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Voltaire
L’ingenuo
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I • COME IL PRIORE DELLA MADONNA DELLA MONTAGNA E LA SIGNORINA SUA SORELLA
INCONTRARONO UN URONE
Un giorno S. Dunstanoirlandese di nascita e santo di professionepartìdall'Irlanda su di una piccola montagna
che fece rotta verso le coste della Franciae arrivò con questo mezzo allabaia di St-Malo. Quando fu a terra dette la
benedizione alla sua montagna chefattagli una riverenzase ne tornò inIrlanda per la stessa strada per cui era venuta.
Dunstano fondò un piccolo priorato in quelle contrade e gli dette il nome dipriorato della Montagnanome
checome ciascuno saconserva ancora.
Nell'anno 1689il 15 luglio di seral'abate di Kerkabonpriore dellaMadonna della Montagnapasseggiava in
riva al mare con la signorina di Kerkabonsua sorellaper prendere ilfresco. Il prioregià un po' avanti cogli anniera
un ottimo ecclesiastico amato dai suoi vicinidopo esserlo stato un tempodalle sue vicine. Ciò che soprattutto gli aveva
valso una grande considerazioneera il fatto di essere il solo beneficiariodel paese che non si dovesse portare a braccia
nel suo letto dopo che aveva cenato coi suoi confratelli. Si intendevadiscretamente di teologia; e quando era stanco di
leggere S. Agostinosi divertiva con Rabelais; perciò tutti parlavano benedi lui.
La signorina di Kerkabonche non era mai stata sposataper quanto avesseavuto una gran voglia di esserlo
conservava una certa freschezza all'età di quarantacinque anni; il suocarattere era buono e sensibile; amava il piacere ed
era devota.
Il priore diceva alla sorellaguardando il mare: «Ahimè! È qui che siimbarcò il nostro povero fratello con la
nostra cara cognatala signora di Kerkabonsua mogliesulla fregata l'Hirondellenel 1669per andare a combattere in
Canada. Se non fosse stato uccisopotremmo sperare di rivederlo ancora.»
«Credete» diceva la signorina di Kerkabon«che la nostra cognata siastata mangiata dagli Irochesicome ci
hanno raccontato? Certo che se non fosse stata mangiata sarebbe ritornata alpaese. La rimpiangerò per tutta la vita: era
una donna deliziosa; e nostro fratelloche aveva molto ingegnoavrebbesicuramente fatto molta fortuna.»
Mentre l'uno e l'altra si intenerivano su questo ricordovidero entrarenella baia di Rance un piccolo bastimento
che arrivava con la marea: erano degli Inglesi che venivano a vendere alcunemerci del loro paese. Saltarono a terra
senza guardare il signor priore né la signorina sua sorellache fu moltoscandalizzata della scarsa attenzione che le
veniva dimostrata.
Non così si comportò un giovane molto ben fattoche si slanciò con unsalto al di sopra della testa dei suoi
compagnie si trovò faccia a faccia colla signorina. Le fece un cenno collatestanon avendo l'abitudine di fare la
riverenza. La sua persona e il suo abbigliamento attrassero gli sguardi delfratello e della sorella. Era a testa e gambe
nudeaveva i piedi calzati di piccoli sandalila testa ornata da lunghicapelli a trecceun farsetto che stringeva la vita
sottile e snella; il portamento marziale e dolce al tempo stesso. Teneva inmano una boccettina di acqua delle Barbados
e nell'altra una specie di borsa in cui c'era una ciotola e delle ottimegallette. Parlava francese in modo assai intelligibile.
Offrì un po' della sua acqua delle Barbados alla signorina di Kerkabon e alsuo signor fratello; bevve con loro; gliene
offrì di nuovoe tutto questo con un'aria così semplice e così naturaleche fratello e sorella ne rimasero incantati. Gli
offrirono i loro servigidomandandogli chi era e dove andava. Il giovanerispose che non ne sapeva nullache era
curiosoche aveva voluto vedere come erano fatte le coste della Franciacheera venuto e presto se ne sarebbe tornato
via.
Il signor prioregiudicando dal suo accento che non era inglesesi prese lalibertà di domandargli di quale
paese fosse. «Sono Urone» gli rispose il giovane.
La signorina di Kerkabonstupita e incantata di vedere un Urone che le avevarivolto delle cortesieinvitò il
giovane a cena. Egli non si fece pregare due voltee tutti e tre andaronoinsieme al priorato della Madonna della
Montagna.
Piccola e rotondala signorina se lo mangiava coi suoi occhiettie dicevadi tanto in tanto al priore: «Quel
ragazzone ha un incarnato di giglio e di rosa! che bella pelle haper essereun Urone!» «Avete ragionesorella mia»
diceva il priore. La signorina faceva cento domande una dietro l'altrae ilviaggiatore rispondeva sempre molto a tono.
Ben presto si sparse la voce che c'era un Urone al priorato. La buonasocietà dei dintorni si affrettò a venire a
cena. L'abate di St-Yves venne colla signorina sua sorellauna giovane dellaBassa-Bretagnamolto graziosa e ben
educata. Il balivol'esattore delle imposte e le loro mogli parteciparonoalla cena. Si fece sedere lo straniero tra la
signorina di Kerkabon e la signorina di St-Yves. Tutti lo guardavano conammirazione; gli parlavano e lo interrogavano
tutti insieme; l'Urone non si scomponeva per questo. Sembrava aver preso permotto quello di Lord Bollingbroke: Nihil
admirari. Ma alla finesopraffatto da tanto rumoredisse loro conalquanta dolcezzama non senza fermezza: «Signori
nel mio paese si parla uno alla volta; come volete che vi risponda se miimpedite di sentirvi?» La ragione fa sempre
rientrare gli uomini in se stessi per qualche momento. Si fece un gransilenzio. Il balivoche si impadroniva sempre
degli stranieri in qualunque casa si trovassee che era il più grandechiacchierone della provinciagli disse aprendo la
bocca di un palmo: «Signorecome vi chiamate?» «Mi hanno sempre chiamatol'Ingenuo» rispose l'Urone«e questo
nome mi è stato confermato in Inghilterraperché dico sempre ingenuamentequello che penso così come faccio quello
che voglio.»
«In che modoessendo nato Uronesiete potutosignoregiungere inInghilterra?» «Mi ci hanno portato; sono
stato fatto prigioniero in combattimento dagli Inglesidopo essermi difesoabbastanza benee gli Inglesicui piace il3
coraggio perché sono coraggiosi e onesti quanto noimi proposero direndermi ai miei genitori o di portarmi in
Inghilterra; io accettai l'ultima alternativa perchéper il miotemperamentodesidero ardentemente vedere nuovi paesi.»
«Masignore» disse il balivo con tono imponente«come avete potutoabbandonare così padre e madre?» «Il
fatto è che non ho mai conosciuto né padre né madre» disse lo straniero.La compagnia si intenerìe tutti ripetevano:
«Né padre né madre!» «Suppliremo noi» disse la padrona di casa alfratello priore; «come è interessante questo signor
Urone!» L'Ingenuo la ringraziò con una cordialità nobile e fierae lefece capire che non aveva bisogno di niente.
«Mi sembrasignor Ingenuo» disse il valente balivo«che voi parliate ilfrancese meglio di quanto ci si
aspetterebbe da un Urone.» «Un Francese» rispose costui«che avevamofatto prigioniero durante la mia giovinezza in
Uroniae per il quale concepii una grande amiciziami insegnò la sualingua; imparo molto in fretta ciò che voglio
imparare. Ho trovato al mio arrivo a Plymouth uno di quei Francesi profughichenon so perchéchiamate ugonotti; mi
ha fatto fare qualche progresso nella conoscenza della vostra lingua; enonappena ho potuto esprimermi in modo
intelligibilesono venuto a vedere il vostro paeseperché mi piacciono iFrancesi quando non fanno troppe domande.»
L'abate di St-Yvesnonostante questo discreto avvertimentodomandò qualelingua preferisse tra l'urone
l'inglese e il francese. «L'uronesenza dubbio» rispose l'Ingenuo.«Possibile?» esclamò la signorina di Kerkabon;
«avevo sempre pensato che il francese fosse la più bella di tutte lelinguedopo il basso-bretone.»
Allora fu un fioccar di domande da ogni partecome si diceva in uronetabaccoed egli rispose tayacome si
diceva mangiare e rispose essenten. La signorina di Kerkabon volleassolutamente sapere come si diceva fare all'amore;
egli rispose trovandere sostennenon senza un'apparenza di ragioneche queste parole valevano le corrispondenti
francesi e inglesi. Trovander sembrò molto grazioso a tutti iconvitati. Il prioreche aveva nella sua biblioteca una
grammatica uronadono del reverendo padre Sagard-Théodatrecollettofamoso missionariosi alzò da tavola un
momento per andarla a consultare. Ritornò pieno di eccitazione e di gioia.Riconobbe l'Ingenuo per un vero Urone. Si
discusse un poco sulla molteplicità delle lingue e si convenne chesenzal'avventura della torre di Babeletutta la terra
avrebbe parlato francese.
Il curioso balivoche fino ad allora aveva un po' diffidato del personaggioconcepì per lui un profondo
rispetto; gli parlò con maggiore civiltàcosa di cui l'Ingenuo non siaccorse affatto.
La signorina di St-Yves era molto curiosa di sapere come si facesse l'amorenel paese degli Uroni. «Facendo
belle azioni per piacere alle persone che vi somigliano» rispose lui. Tuttii convitati applaudirono meravigliati. La
signorina di St-Yves arrossì e fu molto contenta. La signorina di Kerkabonarrossì anche leima non era altrettanto
contenta; fu anzi un po' irritata per il fatto che la galanteria non erarivolta a leima era d'altra parte di animo così buono
che il suo affetto per l'Urone non ne fu affatto alterato. Gli domandò anzicon molta buonagraziaquante amanti avesse
avuto in Uronia. «Non ne ho avuto che una» disse l'Ingenuo; «era lasignorina Abacabal'amica della mia cara nutrice;
i giunchi non sono più dirittil'ermellino non è più biancole pecoresono meno morbidele aquile sono meno fiere e i
cervi meno agili di quanto lo fosse Abacaba. Un giorno inseguiva una leprenei dintornia circa cinquanta leghe dalla
nostra abitazione. Un Algonchino maleducatoche abitava cento leghe piùlontanovenne a sottrarle la preda; lo seppi
corsi làstesi l'Algonchino con un colpo di mazza e lo portai ai piedidella mia amantelegato mani e piedi. I genitori di
Abacaba lo volevano mangiarema io non ho mai apprezzato questa sorta difestini; gli resi la libertà e ne feci un amico.
Abacaba fu così toccata dalla mia condotta che mi preferì a tutti i suoipretendenti. Mi amerebbe ancora se non fosse
stata mangiata da un orso. Ho punito l'orsoho portato a lungo la sua pellema tutto ciò non mi ha consolato.»
La signorina di St-Yves a questo racconto provava un piacere segretonell'apprendere che l'Ingenuo non aveva
avuto che una sola amantee che Abacaba non era più; ma non era in grado dichiarire a se stessa la causa del suo
piacere. Tutti avevano gli occhi fissi sull'Ingenuo; lo lodavano molto peraver impedito ai suoi compagni di mangiare
l'Algonchino.
L'inesorabile balivoche non poteva reprimere la sua smania di far domandespinse infine la sua curiosità fino
ad informarsi di quale religione fosse l'Urone; se aveva scelto la religioneanglicanao la gallicanao l'ugonotta.
«Appartengo alla mia religione» disse lui«come voi alla vostra.»«Ohimè!» esclamò la Kerkabon«mi accorgo che
quei disgraziati di Inglesi non hanno neppure pensato a battezzarlo.» «MioDio!» diceva la signorina di St-Yves«come
è possibile che gli Uroni non siano cattolici? Forse i RRPP gesuiti non lihanno ancora convertiti tutti?» L'Ingenuo le
assicurò che nel suo paese non si convertiva nessuno; che mai un vero Uroneaveva cambiato opinionee che addirittura
non esisteva nella sua lingua un termine che significasse incostanza.Queste ultime parole piacquero molto alla
signorina di St-Yves.
«Lo battezzeremolo battezzeremo» diceva la Kerkabon al priore; «l'onoresarà vostromio caro fratello;
voglio assolutamente essere la madrina; il signor abate di St-Yves lopresenterà al fonte: sarà una magnifica cerimonia;
se ne parlerà in tutta la Bassa-Bretagna e a noi ne verrà un onoreinfinito.» Tutta la compagnia assecondò la padrona di
casa; tutti i convitati gridavano: «Lo battezzeremo!» L'Ingenuo rispose chein Inghilterra si lasciava vivere la gente a
modo suo. Precisò che la proposta non gli piaceva per nullae che le leggidegli Uroni valevano almeno quanto quelle
della Bassa-Bretagna; e per finire disse che sarebbe ripartito l'indomani iconvitati bevvero tutta la sua bottiglia di acqua
delle Barbados e poi ciascuno andò a dormire.
Dopo che l'Ingenuo fu ricondotto nella sua camerala signorina di Kerkabon ela sua amicala signorina di St-Yves
non poterono trattenersi dal guardare dal buco di un'ampia serratura pervedere come dormiva un Urone. Videro
che aveva steso la coperta del letto sul pavimentoe che riposavanell'atteggiamento più bello che si potesse
immaginare.4
II • L'URONEDETTO L'INGENUORICONOSCIUTO DAI SUOI PARENTI
L'Ingenuosecondo il suo solitosi svegliò col sole al canto del galloche vien chiamatoin Inghilterra e in
terra di Uroni la tromba del giorno. Non era come la gente della buonasocietàche languisce oziosamente nel letto fino
a che il sole non abbia fatto la metà del suo camminocheincapace sia didormire che di alzarsiperde tante ore
preziose in quello stato a metà tra la vita e la mortee oltre a tutto silamenta della brevità della vita.
L'Urone aveva già fatto due o tre legheaveva ucciso trenta capi diselvaggina con un fucile a un sol colpo
allorché rientrando trovò il priore della Madonna della Montagna e la suadiscreta sorella che passeggiavano in berretta
da notte per il giardino. Presentò loro tutta la sua cacciagione etraendofuori della camicia una specie di talismanoche
portava sempre al colloli pregò di accettarlo in segno di riconoscenza perla buona accoglienza fattagli. «È ciò che ho
di più prezioso» disse loro; «mi hanno assicurato che sarei stato semprefelice finché avessi portato questo gingillo
addossoe io lo do a voi affinché siate sempre felici.»
Il priore e la signorina sorrisero con tenerezza per il candore dell'Ingenuo.Il dono consisteva in due piccoli
ritratti piuttosto mal riuscititenuti insieme da una cinghia molto unta.
La signorina di Kerkabon gli domandò se in Uronia ci fossero pittori.«No» disse l'Ingenuo«questa rarità mi è
stata data dalla mia nutrice; suo marito l'aveva avuto come bottino diguerranello spogliare qualche Francese del
Canada che ci aveva fatto guerra; è tutto quello che so.»
Il priore guardava attentamente i ritratti; a un tratto cambiò colorefupreso da commozione e gli tremarono le
mani. «Per la Madonna della Montagna» esclamò«mi sembra che questo siail volto del mio fratello capitano e di sua
moglie!» La signorinadopo averli guardati con uguale commozionefu dellostesso parere. Tutti e due erano in preda
allo sbalordimento e a una gioia mista a dolore; tutti e due si intenerivano;tutti e due piangevano; avevano il cuore in
tumultodavano in esclamazionisi strappavano l'un l'altro i ritratti dimano; ognuno di loro li prendeva e li rendeva
cento volte al secondo; divoravano cogli occhi i ritratti e l'Urone; glidomandavano uno dopo l'altro e tutti e due insieme
dovequando e come le miniature erano finite nelle mani della sua nutrice;facevano confronticontavano il tempo dalla
partenza del capitano; si ricordavano di aver avuto notizia che si era spintofino al paese degli Uronie che da allora non
ne avevano più sentito parlare.
L'Ingenuo aveva detto loro di non aver conosciuto né padre né madre. Ilprioreche era uomo di giudizionotò
che l'Ingenuo aveva un po' di barba; sapeva con certezza che gli Uroni non nehanno. «Il suo mento non è glabro
dunque è figlio di un Europeo. Mio fratello e la mia cognata non detteropiù notizia di sé dopo la spedizione contro gli
Uroni nel 1669; mio nipote a quell'epoca doveva essere un lattante; lanutrice urona gli ha salvato la vita e gli ha fatto
da madre.» Insommadopo cento domande e cento risposteil priore e suasorella vennero alla conclusione che l'Urone
era loro nipote. Lo abbracciarono piangendo; e l'Ingenuo ridevanonriuscendo a concepire come un Urone fosse nipote
di un priore della Bassa-Bretagna.
Tutti i vicini si precipitarono; il signor di St-Yvesche era un grandefisionomistamise a confronto i due
ritratti col viso dell'Ingenuo; fece molto abilmente notare che aveva gliocchi di sua madrela fronte e il naso del
capitano di Kerkabone le gote che avevano un po' dell'uno e un po'dell'altra.
La signorina di St-Yvesche non aveva mai visto il padre né la madreassicurò che l'Ingenuo somigliava
perfettamente a tutti e due. Tutti ammiravano la Provvidenza e ilconcatenarsi degli eventi di questo mondo. Insomma
erano tutti così persuasicosì convinti di quale fosse l'originedell'Ingenuoche anche lui acconsentì ad essere nipote del
priore dicendo che gli era indifferente avere come zio lui o un altro.Andarono tutti a rendere grazie a Dio nella chiesa
della Madonna della Montagnamentre l'Uronecon un'aria indifferentesidivertiva a bere in casa.
