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Emilio Salgari

 

LE STRAGI DELLE FILIPPINE

 

 

Capitolo I

 

LOS JURAMENTADOS DI SOLU'

 

- I «MOROS»!... I «MOROS»!...

Questo grido rimbomba per le vie di Manillaopulentacapitale delle Filippinecome un colpo di tuono.

Una fiumana di gentepazza di terrorecoi visi pallidigliocchi stralunatisi scaglia come un uragano attraverso il magnifico ponteadieci grandi arcateche unisce la Ciudadossia la città spagnuolaaisobborghi popolosi di Binondo e di Santa Cruzche formano la cosí detta CittàChinese.

Quei fuggiaschi si spingono l'un l'altrourlandosirovescianosi calpestanoma si rialzano e riprendono la corsa vociando sempre:

- I moros!... I moros!...

Vi sono uominivi sono donnevi sono fanciulli; vi sonospagnuolitagalichinesinegoziantimarinaifacchinibarcaioli del Passige perfino soldatima tutti fuggono come se avessero alle spalle una banda difiere assetate di sangue.

Delle donnetravolte da quella marea umana che ha un impetoirresistibilecadonoma quella fiumana vi passa sopra; dei fanciullisfinitio malamente urtatiscompariscono fra quei corpi e rimangono stesi al suolofracassatiinsanguinatima chi si occupa di loro in quel momento?... Tantopeggio pei deboli!...

La follaattraversato il ponteentra nella Ciudadrovesciando le sentinelle e le guardie doganali che stanno dinanzi ai bastioni esi dilegua per le vieurlando sempre:

- Fuggite!... Si salvi chi può!... I moros!... I moros!...

Le porte delle case si chiudono precipitosamente confracasso; i negozianti abbassano d'un colpo solo le griglie di ferro cheproteggono le loro botteghe; gli erbivendoli lasciano i loro banchi e si salvanoin tutte le direzioni senza piú occuparsi delle loro ceste ripiene di fruttasquisite e di vegetali d'ogni specie; i merciai ambulanti gettano all'aria leloro casse e si precipitano là dove scorgono ancora qualche porta aperta; icocchieri pubblici sferzano i cavalli a sangue e corrono dietro alla follasenza badare se le ruote urtano qualche disgraziato rimasto indietroo se lotravolgono.

Le finestre invece si aprono e voci impaurite chiedonoaffannosamente:

- Dove sono?...

- Vengono da Binondo!... - rispondono alcuni fuggiaschimasenza arrestarsi.

- Ma chi?

- Los juramentados!

- Por la santa Virgen!...

- Eccoli!...

- I moros!... I moros!...

- Alle armi!... - tuona una voce. - Giú chi ha le brandill!...

Urla spaventevoliche fanno agghiacciare il sanguescoppiano dalla parte del ponte.

Un istante dopo dieci o dodici uomini semi-nudicolor delbronzo cupocogli occhi iniettati di sanguecolla spumama di colorsanguignaalle labbrasi scagliano attraverso il ponte come una volata diuccelli da rapina.

Non sembrano uominima demoni sbucati dall'inferno. Sonotutti di alta staturadalle spalle larghedal petto ampio; ma dalle braccia ele gambe magre che sembrano formate di corde d'acciaio ricoperte di pelle cottae ricotta.

Non indossano che un certo sottanino scoloritoma allegambealle bracciaed al collo portano anelli di ramemonili di perle divetro e di denti di cignale e sul capo delle fascie svolazzanti che sembranoformate da corde vegetali intrecciate.

Tutti quegli uominiche sembrano pazzi od in preda ad unterribile accesso di furore sanguinariostringono nelle destre quelle pesantisciabolea lama largafabbricate con acciaio d'una tempra eccezionale e chegli isolani delle Solú chiamano parangsarmi formidabili che d'un colpotroncano la testa all'uomo piú vigoroso.

Corrono come cervicoi lunghi capelli svolazzanticoi visicontrattitenendo le armi alzate. Nessuno può spaventarli: nessuno puòarrestarli. Solo una scarica di fucili o la mitraglia d'un pezzo d'artiglieriapotrebbe domare quelle tigri.

Chi sono adunque quei formidabili uomini che non temono lamorte e che cosí poco numerosiosano avventurarsi fra le vie d'una cittàinmezzo ad una popolazione di circa centocinquantamila anime e una guarnigione diotto diecimila soldatiscelti tra i piú valorosi della guarnigione iberica?...

Dei pazzi?... Forse peggiopoiché quei moroscomeli chiamano gli spagnuolihanno giurato sul Corano di uccidere e ucciderannodovessero scagliarsi contro una selva di baionette od in mezzo ad una grandinedi mitraglia.

Non sono dei veri morima degli isolani delle Solúgliabitanti dell'antico covo dei pirati; dei malesi infinema votati alla morte.

Un giornoquei disgraziatial pari di tanti altri dellaloro razzasi erano accorti d'aver dilapidato spensieratamente le lororicchezzele loro terre e forse perfino l'ultima loro capanna e che per di piúsi erano ingolfati nei debiti. Le leggi del loro paese li avevano lasciaticadere in balia dei loro creditorii quali potevano ben venderli come schiaviassieme alle mogli ed ai figli.

I panditasovvero i preti maomettaniuomini crudelie fanaticine avevano approfittato per sfogare il loro livore controgl'infedeliossia gli spagnuoli. Avevano offerto ai debitori il riscatto delleloro famigliema a condizione che diventassero juramentadosossia chegiurassero solennemente di uccidere il maggior numero di nemici.

Cos'è la morte pel malese?... Né piú né meno d'uno diquei molteplici fenomeni dell'esistenzaa cui si assoggettano senza pensarvisopra un solo secondo.

Ed ecco i debitori diventati juramentados. Un prahosolulano qualunque aveva trasportato gli uomini votati alla mortealla focedel Passigonde potessero compiere le loro truci gesta piú ferocemente chefosse possibilein mezzo alla numerosa popolazione della capitaledell'arcipelago e dopo d'averli ubriacati d'oppio fino all'esaltazionefinoalla pazzial'equipaggio li aveva scatenati.

Quei dodici uominiche dovevano morirese volevano salvarele loro famigliema uccideresi erano scagliati sulla popolazione che siaffollava sul quai di Binondotracciando in mezzo ad essa un solcosanguinoso; poiattraverso il borgo si erano gettati sul ponte del Passigdietro ai fuggentiper entrare nella Ciudad prima che l'allarme si spargesse esi alzassero i ponti levatoi.

Una donnache era stata travolta dalla folla ed orribilmentecalpestatavedendo avvicinarsi quella schiera di demoniaveva cercato dirialzarsi e di fuggire verso l'estremità del pontema il primo juramentado d'unbalzo le fu soprae con un fendente del suo parang la fece ricadere conla testa spaccata fino al mento.

Un soldato di fanteria marinache si trovava a guardia d'unascialuppa a vapore ormeggiata presso il quai balzò a terra stringendo unfucile armato di baionetta e tentòcon un coraggio disperatodi far frontealla banda.

Il disgraziato non conosceva forse i juramentados diSolú. Non aveva ancora appuntata la baionetta che stramazzò al suolo collebraccia tronche e la gola spaccata. Ebbe appena il tempo di mormorarefra ifiotti di sangue che lo soffocavano:

- Valgame Dios!... - e spirò.

I juramentadospassato il pontesi precipitano nellevie della Ciudadsenza che alcuno ardisca arrestarli dinanzi le barriere delbastione. Sanno che colà vi sono altre vittime da fare e soprattutto vittimespagnuoleed irrompono per le vie come torrente spaventoso.

Alcuni colpi di fucile partono dalle finestre: dei macigni edei rottami rimbalzano sulle vie da essi percorsema non si arrestano. Qualcunocade e viene tosto finito a fucilate come una bestia ferocema gli altricontinuano la corsa agitando furiosamente le loro armidi già tinte nelsangue.

Sull'angolo d'una strada s'imbattono in un gruppo difuggiaschi. Piombano su di lorone fanno scempio e riprendono la corsalasciandosi dietro un gruppo di morti e di moribondi.

Erano giunti all'estremità della piazza d'Armiquando difronte alla statua di Ferdinando VII s'imbattevano in una ricca portantinasorretta da quattro indigenida quattro tagali.

I portatorivedendoli avvicinarsiabbandonaronoprecipitosamente le traverse e si salvarono fra gli alberi dell'orto botanicomandando urla di terrore.

A quelle grida risponde un altro che esce dalla portantinaun grido di donna.

La porta viene aperta ed una giovane signora balza agilmentefuorigirando all'intorno uno sguardo smarrito.

Quella disgraziatache sta per subire la sorte toccata aglialtri incontrati da quei fanatici sanguinariiè d'una singolare bellezza.

Può avere sedici o diciassette annima può averne anchemeno. È una figurina gentilema di taglia elegante quantunque piccolacon dueocchi d'un nero profondo che tradiscono la sua origine spagnuolasormontati dafolte e nere sopracciglia dall'ardita arcata; con due labbra rosse come coralloche mostrano dei denti candidicol naso diritto ma delle narici mobili checaratterizzano il tipo delle isolane di Luzoncoi capelli oscurisciolti sullespalle e colla pelle bruna.

Non porta né gioielliné vezzi di perle come le sueconcittadine di Manilla e non indossa vesti di gran lusso né a vivaci colori.Non ha che un semplice vestito di mussola azzurra a fiorami e sul capo unaleggera ciarpa di seta biancala manta.

Vedendosi sola inarcò le sopraccigliama ad un trattoimpallidígettando un grido d'orrore. Aveva scorto i juramentadosiquali le correvano addosso come una torma di lupi affannatiroteando i parangs.

Un istante ancora e quella bella testa doveva cadere alsuolospiccata da quelle armi formidabili e quel giovane corpo dovevastramazzare nella polverevomitando sangue.

Ma al grido d'orrore della fanciullaun altro vi aveva fattoeco.

Due uominiuno vestito all'europea e l'altro da chinesechesi erano riparati in un vicino caffèhanno veduto e non curanti della lorovitasi sono precipitati in aiuto della giovinetta.

Il primo è un uomo sui trent'annidai lineamenti arditiche indicano un coraggio a tutto prova. Sembra che appartenga a quella splendidae intelligente razza formata dall'incrocio del sangue europeo con quello degliindigeni delle Filippinepoiché ha la pelle un po' brunadai riflessirossastrigli occhi grandineritagliati a mandorlai capelli pure nerissimied inanellatii denti d'una bianchezza abbagliante e la corporatura robustamadotata di quell'agilità che distingue gl'isolani della Filippine.

L'altroche sembra piú attempato di una mezza dozzinad'anniha invece la pelle giallo-pallidagli occhi leggermente obliqui constrani bagliorila fronte alta e spaziosa solcata già da qualche precoce rugale labbra strettesottili ed il mento appuntitocoperto da una barba radailcapo in gran parte rasato e adorno di una barba come usano i chinesi. La suastatura è piú alta del compagno e piú robusta e piú muscolosa. Quell'uomoche tutto indica appartenga alla razza chinesedeve possedere una forzaveramente eccezionale ed una energia non comune negli uomini della sua razza.

I due coraggiosi si gettano dinanzi alla giovinetta che si èaggrappata allo sportello della portantinacol capo nascosto tra le bracciacome se volesse ripararlo dai colpi degli assassini.

L'uomo bruno estrae rapidamente una rivoltella e apre un verofuoco di filama il suo compagno abbassa invece bruscamente l'arme che avevapure estrattamentre un sorriso crudele gli spunta sulle labbra.

- La fanciulla bianca!... - esclamacon accento sdegnoso.

Ma i colpi dell'uomo bruno sono stati sufficienti. Un moroil capo filacade colla fronte bruciatapoi un secondopoi un terzo. Glialtri deviano e si gettano verso l'orto botanicoululando ferocemente. Lastrage sta per finire. L'allarme è stato datoe da tutte le parti accorronosoldati e cittadini armati.

Un tagaloun altro coraggiosoaffronta la terribile benda.Tiene in pugno una specie di forca di legno col manico lungo e le due puntearmate di spine e rinchiuseall'estremitàda un altro fascio di spine.

È la brandilll'arma migliore per arrestare ifanatici juramentados.

La forca cade sull'ultimo selvaggioimprigionandogli ilcollo. Il miserabilearrestato di colpolacerato dalle spine che gli sicacciano nelle carnicade in ginocchio.

Nell'istesso istante un fuoco infernale parte dagli alberidel giardino. Due dozzine di soldatiaccorsi dal forte S. Giacomofucilanosenza misericordia i morosi quali cadono l'uno sull'altro in un fascio.

È finita; i fanaticicrivellati dalle pallenon sirialzeranno piú per continuare l'orribile strage e la popolazione di Manillaun istante prima terrorizzata dalla furia sanguinaria di quei formidabiliuominipuò scendere tranquillamente nelle vie per numerare le vittime.

La bruna giovane intantomiracolosamente sfuggita allamortedopo un istante di stupore e di sbalordimentoaveva alzati gli occhi sulsalvatore che le stava ancora dinanzi colle braccia incrociate sul pettoin unatteggiamento quasi triste. Appena lo videun grido le sfuggí e s'appoggiòalla portantinacome se le forze le fossero venute meno.

- Voi... tu... Romero! - balbettò

- Síio- rispose l'uomo dagli occhi nericon accentotriste. - Tu non credevi di trovarmi quiè vero Teresita?... Lo vedi: è ildestino che mi spinge sempre sui tuoi passi.

- Ah!... Romero!... Ti devo la vita!... - esclamò lagiovanetendendogli la mano.

Il meticcio afferrò vivamente quella manole cui dita eranoadorne di anelli di grande valorese le portò al cuorema subitol'abbandonò.

- A quale scopo- dissecon voce cupa. - Tutto deve finiretra me e te.

- NoRomero- mormorò la giovanenella cui voce sisentiva dello strazio. - Non parlare cosí!...

- Sono un meticciolo sai. Non ho nelle vene il sangue purodegli spagnuoli e sono un proscrittopeggio ancoraun uomo condannato e che ituoi compatriotti sarebbero ben felici di vedere morto. Qui è delitto parlaredi libertà; qui è delitto amare la terra natia e tuo padre me l'hadimostrato... Addio!... Forse non ci rivedremo mai piú!... Vado dove sicombatte e dove si muore.

Il meticciocosí dicendoaveva fatto un passo indietro perritirarsima la giovane spagnuola lo aveva rapidamente trattenutoafferrandogli strettamente ambe le mani.

- Romero!... - esclamòmentre i suoi occhi si empivano dilagrime. - Romero... tu non puoi lasciarmi cosí... non lo devi... perché io tivoglio sempre bene.

Un sorriso amaro contrasse le labbra dell'uomo di colore.

- Tu mi vuoi benelo so- disse. - Ma luituo padrechemi ha condannato all'esilioche mi odiache mi disprezza?...

«A quale scopo lottarequando la speranza non sussiste?...A quale scopo vivere e soffrire ancora?... I miei fratelli muoiono per lalibertà di questa terra e io voglio andare a morire al loro fianco».

- NoRomero!...

- È il destino che cosí vuole. Partirò: l'ho giuratoTeresita.

- E tu che mi vuoi benetu che per me hai tanto soffertoandrai a lottare contro i miei fratellicontro mio padre?…

- Tuo padre! - disse il meticcio con voce sorda.

- È veroRomero... perdona... - mormorò la giovanettasoffocando un singhiozzo.

- AddioTeresita- disse Romerofacendo uno sforzo chedoveva straziargli il cuore. - Possono accorgersi che io sono tornato e se miarrestasserodomani non sarei piú vivo. Se morrò nelle trincee di Cavite o diBulacanil mio ultimo pensiero sarà pel nostro infelice amore e l'ultima miaparola sarà per te.

- E tu partirai?...

- Domaniall'alba.

- E non ci rivedremo piú?

- Forsese la morte mi risparmierà; ma non lo credopoiché io la cercherò.

- È necessario che io ti veda ancora. Non negarmi questofavore che può essere l'ultimoRomero! - disse Teresitapiangendo.

- Ho le ore contate.

- Lo voglioRomero.

- Sia.

- Questa sera.

- Dove?...

- Nel padiglione del parco. Ti attenderò con Manuelita.

- E tuo padre m'ucciderà.

- A mezzanotte dormirà! Concedimi quest'ultimo colloquioRomero.

- Ebbeneci sarò.

- Ho la tua parola.

- L'haiTeresita.

La giovane spagnuola si asciugò rapidamente le lagrime conun fazzoletto adorno di pizzis'avvolse il capo nella mantache avevalasciato cadere sulle spalle e balzò leggera come un uccellonella portantina.

I quattro tagaliche erano ritornatil'alzarono e simisero rapidamente in marciascomparendo dietro gli alberi del giardino.

Il meticcio non si era mosso. Col capo chinogli sguardiardenti fissi sulle piante che celavano la portantinala fronte burrascosamenteaggrottata e le braccia strettamente incrociate sul robusto petto che gli sisollevava impetuosamentepareva che col pensiero seguisse la bruna fanciulla.

Sembrava che avesse dimenticato tutto: il pericolo tremendoche correva di venire scopertoarrestato e forse ucciso; il compagno dagliocchi obliqui che lo aveva seguito e perfino il luogo dove si trovava.

Quale destino mi sarà serbato? - mormorò finalmentecon unlungo sospiro. - Un uomo di colore!... Come se anch'io non avessinelle mieveneil sangue di questi superbi dominatori?... E disprezzano mela mia razzai miei fratellimentre l'insurrezione rugge sulle loro teste!...

Si guardò d'intorno come se cercasse il compagno e lo videframmischiato alla folla che si era raggruppata attorno ai cadaveri deijuramentadosma s'accorse pure che quegli occhi obliqui lo fissavanoattentamente. Nel sorprendere quello sguardoche pareva acuto come la lama d'unpugnaleRomero trasalí.

- Mi spiava- mormorò.

S'avvicinò alla folla e battendo sulle spalle del compagnoil quale si era affrettato a rivolgere la sua attenzione sui cadaveri dei morosgli disse:

- VieniHang-Tu.

L'uomo dalla pelle gialla lo seguídicendo:

- Sono proprio mortiRomero.

- Lo credo- rispose il meticciosforzandosi di sorridere.

- è una vera disgrazia che siano stati uccisi cosí presto.Avrebbero potuto abbatterne qualche centinaio di questi bianchi.

- Ma anche degli uomini di coloreHang-Tu. Quelle belve nonrispettano nessuno quando sono scatenate.

- È per questo che hai fatto fuoco su di loroè veroRomero? - chiese Hang-Tucon sottile ironia.

- Noè stato per salvare una fanciulla.

- Una bianca- disse Hangcon disprezzo.

- Una fanciullati dico. Forse che noi facciamo la guerraalle donne?...

- Noma quella meritava ben la morte.

- Lei!...

- Almeno suo padre avrebbe pianto.

- Ah!... Tu l'hai riconosciuta?...

- SíRomeroed è per questo che non ho fatto fuoco sui moros.Spenta leila patriao meglio l'insurrezioneavrebbe avuto la tua forte animaed il tuo robusto braccio.

 

 

 

 

 

Capitolo II

 

IL «GIGLIO D'ACQUA» ED IL «LOTUS BIANCO»

 

Il meticcio si era arrestato all'estremità del ponte cheunisce la Ciudad a Binondoguardando fisso il compagnoil cui visoda gialloche eraaveva assunto una leggera tinta verdognolamentre nei suoi occhilampeggiava una cupa fiamma. Pareva che volesse scoprire i pensieri cheturbinavano nel cranio di quel discendente del Celeste Impero. Forse nelleparole di quell'uomo aveva indovinatofra l'ardente amore per la libertàunatenebrosa minaccia per la fanciulla.

- OrsúHang-Tu- disse finalmente- che t'importa sequella donna sta fra me e l'insurrezione?... Forse che abbandonando Macaolaterra dell'esilio che ci ha ospitato per tre mesisalvandoci dalla mortedecretataci da questi dominatorinon ho giurato di consacrare l'anima e lebraccia alla libertà delle isole?...

- Ma quella donna ti sarà fatale.

- Leipovera fanciulla?

- L'amor suoRomero.

- TaciHang-Tu- disse il meticciocon triste accento.

- Spezza tuttoinfrangi ogni vincolo con questa razza che dasecoli ci opprime e che disprezza temeed i nostri fratelli.

- TaciHang.

- Tu l'ami- continuò l'implacabile cinese- tu che seiuomo di colore!... Credi tu che suo padre acconsentirà a dartela in isposa?...Luiil maggiore che guerreggia con furore contro i nostri fratelli; lui che tiha fatto arrestare e che ti avrebbe fatto fucilare se iocon una pronta fuganon ti avessi salvato conducendoti al Macao; lui che t'ha incendiato le immensepiantagioni ereditate dai tuoi padriche ti ha gettato sul viso tutto il suodisprezzoche ti ha deriso quando hai avuto l'ardire di chiedere la mano di suafiglia e che ti ha respinto come un canepeggio ancoracome un lebbroso?... Etu vuoi bene a sua figlia!...

- Mi vuol bene anch'essaHang.

- Síl'affetto d'una donna biancal'affetto di unanemica!... Non si può voler bene ad un uomoquando questi volge le armi controi fratellipiú ancoracontro il proprio padre.

- Sono le sorti della guerra e le comprenderà.

- NoRomero. La razza bianca odia troppo la nostra terraperché Teresita possa perdonare a ted'aver impugnato le armi contro la suapatria. Quella fanciulla conta sul tuo amore per strappare all'insurrezione unuomo valoroso come teun nemico che può diventare il braccio destro dei nostricapi e forse il supremo dittatore delle operazioni guerresche dei guerrilleros.

- Io?...

- TuRomero. A noi manca un duce capace di intraprendere deicolpi audaci contro le città tenute dagli spagnuoli e che renda forti lenostre. Tu sei ingegneretu t'intendi di cose di guerrapuoi dirigere unassediopuoi insegnare a noi come si trincera una posizione. Vedi bene quantotu sei necessario a noi e quanto conta su di te l'insurrezione.

- E non ti basta che io abbia giurato di combattere per lalibertàHang?

- Ma quella fanciulla?...

- Che importa agli insorti che io abbia affetto per una donnabianca o di colore?…

- Ed il cuore?… Sarà libero come il tuo braccio?…Avresti tu il coraggio di lottare contro il padre della donna alla quale vuoitanto bene?…

- Si dubita della mia fedeltàadunque? - chiese il meticciocon voce sorda.

- Noma…

- Forse che non sono stato io ad organizzare il colpo di manoche doveva darci Manilla?… Forse che non sono stato io ad armare i trecentouomini che lavorarono nelle mie piantagioni ed il primo che ha innalzato ilvessillo della rivolta?… Si dimentica di già che gli spagnuoli mi hannocondannato alla fucilazioneche le mie ricchezze sono state confiscatele miepiantagioni distruttela mia stessa casa data alle fiamme?… Non sono che seiore che sono tornato dall'esilioaffrontando il pericolo di venire scopertonon per dire a Teresita che io le voglio sempre benema per combattere a fiancodei miei fratelli di colore e morire in mezzo a loro.

- Lo soRomeroe nessuno lo ignora; ma temiamo di quellafanciulla e del fortissimo affetto che hai per lei.

- È vero- mormorò il meticciopassandosi la destra sullafronte ardente.

Hang-Tu era diventato bruscamente muto. Aveva passato unbraccio sotto il sinistro del meticcio e scendevano uniti verso il molo diBinondo che era affollato di persone.

Schiere di chinesi dalle teste semi-pelatema adorne dilunghe codedalle facce quasi squadrema cogli zigomi assai sporgentidalletinte piú o meno giallastre e coperti da grandi cappelli di fibre di rotangin forma di giganteschi funghipassavano e ripassavanochiacchierando convivacità e ridendo rumorosamente.

Vi erano grassi negozianti che sfoggiavano delle ricche elunghe kao-tzossia casacche di seta a fiorami di tinte vivaci e checalzavano delle comode ha-tzossia grandi scarpe bianche dall'alta suoladi feltro; dei ricconi che facevano pompa delle loro lunghe hoalossiatuniche abbottonate sui fianchicon piastroni di seta finemente ricamati edelle grandi pieghee dei facchini quasi nudima che nella cintola portavanol'inseparabile ventaglio e la non meno inseparabile pipa per fumare l'oppio.

In mezzo a quell'onda di cappellacci e di code agitatisi comeserpentistrepitavano dei tegalii veri indigeni delle isoledei pezzi digiovanottidalle forme eleganti ma insieme robustedal colorito rossastrocondelle gradazioni giallo-bronzine o ramignepittoreschi colle loro bianchecamicie di percallo svolazzanti sopra i pantaloni ed adorne di ricami; opassavano silenziositetrii malesi dalle facce ossute ed oscure congradazioni verdastre ed olivastrecogli occhi sempre contratti e minacciosi ela cintura armata dell'inseparabile krissquel pugnale di formaserpeggiantecolla punta sovente avvelenata e cosí terribile nelle mani diquei fieri isolani.

Quelle tre razzeun giorno acerrime nemichepareva che sulmolo di Binondo se la intendessero fra di loro. I chinesi ed i tagalisoprattuttochiacchieravano insieme colla migliore concordia e moltorumorosamente. Commentavano le ultime notizie della guerra che si combattevacosí vicina alla capitalesenza piú occuparsi delle numerose navidellegiunchedei prahos e dei giong che stavano ancorate dinanzi almoloin attesa di venire caricate o scaricate.

Pareva che inaspettati avvenimenti avessero assorbita tuttal'attenzione di quegli uominidimenticando i loro affari.

Hang-Tu continuava a condurre il meticcio attraverso quellagentesenza piú parlare. I chinesii tagali e i malesicome se avesseroricevuta una parola d'ordinepareva che non si degnassero di gettare un solosguardo su quei duema s'affrettavano a scostarsi per lasciare il passo libero.Solo di quando in quando Romero sorprendeva uno strizzamento d'occhi rapido comeil lampo o un gesto fulmineo.

Ad un trattoin mezzo a quel vocío si udí echeggiare unfischio acuto. Hang-Tu trasalí e s'affrettò a dirigersi verso una strettaviuzza che tagliava in due il popoloso quartiere mentre le folla si aggruppavaprontamente dietro a lui ed al meticciocome per opporre una barriera alle lorospalle.

- Ciò significa che qualche sospettoso spagnuolo ci seguiva- rispose il chinese.

- E questa gente?

- Ci salvaopponendo fra noi e la spia un ostacoloinsormontabile.

- Ma se è uno spagnuolosaranno costretti ad aprirgli ilpasso.

- È veroma i malesi sono lesti di mano ed il curioso nonfarebbe dieci passi in mezzo alla folla senza ricevere un buon colpo di kriss.

- Che gli spagnuoli abbiano sospettato il nostro ritorno?

- Lo temoRomeroma quando vorranno prendercinoi saremolontani. Binondo non è la Ciudad.

- Ma dove mi conduci ora?…

- Lo saprai presto.

- A mezzanotte devo essere libero.

- Lo sarai- disse il chinese

Poidopo alcuni istanti di silenzio riprese:

- È la fanciulla bruna che t'aspettaè vero?…

- Sí.

- L'avevo indovinato. Bada che il maggiore d'Alcazar non èpiú dinanzi a Cavitema qui!

- Lo so- riprese il meticciocon un sospiro.

- Il padre della fanciulla ti odiaRomero.

- Lo so.

- Forse ti tenderà un agguato per privare l'insurrezione deltuo braccio.

- Non conosci Teresita d'AlcazarHang-Tu.

- Non sarà lei che ti prepara il tradimentoma... sisospetta che tu sia quied il maggiore è un uomo che non dorme con due occhichiusi.

- Sarò armato.

- Vuoi un consiglioRomero?... Parti senza rivederla. Cosapotrebbe dirti?... Che ti vuol bene?... Lo sai o almeno lo credi...

- TaciHang- disse il meticcio con voce minacciosa. - Tunon hai il diritto di ferirmi il cuore.

- Noma l'amico affezionato ha il dovere di vegliare su dite.

- Ancora dei dubbi?...

- Noma temo l'affetto di quella fanciulla.

- Ho giurato.

- Lo vedremo fra poco.

- Cosa vuoi dire?...

- Pensavo alle stranezze del destino.

- Non ti comprendoHang.

- Non importa: affrettiamociRomero. Ci attendono.

- Chi?...

- I patriotti.

Il chinese aveva affrettato il passoinoltrandosi nelleviuzze interne di Binondoabitate quasi esclusivamente dalle numerose coloniedi chinesi e malesi di Manillaviuzze fetidefangosesfondate e oscure anchein pieno meriggiotanto sono strette.

Casecasette ed anche semplici capanne di paglia e di fangoma tutte coi tetti arcuati e sormontati dalle banderuole o dei draghi cigolantisugli arrugginiti sostegnile une addossate alle altree senza ordine.

Essendo il sole già prossimo al tramontodinanzi a quelleabitazioni era stata già accesa qualcuna di quelle monumentali lanterne dicarta oliatache spandono quella luce scialbamalinconicatanto cara aicoduti figli del Celeste Impero.

Hang-Tu percorse rapidamente parecchie stradicciuole cheerano deserte e s'arrestò dinanzi ad una casa d'aspetto tetrocolle paretiscrepolatecolle arcate dei tetti minaccianti rovinacolle invetriate dellepiccole finestre formate di conchiglie semitrasparenti tagliate a quadretti efissate su di un telaio di legno.

Sulla portasemi-nascosta da un basso muricciuolodestinatosecondo le credenze dei chinesiad impedire l'entrata agli spiritimalignisi vedevano delle figure malamente disegnate e peggio dipinterappresentanti le tre incarnazioni del filosofo chinese Lao-Tsesormontate dadue sentenze scritte su carta incollata e che volevano dire:

«Dirimpetto a me possa sorgere la ricchezza».

E l'altra:

«Possano i favori del Tien (cielo) scendere su questaporta».

Hang-Tu si volse verso il meticciodicendogli:

- Ci siamo.

- Ma dove? - chiese Romerocon una certa ansietà.

- Dove ci aspettano.

Gettò un rapido sguardo sulla viuzza a malapena rischiaratada una lanterna che ardeva sull'angolo d'una casapoi accostò le dita allelabbramandando tre fischi acuti.

Un istante dopola porta della casa d'aspetto sinistros'apriva senza far rumore ed un chinese di statura quasi gigantescacon uncappello di fibre di rotang sul capo ed una lunga casacca di telaazzurrastretta alla cintura da una larga fascia sostenente due rivoltellecomparvedicendo:

- EccomiHang-Tu.

- I figli del Lotus bianco e del Giglio d'acquasono pronti?...

- SíHang.

- Siamo sicuri?...

- Vi sono sessanta uomini disseminati nel quartiere. Nessunbianco potrà avvicinarsi senza essere scorto e pugnalato.

- è necessario che si vegli attentamentepoiché conducocon me l'uomo atteso.

- Manderemo altri venti uomini nel quartiere malese.

- Va bene.

Hang-Tu prese Romero per una manoattraversò la portagirando il muricciuolo e s'inoltrò in un corridoio tortuoso ed oscuromaprocedendo speditamentesenza esitazionicome un uomo che già conosce la via.

Dopo d'aver disceso parecchi gradiniintrodusse il meticcioin un salotto privo di finestrema illuminato da una grande lanterna coi vetridi corna di bufalo ridotte in sottilissime lastree adorni di fiori variopinti.

Quella stanza doveva trovarsi sottoterrama nessuna tracciadi umidità si scorgeva sulle paretiche erano coperte di carta fiorita di Tuge adorne di arazzi di seta color rosso fuoco a grandi disegni rappresentantimostruosi draghi vomitanti fuoco e lune sorridenti.

Non vi era nessun mobilenemmeno una semplice sedia dibambúma invece negli angoli si vedevano degli enormi fasci d'armi: carabineindianefucili a retrocarica di provenienza europea e di varii sistemipistolee rivoltellesciabolecatane giapponesi taglienti come rasoiparangsdel Mindanaopugnalicoltellaccikriss e perfino delle spingarde digrosso calibro.

- Mi attenderai qui- disse Hang-Tu a Romero.

- Una domandaprima.

- Parla.

- Dove mi trovo?

- Nella sede delle due società segrete chinesi Gigliod'acqua e Lotus bianco.

- Ho udito parlare di queste potenti società.

- Sai che hanno abbracciata la causa dell'insurrezione?...

- Lo ignoravo.

- Te lo dico ora.

- Ma che cosa vogliono da me?...

- Esse rappresentano in Manilla l'insurrezione.

- Che cosa vuoi concludere?...

- Che devi giurare a loro fedeltà e poi...

- Continua- disse il meticciovedendo che il chinese siera arrestato.

- Poi ti eleggeranno comandante delle forze degli insorti cheguerreggiano nella provincia di Cavite.

- Iocapo?...

- Lo si vuole.

- E contro chi dovrò battermi?...

- Lo deciderà la sorte.

Il meticcio rialzò vivamente il capoche aveva tenuto finoallora chino sul pettoe guardò il chinesema questi aveva un aspettotranquillo e i suoi occhi nulla tradivano.

- Attendimi- disse finalmente Hang-Tuche aveva sopportatoquell'esamesenza che un muscolo del suo volto giallastro trasalisse.

S'avvicinò ad una porta di legno di tek che siscorgeva all'estremità della sala sotterranea e battè tre colpi su di unalastra di metalloun gong. Le vibrazioni argentine del disco non eranoancora cessateche la porta si aprírichiudendosi tostoma senza far rumoredietro le spalle del chinese.

Romero era rimasto immobile in mezzo la salaporgendoattento orecchio a vaghi rumori che provenivano dalla parte ove il suo compagnoera scomparso. Pareva che dietro la robusta porta di tekun grandenumero di persone bisbigliassero.

Ad intervalli regolari echeggiava come un lontano fragored'armima subito si spegneva ed il bisbiglio misterioso tosto ricominciava.

Senza dubbionei sotterranei della casad'aspetto sinistrosi teneva una riunione numerosaper discutere sui mezzi piú adatti persopprimere le truppe spagnuole o si tramava qualche audace colpo di mano controla popolazione bianca di Manillaper strappare il formidabile baluardo aidominatori.

Cinque minuti erano appena trascorsiquando Hang-Tu rientròdicendo:

- VieniRomero: i fratelli ti attendono.

 

 

 

 

 

Capitolo III

 

LE SOCIETÀ SEGRETE DEI CHINESI

 

Il meticcioudendo quelle paroleaveva provatosenzasapere il perchéun fremito. Non aveva paura di affiliarsi a quelle misteriosesette importate dalla China e che ora avevano dato le loro ricchezze e le loroforze pel trionfo della libertà delle Filippine; non tremava per le terribilipunizioni che infliggono agli uominianche lontanamente sospetti della lorofedeltà agli statuti sociali: non temeva le arti segrete di Hang-Tu perstrappargli dal cuore la passione per Teresitapure non si sentiva tranquillovarcando la porta che doveva metterlo in presenza dei membri delle potentiassociazioni.

Sentiva vagamente che un pericolo misterioso lo circondavama senza sapere quale.

Attraversata la salail chinese lo introdusse in un nuovocorridoio che pareva scendesse ancorapoi lo fece passare sotto una stranavôlta formata da otto enormi clave sorrette da otto chinesida otto membridell'associazione.

Subito due altri chinesi s'impadronirono di Romeroglitolsero la casacca e la camicia gettandogli addosso un manto di seta biancamache lasciavagli scoperta la spalla destra.

Perché la cerimonia dovesse essere completaavrebberodovuto sciogliergli la codacome prescrivevano gli statuti sociali del Gigliod'acquadel Lotus bianco e del Tien-Taiossia della Societàdel Cielodella Terra e dell'uomocome protesta del servaggio dei chinesicontro l'imposizione dei Mantsciuri conquistatorima essendo Romero unmeticcioquesto particolare fu lasciato da parte avendo i capelli alla modaeuropea.

Ciò fattoHang-Tu introdusse l'amico in un'ampia sala dovesi trovavano raccolti un centinaio e piú affiliatiparte chinesialtrimalesitagali e meticciforse i capi piú influenti del partito insurrezionaledi Manilla. Erano tutti armati di sciaboleo di catane o di parangsle cui lame d'acciaio finissimo scintillavano vivamentesotto la luce d'unamezza dozzina di grandi lanterne di talco.

Hang condusse il meticcio ad una estremità della sala dovesorgeva un piccolo padiglione detto dei Fiori Rossiperché le tende chel'adornavano erano dipinte a peonie color del sanguee preso un bacino diporcellana azzurra di Mingripieno d'acqua raccolta nel fiume chinese di SiamHospruzzò replicatamente il neofita.

Tosto i cento uominiche si trovavano colà radunatisischierarono su due fileed alzarono le armi formando come una vôlta d'acciaio.

Hang fece passare Romero sotto le lame fiammeggianti eminacciosepoigiunto nel mezzolo fece inginocchiare su di un cuscino diseta cremisimentre otto spade si puntavano sulla spalla nuda del nuovoaffiliatofacendo uscire alcune gocce di sangue.

- Sono morti i tuoi parenti? - gli chiese Hangchefunzionava da grande maestro.

- No- rispose il meticciocon sorpresa.

- Devi giurare che sono morti- disse il chinese con vocesolenne- cosí vogliono i nostri statuti.

- Lo giuro.

- Ripetilo.

- Lo giuro.

Un lampo di gioia balenò negli occhi obliqui di Hang.

- Tu hai giurato- gli disse- questa formula significa chenon puoi piú riconoscere alcun legame terrestre e che devi rinunciare a tuttoper darticorpo ed animaalle nostre società che qui rappresentanol'indipendenza delle Filippine.

Il meticcioudendo quelle parolefece atto d'alzarsima lepunte delle otto spade l'obbligarono a rimanere in ginocchio. Aveva compreso chequella formula stava per costargli la perdita della fanciulla amata ed aveva purcompreso dove l'aveva tratto l'astuto chinese.

- Hang- mormorò.

- Per l'indipendenza della patria- rispose il chinesechelo aveva ben capito.

Romero chiuse gli occhi e chinò il capo. La libertà dellapatria gli rubava l'affetto di Teresita.

Un affilato aveva intanto recato un vaso di porcellana colordel cielo dopo la pioggiacontenente dell'avarak ed avevamescolato alla forte bevanda alcune gocce di sangue raccolte sulla spalla delmeticcio.

- BeviRomero Ruiz- disse Hangporgendogli la coppa.

Il neofita la vuotò senza pronunciare una parola. Ormai erain piena balía di quegli uomini; ormai aveva dato il cuore e l'animaall'associazione.

- Romero Ruiz - continuò il chinese rialzandolomentre leotto spade venivano ritirate. - Sei nostro ed hai giurato di difendere lalibertà delle isole contro i nostri secolari oppressori.

- Sí- rispose il meticcioa voce bassa- ma mi haischiantata l'anima.

Hang-Tu finse di non udirlo e se lo fece sedere a fiancosuuno scanno coperto di seta rossa fioratapoimentre i congiurati formavanodinanzi a loro un ampi semi-cerchiodisse:

- S'introducano i corrieri.

Un istante dopo due malesiun chinese ed un meticcioentravano. Tutti quattro erano cenciosimagrissimi e portavano in volto letracce di lunghe sofferenze. Pareva che fossero giunti di recente dai campidegli insortipoiché le loro vesti erano ancora imbrattate di fango.

Hang-Tu fece avvicinare il meticciochiedendogli:

- Da dove vieni?...

- Dalle rive dell'Imuscapo- rispose il corriere.

- Che cosa fanno gli spagnuoli?

- Si sono accampati presso Dasmarinas e pare che puntinoverso Salitran.

- Chi li comanda?...

- I generali Lachambre e Cornell.

- E poi?...

- Il generale Zabalà presta loro mano forte col mag...

- Basta- lo interruppe Hang-Tucon vivacità. - Conoscol'altro. I patriotti hanno fortificato Salitran?...

- Lo credono inespugnabile.

- Lo sforzo del maggiore sarà contro Salitran adunque?

- Sícapo. Tutte le colonne convergono sull'Imus.

Hangcon un gestolo invitò a ritirarsi e fece avanzare ilchinese.

- Tu vieni? - gli domandò.

- Da Franquero.

- È vero che quella fortezza è caduta nelle mani deglispagnuoli?

- Il generale Jaramille l'ha espugnata il 16 febbraio.

- Da tre giorni! - esclamò Hangcon doloroso stupore. - Egli insorti?...

- Si ritirano sui monti combattendo.

- Maledizione!... E Pamplona?...

- È pure cadutacapo- disse uno dei due malesiavanzandosi. - È stata occupata dal colonnello Barranquer dopo un vivobombardamento che ha costato la vita ad un centinaio dei nostri.

- Tristi notizie! - disse Hangcon un sospiro. - Ed a Bocoorche cosa si fa?...

- Continua il bombardamento da parte della squadra spagnuolama i patrioti resistono sempre- disse il secondo malese.

- E Cavite Vieja?...

- Tiene sempre testa agli spagnuoli.

- Ma oggi si diceva a Binondo che le popolazioni del fiumeZarate erano state domate. È vero?...

- Sícapo- risposero i due malesi- ma gli uomini validisono fuggiti e andranno a rinforzare le nostre bande.

- Hang-Tu si alzò e volgendosi verso i congiurati checonservavano un religioso silenziomalgrado quelle cattive notizie recate daicampi dell'insurrezionedisse:

- Amicigli oppressori stanno per darci forse un colpomortale. Mentre Cuba resiste vittoriosamente ai reggimenti del generale Veylersacrificando i suoi piú valorosi figli per l'indipendenzanoi che avevamocominciato l'insurrezione con tanti successistiamo per essere vinti.

«Le tigri delle isolegli antropoidicome cichiamano sdegnosamente questi uomini dalla pelle biancanon devono perire.Pensate che siamo sette milionimentre essi non sono che tremila e che nellenostre vene scorre il sangue di tante valorose razze e dei piú celebripredatori dell'arcipelago.

«Guerra a morte contro questi oppressoricontro questiorgogliosi bianchi che ci gettano in viso il loro disprezzo.

«Trionfano oggima essi tremanoperché sanno che le tigridelle isole sfidano impavide la morte. A Bataana Lagunaa Cavitea Pampangaa Bulacana Malabona Noveleta si resiste ancora e non cederemo dinanzi né aifuciliné ai cannoni spagnuoli.

«Conquistino pure le nostre cittàma ci rimarranno leselve e le montagne. Meglio la libertà delle fiere lassú o nei profondirecessi delle boscaglie che la schiavitú qui.

«Organizziamociamici. Io vi ho condotto un uomo che daràdel filo da torcere agli spagnuoliun uomo che pel primo ha dato il segnodell'insurrezioneche conosce gli uomini bianchi meglio di me e di voi tuttiunitiche ha studiato nella lontana Europa e che è il primo martire dellalibertà.

«Ruiz Romeroio capo delle associazioni del Lotus Biancoe del Giglio d'acqua e gran maestro del Tien-Taicapo supremodegli insorti di nazionalità chineseti nomino capo supremo degli insortidella provincia di Cavite.

«Giura che tu difenderai fino all'estremo le nostre fortezzecontro le quali puntano tutte le forze della Spagna; giura che tu combatteraicontro qualunque comandante spagnuolo fosse pure tuo amicofosse pure tuoparente. GiuraloRuiz Romero: la patria lo vuole».

- Lo giuro- rispose il meticcioche si sentiva comeaffascinato dagli sguardi ardenti del chinese che in quel momento erano fissinei suoi.

- Sta bene: domani partiremo per recarci a difendere Salitranprima di tutto. - Poi volgendosi verso uno dei congiuratichiese: - È tuttopronto?...

- Tuttocapo.

- L'ora?...

- Alle quattro.

- Il luogo?...

- Dinanzi la casa di Fang.

- Sgombriamo prima che possano sorprenderci.

In pochi momenti la sala sotterranea si vuotò. Non rimaseroche il meticcio e Hang-Tu.

- Sei soddisfattoamico? - chiese questi.

- Temo che tu abbia troppa fidanza sulle mie forze- risposeRomero.

- No: io ti conoscogl'insorti tutti ti apprezzano edesideravano il nostro ritorno. Tu sei di quegli uomini che posseggono unaenergia straordinaria e che possono esercitare una influenza grandissima sullemasse dei combattenti. Io ti ho collocato al tuo vero posto.

- Senza uno scopo segretoHang?...

- Chissà! - rispose il chinesementre le sua frontes'increspava.

- Tu mi hai fatto nominare capo degli insorti della provinciadi Cavite per allontanarmi da Teresitaè vero?...

- La Perla di Manillacome chiamano qui la fanciullabiancapoteva produrre piú male col suo affetto che gli spagnuoli colle loroarmi- rispose il chinese con voce grave. - Un capo all'insurrezione mancavaper riordinare le proprie forze e solamente tu potevi esserlo.

«Perderai il cuore della fanciullama forse renderai lalibertà alle isole. Vedi benequesta vale l'altro».

Romero non risposema sospirò a lungo.

- Ti comprendo- rispose Hangdopo alcuni istanti disilenzio. - La Perla di Manilla ti aveva stregato e tu soffri.

- Sísoffro- rispose il meticcioquasi con rabbia. -L'amor della patria è grandema il cuor che sanguina è un martirio atroceHang.

«Io maledico il giorno in cui i miei occhi s'incontraronocon quelli di TeresitaHang!... Io vorrei non averla mai veduta sul miocamminoo vorrei avere la forza di soffocare la passione nata nel mio cuorequesta fiamma che divora e che nell'esilio non si è spenta.

«La patriala libertà!... Io l'amo questa terra chedovrebbe ormai essere nostra e per la quale tutto ho perdutotutto hosacrificatoma tu non potrai mai comprendereHangquanto sia pur grandel'affetto mio per quella fanciulla figlia dei nemici nostri.

«Orsúsi compia il mio triste destino e non se ne parlipiú. La patria chiede il mio sanguela mia vita e sia!...»

- Tu mediti la morteRomero? - disse Hang nella cui voce ciera una accento di commozione.

- Che t'importa?... Credi tu che io possa essere feliceanche se tu mi hai fatto creare capo degli insorti?...

- Le vicende della guerra spegneranno la tua passioneRomero.

- MaiHang. Il mio martirio non cesserà se non quando iocadròspento dalle palle degli spagnuoli.

- Tu che potresti un giorno diventare il capo supremo dellenostre isole?...

- Síma il cuore sarebbe allora morto.

- Maledetta bianca!...

- TaciHang.

- L'odioquanto odio suo padre.

- Taci!... Taci!...

- E sia: vieni.

Il meticcio gettò il mantello di seta biancariprendendo lesue vesti; poi entrambi lasciarono la salariattraversarono il salotto ed ilcorridoio ed uscirono sulla viuzza oscura che era già tornata deserta.

Il chinese gettò un rapido sguardo a destra ed a sinistrapoi si mise in camminoseguíto dal meticcio che era ricaduto nei suoi tristipensieri.

Giunto all'estremità della via lanciò un fischio modulatoma breve. Due uomini che si tenevano celati nell'angolo oscuro d'una casasifecero innanzi.

- È libera la via? - chiese Hang.

- Non vi è una sola guardia fino al quai del Passig- risposero i due congiurati.

Hang riprese il cammino con Romeroinoltrandosi nelle luridestradicciuole del quartiere maleseed un quarto d'ora dopo si trovavano sulmolo di Binondo.

Non vi era alcuna persona a quell'ora. Solamente dinanzi al quaisi scorgevano degli uomini che vegliavano sul ponte di alcune giunche cinesi edi alcuni prahos malesiche avevano le vele spiegatecome se quellenavicelle fossero pronte a prendere il largo.

- Sono le undici- disse Hangarrestandosi. - Vuoi esserelibero?

- È necessario- rispose Romero.

- Sei deciso di recarti dalla Perla di Manilla?...

- L'ho promesso.

- Sta in guardiaRomero.

- Sarò forte.

- Possono capitarti brutte sorprese.

- Sono preparato a tutto.

- Sarai tentatoRomero.

- Sarò fedele ai miei giuramenti.

- Alla patria? - disse Hangcon voce grave.

- Alla patria- rispose il meticciocon voce soffocata.

- Sei armato?

- Che cosa debbo temere?

- Chissà?... il destino è talvolta cosí stranote lodissi già.

- Non temo nessuno.

- Bada che suo padre è qui.

- Se mi assalemi difenderò.

- Rammentati che devi vivere per l'indipendenza delle isole.

- Non mi farò uccidere.

- Addio; a domani dinanzi alla casa di Fangse non cirivedremo prima.

- Vuoi seguirmiforse?...

Hang non rispose. Si era calato sulla fronte il grandecappello in forma di fungo e si era allontanato rapidamente dirigendosi versouna giuncail cui equipaggio stava per ritirare le gomene che la tenevanolegata al molo.

- Andiamo- mormorò Romeroavvolgendosi in un manto daivivaci coloriche fino allora aveva tenuto sul braccio. - La terribile lottasta per cominciare o per finire.

Aprí con un colpo secco una di quelle lunghe ed affilate navajeche usano gli spagnuoli e se la passò nella cintoladove già stava celata larivoltella che lo aveva cosí ben servito contro i moros e s'avviòlentamente verso il ponte di Binondoper entrare nella Ciudad.

 

 

 

 

 

Capitolo IV

 

TERESITA D'ALCAZAR

 

L'arcipelago delle Filippinesu cui si svolse la sanguinosainsurrezione del 1896-97quasi contemporaneamente a quella non meno tremenda diCubaè uno dei piú splendidi possessi che la Spagna abbia salvato dallosfacelo delle sue tante numerose colonie.

Si compone di piú di cinquecento isolema due sole sonograndissime: Luzon che è la principalevasta quanto il doppio e piú dellanostra Siciliae Mindanaodi cui buona parte è ancora indipendente. Altresette sono pure di grandezza considerevole: PalavanSamarPanaiMindoroLeitéNegros e Zebú. Le altre minori sono BoholMarsbateMactanMarinduqueBuriasCalminaBassilanCatanduanesPelilloBabuianeecc.

Magellanoil grande navigatore che pel primo compí il giroattorno al mondofu il primo ad approdare su quelle terreil 16 marzo del1521; ma non poté sottoporle al dominio della Spagnaessendo stato uccisosull'isola di Mactan mentre combatteva in favore del re di Zebú.

Vent'anni piú tardiVillalobos vi sbarcava pure chiamandoquelle isole Filippine; ma difettando le sue navi di viverisi vide purecostretto ad abbandonarle senza aver fondata nessuna colonia.

L'onore di sbarcare i primi uomini bianchi doveva spettare aMichele Lopez de Legaspicolà giunto intorno al 1561; ma l'onore dellaconquista di Luzon doveva toccare al nipote Salacedoil qualecon un coraggioinauditoalla testa di soli duecentocinquanta uominiriusciva a debellare iprincipi tagalidonando alla patria una delle piú floride colonie.

La sua salita fu rapidasorprendentemalgrado le acridiscordie scoppiate fra i maestrati ed i prelati primafra il clero secolare egli ordini religiosi dopoe fra le varie fanterie piú tardi. In poco volgered'annimercé l'emigrazione dei chinesiartefici valenti e mercantiabilissimiManilla poté diventare uno dei piú ricchi emporii di quei mari conimmenso vantaggio delle finanze spagnuolele quali traevano da quella coloniaricchezze non inferiori a quelle che traevano dal golfo del Messico.

La dura oppressione dei conquistatori da un lato e le mireambiziose del vicino impero chinesenon tardarono però a provocare sanguinoseinsurrezioni che sconvolseroa piú ripresequelle ricche isolemettendo inpericolo la sovranità ispanica.

Sfuggite miracolosamente alla spedizione chinese del banditoLimaconche nel 1574con sessantadue naviduemila pirati e millecinquecentodonne aveva tentato di sorprendere Manillanel 1603 scoppia la primainsurrezione entro le mura della capitale.

Trentacinquemila chinesi fra mercanti ed agricoltoriistigati da messi dell'imperatore del Celeste Imperoalzano il vessillodell'insurrezione.

Una donna tagalamaritata ad un chinesesvela ad unsacerdote la congiurama i ribelli non indietreggiano e trucidano gli avampostispagnuoli.

Gli abitanti di Manilla di razza bianca comprendono ilpericolo e si armano. Soldatisacerdotifratidonnefanno argineall'insurrezione e dopo una lotta sanguinosa riescono a domarla colla morte diventitremila nemici.

Nel 1639i chinesi spiegano per la seconda volta il vessillodell'insurrezione e in quarantamila assalgono gli spagnuolima sono nuovamentedisfatti e solo settemila sfuggono alla strage orribile.

Da quelle due ribellionisoffocate nel sangue e tramandatedi padre in figlioè nato l'odio fra la razza gialla e la razza biancaodioconservato con pari ferocia e costanzaattraverso quasi tre secoli. Imaltrattamenti degli oppressori da una partele ladrerie dei collettori cheraddoppiavano o triplicavano a loro esclusivo vantaggio le tasse gravanti suimalesi e sui tagalied altre insurrezioni qua e là scoppiate e ferocementesoffocatediedero in breve ai chinesi altri formidabili alleati; la razzaolivastra e quella rossastrai discendenti dei piú rapaci predatoridell'arcipelago sululano e dei natividei primi proprietari del suolo.

La fusione di queste tre razze di coloreun tempo rivali eche crearono quei vigorosi e intelligenti sangue-misti chiamati meticcisognanti costituzioni liberalipreparò le insurrezioni di questo secolo.

Nel 1824nella capitale echeggia il primo grido di libertà.La rivolta delle colonie spagnuole d'America aveva avuto il suo contraccolpoanche nel lontano arcipelagoed alcuni ufficiali spagnuoliunitamente adalcuni negoziantiavevano preparato la rivolta.

Erano pochima animosi e si sapevano spalleggiati dallerazze di coloreanelanti di vendicarsi.

I ribelli s'impadronirono d'una porta della cittàassalirono il palazzo del governo e uccisero il viceré; ma i vincitori delmattinoalla sera venivano oppressi dalle truppe rimaste fedeli alla bandieraspagnuola e tradotti al patibolo o mandati in esilio.

Alcuni anni piú tardiun secondo tentativo non ebbe migliorfortunaed i patriotti finirono quasi tutti sotto le palle delle truppe e dellapopolazione bianca.

Il sangue di quegli insorti non era stato però sparsoinutilmente. Le tre razze di colorestanche di promesse non mantenutediriforme male concepiteinsofferenti del secolare disprezzo dei conquistatori edell'orgoglio castiglianoed incoraggiati dai successi degli insorti cubaniverso la fine del 1896 ordirono la grande congiura che doveva scoppiare come uncolpo di fulmine e sorprendere la Spagnatanto piú che nessuna cosa l'avevafatta sospettare.

Il primo colpo avrebbe dovuto riuscire mortale alla potenzaspagnuolasenza la confessione d'una donna di colore. Non si trattavadell'organizzazione di poche bande armatema d'un colpo di mano entro le muradella capitale e che doveva costare la vita a tutta la popolazione bianca.

Romero Ruizuno dei piú ricchi piantatori di Luzonun uomodi valore e di geniolaureatosi ingegnere in Europal'aveva organizzato epreparatoquantunque non s'ignorasse che amava una fanciulla biancala Perladi Manillafiglia di uno dei piú valorosi ufficiali del presidiospagnuoloaiutato da Hang-Tuuno dei capi piú potenti e piú fieri dellacolonia chinesegran maestro delle associazioni del Lotus biancodel Gigliod'acqua e del Tien-Taied uno dei piú ardenti partigiani dellalibertà delle isole.

La morte del generale Blancoscomandante supremo delle forzespagnuolequantunque combattuta da Romero che non voleva inaugurarel'insurrezione con un assassinioera stata decretata dal partito giallo.

Un malese al suo servizio doveva ucciderlo a tradimentomala comparsa di un certo numero di servi che avevano portate con loro le armi deipadroniavevano destati i primi sospetti.

Le autorità spagnuoleavvertite della trama ordita da uncanapaio primapoi da un vecchia malese che aveva narrato ogni cosa al suoconfessorenon si erano lasciate sorprendere.

Mentre il governatore faceva arrestare centinaia dicongiuratiun impiegato superiore ed un avvocato armarono prontamente duesquadroni di volontari i qualicolla loro fermezzas'imposero alla popolazionedi colore che stava per cominciare la lotta.

Il colpo era fallito prima che scoppiasseRomero e Hang-Tuprotetti da amicicon una pronta fuga avevano avuto il tempo di lasciare lacittàquando già era stata decretata la loro morteriparando a Canton.

Ma mentre si fucilavano o si deportavano gli arrestatilarivolta si era estesa fuori Manillanonostante lo scarso numero dei ribelli.

Il primo colpo era stato portato contro Calnacanlocalitàdistante due sole leghe dalla capitalema il drappello dei congiurati era statosubito respinto.

Formato per lo piú di malesi sanguinariiaveva preso larivincita sul monastero a cui apparteneva il frate che aveva accolta ladelazione della vecchia malese. Uccisa la delatriceapplicata la pene del ling-chial suo confessore e trucidati o annegati gli altrisi era sbandata persollevare le popolazioni di BulacanPampaganLagunaNueva EcijaBatangas eCavite.

Pareva che le forze spagnuole del generale Blancosmessesitosto in campagnaavrebbero dovuto soffocare subito quel primo motoinsurrezionaletanto piú che i capi erano stati o fucilati o deportati ocostretti a cercare riparo all'esteroma l'idea della libertà e l'odiosecolare contro la razza spagnuola avevano messe profonde radici.

In pochi giorni quelle poche centinaia d'insorti eranodiventate migliaia. La rivolta avvampò come un incendio intorno a Manillafacendo il suo centro in Cavite Vieja ed in Bulacan.

Gl'insorti che trovavano nei municipii dei preziosi alleati enella gendarmeriala cui riforma aveva aperto l'adito ai meticci ed agliindigenidei valorosi compagninon fuggivano piú ma combattevano con ferocia.

Lotte sanguinose erano già avvenute negli ultimi mesi del1896 e verso la metà del febbraio 1897ed atrocità inaudite erano statecommesse d'ambo le partiquando deludendo le crociere della flotta spagnuola esfidando la fucilazione a cui erano stati condannati dal consiglio di guerrapresieduto dal maggiore d'Alcazarricomparvero i due primi campioni dellasommossa: Ruiz Romero e Hang-Tu. . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..

Il meticciolasciato il chinese sul molo di Binondos'avanzava lentamente verso il pontecol viso mezzo nascosto nell'ampiomantello infioccato e la destra sul manico della lunga ed affilata navaja.

Era triste e cupo. Quel colloquio che un giorno avrebbeardentemente desideratonon gli sorrideva in quella notte in cui stava perpartire e combattere forse contro il padre della fanciulla amata e contro icompatriotti di lei. Quale amore disgraziato era il suolottante per lalibertà della terra natia ed i palpiti del cuore!... Che tenebroso avvenire glisi preparava senza le piú lontane speranze d'un sorrisod'un raggio di luce!

Quand'anche l'insurrezione avesse trionfato; quand'anche gliodiati oppressori venissero vintichi avrebbe dato a lui la fanciulla cheamava?... Avrebbe il padre di leifiero nemico dei ribelliil piú orgogliosodei castiglianiaccordato il perdono al condannato a morteal capo forse piúpossente dell'insurrezione?... O non avrebbeper la libertà delle isoleinfranto anche l'affetto della Perla di Manilla che pursino alloraaveva resistito a tutto?... Avrebbe ella avuto il coraggio di volere bene alnemico piú formidabile della sovranità spagnuolasu quelle terre delGrand'Oceano?...

- È tristeè triste- ripeteva Romeroseguendo il filodei suoi dolorosi pensieri. - La patria m'infrangerà l'anima e farà di me ilpiú infelice degli uominima Romero Ruiz non tradirà il vessillodell'insurrezioneper quanti martirii possa costare al suo povero cuore.D'altronde la morte la cercherò e presto tutto sarà finito; tale doveva essereil destino mio. Cerchiamo di essere forti in questo colloquio che forse saràl'ultimo. Povera Teresita!... Meglio sarebbe stato che i nostri sguardi mai sifossero incontrati.

Soffocò un sospiro ed affrettò il passo. Al palazzo dicittà suonavano le undici e doveva percorrere parecchie vie prima di giungereall'abitazione del maggiore d'Alcazar.

All'estremità del pontedinanzi alla porta della Ciudadvegliavano due sentinelleessendo state raddoppiate le guardie dopo i primimoti insurrezionali i quali potevano avere un contraccolpo anche nella capitaledove numerosissimi erano ancora i tagalii chinesi ed i meticcima Romeropassò risolutamente dinanzi a lorocerto di non venire riconosciutospecialmente con quell'oscurità.

Non poté però sfuggire ad una interrogazione dei duesoldati.

- Dove vi recate a quest'ora? - gli fu chiesto.

- Dal maggiore D'Alcazar- rispose il meticciorisolutamente.

- Siete atteso?

- Síed ho fretta.

- Passate.

Il meticcio entrò nella Ciudad con passo affrettatomaprima di voltare l'angolo delle prime case si guardò alle spalle per accertarsiche non era seguito. Tranquillizzato da quel latos'inoltrò attraverso unaserie di vie piuttosto strettema fiancheggiate da grandi edifizii d'aspettoseveroquasi tetro.

La Ciudad è la città militare dove risiedono le truppe e lapopolazione biancaanzi la popolazione veramente spagnuola.

È una vera fortezzacinta di bastioni giganteschi edangolosidifesi da ampi fossatima male tenutipiú pieni di liquido fangosoche d'acqua e coperti di piante palustricon sei sole porte e muniti di pontilevatoi ed un forte d'aspetto minaccioso: quello di San Giacomo.

Le vie della città hanno un aspetto assolutamentemalinconiconiente attraente per gli europei che sono di nazione spagnuolaquantunque siano per lo piú larghedritteombreggiate di piante coperte dierbe che nessuno si cura di estirpare.

Quei palazzoni dalle nere muragliescrepolati dai violentiterremoti del 16451796185218601864 e quello ultimo del 1879quelleimmense e numerose chiesequei monasteri pure numerosissimiproduconoun'impressione triste.

Le casette ad un solo pianocolle loro logge adorne difiorifabbricate ultimamente per meglio resistere alle furiose scosse diterremotidànno però oraad una parte della fortezzaun carattere un po'civettuolo.

Romeroche conosceva a menadito la cittàavendovisoggiornato a lungodopo aver attraversato parecchie vietenendosiprudentemente addosso ai muri per non incappare in qualche guardia notturnapochi minuti prima della mezzanotte giungeva dinanzi ad un edificio maestosoche aveva piú l'apparenza d'una fortezza che d'un palazzocolle mura anneriteed al pari delle altre screpolate per le convulsioni del suolospalleggiato daun ampio giardino difeso da alte muraglie merlatema in parecchi luoghidiroccate.

Nessun filo di luce trapelava attraverso le persiane dellenumerosissime finestre e nemmeno dinanzi al grandioso portone vegliava alcunasentinella.

Romero gettò all'interno un lungo sguardopoi rassicuratodi essere affatto soloseguí le mura del giardino finché si trovò dinanzi adun piccolo padiglione di pietrasormontato da un terrazzo coperto di grandivasi di fiori.

Qualche sprazzo di luce filtrava attraverso le persiane delpianterreno le quali erano cosí basse che un uomo di media statura avrebbepotuto aprirle.

- M'aspetta- mormorò. - Povera Teresita!...

S'avvicinò ad una finestrae dopo una breve esitazionebattécolle nocche delle ditaalcuni colpi.

Un istante dopo la porticina del padiglione s'apriva senzafar rumore ed il meticcio entrava in un elegante salotto colle tende di percalloazzurroadorno di grandi vasi di porcellana chinese o giapponese e contenentidelle piante rarei cui fiori spandevano all'intorno dei profumi acutitantocari alle donne spagnuole.

Una lampada pure chinesevelata di pizzilasciava cadereuna pallida lucela quale si rifletteva sui tavolini chinesi laccati e sullepoltroncine di bambú pure incrostate di lacca e di scagliette di madreperlache ammobiliavano la stanza.

Teresitavestita d'un semplice accappatoio bianco a ricamima che faceva spiccare doppiamente la sua bruna carnagione ed i suoi occhi nericon una rapida mossa aveva preso Romero per una mano traendolo sotto la lampadamentre Manuelitala sua fida donnauna bellissima ragazza tagaladagliocchioni dolciquantunque leggermente obliquis'affrettava a chiudere laporta.

