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Giovanna Rosa

 

LA NARRATIVA SCAPIGLIATA

 

 

INDICE

 

 

 

 

Cap-I: L’avvio dellamodernità letteraria

 

Una generazione di scrittori “crucciosi”

Milanoil "microscopico Parigi della Lombardia"

Le officine della letteratura

I nuovi circuiti editoriali

I confini della narrativa scapigliata

 

 

Cap-II: La Scapigliatura tra romanticismo e positivismo

 

Il rifiuto della tradizione romantico-risorgimentale

L'apertura ai modelli europei

Contro l'ottimismo positivista

Il conflitto arte-scienza

 

 

Cap-III: Il pubblico degli scapigliati

 

Dal "noi" di Manzoni all'"io sol io" diDossi

La sfida al lettore

Il dialogo con la "migliore società"

Le provocazioni dei fratelli Boito

Il feuilleton sperimentale di Praga

Tarchetti: "Io scrivo per me medesimo"

 

 

Cap-IV: Romanzi brevi e racconti d'effetto

 

La scelta della prosa

Dal passato storico al presente

"Frammenti di libri"

Un appendicismo raffinato

Il rinnovamento della novella

Il campo del fantastico

 

 

Cap-V: La narrativa dell'io

 

L'eclisse del narratore onnisciente

Gli sfoghi di un autore narcisista

I procedimenti dissolventi dell’umorismo

Schizziacquerelligite col lapis

La tavolozza dei letterati girovaghi

 

 

Cap-VI: Ritratti di giovani artisti

 

Protagonisti ventenni e immaturi

Solitari egocentrici

Senza famiglia

La latitanza delle figure d’autorità

Le tecniche di sdoppiamento

La raffigurazione fisionomica

 

 

Cap-VII: Il dualismo tematico

 

Tutto è doppio

Guerra e pace

Conservazione e modernità

Città e campagna

Maschile e femminile

 

 

Cap-VIII: Le forme dello stile scapigliato

.

Una comune scelta antirealistica

L'espressionismo risentito di Dossi

I riflessi e i ricordi di Bazzero

Il giornalismo espressionistico di Faldella

L'impressionismo inquieto di Praga

La negazione melodrammatica di Tarchetti

Gli esperimenti eccentrici di Arrigo; l'eleganza eclettica diCamillo

 

 

Nota bibliografica

 

Capitolo I ¾¾L'avvio della modernità letteraria

 

 

Una generazione di scrittori "crucciosi"

 

Nel giugno del 1861 muore Camillo Benso conte di Cavour: sonopassati appena due mesi dalla proclamazione ufficiale dello Stato unitario edalla designazione di Vittorio Emanuele II al trono di re d'Italia. In questostesso scorcio di tempouna tempesta fa affondare il piroscafo"Ercole" su cui era imbarcato Ippolito Nievoautore del primo e forseunico romanzo risorgimentale che delinei la nascita della nazioneLeConfessioni d'un Italiano.

Incomincianel nostro paeseun'altra stagionestorico-politicacui si accompagna una diversa temperie culturale: gli autoridella Scapigliatura ne sono fra gli interpreti più autentici.

Emilio PragaIgino Ugo Tarchettii fratelli Camillo eArrigo BoitoLuigi GualdoCarlo Dossie accanto Giovanni FaldellaRobertoSacchetticostituiscono il nucleo forte del movimento che si sviluppa e siconsuma nel primo quindicennio unitario: un'epoca caratterizzata dai governidella Destra storicaconclusasi quandocon la cosiddetta rivoluzioneparlamentareDepretis diventa Presidente del Consiglio (marzo 1876).All'avvento al trono di Umberto I (gennaio 1878)il clima intellettuale dellapenisola è già profondamente mutato: in questo stesso anno Verga pubblica unodei suoi capola­vori veri­stiRosso Malpeloalcuni mesi primaCarducci aveva dato alle stampe le Odi barbare. E' ormai iniziata l'etàumbertina.

La Scapigliatura è l'espressione genuina dello stato dicrisi e di sfiducia che colse i letterati all'indomani della formazione dellanuova compagine nazionalecosì lontana dall'immagine ideale coltivata durantegli anni eroici delle battaglie risorgimentali. Del passaggio "dalla poesiaalla prosa"secondo una formula famosa già in voga in quel periodolanarrativa scapigliata ci offre una testimonianza originale in forme modernamenterinnovatrici.

I suoi protagonisti appartengono tutti a quella"generazione crucciosa" (E. Praga-R. SacchettiMemorie delpresbiteriop. 122) chevenuta al mondo nel decennio centrale delle lotteper l'indipendenzaraggiunge la piena giovinezza durante gli anni Sessanta.Ecco le date di nascita: 1839 Tarchetti e Praga; 1842 Arrigo Boitoil fratelloCamillo era di qualche anno più vecchio1836; 1844 Gualdo1846 Faldella1847Sacchetti1849 Dossi. Ad essi si affiancanoquali compagni d'arte e di vita: ipoeti Camerana e Pinchetti (1845) e il giovanissimo Ambrogio Bazzero (1851). Neldelineare il ritratto di quest'ultimonell'introduzione all'opera postuma Storiadi un'anima (TrevesMilano 1885)Emilio De Marchi ricorda ch'eraappartenuto alla "piccola scuola milanese" sviluppatasi

 

in quel tumultuoso periodo che succede alle battagliedell'indipendenzaquando l'entusiasmo che le ha compiute diventa il primoimbarazzo del vincitore. Tutto è disordine ancoranon si sa quel che si vuolema si vuole moltoda tutti. (p. XXVIII)

 

Non dissimile il ritratto generazionale schizzato da ClettoArrighil'inventore del fortunato nome di Scapigliatura: nella Presentazionedel romanzo La scapigliatura milanesepubblicatasull'"Almanacco del Pungolo" per il 1858la compagnia d'artistiprotagonista della narrazione è

 

figlia soprattutto di un'epoca non lontana e fatale; figliagenerosagiacchéchi ha traveduto il cieloè un imbecille od un santo se sirassegna a vivere di nuovo contento e felice sulla terra. (p. 68)

 

Gli scapigliati non erano certo tali e proprio nella rivoltacontro l'assetto del paese uscito dall'"epoca fatale" rinvengono ilmotivo primo della loro identità esistenziale e letteraria. Tanto più che loscontro fra poesia e prosa si appalesa in tutta la sua gravità durante la terzaguerra d'indipendenza (1866)alle cui campagne partecipano come volontariEmilio PragaArrigo BoitoGiulio Pinchetti e Roberto Sacchetti.

Nella sequenza centrale di una novella di Pragadal titolomolto scapigliato Tre storie in unaapparsa sul "Pungolo" neiprimi mesi del 1869le battute del dialogo che si svolge fra due amici poetirivelano uno stato d'animo molto diffuso:

 

Quindici giorni dopo (...) veniva dichiarata la guerraall'Austria ed io mi arruolavo nelle file dei volontari.

Tu pure militasti sotto quella divisae sai quanto peso diprosa abbia gettato la realtà di quella vita sull'entusiastica poesiacon cui l'avevamo immaginata. ¾¾(in Racconti lombardi dell'ultimo '800p. 22)

 

Già nel settembre del '66in un arti­colo uscito sul"Politecnico"Pasquale Villari si era chiestocon luciditàimpietosaDi chi è la colpa? O sia la pace e la guerra:

 

Questa guerra ci ha fatto perdere molte illusionici hatolto quella fiducia infinita che avevamo in noi stessi. (...) Ci è impossibilepensar di noi quello che avevamo pensato finora.

 

Spetta appunto alla generazione "nata a combattere edemolire" (E. Praga"Figaro"14 gennaio 1864) dar conto dellosconforto amaro che pervase la stagione post-risorgimentaleillustrando confervore arrovellato le condizioni di debolezza e di precarietà su cui sireggeva l'"edificio" appena costruito. In questi anni è subitoevidente il capovolgimento di ruolo che il letterato era chiamato a sostenere:non c'era più bisogno né di romanzieri storicicapaci di ritrovare nellecronache del passato le radici della coscienza unitariané di infiammatorid'animi che con i versi della "fiorita patriottica" (MameliMercantiniDall'Ongaro) alimentassero gli empiti ardenti del Quarantotto edell'impresa dei Mille; e neppureinfinedi cultori dei dolci affettifamiliarifonte di conforto rassicurante nei momenti di riflusso (CarcanoCarrerPratiAleardi). Altro e diversamente orientato era il compito che ilpaese unificato sollecitava nei suoi intellettuali più consapevoli: coglierecon sguardo critico ma senza regressioni nostalgiche o avvilimenti nihilistici iconflitti inediti della modernità. Milano offriva l'osservatorio privilegiatoper una simile indagine.

 

 

Milanoil "microscopico Parigi della Lombardia"

 

La connotazione "urbana" è il tratto piùpertinente della nostrana Bohème. Nel Prologo alla Scapigliatura e il6 febbraio (1862)l'edizione in volume del romanzo da cui prende nome ilmovimentoCletto Arrighi lo dichiara subito e senza equivoci:

 

In tutte le grandi e ricche città del mondo incivilitoesiste una certa quantità d'individui di ambo i sessifra i venti etrentacinque anninon più. (p. 117).

 

La caratterizzazione generazionale è strettamenteintrecciata all'individuazione di un preciso spazio cittadino entro cuil'armonia tradizionale della comunità organica viene meno. La successivacontrapposizione fra i giovani "irrequietitravagliatiturbolenti"che vivono in "maniera eccentrica e disordinata"e "i ricchicontentile fanciulle guardate a vistale donne che amano i mariti"acquista così una specifica valenza storica. Proiettata sull'orizzonte ampiodell'urbanesimo borghesela stessa dialettica interna che divide la numerosa"casta" di artisti ¾¾da una parte "il lato simpatico e forte" che "per ogni causabellagrandeo folle balza d'entusiasmo"dall'altra "un voltosmuntosolcatocadaverico" ¾¾perde l'alone mitizzante per sostanziarsi di spessore psico-sociale.

"Milano..." suona l'incipit dell'opera diArrighinella definitiva edizione dell'80: e lo sfondo del capoluogo lombardocostituì semprenelle recriminazioni e nelle ebbrezzeil campo d'azioneelettivo sia degli autori sia dei personaggi da loro inventati. Perchésecondouna tautologia tarchettiana"Milano è Milano. Tu mi capisci." (Lafava bianca e la fava nerato. IIp. 558).

Poco importa allora se Arrighi modificò poi nelle variestesure il testo della Presentazione e del raccontoriducendo il colorlocale ambrosiano a vantaggio della dimensione nazionale; ciò che contacomesuggerisce Farinelliè "il primato di Milano come città idealedella Scapigliatura".

Un primato che non va riaffermato semplicemente per rievocarel'atmosfera nebbiosa dei naviglicara ai pittori coeviCremonaConconiRanzoniD. Indunoo gli atteggiamenti anticonformisti di chi amava le osteriefuori porta. La supremazia di Milano è tale perché qui i letterati conosconoper la prima volta e in forme angosciose le contraddizioni che l'urbanesimomoderno induce non solo nel loro statuto professionale ma nelle percezioni direaltànella scansione discontinua del tempo e dello spazionell'articolazione fra le vicende pubbliche e gli affetti privati. E' l'impattocon le norme prosaiche dell'"incivilimento" borghese ad alimentare ilconfronto polemico diretto con gli ideali eroici della stagione passata. Parigiin tanto è la città di Hugo e Baudelaireluogo di pellegrinaggi artistici(Praga e Boito)in quanto offre paradigmaticamente il modello urbano cuiparagonare i ritmi di vita e il dinamismo mercantile che il capoluogo lombardosi avviava a sperimentare:

 

¾¾ Le città... le grandi città comeMilano! come Parigi! ¾¾(...) chi ha visto Milano ha visto Parigi... miglia piùmiglia meno. Il denarofuggescappascivolasvaporasvaniscedilegua... (Memorie delpresbiteriop. 64)

 

Non c'è alcun dubbio che il "microscopico Parigi dellaLombardia"per usare l'espressione efficace del solito Arrighi (LaScapigliaturap. 147)non abbia ancora assunto il volto insidioso dellametropoli francese: le strutture del capitalismo economico italiano sono appenaentrate nella fase incerta della "giovinezza industriale" ("IlSole"21 settembre 1877); e tuttavia in questo quindicennioil fervoreintraprendente della collettività ambrosiana pone le basi di quello sviluppoche renderà Milano la "capitale morale" del paese.

Nel 1863 l'inaugurazione del Politecnico garantisce lapreparazione meccanica dei futuri ingegnerimentregrazie alla perspicaciafinanziaria dell'economista Luzzattinel 1865 si costituisce la Banca Popolare:il corso forzoso del 1866 funge da riparo indiretto per la produzione delleaziende milanesi prima della definitiva scelta protezionistica (1878). Adavvalorare i dati dell'inchiesta parlamentare del 1871in cui Milano risulta laprima città industriale d'Italiagli imprenditori più giovani si mescolanoalle figure già celebriBinda Richard Salmoiraghi Borghi Gavazzie occupanoil proscenio: nel 1872 uno dei primi laureati al PolitecnicoGian BattistaPirelliapre uno stabilimento per il trattamento della "gomma eguttaperca"; nello stesso anno Eugenio Cantoni trasforma l'aziendacotoniera in moderna società per azioni; nel 1875 Ernesto De Angeli compraun'antiquata tintoria per farne una fabbrica all'avanguardia nello stampaggiodei tessuti; infinei fratelli Bocconi sanzionano il loro dominio commercialeavviato nel 1865inaugurando nel 1877 il primo "grande magazzino".Gli scioperi cittadini del 1867dovuti al carovitaconfermanoa contrariisl'articolazione di classe che tramava ormai il tessuto della società milanese.

E' il volto urbanistico della città a testimoniare conevidenza il passaggio d'epoca: la realizzazione del Cimitero Monumentale(1860-66) precede di poco l'abbattimento di un "sudicio baraccone dilegno" presso il Castello per sostituirvi la sala del Dal Verme (1870-2)il "più bel teatro di Milano" (F. Fontana); l'annessione definitivadei Corpi Santi (1873) allarga la cinta daziaria ben oltre i confinitradizionali. Mentre si stanziano i fondi per il progetto grandioso del traforodel San Gottardola costruzione della Stazione Centrale (1864) e della stazionedi Porta Genova (1865) traduce in realtà il mito per eccellenza del progresso:l'Inno a Satana di Carducci è del 1863Praga l'aveva anticipato con iversi di Strada ferrata (stesa nel 1860ma pubblicata in Trasparenze).La ristrutturazione dei quartieri centrali muta l'assetto morfologico delvecchio borgo. Famose le strofe di Case nuove (1866)dove senza alcunrimpianto ma con ironia amaraBoito riconnette le scelte poetiche agli scenariinediti: "Scurizappearieti/Smantellateabbattete e gaia efranca/Suoni l'ode alla calce e al rettifilo!/Piangan pure i poeti".

Pochi mesi primanel novembre 1865sulla "Rivistaminima" erano cominciate ad apparire le puntate del romanzo di TarchettiPaolina(Misteri del Coperto dei Figini): il sottotitolo alludeesplicitamente a un "casone"prossimo alla centralissima Piazza delDuomoche il Municipio aveva deciso di demolire per consentire all'architettoMengoni di erigere la Galleria. Di lì a poco (1867)infattia fianco dellacattedrale si innalza il tempio laico della mondanità"dove si celebraesi santifica incessantemente con pompacon magnificenzaal gran Dio dellasocietà modernaal Lavoro." (L. CapuanaIn GalleriainMilano 1881p. 412)

Siamo al vero elemento che caratterizza la fisionomiaurbano-borghese del movimento scapigliato: anche per i letterati è giunto ilmomento di confrontarsi in prima persona con il "gran Dio della societàmoderna". Privi di strumenti rappresentativi adeguatifragiliideologicamentebrancolanti "com'uom che sogna" (A.Boito) davantiagli abissi del nuovonessuno di loro sarà in grado di delineare entro iltesto narrativo la vita intensa e operosa della "città più cittàd'Italia" (Verga)ma tutti i loro libri testimoniano dell'impattoavvenuto. E' sul terreno elettivo dell'attività professionale che gli artistidella Bohème milanese sperimentano le contraddizioni tipiche di un mercato infase espansiva e avviato ad assumere i tratti specifici della produttivitàcapitalistica. Per dirla con le parole schiette di uno di loro: "Non sicampa coll'artesi campa col mestiere".

 

 

Le officine della letteratura

 

E' lo stesso Sacchetti chequalche anno doposchizza ilquadro complessivo della Vita letteraria a Milano.

 

L'inaspettata convivenza delle industrie del ventre con leindustrie dello spirito allarga subito il cuore al giovinettopiovutocome ilMaffeiil Pratiil Tarchettisul lastrico della grande città con un grossomanoscritto in tasca. Che gli volevano far credere ch'erano nemicheinconciliabilise vivono tanto bene insieme? Non già ch'egli non siaagguerrito e corazzato d'idealicontro gli strapazzi della miseria; ma non glispiace trovare nella realtà le officine della letteratura fiancheggiateconfortevolmente dalle oste­rie e dalle botteghe dei cervelèe. (Milano1881p.429)

 

L'ottica dell'avvocato torinese che aveva scelto il capoluogolombardo per passare alla professione di giornalistase pecca di facileottimismocoglie tuttavia un dato di realtà irrefutabile. Da queste paginelontaneche conservano ancor oggi un fascino suggestivoemerge il ritrattopiù veritiero dell'universo editorial-letterario d'allora. Come documentano lestatistiche del periodo"erano attive nella provincia di Milano 70tipografie con 130 torchi a macchina178 torchi a mano e 1622 operai" (InchiestaOttino1875). Di queste "officine" ben sessanta avevano sedeen­tro la cerchia dei naviglia conferma della mescolanza di"fragranze" caserecce con l'acre "odore oleoso"dell'inchiostro tipograficodi cui parla Sacchetti. Il nucleo storico dell'AIE(Associazione italiana editori) si costituiscequinel 1871 sotto l'etichettaATLI (Associazione tipografico-libraria italiana).

Il ritratto canonico dell'artista bohémien "agguerritoe corazzato d'ideali" acquista tinteggiature ben altrimenti chiaroscuratese proiettato sullo sfondo di un sistema editoriale che prospetta occasionid'interventoimpegni di lavoroopportunità di guadagno prima impensabili.Nelle "officine della letteratura"l'arte "si può offrire emercanteggiare"nella consapevolezza dolorosa e nel contempo esaltante che"di sotto allo strettoio del lavoro utile e obbligatorio scaturisce piùcopiosa la vena dell'ispirazione" (ibidem). La dimensione dell'economicitàha investito ogni esperienza d'arteimponendo agli autori funzioni ecomportamenti "prosaici"estranei sia all'otium umanisticodelle età gentilizie sia alle pose generosamente eroiche delle stagioni dilotta. Ormai

 

Milano è un mercato letterariodove seguendo la legge delladomanda e dell'offertasi può procacciarsi colla penna una discreta posizione;lo scrivere non è quicome altroveuna mania solitariama una professionericonosciuta e quasi regolare. (ivip. 433)

 

La fisionomia sociale dello scrittore non si ammanta più nédel prestigio di casta né dell'aura sacrale della missione civile; si fonda sulriconoscimento laico e borghese del successo:

 

A Milano non si commette la ridicolaggine di chiamare il conteMaffeiil cavaliere Boitoil cavaliere Ponchielliil cavaliereVerga. Si dice BoitoVerga... e si crede di dir molto. (ivip. 437)

 

La reazione sdegnata di Praga e compagni contro "albottegume ed al borghesume"complici delle "cento nullità letterariedi cui si pasce ogni giorno la curiosità cittadina" (Memorie delpresbiteriop. 17)è tanto più violenta quanto maggiore è il lorocoinvolgimento nella "speculazione libraria" (ibidem). Poco onulla si comprende della ribellione anticonformistadel recuperodell'oltranzismo romanticodell'eccentricità provocatoria degli Scapigliati senon se ne inquadra l'attività di scrittura entro le strutture portanti di unmercato delle lettere in fase di riorganizzazione profonda.

Con coincidenza strepitosanello stesso anno in cui vieneproclamato il Regno d'Italiaentrano in campo gli uomini che ne gestiranno laproduzione culturale per lungo tempo: trasferitosi a Milano da TriesteEmilioTreves fonda l'omonima casa editrice; Edoardo Sonzogno trasforma il vecchiostabilimento tipografico di famiglia in azienda polifunzionale (dalle cartierePella alla Casa Musicaledalla sede parigina alla proprietà del TeatroLirico). A sostenere le scelte innovative dei due giovani editori èovviamenteun sistema editorial-giornalistico ormai prossimo a superare lamisura artigianaleper acquisire l'assetto economico-organizzativo dellaimpresa capitalistica. Ideato nel 1859il "Pungolo"sotto ladirezione di Leone Fortisera diventato "il padrone incontrastato diMilano"affermandosi come "il più diffuso organo di stampadell'Italia settentrionale" (S. Merli); nel marzo 1863in via San PaoloAttilio Manzoni apre una strana bottegacellula germinale del circuito ineditodelle concessioni pubblicitarie; due anni doponell'agostola Camera diCommercioinsieme con le categorie imprenditoriali e finanziariepromuovel'uscita del primo giornale economico italiano"Il Sole"destinatosecondo il pronostico azzeccato di Dario Papaa "un bell'avvenire".Sullo sfondointantoanche grazie ai celebri spettacoli allestiti al Teatroalla Scalagrandeggia il "colosso Ricordi". Bastano pochi mesiperché Tarchettigiunto dalla sonnolenta provincia piemontesecolga laricchezza multiforme di "questa nostra cittànotevole pel suo sviluppointellettualee il più gran centro del movimento letterario in Italia" (Ideeminime sul romanzoto. IIp. 535).

Su questo orizzonte dinamicamente alacreTreves e Sonzognoassumono un ruolo guidadiventando i protagonisti attivi del rinnovamentoeditoriale post-risorgimentale: grazie ad una spregiudicatezza spavaldacheoperacon strategia integratasulla catena libro-rivista-giornalei dueimprenditori sanciscono il successo di nuovi generi e tipi di fruizioneimponendo l'egemonia della cultura milanese sull'intera penisola.

Secondo l'analisi esemplare di Giovanni Ragonein questianni tramontano i "codici" tradizionali delle opere di"ricerca" e di "mediazione" intellettuale (biografiememorienovelle moralietc.)e sempre più si consolida il polo funzionaledella narrativa borghese di consumo.

 

Dai «tempi difficili per la letteratura» degli iniziunitari si raggiunge in pochi anni un massimo storico (1872). A determinarlosempre ragionando di quantitàè soprattutto la grande crescita di produzionedi nuovi testiche triplica tra il 1863 il 1872.

 

Il fulcro di tale sviluppo è l'ideazione e diffusione diriviste e periodicicapaci di sostenere e potenziare la lettura dei libripubblicati nelle diverse collane "economiche". Nel 1872a soli seianni dalla comparsa"L'Emporio pittoresco" di Sonzognoun"fenomeno" di giornale a detta dello stesso editoreraggiunge unatiratura media di 25.000 copiecon punte di 60.000; sempre per i tipi Sonzognoun altro settimanale"Il romanziere illustrato"pensato per ospitareunicamente romanziinteri o "affettati nell'appendice"supera le10.000 copie. La concorrenza di Treves è agguerrita: "L'Illustrazionepopolare""Il giro del Mondo""Il giornale popolare deiviaggi" anticipano e preparano il successo dell'"Illustrazioneitaliana"definita dal solito Dario Papa "senza dubbio il migliorgiornale illustrato del paese". Affianca e completa la stampa periodica deidue gruppila fondazione di nuovi quotidiani. Nel 1866 esce il primo numero del"Secolo"editore Sonzogno. L'accoglienza è stupefacente: in diecianni sfiora la tiratura di 30.000 copie giornaliere"secolista" suonasinonimo di giornalaio e "la gente chiamava «un secolo» qualsiasi fogliostampatosanzionando cosìcon quella popolaresca espressioneuna ascesasenza precedenti". La risposta di Treves non si fa attendere: se iltentativo del "Corriere di Milano" non riescenel 1876 ecco trovatala formula giusta: "Il Corriere della Sera"affidato alle cure diEugenio Torelli Viollier. Il quotidianoche diventa ben presto la voce piùautorevole della classe dirigente nazionalecomparve in edicolacome ricordalo stesso direttoreesattamente "tredici giorni prima della caduta dellaDestra!" (La stampa e la politicain Milano 1881p. 469) asottolineare la tempestività dell'intuizione politica e culturale da cuigerminò il progetto.

Con la prospettiva tipicamente "strabica"dell'intellettuale meridionale venuto a cercar fortuna nel capoluogo lombardoTorelli Viollierdopo un prezioso tirocinio presso Sonzognoè in grado dicogliere il dato di maggior rilevanza dell'inedito oriz­zonte cittadino: laconsistenza matura di una "opinione pubblica"consapevole di sé edel proprio ruoloa cui il giornalista deve rivolgersi con onestaprofessionalità:

 

Bisogna tenere a mente che il giornalista non è il padronedel pubblicoma il suo servitoree che deve fare il giornale non per servirela propria ambizionele proprie passionile proprie amiciziei propriinteressima per istruzione e divertimento del pubblico. In questo il pubblicoha il fiuto finissimo (...) Il pubblico compra il giornale per essere informatodi tutto quel che accade: è dunque un dovere di stretta onestà pel giornalistadi non tacergli nulla. (ivip. 472)

 

Dal versante letterariogli fanno eco le parole altrettantolucide di Sacchetti:

 

Milano è finora la sola città italiana dove ci sia un veropubblico: la classe colta coi novantamila italiani delle diverse regioni viformano un tutto omogeneoarmonicoche vibra e risponde tutto insiemead untratto alla stessa commozionealla stessa provocazione. (La vita letterariap. 434)

 

Il compagno d'arte di Praga non ha dubbi:

 

il poter misurarsi col giudizio del pubblicoil potenteinterrogare dà agli spiriti timidiagli intelletti schivi una giusta misuradella propria ca­pacitàli rinfranca (ivip. 435).

 

In questo scenario matura l'esperienza scapigliata: il primo"dualismo" di cui patiscono gli scrittori della "generazionecrucciosa" deriva dalla coscienza inquieta di doversi misurare con ilgiudizio di un pubblico ignotopotenzialmente ampiodal quale si pretende famae ricchezzanel momento stesso in cui lo si provoca con offerte anticonformistee spregiudicate. Siamo davvero agli esordi della letteratura borghese modernaicui destini futuri si giocheranno tutti entro questa pendolare dialettica.

I narratori bohémiens per un verso sfruttano con fogaprolifica le possibilità inedite dei nuovi circuiti editorialiper l'altro visi contrappongono con proposte orgogliosamente antagonistiche. Esemplare il lororapporto con stampa periodicapilastro centrale di quella "repubblicadella carta sporca" (Arrighi)popolata da artisti e letterati checominciano "a meditare sulla necessità di farsi giornalisti"(TarchettiAd un mosconeto. IIp. 502).

 

 

I nuovi circuiti editoriali

 

Grazie al monumentale studio di Gaetano MarianiStoriadella scapigliaturae al prezioso regesto della Pubblicistica nelperiodo della Scapigliaturaa cura di G. Farinelliè ormaiattestata l'interconnessione fertile fra il gruppo dei nostri autori e leriviste più vivaci del periodo. Non c'è dubbio che la "Cronacagrigia" direttafra il 1860 e il 1880da Cletto Arrighi e la"Rivista minima" di Ghislanzoni abbiano favorito e promosso l'opera inversi e in prosa di DossiBoitoPraga e Tarchetti. Sulla primaoltre alleincoraggianti recensioni della rubrica Libri e giornali (1867-69)apparvero i versi provocatori della boitiana Ballatella (gennaio 1865) enumerosi testi di Praga. La seconda ospitò le più varie sperimentazioni: diTarchettinel 1865oltre a Paolina e ai racconti d'esordio (Unsuicidio all'inglese Ad un moscone)i componimenti poeticiCantidel cuoree il saggio Idee minime sul romanzo; poi Schizzi apenna di Praga (febbraio-marzo 1865); le prime Figurine (1873) e Lalaurea dell'amore (febbraio 1876) di Faldella; Scene campagnuole. UnconfrontoAlcuni giorni a Pompei di Sacchetti (1874); Una storiadi mare di Gualdo (giugno 1874); infine la famosa Lezione d'anatomia(giugno 1865) e le prime puntate del racconto Il trapezio(1873-74) di Arrigo Boito. Altrettanto certo l'appoggio offerto dal"Gazzettino rosa" di Cavallotti e Achille Bizzoni alle vibrantipolemiche condotte dagli scapigliati contro il perbenismo conformistailmoralismo conservatore e l'oscurantismo clericaleche la pubblicazione del Sillabo(1864) aveva alimentato anche presso l'opinione pubblica lombarda. Ma il puntoqualificante dell'incontro fra la brigata degli artisti ribelli e la galassiamulticolore delle riviste coeve non va rinvenuto in una coerente sintoniaideologicao addirittura politicaquanto piuttosto nelle modalità diintervento professionale che queste sedi sollecitavano. Nell'ineditaorganizzazione delle attività di scritturala collaborazione periodicamodificava nel profondo la modulazione dei tempi (la scansione per puntate) edegli spazi (la misura del singolo "pezzo")il rapporto economico conil committente (gli anticipila puntualità della consegna)le forme deldialogo con i lettori. Lo ricordadeplorandoloDossi nella Rovaniana:

 

oggi il giornalismo ha ammazzato i librie questise puraspirano ad esser lettidevono passare attraverso il giornalismo stesso comemetallo che solamente sotto conio acquista valore di moneta e circola.

 

Tarchettiredattore del più diffuso settimanale diSonzogno"L'Emporio pittoresco"su cui sigla articoli di variaumanità (le serie dei Pensieri e le Conversazioni)sceglie"Il Sole" per denunciare i Drammi della Vita militare. VincenzoD*** (Una nobile follia)(1866-'67)e conclude la sua brevecarriera artistica con le puntate di Foscaapparse sul"Pungolo" (1869). Per questo giornaledella cui redazione Sacchettidiventerà capo alla fine degli anni Settanta e su cui pubblicò Candaule(1878) e Vecchio guscio (1879)Praga scrive non solo una corrispondenzadi guerraGaribaldi fra i volontari (giugno 1866)ma tutte le suenarrazioni: oltre a Tre storie in una (1869)uno strampalatofeuilletonDue destini (1867-8) e la prima parte delle Memoriedel presbiterio. I raffinati autori della Bohème "dorata" nonsono da meno: sempre il "Pungolo" accoglie la provocazione di ArrigoBoitoA Sua Eccellenza il Ministro della Istruzione Pubblica. Letterain quattro paragrafi (21 maggio 1868)mentre il "Corriere diMilano" ospita la novella Il pugno chiuso (1870); Camillosepredilige la prestigiosa rivista fiorentina "Nuova Antologia"cuiperaltro collabora con senso di economicità molto ambrosianonon disdegnal'"Illustrazione popolare" e esordisce anch'egli sul giornale di LeoneFortis con un racconto a puntate di timbro ultrascapigliato (Gite di unartista. Un verso del Petrarca1867che si scinderà poi in duetestiappunto Baciale 'l piede e la man bella e bianca e Tre romei)e nella scelta dell'editore non ha alcun dubbio: Trevesper entrambe leraccolte delle Storielle vane (18761883). Il parigino Gualdo inviabozzetti alla "Rivista minima" e il "deserto" Bazzeromentre stampa in edizione privata Lagrime e sorrisiappresta le Melanconiedi un antiquario per il "Pungolo"gli Acquerelli per la"Vita Nuova" e gli "schizzi a penna" per "Il Monitoredella moda". Una sua nota diaristica accosta moti di perplessità titubantee sussulti di fierezza speranzosain un intreccio in cui molti si sarebberoriconosciuti:

 

Ho accettato di scrivere le Appendici artistiche del Pungoloper l'Esposizione. Avrò coraggio di scrivere? E che scriverò?... Uscivo dallaDirezione del Pungolo: mi sentivo contentosuperbo (Animap.136).

 

L'unica eccezione è l'"aristocraticissimo" Dossicome amava definirsicui peraltro non sfuggiva affatto l'opportunità dellapromozione editorialese è vero che già per i primi raccontini stila la listadi coloro cui inviare le "copie omaggio".

E tuttaviaproprio il coinvolgimento diretto nei meccanismidel mercato rinvigorisce la consapevolezza fiera dell'autonomia del lavoroartistico. L'autore dell'Altrieri ci ricorda l'energia risentita con cuitutti i letterati scapigliati si impegnano a riaffermare la diversità di un"mestiere" chealieno dalle leggi della domanda e dell'offertasprezza il gusto volgare del "pubblicaccio". Ecco allora acontrobilanciare i condizionamenti della "speculazione libraria"checostringe "le arti e le lettere" a "prostituirsi per vivere"(TarchettiPaolinato. Ip. 375)l'invenzione di una stampaalternativaarticolata in foglirivistine"palestre" letterarie emusicalirigorosamente destinate a pochi eletticui rivolgersi in contristatodialogoper propugnare l'"Arte dell'avvenire" (A. Boito) e combatterela "formula" ormai stantia del melodramma verdiano. Sul"Figaro"sotto la direzione di Praga e Boito (7 gennaio-31 marzo1864)escono la poesia-manifesto Dualismo e gli articoli teorici dimaggior impatto (Programma n. 1Pubblicazioni italiane nn. 2-3Polemicaletteraria n. 5). La "Palestra musicale" ospitasia pureincompiutoil racconto tarchettiano Lorenzo Alviati; "La palestraletteraria" accoglie le prime sconosciute novelline di Bazzero (Un librobuonoI Nobili AntenatiOhla guerraRimembranzeautunnali1870); e se "Lo Scapigliato"il giornale diretto nel1866 da Cesare Tronconidurò pochi numerivita ancor più esile ebbero"Piccolo giornale" e la "Petite Revue"ideate da Tarchettinell'anno successivo.

E' questo abbozzo di doppio circuito editoriale ad avvalorarela sostanza storica del "dualismo" scapigliatotradizionalmente eunivocamente attribuito a penosi dissidi d'indole psicologico-esistenziale.Questicertovi furono e furono gravi: basti ricordare le lacerazionidevastanti di Pragachenato in una agiata famiglia d'imprenditorinon seppereagire al fallimento dell'azienda paterna e al peso delle responsabilitàadulteoppure i turbamenti schizofrenici di Tarchettiufficiale di carriera eautore del pamphlet più radicale contro lo spirito militare. Minate dauno senso di disadattamento irriducibilecorrose da vizi e malattie fin troppocanoniche (l'alcool e l'assenziola tisi e il tifo) le loro vite furonobrevissime: Praga morì a soli 36 anniSacchetti a 34Tarchetti nonoltrepassò la trentina. Non dissimile il groviglio nevrotico che abitava gliamici poeti Pinchetti (1845-1870) e Camerana (1845-1905)capaci del gestoestremo di uccidersiquasi a tradurre in angosciosa realtà l'immagine enfaticadi una quartina di Boito: "Torva è la Musa. Per l'Italia nostra/correlevando impetuosi gridi/una pallida giostra/di poeti suicidi" (AGiovanni Cameranaottobre 1865). La morte per scelta o per consunzionementre denuncia l'incapacità individuale di sopportare il tormento di conflittirovinosigetta una luce livida su un'intera generazionecomposta dai"figli del Dubbio""i reiettii fuggiti da Adamo/dal cieldalfango vinti!" (E. PragaManzoni1873). L'epitaffio demarchianodedicato a Bazzeroabbattuto dal tifo a trent'annidopo una giovinezzadominata dal tormento di "tre grandi illusioni: Dio - La Donna -l'Arte" (Animap. 37)vale per molti di loro: "tutti amaronol'arte con geniale sfrenatezza; la vita uccise i migliori" (Introduzionecit. p. XXVIII).

E tuttaviail dualismoteorizzato programmaticamentenell'eponima poesia boitianain tanto diventa parola-chiave di tutta laScapigliatura in quanto trapassò dalla dimensione esistenziale alle scelteprofessionaliai modelli compositivialle opzioni espressivefino alle"scommesse" narrative lanciate ai let­tori.

 

 

I confini della narrativa scapigliata

 

Questa animazione esaltata e disforica conferma il caratteredi frontiera della Bohème milaneseche rimase in bilico fra vecchieconsuetudini umanistiche e inusuali scenari editoriali. Ormai estranei alleforme del cenacolo o della consorteriai nostri scrittori sono ben lontani dalcostituire un "gruppo d'avanguardia"come talvolta la critica haamato tratteggiarli (G. ViazziF. Bettini): privi di coerenti coordinate etichee filosofichecon scarsa capacità organizzativacon ancor meno potered'intervento culturalequesti autori rinvengono una fisionomia unitarianell'appartenenza spaesata ad una breve ma intensa stagione della nostraciviltà letteraria. Solo questa specifica prospettiva istituzionaled'altraparteconsente di definire in positivo la narrativa scapigliata come uninsieme variegato di testiaffini per scelte strutturalitema­tiche estilistiche. Nonquindicategoria interpretativa metastoricacapaced'abbracciare tutte le iniziative di sperimentalismo eccentrico che vengonocoltivate magari ben oltre la fine del secolo; e nemmeno etichetta generica cheprivilegia abitudini e costumi stravaganti o condotte di vita disordinate econtestatrici. Troppo diversi erano i comportamenti mondano-sociali di Dossi edi Gualdo rispetto alle pose devianti di Praga o Tarchetti per accomunarli inun'identica rivolta anti-sistema. D'altra partei convincimenti ideologicidifformi non consentono di individuare un'unica direzione di iniziativapolitica: al democraticismo ribelle di Tarchetti e alle provocazioni dissacrantidi Praga si oppongono non solo il moderatismo liberale di Sacchettiilcattolicesimo inquieto di Bazzero o il conservatorismo provinciale di Faldellama anche la netta rivendicazione di signorilità alto-borghese avanzata da Dossie dai fratelli Boito. Altra e propriamente letteraria è la consonanza che liaffratella: il comun denominatore risiede nel campo variopinto ma concorde dellescelte compositive che definiscono il percorso accidentato e nient'affattolineare compiuto dalla civiltà del romanzo nel nostro paese da Manzoni a Vergae De Roberto. Questa otticadelimitata da precisi confini temporaliposti aldi qua della soglia del Decadentismo e della crisi epistemologica di finesecoloci aiuta a ritagliare una zona di produzione narrativa non sfilacciata otroppo vaga. Possiamo allora specificare meglio anche il termine a quo echiarire i motivi di un'esclusione che può apparire clamorosa e di unaccantonamento altrettanto sorprendente: nel nostro quadro non rientranoe nonsolo per motivi anagraficiné Giuseppe Rovani (1818-1874) né Cletto Arrighi(1828-1906).

A un romanzo di quest'ultimoLa scapigliatura e il 6febbraioè vero e lo abbiamo già ricordatosi deve il nome delmovimento; ma appunto nel titolo di un'operache traduce con termine efficaceil francese bohèmerisiede la ragione prima e unica dell'appartenenzadi Arrighi alla narrativa propriamente scapigliata.

Cletto Arrighipseudonimo di Carlo Righettiebbe meritiindubbi come promotore di cultura: dall'impegno vivace e appassionato della"Cronaca grigia" fino alla fondazione dell'Accademia del TeatroMilanese (1869)la sua attività fece di lui un potente catalizzatore digiovani energie intellettuali. La dedica della Vita di Alberto Pisani èl'omaggio sincero di un di­scepolo riconoscente: "A Cletto Arrighicheprimo s'accorse di me" e Dossi coglie nel segno quandocon il consuetonarcisismoafferma "La più bella opera dell'Arrighi fu il Dossi" (N.A.n. 60). Fiancheggiatore e ammiratore dell'Arte nuoval'autore di Nanàa Milano (1880) non ne partecipòtuttavial'estro inventivo: i suoi librisono così intrisi di qualunquismo eclettico e dispersivo da offrirsi più cometestimonianza di spirito goliardico (Gli sposi non promessiGli amoridegli imbecilli Il ventre di Milanodove la metafora zoliana ègastronomicamentepresa alla lettera) che di autentica immaginazioneromanzesca. Anche quelle opere che meglio restituiscono il clima di un'epocaGliultimi coriandoli (1857) e La canaglia felice (1885)apparten­gonoall'area di un tardo-romanticismo estraneo all'arrovellato sperimentalismopostunitario. Come suggerisce un giudizio sintetico di Bigazzi: Arrighi"più che fra gli scapigliati è da inserire nell'ambito risorgimentaledegli anni garibaldini". Confratello di Arrighi nell'arruffattopoliformismo di generi e stili e nella versatile intraprendenza editorialeèAntonio Ghislanzoni (1824-1893). Anch'egli sodale e "levatrice" dimolti scapigliatiprimo fra tutti Tarchettifu contagiato dal clima bohémien.Ne saccheggiò anche il campionario di situazioni balzane e paradossali (BizzarrieNuove BizzarrieLibro BizzarroCapricci letterari)marimase sempre e solo un fecondo pubblicistache intuite le potenzialità della"repubblica della carta sporca"alle sue leggi seppe adeguarsi confiuto audace e spavaldo.

Più complesso il discorso critico su Giuseppe Rovani. Lamaggior parte delle antologie e degli studi dedicati alla Scapigliatura si aprecon il suo ritratto. A fondamento della "leggenda" c'è l'ammirazioneincondizionata professata da Carlo Dossile cui Note azzurre e ilprogetto della Rovaniana contribuirono non poco a circonfondere l'autoredei Cento anni di fascinosa aura bohémienne. Il brio accattivante dellesue "lezioni all'aria aperta"la facondia oratoria sempre disposta arievocare gli "aneddoti sconosciutissimi" della cronaca cittadinailgusto per le provocazioni anti-accademichel'inclinazione esibita per il vino el'assenzio appartengono all'iconografia scapigliata ormai di maniera. Di granlunga più pertinente al nostro quadro èsemmaila volontà dichiarata daparte dei giovani artisti di presceglierlo come Padre adottivo da contrapporre aun altro Maestroben diversamente compassato e equilibrato: il Manzoni dei Promessisposi. Già; ma il confronto polemico era efficace perché comune ai duescrittori era il primato concesso al componimento misto di storia ed'invenzione. Le suggestioni narrative che gli scapigliati potevano attingeredalla trama frastagliata dei Cento anni erano molteplici: lo squilibriofra scenario storico e vicenda privata corroborava l'interesse per l'intimitàriposta; l'ordine digressivo dell'intreccio propiziava la tecnica per"frammenti" e "schizzi "; il dialogo fra narratore elettore impostava un patto narrativo cordialmente straniato; e soprattuttocomeha già ben sottolineato Nardi"il liberarsi dell'io" avvalorava ilprotagonismo egotistico a cui tutti i giovani artisti volevano dare vocespiegata. E tuttavia questi suggerimenti in tanto possedevano una carica dioriginalità feconda in quanto deflagravano all'interno di una strutturacompositiva regolata dalle norme del romanzo storico: in forza di questacongerie di motivi contraddittoriche corrodono intimamante il tradizionaleequilibrio del generei Cento anni occupanoinsieme con il capolavorodi Nievola sezione conclusiva della letteratura romantico-risorgimentale. Frai cinque tomi rovanianiusciti fra il 1859 e il 1864e le "storiellevane" degli scapigliatil'arco temporale è brevema grande è ladistanza artistico-intellettuale che li separa.

Un'osservazione conclusivad'indole geograficavale aprecisare ulteriormente i confini dell'esperienza letteraria della Bohèmeitaliana. Accanto al gruppo compatto degli scrittori attivi sotto le guglie delDuomoè ormai consuetudine critica affiancare i nomi di autori appartenentialla "scapigliatura piemontese": Giovanni FaldellaRoberto Sacchettiil poeta Cameranae poi Giovanni Cagna e Edoardo Calandra.

L'ipotesiavanzata da Contini nell'introduzione di unacelebre antologiaRacconti della Scapigliatura piemontese (BompianiMilano 1953ma il saggio era già apparso nel 1947 su "Letteratura")ha il merito di non limitare al capoluogo lombardo il panorama dei fermentiinnovatori che maturavano nel paese appena unificato. Non c'è dubbio che gliintellettuali raccolti inizialmente intorno alla Società torinese DanteAlighieri (1863) e poi nella redazione della rivista "Serate italiane"(1874-1878) ricavarono stimoli seri e importanti dalla frequentazione degliautori ambrosiani. Se il sodalizio più fertile si sviluppò entro la dimensionepoetica grazie ai rapporti fra PragaBoito e Cameranaanche il campo narrativomostra interconnessioni significative. Il male dell’arte (1874) diFaldella si affiancanon solo per assonanza di titoloalla trilogiatarchettiana Amore nell'arte (1869) e i cromatismi espressionistici dicerte Figurine (1875) sono foggiati sul modello della prosa dossiana; iracconti di Sacchettid'altrondeben illuminano le modalità di composizionecon cui vennero concluse le Memorie del presbiterio che Praga avevalasciato interrotte. Ma siamo appunto nell'ambito ultra-tradizionale delleaffinità amicali e delle corrispondenze intertestuali che l'universo letterarioda sempre conosce. La chiave interpretativa di Continitutta incentrata sullacifra espressionisticasi rivelaperciòdi grande acumepreziosa perl'analisi di alcune operema difficilmente utile per dare configurazioneunitaria al gruppo dei "cauti e costumati piemontesi". Sacchetti"orientato"a parer dello stesso critico"versol'impassibilità flaubertiana" nei suoi racconti e soprattutto nei romanzi Vecchioguscio e Entusiasmi si muove nella zonada noi così poco praticatadel realismo criticoaffatto estraneo alla cifra oscura del pastiche.D'altra partel'attività artistica di Faldelladopo l’esordio narrativo e ireportages di viaggioproseguì su cadenze diverselontane dallaprimitiva "violenza linguistica". La dichiarazione di poetica"modesta" con cui introduce Tota Nerina¾¾"Mi basta di scrivere in modo decente e passabile cose da me sentite verecon intenzioni oneste" (Genesi di un romanzo giovanile1884) ¾¾consuona ormai con l'"ufficialità medio borghese" di una goffa etàumbertina. Come spesso capitale etichette hanno una valenza definitoria da nonsottovalutare:

 

...non è forse un caso chealla scapigliaturamila­nesesia stata poi affiancata una scapigliatura «piemontese». L'accentoposto sulla dimensione regionale del fenomenoanziché su quella propriamentecittadinanon si riferisce solo ai dati anagrafici degli autori (...) Essotoccapiù intrinsecamentele coordinate di una letteratura che sicostituiscein prevalenzaintorno ai poli di un'attrazione provinciale.

 

Se il paradigma narrativo e stilistico della scapigliaturafruttificò anche in altri autori (per esempio il Ghislanzoni dei Raccontiincredibili) e in altre zonedal Cagna "esponente di un espressionismoin rosa" al Calandrai cui romanzi sono ormai prossimi all'atmosfera finde sièclefino al genovese Zenainfluenzato soprattutto dalla coevaproduzione veristaciò testimonia solo della ricchezza di suggestioni di cuis'era fatto interprete il movimento; non altro. E' così anche per l'ulterioreampliamento proposto dalla criticateso a raggruppare sotto le insegne della"scapigliatura democratica" alcuni autori milanesi attivi nell'ultimoventennio del secolo: anche in questo caso l'etichettamentre illumina i legamifra Valera Corio Tronconi Cameroni e la prima generazione bohémiennetende aprivilegiarne la specificità tutta "ideologica". Ma èinnanzituttoquesta connotazione ad essere poco pertinente: non solo il clima degli anniOttanta è altro rispetto alla stagione immediatamente postrisorgimentalema èveramente difficile accostare sotto la stessa bandiera "politica" ilsocialismo anarchicheggiante del "refrattario" Valerail moderatismoilluminato di Corioil ribellismo pseudotrasgressivo del piccolo-borgheseTronconi. In ambito propriamente letterariopoipoco o nulla accomuna iprogetti difformi cui ciascuno di loro diede vita. Se Madri per ridere o Passionemaledetta di quest'ultimo appartengono alla produzionemelodrammatico-appendicistica chenell'offesa alla morale bempensanteallestisce intrighi scandalosile inchieste giornalistiche nei "ventricittadini" di Corio e Valera sono dettate dallo spirito analitico delpositivismo d'impianto documentario e sociologicoalieno dal soggettivismofantastico o umoristicoche sorregge la miglior narrativa scapigliata.Persuasive sonoperciòle conclusioni di Spera quandoal termine delcapitolo intitolato Percorsi e confiniafferma: "pare azzardatofare rientrare costoro ancora nella Scapigliaturapur se ne conservanotratti specifici". Ampliare l'area della narrativa scapigliata oltre leopere ideate dagli autori della generazione crucciosa si rivela davverofuorviante: alle soglie dell'età umbertinala tensione reattiva alla"prosa" della modernità borghesefonte originaria delle loro sceltetecnico-stilistichesi è ormai esaurita; nessuna eccentricità espressiva puòrecuperare entro il tessuto della scrittura il pathos di uno sperimentalismochegerminato dai risentimenti etico-culturali della prima stagione unitariatrovò risonanza autentica nell'orizzonte d'attesa della "città piùcittà d'Italia".

Capitolo II ¾¾ LaScapigliatura tra romanticismo e positivismo

 

 

Il rifiuto della tradizione romantico-risorgimentale

 

Nella lettera che accompagna la Ballatellaindirizzata a Cletto Arrighidirettore della "Cronaca grigia"Boitosi presenta:

 

Noi scapigliati romantici in iraalle regolari leggi delBelloprediligiamo i Quasimodi nelle nostre fantasticherie; ecco la causa delmio ritornello. Se vuoi sapere anche lo scopo ti dirò che non è filosoficoné politiconé religioso; ho voluto semplicemente esercitarmi nella scabrosarima in iccio (1 gennaio 1865).

 

Nella dichiarazione d'intenti si legge l'autoritratto di ungruppo di letterati che rinviene la genesi della propria identità in unaappassionata battaglia anti-romantica condotta paradossalmente in nome delprincipio cardine del Romanticismo: l'autonomia della creazione artistica. Comericorda Hauser:

 

il Romanticismo che fiorisce dopo la Rivoluzione rispecchiaun nuovo senso del mondo e della vitae matura anzitutto una nuovainterpretazione della libertà artistica (...) Ogni espressione individuale èunicainsostituibile e ha in sé le sue leggi e la sua misura.

 

L'autodefinizione di "scapigliati romantici in ira"vuole innanzitutto rivendicare all'"arte dell'avvenire"quell'indipendenza che il nostro Romanticismo aveva sottomesso ad altripiùimpegnativi valori eteronomi.

All'indomani del Congresso di Vienna (1815)il grande sforzodi ammodernamento che aveva visto gli uomini del "Conciliatore"schierarsi compatti contro la tradizione ormai sclerotica dei classicisti avevatratto linfa vitale non dal rifiuto ma dalla consonanza con le idee dellacultura illuministica dei Verri e Beccaria. In piena Restaurazioneil progettodel "Caffè"riaggiornato alla luce dello storicismo liberalesi eratradotto in un "sistema" chesecondo una fonte massimamenteattendibileera "un complesso d'idee più ragionevolepiù ordinatopiùgeneraleche in nessun altro luogo" (A. Manzonilettera SulRomanticismo al Marchese Cesare D'Azeglio). La volontà di entrare insintonia solidale con le forze vive della società ¾¾l'"esser coevi al secol suo" di Berchet ¾¾aveva promosso una letteratura che tendeva a coniugare il rinnovamento delleforme artistiche con la rinascita politico-morale della penisola. Sottol'oppressione della dominazione austriacaben presto "romantico" eradiventato "sinonimo di liberale" (S. Pellico). Rifiutate le"follie ultramontane"ricche di suggestioni fantastiche eirrazionaliaccantonate le ansie misticheggianti in favore di una religiositàpopolarmente attivail nostro Romanticismo si era caratterizzatonelle sueespressioni più fecondequale cultura dell'impegno. Opposte per orientamentopoliticoscelte retoricheopzioni linguistiche ¾¾appartenenti alla scuola capeggiata dal Manzoni o al gruppo dei mazzinianisecondo la famosa bipartizione desanctisiana ¾¾tutteo quasile opere in versiin prosain musica della stagionerisorgimentale avevano concorso a dare coscienza di sé a un "volgodisperso che nome non ha".

