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Platone
Teeteto
Platone Teeteto
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Platone
TEETETO
EUCLIDE: Sei tornato da poco o da tantoTerpsione(1) dalla campagna?
TERPSIONE: è già un pezzetto e ti cercavo in piazzaanzi mi meravigliavoche non ero capace di trovarti.
EUCLIDE: Non mi trovavo in città.
TERPSIONE: E dov'eri?
TERPSIONE: Scendendo al porto mi sono imbattuto per caso in Teeteto cheveniva trasportato da Corinto
dall'accampamentoad Atene.
TERPSIONE: Era vivo o morto? (2) EUCLIDE: Vivo a malapena. Sta male peralcune feritema ancor più perché
l'ha colpito la malattia che si è diffusa nell'esercito.
TERPSIONE: Forse la dissenteria?
EUCLIDE: Sì.
TERPSIONE: O qual uomo si trova in pericolocome tu dici!
EUCLIDE: Valoroso e virtuosoo Terpsione. E proprio adesso udivo alcuni chelo lodavano molto riguardo alla
battaglia.
TERPSIONE: Non c'è nulla di stranoma ci sarebbe da meravigliarsi molto dipiù se non fosse tale. Ma perché non
si è ricoverato qui a Megara?
EUCLIDE: Aveva fretta di tornarsene a casa. Per quanto io lo pregassi e miraccomandassi egli non volle. Poidopo
averlo accompagnato un po'tornandomene indietromi ricordai e mimeravigliai come Socrate avesse parlato da vero
indovino e su di lui e su vari altri casi. Mi sembra infatti che eglipocoprima di moriresi incontrasse con Teeteto che
era ancora un ragazzo etrattenendosi e dialogando con luifu del tuttoammirato per la sua natura. E quando mi recai
ad Atene mi raccontò i discorsi che aveva tenuto con luiben degni diessere uditie aggiunse anche chequando si
fosse fatto avanti d'etàera cosa assolutamente certasarebbe divenuto unpersonaggio di altissimo valore.
TERPSIONE: Ea quanto paredisse il vero. Ma quali furono i discorsi?
Avresti modo di raccontarmeli?
EUCLIDE: Noper Zeus: non certo almenocosìa parole. Ma allora subitonon appena tornavo a casabuttavo giù
delle notee in seguitoa mio agioripercorrendo i ricordilitrascrivevoe tutte le volte che mi recavo ad Atene
interrogavo Socrate su quanto non ricordavo edi nuovo tornato quimi davoa riordinarli al punto cheormaida me è
stato composto tutto il dialogo.
TERPSIONE: Vero: anche tempo addietro ti ho sentito dire questoe talvoltasono stato sul punto di invitarti a
mostrarmeloma mi sono trattenuto fino a questo momento. Ma cosa ciimpedisce ora di prenderlo in esame? Tanto più
che ora io devo riposarmi perché vengo dalla campagna.
EUCLIDE: Ma io puregiacché ho accompagnato Teeteto fino a Erino(3) tantoche non controvoglia mi riposerei.
Ma andiamo: e mentre noi ci prendiamo un po' di sostail ragazzo leggerà.
TERPSIONE: Dici bene.(4) EUCLiDE: Ecco qui il libroTerpsione. Ma il dialogolo trascrissi in questa foggianon
come se Socrate me lo esponessecome in realtà me lo esposema come sedialogasse realmente con coloro con i quali
disse di avere discusso. E disse anche di aver conversato con Teodoro ilgeometra (5) e con Teeteto. Dunqueperché
nello scritto non recassero ingombro quelle specificazioni tra un intercalaree l'altroquando Socratead esempiodiceva
di sé: «e io ribattei»oppure «io dissi»oppuredi colui cherispondeva«era d'accordo»oppure «non consentiva»per
questo motivo appunto io composi il dialogo come se egli parlassedirettamente con i suoi interlocutorieliminando
tutto questo.
TERPSIONE: Non v'è proprio nulla fuor di modoEuclide.
EUCLIDE: Beneragazzoprendi il libro e comincia a leggere.
SOCRATETEODOROTEETETO (6) SOCRATE: Se io mi occupassi più degliavvenimenti in Cireneti
interroghereiTeodorosui fatti e su quelli di làse vi sono giovani chesi applichino con passione alla geometria o a
qualche altra disciplina. Ma siccome prediligo di meno quelli là rispetto aquelli di quidesidero piuttosto sapere se da
noi vi sono giovani che lascino intravvedere di divenire molto valorosi.Ricerca che io conduco direttamenteper quanto
mi è possibilema interrogo anche gli altri presso i quali (7) vedo che igiovani si incontrano volentieri. Non sono
affatto pochi i giovani che stanno vicino a teed è giusto. Tu ne sei degnoper tante altre ragioni e per la tua competenza
in geometria. Dunque se ne hai incontrato qualcuno degno di considerazioneme ne informerei volentieri.
TEODORO: Ma certoSocratemi pare cosa molto degna che tu parli e tuascolti quale ragazzetto io ho incontrato
fra i vostri concittadini. Se fosse belloproverei alquanto scrupolo aparlarneper non dare da vedere a qualcuno che io
mi trovo in desiderio di lui. Oranon prendertela con menon è bellomarassomiglia piuttosto a te per il suo naso
schiacciato e per i suoi occhi in fuori. Ma li ha meno di te. Quindi parlosenza timore.
Sappi bene che di tutti quelli che io ho incontrato - e certamente ne hoavuto vicini parecchi - non ne ho mai
conosciuto uno così sorprendentemente ben formato per natura. Infatti ungiovane che sia così ben disposto ad
apprenderequanto è difficile in un altroe che sia così segnatamentemite di carattereeoltre a ciòcoraggioso contro
qualunque avversitàio non pensavo che esistessené vedo che ne esistano.Ma quelli come luiacuti d'ingegno
perspicacidi buona memoriasono anche molto spesso pronti alla collera esi lasciano trasportare a sbalzi come
imbarcazioni senza zavorra e sono per natura più esaltati che coraggiosi; equelli invece che sono alquanto pesanti si
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fanno incontro con lentezza agli apprendimenti e sono pieni di amnesia.Costui invece si fa avanti negli studi e nelle
ricerche con snellezza e rapidità e con grande tranquillitàcome unrivoletto di olio che fluisce in silenziotanto che c'è
da stupirsi che unodi tale etàriesca a compiere in tal modo queste cose.
SOCRATE: Rechi buone notizie. E di quale cittadino è figlio costui?
TEODORO: Ne ho udito il nomema non lo ricordo. Ma è tra quelli che sifanno avantiquello che si trova nel
mezzo. Poco fanella pista fuori murasi ungevano alcuni suoi compagni elui stesso. E oracosì untipare vengano
qua. Guarda se lo conosci.
SOCRATE: Sìlo conosco. è figlio di Eufroniodi Sunioe fu certamenteuomo tal quale tu mi tratteggi il figlio
pienotra l'altrodi molta considerazione e lasciò anche un patrimoniomolto considerevole. Ma io non conosco il nome
del ragazzo.
TEODORO: Il nomeSocrateè Teeteto. Il patrimonio pare che glielo abbianomandato in malora alcuni suoi
amministratori. Ma anche quanto a liberalità nel denaroè sorprendenteSocrate.
SOCRATE: Tu parli di un uomo nobile. Invitalo dunque a venire qua a sedersicon noi.
TEODORO: Farò così. Teetetoquada Socrate!
SOCRATE: BeneTeetetoche io possa vedere da me stesso che faccia ho!
Teodoro dice infatti che io ce l'ho simile a te. Ma se dicesse che avendociascuno di noi una lira esse sono
armonizzate alla stessa manieraforse che lo prenderemmo subito sul serio oci metteremmo a indagare se è musico
colui che dice così?
TEETETO: Ci metteremmo a indagare.
SOCRATE: E dunque scoprendo che è musico non gli daremmo ragionementresene è digiunonon gli daremmo
credito?
TEETETO: Vero.
SOCRATE: Oraio pensose ci sta a cuore questa somiglianza dei nostrivoltidobbiamo esaminare se chi dice così
è pittoreoppure no.
TEETETO: Pare anche a me.
SOCRATE: è dunque pittore Teodoro?
TEETETO: Noper quanto ne so io.
SOCRATE: Non è nemmeno geometra?
TEETETO: Certamente sìo Socrate.
