinBalugantealte persone

e Serpentinch'ha 'l titol d'esser fiero

sono in Parigi; e 'n dura passione

Ferraú erra in ogni stran sentiero.

Ma vo' meco pensar s'è degno e onesto

ch'io canti in prima o di quello o di questo.

FINE DE LI DUI PRIMI CANTI

SEGUITA IL TERZO CANTO

CANTO TERZO DI MARFISA

DEL DIVINO PIETRO ARETINO

NUOVAMENTE DAL PROPRIO AUTTOR AGGIUNTO

CHE NE LE PRIME IMPRESSIONI NON ERA.

1

Invido Amorch'ascoso entro ti stai

tra i dolci raggi de le donne belle

merzé lor opri l'armi e iddio ti fai;

p<scontiingratoor queste pene or quelle

di te sol gelosia e sdegno dai

onde il libero arbitrio a l'uom si svelle;

poscia gli uomin del mondo a lor disio

a lor voto ti fan lor nume e iddio.

2

Perfido e dislealnon prima entrasti

ne i begli occhi d'Angelica ch'in fatto

mille di sua beltà quasi infiammasti

ch'a l'oroanzi a la gloriaal sangue han tratto;

poi di un vil fante in preda la donasti

qual mai fe' pria d'amarla un minim'atto

e queich'al tempoa la vitaa l'onore

trassergli uscir di speme e grazia fuore.

3

Se ciò non fussi el vernon si diria

ch'Amor sia disugual ne l'opre suoi

e ch'a l'un gioiaa l'altro gelosia

porga e ch<e> 'l sdegno gli succeda poi.

Già son in Franciadove ognun disia

Grandonio e gli altrionde io ritorno a voi

Angelica e Medorbell'alme elette

l'una in l'altra di fede e d'amor strette.

4

L'un l'altro a braccio in ver Parigi vanno

a le gran feste e di lor grazie poi

a i dolci basci e scherzi escitar fanno

in ciel gli augelli e i chiari lumi suoi.

Ma non lungi tra via lieti si danno

per mezo un picciol prato il qual tra duoi

colli risiedee di lor escie un rio

che l'erbe bagna in dolce murmurio.

5

Ma donde il mezodí lieto vagheggia

l'un de' dui colliun vivo fonte sorge;

di lauri e mirti in giro el luogo ombreggia

ch'a ognun che passa ognor dolce aura porge.

Disse Medor: - Per quel ch'i' senta o veggia

anima miadel dí il calor si scorge.

Posianci adunque. - Et Angelica a lui:

- Posianciamordove piú piace a vui. -

6

Qui smontonqui l'un l'altro corre e gira

dal fonte ove si traggono in un'ora

la sete e 'l caldoe l'aura ch'ivi spira

gli 'nvita a le dolci ombre a far dimora.

Vengono al sonno e Amor gli guarda e ammira.

Mentre i destrier pascendo ivano allora

per le fresche erbeecco Angelica in quella

in sogno di Medor dice e favella:

7

- Se quest'Amorper cara gioia e speme

m'hai dato e ch'io di par cara gli sia

piacciati ancor che fino all'ore estreme

mai ne sparta fortuna o buona o ria

e tutto quel per cui si dubbia e teme

stia da noi lungierrando in altra via

e di là 'l cielo in dolci eterne tempre

mi facci col mio ben goder mai sempre.

8

El ben de gli occhi mieicuor de la mente

in ei consiste e non piú là si stende. -

Medor si sveglia e le sue lode sente

dir da sua dea e tal gioia ne prende

ch'in sé non cape e bascia dolcemente

i bei coralli e gratie ad Amor rende

ch'un ben bramato in ciel tra gli alti scanni

goda in sí fresca etadein sí pochi anni.

9

Ella si sveglia e intanto al cuor gli viene

il sogno e i bascie 'l dolce drudo abbraccia.

Tra lor s'han quei piacerquel summo bene

ch'ogni amaro dal cuor disgombra e scaccia.

Qui mostron la ragion per quel ch'adviene

che con sí poco canape s'allaccia

gentil almad'amor sospinta e presa

quando al senso ragion non fa contesa.

10

Poi che lieti al bel giuoco tornar ponno

per cui s'ancide e se rinova ogni alma

stringe Angelica il suo signor e donno

e quasi a un bascio el cuor gli beve e l'alma;

tal egli a·llei. Quivi raggrava el sonno

quell'alme che d'amor tengon la palma.

Ma non prima Medor al sonno riede

che di sé e sua donna un caso vede.

11

Vede ch'al bosco uscir spinge natura

dui ermellinla donna e 'l maschio insieme.

Medor al maschio sé proprio figura;

per la donna la sua ch'el cuor gli preme.

Scherzon tra l'erbeindi strana aventura

scopre una damma e ognun la fugge e teme.

L'agil fera li giugne e via sol prende

la donnané di zanne o piè l'offende

12

ma di spume gli lascia brutto el dosso

ch'el caldo uscir gli fea di bocca allora.

Schiva el maschio la donna a piú non posso

né quella piú gli par ch'era pur ora.

Medor intantodal sonno remosso

raguaglia la sua dea et in un'ora

dubbia del mondo incanto o nuova insidia

e non perder quel ben ch'el ciel gli invidia.

13

Ellache sí di lei curioso trova

il signor suodice ridente e lieta:

- Amor d'ogni stran dubbio vi rimuova

ch'a voi mi toglia il mondo o rio pianeta:

meco ho l'anel ch'in ogni caso giova. -

Tal ch'ella fa el suo ben gioir di pièta.

Qui si raggiungon l'alme et Amormentre

vieta al ciel che tra lor l'aer non entre.