E' appunto contro questo complesso di idee "ragionevoleordinato e generale" che gli scapigliati si dichiarano "romantici inira". Boito e compagni in tanto proclamano la loro originalità d'artistimoderniin quantorigettata l'accezione "conciliatoristica"diquella cultura vogliono rilanciare i motivi dell'individualismo esacerbatoitimbri misteriosamente perturbantile note di maggior bizzarria.

Liquidato l'ordine della normativa classicheggiante ¾¾"le regolari leggi del Bello"¾¾la Presentazione della Ballatella esibisce il nome di Quasimodol'anti-eroe victorughiano di Notre-Dame de Paris (1831)peralludere subito a un clima e a un gusto in cui dominano il deformeil macabroil terrificante: "il Bello sta nell'orrido/nella Beltà è l'Orror"(PinchettiPoeta). Ma la vera provocazionee Boito ne è benconsapevolerisiede nella rivendicazione esplicita dell'autonomia del fareletterario: contro ogni finalità "filosoficapoliticareligiosa" ¾¾e nella terna d'aggettivi ben si sintetizza la produzione dei decenni precedenti¾¾ l'"Artereproba" predilige l'esercizio arduo cheesaltando l'abilitàtecnico-espressiva di chi la componepretende d'essere giudicato iuxta propriaprincipia (la rima in iccio). Per dirla con le parole ancor piùschiette di Camillo: l'arte "non è tenuta insomma ad essere altro chearte".

Il recupero scapigliato del maledettismo romanticoinopposizione a Verdi e Manzoniè stato spesso interpretato dalla critica comespia di evasione regressiva: in realtàdenuncia la consapevolezza moderna cheil ceto intellettuale umanistico cominciò a maturare della propria funzioneall'indomani della proclamazione dello Stato unitario.

Relegati in un ruolo subalterno da una classe dirigenteintenta ad affrontare i problemi prosaicamente assillanti della compaginenazionaleancor più emarginati dalle forze imprenditoriali in ascesagliartisti della generazione crucciosa si ribellanocome i primi Romanticieuropeiall'assetto utilitaristico-borghese che la collettività italianamassime in terra ambrosianasi avviava ad assumere. Lungi dall'esser"coevi al secol loro"ostentano con orgoglio spavaldol'inconciliabilità dell'estro creativo con un sistema sociale che sviliscel'attività intellettuale e deprime i valori disinteressati dell'arte. Insommaper dirla con il vecchio Marxdopo l'acconsentimento alla formazionedell'identità collettiva del popolo-nazioneora la letteratura dà voce allerecriminazioni tipiche dell'anticapitalismo romantico e l'io individualesoprattutto se dotato di fervore immaginosos'accampa con le sue inquietudini eossessioni al centro della scena.

La protesta ideologica contro il "borghesume" dei"banchieri" (Praga)contro "la folla dei merciai" (BazzeroAnimap. 73) fu tanto più sincera quanto maggiore era il radicamento diogni ribelle in quell'universo socio-economico da cui si sentiva snobbato e incui avrebbe voluto svettare.

Rampolli di illustri famiglie lombarde (DossiGualdo)alto-borghesi di formazione internazionale (Camillo e Arrigo Boito)figli diimprenditori (Praga)di notabili di paese (TarchettiBazzero) o di esponentidelle nuove professioni liberali (FaldellaSacchetti); tutti manifestaronorisentimenti e moti di estraneità nei confronti della classe d'appartenenzaormai ben insediata al potere; ma in nessuna delle loro opere è possibilerintracciare un paradigma di valoricertezzesentimenti autenticamenteantagonistico. La rivolta "antiborghese" del gruppo storico degliScapigliati ¾¾ el'aggettivo si spreca nei saggi a loro dedicati ¾¾è tale solo se interpretata alla luce delle pretese d'autonomia e disuperiorità rivendicate dalla letteratura moderna contro ogni impegnod'efficacia praticistica e soprattutto contro il presunto involgarimento digusto che l'espansione dell'area d'utenza "inevitabilmente" induce.

 

 

L’apertura ai modelli europei

 

Sulla spianata del berchettiano Cenisio davanti al "sorrisointerminabile della pianura padana"Cirilloil protagonista malatod'arte del primo racconto faldellianonon teme di affermare: "Ebbene ioartista a poco a poco per la schiena dei muliper i sassiper la muricciadimenticai la mia patrial'Italia" (Il male dell’artep. 85).Anche la "Musa altera" di Pragapronta a vantare di non aver mairivolto "un verso a Bruto o a Cesare" (Alla Musa)può forserimpiangere "i tempi belli" del passato in cuiaccanto al Manzonibrillava la "falange di sublimi esempi" di "GoetheFoscolo...Porta" (Manzoni)ma ormai sa che la stagione"olimpica" delle fedi certe e condivise è irrecuperabile. La fogapolemica dei "romantici in ira" si scaglia proprio contro chi megliodi altri era riuscito nell'ardua impresa di dialogarein sintonia fraterna esenza mai rinnegare il patrimonio illustre della tradizionecon il pubblicopiù ampio.

Nell'opposizione a Verdi e Manzoniil maledettismoscapigliato era reso ancor più esacerbato dalla consapevolezza amara che ilprestigio dei due maestri era vincolante ed opprimente perché tutto intorno eravuoto e silenzio. Nel nostro paeseil decennio seguito al fallimento dei motiquarantotteschi e al crollo delle speranze legate all'insurrezione popolare eraoccupato solo da detriti e macerie. I due romanzi che suggellano la paraboladella stagione preunitaria vi alludono con sconforto acre: Carlino Altoviticomincia a scrivere le sue Confessioni "la sera d'una grandesconfitta"fonte di "sgomenti" luttuosi: "la rotta diNovara più che un improvviso scompiglio fu la dolorosa conferma di lunghitimori"; sullo "spettacolo grandioso e insieme angoscioso" dellacaduta di Venezia si chiudono i Cento anni di Rovani. A questo rovinìopolitico e idealegli intellettuali italiani non seppero reagire; il confrontocon la coeva letteratura europea mostra un quadro di povertà sconcertante.

Entro il dominio della poesia imperversano i languorosi laidi Prati e Aleardicontro cui ben presto si sarebbe levata la restaurazione delclassicismo carducciano. Sullo sfondoeccelsi si stagliano i Canti diLeopardi; ma il poeta recanateseseppur talvolta orecchiato (TarchettiCameranaPinchetti) era troppo lontanoisolato nella sua "poesia senzanome" (F. Brioschi)così intrisa di materialismo illuminista e cosìradicalmente avversa alla modernità dell'urbanesimo borghese da suscitare neigiovani autori una reverenza ammirata non una consonanza emulativa.

Più accessibilesebbene altrettanto infruttuosoil campodella produzione in prosa. Gli epigoni della scuola cattolico-liberalequandonon si rifugiavano nell'idillio campestre (CarcanoCarrerPercoto)siisterilivanocome Tommaseo nel "piagnonismo antilaicista" (C.Muscetta) opeggiocadevano nel reazionarismo bigotto alla Cantùun"letterario ciabattino. Forbice e collaecco il suo stile"secondola perfida definizione di Dossi (N. A.n. 486). Tutte scelte che bengiustificavano lo sprezzo di Praga e Boito:

 

Se un uomo benedetto e privilegiato dalla naturanacque colmisterio della fede nell'animae cantò soavemente i più placidi cantiunatorma di bertuccie dev'essa forse corrergli dietroe scimmieggiare ogni giornocolle zanche vellose il suo segno di croce? (Programma"Figaro"n. 1).

 

La domanda non solo era lecita ma resa ancor più attualedalla crisi irreversibile che l'atteggiamento antimodernista di Pio IX ¾¾"fatal pontefice... mitrata putredine" (PragaSpes unica) ¾¾aveva aperto nelle schiere del cattolicesimo liberale. Sul versante democraticod'altrondeil panorama erase possibileancor più desolante: il modelloletterario proposto da Guerrazzi non era sopravvissuto alla catastrofe di quellaparte politica. Le vite romanzate sanciscono l'esaurimento della narrazionestoricamentre i tentativi di romanzo d'ambiente regionale (Storia d'unmosconeTorre di Nonza) e contemporaneo (Il buco nel muro)lungi dal riaggiornare il filone sternianoconfermano lo scacco immedicabile diuna poetica sempre fedele all'antirealismo melodrammatico. Lo sforzo didemocratizzazione avviato dalla prima generazione romanticacomunque schieratasi è risolto in un esito complessivamente deludente: mentre il mercato cominciaa essere invaso dai feuilletons francesiBonghi si chiede Perché laletteratura italiana non sia popolare in Italia (1856). Dieci annidoponel fatidico 1866il diciassettenne Dossi inizia la sua carrierasintetizzando in poche battute il disincanto acrimonioso dei giovani ribelli:

 

Allontanatevi o venditori di libri futilio perfidiantiquario gente tutta che vivete ingannandoallontanatevi ché vane sonvostre paroleinutili vostre offerte.

I fortunati hanno spento ogni bernoccolo di manie e didesideriiDio?Patria?Famiglia? che! entusiasmo? parola vuota di senso. (Letteratae Beghinain Due Raccontip. 222)

 

In questo orizzonte culturaleche aveva già imbalsamatoVerdi e Manzoni come numi tutelari della nazione e non offriva alcun modelloalternativoai "nuovi romantici antiromantici" (A. Romanò) nonrestava che recuperare l'ispirazione iniziale da cui era scaturitanel lontano1816la polemica contro i classicisti: aprirsi all'Europaguardare agli autoriche per primi avevano cercato di reagiremagari varcando la soglia dell'Ignotoe dell'Arcanoalle contraddizioni e ai conflitti della modernità. Nasce daquest'ansia sperimentalein cui si mescolano motivi di autentico scoramento espunti di rivolta velleitariail culto che gli scrittori della Scapigliaturaprofessano per HugoBaudelaireNervalGautierMurgerMussetRichterHoffmanPoe.

Gli studi meticolosi di Mariani e Ghidetti hanno messo inchiara luce la filigrana variegata delle relazioni che le opere di TarchettiPragaBoitoDossi intrattengono con la produzione d'oltralpe; tutti i criticianche i meno benevoliascrivono a merito precipuo di questi autori lo slanciocostante e generoso con cui si sforzarono di sprovincializzare la nostraculturamalata di arretratezza e accademismo. Altrettanto unanime è ilriconoscimento dello scarto che separa i testi italiani dai grandi modellistranieri. E' facile esibire pose da mauditfrequentare i paradisiartificiali delle drogheatteggiarsi a ribelli indomiti; ben più arduo ècogliere la sostanza intellettuale di cui tutto ciò altrove si era nutrito. Nonbasta contestare i cardini dell'ordine letterario costituito e magari adottaretecniche compositive estrosamente eccentrichequando poi se ne compensano lespinte corrosive con il rifugio negli affetti domesticiil rimpianto dellaserenità idillicail ripiegamento intenerito sul proprio ego. E tuttavialasproporzione fra l'encomiabile esterofilia che anima gli Scapigliati e larealizzazione formale dei loro racconti non va imputatacome troppo spessohanno fatto gli studiosiunicamente ad insufficienze individuali; questiletterati operavano in un sistema culturale fragilepovero di idee esoprattuttointeragivano con un orizzonte d'attesa ristrettoin cui la sogliadell'analfabetismo era paurosamente alta. Il censimento del 1861 avevaregistrato 14 milioni di analfabetipari al 747 % della popolazione; a diecianni di distanzail tasso era sceso solo di qualche puntoattestandosi al688%.

Non si vuole affatto disconoscere che le opere tarchettianepecchino di ideologismo fumosoche le polemiche artistiche e musicali condottesul "Figaro" da Boito e Praga siano arruffate e confuse e che persinole note di riflessione poetica di Dossi difettino di spessore teorico. Questaimprovvisazione intellettualeche lascia segni vistosi entro la tramaturaespressiva dei singoli librisi traduce anche in una congerie disordinata ditentativi e esperimenti che spesso preludono al silenzio creativo. Ma ilfallimento e la dispersionese pertengono alla responsabilità individualedell'autoretrovano inveramento in un clima culturale asfittico e scialbodovei critici lamentavano "l'invasione dei romanzi stranieri" e gli Amicipedanti del Carduccialle romanticherie malsane dei poeti "nani" e"stracchi"sapevano solo opporre la vigoria solare del Classicismo.

Calati pienamente in un'epoca "piena di aspirazione escoraggiamentiche vede l'avvenire ma dubita di avere la forza diraggiungerlo" (GualdoIl viaggio del duca Giorgio p. 67)gliartisti ribelli furono le prime vittime della loro irresolutezza: la storiadella narrativa scapigliata è intessuta di opere interrotte (Il trapeziodi A. Boito; Ugoscena del secolo X di Bazzero)di testi lasciati amezzo e terminati dalla penna d'un amico (le praghiane Memorie delpresbiterio da Sacchettila tarchettiana Fosca da Farina)discritti pubblicati postumi (Storia di un'anima di Bazzero; Entusiasmidi Sacchetti)di progetti solo abbozzati (gli incipit romanzeschi diTarchettiil volume boitiano di novelle intitolato Idee fissela seriedei Ritratti umani di Dossi). I segnali di sofferta fedeltà allatradizione e gli indizi della titubanza innovatrice sono disseminati ovunque.Tarchetti aggiunse a Igino il nome di Ugoper infatuazione foscoliana; allamorte del "Casto Poeta"Praga stende versi di palinodia (Manzoni)all'irriverente Preludio del 1864; dopo la condanna sprezzante della"formula" melodrammatica italianaArrigo Boito diventa il librettistadell'ultime opere di VerdiOtello (1887) e Falstaff (1893); ilfratello Camillo sottomette una vena inventivadavvero non comunealla praticaultra-istituzionale di accademico e di critico d'arte ("il pesantissimomasso ch'io mi sento legato ai piedi"; Gualdo scrive romanzi direttamente"in franceseper non commettere ¾¾dice lui ¾¾ de'francesismi" (SacchettiLa vita letteraria p.450); Bazzero alterna freschi Acquerelli impressionistici ai cataloghieruditiredatti con gli "occhialoni d'antiquario"; per concludere conil rigoroso Dossiil quale "poco più che ventenne si sopravvive consofferenza". Nello "stretto orizzonte" della cultura italianadove la "povera fede" si misurava con "immensi ideali" (leespressioni sono tratte dalla poesia boitiana A Giovanni Camerana) ilconflitto del singolo autore s'acuiva fino ad abbracciare lo scenariocollettivo.

"Ribellinon rivoluzionarimunicipalisti ecosmopoliti«poeti maledetti» col cuore ansioso di tenerezzeantiborghesinel rifiuto dello spirito pratico e utilitarioma borghesissimi nellapermanente nostalgia dell'idillio"gli scapigliati peccarono per difettonon per eccesso di spregiudicatezza. La sfida al gusto del lettore bempensantefu esplicita e spesso irriverentemai trasgressiva; il tono provocatorionascondeva spesso il richiamo alla funzione "etica" della scritturaartistica. Se Tarchettinelle Idee minime sul romanzoesalta "ilfine comune delle lettereche è l'istruire e l'educare allettando" (to.IIp. 522)il pastiche dossiano nasce dal riconoscimento che lo scontrodecisivo ormai è fra "due morali"come suona il titolo del libroideato da Alberto Pisani.

In questa modernità perplessain questo senso del limitegli intellettuali scapigliati si scoprono in sotterranea sintonia con la classedirigente lombarda cheda poco salita sul proscenio della storiaproclamava ilprimato della "capitale morale" in nome non dell'ardimento speculativoo dell'audacia finanziaria ma della eticità implicita nel lavoro produttivo.Cosìmentre i tecnici Luzzatti e Colombo celebravano la superiorità delmodello di sviluppo ambrosianofondato sull'equilibrio e il buon sensoilribelle Tarchetti riconosce Milano "dal lato del benessere sociale lamigliore città d'Italia" (lettera alla madre del giugno 1864) e si dicecontagiato dal suo spirito di sano pragmatismo: "siamo diventati genteseriagente positiva" (Conversazioni"L’Emporiopittoresco"23-29 febbraio 1868 ).

Da questo sfondo cittadinoin cui i progetti di espansioneeconomica attivano una dialettica d'antagonismo solidale con i paradigmiintellettuali dell'élite artisticaprende vigore il secondo paradossoculturale della Scapigliatura.

 

 

Contro l'ottimismo positivista

 

In una novella di Gualdolo scrittore Arnoldo D. s'impegna ascrivere un racconto in una nottemosso da un "eccitamento nonartistico" (la prospettiva di vincere la somma di cinquecentomila franchi)e fidando solo su "uno sforzo di volontà". La lettera in cui spiegala ragione dello scacco comincia contestando il cardine ideologicodell'ottimismo positivo che animava i ceti borghesi della capitale morale:"Dicono: volere è potere. E' falso." (Una scommessap. 188).

Collocato in un punto strategicoprossimo allo scioglimentoe affidato alla diretta voce del protagonistail richiamo alla dottrina diSmiles è il motivo di autentica originalità del testo: non solo conferisceconcretezza all'argomentazione tradizionale sulla necessità dell'ispirazione edell'immedesimazione fra autore e personaggioma consente di delinearel'inedita fisionomia del letterato scapigliato e le modalità nuove in cui sisvolge la sua pratica di scrittura.

Lungi dal ritenere la miseria fonte di felicità e d'estroinventivoconvinto anzi che il suo ingegno "abbisognava per espandersi diesser circondato dal benessere e dall'opulenza" (ibidem)Arnoldo D.crede che il miraggio della ricchezza lo aiuterà a superare ogni ostacolo: inuna sola notte il racconto "molto strano e dalla difficoltà pococomune" (p.181) sarà terminato. Ecco perché il fallimento"quellacarta ostinatamente bianca" (p.190)lo sospinge alla follia:

 

Io non ho potuto essere riccoio che l'ho sempre sognatoioche avrei avuto il genio se avessi avuto il metalloche avrei trovata lafelicità se avessi fatto il racconto (p.188).

 

Ma appuntocome ammette amaramente nella lettera in cuirievoca l'inconcludenza dei "febrili sforzi" notturni (p.189)in artevolere non è potere.

La provocazione colpiva al petto i lettori d'alloraaffattopersuasi della bontà dell'ideologia volontaristicamessa a fondamento non solodel modello economico ma dell'intero ordinamento sociale e civile. Il libro diSmiles Self-helpapparso nel 1859 e subito tradotto da Treves nellaBiblioteca utile (Milano 1865)aveva inaugurato un filone editoriale di grandefortunain cui spicca il best-seller di Michele Lessonaintitolatoappunto Volere è potere (BarberaFirenze 1869).

La novella di un autore da tutti ritenuto un dandyalieno daogni assillo ideologicoappartenente alla cosiddetta "scapigliaturadorata" (P. NardiG. MarianiG. Spagnoletti)coglie in realtà conacutezza il nodo dei problemi in cui si dibattevano i giovani scrittori:"lo sforzo di volontà" (p.182p.183)che per il pubblico ambrosianoera fonte certa di successo e ricchezzaè affatto inutileanzicontroproducente nel campo della invenzione artisticache sfugge alle normeregolatrici dell'agire quotidiano.

L'esperimentotale lo considerano i due scommettitori("ch'io giunga a provarvi""tentare la prova""saràprovato che")fallisce perché sbagliato è il presupposto"positivistico" da cui muove lo scrittorenella discussione con ilconte:

 

seppe quasi provarmi che tutta l'arte non è che unmeccanismoche ogni cosa si può fare con certi elementi e chepurché sifaccia uno sforzo di volontàqualunque momento è buono. (p. 182)

 

Ma se Arnoldo D. perde la sfidala scommessa che Gualdopropone ai suoi lettori èinvecevincente. La scrittura narrativa confuta ilfulcro dell'ideologia dominante che crede all'onnipotenza della volontàriducendo ogni ordine di realtà a un "meccanismo"composto di"elementi": la letteratura non rispetta le convenzioni della prassioperativa e tanto meno sottostà alle leggi delle verifiche sperimentali.

Grazie alla novella dell'artista più snob del gruppo siamocosì giunti al secondo paradosso culturale della produzione scapigliata: ilrecupero dell'oltranzismo romantico diventa lo strumento privilegiato perdeclinare in forme irrazionali e antirealistiche le sollecitazioni più moderneche provenivano dalla cultura egemone in Europa: il positivismocon la sua fedenella scienza e nel divenire progressivo delle sorti umane.

L'esaltazione della libera fantasia creatival'appello allerisorse irrefrenabili dell'ispirazionel'elogio dell'estro emotivamentesbrigliatolo sfoggio della "stranezze" inspiegabili con i criteridel buon sensosono i Leitmotiv che la narrativa scapigliata siaccanisce ad opporre al paradigma rigido della filosofia del progresso organicoe positivodelle classificazioni sistematichedegli studi anatomicidellapsicologia sperimentaledelle ricerche medico-fisiologiche che stavanoinondando l'intero continente. Nel contempoproprio l'apertura alle correntieuropee più innovative corrobora il dualismo caro alla poetica scapigliatachenelle coppie scienza-artesalute-malattiaragione-folliacalcolo-immaginazione rinviene moduli inediti di rappresentazione e attingestimoli per provocazioni irriverenti.

All'indomani della vittoria del moto risorgimentaleetuttavia in presenza di gravi questioni sociali ¾¾il brigantaggiol'arretratezza delle regioni meridionalii primi scioperioperai nel Nord ¾¾anche l'Italia si lascia contagiare dall'ottimismo operativo della nuovafilosofia positivista chesoprattutto in terra lombardasi intreccia alvolontarismo smilesiano per sostenere lo slancio espansivo della classeborghese:

 

la filosofia positiva rinunciaper oraalla conoscenzaassoluta dell'uomoanzi a tutte le conoscenze assolutesenza però negare l’esistenzadi ciò che ignora. Essa studia solo fatti e leggi sociali e morali (...) Cosìnon si ostina a studiare un uomo astrattofuori dallo spazio e dal tempocomposto solo di pure categoriee di vuote forme; ma un uomo vivente e realemutabile per mille guiseagitato da mille passionilimitato per ogni doveepure pieno di aspirazioni all’infinito.

 

Con questo articolopubblicato nel gennaio 1866 sul"Politecnico" e ritenuto il manifesto del positivismo italianoPasquale Villari invitava gli intellettuali del paese appena unificato adividere "i problemi solubili da quelli che per ora sono insolubili"per potersi meglio occupare "solo dei primi". Anche nel campo delleidee era ormai giunto il momento di passare dalla "poesia alla prosa":ma orameno che maii nostri letterati sono disposti ad acconsentire allasvolta. L'inizialeimmediata reazione del ceto umanistico all'avanzata dellacultura pragmatica si declina nelle forme dell'antagonismo e del senso dirivalsa. Boito: "Scienza vattene/co' tuoi conforti!/Ridammi i mondi/delsogno e l'anima!" (Lezione di anatomia); Bazzero: "La scienzaè vana" (Animap. 26). Solo negli anni Ottantaquando ilpositivismo avrà permeato di sé l'intero orizzonte culturalela letteraturamodulerà la propria poetica in connessione stretta con la nuova filosofia:durante la stagione felice del verismoil dialogo fra arte e scienza è tantopiù fecondo quanto maggiore è la tensione emulativa che sorregge gli scrittorinel tentativo d'appropriarsi strumenti d'indagine rigorosamente obiettivi.Ebbenenegli anni Sessantaal primo arrivo in Italia delle teoriematerialistiche e davanti al successo dei libri di fisiologia e medicinalanarrativa scapigliata opera esattamente in senso contrario: scende in armi peropporre il fervore immaginoso al "linguaggio crudele del notomista e delclinico" (Memorie del presbiteriop. 122); al timbro asettico delnarratore-scienziato predilige sempre l'egocentrismo esibito dell'io narrante.Con un'immediata e decisiva conseguenza compositiva: nessuna volontà dirappresentazione realistica sorregge la scrittura dei nostri autorianzi. Anchee proprio l'articolo programmatico Polemica letterariaapparso sul"Figaro" nel 1864letto da alcuni critici come dichiarazione dipoetica mimeticanon lascia dubbi sull'orientamento eminentemente protestatariocui si riduce la parola d'ordine del realismo: l'arte nuova "sarà un'artemalatavaneggianteal dire di moltiun'arte di decadenzadi barocchismodirazionalismodi realismoed ecco finalmente la parola sputata".Certamentela battaglia contro la raffigurazione edulcorata della realtà econtro le convenzioni del sentimentalismo tardo-romantico spinge tutti gliautori bohémiens a avviare un allargamento del repertorio tematico di indubbiarilevanza; per osteggiare la "scuola piagnosa e biliosa del povero cuoreche parla di doloridi disingannidi aspirazioni colle sdolcinatezze a l'acquadi rosa" (Praga"Figaro" 14 gennaio)la rudezza scandalosa diimmagini bassamente volgari era strumento facile di dissacrazioneantiaccademica. Tuttavia il sistema dei moduli tecnico-espressivi non conosce unrinnovamento adeguato nella direzione del criticismo modernodellarappresentazione seria del "tragico quotidiano". In una recensionepittoricapubblicata sul "Pungolo"Praga ribadisce: "realismosìma realismo che ci fa battere il cuoreche ci fa pensarericordaresognare"in sintonia con la considerazione del materialismo qualelinguaggio capace di sedurre "coll'apparenza di una generosaeroicaribellione contro l'autorità dell'universo" (Memorie del presbiteriop. 136).

E d'altra parteproprio nell'incontro-scontro con lecertezze positivecon i metodi dell'algida ragionela narrativa scapigliatarinviene i motivi di originalità autentica.

 

 

Il conflitto arte-scienza

 

La polemica reazione alla "squallida aritmetica delfatto" (Pinchetti) derivainnanzituttodalla consapevolezza inquieta chei giovani letterati maturano dell'appannamento progressivo del loro ruolosociale. Già emarginati entro la sfera delle decisioni politichespiazzatidalla logica economica del "mercato delle lettere"gli artistiintuiscono che la società borghese in via di sviluppo valorizza innanzitutto lecompetenze "utili" dei tecniciscienziatimedicirelegando in unruolo subalterno i cultori del Bello disinteressato: "il nostro salmo ilsecolo/delle macchine annoia" (PragaSpes unica). A galvanizzarnel'empito contestatore è il clima "positivo" che sta sempre piùpervadendo la "repubblica della carta sporca"di cui i letteratipretendono di detenere il primato indiscusso. In questi annianche gli editoris'adeguano al nuovo orizzonte culturale e puntano con decisione all'ampliamentodelle collane nelle aree disciplinari di maggior fortuna: secondo le tabelle diRagonenel decennio 1861-1872la produzione di libri scientifici ha unincremento eccezionale passando da 210 a 956 testi. Trevesper il quale"la scienza è il centro di gravità del nuovo repertorio"lancia consuccesso le Conversazioni scientifiche (1865-1874); Sonzogno prevedenella "Biblioteca del popolo" (15 centesimi al volume) sezionidedicate a "anatomia""chimica e fisica""fisiologia""igiene""scienze esatte". MentreHoepli e Vallardi sfruttano la fama già consolidata in campo tecnico perproporre opuscoli e manualetti d'alta divulgazioneanche un editoretradizionale come Brigola rinnova il proprio catalogopubblicando L. Büchner Forzae materia J. Moleschott La circolazione della vitaesoprattutto le opere di un giovane medicoPaolo Mantegazza: Un giorno aMadera esce lo stesso anno1868in cui esordiscono Gualdo con le NovelleDossi con L'Altrieri e Tarchetti conosce il periodo di maggiorproduttività.

Il recupero scapigliato del patrimonio di temi e figure caroall'oltranzismo romantico acquista allora timbri di ben più energicaattualità: nella rivendicazione dell'autonomia artistica e nell'esaltazionedella fantasia inventivala scrittura letteraria cerca di difendere lo spaziodi riflessione e di rappresentazione del mondo contemporaneo che la scienzatende sempre più ad occupare. Cosicché se giustamente "è difficilepensare ad una diretta influenza del Positivismo sulla Scapigliatura""ancor più arduo è misconoscere l'impatto della mentalitàempirico-materialistica presso i ribelli della Bohème ambrosiana.

I nostri autori forse non conobbero i libri di ComteSpencerDarwinanche se L'origine della specie venne subito tradotta daCanestrini (Modena 1864)ma certo percepirono le sollecitazioni conturbanti diuna cultura che stava modificando le gerarchie del sapere e i parametri delsenso comune. Manifesta è l'affinità che lega il ritratto dell'artista indelirioal centro di moltissime opere scapigliatealla fisionomia dell'uomoeccezionale tracciata da Cesare Lombroso in Genio e follia (ChiusiMilano 1864) e non stupisce che proprio al medico scienziato il nevrotico Dossiabbia inviato la propria Autodiagnosi quotidiana (ora a c. di L. BarileScheiwillerMilano 1984). Altrettanto palese la trama di risonanze dei nuovilinguaggi scientifici o pseudo-tali che le opere scapigliate fanno a garanell'esibire: dallo spiritismo al magnetismodal messmerismo e l'ipnotismo allapatologia diagnosticale citazioni più o meno sfiziose si sprecano e larecente bibliografia critica (V. RodaA. M. Cavalli Pasini) ne ha ormaiindagato le lontane ascendenze. Tuttaviapiù interessante della ricerca dellefonti e delle interconnessioni tematicheè l'analisi della strategiamodellizzante con cui gli scrittori scapigliati declinano materiali e figuretratte dal campo delle materie positive. Per un versoinfattiessi tendono adacquisirle alla loro dimensione irrazionaleavvolgendo i personaggi dediti allenuove discipline entro un alone di sacralità arcana. In Un corpo di C.Boitol'anatomista Gulzquando celebra la "figura della Scienza" acui tutti "dobbiamo inchinarci e adorare"assume "unaespressione solenne e mistica"degna di un "sacerdote" (p. 36).Nella Vita di Alberto Pisani il raccontino dedicato al Magolo zio delprotagonista che dagli studi medici aveva unicamente ricavato una maledettaipocondria ("E in quellaper paura di mortemorì" p. 163)mostra i procedimenti di trasfigurazione cui è sottoposta la figura delloscienziato Paolo Gorinia conferma che per Dossi la scienzalungi dal daresolide certezze"dubita" (N. A.n. 2739). Anche Tarchettiquanto più ostenta attenzione per l'indagine clinicatanto più esalta letensioni fantastico-misteriosevera fonte del suo estro creativo. Nei raccontiil prologo che sottolinea la "stranezza" del casointroduce subito illettore nel clima vaneggiante di una narrazione cheaffatto estranea agli"studi analitici" o ai "documenti umani"punta a esplorarel'unica dimensione di realtà davvero autonoma e alla quale ha accesso solol'intuito eccezionale dell'artista: "il mondo pauroso dell'incomprensibilee del soprannaturale" (I fatalito. IIp. 18).

L'altra tecnica compositivagrazie a cui i letteratiscapigliati riplasmano il conflitto fra arte e scienzacala direttamente ildualismo entro la trama del raccontogenerando un testo che nel parallelismorinviene il suo criterio privilegiato. Il sistema dei personaggi si divarica: dauna parte il rappresentante della scienza esattache si affida alla"vista"dall'altro l'uomo della contemplazioneche si perde inremote "visioni" (L’alfier nero). Le strutturespazio-temporali conoscono un'analoga scissione: alle gelide stanze anatomichesi contrappongono le mansarde degli artisti illuminate dai caldi raggi di sole (Uncorpo).

Questo testo apre l'edizione in volume delle Storiellevane: la scelta di Camilloincurante dell'ordine cronologico di stesura deiraccontioffre una prima chiave interpretativa del dualismo scapigliato. Lanovellaapparsa nel '70 sulla "Nuova Antologia"mette in scena loscontro tra l'io narrantepittoree l'anatomista Gulz: la posta in gioco è ilcorpo splendido della modella Carlotta. L'antagonismo che sorregge la storielladi Boito è rivelatore perché il fulcro della narrazione non è l'ideale freddodella Bellezza parnassianama il fascino seducente di un corpo femminile. Nellaraffigurazione del supremo oggetto del desiderio maschile acquista risalto ladeclinazione particolare che l'opposizione scienza-arte assume nella stagionescapigliata e ci spiega la ragione dell'affollamento di dottori e clinici nellaproduzione di questo quindicennio: persino i primi Ritratti umani diDossi nascono dal "calamajo di un medico".

Ancora debole il dominio delle macchine e degli strumentitecnologiciè ad una disciplina di frontiera fra i due campi del sapere che lacultura positivista affida una posizione egemone: la medicinaappunto. Sullastessa rivista in cui Boito pubblica Un corpopochi anni dopo si potevaleggere un articolo a firma dell'autore dei Fondamenti della patologiaanaliticaMaurizio Bufalini:

 

colla riforma del metodo scientifico si intrinseca pur quelladell'essere morale degli uomini e di tutta la civile convivenza di essi; ladirei quasi una vera redenzione dell'umanità dalle secolari sue calamità.

 

Dotato da sempre del "prestigio e della funzionesociale" tipica dell'intellettuale tradizionalenell'Italia unitailmedico possiede competenze tecnico-scientifiche decisive per assolvere un ruoloprofessionale di primo piano: a lui spetta il compito di risolvere "inlaboratorio" le gravi questioni aperte dallo sviluppo economico-socialesenza mai dimenticare che il suo potere abbraccia i poli ultimi dell'esistenzaumanasalute e malattiaanima e corpoeros e thanatos.

Come ci ricorda il racconto di Boitoil conflitto fra arte escienza è tanto più aspro quanto più al centro della contesa è il dominiodell'eros femminile. L'intellettuale per eccellenza della società borghesedovrà non solo debellare i mali terribili indotti dall'urbanesimo industrialema anche e soprattutto prevenire i contagi che promanano da una sessualità chel'emancipazione femminile rende minacciosa. E tuttavianessun clinico potràmai comprendere e tanto meno curare l'isteria di Foscacogliere la genesi della"macchia grigia" che oscura l'iride del narratore protagonistadella storiella vana di C. Boitotrovare nel "sangue" la causadel mutismo che ha colpito il saggio Yao (A. BoitoIl trapezio)oaiutare la sfuggente Rosilde nelle Memorie del presbiterio e la ciecavisionaria Krimilth (SacchettiDa uno spiraglio). Analogamentenessunmedico saprà aprire il "pugno chiuso" di Paw vivo (A. Boito)spiegare la paranoia che detta la tarchettiana Lettera U"concepirel'orrenda mutilazione" di un arto (Storia di una gamba)rompere ildelirio in cui si è rifugiato Zaverio di Candaule. Solo "la forzadella ispirazione" (L'alfier nero) o l'"ebbrezzadell'immaginazione" (Fosca)di cui gli artisti sono i primi eprivilegiati detentoripotrà darne conto.

Contro la marcia trionfale degli uomini di scienzasi faavantiallorala seriealtrettanto ricca e variegatadei creatori eccelsi intutti i campi artistici. Nel timore ansioso del misconoscimento intellettuale eprofessionalei nostri autori riaffermanoattraverso l'autorappresentazione disé e dei propri rovelli espressiviil prestigio dell'uomo di lettere ecompensano la paventata perdita d'aura: ad essi spetta il merito di aver datoavvioanche nel nostro paeseal sottogenere del Künstlerromanappuntoil "ritratto d'artista". Ai protagonisti tormentati delle loro operegli scapigliati affidano il compito di ricordare al pubblico della"capitale morale" che nessun primato è possibile se si sviliscono ivalori disinteressati della libera fantasia creativa.

 

Capitolo III - Il pubblico degli Scapigliati

 

 

Dal "noi" di Manzoni all'"io sol io" diDossi

 

Il noi di Manzoni vale io e il lettoreil noidi Rovani vale io ancor io ¾¾chévale per due ¾¾l'io di Dossi vale per l'io sol io. (N. A.n. 2271)

 

ovvero:

 

Manzoni dice le cose suecome il lettore vuole ¾¾Rovanicome il lettore non vuole ¾¾Dossi parla per suo conto. (N. A.n. 2305)

 

La filigrana di confronti a treche si dipana nel tessuto a pachtworkdelle Note azzurredelinea con brillantezza la parabola compiuta dallaciviltà romanzesca nel nostro paesedall'impegnato esordio in etàromantico-risorgimentale al primo momento di crisitestimoniato dagli scrittoridella "generazione crucciosa". Il dialogo confidenziale che ilnarratore dei Promessi sposi apriva con la ampia "parte delpubbliconon letterata né illetterata" (Sul Romanticismo) erasfumatonei Cento anniin una "schermaglia fra l'autore e i suoilettorifatta di botte e rispostedi aggressività e compiacenzadi adesionee rifiuto". Oranella stagione postunitariala sfida abbandona il gustodell'ammiccamento compliceper acquistare i toni della polemica conflittualetalvolta della provocazione irridente. Il modello dell'"Hypocrite lecteur¾¾ mon semblable¾¾mon frère"cui sono rivolti Les fleurs du malfa scuola pursemplificandosi molto: i versi della poesia maledetta sono "cantati"per un "nemico lettor""fratello" in pianto (PragaPreludio).

Nel "microscopico Parigi della Lombardia"laristrutturazione del sistema editorialela creazione di una rete di riviste eperiodici che affiancano la stampa quotidianal'avvio di una politicascolastica tesa a combattere l'analfabetismo diffusotutto ciò interagisce coni processi espansivi dell'urbanesimo e dello sviluppo economico per favorire laformazione di una vivace "opinione pubblica"voce della modernasocietà civile. L'ampliamento delle fasce di utenza e la commercializzazionedel prodotto librarionondimenoaprono una frattura fra l'élite intellettualee la massa dei potenziali fruitori: i "venticinque lettori" delManzoni sono diventati "un vero pubblico" (Sacchetti) dai lineamentisfuocati e incerti. Se l'autore di Entusiasmi fu tra i pochi a credereche "il poter misurarsi col giudizio" dei più "preserva dalledivagazioni solitariedagli smarrimenti che avviliscono" (La vitaletterariapp.434-5)la reazione degli altri scapigliati fu improntata amoti di arroccamento difensivo e risentitosimili a quelli che tanta partedell'intellettualità aveva già manifestato in Europa all'inizio del secoloXIX:

 

romantici e postromantici non si sottomettono più al gusto ealle richieste di alcun grupposempre pronti ad appellarsi contro il giudiziodi un foro a un altro foro. C'è una continua tensioneun'eterna polemica frail pubblico e l'opera loro (...) sì che rimane distrutta ogni continuità dirapporti fra il pubblico e l'arte.

 

L'"eroica fatica" di trascrivere dal dilavatomanoscritto una "bella storia"cui corrispondeva un'analoga"fatica di leggere" (I promessi sposi)creava un'intesafra il narratore e i suoi interlocutori fondata su una somma di valori esteticimorali e politici largamente condivisi. Come ricorda Camillo Boitol'arte"dianzi era un bisogno comunesi potrebbe dire politico"orainvece"l'accordo sincero fra il pubblico e gli artefici è svanito"(C. BoitoLa Mostra nazionale di Belle artiin Gite di unartistap. 345). Anche la pratica letteraria ha assunto i caratteri dellaprofessionalitàeconomicamente determinata: davanti a un'utenza di cui ignorale articolazioni internei gusti culturalila stessa fisionomiaetico-ideological'artista è in bilico fra due strategie comunicative opposte:o sperimentare moduli dialogici volti a soddisfare le attese indifferenziate delpubblico mediodi recente formazione (l'esempio più clamoroso di questi annifu Salvatore Farinal'amico di Tarchetti che terminò Fosca) oppurecoltivarenella solitudine narcisistical'autonomia di un estrotanto piùautentico quanto meno sottomesso alle richieste del mercato.

Dossiper il quale "il letterato che non scrive peipochi è letterato di ben poco valore" (N. A.n. 4847)nonrisparmia condanne feroci contro la "sùbita popolarità" che il"pubblicaccio" decreta a libri stesi con "goffaggine" esenza ingegno. Bazzeronel ricordo della "riuscita" di Tarchetti sidomanda: "Oh e il pubblico? Il pubblico? Il pubblico che legge l'animanostra e non la capisce ci sprezzae fa il pettegolezzo" (Animap.69). Pragai cui versi non piacciono alla "gente che calcola e checonta" ma a quella "che fantastica e che sente"(Arrighi"Cronaca grigia"20 gennaio 1867)ne spiega la ragione in uncomponimento dal titolo esemplare Il poeta alla folla: "io sono ilpoeta voi siete i merciai!". Ancor più manifestamente classista suona lariprovazione lanciata da Arrigo Boito contro la potenziale fruizione di massa diprodotti d'eccelso valore estetico:

 

che un popolo grasso e materiale debba giungere un giorno ascuoprire i sublimi misteri dell'ultime opere di Beethovenè tale un'idea danon mi dar pace né tregua. (Cronaca musicale parigina"Perseveranza" 2 marzo 1862in Tutti gli scrittito. IIp.1071)

 

Più chiari di così non si può esseree ancor oggi moltisottoscriverebbero. La sola ipotesi che un'opera d'arte raggiunga la cerchiapiù vasta dei non intenditori spaventa il musicista-poetaa ulteriore confermadei connotati di difesa reattiva che il movimento scapigliato esibisce davantialle prime dinamiche di un sistema culturale in fase espansiva.

E tuttavialo snobismo aristocratico di Dossi o dei fratelliBoito non solo si scontra con la fiducia ottimistica di Sacchetti o con lapratica di scrittura appendicistica di Tarchettima soprattutto si trova ainteragire con i meccanismi del consenso cheattivati dalle "officinedella letteratura"caricano lo statuto professionale dell'artista difertili contraddizioni.

 

Questa Bohème di prìncipi del pensieroche hanno l'aria diamare l'incognitoha una grande ansietàanzi un bisogno assiduo e continuodella pubblica attenzione (Sacchetti La vita letterariap.435)

 

Se Praga confessa ingenuamente "Io bacerei chi miloda"Tarchettidopo aver lamentato "Ohi letterati fanno cattiviaffari davvero!"sfrutta le opportunità del mercato editoriale condisinvolta spregiudicatezza. Non è certo un caso che i protagonisti dellatrilogia Amore nell'arteper quanto "artisti maledetti" eprossimi alla folliaconoscano uno strepitoso successo di critica e dipubblico: Lorenzo AlviatiRiccardo WaitzenBouvard non raggiungono lafelicitàma sperimentanotuttila condizione di "benessere eopulenza" agognata da Arnoldo D.lo scrittore della novella di Gualdogià ricordata. Persino

 

il piccolo savoiardoil povero suonatore di girondaeradivenuto un giovane eleganteun artista ricercatol'elemento morale di quellegrandi riunioni: l'eletta società si contendeva Bouvard come il genio viventedell'arte (Bouvardto. Ip. 640).

 

Anche gli autori più propensi a ostentare un disinteressesovrano nei confronti dei desideri del lettore comunevengono colti da sussultidi perplessità autocritica. Nel prologo di una figurinaFaldella imputail rifiuto di pubblicare a "quel miscuglio di orgoglio e di viltàcheingombra l'animo di coloroi quali non hanno peranco rotto il ghiaccio con ilpubblico." (Galline bianche e galline nerep. 24); Gualdo"ilromanziere gran signoreche non pensa a ricavar guadagni dal suo lavoro perl'invidiabile ragione che ha da vivere del suo" (SacchettiLa vita letterariap. 450)raffigura in un suo personaggio "la felicità del lavoro compresoe ricompensatodell'ingegno apprezzato al suo valore" (La gran rivalep. 43); da parte suail "geroglifico" Dossiin una delle prime Noteazzurreesclama: "O gente che scrivete per non essere capitanonsarebbe assai meglio taceste!" (N. A.n. 17)e nel Preambolosteso per l'epistolario denuncia la propria costante ansia di consenso:

 

¾¾lo confesso a voce alta ¾¾io non scrissi mai una rigafranca dal desiderio o dalla paura che il Pubbliconon la vedesse stampata.

 

Con consapevolezza lucidanelle sue rassegne d'arteCamilloBoito mette a fuoco la nuova contraddittoria dialettica fra domanda e offerta:

 

la scarsità e la gretteria delle allogazioni e degliacquistiavvilendo l'artefice in una lunga povertàirritandogli l'animo nellafuria dei desideridelle invidie e delle maldicenze (...) sono causa dall'unaparte di questa impotenzadall'altra di questa prostituzione dell'arte.

 

In effettiall'origine dello sperimentalismo arrovellato deinarratori scapigliati vi è un progetto confuso e talvolta equivocoma sorrettoda una grande ambizioneestranea al radicalismo trasgressivo.

All'indomani di una svolta storico-politica di enormerilevanza e davanti alla riorganizzazione complessiva dell'orizzonte d'attesala funzione primaria che i giovani ribelli assegnano alla letteratura è digalvanizzare la coscienza critica del ceto dirigenteancora fragile e immaturafors'anche aiutarne la formazionein nome dei principi di una moralitàspregiudicata e anticonformistadegni di una classe borghese davvero europea. Aquella società civile milanese chepur avendo alimentato i grandi entusiasmirisorgimentalinon si riconosce nella forma istituzionale assunta dallo Statounitario e si vanta d'essere all'avanguardia del paesei letterati scapigliatisi rivolgono elettivamentenella speranza di avviare un'ardua inusualecollaborazione.

Crollate le certezze "olimpicamente" condiviseoccorre impostare una strategia comunicativa duttilmente selettiva: per unversole cadenze dell'umorismo straniante e dell'eccentricità fantasticapuntano a sintonizzarsi con il pubblico emergentesignorilmente colto eraffinato; per l'altrol'asprezza dei toni e dei temi serve a prendere ledistanze dal perbenismo del "borghesume" ottuso e trivialeraffigurato esemplarmente nel "negoziante di candele arricchito"(GualdoLa villa d'Ostellio in Racconti lombardi dell'ultimo'800p. 67). Un simile impegnativo disegnoche intendeva ritagliareall'interno dei ceti medi urbani una utenza ideale composta dalla borghesiailluminatasi rivelerà ben presto velleitario e perdentemanel primoquindicennio unitarioaveva una sua non disprezzabile credibilità: gliintellettuali umanisti vogliono diventare la guida coscienziale di unacollettività dominata dai valori del pragmatismo utilitario.

L'espressionismo stilistico di Dossil'autore più coerentedel gruppolievita non solo grazie al luddismo anti-editoriale che lo spinge astampare in proprio le poche copie numerate dell'Altrieri e della Vita:più forte e potente c'è l'avvertimento penoso della propria"limitatezza" espressiva a fronte dei modelli impareggiabili delrecente passato:

 

Stia certo il lettore chese di un'oncia soltanto dellalìmpida mente e dell'amàbile filosofìa di Alessandro Manzoni o del sicuroànimo e dell'ampio umorismo di Giuseppe Rovani avessi potuto disporrenon misarèi contentato di fare il geroglìfico Dossi. (Màrgine alla «Desinenzain A»p. 680)

 

Sollecitata dal paragone non con la tradizioneromantico-risorgimentale ma con il successo delle opere naturalisteun'osservazione di Camillo Boito riecheggia note non dissimili:

 

La parte del lettore si è andata via via restringendo: èdiventato completamente passivo. Il romanzo vi sminuzzavi trita la veritàinmodo che non rimane oramai nulla da aggiungervi di proprio. (...) E la mente dellettorevedendo il dramma innanzi tutto interocosì ben definito in ognipartein ogni minuzia si sente persuasa e convintama affranta (...) illettore prova una certa inconsapevole compiacenza nel mettere qualcosa di suo inun'opera d'arte: l'opera s'immedesima in lui; finisce per amarla come una partedi sé medesimo (La mostra nazionalein Gite di un artistapp.341-3).

 

Per l'autore di Sensola narrativa d'orientamentoveristafondata sull'oggettivismo impersonalepunta alla "mortificazionedella fantasia del lettore" (ibidem)rinunciando così a quellasfida a tutto campo fra io narrante e io leggente che è il fulcro della migliorletteratura scapigliata.

Ed eccoalloraaffiorare dai nostri testi un'altra galleriadi figure che affianca e completa la serie dei "ritratti d'artista":sono le immagini del lettore cui ogni singola opera si rivolgein un dinamicoprocesso di cooperazione critica.

 

 

La sfida al lettore

 

L'abile gioco rifrangente con cui Carlo Dossi costruisce la Vitadi Alberto Pisani lascia emergere una prima preziosa indicazione dilettura: "in un romanzo"chi scrive

 

si apre ingenuamente a ogni frase. Ben sott'intesoche chisi ha una pàgina innanziabbia acùta la vistalegga nell'interlìneefacoltà di pochissimi. (p.182)

 

Ancora una dichiarazione di poetica aristocraticissimaeinsieme di sintonia amicalevisto che subito dopo sono richiamati i "dueleggitori" elettiviCletto Arrighi e Luigi Perelli. Chiedere diindividuare "nelle interlinee" il profilo autentico dell'autoresignificatuttaviaattivare una strategia fruitiva altamente concorrenzialein cui l'io leggente mette a prova tutte le sue facoltà intellettuali eimmaginative.

Il tarchettiano Un osso di morto ha un incipitesemplare:

 

Lascio a chi mi legge l'apprezzamento del fatto inesplicabileche sto per raccontare.(to. IIp. 65)

 

Con un analogo invito alla collaborazione fantasmatica siapre L'alfier nero di Arrigo Boito:

 

Chi sa giuocare a scacchi prenda una scacchierala dispongain bell'ordine davanti a sé ed immagini ciò che sto per descrivere.

Immagini... (p. 397)

 

L'allocuzione diretta rende il lettore partecipe in primapersona del duplice giococontemporaneamente la partita a scacchi fra Tom eAnderssen e la finzione letterariaa cui il narratore si appresta a dareinizio.

Il fratello Camillo non è da meno nel coinvolgimentocomplice: il racconto d'esordioBaciale 'l piede e la man bella e biancaesibisce sin dal titolo il gusto delle risonanze intertestuali (da Petrarca aSterneda Orazio e Giovenale a Montaigne) su cui si articola la rete fitta dibattute fra il protagonista narratoreil lettore competenteil lettoreingenuo. Nel III capitoloDove l'autore rivide il suo petrarchinoassistiamo a un dialogo teatralizzato fra l'io narranteil "pedagogo"erudito "che ha studiato i sinonimi del Tommaseo" (p. 111)eil "lettore meno aguzzo" pronto a "bere grosso" (p. 112).

Siamo quiovviamentenell'area scapigliata in cui siespande con maggior forza dissolvente l'"effetto Sterne"come suonail titolo di un libro recente dedicato alla narrativa umoristica italiana.

Una nota azzurra dossianariecheggiando passi famosi del TristanShandyrecita:

 

Le idee sottintese fanno sì che il lettoretutto contentodi indovinarlopigli interesse al libro e gli paja di averci messo mano eglistesso. Egli lo scriveper così direleggendolo. (N. A.n. 2173)

 

Una simile praticad'impianto umoristicose vale a ridurrei moti d'appassionamentoproduce entro la trama compositiva dei testi un"effetto" ben più rilevante: la chiamata in causa del lettore e lamessa a fuoco dei meccanismi che regolano l'atto di lettura.

Nel momento in cui anche nel nostro paese comincia acostituirsi un pubblico potenzialmente ampiodai lineamenti anonimi e incertigli scrittori tendono a precisare il loro orizzonte d'attesaabbozzandoall'interno delle loro opere l'identità del fruitore elettivo. Con quantamaggior precisione l'autore personalizza la figura dell'io narrante e neindividua i connotati specificicon altrettanto scrupolo schizza la fisionomiadel destinatario cui è diretto il messaggio.

Una scommessa di Gualdoavviata con un fatico"ecco"esemplifica in sommo grado la relazione dialogica fra i dueinterlocutori modernamente atteggiati: da una parte lo scrittore Arnoldo D."giovane di straordinario ingegno"dal carattere "vivace evariabile" e con una "vita poco regolare"incline a"affogare le noie nella ubriachezza" (p. 178)dibattuto fra poeticaromantica e nuove concezioni d'artepronto a misurarsi con i tempi stretti cuideve sottostare ormai anche l'attività letteraria. Dall'altra parteil conteSotowskiil committente-destinatario"favolosamente riccoaffattoindipendente" (p. 176)dotato di buona competenza letteraria ("munitodelle sue stesse armi" p. 182)disposto a offrire non solo "parole diincoraggiamento" (p. 180)ma occasioni per ottenere fama e agiatezza. La"segreta e quasi magnetica simpatia" che scocca fra i due poggia suuna sotterranea colleganza intellettuale. Come ricorda il conte:

 

Il geniosotto qualunque forma si mostriè sempre statoper me un oggetto d'ammirazione e le opere della fantasia altrui hanno semprepotentemente eccitata la mia. (ibidem)

 

Proprio la reciproca eccitazione delle risorse immaginativepur se diversamente orientaterende possibile la scommessa; la posta in giocoè alta per entrambi. Per l'autore che accetta la sfida il rischio è massimo:davanti a una pagina "ostinatamente bianca" (p. 190) è in agguato la"perdita della ragione" epeggioil silenzio. La drammatizzazionedel fallimento creativod'altra partevincola la responsabilità di colui cheha sollecitato la prova: la generosità mecenatescamista a orgoglio narcisista["gongolava a mia volta (bisogna che lo confessi) all'idea di aver fattouna cosa che certo non si fa tutti i giorni" p. 184]quando vienefrustratainduce "una mestizia mista al rimorso" che richiede l'attoliberatorio del racconto-confessione.

