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Rudyard Kipling
La legione perduta
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Quando scoppiò la grande Insurrezione indianae poco prima dell'assedio di
Delhiun reggimento di cavalieri irregolari indigeni si trovava di stanza a
Peshawarpresso la frontiera afghana. Fu colto esso pure da quello che John
Lawrence chiamò allora: la mania prevalentee avrebbe voluto far causacomune
coi ribellima non gli fu concesso.
S'era appena buttato verso mezzogiornoquando dai superstiti d'un corpo
inglesevenne respinto verso i monti afghanidove tribù da poco sottomessegli
saltarono addosso come lupi ad una mandra di caprioli. Per impadronirsi delle
armi e degli equipaggiamentilo inseguirono di monte in montedi burrone in
burronesu e giù per dossi e letti sassosi di fiumifinché scomparve come
acqua fra le sabbiequel reggimento ribelleprivo di tutti i suoiufficiali.
L'unica traccia che ancora rimane della sua esistenza è un elenconominativo
scritto in bel rotondoda un ufficiale che s'è firmato: Aiutante maggiore
dell'ex reggimento di cavalleria irregolare N... Il foglio è sudicio e
ingiallitoma sul rovescio si legge ancora scritto a matita da John Lawrencein
persona: Si raccomanda di non confiscare gli averi dei due ufficiali indigeni
che rimasero fedeli. J. L. Di seicentocinquanta sciabole due sole mantenneroil
giuramentoe John Lawrencenell'amarezza di quei primi mesi di ribellione
trovò tempo e modo di segnalare l'eccezione.
Questo avvenne più di trentanni fae gli afghani della frontiera che
parteciparono al massacrooggi sono vecchi. Talvolta una barba bianca narra
quello che ancora ne ricorda. Passavano il confine pieni di superbiaracconta
e ci eccitavano a ribellarciad uccidere gli inglesied a scendere al saccodi
Delhi. Ma noiche da poco eravamo stati sottomessi dagli stessi inglesi
sapevamo che erano troppo audaci e che il governo avrebbe facilmente avuto
ragione di quei cani di pianura. Quindi accogliemmo bene il reggimentoma lo
tenemmo a bada con belle parole finché si seppe che le giubbe rosse si
avvicinavano furibonde. Il reggimento si sbandò fra i nostri montipersfuggire
alle loro iree noi lo inseguimmo senza farci scorgerefinché fummo sicuriche
non avrebbe ritrovato la via del ritorno. Allora gli saltammo addossoperché
volevamo le uniformie le briglieed i fucilie gli stivali. Soprattuttogli
stivali. Fu un gran massacrofatto lentamente.
Qui il vecchio si frega il nasoe scotendo i lunghi ricci serpentini silecca
le labbra peloseridendo e mostrando le poche zanne gialle rimaste.
Sìli abbiamo ammazzati perché volevamo armi e vestitie perché lisapevamo
già condannati da Dio per il loro terribile delitto di tradimento contro ilsale
che avevano mangiato. Cavalcavano su e giù per le vallateinciampando e
barcollando sulle sellee chiedendo grazia con alte grida. Li spingemmoinnanzi
lentamente come bestiame finché li raccogliemmo nella vallata bassa di Sheor
Kot. Molti erano morti di sete; molti ancora restavanoincapaci didifendersi;
per cui li buttammo giù di sella col le manie li lasciammo finire dainostri
figliche non sapevano quasi maneggiare la spada. Per parte mia ho avutotante
selle e tanti fucili... erano fucili buonie anche ora rubiamo quelli del
governoperché vogliamo solo canne rigate. Sìquel reggimento lo abbiamo
cancellato dalla faccia della terrae quasi non ne resta nemmeno la memoria.
Eppure si dice...
Qui ad un tratto il racconto si interrompevae non c'era modo di sapere chesi
dicesse oltre frontiera. Gli afghani sono sempre stati un po misteriosipiù
pronti a fare una birbonata che a raccontarla. Stavano quieti per mesi emesi
poiall'improvvisoaggredivano di notte un posto di poliziasgozzavano un
paio di guardiesaccheggiavano un piccolo villaggiorapivano tre o quattro
donne e tornavano in su' al bagliore delle capanne ardenticacciandosiinnanzi
le mucche e le capre rubate.