- GrazieRomero- disse la fanciullacon voce rotta. -Avevo dubitato per un istante che tu venissima vedo che mi ero ingannata e cheti avevo giudicato male.

- Hai dubitato- disse il meticcio- e perchéTeresita?...

- E me lo chiedi?... Temevo che tu ormai avessi dimenticatola figlia di colui che si è mostrato cosí spietato verso di te.

- Io non odio tuo padre.

- Lui!... che ti ha condannato a morteche ha distrutto letue ricchezzeche ti ha reso povero ed infelice e che ti ha costretto ariparare in terra straniera?...

- Un soldato deve compiere il proprio dovereTeresita. Unaltro qualunqueal suo postoavrebbe fatto altrettanto contro di meche miero schierato fra i nemici della tua patria.

- Ma lui ti odiaRomero- disse la fanciullacon unoscroscio di pianto.

- Lo soTeresita- rispose il meticciocon voce cupa-pure io non l'odio. In lui io non vedo che un nemico dell'indipendenza delleisolee null'altro. A lui ho perdonato tuttoil suo disprezzo verso di meperché nelle mie vene non scorre il sangue puro della razza biancail male chemi ha fatto e anche le inenarrabili torture del mio cuore.

- Síle tue torture!... Quanto devi aver sofferto nelleterre dell'esiliomio Romero!

- Síma per teTeresita.

- Ah!... Non mi avevi dimenticata adunque- diss'ellasorridendo attraverso le lagrime.

- Noavevo portato con me l'affetto della Perla diManilla. Ma quante angosceTeresita!... Ti avevo sempre dinanzi agli occhisai!... Mi pareva anche laggiúsulle spiagge degli uomini giallidi udiresempre la tua voce a ripetermi quelle parole da te pronunciate la notte primadel colpo di manoche doveva dare a noi insorti la capitale «Te o lamorte!...». Io anelavo di ritornare qui per rivedertifosse pure per un soloistantemi fosse pure costata la vita...

Romero si era bruscamente interrottocome se si fossespaventato di aver detto tanto.

- Parlo in questo modo- diss'egli con amarezza- mentreinvece tutto dovrebbe finire fra noi.

- Romero!... - esclamò Teresitacon un singhiozzo. - Nonparlare cosígran Dio!...

- Sítutto deve finiremia Teresita. La patria sta franoi.

- La patria!...

- Síperché io domani diverrò uno dei piú implacabilinemici della tua razza e tu non mi potrai piú voler bene.

- T'inganniRomero.

- NoTeresita. Non si può amare un nemico della propriapatriaed io sto per diventarlo. Fra poche ore forse io ucciderò i tuoifratelliforse io lotterò contro lo stesso tuo padre.

- Non è possibileRomero!... - esclamò la fanciulla conaccento straziante. - Notu non partiraitu non andrai a lottare nei campidegli insortitu non esporrai il tuo corpo ai colpi dei miei compatriotti...

- È l'indipendenza di queste isole che mi chiamaè lapatria.

- Ma quegli uomini saranno tutti uccisi un giornomioRomeroed io non voglio che tu muoia. Essi credono di vincere la Spagnaessis'illudono di cacciare i miei compatriotti in mare e s'ingannano. La mia patriaè troppo forte e troppo fiera per rinunciare alla lotta.

- Ma anche l'insurrezione è potenteTeresitae lotteràfinché avrà un solo uomo ed una sola carica di polvere.

- Ma tu non sei uomo di colore come sono quasi tutti gliinsorti. Nelle tue vene scorrono pure delle gocce del sangue dei bianchidisangue spagnuolo.

- È vero ed è per questo che i tuoi compatriotti michiamano sdegnosamente meticcioed è per questo che tuo padre si frappone franoi due come se il sangue tagalo di mia madre non fosse pari di quello degliuomini d'Europa. No!... Il meticcio non può amare la donna bianca; è unoschiavoun lebbroso.

- Romero! - esclamò Teresita- non parlare cosí. Cheimporta se i miei orgogliosi compatriotti ti chiamano meticcioquando io tivoglio bene?

- Ma tuo padre?... - chiese Romero cheera in preda ad unaviva eccitazione.

- Tu hai salvato la vita a sua figlia.

- Ed in compenso sarebbe felice di potermi far fucilare comeribelle- rispose il meticciocon amarezza.

Teresita si era lasciata cadere su di una sedia col visonascosto fra le mani e piangeva in silenziosoffocando i singhiozzi che lesollevavano il seno. Il meticcio colle braccia incrociate sul pettola fronteincrespatas'era messo a passeggiare pel salottomentre Manuelitaimmobilecome una statua di bronzovegliava alla porta che metteva sul giardino.

- Parti?... - chiese ad un tratto la fanciullarialzandosi etergendosi le lagrime.

- All'alba- rispose Romero.

- Sei deciso?...

- Ho giuratoTeresita.

- E... non tornerai piú?... - chiese ellatornando ascoppiare in singhiozzi.

- Forse un giornose la morte mi avrà risparmiato.

- Ma io non voglio che tu muoiaRomero! - esclamò Teresitaposando il bruno capo sul robusto petto di lui.

- La mia morte sarebbe forse un bene per entrambi. A qualescopo continuare questo infelice affettoquando non vi è alcuna speranza direalizzare il dolce sogno vagheggiato?... La guerra scaverà fra noi un abissoche non si colmerà piú maimia Teresita.

- E ti rechi?...

- A difendere Salitran.

- A Salitran!... - esclamò la fanciullaindietreggiandovivamente. - Tu vai a combattere contro mio padre!...

- Tuo padre sarà dinanzi a Salitran!... Hang-Tu vede untriste disegno nel tuo cuore!

- Chi è codesto Hang-TuRomero?...

- Un uomo che forse ha la piú grande anima di patriotamache forse sarà fatale al nostro affettoTeresita. Mi hanno fatto giurare didifendere Salitran perché essi sapevano che dovevo lottare contro tuo padre. Iosono un disgraziatomaledetto dal destino!...

- E tu non rinuncerai a lottare contro mio padre?...

- Non lo posso piúTeresita

- Ah!... Tu me lo uccideraiRomero.

- Note lo giuro. Io tutto ho perdonato a lui.

- Ma lui?... Ho paura... ho un triste presentimentoamicomio- disse la giovinetta con voce rotta dal pianto.

- Se cosí fosse... se m'uccidesse... si compia pure il miodestino.

- Ma io ti voglio beneRomero!...

- Ed iocredi che non voglia bene alla Perla di Manilla?...Forse che sarei qui venuto mentre i miei compatriottiquesta i stessa notteforsemuoiono per la libertà?... Credi tu che non sarei corso ai loro campiper battermi al loro fianco?... Notu non saprai maiTeresitaquanto abbiasofferto per te questo mio povero cuore e quanto...

Romero si era bruscamente interrotto. Al di fuori dellastradaera echeggiato un fischio brevema modulato e che egli ben conosceva.Impallidípoi fece un gesto di stupore.

- Hang-Tu!... - mormorò. - È un segnale d'allarme.

Si liberò dolcemente dalle braccia della giovanetta es'avvicinò alla finestraaprendo silenziosamente le persiane.

Un uomo avvolto in un grande serapé a vivaci colori ecol capo nascosto da un ampio cappello di fibre di rotang simile a quellousato dai chinesistava fermo in mezzo alla viacol viso volto verso lemuraglie del giardino.

- Sei tuHang? - chiese il meticcio.

- Sí- rispose il chinese. - Fuggi o ti arresteranno. Glispagnuoli hanno saputo che noi siamo sbarcati e se non ti affrettinon lasceraipiú la Ciudad.

- Attendimi.

Il meticcio rinchiuse la persiana e nel volgersi si sentístringere le mani da Teresita.

- Ti cercano! - esclamò ellacon terrore.

- Síma non mi prenderanno- rispose Romeroalzandofieramente il capo. - Ho delle armi e mi difenderò.

- E tu parti?...

- Se rimango possono uccidermi e bisogna che oggi viva per lalibertà delle isole... e per te.

- Ah!... Mi vorrai sempre bene?

- SíTeresitae chissà che un giorno la fatalità non sistanchi di perseguitarci.

Un secondo fischio risuonò sotto le finestre.

- Va'parti mio valoroso- disse la giovanetta. - Io nonvoglio che i miei compatriotti ti uccidano. Ah! quanto dolore in questaseparazione e forse... non ti rivedrò piú!

Un nuovo scroscio di pianto le soffocò la voce. Il meticciola baciò in frontepoi mentre la giovane si abbandonava fra le braccia diManuelitariaprí la persianascavalcò il davanzale e si slanciò nella viadicendo ad Hang:

- Eccomi!... Appartengo ora all'insurrezione!...

 

 

 

 

 

Capitolo V

 

IL «FIORE DELLE PERLE»

 

Hang-tu si era messo rapidamente in cammino senza averrivolto all'amico una parola. Pareva in preda ad una viva inquietudine e puraffrettando il passovolgeva la testa da tutte le particome se temesse diveder sbucare improvvisamente dei nemici.

Invece di seguire le mura del giardinosi era gettato inmezzo ad un dedalo di viuzze che un tempo dovevano essere fiancheggiate dagrandi casema che ora si trovavano ingombre di rottamidi muragliescrepolatedi colonne semi-crollantitristi avanzi delle scosse tremende delsuolo vulcanico e delle ire dell'Albayun vulcano quasi sempre eruttante lave efiamme.

Romeroassorto nei suoi pensierilo seguiva macchinalmentesenza curarsi di sapere dove lo conducessené di conoscere il motivo di quellarapida marcia che somigliava ad una fuga precipitosama dopo alcuni minutivedendo che Hang-Tu non accennava ad arrestarsianzi che raddoppiava semprepiú il passoad un certo momento si arrestòdicendo:

- Ma dove andiamo?... Questa non è la via che conduce alponte di Binondo.

- Ti salvo- rispose il chinese.

- Ma se nessuno mi ha veduto entrare nella Ciudad?...

- Cosa importa?... So che tutti gli alguazil hannomandato guardie nei sobborghi e che alle sentinelle hanno dato ordine di nonlasciar uscire dalla città alcun mulattosenza averlo diligentementeesaminato.

- Qualcuno ci ha scoperti adunque?...

- I traditori non mancano mai.

- Ma dove andiamo ora?...

- Ti faccio guadagnare la campagna. Prima dell'alba sarai benlontano da Manilla.

- Ma se mi hai detto che non si può uscire dalla Ciudad?...

- Uscirai egualmente.

- È per questo che sei venuto a troncare il mio colloquiocon Teresita?

- Per questo e forse per altro- rispose Hang-Tucon unsorriso strano. - Eccoci dinanzi ai bastioni...

- Ma se salto giú mi spezzeranno le gambe.

Invece di rispondereil chinese mandò il suo solitofischio. Un altroquasi similetosto vi rispose.

- I miei uomini sono puntuali- disse Hang.

S'arrampicò lentamente sulla scarpa e si trovò dinanzi adue chinesi che parevano fossero scaturiti da terra. Quei due uomini tenevano inmano una lunga fune a nodi e dalle loro spalle pendevano due fucili.

- È tutto pronto? - chiese Hang.

- Sícapo.

- Li avete veduti?...

- Si sono avvicinati pochi minuti or sono al fossato.

- Hanno i cavalli?

- Quattro e tutti di buona razza.

- Than-Kiú è brava ed intelligente- disse Hangcon voceleggermente commossa.

A Romero parve che soffocasse a metà un profondo sospiromanon vi fece caso. Sapeva che Hang aveva talvolta delle bizzarrie inesplicabili.

Ad un cenno del capo delle società segretei due chinesicalarono la corda nel fossato del bastione che s'apriva sei metri piú sottoingombro di piante acquatiche e di fango.

- Addio- disse Hangabbracciando il meticciomentre lasua voce pareva che diventasse maggiormente commossa. - Se le palle dei nemiciuccideranno uno di noici rivedremo un giorno nell'altra vita.

- Addio!... - esclamò Romerostupito. - Ma non vieni tu?

- NoRomero; ma se la morte mi risparmieràspero diraggiungerti presto sulle trincee di Salitran e di combattere al tuo fianco perl'indipendenza delle isole.

- Ma perché non fuggi con mementre ti si cerca?...

- Altri avvenimenti stanno per scoppiare e le mia presenza inManilla è necessaria.

- Ma quali?...

- Lo so io forse?... Il caso può preparare delle sorpreseche io ignoro e che non posso prevedere. Va'Romero: al di là del fossatotroverai due uomini ed una guida sicurafedele... forse troppo fedele...Veglierà su di tema tu veglia su di lei.

- Chi è quella guida?

- Lo saprai fra poco. Addioo meglio arrivederci prestodinanzi a Salitran.

I due capi dell'insurrezione si abbracciarono un'ultimavoltapoi il meticcio si aggrappò alla fune a nodi che i due chinesi tenevanocon mani sicuree scese rapidamente nel fossato.

Avendole radici delle piante acquaticheformato come unreticolato attraverso al fangogli riuscí facile raggiungere la riva oppostasenza bagnarsi.

S'arrestò un momento e guardò verso la cima dell'enormebastionegiganteggiante nelle tenebre. Proprio sull'orlo egli vide Hang-Tuimmobile come una statua di granitocoll'ampio cappello abbassato sul viso e lebraccia incrociate. Pareva che il capo degli uomini gialli fosse immerso inprofondi pensieri e che non si ricordasse piú del grave pericolo che correvastandosene lassúa cosí breve distanza dai posti di guardia.

Romero gli fece un saluto colla manoma senza che Hangrispondesse o si scuotesse da quella immobilità.

Salí la scarpa erbosatenendosi curvo per non farsiscorgere dai soldati che potevano vegliare nell'angolo del bastionedoves'ergevano delle casemattee raggiunse la via esterna di circonvallazionegettandosi prontamente in mezzo ai gruppi d'alberi.

- QuiRomero Ruiz- disse una voce.

Il meticcio si volse e scorse quattro cavalli che si tenevanoimmobili sotto la fosca ombra d'un tamarindo colossale. Tre erano montatima ilquarto aveva la sella vuota.

- Siete voi gli uomini mandati da Hang-Tu? - chiese Romero

- Sí.

Il meticcio gettò uno sguardo sui suoi compagni di viaggio.Due erano robusti giovani malesidalle membra massicce ed il corpo tarchiatoma il terzo pareva piú un fanciullo che un uomo. Essendo però avvolto in unampio mantello di seta bianca a fiori ed a disegniche gli copriva buona partedel viso ed avendo in capo un cappello di paglia di Manilla a grandi tese eadorno d'una piumanon si poteva vedere che fossené quale età potesseaverema Romero pel momento non si occupò di quel misterioso compagnochepareva volesse serbare l'incognito.

Salí sul cavallo che uno dei due malesi teneva per labrigliaun vigoroso destriero che doveva correre come il ventocolla testaleggerail ventre stretto ed i garretti solidiprobabilmente un animalederivato da un incrocio di sangue arabo e spagnuoloe diede il segnale dellapartenza.

Il fanciullo si mise alla testai due malesi allaretroguardia ed il piccolo drappello partí di galoppotenendosi sotto l'ombradegli alberi.

Romerosempre assorto ne' suoi pensierinon si curava dellavia che battevano. Sapendo però che gli spagnuoli avevano disposto intorno allacapitale numerosi drappelli di soldatiper impedire qualsiasi colpo di mano daparte degli insortiaveva messo davanti alla propria sella un fucile aretrocarica di ultimo modelloche aveva trovato sospeso all'arcione e si eracinto una cartucciera ben fornita che gli aveva dato uno dei due malesi.

I quattro cavalli galopparono dieci minuti tenendosi a brevedistanza dalla via che gira intorno alla cittàpoi la guida si spinseattraverso a campi coltivati raggiungendo il margine d'un bosco di banani dallefoglie gigantesche.

S'arrestò un momento ascoltando con profondo raccoglimentoscambiò alcune rapide parole coi due malesipoi fece cenno di avanzare.

Uno dei due giovanotti passò all'avanguardia tenendo ilfucile fra le mani e la guida si mise a fianco di Romerocome se volesseproteggerlo da qualche improvviso assalto e fargli scudo col proprio corpo.

Solo allora Romero s'accorse che le vesti di quel fanciullo -tale almeno lo credeva ancora - tramandavano un delicato profumo di lillà!Quell'odoreassolutamente incompatibile per un uomofosse pure per ungiovanetto che si esponeva audacemente ai pericoli della guerralo stupí.

- Ma chi sei tu? - chiese. - Un fanciullo od una donna?...

- Than-Kiúmio signore- rispose la guidama con una vocecosí dolcecosí armoniosache pareva il gorgheggio di uno di quei gentiliusignoli ai quali i chinesi han dato il nome di cantatori di Mongolia.

- Than-Kiú! - esclamò Romero. - Questo è un nome di donnae se non m'ingannonella lingua dei Celestiali significa Fiore delle Perle.

- Símio signore- rispose la guidacon maggioredolcezza.

- Allora sei una fanciulla.

- Del Celeste Imperomio signore.

- Ma chi ti ha incaricato di venire con me?

- Hang-Tu.

- Ma quell'uomo è pazzo!

- Perchémio signore?

- Esporre una fanciulla agli orrori della guerra!

- Non temo la guerra.

- Tu non sai che cosa sia.

- Ho udito il cannone rombare a Malaban e ultimamente aDasmarinas.

- Tu! - esclamò il meticcioche cadeva di sorpresa insorpresa.

- Iomio signore.

- E tu hai adoperato il fucile?...

- Sícontro gli spagnuoli.

- Strana creatura!...

- Vendicavo mio fratello.

- Chi era tuo fratello?...

La giovane chinese non rispose e chinò il capo sul pettomadopo alcuni istanti disse:

- Forse sta per morire.

- Si trova nella mani degli spagnuoli?...

- Non ancora- rispose Than-Kiúdopo una breve esitazione- ma può venire preso da un istante all'altro.

- E tu vieni con me a combattere gli spagnuoli a Salitran?

- Sí.

- Qualche imperioso motivo ti costringe a recarti in quellacittà?

- Mi hanno detto di guardarti colà ed io obbedisco.

- Conosci la via?

- Meglio di qualunque altro forse.

- Una fanciulla!...

- So dove si trovano le avanguardie dei nemici e forse megliodi tutti. Ti hanno affidato a meed io ti condurrò a Salitranmio signoredove ti presenterò ai capi degli insorti.

- E ti conoscono?...

- E mi obbediranno anche.

- Ma chi sei tu adunque?...

- Than-Kiú- rispose la fanciulla.

Poi senza aggiungere altro spronò il cavallo e si addentrònel boscoseguendo un sentieruzzo appena visibile e dove l'oscurità era cosíprofondada non potersi quasi distinguere i tronchi degli alberi che lofiancheggiavano.

Romero l'aveva seguita assieme ai due malesi che gli si eranomessi alle spalle. Non vedevano quasi piú la fanciullama il delicato profumodei lillà che esalavano le vesti della strana creatura e che si espandeva comeun'onda in mezzo alle tenebrebastava per guidarlo.

Egli la seguiva come fosse attratto da una forza misteriosada una volontà potente contro la quale non avrebbe forse potuto resistere eseguendola pensava a lei. Chi poteva essere quella donnache Hang-Tu gli avevamesso al fianco per guidarloattraverso alle molte insidie dei nemicifino aSalitran?... E perché una donna invece di un uomo che avrebbe potuto esserglidi maggiore aiutonel momento del pericolo?... Quali occulte mire avevanodeciso il potente capo delle società segrete a dargli quella compagna? Vaghitimori cominciavano ad infiltrarsi nel suo animo e pensava ora a tutte quelleparole oscureinesplicabiliche il chinese aveva pronunciato piú volte ilgiorno innanzi e quella sera istessanel momento della separazione.

Che cosa meditava quell'uomo dal cuore e dagli sguardiimpenetrabili?... Il pensiero del meticciocosí meditandosi rivolgeva aTeresita e senza sapere il perchési sentiva invadere da profondeinquietudini. Aveva paura di qualche tenebrosa trama a danno della fanciullabianca che aveva abbandonata a Manilla.

Quel timore a poco a poco divenne cosí intensocosítormentosoda non poterlo piú vincere. Sentiva per istinto che qualche cosa ditremendo doveva accadere nella capitale mentre si cercava di allontanarlo.

- Than-Kiú!... - esclamò.

La fanciulla che continuava ad inoltrarsi nel boscoudendola voce del meticcio s'arrestòdicendo:

- Che cosa desidera il mio signore?...

- Rivolgerti una domanda.

- Sono la schiava del mio signoreche può chiedermi tutto.

- Sapresti dirmi perché Hang-Tu è rimasto a Manilla?...

- Forse.

- Hai udito parlare della Perla di Manilla?...

La fanciulla non rispose.

- Mi hai udito?...

- Símio signore- rispose Than-Kiúcon un accento nelquale si sentiva come una vibrazione triste.

- La conosci?...

- Il Fiore delle Perle può aver udito parlare della Perladi Manillama le perle del mio paese non hanno voce.

- Che cosa vuoi dire? - chiese Romerocon stupore.

Invece di rispondere alla domandaThan-Kiú arrestò ilproprio cavallo dicendo:

- Taci: ascolta!...

Attraverso la foresta si udiva allora come un lontanorimbomboche rapidamente s'avvicinava. Pareva che un grosso numero di pesantianimali galoppasse in mezzo o ai margini di quell'enorme agglomerato di piantedirigendosi verso la capitale delle Filippine.

- Gli spagnuoli? - chiese Romero.

- Sí- rispose Than-Kiúcon un tono di voce che tradivauna viva inquietudine.

- Qualche squadrone di cavalleggeri che ritorna?...

- Di certoma vorrei sapere perché corrono verso lacapitalementre gl'insorti si battono a Bulacana Cavitea Salitran ed aMalaban.

- Che temano un colpo di mano sulla Ciudad?...

- Lo ignoro- rispose la giovane chinesema con un certoimbarazzo che non isfuggí al meticcio.

- O lo sai? - chiese questi.

- Tacimio signoreo ci faremo prendere.

Con un agilità sorprendente era balzata a terraed avevafatto sdraiare il suo cavallo sotto le ampie foglie d'un gruppo di saguavvolgendo la testa dell'animale in una ricca gualdrappa infioccatache avevatolta dall'arcione.

I due malesi ed il meticcio fecero altrettanto e si nascoserodietro i quattro cavalli coi fucili in mano.

Il fragore s'avvicinava sempre. Ormai non si poteva piúingannarsi: un grosso gruppo di cavalliforse uno squadrone galoppavaattraverso la foresta movendo verso la capitale.

Di tratto in tratto si udivano anche i tintinnii dellesciabole dei cavalieri e dei comandi imperiosi.

Dieci minuti dopo i quattro insorti videro sfilarea meno dicento passiuna lunga fila di cavalli montati da soldati spagnuolii qualitenevano in mano una lunga fila di moschetti come se temessero qualcheimprovvisa sorpresa.

Era uno squadrone del reggimento Luzonin pieno assetto diguerra. Fortunatamente non s'accorse della presenza dei quattro ribelli e passòoltre scomparendo fra le tenebre.

Than-Kiú attese che si allontanassepoi quando ogni rumorecessò fece rialzare il cavallobalzò in arcione e si rimise in marciafacendo cenno a Romero e ai due malesi di seguirla.

Pareva molto inquieta e preoccupata. Non rispondeva piú alledomande di Romero e di tratto in tratto si fermava per ascoltare.

Un quarto d'ora dopo un altro fragore simile al primo siudíma verso la riva del Passig. Pareva che un altro squadrone di cavalleggerisi dirigesse verso la capitale.

Than-Kiú si era nuovamente arrestatainterrogando i duemalesi in una lingua che il meticcio non comprendevapoi aveva ripreso lemossema eccitando il suo cavallo. Aveva però preso un'altra direzionecomese volesse avvicinarsi al canale meridionale del Passig che va a finire versoLas Pinas.

La marcia continuò per un'altra mezz'ora sempre in mezzo alboscopoi la giovane chinese tornò ad arrestarsi. Scese nuovamente di sella esi fermò dinanzi al proprio cavalloincrociando le braccia sul senoma senzapronunciare sillaba.

- Che cosa vuoi? - chiese Romero.

- Bisogna arrestarci quimio signore- rispose ella.

- Perché?

- Gli spagnuoli hanno chiuso tutti i passi. Ho scorto or orai fuochi dei loro accampamenti.

- Ritorniamo a Manilla?...

Than-Kiú scosse il capodicendo:

- No: attenderemo la notte ventura.

- Nascosti qui?...

- Than-Kiú offrirà un ricovero al suo signore.

Prese il cavallo per la brigliasi cacciò in mezzo ad unmacchione enorme di arancidi borassidi banani selvatici e di alberigommiferi che colle loro smisurate foglie dovevano anchein pieno meriggioproiettare un'ombra assai cupae poco dopo s'arrestava dinanzi ad una casupolamezzo diroccatadicendo:

- Ecco il rifugio degli insorti quando sono costretti adarrestarsi. Il mio signore non correrà pericolo alcuno.

 

 

 

 

 

Capitolo VI

 

I MISTERI DI THAN-KIÚ

 

Quella casupola sepolta in mezzo alla foresta che serviva dirifugio agli insorti provenienti dai campi delle provincie meridionalirecantinotizie dei congiurati di Manillaera una vera catapecchiacolle pareti ditronchi d'albero sconnessecol tetto crollantema circondata da quattro ocinque felci colossali che la celavano completamente.

Anche passando vicino al macchionenessuno di certo avrebbepotuto supporne l'esistenza; poteva quindi sfuggire anche alle indagini deglispagnuolii quali d'altronde non si occupavano delle bande e degli insorti.

Udendo avvicinarsi i cavalliun uomo era uscito tenendo inmano un vecchio moschettone. Non era né un tagaloné un chineseun malesema uno di quei brutti abitanti dell'interno delle isole chiamati igorotio negritos etaveri pigmeipoiché di rado superano l'altezza di unmetro e quaranta centimetricoi capelli lanosi come quelli dei negriil visocortole pinne del naso allargatele labbra grossegli occhi piccoliilcorpo esilele spalle curve e la pelle nerastrafuligginosa.

Questi strani esseriche per la loro tinta e pei lorolineamenti si staccano completamente dai tagalisono veri selvaggi che erranosui monti e fra i boschi dell'interno senza fabbricarsi ricoverinutrendosi diradicidi mieledi fruttao di selvaggina quando riescono ad abbatternequalche capo.

Vedendo Than-Kiú ed i due malesi che doveva averriconosciuti quantunque l'oscurità fosse intensa sotto le grandi felciabbassò il moschetto e si tirò da un lato per lasciar entrare la giovanechinese ed il meticcio.

L'interno della casupola non valeva meglio dell'esterno. Erauno stanzone ingombro di armi da fuoco e da taglio e di alcuni mucchi di fogliesecche che dovevano servire da lettied ammobiliato con una rozza tavola edalcune scranne di bambúforse costruite dal negrito. Un ramo resinosoche spandeva piú fumo che lucecacciato in un crepaccio del suololoilluminavama cosí scarsamente che gli angoli rimanevano immersinell'oscurità.

Il meticciostanco delle vicende della notte e dallefatichesi era lasciato cadere su di una scrannamentre la giovane chinese siera appoggiata alla tavola senza sbarazzarsi né del cappello né del mantello.Aveva voltato le spalle alla luce della torciama spiava ogni minimo movimentodi Romero e sembrava che si tenesse pronta ad ogni suo cenno.

Pareva però che il meticcio si fosse completamentedimenticato della sua compagna di viaggio e che la lunga veglia lo avesse vintopoiché non si era piú mosso.

Il ramo resinoso si era spento e l'oscurità aveva invasobruscamente l'interno della capannama né l'unoné l'altro avevanopronunciato una sola sillaba.

Due volte i malesi che si erano messi di guardia dinanzi allaporta della capannaerano entrati per chiedere forse degli ordini o peraccendere una nuova torciama Than-Kiúcon un gesto silenziosoli avevarimandatipoi aveva ripresa la sua immobilità. Si sarebbe detto che temeva diturbare il riposo del meticcio o di distrarlo dai suoi pensieriignorando ellase dormisse o se meditasse.

Ad un tratto Than-Kiú si scosselasciando caderebruscamente il mantello di seta che l'avvolgeva. Romero aveva pronunciato unnome:

- Teresita!...

Gli era sfuggito quel nome mentre dormiva e sognava dellabruna fanciulla?... È probabile.

Than-Kiú aveva alzato lentamente il capo che fino alloraaveva tenuto chino sul senoed un sospiro le era uscito dalle labbrama eracosí lieve che nessuno avrebbe potuto udirlo. Le sue braccia peròche tenevastrette al pettoprovarono un tremito tradito da un leggero tintinniometallicoprodotto forse da alcuni braccialetti o da alcuni gioielli cheportava ai polsi.

Tornò però ad irrigidirsima tenendo gli sguardi semprefissi sul meticcioil quale a poco a poco si era appoggiato alla paretecomese ormai il sonno lo avesse completamente vinto.

Intanto le tenebre lentamente si diradavano. Spuntava l'albae dalla porta rimasta aperta cominciava ad entrare un po' di luce pallidacherapidamente si tingeva di riflessi color di rosa d'una infinita dolcezza. Ancheattraverso ai tronchi sconnessi delle paretialtri sprazzi di luce entravanomentre l'aria s'infiltrava piú fresca e profumata dall'olezzo degli aranci checrescevano in mezzo alla macchia.

Al di fuorifra i rami degli alberiuna coppia di cyrtostomuspiccoli uccelli dai colori brillanti a riflessi metallicisimili a trochilidiamericanicinguettavano allegramentesalutando la imminente comparsa del sole.

D'improvviso Romero alzò il capocome se si fossebruscamente svegliatorialzando con una mano i bruni riccioli che gliscendevano sulla fronte. Rimase un momento immobile come trasognatopoi sialzò di scattocol piú vivo stupore dipinto sul viso.

Than-Kiú gli stava dinanziancora appoggiata alla tavolama aveva lasciato cadere anche il cappello e mostrava il suo visoche durantetutta la notte aveva tenuto costantemente coperto.

Il Fiore delle Perlepur appartenendo ad un'altrarazzapoteva ben gareggiare per bellezza colla Perla di Manilla eprodurre una viva impressione anche sul cuore di Romero.

Quella giovanettanata all'ombra delle pagode del CelesteImpero e trasportatachissà in seguito a quali vicendesotto il dolce climadelle isole ispanicheera forse una delle piú belle e delle piú perfettecreature nate dall'incrocio della razza mongola con quella mantsciura. Era piúalta di Teresitamirabilmente sviluppatadalla pelle candidasenza queiriflessi leggermente giallastri che si scorgono sui volti delle donne chinesidelle provincie meridionalianzi d'una tinta quasi alabastrinama con certesfumature indefinite che solo si scorgono sull'avorio.

I suoi occhilievemente inclinatid'un nero intenso e cheavevano una espressione dolce e malinconicaquasi tristeerano velati dasuperbe ciglia brune e fitte; il suo naso non era depresso come quello delledonne di razza tartara; le sue labbra rossesottilimostravano denti piccolicome granelli di risoe d'una bianchezza delicata.

Aveva i capelli nerissimicon certi riflessi metallici chefacevano spiccare maggiormente la bianchezza marmorea della pelleraccoltiintorno a tre spilli d'oro terminanti in tre grosse perle; il corpo racchiusoentro una casacca di seta azzurra a fiori di vivaci coloristretta alla cinturada una larga fascia rossa ricamata in oro; calzoncini ampipure di setamabianca ad arabeschi giallied i piedi piccoli come una foglia di rosaperusare una espressione chinesenascosti entro scarpine di broccato a puntarialzata e colla suola di feltro bianco.

Non portava gioielli né agli orecchiné al collo.Solamente ai polsi aveva alcuni cerchietti d'oro sormontati tutti da una perladi notevole valore.

La giovane chinesepoiché doveva essere molto giovaneforse al pari della Perla di Manillanon si era mossa. I suoi occhiperòsotto le folte ciglia che quasi li nascondevanonon si erano staccatidal meticcio.

- Than-Kiúsei tu?... - chiese Romero.

- Símio signore- rispose la chinesecon voce dolce.

- Hai vegliatomentre io dormivo?...

- Símio signore.

- Invece di riposare?...

- Than-Kiú non aveva sonno.

- Strana fanciulla!... - mormorò Romero.

- Noi amiamo sognare cogli occhi aperti.

- E sognavi del tuo paese forsedelle cupole dorate od ascaglie dorate di ramarro della tua lontana città natiao delle albe del tuoCeleste Impero?

- Forse. Sognavi anche tu.

- Io?...

- Símio signore.

- Ah!... È verosognavo battaglie.

- E perle- disse Than-Kiúsocchiudendo gli occhi.

- Síanche questo è vero- rispose Romerocon unsospiro. - Sognavo della Perla di Manilla.

Udendo queste paroleun leggero rossore si diffuse sul visoalabastrino della giovane chinesema si dileguò subito.

In quel momento entravano i due malesi portando su un vecchiovassoio alcune chicchere di thè fumanteche deposero sulla tavolaunitamente ad alcune focacce di frumento.

Than-Kiú offrí graziosamente una tazza della profumatabevanda a Romeroscusandosi di non potergli darealmeno pel momentodimeglio; bagnò appena le sue vermiglie labbra in un'altrapoi volgendosi versoi due malesi che parevano attendessero di venire interrogatichiese loro se l'igorotoera tornato.

Avuta una risposta negativala bianca fronte della giovanechinese si corrugòmentre i suoi begli occhi tradivano una viva inquietudine.

- La cosa può diventare grave- mormorò.

- Temi che l'abbiano ucciso? - chiese Romero.

Than-Kiú non rispose. Si era gettata sulle spalle l'ampiomantello di seta biancasi era messa sul capo il suo grazioso Manilla ed avevapreso la sua piccola carabinauna splendida arma colla canna rabescata ed ilcalcio intarsiato di madreperla.

- Dove vai? - chiese Romero.

- Mi attenderai quimio signore.

- Mentre tu vai forse ad affrontare un pericolo?... Oh!...maiThan-Kiú.

- Tu non sai dove si trovano gli spagnuoli e non conosciquesta foresta- rispose la giovane chinese. - Mi preme accertare una cosa.

- Quale?...

- Te lo dirò piú tardimio signore.

- Io voglio seguirti.

- Noè l'ordine del capo delle società segrete- disseThan-Kiúcon fermezza incrollabile. - Tu devi obbediremio signore.

«D'altronde la mia assenza sarà brevespero».

Fece cenno ad un malese di seguirla ed escí senza aggiungeresillaba.

Romero aveva fatto alcuni passi come se volesse seguirlamal'altro malese gli aveva sbarrato il passo dicendo:

- Nopadrone. Bisogna obbedire a Than-Kiú.

- Ma chi è quella fanciulla?... Forse comanderà piú di menominato capo supremo degli insorti della provincia di Cavite? - chiese Romerocon stupore.

- Per ora devi obbedirepadrone.

- Ma chi è adunque quella fanciulla?...

- Than-Kiú.

- Lo so che si chiama cosíma da dove vienechi sono isuoi genitori?...

- Lo ignoriamo tuttima sappiamo che tutti le obbediscono.

- Io non l'ho mai veduta prima d'ora.

- Forse t'ingannipadronepoiché ella ti conosceva primadi ieri sera e l'ho udita io parlare sovente di te.

- Ma dove?...

- A Manillae piú tardi nel campo degl'insorti.

- Conosceva me?...

- Sípadrone.

- È strana!... Non mi ricordo d'averla incontrata nelle viedella Ciudad. Una fanciulla chinese cosí graziosanon può sfuggireinosservata. È molto tempo che abita a Manilla?...

- Non lo so.

- Dove si trovavaprima che scoppiasse l'insurrezione?...

- Non lo ricordo.

- O meglio non vuoi dirmelo -

- Può essere- rispose il malesecon un sorriso malizioso.Poi per tagliar corto quel dialogo uscímettendosi di guardia alla porta dellacapanna.

Da una bisaccia che gli pendeva dal fianco aveva estratto unpizzico di sirimiscuglio formato di noci d'arecchie ridotte in polveredi una piccola dose di succo concentrato dell'amaro e astringente gambire di un po' di calce vival'aveva avviluppato accuratamente in un pezzetto difoglia di betel e si era messo a masticarecon visibile soddisfazionequellapiccola pallottolalanciando di quando in quando getti di saliva rossastra chepareva mescolata a sangue.

Romeroconoscendo la cocciutaggine dei malesisi era sedutodinanzi alla casupolaaspettando pazientemente il ritorno della giovanechinese.

Le ore però trascorrevanoma nessuno tornavanemmeno il negritoche doveva aver lasciata la capanna prima dell'alba. Il meticciole cuiinquietudini aumentavanotemendo che qualche disgrazia fosse toccata allavalorosa Than-Kiúaveva piú volte proposto al malese di andarla a cercaremaquesti si era limitato a rispondere che la chinese non era donna da lasciarsisorprendere dagli spagnuoli.

Erano circa le due pomeridianequando gli acuti sensi delmalese percepirono qualche cosa. S'alzò rapidamente afferrando il fucile cheteneva a portata delle manima poco dopo tornò a sedersidicendo:

- Tornano.

Romero respirò. L'eroica fanciulla che esponeva per luiconun sangue freddo straordinario ed un'audacia incredibile per una donnala vitacominciava a destare nel suo cuore un'ammirazione che poteva diventarepericolosa per la Perla di Manilla.

Poco dopo Than-Kiú giungeva dinanzi alla capannaseguitadal malese e dal brutto negrito. Pareva che avesse fatto una semplicepasseggiatapoiché le sue vesti non erano punto disordinate; solamente il suovolto latteo era diventato leggermente roseo. Dai suoi sguardi però trasparivauna viva ansietà.

- Finalmente! - esclamò Romerosenza nascondere la gioiache provava nel rivederla. - Tu mi hai fatto provare molte angoscefanciulla.

Than-Kiú sorrisementre nei suoi occhi neri brillava unrapido lampo. Prese il meticcio per una mano e trattolo nella capannadissemacon un accento che tradiva una profonda inquietudine:

- Hang-Tu corre un grave pericolo.

- Lui!... - esclamò Romero. - Come le sai tu?...

- Le truppe spagnuole accampate nella provinciasi ripieganoprecipitosamente su Manilla.

- Tanto meglio; ci lasceranno il passo libero per giungere aSalitran.

- Non è Salitran che bisogna salvare orama Hang-Tumiosignore.

- Non ti comprendo.

- Oggi gli insorti tentano un colpo di mano entro le muradella capitaleper costringere il generale Polavieja a sospenderel'investimento di Cavitela quale non è abbastanza fortificata perresisterglie per lasciare a te il tempo di rendere Salitran inespugnabile.

- E chi tenterà il colpo?

- Hang-Tu.

- Per uccidere tutti gli spagnuoli di Manilla?...Disgraziato! Mi ucciderà Teresita!...

- Lui!... Nomio signore.

- Se non lui i suoi malesi ed i suoi chinesi od i tagali.Quando quegli uomini sono scatenatidiventano tigri assetate di sangue al paridei juramentados e non risparmiano né donnené fanciulli.

- Hang-Tu la proteggerà- disse Than-Kiúma con vocesorda.

- Voglio tornare a Manilla.

- Volevo proporteloquantunque il mio cuore si ribelli.

- PerchéThan-Kiú?...

La giovane chinese fece un gesto negativo col capopoiriprese con voce lenta:

- Ciò riguarda il Fiore della Perle e non la Perladi Manilla.

- Che cosa vuoi direstrana fanciulla?

- Partiamomio signoreHang-Tu ignora che gli spagnuoliavvertiti del colpo di mano da qualche traditoreaccorrono in aiuto dellacapitale. Se non se ne accorgerannotutti quei prodi saranno schiacciati ed ionon voglio che Hang muoia.

- Lo ami forse?

- Sí... ma come un fratello.

Poidopo un sospiroaggiunse con voce triste:

- Tu non comprenderai forse mai il Fiore delle Perle.

Uscí rapidamente dalla capanna senza spiegarsi di piúsalí sul cavallo che il negrito teneva per la briglia e lo lanciòventre a terra attraverso il boscogridando:

- Seguitemi o sarà troppo tardi!

Romero ed i malesi balzarono in arcione e si lanciarono sullesue traccespronando i corsieri.

Than-Kiú galoppava semprema non teneva una via dritta. Oraabbandonava il bosco spingendo il cavallo in mezzo alla campagna coltivataoravi rientrava per poi uscirne di nuovo. Forse sapeva ormai dove si eranoaccampati gli spagnuoli e con quei giri li evitava per non venire arrestata.

Tre ore dopo i quattro cavalieri giungevano a poche centinaiadi passi dalle massicce mura della Ciudad.

Than-Kiúaveva con una violenta strappataarrestato ildestriero. Alcuni spari erano echeggiati al di là dei bastioniseguiti dallegrida furiose di:

- Viva i tagalos!... Morte agli spagnuoli!...

La giovane era diventata pallidissimacome se tutto ilsangue le fosse ritornato al cuore.

- Troppo tardi? - chiese Romeroche l'aveva raggiunta.

- Sí- rispose ella con voce soffocataguardandolo fisso.

- Andiamo a morire coi fratelli- disse il meticcioconvoce risoluta. - Avanti!... Viva la libertà!...

- Síandiamo a morire- mormorò il Fiore delle Perlecon un sospiro. - La mia felicità doveva avere le durata d'un fiore recisodalla pianta!

 

 

 

 

 

Capitolo VII

 

LA CONGIURA DI MANILLA

 

Il colpo di mano ordito dalle società segrete chinesispalleggiate dagl'indigeni manillesidai meticci e dai fieri malesiera statotentato nel momento in cui Romero e Than-Kiú giungevano presso i bastioni dellacapitale.

Quell'ardita mossa aveva per iscopocome aveva detto lagiovane chinesedi impedire al generale Polaviejacomandante supremo delletruppe spagnuole operanti contro gl'insorti accampati al sud della capitalediassalire Cavite che era il quartiere generale dell'insurrezione e la cui cadutapoteva scoraggiare e avvilire le bande dei patriotti.

Hang-Tuil valoroso chineseera stato l'anima dellacongiura. Sapendo di poter contare sui gendarmi di razza indigena che anelavanol'istante di rivolgere le armi contro i loro superiori per gittarsi di poi nellacampagna e raggiungere le bande insorte di Bulacan a di Cavitenel pomeriggiodel 25 febbraio 1897aveva dato convegno ai congiurati nei dintorni dellacasermaper poi rovesciarli nella vie della Ciudadapprofittando del momentoin cui la popolazione bianca si trovava nelle sue abitazioni a digeriretranquillamente il pasto serale.

I ribelli non erano numerosima bene armati e risoluti atutto. Erano circa trecentoreclutati fra i piú robusti tagali di Binondo eSanta Cruze fra i piú arditi chinesi del porto; ma sapevano di poter contaresulla numerose colonie di gente di coloreabitanti nei sobborghi e soprattuttosui malesigente valorosa e indifferente alla morte.

Erano circa le 6quando i congiuratiche fino allora sierano accontentati di passeggiare dinanzi al quartiere dei gendarmi tagalosnon ostante l'intenso calore che regnava nelle vie della capitalead un segnaledi Hang-Tuche era allora giunto armato d'un fucile a retrocarica e dirivoltellascortato da alcuni capi insorti delle società segrete del Lotusbianco e del Giglio d'acquasi rovesciarono confusamente verso ilgrande fabbricatourlando:

- Morte agli spagnuoli!... Viva la libertà!...

Hang-Tuche li guidavacon un colpo di fucile avevafreddato la sentinella spagnuolache si trovava dinanzi alla garrettaancoraprima che quel disgraziato soldato avesse avuto il tempo di dare l'allarme.

A quel primo sparoaltri ne tennero dietroma piú colloscopo d'intimorire la popolazione che di farealmeno pel momentodellavittime.

I carabinieri tagalosudendo quelle detonazioniavevano dato di piglio alle armi e si erano affacciati alle finestregridandopure:

- Morte agli spagnuoli!... Viva l'indipendenza della isole!

Il tenente di picchetto Rodriguezil solo ufficiale che inquel momento si trovava nel quartieresi era slanciato verso la porta seguitoda un sergente e da un caporalespagnuolisperando di giungere in tempo perbarricarlama una scarica li aveva stesi al suolo senza vita.

Il primo colpo era riuscito. I ribelli irruppero nellacaserma saccheggiando il magazzino della armi e della munizioni e rinforzati daicarabinieri tagali che avevano abbracciata la loro causaattraversaronocorrendo il ponteurlando sempre:

- Morte agli spagnuoli!... Viva i tagalos!... Vival'indipendenza!...

La loro mossa era stata cosí rapidache nessuno aveva osatoarrestarli.

Le guardie stesse del ponte erano fuggite precipitosamente alloro avvicinarsiper non venire fatte inutilmente a pezzi.

Occorrevano delle armi per fornire gli abitanti dei quartierichinesitagali e malesiche ne erano quasi sprovvisti; ma Hang-Tu sapeva cheve ne erano nella caserma della guardie civiche di Binondo e guidava gl'insortiverso quella parte.

Sapeva già d'incontrare una seria resistenzama contavasull'audacia dei congiurati e sulla numerosa popolazione del sobborgo.

L'assalto alla caserma era stato dato con vigore. Gl'insortiguidati dal chinese e dai capi delle società segreteaprirono un fuocoviolento contro il quartieree contro la robusta porta che era stataprontamente chiusa e barricata.

Sarebbe stato necessario qualche pezzo d'artiglieria perottenere qualche risultatoma il tempo mancava per disarmare i prahosmalesi ancorati lungo la calata. Le truppe della Ciudad potevano giungere da unistante all'altro e prendere i ribelli fra due fuochi.

Mentre riusciva vana la fucilata dei congiuraticominciava amenar strage quella delle guardie civiche. Quei soldatinascosti dietro lefinestrerispondevano con una grandine fitta di proiettili e senza esporsi adalcun pericolo.

Già parecchi insorti erano cadutifra i quali qualche capodelle società segrete.

Anche Hang-Tuche combatteva arditamente alla testa dei suoichinesi e dei gendarmiincoraggiandoli colle parole e coll'esempioaveva avutol'ampio cappello di fibre di rotang attraversato da una pallamentreun'altracolpendolo di rimbalzogli aveva tracciato un solco sanguinoso sullafronte.

La partita era perduta. La guardia civicainvece diarrendersicome avevano sperato gl'insortisi preparava ad assalirli e per dipiú sul ponte del Passigsi vedevano accorrere grossi drappelli di cacciatori.

Bisognava pensare a salvarsi o prepararsi a morire vendendocara la vita.

Hang-Tufurioso per quella ostinata resistenzatre volteaveva tentato di dar fuco alla porta del quartiere gettandovi contro dei fascidi legna infiammatama era stato costretto a retrocedere. Stava per mettersialla testa di un gruppo di animosi per tentare di dare la scalata alle finestrequando si udirono alcuni insortiforse i meno risolutigridare:

- I cacciatori!... Fuggite!...

I ribelliudendo quelle grida e vedendo la guardia civicairrompere dalla porta che era stata rapidamente aperta e lanciarsi sulla viacolle baionette calatesi sbandarono.

Intorno ad Hang-Tu non erano rimasti che sessanta o settantauominiper lo piú carabinieri e pochi chinesi con una mezza dozzina di malesi.

- A meamici!... - urlò il capo delle società segrete. -Mostriamo agli spagnuoli ed ai vili che fuggonocome sanno morire gli insorti.

Non erano piú in grado di tener testa alle guardie civicheche stavano per caricarli.

Continuando la fucilatasi ritirarono nella vicina viadell'Assuncion che potevain caso di disfattaoffrire un rifugio attraverso ilsobborgo del Tondo e si arrestarono sull'angoloorganizzando una disperataresistenza.

Sfondarono rapidamente alcuni negozi e colle mobilie che sitrovavano dentro improvvisarono una barricata abbastanza solida.

Hang-Tu stava disponendo i suoi fedeli dietro a quei ripariquando dall'opposta estremità della via scorse quattro cavalli bianchi dispumamontati da tre uomini e da una fanciulla che aveva un grande mantellobianco svolazzanteavanzarsi di gran galoppo.

Credendoli spagnoliaveva già dato il comando di aprirefuoco su di loroquando li riconobbe. Un vivo stupore si dipinse sul suo viso.

- Romero!... - gridò.

- SíHang-Tu. - rispose il meticcioche essendo innanzi atuttilo aveva raggiunto. - Sono ioe vengo a morire per l'indipendenza diLuzon.

- Disgraziato!... ed io che credevo di salvarti!...

- Silenzioamico!... Qui si tratta di battersi bene e non diparlare.

Era sceso da cavallo e si era lanciato sulla barricata colfucile in manogridando con voce tuonante

- Coraggio fratelli!... Ci battiamo per la libertà!...

Than-Kiú era pure giunta ed aveva messo piede a terra.Hang-Tu le era corso incontro. Il volto di quell'uomoche era rimastoimpassibile dinanzi alla mortetradiva in quell'istante una mortale angoscia.

- Anche tu quiThan-Kiú! - balbettò egli.

- L'ho seguíto- rispose la chinese con voce tranquilla.

- Ma qui si muoremia povera Than-Kiú!

Un pallido sorriso sfiorò le labbra della giovane.

- Che importa- disse. - Sarà piú felice il Fiore dellePerle che la Perla di Manilla.

- Ma questo ritorno... mentre ti credevo in via perSalitran?...

- Venivamo a dirti che le truppe accampate nelle provincieaccorrevano per soffocare l'insurrezione della capitale. Siamo giunti troppotardima cosí voleva il destino.

- Ed hai voluto seguire Romero?

- SíHang.

Il chinese si terse alcune gocce di freddo sudore che glibagnavano la fronte.

- Povera Than-Kiú! - mormorò. - Confidiamo nel nostrovalore e prepariamoci a morire da forti.

- Non temo la morteHang- rispose la giovane con energia.- Se le fredde ali del genio delle tombe mi toccasserocadrò a fianco di lui esarà la mia ultima felicità.

- Si compia la volontà del tien (cielo)- disse ilchinese con rassegnazione.

Intanto le fucilate rombavano furiose fra le due fila dicase. Le guardie civicheche erano comandate dal colonnello Fierroavevanopreso posizione di fronte all'imboccatura della viatirando contro labarricatamentre le piú audaci cercavano di avvicinarsi di soppiattotenendosi presso le muraglie delle abitazioni.

Gl'insorti peròquantunque fossero tre volte meno numerosiresistevano tenacementerespingendo i primi tentativi d'assalto con scarichenutrite.

Romeroche in quel momento pareva avesse dimenticato tuttoperfino la Perla di Manillasfidava intrepidamente la morte. Ritto su diun bancocon gli occhi sfavillanti d'audaciapieno d'entusiasmofaceva fuocoquasi senza interruzionegridando:

- Viva la libertà!... Coraggio amici!... Il sangue deimartiri non va perduto.

Accanto a luimezza riparata da un enorme rotolo di canapisi era collocata Than-Kiú. La valorosa fanciulla conservava una calmaammirabileun sangue freddo da muovere ad invidia i soldati piú agguerriti.Puntava senza precipitazione la sua piccola carabinamirava senza che le suepiccole e delicate mani tremassero e faceva fuoco soltanto quando era certa delcolpo. Pareva che scegliesse con cura estrema i nemicii nemici che cercavanodi abbattere il meticcioHang-Tu si era collocato all'estremità opposta dellabarricata ed al pari di Romero sfidavasorridendoi colpi degli avversarisenza prendersi la briga di ripararsi.

La resistenza di quel drappello minacciava di prolungarsimolto tempo. Parecchi gendarmi ed alcuni chinesi erano caduti e giacevanosanguinantifra i mobili fracassati della barricatama gli altri nonarretravano e tenevano in iscacco le guardie.

Il colonnello Fierro aveva tentato già due volte di superarel'ostacolo e di sloggiare i difensori a colpi di baionettama al terzotentativo era caduto in mezzo alla via con due palle nel petto ed era spiratosul posto.

Ad un tratto alcuni insorti che si erano spinti versol'angolo opposto della viaper cercare dei soccorsitornarono precipitosamenteverso la barricatagridando:

- I cacciatori!... Si salvi chi può!...

Hang-Tuudendo quelle gridasi era precipitato giú dallabarricata mandando un urlo di fiera ferita. In due salti raggiunse Than-Kiúlasollevò fra le robuste braccia come fosse una bambina e la posò su uno deiquattro cavalli che un malese teneva per le briglie.

- Va'fuggi- le disse.

- Mai- rispose la fanciulla.

- Fra pochi minuti nessuno di noi sarà vivo

- E morrò anch'io

- Non lo voglioThan-Kiú!

- Allora fuggiamo tutti. Il sobborgo del Tondo non è ancorastato occupato.

Hang-Tu esitava. Abbandonare quella barricata cosíostinatamente difesa e già bagnata del sangue di tanti compagni gli sembravauna vigliaccheriama non voleva che la fanciulla morisse.

In quel momentoall'estremità opposta della viasi udironole trombe dei cacciatori che suonavano la carica. Un ritardo di pochi istantipoteva diventare fatale ai difensori.

- In ritirata!... - tuonò Hang-Tu.

I ribelliudendo la voce del capo si ripiegaronoconfusamentementre le guardie civiche irrompevano nella via mandando urla divittoria.

Romero scaricò un'ultima volta il fucile in mezzo agliassalitori che si avanzavano come una fiumanapoi balzò sul suo cavallomentre Hang-Tu faceva altrettantoprendendone uno che gli era stato condottodinanzi dai due malesi.

I ribelliche erano rimasti in cinquantasi slanciaronodietro ai loro capii quali fuggivano attraverso le vie del sobborgo di Tondofacendo alcune scariche contro i cacciatori che s'avanzavano a passo di corsa.

- Dove andiamo? - chiese Romero ad Hang-Tu.

- Se non incontriamo ostacolicercheremo di giungere neiquartieri chinesi e malesi per sollevarli.

- Temo che sia troppo tardiHang. Odo delle detonazioniecheggiare in quella direzione e mi pare che si estendano.

- Se non potremo giungere colàci getteremo nella campagna.

La ritirata dei ribelli si eseguiva in fretta e condisordine. I carabinieri tagalos seguivano di corsa i cavallipurfuggendodi quando in quandorispondevano al fuoco di quei disgraziati. Lapaura cominciava ad invadere anche i piú risoluti.

Erano cosí giunti presso la chiesa del Tondovasto edificiodalle solide paretiquando all'estremità del sobborgo si videro apparirealcuni soldati. Era uno dei drappelli che il colonnello Zimènes aveva lanciatinei sobborghionde tenere in freno le popolazioni di colore che potevano unirsiagli insorti.

Ancora una volta i fuggiaschi stavano per venire presi fradue fuochi.

- Hang-Tu- disse Romeroarrestando il cavallo. -Prepariamoci a morire.

- Io síma tu no- rispose il chinesela cui fronte siera abbuiata. - Ti affido Than-Kiú: salvalamentre io proteggo la tua fuga.

- La salverai tuma non io.

- Non accetterebbe.

- Allora morremo tutti.

- O cercheremo di salvarla entrambi. Ormai la partita èperduta. Poi rizzandosi sulle staffe tuonò:

- Amiciogni resistenza è inutile: salvatevi!... Ciritroveremo a Salitran!...

Cacciò gli sproni nel ventre del cavallo e caricòdisperatamente il drappello spagnuolo colla rivoltella nella sinistra e unapesante sciabola giapponese nella destrauna di quelle armi dalla lama larga epesantesomiglianti a giganteschi rasoi e che chiamansi catane.

RomeroThan-Kiú ed uno dei due malesi l'avevano seguito.

I carabinieri tagalos ed i pochi malesi e chinesisfuggiti alla mortesi erano subito sbandati gettandosi nelle vie laterali; mail gruppo maggioremeno fortunatoaveva urtato contro una colonna dicacciatori ed aveva dovuto retrocedere precipitosamenteriparando nella chiesadel Tondo.

Nessuno di quei disgraziati doveva salvarsipoiché assalitida tutte le partidopo una breve ma disperata resistenzadoverono arrendersiin numero di trenta per venire piú tardi fucilati o esiliati alle Caroline.

Intanto Hang-Tu ed i suoi compagnisfuggiti miracolosamenteincolumi alla prima scarica del drappelloerano riusciti ad aprirsi un varcoattraverso ai soldati e prendere il largo.

Avendo però appreso da alcuni abitanti del sobborgo che ogniuscita era sbarrata dalle truppedopo un breve consiglio si erano diretti versoBinondopassando fra le strette viuzze del quartiere malesecolla speranza ditrovare rifugio nella sede delle società segrete o nella casa di uno dei loronumerosi amici.

Avevano gettato via i fucili che potevano tradirli ed avevanonascoste le rivoltelle sotto le casacchesperando d'ingannare la sorveglianzadegli spagnuolifingendosi tranquilli borghesi che ritornavano da unacavalcata.

Le fucilate però che rombavano qua e là ancoraliinquietavano. Le truppe del colonnello Zimènes inseguivano senza misericordiagli ultimi superstiti dell'insurrezione e potevano arrestarli come sospettid'aver preso parte al colpo di mano.

Ora nessuno di essi ignoravache se venivano riconosciutisarebbero stati inesorabilmente condannati alla morte.

- Temo che sia troppo tardi per poter uscire da Binondo-disse Hanggettando uno sguardo d'angoscia su Than-Kiú.

Romero si era arrestatoporgendo attento orecchio agli spariche echeggiavano sempre piú vicini. Ad un tratto spronò il cavallodicendo:

- So dove trovare un rifugio.

- Da chi? - chiese Hang-Tu.

- Nella villa di Teresita. non distiamo che tre oquattrocento passi.

- Taci!...

- PerchéHang? - chiese Romerostupito.

- Than-Kiú non ci seguirebbe.

- Lei?... Ed il motivo?...

- Lo ignoro. Sarà disabitata la villa?

- Lo spero.

- Meglio cosí: affrettiamoci.

Gli spari si avvicinavano e qualche insorto era già comparsoin fondo alla viafuggendo a precipizio. I quattro cavalieri lanciarono idestrieri al galoppoarrestandosi poco dopo dinanzi ad una elegantecostruzionela quale sorgeva all'estremità d'un piazzale cinto da ortaglie.

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo VIII

 

LE DUE RIVALI

 

La villa che il maggiore d'Alcazaral pari dei piú ricchispagnuoli della colonia si era fatto costruire nel sobborgo di Binondonon erauno di quei massicci edifizi che somigliano a fortezze e che si vedono nellaCiudad.

Era una palazzina civettuola di stile chinesea doppiotettocolle punte rialzate ad arco e coperta di tegole azzurrecon una verandache le girava intornoriparata da sottili stuoie di nipa a disegnibizzarri ed a colori e fiancheggiata da due ampie tettoie destinate allaservitú ed ai cavalli.

Dietro a quella costruzione si estendeva un ampio parcodovecrescevano i piú pregiati alberi della flora spagnuola ed indo-malesedifesoda alte muraglie di recente costruite e che all'opposta estremità terminava inun chiosco graziosissimocolle pareti di pietra ed un tetto acuminatosormontato da un'alta antenna sostenente un drago argentato.

Le finestre della palazzina erano chiusema a Romero parvedi scogere attraverso le fessure d'una persianaun raggio di luce.

- Al chiosco- diss'egli ad Hang-Tuche pareva attendesseuna risposta. - Là non correremo alcun pericolo.

Disgraziatamenteproprio in quel momentodue ribelliattraversavano correndo la piazzainseguiti da lontano da alcuni cacciatori.

- Troppo tardi- disse Hang-Tu.

- Seguitemi- rispose invece Romero.

I cacciatori li avevano però veduti e supponendo d'aver dafare con degli insortiavevano sparato contro di loro alcune fucilatesenzaperò colpirli. Romero lanciò il suo cavallo lungo le mura del parco che inquel luogo descrivevano una curvaseguito dai compagni.

Giunto presso il chiosco arrestò il destriero e rizzandosisulla sella si aggrappò al margine superiore della cintadicendo ad Hang-Tu:

- Porgimi la fanciulla.

- Ma i cavalli?

- Affidateli a me- disse il malese. - Farò correre glispagnuoli.

Romeroche si era messo a cavalcioni della muragliaafferrò la giovane che Hang-Tu gli porgevapoi entrambi si lasciarono caderein mezzo ad un'aiuola che stava sotto. La terra mossa di recente bastò apreservarli.

Il capo delle società segrete si era pure arrampicato sullacinta. Stava per raggiungerliquando comparvero i cacciatori.

Alcuni spari rintronarono. Un cavallo caddema gli altri trepartirono ventre a terraeccitati dalle grida del malese.

Hang-Tu si era pure lasciato cadere nel parco. Essendo letenebre già calateaveva la speranza di non essere stato scorto.

I tre fuggiaschi udirono i cacciatori passare correndo pressola muragliapoi allontanarsi dietro ai cavalli che galoppavano furiosamentenelle vie interne di Binondo.

- Siamo salvi- disse Romero. - Quel bravo giovanotto si ètirato dietro i soldati allontanandoli. Mi spiacerebbe che quel valoroso nonriuscisse a salvarsi.

- Pram-Li è astuto- rispose Hang-Tu. - Spero di ritrovarloancora vivo a Salitran o nella foresta.

- Venite nel chiosco. Io lo conosco e potremo passare lanotte senza essere disturbati.

- Ma è disabitata la villa?...

- Temo il contrario Hang-Tu. Mi è sembrato di vedere un lumenella palazzina.

- E se gli abitanti venissero nel chiosco?...

- Non vengono mai. Solamente Te...

Un rapido cenno del chineselo costrinse a troncare lafrase.

- Continuamio signore- disse Than-Kiúche avevaascoltato il meticcio con viva attenzione.

- Lascia andare le paroleThan-Kiú- disse Hang. -Cerchiamo ora di salvare te e noi.

Romero si era aperto il passo attraverso i fiori checoprivano l'aiuola e si era diretto verso il chioscodalle cui persiane nontrapelava alcun raggio di luce.

La porta cedette sotto la semplice pressione della mano eRomero entròma con una certa precauzionetemendo che nell'interno vi fossequalcuno.

S'arrestò un momento scrutando le tenebre che si eranoaddensate nell'interno della graziosa costruzionema non udí alcun rumorenévide agire alcuna ombra. Il cuore del meticcio peròche non aveva trematodurante la sanguinosa lottabatteva forte in quel momento.

- Se Teresita fosse qui! - aveva mormorato inoltrandosi.

Hang-Tu e la giovane chinese erano pure entrati nel chioscoil quale pareva pieno di fioritanto era acuto il profumo che si estendeva frale pareti dell'elegante edificio.

I loro occhiabituandosi a poco a poco a quell'oscuritàcominciavano a discernere confusamente qualche cosa: grandi vasi di porcellanasedili di bambútavolini eleganti e piante che pareva si arrampicassero finoal soffittoper ricadere poi in pittoreschi festoni.

- Chi abita qui? - chiese Than-Kiúche si era arrestata nelmezzo al chiosco.

- Non lo so- aveva risposto bruscamente Hang-Tu.

- Ma tu lo saiè veromio signore?...

- Spagnuoli- rispose Romerosentendosi urtare dal chinese.

- Che tu conosciè vero?...

- SíThan-Kiú.

- E sono nostri nemici?...

- Forse.

- Strana ideamio signoredi trovare rifugio nella casa deinemici.

- Silenzio Than-Kiú- disse Hangcon tono imperioso. -Qualcuno può udirci.

La fanciulla ammutolí; ma a Romero parve di udirlabisbigliare un nomementre faceva tintinnare convulsamente i braccialettid'oro.

Hang-Tu si era spinto presso la porta. Verso la palazzina gliera sembrato di udire un tumulto e di aver veduto alcuni lumi rapidamente dietrole persiane.

- Che cosa sta per succedere?... - mormorò. - Che icacciatori mi abbiano veduto varcare la cinta e che non avendo potutoraggiungere Pram-Lisiano ritornati per visitare il parco?

