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Herman Melville

Benito Cereno

 

a cura di

Patrizio Sanasi

.BENITOCERENO

Nell'anno 1799 il capitano Amasa Delano di Duxbury nel Massachusettsalcomando di un grosso mercantile

attrezzato anche per la caccia alle focheera all'ancoracon un caricopreziosonella baia di Santa Mariaun'isoletta

deserta e disabitata verso l'estremità meridionale della lunga costa delCile. Aveva fatto scalo per rifornirsi d'acqua.

Il secondo giornopoco dopo l'albamentre era sdraiato nella sua cuccettail primo ufficiale scese a informarlo

che una vela sconosciuta stava entrando nella baia. In quelle acque le navinon erano allora numerose come lo sono

adesso. Il capitano si alzòsi vestì e raggiunse il ponte.

Era un mattino tipico di quella costa. Tutto era silenzioso e calmo; tuttogrigio. Il marepur solcato da lunghi

flutti rigonfipareva immobile ein superficieera liscio come una colatadi piomboraffreddatasi e solidificata nella

forma del fonditore. Il cielo era un manto grigio. Vorticanti stormi diirrequieti uccelli grigisimili alle vorticanti spire

dei vapori grigi ai quali si mescolavanorasentavano le acqueguizzandocome rondini sopra i campi prima del

temporale: ombre presenti adombranti ombre future più dense.

Con sorpresa di capitan Delano la nave sconosciutavista al cannocchialenon mostrava la bandierasebbene

fra i pacifici uomini di mare di ogni nazione fosse costume alzarlanell'entrare in un porto doveper quanto fossero

disabitate le costesi trovasse all'ancora anche una sola nave. In quelluogo solitario e remoto dalle leggiconsiderate le

storie che circolavano allora su quei marila sorpresa di capitan Delanoavrebbe potuto intensificarsi fino a diventare

inquietudinese non fosse stato una persona bonariaparticolarmentefiduciosapoco propensa - se non sotto stimoli

straordinari e ripetuti eanche alloracon riluttanza - a indulgere inallarmismiche in qualche modo portassero ad

accusare l'uomo di malvagità e cattiveria. Se poivisto quello di cui ècapace l'uomoquesto tratto del carattere indichi

oltre alla benevolenza del cuoreuna prontezza e finezza di percezioneintellettuale maggiori dell'ordinarioè decisione

da lasciare ai saggi.

Ma tutti o quasi gli uomini di mare avrebbero tacitato l'apprensione sorta alprimo avvistamento della nave

sconosciutaosservando che questanell'entrare in portorasentava troppodappresso la terra: a prorainfattisi

individuava una scogliera sommersa. Particolare che dimostrava come ilvascello fosse davvero sconosciuto non

soltanto al mercantile cacciatore di fochema anche all'isolae diconseguenza non poteva essere una nave che praticava

la pirateria in quell'oceano. Con non poco interesse capitan Delano rimase adosservarlacosa niente affatto facile tra i

vapori che in parte avvolgevano lo scafoattraversati dalla luce remota delfanale della cabina di poppache filtrava in

modo alquanto ambiguo; così simile ai raggi del sole cheormai giàsemisferico sulla linea dell'orizzontepareva

procedere nella baia di pari passo con la nave sconosciutamentrestriatodalle stesse nuvole basse strisciantinon era

diverso dall'unico occhio sinistro di un'intrigante di Limache sbircia laPlaza dal pertugio indiano della sua ombrosa

saya-y-manto.

Forse la causa era dei vapori ingannevoli maa forza di guardare la navesconosciutasempre più strane

apparivano le sue manovre. Ben presto parve difficile stabilire se intendesseentrare oppure noche cosa volesse o che

cosa si prefiggesse. Il ventoche durante la notte si era un po' rinforzatoadesso era molto lieve e incostante con la

conseguenza che faceva apparire ancora più incerti i movimenti della nave.

Concludendo alla fine che forse si trattava di una nave in difficoltàcapitan Delano diede ordine di calare la

baleniera econtro le accorte obiezioni del primo ufficialesi preparò asalire a bordo almeno per pilotarla in porto.

Nella notte un gruppo di marinai si era allontanato per andare a pescare finoa certi scogli lontaninon visibili dal

mercantilee aveva fatto ritorno un paio d'ore prima dell'alba con un belcarico. Immaginando che la nave sconosciuta

fosse rimasta a lungo in alto mareil buon capitanocaricati sullabaleniera parecchi cesti di pesce da offrire in donosi

avviò. Vedendo che la nave continuava ad avvicinarsi agli scogli sommersieritenendola in pericolosi rivolse ai suoi

uomini per indurli ad affrettarsi ad avvertire quelli a bordo. Maprima ches'avvicinasse la balenierail ventopur lieve

cambiò di direzionespingendo la nave al largo e dissipando i vapori chel'avvolgevano.

Nell'osservarla più da vicinola navechiaramente visibile sulla crestadelle plumbee onde lunghecon

brandelli di nebbia che qui e lì l'avvolgevano come un vello cenciososembrava un bianco monasteroabbarbicato su

qualche fosco picco dei Pireneisubito dopo un temporale. Ma non erasoltanto una fantasiosa somiglianza a indurre per

un attimo capitan Delano a pensare di trovarsi di fronte nientemeno che a uncarico di monaci. Nella nebbiosa distanza

pareva davvero che oltre le murate ci fosse uno stuolo di monaci nerimentrea trattiattraverso i portelli apertisi

intravedeva un brulichio di altre figure neresimili a frati domenicani apasseggio nel chiostro.

Da più vicino l'aspetto mutò e fu evidente la vera natura della nave: unmercantile spagnolo di prima classe

chefra le varie merci di valoretrasportava schiavi negri da un portocoloniale a un altro. Un vascello molto grande e

ai suoi tempimolto bellocome allora se ne incontravano a volte sullerotte principali: navi di Acapulcoun tempo

adibite al trasporto del tesoroma ormai in disusooppure fregate indisarmo della regia flotta spagnola chesimili ad

antichi palazzi italianiconservavanopur nel declino dei padronitraccedell'antico splendore.

A mano a mano che la baleniera si avvicinavasi vide che le causedell'aspetto calcinato della nave sconosciuta

erano la trascuratezza e l'abbandono che la permeavano. I pennonile funigran parte delle mutate parevano irsute per la

scarsa frequentazione della raschiettadel catramedella spazzola. Sembravache la chiglia fosse stata costruitai

costoni saldati e la nave varata nella Valle delle Ossa Aride diEzechiele..Adibita al servizio attualenon pareva che la nave e l'attrezzaturaavessero subito mutamenti sostanziali dal

modello guerriero originale di Froissart. Non si vedevano però cannoni.

Le grandi coffecinte da un reticolato ottagonale - almeno lo era stato untempoma ormai in triste degrado - si

libravano in altosimili a tre uccelliere in sfacelo; in una di queste sivedeva appollaiata su una grisella una rondine

marina biancauno strano e stolido uccellodal carattere letargico esonnambolicoche in mare si riesce spesso a

prendere con le mani. Cadente e ammuffitoil castello di prora parevaun'antica torreche fosse stata presa d'assalto

tanto tempo prima e poi lasciata andare in rovina. Verso poppasu due altebalconatecon le balaustre qui e lì ricoperte

di muschio marino secco e riarsosi apriva la cabina grandedesertacon iportellipur in quel clima mite

ermeticamente chiusi e calafatati - e questi balconi vuoti si affacciavanosull'acqua quasi si trattasse del Canal Grande di

Venezia. Ma la reliquia principale della passata grandezza era l'ampio ovalesimile a uno scudodella decorazione di

poppacon un intricato intaglio raffigurante il vessillo di Castiglia eLeónincorniciato da emblemi mitologici o

simbolici come nei medaglionie fra questi spiccava in mezzo un satiro scuromascheratocon il piede sul collo prono

di una figura contortaanch'essa mascherata.

Se la nave avesse una polena o soltanto un semplice rostro non era certoacausa di un telone avvolto intorno a

quella parteforse per proteggerlamentre veniva riparata oforsepernasconderne pudicamente il degrado. Scritto in

modo rozzo con la vernice o il gessoquasi un ghiribizzo di marinaiosullaparte anteriore di una specie di piedistallo

sotto il telonec'era il motto Seguidvuestro jefe (Seguiteil vostro capo); mentre sulle testate di pruanon lontano

appariva il nome della naveSanDomenicotracciatoin solenni maiuscoleun tempo doratecon le lettere scanalate

dalle stille di ruggine gocciolanti dai chiodi di rame; a ogni funereo rolliodello scafofestoni scuri di alghesimili a

gramaglieoscillavano viscidi sul nome.

Alla finequando la balenieraagganciata a pruafu portata verso ilbarcarizzo a mezza navela chigliaseppur

separata dallo scafo di qualche pollicesfregò ruvidamente come su unascogliera corallina sommersa. Si rivelò essere

un enorme grappolo di crostacei cirripedi che sott'acqua aderivano al fiancocome un porro - segno di venti variabili e

lunghe bonacce trascorse chissà dove in quei mari.

Il visitatoresalendo lungo il fiancofu subito circondato da una calcarumorosa di bianchi e negri - questi

ultimi in numero molto superiore ai primi - più di quanto ci si sarebbeaspettato - pur tenendo conto che la nave

sconosciuta era adibita al trasporto di schiavi. Ma in una sola lingua equasi a una sola voce tutti si profusero in

racconti di comuni sofferenzee le negrepiuttosto numerosesuperarono glialtri con la loro dolorosa veemenza. Lo

scorbuto e la febbre avevano spazzato via un gran numero di lorosoprattuttodi spagnoli. Al largo di Capo Horn

avevano per poco evitato il naufragioquindiper giorni e giornieranorimasti immobilicome in catalessisenza vento;

scarseggiavano le provvistel'acqua era quasi esauritale labbra ormairiarse.

Mentre diventava così il bersaglio di tutte quelle lingue bramose diraccontarecapitan Delanocon sguardo

altrettanto bramoso di saperecolse tutti i volti e ogni altro oggettointorno a sé.

Quando in mare aperto si sale per la prima volta a bordo di una nave grande egremita di gentesoprattutto se

stranieracon un equipaggio disparato come possono essere gli uomini diLascar o di Manilaaccade sempre che

l'impressione differisca in modo singolare da quella provata entrando per laprima volta in una casa sconosciuta con

abitanti sconosciuti in una terra sconosciuta. La casa e la nave - l'una coni suoi muri e le persianel'altra con le sue

murate alte come bastioni - nascondono alla vistafino all'ultimo momentol'internoquasi fosse un tesoro; ma nel caso

della nave c'è questo in più: dischiudendo con brutale schiettezza quantovi è racchiusooffre uno spettacoloche

contrapposto all'oceano vuoto circostanteha l'effetto di un incantesimo. Lanave sembra irreale: quegli strani costumi

quei voltiquei gesti paiono un quadro illusorio emerso dagli abissi chereclameranno subito quanto hanno dato.

Forse una suggestione simile a quella che si è cercato di descrivere diedeforzanella mente di capitan Delano

a elementi che sarebbero sembrati soltanto inconsueti a un esame pacato;specialmente le figure maestose di quattro

vecchi negribrizzolaticon le teste simili alle chiome di salici nericimati per la decrepitezzai qualiin venerabile

contrasto con il sottostante tumultose ne stavano accucciaticome sfingiuno sulla gru di drittauno su quella di

sinistragli altri seduti di frontesulle opposte muratesopra iparasartie di maestra. In mano avevano pezzi di vecchio

cavo sfatto econ una sorta di stoico autocompiacimentone facevano stoppadi cui già avevano vicino un mucchietto.

Accompagnavano il lavoro con una nenia continuabassamonotonaun ronziobiascicatocome tanti zampognari

canutiintenti a suonare una marcia funebre.

Il cassero si alzava in un'ampia poppa elevatadovesul margine anterioreseduticome i quattro stoppaia

circa otto piedi al di sopra della calca comunec'erano in filaaintervalli regolari e a gambe incrociatealtri sei negri.

Avevano tutti in mano un'accetta arrugginita econ un pezzo di mattone e unostracciosi adoperavanocome sguatteri

a strofinarlamentre ogni due di loro c'era una pila di accette con il filorugginoso in avantiin attesa di essere

sottoposte ad analogo trattamento. Sebbene di tanto in tanto i quattrostoppai si rivolgessero con brevi parole a questo o

a quello della calca sottostantei sei lustratori di accette non parlavanomai con nessuno e non fiatavano fra loro

neppure in un sussurro; si limitavano a starsene seduti intenti al lavorosalvo a intervallicon quel caratteristico amore

dei negri di unire l'utile al dilettevolebattere di piattoa due a dueleaccettecome cimbalicon fragore barbarico.

Tutti e seia differenza della maggior parte degli altriavevano l'aspettoselvatico di autentici africani.

Ma quella prima occhiata globale che abbracciò le dieci figure einnumerevoli altre meno imponenti indugiò su

di loro soltanto per un istantementre il visitatoreinsofferente del vocioassordantesi girava intorno alla ricerca del

comandantechiunque fosse..Maquasi non gli dispiacesse lasciare che lanatura parlasse da sola tra gli uomini sofferenti a lui affidatio

forse disperando di poterli contenere per il momentoil capitano spagnoloun gentiluomo dall'aria riservatapiuttosto

giovane agli occhi di chi non lo conoscevavestito in modo singolarmentesontuosoma con i segni recenti di affanni e

travaglinemici del sonnose ne stava passivo in disparteappoggiatoall'albero maestroora lanciando uno sguardo

spento e tetro sulla sua gente irrequietaora un'occhiata infelice alvisitatore. Accanto a lui c'era un negro di bassa

statura; sulla sua faccia rudechecome un cane da pastoredi tanto intanto alzava in silenzio verso quella dello

spagnolosi mescolavano in ugual misura rammarico e affetto.

Facendosi strada fra la calcal'americano avanzò verso lo spagnoloassicurandogli partecipe solidarietà e

offrendogli tutta l'assistenza che poteva. Al che lo spagnolo si limitò arispondere con ringraziamenti gravi e

cerimoniosicon la tradizionale ossequiosità della sua terraresa piùcupa dall'umore saturnino di una salute precaria.

Masenza perdere tempo in fatui complimenticapitan Delanoritornato sullapasserellafece issare il cesto del

pesce esiccome il vento soffiava ancora lievesicché sarebbe trascorsaalmeno qualche ora prima che la nave potesse

essere messa all'ancoraordinò ai suoi uomini di andare a prendere tuttal'acqua che poteva stare sulla lanciatutto il

pane fresco che il dispensiere avevatutte le zucche che restavano a bordouna scatola di zucchero e una dozzina di

bottiglie di sidro della sua scorta privata.

Non molti minuti dopo che la lancia si fa staccatacon sgomento di tutti ilvento cadde completamentee la

marea rifluendo prese a spingere la nave verso il largo. Confidando che nonsarebbe durato a lungocapitan Delano

cercòsperanzosodi rincuorare quegli sconosciutiprovando non pococompiacimento per il fatto checon persone in

quella condizionepoteva conversaregrazie ai frequenti viaggi nel mardelle Antillecorrentemente nella loro lingua.

Rimasto solo con loronon gli ci volle molto tempo per cogliere alcuniparticolari tendenti ad accentuare le sue

prime impressionima la sorpresa naufragava nella pietà per tutti -spagnoli e negri - provati dalla scarsità di acqua e

provvistementre sembrava che le sofferenze protratte avessero messo in lucele peggiori qualità dei negrioltre a

comprometterenello stesso tempol'autorità degli spagnoli. Madate lecircostanzenon c'era da aspettarsi altro.

Nell'esercitonella marinanella cittànella famiglianella naturastessanulla allenta l'ordine quanto la sofferenza.

Eppure capitan Delano non riusciva ad allontanare l'idea chese BenitoCereno fosse stato uomo di maggiore energia

difficilmente l'indisciplina sarebbe arrivata a quel punto. Ma la debolezzadel capitano spagnolo - costituzionale o

indotta dalle avversità fisiche o mentali - era troppo evidente per poterlaignorare. In balia di un abbattimento costante

come sea lungo irriso nella speranzaora non volesse più abbandonarvisineppure quando non si faceva più beffe di

luinon sembrava che gli infondesse coraggio in modo percettibile laprospettiva di mettersi all'ancora in quel giornoo

al più tardiquella seracon acqua abbondante per gli uomini e un capitanoa consigliarlo fraternamente e a mostrarsi

amico. Pareva che la sua mente vagasse smarritase non peggio. Chiuso fraquelle pareti di querciaincatenato a un

monotono giro di comando che lo disgustava con il suo illimitato poteresimuoveva lentamente simile a un abate

ipocondriacofermandosi all'improvvisosussultandosbarrando lo sguardomordendosi il labbromangiandosi le

unghiearrossendoimpallidendotorcendosi la barbamostrando altrisintomi di uno spirito assente e tribolato.

Quell'animo spento albergavacome ho accennato primain un corpoaltrettanto spento. Era piuttosto altoma non dava

l'aria di essere mai stato robustoe oraper la sofferenza nervosaeraridotto quasi a uno scheletro. Sembrava che da

qualche tempo si fosse confermata una tendenza ai disturbi polmonari. La voce- un sussurro raucoun mormorio roco -

era quella di chi ha i polmoni semidivorati. Non sorprende chementre inquello stato si aggirava vacillandolo seguisse

semprein apprensioneil suo servo personale. A volte il negro offriva ilbraccio al padroneoppure gli prendeva di

tasca il fazzolettocompiendo questa premura e altre analoghe con quellasollecitudine affettuosa chetrasformando

gesti di per sé servili in qualcosa di filiale o fraternoha guadagnato alnegro la reputazione di essere il valletto più

piacevole del mondoun valletto che il padrone non è costretto a trattarecon rigore autoritarioma al quale può

rivolgersi con fiduciosa familiarità: non tanto un servo quanto un devotocompagno.

Notando la rumorosa indocilità dei negri in generale e quella che pareva lasvogliata tetraggine dei bianchinon

fu senza intimo compiacimento che capitan Delano costatò l'assiduasollecitudine di Babo.

Ma l'assidua sollecitudine di Babo non sembrava capace di strappare l'ombrosodon Benito dal suo cupo

languore più di quanto ci riuscisse la riottosità degli altri. Non chefosse questa l'impressione che lo spagnolo fece sul

visitatore. L'irrequietezza personale dello spagnolo erain quellasituazionesoltanto un tratto distintivo della generale

sofferenza della nave. Eppure capitan Delano fu non poco angustiato da quelloche gli parve un atteggiamento di ostile

indifferenza da parte di don Benito nei propri confronti. I modi dellospagnolo esprimevano una specie di amarezza

cupa e sdegnosache egli non si affannava a dissimulare. Ma questol'americanonella sua comprensiva bontàlo

attribuì agli effetti opprimenti della malattia: aveva già notato in altricasi comein certi particolari individuila

sofferenza fisica prolungata sembri cancellare ogni impulso sociale allagentilezzaquasi checostretti a mangiare pane

neroconsiderino equo che le persone a loro vicine debbano indirettamenteper offesa o affrontodividere lo stesso

cibo.

Ma ben presto capitan Delano si convinse chese pure era stato indulgentenel giudicare lo spagnoloforse non

aveva esercitato abbastanza la carità. In fondoa dispiacergliera ilriserbo di don Benitoma era un riserbo che

mostrava verso tutti tranne che verso il fedele servo personale. Facevafatica a trovare la pazienza di ascoltaresenza

tradire un'avversione sprezzanteperfino i rapporti formali chesecondo leconsuetudini marinarevenivano fatti a ore

fisse da qualche tirapiedibiancomulattonegro che fosse. In talioccasioni i suoi modi non erano dissimilinel loro

genereda quelli che presumibilmente avrebbe avuto il suo imperialecompatriotaCarlo Vpoco prima del ritiro

anacoretico dal trono..Questa splenetica ripugnanza per il suo gradorisultava evidente in quasi tutte le funzioni che vi attinevano.

Orgoglioso e tormentatonon si degnava di impartire di persona nessunadirettiva. Se c'era bisogno di un ordine

specialedelegato a trasmetterlo era il suo servo chea sua voltaloinoltrava a destinazione tramite corrierisvelti

ragazzi spagnoli o schiavichesimili a paggi o pesci pilotacontinuamentegravitavano a portata di voce intorno a don

Benito. Così nel vedere quell'invalido chiuso e apaticoche scivolavaintorno senza dire parolanessun profanoabituato

alla terrafermasi sarebbe sognato che in lui fosse riposto un potereassolutosopra il qualefinché erano in marenon

esisteva appello terreno.

Lo spagnoloquindiconsiderato il suo riserbosembrava la vittimainvolontaria di un disordine mentale. E se

in realtàil suo riserbo fosse dipesoin certa misurada calcolo? Secosì stavano le coseecco la dimostrazione di

quanto fosse morbosase applicata con eccessoquella politica gelidaseppure coscienziosaadottata più o meno dai

comandanti di tutte le grosse navila qualesalvo in situazioni eccezionalidi pericolocancella ogni manifestazione di

potere e insieme ogni traccia di socievolezzatrasformando l'individuo in unblocco omeglioin un cannone carico che

non ha nulla da dire fino a quando non deve esplodere.

Da tale punto di vista era soltanto il naturale scotto di questa perversaabitudineindotta da una lunga pratica di

dura autodisciplina chemalgrado le condizioni attuali della navelospagnolo insistesse a comportarsi in modo chepur

innocuo o forse opportuno in un bastimento equipaggiato come si devequaleforse era stata la SanDomenico all'inizio

del viaggioormai appariva del tutto dissennato. Machissàforse lospagnolo pensava che per un capitano è come per

un dio: in ogni circostanza il riserbo deve essere il tratto distintivo.Oppure quell'aria di dominio torpido era forse

soltanto il tentativo di mascherare una consapevole inettitudine - non giàsaggia politicabensì fatuo espediente.

Comunque stessero le cosesia che l'atteggiamento di don Benito fossecalcolato sia che non lo fossequanto più

capitan Delano notava il diffuso riserbotanto meno si sentiva a disagiodavanti alle manifestazioni di quello stesso

riserbo nei propri confronti.

Ma i suoi pensieri non erano presi soltanto dal capitano. Abituato all'ordineregolato e tranquillo di quella

rassicurante famiglia che era l'equipaggio sulla sua navela confusionerumorosa della calca sofferente della San

Domenico ripetutamentesfidò il suo sguardo. Si notavano trasgressioni clamorose non soltanto alladisciplinama anche

al decoro. Quelle violazioni capitan Delano non poteva che attribuirleinlinea di massimaalla mancanza di quei

sottufficiali di coperta ai qualisu una nave affollatasono affidatiaccanto a mansioni di maggior prestigiocompiti per

così diredi polizia. Vero: i vecchi stoppai si comportavano a volte con iconnazionali negri come gendarmi attentima

se pur di tanto in tanto riuscivano a comporre risse insignificanti chescoppiavano tra questo e quell'uomopotevano

fare poco o nulla per garantire l'ordine generale. La SanDomenico eranella situazione di un transatlantico di emigranti

con un carico vivente di individuifra i quali ce ne sono alcuniindubbiamente non più rissosi di una balla o un cassone

ma che con le loro amichevoli rimostranze nei confronti dei compagniturbolenti non sono efficaci quanto il pugno di

ferro dell'ufficiale. Quello che mancava alla SanDomenicoeinvece possiede la nave di emigrantierano ufficiali

superiori inflessibili. Ma su quei ponti non si vedeva neppure un quartoufficiale.

Il visitatore si sentiva stuzzicato nella sua curiosità di apprendere iparticolari delle disavventure che avevano

portato a tanto lassismo con le sue conseguenzeperchépur avendo avutoqualche sentore dalle lamentele che lo

avevano accolto fin dal primo istantetuttavia non si era ancora avuta unachiara spiegazione dei fatti. Il resoconto

migliore gli sarebbe stato fornitosenza dubbiodal capitano. Eppuredapprincipioil visitatore era riluttante a chiedere

non volendo mettersi nella condizione di provocare nemmeno un remoto rifiuto.Maracimolando il coraggiosi

avvicinò alla fine a don Benitorinnovando le espressioni della propriasolidale partecipazioneaggiungendo che se lui

(capitan Delano) avesse appena saputo le disavventure della navesarebbestato in grado forse di soccorrerlo meglio.

Don Benito gli concedeva di raccontargli l'intera storia?

Don Benito vacillòpoisimile a un sonnambulo scosso all'improvvisovolsesul visitatore uno sguardo vacuo

per poi abbassarlo sul ponte. Rimase in quell'atteggiamento così a lungo checapitan Delanoquasi altrettanto

sconcertato e involontariamente quasi altrettanto scortesegli girò dibotto le spalle avvicinandosi a uno dei marinai

spagnoli per avere l'informazione desiderata. Ma aveva fatto sì e no cinquepassi quandoravvivandosi con una specie

di solerziadon Benito lo richiamòrammaricandosi per la propriamomentanea distrazione e dichiarandosi pronto ad

accontentarlo.

Durante quasi tutto il racconto i due capitani rimasero in piediall'estremità posteriore del ponte di comandoun

punto privilegiato dove non c'era nessuno tranne il servo.

«Sono ormai centonovanta giorni»prese a dire lo spagnolo con il suo rocosussurro«che questa naveben

equipaggiata di uomini e ufficialicon parecchi passeggeri di cabina - unacinquantina di spagnoli in tutto -salpò da

Buenos Ayres diretta a Lima con a bordo un carico vario - ferramentatè delParaguay e merci analoghe - oltre a»

indicando davanti«un lotto di negriormai non più di centocinquantacome vedetema allora ammontanti a oltre

trecento anime. Al largo di Capo Horn incontrammo violente burrasche. In unattimodi nottepersi tre dei miei

migliori ufficialiquindici marinai e il pennone di maestrache si ruppesotto di loro nei cappi di legaturamentre

cercavanocon delle sbarredi ammainare la vela gelata. Per alleggerire loscafo furono buttati a mare i sacchi più

pesanti di matè con quasi tutti i barili d'acqua fissati sul ponte in quelmomento. E fu quest'ultima esigenzaoltre alle

successive soste prolungatela causa principale della sofferenza.Quando...».

