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Mark Twain
Wilson lo svitato
a cura di
Patrizio Sanasi
UNA PAROLINA CONFIDENZIALE AL LETTORE
Chi è ignorante di faccende legali può sempre commettere errori quandotenta di
fotografare conla penna unascena di tribunale; per questo non ero disposto a mandare alle stampe icapitoli «legali» di questo librosenza prima
sottoporli a una revisione e correzione severa ed esauriente da parte di unavvocato con tutti i crismise è così che si
dice. Questi capitoli adesso sono a posto nei minimi dettagliperché sonostati riscritti sotto la diretta sorveglianza di
William Hicks che ha studiato legge nel sudovest del Missouritrentacinqueanni fae poi è venuto qui a Firenze per
motivi di salute e tuttoraper fare un po' d'esercizio e in cambio di vittoe alloggiodà una mano nel ristoro per
quadrupedi di
MacaroniVermicelliche si trova nelvicolo non appena volti l'angolo da piazza del Duomo subito dietrola casa nel cui muro è incastrata la pietra dove Dante era solito sedersiseicento anni faquando fingeva di osservare la
costruzione del campanile di Giotto e invece poi si stufava non appenapassava di lì Beatrice che andava a comprarsi
una fetta di castagnaccio per difendersi nel caso ci fosse una rivoltaghibellina prima che arrivasse a scuola.
L'acquistava alla stessa vecchia bancarella dove anche oggi si vende lostesso antico dolce che è leggero e buono
proprio come allorae questo non lo dico per complimentoanzi. Hicks era unpo' arrugginito in fatto di leggema si
aggiornò per l'occasionequindi quei due o tre capitoli «legali» adessosono aggiustati ed esatti. Me l'ha detto lui stesso.
Steso di mia mano il secondo giorno del gennaio 1893 a Villa Vivianivillaggio di Settignanoa tre miglia da
Firenzein collina - un posto che ti offre il panorama più incantevole chesi possa trovare su questo pianetae insieme il
tramonto più incantevole e fiabesco che si possa trovare in qualsiasipianeta o sistema solare che sia - e stesoper
giuntanel salone principalecoi busti dei senatori Cerretani e altricelebri personaggi della stessa casata che mi
guardano con approvazionecosì come guardavano con approvazione Dantechiedendomi senza parlare di adottarli
nella mia famigliail che io faccio con gioia perché anche i miei piùremoti antenati son solo dei pollastrelli in
confronto a queste antichità togate e maestosee sarà una grandesoddisfazione e un gran lustro per me fare ciò che i
seicento anni desiderano.
Mark Twain
I
Non c'é persolialitàper quanto schietta e rispettabileche non possaessere schiacciata dal ridicoloanche se insipido e
a buon mercato. Prendete l'asinoper esempio: ha un carattere perfetto e fratutti gli animali più umili ha l'animo più
nobile; eppure guardate come l'ha ridotto il ridicolo. Invece di sentircionorati quando ci danno dell'asinorestiamo
perplessi.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoDì la verità o la bleffa - ma prendi il piatto.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoLa scena di questa cronaca è la cittadina di Dawson's Landingsulla spondadel Mississippi dal lato del
Missouria mezza giornata di viaggioin vaporettoa sud di St. Louis.
Nel 1830 era un piccolo agglomerato compatto di modeste case di legno a uno odue pianicon le facciate a
calce seminascoste da un groviglio dl rose rampicantidi caprifogli e dicampanule. Davanti a ogni casa c'era un
giardinetto recintato da una staccionata bianca e riccamente fiorito dimalvarosecalendole e altri fiori che usavano
allorae sui davanzali si allineavano cassette di legno e vasi diterracottadove cresceva una varietà di geranio dal
colore rosso intenso che accendeva come una vampata sulle facciate rivestitedi rose. Quando sul davanzaleoltre ai
vasi e alle cassettec'era spazio per il gattoil gatto era lìnellegiornate di solesdraiato in tutta la sua lunghezza
sonnolento e beatocol pancino peloso al sole e una zampa arricciata intornoal naso. Allora la casa era completae la
sua pienezza e la sua pace erano rese note al mondo da questo simbolola cuitestimonianza è infallibile. Una casa senza
il gatto - un gatto ben pasciutoben trattato e debitamente riverito -potrà anche essere una casa perfettama come può
dimostrarlo?
Lungo le stradedai due latial limite esterno dei marciapiedi di pietrasi allineavano i rarrubi con i tronchi
protetti da un'incassatura di legnoe offrivano ombra d'estate e una dolcefragranza a primaveraquando sbocciavano i
primi grappoli di germogli. La strada principaleche correva parallela alfiumeda cui lo separava un isolatoera la sola
dove prosperasse il commercio. Si componeva di sei isolatie in ciascuno diquesti isolatidue o tre emporiedifici di
tre pianiin mattonitorreggiavano su un intrico di bottegucce in baracchedi legno. Le insegne oscillanti cigolavano al
vento per tutta la lunghezza della strada. Il palo a strisce che a Venezialungo i canali bordati di palazzista a indicare
una nobiltà orgogliosa e anticanella strada principale di Dawson's Landingcontrassegnava semplicemente la bottega
del barbiere. All'angolo più importante della strada c'era un palo altoaddobbato da cima a fondo con pentolepadelle e
ciotole di metallorumorosa insegna con cuiquando soffiava il ventoillattoniere annunciava al mondo intero che lì a
quell'angolo il negozio era a disposizione della rispettabile clientela..3
La fronte della cittadina era lambita dalle limpide acque del grande fiume;dietro il corpo centrale si estendeva
verso l'interno per un lieve pendioe la parte più arretrata si sfrangiavasparpagliando le case qua e là ai piedi delle
colline; le colline salivano alte a racchiudere l'abitato in una curva amezzalunaammantate di foreste dalle falde alle
vette.
I battelli andavano avanti e indietro ogni ora o giù di lì. Quelli dellepiccole linee di Cairo e di Memphis si
fermavano sempre; i grandi vapori di Orleans si fermavano solo a richiestaoppure per sbarcare passeggeri e merci. E lo
stesso valeva per la grande flotta dei battelli «in transito». Questiultimi provenivano da una dozzina di fiumi diversi -
l'Illinoisil Missouril'Alto Mississippil'Ohioil MonongahelailTennesseil Red Riveril White Rivere così via; e
viaggiavano in tutte le direzioni ed erano carichi di tutti gli articolipossibili e immaginabilivoluttuari e di prima
necessitàche potevano rispondere alle esigenze delle varie comunità delMississippidalle gelide cascate di St.
Anthonyattraverso nove climi diversifino alla torrida New Orleans.
Dawson's Landing era una cittadina schiavistasu cui gravitava una campagnadove gli schiavi coltivavano
grano e allevavano maiali. La cittadina era sonnolentaagiata e soddisfatta.Aveva una cinquantina d'anni e cresceva
lentamente - molto lentamente anzi - ma cresceva.
Il cittadino più importante era York Leicester Driscollsulla quarantinagiudice del tribunale della contea.
Fiero della sua ascendenza virginianamanteneva vive le tradizioni delproprio casato sia nell'ospitalità che nei modi
piuttosto formali e solenni. Era una persona nobilegiusta e generosa.Essere un gentiluomo - un gentiluomo senza
macchia né difetto - era la sua unica religionea cui rimase sempre fedele.Era rispettatostimato e amato da tutta la
comunità. Di condizione agiatacontinuava ad aumentare sistematicamente ilproprio capitale. Lui e sua moglie erano
quasi felicima non interamente perché non avevano figli. Il desiderio diun figlio loro si era andato facendo sempre più
forte col passare degli annima quella benedizione non arrivavané sarebbearrivata mai.
Insieme alla coppia viveva la sorella del giudicela signora Rachel Prattuna vedova anche lei senza figli:
senza figli e perciò afflitta e inconsolabile. Le donne erano buone esemplicifacevano il loro doveree ne ricavavano la
ricompensa di una coscienza pulita e dell'approvazione della comunità. Eranopresbiterianementre il giudice era un
libero pensatore.
Pembroke Howardavvocato e scapolosulla quarantinaera un altro illustrediscendente delle prime famiglie
della vecchia Virginia. Era un bell'uomocoraggioso e imponenteungentiluomo secondo tutte le regole della Virginia
presbiteriano devotoun'autorità in fatto di «codici» e semprecortesemente dispostose una qualche sua azione o parola
vi fosse parsa dubbia o sospettaa scendere sul terreno e a chiarirvelalasciando a voi la scelta dell'arma: dal punteruolo
all'artiglieria. Godeva di grande popolaritàed era il più caro amico delgiudice.
Poi c'era il colonnello Cecil Burleigh Essexun altro grosso calibroanchelui oriundo della Virginia;
comunquecon lui non avremo nulla a che fare.
Percy Northumberland Driscollfratello del giudice e di cinque anni piùgiovaneera sposato e aveva avuto
figli intorno al proprio focolare; ma uno ad uno erano stati aggrediti dagliorecchionidalla difterite e dalla scarlattina
cosa che aveva dato modo al dottore di applicare efficacemente i propriinfallibili metodi antidiluviani; e così le culle
erano vuote. Era un uomo riccoaveva il bernoccolo delle speculazionie ilsuo patrimonio aumentava. Il 1° febbraio
1830 nacquero in casa sua due maschiettiil suo e quello di una delle sueschiavedi nome Roxana. Roxana aveva
vent'anni. Il giorno stesso era già in piediindaffaratissimaperchédoveva occuparsi di tutti e due i neonati.
La signora Percy Driscoll morì nel giro di una settimana. Roxy restò condue bambini da accudire. Con loro
aveva carta biancaperché il signor Driscoll presto s'immerse nellespeculazioni e l'abbandonò alle sue incombenze.
In quello stesso mese di febbraio Dawson's Landing si arricchì di un nuovocittadino. Costui era il signor
David Wilsonun giovanotto di origine scozzese. Aveva vagato fino a questaremota regione dal suo luogo di nascita
nell'interno dello stato di New Yorkin cerca di fortuna. Aveva venticinqueanniuna laureae due anni prima aveva
terminato un corso di specializzazione in legge in un'università dell'Est.
Era un tipo bruttinolentigginosobiondiccionei cui intelligenti occhiazzurridallo sguardo franco e cordiale
si accendeva a tratti un guizzo malizioso. Se non fosse stato per una frasepoco feliceavrebbe immediatamente
percorso una brillante carrieraa Dawson's Landing. Ma disse la frase fataleil primo giorno che ci arrivòe questa lo
«bollò». Aveva appena fatto la conoscenza di un gruppo di cittadiniquando un cane invisibile cominciò ad abbaiare
guaireulularee a rendersi manifestamente molestoper cui il giovaneWilson dissecome pensando ad alta voce:
«Vorrei possedere la metà di quel cane.»
«Perché?» chiese qualcuno.
«Perché ammazzerei la
mia metà.»Gli uomini lo scrutarono in viso con curiositàperfino con ansiasenzatrovare nessun barlumenessuna
espressione che riuscissero a interpretare. Si allontanarono da lui come daqualcosa di soprannaturale e si ritirarono in
privato a discutere. Uno disse: «Pare un matto.»
«Pare?» disse un altro. «Secondo me faresti meglio adire è.»
«Dice che vorrebbe possedere mezzo canel'idiota» disse un terzo. «Checosa pensa che accadrebbe all'altra
metàse lui ammazzasse la sua metà? Secondo voipensa che vivrebbe?»
«Mahdeve averlo pensatoa meno che non sia il più completo imbecilledella terra; perché se non lo avesse
pensatoavrebbe voluto possedere il cane intero sapendo che se ammazzava lapropria metà e l'altra metà moriva
sarebbe stato responsabile di quella metà esattamente allo stesso modo chese avesse ucciso quella metà invece della
propria. Non pare così anche a voi?».4
«Sì. Se possedesse una metà qualunque del canesarebbe così. Sepossedesse un'estremità del cane e un'altra
persona possedesse l'altrasarebbe pure lo stesso; specialmente nel primocasoperché se uno ammazza una metà
qualunque di un cane non c'è nessuno che possa dire di chi sia quella metàma se possiede un'estremità del cane forse
potrebbe uccidere la sua estremità e...»
«Nonon potrebbe farlo; non potrebbe farlo senza assumersi laresponsabilità se l'altra metà morissee
morrebbe. Secondo me quell'uomo è malato di mente.»
«Secondo me non ce l'ha neppure una mente.»
Il numero 3 disse: «Behad ogni modo è un lunatico.»
«Ecco quello che è» disse il numero 4: «E un cretinoun puro e semplicecretinose mai ce n'è stato uno.»
«Sissignoreper me è un maledetto idiota» disse il numero 5. «Non èdetto che tutti la debbano pensare come
mema questo è il mio parere.»
«Sono d'accordo con voisignori» disse il numero
6. «Un perfetto asinosì; e non sarebbe eccessivo dire che è uno svitato.Se lui non è uno svitatoio non sono
un buon giudice.»
Il signor Wilson raccolse così il suffragio popolare. L'incidente furaccontato in giro per tutta la cittàe tutti ne
discussero con gravità. Di lì a una settimana aveva perso il nome dibattesimosostituito con quello di Svitato. Col
tempo riuscì a farsi benvoleree anche molto; ma ormai il soprannome gli siera incollato addosso e lì stava. Il verdetto
di quel primo giorno aveva stabilito che era uno scioccoed egli non riuscìa farlo dimenticare e neppure modificare.
Ben presto il soprannome cessò di essere l'espressione di sentimentioffensivi e ostilima gli rimase e continuò a
rimanergli per venti lunghi anni.
II
Adamo era semplicemente un essere umanoe questo spiega tutto. Non voleva lamela per amore della mela. La voleva
soltanto perché era proibita. Lo sbaglio fu di non proibirgli il serpente;perché allora avrebbe mangiato il serpente.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoWilson lo Svitato era arrivato con un po' di soldie si comprò una casettaall'estremità occidentale della
cittadina. Fra questa casetta e quella del giudice Driscoll c'era soltantouno spiazzo erbosocon in mezzo una
staccionata che divideva le due proprietà. Affittò un piccolo ufficio alcentro della città e appese di fuori una targa con
questa scritta:
DAVID WILSON
Avvocato e consulente legale
Stimecessioni ecc.
Ma la frase letale gli aveva rovinato la piazzaper lo meno in campogiuridico. Non venne nessun cliente.
Dopo un po' tolse la targa e la mise davanti a casacancellandovi tutte lequalifiche legali. Offrì i propri servigi come
agrimensore e contabile. Di tanto in tanto gli affidavano qualche rilievotopograficoe alcuni commercianti gli facevano
sistemare i libri mastri. Con pazienza tipicamente scozzese decise di sfatarela cattiva fama e di tornare a farsi strada nel
campo legale.
Povero diavolonon poteva prevedere che gli sarebbe costato tanto tempo etante pene.
Aveva una quantità enorme di tempo liberoma non gli pesavaperchés'interessava a tutto ciò che di nuovo
nasceva nell'universo delle idee; le trasformava in oggetto di studio e diesperimento lì a casa sua. Una delle sue
passioni era la chiromanzia. Un'altra passione rimase senza nomee non vollemai spiegare a nessuno a cosa servisse
limitandosi a definirla un divertimento. Aveva scoperto infatti che le suemanie gli accrescevano la fama di svitatoper
cui si guardava bene dal parlarne troppo. La mania senza nome aveva a chefare con le impronte digitali. Si portava
nella tasca della giacca una scatola piattaa intacchidove erano sistematelastrine di vetro lunghe dodici centimetri e
larghe sette. Sul bordo inferiore di ogni lastrina era incollata unastriscetta di carta bianca. Wilson pregava le persone di
passarsi la mano fra i capelliper raccogliervi un leggero strato di grassonaturalepoi di premere su una lastrina il
pollice euno dopo l'altroi polpastrelli di tutte le altre dita. Sottoquesta fila di impronte leggermente unte scriveva
sulla striscetta di cartauna annotazione tipo:
John Smith
mano destrae aggiungeva il giorno del mese e l'anno; poisu un'altra lastrinaprendevale impronte della sinistra di Smith e
aggiungeva la data e le parole «mano sinistra». Le lastrine venivano quindirimesse nella scatola e andavano ad
allinearsi tra quelle che Wilson chiamava le sue «schede».
Spesso studiava quelle «schede» esaminandole e concentrandovisifino anotte fondama quello che ricavava
ammesso che ne ricavasse qualcosanon lo rivelava a nessuno. Talvoltaricopiava sulla carta i tortuosi e delicati.5
arabeschi lasciati da un polpastrello e poi li ingrandiva con un pantografoin modo da poter esaminare con tutto agio la
ragnatela di linee ricurve.
Un pomeriggio soffocante - era il 1° luglio del 1830 - stava cercando disbrogliare una serie di conti
ingarbugliati nel suo laboratorio che a occidente si affacciava su unadistesa di lotti abbandonatiquando lo distrasse
una conversazione che si svolgeva all'esterno. La conversazione era condottaa base di urlail che stava a dimostrare che
le persone che parlavano non erano vicine tra loro.
«EhiRoxycome ti cresce il pupo?» questa era la voce distante.
«Benone; e a te come ti vaJasper?» questo da distanza ravvicinata.
«Mica male; non mi posso lagnare. Un giorno o l'altro verrò a dichiararmiRoxy.»
«Ah sìbrutto grugno nero? ah ah ah! Ho meglio da fare io che perderetempo con un negro nero come te. Che
la Nancy della vecchia Cooper t'ha mollato un calcio nel sedere?» E Roxyaccompagnò la battuta con un'altra allegra
risata.
«Sei gelosaecco cosa seipiccola sciacquetta. Ah ah ah. Finalmente t'hopizzicato!»
«Ah sìm'hai pizzicato? Parola miaJasperse la spocchia ti cascaaddossosicuro che ci rimani. Se
appartenevi a me ti vendevo giù al fiume per tutte le libertà che ti pigli.La prima volta che mi capita di incontrare il tuo
padroneglielo dico ioeccome.»
Il futile battibecco continuò all'infinito per la gioia dei dueinterlocutori che si godevano un mondo quel duello
amichevoletutt'e due pienamente soddisfatti della propria arguzia: perchédi arguzia ritenevano si trattasse.
Wilson si accostò alla finestra per osservare i contendenti; non potevalavorare finché seguitavano a
chiacchierare. Laggiùnei lotti abbandonatic'era Jaspergiovanenerocome il carboneun fisico meravigliososeduto
su una carriola in pieno solleone eteoricamenteal lavoro; in realtà sistava concedendo un'ora di riposo prima di
cominciare. Davanti al porticato di Wilson c'era Roxycon una carrozzina daneonati fabbricata da un artigiano del
luogoalle cui opposte estremità erano sedutiuno di fronte all'altroisuoi due pupilli. A giudicare dal modo di parlare
un estraneo avrebbe dedotto che Roxy era negrama non lo era. Solo per unasedicesima parte era negrae quella
sedicesima parte non si vedeva. Aveva un aspetto maestosoatteggiamentiimponenti e statuarigesti e movenze
improntati a una grazia nobile ed elegante. Di carnagione chiarissimaavevagote luminose e rosate che testimoniavano
una salute vigorosa. Il volto era pieno di carattere e di espressione; gliocchi scuri e languidi. I capelliscuri anch'essi
formavano un riccosoffice mantocelato al momento dal fazzoletto a quadriche le fasciava il capo. Il viso era ben
modellatointelligente e gradevolebello perfino. Aveva un'aria fieradisinvoltaquando si trovava fra la gente della sua
razza. E anche un certo modo di fare altezzoso e «impunito»; manaturalmente in mezzo ai bianchidiventava umile e
docile. Sotto tutti i punti di vista Roxy era bianca come chiunque altromaquella sedicesima parte negra predominava
sulle altre quindicie faceva di lei una negra. Era una schiava e come talemerce da vendere. Suo figlio era per trentun
parti bianco e anche lui schiavo eper un capriccio della legge e delleusanzeun negro. Aveva occhi azzurri e riccioli
biondicome il suo compagno bianco; perfino il padre del bimbo biancoriusciva a distinguerli - per quel tanto che se ne
occupava - unicamente dai vestiti. Perché il bambino bianco portava unavestina di leggerissima mussolatutta crespe e
gale e una collanina di corallimentre l'altro aveva indosso una semplicecamicina di lino grezzoe niente monili.
Il bambino bianco si chiamava Thomas Becket Driscoll; l'altro Valet deChambre. Nessun cognome: gli
schiavi non avevano questo privilegio. Roxana aveva sentito da qualche partequell'espressione: suonava bene e le era
piaciutae convinta che si trattasse di un nome propriolo aveva affibbiatoal suo tesoro. Naturalmente venne ben presto
abbreviato in «Chambers».
Wilson conosceva Roxy di vistae mentre l'arguto duetto volgeva al termineera uscito per raccogliere un paio
di «schede». Jaspervedendo che il suo ozio era stato notatoattaccòenergicamente a lavorare.
Wilson guardò i bambini e chiese:
«Che età hannoRoxy?»
«Tutt'e due la stessasignore. Cinque mesi. Nati il 1° febbraio.»
«Belle creature. E tutti e due ugualmente belli.»
Un sorriso beato mise in mostra i bianchi denti della ragazzache disse:
«Siate benedettosignor Wilson. Siete molto gentile a dire cosìperchéuno è solo un negro. Un piccolo negro
di prim'ordineio dico semprema dico così per forza perché è mio.»
«Come fai a riconoscerliRoxyquando non hanno addosso i vestiti?»
Roxy rise con una risata proporzionata alla sua mole e disse: «Ohliriconosco sìsignor Wilson; ma ci
scommetto che padron Pierce non è capace mai.»
Wilson continuò a chiacchierare per un poco e subito dopo prese le improntedigitali di Roxy per la sua
collezione - la mano destra e la sinistra - su due lastrine. Poi leetichettò e datòe prese le «schede» di entrambi i
bambiniche pure etichettò e datò.
Due mesi dopoil 3 settembreprese per la seconda volta questo terzettod'impronte. Gli piaceva averne una
«serie»: due o tre «riprese» a intervalli regolari durante il periododell'infanziaalle quali facevano seguito altrea
intervalli di parecchi anni.
Il giorno dopo - vale a dire il 4 settembre - accadde una cosa che turbòprofondamente Roxana. Al signor
Driscoll venne a mancare
un'altrapiccola somma di denaroil chesignifica che non si trattava di un fatto nuovomache esso era accaduto anche prima. A dire il vero era già accaduto trevolte. La pazienza di Driscoll era esaurita. Era
piuttosto umano verso gli schiavi e altri animali; estremamente umano quandosi trattava di condonare gli errori di gente.6
della propria razza. Il furto non lo sopportavae chiaramente in casa suac'era un ladro. Di necessità il ladro doveva
essere uno dei suoi negri. Andavano prese misure energiche. Convocò davantia sé i propri servi. Erano treoltre a
Roxy: un uomouna donna e un ragazzino dodicennenon imparentati tra loro.
Il signor Driscoll disse:
«Siete stati già avvertiti in passato. Non è servito a nulla. Questa voltavi darò una lezione. Venderò il ladro.
Chi di voi è il colpevole?»
Rabbrividirono tutti alla minacciaperché quella era una buona casa eun'altra avrebbe probabilmente
rappresentato un cambiamento in peggio. Ci fu un diniego generale. Nessunoaveva rubato nullanon soldi per lo meno.
Un po' di zuccheroqualche dolcedel miele o cose del genereche a padronPierce non interessavanoneanche se ne
sarebbe accortoma soldi noneanche un centesimo. Le loro proteste furonoeloquentima il signor Driscoll non si
lasciò commuovere. A ciascuno di loro intimò severamente: a Fuori il nomedel ladro!»
In verità tutti erano colpevolitranne Roxana; lei sospettava che gli altrifossero colpevolima non lo sapeva
con certezza. Le faceva orrore pensare quanto lei stessa fosse stata lì lìper divenire colpevole; l'aveva salvata in
extremis un «risveglio religioso» della chiesa metodista di colorequindici giorni primaquando aveva «ricevuto la
fede». Il giorno dopomentre ancora fresca di quella benedetta esperienzasi pavoneggiava della sua condizione di
purificatail suo padrone aveva lasciato un paio di dollari a portata dimano sullo scrittoioe lei si era imbattuta in
quella tentazione mentre stava lustrando la stanza con uno straccio daspolvero. Guardò per un po' il denaro con un
risentimento che crescevacrescevae poi proruppe in un:
«Al diavolo il "risveglio". Magari lo rimandavano a domani!»
Poi coprì il denaro tentatore con un libroe un altro membro della servitùse lo prese. Consumò quel sacrificio
in nome di un'etica religiosacome un fatto necessario al momentoma chenon avrebbe a nessun costo segnato un
precedente. Nouna settimana o due avrebbero reso più flessibile la suareligiositàpoi avrebbe recuperato il proprio
raziocinio; e i primi due dollariderelitti e abbandonatiavrebbero trovatochi li consolasse - e lei sapeva bene il nome
di quell'anima buona.
Era cattiva? Peggiore della media della sua razza? No. Nella lotta della vitaloro avevano una posizione di
svantaggioe non ritenevano peccato approfittarsi del nemicoin misuramodesta; in misura modestanon su larga scala.
Sgraffignavano le provviste dalla dispensa ogni volta che si presentaval'occasioneoppure un ditale d'ottoneun
tocchetto di ceraun oggettino smerigliatouna cartina d'aghiun cucchiaiod'argento o un dollaroo piccoli effetti di
vestiarioo qualsiasi altro oggetto di poco contoed erano talmente lontanidal considerare peccaminosi questi furtarelli
che andavano in chiesa a cantare e pregare con quanto fiato avevano in corpoe con tutta sinceritàpur tenendo in tasca
la refurtiva. Nelle fattorieil magazzino delle carni affumicate dovevaessere munito di un robusto catenaccioperché lo
stesso diacono negro non avrebbe resistito alla visione di un prosciutto sela Provvidenza gli avesse indicatoin sogno o
altrimentidove una simile delizia stava a penzolare tutta solain attesadi qualcuno che la sapesse amare. Ma se ce
n'erano centoa penzolare davanti ai suoi occhiil diacono non ne prendevamai duecioè non nella stessa sera. Nelle
notti di gelatail ladruncolo negro dal cuore d'oroera capace diriscaldare l'estremità di una graticciata e metterla sotto
ai piedi freddi delle galline appollaiate su un albero; accadeva che unagallina insonnolita saltava su quella confortevole
impalcatura chiocciando sommessa la propria gratitudinee il ladruncolo sela faceva cadere prima nella borsa e poi
nello stomacoperfettamente convinto che nel sottrarre quell'inezia all'uomoche giornalmente lo privava di un tesoro
inestimabile - la libertà - non stava commettendo alcun peccato che ilGiorno del Giudizio Dio gli avrebbe rinfacciato.
«Fuori il nome del ladro!» Ripeté il signor Driscoll per la quarta volta esempre con lo stesso tono duro. E
aggiunse queste parole tremende:
«Vi do un minuto di tempo.» Tirò fuori l'orologio. «Se in capo a unminuto non avrete confessatonon solo vi
venderò tutti e quattro
ma vivenderò a valle del fiume!»Era come condannarli all'inferno! Nessun negro del Missouri aveva dubbi inproposito. Roxy vacillò e il
colorito le svanì dal viso; gli altri caddero in ginocchiocome abbattutida una fucilata; le lacrime sgorgarono dagli
occhile mani si alzarono supplichevolie tre risposte furono emessecontemporaneamente:
«Sono stato io!»
«Sono stato io!»
«Sono stata io! Pietàpadrone. Signoreabbi pietà di noi poveri negri!»
«Va bene» disse il padroneriponendo l'orologio. «Vi venderò
quiancile se non ve lo meritate. Dovresteessere venduti a valle del fiume.»
I colpevoli si gettarono a terra in un'estasi di gratitudine e gli baciaronoi piedidichiarando che mai avrebbero
dimenticato la sua bontà e mai avrebbero cessatoper tutta la vitadipregare per lui. Erano sinceriperchécome un dio
egli aveva teso la sua mano possente a chiudere per loro le portedell'inferno. Anche lui sapeva di aver compiuto un
gesto nobile e generosoe intimamente si sentì molto soddis fatto dellapropria magnanimità; e quella sera stessa riportò
l'accaduto nel suo diario così che suo figlionegli anni a venirepotesseleggerlo e sentirsi a sua volta ispirato a
compiere azioni buone e umanitarie.
III.
7Chiunque abbia vissuto abbastanza da capire cosa sia la vitasa qualeprofondo debito di gratitudine dobbiamo ad
Adamoil primo grande benefattore della nostra razza. Egli portò nel mondola morte.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoPercy Driscoll dormì benissimo la notte in cui salvò i suoi servi dallasorte di finire a valle del fiumema
neppure un'ombra di sonno calò sogli occhi di Roxy. Un terrore profondo siera impadronito di lei. Suo figlio sarebbe
cresciuto e sarebbe stato venduto a valle del fiume! Quel pensiero la rendevafolle d'orrore. Se si addormentava e
perdeva coscienza per un istanteun istante dopo era già in piedi chevolava alla culla del bimbo per vedere se fosse
ancora lì. Allora se lo stringeva al cuore e lo ricopriva di tutto il suoamore in un parossismo di bacidi lamentidi
piantidicendo: «Non lo farannonon lo faranno. Povera mamma tua piuttostoti ucciderà!»
Una voltamentre lo rimboccava nella cullal'altro bambino si rigirò nelsonno e attrasse la sua attenzione.
Allora gli andò vicina e rimase accanto a lui monologando:
«Che ha fatto il povero bambino mio che non gli tocca la fortuna che tocca ate? Niente ha fatto. Dio stato
buono con te; perché non è stato buono con lui? A te non ti possono venderegiù al fiume. Io lo odioil tuo papà; non ha
cuore - per lo meno non ce l'ha per i negri. Lo odio e mi sento che loammazzo!» Si fermò un momento a pensare; poi
proruppe di nuovo in violenti singhiozzie si allontanò dicendo: «Oh dioche mi tocca ammazzare il bambino mionon
mi scampo - accoppare
lui nonci salva che il bambino mio lo vendono giù al fiume. Oh dio che mi tocca che lofacciola povera mamma tua ti deve ammazzareamore mio.» Si strinse al petto ilbambino e prese a soffocarlo di carezze.
«Ammazzare ti deve mamma tua - che altro può fare? Ma non t'abbandona mammatuano no non piangere - con te
viene mamma tuapure mamma s'ammazza. Vieni tesorovieni insieme a mammatua; andiamo che ci buttiamo dentro
al fiumeche la facciamo finita con tutte le tribolazioni di questo mondo -là dove andiamo non si vendono i negri giù al
fiume.»
Si avviò verso la porta ninnandolo e tentando di zittirlo. A metà stradad'improvviso si fermò. Le era caduto lo
sguardo sul suo vestito nuovo della domenica - una cosetta da pochi soldidicotonina stampatauno scoppio di colori
vivaci e disegni fantastici. Lo osservò a lungo meditabonda e piena didesiderio.
«Non me lo sono ancora messo mai addosso; eppure quanto è bello.»
Poiannuendo col capoin risposta a un pensiero piacevoleaggiunse: «Noche non mi faccio mica pescare
fuori dal fiumecon tutta la gente intorno che mi guardain questimiserabili stracci di lana.»
Posò il bambino e si cambiò d'abito. Si guardò allo specchio e stupìdella propria bellezza. Decise di
perfezionare al massimo l'acconciatura funebre. Si tolse il turbante epettinò alla maniera delle «bianche» la massa di
capelli lucidi; aggiunse qualche ritaglio di nastro alquanto sbiadito e unmazzetto di fiori artificiali; poi si gettò sulle
spalle una specie di scialle vaporoso («nuvola» lo chiamavano a quel tempo)di colore rosso fiammae fu pronta per la
tomba.
Prese su il bambino; ma quando le caddero gli occhi sulla misera camiciolagrigia di lino grezzoe notò il
contrasto fra la straccioneria del povero piccolo e la propria esplosionevulcanica di infernali splendoriil suo cuore di
madre si commosse e provò una grande vergogna.
«Notesoro miomamma non ti tratterà così. Pure gli angeli ti devonoammirare come mamma tua. Mica si
devono coprire gli occhi con le mani mentre dicono a David e Golia e a tuttigli altri profeti: "Quel pupo sta vestito
indelicato per questo posto."»
E intanto gli aveva tolto la camiciola. Ora la creaturina nuda era statarivestita con una di quelle lunghe
candide vesticciole di Thomas Becketcon i fiocchetti azzurri e i delicatifronzoli di trine.
«Ecco quaora sì che sei bello e pronto.» Issò il bambino su una sedia esi allontanò un poco per esaminarlo
meglio. Rimase con gli occhi sgranati dallo stupore e dall'ammirazionebatté le mani ed esclamò: «Ma guarda che roba!
E chi se ne era mai accorto che eri tanto bello! Padron Tommy non è perniente meglio di tema per niente.»
Si girò a guardare l'altro bambino; poi lanciò un'occhiata al propriofiglio; e ancora un'altra all'erede della casa.
Ora una strana luce le accendeva gli occhie per un istante sprofondò neipropri pensieri. Sembrava in
trance;quando siriebbe borbottò: «Ierimentre che li lavavo dentro la bagnarolapropriosuo padre mi ha chiesto quale era il suo.»
Prese a muoversi come in sogno. Spogliò Thomas Beckettogliendogli tuttociò che aveva indossoe gli infilò
la camiciola di lino grezzo. Passò la collanina di coralli intorno al collodel proprio figlio. Poi mise i due bambini vicini
e dopo un attento esame borbottò: «Chi lo credeva che quattro pezzefacevano tanta scena! Che mi viene un colpo se
pure io ce la faccio più a riconoscere questo da quell'altroe figuriamocisuo padrepoi.»
Mise il proprio piccolo nell'elegante culla di Tommy e disse:
«Da adesso in avanti tu sei padroncino Tom e devo far pratica a chiamarticosìtesoro miosennò prima o poi
mi capita che sbaglio e sai che guai per noi due. Ecco quaora te ne staizitto e buono e non ti pigli pena proprio di
nientepadron Tomoh! benedetto il buon Dio! salvo sei! salvo! Adesso piùnessuno può vendere giù al fiume il piccolo
tesoro della mamma sua!»
Mise l'erede della casa nella culla d'abete grezzo del proprio bambinoedissecontemplando un po' a disagio
quel corpicino addormentato:
«Mi dispiace per tetesoro mioDio lo sa se mi dispiacema che ci possofare? che ci posso fare? Tuo padre
me lo vendeva a qualcunoprima o poie lui finiva giù al fiume e io nonpotevononon potevo sopportarlo.»
Si buttò sul lettoe pensava e si rigiravasi rigirava e pensava. Ma dilì a poco si alzò a sedereperché nella
mente turbata le era balenato un pensiero consolante..8
«No che non è peccato - pure i bianchi l'hanno fattopure loro! No che nonè peccato! Dio sia lodatono che
non è peccato! L'hanno fatto pure loroeppure erano gente finarenientedimeno!»
Si mise a pensare; cercava di pescare nella memoria tutti i particolari diuna certa storia che aveva sentito
raccontare. Finalmente esclamò:
«Ecco che me lo ricordo; ecco che me lo ricordo. Lui e stato. il vecchiopredicatore negro che ce lo diceva
quando veniva dall'Illinois e predicava nella chiesa negra. Diceva chenessuno può salvarsi da soloneanche con la fede
neanche con le opere. Niente da fare. Ci sta
soltantola grazia e la grazia nessunote la mandaDio soltanto te la manda;ci sta soltanto
lui chela può mandare a chi gli paresanto o peccatore - luinon ci fa caso. Lo fa perchéè il ministrolui.Si sceglie chi gli vae al posto suo ce ne mette un altroe il primo lo fabeato per sempree quell'altro a bruciare con
Satana lo manda. Il predicatore diceva che così era successo in Inghilterrauna voltatanto tempo fa. La regina aveva
lasciato il figlio suo guardato male e a fare visita se n'era andata; e unadelle negre che da quelle parti gironzolava
quella che pareva più bianca di tuttedi lì passa e vede il pupo e alfiglio della regina i vestiti del figlio suo gli mette e lì
lo lasciae si porta a casa suaproprio nel quartiere negroil figliodella reginae nessuno se ne accorgevae suo figlio
diventava ree un giorno che spartiva la proprietàil pupo della regina lovendeva giù al fiume. Sìsìil predicatore
proprio lui lo diceva che non era peccatoperché i bianchi l'hanno fatto.L'hanno fatto pure
lorosìpure loro;e neppurepersone da nientema gente fina. Oh che gioia che mi sono ricordata diquella storia!»
Si alzòtutta sollevata e felicee si avvicinò alla cullae passò ilresto della notte «a far pratica». Dava una
sculacciatina al proprio figlio e gli diceva umilmente: «BuonopadroncinoTom»; poi dava al vero Tom una robusta
sculacciata e gli diceva con tono severo: «BuonoChambers! Vuoi che te lesuoni con la scopa?»
Mentre continuava a far pratica' si stupì nel notare come il rispetto cheaveva tenuto a freno la sua lingua e reso
umili i suoi gesti nei confronti del padroncino si trasferivanella voce enei modi che usava con l'usurpatore; e notò che
le riusciva assai facile usare il suo linguaggio bruscoi suoi modiperentori di madre coll'infelice erede dell'antica casata
dei Driscoll.
Di tanto in tanto si riposava dall'«allenamento» per concentrarsi nelcalcolo delle probabilità.
«Oggi vendono i negri che hanno rubato i soldi e poi comprano altri che nonconoscono questi bambini - e
questo sta bene. Poi quando li porto a spassoappena giro l'angologliimpiastriccio con la marmellata la boccacosì
nessuno scopre che sono scambiati. Sìfaccio così fino a quando tutto s'ècalmato anche se mi ci va un anno.
«Ci sta solo una persona che mi fa pauraWilson lo Svitato. Lo chiamanoSvitato e dicono che è scemo. Ma io
credo non è più scemo di me. È l'uomo più intelligente di tutta lacittàa parte Giudice Driscoll e forse Pem Howard.
Accidenti a lui che con quei suoi maledetti vetrini mi mette pensiero. Hoidea che è uno stregone. Ma chi se ne importa.