Il governo indiano in quei casi per poco non si metteva a piangere. Anzitutto
diceva: Per carità state buoni buonie vi perdono. La tribù autricedell'ultima3
rapina metteva il pollice al naso come un sol uomoed inviava una risposta
degna del gesto. Allora il governo diceva: Non sarebbe meglio che pagaste una
piccola multa per quei pochi morti della notte scorsa? La tribù nicchiava e
mentiva e insolentivae intanto alcuni giovinottiper mostrare in che conto
tenevano l'autoritàattaccavano un altro corpo di guardiaoppure unpiccolo
posto di frontierae se andava bene ammazzavano davvero un ufficialeinglese.
Allora diceva il governo: Badate che se non fate giudizio finisce male. Se la
tribù era ben informata delle cose dell'Indiarispondeva con scuse o con
impertinenzea seconda che stimava il governo in grado di occuparsi dellesue
gesta o in tutt'altre faccende affaccendato. Certe tribù sapevano appuntino
quanti morti si potevano permettere; altre invece si montavanoperdevano la
testae sfidavano apertamente il governo. Questo allora con sospiri elacrime
e senza perder d'occhio il contribuente britannico che si ostina aconsiderare
quei piccoli episodi come brutali guerre di annessioneriuniva una costosa
brigata da campagna e qualche cannoneper ricacciare quella tribùdalle
vallate ricche di granoai montidove non c'era niente da mangiare.
La tribù usciva tutta quanta in assetto di guerra e se la godeva un mondo
sapendo che le donne sarebbero state rispettateed i feriti curati e non
mutilatie che finite le provviste avrebbe sempre potuto arrendersietrattare
da pari a pari col comando inglese. Poi seguitavano per anni a pagare soldo a
soldo la taglia impostaraccontando ai figli che avevano ammazzato migliaiadi
giubbe rosse. L'unico inconveniente di quella guerriglia allegraera lamanìa
delle giubbe rosse di far saltare con mine le torri e i ripari fortificati;
divertimento che le tribù si ostinavano a trovare assolutamente di cattivo
gusto.
Primo fra i capi di quelle piccole tribù che sapevano al centesimo quanto
costava mandare contro a loro i soldati bianchiera una specie di bandito
preteche chiameremo il Mullah I GullaKutta. Mullah (o mollah) è titolo
onorario turco indicante purità di vita o esercizio di funzioniecclesiastiche
usato anche fra i musulmani quale denominazione di sacerdote.
Ma egli praticava l'assassinio sulla frontiera con passione da artista;
ammazzava ogni tanto un corriere per puro passatempoo bombardava difucilate
un fortino giusto quando sapeva che i nostri soldati avevano bisogno didormire.
A tempo perso girava fra le tribù vicine eccitandole alle stesse diavolerie;e
nel suo villaggioposto in una vallata che aveva nome Bersundteneva una
specie di ricovero per i suoi compari; tutti i birbanti come si deve di quel
tratto di frontiera vi si davano appunta mentoconsiderandolo un soggiorno
sicuro e piacevole. Vi si accedeva solo per una stretta gola che in un attimosi
trasformava in un trabocchetto; era circondato da monti ritenutiinaccessibili a
chi non vi era natoed il mullah I GullaKuttavi risiedeva in pompa magna
nella sua colonia di capanne in pietra e terraed in ogni capanna vi erano
tuniche di panno rossoed altri indumenti rubati a soldati morti. Il governo
aveva una gran voglia di pigliarloed una volta anzi lo aveva formalmente
invitato a venirsi a costituire per essere impiccatodato che a parecchi
omicidi aveva partecipato personalmente. Ecco la sua risposta: Sono a venti
miglia dal confinea volo d'uccello: venitemi a prendere.
Un giorno verremoribatté il governoe impiccato sarete.
Il mullah mise la cosa a tacere. Sapeva benissimo che la pazienza del governo
era lunga come un giorno d'estate; ma sapeva meno bene che il suo bracciopoteva
essere lungo come una notte d'inverno. Mesi e mesi dopomentre la frontierae
l'India tutta riposavano in paceil governo si scosse dal sonno e siricordò
del mullah GullaKutta di Bersund e dei suoi tredici compari. Attaccarlosia
pure con un solo reggimentosarebbe stato un grave errore politicoché i
giornali avrebbero subito parlato di guerra. Ci voleva rapidità e silenzioe
soprattutto niente sangue.4
Dovete sapere che sulla frontiera nordovest dell'India stanno scaglionatiforse
trentamila fra fanti e cavalieridestinati a sorvegliaresenza parerele
turbolenti tribù limitrofe. Vanno su e giùsu e giù senza posafra undesolato
posto avanzato e l'altrosono pronti all'istante a qualsiasi impresa esempre
più o meno coinvolti in qualche difficoltà lungo la linea; fanno una vitadura
come i loro muscolied i giornali non ne parlano mai. Fra quelle truppescelse
il governo li uomini che gli occorrevano.