A questo punto ebbe un subitaneo accesso di tosse e un mancamentoprovocatosenza dubbio dagli affanni. Il

servo lo sostenne eprendendo dalla tasca una bottiglia di cordialeglielaportò alle labbra. Si riprese un poco. Ma il

negronon volendo lasciare senza sostegno il padrone non ancora del tuttoripresolo cinse con un braccio tenendo nel.contempo gli occhi fissi sul suovolto quasi a spiare i primi indizi di un completo recupero o di una ricadutaaseconda

di come sarebbero andate le cose.

Lo spagnolo proseguìma in modo oscurocon voce spezzataquasi in sogno.

«Mio Dio! Piuttosto che passare quel che ho passatocon gioia avreisalutato le peggiori tempestema...».

Lo riprese la tosse con maggiore violenza equando l'accesso si fu placatocon labbra arrossate e occhi chiusi

cadde pesantemente sull'uomo che lo reggeva.

«La sua mente farnetica. Ricorda l'epidemia che seguì le burrasche»sospirò lamentoso il domestico. «Povero

povero padrone!»stringendogli una mano e con l'altra pulendogli la bocca.«Abbiate pazienzaseñor»di nuovo rivolto

a Delano«questi attacchi non durano molto; il padrone sarà di nuovo luifra breve».

Don Benito si riprese e proseguìma siccome questa parte della storia venneraccontata con voce rottaqui si

riporterà soltanto la sostanza.

Sulla navesbattuta per giorni e giorni dalle tempeste al largo del Capoera scoppiato - pareva - lo scorbuto

che aveva fatto strage di bianchi e di negri. Quando finalmente eranoriusciti a raggiungere il Pacificopennoni e vele

erano così mal ridotti e manovrati con tanta inadeguatezza dai marinaisopravvissutiormai per lo più ridotti a invalidi

chenell'impossibilità di fare rotta verso nord a causa del vento davveroforte la nave ingovernabileper giorni e notti

consecutiviera stata spinta a nord-ovestdove all'improvviso la brezzal'aveva abbandonata a bonacce soffocanti in

acque sconosciute. La mancanza d'acqua si dimostrò fatale come prima ne erastata minacciosa la presenza. Provocata

o perlomeno aggravatadalla razione d'acqua più che miseraallo scorbutosubentrò una febbre maligna; il protrarsi del

caldo torrido dell'interminabile bonaccia la rese così virulenta da spazzarvia in brevequasi fossero stati travolti da

ondateintere famiglie di africani ein proporzioneun numero ancora piùcospicuo di spagnolicompresiper terribile

fatalitàtutti gli ufficiali a bordo. In seguitosotto i forti ventioccidentalisubentrati infine alla bonacciale velegià

lacerecheall'occorrenzaci si doveva limitare a mollare senza ammainaresi erano a poco a poco ridotte ai brandelli

cenciosi che erano in quel momento. Per rimpiazzare i marinai perduti erifornirsi di acqua e veleil capitanonon

appena se ne era presentata l'occasioneaveva fatto rotta verso Valdiviailpiù meridionale dei porti civilizzati del Cile e

del Sudamerica; maall'approssimarsi alla costail cielo greve gli avevaimpedito di arrivare perfino in vista del porto.

Da alloraquasi priva di equipaggioquasi priva di vele e quasi priva diacquadi tanto in tanto affidando al mare nuovi

mortila SanDomenico erastata sballottata qua e là dai venti contraritrascinata dalle correntiricoperta di alghe nelle

bonacce. Simile a chi si perde nei boschipiù volte era tornata sullapropria scia.

«Ma in tutte queste calamità»continuò roco don Benitovolgendosi consofferenza nel semiabbraccio del

servo«devo ringraziare quei negri davanti ai vostri occhii qualipursembrando forse turbolenti al vostro sguardosi

sono in realtà condotti con meno riottosità di quantoin quellecircostanzenon avrebbe ritenuto possibile lo stesso

proprietario.

A questo puntovenendo menoricadde all'indietro. Di nuovo la sua mente sismarrìmariavendosiriprese in

modo meno oscuro.

«Sìil loro proprietario aveva perfettamente ragione nell'assicurarmi checon i suoi negri non c'era bisogno di

ceppi; cosìsecondo la consuetudine in questi trasportisono semprerimasti in coperta - non cacciati nella stiva come

nelle navi negriere - e fin dall'inizio hanno anche avuto il permesso dimuoversi liberamente entro certi limitia

piacimento».

Ancora una volta si sentì mancare - la mente delirante - mariprendendosiproseguì:

«Ma è a Babo qui che - Dio mi guardi - devo la mia salvezzae non soltantoquella: a lui va anche il maggior

merito di aver placato i suoi fratelli più ignorantiquandoa volteavevano la tentazione di mormorare».

«Ahpadrone»sospirò il negro chinando il viso«non parlate di me.Babo è niente. Babo ha fatto soltanto il

suo dovere».

«Uomo fedele!»esclamò capitan Delano. «Don Benitovi invidio un taleamico; schiavo non posso

chiamarlo».

E mentre padrone e servitore gli stavano davanti - il negro che reggeva ilbianco - capitan Delano non poté non

riflettere sulla bellezza di quel rapporto che offriva un tale spettacolo difedeltà da una parte e di fiducia dall'altra. A

rendere più suggestiva la scenac'era il contrasto degli abiti chedenotavano il rispettivo rango. Lo spagnolo indossava

un'ampia giubba cilena di velluto scurostretti calzoni corti e calzebianchefibbie d'argento al ginocchio e al collo del

piede; un sombrero di paglia fine a calotta alta; una spada sottile montatain argento pendeva da un nodo della fusciacca

- quest'ultima è un accessorio chepiù per utilità che per ornamentoogni gentiluomo sudamericano quasi sempreancor

oggiaggiunge al proprio vestito. Tranne quandodi tanto in tantonon loscompigliavano i gesti nervosamente

contrattic'era nell'abbigliamento del capitano una certa precisione incurioso contrasto con lo sgradevole disordine

intornosoprattutto con lo sporco ghettodavanti all'albero di maestrainteramente occupato dai negri.

Il servo indossava soltanto un paio di larghe brache chea giudicaredall'aspetto ruvido e dalle toppeerano

state ricavate da una vecchia vela di gabbia; erano pulite e trattenute allavita da un pezzo di corda sfatta cheinsieme

alla sua aria composta e a tratti di deprecazionelo faceva somigliare unpo' a un frate mendicante di San Francesco

Per quanto inadatto all'ora e al luogoalmeno agli occhi dell'ottusoamericanoe per quanto stranamente

impeccabile in mezzo a tante afflizionil'abbigliamento di don Benito nonesageravaalmeno nella foggiala moda in

voga fra i sudamericani della sua classe. Sebbene in quel viaggio fossesalpato da Buenos Ayressi era dichiarato nato e

residente in Ciledove gli abitanti non avevano ancora tutti adottato lasemplice giubba e i pantaloni un tempo plebei

ma con adeguate modifiche si attenevano al loro costume provincialequantomal pittoresco. Eppurerispetto.all'esangue resoconto del viaggio e al suostesso volto esanguec'era qualcosa di così incongruo nell'aspetto dello

spagnolo da suggerire l'immagine di un cortigiano malatovacillante per lestrade di Londra durante la peste.

La parte del racconto cheforse più di ogni altrasuscitava interesseoltre che stuporeconsiderando le

latitudini in questioneerano le lunghe bonacce descritte epiù inparticolareil lungo andare a deriva della nave. Senza

naturalmente esprimere il proprio punto di vistal'americano non poteva nonimputare almeno in parte i ritardi a

rozzezza di manovra e a errori di navigazione. Sbirciando le mani piccole egialle di don Benitogli fu facile intuire che

il giovane capitano non era arrivato al comando dall'occhio di cubiamadalla cabina: se le cose stavano cosìperché

sorprendersi della sua incompetenzaquando in lui confluivano giovinezzasalute cagionevolesangue nobile?

Masommergendo la critica in un'ondata di compassionedopo aver rinnovatola propria partecipe solidarietà

capitan Delanosentita tutta la storianon soltanto si impegnòper primacosaa rifornire don Benito e la sua gente di

tutti i generi di prima necessitàma promise anche di aiutarlo a procurarsiuna scorta durevole e cospicua di acquaoltre

a equipaggiarlo di vele e sartiameesebbene la cosa gli ponesse non pochiproblemiavrebbe rinunciato a tre dei suoi

uomini migliori perché agissero temporaneamente come ufficiali di copertain modo che la nave potesse proseguire

senza indugi per Concepción euna volta riallestita completamenteperLimail porto di destinazione.

Tanta generosità non rimase senza effettoperfino sull'invalido. Il voltogli si illuminò; bramoso e febbrile

incontrò lo sguardo schietto del visitatore; la gratitudine sembravasopraffarlo.

«Tanta commozione fa male al mio padrone»sussurrò il servo prendendogliil braccio e con parole

carezzevoli tirandolo delicatamente in disparte.

Quando don Benito fu di ritornol'americano osservò con pena che quel suodischiudersi alla speranzaal pari

dell'improvviso accendersi delle guanceera stato soltanto un barlumefebbrile ed effimero.

Non passò molto chelevando lo sguardo verso il casserocon modi spentiinvitò il visitatore ad

accompagnarlo - per godersi quel po' di brezza che forse spirava.

Poichémentre veniva raccontata la storiacapitan Delano una o due voltesussultato al saltuario clangore di

cimbali prodotto dai lustratori di accettechiedendosi perché mai sidovesse ammettere quell'intrusionesoprattutto in

quella parte della nave ecome se non bastassea portata di orecchi di uninvalido; e siccomeinoltrele accette avevano

un'aria nient'affatto rassicurante e meno ancora coloro che le maneggiavanofua dire il veronon senza una segreta

riluttanza - anzi forse con renitenza - chemostrandosi esteriormentecortesecapitan Delano acconsentì all'invito

dell'ospite. Tanto più checon puntigliosità inopportuna e capricciosaresa angosciosa dall'aspetto cadavericodon

Benitocon inchini castiglianiinsistette perché il visitatore loprecedesse sulla scaletta che conduceva in alto doveai

lati dell'ultimo gradinosedevanoa mo' di colonne araldiche e sentinelledue di quella sinistra schiera. Assai cauto

passò in mezzo il buon capitan Delano enell'istante di lasciarli dietro asésentìcome chi debba passar sotto le forche

caudineuno spasmo di paura contrargli i polpacci.

Ma quandogiratosivide l'intera fila degli uominicome tanti suonatori diorganettostupidamente intenti al

lavoroimmemori di tutto il restonon poté che sorridere del propriopanico e del nervosismo ormai passati.

Poco dopomentre se ne stava con il suo anfitrionefu colpitoosservando iponti sottostantida uno di quegli

episodi di insubordinazione cui si è accennato in precedenza. Tre ragazzinegri e due spagnoliseduti insieme sui

boccaportierano intenti a raschiare un rozzo piatto di legnousato pocoprima per cucinarvi uno scarso rancio.

All'improvviso uno dei ragazzi negriinfuriatosi a una parola sfuggita a unodei compagni bianchiafferrò un coltello e

pur consigliato di lasciar perdere da uno degli sfilacciatori di stoppacolpì il ragazzo in testainfliggendogli uno

squarcio che prese a sanguinare.

Sbalorditocapitan Delano volle sapere di che si trattasse. Ma il pallidodon Benito borbottò fiocamente che era

soltanto un gioco dei ragazzi.

«Un gioco piuttosto serioa dir la verità»fu il commento di capitanDelano. «Se una cosa simile succedesse a

bordo della Deliziadello scapoloci sarebbe una punizione immediata».

A queste parole lo spagnolo volse sull'americano uno di quei suoi sguardiimprovvisifissiquasi folli; quindi

ricadendo nel suo torporerispose: «Non c'è dubbioseñornon c'èdubbio». «Che questo disgraziato»pensò capitan

Delano«sia uno di quei capitani fantocci - e ne ho conosciuti - cheammiccano per diplomazia a quanto non sanno

reprimere con l'autorità? Non conosco spettacolo più triste di uncomandante che del comando abbia soltanto il nome».

«A mio pareredon Benito»disse ora con un'occhiata allo stoppaio cheaveva cercato di interporsi tra i

ragazzi«vi converrebbe tenere occupati tutti i vostri negrisoprattutto ipiù giovanisenza preoccuparvi che si tratti di

lavori inutili o di quello che può succedere alla nave. Sìperfino con ilmio piccolo carico di uomini trovo che sia una

misura indispensabile. Una volta ho tenuto un intero equipaggio sul cassero aintrecciare paglietti per la mia cabinae da

tre giorni ormai lasciavo andare la nave - pagliettiuominitutto -incontro al suo destino per una violenta burrasca

davanti alla quale non ci restava che fuggire disorientati».

«Sicurosicuro»borbottò don Benito.

«Ma»continuò capitan Delano con un'altra occhiata agli stoppai e ailustratori di accette lì accanto«vedo che

tenete occupati almeno alcuni dei vostri ospiti».

«Sì»fu ancora la risposta vacua.

«Quei vecchi laggiù che scuotono il testone dal pulpito»proseguìcapitan Delano indicando gli stoppai

«hanno l'aria di recitare nei confronti degli altri la parte del vecchioprecettoree sì che i loro ammonimenti sono poco

ascoltati. È una iniziativa lorooppure siete stato voi a nominarli pastoridel vostro gregge di pecore nere?».«I posti che occupano li ho assegnati io»rispose lo spagnolo con acredinequasi risentendosi di una presunta

vena satirica.

«E questi altriquesti stregoni ashanti qui»continuò capitan Delanoadocchiando con un certo disagio le lame

brandite dai lustratoriormai lucenti in alcuni punti. «Curioso mestierequello che fannoehdon Benito?»

«Nelle burrasche incontrate»rispose lo spagnolo«quella parte delcarico che non abbiamo buttato a mare è

stata molto danneggiata dal salmastro. Da quando il tempo si è calmatoognigiorno faccio portare su parecchie casse di

coltelli e accette per ispezionarle e pulirle».

«Una misura prudentedon Benito. Siete comproprietario della nave e delcaricoma non degli schiavi

credo?»

«Sono il proprietario di tutto quello che vedete»ribatté con impazienzadon Benito«tranne il grosso dei negri

che erano proprietà del mio defunto amico Alexandro Aranda».

Nel dire questo nomeprese un'aria affrantale ginocchia gli tremarono; ilservo lo sostenne.

Pensando di intuire la causa di quella commozione così insolitacapitanDelanoper confermare la propria

supposizionedopo una pausadisse: «E posso chiedervidon Benito - vistoche un attimo fa avete parlato di alcuni

passeggeri di cabina - se l'amicola cui perdita tanto vi addolorasi eraimbarcato con i suoi negri?»

«Sì».

«Ma è morto di febbre?»

«Morto di febbre. Oh se solo...».

Con un altro tremito lo spagnolo tacque.

«Perdonate»disse capitan Delano sommessamente«ma pensodon Benitodipoter intuireper aver avuto

un'esperienza affinequello che rende più acerbo il vostro dolore. Mi ècapitata una volta la disgrazia di perdere in mare

un caro amicomio fratelloimbarcato come commissario di bordo. Certo dellasalvezza della sua animaquella perdita

avrei potuta sopportarla da uomoma quello sguardo onesto che tante volteaveva incontrato il mioquella mano onesta

che tante volte aveva stretto la miaquel cuore generosotuttotuttodoverlo buttare ai pescicanicome si buttano gli

avanzi ai cani! Fu allora che feci voto di non avere mai quale compagno diviaggio un uomo che amavosea sua

insaputanon avevo prima provveduto a tutto quanto serve per imbalsamareincaso di fatalitàle sue spoglie mortali e

seppellirle nella terra. Se il corpo del vostro amico fosse a bordo di questanavedon Benitonon vi addolorerebbe così

inusitatamente il pronunciare il suo nome».

«A bordo di questa nave?»fece eco lo spagnolo. Quindi con gestiinorriditiquasi si rivolgesse a uno spettro

cadde privo di conoscenza nelle braccia pronte del domestico checon tacitoappello a capitan Delanoparve implorano

di non toccare più un argomento così indicibilmente doloroso per il suopadrone.

«Questo poveraccio»pensò l'americano afflitto«è vittima di quellatriste superstizione che associa gli spiriti

al corpo rimasto senza sepolturacome si associano i fantasmi alle caseabbandonate. Quanto siamo diversi! Quello che

per mein un caso similesarebbe stato un solenne confortoterrorizzasoltanto ad accennarnelo spagnolo al punto da

farlo svenire. Povero Alexandro Aranda! Cosa diresti se potessi vedere il tuoamico in preda al terrore al solo pensiero

di averti in qualche modo accantolui chenei viaggi precedentiquando tuper mesi rimanevi a casachissà quanto avrà

desiderato guardarti anche solo per un attimo».

In quel momento con un funereocupo rintoccoche tradiva una crepalacampana del castello di prua

percossa da uno dei canuti stoppaiannunciònella plumbea bonaccialedieci: ed ecco che l'attenzione di capitan

Delano fu attratta dalla figura di un gigantesco negro cheemergendo dallamassa informe sottostanteavanzava adagio

verso il casseretto. Intorno al collo aveva un collare di ferro dal qualependeva una catena che gli cingeva il corpo in tre

giri: alle estremità gli anelli erano agganciati insieme con un lucchetto auna larga fascia di ferro che gli faceva da

cintura.

«Si muove che pare un muto Atufal»mormorò il servitore.

Il negro salì i gradini del cassero esimile a un intrepido prigionierocondotto ad ascoltare la sentenzasi fermò

muto e altero davanti a don Benitoripresosi dal deliquio.

Accorgendosi che si avvicinavadon Benito era trasalitoun'ombra risentitagli aveva velato il volto ecome

all'improvviso ricordo di una rabbia vanale labbra si erano incollateinsieme.

«Ecco un ammutinato cocciuto»pensò capitan Delanoscrutandonon senzaun misto di ammirazionela

forma colossale del negro.

«Vedeteaspetta la vostra domandapadrone»disse il servo.

A questo richiamo don Benitodistogliendo nervosamente lo sguardo quasi adevitarein anticipouna risposta

ribellecosì parlò con voce sgomenta:

«Atufalmi chiederai perdono adesso?»

Il negro rimase in silenzio.

«Di nuovopadrone»mormorò il servo con un'occhiata di amaro rimproveroverso il compatriota. «Di nuovo

padrone; finirà con il piegarsi al padrone».

«Rispondi»disse don Benitosempre distogliendo lo sguardo«di' solouna parolaperdonoe le catene ti

saranno tolte»

A questo punto il negro sollevò lentamente le braccia per lasciarle ricadereinerticon i ceppi che tintinnavano

e la testa chinaquasi a significare: «Nosono contento così».

«Vattene»disse don Benito con emozione intima e misteriosa..Lentamentecome era venutoil negro obbedì.

«Scusatemidon Benito»disse capitan Delano«questa scena mi sorprende:che cosa significa per favore?»

«Significa che quel negrosolo fra tuttimi recò particolare offesa. L'homesso in ceppiio... »

Si interruppela mano sulla testa come se ondeggiasse o fosse stato colto daun improvviso vuoto di memoria

maincontrando lo sguardo mite del servoparve rassicurato e riprese:

«Non potevo far frustare una figura così. Ma gli dissi che doveva chiedermiperdono. Finora non l'ha fatto. Per

mio ordine ogni due ore si presenta davanti a me».

«Da quanto tempo va avanti?»

«Circa sessanta giorni».

«E in tutto il resto è ubbidiente? Rispettoso?»

«Sì».

«In coscienzaallora»esclamò capitan Delano di slancio«ha l'animo diun request'uomo».

«Forse gli spetta»rispose con amarezza don Benito. «Nella sua terra eraredice».

«Sì»confermò il servo intromettendosi. «Quelle fessure nelle orecchiedi Atufal portavano un tempo cunei

d'oroma il povero Babo quinella sua terraera soltanto uno schiavo;schiavo di un negro era Baboe adesso lo è di un

bianco».

Un po' seccato da quella familiaritàcapitan Delano si volse con curiositàal servoquindi diede un'occhiata

interrogativa al padronemaquasi ci fosse una lunga consuetudine alleforme confidenzialiné padrone né servo

parvero capirlo.

«Vi pregodon Benitoqual è stata l'offesa di Atufal?»chiese Delano.«Se non si è trattato di cosa grave

seguite il consiglio di uno sciocco etenuto conto che è un uomosostanzialmente docilerimettetegli la punizione

anche per il naturale rispetto dovuto al suo animo».

«Nonoil padrone non farà mai così»mormorò a questo punto il servo.«L'orgoglioso Atufal deve prima

chiedere perdono al padrone. Lo schiavo lì porta la catenama il padronequi porta la chiave».

Richiamata in tal modo la sua attenzionecapitan Delano notò allora per laprima volta cheattaccata a una

sottile cordicella di setadal collo di don Benito pendeva una chiave.Intuendone subito lo scopo dalle sillabe

mormorate dal servosorrise e disse: «Alloradon Benito - catena e chiave-simboli significativisul serio».

Mordendosi il labbrodon Benito vacillò.

Capitan Delanoun uomo incapace di ironia e sarcasmo tanto era candido ditemperamentoaveva lasciato

cadere l'osservazione per alludere in tono scherzoso all'autorità espressain quel modo così singolarema l'ipocondriaco

parve prenderla per una insinuazione malevola sull'incapacità da luidimostrata fino a quel momento di spezzare

almeno in termini verbalila determinazione agguerrita dello schiavo.Deplorando il presunto fraintendimento e

disperando di poterlo rettificarecapitan Delano passò ad altroma davantia un interlocutore più ritroso che maiquasi

stesse ancora con acrimonia digerendo la feccia del presunto affronto sopraaccennatocapitan Delano dopo un po' si

fece anche lui meno loquaceoppressosenza volerlodal segreto astio -tale lo si sarebbe detto - di quello spagnolo

morbosamente suscettibile. Mada bravo marinaio com'eracon indole affattodiversasi astenne dal canto suo sia dal

mostrare rancoresia dal provarlo ese rimase in silenziofu perché sisentì contagiato.

Poco dopocon una certa scortesiaassistito dal suo servolo spagnolo siportò sull'altro lato del ponteun

gesto che a lume di buon senso sarebbe potuto passare per un ozioso capricciodel malumorese padrone e servo

indugiando dietro l'angolo dell'alto osteriggionon avessero cominciato aconfabulare a bassa voce. Era sgradevole. E

non basta: l'aspetto bizzoso dello spagnoloche a tratti non era apparsoprivo di una certa solennità ipocondriacasi

mostrava ora tutt'altro che dignitosomentre la familiarità servile deldomestico aveva perduto il suo incanto originale di

sincero attaccamento.

Nel suo imbarazzo il visitatore si volse a guardare l'altro lato della nave.Ciò facendoi suoi occhi colsero per

caso un giovane marinaio spagnolo checon una duglia di cavo in manoeraappena salito dal ponte sulla prima rampa

delle sartie di mezzana. Forse l'uomo non si sarebbe fatto notare sesalendoverso uno dei pennoninon avesse tenuto

gli occhi fissi su capitan Delano con una certa insistenza per spostarlopoco dopoquasi in successione naturalesui due

intenti a bisbigliare.

Mentre la sua attenzione era così ricondotta su quel latocapitan Delanotrasalì lievemente. Proprio allora

qualcosa nell'atteggiamento di don Benito gli suggerì di esserealmeno inpartel'argomento del conciliabolo ancora in

corsocongettura poco gradevole per il visitatore e altrettanto pocolusinghiera per l'ospite.

Il singolare alternarsi di garbo e villania nel capitano spagnolo erainspiegabilesalvo ricorrere all'unica

alternativa possibile: innocente pazzia o perfida impostura.

Ma la prima ipotesiche forse si sarebbe presentata in modo naturale a unosservatore indifferente esotto certi

aspettinon del tutto estranea fino a quel momento neppure alla mente diDelano cheper quanto in forma embrionale

cominciava a giudicare il comportamento dello sconosciuto un intenzionaleaffrontola prima ipotesi - era ovvio -

veniva virtualmente scartata. Mase non era pazzoche cos'era allora? Inquelle circostanzequale gentiluomoanzi

quale onesto bifolcosi sarebbe comportato come si comportava il suo ospite?Quell'uomo era un impostore. Un

avventuriero di umili natali che si mascherava da grande signore dell'oceanoeppure così ignorante dei principi basilari

della pura e semplice cortesia da tradirsi con quel sorprendente sgarbo.Anche la singolare cerimoniosità dimostrata in

altri momenti pareva tipica di chi recita una parte al di sopra del propriolivello. Benito Cereno - don Benito Cereno - un

nome altisonante. Un cognomeinoltreallora non sconosciuto ai commissaridi bordo e ai capitani che operavano nel.mare delle Antilleperché appartenevaa una famiglia mercantile fra le più intraprendenti e ramificate di quelleregioni

con parecchi membri titolati; una specie di dinastia Rothschild castiglianacon un fratello nobile o un cugino in ogni

grande porto commerciale del Sudamerica. Il sedicente don Benito era nellaprima virilitàventinove o trent'anni.

Assumere il ruolo del cadetto vagabondo negli affari marittimi di una talecasata: quale piano più invitante per un

giovane briccone intraprendente e audace? Ma lo spagnolo era un invalidoesangue. Non importa. Era cosa nota che la

scaltrezza di certi furfanti arrivava a simulare una malattia mortale.Pensare che sotto quell'aria di debolezza infantile

forse si acquattavano energie selvaggeche i velluti dello spagnolo forseerano soltanto la serica guaina delle sue zanne!

Nessun filo logico legava queste fantasie; non scaturivano da dentromavenivano da fuorirepentine per

giuntaaddensandosi come il biancore della brinaper dileguarsi non appenaarrivava al culmine il sole mite della buona

indole di capitan Delano.

Lanciando un'altra occhiata all'ospite - in quel momento il volto di profilosopra l'osteriggioera rivolto verso

di lui - fu colpito dalla linea pura dei trattiraffinati dalla magrezzaconseguente alla malattia e nobilitati intorno al

mento dalla barba. Al bando i sospetti. Era il rampollo autentico di unautentico hidalgoCereno.