Gl'Inglesi che lo avevano portato e che stavano per far vela di nuovovennero a dirgli che era ora di ripartire.
«Evidentemente» disse lui«non avete ritrovato i vostri zii e le vostrezie: io resto qui; tornate a Plymouthvi do tutta la
mia robanon ho più bisogno di nulla dacché sono il nipote di un priore.»Gl'Inglesi fecero velapreoccupandosi assai
poco del fatto che l'Ingenuo avesse o no dei parenti in Bassa-Bretagna.
Dopo che lo ziola zia e tutti i vicini ebbero cantato il Te Deum;dopo che il balivo ebbe di nuovo aggredito
l'Ingenuo con le sue domande; dopo che fu dato fondo a tutto ciò che lameravigliala gioiala tenerezza possono far
direil priore della Montagna e l'abate di St-Yves decisero di farbattezzare l'Ingenuo il più presto possibile. Ma non è lo
stesso avere a che fare con un Urone adulto di ventidue anni o con unbambinoche si rigenera senza che lui ne sappia
nulla. Bisognava istruirloe ciò appariva difficile: poiché l'abate diSt-Yves supponeva che un uomo che non era nato in
Francia non avesse senso comune.
Il priore fece osservare alla compagnia chese in effetti il signor Ingenuosuo nipotenon aveva avuto la
fortuna di nascere in Bassa-Bretagnanon era per questo meno intelligente;che lo si poteva arguire in base a tutte le sue
risposte; e che certamente la natura lo aveva molto favoritosia da parte dipadre che da parte di madre.
Gli fu domandato per prima cosa se avesse mai letto un libro. Disse che avevaletto Rabelais tradotto in
inglesee qualche brano di Shakespeare che conosceva a memoria; che avevatrovato questi libri dal capitano del
vascello che l'aveva portato dall'America a Plymouthe che gli eranopiaciuti molto. Il balivo non mancò di interrogarlo
su questi libri. «Vi confesso» disse l'Ingenuo«che credo di averneindovinato qualcosama che non ho potuto capire il
resto.»5
L'abate di St-Yvesa questo discorsorifletté che anche lui aveva sempreletto in questo modoe che la
maggior parte degli uomini non leggeva altrimenti. «Avrete senza dubbioletto la Bibbia?» chiese all'Urone. «Niente
affattosignor abate; questo libro non figurava tra quelli del capitano; nonne ho mai sentito parlare.» «Ecco come sono
questi maledetti Inglesi» esclamò la signorina di Kerkabon; «tengono inmaggior conto una tragedia di Shakespeareun
plumpudding e una bottiglia di rum che non il Pentateuco. Per questo nonhanno mai convertito nessuno in America.
Certamente sono maledetti da Dio; e noi prenderemo loro la Giamaica e laVirginia prima che passi molto tempo.»
Comunque fossefu fatto venire il più abile sarto di Saint-Malo perrivestire l'Ingenuo da capo a piedi. La
compagnia si sciolse; il balivo andò a fare le sue domande altrove. Lasignorina di St-Yvesnell'andar viasi voltò
diverse volte per guardare l'Ingenuo; ed egli le fece delle riverenze piùprofonde di quante ne avesse mai fatte in vita
sua.
Il balivoprima di prendere congedopresentò alla signorina di St-Yves ungran pezzo d'imbecille che era
appena uscito di collegio; ma lei lo guardò appenatanto era rimastacolpita dalla gentilezza dell'Urone.
III • L'URONEDETTO L'INGENUOCONVERTITO
Il priorevedendo che era un po' avanti negli annie che Dio gli mandava unnipote per sua consolazionesi
mise in testa di lasciargli il suo beneficiose fosse riuscito a battezzarloe a fargli prendere gli ordini.
L'Ingenuo aveva una memoria eccellente. La solida costituzione diBassa-Bretagnafortificata dal clima
canadeseaveva reso la sua testa così vigorosa chea batterci sopraappena se n'accorgeva; e quando vi si imprimeva
qualcosasi poteva esser certi che niente si cancellava; non aveva maidimenticato nulla. Il suo apprendimento era tanto
più vivace e netto in quanto la sua infanzia non era stata gravata dellecose inutili e delle sciocchezze che opprimono la
nostraper cui le cose entravano nel suo cervello senza ombre. Il prioredecise infine di fargli leggere il Nuovo
Testamento. L'Ingenuo divorò questa lettura con grande diletto; manonsapendo in che temponé in che paese fossero
accadute tutte le avventure riportate in quel libronon ebbe alcun dubbioche la scena fosse la Bassa-Bretagna e giurò di
tagliare il naso e le orecchie a Caifa e Pilatose mai avesse incontratoquei mascalzoni.
Lo zioincantato da tali buone disposizionilo mise al corrente in pocotempo; lodò il suo zeloma gli disse
che era inutilevisto che quella gente era morta circa milleseicentonovantaanni prima. Ben presto l'Ingenuo seppe tutto
il libro a memoria. Ogni tanto avanzava delle difficoltà che mettevano ilpriore in grande imbarazzo. Spesso era
costretto a consultare l'abate di St-Yves il qualenon sapendo cosarisponderefece venire un gesuita basso-bretone per
portare a compimento la conversione dell'Urone.
Alla fine la grazia operò; l'Ingenuo promise di farsi cristiano; non ebbealcun dubbio che la prima cosa da fare
fosse di farsi circoncidere: «Infatti» diceva«nel libro che mi avetefatto leggere non ho visto un solo personaggio che
non lo fosse; è dunque evidente che devo sacrificare il mio prepuzio: primasi fa meglio è.» Non perse tempo a
deliberare. Mandò a cercare il chirurgo del villaggio e lo pregò di farglil'operazionepensando così di dare una grande
gioia alla signorina di Kerkabon e a tutta la compagniauna volta che lacosa fosse fatta. Il cerusicoche fino ad allora
non aveva mai fatto questa operazioneavvertì la famiglia che dette ingrandi esclamazioni. La buona Kerkabon ebbe
paura che suo nipoteche sembrava un tipo risoluto e sbrigativofacesse dasolo l'operazione in modo maldestroe che
ne risultassero funesti effetti ai quali le signore si interessano moltoperbontà di cuore.
Il priore riordinò le idee all'Urone; gli fece capire che la circoncisionenon era più di modache il battesimo era
molto più piacevole e salutareche la legge di grazia non era come la leggedi rigore. L'Ingenuoche aveva molto buon
senso e molta rettitudinediscusse ma riconobbe il suo errorecosa rara inEuropa tra la gente che discute; alla fine
decise di farsi battezzare quando avessero voluto.
Bisognava anzitutto confessarsie questo era il più difficile. L'Ingenuoaveva sempre in tasca il libro che suo
zio gli aveva dato. Non vi aveva trovato notizia che uno solo degli apostolisi fosse confessatoe questo lo rendeva
molto restio. Il priore gli chiuse la bocca mostrandoglinell'epistola di S.Giacomo Minorequelle parole che mettono
tanto in difficoltà gli eretici: confessate i vostri peccati gli uni aglialtri. L'Urone tacque e si confessò a un recolletto.
Appena ebbe finito tirò fuori il recolletto dal confessionale eprendendoil suo uomo vigorosamentesi mise al suo
posto e lo fece inginocchiare davanti a sé: «Forzaamico miosta scritto:confessatevi gli uni con gli altri; ti ho
raccontato i miei peccati; non uscirai di qui senza avermi raccontato ituoi.» Mentre diceva così appoggiava il ginocchio
sul petto del suo avversario. Il recolletto si mette a strillare da farrisuonare tutta la chiesa. A quello strepito accorre
gentevedono il catecumeno che strapazza il monacoin nome di S. GiacomoMinore. La gioia di battezzare un basso-bretone
urone e inglese era così grande che si passò sopra a queste stranezze. Cifurono perfino molti teologi che
pensarono che la confessione non fosse necessariadal momento che ilbattesimo sopperiva a tutto.
Fu fissato un appuntamento con il vescovo di Saint-Malo chelusingatocomesi può ben immaginaredi
battezzare un Uronearrivò in un equipaggio sontuososeguito dal suoclero. La signorina di St-Yvesbenedicendo
Iddioindossò il suo vestito più bello e fece venire una parrucchiera daSaint-Maloper brillare alla cerimonia. Il
curioso balivo accorse con tutta la contrada. La chiesa era addobbatamagnificamente; ma quando fu il momento di
prendere l'Urone per condurlo al fonteci si accorse che non c'era.
Lo zio e la zia lo cercarono dappertutto. Si pensò che fosse andato acacciacome era sua abitudine. Tutti gli
invitati alla festa si dettero a percorrere i boschi e i villaggi vicini:nessuna notizia dell'Urone.6
Si cominciò a temere che fosse ritornato in Inghilterra. Ricordavano diavergli sentito dire che amava molto
quel paese. Il priore e sua sorella erano convinti che non vi si battezzassenessuno e tremavano per l'anima del nipote. Il
vescovo era imbarazzato e stava per andarsene; il priore e l'abate di St-Yvessi disperavano; il balivo interrogava tutti i
passanti con la sua ordinaria gravità. La signorina di Kerkabon piangeva; lasignorina di St-Yves non piangeva ma
sospirava profondamentetestimoniando così la sua inclinazione per isacramenti. Ambedue passeggiavano tristemente
lungo i salici e i canneti che costeggiano il torrente di Ranceallorchéscorsero in mezzo all'acqua una grande figura
biancheggiantecon le mani incrociate sul petto. Gettarono un grido e sivoltarono dall'altra parte. Ma la curiosità ebbe
ben presto la meglio su ogni altra considerazioneper cui scivolaronodolcemente tra i canneti equando furono proprio
sicure di non esser vistecercarono di capire di che si trattasse.
IV • L'INGENUO BATTEZZATO
Il priore e l'abate accorsero e chiesero all'Ingenuo che mai facesse làdentro. «Oh perbacco! Signoristo
aspettando il battesimo. È un'ora che sono nell'acqua fino al colloe nonè onesto lasciarmi intirizzire in questo modo.»
«Ma caro nipote mio» gli disse teneramente il priore«non è così chesi battezza in Bassa-Bretagna; riprendete
i vostri abiti e venite con noi.» La signorina di St-Yvessentendo questeparolediceva a bassa voce alla sua compagna:
«Signorinacredete che si rivestirà subito?»
Intanto l'Urone rispondeva al priore: «Questa volta non me la date a berecome quell'altra; da allora ho studiato
attentamente e sono certissimo che non si battezza in altro modo. L'eunucodella regina Candace fu battezzato in un
ruscello; vi sfido a mostrarmi nel libro che mi avete dato che ci si sia maicomportati in altro modo. O sarò battezzato
dentro il fiume o non lo sarò affatto.» Ebbero un bel mostrargli che gliusi erano cambiati. L'Ingenuo era testardo
essendo Urone e bretone. Ritornava sempre all'eunuco della regina Candace. Ebenché la signorina sua zia e la signorina
di St-Yvesche lo avevano osservato da dietro i salicifossero in grado didirgli che non gli conveniva citare un tale
esempiotuttavia non ne fecero nullatanto grande era la loro discrezione.Il vescovo venne di persona a parlargliil che
non era poco; ma non ci guadagnò nulla: l'Urone discusse anche con ilvescovo.
«Mostratemi un sol uomo» gli disse«nel libro che mi ha dato mio zioche non sia stato battezzato nel fiume e
farò tutto quello che vorrete.»
La ziadisperataaveva tuttavia notato che la prima volta che suo nipoteaveva fatto la riverenzaalla signorina
di St-Yves ne aveva fatta una più profonda che a chiunque altro dellacompagnia; che non aveva neppure salutato il
vescovo con quel rispetto misto a cordialità che aveva testimoniato per labella signorina. Decise dunque di rivolgersi a
lei in questa situazione così imbarazzante; la pregò di interporre ilproprio credito per convincere l'Urone a farsi
battezzare alla maniera dei Bretonipersuasa che il nipote non potessediventare cristiano se insisteva a voler essere
battezzato nell'acqua corrente.
La signorina di St-Yves arrossì di segreto piacere sentendosi incaricata diuna missione così importante. Si
avvicinò all'Ingenuo con modestiae prendendogli la mano in modonobilissimo: «Fareste qualcosa per me?» gli chiese;
epronunciando queste parole abbassava gli occhi e poi li sollevava congrazia struggente. «Ahtutto quello che vorrete
signorinatutto quello che mi comanderete; battesimo dell'acquabattesimodel fuocobattesimo del sangue; non c'è
niente che io possa rifiutarvi.» La signorina di St-Yves ebbe la gloria difare in due parole ciò che né le premure del
priorené le interrogazioni reiterate del balivoné i ragionamenti di suaeminenza il vescovo avevano potuto fare.
Il battesimo fu amministrato e ricevuto in tutta decenzacon tutta lamagnificenza e la piacevolezza possibili.
Lo zio e la zia cedettero all'abate di St-Yves e a sua sorella l'onore ditenere l'Ingenuo sul fonte. La signorina di St-Yves
era raggiante di gioia nel vedersi madrina. Non sapeva quali fossero gliobblighi cui la costringeva questo alto titolo;
accettò questo onore senza conoscerne le fatali conseguenze.
Poiché non c'è mai stata cerimonia che non fosse seguita da un gran pranzousciti dal battesimo ci si mise a
tavola. I buontemponi della Bassa-Bretagna dissero che non c'era bisogno dibattezzare anche il vino. Il priore diceva
che il vinosecondo Salomoneriempie di gioia il cuore degli uomini. SuaEminenza il vescovo aggiungeva che il
patriarca Giuda doveva legare il suo asinello alla vite e immergere il suomantello nel sangue dell'uvae che era cosa
assai triste che non si potesse fare altrettanto in Bassa-Bretagnaallaquale Dio ha negato la vite. Ognuno cercava di dire
una facezia sul battesimo dell'Ingenuoe qualche galanteria alla madrina. Ilbalivosempre in vena di far domande
chiedeva all'Urone se sarebbe stato fedele alle sue promesse. «Come voleteche io manchi alle mie promesse» rispose
l'Urone«dal momento che le ho fatte tra le mani della signorina di St-Yves?»
L'Urone si riscaldòbevve molto alla salute della sua madrina. «Se fossistato battezzato dalle vostre mani»
disse«sento che l'acqua fredda che mi hanno versato sul capo mi avrebbebruciato.» Il balivo trovò che ciò era molto
poeticonon sapendo quanto l'allegoria è familiare in Canada. Ma la madrinane fu estremamente felice.
Al battezzato era stato dato il nome di Ercole. Il vescovo di Saint-Malodomandava continuamente chi fosse
questo patrono di cui non aveva mai sentito parlare. Il gesuitache eramolto dottogli disse che era un santo che aveva
fatto dodici miracoli. Ce n'era un tredicesimo che valeva gli altri dodicimessi insiemema del quale a un gesuita non si
addiceva parlare; era quello di aver cambiato cinquanta fanciulle incinquanta donnein una sola notte. Un burlone che
si trovava là sottolineò questo miracolo con energia. Tutte le signoreabbassarono gli occhie giudicarono dall'aspetto
dell'Ingenuo che era degno del santo di cui portava il nome.7
V • L'INGENUO INNAMORATO
Bisogna confessare che dopo questo battesimo e questo pranzola signorina diSt-Yves desiderò con passione
che Sua Eminenza il vescovo la rendesse ancora partecipe di qualche belsacramento con il signor Ercole l'Ingenuo.
Tuttaviapoiché era beneducata e molto modestanon osava confessare deltutto a se stessa i suoi teneri sentimenti; ma
se le sfuggiva uno sguardouna parolaun gestoun pensieroavvolgevatutto ciò in un velo di pudore infinitamente
amabile. Era teneravivacevirtuosa.
Non appena il vescovo fu partitol'Ingenuo e la signorina di St-Yves siincontrarono senza essersi resi conto
che si stavano cercando. Si parlarono senza aver prima pensato che cosa sisarebbero detti. Cominciò l'Ingenuo col dirle
che l'amava con tutto il suo cuoree che la bella Abacabadi cui era statofollemente innamorato al suo paesenon si
poteva neanche paragonare a lei. La signorina gli risposecon la suaordinaria modestiache bisognava parlarne al più
presto al priore suo zio e alla signorina sua ziae che da parte sua avrebbedetto due parole al suo caro fratelloabate di
St-Yvese che si lusingava di ottenere un comune consenso.
L'Ingenuo le rispose che non aveva bisogno del consenso di nessunoche glipareva estremamente ridicolo
andare a domandare ad altri che cosa si dovesse fare; chequando le dueparti sono d'accordo non c'è bisogno di un
terzo per accordarle. «Non consulto nessuno» diceva«quando mi vienvoglia di mangiareo di andare a cacciao di
dormire. So bene che in amore non è male avere il consenso della persona chesi ama; masiccome non è di mio zio o di
mia zia che sono innamoratonon è a loro che devo rivolgermi in questoaffare; ese date retta a mefarete a meno
anche del signor abate di St-Yves.»
Potete immaginare che la bella bretone impiegò tutta la delicatezza del suospirito per ricondurre il suo Urone
nei termini della decenza. Si arrabbiò perfinoma subito dopo si raddolcì.Insommanon si sa come sarebbe potuta
finire questa conversazione sesul far della seral'abate non avessericondotto sua sorella all'abbazia. L'Ingenuo aspettò
che suo zio e sua ziache erano un po' stanchi della cerimonia e del lungopranzoandassero a dormire. Passò una parte
della notte a fare versi in lingua urona per la sua amata: bisogna infattisapere che non c'è nessun paese della terra in cui
l'amore non abbia reso gli amanti poeti.