SOCRATE: Ed è anche versato in astronomianell'arte del computareinmusica e in tutte le branche che attengono
l'educazione?
TEETETO: A mio pareresi.
SOCRATE: Se dunque egli dice che in qualcosa noi rassomigliamo nel fisicooper lode o per burlanon val proprio
la pena che gli diamo ascolto.(8) TEETETO: Può darsi di no.
SOCRATE: E se invece dell'uno dei due lodasse l'anima per virtù e saggezza?
Non sarebbe cosa degnaper chi ascoltadesiderare di scoprire subito chiviene lodatoe a costui di mostrarsi di
buon animo?
TEETETO: Ma certoSocrate.
SOCRATE: Ora dunquecaro Teetetospetta a te mostrarti e a me scoprirti.
Perché sappi bene che Teodoropur avendo lodato con me molti forestieri econcittadinidi nessuno ha mai fatto
tanti elogicome di tepoco fa.
TEETETO: Sarebbe beneSocrate. Ma bada che non parlasse per ischerzo.
SOCRATE: Non è l'abitudine di Teodoroquesta. Ma non ritrarre ora quelloche si è convenutomettendo innanzi
che costui parla scherzandoperché non lo si costringa a darne una prova -nessuno infatti potrebbe accusarlo di falsa
testimonianza - ma coraggioresta saldo su quanto convenuto.
TEETETO: Occorre fare cosìse ti è gradito.
SOCRATE: Dimmi: impari da Teodoro elementi di geometria?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E anche quelli relativi all'astronomiaall'armonia e i calcoli?
TEETETO: Almeno lo desidero.
SOCRATE: Anch'iocaro ragazzoe da parte di Teodoro e di altri chepensose ne intendono un po' di questi
problemi. Tuttaviasulle altre questioni me la sbroglio a sufficienza: mac'è un piccolo punto su cui ho dei dubbi e
vorrei considerarlo con te e con questi altri. Dimmi dunque: l'imparare nonè diventare più sapienti in quello che uno
impara?
TEETETO: Come no?
SOCRATE: I saggia mio pareresono sapienti per la loro sapienza.
TEETETO: Sì SOCRATE: E codesto differisce in qualcosa dalla conoscenza?
TEETETO: E che è questo codesto?
SOCRATE: La sapienza. Di quelle cose nelle quali gli uomini sono espertinonsono anche sapienti?
TEETETO: Perché no?
SOCRATE: Sono dunque la stessa cosa conoscenza e sapienza?
TEETETO: Sì.
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SOCRATE: E proprio questo il punto sul quale nutro dei dubbi e che non possocapire sufficientemente per conto
mio: cosa mai è conoscenza. Abbiamo forse la possibilità di dirlo? Che nedite voi? E chi di voi parlerà per primo?
E chi sbagliae quello che sbaglierà sempresi metterà a sedereasinocome dicono i ragazzi che giocano a palla.
Chi invece riuscirà a non commettere errorisarà nostro re e potràimporre tutto quello che vuole che gli si risponda.
Perché ve ne state in silenzio? O forse ioTeodoroper amore didiscussione mi comporto rusticamente desiderando che
si facciano discussioni tra noi stessi e diventiamo amici ed entriamo inrapporto gli uni con gli altri?
TEODORO: NoassolutamenteSocratenon ci sarebbe nulla di grossolano inquesto: ma invita pure questi
giovanetti a risponderti: io infatti non sono abituato a tale sistema didiscussione ed'altra parteho una età da non
potermici abituare. Ad essi invece è utile e molto di più ne trarrannoprofitto. La gioventùin realtàtrae profitto in ogni
cosa. Macome avevi cominciatonon desistere e interroga pure Teeteto.
SOCRATE: Tu odiTeetetoquel che dice Teodoroal qualeio pensononvorrai disubbidiree non sarebbe bello
chesu tali questioniun giovane disobbedisca a quello che chiede un uomoSaggio. Dunque rispondimi bene e con
garbo. Cosa ti pare essere conoscenza?
TEETETO: Occorre pur farloSocratesiccome voi lo desiderate: ad ogni modose in qualcosa sbaglio
correggetemi.
SOCRATE: Ben d'accordo: purché ne siamo in grado.(9) TEETETO: A mio pareretutti gli insegnamenti che uno
può imparare da Teodorocome la geometria e le materie che tu elencaviproprio orasono conoscenzeea sua volta
l'arte del calzolaio e anche quelle degli altri artigianitutte insieme e auna a unasono conoscenze.
SOCRATE: Sei ben nobilmente e generosamente disposto a dare tuche richiestodi una sola e semplice questione
rispondi con molte e varie risposte.
TEETETO: Che intendi dire con questoo Socrate?
SOCRATE: Forse nulla: ma quello che penso te lo dirò. Quando tu parlidell'attività del calzolaio niente altro intendi
dire se non conoscenza della lavorazione della suola?
TEETETO: Niente altro.
SOCRATE: E cosa quando parli dell'arte del falegname? Niente altro forse senon conoscenza della fabbricazione
degli attrezzi di legno?
TEETETO: Noproprio questo.
SOCRATE: E dunquein tutte e due le ipotesitu definisci ciò di cuiciascuna arte è conoscenza.
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Ma non era questo ciò che era stato chiestoTeetetodi che cosac'è conoscenzané quante sono esse; io
facevo la domanda non con l'intenzione di enumerarlema di conoscere laconoscenza in sécos'è mai.
Dicoforseuna cosa da nulla?
TEETETO: Nocertamente una cosa che regge.
SOCRATE: Considera anche questo: se qualcuno ci facesse domanda su qualcosada poco e alla portata di mano
quale ad esempio sull'argilla che cosa è maie noi gli rispondessimo cheargilla è quella dei fabbricanti di vasie argilla
quella dei lavoranti in terracottae argilla quella dei fabbricanti dimattoninon saremmo ridicoli?
TEETETO: Probabilmente sì.
SOCRATE: Indubbiamenteanzitutto perché pensiamo che chi fa la domandadalla nostra rispostapossa
comprendere perchédicendo argillavi aggiungiamo poi il nome di «unfabbricante di bambole» o di qualunque altro
artigiano. Pensi che uno possa comprendere il nome di una certa cosa se nonsa qual è?
TEETETO: Noassolutamente.
SOCRATE: E non capisce nemmeno conoscenza dei calzarichi non sa cos'èconoscenza.
TEETETO: Nocerto.
SOCRATE: E non comprende nemmeno arte di calzolaioné alcuna altra chiignora cosa è conoscenza.
TEETETO: è così?
SOCRATE: è ridicola dunque la risposta a uno che chiede che cos'èconoscenzaquando si risponda il nome di una
qualche arte. Risponde infatti conoscenza di una certa cosamentre non erastato interrogato in questo.
TEETETO: Pare proprio così.
SOCRATE: Poiperchépur essendo possibile rispondere in maniera facile ebrevesi percorre una strada che non
ha termine. Allo stesso modo nella domanda dell'argilla era facile e semplicerispondere che l'argilla è terra mescolata
con acquae lasciare perdere di quale artigiano.
TEETETO: Appare facileSocratela questioneorain questo modo. Perchéla tua maniera di interrogare è proprio
molto vicina a quella chepoco faoccorse anche a noi mentre discutevamodico a me e al tuo omonimo Socrate qui
presente.
SOCRATE: E quale questa manieraTeeteto?
TEETETO: Teodoro disegnava un qualcosa per noi intorno alle potenzeperesempio su quella di tre piedi e su
quella di cinquemostrando che per lunghezza queste potenze non si possonomisurare con la lunghezza di un
piede.(10) E così scegliendo una per ciascuna le potenze giunse fino alladiciassettesima e in questa si trattenne. A noi
dunque occorse un qualcosa di similepoiché le potenze ci apparivano senzalimite circa il numerocercare di
raccoglierle in una sola unitàper denominarle poi tutte quante e conquesta sola definizione: le potenze.
SOCRATE: E avete poi trovato un qualcosa di simile?
TEETETO: A me pare di sì: ma esamina la cosa anche tu.
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SOCRATE: Parla.
TEETETO: Abbiamo separato in due parti tutta la numerazione: ogni numero chepuò essere moltiplicato per se
stesso altrettante volteassomigliandolo quanto a figura a un quadratonoilo chiamammo quadrato ed equilatero.(11)
SOCRATE: Ma bene.