Un giorno o un altro capito dalle parti sue e gli dico che mi pareva chevoleva pigliare ancora le impronte ai due
bambini; e se non se ne accorge
luiche sono scambiatinessuno sene accorge mai e sto sicura. Mi sa che però è meglioche mi porto dietro un ferro di cavallocosì è certo che il malocchio nonlo piglio.»
Naturalmente i nuovi negri non procurarono fastidi a Roxy. Il padroneneancheperché temeva per una delle
sue speculazionie la sua testa era così assorbita dai pensieri che a malapena li vedevai bambiniquando li guardavae
tutto quello di cui Roxy si doveva preoccupare era di farli scoppiare tutti edue in una risata appena lo vedeva arrivare.
Allora le loro faccine diventavano due cavità con le gengive messe a nudoeprima ancora che la contrazione passasse e
le creature riprendessero aspetto umanolui già se n'era andato.
Nel giro di pochi giorni le sorti della speculazione in corso si fecero cosìincerte che il signor Percy andòcon
suo fratello il giudicea vedere il da farsi. Come al solito si trattava diuna speculazione terrieracomplicata da una
vertenza legale. I due uomini rimasero fuori sette settimane. Prima del lororitorno Roxy era andata a far visita a
Wilsoned era stata esaudita. Wilson aveva preso le improntele avevaetichettate coi nomi e la data ( 1° ottobre)
riposte con curae aveva continuato a chiacchierare con Roxy che sembravaansiosa di fargli ammirare i progressi dei
bambinisia in peso che in bellezzada quando gli aveva preso le impronteun mese prima. Lui si complimentò per i
progressie lei ne fu felice. Ma i bambini non erano stati imbrattati né dimarmellata né d'altro e lei non aveva fatto che
fremere e temere che da un momento all'altro lui...
Ma non accadde nulla. Non se ne accorse. E lei tornò a casa giubilante eabbandonò per sempre ogni
preoccupazione al riguardo.
IV
Adamo ed Eva godettero di molti vantaggima il più grosso fu quello dievitare la dentizione.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoC'è questo di bruttoin certi particolari interventi della Provvidenza -che spesso sorge il dubbio su chi debba esserne il
beneficiario. Nel caso dei bambinidegli orsi e del profetagli orsi dellastoria si presero maggiori soddisfazioni del
profetaperché a loro toccarono i bambini.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoDa ora in poi questa storia si deve adeguare allo scambio effettuato daRoxana e chiamare quindi «Chambers».9
il vero erede e «Thomas Becket» il piccolo schiavo usurpatoreabbreviandogli il nome in «Tom»per uso quotidiano
come faceva la gente che gli stava attorno. «Tom» fu un bambino cattivo findai primi giorni della sostituzione.
Piangeva per nulla; si abbandonava a infernalisubitanee crisi di nerviemetteva strilli su strilli e coronava il tutto
«trattenendo il respiro»terrificante specialità dei lattanti sottodentizionequando la creaturacoi polmoni spossatiè
scossa da silenziose convulsioni e spasima e scalcia nello sforzo diriprendere fiatomentre le labbra si fanno livide e la
bocca si spalanca e rimane rigidaesibendo un minuscolo dentino sporgentenella coroncina di gengive arrossate; e
quando l'immobilità spaventosa è giunta al punto da far credere che ilrespiro perduto non tornerà mai piùuna
bambinaia arriva di volata e spruzza acqua sul viso del bambino e... là! ipolmoni aspirano ed emettono all'istante uno
strilloo un urlo o un ululato che lacera le orecchie degli astantii qualiinopinatamente si abbandonano a locuzioni
abbastanza disdicevoli per un'aureolacaso mai l'avessero. Il piccolo Tomera solito graffiar e chiunque si trovasse a
portata delle sue unghiee spesso colpiva col sonaglio chi gli capitavasotto. Chiedeva l'acqua urlando selvaggiamente
finché non gliela portavanoe allora scaraventava per terra la tazza etutto il resto per poi urlare di nuovo che ne voleva
ancora. Tutti i suoi capricci erano soddisfattianche i più esasperanti esfibranti. Gli permettevano di mangiare tutto
quello che volevaperfino le cose che potevano procurargli un mal di pancia.
Quando fu abbastanza grande e cominciò a camminarea pronunciare mozziconidi parole e a capire che uso
poteva fare delle proprie manisi fece più pestifero che mai Roxy nonpoteva riposarsi un minutoquando lui era
sveglio. Voleva tutto ciò che vedeva e lo esigeva dicendo: «'o voio.»Quando l'avevadiceva freneticamente
allontanandolo da sé con le mani«no 'o voiono 'o voio»ma non appenala cosa spariva cacciava urla forsennate a
base di «'o voio 'o voio 'o voio» e Roxy doveva mettersi le ali ai piediper riprenderla prima che lui avesse il tempo di
farsi venire le convulsioni.
Andava pazzo per le molle da fuoco. Questo perché «suo» padre gliele avevaproibite per paura che spaccasse i
vetri e la mobilia. Non appena Roxy gli voltava le spalletrotterellavaverso le molle e diceva «piace» e sbirciava con la
coda dell'occhio se Roxy lo stesse osservando; poi «'o voio»e davaun'altra sbirciatapoi «'o pendo»e un'altra
sbirciata; e finalmente «l'ò péso» e il trofeo era suo. In un baleno ilpesante strumento veniva sollevato in altoe un
istante dopo si udiva uno schianto e un urloe il gatto fuggiva come unrazzo; e Roxy arrivava giusto nel momento in
cui una lampada o una finestra andava irrimediabilmente in frantumi.
Tom riceveva un mucchio di carezzeChambers neanche una. A Tom toccavanotutte le leccorniea Chambers
polenta e latte e latte cagliato senza zucchero. Di conseguenzaTom eramalaticcio e Chambers no. Tom era «bizzoso»
come diceva Roxye insopportabile; Chambers era mite e docile.
Nonostante tutto il suo buon senso e le sue doti praticheRoxy era una madreindulgentestupida addirittura.
Era stupida verso il proprio figlio e anche qualcosa di più che stupida: lafinzione da lei stessa creata aveva fatto di lui il
suo padrone; la necessità di riconoscere pubblicamente questo rapporto e diperfezionarsi nelle forme richieste per
esprimere questo riconoscimento l'aveva indotta a tale disciplina e lealtànella pratica del suo ruolo che ben presto
l'esercizio si consolidò in abitudine: divenne automatico e inconscio eprodusse infine una conseguenza naturale: le
finzioni destinate esclusivamente agli altri divennero a poco a pocoauto-inganni; il falso ossequio divenne ossequio
realeil falso rispetto rispetto reale; il falso omaggioomaggio reale;l'esiguafittizia «spaccatura» tra pseudo-schiavo e
pseudo-padrone si allargò sempre più fino a diventare un abissoe unabisso reale. Così da un lato c'era Roxyla vittima
della propria finzionee dall'altro suo figlio che non era piùper leiunusurpatorema il suo padrone riconosciuto e
accettato. Era a un tempo il suo tesoroil suo padrone e il suo dioe Roxynella propria adorazionedimenticò chi era
lei e chi era stato lui.
Da bambino Tom rifilava impunemente a Chambers pugnigraffi e ceffonieChambers imparò ben presto che
fra sopportare docilmente e risentirsila soluzione più vantaggiosa era laprima. Le poche volte che quelle persecuzioni
gli avevano fatto perdere il controllospingendolo a reagirel'aveva pagatacara; non per mano di Roxyperché anche
quando la punizione di lei andava al di là di un aspro rimprovero per«essersi dimenticato chi fosse il suo padroncino»
si limitava a uno scapaccione. Nochi bisognava temere era Percy Driscoll.Lui aveva detto a Chambers che nessuna
provocazione al mondo gli avrebbe mai dato il privilegio di alzare la manocontro il suo padroncino. Chambers trasgredì
all'ordine tre volte e ne ebbe in cambio tre bastonate così convincentidall'uomo che era suo padre e non lo sapevache
da quel momento non ci provò più e accettò in totale sottomissione lecrudeltà di Tom.
Fuori di casadurante tutta la fanciullezzai due ragazzi furonoinseparabili. Chambers era molto forte per la
sua etàe un buon lottatore; era forte perché era stato nutrito in modoprimitivo e costretto a lavorare sodo in casa; e un
buon lottatore perché Tom gli forniva molte occasioni di far pratica su queiragazzini bianchi che odiava e che temeva.
Chambers gli faceva costantemente da guardia del corpo nel tragittocasa-scuola e viceversa; ed era presente all'ora
dell'intervallo per difendere il suo protetto. Col tempo si fece una talereputazione di lottatore che Tom avrebbe potuto
cambiare d'abito con lui e «cavalcare in pace» come Sir Kay con l'armaturadi Lancillotto.
Era bravo anche nei giochi di destrezza. Tom gli passava le biglie pergiocare «a palline» e poi gli portava via
tutta la vincita. D'inverno Chamberscon gli abiti smessi di Tomi guantidi lana
bucatile scarpe bucate ei pantalonibucati
ai ginocchi e sulsederedoveva essere sempre pronto a trascinare la slitta su per la collinacosì che Tom potessescivolare a vallema non capitava mai che fosse invitato a montarci sopra.Seguendo le istruzioni di Tomdoveva
costruire pupazzi di neve e fortini di neve. Faceva pazientemente dabersaglio quando a Tom veniva voglia di tirare
palle di neveun bersaglio che non poteva mai rispondere al tiro. Chambersportava i pattini di Tom fino al fiume e
glieli infilavapoi gli trotterellava vicinosul ghiaccioper essere aportata di mano in caso di bisognoma lui non
veniva mai invitato a infilarseli..10
D'estate il passatempo preferito dei ragazzini di Dawson's Landing era quellodi rubare melepesche e meloni
dai carretti dei contadinipiù che altro per il rischio che correvano difarsi spaccare la testa col manico della frusta dal
proprietario. In queste ladruncolerie Tom era bravissimo... per procura.Chambers rubava per luie riceveva la sua parte
di bottino sotto forma di noccioli di peschetorsoli di mela e bucce dimelone.
Tom pretendeva che Chambers andasse a nuotare con lui e gli rimanesse vicinoper proteggerlo. Quando Tom
era stufo di nuotareusciva dall'acqua e faceva tanti nodi alla camicia diChamberspoi li immergeva nell'acqua perché
fosse più difficile scioglierli; poi si rivestiva e rimaneva seduto asghignazzare mentre l'altronudo e scosso dai brividi
cercava di sciogliere i nodi coi denti. Tom giocava questi brutti tiri al suoumile compagno un po' per la sua innata
perfidiaun po' perché odiava la prestanza fisica dell'altroil suocoraggio e le sue molteplici abilità. Tom non poteva
fare i tuffi perché gli venivano certi mal di testa da impazzire. Chamberspoteva tuffarsi senza inconvenienti e ci si
divertiva un mondo. Un giorno suscitò tale ammirazione fra un gruppo diragazzini bianchifacendo salti mortali
all'indietro dalla prua della canoache Tom s'impermalì e mentre Chambersera a mezz'ariagli spinse sotto la canoa
così da fargli battere la testa sul fondo; e mentre lui se ne stava lìprivo di sensimolti vecchi nemici di Tom capirono
che era giunto il tanto atteso momento c suonarono al falso erede tali etante legnate che più tardisebbene sorretto
validamente da Chambersriuscì a stento a trascinarsi a casa.
Un giorno - i ragazzi avevano più o meno quindici anni - Tom si stava«esibendo» nel fiume quando fu preso
da un crampo e si mise a urlare aiuto. Era urlo scherzo frequente fra iragazzispecialmente in presenza di estranei
fingere di avere un crampo e chiedere aiuto; poiquando l'estraneo siprecipitava a soccorrerloil «pericolante»
continuava a dimenarsi e a urlare finché quello non gli era vicinodopo diche passava dalle urla a una risatina
sarcastica e si allontanava nuotando placidamente mentre i ragazzi del paeselanciavano all'indirizzo del gabbato una
salve di fischi e risate. Tom non si era ancora cimentato in questo scherzoma adesso pareva proprio che ci stesse
provandoper cui i ragazzi si tennero cautamente indietro; invece Chambersconvinto che il suo padrone facesse sul
seriosi buttò a nuoto esfortunatamentearrivò in tempo per salvarglila vita.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Tom era riuscito a sopportaretuttoma trovarsi pubblicamente e per
sempre debitore di un negroe di quel negro in particolareera propriotroppo. Scagliò ogni sorta d'improperi
all'indirizzo di Chambersper aver «finto» di credere che lui avessechiamato aiuto sul serioe aggiunse che chiunque
tranne che un idiota di negroavrebbe capito che stava scherzando e loavrebbe lasciato in pace.
I nemici di Tom erano lì presenti in gran numero e gli dissero in facciaquello che pensavano. Lo derisero e lo
chiamarono codardofalsointrigante e con ogni sorta di epitetie gliannunciarono che avevano deciso di dare a
Chambers un nuovo nome e di farlo conoscere a tutta quanta la città: «ilpapà negro di Tom Driscoll»a significare che
Tom era rinato e che Chambers era l'autore di questa seconda nascita. Aqueste provocazioni Tom diventò un ossesso e
urlò:
«Spaccagli la testaChambersspaccagli la testa! Perché te ne stai lìcon le mani in mano?»
Chambers lo supplicò: «Ma padron Tomsono in troppi...»
«Mi senti?»
«Per caritàpadron Tomnon mi costringete! Sono così tanti che...»
Tom gli si avventò contro e lo colpì due o tre volte con il temperino`prima che i ragazzi riuscissero a
trascinarlo viadando modo al ferito di scappare. Le ferite erano numerosema non gravi. Se la lama fosse stata un poco
più lungala carriera di Chambers si sarebbe chiusa lì.
Tom aveva già da tempo insegnato a Roxy a «stare al suo posto». Moltigiorni erano passati da quando lei
aveva osato fargli una carezza o chiamarlo con epiteti affettuosi. Questecosevenute «da una negra»gli facevano
ribrezzo. E l'aveva ammonita a mantenere le distanze e a ricordarsi chi era.A poco a poco lei capì che il suo tesoro
aveva cessato di essere suo figliovide
queldettaglio dissolversi e sparireper sempre. Rimaneva solo il padroneilpadrone puro e semplicee non si trattava neppure di una padrone benevolo.Si sentì precipitare dalla sublime altezza
della maternità nello squallido baratro di una schiavitù irreversibile.L'abisso che la separava dal figlio era totale. Ormai
lei era soltanto una sua proprietàil suo oggettoil suo canela suaschiava succube e impotentel'umile e passiva
vittima del suo temperamento capriccioso e della sua natura malvagia.
Spesso non riusciva a dormireper quanto stanca e distruttaperché sisentiva bollire di rabbia ripensando alle
esperienze della giornata col figlio. Borbottava e biascicava tra sé e sé:
«M'ha menato quando avevo fatto niente. M'ha menato sulla faccia. Propriodavanti a tutti. E non fa che
chiamarmi strega negrabaldracca e tutti quei nomi cattivi quando io facciotutto per contentare lui. Oh Dio e con tutto
quello che ho fatto per luiio sono stata che l'ho innalzato da dove stava equesta è la ricompensa mia.»
Talvoltaquando subiva un oltraggio tanto offensivo da rimanerne ferita nelprofondo del cuoremeditava
piani di vendetta e si crogiolava a immaginare la scena di luidenunciatodavanti a tutti come un impostore e uno
schiavo; ma in mezzo a tanto godimentol'assaliva la paura: lo aveva resotroppo potente; non avrebbe avuto provee -
il cielo ne scampi - poteva essere venduta giù al fiume per quella suaazione. Così i suoi progetti andavano sempre in
fumo e li accantonava con un moto di rabbia impotente contro il destino econtro se stessa per essere stata tanto sciocca
quel fatale giorno di settembreda non procurarsi un testimone da esibire ilgiorno in cuiper appagare la sete di
vendettale fosse servito fare una cosa simile.
E tuttavia non appena Tom era buono con lei e gentile - e questo ogni tantoaccadeva - tutte le ferite si
rimarginavano e lei si sentiva felice; felice e fieraperché era suofigliosuo figlio negroquesto che spadroneggiava in
mezzo ai bianchi e vendicava impunemente i loro crimini contro la suarazza..11
Ci furono due grandiosi funerali a Dawson's Landingquell'autunnol'autunnodel 1845. Uno fu quello del
colonnello Cecil Burleigh Essexl'altro quello di Percy Driscoll.
Sul letto di morte Driscoll affrancò Roxy e rimise solennemente il proprioidolatrato figlio presunto nelle mani
del giudice suo fratello e di sua moglie. Quella coppia senza figli fu lietadi accoglierlo. La gente senza figli è di facile
accontentatura. Il giudice Driscoll si era recato segretamente dal fratelloun mese primae aveva. comprato Chambers.
Gli era giunta voce che Tom stava tentando d; convincere il padre a venderloa valle del fiume e voleva impedire lo
scandaloperché l'opinione pubblica non approvava che si trattassero cosìsenza ragione o per motivi futilii servi di
famiglia.
Percy Driscoll aveva consumato tutte le sue energie nel tentativo di salvareil proprio patrimonio terriero
accumulato mediante grandiose speculazionied era morto senza riuscirvi. Eracalato da poco nella tomba quando ci fu
il
crack chedi punto in bianco fece del suo tanto invidiato e scapestrato erede unpoveraccio. Poco male comunque; lozio gli disse che sarebbe diventato suo erede e avrebbe avuto tutti i suoibeniquando lui fosse mortoe così Tom si
consolò.
Roxy adesso era senza una casa; così decise di andare a salutare tutti isuoi amici per poi far fagotto e girare il
mondo: in altre parolesarebbe diventata cameriera di bordo su un piroscafoambito sogno di quelli della sua razza e
del suo sesso.
L'ultima visita la fece al gigante nero Jasper. Lo trovò che stava spaccandola legna per la provvista invernale
di Wilson lo Svitato. Wilson stava chiacchierando con lui quando arrivò Roxy.Le domandò come poteva sopportare
l'idea di tare la cameriera di bordolasciando i suoi ragazziebonariamente si offrì di copiarle tutta la serie delle loro
impronte digitalifino ai dodici annida tenere per ricordo; ma lei si fecesubito seriachiedendosi se egli non
sospettasse qualcosa; poi disse che non le voleva. Wilson si disse: «Quellagoccia di sangue negro che è in lei la rende
superstiziosa; pensa che ci sia qualcosa di diabolicodi magico nei mieivetrini misteriosi; veniva sempre qui con un
vecchio ferro di cavallo; può darsi che fosse un casoma ne dubito.»
V
L'evoluzione è tutto. La pescaun tempoera una mandorla amara; ilcavolfiore non è che un cavolo che ha frequentato
l'università.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoOpinione del dottor Baldwin sulla gente venuta dal nulla: a nessuno piacemangiare funghi che si credono tartufi.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoLa moglie di York Driscoll ebbe in dono due anni di beatitudine col suoimpareggiabile Tom... una beatitudine
un poco turbataa voltema pur sempre una beatitudine; poi morìe suomarito e la sorella senza figlila signora Pratt
si gestirono l'affare-benedizione secondo i vecchi moduli. Tom fuvezzeggiatoaccontentatoviziato a suo piacimentoo
quasi. La storia andò avanti fino a quando compì diciannove annipoi fumandato a Yale. Arrivò doviziosamente
munito di «esoneri»ma per il resto laggiù non si distinse affatto.Rimase a Yale per due anni e poi abbandonò il campo.
Quando tornò a casai suoi modi erano notevolmente migliorati; aveva persol'antica scontrosità e rudezza di trattoed
era diventato abbastanza malleabile e disinvolto. Aveva un modo di parlare avolte subdolamente e a volte apertamente
ironicoe tendeva a pungere delicatamente sul vivo il suo prossimoma lofaceva con un'aria bonaria e quasi
inconsapevoleche gli consentiva di passarla lisciasenza ficcarsi neiguai. Era indolente come sempre e sembrava che
non ambisse a cercarsi una qualche occupazione; la gente ne dedusse chepreferiva farsi mantenere dallo ziofino a
quando le scarpe dello zio non fossero rimaste «vacanti». Si portò dietroun paio di nuove abitudiniuna delle qualiil
berepraticata abbastanza apertamente; ma l'altrail gioco d'azzardolatenne celata. Non gli conveniva giocare dove
qualcuno poteva riferirlo allo zioquesto lo sapeva bene.
I modi raffinati di Tomda uomo dell'Estnon gli attirarono le simpatie deigiovanotti del luogo. Li avrebbero
forse accettati se Tom si fosse fermato lì; ma lui portava i guantiequesto non lo sopportavano né lo avrebbero
sopportato mai; così non aveva amici. Era tornato a casa con un guardarobadi stile e di taglio così insoliti - moda
dell'Estmoda cittadina - che tutti ne rimasero profondamente esacerbaticonsiderandolo come un affronto
particolarmente spudorato. Quanto a Tomgli piaceva «far sensazione»e sipavoneggiava tutto il giorno in cittàfelice
e contento; ma i giovanottiuna nottemisero al lavoro un sartoe quandoTom la mattina seguente uscì per fare la sua
passeggiatasi ritrovò il banditore negrovecchio e deformeche glitrotterellava dietro tutto azzimato in una sfarzosa
imitazionein cotonina stampatadei suoi abiti raffinatiscimmiottandocome meglio poteva le sue arie aristocratiche da
uomo dell'Est.
Tom s¦ arresee da allora si vestì secondo la moda locale. Ma l'uggiosavita di paese lo annoiava da quando
aveva conosciuto posti più animatie ogni giorno la noia cresceva.Cominciò a fare qualche puntata a St. Louis per
respirare un poco. Lì trovò compagnia adatta e distrazioni consone ai suoigustioltre a una libertà per alcuni aspetti
maggiore di quella che poteva trovare a casa sua. Cosìper i due annisuccessivile visite alla città divennero più
frequenti e le soste laggiù più prolungate. Ma si stava cacciando in brutteacque. Correva segretamente certi rischi che.12
un giorno o l'altro lo avrebbero incastrato. E così fu.
Nel 1850 il giudice Driscoll si era ritirato dal foro e dagli affarie datre anni conduceva una vita placidamente
oziosa. Era presidente della Società dei Liberi Pensatoridi cui Wilson loSvitato era l'altro membro. Le riunioni
settimanali della Società rappresentavano ora l'interesse primario dellavita del vecchio giurista. Wilson lo Svitato
seguitava a restare in ombraall'ultimo gradino della scala socialesottoil maleficio di quella disgraziata frase che si era
lasciato sfuggire ventitré anni primaa proposito del cane.
Driscoll gli era amicoe sosteneva che Wilson aveva un cervello superiorealla mediatesi accolta come una
fisima del giudiceche non riuscì mai a modificare l'opinione pubblica. Adire il vero questa era soltanto una delle
ragioni per cui non ci riuscìma ce n'era un'altraanche migliore. Se ilgiudice si fosse limitato a una semplice
dichiarazioneavrebbe sortito lo scopo; ma commise l'errore di volercomprovare la validità della propria presa di
posizione. Da qualche anno Wilson stava lavorando per conto proprio e perpuro sfizio a un astruso almanaccoun
calendario dove un tocco di pura filosofiasolitamente esposta in formaironicacorredava ogni data. Il giudice riteneva
che queste lepidezze e stravaganze fossero originali e ben scritte; così ungiorno se ne portò dietro una manciata e le
lesse ad alcuni cittadini di riguardo. Ma l'ironia non si addiceva a quellagentee la loro visione non riusciva a
focalizzarla. Lessero quelle facezie con la massima diligenza e deciserosenza esitazione che se mai avessero dubitato -
e non dubitavano - che Dave Wilson era uno svitatoquesta rivelazionetroncava una volta per sempre ogni dubbio. Così
va il mondo. Un nemico può rovinarti in parte; ma per completare l'opera erenderla perfetta ci vuole un amico incauto e
bene intenzionato. Dopo di ciò il giudice si sentì più tenero che mai neiriguardi di Wilsone più sicuro che mai che il
suo Calendario avesse dei meriti.
Il giudice Driscoll riusciva ad essere un libero pensatore e allo stessotempo una persona socialmente accettata
perché era la figura più eminente del paesee come tale poteva permettersidi fare a modo suo e vivere secondo le sue
regole. L'altro membro della sua amata organizzazione godeva della stessalibertà perchénella stima della genteera un
essere insignificante e nessuno attribuiva la minima importanza a quello chepensava o diceva. Era benvolutoe tutti lo
accoglievano con piacerema non contava proprio nulla.
La vedova Cooper - chiamata affettuosamente da tutti «zia Patsy» - vivevain una casetta graziosa e
confortevolecon la figlia Rowenauna ragazza di diciannove anniromanticaamabilee molto carinama per il resto
senza importanza. Rowena aveva due fratellianche loro senza importanza.
La vedova aveva una grande stanza in piùche affittavaquando trovava unpensionantema erano ormai anni
che con suo grande dispiacere la stanza rimaneva vuota. Le entrate bastavanoappena a mantenere la famiglia: e il
denaro dell'affitto le occorreva per le piccole spese extra. Ma orafinalmentein una infuocata giornata di giugnozia
Patsy ritrovò la felicità: la tediosa attesa era finita. Era arrivata larisposta alla sua inserzione di un anno prima: e non da
uno del paeseno! La lettera veniva da molto lontanodal granderemotomondo del Nord: da St. Louis. Zia Patsy si
sedette sulla veranda fissandosenza vederlala luccicante distesadell'immenso Mississippitutta presa dal pensiero
della sua buona stella. E di buona stella si trattava davveroperchéavrebbe avuto due pensionanti invece di uno.
Aveva letto la lettera alla famiglia riunitae Rowenasaltando di gioiaera corsa ad assicurarsi che la vecchia
schiava Nancy pulisse e arieggiasse la camerae i ragazzi si eranoprecipitati in città a divulgare la grande notizia
perché si trattava di una cosa di pubblico interessee il pubblico sarebberimasto meravigliato e spiaciuto se fosse stato
tenuto all'oscuro. Poco dopo Rowena tornòrossa in viso per la gioia el'eccitazionee chiese di poter rileggere la lettera.
Diceva: «Distinta signoramio fratello ed io abbiamo letto per caso la suainserzione e la preghiamo di metterci a
disposizione la stanza che lei offre. Abbiamo ventiquattro anni e siamogemelli. Siamo italiani di nascitama abbiamo
vissuto in vari paesi europeie per molti anni anche negli Stati Uniti. Cichiamiamo Luigi e Angelo Capello. Lei
desidera un solo ospite; macara signorase ci permetterà di pagare perduenon le daremo alcun disturbo. Arriveremo
giovedì.»
«Due italiani! Che cosa romantica! Pensama'... non ci sono mai statiitaliani qui in cittàe tutti moriranno
dalla voglia di vederlie sono tutti
nostri!Pensa!»«Sìcredo che la cosa farà scalpore!»
«Certo che lo farà! Tutta la città sarà sottosopra! Pensasono stati inEuropa e un po' dappertutto! Non
abbiamo mai avuto viaggiatori qui in città. Saima'non mi meravigliereise avessero visto anche qualche re!»
«Behnon si sa mai... Comunquefaranno scalpore lo stesso.»
«Ma certo! LuigiAngelo... Che bei nomie così nobili ed esotici!... noncome Johns e Robinson eccetera.
Arrivano giovedìe oggi è appena martedì. Che peccato dover aspettaretanto. C'è al cancello il giudice Driscoll. Deve
averlo saputo. Vado ad aprire.»
Il giudice era pieno di curiosità e fece le sue congratulazioni. La letterafu letta e discussa. Di lì a poco arrivò
Robinsonil giudice di paceper complimentarsi anche luie la lettera furiletta e dis cussa daccapo. Ma questo non era
che l'inizio. Per tutta la giornata e la serata e per tutta la giornata dimercoledì e di giovedì fu una processione di vicini
d'ambo i sessi. La lettera fu letta e riletta fino a consumarsi o quasi;tutti ne ammirarono il tono elegante e corteselo
stile piano e scorrevoletutti si mostravano felici ed eccitatie in tuttoquel frangente i Cooper sprizzavano felicità.
A quei tempicon l'acqua bassagli orari dei battelli erano approssimativi;quella volta alle dieci di sera il
vaporetto del giovedì non era ancora arrivatoper cui la gente aspettòinutilmente alla banchina per l'intera giornata. Un
violento temporale li costrinse tutti a rincasare senza aver visto gliillustri passeggeri.
Alle undici la casa dei Cooper era la solain cittàche avesse tutte leluci accese. La pioggia e i tuoni
continuavano a imperversaree la famiglia aspettava sempreansiosa e pienadi speranza. Finalmente si udì bussare alla.13
portae la famiglia si precipitò ad aprire. Entrarono due negricon unbaule ciascunoe salirono di sopra alla camera
degli ospiti. Poi entrarono i gemelli: i due giovanotti più bellipiùelegantipiù distinti che l'Ovest avesse mai visto.
Uno era un poco più biondo dell'altroma per il resto erano perfettamenteidentici.
VI
Sforziamoci di vivere in modo tale che quando moriremo perfino il becchino nesia addolorato.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoL'abitudine è abitudinee nessuno può buttarla dalla finestra; si puòsemmaispingerla giù dalle scale un gradino alla
volta.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoIl mattinoa colazionei modi affascinanti dei gemelli e il lorocomportamento distinto e disinvolto
conquistarono subito la famiglia. Ogni riserbo e formalismo scomparverod'incanto per cedere il passo a un clima di
cordiale spontaneità. Quasi dal primo momento zia Patsy li chiamò coi loronomi di battesimo. Era curiosissima nei loro
riguardi e non ne faceva mistero; e loro furono compiacenti: parlaronoliberamente di sée ciò la rese molto felice. Si
venne così a sapere che da piccoli avevano conosciuto la miseria e glistenti. Man mano che parlavano la vecchia
signora aspettava il momento propizio per far cadere qualche domanda inpropositoe quando le capitò disse al gemello
biondo che faceva ora da biografomentre l'altroil brunosi riposava:«Se non sono indiscretasignor Angelocome
mai vi siete trovati senza amici e in tante difficoltàquando eravatepiccoli? Le dispiace dirmelo? Ma se le dispiacenon
me lo dica.»
«Ohnon ci dispiace affattosignora: nel nostro caso si è trattato disfortuna; non fu colpa di nessuno. I nostri
genitori erano ricchiin Italiae noi eravamo i loro unici figlioli.Discendevamo da una nobile famiglia di Firenze» il
cuore di Rowena diede un gran balzole narici le si dilatarono e gli occhile si empirono di luce«ma quando scoppiò la
guerramio padre si trovò dalla parte perdente e dovette fuggire. Si videconfiscare i suoi beniperse le sue proprietàe
ci ritrovammo in Germaniastranierisenza amici e poveri. Mio fratello e ioavevamo dieci anni ed eravamo molto
istruiti per la nostra etàstudiosiappassionati di librie conoscevamobene il tedescoil franceselo spagnolo e
l'inglese. Inoltre eravamo dei veri prodigi in fatto di musicase mi èlecito dirlodato che è la pura verità.
«Nostro padre sopravvisse un mese alle sue disgrazienostra madre lo seguìben prestoe noi ci ritrovammo
soli al mondo. I nostri genitori avrebbero potuto arricchirsi esibendoci inun circoe infatti avevano ricevuto molte
offerte del generema la sola idea offendeva il loro orgoglioedichiararono che avrebbero preferito piuttosto morire di
fame. Ma quello che loro rifiutaronolo dovemmo accettare noisenza laformalità del consenso. Fummo sequestrati per
via dei debiti contratti per la loro malattia e per i funeralie messi frale attrazioni di un baraccone di Berlinoa
guadagnarci i soldi del riscatto. Ci vollero due anni per liberarci da quellacatena. Viaggiavamo per tutta la Germania
senza ricevere né la paga né i soldi per il mantenimento. Dovevamo esibircigratis e chiedere l'elemosina.
«Ebbenesignoraquel che segue non è molto interessante. Quandoa dodiciannisfuggimmo alla schiavitù
eravamo in un certo senso già adulti. L'esperienza ci aveva insegnato coseimportanti; tra le altread aver cura di noi
stessiad evitare gli avventurieri e i furfantie combatterli; a curare inostri affari con nostro profitto e senza l'aiuto di
nessuno. Abbiamo viaggiato ovunqueanni e annifacendoci un'infarinatura dilingue esoticheabituandoci a usanze e
luoghi straniaccumulando esperienze di ogni tipo. È stata una vitapiacevole. Siamo stati a Veneziaa Londraa Parigi
in Russiain Indiain Cina e in Giappone.»
A questo punto Nancyla schiava negrafece capolino dalla porta edesclamò: «Signorala casa è piena zeppa
di gente che scoppia dalla voglia di vedere i signori!» e con un cenno delcapo indicò i gemelli; poi si ritrasse.
Era un'occasione di prestigio per la vedovae lei si riprometteva un'enormesoddisfazione nell'esibire le sue
due rarità ad amici e parenti; gente sempliceche non aveva mai visto unforestiero in vita suae comunque mai uno di
qualche rilievo. E tuttavia i sentimenti di lei erano piuttosto blandiparagonati a quelli di Rowena. Rowena era al settimo
cielosembrava librata in aria; questo doveva essere il giorno più bellol'episodio più romanticonella storia scolorita di
quella monotona cittadina di provincia. E lei sarebbe statafamiliarmenteaccanto alla sorgente di tanta gloriae si
sarebbe sentita travolgere dalla sua piena: le altre ragazze avrebberosoltanto assistitoinvidioseescluse.
La vedova era prontaRowena era prontae i forestieri pure. La comitiva simossecon i gemelli in testae
varcò l'uscio aperto del salotto da cui veniva un brusio di voci. I gemellisi fermarono sulla sogliala vedova si mise a
fianco di LuigiRowena a fianco di Angelola gente cominciò a sfilare edebbero inizio le presentazioni. La vedova era
tutta sorrisi e contentezza. Riceveva la sfilata e poi la passava a Rowena.
«Buongiornosorella Cooper» - stretta di mano.
«Buongiornofratello Higgins - il conte Luigi Capelloil signor Higgins»- stretta di manoseguita da
un'occhiata indagatricepoi: «Piacere» da parte del signor Higginse uncortese cenno del capo con un cordiale: «Molto
lieto» da parte del conte Luigi.
«BuongiornoRowena» - stretta di mano.
«Buongiornosignor Higgins - le presento il conte Angelo Capello» -stretta di manoocchiata di.14
ammirazione: «Felice di conoscerla» - cortese cenno del caposorriso:«Felicissimo!» e Higgins passa oltre.
Nessuno dei visitatori si sentiva a proprio agioma da gente onestanonfingeva di esserlo. Nessuno di loro
aveva mai visto una persona fregiata di titolo nobiliarené era preparato avederla orae ovviamente il titolo nobiliare fu
una sorpresa in più e li prese tutti alla sprovvista. Qualcuno tentò diessere all'altezza della situazione e tirò fuori un
imbarazzato «Milord» o «Vostra Signoria» o qualcosa di similema lagrande maggioranza fu sopraffatta dalla parola
inconsueta e dalla sua vaga e augusta associazione con auree corticerimoniemaestose e regalità consacratecosì che
davano la manoannaspandoe passavano oltreammutoliti. Di tanto in tantocome accade sempre in tutti i ricevimenti
qualcuno più esuberante bloccava la sfilata tenendo tutti impalatimentres'informava se ai gemelli piacesse la cittadina
se si sarebbero fermati a lungose la famiglia stava benee c'infilavanoanche il tempoc'era speranza che presto
rinfrescassee ogni sorta di cosetutto per poter direuna volta a casa:«Ho fatto una lunga chiacchierata con loro» ma
nessuno disse o fece nulla di disdicevolecosì che il grande evento andòin porto nel modo più decoroso e
soddisfacente.
Seguì una conversazione generalee i gemelli si spostavano da un gruppoall'altrochiacchierando spediti e
disinvolticonquistandosi l'approvazioneimponendosi all'ammirazioneriscuotendo il favore di tutti. La vedova
seguiva con occhi fieri la loro ascesa trionfalee di tanto in tanto Rowenasi ripeteva con profonda soddisfazione: «E
pensare che sono nostritutti nostri!»
Madre e figlia non ebbero più un attimo di riposo. Domande incalzanti suigemelli si rovesciavano
ininterrottamente nelle loro orecchie estasiate; ciascuna era al centro di ungruppo di gente che ascoltava col fiato
sospeso; ciascuna sentiva cheper la prima voltain quel momentocoglievail vero significato della grande parola
Glori
ae ne captaval'esaltante valore e capiva perché gli uomini di tutte le epoche erano statidisposti a buttar viafelicità di minor contotesorila vita stessa per assaporare quella gioiasublime e suprema. Ora Napoleone e gli altri
come lui erano spiegatigiustificati.
Quandoalla fineRowena ebbe assolto ai propri doveri verso le persone chestavano in salottosalì al piano di
sopra per soddisfare il desiderio di coloro che si erano riversati lassùgiacché il salotto non era grande abbastanza per
accogliere gli ultimi arrivati. Anche lì fu assediata dalle domande deicuriosi e di nuovo guazzò nei mari sfolgoranti
della gloria. E mentre s'appressava il meriggioprovò una fitta al cuorenel constatare che quell'episodio meraviglioso
della sua vita era giunto al termine; nulla al mondo poteva prolungarlonulla di simile le sarebbe mai più capitato. Ma
pazienzaera già qualcosa: la grande occasione volgeva al suo trionfantefinalee il successo era nobile e memorabile.
Se i gemelli ora avessero compiuto un qualche gesto inusitatoeccezionaleacoronare l'operaqualcosa che
polarizzasse la più alta ammirazione della compagniaqualcosa di simile auna scossa elettrica...
A questo punto un prodigioso clangore dilagò al piano di sottoe tutti siprecipitarono giù a vedere. Erano i
gemelli che si esibivano magistralmente al pianoforte in un pezzo a quattromani. Rowena si sentì appagataappagata
fin nel profondo dell'animo.
I giovani forestieri furono costretti a restare a lungo al pianoforte. Icittadini erano sorpresi e incantati dalla
bellezza dell'esecuzionee non sopportavano l'idea che terminasse. Tutta lamusica che avevano ascoltato fino allora
sembrava un piattume dilettantesco e privo di stile e di suggestioneseparagonata a questa inebriante ondata di suoni
melodici. Capirono che per una volta in vita loro stavano ascoltando dei verimaestri.