14

Ma perché a mezo el dolce alcun non mora

pensando al ben di dui sí fidi amanti

lor lascio a l'ombra e torno a Parigi ora

tra scene e giuochi e danze e suoni e canti.

Qui i gran mastri del mondo d'ora in ora

concorron tutti e già son tanti e tanti

al palagio real entro e di fuore

ch'el ciel gioisce al giubiloal favore.

15

Ma in l'ampla e real salaove è raccolto

l'imperador coi paladini et altri

da piú luoghis'attende e guarda molto

quai sien piú belli o quai piú forti e scaltri.

Di tutti Astolfo al festeggiar piú involto

di leggiadria si studia ecceder gli altri;

guida la danza e Bradamante invita;

viene al cugin la sposa alta e gradita.

16

Seguiron gli altri e ognun sua diva prese

ch'ognun qui l'ebbeove fer bella danza.

D'una pagana el cuor Rinaldo accese

e la tirò al festeggiar di Franza.

Serpentin v'era e Doralice attese

quivi venutache la gran distanza

del tartar mortogià suo sposoe poscia

di Rodomonte la trasser d'angoscia.

17

Ben l'avea forse qui mandata il padre

con donne e cavallierpiú che mai bella

s'ancor fra tante pellegrine squadre

trovassi un nuovo sposo al voler d'ella.

Or sue stelledi nuovo al suo ben ladre

vorrieno opporsi contro a la donzella.

Ecco già Serpentin l'invita e intanto

a un tempo vien Grandonio all'altro canto.

18

E per ch'a par la danza si facea

e mal onesto era il danzar con dui

ad amendui la donzella dicea:

- Negar non so la danza a l'un di vui. -

- Primo venn'io - Serpentin rispondea.

- Anzi pur io - dicea Grandonio a lui.

Vengono a l'onte e l'un l'altro sovrasta;

ognun domanda chi la festa guasta.

19

Ma un nuovo raggio ch'in la sala viene

d'alma beltà ch'ingombra ogn'altra vista

pon fine al tutto e ognuno a guardar viene

la bella donna e qui pascier sua vista.

Angelica è costeich'a veder viene

per fama la gran festa e 'n prima vista

angelo in gli occhi di ciascuno appare;

col bel Medor che da lei viene appare.

20

Poi che la bella Angelica comparse

tra l'altre belleognun chiaro comprese

che restor l'altre di beltà piú scarse

come ch'il vetro col diamante prese

ch'un ste' forte al martell'altro si sparse

in pezzie tal fur l'altre donne arrese

all'angelice grazie ch'in lei sparte

ha sol naturae lor s'ornar con l'arte.

21

Or che tra i paladin si scorge e vede

l'angelica beltà qui giunta in fatto

ognun si strugge e d'esser primo chiede

a chi può di danzar con ella un tratto.

Rinaldo è qui e la beltà rivede

ch'odiò piú volte; or si torria di patto

ch'ella un tratto in ver lui lieta guardassi

e in torno a lei s'agira e muove i passi.

22

Ma che piú dir ch'attonito ognun reste

a i vaghi raggi e mai sua vista sazia?

Non pur la manpalpargli sol la veste

Astolfo e Ferraú torrien di grazia;

ma il vecchio Carlo e Marsiglio tra queste

chimere son e Namo è in tal disgrazia:

tal il foco d'amor piú arde a forza

l'arida e secca che la verde scorza.

23

Ma Orlandoche dal ciel reso gli fu

per man d'Astolfo il senno e [d']amor sepolto

di quanto arse per lei non mai piú

di lei gli calseanzi libero e sciolto

da ch'ei l'ha vistané piú sú né giú

ver lei si move né a guardarla è volto.

Gli altriche grazie tal dal ciel non hanno

immoti e fissi in contemplar lei stanno.

24

Medorch'in la sua dea chiaro comprende

gli onor ch'el mondo e 'l ciel gli accresce via

possessor d'un tal ben sí altier si rende

ch'a Giove proprio in ciel non cederia.

Da l'altro gelosia el punge e riprende

e teme ch'el suo ben tolto gli sia;

sendo ei tra lor di stran paese abietto

e[i] favor ch'a lei fan prende a sospetto.

25

Intese poscia ben Medor ch'inanti

ch'Angelica sua sposa divenisse

RinaldoOrlando e gli altri d'ella amanti

tra lor rival per lei fer guerre e risse;

che Ferraú gli uccise il frate avanti:

per aver lei or qui le luci ha fisse.

Lei sol Medor attende e mai gli leva

gli occhiper cui non tanto il duol l'aggreva.

26

Purcome talor s'usa in le gran corti

teme di qualch'inganno di lontano

ch'ordito non gli sia da quei piú forti

e il partirsi e 'l pugnar sia tardo e vano.

I paladini e gli stranier per morti

guardon lei sempre e·lle grazie ch'in mano

gli vanno e i gran favor son tanti e tante

ch'ella la sposa parnon Bradamante.

27

Non meno in tanto amor sprona e martella

l'angelica beltàma vie piú assai

scorge in la festa ogni donna e donzella

che volti han sempre al bel Medor i rai.

Se ben tra le piú belle ella è piú bella

pensa s'amor Medor movesse mai

d'una nuova beltà ch'in Francia scorga

o meno o piú di leich'Amor gli porga.

28

Ognuno ha di temer giusta cagione:

Angelica in beltà s'aguaglia appresso

Elena in terra e non ch'in ciel Giunone

ma quella a chi fu 'l bel pome concesso;

un nuovo Ganimedeun altro Adone

è Medorch'arde in lui l'un l'altro sesso

e il cielo offenderia chi revocassi

l'un da l'altro e tal grazie scompagnassi.