TEETETO: E quello che sta in mezzo a questitra i quali anche il tre e ilcinque e ogni numero che non può essere
derivato di due fattori eguali moltiplicati tra di loroma consistono ilpiù grande da una moltiplicazione con un fattore
minore e il più piccolo dalla moltiplicazione con un fattore maggiore equindi sempre li circoscrive da una parte un lato
che è più grandedall'altra un lato che è più piccoloassomigliandoli auno schema oblungo lo chiamammo numero
oblungo.
SOCRATE: Benissimo: e dopo questo?
TEETETO: Quante linee rendono quadrato il numero equilatero e pianonoi lachiamammo lunghezzaquante
invece lo rendono più lungo per un verso che per l'altropotenzepoichéin lunghezza non sono commensurabili con
quellema alle superfici piane che esse valorizzano. E qualcos'altro dianalogo si disse anche dei corpi solidi.
SOCRATE: O meraviglie degli uominiragazzi mieitanto che Teodoroa mioparerenon si troverà certo colpevole
di falsa testimonianza per quanto vi riguarda.
TEETETO: TuttaviaSocratenon potrei rispondere a quanto chiedi sullaconoscenza come a proposito della
lunghezza e della potenza. Eppure mi sembra che tusu per giùricerchi lastessa cosasì che ancora una volta Teodoro
può apparire testimone falso.
SOCRATE: Cosa? Se lodandoti per la corsa avesse detto di non avere maiincontrato tra i giovani uno agile nel
correre come tepoicorrendotu fossi stato vinto da uno fortissimo evelocissimocredi tu che costui ti avrebbe lodato
con minore verità?
TEETETO: Io no.
SOCRATE: Mascoprire la conoscenzacome io dicevo poco fapensi che siacosa da pocooppure di quelli che
sono assolutamente acuti?
TEETETO: Per Zeussì: ma moltomolto acuti.
SOCRATE: Confida dunque in te stessoe non pensare che Teodoro dica qualcosacosì per diree datti da fare in
ogni modo per capire la ragione e delle altre questioni ed anche dellaconoscenzaquale mai essa si trova ad essere.
TEETETO: Quanto a buona disposizioneSocrateessa si farà vedere.
SOCRATE: Suvviadunquepoco fa ti orientavi molto bene: tenta di farl'equivalente della risposta circa le potenze
e come le raccogliesti - e sono molte - sotto un unico aspettocosì cercadi definire le conoscenzesono molte anche
essein un solo enunciato.
TEETETO: Sappi bene comunqueSocrateche spesso io ho provato di far lucesu tale questionesentendo parlare
delle domande poste da parte tua.
Purtroppo non sono in grado di convincermi di poter dire qualcosa asufficienzané di poter udire qualcun altro a
rispondere così come tu pretendi e neppure di staccarmi dal desiderarlo.
SOCRATE: Tu hai le doglie del partocaro Teetetoperché tu non sei vuotoma pregno.
TEETETO: Non soSocrate: ti dico solo quello che sento.
SOCRATE: Ohmio simpaticone! E non hai sentito dire che io sono figlio diuna levatrice molto in gamba e forte
di Fenarete?
TEETETO: Sìquesto l'ho già sentito.
SOCRATE: E hai sentito dire che io professo la stessa arte?
TEETETO: Noproprio no!
SOCRATE: Sappi bene che è così. Tu però non raccontarlo agli altri. Iotengo nascosto agli altriamicodi
possedere quest'arte: ed essisapendolonon dicono questo sul conto miomache sono molto originale e che mi do da
fare a mettere in imbarazzo gli uomini. E questo l'avrai pure sentito dire?
TEETETO: Io sì.
SOCRATE: Te ne dico dunque il motivo?
TEETETO: Ma certo.
SOCRATE: Cerca di capire tutto ciò che riguarda le levatrici e comprenderaipiù facilmente quello che voglio dire.
Tu sai che nessuna donnaquando è in stato di gravidanza e deve partorirefa da levatrice alle altrema soltanto quelle
che ormai non sono più in grado di creare una prole.
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: Dicono che ne è causa Artemidechepure essendo vergineebbe insorte la protezione del parto. Essa
dunquenon consentì alle sterili di assistere ai partiperché la naturaumana è troppo debole da consentire di assumere
un'arte nella quale non si è esperti. Ma affidò quest'arte a quelle cheper ragione d'etànon hanno figlirendendo
omaggio alla loro somiglianza con se stessa.
TEETETO: è naturale.
SOCRATE: E non è naturaleanzi necessarioche le donne gravide sianoconosciute meglio dalle levatrici che non
dalle altre donne?
TEETETO: Certo.
SOCRATE: E sono le levatrici a dare i farmaci eaccompagnandosi col cantoarisvegliare le doglie e a renderle più
blande se voglionoe a fare partorire quelle che partoriscono condifficoltàe a far abortirequando sembra opportuno
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l'abortose l'embrione è prematuro?
TEETETO: è così.
SOCRATE: Esu di loronon conosci anche questoche sono abilissimepronubeessendo così pratiche a sapere
quale donna occorra che si congiunga a quale uomo per generare la prolemigliore?
TEETETO: Questo non lo conoscevo bene.
SOCRATE: Sappi allora che si vantano più per questo che per il tagliodell'ombelico. Rifletti dunque: Pensi tu che
sia proprio di questa oppure di un'altra arte la cura e la raccolta deifrutti della terra e conoscere in quale terra quale
germoglio vada coltivato e quale seme vada seminato?
TEETETO: Nodi questa.
SOCRATE: E per la donnacaropensi tu che altra sia l'arte della semina ealtra quella della raccolta?
TEETETO: Non è verisimile.
SOCRATE: Non lo è infatti. Ma per questa attitudine a congiungereingiustae inettaun uomo con una donnache
ha nome di lenociniole levatriciche sono consideratesi trattengono dalconciliare nozze giustetemendoper questo
di cadere in quell'accusa. Mentre soltanto alle vere levatrici spetterebbecombinare le nozze correttamente.
TEETETO: Mi pare così.
SOCRATE: Questo dunque il compito delle levatrici: ma è minore rispetto allamia attività: infatti non avviene alle
donne di partorire ora immaginiora esseri verie che questo non sia facileda capire. Se questo avvenissesarebbe
opera grandissima e bellissima per le levatrici distinguere il vero da quelloche non lo è. Non la pensi così?
TEETETO: Iosì.
SOCRATE: La mia arte di levatrice poiin tutto il resto è uguale a quelladelle ostetrichema se ne differenzia in
questoche agisce sugli uomini e non sulle donnee assiste le loro animequando partorisconoe non i corpi. E il pregio
più grande in questa nostra artemettere alla provaper quanto èpossibile in ogni modose il pensiero del giovane
partorisce immagini o menzogne o invece un qualcosa di fertile e di vero.Poiché anche questo mi appartienecome alle
levatrici: io sono sterile di sapienzae quello che già molti mirimproverano è il fatto che interrogo gli altri ma io non
rispondo su alcuna questioneper il fatto di non avere alcuna sapienza: e mirimproverano con verità. La causa di tutto
ciò è la seguenteche il dio (12) mi costringe a esercitare la maieuticama di partorire me lo impedì. Io dunquedi per
me stessonon sono un sapiente; e nessuna scopertache sia taleè partodel mio animo. Quelli invece che sono abituati
a frequentarmianche se alcuni di essi sembrano in un primo tempo incoltitutticon il protrarsi della frequenza con me
quando il dio lo concede lorone traggono un giovamento sorprendentecomesembra a loro stessi e anche agli altri. Ed
è manifesto che da me non hanno imparato nullama essi di per se stessihanno fatto e creato molte e belle scoperte.
Madi questa loro possibilità di generarepromotore è il dio e io stesso.Ed è chiaro nel modo seguente: molti che non
erano a conoscenza di questo e che si ritenevano promotori essi stessitenendo in nessun conto la mia personao di loro
iniziativa o convinti da altrisi allontanavano da me molto prima delnecessarioe come si furono staccatiper il tempo
restante abortirono per la malvagia compagniama nutrendo male tutto ciòche da me era stato assistito nella creazione
lo mandarono in malora facendo maggior conto delle menzogne e degli spettripiù che della veritàfinirono con il
sembrare ignoranti a se stessi e agli altri. Uno di questi fu Aristidefiglio di Lisimacoe anche molti altri. A quelli che
tornano di nuovosupplicando di riottenere la mia compagnia e compiendostranezzead alcuni il demone che sembra
mi assista impedisce di frequentarmiad alcuni altri invece lo concede ecosì essi ne traggono giovamento di nuovo.