VII
Una delle più vistose differenze fra un gatto e una bugia è che il gatto hasolo nove vite.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoLa compagnia si sciolse con riluttanza e si sparpagliò nelle varie casechiacchierando vivacemente. Tutti erano
d'accordo che ci sarebbero voluti parecchi anni prima che Dawson's Landingvedesse di nuovo una giornata come
quella. Nel corso del ricevimento i gemelli avevano accettato diversi invitie si erano anche spontaneamente offerti di
suonare qualche duetto a una serata per dilettanti organizzata a beneficio diun locale ente assistenziale. Tutta la
migliore società era ansiosa di accoglierli nel suo grembo. Il giudiceDriscoll ebbe la fortuna di monopolizzarli subito
per una passeggiata in carrozzacosì da essere il primo a esibirli inpubblico. Salirono in carrozza con lui e scesero in
parata giù per la strada principalementre la gente si assiepava allefinestre e sui marciapiedi per vederli.
Il giudice mostrò ai forestieri il nuovo cimiteroe la prigionee doveabitava l'uomo più ricco della cittàe la
loggia massonicae la chiesa metodistae la chiesa presbiterianae illuogo dove sarebbe sorta la chiesa battista non
appena ci fossero stati i soldi per costruirlae mostrò loro il municipioe il mattatoioe fece uscire la compagnia dei
pompieri in uniforme perché spegnessero un incendio immaginario. Poi feceloro ammirare i moschetti della milizia
localee si profuse in elogi di fronte a questi splendorie sembrò moltosoddisfatto della reazione degli ospiti perché i
gemelli ammiravano la sua ammirazione e facevano di tutto per adeguarvisi:anche se sarebbero stati tanto più entusiasti
senza le quindici o sedicimila analoghe esperienze in vari paesiche neavevano notevolmente deteriorato il carattere di
novità.
Il giudice si prodigò perché si svagasserocon grande spirito diospitalitàe se qualche pecca ci funon fu certo
colpa sua. Raccontò un'infinità di aneddoti spiritosi dimenticando sempreil punto essenziale; ma i due erano sempre in.15
grado di fornirglieloperché quelle tiritere erano ormai stagionate e primad'allora i gemelli avevano già avuto parecchie
occasioni per gustarle. E parlò delle sue numerose carichee di come avevacoperto questo o quell'incarico onorifico o
remunerativoe di come aveva fatto parte del foro e adesso era Presidentedei Liberi Pensatori. Disse che la Società era
stata fondata quattro anni prima e contava già due membrie si erasolidamente affermata. Avrebbe riunito i confratelli
quella serase i gemelli avessero gradito presenziare a una riunione.
Così passò a prenderlie strada facendo parlò di Wilson lo Svitatoperpredisporli favorevolmente e prepararli
ad apprezzarlo. Il piano riuscì alla perfezionee i gemelli si formaronoun'ottima impressione. In seguito questa venne
confermata e consolidata quando Wilson propose cheper riguardo verso iforestierisi accantonassero i soliti argomenti
e si dedicasse quell'ora a una conversazione su temi genericie sul modo dicoltivare l'amicizia e la socievolezza. La
proposta fu messa ai voti e approvata all'unanimità.
L'ora passò velocemente in animati conversarie al termine il solitario enegletto Wilson si trovò arricchito di
due nuovi amici. Invitò i gemelli ad andarlo a trovare non appena si fosseroliberati da un altro impegnoed essi
accettarono con gioia.
Verso la metà della serata erano già in marcia verso casa sua. Lo Svitatoli attendevae stava ingannando il
tempo strizzandosi il cervello su una cosa che aveva notato quella mattina.Si trattava di questo: si era alzato molto
presto - anziproprio all'alba - aveva attraversato l'atrio che divideva ametà la casettaed era entrato in una stanza a
prendere un oggetto. La finestra della stanza era senza tendeperché quellato della casa era disabitato da molto tempo
e attraverso i vetri vide una cosa che lo sorprese e attirò la suaattenzione. Era una giovane donna - una giovane donna
in un luogo dove non avrebbe dovuto esserci nessuna giovane donna; perchéquella era la casa del giudice Driscolle lei
stava nella camera da lettosituata sopra lo studio privato o salotto chefossedel giudice. Era la camera da letto di Tom
Driscoll. Lui e il giudice e la sorella vedova del giudicela signora Pratte tre servi negrierano le uniche persone che
abitavano nella casa. Chidunquepoteva mai essere la giovane donna? Le duecase erano separate da uno spiazzo
erboso diviso nel mezzo da una staccionatache andava dalla strada suldavanti fino al viale sul retro. Non era una gran
distanzae Wilson riuscì a vedere benissimo la ragazzaperché le persianedella stanza erano aperte e così anche la
finestra. La ragazza indossava un vestito leggerolindo e graziosoa largherighe bianche e rosae aveva un cappellino
munito di una veletta rosa. E si stava esercitandoa quel che sembravainmovenzeandatureatteggiamenti diversi. Lo
faceva in modo aggraziatoed era tutta intenta a quella sua occupazione. Chimai poteva esseree perché si trovava
nella camera del giovane Tom Driscoll?
Wilson si era scelto una posizione dalla quale poteva osservare la ragazzasenza correre il rischio di essere
visto da leie rimase lì nella speranza che sollevasse la veletta escoprisse il volto. Ma rimase deluso. Dopo una ventina
di minuti la ragazza scomparve e sebbene lui rimanesse al suo posto per piùdi mezz'oranon tornò più.
Verso mezzogiorno Wilson passò dal giudice e chiacchierò con la signoraPratt del grande evento della
giornatail ricevimento in onore dei distinti forestieria casa di ziaPatsy Cooper. S'informò di suo nipote Tom e lei gli
disse che stava per tornare e che lo aspettava prima di notte; aggiunse chesia lei che il giudice erano soddisfatti di
sentire dalle sue lettere che si stava comportando bene e onorevolmente; allaqual cosa Wilson ammiccò fra sé e sé. Non
chiese se in casa ci fosse un'ospitema fece delle domande che avrebberopotuto provocare risposte rivelatricise la
signora Pratt avesse avuto qualche rivelazione da fare; così se ne andòtutto soddisfatto al pensiero di essere a
conoscenza di cose che accadevano in quella casae di cui lei era ignara.Adesso stava aspettando i gemelli e intanto si
spremeva a pensare chi potesse essere la fanciulla e come mai si trovassenella stanza di quel giovanottosul far del
mattino.
VIII
La sacra passione dell'amicizia è di natura così dolce e salda e leale eduratura che può resistere tutta una vita se non le
si chiede denaro in prestito.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoConsidera attentamente le proporzioni delle cose. È meglio essere unagiovane coccinella che un vecchio uccello del
Paradiso.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoA questo punto è indispensabile metterci alla ricerca di Roxy. All'epoca incui fu affrancata e se ne andò a fare
la camerieraaveva trentacinque anni. Ottenne un posto di cameriera di bordosul battello di Cincinnatiil
GrandMogu
lche portava merci daNew Orleans. Dopo due viaggi era già assuefatta e padrona del suo mestierees'innamoròdella vita di bordoavventurosa e indipendente. Poi salì di grado e divennecapocameriera. Era la prediletta degli
ufficiali e si sentiva fiera del modo gioviale e amichevole con cui latrattavano. Per otto anni aveva continuato a
lavorare su quella nave per nove mesi all'anno ed'invernosul postale diVicksburg. Ma poi si era presa i reumatismi
alle braccia e da due mesi ormai era stata costretta ad abbandonare latinozza. Così si licenziò. Ma era ben provvista -
riccacome si sarebbe autodefinita; perché aveva vissuto parcamente e messoin banca quattro dollari al mesea New
Orleansin previsione della vecchiaia..16
Diceva che «aveva infilato le scarpe a un negro scalzo per farsi metteresotto i piedi»e che uno sbaglio così si
fa una volta sola; d'ora in poi se lavorare sodo ed economizzare potevanocompiere quel miracolosi sarebbe resa per
sempre indipendente dalla schiavitù degli uomini.
Quando il vapore toccò l'argine a New Orleanssalutò i compagni del
GrandMogul e portò a terra il suobagaglio. Ma dopo un'ora era già di ritorno. La banca era fallita e i suoiquattrocento dollari erano sfumati. Era povera e
senza tetto. E inoltre malandata in salutealmeno per il momento. Gliufficiali si commossero alle sue disgrazie e fecero
una piccola colletta. Lei decise di tornare al paese natio: lì aveva degliamici fra i negrie gli sventurati si aiutano
sempre fra loroquesto lo sapeva bene. Quegli umili compagni degli anni digioventù non l'avrebbero lasciata morire di
fame.
Prese il piccolo battello postale al Cairoe ora stava sulla strada di casa.Il tempo aveva cancellato la sua
amarezza contro il figlioe poteva pensare a lui serenamente. Cacciò dallamente il ricordo dei suoi lati peggiori e si
abbandonò alle memorie delle rare gentilezze che le aveva usato. Abbellì eindorò quelle immagini finché divennero
assai piacevoli a contemplarsi. Cominciò a desiderareintensamentedirivederlo. Sarebbe andata da luie lo avrebbe
adulato come una schiava - perché questoovviamentedoveva essere il suoatteggiamento - e poteva darsi che nel
frattempo lui fosse cambiato e provasse piacere a rivedere la vecchia baliada tempo dimenticatae le facesse festa.
Sarebbe stata una cosa bellissima che le avrebbe fatto dimenticare letribolazioni e la miseria.
La miseria! Quel pensiero le suggerì un altro sognoun altro castello inaria: forse di tanto in tanto lui le
avrebbe regalato qualche cosucciamagari un dollarouna volta al mese;qualunque regalino le sarebbe stato di aiutodi
tanto aiuto.
Quando raggiunse Dawson's Landing era la stessa di sempre; svanite lemalinconiesi sentiva tutta baldanzosa.
Certose la sarebbe cavata; c'erano tante cucine dove i negri avrebberovolentieri diviso con lei i loro pastie
rubacchiato per lei zucchero e miele e altre leccornie; oppure le avrebberodato il modo di rubacchiarlee sarebbe
andato bene lo stesso. E poi c'era la chiesa. Roxy era più che mai unadevota e fanatica metodistae la sua non era
ipocrisiama fede sincera e convinta. Sìd'ora in poicon tante animeintorno a confortarla e il suo vecchio
inginocchiatoio nell'angolo della chiesasarebbe stata perfettamente felicefino alla fine dei suoi giorni. Prima di tutto si
recò nella cucina del giudice Driscoll. Lì fu ricevuta con tutti gli onorie con enorme entusiasmo. I suoi viaggi
meravigliosigli strani paesi che aveva visitato e le sue avventure facevanodi lei un'eroina da romanzoun oggetto di
meraviglia. I negri se ne stavano incantati ad ascoltare la storia delle sueesperienze e la interrompevano con domande
risateesclamazioni di gioia e di approvazione; e lei dovette confessare ase stessa chese c'era al mondo una cosa
migliore del viaggiare sui battelliquesta cosa era la soddisfazione che sene ricavava a parlarne. Gli astanti la
rimpinzarono di ciboe poi depredarono la dispensa per riempirle la sporta.
Tom era a St. Louis. I servi le dissero che negli ultimi due anni avevatrascorso lì la maggior parte del tempo.
Roxy tornò ogni giornoe parlò molto della famiglia e dei suoi affari. Unavolta chiese perché Tom stesse lontano così a
lungo.
Il presunto «Chambers» disse:
«Il fatto è che il vecchio padrone se la passa meglio quando il giovanepadrone sta lontano che quando sta in
città. Sìe gli vuole anche più bene; così gli dà cinquanta dollari almese...»
«Ma va'davvero? Chambersnon stai mica scherzandoeh?»
«Quant'è vero Dionon scherzomammy. Padron Tom stesso me lo ha detto. Matanto non gli basta neppure
quello.»
«Oh cieloe per che ragione non gli basta?»
«Behte lo dico se mi lasci parlaremammy. La ragione è che padron Tomgioca d'azzardo.»
Roxy alzò le mani al cielo in segno di stuporee Chambers continuò: «Ilvecchio padrone l'ha scoperto perché
ha dovuto pagare duecento dollari per i debiti di gioco di padron Tomequesta è la pura veritàmammysicuro come io
sono io e tu sei tu.»
«Due... duecento dollari! Ma che dici? Duecento dollari! Per la miseriaèquasi il prezzo di un discreto negro
di seconda mano. Sei sicuro che non stai a mentiredolcezza. Non è che glidici una bugia alla tua vecchia mammy
vero?»
«Quant'è vero Dioè come ti ho detto. Duecento dollari. E che non possapiù fare un passo se non è vero. E
poioh cieloil vecchio padrone sembrava uscito pazzoaveva la schiumaalla bocca te lo dico io! E così ha preso e lo
ha
diseredato!»E dopo aver pronunciato quella parola così importante si leccò le labbracompiaciuto. Roxy per un po'cercò di raccapezzarcisipoi si arrese e disse:
«Dise... che?»
«Diseredato.»
«Ma che roba è? Che significa?»
«Significa che ha stracciato il testamento.»
«Stracciato il testamento! Non può essere che l'ha fatto! Ritira tuttomiserabile imitazione di negropartorito
con tanto dolore e tribolazione.»
Il castello di Roxy - un dollaro di tanto in tanto dalle tasche di Tom -stava crollando davanti ai suoi occhi. Non
poteva sopportarlo; non poteva neanche pensarci. La sua uscita divertìChambers: «Ah ah ahsenti questa! Se io sono
una imitazionetu che sei? Tutti e due siamo una
imitazionedi bianchiecco che siamoeuna buona imitazione anche.Ah ah ah! Come imitazione di
negrinon siamo niente di che - e perquello che...».17«Piantala di fare lo scemo o ti do uno schiaffone; parla del testamento. Di'che non è vero che è stato stracciato
ti pregodolcezzadimmelo e non ti dimenticherò mai.»
«Behno... perché poi ne ha fatto un altroe padron Tom è di nuovosistemato. Ma perchémammystai tanto a
penare? Non sono mica fatti tuoi!»
«Non sono mica fatti miei? e di chi se nosi può sapere? Non sono stata iola mamma sua fino a che ha fatto
quindici anni? Rispondi. Ti pare che devo stare a vedere che è diventatopovero e solo al mondo senza sentirmi il cuore
sconsolato? Se tu eri una madreValet de Chambrete lo dico ionon ladicevi una scemata così.»
«Behallora statti contentache il vecchio padrone l'ha perdonato e hariaggiustato il testamento.»
Sìora era contenta e felice e commossa. Continuò a venire ogni giornoefinalmente le dissero che Tom era
tornato a casa. Cominciò a tremare tutta per l'emozionee gli mandò subitoa dire che la sua «povera vecchia mammy
negra» lo supplicava di vederlo per poi morire di gioia.
Tom era disteso comodamente sul sofà quando Chambers gli portòl'ambasciata. Il tempo non aveva scalfito
l'antico odio per l'umile servo e protettore della sua infanzia: era ancoraferoce e implacabile. Si tirò sue guardò
severamente il bel viso del giovanotto di cuisenza saperlousava il nome esfruttava i privilegi. Continuò a guardarlo
finché la vittima fu sufficientemente impallidita per il terrorepoi disse:«Che diavolo vuole da me quella vecchia
stracciona?»
La petizione fu ripetuta con umiltà.
«Chi ti ha dato il permesso di disturbarmi con le moine di una negra?»
Tom si era alzato. L'altro ora tremava visibilmente. Capì qual che stava percapitargli e piegò il capo da una
parte mentre alzava il braccio sinistro a proteggersi. Tom gli fece piovereuna scarica di pugni sulla testa e sul braccio
senza una parola. La vittima a ogni colpo supplicava: «Pietàpadron Tom!Ohpietàpadron Tom!»
Sette colpi. Poi Tom disse: «Voltati e fila» e lo seguì da presso conunoduetre robusti calci. L'ultimo
scaraventò al di là della soglia lo schiavoil bianco autenticoche se neandò zoppicando e asciugandosi gli occhi con la
manica vecchia e sdrucita. Tom gli urlò dietro: «Falla entrare!»
Poi si gettò ansimante sul sofà e scatarrò: «È arrivato proprio intempo; ero pieno di rabbia fino al gozzo e non
sapevo con chi prendermela. È stato un vero sollievo! Mi sento molto meglioora.»
Entrò la madre di Tomchiudendosi dietro la portae si avvicinò al figliocon tutte le moine e i servili
convenevoli di cui la paura e l'interesse possono improntare le parole e gliatteggiamenti di chi è nato schiavo. Si fermò
a un metro dal suo ragazzo ed emise due o tre esclamazioni ammirate per lasua alta statura e per la sua prestanza in
generee Tom mise un braccio sotto la testa e appoggiò la gamba sulloschienale del divano per assumere un'aria
adeguatamente indifferente.
«Cielodolcezza miaquanto sei cresciuto! In fede mia mai non ti avreiriconosciutopadron Tom! Per
davvero! Guarda bene me; la vecchia Roxy tua te la rammenti? La vecchia mammytuadolcezzala riconosci? Ora sì
che posso morire in pace dopo che ti ho potuto rivedere.»
«Taglia corto... taglia corto! Che cosa vuoi?»
«Lo sentite? Sempre il solitoil padron Tomsempre così allegro escherzoso con la vecchia mammy sua.
Sicura ero...»
«Taglia cortoti dicoe di' cos'è che vuoi!»
Era una grossa delusione. Per giorni e giorni Roxy aveva tanto covato enutrito e accarezzato l'idea che Tom
sarebbe stato contento di rivedere la sua vecchia balia e l'avrebbe resafelice e fiera fin nel midollo con un palo di parole
cordialiche non le ci vollero più di due rabbuffi per convincersi che luinon stava scherzando affattoe che il suo bel
sogno era solo una sciocca illusioneuno sbaglio grossolano e penoso. Sisentì ferita nel vivo e così umiliata che per un
attimo non seppe che dire e che fare. Poi il petto cominciò a sollevarsilelacrime a sgorgaree nella sua desolazione
provò l'impulso di ricorrere all'altro suo sognol'appello alla generositàdel suo ragazzo; e cosìd'istinto e senza
rifletteregli sciorinò la supplica:
«Oh padron Tomla povera vecchia mammy tua di questi tempi è cosìsfortunata; nelle braccia sta mezza
impedita; non può lavorare; e se tu gli puoi dare un dollaro... sìsolo unpiccolo doll...»
Tom balzò in piedi così bruscamente che la supplice sobbalzò anche lei.
«Un dollaro! Darti un dollaro! Vorrei strangolarti piuttosto! È questa laragione della tua visita? Fuorie
subito!»
Roxy indietreggiò lentamente fino alla portama a metà strada si fermò edisse in tono lamentoso: «Padron
Tomquando stavi in fasce ti ho allattatoe da sola ti ho tirato su finquando sei stato quasi un giovanotto; e ora che sei
giovane e ricco e io povera e mezza vecchiae vengo qui e mi credo che tu lapovera vecchia mammy tua vuoi aiutare
per i giorni che gli restano da camparee...»
Tom gradì questa solfa ancor meno di quella che l'aveva preceduta perchégli andava risvegliando un'eco nella
coscienza; così l'interruppe e dissein tono deciso ma senza asprezzachenon era in grado di aiutarla e non aveva
intenzione di farlo.
«Allora mai non mi aiuteraipadron Tom?»
«No! E adesso vattene e non mi seccare più.»
Roxy aveva chinato il capo in atteggiamento di umiltàma adesso il ricordodi tutti i torti subiti tornò a
divamparle nel pettoardendo furiosamente. Sollevò lentamente il capomentre il suo corpo maestoso assumeva
inconsciamente una posa fiera e imperiosa che aveva in sé tutta la maestà ela grazia della giovinezza svanita. Sollevò.18
un dito e con esso sottolineò ogni parola: «L'hai detta la tua. La tuaoccasione l'hai avuta e sotto i piedi te la sei ficcata.
Quando un'altra ti si presentain ginocchio ti dovrai buttaree dovrai
supplicare!»Tom si senti agghiacciare il cuoreneanche lui sapeva perché; non riflettéche a produrre tale effetto era la
stessa incongruenza della situazione: quelle parolepronunciate con tantasolennitàda
quella persona.Comunque fecequello che era naturale che facesse: rispose con arroganza e con scherno.
«T
udarmi un'occasione... tu!Forse dovrei mettermi in ginocchio subito! Ma nel caso che non lo facciatantoper curiositàche cosa dovrebbe succedermisecondo te?»
«Ecco quello che ti succedeche da tuo zio vado dritta e gli ripeto tuttoquello che so sul conto tuo.»
Tom impallidìe lei se ne accorse. Pensieri inquietanti cominciarono arincorrersi nel cervello del giovane:
«Come può saperlo? Eppure deve averlo scoperto: ne ha tutta l'aria. Horiavuto il testamento da tre mesie sono di
nuovo pieno di debiti e sto facendo mari e monti per coprirmi dallo scandaloe dalla rovinacon una ragionevole
speranza di farla francase mi lasciano in pace. E ora questa maledetta hatrovato la maniera di scoprire tutto. Chissà
fino a che punto è informata? Oh oh ohce n'è abbastanza da spezzarti ilcuore! Ma devo fingere di assecondarla... non
c'è altro scampo.»
Poi abbozzò la brutta copia di un'allegra risata econ una sorta di scialbagaiezzaesclamò:
«Bene bene beneRoxy cara. Due vecchi amici come noi non devono litigare.Eccoti il tuo dollaro. E adesso
dimmi quello che sai.»
Tirò fuori un «verdone»; Roxy rimase dov'erasenza scomporsi. Toccava alei adessofarsi beffe delle sue
sciocche lusinghee non si lasciò sfuggire l'occasione. Dissecon unatorva implacabilità nella voce e nei modi che
fecero sospettare a Tom come perfino una ex-schiava possa ricordarsiperdieci minutidegli insulti e delle ingiurie
ricevuti in cambio di complimenti e adulazionie possa anche conoscere ilpiacere di vendicarsiquando se ne offre
l'opportunità.
«Che cos'è che so? Te lo dico ioche cos'è che so. Abbastanza ne so chein mille pezzi quel tuo testamento può
andare a finire... e anche di piùbada
anchedi più!»Tom era esterrefatto.
«Di più?» disse. «Che cosa significa di più? C'è forse posto perdell'altro?»
Roxy se ne uscì in una risata di schernobuttò il capo all'indietro elemani sui fianchidisse beffardamente:
«Ahcosì vorresti saperlotu col tuo miserabile straccio di dollaro.Perché proprio a te dovrei dirlo? I soldi non ce li hai.
Lo dirò a tuo zio - e subito anche - e lui cinque dollari mi darà per lanotiziae sarà pure contento.»
Si voltò con fare sdegnoso e fece le mosse di andarsene. Tom fu preso dalpanico. L'afferrò per la gonna e
l'implorò di aspettare. Lei si voltò e disse altezzosamente:
«Eccoti lìche t'avevo detto?»
«Tutu... non ricordo più. Che cosa m'avevi detto?»
«T'avevo detto che alla prima occasione ti buttavi in ginocchio e misupplicavi.»
Per un attimo Tom rimase interdetto. Ansimava per l'emozione. Poi disse:
«OhRoxynon vorrai mica che il tuo giovane padrone faccia una cosa tantoorribile! Non dici sul serio!»
«Subito te lo faccio vedere se dico sul serio o no! Prima m'insulti e misputi addosso quando vengo qui
miserabileabbandonata e sconsolatae ti parlo di quando ti allattavo e tiaccudivo e ti curavo quando stavi malato e
un'altra mamma non tenevi che me al mondo; e ti supplico di dare alla poveravecchia negra un dollaro per procurarsi
qualche cosa da mangiaree tu giù a insultaregiù a insultare. Chevergogna! Sissignoreun'altra occasione sì che te la
posso daree
adesso tela posso daree hai solo mezzo secondo per decidere... mi senti?»Tom si buttò in ginocchio e cominciò a supplicare dicendo:
«Lo vedi che ti supplicoe in tutta onestà! Ora parlaRoxyparla!»
L'erede di due secoli d'insulti e di oltraggi impuniti lo guardò dall'altocome degustando a grosse sorsate quella
soddisfazione. Poi disse:
«Che bello vedere un giovanotto bianco che si sta a inchinare davanti a unavecchia negra! Era una cosa che
volevo vedere almeno una volta prima che mi chiamavano a morire. E orasoffia pure nella tua trombaGabriele
perché io sono pronta... Alzati!»
Tom si alzò. Disse umilmente:
«SuRoxynon mi punire oltre. Ho meritato quello che ho avutoma siibuona e assolvimi. Non andare dallo
zio. Dillo a me... ti darò io i cinque dollari.»
«Sìsto sicura che per dare me li daie neanche ti fermerai lì. Ma nonte lo dico qui...»
«Noper carità!»
«Hai paura della casa stregata?»
«N...no.»
«E allora alla casa stregata fatti trovare fra le dieci e le undici distasera. E devi salire per la scala a pioli perché
l'altra scala sta tutta sfasciatae mi troverai là. Nella casa stregata misono fatta una cucciaperché non tengo un altro
posto dove stare.» Si avviò verso la portama si fermò e disse: «Mi devidare il dollaro!» Lui glielo dette. Lei lo
esaminò e disse: «Mmm... Non mi faccio meraviglia se la banca è fallita.»Si mosse di nuovoe si fermò un'altra volta:
«Whisky ce n'hai?»
«Sìun po'!»
«Prendilodai.».19
Lui corse nella sua stanza al piano di sopra e portò giù una bottigliapiena per due terzi. Lei la sollevò e bevve
una sorsata. Gli occhi le splendevano di soddisfazione e si ficcò labottiglia sotto lo scialle dicendo: «È roba finame la
piglio.»
Umilmente Tom le tenne aperta la portae lei uscì con passo marzialetorvaed eretta come un granatiere.
IX
Perché ci rallegriamo a una nascita e ci addoloriamo a un funerale? Perchénon siamo noi la persona in questione.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoÈ facile trovare dei difetti quando ci si è portati. C'era una volta unuomo che non riuscendo a trovare altro difetto al
carbonesi lamentava che contenesse troppi rospi preistorici.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoTom si buttò sul sofàsi prese tra le mani la testa che gli scoppiava eappoggiò i gomiti sulle ginocchia
dondolandosi avanti e indietro e gemendo:
«Mi sono inginocchiato davanti a una sporca negra!» borbottava. «Credevodi aver già raggiunto il massimo
della degradazionemaoddioquello era niente al confronto... Behmirimane una sola consolazione: questa volta ho
toccato il fondo e non posso andare più giù di così.»
Ma era una deduzione affrettata.
Quella sera alle dieci saliva la scala a pioli nella casa stregatapallidodeboledisperato. Roxy lo aveva sentito
e stava in piedi sulla porta di una stanza.
Era una casa di tronchi d'albero a due pianiche due anni prima avevaacquistato fama di essere abitata dagli
spiriti e da allora era caduta in disuso. Nessuno aveva più voluto abitarlané avvicinarcisi di nottee molti giravano al
largo anche di giorno. In assenza di «concorrenti»fu chiamata la casastregata. Era instabile e pericolante per il lungo
abbandono. Distava dalla casa di Wilson lo Svitato trecento metrioccupatisoltanto da uno spiazzo deserto. Era l'ultima
casa della cittadinada quel lato.
Tom seguì Roxy nella stanza. In un angolo c'era un mucchio di paglia pulitache le serviva da letto eappesi al
muroalcuni indumenti modesti ma ben tenuti; una lanterna di lattapunteggiava di piccoli punti luminosi il pavimento
e parecchie cassette da sapone e da candeletutt'intornoservivano dasedie. I due sedettero. Roxy disse:
«Ebbenecomincio subitoe poi mi piglio i dollari; fretta non la teniamo.Che ti credi che ti sto per dire?»
«Beh... tu... tu... ohRoxynon farmela troppo difficile! Parlae dimmiin quale modo hai scoperto la
situazione tragica in cui mi trovo a causa della mia dissolutezza e della miastoltezza.»
«Dissolutezza e stoltezza? Nossignoretutto questo non conta nienterispetto a quello che tengo in mente.»
Tom la guardò e disse:
«Ma comeRoxyche vuoi dire?»
Lei si alzòincombendo su di lui come il Fato.
«Questo voglio direed è la sacrosanta verità. Tu non sei del sangue dipadron Driscoll più che non lo sono io!
Ecco
quello che vogliodire!» e i suoi occhi lampeggiarono di trionfo.«Cosa?»
«Sissignore sissignoree mica è tutto qua! Tu un
negrosei! Natonegro e schiavoper di più! E un negro seiora come orae schiavo pure; e se apro bocca ioil vecchio padron Driscollti vende giù al fiume prima che invecchi di
altri due giorni.»
«È una bugiavecchia cialtronauna bugia colossale.»
«Non è una bugia proprio per niente. È la verità e niente altro che laveritàtant'è vero Dio. Sissignore... tu
miofiglio
sei.»«Demonio!»
«E quel povero ragazzo che hai preso a calci e pugniè il figlio di PercyDriscollè il
padrone tuo...»«Mostro!»
«E il nome
suo èTom Driscolle il tuo èValet de Chamberse tu il cognome nonce l'hai perché i negri noncel'hann
o.»Tom con un balzo afferrò un ceppo e lo sollevò in alto; ma sua madre silimitò a ridere e disse:
«Statti sedutostupido! Credi che mi metto spavento? Non è né da te néda quelli come tepiuttosto mi spari
alla schienase ti viene l'occasioneperché questo è quello che sai fare.
Io ticonosco bene fino in fondo... Ma a me nonme ne importa niente se mi levi dal mondoperché tutto quello che ti stodicendo sta scritto chiaro e tondo sulla cartae
in mani sicure sta custoditoe la persona che lo tiene sa chi è l'uomo daricercare quando viene a sapere che sono morta.
Poverettose ti credi che tua madre è una sciocca come teti sbagli digrossolasciatelo dire! Perciò statti seduto e
portati come si devee non ti alzare finché non te lo senti comandare!»
Per un po' Tom si agitò e si contorse in un turbine di sensazioni e diemozioni contrastanti. Alla fine dissecon
tono che sembrava convinto:.20
«È tutta una fandonia; va' pure a far danni come ti pare; con te hochiuso.»
Roxy non rispose. Prese la lanterna e si avviò alla porta. ImmediatamenteTom fu invaso dal timor panico.
«Torna indietrotorna indietro!» gemeva. «Non volevoRoxy; mi rimangiotutto e non lo dirò mai più. Ti
pregotorna indietroRoxy!»
La donna si arrestò per un attimopoi disse in tono grave:
«C'è una cosa che te la devi smettere di fareValet de Chambers; ed è chemi chiami
Roxyda pari a pari. Nonè così che i figli devono parlare alle loro madri. Ma' o mammy mi devichiamareecco come mi devi chiamares'intende
quando non c'è nessuno che sente.
Dillo!»Costò una gran fatica a Tomma poi lo cacciò fuori.
«Così sta bene. Non te lo scordare mai piùaltrimenti... e prometti chemai più chiamerai le mie parole bugie e
fandonie. Badati voglio avvertire: un'altra volta che te lo sento dire èpure l'ultima. Me ne vado di filato dal giudice e
gli racconto chi sei e gli porto le
prove.Ci credi a quello che ti dico?»«Oh» gemette Tom. «Non solo ci credo ma lo so.»
Roxy capì che l'opera era compiuta. Non avrebbe mai potuto provare nullaela minaccia della carta scritta era
una bugia; ma sapeva con chi aveva a che faree aveva fatto quelle duedichiarazioni senza dubitare minimamente
dell'effetto che avrebbero sortito.
Andò a sedere sulla cassetta da candele che la fieratrionfante maestà delsuo atteggiamento parve trasformare
in un trono. Disse:
«DunqueChambersadesso di affari dobbiamo parlaree senza tantestupidaggini. Prima di tuttotu intaschi
cinquanta dollari al mese; la metà la molli a mammy tua. Tirali fuori!»
Ma Tom possedeva in tutto sei dollari. Glieli dette e promise che acominciare dalla prossima mesata
avrebbero fatto a metà.
«Chambersquanti sono i debiti che tieni?»
Tom rabbrividì e disse:
«Circa trecento dollari.»
«E come pensi che li puoi pagare?»
Tom gemette forte: a Oh non lo sonon mi fare queste domande terribili.»
Ma lei tenne duro finché non gli estorse una confessione: era andato in girotravestitorubando piccoli oggetti
di valore da varie abitazioni private; e proprio una quindicina di giorniprima aveva fatto razzia in parecchie case dei
compaesanimentre tutti credevano che fosse a St. Louis; ma non era sicurodi aver pareggiato il conto e aveva paura di
avventurarsi di nuovocon tutto il fermento che c'era in città. Sua madreapprovò la sua condotta e si offrì di aiutarlo
ma lui si spaventò. Tremebondosi arrischiò a dire che se lei se ne fosseandata dalla cittàsi sarebbe sentito meglio e
più al sicuroe avrebbe potuto tenere la testa alta; e stava continuando suquesto tono quando lei lo interruppee gli
disselasciandolo gradevolmente sorpresoche era prontache non leimportava niente dove vivevapurché percepisse
regolarmente la sua parte di mesata. Disse che non sarebbe andata lontano esarebbe tornata una volta al mese alla casa
stregata per prendere il denaro. Poi aggiunse:
«Non ti odio troppo orama per anni e anni t'ho odiatosarebbe successo atutti. Avevo fatto quello scambio
per dare a te una buona famiglia e un nome buono e farti diventare un signorebianco ricco e benvestito... e che cosa ci
ho ricavato? Tu in continuazione mi disprezzavi e non facevi che insultarmidavanti a tutti e non mi facevi mai
dimenticare di essere una negra... e...»
Scoppiò in singhiozzi e s'interruppe. Tom disse:
«Ma lo sai bene che io non lo sapevo che eri mia madree poi...»
«Behlasciamo perdere adesso; lasciamo perdere. Me lo levo dalla mente.»Poi aggiunse minacciosa: «E fa' in
modo che non me lo ricordo maio te ne pentiraite lo dico
io.»Quando stavano per separarsi Tom dissecol tono più convincente di cui eracapace:
«Ma'ti dispiacerebbe dirmi chi è mio padre?»
Credeva di farle una domanda imbarazzantema si sbagliava. Roxy si drizzòcon un fiero moto del capo e
rispose:
«Se mi dispiace? Affatto! Non hai nessuna ragione di provare vergogna di tuopadrete lo assicuro. Veniva da
una delle famiglie più illustri della città: vecchia Virginiauna dellefamiglie più signore. Sìdella stessa razza dei
Driscoll e degli Howard dei tempi migliori.»
Con aria se possibile ancora più fieraaggiunse solennemente:
«Te lo ricordi il colonnello Cecil Burleigh Essexche è morto lo stessoanno del papà del tuo padroncino Tom
Driscolle tutti i massoni e tutte le congregazioni e le chiese si sonomesse insieme e gli hanno fatto il funerale più
grande che s'era mai visto in questa città? Era lui.»
L'orgoglio che ispirava le sue parolesembrava averle ridato la perdutagrazia degli anni giovanili; il suo
portamento prese una dignità e una maestosità che si sarebbero potute direregali se lo scenario fosse stato un po' più
all'altezza della situazione.
«Non ci sta un altro negro in città che è aristocratico come lo sei tu. Eadesso va! Sìtieni pure la testa alta
quanto ti pareil diritto ce l'haiquesto posso giurartelo.»
X.
21Tutti dicono «Che disgrazia dover morire»: strana lagnanza da parte digente che ha dovuto vivere.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoQuando sei in colleraconta fino a quattro; quando sei molto in colleralancia un moccolo.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoA lettoquella notteTom si svegliò parecchie volte di soprassaltoe ognivolta il suo primo pensiero era: «Oh
che gioiaè tutto un sogno!» Poi ricadeva giù pesantemente con un gemitoe borbottava: «Un negro! sono un negro! oh
vorrei essere morto!»
Si svegliò all'alba con un crescente senso di orrore e decise di non cederepiù a quel sonno traditore. Si mise a
pensare. Ed erano pensieri molto amari. Seguivano press'a poco questo schema:
«Perché c'erano negri e
bianchi?Quale delitto aveva commesso il primo negroprima di nascereperché allanascita gli fosse decretata quella condanna? E perché si fa questa tremendadistinzione fra bianchi e neri?... Come
sembra duro il destino di un negro questa mattina! Eppuresoltanto ieriquesto pensiero non mi passava per la testa.»
Sospirò e mugolò per più di un'ora. Poi «Chambers» entrò a dirgliumilmente che la colazione era quasi pronta.
«Tom» si fece di fiamma alla vista di quel giovane bianco aristocratico chesi umiliava di fronte a luiun negroe lo
chiamava a Padroncino». Disse bruscamente:
«Sparisci dai miei occhi!» E quando il giovane se ne fu andatoborbottò:a Non mi ha fatto alcun malepovero
disgraziatoma per me rappresenta un incubo adessoperché lui è Driscollil giovane gentiluomoe io sono... ohvorrei
essere morto!»
Una gigantesca eruzionecome quella del Krakatoaalcuni anni addietroaccompagnata da terremoti
maremoti e nubi di cenere vulcanicacambia la faccia del paesaggiocircostantefino a renderlo irriconoscibile
sprofondando le terre altee sollevando quelle basseformando bei laghidove c'era stato il desertoe deserti dove
avevano sorriso verdi praterie. La tremenda catastrofe che si era abbattutasu Tom aveva mutato il suo paesaggio morale
press'a poco allo stesso modo. Alcune zone basse se le ritrovava elevate aidealie alcuni ideali erano finiti a vallee lì
giacevano col saio e la testa cosparsa di cenere e zolfo.
Per giorni e giorni vagabondò per luoghi solitaripensandopensandopensandocercando di raccapezzarcisi.