Con la novella di Gualdodavvero ricca di spunti finoraignoratisiamo entrati in quella dimensione del testooccupata dalla figuradel lettore fittizioil "narratario"secondo la terminologia tecnicaofferta dalla narratologiaparticolarmente utile nel caso della produzionescapigliata. E' su questo pianoinfattiche possiamo cominciare a misurare ilpercorso compiuto dalla nostra civiltà romanzesca nel mezzo secolo che separa Ipromessi sposi dalle Storielle vane.

Innanzituttoal "narratario di gruppo" ¾¾i "venticinque lettori" del capolavoro manzonianoi "giovanifrementi" dei romanzi storici guerrazzianima anche gli "amicilettori" delle Confessioni nieviane ¾¾gli autori della Bohème sostituiscono la relazione privilegiata con un ioleggente individuopersonificazione di un lettore colto e competente. I singoliracconti ben testimoniano il passaggio dal "noi" di Manzoniproiezione dell'ampio pubblico di cui si voleva forgiare la coscienza nazionaleall'"io sol io" di Dossiche delimita l'area ristretta degli"addetti ai lavori". Il lettore che "sa giuocare a scacchi"cui è rivolto L’alfier neronon è molto dissimile dal conte Sotowskidella Scommessa o dal "discreto lettore" di Baciale 'l piede.

Anche quando il narratore passa dal singolare al plurale ¾¾"Lettori miei; conterò intanto una storia" (Vita di Alberto Pisanip. 143); "Io vorrei che la vostra curiositàlettori" (Memoriedel presbiteriop. 70) ¾¾le clausole suonano così generiche da vanificare l'individuazione specifica diun gruppo coeso; anzila parodia discreta degli stereotipi della scritturaromanzesca avvalora l'ipotesi che quel "narratario" collettivo siaformato sempre e comunque da pochi intenditori:

 

Se adesso poi io vi presento questo Daniele come unmarmocchio costruito coi gòmiticon un viso da trombanon crediate già chelo faccia per convenzioneper quella brutta ruffiana che t'imbastisce inquattro agugliate un lavoro (Dossi L'Altrierip. 493).

 

ho giudicata la lettera di Cirillocome si diceinteressanteanche per voied ho arbitrato di parteciparvela. Ma orariflettendoci sutemonon abbia a farvi effettoperché voi quegli occhi non li avete visti. Ad ognimodopoiché l'esordio è fattoeccovi il pistolone narrativo. (FaldellaIl male dell'artep. 59).

 

Insommaper dirla con le parole sempre illuminanti di Dossi:quando il narratore parla al plurale "allude sempre ai non irosi e nondisattenti lettoricioè ai pochi"perché "l'applauso dellamoltitudine scompare colle mani che l'hanno prodotto e anche prima" (Màrginep.683) e "sogghignano" all'arte gli "uomini d'esperienza panciutie i giovinetti che hanno la mantenuta e le femmine eleganti cheoltre ilfrancesesanno leggere l'italiano!" (BazzeroAnimap. 70).

Anche nei testi di Tarchettiin cui la tensione dialoganterisente maggiormente dei condizionamenti imposti dalla sede di pubblicazione ¾¾"immaginai (...) l'interesse che ne avrebbe destato la pubblicazione sopraquesto periodico" (Un suicidio all'ingleseto. Ipp. 88-9) ¾¾è difficile cogliere nel "voi" la raffigurazione di un pubblicoomogeneo: l'alternanza fra le particelle pronominali della seconda personaplurale ("Vi voglio raccontare la mia vita" La lettera Uto.Ip. 59; "nomiei lettori (...) io vi esporrò il mio racconto"Re per ventiquattroreto. Ip. 204) e il pronome indefinito ("A chimi legge il giudizio"Storia di un idealeto. IIp. 92) nonconsente di definire un orizzonte d'attesa preciso. Tutt'al piùl'appello aduna utenza collettiva è connesso alla vis polemica implicita nel pamphletantimilitaristaUna nobile folliao nel "romanzo sociale"Paolina. Anche in questo casonondimenoil narratore si premura didelimitare l'area del "voi" al gruppo dei "mansuetiche siappagarono nel fervore delle loro passioni della sola conquista di uncuore"ben diversi dai più "che hanno già messo il piedenell'arenae vi hanno conquistate molte vittime" (Paolinato. Ip. 254).

Le citazioni si potrebbero moltiplicaremagari allineando lesfumature più diverse delle clausole fatiche ("Cioèscusatemi (...) Ohnon sapete? Beneascoltatemifanciulle mie"BazzeroRiflesso azzurrop. 12"Vi ricordate? Se sìvoimiei lettori" Vita di AlbertoPisanip. 123); ricapitolando la gamma varia delle connotazioni checircoscrivono il ritratto dell'io leggente ("Onesto""avveduto"C. BoitoBaciale; le "lettrici sensibili eamanti dei colpi di fulmine"GualdoLa gran rivale;"il lettore discreto"TarchettiUn suicidio all'inglese);fino a mettere in luce l'abile disseminazione di artifici convenzionalitantopiù ostentati quanto maggiore è la volontà di ribaltarli: "Quale visembra lo scioglimento più probabile?" (GualdoIl viaggio del ducaGiorgio); "in ciò non s'ha da immischiare il lettore. E' un privilegioche la fortuna accorda esclusivamente ai romanzieri" (TarchettiUnsuicidio all'inglese).

Forseper tracciare i confini di questo circuito amicalebasterebbe fermarsi sulla soglia del raccontodove la cornice paratestualedichiara il nome dei diretti destinatari. Le lettere dedicatorie: Memorie delpresbiterio a Antonio Galateo; Un suicidio all’inglese a AlessandroAppia; Paolina a Ghislanzonilo stesso a cui Praga indirizza Schizzia penna. Le innumerevoli epigrafi: DossiVita di Alberto Pisani aCletto ArrighiLa desinenza in A a Tranquillo Cremona; FaldellaIlmale dell'arte a Luigi Muggiocofondatore del "Velocipide"Rovinea Cagnatutte le dodici Figurine a amici e compagni d'artedai piùnotiGalateo Camerana Molineri Giacosa Sacchetti Farinaagli sconosciuti L.Egidio Nicetti"dilettante valente di letteratura" o il MaestroGiuseppe Coggiola "autore di buoni sillabari e primi libri dilettura". Per chiudere al declinar del secolocon Decadenza (1892)di Gualdo dedicato ad Arrigo Boito.

Questo patrimonio di tipologie relazionali costituisce unadelle eredità più feconde trasmesse dalla narrativa scapigliata agli scrittoridelle generazioni futuredal Verga di Eva al D'Annunzio dell'"ideallibro di prosa moderna" (Trionfo della morte)per giungere allepirandelliane "premesse quasi filosofiche" del bibliotecario MattiaPascal o al Prologo a firma Dottor S. del diario sveviano di Zeno Cosini.Grazie alle modulazioni che il patto narrativo assume nelle diverse opereèpossibile tracciare una sorta di parabola ideale della morfologia dialogicaesperita dagli autori scapigliatia conferma non solo della varietà deiprogettima anche della ricchezza contraddittoria del movimento. Dalle noterifrangenti dell'aristocraticismo intellettualericco di risentimento etico inDossipiù mondanamente cosmopolita in Gualdogiornalisticamente brillante inFaldellasi trapassa ai toni signorili dei fratelli Boitodeclinati conironico eclettismo in Camilloinclini al funambolismo eccentrico in Arrigo.Più oltrel'invito partecipativo anticonvenzionale sperimentato nelle"memorie" appendicistiche di Praga si affianca ai timbri tarchettianidell'appassionamento melodrammaticoper confluireinfinenelle cadenzedell'oggettivismo realistico di marca flaubertiana care a Sacchettiche segnanoil limite estremo dell'area bohémienne.

 

 

Il dialogo con la "migliore società"

 

Il ritratto del conte Sotowski ben raffigura il destinatarioideale delle Novelle di Gualdoil suo libro più propriamentescapigliato. Eccezionalmente benestantesempre in viaggio (tutti i personaggigualdiani vorticano per le capitali europee)appartiene alla fascia degli happyfew di stendhaliana memoriausciti "dalla società più altao dallapiù intelligenteo dalla più divertente (dalla migliore insomma in qualunquesenso si voglia prendere la parola)" (Il viaggio del duca Giorgiop. 63). E' il bel mondo frequentato appunto dalla nobiltà coltala cuieleganza raffinata è "incomprensibile per qualunque arricchito daieri" (p. 64)dove si può incontrare l'invidiabile coppia della Granrivale e ammirare lo splendore fascinoso di Narcisa. Questo lettorecollezionista d'artein grado di apprezzare i richiami innumerevoli aicapolavori d'ogni epocapronto a cogliere le citazioni virgolettate o soloalluseacquista la sua fisionomia precisa in opposizione al ritratto del maritodi Emilial'amante del poeta Alberto:

 

O*** era un negoziante di setaricco di un millionegenerosodivertente nel suo insieme (...) Rideva di un riso fortespontaneovolgare; amava le donnei cavalli prussiano-inglesi e i romanzi di Ponson duTerraildel resto un buon diavolo (La gran rivalep.8).

 

Il riferimento esplicito al celebre scrittore d'appendicivale non solo a identificare in negativo la cerchia vasta dell'utenza popolarema a precisare le coordinate dell'orizzonte d'attesa delle opere di Gualdo.

"Fine e profondo conoscitore del mondocosmopolita"l'autore di Narcisa già fissa nella tendenzaall'uniformità un carattere tipico della società moderna: "lecomunicazioni rapide del telegrafo e del vapore hanno tolto ogni marcataindividualità di nazione" (Il viaggio del duca Giorgiop. 77). Sequesto processo omologante favorisce la diffusione dei feuilletonsletticon avidità anche dal pubblico italianoun movimento analogo e contrariopercorre il campo della produzione altafruita internazionalmente da tutti ilettori competenti e anticonformisti. Ecco perché è indifferente pubblicare aMilano o a Parigi: anzimeglio seguire l'esempio dell'amico di Albertoungiovane letterato"il cui primo romanzoscritto in italianovenne lettoda diciassette persone" e che quindi "si decise all'orrendo misfattodi scrivere il secondo in francese" (La gran rivalep. 42).Esattamente come Gualdoche dopo il volume di Novelle e il primo romanzoCostanza Girardi (TrevesMilano 1871)pubblica Une ressemblancee Un mariage excentrique direttamente presso un editore d'oltralpe(Lemerre1874 e 1879). Parigi non è solo "il paese dove i buoni scrittoripossono guadagnare trecentomila franchi con un libro" (ibidem)èla capitale di quella intellighenzia europea che ha sostituito allebarriere geografiche confini precisi di gusto e di classe. La scelta gualdianadi passare alla lingua franceseallorase certo risentì della frequentazioneassidua dei salotti alla modacon ben più forza fu determinata dal rifiutodella limitata provincia italiana.

Come e meglio di altril'autore della Gran rivaleriaggiornain chiave di aristocraticità laicamente modernail profilocosmopolita che caratterizzasecondo Gramscila maggior parte dei nostriintellettualiprossimi più al gusto dei colleghi stranieri che al sentirecomune del cittadino medio. A sorreggere la scrittura di questo pendolare dilussotuttavianon è solo la predilezione snobistica per la sensibilitàparnassiana e predecadente; sulle sue narrazioni un po' blasé egli"proietta sempre l'ombra della rovinail raggio cupo d'una notte di mortee di distruzione". L'insicurezza espressivatipicamente scapigliatachelo tormentò per tutta la vitasi rifrange sulle cadenze dialogichevirandolesui toni dello sconforto amaro: non solo il privilegio di godere delle piùeccelse forme d'arte non consente evasioni consolatriciperché "dibellezza si muore" (Narcisa)ma ogni cedimento al conformismo deveessere combattuto con ironia. La carica umoristicaallorapiù che verso ilettori simili al negoziante di setasignor O***troppo rozzo per gustarel'arte nuovava rivolta a chiinterno alla cerchia selezionata degli addettiassume pose e comportamenti "eccessivi". Mosso da un vivace spiritoautocriticoil narratore di Allucinazione si fa gioco dei suoi stessiamici bohémiens: Guglielmo è un musicista "strano" chediviso frail "lavoro volgare" di copiatura di spartiti e l'"estasiartistica" del creatore (p. 194)dà letteralmente fuori di matto. Questavolta però la "monomania" non solo non produce il capolavoro("più la sua musica si faceva banalepiù egli ne andava orgoglioso"pp. 203-4)ma lo induce a sposare la vicina di casa povera e brutta"sempre sdegnata". La conclusione suona parodia dei tanti geniscapigliati che cercano l'"amore nell'arte":

 

Guglielmocalmoordinatocurato maternamente dalla poveraamante era tranquillo e sereno sebbene sempre allucinato.

L'amicoch'era un po' filosofopensò che il miglioreaugurio che si possa far loroe il lettore s'associerà certo a luiè ch'egliabbia a ritrovare il suo ingegno e anche a guarire ¾¾ma non del tutto. ( p. 206).

 

Non siamo molto lontani dal tono ironico con cui Dossitermina la Vita di Alberto Pisanidove il suicidio delprotagonista "sul desiato corpo" della donna amata replica la mortedel tarchettiano Bouvard. Eppurese per i suoi tratti di snobismo intellettualee esistenziale il pubblico ideale di Gualdo può essere avvicinato ai pochilettori "sovrani dell'intelligenza" che omaggiano Dossiè utilesegnalare la distanza profonda che separa i due progetti di scrittura.Spregiatori feroci dell'involgarimento diffuso dalla mentalitàaffaristico-commercialeentrambi sognano un interlocutore capace di cogliereanche nei libri"non l'eleganza del riccoma del signore" (Vitap. 215). Al pari di Gualdoanche Dossi percepiscecon apprensione ansiosailmutamento epocale avviato dallo sviluppo tecnologico e dalla circolazione largadi merci e di idee:

 

I mercati del mondo (in gergo ufficiale «Stati») gràvitanoa fòndersi in uno solo. Si và a tutto vaporee già può dirsi a tuttoelèttricoverso il comunismo più equo e la più disordinata anarchìa. (Màrginep.677)

 

A chi si vanta di essere in arte "«la distilleria dellaquintessenza»" nulla di più odioso dello "sgabello dellamediocrità". E tuttaviamentre il narratore gualdiano adotta la koiné"anonima" e "salottiera" (G. SpagnolettiC. Bo) della"conversazione sociale" (M. Guglielminetti)il sofisticato pastichedossiano germina in terra lombarda e si alimenta dei timbridell'espressionismo esacerbato. I suoi lettori sono "pochiuno anchepurché siano degnia loro volta di lode" (Màrgine)ma quellalode può meritarla solo chiabitando entro la cerchia dei Naviglièproblematicamente coinvolto nelle dinamiche della cultura cittadina. L'orizzonted'attesa della "capitale morale" è il vero reagente della prosadossiana: non solocome annota Isellaper la fedeltà dello scapigliato allatradizione letteraria autoctona (da Maggi a Portada Manzoni a Rovani)maanche e soprattutto per l'interconnessione profonda che la sua opera instauracon la mentalità ambrosiana. Come ben suggerisce un erede direttodell'espressionismo di Dossi:

 

Peròsotto sottoquel tragico spasimo: quel conflittoimplacabile fra le due anime della Lombardia ¾¾illuminismo cosmopolita e scientificizzantedelirante romanticismomelodrammatico ¾¾ostinatamente riproposto dal tormentoso Genius Loci in un assordante contesto di«lavurà» e «danè» a ogni successiva generazione letterariafino adiventare una costante antropologica milanese.

 

Elemento cardine di questa "costante antropologicamilanese"di cui Gadda è l'esponente più altoè il risentimento acreche muove lo scrittore davanti allo scenario fascinosamente perturbante offertodai nuovi costumi urbani. Nato dalla "densità di idee"il discorso"avviluppato" vuol essere per l'autore dell'Altriericomesarà per Gaddaun segno di rispetto verso chi legge:

 

perocché sempre mi parve atto di letterarietà disonestaquello di véndere al pùbblicoper libri scrittivolumi di carta tintad'insignificante inchiostro (Màrginep. 678).

 

Lo riconosce anche Crocein un "ritratto"simpatizzante:

 

Ha dunque violato le convenzioni letterarie per non violaresé stesso; e quella violazione non è effetto d'indisciplina e di sciatteriama di coscienza: non è libertinaggio ma rigore.

 

L'"intreccio fra il mio e l'animo dei lettori" (Màrginep. 682) a cui Dossi dichiara di tenere massimamentesi avvia non grazie aglistrumenti dell'appassionamento ruffianoma in forza di un patto narrativoemulativo-concorrenziale:

 

Uno stile che fosse una rotaja inoliata sarebbe la perdizionede' libri mièi. Uno invece a viluppiad intoppi a tranelliobbligando illettore a procèder guardingo e a sostare di tempo in tempo (...) segnala coseche una lettura veloce nasconderebbe (...) In altre paroledall'addentellato diuna fàbbrica letterariaegli trae invito e possibilità di appoggiàrvenecontro un'altra ¾¾la sua ¾¾ edalettore mutàtosi in collaboratoreè naturalmente condotto ad amar l'òperaaltrùi diventata propria. (Màrginepp. 680-1)

 

La poetica dossiana postula un io leggente così"scaltrito" da trasformare il processo di lettura in ingegnosa faticacreativacosì competente da sciogliere tutti i "calappi" sottesi alracconto e diventare l'alter-ego dell'io narrante.

L'Altrieri si apre con un'evocazione dei "miei dolciricordi" che avvalora "l'io sol io" della nota azzurra; il librose per un verso è indirizzato ai pochi sodali per i quali è stato pubblicatoin edizione numeratadall'altro si riavvolge su se stessorecuperando il filodiretto con gli "amati ricordi". Nella prima edizionel'invito finalesuonava ancor più equivoco:

 

Oh i miei amati ricordiéccovi. Mentre di fuori (...) quiun mucchio di crepitanti marroni or or spadellatiforma il centro delcìrcolo... Compagni mieinovelliamo (p. 7).

 

Altrettanto sternianamente autoriflessa è la relazionedialogica che sorregge la Vita di Alberto Pisanidove lo sdoppiamentofra il narratore Carlo Dossi e il personaggio Alberto Pisani rimodellaneanchetroppo nascostamentel'identità completa dell'autore realeAlberto CarloPisani Dossi. Le istruzioni per l'uso offerte dal prologo sono eloquenti: ilraccontoiniziando col quarto capitolonon solo stravolge la linearitàdell'intreccioma immette il lettore subito in medias res e questeres sono appunto i volumi della biblioteca d'Alberto. Il confronto immediatofra due opposti mondi di carta completa la sua fisionomia: abbandonato "lostudio degli studi"dove "tutto è tarlato ed ammuffito"ilgiovane ripara nello "studiolobellino e luminoso"rallegrato da"pochi" ma "vivissimi" libri (p. 85)fra cui il predilettoLa vita nova. La vicenda del "nostro bimbo-in-cilindro" (p.219) si svolgeràalloratutta all'insegna della più raffinata letterarietàstilnovisticanel cui omaggio al "cor gentile" si riconoscono ilettori elettivi. A costorotuttaviaAlberto non porge né liriche amorose néstorie sentimentalima un volume dal titolo impegnativo Le due morali.

 

sul teatro del mondole morali son due (tuttoè doppio del resto). Ed una è l'officialein guardinfante e parruccaa tiro-a-seicoi battistrada e i lacchèannunziata da tutti i tamburri e glizùfoli della città; l'altra è... ma in veritànon tien nome... è unamorale pedinain gonnelluccia di telaalla quale ben pochi làscian la dritta(...) E la prima ha per sètutto quel che di leggiglossetrattatifufabricato e si fàbricafiume a letto incostanteroba in cui sguàzzano i topie le tarme; l'altranudo e puro il buonsensoeternamente uno. (p. 217)

 

I vari raccontini inseritiche costituiscono il secondolivello narrativo della Vitalungi dall'essere solo parodichesperimentazioni stilistichecome la critica li ha finora interpretati (D.IsellaF. SperaF. Tancini)compongono un frammentato ma ben definito sistemadi principi etico-civiliimprontati a quel "nudo e puro buon senso"checardine dei Promessi sposiera diventato la parola d'ordine della"capitale morale". Va da sé che Dossi lo declina in perfetta coerenzacon i dettami propri alla "quintessenza della distilleria"esistenziale.

Consegnato alla voce saggia di nonna Giacinta il compito didare l'addio definitivo sia ai "tempi tristissimi" dell'aristocraziaretriva (Il codino) sia alla stagione violenta della volgare"malattia rivoluzionaria" (Isolina)i capitoli del libro diAlberto propongono le norme "pedine" di una moralitàilluministicamente orientata. In consonanza implicita con lo spirito"borghese-utopico" (S. Timpanaro) di cui aveva dato prova l'Holbachnel saggio intitolato appunto al Buon Senso (1772)Dossi invita i pochilettori "degni di lode" a seguire l'istinto naturale dell'io e adabbandonarsi alla libera effusione degli affetti senza temere superstiziosamentele "pene infernali". Agli anatemi di un prete bigotto e morboso ilnarratore risponde con un suggerimento di tutt'altro tono: "O giovinettepeccate!" (p. 175)giacchè "la cosiddetta virtù del pudore"è "virtù cara ai deformisempre posticciafiglia e madre ad un tempodella libìdine" (p. 137).

Beninteso una simile moralelaica ("Dioil sordomutoeterno" p. 229)spregiudicata a tal punto da preferire unioniantistituzionali al matrimonio (La maestrina d'inglese) e da consentireadulteri (Le due morali) e incesti (Odio amoroso)cosìaudace da sbeffeggiare le premure miopi dei genitori (Prima e dopo) e ilsacro amor materno (Una fanciulla che muore)non solo privilegia ilcampo separato delle relazioni privatefuori dai vincoli della collettivitàsociale e politicama presuppone seguaci dotati di quella urbanitas chenon si apprende perché si ha in dote cromosomica. Il "buon senso"affatto opposto al senso comuneè la virtù difficile degli anticonformistiche sanno coltivare con signorilità impavida il "coraggio dellaverità" (Holbach). Estranea all'involgarimento corrotto e corruttoredell'aristocrazia in disfacimentoben raffigurata nell'"infrollito"marchese Andalò; sprezzante della nomea nobiliare acquistata grazie agliintrallazzi affaristici ("i signori baroni Del-Bue. Non hanfatt'altro che trasportare l'insegna dalla bottega al calesso" p. 135)orgogliosamente incurante della grettezza "gnocca" dellapiccola-borghesia dedita ai commerci (Le caramelle)la cerchia delpubblico elettivo si restringe di moltoforse davvero si limita a quei"pochiuno soltanto" in grado di apprezzare la provocazionetrasgressiva sempre sottesa alla letteratura espressionistica: un'élitemagaricapeggiata dagli "scrittori novellini"cui è dedicata la secondaedizione dell'Altrieri (1881). Giàappunto: l'ipotetico lettore disimili opere"probabilmente ne scrivenon ne legge. Ed ecco la granragione degli insuccessi del Dossi" (N. A.n. 4806).

In effettisubito dopo il prezioso dittico ¾¾"Fanciulloscrissi d'infanzia e vi offersi L'Altrieri; adolescentedi adolescenza e vi diedi l'Alberto Pisani" (Màrginep. 674) ¾¾ laricchezza inventiva del pastiche comincia a venir meno. Dell'ambiziosoprogetto dei Ritratti Umani ci resta Dal calamajo di un medico(1873)schizzato con un rancoroso "colore nero"e La Desinenza inA (1878)dove il risentimento moraledegradandosi a livida misoginiaoffusca il brio compositivo e stilistico. Se gli Amori (1887) sono unestenuato frutto tardivol'esperimento delle opere di palingenesisocio-politicaIl Regno dei cieli (1873)La Colonia felice - Utopia(1874)stese dal "Dossi buono" (N. A.n. 3502)ha un esitoancor più fallimentare. La Diffidaposta a premessa all'edizione del1883 definisce il romanzo utopico"un errore di crosta e di mollica"(p. 529)con un "sapor ràncido" non solo nelle idee ma anche esoprattutto nella forma. Sopravvissuto a se stessol'autore dell'Altriericontinuò a centellinare poche "goccie d'inchiostro" ¾¾questo il titolo esemplare del volume in cui raccolse nel 1880 raccontini ebozzetti sparsi ¾¾ esoprattutto a sfogare il suo estro polemico nella matassa arruffata delle Noteazzurre. Nell'attività praticaquasi per autopunizioneintraprese lacarriera diplomatica ¾¾giusta l'intuizione paternaevocata in Panche di scuola ¾¾sotto le insegne conservatrici del nazionalismo crispino. La salita al poteredella Sinistrad'altrondecondanna senza appello l'astrattezzaquesta sìdavvero utopicadel progetto dossiano teso a costruire un dialogo ravvicinatocon una élite altoborghese tanto più civilmente sicura di sé quantopiù consapevole dei propri doveri. Nella realtà storica ambrosianainvecelamaggior parte del ceto colto nutrivaper ammissione dello stesso scrittoreuna"fede accadèmica di miserabilità intellettuale" (Màrginep.668) e la buona società che avrebbe dovuto favorire l'incontro fra la classedirigente e il gruppo degli artisti era composta di "ingegnirachitici" e "animi aggrinziti". Il giudizio perfido questa voltaè di Camillo Boito e si riferisce al famoso salotto della contessa Maffei.

 

 

Le provocazioni dei fratelli Boito

 

Nella nostra parabola idealela coppia dei fratelli Boitooccupa un posto vicino a Dossi e Gualdo. Se ad Arrigo quest'ultimo dedicò Decadenzanon fu solo per l'amicizia comune con la divina Duse. L'intreccio fraaristocraticismo snob e penoso senso di inadeguatezza che aveva minatol'esistenza di Gualdo domina anche l'attività artistica del Boito più giovane.

L'autore del poemetto Re Orso (1865)che vanta"la nostra penna scriveva per noi singolarmentee mai per gli altri (...)Il pubblico e il lettore fu sempre le cento miglia lontano dal nostro cervello("Figaro"31 marzo 1864)è ossessionato dall'incubo del silenzio.Nelle sue poche novelleL’alfier nero (1867)Iberia (1867)Iltrapezio (1873-74incompiuta) e Il pugno chiuso (quest'ultima del1870 é stata ritrovata e pubblicata da R. Ceseranipresso Sellerio nel 1981)la richiesta di collaborazione rivolta al lettore elettivo assume toni pressantie si configura come un supporto di fiduciacapace di sconfiggere la paralisi:la pratica di scrittura si distende come un work in progress a cui l'ioleggente è chiamato a partecipare direttamente. Se nell'Alfier nero èl'immaginazione del lettore ad avviare la partita fra Anderssen e l'Oncle Tom("Chi sa giuocare a scacchi [...] immagini" p. 397)nel Trapezioil tempo del racconto corre parallelo all'atto fruitivoin un cortocircuito cheavvicina i due interlocutori nel massimo dell'intimità intellettuale.

 

Leggi attento.

Incomincio.

La storia che ti racconterò è lunga e per te sarebbe piùagevole il leggerla da solo quando io l'avessi tutta scritta; ma tu non puoisapere quanto mi sia di conforto il sentire che tu la cogli calda ancora mentreesce dalla mia mano cifra per cifra. Mi par di parlare. (Il trapeziop.441)

 

La sintonia fra scrittore e lettore affidata alle cadenzedell'oralità punta non solo a annullare la lontananza fra i due poli dellacomunicazionema a lenire la paura dell'impotenza espressiva che l'autore realeproietta nel mutismo del protagonista Yao. Anche in questo casosia chiaronessuna concessione alla narrazione volgarmente "ruffiana": ildiscorso si modula sulle note del colloquio "caldo" e rassicurantegrazie al "rigore" intellettuale con cui si cala nelle "variabiliparvenze del simbolo" (p. 439). La disposizione strategica delle formule diraccordocollocate in apertura e chiusura delle puntate apparse sulla"Rivista minima"sottolinea l'attenzione boitiana al rapporto con idestinatari interni e esterni. Il saggio Yaorivolgendosi al suo discepoloprediletto Meng-Pensa che il suo messaggio non cadrà nel vuoto: ricerca"il punto dove i due moti opposti si intersecano perché ivi scoprirai lasintesi dell'uomo e la spiegazione d'ogni sua apparente stranezza" (Iltrapeziop. 439). Dove il "punto"lungi dall'essere il luogoideale dell'autodominio equilibrato e sereno (P. Nardi)èal pari dellascacchiera in cui si gioca la partita "fatale" tra il bianco e ilnerola dimensione profonda in cui gli antagonismi si convertono l'unonell'altro. E poco importa se la congiunzione dei contrari sfiori il mistero"alchemico della gnosi" (A. I.VillaR. Quadrelli) o la legge dellareversibilità dei moti interiori: ciò che contasempreè la sfida che lascrittura letteraria lancia alle certezze presuntuose di una cultura convinta dipoter comporre ogni antitesi nell'ordine "evidente" e positivo.

Nelle novelle di Arrigo Boitola provocazione ideologica allettore ambrosiano è tanto più efficace quanto meno esibita: il raccontoostenta una sfrenatezza ludica che esalta l'estro inventivo lucidamentegeometricomentre allude a una serie di conflitti gravi che assillano ioleggente e io narrante. Abitato da contraddizione immedicabilil'uomo dellaciviltà moderna può anche tentare la fuga nelle atmosfere neogotiche (Iberia)nella saggezza orientaleggiante (Il trapezio) o trasferirsi nelleregioni cupe di una misera Polonia (Il pugno chiuso)a patto però dimantenere acuta la percezione del proprio dualismoa cui solo la misura ironicadell'arte può porre argini mai definitivi.

Aveva ragione Camillo: c'erano tutte le ragioni per nonpiacere alla bempensante società maffeiana. D'altra partela sfiducia boitiananella parola scritta tende a corrodereal di là dei funambolismianticonformistiogni possibile relazione dialogica. Il trapeziorimase interrottoIl pugno chiuso abbandonato nelle appendici del"Corriere di Milano"il progetto della silloge di raccontiIdeefissemai attuato. Sarà nel rapporto più diretto"d'ascolto"con il pubblico teatrale che Arrigo Boito scioglierà il suo conflitto di"scapigliato romantico in ira": operare il rinnovamento delleconvenzioni melodichesenza sovvertirne il paradigma tradizionale. Anche inquesta prospettivala collaborazione feconda con il vecchio Verdi dà conto deltentativo di riorganizzare il sistema delle attesesuperando l'appassionatasonorità del melodramma risorgimentale senza vanificarne le vibrazioni piùcoinvolgenti.

Dei due fratelli non c'è dubbiotuttaviache sia Camilloil vero maestro della provocazione intelligentelo scrittore di novelle piùcurioso del gruppo. Già Cameronicol suo fiuto criticone aveva individuatola "specialità" di "novelliere brillante ed originale"("Il Sole"28 luglio 1878).

Sin dal titolo dei primi raccontil'architetto narratoremostra il gusto dell'antifrasi pungente: le storielle sono "vane" noncerto perché delimitano "una zona di totale disimpegno" dilettantescoe neppureal contrarioperché suggeriscono con cupezza contristatal'incapacità del discorso letterario di dare un senso al reale. La"vanità" delle novelle è tale non in rapporto al loro contenuto main relazione al giudizio che ne formulerà il lettore ambrosiano. L'edizione involume presso Treves rinvigorisce la supposizione che le storielle sembrerannofutilidi poco spessoreal pubblico a cui quello stesso editore proponeva invari tomi le ristampe dei romanzi storicile traduzioni dei fluviali feuilletonso i nuovi libri "di consumo". Qui niente di tutto ciò: l'inizialeumorismo sterniano (Baciale 'l piede e la man bella e bianca) si stemperae assume forme colloquiali più elusive che invitano il lettore o a riflettersinel destinatario interno (il medico di Macchia grigia; il nipote del Demoniomuto) oppure a collaborare ad una narrazione solo apparentemente oggettiva.Sono soprattutto le Storielle scritte in prima personae quindi conottica parzialea sollecitare l'intervento critico dell'io leggente. Spetta alui decidere il valore della sfida fra l'anatomista Gulz e il pittore amante diCarlotta (Un corpo)giudicare l'atteggiamento spregiudicato dellamarchesa Giulia (Dall'agosto al novembre)ma anche afferrare lemotivazioni ambigue del senso di sollievo assaporato dal protagonista di Menodi un giorno alla partenza della donna furtivamente amata. Ilgusto di mettere in scena le situazioni scontate della galanteria salottieragli inganni fatui dell'adulterio borghesegli incontri fra il giovanemalatod'amore incestuosoe la crestaia di dubbia moralità (Notte di Natale)è esibito con la leggerezza amabile di chi invita a coglieresotto la patinadi vacuitài timbri e i motivi di un racconto ricco di umori polemici. Se larappresentazione del processo di industrializzazione avviato nelle campagnetrova accenti melodrammatici nella vicenda del pretinoacceso di passione perla femme fatale che accompagna l'affarista speculatore (Vade retroSatana)Sensoche chiude il volume delle Nuove Storielle vaneedito nel 1883tocca questioni politiche altrettanto conturbanti per ilpubblico dell'Italia unita. La condanna dei comportamenti antinazionali assuntidall'aristocrazia reazionaria del Lombardo-Veneto si fa tanto più acre quantopiù distorto è il punto di vista: l'autoretrascrivendo direttamentesenzaalcun commentole pagine dello "scartafaccio segreto" della contessaLivialascia al personaggio piena libertà elocutiva e al lettore il compito divagliarne la spavalderia vendicativa.

A vent'anni di distanza dalla proclamazione del Regnod'Italiala novella non poteva non suscitare scandalocertamente andando poco"a' versi" di quella società maffeiana "che rappresenta in sécoll'ebetismo della pedanteria la quintessenza delle sue amiche e dei suoi amiciquotidiani"". I salotti della "capitale morale"affattosimili all'ambiente ristretto e pettegolo messo in scena nel tardo Maestro disetticlavio (1891)non compresero l'eleganza della scrittura boitiana. Le Storiellevane dovettero attendere l'apprezzamento novecentesco di un altro raffinatorappresentante dell'intellettualità milanese per sottrarsi al giudizio negativodi chi aveva preso quel titolo alla lettera. Solo il successo di Sensoil film diretto da Luchino Visconti nel 1954cominciò a gettare nuova lucesull'opera del letterato architettoliberandola finalmente dalle accuse diestetismo galanteevasione parnassianadilettantismo predannunziano sotto cuifino allora era stata sommersa.

 

 

Il feuilleton sperimentale di Praga

 

Anche il protagonista narratore delle Memorie delpresbiterio. Scene di provincia non nutre grande fiducia nella"sonnolenta critica del Bel Paese" e dichiara di rivolgersi alle"poche anime appassionate" che già amarono i suoi versi (p. 5). E'qui indicata l'origine di quello "sperimentalismo feuilletonistico"che caratterizza il progetto prosastico di Emilio Praga: calare la tensioneinquieta del "mistero"che permea l'esistenza di ognunoentro lecadenze cordialmente intriganti dell'appendicein un dialogo serrato con ilristretto pubblico della poesia.

Già con Due destinipubblicato sul"Pungolo" (30 dicembre 1867-18 febbraio 1868)l'autore di Tavolozzaaveva tentato di sfruttare le tecniche e i moduli della "letteraturaalimentare"ma la vicendaambientata nel primo settecentoben prestoperde ritmo e interesse. Come ha mostrato Moestrupla stessa scansioneirregolare delle puntate testimonia lo sforzo di un impegno mal governato. Moltopiù suggestivo inveceè l'esperimento avviato con le Memorie delpresbiteriodove il narratore Emilio intreccia la cifra impressionisticadella testimonianza d'artista con le modulazioni coinvolgenti del romanzo apuntate. In queste Scene di provinciaapparse sul "Pungolo"dal giugno al novembre del 1877l'autore di Penombre pare tradurre entrola compagine narrativa il dissidio che Sacchetti individuava come elementocaratteristico della Bohème: da una parte il rifiuto pregiudiziale del pubblicoborghese"i curvi che incensano l'ara del dio metallo" (Per cominciarein Tavolozza)qui identificato nella "gente d'affari" (p. 5)e dall'altrail desiderio ansioso del letterato moderno d'essere letto eomaggiato: ché la lode "è per l'anima di un autore ciò che è pei fiorila pia rugiada dell'alba" (ibidem). La dicotomia strutturale estilisticasottolineata da tutti i criticipiù che imputarla all'interventocompletivo di Sacchetti (G. Zaccaria) o alle leggi "edonistiche"dell'editoria di consumo (G. Tellini)va raccordata piuttosto alla dupliceinclinazione che percorre il libro sin dall'esordio: Praga vuole rivolgersi alpubblico intenditore della poesia"le poche anime" che si commosserosui suoi versiinvitandolonel contempoa seguire il racconto conl'appassionamento che s'addice a una "lugubre istoria" (p. 103):

 

Io vorrei che la vostra curiositàlettorisomigliasseanche solo in diciottesimoquella che mi faceva immobile sotto la cappa delcaminoquando... (p. 70).

 

Nel contempoproprio perché il fruitore elettivo nonappartiene al "borghesume" e "bottegume" (p. 17) chegradisce i "drammi" rappresentati al teatro Fossati (p. 110)ilnarratore sparge a piene mani le dichiarazioni antiromanzesche e i riferimentiparodici: gli artifici dell'umorismo spiazzantementre incrinano la tenutadell'intrigo ¾¾esemplare la conduzione del Racconto del sindaco ¾¾vanificanoaltresìl'assaporamento nostalgico dell'idillio. Grazie ad unascrittura appendicistica che non disdegnaperògli schizzi pittoricilesuggestioni del chiaroscuro e la tecnica del ritratto "a macchia"ilmisteroLeitmotiv dell'intero romanzosi sciogliema nel contempo siacuisce nella trama rapsodica delle "impressioni" e"sensazioni" (p. 25) allineate da un narratore chepoco coinvoltonella vicendadiventa il portavoce dei racconti degli altri. "Tre storiein una" potrebbe essere il sottotitolo anche di quest'opera praghianaaconferma che la cifra stilistica del frammento si integra sempre con lastruttura a incastronella ricerca di uno "sperimentalismofeuilletonistico"degno di interesse anche se di scarsa fortuna: parlareal pubblico della poesiaattraverso le "semplici"ma raffinatissimeMemoriecadenzandone il ritmo sulla serialità delle puntate del"Pungolo"era impresa davvero ardua. Il tentativo si interruppe; eforse la fine prematura dell'autore non ne fu l'unica causa. Grazie allaconsonanza amicale che contraddistingue il gruppo scapigliatoil romanzo venneportato a termine e pubblicato in volume (CasanovaTorino 1881) da RobertoSacchetti. Ancor oggiè difficile attribuire con sicurezza le parti del testoalla mano dell'uno e dell'altro. Alle preziose indicazioni offerte da Zaccariache accerta il momento di sutura all'altezza del XX capitolo e alle numeroseosservazioni degli altri commentatori (G. CatalanoL. BaldacciL. IachiniBellisarii)si può forse aggiungere una postilla che pertiene l'intonazionedel patto narrativo. Nella seconda parte del librocon l'attenuazione degliammiccamenti al "narratario"cadono anche le note straniantidell'ironia: in due luoghi del raccontoanzila voce narrante pare quasirecuperare il tono dell'affabilità manzonianaper appellarsi ai "mieilettori" (p. 210)e interrogarsi sulla presenza confidentedell'"amico lettore" (p. 164). La "modestia smania direaltà" (p. 231)a cui rispondono i comportamenti della bella Rosildesembra guidare anche la penna di Sacchettilasciando nel testo praghiano unospecifico indizio.

 

 

Tarchetti: “Io scrivo per me medesimo”

 

Siamo così giunti al termine della nostra paraboladovealpolo opposto dell'espressionismo aristocratico di Dossisi colloca il pathosmelodrammatico dei racconti tarchettiani.

Nel rifiuto dichiarato del dialogo con il lettorel'autoredi Fosca sembra esaltare la strategia comunicativa tipicamentescapigliatache predilige i timbri del solipsismo narcisistico:

 

Scrivere per noi per rileggereper ricordare in segretoperpiangere in segreto. Ecco perché scrivo (...) Io scrivo ora per me medesimo. (Foscato. IIp. 241)

 

Nel prologo dell'ultimo libroTarchetti ostenta di rifarsiai moduli canonici della narrativa d'impianto romantico per stravolgerneradicalmente il senso. L'innominato "editore"a cui il"manoscritto" di Giorgio è pervenuto per una "stranacombinazione"ci rassicuraquasi manzonianamentedi aver espunto"quelle indicazioni che potevano compromettere la fama di persone ancoraviventi"ma nutre il timore di non aver giustificazioni alla"colpa" di darlo alla luce. D'altrondesin dalla prima paginal'ionarrante si premura subito di cancellare ogni presunzione di storica verità:"Noi sentiamo di non poter essere nel vero" (p. 240). Analogamenteviene ripreso e capovolto il modello ultracompassionevole delle foscoliane Ultimelettere: qui la decisione di pubblicare le memorie inedite non solo non èun gesto di gratificazione amicale ma presuppone la noncuranza orogogliosa delprotagonista: "rifuggito nella solitudine e nell'egoismo"Giorgio

 

è ora troppo indifferente alle cose del mondotroppo sicurodi séperché abbia a godere dell'elogio o a soffrire del biasimo che puòderivargliene. (pp. 237-8)

 

Ad avvalorare il tono provocatorio di un patto narrativofondato sulla superiorità imperturbabile di chi racconta sono le dichiarazionid'apertura di un altro testodedicato alle vicende di un artista:

 

Scrivo per me stessoscrivo per dare alle memorie dellamia gioventù la durata della mia esistenza (Bouvardto. Ip. 631)

 

Anche Le leggende del castello nero si avviano con unanalogo rifiuto: "Non so se le memorie che sto per scrivere possanoavere interesse per altri che per me ¾¾le scrivo ad ogni modo per me" (to. IIp. 41).

 

Troppo esibitoquesto egotismo intransitivoper nonpresupporre un'ansia incontenibile di dialogo coinvolgente: l'insistenza sullaomologia fra tempo di vita e attività di scrittura ("Scrivere ciò cheabbiamo sofferto e godutoè dare alle nostre memorie la durata della nostraesistenza" Foscato. IIp. 241) getta luce equivoca sulla volontàdi mantenere "segrete" le pagine diaristiche; il rigetto spavaldodella comunicazione si ribalta nella ricerca del consenso partecipato. Il"processo di estraneazione dell'io dal tu"lungi dal testimoniarel'"esigenza del realismo ad oltranza""si inscrive piuttostonella strategia del negativo che sorregge l'intera produzione tarchettianainun gioco di rimozioni e censuredi ellissi e litotirinforzato sempre dallemodulazioni dell'eccesso e dell'iperbole. E' l'altra via della sperimentazionefeuilletonistica intrapresa in ambito scapigliato. Tarchettiche sfrutta conspregiudicatezza i canali distributivi della "letteratura alimentare"che esordisce cimentandosi con il prototipo romanzesco dell'appendicePaolina(Misteri del Coperto dei Figini)imposta la relazione con ilpubblico borghesesaccheggiando il repertorio morfologico del dialogismomoderno. Nel ricorso costante sia alle note dell'ammiccamento complice("non si stupiscano i lettori del titolo d'eccellenza prodigato ad unoscrittoruzzo par mio" Un suicidio all'ingleseto. Ip. 83) sia aitimbri della polemica conflittualeil dualismo scapigliato deflagra conun'incandescenza al calor bianco. L'autore della Lettera Umentres'impegna a contestare i condizionamenti del mercatocorruttori del liberoestro inventivo ("procurarsi un successo clamoroso" presuppone"gettare nel fango della pubblicità il segreto" della propriaesperienzaFoscato. IIp. 241)ricerca poi tutte le forme cheassicurino l'interessamento appassionato del lettore. Quanto più negadisperatamente negadi scrivere per qualcunotanto più accumula dichiarazioniprogrammatichespiegazioni delle elisioni e silenzicommenti alle proprie"cancellature". L'ultimo romanzo ci offre un campionario sterminato diqueste pseudo-omissioni e finti interdetti: "non giova qui riportare""Non racconterò qui""rinuncio a descrivere""impossibile raccontare""le pagine che ometto": persino lalunga lettera di Foscastesa peraltro contro il "divieto" discrivereè piena di clausole censorie e reticenti.

Le ragioni di una strategia narrativa così contraddittoriasi chiarificano alla luce dello specifico orizzonte d'attesa prescelto daTarchetti: a costituirlo sono le schiere di "giovani frementi"cheeducati al protagonismo eroico dai libri della stagione passatapatiscono lafrustrazione del clima "prosaico" postunitario. Da buon scapigliatoanche il narratore tarchettiano vuole rivolgersi privilegiatamente all'élitecoltamain linea con la tradizione del democraticismo risorgimentalelaindividua non già nella nuova classe dirigente alto-borghesesì piuttostonegli intellettuali della "generazione crucciosa"appartenenti allapiccola-borghesiaprivi di un adeguato ruolo socialema cultori di buoneletture e ricchi soltanto d'esperienza militarepoco importa se maturatanell'esercito ufficiale o fra le fila dei volontari. L'artificio privilegiatodel racconto nel racconto gli consente di attivare una strategia al tempo stessoinusuale e massimamente empatica. Comunque sia declinata la comunicazione io-tu ¾¾confidenze segretelettere degli amici"pallottole di carta" degliamantidiari abbandonati e ritrovaticonfessioni raccolte per strada ¾¾il lettore reale non fa mai fatica a riconoscersi nel narratario interno.D'altra parteproprio perché il dialogo con il pubblico elettivo non sfugge leasprezze della rivalità aggressivala provocazione tarchettiana assumeinqualche casouna carica davvero dirompente: non certocome era nelleintenzioni dell'autoresul piano delle fedi politiche sì piuttosto nell'ambitodei comportamenti etico-sentimentali. Scrivendo nascostamente al suo amanteFosca può rinfacciare a chi legge l'ingiustizia di una società che impone alledonne il ruolo di seducenti "oggetti d'amore":

 

Non vivendo che per essere amatee non potendolo essere chealla condizione di essere avvenentil'esistenza di una donna brutta diventa lapiù terribilela più angosciosa di tutte le torture. (Foscato. IIp. 332)

 

Capitolo IV - Romanzi brevi e racconti d'effetto

 

 

La scelta della prosa

 

Mia cara nonna. Essendo

cotesto giorno quello...

del nome tuoe parendo-

mipiù degli altribello... (Vita di Alberto Pisanip. 102)

 

L'"oda" in onore di nonna Giacinta segna l'esordiodella carriera letteraria di Alberto Pisani: "sòlito cominciamento; foggiadi esprìmersi la men naturale di tuttie però la più fàcile" (p. 101).Il giudizio paradossale del narratore della Vita ben sintetizzal'atteggiamento antitradizionale assunto dall'estroso scrittore verso lagerarchia dei generi. Nella sua ansia sperimentaleDossi non indossò mai"i poètici occhiali" (p. 106)per dedicarsi con coerenza strenuaall'elaborazione della prosa modernail cui ritmo non si ottiene certo"continuando a tagliuzzare le frasi" (p. 102).

In effettiè l'area della narrativa a illustrare meglio glielementi di originalità e di debolezza presenti nel movimento scapigliato. Leprovocazioni "avveniristiche" delle raccolte poetiche di Praga (TavolozzaPenombre) e Boito (Re Orso Il libro dei versi)loscandalismo macabro-cimiteriale dei componimenti tarchettiani (Disjecta)concentrarono l'interesse dei primi studiosi sulla produzione liricacondizionando per lungo tempo l'ottica complessiva dell'indagine; tuttaviaogginon c'è dubbio che

 

nel campo della prosa gli Scapigliati hanno raggiunto irisultati più validio almeno più fruttiferiin quanto sentirono con maggiorimpegno la gravità e l'urgenza dei problemi che occorreva affrontaree nefurono spronati ad affilar meglio le armia misurare e utilizzare piùsapientemente le proprie risorse.

 

Il rinnovamento del sistema editoriale e la ristrutturazionedell'orizzonte d'attesa sollecitano tutti gli autori bohémiens a cimentarsi conle questioni aperte e assillanti della moderna civiltà del romanzo. L'esitofinale non era affatto scontato: i pregiudizi contro la produzione narrativa diampia mole erano ancora fortisesul "Pungolo"Nievo facevadell'ironia sulla condanna del romanzocome "genere falsosintomo didecadimentofiglio aborticcio d'immaginazioni malate" (Cianceletterarie3 gennaio 1858). Ma gli anatemi dei critici ufficiali contavanopoco ormai davanti alle scelte sicure del pubblico: come pronosticava Rovani nelPreludio ai Cento anni

 

i romanzi si riproduconosi sparpaglianopenetranodappertuttoe sono letti persino da chi tuona e sbuffa; persino dalle madrisospettose; persino dagli uomini che si danno importanza; persino da quelli chehanno la missione di far prosperare l'alta filologia e la numismatica e ladiplomatica e i concimi e il baco e il gelso.

 

Ecco allora gli "scapigliati romantici in ira"riprendere l'empito polemico degli uomini del "Conciliatore" in difesadel genere "anfibio": adessoperòoltre le attardate posizioniclassicistel'obiettivo da colpire era proprio il canone forte della"narrazione mista di storia e d'invenzione"riproposto nelle formulelogore degli epigoni manzoniani o riaggiornato in chiave biografica nelle"Vite di Uomini Illustri".

L'articolo di Tarchetti dedicato alle Idee minime sulromanzopubblicato sulla rivista di Ghislanzoni nel 1865non ci offre néuna trattazione brillante né un nucleo di concetti molto originalema ladefinizione "scapigliata" del genere spicca per chiarezza perspicua:il romanzo"la perfettissima fra tutte le forme"è

 

la storia del cuore umano e della famigliacome la storiapropriamente detta è il romanzo della società e della vita pubblica (to. IIp. 523).

 

Anche all'interno dell'istituzione letteraria comincia amaturare la consapevolezza di quanto ampia sia la frattura che l'urbanesimoborghese apre fra pubblico e privatoeventi collettivi e vicende individualiio e mondo.

Il rifiuto del modello romantico-risorgimentalese certonasce sull'abbrivio delle discussioni esplose negli anni cinquanta intornoall'esaurimento della proposta manzonianaesprime soprattutto la volontà degliscapigliati di sperimentare altri canoni narrativi più consoni alla modernità.

Quando in pieno Novecentodopo un lungo periodo di latenzale opere di Dossi e compagni tornano sul mercatola collana einaudiana che liaccoglie s'intitola "Centopagine": nel 1971Fosca inaugura laserieseguono L'Altrieri (n. 17)Vita di Alberto Pisani(n. 44)Desinenza in A (n. 66)Memorie del presbiterio (n. 49)cui si affiancanoripescati in una zona limitrofaAlpinisti ciabattonidi Cagna (n. 16) e Confessione postuma. Quattro storie dell'altromondo di Zena (n. 47).

Il curatoreItalo Calvinoè guidato dal desiderio direcuperare "testi che appartengono a un genere non meno illustre [deiromanzi di vasto impianto] e nient'affatto minore: il «romanzo breve» o il«racconto lungo»"; il progettoche vuole "rispondere a unfondamentale bisogno di «materie prime»"punta all'"intensità diuna lettura sostanziosa che possa trovare il proprio spazio anche nelle giornatemeno distese della nostra vita quotidiana". I libri degli scapigliatiideatiagli esordi della civiltà urbano-borgheseper una lettura concentratasi offrono davvero come il serbatoio di quelle "materie prime" dellanarratività modernache l'Italia postunitaria cominciava a ricercare e aporgere al nuovo pubblico cittadino.