Rincuorato da questi e altri pensieri miglioriil visitatorecanticchiandoa cuor leggero un motivettoprese a

questo punto a passeggiare con indifferenza sul casseroin modo da non farcapire a don Benito di averlo sospettato di

inciviltà e ancor meno di doppiezza: il suo sospetto infatti si sarebbedimostrato illusorio alla luce dei fattisebbene

rimanessero tuttora inspiegate le circostanze che avevano provocato quelladiffidenza Mapensò capitan Delanouna

volta chiarito quel piccolo misteroforse si sarebbe rammaricato amaramenteper aver fatto intendere a don Benito a

quali ingenerose congetture si fosse abbandonato. In breveper il momentoera meglio sospendere il giudizio.

Poco dopolo spagnolo - il volto pallidocontratto e incupito -sempresorretto dal domesticosi mosse verso il

suo ospiteed ecco checon un imbarazzo ancora più accentuato del solito econ una strana intonazione inquietante nel

roco sussurroavviò la seguente conversazione:

«Señormi è lecito chiedervi da quanto tempo siete all'ancora inquest'isola?»

«Ohsoltanto uno o due giornidon Benito».

«E qual è l'ultimo porto che avete toccato?»

«Canton».

«E lìseñoravete scambiato le vostre pelli di foca con tè e seta:così avete dettomi pare».

«Sìcon seta soprattutto».

«E il saldo l'avete avuto in denaro forse?».

Capitan Delano rispose un po' a disagio:

«Sìin argentonon molto però».

«Ahbene! Mi consentite di chiedervi quanti uomini aveteseñor?».

Trasalendo lievementecapitan Delano rispose:

«Circa venticinque in tutto».

«E in questo momento sono tutti a bordoimmaginoseñor?»

«Tutti a bordodon Benito»rispose il capitano ora con soddisfazione.

«E ci saranno questa notteseñor?».

A questa domandaultima dopo tante altre così insistenticapitan Delanonon potéin coscienzanon fissare

con aria seria l'esaminatore cheinvece di incontrare il suo sguardoabbassò gli occhi sul ponte mostrando tutti i segni

di un disagio codardoin indegno contrasto con il servoil qualeproprioin quel momento inginocchiato ai suoi piedi

per aggiustargli una fibbia allentatacon umile curiosità levava il voltodisimpegnato in quel frattempoverso quello

chino del padrone.

Lo spagnolocon un altro gesto scomposto di colpevolezzaripeté ladomanda:

«E... e ci saranno questa notteseñor?»

«Sìper quanto ne so»rispose capitan Delano«cioèno»costringendosi a dire l'impavida verità«alcuni

parlavano di andare di nuovo a pescare verso mezzanotte».

«Le vostre navi viaggiano generalmente... viaggiano più o meno armatecredoseñor?»

«Ohalcuni pezzi da sei in caso di pericolo»fu la risposta detta conintrepida indifferenza«più una piccola

scorta di moschettiarpioni per la pesca alla focasciabolesapete».

Nel risponderecapitan Delano lanciò un'altra occhiata a don Benitomaquesti aveva distolto lo sguardo.

Cambiando discorso con brusca goffagginefece qualche bizzosoimpermalitoaccenno alla bonacciaquindisenza

chiedere scusasi ritirò di nuovo con il suo servo verso la murata difronte dove ripresero a bisbigliare.

In quel momentoe prima che capitan Delano potesse considerare con freddezzaquanto era appena accadutosi

vide il marinaio spagnolo prima citato scendere dalle sartie. Nell'atto dipiegarsi per saltare a bordo sul pontela sua

casacca o camicia di lana grezzamacchiata di catramevoluminosa e nontrattenutasi apri sul petto fino alla cintola

rivelando un indumento lurido di lino finissimoa quanto parevaorlatointorno al colloda un nastrino azzurro

penosamente stinto e consunto. In quel momento gli occhi del giovane marinaioerano di nuovo puntati sui due che

confabulavanoe capitan Delano pensò di cogliere in quello sguardo unmessaggio furtivocome se in quell'istante si

fossero scambiati segni taciti da framassoneria.

Questo lo indusse a guardare ancora una volta in direzione di don Benito ecome primanon poté fare a meno

di congetturare di essere lui stesso l'argomento di quel parlottio. Sifermò. Gli giunse il suono delle accette che venivano

lustrate. Volse sui due una rapida occhiata di sbieco. Avevano l'aria dicospiratori. L'interrogatorio subìto e l'incidente.del giovane marinaioriattizzarono sospetti involontari chenella sua particolare schiettezzal'americano non riuscì a

tollerare. Dandosi un'aria allegra e argutaattraversò velocemente il pontee disse: «Ahdon Benitoil vostro negro qui

gode di molta fiduciapare; quasi un consigliere privatoin realtà».

A queste parole il servo alzò lo sguardo sogghignando benevoloma ilpadrone trasalì quasi fosse stato morso

da una serpe velenosa. Passarono alcuni istanti prima che lo spagnolo siriprendesse per replicareil che fece alla fine

con gelido sussiego: «Sìseñorho piena fiducia in Babo».

A questo punto Babomutando il precedente sogghigno di festosità animale inun sorriso intelligenteguardò il

padrone non senza gratitudine.

Vedendo che lo spagnolo ora se ne stava in silenzio e in atteggiamento diriserboquasi a voler far capire

involontariamente o di proposito che la vicinanza del visitatore in quelmomento era inopportunacapitan Delanonon

volendo apparire scortese alla scortesia personificatadopo qualche banaleosservazione si allontanòrimuginando sul

comportamento misterioso di don Benito Cereno.

Era sceso dal cassero eassorto nei propri pensieristava passando vicino aun buio boccaporto che conduceva

giù nelle stivequandoavvertendo un movimento lìvolle vedere di che sitrattasse. In quello stesso istante ci fu un

bagliore nell'oscurità e colse uno dei marinai spagnolicheaggirandosifurtivo laggiùportava rapido la mano al petto

della giubba quasi a nascondere qualcosa. Ma l'uomo scivolò via dileguandosiprima di poter sapere chi stesse

passando. A capitan Delanotuttaviabastò quell'attimo per essere sicuroche fosse lo stesso marinaio giovane notato

prima sulle sartie.

«Che cosa ha prodotto quel bagliore?»pensò. «Non una lampadanon unfiammiferoneppure una brace.

Forse un gioiello? Marinai con gioielli: possibile? E con biancheria orlatadi seta? Che abbia trovato i bauli dei

passeggeri di cabina morti? Main tal casonon avrebbe indossato glioggetti rubati a bordo della nave. Ahah - se

invece quel che ho visto passando fosse davvero un segnale segreto fra questoindividuo sospetto e il suo capitano; sea

disagio come sonofossi certo che i miei sensi non mi hanno ingannatoallora...».

A questo puntopassando da un sospetto all'altroprese ad almanaccare sullestrane domande che gli erano

state poste riguardanti la sua nave.

Per curiosa coincidenzamentre ci rimuginava sopra ricordandole a una a unai neri stregoni ashanti

cominciarono a battere con le loro accettequasi a commentare con rintocchilugubri i pensieri di quello straniero

bianco. Incalzato da tali enigmi e portentisarebbe stato quasi contronaturase perfino nel più fiducioso dei cuori non si

fosse insinuato un brutto presentimento.

Osservando la naveormai irrimediabilmente in balia della correntecon levele incantatetrascinata al largo

con crescente velocitàe notando che la propria era nascosta da unasporgenza di terra da poco interpostasil'intrepido

marinaio prese a tremare davanti a pensieri che a stento osava confessare ase stesso. Soprattutto cominciava a sentire

un terrore panico di don Benito. Eppurequando si scuotevadilatava ilpettosi sentiva forte sulle gambe e considerava

il tutto con freddezza - a che cosa si riducevano tutti quei fantasmi?

Se lo spagnolo aveva in mente qualche disegno sinistronon doveva riferirsitanto a lui (capitan Delano)

quanto da sua nave (Deliziadello scapolo). Ilfatto quindi che le correnti allontanassero una nave dall'altrainvece di

favorire il disegnoper il momento almeno lo ostacolava. Evidentemente unsospettofatto di elementi così

contraddittorinon poteva non essere fallace. Non era inoltre assurdopensare che un vascello in difficoltà - un vascello

rimasto quasi privo di equipaggio a causa della malattiaun vascello conuomini riarsi dalla sete - non era mille volte

assurdo pensare che una tale imbarcazione fosse una nave piratao che ilcomandante non accarezzasseper se stesso o

per i suoi sottopostil'unico desiderio di trovare pronto sollievo eristoro? Ma allora non poteva darsi che fossero

simulate quella desolazione in generale e la sete in particolare? E nonpoteva darsi che quello stesso equipaggio

spagnolodichiarato perdutosalvo pochi superstitifosse proprio in quelmomento nascosto al completo nella stiva?

Con il pietoso pretesto di supplicare un bicchiere di acqua frescademoni informa umanapenetrati in dimore solitarie

se ne erano andati soltanto dopo aver commesso qualche oscuro delitto. E frai pirati della Malesia non era inconsueto

attirare le navi sulla propria scia fino a porti infidio in alto mareadescare all'assalto navi dichiaratamente nemiche

mostrando i ponti quasi del tutto desertisotto i quali si acquattavanoavide di predacento lance con braccia gialle

pronte a scagliarle attraverso le stuoie. Non che capitan Delano avessesempre prestato fede a tutti quei racconti. Ma li

aveva sentiti - ed orastorie com'eranogli tornavano in mente. Per ilmomento la destinazione della nave era

l'ancoraggio. Così sarebbe stata accanto alla sua. Nel trovarsi vicinala SanDomenico nonavrebbe potutosimile a un

vulcano assopitoscatenare all'improvviso energie ora nascoste?

Ripensò ai modi dello spagnolomentre raccontava la sua storia. C'era nelsuo contegno un'aria di lugubre

esitazionedi sotterfugio. Sembrava proprio chi dipana una nona inventandolaa mano a mano che va avantiper scopi

malvagi. Ma se non era vero nientequal era la verità? Che la nave fosseillegalmente caduta nelle mani dello spagnolo?

Main molti particolari del raccontosoprattutto per quanto riguardava gliaspetti più disastrosicome la morte di tanti

marinaiil lungo andare alla deriva che ne era seguitole passatesofferenze dovute alle bonacce ostinateil perdurare

della tortura della setein tutti questi punti e altri ancora la storia didon Benito era stata corroborata non soltanto dai

gemiti e lamenti di quell'accozzaglia di bianchi e nerima anche - e questosembrava impossibile da simulare -

dall'espressione di quei volti e dal gioco di quei trattilì sotto gliocchi di capitan Delano. Se il racconto di don Benito

era un'invenzione da cima a fondoallora ogni anima a bordofino alla piùgiovane negrettaera una complice scaltrita

nel complotto: conclusione incredibile. Eppurese c'era motivo per metterein dubbio la veridicitàla deduzione era

legittima..Le domande dello spagnolo: lì davvero c'era di che arzigogolare.Non sembravano poste con lo stesso intento

dello scassinatore o dell'assassino che ispeziona durante il giorno i muri diuna casa? Ma se le intenzioni erano

malvagieche strana procedura era quella di sollecitare tali informazioni inmodo aperto proprio dalla persona più

esposta al pericolo e cosìdi conseguenzametterla in guardia? Assurdoallora supporre che le domande fossero state

suggerite da un disegno malvagio Così quello stesso comportamento chenelcaso in questione aveva suscitato allarme

serviva a dissiparlo. In breve non c'erano un solo sospettoun solo timoreper quanto in apparenza ragionevoli al

momentoche non si potessero tacitare in modo altrettanto ragionevole inapparenza.

Prese allora a ridere dei passati presentimentiridere della strana nave checon il suo aspetto li avevaper così

direin qualche modo assecondatia ridere anche di quei negri bizzarrisoprattutto di quei vecchi arrotini ashanti e di

quegli stoppai che parevano vecchie inchiodate a lettosempre a sferruzzaree quasi quasi anche del tenebroso

spagnololo spauracchio in mezzo a tutto.

Per il restoquello che pareva enigmaticose preso sul seriosi chiarivasubito bonariamentepensando che

l'invalidoper lo piùnon aveva un intento definitoné quando sichiudeva scontroso nel suo malumorené quando

poneva oziose domande senza capo né coda. Evidentementeal momentol'uomonon era in condizioni di avere la

responsabilità di una nave. Togliendogli il comando con un pretestobenevolocapitan Delano avrebbe comunque

dovuto portarla a Concepción affidandola al suo secondouna degna persona eun buon navigatore - un piano

conveniente alla SanDomenico e adon Benito perchésollevato da ogni ansiastandosene in cabinal'infermoaccudito

bene dal servoavrebbe probabilmente recuperato la salutealmeno in parteprima della fine del viaggioe forse

avrebbe anche ripreso il comando.

Tali erano i pensieri dell'americano. Pensieri tranquillizzanti. C'era uncontrasto fra l'idea di don Benito che

con piglio sinistroordiva oscure trame contro capitan Delanoe quella dicapitan Delano checon luciditàmetteva

ordine nel futuro di don Benito. Non fututtaviasenza un certo sollievoche il bravo lupo di mare scorse poco dopo in

lontananza la sua baleniera. L'assenza si era prolungata per una sostainattesa accanto alla nave e per il protrarsi del

ritorno a seguito del continuo recedere della meta.

Il puntino che avanzava venne notato dai negri. Le loro grida attrasserol'attenzione di don Benito checon un

ritorno di cortesiaavvicinandosi a capitan Delanoespresse la propriasoddisfazione per l'arrivo di un po' di provviste

pur scarse e provvisoriecome era inevitabile.

Capitan Delano risposema nel farlo la sua attenzione fu attratta daqualcosa che accadeva sul ponte inferiore:

in mezzo alla folla che si arrampicava sulle murate volte verso terrascrutando ansiosamente la lancia in arrivodue

negridisturbati - a quanto pareva - da un marinaiolo scostarono conviolenza edavanti al risentimento di questilo

scaraventarono sul pontemalgrado le grida pronte degli sfilacciatori.

«Don Benito»disse in fretta capitan Delano«vedete quello che succedequi? Guardate».

Macolto dalla sua tosselo spagnolo barcollòle mani sul voltolì lìper cadere. Capitan Delano l'avrebbe

sorrettoma il servo fu più pronto esostenendo con una mano il padronecon l'altra gli somministrò il cordiale. Don

Benito si ripreseil negro gli tolse l'appoggio mettendosi un pochino indispartema rimanendo diligentemente a portata

del minimo sussurro.

La discrezione mostrata in tale occasione cancellòagli occhi delvisitatoreogni appunto di sconvenienza che

avrebbe potuto attribuire al servo per l'indecoroso conciliabolo primacitatomostrando anche chese il servo era da

biasimarepiù riprovevole era il padronedal momento chequello lasciatoa se stessosapeva condursi in modo tanto

appropriato.

Distogliendo lo sguardo dallo spettacolo di disordine a quello più piacevoledavanti a luicapitan Delano non

poté trattenersi dal congratularsi ancora con l'ospite per avere un taledomesticocheseppure un po' impudente a tratti

doveva essere di valore incalcolabile per un malato come lui.

«Ditemidon Benito»aggiunse con un sorriso«mi piacerebbe averequest'uomo qui... quanto vorreste per

darmelo? Cinquanta dobloni sarebbero una buona offerta?»

«Il padrone non si separerebbe da Babo neanche per mille dobloni»mormoròil negro chesentendo l'offerta e

prendendola sul seriocon la strana vanità dello schiavo fedeleapprezzatodal padronemostra sdegno per una stima

così gretta affibbiatagli da uno sconosciuto. Ma don Benitonon ancorarimessosi del tuttointerrotto da un altro

accesso di tosserispose in qualche modo con parole spezzate.

Ben presto la sofferenza fisica si fece così acuta da coinvolgere - sisarebbe detto - anche lo spiritoal punto

chequasi a nascondere quel triste spettacoloil servo condusse gentilmenteil padrone sottocoperta.

Lasciato a se stessol'americanoper passare il tempo in attesa chearrivasse la lanciasi sarebbe volentieri

avvicinato a uno dei marinai lì vicinoma si astenne ricordando qualcosache don Benito aveva detto sulla loro cattiva

condotta: non era un comandante disposto a tollerare la codardia e laslealtà degli uomini.

Mentre con questi pensieri fissava un gruppetto di marinaigli parveall'improvviso che uno o due di loro gli

restituissero uno sguardo di intesa. Si strofinò gli occhi e riprese aguardaree ancora gli parve di percepire la stessa

cosa. In forma nuova ma più oscura rinacquero i vecchi sospettimainassenza di don Benitoaccompagnati da un

panico meno intenso. Malgrado il giudizio negativo sui marinaicapitanDelano decise subito di avvicinarne uno.

Scendendo dal casserosi fece strada fra i negrisuscitandoin tal modouno strano grido da parte degli stoppaie i

negricosì avvertitiguizzando di latosi divisero davanti a luimaquasi fossero curiosi di conoscere lo scopo di quella

visita intenzionale al loro ghettoserrandoglisi alle spalle abbastanza inbuon ordineseguirono lo straniero bianco.

Annunciato nella marcia come da araldi a cavallo e scortato come da unaguardia d'onore cafracapitan Delanocon aria.benevola e disinvoltacontinuòa procedererivolgendo di tanto in tanto una parola gioviale ai negrimentrecon

l'occhio curiosamente scrutava i volti bianchiqui e lì mescolati a quellineri: randagie pedine chiare avventuratesi fra le

schiere degli scacchi avversari.

Intento a decidere chi scegliere per il suo scopogli capitò di osservareun marinaio seduto sul ponteoccupato

a incatramare lo stroppo di un grosso bozzelloin mezzo a un cerchio dinegri accovacciati che seguivano intenti

l'operazione.

L'umile mansione era in contrasto con una certa aria di superiorità nellafigura dell'uomo. La manoricoperta di

nero a forza di immergersi nel barattolo di catrame sorrettogli da un negronon sembrava consona al visoun viso molto

bello se non fosse stato così sofferente. Se quella sofferenza avesse a chefare con la malvagità non era possibile

stabilirlo perchécome il caldo e il freddo intensi producono sensazionisimiliseppure di natura oppostacosì

l'innocenza e la colpaquando per caso si incrociano con il tormentointerioreimprimono un unico marchio visibile

usando il comune sigillo del dolore.

Non che allora tale riflessione si affacciasse alla mente del capitanopureuomo caritatevole. Gli venne

piuttosto un'altra idea. Osservando infatti quell'espressione sofferenteaccompagnata da uno sguardo trucedistolto

come per affanno e vergognae ricordando ancora una volta la cattivaopinione sull'equipaggioconfessata da don

Benitopreso a operare in luiin modo impercettibilecerti concettigenerali chedissociando dalla virtù il tormento e

l'imbarazzoli collegano invariabilmente al vizio.

«Se invero si acquatta il male a bordo di questa nave»pensò capitanDelano«sta' sicuro che quest'uomo vi si

è sporcato le maniproprio come ora se le sporca con il catrame. Non mi vadi avvicinarlo. Parlerò a quest'altroa

questo amico all'argano».

Avanzò verso un vecchio marinaio di Barcellonacon indosso un paio dibrache rosse e lacere e un berretto da

notte luridole guance color bronzo scavatele basette folte come rovi.Seduto fra due africani assonnatiera occupato

come il compagno più giovanecon del sartiameimpiombando una cimamentredue negri sonnacchiosi attendevano

alla funzione più umile di reggere i capi delle funi.

All'avvicinarsi di capitan Delano l'uomo subito chinò la testapiù inbasso di primaquando era stata all'altezza

giusta per il suo lavoro. Pareva volesse far intendere di essere assorto nelsuo compito con una diligenza fuori del

comune. Al sentirsi rivolgere la parolasbirciò in altoma con un'ariafurtiva e diffidentestrana su quel volto temprato

dalle intemperieproprio come se un orso brunoinvece di ringhiare eazzannaresi mettesse a uggiolare e a far gli

occhi di pecora. Gli vennero fatte numerose domande sul viaggio - domandedeliberatamente riguardanti vari particolari

del racconto di don Benitoche non erano stati avvalorati prima dalle urlaesplose non appena il visitatore aveva messo

piede a bordo. Le risposte alle domande furono breviconfermando quanto daconfermare della storia. I negri intorno

all'argano si unirono al vecchio marinaiomacome quelli si facevanociarlieriegli a poco a poco si chiuse in un

silenzio sempre più accigliatoostinatamente riluttante a rispondere adaltre domandeeppure alla sua scontrosità da

orso era sempre frammista un'aria mansueta da pecora.

Disperando di poter parlare liberamente con tale centaurocapitan Delanodopo aver gettato un'occhiata in giro

alla ricerca di una faccia più promettentesenza riuscire a individuarnenessunachiese in tono bonario ai negri di

lasciarlo passaree cosìin mezzo a sorrisi e smorfieritornò a poppasentendosi un po' strano dapprimasenza saper

dire perchéma nell'insieme con riacquistata fiducia in don Benito.

«Come salta all'occhio»pensava«che quel vecchio basettone laggiù hala coscienza sporca! Sicuro

vedendomi arrivareavrà avuto paura che ioavvertito dal capitano dellagenerale indisciplina dell'equipaggiomi

avvicinassi per rimproverarlo con aspre paroleed eccolo giù con la testa.Eppure... eppureora che ci pensoproprio

quel vecchio lìse non sbagliomi fissava con insistenza poco fa. Ahqueste correnti fanno girar la testa quasi come

fanno girar la nave. Ahecco una cosa piacevolesolaredireipiena digarbo per giunta».

La sua attenzione si era diretta verso una negra assopitavisibile in parteattraverso la trina delle sartiele

giovani membra in disinvolto abbandono al riparo delle muratecome unacerbiatta all'ombra di una rupe boscosa.

Allungato verso il seno amatoc'era il suo cerbiatto sveglionudocon ilcorpicino nero mezzo sollevato dal pontedi

traverso su quello della madre: si arrampicava con le mani simili a zampette;la bocca e il naso frugavano invano per

raggiungere la metaemettendo nello stesso tempo un mezzo grugnito didisappunto che si confondeva con il russare

tranquillo della negra.

Il vigore non comune del bambino alla fine svegliò la madreche si sollevòfissando a distanza capitan Delano.

Maquasi fosse immemore dell'atteggiamento in cui era stata coltasollevògioiosamente il bambino con slancio

maternocoprendolo di baci.

«Ecco la natura nella sua nudità; pura tenerezza e amore»pensòcompiaciuto capitan Delano.

L'episodio lo indusse a osservare le altre negre con maggior attenzione diprima. I loro modi gli piacquero:

come molte donne selvaggesembravano nello stesso tempo tenere di cuore edure di costituzionealtrettanto pronte a

morire o a lottare per i loro bimbi. Istintive come tigritenere comecolombe. «Ah!»pensò capitan Delano«forse sono

le stesse donne che Ledyard osservò in Africa facendone un ritratto tantonobile».

Queste scene naturali accentuarono in qualche modo inconsapevolmente la suasicurezza e disinvoltura. Alla

fine guardò come avanzasse la sua lanciama era ancora piuttosto lontana.Si volse per vedere se don Benito fosse

ritornatoma non c'era.

Per cambiare la scenaoltre che per concedersi di osservare con tutto agiol'imbarcazione che arrivava

raggiungendo le sartie di mezzanasi arrampicò sulla galleria di dritta -uno di quei devastati balconi veneziani sospesi.sull'acquaprima descritti -angoli isolatitagliati fuori dal ponte. Mentre il piede poggiava sui muschimarinia tratti

umidia tratti secchiche come un tappeto ricoprivano il luogouna folatadi vento fantasma - isoletta di brezzapriva di

profeti e di seguaci - gli sfioròspettrale carezzala guancia; e mentrelo sguardo cadeva sulla fila dei piccoli portelli

rotondi - tutti chiusi come gli occhi dei morti sui quali si posa una monetadi rame -mentre coglieva la porta

dell'alloggio di poppaun tempo collegato alla galleria così come un tempovi si erano affacciati i portelli chiusiormai

serrati come il coperchio di un sarcofagoper volgersi quindi verso unpannellouna sogliauno stipite incatramati di

nero e purpureoe mentre il pensiero evocava il tempo quando la grandecabina con il suo balcone era risuonata delle

voci degli ufficiali del re spagnolo eproprio là dove si trovavasi eranoforse appoggiate le membra delle figlie del

viceré di Limamentre questa e altre immagini gli balenavano nella mentesimili a un alito di vento nella bonaccia

percepì a poco a poco in sé una crescente inquietudinevaga e sognantepari a quella di chisolo nella prateriasi sente

irrequieto nella pace del meriggio.

Si appoggiò alla balaustra intagliatatornando a guardare in lontananzaverso l'imbarcazionema si scoprì a

fissare il nastro erboso che strisciava lungo la linea di galleggiamentodiritto come una siepe di bosso verdee gli

spiazzi di alghe chein ampi ovali e mezzelunegalleggiavano vicino elontano tracciando specie di viali lunghi e

formalie attraversavano le terrazze di onde rigonfiedisegnando volutequasi a condurre verso grotte sottostanti. E

incombente sopra ogni cosac'era la balaustra lì accanto chea trattichiazzata di pecea tratti festonata di muschio

sembrava il rudere bruciato di un padiglione estivo in un grandioso giardinoda lungo tempo in sfacelo.

Aveva cercato di rompere un incantesimosoltanto per ripiombare in un nuovoincantesimo. Si trovava

nell'immenso mareeppure gli sembrava di essere nel cuore di una terralontanaprigioniero in un castello deserto

lasciato a fissare un parco vuoto e a scrutare sentieri vaghinon percorsimai da carri o viandanti.

Ma l'incantesimo perse un po' del suo incantoquando l'occhio gli caddesulle corrose catene di maestra. Di

foggia antiquatacon anellimaniglieperni massicci e arrugginitisembravano perfino più appropriate all'attuale

destinazione della nave che non a quella per la quale era stata costruita.

A un tratto pensò che qualcosa si muovesse vicino alle catene. Si sfregògli occhi aguzzando lo sguardo. C'era

una selva di manovre intorno alle catene e lìa sbirciare da dietro ungrande strallocome un indiano da dietro un abete

ecco un marinaio spagnolo con in mano una caviglia da impiombaturacheaccennava un gesto verso la balconatama

subitocome allarmato dal suono di passi che si avvicinavano sul pontesidileguò nei recessi della foresta di cavi

simile a un cacciatore di frodo.