29

Orben ch'alcun non abbia a mezo intento

veduto quel ch'a gli occhi piú diletta

l'imperador fa ch<e> Ruggier contento

chiama Angelica in balloond'ella accetta;

Medor ne viene a Bradamanteattento

ch'altri ha la sua: cosí gioca a vendetta.

Prendon gli altri la lor; or ben fia questa

celebre piú d'ogni altra e real festa.

30

El saggio Namo e Salomonche stanno

giudici e mastri a la danza felice

per troncar la querela ch'insieme hanno

Grandonio e Serpentin per Doralice

fan chiamar ella e la sentenza danno

che con lei balli chi prima ella dice

che l'invitò et al dir suo si stieno.

Ella in tal voci el ver disciolse a pieno:

31

che Serpentin primier da lei ne venne

e l'invitò toccandogli la palma.

Grandonio offeso tra sé se ne tenne

poscia ch'ebbe altri e non egli la palma.

La festa esser ben può bella e sollenne

dove è l'alta bellezza angelica alma;

la sala è poi con mirabil lavoro

d'istorie ornata e drappi e gioie et oro.

32

Or l'alta invida deach'el crin fugace

ha in fronte e sopra noi l'instabil piede

e a sua volubil rota chi gli piace

ruina e 'ssalta or queste or quelle sede

vien per turbar d'Angelica ogni pace

anzi ogni gioia ove posar la vede

ch'altre volte la dea fallace e fiera

venne a turbar l'angelica alma altiera.

33

Dicose vi ricordasignorquando

salvò Ruggier lei da l'orribil mostro

de l'orca e quando Sacripante e Orlando

lor valore al ben d'essa ognun ha mostro

poi mandò di sue grazie ognuno in bando

avuto il voler suocome anch'al nostro

tempo assai donne fanqualpoi che prendono

da l'uom piacerdiscortesia gli rendono.

34

Né piú rio fallo appresso Iddio si trova

di quel per cui Lucifero el ciel perse.

Talor dovria chi piú alto si trova

rimembrar le passate cose adverse.

Vede or l'invida dea che nulla giova

ch'in mille pene Angelica summerse;

or glien'apporta una sí cruda e ria

che forse ultima sua ruina fia.

35

Et invisibil fa che qui compare

Malagigich'allor da patrio regno

viene e volsi alle feste anch'ei trovare.

Vedeode e tace in tanto e non fa segno

d'alcun rumore. In questo ecco passare

in bel vestir d'abito altiero e degno

Angelica gentilche lieta mena

la real danza ove la sala è piena.

36

E perché mai s'amar la gatta e 'l cane

e nimici eron Malagigi et ella

e già si fer l'un l'altro ingiurie strane

con lor artior di lei tra sé favella:

" Sarien tal feste adunque state vane

se non venia quest'alma ingrata e fella

a far mostra di sé quivi tra molti

ch'ella piú fiate in le menzogne ha involti?

37

Questach'Orlando e già mill'altri in giuoco

s'ha presi sempre e di lor grazie mai

godernoor la vedo io tornata al luoco

di nuovo a schernir Francia piú che mai

anzi per suscitarcredopiú foco

perch'ella a sparger venne al mondo i guai

quando da l'impia madre el spirto uscío

che maledetto sia tal sesso rio.

38

Chi fia mai che tra sé non pigli ambascia

o mondoo cieldi questa anima ria?

Venuta è qua col drudola bagascia

e vuol mostrar che marito gli sia

l'adulter suo e a lui guidar si lascia

ove gli aggrada e non può esser via

suo sposoch'a mill'altri la puttana

diede prima sua fé fallace e vana.

39

Ben fe' come l'infermoche di quanti

cibi egli vedeal piú tristo s'apprende;

cosí la ria tra molti ch'ebbe amanti

mentre d'averla ognun cura et attende

prese el piú tristo al fin che gli andò innanti.

Di qui vien ch'ogni donna el peggio prende

non guardando a virtú ma solo al viso

d'un Pulidord'un Medor o Narciso.

40

Ma per mostrar che piú vale un sol punto

del mio valor che d'i tui vizii rei

davanti a tutti ti torrò in un punto

perché tra i buoni star degna non sei:

cosí vendicherò mill'altri a punto.

Ancor che tanto a Medor far potrei

lo riserbo a piú dolvistoti incorrere

in mezo al mal né poterti soccorrere ".

41

Qui di dir tacque e tal come era in tanto

invisibil comparsosimilmente

venir fa un spirto e gli dice da canto

ch'in mezo a la gran festa audacemente

prenda la donna. El spirto opera quanto

gl'impone il mastro e fra cotanta gente

prende Angelica e in aer la suspende.

Lei getta i gridi e ognun tal caso attende.

42

Tosto che 'l spirto astuto tra gli artigli

la donna tienle branche a le man porse

acciò l'anel né in man né in bocca pigli

col qual già da gli 'ncanti si soccorse.

Vedela ognuno in sí strani perigli

né ponno aitarla e stan le genti in forse

di lor temendoa non scorger chi tegna

costei o chi a rapirla al mondo vegna.

43

Lei chiama in van soccorso e in aer sembra

una piú bella vergin ratta in Dio.

Medor lei guarda e nel guardar si smembra

né può aitarla e duolsi al mondo e a Dio.

Già quasi ognun le belle ascose membra

tra i drappi scierne e ognun supplica a Dio

né v'è chi veda o scorga o chi comprenda

che la beltà del mondo vilipenda.

44

Chi non mai pensò quel che pur or vede

pensa: " S'or fussi Giove dal ciel sceso

a rapir lei per depor Ganimede? ";

altri ch'incanto sia certo han compreso

pur quel che mal si scorge mal si crede;

ognun tra mille dubbi ha 'l cuor suspeso.