Quelli poi che si trovano insieme a me provano la stessa condizione delledonne che devono partorire; hanno le doglie
sono sommersi da disagio molto più di quelle. Questa mia arte è in grado dirisvegliare ma anche di placare questo
dolore. Questi dunque si trovano in questa condizione.
Ad alcuni poiche a me non sembrano affatto pregnio Teetetocomprendendoche non hanno alcun bisogno di me
molto volentieri vedo di sistemarli altrove eper dirlacon l'aiuto di diotrovo facilmente con chi possono stare e averne
giovamento.
E di essi molti li diedi a Prodico (13) e molti ad altri uomini sapienti edivini. Per questomio ottimo amicoio ti ho
tirato in lungo tutte queste storieperché ho il sospettoe ne seiconvinto anche tuche abbia le doglie e sia pregno
dentro. E dunque concediti a mefiglio di una levatricee ostetrico iostessoe alle cose che io ti domando cerca di
rispondere volentiericosìcome ne sei capace. E se poi esaminando le coseche tu dicigiudicherò che qualcuna è
fantasia e non veritàio te la strappo e la butto via; ma tu non adirarticome fanno le donne che partoriscono per la prima
volta per i loro neonati. Sono già moltio mio caroa essere cosìdisposti nei miei confrontitanto che sono pronti fino
anche a mordermise mi metto a strappare via da loro qualche sciocchezza enon pensano che io faccia questo per
benevolenzaperché sono molto lontani dal sapere che nessun dio è malevolocon gli uominie neppure io faccio nulla
di questo per malanimoma perché non mi pare affatto giusto ammettere ilfalso e adombrare la verità. Di nuovo
dunqueo Teetetocome da principiotenta di dire che cosa mai è laconoscenza.
E non dirmi più che non ne sei capace: infattise un dio vuole e tu agiscida uomone sarai in grado.
TEETETO: DunqueSocratepoiché tu lo raccomandi in questo modosarebbedisdicevole non adoperarsi in ogni
modo a dire quello che uno ha da dire. Pare dunque a me che chi ha conoscenzadi una cosaha la sensazione proprio
della cosa che egli conoscee come almeno ora a me pareconoscenza nientealtro è se non sensazione.
SOCRATE: Molto bene e splendidamenteragazzo mio! Si deve infatti parlare inquesto modomettendosi in chiaro
direttamente.
Maconsideriamolo insieme questo modose realmente è fertile o vano.Sensazionetu diciè la conoscenza?
TEETETO: Sì.
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SOCRATE: Mostri proprio di aver detto un discorso non da poco sullaconoscenza: è ciò che disse anche Protagora.
(14) Ma egli disse le stesse cose in altro modo. Disse infatti che «l'uomoè misura di tutte le cosedi quelle che sonoin
quanto sonodi quelle che non sono in quanto non sono». Le hai lette questecose?
TEETETO: Le ho letteanche spesso.
SOCRATE: Egli dunque un presso a poco dice così: quale sembra ciascuna cosaa metale codesta è per me; e quale
sembra a tetale è per te. E tucome mesei un uomo.
TEETETO: Dice proprio così.
SOCRATE: Può darsi che un uomo tanto saggio non dica sciocchezze: forse chetalvolta quando soffia lo stesso
vento l'uno di noi ha freddo e l'altro no? E l'uno poco e l'altro molto?
TEETETO: Ma certo.
SOCRATE: Allora diremo dunque che questo ventodi per se stessoè freddo onon freddo? O daremo ascolto a
Protagoraper cuiper chi ha freddo è freddoe per chi non ha freddononlo è?
TEETETO: Parrebbe così.
SOCRATE: E non appare dunque cosìall'uno e all'altro di noi?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Ma l'apparire è anche averne la sensazione.
TEETETO: è così.
SOCRATE: Dunque fantasia e sensazione rispetto al caldo e ad altri casi diquesto genere sono la stessa cosa. Quale
ognuno prova per sensazione una cosatale mostra di essere per ciascuno lastessa cosa.
TEETETO: Pare.
SOCRATE: Sensazione poi di ciò che è realmenteè sempre anche indenne daerrore in quanto è conoscenza.
TEETETO: è evidente.
SOCRATE: Per le Cariti! Dunque fu proprio un sapientone Protagora che a noifeccia grossolanadisse queste cose
per enigmima ai suoi scolari invecein segretodisse la verità!
TEETETO: In che sensoSocratedici questo?
SOCRATE: Te lo dirò: ed è una sapienza non da poco questa: nessuna cosa diper se stessa è una solané
correttamente si potrebbe chiamare alcuna cosa né quale che siamase tuvai proclamando che è grandeappare anche
piccolae se tu dici che è pesantepuò sembrare anche leggerae cosìper tutte le altreperché niente è unoné comené
quale. Dall'essere portateal muoversial congiungersi delle cose fra diloroderivano tutte quelle che noi diciamo
esistereesprimendoci in maniera non corretta. Infatti nulla è maimasempre diviene. Su questo problema tutti i
filosofidi seguitotranne Parmenideè da ammettere che concordinoProtagoraEraclitoEmpedocle(15) e i poeti più
grandidell'uno e dell'altro genere di poesiaEpicarmo (l6) della commediaOmero della tragedia(17) il quale dicendo:
generatore degli dèi fu Oceano e madre Teti affermò che tutte le cosediscesero dal flusso e dal moto. O non ti pare che
dica così.
TEETETO: Sìpenso io.
SOCRATE: E chi potrebbe opporsi ancora a un tale esercito e a uno strategacome Omerosenza diventare ridicolo?
TEETETO: Non è facileSocrate.
SOCRATE: No certamenteTeeteto. Poiché anche questi sono segni sufficienticon il ragionamento e il sembrar
essere e il divenire li determina il movimentomentre la stasi genera il nonessere e l'andare in rovina. Infatti il calore e
il fuoco che generano e reggono tutte le altre cosesono a loro voltagenerati dal movimento e dallo sfregamento.
Non sono forse queste le origini del fuoco?
TEETETO: Sono queste.
SOCRATE: E anche la schiatta degli esseri viventi vien generata da questistessi elementi.
TEETETO: Come no?
SOCRATE: Ebbene la condizione del nostro corpo non si rovina con l'ozio e lapigriziamentre si mantiene molto a
lungo con l'esercizio fisico e il movimento?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E la buona condizione nell'anima non si acquista con l'apprendimentoe con la curache sono
movimentie si mantiene e diventa migliorementre con la placidità che èassenza di apprendimento e di curanon
impara nulla e dimentica anche quello che impara?
TEETETO: Ma certo.
SOCRATE: L'una cosa dunqueil movimentoè un bene per l'anima e per ilcorpomentre l'altra invece è il
contrario?
TEETETO: Pare così.
SOCRATE: E devo ancora intrattenerti sull'assenza dei venti e sullatranquillità del mare e altre cose similiper dirti
che la calma corrompe e rovina e il contrario invece mantiene? E oltre ciòdevo aggiungere come termine la catena
d'oro che niente altro è se non il sole come dice Omeroe rende chiaro chefinché esiste l'orbita dell'universo che si
muove e anche il soletutte le cose esistono e si mantengono tra gli dèi eper gli uominima se tutto questo si arresta
come avvinto nei ceppiogni cosa andrebbe in rovina e tuttocome si suoldirefinirebbe sottosopra?
TEETETO: Mi pare proprioSocrateche Omero abbia inteso dimostrare quelloche tu dici.
SOCRATE: Prendi dunque a esaminarecarissimo amicola questione nel modoseguente. In primo luogosecondo
lo sguardoquello che tu chiami colore bianco non esiste in sécome unqualcosa d'altro e fuori dai tuoi occhi e neppure
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dentro gli occhi e non puoi neppure assegnargli un luogo. Perchése sitrovasse in qualche luogoin posizioneper così
diree lì stessenon potrebbe generarsi proprio nella sua genesi.
TEETETO: Come dici?
SOCRATE: Facciamo seguito al discorso di poco fa quando abbiamo posto cheniente esiste di per se stesso che
costituisca una unità.