Anche Romero aveva udito delle grida che pareva venisserodall'estremità opposta del parco e si era affrettato a raggiungerlo.

- Che abbiano preso dei ribelli che cercavanoal pari dinoidi salvarsi nelle ortaglie? - chiese.

- Temo che si tratti di noi- rispose Hang. - Che lafanciulla bianca si trovi nella palazzina?...

- Ieri seralo saiera nella Ciudad.

- L'ho veduto parlare con te. Pure la villa è abitatapoiché vedo dei lumi.

- Se fosse Teresita?...

- Meglio che non vi fosse- rispose il chinesecon vocecupa.

- Ci salverebbeHang.

- Non lo desidererei.

- L'odi sempre?

- Forse t'inganniRomero. Non si tratta di me.

- E di chi adunque?...

Il chinese non rispose.

- Mi hai uditoHang?

- Sí.

- E dunque?

- Nulla ho da dire.

- Uomo misterioso!

Hang-Tu tacquema sospiròmentre i suoi occhi sirivolgevano nell'interno del chioscoguardando Than-Kiú che era rimastaimmobileritta accanto ad un grande vaso giapponese contenente dei bei fiori dilillà.

Intanto verso la palazzina cresceva il tumulto. Si udivanodelle voci ed i lumi poco prima scorti continuavano a passare e ripassare dietrole persiane.

- Romero- disse il chinesedopo un breve silenzio. - Siperlustra la casa del maggiore.

- Lo temo anch'ioHang.

- Sloggiamo prima che i soldati perlustrino il parco.

- In quale modo?... Le muraglie sono alte e non abbiamo piúi cavalli per giungere sulla cima.

- Vi sarà forse qualche albero che ci potrà aiutare ascalarle. Non perdiamo tempo o ci faremo prendere.

Entrò nel bosco e chiamò Than-Kiú.

- Vieni- le disse. - Corriamo un grave pericolo.

- Fuggiamo? - chiese la giovane.

- Sí.

- Meglio cosí- mormorò Than-Kiú.

Si cacciarono tutti e tre in mezzo alle aiuole ed agli alberiseguendo le mura del parcosperando di trovare qualche passaggio o qualchepianta che protendesse i suoi rami verso la viama dopo aver percorso centopassi s'accorsero che da quella parte non vi era alcuna probabilità di uscire.

Stavano per retrocedere verso il chioscoquando Hang-Tucredette di scorgere un'ombra umana nascondersi dietro un gruppo di alberi.Lesto ed agile come una tigresi slanciò da quella parte colla catanain pugno e vide cadersi dinanzi una donnala quale aveva gridato con voce mezzostrozzata dalla paura:

- Aiuto!... Sono morta!...

Il chinesetemendo di venire traditoaveva già alzata laterribile lamaquando udí Romero esclamare:

- Manuelita!...

Hang-Tu si era fermato.

- Manuelita- disse - chi è questa donna?... Devo ucciderlao risparmiarla?...

Invece di rispondereil meticcio si era precipitato verso lafida domestica di Teresitala quale era caduta in ginocchiocoprendosi il capocolle manicome per ripararlo dal fendente e l'aveva rialzatadicendole:

- Non temeresono io.

La tagala aveva scostate le mani e guardava il meticciocometrasognata.

- Voisignor Ruiz!... - esclamò finalmente.

- IoManuelita.

- Ma dunque cercano voi?...

- Chi?...

- I cacciatori che stanno visitando la palazzina.

- Ah! Sanno che sono qui?...

- Almeno lo sospettano.

- È stato pronunciato il mio nome?

- Sísignor Ruiz.

- È impossibile che mi abbiano veduto varcare le mura delparco.

- Hanno detto che voi comandavate i ribelli che si eranotrincerati nella via dell'Assuncion e che vi avevano veduto fuggire a cavalloassieme ad altri tre compagni.

- E poi? - chiese il meticciocon ansietà.

- E che poi dinanzi le mura del parco avevano fatto fuoco suicavallima che uno solo lo avevano veduto montato.

- E credono che io mi sia salvato nel giardino?

- Sísignor Ruiz.

- Maledizione!...

- Ed io ero qui venuta prima di loroper accertare se lacosa era vera e salvarvi.

- Tu?...

- Teresita è qui.

- Lei qui?... Lo sospettavo!... Ma da quando?

- Da stamane.

- Che cosa dobbiamo fareManuelita?...

- Retrocedere nel chiosco.

- I cacciatori vorranno visitarlo.

- Vi sarà la mia padrona per impedirlo. Prestofuggite!...

Romero e Hang-Tu si erano affrettati a obbedirecomprendendoche il pericolo era imminentema la giovane chinese non si era mossa.

- Vieni- disse Hang.

Ella scosse il capo.

- Ti uccideranno se rimani.

- Che importa- rispose Than-Kiúcon voce cupa.

- Ma farai uccidere anche lui- le sussurrò agli orecchiHang-Tu- il tempo può rimarginare la ferita.

- NoHang.

- Ma il Fiore delle Perle può aprirne un'altramicomprendi?

Than-Kiú non risposema lo seguí; appena però si trovònel chiosco s'avvicinò a Romero che si era arrestato in mezzo al salottotenendo gli sguardi fissi sui viali del parcospiando forse la venuta diTeresitaeposandogli una mano sulla spallagli chiese a bruciapelo:

- A chi Than-Kiúdovrà la sua vita?...

La voce della chinesepronunciando quelle paroleavevaperduto quell'accento dolcearmoniosoche aveva colpito il meticcio la primavolta che l'aveva udita. Era diventata severamente imperiosaduraquasimetallica.

- Than-Kiú!... - disse Hangcon tono di rimprovero.

Ma la giovane non l'ascoltava piú.

- ParlaRomero Ruiz- continuòquasi con violenza.

- A chi!... - rispose il meticciostupito da quel tonochesuonava come una minaccia. - Che importa a te se dobbiamo la nostra salvezza aduna spagnuola?

- Ma è che quella spagnuola si chiama la Perla di Manillaè vero?

- Than-Kiú!... - ripetè Hang.

- Ma che cosa vuoi direfanciulla? - chiese Romero.

- Che sarà la Perla di Manilla che avrà salvato il Fioredelle Perle.

- E non lo vuoi tu?...

Than-Kiúinvece di risponderefece udire un riso striduloche echeggiò sinistramente fra le tenebre.

- Fanciulla!... - esclamò Romero. - Tu odii Teresitaadunque?

- Nopoiché la donna bianca ucciderà la donna del paesedel sole; la Perla delle isole infrangerà la Perla del Fiume Giallo.

- TaciThan-Kiú!... - disse Hangcon voce sorda. -Taci!...

Ma la fanciulla del Celeste Impero non aveva obbedito edaveva aggiuntocon un accento che aveva qualcosa di funebredi immensamentetriste e che pareva si spegnesse in un singhiozzo:

- Than-Kiú non rivedrà piú le dorate cupole del paesenatio! I lillà non vivono in terra straniera. È il loro destino.

- Ma tu... mi vuoi bene forse?... - chiese Romerochefinalmente aveva compreso tutto.

- Tacidisgraziato!... - esclamò Hang-Tu.

Un'ombra bianca era comparsa dinanzi alla porta ed avevachiamato:

- RomeroRomero!...

- Teresita!... - rispose il meticcio.

La spagnuola era entrata precipitosamentemandando un gridodi gioia a cui aveva fatto econell'angolo piú oscuro del chioscounsinghiozzo.

Intanto Manuelitaentrata anch'essa dopo di aver chiusa laporta del chiosco ed abbassate le persiane per impedire che al di fuori sipotesse scorgere ciò che accadeva nell'internoaveva accesa una lampada che sitrovava su di un tavolo.

Appena Teresita si accorse della presenza di Hang-Tu e dellachinesesi era bruscamente separata da Romero.

Gli sguardi neri e scintillanti della spagnuola e quellivellutati e profondi della chinese si erano incontrati; ma entrambi eranodiventati acuti come le punte di due lame. La fiamma che brillava entro quegliocchi era minacciosa d'ambo le parti.

- Chi è questa fanciulla?... - chiese finalmente Teresitacoi denti stretti. - Romero!...

Hang-Tu aveva fatto un passo innanzidicendo:

- La mia donna- mormorò. - È veroRomero?...

- SíTeresita- rispose il meticciofacendo uno sforzoper mascherare il suo turbamento.

Than-Kiú era rimasta immobile e silenziosama cosí pallidada temere che le forze le venissero meno. Lentamente si era appoggiata ad ungrande vaso del Giappone entro cui cresceva rigogliosa una peonia chinese daifiori color di fuoco ed aveva nascosto il viso fra le larghe fogliecome se nonpotesse piú oltre sopportare quella scena che doveva farle sanguinare il cuore.

Hang-Tuche le stava vicinovedeva stillareattraverso lefogliedelle goccioline che parevano perle ed aveva compreso che la poverafanciulla del paese del sole piangeva silenziosamentesenza che un singhiozzo oun tremito tradisse il suo dolore.

Teresita aveva rivolti gli sguardi su Romero come se avessevoluto leggergli nel cuore la verità di ciò che aveva dettopoi lo avevatratto rapidamente verso una finestradicendogli:

- Bada Romero!... Tu forse non conosci ancora le figlie dellavecchia Spagna.

- Ti voglio beneTeresita- le sussurrò il meticcio. - Tulo sai e ne hai avuto le prove.

- È veroRomerosono pazzaperdonami- disse lagiovanetta con voce raddolcita. - Non si affronta la mortecome l'hai sfidatatu l'altra seravenendo nella Ciudadse non si ama. Ma perché sei venuto conquei chinesi?...

- Fuggivano assieme con me.

- E non ti hanno ferito i miei compatriotti?...

- NoTeresita.

- Folle!... Gettarti in mezzo all'insurrezione mentre iotremo ad ogni istante per la tua vita... Finiranno con l'uccidertimio Romero.

- Si batte anche tuo padre.

- Ma per l'onore della bandiera.

- Ed io per la miaTeresita.

- Ma non sai che ti cercano?... Ma ignori tuche in questomomento si fruga nella palazzina per arrestarti e ucciderti?...

- Lo soTeresita.

- Ma io ti salveròamico mio! - esclamò la giovanettaconsuprema energia. - I miei compatriotti non ti strapperanno dal mio fianco.

- Tradisci la patria.

- La patria?... Sei tu la mia patriain questo istante. Seitu che corri il pericolo di venire spentonon la vecchia Spagna. Guerrainfausta che spinge anche gli uomini che hanno nelle vene lo stesso sangue adistruggersi l'un l'altro e che avventa i figli a pugnare contro la madre.

- Padronadisse in quell'istante Manuelitache origliavapresso la porta- essi vengono.

- I soldati?... - chiese la giovanetta con un tremitoconvulso.

- Sípadronaodo i loro passi.

- Non entreranno quidove si trova la figlia del maggiored'Alcazar. Non temereRomero: bisognerà che passino attraverso il mio corpo.

- Io corro il pericolo di comprometterti dinanzi ai tuoicompatriottiTeresitadisse Romero. - Io tremo al pensiero che un giornopossano dire che la figlia del maggiore d'Alcazar salvava dei ribellimentresuo padre combatteva contro l'insurrezione. Se è destino che io debba morirelascia che si compiano i decreti del cielo e che....

Teresita gli aveva troncata la frase ponendogli un dito sullelabbra. Gli fece cenno di non muoversiabbassò rapidamente e chiuse le tendedi percallina rosa nascondendolo agli sguardi di qualunque persona che fosseentratamentre Manuelita faceva altrettanto con Hang-Tucoprí la lampada conun globo di cristallo azzurro cupo per rendere il salotto quasi oscuropoiavvicinandosi a Than-Kiúche non si era piú mossale disse:

- Non una parolao siete perduti.

Il Fiore delle Perle non risposené sollevò il capoche teneva sempre nascosto fra le foglie della peonia. Solamente il suo corpoprovò un fremitoma che subito cessò.

Al di fuori si udivano delle persone avvicinarsi al chiosco edelle parole scambiate rapidamente.

- Aprite- disse ad un tratto una voce imperiosa.

Teresitacalmaserenarisoluta a tuttonon si feceripetere due volte il comando e mentre colla sinistra teneva la lampadacolladestra fece saltare il chiavistellodicendocon una voce che pareva tremasseper la collera:

- Che cosa volete voi?...

 

 

 

 

 

Capitolo IX

 

L'ODIO DI HANG-TU

 

Ritta sull'ultimo gradinocolla fronte increspatagli occhiscintillantii lunghi capelli neri sciolti sulle spallela giovane spagnuoladoveva avere l'aspetto d'una donna che non si lascia né imporrenéimpressionare.

Vedendosi dinanzi un giovane ufficiale dei cacciatoricheteneva nella destra la sciabola sguainata e nella sinistra una rivoltellaloguardò freddamentefacendo cadere su di lui i raggi azzurrognoli dellalampadaripetendo con un tono secco:

- Che cosa volete voi?...

Il tenenteche non si aspettava certo di trovare colàquella giovanettané una simile accoglienzarimase cosí stupitoda nontrovare subito una risposta.

- Orsúparlate- disse Teresitacon un moto d'impazienza.

- Ma... señorita... - balbettò l'ufficialeabbassando la sciabola. - Cerchiamo dei ribelli.

- Dei ribelli! - esclamo la Perlasimulando un verostupore. - Eh!... volete scherzareseñor?...

- Vivaddio!... Noseñorita. Sono entrati in questogiardinosono stati veduti.

- Cercateli nel giardinoadunque.

- Non li abbiamo trovati né nella palazzinané nel parcoseñorita.

- E volete che siano nascosti qui?...

- Ma... io non so...

- Signor tenentesapete chi abita qui?...

- Il maggiore d'Alcazar.

- E io sono la figlia del maggiore d'Alcazar- disseTeresitacon alterigia.

Il tenentesconcertatosorpresoaveva fatto due passiindietro.

- Se ora volete entrare nel chioscoper vedere se la figliadel maggiore d'Alcazar ha nascosto dei ribellifatelo- continuò lagiovanettacon ironia. - Entratetenente.

- Perdono... señorita... Se avessi saputo che qui sitrovava la figlia del maggiorenon avrei osato di disturbarla.

- Avete fatto il vostro dovere e nulla devo perdonarvi-disse Teresitacon voce raddolcita. - Io credosignoreche vi abbianoingannato dicendovi che dei ribelli sono entrati in questo giardinopoiché néioné le mie donne abbiamo veduto alcuno; abbiamo udito degli spari bensímaal di là della cinta.

- Eppure señorita alcuni uomini che montavano deirapidi cavalli sono stati veduti arrestarsi presso la cinta.

- Ma poi avranno continuato la fuga.

- Cosí deve essere avvenuto- rispose il tenente. - I mieicacciatori hanno frugato tutto il parco e non hanno trovato alcun ribelle. Èuna vera disgraziaseñoritache ci siano sfuggitipoiché si sa chedue di essi erano persone pericolosissimedue dei capi piú influentidell'insurrezione.

Teresita provò un brivido nell'apprendere che erano statiriconosciutipure padroneggiandosichiese con calma:

- E sono costoro?...

- Il meticcio Ruiz Romero ed il chinese Hang-Tu. Erano essiche difendevano ostinatamente le barricate della via dell'Asuncion.

- Forse a quest'ora saranno in marcia per Bulacan.

- O per Caviteseñorita. Perdonate se vi hodisturbata.

- Buona nottesignoree buona fortuna.

Il tenente s'inchinò gentilmente dinanzi a leiringuainòla sciabola e tornò verso la palazzinaseguito da dieci o dodici cacciatoriche avevano perlustratoma invanoi dintorni del chiosco.

Teresita attese che scomparissero fra le piantepoirinchiuse la porta e mentre Manuelita rialzava la fiamma della lampadascostòle tende che nascondevano Romerodicendo con voce soffocata per la gioia:

- Sei salvomio valoroso!

- GrazieTeresita- disse il meticcioche era vivamentecommosso. - Ti devo anch'io la vita.

- Vedi che mi è costata ben poca fatica- disse la giovaneche rideva e piangeva ad un tempo. - Ah!... se potessi io disporre della tuavita!...

- Che cosa farestiTeresita.

- T'impedirei di partire pei campi degli insorti.

- Sarebbe impossibilemia fanciulla. Si direbbe che RomeroRuiz è un codardo.

- Ma i tuoi compagni non amano forse.

- Nonon amano le donne bianche come te...

- Romero!...

- Non rimproverare il destino che mi ha spinto sui tuoipassiTeresitae poi...

S'interruppepoi aggiunse con voce triste:

- Giunge l'ora della separazione.

- Parti?... - chiese la giovanecon viva commozione. -Ora?... Mentre puoi cadere in un'imboscata?... Mentre possono ucciderti sotto imiei occhi?...

- Le tenebre mi proteggeranno. Domani sarebbe troppo tardi.

- E vai?...

- A Salitran od a Cavite.

- Tu vai a cercare la morteRomero.

- No- disse Hang-Tu che era uscito dal suo nascondiglio eche si era silenziosamente avvicinato a loro. - Noperché Hang-Tu veglierà sudi lui.

Poi fissando la giovanetta con uno sguardo stranoaggiunsesorridendo amaramente:

- Io t'odiavoPerla di Manillacome odiavo tuo padreche m'ha condannato a morte e che m'avrebbe fatto fucilarese gli amici mieinon mi avessero salvato. A te tutto perdonohai la parola di Hang-Tu. Ungiornoforse comprenderai quante stille di sangue abbia costato questo perdonoal cuore di Hang-Tu e quante lagrime ai begli occhi d'una fanciulla.

Afferrò bruscamente per un braccio Than-Kiústrappandoloal gran vaso giapponese a cui si era aggrappatae prima ancora che Teresitastupita da quel misterioso linguaggioaprisse le labbra per chiedergli unaspiegazionesi diresse verso l'uscita dicendo:

- Partiamoo noi non rivedremo il tramonto di domani.

Aveva aperta la porta e stava per scendere nel parcoma adun tratto s'arrestòpoi indietreggiò vivamenteposando la destrasull'impugnatura della catana.

Un uomoun ufficialecolla sciabola sguainata nella destraed una rivoltella nella sinistrastava fermo sull'ultimo gradino.

- Lui!... - aveva esclamato il chinesecon un intraducibileaccento d'odio.

L'ufficiale era entrato rapidamente chiudendo dietro di séla porta. Era un uomo sulla quarantinadi statura imponentedalla pelle brunacon due folti baffi nerima un po' brizzolati e dai lineamenti energici.

I suoi occhineri e scintillanti come quelli della Perladi Manillasi fissarono sul meticcio con un lampo minacciosopoi sullaspagnuola.

- Voi!... - esclamòcon voce sibilante.

Teresita aveva mandato un grido di terrore ed era caduta inginocchioesclamando:

- Mio padre!...

Il maggiore d'Alcazarpoiché era proprio luiaveva fattodue passi verso Romero puntandogli sul petto la rivoltella e dicendo:

- Vi uccidosignor Ruiz.

Il meticcio non si era mosso. Aveva incrociate le braccia eguardando tranquillamente il maggioreaveva risposto:

- Non mi difendo: fate fuocosignore.

Ma Teresitadopo il primo istante di terroresi eraprontamente rialzata e con una rapida mossa si era slanciata fra il padre eRomerodicendo con voce quasi minacciosa:

- Tu non lo uccideraipadre mio!

Than-Kiú non aveva gettato alcun grido. Aveva fattosolamente un passo avantima stringendo nella piccola mano una rivoltina cheteneva nascosta nella fascia e l'aveva puntata risolutamente sul maggiore.

Hang-Tu aveva però veduto quella mossa e negli sguardi dellagiovane chinese aveva scorto un lampo minaccioso. Quantunque il capo degliuomini gialli odiasse mortalmente lo spagnuolopure aveva trattenuto la manoarmata che si preparava a far fuocomormorando:

- NoThan-Kiú.

Il maggiore d'Alcazarche pareva in preda ad un terribileaccesso di colleratentò di respingere Teresitama questa resistetteripetendo con piú energia:

- Tu non lo uccideraipadre mio.

- Sei tu che m'impedirai di ammazzare questo ribelle?... -chiese lo spagnuolo.

- Sípoiché tu non puoi uccidere colui che ha salvato lavita a tua figlia.

- Contro chi?...

- Dai parangs dei morospadre mio.

Il maggiore aveva abbassato il braccio. Il lampo d'ira chegli brillava negli occhi a poco a poco si spegneva: parve anzi che una rapidacommozione passassecome un fremitosul suo bruno e fiero volto.

- È lui che t'ha salvata? - chiese con voce lenta.

- Sípadree senza di lui tu non avresti piú la tuaTeresita.

- Ed era pure lui che questa sera si batteva nella viad'Asuncion.

- Símaggiore- rispose Romero.

- Che cosa siete venuto a fare quiRomero Ruiz?... Sarebbestato meglio per voi rimanere lontano da Manilla.

- La morte non la temomaggiore d'Alcazar.

- E se io vi facessi arrestare?

- Fatelo- disse Romerocon freddo accento.

- Ma tu non lo faraipadre mio- disse Teresita. - Tu nonpuoi perdere per due volte quest'uomo. Il sangue spagnuolo è generoso e non simacchia di viltàe poiio amo quest'uomo.

- Síun ribelle - disse il maggiore con amarezza.

- È un prodepadre mio.

- Che volge le armi contro tuo padre.

- Nocontro la Spagnasignore- disse Romero. - Voicombattete per la vostra bandiera e io combatto per quella innalzata dai mieifratelli di colore.

- Una bandiera che si ripiegherà prestosignor Ruiz.

- Chissàsignor d'Alcazar.

- Soffocheremo l'insurrezionenon dubitate.

- E noi sapremo morire da forti.

- Voilo sosiete coraggiosoma gli altri?... Avrestefatto meglio voiche avete nelle vostre vene sangue di spagnuoliadabbracciare la nostra causa. Avete invece scavato un abisso: mi comprendete?

Ringuainò la sciabolapoi avvicinandosi verso la portadisse bruscamente:

- Seguitemi.

- Padre mio! - gridò Teresitamettendosi dinanzi a Romero.

- Il maggiore d'Alcazar pagherà il suo debito verso RomeroRuiz- disse lo spagnuolo.

- Lo salvi?...

- O lo perdo.

- Che cosa vuoi dire?

- Quando l'insurrezione riceverà il colpo mortalelosaprai.

- Ah!... Tu me lo uccidi!...

- Non io: lo ucciderà la guerra.

- Ma io l'amopadre mio.

- Una figlia della vecchia Spagna non può amare i nemicidella patria- disse il maggiorecon voce cupa.

- M'ha salvato la vita.

- Ed io gliela salvo ora. Orsúseguitemi o sarà troppotardi.

Vedendo che Romero esitavalo afferrò strettamente per unbraccio e lo trasse seco. Hang-Tu li aveva seguitima Than-Kiúprima diusciresi era arrestata dinanzi a Teresita. Gli occhi profondi e vellutatidella celestiale si fissarono in quelli della spagnuola che erano bagnati dilagrimema avevano perduto la loro dolcezza. Un lampo sinistro illuminava lepupille della figlia del paese del sole.

- Gli occhi del Fiore delle Perle hanno pianto alungo- le disse con accento selvaggio- ma gli occhi della Perla diManilla piangeranno pure molto e saranno lagrime di sangue.

Poi s'allontanò frettolosamente e raggiunse Hang-Tu.

Il maggiore d'Alcazar camminava rapidamente ed in silenzioafianco di Romero. Seguí per qualche tratto le mura del parcoaprí un piccolocancello di ferro ed uscí sulla via.

Due cacciatori che si trovavano appostati dietro l'angolo diun murovedendo quel gruppo di personefurono lesti ad avanzarsiintimando il«Chi vive?...»

- Il maggiore d'Alcazar- rispose lo spagnuolo. - Sgombrate.

Una stradicciolache serpeggiava fra le mura di parecchigiardinisi apriva di fronte al chiosco. Il maggiore vi si inoltrò facendocenno a Romero di seguirlo e di affrettare il passoe ad Hang-Tu e alla giovanechinese di tenersi presso di lui.

Giunto all'estremitàdue altre sentinelle cercaronod'arrestarloma appena riconosciutolos'affrettarono a ritirarsi.

Sarebbe bastata una semplice parola per far arrestare i treribellima il leale soldato manteneva scrupolosamente la promessapur sapendodi dare all'insurrezione due dei piú valorosi campioni che avrebbero potutoungiornocreare dei gravi imbarazzi ai soldati spagnuoli.

Giunto all'estremità della viain aperta campagnasiarrestò guardando attentamente a destra ed a sinistradove si scorgevanoconfusamente delle piantagioni di canne da zuccheropoi volgendosi versoRomero:

- Una spiegazione orasignor Ruiz- disse.

- Parlate- rispose Romero.

- Come vi trovavate in casa mia?...

- Vi siamo entrati per sfuggire l'inseguimento deicacciatori.

- O mia figlia v'aspettava?...

- Nosignor d'Alcazar. Ella ignorava che noi ci eravamonascosti nel chiosco.

- Volete un consiglio?... Dimenticatela.

- Mi vuol benesignore.

- Ed io vi odiosignor Ruiz.

- Ah!... È vero- disse Romerocon amarezza. - Io sono unsangue mistoun meticcio.

- Noma vi odio poiché siete uno di quei nemici che pervincervi farete spargere alla Spagna torrenti di sangue. Senza di voifraquindici giorni l'insurrezione potrebbe venire spentamentre ora chissà se lanostra bandiera ondeggerà ancora su Cavite. So quanto valeteRuize so quantovi si teme. Volete Teresita?... Lasciate l'insurrezione.

- Oh mai!... - esclamò Romero. - non tradirò i fratellimaggiore d'Alcazardovesse il mio cuore venire infranto.

- E sia.

Poi additandogli la deserta campagna:

- Andate- proseguí - siete liberima spero un giorno diincontrarvi.

- Mi reco a difendere Salitran.

- Spero che un giorno ci rivedremo. Addio: ho pagato il miodebito.

Si volse per ritornare verso il sobborgoma Hang-Tu glisbarrò il passo. Il chinese aveva rialzato l'ampio cappello che fino alloraaveva tenuto abbassato nascondendogli quasi l'intero visoe teneva in pugno larivoltella:

- Maggiore d'Alcazar- gli disse- mi conoscete?

- Hang-Tu!... - esclamò lo spagnuolo.

- SíHang-Tuil capo delle società segrete che voi avetefatto condannare alla fucilazione. Potrei uccidervima invece vi risparmio. Voimi avete salvata la vita ed ora sono io che rinuncio a prendermi la vostra;nulla quindi piú debbo a voi per ciò che avete fatto ora ed il mio odio rimaneintatto. Addioo meglio arrivederci a Salitranmaggiore d'Alcazar.

 

 

 

 

 

Capitolo X

 

ATTRAVERSO I PAESI DELL'INSURREZIONE

 

I due insorti e Than-Kiúvolte le spalle alle ultime casedei popolosi sobborghi di Manillasi allontanavano rapidamente per non farsisorprendereprima che l'alba spuntassedalle truppe spagnuole che dovevanoessersi concentrate nei dintorni della capitale.

La fanciulla chinesepiú pratica di tutti dei luoghi e chesapeva dove si trovavano accampate le forze del generale Polavieja operanticontro Cavitee quelli di Lachambre e Cornell che miravano ad espugnareSalitran e d'impadronirsi delle rive dell'Imusli guidava.

Invece di prendere la via costiera che metteva a Las Pinassi dirigeva verso il sud-est come se avesse voluto avvicinarsi alle montagne checosteggiano la vasta Laguna della Baiadalla quale esce il fiume Passig.

Hang-Tuche aveva piena fiducia nella sagacia della giovanee Romeroentrambi silenziosi e preoccupati dagli avvenimenti della seralaseguivano senza chiederle dove li conducesse.

La notte era oscura assai e favoriva la loro fuga. Un velo divaporiche il vento marino spingeva dal golfo di Manilla verso le montagnedella Lagunacopriva il cielooffuscando gli astri ed intercettando del tuttola luce della luna.

Nessun abitantené alcun accampamento di soldati siscorgevano sui margini delle immense piantagioni che i ribelli attraversavano.Solo di quando in quandoin lontananzasi udivano i latrati di qualche canevigilante la capanna di qualche povero coltivatore tagalo o chinese.

In aria invece volteggiavano numerosi quei brutti ed enormipipistrellicomunissimi in tutte le isole malesi ed anche nell'arcipelago delleFilippinecol corpo lungo circa quaranta centimetri e le ali membranose largheoltre un metroprese insieme.

Than-Kiú camminava semprecon passo leggeroma rapido.Quel corpiccino che sembrava cosí delicato e quasi privo di sanguedovevapossedere una resistenza straordinaria. Si sarebbe detto che sotto la pellecosí diafana nascondeva dei muscoli intrecciati con fili d'acciaio.

Attraversate tre o quattro piantagioni di canne da zucchero ed'indacosenza arrestarsi un solo momentosi era avanzata lungo il margined'una foresta di felci arboree e di palmema giunta presso i primi alberiaveva cominciato a rallentare il passo.

Pareva che temesse una sorpresa o qualche pericolopoichéascoltava di frequente con estrema attenzione e non si rimetteva in marcia senon dopo d'aver scrutato attentamente le macchie vicine.

- Che cosa temi? - chiese Hang-Turaggiungendola. - Io nonso ancora dove ci conduci.

- Non me lo hai nemmeno chiesto- rispose Than-Kiú.

- Tu conosci la via meglio di mema mi sembra che noi nonandiamo verso Las Pinas.

- Là stanno le truppe del generale Cornell.

- Ma mi hanno detto che sull'Imus vi sono i nostri.

- Síguardati dalla 1° e 2° compagnia dei cacciatori delgenerale Zabala.

- Si potrebbe passare fra di loro.

- E cadremo fra le due brigate del generale Cornell.

- Tu la sai piú lunga d'un generale- disse Hang-Tusorridendo. - Quanta intelligenza nella tua piccola testa!

Romero non aveva pronunciato una sillabama aveva guardatola giovane chinese con ammirazione. Gli sembrava impossibile che quellafanciulla sapesse tante cose e che conoscesse cosí bene tutte le mosse e tuttele posizioni degli spagnuoli.

- Dove vuoi condurciThan-Kiú? - chiese Hang.

- Verso la Laguna della baia. Colà non vi sono soldatispagnuoli.

- Ma giungeremo in tempo per organizzare la difesa diSalitran?...

- I cavalli delle isole corrono come il vento e Salitran nonverrà assalita cosí presto.

- Ma dove troveremo dei cavalli noi?...

- Lo so io e forse troveremo Pram-Li. Venite.

- Una domanda ancora. Temi che vi siano degli spagnuoli inquesto bosco?...

- Tutto può darsi. Sanno dove gl'insorti hanno le loro spiee possono aver preparato delle imboscate.

- Ecco un prezioso avvertimento- disse Hangestraendo la catanae la rivoltella. - Passa dietro di noiThan-Kiú.

- Than-Kiú non si lascia sorprendere- rispose la giovane- e poi non teme la morte.

Si era rimessa in camminoma tenendo in pugno la rivoltinas'avanzava però sempre con precauzionepoiché oltre gli spagnuoli chepotevano aver occupato il boscoaveva da temere i serpenti i quali si trovanonumerosissimi anche nelle provincie meridionali di Luzonspecialmente dove visono delle grandi macchie. I pitoni sono comuni e cosí pure i boa e non mancanoi rettili velenosi. Ve ne sono alcuni piccoli il cui morso produce una mortequasi fulminantecome ve ne sono invece altri che raggiungono dimensioniesageratepoiché si dice che misurino perfino trenta piediossia dieci metri.

Quella foresta però pareva che non celasse quei pericolosiospitinon udendosi alcun sibilo in nessuna direzione. Si vedevano invecesaltellare fra le erbea mo' delle raneparecchi animaletti alti quindici oventi centimetriforniti di grandi occhi rotondiche luccicavano come quellidelle civette.

Erano i tarsi spettrii piú strani esseri che sipossa immaginare e che formano una delle piú singolari curiositàdell'arcipelago delle Filippine.

Questi animalettiche sono d'indole notturna e che vivonocelati nei boschihanno la testa rassomigliante alle ranema col muso in formadi conouna bocca larghissima che sembra una squarciodue occhioni rotondigiallifosforescenti e grandissimigli orecchi che somigliano a due cucchiaipiantati su di un corto manicole gambe anteriori brevissime e terminanti indita nodose e ossute e quelle posteriori tre volte piú lunghe e spelate fino ametà.

Il loro pelame è finissimoleggermente lanosobrunogiallognoloma bianchiccio sul capo.

I tarsi sono riguardati come spiriti maligni e sonosfuggiti da tutti gli isolani; ma Than-Kiú non si preoccupava della loropresenza in quel bosco o non credeva alle superstizioni. Concentrava invecetutta la sua attenzione sulle macchie piú fitte per guardarsi dai nemicisospettando sempre la loro vicinanza.

Aveva già percorso un mezzo miglio avanzando lentamenteseguita da vicino da Hang-Tu e da Romeroil quale aveva pure impugnata larivoltellaquando s'arrestò bruscamente.

Un oggetto indefinibilema che parve ai suoi occhi come unalinea sottilele era passato dinanziemettendo un fischio acuto.

- Che cos'è questo sibilo?... - chiese Romero.

- Io l'ho udito ancora nel mio paese- rispose Hang-Tu. - Èun segnale.

- Sí- disse Than-Kiú. - è passata dinanzi a me unafreccia di guerra.

Fece cenno ai suoi compagni di non muoversipoi andò afrugare in mezzo ad una macchia di gambir e ritornò mostrando loro unasottile asta. Era una freccia lunga un metroma invece della punta aveva unozufolo.

- Deve averla lanciata un chinese- disse Hang-Tu. - Inostri soldati usano tali freccequando di notte vogliono avvertire qualcuno.

Than-Kiú aveva compreso che un pericolo li minacciava e siera affrettata a retrocedere verso un macchione di palme sontari cuitronchi sostenevano fitti festoni di pepe selvatico.

Hang-Tu e Romero si erano affrettati a raggiungerlamettendosele ai fianchi onde proteggerlanel caso che degli spagnuoli simostrassero.

Passarono alcuni minutipoi in cima ad un frondoso pomboenorme albero che produce degli aranci grossi come la testa d'un bambino e checresceva a circa cinquanta passi dal macchionesi udí uno stormire di frondecome se qualcuno si aprisse un passaggio fra i rami.

Hang-Tu e Romeroche avevano alzati gli sguardiscorseroben presto una forma umanala quale scendeva rapidamenteaggrappandosi adalcuni calami che si erano avviticchiati al colossale tronco.

Quell'uomoche pareva possedesse un'agilità straordinariatale da sfidare anche le scimmietoccato il suolosi era arrestato un istantepoi si era messo a strisciare verso il nascondiglio degli insorti.

- Una spia degli spagnuoli?... - aveva chiesto Hang-Tupuntando la rivoltella.

- No- aveva risposto Than-Kiúabbassandogli il braccio. -È uno dei nostri.

- Tu sai molte cose che io ignoro- disse il chinese.

- So dove si trovano i posti degl'insorti incaricati divegliare sulle mosse degli spagnuoli.

- Lo vedoThan-Kiú.

Intanto l'uomo si era accostato fino a pochi passima poi siera arrestato dietro il tronco d'un'arenga saccharifera.

- Sei tuSheu-Kin? - chiese la fanciulla sottovoce e facendoun passo innanzi.

Colui che portava quel nome scivolò rapidamente fra lepiante sarmentose del pepe selvaticodicendo:

- Avevo sospettato in voi degl'insorti ed avevo lanciato lafreccia di guerra per arrestarvi. Avete fatto benepoiché gli spagnuoli daieri sera hanno sorpreso il posto d'osservazione. Sono felice di rivedertiThan-Kiú.

Sheu-Kin eracome lo diceva il suo nomeun chinese chepoteva aver diciott'annima d'aspetto robusto. Teneva ancora in mano l'arco colquale aveva lanciato il dardo munito di zufoloma alla cintura portava unarivoltella ed un lungo coltello.

- Sei un bravo e fedele giovanotto- disse Than-Kiú. -Sapevo di non ingannarmi affidandoti la sorveglianza di questa foresta. Sonopartiti gli spagnuoli?...

- NoThan-Kiú. Vi sono due dozzine di uomini accampatiintorno al posto.

- Ciò è grave. Ero venuta qui per avere alcuni cavalli ealcune armi per me ed i miei compagni.

- Vi saranno- rispose il giovane chinese. - Il mio caneaveva fiutato i nemici prima che entrassero nella foresta ed ho potuto fuggireassieme ai cavalli dei corrieri giunti ieri dalle rive dell'Imus.

- Dalle rive dell'Imus?... - chiese Hang-Tu. - Quali notizierecavano?

- Parla- disse Hang-Tuudendo che il giovane chinese dopodi aver guardato sospettosamente Hang e Romeroesitava. - Questi sono due capidell'insurrezione.

- Brutte nuove- rispose Sheu-Kin. - Il generale Lachambresi preparava ad assalire i posti degli insorti sulle rive dell'Imus.

- Per spingersi su Salitran? - chiese Romero.

- Sí- rispose il chinese.

- Allora bisogna partire senza ritardoHang-Tu.

- Lo so- disse il capo delle società segrete. - SeSalitran cadeanche Cavite e Noveleta non potranno resistere a lungoalleforze riunite di terra e di mare.

- GuidaciSheu-Kin- disse Than-Kiú. - Abbiamo moltafretta.

Il giovane chinese si alzò e si mise in marciacacciandosiin mezzo a macchini di sontardi felci arborescentidi beteldiarecadi sagu e di bananile cui grandi foglie proiettavanoun'ombra cosí fittada non potersi scorgere alcun oggetto a tre passi didistanza.

Than-KiúHang e Romeroerano costretti a tenersi benvicini al chinese per non perderlo di vista e per evitare i tronchi delle piantee gli smisurati calami che s'intrecciavano a tutte le altezze.

Sheu-Kin però pareva che avesse gli occhi degli animalinotturni poiché procedeva speditamente e senza esitareevitando facilmentetutti gli ostacoli che ingombravano il cammino.

Dopo dieci minutiavvertí i compagni che il terrenos'abbassava.

Ad Hang ed a Romero parve di scendere entro una cupavallettao meglio in una golale cui pareti erano coperte di piante dallefoglie gigantesche che s'incrociavano sulle loro testeimpedendo di scorgereoquasiil cielo.

- Dove andiamo? - chiese Hang.

- Sheu-Kin lo sa- rispose Than-Kiúche camminava dietroil giovane chinese.

Ben presto la gola cominciò ad allargarsidiventando un po'piú chiara. Le piante erano scomparsema le pareti erano sempre altissime esulle loro cime si vedevano curvarsi i grossi e fronzuti alberi della foresta

Sheu-Kin si era arrestato dinanzi ad una nera apertura chepareva s'internasse nel fianco della valletta.

- Attendetemi- disse.

S'inoltrò entro quella spaccatura che doveva condurre inqualche cavernae poco dopo usciva conducendo tre cavalli completamente bardatie dai cui arcioni pendevano tre fucili.

- Sono vostri- diss'egli. - I corrieri ne troveranno altria Manilla. Sono già avvertiti che il posto è stato sorpreso dagli spagnuoli.

- È necessaria la tua presenza in questo bosco? - gli chieseThan-Kiú.

- Attendevo l'alba per fuggirmene fino a Salitran. Credo cheormai piú nessun insorto si dirigerà qui per rifornirsi d'armi e di cavalli.

- Vieni con noi.

- Ma non abbiamo che tre cavalli- disse Hang.

- Sheu-Kin salirà dietro di me- rispose la fanciulla.

Balzarono in arcione e si misero in cammino. Il giovanechineseche si teneva dietro Than-Kiúaveva domandato d'inoltrarsi nellavalletta per riguadagnarsi il boscoonde allontanarsi verso la Laguna dellaBaia ed evitare gli appostamenti spagnuoli che sapeva essere numerosi intornoalla capitale.

Il terreno cominciava a salire; ma era assai asprointerrotto da crepaccida macigni caduti dall'alto ed ingombro di vecchitronchi d'alberi che finivano d'imputridire in fondo a quella grande spaccatura.I tre cavalli peròtre vigorosi animali e di buona razzavarcavano facilmentequegli ostacoli e pareva che fossero impazienti di giungere sul piano perlanciarsi al galoppo.

Il giovane chinese tuttavia consigliava i cavalieri difrenarlinon essendo certo che l'uscita della gola fosse libera. Gli spagnuoliche avevano occupato il posto di rifornimento dei corrieri insortipotevanoessersi accorti di quei notturni viaggiatori ed aver teso un agguato.

Verso le quattro del mattinoquando il cielo cominciava arischiararsii fuggiaschi giungevano all'estremità della valletta. Dinanzi aloro si estendeva la tenebrosa forestacomposta di macchioni d'alberi e dicespugli.

- Adagio- aveva detto Sheu-Kin.

In quell'istante si udí una voce a gridare.

- Chi vive?...

- Espana e Luzon!... - gridò il chinese.

Poi volgendosi verso Hang-Tu e Romero:

- Carichiamo o non usciremo piú da questa trappola.

Il capo degli uomini gialli ed il meticcio si gettaronodinanzi a Than-Kiúpoi lanciarono i cavalli al galoppoarmando i fucili.

Alcune ombre umane si agitavano sull'orlo del bosco e parevache si disponessero a chiudere il passo.

- Fuoco!... - urlò Hang-Tu.

Tre spari echeggiaronopoi tre cavalli caricarono a corsasfrenatapassando come un uragano in mezzo ad alcuni soldati che si eranogittati precipitosamente a destra ed a manca.

Una scarica rintronò. I soldatiaccortisi dell'ingannoavevano pure fatto fuoco.

Il cavallo di Than-Kiúche era l'ultimofece un bruscoscartomandando un nitrito di dolorema continuò la corsa. La fanciulla siera mantenuta in sellama si era accorta che il povero animale era statocolpito.

- Sheu-Kin!... - esclamò.

- Lascialo correre finché ha forza- rispose il chineseche si teneva aggrappato alla sella.

Romero aveva però udito il grido della giovane. Con unaviolenta strappata costrinse il proprio cavallo a moderare la corsapoi quandosi vide passare accanto Than-Kiúallungò le robuste braccia e la levòd'arcione.

Il momento era stato ben sceltopoiché poco dopo il cavallomontato da Sheu-Kin stramazzava pesantemente al suolospaccandosi la testacontro il tronco d'un albero.

Il suo cavaliereproiettato innanzi dal colpogirò duevolte in ariama ebbe la fortuna di andare a cadere nel bel mezzo d'un foltocespuglio le cui fronde bastarono per impedirgli di fracassarsi le ossa.

- Morte di Fo!... Chi è caduto? - gridò Hang-Tuarrestandoil proprio cavallo.

Il giovane chineseinvece di risponderesi rialzò con unaagilità che indicava come nulla si fosse guastato e con un balzo si trovòdietro al capo degli uomini gialli.

- Avanti!... - gridòstringendo le ginocchia e tenendosialla sella.

Delle detonazioni rimbombavano verso l'uscita della vallettae se ormai non potevano produrre danno ai fuggiaschi che erano fuori di portatadai colpipotevano però attirare l'attenzione di altri soldati.

I due cavallimalgrado quel doppio caricomantenevano ungaloppo rapidissimoevitando abilmente gli ostacoli che incontravano sul lorocammino.

Hang-Tu e Sheu-Kin si erano messi alla testa: Romero venivadietrosostenendo fra le braccia la giovane chinese.

Quella corsa furiosa durò una mezz'orapoi i due cavallicominciarono a rallentare. Le piante si diradavano ed il terreno salivarapidamente. La pianura boscosa si tramutava in collina e piú oltre inmontagna.

L'alba spuntava fugando rapidamente le tenebre ed al caloresoffocante della notte succedeva una fresca brezzolinavivificante e carica delprofumo di mille piante in fiore.

Gli uccelli cominciavano a cinguettare sulle piú alte cimedegli alberi. Le ciarliere gazze aprivanoai primi raggi del solele loro aliscreziate d'azzurro brillante; gli aironi si stiracchiavano le loro lunghegambe; le splendide colombecoronate dalle piume scintillanti d'oro ed'azzurrosi preparavano ad innalzarsimentre i grossi calaodal beccoenormemostruosofacevano udire le loro grida sgradevolisomiglianti allostridere d'una ruota male unta.

Anche le scimmie che sono piuttosto numerose nelle forestedelle Filippine e soprattutto in quelle di Luzonsi preparavano a lasciare iloro rifugi notturni.

Sugli alberi fruttiferi si vedevano agitarsi non pochi diquei ridicoli quadrumani chiamati Bacantandal corpo sveltola codalungadal pelame ricco e morbido di color bruno piú o meno chiaroalti circaun metro e mezzoma con un viso assai strano. Figuratevi che hanno la barbagiallail labbro superiore spaccato ed un naso rosso come quello dei seguaci diBacco e cosí lungo e aduncoche quei poveri animali sono costretti a tenerseloquasi sempre in mano per non fracassarselo contro i rami degli alberi.

Non mancavano nemmeno i macachi chiamati Monjetaltrescimmie barbutecolla testa piattail pelame verde brunola coda lunga e chequando vogliono divertirsivanno a percuotereper ore di seguitole grossecanne di bambúimprovvisando dei concerti molto rumorosi.

Hang-Tuvedendo che il terreno continuava a salire e che icavalli faticavano assai con quel doppio pesosi era arrestatodicendo aSheu-Kin:

- Dove andiamo?... I nostri animali non possono condurci finoa Salitranse siamo costretti a raddoppiare il cammino.

- Vi è una fattoria sulla cima di questo colle- risposeSheu-Kin. - Colà troveremo dei cavalli.

- Conosci il proprietario?...

- Síed è un malese.

- Allora non vi è da temere.

I cavalli dopo un breve riposo s'erano rimessi in camminomaRomero e Hang erano discesi per non affaticarli troppo e procedevano insiemecoi fucili sotto il braccio.

Il terreno saliva semprema la foresta continuava adiradarsi. S'alzavano qua e là gruppi di fichialberi che cresconosplendidamente in quelle isolementre tutte le altre piante di provenienzaeuropea intisichisconoproducendo frutta avvizzite; macchioni di alberigommiferidi grossi e fronzuti tamarindidi felci colossalidi nipa dallebellissime foglie e di tigli detti del pitropiante che dànno delle fibretigliose bellissime che unite colla seta servono a fabbricare dei tessuti dimeravigliosa finezzaassai apprezzati e molto ricercati sui mercati chinesi egiapponesi.

Di passo in passo che salivanol'orizzonte si allargava.Attraverso agli squarci della forestai cavalieri potevano già scorgere lavasta baia di Manilla solcata da numerosi velieri e da cannoniere che lanciavanoin aria nuvoli di fumo nerissimo e piú oltreverso il nordla selva dicampanili della Ciudad e piú indietro i popolosi sobborghi del Passig.

Giunti sulla cima del colleche era quasi sgombra di pianteapparve ai loro sguardi la vastissima Laguna della Baia che è divisa da quelladi Manilla da un istmo largo poco piú di sette migliacolla sua isola di Talimche ne occupa il centro e le sue isolette affollate dinanzi all'uscita delfiume.

Hang-Tusalito sulla cima d'una rupe in compagnia di Romeroaveva volto ansiosamente gli occhi verso il mareseguendo attentamente la curvapronunciatissima che descrive la baia di Manilla verso le coste meridionali.

- Eccolo il baluardo dell'insurrezione- diss'eglicon uncerto entusiasmo. - Lo vediRomero?

Il meticcio aveva arrestato lo sguardo su un grosso gruppo dicasette biancheggianti all'estremità d'una lunga lingua di terra. Dinanzi adesso si vedevano parecchi punti nerisovra i quali s'alzava come una nebbiaoscura.

- Cavite- disse- la vedo.

In quel momento un sordo colpo di cannone rimbombò inlontananzaripercotendosi poco dopo fra le rocce della collinaseguito da unsecondopoi da un terzo.

- A Cavite si combatte- disse Sheu-Kinche li avevaraggiunti.

- Síla flotta la bombarda- rispose Hang-Tula cuifronte si era abbuiata.

- Finché i nostri tengono Salitrannon v'è pericolo-disse Romero. - Le cannoniere spagnuole non riusciranno a scacciare da Cavite inostri fratelli.

- Ma se Salitran non potesse resistere?... Chi impedirebbepoi al generale Polavieja di prendere i nostri alle spalleassalendoli dallaparte di terra?...

- Vi è Noveleta ancora.

- Verrà espugnata prestoRomero. Non potrà resistere alungo agli assalti delle numerose truppe spagnuole.

- Ma noi andremo a scatenare l'insurrezione nelle provincesettentrionali. Luzon è vasta e fra i monti del centro nessuno potrebbesloggiarciné domarci.

- Lo si vedrà- disse Hang-Tucrollando il capo.

Lasciarono quella specie d'osservatorio e girando attorno aduna vettascesero in una stretta valle dove si scorgevano piccole piantagionidi zenzero e di canne da zucchero e piú oltre una casa di bell'aspettocintada uno steccatoentro cui pascolavano numerosi cavalli e buoi.

 

 

 

 

 

 

Capitolo XI

 

LA PRIMA SCARAMUCCIA

 

Il maleseproprietario di quella villettafece ottimaaccoglienza ai due capi insorti ed a Than-Kiúpresentati dal giovane chinesemettendo a loro disposizione la sua casai suoi animalii suoi servi e anchela sua borsa.

Era un vecchio isolano di Mindanaoemigrato giovanissimo aManilla e che aveva già preso parte a piú d'una insurrezione. Fiero nemicodella dominazione spagnuolaaveva abbracciata la causa degli uomini di coloreaiutando i suoi confratellicon armi e denarinon avendo potutoin causadell'età troppo avanzataunirsi a loro.

Il brav'uomo pregò gli ospiti di fermarsi alcune ore nellapropria casa per rifocillarsi e riposarsiconsigliandoli a partire alla seraper evitare l'incontro delle bande nemiche che da Dasmarinas a Las Pinas siconcentravano verso l'Imus.

Hang-Tu ed i suoi compagniche erano stanchissiminonrifiutarono il cortese invitotanto piú che la valorosa Than-Kiúmalgrado lasua forza d'animoappariva molto abbattuta dopo quelle due notti insonni.

Fecero onore al copioso pasto fatto allestire dal vecchiomalesepoi si ritirarono nelle stanze loro assegnate per prendere un po' diriposomentre Sheu-Kin si recava nel recinto a scegliere i piú vigorosi e piúrapidi cavalliper forzare le linee spagnuole.

Alle sei di seraquando il sole cominciava a scendere versoil marei tre insorti e la giovane chinese si rimettevano in sellascendendoverso la Laguna della Baiavolendo evitare Las Pinas che sapevano occupata dauna parte delle truppe del generale Cornell.

Sheu-Kinche si era recato piú volte a Salitran ed a Cavitee che aveva percorse le sponde occidentali del lagoli guidava attraversol'istmo. Hang-Tu gli teneva dietroed ultimi venivano Romero e Than-Kiú iquali cavalcavano l'uno a fianco all'altra.

La chinese taceva semprema di tratto in tratto guardava ilcompagnoil quale pareva tanto pensieroso da non curarsi di guidare il cavallo.Già due o tre volte Than-Kiúche vegliava attentamenteaveva trattenutol'animale sull'orlo di alcuni crepaccisenza che il cavaliere se ne fosseaccorto.

Quell'indifferenza da parte del meticcioaddolorava assai lagiovane. I suoi occhi pieni di dolcezza malinconicaa poco a poco s'inumidivanoe negli angoli si raccoglievano lentamente due grosse lagrime; pure nessunsospironessun sussulto tradiva quell'intenso dolore. Soffriva in silenzio.

Una brusca scossa del cavalloil quale aveva incespicato inuna grossa radicestrappò finalmente Romero dai suoi pensieri. Alzando il capoverso Than-Kiúla quale si era abbassata per afferrare le briglierimasecolpito dall'espressione dolorosa di quel bel viso.

- Che cos'haifanciulla?... - le chiese.

- Nulla- rispose Than-Kiú.

- Tu piangi.

- Che importa al mio signoreche il Fiore delle Perlerida o pianga?... A lui deve bastare che sia lieta la Perla di Manilla.

- TaciThan-Kiú. Perché nominarmela ora?...

- Forse che il mio signore non pensava a lei in questiistanti?... - chiese la giovanecon amarezza. - Non era l'insurrezione cheoccupava la sua mente.

- Che cosa ne sai tufanciulla?...

- Gli sguardi del Fiore delle Perle vedono lontano.

- Síè cosíed a Than-Kiú rincresce che io pensi aTeresita. - disse Romerocon un sospiro. - Povera fanciulla!... Anche tu seiuna vittima del destinoal pari di me.

- Tu!... - esclamò Than-Kiú. - Forse che la Perla diManilla non ti vuole bene?... È il mio amore che forse non fiorirà mai eche forse mai sarà vivificato da un solo raggio di sole. Il sangue dei bianchilo uccideràal pari del gelido vento della Mantsciuria che spegne i lillà delFiume Giallo -

- È il destino che cosí vuolemia povera fanciulla. Io nonpotrò mai far rifiorire l'amor tuo.

- Síperché fra noi sta la donna bianca! - esclamò lagiovanecon uno scatto di collera selvaggia. - Ma le perle talvoltas'infrangono e può toccare la mala sorte a quella di Manilla.

- Non minacciareThan-Kiúdisse Romero. - Tu hai il cuoretroppo gentile per odiare.

- Tu non saimio signorequanto odio può racchiudere ilcuore delle donne del mio paese. Sembriamo fiori delicati destinati a crescerevivere e spegnersi fra i paraventi fiorati delle nostre casema inveces'ingannano tutti. Vibra potente l'anima nei nostri corpi.

- Ma tu non puoi serbare rancore a Teresita che t'ha salvatala vitaThan-Kiú.

- E credimio signoreche io ci tenessi alla mia vita?...Quando il cuore sanguinaquando l'esistenza diventa un martirioquando lesperanze si dileguanoquando i sogni svaniscono per sempre e non ritornanopiúla morte non si teme. Forse che i fiori vivono senza il sole e larugiada?... Forse che le farfalle dei verdi prati si reggonoquando rugge latramontana?... Forse che gli uccelli cinguettanoquando il verno piomba sullepianure della Mongolia?... La morte?... L'ho sfidata tante volte senza tremaredinanzi a Cavite e l'ho tante volte invocataprima che tu ritornassi dallelontane sponde del mio paese natio. La mia stella non brillerà piúlo sento.Essa brilla fulgida sulla testa della donna bianca. Cosí doveva accadere: losplendore delle perle bianche offusca quelle gialle che si traggono dalle acquedel paese del sole.

- Prima che io tornassi dalle sponde del tuo paese natio!Esclamò Romerostupito. - Ma chi sei tu adunque?...

- Than-Kiú- rispose la fanciulla.

- Ma da dove vieni?

- Dal mio paese.

- Ma chi ti ha condotta a Manilla?

- Hang-Tu.

- Quando?...

- Che t'importa?...

- Voglio saperlo. Vi è un mistero nella tua vita.

- T'inganni.

- Lo saprò da Hang-Tu.

- E Hang-Tu ti dirà che io sono Than-Kiú.

- Ma tu mi conoscevi adunque prima che io riparassi nella tuapatria?

- Forse.

- E...

- Síti volevo benema ciò non ti deve piú interessare.Io non sono la Perla di Manilla.

- Bizzarra fanciulla! Ma dimmi chi sei?

- Te l'ho detto: io sono Than-Kiú.

Poi allentando le briglie raggiunse Hang-Tuil qualediscorreva col suo compatriottainterrogandolo sulle posizioni occupate daglispagnuoli nei dintorni di Dasmarinas.

Romero non aveva cercato di trattenerla. Quel colloquio stavaper diventare imbarazzante per luiquantunque avesse desiderato vivamente diconoscere il mistero che avvolgeva quella singolare figlia del Celeste Impero.Pure in fondo al cuorecompiangeva quell'ardita fanciulla che gli aveva giàdatoin due soli giornitante prove del suo strano affettosfidando per lui esenza tremarela morte.

- Orsú- mormorò eglisospirando. - Io sono uno di queidisgraziati che il destino ha condannato a una eterna infelicità e cheirradiano intorno a loro una triste influenza... Sarò fatale a tutti quelli chemi amano e che mi avvicinano e fors'anche all'insurrezione. Meglio sarebbecheuna palla mi uccidesse sulle trincee di Salitran.

Intanto Sheu-Kin e Hang-Tu continuavano a scendere lacollinacercando i passaggi miglioriessendo la china assai aspra edinterrotta sovente da crepacci e da burroni profondientro i quali potevanoprecipitare i cavalli. Fortunatamente i vapori che ingombravano il cielo eranostati ricacciati verso il mare dal vento del sud e la luna era sorta splendidailluminando la vasta distesa d'acqua della lagunala quale scintillava convaghi tremolii argentei. In fondopresso le spondesi vedeva qualche lume cheora appariva ed ora scompariva. Era forse il fanale di qualche cannoniera nemicache perlustrava i seniper sorprendere qualche posto d'insorti.

Alla mezzanotte i quattro cavalieri galoppavano nellapianuratenendosi ad un miglio dalle sponde del lago. Camminavano verso ilsud-ovestma al di qua del versante dell'Imusper non dare di cozzo contro isoldati del generale Cornellche sapevano scaglionati a breve distanza da quelpiccolo corso d'acqua.

Se i cavalli resistevano a quella corsapotevano sperare digiungere nei campi degl'insorti prima del mezzodínon ignorando che tenevanoalcuni posti avanzati fino nei dintorni di Tunasan.

Alle quattro del mattino furono però costretti a fare unafermata sul margine d'una piantagione di caffèper non stremare completamentele povere bestie e per prendere un po' di riposo.

Essendo il luogo desertoapprofittarono per dormire qualchepo' sotto la guardia della giovane chineseprevedendo che la notte successivanon ne avrebbero avuto il tempo.

Alle sei si rimettevano in arcioneinoltrandosi in unavallata che pareva dividesse i due versanti dell'istmomentre dalla parte delmare si udivano rombare delle interminabili detonazioniche gli echi dellealture ripercuotevano con un lungo e pauroso rimbombo.

A Cavite si combatteva senza dubbio. Forse la flottaspagnuola tornava a assalire quel punto importantefortemente tenuto dagliinsorticercando di distruggere i ridotti e le trincee per aprirepiú tardiil passo alle truppe del generale Polavieja.

Dalla parte dell'Imus non si udiva invece nessunadetonazione. Probabilmente il generale Lachambre non osava ancora assalireSalitran.

- Giungeremo in tempo- disse Hang-Tua Romero. - Due o tregiorni possono bastare a noi per riordinare una difesa tenace.

- Sípurché gl'insorti abbiano costruito delle trinceeattorno alla borgata.

- Vi sono dei capi intelligenti a Salitran. Ho piena fiduciain Marion Duqueuno dei piú fieri nemici degli spagnuoliin Castillounvaloroso e in Carridoun buon capobanda e soprattutto astuto.

- SperiamoHang.

Alle dieciattraversano a guado l'Imuspiccolo corsod'acqua che scaricasi nella baia di Cavitema a parecchie miglia dallacittadella d'Imusla quale doveva essere stata occupataed ora in procinto dicadere nelle mani dei soldati del generale Lachambre.

Al di là del fiume apparivano le prime tracce della ferocespietata lotta impegnata fra i bianchi a gli uomini di colore. Si vedevanointere piantagioni di canne da zucchero distrutte dal fuocopiantagioni dicaffè devastatecase in rovina; e di tratto in tratto carogne di cavalli digià spolpate dalle bande numerose di corviche volteggiavano in ariagracchiando sinistramente.

Forse in quelle vicinanzepiccole bande insorte si eranoscontrate coi nemici od avevano fatto delle scorrerie per distruggere conbestiale furorele proprietà di alcuni coloni spagnuoli.

Quella regionepochi mesi prima abitata e fiorente di ricchiraccoltiera stata tramutata in un vero deserto. Gli abitanti erano scomparsi oforse erano stati uccisi; le fattorie erano state incendiate e saccheggiateicampi rovinati e forse per molti anni. Grandi fortune erano state forsedistrutte in poche ore dalle fiamme scatenate probabilmente dai malesii piúferocii piú astiosi ed i piú insaziabili predoni di tutte le razzedell'isola.

Non tardarono ad apparire anche le prime vittime dellaguerrale quali dimostravano con quanta ferocia si combatteva d'ambo le partima soprattutto dalle sanguinarie popolazioni d'origine sulo-malese. Accanto aduna casa in rovinamezza divorata dal fuocoRomero ed i suoi compagni scorseroun vecchio spagnuolo inchiodato sul tronco d'un alberocon una di quelle cortelance che usano i costieri del Borneo.

Probabilmente quel disgraziato era il proprietario delladistrutta fattoria ed era stato cosí trattato unicamente perché la sua pelleinvece di essere giallaod olivastra o rossicciaera semplicemente bianca.Piú oltrepresso un'altra abitazione pure diroccatane videroun altroungiovane e robusto spagnuolo appeso ad un ramo pei piedi e col corpo irto digiavellotti. La sua testa era scomparsa e doveva essere stata raccolta daqualcuno di quei tristi raccoglitori di crani che sono ancora cosí numerosinell'interno di Mindanaomalgrado quell'isola sia sotto la dominazionespagnuola.

Ma un miglio piú innanzii soldati bianchi dovevano essersipresa la rivincita su quelle bande di predoni ferocipoiché in mezzo ad unsolcootto o dieci insortifra malesi e tagaligià mezzo spolpati dai corvigiacevano l'uno accanto all'altro e allineati come se fossero stati fucilati daun plotone di cacciatori.

I cavalieritemendo una sorpresa e non essendo certi delleultime mosse degli spagnuoliprocedevano ora con prudenzaevitando diaccostarsi ai macchioni di canne o di alberi entro i quali potevano celarsi deiposti avanzati.

Ai calcoli del giovane chinese non dovevano trovarsi lontanodai campi degli insortiavendo già attraversato l'Imus da alcune ore. Da unmomento all'altro potevano incontrare qualche banda operante al sud di Salitran.

Il paeseche diventava a poco a poco boscosoimpediva lorodi spingere gli sguardi lontanotanto piú che si manteneva assolutamentepiano. Però sentivano per istinto che doveva trovarsi a breve distanza dalluogo ove si erano impegnate le prime scaramucce e sentivano pure per istinto ditenersi in guardia.

Ad un tratto Sheu-Kinche cavalcava dinanzi a tuttisegnalò delle nubi di fumo che s'alzavano in mezzo ad una forestala quale siestendeva per un vasto tratto verso il nord-ovest.

- È fumo d'accampamenti- diss'egli.

- Saranno spagnuoli o insortigli accampati?... - chieseHang-Tu. - Non bisogna avventurarci a casaccio nella forestaper non cadere nelmezzo di qualche reggimento di cacciatori.

- Là devono trovarsi i nostri- disse Than-Kiú. - Se nonm'ingannoil capo bandaTung-Tao doveva trovarsi a sud di Salitran coi suoitagali.

- Procederemo adagio e coi fucili in pugno.

- Di galoppoHang! - gridò Romeroche si trovava diecipassi piú lontano. - Abbiamo gli spagnuoli alle spalle.

- Morte di Fo!...

Sei cavalleggeri erano improvvisamente comparsi sull'orlod'una piantagione di bananiad una distanza di quattro o cinquecento passi.

Probabilmente quei soldati si erano appiattiti in mezzo allegigantesche foglie di quelle splendide pianteper spiare le mosse degli insortiche accampavano nella foresta ed avendo scorto i quattro cavalierieranobalzati in arcione per cercare di catturarli prima che potessero rifugiarsi inmezzo agli alberi.

- Passa avantiThan-Kiú- gridò Hang. - Lascia a me e aRomero l'incarico di respingere quei nemici.

- No- rispose la giovane - so battermi anch'io al pari dite.

- Non hai il fucile tu.

- Ho la rivoltella e mi basta.

- Di galoppo!... - gridò Hang. - cerchiamo di guadagnare ilbosco.