Il rigetto del paradigma romanzesco dei Promessi sposireso consunto anche dai melensi imitatori rusticali ¾¾i "Carcanini"sbeffeggiati da Dossi (Vita p. 125) ¾¾appare motivato secondo orientamenti diversitalvolta fra loro contraddittori;ma un uguale intento muove gli scrittori di questo periodo: all'avvicinamento alpresentegià promosso dai romanzieri della seconda generazione romanticaconin testa Nievo e Rovanie assecondato dai critici della "Rivistaeuropea" capeggiati da Tencadeve corrispondere una diversa articolazionedelle coordinate spazio-temporali e dei nessi strutturali dell'intrecciopermeglio sollecitare una più agileintensa lettura. Gli ammirati capolavoristranieri indicavano soluzioni moltepliciesibendo un campionario morfologicodi indubbia ricchezza.

Abbandonata l'ampia tela del genere storicoi nostriscrittori saggianoaccanto alla misura concentrata del raccontoi canoniinediti del romanzo breve. Nei loro testila parabola narrativa perdel'andamento ascendente e compiuto per frangersi in un intreccio unilineare esincopatospia di un iniziale crollo di fiducia nel divenire storico e nelladialettica conflittuale delle forze in campo che lo realizzano. L'ambientecittadino non viene mai delineato con precisionema i riferimenti costantiall'età contemporanea e la registrazione delle impressioni intermittenti edistratte del soggetto percipiente ne evocano sfondi e atmosfere. Il sistema deipersonaggi si riduce drasticamente alla figura del protagonistache svettasolitario ed egocentricointrattenendotutt'al piùambigui rapporti amicalio fosche relazioni amorosenell'attesa dell'incontro fatale con la morte.

L'onniscienza sovrana del narratore storicoche dall'altotutto guidava e commentavalascia il posto alla parzialità della voce narranteinternaincline a affabulare le memorie personali di un prossimo"altrieri". I livelli multipli della narrazione testimoniano ilrelativismo prospettico con cui la realtà viene osservata. L'interesse dellettorenon più rapito dal groviglio avvincente di trame tortuosedestinate asciogliersi in un epilogo prevedibilmente catarticoora si concentra sui ritmiserrati di una vicenda dal finale ricco di suspence spiazzante.

L'opzione per le misure del racconto e del romanzo breveinfinementre acconsente ai tempi di fruizione veloce del pubblico urbanosfrutta pienamente i nuovi canali distributivi del sistema editoriale: leappendici dei quotidiani e le pagine della stampa periodica. I nostri autorioccupando con abilità gli spazi messi a disposizione dalla "repubblicadella carta sporca"rinnovano la tipologia tradizionale della novellasecondo il doppio schema del "racconto d'effetto" e dello"schizzo" e inaugurano la formula originale dei"centopagine". Nel contempola costante infrazione delle normestereotipe della narratività distesa conforta la polemica agguerrita contro ilsuccesso della "letteratura alimentare"la più apprezzata dal"cretinismo italiano" (Dossi)che in quelle stesse sedi trovava ilsuo luogo d'elezione.

 

 

Dal passato storico al presente

 

Compiuto il processo unitarioacquisitaanche grazie allenarrazioni storichel'identità collettiva di nazioneè giunto il momento difissare lo sguardo sull'immediato presente. Dossi proclama la "Necessitànell'Arte del Vero Contemporaneo" (N. A.n. 2277)aggiungendoperchiarire subito la preminenza dell'attributodi voler "narrare le cose egli uòmini del tempo mionon oso più dire come davvero sonoma qualiappàjono ai miei occhi" (Prefazione generale ai "RitrattiUmani"p. 903).

Un analogo desiderio d'attualitàtradotto sempre nelleforme della testimonianza soggettivaalimenta i progetti narrativi dell'interomovimento scapigliato. In quei rari testi in cui lo sfondo ambientale siallontana nel tempola sceltaquando non si rivela subito un errore clamoroso(PragaDue destini)acquista tonalità volutamente straniatein cui odominano le note esoterico-fantastiche ¾¾il medioevo fiabesco dell'Iberia boitianal'"epoca assairemota" rivissuta per via onirica dal protagonista tarchettiano delle Leggendedel castello nero ¾¾o prevale il timbro parodicoche mette a confronto mode e costumi di stagionisolo apparentemente contiguecome in Capriccio di Gualdodove i salottisettecenteschi della Pompadour accolgono la vicenda ultraromantica del pittoreArmando M. Nella stragrande maggioranza dei libri scapigliatiil tempo dellastoria si situa a una distanza ravvicinata rispetto al tempo di scrittura e illettore non fatica mai a riconoscere gli scenari della sua quotidianità.

Nella disarticolazione delle strutture del romanzo storicoallo spostamento radicale verso la contemporaneità corrisponde unrestringimento di campo spaziale altrettanto netto: la dialettica costitutivadella narrazione mista fra collettivo e individualeorizzonti aperti e luoghichiusisi spezza e il racconto si sviluppa nell'intérieur degliappartamenti borghesi. La soffitta del pittore protagonista di Tre storie inuna racchiude "un piccolo universo di contemplazionidifantasticaggini di pace" (p. 3)rifugio ideale per proibiti incontriamorosi; Animail diario di Bazzerogermina dal contrasto tra un"di fuori""tutto bigio e nebbioso (...) tutto mestotuttomorto"e un "di dentro ¾¾tutto santamente allegro e tutto vita" (p. 5); il "letterone" diCirillo si avvia col riconoscimento che la sua "è pura storiapocoesternama molto internacome dev'essere la storia di un'anima"(FaldellaIl male dell'artep. 60). Infinese la cornice dell'Altrieririnserra la vicenda fra le pareti della "più còmoda saletta delmondo" (p. 519)il protagonista della tarchettiana Storia di un idealecoltiva il miraggio di un amore felice solo entro il cerchio protetto di stanzesegrete. Nella coppia Domus-mundusper riprendere il titolo di unpoemetto praghiano (Penombre)il primo termine si allarga ad abbracciareil secondoriassorbendone inquietudini e possibili consolazioni.

Esemplari di questa visione introversa e centripeta sono queiraccontipochiche alludono a eventi recenti dell'epopea risorgimentale.

In un breve passo del Male dell'artela spedizionedei Mille diventa "l'affare di Garibaldi" che obbliga il narratore a"scasarsi" dal Napoletanoper rifugiarsi a Roma. Alberto Pisaniperparte sua"nasce"nel tempo del raccontofra le pareti di uno"studio bellino" anche per sfuocarein contrappunto polemicolanascita vera avvenuta sotto l'eco delle "cannonate infauste" dellabattaglia di Novara. Tre storie in una di Praga ha come sfondo laterza guerra d'indipendenza: i due protagonisti hanno partecipato all'avventuragaribaldinama la novellaseppur suggerisce lo sbandamento ideale cheserpeggiava fra le schiere dei volontari di basso rangofocalizza lo sguardosugli intrighi amorosi dei due artisti bohémiens. Anche lo"scartafaccio" della contessa Livia recupera la stagione dell'ultimoconflitto con gli Austriacima nella memoria della narratrice solo conta iltradimento infame del bell'ufficiale Remigio. Insommala cancellatura checapovolge il senso della scritta sullo stendardo tricoloreriposto nellacanonica di Don Luigisi riverbera sull'intero panorama letterarioalterandoneil sistema di riferimenti politici: "si sarebbe letto un via invecedi leggere un viva" (Memorie del presbiteriop. 31).

Sia chiaro: in tutti i testila raffigurazione dei casibellici e la descrizione dei personaggi in essi coinvolti non lasciano dubbi allettoreanzi gli impongono una decisa assunzione di responsabilità critica. Mail giudizio complessivo sulla stagione risorgimentale suona tanto più nettoquanto più decentrato e tangenziale è il punto di vista di chi la rievoca.Persino il romanzo di Tarchetti Una nobile folliasteso nel 1865inprossimità dello scoppio della terza guerra d'indipendenza e ambientato durantela secondaorganizza i materiali del testo in funzione dei casi eccezionali diVincenzo D.subordinando la ricostruzione storica della spedizione in Crimeaall'intento ideologico del pamphlet antimilitaristacon la sua ambizioned'universalità.

Anche quando il narratore s'impegna nella ricostruzione di unquadro sociale ¾¾ èil caso di Paolina (Misteri del Coperto dei Figini)che sin dalsottotitolo richiama il prototipo dei feuilletons ¾¾a guidarlo è il desiderio di "lacerare questo velo che ci nasconde"il "segreto della vita intima"giacché la verità "di un drammadomestico" è ben più eloquente "delle grandi tragedie deipopoli" (to. Ipp. 250-1). Cosìin quest'opera di denuncia ¾¾il libro è dedicato "alla santa memoria di Celestina Dolci operaiaprostituitasi per fame e morta in una soffitta della via di S. Cristina l'11gennaio 1863" ¾¾è arduo trovare l'affresco metropolitanocon i complotti e le"trame" chenei maestri francesianimavano l'universo sommerso eignoto delle "classi lavoratrici e classi pericolose"come suona iltitolo di un importante studio di Chevalier sulla Parigi primottocentesca. Lavicenda familiare di Paolinaal contrariotestimonia l'esilità dellanostra letteratura sociale: non solo i "misteri" cittadini sono pochie poco romanzeschimain ambito scapigliatoanche la rappresentazione dei"mali della società"nella "loro nudità spaventevole"(to. Ip. 248)rispetta più l'andamento lineare del "romanzo breve"di quanto non segua le volute contorte e digressive del feuilleton. Infondocome ci suggerisce un altro racconto tarchettianoi viali di un giardinopossono racchiudere un intero microcosmo miniaturizzato (Ad un moscone).

In questo panoramauna sola vera grande eccezione va semmairicordata: i romanzi di Sacchetti. Negli intrecci delle sue operel'autore di Entusiasmiinscrive un sistema spazio-temporale chenell'ancoraggio alla contemporaneitào al recente passatoconferisce spessore storico agli avvenimentimentre lastruttura pluridimensionale del racconto coordina lo svolgimento dei fattipubblici con le esperienze private dei protagonistia conferma dell'opzioneglobale per la cifra compositiva del realismo. Ma appunto l'eccezione confermala regolae la regola scapigliata decreta il primato assoluto conquistato dai"frammenti" di romanzo.

 

"Frammenti di libri"

 

E' Carlo Dossi a indicare il motivo di attualità culturale eletteraria che corrobora la battaglia contro il romanzo di grande mole:"Una volta si scrivevano librioggi frammenti di libri" (N. A.n. 3519). Non solo perchénell'età delle conquiste scientifiche"chimolto dice ¾¾ pensapoco" (N. A.n. 1587)ma soprattutto perché la prosa narrativadegli "artisti davvero"non dei "semplici scrittori" (N.A.n. 1474)distilla poche "goccie d'inchiostro"affattoincompatibili con i "ruffianesmi" della letteratura d'intrattenimento"primo fra tutti l'intreccio che appassiona e che rapisce" (Màrginep. 681). Siamo al secondo obiettivo polemico che acuisce la tensione disgregantedella narrativa scapigliata: le convenzioni del romanzo di vasta ordituraqualisi erano affermate nella produzione di maggior successostraniera e italianad'appendice e non. La volontà di smontare il modello invalso a campiture larghee ben scandite è annunciata esplicitamente anche all'interno delle singoleopere:

 

io qui non scrivo un romanzo col suo principiocol suomezzocol suo finecolle sue causeil suo sviluppo e le sue conseguenzeetutte le belle cose che si leggono nei trattati di estetica; ma bensì raccolgoimpressioni di scene e di fattisensazioni di luoghi e persone in cui mi sonoscontrato (Memorie del presbiteriop. 25)

 

sappia anzi che il mio racconto è tutto sconclusionatochenon ha né capo né codae che non ci voglio impiegare nessuno degliaccorgimenti de' narratori (Baciale ‘l piedep. 92)

 

Tarchetti introduce L'innamorato della montagnadichiarando esplicitamente:

 

Queste pagine non costituiscononello stretto senso dellaparola un romanzo (...) sono frammmenti di un più gran libro (nota in calcealla prima edizionecitata da E. Ghidettito. IIp. 115)

 

Dossiche ironizza sulla polvere di"Pirlimpimpìna" (Vitap. 123) per commentare un"trac" sospensivo di capitolodegno finale di una puntataappendicisticaspiega la differenza fra le due opposte concezioni nel Màrginealla "Desinenza in A":

 

Non nego che una fàvola concitatadensa di colpi di scenairritante la curiositàincalzante la letturasia la maggiore fortunaanzi ladote sine qua non per un romanzo sprovvisto di ogni sapore di stile ed'ogni potenza d'idèa: là è necessario infatti che il leggitore percorra arotta di collo il volume e precìpiti al fine prima di accòrgersi che l'autoreè più di lui soro; inghiotta per così dire il cibo senza aver tempo dirilevarne la insipidità. Nei libriinvecein cui gli avvenimenti narrati sonoun mero pretesto ad esprìmere idèe ed una occasione di suggerirnedevel'intreccio sì esìsterema non troppo apparire (p. 681).

 

Le tecniche e i procedimenti che erano a fondamento delromanzo storicoprimo moderno genere "di consumo" in Italiasono oratrapassatiacquistando in popolaritànella letteratura "alimentare"dei vari Farina Bersezio Barrilie fanno bella mostra di sé nei best-sellersd'oltralpetradotti e diffusi nelle collane economiche di Treves e Sonzogno:ben comprensibile che gli autori della Bohèmeavversi alle "centonullità letterarie di cui si pasce la curiosità cittadina" (Memoriedel presbiteriop. 17) vi contrappongano narrazioni rapsodichefrantenervosecapaci di suscitareper dirla con Calvino "l'intensità di unalettura sostanziosa". Nella collana einaudiana non avrebbero stonatoinfattialtre opere scapigliate: Riflesso azzurroil libro d'esordio diBazzero (LombardiMilano 1873pp. 94) o gli Acquerelli-Schizzi dal mareraccolti dal De Marchi (pp. 97); la trilogia dell'Amore nell'arte diTarchetti (TrevesMilano 1869pp. 159)i racconti lunghi Candaule diSacchetti e Rovine di Faldella.

Nel percorso accidentato compiuto dalla nostra fragileciviltà romanzescaqueste narrazioni costituiscono il primo momento dicontestazione interna: sono testi di non eccelso valorema ricchi dipotenzialità future. Con un'avvertenza importante: il campionario dei canonicompositivi e il repertorio delle "materie prime" sono tanto piùfertili quanto meno univocamente declinati: a contrastare la"prostituzione" delle arti e delle lettere a opera del mercato (Paolinato. Ip. 375)i nostri autori adibiscono una somma di artifici cheimpostando strategie diverseaffiancano all'ironia parodica l'eccitazioneorrorosaagli indugi divaganti cari al modello sterniano la suspence del gothicnovelalla fantasmagoria delle trame d'ambiente urbano le "genuineimpressioni" di un viaggiatore colto. In questa sperimentazioneestraneaal gusto triviale del pubblicacciogli scapigliati ci offrono un interessanteassortimento morfologicodestinato a fruttificare nelle stagioni successive.

 

In coerenza piena con la poetica dell'umorismoteorizzata inuna larga sezione delle Note azzurregli "anti-romanzi"dossiani prediligono i moduli narrativi ricavati dai "maestri" dellostraniamentoSterne e Jean Paul. Il recupero dell'"altrieri" non sidistende nella trama fluida delle confessioni memorialima si condensa in trebrevi episodi-capitoli"tre tentativi" (N. A.n. 2382). LisaPanche di scuolaLa principessa di Pimpirimparasegnano le tappe irrelate di una Bildung che s'arresta alle soglie dellagiovinezzaben al di qua di ogni maturazione socio-psicologica. Nella Vitadi Alberto Pisani"la disseminazione dell'intreccio" (A.Saccone)avviatacome abbiamo vistocon l'incipit al IV capitoloprocede con l'inserimento dei raccontini di secondo gradorecitati da nonnaGiacinta o tratti dal libro di Alberto cheparodiando i modelli romantici escapigliati di maggior fortunagettano luce fortemente equivoca sull'esperienzaartistica e amorosa del "bimbo-in-cilindro". Infine La desinenza inAfrutto di "gioventù" un po' tardivos'avvale di un montaggioscenico-melodicoche nell'ibridazione dei generi più disparati ¾¾"magazzeno di rigattiere-antiquario" la definisce l'autore ¾¾nega ogni schema romanzescoogni congegno narrativo.

E tuttavia è opportuno subito chiarire che il progettoletterario di Dossi non punta unicamentecome sostiene la maggior parte deicriticia mettere a nudo gli artifici e gli stereotipi compositivicancellandoogni riferimento di realtà. Soprattutto nell'Altrieri e nellaVita di Alberto Pisanii "frammenti di libri"pur senzarispettare il tradizionale andamento lineareorganizzano la serie degli episodiintorno a un nodo cruciale: il rapporto conflittuale tra l'io e il "nemicomondaccio". Nel primo testola memoria accompagna il piccolo Guido nel suoprogressivo percorso di crescita all’interno degli ambiti istituzionali ¾¾famigliascuolasocietà ¾¾e la triplice scansione è racchiusa entro una circolarità manifesta: ilprologo I miei dolci ricordi! e l'epilogo E qui mi fermo sonocollocati entrambi nel tempo presente e nello spazio dell’intimità borghese.Nella Vitala narrazione sfrangiata si raggruma in blocchi che sirimandano per antitesi o simmetria e i raccontini inseriti sottolineanooltreal sistema dei valori ideologicii nuclei semantici forti. Se Il Mago circoscriveil luogo deputato all'attività creativa modernai brani tratti dalle Duemorali replicano la tematica dominante delle relazioni di coppia. Sul pianodella trama principalealla doppia nascita di Alberto (fra i librinell'esordio anticipatopoisullo sfondo della battaglia di Novara) seguono itre capitoli infantili chein un'unica sequenza analetticadelineano il vuotoapertosi con la morte dei genitorisolo parzialmente colmato dall'autorevolezzabonaria di nonna Giacinta. Il capitolo quintoin stretto raccordo con il primorilancia la narrazione: dopo una riaffermazione marcata di materialismo laico("il vostro oblio è il mio nulla"p. 126)il ritrattodel protagonista chiarisce la sua indole melanconicamisto di narcisismo feritoe di angosciosa paura degli altrie ne illumina le ideali aspirazioni d'arte ed'amore; al terminecon un'intonazione e un'ottica volutamente incerteLacassierina ci riporta indietro di dieci anniall'incontro di Albertofanciullo con una "tosuccia" dagli "occhioni neri ecalamarenti" (p. 132). La connessione con l'intreccio principale è attuataallusivamente nell'episodio che apre il capitolo sestodove compare donnaClaudiaed è esibita con rifrangenza luminosa nella scena finale del capitolotredicesimoprima della conclusione parodicaquando il richiamo alla"bottiglia spezzata" denuncia l'impossibilità di recuperare il tempoinfantileunico momento in cui la confidenza con la femminilità bambina assumei toni elegiaci dello scambio generoso: così come era stato con Lisa. Ora laconstatazione amara"Più non era stagione di potersi ajutare" (p.230) sanziona l'esito fallimentare cui approdano i vari tentativi di conciliare"mondo interno" e "mondo esterno". Il progetto del viaggiosi riduce alla conta della "valigeria" familiare (p. 233); ladecisione di avvicinare la donna amatamai raffigurata direttamente soloevocata dal coro discorde delle "voci" estranees'infrange allanotizia improbabile della sua morte improvvisa.

Non c'è dubbio che a reggere i libri dossiani sia illetteratissimo "principio dell'antiletteratura"giusto il titolo diun bel saggio di Sperama la carica di contestazione non si limita a corroderele norme letterarie convenzionaliinveste con energia dissolvente il sistemadei codici di comportamento individuali e collettivi. La sceltadell'espressionismocifra che accomuna Dossi al primo Faldellasi rivelainfattitanto più coerente quanto più il pastiche stilistico trovarispondenza efficace nell’ordinamento dei materiali romanzeschi. Lacontroprova è offerta dai libri del "Dossi buono" (La Colonia FeliceIl Regno dei Cieli)in cui il progetto utopico è affidatocon esitomalcertoa un paradigma tradizionale che uniforma lingua stile e intreccio.

Così è anche nell'autore piemontesela cui eversionelinguistica rischia di girare a vuotoquando non s’appoggia allostravolgimento dei procedimenti narrativi. Nel racconto d’esordioIl maledell'arte (1874)Faldella sperimenta le tecniche della distorsioneprospetticain una cornice ad incastro che prevede la doppia figura delnarratore e del testimone-protagonista. Nell'affastellamento di motivifantastici (Quasi dal tedescosuona il sottotitolo) e di richiami gotici(persino un omicidio)"il pistolone narrativo" di Cirillo (p. 59)allinea la serie fallimentare delle "prove" creativeinstaurando conil racconto di primo grado una dialettica duplice: ultraletteraria nel"rifacimento" ironico del ritratto d'artistaideologicanell'opposizione fra l'esperienza eccezionale del genio e la banalità dellavoro quotidiano (i due narratori si incontrano in un'aula di tribunale durante"una certa causa per la corda di un pozzo" p. 52). La "sceltaparodistica dello schema della confessione romantico-scapigliata" rivelatutta la sua felicità compositiva nel confronto con Rovine (1879)un raccontobiografico in 49 capitolettidove l'irrisione del letterato "malato diideale" si limita alla sfera tematicasenza intaccare la compaginestrutturale. Al discorsocondotto da una voce esterna e onniscientenon sonoestranei i timbri di quel moralismo che tanto spazio occuperà nelle successiveopere faldellianeideate ormai fuori dalla temperie scapigliata.

 

 

Un appendicismo raffinato

 

Calati nella modernità dell'urbanesimo e pienamentecoinvolti nella "repubblica della carta sporca"Praga e Tarchettipartecipano con fervore alacre al rinnovamento sprovincializzante checaratterizza l'intero movimento. Nella polemica contro il successo dellaletteratura di consumoanch'essi prediligono la misura del romanzo breveentrocui meglio risaltano i procedimenti di scomposizioneincastonaturadislocamento prospettico. Tali sceltetuttavianon sono riconducibili alcanone dissonante dell'umorismo sterniano (F. PortinariF. BettiniR. Severi)che i due autori certo ben conobbero e talvolta imitaronoma senza maiassumerlo a modello incontrastato. Nella costruzione delle loro operePraga eTarchetti danno vitapiuttostoa una sorta d'appendicismo contratto eanticonvenzionalein cui suggestioni diverse si intrecciano spesso inequilibrio precario.

Nelle ventiquattro puntate di Due destinipubblicatosul "Pungolo" (30 dicembre 1867-18 febbraio 1868)la vicenda diTeodoro e Ippolitodue giovani amici-nemiciriprende gli stereotipi canonicidella narrativa popolaredall'agnizione all'analessi (Storiaanteriore)dallo scontro fra personaggi positivi e geni del Male alleatmosfere cimiterialifino alla "catastrofe" che avviene dopo unaserie di "complicazioni" e "insuccessi" (secondo i titolidegli ultimi tre capitoli) e così via feuilletonando. Ma lo sfondo storico(primo Settecento tra Valperga e Ginevra)la trama sconclusionatal'opacitàfisionomica dei protagonistila commistione di un linguaggio aulico e di unascrittura sciattatutto ciò rende l'opera un vero piccolo disastro.

Nelle Memorie del presbiterioinvecelafrantumazione dell'intreccio è funzionale al punto di vista di unnarratore-artistaintento ad allineare "impressioni di scene e di fattisensazioni di luoghi e di persone"che convergeranno ad unità solo"per mero effetto del caso" (p. 25). I racconti di secondo gradograficamente marcati (Il romanzo del sindacoStoria di RosildeIlromanzo del dottore)valgono a cancellare l'opposizione irriducibile frabuoni e cattivimostrando gli struggimenti nascosti che anche l'umanità piùsemplice patisce. La meta ultima ricercata da Pragacon cui Sacchetti entra insintoniaè una sorta di sperimentalismo appendicisticoricco di umori evenature: il gusto irridente per le mode gotiche (l'allucinazione del cappellodanzantepp. 25-7) si intreccia al rifacimento parodico della storia di Renzo eLucia ma virata in tragedia; il montaggio digressivo ¾¾le note sul materialismo e la cultura della "generazione crucciosa" ¾¾corroboranon deprimel'intensità delle scene di pathos; le pause dirallentamentosiano panorami naturali o profili ritrattisticiesibisconol'abilità pittorica di Emiliosenza cedere alle divagazioni funamboliche. Soloin un impasto così eterogeneod'altrondei dichiarati propositidell'"arte per l'arte" (p. 110) possono non solo lievitare maaddirittura favorire il clima tenebroso in cui svolge la vicenda. Un'ampiadescrizione del torrente Stronacollocata all'inizio del capitolo XVIIIcisuggerisce che l'esistenza umanaanche nello sperduto paese di montagnanonscorre "tranquilla come un idilliomonotona come il ciangottare di unruscello"ma s'ingarbuglia misteriosamente come nei cupi drammi allestitial Teatro Fossati: le memorie che la rievocano dovranno allora seguire unpercorso accidentatonon dissimile dai "balzelloni" compiuti daltorrente.

 

Figuratevi che egli non vuol saperne neppure per un minuto diquella linea rettadi quella misura costante che la convenienza dovrebbeinsegnare anche ai torrentiper trasformarlise Dio vuolein quietirigagnoliin pingui e onesti canali. Dimentico dei suoi doveridel grandescopo della creazione che è quello di impinguare le tasche del negoziante digrano e di bestiamesta asciutto la maggior parte dell'anno; poiad un trattoquando il ghiribizzo gli saltadevasta pascoli e distrugge vigneticosacontraria all'economia politica; abbatte baite e casolariattentato iniquocome ognun vedeall'ordine e alla sacra prosperità della famiglia. (Memoriepp. 110-1)

 

Il paragone metanarrativo affastella provocazioni d'ordineestetico e extraestetico in un amalgama davvero balordo e contraddittorio; idiversi livelli di discorso si sovrappongonocreando un reticolo confuso siasul piano delle idee sia nei riferimenti alle poetiche: ma a mimare un similegroviglio tendevanoappuntosia l'intreccio appendicistico delle Memoriesia la dissonante scrittura praghiana.

 

Ancor più varia la gamma di strategie narrative messe inatto da Tarchetticonsiderato da Spera "una specie di fondatore delromanzo e del racconto italiano moderno". A muoverlo è un inesauribileanelito alla sperimentazioneche attinge materiali e moduli contemporaneamentedalle opere di Poe e HugoHoffmann e DumasSue e GautierSterne e Guerrazzi.

Nel campo della narrazionedopo Paolinaesile feuilletondi denuncia socialee Una nobile follia pamphlet antimilitaristacon struttura a cannocchialela trilogia Amore nell'arte inaugura inItalia il "ritratto d'artista" (Küünstlerroman); Foscainfineal termine di una breve ma fertile carrieraoffre ai lettori la storiadi una maledetta "passione d'amore"come suona il titolo del bel filmche Ettore Scola trasse dal libro nel 1981. Altrovela misura del raccontolungo consente a Tarchetti di mettere a frutto la tecnica divagante con intentoparodico: Ad un moscone. Viaggio sentimentale nel giardinoBalzaretti (1865)L'innamorato della montagna. Impressioni diviaggio (1869). Debitori sin dal titolo di Sterne e Rajbertii due testicircoscrivono il tempo-spazio entro cui si distende il cammino distratto delmoderno flâneur. Anche Un suicidio all'inglese (1865) si apresulle cadenze lente del viaggio sentimentalericco di pause descrittive e dianeddoti curiosi; poi però l'andamento narrativo muta: grazie al consueto giocodi scambi epistolariprende il sopravventoseppur con ritmo poco trascinantela trama dell'intrigo passionale con tanto di tragico equivoco fra gli amantiun'avventura esoticaun figlio della colpa e un presunto incesto fra fratelli.Analoga e opposta la commistione di generi e registri che sottostà a Incerca di morteedito postumo da Farina nel volume Racconti umoristici(1869): qui l'inserimento di alcune lettere sorreggenel rifacimento ironicoil motivo della quête suicida e prepara il più pacificante degli happy end.

Insommaal di là degli esiti più o meno feliciciò checolpisce nel ventaglio polimorfo delle tipologie narrative è la fedeltàtarchettiana al genere indicato nel saggio sulle Idee minime: se "ilromanzo è la storia del cuore umano e della famiglia"i testi delloscrittore di S. Salvatore Monferrato ce ne danno una rappresentazione innegativosenzaperòmai abbandonare la linearità di un intreccio chericonduce sempre gli eventi collettivi entro la sfera privata dell'io. Lecoordinate spazio-temporali delimitano spesso un universo "separato":il protagonista dell'Elixir dell'immortalitàche pure vive neisecoli più travagliati della storia europeasi sofferma solo sul rapportoamoroso con Ortensia; l'avvenimento cruciale di Storia di una gambal'operazione chirurgicaè collocato sullo sfondo della terza guerrad'Indipendenzamacome è consuetudine scapigliatanulla ci viene detto delcombattimento del Caffaroprologo alla vittoria garibaldina di Bezzecca. Alpari delle esplorazioni di Alberto Pisanile avventure di viaggio del letteratoche sfugge ai creditori non superano i giardini o le periferie urbane (Ad unmoscone)equand'anche si spingono sulle vette "orride"dell'appennino meridionale (L'innamorato della montagna)il resocontodel tragitto avvalora i timbri "sublimi" dell'egocentrismo solitario.

Tarchetticogliendo ed esasperando le suggestioni profondeche permeano il clima culturale post-unitariopare puntare alla fusione dei dueschemi narrativi individuati da Lämmert: "racconto di una vita" e"racconto di una crisi". Nella concentrazione del racconto lungo e delromanzo breve l'intera biografia del protagonista si condensaacquistandosensonell'acme di un esito risolutoreper lo più fatale: "si può direche l'ultimo giorno di Bouvard fu il riassunto di tutta la sua vita."(Bouvardto. Ip. 653)

Anche per questa inclinazione alla sintesi abbaglianteTarchetti è lo scrittore emblematico della temperie scapigliata: i suoi testiillustrano allo stesso tempo il fervore coattivo che dominava il carattere diquei letterati portati a cercare nell'esperienza unica e eccezionaledell'"amore nell’arte" un'intensità emotivo-sentimentale che itempi prosaici ormai più non consentivano. A dare profondità di campo ad unresoconto romanzesco che delinea il percorso esistenziale con la stringatezzadeflagrante dell'eccesso è l'adozione continuaossessiva della struttura adincastro. Lungi dal produrre effetti di straniamento e di"pluridiscorsività" (I. Crotti) oall'inversodi certificazionepre-naturalistica (E. Ghidetti)l'artificio determina un duplice risultato: perun versodinamizza vicende programmaticamente lineari; dall'altrocorrobora iltono melodrammatico di un discorso che non rinuncia mai allo scambio empaticoio-tu. Ecco perché a dominare la pagina tarchettiana è sempre il timbrodell'allucinazione visionariain una ricerca convulsa d'espressività accesa.La stessa concentrazione d'effetti che fonda lo statuto moderno dell'altrogenere prescelto dai narratori scapigliati: il racconto.

 

Il rinnovamento della novella

 

Come annota De Meijerla "rifondazione"ottocentesca del genere novellistico presuppone il ripudio della cornice esternache raggruppa i singoli testi: ebbeneil momento di rottura va collocatoproprio nel primo quindicennio unitarioquando Praga Boito Bazzero cominciano apubblicare storiellescenetteacquerelliracconti su giornali e gazzettesenza preliminarmente preoccuparsi di organizzarli entro un ordinemacrostrutturale. Da questa ricca e confusa congerie di proseancor oggi inparte dispersaprende avvio il racconto modernodestinato a dare fruttisplendidi nella successiva stagione verista e a prolungare la sua fortuna pertutto il corso del Novecento. Ad essere inaugurate sonoda una partele misuree i toni del "bozzetto"in chiave di estroso impressionismolinguistico: ed ecco le Figurine di Faldellagli Schizzi a pennadi Pragagli Acquerelli di Bazzero: tuttiin fondoraggruppabilisotto l'etichetta di "briciole letterarie" (N. A.n. 2527)indicata da Dossi per le sue Goccie d'inchiostro (SommarugaRoma 1880).In direzione analoga e oppostasi avvia la rifondazione dello schema narrativodella novellail genere per eccellenza della tradizione italiana.

Nella stagione postunitarial'«"ascesa" dellaforma breve» (P. De Meijer) assume un ritmo così strepitoso perché si integranell'orizzonte d'attesa del pubblico urbano-borghese: quell'intensità fruitivaa cui accennava Calvinotrova corrispondenza piena nella struttura unitaria ecompatta del "racconto d'effetto" (Poe). Come aveva intuito l'autoredella Lettera rubatail "principio della composizione" modernachiede sintesi e "unità d'impressione":

 

Il racconto propriamente dettoa nostro giudiziooffreindiscutibilmente all'esercizio del talento più elevato il campo migliore chesi possa trovare nel più ampio dominio della pura e semplice prosa (...) A taleproposito basti dire soltantoin questa sedeche nella composizione di quasitutte le categorie l'unità di effetto o d'impressione è un punto di massimaimportanza.

 

La riflessione sul romanzoche non "potendosi leggeretutto in una sola seduta si privanaturalmentedell'immensa forza derivabiledalla totalità"conduce Poe a ribadire che il racconto è "il piùvantaggioso banco di prova" per il "genio più sublime". Ilconfronto canonico fra gli scapigliati e lo scrittore americano (M. GarréS.RossiG. FinziC. Apollonio) rivela la sua efficacia interpretativa non tantosul piano tematico-contenutistico ma sul terreno decisivo delle intenzioniprogettuali: l'impianto morfologico della short story indicava aTarchetti e compagni lo strumento più adatto per scardinare i modellianacronistici della narratività prevalenti ancora nel nostro sistemaletterario: le "novelle morali" alla Soaveintrise di stucchevoleconservatorismo didattico-pedagogico; le novelle in versi di Carrer e Pratisempre più lacrimosamente melense; gli idilli campestri chesullo sfondo dellosviluppo urbanola letteratura rusticale aveva rilanciato.

La provocazione rivolta al lettore borghese era tanto piùirriverente quanto più l'anticonformismo delle situazioni e dei personaggi eracalato in un'orditura ineditaretta da specifici procedimenti funzionali:l'"effetto puntuale"illuminato dalla scelta di un caso estremo edenigmatico; la tensione posta sul finalespesso marcata dalla bipartizione"chiusa-scioglimento"; il parallelismo comparativoideale per esporredinamicamente il dualismo scapigliato.

Alcuni di questi racconti mostrano il canone di genere connettezza impareggiabile. Nell'Alfier neroil "pezzo segnato"non lascia dubbi su quale sia il "perno" della partita; le duestrategie di gioco sono descritte nel rispetto dell'alternanza dei punti divista; l'acme conclusivafragorosa come il colpo di pistola che abbatte l'OncleTom vincitoree l'epilogodislocato in altro tempo e altro spaziosuggellanola reversibilità delle coppie antitetiche ragione-folliaordine-disordinemalattia-salute. Diversamente orchestratoma tipologicamente analogo lo schemanarrativo di Una scommessa o di Un corpo. Anche nelle novelle diGualdo e di Camillo Boitosia la sfida fra Arnoldo D. e il conte Sotowski sialo scontro fra il pittore e l'anatomista Gulz esaltano gli artifici binaridell'intreccio: e la posta in gioco (il successo artisticola bellezzafemminile) acquista un valore unico ed assoluto. Se alcuni titoli designanosubito l'"effetto centrale" (Poe) su cui poggia il racconto ¾¾Il pugno chiuso (A. Boito)Macchia grigia (C. Boito)Lalettera UUn osso di morto (Tarchetti) ¾¾la tessitura delle singole opere esemplificadi volta in voltale varietecniche: ancora la geminazione oppositiva e speculareI fataliStoriadi un gamba (Tarchetti)Riccardo il tirannoScene campagnuole.Un confronto (Sacchetti); l'incorniciamentoTre storie in una(Praga)Storia di un ideale (Tarchetti)Notte di Natale(C.Boito)Da uno spiraglio (Sacchetti); il gioco parodico diaccostamenti seri o dissonanti che si sciolgono nella pointe del finale: Dall'agostoal novembre (C. Boito)Re per ventiquattroreLa fortuna delCapitano Gubart (Tarchetti)Allucinazione (Gualdo).

Attingendo dal repertorio vasto della produzione d'oltralpegli scrittori scapigliati sperimentano sia tipologie narrative piùriconoscibili (fantasticoumoristicosentimentale) sia schemi non ancoracodificati (la novella d'ambiente cittadinoil racconto di costumeilKüünstlerroman). La varietà dei moduli non incrina la norma costitutivadel genere a misura breveanzi la convalidaaiutandoci a cogliere la ragionespecifica della sua "rifondazione" nell'orizzonte storico dell'Italiaunita.

Lukàcs ha studiato il rapporto d'antagonismo fra la forma"singola" della novella e la "totalità degli oggetti"propria della rappresentazione romanzescaindividuandone l'elemento contrastivoe strutturante.

 

La novella non pretende di raffigurare completa la realtàsociale (...) La sua verità deriva dal fatto che un caso singolo - per lo piùestremo - è possibile in una società determinatae nella sua merapossibilità è caratteristico di essa. (...) Perciò non ha bisogno dimediazioniper avviare i fattie può rinunciare a prospettive concrete.Questa particolarità della novellache tuttavia dal Boccaccio a Cechov ammettevariazioni interne all'infinitoconsente che storicamente essa appaia tantocome anticipatrice quanto come retroguardia delle forme grandicome espressioneartistica del non-ancora o del non-più della totalità rappresentabile.

 

L'espressione "non-ancora non-più" è perfetta perindicare il momento di passaggio che il nostro paese conosce nel primoquindicennio unitario: la fase di transizione dalla "poesia" degliideali risorgimentali alla "prosa" dello Stato nazionaledallacomunità aristocratico-contadina alla collettività borghese-capitalisticadalsistema letterario ristretto ed elitario al mercato editoriale del consumopotenzialmente ampio.

La narrativa degli scapigliati pare declinare con lucentezzasfolgorante le contraddizioni della stagione del "non-ancoranon-più". I "racconti d'effetto" e i "frammenti diromanzo" non solo parcellizzano la rappresentazione della società uscitadalle lotte per l'indipendenzamaprescegliendo un "caso singolo per lopiù estremo"lo collocano all'interno di una struttura narrativa che neesalta l'unicità sintomatica. Anche per Ejchenbaum "la novella è unaforma fondamentaleelementare""intrinsecamente opposta" alla"forma sincretica" del romanzo:

 

La novella è un problema d'impostazione di un'equazione adun incognita; il romanzo è un problema su regole diverserisolvibile conl'aiuto d'un intero sistema di equazioni a più incognitein cui hanno maggiorimportanza le costruzioni intermedie che il risultato finale. La novella è unenigma; il romanzo una specie di sciarada o di rebus.

 

Le "incognite"gli "enigmi" che gliautori della Bohème milanese porgevano al loro pubblico elettivo non erano difacile soluzionenemmeno sul piano della tecnica letteraria. Anche per questaragione storico-morfologicai loro testi non sono capolavori: lasperimentazione delle "materie prime" e dei moduli compositivi dellanarrativa moderna era ricerca arduatalvolta destinata a un esito precario senon addirittura al fallimento. E tuttavia non c'è dubbio che alcune delle Storiellevane di C. Boito o dei Racconti fantastici di Tarchetti conservinouna ricchezza di suggestioni inedita e mantengano il fascino problematico delprototipo esemplare.

 

 

Il campo del fantastico

 

Nella "rifondazione" del genere novellisticolagrammatica narrativa del racconto fantastico assolve una funzione di spicco.Imitando le opere dei grandi maestriHoffmann Poe Nerval Gautiergli scrittoriscapigliati saggiano l'insieme dei procedimenti più idonei a dare forma allefantasie maledette e perturbanti che il nostro romanticismo"conciliatoristico" aveva cautelosamente emarginato. L'intérieurborghese si affolla di fantasmiincubiallucinazioni: "Rammentò la scenaspaventosa. Era sognodelirio? Era una cosa orribile" (SacchettiDauno spiragliop. 289); nei sogni notturnispettri del passato lancianooscure premonizioni: "Erano fatti?od erano visioni?" (TarchettiLeggendedel castello neroto. IIp. 41); nelle case avite risuonano melodiestrazianti che conducono a morte padri egoisti:

 

Era un'agonia di note.

Poi l'ultima vibrò lunga lungatetratristesoprannaturalecon un accento che una mente umana non può imaginare. Parevapartire dalle viscere della terra e come una freccia volare in cielo. Era ilgrido supremoil grido di chi muore d'amore. Al conte sembrò riconoscere inquell'accento l'accento d'Ida. (Gualdo La canzone di Weberp. 150)

 

Finalmente esibitecompaiono anche nella nostra letteraturala "carnela morte e il diavolo"con il corteggio delle sulfureeimmagini care all'"agonia romantica" (M. Praz). La fortuna di questosottogenere nella produzione scapigliata deriva da una doppia motivazione: lavolontà battagliera di chiudere definitivamente con il manzonismo dei rusticalie le sdolcinatezze dei novellatori in versi s'innestava nel clima positivistadominato dallo scontro fra spiegazioni razionalicondotte in nome delle nuovediscipline scientifiche (magnetismomessmerismoipnotismo)e la fascinazioneartistica per i misteri insondabili. L'alternativa è denunciata negli stessitesti: "Avevo dinanzi a me un meraviglioso problema di scienza e fors'ancheun fatale argomento di dramma" (Il pugno chiusop. 14); al centrodi Storia di una gamba c'è "il segreto di un fenomeno stranodi unfenomeno spaventoso"connesso ai "rapporti fra patologia animalecolla clinica psicologica"che solo la testimonianza d'arte potrà"afferrare" (to. IIp. 189). E le ricorrenze dei termini"fatale" e "strano" davvero si sprecano.

La struttura del racconto fantastico porgeinfattiloschema migliore per rompere con le norme compositive più antiquaterispondendopienamente ai dettami della poetica scapigliata. L'"esitazione dilettura"prima condizione del genere secondo Todorovnon solo impedisceogni commento morale o pedagogicoma impone al fruitore un atteggiamento didubbio complice: lo scarto irriducibile fra la voce del narratore e lapercezione allucinata del personaggio amplifica la "visione ambigua"che nessun finale può chiarire. Concentrando il fuoco narrativo sull'enigma dascioglierela scrittura esalta l'"effetto puntuale"cardine delracconto; poiché il fantastico si giocasoprattutto nel secolo XIXsullacontraddizione fra due livelli di realtà (naturale/soprannaturalenoto/ignotocerto/possibilerazionale/irrazionalelatente/manifesto)gli scapigliati vicalano le innumerevoli polarità del loro conclamato dualismo. Il sistema dellecoordinate spazio-temporali è stravolto da moti convulsi di stasi eaccelerazionefissità monomaniacale e euforie demoniachee il primato del"superlativo e l'eccesso" non solo infrange ogni norma di ragionevolemisura e di moderato buon sensoma ben s'inserisce nella forma narrativa del"non-ancora non-più"fondata sul "caso singolo per lo piùestremo". L'incipit del Pugno chiuso non lascia dubbi sulgrado parossistico dell'evento narrato: "Non avevo mai visto un caso piùspaventoso di plica"(p. 13)mentre nelle novelle tarchettiane"circostanze singolari e incomprensibili""fenomenisingolari""sentimenti inesplicabili" introducono sempre nel"regno inesplorato" della "superstizione e del terrore".

Se Il pugno chiuso di Arrigo Boito è "forse lapiù perfetta «novella fantastica» prodotta in Italia nel secondoOttocento" e Un corpo del fratello Camillo eleva al quadrato"l'esitazione irrisolta fra spiegazione casuale e spiegazionemeravigliosa"i Racconti fantastici dell'autore di Fosca cioffrono un campionario ricco e sfaccettatoche la critica più recente haillustrato nei suoi molteplici risvolti: il tema del "corpo diviso"(V. Roda)l'"intrusione di una possibile illogicità" nell'ordinenaturale (M. Colummi Camerino)le ossessioni sessual-religiose (M. Garré)ladimensione di onirismo notturno (G. Tardiola)il motivo dei "mondieterogenei" (M. Farnetti)il "dispositivo dell'oggettomediatore" (L.Lugnani)le tecniche dell'equivoco e dell'"errore"(N. Bonifazi).

E' impossibile dare una descrizione analitica delle tantenovelle in cui gli autori scapigliati riaggiornanosul modello degli amatiHoffman Poe e Gautierle suggestioni dell'irrazionalità perturbante. Piùutile forse suggerire una distinzione non rigidaricavata dallo schematodorovianoche delinea due campi vicinispesso convergentima non del tuttoomologhi: nel primoTarchettiinsieme con l'Arrigo del Pugno chiusopredilige i "temi dell'io"; nel secondoCamillo Boitocui s'affiancail sacchettiano Da uno spiraglioama l'esplorazione dei "temi deltu".

Nei testi tarchettiani più rispettosi del paradigmaambivalente del genere (anche se per tutti Ceserani conia il neologismo di"racconti fantasticizzati")è la percezione distorta dell'ionarrante a guidare il discorso. I protagonisti dei Racconti fantasticisono esseri "fatali" nei quali la dissociazione metamorfica eschizofrenica della personalità alterain un delirio rovinosola ricognizionedella dimensione spazio-temporale. Non c'è dubbio che simili impulsi paranoicigovernino anche i rapporti con la figura femminilema ad eccezione dello Spiritoin un lamponerisolto peraltro con un poco ortodosso happy endlanarrazione non rende mai la donna soggetto attivo nello scontro fra reale esovrannaturale. SilviaUlricala dama del castello nero sono sì coinvoltenella logica fobica del loro compagnoma costui resta l'unica vittima dellelacerazioni psico-somatiche e il solo portatore della "immaginazionesregolata". Saràpiuttostoal di fuori di questo specifico sottogenereche l'erotismo femminilericco di pulsioni indomabilitravolgerà ognibarriera e confine (Fosca).

Diverso e più curioso il caso delle Storielle vane diCamillo Boito. In questi raccontiin cui il fantastico sfiora il campo dello"strano"i "temi del tu" circoscrivono con limpidezzal'area della sessualità morbosa: l'oggetto del desiderio è davvero al centrodel racconto e determina le reazioni sconvolte del protagonista: Carlottadalla"sensibilità eccessiva" (Un corpop.27)la gitana"empia" del Demonio mutoTeresa di Macchia grigiala"fanciulla bizzarra" di Santuario. E' vero che le ossessioni inBoito non si traducono mai nelle allucinazioni angoscianti alla Poe: le noteequivoche delle Storielle vane sono eminentemente elusive; la"visione ambigua"se pur lambisce l'Unheimliche (lacoincidenza "spaventosa" della morte di Carlottai denti dellamerciaia di Notte di Natalecon il facile richiamo a Berenice)loannebbia con una patina di intelligenza ironica che nell'"esitazione"del genere immette una buona dose di criticismo ludico. E tuttavia gli indizi"maledetti" sono troppi e troppo diffusi per attribuire all'autore"la disposizione distaccata e controllata" (P. Nardi) o la"scettica imperturbabilità dello spettatore" (R. Bigazzi). Sottol'effigie della "parnassiana bellezza" èin realtàsempre sotteso"quel mescolamento di attrazione e repulsione che promana da qualunqueesistenza senza possibilità di fuga o di controllo". Forse lo intuirono icautelosi lettori ambrosiani cheper evitare il contagio ammaliante deifantasmi boitianipreferirono prendere alla lettera il titolo e reputare le Storielleil divertissement di un serioso architetto.

 

Capitolo V ¾¾La narrativa dell'io

 

L'eclisse del narratore onnisciente

 

Secondo Debenedettia metà Ottocentol'istituzioneletteraria europea conosce un sorta di rivolgimento di vasta portatademocratica: "Era nato una specie di diritto di votoa suffragio moltoallargatonel pubblico". Fra le varie numerose conseguenze che ilrinnovamento produsse anche nella nostra asfittica repubblica delle lettereilsaggista sottolinea la crisi del "romanzo del «dover essere»"diquelle opere cioè in cui l'autorepoco importa a quale ideologia si ispirasse"doveva intervenirecon la sua intelligenza e il suo giudizioper teneresaldi i rapporti fra ciò che raccontava" e l'intero sistema di valori enorme a carattere universale che il lettore era invitato a condividere. In primalinea contro il romanzo del "dover essere" si schiera compatto ilgruppo degli artisti scapigliati; e la loro foga iconoclasta s'abbatteinnanzituttosu chi deteneva il comando assoluto della compagine testuale: ilnarratore onnisciente.

Nelle opere miste di storia e d'invenzionela voce narrantedispiegava una somma di funzioni ampia e variegata: misurava la distanza frapresente e passatoreggeva sapientemente il meccanismo ingarbugliatodell'intreccioregolava l'inserimento nella trama principale di digressionispaziali e analessi temporalidescriveva i fatti che si svolgevano sulloscenario del mondoindagava i conflitti psicologici in cui si dibattevanoprotagonisti e comparse eovviamentetutto giudicava in nomeappuntodel"dover essere" pubblico e privato.

Negli anni Cinquantal'indebolimento dell'onniscienzasovrana del narratore è il primo segnale dell'esaurimento della formula mista:i due libri che con energia fervida testimoniano il momento di svolta scelgonouna figura di narratore meno autorevolmente atteggiata. Nelle Confessionidi Nievo la rievocazione memorialeinnestata sul duplice impianto del resocontostorico e del Bildungsromanesalta l'esperienza individualedell'italiano ottuagenario Carlino; nei Cento anni di Rovaniil"liberarsi dell'io" (P. Nardi) incrina il dominio del narratoreilquale continua sì a intervenirema assumendo i toni un po' pettegoli delcronista cittadinoscettico e svagato.

Nei testi degli scapigliati la rottura è ormai consumata:l'avvicinamento al presente e la linearità sfrangiata della trama suggerisconodi affidare il racconto a un narratore checalato nel flusso delle vicendenonsi preoccupa di indirizzarne il corso con criteri certi e inappellabili. Lastagione dell'impegno risorgimentalein cui chi raccontava s'avvaleva di unpunto di vista largamente condivisoè davvero finita. Oraper Praga ecompagni era giunto il momento di distogliere lo sguardo dal mondoben più"prosaico" e squallido di quanto le illusioni "poetiche" nonl'avessero prospettatoper guardare dentro di sé e sciogliere gli assillidell'individualità singola.

Il narratore onniscientedi storica memoria o difeuilletonistica invadenzalascia allora il posto a un io narrante"eccentrico" e parziale. La focalizzazione ristretta è ottenutagrazie a un duplice schema. Da una partegli scrittori inventano una figura dinarratore internoverso cui assumono un'inclinazione di maggior o minorsintonia; dall'altraproiettano la propria soggettività in un io fittizio cheaffabula ricordi e memorievisioni e impressioni di viaggio.

Nel primo casol'autore delega la responsabilità deldiscorso a un personaggio cheprotagonista o testimoneracconta un fatto incui è stato direttamente o tangenzialmente coinvolto. Nasce da qui l'artificiodella narrazione a "scatole cinesi"che caratterizza la produzione diquesti anni: il racconto si offre al lettore come riscrittura di confidenze econfessioni orali o come edizione di manoscritti diari taccuini fogliettilettere scartafacci albi testamenti "breviari bruciacchiati" e"carte sparse". Il titolo della novella di PragaTre storie in unapotrebbe valere come indicazione generale per l'intero corpus dei libriscapigliati.

Le relazioni che i livelli del testo creano fra laprospettiva d'autore e il punto di vista del narratore interno sono molteplici ediversamente modellate: se nei racconti "fantastici"l'abbiamo appenavistol'alter ego è funzionale ad attivare l'"esitazione di lettura"propria del generenelle altre opere la sfasatura favorisce moti proiettivipiù o meno marcati. In Una nobile follia la struttura a cannocchialerifrangegalvanizzando il piglio polemicol'esperienza militare realmentepatita da Tarchetti; nella novella di Pragacome annota MoestrupRiccardoilcompagno d'armi e d'arte del primo narratorealtri non è che Arrigo Boito. Percontrole novelle di quest'ultimo presentano solo qualche superficiale indizio(la Poloniala competenza scacchistica) utile a identificare la fisionomia delpoeta musicista. Al polo opposto dei drammi militari di Vincenzo D. Sensodimostrainvececome il gioco prospettico sia tanto più efficace quantomaggiore è la distanza che separa l'autore dal narratore fittizio.