Fan le donne al ciel gridi in ogni parte

che lor beltà da lor viva si parte.

45

Altri pensa che sia opra o lavoro

d'esperto incantatorch'in tai vestigi

venga a turbar la festa e gioia loro;

altri proprio pensò su Malagigi

e ch'in forma d'Angelica e Medoro

tratti i dui spirti abbi da i regni stigi.

Lei già non sa chi l'ha fra l'ugnie e geme;

Medor s'affliggeognun s'ammira e teme.

46

S'imagina qualcun ch'el spirto sia

d'Agrican fieroch'a rapir costei

dal centro viench'Orlando morte ria

al tartar diè che pugnò contro a lei

e viva or la beltà del mondo via

sen porti seco e che i tartarei dei

gli dien quello ch'il mondo mai gli diede

e che allumi or l'oscure infime sede.

47

Altri su l'Argalia discorre avante

fratel di leida Ferraú già ucciso

ch'a tor vien la sorella al mondoinnante

ch'el mondo per lei resti in sé diviso.

Se a caso fussi estinto Sacripante

si pensaria sopra esso all'improviso.

Ma ognun sol scorge leinon altri appresso

e sol lei guarda ognunfuor di se stesso.

48

Fa in tanto raccor l'imperator saggio

di Parigi il gran cleroacciò costringa

lo spirto al ver; ma troppo egli è malvagio

che 'l sentor n'ebbe e in aer par si stringa

e in un momento fuor del gran palagio

dispar con leiné piú vi è chi l'attinga

di vistae sol la voce in ciel risuona

e quasi giú paventa ogni persona.

49

Sol Medor escie de la festa fuore

e smarrita lasciò quivi ogni gente.

Ei seguir vuol l'angelico suo amore

a suo potereove la voce sente

(e sí a seguirla men viengli el valore);

se stesso uccider poi miseramente

e dar le voci al cielsí ch'el suo bene

senta ch'egli a morir presso gli viene.

50

E mentre ha di morir la mente ingorda

duolsi quando mai il piede in Francia pose;

poi se stesso riprende e si ricorda

ch'Angelica l'andar già gli propose.

Vari effetti in suo cuor pensae discorda

l'uno da l'altroe tra diverse cose

un spron di gelosia acuto e strano

l'assalee dice a sémiserpian piano:

51

" Ahiquest'è quellaahimèse 'l grido è vero

che quanto ha di beltà tanto si trova

di fé fallace e cuor falso e leggiero

e molti ne fermiserila prova

sí come in Francia anch'in altro sentiero.

Or da che tardi el somiserche giova?

Lascia ch'i' resto a sue frodea suoi incanti

schernito al fin piú che mill'altri amanti.

52

Pur or m'adveggiomiseroa qual fine

in Francia esta crudel tirommi al laccio

con dir ch'avea piú caro amante e alfine

lasciommi: or va con el per l'aer in braccio.

Le rose ad altria me reston le spine

miseroe 'l duol per cui piú mi disfaccio

è ch'in su gli occhi a Carlo e tutta Francia

sparse e restò el mio onor spento in bilancia.

53

M'avessio ciecoel ciel concessoinnante

el veder leiaver inteso aperto

ch'el sir di Montalban con quel d'Anglante

per lei pugnar senza mai premio o merto

e di Ferraú poscia e Sacripante

e d'Agricanche misero e deserto

lasciò 'l suo campo e fu da Orlando ucciso

per costei ch'ha 'l mio onormio ben conquiso.

54

Se par ch'in lei non sí premer debb'io

d'onor ch'altri piú degno abbi in lei fatto

se ignobil sonposcia d'onor disio

a gli altri equommi in ogni opraogni atto;

setratto a onorsepulsi già il re mio

da ch'or sposo a costeimiserson fatto

ragion è ch'al mio onor riguardi o pensi

né per altro ragion s'oppone a i sensi.

55

Ecco pur or l'insogno in me rimembro

della fera ch'in man l'ermellin tenne:

s'ella pur non l'uccise o d'alcun membro

la maculòpur a macchiarla venne.

El maschio che fuggís'io ben rasembro

miserson io; la donna ella che venne

in man d'altrui su gli occhi al mondo e in tutto

lasciato ha me d'onor privo e destrutto.

56

Né creso avrei chi vita mi diede

col sanar le mortal mie piaghe accerbe

togliermi a morte e darmi el cuorla fede

farsi mia sposa e star tra i fiori e l'erbe

m'abbi lasciatoahimècome ognun vede

cagion che sempre in amar si riserbe

el fin de i brevi giorni. Ahicrudo scempio

danno de l'alma e de gli amanti essempio! "

57

Tal el meschin si lagna e da la mente

sgombra el pensier di cercarla e 'l disio.

Ecco in tanto la voce e 'l grido sente

che chiama ognor - MedorMedoro mio! -

Scorge Medor sua donnama niente

seguirla vuol e in un bosco aspro e rio

entra a schivarla e già l'ha piú in orrore

ch'un lion che giugniessi a trargli el cuore.

58

Sen vola el spirto ove è Medor e posa

la donna in terra e via subito spare

ma qual fuss'ella tigre venenosa

Medor la fugge. Or non sa lei pensare

la causa e gli va drieto disiosa

e dice: - Oveil mio benmi vuoi lasciare?

Partito è il spirto e qui salva son io;

dehviennon mi fuggirMedoro mio.

59

S'ogni mia gioia in te via si riserva

perché mi fuggiahimèdove ten vai?