L'indomani suo zio gli parlò in questi termini dopo colazionein presenzadella signorina di Kerkabonche era
tutta intenerita: «Sia lodato il cielo poiché avete avuto l'onorecaronipotedi essere cristiano e basso-bretone! Ma
questo non basta; io sono avanti con gli anni; mio fratello non ha lasciatoche un pezzetto di terra che è davvero poca
cosa; io ho un priorato: se solo volete farvi suddiaconocome sperovirassegnerò il mio prioratoe vivrete una vita
molto agiatadopo essere stato la consolazione della mia vecchiaia.»
L'Ingenuo rispose: «Ziobuon pro vi faccia! Possiate vivere tanto a lungoquanto vorrete. Non so che voglia
dire essere suddiacono o rassegnare; ma qualunque cosa mi andrà bene purchéio abbia la signorina di St-Yves a mia
disposizione.» «Mio Dio! nipote caroche dite mai? Amate dunque follementequella signorina?» «Sìzio.» «Ohimè
nipotenon è possibile che voi la sposiate.» «È possibilissimozio;infattinon solo mi ha stretto la mano nel salutarmi
ma mi ha anche promesso di chiedermi in sposo; sicuramente la sposerò.»«Ma è impossibilevi dico; è la vostra
madrina; è un peccato spaventoso per una madrina stringere la mano del suofiglioccio; è proibito sposare la propria
madrina; vi si oppongono le leggi divine e umane.» «Oh perbaccoziomistate prendendo in giro; perché dovrebbe
essere proibito sposare la propria madrina quando è giovane e graziosa? Nonho mai visto nel libro che mi avete dato
che fosse male sposare le ragazze che hanno aiutato la gente a battezzarsi.Mi rendo conto ogni giorno che qui si fanno
un'infinità di cose che non sono nel vostro libroe che non se ne fannopunte di quelle che vi sono scritte. Vi confesso
che tutto ciò mi stupisce e mi fa arrabbiare. Se mi si priva della bellaSt-Yves col pretesto del mio battesimovi avverto
che me lo tolgo e mi sbattezzo.»
Il priore era confuso; sua sorella piangeva. «Fratello mio» diceva«bisogna impedire che nostro nipote si
danni; il santo padreil papagli può dare la dispensa e allora potràessere cristianamente felice con colei che ama.»
L'Ingenuo abbracciò sua zia. «Chi è dunque» disse«quest'uomoincantevole che favorisce con tanta bontà gli amori
dei giovani e delle ragazze? Voglio andare subito a parlargli.»
Gli fu spiegato chi era il papae l'Ingenuo fu ancor più stupito di prima.«Non c'è una parola di tutto ciò nel
vostro librocaro zio; ho viaggiatoconosco il mare; qui siamo sulle costedell'oceanoe io dovrei lasciare la signorina
di St-Yves per andare a chiedere il permesso di amarla a un uomo che abitadalle parti del Mediterraneoa quattrocento
leghe da quidi cui non capisco la lingua! Mi pare una cosa del tuttoridicola e assurda! Vado subito dal signor abate di
St-Yvesche sta solo a una lega da quie vi assicuro che sposerò la miaamante oggi stesso.»
Mentre parlava ancoraentrò il balivo chesecondo il suo costumeglidomandò dove andasse. «A sposarmi»
disse l'Ingenuo correndo; e un quarto d'ora dopo era già a casa della bellae amata basso-bretoneche dormiva ancora.
«Ahfratello mio» diceva la signorina di Kerkabon al priore«non faretemai un suddiacono di vostro nipote.»
Il balivo fu molto scontento di quel viaggio: pretendeva infatti che laSt-Yves sposasse suo figlio; e suo figlio
era ancora più cretino e più insopportabile del padre.
VI • L'INGENUO CORRE A CASA DELLA SUA AMANTEE DIVENTA FURIOSO8
L'Ingenuo era appena giunto chedomandato ad una serva dove fosse la cameradella sua amantespinse con
energia la porta mal chiusa e si lanciò verso il letto. La signorina diSt-Yvessvegliandosi di soprassaltosi mise a
gridare: «Che c'è! Ahsiete voisiete voi! Fermoche fate?» L'Ingenuorispose: «Vi sposo»e la stava proprio sposando
se ella non si fosse dibattuta con tutta l'onestà di una persona che haricevuto una buona educazione.
L'Ingenuo non voleva scherzi; trovava quel comportamento del tutto fuoriluogo. «Non era così che si
comportava la signorina Abacabamia prima amante; siete del tutto sleale; miavete promesso le nozzee poi non le
volete fare: facendo così venite meno alle più elementari leggi dell'onore;vi insegnerò io a mantenere la parola data e vi
riporterò sulla strada della virtù.»
L'Ingenuo possedeva una virtù maschia e intrepidadegna del suo patronoErcoledi cui gli era stato dato il
nome al battesimo; stava appunto per metterla in atto in tutta la sua portataallorquandoalle grida laceranti della
signorina più virtuosa e discreta del mondoaccorse il buon abate diSt-Yvesinsieme alla governantea un vecchio
domestico devoto e a un prete della parrocchia. La vista di costoro moderòil coraggio dell'assalitore. «Ohmio Dio!
caro vicinoche state facendo?» «Il mio dovere» replicò il giovane;«io mantengo sempre le mie promesseche sono
sacre.»
La signorina di St-Yves si rimise a posto arrossendo. L'Ingenuo fu condottoin un'altra stanza. L'abate gli fece
capire l'enormità di quanto aveva fatto. L'Ingenuo si difese sulla base deiprivilegi della legge naturaleche conosceva
alla perfezione. L'abate cercò di dimostrare che la legge positiva dovevatrionfare sulla legge naturale e chesenza le
convenzioni fatte dagli uominila legge di natura sarebbe quasi sempre unbrigantaggio naturale. «Ci vogliono notai»
diceva«e pretitestimonicontratti e dispense.» L'Ingenuo gli risposecon la riflessione che i selvaggi hanno sempre
fatto: «Siete dunque gente parecchio disonesta se vi ci vogliono tanteprecauzioni.»
L'abate fece fatica a risolvere questa difficoltà. «Ci sonoloriconosco» disse«molti incostanti e molti
bricconi tra di noie ce ne sarebbero altrettanti tra gli Uroni se fosseroriuniti in una grande città; ma ci sono anche
anime saggeonesteilluminatee sono costoro che hanno fatto le leggi.Più si è gente per benepiù ci si deve
sottomettere ad esse; si dà un esempio ai viziosiche rispettano così unfreno che la virtù ha assegnato a se stessa.»
Questa risposta colpì l'Ingenuo. Si è già fatto notare che era un uomoassennato. Cercarono di addolcirlo con
parole lusinghiere; gli dettero speranze: sono queste le due trappole in cuicadono gli uomini dei due emisferi; fu
ammesso anche al cospetto della signorina di St-Yvesnon appena ella ebbefatto la sua toilette. Tutto fu condotto con
la più grande decenza. Ma nonostante ciògli occhi scintillantidell'Ingenuo Ercole fecero sempre abbassare quelli della
sua amante e tremare la compagnia.
Ci volle molto per rimandarlo dai suoi parenti. Si dovette impiegare ancorauna volta il credito della bella St-Yves;
più ella sentiva il suo potere su di luipiù l'amava. Lo fece partireene fu molto afflitta; quando finalmente fu
partitol'abateche non solo era il fratello maggiore molto più anzianodella signorina di St-Yvesma ne era anche il
tutoredecise di sottrarre la sua pupilla alle premure di quel terribileamante. Andò a consultare il balivo chedestinando
sempre suo figlio alla sorella dell'abategli consigliò di mettere lapoverina in un convento. Fu un colpo terribile: una
persona indifferentese la si mettesse in conventosi metterebbe astrillare; ma una donna innamorataun'innamorata
tanto saggia quanto tenerac'era di che portarla alla disperazione.
L'Ingenuodi ritorno dal prioreraccontò tutto con la sua solitaingenuità. Gli toccò sorbirsi gli stessi
rimproveriche fecero qualche effetto sul suo spiritoma nessuno sui suoisensi; l'indomaniallorché gli venne voglia di
tornare dalla sua bella amante per ragionare con lei sulla legge naturale ela legge convenzionaleil signor balivo gli
fece saperecon gioia insultanteche era entrata in un convento. «Bene!»disse lui«andrò a ragionare in quel
convento.» «Non si può» disse il balivo. Gli spiegò moltodettagliatamente che cosa fosse un convento; che la parola
derivava dal latino conventusche significava assemblea; e l'Uronenon riusciva a capire perché non potesse essere
ammesso a quell'assemblea. Non appena capì che quest'assemblea era di fattouna specie di prigione dove si tenevano
rinchiuse le fanciullecosa orribilesconosciuta agli Uroni e agli Inglesidiventò furibondo come lo fu il suo patrono
Ercole quando Eritere di Ecalianon meno crudele dell'abate di St-Yvesgli rifiutò la bella Iole sua figlianon meno
bella della sorella dell'abate. Voleva subito dare fuoco al conventorapirela sua amante o morire bruciato con lei. La
signorina di Kerkabonspaventatarinunciava più che mai alla speranza divedere suo nipote suddiaconoe diceva
piangendo che da quando era stato battezzato aveva il diavolo in corpo.
VII • L'INGENUO RESPINGE GL'INGLESI
L'Ingenuosprofondato in una cupa malinconiaandò a passeggiare in riva almarecon il fucile a due colpi in
spallail coltellaccio al fiancosparando di tanto in tanto a qualcheuccelloe spesso tentato di sparare a se stesso; ma
amava ancora la vitaa causa della signorina di St-Yves. Ora malediceva suoziosua ziatutta la Bassa-Bretagna e il
suo battesimo; ora li benediceva tutti perché grazie a loro aveva conosciutocolei che amava. Prendeva la decisione di
andare a bruciare il conventopoi si fermava all'improvvisoper paura dibruciare la sua amante. Le onde della Manica
non sono più agitate dai venti dell'est e dell'ovest di quanto lo fosse ilsuo cuore da sentimenti opposti.9
Camminava a gran passisenza sapere dove andassequando intese il suono diun tamburo. Vide da lontano
una follametà della quale correva verso la riva mentre l'altra metàscappava.
Mille grida si levavano da ogni parte; la curiosità e il coraggio lo fannoprecipitare all'istante verso il luogo da
dove giungono i clamori; in quattro balzi è già là. Il comandante dellamiliziache aveva cenato con lui dal priorelo
riconobbe subito; corse verso di lui a braccia aperte: «Ahc'è l'Ingenuocombatterà per noi.» E i militiche morivano di
paurasi rassicurarono e gridarono anche loro:
«È l'Ingenuo! È l'Ingenuo!»
«Signori» disse lui«di che si tratta? Perché siete così spaventati?Hanno messo anche a voi l'amante in
convento?» Allora cento voci confuse gridarono: «Ma non vedete chegl'Inglesi ci attaccano?» «E con questo?» replicò
l'Urone; «è gente per bene; non mi hanno mai proposto di farmi suddiacono;non mi hanno portato via la mia amante.»
Il comandante gli fece capire che gl'Inglesi venivano a saccheggiarel'abbazia della Montagnaa bere il vino di
suo zioe forse a rapire la signorina di St-Yves; che il vascello con ilquale era sbarcato in Bretagna era venuto apposta
per esplorare la costa; che facevano atti di ostilità senza aver dichiaratoguerra al re di Franciae che la provincia era
esposta alle loro scorrerie. «Ahse è così violano la legge naturale;lasciate fare a me; ho vissuto a lungo con loro
conosco la loro linguaandrò a parlamentare; non credo che abbiano unprogetto tanto malvagio.»
Durante questa conversazionela squadra inglese si avvicinava; l'Urone simise a correre in quella direzione
salì sul vascello ammiraglio e domandò se era vero che andavano a devastareil paese senza aver prima dichiarato
guerra onestamente. L'ammiraglio e l'equipaggio scoppiarono in una granrisata; gli fecero bere del punch e lo
rimandarono indietro.
L'Ingenuooffesonon pensò più che a battersi contro i suoi vecchi amiciin favore dei suoi compatrioti e del
signor priore. I gentiluomini del vicinato accorrevano da ogni parte: si unìa loro; avevano qualche cannone; egli li
caricavaprendeva la mira e sparava con tutti uno dopo l'altro. Gl'Inglesisbarcano; egli corre verso di loro e ne uccide
treferisce persino l'ammiraglio che si era preso gioco di lui. Il suovalore suscita il coraggio di tutta la milizia;
gl'Inglesi risalgono sulle navi e tutta la costa risuona di grida divittoria: «Viva il re! viva l'Ingenuo!» Ognuno
l'abbracciavaognuno si dava premura di stagnare il sangue di qualche feritaleggera che aveva riportato. «Ah» diceva
«se la signorina di St-Yves fosse quimi metterebbe una compressa.»
Il balivoche si era nascosto in cantina durante il combattimentovenne acomplimentarsi con lui come
avevano fatto gli altri. Ma fu molto sorpreso quando sentì Ercole l'Ingenuodire ad una dozzina di giovani di buona
volontà dai quali era circondato: «Amici mieiaver salvato l'abbazia dellaMontagna non è niente; ora bisogna salvare
una fanciulla.» Tutta quella gioventù focosa s'infiammò a quelle parole.Già lo seguiva una follacorrevano tutti al
convento. Se il balivo non avesse avvertito immediatamente il comandantesenon fossero subito corsi dietro a
quell'allegra compagniala cosa era fatta. L'Ingenuo fu riportato a casadello zio e della ziache lo inondarono di
lacrime di tenerezza.
«Mi rendo conto che non sarete mai né suddiacono né priore» disse lozio; «sarete un ufficiale ancor più
valoroso del mio fratello capitanoe probabilmente altrettanto pezzente.» Ela signorina di Kerkabon piangeva sempre
nell'abbracciarloe diceva: «Sarà ucciso come mio fratello; quanto sarebbemeglio se diventasse suddiacono!»
L'Ingenuonel combattimentoaveva raccolto una borsa piena di ghineecheprobabilmente l'ammiraglio aveva
lasciato cadere. Pensò subito che con quella borsa avrebbe potuto compraretutta la Bassa-Bretagnae soprattutto fare
della signorina di St-Yves una gran signora. Tutti lo esortavano ad andare aVersaillesper ricevere il premio dei suoi
servigi. Il comandante e i principali ufficiali lo coprirono di certificati.Lo zio e la zia approvarono il viaggio del nipote.
Sarebbe stato presentato al re senza che ci fossero difficoltà: e questosarebbe bastato a dargli un grande prestigio nella
provincia. Le due brave persone aggiunsero alla borsa inglese un donoconsiderevole tratto dai loro risparmi. L'Ingenuo
diceva dentro di sé: «Quando vedrò il re gli chiederò in sposa lasignorina di St-Yvese certamente non me la rifiuterà.»
Partì dunqueacclamato in tutti i cantonisoffocato dagli abbraccibagnato di lacrime dalla ziabenedetto dallo zio
raccomandandosi alla bella St-Yves.
VIII • L'INGENUO VA A CORTE. DURANTE IL VIAGGIO CENA CON ALCUNI UGONOTTI
L'Ingenuo prese la via di Saumur in diligenzapoiché non c'erano alloraaltri mezzi di trasporto. Quando fu a
Saumur si stupì di trovare la città quasi desertae di vedere diversefamiglie che traslocavano. Gli dissero che sei anni
prima Saumur contava più di quindicimila anime e che al momento non cen'erano neppure seimila. Non mancò di
parlarne a cena nella sua locanda. C'erano a tavola molti protestanti; gliuni si lamentavano amaramentealtri fremevano
di colleraaltri dicevano piangendo: Nos dulcia linquimus arvanospatriam fugimus. L'Ingenuoche non sapeva il
latinosi fece spiegare queste parole il cui significato era: Abbandoniamole nostre dolci campagnefuggiamo la nostra
patria.
«E perché fuggite la vostra patriasignori?» «Perché vogliono farciriconoscere il papa.» «E perché non lo
riconoscete? Non avete dunque una madrina da sposare? Mi hanno detto che èlui che dà il permesso.» «Signoreil papa
dice di essere il padrone del dominio dei re!» «Masignoricheprofessione esercitate?» «Siamo per lo più negozianti di
stoffe e fabbricanti.» «Se questo papa pretende di essere il padrone dellevostre stoffe e delle vostre fabbrichefate bene
a non riconoscerlo; ma quanto ai reè affar loro: di che v'impicciate?»Allora un omino nero prese la parola ed espose10
molto dottamente le lagnanze della compagnia. Parlò della revoca dell'edittodi Nantes con tanta energiadeplorò in
modo così patetico la sorte di cinquantamila famiglie fuggitive e di altrecinquantamila convertite dai dragoniche
l'Ingenuo pianse a sua volta. «Come mai» diceva«un così gran relacui gloria arriva fino agli Uronisi priva così
dell'affetto di tanta gente che lo avrebbe amatodi tante braccia chel'avrebbero servito?» «L'hanno ingannatocome gli
altri grandi re» rispose l'uomo in nero. «Gli hanno fatto credere cheappena avesse detto una parolatutti avrebbero
pensato come luie che ci avrebbe fatto cambiare religione come il suomusicista Lulli fa cambiare ogni momento le
scene delle sue opere. Non solo perde circa cinque o seicentomila sudditiutilissimima ne fa dei nemici; e il re
Guglielmoche attualmente è signore d'Inghilterraha già messo insiemenumerosi reggimenti composti da questi
Francesi che altrimenti avrebbero combattuto per il loro monarca.