I quattro cavalli si erano lanciati ventre a terrama nonpotevano durare a lungoessendo assai stanchi per quella faticosa marciamentre quelli degli spagnuoli parevano ben riposati. La foresta però non eralontana e dietro ai tronchi degli alberigl'insorti potevano ripararsi edifendersi.

Hang-Tu e Romero si erano riuniti dietro a Than-Kiú perdifenderlamentre Sheu-Kinche aveva il cavallo miglioreaffrettava la corsaper giungere prima di tutti al bosco e prender posizione.

I sei cavallegeri spronavano furiosamente i loro piccoli maveloci animali di razza andalusa ed intimavano l'altaccompagnandolo conla minaccia di aprire il fuoco in caso di rifiutoma né Hangné Romero sicuravano di rispondere.

A trecento passi uno di loroil capo fila sparò un colpo dimoschetto; ma senza ottenere alcun risultatoin causa della distanza e dellebrusche scosse che gl'imprimeva il cavallo.

Hang-Tu questa volta si volse a metàpuntò rapidamente ilfucile e fece fuoco. Il cavaliere cadde unitamente all'animalema non dovevaaver ricevuto lui il colpopoiché si rialzò quasi subito rispondendo con unaseconda moschettatail cui proiettile fischiò agli orecchi dei fuggiaschi.

- A teRomero! - gridò Hangpreparandosi a ricaricarel'arma.

Il meticcio aveva già spianata la sua carabinasenzarallentare il galoppo del proprio cavallo. Fece fuoco in mezzo al gruppo ed unaltro animaledopo d'essersi inalberato bruscamentecadde di quartoscavalcando il soldato che lo montava.

- Noi macelliamo i cavalli e risparmiamo invece i cavalieri- gridò Hangesasperato.

- Che cosa importa- rispose Romero. - I caduti non ciseguiranno.

- Ma tirano meglio degli altri. Odi?

- Síe credo...

Romero non potè continuare la frase. Una palla di moschettoera giunta e aveva colpito il cavallo presso le ultime vertebre fracassandoglidi colpo la spina dorsale.

Il povero animale era caduto fulminatotrascinando nellacaduta il cavaliere il qualeper sua mala sorteera rimasto con una gambasotto quella pesante massa.

Than-Kiúudendo Romero mandare un gridocon una violentastrappata che per poco non l'aveva balzata di sellaaveva frenato il proprioanimale. Vedendo il meticcio a terra impallidípoi senza badare ai proiettiliche già ricominciavano a fischiaresi lasciò scivolare dall'arcione e siprecipitò verso di lui.

Hang-Tu si era pure arrestatoma invece di correre in aiutodel compagno aveva snudata la catana e pareva che si preparasse acaricare disperatamente il drappello nemico.

- Mio signore- esclamò Than-Kiúcon voce tremante. - Seiferito?

- Noma fuggi- rispose Romeroche aveva ricaricatoprecipitosamente il fucile. - Fuggi; essi stanno per piombarci addosso.

- Than-Kiú non ha paura e ti difenderàmio signore-rispose la fanciullacon fierezza.

Si era lasciata cadere dietro il cadavere del cavalloaccanto al meticcioed aveva estratta la rivoltellapuntandola risolutamentecontro i nemici.

- Ma fuggisalvati! - ripeté Romero. - Vuoi fartiuccidere?...

- Morrò accanto a te.

- Vengono!...

I quattro spagnuoli caricavano di galoppo. Avevano appesiall'arcione i moschetti e snudate invece le sciabole. Ancora pochi istanti epiombavano su quei tre coraggiosi che li attendevano senza tremare. Il vezzosocapo del Fiore delle Perle stava forse per venire brutalmente fracassatoda quelle terribili armi.

Hang-Tufermo come una rupecolle ginocchia strette aifianchi del cavallocollo sguardo tetro e sanguignocolla larga e pesante catanaalzata e colla carabina sulla sellasi era collocato dinanzi ai due suoicompagni per sostenere il primo urto.

Già i quattro cavallegeri non distavano che cento passiquando verso il bosco echeggiarono improvvisamente dieci o dodici spariseguitida urla feroci.

Gli spagnuoli fecero un brusco voltafaccia e fuggirono versola piantagioneseguiti dai loro due compagni che erano stati scavalcati.

Una banda d'uominicomposta per la maggior parte di malesi edi tagaliarmati di alcuni fucilima soprattutto di lance e di sciabolonibornesisi era precipitata fuori dalla boscaglia empiendo l'aria d'urlaselvagge. Alla loro testa cavalcava Sheu-Kin.

- Gl'insorti! - esclamò Hangrespirando.

Si era gettato rapidamente di sellae con una vigorosascossa aveva liberato Romero dal peso che lo teneva inchiodato al suolo.

- Sei ferito? - gli chiese.

- No - rispose questi.

Poirialzandosis'avvicinò a Than-Kiú e posandole le manisulle spalledisse:

- Grazievalorosa fanciulla.

Il Fiore delle Perle non risposema il suo visos'imporporòmentre le sue labbra si schiudevano ad un sorrisoed un lampod'immensa gioia le illuminava i begli occhi.

 

 

 

 

 

Capitolo XII

 

NEL CAMPO DEGL'INSORTI

 

Quella forestacome avevano suppostoera occupata da ungrosso stuolo d'insorti capitanati da uno dei piú ardenti autonomistidaTung-Taoun meticcio di sangue europeo dal lato del padre e malese della madreuno dei primi che aveva abbracciata la causa dell'insurrezione ed anche uno deipiú valorosi.

Quelle bandecomposte di varie razzesi erano colàaccampate per difendere Salitranche si trovava ad un solo miglio innanzidaun colpo di mano degli spagnuolii quali erano stati già segnalati verso ilsud-est.

Nulla di piú strano e di piú pittoresco di quel campod'insortidove si trovavano mescolati uomini appartenenti a tante razze diversee di costumi cosí variatipersone d'una civiltà che non era inferiore aquella degli spagnuoli ed altre che erano affatto barbareselvaggesanguinarie.

Un disordine assoluto vi regnava. Era un caos di tendepiantate senza regoladi capannucce improvvisatedi tuguri d'ogni forma edimensionedi semplici tettoiedi ripari assolutamente primitivima piú chesufficienti pei malesi e pei tagali abituati ordinariamente a dormire all'ariaapertadi uominidi cavallidi fasci d'armi dove si vedevano gli arnesi piúmicidiali accanto a lance quasi primitive.

Pareva che quasi tutte le svariate razze dell'estremoorientesi fossero date convegno in quel campo.

V'erano gruppi di meticci derivanti da incroci di sangueeuropeo col tagaloo col chineseo col malesetipi gagliardidi caratterevivacedall'intelligenza svegliatissima e che costituivano il nerbodell'insurrezione; bande di malesi membrutidi statura bassadalla facciaquadra e ossutadagli occhi piccoli e torvidalla bocca larga armata di dentiacuti come quelli delle fierema anneriti dal soverchio uso del betel edalla carnagione piú o meno foscacon riflessi olivastri o d'un rosso mattonema alquanto smunto. Erano quasi tutti nudinon avendo che qualche corta camiciao qualche gonnellinoe portavano alla cintura due o tre di quei terribilipugnali a lama serpeggiantelunghi un piede e colla punta avvelenata nel succodell'upas.

Piú oltre vi erano bande di tagali dal volto quasiromboidaleossutoma simpaticocogli occhi vivaci e leggermente obliqui e lapelle rossastrama con certe sfumature giallo-bronzine: uomini operosicoraggiosi e fidati.

Le aspre fatiche del campo non avevano punto influito sulloro carattere vanitoso e facevano ancora pompa delle loro camice ricamatedeiloro calzoni bianchi e dei loro ornamenti d'argentononché delle loro crocidorate che usavano portare al collo.

Poi venivano gruppi di chinesi colle loro facce color deilimoni maturile loro lunghe code sfuggenti sotto gli ampi cappelli di fibre dirotanggli occhi obliquile zimarre variopinte e fregiate di draghi orribili ecolle loro cintole piene d'armie munite pure dell'insuperabile ventagliooggetto di assoluta necessità; gruppi di bughisi d'origine macassarese omindanesedall'alta staturama di forme eleganti e dalle tinte brune; diturgiassi dalla pelle quasi biancama a riflessi grigiastri o cenerinidalvolto ovalegli occhi grandi e bellissimi e la capigliatura nerissima e liscianon pochi zimbalesipangasinansiillocasi ed igorotiveri selvaggi che sitrovano dispersi nelle montagne delle isole del grande Arcipelago Filippino.

Pel momentotutta quella gente non pareva gran fattooccuparsi della guerra che si combatteva cosí breve distanza. Avevano radunatein fasci giganteschi le loro armiben poche da fucoma moltissime da taglioetutte formidabili e si divertivano a loro capricciointeressandosi deicombattimenti dei gallipei quali tutti quei popoli hanno una passionestraordinariatale da superare di gran lunga gl'Inglesio applaudendo unacompagnia di gitani che aveva piantata la sua baracca nel bel mezzodell'accampamentood ascoltando con vivo piacere una mezza dozzina di suonatoridi chitarraartisti in tempo di pacema corvi rapaci dopo la battagliasaccheggiatori spietati dei vintifossero questi morti o moribondi.

Hang-TuRomero e Than-Kiúpreceduti da Sheu-Kin e scortatida una mezza dozzina di malesi armati di lunghi fucilima che dovevano esserestati fabbricati un secolo primaattraversarono l'accampamento salutati ovunqueda strepitose acclamazioniessendosi sparsa rapidamente la voce del loroarrivoe vennero condotti nella tenda del capouna specie di padiglione dicotonina rossadinanzi al qualepiantate su palifacevano orribile mostra leteste già putrefatte d'alcuni soldati spagnuoli.

Tung-Tao aveva radunato alcuni sotto-capi per decidere sullasorte d'un chinese arrestato nei dintorni del campocome sospetto di essere unaspia degli spagnuoli e stava per pronunciare la sentenza di morte.

Vedendo apparire Hang-Tu e Romeroche ben conoscevasiaffrettò a sospendere la seduta per fare gli onori di casa.

- I corrieri delle società segrete mi avevano già informatodel vostro arrivo a Salitran- diss'eglidopo d'aver stretto la mano adentrambi e d'aver salutato gentilmente Than-Kiú. - Sono felice di essere ilprimo a ricevervi nei campi degl'insorti e d'offrirvi ospitalità.

Con un cenno congedò i sotto-capi e fece sedere i nuovivenuti su alcune scranne fabbricate con rami d'alberodicendocon un sorriso:

- Non ho di meglio da offrire. Quei dannati spagnuoli mihanno guastata per tre volte la mia mobilia o meglio ho dovuto lasciarla nelleloro mani per salvare la pelle. Spero peròse tutto andrà benedi rifarmicon quella dei loro palazzi di Manilla.

- Te lo auguroTung-Tao- rispose Hang. - D'altronde siamocosí stanchi che ci basterebbe anche un sasso pur di riposarci. È da ieri chegaloppiamo.

- Inseguiti dagli spagnuoli?

- Noma avevamo fretta e molta. Il colpo di mano su Manillaè andato a vuotoe comprenderai che l'aria di quella città non poteva piúfarci bene.

- I corrieri mi hanno recato la notizia stamane.

- Hai un servizio d'informazioni accuratoTung-Tao. Se glispagnuoli potessero averne uno egualesarebbero ben contenti.

- Le spie non mancano anche a loro. Stavo appunto ora pergiudicare un tuo compatriotta che si è lasciato corrompere dall'oro spagnuoloma non andrà a raccontare ai nemici ciò che ha veduto nel mio campo. Fra dieciminuti i malesi lo manderanno a trovare il suo Budda.

- Hai fatto bene- disse Hang. - Fosse stato mio fratellonon avrei alzato un dito per strappartelo di mano. Muoiano tutti i traditori!

- E fra i piú atroci tormenti- aggiunse il capo malesecon un crudele sorriso. - Quali notizie rechi da Manilla?...

- Poco lieteTung. Là non vi è da tentare nulla di buonoper ora. La capitale non cadrà piú nelle nostre mani.

- Lo so- disse il capocon un sospiro. - Ah!... Se fosseriuscita la prima congiuraa quest'ora noi saremmo i padroni di Luzon. Sibattono al nord?...

- Matabon e Bulacan resistono semprema temo che gl'insortinon possano marciare sulla capitale. I capi però sanno che noi c'impegneremo afondo a Salitran ed a Cavite e spero che dal canto loro tenteranno qualche cosaper attirarsi addosso una parte delle truppe del generale Polavieja.

- Vuoi giocare una carta decisiva a Salitran?

- Siamo qui venuti per questo. Dalla difesa di Salitrandipende la sorta di Cavite.

- Spero che gli spagnuoli avranno un osso duro da roderesevorranno assalirci. Sono state erette grandi trincee dinanzi a Salitran ed anchesulla strada d'Imus.

- Chi comanda gl'insorti? - chiese Romeroche fino allora siera limitato ad ascoltare.

- Marion DuqueCastilloGomez ed i due fratelli Hang-Kaicapi dei mestizos. Dispongono di tredici bandema non piú di duemigliaia di buoni fucili.

- Vi sono dei cannoni?

- Alcuni pezzi e qualche mitragliatrice.

- Si può fare molto allora- disse Romero. - Se glispagnuoli ritardano l'attacco d'alcuni giornici troveremo pronti a riceverli.Sarà però necessario concentrare in Salitran tutte le bande che si trovanodislocatenon essendovi da temere attacchi alle spalle. Gli spagnuoli non ciassaliranno che marciando sulle vie d'Imus.

- Io sono pronto a levare il campo- disse Tung-Tao. -dispongo di quattrocento uominidi centocinquanta fucili e d'alcune spingarde.Non faccio grande assegnamento sui malesi e sui bughisivalenti nelle imboscatee negli assalti impetuosima altrettanto cattivi soldati nelle difese; contosui miei meticci e sui tagali che sono tutti abili bersaglieri.

- Avverti i tuoi sotto-capi di dare il comando di incolonnarele bande. Quia guardia del boscobasterà qualche drappello di malesi o dibughisi.

- Verranno con noi? - chiese Hang-Tu.

- Sí- rispose Romero. - Mi preme addensare piú bande cheposso verso il fiume Imuspoiché il pericolo ci verrà da quella parte.

- È vero- disse il capo malese. - So che il generaleLachambre cercherà di guadarlo con forze numerose.

- I capi che si trovano a Salitranhanno mandato colà deicorrieri?

- Lo spero. Fra poco lo sapremo con piú certezza.

- La caduta di Dasmarinas ci sarebbe di grave danno. I nostrifratelli hanno subíto troppe sconfitte in questi giorni e se una buona vittorianon viene a rialzare il morale dei combattentiprevedo dei tristi giorni perl'insurrezione.

- L'avremo la vittoria- disse Hang-Tu. - Sei uomo dadarcela.

- Non illudertiHang- rispose Romero. - Io cercherò direndere Salitran inespugnabilema tutto dipende dal valore delle nostre bande etu sai che la loro organizzazione è tutt'altro che salda. Abbiamo troppi capi etroppe razze diverse. Affrettiamoci a partire; i minuti possono diventarepreziosiora che Dasmarinas sta forse per venire espugnata.

- Accordate una mezz'ora alle mie bande onde levino il campo- disse Tung-Tao. - Intanto posso offrirvi una colazionema ben magraamicipoiché nei nostri campi i viveri scarseggiano ora che tutti i contadini hannoabbandonte le piantagioni.

Ad una sua chiamata due tagali accorsero e stesero a terrauna stuoia di fibre di coccodestinata a servire da tavoladeponendovi soprauna scimmia arrostita interauccisa il giorno innanzi nella forestaduegalline trovate forse in mezzo alle piantagioni ed alcune pagnotte difrumentone. Era tutto quello che poteva offrire il capo delle bande.

Romero ed i suoi compagniche non avevano mangiato dalgiorno precedenteassalirono con appetito le vivande e non si arrestarononemmeno dinanzi alla scimmiaquantunque essa avesse l'aspetto d'un ragazzettoarrostito.

Il capo offrí in ultimo una dozzina di tazze di eccellente thèchiamato dai chinesi shang-kingossia thè profumatoessendo lefoglioline mescolate a fiori di mo-li che sono una specie di gelsominied alcuni di quei deliziosi sigari di Manillapresi probabilmente aglispagnuoli caduti durante gli ultimi scontri.

Quando uscironoil campo era in pieno disordine. Uominid'ogni colore e cavalli in grosso numero correvano in tutte le direzioni perincolonnarsimentre le donne ed i fanciullidel pari numerosissimicheavevano seguiti i rispettivi mariti e padri con piú danno che profitto e congrave ingombro durante le rapide mosse delle bandes'affannavano a levare letende ed a caricare sugli animali le munizioni ed i viveri.

Da ogni parte s'udivano gridacomandiimprecazionilamentidi donnestrilli di ragazzisquilli di trombe d'ogni specie e nitriti.

Tutti s'affrettavanoperché sapevano che chi rimanevaindietro aveva tutte le probabilità di cadere nelle mani degli spagnuoliiquali anelavano di vendicarsi delle atrocità commesse in tutto il territoriodalle sanguinarie bande dei malesi.

Tung-Tao ed i suoi amici salirono sui loro cavalli edandarono a collocarsi agli avampostiper passare in rassegna le bande eregolarne la marcia.

Ad un ordine dei sottocapile colonne cominciarono asfilarema senza ordinenon avendo quegli uominiraccolti nelle campagne edin mezzo alle forestealcuna organizzazione militare.

Sfilarono dapprima i mestizosun centinaio circaimigliori combattenti sui quali i capi dell'insurrezione molto contavanoessendoi meglio istruitii piú resistenti ed i piú coraggiosipoiché erano forse isoli che combattevano per vero patriottismo.

Erano tutti a cavalloarmati di buoni fucili moderniacquistati dai contrabbandieri giapponesima la loro artiglieria non consistevache in poche spingarde prese forse ai prahos malesi.

Venivano in seguito un centinaio e mezzo di chinesidiscretisoldatima che combattevano disordinati e che non erano capaci di resisterealle meravigliose cariche della cavalleria spagnuola e per di piú male armatipoiché i piú non avevano che vecchi fucili e lance.

Poi sfilarono i malesii tagalii mindanesiin unaconfusione indescrivibile e armati peggio di tutti. Pochi fucilima invece grannumero di quei formidabili sciaboloni bornesi chiamati parangs ilangcolla punta a docciadi catane giapponesi somiglianti a mostruosi rasoidi kriss dalla lama serpeggiante ed avvelenatadi goloksciabolelunghe e pesanti in forma di coltello e d'origine giavanesee di lambingossia giavellotti cortima colla punta micidialissima.

Venivano poi ultimi le donne ed i fanciullitre oquattrocentostracciatisparuti dalle fatiche dei campi e dalle privazioni.Spingevano innanzi i cavalli incaricati dal trasporto delle munizionidelletendedei bagagli e dei viveriprocedendo in disordine e con un chiassoenormeaffrettandosi piú che potevano per mantenersi a contatto delle bandesapendo di non avere alle spalle alcuna protezionepoiché ben poco si curavanodi loro i combattenti.

Hang-TuTung-Tao e Than-Kiú raggiunsero al galoppo i mestizosche avevano già abbandonata la foresta inoltrandosi in una vasta pianuradovesi vedevano piantagioni distrutte dal fuoco e avanzi di fattorie.

Quantunque fossero certi di non incontrare il nemicoessendovicinissimi a Salitrani mestizos avevano già lanciato a destra ed asinistra drappelli di cavalieri per proteggere i fianchi delle colonne.

Era una precauzione quasi inutileperché all'estremitàdella pianura si vedevano elevarsisopra una grande forestanumerosissimecolonne di fumoindicanti gli accampamenti degl'insorti a Salitran.

Di quando in quando si udivano anche squillare le trombe emuggire le conche di guerra delle bande chinesistrani strumenti formati conuna grande conchiglia del genere triton.

I tre capi e la fanciulla chineseattraversata di galoppo lapianura e seguiti da un forte drappello di meticcigiunsero ben presto nelbosco dove trovarono le prime bande degl'insorti di Salitranle quali avevanoformato una specie di campo trincerato per difendere la cittadella verso il latosud.

Parecchi capi meticcichinesitagali e amlesiinformatidel loro arrivosi affrettarono a raggiungerlifacendo loro una cordialissimaaccoglienzanon ignorando quanto contava su di essi l'insurrezione.

A mezzogiorno Romero e Hang-Tuseguiti da una numerosascortafacevano la loro entrata in Salitranfra l'entusiasmo dellenumerosissime bande occupanti le trincee della cittadella.

 

 

 

 

 

Capitolo XIII

 

LA BATTAGLIA DI SALITRAN

 

Salitransul cui possesso gl'insorti molto contavano perimpedire agli spagnuoli di attaccare Cavite dal lato di terranon era unapiazza forteera anziuna semplice borgata un po' grossachiamatapomposamente cittàma di nessuna importanzapoiché non aveva alcun forteanzi nemmeno una cinta atta a difenderla da un poderoso attacco

Permettendo però la sua posizione di dominare il corsodell'Imussulle cui rive si concentravano le brigate del generale Cornellappoggiate dalle truppe del generale Lachambre e di signoreggiare anche il fiumeZapatèaltro centro dell'insurrezionele bande insorte vi si erano radunatein grosso numero per contrastare il passo agli spagnuoli e vi si eranofortemente trinceratecostruendo parecchie opere di difesaspecialmentepalizzate che avevano armate con alcuni piccoli pezzi d'artiglieria.

I capi piú valorosi e piú popolariquali CastilloMarionDuqueCarridoil capo dei meticci malesi Seng-Pao e parecchi altriavevanoassunto il comando delle bandedichiarando che piuttosto di cedere Salitran sisarebbero fatti uccidere tuttinon ignorando che la perdita di quella piazzaportava la perdita anche di Caviteossia del baluardo piú fortedell'insurrezione.

Appena avvertiti dell'arrivo di Romero Ruiz e di Hang-Tuidue capi destinati ad assumere la direzione della guerra ed il comando supremodelle bandeDuqueCastilloSeng-Pao e gli altri s'affrettarono a radunarsinel piccolo palazzo di cittàche era stato scelto come quartiere generalepermettersi a loro disposizione.

Romero e Hang-Tu vi furono ricevuti cogli onori dovuti alloro alto gradoal suono delle trombe e con salve di fucileria.

Marion Duqueil capo piú influentepresentò loro tutti icapi e diedea nome di tuttiil benvenuto dichiarando di mettersi tutti agliordini dei nuovi comandantinei quali le bande avevano intera fiducia.

Quindi fu tenuto una specie di consiglio di guerra permettere i due capi al corrente delle situazioneper informarli del numero dellebandedei mezzi di resistenza di cui disponevano e delle posizioni cheoccupavano i soldati spagnuoli e per informarli d'una notizia grave: la perditadi Dasmarinaspresa d'assalto il giorno innanzi dalle truppe del generaleLachambre dopo una disperata difesa da parte degli insortii quali avevanosubíto perdite gravissime.

- Questa notizia è gravesignori- disse Romerochenell'apprenderla era diventato preoccupatissimo. - Gli spagnuoli potranno orapassare l'Imus senza che noi possiamo impedirlo e piombarci addosso con forzeschiaccianti. Lachambre e Cornell ora si riuniranno e li avremo addosso tutti edue.

- È vero- disse Hang-Tula cui fronte si era offuscata. -La via dell'Imus è ormai libera agli invasori.

- L'abbiamo però fatta occupare da parecchie bandele qualihanno costruite delle trincee- fece notare Marion Duque.

- Non potranno impedire la marcia degli spagnuoli- risposeRomero. - Le due brigate del generale Cornell non si troveranno imbarazzate aspazzarle via.

- Gli uomini non mancano nel nostro campo e si possonorinforzarle.

- NoDuque- disse Romero. - La strada dell'Imus non è unaposizione strategica che possa darci una vittoria e correremmo il pericolo disacrificare inutilmente molti uomini. Le bande che la guardano vi rimangano perritardare le mosse degli spagnuolima che nessun insorto lasci Salitran. È quiche noi dobbiamo dare battaglia al generale Lachambreappoggiati alle nostretrinceeed è qui che noi dovremo tentare uno sforzo supremodisperatosevogliamo salvare Cavite. Pensate che se Salitran cadel'insurrezione delleprovincie meridionali potrebbe venire schiacciata e non dimenticate che è alsud di Manilla che il cuore della libertà batte. Se noi veniamo vintisaremocolpiti a morte.

- Ci rimarrà ancora S. Nicolanel caso d'una sconfitta-disse Castillo.

- Síma Cavite rimarrebbe scopertae assalita dalla partedel mare e da terranon potrebbe piú resistere e la perdita di quel baluardoprodurrebbe la perdita delle nostre bande.

- È vero- disse Hang-Tu. - È necessario che la bandierache sventola sulle mura di Cavite non venga ammainatapoiché farebbe cadereanche quelle che ondeggiano sulle trincee di Bulacan e di Malabon.

- All'operasignori- disse Romeroalzandosi. -Approfittiamo della sosta degli spagnuoli per rendere Salitran inespugnabile.

Lasciarono il palazzo di città e saliti sui loro cavalliRomero e Hangseguiti da tutti i capi delle bandeispezionarono lefortificazioni costruite dagl'insorti dinanzi a Salitran e sulla via dell'Imusper rendersi un conto esatto della resistenza che poteva offrire la piazzacontro le numerose ed agguerrite truppe del generale Lachambre.

Vari ridotti e molte palizzate costruite con enormi tronchid'albero e rinforzate da macignierano state innalzate dinanzi alla cittadellama Romeronella sua qualità d'ingegneresi era pure subito accorto che nonpotevano bastare contro l'artiglieria spagnuolache sapeva essere servita daabilissimi ufficiali e soldati. Contava di erigere ben altre fortificazioni esoprattutto una grande trinceadietro la quale le bande avrebbero potuto alungo resisterenel caso che avessero dovuto subire un primo scacco. Quellaispezione occupò tutta la giornata e quando i due capi stanchi da quelle lunghegaloppate sotto un sole ardentesi ritirarono nella casa a loro assegnatalanotte era già calata da parecchie ore.

Sulla porta della casa trovarono Than-Kiúseduta su di uncarro rovesciato. La brava fanciullacontrariamente alle sue abitudininon liaveva seguitima non aveva perduto il suo tempoperché i due capi trovaronol'alloggio prontouna buona cena preparata dalle mani del Fiore delle Perleed un comodo letto.

Romero per di piúnella sua stanzatrovò un vaso chinesecontenente un grosso mazzo di lillà che spandeva un'onda di delicato profumo.Indovinò chi aveva messo quei fiori e malgrado le sue preoccupazioni sorrisemormorando:

- Quanta affezione in quella povera fanciulla!... Dei fioriin mezzo al trambusto di questo campo!... Povera Than-Kiú!... quantainfelicità ti procurerò forse!

L'indomani tutte le bandelasciati gli attendamenti cheoccupavano un vasto tratto dietro a Salitransi erano poste al lavoro per lacostruzione della grande trincea disegnata da Romero.

Erano parecchie migliaia d'uomini fra meticcitagalimalesichinesi e sanguemisti di varie razzeche lavoravano con accanimentofebbrilesapendo già che il giorno dell'assalto non era piú lontano.

I corrieri giunti nella notte avevano recata la notizia cheil generale Lachambre aveva ripreso la sua marcia in avantimentre ilcolonnello Salacedo si preparava a intraprendere una ricognizione verso S.Nicola per poi unire le sue truppe a quelle del primomentre altri corrieriprovenienti da Manilla avevano informato i capi che le squadre spagnuole avevanoripreso il bombardamento di Cavitedi Binacayandi Noveleta e di Bacoorlaquale era ormai stata incenerita.

Era quindi necessario tener testaa qualunque costoalletruppe spagnuole per rialzare il morale delle bande e per non lasciar spegnerela scintilla dell'insurrezione che già cominciava ad impallidire dopo due solimesi di lotta.

RomeroHang-TuCastilloDuquePaoallarmati da quellepoco liete notiziefacevano sforzi immani per rendere Salitran imprendibile.

Giorno e notte vegliavano alla costruzione della grandetrinceatemendo che mancasse il tempo per ultimarlaincoraggiando senza posaquelle migliaia di lavoratori. Avevano però già fatte ultimare le trinceedella via d'Imusscavare fosse coperte da tralicci di bambú per farviprecipitare dentro la cavalleria spagnuolanel caso che anche questa avessepreso parte all'assalto ed innalzare qua e là vari terrapieni che si eranoaffrettati ad armare con grosse spingarde.

Il 5 marzoi corrieri spediti dagli avamposti avevano giàrecato la notizia che il generale Cornell si era spostato verso l'Imus colle suedue brigate e che la brigata di marina aveva organizzata il convoglio deiviveri.

Il 6altri corrieri erano giuntied avevano riferito cheanche il generale Lachambre aveva dato ordine alle sue truppe di prepararsi alasciare Dasmarinas.

Gli avvenimenti precipitavano. Di momento in momento i fucilistavano per tuonare sulle rivve dell'Imus.

Quella notte peròla grande trincea veniva finalmenteultimata ed armata coi pochi cannoni che possedevano gl'insorti.

Romero e Hang-Tucerti ormai di un prossimo attaccoradunarono quell'istessa notte tutti i capi delle bande per dare le ultimedisposizioni della battaglia. La difesa della grande trincea doveva venireaffidata ai sanguemistii meglio armati e meglio disciplinatimentre le altrebande dovevano occupare le due ali estreme ed irromperecon carichevertiginosecontro il nemico.

Quando Romerostanco da quelle lunghe notti insonnipassatequasi sulla grande trinceaverso l'alba fece ritorno alla sua abitazionetrovò Than-Kiú che lo attendeva sulla porta.

L'intrepida fanciulla non doveva aver ancora chiuso gliocchitanto era pallida. Vedendo Romero si alzòdicendoglicon dolcerimprovero:

- Il mio signore si ammaleràse non prenderà piú riposo.

- Stiamo per intraprendere una lotta supremaThan-Kiú-rispose Romero. - La mia presenza era necessaria.

- Sarà per domani?...

- Lo temo.

Un fremito passò sul volto alabastrino della fanciulla.

- Il mio signore non si esporrà ai colpi dei nemici- dissepoi.

- I capi devono trovarsi là dove è piú grave il pericoloThan-Kiú.

- Ma io non voglio che tu muoiamio signore.

- Che importa a me la vita?... - rspose Romerocontristezza. - Non vedi che io spargo attorno a me l'infelicità? Sono fatale atutti coloro che mi avvicinano.

- Non a tutti.

- Sí. Than-Kiúe sarò fatale pure a te.

- È vero- mormorò la fanciullacon un lungo sospiromentre qualche cosa di umido le appariva negli occhi dolci. - Triste destinopesa sulla figlia del paese del sole: me l'ha detto anche questa notte lospirito della madre mia. È il maleficio della donna bianca.

- Non parlare di leiThan-Kiú.

- Hai ragioneperché fa male al cuore del mio signore.

- Taci.

- Than-Kiú non è cattiva e taceràma...

- Che cosa vuoi dire?... - chiese Romero vedendo un cupolampo balenare sotto le lunghe e seriche palpebre della fanciulla.

- Va' a riposaremio signore- rispose Than-Kiú. - Forsefra poche ore il cannone romberà sull'Imus ed il mio signore non potrà dormireper molte notti ancora.

- Tu credi...

Than-Kiú gli fece cenno di tacere.

- Odi?... - disse poi.

In lontananza si erano udite alcune scariche di moschetteriale quali pareva che si estendessero lungo le rive dell'Imus. Agli avampostiudivano squillare le trombe e muggire le conche di guerra delle bande chinesi.

Romero si era voltato verso le trinceesulle quali sivedevano già precipitarsi le bande.

- Il nemico- diss'egli corrugando la fronte- ma saremopronti a riceverlo. Prima che respingano i nostri drappelliche sonoscaglionati sulla via d'Imuspasserà qualche orae le bande avranno occupatoi loro posti di combattimento. AddioThan-Kiúe se una palla m'uccideràilmio ultimo pensiero non sarà tutto per Teresita.

Un sorriso di gioia infinita apparve sulle rosee labbra dellagiovane chinese.

- Graziemio signore- mormorò. - Ma se il destino dovesseessere cosí crudele da farti cadere sotto i colpi degli uomini bianchiiosarò al tuo fianco a raccogliere il tuo pensiero e a morire con te.

- Non devi seguirmi. Dove sarò io la morte piomberàspietata.

- Ma Than-Kiú non ha paura della morte. Vienimio signorela battaglia comincia.

- Non venirefanciulla.

- Ti seguiròmio signore. Vienivieni: è cosí bellomorire insiemein mezzo all'orrore dell'assalto. Ecco Hang-Tu che accorre:vienimio signore.

Il capo delle società segrete galoppava verso l'abitazionetuonando:

- All'armi!… All'armi!… Viva la libertà!…

Le bande accorrevano da tutte le parti fra clamori immensiper prendere le loro posizioni. Sbucavano dalle vicine foreste al pari di fiereassetate di sangue. I selvaggi malesi ululano come lupii tagalii chinesiimindanesi agitavano freneticamente le armi ed incoraggiandosi con urla furiosepaurosementre i sanguemistipiú calmipiú ordinatisi disponevano dietrola prima trinceamettendo in posizione le artiglierie.

I primi corrieri erano già giuntied avevano recata lanotizia che le due brigate del generale Cornell avevano cominciato ad espugnarele trincee tenute dagli insorti sulla via d'Imuse che si avanzavanofiancheggiate dalle truppe del generale Lachambre e dai cacciatori del generaleZabalà.

Romero e Hang-Tuseguiti dalla valorosa fanciullasi eranoportati prontamente al centro della grande trinceaessendo certi che glispagnuoli avrebbero tentato contro quella il maggiore sforzoe di là avevanolanciati alcuni drappelli di cavalieri sulla via d'Imus per conoscere meglio iprogressi degli assalitori.

Non avendo alcuna fiducia sulle poche bande lasciate alladifesa delle piccole trincee erette sulla via conducente a Dasmarinasopere didifesa che non potevano resistere a lungo all'artiglieriavolevano almenosapere da quale parte doveva sbucare il grosso dei nemici.

La fucilata continuava a rombare al di là del fiume e sivedevano alzarsi sopra i boschi colonne di fumo. Di quando in quando si udivaanche la possente voce del cannone.

Il combattimento si estendeva semprema pareva però che gliinsortiquantunque poco numerosi e sprovvisti d'artiglieriaresistesserotenacemente dietro le trincee.

Di tratto in tratto qualche corriere giungeva al campo erecava la notizia che gli spagnuoli continuavano ad avanzareforzando ipassaggi sulla via dell'Imus.

Le bande accalcate attorno alla grande trinceaudendo quellenotiziefremevano e domandavano ad alte grida di lanciarsi innanzima i capinon cedevanosapendo che non avrebbero potuto resisterein aperta campagnaadun attacco di truppe regolariche erano comandate dai piú valenti e piú prodigenerali della Spagna.

Tre ore dopomentre Romero e Hang-Tu inviavano alcune bandenei boschi vicini per proteggere le donne ed i fanciulli che si erano colàrifugiatisi videro i primi fuggiaschi varcare precipitosamente il fiume.

Il combattimento sulla via dell'Imus era cessato colla peggiodegl'insortii quali avevano lasciato buon numero di morti dietro le trinceeche avevano ostinatamente difese. Portavano con loro parecchi feritiondesottrarli alla rabbia dei vincitoripoiché in quelle lotte sanguinosené dauna parte né dall'altra si accordava quartiere.

Le due brigate del generale Cornell avevano espugnate tuttele posizioni e si preparavano a guadare il fiumeguidate dal generale Lachambrein personamentre il colonnello Arizonappoggiato dalla brigata marinasipreparava a girare la posizione per attaccare la grande trincea alla baionetta.

Il momento terribile s'avvicinava. Le ultime bande passavanoprecipitosamente il fiumevigorosamente incalzate dai nemicisenza essere piúin grado di opporre la minima resistenza.

I primi spagnuoli si vedevano già comparire dietro glialberi. Erano il 1° e 2° battaglione dei cacciatori comandati dal valorosogenerale Zabalàche doveva essere l'eroe della giornata.

Quelle ammirabili schieredallo slancio irresistibiledaimuscoli d'acciaiorotte a tutte le fatiche di quell'aspra campagnaeranotemibilissime ed i capi dell'insurrezione non lo ignoravano.

Intanto il generale Lachambrecon una brigata di Cornellsiavanzava rapidamente verso la parte opposta del fiume per mettere in una buonaposizione le sue artiglierievolendoprima di lanciare i suoi uominiall'assaltoaprire alcune brecce nella grande trincea.

Giunto a ottocento metri dalla borgatafece spianare i suoicannoni e comandò il fuocomentre il colonnello Arizonappoggiato da Cornelle dalla brigata marinapassava rapidamente a guado il fiumeper prendere postoinnanzi alla trincea centrale.

La pugna s'impegnò d'ambo le particon furore senza parifra le urla di Viva la libertàlanciate dalle bande e di Viva il Relanciate dagli spagnoli.

Gl'insortiammassati dietro la prima trinceasi difendevanocon un coraggio disperatofacendo piovere sui nemici una vera grandine dipalle.

Le detonazioni rimbombavano dovunquedistendendosirapidamente a destra e a sinistra della trincea centralesulla quale sitrovavano RomeroHang-TuThan-Kiú e Marion Duque. Le artiglierie spagnuolefulminavano le palizzate demolendo con matematica precisione i grossi tronchidegli alberi ed i cumuli di macigni delle trincee.

I capi dell'insurrezioneritti sulle trinceecoi fucili inmanoincoraggiavano le bande ad una resistenza disperatalanciando tuonantigrida di:

- Viva la libertà!… Viva l'insurrezione!…

Cadevano molti spagnuolima cadevano pure molti insortisotto le scariche di mitraglia delle artiglierie.

La prima trinceasconquassatanon offriva piú alcunriparoma rimaneva ancora intatta quella grande fatta costruire da Romero.

I ribelli vedendo il colonnello Arizon prendere posizione edi cacciatori organizzarsi in colonna d'assaltos'affrettarono a ritirarsidietro la grande trinceariprendendo subito il fuocomentre le bande deitagali e dei malesiche occupavano le ali esternetentavano delle carichedisperate ululando come fiere.

Erano sforzi vani. Le truppe della vecchia Spagnaquantunqueavessero subito delle perdite gravissimeessendo costrette a combattere alloscopertonon cedevano dinanzi agli assalti furiosi e disordinati di quei ferociguerrieri.

La giornata minacciava di volgere alla peggio per la causadell'insurrezione. Tutti i tentativi delle bande per ricacciare i nemici nelfiume non erano riusciti e la caduta di Salitran pareva ormai inevitabile.

Romero e Hang-Tu che combattevano l'uno accanto all'altrofra i vortici di fiumesi guardavano in silenziotristemente.

- Non ci resta che farci uccidere- disse poi il primo.

- Non ancora- rispose il chinesecon voce sorda. -L'insurrezione non si spegnerà quima a Cavite ed il nostro braccio potràancora giovare. Aspettiamo.

Gli spagnuoli intanto guadagnavano terrenomentre le bandecominciavano a venire invase da un panico che ingigantiva rapidamente. L'assaltoera imminente e se i nemici riuscivano a superare la grande trinceaperSalitran era finita.

Il generale Lachambre aveva fatto suonare la carica. Letruppe spagnuoleformate le colonne d'assaltosi precipitavano innanzi perconquistare le posizioni alla baionetta.

- Viva il Re!… - tuonavano. - Viva la reggente!…

Il loro slancio era irresistibile; era un fiume chestraripava e che doveva abbattere in breve ora i trinceramenticredutiinespugnabilidi Salitran.

Gl'insorti tentarono un ultimo sforzo. Mentre le bande dimalesi e dei tagali irrompevano dalle trincee per contrastare il passo ainemicii sanguemistiappoggiati dalle spingarde e dai pochi e piccoli pezzid'artiglieriafecero alcune terribili scariche di moschetteriabruciando leultime cartucce.

Gli spagnuolioppressi da quella grandine di piombo e diferro si erano arrestati esitanti e alcune colonne anzi avevano cominciato adindietreggiare.

La vittoria che oramai tenevano in pugnopoteva lorosfuggire. L'eroico valore di uno dei comandanti salvò tutto.

Il generale Zabalàcomprendendo la gravità dellasituazionesi pose alla testa del 1° e 2° cacciatori e trascinò le duecolonne all'assalto.

Dinanzi alla grande trincea il prode generale cade ferito amorte da due pallema ormai lo slancio è dato.

I cacciatori non si arrestano piú e si scagliano innanzicome un torrente per vendicare il loro comandante.

Una pugna terribileferocerapida s'impegna fra le duecolonne d'assalto ed i sanguemistima la trincea è superatama la trincea èsuperatai difensori vengono scacciati a colpi di baionetta e rovesciati inSalitranmentre le due brigate di Cornell e la brigata marina piombavano puresulla trincea.

Per Salitran era finita. Le bandeatterritecompletamentedisordinate da quell'impetuoso assaltofuggivano a precipizio da tutte lepartitravolgendo nella loro corsa furiosa le tendei carrii cavalliledonne ed i fanciulli.

Romeroche era salito su un cavallo datogli da un amico diHang-Tuera stato trascinato da quella folla di fuggenti assieme a Than-Kiúla quale si era impadronita d'un cavallo abbandonato.

Dinanzi alle prime case di Salitran tentò di organizzareun'ultima resistenza per lasciar campo alle donne ed ai fanciulliche eranorientrati in cittàdi salvarsi; ma piú nessuno obbediva alla voce dei capi.Anche i sanguemistiche pure si erano battuti con tanta tenaciafuggivanodinanzi ai cacciatori.

Than-Kiúche non lo aveva abbandonato un solo momentoafferrò il cavallo del meticcio per le brigliedicendo:

- Vienimio signore. Tutto ormai è perduto.

- Lascia che mi faccia uccidere- rispose Romerocoi dentistretti.

- Nomio signore- rispose la fanciullasenza abbandonarele briglie. - Non voglio che tu muoia.

In quell'istesso istante giunse Hang-Tu seguito da duedozzine di cavalieri fra sanguemisti e chinesi.

- SàlvatiRomero- diss'egli. - Rimanere qui sarebbe unsacrificio inutilementre possiamo essere ancora utili alla causadell'insurrezione.

Poi vedendo che il meticcio non lo obbedivaafferròanch'egli le briglie del cavallo e lo trascinò in mezzo all'onda deifuggiaschiseguito dalla sua piccola banda.

 

 

 

 

 

Capitolo XIV

 

LA CACCIA AI FUGGIASCHI

 

La disfatta degl'insorti era stata completa. Le bande sierano sciolte come la neve sotto gli ardenti raggi del sole equatorialefuggendo a precipizio in tutte le direzionipiú non obbedendo alla voce deicapi.

Prese da un panico immensoavevano attraversata la cittàcome una mareatutto abbattendo sul loro passaggioabbandonando nelle mani deivincitori i viverile munizionile tendei cavallile donne ed i fanciullie si erano disperse in un numero infinito di drappellisalvandosi fra leforestefra le piantagionisui montisenza alcuna meta.

In mezzo a quel trambusto orribile era stato impossibileriorganizzarleper condurle in salvo o verso S. Nicola che si sapeva ancoraoccupato da numerose bande di ribellio verso Cavite che resisteva sempre albombardamento della squadra spagnuola. I capi che avevano cercato di radunarleattorno a loro si erano trovati senza un solo uomoed erano stati costretti asalvarsi per non cadere nelle mani dei vincitori.

Solo Hang-Tupiú fortunatoaveva potuto raggranellare duedozzine d'uomini coi quali operava una precipitosa ritirata verso San Nicolaper condurre in salvo Romero e Than-Kiú.

Attraversata Salitrangià abbandonata dalle bandesi eraaffrettato a gettarsi in mezzo ai boschi per sottrarsi all'inseguimento dialcuni drappelli di cavalleria spagnuolai quali si erano scagliati dietro allebande fuggenti.

Verso Salitran si udivano ancora alcune scarichema chediventavano sempre piú rade. Echeggiavano invece altissime le urla delle donneche non avevano avuto tempo di seguire i loro fratelli od i loro mariti nelladisastrosa ritirata.

Hang-Tu e Romero tacevano; entrambi erano tristioppressi daquella sconfitta che poteva avere incalcolabili conseguenze sulla causadell'insurrezionegià molto compromessa dopo la caduta di Dasmarinased oraancor piúpoiché il generale Lachambre poteva mettere gran parte delle suetruppe a disposizione del generale Polaviejaoperante contro Cavite.

Potevano bensí organizzare una resistenza in S. Nicolamale rive del fiume Zapatè erano ormai perdute fino a Pamplonae Cavite rimanevascopertaassalita dalla parte di terra e di mare.

Tristi giorni si preparavano per gli autonomisti ed ilvessillo inalberato fra tante speranzeminacciava di venire abbassato benpresto sotto gli assalti incessanti degli spagnuoli.

Mentre i due capi erano immersi in quei dolorosi pensierilapiccola colonna continuava la ritirata attraverso le foresteaizzando semprepiú i cavallitemendo giustamente che gli spagnuoli avessero spinto moltoinnanzi le loro avanguardie per impedire la fuga alle bande.

La foresta era silenziosama quella tranquillità non lirassicurava e perciò si affrettavanotenendosi in guardia e pronti ad ognievento.

Già le tenebre erano calate ed i cavalli cominciavano a darsegno di stanchezzaquando udirono dall'opposta parte della foresta indirezione della Vallata dello Zapatèalcuni squilli di tromba che dovevanoindicare piú la presenza dei nemici che delle bande fuggenti.

- Ancora il nemico?… - chiese Hang-Tucon feroce accentoimpugnando il fucile. - Non sono adunque contenti della disfatta inflittaci aSalitran?…

Aveva dato ordine ai suoi uomini di arretrarsi e si era messoin ascolto.

Non era piú possibile ingannarsi. Verso la Vallata delloZapatèsi udiva una fanfara che suonava la carica e quelle trombeormai benconosciuteappartenevano a cavalleggeri spagnuoli.

- Che inseguano una delle nostre bande?… chiese il chineseaggrottando la fronte. - Mi ricordo d'averne vedute alcune disperdersi indirezione dello Zapatè.

- È probabile- rispose Romero.

- Eppure abbiamo galoppato per bene e dobbiamo essere giàlontani da Salitran.

- Purché questa foresta non ci abbia ingannati. Tu saiHangche è facile smarrirsi.

- O che gli spagnuoli abbiano spinto molto innanzi le loroavanguardie?… Non ho veduto nessuno squadrone di cavalleggeri muovereall'assalto di Salitran e so che il generale Lachambre ne aveva.

- Sí- rispose Romerocon voce sorda. - I cavalleggeridel maggiore d'Alcazar.

- Che siano i suoi uomini?… Dio ci guardipoiché se ilmaggiore sapesse che noi siamo quinon ci darebbe treguamalgrado il tuoaffetto per sua figlia.

- Cercheremo di non incontrarlo.

- Però desidererei quasi il contrario. Ho il mio vecchioconto da saldare con lui- disse Hangcon un sinistro sorriso.

- Io l'ho pagato.

- Ma non io.

- Ti ha salvatomentre poteva perderti.

- Hang-Tu non perdona.

- Taci: ripartiamo- disse Romero.

Le trombe non si udivano piúma dalla parte della vallatasi udivano ad intervalli dei lontani fragori che parevano prodotti dal galoppofurioso di parecchi cavalli.

Il drappello si era rimesso in marciama procedeva al passoed in silenzioper non farsi scoprire.

Tre uomini si erano messi all'avanguardia per trovare ipassaggiessendo l'oscurità assai fittatanto da non permettere didistinguere gli ostacoli che ingombravano il suolo della forestaed altri ottoalla retroguardia. Gli altri invece si erano raggruppati attorno ai due capi eda Than-Kiúper coprirli contro un improvviso attacco.

Avevano già percorso un mezzo chilometrogirando erigirando intorno ai macchioni d'alberiquando i tre uomini dell'avanguardiafurono veduti retrocedere vivamente.

- Che cosa c'è… - chiesero Hang-Tu e Romero. - Glispagnuoli forse?…

- Abbiamo udito il nitrito d'un cavallo- rispose uno diloro.

- Dove?…

- Dinanzi a noi.

- Che vi sia qualche cavallo sbandato?… - chiese Romero alchinese.

- È possibilema potrebbero essere anche spagnuoliimboscati od accampati.

- DeviamoHang-Tu.

- Vorrei prima accertarmi se abbiamo da fare con nemici odamici. Altri insorti possono aver cercato rifugio in questa foresta e sarei benlieto d'ingrossare la nostra piccola banda.

- Che cosa risolvi?…

- Avanziamoci con precauzionecolle armi in pugno.

- E Than-Kiú?…

- La collocheremo fra noi- disse Hang.

Il drappello fu disposto su tre filecominciando la forestaa diradarsipoi si ripose in marciama lentamente e con infinite precauzioni.

L'avanguardia era stata composta cogli uomini piú risolutiaffinchéoccorrendoaprissero il passo con una carica a fondo.

La foresta pareva desertatanto era profondo il silenzio. Sisarebbe detto che i tre uomini si erano ingannati poiché nulla indicava lapresenza di amici o di nemici.

Ad un tratto si udí una voce a gridare in spagnuolo:

- Chi vive?

- Morte di Buddha!… - mormorò Hang-Tu. - Ci siamo.

Poi alzandosi sulle staffe snudando la catana tuonò:

- Caricate!…

I cavallivigorosamente spronatipartirono ventre a terraper sfondarecon un attacco vertiginosola linea dei nemicima non trovaronodinanzi a loro alcun ostacolo.

Avevano già oltrepassata la macchia in mezzo alla quale siera udita echeggiare la vocequando ricevettero a bruciapelo una terribilescarica.

Sette cavalli coi rispettivi cavalieri stramazzarono a destrae a sinistramentre Romeroche caricava in prima linea si abbandonava sulcollo del suo destriero.

Than-Kiúche si trovava al suo fiancomandò un grido e loafferrò per un braccio per impedirgli di caderema il meticcio si era subitorialzatodicendo:

- Non è nullaThan-Kiú.

Poi volgendosi aveva fatto fuoco in mezzo alla macchiamentre Hang ed i superstiti facevano altrettanto.

- Spronate!… Spronate!… - urlò il chinese.

I cavalli avevano ripreso la corsafuggendo disordinatamenteattraverso la forestama gli spagnuoli non li avevano seguitipaghi di averscavalcato quei sette cavalieri e fors'anche perché non possedevano animali.

- Sei feritomio signore? - chiese Than-Kiúche non avevaabbandonato Romero.

- È nulla- ripetè il meticcioma con un tono di voce nelquale si sentiva uno spasimo represso della volontà.

- Morte di Buddha! - esclamò Hangimpallidendo. - Ti hannoferito Romero?

- Ho ricevuto una palla nel dorso.

- Ah!… dannati!… Puoi reggerti?…

- Lo spero.

- Se puoi resistere quindici minutiio ti condurrò in unluogo dove potremo sostare. So dove ci troviamo.

- Resisterò.

- Sprona!… Sprona!…

I cavalli divoravano la vianon essendo piú la forestatanto fittama il meticcio che doveva aver ricevuto una feritase non mortalealmeno molto dolorosaa poco a poco si sentiva mancare. Già due volte si eraaccasciato sul collo del suo animale e Hang-Tu e la fanciulla lo avevanosostenuto. Forse la perdita del sangue gli esauriva rapidamente le forze.

Dieci minuti erano trascorsiquando Hang-Tu esclamò:

- Alto!…

Arrestò il cavallo e balzò rapidamente a terra afferrandofra le robuste braccia Romero. Questi vi si era abbandonatomandando un gemito.

Quattro uomini erano accorsi in suo aiutoma Than-Kiú liaveva respinti dicendo:

- Nonon toccatelo.

Poi aveva prestato man forte al capo degli uomini gialliilquale si era diretto verso una fattoria mezzo diroccatacontornata da unamuraglia.

Varcata la cintapassando attraverso una brecciaHang eThan-Kiúcon infinite precauzioniavevano deposto Romero su un mucchio dierbe secche che si trovava nel cortile.

Il meticcio era svenutoma la sua respirazione era semprepiú forte.

- Tu lo salverai- disse Than-Kiú colle lagrime agli occhi.

- Sí- rispose Hang.

- Me lo prometti?

- Sí… sorella- mormorò il chinese con un filo di voce.

 

 

 

 

 

Capitolo XV

 

LA FERITA DEL METICCIO

 

L'edificio entro la cui cinta avevano cercato momentaneorifugio contro l'inseguimento degli spagnuolidoveva essere stata una grandefattoria a giudicarla dagli avanzie molto probabilmente doveva avereappartenuto a qualche famiglia di chinesipoiché si vedevano rizzarsi ancoraalcune antenne adorne di draghi.

La guerra aveva portato anche colà le sue stragipoichénon rimanevano in piedi che delle muraglie. Il tetto era crollatoi soffittidistrutti forse dal fuocoerano precipitatile tettoieche un tempo dovevanoaver riparato numerosi capi di bestiameerano state pure abbattutee sul luogoove sorgevano non si vedevano che grandi ammassi di rottami.

Forse alcune bande d'insorti avevano sostenuto qualche lottacontro gli spagnuoli e la fattoria era stata diroccata ed incendiata daivincitori.

Mentre i sanguemisti ed i chinesi del piccolo drappello sidisponevano attorno alla cinta per non venire sorpresi dagli spagnuolii qualiforse si erano lanciati sulle loro tracceHang-Tu fece accendere un ramoresinoso e si affrettò a esaminare Romero che era ancora svenuto.

Avendo notato che la camicia era lorda di sangue dietro laspalla sinistrala lacerò con un colpo di coltello e vide subito dove l'amicoera stato ferito.

Una palla lo aveva colpito sotto la scapolama senzaaquanto parevaaver fracassato l'osso. Si era cacciata nelle parti molli ed erauscita sotto il braccioil qualeper un caso miracolosonon aveva riportatoalcuna scalfitturamentre avrebbe dovuto essere spezzato.

Si trattava di una ferita assai dolorosama non grave.

- Ebbene? - chiese Than-Kiúche spiava attentamente glisguardi del chinesecome se avesse voluto strappargli la verità.

- Tutto va bene- rispose Hangil cui volto si erarasserenato. - Credevo che la ferita fosse molto piú grave.

- Lo salverai?…

- SíThan-Kiú.

- Non m'inganniHang?…

- A quale scopo?… Romero è troppo necessarioall'insurrezioneperché io non debba cercare tutti i mezzi per guarirloe poilo amo piú che se fosse mio fratello.

- Ma non apre ancora gli occhi.

- La ferita è dolorosissima ed ha perduto molto sangue.

- Temo della sua vitaHang- mormorò la fanciulla con unsinghiozzo soffocato.

- Fra due settimane Romero sarà guarito. È vigoroso e poi…vi è ben altra cosa che affretterà la sua guarigione- mormorò il chinese.

- Quale?…

- L'affezione.

- Per chi?…

- Taci fanciulla- disse Hangcon un sospiro. - Tacitaci!…

Un chineseche aveva mandato a cercare dell'acquaritornavaallora.

Hang-Tu lavò accuratamente la ferita di Romeropoistracciò un pezzo della camicia e lo fasciò con mano lesta ed abile.

Aveva appena terminatoche Hang-Tu vide gli occhi delmeticcio schiudersi lentamente.

- Mio signore- dissecurvandosi su di lui.

Romeroritornato in sé sorrise alla giovanetta e le strinsela mano. Fece un gesto come se volesse alzarsima emise invece un gemito.

- Non muovertiRomero- disse Hang-Tu.

- M'hanno adunque spezzato le spalle? - chiese il meticcio. -Tanto valeva che mi avessero ucciso sul colpo.

Ringrazia invece quella pallaamico. Se ti colpiva piúinnanzi ti fracassava la spina dorsale.

- E cosí ti sarò di grave imbarazzoHang. Che cosa vuoifare di me?

- Curarti.

- Tumentre l'insurrezione ha bisogno del tuo forte braccio?

- Due settimane non basteranno agli spagnuoli per spegnere larivoltae poi non ci arresteremo qui. Costruiremo una barella e ti porteremo aS. Nicola.

- No- disse Romero scotendo vivamente il capo. - Lasciamiqui e parti coi tuoi uomini senza perdere il tempo. Forse gli spagnuolic'inseguiranno e per cagione mia potreste venire raggiunti e presi.

- Non sono uomo da lasciarmi sorprendere due volteRomero.Lascia a me l'incarico di condurti in salvo a S. Nicola. Se io ti abbandonassiquichi ti curerebbe?…

- Io- disse Than-Kiú.

- Ma chi vi proteggerebbe contro gli spagnuoli?…

- Non li temoHang- disse La fanciulla con fierezza.

- Lo sotu sei valorosama l'audacia non vale contro ilnumero e le fucilate. NoHang non abbandonerà l'amico suonon lascerà caderenelle mani dei suoi nemici il capo piú valente dell'insurrezione.

- Non posso essere d'alcuna utilità all'insurrezioneHangmentre invece la privo del tuo vigoroso braccio.

- Guarirai prestoRomero.

Poi vedendo che l'amico apriva le labbra:

- Basta- aggiunse.

Si alzò ed andò a trovare i suoi uomini che vegliavanosempre attorno alla cintacoi quali tenne un breve consiglio sul da farsi.

Fu deciso di costruire subito una barella e di abbandonare laistessa notte quella fattoriaonde non farsi sorprendere dagli spagnuoliavendo ormai la certezza di essere inseguiti.

Mentre alcuni cavalieri si disperdevano pel boscopersorvegliare i dintorni ed altri s'affrettavano a costruire la barellaHangseguito da cinque o seisi cacciò fra le macerie della fattoria per vedere seera possibile trovare dei viveripoiché nella precipitosa ritirata nessunoaveva pensato a provvederne.

Le loro ricerche non andarono deluse. Sotto i rottami d'unatettoia rinvennero alcune galline che si tenevano nascoste sotto alcune travi eche dovevano essere ritornate dopo la fuga dei proprietari e la ritirata deicombattenti. Trovarono purein un angolo della fattoriafra i rottami delmobilioalcune forme di quella specie di cacio fatto con fagioli e pisellimescolati con farina e succhi di varie piantecosí abbondantemente usato daichinesied un mezzo sacco di risoma già intaccato dal fuocononchéparecchie pentole di rameassai preziose in quel momento.

Per un paio di giorni i viveri erano assicurati e potevanobastare per giungere a S. Nicoladalla cui borgata non doveva distare molto.

Verso la mezzanotte la barella era pronta. Fu resa sofficecon alcune bracciate di foglie fresche raccolte da Than-Kiú. Romero vi fucoricato e la piccola colonna si mise lentamente in marciainoltrandosi inquella immensa foresta che pareva dovesse estendersi dalle sponde del mare allalaguna di Taal.

Quattro cavalieri aprivano la marciasei dovevano darsi ilcambio nel trasporto del feritogli altri dovevano coprire la ritirata. Hang-Tue la fanciulla camminavano ai due lati della barellapronti a soddisfare ilmenomo desiderio di Romero.

La foresta era tornata foltarendendo la marcia assaidifficilein causa del grande numero di rotang che s'intrecciavano intutti i modi possibili e per le enormi radici che serpeggiavano al suolo comeimmani rettili.

Pareva che tutti gli alberi della ricchissima e svariataflora chino-malese fossero stati colà piantati. Ora il drappello s'imbatteva inenormi gruppi di quei bellissimi alberi chiamati del sevodal fogliame verdechiaro ed i rami carichi di mazzetti di bacche ricoperte da una sostanza grassada cui si ricava una eccellente cera che i chinesi chiamano hiuehyu; orain gruppi d'arancio già pure carichi di piccole frutta ovali che candite sonosquisitissime; o in colossali alberi della canfora che esalavano da tutti i poriil loro acuto odoreo in gruppi di giuggioli che producono una specie didatteri; poi in gruppi di wai-shodai quali si estrae una bellissimatinta giallain gruppi di fichi giganteschidi tamarindidi felci smisurateche da sole formavano una piccola forestainfine in gruppi di beteldi arechee d'un numero immenso di piante gommifere.

I ramii calamo e le radiciintrecciandosi in tutti isensiformavano talora degli ostacoli che i cavalli si trovavanoimpossibilitati a superarese prima gli uomini non aprivano degli squarci acolpi di spadadi catana e di coltellocon grave perdita di tempo e congravi fatichespecialmente da parte dei portatori del ferito.

Hang-Tu cominciava a diventare inquietopoiché temeva dismarrirsi in quella gigantesca foresta. Anche i suoi uomini non sapevano piúdove si trovasseroné da qual parte dovevano dirigersi per guadagnare S.Nicola.

All'albamentre Romerogià assalito dalla febbreeracaduto in una specie di letargoil chinese comandò d'arrestarsi in mezzo a ungruppo enorme di alberi di pepe selvaticoi cui sarmentiavviticchiandosi gliuni agli altriformavano un nascondiglio quasi inaccessibile a qualunquenemico.

Uomini e cavalli cadevano per l'enorme stanchezza e pelsonno. Solamente Hang e la fanciulla chinese resistevano ancora.

Il capo degli uomini gialli distribuí dei viveripoi feceappello alla buona volontà di alcuni per mandarli ad esplorare i dintornitemendo sempre di essere inseguito. Sentiva per istinto che il pericolo non eraancora cessato.

Mentre i piú robusti s'incaricavano di quella faticosaesplorazionefece accendere il fuoco per mettere a bollire uno dei pollitrovati nella fattoria chinese e che aveva serbati per Romero.

Intanto Than-Kiú si era seduta accanto al feritosenzastaccare gli occhi da lui. Si era sbarazzata del suo ampio mantello di setabianca e l'aveva coperto con affettuosa premurapoi colla sua pezzuola gliumettava di quando in quando le labbra arse dalla febbre.

La resistenza di quella creaturache pareva delicata come ilillà del suo paesedoveva essere meravigliosaincredibilepoichémentregli uomini si erano profondamente addormentatiella si sentiva ancora in gradodi vegliare sul povero ferito.

Romero dormiva semprema il suo sonno era agitatocome seil suo pensiero fosse tormentato da visioni. Ora il suo respiro diventavaaffannosoora cosí lieve che pareva che i polmoni avessero cessato difunzionare e le sue labbra si muovessero lasciando talora sfuggire delle frasitronche.

Than-Kiúcoricata presso di luicolla testa stretta fra lediafane manilo spiava ansiosamentecome se avesse voluto indovinarne ipensieri che lo agitavano e strappargli le parole che mormorava.

Ad un tratto si rizzò sulle ginocchiacon uno scattoselvaggio. Un nome era stato pronunciato dal feritoma non era quello delpovero Fiore delle Perle:

- Teresita! - aveva mormorato Romerocon un filo di voce.

Un lampo cupo balenò negli occhi della fanciullama subitosi spense sotto due lagrime che le scesero lentamente lungo le pallide gote.

- La donna bianca! - aveva esclamato Than-Kiúcon istrazio.- Leisempre lei!… Anche nei sogni non l'abbandona.

Alzò gli occhi e si vide dinanzi Hang-Tu. Il capo degliuomini gialli pareva vivamente commossoanzi sembrava che un velo di profondatristezza fosse calato sul fiero volto.

- Hang- mormorò Than-Kiúcoprendosi il viso colle mani.

- L'ho udito- rispose il chinesecon voce cupa.

- Il suo pensiero è sempre per leianche dormendo.

- SíThan-Kiúmia disgraziata fanciulla. Meglio sarebbestato che tu non avessi mai abbandonato le sponde del nostro paese. Almeno nonl'avresti mai veduto.

- SíHangma ora è troppo tardi. Lo spirito del male nonmi abbandonerà mai piú ed il mio martirio non cesserà che colla mia morte.Sia maledetta la donna bianca che ha gettato un maleficio su Romero e che hainfranto il cuore della Perla del fiume giallo.

- L'odiiè vero?

- ImmensamenteHang.

- Il destino talvolta è cosí stranoThan-Kiú.

- Che cosa vuoi dire?…

- Potrebbe un giorno darci in mano il padre e la figlia.

- L'insurrezione forse?…

Hang scosse tristemente il capo.