Una serain uno di quei posti avanzati in cui le sentinelle notturne acavallo
tirano nel dare il primo chi va làfra i monti dove il grano oscilla inlunghe
onde verdastre sotto la luna freddagli ufficiali che stavano giocando al
bigliardo nella capanna di mota che a loro serviva da mensa e da casinòebbero
ordine di preparare una manovra notturna.
Brontolandoandarono a svegliare i loro soldatiun centinaio di inglesi
mettiamo duecento gurka (truppe indiane fedelissime) e forse un altrocentinaio
di cavalieri indigenidella più splendida cavalleria del mondo. Quandofurono
sul campo di manovrafu dato loro a bassa voce l'ordine di recarsi
immediatamente a Bersund per la via dei monti. Gli inglesi dovevanoappostarsi
sui fianchi delle alture dominanti la valleed i gurka occupare la gola e il
trabocchetto; alla cavalleria spettava di raggiungerecon lunga marciaobliqua
le cime dei monti che dominavano la testata della valleper piombare
occorrendoalle spalle del mullah. Ordine severissimo di non combattere e di
non far rumore; dovevano essere di ritorno al mattinocon le cartucceintatte
e col mullah ed i tredici compari ben legati in mezzo a loro. Se tutto andava
benenessuno ne avrebbe saputo nulla e nessuno se ne sarebbe occupato; se
l'impresa fallivane sarebbe nata senza dubbio una guerriglia di frontierain
cui quel volgare bandito del mullah GullaKutta avrebbe fatto la figura di un
duce nazionalista alla riscossa contro un invasore prepotente.
Seguì un silenziorotto solo dal secco aprire e chiudersi delle bussole edegli
orologimentre i capi delle colonne combinavano itinerari e appuntamenti.
Cinque minuti dopo il campo era deserto; le giacche verdi dei gurka e d i
mantelli degli inglesi si erano dileguati nella oscuritàmentre lacavalleria
partiva al galoppoavvolta da una pioggerella accecante.
Quello che fecero i gurka e gli inglesi lo vedremo poi. Il compito più arduoera
per i cavalieriche avevano una meta lontana e dovevano evitare ogniabitato.
Ma molti di loro erano nativi della regione e desiderosi di battersi coi loro
similie alcuni ufficiali avevano già fatto fra quei monti escursioni chenon
erano di servizio.
Varcarono la frontieragaloppando su per il letto di un torrenteattraversarono
una gola rocciosae si arrischiarono a valicare un colle col favor dellanotte;
girarono un'altra collinalasciando orme profonde dei ferri nella terraarata
risalirono un secondo torrentevalicarono un altro speronepregando in cuor
loro che nessuno udisse l'ansare dei cavallie proseguirono nel buio e sottola
pioggia finché si accorsero cheavendo oltrepassata la testata della valledi
Bersundera bene convergere da quella parte.
La salita del monte c he dominava Bersund era ripidae prima di cominciarlasi
fermarono per riposare in un comodo ripiano; voglio dire che i soldatiavrebbero
voluto fermarsima i cavalliriscaldati com'eranonon obbedivano più. Vi
furono parecchie bestemmienon meno vivaci perché soffocatee si udivanole
selle cigolare nel buio mentre i cavalli si impennavano.
Il tenente di coda dell'ultimo plotone si volse e disse a bassa voce: Carter
cosa diavolo ci fa alla retroguardia? Prestovenga avanti coi nostri.
Nessuno rispose; poi si udì la voce di un soldato: Carter sahib è davantinon è
lìnon cè nessuno dietro a noi.
Qualcuno c'èreplicò il tenente; c'è lo squadrone che marcia in girotondo.
Il maggioreche procedeva in testa alla colonnatornò alla codabestemmiando5
contro il tenente Halleyquello che aveva parlato.
Stia attento alla retroguardiaperdio! Qualcuno dei suoi ladri d'infernos'è
persoe ora si trova alla coda e lei è un cretino della più bell'acqua.
Devo far l'appellosignor maggiore? disse il tenenteseccato perché
cominciava a far freddo.