«Un tal disastro è tanto più stupefacente in quanto il papa regnantealquale Luigi XIV sacrifica una parte del
suo popoloè suo nemico dichiarato. Da nove anni trascinano fra di loro unadisputa violenta che si è spinta tanto oltre
da far sperare alla Francia di vedere finalmente spezzarsi il giogo che lasottomette da tanti secoli a questo stranieroe
soprattutto di non dargli più denaroche è il primo motore degli affari diquesto mondo. È dunque evidente che questo
grande re è stato ingannato su questi interessi come sulla portata del suopotere e che si è attentato alla magnanimità del
suo cuore.»
L'Ingenuosempre più commossodomandò chi fossero i Francesi cheingannavano un monarca così caro agli
Uroni. «Sono i gesuiti» gli risposero; «soprattutto il Padre La Chaiseconfessore di Sua Maestà. Speriamo che Dio li
punisca un giornoe che siano cacciati a loro voltacome ora cacciano noi.C'è forse sventura pari alla nostra?
Monsignor di Louvois ci invia da ogni parte gesuiti e dragoni.»
«Ebbenesignori» replicò l'Ingenuo che non si poteva più trattenere«vado a Versailles a ricevere una
ricompensa per i miei servigi; parlerò con questo monsignor di Louvois: mihanno detto che è lui che dirige la guerra
dal suo ufficio. Vedrò il regli farò conoscere la verità; è impossibilenon arrendersi a questa verità quando la si sente.
Tornerò presto per sposare la signorina di St-Yvese vi invito tutti allemie nozze.» Quella brava gente lo prese allora
per un gran signore che viaggiasse in incognito in diligenza. Qualcuno loprese per il buffone del re.
C'era a tavola un gesuita camuffatoche faceva la spia per il reverendoPadre La Chaise. Gli faceva rapporti su
tuttoe il Padre La Chaise ne rendeva edotto monsignor di Louvois. La spiascrisse. L'Ingenuo e la lettera arrivarono a
Versailles più o meno nello stesso momento.
IX • ARRIVO DELL'INGENUO A VERSAILLES. SUA ACCOGLIENZA A CORTE
L'Ingenuo scende di carrozza nel cortile delle cucine. Domanda ai portatori ache ora si può vedere il re. I
portatori gli ridono in facciacome aveva fatto l'ammiraglio inglese.L'Ingenuo li trattò nello stesso modoli picchiò;
essi cercarono di renderglielee la scena poteva diventare sanguinosa se nonfosse passata una guardia del corpo
gentiluomo bretoneche allontanò la canaglia. «Signore» disse ilviaggiatore«mi sembrate una brava persona; sono il
nipote del priore della Madonna della Montagna; ho ucciso degli Inglesi;vengo per parlare al re: vi prego di
accompagnarmi nella sua stanza.» La guardiafelice di trovare un uomovaloroso della sua provinciache non pareva
molto al corrente degli usi di cortegli fece sapere che non si potevaparlare al re in questo modoche bisognava essere
presentati da monsignor di Louvois. «Va bene! accompagnatemi dunque daquesto monsignor di Louvoische senza
dubbio mi condurrà da Sua Maestà.» «Ma è ancor più difficile»replicò la guardia«parlare a monsignor di Louvois che
a Sua Maestà. Vi condurrò invece dal signor Alexandreprimo funzionariodella guerra: è come se parlaste al ministro.»
Vanno dunque dal signor Alexandreprimo funzionarioma non poterono essereammessi; era tutto indaffarato con una
dama di corte e aveva lasciato l'ordine di non far passare. «Non importa»disse la guardia«niente è perduto; andiamo
dal primo funzionario del signor Alexandre: è come parlare al signorAlexandre in persona.»
L'Uronestupefattolo segue; restano insieme mezz'ora in una piccolaanticamera. «Ma che roba è?» disse
l'Ingenuo«sono tutti invisibili in questo paese? È più facile battersiin Bassa-Bretagna contro gli Inglesi che incontrare
a Versailles la gente con cui si deve parlare.» Si distrasse un pocoraccontando i suoi amori al compaesano. Ma il
rintoccare delle ore richiamò la guardia del corpo al suo posto. Promiserodi rivedersi l'indomani; e l'Ingenuo restò
ancora un'altra mezz'ora nell'anticamerapensando alla signorina di St-Yvese alla difficoltà di parlare ai re e ai primi
funzionari.
Finalmente comparve il padrone. «Signore» gli disse l'Ingenuo«se avessiaspettato a respingere gli Inglesi
tanto quanto m'avete fatto aspettare voi per questa udienzaa quest'oradevasterebbero tutta la Bassa-Bretagna a loro
piacimento.» Queste parole colpirono il funzionario che disse infine albretone: «Che cosa chiedete?» «Una
ricompensa» disse l'altro; «ecco i miei titoli»; e gli mostrò i suoicertificati. Il funzionario lesse e gli disse che
probabilmente gli avrebbero accordato il permesso di comprarsi unaluogotenenza. «Io? Dovrei dare del denaro per aver
respinto gli Inglesi! dovrei pagarmi il diritto di farmi ammazzare per voimentre voi ve ne state qui a dare udienza in
tutta tranquillità? Credo che vogliate scherzare. Esigo una compagnia dicavalleriae gratis. Voglio che il re faccia
uscire dal convento la signorina di St-Yves e che me la dia in sposa. Voglioparlare al re in favore di cinquantamila
famiglie che gli voglio rendere. In una parolavoglio rendermi utile: mi siadoperi e mi si promuova.»
«Come vi chiamatesignoreper parlare con tanta arroganza?» «Ah»rispose l'Ingenuo«ma allora non avete
letto i miei certificati? Dunque è questo l'uso che ne fate? Mi chiamoErcole di Kerkabon; sono battezzatoabito al11
Quadrante azzurro e mi lamenterò con il re del vostro comportamento.» Ilfunzionario conclusecome già la gente di
Saumurche non aveva la testa a postoe non gli prestò molta attenzione.
Il giorno stesso il reverendo padre di La Chaiseconfessore di Luigi XIVaveva ricevuto la lettera della sua
spia che accusava il bretone Kerkabon di favorire in cuor suo gli Ugonotti edi condannare la condotta dei gesuiti. Il
signor di Louvoisda parte suaaveva ricevuto una lettera dell'interrogantebalivoche dipingeva l'Ingenuo come un
cattivo soggetto che voleva bruciare conventi e rapire fanciulle.
L'Ingenuodopo aver passeggiato per i giardini di Versaillesdove siannoiòdopo aver cenato alla moda urona
e bassa-bretoneera andato a dormire cullandosi nella speranza di vedere ilre l'indomanidi ottenere la signorina di St-Yves
in matrimoniodi avere almeno una compagnia di cavalleriae di far cessarele persecuzioni contro gli Ugonotti.
Si cullava in queste piacevoli immaginazioniquando la polizia militareentrò nella sua camera. Per prima cosa gli
presero il fucile a due colpi e la grande sciabola.
Fecero un inventario del suo denaro contante e lo portarono nel castello chefece costruire re Carlo Vfiglio di
Giovanni IIvicino alla via St-Antoinealla porta di Tournelles.
Quale fosse durante il tragitto lo stupore dell'Ingenuove lo lascioimmaginare. Dapprima credette che si
trattasse di un sogno. Rimase nell'istupidimento; poitrasportatoall'improvviso da un furore che raddoppiava le sue
forzeprende per la gola due dei suoi conduttori che erano con lui incarrozzali getta fuori della portierasi lancia
dietro di lorotrascinando il terzo che cercava di trattenerlo. Per losforzo cade; lo legano e lo rimettono in vettura.
«Ecco che si guadagna» diceva«a cacciare gl'Inglesi dallaBassa-Bretagna! Che direstimia bella St-Yvesse mi
vedessi in questo stato?»
Arrivarono finalmente a destinazione. Lo portarono in silenzio nella stanzadove doveva essere rinchiuso
come si porta un morto al camposanto. La stanza era gia occupata da unvecchio solitario di Port-Royaldi nome
Gordonche vi languiva da due anni. «Guardate» disse il capo deglisbirri«vi porto compagnia»; e subito richiudono
gli enormi catenacci della solida portarivestita di ampie sbarre. I dueprigionieri restarono separati dal resto del mondo.
X • L'INGENUO RINCHIUSO ALLA BASTIGLIA CON UN GIANSENISTA
Il signor Gordon era un vegliardo fresco e serenoche sapeva due grandicose: sopportare le avversità e
consolare gl'infelici. Si avvicinò al suo compagno con espressione diaffetto e di compassionel'abbracciò e disse:
«Chiunque siatevoi che venite a dividere con me questa tombasappiate chedimenticherò sempre me stesso per
addolcire i vostri tormenti nell'abisso infernale nel quale siamo caduti.Adoriamo la Provvidenza che ci ha condotto qui
soffriamo in pace e speriamo.» Queste parole fecero sull'animo dell'Ingenuol'effetto delle gocce d'Inghilterrache
richiamano in vita i morenti e gli fanno dischiudere gli occhi con stupore.
Dopo le prime cortesieGordonsenza fargli fretta perché dicesse la causadella sua disgraziagli ispirò con la
dolcezza della sua conversazionee con l'interesse che hanno l'uno perl'altro due infeliciil desiderio di aprire il suo
cuore e di liberarsi del fardello che l'opprimeva; ma non poteva indovinareil motivo della sua sventura: gli pareva un
effetto senza causae il buon Gordon era stupito quanto lui.
«Bisogna proprio» disse il giansenista all'Urone«che Dio abbia progettisu di voigiacché vi ha condotto dal
lago Ontario in Inghilterra e in Franciavi ha fatto battezzare inBassa-Bretagnae vi ha messo qui dentro per la vostra
salvezza.» «Francamente» rispose l'Ingenuo«credo che sia stato solo ildiavolo ad occuparsi del mio destino. I miei
compatrioti d'America non mi avrebbero mai trattato con la barbarie con cuimi trattano qui; non ne hanno neanche
l'idea. Li chiamano selvaggi; sono gente grossolanama quelli di quisono dei mascalzoni in guanti di velluto. Sono
davvero sorpreso di essere venuto dal nuovo mondo per essere rinchiuso inquesto a quattro catenacci insieme a un
prete; ma se rifletto al numero enorme di uomini che partono da un emisferoper andare a farsi ammazzare nell'altroo
che naufragano in viaggio e sono mangiati dai pescinon vedo dove siano igraziosi disegni di Dio su tutta questa
gente.»
Intanto portarono loro da mangiare attraverso uno sportello. La conversazioneandò a cadere sulla Provvidenza
sui mandati di arrestoe sull'arte di non soccombere alle disgrazie allequali ogni uomo è esposto in questo mondo.
«Sono due anni che mi trovo qui» disse il vegliardo«senza altraconsolazione che me stesso e i miei libri; non ho mai
avuto un momento di cattivo umore.»
«Ah! signor Gordon» esclamò l'Ingenuo«non siete dunque innamoratodella vostra madrina? Se conosceste
come me la signorina di St-Yvessareste disperato.» A queste parole nonpoté trattenere le lacrimee si sentì poi un po'
meno oppresso. «Ma perché» disse«le lacrime danno sollievo? Mi sembrache dovrebbero fare l'effetto contrario.»
«Figlio miotutto è fisico in noi» disse il buon vecchio; «ognisecrezione fa bene al corpoe tutto ciò che gli dà
sollievodà sollievo anche all'anima: siamo le macchine dellaProvvidenza.»
L'Ingenuo checome abbiamo detto più volteaveva una mente lucidafecedelle profonde riflessioni su questa
ideadella quale sembrava che avesse il seme dentro di sé. Quindi domandòal suo compagno perché la sua macchina
era da due anni in catene. «Per via della grazia efficiente» risposeGordon; «passo per giansenista: ho conosciuto
Arnaud e Nicole; i gesuiti ci hanno perseguitato. Noi crediamo che il papanon sia altro che un vescovo come tutti gli
altri; è per questo che il P. La Chaise ha ottenuto dal resuo penitentel'ordine di rapirmisenza alcuna formalità legale12
il bene più prezioso degli uominila libertà.» «Questo è propriostrano» disse l'Ingenuo; «tutti i disgraziati che ho
incontrato sono tali per colpa del papa.
«Quanto alla vostra grazia efficientevi confesso che non ci capisco nulla;ma considero una grande grazia che
Dio mi abbia fatto trovare nella sventura un uomo come voiche mette nel miocuore una consolazione di cui mi
credevo incapace.»
Ogni giorno la conversazione diventava più interessante e più istruttiva.Gli animi dei due prigionieri si
legavano l'uno all'altro. Il vecchio sapeva molte cosee il giovane avevamolta voglia di imparare. Il primo mese studiò
la geometria; la divorava. Gordon gli fece leggere la Fisica diRouhaultche era ancora di modaed egli con il suo buon
senso vi trovò solo cose incerte.
Quindi lesse il primo volume della Ricerca della verità. Questa nuovaluce lo illuminò. «Ma come!» disse«i
nostri sensi e la nostra immaginazione ci ingannano a tal punto! Come! glioggetti non formano le nostre ideee noi non
possiamo darcele da soli!» Quando ebbe letto il secondo volumenon fu piùcosì contentoe ne trasse la conclusione
che è più facile distruggere che costruire.
Il suo confratellostupito che un giovane ignorante facesse questariflessionepropria degli animi colticoncepì
una grande stima per la sua intelligenza e si legò a lui ancora di più.
«Il vostro Malebranche» gli disse un giorno l'Ingenuo«mi sembra un uomoche ha scritto metà del suo libro
con la ragionee l'altra metà con l'immaginazione e i pregiudizi.»
Qualche giorno dopoGordon gli chiese: «Che pensate dell'animadellamaniera in cui riceviamo le nostre
ideedella nostra volontàdella graziadel libero arbitrio?» «Niente»rispose l'Ingenuo; «se pensassi qualche cosa direi
che siamo sottoposti al potere dell'Essere eterno come gli astri e glielementi; che Egli fa tutto in noiche noi siamo
piccoli ingranaggi della macchina immensa di cui Egli è l'anima; che agiscesecondo leggi generali e non secondo
considerazioni parziali; solo ciò mi sembra intelligibiletutto il resto èper me un abisso di tenebre.»
«Mafiglio miociò equivale a dire che Dio è l'autore del peccato.»
«Mapadre miola vostra grazia efficiente farebbe anche lei di Diol'autore del peccato: infattiè evidente che
tutti coloro ai quali questa grazia fosse rifiutatapeccherebbero; e chi ciconsegna al malenon ne è forse l'autore?»
Questa semplicità metteva in imbarazzo il buon uomo; egli si rendeva contodi fare vani sforzi per tirarsi fuori
dal pantanoe ammucchiava tante parole che parevano avere un senso ma chenon ne avevano alcuno (del tipo di
premozione fisica) tanto che l'Ingenuo ne aveva pena. Si trattavaevidentemente del problema dell'origine del bene e del
male; e allora bisognava che il povero Gordon passasse in rivista il vaso diPandoral'uovo di Orosmad forato da
Ariannal'inimicizia tra Osiride e Tifonee alla fine il peccato originale;e correvano l'uno e l'altro in questa notte
profondasenza incontrarsi mai. Ma almenoquesto romanzo sull'animadistraeva il loro pensiero dalla contemplazione
della loro miseria; eper uno strano incantesimoil gran numero dicalamità sparse nell'universo diminuiva la
sensazione delle loro pene: non osavano lamentarsi quando tutto l'universosoffriva.
Manel riposo della nottel'immagine della bella St-Yves cancellava dallospirito del suo amante tutte le idee
di metafisica e di morale. Egli si svegliava cogli occhi bagnati di lacrime eil vecchio giansenista dimenticava la sua
grazia efficientel'abate di St-Cyrane Giansenioper consolare un giovaneche credeva in peccato mortale.
Dopo le letture e le discussioniparlavano delle loro avventure; e dopoaverne inutilmente parlatoleggevano
insiemeo ciascuno per proprio conto. Lo spirito del giovane si fortificavasempre di più. In particolareavrebbe fatto
molta strada in matematicasenza le distrazioni che gli procurava lasignorina di St-Yves.
Lesse qualcosa di storia e ne fu rattristato. Il mondo gli parve troppomalvagio e troppo miserabile. In effettila
storia non è altro che il quadro dei crimini e delle sventure. La massadegli uomini innocenti e pacifici scompare sempre
in questi vasti affreschi. I personaggi non sono che ambiziosi e perversi.Sembra che la storia piaccia soltanto quando
assomiglia alla tragediache languisce se non è animata dalle passioniimisfatti e le grandi sventure. Bisogna armare di
pugnale Cliocome Melpomene.
Benché la storia di Francia sia piena di orroricome tutte le altretuttavia gli parve così disgustosa nei suoi
inizicosì arida verso la metàcosì meschina alla fineanche al tempodi Enrico IVsempre sprovvista di grandi
monumenticosì estranea a quelle grandi scoperte che hanno illustrato altrenazioniche era costretto a lottare contro la
noia per leggere tutti quei dettagli di calamità oscure relegate in unangolino del mondo.