- No- disse- non sarà l'insurrezione che ce li getteràfra le bracciaThan-Kiú. Tutti i nostri sforzi generosi andranno perduti e labandiera nostra mai piú sventolerà sulle vecchie mura di Manilla. La libertàsognata si spegnerà nel sanguema Hang saprà morire da prode quel giorno.

- Tu disperi?…

- Sínon ho piú speranza. Fra un mese o due le baionettespagnuole avranno trionfato.

- E noi?… E Romero?…

- Noi?… Hang-Tute lo dissimorrà. Il sangue dei martirinon andrà forse perduto e l'ultimo grido dei patriotti verrà forse un giornoraccolto da altri piú fortunati.

- Ma Romero?…

- Farà fino all'ultimo il suo dovere. Ama la libertà piúdi tutto.

- Ma io non voglio che muoiaHang.

- Il destino è nelle mani del cieloThan-Kiú.

- Ma tu credi…

- Tacii nostri uomini ritornano.

Verso il margine di quell'enorme agglomerato di piantesierano udite alcune vocie Hang-Tu si era alzato raccogliendo il fucile cheteneva accanto e si era avanzato in quella direzione.

Non si era ingannato. Gli uomini che aveva mandato inesplorazione ritornavano frettolosamentecome se un pericolo li minacciasse.

- Gli spagnuoli?… - chiese Hang.

- Sísiamo inseguiti- rispose uno di quegli uominilacui voce era affannosa come se avesse fatto una lunga corsa.

- Ancora!… - esclamò il chineseaggrottando la fronte. -Sono lontani?

- Forse un miglio.

- Sono molti?

- Una cinquantina.

- Cacciatori forse?

- Nocavalleggeri bene montati e bene armati.

- Sai chi li comanda?…

- Sícapo poiché l'ho veduto ed anche conosciuto.

- Chi è?…

- Il maggiore d'Alcazar.

- Lui!… - esclamò Hang-Tufacendo stridere i denti. - Loavevo sospettato.

- Partiamocapopoiché il maggiore sa che tu e Romero ciguidate.

- Come sai questo?…

- Mi sono avvicinato ai soldati mentre si erano accampati perdare un po' di riposo ai loro cavallied ho udito che parlavano di te e diRomero Ruiz.

- Ah!… sanno questo?… - disse Hang. - Ciò è gravepoiché il maggiore c'inseguirà senza posa e cercherà ogni mezzo perprenderci; ma la foresta è immensa e lo faremo correre a lungo prima che ciraggiunga. Orsúsgombriamo e riprendiamo la ritirata.

- Ma i nostri cavalli sono stanchicapo.

- Quelli degli spagnuoli non lo saranno menoe poi in mezzoa questi alberi né i nostriné i loro cavalli potranno galoppare. Un ultimosforzoamicio nessuno di noi vedrà S. Nicola.

Fu svegliato Romerocostringendolo a bere alcune tazze dibrodoe poi furono svegliati tutti gli altri. Quantunque le povere bestiefossero ancora mezzo addormentateil drappello si rimise in marciariprendendola lotta faticosa contro i centomila ostacoli della foresta.

Cercavano di affrettare il passo per guadagnare tempo sugliinseguitoriaddentrandosi nelle parti piú selvagge della foresta per potermeglio resisterein caso d'un attacco.

Alcuni uomini erano stati rimandati indietro per vigilare lemosse degli spagnuoli e cercare d'ingannarliaprendo qua e là altri passaggimentre altri erano stati mandati innanzi per sgombrare la via ai portatori dellabarella.

Una viva inquietudine però aveva invaso tuttitemendo adogni istante di cadere in una imboscata o di venire raggiunti. Anche Hang-Tuquantunque si sforzasse di parere calmonon era tranquillotanto piú che nonsapeva dove finisse quella grande forestané in quale direzione fosse situatoS. Nicolail solo rifugio che poteva salvarli.

Verso le novedopo due ore di continua marciaun mulattodella retroguardiache si era spinto molto lontanorecò finalmente la buonanuova che gli spagnuoli si erano accampati.

Hang-Tu approfittò per concedere un po' di riposo allabanda. Erano cosí stanchiche uomini e cavalli si coricarono confusamentegliuni addosso agli altri. Anche la fanciullafinalmente vintasi era lasciatacadere accanto a Romeroposandogli una mano su di un bracciocome se avesseavuto paura che durante il sonno gli spagnuoli glielo rapissero.

Solamente Hangil cui vigore doveva essere immensoerarimasto a vegliare sull'orlo della macchia che riparava la bandaappoggiato altronco d'un alberocol fucile fra le mani e gli orecchi tesi per raccogliere ipiú piccoli rumori che potessero indicare l'avanzata del nemico.

 

 

 

 

 

Capitolo XVI

 

IL RIFUGIO IN MEZZO ALLA FORESTA

 

Hang-Tuinsensibile all'intenso calore che regnava sotto lagrande forestanon essendovi sotto la fitta massa di verzura alcun soffiod'ariavegliava sempreconservando una immobilità quasi assoluta. Pareva cheil sonno non fosse necessario a quell'uomo di ferropoiché le sue palpebre nonsi abbassavanoanzi sbarrava sempre piú gli occhi e tendeva costantemente gliorecchi.

Non guardava in terra; guardava invece in altosugli alberiseguendo attentamente le ardite evoluzioni di una banda di cinocefali neridalmuso largo e piattodalla fronte enormemente sporgentedalla coda rudimentaledal folto pelame d'un nero intensoe dalle natiche rosse. E finché quellescimmie sospettose non davano alcun segno d'inquietudinenessun pericolo vi erada temere; esse avrebbero avvertito l'approssimarsi degli uomini.

Porgeva anche attento ascolto ad una banda di gazze azzurreche cicalavanoduecento metri piú lontanosulla cima d'un albero dellacanfora non che alle grida scordate di un gruppo di otarde. Finché continuavanoa strepitare senza abbandonare i loro posticiò voleva indicare che quellaparte della foresta era ancora deserta.

Erano già trascorse due oresenza che Hang avesse notatoalcun che di straordinarioquando le otarde improvvisamente zittironopoi legazzequindi le scimmie cominciarono a dare segno d'inquietudineinterrompendoi loro giuochi e salendo e discendendo i rami degli alberi con una certaprecipitazione.

Hang-Tu si era prontamente scosso.

- Vengono- mormorò. - Bisogna ripartire.

Stette alcuni istanti ancora immobilecredendo che sitrattasse d'un falso allarmerincrescendogli assai d'interrompere il riposo deisuoi uomini e soprattutto il sonno della povera Than-Kiú; ma vedendo che icinocefali invece di riprendere i loro giuochi s'affrettavano a guadagnare irami degli alberi vicini per allontanarsidette l'allarme.

I suoi uomini in un baleno furono in piediThan-Kiú sirialzò prontamentela barella fu levata e la piccola colonna riprese laritirata attraverso la piantagione di pepe selvaticomarciando lentamente ma insilenzio.

Sei uomini erano già stati rimandati indietro persorvegliare le mosse del nemico e sostenere il primo urtonel caso chevenissero stretti troppo da vicino.

Romero si era pure svegliato ed apprendendo chel'inseguimento continuava con accanimentoaveva pregato nuovamente Hang diabbandonarlo per non compromettere la vita di tuttima il chinese gli avevainvece imposto di tacere.

La marcia era diventata rapidaavendo trovato una specie disentieroaperto forse dagli indigeni o da qualche banda di insorti che erastata forse costretta a passare per di làma anche gl'inseguitori non dovevanoaver rallentato la cacciapoiché gli uomini della retroguardiache sitenevano a quattrocento passi dal grossone avevano udito piú volte le voci.

L'inquietudine tornava a prendere i fuggiaschi ed ancheHang-Tu cominciava a dubitare dell'esito di quella ritirata. Piú volte anzi siera domandatose non fosse stato meglio trincerarsi in mezzo di una foltamacchia ed impegnare una lotta suprema col nemicoma il timore di vederesbandarsi i suoi uomini lo tratteneva ancora.

Nondimeno era necessario trovare un qualche rifugiopoichése questa caccia accanita continuava ancoraavrebbe finito col ridurre i suoiuomini in tale stato di debolezzada non essere piú in grado di opporre lamenoma resistenza.

Aveva piú volte chiesto ai meticci ed ai chinesi se sapevanodove si trovassero e se nelle vicinanze vi fosse qualche villaggio su cuiappoggiarema nessuno aveva dato una risposta positiva. Alcuni opinionavano ditrovarsi presso lo Zapatèaltri invece di non essere lontani dal maremainfine tutti confermavano di essersi smarriti.

Di S. Nicola piú nessuno parlava e forse pel momento non erail caso di pensarvi. Ormai quel postoancora tenuto dagl'insortidovevatrovarsi ben lontano.

Alle dueil drappelloavvertito che gli spagnuoli avevanofatta una nuova sostaprese un po' di riposoma per riprendere la marciaun'ora dopo. Gli uomini della retroguardia erano stati scoperti ed erano statisalutati da alcuni colpi di fucile; fortunatamente avevano avuto il tempo disalvarsi.

La distanza spariva rapidamente. Il drappelloimpedito dallabarellaminacciava di venire raggiunto prima che calasse la notte.

Hang-Tu prese un partito disperato.

- Romero- disse rivolgendosi al ferito. - È necessario unosforzo supremo da parte tua o verremo assaliti e con ogni probabilitàdistrutti.

- Sono pronto a tutto- rispose il meticcio. - Ti ho giàdetto di abbandonarmi.

- Nonon ti abbandonerò nelle mani del maggiore d'Alcazar.

- Del maggiore d'Alcazar!… - esclamò Romerocon accentodi dolore. - È lui adunque che c'insegue?…

- Sí.

- Dovevo immaginarmelo dal suo accanimento.

Poidopo un breve silenzioaggiunse:

- Preferisco cadere in sue manipiuttosto che in altre.

- Non ti risparmierebbe egualmente.

- ChissàHang.

- Non fidarti della sua generosità. Che importa a lui chesua figlia ti voglia bene?… È un soldato e non tradirà la sua bandieradovesse infrangere il cuore della donna bianca.

- Forse hai ragione- mormorò Romerocon tristezza; - mase è me che cerca d'avere nelle maniforse potrei salvare teThan-Kiú etutti gli altri.

- Non ti comprendo.

- Lascia che mi rechi da lui.

- A che fare?…

- A mettermi nelle sue mani a condizione che lasci liberi voitutti.

- Non accetterebbee poi prima di te ci sarei io a tentarequesto passo estremo. NoRomeronon siamo ancora vinti ed ogni speranza disalvarci non è ancora perdutama tutto dipende dalle tue forze.

- Ossia?…

- Potrestifacendo appello a tutta la tua energiamantenerti in sella?… Il bosco comincia a diradarsi e con una rapida galoppatapossiamo guadagnare un buon tratto di via sugli inseguitori e giungere a qualcherifugio.

Invece di rispondere Romero fece cenno ai portatorid'arrestarsipoi facendo uno sforzo supremonon ostante il dolore acuto chedoveva produrgli quella mossasi gettò giú dalla barella.

- Mio signoret'uccidi! - esclamò Than-Kiúavvicinandosia lui per sorreggerlo.

Romero la respinse dolcementesorridendo.

- Da me dipende la salvezza di tutti- disse. - Conducetemiil mio cavallo.

Romero era diventato estremamente pallido e grosse gocce disudoreprobabilmente freddegli bagnavano la fronte; ma una potente volontàlo manteneva ritto e soffocava gli acuti dolori della ferita.

Un chinese aveva condotto il cavallo. Hang-Tu afferrò Romeroed aiutato da un meticcio lo pose in sella.

- Puoi resistere? - gli chiesecon inquietudine.

- Avanti- rispose invece Romero.

Cacciò gli speroni nel ventre dell'animale e partí digaloppofiancheggiato da Hang e Than-Kiúche si tenevano pronti a sorreggerloe seguito da tutta la banda.

La foresta tornava a diradarsi e permetteva al drappello diavanzarsi rapidamentelasciando indietro gli spagnuoli.

Than-Kiúche era piú pallida del ferito e sommamentecommossachiedeva ad ogni istante:

- Tu soffrimio signore. Vuoi che il Fiore delle Perleti sorregga?

Ma Romero invece di risponderle continuava a comandare:

- Avanti!… Avanti!…

Pareva che egli non provasse piú nullanemmeno il piúpiccolo dolore e continuava a spronare il proprio cavallo trascinandoin unacorsa sfrenatatutta la banda. Pareva che non udisse nemmeno piú né la vocedi Than-Kiúné quella di Hang-Tu. Doveva essere in preda ad una specie diesaltazione che gl'impediva di provare l'acerbo dolore che dovevano produrgli lescosse violente del destrieroma che poteva anche piú tardi scontare a caroprezzoforse colla propria vita.

Quella corsa vertiginosa durò un'orapoi s'arrestòbruscamente. Una abitazione era apparsa sul lembo dell'immensa foresta ed icavalli si erano fermati dinanzi alla palizzata che la circondava.

- Un rifugio!… - aveva esclamato Hangcon gioia. - forsesiamo salvi.

Poi era balzato prontamente a terra e si era precipitatoverso Romero.

Era tempo. Il valoroso meticcioesausto da quello sforzopoderosocessata la corsa s'era accasciato bruscamente sul collo del suocavallocolpito da uno svenimento fulminante. Cadde fra le braccia del chinesecome se la vita lo avesse abbandonato.

- Morto!… esclamò Than-Kiú con voce terribilefissandosu Hang uno sguardo di fuoco.

- Nonon temere- esclamò il chinesela cui voce peròforse per la prima voltatremava. - Romero è forte.

L'aveva preso delicatamente fra le bracciaera entrato nellacinta che circondava la casail cui cancello era apertoed avendo veduto in unangolo delle sedieve lo aveva deposto.

Than-Kiú e tutti gli altri lo avevano seguito e lo avevanocircondato.

Hang appoggiò un orecchio sul petto di Romero ed ascoltòcon profondo raccoglimento.

- Ebbene? - chiese Than-Kiúcon voce minacciosa. - Me l'haiuccisoHang?…

- Noil cuore batte ancora forte- rispose il chineserespirando. - Romero è solamente svenuto pel dolore e per lo sforzo eccessivo.Non temereThan-Kiúio lo guariròspecialmente ora che abbiamo trovato unrifugio.

Esaminò la ferita. La benda si era spostata sotto i violentiurti di quel galoppo disordinatoe la feritariapertasisanguinava.

Avendo veduto in un angolo del cortile una cisternafeceattingere dell'acqualavò nuovamente ed abbondantemente la feritapoi tornòa fasciarladopo aver riunito i margini della carne forata dalla palla nemica.

- Te lo affidoThan-Kiú- disse poi. - Io intantoesaminerò questa casa per vedere se è possibile organizzare qui la resistenza.Gli spagnuoli sono lontanima forse domani saranno qui.

Si alzò eseguito da alcuni uominiispezionòl'abitazione.

Era una piccola fattoriama solidamente costruitachepareva fosse appartenuta a qualche famiglia di tagali che la guerra doveva averscacciatose pure non l'avevano abbandonata volontariamente per raggiungere lebande insorte che s'erano radunate sulle rive dello Zapatè.

Si componeva d'una casa a due soli pianicolle paretiabbastanza resistenti ed in muratura e di due piccole tettoieil tuttoracchiuso da una palizzata robustaalta due metri e mezzo o trecapace diresistere a lungoanche ad un violento assalto.

Le due stanze della casetta erano ammobiliate con rozze sediee tavole ed in una vi erano due letti formati da un alto strato di stuoie difoglie di coccoe sotto le tettoie Hang-Tu scoprí delle provvisteconsiderevolidel risocanne da zuccherofrutta secchenoci di coccocacaocaffè e leguminonché parecchi attrezzi campestrizappevanghescuri diboscaioli ed un aratro. Non vi era però nessun animalequantunque abbondantifossero le tracce lasciate da cavallida montoni e da volatili.

Hang-Tu soddisfattissimofece il giro della cinta edavendola trovata dovunque in ottimo statocominciò a sperare.

- Se i miei uomini tengono durocredo che il maggiored'Alcazar non ci prenderà cosí facilmente come spera- mormorò. - Manderòqualcuno a cercare nei dintorni del fiume per avere soccorsied intanto noiresisteremo finché avremo una cartuccia.

Chiamò a raccolta i suoi uominii quali avevano giàricoverati i cavalli sotto la tettoiaed espose loro le sue intenzionilequali vennero tosto approvateavendo ormai tutti compreso che una nuovaritiratacon Romero feritonon avrebbe portato che danni gravissimi.

Fu deciso che due dei piú robusti e dei piú pratici delpaesesarebbero partiti dopo qualche ora di riposoper cercare di raggiungerele bande che dovevano accampare sulle rive dello Zapatè e poi di barricare ilcancello con un ammasso di tronchi d'alberi.

Trasportarono dapprima Romero nell'interno della casaadagiandolo su uno dei due letti ed affidandolo alle cure di Than-Kiú; poimentre i due uomini che dovevano partire prendevano un po' di riposogli altriarmatisi delle scuri trovatesi misero frettolosamente al lavoroabbattendoparecchi alberi per completare la chiusura della cinta.

Due ore dopoappena partiti i due corrieriil cancelloveniva ostruito con una triplice fila di palirinforzati da due grossi tronchid'albero; ma Hang-Tunon ancora soddisfattofece tagliare altre piante perostruire in gran parte anche le finestre della casaonde i suoi uominipotessero difendersi senza esporsi troppo ai colpi dei nemici.

Quando vide che la piccola fattoria era in grado di poterresistereaccordò finalmente alcune ore di sonnomentre due meticcicheerano stati lasciati appositamente in riposomontavano il primo quarto diguardia sul tetto della casaper poter meglio scorgere l'avvicinarsi deglispagnuoli.

Hangche si sentiva esausto per quelle lunghe vegliepotéfinalmente coricarsi accanto a Than-Kiúla quale si era già profondamenteaddormentata presso il ferito.

Quando si svegliòcominciavano a cadere le tenebre. Il soleera già scomparso dietro ad una grande nuvola nerache pareva s'alzasse dallaparte del maree la foresta rumoreggiava sotto le prime raffiche che scuotevanole gigantesche foglie dei bananidei beteldegli arecche e delle palmementrefaceva gemere e scricchiolare i flessibili rami dei giganteschi tamarindi edelle piante gommifere. Pareva che un uragano si preparasse a scoppiare.

Romero era già svegliato e parlava colla fanciulla che glisorrideva. Hang visitò nuovamente la feritala rinfrescò con acqua fattaattingere nella cisternacostrinse l'amico a sorseggiare alcune tazze di brodoavendo già fatto cucinare un altro pollopoi uscí.

I suoi uomini erano tutti in piedi e stavano preparandosi lacena colle provviste trovate sotto le tettoie. Erano tutti di buon umorepoiché coll'uragano che minacciavasperavano di passare la notte senzaattacchirimettendosi completamentecon una buona dormitadalla stanchezzadelle veglie precedenti.

- Nulla? - chiese Hang.

- Nocapo- risposero.

- Che gli spagnuoli abbiano perdute le nostre tracce?…

- È probabile.

- Non è uscito nessuno ad esplorare i dintorni?

- Síio- rispose un chinese- ma non ho veduto alcunospagnuolo.

- Speriamo- mormorò Hangrientrando nella casa.

«Se ritardano l'attacco d'un paio di giornii soccorsigiungeranno ed il maggiore non ci prenderà piú. »

Anche Romero pareva che fosse di buon umorepoichécontinuava a parlare colla fanciullacome se i dolori gli avessero accordatouna tregua.

Hang-Tuvedendoli l'uno vicino all'altrasi era arrestatosulla porta della stanzacolle braccia incrociateguardandoli con unacommozione che invano cercava di nascondere. Di tratto in tratto però unsospiro profondo sollevava il suo robusto petto e come una nube di profondatristezza gli passava sulla fronte.

Than-Kiúcolla sua voce armoniosacinguettava come unacinciallegraraccontando a Romero non so quali leggende del suo paeseche ilferito ascoltava sorridendo. Pareva che la povera fanciulla del fiume Giallofosse in quel momento grandemente felice e che il meticcio avesse scordato ilsuo affetto per la Perla di Manilla per non ascoltare che il Fioredelle Perle.

- E non sarà che un sognouna vana illusione- mormoròHang. - Quanto sarà terribileper Than-Kiúil risveglio! La donna bianca lesarà fatale e le infrangerà l'anima.

Era uscito nuovamentema in punta di piediper non turbarela fanciulla e si era seduto nel cortiletenendosi il capo fra le mani. Pensavaforse a Than-Kiúma anche vegliavatendendo gli orecchi al sussurríocrescente del fogliame ed ai primi ululati del vento il quale s'ingolfavaattraverso i mille e mille tronchi della foresta.

I suoi uomini si erano riparati sotto le tettoie accanto aicavalliper mettersi al coperto dai primi goccioloni che cominciavano acrepitare attraverso le fogliemeno quattrodei piú robusti che erano rimastidi guardia ai quattro angoli della palizzatasotto un riparo improvvisato conalcune stuoie.

L'uragano a poco a poco s'avanzava. Il tuono rombava diquando in quando fra le tempestose nubi e qualche lampo illuminava la forestafacendo spiccare gli uomini che si tenevano immobili sotto i ripari.

Hang non si muoveva. Ascoltava sempresenza curarsi dellapioggia che lo sferzava.

Ad un tratto si alzò.

- Uomini di quarto! - gridò.

- Capo- risposero le guardie.

- Il nemico s'avvicina.

L'udito acuto del chinese non doveva essersi ingannato. Inmezzo ai fragori dell'uragano aveva distinto un fischioun segnale lanciato dicerto dai soldati del maggiore d'Alcazar.

 

 

 

 

Capitolo XVII

 

L'ASSALTO ALLA FATTORIA.

 

I meticci ed i chinesi che dormivano sotto le tettoiesvegliati bruscamente da grido d'allarme del caposi erano precipitosamentealzati coi fucili in mano e si erano lanciati all'apertotenendo le batteriedelle armi nascoste sotto le casacche per non inumidire le cartucce. Hangarrampicatosi sulla palizzata del cancelloaspettava un lampo per vedere se iltemuto nemico si fosse realmente avanzato o se si trattava di qualche uomomandato in esplorazione.

Passarono alcuni minuti di viva ansietà per tuttipoi ungran lampo ruppe bruscamente le tenebreilluminando la foresta.

Per quanto fosse stato rapidoHang aveva scortopresso iltronco d'un tamarindodue soldatiche tenevano puntati i loro moschetti dacavalleggeri verso la palizzata.

Non ne aveva scorti altri ma i loro compagni potevanotrovarsi poco lontani. Comunque fosseormai sapeva che il loro rifugio erastato scoperto e che l'assalto non poteva tardare. Essendo inutile difendere lapalizzatatanto piú che non poteva offrire un riparo sufficiente in causadelle numerose fessure che si trovavano aperte fra tronco e troncocomandò aisuoi uomini di ritirarsi nella casadietro le cui robuste pareti potevanosfidare impunemente le palle nemiche. Fatta barricare la porta con tutta lamobiliadispose i suoi uomini dietro le sei finestre del piano superiorelesole che esistevanopoi discese a pianterreno dove si trovavano Romero eThan-Kiú.

- È inutile che nasconda a te la gravità della situazione- disse al meticcio. - Stiamo per venire circondati dai cavalleggeri delmaggiore d'Alcazar.

- Ebbeneci batteremo- rispose il ferito. - Dammi il miofucile ed aiutami a collocarmi presso qualche finestra.

- Tuche hai un braccio quasi immobilizzato?… Noamico-disse Hang. - Non abbandonerai il tuo letto.

- E credi che io possa rimanere qui inoperosomentre tuonanoi fucili?…

- Non sono gli uomini che ci mancano. Romerouno di piú ouno di meno non gioverebbe. Sono invece le munizioni che scarseggiano.

- Possediamo poche cariche?

- Appena quattrocento cartucce.

- Risparmiando i colpi potremo resistere ventiquattro ore.

- Ma se gli aiuti tardassero a giungere?

- Ci faremo ucciderepiuttosto che arrenderci.

Hang-Tu guardò Than-Kiú. Questa lo compresepoiché dissecon un fiero sorriso:

- Non preoccuparti di meHang. Se vi farete uccideresaròfelice di morire anch'io al vostro fianco.

- Speriamo che non sia necessario farci uccidere- disse ilchinese. - Abbiamo ancora qualche scampo.

- Quale? - chiese Romero.

- Lo so io e per ora non te lo dirò. Pensavo che i cavallipotranno esserci utili e poi abbiamo d'altro.

Ciò dettosenza spiegarsi di piúlasciò la stanza eraggiunse i suoi compagni che si erano divisi in sei piccoli gruppicollocandosi dietro le piccole finestre mezze barricate.

- No- diss'egli - è inutile sprecare le nostre forze edesporci tutti al pericolo. Siamo dodici: sei risponderanno al fuoco e gli altririposeranno. Soprattutto risparmiate le cartucce e non fate fuoco che a colposicuro.

In quell'istantenel boscosi udí rimbombare il primosparo. La palla infilò una finestratraversò la stanza con un acuto sibilo edandò a scrostare la parete oppostama senza aver colpito alcuno.

- Non perdono i loro colpi- disse Hangscotendo il capo. -Fortunatamente le pareti sono solide e senza un pezzo d'artiglieria non siabbatteranno.

S'affacciò con precauzione ad una finestra e guardò fuori.

La pioggia era cessatama la notte era sempre oscura ed ilvento ululava ancora attraverso la forestatorcendo i rami e le grandi fogliedelle piante. Attese che un lampo rompesse quelle tenebre e videa cinquantapassi dalla palizzataquasi dinanzi alla barricata del cancelloalcuni gruppidi cavalleggerii quali si tenevano nascosti dietro ai cespugli ed ai grossitronchi degli alberi.

Abbassando rapidamente gli sguardi prima che la livida lucedel lampo cessassegli parve d'aver vedutopochi passi piú innanziunufficiale d'alta statura che stava osservando la cinta.

Una vampa brillò negli occhi del capo degli uomini gialli.

Si voltò rapidamentedicendo al mulatto che gli stavadietro:

- Dammi il mio fucile.

Si accertò che era carico e lo portò attraverso i grossirami che ostruivano parte della finestraaspettando che un lampo glipermettesse di mirare con maggiore sicurezza.

Un altro colpo di moschetto fu sparato dagli assediantieprecisamente contro la finestra occupata da Hang. La palla fischiò sopra latesta del chinesema questi rimase perfettamente immobile. Attendeva semprecollo sguardo sanguigno fisso nelle tenebreun secondo lampo.

E il lampo non si fece attendereilluminando sinistramentela foresta. Hang-Tu fece udire un crudele sogghigno.

Questa volta vedeva distintamente l'ufficiale ed in lui avevaben distinto il maggiore d'Alcazaril suo mortale nemico.

Premette rapidamente il grilletto e fece fuocoma la luceerasi spenta. Si curvò innanzi tendendo gli orecchisperando di udirefra ifragori della burrascaqualche grido che annunziasse che la palla era arrivataa destinazionema invece rintronarono tre colpi di fucilei cui proiettili sicacciarono nelle pareti della casa con sordo rumore.

- Morte di Buddha e di Fo!… - esclamò Hang con rabbia. -L'ho mancato!… Sarà per un'altra volta.

Gli spari degli assedianti si succedevano agli sparimasenza precipitazione. Gli spagnuoli non facevano fuoco se non quando i lampipermettevano loro di scorgere le finestre e mandavano le loro palle entro lastanza con mirabile precisionema senza però ottenere effetto alcunopoichégli assediati si tenevano nascosti dietro gli angoli del muro o dietro i tronchidegli alberi.

Anche i meticci ed i chinesi rispondevanoma con moltaparsimoniavolendo serbare le munizioni pel momento dell'assalto. Facevanofuoco piú per far comprendere al nemico che possedevano delle buone armi e chevegliavanoche colla speranza di colpirloessendo l'oscurità troppo fitta edi lampi piuttosto radi.

Pure qualche volta le palle non andavano perdutepoichégià tre grida di dolore eransi udite echeggiare nella foresta.

Ad un tratto la situazione degli assediati si aggravò. Glispagnuoliche fino allora si erano limitati a sparare con lentezzaavevanoripreso il fuoco con vigorefulminando le finestre con scariche micidiali.

Le palle grandinavano in gran copiasibilando in tutte ledirezioniscrostando larghi tratti di muro e rendendo pericolosissimi i postioccupati dai difensori. Pareva che con quelle scariche incessanti volesseronascondere qualche sorpresa. Hang-Tuinquietos'affacciò ad una finestra colpericolo di farsi sfracellare il cranio ed attese che un lampo gli permettessedi conoscere ciò che il nemico stava per intraprendere. Lo seppe subito: glispagnuoli stavano per assalire la palizzata onde cercare di abbatterla.

- La cosa diventa grave- mormorò. - Domani cercheranno didare la scalata alle finestre.

Chiamò tutti alle armicomandando scariche furiose percercare di respingerlima s'accorse ben presto che erano munizioni sprecate.

Alcuni gruppi cavalleggerimentre i loro compagnicontinuavano il fuocoavevano attraversato rapidamente lo spazio scoperto edapprofittando dell'oscurità erano giunti sotto la palizzata. Volerli snidare dilà ora che si trovavano riparatinon era piú il caso. Era meglio risparmiaremunizioni pel domani.

Hang-Tufatto cessare il fuocotese gli orecchi per udirese il nemico si preparava ad abbattere la cintama senza risultato.

Guardò al di fuori per vedere se l'aveva superatama nelcortile non vide alcuna ombra. Le sue inquietudini continuavano ad aumentare.Quella manovra misteriosa doveva nascondere qualche cosa di grave.

- Si vede nulla? - chiese ai suoi uomini.

- No- risposero tutti.

- Che cosa tenteranno?…

- Capo- disse un meticcio- temo che ci vogliano arrostirevivi.

- Bah!… Le palizzate non bruceranno cosí facilmente e poisono abbastanza lontane dalla casa.

- Ma il bosco abbonda di piante gommifere e possono averaccumulato dei fasci di rami dietro la cinta.

- Comincio a credere che tu abbia ragionema la casa è inmuratura e non ci arrostiranno.

- Ma i cavalli? - disse un chinese.

- Hai ragione- disse Hang. - sono legati solidamente?

- Sícapo- risposero gl'insorti.

- Allora spero che ci possano servire a danno degliassedianti.

Gettò uno sguardo sui suoi uomini e ne indicò treimeticci piú vigorosi e piú audaci della piccola banda.

- Tenetevi pronti a seguirmi- disse.

- Tentiamo un'uscita? - chiesero.

- Forse qualche cosa di meglio.

Ciò detto s'accostò ad una finestra e si mise inosservazione. Il fuoco di moschetteria era cessatoma pareva che gli uomininascosti dietro alla cinta fossero occupati in un lavoro misterioso. Hang liudiva parlare ed udiva pure dei leggeri colpi vibrati contro la cinta. I suoisguardi distinsero anche delle masse oscure che volteggiavano in aria e chepareva fossero lanciate dai soldati che si tenevano nascosti dietro gli alberi.

- Símormorò il chinese - si preparano ad incendiare lapalizzata con fascine di rami resinosi. Il mestizo aveva ragionemapreparerò anch'io una sorpresa.

Poi volgendosi verso i suoi uomini:

- Se gli spagnuoli cercano d'invadere il cortilecercate direspingerli con un fuoco vigoroso. Non occupatevi per ora di me: vi raggiungeròpresto.

Fece cenno ai tre meticci scelti di seguirlo. Scavalcò ildavanzale d'una finestrala quale guardava dalla parte delle tettoie e silasciò cadere giúquasi senza far rumorequantunque avesse spiccato un saltodi quattro metri. I suoi compagniuno dopo l'altro lo seguironosenza che gliassedianti si fossero accorti di nulla.

I quattro uomini si cacciarono lestamente sotto le duetettoiedove si trovavano i sedici cavalli.

- Uditemi- disse Hang.

Si curvò verso i compagni e mormorò ai loro orecchi alcuneparole.

Tosto si misero in motoma nel piú profondo silenzioeseguendo delle manovre che pel momento parevano inesplicabili.

Intanto i cavalleggerinascosti dietro gli alberiavevanoripreso il fuocosparando contro le finestrecome se volessero attirarealtrove l'attenzione degli assediati. Questiobbedendo agli ordini del capoavevano subito risposto con molto vigoremirando là dove vedevano balenare lapolvere.

Ad un tratto dietro la cinta fu vista innalzarsi una lucevivissimala quale si distendeva rapidamente tutta all'ingiro. Delle vampedeinuvoloni di fumo e delle scintille che il vento spingeva verso la casasorgevano da tutte le parti.

La palizzatache doveva essere stata circondata da grandifasci di rami resinosiquantunque fosse stata inumidita dalla pioggiaavevapreso fuoco ed i grossi tronchi cominciavano a cadere.

Gli assediatitemendo che il nemico si precipitasseall'assalto o cercasse di metter fuoco anche al fabbricatosparavanoprecipitosamenteapprofittando della luce sparsa dall'incendio. Le loro pallenon andavano perdute poichédi quando in quandoqualche soldato troppocoraggioso che si spingeva fuori dagli alberi per sparare con maggioreprecisionecadeva fulminato.

Intanto le palizzate avvampavano con violenti crepitiiallungando minacciosamente le loro lingue di fuoco verso la casacon grandepericolo di appiccarsi al tetto. I paliconsunti e carbonizzaticadevano aduea tre alla voltalanciando in aria lembi di scintille che il ventotrascinava attraverso gli alberi della foresta come miriadi di stellee colonnedi fumo le quali entravano per le finestre costringendo i difensori a ritirarsied a rallentare gli spari.

Hang-Tu ed i suoi tre compagni non davano intanto segni divitaperò ai bagliori dell'incendio si erano veduti i sedici cavalli allineatisu due file sotto la prima tettoiacolla testa volta verso le palizzate. Lepovere bestieatterrite dalla vicinanza delle fiammenitrivano disperatamentee s'impennavanoma pareva che un ostacolo impedisse loro di rompere le lineeper quanti sforzi facessero.

La moschetteria continuava. D'ambo le parti gli spari sisuccedevano senza treguama con piú fracasso che dannoessendo gli assediatie gli assedianti al pari riparati.

Questi ultimi peròdopo qualche po' furono vistiabbandonare gli alberi protettoriorganizzarsi rapidamente su tre piccolecolonne e avanzarsi celermente verso la casa sostenendosi con un fuocoinfernale.

La cinta che si estendeva dinanzi alla piccola fattoriaconsunta dal fuocoera tutta crollata e permetteva l'attacco. Vi erano ancoradei pezzi di palizzata che finivano di bruciarema non erano certamenteostacoli insormontabili per gli agili soldati spagnuoli.

I meticci ed i chinesi cercavano di respingerli con furiosescarichema senza risultato. Forse la mancanza dei due coraggiosi loro capi lirendeva perplessi ed il timore cominciava ad invaderli.

D'improvvisoin mezzo allo scrosciare dei fucilisi udítuonare la voce di Hang.

- Lasciate andare!…

Furono tosto veduti i tre meticci che lo avevano seguitolanciarsi presso i cavalli colle destre armate di coltellipoi recidereprontamente qualche cosaforse delle corde.

I sedici cavalli che parevano diventati improvvisamentepazzisi scagliarono innanzi con impeto irresistibilevarcando con un solosalto i tronchi ancora fiammeggianti.

Piombarono come un plotone serrato contro le tre colonnedegli spagnuoli che si erano riunite e le sfasciarono mandando tutti a gambelevatepoi scomparvero nella foresta continuando la loro furiosa carica.

Hang-Tu ed i suoi compagnivedendo i cavalleggeri fuggiredisordinatamente in tutte le direzioniscaricarono i loro fucilipoiinerpicatisi sul tetto della prima tettoiaguadagnarono la finestra piúvicinasalvandosi nella stanza superiore.

In quell'istesso istanteRomerosorretto da Than-Kiúeracomparso sulla soglia della porta. Udendo quella furiosa fucilataaccorreva perprendere parte alla lotta.

- Ci assalgono? - chiese ad Hang.

- No per ora- rispose il chineseridendo. - Ho mandatosottosopra le loro colonne d'assalto. Guarda Romero.

Il meticcio vide realmenteagli ultimi baglioridell'incendiogli spagnuoli che si salvavano precipitosamente nel boscocredendo forse che dietro i cavalli vi fossero gli insorti.

- Fuggono!… - esclamòstupito. - Ma cos'hai fatto?

- Una cosa semplicissima- rispose il chinese. - Ho legato inostri cavalli passando una corda nei loro morsi onde non si disperdesseropoili ho resi furiosi cacciando nei loro orecchi un po' di cenere calda e li holasciati andare. Nessuno poteva resistere ad una simile carica ecome vedihanno sgominato i cavalleggeri del nostro maggiore.

- Ma i nostri cavalli sono perduti.

- Non potevano esserci piú di nessuna utilitàpoiché sedelle bande non verranno a liberarcinoi non potremo piú lasciare questa casa.Va a riposartiRomero; credo che per questa notte gli spagnuoli ci lascerannotranquilli.

 

 

 

 

 

Capitolo XVIII

 

UN EROE DALLA PELLE GIALLA

 

Fallito il primo assaltogli assedianti non avevano piúrinnovato il tentativoquantunque ormai la palizzata piú non difendesse lacasa.

Solamente poco dopo la mezzanotte alcuni soldati avevanocercato di appressarsi alle tettoie forse per incendiarlema erano statiscoperti a tempo dalle sentinelle degli assediati e respinti con pochi colpi difucile.

L'indomani la situazione non era cambiata. Gli spagnuoliavevano costrutto alcune barricate con dei tronchi d'albero e si erano accampatidietro a quellema senza nulla intraprendere. Di quando in quando peròsparavano qualche colpo di moschetto verso le finestrespecialmente sescorgevano la testa di qualche insorto.

Hang-Tu per questo non era tranquilloanzi tutt'altro. Sequell'assedio si prolungava ed i soccorsi mandati a cercare tardavano ancoracorrevano il pericolo di morire di fame e di setepoiché i viveri non potevanobastare per molti giorni e specialmente l'acqua cominciava già a scarseggiarenon potendo piú recarsi alla cisterna senza farsi uccidere dalle sentinellespagnuole.

Che cosa attendevano quei nemici per assalire la casa?…Aspettavano anche essi soccorsiquantunque fossero tre volte piú numerosidegli assediati e fors'anche quattroo non volevano esporsi di giorno al fuocodei bersaglieri che si tenevano celati dietro alle finestre?… O forse avevanomandato alcuni uomini a Salitran a prendere qualche piccolo pezzo d'artiglieriaper demolire le pareti della casa ed aprire una breccia?

Hang-Tu invano si tormentava il cervello per spiegarsi quellaimmobilità del nemicoche pure la notte innanzi si era mostrato cosí tantopremuroso d'impadronirsi di quella casa.

Ad ogni modo vegliava attentamentetemendo sempre qualchebrutta sorpresa e non perdeva di vista le sentinelle spagnuole. Vegliava ancheperché sperava un momento o l'altro di poter scoprire il maggiore per inviargliuna buona palla ma non riusciva a vederlo.

La giornata trascorse in continui allarmisenza però chegli spagnuoli accennassero a muoversi e senza che i soccorsicon tanta pazienzaattesi dagli assediatigiungessero.

Verso il tramonto parve ad Hang di notare un certo movimentoda parte degli assedianti. Gruppi di soldati si radunavano qua e làspecialmente in mezzo alle macchie piú fittecome se si preparassero aprendere posizione per ricominciare il fuoco.

- Che tentino un vigoroso assalto? - si chiese Hangcrollando il capo. - O che preparino qualche sorpresa?…

Dispose tutti i suoi uomini dietro alle barricate dellefinestre e scese da Romero per consigliarsi.

Il meticcio già migliorava rapidamentemercé le assiduecure di Than-Kiúla quale non lo aveva abbandonato un solo momentoe la suavigorosa costituzione. In venti ore la sua ferita aveva già cominciato arimarginarsi ed i dolori acutiche prima lo facevano cosí tanto soffrireerano quasi cessati.

Vedendo comparire il chinese colla fronte aggrottataRomeroindovinò che qualche grave fatto stava per accadere.

- Si muovono gli spagnuoli? - chiese.

- Sí- rispose Hang. - Si preparano a riprendere il fuoco.

- Hanno ricevuto qualche pezzo d'artiglieria?…

- Non credo.

- Allora lascia che sparino a loro comodo. Queste pareti nonsi abbattono a colpi di fucileHang.

- Pure questo secondo attacco m'inquietaRomero.

- Che cosa temi?…

- Non lo soma non sono tranquillo.

- È bene barricata la porta?… È da quella parte chedobbiamo temere.

- Farò raddoppiare gli ostacoli.

- Sai che cosa m'inquietaHang?

- Che cosa?

- Le tettoie. Gli spagnuoli possono incendiarle e le fiammecomunicarsi al tetto della nostra casa. Sarà cosa prudente mandare lassúalcuni uomini armati di scureonde possano tagliare prontamente le travi egettarle nel cortile.

- Lo faròRomero.

- A noi il coperto non è necessarionon avendo da temereuna pioggia di granate.

- È vero.

- Cercherai poi di tenere lontani gli spagnuolionde non siavvicino troppo alle pareti della casa.

- Temi che diano la scalata alle finestre?

- Forse qualche cosa di peggio. Non possedendo artiglieriagli spagnuoli potrebbero preparare qualche mina per aprire una breccia.

- Morte di Buddha!… - esclamò Hang. - Non avevo pensato aquesto pericolo.

- Quante cariche hanno i nostri uomini?

- Poche. Ne hanno consumate troppe la scorsa nottequantunque avessi loro raccomandato di non farne spreco. Ora non possediamo checentosettantadue cartucce.

- Sono pochema ben adoperate possono bastare per infliggeredelle perdite terribili agli assedianti.

In quell'istantesi udirono echeggiare nel bosco i primispari.

- Eccoli che ricominciano- disse Hang. - Si prepara unabrutta notte.

- Vi siamo abituati- rispose Romerosorridendo. - Aiutamia salireHang.

- Nomio signore- disse Than-Kiú. - Ti stancherestiinutilmente.

- Mi sento già abbastanza forte- rispose Romero - E poinon posso rimanere tranquillomentre gli altri si battono per salvare me.Voglio vedere anch'io come si svolgerà l'attacco.

- Forse è meglio- disse Hang. - I nostri uomini hannomolta fiducia in te e la tua presenza li incoraggerà a resistere.

Romero s'appoggiò alle braccia del chinese e della fanciullae salí al piano superiore.

I mulatti ed i chinesi avevano già cominciato il fuocorispondendo con vigore alle scariche degli assedianti. Non sparavano però chedue alla volta per non sprecare le cartucceavendo ormai compreso che dalnumero dei colpi dipendeva la salvezza di tutti.

Romero s'affacciò ad una finestra per vedere le posizioniche occupavano gli spagnuoli e s'accorse che minacciavano la fronte della casa.

- È da questa parte che noi avremo da temere- disse adHang- a meno che non cerchino di attrarre da questo lato tutta la nostraattenzione. Bada alle tettoie ed impedisci loro d'avvicinarsi.

- Faremo il possibile per tenerli lontani.

La lotta prendeva proporzioni allarmanti. Gli spagnuolidivisi in gruppi e nascosti dietro alle loro trinceefacevano un fuocoinfernale contro le finestremandando le palle a schiacciarsi contro le paretiinterne della stanza.

Dietro ai tronchi degli alberiin mezzo alle macchie piúvicine ed ai cespuglii lampi spesseggiavano ed i proiettili cadevano fitticon lugubri sibilibattendo in ogni luogo. Un chinese che sparava dietro ad unafinestra era già caduto col cranio fracassato ed un meticcio aveva avuto ilbraccio sinistro spezzato.

Era impossibile resistere a lungo a quella grandine mortaleche diventava di minuto in minuto piú fitta. I difensori di alcune finestre nonosavano piú avvicinarsi alle barricatele quali ormai non offrivano piú unsicuro riparo.

Gli spagnuoli intanto avevano cominciato ad avvicinarsi.Riparati dietro ai fasci di grossi rami che facevano rotolareguadagnavanorapidamente terrenomirando a giungere presso le tettoie.

Hang-TuRomero e perfino Than-Kiúla quale aveva ripresoil suo fucilecompivano veri prodigi accorrendo ora ad una finestraora adun'altra per incoraggiare i loro uomini e ricondurli ai loro postisfidandointrepidamente i proiettili che sibilavano per la stanzascrostando dappertuttole pareti.

Gli sforzi però degli assediati risultavano vanipoichégli spagnuoliniente spaventati da quel vivo fuoco di fucilerias'avvicinavanosempre. Già alcuni erano giunti presso le tettoie e vi si erano rifugiatisotto.

Hang-Tutemendo che si preparassero ad incendiarlearmatosid'una scurecon pochi colpi vigorosi aprí uno squarcio nel tetto della casa ebalzò sulle tegoleseguito da tre o quattro animosi.

Vedendo di lassú che le barricate mobili degli assediantierano già state spinte nel cortile e che s'avvicinavano alla porta della casacome se il maggiore fosse intenzionato di farla sfondaresi mise a tempestaregli assalitori con una pioggia di tegoleaiutato vigorosamente dai compagni.

Intanto quelli della stanza si difendevano disperatamentesenza rallentare il fuoco. Anzivedendo cadere le tegoleper risparmiare unpo' le cartucce avevano cominciato avevano cominciato a far volare dallefinestre i mobili.

In mezzo a quel fracassosi udiva echeggiaread intervallila voce di Romero.

- Tenete fermo!… - gridava il meticcio. - Fuoco su quellabarricata!… Non esponetevi troppo!… Risparmiate i colpi!… Giú quellatavola!… Gettate quelle sedie!…

Pareva che quel valoroso avesse riacquistate tutte le sueforze e che la ferita non gli desse alcun fastidioin quei supremi momenti.

Anche Than-Kiú faceva udire la sua voce.

- Fuocofratelli!… - gridava.

Hang ed i suoi compagni continuavano intanto a rovesciaretegole. Terminati quei proiettiliavevano cominciato a strappare le travi e leprecipitavano nel cortile con grande fracasso.

Gli spagnuolioppressi da quella pioggia di palle e daquella gragnola di tegoledi mobili e di pesanti travi che minacciavano dischiacciarlisi erano arrestati. Alcuni di essiaccesi dei rami resinosiavevano cercato di lanciarli verso le finestre per allontanare i difensori etentare poi la scalatama avevano dovuto abbandonare l'impresa e cercare unprecipitoso rifugio dietro la barricate.

Però gli assedianti non accennavano a ritirarsi eresistevano con una tenacia ammirabilesparando furiosamente ora contro lefinestre ed ora sul tetto e con buon successopoiché già cinque difensorierano caduti nella stanza ed un compagno di Hangcolpito da parecchie pallementre si trovava sull'orlo del tetto occupato a strappare una traveera cadutonel vuoto fracassandosi nel sottostante cortile.

D'improvvisomentre Hang-Tu cominciava a dubitare dell'esitodella difesacon sua grande stupore vide gli spagnuoli abbandonareprecipitosamente le barricate e salvarsi nel bosco. Anche i soldati che avevanooccupate le tettoie si erano ritirati e senza averle incendiate.

- Che ci giungano soccorsi?… - esclamò.

Si calò precipitosamente nella stanza che era piena di fumochiamando Romero.

- Che cosa vuoiHang? - chiese il meticcio che si eraappoggiato ad una parete.

- Il nemico fugge- disse il chinese.

- Tanto peggio per noi.

- Che cosa vuoi dire?…

- Temo che…

Non finí la frase. Una terribile detonazione era echeggiatadalla parte delle tettoiementre un gran lampo illuminava le tenebre.

La casa intera traballò come se fosse stata sollevata da unairresistibile scossa di terremotofacendo crollare alcune travi del tetto estramazzare gli assediati; poi una parte del muro che si appoggiava alle tettoiesi squarciòrovinando nel cortile con immenso fragore.

I meticci ed i chinesirisollevatisi prontamentesi eranoaffollati verso la scalacredendo che la casa si sfasciasse tuttamentreHang-Tu aveva afferrato Romero per trarlo in salvo. Urla di terroreecheggiavanomentre un denso fumo invadeva la stanza.

Pei difensori sarebbe stata finitase gli spagnuoli avesseroapprofittato di quel pànico per dare la scalata alle finestre o allo squarcioprodotto dalla mina che avevano preparata sotto le tettoiealla base del muro.Invecevedendo che la casacontro le loro previsioninon era crollata e nonavendo forse scorta la larga brecciain causa probabilmente dell'oscuritànonavevano ritentato l'attacco.

Than-Kiú non vedendoli avanzareaveva gridato:

- Fermi tutti!… Non corriamo alcun pericolo.

Quell'avvertimento giungeva in un buon puntopoiché imeticci ed i chinesi stavano per rovesciare la mobilia accumulata dietro laporta ed irrompere nel cortilecolla probabilità di farsi fucilare dagliassediantianziché salvarsi.

Hang-Tu e Romero si erano spinti verso la prima finestraedavevano pure constatato che il nemico non aveva abbandonato le sue trincee.

- Salite- comandò il chinese. - Se uscitevi fareteuccidere.

- Ma la casa sta per crollarci addosso- risposerogl'insorti.

- Non vi è pericolo per ora- disse Romero. - Se le paretihanno resistito alla scossanon cadranno piú.

I chinesi ed i meticciche avevano completa fiducia nei lorocapisi erano affrettati a risalire. D'altronde quell'uscita all'aperto non litentava piúsapendo di non poter resistere ad un attacco degli assediantiancora troppo numerosi malgrado le perdite subite.

Romero e Hang si erano recati a vedere la breccia apertadall'esplosione. Era gravema non irreparabile.

La parete che guardava verso le tettoie era stata rotta dallabase al tetto e una parte era crollata lasciando un vano largo un metro e altoduespecialmente a livello del pavimento superiore.

- Credevo che i danni fossero maggiori- disse Romero.

- Vi è pericolo che la muraglia crolli tutta? - chiese Hang.

- No- rispose il meticcio. - È però necessariorinchiudere questa breccia o domani gli spagnuoli ci fucileranno.

- Non vi sono che i mobili che barricano la porta.

- Demoliremo quanto rimane del tetto.

- E credi tu che potremo resistere ancora?…

- Lo spero.

- Sai che non abbiamo piú una goccia d'acqua?…

- Per alcuni giorni si può sopportare la sete.

- Ma quante cartucce ci rimarranno?… Temo che i nostriuomini ne abbiano ben poche.

- Quando non ne avremo piú ci difenderemo colle baionette.

- Speri sempre nell'arrivo dei soccorsi?

- SempreHang.

- Io invece comincio a dubitare.

- I due corrieri non possono averci abbandonati.

- Noma possono essere stati presi o uccisi.

- È veroHang- disse Romeroche era stato vivamentecolpito da quell'osservazione.

- Io credo- proseguí il chinese- che se prima dell'albanon giunge una qualche banda dei nostridomani gli spagnuoli ci prenderannoameno che qualcuno non salvi tutti.

- In quale modo?…

- Lo si vedrà- rispose Hang-Turecisamente.

- Tu vuoi nascondermi qualche cosa. Spiegati.

- Non è ancora giunto il momento. D'altronde tutte lesperanze non sono perdute. RicoricatiRomeroo finirai col riaprire la ferita.Tu devi già avere la febbre.

- È veroma non provo che dei lievi dolori.

- Che potranno domani aggravarsi. Veglierò io intanto.

Hang-Tu ed il meticcio avevano trasportati nella stanzaalcune stuoiee Romeroobbedendo alle preghiere dei compagnivi si eracoricato.

Il chinese intanto aveva dato gli ordini necessari perabbattere quanto rimaneva del tettoonde ostruire lo squarcio prodotto dallamina. Prima di mezzanotte quasi tutte le travi erano state abbassate e collocatedietro all'aperturaformando una barricata capace d'arrestare le palle deinemici.

Hang osservò un'ultima volta se gli assedianti non avevanoabbandonati i loro rifugi e non scorgendo da parte di loro alcuna mossasospettacomandò ai suoi uomini di riposarsi.

Quando udí che tutti russavano e vide che anche Romero siera addormentatos'inerpicò sulla muraglia della casamettendosi a cavalcionid'una trave del tetto che non era stato abbattuto. Da quel punto elevato potevadominare gran parte del bosco ed anche un largo tratto di pianura che siestendeva verso l'est.

Essendo sorta la lunapoteva anche scorgere qualsiasi bandache si avanzasse da quella parte e spiare contemporaneamente la minima mossadegli spagnuoli.

Dopo tanto rombare di fucilateera succeduto un profondosilenzioa malapena rotto dal russare dei difensori della casa. Assediati eassediantistanchi dalla lottadormivano tranquillamentema per riprenderlae forse con maggiore ferociaall'indomani. Hang però non chiudeva gli occhi.Guardava sempre verso la grande pianura tendendo gli orecchisperando di udirequalche squillo o qualche muggito delle conche di guerra dei chinesi che gliannunciasse il sospirato arrivo dei soccorsi.

Di quando in quando ancheparendogli di veder brillarequalche lume fra le piantagionisi alzava in piedimantenendosi in equilibriosulla trave e spingeva lontano lo sguardopoi tornava a sedersicrollandomestamente il capo.

Le ore passavanolunghe come secoli per la vigilesentinellama senza alcun frutto. L'alba s'avvicinava ed i soccorsi non sivedevano giungere da nessuna parte.

Le stelle cominciavano ad impallidirementre verso orientesaliva in cielo una luce biancastracome un velo alternato a strisce d'un rosapallidissimo. Le alte cime degli alberifino allora neresi ricoloravano apoco a poco d'un verde cupo dapprimama che presto impallidiva.

Hang-Tu si era alzato. I suoi occhiche erano diventatiardentispaziavano sul bosco e per la pianura spingendosi sempre piú lontanofin là dove la terra si confondeva col cielo.

- Nulla- mormorò eglicon una commozione vivissima. -Ebbenesia!… Andiamo a morire per lasciare all'insurrezione il suo migliorecapo.

Abbandonò la trave e si calò nella stanza senza far rumore.Romero e gli altri dormivanoe solamente le due sentinelle vegliavano. Gliparve però che Than-Kiú fosse per svegliarsi.

S'avvicinò ai due uomini di guardiadicendo loro:

- Non inquietatevi per la mia assenza.

Poi s'avvicinò ad una finestra e scavalcò il davanzale.Stava per lasciarsi cadere nel cortilequando si sentí posare su una spallauna mano. Si volse e si vide dinanzi Than-Kiú.

- Dove vaiHang? - chiese la fanciullatrattenendolo.

La voce del Fiore delle Perle era profondamentecommossa ed il suo volto era diventato pallidissimo.

- Vado a salvartelo- disse il chinese.

- Chi?…

- Romero.

- Che cosa vuoi fareHang?

- È meglio che rimanga all'insurrezione il suo capo supremoche il capo degli uomini gialli. Io ero il braccioma lui è la mente e valemeglio questa che quello.

- Ma dove vai?…

- Dal maggiore d'Alcazar.

- Io tremoHang. Leggo nei tuoi occhi una decisione estrema.

- Ti ho detto che salverò Romero: addio.

- Ma non tornerai piú adunque?…

- Forse mai piú.

- Vuoi farti uccidere?

- Lo vedremo.

Prese la testa di Than-Kiú fra le manila baciò in frontetenendo le labbra appoggiate per qualche istante sui capelli di leipoi silasciò cadere nel cortiledicendo con voce commossa:

- Addio… sorella. Silenzio!…

 

 

 

 

 

Capitolo XIX

 

DUE FORMIDABILI NEMICI

 

Hang-tusaltato nel cortileaveva raccolto un ramo d'alberoannodandovi sulla cima il fazzoletto di seta bianca che portava al collopoi siera diretto verso le barricate occupate dagli spagnuoli con passo fermosenzala menoma esitazione e colla fronte alta e serena.

Tre volte Than-Kiú lo aveva chiamatoma il fiero capo dellesocietà segrete e degli uomini gialli non si era nemmeno voltato ed avevaproseguito il camminocome se fosse spinto da una implacabileda una ferreavolontà.

Giunto a quindici passi dal primo gruppo d'alberisi eraarrestato. Una sentinella spagnuola era comparsa e l'aveva preso di mira colmoschettodicendo:

- Alt!…

- Sono un parlamentario- rispose il chinese.

- Che cosa vuoi?…

- Parlare col maggiore d'Alcazar.

- Sei disarmato?…

- Lo vedi: non ho nemmeno un pugnale.

- Attendi.

Il soldato scambiò alcune parole coi compagni che stavanodietro una barricatapoi dopo alcuni istantidisse:

- Puoi avanzarti.

Hang-Tu s'avvicinò alla trincea senza battere ciglio. Duesoldati armati di moschetto gli andarono incontrolo frugarono per vedere seavesse qualche arma nascostasenza che il chinese facesse la menoma obbiezionepoi se lo posero in mezzo e lo condussero dietro ad un folto gruppo di palmedove s'alzava una tenda da campo guardata da due sentinelle.

Il maggiore d'Alcazar stava allora per uscire. Vedendo Hangfece un passo indietromanifestando viva sorpresa.

- Mi conoscete? - chiese il chineselevandosi l'ampiocappello di fibre di rotang.

- Sí- rispose le spagnuolo. - Voi siete Hang-Tuun deidue capi dell'insurrezione e che io una sera…

- Tacete- disse il chinesecon voce cupa. - Certe cose èmeglio non ricordarle dinanzi agli altri.

- Sia pure. Che cosa desiderate?…

- Parlarvi.

- A me solo?…

- Sí.

Poi vedendo che il maggiore pareva esitasseaggiunse:

- Non temete: sono inerme.

- Un soldato non teme la morte. Entrate nella mia tenda.

Fece cenno alle due sentinelle di ritirarsipoi seguí ilchinese. Rimasti soliquei due uomini si guardarono per un po' in silenzio.Parevano entrambi sorpresi di trovarsiessi fierissimi nemicil'uno di fronteall'altro.

- Che cosa desiderate? - chiese finalmente il maggiore.

- Una domandainnanzi a tutto.

- Parlate.

- Credete che io valga qualche cosa?…

- Lo credo bene e ve l'ho dimostrato coll'accanimento con cuivi ho inseguito e assediato.

- Sarei adunque una buona preda per voi.

- Certo.

- Ebbenevengo a mettermi nelle vostre mani- disse Hangcon nobile fierezza. - Ioil capo delle società segrete chinesi e capo degliuomini gialli e vostro mortale nemicovengo a dirvi: arrestatemi e fatemifucilare.

Il maggiore d'Alcazar lo guardò con stupore.

- Vi arrendete?… - chiese.

- Síma ad una condizione.

- E quale?…

- Che lasciate liberi gli uomini che si trovano rinchiusi inquella casa. La Spagna può essere contenta di sopprimere uno dei capidell'insurrezione.

- No- disse il maggiore- È anche l'altro capo che iovoglio avere in mano.

- Romero?…

- Sílui- disse il maggiorecon un leggero tremito nellavoce.

- Ma credete voi che gli uomini che difendono quella casasiano ridotti all'estremo? V'ingannate: hanno ancora delle cartucce e sonoancora in grado d'infliggere ai vostri soldati delle perdite dolorose.

- Ma finiranno col cederepoiché sono deciso a darel'assalto.

- E verrete nuovamente respinto.

- Siamo soldati e la guerra è il nostro mestiere.

- L'odiate adunque immensamente Romero? - chiese Hangfissando il maggiore negli occhi.

- Forse meno di quello che credete- rispose lo spagnuolocon un sospiro. - Un giorno io ho disprezzato quell'uomol'ho anzi odiatomanon perché si chiamava Romero Ruizma perché sentivo che egli sarebbediventato l'anima dell'insurrezione che covava fra le mura della capitale. Oggiquell'uomo lo stimo: i valorosisiano pure nemicisi possono ammirare.

- Ed è per questo che cercate di averlo in mano per farlofucilare- disse Hang con amara ironia.

Il maggiore non rispose. Si era messo a passeggiare intornoalla tendacon una certa agitazione e col volto alterato. Pareva che unaterribile lotta si combattesse nel suo cuore.

Ad un tratto si arrestò dinanzi al chinese e posandogli lemani sulle spallegli disse con una certa commozione che cercava invano dinascondere:

- Credete voi che io non ami mia figlia?… È la sola che ioho e se foste un padrecomprendereste forse quanto soffre il mio cuore per nonpoterla fare felice ed unirla all'uomo che ama e che credo giammaidimenticherà. Ogni lotta da parte mia sarebbe vana per soffocarle l'affetto perl'uomo che ha sceltoma quell'uomo si chiama Romero Ruiz e combatte contro labandiera della vecchia Spagna.

«Io sono soldatoio ho giurato fedeltà alla mia bandieraio sono stato mandato a combattere l'insurrezione che minaccia di strappare allamia patria una delle sue ultime e piú opulente colonie.

«Il mio cuore sanguinasanguinerà forse ancora a lungopoiché sarò stato forse io a straziare il cuore di mia figliama la patriaesige che io faccia il mio dovere di soldato… e lo farò.»

- Voi dunque ucciderete l'uomo amato da vostra figlia?…

- È il destino che cosí vuole.

- L'uomo che ha salvato la vita alla vostra Teresita.

- Sono un soldato.

- Rifiutate adunque la condizione propostavi.

- È necessario. Ammiro il vostro eroismoma un solo caponon mi bastaquando ho la possibilità di prendere anche l'altro.

- Eppure vi sareste sbarazzato d'un mortale nemico che hagiurato di uccidervi.

- Se la sorte mi farà cadere nelle vostre manifarete di meciò che vorrete. I soldati della vecchia Spagna sanno morire da forticolsorriso sulle labbra.

- Vorrei vedervi alla prova. Sta bene: addio maggioreomeglioarrivederci a presto.

Si avviò verso l'uscita della tendama si arrestò subitovedendo quattro soldati colle sciabole sguainate. Si volse verso il maggiore conuno scatto da tigredicendogli:

- Forse che mi fate arrestare!…

- Ne avrei forse il dirittonon essendo voi un soldato ma unribellema il maggiore d'Alcazar sa rispettare i valorosi. Siete liberoHang-Tu.

- Forse io al vostro posto non avrei fatto altrettanto-disse il chinese. - Hang-Tu non perdona e mantiene i suoi giuramenti. GraziemaDio vi guardi dal farvi cadere nelle mie mani.

Ciò detto uscíattraversò il campo degli spagnuoli senzaguardare né a destra né a mancaguadagnò il cortiles'inerpicò sugliavanzi delle tettoie e rientrò nella stanzatranquillo come era prima uscito.

Than-Kiúvedendologli era mossa incontro. La poverafanciulla era ancora pallidissima ed estremamente commossa.

- Hang- mormorò. - Ritorni per non lasciarci piúèvero?

- Síma forse Romero è perduto per te e perl'insurrezione- rispose il chinesecon accento scoraggiato. - Credo forse chenon ci rimanga che di farci uccidere. Dorme sempre?

- Síma temo che sia peggiorato.. la febbre lo tormenta epoco fa parlava come un delirante.

- Veglia su di lui. Chissà?… Forse non tutto e ancoraperduto.

- Che cosa…

- Taci!…

Hang-Tu aveva prese le mani della fanciullacome perinvitarla a non fare il menomo gestoe si era curvato innanzi ascoltandoattentamente. Il suo udito acutissimo aveva raccolto un lontano muggito chepareva emesso da una tromba di guerra delle bande chinesi.

Abbandonò precipitosamente Than-Kiú e s'arrampicò sullamuragliaraggiungendo la trave del tettosulla quale aveva vegliato tutta lanotte.

I suoi occhiche potevano sfidare un cannocchialepercorsero rapidamente la pianura che si estendeva al di là della grandeforesta e laggiúin mezzo alle piantagioni mezze distruttevide delle armiluccicanti sotto i primi raggi del sole.

- Insorti o spagnuoli? - si chiesecon estrema ansietà.

Guardò piú attentamente e vide due bande di cavalieri chesi dirigevanoa briglia scioltaverso il bosco.

Quantunque fossero ancora assai lontanidistinse in queicavalieri dei chinesi e dei tagali.