Quella son pur che gli amor tuoi osserva! -

Quivi Medor rivolse indrieto i rai:

- Mai piaccia al ciel- diss'egli - alma proterva

cuor dislealch'io piú sia tuo già mai

poi che da me tra mille t'involasti

con nuovo amante e in biasmo mi lasciasti. -

60

Comprende ella tra sé ch'el miser crede

che del caso crudel fussi ella auttrice

e giura a lui per luisuo ben ch'or vede

ch'ella è innocente e gli supplica e dice:

- Pur troppoahimèporsi a tua fede fede! -

Disse egli: - Ingrata! - Or la donna infelice

ch'el suo ben perde a tortoognor si duole.

Fugge egli intanto e udir piú non la vuole.

61

Ella riman tra i boschi e in voci meste

chiama el suo bene invano e grida - ohimei! -

Qual si schiva un che seco abbi la peste

tal Medor schiva e fugge ognor costei.

- Queste grazie mi rendi in amorqueste-

disse ella - a me ch'el fiato ti rendei

col curar le tue piagheacciò ch'al fine

tu fussi a i giorni miei sí accerbo fine.

62

Dehnon fuggircrudelvolgi le piante;

odiingratoel mio duolch'avria potenza

fermar el solnon ch'in terra un amante.

Ahilassaor mi dà el ciel la penitenza

di quanto ingrata al gran signor d'Anglante

e ad altri fuiper goder tua presenza.

Io cresiahimèche se piú bello Iddio

di lor ti fe'fussi piú dolce e pio. -

63

Cosí s'affligge e per correre a morte

cerca se mai nel bosco alcuna fera

fussi a inghiotirla e fa animo forte

poi ch'ha perso quel ben che sí al cuor gli era.

Medor del bosco uscícercando a sorte

se del paese alcun signor qui era

per far prender sua donnaacciò discopra

il ratto d'ella s'è d'altri o sua opra.

64

E ben l'esaudí el ciel piú che non crese:

mentre egli cerca quel ch'ha piú in pensiero

di corsari una turba in terra scese

(ch'in sul mar posto era il deserto fiero)

qui venne a caso et Angelica prese

e la menaro a lor signor. E in vero

di tal uso dirò la cagion bene.

Quivi è un signor ch'un picciol castel tiene

65

qual giàper mille ingiurie ch'in lui scorte

a torto ebbe in amor da una donzella

voltò l'amore in sdegno e fece a sorte

che qual donna è qui presao brutta o bella

se ingrata fu in amor si danna a morte.

Solo una grazia ottienla quale è ch'ella

elegger può qual morte gli diletta

in focoin acquaal ferro o al laccio stretta.

66

E per sortir il vero in suo concetto

di chi sia ingrata e nol poter negare

entro a un serpe un spirto tien costretto

ch'el ver discopre e ognun fa sgomentare.

Però i corsari e altri a questo effetto

scorron d'intornoe se per terra o mare

n'avessin millechi prima si trova

ch'ingrata sialei prima el morir prova.

67

Or tal come a fortuna piacqueavenne

l'angelica beltà venir cattiva.

Diss'ellapoi ch'al crudo signor venne:

- Piú gioia m'è il morir che restar viva. -

Malagigiche sí schernirla ottenne

licenziò il spirto e seco ne gioiva;

scoprissi a Carlo e mostròcome astuto

che pur or d'Agrismonte egli è venuto.

68

Poi ch'a lui detto e interrogato fu

se nel caso d'Angelica ha interesso

se ne fe' nuovo e giurò che non piú

usa sue artionde in monte fu messo

el suo dir e di qui pose ognun giú

il duolo e torna a la festa (ch'appresso

seguia la giostra)ancor ch'in quella e in questa

mente d'alcuni Angelica ancor resta.

69

Dico restò l'imagine dipinta

tra quei che piú l'amarch'avean piacere;

ancor che non sapean se vera o finta

fussi ellasi pascean d'un bel vedere.

Non so se de le donne alcunaspinta

tra lor d'invidiaavessi altro parere

che la beltà di lei in displicenza

pigliassino e in piacer la sua assenza.

70

Or torniamo ad Angelicaa colei

chegiunta dal sdegnoso cavalliero

schivata da Medorvive in omei

e morir brama in supplizio aspro e fiero

condutta in mezzo a i crudi uomini e rei

davante al sir di quel castello altiero

du' per legge ogni donna perir deve

come di sopra v'ho racconto in breve.

71

Tosto ch'ella comparse al reggio aspetto

del gran signordi presa cerva in guisa

li fu l'usanza folle e il rito detto:

s'ingrata fusua morte ognun gli advisa.

Come Angelica intende che in effetto

dal corpo li de' l'alma esser divisa

tanta [la] letizia de la morte prese

che per fede assai lagrime riprese.

72

E disse: - O sacrao santa legge pia

fine d'ogni miseria e d'ogni pena

sia benedetto chi creoti pria

e quel ch'in osservanzia oggi ti mena;

l'estrema grazia tua merzé mi dia

degna a chi escie di mortal catena;

vogli dunch'essaudir mio prego onesto

ch'altro non chiedo a te che morir presto. -

73

E lieta in vista e in l'anima costante

lodò quel sirdegno di lode eterna

poi chepiatoso a l'altrui pene tante

fea morir chi non muor per doglia interna.

Fella el signor menar dal serpe avante

né prima avien ch'el serpe ella discerna

che soffiando in dui lingue arruota e assigna

ch'Angelica fu ingrataempia e maligna.

74

Smarrí 'l cuor la donzella e disse: - S'io

fui d'altri ingrataet altri a me amando. -

Ver lei s'agroppa el serpe orrido e rio

e di Rinaldo e Sacripante e Orlando

soffia e vuol dir. Lei grida: - Ohimèch'io

tra la rabbia e 'l velen vo in morte errando!