Gordon la pensava come lui. Tutti e due sorridevano di pietà quando siparlava dei sovrani di Fezensacdi
Fezansaguet e di Astrac. Un tale studio infatti non servirebbe altro che aglieredise ne avessero. I bei secoli della
repubblica romana lo resero per un po' indifferente al resto della terra. Lospettacolo di Roma vittoriosa e legislatrice
delle nazioni occupava la sua anima interamente. Si entusiasmava nellacontemplazione di questo popolo che fu
governato per settecento anni dall'amore per la libertà e per la gloria.
Così passavano i giornile settimanei mesi; l'Ingenuo si sarebbe credutoperfino felice nella dimora della
disperazionese non fosse stato innamorato.
Il suo animo buono si inteneriva anche al pensiero del priore della Madonnadella Montagna e della sensibile
Kerkabon. «Che penseranno» si ripeteva spesso«quando non avranno mienotizie? Mi crederanno un ingrato.» Questa
idea lo tormentava; compiangeva quelli che lo amavanopiù di quantocompiangesse se stesso.
XI • COME L'INGENUO SVILUPPA IL SUO INGEGNO13
La lettura allarga lo spirito e un amico sincero lo consola. Il nostroprigioniero godeva di questi due vantaggi di
cui non aveva mai avuto il minimo sentore prima. «Sarei tentato» diceva«di credere alle metamorfosigiacché sono
stato cambiato da bruto in uomo.» Si formò una biblioteca sceltacon unaparte del suo denaro di cui gli era permesso
disporre. L'amico lo incoraggiò a mettere per iscritto le sue riflessioni.Ecco quanto scrisse sulla storia antica:
Immagino che le nazioni siano state a lungo come meche non si sianoistruite che molto tardiche non si
siano occupateper secoliche del momento presente che passavapochissimodel passatoe mai del futuro. Ho
percorso cinque o seicento leghe nel Canada senza trovarvi un solo monumento;nessuno sa niente di quello che ha
fatto il suo bisavolo. Non è forse questo lo stato naturale dell'uomo? Larazza di questo continente mi sembra superiore
a quella dell'altro. Ha infatti elevato il suo essere da molti secoli permezzo delle scienze e delle arti. È forse perché ha
la barba al mentomentre Dio ha rifiutato la barba agli Americani? Noncredo; vedo infatti che i Cinesi non hanno
barba quasi per nullae tuttavia coltivano le arti da più di cinquemilaanni. In effettise hanno più di quattromila anni
di annaliè necessario che la nazione fosse costituita e fiorente da piùdi cinquanta secoli.
Una cosa soprattutto mi colpisce in questa antica storia della Cinaed èche tutto vi è verosimile e naturale.
L'ammiro perché non c'è niente di meraviglioso.
Perché tutte le altre nazioni si sono date origini leggendarie? Gli antichicronachisti della storia di Francia
che non sono poi tanto antichifanno derivare i Francesi da un certoFrancusfiglio di Ettore. I Romani si dicevano
nati da un Frigiobenché non ci fosse nella loro lingua una sola parola cheavesse il minimo rapporto con la lingua
frigia. Gli dei avevano abitato diecimila anni in Egitto e i diavoli inSciziadove avevano generato gli Unni. Prima di
Tucidide non si vedono che romanzi simili agli Amadise molto menodivertenti. Dovunque apparizionioracoli
prodigisortilegimetamorfosisogni spiegati che fanno il destino dei piùgrandi imperi e dei più piccoli Stati: qui
bestie che parlanolà bestie oggetto di cultodei trasformati in uominiuomini trasformati in dei. Se abbiamo bisogno
di leggendeche queste leggende abbiano almeno l'emblema della verità! Mipiacciono le favole dei filosofirido di
quelle dei bambiniodio quelle degli impostori.
Un giorno gli capitò sotto mano una storia dell'imperatore Giustiniano. Visi leggeva che degli apedeuti di
Costantinopoli avevano emessoin pessimo grecoun editto contro il maggiorcondottiero del secoloperché quell'eroe
aveva pronunciato queste parole nel calore della conversazione: La veritàbrilla di luce propriae non si illuminano gli
spiriti con le fiamme dei roghi. Gli apedeuti assicurarono che questaproposizione era ereticasapeva di eresiae che
l'assioma opposto era cattolicouniversale e greco: Non si illuminano glispiriti che con le fiamme dei roghie la verità
non può brillare di luce propria. Questi linostoli condannarono cosìmolti discorsi del condottieroed emisero un editto.
«Ma come!» esclamò l'Ingenuo«editti emessi da gente simile!» «Nonsono affatto editti» replicò Gordon«sono
contro-edittidi cui tutti si facevano beffe a Costantinopoliel'imperatore per primo: era un saggio principe che aveva
saputo ridurre gli apedeuti linostoli a non poter fare altro che il bene.Sapeva che quei signori e molti altri pastofori
avevano con i loro contro-editti fatto perdere la pazienza agli imperatorisuoi predecessori per questioni più gravi.» «E
fece molto bene» disse l'Ingenuo«bisogna sopportare i pastoforiecontenerli.»
Mise per iscritto molte altre riflessioni che spaventavano il vecchio Gordon.«Ma come!» disse questi dentro di
sé«ho consumato cinquant'anni della mia vita ad istruirmie temo di nonpoter raggiungere il buon senso naturale di
questo ragazzo semiselvaggio! Ho paura di essermi dato da fare a fortificaredei pregiudizi; lui non ascolta altro che la
semplice natura.»
Il brav'uomo aveva qualcuno di quei libretti di criticadi quei fogliperiodici in cui uomini incapaci di produrre
alcunché denigrano le produzioni altruiin cui i Visé insultano i Racinee i Faydit i Fénelon. L'Ingenuo dette una scorsa
ad alcuni di essi. «Mi sembrano» diceva«come quei mosconi che vanno adeporre le uova nel sedere dei più bei
cavalli: questo non impedisce ai cavalli di correre.» I due filosofi sidegnarono appena di dare un'occhiata a questi
escrementi della letteratura.
Lessero insieme gli elementi dell'astronomia; l'Ingenuo si fece mandare dellesfere; questo grandioso
spettacolo lo mandava in visibilio. «Come è duro» diceva«cominciare aconoscere il cielo proprio ora che mi hanno
tolto il diritto di contemplarlo! Giove e Saturno girano in quegli spaziimmensi; milioni di soli illuminano miliardi di
mondi; enell'angolino della terra nel quale mi son trovatoesistono degliesseri che mi privanome essere vedente e
pensantedi tutti questi mondi che il mio sguardo potrebbe raggiungere e diquello in cui Dio mi ha fatto nascere! La
lucefatta per tutto l'universoè perduta per me. Non me la nascondevanonell'emisfero settentrionale in cui ho passato
la mia infanzia e la giovinezza. Senza di voicaro Gordonsarei qui nelnulla.»
XII • CIÒ CHE PENSA L'INGENUO DEGLI SPETTACOLI TEATRALI
Il giovane Ingenuo somigliava ad uno di quegli alberi vigorosi chenati inun suolo ingratoestendono in poco
tempo le radici e i rami quando sono trapiantati in terreno favorevole; ecosa stranala prigione rappresentava questo
terreno.
Tra i libri che occupavano il tempo dei due prigionieric'erano dellepoesietraduzioni di tragedie greche
qualche dramma francese. I versi che parlavano d'amore portavano nell'animodell'Ingenuo insieme piacere e dolore.14
Tutti gli parlavano dell'amata St-Yves. La favola dei Due piccioni glitrapassò il cuore: era così lontano dal raggiungere
la sua colombaia.
Molière lo affascinò. Gli faceva conoscere i costumi di Parigi e del genereumano. «Quale di queste commedie
preferite?» «Il Tartufosenza esitazione.» «La penso come voi»disse Gordon; «è un Tartufo che mi ha ficcato in
questa prigionee forse sono dei Tartufi che hanno fatto la vostradisgrazia. Come trovate queste tragedie greche?»
«Buoneper i Greci» disse l'Ingenuo. Ma quando lesse l'Ifigenia modernaFedraAndromacaAtalia cadde in estasi
sospiròpiansele imparò a memoria senza aver fatto alcuno sforzo perimpararle.
«Leggete Roduguna» gli disse Gordon; «si dice che sia ilcapolavoro del teatro; le altre piècesche vi sono
piaciute tantonon sono niente al confronto.» Il giovane fin dalla primapagina disse: «Non è dello stesso autore.» «Da
che lo capite?» «Non lo so ancorama questi versi non arrivano né allemie orecchie né al mio cuore.» «Ohi versi non
contano niente» replicò Gordon. L'Ingenuo rispose: «Alloraperchéfarli?»
Dopo aver letto molto attentamente la piècesenza altro motivo chedi trarne piacereguardava il suo amico
con occhi asciutti e stupitie non sapeva che dire. Alla finesollecitato arender conto di ciò che gliene era sembrato
rispose: «Non ho capito per nulla l'inizio; a metà ho sentito ripugnanza;l'ultima scena mi ha commosso moltobenché
mi sembri poco verosimile; non mi sono interessato a nessuno e non mi ricordoneppure venti versiio che li imparo
tutti a memoria quando mi piacciono.»
«Questa pièce passa tuttavia per essere la migliore che abbiamo.»«Se è così» replicò«è forse come tanta
gente che non merita il posto che occupa. Dopo tutto qui è un problema digusto: il mio non è forse ancora formato; mi
posso sbagliare; ma sapete che ho l'abitudine di dire ciò che pensoomeglio ciò che sento. Sospetto che ci sia spesso
illusionemodacapriccionei giudizi degli uomini. Ho parlato con la vocedella natura: può darsi che in me la natura
sia molto imperfetta; ma può anche darsi che talvolta sia poco consultatadalla maggioranza degli uomini.» Allora recitò
i versi dell'Ifigeniache lo avevano estasiatoe benché non lideclamasse benevi mise tanta verità e tanta convinzione
che fece piangere il vecchio giansenista. Poi lesse Cinna: non piansema fu pieno di ammirazione.
XIII • LA BELLA ST-YVES VA A VERSAILLES
Mentre il nostro sventurato si istruiva più di quanto si consolasse; mentreil suo ingegnosoffocato per tanto
temposi dispiegava con tanta rapidità e forza; mentre la naturache siperfezionava in luilo vendicava degli oltraggi
della sorteche ne era del signor prioredella sua buona sorellae dellabella reclusa St-Yves? Il primo mese furono
inquietiil terzo sprofondarono nel dolore: le false congetturele dicerieinfondateli allarmarono; in capo a sei mesi lo
credettero morto. Finalmente il signore e la signorina di Kerkabon appreseroda una vecchia letterache una guardia del
re aveva scritto in Bretagnache un giovane simile all'Ingenuo era arrivatouna sera a Versaillesma che era stato preso
durante la nottee che da allora nessuno ne aveva più sentito parlare.
«Ohimè!» disse la signorina di Kerkabon«il nostro nipote avrà fattoqualche sciocchezza e si sarà cacciato in
qualche brutto impiccio. È giovanebasso-bretonenon può sapere come cisi comporta a corte. Fratello caronon ho
mai visto Versaillesné Parigi; ecco una bella occasioneritroveremo forseil nostro povero nipote: è figlio di nostro
fratelloperciò è nostro dovere soccorrerlo. Chissà che non possiamopervenire finalmente a farne un suddiacono
quando la foga giovanile gli si sarà un po' calmata? Aveva moltadisposizione per la scienza. Vi ricordate come
ragionava sull'antico e sul nuovo Testamento? Siamo responsabili della suaanima; siamo noi che l'abbiamo fatto
battezzare; la sua cara amante St-Yves passa le giornate a piangere. Inveritàbisogna andare a Parigi. Se è nascosto in
qualcuna di quelle orribili case di piacere di cui mi hanno tanto raccontatolo tireremo fuori.» Il priore fu toccato dalle
parole della sorella. Andò a trovare il vescovo di Saint-Maloche avevabattezzato l'Urone e gli chiese protezione e
consiglio. Il prelato approvò il viaggio. Dette al priore lettere diraccomandazione per il P. La Chaiseconfessore del re
che aveva la più alta carica del regno; per l'arcivescovo di Parigi Harlaye per il vescovo di Meaux Bossuet.
Infine fratello e sorella partirono; maquando furono giunti a Parigisisentirono sperduti come in un gran
labirinto senza filo e senza uscita. Le loro sostanze erano di mediocreentità; ogni giorno avevano bisogno di vetture per
andare alla scopertae non scoprivano mai nulla.
Il priore si presentò dal reverendo Padre La Chaise: questi era con lasignorina Du Trone non poteva dare
udienza ai priori. Andò alla porta dell'arcivescovo: il prelato era chiusocon la bella signora di Lesdiguièresbeninteso
per affari concernenti la Chiesa. Corse allora alla casa di campagna delvescovo di Meaux: ma questi esaminava con la
signorina di Meauléon l'amore mistico di Madame Guyon. Tuttavia riuscì afarsi sentire da questi due prelati; tutti e due
gli dichiararono che non potevano immischiarsi negli affari di suo nipotevisto che non era suddiacono.
Finalmente vide il gesuita; questi lo ricevette a braccia aperte e protestòche aveva sempre avuto per lui una
stima speciale; infatti non l'aveva mai conosciuto. Giurò che la Societàera sempre stata molto affezionata ai basso-bretoni.
«Ma» disse«vostro nipote non avrà per caso la sventura di essereugonotto?» «Sicuramente noReverendo
Padre.» «Non sarà per caso giansenista?» «Posso assicurare allaRiverenza Vostra che è appena cristiano. Sono circa
undici mesi che l'abbiamo battezzato.» «Molto benemolto beneavremo curadi lui. E il vostro beneficioè
sostanzioso?» «Oh noè poca cosae il mio nipote ci costa parecchio.»«C'è qualche giansenista dalle vostre parti? State
bene attentomio caro prioresono più pericolosi degli atei.» «MioReverendo Padrenon ne abbiamo affatto; non15
sanno neanche che cosa sia il giansenismoalla Madonna della Montagna.»«Meglio così; andate purefarò per voi tutto
quello che occorre.» Congedò affettuosamente il prioree non ci pensòpiù.
Il tempo passavail priore e la sua buona sorella si disperavano.
Frattanto il maledetto balivo affrettava il matrimonio di quel babbeo di suofiglio con la bella St-Yvesche era
stata fatta uscire apposta dal convento. Ella amava sempre il suo carofigliocciotanto quanto detestava il marito che le
volevano affibbiare. L'affronto di essere stata rinchiusa in un conventoaumentava la sua passione. L'ingiunzione di
sposare il figlio del balivo era poi il colmo. I rimpiantila tenerezza el'orrore sconvolgevano il suo animo. L'amore
come è notoè molto più ingegnoso e audace in una fanciulla che nonl'amicizia in un vecchio priore e in una zia di
quarantacinque anni suonati. In piùsi era formata in convento sui romanziche aveva letto di nascosto.
La bella St-Yves si ricordava della lettera che una guardia del corpo avevascritto in Bassa-Bretagnadella
quale si era parlato nella provincia. Decise di andare di persona a prendereinformazioni a Versaillesdi gettarsi ai piedi
dei ministri se suo marito era in prigionecome dicevanoe di otteneregiustizia per lui. Qualcosa dentro di lei
l'avvertiva che a corte niente viene rifiutato ad una ragazza graziosa. Manon sapeva quanto questo costasse.
Presa la sua decisione si consolòdiventò tranquillasmise di respingereil suo pretendente; accolse il
detestabile suocerofu gentile con suo fratellospandeva l'allegria incasa; poiil giorno destinato alla cerimoniaparte
segretamente alle quattro del mattino con tutti i regali di nozze e quanto èriuscita a raccogliere. Aveva fatto così bene i
suoi calcoli che era già a più di due leghe quando entrarono nella suacamera verso mezzogiorno. La sorpresa e la
costernazione furono grandi. L'interrogante balivo fece quel giorno piùdomande di quante ne avesse fatte in tutta la
settimana; il marito restò più scimunito di quanto non fosse mai stato.L'abate di St-Yvespieno di rabbiadecise di
correre dietro a sua sorella. Il balivo e suo figlio vollero accompagnarlo.Così il destino portava a Parigi quasi tutto quel
cantone della Bassa-Bretagna.
La bella St-Yves si aspettava di essere seguita. Era a cavallo; si informavaabilmente dai corrieri se non
avessero visto un grosso abateun enorme balivo e un giovane babbeo checorrevano sulla via di Parigi. Avendo
appreso il terzo giorno che non erano lontaniprese un'altra stradaed ebbeabbastanza abilità e fortuna da arrivare a
Versailles mentre la cercavano inutilmente a Parigi.
Ma come comportarsi a Versailles? Giovanebellasenza consiglisenzaappoggisconosciutaesposta a tutto
come osare cercare una guardia del re? Pensò di rivolgersi a un gesuita dibasso rango; ce n'erano per tutte le condizioni
socialicome Diodicevanoha dato nutrimento diverso alle diverse speciedi animali. Aveva dato al re il suo
confessoreche tutti i postulanti di benefici chiamavano il capo dellaChiesa gallicana; poi venivano i confessori delle
principesse; i ministri non ne avevano affatto: non erano così sciocchi.C'erano i gesuiti della massae soprattutto i
gesuiti delle cameriereattraverso i quali si sapevano i segreti delleamantiimpiego non di poco conto. La bella St-Yves
si rivolse a uno di questi ultimi che si chiamava Padre Tutto-a-tutti. Siconfessò con luigli espose le sue
avventureil suo statoil suo pericoloe lo scongiurò di procurarlealloggio presso qualche buona devota che la mettesse
al riparo dalle tentazioni.