E tuttavia comune a tutti questi racconti è il privilegioaccordato a un'ottica parziale e decentratacapace di demistificare le verità"olimpiche" della storia recentecontestandonel contempoiprincipi di una collettività positivamente sicura del proprio futuro e giàincline ad assestarsi in un bempensantismo miope e ipocrita. Davanti a unnarratore inaffidabile ¾¾poco importa se si tratta di un pazzo ossessionato dalla "lettera U"della vanesia contessa Livia o dello scritturale Cirillo malato d'arte ¾¾il lettore è invitato a confrontarsi con un punto di vista "altro"che induce un atteggiamento di distacco critico. Chiusi nella gabbia delle lorofobie o mossi da grandi ambizioninel pieno della vita o vicini alla mortevegliardi saggi o giovani artisti ribellifemmes fatales o donnespaventosamente bruttetutti i narratori interni operano una distorsioneprospettica cheminando il tradizionale ordine romanzesco del "doveressere"apre la via alle soluzioni più tipiche del relativismonovecentesco.

Allo stesso esito anti-oggettivistico conduce l'altratipologia sperimentata dagli scapigliati per insidiare il dominio del narratoredemiurgo. Anche in questo casoil punto di vista è prossimo agli eventinarratima ora l'ottica ristretta non appartiene a un personaggioportavocepiù o meno camuffato dell'autoresì piuttosto ad una sorta di controfiguravariamente delineatache affabula storiememorie e impressioni. Accantonato ilruolo di giudice e ideologoaffievolite le funzioni di regiaincrinata lasintonia col lettorelo scrittore si ripiega su se stesso e si preoccupa solodelle proprie emozioni. Si avvia così anche in Italia la moderna narrativadell'io.

Ad accamparsi al centro di questi testi è la sensibilitàpercettiva di un letterato-artista persuaso d'essere unico e diverso fra lafolla anonima che popola le città. Sia che esponga i trasalimenti del suo cuorenel ricordo dei tempi passatisia che divaghi per percorsi umoristicisiainfine che schizzi acquerelli o appunti di viaggioa risuonare è sempre la"voce" di un intellettuale coltoraffinatospesso nevroticamentescossoe che tale si dichiara: i "nervetti" dossiani"il geniocapricciosodispettosopieno di gusti pazzi e bizzarri" ispiratore diTarchetti (L'innamorato della montagnato. IIp. 143)la"voluttuosissima estasi di mesto abbandono" di Bazzero (Riflessoazzurrop. 79); "le febbrili concitazioni d'istinti" di Emilionelle Memorie (p. 122); "l'irritabilità delle fibre" deipittori boitiani (Il colore a Veneziap. 432); "il subisso dipensamenti" in cui si perde Faldella davanti a un paesaggio scorto"più con la fantasia che con gli occhi" (A Viennap. 51 e p.55)

 

 

Gli sfoghi di un autore narcisista

 

Dossicome al solitoè l'interprete più consapevole eacuto della tendenza comune:

 

negli autori modernilo scrittore tiene per sé il primoposto (N. A.n. 1976)

 

Una volta i novellieri contavano novelleoggi contano sèstessi. (N. A. n. 3572).

 

Bazzerocome aveva già capito De Marchi"trasfonde ilsuo io in tutto ciò che vede e tutto vivifica di sé" (Introduzionea Storia di un'anima p. XIX); Tarchettiper parte suanon nutrì maialcuna incertezza nel considerarsi il fulcro della narrazionesempre edovunque.

Gli atteggiamenti proiettivi dei vari autori si modulanocome è ovviosu cadenze originalmente impostatema lo sfondo culturale entrocui si staglia la "narrativa dell'io" è l'orizzonte europeodell'individualismo borghese. E dal campionario narrativo della prima stagioneottocentescagli "scapigliati romantici in ira" recuperano schemi emodelli che meglio confortano l'egocentrismo creativo. L'esibizionenarcisisticatuttaviarifiuta le note spontanee dell'effusione autobiografica:il cruccioso "dualismo" da cui sono abitati impedisce l'abbandonoall'urgenza dei sentimenti. Persino l'"io inquieto di Tarchetti" ¾¾questo il titolo del capitolo a lui dedicato nel bel volume di Nardi ¾¾non conosce il conforto di confessioni pacificanti.

Nella letteratura postunitariail primato assegnatoall'ottica soggettiva rispondeinfattiad un preciso intento innovatore.Rigettate le certezze della cronaca storicaancora lontana l'impersonalitàveristai nostri scrittori cercano una verità non estrinseca e più intima:solo chi dice "io" può arrogarsi il diritto-dovere di darecredibilità piena all'invenzione letterarialiberandola dai vincoli eteronomiche nei decenni precedenti l'avevano troppo costretta. Ad essere galvanizzataalloraè l'estrosità immaginosa che poco cura le norme dell'immediataverisimiglianza: anziè proprio la finzione a garantire il timbro nonmenzognero del racconto. A sostenerlo è il più espansivo degli scapigliati:per Tarchettii letterati

 

sono i più famosi simulatori tra i figli d'Adamoe hannodato alla finzione tutte le attrattive della realtàe se ne sono fatti unareligione severissimaperché è destino che nel cammino faticoso delleletterenon si possa giungere alla verità che per la via della finzione. (Unsuicidio all'ingleseto. Ip. 94)

 

Cui risponde in eco Dossiil più vigile a camuffare gli"scampoli" dei propri ricordi:

 

Il romanzomenzogna lecita e onesta... Gli uomini amano iromanzi per amore delle bugie. Le figure rettoriche sono tutte bugie.- (N. A.n. 2425cfr. anche n. 5064)

 

Ecco perché ogni lettura tesa a catturare spezzoni diverità esistenziale nelle opere scapigliateanche le più schietterischia diessere fuorviante: persino quando la figura del narratore è manifestamentel'alter ego dell'autore realelo spessore d'autenticità è racchiuso negliartifici della scritturanon nell'esperienza di vita su cui si modella. Troppomoderni eranoo aspiravano ad esserei letterati bohémiens per credere nellatrasparenza limpida della confessione memoriale. Anzia caratterizzare lanarrativa dell'io in questi anni è il rifiuto dell'autobiografismo disteso chefra Sette e Ottocentopuntava a ricomporre l'unità intera di un destinoinglobandolacon l"esperienza del poi" entro un "preventivodisegno".

Esemplare è la torsione che alcuni scrittori imprimono algenere elettivo della prima effusività romantica: la struttura epistolare.Tarchettiammiratore di Ortis e Wertherad essi si richiama nel delineare lafisionomia di tanti suoi eroi-diaristidall'inglese suicida al Giorgio di Fosca.Sotto l'influsso dei più vicini D'Azeglio e Rajbertil'esordiente Sacchetti (Eufrosina.Lettere da Sorrento1869) e il Bazzero di Confidenze e Corrispondenze(Dall'Oropa e Sui monti) sfruttano la finzione delle missiveamicali per raccogliere appunti di viaggiosullo sfondo di uno scenario riccodi richiami letterari e di "ghirigori trasparenti". Ma ben prestointuttiil codice epistolare si trasforma o cade del tutto. Nell'autore dei Fatalisi innesta entro le strutture multiple del racconto fantastico e umoristicodelromanzo saggiodel feuilletonpotenziando l'effetto a "scatolecinesi". Nei due scapigliati più giovanile coordinate del genereconoscono un'opposta corrosione: Sacchetti le abbandona subito per imboccare lastrada della novella e del romanzo d'impianto realistico; Bazzeroper controne brucia ogni tensione comunicativaesasperando l'autoriflessività deldiscorso. In Anima la scelta del giornale intimo giustifical'esplorazione morbosa dei disincanti acerbi e dei turbamenti ossessivi patitiper la lontananza della donna amata: "Posso scrivere lo stato dell'animamia?... Eppure voglio sfogarmi" (p. 3)magari per abbattere "lamuraglia di ghiaccio che mi separa dall'avvenire" (p. 65). Lo sciorinamentodegli "stringigolagroppimemorie fallite e speranze fallite"cuisi lascia andare il "deserto" scrittoreè davvero romanticamenteimpudicotroppo per chi voleva sentirsi parte della "piccola scuolamilanese". Più sottilmente modulata doveva essere la strategia per"tradurre a parola le convulsioni dell'animale contorsioni di mano"che l'autore di Schizzi dal mare condivideva con gli amici del gruppo:ecco allorasul modello dossiano dell'Altrieriun primo esempio discrittura "intransitiva"riaggiornata alla luce di un impressionismomelodico-pittorico. Riflesso azzurro (1873)dopo il prologo collocatonel solitario presentericama la "danza dei rimpianti e dellesperanze" (p. 82) sull'onda delle ricordanze di una stagione lontanaquando il piccolo protagonista giocava con la cuginetta e la tata Teresa: quiil percorso artificioso della memoria si distende come "un nastro dalletinte fuggevoli e nebulose" (p. 49) chenei frammenti di narrazioneallinea sequenze allegre e sconsolate.

Al pari di Bazzerotutti i letterati della "generazionecrucciosa" coltivano con struggimento il desiderio di riassaporare leemozioni dell'infanziastagione felice dell'io e insieme "età di candidainnocenza del mondo".

La recriminazione pseudoleopardiana sul crollo delle"dolci e dilette illusioni" coltivate nel passato è Leitmotivdi molti racconti tarchettiani:

 

Vi è una sola epoca nell'esistenza nella quale si è feliciod osiamo almeno asserire più tardi di esserlo stati. Nella gioventù. Felici?Sìperché illusiillusi perché inesperti (Storia di un idealeto.Ip. 89)

 

Dolci e serene memorie dell'infanziavoi formate tutto ilsegreto de' miei affettitutto il tesoro delle mie più care predilezioni. Ohpotessidal sepolcro in cui giaceteevocarvi almeno un istanteperriabbellire del vostro sorriso fugace questi miei giorni sconsolati esofferenti! (Lorenzo Alviatito. I p. 562)

 

Il tono di rimpianto accoratosu cui si chiude il quartocapitolo del romanzo di Praga "O memorie della mia giovinezza!" (Memoriep. 20)è preparato dal ritratto iniziale del protagonista:

 

Molti anniciò che vuol dire molte sciaguresono passatidal giorno in cui bussai a quella porta.

Compivo i ventiavevo la valigia del pittore sulle spalleeun buon angelo mi guidava ¾¾un angelo che adesso chi sa dove è andato a nascondersi. Allora lo vedevo esentivo; splendore di cieloverzure di convalliscroscio di torrentibelatedi mandretutto brillavaprofumavacantava per la presenza di lui; e sulnostro passaggio gli atomi della natura si animavano al contatto delle sue aliper parlar meco di arte e di gloria. (p. 7)

 

Maappuntoa differenza dell'intenerimento liricole Memoriedel presbiterio non possono più allineare le parole che ragionanod'arte e di gloria e il narratore si riduce a diventare il raccoglitore dellevoci altrui. Egli stesso ostenta la sua "triste prerogativa":

 

ebbi molte volte a ricevere confidenze da gente che mivedevano per la prima volta. Io sono stato così il depositario di molti dolori(p. 116)

 

I racconti inseritiriproponendo la sfasatura consueta fra idue livelli di narrazioneincrinano l’atmosfera idillica della presuntaTebaide e attenuano le note del compianto. Sulla sequenza finale cala la luce"avvilente" della attualità squallida:

 

L'estate scorsa era in ferrovia (...)

Eppure quella sua gioia tanto naturale mi faceva pena perchémi pareva una irriverenza verso le tristi memorie che il suo incontro misuscitava nell'animo. (p. 247)

 

Nella narrativa dell'Italia unitale nostalgiche visioni d'antannon appena si affaccianoo si velano dell'ombrosa malinconia che accompagnaciò che è irrecuperabile oppure si schermano dietro il filtro ironico cheraffrena la piena dei ricordi. Come Dossi sa:

 

La Letteratura Umoristica non dà fuoriche in quelle epochenelle quali tutte le regole della vita antecedente sembrano andare a fascio. (N.A.n. 1886)

 

Non c'è dubbio che tale appariva l'epocapost-risorgimentale: per dare conto dei dissidi che agitano gli autori modernia cui peraltro non è concesso che parlare di sé (N. An. 2183)occorrealloramettere in scena un io fittizio dalle mille sfaccettature.

 

 

I procedimenti dissolventi dell'umorismo

 

In preda alle contraddizioni più dirompentil'io inquietodi Tarchetti tenta di bilanciare gli spasimi con le tecniche dell'umorismo edell'ironiareputandoleda buon lettore di Didimo-Yorickle migliori"armi dell'attacco culturale e dell'arroccamento soggettivo" (I.Crotti). E tuttaviai procedimenti sterniani di scomposizione e gli artificidel rovesciamento parodico non presuppongono un piglio"avanguardistico"sovvertitore del sistema sociale e dell'ordineletterario (F. Bettini)corroboranopiuttostoil "maniacalemonocentrismo" (V. Roda) che sempre ispira l'autore di Fosca.

Se nelle prose Ad un mosconeL'innamorato dellemontagnaViaggio nelle provincie l'intreccio divagante smarrisce lameta di un autentico percorso sentimentaleI racconti umoristiciillustrano il gusto scapigliato delle disarmonie e del paradosso ("ilridicolo è forse il sublime del serio" L’innamoratoto. IIp.163)ma confermanoaltresìla carica ultraromantica del dualismotarchettiano: "la contraddizione è l'urtoè il motoè la lotta (...)l'universo non è che un'enorme contraddizione" (In cerca di morteto. I p. 157). L'epilogo comico di Re per ventiquattrorementreneutralizza la valenza "politica" del sogno utopicosottolinea lagiocosità estrosa di un narratore che si era "proposto di destarenell'anima degli altri un'eco delle sensazioni della mia" (to. Ip. 204).Un analogo capovolgimento conclude In cerca di morte: il successo delprotagonistaassunto proprio dalla compagnia di Assicurazioni che volevafrodarestempera la critica alle convenzioni della civiltà borghese in unconsolatorio risarcimento amicale. Di più: l'happy end ("Alfredo diRosen è il più esemplare dei padri e dei mariti" to. Ip. 202) getta unaluce di moralità molta ambrosiana sulle cause dell'iniziale stato di miseria:il barone si accinge al "pericoloso" tour europeo per ripianare uncolossale debito di gioco. Davanti ai tanti "padri e mariti esemplari"che componevano il pragmatico pubblico milaneseal ribelle Tarchetti nonrestava che esorcizzare i propri fantasmi angoscianti attivando l'esitazioneorrorosa del fantastico o inneggiando all'umoristica fede del dubbio:

 

il dubbio è la rivelazione della scienza¾¾essa lo cerca immolandogli ogni fede ¾¾poiché una sola fede esistequella del dubbio. (Riccardo Waitzento.Ipp. 604-5)

 

E tuttaviatroppo enfaticamente battagliera è laproclamazione di incredulità scettica per non ribaltarsi in nuovo e ancor piùagonistico impegno: "Il dubbio è la lotta ¾¾le anime deboli si acquetano facilmente nelle convinzionile grandi animelottano" (L'innamorato della montagnato. IIp. 132). Se perl'autore di Fosca "dubitando si crede"l'"effettoSterne"pur spesso evocatosi vanifica nel tessuto espressivo del pathosmelodrammaticol'unico tarchettianamente in grado di "decifrare questoenimma spaventoso e incomprensibile di me stesso" (ivip. 152).

 

Ben più intellettualmente coerente è il richiamo alpessimismo umorista che lievita le dossiane Note azzurre: "lascienza dubita e così l'umorismo" (N. A.n. 1255). Anche l'autoredell'Altrieri coltiva le certezze dello scetticismo"la solaspontaneità che ci è rimasta" (N. A.n. 2267); eormaiconsapevole che "la naïveté non è più possibile nell'arteodierna(N. A.n. 1968)nell'appagare l'"intenso melanconicodesiderio per ciò che fu" (L'Altrierip. 448)decanta lafilatera dei ricordi con il brio dei maestri dell'ironia.

La criticasoprattutto recente (F. TanciniM. SerriT.PomilioA. SacconeN. Lusuardi)ha registrato con puntigliosità attenta leconseguenze disgreganti che l'imitazione dossiana di Sterne e di Jean Paulproduce entro l'orditura complessiva del racconto. Non c'è dubbio che lapratica umoristicadi cui il "libro azzurro" delinea uno sorta digenealogia storica e di mappa geograficasia il solvente più corrosivo delromanzo del "dover essere". Da questa scelta derivano il privilegioaccordato ai "frammenti di libri"la prevalenza nell'intreccio degli"intoppi" e "calappi" spiazzantila parodia dei modelliromantico-scapigliatii procedimenti di "scomposizione coloristica emusicale" (G. Mariani)le mille venature del pasticheespressionistico. Etuttaviail dato centrale di una simile poetica nonrisiede nella somma di artifici che promuovesì piuttosto nell'implicitatensione ultrasoggettiva da cui s'origina.

L'ironiamusa elettiva dei Romantici d'oltralpediventa lostrumento scapigliato di rivolta ultraindividuale -"l'io sol io" dellanota azzurra ¾¾contro la grettezza prosaica del mondo borghese. Ecco il vero "effettoSterne":

 

Egli spezza consapevolemente l'unità della forma narrativaper crearemediante arabeschi fantasticiun'unità soggettival'unità deglistati d'animo contrastanti dell'intenerimento e dell'ironia (...) Questo estremosoggettivismo e relativismo di Sterne esprime una caratteristica moltoimportante e sempre più fortedell'ideologia borghese: la sua reazione alpotere crescente della prosa dell'esistenza.

 

L'Altrieri e la Vita di Alberto Pisaninascono dal rimpianto per la perduta sintonia dell'io con il sé più riposto:

 

Era forseoriginariamenteil mio cuore un ùnico specchiomadalla memoria oneratosi spezzò in centomila specchietti. (Màrginealla "Desinenza in A"p. 678).

 

Le due "quasi-autobiografie" (Prefazionegenerale ai "Ritratti umani" p. 903) riescono arifrangere il caleidoscopio degli umori caratteriali più contraddittori anchegrazie all'abile gioco dei nomi che "intorno a questo sospiro d'uomocompongono un rebus". Alberto Carlo Pisani Dossi incarica Carlo Dossi dinarrare la vita di Alberto Pisaniaspirante scrittore che pubblica un libro conlo pseudonimo di Guido Etelrediprotagonista della rievocazione in primapersona dell'Altrieri. La serie delle controfigure costruisce lo schermodifensivo attraverso cui l'individuo esibisce i suoi "geroglifici"sentimentiprendendo le distanze da sé e nel contempo elevando un argine disignorilità narcisista contro la rozzezza volgare degli "uòminiinferajolati" (Vitap. 142). La "popolazione degli Iiunodiverso dall'altro "(N .A.n. 2369) da cui lo scapigliato sidichiara abitatocalandosi nel "rebus dei nomi"assume timbriespressivi difformi. In Lisala melodia elegiaca rammemora l'esperienzadel lutto patita dal "frugolo"quando ancora protetto dal nucleofamiliareincontraper subito perderlala femminilità oblativamenteconfidente. Panche di scuola pone in caricaturacon la sequelascoppiettante delle metafore culinarieil luogo elettivo dell'educazione: ilsarcasmo grottesco denuncia l'impatto penoso dell'adolescenteormai solo entrola comunità scolasticacon la perfidia del "nemico mondaccio" el'"onnipotenza del dio Mammone" (p. 494). Infinenel rispetto pienodell'umorismo straniante La principessa di Pimpirimpara descrivei riti dell'entrata in societàdove alle "piccole miserie" causatedall'esibizione di pose virili (sigari e alcool)segueben più pericolosalaseduzione erotica del fascino muliebre. L'ultimo episodio dell'Altrieriprologo al percorso iniziatico di Alberto Pisanisi chiude sulla raffigurazioneonirica di Ego chetornato "collegialinuccioin tunicaazzurra" e rifugiatosi fra le marionette di un teatrinoregredisce ad unainnocua sessualità orale.

Da questa autorappresentazione ironicamente sdoppiata prendeavvio la Vita di Alberto Pisaniin cui la dissociazione fra narratore epersonaggio porta a compimento l'ambizioso progetto di delineare un"ritratto d'artista" d'equivoca ambivalenza: la fisionomia del"gotico" protagonistamentre riflette il "malincònico everginale erotismo" dell'autore (Màrginep. 685)attua nelcontempo la demistificazione parodica dei suoi ideali romantico-scapigliati.

Nella Desinenza in AinfineDossi cerca dioggettivare le ansie dell'io "giòvine" entro una struttura mista chealterna sceneintermezzi e sinfonie. L'"io sol io"tuttaviaètroppo nevroticamente assillante per contentarsi di assumere le vesti di unasemplice comparsa (il Nino Fiore del secondo Atto) o di padroneggiare gli"attrezzi" concessi dalla "dramatica teatrale"la qualeperaltro"non appartiene né alla Letteratura pr. detta" e"neppure all'umorismonon tenendoci l'autore (dopo l'abolizione del coro)nessuna parte a séma dovendo sminuzzare la propria anima fra differentipersonaggi" (N. A.n. 2276). Nella partitura ultrascandita emassimamente sconnessaa venir meno è il sofferto soggettivismo umoristico cheaveva lievitato il pastiche dei due primi piccoli capolavori; né vale arecuperare le note di gaiezza dissacrante il confronto ravvicinato con"pinti romanzi" di Hogartpiù volte richiamato dall'autore. Certodietro la "linea serpentina" s'affaccia

 

un'altra mascheraquella hogartiana (...) e con la stessafunzione delle altre: di conservare intatta ed amplificareagli albori delverismola propria soggettività d'autoredi cui si teme angosciosamente ladisintegrazione.

 

Maappuntole "scritte pitture" e il"graphice scribere" altro non sono che l'ennesimo artificio per"crearemediante arabeschi fantasticiun'unità soggettiva" daopporre alla volgarità prosaica del mondoqui raffigurato sub specie femminea.E poiché "il potere della prosa dell'esistenza" si fa sempre piùalienantenell'"estrosa ornamentalità della forma" sterniana checaratterizza la Desinenza in A e i Ritratti umaniil coloredominante è

 

il nero ¾¾un gran malumore contro gli individui di quella razza alla quale pur io ho ildisonore di appartenere. (Prefazione generale ai "Ritratti umani"p. 904)

 

Altra allora è la valenza storico-culturale che occorreattribuire alle stilizzazioni funamboliche che dissolvono la rappresentazioneunitaria della realtà. Il "tentativo di trovare alla soggettività umanasmarrita un punto d'appoggio dentro di sé" spinge gli scrittoripost-risorgimentali a sfruttare ogni risorsa eccentricamente modulata: ilraccordo analogico fra il discorso narrativo e l'immaginario figurativochevede accomunati molti scapigliatiè un'ulteriore spia dell'inquietudinematurata dagli intellettuali umanisti davanti all'incipiente sviluppocapitalistico. Nella valorizzazione orgogliosa di un ruolo in crisilascrittura letteraria ricerca le linee serpentinele trasparenze indefiniteighirigori arabescatigli acquerelli svaporantitutto pur di difendere lasensibilità individuale dell'artistaminacciata dagli strumenti della modernariproducibilità tecnica.

 

 

Schizziacquerelligite col lapis

 

Colpiscenella produzione di questo quindicenniouna seriedi opere in prosa i cui titoli si corrispondono per sinonimia o assonanza"pittorica". A Praga dobbiamo gli Schizzi a penna("Rivista minima"febbraio-marzo 1865)lo stesso titolo hanno ibrani che Bazzero pubblica sul "Monitore della Moda" (dicembre 1873) esulla "Rivista illustrata di letteraturabelle arti e varietà"(primi mesi 1876). Sempre di questo autore sono gli Schizzi dal mare-Acquerelli;Schizzo dal vero è il sottotitolo di una storiella vana di BoitoQuattr'ore al lido ("Nuova Antologia" 1876)cui si affiancanonella prima edizione TrevesPittore bizzarro e Il colore a Venezia.Vanno poi ricordatesempre di Boitole Gite di un artista (Hoepli 1884)e i due reportages di FaldellaA Vienna. Gita con il lapisAParigi. Viaggio di Geronimo e comp. (entrambi usciti sulla "GazzettaPiemontese" il primo dal luglio al dicembre 1873il secondo in cinquepuntate nel 1878 poiin volumerispettivamente Tipografia C. FavaleTorino1874e TriverioTorino 1887). Ce n'è abbastanza per circoscrivere se non unpreciso sottogenerecerto un'area di testi con caratteri compositivi omogenei:brani breviinizialmente apparsi su rivistad'indole descrittivain cuipaesaggi e figure sono tratteggiati in ossequio alla moda della"macchia" o del colorismo impressionistico. Esile e veloce l'andamentonarrativoappena accennata la silhouette dei personaggia risaltare è lasensibilità acuta dell'osservatore-flâneur che trascrive in direttaimpressioni divagazioni riflessioninate durante le tappe di un percorsoitinerante.

Gli "sgorbii a casaccio"staccati da un"certo libricciolo che mi fu compagno fedele di viaggio"allineano"impressioni genuine di paesid'uomini e di casi" (PragaSchizzia pennapp. 61 e 66). Le varie etichette che accompagnano il tarchettiano Innamoratodella montagna ne sottolineano l'ordito frastagliato: Impressioni diviaggio è il sottotitolo definitivo; la nota in calce alla prima edizionesuonava "impressioni e memorie di viaggio (...) frammenti di un più granlibro"; i capitoli iniziali ribadiscono: Fantasticherie di viaggioAltre divagazioni.

Le "impressioni calde e varie" raccolte da Camilloper Hoepli sonoper ammissione esplicita"lo svago di un artistanon lafatica di un erudito"che ha girato in lungo e in largo per mostre e museid'Europa (Gite di un artistap. XLIV). Ancora: l'intenzione dell'autoredi Schizzi dal mare è "buttar giù qualche poverissimo acquerello"durante una vacanza in riviera; e a meglio chiarirne il timbro evanescenteeccoil ricorso antifrastico alla "carta sciupata"ricca di notazionidottesubito messa da parte e sostituita da un "albo sfogliato e duepennelli arruffati" (p. 148). Faldellaper parte suain cammino versol'Esposizione Universale di Vienna del 1873osserva il paesaggio lombardoattraverso "i piccoli quadrelli dei finestrini" ferroviariintarsiando richiami colti con curiose divagazioni "a lapis" e ricordache anche il reportage parigino nasce come un "taccuino di noteprese col lapis caldo".

Insommae le citazioni si potrebbero moltiplicaresiamonell'ambito di appunti di viaggiostesi su ritmi discontinui e dai contorniindefinitiin cui confluiscono molteplici inedite suggestioni.

Nell'epoca in cui i grands tours dei giovaniaristocratici si trasformano nelle escursioni dei turisti borghesi (i parigini"memoriali di touristes"cui ammicca Sacchettiin Eufrosinain Il forno della marchesa e altri raccontip. 21)gli scrittoriscapigliati recuperano il modello ormai consolidato del Sentimental journeye dei Reisebilder heiniani (in ambito lombardo il precedente piùimmediato era Il viaggio di un ignorante di G. Rajberti1857) e loriattualizzano alla luce dei fenomeni nuovi dall'indubbio fascino: l'esperienzadella "velocità" conquistata dalla ferroviala fantasmagoriastraordinaria degli spettacoli esoticila magia travolgente delle EsposizioniUniversalicolme di gente merci e prodotti d'arte. A favorire lo sgranarsi atrama larga delle note divaganti è l'adozione di un genere descrittivo che sindalla denominazione esibisce la sua vicinanza con le arti pittoriche: ilbozzetto. Il "taglio" agile e breveinaugurato sui periodici inquegli anni e destinato a rapida diffusione ¾¾fino alla "bozzettomania" contro cui si scaglierà il verista DeRoberto ¾¾ eraideale per ricreare il "color locale"ritrarre "figure amacchia"schizzare scenette campestri en plein air. Sullo sfondoricco di stimoli artistico-intellettualisfolgorava il modello di eleganzasaggistica delle baudelairiane recensioni ai Salons parigini.

In questa osmosi di scrittura letteraria e codici iconicialcuni critici (P. NardiG. MarianiG. Scarsi) hanno voluto leggerel'applicazione della tesi rovaniana sulle "mutue rispondenze" fra Letre Arti (TrevesMilano 1874)a conferma del magistero scapigliatodell'autore dei Cento anni. Non c'è dubbio che il termine"schizzi" alluda alle modalità grafiche del disegnoben conosciutedal pittore Praga o dall'architetto Boito. E tuttaviacome ha chiarito Baldiil saggio di Rovani non addita un'ipotesi di confusa commistione o"affinità"propone semmai una visione unitaria della praticaartistica chenel decennio '65-'75acquista un timbro di polemica attualità.

Per comprendere l'assetto originale di queste prose pocogiovano gli aneddoti di scapestrata vita in comune o i richiami canonici allatradizione pittorica e letteraria. Più utile si rivela il confronto con leinclinazioni raffigurative promosse dai nuovi circuiti editorialiall'internodi quella "repubblica della carta sporca"di cui gli scapigliatierano ospiti assidui. La partecipazione alle riviste di varia umanitàmoda ecostumeper un versoli induce a cimentarsi in prove inedite di scrittura"giornalistica": Praga invia gli Schizzi a penna in rispostaalle richieste di Ghislanzoni per la "Rivista Minima"; Faldella"ghermito agli ozi campestri e letterari del suo villaggio e spinto allabatteria elettrica della corripondenza giornaliera" (Salita aMontecitorio)stende i suoi reportages da Vienna e Parigi per la"Gazzetta Piemontese"; Boitoinfineappresta le sue Gite di unartista accorpando recensioni e articoli usciti sulla "NuovaAntologia". Persino Bazzero comincia a colorare i suoi Acquerelli suincoraggiamento dei redattori della "Vita Nuova". Per altro versoilcaleidoscopio di illustrazioni che dilaga sulle pagine delle riviste eccital'estro figurativo dei narratori. La proliferazione degli "schizzi apenna"se certo risente degli influssi pittorici delle Esposizioni e delgusto diffuso della moda parnassiananasceanche dalla voglia di contrastarecon forza d'artel'"esplosione dell'immagine a tutti i livelli" sucui l'editoria periodica milanese fondava i suoi successi. Ragone ricorda come"L'illustrazione italiana" di Treves sia sede di una collaborazioneintensissimain cui spesso "il letterato si trova a costruirecomesemplice portatore di competenza tecnicail contesto dell'illustrazione".Negli autori di più alta consapevolezzaforse di maggior narcisismoilrapporto con i nuovi codici iconici avviene nelle forme della sfidaconcorrenzialemai della subalternità imitativa. Così è per il poeta-pittorePragaper l'architetto-critico Boitoper il collezionista archeologo Dossiper l'antiquario d'armi Bazzero. A tutti questi "malati d'arte" da'voce sincera il faldelliano Cirillo: "Io odio i giornali illustrati" (Ilmale dell'artep. 93).

 

 

La tavolozza dei letterati girovaghi

 

Nel boitiano Colore a Veneziacon il suo sottotitoloironico-esplicativo (Queste annotazioni sono tolte dall'albo di unartista pedante)la descrizione degli splendori della città lagunare èaffidata alle "impressioni"alle "sensazioni"alla"sensibilità nervosa" della mente del pittore"più fortunatadella macchina fotografica"perché in grado di "serbare vivo ilricordo dei motidelle espressionidelle formedella luce e delle tinte"(p. 433). Dall'antagonismo conflittuale con gli strumenti della riproducibilitàtecnical'arte dell'avvenire ricava stimoli inediti per raffinarsi:

 

si capiva bene come egli non intendesse a riprodurre sullatela ciò che la fotografia porge materialmente e che centinaia di pittoriritrassero prima di luibensì volesse dare una sostanza corporea all'immaginetutta idealeche la piazza San Marco aveva suscitato in date condizioni di lucee in date circostanze sull'animo di lui pittore. (ivip. 437)

 

Scandito sulla contrapposizione oggi-alloraun analogoconfronto spiegaagli occhi di Bazzeroil "vezzo ribaldo" di

 

schizzare degli acquerelli fuggi-fatica: così e cosìquattro pennellatesenza fondosenza un contorno decisomagari spropositatidi disegnosu un brandello di carta qualunque. (...) Adesso c'è la fotografia.(Schizzi dal marep. 221)

 

La prosa dell'impressionismo soggettivista ha ormai la stradaspianata e quanto più ciascun autore rispetta le proprie singole percezioniimmaginosetanto più l'acquerello e la figurina acquistano tonalitàinconfondibili. L'aveva già dichiarato il solito Cirillo: "Il paesaggionon deve essere né convenzionalené fotograficoma deve scaturire dalprofondo dell'animo" (Il male dell’artep. 71).

Nelle Gite di un artistaBoito riserva un'attenzionepreziosa agli effetti plastici creati dalle variazioni luminose ein questasorta di "taccuino-tavolozza"gli scenari di storia e natura sicompenetrano in un impasto coloristico intriso di colta ebbrezza melanconica. Sela "campagna fra Villafranca e Custoza" diffonde per l'aria"un'agitazionelentagravefunerea" (L'ossariop. 5)neltragitto da Milano a Ulma "la fantasia si smarrisce in vaghe visionil'animo si allargamentre il corpo nell'aria sottile si sente più snello epiù forte" (La Bavierap. 198). Pur non abbandonando mai il tonoun un po' blasé del letterato cosmopolita"il pittore vagabondoche gira l'Italia in cerca di cose da dipingere e di donne da amare""matura ben presto una "sensibilità nervosa" e irrequieta chetrasforma anche le sue passeggiate in coinvolgenti "avventureestetiche" (M. Dillon Wanke).

Più mossa e intimamente raffigurativa la tecnica pittoricaadottata da Praga negli Schizzi a penna: in queste "pochepagine" strappate dal vecchio albopredominano i procedimenti discomposizione screziata delle immagini: "In quel rossoin quel gialloinquel lucidoè tutta una gaja e vagabonda vita di artista" (p. 65). Ilresoconto di viaggio intreccia alle pennellate cromatiche le linee guizzanti deiprofiliin un incastro abile di toni leggendari e squarci realisticipreannuncio di alcune delle pagine più felici delle Memorie: i ritrattidella vecchia montanara e di Baccio vicino alla fontanai paesaggi notturni delvillaggio o del presbiterio "immerso in una nebbia diafana" (p. 90).

Lo stesso timbro di inquietudine nervosa caratterizza gli Schizzidal mare di Bazzeroanticipatori secondo Mariani e Gioanola di atmosferecrepuscolari: "facendomi il poeta dei crepuscolivorrei coll'animaillanguidita della seravorrei pregare la Madonna" (p. 151); "Eperché di quei fiorellini io colgo e bacio l'appassito?" (p. 232). Neibrani lievitati da un impossibile desiderio di pienezza vitalele clausoleiterativegià presenti in Riflesso azzurrointensificano le sfumatureraffinate del chiaroscuro; quando l'acquerello riesce a superare le note dellaleziosità compiaciutai toni evanescenti della "carissima tavolozza"(p. 228) preannunciano un languore intenso di marca decadente.

Animate da una vena di eccentricità espressionistasisnodano invece le "note con il lapis" di Faldellainviato specialeall'Esposizione Universale del 1873. La tecnica "a lineole a singhiozzisenza congiunzioni di grammatica e di pensiero" (A Viennap. 92)ben rende L'effetto di vapore su cui si apre il libro e le Venti oredi strada ferrataaltra puntata del reportagepassano

 

come il corso di un nastro a colori svariati (...) Il verdedei pratiè condotto più dolcementele curve del suolo molleggiano; festonidi fiori inghirlandano le finestre e le porte delle case; il bianco delle lorocornici vince il bianco delle paretie alcune di queste sembrano stuoiegranulose (p. 237).

 

Il "Reisebilder italiano"per dirla con le paroledi un comune amico scapigliatoassommava

 

Finezzemezze tinteminiaturepaesagginovellinebizzarrierubrica di parolesapienza di linguarivelazioni di estetica.

 

E' questo eclettismo erudito a guidare l'ottica complessivadel letterato flâneur in terra mitteleuropea: il pastichepiùche trascrivere i moti umbratili di una sensibilità morbosapunta acontrastare polemicamente le consuetudini linguistiche e comportamentali deiviaggiatori comunila "gente grassa" checon omaggio al Giustiviene sbeffeggiata alla fine del capitoletto intitolato Guide. Ilcorrispondente della "Gazzetta Piemontese" mette subito in guardia isuoi lettori:

 

Non isperate che io vi annoii con la descrizione di unacattedraleché le cattedrali sono diventate troppo pericolose dopo lapubblicazioni di certi libri descrittivi. (p.101)

 

Poiché "la vera essenza qualitativa di una cittàconsiste in cento nonnulla" (pp. 58-9)Faldella rifiuta la prosa sciatta egrigia dei Baedeker turistici eindugiando sui singoli dettagliscopresfumature incomprensibili ai piùrisvolti coltidimenticate reminiscenzeletterarie.

Lontana dall'andamento ritmicamente franto degli Acquerellidi Bazzero e dalla trascolorante semplice eleganza degli Schizzipraghianiqui la scrittura espressionista poggia su una "deformazioneosservativa" che si traduce eminentemente in un impasto lessicale dipurismidialettalismineologismi di cui lo stesso autore spiega la ricetta altermine del libro nella famosa Autobibliografia.

 

Vocaboli del trecentodel cinquecentodella parlata toscanae piemontesismi; sulle rive del patetico piantato uno sghignazzo da buffone;tormentato il dizionario come un cadaverecon la disperazione di dargli vitamediante il cantoil pianofortela elettricità e il reobarbaro (p. 246).

 

Anche nell'opera sollecitata dal viaggio a Parigi perl'Esposizione del 1878la scoppiettante prosa faldelliana trascrive impressionicuriose:

 

Quel ponte è una smisurata gabbia rettangolare da elefanteche gitta nell'abisso le sue proboscidi articolate. (A Parigip. 97)

 

L'arrivo a Berna suggerisce l'atmosfera della città svizzeracon un’immagine sinteticamente azzeccata:

 

Ai nostri viaggiatori nell'entrare in Berna parve di entrarein una scarpa; imperocché le vie di Berna hanno proprio il liscioil coloreil tepore freddocome disse Pino Goldie la convessità delle paretiinterne di una scarpa. (p. 101)

 

Poilo spettacolo rutilante dell'Esposizione travolge ivisitatori; la capitale francese non solo riporta la sua "rivincita"ma mette in mostra meraviglie prodigiose:

 

In effetto si avanzava il drago meccanico inaffiatorequasiscotendo il giogo del lungo tubo elasticoche lo allacciava alla sorgentetromba idraulica; si avanzava saltellando come un capriolo; si torceva e siinserpentiva accusando convulsioni intestine; si inerpicava certe voltecome uncavallo ombroso sulle zampe di dietroe sputavavomitava continuamente daicontorcimenti della bocca rabbiosa la più proprizia acqua irrigua. (p. 161)

 

In A Parigituttavial'autore abbandona laprospettiva in presa direttaadottata non solo nella prima Gita con il lapisma anche nel Viaggio a Roma senza vedere il Papa("Fanfulla" 1874poi in volume PerinoRoma 1880)per affidare vocee punto di vista ad una controfigura interna: il "dabben sindaco"Geronimocui si affiancano il segretario comunalePino Goldie le rispettivesignore. L'inserimento delle note giornalistiche entro una struttura piùcompiutamente narrativa complica e appesantisce l'andamento del resocontoatutto discapito dell'effervescenza espositiva. Ha ragionealloraVassalli alamentare il rischio che Faldella "si geronimizzi"assumacioèsenza il filtro dell'autoironial'ottica bempensante del"provinciale" che distorce ogni confronto fra il paesino diMonticellada cui la compagnia è partita e a cui non vede l'ora di ritornaree la tentatrice ville lumière. I commenti moralistici sul Mabilleil doppio volto di Parigi di "carta" e vista "dal vero"l'attenzione alle domestiche beghe di coppia falsano il timbro del discorsofrenandone il ritmo con una serie di osservazioni banali.

Meglio allora ritornare alla scrittura screziata dell'operadi maggior successo dell'onorevole di Saluggiaquelle Figurineche sindal titolo rimandano alla tecnica pittorica. Come già segnalava un criticocoevo: "Faldella ha mutato la penna in pennelloil libro in unatavolozza" (F. Cameroni"il Sole"ottobre 1875). In questadozzina di "libere rapsodie" cheprive di ogni incorniciamentorompono con le convenzioni tradizionali della narrativa rusticalela tipologiacompositiva trapassa dal quadretto esemplare (High life contadina) allafiaba boschiva (La figliuola da latte)dalla parodia scapigliata (Gentilina)all'idillio con finale edificante (CarluccioLord Spleen).Apparsi sulle "Serate Piemontesi" e sulla "Rivista Minima"di Farinai "tritoli di racconti"secondo l'autodefinizionefaldelliananon puntano mai a comporre un affresco pluridimensionale o unritratto dal vero dei costumi paesanima cesellano silhouettesminianoghiribizziricamano arabeschi che inseguono le giravolte del fumo ora"patitocompassionevole" ora "lussuriosopettoruto" erincorrono i giochi di chiaroscuro che gli spruzzi di nevesimili a"virgole di gesso"disegnano nell’aria buia. Bazzeroper indicarei pezzi corti in contrapposizione alle "operone"usa il termine"elzevir" (Animapag. 44). Appunto: le Figurinecalandosi a bell'agio nella misura breve promossa dai nuovi circuiti editorialiinaugurano un genere di prosa che tanta fortuna godrà nella nostra letteraturadi fine secolo e soprattutto dei primi decenni del Novecento.

 

Capitolo VI ¾¾Ritratti di giovani artisti

 

Protagonisti ventenni e immaturi

 

Età: vent'anni; sesso: maschile; estrazione sociale:borghese; professione: artista. Occhi: neri o azzurrissimima sempre"pieni di fuoco esprimenti una strana potenza d'affetto" (Capriccio);segni particolari: aspetto bello e impossibile.

Il documento d'identità della stragrande maggioranza deipersonaggi scapigliati non si discosta da questo immaginario paradigma. Certonella galassia variegata dei comprimari che affollano le opere di Boito ecompagni si incontrano anche aristocraticiil barone di Rosen il duca Giorgiomolte nobildonne; popolanila coppia dei promessi sposi Luigi e Paolina (Paolina)Teresa (Macchia grigia)Mansueta e Baccio (Memorie del presbiterio)Carluccio e le "villane" delle Figurine; s'affaccia sulproscenio qualche vegliardononna Giacintal'orientale Yao del Trapeziolo zio prossimo a morte del Demonio mutooltre a sacerdotimedici ecolonnelli che ormai maturi scoprono di non aver capito molto della vita. Enaturalmenteaccanto agli eroisvettano fatali dark ladies o sedicennifanciulle in fiore. Ma appunto le eccezioni confermano la regolae moltospessoautonegandosila corroborano ulteriormente: i nobili assumono per lopiù comportamenti signorilmente borghesile povere madamine si rivelano figliedi marchesii vecchi prendono la parola per rievocare la stagione della lorogioventù; le "fosche" e "sensuali" seduttrici sono doppispeculari del protagonista. Ecco perchéalla fineil lettore di racconti eromanzi scapigliati si convince di essere stato in compagnia di un solopersonaggio prototipo dai lineamenti inequivocabili.

A rafforzare quest'impressione di lettura è il dato davverounificante che caratterizza i personaggi della narrativa post-risorgimentale:gli attori delle vicendesia che si muovano nella contemporaneità sia cheagiscano nel passato memorialmente recuperatosono immancabilmente edichiaratamente ventenni. Giorgiodalla "gioventù ricca di moltepassioni"si innamora di Clara e Fosca a 23 anni; la stessa età haLorenzo Alviati"dovizioso elegante""anima nobile epura"; di un solo anno più vecchi Riccardo Waitzen e l'amante di Carlotta(Un corpo); poco più che ventenne è la contessa Livia quando siinvaghisce di Remigio. L'Emilio praghiano"originale" e"curioso"è un "giovine pittore" di vent'anniforse lostesso ventenne che alloggia nello "studio circondato d'olmi" in un"quartiere remoto e tranquillo" di Milano (Tre storie in una)poco distante magari dalla casa del mago dove Alberto Pisani"di un ventianni e coda" (Vitap.86)incomincia a scrivere il libro per donnaClaudia. L'"autore" di Baciale 'l piede ha "diciottoanni"è coetaneo di Paolo maestro di musica"ricco soltanto digioventù e di speranze" (La canzone di Weberp. 123)di ArmandoM."superbamente fattobellonella freschezza dei suoi vent'anni" (Capricciop.152)e così via nella lunga galleria di giovani chein cerca di mortedigambe o di donne idealisi atteggiano tutti a controfigure dei loro creatori.

Il romanzo di Cletto Arrighi che dà il nome al movimentoLaScapigliatura e il 6 febbraioderiva la sua esemplarità anche dallaspecifica indicazione generazionale: gli "eroi in rivolta" checompongono la Compagnia brusca (cap. I) sono tali perché abitanola dimensione vitale ed emotiva della gioventùi Flegeljahreper usareil titolo di un romanzo di Jean Paulallora di gran moda e che in traduzioneitaliana suona Anni di scapigliatura giovanile. E' l'età chesecondo"la cultura occidentale moderna racchiude in sé «il senso dellavita»"nella agonistica aspirazione alla maturità e nel suo implicitorifiuto. Se ricordiamosempre con Morettiche il primato attribuito dalromanzo ottocentesco agli eroi giovani è "connesso ai processi ammaliantie pericolosi della modernità"la narrativa che inaugura la letteraturadell'Italia unita acquista un rilievo storico-ideale decisivo.

A imprimere il marchio originalmente scapigliato a questagioventù "inquieta e travagliata" è l'enfasi costante con cui se nesottolinea la professione creativa: ancora una volta Arrighi aveva colto nelsegno quandoschizzandone il ritrattoaveva scelto come suoi rappresentantipoeti commediografi litografisti. Ed ecco infatti avanzareoltre ainumerosissimi già citatii letterati viaggiatori degli Schizzi a pennae degli Acquerelligli artisti di Gualdo in preda a capricci o aallucinazionil'esordiente disegnatore Roberto Marini del racconto giovanile diDossi (Per me si va tra la perduta gente)il terzetto protagonista del CesareMarianiCirillo del Male dell’arte e Pinotto di Rovineimusicisti della trilogia tarchettiana Amore nell'arte in compagnia deipittori boitiani più o meno bizzarridel bozzettista sacchettiano di Eufrosina.Lettere da Sorrento e di Guido di Entusiasmi. IlKüünstlerroman (il romanzo dell'artista) è davvero il modelloparadigmatico della narrativa scapigliataa testimonianza e difesa diquell'"aura" che la società positiva dei traffici tendeva aoffuscare. Ma sul binomio "arte e gioventù" ci siamo già soffermatia sufficienza; orapiuttostoconviene analizzare come il giovane protagonistain attesa d'amore e di famaoccupi il centro della scena.

 

Solitari egocentrici

 

In molte opere il personaggio si presenta al lettore sullasoglia del testo e il titolo non lascia dubbi su chi sia il perno della vicenda:Lorenzo AlviatiRiccardo WaitzenCesare Marianie poi BouvardRiccardo il tiranno Vita di Alberto PisaniIl viaggio delduca Giorgio. Per le protagoniste femminilibasta il nome proprio: FoscaPaolinaNarcisaTota Nerinaa riprova di una convenzionechenel nostro paeseconosce poche smentite. A fronte di Eugenie GrandetMadame BovaryEffi Briest e Anna Karenina noi continueremoa leggere EvaTeresaArabellaGiacinta.

Più curiosamente scapigliata è la consuetudine di indicarenel corso del raccontosolo l'iniziale del patronimico: il più celebreVincenzo D. (Una nobile follia) apre la strada a Federico M. (Unosso di morto)Alfredo M. (Storia di un ideale)Eugenio M. eLorenzo D. (Storia di una gamba)il barone di B. (Uno spirito in unlampone)il marchese di B.con i suoi compari "il conte di F.ilbarone di C.il cavaliere di Z." (Paolina)Armando M. (Capriccio)Arnoldo D. (Una scommessa)il cav. G... (Da uno spiraglio): quasiche il narratore voglia alludere a un'identità ben nota nella cerchia ristrettadel pubblico elettivo. La sceltacara soprattutto a Tarchetti e Gualdo (se siesclude il vezzo dossiano di autonominarsi D. nelle Note azzurre)suggerisced'altrondela fisionomia eminentemente privata di questipersonaggi. A determinareinfattiil loro destino e il corso degli eventi sonoi dati biologicisesso etàe un mestiere dettato dall'ispirazione piùsegretascioltoalmeno nelle intenzioni di chi lo esercitada vincoli dianagrafe sociale.

La "narrativa dell'io" di marca scapigliataqualunque siano le coordinate di genere adottateesalta la solitudineegocentrica del protagonistaammantandola di connotazioni esistenziali eproiettandolaperciòben al di là degli schemi cari alla poetica romantica.A fondamento dell'intreccio non c'è più lo scontro frontale tra l'eroe e lacollettivitàsancitoal termineda un'esclusione di morte o da una meritataintegrazione nell'ordine comune: qui il conflitto oppone l'io al séin unadialettica di indole antropologica che intreccia desideri di possesso e ansieregressiveambizioni di gloria e istinti masochistieros e thanatos insomma.Eccola l'origine endogena del dualismo in cui si dibattono gli eroi maledetti. Idue estremi possono indicare polarità divergentima la tensione primaria nonoltrepassa quasi mai i confini dell'interiorità: la lotta morale fra fatalitàe libero arbitrio è il Leitmotiv ossessivo dei libri di Tarchetti; il"male" di Cirillo s'origina nell'intrico dei suoi "tanti ii";le antitesi boitiane si dispongono entro lo spaziosimbolicamente chiusodiuna scacchiera o di un trapezio; le "quasi-autobiografie" dossianemettono in scena sempre e unicamente "l'io sol io"; l'inclinazionecomportamentale che Camillo Boito invita ad assumere davanti alla "vanitàdelle cose mortali" presuppone uno sdoppiamento psichico: "Ciascunindividuo ha da contenere due esserisinceri entrambi: l'attore e lospettatore" (Dall'agosto al novembrepp. 90-1).

Anche per questo restringimento di campo narrativolaScapigliatura è testimonianza crucciosa del passaggio nodale che il paeseconosce nel quindicennio immediatamente successivo all'Unità. Lo sviluppodell'urbanesimo moderno apre una frattura irriducibile fra pubblico e privato:storia e destino non sono più correlati e la sfera protetta dell'esistenzafronteggia la dimensione competitiva degli scambi sociali. Spetta agli scrittoribohémiens cominciare a dare conto del sopravvento che il "mondointerno" piglia sempre sul "mondo esterno" (Vita di AlbertoPisanip. 237): la constatazione che in terra lombarda vi siano poche"Educazioni sentimentali" e nessun Bel Amima molte storielle vane einnumerevoli Bouvard rimanda più che a incertezze d'autorealla debolezzadella tradizione romanzesca italiana e ancor più alla fragilità strutturaledel nostro assetto borghese.

Meglio si comprendonoorale ragioni della scarsa rilevanzadei pur copiosi misteri cittadini o della povertà culturale di cui peccano ivari libri d'ispirazione sociale: la narrativa post-unitaria non delinea mai loscenario della civiltà urbanaquale si andava affermando sotto le guglie delDuomoanche perché i "tritoli di racconto" e i "frammenti dilibri" rifuggono dalla rappresentazione del "sistema dellerelazioni" entro cui si organizza la totalità romanzesca. Per nullacoinvolti dai meccanismi dello sviluppo produttivogli scapigliati pocos'interessano alle dinamiche connettive fra io e mondo.