Che cosa voleva dire? Qualcosa l'uomo aveva senz'altro voluto comunicaredinascosto da tuttiperfino dal suo

capitano. Il segreto comportava informazioni sfavorevoli al capitano?Sarebbero state confermate le precedenti

apprensioni di capitan Delano? Oppurein preda com'era alla sua ossessioneaveva scambiato per un cenno d'intesa il

gesto casuale e involontario di un uomoall'apparenza affaccendato ariparare lo strallo?

Non senza smarrimentodi nuovo guardò al largo in cerca della lancia. Maera temporaneamente nascosta da

una punta rocciosa dell'isola. Mentre si sporgeva ansioso in attesa di vederela prua al suo primo spuntarela balaustra

cedette quasi fosse carbonizzata. Se non avesse afferrato una funepenzolantesarebbe caduto in mare. Qualcuno doveva

aver sentito lo schianto dei frammenti marciper quanto debolee il tonfoper quanto sordo. Alzò gli occhi. Lo

sbirciava con blanda curiosità uno degli sfilacciatori di stoppache dalsuo trespolo era scivolato fino a un bomamentre

sotto il vecchio negroe a lui invisibileecco ancora il marinaio spagnoloaccucciato a spiare da un portello come una

volpe all'imboccatura della sua tana. Qualcosa suggeritogli all'improvvisodall'atteggiamento dell'uomo fece balenare a

capitan Delano la folle idea che il malessere accampato da don Benito nelritirarsi fosse soltanto un pretestoche in

realtà laggiù fosse intento a maturare il suo complottoe che il marinaioavutone in qualche modo sentorevolesse

mettere in guardia lo sconosciutospinto forse dalla gratitudine per unabuona parola rivoltagli salendo a bordo. Era

forse perché aveva previsto una possibile interferenza di questo tipo chedon Benito si era affrettato a dare un quadro

così negativo dei suoi uominielogiando nel contempo i negrisebbene iprimi paressero docili quanto i secondi

parevano riottosi? I bianchi inoltre erano per natura la razza piùperspicace. Non poteva essere che un uomo con

propositi tanto malvagi parlasse bene della stupiditàcieca alla suadepravazionee diffamasse l'intelligenzapronta a

smascherarlo? Non improbabileforse. Ma se i bianchi conoscevano oscurisegreti su don Benitonon poteva darsi che

don Benito fosse complice dei negri? Ma quelli erano troppo stupidi. Chiinoltre aveva mai sentito di un bianco

rinnegato al punto da sconfessare la propria razza per fare lega con i negricontro di essa? Queste difficoltà

richiamavano le precedenti. Smarrendosi in tali labirinticapitan Delanoche ora aveva nuovamente raggiunto il ponte

avanzava inquietoquando notò un'altra faccia: un vecchio marinaio che agambe incrociate sedeva accanto al

boccaporto di maestra. La pelle rugosa era raggrinzita come la sacca vuota diun pellicano; i capelli brinati; il volto

grave e composto. Le mani erano piene di cime che avvolgeva in un grossonodo. Intorno a lui c'erano alcuni negri che

sollecitigli abbassavano i legnoliora qui ora lìa seconda di quel cherichiedeva l'operazione.

Attraversando il ponte di copertacapitan Delano gli si avvicinò e rimase aguardare in silenzio il nodomentre

dentro di sécon facile transizionepassava dal proprio grovigliointeriore a quello della canapa. Un nodo così

complesso e intricato non l'aveva mai visto su nessuna nave americanaeinveritàneppure su altre. Il vecchio

sembrava un sacerdote egizio che facesse nodi gordiani per il tempio diAmmone. Il nodo pareva una combinazione dei

nodi a gassa d'amante doppiaa corona triplaa piede di pollo rovesciatoaintugliatura con gassa d'amante e a

tonneggio.

Alla fine perplesso davanti al significato di quel nodocapitan Delano sirivolse all'uomo:

«Che nodo faiamico mio?».«Il nodo»fu la risposta brevesenza levarelo sguardo.

«Così parema a che serve?»

«A farlo sciogliere da un altro»rispose borbottando il vecchio muovendole dita più energicamente che mai

ora che il nodo era quasi completato.

Mentre capitan Delano se ne stava a osservarloil vecchio all'improvviso gligettò il nododicendo in un

inglese incerto - il primo che sentiva sulla nave - qualcosa come:«Scioglietelotagliatelopresto». Parlò a bassa voce

ma con tanta rapidità che le precedenti e successive parole spagnolelunghee lentecoprirono quasi il breve inglese

inserito.

Per un attimocon un nodo in mano e un nodo in testacapitan Delano rimasemutomentresenza più

badargliil vecchio era ormai intento ad altre funi. Ci fu in quell'istanteun lieve movimento alle spalle del capitano.

Voltandosivide il negro in catene Atufalin piedi e in silenzio. Un attimodopo il vecchio marinaio si alzò borbottando

eseguito dagli aiutanti negrisi allontanò verso prora dove si confusenella folla.

Un negro anzianocon indosso un semplice straccio come i bambinila chiomapepe e sale e un fare da

leguleiosi avvicinò in quel momento a capitan Delano. In uno spagnolodiscretoammiccando con aria di cordiale

d'intesagli disse che il vecchio annodatore era sempliciotto ma innocuoche spesso faceva quegli scherzi bislacchi. Il

negro concluse pregandolo di dargli il nodoperché naturalmente ilforestiero non aveva voglia di esserne impacciato.

Senza pensarciDelano glielo porse. Con una specie di inchino di congedo ilnegro lo prese evoltandosilo ispezionò

come un doganiere alla ricerca di pizzi contrabbandati. Subito dopodicendoalcune parole africane equivalenti a un

puah!gettò in mare il nodo.

«È tutto molto bizzarro»pensò capitan Delano con un'emozione similealla nauseamaal pari di chi comincia

a sentire il mal di maresi sforzò di liberarsi del malessereignorandonei sintomi. Guardò ancora una volta verso il

largo alla ricerca dell'imbarcazione. Con sua grande gioialasciando a poppalo sperone rocciosoera di nuovo in vista.

La sensazione percepita in quel momento dapprima attenuò la suainquietudinequindi prese ben presto a

dissiparla - con imprevista efficacia; L'apparizione a distanza ravvicinatadi quella lancia ben nota - che ormai

profilandosi nitida e non come prima indistinta nella foschiaaveva la suaindividualità al pari degli uomini;

quell'imbarcazioneVagabondadi nomecheper quanto ora solcasse mari sconosciutisi era spesso adagiata sulla

spiaggia davanti alla casa di capitan Delano eportata fin sulla sua sogliaper essere riparataera rimasta lì

familiarmente accucciata come un cane di Terranova; l'apparizione di quellalancia domestica evocava mille ricordi

rassicurantichein contrasto con i precedenti sospettilo riempiva nonsoltanto di un'esilarata fiduciama in qualche

modo lo rimbrottava con toni quasi comici per non averla provata prima.

«ComeioAmasa Delano - Jack della Spiaggiacosì mi chiamavano daragazzo -ioAmasalo stesso che

cartella in manosguazzava lungo il margine dell'acqua verso la scuolaricavata da una vecchia carcassa di nave - ioil

piccolo Jack della Spiaggiasolito a raccogliere bacche con il cugino Nat eil resto della compagniaio essere

assassinato da un orribile spagnolo quiin capo al mondoa bordo di unanave pirata infestata dai fantasmi? Troppo

assurdo per immaginarselo! Chi vuole assassinare Amasa Delano? La suacoscienza è pulita. C'è qualcuno in alto.

VergognavergognaJack della Spiaggia! Sei davvero un bambino; un bambinoalla seconda infanziavecchio mio;

cominci a farneticare e a sbavareho paura».

Con cuore e passo leggero andò verso poppa e lì gli venne incontro il servodi don Benito checon

un'espressione affabilein armonia con i suoi sentimenti in quel momentoloinformò che il padroneripresosi dalle

conseguenze dell'accesso di tossegli aveva ordinato di andare a presentarei suoi omaggi al buon ospitedon Amasae

dirgli che lui (don Benito) avrebbe avuto presto il piacere di raggiungerlo.

«Ecco dunquelo vedi?»pensò ancora capitan Delanopasseggiando apoppa. «Che asino sono stato! Questo

gentile signoreche mi manda i suoi gentili omaggisoltanto dieci minuti fame lo immaginavo nella stiva ad aggirarsi

furtivolanterna cieca in manointento ad affilare su una mola la scure perme. Benebenequeste lunghe bonacce

hanno un effetto morboso sulla mente; ne avevo spesso sentito parlaremaprima non ci avevo mai creduto. Ah!»

guardando di nuovo verso l'imbarcazione«ecco la Vagabondada bravacagnolinacon i suoi baffi di spuma. E belli

grandi per giuntami pare. Come? Sìsi è ingarbugliata nell'ondagorgogliante della marea là. Le ha anche fatto

cambiare direzione per il momento. Pazienza».

Era quasi mezzogiorno ormaisebbene dal grigiore di ogni cosa sembrassel'approssimarsi del crepuscolo.

Si era in piena bonaccia. Nella remota lontananzafuori dell'influenza dellaterrafermal'oceano plumbeo

sembrava composto in pace e impiombatola sua parabola conclusal'animadipartitadefunto. Ma làdove si trovava la

navesi intensificò la corrente di terrache la spingeva silenziosamentesempre più lontanoverso le acque incantate.

Eppureconoscendo quelle latitudinicapitan Delano accarezzava la speranzache da un momento all'altro si

levasse la brezzabella e fresca per giuntacontando ottimisticamentemalgrado le difficoltà presentidi portar la San

Domenico sanae salva all'ancora prima di notte. La distanza percorsa era niente: con un buonventodieci minuti di

navigazione avrebbero recuperato sessanta minuti di deriva. Nel frattempocontinuò a camminare a poppavolgendosi a

guardare ora la Vagabondache lottavacontro l'increspatura di mareaora don Benito che si avvicinava.

A poco a poco senti crescere dentro l'irritazione per il ritardo dellalancia; questa si trasformò presto in disagio

e alla fine - mentre lo sguardo ritornava continuamentecome dal palco diproscenio alla plateasulla strana folla

davanti e sotto di lui e riconoscendo ben presto il volto - ora compostonell'indifferenza - del marinaio spagnolo che gli

era sembrato gli facesse cenno dai parasartiefu ripreso un po' dall'anticatrepidazione..«Ah»pensò con una certa gravità«è come la febbremalarica: se ne è andatama non vuol dire che non

ritorni».

Pur vergognandosi della ricadutanon riuscì a contenerla del tuttoecosìricorrendo a tutte le risorse del suo

buon carattereinsensibilmente giunse a un compromesso.

«Sìquesta è una strana naveuna strana storia anche e strana gente abordo. Ma niente di più».

Per distogliere la mente da cattivi pensierifino a quando non fossearrivata la lanciatentò di occuparla

rimuginandoin modo puramente speculativosu alcune caratteristiche minoridel capitano e dell'equipaggio. Fra gli

altri ricorrevano quattro punti curiosi:

Primola faccenda del ragazzo spagnolo assalito con un coltello dal ragazzoschiavo: un gesto sul quale don

Benito aveva chiuso un occhio. Secondola tirannia di don Benito neltrattare Atufalil negro: come se un bambino

potesse tirare per l'anello al naso un toro del Nilo. Terzoil marinaiocalpestato dai due negri: un esempio di insolenza

lasciato correre senza neppure un rimprovero. Quartola sottomissioneservile di tutti i subalterni della navesoprattutto

i negricome se temessero di attirarsi con la minima inavvertenza ildispotico malumore.

Questi puntimessi insiemeparevano in qualche modo contraddittori. «Maallora»pensò capitan Delano con

un'occhiata alla lancia che si avvicinava«allora? Sìdon Benito è uncomandante bizzoso. Ma non è il primo del genere

che abbia vistoanche sea dire il verosupera tutti gli altri. Ma questispagnoli»continuò nelle sue fantasticherie

«sono tutti bizzarri come popolola parola stessaspagnoloha un tocco distramberiache fa pensare alla cospirazione

alla Guy Fawkes. Eppureoso diregli spagnoli per lo più sono gente aposto non meno di quella di Duxbury

Massachusetts. Ahbene! Ecco che alla fine è arrivata la Vagabonda».

Come l'imbarcazione con il suo gradito carico toccò il fiancoglisfilacciatori di stoppacon gesti venerabili

cercarono di frenare i negri chealla vista di tre limacciosi barili diacqua sul fondo e un mucchio di zucche vizze a

pruaspenzolavano dalle murate con scomposta esultanza.

Apparve a questo punto don Benito con il servo; forse ad affrettare il suoarrivo fu il chiasso. A lui capitan

Delano chiese il permesso di distribuire l'acqua in modo che tutti neavessero una razione uguale e nessuno si facesse

del male per averne slealmente di più. Masensata enei riguardi di donBenitogentile com'eral'offerta venne accolta

con una certa impazienza; quasi fosse consapevole di non avere l'energia delcomandantedon Benitocon la tipica

gelosia dei debolisi risentiva per ogni interferenza considerandola unaffronto. Così almeno concluse capitan Delano.

Un attimo dopo vennero issati i barili. Accadde allora che alcuni negri nellaloro impazienza urtassero capitan

Delano in piedi presso il barcarizzoe questidimentico di don Benitocedendo all'impulso del momentocon bonaria

autorità ordinasse ai negri di stare indietrousandoa rafforzare leproprie paroleun gesto fra il cordiale e il

minaccioso. I negri si paralizzarono immediatamentelà dove si trovavanociascuno impietrito nel suo gestocome lo

aveva colto la parola - e così rimasero per alcuni secondi mentrecomeavviene tra i pali successivi del telegrafouna

sillaba sconosciuta correva di uomo in uomo fra gli stoppai appollaiati.Mentre l'attenzione del visitatore si fissava su

questa scenaall'improvviso i lustratori di accette si alzarono a metà e dadon Benito giunse un rapido grido.

Pensando che al segnale dello spagnolo sarebbe stato massacratocapitanDelano fu sul punto di balzare verso

la lanciama si arrestò perché gli sfilacciatori di stoppalasciandosicadere tra la folla con accese esclamazionispinsero

indietro bianchi e negrisignificandogli in sostanzacon gesti amichevoli einsieme quasi giocosidi non fare lo sciocco.

Nello stesso momento i lustratori di accette ripresero il loro postotranquilli come tanti sartie d'un trattocome se nulla

fosse accadutoriprese il lavoro di issare i barilicon negri e bianchi checantavano al paranco.

Capitan Delano lanciò un'occhiata a don Benito. Nel vedere la scarna figuranell'atto di risollevarsi dopo

essersi abbandonata fra le braccia del servofra le quali quell'invalidoturbato si era lasciato caderenon poté non

stupirsi di essersi fatto sopraffare da un panico improvvisoquando gli erabalenata l'idea che un comandante di quel

tipopronto a perdere ogni dominio di sé in un caso normalefutileaddirittura come ora apparivastesse per farlo

assassinare con tanta malvagia determinazione.

Giunti ormai i barili sul pontea capitan Delano furono passate brocche etazze in quantità da un aiutante del

dispensierechea nome del capitanolo pregò di fare come aveva proposto:distribuire l'acqua. Accettò con

repubblicana imparzialità in sintonia con quell'elemento repubblicano chesempre si assesta su un unico livello

servendo i bianchi vecchi al pari dei negri giovanicon l'eccezioneinveritàdel povero don Benitoil cui stato di

salutese non il rangoesigeva una porzione supplementare. A luiin primoluogocapitan Delano offrì una bella brocca

del liquidomapur assetato com'eralo spagnolo non ne sorseggiò gocciase non dopo vari inchini e saluti ossequiosi.

Uno scambio di cortesie che gli africaniamanti delle cerimonieaccolserocon battimani.

Messe da parte due delle zucche meno avvizzite per la tavola del capitanolealtre furono lì per lì tagliate a

pezzi per la festa generale. Ma il pane tenerolo zucchero e il sidro inbottiglia capitan Delano li avrebbe dati

esclusivamente ai bianchi e in primo luogo a don Benitoma questi obiettò:un'abnegazione che piacque non poco

all'americano. Così vennero distribuite in giro a tuttibianchi e nerisorsate ugualitranne una bottiglia di sidro che

Babo insistette a mettere da parte per il padrone.

Si può qui osservare che l'americano non aveva permesso ai suoi uomini disalire a bordo durante la prima

visitae lo stesso fece oranon volendo aumentare la confusione sul ponte.

Non immune dall'influenza di quel particolare buon umore che allora regnava edimentico di pensieri che non

fossero di benevolenzacapitan Delano contavain base a dati appenaraccoltisul levarsi della brezza entro una o due

ore al più tardi. Rimandò quindi la lancia alla nave con l'ordine diretto atutti gli uomini disponibili di trasportare i barili

alla sorgente e di riempirli. Fece inoltre avvertire il primo ufficiale dinon preoccuparsi secontrariamente alle.aspettativela nave non fosse stataall'ancora entro il tramonto: ci sarebbe statainfattiluna piena quellanottee lui

(capitan Delano) sarebbe rimasto a bordo pronto a fare da pilotanon appenapresto o tardisi fosse levato il vento.

Mentre i due capitaniin piedi l'uno accanto all'altroosservavano lalancia che si allontanava - il servonel

frattemposi era messo a sfregare in silenzio una macchia scoperta per casosulla manica di velluto del padrone -

l'americano espresse il proprio rammarico che la SanDomenico nonavesse imbarcazioni adatte ad affrontare il mare

nessuna almenotranne la vecchia carcassa della lancia grandela qualecontorta come lo scheletro di un cammello nel

desertoe quasi altrettanto sbiancatagiaceva capovolta a metà nave comeuna pentolacon un lato un po' sollevato

fornendo una specie di covo sotterraneo a famiglie di negriin gran partedonne e bambinicheaccovacciati sotto su

vecchie stuoie o appollaiati in alto nella scura cupolaassomigliavano dalontano a un conciliabolo di pipistrelli

rifugiatisi in una tana amicamentre a intervalli sciami color ebano dibambini e bambine nudidi tre o quattro anni

sfrecciavano dentro e fuori dalla bocca del covo.

«Se aveste tre o quattro lancedon Benito»disse capitan Delano«pensocherimorchiandoci ai remii vostri

negri potrebbero rendersi utili. Siete salpato senza imbarcazionidonBenito?»

«Andarono distrutte nelle burrascheseñor».

«Brutta storia. In quell'occasione perdeste anche molti uomini. Imbarcazionie uomini. Devono essere state

burrasche tremendedon Benito».

«Indescrivibili»rispose l'altro raggrinzendosi.

«Ditemidon Benito»continuò il suo interlocutore con crescenteinteresse«ditemi: incontraste queste

burrasche immediatamente dopo aver doppiato Capo Horn?»

«Capo Horn? Chi ha parlato di Capo Horn?»

«Voiquando mi avete raccontato del viaggio»rispose capitan Delanoaltrettanto stupito dello spagnolo nel

vederlo che si rimangiava le parole così come pareva che si rodesse ilcuore. «Voi stessodon Benitoavete parlato di

Capo Horn» ripeté con enfasi.

Lo spagnolo si volse in una specie di posizione ricurvaarrestandosi per unattimocome chi stia per cambiare

elementotuffandosi dall'aria all'acqua.

In quel momento un ragazzo passò di corsa: in regolare adempimento delleproprie funzioni annunciava al

castello di prora chescaduta l'ultima mezz'ora per l'orologio della cabinasi doveva farla battere alla grossa campana

della nave.

«Padrone»disse il servo smettendo il lavoro sulla manica della giacca erivolgendosi allo spagnolo assorto con

una sorta di timidezza apprensivacome chi sia incaricato di un dovere chein corso di esecuzione avrebbe

presumibilmente arrecato fastidi proprio a colui che lo aveva imposto e abeneficio del quale era diretto«il padrone mi

ha detto di ricordargli semprepuntuale al minutonon importa dov'è oquello che sta facendoquando è l'ora di radersi.

Miguel è andato a suonare la mezza. È orapadrone. Il padrone vuole entrare nella sala?»

«Ah - sì»rispose lo spagnolo con un sussultoquasi che dai sognitornasse alla realtà; quindirivolto a capitan

Delanodisse che di lì a poco avrebbe ripreso la conversazione.

«Allora se il padrone vuole parlare ancora con don Amasa»proseguì ilservo«perché non dire a don Amasa

di sedersi vicino al padrone nella salae il padrone può parlare e donAmasa ascoltarementre Babo qui insapona e

affila il rasoio».

«Sì»disse capitan Delano per niente dispiaciuto di quella prospettivasocievole«sìdon Benitoverròse non

vi dispiace».

«E siaseñor».

Mentre i tre si portavano a poppal'americano non poté impedirsi di pensareche quell'abitudine di farsi radere

con tanta insolita puntualità nel bel mezzo della giornata era un altroesempio della bizzarria dell'ospite. Ma giudicò

assai probabile che nella faccenda c'entrasse la sollecita fedeltà delservoin quanto l'interruzione tempestiva era servita

a strappare il padrone dall'umore che evidentemente aveva incominciato asopraffarlo.

Il posto chiamato sala era una luminosa cabina ricavata a poppauna speciedi attico dell'ampia cabina

sottostante. Una parte era stata un tempo l'alloggio degli ufficialimadaquando erano mortierano stati abbattuti tutti i

divisori e l'intero spazio era stato trasformato in un unico salone marinovasto e ariosocheper l'assenza di bei mobili e

per il pittoresco disordine di oggetti spaiatiassomigliava in certo modoall'ampio salone ingombro di qualche

eccentrico signorotto di campagnascapoloche appende alle corna di uncervo la giacca da cacciatore e la borsa del

tabaccoe nello stesso angolo tiene la canna da pescale molle e il bastoneda passeggio.

La somiglianza era accentuatase non suggerita fin dall'origineda scorcisul mare circostanteperchéda un

certo punto di vistala campagna e l'oceano sembrano cugini germani.

Il pavimento della cabina era ricoperto di stuoie. Sul soffitto quattro ocinque vecchi moschetti erano infissi in

buchi orizzontali lungo i bagli. Su un lato c'era un vecchio tavolo con ipiedi ad artiglio fissati al pontesopra c'era un

messale sciupato e in altoattaccato alla paratiaun piccolo crocifissosparuto. Sotto il tavolofra vecchio sartiame

malinconico che pareva un mucchio di cordoni di frati poveric'erano uno odue coltellacci dalle lame intaccate e un

arpione corroso. C'erano inoltre due divani di malaccalunghicon lestecche sporgentianneriti dal tempo e scomodi a

vedersi come le ruote degli inquisitorioltre a una poltrona sfondatachefornita sullo schienale di un rozzo poggiatesta

da barbiereazionato da una vitesembrava un grottesco strumento ditortura. In un angolo c'era un baule per bandiere

apertoche lasciava vedere vari vessilli multicolorialcuni arrotolaticompletamentealtri a metàaltri ancora buttati alla

rinfusa. Di fronte c'era un ingombrante portacatino di mogano nerotutto diun pezzocon un piedistallo simile a un.fonte battesimale esoprauna mensolaa ringhiera contenente pettinispazzole e altri articoli di toeletta. Vicino

pendeva un'amaca laceradi fibra macchiatacon le lenzuola in disordine eil cuscino spiegazzato che pareva un cipiglio

corrugatocome se chi vi dormiva vi dormisse malein un alternarsi dipensieri tristi e brutti sogni.

Il lato opposto della cabinasovrastante la poppa della naveera forato datre aperturefinestre o portellia

seconda che da quelli sbucasserocordiali oppure ostiliuomini o cannoni.Al momento non si vedevano né uomini né

cannonisebbene enormi anelli e altri infissi di ferro arrugginitoindicassero pezzi da ventiquattro.

Gettandonell'entrareun'occhiata all'amacacapitan Delano chiese:«Dormite quidon Benito?»

«Sìseñorda quando abbiamo tempo buono».

«Sembra una specie di dormitoriosoggiornodeposito di velecappellaarmeria e gabinetto privato tutto

insiemedon Benito»aggiunse capitan Delano guardandosi intorno.

«Sìseñor. Le circostanze non sono state propizie a una sistemazioneordinata».

A questo punto il servocon un tovagliolo sul bracciofece un gesto quasifosse in attesa che il padrone si

decidesse con comodo. Don Benito gli fece cenno di esser pronto; quindiaccomodatolo sulla poltrona di malaccae

spinto di fronte per l'ospite uno dei divaniil servo cominciò leoperazioni tirando indietro il colletto del padrone e

allentandogli la cravatta.

C'è qualcosa nel negro chein modo particolarelo rende adatto a prendersicura delle persone. Per natura i

negri sono quasi tutti valletti e parrucchieri: hanno per pettini e spazzoleun'affinità congenita come per le naccheree li

maneggianoparecon altrettanto entusiasmo. In questa loro occupazione cimettono inoltre un tocco delicato

accompagnato da una squisita rapiditàsilenziosa e fluidanon priva di unasua graziasingolarmente piacevole alla

vista e ancora più all'esperienza. Esopra ogni altra cosac'è il grandedono del buon umore. Non si intende qui il

semplice sorriso o la risata. Sarebbero stati fuori luogo. Ma una certafestosità amabilearmoniosa in ogni sguardo e in

ogni gestocome se Dio avesse accordato tutto il negro su una notapiacevole.

Quando a questo si aggiungono la docilità che scaturisce dall'appagataassenza di ambizionetipica di una

mente limitatae quella capacità di tranquillo attaccamentoa voltecaratteristica delle creature indiscutibilmente

inferiorisi intuisce subito perché quei due ipocondriaciJohnson e Byron- forse un po' simili all'ipocondriaco Benito

Cereno - si siano affezionatiescludendo quasi l'intera razza biancaailoro servitorii negriBarber e Fletcher. Ma se

qualcosa nel negro lo sottrae agli sfoghi acrimoniosi di menti ciniche emorbosecome apparirànel suo aspetto più

ingraziantea una mente benevola? Quando si trovava a proprio agio in unambientel'indole di capitan Delano non era

soltanto bonariama lo era con sorridente cordialità. A casa aveva spessoassaporato momenti di rara contentezza

standosene seduto sulla soglia a guardare qualche uomo di colore liberointento a lavorare o a scherzare. Se in viaggio

gli capitava per caso un marinaio negroinvariabilmente instaurava con luirapporti ciarlieri e quasi giocosi. In realtà

come la maggior parte degli uomini buoni e lieticapitan Delano siaffezionava ai negrinon per filantropiama per

simpatiacome altri si affezionano ai cani di Terranova.