- I soccorsi giungono!… - esclamò Hangmentre un lampo digioia gli balenava negli occhi. - Credomaggiore d'Alcazarche tu abbiaperduto una gran bella carta.

Ridiscese subito nella stanzagridando:

- Tutti in piedi. Bruciamo le ultime cartucce.

I suoi uomini si erano precipitosamente alzaticredendo cheil nemico si preparasse ad assalirli. Solamente Romero era rimasto sul suoletto. La febbre lo aveva ripreso ed il disgraziato deliravapiú nonascoltando la voce di Than-Kiú.

- Amici- disse Hang - i nostri corrieri ci conducono isoccorsi attesi e si preparano ad assalire gli spagnuoli alle spalle. Cerchiamodi tenere occupato il nemico onde non ci sfugga.

Si slanciò verso la prima finestra col fucile in mano esparò contro le sentinelle che vegliavano sulle trincee. I suoi compagnis'affrettarono ad imitarlosenza piú risparmiare le cariche.

Gli spagnuoli per un po' li lasciarono farema vedendo cheil fuoco aumentava sempre e che le palle cominciavano ad importunarlisidisposero in colonna di bersaglieririspondendo con pari vigore.

Quelle detonazioni avevano due scopi per Hang-Tu: attirarel'attenzione delle bande nel caso che non fossero guidate dai due meticci edimpedire al nemico di udire lo scalpitío ed i nitriti dei cavalli.

Le sue speranza riuscirono pienamentepoiché dieci minutidopomentre gli spagnuolientusiasmati dalla lottacominciavano adavvicinarsi alla casa per tentare un assalto decisivosi udironoimprovvisamente a echeggiare nella foresta urla feroci.

Poco dopo una colonna di cavalieri piombavacon una caricairresistibilealle spalle del nemicosciabolando i piú vicini.

Il maggiore d'Alcazarche era accorso per organizzare laresistenzatentòalla testa di quindici o venti cavalieri che teneva inriserva nel boscodi ributtarli con un contro-attacco del pari impetuosoma futravolto. Duecento insortiben montati e meglio armatiguidati dai duecorrierisi erano precipitati in mezzo a loro.

Ogni resistenza era inutilecontro forze cosí schiaccianti.Gli spagnuolipresi fra due fuochidopo un inutile tentativo di resistenza sierano sbandati in tutte le direzionilasciando otto o dieci di loro a terra.

Il maggiore d'Alcazarche era stato solamente scavalcatoaveva avuto il tempo di balzare sul destriero di uno dei suoi uomini che eracaduto con un colpo di lancia nel pettoe dopo d'aver respinto gli insorti piúvicini con un magnifico mulinello della sua sciabolaaveva pure cercato dibattere in ritiratascaricando la sua rivoltellama Hang-Tu non lo avevaperduto di vista. Con un salto da tigre era balzato nel cortile e si eraprecipitato sul campo della lotta.

Vedendo il suo mortale nemico in procinto di salvarsipuntòrapidamente il fucile e fece fuoco sul cavallo.

La povera bestiatrapassata da parte a partes'inalberòbruscamentepoi cadde di quarto trascinando nella caduta il cavaliere.

I chinesi ed i tagali delle bandei quali seguendo i lorosanguinari istinti avevano già decapitato i morti ed i moribondi per portarnein trionfo le testesi gettarono sul maggiore per finirloma Hang li avevaraggiuntituonando:

- Guai a chi lo tocca! Quest'uomo è mio!…

Poi vedendo che esitavano ad obbedirlotimorosi che venissestrappata loro la predasi era gettato in mezzo a quei feroci combattentirespingendoli a colpi di calcio di fucile.

- Io sono Hang-Tu- gridò- capo degli uomini gialli edelle società segrete chinesi. Sventura a chi non mi obbedisce.

Poi s'avvicinò al maggioree mentre gl'insortiudendopronunciare quelle parole con un tono di minaccias'affrettavano a retrocederelo rialzò dicendogli:

- Avete perduto la partita: morrete.

Un sorriso sprezzante comparve sulle labbra del fierosoldato.

- Vi mostrerò come sanno morire gli uomini bianchi-rispose.

- Non dubito del vostro coraggio e ho avuto occasione diammirarlomaggiore d'Alcazar.

- La vostra ammirazione per me non v'impedisce però diuccidermi- rispose lo spagnuolocon ironia.

- Apprezzo anch'io gli uomini valorosie se voi non vichiamaste d'AlcazarHang-Tu vi avrebbe detto a quest'ora: andatesiete liberoperché siete un prode. Hang-Tudisgraziatamente per voimentre i vostrisoldati distruggevano le piantagioni mie e di Romero ed incendiavano le nostrecase e mi costringevano a fuggire nella mia patria per salvare la vitaquandoinvece l'insurrezione aveva bisogno di capi risolutiaveva giurato di uccidervie Hangve lo dissinon perdona.

- Ebbenevendicatevi.

Il chinese pareva che non lo avesse uditopoiché poco dopoaveva aggiunto con voce cupa:

- E poivi è una donna fra noi.

Il maggiore aveva rialzato prontamente il capoguardando ilchinese.

- Una donna- disse. - Volete vendicare il rifiuto da medato a Romero Ruizdi accordargli la mano di mia figlia.

- Non parlo della donna bianca- rispose Hang. - Parlo diThan-Kiú.

- Than-Kiú?… Non è forse il nome di quella giovanechinese che ho veduto nel chiosco del mio giardinola sera che vi ho salvato?…

- Sí- rispose Hangla cui fronte si era oscurata a quelricordo.

- E quella fanciulla mi odia?… - chiese d'Alcazar semprepiú stupito.

- Se non voivostra figlia.

- È una rivale di Teresita?…

- Che importa a voi il saperlose fra pochi minuti saretemorto?… - disse Hang-Tu.

- È vero- rispose il maggiore posandosi una mano sullafrontecome se volesse allontanare un importuno pensiero. - Fra poco mia figliarimarrà orfana.

Hang-Tuudendo quelle paroleaveva trasalito. Pareva chevolesse pronunciare una parolaun ordine che poteva strappare alla morte ilpadre della fanciulla biancama i suoi sguardi si erano volti lentamente versola casa ed avevano scortoad una delle finestreil pallido e leggiadro voltodi Than-Kiú. Le sue labbrapronte a lasciare sfuggire quella parolasi eranoora tosto rinchiuse.

- Orsúuccidetemi- disse il maggiorerizzando l'altastatura. - I vostri uomini sono impazienti di vedere il mio sangue.

Hang-Tu non rispondeva. Pareva una lotta terribile sicombattesse nel suo cuore e guardava sempre Than-Kiú che rimaneva immobileaccanto alla finestra.

Ad un tratto si scossecome se avesse preso una decisione.

- Bisogna che tu muoia- disse. - Non sono piú io che lodesideroè il destino che lo esige.

Poi volgendosi verso le bande che lo attorniavanocontinuò:

- Vi abbandono quest'uomo.

S'allontanò di alcuni passisi sedette sul tronco d'unalberosi prese la testa fra le mani e non parlò piú. Pareva che non avessenemmeno udito le urla di gioia feroce lanciate dalle bandenel ricevere quelcomandoche doveva spegnere uno dei piú valorosi soldati della vecchia Spagna.

 

 

 

 

 

Capitolo XX

 

UN SUPPLIZIO SPAVENTEVOLE

 

I chinesi ed i tagali si erano precipitati come un solo uomoverso il maggioreil quale li aveva attesi colle braccia incrociatela frontealta e serena ed un sorriso sprezzante sulle labbranell'atteggiamento d'unuomo che sfida imperterrito la morte.

Obbedendo ai loro istinti sanguinaritutti avevano alzate learmiululando come una torma di fiere disputatesi la predaspingendosi erespingendosi per essere i primi a vibrare il colpo mortalema ad un tratto sierano arrestati. Un pensiero infernale era balenato nella mente d'un chineseilquale aveva gridato:

- Tagliamolo a pezzi!…

La proposta aveva trovato eco.

- Síavevano risposto alcuni. - facciamogli soffrire il ling-chi!…

Alcuni chinesii piú viciniavevano allungate le maniverso il maggiore e lo avevano atterratosenza che il valoroso spagnuolomanifestasse il menomo sentimento di terrore per quell'atroce martirio a cui locondannavano e senza che opponesse la menoma resistenza.

Non ignorava cosa fosse il ling-chiparola chesignifica «taglio in diecimila pezzi» la pena piú spaventevole inventatadai chinesipoiché consiste nel legare il paziente ad un cavalletto etagliuzzargli tutte le parti carnosee strappargli brano a brano; pure sipreparava ad affrontare serenamente quella morte crudele.

Già alcuni tagali avevano tagliati parecchi rami perimprovvisare il cavallettoquando un chinese di statura gigantescache eradecorato delle insegne di sotto-capoebbe un'idea ancora piú feroce.

- Non il ling-chi- diss'egli. - Mattiamolo nellagabbia di bambú e facciamolo danzare all'estremità d'un albero. Ildivertimento sarà piú bello.

- Sísí- urlarono altri venti. - La gabbia di bambú!…

- Sífacciamolo danzare in aria!… - gridarono altriancora.

- La gabbia!… la gabbia!… - gridarono tutti.

Alcuni uomini si slanciarono nel bosco dove avevano vedutoalcuni macchioni di bambú e poco dopo ritornavano portando alcuni fasci diquelle canne chiamate teba-tebaarmate di formidabili spine cheproducono ferite dolorosissime. Altripratici nelle costruzioni di taligabbiesi misero subito al lavoro con febbrile attivitàmentre due o tredei piú agiliarrampicatisi su di un colossale tamarindogettavano unacorda vegetaleun lunghissimo calamoall'estremità di un ramo flessibilesíma tanto solido da sopportare anche un peso considerevole.

Il maggioreche era stato circondato da dieci tagaliarmati di fuciliassisteva a quei preparativi colla piú perfetta calma.Nemmeno il sorriso aveva abbandonato le sue labbra; solamente la sua fronteappariva bagnata d'alcune grosse gocce di sudore.

Poteva essere un coraggiosoun uomo che non paventava lamortema quei sinistri preparativi dovevano però aver scosso la sua fieraanima. Sapeva cos'era il ling-chima non ignorava anche il suppliziodella gabbia spinosaun martirio forse piú spaventevole dell'altropoichépiú lentopiú atroce.

Questa penache i chinesi usano per lo piú contro iprigionieri di guerrae che usarono non di rado contro i soldati francesicaduti nelle loro mani durante l'ultima campagna del Tonchino e dell'Yun-Nanè infatti una delle piú orribilipeggiore del palo dei turchi e deipersiani.

L'istrumento usato è una specie di gabbia di mezzo metroquadratoformato da otto bambú spinosi e col fondo pure coperto di spinelequali non lasciano libero che un piccolo spazioappena sufficiente dapermettere alla vittima di posare i piedi.

Al disgraziato condannato si legano le braccia e le gambeonde non possa muoversipoi viene deposto nella gabbia ed abbandonato a sestessoprivandolo del cibo e dell'acqua.

È allora che il supplizio comincia. Guai se si abbandonaun istantepoiché cade contro le punte acute dei bambú che gli lacerano lecarni.

Bisogna che resista finché puòse vuole godere alcunigiorni di vitama poidopo d'aver lottato contro il sonno e vinto dallaestrema debolezzaviene il momento in cui è costretto a cadere.

Impotente di mantenersi rittocomincia a oscillarema lavista delle punte acutepronte a lacerarlogli danno un ultimo istante divigore. Si curvama si risolleva: la lotta diventa allora spaventosa; ilmartirio atroce. La debolezza finalmente lo vince e s'abbandonaimpotente apiú oltre a resisterecontro le punte di bambú che gli si cacciano nellecarni.

Il corpo del povero martire rimane ancora appeso a quellepunte e non si stacca piúma la morte è sovente lunga a venire. Si sonoveduti condannati vivere due o tre giorni in quell'orribile posizione e non sisaprebbe dire con precisione se poi morivano per lo strazio o per la mancanzadi sonno o per fame.

Mancando alle bande il tempo di poter assistere a quellalunga agoniaavevano pensato di issare la gabbia all'estremità delflessibile ramo di un tamarindo e di farla vivamente dondolareper assisteragli sforzi disperati che avrebbe dovuto fare la vittima per non perderel'equilibrio e farsi subito infilzarsi dalle punte dei bambú. Era una speciedi supplizio dei pettinialtra tortura usta in Chinain cui il condannatosospeso ad un anello di ferro e ad una carrucolaviene fatto oscillarevivamenteonde vada a farsi strappare le carni contro alcune punte di ferro od'acciaio infisse in una parete.

Terminata la gabbia da quegli abilissimi lavoratori dibambúil maggiore fu afferratolegato per bene onde impedirgli di farequalsiasi movimento e deposto fra le otto cannevedendosi fra quelle puntelo spagnuolo ebbe uno scatto di ribellione.

- Vili! -gridò con voce tuonante. - Io sono un soldato enon un malfattore. Uccidetemi colle vostre armi piuttosto.

I chinesi ed i tagali risposero con un'atroce risata.

- Issa!… - gridò il sotto-capo dei chinesi.

Sei uomini si precipitarono verso la corda vegetale perinnalzare la gabbiama s'arrestarono tosto stupiti ed inquieti.

Un grido terribile era echeggiato verso la casa.

- Fermi o vi uccido tutti!…

Un uomo si era precipitato fuori dall'abitazionestringendo in mano un fucileche teneva impugnato per la cannacome sipreparasse a servirsene d'una mazza. Aveva i lineamenti sconvolti da unacollera tremenda e gli occhi che brillavano d'una fiamma minacciosa.

Hang-Tuche fino allora non si era mossocome se tuttociò che si era svolto attorno a lui non lo avesse menomamente interessatoudendo quella voce era balzato in piedi esclamando:

- Romero?…

Poi si era gettato innanzi chiudendogli il passo.

- Hang!… - gridò Romeroche pareva in preda ad una vivaesaltazione. - Salva quell'uomo!

- No- rispose il chinesecon tono risoluto.

- È il padre di Teresita.

- È un nemico dell'insurrezione.

- Ma è il padre di colei che amom'intendi?

- L'amore è una parola che non si conoscequando si lottapel trionfo della libertà e della patria. Qui si combatte e si muore.

- È l'uomo che ti ha salvatoHang.

- È l'uomo che io odio.

- Ebbeneuccidi anche me: il fratello d'armi spenga di suopugno il fratello.

La disperazione del meticcio era diventata taleche lafiera anima del chinese fu scossa. Fece un cenno ai chinesi ed ai tagali ondesi fermasseroma nessuno obbedivaanzi vedendo che la preda stava forse persfuggire loro di manosi preparavano ad affrettare l'esecuzione.

Una vampa d'ira guizzò negli occhi del capo delle societàsegrete.

Con un gesto rapido snudò la formidabile catana esi slanciò innanzigridando:

- Qui comanda Hang-Tuil capo degli uomini gialli. Fatelargo!…

il chinese era terribile a vedersi. La lama scintillantedella catanapareva pronta ad aprire un solco sanguinoso fra queiduecento uomini.

- Largo!… - ripeté. - Lasciatemi quell'uomo!…

Tutti retrocessero vivamente dinanzi a luimeno uno. Erail sotto-capo dei chinesicolui che aveva fatto la proposta di chiudere ilmaggiore nella gabbia. Quel gigante si era aggrappato alla corda vegetale enon pareva affatto disposto a obbedire.

- Vattene!… - gli gridò Hang.

- Nocapo- rispose il chinese. - Quest'uomo ce l'haidato e morrà.

- Vattene o t'uccido- ripeté Hang.

- No.

La pesante lama del capo delle società segrete sceserapida come un fulminesulla testa del gigante.

Il gigante agitò pazzamente le braccia brancolando nelvuotopoi stramazzò al suolo rimanendo immobile.

- Cosí muoiano tutti coloro che non obbediscono ai capidell'insurrezione- disse Hanggettando sugli uomini che lo circondavano unosguardo tale da farli tutti indietreggiare.

Poi s'avvicinò alla gabbia e disse al maggioreche tenevafissi gli occhi su Romero:

- La vostra vita dipende da Romero Ruizma spero distrappargliela ancora di mano.

Tornò vicino al meticciolo afferrò per un braccio e lotrasse verso una macchia facendolo sedere su di un tronco atterratopoiincrociando le braccia e sedendosigli di frontedisse:

- Ed oraa noi due!

La voce di Hang era gravequasi minacciosa; la sua frontecupa. Era forse la prima volta che cosí parlava a Romeropel qualefino apochi minuti primaaveva nutrito un affetto immensopiú che fraterno.

Lo guardò fisso per alcuni istanti in silenzioma con unosguardo cosí acuto che pareva volesse penetrare fino in fondo all'animo delfratello d'armipoi disse con voce lentama nella quale si sentiva vibrareuna profonda commozione.

- Che cosa vuoi tu?

- Salvarlo- disse Romero.

- E quali pretese accampiperché debba cedertiquell'uomo?…

- Hang-Tunon mi sei piú amico adunque?…

- Lo sono ancora.

- Allora tu sai che è il padre di Teresita.

- E che importa di Teresita all'insurrezione?… Quell'uomoè uno spagnuoloè un nemicoè un comandante di coloro che da quattro mesicombattono con fortuna contro le nostre bande e che ci fanno pagarecon unfiume di sangueil grido lanciato su queste isole di: viva la libertà!…

Essi fucilano i nostri capi che cadono nelle loro maniperché vuoi tu ora salvare luiche è caduto nelle nostre?… Perché è ilpadre della donna che tu ami?… Ma la patria vale ben piú che l'amor tuo peruna fanciullaper una figlia dei nostri nemicidei nostri oppressori. Lalibertà d'un popolo intero vale ben piú che la felicità d'un solo uomosiapure questo il capo supremo dell'insurrezionesia pure un prode e si chiamipure Romero Ruizil patriotta.

- Hang- disse Romero. - Ho dato tutto per la causa dellalibertàho perduto tutte le mie ricchezze per essaho veduto distruggere lemie piantagionidemolire le mie caseconfiscare i miei beniho dato il miobraccio ed il mio ingegnoho lottatoho provato le amarezze dell'esiliohocercato perfino d'infrangere la passione che m'ardeva il cuoreho datoperfino il mio sangue… Forse che non ho il diritto di esigere anch'ioqualche cosa da essa?… Che cos'è che chiedo per tutto quello che hoperduto?… La vita d'un uomo e nulla di piú.

- Ma la vita di quell'uomo può essere fatale a qualcuno.

- A chi?…

- Forse un giorno lo saprai e solo allora comprenderaiquante gocce di sangue sarà costata ad Hang-Tual tuo fratello d'armi che tiha immensamente amatoche ha vegliato su te come tu fossi un suo figliolaparola che tu cerchi ora di strapparglieli dalle labbra.

- Quali parole sono coteste Hang?… Che cosa significano?…

- Oh! Hang-Tu non te lo dirà mai.

- Tu nascondi al tuo fratello d'armi un segreto.

- Può esserema questo segreto non appartiene che a me.

- Hang-Tuamico mio!

- SilenzioRomero. Parliamo del maggiore d'Alcazar.

- Ebbeneconcedimi la vita di quell'uomo.

- Per salvarloper lasciarlo andare liberoper dare ainostri nemici un capo che potrebbe un giorno piombarci ancora addosso a farstrage dei nostri uomini? Tu hai vantato i tuoi diritti perché l'insurrezioneti ceda quell'uomoma io non ho vantato ancora i mieiRomero.

«Anch'io ho dato per la causapel trionfo della qualecombattiamola mia vita. Anch'io ho veduto distruggermi dagli spagnuolidaisoldati di questo nemico che io tengo fra le mie manile mie piantagioni e lemie case; anch'io ho provato l'esiliosono stato condannato a morteholottato ed ho sofferto ed avevo giurato di vendicarmi se il destino m'avessegettato dinanzi questo d'Alcazarche ora tu vuoi strappare alla morte.Perché Hang-Tu che l'ha fatto prigioniero colla propria audacianon sivendicherà del suo mortale nemico?»

- Ma tu non dimentichiHangla notte che ci rifugiammonel suo giardino.

- Non l'ho scordata.

- Quest'uomo che tu odiiquella notte ti ha salvatomentre poteva perderti.

- Ma anch'io non ho fatto fuocoquando lo tenevo dinanzila canna della mia rivoltella.

- Tu sei generosoHang.

- Forsema non lo si può essere sempre.

- Hang-Tuio salvo il padre della fanciulla che amo.

- E darai un nemico di piú alla nostra causa.

- È bello talvolta mostrarsi generosi. Almeno non si diràche tutti gl'insorti sono feroci.

- E rideranno della nostra generosità e continueranno acombatterci con furore.

- È nel loro diritto il difendersi.

- Ed è nostro diritto sopprimere i nostri piú formidabilinemici.

- BastaHang: grazia per lui.

- L'ami dunque immensamente la fanciulla biancaperstrappare all'insurrezione uno dei suoi piú temuti avversari?

- Síl'amoHang.

- Sempre?…

- Sempre.

- E tu credi di non poterla dimenticare.

- No.

- Per nessun'altra donna?… - chiese Hangla cui vocetremava.

- No.

- Nemmeno per… Than-Kiú?… - chiese il chineseconestrema ansietà.

- Than-Kiú!… - esclamò Romero - io le voglio bene…

- Le vuoi bene!… - gridò Hangbalzando in piedi.

- Síma come una sorella.

Il chinese era diventato pallido come un cencio lavatoanzi livido. Ricadde sul tronco dell'albero come se le forze lo avesseroimprovvisamente abbandonatoprendendosi il capo fra le mani:

- Ah!… È vero… tu non puoi amare le donne del miopaese- mormorò egli con triste accento. - Non sono bianche come la Perladi Manilla.

Si era bruscamente rialzatogirando all'intorno unosguardo smarrito. Pareva che cercasse qualcunoe che i suoi occhi nonvedessero piú nulla.

- Che cosa vuoifratello? - chiese Romero.

- Attendimi- rispose il chinese.

Sulla porta della casaappoggiata allo stipitevi eraThan-Kiúed il chinesedopo una breve esitazionesi era diretto verso lafanciulla.

Quando le fu vicinoil suo viso era cosí alteratocheThan-Kiú non poté trattenere un gesto di meraviglia.

- Hang- mormorò. - Cos'hai?…

- Nulla - rispose il chinese. - Vuoi che il padre delladonna bianca viva o muoia?…

Than-Kiú non rispose: guardava il chinesecome se volesseleggergli negli occhi il motivo di quella domanda.

- Mi hai compreso? - chiese egli.

- Sí.

- La vita di quell'uomo sta nelle nostre mani.

- Ma Romero?… - balbettò la fanciullacon vocealterata.

- Sei tu che devi decidere. Bada che se tu lo condannipotrai scavare un abisso immenso fra il cuore della fanciulla bianca e quellodi Romeropoiché non sarà stato Hang-Tu che avrà ucciso il maggiored'Alcazarma le bande comandate da Hang-Tu e da Romero Ruiz. Scegli!…

- Mi fai paura Hang.

- Scegli- ripeté il chinese.

- Io non posso ucciderlo: sono una donna e non ho il fierocuore come te.

- Lo salvi adunque?…

Than-Kiú chinò il capo senza rispondere.

- Lo vuoi salvare per Romeroè cosíThan-Kiú?

- Sí.

- E avrai riempito l'abisso che io volevo scavare fra ladonna bianca e lui.

- Romero mi sarà riconoscente.

- Ma amerà sempre la Perla di Manilla.

- Forse penserà a me.

- T'inganniThan-Kiú.

- Si compia il mio destino- mormorò la fanciulla.

- E sia- disse Hang-Tu.

Era ritornato presso Romero.

- La vita del padre della donna bianca non lo dovrai né amené all'insurrezione- gli disse. - La devi alla generosità diThan-Kiú!

- GrazieHang.

- Non ringraziarmiRomero. Io in questo istante salvo unuomoma spezzo una vita gentile ed infrango un dolce sogno. Sia: Hang-Tuobbedirà!

Estrasse la catana e s'avvicinò alla gabbiaentrola quale si trovava ancora il maggiore d'Alcazar. Romeroin preda ad un vagotimoreera balzato in piedi: credette per un istante che Hangmancando allaparolaalzasse la terribile arma contro lo spagnuolo.

- Hang-Tu!… - esclamò con angoscia.

Il chinese fece un gesto colla manocome per rassicurarlo.

Con un colpo di catana troncò i bambú spinosirecise le corde che stringevano il maggiore e presolo per un braccio locondusse vicino a Romerodicendoglicon fiera nobiltà.

- È tuofratello: prendilo!

Poi gettò via l'arma e incrociò le braccia.

Romero vi era appressato al maggiore il quale parevavivamente stupito di trovarsi ancora vivo e gl'indicò un cavallo sellato chesi trovava lí vicinodicendogli:

- Siete liberomaggiore d'Alcazar.

Lo spagnuolo non aprí bocca. Salí lentamente in sellaraccolse le brigliepoi spronò il cavallo; ma quando ebbe fatto pochi passitornò indietro e avvicinandosi a Romero che era rimasto immobile al pari diHang-Tugli stese la manomormorando con un tono di voce che leggermentetremava:

- GrazieRuiz. Simili generosità non si scordano.

Poi cacciò vivamente gli sproni nel ventre del cavallo esi allontanò rapidamentescomparendo in mezzo agli alberi

 

 

 

 

 

Capitolo XXI

 

SULLE RIVE DELLO ZAPATÈ

 

Un'ora dopo le due bande dei tagali e dei chinesicapitanate da Hang-Tuabbandonavano la foresta scendendo nella pianura.Romeroche dopo quella forte commozione era stato ripreso da una febbreviolentaera stato collocato su di una nuova barella sorretta da quattrorobusti indigeninon potendo assolutamente montare ancora a cavallo.Than-Kiúcome semprelo vegliavacavalcando presso di lui.

Le bande s'affrettavanotemendo di venire sorprese daisoldati spagnuoli del generale Lachambrei quali avevano cominciato le lorooperazioni per impossessarsi delle rive dello Zapatè e scacciare gl'insortida S. Nicolacoprendo contemporaneamente Pamplona per impedire che venisseoccupata dal nemico.

Hang-Tu avvertito di tuttociò dai due meticci che gliavevano condotte quelle due bandeda loro incontrate nei pressi dello Zapatèmentre stavano eseguendo una ricognizioneaveva dato ordine di tenersilontano dalle strade che potevano già essere state occupate dalle avanguardiespagnuole e di avanzarsi attraverso le piantagioni e le forestevolendoevitare qualsiasi combattimento.

Sapeva ormai che S. Nicola non era lontana che sette odotto miglia e voleva condurre colà intatte le bandetanto piú che era statoinformato come i ribelli disponessero di poche forze per difendere la borgatacontro le agguerrite truppe di Lachambre.

Alla seradopo tre ore di marcia attraverso a piantagionimezzo distrutte dal fuocoforse appiccatovi dagl'insorti per poter meglioscorgere l'avanzarsi dei nemicile due bande si accampavano in mezzo ad unpiccolo bosco che coronava la cima d'una collinettae che le metteva alcoperto da qualsiasi sorpresa.

Hang-Tuseguito da alcuni meticci del suo drappellosalísulla piú alta cimadalla quale poteva dominare una vasto tratto del paeseed anche buona parte delle rive dello Zapatè.

Da quella posizione elevata scoprí subitoverso il nordal di là del fiumenumerosi punti luminosi brillare fra le tenebre. Supposeche fossero fuochi delle bande insorte accampate intorno a S. Nicola.

- È vero- dissero i meticciche avevano guidato le duebande. - A S. Nicolasi veglia per tema d'una sorpresa notturna.

- Domani mattina possiamo giungere alla borgata- disseHang- purché gli spagnuoli non abbiano di già occupate le rive delloZapatè.

- È quello che io temocapo- osservò uno dei duemeticci. - Vedo dei fuochi brillare sotto i boschi che si stendono lungo lerive del fiume e precisamente dinanzi a noi.

Hang-Tu abbassò gli sguardi verso il fiumele cui acquescintillavano all'orizzontesotto i primi raggi dell'astro notturno cheallora sorgeva dietro le foreste e scorse infatti alcune luci tremolanti sottola cupa ombra degli alberi. La fronte del capo degli uomini giallis'aggrottò.

- Ci avrebbe già preceduti il nemico? - mormorò. - Non hogrande fiducia che S. Nicola possa resistere a lungo alle brigate vittoriosedel generale Lachambrema infine una buona resistenza la si poteva tentare.

Poi volgendosi verso i due meticcichiese:

- Credete che quei fuochi siano di qualche capo spagnuolo?

- Lo crediamocapo- risposero.

- Se cosí fosseavremmo la via tagliata.

- Possiamo mandare alcuni cavalieri in esplorazione.

- È quello che farò. Date intanto ordine che si spenganonel nostro campo tutti i fuochionde non attirare l'attenzione del nemico edesporci ad un inutile attacco. Darete pure ordine che nessuno si corichi e chesi tengano pronti a ripartire.

- Vuoi forzare il passo del fiumecapo? - chiese unmeticcio.

- Si vedrà piú tardi che cosa ci converrà fare. Quattrouomini di buona volontà risalgano a cavallo e si rechino sulle rive delfiume.

Quattro meticci della sua piccola banda si fecero innanzidicendo:

- Siamo pronti a partire.

- Andateguardate e tornate presto a riferirmi ciò cheavrete veduto. Soprattutto siate prudenti e non fatevi sorprendere.

Ridiscese il colle e attraversato il campoentrò in unacapannuccia improvvisatacon rami d'alberosotto la quale era statoricoverato Romero.

Il meticcioche ricominciava a migliorareessendo cessatala febbrestava parlando con Than-KiúLa quale si teneva seduta presso dilui; vedendoli uno vicino all'altracorrugò la frontema fu un lampo. Ilsuo viso aveva prontamente riacquistata la consueta serenità.

- Mi sembra che tu stia meglio questa sera- disse aRomero.

- Sífratello- rispose il meticciotenendogli la mano.

Hang finse di non vederla e andò ad accoccolarsi presso laporta della capannuccia.

- Hang- disse Romeroalzandosi a sedere. - Tu sei incollera con meè vero?…

Il chinese non rispose. Si era preso fra le mani il capo epareva che meditasse.

- Hang- ripeté Romero. - Tu sei in colleraperché ioti ho strappato dalle mani il maggiore d'Alcazar.

Anche questa volta il chinese non rispose. Than-Kiú si eraalzata pallidissima e guardava ora l'uno ed or l'altrocon viva inquietudine.

- Hang- diss'ella.

Udendo la voce della fanciullail chinese aveva alzato ilcapopassandosi prima una mano dinanzi agli occhicome se avesse volutoallontanare una visione o strapparsi qualche furtiva lagrima.

Than-Kiú l'aveva veduto e gli si era avvicinatamormorandogli in un orecchioma in modo che Romero non potesse udirla.

- Tu hai piantoHang.

- No- rispose il chinesecon voce appena intelligibile escotendo il capo. - Meditavo.

- Notu cerchi ingannarmi. Tu piangi e forse per me.

- Taci!…

Poi si alzòdicendo con voce tranquilla:

- Non t'avevo uditoRomero. NoHang-Tu non ha cessatod'amare il suo fratello d'arminé si pentirà di ciò che ha fatto. Haivoluto salvare il padre della donna bianca: forse hai fatto bene. Certegenerositàtalora possono diventare preziose. Orsúnon se ne parli piúmai.

- Ma mi sembri commossoHang.

- NoRomerosono preoccupato perché comincio a dubitaredell'avvenire.

- Vuoi dire?…

- Che la sfiducia comincia a infiltrarsi nel mio animo eche i sogni tanto accarezzati stanno per svanire tutti. Anche il grande idealecomincia ad impallidire.

- Parli dell'insurrezione forse?

- Sí e anche d'altro.

- Forse che tu non hai piú fiducia nella nostra causa?

- Hang-Tu legge talvolta nell'avvenire e l'ha veduto benfosco.

- Forse che nuovi disastri hanno colpito la nostra causa?

- Noma prevedo che quest'insurrezione finirà in unacatastrofe.

- Non lo credo.

- SaiRomeroche il generale Lachambre è già giuntosulle rive dello Zapatè e che le sue brigate accampano a due miglia da noi?…

- Di già?… - esclamò Romerocon doloroso stupore.

- Sí e aggiungerò che la presa di S. Nicola è forsequestione di ore.

- Ma noi andremo a difenderla.

- E chi ci aprirà la via attraverso le truppe spagnuole?…Queste due bandeche non contano dieci meticci? Tu sai già quanto valgono itagali ed i miei compatriotti.

- Siamo tagliati fuori da S. Nicola?…

- Tutto lo indica.

- E che cosa pensi di fare?…

- Tenterò di attraversare lo Zapatè senza impegnarebattaglia.

- E se tu non riuscissi?…

- È a te che domando che cosa si dovrà tentare. In questaprovincia non vi è piú nessuna borgata sulla quale ripiegare e tentare unadifesa disperata. Il nostro piano di distrarre le forze che marciano su Cavitelo credo fallito e senza alcuna speranza di rimedio.

- EbbeneHangnoi andremo a Cavite. È là che batte ilcuore dell'insurrezione e là andremo a difendere strenuamente il baluardodella libertà.

- E lo potremo noi o sarà troppo tardi? Sai che le truppedel generale Polavieja s'avanzano lungo la penisola?…

- Cercheremo d'ingannarle.

- O verremo presi e fucilati.

- Vi è il mareHang.

- Ma la baia è guardata dalla flottiglia spagnuolalaquale blocca strettamente Cavite.

- Ma si puòapprofittando di una notte oscuraviolare ilblocco e sbucare sotto le mura della città.

- È vero- mormorò Hang-Tucome se parlasse fra sé. -Con uomini decisi a tuttosi può tentarlo.

Si era alzato e si era accostato alla portaporgendoascolto ai rumori del campo.

- Vado a vedere se gli uomini mandati in esplorazione sonogiunti- disse. - Dalla loro risposta può dipendere la nostra sorte efors'anche quella delle bande che difendono S. Nicola.

Fece un gesto d'addio a Romero ed a Than-Kiú ed uscí.

Tutti i fuochi erano stati spenti nell'accampamentomanessuno dormiva. Chinesi e tagali si erano coricati accanto ai loro cavallitenendo le armi a portata della manoper essere pronti a partire.

Hang-Tu fece il giro del campo visitando i posti diguardiatemendo sempre una sorpresa da parte degli spagnuoli che ormaisupponeva molto vicinipoi andò a sedersi su di un'alta rocciadalla qualedominava il corso dello Zapatè e poteva distinguere i fuochi che ardevanosulle sue rive.

Non pensava; spiava con ansietà il ritorno degli uominimandati ad esplorare i dintorni.

Trascorse una mezz'orapoi un'orasenza che nulla potessescorgere. In fine vide alcune ombre gigantesche galoppare celermente per lapianura e gli acquitrini che si estendevano dietro lo Zapatèe dirigersiverso il colle occupato dalle due bande.

Credette dapprima che fossero cavalleggeri spagnuoli inesplorazionema poi s'accorse che erano i suoi quattro meticci.

Lasciò la rocca e scese incontro a loro.

- Gli spagnuoli? - chiesequando lo ebbero raggiunto.

- Sícapo- rispose uno dei due meticci. - Abbiamodinanzi a noi una brigata del generale Lachambre.

- Ah!… sfortuna!… - esclamò Hang. - Si prepara adassalire S. Nicola?…

- Sembra che domaniall'albadebba cominciare l'assalto.Una parte delle truppe ha già guadato il fiume e gli altri si preparano purea passarlo.

- Credete che sia possibile a noi di attraversarla senzavenire scoperti?…

- Forsepassando in mezzo alle paludi- disse un altrometiccio.

- Vi passeremo- rispose Hangche pareva avesse presa unapronta decisione. - Fate levare il campo.

- E Don Ruiz?…

- Lo condurremo con noi. Non sarebbe prudente lasciarloindietrofosse pure sotto una buona scorta. Affido a voi l'incarico divegliare su di lui.

- E noi lo difenderemo- risposero ad una voce i quattrometicci.

Gli uomini delle due bandeavvertiti di quanto accadevasi erano prontamente alzati e si erano ordinati su due colonnesenza farrumore. Hang-Tu li passò in rivistascelse venti uomini per formare unpiccolo corpo d'avanguardia poiappena ricevuto l'avviso che Romero eThan-Kiú avevano lasciata la capannucciadiede il comando della partenzamettendosi al comando del primo gruppo.

I duecento uomini scesero la collina nel piú profondosilenzio e tenendosi sempre sotto l'ombra delle pianteonde i raggi dellaluna non si riflettessero sulle loro armipoi giunti nella pianura sicacciarono in mezzo alle piantagioni.

Hang-Tucoi suoi venti uominisi era portato piú innanziper esplorare il terreno e per non cadere in qualche imboscata. Procedevacautosostando di frequente per ascoltare e non riprendendo la marcia se nonquando era ben certo di non aver dinanzi il nemico.

Gli premeva attraversare il fiume inosservatopoiché alprimo allarme poteva tirarsi addosso l'intera brigata che accampava sulle rivee venire schiacciato senza combattimento.

Giunto a cinque o seicento passi dallo Zapatècomandò aisuoi uomini di scendere da cavallo per tema che venissero scortie diavviluppare le teste degli animali nelle gualdrappeonde impedire loro dinitrirepoi si spinse audacemente innanzi attraverso ad un terreno fangosoche annunziava la vicinanza d'una palude.

La colonnache lo seguiva ad una distanza di tre oquattrocento metriaveva imitato quelle prudenti manovre e s'avanzavalentamentelungo un argine coperto da macchioni di bambú.

Il terreno diventava cattivissimosoprattutto pei cavallii quali talvolta affondavano fino a mezza gamba in una mota tenacissimamaHang-Tu non si arrestava. Sentiva dinanzi a sé scorrere il fiume e alla suadestra vedeva brillareattraverso le piantei fuochi degli accampamentispagnuoli. Guai se veniva sorpreso in mezzo a quel pantano che rendevanoimpossibile qualsiasi carica; era la perdita di tutti. Ad un tratto alcuniinsorti dell'avanguardiache si erano spinti piú innanzifurono vistiabbandonare precipitosamente i loro cavalli che si erano affondati fino alventre e retrocedere precipitosamente.

Hang-Tucredendo che fossero stati scoperti da qualchedrappello di nemici accampati sulle rive del fiumesi preparava a balzare insella per slanciarsi avantiquando udí alcune parole che gli agghiacciaronoil sangue nelle vene.

- Le sabbie mobili!… - avevano detto gli uomini cheretrocedevano. - Non avanzate!…

- Maledizione!… - esclamò il chinese. - Le sabbie mobilidinanzi e gli spagnuoli ai fianchi!… Se riusciremo a salvarci saremo bravi.

Guardò se la colonna lo seguiva o se si trovava ancorasull'argine e la vide ormai impegnata nella palude. Malgrado il suostraordinario coraggioprovò un fremito di terrore.

- Il cielo vegli su di noi- mormorò.

Non vi era da pensare a retrocedere. Poteva accaderequalche confusionela quale non avrebbe tardato ad attirare l'attenzionedella brigata del generale Lachambre. Bisognava andare innanzi a qualsiasicostotanto piú che l'alba non era molto lontana.

Non era però possibile passare là dove erano statiabbandonati i cavalli. Le povere bestie in pochi istanti erano stateinghiottite dal fango e tutti gli altri non avrebbero avuto di certo migliorefortuna.

- Deviamo- disse Hang- forse procedendo parallelamentealla rivapotremo trovare qualche passaggio. Due uominii piú lesti ed ipiú leggeri ci precedanoe due altri si rechino ad avvertire il grosso dellabanda del pericolo ed a raccomandare il piú profondo silenzio. Si trattadella vita di tutti.

Due tagaliscelti fra i piú agilisi posero alla testadell'avanguardiaesplorando il terreno con le aste delle loro lunghe lance.Ben presto s'accorsero che era impossibile giungere direttamente sulle rivedello Zapatèma deviando a destra riuscirono a trovare un fango piú solidoche poteva permettere il passaggio.

L'avanguardia ed il grosso della colonna li avevano seguitiin quella nuova direzioneprocurando di tenersi esattamente sulle loro tracceper tema che a destra od a sinistra si trovassero altri banchi di sabbiemobili. Tutti erano discesi da cavallo per alleggerire le povere bestielequali faticavano assai a levare le zampe da quella poltiglia tenace.

Percorsi altri duecento passile due guidevedendonumerosi gruppi di canne palustri crescere qua e là sulle rive del fiumetentarono di tagliare la palude in linea rettama dovettero tornare ancoralasciando un cavallo fra le sabbie mobili.

Hang-Tu cominciava a diventare inquieto. Le stelleimpallidivano rapidamente e l'alba stava per fugare le tenebre.

Già verso gli accampamenti della brigata spagnuola siudivano rumori crescenti e qualche squillo di tromba. Forse la sveglia non eralontana.

- Prestopresto- ripeteva Hang. - se ci sorprendono quisiamo perduti.

Le due guide continuavano ad avanzare scandagliando ilfango e affrettando il passo piú che potevanocercando sempre un passaggioche permettesse di raggiungere l'argine del fiumeil quale ormai non eralontano che un centinaio di metri.

Finalmente si sentirono sotto i piedi un tratto di terrenoinondato bensíma resistente.

- Avanti!… - esclamarono. - Siamo salvi!…

L'avanguardia ed il grosso della colonna si eranoprecipitati dietro di loro. L'alba allora spuntava e negli accampamentispagnuoli le trombe suonavano la sveglia.

Le due guide erano già giunte a pochi passi dall'arginequando in lontana si udí una voce tuonare:

- Chi vive?

- Silenzio- aveva detto Hang-Tu ai suoi uomini. - Taceteed affrettatevi.

- Chi vive?… - ripeté la voce con tono minaccioso.

Hang-Tu invece di rispondere balzò in sella armando ilfucileimitato da tutti gli uomini dell'avanguardia. Uno sparo rintronò.

Una delle guideche era già salita sull'arginecolpitadalla fucilata della sentinella spagnuolaallargò le braccia e cadde nellapalude.

Hang-Tucon una spronatasi spinse innanzi e costrinse ilcavallo a salire sull'argine. Un secondo sparo rintronòma la palla siperdette altrove.

- Avanti!… - urlò il chinese.

Tutta l'avanguardia si era precipitata dietro di lui e siera raggruppata sulla riva dello Zapatècoi fucili in mano.

A trecento passi vi era un piccolo posto spagnuolonascosto dietro l'argine. Si componeva di soli pochi uominima aveva apertoarditamente il fuocomentre nell'accampamento si udivano le sentinelle agridare:

- All'armi!… All'armi!…

Già alcune palle avevano scavalcato piú d'un cavalieredell'avanguardia ed abbattuto piú d'un cavallo.

Hang-Tu si pose alla testa del drappello e caricò a fondocolla catana in pugno. Gli premeva di respingere quel piccolo postoper lasciare tempo al grosso della colonna di passare il fiume. Sfuggímiracolosamente al fuoco di due scariche e si slanciò in mezzo a quel piccologruppo di soldaticostringendolo a disperdersi.

- A terra- gridò ai suoi uomini. - Occupate l'argine etenete testa al nemico. Mi bastano due minuti. - Poimentre i cavalieribalzavano precipitosamente di sellaaprendo il fuoco sui primi drappelli dispagnuoli che accorrevano dall'accampamento piú vicinotornò indietro perdirigere il guado del fiume.

 

 

 

 

 

Capitolo XXII

 

FRA IL FUOCO E L'ACQUA

 

Il grosso della colonna era giunto disordinatamente sullariva dello Zapatècredendosi assalito anche alle spalle e sui fianchimanessun cavaliere aveva ancora osato slanciarsi in acquapoiché le lance dialcuni tagali non avevano trovato fondo.

Il fiumeingrossato da qualche recente acquazzonecorrevarapidofrangendosi furiosamente contro i due argini e da quella parte nonoffriva alcun guado. Vi era quindi il pericolocon tanti cavalli e con ilpànico che aveva cominciato ad invadere le due bandeche il passaggioterminasse in una catastrofe.

Hang-Tu con uno sguardo aveva compresa la gravità dellasituazionema aveva pure capito che non vi era da esitare. O passarerapidamente il fiumeo farsi sterminare dai soldati spagnuoli che giàaccorrevano con forze imponenti da tutti gli accampamenti.

L'avanguardiariparata dietro l'arginesi difendevavigorosamente con scariche micidialima non avrebbe potuto resistere a lungoall'irrompere della brigata.

- In acqua!… - gridò Hang-Tu.

In quel momento si rammentò di Romero e di Than-Kiú es'arrestògettando uno sguardo angoscioso sui cavalieri che s'affollavanoconfusamente sulla riva.

- Romero!… - gridò.

- Eccomi! - rispose una voce.

Il meticcio Stava per raggiungerloaprendosiimpetuosamente il passo fra le bande. Udendo i primi sparisi era gettatodalla barellamalgrado le preghiere di Than-Kiú e dei meticci incaricati divegliare su di luie fattosi condurre un cavallo lo aveva montato.

Aveva pur lui compreso la estrema gravità della situazionee da vero caponon badando ai dolori causati dalla feritaaccorreva in primafila per organizzare la difesa e guidare le bande attraverso il fiume.Than-Kiú lo aveva seguito coi quattro meticci.

Vedendosi di già sulla rivaHang-Tu aveva respiratoliberamente.

- Puoi reggertiRomero?… - chiese.

- Sí- rispose il meticcio.

- Than-Kiúlascia il tuo cavallo e sali dietro di me.

- L'acqua non mi fa pauraHang- rispose la fanciulla.

- Ma la corrente è rapida. Sali e aggrappati a me. Il miocavallo è vigoroso.

Than-Kiú obbedí.

- In acqua!… - gridarono i due capi.

Spronarono i cavalli e si slanciarono arditamente nelfiume. I loro uominiincoraggiati nell'esempio e spaventati dall'accorreredegli spagnuolii quali avevano già aperto il fuocoli seguironoconfusamente. Quelli che erano rimasti senza cavalli erano balzati in groppa aquelli dei loro compagni o si erano attaccati alle code.

La correnteche era rapidissimatrascinava uomini edanimaliminacciando d'inghiottire gli uni e gli altri. Per maggior disgrazial'avanguardiaoppressa dal numeroaveva abbandonato l'argine balzando purein acquasicché gli spagnuoligiunti sulla rivasparavano sui cavalieridella retroguardiaspargendo il terrore e la morte.

Hang-Tu e Romeroin testa a tutticon furiose speronatecercavano di mantenere a galla i cavalli e di guidarli verso alcuni banchi disabbia che si vedevano emergere nel mezzo del fiumementre Than-Kiúpurtenendosi stretta al chinesecolla sinistra faceva fuoco contro glispagnuolibruciando tutte le cariche della sua rivoltella.

Dietro di loro si dibattevano i chinesi ed i tagaliurlando come indemoniati. Presi da un pànico ormai irrefrenabilesi urtavanoconfusamente per essere i primi a giungere sull'opposta rivaimbarazzando lemosse dei poveri animalii quali non si mantenevano a galla che con sforzidisperati.

Di quando in quando alcuni cavalieri e cavallicolpitidalle palle del nemicoscomparivanotrascinati dalla correnteandavano adurtareviolentemente contro gli altricausando nuove disgrazie.

Le grida dei fuggiaschile urla dei feritii nitriti deicavalligli spari ed i muggiti delle acqueformavano un baccano assordantetale da impedire ad Hang-Tu e Romero di dare qualsiasi ordineper evitare chequella precipitosa ritirata si convertisse in un completo disastro. Invanourlavano ai loro uomini di tenersi lontani gli uni dagli altriper nonimbarazzare le mosse dei cavalli e raccomandavano la calma; la loro voceveniva coperta da quel fracasso assordante.

Le linee erano state rotte. Alcuni cavalliimpotenti aresistere all'impeto della correnteerano stati trascinati lontano e sivedevano dibattersi a trequattro e perfino cinquecento metri dal luogo ovesi erano tuffati; altri inveceerano stati respinti verso la riva ed i lorocavalieri erano caduti sotto il fuoco del nemico od erano stati fattiprigionieri.

Intanto Hang-TuRomero e dieci o dodici altri che non liavevano abbandonatierano giunti sui primi banchi e là si erano arrestati inattesa dei compagni. Vedendo che gli spagnuoli non cessavano il fuoco e checontinuavano ad ingrossaresi nascosero dietro ai cavalli e cominciarono asparare.

I cavalieri che giungevano a due o tre alla voltaliimitavano per rendere meno disastrosa la ritirata degli altri che si trovavanoancora nelle acque profonde.

Le palle s'incrociavano sopra il fiume con strani miagolii.Cadevano uomini d'ambo le partiMa soprattutto insortile cui bande siassottigliavano rapidamentementre le compagnie nemiche ingrossavano sempre.

Dei duecento insortiche erano entrati nel fiumenerimanevano centocinquanta; gli altri erano stati inghiottiti dalle acque ed iloro cadaveriunitamente a quelli dei cavallisi vedevano arenati presso ibanchi o lungo le rive.

Hang e Romerofrettolosi di salvare i rimanenti e disottrarli a quelle scariche micidialiappena videro approdare gli ultimicavaliericomandarono nuovamente la ritirata.

Ormai la riva era vicinae dietro gli alberi che lacoprivano potevano trovare un ottimo rifugio.

Attraversarono rapidamente i banchi sempre sotto il fuocoche faceva grandi vuoti fra le fila degl'insortie si cacciarono in mezzoagli alberidove sostarono per attendere i compagni che avevano approdato dueo trecento metri piú lontano.

- Prestopresto! - gridava Hang- o avremo addosso anchele truppe che hanno guadato il fiume prima di noi.

Gl'insorti giungevano alla spicciolataalcuni ancora acavalloaltri a piedi e quello che era peggiosenz'armiavendo dovutoabbandonarle per salvarsi a nuoto.

Quando Hang-Tu se li vide tutti intornoordinò aicavalieri di prendersi in sella i compagni che avevano perduto i loro animalie diede il comando della partenzasperando di poter giungere a S. Nicolaprima che il generale Lachambre ordinasse l'attacco.

La borgata tenuta dagl'insorti non era lontana e con unarapida galoppata si poteva raggiungerla in meno di tre quarti d'ora.

Tutta la colonna si era lanciata al galoppoinoltrandosiin una vallata in mezzo alla quale scorreva un piccolo affluente delloZapatèprocurando di tenersi nascosta in mezzo agli alberi che coprivano ilfondo ed i due pendii.

Dalla parte del fiume le detonazioni erano cessatema piúoltreverso S. Nicolasi udivano squillare le trombe degli spagnuoli. Parevache il generale si preparasse ad assalire.

- Speri di giungere in tempo? - chiese Romerochecavalcava a fianco di Hang. Conduciamo con noi rinforzi già stremati dallalotta e dalla fatica e inoltre avviliti.

- Faremo quanto potremo. La presenza nostra puòincoraggiare gli insorti ad una disperata resistenza. Quello che temoè ditrovare la via tagliata.

- Cercheremo di girare le posizioni spagnuole. Forse S.Nicola non è ancora stata circondata.

- SperiamoRomero. E la tua ferita?…

- È già un po' cicatrizzata. Fra tre o quattro giornitutto sarà finito.

- Non ti producono dolori le scosse del cavallo?

- Síma sono sopportabili.

In quell'istanteverso il fondo della vallesi udirono asquillare delle trombementre piú in alto si udivano muggire le conche diguerra delle bande insorte.

Hang-Tucon una violenta strappataaveva fermato ilcavalloguardando con inquietudine verso l'estremità della valletta.

- Che gli spagnuoli si muovano? - chiese.

- Lo credo- rispose Romeroche si era pure arrestato. -Questi squilli comandano l'apertura del fuoco.

Aveva appena cessato di parlare che si udirono rimbombarein altocon immenso fragoredue cannonatepoi subito dopo una terza dallaparte di Zapatè.

- Giungeremo troppo tardi!… - esclamò Hangcon rabbia.

- O non vi potremo nemmeno giungerecolle poche forze dicui disponiamo- disse Romero.

- Perché?…

- Guarda lassú. Non vedi le schiere spagnuole avanzarsiattraverso i boschiin masse considerevoli?… Tutta la prima brigata delgenerale Lachambre muove all'attacco e forse la seconda ha già guadato ilfiume e si avanza per tagliare la ritirata agl'insorti.

- Non importaRomero; caricheremo a fondo e passerà chipotrà.

Poi rizzandosi sulle staffe e snudando la catanaurlò:

- Avanti chi non teme la morte!…

La colonna si era slanciata al galoppo addentrandosi nellastretta vallela quale terminava in un'aspra salita che doveva sboccare neipressi di S. Nicola. Cercavano di affrettarsima la natura del suoloilquale era ingombro di macigni enormidi gruppi di alberi e di cespuglilacostringeva di frequente a rompersi o a rallentare. Alcuni cavalierisia chepossedessero cattivi animali o che si sentissero poco tentati di appressarsialle forti colonne spagnuolecominciavano a rimanere indietro per poidileguarsi al momento opportuno.

Intanto verso S. Nicola l'attacco era cominciato con grandevigore e con molto slancio da parte delle due brigate del generale Lachambreil vincitore di Salitran.

Il cannone rombava incessantemente e la moschetteriacrepitava dovunque. Al di sopra degli alberi si vedevano alzarsi nubi di fumobiancomentre al di sotto si udivano le trombe a squillare la carica e isoldati a gridare.

- Viva il Re!… Viva la Reggente!…

Pareva che le bande insortetrincerate nel borgosidifendessero disperatamentepoiché anche lassú il fuoco di moschetteria simanteneva vivissimoquantunque alcune case incendiate da qualche granataardessero come zolfanelli.

Romero e Hang nondimeno s'avanzavano semprebenché sifossero accorti che la loro colonna andava assottigliandosi rapidamente.Sperava ancora di giungere inosservati alle spalle delle truppe spagnuolediaprirsi il passo con una carica furiosa e di entrare al galoppo in S. Nicola.

Il loro piano doveva però in breve fallire. Alcunispagnuoli che salivano pure la valletta attraverso i boschiaccortisi dellapresenza di quel gruppo di cavalieriavevano dato l'allarme epresaposizione in mezzo ad alcune rupiavevano cominciato a far fuoco.

Hang-Tu e Romerovisto che i loro uomini esitavano aspingersi innanzisi gettarono nei boschi di fronte per sottrarsi a quellescarichema s'avvidero ben presto che anche da quel lato correvano ilpericolo di venirese non distruttialmeno decimati.

Altri soldati che occupavano le alture della vallettaavevano pure aperto il fuoco ed avendo veduto che non riuscivano adanneggiarliavevano cominciato a rotolare attraverso gli alberi macignienormii quali scendevano con grande fracassobalzando e rimbalzando eschiantandonella loro corsanon poche piante.

Alcuni chinesi e tagalispaventatiavevano abbandonata lapartita battendo precipitosamente in ritirata.

- Hang- disse Romero- stiamo per venire schiacciatientro questa valle.

- Ma lassú si combatte ancora- rispose il chinese.

- Ma credi tu…

La frase gli fu troncata da una serie di spaventevolidetonazioniche rombavano dalla parte di S. Nicola. Erano scoppiate dellemine od era saltato il deposito delle munizioni degli insorti?…

Hang-Tu stava per ridiscendere verso la vallequando siudirono a echeggiareverso l'estremitàdelle grida confuse ma che parevanoemesse da centinaia di personeseguite subito da un terribile fuoco dimoschetteria.

Romero e tutta la colonna si erano slanciati dietro alchinese e videro scendere nella vallea precipizioparecchie centinaiad'uomini mescolatiin una orribile confusione a numerosi gruppi di cavallilanciati al galoppo.

Bastò loro un solo sguardo per comprendere di che cosa sitrattava. Erano le bande insorte di S. Nicola che fuggivano all'impazzataincalzate vigorosamente dalla prima brigata del generale Lachambrela qualedoveva avere già superate e conquistate le trincee.

Quell'onda di fuggiaschiin pochi istantigiunse addossoalla colonna. Era composta di meticcidi tagalidi chinesidi malesidiuomini e di donnema tutti invasi da un pànico irrefrenabile. Hang-Tu eRomero si erano slanciati in mezzo agli insorti per arrestarlima la lorovoce non si udiva piú fra quell'urlío formidabile e gli spari cherimbombavano nella stretta valledestando tutti gli echi.

- Fermatevi!… - tuonavano. - Volgete la fronte al nemico!…Noi siamo i capi dell'insurrezione!…

Nessuno badava a loro. Tutti fuggivanogareggiando divelocitàgettando le armi e le munizioni per essere piú leggeriurtandosispingendosi e calpestando coloro che cadevano. I cavalli che si trovavano inmezzo a loroin gran parte privi dei loro cavalieriaccrescevano laconfusione ed il numero delle vittime.

Le bande passarono come un fiume impetuoso dinanzi allacolonna e si dileguarono in mezzo ai boschilasciandosi dietro una lunga filadi morti e di moribondi orribilmente calpestati. Una gran parte dei tagali edei chinesianzi i piúche si trovavano con Hang e con Romeroinvasi pureda quel pànicoli avevano seguitimalgrado le grida e le minacce dei capi.

Era finita. Le truppe spagnuoleancora una voltavittorioseavevano abbattuta la bandiera della libertà che ondeggiava sulletrincee di S. Nicolaed erano rimaste assolute padrone del campo.

L'insurrezione era stata domata sulle rive dello Zapatèsenza speranza che potesse risorgere.

Hang-Tu e Romerovedendo che ormai tutto era perduto e cheogni resistenza sarebbe stata vanasi erano pure ripiegati verso l'uscitadella vallettaper rivarcare il fiume prima che le brigate del valoroso edaudace generale tagliassero la ritirata.

La loro colonna era quasi del tutto sfumata. Attorno a loronon erano rimasti che sei meticcitre tagaliun chinese e la valorosaThan-Kiú.

Percorsero al galoppo la vallettasalutati da parecchiescariche che gettarono a terra un meticcio ed un tagalo e si diresserofrettolosamente verso il fiumesperando colà di trovare alcune bande difuggiaschima rimasero delusi.

I difensori di S. Nicolainvece di attraversare lo Zapatèper tentare di guadagnare Cavitela sola località ove ancora si combattevacon fortuna da parte degl'insortisi erano dispersi fra le foreste e lemontagne. Cercare di raggiungerli per riordinare la resistenzanon vi eraneppure da pensare. Sarebbero state necessarie parecchie settimane ed in quelfrattempo le vittoriose bande spagnuole avrebbero avuto il tempo per batterlee ribatterle.

- Non vi è nulla da tentare qui- disse Romero adHang-Tu. - Lo Zapatè e Pamplona sono perduti per sempre.

- Lo temo- rispose il chinesecon un sospiro. - Hang-Tulegge talvolta nell'avvenire.

- E lo ha veduto fosco?

- SíRomero.

- L'insurrezione però non è ancora spentaHang. CaviteBulacanBacoorMalabonRosarioNoveleta e Santa Cruz sono ancora in manodei patriotti e resistono sempre.

- Ma le truppe della vecchia Spagna - rispose Hang- sonoagguerrite e valoroseRomero. Anch'ioal principio dell'insurrezione avevauna grande fiducia nelle nostre bandema lo vedi in che modo esse combattono?Contiamo troppe sconfitte e ben poche vittorie. Orsú: in acqua o glispagnuoli ci piomberanno ancora alle spalle. Al di là del fiume non avremopiú da temereora che anche la seconda brigata si trova a S. Nicola.

Spinsero i cavalli nel fiume ed avendo trovato un guadoraggiunsero felicemente la riva oppostatagliando l'impetuosa corrente quasiin linea retta.

Hang-Tuvolendo frapporre fra la sua minuscola banda e letruppe spagnuole una distanza considerevoletale da non poter veniresorpresaquantunque fossero tutti stanchicontinuò la marcia gettandosiverso le montagne che formano la vallata del fiume.

Voleva raggiungere un posto elevato e affatto deserto perconcedere alcuni giorni di riposo a Romeroprima di tentare la pericolosa elunga marcia verso Cavite.

Nel pomeriggioavendo trovato un luogo adatto peraccamparedava il segnale della fermata.

 

 

 

 

 

Capitolo XXIII

 

LE TRISTEZZE DEL «FIORE DELLE PERLE»

 

Il luogo scelto dal chinese per concedere a Romero ed anchealla valorosa Than-Kiú un riposo d'alcuni giornie per lasciare al primo iltempo di guarire completamentenon poteva essere migliore.

Era la cima d'una montagna troncala quale formava unapiccola spianatadifesa all'intorno da enormi macigni e coi fianchi copertida foltissime forestele quali promettevano copiosa selvagginacosanecessarissimapoiché il piccolo drappello si trovava affatto sprovvisto diviveriavendo tutto perduto nella disastrosa ritirata.

Di lassú i fuggiaschi potevano dominare un vastissimotratto di paese ed una parte del corso dello Zapatè e quindi osservare anchele mosse delle due brigate del generale Lachambre e prevenire qualsiasisorpresanel caso che qualche compagnia di soldati avesse avuto l'intenzionedi snidarli.

Fu subito decisa la costruzione d'una capanna per ripararsidai cocenti raggi del sole e dall'umidità della notte.

Prima che il sole tramontassei cinque meticciaiutatidai due tagali e dal chineseaveva costruito il ricoveroun capannone difrasche e di rami d'alberoincapace assolutamente di proteggerli contro lepalle degli spagnuolima sufficiente per ripararli dalle intemperie.

Quella sera dovettero accontentarsi per cibo di alcunibanani trovati nella foresta e di alcuni arancimagro conforto pei lorostomaci che dal mattino non avevano ricevuto nemmeno un biscotto.

Quantunque non vi fosse da temere alcuna sorpresa da partedegli spagnuolii quali non erano stati veduti a ripassare lo Zapatèe nonavessero da paventare pericoli da parte degli abitanti della forestanonessendovi alle Filippine fiere capaci di assalire un uomoall'infuori deiserpenti pitoni e dei coccodrilli che ordinariamente si tengono nelle bassuree nelle terre inondateHang-Tu dispose dei quarti di guardiavolendo essereminutamente informato delle mosse del generale Lachambre. Gli premevaconoscere la direzione che avrebbero presi gli spagnuoli per regolarsi sullavia che avrebbe dovuto tenere per giungere sulle sponde del mare senza paurad'incontrarli.

Quella prima nottesulla cima di quell'alta montagnapassò tranquilla e tutti poterono rimettersi dalle lunghe fatiche sopportatenei precedenti giorni.

Da parte degli spagnuoli nulla era stato notato. Pareva chenon si fossero ancora mossi da S. Nicola per accorrere ad ingrossare le truppedel generale Polaviejaoperanti contro Cavite.

L'indomani alcuni meticci si cacciarono nei boschi percercare di abbattere qualche capo di selvagginamentre i tagali andavano incerca di frutta e di mieleavendo osservatodurante la marcia del giornoprecedenteche numerose erano le api selvatiche in quei dintorni.

Gli uni e gli altri furono abbastanza fortunatipoichéprima del mezzodí ritornavano portando con loro due scimmie larquadrumani alti ottanta centimetricol pelame grigio-nerola faccianerissima cinta da una fascia di peli bianchi che dà loro un aspetto dei piúbizzarri e le natiche nude e rosse; un gatto pescatoreun bell'animale lungoottantacinque centimetri e alto quarantadal pelame grossolano con sfumaturedi varie tinte e strisce oscurerobustoselvaticoche vive presso itorrenti ed i fiumidistruggendo grandi quantità di pescidi uccelli eserpenti e assalendo qualche volta perfino i bambini.

Avevano inoltre abbattuti parecchi volatili e raccoltoparecchi chilogrammi di miele squisitamente profumatononché un bel numerodi bananidi grossi arancidi deliziosi ananassi e di manghi.

Avevano anche tentato di raggiungere un branco di grossicinghiali che erano stati scorti in mezzo ad alcune folte macchie ed anche unacoppia di cervima senza riuscirvi. Si ripromettevano però di tornarel'indomani per cercare di abbatterne qualcuno.

Durante la giornata Hang-Tu si mantenne quasi costantementein osservazione sulla cima della piú alta rocciaper sorvegliare le mossedelle due brigate spagnuole. Aveva già veduto alcuni battaglioni lasciare S.Nicola e allontanarsi lungo la riva opposta dello Zapatècome se mirassero ascendere verso Pamplona.