Togli el serpe da meturba impia e atra

che morir non vogl'io qual Cleopatra. -

75

Levò il serpe il signor per grazia giusta

e fe' un libro venir dove pint'era

ogni generazion di morte ingiusta

per cui la donna uscir d'affanni spera

poscia ch'ogni aspra e larga piaga e angusta

ch'amor gli fe' non vuol ch'amando pera.

Dalli il libro el signor e dice poi:

- Eleggi or quella morte che tu vuoi. -

76

Ringraziollo la donna e il libro tolse

con quel dolce desir contento e lieto

ch'a legger versi e bei motti si volse

servo d'amor umíle e mansueto

e quando il primo foglio al libro sciolse

vide il co<l>tello ch'apre el cuor secreto

di bella donnache per sorte dura

quivi la giunse a la crudel ventura.

77

- S'io credessi col ferro impio e mortale

finir - diss'ella - questa vita afflitta

per compir co i miei giorni ogni mio male

saria la spada in mezzo al petto fitta;

ma s'Amor ha in me speso ogni suo strale

et hammi a suo piacer l'alma trafitta

e vivo ancorferita da tal arme

che puote il ferro in questo corpo farme? -

78

Po' il libro in l'altra carta rimirando

scorge chi muor d'un pessimo veneno

e dice in bassa voce sospirando:

- Sol di tosco amoroso el corpo ho pieno

né posso ancor gir de la vita in bando

e render la fral terra al vil terreno

donche troviamo un'altra pena ardita

che mi dia morte e non mi tenga in vita. -

79

Vede el tenace e indisolubil laccio

che stringe altrui la bella e bianca gola

e dice: - D'un piú forte il petto allaccio

alla mia cara libertade sola;

mi lega amor e l'uno e l'altro braccio

d'un nodo ardente e morte non m'invola

però questo sería picciol tormento

a voler tormi el duolo in cui son drento. -

80

Trova un profondo e periglioso fiume

u' si getta una donna in penne amare.

In l'acque ella morir non si presume

e dice: - Altro martír bramo provare

però ch'ognor con l'uno e l'altro lume

in terra faccio un tempestoso mare

faccio un mar né sumergo in l'acqueond'io

immortal veggio il mortal corpo mio. -

81

Poscia il libro volgendo in altro luoco

mira l'ardente inreparabil fiamma

e disse: - De l'ardor prendo quel gioco

che prende del can pigro agile damma

e son tutt'esca a l'amoroso fuoco

né può cenere farmi e ognor m'infiamma

sí ch'io non so ciò ch'a morir far deggia

ma chi lo puote far quel ci proveggia. -

82

Vede el leon ch'altrui devora e strugge

e con doppi sospir piangendo dice:

- Famelico leon nel cuor mi rugge

né sa da me cacciar l'alma infelice. -

Vede la croce e di mirarla fugge

non per che temal'unica fenice

perirvi suma perché tienla amore

sempre in croce amorosa e non si muore.

83

Vede il carcer mortalperpetuooscuro

du' senza mai cibarsi un corpo ha fine.

Non vuol la donna in l'aspro luoco e duro

locar sue membra belle e pellegrine

perch'il pianto e il dolor cibo sicuro

sarebbe a leiche otto morti ha vicine

ha presenti otto morti e tal martíre

che morendo per lor non può morire.

84

Con quel duol piange e con quel duol suspira

poi che gli è del morir tolta la spene;

con quel s'affligge e si sface e martíra

che muore a torto in disusate pene.

In terra ha fitto el viso e colma d'ira

dice a colui ch'il crudo regno tiene:

- Signorabbi tu pièta a i casi mei

poi ch'in gioco el mio mal prendon li dei.

85

Io mi stimai che la natura in sorte

avessi ancor la spada stabilita

acciò potesse ognun darsi la morte

tuttor che gli increscessi el star in vita

ma sue leggi son falseinique e torte

ch'ionel laccio e nel fuoco ognor nutrita

morir non posso e in questo corpo serro

leoncarcervelencroceacqua e ferro. -

86

E mentre che la vita in doglia aborre

e del caro morir speme li manca

co i languidi occhi sopra il libro corre

volgendo con la man sottile e bianca.

Ecco una eccelsaal ciel vicina torre

ch'el gran desir d'Angelica rifranca;

la speranza l'adviva arida e morta

e qual pria s'advilí or si conforta.

87

Perché su da la torre al ciel vicina

giuso cade una donna in pianto rio

fassi Angelica lieta e pellegrina

alza le palme e rende grazie a Dio

e dice: - È ben ragion ch'in tal ruina

precipiti l'altissimo desio

ch'avendoli el pensier dato la spene

troppo alto el volo sormontando tiene.

88

A dea e non a donna amar conviensi

Medoroangel divino eletto e chiaro

ch'el cielprodigo a lui de beni immensi

fa di me graziea tutti l'altri avaro.

Pecca el mondo a non darli voti e incensi

poi che non ebbe mai pegno piú caro

e io peccai quandocagion d'amore

per gli occhi el posi in signoria del cuore. -

89

Poirivolta al signor ridente e lieta

disse: - Fa' pormi in la sublime altezza

e s'il fin desiato alcun mi vieta

donamel tu e il fil vital mi spezza

che se fai questo el titolo di pièta

ti farà il mondo et io con allegrezza

a l'altra vita andròs'il ciel concede

predicando il tuo nome e la mia fede. -

90

Stupí il signorstupí il suo fido gregge

d'Angelicaal morir salda colonna

e chi sa lettre in su la fronte legge

come ellasazia de la vitaassonna.