Il padre Tutto-a-tutti la introdusse in casa della moglie di un ufficialeassaggiatore del reuna delle sue
penitenti più fidate. La St-Yves cominciò subito a cercare di guadagnarsila confidenza e l'amicizia di questa donna; si
informò della guardia bretone e lo fece pregare di venire a casa. Saputo dalui che il suo amante era stato portato via
dopo aver parlato ad un alto funzionariocorre da costui: la vista di unabella donna lo addolcisce subitopoiché bisogna
convenire che Dio non ha creato le donne se non per ammansire gli uomini.
Lo scritturaleinteneritole confessò tutto. «Il vostro amante è allaBastiglia da circa un annoe senza di voi ci
resterebbe forse tutta la vita.» La fragile St-Yves svenne. Quando ebberipreso i sensilo scritturale disse: «Non ho
abbastanza credito per fare del bene; tutto il mio potere si limita a faredel male ogni tanto. Date retta a meandate dal
signor di St-Pouangeche fa il bene e il malecugino e favorito dimonsignor di Louvois. Questo ministro ha una doppia
anima: il signor di St-Pouange è unala signora di Belloy l'altra; ma leiin questo momento non è a Versailles; non vi
resta che piegare il protettore che vi ho indicato.»
La bella St-Yvesdivisa tra un po' di gioia e grandi doloritra qualchesperanza e funesti timoriinseguita dal
fratelloinnamorata del suo amanteasciugandosi le lacrime e versandoneancoratremanteindebolitariprendendo
tuttavia coraggiocorse subito a casa del signor di St-Pouange.
XIV • PROGRESSI DELLO SPIRITO DELL'INGENUO
L'Ingenuo faceva rapidi progressi nelle scienzee soprattutto nella scienzadell'uomo. La causa del rapido
sviluppo del suo spirito era dovuta alla sua educazione selvaggia più o menoquanto alla tempra del suo animo. Poiché
non avendo appreso nulla nell'infanzianon aveva pregiudizi. Il suointellettonon fuorviato dall'erroreera restato
perfettamente integro. Vedeva le cose come sonomentre le idee che ci hannoinculcato fin dall'infanzia ce le fanno
vedere per tutta la vita come non sono. «I vostri persecutori sonoabominevoli» diceva al suo amico Gordon. «Mi
rammarico molto del fatto che siate oppressoma mi rammarico anche del fattoche siate giansenista. Tutte le sette mi
sembrano una raccolta di errori. Ditemi se esistono sette in geometria.»«Nofiglio mio» gli disse sospirando il buon
Gordon; «tutti gli uomini sono d'accordo sulla verità quando è dimostratama sono molto divisi sulle verità oscure.»
«Dite pure sulle falsità oscure. Se ci fosse una sola verità nascostasotto i cumuli delle vostre argomentazioni che si16
rimestano da tanti secolisarebbe stata senza dubbio scoperta; e l'universosarebbe stato d'accordo almeno su quel
punto. Se questa verità fosse necessaria come lo è il sole alla terrasarebbe lucente come lui. È un'assurditàun
oltraggio al genere umanoun attentato contro l'Essere infinito e supremo ildire: c'è una verità essenziale all'uomo e
Dio l'ha nascosta.»
Tutto ciò che diceva questo giovane ignoranteistruito dalla naturafacevauna profonda impressione sullo
spirito del saggio e sventurato vecchio. «Non avrò mica fatto la miadisgrazia per delle chimere?» esclamò. «Sono
molto più sicuro della mia infelicità che della grazia efficiente. Hoconsumato i miei giorni a ragionare sulla libertà di
Dio e del genere umanoma ho perduto la mia; né S. Agostinoné Prosperomi tireranno fuori dall'abisso in cui mi
trovo.»
L'Ingenuoabbandonandosi al suo caratteredisse infine: «Volete che viparli con tutta franchezza? Quelli che
si fanno perseguitare per queste vane dispute di scuola mi sembrano pocosaggi; quelli che perseguitano mi sembrano
dei mostri.»
I due prigionieri erano molto d'accordo sull'ingiustizia della loroprigionia. «Sono mille volte più da compatire
di voi» diceva l'Ingenuo; «sono nato libero come l'aria; avevo due ragionidi vitala libertà e l'oggetto del mio amore:
me le hanno tolte. Eccoci tutti e due in catenesenza saperne la ragioneesenza poterla chiedere a nessuno. Ho vissuto
da Urone vent'anni; dicono che sono barbari perché si vendicano dei loronemici; ma non hanno mai oppresso i loro
amici. Ho appena messo piede in Francia che ho subito versato il mio sangueper lei; forse ho salvato una provinciae
per ricompensa sono inghiottito da questa tomba di vividove sarei morto dirabbia senza di voi. Non ci sono dunque
leggi in questo paese! Si condannano gli uomini senza ascoltarli! Non ècosì in Inghilterra. Ahnon era con gli Inglesi
che mi dovevo battere.» Così la sua filosofia nascente non poteva domare lanatura oltraggiata nel primo dei suoi diritti
e lasciava un libero corso alla sua giusta collera.
Il suo compagno non lo contraddisse. L'assenza aumenta sempre l'amore che nonè soddisfattoe la filosofia
non lo diminuisce. Parlava della sua cara St-Yves tanto spesso quanto dimorale e di metafisica. Più i suoi sentimenti si
affinavanopiù amava. Lesse qualche nuovo romanzo; ne trovò pochi chedipingessero la sua situazione d'animo.
Sentiva che il suo cuore andava sempre oltre quello che leggeva. «Ah»diceva«quasi tutti questi autori hanno soltanto
ingegno e arte!» Intanto il buon prete giansenista diventava insensibilmenteil confidente del suo amore. Fino ad allora
aveva conosciuto l'amore solo come un peccato di cui ci si accusa inconfessione. Imparò a conoscerlo come un
sentimento nobile e teneroche può elevare l'animo quanto abbatterloequalche volta perfino produrre qualche virtù.
Insommacome ultimo prodigioun Urone convertiva un giansenista.
XV • LA BELLA ST-YVES RESISTE A PROPOSTE DELICATE
La bella St-Yvesancor più tenera del suo amanteandò dunque dal signordi St-Pouangeaccompagnata
dall'amica presso la quale alloggiavatutte e due nascoste dai cappucci. Laprima cosa che vide alla porta fu l'abate di
St-Yvessuo fratelloche usciva. Fu intimidita; ma la devota amica larassicurò. «È proprio perché hanno parlato contro
di voi che bisogna che voi parliate. Siate certa che in questo paese gliaccusatori hanno sempre ragione se non ci si
affretta a confonderli. D'altra parte la vostra presenzase non mi sbagliofarà più effetto delle parole di vostro fratello.»
Per poco che s'incoraggiun'amante appassionata diventa intrepida. LaSt-Yves si presenta all'udienza. La sua
giovinezzail suo fascinoi suoi occhi teneribagnati di piantoattirarono tutti gli sguardi. Ogni cortigiano del
viceministro dimenticò per un momento l'idolo del potere per contemplarequello della bellezza. Il St-Pouange la fece
entrare nel suo studio; ella parlò con commozione e con grazia. St-Pouangene fu toccato. Ella tremava ed egli la
rassicurò. «Ritornate stasera» le disse; «questo affare merita di essereconsiderato e discusso con tutto l'agio. Qui c'è
troppa gente. Si sbrigano le udienze troppo rapidamente. Bisogna che miintrattenga con voi a fondo per conoscere tutto
ciò che vi riguarda.» Quindiavendo fatto l'elogio della sua bellezza edei suoi sentimentile raccomandò di venire alle
sette di sera.
Ella non mancò; la devota amica l'accompagnò ancorama si trattenne nelsalottoe lesse il Pedagogo
cristianomentre il St-Pouange e la bella St-Yves erano nello studioloriservato. «Ci crederestesignorina» disse lui
all'inizio«che vostro fratello è venuto a domandarmi un mandato d'arrestocontro di voi? In verità ne emetterei
piuttosto uno per rimandare lui in Bassa-Bretagna.» «Ohimè! Signoresi èdunque così prodighi di mandati d'arresto nel
vostro ufficiogiacché vengono a sollecitarne fin dai luoghi più reconditidel regnocome fossero pensioni? Sono ben
lontana dal domandarne uno contro mio fratello. Ho molti motivi perlamentarmi di luima rispetto la libertà degli
uomini; domando quella di un uomo che voglio sposared'un uomo al quale ilre deve la conservazione di una
provinciache può servirlo utilmentee che è figlio di un ufficialeucciso al suo servizio. Di che cosa è accusato? Come
hanno potuto trattarlo così crudelmente senza neppure ascoltarlo?»
Allora il viceministro le mostrò la lettera del gesuita spione e quella delperfido balivo. «Ma come! esistono
mostri simili sulla terra! E in questo modo vorrebbero costringermi a sposareil ridicolo figlio di un ridicolo uomo
malvagio! E su simili prove si decide del destino dei cittadini!» Si gettòin ginocchio e singhiozzando domandò la
libertà dell'uomo valoroso che l'adorava. Il suo fascinoin quel momentoappariva centuplicato. Era così bella che il St-Pouange
perso ogni ritegnole insinuò che avrebbe ottenuto ciò che voleva secominciava col concedere a lui le
primizie di ciò che riserbava per il suo amante. La St-Yvesspaventataconfusaper un pezzo finse di non aver capito;17
lo costrinse a spiegarsi più chiaramente. Una parola lasciata sfuggiredapprima con ritegno ne produceva una più forte
seguita da un'altra ancora più espressiva. Le fu offerto non solo la revocadel mandato d'arrestoma ricompensedenaro
onorisistemazione; più aumentavano le promessepiù aumentava anche ildesiderio che non fossero rifiutate.
La St-Yves piangevasi sentiva soffocareriversa su un divanonon credevaai suoi occhi e alle sue orecchie. Il
St-Pouangea sua voltale si gettò ai piedi. Non era un uomo privo diattrattivee avrebbe potuto non dispiacere a un
cuore meno prevenuto. Ma la St-Yves adorava il suo amante e pensava che fosseun orribile crimine il tradirlo per
aiutarlo. St-Pouange raddoppiava le preghiere e le promesse. Infine la testagli girò a tal punto da dichiarare che quello
era l'unico mezzo per trarre fuori di prigione l'uomo al quale si interessavain modo così violento e tenero al tempo
stesso. Questa strana conversazione si prolungava. La devota dell'anticameraleggendo il Pedagogo cristianodiceva:
«Dio mio! ma che faranno quei due da due ore? Monsignor di St-Pouange nondà mai udienze così lunghe; forse ha
rifiutato ogni aiuto a quella povera ragazzaed ella lo sta ancorapregando.» Alla fine la sua compagna uscì dallo studio
riservatosperdutaincapace di parlareimmersa in profonde riflessioni sulcarattere dei grandi e dei semigrandi che
sacrificano con tanta leggerezza la libertà degli uomini e l'onore delledonne.
Non disse una parola durante tutto il tragitto. Ma arrivata a casa dell'amicanon ne poté più e raccontò tutto. La
devota si fece dei gran segni di croce. «Amica carabisogna che consultiamosubitodomani stessoil padre Tutto-a-tutti
il nostro direttore spirituale; egli ha molto credito presso il signor diSt-Pouange; confessa molte domestiche della
sua casa; è un uomo pio e accomodanteche dirige anche donne di qualità.Abbandonatevi a luicome faccio io; me ne
sono sempre trovata bene. Noi altrepovere donneabbiamo bisogno di essereguidate da un uomo.» «E va bene! Amica
caraandrò domani a trovare il padre Tutto-a-tutti.»
XVI • LA ST-YVES CONSULTA UN GESUITA
Appena la bella e desolata St-Yves fu con il suo confessoregli confidò cheun uomo potente e voluttuoso le
proponeva di far uscire di prigione il suo futuro legittimo sposoe chedomandava un prezzo molto alto per i suoi
servigi; che lei aveva una terribile ripugnanza per una tale infedeltà echese non si fosse trattato che della propria vita
l'avrebbe sacrificata volentieri piuttosto che soccombere.
«Che abominevole peccatore!» disse il padre Tutto-a-tutti. «Dovresteproprio dirmi il nome di quest'uomo
volgare; sicuramente è giansenista; lo denuncerò a Sua Riverenza il PadreLa Chaise che lo farà mettere al posto in cui
si trova attualmente la cara persona che dovete sposare.»
La povera fanciulladopo un lungo imbarazzo e grande incertezzaalla finefece il nome di St-Pouange.
«Monsignor di St-Pouange!» esclamò il gesuita; «Ahfiglia miama alloraè tutt'altra cosa; è cugino del più
grande ministro che abbiamo mai avutouomo dabbeneprotettore della buonacausabuon cristiano; non può avere
avuto un tal pensieroavrete di sicuro capito male.» «Ohpadre miohocapito anche troppo bene; sono perduta
qualunque cosa faccia; non ho altra scelta che l'infelicità o la vergogna;è necessario che il mio amante sia sepolto vivo
o che mi renda indegna di vivere. Non posso lasciarlo moriree non possosalvarlo.»
Il padre Tutto-a-tutti cercò di calmarla con queste blande parole:
«Tanto per cominciarefiglia mianon dite mai le parole il mio amante;c'è in esse qualcosa di mondano che
potrebbe offendere Dio. Dite: mio marito; infatti; benché non lo siaancoralo considerate talee non c'è niente di più
onesto.
«In secondo luogobenché sia vostro sposo nell'ideanella speranzanonlo è di fatto: pertanto non
commettereste adulteriopeccato enorme che bisogna evitare finché èpossibile.
«In terzo luogo le azioni non possono essere considerate peccaminose quandol'intenzione è pura; e non c'è
niente di più puro del desiderio di liberare vostro marito.
«In quarto luogoavete degli esempi nella santa antichità che possonomeravigliosamente servire a ispirare la
vostra condotta. S. Agostino riporta chesotto il proconsolato di SettimioAcindinonell'anno 340 della nostra salvezza
un pover uomo che non poteva pagare a Cesare ciò che era di Cesarefucondannato a mortecome è giustomalgrado
la massima: Dove non c'è niente il re perde i suoi diritti. Sitrattava di una lira d'oro; il condannato aveva una moglie
nella quale Dio aveva posto bellezza e prudenza. Un vecchio riccone promisedi regalare una lira d'oro e anche di più
alla signora a condizione di poter commettere con lei il peccato immondo. Lasignora pensò di non far niente di male a
salvare la vita a suo marito. S. Agostino approva molto la sua generosarassegnazione. È vero che il riccone la ingannò
e forse il marito non scampò alla forca; ma lei aveva fatto tutto quello cheera in suo potere per salvargli la vita.
«Siate certafiglia miache quando un gesuita vi cita S. Agostinobisognaproprio che questo santo abbia
pienamente ragione. Non vi do consigli; siate saggia; si può presumere chesarete utile a vostro marito. Monsignor di St-Pouange
è un onest'uomonon vi ingannerà; è tutto ciò che posso dirvi; pregheròDio per voie spero che tutto andrà
come deveper la sua maggior gloria.»
La bella St-Yvesnon meno sgomenta dei discorsi del gesuita di quanto lofosse delle proposte del
viceministrotornò sperduta dalla sua amica. Era tentata di liberarsi conla morte dall'orrore di lasciare in una prigione
spaventosa l'amante che adoravae dalla vergogna di liberarlo a prezzo diciò che aveva di più caroe che non doveva
appartenere ad altri che al suo sfortunato amante.18
XVII • ELLA SOCCOMBE PER VIRTÙ
Pregava la sua amica di ucciderla; ma quella donnanon meno indulgente delgesuitale parlò ancor più
chiaramente. «Ohimè!» disse«gli affari non si fanno mai in altro modoin questa corte così amabilegalanterinomata.
I posti più mediocrie i più considerevoli spesso sono stati attribuitiproprio al prezzo che si esige da voi. Ascoltatemi
avete ispirato amicizia e confidenza; vi confesserò chese fossi statadifficile come voimio marito non godrebbe del
piccolo impiego che lo fa vivere; lo sae lungi dall'esserne adiratovedein me la sua benefattrice e si considera mia
creatura. Pensate che tutti coloro che sono stati al governo di provinceo acapo di esercitiabbiano dovuto i loro onori e
la loro fortuna soltanto ai servigi prestati? Ce ne sono che sono debitorialle loro signore mogli. Le dignità della guerra
sono state sollecitate dall'amore; e il posto è stato dato al marito dellapiù bella.
«Voi vi trovate in una situazione molto più importante: si tratta di portarfuori di prigione il vostro amante e di
sposarlo; è un dovere sacro che dovete compiere. Non sono state affattobiasimate le belle e le grandi dame di cui vi
parlo; ma voi sarete applauditasi dirà che vi siete permessa una debolezzasolo per un eccesso di virtù.» «Ah! che
virtù!» gridò la bella St-Yves; «che labirinto di iniquità! Che paese!Come imparo a conoscere gli uomini! Un padre La
Chaise e un ridicolo balivo fanno mettere il mio amante in prigione; la miafamiglia mi perseguita; mi si tende la mano
nella disgraziasolo per disonorarmi. Un gesuita ha fatto la rovina di unbrav'uomoun altro gesuita vuole fare la mia;
sono circondata da insidiesono giunta al punto di precipitare nellamiseria! Bisogna che mi uccida o che parli al re; mi
getterò ai suoi piedi al suo passaggioquando andrà a messa o a teatro.»
«Non vi lasceranno avvicinare» disse la buona amica«e se aveste lasventura di parlaremonsignor di
Louvois e il reverendo padre La Chaise potrebbero seppellirvi in fondo aqualche convento per il resto dei vostri
giorni.»