Le circostanze in cui aveva trovato la SanDomenico avevanofino ad allora represso quella sua tendenza. Ma

nella cabinasollevato dal precedente turbamento eper vari altri motivipiù incline a essere socievole di quanto non

fosse mai stato prima in quella giornatavedendo il servo di colorecon iltovagliolo sul bracciocosì gioviale intorno al

padroneintento a una occupazione così familiare come quella di raderlogli ritornò tutto l'antico debole per i negri.

Lo divertìfra l'altroun curioso esempio dell'amore degli africani per icolori vivaci e la spettacolarità: il

negroinfattiprendendo dal baulesenza tanti riguardiun pezzo distamigna multicolorelo rimboccò generosamente

sotto il mento del padrone come un grembiule.

Il modo di radersi degli spagnoli è un po' diverso da quello degli altripopoli. Hanno una bacinella

appositamente chiamata il bacile del barbierefornita di un incavo su unlatocosì da adattarsi alla forma del mento

contro il quale viene tenuta stretta durante l'insaponatura che non vienefatta con il pennellobensì con il sapone stesso

immerso nell'acqua del bacile e strofinato sulla faccia.

In questo caso veniva usatain mancanza di meglioacqua di maree le partiinsaponate erano soltanto il

labbro superiore e la parte inferiore della golain quanto tutto il restoera barba curata.

Poiché i preliminari erano in qualche modo una novità per luicapitanDelano rimase seduto a osservare con

curiosità sicché non ci fu conversazione; né per il momento don Benitosembrava disposto ad avviarne un'altra.

Posando giù il bacileil negro ispezionò fra i rasoi quasi fosse allaricerca del più affilato etrovatololo rese

ancora più taglientepassando la lama con aria da esperto sulla pelle sodaliscia e grassa del palmo aperto; fece quindi

un gesto quasi a cominciarema a metà strada si immobilizzò per un attimotenendo con una mano il rasoio in alto e

con l'altra tastando con piglio professionalefra le bollicine di schiumail collo magro dello spagnolo. Non indifferente

alla vista ravvicinata dell'acciaio lucentedon Benito rabbrividì nervoso;il consueto pallore spettrale era accentuato

dalla saponatala quale saponataa sua voltasembrava di un biancore piùintenso per il contrasto con il nero

fuligginoso del corpo del negro. Nel complesso la scena aveva un che distranoalmeno per capitan Delano enel vedere

i due in quell'atteggiamentonon poté trattenersi dal rincorrere labizzarra fantasticheria che il negro fosse il boia e il

bianco il condannato sul ceppo. Ma era questa una di quelle fantasie bizzarreche compaiono e si dileguano in un soffio

alle quali non sfugge sempre neppure la mente più equilibrata.

Il nervosismo dello spagnolonel frattempoaveva allentato un pochino lastamigna intorno al collocosì che

simile a un tendaggiodal bracciolo della poltrona un'ampia piega scivolòfino a toccar terrarivelando in mezzo a una

profusione di bande araldiche e colori di fondo - neroblu e giallo - uncastello in diagonale su campo rosso sangue e un

leone rampante su campo bianco..«Il castello e il leone»esclamò capitanDelano«diaminedon Benitoè la bandiera di Spagna che usate. E un

bene che sia soltanto io e non il re a vederla»aggiunse con un sorriso«ma»rivolto al negro«non fa differenza

immaginopurché i colori siano allegri». E l'osservazione scherzosa nonmancò di stuzzicare in certo qual modo il

negro.

«Eccopadrone»disse aggiustando la bandiera e spingendo piano la testacontro l'appoggiatoio della poltrona

«ecco padrone»e l'acciaio scintillò vicino alla gola.

Ancora una volta don Benito ebbe un lieve tremito.

«Non dovete tremare cosìpadrone. Vedetedon Amasail padrone tremasemprequando gli faccio la barba.

Eppure il padrone sa che non gli ho mai versato una goccia di sanguemasuccederà prima o poise il padrone trema

tanto. Eccopadrone»continuò. «Don Amasachiacchierate pure dellatempesta e del resto; il padrone può ascoltarvi e

di tanto in tantorispondere».

«Ahsìle burrasche»disse capitan Delano«più ci penso alla vostratraversatadon Benitopiù mi sorprendo

non delle tempesteper quanto terribilima del disastroso intervallo cheseguì. Stando al vostro resocontoci avete

messo gli ultimi due mesi e ancor di più per arrivare da Capo Horn a SantaMariauna distanza che col vento buono io

stesso ho coperto in qualche giorno. Veroavete avuto le bonacce e assailunghe per giuntama esserci in mezzo per due

mesieccoè perlomeno insolito. Ebbenedon Benitose un qualsiasi altrogentiluomo mi avesse raccontato una storia

similesarei stato mezzo propenso a non credergli».

A questo punto sul volto dello spagnolo comparve un'espressione involontariasimile a quella di poco prima

sul ponte: forse fu il sussulto che diedeforse fu un improvviso rolliobalordo dello scafo nella bonacciaforse fu una

momentanea incertezza della mano del servofatto sta che proprio in quelmomento il rasoio fece schizzare il sangue e

le macchie imbrattarono la schiuma bianca sotto la gola. Il barbiere negroritrasse istantaneamente la lama efermo

nell'atteggiamento professionale - la schiena verso capitan Delanola facciaverso don Benito -sollevò il rasoio

gocciolantedicendocon una specie di contrizione quasi umoristica:«Vedetepadroneavete tremato; ecco il primo

sangue di Babo».

Una spada sguainata davanti a Giacomo I d'Inghilterraun assassinio compiutoalla presenza di quel re

pusillanimenon avrebbero potuto suscitare un'aria più atterrita di quelladi don Benito.

«Poveraccio»pensò capitan Delano«è così nervoso che non riesce asopportare neppure la vista del sangue di

un barbiere; come ho potuto immaginare che quest'uomo malatocon i nervi apezziintendesse versare tutto il mio

sanguelui che non sopporta di vedere una goccia del proprio? Di sicuroAmasa Delanooggi non eri in te. Non

raccontarlo quando ritorni a casastupidone di un Amasa. Benebenehaproprio l'aria di un assassinovero? Ha più

l'aria di uno che si aspetta di essere fatto fuori. Benebenel'esperienzadi oggi mi servirà di lezione».

Nel frattempomentre queste cose passavano per la testa dell'onesto uomo dimareil servopreso il tovagliolo

dal braccioaveva detto a don Benito: «Ma rispondete a don Amasaperfavorepadronementre pulisco di questa bruna

roba il rasoio e lo affilo di nuovo».

Nel parlare cosìteneva semigirato il viso che ora era visibile siaall'americano sia allo spagnoloe

l'espressione pareva sottintenderepersuadendolo a proseguire laconversazioneil desiderio di distrarre con tatto

l'attenzione del padrone dal recente increscioso episodio. Quasi fossecontento di afferrare l'aiuto che gli veniva offerto

don Benito riprese a raccontare a capitan Delano che non soltanto le bonacceerano state insolitamente tenacima che la

nave era stata trascinata da ostinate correntie altre cose aggiunsealcunedelle quali non facevano che ribadire

precedenti dichiarazioniper spiegare come fosse accaduto che la traversatada Capo Horn a Santa Maria fosse stata così

esageratamente lunga; mescolandodi tanto in tantoalle sue parolealtredi elogiomeno sobrie di primaper i negri

per la loro buona condotta in generale. Questi particolari non furono fornitidi seguitoin quanto al momento opportuno

il servo interveniva usando il rasoioe cosìnegli intervalli dellarasaturala storia e il panegirico proseguirono con

accenti più rochi del solito.

Nella sua immaginazioneancora una volta non del tutto tranquillacapitanDelano colse nei modi dello

spagnolo qualcosa di così fatuo - cui faceva eco la fatuità dell'ambiguocommento silenzioso del negro - che - gli balenò

l'idea - forse padrone e servoper qualche motivo ignotointerpretavanoasuo uso e consumocon parole e gestianzi

con il tremito addirittura delle membra di don Benitouna commedia degliinganni. Né era all'apparenza privo di

fondamento il sospetto di una collusionevisto tutto quel sussurrare cui sie accennato prima. Ma allora perché

inscenare quella pantomima del barbiere davanti a lui? Alla fineconsiderando quel sospetto un ghiribizzo

impercettibilmente insinuatoforsedall'aspetto teatrale di don Benitoammantato nel suo bandierone arlecchinesco

capitan Delano si affrettò a scacciarlo.

Finita la rasaturail servo si adoperò con una boccetta di profumoversandone alcune gocce sulla testa e quindi

sfregando con zelo; la veemenza dello sforzo gli faceva contrarre stranamentei muscoli del volto.

La successiva operazione fu con pettineforbicispazzolagirando tuttointorno per lisciare un ricciolo quiper

tagliare lì un peluzzo ribelle delle basetteper dare un'aggiustatinaaggraziata a una ciocca sulle tempiecon altri tocchi

improvvisati che indicavano la mano del maestromentre don Benitocome ognialtro gentiluomo rassegnato nelle mani

del barbieresopportava tuttoassai meno turbato infine di quanto non fossestato durante la rasatura. Anziora stava

seduto così pallido e rigido che il negro pareva uno scultore della Nubianell'atto di dare gli ultimi tocchi alla testa di

una statua bianca.

Terminato tutto finalmentelo stendardo di Spagna toltoscrollato eributtato nel baulei peluzzi forse attaccati

al collo del padrone dispersi dall'alito caldo del negrola cravatta e ilcolletto riaggiustatispazzolato via un filino dal.risvolto di velluto; fattotutto questoindietreggiando un pochino e fermandosi con un'espressione disommesso

autocompiacimentoil servo per un attimo rimase a controllare il padronecome sealmeno nella toelettafosse una

creatura uscita dalle sue mani sapienti.

Capitan Delano si complimentò scherzosamente con lui per il risultatocongratulandosi nello stesso tempo con

don Benito.

Ma né il profumoné la frizionené la fedeltàné l'affabilitàrallegravano lo spagnolo. Vedendolo ripiombare

nel suo scostante cupore e restarsene sedutocapitan Delanopensando che lasua presenza non fosse desiderata in quel

momentosi ritiròcon la scusa di vedere se fossero comparsi i segni dellabrezzacome aveva profetizzato.

Dirigendosi verso l'albero di maestraripensava alla scenanon senza unavaga apprensionequandosentendo

un rumore vicino alla cabinasi volse e scorse il negro con una mano sullaguancia. Avvicinandosicapitan Delano notò

che la gota sanguinava. Stava per chiederne la causaquando lo illuminò illamentoso soliloquio del negro.

«Ahquando si riprenderà il padrone dalla sua malattia; soltanto il cuoreacerbo nutrito da quella acerba

malattia gli ha fatto fare questo a Babo; tagliare Babo con il rasoioperchéper puro casoBabo ha fatto un taglietto al

padroneper la prima volta in tanto tempoper giunta. Ahahah»tenendola mano sulla faccia.

«È possibile?»pensò capitan Delano. «È stato per sfogare in privatoil suo rancore spagnolo contro quel

povero amico che don Benitocon la sua scontrositàmi ha costretto aritirarmi? Ahquesta schiavitù alimenta brutte

passioni nell'uomo. Poveraccio!».

Stava per dire qualche parola di partecipazione al negroma quello contimorosa riluttanza rientrò nella cabina.

Poco dopocomparvero padrone e servo; don Benito appoggiato all'altrocomese nulla fosse accaduto.

«Soltanto una specie di bisticcio fra innamorati»pensò capitan Delano.

Si avvicinò a don Benitoe lentamente presero a camminare insieme. Avevanofatto pochi passi quando il

dispensiere - un mulatto altocon l'aria del rajaacconciato all'orientalecon un turbante a pagoda formato da tre o

quattro fazzoletti di Madras avvolti a spirale intorno alla testa -avvicinandosi con un saalamannunciò il pranzo nella

cabina.

Mentre vi si recavanoi due capitani erano preceduti dal mulatto chevolgendosi nell'avanzarecon continui

sorrisi e inchini faceva loro stradauno sfoggio di eleganza che dava ilcolpo di grazia all'aspetto insignificante del

piccolo Baboil qualea testa scopertaquasi non fosse inconsapevole dellapropria inferioritàsbirciava di traverso il

bel dispensiere. Ma capitan Delano attribuì in parte quella gelosa vigilanzaal particolare sentimento che l'africano puro

sangue prova per i sangue misti. Quanto al dispensierei suoi modiche nonesprimevano molta dignità o stima di sé

indicavano tuttavia il vivo desiderio di compiacereil che è doppiamentemeritorio in quanto al tempo stesso ispirato a

Cristo e a Chesterfield.

Capitan Delano osservò con interesse chementre la carnagione del mulattoera ibridala fisionomia era

europea - classica addirittura.

«Don Benito»sussurrò«sono contento di vedere questo usciere dalloscettro d'oro; è una vista che

contraddice una brutta osservazione fattami da un piantatore delle Barbados:quando un mulatto ha una faccia europea

dai lineamenti regolariguardatevene: è un diavolo. Ma vedeteil vostrodispensiere ha fattezze più regolari di quelle di

re Giorgio d'Inghilterraeppure eccolo lì ad assentirefare inchinisorrisi; davvero un re - il re dei cuori buoni e degli

uomini cortesi. E che bella voce haper giunta».

«Sìseñor».

«Ma ditemi: per quanto lo conoscetesi è sempre dimostrato uomo buono edegno?»chiese capitan Delano

facendo una pausamentre con un'ultima genuflessione il dispensiere sparivanella cabina. «Ditemelo; sono curioso di

saperlo per la ragione appena indicata».

«Francesco è un brav'uomo»rispose don Benito con una certa indolenzasimile a un intenditore flemmatico

che non vuole criticare né adulare.

«Ahne ero sicuro. Sarebbe davvero strano e non troppo lusinghiero per noibianchise un pochino del nostro

sangue mescolato con quello africanoinvece di migliorarne la qualitàdovesse avere il triste effetto di versare vetriolo

nel brodo neromigliorandonesìil colorema non il valore nutritivo».

«Senza dubbiosenza dubbioseñorma»gettando un'occhiata a Babo«per non parlare dei negriho sentito

applicare l'osservazione del vostro piantatore agli incroci tra e indianinelle nostre province. Ma non ne so niente

dell'argomento»aggiunse con aria neghittosa.

E a questo punto entrarono nella cabina.

Il pranzo fu frugale: un po' del pesce fresco e delle zucche di capitanDelanobiscotti e manzo salatola

bottiglia di sidro messa da partel'ultima bottiglia di vino delle Canariedella SanDomenico.

Quando entraronoFrancescocon due o tre aiutanti di coloresi libravasulla tavola dando gli ultimi tocchi.

Nel vedere il padronesi ritiraronoFrancesco con un sorriso di congedo; elo spagnolosenza degnarsi di accorgersene

faceva notare infastidito al compagno di non apprezzare le attenzionisuperflue.

Da solisimili a una coppia di coniugi senza figlianfitrione e ospite sisedettero alle estremità del tavolo: don

Benito indicò con un gesto della mano il posto a capitan Delano epurdebole com'erainsistette a che il signore si

sedesse prima di lui.

Il negro stese un tappeto sotto i piedi di don Benito e un cuscino dietro laschienaquindi si mise ritto in piedi

dietro la sedia di don Benitoma dietro a quella di capitan Delano. In unprimo momento la cosa sorprese quest'ultimo.ma fu presto chiaro chenelmettersi lìil negro restava fedele al suo padrone: standogli in facciainfattipoteva

anticipare la minima esigenza con maggior prontezza.

«Davvero un uomo di intelligenza fuori del comunedon Benito»sussurròcapitan Delano da un capo all'altro

del tavolo.

«Dite beneseñor».

Durante il pastol'ospite ritornò ancora su alcune parti della storia didon Benitochiedendo ulteriori particolari

qui e là. Chiese come mai fosse accaduto che lo scorbuto e la febbreavessero fatto tanta strage fra i bianchimentre non

avevano ucciso neppure la metà dei negri. Come se la domanda avesseriportato l'intera scena dell'epidemia davanti agli

occhi dello spagnoloricordandogli penosamente la propria solitudine in unacabina dove un tempo aveva avuto intorno

tanti amici e ufficialila mano gli tremòil volto si fece esangueglisfuggirono parole spezzatema subito il sano

ricordo del passato parve essere sostituito dagli insani terrori delpresente. Con occhi allucinati fissò il vuoto davanti a

sé. Non c'era infatti niente da vedere salvo la mano del servoche spingevaverso di lui la bottiglia di vino delle Canarie.

Alcuni piccoli sorsi gli servirono infine a riprendersi in parte. Feceallusioni incoerenti alla diversa costituzione delle

razzeche consentiva all'una di opporre a certe malattie maggiore resistenzadell'altra. Il concetto giungeva nuovo

all'ospite.

Poco dopo capitan Delanointendendo parlare al suo anfitrione dell'aspettopecuniario del servizio resogli

soprattutto visto che doveva renderne rigorosamente conto agli armatori - inrelazione al nuovo complesso di vele e

altre cose di quel tipoe naturalmente preferendo condurre tali affari inprivatoprese a desiderare che il servo si

ritirasseimmaginando che per pochi minuti don Benito potesse fare a menodella sua assistenza. Aspettòtuttavia

pensando checon il procedere della conversazionedon Benitopur senzaricevere l'imbeccataavrebbe percepito

l'opportunità di quel passo.

Ma andò altrimenti. Alla fineintercettandone lo sguardocapitan Delanoaccennando dietro a sé con il pollice

sussurrò: «Don Benitoscusatema c'è un'interferenza che mi impedisce diesprimere pienamente quello che ho da

dirvi».

A queste parole lo spagnolo cambiò facciail che venne attribuito alrisentimento per l'accennoquasi fosse un

appunto nei confronti del servo. Dopo un attimo di pausa assicurò l'ospiteche la presenza del negro non poteva essere

di intralcioperchéda quando aveva perduto i suoi ufficialiaveva fattodi Babo (che in originecome risultò oraera

stato il capitano degli schiavi) non soltanto il suo servitore e compagnomaanche il suo confidente in ogni cosa.

A questo punto era inutile aggiungere altrosebbene capitan Delano facessefatica a reprimere un lieve moto di

irritazione per non essere stato accontentato in un desiderio tantoinsignificante da chiper giuntaera destinatario di un

servizio così consistente. «Tutta colpa della sua lagnosità»pensò;quindiriempiendosi il bicchierevenne agli affari.

Furono fissati i prezzi delle vele e del resto. Manel fare questol'americano notò chesebbene la prima offerta

di aiuto fosse stata accolta con febbrile animazioneadesso che si riducevaa una transazione di affaritrapelavano

indifferenza e apatia. Pareva infatti che don Benito si assoggettasse adascoltare i dettagli per semplice correttezzanon

per la convinzione che potesse derivarne un concreto beneficio per sé e perla traversata.

Ben presto i suoi modi si fecero ancora più scontrosi. Vano fu lo sforzo dicercare di trascinarlo a conversare in

modo socievole. Roso dal suo umore spleneticose ne stava seduto atormentarsi la barbamentre con scarso risultato la

mano del servomuta come quella sulla paretelentamente gli spingevadavanti la bottiglia di vino delle Canarie.

Finito il pranzopresero posto sulla traversa imbottita e il servo sistemòun cuscino dietro il padrone. La tenace

persistenza della bonaccia aveva guastato l'atmosfera. Don Benito sospiròpesantemente quasi gli mancasse l'aria.

«Perché non spostarsi nella sala?»disse capitan Delano. «C'è più arialì». Ma don Benito rimase in silenzio

immobile.

Nel frattempo il servo gli si inginocchiò davanti con un grande ventaglio dipiume. E Francescoavvicinandosi

in punta di piediporse al negro una tazzina di acque aromatichecon lequalia intervalliquesti massaggiava la fronte

del padronelisciando i capelli sulle tempie come fa una balia con unbambino. Non aprì bocca. Si limitava a posare lo

sguardo sul padrone come sein mezzo a tutti gli affanni di don Benitovolesse rincuorarlo con una dimostrazione tacita

di fedeltà.

Poco dopo la campana della nave batté le due eattraverso la finestrasivide il lieve incresparsi del maree

nella direzione desiderataper giunta.

«Ecco!»esclamò capitan Delano. «Ve l'avevo dettodon Benitoguardate!».

Si era alzato parlando con animazioneproponendosi di scuotere il suocompagno. Masebbene la tenda

cremisi della finestra di poppa vicino a lui gli sfiorasse la guanciaesanguedon Benito parve accogliere la brezza con

ancora meno gioia di quanta non ne avesse mostrato per la bonaccia.

«Poveraccio»pensò capitan Delano«un'esperienza amara gli ha insegnatoche un alito di brezza non fa un

ventoproprio come una rondine non fa primavera. Ma una volta tanto sisbaglia. Gli porterò la nave all'ancora e glielo

dimostrerò».

Accennando brevemente alla sua prostrazioneincitò don Benito a restaretranquillo dove si trovavamentre lui

(capitan Delano) si sarebbe assunto con piacere la responsabilità disfruttare al massimo il vento.

Nel raggiungere il pontecapitan Delano trasalì vedendo inaspettatamenteAtufalpiantato sulla soglia come un

monumentosimile alla statua di uno di quei guardiani neri a custodia deivestiboli delle tombe egizie.

Ma questa volta il sussulto fuforsepuramente fisico. La presenza diAtufal - singolare personificazione di

docilità pur nel rancore - contrastava con quella dei lucidatori di accetteuomini palesemente e concretamente.industriosimentre entrambi gli spettacoliattestavano chefosse pur fiacca l'autorità generale di don Benitotuttavia

non appena si fosse deciso a esercitarlanessunoper quanto selvaggio ocolossalenon si sarebbe dovutopiù o meno

piegare.

Afferrando una cornetta appesa alla muratacapitan Delano avanzò conandatura disinvolta fin sull'orlo del

casseroimpartendo ordini nel suo miglior spagnolo. I pochi marinai e imolti negritutti ugualmente soddisfattisi

accinsero obbedienti a volgere la nave verso il porto.

Mentre dava alcune direttive per fissare un coltellaccioall'improvvisocapitan Delano colse una voce che

ripeteva fedelmente i suoi ordini. Volgendosivide Babo che orauna voltatantosubordinatamente al pilotaesercitava

il ruolo originario di capitano degli schiavi. L'aiuto si dimostrò valido.Ben presto si diede un certo assetto alle vele

stracciate e ai pennoni contorti. Non ci fu braccio o drizza che venissetirato senza l'accompagnamento dei canti lieti dei

negri rincuorati.

«Brava gente»pensò capitan Delano«un po' di addestramento ne farebbedei buoni marinai. Diamineperfino

le donne tirano e cantano. Saranno di quelle negre ashanti che - ho sentitodire - sono guerriere eccezionali. Ma chi è al

timone? Devo avere una buona mano lì»

Andò a vedere.

La SanDomenico manovravacon una barra massiccia alla quale erano fissate grosse pulegge orizzontali.

All'estremità di ogni puleggia stava un negro subalterno e fra loroallatesta della barraal posto di responsabilitàc'era

un marinaio spagnoloche esprimeva con il viso la sua debita partecipazionealla speranza generale e alla fiducia nella

prossima brezza.

Si rivelò lo stesso uomo che si era comportato con aria tanto confusaall'argano.

«Ahsei tuamico»esclamò capitan Delano«beneniente più occhi dapecoraguarda dritto davanti e reggi la

nave così. Bravo alla barrami auguro? E con voglia di entrare in portono?».

L'uomo assentì con un chiocciolio soffocatoafferrando con mano salda labarra. Al che i due negrisenza

essere notati dall'americanofissarono il marinaio con sguardo intento.

Trovando che era tutto a posto al timoneil pilota proseguì verso ilcastello di prora per vedere come stavano lì

le cose.

La nave ormai aveva preso sufficiente abbrivio. Con l'avvicinarsi della seraera certo che la brezza si sarebbe

rafforzata.

Fatto quanto serviva in quel momentocapitan Delanoimpartendo ai marinaigli ultimi ordinivolse a poppa

per riferire a don Benito in cabinaforse ulteriormente incitato araggiungerlo dalla speranza di strappare un attimo per

chiacchierare a quattr'occhimentre il servo era impegnato sul ponte.

C'erano sotto il casseroai lati oppostidue vie d'accesso alla cabina;unapiù in là dell'altradi conseguenza

comunicava con un corridoio più lungo. Notando che il servo era ancorasopracapitan Delanoimboccando l'entrata

più vicina - quella citata per ultima dove ancora sulla soglia stava Atufal- si affrettò finchégiunto davanti alla porta

della cabinafece una breve sosta per riprendere fiato. Quindi - già prontesulle labbra le parole che aveva in mente -

entrò. Mentre avanzava verso lo spagnolo sedutopercepì un altro passocadenzato con il suo. Dalla parte oppostacon

un vassoio in manoavanzava il servo.

«Maledetto questo tizio fedele»pensò capitan Delano. «Che coincidenzaseccante».

L'irritazione forse sarebbe stata un po' diversase non fosse stato per lafiduciosa euforia ispirata dalla brezza.

Eppure sentì una lieve fittamentre all'improvviso la sua mente associavain modo vago Babo con Atufal.

«Don Benitovi porto una buona notizia: la brezza terràanzi sirafforzerà. A proposito fuori c'è il vostro

gigante segnatempoAtufal. Per vostro ordinenaturalmente?».

Don Benito si ritrasse come davanti a una frecciata di blando sarcasmocondita con tanta cortesia esteriore da

non presentare appigli per ribattervi.

«È come uno scorticato vivo»pensò capitan Delano. «Dove è possibiletoccarlo senza che si contragga?».