Fu il signor per macchiar l'antiqua legge

e lasciar viva l'insolente donna

non per compassionma sol perch'ella

la morte tien piú che la vita bella.

91

Al fin comanda ch'a la torre in alto

l'unica giovanetta allor si meni

e che presto si getti al duro smalto

acciò dal corpo suo l'alma si sfreni;

e cosí fu condotta in ratto salto

dove a la torre i[n] nuvoli e i baleni

nascono in capo e tanto surge in suso

ch'un punto sol par l'uom ch'in terra è giuso.

92

Quando Angelica giunse a l'alta cima

con accorto sembiante ardita disse:

- Questa torre ch'in alto è sí sublima

vorrei che fino al cielo oggi salisse

per ch'il desir che nacque in la parte ima

e con le penne ad alto a vol si misse

maggior supplizio avesse e maggior danno

e fussi essempio a quei che seguiranno. -

93

E mentre ch'ella forma alte parole

e che del gran desio vendetta brama

le mani in lacci d'or stringer li vuole

la gente crudach'in sua morte affama.

Di ciò la donna si querela e duole

e dice altiera e non con voce grama:

- Le man non mi legarturba proterva

ch'iode re figlianon vo' morir serva. -

94

I venti che mandati in terra e in l'onde

aveva in suoi servigi Eolo ratti

scordatisi d'andar veloci altronde

contemplaron la donna stupefatti.

Ecco ella vien con sciolte chiome e bionde

giú da la torre e 'l ciel mira in certi atti

e 'l Cielda lei commossoa Giove dice:

- Crudo sei se 'l fin suo brami infelice. -

95

El Ciel si duol per ch'il ferma e volve

tarda il soccorso al suo presente male;

in tanto de aiutarla si risolve

Zefiro e fa d'i gonfi drappi l'ale;

et in questo ogni vento se disolve:

tien Austro il capoi piedi Orientale

chi di sé li fa seggio e la sostiene

altri scherzando entro il bel sen li viene.

96

Zefiroentro i bei drappi in fuoco acceso

vorria rapirla e de i contrari teme;

Austro e Orientalognuno inteso

a la bellezzason crucciati insieme

tal ch'in l'aer el corpo sta sospeso

or calaor surgee 'l Ciel di gaudio geme

per che vede che Diomosso a pietade

non vuol lasciar perir tanta beltade.

97

E cosí cominciar gare amorose

infra i suavi et iracondi venti;

d'Angelica le membra preziose

voglion tutti palpar lieti e contenti.

Stupisce il Ciel mirando queste cose

e stupiscono in terra ancor le genti

che a bocca aperta e relevate ciglia

guardano in aer l'alta meraviglia.

98

Par Angelica in l'alto strano errore

una colomba graziosa e pura

pur ora uscita del suo nido fuore

incontra al vento ch'el volar li fura

e confusa nel mezzo al suo furore

la tien ferma e suspesa in l'aria oscura;

talor riprende el volritienlo quando

il vento el fiato suo vien reforzando.

99

Proprio Angelica par bianca colomba

ch'el vento il volo suo rompe e sospende

e tanto in giú la real donna piomba

quanto questo con quel fiato contende;

il clamor suo dolcemente ribomba

e dolcemente querelar s'intende

e sí vicina ormai scesa è costei

ch'ella altri scorgealtri conosce lei.

100

Medoro errando vadal duol compunto

per far morir l'immortal sua consorte;

orstancoa caso al bel castello è giunto

in quel che giva Angelica a la morte;

gli fu la legge raccontata a punto

e de la donna l'infelice sorte

onde fermossi in piazza per vedere

colei giú da la torre alta cadere.

101

E quando vide quella donnaquella

ch'egli odia e fugge qual crudel nimica

seco gioisce e sorride e favella

e dice: " O mia larga fortuna amica

donche fia ver ch'Angelica empia e fella

punita sia da la pia legge antica!

Ella è essa e nol credo agli occhi miei

e parmi ognor sognar quel ch'io vorrei ".

102

Come Angelica il sguardo in terra porse

vide il bello ingratissimo Medoro;

visto che l'ebbedal suo cuore sorse

un grido ardentearmato di martoro;

poi disse cose che sté Giove in forse

vinto a pietàd'uscir del sommo coro

e tirarsela seco in l'alta sede

ma nol fe' per amor di Ganimede.

103

Tenta la donna in l'aria di sbrigarsi

per cader tosto in su la trita sabbia

ma i ventia sua cagion accesi et arsi

di gelosial'uno in ver l'altro arrabbia;

chi le veste apre e chi i bei crini ha sparsi

chi la fronte gli bascia e chi le labbia

chi vuol robarla e chi gli asciuga il pianto

et ella dice tal parole in tanto:

104

- Invidi ventia torto aspri nimici

a i miei caldi e giustissimi desiri

credevomi che voi me fussi amici

perché sempre ve accrebbi co i sospiri.

Co i gran legnich'il mar solcan felici

mostrar si vuol se vostro fiato spiri

e non con la mia fral perduta barca

vo[l]ta di speme e di miseria carca.

105

Ma se per mech'in lagrimosi accenti

supplico voinulla pietà v'assale

fatelo per placar l'ombre a le genti

per voi summersi in ogni error navale

però ch'essendo in me tutti i tormenti

ogni affannoogni doglia et ogni male

morendo io moràn meco e resta il mondo

privo di passionlieto e giocondo.