Verso seraaltri li avevano seguiti prendendo la medesimadirezione e ciò lo rassicuravapoiché tenendosi al di qua del fiume eracerto di poter giungere sulle sponde del mare senza incontrarli.

- Se fra una settimana sei guaritocon una rapida marciapossiamo giungere in vista di Cavite- disse a Romeroche lo aveva raggiuntosu quell'alto osservatorio.

- Possiamo partire anche prima- rispose il meticcio. - Lamia ferita non mi dà quasi alcun disturbo.

- No- disse il chinese. - A Cavite avremo molto da fare ele fatiche potrebbero inasprire la ferita e farti ricadere ammalato quandoavremo maggior bisogno di te. Non c'è fretta. La piazza è ben munita e benearmata e terrà testa agli spagnuoli per molto tempo ancoramalgrado ilbombardamento della flotta.

- Vi sono delle bande valorose?…

- Le miglioriRomeroe quasi tutte formate da meticci eda tagali che prima militavano fra le truppe coloniali della Spagna. Vi sonoanche buoni cannoni e le munizioni devono abbondare ancora.

- Chi comanda le vostre forze?

- Andrea Bonifacio coi suoi fratelli ed Aguinaldotutticapi valorosi ed intelligentiquantunque siano gelosi gli uni degli altri.

- Assumeremo noi la difesa della piazzacosí sopprimeremole loro gelosie.

- A Cavitegià prima della nostra partenza da Manillaerano stati spediti varii corrieri per annunciare a quei capi la decisione deicomitati segreticioè di affidare a noi la direzione suprema delleoperazioni guerresche. Forse di giorno in giorno ci attendono.

- Speriamo di poter resistere a lungo e costringere letruppe spagnuole a lasciare la penisola.

- Temo che sarà difficileRomerospecialmente ora che ilLachambre andràcolle sue truppea rinforzare il generale Polavieja e forsea prendere la direzione della campagna.

- Forse che il Polavieja sta per cedergli il comandosupremo delle forze spagnuole? - chiese Romerostupito.

- Da alcuni uomini delle bande ho udito che il Polaviejanon si trova piú in grado di dirigere le operazioni militariin causa delsuo male di fegato che lo fa soffrire assai e che gl'impedisce di montare acavallo.

- E gli succederebbe certamente il Lachambre.

- Síe questo vale l'altroper nostra disgrazia.

- O li avremo tutti e due attorno a Cavite- aggiunseRomerocome parlando a se stesso.

- Forse- rispose Hangche si era alzato. - Vedi bene cheanche il baluardo dell'insurrezionestretto fra una cerchia di ferro e difuoconon potrà resistere a lungo. Ormaiin questa provincianon ci sonopiú bande capaci di scacciare gli spagnuoli dalla penisola.

- È veroma se Cavite dovrà cadereandremo a rianimarele bande che combattono a Malabon ed a Bulacan.

- Se potremo sfuggire alla cerchia di ferro. M'inganneròforsema il cuore mi dice che la caduta di Cavite sarà fatale a qualcuno dinoi due.

- E sia- disse Romero. - Io mi sono gettato in mezzoall'insurrezione per cercarvi la morte.

- Sei giovane ancora per morire e potresti un giornodiventare ancora felice. Per me è un'altra cosa: non amo nessunofuorché lalibertàla patriamentre tu hai delle persone che ti amano.

- Che importaquando la donna che amo non potrà diventaremai mia? - disse Romerocon tristezza.

- Tu pensi alla donna bianca!… - esclamò Hang-Tumentrela sua fronte si abbuiava. - La si dimentica.

- Teresita?

- Vi è un'altra che ti ama e forse piú della fanciullabianca.

- Lo so… Than-Kiú- mormorò il meticcio con unsospiro. - Perché il destino l'ha spinta sui miei passi?…

- Perché dici questo? - chiese Hangcon voce sorda.

- Perché sento che non potrò mai amarlafinché vi saràTeresita… eppure…

- Continua.

- Meriterebbe bene l'amore mio. Quanta affezione in quellavalorosa fanciulla!… Ed invece le spezzerò il cuorementre le devo la miavita e quella del maggiore d'Alcazar.

- E non potrai mai amarla?…

- Síma come sorella.

- Non le basterà- disse Hangi cui occhi diventavanotetri.

- Lo soma la fanciulla bianca mi ha stregatoHange nonpotrò mai dimenticarla. Che vuoi?… È il destino che cosí esige.

- È vero - mormorò Hang. - sempre il destino. Than-Kiúmorrà infelice.

- Ma tu? - chiese ad un tratto Romerovolgendosi verso ilchinese. - È una fanciulla della tua stessa razzaè bellaè ardita e tusei prode e forte.

- Ebbene? - chiese Hang coi denti strettiincrociando lebraccia.

- Che t'impedirebbe di farla felice?…

- Io! - esclamò il chinese - Hang-Tu non lo potrà mai.

- Ma chi te lo impedirà?…

Hang-Tu aveva aperte le labbra come se volesse dargli unapronta rispostama poi le rinchiuse convulsivamente e con tanta forzache identi stridetteroquindi s'allontanò a lenti passiscendendo attraverso iboschi della montagna. Parve a Romero che egli fosse in preda ad un'estremacommozione e credette che si fosse allontanato per sottrarsi a qualche nuovainterrogazione.

- Vi è qualche mistero nella vita di Hang-Tu - mormorò ilmeticcio - e forse riguarda anche Than-Kiú. Potrò io un giorno saperlo?…

Scosse tristemente il capo e s'alzò per ritornare allacapanna. Alla base della roccia vide la giovane chinesela quale era sedutasu di un macignocogli sguardi malinconicamente fissi sulla luna che allorasorgeva all'orizzonterossa come un disco di metallo incandescente.

Udendo i passi di RomeroThan-Kiú si scossepoi sirialzò dicendo:

- Vienimio signore. L'umidità della notte non fa bene aiferiti.

Il meticcioche era diventato pensierosonon parve chel'avesse uditaperché invece le chiese:

- Hai veduto Hang?…

- Sírispose la fanciullaquasi distrattamente. - Mio…síl'ho veduto scendere la montagna.

- Mio… Cosa volevi direThan-Kiú?

La fanciulla udendo quella domandatrasalípoi seguitòma con un certo imbarazzo:

- Volevo dire mio signore. Forse che non ti ho semprechiamato cosí?…

- Sífanciulla.

Poi si era incamminato verso la capanna che sorgeva inmezzo alla spianatasenza aggiungere parola. Than-Kiú lo aveva seguitomadopo alcuni passi si era arrestatadicendo con voce dolce:

- Il mio signore sta male forse?… Mi sembri triste epreoccupato.

- È l'insurrezione che mi preoccupaThan-Kiú- risposeRomero.

La giovanetta gli aveva messo una mano sulla spalla e loaveva fermatoguardandolo attentamente in viso.

- No- diss'elladopo alcuni istanti. - Le labbra nondicono ciò che tormenta il tuo cuoreo mio signore.

- E che vuoi che lo tormenti?…

- La donna bianca- rispose la fanciullacon vocetremula.

- È cosí lontanaThan-Kiú!…

- Ma tu pensi a lei.

- Non parlarmi di Teresitafanciulla. Quel nome fa male ate.

- È veromio signore. Il Fiore delle Perlechenon trema fra gli orrori delle battaglieimpallidisce quando ode il nomedella donna bianca.

- Tacifanciulla.

- La donna bianca porterà sventura alla donna del fiumeGiallo. Poi prendendo Romero per una mano e indicandogli una fulgida stellache scintillava sulla linea dell'orizzontecontinuò:

- Guardalamio signorecome brilla la stella della Perladi Manilla. Sono tante sere che io la guardo e la vedo sorgere sempre piúvividae noicrediamo agli astri.

- FollíeThan-Kiú.

- Nomio signore. Guarda invece la mia stella che seguequella della donna bianca. La sua luce pallida tremola sempre come se dovessespegnersi da un istante all'altro. Quando sarà giunta sopra il mio paesemorrà e quel dí morrà pure la figlia del paese del sole.

La voce della fanciulla si era spenta in un singhiozzo.

- Ebbeneche importa? - proseguíma con una voce cosílieve che pareva un lontano lamento. - Il mio signore non m'amerà maimaThan-Kiú non rimarrà a lungo infelice. La terra dei suoi padri sta laggiúdalla parte ove il sole tramonta e Hang trasporterà nel giardino dei fiori ilcorpo del Fiore delle Perleall'ombra dei lillà e della grande cupolaa scaglie di ramarro. La morte non la temeThan-Kiú: ben venga.

La sua voce si era spenta in un secondo singhiozzo e Romerovivamente commossoaveva attirato verso di sé la disgraziata giovanettadicendole:

- Tu sei infelicemia povera Than-Kiúma credi tu che iosia felice?… T'ingannifanciulla!… Il tuo cuore sanguinama anche il miosoffre: tu ti lamentima anch'io non sono lieto: tu ami senza speranza ed iocredi che ne abbia?… Tu non potrai mai sapere quanto io abbia sofferto perla fanciulla biancache l'insurrezione mi ha strappata. Siamo due infeliciThan-Kiúpercossi da un'implacabile destino: ecco tutto.

- Ma tu ami la donna bianca.

- Síl'amo è veroe se dovessi morireil mio ultimopensiero sarebbe per lei e per … teche amo come una sorellama che avreivoluto amare come mia sposa.

- Mio signore!… - esclamò Than-Kiú. - Tu mi avrestiamata?…

- Sícoraggiosa fanciulla.

- Ma la Perla di Manilla non è ancora tua!

- Ma io l'amoThan-Kiú.

- Ma se ella morisse?…

- Romero guardò la fanciulla: era trasfigurata. I suoilineamenti cosí gentilicosí dolcivelati sempre da una nube dimalinconiaerano diventati fierimentre una fiamma cupa animava quegliocchi.

- Se il destino la uccidesse?… - chiese la giovanechinese con voce sibilante.

- Than-Kiúmi fai paura! - esclamò Romero. - Io leggonei tuoi occhi un triste disegno.

La fanciulla non aveva risposto. Si era coperta il viso frale mani e si era lasciata cadere lentamente al suolocome se un gelido ventoavesse piegato a poco a poco quel rigoglioso fiore del paese del sole.

- No- la udí a mormorare poco dopo Romerocon vocesoffocata dai singhiozzi. - Il mio signore pure morrebbe. Il Fiore dellePerle non potrebbe mai prendere il posto della Perla di Manilla.Fatalità!…

Romero si era curvato su di lei per rialzarlama prima chele sue mani l'avessero toccatala fanciulla si era raddrizzata con uno scattoselvaggio.

- L'umidità della notte può far male al mio signore-dissecon un tono di voce che pareva tranquilloma nel quale si sentiva unaprofonda rassegnazione. - Le ferite s'inaspriscono.

Si avviò verso il capannone dinanzi a cui vegliava uno deimeticciattese che Romero entrassepoi si sedette dinanzi alla portaavvolgendosi nel suo mantello di seta bianca e posato il capo fra le mani piúnon si mosse.

Verso mezzanotte anche Hang-Tu ritornava al campo. Eraancora cosí preoccupatoche non s'avvide di Than-Kiú.

Chiese all'uomo di guardia se nulla di nuovo fosseaccadutopoi si sdraiò all'apertoaccanto al fuoco che era stato accesodietro alcune enormi rocceaffinché non potesse venire scorto daglispagnuoliche potevano ancora trovarsi accampati sulle rive dello Zapatè.

 

 

 

 

 

Capitolo XXIV

 

FRA COCCODRILLI E SERPENTI

 

Tre giorni dopocioè il 21 marzola piccola bandalasciava definitivamente il rifugioper tentare di giungere a Cavite.

Romeroormai completamente guarito dalla ferita riportatadurante la ritirata da Salitranera in grado di prendere vigorosamente parteall'estrema lotta che si doveva combattere nel piú forte baluardodell'insurrezionecontro le truppe riunite dei generali Polavieja eLachambre.

La piccola bandadurante quei sei giorni passati sullamontagnaaveva potuto radunare delle provviste sufficienti per attraversarela distanza che la separava dalle rive del maresenza essere costretta aripiegarsi sui villaggii quali ormai dovevano essere tutti occupati daglispagnuoli. Essendo riuscitii tagali ed i meticciad uccidere un piccolocignaleavevano seccata parte della carne al soleuna ventina circa dichilogrammie questi potevano bastare per alcuni giorni.

Per maggiore fortunaquasi tutti gli spagnuoli che avevanopreso parte all'assalto di S. Nicolagià da quattro giorni erano partitiseguendo il corso dello Zapatè. Era quindi certo Hangtenendosi sempre sullemontagnedi poter attraversare il paese senza venire inquietato.

Scesa la montagnaHang-Tu aveva guidato i compagniattraverso a certe vallate selvagge e boscosema che si dirigevano verso ilnordseguendo due aspre catene di monti. Uno dei tagalipratico del paesegli si era messo vicino per le necessarie indicazioni.

Pareva che la guerra non avesse lasciata alcuna traccia inquelle vallate. Probabilmente nessun combattimento era colà avvenutoessendolontane da qualunque centro popoloso.

Alberi maestosi e antichissimi coprivano i fianchi deiburroni e delle montagnespingendosi a grandi altezzeabitati solo danumerose bande di scimmie che volteggiavano fra i ramisalutando i cavaliericon grida scordate o con latrati piú o meno acuti. Si vedevano giganteggiarei tek dal legno durissimospingendo le loro cime a cinquanta e piúmetri dal suoloi laureti cubilaban dai quali si ricava un olio aromaticoricercatissimogruppi di papayerdi tornasolid'alcantidi ebani verdidilegno del ferrocosí chiamati perché le loro fibre sono cosí resistenti dafar rimbalzare le scuri piú affilate: di superbi cocchi dalle grandi fogliepiumatedi latanieridi tamarindidi frangipani e d'alberi della cassiaformando tutti insieme delle vere foresteforse non ancora calpestate daalcun uomo bianco.

È incredibile la feracità del suolo di quelle isole.Tutte le piante siano d'origine indo-malese od europea vi allignanofacilmenteanzi dànno maggior copia di frutta che in qualunque altro paese.Un solo tubero non ha mai potuto svilupparsi su quelle terreun tubero chepuò invece crescere in qualunque altra regione del globo e senza la menomadifficoltàossia la patata.

La fauna non mancava di essere rappresentata entro quelletranquille vallate. Bande di cervi e di cignali si vedevano fuggire attraversoi pendiinascondendosi entro le piú cupe macchie e anche non pochi serpentifuggivano all'avanzarsi dei cavalieri e fra quelli qualcuno anche di queipericolosi rettili chiamati pitoni tigrilunghi oltre trenta piedi e dotatidi tale forzada stritolare fra le loro spire perfino un bue.

In alto invece svolazzavano bande di kokatoe bianche colcapo adorno di un pennacchio color rosa-pallidodi pappagalli dalle pennevariopintedi tortorelle verdi e di certi uccellacci chiamati calao delleforestementre in riva ai torrentiche scendevano i pendii scrosciandosivedevano non pochi trampolieri col dorso verdeil ventre giallo e la codaazzurra e talvolta qualcuno di quegli strani volatili chiamati tabauquali hanno talvolta l'abitudine di seppellire le uova in terralasciando alcalore del sole la cura di schiuderlené piú né meno come fanno icoccodrilli ed i caimani.

La piccola banda a mezzodí fece una fermata di alcune orein fondo ad una cupa vallatadove crescevano alcune palme di cocco giàcariche di noci e alcuni alberi del panela cui frutta poteva somministrareuna pasta teneradolciastrasomigliante per gusto a certe specie di zucche.

Alle quattro pomeridiane Hang-Tu si riponeva in marciaseguendo altre vallatesolcate nel mezzo da piccoli corsi d'acqua che parevasi dirigessero tutti verso il mare e tutti ricchissimi di certi pescioliniesilii quali costituisconoper quelle isoleun vero flagellospecialmentedurante la stagione delle piogge.

Straripando i corsi d'acquale uova di quei pesciolini sidisperdono dappertutto e dopo pochi giorni si ritrovano i piccini in tutti iluoghiove regna anche solo l'umidità. Invadono perfino i pozzi ed iserbatoi corrompendo le acque e se ne trovano in grandissimo numero perfinonelle cantinenei sotterranei delle chiese ed anche nelle tombe.

Il paeseche la piccola banda percorrevaera sempreselvaggiocoperto di antichissime forestema non disabitato del tuttopoiché di quando in quandosui fianchi delle montagnevedevano alzarsicolonne di fumo e si udiva a rullare l'avitamspecie di tamburoadoperato dagli indigeni per accompagnare i mapaganitossia cantori diprofessione che girano pei villaggi.

Degli spagnuoli però non si vedeva alcuna tracciasegnoevidente che le popolazioni di quelle vallateforse ancora mezzo selvaggenon avevano abbracciata la causa della libertàpreferendo rimanersenetranquilli nei loro villaggi.

Alla sera la banda si accampava sui fianchi boscosi d'unamontagnala quale pareva altissima. Hang-Tu avrebbe voluto scalarla pervedere se di lassú poteva scorgere il marema temendo di smarrirsi dovetterinunciarvi.

Il giorno seguente la piccola carovana entrava in una cupavallata ingombra di piante acquatiche ed interrotta qua e là da paludilecui acque stagnanti esalavano miasmi che potevano produrre febbri pericolose.

Essendo chiusa fra alte montagne dai fianchi tagliati quasia piccoassolutamente inaccessibili agli animalied irte di enormi pianteche crescevano quasi orizzontalmenteuna mezza oscurità regnava entroquell'umido vallone.

Hang-Tu non sapeva dove terminassema vedendo che sidirigeva verso il nordossia in direzione del marecredette bened'inoltrarsi. Procedeva però con prudenzatemendo che quelle pianteacquatiche e quei pantani nascondessero dei serpenti e dei coccodrilli.

I suoi timori dovevano in breve venire confermatipoichémentre stava attraversando un banco di sabbia e di fango tenacissimo in partesommersoad un tratto il suo cavallo s'arrestòmandando un nitrito dispavento.

- Che vi siano delle sabbie mobili? - si chiese Hang-Tu. -Non c'è da fidarsi di questi terreni.

Spronò l'animale per costringerlo a raggiungere unmacchione di cannema il destrieroinvece di avanzarecercò diretrocederemanifestando un vivo terrore.

- Hang-Tuche cosa succede? - chiese Romeroche gli stavaa breve distanza.

- Non lo soma se il mio cavallo è spaventato deve averei suoi motivi- rispose il chinese.

- Affondato nel fango?…

- Non mi pare.

- Torna indietro; faremo il giro dall'altra parte.

- La via non sarà miglioreRomero.

Spronò per la seconda volta e piú forte di primamainvece di obbedire il cavallo s'inalberò cosí bruscamenteche per poco ilchinese non fu sbalzato di sella.

- Dannazione!… - urlò Hang.

Furioso per quella scossastava per piantare gli speroninel ventre dell'ostinato animalequando vide uscire dal macchione sette odotto orribili rettilii quali gli si precipitavano incontro colle grandissimemascelle aperte.

Era una banda di coccodrilliformidabili mostrilunghidai sei ai sette metricoi corpi corazzati da scaglie ossee d'un talespessore da far rimbalzare le palle dei migliori fucili e con certe bocchelunghe un buon metro e armate di denti lunghi e solidi quanto l'acciaio.

Hang-Tu era coraggiosoma nel vedersi dinanzi quei rettiliimpallidí:

- Badate!… - gridò ai compagni. - Sono ben piúterribili degli spagnuoli!…

Aveva armato rapidamente il fucilema prima che lo avessepuntatoun coccodrilloil capo bandaaveva avventato un tale colpo di codaal cavalloda spezzargli le gambe anterioricome se fossero due semplicistecchi.

Il povero animale cadde bruscamente sulle ginocchiasbalzando il cavaliere tre metri piú innanziin mezzo al fango. Romero eThan-Kiú avevano mandato un urlo di terrorecredendo che Hang-Tu fosseperdutoma il valoroso chinese si era prontamente alzatotenendo ancora inpugno il fucile.

Vedendosi dinanzi due coccodrilli aveva scaricato l'armafra le mascelle aperte del primo fracassandogli il palatopoi estrattarapidamente la catanacon un coraggio disperato si era scagliatocontro il secondotempestandolo di colpi cosí terribilida costringerloalla fuga.

Romero intanto e gli altri tuttiscesi precipitosamente disellasi erano gettati contro i cinque altrii quali ormai avevano assalitoil cavallo del chinesestritolandogli la testa e le gambe.

Scaricarono le armipoi impugnati i fucili per la cannasi misero a percuotere furiosamente i musi dei superstitiper costringerequei ributtanti e feroci mostri a rientrare nella macchia.

Un meticciovedendo che uno di essiinvece di retrocederecercava di gettarsi addosso agli altri cavallilo inseguí sparandogli controuna fucilatama la palla rimbalzò sulle grosse scaglie senz'altro risultatoche di irritare maggiormente il rettileil quale rispose con un colpo dicoda.

Il meticcio che si trovava proprio dietrocolpito in pienopettofu scaraventato sei passi lontano.

Hang-Tuche aveva veduto ogni cosasi era precipitato insoccorso del disgraziatoma ormai era troppo tardi. Il meticcio era morto sulcolpo. La potente coda del mostro gli aveva sfondato il pettofracassandoglile costole e perfino la spina dorsale.

Il rettilevedendosi dinanzi quel secondo avversariocercò d'investirloma Romero ed i suoi compagniche erano riusciti a fugaregli altrifurono lesti ad accorrere e con tre o quattro fucilate ben direttelo abbatterono.

- GrazieRomero- disse Hang-Tuporgendo la mano almeticcio. - Grazie compagni.

- Sei ferito? - chiese Than-Kiú che era ancorapallidissima.

- No- rispose Hang- ma se non avessi avuta la miafedele catanacredo che gli uomini gialli non avrebbero piú avutocontare sul loro capo.

- E quel povero uomo?…

- Non ci rimane che seppellirlo.

- Ecco un altro valoroso perduto - disse Romero. - Tuttifiniscono cosíin questa disgraziata campagna.

- Capo- disse in quel momento un tagaloche si eraavanzato vero il banco di sabbia. - Non è prudente fermarci qui. Vedo lepiante acquatiche muoversi in diversi luoghi e temo che vi siamo altricoccodrilli.

- E stanno per assalirci- aggiunse un meticcio.

- Prendiamo il nostro povero compagno onde non serva dipasto a quegli schifosi sauriani e affrettiamoci a cercare un altro passaggio- rispose Hang.

- Ma il tuo cavallo è perduto- disse Than-Kiú.

- Mi resta quello del morto.

Afferrò il cadavere del meticcio e abbandonòprecipitosamente il banco di sabbiadirigendosi verso la parte opposta dellavalledove sperava di trovaresul fianco della montagnaun passaggiomigliore.

Si ritrovavano in buon puntopoiché altri dieci o dodicicoccodrilli erano usciti dal macchione di piante acquatichescagliandosi sulcavallo del chinese che stava spirando sul banco di sabbia.

Qualcuno dei piú arditi cercò d'inseguire i cavalierimaalcuni colpi di fucile li costrinsero ad arrestarsi.

Giunti ai piedi della montagnasu di un terreno scoperto erocciosoi cavalieri sostarono per dare sepoltura al povero meticciopois'allontanarono frettolosamenteansiosi di abbandonare quell'umida vallenonvolendo passare la notte con quei vicini cosí pericolosi e probabilmente moltoaffamati.

Hang-Tuche era salito dietro a Than-Kiúavevaraccomandato ai compagni di tenere le armi pronteavendo scortoin mezzo allepiante acquatichealtri gruppi di sauriani. Pareva che in quel luogo si fosserorifugiati tutti i rettili della vallata dello Zapatètanto erano numerosi.

Il drappello ora s'avanzava tenendosi proprio sotto il fiancodella montagnache talvolta era tagliato a piccoil passaggio si abbassava alivello dei terreni paludosiserpeggiando fra le piante acquatiche ed icoccodrilli vi si potevano radunare.

Piú d'uno infatti di quei rettiliattirato dal rumore cheproducevano i cavallisi mostravano presso il terrenoma Hang-Tu ed i suoicompagni si affrettavano a salutarlo con una tempesta di pallele qualiqualche volta riuscivano offensivemalgrado le scaglie impenetrabili checorazzavano quei mostri.

Ma pareva che anche altri ospiti pure pericolosi si celasserofra le piante e fra gli acquitrinipoiché dall'alto del sentiero il drappelloaveva veduto contorcersi anche numerosi serpentiper lo piú lunghi boa epitonirettili che in quelle isole dell'arcipelago Filippino raggiungonodimensioni esagerateessendosene uccisi di quelli che misuravano perfinoventisei o vent'otto piediossia piú di nove metri.

Quei serpenti non sono velenosima come fu dettoposseggonouna tale forza da stritolare fra le loro viscose spire non solo gli uomini piúrobustima perfino dei cavalli e dei buoi.

Durante tutta la prima giornata il drappello continuò adinoltrarsi in quella vallatasparando colpi di fucile per tenere lontani queinumerosissimi rettilie verso il tramonto s'accampava in una seconda vallatamolto piú ampia della primaingombra bensí di piantema priva di paludi equindi anche di coccodrilli.

Essendo tutti stanchissimidopo una parca cenas'affrettarono a coricarsi sopra ad alcuni fasci di fresche erbeal riparod'una fronzuta felce. Avevano però radunata una catasta di legna secca permantenere acceso il fuoco durante la notte e scelti gli uomini di guardianonper tema degli spagnuolima dei serpenti che non dovevano mancare anche inquella seconda vallata.

La notte pareva che dovesse trascorrere tranquillapoichéfino al penultimo quarto di guardia nessun allarme aveva svegliato gli uomini.Verso l'alba peròHang-Tu e Romeroche riposavano l'uno accanto all'altrovenivano bruscamente svegliati da una vigorosa scossaseguíta da una voce chepareva atterrita:

- Non mandate nessun gridood è perduta!…

I due capistupiti e spaventatiavendo subito compreso chesi trattava di Than-Kiúnon essendovi con loro nessun'altra donnasi eranoprontamente alzati coi fucili in manoma senza pronunciare una parola.

Dinanzi a loronascosto dietro il tronco della felcestavaun tagalol'ultimo del quarto di guardia. Il povero indigeno era grigiastroossia pallidissimo ed i suoi occhi manifestavano un terrore impassibile adescriversi.

- Che cos'hai?… - chiese Hang-Tucon un filo di voce.

- Capobalbettò il tagalobattendo i denti - Than-Kiú daun momento all'altro può venire stritolata.

- Da chi?… - chiesero Romero ed Hangcon angoscia.

- Da un pitone che le si è aggomitolato vicinoforse pergodersi il tepore del fuoco.

Romero aveva fatto atto di slanciarsi verso la giovanechinesema Hang-Tu lo aveva trattenutodicendogli:

- Non commettiamo imprudenze; vediamo prima.

Tenendo in mano i fucili armati i due capi fecero il girodella grande felce e gettarono uno sguardo su Than-Kiú.

La giovanetta dormiva profondamenteavvolta nel suo ampiomantello di seta biancacol capo appoggiato ad un braccioil quale servivacome di guanciale. Accanto a leia tre o quattro passi dal fuocoi cui tizzonistavano per spegnersiHang e Romero videro arrotolato un enorme serpenteunpitone che doveva misurare almeno otto metri di lunghezza e grosso quanto lacoscia d'un uomo.

La testa dell'immondo rettile si era dolcemente appoggiata suun lembo del mantello della giovanesicché se essa si fosse svegliataavrebbepure interrotto il sonno del pericoloso vicino.

La posizione del Fiore delle Perle era spaventosa. Alprimo movimento che avesse fattoil rettile non avrebbe tardato ad avvolgerlafra le sue potenti spire e stritolarla.

Hang e Romero si erano fermatientrambi pallidissimi edindecisi. Fare fuoco non osavanopoiché le palle potevano colpire lagiovanetta ed avvicinandosi temevano di svegliare il pitone e precipitare lacatastrofe.

D'altronde bisognava affrettarsipoiché l'alba stava perspuntare ed i cavalli potevanoda un istante all'altroalzarsi rumorosamente.

- Hangche cosa facciamo? - chiese Romerocon terribileansietà.

- Lascia il fucile e impugna la sciabolamentre io sfoderola catana- rispose il chineseche aveva conservato il suo sanguefreddo. - Le armi da taglio sono migliori e piú sicure contro quei rettili.

- Lo assaliamo?…

- Síma non facciamo rumore. Finché Than-Kiú rimanecoricata non può venire presa fra le spire del pitonema se si sveglia e sialzaallora è perduta. Avanti e silenzio.

Impugnando uno la sciabola e uno la catanas'avanzarono silenziosamentein punta di piedicogli sguardi fissi sulserpentepronti a scagliarsi su di lui.

Già non distavano che quattro o cinque passiquando uno deicavalli fece udire un nitrito sonoro.

Il rettilesvegliato bruscamentealzò la testama nelfare quella mossacolle sue ruvide squameurtò il bel viso di Than-Kiú.

Un grido era sfuggito ad Hangvedendo che la giovane stavaper alzarsi:

- Non muoverti!…

Poi i due uomini si erano scagliati innanzicolle armialzate.

Il pitoneavvedutosi del pericoloaveva svolteprecipitosamente le spire e si era raddrizzato piú di mezzomandando sibili dirabbia. Vedendo presso di sé la chinesevi si precipitò sopra cercando distringerla fra le potenti anellama Than-Kiúquantunque si sentisse urtaredalle scaglie del rettilenon si era mossa. La valorosa giovaneal pari diHangsapeva che finché rimaneva a terra aveva la possibilità di sfuggire allamorte.

Hang e Romero con un ultimo balzo furono addosso al mostro.Questicon una rapida mossa sfuggí al colpo di catana del primo ecercò di avvolgere fra le spire il meticciopassandogli la coda fra le gambeper fargli perdere l'equilibrioma aveva trovato degli avversari degni di lui.

Romerocon un salto si era sottratto a quel colpo di coda edaveva risposto con una sciabolatama la lamaforse mal direttaera rimbalzatasulle scaglie del rettile. Hang-Tu però si era slanciato in soccorsodell'amicoscagliando sulla testa del pitone un tal colpo di catanadafracassargliela.

La lotta non era tuttavia ancora finita. Quantunque cosímutilato e sanguinanteil mostro cercava ancora di assalire e di stritolare isuoi avversari. Si dibatteva con furore avvolgendo e svolgendo le spire ebalzando ora a destra ora a sinistrama altri avversarii accorrevano.

I meticci ed il tagalosvegliatisiavevano afferrato ifucilie mentre gli uni strappavano Than-Kiúdue o tre altri avevanoscaricate le armi e le palle non erano andate perdute.

La sciabola di Romero e la catana del chineseterminarono di uccidere il formidabile rettile in piú pezzi.

- Per Buddha e Fo!… - esclamò Hangasciugando l'armainsanguinata. - Se non ci affrettiamo a lasciare queste vallatefiniremo perlasciare le ossa.

- Than-Kiú- disse Romeroavvicinandosi alla giovanechinese- quanto ho tremato per te! Fanciullasei una valorosa e nessun'altradonna avrebbe resistito a simile prova senza morire di spavento.

- Than-Kiú non voleva morire e non si mosse- rispose lagiovane chinese. - Grazie del tuo soccorsomio signore.

- A cavallo- comandò Hang. - sospiro il momento dilasciare queste selvagge vallate.

Il drappello si rimise in sella e lasciò frettolosamentequell'accampamento che per poco non diventava fatale al gentile Fiore dellePerle ed ai due capi dell'insurrezione.

Tutto quel giorno ed anche il seguentesalvo brevi fermateper prendere un po' di riposo e allestire i pastiHang-Tu ed i suoi compagnimarciarono fra monti e vallie verso il mezzodí del terzoun meticcio che liaveva preceduti per cercare un passaggio in mezzo una golaritornava al galoppoannunciando la vicinanza del mare.

Tutti s'affrettarono ad attraversare la gola e giuntiall'estremità s'arrestaronospingendo lontano gli sguardi.

 

 

 

 

 

Capitolo XXV

 

IL «PADEWAKAN» DI HANG-KAI

 

A sei o sette miglial'azzurra superficie del marescintillava sotto i raggi del solerinchiusa fra la rocciosa costa formatadagli ultimi declivi delle montagne ed una penisola appariva verso l'ovestlaquale terminava in due branche abbastanza allargate.

Alcuni punti biancastriforse delle velesi scorgevano quae làmentre verso l'estla costache s'abbassava gradatamentesi vedevatagliata da due corsi d'acqua che si svolgevanofra il verde pallido dellepiantagioni e il verde cupo delle forestecome due grandi nastri d'argento.

Hang-Tu e Romero avevano subito concentrata tutta la loroattenzione su quella penisola e precisamente verso la branca piú vicinasullaquale si scorgeva un gruppo di punti biancastrimentre piú oltreguardandopiú attentamentesi vedevano dei punti nerastri galleggianti al largo.

- Cavite!… - esclamarono entrambi.

- SíCavite è di fronte a noi- confermarono gli uominidella piccola banda.

- E quei punti neri sono le navi che l'assediano- aggiunseHang.

- E quella massa bianca che spicca all'estremità dellaseconda penisolaè il forte che difende la baia di Manilla- aggiunse Romero.

- GuardaRomero- disse Hangche aveva voltato le spalleal mare. - Vedi tu Imusche sorge laggiú presso il fiume?…

- Síe piú oltre scorgo anche Las Pinas.

- Taci!…

Una lontana detonazione era echeggiata sul mare e si eraripercossacon un lungo fragorefra le vallate delle montagne.

- Il cannone- disse Hang.

- La flotta che riprende il bombardamento contro Cavite-rispose Romero.

- Buon segno.

- PerchéHang?

- Ciò indica che la piazza resiste sempre.

- Non lo dubitavo.

- Ed io avevo il timore che il Polavieja l'avesse costrettaad arrendersiassalendola dalla parte di terra.

- Hang- disse Than-Kiúche si era spinta piú innanzifino al lembo estremo di una rupe. - scorgo alcune case presso la spiaggiadietro a quella linea di scogliere.

- Andremo a trovare quegli abitanti. Probabilmente sarà unvillaggio di pescatori malesi e quegli arditi marinai non avranno alcunadifficoltà a sbarcarci a Cavite.

- Ma la flotta?

- La inganneremo. Di notte una barca può passare senzavenire scoperta.

- Avviciniamoci a quelle case con precauzione però- disseRomero. - Gli spagnuoli possono averci lasciati alcuni soldati per sorvegliaregli abitanti.

- Si vedrebbero dalle tendementre non ne scorgo alcuna.Ripartiamoamici; sono impaziente di avere notizie sui progressidell'insurrezione.

Risalirono a cavallo e si rimisero in cammino scendendo gliultimi contrafforti delle montagnema essendo i declivi assai rapidiimpiegarono molto tempo e non giunsero a quel piccolo villaggio che un'ora primadel tramonto.

Si componeva di un gruppetto di otto o dieci casupole appenaabitabilicostruite con pochi pali e foglie di palma.

La gioia di Hang-Tu e di Romero fu grandequando appreseroche era un posto d'insorti incaricato di mantenere le comunicazione fra lapenisola di Cavite e la costaper rifornire di armi e di munizioni la piazzaassediata. Era comandata da un uomo già ben conosciuto dai due capidell'insurrezionedal meticcio chinese Hang-Kaiun capo che fin dal principiodell'insurrezione si era acquistata una bella fama pel suo coraggio da leone.

Hang-Kaicondottili nella sua capannali mise subito alcorrente delle notizie della guerra che si combatteva attorno alla vasta baia diManilla.

Gl'insorti di Cavite resistevano sempre malgrado ilbombardamento della flotta; anzi il 14 marzo avevano respinte vittoriosamente letruppe spagnuole comandate dal colonnello Salcedeche avevano tentato diassalirli dalla parte della penisola. La piazza era ben fornita di munizioni edifesa da grandi trinceramentiche gli obici delle cannoniere non riuscivano adistruggere.

Anche Malabonquantunque continuamente bombardatanon avevacedutoe del pari resistevano gl'insorti di Noveletadi Rosario e di Bulacansebbene questi ultimi fossero stretti da vicino dalle truppe del generaleJaramillo.

Cattive nuove invece erano giunte da Paranaquedovel'insurrezione era stata vinta. Si diceva che molte bande si erano sciolte perottenere l'indulto assieme alle loro famiglie e che anche le bande di MarionDuquefuggite dopo la rotta di Salitransi erano pure dispersenon avendotrovato aderenti fra gli abitanti dei paesi che avevano attraversato.

Si diceva inoltre che il generale Lachambre aveva ripresa lamarcia per assalire BinacayanNoveleta e Cavitele sole località tenutedagl'insorti nella provincia di Cavite.

Tutte quelle notizie erano in generale migliori di quantoRomero ed Hang s'aspettavano. DisgraziatamenteHang-Kai ne aveva aggiuntaun'ultima per loro gravissima; da quattro giornila flotta spagnuolaaccortasiche gli assediati di Cavitetenevano relazioni cogli abitanti delle vicinecoste e che da quelli ricevevano soccorsi di munizioni e d'armiaveva strettoil bloccorendendo impossibile un approdo dinanzi alla città.

Hang-Tu e Romero si erano guardati in viso con inquietudine.Quella stretta vigilanza della flottascombussolava interamente i loroprogetti.

- Vediamo- disse Hang-Tudopo alcuni istanti di silenzio.- Credi assolutamente impossibile deludere la vigilanza delle cannoniere?… conuna piccola barca che abbia le vele dipinte di nero?…

- Verreste presi e colati a fondo- rispose Hang-Kai. - Hotentato due notti di seguito di attraversare lo stretto per sbarcare a Cavitealcune casse di munizioni ed ho dovuto ritornarmene sotto il fuoco dellasquadra.

- Ciò è grave- disse Hang-Tu. - Cavite era la nostrameta.

- Credo che la vostra presenza sarebbe piú utile altrove-continuò Hang-Kai. - Qui l'insurrezione non potrà durare a lungo ecompiangeremo presto la sorte che toccherà ai difensori di Cavite e diNoveleta.

- Che cosa vuoi dire?

- Che le due città non tarderebbero a cadere.

- E che cosa ci consiglieresti di fare? - chiese Romero.

- Di recarvi presso le coste orientali e settentrionali dellabaia. Il centro dell'insurrezione non è piú al sud di Manillama a Bulacan ea Malabon. Làanche vintipotreste continuare la campagnamentre a Cavitenon vi rimarrebbe piú nessuno scampo.

- Forse hai ragioneHang-Kai- disse il chinese- maCavite è vicinamentre Malabon e Bulacan sono lontane.

- Non si tratta che di attraversare la baia.

- Ma vi è la flotta.

- Si può tenersi al largo dalle punte estreme della penisolae passare inosservati.

- Ma anche dinanzi a Malabon vi è una squadra di cannoniere.

- Non lo credo e poi la via di terra è ancora libera esbarcando ad otto o dieci miglia dalla cittadellasi potrebbe raggiungerlasenza correre pericolo. Aggiungi inoltre che Manilla non è che a poche miglia evincendo a Malabon si potrebbe portare la guerra sotto le mura della capitale.

- Credo che tu abbia ragione- disse Romero.

Hang-Tu alzò gli occhi guardandolocome se avesse volutoleggere il pensiero del meticcioma tosto li riabbassò dicendo:

- SíManilla non è che a due passi e là batte il cuoredella Spagnama avrei preferito andare a difendere Cavite.

Poi aveva girato lentamente gli occhi su Than-Kiúche stavaseduta in un angolo della capanna. La fanciulla si era lentamente alzata ed eradiventata pallidissima: pareva che il solo nome di Manilla fosse bastato perprodurre su di lei una penosa impressioneuna vera angoscia. Romero di nulla siera accortopoiché aveva ripreso il discorso con Hang-Kaidicendo:

- Quando credi che potremmo partire?…

- Questa nottedopo il tramonto della luna. Il vento chesoffia dal sud spingerà dei vapori attraverso la baia e l'oscurità saràcompleta.

- Hai una solida barca?…

- Ho un padewakan macassareseche fila come unarondine marina anche quando il vento non è forte. È armato con due grossespingarde e montato da arditi marinai.

- Romero- disse Hang-Tu- sei deciso a recarti a Malabon?…

- Dipenderà dal blocco- rispose il meticcio- ma credooraHang-Tuche sia meglio abbandonare Cavite alla sua sorte.

- Tanto piú che forse dai capi sareste male ricevuti-aggiunse Hang-Kai. - Andrea Bonifacio ed Aguinaldo si disputano il comandosupremo delle bande.

- Abbiamo udito parlare dei dissensi di quei due capi-disse il chinese. - Orsúè deciso: la causa dell'insurrezione ci chiama aMalabon piuttosto che a Cavite e ci andremo. La patriainnanzi a tutto.

- Allora possiamo prepararci a partire- disse Hang-Kaialzandosi. - Prima che il padewakan sia quisaranno necessarie due ore eallora la luna si sarà nascosta dietro le montagne.

- Dove hai il veliero? - chiese Romero.

- Nascosto alla foce d'un fiumicelloper sottrarlo allericerche degli spagnuoli. Verrò ad imbarcarvi qui.

Il meticcio era uscito a rapidi passichiamando alcuni de'suoi uomini ed erasi allontanato verso l'ovestseguendo le sinuosità dellaspiaggia.

Anche Hang-Tu e Romeroerano usciti dirigendosi verso larivaseguiti a breve distanza da Than-Kiú.

La notte era calata da qualche ora e come aveva previstoHang-Kaiprometteva di diventare molto oscura. Il vento del sudche soffiavafrescoaveva spinto sopra l'ampia baia di Manilla grandi strati di vaporeiquali diventavano rapidamente densicoprendo la luna e le stelle.

Verso l'ovestossia in direzione della penisola di Cavitesi vedevano parecchi punti luminosi che si riflettevano sulla cupa superficiedel mare con vaghi tremoliibianchi gli uni e rossi e verdi gli altri. Dovevanoessere i fanali di posizione della flottiglia spagnuolabloccante la piazzadegli insorti.

Formavano un grand'arcole cui estremità toccavano laspiaggia di Cavite.

Di quando in quandopresso uno di quei lumisi vedevabalenare un vivido lamposeguito da una fragorosa detonazione. Era il cannoneche faceva udire la sua possente voce.

Gli spagnuoli bombardavano la piazza anche di notteperimpedire agl'insorti di rialzare le trincee demolite durante il giorno dagliobici.

Altre volte inveceuno sprazzo di luce candidaabbaglianterompeva improvvisamente le tenebre e scorreva rapidamente pel mareilluminandoper parecchie migliapoi bruscamente si spegneva.

- Lo vedi- disse Romero ad Hang-Tu. - La flotta vegliaattentamente e proietta la luce elettrica a grandi distanzaper impedirequalsiasi sbarco.

- Lo vedo- rispose il chineseche pareva assaicontrariato.

Poi soggiunse con un sospiro:

- Ecco un'altra catastrofe che si prepara. Anche Cavite ha igiorni contati.

- Ci rimarrà il cuore dell'isolae làsu quei montisipuò ancora organizzare una lunga e disperata resistenzaHang- disse Romero.

- Ce lo dirà il destino- mormorò il chinese.

I due capi dell'insurrezione si erano seduti uno accantoall'altroseguendo distrattamente i fasci luminosiche le navi bloccantiCavite continuavano a proiettare sul mare e le linee di fuoco degli obicichele cannoniere scagliavano contro le trincee degl'insorti. Anche Than-Kiú si eracoricata presso di loroma i suoi occhi guardavano altroveverso orientedovesulla linea fosca dell'orizzonte si vedeva brillare ad intervalli un puntoluminoso indicante il faro di Manilla.

Verso le undiciquando già la luna e le stelle furonoscomparse dietro le nubi accumulatesi sopra la baia e l'oscurità era diventataprofondissimail padewakan di Hang-Kai si ormeggiava dinanzi allaspiaggia.

- La notte è propizia- disse il meticcio al chinesesbarcando. - Il vento soffia forte e prima dell'alba noi saremo a Malabon.Affrettiamoci a prendere il largo.

Hang-TuRomerola giovane chinese e la loro piccola bandasalirono a bordoportando con loro le armiessendovi molte probabilità didoverle adoperare. Le funi furono tosto ritirate ed il piccolo veliero preseprontamente il largo spiegando tutte le vele.

Quel padewakan era una vera barca da corsa. Questilesti velieri che si costruiscono nei cantieri di Macassare che sono moltousati in tutto l'arcipelago delle Filippinesomigliano ai prahos malesima sono forse meglio resistenti ed anche piú rapidi. Pescano pocosono lunghidieci o dodici metrima hanno una superficie enorme di vele che permette lorodi raggiungere delle velocità straordinarieanche quando soffiano delle brezzeleggere.

Veduti ad una certa distanzaassomigliano ad immensifarfalloni volteggianti sulla cima delle ondepoiché il loro scafo è cosíbasso che non lo si può quasi vedere ad una distanza di due o tre miglia.

Hang-Kaiche doveva essere un abilissimo marinaiopermeglio ingannare le crociere spagnuole aveva fatto dipingere le gigantesche veledel suo padewakan di neroonde non si potessero distinguere fra letenebrea stivare e perfezionare lo scafoper poter affrontare impunemente ifuriosi venti che soffiano su quell'arcipelago in certe epoche e sfuggire aquelle trombe marine chiamate baguyosche imperversavano durante i duemonsoni.

Per di piú le aveva equipaggiate con una ventina di malesimarinai impareggiabili ed all'occorrenza valenti soldatied armato con duegrosse spingarde per poterenel casodifendersi contro le cannoniere.

Il piccolo veliero si era gettato subito sotto la costa pertenersi piú lontano che poteva dalla penisola di Cavitema attendeva di averoltrepassato il faro del forte per slanciarsi in mezzo alla baia e muoveredirettamente al nordpassando dinanzi alla foce del Passig.

Hang-Kai sapeva che nelle acque della capitale piú nullaaveva da temerefino nei pressi di Malabon.

Il padewakan filava rapido come una rondine marinatenendosi a circa mezzo chilometro dalla spiaggia per evitare i bassifondi.

Aveva messo la prora verso la borgatella di Las Pinasla cuilanterna si distingueva nettamente verso l'est.

Hang-TuRomero e Than-Kiúappoggiati al coronamento dipoppatenevano d'occhio i fanali della flottiglia spagnuolai quali sispostavanocome se le cannoniere eseguissero delle perlustrazioni intorno alledue estreme punte della penisola. Di tratto in tratto un riflettore elettricolanciava un grande sprazzo di luce dinanzi alle spiagge di Caviteilluminandole trincee erette dagl'insortiseguito poco dopo da un colpo di cannone.

Qualche volta invece la luce elettrica veniva proiettata sulmare facendo scintillare come flutti d'argentole ondema lo sprazzo luminosonon giungeva fino al padewakanil quale si teneva sempre presso lacosta.

Alla mezzanottedopo tre o quattro bordate per evitarealcuni banchi di sabbiail piccolo veliero si trovava all'altezza della secondapenisolettasulle cui estremità sorgeva il forte spagnuolo.

Alcuni lumi scintillavano ai piedi della fortezza escorrevano rapidissimi. Parevano appartenere a torpediniere incrocianti pressole spiagge.

- Stiamo in guardia- disse Hang-Kai ad Hang-Tu ed a Romero.- Quelle rapide barche sono montate da gente assai curiosa e poi posseggonocerti terribili istrumentida far saltare in aria anche una grossa giunca.

- Temi che si spingano fin qui? - chiese Hang.

- Mi hanno inseguito piú volte al largo ed una notte sfuggiiloro per un puro caso. Credevo ormai che il mio padewakan saltasse contutti noi. Là!… Ve lo dissi ioche sono montati da marinai troppo curiosi.

Uno di quei lumi si era staccato dalla costa e si era spintoal largocome se avesse intenzione di tagliare la via al piccolo veliero. Gliuomini che montavano quella torpediniera o barca a vapore che fossenondovevano però averlo ancora scortopoiché navigava senza fanali.Probabilmente eseguiva una ricognizione a caso.

- Al largo!… - comandò Hang-Kai. - Quattro uominiimigliori puntatorialle spingarde.

Il veliero si allontanava rapido. Ma anche la torpedinierafilava come una freccia e se avesse dovuto continuare la corsa non avrebbetardato a raggiungerlo. Fortunatamentedopo di aver percorso due miglia o trefurono veduti i fanali virare di bordo e allontanarsi in direzione di Cavite.

- Il primo pericolo è passato- disse Hang-Kairespirando.- Attendiamo il secondo dinanzi a Malabon.

 

 

 

 

 

Capitolo XXVI

LA CACCIA AL «PADEWAKAN»

 

Il «Padewakan»sfuggito miracolosamente alla crocieradella flottiglia spagnuolaaveva messa arditamente la prora al nord-estperpassare attraverso alla seconda che vigilava dinanzi a Malabon.

Hang-Kaisapendo che il secondo pericolo era ben piú gravedel primo e piú difficile da evitarsitrattandosi di sfidarlo invece disfuggirloaveva dato gli ordini necessari onde il veliero si trovasse in gradodi difendersi nel caso che fosse assalito.

Da uomo espertoaveva fatto gettare dinanzi alle duespingarde ammassi di cordamibotti ripiene di ferraccio che servivano dizavorra e tutti i pennoni di ricambioformando una specie di barricata per ladifesa degli artiglieripoi aveva fatti portare in coperta e caricare uncentinaio di fuciliper fulminare colla maggior velocità possibile gliassalitori.

Aveva inoltre fatto aprire una cassa di bombe da gettarsi amanoche era destinata ai difensori di Cavitefacendone portare alcune incoperta.

Egli sperava con tali proiettili di tener lontane letorpedinieredelle quali aveva molta pauradopo d'aver corso il pericolodisaltare in aria colla sua piccola nave.

- Ora sono tranquillo- disse Hang-Tu. - Se qualchecannoniera troppo curiosa vorrà fermarcispero di poterle respingere e didarle la risposta che si merita.

- Ma resisteràil tuo padewakanalle palle di queigrossi cannoni? - domandò il chinese. - Io ne dubito.

- Mi basteranno pochi minuti per condurvi a terra- risposeil marinaio. - Che dopo mandino a picco il mio velieronon m'importapoichéio non tornerò piú al villaggio che abbiamo lasciato.

- Rimarrai a Malabon?…

- A Cavite non potrei piú andare ed io non son uomo darimanere inoperosomentre tutti gl'insorti si battono.

- È vero- disse Hang-Tu.

- Ah!…

- Che cos'hai?…

- Scorgo di già i fanali delle navi ancorate alla foce delPassig. Se questo vento non scemafra mezz'ora passeremo dinanzi a Manilla.

Romeroche gli stava pressoappoggiata alla murataudendoquelle parole aveva trasalito; poi si era raddrizzato fissando ardentemente gliocchi verso quei lumicini che indicavano la vicinanza della capitalementre unlungo sospiro gli sfuggiva dalle labbra.

Than-Kiú che si trovava a due passi da luiseduta su di ungruppo di cordami e che non lo aveva perduto d'occhio un solo istantesi eraaccorta della mossa del meticcio.

Si alzò bruscamenteseguendo lo sguardo di Romeropoi glisi avvicinò senza far rumore.

Il meticcio continuava a guardare verso la foce del Passigcome se fosse attratto da una curiosità irresistibile. Si sarebbe detto cheegli sperava di veder comparire da quella parte la donna amata e che non avevariveduto dopo la sua partenza pei campi dell'insurrezione.

Than-Kiú gli si era avvicinata tanto da toccarloma parevache Romero non si fosse accorto.

- È laggiú che brilla la stella della donna bianca- glidisse improvvisamente la giovane chinese. - La vedimio signore?… È sempresplendida.

Romero non si era mossoné aveva risposto. Forse nullaaveva udito.

- Mi hai compresomio signore? -rispose Than-Kiúdopoalcuni istanti di silenzio. - Guarda come luccica sopra Manillamentre la miastella sta per tramontare in mare.

Romero guardò la giovanetta. Una viva commozione gli siscorgeva sui maschi ed energici lineamenti. La vicinanza di Manilla doveva averscatenata la passioneche invano aveva cercato fino allora di soffocare.

- Tu soffri- disse Than-Kiúalla quale nulla erasfuggito. - Sia maledetta la donna bianca che tormenta il cuore del mio signore!

- Non parlare di leimia fanciulla- disse Romerocon vocesoffocata.

- Ma tu soffri.

- Che importa?

- Ed è sempre la donna bianca che ti fa diventare triste.

- Sí- mormorò Romerocon un soffio di voce.

- E tu non dimenticherai mai quella donna che ti strazia ilcuore?… Ioal tuo postol'avrei odiata.

- Non si odia chi si amaThan-Kiú.

- Ah!… È vero- disse la giovanecon tristezza. - Tul'ami sempre!

In quell'istanteuna voce partita da proraecheggiò.

- Bada al largo!… Ci si dà la caccia!…

Hang-Tu ed Hang-Kai avevano abbandonata precipitosamente lamurata e si erano lanciati verso poppain preda ad una certa inquietudine.

Un malese che si era inerpicato sul pennone di trinchettoaveva lanciato quel grido d'allarme.

- Che cosa vedi! - chiese Hang-Kai.

- Una cannoniera che ci segue- rispose il malese. - Haspento or ora i suoi fanalima vedo le scorie che escono dalla ciminiera.

- Marcia su noi?…

- Sí.

- A quale distanza? - chiese Hang-Tu.

- A meno d'un miglio.

Hang-Kai ed il chinese si erano lestamente arrampicati sullegriselleraggiungendo il pennonenulla avendo potuto scorgere dalla tolda incausa della poca elevazione del veliero.

Il malese indicò loro una massa nera che si dirigeva versoil padewakane sopra la quale s'alzavano delle scorie che scintillavanodistintamente fra la profonda oscurità.

- Sí- disse Hang-Kai- quella cannoniera si prepara adarci la cacciama spero di giungere a Malabon prima di essa.

- Abbordiamola- disse il chinese. - Le armi non ci mancano.

- E ci manderanno a picco- rispose il marinaio. - Se noi citrovassimo sotto la costa oserei impegnare la lottama qui in pieno maresarebbe una pazzia. Con due o tre colpi di cannone possono sfasciare il miolegno.

- Che cosa conti di fare adunque?…

- Di continuare la mia rotta spiegando piú tela che potremo.

- Sia- disse Hang-Tu.

Si erano affrettati a scendere e dopo d'aver informato Romerodel pericoloavevano fatto spiegare due altre vele sopra i pennoni di maestra edi trinchetto per accrescere la velocità del piccolo legno.

La cannoniera segnalatache si avanzava coi fanali spentiper sorprenderlo e catturarlosi era lanciata dietro al fuggiasco forzando lamacchinama pareva che fosse una mediocre camminatricepoiché non guadagnavamolto.

Nondimeno Hang-KaiHang-Tu e Romero avevano prese tutte ledisposizioni per difendersi estremamente. Tutti gli uomini erano stati chiamatiin coperta e disposti dietro alle murate mentre i migliori artiglieri avevanocaricate frettolosamente le due spingarde.

A mille metrila cannonierail cui equipaggio doveva ormaiessersi accorto che aveva da fare con un veliero montato da insortisparò unacannonata a polvere per intimare ai fuggiaschi di mettersi in panna e lasciarsivisitarema Hang-Kai si guardò bene dall'obbedire.

Non ricevendo alcuna risposta e vedendo che il piccoloveliero non si arrestavasparò una seconda cannonata; e questa volta ifuggiaschi udirono in aria il sibilio acuto della palla.

- Fra poco comincerà a grandinare- disse Hang-Kaila cuifronte si oscurava.

- Abbordiamolo- consigliò Hang-Tu. - Siamo in trenta ed iorispondo dei miei uomini.

- Credo che sia il partito migliore- disse Romerocheaveva già armato il suo fucile. - Ordinariamente le cannoniere sono montate daequipaggi poco numerosi.

- Ma a me preme di non esporre la vita dei due migliori capidell'insurrezionein un combattimento che non sarà d'alcuna utilità per lanostra causa- rispose Hang-Kaicon voce grave. - Finché ho la speranza dipoter sfuggire all'attacco di quella cannonieranon mi arresterò.

- Ma possono colarci a fondo.

- Non ancoraHang-Tu. La notte è oscura e tu sai che lepalle non hanno occhi e che gli artiglieri non hanno la vista dei gatti. To'!…Guarda!…

Una terza cannonata era echeggiatama anche questa volta lapalla era passata sopra il padewakansenza causare alcuna avaria. Stantel'oscurità e la poca elevazione del velierogli spagnuoli erano costretti afar fuoco a casaccio ed avevano ben poche probabilità di affondare i fuggiaschiprima dell'albase non riuscivano a diminuire la distanza.

Il padewakan non rispondevanon essendo le suespingarde di tale portata da misurarsi col grosso pezzo della cannoniera e poiaveva tutto l'interesse di non indicare la sua rotta esatta. Continuava afuggire per poter giungere a Malabon prima dello spuntare del sole.

Le cannonate intanto continuavano e le palle cominciavano acadere ben vicine. Già due volte avevano fatto spruzzare l'acqua a pochi metridalla poppa ed una anche traversate le due gigantesche velesmussandol'estremità inferiore del pennone di trinchetto.

Hang-Kai ed i suoi compagni non si preoccupavano delle pallema invece molto delle detonazionile quali potevano attirare l'attenzione diqualche altra nave spagnuola che facilmente doveva trovarsi in quelle acque.

Alle due del mattino la posizione non era di molto variata.Due altre palle avevano colpito il piccolo velierouna sopra copertafracassando parte della murata di babordo ed uccidendo due malesie un'altraaveva attraversato il pontetroncando alcuni cavi delle manovrema la carenaera rimasta intatta e ciò bastava.

La cannoniera però aveva guadagnato due o trecento passi edalcune palle di fucile erano già giunte sul velieroforando le vele in piúluoghi.

Hang-Tu insisteva sempre per darle battagliama Hang-Kairesisteva ostinatamente. Il marinaio sapeva ormai che Malabon non era lontana esperava ancora di giungervi prima che la nave venisse gravemente danneggiata.

Alle due e mezzo un malese che era stato mandato sul pennonedi trinchettosegnalava alcuni punti luminosi che brillavano verso il nord-est.

- Malabon!… - esclamò Hang-Kaimandando un grido digioia. - Fra venti minuti noi staremo a terra.

Gli spagnuolicome se avessero compreso che la preda stavaper sfuggire a lororaddoppiavano le cannonate e con qualche successoquantunque il cielo non accennasse ancora a rischiararsi.

Le palle cadevano attorno al veliero e qualcuna attraversòil ponte fracassando qualche malese. Hang-Tutemendo per la giovane chinesel'aveva costretta a ripararsi nella piccola camera di prora.

Hang-Kaimessosi alla barraguidava il veliero di sua manoavendo piena conoscenza della costa verso la quale muoveva.

I lumi di Malabon erano ormai diventati perfettamentevisibili. Ancora un quarto d'ora e tutti erano salvi.

Ad un tratto peròfurono veduti alcuni fanali rossibianchi e verdi che pareva si muovessero dinanzi alla costa. Hang-Kai eraimpallidito.

- Fulmini!… - urlò. - La costa è bloccata!…

A cinque o seicento metri si vedevano masse nere solcare ilmare e pareva si dirigessero verso la cannonierala quale continuava a farfuoco.

Hang-Tu e Romero si erano lanciati verso prora.

- Abbiamo delle navi dinanzi a noi!… - esclamò il chinese.

- Forziamo il blocco- rispose Romero. - Forse non siamoancora stati scoperti. Hang-Kaifila diritto e manda il padewakanaddosso la costa: noi saremo pronti a far fuoco.

La flottiglia spagnuola pareva che non si fosse ancoraaccorta dell'avvicinarsi del piccolo velieropoiché invece di muovergliincontro per tagliargli la viasi dirigeva verso la cannoniera. Con un po'd'audaciagl'insorti potevano passare.

- Che nessuno mandi un grido- disse Romero- e che nessunofaccia fuoco prima del mio comando.

Hang-Kaivedendo che le cannoniere accennavano a prendere illargo per tema di arenarsi sui numerosi banchi che si estendono dinanzi allacostaavevano diretto il padewakan verso il canale di Malabon entro ilquale sperava di rifugiarsi prima che la flottiglia si fosse accortadell'inganno.

Già si era impegnato in mezzo ai banchimanovrando fra diessi con meravigliosa sicurezzaquando si udí a gridare:

- Fuoco di bordata!…

Cinque colpi di cannone rintronaronoformando quasi una soladetonazione. Un uragano di mitraglia spazzò il ponte del veliero rasandolo comeun pontonementre un obice fracassava parte della poppa.

I malesi ed i meticci della piccola bandasbarazzatisi dellevele che erano cadute in coperta assieme agli alberiai pennoni ed allemanovrescaricarono le spingarde ed i fucilifacendo però piú fracasso chedanno.

Il padewakan affondava rapidamentema ormai era nelcanaleentro cui le cannoniere non potevano seguirlospecialmente conquell'oscurità.

- In acqua il canotto!… - gridò Hang-Kai.

Una piccola barca che stava in coperta fu subito calata.Hang-TuRomero e Than-Kiú e quattro uomini che erano stati feriti da quellapioggia di mitraglia vi balzarono dentroarrancando verso terramentre tuttigli altri si gettavano a nuoto.

Una cannoniera che si era spinta fino all'entrata del canalevedendo il piccolo veliero galleggiare ancorale tirò contro un'ultima pallauna granatala quale scoppiando diede fuoco alla cassa delle munizioni.

Il povero padewakangià sdrucito e mezzo affondatovolò in pezzi con un lungo rimbombolanciando i suoi rottami fino sui banchipiú vicinipoi il suo scafo mutilatoscomparve sotto le acque.

- Ancora un istante di ritardo e saltavamo in aria anche noi- disse Hang-Tuche arrancava con lena disperata.

La costa non era che a pochi passi ed alcuni insortiattirati da quegli spari e dallo scoppio erano accorsi sulla spiaggiacredendoche gli spagnuoli fossero sbarcati.

- Chi vive!… - gridaronopuntando le armi verso ilcanotto.

- Hang-Tu capo delle società segrete e Romero Ruiz caposupremo delle bande della provincia di Cavite- rispose il chinese con vocetonante.

Le armi furono abbassate e tutti si slanciarono giú dallaspiaggia.

- I capi dell'insurrezione siano i benvenutidisse ilcomandante del drappelloaiutandoli a sbarcare. - I difensori di Malabonsaranno orgogliosi di riceverli.

 

 

 

 

 

Capitolo XXVII

 

IL BOMBARDAMENTO DI MALABON

 

Malabonal pari di Salitrandi S. Nicoladi NoveletadiRosariodi Binacayan e di altre ancoranon era che una semplice borgata di benpoca importanza come popolazione: ma la sua vicinanza a Manilla e la suaposizione le avevano dato un grande valore per gl'insortii quali fino dalprincipio della sommossa l'avevano fortemente occupata e trincerata. Essendoessa situata su di un canale internocomunicante contemporaneamente collacapitale e con Bulacanuna cittadella importante tenuta dagli insortipotevaquindi minacciare la prima e ricevere aiuti dalla seconda.

Fino alloraquantunque le bande che la occupavanocostituissero un vero pericolo per Manilla che si trovava a cosí brevedistanzale truppe spagnuole non avevano osato attaccarla essendo essacostruita all'estremità d'un'isola che la metteva al sicuro d'una sorpresamaaveva già subíto non pochi bombardamenti da parte del cannonierele qualierano riuscite ad isolarlafacendo occupare le rive del canale interno da unaparte degli equipaggi.

Si sapeva però che alcune colonne spagnuole si eranoaccampate al di là del canaleaspettando il momento propizio per assalirla edespugnarla con forze poderosementre altre cercavano di tagliarle lecomunicazioni con Bulacansotto la direzione del generale Jaramilloil qualesi era già impadronito di uno dei principali campi degl'insorti uccidendo oltretrecento difensori e fugando tutti gli altri colla perdita d'armi e cavalli.