L'appello? Li mandi all'inferno col frustinoreplicò il maggioreli semina
dappertuttonon sente quanti ce ne sono ancora dietro di lei?
Pareva anche a medisse calmo il tenentema i miei sono tutti qui. Sarà
meglio chiederlo a Carter.
Carter sahib manda salutie vorrebbe sapere perché il reggimento s'èfermato
disse un soldato a Halley.
Ma dovè Carterin nome di Dio? chiese il maggiore.
Alla testacoi suoigli fu risposto.
Ma dunque giriamo in tondoo siamo al centro di uno squadrone stregato?
esclamò il maggiore.
La colonna sera fermata in silenzio; i cavalli non si muovevanoma nella
pioggia che cadeva sottile si udivano distintamente le zampe di altri cavalli
che calpestavano il terreno sassoso. E disse Halley: Siamo seguiti.
Non hanno cavalli da queste partireplicò il maggioree poi ci avrebbero
tirato addosso da un pezzo. Saranno cavallini da paesani.
I nostri cavalli avrebbero già nitrito e rovinato la sorpresa; ci seguonoalmeno
da mezzoradisse Halley.
Eppure non si sente odore di cavallidisse il maggiore bagnandosi un dito e
fregandoselo sul naso mentre fiutava in direzione del vento.
Brutto principioe il tenente si scoteva l'acqua dal mantello; che si fa
signor maggiore?
Si va avantima sarà una bella nottefu la risposta.
La colonna fece lentamente qualche passo; poi vi fu una bestemmiaed uno
spruzzo di scintille sotto ai ferri scivolanti sui sassiun uomo ed uncavallo
caddero con un fracasso d'armatura che avrebbe destato un morto.
E fattala frittatadisse Halleytutta la montagna destae tutta darisalire
sotto il fuoco di fucileria. E questo perché ci fanno fare un lavoro dauccelli
notturni.
Il soldato si rialzò tremandoe voleva dire che il suo cavallo avevainciampato
in uno di quei tumuli di pietre accatastate che segnano la sepoltura di un
milite. Ma non occorrevano spiegazioniil cavallone australiano del maggiorefu
il secondo a caderee la colonna si fermò in quello che pareva un cimiterodi
piccoli tumuli alti circa due piedi.
Le manovre successive non figurano nel rapporto ufficiale; i cavalieridissero
poi che pareva una quadriglia senza prove e senza musica; alfine i cavalli
rompendo le file e cercandosi ognuno la propria viauscirono fuori daitumuli
e lo squadrone si riformò ai piedi della salita. Poia detta di Halleyvifu
una nuova scena simile alla prima; il maggiore e Carter continuavano ad
insistere che mancavano degli uominie che molti ancora si andavanoaggirando
fra i tumuli. Halley rifece l'appello dei suoie si rassegnò ad aspettare.Da
lui ebbi qualche ragguaglio un po' di tempo dopo la fine della storia.
Poco sapevoe niente mi curavo di quello che avveniva. Il fracasso dellaprima
caduta avrebbe dovuto dar l'allarme a tutta la montagnae avrei giurato cheun
reggimento intero ci inseguivacon un chiasso da destare tuttol'Afghanistan.
Ero pronto a tuttoe non è successo niente. Ma la cosa più misteriosa erail
silenzio sulla montagna. Sapevamo che il mullah aveva le sue sentinelleavanzate
sul versante che stavamo risalendoe tutto il tempo che ci volle al maggiore
per calmarsi a furia di bestemmie soffocatesi stette in attesa delle prime
fucilate.
Non udendo nullapensammo che la pioggia avesse attudto lo scalpitio dei6
cavallie ringraziammo la provvidenza. Il maggiore finì col persuadersi chefra
i tumuli non c'era rimasto nessunoe che non era inseguito da un grossocorpo
di cavalleria; ma gli uomini erano di pessimo umorei cavalli sudati ed
eccitatie tutti attendevano ansiosamente la luce del giorno.
Riminciarono la salitaguidando i cavalli prudentemente a mano. Prima che
avessero superato le balze inferiorie non erano ancor tesi i pettorali
s'addensò dietro un grosso temporalesotfocando ogni rumore che non fossedi
cannonata. I primi lampi rivelarono la costa nuda che salivanole cime chesi
profilavano azzurrine contro il cielo nerola pioggia scroscianteeapochi
metri a sinistrauna torre di guardia afghana di pietraa due pianiin cuisi
entrava dalla finestra superiore per mezzo di una scala a piuoli. La scalaera
collocata; alla finestra c'era un uomo col fucilee nel silenzio che seguìil
primo tuonouna voce dalla torre gridò: Chi va là?