Il servo si mise davanti al padrone aggiustando un cuscino; richiamato aidoveri di cortesialo spagnolo rispose

rigido: «Avete ragione. Lo schiavo si trova dove l'avete visto per mioordine: cioèse all'ora stabilita sono sottodeve

prendere posto e aspettare il mio arrivo».

«Ahperdonatemima questo vuol proprio dire trattare quel poveraccio comeun monarca deposto. Ahdon

Benito»sorridendo«pur con tutte le licenze che tollerate in alcunecoseho paura che in fondo siate un padrone duro».

Di nuovo don Benito si rattrappìe questa voltapensò il buon marinaioperché gli rimordeva davvero la

coscienza.

Di nuovo la conversazione si fece stentata. Invano capitan Delano richiamaval'attenzione sul movimento ora

percettibile della chiglia che solcava leggera il mare; con occhi opachi donBenito rispondeva con poche parole

laconiche.

Di lì a poco il ventoche si era gradualmente rafforzato e soffiava nelladirezione del portospingeva rapido la

San Domenico. Doppiatoun promontoriosi profilò in piena vistain lontananzala nave per la cacciaalle foche.

Capitan Delano era frattanto ritornato sul pontefermandosi lì per qualchetempo. Dopo aver corretto la rotta

della naveper stare alla larga dagli scogliritornò sotto per qualchemomento.

«Questa volta rincuorerò il poveretto»si disse.

«Di bene in megliodon Benito»esultò entrando allegro«fra poco ivostri dispiaceri saranno finitialmeno

per un po'. Lo sapetequando la nave getta l'ancora nel portodopo unviaggio lungo e tristesembra che dal cuore del.capitano venga sollevato unpeso. Avanziamo meravigliosamentedon Benito. La mia nave è in vista. Guardateda

questo finestrino di lato: eccolacon tutti i suoi alti alberi! La Deliziadello scapoloamico mio! Ahcome ti tira su

questo vento. Sudovete prendere il caffè con me questa sera. Il miovecchio dispensiere ve ne darà una bella tazza

come neanche un sultano ha mai assaggiato. Che ne ditedon Benitoverrete?».

In un primo istante lo spagnolo alzò uno sguardo febbrilegettando unalunga occhiata bramosa sulla nave

lontanamentre il servitore lo fissava in faccia con muta sollecitudine.All'improvviso subentrò il solito accesso di

freddezza epiombando sui cuscinirimase in silenzio.

«Non rispondete. Sumi avete ospitato per tutta la giornata; volete esseresoltanto voi a fare gli onori di casa?»

«Non posso venire»fu la risposta.

«Cosa? Non vi stancherete. Le navi saranno il più vicino possibileattentisolo che le ancore non si impiglino.

Sarà poco più che fare un passo da un ponte all'altrovale a dire come dauna stanza all'altra. Susu non dovete

rifiutare».

«Non posso andare»ripeté don Benito con decisa ripulsa.

Rinunciando con una specie di cadaverica tetraggine quasi all'ultima parvenzadi cortesiamordendosi le

unghie sottili fino alla pellevolse sull'ospiteanzi gli scoccòun'occhiata trucequasi seccato che la presenza di un

estraneo interferisse con il totale abbandono al suo momento di morbosità.Nel frattempoattraverso le finestre

giungeva il suono delle onde solcatesempre più allegro e gorgogliantequasi a rimbrottarlo per la sua tetra neghittosità

quasi a dirgli cheimbronciato e furente com'era con la naturaa questa nongliene importava nullaperchédi chi era la

colpaprego?

Ma l'umore nero aveva toccato il fondo proprio come il bel vento era giuntoal culmine.

C'era in quell'uomo qualcosa di tanto più greve della semplice scontrositào acrimonia prima riscontratache

perfino l'indole bonaria e conciliante dell'ospite non riuscì più asopportarlo. Smarrito davanti a quel comportamento

ritenendo che la malattiaunita alla bizzarriaper quanto esasperatenonfosse una scusa adeguatasoddisfatto inoltre di

non aver nulla da rimproverarsicapitan Delano si senti punto nell'orgoglio.Si fece anche lui riservato. Ma tutto

sembrava indifferente allo spagnolo. Lasciandolo quindicapitan Delanoritornò ancora una volta sul ponte.

La nave era ormai a meno di due miglia dalla sua imbarcazione e nel tratto inmezzo sfrecciava la lancia.

Per farla breve le due navigrazie alla bravura del pilotain poco tempo sitrovarono insieme all'ancora.

Prima di ritornare sulla sua imbarcazionecapitan Delano aveva avutol'intenzione di comunicare a don Benito

alcuni particolari marginali dei servizi che si proponeva di rendergli. Macosì come stavano le cosepoco incline a

subire altre ripulsesi era decisoora che aveva visto la SanDomenico incolumeall'ancoraa lasciarla immediatamente

senza altri accenni all'ospitalità o agli affari. Rimandando a tempoindefinito i successivi progettiavrebbe adeguato le

azioni future alle future circostanze. La lancia era pronta a riceverlomail suo anfitrione indugiava ancora di sotto.

«Beh»pensò capitan Delano«se ha poca educazioneè ancora più utileche mostri la mia». Scese in cabina per

porgere un saluto di commiato formale eforsedi tacito rimprovero. Maquasi sentisse il peso dei modi per nulla

disdicevoli che l'ospite maltrattato contrapponeva ai suoidon Benitoorasorretto dal servosi levò con gran

soddisfazione di capitan Delano eafferrandogli la manorimase tremantetroppo agitato per parlate. Ma il fausto

auspicio da qui tratto fu immediatamente delusoperché don Benito ritornòcon ancora più intenso cupore alla

precedente riluttanzamentre con lo sguardo rivolto in parte altroveinsilenzio si rimetteva a sedere sui cuscini. Con un

corrispondente ritorno dei propri sentimenti di freddezzacapitan Delano sicongedò con un inchino.

Non era ancora a metà strada nello stretto corridoiobuio come un tunnelche dalla cabina conduceva alla

scalaquando lo colpì un suono simile al rintocco che annuncia unaesecuzione nel cortile di un carcere. Era l'eco della

campana fessa della naveche al battere dell'ora si riverberava cupamentesotto la volta sotterranea. Subitocon

ineluttabile fatalitàalla sua mentesuscettibile al presagiosciamaronosospetti superstiziosi. Si fermò. Con immagini

assai più rapide di queste frasigli si affollarono alla mente i minimiparticolari di tutta la precedente diffidenza.

Fino a quel momento la sua credula bonomia era stata troppo pronta a fornirescuse a paure ragionevoli. Perché

lo spagnoloa volte puntiglioso fino all'eccessopoi tralasciava la comunebuona educazionearrivando a non

accompagnare l'ospite che si accomiatava? Glielo impediva l'indisposizione?L'indisposizione non gli aveva impedito

sforzi più fastidiosi quel giorno. Ripensò all'atteggiamento ambiguo dipoco prima. Si era alzato in piedigli aveva

afferrato la manoaveva fatto il gesto di prendere il cappellopoi in unattimo tutto si era dileguato in un mutismo

sinistro e tetro.

Doveva interpretarlo come un'estrema rinuncia subitanea e contrita a porre inatto un iniquo complottoseguita

da una nuova determinazione spietata? Il suo ultimo sguardo sembravaesprimere verso capitan Delano un addio foriero

di sciagure eppure rassegnato. Perché declinare l'invito a visitare la navequella sera? O forse lo spagnolo era meno

indurito dell'ebreoche non si era astenuto dal sedere alla mensa di coluiche intendeva tradire quella stessa notte? Che

significato avevano gli enigmi e le contraddizioni di quella giornatase nonche miravano a fuorviareprima di colpire a

tradimento? In quel momento Atufalpresunto ribelle e ombra puntualeera inagguato di fuoriaccanto alla soglia.

Pareva una sentinellaanzi di più. Chiper sua stessa ammissionelo avevamesso lì? Il negro era appostato in attesa?

Lo spagnolo alle spallela sua creatura davanti: precipitarsi dalle tenebrealla luce fu la scelta istintiva.

Un attimo dopocon le mascelle serrate e i pugni strettisuperò Atufal esi trovò incolume alla luce. Nel vedere

la sua nave all'ancoralinda e tranquilla e quasi a portata di vocenelvedere l'imbarcazione familiarepiena di volti noti

che si cullava paziente sulle brevi onde accanto alla SanDomenicoe poinel guardarsi intorno dove si trovava; nel

cogliere gli stoppatori gravemente intenti a far andare le dita e il fischiomonotono e il ronzio industrioso dei lustratori.di accettesempre indaffaratinella loro interminabile faticaesoprattuttonel notare il benigno aspettodella natura

pronta a concedersi il suo innocente riposo serale - il sole velato nelquieto campo di occidente scintillava simile alla

tranquilla luce nella tenda di Abramo - mentre l'occhio e l'orecchiodeliziati coglievano tutto questo e insieme anche la

figura del negro incatenatole mascelle e le mani gli si rilassarono. Ancorauna volta sorrise dei fantasmi che lo

avevano irriso beffardie provò quasi una punta di rimorso per averimplicitamente traditoaccogliendoli seppure per un

solo momentoun empio dubbio sulla sempre vigile Provvidenza in cielo.

Ci fu un ritardo di qualche minuto mentrein ossequio al suo ordinelalancia veniva agganciata al barcarizzo.

Durante questo intervallo scese su capitan Delano una specie di malinconicasoddisfazione al pensiero dei generosi

servigi che quel giorno aveva reso a uno sconosciuto. «Ah»pensava«dopouna buona azione la coscienza non è mai

ingrataper quanto possa esserlo la persona beneficiata».

Poco dopomentre posava il piede sul primo gradinoaccennando a scenderenella lanciavolse gli occhi verso

il ponte. Nello stesso istante sentì chiamare con cortesia il proprio nome econ compiaciuta sorpresa vide farsi avanti

don Benitocon un'aria insolitamente energicacome se all'ultimo momentoavesse deciso di chiedere venia per la

recente scortesia. Con la sua bonomia istintiva capitan Delanoritirando ilpiedesi volse e a sua volta si fece avanti.

Mentre così facevasi acuì la tensione fervida dello spagnoloma sismorzò la sua energia vitaleal punto cheper

sostenerlo meglioil servoappoggiando sulla propria spalla nuda la manodel padrone e tenendola lì gentilmentesi

trasformò in una specie di stampella.

Quando i due capitani si incontraronoancora una volta lo spagnolo afferròcon trasporto la mano

dell'americanoguardandolo diritto con occhi vividimacome primatroppooppresso per parlare.

«Gli ho fatto torto»pensò rimproverandosi capitan Delano«la suaapparente freddezza mi ha tratto in

inganno; non ha mai voluto offendermi».

Nel frattempoquasi temesse che il protrarsi della scena potesse sfibrare ilpadroneil servo sembrava ansioso

di porvi termine. In tal modosempre in funzione di stampella e camminandofra i due capitaniavanzò insieme a loro

verso il barcarizzomentre don Benitotraboccando di premurosa contrizionenon lasciava andare la mano di capitan

Delanoma la tratteneva nella propria attraverso il corpo del negro.

Ben presto furono accanto alla murataguardando in basso la lanciamentrel'equipaggio levava in alto uno

sguardo curiosoAspettando un attimo che lo spagnolo gli lasciasse andare lamanocapitan Delanoa questo punto

imbarazzatoalzò il piede per superare la soglia del barcarizzo apertomadon Benito insisteva a trattenergli la mano. E

ancorain tono agitatodiceva: «Non posso andare più in là; qui sonocostretto a dirvi addio. Addiomio carocaro don

Amasa. Andate -andate!»strappando all'improvviso la mano dalla stretta.

«Andate e Dio vi protegga meglio di quanto non abbia fatto con memioottimo amico».

Commossocapitan Delanoa questo puntoavrebbe indugiatomacogliendo losguardo mitemente

ammonitore del servoscese nella lancia con un frettoloso addioseguitodagli ininterrotti cenni di saluto di don Benito

che pareva aver messo radici sul barcarizzo.

Sedutosi a poppacapitan Delanocon un ultimo salutoordinò di scostare.L'equipaggio teneva i remi alzati. Il

prodiere spinse la lancia a distanza sufficiente perché i remi potesseroabbassarsi per tutta la lunghezza. In quell'istante

don Benito balzò oltre la murata cadendo ai piedi di capitan Delanogridando nello stesso tempo in direzione della

navema in tono così forsennato che nessuno sulla lancia riusciva acapirlo. Manon altrettanto ottusitre marinai si

gettarono in mare da tre diversi punti della navenuotando dietro ilcapitanoquasi volessero venire in suo soccorso.

Sgomentol'ufficiale dell'imbarcazione chiese con ansia che cosa volessedire ciò. Al che capitan Delano

volgendo un sorriso sprezzante sull'inesplicabile spagnolorispose che dalcanto suo non lo sapeva e non gli interessava

ma don Benito - pareva - si era messo in testa di far credere ai suoi uominiche la lancia intendesse sequestrarlo.

«Altrimenti - andiamocene prestose ne va della vita»aggiunseselvaggiamente trasalendo al frastuono tumultuoso

scoppiato sulla navesopra il quale si levavano i rintocchi dei pulitori diaccette eafferrando don Benito per la gola

aggiunse: «Questo pirata cospiratore vuole assassinare!» A quel puntoquasi a conferma di tali parolesul parapetto

sovrastantecomparve il servocon in mano un pugnaleimmobile nell'atto disaltarecome se intendesse con fedeltà

disperata proteggere fino all'ultimo il padronementrein apparenza peraiutare il negroi tre marinai bianchi cercavano

di arrampicarsi sugli ingombri di coperta a prua. Nel frattempo l'intera ordadi negriquasi infiammati alla vista del

capitano in pericolosi sporgevano oltre la murata in un'unica valangafuligginosa.

Tutto questocon quanto era preceduto e sarebbe seguitosi accavallò conrapidità così incalzante che passato

presentefuturo sembrarono tutt'uno.

Vedendo arrivare il negroquasi nel gesto stesso di afferrarlocapitanDelano aveva spinto da parte lo spagnolo

espostandosi per l'involontario contraccolpoa braccia levate lo abbrancòcon tanta prontezza che nella cadutacon il

pugnale puntato al cuore di capitan Delanoil negro pareva essersi lanciatolì di propositocome su un bersaglio. Ma

l'arma gli venne strappata e l'assalitore buttato sul fondo della lancia cheoracon i remi districatiprese a correre veloce

sulle onde.

A questo puntocapitan Delano con la sinistra afferrò da un lato don Benitosemiprostratoincurante che questi

fosse muto e privo di conoscenzae dall'altro con il piede destro inchiodavaa terra il negroetenendo il braccio destro

stretto al remo di poppa per aumentare la velocitàcon l'occhio fissoavantiincoraggiava i suoi uomini a impegnarsi al

massimo..Ma ecco che l'ufficiale della lanciadopo essere finalmenteriuscito a ricacciare i marinai che si facevano

rimorchiareed oracon il volto a poppaassistendo il rematore di testaall'improvviso gridò al capitano di stare attento

alle intenzioni del negromentre un rematore portoghese gli urlava diascoltare quello che diceva lo spagnolo.

Abbassando lo sguardo a terracapitan Delano vide che il servoliberata unamanopuntava al petto del

padrone un secondo pugnale - piccolotenuto nascosto nei capelli crespi -contorcendosi come una serpe sul fondo della

barcail volto soffuso da un livore vendicativo che esprimeva il propositoradicato nel suo animomentre lo spagnolo

semisoffocatocercava invano di rincantucciarsi con parole raucheincoerenti per tuttisalvo che per il portoghese.

In quell'istanteattraverso la mente a lungo ottenebrata di capitan Delanoguizzò un lampo rivelatore

illuminando con imprevista chiarezza tutto il misterioso comportamentodell'ospite insieme agli altri avvenimenti

enigmatici di quella giornata e all'intero viaggio della SanDomenico. Colpìla mano di Baboma il suo cuore fu colpito

con forza maggiore.

Con infinita pena lasciò andare don Benito. Non capitan Delanoma donBenitoil negro aveva voluto

pugnalare saltando sulla lancia.

Tenendo strette le mani del negro e guardando verso la SanDomenicocapitanDelanoormai con il velo

cadutogli dagli occhivide i negri: non già in balia dell'indisciplinanonin tumultonon forsennatamente ansiosi per

don Benitomatolta la mascherabrandendo asce e coltelliin ferocerivolta piratesca. Simili a neri dervisci delirantii

sei ashanti danzavano sul cassero. I mozzi spagnolitrattenuti dai nemicidal saltare in acquasi arrampicavano di furia

sui pennoni più altimentre si intravedevano sul ponteinermi in mezzo ainegrii pochi marinai spagnoli chemeno

prontinon si erano ancora gettati in mare.

Nel frattempo capitan Delano gridò alla sua nave di alzare i portelli e difar uscire i cannoni. Ma intanto era

stata tagliata la gomena della SanDomenico e lacima liberasibilandostrappò via il sudano di tela intorno al rostro

rivelando all'improvvisomentre lo scafo sbiancato virava verso l'oceanoapertoche la morte fungeva da polena - lo

scheletro di un uomo - commento terreo alle parole di gesso tracciate sotto: Seguiteil capo.

A quella vista don Benitocoprendosi il voltogemette forte: «È luiAranda! Il mio amico assassinato

insepolto!».

Non appena raggiunta la navechiedendo della cimacapitan Delano legò ilnegroche non oppose resistenza e

lo fece issare sul ponte. Avrebbe a questo punto voluto sorreggerenelsaliredon Benitoormai quasi accasciatoma

questidebole com'erarifiutò di muoversi o di venire mossofinché ilnegro non fosse stato portato sottocoperta.

Quandopoco dopogli fu assicurato che ciò era stato fattonon fu piùriluttante a salire.

La lancia venne immediatamente rimandata indietro a raccogliere i tre marinaiche nuotavano. Nel frattempo i

cannoni erano prontisebbene fra tutti fosse utilizzabile soltanto quellopoppieroessendo la SanDomenico scivolataun

po' a poppa. Con questo fecero fuoco sei voltepensando di azzoppare la navefuggiasca abbattendone gli alberi. Ma

saltarono soltanto pochi cavi di scarsa importanza. Ben presto veleggiando allargo per uscire dalla baiala nave si trovò

fuori della gittata dei cannoni; i negriassiepati intorno al bompressooralanciavano grida di sfida verso i bianchiora

con le braccia levate salutavano la piatta distesa ormai bruna dell'oceano -cornacchie gracchianti fuggite dalla mano del

cacciatore.

Il primo impulso fu di sciogliere i cavi e dare la caccia. Ma a ripensarcisembrò più promettente inseguirli con

la lancia e la scialuppa.

Don Benitointerrogato sulle armi da fuoco a bordo della SanDomenicorisposea capitan Delano che non ce

n'erano di utilizzabiliperchénelle prime fasi dell'ammutinamentounpasseggero di cabinain seguito morto

segretamente aveva messo fuori uso l'otturatore dei pochi moschetti. Ma contutta la forza che gli rimaneva don Benito

supplicò l'americano di non dare la caccia né con la nave né con lalanciaperché i negri si erano già dimostrati pronti a

tutto ein caso di assaltoci si poteva aspettare soltanto il totalemassacro dei bianchi. Maconsiderando che questo

ammonimento veniva da un uomo spiritualmente devastato dalla sofferenzal'americano non rinunciò al suo disegno.

Le scialuppe furono apprestate e armate. Capitan Delano ordinò ai suoiuomini di prendervi posto. Stava per

scendervi lui stessoquando don Benito lo afferrò per il braccio.

«Cosa! Voi mi avete salvato la vitaseñore ora volete buttar via lavostra?».

Anche gli ufficialiper ragioni collegate con i loro interessi e quelli delviaggiooltre agli obblighi verso gli

armatorisi opposero con forza a che il capitano partisse. Soppesando per unattimo le loro rimostranzecapitan Delano

sentendosi tenuto a restarenominò a capo della spedizione il primoufficiale - un uomo atletico e risoluto che aveva

militato su una nave corsara. Per incoraggiare ancora di più i marinaifudetto loro che il capitano spagnolo considerava

la nave come perduta e che l'imbarcazione stessa e il caricocompreso l'oroe l'argentovalevano più di mille dobloni.

La catturasseroe non una piccola parte sarebbe stata loro. I marinairisposero con un grido.

I fuggiaschi avevano ormai quasi raggiunto il largo. Era prossima la nottema sorgeva la luna. Dopo aver

vogato a lungo e di buona lenale lance giunsero all'anca della navee aopportuna distanza lasciarono i remi per

scaricare i moschetti. Non avendo pallottole per risponderei negrilanciarono urla. Ma alla seconda scarica scagliarono

le loro accettecome fanno gli indiani. Una mozzò le dita di un marinaio.Un'altra colpì la prua della baleniera

recidendo il cavo e rimanendo infissasimile alla scure di un boscaiolonelcapo di banda. Afferrandola ancora vibrante

là dove si era confittal'ufficiale la scagliò a sua volta. Il guanto disfida si infisse nella cadente galleria di poppa e lì

rimase.

Vista l'infuocata accoglienza dei negrii bianchi si tennero a piùrispettosa distanza. Restando appena fuori

dalla portata delle accette vorticantiin vista dell'incontro ravvicinatoche ci sarebbe stato ben prestocercarono di.indurre i negri a privarsi dellearmi più micidiali nel corpo a corpospingendoli a scagliarle stoltamente inmare come

proiettilimancando il bersaglio. Madi lì a pocoi negriaccorgendosidello stratagemmadesistetteronon prima però

che molti di loro avessero sostituito le accette perdute con sprangheunasostituzione checome si era speratosi

sarebbe dimostrata alla fine sfavorevole agli assalitori.

Nel frattempospinta da un vento fortela nave solcava le acquementre lelance alternativamente restavano

indietro e si avvicinavano per sparare nuove scariche.

Il fuoco era diretto soprattutto verso poppaperché lì in particolare siaccalcavano i negri. Ma lo scopo non era

di ucciderli o mutilarli. Catturarli con la nave: ecco lo scopo. Per farloera necessario abbordarlacosa inattuabile per le

lancementre quella filava così veloce.

Un'idea colpì a questo punto il primo ufficiale. Osservando i mozzispagnoliancora sugli alberiil più in alto

possibilegridò loro di scendere fino ai pennoni e di tagliare le manovredelle vele. Fu fatto. Circa in quel momentoper

cause che si vedranno in seguitodue spagnoliche in tenuta da marinaio simettevano in evidenzafurono uccisi non da

una scaricabensì da colpi mirati volutamente al bersaglio. Furono uccisianchecome si vide in seguitoil negro Atufal

e lo spagnolo al timone. Cosìperdute le vele e perduti i capila nave sifece ingovernabile per i negri.

Con gli alberi che scricchiolavanovirò pesantemente spinta dal vento; lapruagirando pianosi portava in

vista delle lance; lo scheletrolucente nella luce orizzontale della lunagettava sull'acqua una gigantesca ombra scarnita.

Il braccio teso di quell'immagine spettrale sembrava incitare i bianchi avendicarla.

«Seguite il capo!»gridò l'ufficiale euna su ciascun lato della pruale imbarcazioni accostarono la nave. Gli

arpioni per la caccia alla foca e le corte sciabole incrociarono le accette ele spranghe. Accovacciate nella lancia grande

a mezza navele negre levarono un canto lamentoso cui faceva da coro ilfragore dell'acciaio.

Per qualche tempo l'attacco fu incerto; i negri facevano cuneo perrespingerlo; i marinairicacciati in parte

tuttora incapaci di guadagnare un punto fermocombattevano come cavalleggeriin sellaa cavalcioni della murata

brandendo le sciabole come i carrettieri la frusta. Ma invano. Erano lì lìper essere sopraffattiquandoraggruppandosi

in una squadra come un solo uomocon un urlo di esultanza balzarono a bordodoveintrappolatiinvolontariamente

furono separati di nuovo. Per un breve istante ci fu un suono vagosoffocatoprofondo come un pesce spada sommerso

che si scagliasse a più riprese contro un branco di pesci neri. Ben prestoricostituito il gruppo e raggiunti dai marinai

spagnolii bianchi presero il sopravventospingendo irresistibilmente inegri verso poppa. Ma presso l'albero di

maestradove era stata costruita di traverso una barricata di sacchi ebarilii negri fecero fronte. Pur disdegnando la

pace o la treguasarebbero stati ben disposti a riprendere fiato. Masenzapausascavalcando la barrierai marinai

impavidi li braccarono. Spossati i negri combattevano per disperazione. Lelingue rosse penzolavano dalle bocche nere

come quelle dei lupi. I marinai pallidi serravano i denti; non risuonava unasola parolaedopo altri cinque minutila

nave fu conquistata.

Furono uccisi circa venti negri. Oltre a quelli colpiti dalle pallottolemolti erano mutilati; le loro feriteper lo

più inferte dal lungo taglio degli arpioni da focasembravano rasoiatesimili a quelle che a Preston Pans le lunghe falci

degli scozzesi delle Highlands procurarono agli inglesi. Sul fronte oppostonessuno fu uccisosebbene numerosi fossero

i feritialcuni dei quali in modo gravecompreso il primo ufficiale. Inegri sopravvissuti vennero temporaneamente

messi al sicuroe la naveriportata nella baia a mezzanottesi ritrovòall'ancora.

Omettendo i fatti e i provvedimenti che seguironobasti dire chedopo duegiorni trascorsi in riparazionile

navi salparono insieme alla volta di Concepción in Cilee da lì per Limain Perùdovedavanti alla corte del vicerési

indagò accuratamente sull'intera vicenda.

Sebbenea metà della traversatalo sventurato spagnololibero dapressionimostrasse qualche segno di

ricupero a forza di volontàtuttaviacome lui stesso aveva presagitopocoprima di arrivare a Limaebbe una ricaduta

riducendosi alla fine in uno stato tale da dover essere portato a terra abraccia. Nell'apprendere la sua storia e la sua

condizioneuna delle tante istituzioni religiose della Città dei Re loaccolse in un rifugio ospitaledove lo accudirono un

prete e un medicomentre un membro dell'ordine si offrì di fargli dacustode e consolatore di notte e di giorno.

I seguenti estrattitradotti da uno dei documenti ufficiali spagnoligetterannosi speraluce sul raccontooltre

a rivelarein primo luogoil vero porto di partenza e la vera storia delviaggio della SanDomenico finoal momento in

cui toccò l'isola di Santa Maria.