E così il nero e il bianco e qualunque altro colore ci appariranno derivatidal contatto degli occhi con il movimento
che vien loro incontro equello che noi chiamiamo come singolo colorenonsarà la cosa che si accosta allo sguardoné
lo sguardo che viene accostatoma un qualcosa che ha tratto origine dalmezzo e che è proprio a ciascuno. O tu ti
ostineresti a dire chequale appare a te ciascun coloretale anche simostri a un cane e a un qualunque altro animale?
TEETETO: Nodi certoper Zeus.
SOCRATE: Ebbene? Una qualunque cosa può apparire identica a te e a un altrouomo? Tu tieni queSto per fermoo
meglio ancoraneppure a te la cosa appare la stessa per la ragione che anchetu non sei mai eguale a te stesso?
TEETETO: Questo a me pare più giusto di quello.
SOCRATE: Dunquese la cosa con la quale ci misuriamo o che tocchiamo fossegrande o biancao caldanon
potrebbe mai divenire diversavenendo a contatto con un'altrasenza cheessa stessa in nulla cambiasse. Se poi ciò che
viene misurato o toccato fosse ciascuna di queste cosenon potrebbe maidivenire diverso quando un altro oggetto gli si
avvicinasse o avesse a subire qualche mutamentodal momento che esso stessonulla può subire.
E cosìcaro mionoi saremmo costretti a direcosì alla buonacosestrane e ridicolecome potrebbe dirci Protagora
(18) e chi prende a dimostrare le stesse concezioni di lui.
TEETETO: Come e cosa dici?
SOCRATE: Considera un piccolo esempio e saprai ciò che voglio dire: se tuasei dadine metti vicino quattro
diciamo che sono più dei quattrouna volta e mezzo tantose poi mettivicino dodiciche sono di meno e esattamente la
metà. E non sarebbe ammissibile dire diversamente. E tu lo ammetteresti?
TEETETO: Io no.
SOCRATE: Ebbene? Se Protagora o qualcun altro ti chiedesse: «è possibileche un qualcosa diventi più grande o più
numeroso in modo diverso se non viene aumentato?»cosa risponderesti?
TEETETO: DunqueSocratese devo risponderesecondo il mio punto di vistaalla domanda di adessodirei che
non è possibile. Se poi dovessi rispondere a quella di primabadando di nondire cose contraddittoriedirei che lo è.(19)
SOCRATE: Molto beneper Eracaro miodivinamente. Ma se tu rispondi che èpossibile ti accadrà un qualcosa come
il detto di Euripide: «Sarà la nostra lingua a non essere incensurabilemanon la mente».(20) TEETETO: è vero.
SOCRATE: Dunque se io e tu fossimo abili e sapienti dialettici e avessimoesaminato tutti i problemi sulla mente
saggiandoci l'un l'altro a profusione per il restante tempopotremmo venirea contesa alla stregua dei sofisti e
ribatteremmo vicendevolmente ragionamento a ragionamento. Ora invecepoichésiamo molto alla buonavogliamo
anzitutto vederegli uni davanti agli altri cosa sono i convincimenti chenoi abbiamo in mente se si trovano in armonia
tra di loro oppure è il contrario.
TEETETO: è proprio questo che io vorrei sapere.
SOCRATE: E io pure. Ma poiché la questione sta cosìcos'altro possiamofare se non ricominciare da capo l'esame
tranquillamentesiccome abbiamo molto temposenza lasciarci prenderedall'inquietudinema vagliando in realtà con
molta attenzione in noi stessicosa sono mai queste visioni che sono dentrodi noi?
E considerando la prima di esse diremocome io pensoche nessuna cosa maidiventa più grande né più piccolané
per volume né per numerofinché resta eguale a se stessa. Non è così?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Il secondo punto poi è il seguentecioè che una cosaa cui nullaviene aggiunto o toltonon cresce mai
e nemmeno decrescema resta sempre uguale.
TEETETO: è esattamente così.
SOCRATE: E il terzo punto è questoche quel che non era prima èimpossibile che sia poi senza il divenire.
TEETETO: Pare così.
SOCRATE: Questi tre puntidunqueche ci trovano consenzienti sono in lottacon se stessicredonella nostra
animaquando diciamo le ragioni dette a proposito dei dadie quandoaffermiamo che ioche sono di tale età senza
essere cresciuto né avere provato qualcosa in senso contrarionel giro diun anno vengo a essere ora più grande di te che
sei giovanepoipiù piccolonon perché nulla sia stato sottratto allamia molema perché tu invece sei cresciuto. Sono
dunque dopoquel che prima non eropur non divenendo tale. Infatti non èpossibile che si divenga senza il divenirené
mai sarei potuto diventare più piccolonon perdendo nulla del mio volume. Emolte altre questionia migliaia per
migliaiastanno in questi terminise noi accettiamo questi. Tucertomitieni dietroTeeteto. Non mi sembra infatti che
tu sia inesperto di tali problemi.
TEETETO: Per gli dèiveramenteSocrateio mi meraviglio enormemente percosa possano essere mai queste
visioni e talvoltaguardandole intensamentesoffro le vertigini.
SOCRATE: Non mi parecaro amicoche Teodoro abbia opinato male sulla tuanatura. Si addice particolarmente al
filosofo questa tua sensazione: il meravigliarti. Non vi è altro iniziodella filosofiase non questoe chi affermò che
Iride era figlia di Taumante come sembranon fece male la genealogia.(21)Allora comprendi tu ormai il perché queste
cose sono tali da quel che noi diciamo sosteneva Protagorao no?
TEETETO: Ancora nocredo.
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SOCRATE: E dunque mi riconoscerai gratitudine se di quest'uomoo meglio diquesti uomini famosiio con te
cercherò di trarre in luce la verità del pensieroancora in gran partenascosta?
TEETETO: E come potrò non riconoscertelae anche molto?
SOCRATE: Sta bene attento e guarda in giro che non abbia a sentirci uno deinon iniziati. Questi sono coloro che
credono che non ci sia niente altro se non quello che possono saldamenteafferrare con le mani: ma azionigenerazioni
e tutto quel che è invisibilenon lo accettano come parte dell'essere.
TEETETO: VeramenteSocratetu parli di uomini duri e testardi.(22) SOCRATE:Sono cosìragazzomolto rozzi.
Altriinvecesono molto più accorti edi essiio vado a esporti imisteri; il principioal quale sono connesse anche tutte
le considerazioni che svolgevamo poco faè questo che tutto è movimento eniente altro esiste oltre questo; del
movimento poi due sono gli aspettisenza limiti l'uno e l'altro perquantitàe l'uno ha l'attitudine a farel'altro a sentire.
Dall'unione e dallo sfregamento di questi due viene generata la prolesenzalimite per moltitudinema pure duplice
l'una il sensibilel'altra la sensazioneche viene sempre a incontrarsi e agenerarsi con il sensibile. Dunque le sensazioni
assumono da noi questi nomivistauditoolfattoraffreddorecaldopiaceredoloredesideriopaura e ve ne sono
anche altre infinite e senza nomema moltissime lo hanno. Il genere deisensibili poi sorge contemporaneamente a
ciascuna di esse: colori svariati in rapporto a svariate sensazioni dellavistaallo stesso modo i suoni con le sensazioni
dell'udito e così le altre sensazioni derivano assieme a tutti gli altrisensibili. Capisci dunqueTeetetoquesto mitocosa
vuoi dire per noirispetto alle cose di prima?
TEETETO: Non del tuttoSocrate.
SOCRATE: Stai attento se in qualche modo si viene alla conclusione.
Vuoi dire che tutte queste cosecome dicevamosi muovonoe nel loromovimento sono insite velocità e lentezza.