La notizia dello sbarco di Hang-Tu e di Romero era stataaccolta con viva soddisfazione da tutte le bande di Malabonle quali giàcominciavano a dubitare della loro impresadopo gli ultimi disastri subitidagl'insorti della provincia di Cavite e la vicinanza delle truppe spagnuole. Lapresenza dei due valorosi capi dell'insurrezionefaceva loro sperare giornimigliori ed una resistenza accanitissima. Hang ed il meticciodal canto lorosi erano subito messi alacremente all'operacomprendendo che l'attacco delletruppe spagnuolecombinato coll'azione della squadranon si sarebbe fattomolto attendere.

Mentre il primo si era incaricato di riorganizzare le bandel'altro si era occupato delle opere di difesa per mettere la piazza in grado diresistere vittoriosamente al bombardamento della flotta.

Il tre soli giornila loro straordinaria attività avevagià dato insperati risultatirendendo Malabon fortissima.

Mentre avevano fatto occupare i migliori punti del canale permantenerlo liberoonde non avere interrotte le comunicazioni con Manilla especialmente col comitato dell'insurrezione e colle società segrete dalle qualipotevano sperare aiuti di uominid'armi e di munizioniavevano fatto costruiredalla parte del mare imponenti trinceearmandole con tutti i pezzid'artiglieria disponibiliper far fronte agli attacchi della flottiglia.

Quelle misure di difesa erano state prese in buon puntopoiché il 28 marzo le cannonieredopo alcuni giorni di treguaavevano ripresovigorosamente il bombardamentolanciando i loro obici contro le case dellaborgata.

Hang e Romero non si erano per questo mostrati inquietimaavevano accettata la tremenda lotta con grande serenità e calmarisoluti afarsi seppellire sotto le rovine della borgata piuttosto che arrendersi.

Da mattina a sera sulle trinceelà dove le bombe e le pallecadevano piú fittedirigevano intrepidamente il fuoco dei pochi pezzi che lapiazza possedeva; e alla notte riparavano i danni prodotti dalle granaterinforzando dovunque le difese.

Le case della borgatasotto l'incessante fuoco dellaflottiglia cadevano in rovinama che importava? Le trincee resistevano e sevenivano distruttesi rialzavano piú robuste di prima e questo bastava.

Quel bombardamento d'altronde non impediva che gl'insorticontinuassero a mantenere relazioni coi comitati segreti della capitale. Quasiogni notte audaci corrieri inviati dalle società segretedeludendo lavigilanza degli spagnuoliche occupavano le sponde opposte del canalegiungevanorecando notizie della guerra.

Cosí avevano appreso che dovunque le piazze assediateresistevanoche Cavite e Noveleta si difendevano sempre disperatamentecheBacoor si reggeva ancorache Rosario aveva tenuto testa al nemicoe quellenotizie mantenevano alto il morale delle bande. Avevano però saputo che a MonteHaany gl'insorti erano stati battuti con gravi perdite e che piú di tremilafamiglie e novecento combattenti avevano abbandonato la causa della libertàmala loro fiducia nel buon esito della lotta finale non era stata scossa.

Il 31 marzo peròuna grave notizia era giunta al campo diMalabon e cioè che gli spagnuoli stavano preparando pel 2 aprile un attaccogenerale contro CaviteRosario e Malabonper scoraggiare e avvilire le bandecon una strepitosa vittoria.

Hang-Tu e Romero si eran ben guardati dal comunicare ai capidelle bande quelle nuove; ma avevano prese tutte le misure necessarie perresistere esattamente agli sforzi della flottala sola pel momento che potevaagire contro Malabon.

Già avevano osservato che altre cannoniere e barche a vaporearmate d'artiglieria l'avevano raggiunta e che insieme si disponevano a forzarel'entrata del canale per potereall'occorrenzasbarcare gli equipaggi.

Il 1° aprile un comunicato del comitato segretoportato daun messaggieroaveva dato l'annuncio che Cavite e Rosariostrette dalla partedel mare e da terrasi trovavano agli estremi e che a Noveleta si combattevadisperatamentecon poca speranza di vincere.

L'indomani la flotta riprendeva con novella furia ilbombardamento di Malabon. Le granate e le palle cadevano fitte sulla borgatamalgrado gli sforzi degli assediati per ridurre in silenzio i cannoni dellenavi.

Le trincee franavano nei fossati costringendo i difensori aritirarsi continuamenteabbandonando talvolta qualche pezzo d'artiglieria; lecase diroccavano con immenso fracasso accumulando rottami su rottami; ilcampanile della chiesa cadeva pezzo a pezzo. Gli scoppi della bombe echeggiavanodappertuttoprovocando frequenti incendi che venivano spenti con grandi fatichee gravi pericoli.

RomeroHang-Tu e perfino Than-Kiúla qualemalgrado lepreghiere dei due capi non aveva voluto ritirarsi in un boschetto vicinodovegià si erano rifugiate le bande di riservanon abbandonavano un solo istantele trinceeincoraggiando colla presenza ed il loro sangue freddo i difensori.

A mezzodíquando piú furioso diventava il bombardamentoanche sulla opposta sponda del canalesi udí a tuonare il cannone. Glispagnuolidopo d'aver occupato Obando e Calocan fugando i pochi insorti che viavevano trovatisi erano avanzati verso il canale per prendere parte alla lottae prestare valido aiuto alle loro cannoniere. Piazzata una batteria fra icannetisi preparavano a prendere alle spalle i difensori di Malabon.

Udendo gli spari rombare da quella parteRomero si eraaffrettato a raggiungere Hang-Tu.

- Stiamo per venire schiacciati- gli disse. - Non credevoche gli spagnuoli fossero cosí vicini.

- Lo vedo- rispose Hang. - Per Malabon temo che sia prestofinita.

- Finita nopoiché le nostre bande sono ancora intatte edin grado di battersi vittoriosamentema domani la borgata sarà distrutta.

- Che cosa consigli di fare?…

- Pensare di ridurre al silenzio la batteria.

- Ma non abbiamo alcun cannone dalla parte del canale.

- Farai imboscare alcune bande nei canneti a aprirai unnutrito fuoco di moschetteria sugli spagnuoli. Se si accorgono che da quel latosiamo debolipotrebbero decidersi ad attraversare il canale.

- E non si può piú contare su alcun soccorso- disse Hangche era diventato assai pensieroso.

- Siamo ormai isolati- rispose Romero. - Alcuni insorti mihanno detto che poco fa si udiva tuonare il cannone verso Bulacan. Forse ilgenerale Jaramillo a quest'ora attacca la città.

- Cosí avremo tutte le vie tagliate.

- Forsema non disperiamo ancoraHang. I nostri uomini sibattono bene. Va' ed affrettati.

Mentre il chinese andava a scegliere alcune bande percontrobattere il fuoco delle schiere di terrala flotta continuava ilbombardamentodistruggendo la seconda linea di trinceedemolendo nuove case edanneggiando gravemente i pochi pezzi d'artiglieria degl'insorti.

Quella grandine di obici durò tutta la giornata conaccanimento senza pari e non cessò che un'ora dopo il tramontoquando ormai lametà dei cannoni degli insorti erano ridotti inservibili e mezza borgata eradistrutta.

Nemmeno la batteria del canale era stata ridotta in silenziomalgrado gli sforzi di Hang-Tu e dei suoi uomini.

Romerotemendo che i marinai della flotta approfittasserodelle tenebre per scendere sulla spiaggia e tentare un attacco notturnoavevafatto chiamare tutte le bande della riservadisponendole fra i rottami delletrinceepoi aveva dato l'ordine di rialzare nuovi terrapieniprevedendo perl'indomani un nuovo e piú disastroso bombardamento.

Prese tutte quelle misuresi era incamminato attraverso laborgata per consigliarsi con Hang-Tuche credeva si trovasse ancora sulle rivedel canale assieme a Than-Kiúquando presso l'angolo d'una casa già in partediroccata dagli obici della flottasi vide tagliare la via da un uomo chepareva lo attendesse.

Credendo che fosse qualche spia spagnuola introdottasinascostamente nella borgataaveva estratta rapidamente una rivoltellama videsubito trattarsi d'un tagalo.

- Cosa vuoi? - gli chiesevedendo che l'indigeno non siritirava per lasciargli il passo.

Il tagalo girò all'intorno un rapido sguardocome peressere certo che non vi fosse alcuno nei dintornipoi disse:

- Vi attendevosignor Ruiz.

- Sei forse un messaggero del comitato dell'insurrezione? -chiese Romero.

- Noma vengo da Manilla. Sono sbarcato un'ora fasfuggendoalla sorveglianza degli spagnuoli.

- Da Manilla- mormorò Romerosoffocando un sospiro. - Echi ti manda?…

- Una donna.

- Chi?…

Invece di rispondereil tagalo sciolse un nodo della suacamicia e porse al meticcio stupito una piccola conchigliaentro la quale stavacelato un biglietto.

Romeroin preda ad una viva agitazionesi era ritiratosotto l'arco di una porta ed acceso uno zolfanelloaveva spiegato rapidamenteil biglietto. Conteneva poche parolescritte con una calligrafia elegante e cheil meticcio ben conoscevama d'una gravità terribile:

«NoveletaRosario e Cavite sono cadute e tu seiaccerchiato. L'insurrezione non ha piú bisogno di te ora. Fuggi prima che tiprendano e pensa sempre a chi ti vuol bene».

Romero aveva gettato un grido:

- Teresita!…

Poi al grido del cuoreaveva tenuto dietro un grido didolore. - Vinta l'insurrezione! - aveva esclamato. - Cavite perduta!… Ecco chesuona l'ultima ora per la libertà!… - Poi aveva tentato di lanciarsiattraverso la via per correre da Hangma il tagalo lo aveva arrestatodicendogli:

- Parto questa notte istessa e domani rivedrò la persona chequi mi ha mandato. Che cosa devo dirle?…

Romero si era fermato.

- Ritorni da lei? - chiesecon voce angosciata. - PoveraTeresitapensa sempre a mequantunque io mi batta contro i suoi fratelli eforse… non la rivedrò piú mai. Triste destino!…

- Ebbene? - chiese il tagalo. - I momenti sono preziosi e setardo a ripartirenon potrei piú ritornare a Manilla.

- Le dirai che io penso sempre a lei e che Romero morrà colsuo nome fra le labbra.

- Volete rimanere qui?…

- È necessario- rispose Romerosospirando. - Qui forsecadranno domani gli ultimi difensori della libertà e morrò anch'io con loro.

- Fuggite con mesignore. La mia barca fila come una frecciaed io vi condurrò a Manilla senza che gli spagnuoli se ne accorgano.

- Il capo dell'insurrezione non può abbandonare i suoiuominiquando questi stanno per morire.

- Ma la mia padrona vi ama.

- Ed anch'io l'amoma Romero Ruiz non può diventare unvile.

- Allora addiosignor Ruiz.

- Una parola ancora.

- Parlate.

- Si sa adunque a Manilla che io difendo Malabon?

- Gli spagnuolio meglio il maggiore mio padronelo avevasaputoecco perché sono mandato qui.

- È a Manilla il maggiore?

- Sísignor Ruiz.

- Addio. Dirai a Teresita che il mio cuore appartiene a lei eil mio corpo all'insurrezione.

Poi si allontanò rapidamente come se volesse nascondere lasua commozione e si recò sulle rive del canaledove Hang-Tu stava facendocostruire alcune trincee pei suoi tiragliatori.

Il chinesevedendo Romerogli era mosso incontro.

- Buone nuove? - gli chiese.

- Tristi- rispose Romero. - La bandiera della libertà èstata abbattuta e forse non ondeggerà piú mai sulle Filippine.

- Che cosa intendi di dire? - chiese Hangimpallidendo.

- Che il baluardo della libertà è stato preso…

- Cavite!…

- Ed anche Noveleta e Rosario.

- E noi adunque?…

- A noi non resta che morire.

- Sí- disse Hangcon voce cupa. - Morirema sul sanguedegli spagnuoli.

L'indomanidopo due ore di bombardamentomalgrado laestrema difesa degl'insortiMalabon veniva ridotta in cenere e le bandericacciate nell'interno dell'isolamentre il generale Jaramillo assalivagl'insorti di Bulacan costringendoli a fuggire colla perdita di centocinquantauomini.

 

 

 

 

 

Capitolo XXVIII

 

L'ULTIMA LOTTA

 

Il valore e la tenacia delle truppe spagnuoledopo quattromesi di lotte sanguinoseavevano trionfato contro le innumerevolima maleorganizzate bande degl'insorti.

L'ultima ora stava per suonare per l'insurrezione scoppiatanella maggiore isola delle Filippine. Nessuno sforzonessun eroismopotevapiú rialzare le sorti.

Caduta CaviteNoveletaRosario e Malabonagl'insorti piúnon rimanevano che Bulacan al nord dell'ampia baiama già stretta da vicinodalle vittoriose truppe del generale Jaramillo; Santa Cruz sul lago Bayma giàin procinto di cadereNaie nella provincia di Cavite dove si erano ritirate lebande di Aguinaldo contro le quali si preparava ad agire il generale Sucre allatesta di venti compagniee pochi altri luoghi di nessuna importanzachedovevano cadere al primo assalto.

Le sottomissioni erano cominciate su vasta scaladopo quellestrepitose vittorie. Nella sola provincia di Manilladal 2 al 4 aprilenovecento insorti e duemila famiglie si erano presentati per l'indulto emillecento combattenti avevano deposto le armi nella provincia di Nueva-Eciyacompresa l'intera banda del capo Castillola piú numerosa e agguerritamentredieci mila famiglie avevano abbandonata la causa della libertà.

Malgrado però cosí tanti disastri e cosí tristi notizieRomero e Hang-Tu non avevano cedute le armiquantunque fossero convintidell'inutilità dei loro sforzi.

Dopo d'aver combattuto valorosamentecon coraggio disperatodinanzi alla borgata che fiammeggiava alle loro spallesi erano ritiratinell'interno dell'isolotto per mettere le bandeche erano ancora rimastealcoperto dagli obici della flottaimprovvisando un accampamento a due chilometridalle rovine di Malabon.

Erano ancora in quattrocentola maggior parte meticci etagali e tutti bene armati; ma una sessantina di loro erano feriti piú o menogravemente e destinatiin gran partea morirenon possedendo medicamenti enon avendo un solo medico. Per di piú i viveridistrutti quasi tuttidall'incendio che aveva divorato Malabonstavano per mancare e le bande eranoquasi completamente accerchiate e quindi nell'impossibilità di poter riceveresoccorsi.

Romero ed Hangdopo d'aver fatto improvvisare alcunetrinceeavevano fatto radunare tutti i capi delle bande per risolvere sul dafarsi.

- La nostra posizione èse non disperatacerto gravissima- disse Romerorivolgendosi ai capi. - È necessario prendere una decisivadeliberazioneprima che gli spagnuoliimbaldanziti dalle vittoriesirisolvano a varcare il canale ed assalirci quidistruggendo gli ultimidifensori della libertà.

«Ormai non possiamo contare che sulle nostre sole forze esul nostro valore. Nelle regioni del sud l'insurrezione è domata o quasie inquelle settentrionalile sconfitte dei nostri si succedono sempre piúdisastrose. Anche Bulacan si può considerare perduta.

«L'intenzione mia e di Hang-Tu sarebbe di tentare di romperela cerchia di ferro che minaccia di soffocarcidi attraversare il canale e diraggiungere le montagne dell'isolaper mantenere ancora viva la nostra morentefiamma della libertà. Manilla per noi è per sempre perduta e sarebbe folliasperare di prenderla.

«Sulle rive della Grande Pampanga e del Chica e sulle altrecime del Caraballo de Balernoi potremo trovare un asilo sicuro ed attenderegiorni migliori per riprendere la lotta contro gli avversari.»

- Credo che il vostro piano sia il migliore- rispose uncapo bandadopo d'averlo ascoltato in silenzio. - Nella provincia di Manillapiú nulla ci rimane da fare.

- Ma non si potrebbe tentare di raggiungere le bande diBulacan? - chiese un altro capo.

- Avevamo pensato a questo- riprese Romero- ma noi siamotroppo pochiper assalire alle spalle le truppe del generale Jaramillo che cichiudono la via. Si potrà tentare di raggiungerle piú tardiscendendo lungole rive della Grande Pampanga del Rio de Quingua.

- Riusciremo noi a forzare la cerchia che ci rinserra?

- Lo si tenterà- disse Hang-Tu. - Forse gli spagnuoli nonci credono ancora tanto numerosi e non si attenderanno un attacco da partenostra.

- Sarà cosa prudente- osservò Romero- di mandare alcuniuomini risoluti sulla riva oppostaper spiare le posizioni degli spagnuolionde sapere se converrà ripiegare subito su Obando o su Meyca.

- O su Calocan? - chiese un capo banda.

- Non bisogna pensarvi- disse Romero. - Calocan deve esseregià occupata dal nemico.

- E quando tenteremo l'attacco? - chiesero i capi banda.

- Appena avremo la certezza di poterci ritirare su una ol'altra delle due borgate sopraccennate- rispose Romero. - Questa sera gliesploratori attraverseranno il canale e andranno a vedere quale via ci converràprenderedopo forzato il passo.

- E se questo ultimo tentativo risultasse vano?

- Morremo tutti col grido di «Viva la libertà» sullelabbra- risposero Hang-Tu e Romero.

- E sia- dissero i capi banda. - I difensori di Malabon nonsi arrenderanno.

- All'operafratelli- disse Romero. - Dobbiamo costruirele zattere necessarie ad attraversare il canale.

La seduta fu sciolta e tutti ritornarono alle loro bande perdare principio alla costruzione dei galleggiantimentre Hang-Tu andava ascegliere gli uomini destinati a prendere parte a quelle pericolose esplorazionisul territorio occupato dal nemico.

Romerouscendosi era incontrato con Than-Kiúche parevalo attendesse.

- Ebbenemio signore? - gli chiese la giovane chinese. -Tutto non è perduto ancoraè vero?

- Nofanciulla- rispose Romero- ma temo che il destinostia per segnare la fine dell'insurrezione.

- Ma noi fuggiremo da qui.

- Lo tenteremoThan-Kiú.

- E dove andremo?

- Nelle regioni settentrionali dell'isola.

Un vivido lampo brillò negli occhi del chinese.

- Noi andremo lontano da Manilla! - esclamò.

- Sílontanoforse molto lontano- rispose Romerocon unsospiro.

- L'aria di Manilla fa male a temio signore.

- E fors'anche a teè vero Than-Kiú- disse il meticciocon un malinconico sorriso.

- A me è fatalemio signore. Làsulle alte montagne delnordil Fiore delle Perle forse rifiorirà piú rigoglioso ed il suocuore soffrirà meno.

- Non illudertimia povera fanciulla.

- Il mio signore non dimenticherà forse mai la Perla diManilla?

- Than-Kiúcredi tu che i lillà del tuo paese possonovivere senza il sole?

- È veronon lo potrebberodisse la fanciulladiventandotriste. - Noi lillà non germogliano senza il tiepido raggio dell'astrodorato.

- Lo vediThan-Kiú e poi… chissàforse domani piúnessuno di noi potrebbe essere ancora vivo.

- Hai dei tristi presentimentimio signore? - chieseThan-Kiúrabbrividendo.

- Vedo sempre buio nel mio avvenire. Mi sembra che le nere egelide ali della morte mi sfiorino.

- Allora noi morremo tuttimio signore. Anch'io ho sognatoquesta notte che la morte mi stava vicinaed ho veduto volteggiarmi intorno lospirito di mia madre.

- Triste presagio- mormorò Romeroche aveva pure provatoun brivido. - Temo che noi siamo tutti votati alla morte.

- Morremo insiememio signore!

- Ma prima di cadere io cercherò di salvartiThan-Kiú. Tusei troppo giovane per dare un addio alla vita.

- Che importerebbe a me la vita senza di temio signore?

- Il tuo cuore potrebbe ancora battere per un altro e conmaggior fortuna. Quell'altro non avrebbe un'altra Perla di Manilla.

La giovane chinese crollò mestamente il capopoi disse consuprema energia:

- Maimio signore!…

- Sublime creatura- mormorò Romeroguardandola contenerezza. - E tanto affettotanta costanza dovrà infrangersi contro ildestino!

Aveva fatto a Than-Kiú un gesto d'addio e si era allontanatorapidamentedirigendosi verso il mare. Si recava colà per vedere se la flottaspagnuola aveva sbarcati i suoi equipaggi nei dintorni delle rovine di Malabonma si era anche allontanato per nascondere la sua commozione e per troncare quelcolloquio che per lui diventava penoso.

La flottiglia che aveva distrutta la borgatanon avevaabbandonate la acque dell'isolaanzi approfittando dell'assenza dei ribellilecannoniere che pescavano meno si erano avvicinate all'imboccatura del canale equalcuna si era già ormeggiata sotto la costagettando a terra un pontile.

Gli equipaggi non erano sbarcatima ormai in pochi minutipotevano approdare indisturbati e correre addosso agl'insortise le truppespagnuole di terra si fossero risolute a varcare il canale.

- Attendiamoci un attacco anche da questa parte- disseRomero. - Il pericolo ci stringe da tutte le parti e forse ci schiaccerà!

Quando ritornò all'accampamento la notte era già inoltratae gli uomini scelti da Hang-Tu fra i piú valorosisi preparavano a partire peresplorare il terreno sulla riva opposta del canalein direzione di Obando e diMeyca.

Alla mezzanotte quel piccolo gruppo di audaciimbarcatisi sudi una zatteraattraversarono silenziosamente il canalesbarcando fra icanneti della riva opposta.

Hang-TuRomero e tutti i capi delle bande si erano radunantisulla spiaggia dell'isola tendendo ansiosamente gli orecchima nessun allarmeera echeggiato al di là del canalené alcuno sparo. Gli esploratoriprotettidalle tenebreerano riusciti a passare senza essere veduti dagli spagnuoli chedovevano accampare in quei dintorni.

Il 4 maggio la situazione degl'insorti di Malabon non variò.Gli equipaggi delle cannoniere non erano ancora sbarcati e le truppe di terranulla avevano intrapreso sulla riva opposta del canalema i due capidell'insurrezione per ciò non erano tranquilli. Sentivano per istinto che inemici si preparavano per un attacco decisivo.

Già alcune scialuppe erano state vedute all'estremità delcanalee quelle che indicavano che le truppe di terra si radunavano su qualchepunto della costa per tentarepiú tardid'irrompere sull'isola.

Alla notteuno degli otto uomini mandati in esplorazionefaceva ritornoattraversando a nuoto il braccio di marema aveva cattivenotizie. Obando era occupata da una forte avanguardia di spagnuoli con qualchepezzo d'artiglieriae piú al sud aveva incontrato numerose truppe chemarciavano verso il canale.

Il 5 alcuni marinai della flotta erano sbarcati cercando ditrincerarsi fra le rovine di Malabon. Hang-Tuaccorso con alcune bandeerariuscito a sloggiarli dopo un breve combattimento.

Anche il 6 avevano rinnovato il tentativoma erano staticostretti a ripiegarsi ed imbarcarsimalgrado fossero stati protetti dal fuocodella squadra.

La notte del 7gli esploratori ansiosamente attesi dagliassediatigiungevano tutti meno uno che era stato sorpreso e ucciso dai nemici.Si erano spinti fino a Meyca che avevano trovata sgombra di truppema recavanopure la notizia che gli spagnuoli si preparavano a varcare il canale perpiombare in gran numero sulle bandee che gl'insorti erano stati sconfittinuovamente a Bulacan e anche a Laguna.

Era necessario affrettarsi per sfuggire quell'attacco chepoteva avere conseguenza disastrose. Un ritardo forse di poche ore potevadiventare fatale.

Le zattere erano già state costruite per attraversare ilcanale ed erano state gettate in acquaentro una profonda insenaturanascostada un gigantesco macchione d'alberi.

Per ingannare meglio il nemicofu deciso che Hang-Tuallatesta di alcune bandeavrebbe aperto il fuoco contro gli spagnuoli accampatisulla riva oppostafingendo di voler forzare il passo in quel punto e contro laflotta ancorata dinanzi alle rovine di Malabonper lasciar tempo al grossodegl'insortisotto la direzione di Romerodi attraversare indisturbati ilcanaledue chilometri piú al nord.

Alle due del mattinole due colonne abbandonavanosilenziosamente l'accampamento.

Prima di dividersiRomero e Hang-Tu si erano abbracciati.

- Pensa a salvare Than-Kiú e le tue bande- disse ilchinese. - Io farò fronte al nemico finché voi avrete attraversato il canale ese non cadrò nella lottapiú tardi verrò a raggiungervi.

- Ti attendo- aveva risposto Romero. - Noi due possiamoancora ravvivare la morente fiaccola della libertà.

Il grosso delle bande si era messo in marcia versol'insenaturamentre quelle di Hang-Tu muovevano verso le rovine di Malabon.

Un quarto d'ora dopoalcuni spari echeggiavano verso lespiagge meridionali dell'isola. Il chinesecome aveva promessoavevacominciato l'attacco contro la flotta ed aperto il fuoco contro gli accampamentispagnuoli.

Romero affrettava la marcia a fianco di Than-Kiú. Temeva chegli spagnuoli si fossero accorti di quella ritirata e si preparassero arespingere le zattere o che tendessero un agguato fra i canneti dell'oppostariva.

Alle due e mezzomentre la fucilata diventava piú furiosaal sud dell'isola e la flotta rispondeva a cannonatele bande giungevano nelpiccolo senodove galleggiavano ancora quattro zattere capaci di conteneretrenta uomini ognuna.

- Affrettiamoci- disse Romero. - Le due prime bande siimbarchino e prendano posizione sulla riva oppostapoi passeranno gli altri.

Indi volgendosi verso Than-Kiú:

- Finché i nemici sono lontaniattraversa il canale- ledisse.

- Ma tu? - chiese la giovanetta.

- Attendo Hang-Tu. Temo che egli stia per venire sopraffattodagli equipaggi della squadra. Odo le fucilate avvicinarsi.

I primi centoventi uomini si erano imbarcati conducendo conloro una ventina di feriti. Than-Kiú s'affrettò a balzare sull'ultima zattera.

- Partite- comandò Romero- poi gli uomini incaricatiriconducano subito i galleggianti. I nostri sono inseguiti.

Infatti si udivano gli spari echeggiare sempre piú vicini.Pareva che le bande di Hang-Tu si ripiegassero rapidamente.

Le quattro grandi zattere presero frettolosamente il largodirigendosi verso l'opposta riva del canale.

In quell'istante Romero vide alcune masse oscure correredalla parte di Malabon. Il suo cuore provò una stretta angosciosa. Non potevaingannarsi. Le bande di Hang-Tu fuggivano disperatamenteincalzate dagliequipaggi delle squadre e fors'anche dalle truppe di terra che si erano risolutead attraversare il canale.

- Miei prodi- gridòrivolgendosi verso le bande che eranorimaste. - Andiamo a difendere i nostri fratelli!…

Gettò un ultimo sguardo sulle quattro grandi zattere chegià stavano per approdare alla riva oppostae si slanciò in soccorso diHang-Tuseguito dagl'insorti.

Le bande del chinesedopo una disperata resistenzaeranostate volte in fuga. Alcune compagnie di spagnuoli avevano attraversato ilcanale e riunitesi cogli equipaggi della squadra erano piombate sugl'insorticostringendoli a ritirarsi precipitosamente.

Romero lasciò passare i fuggiaschi affinché siriordinassero piú indietropoi alla testa delle bande si rovesciò contro gliinseguitoriarrestando la loro marcia con un brillante attacco.

Hang-Tuche con pochi uomini aveva protetta la ritirataloaveva raggiunto. Un breve dialogointerrotto dagli sparisi impegnò fra i duecapi dell'insurrezione.

- Siamo perduti! - aveva esclamato il chinese. - Abbiamodinanzi tali forzeda non poter piú vincere.

- Morremo tutti quima vendendo cara la vita- avevarisposto Romero.

- E Than-Kiú? - chiese poi Hangcon voce alterata.

- Ormai è salvaalmeno lo spero- rispose Romero.

- Ha attraversato il canale?…

- SíHang.

- Allora posso morire tranquillo. Avanti fratelli!… Moriamoper la libertà!…

Una lotta terribilesanguinosasi era impegnata fra lebande e gli spagnuoli. D'ambo le parti combattevano con furoresenza chiederené accordare quartiere.

Bruciate le ultime cartuccegli spagnuoli avevano caricatele bande alla baionettacostringendole a ripiegarsi. Hang-Tu e Romerocombattevano come leoniquantunque il primo avesse ricevuto una puntata in unbraccio ed il secondo avesse ricevuto due sciabolatele quali dopo averglisdrucita la casacca gli avevano intaccata la pellenon erano riusciti adimpedire quel primo passo indietro.

Una seconda caricapiú irresistibile della prima avevasgominate alcune bande.

I due capi dell'insurrezioneche vedevano assottigliarsirapidamente la loro colonnatentarono un contr'attacco disperatoma vennerorespinti. Gli spagnuoli aumentavano semprementre era molto se cento insortirimanevano ancora in piedi.

Tutto ormai era perduto. Non rimaneva ai due capi che difarsi uccidere.

Già si preparavano a scagliarsi disperatamente fra le filanemicheper vendere almeno cara la vita e morirecome aveva detto il fierochinesesul sangue spagnuoloquando sull'opposta riva del canaleverso illuogo ove erano approdate le zatteresi udirono alcune scariche seguite da urlaacute.

Hang-Tu si era arrestatogettando un vero ruggito.

- Hanno assalito i nostri!… - gridò poi. - Romeroandiamoa salvare Than-Kiú!…

Gli spagnuoli che avevano di fronte li assalivano allora conuno slancio irresistibileper opprimere quel gruppo d'insorti.

Hang-Tu e Romero non l'attesero:

- Fratelli!… - tuonarono. - In ritirata!…

Le bandegià mezzo distruttesi ripiegarono confusamenteslanciandosi dietro ai due capima inseguite vigorosamente dal nemico.

In pochi istanti giunsero nella piccola caladove già eranostate ricondotte le zattere.

Romero e Hang si erano già imbarcati con alcuni uomini edarrancavano disperatamente verso la riva oppostadove pareva che fra i cannetisi combattesse con estremo furore.

Gli altri si gettarono sulle altre trema una affondò tostosotto il pesola secondamal direttaandò ad arenarsi sulla punta d'un bancosabbioso e solo l'ultimache portava otto o dieci insortipoté prendere illargo.

Hang e Romeroche non si erano accorti di nulla e chesperavano di portare all'avanguardia un valido aiutoquando sbarcarono fra icanneti della riva oppostasi trovarono quasi soli. Dei trecento insorti cheavevano prima della lottasolamente dodici o quindici erano riusciti a varcareil braccio di mare. Gli altri erano caduti nel combattimento od erano statifatti prigionieri.

Ma non erano uomini da esitare. Raccolsero la loro piccolacolonnasi gettarono in mezzo ai cannetiquantunque la battaglia impegnatadall'avanguardia pareva fosse per finirepoiché le fucilate si allontanavanorapidamente in direzione di Obando.

- Avanti!… Avanti!… - ripeteva Hang-Tucon vocestrozzata.

Si erano messi a correre attraverso i canneti ed i pantaniguidati dagli spari che sempre piú s'allontanavano.

La lotta impegnata dalle prime bande che avevano attraversatoil canaledoveva essere stata tremendapoiché ad ogni passo si vedevanogruppi di cadaveriarmicartucciere vuotezaini. Vi erano spagnuoli edinsorti confusi insiemeimmersi in vere pozzanghere di sangue.

- Avanti!… - ripeteva sempre Hang-Tuche udiva gli sparidiventare sempre piú fiochi e piú radi.

Avevano già percorsocorrendo a precipiziodue chilometrie stavano per cacciarsi dentro un boscoquando il chineseche si trovavanodinanzi a tuttivide sorgere da terra un uomo che aveva la fronte spaccata daun colpo di sciabola e che gli dissecon voce morente:

- Fermati!… capo… Siamo stati… distrutti… Piú…innanzi… vi è la… morte…

- Siete stati distrutti!… - urlò Hangcon disperazione.

- Sí… capo…

- E Than-Kiú?

- E Than-Kiú… - mormorò il feritocon un filo di voce. -Sí… l'ho… veduta… è stata…

- Parla!… Affrettati!… - gridò Hang-Tuvedendo che ildisgraziato stava per ricadere.

- Presa… dagli… spagnuoli… - disse il feritofacendoun ultimo sforzo.

Poicome se si avesse esauriticon quelle paroletutti gliultimi istanti di vita che ancor gli rimanevanoera caduto al suolo esalandol'ultimo respiro.

Hang-Tu aveva mandato un urlo di dolore.

- Prigioniera!… - aveva esclamatocon un accentostrazianteindicibile. - Prigioniera!…

Poi era caduto accanto al mortoe quell'uomo cosí fiero erascoppiato in singhiozzimormorando:

- Povera sorella!… Me la uccideranno!…

 

 

 

 

 

Capitolo XXIX

 

GLI EROI DELL'INSURREZIONE

 

Romero era rimasto come fulminatoapprendendo la tristesorte toccata alla valorosa fanciullama soprattutto nell'aver udito Hang-Tuin quel momento di disperazionepronunciare quelle parole.

- Tua sorella!… - aveva esclamatodopo un lungo silenzio.Poi vedendo che il chinese non rispondeva e che continuava a singhiozzarel'aveva sollevato e condotto nella foresta.

Gli spari erano cessatima forse gli spagnuoli che sitrovavano nell'isola si erano imbarcati sulle due zattere e stavanoattraversando il canale per distruggere o prendere gli ultimi difensori diMalabon.

Era quindi necessarioinnanzi tuttosottrarsi alle lororicerche per non cadere prigionieri e perdere ogni speranza di essere ancorautili alla disgraziata Than-Kiú.

Romeroseguito dai pochi superstitis'inoltrò nel boscofinché trovò un macchione cosí fitto da non venire facilmente scopertivifece entrare Hang-Tu aprendosi penosamente il passo fra quel caos di ramidiradici e di foglie giganteschepoi quando credette di non aver piú nulla atemere da parte degli inseguitoris'arrestòdicendo al chinese:

- Attendimi un istante.

Dispose i quindici uomini del drappello intorno al macchioneraccomandando loro di avvertirlo nel caso che i nemici si mostrassero in queidintornipoi ritornò presso Hang-Tu e sedendoglisi di frontesu una granderadice che usciva dal suolodisse:

- Ed orapensiamo a salvare Than-Kiú; ma prima di agire nonmi negherai una spiegazioneche da tanto tempo attendevo.

- ParlaRomero- disse Hang.

- Chi è Than-Kiú?…

- Mia sorella- rispose il chinese. - Sarebbe inutileingannarti di piú.

- Tua sorella!… - esclamò Romero. - E tu non me lo haidetto?…

- Noe forse non l'avresti mai saputo.

- Ma perchéHang?…

- Perché ti amava.

- Prima ancora che io amassi Teresitaforse?…

- SíRomero.

- Ma dove mi aveva veduto?…

- A casa mianel sobborgo di Binondo.

- Ma io mai l'avevo vedutaHang.

- Nel nostro paese non si usa presentare le donnenemmeno aipiú fidi amiciThan-Kiú t'aveva piú volte veduto e t'aveva amato insilenzio. Quand'ella mi svelò il suo amore per teera troppo tardi. La donnabianca si era impossessata del tuo cuore.

- E tu non me lo avevi detto?…

- Nopoiché tu avresti potuto credere che Hang-Tu non tiamasse che per puro affetto d'amicizia. Per questo ho soffocato sempre in fondoal cuore la confessioneche piú volte mi stava per sfuggire dalle labbra.

- E non mi hai odiatoHang-Tuper aver io preferitoun'altrauna figlia di quella razza che noi combattevamoa tua sorella?…

«Un altro al tuo posto mi avrebbe odiato.»

- Io invece ho ammirato l'immenso amor tuo per quella figliadei nostri nemicied il mio affetto e la mia amicizia per telo hai vedutomai sono scemati.

- Hang-Tu- disse Romeroche era profondamente commosso. -Io devo a te ed a Than-Kiú la vita.

- E che cosa intendi dire? - chiese Hangalzando il capo.

- Che se non potrò amare tua sorellaandrò almeno asalvarla od a morire con lei.

- Che cosa vuoi fare?…

- Lo so io.

Romero si era bruscamente alzatocome se avesse presa unaincrollabile decisione.

- Parto- dissegettando a terra le armi che portavaindosso. - Forse non ci rivedremo mai piúma quando apprenderai ciò che avràpotuto il tuo fratello d'armicomprenderai quanto egli avrebbe potuto amareThan-Kiúse non vi fosse stata la Perla di Manilla.

- Romero!… - esclamò Hang-Tuche si era alzato. - Ioleggo nei tuoi occhi una risoluzione disperata. Dove vuoi andare?

- A salvare la sorella del mio fratello d'armi od a morirenell'impresa.

- Tu… solo ed inerme!… Quale pazzia stai per commettere!

- NessunaHang-Tu- rispose Romerosorridendomalinconicamente. - Seguo ciò che m'indica il destino.

- Ma se tu vai a salvare Than-Kiúvoglio venire anch'io.

- Non lo puoiHang.

- Ma perché?…

- Saresti d'imbarazzo al mio disegno.

- Due uomini possono fare piú d'uno solo.

- Basta uno soloper quello che farò.

- Voglio sapere dove tu vai.

- Ti ricordi d'una frasedetta da un uomo che io avevostrappato alla morte?… Certe generosità non vanno perdute.

- Ah!… Ti comprendo!… Tu vai dal maggiore d'Alcazar!…

- Sí- rispose Romero. - Addio fratello! Se io non ritornopiúricordati che se io non avessi dato il mio cuore alla Perla di Manillasarei stato ben felice di sposare il Fiore delle Perle.

Abbracciò Hang-Tupoi s'allontanò.

Il chinese si era slanciato dietro a luima Romero udendo ipassi si era voltato dicendogli:

- Non puoi seguirmifratello: bisogna che io sia solo.

- Romero!… - esclamò Hang con voce commossa. - GrandeBuddhacosa stai per fare tu?…

- Te lo dissi: vado a salvartela.

Poi era tornato indietro ed i due valorosi uomini si eranonuovamente precipitati l'uno nella braccia dell'altro. Quando si separaronoentrambi avevano gli occhi umidi.

- Spera- disse Romeroallontanandosi rapidamente e senzavolgersi indietro.

Uscito dalla macchia s'avvicinò ad uno degli insortichevegliava appoggiato al suo fucile.

- Seguimi- gli disse. - Nulla avrai da temerete loprometto.

- Sono ai tuoi ordinicapo- rispose l'insorto.

Romero si rimise in camminoprocedendo rapidamente e conpasso sicuro. Dove si recava?… Lui solo lo sapeva.

Giunto sul margine del bosco s'arrestò alcuni istanti pertendere gli orecchicome se cercasse di percepire qualche lontano rumorepoiriprese la marciasempre seguito dall'insorto.

Attraversò i canneti senza piú arrestarsiavvicinandosi alcanalesulle cui rive gli ultimi difensori di Malabon avevano combattuta quellalotta sanguinosapoi si diresse verso il suddove si vedevano scintillaresultenebroso orizzontei fuochi degli accampamenti spagnuoli.

Romero si tolse da una tasca un fazzoletto di seta bianca eglielo porsedicendogli:

- Lega questo alla canna del tuo fucile e non temere.

- Ti rechi a trattare la nostra resa?…

- Noseguimi.

I fuochi dei bivacchi ingrandivano rapidamenteilluminandole tende ed i fasci delle armi; ma Romero continuava ad avvicinarsicome seinvece di muovere contro a fieri nemici si recasse fra gli insorti. Eratranquilloma quella calma aveva qualcosa di terribile.

Giunto a cento passi dalla prima avanguardia si arrestòudendo la voce d'una sentinella a gridare:

- Chi vive?…

- Un parlamentario degl'insorti- rispose Romero.

- Fermatevi.

Un istante dopo un sergenteseguito da tre soldati armati emuniti d'alcuni tizzoni accesigli mosse incontro.

- Che cosa volete? - chiese il sergenteguardando Romero constupore.

- Parlare al comandante- rispose il meticcio.

- A quest'ora dorme.

- Direte a lui che Romero Ruizcapo supremo degl'insortihadelle comunicazioni urgenti da fargli.

- Carrai!… - esclamò il sergente. - Il capo donRuiz?…

- Síma gli direte pure che ioprima di entrare nel suocampoesigo la sua parola d'onore che mi lascerà tornare libero assiemeall'uomo che m'accompagnase non avrà accettato il patto che devo proporgli.Aspetto qui la sua risposta.

- Attendete il mio ritorno- disse il sergente.

Fece cenno ai soldati di rimanerepoi tornò sollecitamentenell'accampamento.

Romero avendo veduto poco lontano un albero atterratoeraandato a sedersiguardando distrattamente i tre soldatiche lo fissavano collapiú viva curiosità.

Cinque minuti dopo il sergente era di ritorno.

- Il comandante vi aspetta- disse.

Romero si era alzato. Si volse verso l'insorto che lo avevaaccompagnato e gli disse:

- Tu rimarrai qui e condurrai la persona che ti saràaffidata ad Hang-Tu.

Poi seguí il sergente a testa altapallidoma risoluto acompiere ciò che aveva irrevocabilmente deciso.

Attraversate cinque o sei linee di tendesotto le qualirussavano rumorosamente i soldatie due file di sentinelleil sergentes'arrestò dinanzi ad una tenda piú alta e piú spaziosa delle altreil cuiinterno era illuminato.

Un colonnellosulla cinquantinadalla lunga barba quasibiancadallo sguardo vivido e dalla carnagione assai abbronzata dal soleattendeva Romero dinanzi all'entrata della tenda. Doveva essersi appena alzatopoiché al fianco non aveva la sciabolané alla cintura la rivoltella.

- Siete voi Romero Ruiz? - chiese eglial meticcio.

- Sícolonnello- rispose questisalutandolo.

- Entrate.

- Fatemi prima frugare per vedere se ho delle armi.

- È inutilesignore- disse il colonnello. - Gli uominivalorosi come voi si battonoma non assassinano.

- Grazie per la vostra fiduciacolonnello.

Entrò risolutamente nella tenda che era illuminata da unalampada ed ammobiliata con un piccolo letto da campo e con due sedie di bambú edietro di lui entrò il colonnellodopo d'aver fatto segno al sergente diallontanarsi.

Il vinto ed il vincitore si guardarono alcuni istanti insilenziocon una certa curiositàpoi il primo incrociando le braccia efissando il colonnellogli chiese bruscamente:

- Credete voi che il governatore di Manilla sarebbe lieto dipoter avere in mano il capo dell'insurrezione?…

- Lo credo bene- rispose lo spagnuoloche sembrava stupitoda quella inaspettata domanda. - Voisignoresiete uno di quegli uomini cheavreste potuto dare ancora del filo da torcerealle vittoriose armi dellaSpagna.

- Ebbenese ioRomero Ruizcapo supremo degl'insortividicessi:

«Vengo a consegnarmi a voi» ma ad una condizioneaccettereste?…

- Voi!… - esclamò il colonnellocon maggiore stupore.

- Síio- disse Romerocon voce risoluta.

- Ma sapete la sorte che attende i capi dell'insurrezionedon Ruiz?

- Lo socolonnello: la morte.

- E non vi fa paura?

- Noio la sfido serenamente.

- Ma allora voi porrete per la vostra resa delle gravicondizioni.

- Forse meno di quello che credete.

- Parlate.

- Fra i prigionieri fatti questa notte sulla riva del canalevi è una giovane chineseè vero?…

- Síuna fanciulla assai bella e molto valorosache sibatteva come un vecchio soldato incanutito fra il fuoco e le battaglie.

- Chiedo la sua libertà in cambio della mia vita.

- Scherzate?…

- Nocolonnello- rispose Romerocon voce grave.

- Allora l'amate.

- No.

- Ma…

- Colonnelloaccettate?…

- Voi volete uccidervi.

- Non importa.

- Lo volete?…

- Sícolonnello- rispose Romerocon incrollabilefermezza.

- Vivaddio!… - esclamò lo spagnuoloche parevaprofondamente commosso. - Se io in questo istante fossi il comandante supremodelle forza spagnuolevi direi: simili uomini non si possono uccidere: sieteliberosignore. Non lo sono epur col cuore rattristatofarò il mio doveredi soldato. Signor Ruizfra cinque minuti la fanciulla sarà liberama voisarete mio prigioniero.

- Fatelo- disse freddamente il meticcio.

- A chi dovrò affidare quella giovane?…

- Ad un insorto che l'attende fuori del vostro campo.

- Gliela consegnerò io in persona. Attendetemi fuori dallatenda.

Il colonnello cinse la sciabolapoi uscí e scomparve fra letende del campo. Romero si era arrestato fuori dalla tenda. Era sempretranquilloma la sua fronte apparivaalla luce sanguigna dei fuochiumidacome se un freddo sudore la imperlasse.

Trascorsero alcuni minutipoi vide passarefra i fuochidell'accampamentodue cavalieri i quali s'arrestarono alcuni istanti a centopassi dalla tendadinanzi ad un grande fuoco come se avessero voluto farsi benvedere.

Romero provò una scossa al cuore. In quei due cavalieriaveva distinto il colonnello e Than-Kiúla quale si era avviluppata nel suomantello di seta bianca.

- Hang-Tu- mormorò con voce cupa- Il tuo fratello d'armiha pagato il suo debitoma perderà la vita e la donna che ha tanto amato.

Seguí cogli sguardi i due cavalieri che si dirigevano versogli avampostipoi chiuse gli occhi come se volesse sfuggire ad un'orribilevisione.

Quando li riapríil colonnello spagnuolo stava dinanzi alui.

- La fanciulla è partita- gli dissecon voce triste.

- Graziecolonnello- rispose Romerocon un sospiro. - Orapotete farmi fucilare.

- Io nodon Ruiz. A questo penseranno le autorità militaridella capitale.

- Sia- mormorò Romero. - Morrò sul suolo della Perladi Manilla.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . .

 

 

 

 

 

Capitolo XXX

 

VIVA LA LIBERTA'!

 

Venti ore dopo gli avvenimenti narrativerso le seipomeridianequando la brezza della sera cominciava a far uscire la popolazionedalle case di Manillaun uomo indossante il costume tagalocol capo riparatoda uno di quegli ampi cappelli di paglia di riso in forma di fungo usati daichinesi e che gli nascondeva buona parte del visosi arrestava dinanzi alvecchio palazzo del maggiore d'Alcazar.

Dopo d'aver guardato attentamente le persiane verdi calatedinanzi alle finestre e d'aver sbirciate le due vie che sbucavano ai lati delpiccolo piazzalecome se avesse temuto d'esser vistosalí i tre gradini edentrò risolutamente nel palazzo.

Un domestico tagaloche sonnecchiava su di una panca dimarmoudendo i passi di quell'uomos'alzò stirandosi le braccia e gli chiesefra uno sbadiglio e l'altro che cercava.

- Teresita d'Alcazar- rispose lo sconosciuto.

- La mia padrona.

- Sí.

- Avete qualche lettera per lei?…

- Noma devo parlarle di cose molto gravi.

- Da parte di chi?…

- Ciò non ti deve interessare- disse seccamentequell'uomofacendo un gesto d'impazienza.

- Non sapendo chi voi siate né chi vi mandarifiuterà diricevervi- disse il domestico.

- Forse hai ragione. Le dirai questo nome: Hang-Tu.

Il tagalocurioso come tutti quelli della sua razza avrebbevoluto sapere di piúma uno sguardo minaccioso del chinese lo costrinse adandarsene.

Pochi istanti dopo scendeva a precipizio le scaledicendo:

- La mia padrona vi attende.

- Ti seguo- rispose il chinese. - Lo sapevo che non miavrebbe fatto aspettare.

Salí un maestoso scalone di marmo e fu introdotto in unsalotto elegantemente ammobiliato e profumato da grandi mazzi di gelsomini e dirosesorretti da vasi del Giappone e della China di dimensioni gigantesche.

Fra la penombra prodotta dalle persiane e dalle fitte tendeche pendevano dinanzi alla finestragli occhi di Hang-Tu distinsero subitoTeresitala quale si teneva ritta in mezzo al salottovestita di un sempliceaccappatoio biancoche le faceva spiccare doppiamente la bruna carnagione e lelunghe trecce della capigliatura corvina.

Vedendolo entrarela giovanettache doveva essere già inpreda ad una viva agitazionegli era mossa rapidamente incontrodicendogli convoce rotta:

- Voi… qui! Gran Dio!… Cosa è avvenuto… di lui?…Parlate… parlate… vi pregoHang-Tu…

Il chinese era rimasto mutoma i suoi occhiripieni ditristezza ed i suoi lineamenti alteratiparlavan per lui.

Teresitavedendolo in quello statoaveva mandato un grido.

- Voi venite a recarmi una terribile notiziaè vero?… -esclamò la giovanettacon disperazione. - Io tremo… me lo hanno forseucciso?…

Uno scroscio di pianto le aveva soffocato la voce. Hang-Tuaveva fatto un passo innanzi come per sorreggerlama la giovane spagnuola siera raddrizzatadicendo:

- Parlate!… Voglio saper tutto!…

- Non è morto- rispose Hang-Tucon voce sorda- madomani forse non sarà piú vivo.

- Che cosa volete diregran Dio?…

- Che il vostro Romero si trova nelle mani dei vostricompatriotti e che se voi non lo salvatedomani all'alba verrà fucilatoassieme ai capi dell'insurrezione presi a Noveletaa Cavite ed a Rosario.

Teresita aveva mandato un grido straziante:

- Me lo uccidono!…

Poi si era slanciata verso la porta gridando:

- Padre mio!… devi salvarlo!…

Il maggiore d'Alcazarche doveva trovarsi nel suo gabinettoda lavoroudendo quel grido e quelle paroleera entrato precipitosamente nelsalotto credendo forse che Teresita corresse qualche pericolo.

Vedendo Hang-Tusi era arrestatocome fulminato.

- Mi conoscetemaggiore d'Alcazar? - chiese Hangfacendosiinnanzi.

- Voi… - balbettò lo spagnuolo impallidendo.

- Padre mio!… - gridò Teresitagettandosi fra di loro: -Me lo uccidono!…

- Ma chi?… - chiese il maggiore.

- Romero!…

- E chi lo ucciderà!…

- I vostri soldati- disse Hang-Tu.

- I miei…

- Soldativi ho detto. Romero Ruizquello che vi hastrappato alla mortequello che ama vostra figliasi trova quinelle carceridi Manilla. In mano dei vostri compatriotti.

- Lui!… - esclamò il maggiorecon doloroso stupore. - Machi lo ha fatto prigioniero?…

Invece di rispondereHang-Tu gli si era avvicinato collebraccia strettamente incrociate sul petto e fissandolo con uno sguardominacciosogli disse con voce amara:

- Ed oravediamo la vostra generosità. L'uomo che vi hastrappato alla morte si trova nelle mani dei vostri compatriotti: pagate ilvostro debitomaggiore d'Alcazar.

Udendo quelle paroleuna rapida commozione aveva alterato ilvolto dello spagnuolo.

- Romero prigioniero!… - esclamò. - Disgraziato!

- Padre mio!… - gridò Teresitapiangendo. - Tu forse puoistrapparlo alla morte.

Il maggiore d'Alcazar allontanò dolcemente la giovanetta chegli si era aggrappata al collopoi tendendo una mano verso Hang-Tudisse convoce solenne:

- Giuro dinanzi a Dioche io tenterò ogni mezzo perstrapparlo alla morte: sperate!…

- Grazie- disse Hang-Tu il cui volto abbuiato sirischiarava.

- Non ringraziatemi orapoiché tutto dipende dallecircostanze e fors'anche dal caso. Voi dovrete però raccontarmi tutto e moltealtre cose che desideravo sapere da voi.

- Parlate.

Il maggiore si volse verso Teresita:

- Lasciaci solifiglia mia- le disse.

- Síma tu lo salveraiè vero padre mio?

- Lo spero.

Poi prese Hang-Tu per una mano e lo condusse nel suo studiochiudendo la porta.

- Ditemi- dissefacendo cenno al chinese di sedersi. -Romero Ruiz ama mia figlia o quella fanciulla che io ho veduto con lui?… Dallavostra rispostaforse dipende la sua vita.

- Ama vostra figlia- rispose Hang-Tucon un profondosospiro. - Dicendovi questoio distruggo il piú bel sogno da me per tantotempo accarezzato ed infrango l'anima della fanciulla che mi ha strappato dallelabbra la vostra graziama Hang-Tu è leale e non sa mentire.

Poi dopo alcuni istanti di silenziogli narrò brevementechi era Than-Kiúquanto aveva amato Romeroi disagi affrontati pel valorosocapo dell'insurrezionel'inutilità di tanti sacrifici e l'ultima pagina delterribile dramma di Malabon.

- Romero ha pagato il suo debito verso l'amicoverso ilfratello d'armi e verso Than-Kiú - concluse il chinese con voce estremamentecommossa. - Ora spetta a voi pagare il vostro debito verso di lui.

- Lo pagherò e piú di quanto possiate credere- rispose ilmaggiore alzandosi. - L'insurrezione ormai sta per finire e Romero non è piúun nemicoma un vinto sfortunato che tutti gli spagnuoli hanno potuto ammiraree stimare. Sarà un terribile colpo per vostra sorellaHang-Tuma soloconcedendo a Romero la mano di Teresita io potrò forse salvarlo poichécontale matrimoniolo strapperei all'insurrezione.

- Than-Kiú si rassegnerà- disse Hangcon fermezza. -Salvate colui che io ho amato come fosse mio fratellopiú ancoracome fosseun figlio e non vi chiedo di piú.

- Seguitemi. Assieme a me voi nulla avrete da temere. Vi sicrederà un mio domestico e nessuno potrebbe sospettare in voi il capo degliuomini gialli.

Si cinse la sciabolasi mise il berrettopoi senzaattraversare il salotto fece passare Hang-Tu alcune stanze sontuosamenteammobiliate e discese lo scalone.

Il tagalo che aveva introdotto il chinesesi trovava ancoraseduto presso il portone.

- Va' ad annunziare al governatore la mia visita- gli dissed'Alcazar. - Io ti seguo.

Le tenebre erano già calate da qualche ora e la popolazionedopo d'aver respirato un po' di brezza notturnacominciava a ritirarsisicchéle vie erano diventate già quasi deserte. Il maggiore d'Alcazar condussenondimeno Hang-Tu attraverso le vie meno frequentateonde non potesse venirericonosciutoe non fu se non dopo un lungo giro che giunsero dinanziall'imponente palazzo del vice-re.

Il tagalo già mandato innanzili attendeva presso lasentinella.

- Siete aspettatopadrone- disse al maggiore.

- Voi mi attenderete qui- disse lo spagnuolo ad Hang-Tu. -Sperate.

Poi entrò rapidamente nel palazzo.

Il chinese s'era sedutoo meglio s'era lasciato cadere su diun sedile di pietraprendendosi il capo fra le mani. Pareva che meditasseprofondamente.

Trascorse un'orapoi un'altrama senza che egli se neaccorgessené senza che facesse un gesto. Ad un tratto s'alzò di scattosentendosi battere su una spalla.

Vedendosi dinanzi il maggiore d'Alcazarsussultò.

- Ebbene? - gli chiese con voce quasi spenta.

- Ho ottenuto la sua grazia- rispose lo spagnuolo.

- Ah!…

- Ma ad una condizione.

- Quale?…

- Sarà forse terribile per vostra sorella.

- Parlate.

- Romero sarà salvoma questa notte istessa egli partiràda Manilla sotto la mia sorveglianzae non potrà mai piú porre piede sunessuna isola delle Filippine. A mezzanotte una cannoniera ci attenderà pressoil ponte del Passig.

- Potrò io rivederlo prima che parta?… - chiese Hang-Tucon voce rotta.

- Sí e… anche Than-Kiúse lo vorrà.

- E dove lo condurrete?…

- Lontano dalle colonie spagnuolein una mia possessione chetengo a Tornate e che costituirà la dote di mia figlia.

- Partite con Teresita?…

- SiHang-Tu. Si amano… siano felici.

- Grazie per lui- rispose il chinese.

Poi aggiunse con uno strano accento:

- Hang-Tu non vedrà tramontare il sole di domani. Quimorranno gli ultimi campioni della libertà!…

Quindi s'allontanò a passi rapidiper sottrarsi a maggiorispiegazioni.

Camminava come un pazzosenza sapere dove andassein predaad un dolore che doveva diventare piú acutodi momento in momento.

Attraversò senza quasi accorgersene il ponte del Passigscese lungo la riva di Binondos'inoltrò nelle strette viuzze del sobborgo delTondopoi rifece la via percorsaarrestandosi dinanzi ad una elegante casettadi puro stile chinese. Aveva veduto una grande ombra salire il fiume edarrestarsi dinanzi all'ultima arcate del ponte.

Aprí una portasalí una gradinata ed entrò in unastanzetta illuminata da una lanterna di talcoche spandeva sotto di sé unapallida luce.

Una donnauna giovanettastava seduta presso un tavolo dilaccacol viso nascosto fra le mani. Hang-Tu le si avvicinòle gettò sullespalle un mantello di seta azzurra a fiorami giallo dorati che stava su di unasediapoiprendendola per una manole disse con dolcezza:

- Vienisorella. Egli è salvoma tu l'hai perduto persempre! La donna bianca ha infranto la mia e la tua vita.

- Ti seguo fratello- disse il povero Fiore delle Perlecon rassegnazione.

Abbandonarono la casa e si diressero verso il ponte delPassigdove si vedevano scintillarefra le tenebrei fanali di posizione diuna cannoniera.

Quando giunsero presso la rivavidero un gruppo formato datre persone che pareva li attendesse. Erano il maggiore d'AlcazarRomero eTeresitala quale aveva il viso mezzo nascosto da una mantiglia di seta bianca.

Romerostaccatosi dal grupposi era precipitato verso Hang.I due valorosi si abbracciaronorimanendo cosí stretti per parecchi istanti.Pareva che la commozione impedisse loro di articolare una sola parola.

Teresita intanto si era avvicinata a Than-Kiú la quale siera arrestatacome se le forze fossero per mancarle. Anche la Perla diManilla pareva estremamente commossa.

- Grazie fanciulla- le dissestringendosela al seno. - La Perladi Manilla non scorderà mai il Fiore delle Perle e spera dirivederla un giorno felice.

Than-Kiú aveva risposto con un sordo singhiozzo.

La cannoniera aveva lanciato allora il fischio della partenzaed i marinai erano scesi sulla gettataper essere pronti a levare il pontile.

- Addiofratello- disse Romerobaciando Hang-Tu. - Io tiaspetto a Tornate presto. Ormai la libertà delle isole da noi tanto vagheggiataè finita e forse per sempre.

- Forsefratello- rispose Hang-Tu. - Va' e sii felice.

- E… Than-Kiú?…

- È rassegnata. Cosí voleva il destino.

Romero si era staccato dal chinese e si era avvicinato allafanciulla.

- PerdonamiThan-Kiú- le disse- se io ho distrutto ilpiú bel sogno della tua giovinezza.

- Nulla ho da perdonartimio signore- rispose il Fioredelle Perlecon un filo di voce.

Poi prendendolo vivamente per una mano e indicandogli lavolta stellaredisse:

- Guardamio signore: la mia stella tramonta in mare equella della donna bianca brilla sopra il tuo capo e piú fulgida che mai e noi…crediamo agli astri. Va'mio signore e sii felice…

La voce le si era spenta in un singhiozzo. Il maggiored'Alcazar e Hang-Tu troncarono quella scena dolorosatraendo Romero sul pontedella cannonieradove già si trovava Teresita.

- Addio- gli disse un'ultima volta il chinese. - Nonscordarti del tuo fratello d'armi che ti ha immensamente amato.

Spinse a bordo il pontile e balzò sulla calatadove siarrestò colle braccia incrociate e gli occhi fissi su Romeromentre ai suoipiedi Than-Kiú singhiozzavacol viso nascosto fra le mani.

La cannoniera aveva virato di bordo e scendeva rapidamente ilfiumeportando lontano quella coppia felice.

Hang-Tusempre immobileguardava la nera massa che sparivanelle tenebre. Quando i fanali scomparvero dietro la lanterna chinò il capo sulpetto e si sedette accanto a Than-Kiú mormorando:

- Io ti ho amato tantoRomeroma tu non hai amato miasorella.

Fu l'unico rimprovero sfuggito dalle labbra di quell'uomodall'animo cosí grande e generoso.

Poi si rinchiuse in un cupo silenzio né piú parlòmaquando i primi bagliori dell'alba si alzarono in cieloil viso di Hang-Tuapparve bagnatocome se il fiero uomo avesse lungamente pianto.

Una scarica che echeggiò dalla parte di Binondo lo strappòda quella immobilitàche durava da parecchie ore.

S'alzò con uno scatto selvaggio e cogli occhi in fiamme.

- Than-Kiú- dissealzando sua sorella. - Vuoi vivere omorire?

- La vita del Fiore delle Perle è spezzata persempre- disse la povera giovane.

- Vieniadunque!… - Là si fucilano i capidell'insurrezione ed il sangue dei martiri non va perduto!…

Prese Than-Kiú per una mano e si diresse rapidamentesullapiazza del sobborgogià ingombra d'una fitta massa di popolo e di soldati.

Le esecuzioni dei capi insorti caduti prigionieri a CaviteaNoveletaa Bynacayan ed a Rosarioerano cominciate.

Hang-Tu afferrò fra le robuste braccia la sorellas'apríimpetuosamente il passo fra la folla stupita e si slanciò in mezzo al quadratoformato dai soldatituonando:

- Io sono Hang-Tuil capo degli uomini gialli e dellesocietà segrete! Fuoco sul mio petto! Viva la libertà!

In quell'istante un drappello di soldativedendo chel'ufficiale che lo comandavaabbassava la sciabolafece fuoco contro sei capiinsorti che il consiglio di guerra aveva condannati alla fucilazione.

Hang-Tucolpito dalla scaricaera caduto fulminato suicadaveri dei compagniseco trascinandonella cadutala sorella.

Ma Than-Kiú non era stata colpita mortalmente. La bellatestolina del Fiore delle Perleil cui volto si era fatto lividos'alzò fra i cadaveri e le sue labbra si schiusero mormorando:

- Romero!…

Poi cadde svenuta sul petto sanguinante del fiero chinese.

 

 

 

 

CONCLUSIONE

 

La caduta quasi contemporanea di Cavite Vecchiadi Noveletadi Malabon e di Rosariocome aveva preveduto il generale Polaviejaaveva datoun colpo mortale all'insurrezionetale da non poter piú mai riaversi.

Dopo quelle quattro sanguinose battaglieper gli spagnuolinon fu che una continua vittoriaseguíta da numerose sottomissioni.

Il 10 aprile anche Santa Cruz veniva presa d'assaltomentrevenivano sconfitte le bande insorte di Pamplona e nuovamente quelle di Bulacan.

Alla metà dello stesso mesein tutte le provincemeridionali l'insurrezione era domata ed il vittorioso generale tornava inSpagna lasciando l'incarico al vincitore di Salitran e di S. Nicola dicontinuare la campagna contro le ultima bandein attesa dell'arrivo delgenerale Primo Rivera.

Il 25 un tentativo d'insurrezione a Jolonel gruppo delleSulúfra i deportativeniva prontamente soffocato colla fucilazione di tuttii capimentre nel maggio le truppe spagnuolesotto la direzione di PrimoRivera e del generale Sucre espugnavanocon venti compagnieNiaio difesostrenuamente dal capo Aguinaldopoi HalangAmadeo e Quintenafacendoprigioniero il capo degli insorti Andrea Bonifacio e finalmente Marangondon.

Nel mese di giugno il generale Jaramillo espugnava Talisaymentre altre colonne spagnuole facevano prigionieri tremila insorti che avevanoabbandonata poco prima la città. Verso la metà del mese venivano iniziate leoperazioni militari nel centro di Luzon sconfiggendo le ultime bande insorte.Nel luglio l'insurrezione si poteva ormai considerare completamente vintadoponove mesi di sanguinosi combattimenti e dopo la sottomissione della famiglia diAguinaldo e di cinquemilasettecento insorti.

 

 

 

 

 

 

FINE