Ma prima degli estrattisarà bene premettere un'osservazione.

Il documentoscelto fra altri per essere parzialmente tradottocontiene ladeposizione di don Benito Cerenola

prima raccolta nel processo. Alcune rivelazioni ivi contenute furonoall'epoca poste in dubbio per ragioni dottrinali e

naturali. Il tribunale era incline a ritenere che il testimonenon uscitomentalmente indenne dai recenti avvenimenti

farneticasse di cose che non sarebbero mai potute accadere. Ma le successivedeposizioni dei marinai sopravvissuti

confermando le rivelazioni del capitano in numerosi particolari inauditidiedero credito al resto. Il tribunale perciò

nella sua sentenza finalefondò il verdetto di condanna alla pena capitalesu dichiarazioni chein mancanza di

confermaavrebbe considerato proprio dovere respingere.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Io don José de Abos e Padillanotaio di Sua Maestà per l'Erario Reale e ilRegistro di questa Provincia

pubblico notaio della Santa Crociata di questo Vescovadoecc..Certifico edichiaro a termini di legge chenel processo penale iniziato il giornoventiquattro del mese di

settembre dell'anno 1799contro i negri della nave SanDomenicofuresa davanti a me la seguente dichiarazione:

Dichiarazione del primo testimonedonBenito Cereno

Lo stesso giornomese e annoSuo Onoreil Dottore Juan Martinez de RozasConsigliere della Real Corte di

questo Regnoa conoscenza della legge di questa Intendenzaordinò alcapitano della nave SanDomenicodonBenito

Cerenodi comparirecosa che questi fece in barellaassistito dal monacoInfelez; quindi raccolse il suo giuramento

prestato su Dionostro Signoree il segno della croce obbligandosi a direla verità su tutto quanto sapeva e gli sarebbe

stato chiesto; - ed essendo interrogato conformemente all'atto di istruzionedel processodisse che il 20 maggio scorso

era salpato dal porto di Valparaiso alla volta di Callaocon un carico dimerci indigene oltre a trenta casse di ferramenta

e centosessanta negri dei due sessiappartenenti nella maggior parte a donAlexandro Arandagentiluomo della città di

Mendoza; che l'equipaggio della nave consisteva di trentasei uominiOltrealle persone che viaggiavano come

passeggeri; che i negri erano in parte i seguenti:

(A questo punto nell'originale segue un elenco di una cinquantina di nomicaratteristiche fisiche ed etàcompilato in

base a certi documenti di Aranda che furono recuperatie in base ai ricordidel testimonedi cui si riportano soltanto

certe parti).

- Unosui diciottodiciannove annidi nome José - l'uomo che serviva ilpadronedon Alexandroe che parla

bene lo spagnoloavendolo servito per quattro o cinque anni; *** un mulattodi nome Francescodispensiere di cabina

di bell'aspetto e voceavendo cantato nelle chiese di Valparaisonativodella provincia di Buenos Ayresetà circa

trentacinque anni. *** Un negro intelligente di nome Dago che per glispagnoli aveva fatto lo scavafosse per molti anni

età quarantasei. *** Quattro vecchi negrinati in Africafra i sessanta ei settant'annima robusticalafati di mestiere

che si chiamano così: il primo di nome Mure fu ucciso (al pari del figlio dinome Diamelo); il secondoNacta; il terzo

Yolapure lui ucciso; il quarto Ghofan; e sei negri adultitra i trenta e iquarantacinque annitutti selvagginati fra gli

ashanti: MatiluquiYanLecbeMapendaYambaioAkimquattro dei qualifurono uccisi;*** un gigantesco negro di

nome Atufal cheper essere stato presumibilmente un capo in Africailpadrone teneva in gran conto.*** E un piccolo

negro del Senegalma da vari anni con gli spagnolidi circa trent'anniilcui nome indigeno era Babo;*** che non

ricorda i nomi degli altrima nella speranza che si trovino i restantidocumenti di don Alexandrosi riserva di prendere

debitamente nota di tutti e di trasmetterli alla corte;*** e trentanove fradonne e bambini di tutte le età.

(Finito l'elencocontinua la deposizione).

*** Che tutti i negri dormivano in copertacome è consuetudine in questetraversatee nessuno era in ceppi

perché il proprietariol'amico Arandagli aveva detto che erano docili;***che il settimo giornodopo aver lasciato il

portoalle tre del mattinomentre tutti gli spagnoli erano addormentati -salvo due ufficiali di guardiarispettivamente il

nostromoJuan Roblese il carpentiereJuan Baptista Gayeteoltre altimoniere e al suo aiutante - i negri all'improvviso

si rivoltaronoferirono gravemente il nostromo e il carpentiereesuccessivamente uccisero diciotto degli uomini

addormentati in copertacon spranghe e accetteo gettandoli in mare vividopo averli legati; che degli spagnoli in

coperta lasciarono in vita e legati soltanto sette - così ritiene - permanovrare la nave; sopravvissero tre o quattro altri

che si erano nascosti. Che sebbene nell'ammutinamento i negri si fosseroimpadroniti del boccaportosei o sette feriti

passarono di là fino all'infermeria senza incontrare ostacoli; che durantela rivoltail primo ufficiale e un'altra persona

di cui non ricorda il nometentarono di passare per il boccaportoma subitoferitifurono costretti a ritornare in cabina;

che allo spuntar del giorno il testimone risolse di salire in coperta per lascala di boccaporto dove si trovavano Babo

capo dei rivoltosie il suo aiutante Atufal edopo aver loro parlatoliesortò a smettere quelle atrocitàchiedendo loro

nello stesso tempoquello che volevano e intendevano fareoffrendosi dieseguire gli ordini; chenonostante questo

buttarono in marein sua presenzatre uomini vivi legati; che dissero altestimone di salire promettendo di non

ucciderlo; chefatto questoil negro Babo gli chiese se in quei mari cifossero paesi di negri dove loro avrebbero potuto

essere portati ed egli rispose: «No»; che in e seguito il negro Babo glichiese di portarli in Senegal nelle vicine isole di

San Nicola; ed egli rispose che questo era impossibile vista la grandedistanzala necessità di doppiare Capo Hornle

cattive condizioni della navela mancanza di provvistevele e acqua; ma ilnegro Babo gli aveva risposto che doveva

portarli comunqueche loro avrebbero fatto tutto ciò che il testimoneavesse chiesto in relazione al bere e al mangiare e

vi si sarebbero conformati; che dopo lungo parlamentarecostretto senzascampo ad assecondarliperché avevano

minacciato di uccidere tutti i bianchi se non fossero stati portati inSenegal in un modo o nell'altroaveva detto loro che

la cosa indispensabile per la traversata era l'acqua; che si sarebberoavvicinati alla terraferma per procurarsela e da lì

avrebbero proseguito per la loro rotta; che il negro Babo aveva acconsentitoe che il testimone aveva diretto la nave

verso i porti intermedisperando di incontrare qualche legno spagnolo ostraniero che li salvasse: che dopo dieciundici

giorni avevano avvistato terra e avevano navigato costeggiandola inprossimità di Nasca; che il testimone aveva

osservato l'irrequietezza e la riottosità dei negriperché non effettuavala provvista di acqua; che il negro Babo

imponeva con le minacce che lo si facessesenza falloil giorno successivoma egli aveva detto loro che le coste erano

scoscese e che non si trovavano i fiumi disegnati sulle carte insieme adaltre ragioni adatte alle circostanze; che la cosa.migliore era raggiungerel'isola di Santa Maria dovecome facevano gli stranieriavrebbero potutofacilmente rifornirsi

d'acquaessendo un'isola deserta; che il testimone non andò a Piscolìvicinoe non toccò altri porti della costa perché il

negro Babo gli aveva spesso intimato che avrebbe ucciso tutti i bianchi nelmomento stesso in cui avesse avvistato una

cittàun paeseun insediamento sulle coste dove erano diretti: cheavendodeciso di andare nell'isola di Santa Maria

come progettato dal testimoneper tentare di trovare nella traversata ovicino all'isola stessa una nave che li aiutasse

oppure di poter fuggire su una barca fino alla vicina costa di Araucoadottò i mezzi necessarifacendo subito rotta

verso l'isola; che i negri Babo e Atufal si consultavano quotidianamentediscutendo sul da farsi per tornare in Senegal

se uccidere tutti gli spagnoli e in particolare il testimone; che otto giornidopo essere partiti dalla costa di Nascamentre

il testimone era di vedetta poco dopo l'alba e subito dopo che i negriavevano fatto la loro consultazioneil negro Babo

lo raggiunse e gli comunicò di aver deciso di uccidere il suo padrone donAlexandro Arandasia perché lui e i suoi

compagni non sarebbero stati altrimenti certi della loro libertàsiaperchévolendo tenere i marinai in soggezione

voleva dare un avvertimento sulla strada che si sarebbe imboccata se tutti oin parte gli si fossero oppostie checon la

morte di don Arandaquell'avvertimento sarebbe stato più persuasivo; ma checosa questo volesse direil testimone al

momento non capì e non poteva capire salvo che per don Alexandro voleva direla morte; che per giunta il negro Babo

propose al testimone di chiamareprima che si procedesseil secondoufficiale Ranedsche dormiva nella cabinaper

timorea quanto comprese il testeche questibuon navigatorevenisseucciso con don Alexandro e gli altri; che il

testimoneamico fin dalla giovinezza di don Alexandropregò e scongiuròma invanoperché il negro Babo gli rispose

che non si poteva evitarlo e che tutti gli spagnoli rischiavano di morireseavessero tentato di opporsi al suo volere in

questa o altra faccenda; checosì dibattutoil testimone chiamò ilsecondo ufficialeRanedsche fu costretto a mettersi

da parte e immediatamente il negro Babo comandò all'ashanti Martinqui eall'ashanti Lecbe di andare a commettere

l'assassinio; che i due andarono armati di accetta nella cabina di donAlexandro; cheancora semivivo e straziatolo

trascinarono in coperta; che stavano per buttarlo in mare in quellecondizionima il negro Babo li fermòimponendo

loro di compiere l'omicidio in coperta alla sua presenzail che fu fattoeil cadaveresu suo ordinevenne portato di

sotto a prora; che il teste non vide altro per tre giorni;*** che don AlonzoSidoniaun vecchio da lungo residente a

Valparaisoe di recente nominato a un incarico pubblico in Perùdove eradirettostava dormendoall'epocanella

cuccetta di fronte a quella di don Alexandro; che svegliandosi alle sue gridae sorpreso dalle stessee alla vista dei negri

con in mano le accette insanguinatesi buttò in mare attraverso unafinestra lì vicino e annegò senza che il teste potesse

soccorrerlo e salvarlo;*** chepoco tempo dopo aver ucciso Arandai negriportarono in coperta suo cugino germano

un uomo di mezza etàdon Francisco Masa di Mendozae il giovane donJoaquinmarchese di Aramboalazadi recente

tornato dalla Spagnacon il servo spagnolo Poncee i tre giovani segretaridi ArandaJosé MozairiLorenzo Bargas e

Hermenegildo Gandixtutti di Cadice; che il negro Baboper scopi che sivedranno in seguitorisparmiò la vita a don

Joaquin e a Hermenegildo Gandix: ma ordinò che venissero gettati in maresebbene non facessero resistenza e

implorassero soltanto la grazia della vitadon Francisco MasaJosé Mozairie Lorenzo Bargas con il servo Ponceoltre

al nostromo Juan Roblesai secondi Manuel Viscaya e Roderigo Hurta e aquattro marinai; che il nostromo Juan

Roblesbuon nuotatorefu quello che resistette a galla più di tuttifacendo atti di contrizione econ le ultime parole

pronunciateincaricò il teste di far dire una messa per la sua anima aNostra Signora del Soccorso;*** che nei tre giorni

che seguironoil testeincerto di quale fine avessero fatto i resti di donAlexandrochiese di frequente al negro Babo

dove si trovassero ein caso fossero ancora a bordose sarebbero staticonservati per la sepoltura a terrasupplicandolo

di disporre in tal modo; che il negro Babo non rispose nulla fino al quartogiornoquando all'albaal teste arrivato sul

ponteil negro Babo mostrò uno scheletro al posto della polena della nave -l'immagine di Cristoforo Colombolo

scopritore del Nuovo Mondo; che il negro Babo gli chiese di chi fosse quelloscheletro e se dalla bianchezza non gli

sembrasse quello di un bianco; chescoprendogli il voltoil negro Babo loavvicinò dicendogli parole che avevano

questo senso e indicandogli la prua: «Siate leale con i negri portandoli inSenegalaltrimenti seguirete il vostro capo con

lo spiritocome ora lo seguite con il corpo»; *** che quella stessa mattinail negro Babo condusse a prua tutti gli

spagnoli uno dopo l'altro chiedendo a ciascuno di chi fosse quello scheletroe se per la bianchezza non lo ritenesse

quello di un bianco; che ogni spagnolo si coprì il volto; che a ciascuno ilnegro poi ripeté le parole dette in prima istanza

al testimone;*** cheriunitili (gli spagnoli) a poppail negro Babo liarringò dicendo di aver fatto tutto; che il teste

(nella sua qualità di ufficiale di rotta dei negri) continuasse pure la suarotta ammonendo lui e tutti loro che avrebbero

seguito - in spirito e in corpo - la strada di don Alexandrose avesse vistoche essi (gli spagnoli) parlavano e

complottavano contro di loro (i negri) - minaccia questa che venne ripetutaogni giorno; cheprima degli avvenimenti

citati per ultimiavevano legato il cuocodecisi a buttarlo in mare perchissà cosa l'avevano sentito direma alla finesu

istanza del testimoneil negro Babo gli aveva risparmiato la vita; chealcuni giorni più tardiil testimonenello sforzo di

non tralasciare nulla di utile per salvare la vita degli altri bianchiparlò ai negri di pace e tranquillità e acconsentì a

redigere un documentofirmato dal testimonedai marinai in grado discrivere e dal negro Babo in nome proprio e dei

suoinel quale il testimone si obbligava a portarli in Senegal e loro nonavrebbero ucciso nessun altroed egli avrebbe

ceduto la nave e il caricola qual cosa per il momento li placò esoddisfò.*** Ma il giorno dopoper prevenire meglio la

fuga dei marinaiil negro Babo comandò che fossero distrutte tutte lelancead eccezione della scialuppa lungainadatta

a tenere il maree di un'altra imbarcazioneuna barca in buone condizioniche aveva fatto calare nella stivasapendo di

poterla utilizzare per rimorchiare i barili di acqua.

(Seguono a questo punto vari particolari sulla navigazione prolungata eincertacon episodi di una infausta bonaccia

dal cui resoconto si riporta soltanto questo brano:).-Che il quinto giorno della bonacciamentre tutti a bordo soffrivano per lacalura e la mancanza d'acqua e

cinque erano morti in convulsioni e in delirioi negri si fecero nervosi euccisero l'ufficiale in seconda Ranedsper un

gesto casualeche essi considerarono sospetto - seppure innocuo -fatto altestimone nell'atto di porgergli un quadrante

ma di questo in seguito si dispiacqueroin quanto l'ufficiale era l'uniconavigatore a bordooltre al testimone.

- Che sorvolando altri incidenti che accadevano quotidianamente e che servonosoltanto a rammentare sventure

e conflitti passatidopo settantatré giorni di navigazione - calcolati daquando erano partiti da Nascadurante i quali

viaggiarono con una povera razione di acqua e furono afflitti dalle bonacceprima nominate - arrivarono finalmente

all'isola di Santa Maria il diciassette di agostoalle sei del pomeriggiocircaora in cui gettarono l'ancora molto vicino

alla nave americanaDeliziadello scapoloallafonda nella stessa baiaal comando del generoso capitano Amasa

Delano; ma alle sei del mattino avevano già avvistato il portoe i negri sifecero inquieti non appena scorsero in

lontananza la navenon essendosi aspettati di vederne una lì; che il negroBabo li tranquillizzò assicurandoli che non era

il caso di aver paura; che immediatamente ordinò di ricoprire la polena aprora con teloni quasi fosse in riparazione e

fece riordinare un po' i ponti di coperta; che per qualche tempo il negroBabo e il negro Atufal si consultarono; che il

negro Atufal era propenso ad andarsene di lìma il negro Babo non eradell'avviso e da solo decise il da farsi; che alla

fine si presentò al testimone proponendogli di dire e di fare tutto quelloche il testimone dichiara di aver detto e fatto al

capitano americano;

- che il negro Babo lo avvertì chese avesse fatto il minimo mutamentooppure pronunciato una sola parola o

gettato una sola occhiata che potesse suscitare un sospetto anche fuggevolesugli avvenimenti passati o la situazione

presentelo avrebbe ucciso all'istante con tutti i suoi compagni e glimostrò un pugnaleche portava nascosto addosso

dicendo qualcosa chea quanto aveva capitosignificava che il pugnalesarebbe stato rapido come l'occhio; che a questo

punto il negro Babo annunciò il piano a tutti i suoi compagni che ne furonosoddisfatti; che alloraper meglio

mascherare la veritàescogitò vari espedienti unendo in alcuni inganno edifesa; che di questo tipo fu il trucco dei sei

ashanti citati primache erano i suoi bravi; che li sistemò sull'estremitàdel casseretto quasi fossero intenti a lustrare

certe accette (in casse che facevano parte del carico)ma in realtà perusarle e distribuirle in caso di bisogno a una

parola d'ordine che comunicò loro; che fra gli altri espedienti c'era quelladi presentare Atufalsuo braccio destro

incantenatosebbene le catene potesse scrollarsele di dosso in un attimo;che spiegò nei particolari al teste la parte che

doveva svolgere nelle varie messinscene e la storia che doveva raccontarenelle varie occasionisempre minacciandolo

di morte immediata qualora se ne fosse scostato anche minimamente; checonsapevole della riottosità degli uominiil

negro Babo incaricò quattro anzianii calafatidi adoperarsi al massimoper mantenete l'ordine intorno in coperta; che

ripetutamente arringò gli spagnoli e i compagni informandoli del suo scopo edei vari stratagemmi e della storia

inventata che il teste doveva raccontaredicendo loro di guardarsene dalloscostarsi da quella versione; che tali

preparativi furono fatti e compiuti nell'intervallo di due o tre ore fra ilprimo avvistamento della nave e l'arrivo a bordo

di capitan Amasa Delano; che questo avveniva verso le sette e mezzo delmattinoquando il capitan Amasa Delano

giunse con la propria lancia e tutti lo accolsero con gioia; che iltestimonesforzandosi di interpretare il ruolo

dell'armatore principale e di libero comandante della naveraccontò alcapitano Amasa Delanosu sua richiestadi

venire da Buenos Ayres e di essere diretto a Limacon trecento negri; che allargo di Capo Horn e per una successiva

epidemia molti negri erano morti; cheper le stesse sventureerano mortianche tutti gli ufficiali e la maggior parte

dell'equipaggio.

(Così continua la deposizione esponendoin modo circostanziatola falsastoria imposta da Babo al testimone e

tramite questicomminata a capitan Delano; esponendo anche le generoseofferte di capitan Delano insieme ad altre

cose che qui vengono tutte omesse. Dopo la falsa storia ecc. la deposizioneprocede:)

- che il generoso capitan Delano rimase a bordo tutta la giornata fino aquando non lasciò la nave all'ancora alle

sei di seracon il testimone che continuava a parlare delle presuntedisgrazie in base agli ordini summenzionatisenza

aver avuto la possibilità di dire una sola parola o di fornirgli il minimoindizio per rivelargli la verità e come stessero le

cose; perché il negro Babonel suo ruolo di servo devotocon l'ariasottomessa dello schiavo umilenon lasciò il

testimone per un istante; che questo serviva a osservare i gesti e le paroledel testein quanto il negro Babo capisce bene

lo spagnolo; inoltre c'erano nei pressi altri costantemente in guardiachedel pari comprendevano lo spagnolo;*** che in

una occasionementre sul ponte il testimone stava parlando con Amasa Delanocon un segno segreto il negro Babo

trasse in disparte lui (il testimone)dando l'impressione che l'atto fosseun'iniziativa del testimone; che dopo averlo

tratto in disparteil negro Babo gli propose di ottenere da Amasa Delanoparticolari completi sulla sua nave

sull'equipaggio e sulle armi; che il testimone chiese: «Per quale motivo?»al che il negro Babo rispose che poteva

immaginarselo; cheaddolorato da quanto poteva abbattersi sul generosocapitan Amasa Delanoil testimone dapprima

rifiutò di porre le domande desiderate e usò ogni argomento per indurre ilnegro Babo a rinunciare al progetto; che il

negro Babo mostrò la punta del pugnale; cheavuta l'informazioneil negroBabo lo trasse in disparte dicendogli che

proprio quella notte egli (il testimone) sarebbe diventato capitano di duenavi invece che di una sola perchémentre

l'equipaggio della nave americana sarebbe stato al largo a pescarei seiashantisenza nessun altrol'avrebbero

facilmente conquistata; che in quella occasione disse altre cose dello stessotenore; che non servirono le suppliche; che

prima dell'arrivo a bordo di Amasa Delanonon si era fatto nessun cenno allacattura della nave americana; che il.testimone era impotente a impedire taleprogetto;*** che su certi punti la sua memoria è confusa e non riesce a

ricordare distintamente tutti gli eventi;*** che non appena ebbero gettatol'ancora alle sei di seracome dichiarato

primail capitano americano prese congedo per tornare sulla propria nave;che obbedendo a un impulso improvviso - il

teste è convinto sia venuto da Dio e dai suoi angeli - eglidopo essersigià congedatoseguì il generoso capitan Amasa

Delano al capo di bandadove rimase con il pretesto di accomiatarsifino aquando Amasa Delano non si fosse seduto

nella scialuppa; che quando questa si scostòil testimone saltò dallamurata nella lancia echissà comecon l'aiuto di

Dio vi finì dentro; che -

(A questo punto nell'originale segue il resoconto di quanto accadde dopo lafuga e come la SanDomenico venne

riconquistata e della traversata fino alla costa; la relazione comprendemolte espressioni di «eterna gratitudine» al

«generoso capitano Amasa Delano». La deposizione quindi procede conosservazioni riassuntive e una parziale

rielencazione dei negricon la descrizione della parte avuta da ciascunoinvista di fornirein conformità all'ordine

della cortegli elementi sui quali fondare le sentenze di condanna. Daquesta parte è tratto quanto segue:)

- Chea suo avvisotutti i negriseppur in origine non al corrente delprogetto di rivoltalo approvaronouna

volta messo in atto.*** Che il negro Josédi diciotto annial serviziopersonale di don Alexandrofu quello cheprima

della rivoltadiede l'informazione al negro Babo sullo stato delle cosenella cabina; che ciò è risaputo perchénelle notti

precedentidalla sua cuccettasottostante quella del padrone nella cabinasaliva spesso sul ponte di coperta dove si

trovavano il capo della rivolta e i suoi compagni e aveva conversazionisegrete con il negro Babodurante le quali fu

visto spesso dall'ufficiale in seconda; che una notte l'ufficiale per duevolte lo allontanò;*** che questo stesso negro

José fu quello chesenza ricevere ordini in tal senso dal negro Babocomeinvece avvenne per Lecbe e Martinqui

pugnalò il suo padronedon Alexandrodopo che questi era stato trascinatomorente in coperta;*** che il dispensiere

mulatto Francesco apparteneva alla prima schiera di rivoltosied era intutto e per tutto la creatura e lo strumento del

negro Babo; che per accattivarseloprima del pasto in cabinapropose alnegro Babo di avvelenare un piatto per il

generoso capitano Amasa Delano - tutto ciò è risaputo e credibile perchélo hanno detto i negri stessi -ma il negro

Baboche aveva altri pianiproibì a Francesco di farlo;*** che l'ashantiLecbe era uno dei peggioriperchéil giorno

della riconquista della navela difese armato con un'accetta per manounadelle quali ferì al petto il primo ufficiale di

Amasa Delano al primo abbordaggio; questo lo sapevano tutti; chesotto gliocchi del testimoneLecbe colpi con un

accetta don Francisco Masamentreper ordine del negro Babolo trascinavaper gettarlo in mare vivooltre ad aver

partecipato all'assassinioprima citatodi don Alexandro Aranda e deglialtri passeggeri; chevisto il furore con cui gli

ashanti si batterono nello scontro con le scialuppesopravvissero soltantoquesto Lecbe e Yan; che Yan era malvagio

quanto Lecbe; che Yan era l'uomo il qualeper ordine di Baboera stato bencontento di preparare lo scheletro di don

Alexandro con un sistema che poi i negri raccontarono al testimonema chequestifinché gli rimane la ragionenon

potrà mai divulgare; che Yan e Lecbe furono i due chein una notte dibonacciafissarono lo scheletro alla prua - anche

questo glielo avevano detto i negri; che fu il negro Babo a tracciarel'iscrizione sotto; che il negro Babo fu l'anima del

complotto; che ordinò tutti gli assassinii e fu il timone e la chiglia dellarivolta; che Atufalil suo attendente in tuttodi

mano sua non commise alcun delitto e lo stesso vale per il negro Babo;*** cheAtufal venne ucciso da un proiettile

nella lotta con le imbarcazioni prima dell'abbordaggio;*** che le negreadulteal corrente della rivoltasi dichiararono

soddisfatte della morte del padrone don Alexandro; che se i negri non leavessero trattenuteavrebbe torturato a morte

invece di limitarsi a ucciderlitutti gli spagnoli massacrati per ordine delnegro Babo; che le negre usarono tutta la loro

influenza per far eliminare il testimone; che nelle varie fasi del massacrocantarono e danzarono non con allegria ma

con solennità; chesia prima dello scontro con le scialuppe sia durantel'azionecantarono canzoni malinconiche ai negri

e che tale tono malinconicocome appunto era lo scopoinfiammava gli animipiù di quanto non avrebbe fatto un canto

diverso; che si presta fede a tutto questo perché lo hanno detto i negri.

- Che dei trentasei uomini dell'equipaggioesclusi i passeggeri (ormai tuttimorti) di cui ha notizia il testimone

soltanto sei rimasero in vita con quattro mozzi e inservienti non compresinell'equipaggio;*** che i negri spezzarono un

braccio a uno dei garzoni e lo colpirono con le accette.