Era un'esperienza nuova. Se incontrava un amicoscopriva che le abitudini ditutta una vita erano misteriosamente
sparite. Il braccio gli pendeva giù senza vitainvece di tendersiautomaticamente per una stretta di mano. Il a negro» che
era in lui rivendicava la propria umiltàe lui ne arrossiva e se nevergognava. Il «negro» che era in lui si meravigliava
quando l'amico bianco tendeva la mano a stringere la sua. Il «negro» cheera in lui dava il passoautomaticamentesul
marciapiedeall'attaccabrighe e allo sfaccendato. Quando Rowenala personapiù cara al suo cuorel'idolo della sua
segreta adorazionelo invitò a entrareil «negro» si scusò imbarazzatotimoroso di varcare la soglia e sedersi nel
consesso dei temutissimi bianchi. Il «negro» che era in lui se ne andavaqua e làchiuso in se stesso e immusonito
credendo di leggere in ogni visotono e gestoil sospetto e forse lascoperta della verità. La condotta di Tom era
talmente atipica insolita e strana che la gente la notòe al suo passaggiosi voltava a guardarlo; e quando lui a sua volta
si girava - cosa chenonostante tutti gli sforzinon riusciva a evitare - ecoglieva l'espressione incuriosita della persona
ne provava una specie di nauseae si dileguava il più velocementepossibile. A volte aveva l'aria di un animale braccato
si sentiva braccatoe allora fuggiva verso le colline e la solitudine. Siripeteva che sul suo capo pesava la maledizione di
Cam. E c'era il terrore dei pastiquando il «negro» si vergognava disedere alla tavola dei bianchi e temeva di venire
scoperto. Una volta il giudice Driscoll disse: «Che ti succede? Mi sembrimansueto come un negro» e Tom provò la
stessa sensazione che si dice provi l'assassino quando «l'accusatore» losmaschera dichiarando: «Ecco il colpevole!» Il
giovane disse di non sentirsi bene e lasciò la tavola.
Le premure e le moine della sua presunta «zia» erano diventate un incubo ele evitava.
E intanto gli cresceva dentro l'odio per il suo presunto «zio» perché sidiceva: «Lui è biancoe io sono il suo
schiavola sua proprietàun suo benee può vendermi come venderebbe ilsuo cane.»
Per tutta una settimana Tom pensò che il proprio carattere avesse subito uncambiamento radicale. Ma non
conosceva bene se stesso. Per molti versi le sue idee erano completamentemutatee non sarebbero mai più state le
stesse. Ma la struttura di base del suo carattere non era né poteva esserediversa. Si era modificata sotto due o tre aspetti
e col tempoall'occasionese ne sarebbero visti gli effetti: effetti diassai grave natura Sotto l'influenza di questo grande
sconvolgimento mentale e morale la sua personalità e le sue abitudinimostravano esteriormente segni di un completo
mutamentoma dopo qualche tempocalmatasi la tempestacominciarono aricomporsi nel modo di sempre. A poco a
poco ricadde negli antichifrivolivacui modi di pensiero e di linguaggioe neppure i più intimi avrebbero potuto
scorgere in lui qualcosa che lo differenziasse dal Tom debole e menefreghistadei giorni andati.
La razzia che aveva perpetrato nel villaggio fruttò meglio di quanto avessesperato. Gli procurò la somma
necessaria per pagare i debiti di gioco evitandogli di essere smascheratodallo zio e di essere diseredato un'altra volta.
Lui e sua madre cominciarono a simpatizzare. Roxy non poteva amarloperchénon valeva «niente di niente»come lei
stessa diceva; ma la sua natura reclamava qualcosa o qualcuno su cuiesercitare la propria autoritàe lui era pur meglio
di niente. Il carattere forte di leii suoi modi aggressivi e imperiosisuscitavano l'ammirazione di Tom anche se gli.22
esempi che gli si offrivano erano un po' troppo frequenti per i suoi gusti.Comunquein linea di massimala
conversazione di Roxy era piena dei pettegolezzi tipici della sua razza sullefamiglie più in vista della città (li andava
raccogliendo nelle cucine ogni volta che tornava a Dawson's Landing) e Tom cisi divertiva. Era una cosa che gli
piaceva. Lei ritirava puntualmente la sua metà della mesatae perl'occasione lui si trovava sempre nella casa stregata
per scambiare quattro chiacchiere. Di tanto in tanto lei andava a trovarlo alsolito postoanche fra un pagamento e l'altro
Ogni tanto Tom faceva una corsa a St. Louis per qualche settimanae cosìcedette di nuovo alla tentazione.
Vinse molto denaroma lo perse - e anche molto di più - ma promise ditrovarlo al più presto.
Così progettò un altro furto nel villaggio. Non voleva operare in altriposti perché temeva di avventurarsi in
case di cui non conosceva l'entrata né l'uscitané le abitudini degliabitanti. Arrivò travestito alla casa stregatail
mercoledì precedente l'arrivo dei gemelli - dopo aver scritto alla zia Trappche non sarebbe stato di ritorno prima di due
giorni - e se ne rimase nascosto lì con sua madre fin verso l'alba divenerdìquando andò a casa dello zio ed entrò dalla
porta sul retrousando la propria chiavee sgusciò in camera suadovepoteva servirsi dello specchio e degli articoli da
toletta. Portava in un fagotto un corredo di abiti femminili e indosso unvestito della madrecon guanti neri e velo da
lutto. All'alba era pronto per il colpoma cols e lo sguardo di Wilson loSvitato alla finestradall'altra parte della strada
e capì che lo Svitato lo aveva visto. Cosìper un po'intrattenne Wilsoncon una pantomima di mossette e pose affettate
poi sparì dalla vista e si rimise l'altro travestimentoe poco dopo scesee uscendo dalla porta sul retro si avviò verso il
villaggio per passare in ricognizione i luoghi che intendeva saccheggiare.
Ma si sentiva a disagio. Si era rimesso il vestito di Roxye per completareil travestimento camminava con le
spalle curve come una vecchiacosì che Wilsonse per caso fosse sempre aspiarenon si sarebbe occupato di un'umile
vecchia che usciva dalla casa vicina dalla porta posterioredi mattinapresto. Ma supponendo che Wilson lo avesse visto
usciree avesse considerato la cosa sospetta e lo avesse seguito? Il solopensiero gli fece gelare il sangue. Rinunciò
all'idea del furtoper quel giornoe corse alla casa stregata per le viepiù deserte che conosceva. La madre se n'era
andata; ma più tardi tornò con la notizia del ricevimento da Patsy Coopere lo persuase che quella era un'occasione
mandatagli dalla Provvidenzatanto era invitante e perfetta. Così se neandò a far razzia e ne ricavò un bel bottino
mentre tutti stavano da Patsy Cooper. Il successo gli dette coraggioanziuna vera e propria spavalderiaper cuidopo
aver consegnato il malloppo alla madrein una stradetta nascostaandòanche lui al ricevimento e aggiunse al bottino
precedente parecchi oggetti di valore asportati in quella casa.
Dopo questa lunga digressione eccoci di nuovo al punto in cui Wilson loSvitatomentre attendeva l'arrivo dei
gemelli quella stessa sera di venerdìsi era seduto a meditare sulla stranaapparizione del mattino: una ragazza nella
camera da letto del giovane Tom Driscoll; ci pensò e ripensò e ci siarrovellò domandandosi chi potesse essere quella
sfacciata.
XI
Ci sono tre modi infallibili per far cosa gradita a un autore; tutti e treformano un crescendo di complimenti: 1. dirgli
che avete letto uno dei suoi libri; 2. dirgli che avete letto tutti i suoilibri; 3. chiedergli di farvi leggere il manoscritto del
suo prossimo libro. Il n. 1 vi assicura il suo rispetto; il n. 2 vi assicurala sua ammirazione; il n. 3 vi assicura un posto
nel suo cuore.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoUso dell'aggettivo: se sei in dubbiocancellalo.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoI gemelli arrivaronoe cominciò la conversazione che si svolse in modosciolto e affabilee in quel clima la
nuova amicizia acquistò forza e disinvoltura. Wilsonsu richiestatiròfuori il
Calendarioe ne lesse uno o due passaggiche i gemelli lodarono con viva cordialità. L'autore ne fu molto compiaciutoe quando essi gli chiesero di prestar loro
qualche foglio da leggere a casali accontentò di buon grado. Nel corso deiloro numerosi viaggi i gemelli avevano
scoperto che ci sono tre modi sicuri per far cosa gradita a un autore e oramettevano in atto il migliore dei tre.
Ad un certo punto ci fu un'interruzione. Il giovane Tom Driscol1 venne adunirsi alla compagnia. Quando i due
distinti forestieri si alzarono per stringergli la manoTom fece mostra divederli per la prima volta; ma era una finzione
perché aveva già avuto modo di dargli una occhiata al ricevimentomentresaccheggiava la casa. I gemelli annotarono
mentalmente che Tom aveva un viso liscio e piuttosto bello e un portamentodisinvolto e flessuoso: anziaggraziato.
Angelo pensò che aveva un bello sguardo; Luigi pensò che in esso ci fossequalcosa di ambiguo; Angelo pensò che il
suo modo di parlare era gradevole e disinvolto; Luigi pensò che era piùdisinvolto che gradevole. Angelo pensò che era
un giovanotto simpatico; Luigi rimandò ogni giudizio in proposito. Il primocontributo di Tom alla conversazione fu
una domanda che Wilson si era sentito porre un centinaio di volte. Era unadomanda fatta in tono allegro e bonarioe
che sempre gl'infliggeva una piccola fittaperché risvegliava una feritasegreta. Ma questa volta la fitta fu più acuta
perché erano presenti dei forestieri. «E alloracome va lo studio legale?Hai avuto qualche causa?»
Wilson si morse il labbroma rispose: «Nonon ancora» con tuttal'indifferenza di cui era capace. Il giudice
Driscoll aveva magnanimamente omesso dalla biografia di Wilsonpresentata aigemellila faccenda della laurea in.23
legge. Il giovane Tom rise amabilmente e disse:
«Wilson è avvocatosignorima per il momento non esercita.» Quelsarcasmo ferì Wilsonma si controllò e
dissepacatamente: «Non esercitoè vero. Ed è vero che non ho mai avutouna causa e mi sono guadagnato da vivere
modestamenteper vent'annifacendo il contabile in una cittadina dove nonci sono tanti libri mastri quanti vorrei. Ma è
anche vero che mi sono preparato coscienziosamente alla pratica legale. Allatua etàTommi ero scelto una
professione ed ero in grado di esercitarla.» Tom fece una smorfia.«Purtroppo non mi si è mai presentata l'occasione di
cimentarmie forse non l'avrò mai; tuttaviase mai mi si presenteràmitroverà prontoperché per tutti questi anni ho
continuato i miei studi.»
«Bravoquesta sì che si chiama grinta! Mi piacerebbe vederti all'opera. Hointenzione di metterti in mano tutti
i miei affari. I miei affari e il tuo studio legale farebbero una bellacoppiaDave» e il giovanotto rise di nuovo.
«Se mi metterai...» Wilson pensava alla ragazza nella camera di Tom e stavaper dire: «Se mi metterai in mano
la parte clandestina e losca dei tuoi affarine potrebbe venir fuoriqualcosa.» Ma ci ripensò e disse: «Comunquequesto
argomento è fuori luogo in una conversazione generale.»
«Benissimocambiamolo; ho idea che stavi per darmi un'altra punzecchiata;perciò sono più che disposto a
parlar d'altro. Del tuo Gran Misteroper esempio. Come va di questi tempi?Giàperché Wilson ha in mente di
accaparrarsi tutti i vetri trasparenti e di decorarli con impronte di grassoe di arricchirsi vendendolia prezzi esorbitanti
alle teste coronate d'Europa perché li espongano nei loro palazzi. Valli aprendereDave.»
Wilson prese tre dei suoi vetrinie disse:
«Eccola persona si passa le dita della mano destra tra i capelliperchévi si formi un leggero strato di grasso
naturalepoi preme i polpastrelli sul vetro. Ne risulta un'impronta sottilee delicata delle linee della pelleche non si
altera a meno che non venga a contatto con qualcosa che la cancelli. CominciatuTom.»
«Perché? Mi pare che hai già preso le mie impronte più di una volta.»
«Sìma l'ultima volta eri ancora un bambinoavevi solo dodici anni.»
«Davvero? Behcertoda allora sono completamente cambiato; e le testecoronate esigono la varietà
immagino.»
Si passò le dita tra i capelli corti e folti e le premetteuna dopol'altrasul vetro. Angelo mise le impronte delle
sue dita su un altro vetrino e Luigi su un terzo. Wilson contrassegnò ivetrini coi nomi e la datae li ripose. Tom fece
un'altra delle sue risatine e disse:
«Non volevo dir nientema se è la varietà che cerchihai sprecato unpezzo di vetro. Le impronte di un
gemello sono uguali a quelle dell'altro.»
«Behora è fattae in ogni caso mi piace averle tutte e due» disseWilsonsedendosi di nuovo al suo posto.
«Ma sentiDave» disse Tom«una volta avevi l'abitudine di predire ilfuturo alla gentequando gli prendevi le
impronte. Dave è un genio in tutti i campiun genio di prim'ordinesignori; un grande scienziato che sta andando in
malora in questo villaggioun profetadegno di tutti gli onori chegeneralmente ricevono i profeti in patria... perché qui
non gli darebbero un soldo per la sua scienzae parlano del suo cranio comedi una fabbrica di idee bislacche... Eh
Davenon è così? Ma non importa; un giorno o l'altro lascerà la suaimpronta - impronta digitalevoglio direeh eh eh!
Ma a parte gli scherzidovreste farvi dare un'occhiata alla manoè unacosa che vale il doppio del biglietto d'ingressoo
vi sarà restituito il denaro all'uscita. Vedreteleggerà tutte le pieghedella mano come se leggesse un libroe non solo vi
dirà una cinquantina di cose che vi capiterannoma anche altrecinquantamila che non vi capiteranno. AndiamoDave
mostra ai signori che pozzo di scienza abbiamo in questa cittàsenza che cene rendiamo conto.»
Wilson fece una smorfia a queste beffe pungenti e tutt'altro che cortesie igemelli soffrirono per lui e con lui.
Ritennero giustamente che il modo migliore per venirgli in aiuto era quellodi prendere la cosa sul serio e trattarla con
rispettoignorando l'ostentata presa in giro di Tom. Così Luigi disse:
«Abbiamo avuto modo d'incontrare dei chiromantidurante le nostreperegrinazionie sappiamo benissimo che
cose meravigliose sanno fare. Se la loro non è una scienzae una dellemaggiori anchenon saprei che altro nome dargli.
In Oriente...»
Tom sembrò sorpreso e incredulo. Disse: «Quella cialtroneria una scienza?Non dirà sul serio!»
«Sìassolutamente. Quattro anni fa ci hanno letto la mano come se fosse unfoglio stampato.»
«Vuol dire che c'era del vero in quello che vi hanno detto?» chiese Tommentre la sua incredulità cominciava
un poco a vacillare.
«Precisamente» disse Angelo. «Anzitutto quello che ci dissero sui nostricaratteri era minuziosamente esatto:
noi stessi non avremmo potuto fare di meglio. Inoltre ci parlarono di due otre fatti memorabili che ci erano
effettivamente accaduti: fatti di cui nessuno dei presentiad eccezione dinoipoteva essere a conoscenza.»
«Ma questa è stregoneria bella e buona!» esclamò Tomche si stavavivamente interessando alla cosa. a E
come se la cavarono riguardo a quello che vi sarebbe accaduto nel futuro?»
«Grosso modopiuttosto bene» disse Luigi. «Due o tre cose importanti checi furono predette si sono avverate;
la più importante di tuttepoiaddirittura nel corso di quello stessoanno. Delle predizioni minorialcune Si sono
avverate; altreminori o maggiorinon ancorama c'è sempre tempo; einfatti mi stupirei di più se non si verificassero
che se di fatto accadessero.»
Tom si era fatto serioed era molto impressionato. Dissein tono di scusa:
«Davenon avevo intenzione di farmi beffe di quella scienza; stavo soloscherzando: o megliostavo dicendo
sciocchezze. Vorrei tanto che leggessi la mano a questi signori. Sutiprego.».24
«Ma certose proprio lo desideri: ma sai che non ho avuto modo di diventareun esperto in materiae non
pretendo di esserlo. Quando un avvenimento del passato è registrato in modoprominente sul palmoin genere so
riconoscerloma quelli meno importanti mi sfuggono: non semprenaturalmentema spesso. E poi non mi fido molto di
me stesso quando si tratta di leggere l'avvenire. Sto parlando come sestudiassi ogni giorno la chiromanziama non è
vero. Avrò esaminato sì e no una mezza dozzina di mani negli ultimi seianni; sapetela gente ci scherzava su e io ho
smessoper lasciar cadere la cosa. Faremo cosìconte Luigi: proverò colsuo passatoe se avrò successo... Notutto
sommatopreferisco lasciar perdere il futuro: è una faccenda da esperti.»
Prese la mano di Luigi. Tom disse:
«Un momento... non guardare ancoraDave! Conte Luigiecco carta e penna.Ci scriva sopra quella predizione
così importante checome ci dicevasi è verificata entro l'annoe la diaa mecosì vedrò se Dave sa leggerla sulla sua
mano.»
Luigi scrisse un rigosenza farsi vederepiegò il foglio e lo dette a Tomdicendo:
«Le indicherò io quando è il momento di guardarese il signor Wilson lascopre.»
Wilson prese a esaminare il palmo di Luigile linee della vitadel cuoredell'intelligenza e così viaannotando
accuratamente il loro rapporto con la ragnatela di segni e linee più sottilie delicate che le intersecavano da tutte le parti;
tastò la sporgenza alla base del pollice e ne osservò la forma; tastò laparte carnosa della manofra il pollice e la base
del mignoloe osservò la forma anche di quella; con cura minuziosa esaminòle ditala formale proporzioni e il modo
naturale in cui si disponevano in posizione di riposo. L'intero processo eraseguito col massimo interesse dai tre
spettatori chechini sulla mano di Luiginon osavano turbare il silenzioneanche con un fiato. Wilson tornò a esaminare
il palmoattentamentee le sue rivelazioni cominciarono.
Fece un quadro del carattere e delle inclinazioni di Luigidei suoi gustitendenzeambizioni ed eccentricitàe
Luigi a volte reagiva con una smorfiaaltre con una risatama entrambi igemelli dichiararono che la «mappa» era stata
tracciata con arte ed era esatta.
Poi Wilson parlò della vita di Luigi. Adesso procedeva cautoesitantementre muoveva le proprie dita
lentamente lungo le linee del palmoe di tanto in tanto si fermava di frontea una «stella» o altri segnied esaminava
minuziosamente la zona. Menzionò uno o due avvenimenti passati; Luigiconfermòe la faccenda andò avanti. Poi
Wilson alzò gli occhi improvvisamentecon una espressione di sorpresa.
«Qui c'è la testimonianza di un incidente che forse lei non desidera...»
«Dica pure» disse Luigi affabilmente. «Le assicuro che non ne saròimbarazzato.»
Ma Wilson esitava ancora e pareva incerto sul da farsi. Poi disse:
«Ritengo che sia una faccenda troppo delicata per... per... Penso sia meglioche io la scriva o gliela dica in un
orecchio. Deciderà lei se vuole o meno che se ne parli.»
«Buona idea» disse Luigi. «Lo scriva.»
Wilson scrisse qualcosa su un foglietto di carta e lo dette a Luigichelesse e disse a Tom:
«Apra il suo foglietto e leggasignor Driscoll.»
Tom lesse:
«Mi era stato profetizzato che avrei ucciso un uomo. Accadde prima delloscadere dell'anno
.»«Perbacco!» disse Tom.
Luigi porse a Tom il biglietto di Wilson dicendo:
«E ora legga questo.»
Tom lesse:
«Lei ha ucciso qualcunoma non riesco a capire se si tratti di un uomodiuna donna o di un bambino
.»«Per tutti i diavoli!» commentò Tom esterrefatto. «Non ho mai udito unacosa simile! Come! La mano di un
uomo è il suo più mortale nemico! Pensate un po'! La mano contiene latestimonianza dei segreti più profondi e fatali
della vita di un uomoed è pronta a metterli in luce a qualsiasi stregonesconosciuto che gli capiti d'incontrare. Ma
perché si lascia leggere la manocon quella tremenda storia che vi èscritta?»
«Oh» disse Luigi tranquillamente«non ha importanza. Ho ucciso perchéavevo le mie buone ragioni e non
me ne rammarico.»
«E che ragioni erano?»
«Behera necessario uccidere.»
«Ve lo dico ioperché lo ha fattodal momento che lui non vuole» disseAngelo con calore. «L'ha fatto per
salvarmi la vitaecco perché l'ha fatto. È stato un gesto nobile e nonqualcosa da tenere nascosto.»
«È cosìè così» disse Wilson. «Fare una cosa del genere per salvarela vita del proprio fratello è un'azione
nobile e grande.»
«Andiamo» disse Luigi«è molto bello sentirvi dire queste cosee certoquando si tratta di altruismodi
eroismodi magnanimità non c'è niente da eccepire. Ma voi non avetepensato a un dettaglio: supponiamo che io non
avessi salvato la vita ad Angeloche cosa sarebbe accaduto a me? Se avessilasciato che quell'uomo lo uccidessenon
avrebbe forse ucciso anche me? Ho salvato la mia vitacapite!»
«Sìquesto è quello che dici tu» disse Angeloa ma io ti conosco. Noncredo affatto che tu abbia pensato a te
stesso. L'ho conservatoil pugnale con cui Luigi uccise quell'uomo e ungiorno ve lo mostrerò. E un'arma
interessantissima: non solo a causa di quell'episodioma perché prima cheLuigi ne venisse in possesso aveva già una
storia. Fu regalata a Luigi da un grande principe indianoil Gaikowar diBarodae apparteneva alla sua famiglia da due.25
o tre secoli. In epoche diverse aveva già ucciso un buon numero di personepoco graditeche avevano dato guai a quel
casato. Non è un gran che a vedersia parte il fatto che non ha la forma ditutti gli altri pugnali o daghe o come si
chiamano. Ora ve lo disegno.» Prese un foglio di carta e fece un rapidoschizzo. «Eccola: una lama larga e letalecon un
filo tagliente come un rasoio. Sopra vi sono incise le iniziali o i nomi ditutta la lunga serie dei suoi possessori. Come
vedeteio vi ho fatto aggiungerein caratteri latiniil nome di Luigi e ilnostro stemma. Avrete notato lo strano manico.
È di avoriolucidato a specchioe lungo circa dodici centimetri; èrotondo e grosso come il polso di un uomo robusto
ma diventa piatto laddove vi si appoggia sopra il polliceperché va tenutocol pollice premuto sulla parte non affilatae
va alzato in aria e poi abbassato per colpire. Il Gaikowar ci mostrò comeandava usatoquando lo regalò a Luigie
prima che la notte fosse trascorsaLuigi aveva usato il pugnale e ilGaikowar si ritrovò con un suddito in meno. Il
fodero è decorato splendidamente con gemme di grande valore. Naturalmente lotroverete molto più interessante del
pugnale stesso.»
Tom disse fra sé:
«Meno male che sono venuto qui. Avrei venduto quel coltello per pochi soldi.Credevo che le pietre fossero
false.»
«Continuila prego» disse Wilson. «Siamo curiosi di saperedell'omicidio. Ce ne parli.»
«Behil pugnale fututto sommatola causa di tutto. Quella notte un servoindigeno s'insinuò nella nostra
stanza per ucciderci e rubare il pugnaleattratto senza dubbio dall'immensovalore delle gemme incastonate nel fodero.
Luigi lo aveva messo sotto il cuscino. Eravamo nello stesso letto e la stanzaera fiocamente illuminata. Io dormivoma
Luigi era sveglio e gli parve di vedere una vaga forma che si avvicinava alletto. Estrasse il pugnale dal fodero e si tenne
pronto. I suoi movimenti non erano impacciati dalle coperte perché facevacaldo e non ne avevamo. A un tratto
l'indigeno fu vicino al lettosi piegò su di me e levò la destra armata diuna daga puntandomela alla gola. Ma Luigi gli
afferrò il polsogettò a terra l'uomo e gl'infilò il proprio pugnale nelcollo. Questo è tutto.»
Wilson e Tom cacciarono un sospiro profondoe dopo qualche commento generalesulla tragedialo Svitato
disse afferrando la mano di Tom:
«A propositoTomnon ho mai dato un'occhiata al tuo palmo; forse haiqualche piccolo segreto poco
rispettabile che ha bisogno di... Ehi!»
Tom tirò via di scatto la mano e prese un'aria imbarazzata.
«Tohè diventato rosso!» disse Luigi.
Tom gli gettò un'occhiata cattiva e disse aspro:
«Behse sono diventato rosso non è certo perché sono un assassino.» Lafaccia di Luigi avvampò ma prima
che riuscisse a muoversi o a parlare Tom si affrettò ad aggiungere: «Lechiedo mille scuse; non volevo dir questo; mi è
uscito senza volere; mi dispiacemi dispiace davveromi perdoni!»
Wilson si prodigò per salvare la situazione e di fatto ci riuscì in pienoper quanto riguardava i gemellii quali
si dolevano più per l'affronto inflitto a lui dall'ospite coi suoi modiineducati che per l'insulto fatto a Luigi. Ma con il
colpevole ebbe meno successo. Tom tentò di mostrarsi a suo agioe ciriuscì anche abbastanzama dentro di sé provava
un profondo risentimento per i tre testimoni della sua scenata. Il fatto chevi avessero assistito e l'avessero notata lo rese
furibondo - al punto che quasi si dimenticò di prendersela con se stesso peraver dato luogo a una simile esibizione.
Comunqueaccadde subito qualcosa che lo mise un po' a suo agio e gli feceritrovare una certa indulgente bonomia.
Questo qualcosa fu uno screzio fra i gemelli; non proprio un grosso screzioma pur sempre uno screzio; e prima che
passasse molto tempoi due erano decisamente assai irritati l'uno conl'altro. Tom andò in brodo di giuggiole; era così
contentoche cautamente fece del suo meglio per attizzare il fuoco purpretendendo di essere indotto dalle più
rispettabili intenzioni. Col suo aiutoil focolaio si animò quasi al puntodi esploderee di lì a poco Tom avrebbe avuto
la soddisfazione di vedere le fiamme levarsi se una bussata alla porta nonavesse interrotto il tutto: una interruzione che
contrariò Tom e confortò in pari misura Wilson. Questi aprì la porta.
Il visitatore era un irlandese di nome John Buckstoneun uomo di mezza etàbonaccioneignoranteenergico
un politicante spicciolopronto a intromettersi in ogni tipo di faccendepubbliche. In quei giorni la città era tutta
sossopra per la questione del whisky. C'era una forte fazione pro-whisky euna forte fazione anti-whisky. Buckstone
che militava nella primaera stato incaricato di rintracciare i gemelli perinvitarli ad una riunione generale di tutti i
«whiskisti». Fece l'ambasciata e aggiunse che la gente si stava giàradunando nella grande sala che occupava il piano
superiore del mercato. Luigi aderì cordialmente all'invitoAngelo un po'menoperché non gli piaceva la folla e non era
uso ai forti beveraggi intossicanti americani. Anziquando la saggezzaglielo suggerivaera completamente astemio. I
gemelli uscirono con Buckstonee Tom Driscollsebbene non invitatosi unìa loro.
In lontananza si vedevalungo la strada principaleuna lunga fila di torceondeggianti e si udiva il rullio del
tamburoil clangore dei cimbaliil pigolio di uno o due pifferie l'eco diremoti urrah. La coda della processione stava
salendo le scale dell'edificio del mercato quando i gemelli giunsero nellevicinanze. Quando entrarono nella salaquesta
era già piena di gentedi torcedi fumodi rumore e d'entusiasmo. Furonopilotati sul palco da Buckstone - con Tom
Driscoll alle calcagna - e affidati al presidente tra un prodigioso scoppiodi grida di «benvenuto». Quando il chiasso si
fu un poco calmatoil presidente disse: «Propongo che i nostri illustriospiti siano immediatamente elettiper
acclamazionemembri della nostra gloriosa associazioneparadiso degliuomini liberi e perdizione degli schiavi.»
Questo breve saggio di oratoria aprì nuovamente le cateratte dell'entusiasmoe l'elezione fu approvata con
tuonante unanimità. Poi si levò un uragano di urla:
«Bisogna bagnarli! Bisogna bagnarli! Dategli da bere!».26
Un bicchiere di whisky fu porto a ognuno dei due gemelli. Luigi lo alzòpoilo portò alle labbra; ma Angelo
posò il suo. Altro uragano di urla:
«Che gli succede a quello? Perché il biondino si tira indietro?Spiegazioni! Spiegazioni!»
Il presidente s'informòpoi riferì:
«C'è stato uno spiacevole erroresignori. Apprendo ora che il conte AngeloCapello non è del nostro credo:
infatti è contrario all'alcool e non aveva nessuna intenzione di farsimembro della nostra organizzazione. Ci chiede di
rivedere la votazione con cui lo abbiamo eletto. Che cosa decidel'assemblea?»
Ci fu un generale scoppio di risasottolineato da fischi e pernacchimal'uso energico del martelletto riportò
subito una parvenza di ordine. Poi dalla folla un tizio prese la parola edisse che pur rammaricandosi dell'errore
commessonon era possibile rettificarlo durante la presente seduta. In baseallo statutola discussione doveva essere
rinviata alla prossima seduta ordinaria. Personalmentenon intendevapresentare una mozionedal momento che non ce
n'era bisogno. Desiderava porgere le sue scuse a quel signore a nomedell'assembleae ci teneva a rassicurarlo cheper
quanto era in loro poterei Figli della Libertà gli avrebbero resagradevole quella temporanea permanenza nell'Ordine.
Il discorso fu accolto da grandi applausi misti a grida di: «Ben detto! Èuna brava personaanche se è astemio
per principio! Beviamo alla sua salute!»
Circolarono i bicchieri e tuttisul palcobevvero alla salute di Angelomentre l'assemblea intonava in coro:
For he's a jolly good fel-low
For he's a jolly good fel-low
For he's a jolly good fel-low
Which nobody can deny.
Tom Driscoll bevve. Era il suo secondo bicchiereperché aveva già bevutoquello di Angelo non appena questi
l'aveva posato. I due whisky lo resero molto allegro - stupidamente allegro -e prese a partecipare attivamente
mettendosi bene in vistaa quanto stava accadendoparticolarmente per quelche riguardava la musicale pernacchie e i
commenti.
Il presidente era sempre in piedi con i gemelli a lato. La straordinariarassomiglianza dei due fratelli suggerì a
Tom Driscoll una battuta di spiritoe proprio mentre il presidente stava periniziare il discorsosi fece avanti e con quel
tono confidenziale tipico degli sbronzidisse agli astanti:
«Ragazzipropongo che lui stia zitto e lasci che questo doppione umano cisforni un discorsetto.»
La calzante icasticità della frase soggiogò l'assemblea che reagì con unoscoppio di risate.
L'atroce umiliazione di questo insulto subito alla presenza di quattrocentostranierifece ribollire
immediatamente il sangue meridionale di Luigi. Non faceva parte della naturadel giovanotto lasciar correre né ritardare
la resa dei conti. Mosse un paio di passi e si arrestò dietro all'ignaroschernitore. Poi si piegò all'indietro e gli sferrò un
calcio di tale titanica violenza che sollevò Tom al di sopra della ribalta elo fece planare sulle teste dei Figli della
Libertà seduti in prima fila.
Perfino una persona sobriaquando non sta facendo nulla di malesi secca divedersi rovesciare addosso un
essere umano; una persona che sobria non sianon lo sopporta affatto. Il«nido» dei Figli della Libertà su cui atterrò
Driscoll non contava un solo uccello sobrio: infattimolto probabilmentenon ce n'era neanche uno in tutta la sala.
Driscoll fu prontamente scaraventato sulle teste dei Figli seduti in secondafilae questi lo passarono alle retrofile e poi
immediatamente ingaggiarono una colluttazione coi Figli della prima filaautori del lancio. Questo piano d'azione fu
puntualmente imitato da tutte le filementre Driscoll volava in untumultuoso viaggio aereo verso la porta lasciandosi
dietro una interminabile scia di umanità inferocitache si picchiavalitigava e imprecava. Le torce caddero a decine
una dopo l'altrae all'improvvisoal di sopra del battito assordante delmartellettoil fragore di voci irate e lo schianto e
il crollo delle panchesi levò un grido orripilante: «Al fuoco!»
La rissa cessò immediatamente; cessarono le imprecazioni; per un istante cifu un silenzio di morteuna calma
immobilelà dove c'era stata una tempesta; poicon impulso simultaneolafolla si scosse e si mise a premere e a
ondeggiaredi qua e di làmentre le frange esterne trovavano sfogoattraverso porte e finestree gradualmente
alleggerivano la pressione. Mai i pompieri furono più solleciti: questavoltainfattinon dovevano andare lontanovisto
che la caserma si trovava sul retro dell'edificio del mercato. C'erano duesquadre di pompieri: una si occupava delle
pompel'altra delle scale. Ogni squadra era composta per metà di «whiskisti»per metà di «antiwhiskisti»secondo il
principio etico e politicocomune alle città di frontiera dell'epocadell'equa ripartizione. In caserma era comunque
rimasto un numero sufficiente di «anti»; in due minutiindossarono giubberosse ed elmetti (non si muovevano mai per
ragioni ufficiali in abiti non ufficiali) e mentre la massa dei convenutierompeva dalle numerose finestre e si abbatteva
sul tetto del porticatoi soccorritori erano già pronti ad accoglierli conun potente getto d'acqua che spazzò alcuni giù
dal tetto e per poco non affogò i rimanenti. Ma l'acqua era sempre megliodel fuocoe così il fuggi fuggi dalle finestre
continuòsotto i getti impietosifinché l'edificio si fu svuotato. Inseguito i pompieri salirono nella sala e vi
rovesciarono tanta di quell'acqua da spegnere un incendio quaranta volte piùgrande; infatti i pompieri di una cittadina
come quella non avevano molte occasioni di mettersi in mostra e quando necapitava unacercavano di sfruttarla al
massimo. Tra gli abitanti di Dawson's Landingquanti erano per temperamentoassennati e riflessivinon si
assicuravano contro gli incendisi assicuravano contro i pompieri..27
XII
Il coraggio è la capacità di resistere alla pauradi dominare la paura:non è l'assenza di paura. Se un essere non è un
tantino codardochiamarlo coraggioso non è un complimento: è solo un usoimproprio della parola. Prendiamo la pulce!
Incomparabilmente la più coraggiosa delle creature di Diose l'ignoranzadella paura fosse coraggio. Sveglio o
addormentato che tu siati attacca comunqueincurante del fatto che permole e forza tu seial suo confrontocome gli
eserciti uniti della terra rispetto a un poppante; essa vive giorno e notte etutti i giorni e tutte le notti nel grembo stesso
del pericolo e nell'immediata presenza della mortee tuttavia non ha piùpaura di quanta ne abbia l'uomo che cammina
per le strade di una città minacciata dieci secoli prima da un terremoto.Quando diciamo di CliveNelson e Putnam che
erano uomini «che non sapevano cosa fosse la paura»dovremmo aggiungereall'elenco la pulce e metterla m testa al
gruppo.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoAlle dieci di sera di venerdìil giudice Driscoll era già a letto eaddormentatoe prima dell'alba seguente era
già in piedi e se n'era andato a pesca col suo amico Pembroke Howard. I dueerano stati ragazzi insieme nella Virginia
al tempo in cui quello Stato era considerato il principale e più augustomembro dell'Unionee quando parlavano della
loro terra aggiungevano tuttora il fiero e affettuoso aggettivo di«vecchia». Nel Missourichiunque provenisse dalla
vecchia Virginia godeva di una riconosciuta superioritàe questasuperiorità assurgeva a supremazia quando la persona
che vantava simili natali poteva anche provare di discendere da una delleprime famiglie virginiane. Gli Howard e i
Driscoll appartenevano a questa aristocrazia. Ai loro occhi si trattava dinobiltà. Aveva le sue leggi non scrittema ben
definite e rigide come quelle contenute fra gli statuti stampati del Paese.
Chi apparteneva alle prime famiglie nasceva gentiluomo; il suo più altodovere nella vita era aver cura di
quella grande eredità e mantenerla inviolata. Il suo onore doveva esseresenza macchia. Quelle leggi erano come una
mappa sulla quale era tracciato il corso delle sue azioni; se l'ago dellabussola si spostava anche di mezzo gradociò
significava il naufragio del suo onore edi conseguenzala degradazione dalsuo rango di gentiluomo. Quelle leggi
richiedevano da lui cose che la religione avrebbe potuto vietargli; in talcaso la religione doveva cedere: le leggi non
potevano essere mitigate per compiacere la religione o altro. L'onore venivaprima di tutto; e le leggi definivano cosa
fosse e in che modo differisseper certi dettaglidall'onore così come erainteso dai credo religiosidalle norme sociali e
dai costumi di alcune trascurabili parti del globo che erano rimaste fuoridei sacri confini della Virginiaal tempo in cui
erano stati tracciati.
Se il giudice Driscoll era riconosciuto da tutti come il primo cittadino diDawson's LandingPembroke Howard
ne era senz'altro riconosciuto il secondo. Era chiamato il «grandegiurista»: un titolo più che meritato. Lui e Driscoll
erano della stessa etàavevano passato di un anno o due la sessantina.Sebbene Driscoll fosse un libero pensatore e
Howard un convinto e intransigente presbiterianola loro salda amicizia nonne soffriva. Le loro opinioni erano loro
proprietà esclusivanon soggetta a ripensamenti ed emendamenticonsigli ocritiche da parte di chicchessiafosse anche
degli amici. Finita la giornata di pescai due discendevano il fiume sullaloro barca parlando di politica e di altri
importanti argomentiquando incrociarono una imbarcazione che veniva dallacittà. L'unico uomo a bordo li apostrofò:
«Lo sagiudiceche uno dei nuovi gemelli ha preso a calci suo nipoteierisera?»
«E la fatto
cosa?»«Lo ha preso a calci.»
Le labbra del giudice sbiancaronoe gli occhi mandarono fiamme. Per unattimo la rabbia lo soffocòma poi
riuscì a pronunciare le parole che tentava di dire:
«Susucontinuate! Ditemi i particolari.»
L'uomo glieli disse. Quando ebbe finitoil giudice rimase in silenzio per unminutoraffigurandosi nella mente
lo spettacolo vergognoso del volo di Tom al di là della ribalta; poi dissecome pensando ad alta voce: «Ehmnon
capisco. Ero a casa che dormivoe non mi ha svegliato. Avrà pensato disaper sbrigare gli affari suoi senza il mio
aiuto.» A quell'idea il volto gli si illuminò di gioia e disse tuttoallegro e compiaciuto:
«Così mi piace: degno del vecchio sangueehPembroke?»