Ciò non significa che dal tessuto sfrangiato del raccontonon emerga un diagramma preciso dei rapporti di forza: anche le figure"strane e fatali" si muovono entro un ambito pubblico capace dicondizionarne scelte e comportamenti. Cosìla vicenda di Beppe e Gina ripetesia pur in una sequenza retrospettivalo scontro di classe fra la coppia dicontadini e il potente locale(Memorie del presbiterio); lastoria di Paolina ne fa il cardine della trama principaleanche se lo subordinaalla perfidia dell'intrigo incestuoso. Vade retroSatana (C. Boito)disegna un brutale conflitto di interessi finanziario-speculativi ma cala ildiavolo tentatore nelle vesti sgargianti della donna del capo e la tavolozza diFaldellaincline a miniare le sane Figurine del mondo campagnoloneoffusca però le condizioni materiali di vita. Più incisivosemmail'affrescodi realtà offerto dai quadri d'interni schizzati con snobismo ironico da Dossie Gualdo. I ritratti dei maggiordomi (Paolino nella Vitaun perfettoJeeves ante-litteramPietro "il vecchio servitore" della Villad'Ostellio) illustrano esemplarmente l'atteggiamento di deferentesuperiorità intellettuale e sentimentale assunto dai subalterni verso ipadroninelle famiglie della nobiltà imborghesita. Con ombreggiaturealtrettanto sfumatenella strategia geometrica di una partita a scacchi Boitoinscrive un'opposizione di indole sociale: contro Anderssenproprietariolatifondista arricchitosi col giocolotta un self made mandegno dicomparire nella galleria allestita da Lessona in Volere è potere.L'Oncle Tominfattidopo aver riscattato la sua posizione di schiavo con lostudiooggi "è uno dei più ricchi possidenti del cantone di Ginevrahadelle mirabili coltivazioni di tabacco e per un certo suo segreto nella conciadella fogliafabbrica i migliori zigari del paese" (L'alfier nerop. 398). Se l'antagonismo fra ceti diversi reggesin dal titolole novelle diSacchettiTenda e castello e soprattutto Cascina e castellonell'opera di Tarchetti il populismo democratico ispira commenti vibranti sullavoro operaio o sullo squallore delle periferie urbanementre il disprezzo perl'inoperosità improduttrice di dandies e zerbini (RiccardoWaitzento. Ip. 607) e la condanna senza appello del dissoluto marito diFosca s'accordano con la mentalità fattiva della capitale morale. Suggellaquesta veloce carrellata l'ancipite riprovazione classista che accomuna l'interapattuglia scapigliata: quanto più feroce suona la satira control'"infrollita" aristocrazia che riempie i teatri milanesisenza nullacomprendere d'artetanto più irredimibile è l'infamia che marchia il mondobottegaio dei commerciantisempre e dovunque rozzi e volgari.

Insommain una prospettiva d'indagine sociological'analisiminuta e puntuale riesce a individuare nei singoli testi una serie di elementi"tipici"per quanto scorciati della civiltà postunitaria. E tuttavianon il panorama delle forze collettive occupa il centro della narrativascapigliatané i conflitti economici sostengono la dinamica dell'intreccio: lesingole notazioni particolari rifrangono un climaallestiscono uno scenarionon costituiscono mai il fulcro del racconto. Altra e più riposta è ladimensione entro cui si sviluppa la rete dei rapporti fra i personaggi: l'avevagià indicata Tarchetti quandodefinito il romanzo "la storia del cuoreumano e della famiglia"annunciava polemicamente: "Ho desiderato diconoscere l'uomol'uomo solo" (Idee minime sul romanzoto. IIp.523)

Il fuoco della produzione scapigliata è collocato nellasfera dell'intimità privataricca di rovelli esistenziali. Ovvio e un po'superfluo ribadire che in questa "narrativa dell'io"post-romantica epre-positivistaprevalgano i deliri morbosi e gli incubi fobici; piùinteressante anticipare che per lumeggiarli Dossi e compagni ripudino i modulianalitici dell'approfondimento psicologico. Decisivo chiarire subito che lastoria della famiglia resta un'ipotesi progettualesenza rappresentazionealcuna: nel passato e nel futuro dei giovani personaggi il nucleo domestico èper lo più assente o infidamente traballante.

 

 

Senza famiglia

 

E' stato opportunamente osservato che "il romanzostorico è un romanzo prevalentemente prematrimoniale"dove la lontananzaforzata degli amanti prelude o a una felice unione o alla separazione definitivadi morte. Altrettanto nota la centralità che assumono le crisi coniugali peradulteriovero o presuntonei testi teatrali e narrativi di fine Ottocento.Ebbene gli scapigliati s'inseriscono in una fase di passaggio e illustrano ilvuoto che si apreai loro occhitra il declino del vecchio modelloaristocratico-patriarcale e l'affermarsi del nuovo ordine mononucleare. Dellafamiglia borghesecellula primaria della societàin cui affettidisinteressati e convenienze economiche si stringono in un unico nodonon c'ètraccia in queste opere: l'arco temporale del racconto pare anzi occupare duezone estreme di latenza. Da una partela Vigilia di nozzesecondo iltitolo di una bella novella di Sacchetti che allude allo stato d'attesa in cuisi consuma la maggior parte delle vicende sentimentali; dall'altra Requiem:così un Acquerello di Bazzero sancisce l'unico esito possibile dellegame d'amore. Quandobenintesola follia non abbia già condotto alladisintegrazione dell'io e di ogni possibile convivenza a due. Nel mezzounperiodo di attrazione fatale che duraper dirla questa volta con BoitoMenod'un giorno otutt'al piùDall'agosto al novembre.

E' il multiforme campionario narrativo di Tarchetti aoffrirci lo spettro esemplare degli innamoramenti destinati allo scacco. Latrilogia dedicata ai musicistiLorenzo Alviati Bouvard e RiccardoWaitzenesibisce in modi canonici l'inconciliabilità fra "amore earte"le due tensioni che governano l'esistenza di tutti i giovaniprotagonisti. Il conflitto verrà rimodulato da Praga (Tre storie in una)approfondito da Gualdo (La gran rivale)riformulato con accentipositivisti in Un corpo di Boitoproiettato sullo sfondo risorgimentaleda Sacchetti (Guido e Dosolina in Entusiasmi)esasperato nel faldellianoMale dell’artedove Cirillo giunge addirittura ad ammazzare la mogliemodellamesso in parodia da Dossi che allestisce il suicidio di Alberto sul"desiato corpo" di Claudiaormai cadavere. Il gioco dei sentimentivariale cadenze espressive vi si adeguanotrascolorando dalmelodrammatico-morboso dell'autore di Fosca alla galanteria mondana diGualdodalla sensualità nevrotica di Boito fino ai poli opposti del realismosacchettiano e dell'ironia straniante di Dossi e Faldellama la composizionefinale del quadro non cambia. L'ansia di assoluto non concede compromessi: ladedizione all'attività inventiva impone compiti arduiindirizzando lacreatività verso perfette immagini ideali. Sarà anche verocome sostieneCirilloche "Il genio senza la donna è come il gas illuminante prima chegli si avvicini la fiamma: non si vedesolo se ne sente il fetore" (Ilmale dell'artepp. 76-7)ma il femminile "astro di luce"calato nella realtànon galvanizza l'ispirazionela brucia finoall'esaurimento.

Anche oltre la cerchia degli artistinessun legame conoscela gioia dell'affetto scambievole. Sono ancora le figure tarchettiane a guidarela schiera degli amanti infelici: Giorgiodiviso fra Clara già sposata e Fosca"l'isterismo fatto donna" (to. IIp. 271)alla fine può solorifugiarsi fra le braccia protettive della madre resuscitata in extremis("mia madre che perdetti fanciullo" p. 285"l'arrivo di miamadre" p. 426); sir Robert si butta nel Vesuvio perché si crede traditodalla fidanzata Mariache s'accompagnainvecea un giovane fratello ritrovatodopo molte traversie; il destino di Paolinagià segnato da una nascitairregolareripete coattivamente la sorte materna (stessa etàstessa malattiamortalepersino stesso seduttore); l'innamorato della montagna è tale perchéquelle balze accolgono la tomba della promessa sposa diciassettenneil cuiricordo continua a ispirare "antiche melodie"; l'amputazione di unagamba grava di sospetti e risentimenti la passione fra Eugenio e Clemenza; lavicinanza del "fatale" barone di Saternez mina pericolosamente lasalute di Silviae così via tra smanie e tormenti fino alla morte.

Nei testi degli altri narratorimutano gli schemivarianogli intreccisi modifica la fisionomia degli amantima l'epilogo sanciscesempre la vittoria di thanatos su eros: nel primitivo impatto col disagio dellaciviltàl'istinto del piacereper quanto sublimatosi ribalta subito inpulsione di morte. Il racconto scapigliato dell'amore può calarsi nelle notememoriali della melanconia elegiaca (LisaLa cassierinaElviraRiflesso azzurro)velare con l'ironia del pudore il virginale erotismo (Principessadi PimpirimparaVita di Alberto Pisani)modularsi sullecadenze del rancore o del rimorso (SensoMacchia grigia Ildemonio muto)riproporre le funeste passioni di età antiche (Candaule)rievocare folli infatuazioni per dame di corte (Capriccio) o incontridettati da frenesie incestuose (Notte di Natale)avviare un dialogo conl'ombra di un fantasma femminile (Anima)condensarsi persinonell'apologo icastico di Tonio lo scemo del villaggio (Memorie delpresbiteriopp. 125-29)ma sarà sempretarchettianamente"storiadi un ideale". Quando il desiderio rischia di tradursi in realtài timbridella censura rimozione condanna invadono la pagina. Il mistero che aleggiaintorno al presbiterio di Praga riguarda una relazione proibita e un'ingannevoleattribuzione di paternità; in un'antica Spagna leggendarial'"ultimabrage" di un cero velenoso brucia il destino di una dinastia regale e ilcasto amore fra cugini adolescenti (Iberia); tutte le vicendesentimentali delle Storielle vane sono proiettate "sullo sfondo dilegami passati e finititanto conclusivi che portano direttamente o alla morteo a sue varianti metaforiche".

Ancora peggio vanno le cose quando il matrimonio è giàstato celebrato. Tenda e castello e Candaule ne sanzionano la finecol sanguementre Riccardo il tirannodell'omonima novella sacchettianaavevatutte le ragioni d'opporsi all'unione dell'amico Giovanni con Bettina. Lalettera di Fosca descrive l'inferno della convivenza con il finto conteLodovico; sulle note della "canzone di Weber"Ida incomincia alasciarsi morire il giorno stesso delle nozze; la solitaria stanza di Guglielmosi trasforma in "un nido"solo grazie agli effettidell'"allucinazione". Alfonsinala moglie modella di Cirillopassatada "cervelloticheria" a figura realenon merita che la morte persoffocamento e nei dossiani racconti delle Due moraliun provocatorio happyend premia chi contravviene alla volontà paterna e infrange le regoleistituzionali del matrimonio (La maestrina d'inglese). Le pocheeccezioniVincenzo D. e Teresa (Una nobile follia)Rosen e Emilia (Incerca di morte)Giulio e Maria (Cascina e castello)sono confinatenelle zone marginali del testoprologo e epilogo.

L'unica coppia protagonista di sposi felici "sidissolve"forse rifugiatasi in "qualche rosea regione sconosciutaconfinante con la terra" oppure "compenetrata con gli albericoicespuglie con gli arrampicanti della villa" (La villa d'Ostelliop.84). Ma questa novella di Gualdo è appunto una "leggenda popolare"intorno a una dimora vetusta che "acquistò fama d'esser fatata".

Nel passatod'altrondele vicende di casa non procedevanomolto meglio: una ugual legge rovinosa governa la vita domestica nella famigliad'origine. Figli di padri ammalaticome recitano i versi praghianii giovanipersonaggi scapigliati brancolano nel buio senza guide autorevoli.

La stragrande maggioranza dei protagonisti sono orfani.Riccardo Waitzen: "il giovane non aveva né padrené madreanzi non liaveva mai conosciuti"(to. Ip. 605); "a dieci anni Bouvard era rimastosolo nel mondo" (to. Ip. 632); il folle Vincenzo D.: "Io non conobbiné mio padrené mia madre" (Una nobile folliato. I p. 419). Ilvuoto alle loro spalletuttavianon fortifica il senso di responsabilitànelle scelte della stagione adultacome accadeva a Renzo Tramaglino o a CarlinoAltoviti; acuisce semmai lo smarrimento indotto dalla caduta dei valoritradizionali. Per lo più neanche nominatii genitorise e quando compaiono inscenasono immagini larvali: confinate sullo sfondo dell'infanzia le madri;destinati a morte precoce i padri: "Della mia famiglia non conobbi che duemoribondimio padre e mia madree non avrò mai figliuoli." (Candaulep. 85). E tuttaviaper quanto ombre fugaci e a qualunque ceto appartenganocontadini (Memorie del presbiterioIl trapezio)aristocratici (La desinenza in A) commercianti arricchiti (Panche discuola) borghesi d'alte pretese (Fosca)sono per i figli semprefonte di calamità.

Nonna Giacinta può placare i "nervetti" di Albertocon i suoi raccontima nessun conforto fabulatorio può risarcire della mortedel padre e del suicidio della madre e il "nostro bimbo-in-cilindro"non uscirà mai dalla condizione di infantilismo psichico. Il male di cuipatisce Cirillo comincia dalla vergognosa latitanza delle figure genitorialitroppo impegnate in feste e ricevimenti ufficiali per curarsi del ragazzinoaffidato alle cure leziosamente servili di un prete (Il male dell'arte).Non va meglio a Pinottola cui terribile madre lo distrugge psicologicamentepreferendogli nell'attenzione premurosa il cane Glafir (Rovine). I fatalidell'omonimo racconto di Tarchetti attingono il loro potere malefico da unlegame familiare occultato e il primo incubo del folle Vincenzo D. tradisce undesolato senso d'abbandono ("Mi svegliai urlando e piangendo: non ho maipiù sognato mia madre" Una nobile folliato. Ip. 423); il poveroIgnazio-Aminta è sballottato fra una ragazza-madre deceduta nel darlo allaluceun genitore naturale di cui per fortuna ignora l'identità e un padreadottivoa cui è stato fraudolentemente attribuito e che lo tratta conmalevolenza perfida (Memorie del presbiterio); nell'"annodella grande carestia" la fame costringe una donna vedova a separarsi dalfiglioche alla fine si scopre "schiavo" dell'uomo cui è statoconsegnato (Il trapezio). Bazzero ci offre una variante"familiare" meno esotica ma altrettanto esiziale: se il piccolo Rigotrova rifugio fra le braccia amorose della mammina dolente (Riflesso azzurro)in Anima proprio il confronto implacabile con la madremodello ideale difemminilitàe con il padreesempio di virilità operosaè causadell'impotenza affettiva e creativa dello scrittore.

I genitori delle protagoniste femminilisoprattutto seanimati da buone intenzionisono anche peggio. Fosca deve patire non solo lacieca stupidità materna (to. IIpp. 332-3)ma la pochezza di carattere di unpadre incapace di difenderla dal marito violento e imbroglione; a Livia lafamiglia insegna solo cinismo opportunista e insensibilità morale. Il padre diIdail quale "non era un uomo senza ingegnoma ostinatamente aggrappatoai suoi pregiudizi" (La canzone di Weberp. 120)la sacrifica alblasone nobiliare; dal genitoreche peraltro muore lasciando la casa inmiseriaRosilde eredita l'amore nefasto per il canto e il ballo (Memoriedel presbiterio). Chiude degnamente la serie il "padre snaturato ecrudele" di Paolinail cui unico passatempo è insidiareper scommessala virtù delle fanciulle.

Ancora una volta l'esemplicazione rischia di suonareprolissa; per tutti può forse valere il ritratto sintetico che Tarchettitraccia all'inizio della vicenda dedicata a Giovanni e Fiordalisa: i duecapifamigliain gioventù cospiratorierano

 

Disillusi della vita politicatroppo deboli per perseverarenella lottatroppo forti per cedereirresoluti sempre (L'innamorato dellamontagnato. IIp. 163).

 

E naturalmentescoperti e arrestati"lasciavano lavita sul palco" (p. 170)abbandonando i due ragazzi al loro solitariodestino.

 

 

La latitanza delle figure d'autorità

 

Il fallimento delle figure parentali assurge a emblema dellafine di un sistema di valori checon coerenza amaranessun altro personaggiodi potere e d'autorità riesce a surrogare: anche i padri simbolici sono debolie latitanti.

Nel passaggio "dalla poesia alla prosa" checaratterizza la stagione unitariaè naturale che i protagonisti politici sianoi primi a vacillare: non perché i nostri autori vi si accaniscono controcomecapiterà nei romanzi antistorici di fine secoloquanto piuttosto perl'offuscamento che involge l'intera res publica. Le poche"notabilità" che compaiono nei testi ¾¾esemplari le Memorie praghiane ¾¾sono o macchiette da sbeffeggiare (l'intendenteil segretario) opeggiotorvimestatori da evitare (il sindaco De Boniil consigliere farmacista Bazzetta).Nella riunione del consiglio comunalesu cui "l'insegna dello Stato"vigila "vergognosa" (p. 151)lo "sperpero di preamboli" ela sequela retorica di "attesochédi considerandidi ritenuti"avallano "le sciocchezze e le bricconate" dei governanti (p. 153). Nelpaesino di Sulzenacome a Torre Orsolina"la fregola del maggioreggiarenella politica paesana" (Gioberti e Radesckiin Figurinep.97) induce comportamenti non riprovevoli ma già tocchi dal "baco"dell'ambizione.

Dossi è il più implacabile nella demistificazione deirappresentanti del potereovunque siedano. Privi di dignità espressiva sonosilhouettes appena abbozzate: in testa il Re"muso beatamente intontitodalla lussuria"poi i "Regi Impiegati egoisti fino alla settimapelle"i "bottacciuti pretoni" le cui prediche terroristichespingono le fanciulle alla consunzione mortaleinfine gli "illustri"burbanzosi professori ProverbioPignacca e Tamarogliovoci stentoree capacisolo di "spolverizzare" ogni frase di mitologia e erudizione.

Quanto ai militariprotagonisti dell'epopea risorgimentalesono definitivamente usciti di scenaormai sconfitti dai traffici delpragmatismo borghese. Ne corrode il prestigio più che l'eco infausta dellecannonate di Novara (Vita di Alberto Pisani) e di Custoza (Tre storiein una) o l'arringa dettata da una "nobile follia"il ritoconvenzionale di un duello inutile e ridicolo (Fosca).

La nuova area del sapere scientificod'altrondenon haancora maturato figure dotate di autorevolezza sicura e affidabile. Al di làdell'antagonismo fra cultori di discipline positive e adepti del "male dell'arte"proprio la rappresentazione degli atteggiamenti assunti dai medici segna ladistanza che separa la Scapigliatura dalla poetica naturalistica. Il dottor DeEmma non solo non riesce a salvare Rosildema si fa suo "complice"nell'inganno della paternità (Memorie del presbiterio); anche ilchirurgo Lorenzopur senza alcuna volontà malevolaè causa della folliadell'amico Eugenio (Storia di una gamba) e il consulto di"celebri" e "famosissimi" clinici europei non vale a aprirela mano rinserrata di Levy (Il pugno chiuso). Di colpe gravi si macchiainveceil dottore dagli "occhi furbi" di Vade retroSatanamentre l'ignoranza maliziosa dei "novelli Esculapi" è causa diterrore per il tramortito Gioacchino (Il collare di Budda);tutti gli altricon la sola significativa eccezione dei personaggi sacchettiani(Cascina e castelloVigilia di nozze)se non sono imputabili diviltà o ipocrisiecerto non brillano per sagacia e lungimiranza. Persino l'ionarrante del dossiano Calamajo di un medico annega la sua sacrosantaindignazione nel catalogo moraleggiante dei "ritratti umani". Presiedel'intera categoriaquasi a sintetizzarne la cecità ottusail dottore-militaredi Fosca. Responsabile diretto dell'incontro fra i due amantiincapacedi fronteggiare i guai combinaticontraddittorio nelle diagnosi e nelleterapieal termine del romanzo è lui ad esporre per lettera il "sugodella storia". Dopo aver comunicato la morte della donna e le dimissionidall'esercito del cugino colonnelloprospetta a Giorgioormai distrutto e"indifferente alle cose del mondo"una facile e serena guarigione:"Viaggiatedivagatevi (...) possiate esser felice" (to. IIpp.426-7).

A sancire la fine di un'epoca e di una civiltà èconclusivamentel'erosione che investe l'ordine dei personaggi religiosi. Lefigure di sacerdoti che s'affacciano nelle opere scapigliate confermano il sensodi abbandono cui allude la morte del padre. Comune a tutti gli"antecristi" è la polemica contro il "Vegliardo" Manzoniin "sante visioni assorto"e soprattutto contro "la letana deidiaconisottodiaconichierici e sacrestani" che gli "fan coda"("Figaro" n. 21864). All'impeto dell'invettiva consegnata ai saggi eagli articoli non corrispondeperòun analogo impegno di rappresentazione: lagamma timbrica con cui vengono delineati gli ecclesiastici non si discosta dallaconvenzionalità caricaturale.

Il laico Dossisin dall'esordio (Educazione pretina)recupera dalla poesia portiana le note pungenti dell'umorismo parodicomentreTarchettipiù prossimo alle idealità romanticheconfessa "lelotte" sostenute dalla ragione contro "la favola religiosa tessuta sìscaltramente e sì ingegnosamente"per poinondimenoammettere che"essa è nel cuore umanoessa è fatta di pietà e di amore" (L'innamoratodella montagnato. IIpp. 149-50). Sottilmente variato il gioco di cadenzeche percorre le Storielle vane: se le tentazioni che affliggono DonGiuseppe chiedono il pathos visionario (Vade retroSatana)il ritrattodel rettore del Santuario invita al sorriso sornione e le placideammonizioni del curato"ottimo di cuorema un po' beone e mangiatoreinsaziabile" (Il demonio mutop. 362)poco incidono sullo"scavo nella coscienza" compiuto dal vecchio zio. Estranee a ogniassillo d'indole religiosa le novelle gualdiane della Gran rivale e iracconti di Arrigo Boito: quest'ultimo ambienta Iberia nellacattolicissima terra spagnola unicamente per l'aura esotica che le sue"sante reliquie" sprigionano e proietta l'orrida vicenda di Paw sullosfondo delle "feste della Madonna di Czenstokow" (Il pugno chiusop. 10) per meglio far risaltare i contagi dell'allucinazione superstiziosa.

E' piuttosto l'opera di Pragacui s'affratella l'inquietoBazzeroa testimoniare il groviglio di "soffocazioni d'ideali" e"febbrili concitazioni d'istinti" nel quale si dibatte la"schiera di coloro che negano assetati di fede" (Memoriep.122). Intorno al presbiterio si muove una folla di figurine chenellemolteplici citazioni manzonianeesemplificano le diverse attitudini deicredenti. Fra i laicial vecchio avaro Deboni"diventato prodigo perispeculazione" ("collocava i suoi averi all'interesse nella cassapensioni del Padre eterno" p. 62) si oppongono i generosi popolaniMansueta e Baccio e la sventurata Gina; fra gli ecclesiasticioltre all'abatinoAminta"creatura pensierosa e malatticcia" (p. 47) in preda dellelusinghe dei sensiofficianoassieme a Don Luigipeccatore innocenteDonGaudenzioingordo e miopee Don Sebastianoil vice-curatoil cui"ultramontanismo spilorcio e fanatico" (p. 245) nega ogni conforto dicarità al disperato Beppe.

Su questo sfondo si staglia un solo personaggio in vestetalare ricco di vera devozione e d'amor di patriatanto da assurgere a eroedelle Cinque Giornate milanesi: padre Celestino di Entusiasmi. Maappuntoormai lo sappiamol'opera di Sacchetti vale come cartina di tornasolecontrastiva rispetto alle altre narrazioni bohémiennes.

 

 

Le tecniche di sdoppiamento

 

La solitudine del protagonista scapigliatonon piùromantico eslege ma non ancora dandy decadenteè corroborata daiprocedimenti compositivi che organizzano le relazioni fra i vari attori dellavicenda. Il rifiuto dello scenario storicomentre suggerisce la prospettivaristretta e parzialeriduce il sistema dei personaggi a una rete monocentricain cui spicca l'eroeaffiancato da figure disposte in coppia amorosa o amicale.Ecco allora che in quasi tutti i raccontiil criterio distributivo ordina lerelazioni di complementarità solidale o oppositiva entro uno schemaorizzontalenon gerarchicamente regolato. L'assenza dei genitori esalta ilconfronto con i "pari"d'età condizione sociale sceltaprofessionalepersino di fissazione alienata. L'omonimia dei personaggi di Unanobile follia è spia macroscopica della identità dei diversi; ladissociazione autoriflessiva che sorregge gli antiromanzi di Carlo Dossi nerappresenta il risvolto ironico.

Abbandonata la profondità di campo della narrazione mistaallentate le maglie dei rapporti familiariconcentrato l'interesse sull'ioipertrofico del protagonistagli autori scapigliati si trovano ad affrontareuna questione decisiva: se "il romanzo è la storia del cuore umano"(Tarchetti)come raccontarne i turbamenti e gli assillicome dar voce al"dualismo" che tutti agitasenza contraddire l'ansia di modernitàconnessa al rigetto del realismo manzonianoe senza restare invischiati nellamelassa sentimentale di cui l'"Arcadia romantica" aveva fatto sfoggio?Fede e Bellezza (1840)l'unico romanzo italiano che aveva tentato dipenetrare nelle zone oscure della psicheritraendo l'erotismo morboso chealterna peccato e penitenzaconteneva numerosi spunti fecondi: resoconto insoggettivastruttura frantaaperta a squarci lirici e descrittiviinfinela"lieta e infelice schiera" di figure femminili dal fascino torbido eammaliante. E tuttavia il libro di Tommaseo era troppo intriso di religiositàespiatoria per non suscitare sospetto negli "antecristi" milanesiresi ancor più avvertiti dalla stroncatura di Cattaneoapparsa sull'autorevole"Politecnico".

La soluzione esperita dai nostri autorisulla scorta deigrandi maestri stranieriè efficacemente semplice: la drammatizzazione dellosdoppiamentodeclinata con una varietà sfolgorante di moduli. Per descrivere i"moti elementari e contrari" (Il trapeziop. 456) cuirispondono sempre le facoltà umaneil narratore mette letteralmente in scenale antitesi: nessun approfondimento psicologiconessun'indagine introspettivapiuttosto il ricorso costante al campionario delle tecniche di geminazione."Tutto è doppio"il motto ispiratore del volume di Alberto Pisaniè il principio genetico dell'intera produzione scapigliata.

Entro la dimensione tipologica delle opzioni di genereimodelli prediletti del fantastico e dell'umoristico valorizzano i procedimentidi scomposizione binariacorrispondenza simmetricarifrangenza anaforica. Comeribatte il primo narratore a Paw che sta per raccontare la doppia storia del fiorinorosso: "«Meglio due che una»" (Il pugno chiusop. 17).Nella misura breve della novellail montaggio "a contrasto" corroborala specularità delle vicende rappresentate; nei romanzil'intreccio sincopatodisloca su piani diversi percorsi paralleli (Vita di Alberto PisaniMemoriedel presbiterio) e la struttura a canocchiale li proietta l'unosull'altro in un gioco caleidoscopico che moltiplica le immaginisenza peraltrocreare risonanze polifoniche (Una nobile folliaFosca). Sel'intera organizzazione dei materiali narrativi denuncia l'ossessione deldoppioèovviamenteil sistema dei personaggi a renderla manifesta. Le operepiù tipicamente scapigliate collocano il protagonista al centro di una contesadi fronte a un antagonista uguale e contrario"il gemello inesorato"evocato in una poesia famosa di Praga (Alla Musa). Quando ilpoeta-pittore passa alla prosail suo primo romanzo s'intitolaappuntoDuedestini: in campo Ippolito e Teodoro"due cuoridue caratteriduenature diametralmente opposte" (p. 180) innamoratiovviamentedellastessa donnaClemenza.

In alcuni testilo scontro è tematizzato e la posta ingioco diversa ma sempre pericolosamente alta: una enorme somma di denaro (Ilpugno chiuso)il successo e la fama (Una scommessa)la vittoria"fatale" in una partita a scacchi (L'alfier nero)il possessopieno del corpo femminile (Un corpo). In altriil conflitto imponescelte radicali e il personaggio si dibatte fra i poli ultimi di vita e morte (FoscaIl trapezio). Ciò che contacomunqueè la "messa inscena" delle antitesi da cui l'io è laceratoquasi a tradurre in prosa leindicazioni programmatiche che Arrigo Boito aveva cantato nella prima strofadella sua poesia-manifesto:

 

Son luce ed ombra; angelica

farfalla o verme immondo

sono un caduto chèrubo

dannato a errar sul mondo

o un demone che sale

affaticando l'ale

verso un lontano ciel. (Dualismo)

 

A derivarne è un ritratto dell'individuo modernamenteinquietoscosso da contraddizioni inedite e non riconducibili alla coppiaromantica cuore-ragione. Tuttavia la proiezione visibile dell'"agitarsialterno/fra paradiso e inferno" può solo denunciare l'intensitàdivaricante del moto pendolaresenza mai offrirne le chiavi interpretativesenza mai sfiorarne la sostanza. Il saggio Yao presume di regolare la propriaesistenza secondo le linee convergenti che osserva in una piazza o in un'arenadi circosalvo nulla capire e sprofondare nella "vertiginedell'abisso" (Il trapezio).

La fenomenologia dell'io diviso è forse il topos piùcaratteristico della narrativa postunitaria: come è già stato notatoesso"rende conto in massima economia fantastica del rapporto di identità edifferenza dell'io con se stessoconsentendo al soggettoattraverso imeccanismi di divisione e proiezionedi scaricare le angoscie distruttive inidoli di persecuzione". Se l'opera tarchettiana documenta in ogni testopressocché in ogni sequenza¾¾esemplare il raccontino sui gemelli che apre la vicenda di Riccardo Waitzen ¾¾l'onnipervasiva legge dell'"urto e dell'antitesi" (Foscato.IIp. 348)tutti gli altri ne sfruttano a iosa le potenzialità compositivenel rispetto di quel "dualismo" teorizzatoin versi e in prosasindalle origini del movimento. Spia di uno specifico disagio culturaleanticipatrice di suggestioni poi ampiamente diffuse (basti ricordarein terraambrosianal'esordio di De Marchi con Due anime e un corpo)l'immagine scapigliata dell'"homo duplex"tuttavianon apre nuovimondinon esplora regioni sconosciute. Privi di retroterra filosoficodilettanti pasticcioni (TarchettiPraga)collezionisti nevrastenici (DossiBazzero)studiosi di discipline artistiche affini (C. Boito)magari anchecultori ingordi di materie esoteriche (A. Boito)i narratori della Bohèmelombarda non amano gli approfondimenti riflessivile sistemazioni teoriche.Dietro le composizioni "a specchio" tralucepiuttostoancora unavoltala fragilità della nostra tradizione romanzesca. Per marcare la distanzadall'opera manzoniana e nel contempo testimoniare la crisi dell'individualismoeroico primottocentescoi giovani letterati credono sia sufficienteappropriarsi gli ambigui e schizofrenici personaggi che popolavano la produzioned'oltralpe e riusare le tecniche della raffigurazione dissociataadattandoletutt'al piùal clima provinciale della penisola.

Eccoalloral'esibizione dei moti di "discordanzaperenne"del soggetto in "bilico tra l'essere e il non essere"(TarchettiStoria di un idealeto. Ip. 89Storia di un gambato. IIp. 217)dell'"addoppiarsi" esistenziale (BazzeroAnimap. 137) o del "raddoppiarsi e sdoppiarsi" (Faldella Il male dell’artep. 94). Certonell'episodio della Principessa di Pimpirimparalacomparsa sulla scena di "Ego" è segno smagliante dellaspregiudicatezza intellettuale di Dossima proprio "il garbuglio difantoccini" ammontonati dietro il sipario a conclusione della fantasiaoniricaci aiuta a spiegare la esilità d'implicazioni di cui pecca losdoppiamento dell'io nella stragrande maggioranza di queste opere. La"messa in scena" del doublequando non si cala nelle notestranianti dell'ironiatendeper lo piùa recuperare l'unica grammaticadelle emozioni che la nostra tradizione aveva elaborato al di fuori del solcomanzoniano: i gesti le pose i dialoghitutto condito d'enfasidella scritturateatralemagari d'impianto melodrammatico.

Troppi e troppo fragorosi sono i colpi di pistola chesuggellano il racconto per non denunciare la platealità del dissidio psichico.La figure in antitesi per lo più non si confrontano davvero né crescono inprogressione ma confliggono in uno scoppio finale: una partita a scacchi tra ilbianco e il nero (L'alfier nero)il matrimonio del nobile con la zingara(Tenda e castello)l'attrazione sensuale fra due cinici rappresentantidi una civiltà al tramonto (Senso)un duello che non salva l'onoremilitare ma solo appalesa il contagio morboso fra due amanti (Fosca)persino la Bildung di un giovane artista alla ricerca della donna ideale(Vita di Alberto Pisani); tutte queste vicende si chiudono con unarivoltellata che tronca di netto la parabola narrativa. E l'accoltellamento diSaternez (I fatali)il rantolo di Paw (Il pugno chiuso)ilsilenzio folle di Arnoldo D. (Una scommessa)la morte in "unospedale dei pazzi" di Riccardo (Tre storie in una)la consunzionedi Lorenzo Alviatil'apoplessia di Bouvard e di Waitzen sono esiti altrettantoromanticamente risolutori che non concludono una storiasanciscono un destino.

A fondamento di simili epiloghi deflagranti è forsepossibile leggere una doppia negazione: il disagio patito dagli intellettualipostunitari davanti alle vicende della dialettica storica si traduce nel rifiutodei valori della tradizione passata e nel contempo nella riluttanza aprospettare un ipotetico scenario futuro. Orfaniincapaci di diventare a lorovolta padrii protagonisti scapigliati si arrestano sulla soglia dellagiovinezzacrogiolandosi nella attesa vana della virilità matura e in predaalla nostalgia del tempo infantile e delle franche certezze.

 

La raffigurazione fisionomica

 

La raffigurazione per coppie antinomichel'accantonamento diogni strumento d'indagine psicologicail privilegio concesso ad una permanentegioventù: tutti questi elementiimmessi entro le strutture unilineari delracconto e del romanzo breveavvalorano la "piattezza" dei personaggiscapigliati. Fissatimonomaniacieternamente ragazzi nessuno di loro muta e sicorregge; tutt'al più si riconvertono nei loro doppiin attesa dell'incontroultimo e fatale. A derivarne èinnanzituttola riduzionese non losvuotamentodegli schemi compositivi di quei generi che si fondano sullatramatura analitica degli stati emotivo-sentimentali: da una parte la scritturamemorialedall'altra il romanzo di formazione. Nel primo caso (DossiBazzeroC. Boito)la dinamica decisiva fra io narrante e io narrato viene subordinataal recupero delle atmosfere impalpabili dell'"altrieri" o alvagheggiamento gratificante dei ricordi lontani. In Lisa e Riflessoazzurro l'assunzione piena dell'ottica infantile colma lo scarto fra passatoe presentefra ingenuità innocente e coscienza adulta; nella Principessa diPimpirimpara lo sdoppiamento ironico garantisce al protagonista la fugaregressiva: la "farfalloneria" mondana di Guidoal ritorno dellafestasi scioglie nella recita di marionette in cui campeggia l'"Ego"bambino. Nella Vita la divaricazione marcata fra Carlo e Alberto apre unoiato fortissimo che vanifica ogni processo di introspezione psicologica:"Osserva il mio amico «tu calchi troppo la penna» ¾¾Vero; ma quì non sono io che pensaè Alberto" (p. 117).

Molte delle Storielle vane sono costruite suiprocedimenti di rievocazione memoriale e la gamma delle soluzioni esperite daBoito gioca su una varietà di intonazioni sempre assolutorie: le "brutteconfessioni" di un delirio incestuoso affidate a una governante chenullacapendotutto legittima (Notte di Natale); la lettera testamento di unvegliardo in punto di mortepronto a sciorinarecon palese narcisismoletentazioni del "demonio muto"; la descrizione dei sintomi morbosipatiti da un narratore reso inaffidabile dalla "macchia grigia " di unrimorso pervicacemente negato. Infinesplendida nel rifiuto di ogniconsapevolezza e responsabilitàSensodove la scrittura della memoriaè rispecchiamento "esaltante" e "voluttuoso" nellafascinazione giovanile: la cornicecollocata temporalmente a sedici anni didistanzasottolinea la permanenza dei moti di civetteria maliarda che giàavevano nutrito la folle passione di Livia per Remigio.

Anche il romanzo di formazionenei due autori che sembranoprediligerloDossi e Faldellasi sfrangia nell'annullamento del percorsoprogressivo cheper statutodovrebbe orientarne la trama. Opportunamente Sperarinviene nell'orditura dell'Altrieri e della Vita di Alberto Pisanidel Male dell'arte e di Rovineuna legge sotterranea che sanciscel'"inutilità della psicologia".

Il finale enigmatico della Vitaoltre che parodiarela necrofilia di Bouvardsottolinea il vuoto che si spalanca davanti achiproclamata la naturalezza istintiva del "buon senso"è incapacedi praticarlocontinuando a vivere nell'universo fittizio dell'immaginazionefantastica. Nella "città in fregola"l'etica "pedina" enel contempo elitariamente trasgressiva di Alberto non ha modo di esplicarsi eal giovinetto scrittore "stilnovista" non resta che il furtomelodrammatico del cadavere della donna amata. In Tarchettid'altrondelapreferenza accordata al sottogenere del Küünstlerromanche condensanel giro di poche pagine la sorte eccentrica del protagonista sottratto ad ogniprova di Bildungavvalora la statica univocità in cui sono imbozzolatii fatali eroi scapigliati. Se gli amanti esasperano l'ansia di possesso fino aldelirio e gli artisti bruciano la vita nell'aspirazione al capolavoroirrealizzabiletutti i personaggi indistintamentesono mossi da un'implacabilecoazione a ripetere che li conduce a clamorose scelte inconsulte.

Strumento di fuga davanti agli impegni di responsabilitàesorcismo dei fantasmi di mortespecchio di narcisismo schizofrenico ovoluttuosoalibi confortante per infrazioni più o meno gravipausa disospensione di un tempo volgarela scrittura cui si affidano i narratori disecondo grado rifrange i patemi degli autori reali e diventa la dimensionecompensativa del loro stato di "piattezza" esistenziale.

Ecco perché il lettore di libri scapigliati fatica a metterea fuoconella multiforme e variopinta galleria di personaggila singolapersonalità: certo non dimentica la "timida Gìa"compagnadell'"orgogliosetto" Guido (L'Altrieri)i "due nidid'occhi" di Cirillo (Il male dell'arte)l'"influenzamagnetica" del fatale barone di Saternez"la bruttezza orrenda"di Fosca e "la pura bellezza di Narcisa". Ma appunto a colpirlorestando impressoè un tratto unicospesso condensato in un sostantivoastratto o in un aggettivo iterato che immobilizza il personaggio: il"deserto" diarista di Animail "gotico" Albertoil"blasé" duca Giorgioil "folle" Vincenzo D. Di più: comeammoniscono i narratori dei due casi estremi di femminilitàla "magrezzaspaventosa" di Fosca è "inconcepibile" e non esistono paroleadeguate per rendere l'"orribilità" di quel volto (p. 278); diNarcisaugualmentesi può solo enunciare l'ineffabile splendore: "Ellaera bella più che sia possibile immaginare" (p. 207). Con sorprendentediffusa consonanzagli scrittori scapigliati incorniciano ritratti edescrizioni fisionomiche con costanti e ripetute figure di ellissi epreterizionequasi a manifestare un impaccio effettivo patito da tuttisebbenediversamente esibito. Cosìalle maldestre dichiarazioni di impotenza elocutivacui sempre Tarchetti s'abbandonaBoito risponde con consapevolezza critica:

 

ci sono delle impressioni chementre rimangono vaghenellamentepaiono potenti di novità e di forzae quando si trasmutano in corposia pure in prosa od in versodiventano cose fiacche e vietissime. (Ilcolore a Veneziap. 432)

 

Metaforicamente più fantasiosol'analogo lamento di Cirillosull'"inettezza" espressiva:

 

quelle sensazioni che ci parevano così vive e così roventidentro di noiuna volta travasate e ridotte sulla carta o sulla telaeccolelì floscie e rigide come cadaveri di bruchi lanciati stramazzoni sulla stradada un temporale. (Il male dell’artep. 76)

 

Dossi fa eco con moderno senso del limite:

 

è impossibile di imprigionare ¾¾salvo che in un rigo di musica ¾¾certi pensieri che fra loro si giungononon già per nodi gramaticali ma persensazioni delicatissime e il cui prestigio sta tutto nella nebulosità deicontorni. (L'Altrierip. 67)

 

Anche per questa ricercata "nebulosità dicontorni"il volto del personaggio dilegua e persino il sembiante piùoriginale rischia di dissolversi nella galassia composta di eterni adolescentimalati d'arte e d'amore. Foster definisce i personaggi privi di spessorepsicologicoche non evolvono nel corso della vicenda"disegnati" conun profilo a "semplice contorno": l'espressione suona efficacementepertinente per autori che amano buttar giù "scarabocchi abbreviati""acquerelli""arzigogoli""schizzi a penna"ritratti "nero su bianco". Certoil campo delle tecniche diraffigurazione fisionomica richiederebbe un'analisi puntuale e precisacapacedi cogliere le differenze di tratteggio non solo fra autore e autoremaall'interno della singola maniera narrativafra protagonisti e comparseeroifatali e macchiette comichefantasmi dell'"altro" mondoviaggiatoricosmopolitisagome ritagliate sullo sfondo di un paesaggio. Sul piano deimoduli espressivid'altra parteanche il disegno "a stiacciato"conoscecome è naturalemodulazioni policrome: la linea serpentinadell'umorismo dossianola tecnica a macchia del pittore Pragail plasticismosensuale di Camillo Boitol'algido rigore teatrale del fratello musicistainfine il risalto melodrammatico delle fattezze tarchettiane contrapposto siaalla tavolozza espressionista dei bozzetti campestri di Faldella sia allevelature evanescenti degli Acquerelli di Bazzero. Comune a tuttinondimenoè il rifiuto radicale dei moduli rappresentativi ascrivibili alcanone del realismo analitico. In questa zona del testola lontananza dallamodellistica descrittiva cara al romanzo storicoin cui ogni ritratto ambivaracchiudere un "tipo" storico-socialeacquista un'evidenzaabbagliante. Ripetiamolo: la riluttanza generalizzata a delineare personaggi atutto tondo nasce da progetti di scrittura diversi che si traducono in sceltestilistiche spesso oppostecosicché la trasandatezza convenzionale della prosadi Tarchetti ha poco a che spartire con le "smorzature dei toni"proprie alle Storielle di Camillo Boito e con l'allestimento scenico caroai racconti di Arrigo. Persino nella comune predilezione per gli"schizzi"il pittoricismo di Praga conosce vibrazioni lontane dalcolorismo inquieto di Bazzero e dalle spigolature miniate di Faldella. Ma ledissonanzeper quanto marcatenon inficiano la coesione del quadrocomplessivo.

La brillantezza icastica con cui sono sbozzati i caratteridegli attori principali e dei comprimari è sintetizzata con effetto lampantedalla coppia delle amanti di GiorgioClara e Fosca; e come quel modello abbiafatto scuola ce lo indica il rifacimento serioso-parodico di Faldella in Madonnadi fuoco e Madonna di neve (BrigolaMilano 1888).

Apparentemente più mossa è la schiera delle figurine chedelineate con guizzanti pennellates'affacciano sul proscenioe vi restano perqualche sequenza fissate in una posaimprigionate in una smorfia. Il farmacistadi Sulzena:

 

Due occhietti grigiun naso aquilinodue baffetti ed unpizzo di un colore impossibile fra il biondo e il grigio (Memorie delpresbiteriop. 40).

 

Le sue donne non sono da meno: la moglie

 

Era lungalungalunga; aveva gli occhi nella nuca e leciocche dei capelli a un centimetro più innanzi della punta del naso! E chepunta e che naso! (p. 87)

 

La figlia

 

era grassa e paffuta come un dindo nutrito da una bravamassaia per onorare il Natale. Aveva la pelle tesacome quella di un tamburosicchémalgrado tanta lussuria di muscoli e di polpepareva fosse stata fattacon economia. I suoi grandi occhi bovini avean l'aria di voler saltar fuori aballonzolare sul pavimento (ibidem)

 

Don Severoprecettore di Cirillo:

 

Zazzeruto azzimatolustro come le sue scarpette perpetue dimarocchinotimoroso delle zacchere più che un pavoneegli camminava per lavia a brevi saltettiquasi ogni pagliuzza fosse una pozzanghera da evitare. (Ilmale dell’artep. 62)

 

E così via in una serie di profili bizzarridi sagomestrambesilhouettes evanescenti: a prevalere di volta in volta è la perizia"fiamminga" (Faldella)la sprezzatura luminosa (Praga)ladeformazione alla Hogarth (Dossi)la limpidezza dei contorni (C. Boito). Ditutte ricordiamo un particolarenessuna di loro diventa un personaggio.

Si aggiunga che simili figurine solo raramente hannoautonomia di parola: anche la caratterizzazione "per voce" èinfattiaffidata a poche battutevolte a sottolinearecon gustoespressionisticotic e vezzi linguistici.

Certoed è persino superfluo ricordarlol'orchestrazionedel dialogato conosce modulazioni plurimevariando da autore a autoreda operaa opera. Dossi è il più attento alla contaminazione dei registripluridiscorsivi: soprattutto nei testi narrati in terza personae il culmine èraggiunto nella teatraleggiante Desinenza in Ala componente mimeticadel parlato acquista rilevanza espressiva. Nella Vita di Alberto Pisanila saggezza pacatamente ironica di nonna Giacintache smonta i primi patemiamorosi del nipoteè prologo al buon senso scanzonato dell'amico Fiorellipronto a sbeffeggiare la mania di Alberto di vivere "sempre fra quei tuoimorti libri" (Vitap. 135). Per contro l'omelia terroristica delsacerdote al funerale di Adelina è una testimonianza sfolgorantedell'anticlericalismo dossiano. Quanto più la parola del personaggio riecheggianote parossisistiche o iperboliche tanto più ne esce rafforzato il trattofisionomico. La controprova ci è offerta dalle opere meno riuscite: neiracconti giovaniliil frequente dialogato ad alta predominanza mimetica èbanalmente convenzionale; nella Colonia Felice l'oratoria enfatica nonrisparmia né le concioni avvocatesche del Letterato né le invettive brutalialtrettanto declamatorie del Beccajo e del resto del "papagallame".

E tuttaviaanche Dossiil meno monologico del gruppoconferma che nel rapporto fra voce del narratore e voce dei personaggi dominaincontrastato il primo termine. Nella Desinenza in Adove gli "asolo" e i duetti delle protagoniste valgono a costruire il campionariosfaccettato delle nefandezze femminilile didascalie registicheper quantoincastonate e di secondo pianofungono da reagente ai recitativi e nedistorcono ogni intonazione realistica.

Ciò non significa negare che nella produzione scapigliata visiano timbri dissonanti che si levano dal coro: i diminutivi del farmacistaBazzetta (Memorie del presbiterio)le "sesquipedalibaggianate" di cui è infarcita la lezione del Professor Proverbio (L'Altrierip. 439) le note indignate che sorreggonoe intralcianol'orazionedell'ex-capitano Ballotta davanti a nonna Giacinta (Vita di Alberto Pisani)le risposte sguaiate della crestaia in Notte di Natale epiùstupefacenti di tutteanche perché ignorate dalla criticale"vociacce" (p. 151) di marinaivetturalibagnini che apostrofano indialetto genovese il malinconico viaggiatore degli Schizzi dal mare. Maancora una voltaè un accento singolo a riecheggiareconfermando che anche levoci discordi non rispondono ad alcun intento documentarioa nessuna volontàdi mimesi dialogica: avvalorano solo l'effetto "a stiacciato" con cuisono disegnati tutti i personaggi.

Una simile sceltad'altrondenon deve sorprendere. Nellenarrazioni condotte in prima personala parola del narratore riassorbeper lopiùle battute dei vari interlocutoricosicché i pochibrevi dialoghiriportati s'intonano alle cadenze elocutive del discorso principale. Ancheladdove vengono inseriti brani di letterediariconfessioni e testamentinessuno scarto polifonico si apre nella compagine del racconto: anziproprio lapiù tipica composizione a scatole cinesi cor­robora l'opacità elocutiva dicui la nostra civiltà romanzesca continua a peccaree che solo sul discriminedel nuovo secolo comincerà a diradarsi.

D'altra partela compattezza del sistema dei personaggi nonprevede escursioni violente e il tono complessivo del dialogato non conoscemodulazioni ampie. Elisenda e Estebano recitano quasi in duetto la loro parte diamanti regali (Iberia); l'Oncle Tom si oppone ad Anderssen più per lesfumature di un sorriso che per le differenze di linguaggio (L'alfier nero).Nelle novelle di Gualdole conversazioni fra frequentatori di salotti europeisi sviluppano nel rispetto di una koiné elegante e mondanacuiperaltrosiassociano sia la popolana Paquita (Il viaggio del duca Giorgio) sia lafavorita del re (Capriccio). Le Storielle vane allineano confrontiverbali poco polemicisempre pervasi da un'ironia corrosiva che ne smorza lenote stridenti.

Quando poi l'incontro fra due personaggi acquista la vivezzadi una sfida amorosala retorica melodrammatica è lì in agguato: leconfessioni intime di Giorgio e Fosca non sfuggono mai alle insidie delparossismopericolosamente vicino al ridicolo involontario. Nelle operescapigliateil resoconto del narratore narcisista avviluppa sempre tutti glialtri discorsiin qualunque tipo di sottogenere si diffondasu qualunquecadenza espressiva si moduli. I commenti che fungono da prologo ai raccontiinseriti nelle Memorie del presbiterio lo dichiarano con sinceraconclusiva onestà.

 

Ciò che udii quella seranel silenzio opaco e tristo diquella cucinavorrei potere e saper ripetere colla rozza ed efficacesemplicità con cui narrava il dabbene speziale; ma dovrei accennare leinterruzionicitare le osservazionich'egli vi intercalavasenza di chel'effetto sarebbe mancato e il racconto non farebbe che diventar più prolisso.Preferisco quindi riassumere alla meglio e raccontarvi con parole mie il romanzodel sindaco (p. 56)

 

A parte la speciale gravità delle circostanzeil suoracconto era per se stesso molto interessante. E tal sembrerebbe così anche aimiei lettorise potessi ripeterlo come egli lo espose. Ma sono costretto ariassumere alla meglio il romanzo del dottore (p. 210).

 

Capitolo VII ¾¾Il dualismo tematico

 

Tutto è doppio

 

Non è facile orientarsi nella galassia dei temi e motivi checoesistono nella narrativa scapigliata: la costellazione del fantastiquesi interseca con i campi semantici propri alla rievocazione memorialei topoidel gotico-macabro occhieggiano fra le maglie della divagazione umoristicale suggestioni ricavate dagli autori europei si innestano sull'immaginariopost-risorgimentale e anticipano il décor decadente. E' ben vero che Dualismodi Arrigo Boito sciorinanell'abile gioco di strofela varietà di coppieantitetiche entro cui si dibatte l'"altera" musa bohémienne: artereproba-arte etereavirtù-peccatoluce-ombrabestemmia-orazionecherubo-demonefarfalla-vermeideale-reale. Nella sua intenzionalitàmanifestatuttaviala poesia che apre Il libro dei versi disegna undiagramma di linee in perfetto equilibriocome se l'"agitarsi alterno/fraparadiso e inferno" si raggelasse in una sorta di oscillazione perpetuapriva di tensione drammatica.