(Seguono varie rivelazioni sparse che si riferiscono a diversi momenti. Siriportano le seguenti:)

- Che durante la permanenza a bordo del capitano Amasa Delano alcuni marinaifecero dei tentativi per fargli

capire come stessero veramente le cosee uno di tali tentativi fu fatto daHermenegildo Gandixma furono tutti inutili

per la paura di esporsi alla morteper gli espedienti che contraddicevano ilvero stato delle coseoltre che per la

generosità e la pietà di Amasa Delano incapace di sondare tantamalvagità;*** che Luys Galgomarinaio di circa

sessant'anni e in precedenza membro della flotta realefu uno di quelli checercarono di trasmettere qualche indizio al

capitano Amasa Delanoma sospettata la sua intenzioneseppure mai scopertafu costretto con un pretesto a togliersi

dalla vista e alla fineportato nella stivafu eliminato. Questo hanno poidetto i negriche uno dei mozzi nutrendoper

la presenza del capitano Amasa Delanoqualche speranza di liberazione e nonusando abbastanza prudenza si lasciò

sfuggire qualche parola a casoche esprimeva quella sua speranzache fucolta e capita da un ragazzo schiavo con il

quale all'epoca consumava i pasti. Quest'ultimo lo colpì in testa con uncoltelloinfliggendogli una brutta ferita dalla

quale tuttavia il mozzo sta guarendo; che analogamentenon molto prima chela nave fosse messa all'ancorauno dei

marinaioccupato allora al timonesi espose a pericolo facendosi cogliere afar cenni con la faccia per motivi simili a.quelli sopra indicati; ma questomarinaio la scampò per la prudente condotta tenuta in seguito;*** che queste

dichiarazioni vengono fatte per mostrare alla corte chedall'inizio allafine della rivoltail testimone e i suoi uomini non

avrebbero potuto comportarsi in modo diverso;*** che il terzo commissarioHermenegildo Gandixin precedenza

costretto a vivere fra i marinaivestito da marinaio e in tutto simile aloroGandix dunque fu ucciso da una pallottola di

moschetto sparata per errore dalle scialuppe prima dell'abbordaggioperchéterrorizzato si era precipitato su per le sartie

di mezzana urlando alle scialuppe «Non abbordate!»per paura di essere intal caso ucciso dai negri; che gli americani

indotti a credere da tale atteggiamento che in qualche modo lui fossefavorevole alla causa dei negrigli spararono due

pallottole con la conseguenza che precipitò ferito dalle sartie e annegò inmare;*** che il giovane don Joaquin

marchese di Aramboalazacome il terzo commissario Hermenegildo Gandixfudegradato a vestirsi come un marinaio

semplice e a svolgerne le mansioni; che una volta in cui don Joaquin sirifiutò di obbedireil negro Babo ordinò

all'ashanti Lecbe di prendere della pece bollente e di versargliela sullemani; che don Joaquin fu ucciso per un altro

errore degli americaniun errore inevitabileperché all'apparire dellescialuppe don Joaquin fu costretto a mostrarsi

sulla murata brandendo un'accetta legata alla manocon il filo in fuori; alchevisto con un'arma e in atteggiamento

ambiguogli spararono ritenendolo un rinnegato;*** che sulla persona di donJoaquin era nascosto un gioiello chein

base ai documenti trovatisi dimostrò essere destinato a Nostra Signoradella Misericordia a Limaun'offerta votiva

preparata in anticipo e conservataper significare la propria gratitudinequando fosse sbarcato in Perùla sua ultima

destinazionearrivandovi sano e salvo a conclusione dell'intero viaggioiniziato in Spagna;*** che il gioiello insieme

agli altri effetti del defunto don Joaquin è affidato alla custodia deifratelli dell'Hospital de Sacerdotesin attesa di

disposizioni da parte dell'onorevole corte;*** chea causa delle condizionidel testimone oltre che alla fretta con

cui le scialuppe partirono all'attaccogli americani non erano statiavvertiti chefra l'equipaggioe in apparenza membri

dello stessoc erano un passeggero e un segretario costretti dal negro Baboa camuffarsi;*** cheaccanto ai negri uccisi

in azionealcuni furono uccisi dopo che la nave era stata catturata erimessa all'ancora di nottequando furono in ceppi

in coperta; che tali uccisioni furono compiute dai marinai prima che siriuscisse a fermarli. Che non appena ne fu

informatoil capitano Amasa Delano fece uso di tutta la sua autorità einparticolaredi suo pugno abbatté Martinez

Gola chetrovato un rasoio nella tasca di una sua vecchia giaccaindossatada uno dei negri in ceppilo stava puntando

alla gola del negro; che il nobile capitano Amasa Delano strappò anche dallamano di Bartholomew Barlo un pugnale

nascosto al tempo del massacro dei bianchicon il quale si apprestava acolpire un negro incantenato chequello stesso

giornoinsieme a un altro negro lo aveva buttato a terra e gli era saltatoaddosso;*** che di tutti gli avvenimenti

accaduti nel lungo periodo durante il quale la nave fu nelle mani del negroBabo non può dire qui un resocontoma che

quanto detto costituisce la parte principale ed essenziale di quello che sisovviene al momento e che si tratta di verità

come da giuramento prestato; la quale testimonianza viene confermata eratificata dopo averne ascoltato lettura.

Disse di avere ventinove anni e di essere distrutto nel corpo e nell'animo;chequando finalmente sarà rilasciato

dalla cortenon ritornerà a casa in Cilema si ritirerà nel monastero diMonte Agonia; e firmò sul suo onoresi fece il

segno della croce eper il momentose ne andò in barellacosì come eravenutocon il monaco Infelezall'Hospital de

Sacerdotes.

Benito Cereno

Dottor Rozas

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Se la deposizione è servita da chiave da inserire nella serratura delleprecedenti complicazionialloracome si

svela una segreta la cui porta sia stata spalancatacosì è oggi aperto loscafo della SanDomenico.

Fino ad ora il carattere di questo raccontooltre a rendere inevitabile ilgroviglio dell'inizioha più o meno

imposto di esporre molte cose in modo retrospettivo e irregolareinvece chenell'ordine in cui si sono verificate. È

questo il caso dei seguenti brani che concludono il resoconto.

Durante il lungocalmo viaggio fino a Limaci fucome abbiamo avutooccasione di accennareun periodo nel

quale il sofferente recuperò in parte la salute operlomeno in un certogradola tranquillità. Prima della decisa ricaduta

che seguìi due capitani ebbero numerose conversazioni cordiali dove lafranchezza fraterna era in singolare contrasto

con la precedente reticenza.

Più e più volte venne ripetuto quanto fosse stato arduo per lo spagnolointerpretare la parte impostagli da Babo.

«Ahmio caro amico»disse una volta don Benito«proprio quelle voltenelle quali mi avete ritenuto così

scontroso e ingratosìquandocome adesso ammettetequasi pensavate checomplottassi per ucciderviin quei

momenti il mio cuore era agghiacciato; non potevo guardarvi pensando a quellochesu questa nave e sulla vostraaltre

mani tenevano sospeso sopra il mio benefattore. Ecome è vero DiodonAmasanon so se il desiderio di salvarmi

sarebbe bastato a darmi la forza di fare quel salto nella vostra scialuppase non fosse stato il pensiero che voitornando

all'oscuro di tuttosulla vostra navevoiamico mio carissimoe quantierano con voicolti di sorpresa quella notte

nelle vostre cuccettenon vi sareste più svegliati in questo mondo. Pensatea come camminavate su questo pontea

come vi sedevate in questa cabinaa ogni pollice di terreno sotto i vostripiediche era un campo minato. Se mi fosse

sfuggito il minimo accennose avessi fatto il minimo segno di intesa convoila morteuna morte esplosiva - la vostra e

la mia - avrebbe messo la parola fine alla scena»..«Verovero»esclamòcapitan Delano sussultando«mi avete salvato la vitadon Benitopiù diquanto io non

abbia salvato la vostra; salvatoper di piùsenza che io lo sapessi e lovolessi».

«Noamico mio»replicò lo spagnolo cortese al punto da appellarsi allareligione«Dio ha protetto dall'alto la

vostra vitama voi avete salvato la mia. E pensare a certe cose che avetefatto - quei sorrisiquelle chiacchierequei

segni e gesti precipitosi e avventati! Per assai meno hanno massacrato il mioufficialeRanedsma voi avevate il

salvacondotto del Principe del Cielo che vi ha protetto da tutte leimboscate».

«Sìtutto merito della Provvidenzalo so; ma quella mattina la miadisposizione d'animo era più affabile del

solitomentre la vista di tante sofferenzepiù apparenti che realivennead aggiungersi alla benevolenzaalla

compassione e alla caritàin un felice intreccio di tutte e tre. Se fossestato diversamente - senza dubbiocome avete

accennato - alcune mie conclusioni avrebbero condotto a un risultato funesto.Inoltre quegli stati d'animo di cui ho

parlato mi hanno consentito di superare i momenti di sfiducia in circostanzeche avrebbero potuto costarmi la vita senza

salvarne un'altra. Soltanto alla fine prevalsero i sospettie voi sapetequanto fossero lontani dal bersaglio».

«Lontani davvero»disse tristemente don Benito«voi siete stato con metutto il giornoin piedi e sedutoavete

parlato con memi avete guardatoavete mangiato e bevuto con meeppure ilvostro ultimo gesto fu quello di afferrare

prendendolo per un mostronon soltanto un innocentema il più misero degliuomini. Fino a tal punto possono arrivare

le macchinazioni maligne e gli inganni. Fino a tal punto possono cadere inerrore perfino gli uomini migliori nel

giudicare la condotta di chi gli rimane sconosciuto nei recessi del cuore. Mavoi siete stato costretto e in tempo avete

scoperto l'inganno. Fosse sempre cosìin tutti e due i sensie con tuttigli uomini».

«Voi generalizzatedon Benitoe con animo funesto. Ma il passato èpassato: perché cercarvi una morale?

Dimenticatelo. Vedeteil sole che risplende là ha dimenticato tutto e cosìil mare azzurro e il cielo azzurro: hanno

voltato pagina».

«Perché non hanno memoria»rispose tristementeperché non sono umani».

«Ma questi dolci alisei che vi sfiorano la guancia non vengono come unacarezza quasi umana che risana?

Amici caldiamici costanti sono gli alisei».

«Con la loro costanza non fanno che sospingermi verso la tombaseñor»fula presaga risposta.

«Voi siete in salvo»esclamò capitan Delanopiù che mai sorpreso eaddolorato«voi siete in salvo: che cosa

getta quest'ombra su di voi?»

«Il negro».

Cadde il silenziomentre quell'uomo tetro si sedeva raccogliendo con gestolento e inconsapevole il mantello

intorno a sé quasi fosse un drappo funebre.

Non parlarono più quel giorno.

Ma se su temi di quel genere la malinconia dello spagnolo a volte finiva inmutismoc'erano altri argomenti sui

quali non parlava maisui quali anzi si infittiva tutto il suo anticoriserbo. Tralasciamo il peggio e citiamoa

delucidazionesoltanto uno o due esempi. L'abito così accurato e costosoindossato nel giorno in cui accaddero gli

eventi narratinon era stato indossato volentieri. E la spada montata inargentoapparente simbolo di un potere

dispoticonon era in realtà una spadama il suo spettro. Il foderoartificialmente irrigiditoera vuoto.

Quanto al negro - che con il cervellonon con il corpoaveva concepito eguidato la rivolta - la figura minuta

involucro inadeguato delle passioni che racchiudevasulla scialuppa avevasubito ceduto alla superiore forza muscolare

di colui che lo aveva catturato. Vedendo che tutto era finitonon emisesuono e non si riuscì a costringerlo. Aveva l'aria

di dire: poiché non posso agirenon parlerò. Messo in ceppi nella stivainsieme agli altrivenne portato a Lima. Durante

la traversata don Benito non andò a visitarlo. Né allora ne mai più inseguito volle guardarlo. Davanti al tribunale si

rifiutò di farlo. Quando i giudici insistetterosvenne. Soltanto sullatestimonianza dei marinai si fondò l'identificazione

legale di Babo.

Alcuni mesi più tarditrascinato al patibololegato alla coda di un muloil negro incontrò la sua fine muta. Il

corpo venne ridotto in cenerema per molti giornila testaquell'alvearedi sottigliezzefissata su un palo della Plaza

incontrò impassibile gli sguardi dei bianchicon gli occhi puntati sullachiesa di San Bartolomeodall'altra parte della

Plazadovenella criptariposavanoallora come oggile ossa recuperatedi Aranda. E attraverso il ponte di Rimac

fissava quel monastero sul Monte Agonia dovetre mesi dopo essere statocongedato dalla corteBenito Cerenoportato

sul feretroseguì davvero il suo capo.

APPENDICE

PARTICOLARI SULLA CATTURA DELLA NAVE SPAGNOLA «TRYAL» PRESSO L'ISOLA DISANTA

MARIACON I DOCUMENTI RELATIVI AL CASO

Nell'introdurre il resoconto della cattura della nave spagnola Tryalriporterò perprima cosa un estratto dal

diario di bordo della nave Perseverancesteso a quel tempo dall'ufficiale incaricato.

«Mercoledì20 febbraiocominciò con leggere brezze da nord-est e densenebbie. Alle sei del mattino si

avvistò una vela che doppiava il capo meridionale di Santa Maria ed entravanella baia. Risultò essere una nave. Il

capitano prese una baleniera con l'equipaggio e si portò a bordo. Poiché ilvento era molto lieveun vascello avrebbe.appena avuto di che manovrare; siosservò che la nave si comportava in modo strano. Alle dieci del mattino labaleniera

fece ritorno. Mr. Luther informò che capitan Delano era rimasto a bordochesi trattava di una nave spagnola

proveniente da Buenos Ayr esda quattro mesi e ventisei giorni in mareconun carico di schiavi; che la nave aveva

grande bisogno d'acqua; che aveva sepolto molti bianchi e schiavi durante latraversatae che capitan Delano aveva

chiesto di inviare una grossa scialuppa con acquapesce frescozuccheropanezucchesidrocose che furono tutte

mandate. Alle dodicimezzogiornobonaccia. Alle due del pomeriggio fu diritorno la scialuppache aveva lasciato a

bordo della nave spagnola i barili d'acqua. Alle quattro del pomeriggio silevò da sud la brezzache mise in rotta la nave

spagnola. Gettò l'ancora a due cavi di distanza dalla nostra nave indirezione sud-est. Subito dopo essersi ancoratail

nostro capitano stava per scostarsi dalla nave spagnolaquandocon suagrande sorpresail capitano spagnolo saltò sulla

lancia e in spagnolo gridò che gli schiavi si erano ribellati e avevanoucciso molti uominiche lui non comandava più la

nave. A tale gesto alcuni spagnolirimasti a bordosaltarono in maremettendosi a nuotare dietro la lanciafinché non

furono raccolti dai nostri. Gli spagnolirimasti a bordosi precipitaronoad arrampicarsi su per le sartieil più in alto

possibileinvocando ripetutamente aiuto ad alta vocealtrimenti sarebberostati uccisi dagli schiavi. Il nostro capitano

salì a bordo immediatamenteportandosi il capitano spagnolo e gli uominiraccolti in acquamaprima che arrivasse la

nostra lancianotammo che gli schiavitagliato il cavoandavano alladeriva. Nell'apprendere questoil nostro capitano

ordinò di far aprire i portelli e preparare i cannoni; purtroppo riuscimmo apuntare solo uno dei cannoni di bordo.

Sparammo cinque o sei colpima non ci fu possibile fermare la nave. Benpresto osservammo che alzava le vele e

usciva dalla baia. Inviammo all'inseguimento due lance ben equipaggiate diuomini e armichedopo strenui tentativi

abbordarono la nave e la riconquistarono. Purtroppo nell'impresa il nostroprimo ufficialeMr. Rufus Lowa capo della

spedizionefu gravemente ferito da uno schiavo che gli conficcò una piccanel petto. Fu ferito gravemente anche un

altro uomoe due o tre riportarono ferite leggere. La sfortuna continuavaperché il primo ufficiale della nave spagnola

costretto dagli schiavi a portarla fuori della baiaricevette due brutteferiteuna al fiancoun'altra attraverso la coscia

entrambe da palle di moschetto. Fu ucciso da una palla di moschetto anche unospagnolopasseggero a bordo. Non

abbiamo accertato con precisione il numero degli schiavi uccisima riteniamoche siano stati setteoltre a molti feriti. I

nostri uomini riportarono la nave all'ancora verso le due del mattino del 21non lontano da dove era già stata. Alle sei

del mattino i due capitani andarono a bordo della nave spagnolaportandosidietro ceppi e catenee incatenarono a due

a due tutti gli schiavi sopravvissuti. Lasciarono il nostro secondoufficialeMr. Brownin carico della navecon il

cannoniere come ufficiale in seconda e altri otto uominiaccanto aisopravvissuti dell'equipaggio spagnolo. Il capitano e

il primo ufficiale rimasero a bordo della nostra navequest'ultimo perchésarebbe stato meglio assistito a bordo della

nostra nave che a bordo della sua. Alle nove del mattino i due capitaniritornarono sulla nave spagnoladopo aver

sistematoa loro avvisoogni cosa.

«Il capitano spagnolo allora ci raccontò come fosse stato costretto daglischiavi a dire di provenire da Buenos

Ayres e di essere diretto a Lima; ci confermò che non veniva da BuenosAyresma che lo scorso 20 dicembre era

salpato da Valparaiso per Lima con circa settanta schiavi a bordo; che il 26dicembre gli schiavi si erano sollevati e

impadronitisi della naveavevano messo a morte diciotto bianchi e altrisette li avevano gettati in mare in momenti

successivi; che gli schiavi gli avevano ingiunto di andare in Senegal; cheera rimasto al largo fino a quando non si era

esaurita l'acqua e che si era diretto verso questo porto per farne riserva eanche con l'intenzione di salvare la vita propria

e della sua gentese possibilefuggendo dalla nave con la scialuppa».

Aggiungerò qui alcuni particolari per conto mioattingendo al diario dibordo...

Il pomeriggio del 19prima di nottemandai il nostromo con la grossa barcae la scorticaria a pescare; ritornò

di notte ma con poco pesceosservando che la mattina sarebbe stata piùpropiziase ci fossimo andati sul presto. Gli

dissi di andare all'ora che riteneva opportunae di conseguenza egli partìalle quattro. Intorno all'alba l'ufficiale che

comandava il ponte venne da meche ero nella cuccettaa dirmi che una velastava doppiando la punta sud o capo

dell'isola. Mi alzai immediatamenteraggiunsi il ponte e osservai cherasentava troppo la terratenendo conto di una

scogliera sommersa presso la punta; nello stesso tempo feci notare ai mieiuomini che era una nave straniera e che non

capivo bene le sue intenzioni. Alcuni di loro dissero di non conoscerla e dinon sapere che cosa facessema che era

consuetudine issare i colori della nave nell'entrare in un porto. Ordinai dipreparare la lancia e l'equipaggioe così fu

fatto. Presumendo che la nave venisse dall'alto mare e fosse in navigazioneda molti giornisenza forse cibo fresco

imbarcammo il pesce pescato la notte primaper eventualmente offrirlo.Quando tutto fu prontopoiché temevo che la

nave fosse in pericoloci affrettammo al massimo a raggiungerla perimpedirle di finire nella seccama prima che

l'accostassimoil vento cambiò e la nave cominciò a filare bene. Raggiunsila fiancata e vidi che i ponti erano pieni di

schiavi. Non appena fui sul ponteil capitanol'ufficialela genteglischiavi mi si affollarono intornoraccontandomi la

loro storia e le loro traversieil che non poteva non commuovermi sulle lorosofferenze. Mi dissero di non avere acqua

come risulta dai vari resoconti e dalle deposizioni. Dopo aver promesso disopperire a tutte le necessitàordinai di issare

a bordo il pesce e rispedii la baleniera alla nostra nave con l'ordine dicaricare sulla scialuppa grandenon appena fosse

tornata dalla pescatutti i bariliriempirli d'acqua e portarli lì ilprima possibile per soccorrere quella gente. Ordinai che

la lancia piccola portasse il pesce pescato dalla scialuppa grandeil paneche era stato fattoalcune zuccheun po' di

zuccherosidro in bottigliae di ritornare senza indugio. La baleniera milasciò a bordo della nave spagnolasi

allontanòeseguì gli ordini e fu di ritorno verso le undici. A mezzogiornoarrivò la scialuppa grande con l'acqua che io

stesso fui costretto a distribuire per impedire che gli uomini ne bevesserotroppa e si facessero del male. In un primo

tempo diedi un quarto di pinta a ciascunoun'ora dopo distribuii mezzapintae alla terza ora una pinta. Dopo di che

permisi loro di bere a piacimento. Mi consideravano tutti un benefattoreeioingannato su di lorofeci ogni possibile.gentilezza. Se non fosse statocosìsarei caduto vittima nelle loro mani. È stata per me una grande fortunachein

quell'occasioneil mio stato d'animo fosse particolarmente ben disposto. Leevidenti sofferenze di quanti mi

circondavano avevano ammorbidito i miei sentimenti volgendoli in pietàaltrimentisenza dubbiola mia interferenza in

alcune delle loro discussioni mi sarebbe costata la vita. Il capitanospagnolo aveva perso molta della sua autorità sugli

schiaviche pareva temere e non era disposto a contraddire. Un esempio diquesto atteggiamento fu quello dei quattro

ragazzi di cabinacitati dal capitano. Stavano mangiando insieme ai ragazzischiavi sul ponte principalequando (come

mi venne riferito in seguito) gli spagnolinutrendo qualche speranza diessere liberati e non abbastanza prudenti da stare

zittisi lasciarono sfuggire qualche parola sulle loro atteseche fu capitadai ragazzi schiavi. Uno di loro colpì con il

coltello un ragazzo spagnolo in testafacendogli un taglio profondo finoall'osso e lungo quattro pollici. Avendo visto

questo fattochiesi che cosa significasse. Il capitano rispose che sitrattava soltanto di giochi di ragazzi che litigavano

fra loro. Gli dissi che si trattava di un gioco piuttosto serioperché laferita aveva fatto perdere al ragazzo un quarto di

gallone di sangue. Su numerosi altri esempi di comportamento riottoso cheamio modo di vedereesigevano immediata

reazione e punizionesi passò sopra con ammiccamenti d'intesa. Mi sentivotuttavia disposto a fare concessionipur

davanti a un comportamento così gravepensando che gli uomini fosseroafflitti dalla fatica e dalla lunga sofferenza.

Il comportamento del negrocostantemente al fianco di don Benito e al mioin qualsiasi altro momento mi

avrebbe irritatoeper quanto fossi sorpreso che il comandante glipermettesse tanta libertànon avanzai rimostranze

finché non mi parve seccante. Desideravo discutere con il capitano da soloe siccomeal solitoil negro ci seguì in

cabinachiesi al capitano di mandarlo sul pontein quanto avremmo discussodi affari che era inopportuno trattare alla

presenza di una terza persona. Parlavo in spagnoloe il negro mi capiva. Ilcapitano mi assicurò che la sua presenza non

sarebbe stata di intralcioche ne aveva fatto il proprio compagno econfidentedopo aver perso tanti uomini e ufficiali.

Me lo aveva già presentato come capitano degli schiavie mi disse chemanteneva l'ordine fra loro. Rimasi solo sulla

nave per tre o quattro ore durante l'assenza della lanciae in questoperiodo la nave andò alla deriva con la corrente fino

a tre leghe dalla miaquando da sud-est si levò la brezza. Erano circa lequattro del pomeriggio. Portammo la nave il più

vicino possibile alla Perseveranceattenti a non collidere. Dopo che la nave spagnola fu all'ancorainvitai ilcapitano a

venire a bordo della mia nave per prendere un tè o un caffè con me. La suarisposta fu laconica e riluttantee la sua aria

assai diversa da quella di quando aveva ricevuto aiuto. Poiché ero perplessonel dare una spiegazione di tale mutamento

e sapevo di non esserne la causaconvinto che mi avesse volutamentetrascuratoio stesso mi feci meno socievole e

parlai poco con lui. Dopo aver dato l'ordine di preparare la miaimbarcazionementre mi avvicinavo al fianco della nave

per salire sulla lanciadon Benito mi raggiunsemi strinse cordialmente lamano e mi parve sentisse il peso della

freddezza con cui avevo reagito. Avevo commesso un errore ad attribuire lasua apparente freddezza a indifferenzae

non appena me ne resi contofui felice di porvi rimedio rinnovando i sensidell'amicizia. Continuava a tenermi stretta la

mano finché non feci per scendere nel mezzo della nostra scialuppa; allorala lasciò e rimase lì dicendo frasi cortesi.

Quando mi fui seduto nella lancia ed ebbi ordinato di staccarcimentre gliuomini alzavano i remil'imbarcazione si

scostò per lasciare spazio di manovra. Quando i remi si abbassaronoilcapitano spagnolocon mio grande stuporesaltò

nel mezzo della nostra scialuppa. Non appena si fu un po' ripresosi mise agridare con voce così allarmante che non

riuscii a capirlomentre in quel momento vedemmo i marinai spagnoli saltarein mare e nuotare nella nostra direzione.

Eravamo attoniti. L'ufficiale che era con me con ansia cercava di capire ilsignificato di quanto accadeva. Sorridendo gli

dissi che non lo sapevo e non mi interessavama ritenevo che il capitanovolesse far credere ai suoi che noi

intendevamo portarlo via. In quel momento uno dei miei marinai portoghesi miparlò e mi fece capire quello che diceva

don Benito. Chiesi al capitano di venire a poppadi sedersi accanto a me edi riferirmi tutta la faccenda con calma. Nel

frattempo la lancia raccoglieva gli uomini che erano saltati dalla nave. Neraccolse tre (lasciando uno solo in acqua

finché io e il capitano spagnolo non fummo a bordo della mia nave)quandoil mio ufficiale mi comunicò che il cavo

era stato tagliato e che la nave spagnola si stava muovendo. Chiamai la Perseveranceordinando di aprire i portelli e far

uscire i cannoni il prima possibile. Ci portammo con tutta velocità a bordoquindi rimandammo indietro la lancia a

raccogliere l'ultimo uomo in mareche riuscimmo a salvare.




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