Tutto quel che è lento contiene il movimento in questa stessa cosarelativamente a quello che gli è posto vicinoe così
genera puremaquanto nasce in tal manieraè più veloce. Di fatto simuove e in questo spostarsi sta per natura il suo
movimento. Quando lo sguardo e un altro qualunque oggetto tra quelli che conlo sguardo sono commensurabili
producono la bianchezzacoll'avvicinarsie la sensazione che le èconnaturatacosa che non potrebbe avvenire se l'uno
e l'altro di questi due andassero chi in un verso e chi in un altroalloramuovendosi nella parte di mezzo della vistagli
occhi e insieme anche la cosa che genera il colore della bianchezzaalloraappunto l'occhio si fa pieno di vita e vede e
non più è divenuto vistama occhio che vedee ciò che genera il colorevien riempito di bianchezza e diventa non
bianchezza ma biancosia esso legnoo pietra o un'altra cosa qualunquecuiè accaduto di essere tinto di tale colore
bianco. E così anche delle altre cosedel durodel caldo e di tutte quantesi deve intendere in questo modoche nessuna
di per se stessa è nullacosa che dicevamo anche allorama chenell'unione delle une con le altretutte generano in
conseguenza del movimentopoiché il fattore che agisce e quello chesubiscecome essi dicononon è possibile
pensarliin maniera saldaesistere sopra una cosa sola. Infatti non esistefattore che agisce prima che non si sia unito a
quello che subiscené vi è fattore che subisce prima di essere unito aquello che agisce. Quello che poi è fattore agente
unendosi con qualche cosapoi cadendo su un'altrasubito diventa fattoreche subisce. Tanto che da tutte queste cose
come dicevamo all'inizionessuna cosa è in sé e per séma sempre divienein rapporto a un'altrae dunque l'essere va
tolto in ogni modoanche spesso e anche poco fa siamo stati costretti a fareuso un po' per consuetudineun po' per
inesperienza. Quello che non bisognasecondo il ragionamento dei sapientiè di non accontentarsi parlando di me né di
questa o quella parola o di alcun altro nome che significhi qualcosa che staimmobilema usarne secondo la natura delle
cose e dire che esse si generanosi compionovanno in rovinasubisconoalterazioni. Perché se qualcuno rende fermo
qualcosa col suo argomentarefacendo questopuò essere agevolmentecontestato. Occorre dunque dire in questo modo
sia delle cose singolesia anche di molte messe insiemea quell'insieme cuipongono il nome di uomodi pietradi ogni
animale e aspetto. Queste considerazioni dunqueTeetetoti sembrano ghiottee le gusti qualora ti piacciano?
TEETETO: Io non lo so proprioSocratee non sono neppure in grado dicapacitarmi sul conto tuose dici cose di
cui sei convinto o per mettermi alla prova.
SOCRATE: Tu non ricordicaroche io nulla so e che non faccio mai alcuna diqueste coseperché rispetto a esse
sono infecondo e invece assisto te a creare eproprio per questo facciol'incantesimo e ti pongo innanzi a uno a uno i
concetti dei sapienti per farteli gustarefinché io tragga alla luce il tuopensiero. E quando sarà venuto fuori allora lo
esaminerò se apparirà vano o in grado di creare. Ma facendoti forza ecoraggiorispondi bene e da uomo quello che è il
tuo avviso sulle domande che io ti porrò.
TEETETO: Chiedi dunque.
SOCRATE: Dimmi dunque di nuovo se ti convince questoche nulla è madivieneil belloil buono e tutto quello di
cui abbiamo parlato poco fa.
TEETETO: Sìa me da quando ti sento argomentare in questo modo pare che iltuo discorso stia così a meraviglia e
penso che vada inteso così nel modo in cui lo hai spiegato.
SOCRATE: Allora non lasciamo perdere quel che resta da dire su di esso. Restada dire dei sognidelle malattiee
fra questedella pazziadel fraintendereveder di traversopercepire maleo qualunque altra cosa si dice a proposito di
questa malattia. Tu sai certamente che il discorso che facevamo poco fasembra possa essere respinto in tutte queste
cose concordementepoiché soprattutto in questi casi a noi possono derivaresensazioni ingannevoli e molto manca che
quanto sembra a ciascunosia questo anche realtàmatutto al contrariosembra che nulla sia realtà di quel che appare.
TEETETO: Dici cose perfettamente vereSocrate.
SOCRATE: Quale spunto resta alloraragazzo mioper chi pone la sensazionecome conoscenza e che quanto a
ciascuno appare questo è per colui cui appare?
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TEETETO: Io mi vergognoSocratedi dirti che non so cosa dirtipoichéproprio ora mi hai rimproverato a dirti
questo. Ma in verità io non potrei sostenere che i pazzi o quelli chesognano non hanno opinioni falsequandotra di
essialcuni credono di essere degli dèialtri di essere alati e cosìvolano nel sonno.
SOCRATE: E non ti viene in mentea loro riguardoneppure quella questionesoprattutto quella intorno al sonno e
alla realtà?
TEETETO: Quale?
SOCRATE: Questa. Io penso che spesso tu abbia sentito dei tali chiedere qualeprova si può avere per dimostrarese
uno chiedesse oracosìnel momento presentese stiamo dormendo o sesognamo tutto quello che pensiamoo siamo
invece svegli e proprio nella realtà parliamo tra di noi.
TEETETO: CertoSocrateè difficile dimostrarlo con una qualche provaperché tutte le cose si tengon dietro di per
se stesse come se fossero il controcanto l'una dell'altra. Ad esempio idiscorsi di poco fanulla impedisce di credere che
li abbiamo fatti tra di noi anche nel sonno. E quando durante il sognocrediamo di raccontare sogniè ben strana la
somiglianza di questi con quelli.
SOCRATE: Vedi dunque che non è difficile seminare dubbi su questoquando siè in dubbio addirittura sulla realtà
e sul sogno; e siccome è uguale il tempo che dedichiamo al riposo a quelloin cui siamo sveglinell'uno e nell'altro di
questi spazi la nostra mente si dibatte se sono più veri quei pensieri cheessa ha di continuo presentitanto che per un
tempo uguale noi diciamo che sono veri questidella realtàe peraltrettanto tempo quellidel sognoe allo stesso modo
insistiamo sugli uni e sugli altri.
TEETETO: è assolutamente così.
SOCRATE: Dunque per le malattie e la pazzia non è lo stesso il discorsoeccetto il fattore tempo che non è lo
stesso?
TEETETO: Non mi pare.
SOCRATE: Ebbene? Il vero sarà determinato dalla quantità o dalla scarsezzadel tempo?
TEETETO: Sarebbe cosa ridicola in ogni caso.
SOCRATE: Ma cos'altro hai tu di chiaro per dimostrare quali di questipensieri sono veri?
TEETETO: Non saprei.
SOCRATE: Ascolta dunque da me quali cose potrebbero dire su tali questionicoloro che dichiarano vere le cose che
di continuo appaiono a colui al quale appaiono. Diconoa mio parerecosìinterrogando: «O Teetetouna cosa che sia
completamente diversa da un'altra avrà mai un suo valore identico aquell'altra? E non dobbiamo supporre che la cosa
che domandiamo in parte sia la stessain parte sia diversama altracompletamente?».
TEETETO: Ma è impossibile che abbia qualcosa di identiconé in valorenéin qualunque altro modoqualora sia
perfettamente altra.
SOCRATE: E non è necessario dunque ammettere che questa cosa è anchedissimile?
TEETETO: A me pare di sì.
SOCRATE: Se dunque avviene che qualcosa diventa simile o dissimile a un'altracosasia pure se stessa o un'altra
sosterremo noi che con l'assomigliarsi è la stessacol non assomigliarsiun'altra?
TEETETO: è necessario.
SOCRATE: E non dicevamo prima che molti sono i fattori che agisconoanzisenza numeroe altrettanto i fattori
che subiscono?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E poi mescolandosi insieme l'uno con l'altroe poi con un altroancoranon genereranno le stesse cose
ma diverse?
TEETETO: Certamente sì.
SOCRATE: Parliamo ora analogamente di me e di te e di tutte le altre cose: diSocrate che è sanoe di Socrate poi
che è malato: diremo dunque che questo è simile a quello o che èdissimile?
TEETETO: Quando dici «Socrate malato» lo dici tutto intero questose èsimile o dissimile a quell'altro tutto intero
«il Socrate sano»?
SOCRATE: Hai capito benissimo. Io dico proprio questo.
TEETETO: è certamente dissimile.
SOCRATE: Un altro dunquecosì come tu lo dici dissimile?
TEETETO: è necessario.
SOCRATE: E anche quando dorme e in tutte quelle cose di cui abbiamo parlatopoco fadirai altrettanto?
TEETETO: Io sì.
SOCRATE: Ora ciascuno di quei fattori che per natura sono in grado di agirequando incontrino Socrate sanosi
comporteranno con me come con uno diverso dal Socrate malato e quando loincontrino malato si comporteranno come
con una persona diversa dal Socrate sano?