Howard gli rivolse un sorriso adamantinoe chinò il capo in segno diapprovazione. Poi il messaggero parlò di
nuovo:
«Ma Tom ha vinto la causa contro il gemello.»
Il giudice guardò l'uomo con aria stupita:
«La causa? Quale causa?»
«Be'Tom lo ha portato davanti al giudice Robinson per aggressione epercosse.»
Il vecchio si afflosciò all'improvvisocome chi abbia ricevuto un colpomortale. Howard fu pronto a prenderlo
tra le braccia mentre cadeva in avanti svenutoe lo adagiò sul fondo dellabarca; poi gli spruzzò un po' d'acqua in faccia
e disse all'uomo dell'altra barca che guardava allibito:
«Andateadesso; non deve trovarvi qui quando rinviene; vedete che effettohanno avuto le vostre parole
sconsiderate; avreste dovuto avere qualche riguardoinvece di andareblaterando una così crudele calunnia.»
«Sono profondamente addoloratosignor Howarde non lo avrei fatto se ciavessi pensato: ma non si tratta di.28
calunnia; è tutto assolutamente veroproprio come ho detto.»
Si allontanò remando. Ben presto il vecchio giudice rinvenne e guardòpietosamente la faccia costernatachina
su di lui.
«Dimmi che non è veroPembroke; dimmi che non è vero!» supplicò condebole voce.
L'altro gli rispose con tono fermo:
«Lo sai meglio di me che è una menzognavecchio mio. Nelle vene di Tomscorre il miglior sangue del
vecchio Dominio.»
«Dio ti benedica per quello che hai detto» esclamò con fervore il vecchiogentiluomo. «AhPembrokeche
colpo ho avuto!»
Howard rimase con l'amicolo accompagnò a casaed entrò con lui. Erabuioe l'ora di cena era già passata
ma il giudice non pensava alla cena; era ansioso di sentir confutare lacalunnia dalla fonte direttae altrettanto ansioso
che Howard fosse presente. Fu chiamato Tomche arrivò immediatamente. Eraammaccato e zoppicante e non offriva
certo un bello spettacolo. Suo zio lo fece sedere e disse:
«Abbiamo sentito delle tue avventureTomcon l'aggiunta di una bellamenzognatanto per gradire. Ora devi
cancellare quella menzognaridurla in polvere! Che misure hai preso? A chepunto stanno le cose?»
Tom rispose con franchezza: «Non stanno a nessun punto. È tutto fatto. L'hoportato in tribunale e ho vinto.
Wilson lo Svitato lo ha difeso: era la prima causa e l'ha perduta. Il giudiceha multato quel cane miserabile di cinque
dollariper l'aggressione.»
Howard e il giudice erano balzati in piedi alla prima frasenessuno dei duesapeva perché; poi rimasero lì a
guardarsi con occhi vacui. Howard restò in piedi per un pocopoi sedettemestamentesenza proferire parola. La rabbia
del giudice cominciò ad attizzarsipoi esplose:
«Bastardo! Feccia! Rifiuto della società! Vuoi dirmi che il sangue del miosangue ha ricevuto un insulto ed è
andato a piangere in tribunale? Rispondi!»
Tom abbassò il capo e rispose con un silenzio eloquente. Suo zio lo guardòcon un'espressione mista di
stuporedi sdegno e d'incredulità che faceva pena a vedersi. Da ultimodisse:
«Quale dei gemelli è stato?»
«Il conte Luigi.»
«E lo hai sfidato?»
«N... no» esitò Tomfacendosi pallido.
«Lo sfiderai stasera. Howard se ne incaricherà.»
Tom stava malee si vedeva. Continuava a rigirarsi il cappello fra le manimentre lo zio si faceva sempre più
torvo mentre i secondi passavano lentamente; infine si mise a balbettare edisse pietosamente:
«Ti pregozionon me lo chiedere! È un diavolo omicida - non potrei mai -io... io ho paura!»
La bocca del vecchio Driscoll si aprì e si chiuse ben tre volte prima chegli riuscisse di farla funzionarepoi
tuonò:
«Un codardo nella mia famiglia! Un Driscoll codardo! Ahche cosa ho fattomai per meritarmi questa
infamia!»
Si avvicinòtraballandoal suo scrittoio nell'angoloripetendo incontinuazione quel lamentoda spezzare il
cuoree tirò fuori dal cassetto una carta che lentamente stracciò in millepezzisparpagliando distrattamente i frammenti
ai suoi piedi mentre camminava su e giù per la stanzasempre gemendo elamentandosi. Alla fine disse:
«Eccoloancora una volta ridotto in mille pezziil mio testamento. Ancorauna volta mi hai costretto a
diseredartiignobile rampollo di un nobilissimo padre! Via dai miei occhi!Vatteneprima che ti sputi in faccia!»
Il giovanotto non indugiò oltre. Allora il giudice si rivolse a Howard:
«Vuoi essere il mio padrinovecchio mio?»
«Ma certo.»
«Eccoti penna e carta. Prepara il cartello di sfida senza perdere un minutodi tempo.»
«Fra quindici minuti sarà nelle mani del conte» disse Howard.
Tom aveva il cuore grosso. Il suo appetito se n'era andato insieme alla suaproprietà e al rispetto di se stesso.
Uscì dalla porta posteriore e si avviò tristemente per la stradetta buiadomandandosi se mai la sua condotta futuraper
quanto avvedutacorretta e controllataavrebbe potuto restituirgli ilfavore dello zio persuadendolo a rifare quel
generoso testamento che poco prima era stato fatto a pezzi sotto i suoiocchi. Alla fine concluse che la cosa era
possibile. Si disse che già una volta era riuscito in un'impresa del generee quello che era stato fatto in passato poteva
essere fatto di nuovo. Si sarebbe messo d'impegno. Avrebbe dedicato tutte lesue energie a quel compitoe ancora una
volta avrebbe finito col trionfare a qualsiasi costosia pure a costo disacrificare la sua vita frivolainsofferente di
limitazioni.
«Per prima cosa» si disse«sistemo i debiti col ricavato della razziaepoi devo smettere di giocare
completamente. È il vizio peggiore che mi ritrovoalmeno dal mio punto divistaperché è quello che lui può scoprire
più facilmenteper l'impazienza dei creditori. E si credeva che duecentodollari fossero una grossa somma! Grossa
somma
quella!Certomi è costata tutta la suafortuna! Ma naturalmente aquesto lui non pensa; certa gente vede le cosesolo dal suo punto di vista. Se sapesse in che situazione mi trovo orailtestamento sarebbe andato in fumo anche senza
l'aiuto del duello. Trecento dollari! È un bel mucchio! Ma grazie al cielonon ne sentirà mai parlare. Non appena avrò
saldato i miei debiti sarò salvoe non toccherò più una carta da gioco.Per lo meno fin tanto che lui vive; e questo posso.29
giurarlo. È l'ultima possibilità che ho di redimermilo so; e ce la farò.Ma se sgarro di nuovosono perduto.»
XIII
Quando penso al numero di persone sgradevoli di mia conoscenza che sonopassate a un mondo miglioremi viene
voglia di condurre una vita diversa.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoOttobre: questo è uno dei mesi particolarmente pericolosi per speculare inBorsa. Gli altri sono lugliogennaio
settembreaprilenovembremaggiomarzogiugnodicembreagosto efebbraio.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoDialogando mestamente con se stesso Tom proseguì per la stradetta chepassava davanti alla casa di Wilson lo
Svitato e proseguiva tra palizzate che su entrambi i lati cintavano lottivacanti fino alla casa stregata. Poi tornò sui suoi
passisempre sospirando e oppresso dai suoi problemi. Aveva un grandesiderio di compagnia allegra. Rowena! A quel
pensiero il cuore gli diede un balzoma il pensiero successivo gli tolseogni entusiasmo: da Rowena avrebbe incontrato
gli odiati gemelli.
Si trovava ora dalla parte disabitata della casa di Wilsone mentre siavvicinava notò che il salotto era
illuminato. Be'si sarebbe accontentato; altria voltegli facevanosentire che non era il benvenutoma Wilson non era
mai stato scortese con luie un atto di cortesiaanche se non pretende diessere un benvenutoperlomeno risparmia
l'amor proprio di una persona.
Wilson sentì dei passi alla portapoi qualcuno che si schiariva la gola.
«È quel giovane scioccovolubile e dissipato. Povero diavolonon ne trovamolti di amicidopo l'episodio
vergognoso di oggi: ricorrere al tribunale perché uno gliele ha suonate...»
Un timido tocco alla porta. «Avanti.» Tom entrò e cadde a sedere su unasediasenza parlare. Wilson disse
gentilmente: «Ragazzo miomi sembri affranto. Non te la prendere così.Cerca di dimenticare di essere stato preso a
calci.»
«Oh Dio» disse Tom disperato«non si tratta di questoSvitatonon sitratta di questo. È mille volte peggio.
Sìun milione di volte peggio.»
«Ma che diciTom? Forse Rowena...?»
«Mi ha scacciato? No. Ma lo ha fatto il vecchio.»
Wilson disse fra sé «Ahah!» e pensò alla misteriosa ragazza nellacamera da letto. «I Driscoll hanno fatto
qualche scoperta!»
Poiad alta vocein tono grave:
«Tomci sono alcune forme di dissolutezza che...»
«Ohsciocchezzenon ha nulla a che vedere con la dissolutezza. Lui volevache sfidassi quel maledetto
selvaggio d'un italianoe io non ci sono stato.»
«Be'è naturale che lo volesse» disse Wilson meditabondo. «Piuttosto michiedo perché non ci ha pensato ieri
sera ein secondo luogoperché ti ha permesso di portare una questionesimile in tribunaleprima o dopo il duello che
fosse. Non era il luogo adattoe non è cosa degna di lui. Non l'ho capita.Come mai è andata così?»
«È andata così perché lui non ne sapeva nulla. Dormivaquando sonoarrivato a casa ieri sera.»
«E tu non lo hai svegliato? Ma come è possibileTom?»
Neanche Wilson gli era di gran conforto. Tom esitò un pocopoi disse:«Sono io che ho deciso di non dirglielo
ecco tutto. Doveva andare a pesca prima dell'alba con Pembroke Howarde seio mandavo i gemelli in galera - ed ero
certo di riuscirci (non mi sognavo neppure che se la sarebbero cavata con unastupida multaper una offesa così
oltraggiosa) - behuna volta dentrosarebbero stati svergognatie lo zionon avrebbe certo voluto un duello con quel
tipo di gentee non lo avrebbe mai permesso.»
«Mi meraviglio di teTom! Non capisco come hai potuto trattare così tuozio. Gli sono più amico io di te; se
avessi saputo come stavano le coseavrei fatto rinviare la causa in modo daavvertirlo e dargli la possibilità di giungere
ad una soluzione onorevole.»
«Davvero?» esclamò Tomvivamente sorpreso. «Con tutto che era la tuaprima causae sapevi benissimo che
non ci sarebbe stata nessuna causase lui avesse avuto quella possibilità?E avresti finito i tuoi giorni ignorato da tutti
mentre oggi sei un avvocato lanciato e riconosciuto. E tuttavia dici che loavresti fatto?»
«Ma certo!»
Tom lo guardò per un momentopoi scosse il capo mestamente dicendo:
«Ti credogiuro che ti credo. Non so perchéma è così. Svitatosonoconvinto che tu sia il più grande sciocco
che abbia mai incontrato.»
«Grazie.»
«Prego.»
«Behti ha chiesto di batterti con l'italianoe hai rifiutato. Figliodegenere di una stirpe onorata! Mi vergogno.30
di teTom!»
«Ohquesto è niente! Non me ne importa nullaora che il testamento èstato strappato.»
«Dimmi la veritàTom: tuo zio se l'è presa solo perché hai portato lacosa in tribunale e ti sei rifiutato di
battertio aveva qualcos'altro da rimproverarti?»
Scrutò il viso del giovanotto che però era calmissimo: come anche la suavocedel resto:
«Noniente. Se avesse avuto qualcos'altro da rimproverarmiavrebbecominciato già ieriera proprio
dell'umore giusto. Ieri si è scarrozzato quella bella coppia in giro per lacittà e quando è tornato a casa non riusciva a
trovare il vecchio orologio d'argento di suo padreche non è mai giustomalui ci tiene tantoe non riusciva a ricordarsi
che cosa ne avesse fatto l'ultima volta che lo aveva vistotre o quattrogiorni fa. Cosìquando sono arrivato ioera tutto
affannatoe appena gli ho suggerito che forse non era andato perduto ma erastato rubatoè andato su tutte le furie e mi
ha dato dello scioccoil che mi ha convinto immediatamente che era proprioquello che temeva fosse accadutoma non
voleva crederci perché la roba perduta ha maggiori probabilità di essereritrovata di quella rubata.»
«Fffffii» fischiò Wilson«un altro da aggiungere alla lista.»
«Un altro cosa?»
«Un altro furto.»
«Furto?»
«Sìfurto. Quell'orologio non è andato perdutoè stato rubato. C'èstata un'altra razzia in cittàe non meno
misteriosa di quella dell'altra volta.»
«Ma no!»
«Se ti dico di sì! A te non è venuto a mancare niente?»
«No. Cioèmi mancava una matita d'argento che la zia Pratt mi avevaregalato per il mio ultimo compleanno.»
«Vedrai che è stata rubata.»
«Noinvece; perché quando ho suggerito allo zio che l'orologio potevaessere stato rubatoprendendomi una
lavata di caposono andato in camera miae mancava la matitama era solorotolata da qualche partee così l'ho
ritrovata.»
«Ma sei certo che non ti manca nient'altro?»
«Behniente d'importante. Non trovo più un anellino d'oro del valore didue o tre dollarima anche quello
scapperà fuori. Cercherò meglio.»
«Secondo me non lo troverai. C'è stata una razziati dico. Avanti!»
Entrò il giudice Robinsonseguito da Buckstone e dal poliziotto localeJimBlake. Sedetteroe dopo qualche
chiacchiera sul tempoWilson disse:
«A propositobisogna aggiungere un altro furto alla lista; forse due. Ilvecchio orologio d'argento del giudice
Driscoll è sparitoe Tomquidice che gli manca un anello d'oro.»
«Brutta faccenda» disse il giudice«e peggiora ogni giorno. Gli Hanksei Dobsoni Pilligrewgli Ortoni
Grangergli Halei Fullergli Holcombe di fatto tutti quelli che abitanodalle parti di Patsy Cooper sono stati derubati
di qualche oggettino: ninnolicucchiaini da tèe altri piccoli preziosifacilmente asportabili. E chiaro che il ladro ha
approfittato del ricevimento di Patsy Cooperquando tutti i vicini erano lìe i negri se ne stavano tutt'intorno alla
staccionata a godersi lo spettacoloper saccheggiare indisturbato le caselasciate vuote. Patsy è avvilita; avvilita per i
vicini e soprattutto per i suoi forestierinaturalmente; così avvilita perloroche non ha neanche il tempo di preoccuparsi
delle proprie perdite.»
«Si tratta sempre dello stesso ladro» disse Wilson. «Non mi pare che cipossano essere dubbi.»
«L'agente Blake non è di questo parere.»
«No» disse Blake. «Lei sbagliaWilson. Le altre volte si trattava di unuomo; c'erano tutti gli indizilo
sappiamo noi che siamo del mestiereanche se non siamo riusciti a metterglile mani addosso; rna questa volta si tratta
di una donna.»
Wilson pensò subito alla misteriosa fanciulla: l'aveva sempre in mente. Maancora una volta non si trattava di
lei. Blake continuò:
«È una vecchia dalle spalle curvecon una cesta appesa al braccioe unvelo neroda lutto. L'ho vista salire sul
ferryboat ieri. Abita nell'Illinoiscredo; ma non importa dove abita: laprenderò lo stessopuò starne certa.»
«Che cosa le fa credere che sia lei la ladra?»
«Behper prima cosa non c'è nessun altro; e poidei carrettieri negrichesi dà il casopassavano di lìla hanno
vista entrare e uscire dalle case e me lo hanno detto - esi dà il casoerano sempre case derubate.»
Tutti convennero che le prove indiziarie erano più che sufficienti. Seguìun meditabondo silenzioche durò
qualche minuto. Poi Wilson disse:
«C'è qualcosa di buonoin tutto questo: la vecchia non può né impegnarené vendere il prezioso pugnale
indiano del conte Luigi.»
«Mio Dio» disse Tom«è sparito anche
quello?»«Sì.»
«Quello sì che è stato un bel bottino! Ma perché non può essereimpegnato o venduto?»
«Perché ieri seraquando i gemelli sono tornati a casa dalla riunione deiFigli della Libertàla notizia del furto
si era già divulgatae zia Patsy era preoccupata che anche loro avesseroperduto qualcosa. Così hanno scoperto che il
pugnale era sparitoe hanno avvertito la polizia e i banchi di pegno dellediverse città. E stato un bel bottinocertoma.31
la vecchia non ci ricaverà nulla perché la prenderanno.»
«Hanno offerto una ricompensa?» chiese Buckstone.
«Sì. Cinquecento dollari per il pugnalee altri cinquecento per illadro.»
«Che idea balorda!» esclamò il poliziotto. «Così il ladro non osaavvicinarsi o mandare qualcuno. Chiunque ci
va rischia di essere beccatoperché nessuno strozzino si lascia scapparel'occasione di...»
Se qualcuno avesse notatoa questo puntola faccia di Tomil suo coloregrigio-verdastro avrebbe potuto
suscitare curiosità; ma nessuno lo notò. Lui pensava: «Sono spacciato! Nonriuscirò mai a mettermi in regola. Col resto
del bottinonon ci ricavo neppure la metà del debito. Ohnon c'è scamposono finitofinitoe questa volta senza
speranza. Ohè orribilenon so che farenon so a che santo votarmi!»
«Calmacalma» disse Wilson a Blake. «Ieri a mezzanotte gli ho preparatoun pianoe alle due di questa
mattina tutto era congegnato a meraviglia. Riavranno il loro pugnalee poivi spiegherò come è andata.»
Seguirono manifesti segni di curiosità generalee Buckstone disse:
«Behci sta tenendo sul filo del rasoioWilsone oserei dire chesevolesse raccontarci in confidenza...»
«Ohglielo direi molto volentieriBuckstonema dal momento che con igemelli ci siamo accordati di non dire
nientedobbiamo lasciare le cose come stanno. Ma le do la mia parola che nondovrete aspettare neanche tre giorni. Ben
presto si farà avanti qualcuno a chiedere la ricompensae allora vimostrerò ladro e coltello.»
Il poliziotto rimase deluso e perplesso anche. E disse:
«Sìsìpuò darsilo spero proprioma vigliacco se ci capiscoqualcosa. Troppo complicato per i gusti del
sottoscritto.»
L'argomento era esauritoe nessuno sembrava aver altro da dire. Dopo un pocoil giudice di pace informò
Wilson che luiBuckstone e il poliziotto erano stati delegati dal partitodemocratico a chiedergli di porre la sua
candidatura alla carica di sindacoperché la cittadina stava per diventareuna vera cittàe il giorno delle prime elezioni
amministrative si avvicinava. Era la prima volta che Wilson riceveva un segnod'interesse da parte di qualche partitoun
segno modestoma che rappresentava un riconoscimento del suo
débutnella vita e nelle attivitàcittadine. Era un passoavantie lui ne fu molto contento. Accettòe la delegazione se ne andòseguita dal giovane Tom.
XIV
Il vero cocomero del Sud è una manna che non ha ugualinon va confuso con iprodotti comuni. Principe fra i piaceri
del mondoèper grazia divinare di tutti i frutti della terra. Quando losi è assaggiatosi capisce quale sia il cibo degli
angeli. Non fu un cocomero del Sud quello che mangiò Eva; lo sappiamoperché si pentì.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoNel momento in cui Wilson s'inchinava a salutare la delegazione uscentePembroke Howard entrava nella casa
vicina per fare il suo rapporto. Trovò il vecchio giudice sedutotorvo erigidonella sua poltronache aspettava.
«EbbeneHoward... Che notizie?»
«Ottime.»
«Accettaallora?» E lo sguardo del giudice si accese di un lampobattagliero.
«Se accetta? Ma ha fatto un salto di gioia.»
«Davvero? Bene. Proprio bene. Così mi piace. E a quando?»
«Subitoadesso! Stasera! Una persona ammirevole... ammirevole!»
«Ammirevole? È impagabile! E un onoreoltre che un piacerebattersi conun uomo simile. Suvai! Prepara
ogni cosae portagli i miei più sinceri complimenti. Una persona raradavvero; un essere ammirevolehai detto bene!»
Howard scappò via dicendo:
«Lo farò venire fra un'ora sul terreno incolto tra la casetta di Wilson ela casa stregata. E porterò le mie
pistole.»
Il giudice Driscoll si mise a camminare su e giù euforico ed eccitato. Mapresto si fermò e cominciò a
pensare... cominciò a pensare a Tom. Due volte fece per andare verso loscrittoioe due volte gli voltò le spalle; ma
finalmente disse:
«Può darsi che sia la mia ultima notte su questa terranon devo rischiare.Tom è privo di meriti e non si merita
nullama in gran parte è per colpa mia. Mi fu affidato da mio fratello sulletto di mortee io l'ho viziato fino a
danneggiarloinvece di tirarlo su con severità e farne un uomo. Sono venutomeno al mio dovere e ora non debbo
caricarmi anche di un'altra colpaabbandonandolo. L'ho già perdonato unavoltae se continuassi a vivere lo sottoporrei
a una unga e dura prova prima di perdonarlo di nuovoma non posso correrequesto rischio. Nodebbo rifare il
testamento. Ma se sopravvivo al duellolo nascondoe lui non lo saprà mai.Non glielo dirò finché non si sarà riabilitato
eda parte mianon mi sarò convinto che si tratta di una riabilitazionedefinitiva.»
Redasse di nuovo il testamentoe il suo presunto nipote diventò ancora unavolta l'erede di una grossa fortuna.
Mentre il giudice terminava di scrivereTomstanco dopo un altro mestovagabondaggioentrò in casa e passò in punta
di piedi davanti alla porta del salottino. Gettò un'occhiata dentro e passòoltre di corsaperché quella sera la vista dello
zio gli suscitava solo terrore. Ma suo zio stava scrivendo! Era una cosainsolitaa quell'ora tarda. Che cosa poteva.32
scrivere? Un brivido di sgomento serrò il cuore di Tom. Forse qualcosa chelo riguardava? Aveva paura di sì. Rifletté
che quando la mala sorte comincia a perseguitartinon si tratta mai dipioggerellama di acquazzone. Si disse che
avrebbe dato un'occhiata al documento per scoprirne il contenuto. Poi udì unpasso che si avvicinavae si nascose in
modo da non essere visto o sentito. Era Pembroke Howard. Che cosa stavanomacchinando?
Howard disse con grande soddisfazione:
«È tutto a posto. È andato sul luogo dell'incontro col suo secondo e ilchirurgoe anche col fratello. Ho
preparato tuttoinsieme a Wils on. Wilson è il suo secondo. Ciascuno avràtre colpi a disposizione.»
«Benissimo. Com'è la luna?»
«Chiara come il giorno. Perfetta per la distanza... quindici metri. Nienteventoneanche un soffio; l'aria è calda
e ferma.»
«Benone; tutto a posto. EccoPembrokeleggi qui e firma.»
Pembroke lesse e firmò il testamentopoi strinse cordialmente la mano delvecchio e disse:
«Così va beneYork: lo sapevo che l'avresti fatto. Non potevi lasciarequel povero ragazzo a lottare senza
mezzi e senza una professionecon la prospettiva di una sconfitta sicura; losapevo che non potevi farlose non altro per
amore di suo padre.»
«Lo sonon potevoper amore di suo padre; per il povero Percy... tu lo saicos'era Percy per me. Ma attento
Tom non deve saperne nullaa meno che io non cada stasera.»
«Capisco. Manterrò il segreto.»
Il giudice ripose il testamentoe i due si avviarono al luogo dell'incontro.Un minuto dopo il testamento era
nelle mani di Tom. La sua tristezza svanì; i suoi sentimenti subirono untotale capovolgimento. Rimise con cura il
testamento al suo postoe spalancò la boccafacendosi piroettare ilcappello in testa unaduetre voltecome chi lanci
tre poderosi urràma nessun suono gli uscì dalle labbra. Si mise a parlaretra séeccitato e gioiosoe di tanto in tanto
lanciava un'altra salva di muti urrà.
Si disse: «Ora ho di nuovo il mio patrimonio; ma non farò capire che lo so.E questa volta non me lo lascio
scappare. Non correrò altri rischi. Non giocherò piùnon berrò piùperché... behperché non andrò più dove si fanno
queste cose. È il modo più sicurol'unico. Avrei dovuto pensarci prima...behsìse lo avessi voluto. Ma adessocaro
miomi sono preso una bella paurae non ci casco più. Neanche una volta.Cielo! Questa sera m'ero convinto che l'avrei
riconquistato senza troppi sforzima poi mi sono sentito scoraggiato edubbioso. Se me ne parladi questa cosava
bene. Se nofarò finta di niente. Io... behmi piacerebbe dirlo a Wilsonlo Svitatoma... noci penseròforse è meglio di
no.» Lanciò un altro muto urràe disse: «Sono rientrato in carreggiatae ora ci rimango di sicuro!»
Stava per concludere con un'ultima esplosione di gioia quando si ricordòimprovvisamente che Wilson gli
aveva tolto la possibilità d'impegnare o vendere il pugnale indianoe chequindi correva sempre il pericolo di essere
smascherato dai suoi creditori. La sua gioia si smorzò completamenteedegli si diresse verso la porta gemendo e
lamentandosi contro la sua amara sorte. Si trascinò al piano di soprae permolto tempo rimase nella propria stanza
afflitto e sconsolatoa contemplare il pugnale indiano di Luigi. Alla finesospirò e disse:
«Quando credevo che queste pietre fossero vetracci e questo avorio ossoquesto oggetto non m'interessava
perché per me non aveva valore e non poteva tirarmi fuori dai pasticci. Maora... ora mi interessa e come! Sìè una cosa
da spezzarti il cuore. È un sacchetto d'oro che si è tramutato in terra ecenere tra le mie mani.
Poteva salvarmie salvarmi facilmentee invece sto andando in rovina. Ècome annegare avendo a portata di
mano un salvagente. Tutte le sfortune sono miee tutte le fortune vanno aglialtri. A Wilson lo Svitatoper esempio;
persino la sua carriera si è avviataalla finee che cosa ha fatto permeritarselo? Sìsi è aperto la propria stradama non
contento di questodeve bloccare la mia. È un mondo sordidoegoistaevorrei esserne fuori.» Lasciò che la luce della
candela giocasse coi gioielli del foderoma quei luccichii e bagliori nonavevano fascino per lui: erano altrettante fitte al
cuore. «Non devo dire niente a Roxy di questa storia» disse. «Lei ètroppo spericolata. Estrarrebbe queste pietre e le
venderebbe e poi... l'arresterebberoindividuerebbero le pietreeallora...» Quel pensiero lo fece rabbrividire. Nascose il
pugnaletremando tutto e guardandosi attorno con aria furtivacome uncriminale che senta appressarsi l'accusatore. E
se avesse provato a dormire? Noil sonno non era per lui; il suo tormentoera troppo grandetroppo ossessionante.
Doveva trovare qualcuno con cui sfogarsi. Avrebbe portato la sua disperazionea Roxy.
Aveva udito vari spari in lontananzama la cosa era abbastanza comunepercui non ne fu impressionato. Uscì
dalla porta posteriore e si diresse verso ovest. Passò davanti alla casa diWilson e proseguì per la stradettae poi vide
parecchie figure che si avvicinavano alla casa di Wilsonattraverso i lottiabbandonati. Erano i duellanti che tornavano
dallo scontro. Credette di riconoscerlima poiché non aveva voglia dellacompagnia dei bianchirimase accoccolato
dietro la siepefinché quelli non furono passati.
Roxy era in piena forma. Disse:
«E dov'è che te ne stavifiglio? Non c'eri anche tu?»
«Dove?»
«Al duello.»
«Duello? C'è stato un duello?»
«Eccome che c'è stato. Il vecchio giudice ha fatto il duello con uno diquei gemelli.»
«Santo cielo!» esclamò Tom; poi aggiunse fra sé: «ecco che cosa l'haindotto a rifare il testamento. Ha pensato
che poteva restare ucciso e s'è commosso per me. Ecco perché lui e Howarderano tutti indaffarati... Oh Diose il
gemello l'ha ammazzatosarei fuori da...».33
«Che borbottiChambers? Dov'eri? Non lo sapevi che ci stava un duello?»
«Nonon lo sapevo. Il vecchio ha tentato di farmi battere col conte Luigima non c'è riuscito; cosìda quanto
capiscoha deciso di difendere l'onore della famiglia da solo.»
Quell'idea lo fece rideree poi continuò a raccontare in tutti iparticolari la sua conversazione col giudicee
quanto fosse rimasto scosso e offesoil giudicea scoprire che c'era uncodardo nella sua famiglia. Alzò gli occhi e restò
scosso anche lui. Il petto ansimante di rabbia repressaRoxana lo guardavadall'altocon uno sprezzo smisurato dipinto
sul volto.
«E tuti sei rifiutato di fare la prova con uno che ti aveva dato uncalcioinvece di acchiappare l'occasione? E
neanche vergogna sentidi venirlo a dire a meche ho partorito uno schifosoconiglio come te! Puah! Da vomitare mi
viene! È il negro che c'è in teecco che cos'è! Trentuno parti di te sonobianche e una parte sola è negrae quella povera
piccola parte è la tua anima. E non vale la pena che si salvae neanche chesi prende una pala e si butta nella fogna. La
tua nascitahai disonorato. Il tuo papà che può dire di te. Di sicurosistarà a rivoltare nella tomba.»
Le ultime tre frasi fecero infuriare Tom: se suo padre fosse stato vivosefosse stato possibile assassinarlosua
madre avrebbe fatto presto a capire che luiTomaveva un'idea ben precisadel suo debito verso quell'uomoe che era
pronto a saldarlo fino all'ultimoe lo avrebbe fattoanche a rischio dellavita. Ma si tenne per sé questi pensieri: era più
saggiovisto l'umore della madre.
«Il tuo sangue Essexche fine gli hai fatto fare? È una cosa che nonriesco a capire. E non è solo sangue Essex
quello che hai dentroneanche per niente! Il mio trisavolo e il tuo bis-trisavoloil vecchio capitano John Smithera il
sangue più nobile che è mai uscito fuori dalla vecchia Virginiae la
suabisnonnao roba del generePocahontas eralaregina indianae suo marito era un re negro dell'Africa- e invece eccotiqua che ti tiri indietro da un duelloe tutti i
nostri antenati disonori come un cane bastardo! Sìè il negro che è inte!»
Si sedette sulla cassetta da candele e si abbandonò ai propri pensieri. Tomnon la disturbò. Poteva anche
difettare di prudenzaa voltema non in una circostanza come questa. A pocoa poco la tempesta che aveva sconvolto
Roxana si placòma ce ne volle prima che svanisse del tuttoe anche quandopareva che fosse finitaesplodeva in
qualche tuono lontano per così diresotto forma di esclamazioni soffocate.Una fu: «E così poco negro che neppure
nelle unghie gli si vede e sì che non ce ne serve molto - ce ne ha giustotanto quanto basta a colorargli l'anima.»
Poi mormorò: «Sissignoreabbastanza da colorare un ditale pieno...»Finalmente i borbottii cessarono e il viso
le si schiarìcon gran sollievo di Tomche conosceva bene il suotemperamento mutevole e capiva che adesso stava
ritornando di buon umore. Notò che di tanto in tanto si portava le dita allapunta del naso. Guardò meglio e le disse:
«Mammycome mai hai la punta del naso scorticata?»
Lei scoppiò in una di quelle risate fragorose di cui Dionella suaperfezioneaccordò il privilegio solo agli
angeli beati in Paradiso e ai tartassati schiavi negri sulla terrae disse:
«Al diavolo quel duello. Mi ci son trovata in mezzo anch'io.»
«Ma no! è stata una pallottolaallora?»
«Sissignoreproprio così.»
«Non è possibile! Ma come è successo?»
«È successo così; me ne stavo seduta quidormicchiavo al buio quando...ssss... bang... uno sparo proprio
laggiù. All'altro capo della casa me ne corro per vedere che stavasuccedendoe guardo dalla finestraquella dalla parte
di Wilson lo Svitato dove non ci sono le tende - ma quanto a questo nessunafinestra ce le ha - e me ne sto lì al buio a
guardare fuorie làalla luce della lunaproprio sotto a meci sta unodei gemelli che bestemmia - mica tantoma un po'
bestemmia - era quello bruno che bestemmiavaperché alla spalla era ferito.E il dottor Claypool appresso a lui tutto
affaccendato e Wilson lo Svitato che lo aiutavae il vecchio giudiceDriscoll e Pem Howard se ne stavano in piedi un
po' più in là a aspettare che quelli erano pronti un'altra volta. E quellisi mettono d'accordo e gli danno vocee allora
bang bang i colpi partono e il gemello dice ahi! A una mano lo aveva colpitoquesta volta - e sento il proiettile fare
«ciac» contro la legna che sta sotto la finestrae quando ancora sparanoil gemello dice ahi! e pure ioperché il
proiettile sulla guancia lo colpiscee me ne corro di quada questo latodella finestraa guardare e «zff»proprio sulla
faccia me lo sento passaree mi spela il naso - se stavo un mezzo centimetropiù in là il naso me lo staccava e rimanevo
sfregiata. Il proiettile eccolo qual'ho trovato.»
«Te ne sei stata lì tutto il tempo?»
«Che razza di domanda! E che altro dovevo fare? Checapita tutti i giorniche ti vedi un duello?»
«Ma comeeri proprio sulla linea di tiro! Non avevi paura?»
La donna sbuffò sprezzante.
«Paura! Gli Smith Pocahontas di niente tengono paurafiguriamoci deiproiettili!»
«Sìhanno coraggio da venderequello che gli manca è il cervello.
Ionon ci sarei rimastolì!»«Nessuno ti sta a accusare.»
«Non c'è stato nessun altro ferito?»
«Come no! Tutti feriti siamo rimastimeno che il gemello biondo e ildottore e i secondi. Il giudice non è stato
colpitoma ho sentito che lo Svitato diceva che il proiettile gli avevastrappato via un po' di capelli.»
«Per la miseria!» si disse Tom. «Stavo quasi per liberarmi dei miei guai eho fallito per meno di un centimetro!
Oh Dio Dioora lui vivrà e scoprirà tutto e mi venderà a qualche mercantedi schiavi; ohsìlo farebbe senza pensarci
sopra neanche un secondo.»
Poi ad alta voce disse:.34
«Mammastiamo in un bel pasticcio.»
Roxana trattenne il fiatoe poi disse:
«Figlio! Ma perché mi dai questi colpi? Che è successo?»
«Behc'è una cosa che non ti ho detto. Quando mi sono rifiutato dibattermilui ha stracciato di nuovo il
testamentoe...»
La faccia di Roxana si fece di un pallore mortalementre diceva:
«Adesso bello che fritto sei! E per sempre! È la fine. Moriremo di fametutti e due...»
«Aspettae stammi a sentire. Credo che quando lui si è deciso a battersiper me abbia pensato che poteva
restare ucciso senza la possibilità di perdonarmicosì ha fatto testamentoun'altra voltae io l'ho vistoe tutto è a posto.
Ma...»
«OhDio sia lodatoallora siamo salvi! Salvi. E allora perché te ne seiuscito con quelle terribili...»
«Aspettati dicolasciami finire. Il bottino che ho fatto non pagheràneppure metà dei debitie non passerà
molto tempo che i creditori... behlo sai quello che succederà.»
Roxana abbassò il mento e disse al figlio di non disturbarla: dovevapensarci su. Poco dopo disse
solennemente:
«Ora molto attento te ne devi starete lo dico io! Ecco quello che devifare: lui non l'hanno ammazzatoe se tu
gliene dai il più piccolo motivoil testamento lo ristrappae per sempre.Adesso sta a sentire. Tu gli devi mostrare
quello che sei capaceda oggi in poi devi startene buono come un angeloedevi fare in modo che lui se ne accorge e ti
ridà fiducia e devi mostrarti gentile con la vecchia zia Prattlei ilgiudice la sta molto a sentirelei è l'amica migliore che
tieni. Poi a St. Louis te ne vaie questo te lo fa diventare amico. Poivieni a patti con quella gente. Gli dici che a lui non
gli resta tanto da campare - e del resto è la verità - e gli dici che glipaghi gli interessianzi interessi grossidieci per...
come si dice?»
«Il dieci per cento mensile?»
«Ecco. Poi ti metti a vendere un poco alla volta il tuo malloppocosì cipaghi gli interessi. Quanto può
durare?»
«Credo che ce ne sia per cinque o sei mesi di interessi.»
«Allora stai a posto. Se non muore fra sei mesipoco importalaProvvidenza provvederà. Se ti sai comportare
benesei salvo.» Poi lo guardò con occhio severo e aggiunse: «E bene ticomporterai... Capito?»
Lui rise e disse che in ogni caso ci avrebbe provato. Ma lei non mollò.Dissegrave:
«Non è questione che ci provi. Lo fai. Neanche uno spillo rubi piùoraperché è pericolosoe coi cattivi
compagni non ci vai neanche una voltacapito? E neanche un gocciobevi -non un solo goccio - e neanche una partita
sola giochi. E non è questione che ci provi a
nonfarlo: è quello che fai.E te lo dico io comecosì: io ti vengo dietro aSt. Louise tu ogni giorno vieni da me e ti guardo dritto dentro agli occhie se fai una mancanzauna solati giuro che
torno subito qui e al giudice gli dico che sei un negro e uno schiavogliporto le prove!» Fece una pausa perché le sue
parole avessero maggiore effetto. Poi aggiunse:
«Chamberstu mi credi quando ti dico queste cose?»
Ora Tom si era fatto serio. Nessuna fatuità nella sua voce quando rispose:
«Sìmamma. Ora lo so che sono cambiato e per sempre. Per sempre e al dilà di ogni tentazione umana.»