I soldati non si mosseroma ognunofermo accanto al cavallostrinse la
carabina. La voce ripeté: Chi va là? e poipiù forte: Fratellidate
l'allarme!
Ciascuno di quei soldati sarebbe morto nei suoi stivaloni prima darrendersima
sta il fatto che la risposta al secondo appello fu un lungo gemito: MíaJ car.
Marf aro. Fateci grazia! e veniva dalla colonna che saliva.
La truppa rimase un momento come paralizzata; poi quei forti cavalieri si
chiesero l'un laltro a bassa voce: Mir Khanera la tua voce? Abdullahhaitu
parlato?
Halleyaccanto al suo cavallostava in attesa; finché non eranoschioppettate
si contentava. Un altro lampo illuminò i cavalli ansantigli uomini cogliocchi
sbarratie la torre di guardiama alla finestra non v'era nessunoe larozza
imposta di lamiera a difesa contro i proiettili era chiusa.
Avantiragazzidisse il maggiorebisogna arrivare in cima ad ogni costo.
La colonna proseguì faticosamente; i cavalli dimenavano le codegli unminili
sostenevano con le brigliele scintille sprizzavano dalle pietrerotolantia
valle. Halley mi disse che non aveva mai udito tanto fracasso da unosquadrone;
pareva che ogni cavallo avesse otto zampe e un altro cavallo dietro. Manessun
rumore venne dalla torre e la colonna esausta raggiunse alfine l'altura
dominante la conca tenebrosa di Bersund. Allentate le selle ed i morsii
soldati si buttarono distesi fra le pietre; ormaichecché fosse avvenutoerano
sicuri da qualsiasi attacco.
Cessarono il tuono e la pioggia e li avvolse l'oscuriti densa che precedel'alba
invernale. Non v'era altro rumore che quello dell'acqua scrosciante neiburroni.
D'un tratto si udì l'imposta della torre aprirsi di colpo e la voce della
vedetta chiamare: O Hafiz Ullah!
Gli echi ripeterono: Lah! lah! lah!
Da un'altra torre nascosta dietro la collina venne la risposta: Che vuoi
Shabbaz Khan?
Questi gridòcon la voce acuta del montanaro: Hai veduto?
E la replica: Ho veduto! Iddio ci liberi dagli spiriti del male!
Una pausae l'altro riprese: Hafiz Ullahsono solovieni da me?
Sono solo anch'ioShabbaz Khane non oso lasciare il mio posto.
Mentiè perché hai paura. Una pausa più lungae poi: Ho paura. Tacivene
sono ancora qui sotto. Pregae dormi.
I soldati ascoltavano stupiti; non capivano che vi potesse essere sotto le
torrifuorché terra e sassi. E Shabbaz Khan riprese: Sono qui sottolivedo.
Per amor di Dio vieni da meHafiz Ullah! Mio padre ne ha uccisi dieci. Vienida
me.
Hafiz Ullah rispose ad alta voce: Il mio era innocente. AscoltatemiUomini
della Nottené mio padre né alcuno dei miei presero parte a quel delitto.Sul
tuo capo il tuo castigoShabbaz Khan!7
Se qualcuno li facesse tacere quei due uccellacci! mormorò Halley sotto lasua
roccia fra brividi di freddo. S'era appena girato per asciugare un'altraparte
di séquando un afghano barbutocapelluto e puzzolente che risaliva dicorsa
il montegli cadde fra le braccia. Halley gli fu addosso e gli cacciò ingola
quanto poté dell'elsa della sua sciabola dicendogli allegramente: Se urli
t'ammazzo.
L'uomo era per terraparalizzato dal terroretremante e fremente. Anchequando
Halley gli tolse l'elsa dalla bocca non riuscì a parlarema afferrandogliun
braccioe tastandolo dal polso al gomitomormorò rauco: 11° rissala!
(reggimento). Il rissala morto! Non è laggiu?
Noil rissala è quassù ben vivoreplicò Halley staccando una briglia e
legandogli le mani; ma come mai voi due delle torri foste tanto stupidi da
lasciarci passare?
La valle è piena di mortidisse l'afghanomeglio cadere nelle mani degli
inglesi che dei morti. Giranogirano laggiùli ho visti alla luce deilampi.