Mentre questa brava persona aumentava così le perplessità di quell'animadisperata e affondava il pugnale nel
suo cuorearrivò un corriere del signor di St-Pouange con una lettera e duebegli orecchini. La St-Yves respinse tutto
piangendoma l'amica se ne incaricò lei.
Appena il messaggero fu partitola nostra confidente lesse la letteranellaquale si proponeva una piccola cena
alle due amiche per quella sera. La St-Yves giura che non ci andrà affatto.La devota cerca di farle provare gli orecchini
di diamante; la St-Yves non lo può sopportaree lotta per tutta lagiornata. Alla finepensando al suo amantevinta
trascinatasenza sapere dove la portanosi lascia condurre alla cenafatale. In nessun modo si era lasciata convincere ad
ornarsi degli orecchini; la confidente li portò con sée glieli misecontro la sua volontàprima che si mettessero a
tavola. La St-Yves era così confusaturbatache si lasciava tormentare; eil padrone di casa ne traeva un augurio
favorevole. Verso la fine della cenala confidente si ritirò condiscrezione. Allora il padrone mostrò la revoca del
mandato d'arrestoil certificato di una considerevole gratificazionequellodell'assegnazione di una compagniae non
lesinò le promesse. «Ah» disse la St-Yves«quanto vi amerei se nonvoleste tanto essere amato!»
Infinedopo una lunga resistenzasinghiozzigridalacrimeindebolitadalla lottasperdutalanguentedovette
arrendersi. Non ebbe altra risorsa che promettere a se stessa di non pensareall'Ingenuo mentre quel crudele godeva
spietatamente della necessità alla quale era costretta.
XVIII • ELLA LIBERA IL SUO AMANTE E UN GIANSENISTA
Sul far del giorno vola a Parigimunita dell'ordine del ministro. Èdifficile descrivere quanto passava nel suo
cuore durante questo viaggio. Si immagini un'anima virtuosa e nobileumiliata per la sua azione obbrobriosaebbra di
tenerezzalacerata dal rimorso di aver tradito il suo amantepiena dellagioia di liberare colui che adora. La sua
amarezzale sue lotteil suo successo occupavano tutte le sue riflessioni.Non era più la fanciulla semplice cui
l'educazione provinciale aveva ristretto la mente. L'amore e la sventural'avevano formata. Il sentimento aveva fatto in
lei tanti progressi quanti ne aveva fatti la ragione nello spirito del suosventurato amante. Le fanciulle imparano a
sentire più facilmente di quanto gli uomini imparino a pensare. La suaavventura era più istruttiva che quattro anni di
convento.
Il suo abito era di una semplicità estrema. Ella aveva in orrorel'abbigliamento col quale era comparsa davanti
al suo funesto benefattore; aveva lasciato gli orecchini di diamante alla suacompagna senza degnarli di un'occhiata.
Confusa e ammaliatainnamorata dell'Ingenuo e piena di odio verso se stessaarrivò infine alla porta
Di quel castello orribilepalazzo di vendetta
che rinchiuse sovente colpevole e innocente.
Quando bisognò scendere dalla carrozzale forze le mancarono; la aiutarono;entrò con il cuore in tumultogli
occhi umidiil volto pieno di costernazione. La presentarono al governatore;cerca di parlargli ma le manca la voce;
allora mostra l'ordinearticolando appena qualche parola. Il governatorevoleva bene al prigioniero e fu molto contento
della sua scarcerazione. Il suo cuore non era indurito come quello di alcunionorati carcerieri suoi colleghiche19
pensando solo alla retribuzione proveniente dalla guardia dei prigionieripoiché il loro reddito è fondato sulle loro
vittime e vivono sulle disgrazie altruiin segreto godono di una gioiaodiosa davanti alle lacrime degli infelici.
Egli fa venire il prigioniero nel suo appartamento. I due amanti si vedono etutti e due svengono. La bella St-Yves
restò a lungo senza movimento e senza vita: l'altro ritrovò presto il suocoraggio. «A quanto parequesta è vostra
moglie» disse il governatore; «non mi avevate detto di essere sposato. Mifanno sapere che dovete alle sue generose
cure la vostra scarcerazione.» «Ahnon son degna di essere sua moglie!»disse la bella St-Yves con voce tremantee
ricadde di nuovo in uno stato di languore.
Quando ebbe ripreso i sensi presentòsempre tremandoil documento dellagratificazione e la promessa scritta
di una compagnia. L'Ingenuostupito e insieme commossosi svegliava da unsogno per entrare in un altro. «Ma perché
sono stato rinchiuso qui? Come avete potuto tirarmene fuori? Dove sono imostri che mi ci hanno mandato? Siete una
divinità scesa dal cielo in mio aiuto.»
La bella St-Yves abbassava gli occhiguardava il suo amantearrossiva edistoglieva un minuto dopo gli occhi
bagnati di pianto. Gli disse tutto ciò che sapeva e tutto quello che avevapassatoeccetto ciò che avrebbe voluto
nascondere per sempre e che un altro che non fosse l'Ingenuoassuefatto almondo e più istruito degli usi di corte
avrebbe indovinato facilmente.
«Possibile che un miserabile come quel balivo abbia avuto il potere ditogliermi la libertà? Ahvedo bene che
gli uomini sono come gli animali più vili; tutti possono nuocere. Ma èpossibile che un monacoun gesuita confessore
del reabbia contribuito alla mia disgrazia quanto il balivosenza che iopossa immaginare con che pretesto quel
miserabile farabutto mi ha perseguitato? Mi ha fatto passare per giansenista?E voicome vi siete ricordata di me? Non
lo meritavoero ancora un selvaggio. Ma come! Avete potuto intraprendere ilviaggio per Versailles senza consigli e
senza soccorsi! Appena siete arrivata hanno rotto le mie catene! C'è dunquenella bellezza e nella virtù un fascino
invincibile che fa cadere le porte di ferro e rende molli i cuori dibronzo!»
Alla parola virtù la bella St-Yves si lasciò sfuggire deisinghiozzi. Non sapeva quanto in realtà fosse virtuosa
proprio nel delitto che si rimproverava.
Il suo amante continuò: «Angelo che avete rotto le mie catenese aveteavuto (non riesco a capire come)
abbastanza credito da farmi rendere giustiziafate che sia resa anche a unvecchio che per primo mi ha insegnato a
pensarecome voi mi insegnaste ad amare. La calamità ci ha unito; glivoglio bene come fosse mio padrenon posso
vivere né senza di voi né senza di lui.»
«Io! Dovrei sollecitare lo stesso uomo che...!» «Sìvoglio esservidebitore di tuttonon voglio mai essere
debitore a nessuno salvo che a voi: scrivete a quell'uomo potentecolmatemidei vostri beneficiportate a termine ciò
che avete cominciatocompite i vostri prodigi.» Ella sentiva di dover faretutto ciò che il suo amante esigeva. Cercò di
scriverema la sua mano non obbediva. Ricominciò la lettera tre volte; allafine scrisse e i due amanti uscirono dopo
aver abbracciato il vecchio martire della grazia efficiente.
La felice e desolata St-Yves sapeva in quale casa aveva preso alloggio suofratello; ci andò; il suo amante prese
un appartamento nella stessa casa.
Erano appena giunti che il suo protettore inviò l'ordine della liberazionedel buon Gordon e chiese un
appuntamento per l'indomani. Cosìad ogni azione onesta e generosa che ellafacevail suo disonore ne era il prezzo.
Considerava con esecrazione l'uso di vendere la felicità e l'infelicitàdegli uomini. Dette l'ordine di scarcerazione al suo
amanterifiutò l'appuntamento con un benefattore che non poteva più vederesenza soffocare di dolore e di vergogna.
L'Ingenuoche non poteva più separarsi da lei se non per andare a liberareun amicovi andò di corsa. Compì questo
dovere riflettendo sugli strani avvenimenti di questo mondoe ammirando lacoraggiosa virtù di una fanciulla cui due
sventurati dovevano più della vita.
XIX • L'INGENUOLA BELLA ST-YVES E I LORO PARENTI SONO RIUNITI
La generosa e rispettabile infedele era con suo fratellol'abate di St-Yvesil buon priore della Montagna e la
signorina di Kerkabon. Tutti erano ugualmente stupitima le loro situazionie i loro sentimenti erano ben diversi.
L'abate di St-Yves piangeva i suoi torti ai piedi della sorellache loperdonava. Il priore e la sua tenera sorella
piangevano anche loroma di gioia. Il malvagio balivo e il suoinsopportabile figliolo non turbavano affatto questa
scena toccante: erano partiti alle prime voci della scarcerazione del loronemico; correvano a seppellire in provincia la
loro idiozia e la loro paura.
I quattro personaggiagitati da cento passioni diverseaspettavano che ilgiovane tornasse con l'amico che
doveva liberare. L'abate di St-Yves non osava alzare gli occhi davanti a suasorella; la buona Kerkabon diceva:
«Finalmente rivedrò il mio caro nipote.» «Lo rivedrete» dissel'affascinante St-Yves«ma non è più lo stesso; il suo
contegnoil suo tonole sue ideeil suo spiritotutto è cambiato; èdiventato tanto rispettabile quanto prima era ingenuo
ed estraneo a tutto. Sarà l'onore e la consolazione della vostra famiglia;ma io non lo sarò affatto della mia!» «Anche voi
non siete più la stessa» disse il priore; «che vi è successo che haprodotto in voi un così gran cambiamento?»
Nel bel mezzo di questa conversazione arriva l'Ingenuoche tiene per mano ilsuo giansenista. La scena allora
si rinnovò e divenne più interessante. Cominciò con i teneri abbraccidello zio e della zia. L'abate di St-Yves si metteva
quasi in ginocchio davanti all'Ingenuoche non era più ingenuo. Idue amanti si parlavano con gli occhi che20
esprimevano tutti i sentimenti di cui traboccavano. Si vedevano scintillarela soddisfazione e la riconoscenzasulla
fronte dell'uno; l'imbarazzo era dipinto negli occhi teneri e un po'sconvolti dell'altra. Tutti si stupivano che in lei si
mescolasse il dolore a una gioia così grande.
Il vecchio Gordon divenne subito caro a tutta la famiglia. Era statoaccomunato nell'infelicità al giovane
prigionieroe ciò era già un gran titolo. Doveva la sua liberazione ai dueamantie questo bastava a riconciliarlo
coll'amore; l'asprezza delle sue antiche opinioni aveva lasciato il suocuore; era diventato anche lui un uomocome
l'Urone. Ognuno raccontò le sue avventure prima di cena. I due abatilaziaascoltavano come bambini che sentono le
storie dei fantasmie come uomini che s'interessavano tutti a tantidisastri. «Ohimè!» disse Gordon«ci sono più di
cinquecento persone virtuose che si trovano in questo momento nelle medesimecatene che la signorina di St-Yves ha
spezzato: le loro sventure sono sconosciute. Si trovano sempre tante manipronte a colpire la massa dei disgraziatima
raramente una mano che porti soccorso.» Questa riflessione così veraaumentava la sua sensibilità e la sua riconoscenza;
tutto raddoppiava il trionfo della bella St-Yves; si ammiravano la grandezzae la fermezza del suo animo.
L'ammirazione era unita a quel rispetto che sentiamonostro malgradoperuna persona di cui si crede che abbia credito
a corte. L'abate di St-Yves diceva ogni tanto: «Ma come avrà fatto miasorella per ottenere ascolto così presto?»
Stavano per mettersi a tavoladi buon'oraquando ecco che arriva la buonaamica di Versailles che non sapeva
nulla di ciò che era successo; era in carrozza a sei cavallie si puòfacilmente intuire a chi appartenesse
l'equipaggiamento. Entrò con quel fare imponente da persona di corte che hagrandi affarisalutò con un cenno leggero
la compagnia etraendo in disparte la St-Yves: «Perché vi fate tantoaspettare? Seguitemi; eccovi i diamanti che avevate
dimenticato.» Non poté parlare tanto basso da non farsi intenderedall'Ingenuo; egli vide i diamanti; il fratello ne fu
interdetto; lo zio e la zia non provarono che la sorpresa della brava genteche non ha mai visto in vita sua tanta
magnificenza. Il giovaneche si era formato in un anno di riflessionirifletteva appuntosuo malgradoe parve turbato
un momento. La sua amante se ne accorse; un pallore mortale le sbiancò ilvisofu presa da un fremitosi sostenne
appena. «Ahsignora» disse alla fatale amica«mi avete perduta! Miportate la morte!» Queste parole ferirono il cuore
dell'Ingenuo; ma aveva imparato a padroneggiarsi; fece finta di non averlenotateper paura di inquietare la sua amante
davanti al fratello; ma impallidì come lei.
La St-Yvesterrorizzata dall'alterazione che aveva letto sul visodell'amantetrascina quella donna fuori della
stanza in un corridoioe getta a terra i diamanti davanti a lei. «Non sonoquesti che mi hanno sedottalo sapete bene; ma
colui che me li ha dati non mi rivedrà mai più.» L'amica li raccolsee laSt-Yves aggiunse: «Ch'egli li riprendao ne
faccia dono a voi; andatevenenon fatemi avere ancor più vergogna di mestessa.» Finalmente l'ambasciatrice se ne
andòsenza poter capire i rimorsi di cui era stata testimone.
La bella St-Yvesoppressafisicamente sconvolta da una specie dirivolgimento che le toglieva il respirofu
costretta a mettersi a letto; ma per non allarmare nessuno non parlò affattodi ciò che soffriva eportando a pretesto solo
la stanchezzachiese il permesso di prendersi un po' di riposo; ma questonon prima di aver rassicurato la compagnia
con parole consolanti e lusinghieree aver gettato sul suo amante sguardiche portavano il fuoco nel suo animo.
La cenasenza la sua presenza che l'animassefu triste all'inizioma diquella tristezza interessante che fa
sorgere conversazioni piacevoli e utilicosì superiori alla frivola gioiache si cerca e che di solito è solo rumore
importuno.
Gordon fece in poche parole la storia del giansenismo e del molinismodellepersecuzioni con le quali un
partito opprimeva l'altroe della ostinazione di tutti e due. L'Ingenuo nefece la critica e compiangeva gli uomini che
non contenti di tante discordie accese dai contrasti di interessesi creanonuovi mali per interessi chimerici e per
assurdità inintelligibili. Gordon raccontaval'altro giudicava; i convitatiascoltavano con emozione e acquistavano nuovi
lumi. Si parlò della lunghezza delle nostre sventure e della brevità dellavita. Si notò che ogni professione ha un qualche
vizio o pericolo che le è proprio e chedal principe fino all'ultimo deimendicantitutto sembra accusare la natura.
Come mai si trovano tanti uomini cheper poco denarosi fanno ipersecutorii sicarii boia di altri uomini? Con quale
inumana indifferenza un uomo dotato di potere firma la distruzione di unafamiglia e con quale gioia più barbara dei
mercenari eseguono la condanna!
«Ho visto nella mia gioventù» disse il buon Gordon«un parente delmaresciallo di Marillac cheessendo
perseguitato nella sua provincia a causa di quell'illustre sventuratosinascondeva a Parigi sotto falso nome. Era un
vegliardo di settantadue anni. Sua moglieche l'accompagnavaaveva press'apoco la stessa età. Avevano avuto un
figlio libertino chea quattordici anniera scappato dalla casa paterna;divenuto soldatopoi disertoreera passato per
tutti i gradi della depravazione e della miseria; alla fineavendo preso unnome falsoera entrato nelle guardie del
cardinale Richelieu (giacché questo pretecome il Mazarinoaveva delleguardie); aveva ottenuto un posto di ufficiale
di polizia in quella compagnia di sicari. Questo avventuriero fu incaricatodi arrestare il vegliardo e la sua sposae portò
a termine il suo compito con tutta la durezza di un uomo che voleva solo farpiacere al suo padrone. Mentre li
conducevaudì le due vittime deplorare la lunga sequenza di sventure cheavevano provato fin dalla culla. Il padre e la
madre contavano tra le loro maggiori disgrazie gli errori e la perdita delfiglio. Egli li riconobbema non per questo
mancò di condurli in prigioneassicurando loro che Sua Eminenza dovevaessere servita prima di tutto. Sua Eminenza
ricompensò il suo zelo.
«Ho visto una spia del padre La Chaise tradire il proprio fratellonellasperanza di un piccolo beneficioche
del resto non ebbe affatto; e l'ho visto morirenon di rimorsoma di doloreper essere stato ingannato dal gesuita.21
«La professione di confessoreche ho a lungo esercitatomi ha fattoconoscere i segreti delle famiglie; non ne
ho mai viste che non fossero immerse nell'amarezzamentre dal di fuoricoperte da una maschera di felicitàparevano
navigare nel benesseree ho sempre notato che i grandi dolori erano semprefrutto della nostra cupidigia sfrenata.»
«Quanto a me» disse l'Ingenuo«penso che un'anima nobilericonoscente esensibilepuò vivere felice; e
conto di gioire di una felicità senza ombre con la bella e generosa St-Yves.Perché mi lusingo» aggiunse rivolto verso il
fratello con un sorriso di amicizia«che non mi rifiuteretecome l'annoscorsoe che quanto a me mi comporterò in
maniera più decorosa.» L'abate si sprofondò in scuse per il passato e inproteste di affetto eterno.
Lo zio Kerkabon disse che sarebbe stato il più bel giorno della sua vita. Labuona ziaestasiandosi e piangendo
di gioiaesclamò: «Ve l'avevo detto che non sareste mai diventatosuddiacono; questo sacramento è meglio di
quell'altro; fosse piaciuto a Dio che anch'io ne fossi stata onorata! Ma vifarò da madre.» Allora fu una gara a chi lodava
di più la tenera St-Yves.