«Allora vattene a casa e comincia.»
XV
Niente ha bisogno di essere riformato quanto le abitudini degli altri.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoDice lo stolto: «Non mettere tutte le uova in un paniere solo»: è un modocome un altro per dire a Disperdi il tuo denaro
e la tua attenzione.» Ma il saggio dice: «Metti tutte le uova in un panierema...
sorveglia il paniere.»Dal
Calendario di Wilson loSvitatoChe giornate si stavano vivendo a Dawson's Landing! Da sempre era stata unacittadina sonnacchiosama ora
aveva a malapena il tempo di schiacciare un pisolinotanto rapidamente sisuccedevano uno dopo l'altro grossi
avvenimenti e incredibili sorprese: venerdì mattinaprima occhiata allavera nobiltàe anche grande ricevimento dalla
zia Patsy Cooper e anche grande rapina; venerdì seracalcione in grandestile all'erede del primo cittadinopresenti
quattrocento persone; sabato mattinadebutto in qualità di avvocatodiWilson lo Svitatoda gran tempo rimasto nel
dimenticatoio; sabato seraduello fra il primo cittadino e il titolatoforestiero.
Probabilmente la gente si sentiva più fiera del duello che di tutti glialtri avvenimenti messi insieme. Era una
gloria per la città che una simile cosa fosse accaduta proprio lì. Agiudizio di ciascuno i contendenti avevano toccato il
vertice dell'onore. Tutti s'inchinavano al loro nome; le loro lodi erano sututte le bocche. Anche i padrini dei duellanti si
presero la loro parte di pubblica approvazioneper cui Wilson lo Svitatodivenne di punto in bianco un personaggio
importante. Il sabato seraquando gli era stato chiesto di porre la suacandidatura alla carica di sindacorischiava di.35
essere battutoma la domenica mattina il suo successo era assicurato.
Il prestigio dei gemelli era più grande che mai e la città li accols e conentusiasmo nel suo seno. Un giorno dopo
l'altrouna sera dopo l'altraandavano di casa in casainvitati a cenaoppure in visitafacendosi nuovi amiciampliando
e consolidando la loro popolaritàincantando e meravigliando tutti coi lorovirtuosismi musicali edotati com'erano di
un bagaglio di rare e curiose cognizioniconquistandosi nuova fama con ladimostrazione di quel che sapevano fare in
altri campi. Erano così felici checon regolare preavviso di trenta giorniiniziarono le pratiche per ottenere la
cittadinanza di Dawson's Landingdecisi a finire i loro giorni in quellaamena località. Fu un trionfo. La comunità
entusiasta si alzò come un solo uomo ad applaudiree quando poi i gemellifurono invitati a porre la loro candidatura
come assessori nel prossimo consiglio comunalee accettaronoil giubilopopolare fu completo e totale.
Tutto questo non rallegrava affatto Tom Driscollil qualeanzine soffrivafin nel profondo. Odiava il gemello
che lo aveva preso a calcie l'altro per essere fratello del primo.
Di tanto in tanto la gente si chiedeva perché non si sapesse più nulla delladro né del pugnale rubato né del
resto del bottinoma nessuno sapeva far luce sull'affare. Era già trascorsaquasi una settimana e il mistero permaneva.
Il sabato l'agente Blake e Wilson lo Svitato si incontrarono per la stradaeTom Driscoll li raggiunse in tempo
per dare l'avvio alla conversazione. Disse a Blake: «Non ha una buona ceraBlake; sembra seccato. C'è qualcosa che
non va nelle sue indagini? Credo che lei vantie a ragioneuna buonareputazionecome investigatorenon è così?»
Blake restò lusingato e lo diede a vedere; ma Tom aggiunse: «Per essere uninvestigatore di paese...» E Blaketutt'altro
che lusingatonon solo lo diede a vedere ma col tono della voce tradì ilproprio disappunto.
«Sissignorece l'ho una reputazione; ed è valida quanto quella di chiunquealtro del mestierepaese o non
paese.»
«Ohchiedo scusa; non intendevo offendere nessuno. Volevo solo chiedere sesi sapeva nulla della vecchia che
ha saccheggiato la cittàsaquella mezza ingobbita. Aveva detto chel'avrebbe presae io ne ero sicuroperché lei ha
fama di non vantarsi mai e... Behinsommal'ha presala vecchia?»
«Al diavolo la vecchia!»
«Ma no! Non mi dirà che non l'ha presa!»
«Nonon l'ho presa. Se c'era uno che poteva prenderla ero ioma di fattoè una cosa impossibile a chiunque
non importa chi.»
«Mi dispiace davvero... per lei; perché se si sparge la voce che unpoliziotto si è espresso con tanta sicurezza e
poi...»
«Non si preoccupiecco tutto... Non si preoccupi; e in quanto agli altricittadinineanche loro devono
preoccuparsi. La vecchia è mia... Stia tranquillosono sulle sue tracce; hocerti indizi che...»
«Ottimo! E se poi riuscisse a farsi mandare qualche veterano della poliziadi St. Louis ad aiutarla a scoprire il
significato di questi indizi e dove conducono...»
«Sono abbastanza veterano anch'io e non ho bisogno di nessun aiuto. Nel girodi una sett... di un mesel'ho
presaposso anche giurarlo.»
Tom disse con aria indifferente:
«Bene bene bene bene... Ma da quel che capisco è piuttosto vecchiae nonsempre i vecchi tengono il passo
con gli investigatori di professione cheintenti a raccogliere indizisitrovano praticamente a un punto morto: può
succedere che muoiano
prima.»La faccia di Blake arrossì alla battuta sarcasticama prima che gliriuscisse di formulare una rispostaTom si
era rivolto a Wilson e stava dicendo con voce e modi placidi e indifferenti:
«Chi se l'è presa la ricompensaSvitato?»
Wilson fece una leggera smorfia e capi che era venuto il suo turno.
«Quale ricompensa?»
«Ma comela ricompensa per il ladro e quella per il pugnale.»
Wilson risposee a giudicare dall'esitazione con cui si espresse dovevasentirsi a disagio:
«Beh... il fatto è... che nessuno l'ha ancora reclamata.»
Tom apparve sorpreso.
«Ma davvero?»
Wilson rispose alquanto irritato:
«Sìdavvero. Perché?»
«Ohniente. Soltantocredevo che ti fossi fatto venire qualche ideaeavessi escogitato un sistema capace di
rivoluzionare gli antiquati e logori metodi del...» S'interruppe volgendosiverso Blake il quale era ben felice che un altro
avesse preso il suo posto sulla graticola. «Dica un po'Blake. Sbaglio oWilson le lasciò intendere che lei non avrebbe
avuto bisogno di dar la caccia alla vecchia?»
«Per Giove! Aveva detto che nel giro di tre giorni avrebbe preso e lavecchia e il bottino... E verol'ha detto
per la miseria! Ed è già passata una settimana. E io l'avevo detto chenessun ladro e nessun compare del ladro avrebbe
venduto o impegnato nientesapendo che lo strozzino si sarebbe beccato tuttee due le ricompense e agguantato in un
colpo solo ladro e bottino. Mai sentita un'idea più balorda!»
«Cambierebbe parere» disse Wilson con fare brusco e irritato«seconoscesse l'intera faccendaanziché una
parte soltanto.»
«Mah» fece il poliziotto in tono meditabondo«ho visto subito che ilpiano non avrebbe funzionatoe fino.36
adesso ho avuto ragione.»
«Io direi di dargli un'altra
chance.In fondo non ha funzionato peggio dei suoi metodi. Non crede?»Il poliziotto non trovò niente da ribattereper cui sbuffò con ariaseccata e tacque.
Dopo la sera in cui Wilson aveva in parte svelato il suo pianoTom avevatentato per giorni di indovinare il
restoma senza riuscirvi. Poi gli era venuto in mente di sottoporre ilproblema all'astuta Roxana. Aveva inventato un
caso immaginario e gliel'aveva esposto. Lei ci aveva pensato e aveva espressoil suo verdetto. Tom s'era detto: «Ha
colpito nel segnone sono sicuro!» Così ora pensò di verificare lavalidità di quel verdetto e dissein tono meditabondo
osservando il viso di Wilson:
«Wilsontu non sei uno sciocco: questo è stato appurato di recente.Qualunque fosse il tuo pianoaveva un
sensoanche se Blake è di parere contrario. Non ti chiedo di rivelarmeloti sottoporrò solo un caso ipoteticoun caso
che servirà come punto di partenza per quello a cui voglio arrivare. Non tichiedo altro. Tu hai offerto cinquecento
dollari per il pugnale e cinquecento per il ladro. Supponiamo cosìperamore di discussioneche la prima ricompensa
sia resa
pubblica ela seconda venga offerta con letterariservata ai diversi monti dipegno...»Blake si dette una manata sulla coscia e urlò:
«Per Giovel'ha messo nel saccoSvitato! Com'è che non ci sono arrivatoio o qualunque altro scemo?»
Wilson si disse: «Chiunquecon un cervello appena appena funzionanteavrebbe potuto arrivarci. Non mi
sorprende che Blake non ci abbia pensato; piuttosto sono sorpreso che ciabbia pensato Tom. Ha più intelligenza di
quanto si supponga.» Ma non disse nulla ad alta vocee Tom continuò:
«Benissimo. Il ladronon sospettando nessuna trappolaporta o manda ilpugnalee dice che lo ha comprato
per una manciata di faveo che lo ha trovato per stradao qualcosa delgeneree tenta di riscuotere la ricompensa e
viene arrestato: non è vero?»
«Sì» disse Wilson.
«Lo credo anch'io» disse Tom. «Non ci sono dubbi. Hai mai visto ilpugnale?»
«No.»
«L'ha visto qualche tuo amico?»
«Noche io sappia.»
«Benecomincio a capire perché il tuo piano è fallito.»
«Che vuoi direTom? Dove vuoi arrivare?» chiese Wilson sempre più adisagio.
«Ma è chiaro: per me il pugnale
nonesiste.»«SentaWilson» disse Blake. «Tom Driscoll ha ragioneci scommettereimille dollari... se li avessi.»
Il sangue di Wilson ribollì; si chiese se quei forestieri non si fosserofatti gioco di lui; sembrava proprio così.
Ma che ci avrebbero guadagnatochiese a Tom. Il giovane rispose:
«Guadagnato? Niente che avrebbe valore per teforse. Ma loro sono deiforestieri che vogliono farsi strada in
una nuova comunità. Ti sembra niente spacciarsi per i beniamini di unprincipe orientalee gratis? Ti sembra niente
abbagliare questa cittadina con ricompense da mille dollarisenza tirarfuori un soldo? Wilsonquel pugnale non esiste
altrimenti il tuo piano lo avrebbe fatto saltar fuori. Ose esistestaancora in mano loro. Per conto miocredo che i
gemelli abbiano visto un'arma del genere: Angelo ha disegnato il pugnale controppa facilità per esserselo inventato.
Naturalmente non potrei giurare che non lo abbiano anche posseduto. Ma di unacosa mi farei garanteed è che se lo
avevano con sé quando sono arrivati in cittàce l'hanno ancora.»
Blake commentò:
«Così come la mette Tomsembra una cosa ragionevole; non c'è dubbio.»
Tom fece per avviarsipoi si voltò e disse:
«Scovi la vecchiaBlakee se non ha addosso il coltellovada a perquisirei gemelli!»
Poi se ne andò a passi lenti. Wilson si sentiva molto depresso. Non sapevache pensare. Non voleva togliere la
propria fiducia ai gemellie non intendeva farlo in base a un indizio tantovago; ma... beneci avrebbe pensato sopra e
avrebbe deciso il da farsi.
«E lei che ne pensaBlake?»
«BehSvitatodevo ammettere che sono d'accordo con Tom. O il pugnale nonce l'hanno mai avuto; ose ce
l'avevanoce l'hanno ancora.»
I due si separarono. Wilson si disse:
«Per mel'avevano; se fosse stato rubatocol mio piano si sarebberitrovato; questo è certo. Per cui credo che
lo abbiano ancora.»
Tom non aveva in mente nessun fine precisoquando aveva incontrato Wilson eBlake. Aveva cominciato a
parlare cosìtanto per stuzzicarli e ridere un po' alle loro spalle. Maquando se ne andòil suo morale era alle stelle:
perché per puro casoe senza alcuno sforzoaveva ottenuto molte cosepiacevoli: aveva punto sul vivo quei due e li
aveva visti sobbalzare; aveva minato la fiducia che Wilson nutriva per igemelli lasciandogli in bocca un sapore amaro
di cui non si sarebbe liberato tanto presto; emeglio di tuttoaveva fattoscendere di un gradino la popolarità degli odiati
gemelli presso la comunità; perché Blakeda buon poliziotto di paesesarebbe andato in giro a spettegolaree di lì a una
settimana tuttia Dawson's Landingavrebbero riso sotto i baffi pensandoalla spettacolare ricompensa che quei due
avevano offerto per un oggetto che forse non avevano posseduto maio che nonavevano perduto. Tom era soddisfatto
di sé.
Per tutta la settimana il comportamento di Tomin casaera stato perfetto.Lo zio e la zia non avevano mai.37
visto nulla di simile. Non riuscivano a trovargli neppure un difetto.
Il sabato sera disse al giudice:
«C'è qualcosa che mi assillazioe dal momento che sto per andarmene eche forse non ti rivedrò piùnon
reggo a tenerla per me. Ti ho fatto credere di aver avuto paura a misurarmicon quell'avventuriero italiano. In un modo o
nell'altro dovevo tirarmene fuori e forsepreso alla sprovvistaho sceltola via sbagliatama nessun uomo d'onore
avrebbe acconsentito a misurarsi con lui sapendo quello che so io.»
«Davvero? E cioè?»
«Il conte Luigi è un assassino confesso.»
«Incredibile!»
«È assolutamente vero. Wilson l'ha scoperto leggendogli la manoe lo haaccusatoe l'ha messo tanto alle
strette che lui ha dovuto confessare; ma entrambi i gemelli ci hannosupplicato in ginocchio di mantenere il segreto
giurando che qui avrebbero condotto una vita ineccepibile; il tutto era cosìpatetico che abbiamo dato la parola d'onore
che fintanto avessero mantenuto la promessa non li avremmo smascherati. Loavresti fatto anche tuzio.»
«È veroragazzo miol'avrei fatto. Il segreto di un uomo è suaproprietàed è sacroquando gli viene estorto di
sorpresa. Hai fatto quel che dovevie sono fiero di te.» Poi aggiunseaccorato: «Ma avrei preferito che mi fosse stata
risparmiata la vergogna d'incontrarmi con un assassino sul campodell'onore.»
«Non c'era niente da farezio. Se avessi saputo che lo avresti sfidatomisarei sentito obbligato a venir meno
alla parola data per evitare lo scontroma non si poteva pretendere cheWilson facesse altrettanto.»
«Oh noWilson ha fatto benee non è da biasimare in alcun modo. TomTommi hai tolto un gran peso dal
cuore; mi sentivo straziare l'anima al pensiero di avere un codardo infamiglia.»
«Puoi immaginare quel che è costato a
meaddossarmi quel ruolozio.»«Ohlo somio povero ragazzolo so. E posso capire quanto ti sia costatoportare quell'ingiusto marchio per
tanto tempoma ora tutto è a postoogni male è passato. Mi hai ridato latranquillità e hai ritrovato la tua; abbiamo
sofferto a sufficienza tutti e due.»
Il vecchio rimase seduto per un po'immerso nei suoi pensieri; poi alzò ilcapo econ gli occhi che gli
brillavano di soddisfazionedisse: «Che questo assassino mi abbia fattol'affronto d'incontrarsi con me sul campo
dell'onorecome se fosse un gentiluomoè una faccenda che sistemerò benpresto: non oracomunque. Nonon gli
sparerò fin dopo le elezioni. Ma c'è un modo di rovinare quei due
primae sarà la prima cosa cui mi dedicherò. Nonverranno elettiné l'uno né l'altrote lo garantisco. Sei sicuro che lacosa non sia trapelata in giroche nessuno sappia
che quel conte Luigi è un assassino?»
«Certissimozio.»
«Sarà una carta vincente. Il giorno delle votazioni butterò là unaccennodalla tribuna elettorale. Gli scaverà il
terreno sotto ai piedia tutti e due.»
«Senza dubbiosarà la loro fine.»
«Sìma bisognerà anche darsi da fare con gli elettori. Eccotu dovrestivenir quidi tanto in tantoa spargere la
voce tra la marmaglia. Ti servirà del denaroe io te lo fornirò.»
Ecco un altro punto di vantaggio sugli odiati gemelli. Per Tom quella eraindubbiamente una gran giornata.
Così si sentì incoraggiato a sparare un ultimo colpo al medesimo bersaglio.
«Sai quel meraviglioso pugnale indianodi cui i gemelli si sono tantovantati? Behnon ce n'è traccia; così in
città si comincia a ghignarea ridere e a spettegolare. Metà della gentecrede che non lo abbiano mai posseduto; l'altra
metà crede che l'abbiano avuto e l'abbiano tuttora. Oggi ho sentito unaventina di persone fare discorsi del genere.»
Sìla settimana-senza-macchia di Tom gli aveva restituito i favori dellazia e dello zio. Anche la madre era
contenta di lui. Dentro di sé cominciava a credere di amarloma non glielodisse. Gli disse che ora doveva andare a St.
Louis; lei lo avrebbe seguito. Poi fracassò la sua bottiglia di whiskyesclamando:
«Ecco qua! Dritto ti farò rigareChamberse così ti dico che nonriceverai dei cattivi esempi dalla tua mammy.
Ti ho detto che non devi frequentare le cattive compagnie. Behvisto chestarai in compagnia miami tocca rigare dritta
anche a me. Suvai adessofila!»
Quella notte stessa Tom s'imbarcò su uno dei grandi vapori in transito colgrosso fardello della refurtivae
dormì il sonno dell'ingiustoche è più sereno e profondo dell'altrocomesappiamo dalle cronache della vigilia
dell'impiccagione di milioni di furfanti. Ma quando al mattino si svegliòla fortuna gli aveva voltato di nuovo le spalle:
un altro ladro lo aveva derubato nel sonno ed era sbarcato a uno degli scaliintermedi.
XVI
Se raccogli un cane affamato e lo rimpinzi ben benenon ti morde. Questa èla differenza fondamentale tra cani e
uomini.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoSappiamo tutto sulle abitudini della formicasappiamo tutto sulle abitudinidell'apema non sappiamo nulla sulle.38
abitudini dell'ostrica. Sembra accertato che abbiamo scelto il momento menoadatto per studiare le ostriche.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoQuando arrivòRoxana trovò il figlio in un tale stato di disperazione e diangoscia che il suo cuore si
commosse e il suo istinto materno si risvegliò più forte che mai. Adessoera rovinatosenza speranza; il disastro era
sicuro e imminente; sarebbe diventato un reietto privo di amici. Non eranomotivi sufficienti perché una madre amasse
il proprio figlio? E così lei lo amòe glielo disse. Lui reagì con unasmorfiaperché lei era una «negra» e il fatto che
anche lui lo fosse era ben lungi dal farlo riconciliare con quella razzadisprezzata.
Roxana lo sommerse di tenerezzealle quali lui rispose come meglio seppesentendosi a disagio. Cercava di
consolarloma non era possibile. Ben presto quelle moine gli riuscironoinsopportabili edopo un'oradecise di farsi
coraggio e di dirle che la smettesse o almeno si moderasse. Ma aveva paura dilei. Infine sopravvenne una pausaperché
Roxy aveva cominciato a riflettere: cercava di formulare un piano persalvarlo. Dopo un po' si riscosse e disse che aveva
trovato una via d'uscita. A quella notizia insperata Tom si senti soffocaredi gioia. Roxana disse:
«Il piano eccolo qua e non può essere che non riesce. Io sono una negraenessuno che mi sente parlare lo può
dubitare. Valgo seicento dollari. Prendimi e vendimi e salda questigiocatori.»
Tom rimase di sasso. Non era neanche sicuro di aver capito bene. Per unistante restò mutopoi disse:
«Vuoi dire che ti faresti vendere come schiava per salvarmi?»
«Non sei figlio mio? Non lo sai che non c'è niente che una madre non puòfare per il figlio suo? Non c'è niente
che le madri bianche non fanno per i figli loro. Chi le ha fatte cosi? IlSignore le ha fatte cosi. E chi ha fatto le negre? Il
Signore le ha fatte. Dentro di loro tutte le madri sono uguali. Il buon Diole ha fatte cosi. Io mi faccio vendere come
schiavae tra un anno tu ricompri la tua mammy e la liberi di nuovo. Tifaccio vedere io come. Questo è il mio piano.»
Le speranze di Tom cominciarono a rinasceree con esse il suo buonumore.Disse:
«È molto bello da parte tuamammy... È davvero...»
«Dillo ancora! E continuacontinua a dirlo! È tutto quello che uno puòdesiderare a questo mondo e anche di
più. Il Signore ti benedicadolcezza; quando mi toccherà servire daschiava e quelli mi maltratterannose so che da
qualche parte tu continui a dirlotutte le piaghe si sanano e io riesco asopportarle.»
«Certo che te lo ripetomammye continuerò a ripeterlo. Ma come faccio avenderti? Adesso tu sei libera.»
«Sai che differenza! I bianchi non ci vanno mica tanto per il sottile! Perlegge mi possono vendere subitose
mi dicono di lasciare lo Stato fra sei mesi e io mi rifiuto. Prepara uncertificato - un atto di vendita - e fa vedere che è
stato fatto laggiùda qualche partenel centro del "Kentak" e cifirmi su qualche nomee dici che mi vendi a poco
prezzo perché tieni preoccupazioni di soldi; vedrai che non provi nessunfastidio. Poi mi porti su al nordin campagna e
mi vendi in una fattoria. Quella gente non si mette a fare domandese mipuò avere a poco prezzo.»
Tom falsificò un atto di vendita e vendette sua madre a valle del fiume a unpiantatore di cotone dell'Arkansas
per poco più di seicento dollari. Esitava a commettere quel tradimentomail caso gli mise tra i piedi quel tizio e si trovò
risparmiata la fatica di andare al Nord in cerca di un compratorecolrischio di dover rispondere a una quantità di
domandementre quel piantatore fu così contento di Roxy che non chiesequasi niente. Per di più il piantatore ripeteva
che dapprincipio Roxy non avrebbe capito dove si trovavae quando lo avessescoperto si sarebbe già abituata. E Tom
si disse che era un gran vantaggio per Roxy ritrovarsi un padrone chedimostrava di essere tanto contento di leie quel
piantatore chiaramente lo era. Cosìcon tutta disinvolturaarrivò benpresto a convincersi di aver reso a Roxy uno
splendido serviziovendendola a sua insaputa a valle del fiume. E poicontinuava a ripetersi: «È solo per un anno. Fra
un anno pago e la libero; questo pensiero la terrà serena.» Sìquelpiccolo inganno non poteva fare alcun malee alla
fine tutto si sarebbe aggiustato nel modo migliore. Secondo l'accordo presoin presenza di Roxy si parlò esclusivamente
della fattoria «su nel Nord»e della piacevolezza del luogoe di quantofossero felici gli schiavi; così la povera Roxy fu
ingannata in pienoe senza faticaperché non si sarebbe mai sognata chesuo figlio potesse rendersi colpevole di
tradimento verso una madre che ritornando volontariamente alla schiavitùnon importa se mite o spietatase breve o
lungafaceva per lui un sacrificio paragonato al quale quello della vita eraben povera cosa. In privato sparse fiumi di
lacrime e lo coprì di carezze affettuosepoi se ne andò col suo padrone:se ne andò col cuore a pezzieppure fiera di
quel che aveva fattoe felice di avere avuto l'occasione di farlo.
Tom pagò i suoi debiti e decise di attenersi scrupolosamente ai suoipropositi di riabilitazione e di non mettere
mai più in pericolo il testamento. Gli erano rimasti trecento dollari.Secondo il piano di sua madre doveva metterli al
sicuro e aggiungervi la metà del suo mensile. In capo a un anno questogruzzolo l'avrebbe resa di nuovo libera.
Per tutta una settimana non riuscì a dormire benetanto la mascalzonatafatta alla madre gli turbava quello
straccio di coscienza; ma in seguito cominciò a sentirsi di nuovo a suoagioe riuscì a dormire come qualunque altro
furfante.
Il piroscafo partì da St. Louis alle quattro del pomeriggioe Roxy rimasedritta sul ponte inferiore di poppa a
guardare Tom attraverso un velo di lacrimefinché l'immagine di luidileguò nella ressa e scomparve; poi non guardò
più. Si mise seduta lì su un rotolo di funi e pianse fino a sera inoltrata.Quando finalmente si ritirò nella sua fetida
cuccetta di terza classein mezzo al fragore delle macchinenon fu perdormire ma per attendere il mattino enell'attesa
abbandonarsi al suo dolore.
S'erano immaginati che lei «non capisse» e credesse di risalire il fiume.Proprio lei! Lei che sul fiume aveva
navigato per anni! All'alba si alzò eirrequietatornò sul ponte e andòa sedersi di nuovo sul rotolo di funi. Passò molti.39
tronchi conficcati nel fondo del fiumedove il frangersi delle acque avrebbepotuto rivelarle cose da spezzarle il cuore
mostrandole che la corrente andava nella stessa direzione del piroscafo; ma isuoi pensieri erano altrovee non se ne
accorse. Alla fineperòun fragore più forte e più vicino la scosse dalsuo torpore; alzò gli occhi e il suo sguardo
esperto si volse al moto rivelatore dei flutti. Per un istante restò afissarliimpietrita. Poi lasciò cadere la testa sul petto e
disse:
«Oh che il Buon Signore Iddio abbia pietà di mepovera peccatrice...
miha venduta giù al fiume!»XVII
Anche la popolarità ha i suoi limiti. A Romasulle primesei pieno dirimpianto perché Michelangelo è morto; ma col
passare del tempo rimpiangi soltanto di non averlo visto morire.
Dal
Calendario di Wilson loSvitato4 luglio
- Le statistichedimostrano che in questo giorno scompaiono più imbecilli che non in tutti glialtri giornidell'anno messi insieme. Se ne deducestando al numero dei superstiticheun solo quattro luglio all'anno è ormai
insufficientevisto l'incremento della popolazione.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoLe settimane estive si trascinarono lentamentepoi si aprì la campagnaelettorale. Si aprì in modo piuttosto
accesoe si andò surriscaldando di giorno in giorno. I gemelli ci sibuttarono con impetoperché ne andava di mezzo il
loro prestigio. La loro popolaritàdapprima vastissimasi era poiattenuatasoprattutto perché erano stati
troppopopolarie questo aveva comportato una reazione naturale. Inoltre qualcunoaveva messo in giro la voce che era curioso
- sì
proprio curioso- che quel loro straordinario pugnale non fosse saltato fuoriseera tanto di valore o se eramaiesistito. E alle voci si accompagnavano sogghignigomitatestrizzatined'occhio: tutte cose che hanno il loro effetto. I
gemelli pensavano che un loro successo elettorale potesse riportarli in augementre una sconfitta avrebbe provocato
danni irreparabili. Perciò lavoravano sodoma non più sodo di quantolavorassero il giudice Driscoll e Tom contro di
loro negli ultimi giorni della campagna elettorale. Per due mesi interi ilcomportamento di Tom si era mantenuto così
perfetto che suo zio non solo gli affidò il denaro col quale persuadere ivotantima gli permetteva di attingerlo di
persona alla cassaforte del suo salottino privato.
Il comizio di chiusura della campagna elettorale fu tenuto dal giudiceDriscollil quale attaccò i due forestieri.
Fu disastrosamente efficace. Rovesciò su di loro fiumi di ridicolo tra lerisate e gli applausi della folla in ascolto. Si fece
beffe dei gemelli chiamandoli avventuriericiarlatanipagliaccifenomenida baraccone; attaccò i loro titoli altisonanti
con scherno smisurato; disse che erano barbieri di paese camuffati daaristocraticivenditori di noccioline mascherati da
gentiluominisuonatori d'organetto senza la solita scimmietta. Alla finetacque e attese. Attese finché il silenzio
all'intornosi fece assolutocarico di aspettativapoi inferse il colpo digrazia; lo inferse con gelida serietà e
determinazionecon un'enfasi significativa nelle ultime parole: disse che asuo avviso la ricompensa offerta per il
pugnale perduto era una fandonia e una spacconatae che il suo proprietarioavrebbe saputo dove trovarlo quando gli si
fosse offerta l'occasione di
assassinarequalcuno.Poi scese dal podio lasciandosi dietro un silenzio attonito e solenne inluogo dell'usuale esplosione di slogans e
applausi.
La strana frase fece il giro di tutta la città e suscitò una straordinariaimpressione. Tutti si domandavano: «Che
cosa avrà voluto dire?» e tutti continuarono a farsi quella domandamainvano; perché il giudice aggiunse soltanto che
sapeva lui quel che dicevae si fermò lì; Tom affermò di non avere ideadi quel che lo zio avesse inteso dire; e Wilson
quando gli chiedevano che cosa ne pensavainvertiva la domanda chiedendo alsuo interlocutore che cosa ne pensava
lui.
Wilson venne elettoe i gemelli furono battutianzischiacciatierestarono abbandonati e quasi senza amici.
Tom tornò tutto felice a St. Louis.
Dawson's Landing si prese una settimana di riposo: ne aveva proprio bisogno.Il suo era comunque un clima
d'attesa perché correvano insistenti voci di un nuovo duello. Le faticheelettorali avevano stremato il giudice Driscoll
ma si diceva che non appena si fosse rimesso abbastanza da raccogliere unasfidal'avrebbe ricevuta dal conte Luigi.
Dopo quell'umiliazione i fratelli non comparvero più in pubblico e restaronoin disparte a leccarsi le ferite.
Evitavano la gente e uscivano per fare un poco di moto solo a tarda seraquando le strade erano deserte.
XVIII
Gratitudine e inganno non sono che le due estremità della stessaprocessione. Quando la banda e i notabili in tenuta di
gala sono passatiavete visto tutto quello per cui valeva la pena direstare.
Dal
Calendario di Wilson loSvitato.40Giornata del Ringraziament
o.Ed ora leviamo tutti insieme il nostro umilesincero e vivo ringraziamento;tutti tranne itacchini. Fra gli antropofagi delle isole Figi non si usano i tacchinisiusano gli idraulici. Ma non sta bene né per me né
per voi farci beffe delle Figi.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoIl venerdì dopo le elezionia St. Louis pioveva. Piovve tutto il giornoepiovve forteforse con l'intenzione di
lavare quella città nera di fuligginema ovviamente senza riuscirci. Versomezzanotte Tom Driscoll rincasò da teatro
sotto una pioggia torrenzialechiuse l'ombrello ed entrò nel portone; mamentre stava per chiuderlovide che c'era
un'altra persona che entrava: senza dubbio un altro inquilino. La personachiuse il portone e salì le scale dietro Tom.
Questi trovò a tastoni la porta della propria stanzaentrò e accese lalampada a gas. Quando si girò fischiettandovide la
schiena di un uomo. L'uomo stava chiudendo a chiave la porta. Il fischio glimori sulle labbrae fu colto da un senso di
profonda inquietudine. L'uomo si voltòun mucchio di stracci fradici dipioggia e sgocciolantie mostrò un muso nero
sotto un cappellaccio sbilenco. Tom era terrorizzato. Voleva ordinargli diandarsenema le parole non gli venivanoe fu
l'altro a parlare per primo. Disse a voce bassa:
«Zitto... sono tua madre!»
Tom si accasciò su una sedia e ansimò:
«Sono stato perfido e vile... lo so; ma l'ho fatto per il megliodavvero...Io giuro.»
Per un po' Roxana rimase dritta e muta a guardarlo mentre lui si contorcevain preda alla vergogna e balbettava
autoaccuse miste a patetici tentativi di spiegare e attenuare il suomisfatto; poi si mise sedutasi tolse il cappelloe la
massa scompigliata dei capelli castani le si sciolse giù per le spalle.
«Non è tuo il merito se non mi sono fatta grigia» disse tristementeguardandosi i capelli.
«Lo solo so! Sono un mascalzone. Ma ti giuro che l'ho fatto per il meglio.È stato un errorenaturalmentema
credevo fosse per il megliodavvero.»
Roxy prese a piangere piano e a poco a poco le parole si fecero strada inmezzo ai singhiozzi. Il tono era
lamentosopiù che irato.
«Vendere una persona giù al fiume -
giùal fiume! - e credere che èper il meglio! Neanche un cane si trattacosì! Tutta rotta sonoe distruttaadessoe mi sa che non ce la faccioneanche a reagire come facevo un tempo quando
mi picchiavano e maltrattavano. Non so... ma forse è così. Sta di fatto chetanto ho patito che m'è più facile piangere che
urlare.»
Queste parole avrebbero dovuto commuovere Tom Driscollma nel caso specificoquel sentimento fu certo
superato da un altro più forteun sentimento che gli tolse di dosso il granpeso della pauracolmando la sua anima
meschina di un gran senso di sollievo. Ma rimase prudentemente zittoe nontentò alcun commento. Seguì un lungo
intervallo di silenziodurante il quale gli unici suoni erano lo scrosciodella pioggia sui vetriil sospiro e il gemito del
vento edi tanto in tantoun soffocato singhiozzo di Roxana. I singhiozzisi fecero a poco a poco più radi e infine
cessarono. Poi la fuggitiva riprese a parlare.
«Abbassala un pocola luce. Ancora. Ancora. Un altro po'. Chi è inseguitonon ama la luce. Eccocosì va
bene. Riesco a vedertie questo basta. Ti racconto la mia storia e la facciopiù breve possibilee poi ti dico quello che
devi fare. Quell'uomo che mi ha comprata non è un uomo malvagioèabbastanza buonoper essere un piantatore; e se
poteva fare a modo suodiventavo la serva della sua famiglia e stavo bene;ma sua mogliequella è una
yanke neanchebella a vedersie mi s'è messa contro dal primo momento; così allora mihanno mandatonel quartiere negrotra gli
schiavi comunia lavorare nei campi di cotone. Ma quella non si sentivasazia neanche cosìe mi mette contro il
sorvegliante; perché era gelosa e odiosa; così il sorvegliante all'alba mifaceva alzare e mi faceva lavorare tutto il giorno
finché durava un filo di luce; e tante frustate mi sono beccata perché nontenevo abbastanza forza per lavorare. Quel
sorvegliante anche lui era uno
yankdel New Englande tuttinelSudte lo possono dire che cosa significa. Lorosì chesanno come si fa lavorare un negro fino a farlo creparee sanno comefrustarlo - frustarlo finché si ritrova la schiena a
rigoni come una tavola per lavare i panni. Da principio il mio padrone hadetto una buona parola per me al sorvegliante
ma è stato peggio perché la padrona l'ha scoperto e dopoogni volta che mivoltavo me le buscavo: non avevo più
tregua.»
Il cuore di Tom s'infiammò... di collera contro la moglie del piantatoreedisse fra sé: «Se non fosse stato per
quell'impicciona tutto sarebbe andato bene.» E imprecò contro di lei conrabbiosa violenza.
Al chiarore abbagliante di un lampo che proprio allora illuminò a giorno lastanza semibuiaRoxy scorse il
volto del giovanevi lesse lo sdegno che vi era dipinto. Ne gioì... negioì e gliene fu grata; quell'espressionenon stava
forse a dimostrare che il ragazzo era capace di soffrire per i torti fatti asua madre e di provare risentimento verso i suoi
persecutori? Una cosa di cui aveva dubitato. Fu uno sprazzo di felicitàsolo uno sprazzoe svanì subito precipitandola
nuovamente nelle tenebre. Perché si disse: «Mi ha venduto giù al fiume...questi sentimenti non gli dureranno a lungo...
passeranno subito.» Poi riprese il suo racconto.
«Dieci giorni fapiù o menomi sono detta che più di qualche settimananon potevo durare tanto ero distrutta
dal lavoro terribile e dalle frustatee così disperata e infelice. E non mene importava neanche più: la vita non valeva
più niente se cosi dovevo continuare. Behquando uno sta in quello statod'animo che gliene importa di quello che fa?
Ci stava una negretta malaticciaavrà avuto dieci anniche era stata buonacon mee non aveva una mammypoveretta
e io le volevo bene e lei voleva bene a me; behsi presenta mentre stavolavorando e teneva una patata arrostita e voleva.41
darmela - togliendosela di boccacapisciperché sapeva che il sorvegliantenon mi dava abbastanza da mangiare - e lui
l'ha scoperta e gli ha dato una bastonata sulla schiena col suo bastone cheera grosso come un manico di scopae lei è
caduta per terra urlandoe si torceva e nella polvere come un ragno che èrimasto senza gambe. Io non l'ho sopportato.
Tutto il fuoco dell'inferno che dentro mi tenevo è scoppiato; gli ho levatoil bastone dalle mani e l'ho steso a terra; lui a
terra è rimastoche si lamentava e imprecavatutto forsennato capiscie inegri erano spaventati a morte. Tutti intorno
gli si sono riuniti per aiutarlo e io sul suo cavallo sono saltata e ho presola via del fiume scappando come il vento.
Sapevo che cosa mi capitava: appena era guarito quello si metteva di punta adammazzarmi di fatica se il padrone glielo
permetteva; oppure se non faceva questo mi vendevano ancora più in giù alfiumeche è la stessa cosa. Così ho deciso
che mi annegavo e mettevo fine ai guai miei. Era quasi buio. In due minuti horaggiunto il fiume. Poi ho visto una canoa
e mi sono detta che non c'era ragione che mi annegavo finché non era proprionecessario; così ho legato il cavallo a un
tronco e ho preso la canoa e ho cominciato a scendere il fiume; mi tenevo alriparo sotto l'argine ripido e pregavo che
veniva presto notte. Avevo un grosso vantaggio perché la grande casa stava atre miglia lontana dal fiume e c'erano solo
i muli da fatica per arrivarcie soltanto negri per montarlie
loronon ci mettevano certo premurami davano tutto ilvantaggio che potevano. Prima che qualcuno andava fino alla casa e ritornavaera troppo scuroe non ce la facevano
più fino alla mattina a vedere le impronte del cavallo e scoprire da cheparte ero andatae i negri di sicuro dicevano tutte
le bugie possibili e immaginabili sulla faccenda.