Meglio allora prender spunto da un altro testo di BoitoL'alfiernerodove la dialettica di immagini inverse e simmetriche è menoprogrammaticama più ricca di connotazioni polisemiche. Il raccontoapparsosul "Politecnico" nel '67è un piccolo gioiello per l'omologia chevige fra la scelta dei materiali e la loro organizzazione narrativa. La partitaa scacchi fra Anderssen e Tom mette in scena ¾¾e il prologo in medias res avvalora il taglio teatrale ¾¾la sfida all'ultimo sangue fra un bianco e un nero: l'uno latifondistamiliardariol'altro ex-schiavo diventato un apprezzato self made man. Ledue strategie di gioco alludono a una serie di contrasti che abbraccianol'intero orizzonte culturale. Immediato il primo riferimento all'attualità: iparagoni militariadottati con pertinenza per spiegare le mosse degli scacchirinviano ai conflitti storici in corso: non solo le rivolte coloniali (larivoluzione di Santo Domingo) ma l'appena conclusa terza guerra d'indipendenza.Le fasi della partitadescritte nell'alternanza del punto di vista("Mutiamo il campo"p. 405)illustrano con "evidenza" dueantitetici comportamenti mentali: all'equilibrio simmetrico del bianco si opponeil disordine confuso "fatto ad arte" del nero"al giuoco apertoe sano il giuoco nascosto e maniaco" (p. 406). Tradotto in codicescapigliatosulla "fatale scacchiera" si fronteggiano ragione efolliasalute e malattiacalcolo e fantasiascienza e finzione"forzadell'ordine" e "potenza dell'ispirazione". L'antagonismo fra"la calma del matematico" esibita da Anderssen e l'"eccitamentoallucinato" da cui si lascia condurre l'Oncle Tom permea l'intero tessutocompositivo: dalle scelte lessicali all'articolazione sintatticadal sistemadelle figure retoriche ai procedimenti di focalizzazionedal campodell'intertestualità scientifica e iperletteraria alle tecniche dellaritrattistica fisionomicadalla costruzione binaria dell'intreccio fino aldoppio epilogo con scioglimento e chiusa. A differenza del testo poeticoperòil racconto vibra di una vivida accensione drammatica. Durante il breve arco diore in cui si svolge la sfidala "vista"l'organo per eccellenzadell'indagine positivacede alla "visione"carica di richiamiemotivi e idealie l'americanodapprima guidato dal metodo"infallibilmente sicuro"subisce il fascino delle acrobazievertiginose dell'alfier neroormai umanizzato in eroico ribellemoribondo. Nel corso della nottelo sguardo di Anderssen perde il distaccogelido di chi "legge" sulla faccia dell'avversario ogni suo intentoper inoltrarsi nella dimensione profonda dell'interiorità: "Anderssen nonlo guardava piùpoiché l'oscurità era troppo fitta e perché anch'essocomeattirato dalla stessa elettricitàfissava l'alfier nero"(p. 410). Grazie al processo di concentrazione introspettivala rigidità delloschema dualistico viene meno: la disposizione delle pedine testimonia ilcapovolgimento in attoi giocatori sono colti ora con immagini sintetiche e lapotenza simbolica del "pezzo segnato" li travolge entrambi. Alla fineil rappresentante della civiltà positiva e razionale è dominato dall'impulsooscuro della follia di morte.

Il raccontopubblicato sulla rivista ufficiale del neonatopositivismometteva in guardia i lettori della "capitale morale"dall'affidarsi alle presunzioni unilaterali della scienza egrazie allalimpidezza del "linguaggio figurato e fantasioso"suggeriva l'ipotesiinquietante che ogni antitesi reca in sé un principio di reversibilità. Ildualismo boitianosotteso da un grumo di ansia nevroticacerca nel rigoregeometrico un argine difensivo; macome conferma l'incompiuto Trapezioil rischio della paralisi è sempre in agguato. Il saggio Yao e il discepoloMeng-Pen non solo non raggiungono "la sintesi dell'uomo" nel"punto dove i due moti opposti s'intersecano" (p. 439)madurante lanarrazionecapiscono che "tutta l'arte della più minuta e più scrupolosaanalisi" non basta a preservare dalla catastrofe: tanto più che qui lasfida fra i due fraterni rivali presuppone la presenza sconvolgente di un'altrafigura. Yao e Ramarche "simboleggiavano parecchie profonde antitesi: ilcalcolo e l'intuizionel'esattezza e l'audaciala pazienza e l'impetolascienza e l'arte" (p. 463)si contendono il possesso della raggiante Ambrae Il trapeziolungi dal delineare il percorso che conduce alla saggezzaimperturbabiles'interrompe bruscamente.

Pur senza esibire la ricchezza programmatica dei testiboitianil'orditura della stragrande maggioranza dei racconti scapigliatidenuncia una analoga visione contraddittoria dell'individuo e del mondo: a darneconto è sempre una rappresentazione di situazioni e motivi che si dispongono incoppie antitetiche. Molte le abbiamo già ricordate e commentate: neripercorriamo alcunedistribuendole entro uno schema a cerchi concentrici chedall'orizzonte ampio della storia giunge all'intimità riposta dell'io.

 

 

Guerra e pace

 

Dopo la lettura della Vita di SettembriniBazzero silascia andare al rimpianto di un'epoca eroicain cui un forte"carattere" alimentava la "fede in Dio" e l'"amorenella sua donna":

 

perché non sono io vissuto nel tempo delle cospirazionideipatibolidelle battaglie? A me che rimane? Lo sconforto! (Animap. 97)

 

Al "triplice ideale"evocato anche dalprotagonista di Entusiasmi ¾¾"l'artela donnala patria" (p. 50) ¾¾il diarista di Anima aggiunge l'ansia di una fervida religiositànonturbata dal desiderio colpevole del corpo femminile. In entrambiil periodoglorioso delle guerre per l'indipendenza coincide con la stagione vivadell'impegno artistico: allora le verità supreme erano a fondamento diun'attività di scrittura nobile e generosa; forse meno elaborata ma piùagonisticacome i "decasillabidardeggianti e vulcanici" deiverseggiatori antiaustriaci ricordati da Faldella (A Viennap. 48). Orain tempo di pacesi respira l'"aria grossa della realtà pregna dicose" (E. De Marchi Introduzionecit.p. V) che mortifica ogniaspirazione idealeogni fantasia creativa.

Da questo osservatorio quotidianogiudicato squallido emediocrel'empito animoso dell’immediato passato appare irrimediabilmenteconsunto: l'età delle "vampe patrie" (FaldellaIl male dell'artep. 84) può essere solo proiettata in un'atmosfera vaga e sfumata o tratteggiatadi scorcio nella zona conclusiva del testodove l'ipotesi di morire sui campidi battaglia porge l'ultimo conforto al lutto amoroso:

 

¾¾ Sentite ¾¾disse il giovane ¾¾in atto di confidargli un mistero; si tenterà fra poco un colpo di mano sullaSicilia; un nucleo di valorosi guidati da Garibaldi approderà inaspettato aquell'isola; noi ci raduneremo a Quartoio sono del numeroe se voleteseguirmi...

¾¾ E che faremo colà? ¾¾chiese Luigi.

¾¾ Là si muore ¾¾rispose il giovane con freddezza.

Luigi gli porse la manoe disse ¾¾Il nostro patto è sancito. (Paolinato. Ip. 165)

 

Nei rari casi in cui la vicenda è ambientata in un precisocontesto militareal centro del racconto è posto un altro dualismoche per lopiù rimodula specularmente il primo: la passione ardente dei volontari a frontedel grigiore ordinato dell'esercito regolare. A fondamento di questarappresentazione obliqua delle lotte per l'indipendenza vi è la consapevolezzauniversalmente diffusa che la nascita della Nazione era una necessitàineluttabilesu cui nessun giudizioper quanto criticodoveva gettare la lucedissolvente del dubbio. Inscritto nel corso fatale della storiail motounitario non consente alcuna scomposizione analitica. A derivarne sono duecorollari: la cancellazione dello scontro diretto col nemicoanche perchécome ricorda Faldella"la nostra santa collera [era] non contro le vostrepersonema contro la vostra oppressura" (A Viennap. 49); lapredilezione per i toni smorzatiper le situazioni di estenuata stanchezza cheseguono il combattimento. Ad eccezione del romanzo postumo di SacchettiEntusiasminessun'opera scapigliata sceneggia il conflitto né s'interroga sulle questionipolitico-istituzionalisulle condizioni socialisulle ragioni economichesottese al processo risorgimentale. Il narratore può solo ripercorrerne letappe col rimpianto di chi ormai si sente ed è fuori dal "tempo dellecospirazioni e delle battaglie". Quando un'occasione di intervento attivocoinvolge la "generazione crucciosa"la condotta disastrosa dellaguerra ribalta il giovanile fervore in frustrazione cocente:

 

tutto faceva presagire l'iniziol'avvento di grandigiornate. Ed ecco alle cinque del pomeriggiola gravela inattesa esgomentevole notizia dell'armistizio. C'era stata Lissa il 20.

 

Sullo sfondo della terza guerra d'indipendenzasola sistagliaaureolata di gloriala figura di Garibaldi. In un articolo inviato al"Pungolo" dal campo dei volontari presso ComoPraga ne schizza ilritratto con pennellate degne dei quadri storici di Gerolamo Induno:

 

D'un trattoun uomo venneun uomo vestito di rossosemplicecalmo e dignitoso; passò in mezzo a noi con un sorriso velato dilacrime (...)

Chi è l'uomo ch'è giunto? E' il padregridavano i suoivecchi soldati! ¾¾è la guerra rispondevano i giovinetti ¾¾e molti dicevano: è la patria!

E Garibaldi li guarda e sembra conoscerli tutti (Garibaldifra i volontariora in Schizzi a pennapp. 92-94)

 

La baldanzosa corrispondenza dal fronte si chiude con laconsueta ammissione d'impotenza raffigurativa: "né sillogismoné strofané narrazione verranno a ritrarne lo splendorea cantarloa dirne il sensoprofondo e sublime" (p. 96). Quinondimenola triplice negazione vale adesaltare l'impareggiabile prestigio del Generale e la contrapposizione canonicafra poesia e prosa si affida all'enfasi di una domanda retorica:

 

Perché in mezzo a una folla che vive di prosain un tempofatto di prosachiamare col nome di feticismodi idolatriaun entusiasmoundelirio ch'essa non può non condannare (...) e che l'illumina di miracolo apoesia? (p. 93)

 

Ben più amare le note con cui la stessa antitesi saràripresa e motivata nelle battute di dialogo fra due artisti volontari di guerranel racconto Tre storie in una: nel frattempoperòc'eranostate le "fortunate catastrofi di Lissa e Custoza"giusto l'efficaceossimoro usato da un letterato amico del gruppoSalvatore Farina.

Il disinganno penoso che seguì l'esito positivo ma umiliantedella guerra del 1866 è l'humus da cui germina l'opera scapigliata che con piùirruenza accusa le belliche "stragi di sangue": Una nobile follia.Il romanzo tarchettianouscito a puntate sul "Sole" a cavaliere frail 1866 e il '67 con il titolo Drammi della vita militare. Vincenzo D.(Una nobile follia)si scaglia contro l'ottusità crudele che vigenell'organizzazione degli eserciti permanentinegando valore al loro stessoassetto istituzionale. L'invettiva antimilitaristasostenuta da spunti diardita polemica sociale ("La proprietà è l'usurpazione""L'elemosina! ¾¾Ah! colui che primo inventò questa parola doveva essere sbranato" to. Ip. 399) raggiunge apici di virulenza che ben meritarono all'autore il titolo dialfiere dell'impegno democratico:

 

sotto questo amore simulato della patriae questo istintomendace della grandezzasi nascondono l'egoismo e la crudeltà instillatavidall'educazionee quella sete ardente della proprietà che inebbria tutti gliuomini! (ivip. 402)

 

E tuttavia non solo la rappresentazione delle battaglie diInkermann e della Cernaiacondotta sulle note epiche del sublime negativocapovolge il senso ""eretico"" dell'antimitologiama lastruttura discontinua e digressiva del testo appanna l'intento primo di"far conoscere nei suoi vari aspetti la vita intima e segreta dellacaserma" (p. 381). La ridondanza oratoriaunico connettivo allesfilacciature della tramasnerva l'argomentazione ideologica e denuncia lafragilità dell'impianto romanzesco. Il vero conflittol'ha ben visto BarberiSquarottiè tutt'interno al protagonistameglio alla sua fisionomia bifronte:l'omonimia di Vincenzo D.spia della solita scissione dell'iorimandaall'opposizione fra l'eroe ortisianotragico e fatalee il personaggio mediodel piccolo borghese senza aspirazionichiuso nella propria serenitàfamiliareottenutadel restograzie al suicidio "nobile"dell'altro.

L'intrecciopur esasperando l'antagonismo fra il tempo dipace (il primo Vincenzo D.pittore e amante ricambiato di Margheritaperdetutto a seguito della chiamata al distretto) e il delirio guerresco (dopo larievocazione della spedizione in Crimeaormai pazzo s'uccide all'alba del '66)ne disperde il significato storico-politico e al centro dell'opera s'accampa ilconsueto schema manicheo delle coppie ideale-realesalute-malattiaragione-follia.

 

 

Conservazione e modernità

 

La fase di passaggio fra l'idealismo romantico-risorgimentalee la cultura positivista alimentacome abbiamo già osservatola linfaautentica della narrativa scapigliata e ne determina i tratti innovatori: ilrecupero dell'irrazionalismo primottocentesco in chiave antimanzoniana induceall'esplorazione orrorosa delle regioni buie dell'io; questa ricognizioned'altrondeacuisce l'urto con le pretese egemoniche del sapere scientificogalvanizzando la dinamica contrastiva. Ne derivaper usare una sinteticaincisiva locuzione di Sacchetti"un singolare contrasto di positivismoprovinciale e di un fantastico lugubre e superstizioso" (Candaulep. 58).

La critica ha illustrato i termini della discordia condovizia analitica. Per Moestrup "i tre racconti di Amore nell'artedanno un'immagine completa del più vero Tarchetti"perché esemplificanole "tre varianti sul tema spirito e materia"; "nella fondamentaleopposizione di ciò che è «malato» a ciò che è «sano»" Gioanolarinviene il centro dell'esperienza scapigliataa cui dà voce la moderna"scrittura del pathos". Le interpretazioni di Un corpo (E.ScaranoR. BertazzoliM. C. Mazzi) variano nell'attribuire la palma dellavittoria al pittore o all'anatomistama tutte identificano il fulcro della storiellanel conflitto fra arte e scienza. E così via in una serie ricca di saggi estudi d'indole monografica o complessiva in cui prevalgonodi volta in voltale coppie ideale-reale (R. Bigazzi)normalità-eccentricità (G. Mariani);idillio-rivolta (F. Portinari)vero naturalista-fantastico decadente (E.Ghidetti); maledettismo-fede religiosa (gli Autori del "Vegliardo"e gli "Antecristi").

Nel recente encomiabile tentativo di dare un quadro sinteticodelle polarità in dissidioSpera ne individua la genesi nello scontro primariofra bene e male: "l'innovazione cruciale della poetica scapigliata" èla "scoperta della letteratura del male".

Non c'è dubbio che il gusto provocatorio di celebrare gliaspetti orridilaidideformi del mondo sorregga l'opera di molti autoribohémiens; che l'incessante ansia sperimentale li spinga a saccheggiare irepertori "demoniaci"a libare il "veleno di malanni col vino ecoll'amor" (PragaLa libreria)a entrare negli obitori dove sisquarciano i ventri delle vergini incinte (A. BoitoLezione d'anatomia).Quanto accesa sia stata la battaglia condotta da Tarchetti e compagni contro lesdolcinature aleardiane e il sentimentalismo dei "Carcanini" non c'èpiù bisogno di ricordarlo. Già nel 1875 Faldella ironizzava su "questoculto del Bello brutto" che aveva fomentatonegli amici scapigliatiil"male dell'arte" (Lettera letteraria a T. M. ¾¾Il Bello bruttoin "Serate italiane"17gennaio 1875). E tuttavianon solo l'emulazione del modello baudelairianoacui l'indicazione di Spera rimanda esplicitamenterimane un pio desideriosenza mai tradursi in adeguate scelte espressivema soprattutto i ribellimilanesi restano sempre librati "fra un sogno di peccato/e un sogno divirtù" (Dualismo)in una zona limbale in cui raramente spuntano ifiori del male. A occupare il centro dei racconti è sì la dialetticainferno-paradisoma confinata entro il dominio cauteloso dell'ethos ambrosiano:quei "sogni"privi di audacia trasgressivaalludono ai grovigliesistenziali che tanto turbavano la generazione crucciosa. Il titolo del librodi Alberto PisaniLe due moraliè un'indicazione tematica preziosache nessun arabesco stilistico può e deve cancellare. Gli schizzile memoriedivagantii racconti fantasticiper quanto estrosamente provocatorisottintendono sempre l'assillo di una domanda poco formale: a quale sistema divalori deve ancorarsi l'arte in una società che è passata dalla poesia allaprosasospesa nella fase del "non-ancora non-più"?

In questo primo quindicennio unitariola luce delle lotterisorgimentali mantiene un fulgore splendentetroppo tiepido però perrinfocolare slanci generosi; la "giovinezza industriale" alimenta lafede nel progressoma non mitiga affatto le miserevoli condizionid'arretratezza del paese; le teorie scientifiche pronosticano scopertestrabilianti nel momento stesso in cui aprono orizzonti minacciosi. La smania dicompetere con i "solenni giganti del passato" (A. Boito) esaspera ildesiderio di un rinnovamento radicale e d'altronde l'urgenza di rompere con latradizione rafforzanon leniscele perplessità che accompagnano ogni viaggioverso l'"Inconnu". In questo stato di titubanza inquietail dialogocon la classe dirigente in formazione assume timbri contristati: come ritagliareentro il nuovo orizzonte d'attesa il pubblico ideale cui rivolgersi in spiritodi autonomia matura e consapevole? Se l'élite politica è composta da"notabilità bacate" e l'intellighenzia ufficiale èrappresentata dalla "pigmèa e sparuta (perché cibata di pura crusca)fanterìa de' gramàtici" e dalle schiere di critici che mirano "cogliautori morti a spègnere i vivi" (DossiMàrginepp. 667671)leforze sociali non promettono molto di più: la nobiltà precipita verso lacorruzione viziosail ceto medio dei bottegai e commercianti pecca di miopiaperbenistase non di grossolanità volgareil mitizzato popolo dell'epocarisorgimentale si sta scindendo in "canaglia" stracciona e nell'ancorpiù "pericolosa" classe operaia. Sul piano propriamenteprofessionalela "carriera della carta sporca" (DossiPrefazionegenerale ai "Ritratti Umani"p. 901) offre agli scrittorioccasioni tanto più allettantiquanto meno svincolate da quelle leggi dimercato che la loro ispirazione ferocemente depreca. Insomma e conclusivamentedove fermare il pendolo fra bene e male sotto l'urto delle contraddizioni apertedalla modernitàdi cui la capitale morale era la sede elettiva?

Se proiettiamo i termini dell'antagonismo sullo sfondostorico entro cui il movimento scapigliato si sviluppaa prendere vigore è lavera sostanza del dualismo: la dialettica di attrazione e repulsione che governaa tutt'oggi i comportamenti del ceto intellettuale davanti agli sconvolgimenticontinui della civiltà dell'urbanesimo borghese: nell'immaginario culturalepost-unitario il conflitto si articola privilegiatamente nello scontro fracittà e campagnauomo e donna.

 

 

Città e campagna

 

L'aspirazione a recuperare le zone serene e innocentidell'idillio trascorre come una corrente carsica entro tutta la produzionescapigliata: sono molti i brani in cui l'io narranteriecheggiando magari iversi dell'amico poeta (le raccolte di Praga; Nostalgie si intitola ilvolume di liriche gualdiane)si abbandona al rimpianto per la stagione passataquando un unico nodo stringeva la felicità dei dolci affetti familiari e ilsenso di pacificata armonia con la natura.

Ai desideri del pittore Emilio ¾¾"vorrei vivere sempre in altoin quest'aria pura in mezzo a queste scenesublimi; esse valgonove ne assicurosignor curatotutti gli svaghi e tuttigli agi delle città" (Memorie del presbiteriop. 23) ¾¾risponde l'eco sonora delle invettive di Vincenzo D.: "Tutto è trasformato¾¾ l'animadell'umanità non è più l'amoreè la violenza e la forza ¾¾l'idillio è sparitoabbiamo l'epopea di guerra" (Una nobile folliato. Ip. 439); al rincrescimento maturo¾¾l'infanzia "è un canto vagoincompreso mentre vibrache diventa chiaropiù tardi nella memoria" (Il trapeziop. 444) ¾¾s'intrecciano le note compunte dei musicistinelle cui "dolci e serenememorie dell'infanzia" "s'affacciano per le prime queste sceneincantevoli della naturache furono testimoni dei nostri dolori e delle nostreprime confidenze" (Lorenzo Alviatito. Ip. 563). Quando losguardo del narratore si sposta dalle visioni campestri verso orizzonti piùvastialle cadenze idilliche subentrano i toni alti del romanticismomelodrammaticoma non diminuisce l'ansia di comunione fra io e macrocosmo.Mentre la vicenda di sir Robert è ambientata sullo sfondo dell'"imponentespettacolo" offerto dalle voragini del Vesuvio (Un suicidio all’ingleseto. Ipp. 84-7)nell'Innamorato della montagna il racconto si dipanafra "i luoghi più selvaggi e più tristi di quelle provincie; il bellodell'orrido vi è diffuso a profusione" (to. IIp. 115).

Al polo opposto degli aspri panorami tarchettianigli Schizzidal mare di Bazzero disegnano la costiera ligure con le cadenze iridiscentidi una malinconia intrisa di venature crepuscolari: l'autore vi trasfonde ilsentimento di una perdita dolorosa che coniuga la nostalgia per un'evanescente"fanciulla bionda"capace di cantare "le poesie d'Iddio edell'amore" (p. 180)con la "cupidità di pace" che solo ladistesa marina può oggi placarenel desiderio regressivo del grembo materno. Etuttaviaproprio dal più "deserto" degli scapigliati ci viene ilrichiamo imperioso a non dimenticare mai il dualismo connaturato alla poeticadel gruppo. Per quante lacrime i narratori versino sul paradiso perdutodell'età infantile e della quiete agresteil fascino dello scenario urbano licattura sempreaprendo nei loro racconti contraddizioni feconde. La raccoltadegli Acquerellidopo aver percorso l'"insidiosa d'ozi e d'amoribellissima riviera genovese" (p. 189)giunge a celebrare il fervore alacredel suo capoluogo. Nel primo schizzo dedicato a "Zena"il diaristaviaggiatore comprende cheper lumeggiarne il ritrattodeve non solo usciredalle "morte biblioteche" ma scendere sulle banchine del portodove imarinai mettono in fuga ogni poesia:

 

Ho detto la poesia? Ho sbagliato: dovevo dire la Nonnapoesia: quella in cuffiacolla tabacchiera e il mazzo di tarocchi lì sultavolo: è titolatasfoggia genealogia e stemmie nulla fa di bene se non hale rose dell'aurora (...) cinguetta coi poeti e i professoroni ufficialièpettegola e si liscia. Via! di cotesta donna marchesaccia siamo stufi. C'è unabella scapigliatacon grand'occhi acutisenza rimario sotto le ascellesenzasvolazzettila penna d'oca e l'elmo di Minervac'è una giovinetta ches'asside anche all'ombra delle veleviaggia coi marinaie mangia il pane duroconta i soldi e canta Dio e il mare. E' la vera poesia (...) Voglio conoscere lapotenza di Genova? Vado a gustare la grandiosa poesia del suo Porto. (Poesiap. 214)

 

Le figure contrapposte della marchesaccia e della giovinettaricordano le immagini adottate da Alberto Pisani per descrivere metaforicamentele "due morali": una "è l'officialein guardinfante eparruccaa tiro-a-seicoi battistrada e i lacché"l'altra "è unamorale pedinain gonnelluccia di telaalla quale ben pochi làscian ladritta." (Vitap. 217). A chi debba andare la preferenza è facileindovinare; ma il timore che proprio in città la giovinetta in gonnelluccia ditela possa incontraread ogni cantoneil cinico nobile Andalò (Vita diAlberto Pisani) o il bieco marchese di B. (Paolina)impedisce unascelta irrevocabile.

Nella rappresentazione scapigliata dello scenario urbanoafar ondeggiare costantemente il pendolo fra bene e maleconservazione emodernitàè l'attenzione univoca che tutti riservano alla sfera privata deicomportamenti sentimentali. Nasce da un'ostinata prospettiva eticaperaltromolto ambrosianala paura diffusa che la città"madre d'inganni etoschi" (PragaA Enrico Junk)contamini affetti e ideali: l'urtovolgare dei traffici rovina non solo le pure fanciulle in fiorecassierine eoperaie prossime a nozzema anche gli artisti esordientiricchi solo di sognie ambizioni. La vicenda di Roberto Mariniprotagonista del giovanile raccontodossianoè intessuta di stereotipi così convenzionali da assurgere a modello.Il titolo Per me si va fra la perduta gente non lascia dubbi sull'apprododel cammino che conduce il pittore dal paese di Moncalvonella cui "dolcequiete" scorre una "vita laboriosa ed onestauna vita di famiglia edi pace"(Due raccontip. 125)alla città di Narpea"immensaesalazione d'uomini e cose" (p. 136). La descrizione di "una granpiazza lastricata di granito" con al centro un'ardita chiesa (p. 142)scioglie le ambiguità dei riferimenti topografici e rivela che siamo giunti aMilano in mezzo a una "strana folla di gente". Qui Marinidopo iprimi dipinti "senza contorni"sbozzati alla maniera di Cremona conla "bambagia" (p. 190)si integra nei meccanismi del mercatoadeguandosi ai gusti del pubblico tradizionale. "Dieci anni dopo"loritroviamo benestantefamososposato con la figlia di un accademiconominatoaddirittura Cavaliere: i prezzi pagati sono la rinuncia ad ogni progetto dirinnovamento pittorico e l'abbandono della fedele fidanzata rimasta al paesellonatio. E' l'avvio della serie dei giovani intellettuali chevenuti da lontanonella "città più città d'Italia"si prostituiscono in arte e inamore. Il quadro complessivo del tracollo è delineato in un coevo branotarchettiano.

 

La civiltà è una parola che mi atterrisceil progresso cheella segna è una via disastrosache conduce forse l'umanità ad un abisso.(...) Io rimpiango quei tempi in cui si credeva e si amavain cui gli uomini siriunivano attorno all'altare della famiglia (...) rimpiango un passato in cuigli uomini non erano sì coltisì saggisì avveduti come adessoma eranoincontrastabilmente felici (...) L'umanità è malatal'uomo individuo èmalatosoffrono. (L'innamorato della montagnato. IIpp. 122-3)

 

Ancora una voltatutto sembra saldarsi nella condanna senzaappello della fiumana del progresso che sospinge l'individuo e la collettivitàsull'orlo dell'abisso. Ma Bazzero ci ha ammonito che per la giovinettascapigliata il dualismo non è solo facile parola d'ordineè tensioneirrisolta che orienta lo sguardo sul mondo: all'elogio della vita campestre edell'immemore età fanciullesca si contrapponeallorauna rete di temi emotivi che sorreggonocon ben altra efficacia narrativala rappresentazionedello spazio cittadino. L'urbanitas perde l'aspetto negativo per mostrareil suo volto fascinosamente attraenteper ricordare ai lettori della capitalemorale che le sorti private e pubbliche si decidono ormai entro un nuovo sistemadi valoriestraneo alla presunta armonia del microcosmo bucolico.

Esemplare è l'itinerario di Dossi chedopo il raccontogiovanileper altro mai ripubblicatonelle sue opere "cattive"cancella letteralmente gli scenari naturali: le pause descrittive d'esterni o siriducono a schizzi espressionistici (il cielo "giojellato di stelle chelappoleggiavano" Lisap. 467; i campi di Praverdesimili a una"gran planimetrìa a colori" Vitap. 89) o sono parodie distereotipi ("Era la primavera. ¿Vorreste una descrizione? Ne homille" La desinenza in Ap. 837). Analogamentenell'ordinecompositivo-tematicola "trilogia" romanzesca disegna un itinerariodiretto "vèr la città" (Vitap. 95).

La cornice dell'Altriericollocata nell'oggi di unaccogliente salotto borgheserinserra le tappe di una Bildung cheiniziata in "un pìccol villaggio"si conclude sotto le guglie delDuomo: qui il giovinetto pallido avvia "il completo riversamento nel suonaturale" (p. 509) eper svezzarsi "dal materno capezzolo"(p.510)s'immerge nella folla seducente delle feste danzanti. Anche il percorsodi crescita di Alberto segue un simile tragitto: dopo la partenza da Montaltoluogo di lutti dolorosi"alla città i suoi nervettini quietàronsi"(Vitap. 95) e nel "raccolto appartamentino" insorge lapassione per la lettura:

 

là non avea mai sentito il bisogno di ricercare oltre iconfini del sillabario. Toccàvanlo troppe emozioni dirette per dimandarne inimprestito. Alla cittàinvecefu còlto da una vera lupa pei libri; leggevaogni cosa... (ibidem)

 

E' la stessa motivazione che spinge l'aspirante scrittore ascappare da Silvanoun lillipuziano paesino da cartolinadove si era rifugiatoper stimolare l'estro creativo: "la cristallina aria di lì mettèvagliindosso più voglia di fare che non di scrìver romanzi... allalarga! alla larga!" (p. 159). La vivacità spontanea indottadall'immediatezza naturale inibisce l'entrata nello "strano regno dispìriti" (L'Altrierip. 509) in cui germina la vena dimorbosa "malinconia"fonte originale della letteratura moderna. Ormairemoto il moralistico mondo di NarpeaAlberto traslocaper lavorarenella"borghessima casa" dello zio magosituata in contrada San Roccoall'interno dei Corpi Santi. Siamo in una villetta perifericagravata di tassecircondata da un'ortaglia incolta e con vista sul cimiteroun tempo laboratoriodi sperimenti macabro-scientifici. Le serate a teatrole passeggiate all'albagli incontri con i passanti "inferajolati" e le velate signore incarrozza forniscono il materiale per stendere il libro che conquisterà donnaClaudia.

Nella Desinenza in Ainfineil narratoreinstallatoin un osservatorio ultracittadino (la Sinfonìa iniziale s'intitola Sezionedi una casa civile a due piani)colpisce con ironia impietosa chiancora crede in un possibile ritorno all'"idillio": nella scena terzadell'atto secondo campeggia l'ingenuoinnamorato artista Nino Fioreriparato"a quel covo d'ogni ambizioso fallitoche è la campagna" (p. 779).

Malinconici o maledettivittime di capricci o in preda alleallucinazionipittori poeti musicistinobili (Riccardo Waitzen)borghesi(Lorenzo Alviati) o figli di poveri cantastorie (Bouvard)tutti i protagonisti"malati d'arte" si lasciano andare al rimpianto di "ciò chefu": maper coltivare la loro "torva" musascelgono ildissonante universo urbano. Tanto più amanti della provocazione quanto piùdesiderosi di plauso e gloriasanno che a decretare il loro successo sarà ilpubblico borghese che affolla teatri e salottia Parigi come a FirenzeaVienna come a Milano. Persino Cirillo spera di ridestare "in sé l'ideadell'artista" suonando per un pubblico mondanocon l'accompagnamento di unfrullio di ventagli femminilisimili a un'artificiosa "cosmogonia difarfalle" (Il male dell'artep. 91)

Nei suoi risvolti metaletterariil Künstlerromanindividua la sede privilegiata della moderna attività creativa nella dimensionecittadina e comincia a suggerirne i possibili percorsi tematici.

Sebbene molto più titubanti delle loro controfigurefittiziegli autori scapigliati sono consapevoli che "le note malinconichee toccanti del canto di natura" hanno "cessato di parlare alcuore" e nulla possono contro il desiderio di conquistare il "granmondo sconosciuto" che sta al di là di torrentimonti e foreste di pini.(Paolinato. Ip. 284). I testicostruiti sul confronto ravvicinatofra le due dimensioniaffidano all'andamento dell'intreccio il compito dioffuscare il rimpianto delle zone protette dell'idillio: in Paolina iresidui di serenità campestre si esauriscono nel corso della vicenda; nelle Memoriedel presbiterioil quadro di un Eden felice ¾¾la presunta "Tebaidedove son vive tuttavia le memorie bibliche" (p.22) ¾¾ è solo unvagheggiamento fugace che i racconti inseriti si incaricano di dissolvere. Lenote nostalgiche si affievoliscono e Sulzena appare come "una bolgia"dominata da ipocrisie e violenze (p. 103)in cui le "scene dellanatura"invocate dai giovani poeti"sono mute" incapaci di darerisposta alcuna a chi pensieroso le interroga (p. 23). Non resta davvero cheseguire le orme dei protagonisti del Künstlerroman e intraprendere ilcammino "vèr la città".

Qui sarà possibile mettere a fuoco un campionario diimmagini chepur senza mai disegnare l'affresco metropolitanosempre lopresuppongono: la folla affaccendata o distratta che si agita nelle strade pienedi "luce moto allegrezza" (Fosca)il vagabondaggio curioso delflâneur nei quartieri eleganti o perifericile occasioni mondane doveavvengono incontri fatalile prime seduzioni della modale scommesse del giocod'azzardol'urto della réclame che "spia il luogo più propizioper colpire l'uomo nell'opportunità dei suoi bisogni e dei suoi dolori"(FaldellaA Parigicit.p. 176). Con inedita sensibilità percettivai nostri narratori scoprono il "sonno delle vie popolari" avvoltenelle mattine di quaresimada una "nebbia torpidiccia" sotto "ilcielo d'un colore gesso annacquato" (Malinconie di un antiquariop.424) e colgono l'apprensione euforica di chi s'imbatte nell'imprevistoilsentimento di penosa estraneità avvertito dal singolo nel baillamme della festaoall'inversol'inebriante "piacere di guardarsi l'un l'altro nel biancodegli occhi" (I fatalito. II p. 10) in pieno veglione mascherato.Gli schizzi e i frammenti cominciano a riecheggiare i rumori degli scalpelli cheabbattono vecchi caseggiati per innalzare "case nuove"il vocioconfuso del carnevale ambrosiano"la pagina più vera di questa immensaepopea della vita" (Paolinato. Ip. 370) oinfinei sussultisimili alle "vertigini del volare" (Foscato. IIp. 300)chesi provano in una carrozza ferroviaria (fra i sedili di un treno si apre Ilmale dell'artesi chiudono le Memorie del presbiterio e si svolge ilviaggio di Geronimo a Parigi).

Una precisazione è d'obbligo. Queste ricognizioni nellaciviltà dell'urbanesimo non sono mai condotte con l’ottica positivista dei"palombari sociali" cheimmersi nei "ventri" cittadinineillustrano gli aspetti oscuri (P. ValeraMilano sconosciutaBignamiMilano 1880; L. CorioAbissi plebei Milano in ombraCivelliMilano 1885); né tanto meno replicano gli "choc" della poesiabaudelairianaoffrendo magari "visioni epifaniche" di un"altrove" minaccioso (V. Roda). Nella fase del "non-ancoranon-più"in cui si sviluppa la narrativa postunitariail"microscopico Parigi della Lombardia" (C. Arrighi) racchiude sempre ilvolto contraddittorio del Milanin Milanonper dirla questa volta con De Marchie le sicurezze del passato continuano a sprigionare un incanto potente.L'attaccamento tenace di Faldella ai valori del mondo agreste ci ammonisce a nonsottovalutare le tracce di conservatorismo che sono spesso sottese allesperimentazioni linguistiche. Le Figurinevolte a celebrare il"galateo dei villaniossia del buon cuore" (Galline bianche egalline nerep. 31)eleggono la "vita nell'aja" come modello divirtùtanto più esemplare quanto più nefasto è l'influsso delle"moderne Babilonie"capaci di diffondere ovunque i virus deiconflitti sociali (Sant'Isidoro) e delle "isterie"nevrasteniche (Madonna di fuoco e Madonna di neve). Semmaiaconferma ultima del permanente dualismosi può ricordare che dalla schiera dei"cauti e costumati piemontesi" (G. Contini) esce anche RobertoSacchetti. Al giovane avvocato giornalistail soggiorno milanese non mostra ilvolto cinico della corruzionegli suggeriscepiuttostola necessità diuscire dal "vecchio guscio" per "vivere in una grande città dovesi lavorae si pensadove ci si agitaci si fa strada" (Vecchiogusciop. 96; il romanzo uscì a puntate sul "Pungolo" nel 1879).Il "confronto" fra "scene di campagna" e di cittàchenelle novelle d'esordio inclinava faldellianamente a favore del primo termine (Ilforno della marchesa e altri racconti)nelle opere successive perdeogni rigidità moralistica e si modula sulle tonalità sfumate della scritturarealistica. Se Entusiasmi privilegia lo sfondo storico della MilanoquarantottescaVecchio guscio condanna l'immobilismo crudele esoffocante della provinciareplicandoin piena sintonia scapigliatailgiudizio implacabile con cui il narratore di Fosca aveva bollato lagrettezza dei piccoli villaggi:

 

Chi ha vissuto un tempo nelle grandi città non può piùadattarsi alla vita dei villaggi; non può impicciolire le sue vedutele sueideele sue abitudini fino alle proporzioni meschinee spesso ridicolechedà alle proprie la gente delle campagne. Io ho considerato sempre i piccolivillaggi come centri d'ignoranzadi barbariespesso anche di corruzione. Sonoessia mio credereche arrestano il corso della civiltà (Foscato.IIp. 246).

 

Anche per Anna Bossanola protagonista del romanzosacchettianoche nel tentativo di sottrarsi all'accidia maligna del"paesucciaccio" (Vecchio guscio p. 96) ne rimaneschiacciatavale l'osservazione con cui Giorgio ribalta uno dei più logoriluoghi comuni dell'idillio:

 

Vicino ai villaggi anche la natura sembra patireè rozza epigmeasoffre d'impotenza e di rachitismo. (Foscato. II p. 247)

 

 

Maschile e femminile

 

Con lo stesso sguardo moderno i nostri autori scoprono ilfascino meduseo della bellezza femminile:

 

quella specie di beltà cittadinaquasi di beltà malatache è affatto sconosciuta alle donne della campagnama che è pur sempre lapiù attraente delle beltàperché è una beltà che lascia trasparire lepassioni. (L'innamorato della montagnato. IIp. 174)

 

Siamo al nucleo tematico forse più ricco e fecondo delleopere scapigliate: l'impatto con la civiltà dell'urbanesimo borghese imponeagli scrittori di fare i conti con una figura di donna dinamicaenergicaattraentea cui i panni dell'angelo del focolare vanno decisamente stretti.Nella serie delle coppie oppositive che tramano la narrativa postrisorgimentaleal centro si colloca l'immagine ossimorica dell'io femminilefonte di vitalitàerotica e di contaminazione feraleispiratrice sublime dell'arte eterea eorigine prima di deliri demoniaci. In questi raccontil'antitesi fra Eros eThanatos raggiunge un'incandescenza al calor bianco; l'antagonismo fra il dolceaffetto maternocapace di placare tutti gli affannie la seduzione peccaminosadella femme fatale non può trovare sintesi pacificatrice. Le ripetuteinvocazioni alla madre che scandiscono il diario di Bazzero sono debole arginealle visionialtrettanto ricorrentidelle "spaventose voluttà delladonna" (Animap. 117). Tale schizofrenia è insita nellapersonalità muliebreperché come spiegacon parole di malcelatamistificazioneun narratore tarchettiano:

 

Tutto ciò che vi è nella donna ¾¾le sue operei suoi pensierile sue parolei suoi atti ¾¾tutto è seduzionebenché seduzione tacita e delicata. Oh l'uomo è assai piùpuro! (...) Nella fanciulla si trova sempre la donna ¾¾l'angelo bisogna cercarlo nella madre. (Lorenzo Alviatito. Ip. 581)

 

In questo moto ossessivo fra aneliti alla purezza e smanieper gli "amplessi della femmina nuda" (Animap. 17)ilpendolo conosce oscillazioni ampie e irrefrenabili. Nella raffigurazione delsupremo oggetto del desiderio acquistano lucentezza i conflitti di unacollettività chenel momento in cui delegava alle discipline positive ilcompito di risolvere "in laboratorio" le questioni apertedall'emancipazione femminiledall'altra s'affrettava ad acconsentire al dogmapapale dell'Immacolata Concezione (1854). Praga: "Bella commedia!...etrassero/ in clinica Maria/e alle genti bandirono/ dogmatica utopsia:/¾¾Olàmadama è vergine! ¾¾"(Spes unica).

Partecipi di una svolta storico-culturale di vasta portatagli artisti ribelli che s'interrogano sulla nuova morale saggiano nellaritrattistica femminile moduli e tecniche di vera provocazione. Tanto più chesu questo terreno la polemica con le convenzioni narrative primottocentescheaveva buon gioco e massima forza deflagrante. A capo della schiera delle verginitimorose e pudibonde svettava Lucia Mondelladietromolto più scipites'affacciavano le Nunziate e le Angiole Marie di Carcanole Miutte candide eparalitiche della Percotole peccatrici pentite di Dall'Ongaro; Pisanasullosfondoera ancora solo un'ombra fugace. Ben comprensibile che per delinearel'"abisso di voluttà" (Riccardo Waitzento. Ip. 627)incui si perdono gli artisti scapigliatiil saccheggio dei modelli d'oltralpe siaavvenuto a man bassa.

Splendenti nel loro fulgore inattingibile (Narcisa) oorribili per cumulo di malattie nervose (Fosca)austriacanti (contessa Livia)oal contrarioferventi patriote (donna Elodia di Entusiasmi)mature oadolescentisilhouettes schizzate o protagoniste di primo pianotutte leeroine in gonnella hanno una fisionomia originalmente marcata. Non è quipossibilepurtroppopassarle in rassegna analitica: troppe e troppopersonalizzate sono le figure che compongono questa galleria policromain cuila sorellanza di genere appanna le differenze di classe: dalle più celebriFosca Rosilde Narcisa Nerina la contessa Liviaalle meno conosciute ma dalfascino altrettanto prepotenteAmbra del Trapeziola zingara Luscià (Tendae castello)la baronessa Vittoria (Candaule)la marchesa diPallanza il cui amore dura "dall'agosto al novembre"la fulvatentatrice di Don Giuseppe e Irene di "calle delle Zotte"nelle Storiellevane. E poi le giovani vedovelle spregiudicateRegina "superbamentebella e orgogliosa" chenella sera del trionfoattira a sé LorenzoAlviati o la contessina di Nievola prima ad iniziare Alberto Pisani ai ritidel corteggiamento; oltrenaturalmentealla folla variopinta di ballerinecantantimodellefanciulle ispiratrici dei geni malati d'arte. Insommacivuole davvero la "desinenza in A" per declinare il camporaffigurativo più memorabile della narrativa scapigliata; che il perfido Dossice ne abbia offerto la fotografia in negativo testimonia solo dell'effettodirompente che la "donna nuova" incomincia a produrre nell'immaginariodell'Italia unita.

Tutte sono protagoniste attive del loro destino e a lorospetta la funzione di catalizzare la dinamica dell'intreccio: poco importa aquale strumento seduttorio si affidino ¾¾lettere fluvialisuadenti richiami di vocegesti imperiosiocchiate languidecontratti di nozzesomme ingenti di denarourla straziantiofferte oblatived'aiutolavacri odorosi "di polvere di riso"apparizionifantasmatiche o sonnambulismi visionari ¾¾ciò che conta è il primato d'autonomia assunto nella coppia. Perchécomeproclama Fosca"Tutte le donne scelgono" (Foscato. IIp.334)senza lasciare l'iniziativa ai loro compagni. Costorod'altrondenonsono degli inetti (è giunto il momento di rinunciare a un'etichettainterpretativa inflazionata e buona per tutte le stagioni post-romantiche); sonosemplicemente uomini normali attratti e atterriti da una figura muliebre nonpiù vittima succube. Recita una poesia di Gualdo: "tra l'acri voluttàmisteriose/v'è un senso di speranza e di paura" (Alla sera). Latensione del desiderio pavido s'originacertonell'incontro con gliallettamenti maliardi delle dark ladiesma è la richiestapressante e quotidiana di una assunzione piena di responsabilità maschile ainnescare nei vari personaggi il meccanismo delle titubanze audaci. Il richiamoalle virtù energiche è tanto più cogente in quanto l'autorevolezza virileabbandonati i gloriosi campi di battaglia o le imprese di coraggio indomitodeve manifestarsi nell'ordine prosaico della società civiledi cui la famigliacostituisce la cellula germinale: è appunto l'assenza di nuclei domesticiarmoniosicome abbiamo già notatoa documentarenella narrativasecondottocentescail declino del modello patriarcale e a denunciare i primisegni della fragilità maschile. D'altra partein quella fase storica ditransizionela crisi delle relazioni fra i sessilungi dall'aprire prospettiverinnovatriciacuiva lo stato di disorientamento in cui versava la neonatacollettività nazionale. Anche perchéè ancora Fosca ad ammetterlo consincerità masochisticale donne prediligono gli uomini autorevoliper nondire autoritari:

 

Le donneancorché non cessino di essere cortesi coi buoni ecoi miticedono sempre di preferenza agli uomini audaciprepotentiprontiall'offesadisprezzatori degli altrivanagloriosi di sé; in una parola aipeggiori degli uomini. (Foscato. IIpp. 340-1)

 

Gli amanti scapigliati solo raramente sono loschi individuichesimili al finto conte Ludovicoseducono e maltrattano le loro compagne; èveroperòche pochi sono in grado di tener testa a chicome Anna Bossanoper uscire dal vecchio guscio di consuetudini arcaiche e paralizzantisipresenta sulla scena del mondo con ardire temerario:

 

Nulla di languidodi tenero nei suoi atti e nella suapersonabensì una franchezza provocante. Era una di quelle donne freddeinsensibiliche per una reazione oscura infiammano i sensi inconsciamentesenza volerlovi accendono effervescenze stranedei deliri pazzi e furiosi cheesse non comprendono; la loro bellezza superbaoriginaleesagerata sconvolgein chi ne è colpito l'equilibrio moraleha delle linee d'acciaio che strazianoil cuore. I loro sguardi fieri e imperiosi cacciano innanzi a scudisciate frottedi desideri mostruosiferoci. Volontà inflessibiliquando si dannoè perprendere tutto il vostro essereper spremerloper stritolarlo; ambizioni chenon conoscono il piacere e lo sdegnanoqualche volta lo sfruttano. (Vecchiogusciopp. 198-9)

Era difficile per i lettori milanesi delle appendici del"Pungolo" apprezzare un progetto di vita femminile così ferocementespavaldo: se poi aggiungiamo che Anna Bossano contesta il primo dovere muliebre ¾¾"le pareva che la maternità dovesse impacciarla nel suo piano diguerra""Questo richiamo ai suoi uffici di donna l'umiliava"(ivip. 264) ¾¾meglio forse si comprendono le ragioni del lungo oblio calato sul romanzosacchettiano.

In realtàAnna non riesce a raggiungere il suo ambiziosotraguardo: basta un'accidentale spinta del marito ubriaco a farla precipitaregiù dalle scaledove spira fra le braccia di un servitore fedele. E' il prezzopagato dalla maggior parte delle eroine scapigliatesopraffatte dal giocodualistico di spinte trasgressive e controspinte censorieche è il vero fulcrodinamico di queste opere: nel momento in cui il racconto le rende protagonisteattive del loro destinole condanna a subirne tutte le conseguenze. Quasi atradurre narrativamente l'attrazione sgomentevole che suscita una donna"bella ma terribile"preoccupata unicamente di ottenere "ilrispetto di se stessa" (Candaulep. 92)la progressionedell'intreccio esalta il libero sfogo degli istinti vitaliper poi reprimerlicon uno scioglimento catartico che concede ai personaggi maschili il recuperodel primato perduto. L'ordine ricomposto in extremis è altamenteprecario: i finali sono per lo più affrettatiincongruitalvolta sgangherativolti solo a decretare la vittoria di un moralismo occhiuto che distrugge chiturba la gerarchia dei valori costituitimassime nella sfera dei rapporti fra isessi. In alcuni casila lusinga paralizzante delle grazie femminili contagiaanche l'autore e la narrazione s'interrompe bruscamente: Il trapeziodocet. In altrisupplisce la mano dello scrittore amico: il vuoto che si aprenella compagine di Fosca all'altezza del XLVIII capitolola scandalosanotte d'amoreè spia macroscopica della difficoltà tarchettiana dicontrollare la tensione giunta all'acme. Nella maggior parte dei testi è unesito ferale a sciogliere il nodo. I corpi splendidi consegnati al gelo di mortenon si contano: Carlottacontesa fra un pittore egocentrico e un anatomistapazzo (Un corpo); Rosildespirata pochi giorni dopo aver dato alla luceun innocente bastardo (Memorie del presbiterio); Lusciàzingarafuggitivauccisa per sbaglio da un marito troppo ben intenzionato (Tenda ecastello); Krimilthdelirante visionaria cieca (Da uno spiraglio);Teresaselvaggia sedicenne sedotta e abbandonata (Macchia grigia); lamalinconica Elvira a cui il volo cocciuto di un "minaccioso moscone"apre la via del sonno eterno (DossiElvira1872poi in Goccied'inchiostro). E così scompaionoper decesso naturale o fine violentaletarchettiane Adalgisa Giulia Anna della trilogia dei musicistie Fiordalisa (L'innamoratodella montagna); poi ancora Alfonsinamoglie modella di Cirilloel'inafferrabile donna Claudia di Alberto Pisani: insomma tutte le donneispiratrici d'arte e d'amoredopo aver insufflato vita e creatività nell'animodei loro compagnidevono lasciare per sempre il proscenio. In questoscapigliato trionfo della morte si può leggere la sanzione ultimadell'incomponibilità di spirito e materiaideale e realeangelo e demoneeros e thanatose così via geminando nel rispetto del consueto dualismo.Esclama Bouvard a nome di tutti i ribelli romantici:

 

Ecco apparecchiata la mia camera nuziale e la mia tomba a untempo... la vita e la morte...il gelo del sepolcroe il fuoco dell'amore sìlungamente represso... (Bouvardto. Ip. 653)

 

Su un orizzonte culturalmente più aggiornatoa fomentare ladinamica conflittuale sono le suggestioni parnassiane cheprovenienti dallacapitale francesesi vanno diffondendo anche nella nostra provincialerepubblica delle lettere. La malia fascinosa che promana da queste creaturesintesi dei più incantevoli ideali estetici (Narcisa)è cosìraggiante e tentatrice da renderle "degne di morire". Il titolo della Figurinanera di Faldella (1876)che riecheggia la battuta finale della novellagualdiana "E' morta di bellezza" (Narcisap.221) e i commentidossiani all'ingegno buono di Elvira (un "troppo" destinato a"consumarsi tutto in sè stesso" Elvirap. 421)illumina leconnotazioni implicite nella valorizzazione bohémienne dell'immaginearchetipica di Narciso: per un versosolo la morte concede di preservare"nel candore verginale tutte le tumide promesse di una splendida Eva"(Degna di morirep. 116); per l'altrogli strumenti d'artefissando il fulgore femminile in forme così perfettamente armoniose da vincerela corruzione del tempo e l'involgarimento della "civiltàinfracidita" (ibidem)lo svuotano di ogni carica offensiva.

Il binomio romantico d'amore e morte trova rinforzo negliinflussi parnassiani cheper parte lorocorroborano l'ambiguità equivoca cheplasma i ritratti di queste meravigliose belles dames sans merci; tantopiù che la sequela dei cadaveri femminili non maschera il sadismo difensivo concui l’istinto di conservazione viriletalvolta intriso d’inconfessabileomosessualità (F. SperaV. RodaE. Gioanola)risponde alle avances delladonna-vampiro.

Una considerazione conclusiva è comunque d'obbligo: in tuttii testia imprimersi nella memoria del lettore non è affatto l'esito feraleche colpevolizza l'intraprendenza seduttiva delle protagonisteè semmaialcontrariol'energia spregiudicata che s'irradia dalle "lineed'acciaio" di un carattere che "strazia il cuore". Con uncorollario interessanteche apparenta le donne attive sulla scena del mondo ele divine modelle che sfuggono alla furia rapinosa del tempo e del desiderio.Con timbri uguali e contrarila fantasia creativa si impegna sempre a opporreun argine rassicurante all'erompere di una naturalità che nel corpo femminileha la sua sede elettiva. Sia chiaro: pur nell'esibizione ostentata delle coppiedualistichela narrativa scapigliata non è in grado di elaborareconsapevolmente quella dialettica di cultura e natura che tanto spazio occuperànella tradizione del Novecento; è indubbioperòche fra mille rimozioni eautocensuresquilibri compromissori ed anche stramberie balordeper la primavolta nella letteratura italiana modernale opere di Boito e compagni dannovoce e "senso" alle tensioni conturbanti dell'eros femminile. Nontutte le eroine romanticheè veroerano languide fanciulle morenti e qualche darklady movimentava gli scenari storici; ma appunto le figure guerrazzianedaVeronica Cybo a Beatrice Cenciagivano in epoche lontaneall'interno di cortiprincipesche depravate e prossime al tracollo.

Nei racconti scapigliatiinvecela minaccia dellasessualità muliebre deflagra nella dimensione prosaica del quotidianoincrinando un equilibrio domestico già molto precario. Non a casoFosca èdiventata un prototipo.