Il suo amante aveva il cuore troppo colmo per ciò che aveva fatto per luil'amava troppo perché l'avventura dei
diamanti avesse fatto sul suo cuore un'impressione dominante. Ma questeparole che aveva udito troppo bene: voi mi
date la mortelo spaventavano ancora in segreto e corrompevano tutta lasua gioiamentre gli elogi della bella amante
aumentavano ancora il suo amore. Insommaci si occupava soltanto di lei; siparlava della felicità che i due amanti
meritavano; si prendevano accordi per vivere tutti insieme a Parigisifacevano progetti di ricchezza e di grandezzaci
si abbandonava a tutte quelle speranze che un barlume di felicità fa nascerecosì facilmente. Ma l'Ingenuonel fondo del
cuoreprovava un sentimento segreto che respingeva queste illusioni.Rileggeva le promesse firmate St-Pouangee i
certificati firmati Louvois; gli furono dipinti questi due uomini come eranoin effettio erano creduti essere. Ognuno
parlò dei ministri e del ministero con quella libertà con cui si parla atavola e che è considerata in Francia come la più
preziosa libertà che si possa godere sulla terra.
«Se fossi re di Francia» disse l'Ingenuo«ecco il ministro della guerrache sceglierei: vorrei un uomo di nascita
nobilissimaper la ragione che dà ordini alla nobiltà. Esigerei che fossestato egli stesso ufficialeche fosse passato per
tutti i gradiche fosse diventato almeno luogotenente generale degliesercitie degno di essere maresciallo di Francia;
non è infatti necessario che abbia servito per conoscere meglio i dettaglidel servizio? E gli ufficiali non obbediranno
forse con un entusiasmo cento volte maggiore ad un uomo di guerra che avràdato prova come loro del suo coraggio
piuttosto che a un burocrate cheper quanto possa essere intelligentepuòal massimo indovinare le operazioni di una
campagna? Non mi dispiacerebbe che il mio ministro fosse generosoanche sequesto mettesse talvolta in imbarazzo il
custode delle finanze reali. Mi piacerebbe che avesse un lavoro facile e cheanzi si distinguesse per quella gaiezza di
spiritoappannaggio degli uomini superiori agli affariche piace tanto allanazionee che rende tutti i doveri meno
penosi.» Desiderava che un ministro avesse questo carattere perché avevasempre notato che il buonumore è
incompatibile con la crudeltà.
Monsignor di Louvois non sarebbe forse stato contento dei desideridell'Ingenuo: aveva infatti un'altra sorta di
meriti.
Ma mentre si era a tavolala malattia della povera ragazza prendeva uncarattere maligno; il sangue si era
acceso e si era scatenata una febbre divorante; ella soffriva e non silamentavaattenta a non turbare la gioia dei
convitati.
Suo fratellosapendo che non dormivaandò al suo capezzale; fu sorpresonel vedere lo stato in cui si trovava.
Tutti accorsero; l'amante si presentò al seguito del fratello. Era senzadubbio il più allarmato e il più commosso di tutti;
ma aveva imparato ad unire la discrezione a tutti i felici doni che la naturagli aveva prodigatoe il sentimento
immediato della convenienza cominciava a dominare in lui.
Si fece venire subito un medico del vicinato. Era uno di quelli che visitanoi loro malati di corsache
confondono la malattia che hanno appena visto con quella che hanno sotto gliocchiche mettono una pratica cieca in
una scienza alla quale tutta la maturità di un discernimento sano e fruttodi riflessione non toglie maituttaviaun
margine di incertezza e di rischio. Peggiorò il male per la suaprecipitazione nel prescrivere un rimedio allora di moda.
La moda fin nella medicina! Era una mania anche troppo diffusa a Parigi.
La triste St-Yves contribuiva ancor più del medico a rendere la sua malattiapericolosa. Era l'anima che
uccideva il corpo. La folla di pensieri che l'agitavano portava nelle suevene un veleno più pericoloso di quello della
febbre più bruciante.
XX • LA BELLA ST-YVES MUORE E QUELLO CHE AVVIENE IN SEGUITO
Fu chiamato un altro medico: questiinvece di aiutare la natura e dilasciarla agire in un giovane corpo in cui
tutti gli organi si aggrappavano alla vitasi occupò solo di contraddire ilsuo collega. La malattia divenne mortale entro
due giorni. Il cervelloche è creduto essere la sede dell'intellettofuattaccato violentemente come il cuoreche si dice
sia la sede delle passioni.
Quale meccanica incomprensibile ha sottomesso gli organi al sentimento e alpensiero? Come mai una sola
idea dolorosa disturba la circolazione del sangue e come mai il sanguea suavoltaporta delle irregolarità nell'intelletto
umano? Qual è il fluido sconosciuto la cui esistenza è certa e chepiùrapido e più attivo della lucevola in meno di un
batter d'occhio in tutti i canali della vitaproduce le sensazionilamemoriala tristezza e la gioiala ragione o la22
vertigineriporta con orrore al ricordo ciò che si voleva dimenticaree fadi un animale pensante un oggetto di
ammirazione o un motivo di pietà e di lacrime?
Tutto questo diceva a se stesso il buon Gordon; e questa riflessione cosìnaturaleche gli uomini fanno
raramentenon toglieva niente alla sua commozione; infatti non era di queglisciagurati filosofi che si sforzano di essere
insensibili. Era toccato dalla sorte della giovane; come un padre che vedemorire lentamente il suo figlio adorato.
L'abate di St-Yves era disperatoil priore e sua sorella versavano fiumi dilacrime. Ma chi potrebbe descrivere
lo stato del suo amante? Nessuna lingua ha espressioni capaci di direl'enormità del suo dolore; le lingue sono troppo
imperfette.
La ziaquasi senza vitareggeva la testa della morente con le sue debolibracciasuo fratello era in ginocchio ai
piedi del letto. L'amante le stringeva la mano che bagnava di pianto esinghiozzava; la chiamava mia benefattricemia
speranzamia vitamia metàmia amantemia sposa. Alla parola sposa ellasospiròlo guardò con tenerezza
inesprimibile e subito dopo gettò un grido d'orrore; poiin uno di quegliintervalli in cui l'oppressione e l'abbattimento
dei sensile sofferenze per un poco sospese lasciavano all'anima la sualibertà e la sua forzagridò: «Iovostra sposa!
Ah! Amante caroquesto nomequesta felicitàquesto premionon eranofatti per me. Muoio e lo merito. O dio del mio
cuore! O voi che ho sacrificato ai demoni infernaliè fattasono punita;vivete felici.» Queste parole tenere e terribili
non potevano essere compresema portavano in tutti i cuori lo sgomento e lacommozione; ella ebbe il coraggio di
spiegarsi. Ogni parola fece fremere di sbigottimentodi dolore e di pietàtutti gli astanti. Tutti erano concordi nel
detestare l'uomo potente che aveva riparato un'orribile ingiustiziacommettendo un crimine maggiore e che aveva
costretto la più rispettabile innocenza a farsi sua complice.
«Chivoi colpevole!» le disse l'amante«nonon lo siete; la colpa nonpuò essere che nel cuoree il vostro è
della virtù e mio.»
Confermava questo sentimento con parole che sembravano riportare in vita labella St-Yves. Ella si sentiva
consolata e si stupiva di essere amata ancora. Il vecchio Gordon l'avrebbecondannata al tempo in cui non era che
giansenista; maessendo divenuto saggiola stimava e piangeva. In mezzo aquesta scena di lacrime e timorimentre il
pericolo che correva questa fanciulla così cara rattristava tutti i cuorimentre tutto era costernazioneviene annunciato
un corriere di corte. Un corriere! e di chi? e perché? Era da parte delconfessore del re per il priore della Montagna; non
era il padre La Chaise che scrivevama frate Vadbledsuo cameriereuomo aquel tempo molto importanteche
mandava agli arcivescovi le volontà del reverendo padreche dava udienzache prometteva beneficiche faceva talvolta
spedire mandati d'arresto. Scrisse all'abate della Montagna che suaRiverenza era informata delle avventure di suo
nipoteche la sua prigionia era stata solo un malintesoche queste piccoledisgrazie avvengono di frequenteche non
bisognava prestarvi troppa attenzionee che infine era conveniente che luiil priorevenisse a presentargli suo nipote
l'indomaniche doveva condurre con sé quella brava persona di Gordone cheluifrate Vadbledli avrebbe introdotti
al cospetto di sua Riverenza e di Monsignor di Louvoische avrebbe dettoloro due parole nell'anticamera.
Aggiungeva che la storia dell'Ingenuo e il suo combattimento controgl'Inglesi erano stati raccontati al reche
certamente il re si sarebbe degnato di notarlo al suo passaggio nellagalleriae forse gli avrebbe fatto perfino un cenno
col capo. La lettera terminava con la speranzamediante la quale lo sivoleva lusingareche tutte le dame di corte si
sarebbero fatte premura di introdurre suo nipote nelle loro stanzeche moltedi loro gli avrebbero detto: «Buongiorno
signor Ingenuo»; e che certamente si sarebbe parlato di lui alla cena delre. La lettera era firmata: Vostro affezionato
Vadbledfrate gesuita.
Il priore aveva letto la lettera ad alta voce; suo nipotefuriosomapadroneggiando un momento la sua collera
non disse niente al portatore; mavolgendosi verso il suo compagno disventure gli domandò che cosa pensasse di
quello stile. Gordon gli rispose: «È così dunque che si trattano gliuomini come fossero scimmie! Prima si picchiano
poi si fanno ballare.» L'Ingenuoripreso il suo carattereche torna semprea galla nei grandi movimenti dell'animo
strappò la lettera in mille pezzi e li gettò sul viso del corriere: «Eccola mia risposta.» Suo ziospaventatocredette di
vedere la folgore e venti mandati di cattura piombargli addosso. Andò dicorsa a scrivere per scusarsicome potéper
quello che gli sembrava la perdita di controllo di un giovanee che erainvece lo slancio di una grande anima.
Ma cure più dolorose occupavano tutti i cuori. La bella e sfortunata St-Yvessentiva già la fine avvicinarsi; era
calmama di quella calma terribile della natura accasciata che non ha piùforze per combattere: «Mio caro amante!»
disse con la voce che le tremava«la morte mi punisce della mia debolezza;ma spiro con la consolazione di sapervi
libero. Vi ho adorato tradendovivi adoro dandovi l'addio eterno.»
Non affettava una vana fermezza; non concepiva quella miserabile gloria checonsiste nel poter far dire a
qualche vicino: «È morta con coraggio.» Chi può perdere a vent'anni ilsuo amantela vitae ciò che vien chiamato
onoresenza rimpianti e senza strazio? Sentiva tutto l'orrore del suostato e lo faceva sentire con quelle parole e quegli
sguardi morenti che parlano così imperiosamente. Insommapiangeva come glialtri nei momenti in cui aveva la forza
di piangere.
Altri cerchino di lodare le morti fastose di coloro che entrano nelladistruzione con insensibilità: è la sorte di
tutti gli animali. Noi non moriamo come loro con indifferenza se non quandol'età o la malattia ci rendono simili a loro
per la stupidità dei nostri organi. Chiunque subisce una gran perdita hagrandi rimpianti; se li soffoca è perché porta la
vanità fin nelle braccia della morte.
Quando il momento fatale fu giuntotutti gli astanti sparsero lacrime egemiti. L'Ingenuo perse l'uso dei sensi.
Le anime forti hanno sentimenti più violenti delle altre quando sono tenere.Il buon Gordon lo conosceva abbastanza da
temere che tornato in sé si desse la morte. Furono allontanate tutte learmi; lo sventurato giovane se ne accorse; disse ai23
suoi parenti e a Gordonsenza pianti e senza gemitisenza commuoversi:«Pensate forse che ci sia qualcuno sulla terra
che abbia il diritto e il potere di impedirmi di uccidermi?» Gordon siguardò bene dallo sciorinargli quei fastidiosi
luoghi comuni con i quali si tenta di dimostrare che non è permesso usare lapropria libertà per cessare di essere quando
si sta orribilmente maleche non bisogna uscire dalla propria casa quandonon ci si può più vivereche l'uomo è sulla
terra come un soldato al suo posto di combattimento: come se importassequalcosaall'Essere degli esseriche
l'aggregato di qualche parte di materia si trovi in un posto invece che in unaltro; ragioni impotenti che una disperazione
ferma e ragionata disdegna di ascoltare e alle quali Catone rispose con uncolpo di pugnale.
Il tetro e terribile silenzio dell'Ingenuoi suoi occhi cupile labbratremantii fremiti del suo corpoportavano
nell'anima di tutti quelli che lo guardavano quel miscuglio di compassione edi spavento che incatena tutte le potenze
dell'animache esclude ogni discorsoe che si manifesta solo con parolerotte. L'ostessa e la sua famiglia erano accorsi;
tutti avevano paura della disperazione dell'Ingenuolo sorvegliavano avistaosservavano tutti i suoi movimenti. Già il
corpo freddo della bella St-Yves era stato portato in una sala in bassolontano dagli occhi del suo amanteche sembrava
cercarla ancorabenché fosse in uno stato tale da non poter vedere nulla.
In mezzo a questo spettacolo di mortementre il corpo era esposto alla portadella casa e due preti ai lati di
un'acquasantiera recitavano delle preghiere con aria distrattamentre deipassanti gettavano qualche goccia d'acqua
benedetta sulla bara perché non avevano di meglio da farealtriproseguivano il loro cammino con indifferenzai
parenti piangevano e l'amante era sul punto di togliersi la vitaecco chearriva il St-Pouange con l'amica di Versailles.
Il suo capriccioessendo stato soddisfatto una volta solasi eratrasformato in amore. Il rifiuto dei suoi doni lo
aveva irritato. Al padre La Chaise non sarebbe mai venuto in mente di andarein quella casa; ma St-Pouangeche aveva
tutti i giorni davanti agli occhi l'immagine della bella St-Yveschebruciava dalla voglia di soddisfare una passione che
per una volta che era stata appagataaveva affondato nel suo cuore ilpungolo del desiderionon esitò a venire a cercare
di persona colei che forse non avrebbe voluto vedere tre volte se fossevenuta spontaneamente.
Scende dalla carrozza; la prima cosa che si presenta ai suoi occhi è unabara; distoglie lo sguardo con quel
sentimento di disgusto da uomo che vive in mezzo ai piaceri e pensa che glidovrebbe essere risparmiato qualunque
spettacolo capace di riportarlo alla contemplazione della miseria umana. Faper salire. La donna di Versailles domanda
per curiosità chi è la persona che stanno per seppellire; viene pronunciatoil nome della signorina di St-Yves. A quel
nome ella impallidisce e dà in un grido; St-Pouange si volta; sorpresa edolore riempiono il suo animo. Il buon Gordon
era làcogli occhi pieni di lacrime. Interrompe le sue tristi preghiere permettere al corrente l'uomo di corte di tutta
quella orribile catastrofe. Gli parla con quell'autorità che conferiscono ildolore e la virtù. St-Pouange non era affatto
cattivo di natura; la corrente degli affari e dei divertimenti avevatrascinato il suo animoche non si conosceva ancora.
Non era prossimo alla vecchiaia che indurisce i cuori dei ministri; ascoltavaGordon cogli occhi bassi e ne asciugava
qualche lacrima che era stupito di versare: conobbe il pentimento.
«Voglio vedere assolutamente» disse«quell'uomo straordinario di cui miavete parlato; mi fa compassione
quasi quanto la vittima innocente della quale ho causato la morte.» Gordonlo segue fino alla camera in cui il priorela
Kerkabonl'abate di St-Yves e qualche vicino cercavano di riportare in vitail giovane che era di nuovo svenuto.
«Io ho fatto la vostra sciagura» gli disse il viceministro; «impiegheròil resto dei miei giorni a riparare.» Il
primo impulso che venne all'Ingenuo fu di ammazzarlo e uccidersi. Era fuoridi sé; ma era senza armi e sorvegliato da
vicino. St-Pouange non si scoraggiò affatto dei rifiuti accompagnati darimproveridel disprezzo e dell'orrore che aveva
meritato e che gli prodigarono. Il tempo addolcisce tutto. Monsignor diLouvois riuscì infine a fare dell'Ingenuo un
eccellente ufficiale; come tale è apparso sotto falso nome a Parigi e neglieserciticon l'approvazione di tutta la gente
dabbeneed è stato insieme guerriero e filosofo intrepido.
Non parlava mai di quest'avventura senza commuoversi; tuttavia la suaconsolazione era nel parlarne. Venerò
la memoria della tenera St-Yves fino all'ultimo momento della sua vita.L'abate di St-Yves e il priore ebbero ciascuno
un buon beneficio; la buona Kerkabon fu più contenta di vedere il proprionipote negli onori militari che nel
suddiaconato. La devota di Versailles si tenne gli orecchini di diamante ericevette in più un bel regalo. Il padre Tutto-a-tutti
ebbe delle scatole di cioccolatadi caffèdi zucchero canditodi limoniconfettaticon le Meditazioni del
Reverendo padre Croiset e Il Fiore dei santi rilegati inmarocchino. Il buon Gordon visse con l'Ingenuo fino alla morte
nella più intima amicizia; ebbe anche lui un beneficio e dimenticò persempre la grazia efficiente e il concorso
concomitante. Prese come motto: Il male serve a qualcosa. Ma quantagente onesta al mondo ha potuto dire: il male non
serve a niente.