«Behè venuta notte e io ho continuato a scendere il fiume. Ho remato perpiù di due orepoi non mi sono più
data penacosì ho smesso di remare e mi sono lasciata andare con lacorrentepensando a quello che potevo fare se
proprio non era necessario che mi annegavo. Ho fatto pianie me li sonorigirati nella testamentre andavo. Behera
passata da poco la mezzanottecredoe io avevo fatto una ventina di migliaquando vedo le luci di un vapore fermo
vicino all'arginedove non c'era né città né scaloe presto vedo laforma dei fumaioli contro le stelle e alloradiomio
non ho retto più nella pelle dalla felicità! Era il
GrandMogul... sono stata camerierasu quella nave per otto stagionisulla rotta Cincinnati-New Orleans. Mi sono avvicinata - non un'anima che simuoveva - ho sentito martellare nella
camera macchine e ho capito che cosa era successo. Una delle macchine s'erarotta. Sono scesa a terra a lato della nave
e ho lasciato andare la canoapoi mi sono avvicinata e c'era una passerellaabbassata e io sono salita a bordo. Faceva un
gran caldo tremendoe i mozzi e gli scaricatori erano addormentati tuttitorno torno al castello di prua; il secondoJim
Bangsse ne stava seduto lì sulle bitte a testa bassaaddormentatoperché è così che il secondo di bordo fa la guardia! E
il vecchio nostromoBilly Hatchlui stava ciondolando come i suoi compagni;e io li conoscevo tutti; eDiocome mi
sembravano belli! Mi sono detta: che il vecchio padrone venga qui
adessoe ci provi a portarmi via -benedettisono traamiciio. Così mi sono fatta strada in mezzo a loroe sono salita sulponte e indietro fino a prua dove ci sta la cabina
delle donnee mi sono seduta lì sulla stessa sedia dove mi ero seduta centomilioni di volte; e a casa mia mi sono
sentitate lo assicuro!
«Dopo un'ora ho sentito suonare la campana che dava il viae poi lamanfrina è cominciata; e subito il gong ho
sentito suonare: "Macchina indietro" mi dico"la conoscobene questa musica." Ancora il gongmi dico: "Macchina
avanti." Ancora il gong. "Vira di bordo." 0ramai siamo direttia St. Louis e io sono fuori dai guai e non mi voglio più
annegare. Sapevo che adesso il
Mogulstava sulla rotta di St. Louiscapisci. Era giorno chiaro quando siamo passativicino alla piantagione e io ho visto tanti tanti negri e bianchi che midavano la caccia su e giù lungo la riva e si davano
un gran da farema a me non me ne importava più mente di loro.
«Intanto Sally Jacksonche una volta era sotto di me e ora ècapocamerieragiù era scesae quando mi ha visto
è stata tutta contenta e così tutti gli ufficialie io gli ho raccontatoche ero stata rubata e giù al fiume vendutae loro
venti dollari hanno raccolto e me li hanno dati e Sally mi ha dato un belvestitoe quando sono arrivata subito sono
andata dove tu una volta abitavi e poi sono venuta qui e mi hanno detto cheeri via ma che da un giorno all'altro ti
aspettavano; così non ho osato andare giù a Dawson's Landing perché tenevopaura che non c'incontravamo.
«Behlunedì scorso passo davanti a uno di quei posti nella Quarta Stradadove si mettono gli avvisi per i negri
scappatie dove ti aiutano a ritrovarlie che mi venga un colpo se non vedoil mio padrone! Per poco non cado a terra
mi sono sentita morire. Mi voltava la schiena e intanto parlava con un uomo egli dava dei fogli-avvisi di negri scappati
certoe io ero la negra. Offre una ricompensaecco. E così o no?»
In preda a un terrore sempre più intensoTom si disse: «Sono finitoqualunque cosa accada! Quell'uomo mi ha
detto chesecondo luic'era qualcosa di losco nella vendita. Ha detto diavere in mano una lettera di un passeggero del
Grand Mogul
in cui si dicevache Roxy era arrivata qui con quel vapore e che a bordo tutti erano al correntedella suastoria; il fatto che sia venuta qui invece di scappare in uno statoanti-schiavista mi rende sospettodicee se non gliela
trovoe presto anchemi metterà nei guai. Non ci avevo creduto a quellastoria; non potevo immaginarla così sorda a
tutti gli istinti materni da venire quisapendo che rischiava di mettermi inun irrimediabile pasticcio; e invece eccola! E
iostupidoche ho giurato al piantatore che l'avrei aiutato a trovarlapensando che una cosa del genere si poteva ben
promettere senza correre rischi. Se mi azzardo a consegnarglielalei...lei... ma come posso fare altrimenti? O la
consegno o pagoe dove lo trovo il denaro per pagare? Io... io... behforsese mi giurasse che d'ora in poi la tratterà
bene (e l'ha detto lei stessa che è un brav'uomo) e se mi giurasse che nonpermetterà che la facciano lavorare troppo o
non le diano abbastanza da mangiareo...»
Un lampo illuminò il pallido viso di Tomrigido e tirato da quei pensieritormentosi. E si udì la voce di
Roxanaasprama con una punta di apprensione:
«Alza la luceche posso vedere la tua faccia. Cosìfatti dareun'occhiata. Chamberssei bianco come la tua
camicia! Hai forse veduto quell'uomo? Ti è forse venuto a cercare?».42
«S... sì.»
«Quando?»
«Lunedì a mezzogiorno.»
«Lunedì a mezzogiorno! Mi stava cercando?»
«Lui...credeva di trovarti qui. Cioèlo sperava. Ecco l'avviso che haivisto.» Lo tirò fuori dalla tasca.
«Leggimelo!»
Ansimavain preda all'agitazionee c'era una luce tetra nei suoi occhi cheTom non riusciva a interpretare con
sicurezza ma che gli parve minacciosa. L'avviso recava la solita rossaxilografia di una negra in fuga col turbante in
capo esulle spalle il tradizionale fagotto assicurato a un bastonee lascrittaa lettere cubitali «Taglia di cento dollari».
Tom lesse ad alta voce l'avviso - o per lo meno la parte che descrivevaRoxana e che dava le generalità del proprietario
e il suo indirizzo di St. Louis e quello dell'agenzia della Quarta Strada. Maomise di leggere la frase in cui si diceva che
le richieste per la riscossione della taglia potevano essere indirizzateanche a Tom Driscoll.
«Dammi quel foglio!»
Tom l'aveva piegato e se lo stava mettendo in tasca. Sentì un brividocorrergli giù per la schienama disse con
la massima naturalezza:
«L'avviso? Ma che te ne faidal momento che non sai leggere. A che tiserve?»
«Dammi quel foglio!» Tom glielo dettema con una riluttanza che nonriuscì a dissimulare del tutto. «Me lo
hai letto
tutto?»«Certo.»
«Alza la mano e giurarlo.»
Tom eseguì. Roxana piegò il foglio con cura e se lo mise in tasca sempretenendo gli occhi fissi sul viso di
Tom. Poi disse:
«Stai mentendo.»
«E perché dovrei mentire?»
«Non lo soma è così. Per lo meno è quello che penso. Ma non fa niente.Quando ho visto quell'uomotanta di
quella paura ho sentito che a malapena ce la facevo a camminare. Poi ho datoun dollaro a un negro in cambio di questi
vestitie da allora non sono più stata dentro una casa né di giorno né dinotte. Mi sono tinta la faccia di nero e di giorno
mi sono tenuta nascosta nella cantina di una vecchia casa bruciata e di nottesono andata alla banchina del fiume dove
stanno i barili di zucchero e i sacchi di granoper rubare qualcosa damangiare; e mai mi sono azzardata a comprarmi
niente e sono mezza morta dalla fame. E mai mi sono esposta a venire qui finoa questa sera che piove e che in giro non
c'è quasi nessuno. Ma stasera me ne sono rimasta in piedi nel vicolo buio daquando si è fatta nottee aspettavo che tu
passavi. Ed eccomi qui.»
Rifletté un po'poi disse:
«Quell'uomo l'hai visto a mezzogiornolunedì scorso?»
«Sì.»
«Io l'ho visto a metà pomeriggio. E così è venuto a cercarti?»
«Sì.»
«E l'avviso te l'ha dato allora?»
«Nonon l'aveva ancora fatto stampare.»
Roxana gli lanciò un'occhiata sospettosa.
«Sei stato tu che l'hai aiutato a preparare l'avviso?»
Tom imprecò contro se stesso per lo stupido errore che si era lasciatoscappare e cercò di porvi rimedio
dicendo che noora ricordava; era stato a mezzogiorno di lunedì che l'uomogli aveva dato l'avviso. Roxana disse:
«Ecco che stai mentendo di nuovo.» Poi si raddrizzò e puntò l'indicecontro di lui.
«Adesso sentimi bene. Ti faccio una domanda e voglio vedere come te la cavi.Tu sapevi che lui mi cercava; e
se scappavi invece di startene qui ad aiutarlo capiva che in questa faccendac'era qualcosa di storto e allora faceva
indagini sul conto tuo e quelle dritto da tuo zio lo portavanoe tuo zioleggeva l'avviso e vedeva che tu una negra libera
avevi vendutogiù al fiumee tu
loconosciil giudice! Faceva apezzi il testamento e ti cacciava di casa. Allora adessorispondi a questa domanda: non hai forse detto a quell'uomo che io di sicurovenivo qui e che tu facevi in modo di farmi
beccare?»
Tom si disse che a questo punto né le menzogne né le proteste potevano piùaiutarlo. La trappola era scattata
stringendolo in una morsa senza scampo. Il volto gli prese un'espressionecattiva e dopo un po' disse con un ghigno:
«Behche altro potevo fare? Lo vedi da te che mi teneva in pugno e nonpotevo cavarmela altrimenti.»
Roxy lo fulminò con un'occhiata sprezzante:
«Che potevi fare? Come Giuda hai fatto e con tua madreper salvare la tuapellaccia! Chi lo crederebbe? No
neanche un cane! Sei il più bassomiserabile bastardo che mai al mondo èvenuto! E sono io la responsabile di tutto!» E
gli sputò in faccia.
Lui non tentò neppure di risentirsi. Roxy rifletté un momentopoi disse:
«Te lo dico ioadessoche cosa fai. Dai a quell'uomo il denaro che haimesso da partee lo fai aspettare finché
puoi andare dal giudice a prendere il resto per pagare il mio riscatto.»
«Diavolo! Che ti viene in mente? Andare da lui a chiedergli trecento dollarie più? E secondo te per che cosa
gli dovrei dire che li voglio?».43
La risposta di Roxy fu pronunciata con voce serena e calma:
«Gli dici che mi hai venduta per pagare i tuoi debiti di gioco; e che mi haiingannata e ti sei comportato da
mascalzone; e che io ti ho chiesto di procurarti il denaro per riscattarmi.»
«Ma tu sei impazzita! Farebbe subito a pezzi il testamento. Lo saino?»
«Sìlo so.»
«E credi che io sia talmente idiota da andare da lui? Di'lo credi?»
«Non è che lo credo:
lo so!Lo so perché tu sai che se non ti procuri quel denaroci vado io in personaealloravende
te giùal fiumee così vedi quanto ti piace!»Tom si alzò tremante ed eccitatoe c'era una luce malvagia nei suoi occhi.Si avviò alla porta dicendo che
doveva uscire per un momento da quella stanza soffocante per schiarirsi ilcervello con l'aria fresca e decidere sul da
farsi. Ma la porta non si apriva. Roxy sogghignò e disse:
«Ce l'ho io la chiavedolcezza... Statti seduto. Non hai bisogno dischiarirti il cervello su quello che c'è da fare.
Lo so
ioquello che c'è da fare.» Tom sedette e si passò le mani nei capelli con gestosmarrito e disperato. Roxy disse:«E in questa casaquell'uomo?»
Tom la guardò sorpreso e chiese:
«Che cosa te lo fa pensare?»
«Tu. Andare fuori a schiarirsi il cervello! Per prima cosa un cervello daschiarire non ce l'hai esecondoi tuoi
occhi ti hanno tradito. Sei il più bassomiserabile bastardo che mai... maquesto te l'ho già detto. Alloraoggi è venerdì.
Puoi metterti d'accordo con quell'uomo e gli dici che ti vai a procurare ilresto del denaro e che sei di ritorno martedì
prossimo o forse mercoledì. Capito?»
Tom rispose mestamente:
«Sì.»
«E quando tieni l'atto di vendita che mi rivende a me stessalo prendi e lomandi per posta a Wilson lo Svitato
e ci scrivi sul dietro che lo deve conservare finché non vado da lui.Capito?»
«Sì.»
«È tutto. Prendi l'ombrello e mettiti il cappello.»
«Perché?»
«Perché mi devi accompagnare alla banchina. Lo vedi questo coltello? Dietrome lo sono portatodal giorno
che ho visto quell'uomoe me lo sono comprato insieme a questi stracci. Semi prendevacon questo mi ammazzavo. E
ora andiamocammina pianoe fammi strada; e se dai l'allarme in casao sequalcuno ti si avvicina per stradate lo
ficco in corpo. Chambersmi credi quando ti dico questo?»
«È inutile che mi secchi con questa domanda. Lo so che mantieni laparola.»
«Sìnon sono come teio. Spegnie muoviti. Eccoti la chiave.»
Nessuno li seguì. Tom tremava a ogni nottambulo che gli si avvicinava perstradaaspettandosi quasi di sentirsi
la lama gelida nella schiena. Roxy gli stava alle calcagnavicinissima. Dopoun miglio di strada giunsero a uno spiazzo
vuotosulla banchina desertae in quel deserto buio e piovoso sisepararono.
Mentre si avviava verso casa la mente di Tom era piena di pensieri tetri e difolli progetti; ma alla fine si disse
esausto:
«C'è una sola via di scampo. Devo seguire il suo piano. Ma con unavariante: non mi rovineròchiedendogli il
denaro; lo
deruberòquel vecchio spilorcio.»XIX
Poche cose sono più insopportabili del fastidio che dà un buon esempio.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoNon sarebbe affatto meglio se tutti la pensassimo allo stesso modo; è dalladifferenza di opinioni che nascono le corse
dei cavalli.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoDawson's Landing stava quietamente terminando il suo periodo di imperturbatoriposo e attendeva con
pazienza il duello. Anche il conte Luigi attendeva; ma non con pazienzasidiceva in giro. Giunse la domenica e Luigi
insistette perché venisse recapitato il suo cartello di sfida. Così Wilsonsi recò dal giudice Driscoll. Ma il giudice rifiutò
di battersi con un assassino. «Intendo» aggiunse in tono significativo«sul campo dell'onore.»
Altrovenaturalmentesarebbe stato prontissimo. Wilson tentò diconvincerlo che se fosse stato presente
quando Angelo aveva parlato dell'omicidio commesso da Luiginon avrebbeconsiderato disonorevole quell'azione; ma
il vecchio ostinato fu irremovibile.
Wilson tornò dallo sfidante a riferire il fallimento della missioneeLuigioffesissimochiese come mai il
vecchio gentiluomoche era tutt'altro che stupidofacesse maggior contodella testimonianza di un farfallone come suo
nipote che della parola di Wilson. Ma Wilson rise e disse:.44
«È molto semplice e facile da spiegarsi. Io non sono il suo idoloil suobebèla sua passione: suo nipote sì. Il
giudice e la sua defunta consorte non hanno avuto figli e avevano passato lamezza età quando questo tesoro gli è
piovuto in grembo. Bisogna pur considerare l'istinto paternorimastoinappagato per venticinque o trent'anni. Dopo
tanto tempo diviene famelicoinsaziato e insaziabilee un uomo si soddisfacon la prima cosa che gli capita sotto mano;
il suo gusto si è atrofizzatoe non sa riconoscere la sardina dallosgombro. Una giovane coppia che metta al mondo un
demonioprima o poi lo riconosce per talema per una coppia anziana cheadotti un demonioquesti è e sarà sempre un
angeloaccada quel che accada. Tom è l'angelo del vecchio gentiluomolasua infatuazione. Tom riesce a ficcargli in
testa idee di cui nessun altro riuscirebbe a persuaderlo: non tuttenon dicoquestoma molte sì. Particolarmente quelle
atte a creare o abolire parzialità e pregiudizi nella mente del giudice.Questi aveva simpatia per voi duementre Tom vi
ha portato subito un grande odio. Ciò è bastato perché il vecchiocambiasse idea di punto in bianco. Le più antiche e
solide amicizie possono crollare quando uno di questi tesorucci adottatitardivamente le colpisce con una sassata.»
«E una strana filosofia» disse Luigi.
«Non è filosofiaè un fatto. E c'è qualcosa di patetico e bello in tuttoquesto. Non credo ci sia niente di più
patetico di quelle vecchie coppie senza figli che si prendono a cuore unserraglio di cagnetti urlanti; e poi ci aggiungono
qualche pappagallo che graffia e imprecae un macaco ragliantee poi uncentinaio di assordanti canarini e qualche
fetido porcellino d'India o coniglioe un harem di gattisforzandosi allacieca e senza una direzione precisa di creare dal
vile metallodalla limatura d'ottoneper così direqualcosa che prenda ilposto di quell'aureo tesoro negatogli da madre
natura: un figlio.
«Ma sto andando fuori del seminato. La legge non scritta di questo paeseesige che lei uccida il giudice
Driscoll a vista. Ecco quanto egli stesso e la comunità si aspettano da lei.Ovvio che se fosse lei a cadere sotto i proiettili
del giudicetutto sarebbe ugualmente "legale". Stia in guardiadunque. È prontovoglio direè armato?»
«Sìavrà la sua occasione. Se mi attaccarispondo.»
Mentre se ne andavaWilson disse:
«Il giudice è ancora provato dalla campagna elettoralee non uscirà primadi un giorno o due; quando lo farà
dovrà stare sul chi vive.»
Verso le undici di sera i gemelli uscirono per fare un poco di motoe siaccinsero a una lunga passeggiata al
tenue chiarore della luna.
Circa mezz'ora primaTom Driscoll era sceso a Hackett's Storedue miglia asud di Dawson's Landingunico
passeggero diretto in quel luogo solitario; etornato a piedi per la stradalungo il fiumeera entrato in casa del giudice
Driscoll senza imbattersi in anima viva né per la via né dentro casa. Salìin camera suaabbassò la tenda della finestra e
accese una candela. Si tolse giacca e cappello e iniziò i preparativi. Aprìil bauletirò fuori da sotto i suoi abiti il
«guardaroba» femminile. Poi si annerì la faccia col sughero bruciato e simise in tasca il sughero. Aveva progettato di
insinuarsi nel salottino privato dello zioal piano di sottopassare nellacamera da lettorubare la chiave della cassaforte
dagli abiti del vecchiotornare indietro e svaligiare la cassaforte. Presela candela e fece per avviarsi. Fino a quel
momento si era sentito pieno di coraggio e di sicurezzama adesso tantol'uno che l'altra cominciavano a vacillare. E se
per caso avesse fatto rumore e si fosse fatto sorprendere magari nell'atto diaprire la cassaforte? Forse era meglio
scendere armato. Prese dal nascondiglio il pugnale indiano e sentì consoddisfazione che il coraggio gli stava tornando.
Sgusciò giù per le scale anguste con i capelli che gli si rizzavano intesta e il polso che si arrestava al minimo
scricchiolio. Quando fu a metà scala notò allarmato un barlumenell'anticamera sottostante. Che poteva significare? Che
suo zio fosse ancora alzato? Nonon era verosimile; probabilmente avevalasciato là il moccoletto da notte quando era
andato a letto. Riprese a scenderefermandosi a ogni gradinoin ascolto.Trovò la porta aperta e guardò dentro. Quello
che vide lo rallegrò oltre misura. Suo zio dormiva sul sofà. Su untavolinetto a capo del sofà una lampada si estingueva
lentamentee lì accantochiusac'era la cassettina di ferro dove ilvecchio teneva il denaro. Vicino alla cassettina c'era
una pila di banconote e un pezzo di carta coperto da cifre scritte a matita.Lo sportello della cassaforte non era aperto.
Certo il dormiente si era stancato mentre faceva i conti e stava riposando.
Tom posò la candela sulla scala e avanzò verso la pila di banconotecamminando più curvo che poteva.
Quando passò vicino allo zioil vecchio si mosse nel sonnoe Tom si fermòall'istante; si fermò e silenziosamente
estrasse il pugnale dal foderocol cuore che gli batteva e gli occhiincollati sul volto del suo benefattore. Dopo un
minuto o due avanzò ancora di un passocautamenteallungò la manoafferrò il denaro e lasciò cadere il fodero del
pugnale. Sentì la mano del vecchio che lo abbrancava e un urlo selvaggio«Aiuto! Aiuto!» gli risuonò nelle orecchie.
Senza un attimo di esitazione vibrò una pugnalata e fu libero. Alcunebanconote gli sfuggirono dalla sinistra e caddero
sul pavimentonel sangueTom lasciò cadere il pugnaleraccolse lebanconote e si apprestò a fuggire; mise le
banconote assieme alle altre che teneva nella mano sinistra espaventato econfuso com'eraafferrò di nuovo il pugnale;
ma si riprese in tempo e lo scagliò lontano: non doveva portare con sé unatestimonianza così pericolosa.
In un balzo fu all'usciolo chiuse dietro di sée arrivò alla scala.Riprese la candela ementre correva di sopra
il silenzio della notte fu rotto da un suono di rapidi passi che siavvicinavano alla casa. Un attimo dopo Tom era in
camera suae i gemellisgomentistavano accanto al cadavere dell'uomoassassinato!
Tom s'infilò la giaccal'abbottonò nascondendovi dentro il cappellosopraindossò l'abito femminileabbassò
la veletta del cappellinosoffiò sulla candelachiuse a chiave la portadalla quale era appena entratoportandosi via la
chiavepassò dall'altra porta nel corridoio sul retrochiuse a chiaveanche quella e si tenne la chiave. Poia tentoni
raggiunse la scala posteriore e scese. Prevedeva di non incontrare nessunoperché ora l'attenzione di tutti era concentrata
sull'altro lato della casa. I suoi calcoli si rivelarono esatti. Mentre luiattraversava il cortile sul retrola signora Pratti.45
servi e una dozzina di vicini mezzo svestitiavevano raggiunto i gemelli eil mortoe altri stavano arrivando alla porta
d'ingresso.
Tomscosso da un fremito convulsostava varcando il cancelloquando tredonne sopraggiunsero di corsa da
una casa di fronte. Lo incrociarono proprio sul cancellochiedendogli cosafosse successoma non aspettarono risposta.
Tom si dis se: «Queste vecchie zitelle hanno perso tempo a vestirsi; fecerolo stesso la notte che bruciò la casa degli
Stevensqui accanto.» In pochi minuti fu alla casa stregata. Accese unacandela e si tolse l'abito femminile. Aveva
larghe macchie di sangue su tutto il fianco sinistroe anche la mano destrache aveva tenuto strette le banconoteera
rossa del sangue di cui erano intrise; ma per il resto non recava altretracce. Si pulì la mano sulla pagliae si tolse il
nerofumo dal viso. Poi bruciòfino a ridurli in cenerei panni maschili efemminilisparpagliò la cenere attornoe si
camuffò da vagabondo. Spense la candelascese di sottoe poco dopogironzolava già in riva al fiume con l'intento di a
prendere a prestito» e usare una delle trovate di Roxy . Scovò una canoa eremò seguendo la corrente. Poiallo spuntare
dell'albalasciò andare la canoa alla deriva e continuò a piedi verso ilvillaggio successivodove si tenne nascosto fino
all'arrivo del vapore in transito e prese un passaggio di terza classe perSt. Louis. Continuò a sentirsi a disagio fin
quando non si fu lasciato alle spalle Dawson's Landing; poi si disse: a Tuttigli investigatori del mondo non
riuscirebbero a rintracciarmiadesso; non esiste il minimo indizio;quell'omicidio andrà ad aggiungersi alla lista misteri
insolubilie la gentefra cinquant'annicercherà ancora di venirne acapo.»
Il mattino seguentea St. Louislesse sui giornali questo breve dispacciotelegrafico da Dawson's Landing:
Il giudice Driscollanziano e rispettato concittadinoè stato assassinatoqui verso mezzanotteda un dissoluto
nobile italiano o barbiere che siain seguito a una lite occasionata dallerecenti elezioni. Probabilmente l'assassino verrà
linciato.
«Uno dei gemelli!» si disse Tom. «Questa sì che si chiama fortuna! Estato il pugnale che gli ha reso questo bel
servizio. Non sappiamo mai quando la buona sorte decide di favorirci. E direche ho maledetto Wilson lo Svitato dal
fondo del cuore per avermi reso impossibile la vendita del pugnale. Ritirotuttoora.» Ormai Tom era ricco e
indipendente. Si accordò col piantatore e spedì a Wilson il nuovo atto divendita che vendeva Roxana a se stessa; poi
telegrafò alla zia Pratt:
Ho letto sui giornali la terribile notizia e sono distrutto dal dolore.Partirò oggi col postale. Cerca di farti forza
fino alla mia venuta.
Quando Wilson raggiunse la casa del delitto ed ebbe raccolto tutti iparticolari che la signora Pratt e gli altri gli
seppero darenella sua qualità di sindaco prese il comando delle operazionie ordinò che nulla fosse toccato e che ogni
cosa fosse lasciata al suo posto in attesa del giudice Robinson il qualecome magistrato inquirenteavrebbe preso le
misure del caso. Fece uscire tutti e rimase nella stanza insieme ai gemelli.Poi arrivò lo sceriffo e condusse i gemelli in
prigione. Wilson li esortò a farsi coraggio e promise che avrebbe fatto delsuo meglio per difenderli quando la causa
fosse giunta in tribunale. Poco dopo arrivò il giudice Robinson e con luil'agente Blake. Esaminarono la stanza
accuratamente e trovarono il pugnale e il fodero. Wilson notò che sul manicoc'erano delle impronte. La cosa gli fece
piacere perché i gemelli avevano pregato le prime persone accorse diesaminare bene le loro mani e i loro abiti e né
quelle né Wilson vi avevano trovato tracce di sangue. Era dunque possibileche i gemelli avessero detto la verità
dichiarando di aver trovato il vecchio già morto quando erano accorsi allegrida di aiuto? Pensò subito alla ragazza
misteriosa. Ma non era un delitto che potesse essere stato commesso da unaragazza. Comunque era indispensabile
perquisire la camera di Tom Driscoll.
Dopo che i giurati ebbero esaminato il cadavere e la stanza dove esso sitrovavaWilson suggerì una
perquisizione al piano superiore e salì con gli altri. Entrarono nellacamera di Tomforzando l'uscioma naturalmente
non trovarono nulla.
Con decisione concorde i giurati conclusero che l'omicidio era stato commessoda Luigi e che Angelo era il
suo complice.
La città si mostrò spietata con i due sfortunatiche i primi giorni dopoil delitto furono in costante pericolo di
essere linciati. Poi la Corte Suprema formalizzò l'accusae Luigi venneincriminato per omicidio di primo grado;
Angelo per complicità. I gemelli furono trasferiti dalla prigione locale aquella della conteain attesa di giudizio.
Wilson esaminò le impronte digitali trovate sull'impugnatura del coltello econcluse: «Nessuno dei gemelli ha
lasciato queste impronte.» Dunque era chiaro che si trattava di qualcunaltro che aveva agito per conto proprio o come
sicario.
Ma chi poteva essere? Doveva scoprirlo. La cassaforte non era stata apertala cassetta del denaro era chiusa e
conteneva tremila dollari. Quindi il movente non era stato la rapina ma lavendetta. Ma chi altroall'infuori di Luigi
poteva essere nemico dell'ucciso? Era lui l'unico che gli portasse rancore.
La ragazza misteriosa! Wilson non riusciva a venirne a capo. Se il moventefosse stato la rapinasi sarebbe
potuto pensare alla ragazza. Ma che una ragazza volesse togliere la vita aquel vecchio per vendetta - noera
impossibile. Lui non si metteva con le ragazze. Era un gentiluomo.
Wilson era riuscito a rilevare le impronte digitali sull'impugnatura delpugnale: perfette. E tra i suoi vetrini
c'era una grande varietà d'impronte di donne e ragazzeraccolte negliultimi quindici-diciotto anni; le esaminò una per.46
unama invano; nessuna corrispondeva alle impronte sul pugnale.
La presenza dell'arma sul luogo del delitto era una circostanza che turbavaWilson. Una settimana prima aveva
finito coll'ammettere che Luigi aveva posseduto un pugnale così e che lopossedeva ancoraanche se dava a intendere
che gli era stato rubato. E ora ecco il pugnale e insieme al pugnale igemelli. Mezza città era stata certa che i gemelli
mentivanoasserendo di aver perduto il pugnalee adesso tutta quella genteesclamava esultante: «Ve l'avevo detto io!»
Se sull'impugnatura ci fossero state le impronte dei gemelli... ma erainutile stare a far congetture. Le impronte
sull'impugnatura
non eranole loro: questo lo sapeva perfettamente.Quanto a TomWilson lo escludeva senz'altro dagli indiziati; in primo luogoTom non era capace di
ammazzare nessuno: non aveva abbastanza grinta; in secondo luogoanche seavesse potuto uccidere qualcunonon
avrebbe scelto il suo affezionato benefattore e parente più prossimo; interzo luogociò sarebbe stato contrario al suo
interesseperché fin tanto che lo zio era in vita Tom poteva contare oltreche su un generoso mantenimentosulla
possibilità che il testamento distrutto venisse rifattopossibilità chescomparso lo ziosarebbe a sua volta scomparsa.
Vero checome adesso s'era chiaritoil testamento era già stato rifatto.Ma Tom non poteva saperloaltrimenti ne
avrebbe parlatodata la sua natura ciarliera e per nulla riservata. E infineTom si trovava a St. Louis al momento
dell'assassinioe aveva avuto la notizia dai giornalicome attestava iltelegramma inviato alla zia. Ma tutte queste erano
più che argomentazioni chiaramente formulate e articolatesensazioniconfuse: Wilson avrebbe riso all'idea di collegare
Tom al delitto.
Invece la situazione dei gemelli gli appariva gravissima: anzidisperata. Senon si fosse trovato un complicesi
dicevaun'illuminata giuria del Missouri li avrebbe fatti impiccare dicerto; eanche trovato il complicele cose non
sarebbero poi andate meglio: ci sarebbe stata semplicemente una persona inpiù da impiccare. Solo la scoperta di una
persona che avesse commesso il delitto per conto proprio poteva salvare igemelli: un'impresa che aveva tutta l'aria di
risultare impossibile. Eppurebisognava trovare la persona che avevalasciato le impronte digitali. Forse i gemelli non
l'avrebbero spuntata ugualmentema cosìsenza quella personaeranospacciati.
Così Wilson continuò a rimuginare; pensaripensaipotizzaescogitagiorno e nottesenza arrivare a capo di
niente.
Ogni volta che s'imbatteva in una ragazza o in una donna sconosciutaconqualche pretesto le prendeva le
improntee ogni volta che tornava a casa doveva constatare con rammarico chenon coincidevano con le impronte del
pugnale.
Quanto alla ragazza misteriosaTom giurò di non conoscerla e di nonricordarsi di aver mai visto nessuna
donna con un vestito come quello descritto da Wilson. Ammise che non semprechiudeva la sua camera a chiavee che
talvolta i servi dimenticavano di chiudere le porte d'ingresso; comunqueasuo avvisola ragazza doveva esser venuta
ben poche voltealtrimenti sarebbe stata scoperta. Quando Wilson tentò dicollegarla con le rapineipotizzando che
avrebbe potuto essere una complice della vecchiase non proprio la ladratravestita da vecchiaTom apparve colpito e
anche molto interessato alla cosae disse che avrebbe tenuto gli occhi beneapertisebbene temesse che la donna (o la
ragazza) fosse troppo astuta per avventurarsi di nuovo in una città doveognuno per un bel pezzo sarebbe stato all'erta.
Tutti avevano compassione di Tom che appariva così silenzioso e addolorato esembrava soffrire
profondamente della perdita dello zio. Stava recitandonaturalmentema nondel tutto. Nel buio della nottequando era
svegliol'immagine del suo presunto ziocosì come l'aveva vista l'ultimavoltagli si parava spesso davanti e anche
quando dormiva ricorreva nei suoi sogni. Si rifiutava di entrare nella stanzadove era avvenuta la tragedia. Questo
commosse la tenera signora Prattche «capiva oracome non aveva mai capitoprima»dissedi che pasta sensibile e
delicata fosse suo nipotee quanto adorasse il suo povero zio.
XX
Perfino le più chiare e perfette prove indiziarie possono essere erratepercui andrebbero considerate con cautela.
Prendete il caso di una matita qualsiasitemperata da una donna qualsiasi;se avete dei testimoniscoprirete che ha usato
un temperino; ma se prendete in considerazione soltanto l'aspetto dellamatitadirete che l'ha temperata con i denti.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoLe settimane passavanonessun amico andava a trovare i gemelli carcerati adeccezione del loro avvocato e di
zia Patsy Coopere finalmente il giorno del processo arrivòil giorno piùduro della vita di Wilsonpoiché nonostante le
sue indefesse ricerchenon era riuscito a trovare segno o traccia delcomplice mancante. «Complice» era il termine con
cuidentro di sédesignava ormai da tempo quella persona: non perchéfosse in assoluto il termine giustoma perché
c'era almeno la probabilità che fosse il più giustoanche se non riuscivaa capire perché i gemelli non fossero spariti o
fuggiticome aveva fatto il loro compliceinvece di rimanere presso ilcadavere e di farsi cogliere sul fatto.
L'aula del tribunale naturalmente era gremita di gentee così sarebberimasta fino alla fineperché non solo a
Dawson's Landing ma in tutto il circondarioper parecchie migliailprocesso era diventato l'unico argomento di
conversazione. La signora Prattin gramagliee Tom con un nastro nero alcappellosedevano vicino a Pembroke
HowardPubblico Ministeroe dietro di loro sedevano compatti gli amici difamiglia. I gemelli avevano una sola amica
in aula; la loro vecchia e afflitta padrona di casavenuta a incoraggiare illoro avvocato. Sedeva vicino a Wilsoncon.47
un'espressione più che mai bonaria. Nell' «angolo dei negri» c'eranoChambers e Roxytutta ben vestita e con in tasca il
suo atto di vendita. Era il suo più prezioso averee non se ne separava nédi giorno né di notte. Tom le aveva assegnato
trentacinque dollari al meseda quando era entrato in possesso del suopatrimonioe aveva detto che sia lui che lei
dovevano essere grati ai gemelli che li avevano resi ricchi; ma questodiscorsetto l'aveva mandata su tutte le furieper
cui si era guardato bene dal ripeterlo una seconda volta. Roxy diceva che ilvecchio giudice aveva trattato suo figlio
mille volte meglio di quanto meritassee a lei non aveva mai fatto altro chegentilezzeperciò odiava quei diavoli
stranieri che lo avevano uccisoe non avrebbe dormito contenta finché nonli avesse visti penzolare dalla corda. Era lì
per assistere al processo e al momento del verdetto avrebbe lanciato unbell'urràanche se per questo il giudice della
contea le avesse dato un anno di prigione. Erse il capo avvolto dal turbantee disse: «Quando viene la sentenzami
metto a far cagnarave lo dico io!»
Pembroke Howard descrisse brevemente il caso. Disse che avrebbe dimostratocon una serie di prove
indiziarie ineccepibiliche il detenuto numero 1quello alla sbarraavevacommesso il delitto; che il movente era in
parte la vendetta e in parte il desiderio di sottrarsi al rischio di metterea repentaglio la propria vitae che il fratellocon
la sua presenzaera stato complice necessario di quello che era certo ilpiù abominevole fra tutti i criminil'assassinio;
un delitto concepito dal più empio dei cuori e consumato dalla mano piùabietta; un delitto che aveva spezzato il cuore
di una sorella amorevolespento la felicità di un giovane nipote dilettocome un figliocausato un dolore inconsolabile a
molti amicie una dolorosaincolmabile perdita a tutta la comunità. Lagiustiziaoltraggiataavrebbe chiesto il massimo
della penae a tale pena l'accusato alla sbarra non sarebbe sfuggito. IlPubblico Ministero rimandava ogni ulteriore
commento alla requisitoria finale.
Quando sedetteHoward era molto commossocome l'uditoriodel resto; lasignora Pratt e molte altre signore
piangevano e parecchi sguardicarichi d'odiosi puntarono sugli sventuratidetenuti. I testi d'accusa furono chiamati a
deporrel'uno dopo l'altroe interrogati a lungo; il controinterrogatorioinvece fu breve. Wilson sapeva che essi non
potevano fornirgli nessun dato di qualche utilità. La gente provava pena perlo Svitato; la sua carrieraappena agli
esordisarebbe stata danneggiata da questo processo.
Parecchi testimoni giurarono di aver sentito il giudice Driscoll dire nel suodiscorso elettorale che i gemelli
avrebbero ritrovato il pugnale perduto quando ne avessero avuto bisogno perassassinare qualcuno. Non era una novità
ma ora la frase appariva tristemente profetica e un brivido profondo scorseper l'aula silenziosa quando quelle lugubri
parole furono ripetute.
Il Pubblico Ministero si alzò e disse chenel corso di una conversazioneavuta col giudice Driscoll in quello
che era stato il suo ultimo giorno di vitaaveva appreso che l'avvocatodifensore gli aveva portato una sfida
dell'imputato e che il giudice si era rifiutato di battersi con un assassinoconfesso - «di battersi sul campo dell'onore
s'intende» - ma aveva aggiunto in tono significativo che era pronto aincontrarlo altrove. Presumibilmente l'imputato era
stato avvertito che avrebbe dovuto uccidere o rimanere ucciso la prima voltache avesse incontrato il giudice Driscoll.
Se l'avvocato difensore non aveva obiezioni a che ciò fosse messo a verbalenon lo avrebbe chiamato a deporre come
testimone.
«Nessuna obiezione» disse Wilson. (Mormorii in aula: «Per Wilson si stamettendo di male in peggio.»)