106

E perché merzé vostra il mondo fia

scarco di duolquel<l>'alme a cui nel mare

feste i corpi lasciar con doglia impía

vi verran vostri falli a perdonare

quantunque uccisi da vostra follia

vedendo oggi per voi altri salvare:

obliata l'ingiurianon mai sazia

ogni alma fia ognor rende<r>vi grazia. -

107

Né giovandogli i preghivia procaccia

di tosto uscir de l'importuni amanti

e non possendole man bianche caccia

tra i bei crin d'oro in sú e in giú erranti.

Ha Medor in ver lei fissa la faccia

né vede l'ora ch'ella in terra schianti

dal corpo l'alma e in l'aspettar s'affligge

or si torce e conquideor si trafigge.

108

Or l'uno or l'altro piè Medoro muove

piange per ira e non ritrova luoco

graffiasi il viso e guarda e non sa dove

mangia l'ugnie co i denti e spira fuoco

e tanto brama che la moglie prove

l'estremo fin quant'ella avria per gioco

di morir presto e la medesma voglia

ha del suo sposo e viensi men di doglia.

109

Il signor del castelch'ad un balcone

stassi a veder miracolo sí strano

del divin caso ha tal ammirazione

ch'in su mirando aggiugne mano a mano;

son in terra smarrite le persone

paion marmi da presso e da lontano

e mentre ognor Angelica dispensa

parole a i venti e di fuggirli pensa.

110

Studia fuggirli e lor tengonla advinta

ondeggiando per l'aer in nuova gara.

- Ahimè! - dice ella - una d'affanni cinta

non può morir per nulla pena amara?

che pietàche giustizia è in ciel dipinta?

dunch'è morte a chi vuol morir avara?

Creduto avrei poter in l'aer involta

morirmorta ch'io fussiun'altra volta.

111

Ma perch<é> m'odia assai morte infedele

fo voto al dio d'i ventioggi ritrosi

di darli l'ombra mia piú che fedele

pur ch'egli in terra morta mi riposi.

Dehrompi al viver mioEolle vele

dehrichiama i tui servi invidiosi

che mi vieton l'eterna e somma gioia

che l'alma vo' donartipur ch'io muoia.

112

Per giusto guidardonse non ritarda

in me la tua pietàl'alma ti dono

e perch'in fuoco mai perisca et arda

piglia anch'il piantoe non fia picciol dono;

or il mio prego con dritti occhi guarda

e del carcer mi sciogli ove ora sono;

rompi l'ostinazion de la mia sorte

et uccidimi a onta de la morte. -

113

In questo supplicar d'Angelica alma

Zefiroa i drappi sui fido sostegno

dal superbo Austral con grave salma

cacciato fupien d'amoroso sdegno;

il qual sen gínon con le voglie in calma

dove Eol tien l'antico seggio e regno

e dice: - Il mondo ormaisignorti sprezza

né teme alcun tua già temuta altezza.

114

I familiari tuiquei ch'han la cura

del salso periglioso empio elemento

per torre a forza una donzella pura

lasciono ogni naviglio andar contento;

e quel ch'è peggio è che fan pugna <dura>

ch'ognunperduto e in la beltade intento

vol la diva per sé e stassi in guerra

e di te ride il mar come la terra. -

115

Rabbuffò i cigli e l'orride sue chiome

il monarca d'i venti furiando;

gonfiò l'orrende gote e fessi come

suol farsi allor ch'i remi va fi<a>ccando

e comparse in un trattoe non so come

dove i soldati sui fan pugna amando;

punigli e poi l'angelica favilla

posò davanti al tempio di Perilla.

116

Vide Medor ir via per l'aer a volo

colei che muor ognor senza morire

e del suo scampo ebbe sí grave duolo

ch'in terra cadde e nol puoté soffrire.

Corse davanti a lui l'orrendo stuolo

ch'aspettava la donna seppelire

e raccolto il garzon con grato amore

lo condusseno avanti a lor signore.

117

In sé tornatoespose la cagione

de le sue nuove incomparabil doglie;

contò ch'è figlia del re Galafrone

colei ch'è sparsa et è sua odiata moglie.

Per questo il gran signor Medor propone

successor suo e con amor l'accoglie.

Ma perch'il dir è stato lungo tanto

con grazia vostra poserommi alquanto.

EL FINE DE LI TRE PRIMI CANTI DI MARFISA

DEL DIVINO PIETRO ARETINO

In questa stanza da l'altre appartata

fuor de li tre canti

l'auttor finge Angelica vedersi davanti morti

il padre Galafrone et il marito Medoro

extr. 1

Chi provò mai cosí maligna sorte

ch'in parte aguagli mia fortuna dura?

Quest'è mio genitorquel mio consorte

Fui sposa d'unde l'altro son fattura.

Chi mi duol piúqual piangerò piú forte?

a chi do io piú degna sepoltura?

chi ha piú in me<l>o sposo o 'l padre essangue

s'io tengo il seme d'unde l'altro il sangue?

estr. 2

Ha Marfisa due briglie in le man dure

e le palpa e le vibra e le rimira;

poi con parole piú che morte oscure

con quel suo cuor che dove vuole aspira

disse: - Le forze mieche sepolture

son de i viventi se l'accende l'ira

voglion col valor mio fieroiracondo

questo fren porre al cielquest'altro al mondo. -

extr. 3

- S'egli fusse concesso a l'ombre nostre

turbar le paci dal ciel stabilite

e per tornare a gloriose giostre

tor delle tombe le sue spoglie ardite

non sol le false ora credenze vostre

ma quella avrei del mondo anco chiarite

talché vedriasi se m'occise in vero

l'asta d'Achille o la penna d'Omero. -

extr. 4vv. 7-8

. . . . . . . . . . . . . . .

e perché nulla manchi al fiero giuoco

su i brandi appar l'ellemento del fuoco.