La protagonista dell'ultima opera tarchettiana"l'isterismo fatto donna"raffigura non già la pulsione distruttivadi thanatosma piuttosto la forza dirompente del desiderio erotico represso.Negli stessi anni in cui a Parigi illustri medici studiano le crisi isterichedecretandone l'origine nervosa tipicamente femminileun maldestro letterato diprovincia ci suggerisce che la malattia può essere la risposta dolorosaelaborata dal narcisismo ferito: la voglia di piacere e del piacerecensuratadalle norme di convenienza sociale e dalle autodifese psichicheesplode ingrida e convulsioni strazianti. Gli attacchi morbosi non sono solo gli alibi perdifendersi dall'idiozia di un mondo gretto ¾¾"un paese di Pellirosse" (Foscato. IIp. 271) ¾¾di cui è a capo un cugino colonnello un po' citrulloma gli indizi sintomaticiattraverso cui una donna brutta e intelligente rivendica la libertà degliistinti primari contro tabù e rimozioni: la potenza del desiderio di Fosca ètravolgenteostinatairrefrenabile come una patologia di cui si ignora la veraorigine e che appunto perciò tanto più si teme.

 

Capitolo VIII ¾¾Le forme dello stile scapigliato

 

Una comune scelta antirealistica

 

Ammettiamolo subito: l'etichetta di "stilescapigliato" è impropriaforse addirittura azzardata: accostare i"viluppi" dossiani e gli "alambicchi" di Faldella ai timbrimelodrammatici di Tarchetti o anche all'eclettismo elegante delle Storiellevane è impresa ardua. Persino nell'area degli schizzi e delle memorierisaltadi volta in voltala cifra originale delle singole opzioni. Etuttavianon solo è possibile individuare un minimo comun denominatore ingrado di circoscrivere il campo espressivo della prima narrativa postunitariama è opportuno farlo per meglio misurare la portata innovativa chenellagenerale propensione allo sperimentalismocaratterizza i diversi progetti.

All'origine del movimento vi è la percezione ancora confusama penosamente acuta delle trasformazioni che hanno investitonel giro di pochiannil'orizzonte d'attesa entro cui operano i professionisti della penna. Nelpaese appena uscito dalle lotte risorgimentali e alle prese con questionisocio-economiche di seria gravitàil mutamento del quadro culturale appannaantichi valori e chiede lo sviluppo di un'intellettualità organica allediscipline "positive"mentre la civiltà dell'urbanesimo borghesesollecita una modificazione profonda delle abitudini di vita e dei comportamenticollettivi.

Nel capoluogo lombardoepicentro della spinta propulsivachi ha intrapreso la "carriera della carta sporca" patisce in primapersona gli esiti sconvolgenti del passaggio d'epoca: le "officine dellaletteratura" corrodono le consuetudini di lavoro umanistichesottomettendoanche l'attività artistica alle leggi inderogabili del mercato. A frontedell'articolazione interna del sistema letterarioche comincia a divaricarsifra produzione "alta" e narrativa "di consumo"gliscrittori aggiustano il tiropre-selezionando la cerchia dei lettori cuiintendono rivolgersi. La ricchezza di ogni progetto espressivo è a misura dellacoerenza con cui viene impostato il dialogo; il criterio formale con cui ilsingolo autore miscela le diverse componenti ne determina il particolareassetto.

Il fulcro dello stile scapigliato non è tutto riconducibilea "una violenza linguisticauna varietà di espressionismo"secondola celebre definizione di Contini; l'impegno comune a sperimentare i moduliinediti di una prosa narrativa eccentrica assume tonalità difformi: oraautenticamente espressionisticheora ludico-estroseora fantastico-deliranti.Per chi si prefiggeva di oltrepassare le convenzioni care ai "solennigiganti del passato"lo sforzo di rinnovamento era orientato in unaduplice direzione: infrangere definitivamente l'aulica compostezza della lingualetteraria italiana enel contemporispondere alle sollecitazioni dellosviluppo tecnico-editorialesenza mai sconfessareanzi inverandolaspecificità della scrittura d'arte.

La vena più vivace del ribellismo trasgressivo s'alimentacerto dell'opposizione alla soluzione di medietà proposta dai Promessi sposie dalla scuola degli imitatori "fiorentineggianti"ma a sostenerla èsoprattutto il desiderio ansioso di contrastare con gli strumenti di unaletterarietà moderna l'espansione del linguaggio giornalisticodominato dallefunzioni comunicativa e referenziale. Germina da questa bivalente esigenzareattiva la scrittura d'impianto antimimetico che connota l'intera narrativascapigliata; la sua debolezza complessiva risiede nel paradosso di innescare"una crisi del realismo prima che si affermi il realismo stesso".

 

 

L'espressionismo risentito di Dossi

 

In esordio al Màrgine alla Desinenza in ADossielenca con la consueta verve polemica la schiera di coloro che disdegnanole sue opere: i "letterati" tradizionaliil pubblico volgare e rozzodei bottegai (il "banco di drogherìa")i "gazzettieri" ilcui "stile è «forbice e colla»" (N. A.n. 3607); infinelacritica conservatricesupina ai dettami del manzonismo pedissequo (il"saccheggio bonghiano").

Proprio contro il gusto pigro e stantio di questi lettoril'autore dell'Altrieri dà vita al suo pastiche e ne chiarisce imotivi genetici con uno sterminio di dichiarazioni programmatiche:"scrivere oggi in stile di jeriè una vergogna" (N.A.n. 2186); "Guai se il passato avesse più forza dell'avvenire"(Màrgine); "Al giornale si deve la perdita dell'originalità nellostile; e la moderna incolorità della lingua" (N. A.n. 1783);"La sicurezza di stileè la piena espressione del concetto" (N.A.n. 1692). L'elenco degli aforismi icastici è davvero sconfinato eeterogeneosgranato negli appunti del "libro azzurro" o condensatonella scrittura autoriflessiva delle prefazionipreambolidiffidededichenote a margine: ne sintetizza il nucleo centrale l'obiezione reiterata erisentita contro la banalità mediocre che impronta ormai comportamenti di vitae abitudini elocutive:

 

Maahimè! la uniformitàdi giorno in giornouggiosamentesi accrèdita. La ferrovìa vuol la pianura. Scompàjono i dialettile foggiei misteri; scompàjono le divisioni e le suddivisioni nella filosofìascompàjono i confiniebastasse il volerescomparirebberoanche lestagioni. (Dal calamajo di un médicop. 614)

 

Coinvolta negli iniziali processi omologantianche la lingualetteraria tende ad appiattirsi sul registro medio della comunicazionequotidianadiventandonei "semplici scrittori"una "brodacompletamente sciapaincolorainodora" (Màrgine). Non c'è dubbioche la scelta stilistica dossiana maturi nell'antagonismo radicale aisostenitori della tesi che "fuor di Toscanaanzi di Firenzeanzi diPalazzo Riccardinon era letteraria salute" (ivipp. 668-9); ma il pasticheche amalgama con elegante "bujezza" cultismi e modi familiariterminidialettali milanesi e lombardineologismi e parole arcaicheonomatopee e vocidotte di vocabolarionon sprigiona la sua energia solo nell'attrito con la"scròfola fiorentina" e le scolastiche formule bonghiane. Alievitarne l'impasto è la "densità delle idee" alimentatanell'epoca modernasia da una maggior ricchezza intellettuale("pisciàvasi chiaro perchè non si beveva che aquacompreso il vino"ivip. 677) sia soprattutto dall'acconsentimento alle correnti centrifughe chedinamizzano i rapporti fra l'io e la collettività: "Il Progresso tende ariemancipare l'individuo dalla società tutrice" enel nuovo ordinedominato dalla "varietà nella molteplicità" (N. A.n. 2459)la percezione soggettiva si frantuma in "centomila specchietti" (Màrgine).

Questa lettura della realtàin cui s'innerva l'interofilone dell'espressionismo lombardoè a fondamento di uno stile umoristico chesi autodefinisce un "misto di scetticismo e di sentimentalismo" (N.A.n. 2382) e i cui esiti più alti sono individuabili nell'Altrierie nella Vita di Alberto Pisani. Allo studio filologico e variantisticodelle fulgide "alchimie lessicali" dei libretti giovanili è dedicatoil saggio pionieristico di Dante Isella La lingua e lo stile di C.Dossicui vanno affiancati i testi introduttivi e gli apparati cheaccompagnano le numerose riedizioni (ora raccolte in OpereAdelphiMilano 1995). In seguitouna folta schiera di critici ha analizzatoconacribia puntigliosai procedimenti raffinatissimi d'elaborazione formale chepuntano alla scomposizione sistematica delle immagini: catene anaforicherifrangenze coloristicheripetizioni fonosimbolichecorrispondenze semanticheequivalenze chiastiche e ossimorichecataloghi più o meno caotici. E tuttavial'elemento di maggior originalità non risiede nel caleidoscopico spettro dellescelte lessicali e neppure nella gamma delle figure retoriche chenel rispettodella poetica umoristicaoperano nella direzione univoca dello straniamento edella parodia. Troppo poliedrica e difforme è la visione del mondo esterno chesi riflette nei "centomila specchietti" soggettivi per essererinserrata in un'unica formula linguisticaper quanto pirotecnica essa sia("un incessante spettacolo di fuochi d'artificio" D. Isella). Lapluralità prospettica con cui l'autore osserva gli scenari di realtà e indagala propria "popolazione di ii" alimenta un andamento ritmico checoniuga la varietà dei registri elocutivi con le vibrazioni di un periodaresincopato e avvolgente.

Sul piano propriamente sintatticoil gioco combinatorio di"segmenti testuali lunghi-brevilunghissimi-brevissimidi sequenze asviluppo lineareprevalentemente paratattico e sequenze involutecon fortescardinamento della successione normale di parole e proposizioni"produceun flusso narrativo intermittente e nervosodove l'emotività si raggruma innuclei semanticamente isolati. Le modulazioni espressionisticheche ora mimanolo stupore infantile e gli sbalzi d'umore adolescenziali ora danno sfogoall'indignazione giovanile o all'acredine misoginascaturisconodall'"ingegnosa" cesellatura del fraseggio che incrocia lacomplessità della struttura ipotattica con la sveltezza dello stile nominale.In una pagina che sempre ostenta la "perdita di baricentro"ildettato inciampa nella contorsione dei "viluppi" e "calappi"¾¾ parenteticheincidentali esclamative interiezioni apposizioni domande retoriche ¾¾per poi riavviarsi sull'onda delle distensioni polisindetichedelle cadenzeanaforichedelle riprese a grappolo con "effetto di eco" (F. Caputo).La calibratura delle diverse strategie compositive muta da libro a libro esel'enfasi sentenziosa delle opere "utopiche" denuncia il fallimento delDossi "buono"nell'Altrieri e nella Vita la commistioneabilissima di dispositivi centripeti e effetti dissolventi trova un equilibriodeliziosoforse irripetibile.

Nella prima operetta sono soprattutto gli attacchi deiparagrafiellittici esclamativi o interrogativia imprimere alla rievocazionememoriale l'andamento "a sbalziad intervalli" entro cui il"groppo" dei ricordi si lascia catturare. In questo intarsio labrillantezza dei toni ilari si smorza nella "malinconia dolce"dell'elegia (Lisa)il sarcasmo acre colpisce l'"assurditàdell'educazione collegiale"censurando l'arroganza del ricco e di chi"incensa il vitello d'oro" (Panche di scuola)la zigzagantealternanza di autoconsapevolezza ironica e nostalgia regressiva chiarisce lapotenziale schizofrenia del protagonista ("Sotto il chiarore del fantasticomondole cose del materialemi si colorivano al doppio" La principessadi Pimpirimparap. 509): sempre la rapsodia espressionistica interrompe lamelodia struggente e il più raffinato "stiacciato" congela i motiproiettivi.

Nella Vita di Alberto Pisani spetta ai periodi agrappolovariamente ramificatirigorosamente scanditi da una punteggiatura"nevrotica"accompagnare il percorso di crescita del"gotico" artistaillustrando il duplice movimento che anima ladeclinazione propriamente umoristica del pastiche: l'esibizionenarcisistica di una soggettività ipertroficaincline a liberarsi in millearabeschi evanescenticui si oppone un'implacabile autocensura a difesa delpudore per i sentimenti autentici. La combinazione ritmico-sintattica e lavarietà dei registri espressivi danno conto dell'oscillazione irrefrenabile incui vive l'alter ego del narratorein bilico fra l'ansia assillante di entrarenel "nemico mondaccio" e il desiderioaltrettanto tormentosodirestarne fuori: la scintilla scocca quando i toni della melanconia fantasticantesi fondono con i timbri dell'ironia corrosivain un bagliore che accordanarrazione di primo grado e raccontini inseriti. Quel "misto di scetticismoe sentimentalismo"formulazione idiosincratica del dualismo scapigliato echiave dell'umorismo moderno ("il riso temperato col pianto" N. A.n. 2280)è la fonte genuina del pastiche dossiano chemai riducibileal gioco parodico delle convenzioni narrativeinveste con pathos lucido imeccanismi dell'universo collettivo da cui l'individuo s'industria a isolarsi madi cui subisce gli assalti. Se il soggettivismo relativistico di Sterne nascevadalla "reazione al potere crescente della prosa dell'esistenza"ilgeroglifico Dossi ne rimodula le strategie formali con risentita moralitàambrosiana. La straordinaria pagina che descrive Milano in notturnamentre"il mercato di Priapo affolla" e "Nabucco imbestia" (Vitap. 141)testimonia quanto la deformazione espressivalungi dall'essereesercizio funambolico o svagata pratica metaletterariasia confessione diestraneità dolente enel contempoatto di denuncia impietosa.

 

 

I riflessi e i ricordi di Bazzero

 

Sulle stesse cadenze di soggettività ferita si distende lascrittura eccentrica di Ambrogio Bazzero.

Come mi spaventa il mondo realeil mondo della prosadeibisognidegli affari. (Animap. 48)

 

Contro l'età adulta che impone scelte di vita pratica eassunzioni di responsabilità matureil "deserto" scrittoreil piùgiovane del gruppoesordiscesulle orme di Dossiimmergendosi nella stagioneperduta dell'infanzia protetta.

Se i primi raccontipubblicati nel 1870 sulla "Palestraletteraria"avviano "la fuga nel passatointeso come «piccolaarcheologia» di diretta influenza dossiana"il modello dell'Altrierisi staglia in controluce dietro lo stile melodicamente franto di Riflessoazzurro (1873). Linacosì s'intitola l'unico ampio capitoloè sorella inmestizia e morte di Lisaevocata esplicitamente all'inizio del racconto:"creaturinadegna del bacio della tua Gìao Guido di Praverdee comeGìa...!" (p. 16). Le consonanze con il libro dossiano sono molteplici: sulpiano compositivoal prologo collocato nell'oggi segue il recupero memorialedell'epoca passataprima rallegrata dai giochi bambineschi poi intristita dalladoppia esperienza della separazione (lo studio nel collegio cittadino) e dellutto (la scomparsa di Lina). Il sistema dei personaggi è limitatooltre aidue protagonistialle figurine di contornoper lo più schizzate conbonarietà caricaturale: la tata Teresail maestro Benpocoi compagni diclasse. Entro la dimensione linguistico-espressival'io narranteassuntapienamente l'ottica fanciullescaderiva dal pastiche dossianosoprattutto i toni elegiaci e le note di intenerimento comico. Anchenell'elegante operetta di Bazzerodegna di uscire dal silenzio che finora l'haoffuscatapiù che l'intarsio lessicalepur ricco di voci deformate(accrescitividiminutividispregiativi affettuosi)neologismipopolarismi ecultismiè l'andamento sintattico a sostenere il fiotto discontinuo deiricordidistricandone il garbuglio di sentimenti: incisidomande retoricheapposizioni esplicativeinteriezionibattute di dialogo increspano unperiodare chesenza avvolgersi nella bujezza densa dei "calappi"èsempre sbilanciato e privo di baricentro.

 

Cioèscusatemifino ai soldi e soldoni l'affare non vazoppo: poi errata-corrigedi grazia corrige per amore di quelprestigio militare. Ohnon sapete? Beneascoltate fanciulle mie. Peppo Valperquattrovulgo senza pauraun ciuffetto in Boscate che nemmanco al signor curatofaceva di cappelloPeppovi dicoal mio cospettopareva un'alberellaperchè sapeva ¾¾ echi no? ¾¾ chesempre in mia cintura e sempre nell'arsenale di Teresa e baionette e pistole escatole di polvere e di granate non aspettavano che carne da ribelle. Dio Martealla largave'! (pp. 12-3)

 

Il ritmo saltellante che isola sia i singoli particolari diuna descrizione ¾¾gli scenari naturalima anche le croci di un cimitero (p. 43) o i giochifanciulleschi di guerra (p. 63) ¾¾sia i nuclei emotivamente intensi è spesso ottenuto grazie all'uso peculiaredei due punti in sequenza:

 

Guarda: il cielo di primavera azzurro e smagliante: ilventicello carezzevole: l'acqua tremula e crespa: sui prati una danza divariopinte farfalle: noi carichi di cerchi e di palloni e di fiori. E vaeva.(p. 37)

 

I pensieri morivano l'uno nell'altrosi sfumavanoarmonizzavanosi rinnovellavano: il dolore svaniva nella gioiala gioia neldolore: melanconica quellacarissimo questo: il misto indistinto che nerisultava un'incertezza speranzosa.(p. 72)

 

A fronteggiare le spinte centrifughe sono adibite consistematica insistenza le figure di ripetizione che organizzano l'ordinemicrosintattico ¾¾il raddoppio di parole o gruppi di parole più o meno ravvicinate ¾¾e il sistema delle ricorrenze distesamente narrative. Le campiture larghesegnate da frequenti clausole-ritornello ¾¾"Ecco" "Eh tu" "L'ora malinconica" ¾¾attenuano la nervosità sincopata del discorso e rilanciano la melodia evocativadelle ricordanze lontane:

 

Poi nebbia...Il nastro passava. Eccolo làrasentava uncassettone inespugnato; Il nastro passava. Ecco rasentava una grande poltronaarsenale di balocchi; Poi il nastro tremerellava dinanzi a un vetro screziato arabeschi sinuosi; Poi il nastro serpeggiava tra le sedie; Il nastro passava...(da pag. 50 a pag. 65)

 

Nell'opera d'esordiola scrittura di Bazzero sembrasoprattutto intenta a assecondare il tremore spaurito del bimbo che si senteabbandonato davanti al mistero della morte; tuttavial'epicedio elegiaco nonsolo è raffrenato dai moti di incredulità attonita del fanciulloa cui sfuggeil senso della perditama è pervaso da una sotterranea inquieta morbosità: adifferenza di Lisala piccola compagna di giochi di Rigo è la sua amatacuginetta.

Poiquando il grumo di rovelli nevrotici balza in primopianonon trattenuto dagli artifici dissolventi dell'espressionismola paginas'intorbida cedendo ora al pathos ultraromantico (Anima) ora al lamentiovittimistico (Lagrime e sorrisi). Le screziature preziose tornano neibrani delle Melanconie di un antiquariodove la prosa alterna paroledesuetepredilette da chi raccoglie reperti del passatoa neologismiparadialettalismi e voci alterate in un fraseggiato sempre scandito dalle figuredi raddoppiamento. Negli Acquerelliinfineil soggettivismo perturbatopur senza alcuna concessione alle tecniche della dissociazione umoristicasisgrana negli schizzi e nei frammenti dedicati ai paesaggi marini; il dettatoassume tonalità opalescenticare al cromatismo en plein air:

 

verde bavoso (p. 157)lumicini giallosi (p. 161)Tuttoazzurreggiava (p. 162)questo crepuscolo infosca ed è silente (pp. 173175);tutto è d'un azzurriccio-perla (p. 176); tutto d'un cangiante celestognolo cheai primi raggi si spolverizza d'oro (p. 177); Mare turchino buioazzuolopiùche azzuolo: tinte ubbriache (p. 182); Il mare finisce con una lista nera dilavagna: l'aere giallo-inaonato al basso si colora d'un riflesso di luci croceeall'alto si stinge nella dispersione dei cieli (p. 185).

 

 

Il giornalismo espressionistico di Faldella

 

Nella medesima area espressionisticama privo di sfumaturemasochistesi colloca il pastiche di Faldella. A differenza deldimenticato Bazzerol'autore di Figurine ha goduto dell'attenzionelusinghiera di importanti criticiprimo fra tutti l'autorevole Contini:"Faldella era un piccolo europeo. E la sua deformazione osservativa èsincronizzata con i classici dell'umorismo inglese e germanico". Accomunatiquasi sempre ai geroglifici dossianigli alambicchi dello scrittore di Saluggiasono stati sottoposti a un'indagine analitica sia in specifici studi linguistici(C. MarazziniS. Scotti Morgana)sia nelle ampie prefazioni che accompagnanole edizioni recenti delle singole opere.

Il plurilinguismo faldelliano si costruisce grazieall'amalgama di due tensioni energicamente divergenti: il massimo di "zeloretorico" e "accademico" (G. Contini)che lo induce asaccheggiare il patrimonio lessicale racchiuso nei vocabolari antichi e modernisi sposa con il gusto esasperato dello straniamento che quella ricchezzasemantica altera e stravolge. Ne deriva una scrittura "vivacissima esornionaraffinata e graffiante"in cui cultismiarcaismiterminidesueti cozzano con i piemontesismitecnicismistranierismi; le vocipopolareggianti affiancano i lemmi puristici "nella latitudine che va dagliAutori al toscano attuale"mentre le derivazioni suffissali e i neologismideclinati in varie maniere (sostantivi e aggettivi verbaliverbi denominaliibridismi) imprimono alla pagina un andamento aggressivamente mosso. Anche inquesto impasto stilistico dominano i procedimenti retorici volti a scomporre leimmaginisnaturandone i contorni: l'accumulazione accrescitivale geminazioniper accostamento ravvicinato o a distanzal'enumerazione caoticai cataloghiestravaganti. Le connessioni interne sono affidate ai paragoni inusuali("la fumea di una locomotiva a vaporeche pareva uno strascico lento dilenzuola funebri sopra una distesa geografica"Gentilinap. 186;il "risolino" di Alfonsina "corto come una lumaca che non davané dentro né fuori" Il male dell’artep. 91) e ai costruttianalogici ("E il sole spinge le sue gambe di ragno per aggrapparel'orizzonte" Diesp. 17). Il correttivo ironico insidia sia lesituazioni di banalità quotidiana¾¾il narratore del Male dell'arte si dichiara "innamorato cotto nondella lavandaiabrutta come la nottema delle partenze di buon mattino"(p. 52) ¾¾sia glistereotipi letterari: "Scintillarono le volgari stelle che fanno sempre dacandeliere sopra tutti i balconciniin cui si becchino due tortore" (Degnadi morirep. 113).

Nel racconto di Cirillo e nei reportages di viaggioil piglio effervescente del letterato girovago s'irradia sui molteplici pianidel testodisarticolando l'ordine del discorso e incrinando le coordinatecompositive. Sempre scoppiettantema meno corrosivo il risultato delle Figurine:non solo perché la pratica inventiva comincia a sganciarsi dalla elaborazioneteorica e dalla ricerca archivisticama per l’ancoraggio alla misura delquadretto campestre che raggela l'"enciclopedismo linguistico". Ibozzetti infatti si limitano ad allineare stringhe lessicali bizzarre che nonspezzano l''"immobilità contemplativa" (R. Bigazzi) con cui ilnarratore ammira la naturale e sana rettitudine della comunità contadinariproponendola come argine alla corruzione delle "moderne Babilonie".

Già il Rolfinella Prefazione a Una serenata aimorti (PerinoRoma 1888)pur riconoscendo nella prosa faldelliana"una fresca vena di allegria"uno "scattare battagliero"capace di scuotere "i pacifici lettori della «Gazzetta Piemontese»"ne individuava un rischio latente: "quel toscaneggiare che sa molte voltedi becerume colto in piazza della Signoriaquel ricamare ragnatele sulla puntadi un agoè uno scapricciarsi da Sardanapalo che non può sempre piacere allettore". L'esibizione narcisistica di chi si abbandona alla furiaelencatoria tende sempre più a sommergere i segni vivi del "mondopiccino" sotto la mole erudita dei "libri grossi" (A Viennap. 246).

La tenuta delle prime opere poggiainfattisu un equilibrioprecario: "tormentato il dizionario cadavere" per ridargli nuovavitalità (ibidem)la torsione espressionistica si cala entro unatramatura sintattica in cui prevalgono i moduli della coordinazione franta edello stile nominale.

Questo "conservatore anarchico"che si riserva"una totale libertà di laboratorio" per forzare soggettivisticamenteil tessuto semantico-lessicalesi avvale poisul piano del più ampiofraseggiatodei procedimenti cari alla "rapidità giornalistica" chealleggeriscono e vivacizzano il dettato (tutte le citazioni sono di Contini).L'autore del Male dell'arte non solo evita la "bujezza" deiviluppi dossianimaper lo piùmesso in rilievo il perno del discorsocostruisce un ordito a forte prevalenza paratatticain cui il gioco deiparallelismi giustapposti si integra nel reticolo dei richiami anaforici.Nell'autoraffigurazione di Cirilloi segmenti frastici si avvianoquasi tutticon soggetto e verbo reggente:

 

Io sono figliuolo di mio padremancomale... Egli fu ... Iosono nato... Son sicuro... (Il male dell'artep.60)

 

Se l'evocazione amaramente ironica della figura maternaincrespa l'ordo naturalis ("Sospetto di averla conosciuta la miamamma." ibidem)nei ritratti dei personaggi minori è la sintassinominale a produrrecon l'accumulo dei particolarila deformazionecaricaturale. Esemplare la presentazione di Don Sereno"uomodimezzato" nel suo servilismo pretescole cui "smorfiette"anticipano i saltelli i guizzi i gesti scorciati e le mosse improvviseinsomma"la divincolazione elastica" (High life contadinap. 64) dellefigurine-marionette che affollano i "tritoli" faldelliani. Ma appuntola "stranezza ruvida" (L. Capuana)che ricerca le serie aggettivalidebordantii sintagmi apposizionalile interruzioni esclamativeleonomatopeei nomi-mascherai calembours linguisticil'interpunzionefitta di pause e puntini di sospensionevale a dinamizzare la rappresentazionedi una realtà colta sempre nei suoi aspetti statici. Ecco perché la"dialettica dell'invenzione"concentrata nello "scrutinio dilista" (G. Contini)privilegia le descrizioni fisionomiche e gli scenaripaesaggistici. Faldella proietta la violenza espressionistica verso l'esternosenza mai mettere in discussione l'unità del soggetto percipiente: i"tanti ii"in cui il malato Cirillo si sente sdoppiaresiricompongono ben presto in "un io solo" (p. 94). Come lo stessoContini suggerisceseppur in altra prospettiva:

 

Agitando l'aria intorno al bozzettodiciamo alla«figurina»alla cosa vistasi legga corrispondenza di giornaleFaldelladecompone prismaticamente la visionefa del plein-airismedeldivisionismodell'impressionismoma non si muove di dove s'è piantato.

 

Ben comprensibile allora che non solo gli sia inibita ogniautentica "carriera di scrittore"ma che l'esuberanza inventivaappannata la carica provocatoria delle prime provesi converta in eleganzasostenuta in Madonna di fuoco e Madonna di neve o insentenziosità moraleggiante nel Sant'Isidoro. Difficileperciòcondividere la tesi di chi legge nel pastiche il grimaldello acuminatocon cui il narratore rompe lo schema ottimistico dell'idillio rusticominandoneil pacioso "interclassismo un po' arcadico" (G. Petronio). Opinabiled'altra parteil giudizio di quei critici chesulle orme di Croceattribuiscono l'affiochimento della vena creativa alla pervicacia con cuiFaldella si mantenne fedele al mestiere di cronista. Proprio da questa modernacondizione professionalecondivisa con l'amico Sacchetti (cfr. La morte diun giornalistain Roma Borghese)e di cui seppe bensfruttare le opportunitàl'onorevole di Saluggia deriva lo slancio percandidarsi a membro elettivo del cenacolo scapigliato. Al pari dei suoi amicianche Faldella s'impegna a contrastare la paludata lingua letterarialatradizionalissima armonia della narrazione "ben commessa" (ivip.81)maa differenza del geroglifico Dossinei suoi alambicchi immette glisprazzi della "rapidità giornalistica"inaugurando un modello discrittura che ispireràdi lì a pocoi "corrispondenti" e gli"inviati speciali" dei quotidiani di maggior successo.

 

 

L'impressionismo inquieto di Praga

 

Anche Pragaquando passa dai ritmi poetici all'andaturaprosasticasceglie le appendici dei giornali: Schizzi a penna esce sulla"Rivista minima" (febbraio-marzo 1865); il "Pungolo" ospita DuedestiniTre storie in unaMemorie del presbiterio(rispettivamente 1867-81869 e 1877). La ragione economica è il movente primoche spinge il letterato a collaborare con la "repubblica della cartasporca"; macome spesso capita nel movimento bohémienuna decisioneobbligata diventa fonte di sperimentazione feconda. Gli Schizzicheavviano la ricca produzione delle gite d’artistahanno movenzestilistiche di vivezza inusuale. Nei "quattro foglietti"staccati"a casaccio" dall'album e inviati a Ghislanzoni con una nota dimodestia compiaciutala varietà delle tipologie compositive esalta legradazioni della scrittura pittorica: quadri d'interniritratti di "vaghemacchiette" che dileguano sullo sfondo di una piazzaatmosfere ovattate incui appaiono figure leggendarie. "Il risultato sarà una vera e propriamodalità di strutturare il testo procedente per accostamenti contrastanti oquanto meno differentisia nella prospettiva stilistica sia in quellageografica".

Le altre opererispettose della misura breve del racconto edell'"appendice"conoscono cadenze espressive diversamente intonate:ma non c'è dubbio che siano le Memorie del presbiterio il testo piùsuggestivo. Dopo una novella tipicamente scapigliataTre storie in unae Due destiniun balordo feuilleton dalla prosa trasandata (ladescrizione di un cimitero cade nell'umorismo involontario: "le cartilaginidelle spine nasali avevano l'aspetto degli alveari delle vespe... le sinfisi delmento e le branche delle mascelle circondavano la testa a guisa di corona"p. 26; la presentazione della fanciulla che incanterà i due protagonisti siavvia con una scomposta citazione: "Era l'unica donna fatta per il miracolodi destare un senso amoroso" p. 180)Praga mette a punto un paradigmanarrativo originalmente duttilein cui tenta di coniugare il montaggio frantodel "racconto a puntate" con la cifra di un impressionismo inquieto.

Nel progetto impervio di proporre ai lettori del"Pungolo" un "poetico" romanzo d'appendicePraga incrociasequenze dal ritmo serratospesso affidato alle forme verbali del mondo narrato("Mi rivolsi al suono dei suoi passimi rizzaie gli mossi incontro. Eglisi fermòmi stese ambe le manieprima ch'io trovassi una parolamidisse" p. 21)con pause raffigurative in cui la gamma delle screziaturecromatiche delinea lo sfondo "misterioso" del racconto. Ad una primalettura il "periodare può anche parere sciatto (e cioè la pennellatasingola disfatta)"ma ben presto la pagina si rivela composta disovrapposizioni abilmente fuse: "come nell'opera di preparazione d'unquadro moderno avviene una ripetuta stesura coloristica sulla superficie interadi essaper tonirilievi e rapporticosì tale tecnica conduce a svolgere sututto lo sviluppo del racconto un lavoro di stesura psicologico a larghistrati".

L'inclinazione pittorica risalta nella serie delledescrizioni fisionomiche che alternano l'evidenza icastica del ritratto canonico(il giovane artistail vecchio curato dagli "occhi limpidi eprofondi"gli sventurati Beppe e Ginail sindaco De Boni "geniomalefico")il gusto della sagoma caricaturale (l'organistale donne delfarmacistal'intendentegli avventori della bottega del caffè)la"tecnica della macchia":

 

Veder quella donna chedi femminilenon aveva che la gonnacenciosae pensare alle rocce basaltiche tutte a buchi e a crepacciche sitrovano sulle cimein mezzo al verdesparpagliate non si sa come e perché ¾¾era la stessa cosa. (p. 82)

 

A raccordare lo sgranarsi intermittente delle"impressioni di scene e di fatti" (p. 25) è la vibrazione di soffusoturbamento che permea l'intero resoconto narrativo: in questa prosache pococoncede al "frammentismo lirico-descrittivo" studiata com'è "peressere strutturalmente frammentata"gli stilemi dell'analogia deformante("Piselletti cosputati dalle streghe" p. 19"un addio secco comeun'acciuga" p. 61"mormorò un «posso?» dolce come una ciliegiabucherellata dai passeri" p. 64) corroborano i procedimenti discomposizione luminosa: grazie ai giochi avvolgenti di luce e ombrail giardinodel presbiterio mostrada subitouno strano "splendore" in cuivolteggiano "salme" di fiori "scomposte e sparpagliate" (p.29).

Se l'adozione delle tonalità atmosferiche del plein airavvia "un processo di compenetrazione panteistico di uomini e cose"enfatizzato dall'antropomorfizzazione di oggetti e eventi naturali (la lunaillumina "i casti amplessi" di un albero e di una casa"abbracciati" p. 12il breviario "pareva annoiarsi" p. 17"i fiorellini cominciavano a sorridere" fra i petali"ansiosi" p. 106)ogni sfumatura coloristica alludesenza però maidecifrarloal senso di misterosa trepidazione che incrina la calma serenità diSulzena: "si udiva il risveglio della luce nel fruscio sommesso dellefoglie" (p. 106).

Nella diversa declinazione delle tensioni che scompaginanol'idillio è forse possibile individuare uno dei tratti distintivi che segnanoil passaggio di mano fra Praga e Sacchetti. Se la precisione dei vettoritemporalila cordialità del patto narrativol'accentuazione dei congegniromanzeschiil cui perno è la figura di Rosildesottolineano la svoltalapanoramica finale sulla presunta Tebaide pare esibire il mutamento di otticarappresentativa. La vicenda volge al termine edurante l'ultima passeggiataEmilio osserva il paesaggio sottostante e commenta:

 

Giravo la gola di Fontanile e vedevo il villaggio rimpettoun po' sotto a meindorato dai raggi del sole che cadeva. Distinguevo i piùminuti particolarile siepile finestrecoi pannilini stesile pietrelespire del fumo che usciva dai bassi comignoli.

E' delizioso spettacolo questo di poter in una occhiatariassumere la vita di un intero paese; dà un sentimento di potenzaquasi disuperiorità; pare di poter disporre di quel gruzzolo di vite come si fa di unalveare. (p. 193)

 

Nel corso della narrazionePraga s'avvale del divisionismoimpressionistico per imprimere un andamento perturbato alle sequenze descrittivee il ricorso costante alla sineddoche isola i singoli tratti (esemplare ilquadro della folla sul sagrato)suggerendo l'impossibilità di ricondurre adunità gli aspetti contraddittori di un universo cangiante. Sacchetti noncancella il dissidio praghianoanzi ne appalesa le motivazioni sotterraneemanella sua scrittura "i più minuti particolari" si"riassumono" in sintesi e la frequenza delle figure metonimiche indicail percorso privilegiato della maniera realisticaentro un'area ormai diconfine della produzione scapigliata. Come riconobbe subito Capuana: "Quisiamo in piena realtà".

 

 

La negazione melodrammatica di Tarchetti

 

Pur collocandosi al polo opposto dell'espressionismodossianoi libri di Tarchetti avvalorano l'orientamento soggettivistico cheprevale nella narrativa del primo quindicennio unitario. Non è un paradosso: èsolo la spia del confuso empito di ribellione antitradizionalista che anima ilgruppo scapigliato.

Fra tuttil'autore di Fosca è quello che con piùslancio sfrutta le occasioni offerte dalle "officine dellaletteratura". La sua brevedisordinata carriera artistica ècaratterizzata dalla varietà dei generi adottati: dal pamphlet al feuilletonsocialedalla novella umoristica al Künstlerromandal raccontofantastico alle divagazioni di viaggio. Li riconduce ad unità la sede in cuiper la prima volta tutti videro la luce: pagine e appendici di riviste egiornali.

Non c'è dubbio che i ritmi accelerati imposti da questosistema editoriale abbiano condizionato nel profondo le scelte compositive diTarchettia cui è difficile non imputare una complessiva trasandatezzastilistica. A dare un'impressione di incuria formale e di inerzia linguistica èla ricorrenza monotona e inalterabile di opzioni pressocché identiche: unaselezione lessicale opaca e spesso convenzionalein cui stridono clausoleaulicizzanti (Fosca: "in tal guisa""che cale""ho meco""menomo") e una tessitura sintattica frettolosache ama le subordinate per gerundi modali e temporali e si appoggia ai grappolienfatici di domande retoricheagli abbinamenti giustapposti e ai cumuli diaggettivi disposti in tricolon. L'innesto nella trama principale dei racconti disecondo gradonon aprendo mai squarci polifonici o contrappuntipluridiscorsiviconforta il monologismo urlato che sempre sorregge il dettatotarchettiano. Un ritmo originalmente spiccato scaturiscesemmaidallafrequenza degli stilemi che esprimono i moti dell'eccitazione"convulsiva"per usare un termine caro a Fosca: la figura dominantedell'iperboleil parossismo dei climaxgli schemi dell'iterazione esasperatail gioco accanito delle antitesi e degli ossimori.

La fedeltà ai timbri della visionarietà delirante e ilri-uso delle cadenze patetico-grotteschemai sentimental-ironichericolleganoTarchetti alla tradizione più veemente del romanticismo primottocentesco:dietro le amate opere di Victor Hugoocchieggiano i libri-battaglie con cuiGuerrazzi contrastavagiusta la distinzione desanctisianal'egemonia moderatadella scuola cattolico-liberale.

L'impegno democratico di Tarchetti ha qui la sua prima fonteda qui deriva il suo antimanzonismo dichiarato. La presenza esibita dell'ionarrantela frenesia pronominalel'ampio spazio concesso alle digressionipseudofilosofiche: sono tutti indizi di quel protagonismo d'autore che giàinformava la prosa dell'Assedio di Firenze e della BeatriceCenci. In piena sintonia con quella culturalo scrittore si lancia ininvettive indignate e in profezie solennimentre i timbri gotico-macabrialimentano le tensioni orrorose e avvincenti. Persino i moduli della divagazioneumoristica sono più prossimi al modello guerrazziano (La serpicinaIlbuco nel muro) di quanto non siano debitori del capolavoro sterniano. Eredediretto dell'oltranzismo immaginoso della narrativa romantico-risorgimentalel'autore della Nobile follia ne riaggiorna le suggestioni prometeichealla luce del ribellismo contestatore del nuovo orizzonte d'attesa. Ormaiestraneo al patrimonio illustre del classicismo nazional-patriotticoloscrittore scapigliato recupera piuttosto i procedimenti di taglio appendicisticochenei frementi romanzi storici di parte democraticacorroboravanol'eccezionalità dei destini "fatali": anche nello spazio ristrettodel privato"Le grandi cose sono estreme ¾¾le grandi anime adorano o odiano" (Foscato. II p. 254). Non avevatorto il Faldella di Tota Nerina nell'appellarlo "un Guerrazzisenza riboboli toscani".

Il dato di originalità risiede nella declinazione modernadel pathos melodrammatico: crollato il paradigma aristocratico deltragico-sublimenella dimensione borghese sono le cadenze dell'eccentrico a darvoce a tutto ciò chefuori dalla normasconfina nell'eccesso: losperimentalismo tarchettiano affronta gli incubi di mortela necrofilia sadicale allucinazioni patologichele fobie ossessive con uno stile chenel rifiutodi ogni medietas realisticatraduce il groviglio nevrotico da cui è mossol'individuo "irregolare" nell'impatto con la mediocrità prosaica. Ilventaglio polimorfo dei generi adottati non attenuama potenzia la carica diirrazionalismo concitato: ora in chiave fantastica ricorrendo alle figure di"geminazione sineddotica" (V. Roda)ora calandolo negli intrighi deimisteri cittadiniin cui meglio risalta l'antitesi vizio-virtùora infineecon l'esito più feliceritmandolo sulle note della follia o della schizofreniamorbosa. Se "l'immaginazione melodrammatica" d'età romantica è larisposta ingenua che la cultura letteraria oppone alla crisi dei valori assolutie alla "perdita del sacro"Tarchetti ne sfrutta "la sublimitàpleonastica e ridondante" per meglio contrastare l'avvento del positivismoscientista.

In un bel saggioBarberi Squarotti ha individuato nellaopera tarchettiana la presenza sistematica dei procedimenti di preterizione e dielusione: ciò che colpisce è l'espansione di simili moduli entro il tessutoespressivo. Ben oltre il livello strutturale dell'intrecciola negazione è laregola costitutiva dell'ordito morfosintattico: il sintagma martellante"non... che" (Fosca: "Non scriverò che di uno solo""amore non è che una questione di nervi") è perno centrale didescrizioni paesaggisticheritratti fisionomiciindicazioni temporalianalisiintrospettiveriflessioni saggistichebattute di dialogoinsommaimplacabilmente di ogni segmento narrativo. Impossibile darneun'esemplificazione; basta aprire a caso un testo qualunque per imbattersi inuna selva di formulazioni al negativo. Strumento della repressione censorialaclausola "non che" si capovolge in affermazione al quadratodiventando l'artificio privilegiato attraverso cui Tarchetti può estrinsecarele pulsioni profonde cheradicate nel suo iolo accomunano ai lettori piùinquieti. Troppo fragile per dar loro assetto di coerenza organicaloscapigliato si arresta sulla soglia del dicibile e rafforzacon la serie dellefalse litotifinte preterizioniantifrasi mascheratela retorica dell'eccessoiperbolico. Anche dal campionario di questa moderna morfologia del pathos laletteratura di fine secolo attingerà a piene mani.

 

Gli esperimenti eccentrici di Arrigo; l'eleganzaeclettica di Camillo.

 

Le scelte di stile compiute da Arrigo e Camillo Boitoconfermano l'eterogeneità del gruppo scapigliato: labili le consonanze conl'espressionismo dossianoarduo ogni confronto fra la raffinatezza dei duefratelli e la convulsa melodrammaticità tarchettiana. Persino tra di loro èdifficile rinvenire elementi di comunanza formalemuovendosi l'uno entro unambito di elegante eclettismoil più giovane privilegiando la stradadell'eccentricità snobistica. E tuttavia anche le ricerche dei due Boitoconfortano il tentativo di circoscrivere l'area espressiva della narrativascapigliata entro i confini di uno sperimentalismo cheteso alla raffigurazionedei conflitti inediti della modernitàsi oppone agli accenti cordiali delrealismo manzoniano.

Nelle poche novelle che ci ha lasciatoArrigo s'ingegna nonsolo a trasporre lo schema dualistico entro le coordinate strutturali delraccontoma a adeguarvi le tramature del tessuto linguistico. In una prosadall'indubbio tono aristocratico"il gioco di bizzarrielessicali""carico di tensione allusivadi divertimento eruditoaccosta arcaismi e idiotismistranierismi di moda e tecnicismi di varia origine(il gergo degli scacchi nell'Alfier nerola terminologia medica nel Pugnochiusola dottrina confuciana nel Trapezio). Ancor più preziosol'intarsio di segmenti divergenti entro l'orditura sintattica e retorica. Ilmovimento del discorso conosce l'alternanza di periodi bilanciati e sequenzecentrifughecostrutti di sapiente ipotassi che si sciolgono in onde dicoordinazione anaforica. I moduli iterativimentre avvalorano la centralitàdell'"idea fissa"valgono a dispiegarne le molteplici sfumature:"Quello squilibrio aveva un pernoquella ribellione aveva un capoquelvaneggiamento un concetto" (Lalfier nerop. 406); "Quel pariadei mendicantiquel patriarca della plica...quell'uomo vilipeso... quellugubre Paw m'invadeva il pensiero" (Il pugno chiusop. 14).Analogamenteil sistema retorico allestisce un reticolo di antitesi eparallelismi che ora si scompongono in traslucide serie metonimiche oraalcontrariosi raggrumano in forti sintesi metaforiche: "I nodi dellospavento avviticchiavano quei corpi e quelle anime" (Il trapeziop. 464); "Il pugilato del pensiero non poteva essere più violento: le ideecozzavano l'una contro l'altra; i concetti cadevano strozzati da una parte edall'altra" (L'alfier nerop. 411). A derivarnenei brani piùriuscitiè un intreccio di geometrica precisione denotativa e di accesaconnotazione simbolica: il prologol'epilogo e le prime fasi della partitanell'Alfier nero; i micidiali "calcoli mentali" di Yao sullanave o le acrobazie della coppia Ramar-Ambra sotto il tendone del circo (Iltrapezio); la fascinazione del "fiorino rosso" nel Pugno chiuso.

Innervato entro i procedimenti compositivisenza forzaturepsicologiche o fughe esoterichel'intellettualismo algido di Arrigo genera unritmo nervosamente martellante cheacconsentendo con il dualismo profondo dellastruttura di genereda' voce a inquietudini e perplessità autentiche. Nei casiin cuiinveceprevalgono l'eccentricità gratuitail compiacimentodell'esibizione erudital'ambiziosa pretensione al simbolismo onnicomprensivoil conflitto fra ethos e pathosfra rigore angosciato e lucida mania perdesostanza espressiva per ridursi a un gioco astratto e manierista.

 

"Boito Camillo sta a sé": con questoriconoscimento Borlenghi apre uno dei pochi ritratti lusinghieri che la criticaha dedicato al maggiore dei fratelli Boito.

 

Un sottile studio d'atmosfere e d'ambienteuna costruzioneche insinui in quell'ambiente e vi adatti un destino umanouna storia (...)Quindiun'attenzione anche per la costruzione del raccontoa volte affidata auno scoperto gioco di pianima efficace nel risultato.

 

Posto solitamente all'ombra del più celebre ArrigoCamilloviene elogiatoin campo letterariosolo come studioso e cronista d'arteemenzionato appena come autore delle Storielle vane. Si direbbe che sicontinui a prendere alla lettera il titolo delle due raccoltesenza cogliervil'ombreggiatura dell'ironia sorniona che èinvececifra originale della suascarsa ma interessante produzione. L'atteggiamento di sprezzatura signoriledacui nascono i racconti e ricava sostanza l'opzione per la narrazione in primapersonatende a permeare di sé l'intero ordito espressivomodulandone lecadenze sui registri di un'antimedietas non eccentrica. A sostenere la ricercalinguistica di Camillo Boito era una "fiducia istintiva e nella proprianatura d'italiano piuttosto d'elezione che non per una precisa particolareradice regionalee nella curiosità per colori e valori di paesi diversinutrita dall'esercizio dell'arte". Un eclettismoappuntoche dallerilevanti opere architettoniche trapassa entro l'andatura della ben più"vana" prosa narrativa.

Le Gite di un artistal'abbiamo già vistocompensano il tono erudito delle osservazioni urbanistiche e museali con pausedescrittive in cui il "pittoresco" è reso con screziatureossimorichestranierismi coltisofisticate voci popolari. Un solo esempiotratto dal brano iniziale del viaggio a Cracovia:

 

l'olezzo di unto rancidodi pessimo tabacco e di acquaviteaccarezza deliziosamente il senso dell'olfatto. Corri alla porta a respirare unsoffio d'aria puraed ecco che ti vengono appresso e ti si piantano in girotirandoti per le faldei vetturini sudici e gli ebrei bisunti. Quegli voglionocacciarti nei loro droschki sconnessiquesti offrono di cangiarti lemonete (p. 113).

 

Nelle Storielle d'indole pittoricain cui l'ionarrante ripercorre i "beati anniin cui le giornate parevano oreed imesi giornate!" (Pittore bizzarrop. 422)in gara con l'amico a"schiccherare con quattro sgorbii un profilo o una figuretta" (p.423)prevalgono le note digressive dell'umorismo o gli intermittenti squarcicoloristici. E nondimenoanche nelle maglie sfrangiate delle"bizzarrie" raccontate alla "piccola Claudia" o delle"annotazioni tolte dall'albo" venezianoil discorso non abbandona maila sostenutezza limpida del periodare calibrato.

Il primato concesso alla resa plastica creata dallevariazioni luminose conferisce allo stile "pittorico" boitiano unavelatura speciale. Se i ritratti delle fanciulle veneziane sprizzano semprelampi di seduzione abbagliantenello Schizzo dal verocolpiscela descrizione di una nuotata al Lidoin cui la scrittura pare mimare lasinuosità pacata dei movimenti nell'acqua ("In mare il tempo s'allunga.L'allegria o la tristezzal'ardire e la paura fermano l'attimo" Quattr'ore al Lidop. 339). Siamo all'origine di quella intonazionestruggentemente sensuale che lievita la scrittura delle migliori"storielle"capaci di racchiudere nel giro breve del racconto quel"vero così singolare e fantastico" che aleggia sulle calli dellacittà lagunare (Il colore a Veneziap. 436).

Squisito "dilettante di sensazioni"come lodefinì Pancrazinon c'è dubbio chenella pattuglia scapigliataCamillorisalti per la disinvolta abilità a tradurre narrativamente la ricchezzacromatica e le venature materiche che l'occhio esperto dell'artista coglie negliscenari naturali o nei profili di donna. Le connotazioni antropomorfiche e leanalogie metaforiche immettono moti di dinamismo trepidante nelle numerosesequenze paesaggistiche: "Il bel sereno fuggiva via impauritoe le gentilinuvolette di fiammache danzavano prima nella gaiezza dell'ariasi lasciavanodivorare dai nuvoloni furiosi" (Dall’agosto al novembre p.68);l'onda del torrente "scatta in uno sprazzo e via; tal'altra si cacciadistrattamente in un laberintoe gira e rigira ese vuole uscirne le convienetornare indietro" (Macchia grigiap. 287). Nelle prime apparizionifemminiliil taglio scorciato della descrizione svela lineamenti fascinosi:"La ragazza a un tratto si volta con gli occhi sfavillanti e con le labbraaperte ad un gaio sorrisoche mostrava i denti bianchissimi; poiaccortasi dimesi stringe nelle spalle e via come saetta." (Notte di Natalep.153)

Cultore della bellezzaprossimo all'ideale parnassianoloscrittore-architetto insinua nell'oggetto del desiderio maschile tratti dimorbosità conturbante che generano attrazione e repulsione nel contempo: lasagoma della donna di Santuario ha un "aspetto innocente eagghiacciante"lo sguardo di Matilde è "insieme fisso e vagoscrutatore e distratto"mentre l’amante che ne attende l’arrivo è"invaso dall’ardore della passione e insieme da un misterioso senso dipaura" (Meno di un giornop. 346); gli "abbracciamenti furiosie disperati" di Teresa suscitano paura e desiderio nel narratore diMacchia grigia; Don Giuseppein preda ai sensi di colpa più tormentosidavanti al crocefisso trasfigurato "sembrava spaventato e nello stessotempo attratto" (Vade retro Satanap. 277); Liviainfineammette chenel "confidarsi unicamente a sé" attraverso gli appuntidello scartafaccio"nell'umiliarsi si esalta" (Senso p. 384).Ma la nota distintiva dello stile boitiano non risiede nella resa analitica deisentimenti contraddittori chein coerenza con il dualismo scapigliatoabitanoi personaggiquanto piuttosto nell'elaborazione di una prosa sinuosamenteintrospettivachetuttavias'ingegna sempre a "evitare il registro dellanostalgia e della denuncia". Lontano da ogni forma d'eccesso("Non honé sventure né gioie mie proprie" dichiara il narratore di Dall'agostoal novembrep. 66)Camillo non ama né gli artifici della deformazionené il turgore convulso dei timbri melodrammatici; nondimenoaltrettanto ostilealle norme dell'oggettivismo naturalisticonon abbandona l'ottica parziale checoniugain un nesso originalememoria e scrittura (L. Strappini). La suaproduzione letteraria delineasecondo Guglielminettiuna parabola ascendente"dall'evasivo modello sterniano-foscoliano delle prime Storielle versoun modo di responsabilizzazione del compito dello scrittore borghese"capace di “scoprire l'immoralità che si cela dietro il culto alto-borghesedella bellezza”. Al tempo stessooccorre però individuarvicome filo rossouna vena di criticismo laico che gli consentì di dar corpo alle inquietudini diun mondo privo di certezzein cui cominciano a comparire gli strumenti dellariproducibilità tecnica e dove la ricerca strenua dell'"aura" èforse già destinata allo scacco: su un tavolo anatomicosotto il "foscoverde dell'acqua" del Danubiotra le fiamme di un camino dove brucia unachitarranelle note lievi della scrittura letteraria: "L'arte della parolaval pocoquella del pennello niente