TEETETO: Perché non dovrebbero?
SOCRATE: E certo genereremo cose diverse dall'uno e dall'altro di noiiocome fattore che subisce e quello come
fattore che agisce.
TEETETO: E con ciò?
SOCRATE: Quando io bevo il vino da sanomi pare buono e dolce.
TEETETO: Sì.
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SOCRATE: Infatti come dalle considerazioni svolte prima di comune accordo ilfattore che agisce e quello che
subisce generano dolcezza e sensazione di dolcezzache si muovono ambedue aun tempo; la sensazione che è da parte
del fattore che subisce ha reso la lingua in grado di sentirela dolcezzainvece che proviene dal vino e si muove intorno
a lui fa in modo che il vinoper una lingua sanasia e appaia dolce.
TEETETO: Esattamente: così è stato ammesso da noi anche prima.
SOCRATE: Ma quando il fattore che agisce trova Socrate malatonon è vero inprimo luogo che non incontra la
stessa persona? Si è imbattuto infatti in uno dissimile.
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Un tale Socrate allora e il bere vino devono generare altre cose:sensazione di amarezza intorno alla
linguaamarezza che deriva e si muove intorno al vinoe il vino non èamarezzama amaroe io non sarò sensazione
ma quello che sente?
TEETETO: Perfettamente così.
SOCRATE: Dunque io per nessun altra cosa potrò diventare soggetto che sentein questo modo: perché altra è la
sensazione dell'altroe rende differente e altro il soggetto che sente; enon è neppure dato che quel fattore che agisce su
di meincontrando un altro mai diventi tale quale (23) generando lo stessoperchéda altro generando altrodiventa
differente.
TEETETO: è così.
SOCRATE: Né io divento tale per me stessoné quella tale cosa per sestessa.
TEETETO: Certamente no.
SOCRATE: è necessario però che divenendo io soggetto che sentelo diventidi un qualcosa. Infatti è possibile
diventare soggetto che sentema impossibile divenire soggetto che sente dinessuna cosa. è necessario ancora che quella
cosaquando diventa dolceamara o qualcosa di analogolo diventi perqualcuno; divenire dolce infatti è possibilema
dolce per nessuno è impossibile.
TEETETO: è assolutamente così.
SOCRATE: Rimane dunqueo se siamo o se diventiamoche noi siamo ediventiamo l'uno nei confronti dell'altro
poiché la necessità lega la nostra essenza(24) ma non la lega a nessunodegli altri e nemmeno a noi stessi.(25) Resta
dunque che si sia legati insieme l'uno all'altro. Tanto che se uno dice cheuna cosa è o diviene deve anche dire che essa è
o diviene rispetto a qualche cosa o per qualche altra cosa. Ma che una cosasia o diventi solo per sé medesimaquesto
non lo deve direné accettarlo se lo dice un altrocome significa tutto ilragionamento che abbiamo svolto.
TEETETO: è assolutamente cosìSocrate.
SOCRATE: Dunque il fattore che agisce su di me è mio e non di un altroequello che io sento di luiun altro non
potrà sentirlo.
TEETETO: Come no?
SOCRATE: E la mia sensazione è vera per me. Infatti è parte della miaessenza. E io sono giudicesecondo il
concetto di Protagoradelle cose che sono per mecome sonoe di quelle chenon sono come non sono.
TEETETO: Pare così.
SOCRATE: Come dunquedal momento che non mi inganno e non inciampo nellameditazione delle cose che sono
o divengonocome potrei non essere consapevole delle cose delle quali iosono il soggetto che sente?
TEETETO: è impossibile che tu non lo sia.
SOCRATE: Dunque è stato detto molto bene da te che conoscenza niente altroè che sensazionee tutto ciò si trova
in armonia allo stesso concetto chesecondo Omero e Eraclito e tutta unasimile schieratutto si muove come un flusso
senza sostae se secondo il sapientissimo Protagoraper il quale l'uomo èmisura di tutte le cosee anche secondo
Teetetose le cose stanno cosìche conoscenza è sensazione. DunqueTeetetolo diciamo che questo concetto è come
una sorta di neonato tuomentre mia è l'assistenza al parto?
TEETETO: è necessario dire cosìo Socrate.
SOCRATE: Questo bambino dunquecome pareuna buona volta l'abbiamo puremesso al mondoanche se a fatica
quale mai esso si trova a essere. Ma dopo il parto dobbiamo fargli di corsale anfidromie (26) tutto attorno con il
ragionamentoper renderci conto se il nato merita di ottenere l'allevamentoo se invecea nostra insaputaè vano e
ingannevole. O pensi che questo tuo nato occorra comunque tirarlo su e nonesporloe sopporterai di vederlo sottoposto
ad accusee non te la prenderai con ogni impeto se qualcuno lo sottrarrà ate che l'hai appena partorito.
TEODORO: Teeteto lo sopporterà. Non è affatto fastidioso. Maper gli dèila questione può ancora non essere
così?
SOCRATE: Tu sei senza dubbio amante della logicaTeodoroe un uomoeccellentese pensi che io sia un otre di
argomentazioni e sia facile per metirandone fuori qualcunadire che laquestione di nuovo non sta così. E non ti rendi
conto di quel che avvienecioè che da parte mia non salta fuori nessunragionamentoma sempre da parte di chi discute
con mee non so altra cosa di più se non questain brevedi recepire daun altro che sia sapiente tutti i ragionamenti che
ha e di accettarli come si deve.
Anche ora proverò a farloTeetetosenza dire nulla io stesso.
TEODORO: Tu parli anche troppo beneSocrate: fa dunque così.
SOCRATE: Sai dunqueTeodoroquel che mi sorprende del tuo amico Protagora?
TEODORO: Cosa?
SOCRATE: Tutte le altre cose che ha detto primapossono andareche quel chea ciascuno parequesto è anche. Ma
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io guardo stupefatto l'inizio del suo discorsoperché non ha sostenutodando inizio al suo lavoro sulla Verità(27) che di
tutte le cose misura è il maiale o il cinocefaloo qualche essere ancorapiù strano tra quelli capaci di sensazioneper
parlarefin da quando cominciavacon noi in maniera magniloquente e anchecon molto disprezzodimostrando che
mentre noi lo ammiravamo come un dio per la sua sapienzaegli in realtà peracume non si trovava a essere migliore
non solo di qualche altro uomoma nemmeno di un girinodi una rana. Oppurecome dovremmo direTeodoro?
Se per ciascuno sarà vera l'impressione che gli viene dalla sensazionenéquesta esperienza altrui un altro potrà
giudicarla in maniera migliorené alcuno sarà più padrone di vagliarel'impressione di un altrose vera o falsamacosa
che è stata detta più volteciascuno potrà avere un modo di pensaresoltanto su quelle impressioni che lo riguardano di
personacome maio amicoProtagora doveva apparire sapiente al punto diessere considerato giustamente maestro di
altri e anche con grandi compensi (28) e noi tanto ignoranti da doverfrequentare la sua scuolasiccome ognuno è
misura della propria sapienza?
Perché non diciamo che Protagorafacendo demagogiadiceva queste cose? Sudi me e sulla mia arte di ostetrico
taccio quante ridicolaggini possiamo tirarci addosso. E così la penso anchesu tutta la mia attività del discutere. Questo
sottoporre a esame e cercare di mettere alla prova reciprocamente impressionie pareriche sono veri per ciascuno non è
la più grossa e formidabile sciocchezzase è vera la Verità di Protagoraed essa non è risuonatacosì per ischerzodal
sacro tempio del suo libro?
TEODORO: Socratecome tu hai detto or oraProtagora è stato amico mio: nonpotrei quindi accettare di vedere
contestato Protagora con la mia approvazione e neppure continuare con tecontro il mio parere. Riprendi pure il dialogo
con Teeteto. Anche or ora pareva che ti ascoltasse con molto piacere.
SOCRATE: BadaTeodorose tu andassi a Spartanelle palestredi nonpretendere di vedere nudi gli altrialcuni
anche bruttisenza mostrare tu stesso il tuo fisicodopo essertispogliato.(29) TEODORO: Perché ti pare che non potrei
farlose essi volessero concedermelo e ne fossero convinti? Come ora iopenso che voi sarete convinti a lasciarmi qui a
fare da spettatore e a non tirarmi per forza nel ginnasiosclerotico comesonoe tuinvecea misurarti con questo qui
che è più giovane e più svelto.