La signora Pratt testimoniò di non aver udito nessun urloe non seppe direche cosa l'avesse svegliataa meno
che non fosse stato il rumore di passi affrettati che si avvicinavano allaporta d'ingresso. Era saltata giù dal letto ed era
corsacosì com'eranel vestiboloe aveva udito i passi che salivanovelocemente la gradinata esterna e poi la seguivano
mentre correva nel salottino. Lì aveva trovato gli imputati ritti accanto alcorpo del fratello assassinato. (E qui
s'interruppe e scoppiò in singhiozzi. Sensazione nell'aula.) Quando fu dinuovo in grado di parlarela signora Pratt disse
che le persone entrate dopo di lei erano il signor Rogers e il signorBuckstone.
Nel controinterrogatorio condotto da Wilsonla signora disse che i gemelliavevano protestato la loro
innocenza dichiarando di essere usciti per una passeggiata e di essereaccorsi a un grido d'aiuto così alto e forte che lo
avevano udito a notevole distanza; e l'avevano supplicatae con lei isignori già menzionatidi esaminare le loro mani e
i loro abitiil che fu fattosenza che venissero trovate tracce di sangue.
Rogers e Buckstoneinterrogaticonfermarono. Fu verificato il ritrovamentodel pugnale e prodotto l'annuncio
che lo descriveva minuziosamente e offriva una ricompensa a chi lo trovassefu provata la sua esatta rispondenza a
quella descrizione. Seguirono dettagli di minore importanzae larequisitoria terminò.
Wilson disse di avere tre testimoni: le signorine Clarksonche avrebberodeposto di avere incontrato una
giovane velata che usciva dalla casa del giudice Driscoll dal cancelloposteriore pochi minuti dopo che si erano udite le
grida d'aiuto. Le loro testimonianzeinsieme a certe prove indiziarie cheavrebbe sottoposto all'attenzione della Corte
avrebberoa suo avvisoconvinto la giuria che c'era un'altra personacoinvolta nel delittoe che non era stata ancora
trovata: pertantoin nome della giustiziail processo doveva essere sospesofin tanto che non se ne scoprisse l'identità.
Dal momento che si era fatto tardichiese che l'interrogatorio dei tretestimoni fosse rinviato alla mattina seguente.
La folla si riversò fuori dall'aula e si allontanò a gruppi e a coppiediscutendo animatamente e con
appassionato interesse le varie fasi dell'udienza; e tutti avevano l'aria diavere ben speso la loro giornatatutti tranne gli
accusatil'avvocato difensoree la loro vecchia amica. Non c'era niente dicui potessero rallegrarsi o in cui sperare.
Nel separarsi dai gemelli la zia Patsy augurò loro la buonanotte sforzandosidi mostrarsi gaia e fiduciosama fu
costretta a interrompersisopraffatta dall'emozione.
Nonostante si ritenesse completamente al sicurola solenne apertura delprocesso aveva messo addosso a Tom
un senso di oppressione e di vago disagioperché la sua natura erasensibile anche al minimo allarme; ma una volta che.48
la debolezza e l'inconsistenza della linea difensiva di Wilson furonomanifestesi sentì rinfrancatoperfino esultante.
Mentre lasciava l'aulapensò allo Svitato con un misto di compatimento e disarcasmo. «Le Clarkson hanno incontrato
una sconosciuta sul retro della casa...» disse fra sé. «Sai che roba! Glido cent'anni per trovarlala sconosciuta - anche
duecentose vuole. Una donna che non esiste piùgli abiti addotti a provadel suo sesso bruciatie le ceneri gettate al
vento - ohla troverà facilmentenon c'è dubbio!» Queste riflessioni loportarono ad ammirareper la centesima volta
l'acume e l'abilità con cui si era messo al sicuro contro il pericolo diessere identificato o minimamente sospettato.
«Quasi semprein casi del generec'è un dettaglio che sfuggeunapiccolissima pista o traccia che uno si lascia
dietro: è questa che porta alla scoperta; ma qui non c'è ombra di traccia.Niente più di quella che lascia un uccello
volando per l'aria; anzivolando di notte. Solo chi riuscisse a seguire latraccia di un uccello nell'ariaal buioe a trovare
quell'uccellopotrebbe risalire fino a me e scoprire l'assassino delgiudice. Per gli altrinulla da fare! E di tutta la gente
che c'è al mondoquesto lavoro doveva toccare proprio al povero Svitato!Diosarà pateticamente buffo vederlo
arrancare e annaspare dietro a una donna che non esisteavendo sotto ilnasotutto il tempola persona giusta!» Più ci
ripensavapiù la cosa gli sembrava spassosa. Alla fine concluse: «Non glidarò pacecon quella donna. Ogni volta che
lo pesco in compagnia di qualcunofino al suo ultimo giornogli chiederòcon quel mio tono candido e affettuoso che
tanto lo seccava quando gli domandavo notizie della sua abortita carrieralegale: "Ancora sulle tracce di quella donna
ehSvitato?"» Aveva voglia di riderema non era il caso perché c'eragentee lui era in lutto per lo zio. Decise che
sarebbe stato divertente passare da Wilson quella sera stessaosservarlomentre si arrabattava sulla sua causa persae
punzecchiarlo di tanto in tanto con qualche esasperante parola comprensiva epietosa.
Wilson non aveva voglia di cenare. Non aveva appetito. Tirò fuori tutte leimpronte di ragazze e donne che
teneva nel suo schedarioe per più di un'ora le studiò e ristudiòcercando di convincersi che quelle della misteriosa
fanciulla dovevano pur esserci da qualche partelì in mezzoe gli eranosfuggite. Ma non era così. Tirò indietro la sedia
si prese la testa tra le mani e si abbandonò a pensieri aridi e cupi.
Tom Driscoll arrivò un'ora dopo che s'era fatto buio. Prese una sedia ementre si accomodavadisse ridendo
affabilmente:
«Ahvedo che siamo tornati ai vecchi passatempi dei giorni in cui eravamonegletti e sconosciutitanto per
consolarcivero?» E tirò su un vetrino e lo tenne controluce perscrutarlo. «Andiamofatti animovecchio mionon vale
la pena di perdersi di coraggio e tornare a questi giochi puerili soloperché questa grossa macchia solare sta
attraversando il tuo nuovo astro fulgente. Passeràe tutto tornerà aposto.» E posò il vetrino. «Ti credevi di vincere
sempre?»
«Oh no» disse Wilson con un sospiro. «Non mi aspettavo questoma nonriesco a credere che Luigi abbia
ucciso tuo zioe sono molto addolorato per lui. Mi avvilisce. E tisentiresti anche tu come meTomse non avessi dei
pregiudizi verso quei due.»
«Non saprei» disse Tom col viso che gli si faceva scuro mentre la memoriariandava ai calci ricevuti. «Certo
non sono molto ben dispostovisto il trattamento ricevuto dal brunettoquella sera. Pregiudizi o noSvitatonon mi
piaccionoe quando avranno quel che si meritanonon mi vedrai certo fra idolenti.»
Tirò su un altro vetrino e disse:
«Tohc'è il nome della vecchia Roxy! Che faivuoi decorare i palazzireali anche con le ditate dei negri? A
giudicare dalla dataavevo sette mesi quando è stato fattoe lei era lamia balia e la balia del suo negretto.
C'è una linea che attraversa l'impronta del pollicecome mai?» E Tom porseil vetrino a Wilson.
«È una cosa abbastanza comune» disse Wilson annoiato. «La cicatrice diun taglio o di uno sgraffioin
genere» e prese con indifferenza il pezzetto di vetro e lo sollevò controla lampada.
Di colpoil sangue gli defluì dal visola mano cominciò a tremarglieguardò quella superficie lucida che gli
stava davanti con lo sguardo vitreo di un cadavere.
«Santo cielo! Che ti succedeWilson? Ti senti male?»
Tom corse a prendergli un bicchiere d'acquama Wilson si ritrasse tremante edisse:
«No noportalo via!» Ansimava e tentennava il capo con aria frastornata esmarritacome chi sia stato
tramortito. Poi disse: «Starò meglio quando andrò a letto; oggi mi sonoaffaticato molto. E già da parecchi giorni che mi
sento stanco.»
«Allora ti lascio riposare. Buona nottevecchio mio.» Ma mentre usciva Tomnon seppe rinunciare a un'ultima
frecciata: «Non te la prenderenon si può vincere sempre; prima o poi ciriuscirai a fare impiccare qualcuno.»
Wilson borbottò fra sé:
«E non è una bugia la miase dico che mi dis piace dover cominciare da teper quanto tu sia un miserabile
bastardo.»
Si rianimò con un bicchiere di whisky gelato e si rimise al lavoro. Nonconfrontò le nuove impronte lasciate
involontariamente da Tompochi minuti primasul vetrino di Roxycon quellerilevate sull'impugnatura del coltello
giacché il suo occhio esperto non ne aveva bisognoma si dedicò a un'altraricerca e di tanto in tanto borbottava: «Idiota
che sono stato! Prendere in considerazione soltanto una
ragazzae mai mi è venuto in mente dipensare a un uomo inabiti femminili.» Per prima cosa rintracciò la lastrina con le impronte diTom quando aveva dodici annie la mise da
parte; poi tirò fuori le impronte di Tom quando era un piccino di settemesie mise i due vetrini insieme a quello su cui
inconsciamenteil giovane Driscoll aveva lasciato un nuovo «dato».
«Ora la serie è completa» disse soddisfatto. E sedette a esaminare ivetrini con tutto comodo.
Ma la sua soddisfazione fu di breve durata. Guardò a lungo i tre vetrini erestò sbalordito. Alla fine li depose e.49
disse:
«Non ci capisco nulla. Maledizione! Quelle del piccino non corrispondonoalle altre!»
Per mezz'ora passeggiò avanti e indietrorompendosi il capo suquell'enigmapoi andò a cercare altri due
vetrini.
Si rimise a sedere e si scervellò per un bel pezzo anche su questisempreborbottando: «È inutilenon riesco a
capire. Non collimano. Eppure ci giurerei che i nomi e le date sono giustiper cui
naturalmentedovrebbero coincidere.Non mi è capitato mai in vita mia di sbagliarmi a mettere le etichette. Quic'è sotto un mistero.»
Adesso era proprio stancoe il suo cervello cominciava ad annebbiarsi.Decise di dormire un po' tanto per
rinfrescarsi le idee: poi avrebbe visto che cosa si poteva cavare daquell'enigma. Dormì un'oraun sonno turbato e per
nulla riposantepoia un trattoemerse da quello stato di semicoscienza esi alzò a sedere sul letto: «Com'era quel
sogno?» si disse sforzandosi di ricordarlo. «Com'era quel sogno? Misembrava che svelasse l'enig...»
Con un balzo fu in mezzo alla stanza prima ancora di aver completato lafrase. Accese la luce e corse a
verificare i suoi «dati». Lanciò una solarapida occhiata ed esclamò:
«È così! Santo cieloche rivelazione! E per ventitré anni non c'è statouno che l'abbia sospettato!»
XXI
Chi è inutile sulla terradovrebbe starci sotto a ispirare i cavoli.
Dal
Calendario di Wilson loSvitato1° aprile: questo è il giorno che ci ricorda quello che siamo negli altritrecentosessantaquattro.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoWilson si rivestì alla bell'e meglio e si mise a lavorare di lena. Adessoera completamente sveglio. Tutta la sua
stanchezza era stata spazzata via dalla grande decisiva scoperta che avevafatto: si sentiva elettrizzatopieno di energia e
di ottimismo. Fece delle riproduzioni accuratissime di un certo numero di«dati»poi li ingrandì da uno a dieci col
pantografo. Disegnò gli ingrandimenti su fogli di cartoncino biancoriproducendo linea per linea il complesso intrico di
curve e arabeschi che costituivano il «disegno» di un «dato»ericalcandolo con inchiostro nero in modo che risultasse
ben chiaro. A un occhio inesperto quei segni sottilissimilasciati da ditaumane sui vetriniapparivano pressoché
identici; ma ingranditi dieci voltesomigliavano alle nervature di un troncod'albero segato a metàorizzontalmentee
anche l'occhio meno allenato poteva riconoscere con un solo sguardo e a metridi distanza che non ce n'erano due
uguali. Quando alla fine Wilson ebbe terminato il diff¦cile e tediosolavorosistemò i risultati in ordine progressivoin
modo da ottenere una serie completa; poi aggiunse alla serie diversiingrandimenti pantografici che aveva fatto di
quando in quando negli anni passati.
La notte era trascorsa ormaie il giorno avanzava. Il tempo di fare un po'di colazioneed erano le nove:
l'udienza stava per iniziare. Dodici minuti dopo Wilson era al suo posto coni suoi «dati».
Tom Driscoll li sbirciò edando una gomitata all'amico che gli sedevaaccantodisse con una strizzatina
d'occhio: a Lo Svitato ha il bernoccolo per gli affari... Visto che non puòvincere la causaapprofitta dell'occasione per
fare un po' di pubblicità gratis alle sue decorazioni per finestre.» Fucomunicato a Wilson che i suoi testimoni erano in
ritardoe sarebbero arrivati di lì a pocoma lui si alzòe disse cheprobabilmente non avrebbe avuto bisogno della loro
testimonianza. (Un mormorio divertito corse per l'aula: «Una ritirata inpiena regola! Abbandona il campo senza tirare
un colpo!») Wilson continuò: «Ho altre testimonianzee migliori.»(Interesse e mormorio di sorpresa conditi da un
pizzico di disappunto.) «Se do l'impressione di voler cogliere la Corte allasprovvista con queste nuove provedirò a
mia giustificazione che ne ho scoperto l'esistenza soltanto ieri nottee daquel momento fino a mezz'ora fa non ho fatto
che esaminarle e classificarle. Tra poco le produrrò; prima però desiderodire alcune parole preliminari.
«Col beneplacito della Cortemi richiamerò alla tesi principaledell'accusatesi ribadita nel modo più strenuo
direi quasi più aggressivo e provocatorio: l'individuo la cui mano sinistraha lasciato impronte insanguinate
sull'impugnatura del pugnale indianoè colui che ha commesso l'omicidio.»Wilson fece una lunga pausaper dare
maggior rilievo a quello che si accingeva a direpoi aggiunse pacatamente:
«È una tesi che sottoscriviamo.»
La dichiarazione sortì l'effetto di una scarica elettrica. Nessuno sel'aspettava. Un mormorio di stupore si levò
da ogni parte e ci fu persino chi insinuò checausa l'eccessivo lavorol'avvocato aveva perso il senno. Anche il giudice
per quanto abituato ai trabocchetti legali e ai subdoli attacchi dei processipenalinon era certo che le proprie orecchie
non lo avessero ingannatoe chiese al Pubblico Ministero che cosa avessedetto Wilson. Il volto impassibile di Howard
non tradì la minima emozionema il suo atteggiamento e il suo contegnoperdettero un po' dell'abituale sicumera.
Wilson riprese.
«Non solo la sottoscriviamo: la facciamo nostra. Ma accantonando per unattimo tale aspetto della questione
procederemo ora a considerare altri punti di questa causa che ci proponiamodi stabilire a mezzo di prove. Della tesi in
sé riparleremo quando verrà il momento.»
Aveva risolto di tentare alcune congetture azzardatenel trattare la propriateoria dell'origine e del movente del.50
delittocongetture destinate a colmare alcune lacunecongetture chequalora avessero colpito nel segnosarebbero state
utili e che nel caso inverso non avrebbero fatto alcun danno.
«A mio avviso alcune circostanze del caso sottoposto al giudizio di questaCorte sembrano suggerire un
movente del tutto diverso da quello su cui ha insistito l'accusa. È miaconvinzione che il movente non sia stata la
vendettama il furto. Si è insistito sul fatto che la presenza degliaccusati nella stanza fatalesubito dopo aver appreso
che uno di loro doveva sopprimere il giudice Driscoll o perdere la propriavita non appena le due parti si fossero
incontratesta chiaramente a significare che l'innato istinto diconservazione spinse i miei clienti a recarsi segretamente
in quel luogo per salvare la vita del conte Luigi eliminando l'avversario.
«Ma alloraperché rimanere lì una volta compiuto il delitto? La signoraPratt ebbe tutto il tempo - eppure non
aveva udito le grida di aiutovisto che si era svegliata qualche attimo dopo- di correre in quella stanzae lì trovò questi
due uomini ritti in piediche non facevano alcun tentativo per scappare. Sefossero stati colpevoliavrebbero dovuto
precipitarsi fuori della casa e ne avrebbero avuto il tempo mentre leiaccorreva nella stanza. Se il loro spirito di
conservazione era tanto forte da spingerli a uccidere quell'uomo inermedov'era andato a finire orache avrebbe dovuto
essere più che mai sveglio? C'è forse qualcunofra noiche sarebberimasto? Non insultiamo a tal punto la nostra
intelligenza.
«Si è dato enorme rilievo al fatto che l'imputato avesse offerto una fortericompensa per il pugnale col quale è
stato commesso il delitto; che nessun ladro è venuto allo scoperto perreclamare quella straordinaria ricompensa; che
quest'ultima circostanza proverebbe in modo inconfutabile che la denuncia delfurto del pugnale era una finta e un
inganno; che la connessione di tali particolari alle memorabili eapparentemente profetiche parole del defunto riguardo a
quel pugnalee la scoperta finale di quella stessa arma nella stanza fatale(dove presso il cadavere furono trovate solo
due personeil proprietario del coltello e suo fratello) formano una catenaindistruttibile di prove a carico dei due
sventurati forestieri.
«Fra poco chiederò di prestare giuramentoin qualità di testimoneeproverò che anche per il
ladro erastataofferta una forte ricompensa; che l'offerta è stata fatta in segretoe nonresa pubblica; che di ciò venne fatta incauta
menzione - o per lo meno tacita ammissione - in circostanze che sembravanoprive di rischi ma che forse
nonlo erano.Il ladro poteva essere presente di persona.» (Tom Driscollche avevafissato per tutto il tempo l'oratorea questo punto
abbassò gli occhi.) «In questo caso si sarebbe tenuto il pugnalenonosando metterlo in vendita né impegnarlo.» (Molti
fra il pubblicoannuirono col capocome per dire che il colpo eraazzeccato.) «Dimostrerò ai giurati che
c'eraunapersona nella stanza del giudice Driscoll parecchi minuti prima che gliaccusati entrassero.» (Questa dichiarazione fece
scalpore; quei pochi che ancora dormicchiavano si drizzarono di scattopronti ad ascoltare il seguito.) «Se sarà
giudicato necessariodimostreròservendomi della testimonianza dellesignorine Clarksonche esse incontrarono una
persona velata - apparentemente una donna - che usciva dal cancelloposteriore pochi minuti dopo che s'era udito il
grido di aiuto. Ma questa persona non era una donna: era un uomo vestito conabiti femminili.» (Gran fermento
nell'aula. Wilson teneva gli occhi puntati su Tom per vedere l'effettoprodotto dalla sua audace congettura. Restò
soddisfatto del risultato e disse fra sé: «Beneil colpo è andato asegno.»)
«L'obiettivo di quella personain quella casaera il furtononl'omicidio. È vero che la cassaforte non fu
apertama sul tavolo c'era una normale cassetta di metallo contenentetremila dollari. È lecito supporre che il ladro fosse
nascosto in casa; che sapesse dell'esistenza di questa cassettina edell'abitudine del suo proprietario di controllare il
denaro e sistemare i conti la sera (ammesso che avesse quell'abitudinecosachenaturalmentenon posso asserire)che
abbia tentato di prendere la cassetta mentre il proprietario dormivamaabbia fatto rumore e l'abbia svegliato; cheuna
volta sorpresosia stato costretto a usare il pugnale per evitare lacattura; cheinfinesia fuggito senza il bottino
sentendo sopraggiungere gente.
«Questa la mia ricostruzione dei fatti. Passerò ora alle prove che nedimostrano la fondatezza.» Wilson tirò
fuori un certo numero di lastrine. Quando il pubblico riconobbe quelfamiliare memento dei puerili e futili giochetti di
cui lo Svitato si dilettava in passatoi voltiprima tesi e solennisirilassaronoe in tutta l'aula scoppiarono fragorose e
irrefrenabili risate di sollievo. Anche Tom si riprese e si unì all'ilaritàgeneralema Wilsonapparentementenon ne fu
turbato. Sistemò le «schede» davanti a sésulla tavolae disse:
«Oracol permesso della Corteillustrerò brevemente alcune delle proveche mi accingo a produrre; poi
chiederò l'autorizzazione a convalidarle sotto giuramento sul banco deitestimoni. Ogni essere umano porta su di sé
dalla nascita alla tombacerti segni caratteristici che rimangono immutatie per mezzo dei quali può essere sempre
identificato - identificato senza la minima ombra di dubbio. Questi segnisono la sua firmail suo autografo fisiologico
tanto per intendercie questo autografo non può essere contraffatto nénascosto né alteratoné può diventare illeggibile
per il logorio del tempo e i suoi mutamenti. Questa "firma" non èla sua faccia (l'età può alterarla fino a renderla
irriconoscibile); non sono i suoi capelli (perché possono cadere); non è lasua statura (perché altri hanno la stessa
statura); non è il suo aspetto (perché altri possono averne uno identico);noquesta "firma" è unicaesclusiva: non
esistonoin tutta l'immensa popolazione del globoduplicati di sorta!»(Nuovi segni di interesse tra il pubblico.)
«Questo autografo consiste nelle delicate linee o solchi con cui la naturasegna l'interno delle mani e la pianta
dei piedi. Se vi guardate i polpastrelli delle dita - parlo a coloro chehanno una vista buona - osserverete che queste
delicatissime linee curve sono moltomolto vicinecome quelle chenellemappesegnano i confini degli oceanie che
formano alcune figure chiaramente identificabilicome archicircolivolutespirali ecceterae che tali figure
differiscono da dito a dito.» (Ognunoin aulaaveva alzato una mano evolgendola verso la luceosservava
minuziosamente con la testa piegata da un latoi polpastrelli delle dita. Vifurono sommesse esclamazioni: «To'è.51
proprio vero! non me n'ero mai accorto prima!») «Le linee della mano destranon sono uguali a quelle della sinistra.»
(Altre esclamazioni: «To'anche questo è vero!») «Prese dito per ditole vostre linee differiscono da quelle del vostro
vicino.» (Confronti in tutta l'aula: persino il giudice e i giurati eranoassorti in questa curiosa occupazione.) «Le linee
della mano destra di un gemello non sono uguali a quelle della mano sinistra.Le linee della mano di un gemello non
sono mai identiche a quelle dell'altro: i signori giurati osserveranno che lelinee dei polpastrelli degli imputati seguono
questo schema.» (Iniziò subito l'esame delle mani dei gemelli.) «Avretesentito dire spesso di alcuni gemelli che sono
esattamente uguali; gemelli chese vestiti allo stesso modoneppure igenitori riescono a distinguere. E tuttavia non è
mai venuto al mondo un gemello che non portasse su di sédalla nascita allamorteun infallibile segno di
identificazione: questo misterioso e meraviglioso autografo naturale. Per cuinessun gemello che impersoni l'altro potrà
mai ingannarciuna volta che sappiamo questo.»
Wilson s'interruppe e rimase in silenzio. Quando un oratore fa questosicomporta cosìogni disattenzione
sparisce d'incanto. Il silenzio preannunzia che il meglio deve ancora venire.Palme e polpastrelli si abbassaro nocorpi
rilassati si raddrizzaronoe tutte le teste si levaronotutti gli occhis'incollarono sul volto di Wilson. Lui attese ancora
unoduetre minutiper lasciare che la pausa sortisse tutto il suo magicoeffetto. Poiquando nel gran silenzio dell'aula
riuscì a udire il ticchettio del pendolo appeso al muroallungò la mano epreso dalla parte della lama il pugnale indiano
lo tenne sollevato in altoin modo che tutti potessero vedere quellasinistra macchia sull'impugnatura d'avorio; allora
con voce pianaassolutamente neutradisse:
«Su questa impugnatura c'è l'autografo dell'assassinoscritto col sanguedi quel vecchio inerme e innocuo che
vi amava e che voi tutti amavate. C'è un solo uomo in tutto il mondo la cuimano può riprodurre questo segno scarlatto.»
Fece una pausa e alzò gli occhi alla pendola che oscillava avanti eindietro. «E piaccia a Dio che prima che questo
orologio suoni mezzogiorno possiamo darvi quell'uomoin quest'aula!»
Storditifuori di séinconsapevoli di ciò che stavano facendoi presentiscattarono in piedi come se
aspettassero di veder comparire sulla porta l'assassinomentre nell'aula silevava un brusio di esclamazioni soffocate:
«Ordine nell'aula! Seduti!» L'ordine dello sceriffo venne obbeditoe dinuovo regnò il silenzio. Wilson lanciò
un'occhiata a Tom e si disse: «Sta lanciando il suo sosadesso; anchequelli che lo disprezzano hanno compassione di
lui; pensano che sia una dura prova per un giovane che ha perso il suobenefattore in modo così crudele... e hanno
ragione.» Riprese a parlare:
«Per più di vent'anni ho cercato di rallegrare il mio ozio forzatocollezionandoin questa cittàqueste singolari
"firme fisiche". A casa ne ho a centinaia. Ognuna ècontraddistinta da nome e data. L'etichetta la metto sempre
nell'istante stesso in cui prendo le improntesenza far passare un giornoeneppure un'ora. Quando salirò sul banco dei
testimoniripeterò sotto giuramento tutto ciò che vi dico ora. Ho leimpronte digitali dei giudicidello sceriffoe di
ciascun membro della giuria. Forse non c'è una sola personabianca o negrache siapresente in quest'auladi cui io non
possa fornire le improntee non c'è nessunoper quanto camuffatoche ionon riesca a individuare in mezzo a una folla
di suoi similie a identificare infallibilmenteper mezzo delle sue mani. Ese tanto lui che io dovessimo vivere
cent'annianche allora ci riuscirei!» (L'interesse dei presenti si facevasempre più intenso.) «Ho esaminato così a lungo
alcune di queste impronte che le conosco come il cassiere di una bancaconosce la firma del suo più vecchio cliente.
Mentre io ora volto le spalleprego alcuni tra i presenti di passarsi ledita fra i capelli e di premerle contro uno dei vetri
della finestra vicino ai giuratie chiedo che anche agli imputati siapermesso di imprimere le
loro improntevicino allealtre. Chiedo inoltre che questi stessi volenterosie anche altristampinole loro impronte su un altro vetroe di nuovo
che anche gli accusati vi pongano le propriema non nello stesso ordine erapporto rispetto alle altre. Infattidato che in
un caso su un milione può succedere per pura combinazionedi azzeccare leimpronte giustedesidero essere messo due
volte alla prova.»
Voltò la schienae i due vetri si coprirono rapidamente di chiazze ovalisolcate da linee sottilissimevisibili
soltanto contro uno sfondo scuro: il fogliame di un albero all'esternoperesempio. Quando lo chiamaronoWilson si
avvicinò alla finestraesaminò i vetri e disse:
«Questa è la mano destra del conte Luigi; questa quitre impronte piùgiùè la sua sinistra. Ecco la destra del
conte Angeloe quaggiù la sua sinistra. E adesso l'altro vetro: qui e quiquelle di Luigie qui e qui quelle di suo
fratello.» Si voltò: «È giusto?»
Gli rispose un assordante scroscio di applausi. Il presidente disse:
«È una cosa che ha del miracoloso!»
Wilson si volse di nuovo verso la finestra e col dito indicò:
«Questa è l'impronta del giudice Robinson» (applausi). «Questadell'agente Blake» (applausi). «Questadi
John Masonmembro della giuria» (applausi). «Questa dello sceriffo»(applausi). «Le altre non le conoscoma a casa
le ho tutte ben catalogatee potrei identificarle tutte per mezzo del mioschedario.»
Ritornò al suo posto tra un uragano di applausi. Lo sceriffo ristabilìl'ordine e intimò ai presenti di mettersi
seduti; tutti infatti erano in piedi enaturalmentesi spintonavano pervedere meglio. Fino a quel momento la Cortei
giurati e lo sceriffo erano stati troppo presi dalla spettacolosa prestazionedi Wilson per badare al pubblico.
«Dunque» disse Wilson«ho qui gli autografi naturali di due bambiniingranditi col pantografo dieci volte
rispetto agli originali. Chiunque abbia una vista normale riconoscerà allaprima occhiata i segni che le differenziano.
Chiameremo i bambini A e B. Ecco le impronte di Aprese quando aveva cinquemesi. Eccole di nuovoquando ne
aveva sette.» (Tom sussultò.) «Come vedete sono identiche. Ed ecco quelledi B a cinque mesi e a sette. Anche queste
corrispondono perfettamenteanche secome potrete osservarele linee sonodiverse da quelle delle dita di A. Ma ad.52
esse ritorneremo fra poco. Per il momento le volteremo a faccia in giù.»
«E quiingranditi da uno a diecisono invece gli autografi naturali delledue persone che si trovano davanti a
voiaccusate dell'uccisione del giudice Driscoll. Le ho ingrandite io stessola notte scorsae sono pronto a giurarlo sul
banco dei testimoni. Ora prego i giurati di confrontarle con le impronte chegli imputati hanno lasciato sui vetri e di
riferire alla corte se sono le stesse.»
Porse a un membro della giuria una potente lente d'ingrandimento.
Uno dopo l'altro i giurati presero il cartoncino e la lente e misero aconfronto le impronte. Poi il capo della
giuria disse al giudice:
«Vostro Onoresiamo tutti d'accordo che sono identiche.»
Wilson gli disse:
«Per favorecopra il cartoncino e prenda quest'altroe dopo averloesaminato scrupolosamente con la lentelo
metta a confronto con le impronte dell'impugnatura del pugnale e riferiscapoi alla Corte le sue deduzioni.»
Di nuovo i giurati eseguirono un esame minuzioso e di nuovo riferirono:
«Le troviamo perfettamente identicheVostro Onore.»
Wilson si volse al Pubblico Ministero: c'era una chiara nota di monito nellasua vocequando disse:
«Con licenza della Corteil Pubblico Ministero ha dichiaratostrenuamentee con insistenzache le impronte
insanguinate sul manico del pugnale sono le stesse lasciate dall'assassinodel giudice Driscoll. Ci avete udito
sottoscrivere questa tesi e farla nostra.» Si volse ai giurati:«Confrontate le impronte digitali degli imputati con quelle
lasciate dall'assassino e riferite.»
Il confronto ebbe inizio. Via via che esso procedevacessò ogni movimentoogni suono. Nell'aula calò un
silenzio profondogreve di aspettativa; ma quando alla fine fu pronunciatoil responso:
«Non sirassomiglianoneppure
» scoppiò un altroscrosciante applauso e il pubblico scattò in piedisicché fu nuovamentenecessario ristabilirel'ordine. Tom intanto cambiava posizione ogni due minutima senza trovarené requie né sollievo. Quando il pubblico
fu di nuovo attento e silenziosoWilson disse in tono solenneadditando igemelli:
«Questi uomini sono innocenti. Non ho altro da dire in loro difesa.» (Altrotentativo di applausosubito
soffocato.) «Ora procederemo all'identificazione del colpevole.» (Tom avevagli occhi fuori dell'orbita. Sìpensavano
tuttiera un giorno crudele per il povero giovane in lutto.) «Torniamo oraalle impronte di A e B bambini. Prego i
giurati di prendere questi facsimili ingranditi al pantografo delle improntedi Aprese a cinque e sette mesi.
Coincidono?»
Il capo dei giurati rispose: «Perfettamente.»
«Ed ora esaminate queste impronte ingranditeprese a otto mesianch'essecontrassegnate A. Coincidono con
le altre due?»
La risposta inattesa fu:
«No... Sono molto diverse.»
«Avete perfettamente ragione. Ora prendete questi due ingrandimentidell'autografo di Bpresi rispettivamente
a cinque e sette mesi. Coincidono?»
«Sìperfettamente.»
«Prendete questo terzo ingrandimento contrassegnato Botto mesi. Coincidonocon le altre due impronte di
B?»
«Assolutamente no
!»«E sapreste spiegarvi la ragione di questa strana discordanza? Ve la diròio. Per uno scopo a noi ignotoma
probabilmente egoisticoqualcuno ha scambiato nella culla quei duebambini.»
Naturalmente lo scalpore fu grande. Roxana era sbalordita della stupefacentescopertama non turbata. Un
conto era indovinare che c'era stato uno scambioun altro indovinare chi loaveva effettuato. Wilson lo Svitato poteva
fare cose straordinariecertoma non l'impossibile. Fuori pericolo? Sìlei era assolutamente fuori pericolo. Sorrise fra
sé.
«Fra i sette e gli otto mesi quei due bambini furono scambiati nelleculle.» Wilson fece una delle sue pause a
effettoe aggiunse: «E la persona che li ha scambiati è in quest'aula!»
Roxy si sentì gelare il sangue. L'aula fu percorsa da un fremito: tutti sialzarono a metà per veder meglio chi
aveva effettuato lo scambio. Tom si sentiva come paralizzato; gli sembravache la vita lentamente lo abbandonasse.
Wilson riprese:
«A fu messo nella culla di Be lasciato nella
nursery;B fu trasferito in cucinae diventò un negro e unoschiavo.» (Sensazioneconfuse esclamazioni d'ira.) «Ma nel giro d'unquarto d'ora sarà qui fra voibianco e libero.»
(Scroscio d'applausirepressi energicamente dalla Corte.) «Dai sette mesidi vita A è stato un usurpatore e sull'etichetta
delle lastrine porta il nome di B. Ecco l'ingrandimento delle sue impronteall'età di dodici anni. Confrontatele con le
impronte dell'assassino sul manico del pugnale. Coincidono?»
Il capo della giuria rispose:
«Fino nei più piccoli particolari
.»Wilson disse solennemente: «L'assassino del vostro e mio amicoYorkDriscolldi quell'uomo generoso e
gentilesiede in mezzo a voi. Valet-de-Chambrenegro e schiavo -erroneamente chiamato Thomas Becket Driscoll -
imprimi sulla finestra le impronte che ti manderanno sulla forca!»
Tom volse il viso cereoimploranteverso l'oratorecercò invano dischiudere le labbra sbiancate per dir.53
qualcosapoi si afflosciò al suolo. Wilson ruppe il silenzio attonito cheregnava nell'aula:
«Non ce n'è bisogno. Ha confessato.»
Roxy si gettò in ginocchiosi coprì il viso con le manie in mezzo aisinghiozzi le uscirono queste parole:
«Iddio abbia pietà di mepovera misera peccatrice che sono!»
L'orologio suonò le dodici.
La Corte si alzò; il nuovo prigionieroammanettatofu portato via.
EPILOGO
Accade spesso che chi non sa dire bugie se ne ritenga il miglior giudice.
Dal
Calendario di Wilson loSvitato12 ottobre - Scoperta dell'Americ
a.Certoè stato bellissimo trovare l'America; ma perderla sarebbe stato ancorapiùbello.
Dal
Calendario di Wilson loSvitatoLa città rimase in piedi tutta la notte a discutere gli strabiliantiavvenimenti della giornatae tutti facevano
scommesse sulla data d'inizio del processo di Tom. Frotte di cittadiniandarono alla casa di Wilsonintonarono corigli
chiesero un discorsoe si ridussero senza voce a furia di acclamare ognifrase che gli usciva dalle labbraperché ora
tutto quello che Wilson diceva era oro colato. La sua lunga lotta contro lasorte avversa e i pregiudizi era finita; ormai -
e per sempre - era un uomo affermato.
E mentre queste bande di fanatici urlanti gli marciavano davantic'erasempre qualcuno chepreso dai rimorsi
saltava su a dire:
«E questo è l'uomo che gente come noi ha chiamato Svitato per venti anni.Amiciora si è dimesso da quella
carica.»
«Sìma non è rimasta vacante: noi siamo stati eletti a ricoprirla.»
I gemellicompletamente riabilitatierano ormai eroi da romanzo. Mastanchi delle avventure del West
tornarono immediatamente in Europa.
Roxy aveva il cuore spezzato. Il giovane al quale aveva inflitto ventitréanni di schiavitù continuò a passarle
come già il falso eredeuna pensione di trentacinque dollari al mesema leferite di lei erano troppo profonde perché il
denaro potesse rimarginarle. Sparì la vivacità dal suo sguardoe con essail suo portamento marzialee la sua risata.
Solo in chiesa e nelle funzioni religiose trovava un po' di sollievo.
Il vero erede si trovò improvvisamente ricco e liberoma anche in unaposizione estremamente imbarazzante.
Non sapeva né leggere né scriveree parlava solo il dialetto del quartierenegro. Il suo incederei gestiil portamentola
risata erano volgari e rozzi; le sue maniere quelle di uno schiavo. Né ildenaro né i begli abiti potevano ovviare a quei
difettiné nasconderli: se mai li rendevano ancora più appariscenti epatetici. Il povero diavolo non poteva affrontare il
terrore che gli incutevano i salotti dei bianchie si sentiva a suo agio ein pace solo in cucina. Il banco di famigliain
chiesaera un tormento; eppure ormai non poteva più rifugiarsi nella agalleria dei negri»: quella gli era preclusa per
sempre. Ma non possiamo seguire oltre il suo bizzarro destino. Sarebbe unastoria troppo lunga.
Il falso erede confessò e fu condannato al carcere a vita. Ma a questo puntosorse una complicazione. Quando
morì Percy Driscollla situazione del suo patrimonio era così precaria daessere appena sufficiente a saldare il sessanta
per cento dei debitie tanti furono liquidati. Ma adesso saltarono fuori icreditorie si lamentarono di aver subito un
torto e una perdita perchéper un errore di cui
loronon avevano alcuna colpaaquell'epoca il falso erede non era statoinventariato col resto dei beni. A ragione sostenevano che per legge Tom eradi loro proprietà e che lo era stato per otto
anni: ci avevano già rimesso abbastanza per essere stati privati dei suoiservizi durante quel lungo periodo e non era
giusto pretendere che continuassero a rimetterci. Se glielo avesseroconsegnato fin dall'iniziolo avrebbero venduto e lui
non avrebbe potuto uccidere il giudice Driscoll; in realtà non era stato luia commettere il delittola colpa andava
ricercata nell'inventario sbagliato. Tutti si resero conto che c'era delgiusto in quello che dicevano. Tutti ammisero che
se a Tom» fosse stato bianco e libero sarebbe stato indiscutibilmente giustopunirlo (nessuno infatti ci avrebbe rimesso);
ma rinchiudere a vita uno schiavo preziosobe'quella era un'altrafaccenda.
Quando il governatore venne a conoscenza del casograziò immediatamenteTome i creditori lo vendettero a
valle del fiume.