Riavutosi un pocodisse a bassa voceperché sentiva sullo stomaco lapistola
di Halley: Che ci fate qui? non siamo in guerra e il mullah mi ammazzeraperché
non vi ho visti passare.
Non temerereplicò Halleysiamo venuti ad ammazzare luise Dio vuoleglison
troppo cresciuti i denti. A te non faremo nullasalvo che la luce non cimostri
che sei votato alla forca per altri delitti. Ma che andavi dicendo del
reggimento morto? lo non uccido che al mio paesedisse quellotuttorianimato;
il reggimento morto è laggiù. I tuoi soldati vi sono passati in mezzosalendo...
quattrocento cavalierimortiche inciampano fra le loro tombefra quei
mucchietti di sassitutti mortie ammazzati da noi.
Ah sì? disse Halley. Ora capisco perché io ingiuriavo Carter e il maggiore
ingiuriava me. Quattrocento spadedici? Non mi sorprende che la colonna ci
sembrasse ingrossataKurruk Shahmormorò ad un ufficiale indigeno distesoa
pochi passi da luine hai sentito parlare tu di un reggimento mortofraquesti
monti?
Sicuroreplicò Kurruk Shah con un sorriso ferocealtrimenti perché avrei
chiesto grazia iose da ventisette anni servo la Regina ed ho ammazzatotanti
cani di montagnaquando i lampi illuminarono le torri di vedetta? Quando ero
giovane ho veduto la strega nella valle di Sheor Kotlaggiù ai nostripiedie
so la storia che se ne racconta. Ma che possono gli spettri degli infedeli
contro di noi che abbiamo la fede? Lega più strette le mani di quel canesahib
un afghano è come una anguilla.
Parlare di un reggimento morto è gran sciocchezzaKurrukreplicò Halley
torcendo i polsi del prigioniero; i morti sono morti. Stai fermoporcodisse
all'afghano che si divincolava.
I morti sono mortie per questo girano di nottedisse Kurruk Shah
tranquillamente; che bisogno cè di parlarne? Siamo uominiabbiamo occhi ed
orecchie; puoi vederli e sentirlilaggiù per la china.
A lungo Halley tese l'udito e lo sguardo. La vallata era piena di rumori
soffocaticome ogni vallata di notte; ma se udì o vide cose soprannaturali
egli solo lo sae non ne parla. Alfinepoco prima dell'albaun razzo verde
salì dal fondo deila valle di Bersund all'entrata della golaannunziandoche i
gurka avevano raggiunto le loro posizioni. Du e razzi rossi della fanteria
risposero a dritta ed a sinistrae la cavalleria accese un razzo bianco.
Di inverno gli afghani si levano tardie solo a giorno fatto i seguaci del
mullah cominciarono ad uscire dalle loro capannefregandosi gli occhi.Videro
soldati vestiti di rosso e verde e color caffè cheappoggiati alle loroarmi
formavano sull'orlo della conca di Bersund un cordone fitto che neppure unlupo
avrebbe potuto attraversare. E più si fregarono gli occhi quando ungiovanotto
roseoche non era nemmeno in divisa perché rappresentava l'autoritàcivile8
scese il pendio con due militipicchiò alla porta del mullahe con tuttacalma
gli ingiunse di uscire per farsi legare e portar via. Lo stesso giovanottoentrò
in altre capannedesignando via via col suo bastoncino altri banditi che
vennero solidamente ammanettati mentre guardavano desolati le alture occupateda
soldati assolutamente indifferenti alla loro sorte. Solo il mullah tentò di
resisterevomitando bestemmie e minaccefinché il soldato che gli legavale
mani lo rimbeccò: Finiscilazuccone! Perché non sei venuto quando te loavevano
mandato a direinvece di farci perdere la notte? Ora vali meno di unospazzino
di casermavecchio birbone! Avantimarch!
Un'ora dopo i soldati erano partiti col mullah e i suoi tredici comparied i
paesani contemplavano attoniti e pentiti una pila di carabine spezzate e di
spade contortechiedendosi come mai avevano tanto sbagliato i calcoli sulla
longanimità del governo indiano.
Fu insomma una spedizione proprio carinaben preparata e bene eseguitaechi
vi prese parte ne ebbe ufficiosa approvazione. A me però sembra che non poco
merito ne spettasse ad un reggimento che non fu portato all'ordine delgiornoe
di cui perfino il ricordo corre il rischio di venire cancellato.