SOCRATE: Ma se così è caro a teTeodoronon è odioso neppure a mecomedicono quelli che fanno proverbi.
Quindi occorre tornare ancora al saggio Teeteto. RispondimiTeetetoanzitutto su quanto dicevamo or ora: non saresti
stupefatto anzitutto se cosìall'improvvisovenissi a scoprire che insapienza non sei inferiore a qualunque uomo e
perfino agli dèi? O ritieni che la misura di Protagora si convenga meno aglidèi che agli uomini?
TEETETO: Per Zeusio non lo penso. Anzi mi meraviglio molto di ciò che michiedi. Infatti quando prima
discutevamo in che modo essi sostenevano che quel che pare a ciascunoquestoè anche per colui al quale sembrami
appariva del tutto che fosse detto bene. Ora invece la questione mi èpiombata addosso in maniera del tutto opposta.
SOCRATE: Perche tu sei giovanecaro ragazzo mio. E ascolti attento leconcioni e ti fai convincere. Ma a queste
considerazioni Protagorao un altro in vece suarisponderebbe così: «ogiovani e vecchi molto bravivoistando seduti
fate discorsi altisonantiportando in mezzo anche dèiche io invece tiroviasia dal parlare che dallo scrivere su di loro
come sono o come non sonoe le cose che la moltitudine accetterebbevolentieriascoltandolevoi le ditecome quando
affermate che non ci sarebbe nulla di sorprendente se non ci fosse affattodifferenzain sapienza fra ciascuno degli
uomini e una qualunque bestia. Ma una dimostrazioneun argomento cogente voinon lo ditee vi avvalete di quel che è
verisimiledel quale se si volessero servire Teodoro e qualcun altro deigeometri per fare geometrianon avrebbero
nemmeno il peso di una sola unità. Badate bene dunquetu e Teodoroseaccettate ragionamenti parlando di tali
questionibasandovi solo su credibilità e verosimiglianza».
TEETETO: Ma non è giustoSocratené tuné noi lo diremmo.
SOCRATE: Allora bisogna considerarea quel che parecome è ilragionainento tuo e di Teodoro.
TEETETO: è del tutto in altro modo.
SOCRATE: E allora esaminiamolo in questose mai conoscenza e sensazione sonola stessa cosa o qualcosa d'altro.
Perché questo era l'obiettivo di tutto il nostro ragionamento e proprio invirtù di essoabbiamo mosso tutti questi strani
problemi. Non è così?
TEETETO: è certamente così.
SOCRATE: Ammetteremo dunqueche delle cose di cui abbiamo sensazionevedendole e udendoledi tutte queste
a un temponoi veniamo anche a conoscenza? Ad esempioprima di conoscere lalingua dei barbaridiremo forse che
non ascoltiamo quando parlanooppure che ascoltiamo e a un tempocomprendiamo anche quello che dicono? E ancora
non conoscendo le loro lettereguardando a esse ci ostineremo a dire che nonle vediamooppureche se le vediamole
conosciamo?
TEETETO: Diremo di conoscere di esseo Socratesolo quello che vediamo eascoltiamo; delle lettere diremo
infatti di vedere e conoscere la forma e il coloredelle voci invece diascoltare e dunque di sapere l'acutezza e la gravità.
Quanto a quello poi che sulla loro lingua possono ammaestrarci uomini dilettere e interpretidiremo che senza vederle
o udire non possiamo averne sensazione e venirne a conoscenza.
SOCRATE: EccellentementeTeeteto; e per te non torna conto discuterneanchesolo per tirarti su d'animo. Ma
bada ora anche a questo altro problema che ci piomba addosso e vedi comepotremo fargli fronte.
TEETETO: E quale?
SOCRATE: Il seguente: «Può darsi che uno che una volta sia divenutoconoscitore di qualcosae abbia e mantenga
il ricordo di questa cosaè possibile che allora quando se ne ricorda nonconosca proprio quello di cui si ricorda.». Io la
tiro per le lunghea quanto parementre voglio domandare soltanto se unoimparando una cosanon la conosca mentre
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se ne ricorda?
TEETETO: E comeSocrate? è una insensatezza quella che dici.
SOCRATE: Forse che io do i numeri? Bada bene: non dici che vedere è provaresensazione e che la vista è
sensazione?
TEETETO: Io sì.
SOCRATE: Dunque chi ha visto una cosa non è divenuto conoscitore della cosache ha vistosecondo il discorso di
poco fa?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Ebbene? Non la chiami qualcosa la memoria?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Di qualcosa o di nulla?
TEETETO: Di qualcosacertamente.
SOCRATE: Dunque di ciò che qualcuno imparò e di cui ebbe sensazionenon èpropria di queste cose la memoria?
TEETETO: E dunque?
SOCRATE: E ricorda talvolta uno quello che ha visto?
TEETETO: Se ne ricorda.
SOCRATE: Se ne ricorda anche a occhi chiusioppure nel fare questo se nedimentica?
TEETETO: Ma è assurdoSocratesostenere questo.
SOCRATE: Ma occorre sostenerlose vogliamo salvare il ragionamento di primase no si squaglia.
TEETETO: Anch'io lo sospettoSocratema non comprendo del tutto.
Dimmi tu il come.
SOCRATE: In questo modo; noi diciamo: colui che vede diventa conoscitore diciò che vede; si è concordato infatti
che vistasensazione e conoscenza sono la stessa cosa.
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: Colui che vede ed è diventato conoscitore non vedea occhi chiusiricorda sìma non vede la stessa
cosa. Non è così?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Ma questo «non vede» equivale a «non sa» se e vero anche che«vede» equivale a «conosce».
TEETETO: è vero.
SOCRATE: Accade dunque che chi è divenuto conoscitore di una cosaanche sela ricorda ancoranon la conosce
dal momento che non la vede. Cosa che dicevamo essere assurda se maiavvenisse.
TEETETO: è molto vero quel che tu dici.
SOCRATE: Pare dunque che combini un qualcosa di impossibilese uno sostieneche conoscenza e sensazione sono
la stessa cosa.
TEETETO: Pare di sì.
SOCRATE: Occorre dunque ammettere che l'una e l'altra cosa sono diverse.
TEETETO: è probabile.
SOCRATE: E allora cosa sarebbe conoscenza? Come pare occorre ridirlo da capo.
Purecosa maiTeetetoandiamo a fare?
TEETETO: A che riguardo?
SOCRATE: Sembra che noialla stregua di un gallo vilecantiamo vittoriaprima di avere vintobalzando giù dal
ragionamento.
TEETETO: E come?
SOCRATE: Sembra che noialla stregua degli illogiciabbiamo concordatosulle omologie dei nomie riuscendo
superiori con un tale mezzo nel ragionamentoce ne contentiamo epurcontinuando a dire di non essere polemistima
filosofisenza accorgerceneandiamo compiendo proprio quello che fannoquesti sagacissimi uomini. (30) TEETETO:
Non comprendo ancora bene come parli.
SOCRATE: Tenterò allora di dirtelo chiaramenteintorno a ciò che penso. Cichiedevamo se unoimparando e
ricordando una data cosanon la conoscee dimostrando che chi vede e chiudegli occhiricorda sìma non vedene
abbiamo arguito che non sa e al tempo stesso non ricorda. E dicemmo chequesto è impossibile. E così è andato in
malora il mito di Protagora e anche il tuoquello della conoscenza e dellasensazione che sono la stessa cosa.
TEETETO: Pare di sì.
SOCRATE: Tuttavia io pensoo carose vivesse anche il padre (31) del primodi questi due mitimolte altre
considerazioni tirerebbe in ballo a difesa. Ora inveceorfano qual ènoilo copriamo di fango. E neppure i tutori che
Protagora ha lasciato vogliono recargli aiutouno dei quali è qui presente:Teodoro. E sarà probabile che proprio noia
causa del giustogli porteremo aiuto.
TEODORO: Non ioSocratema piuttostoCallia (32) figlio di Ipponicoètutore delle cose di Protagora. Ioben
prestodai ragionamenti sottili (33) mi sono rivolto alla geometria. Tisarò comunque gratose gli recherai aiuto.
SOCRATE: Tu dici beneTeodoro; considera dunque quello che è il mio aiuto.Ma se qualcuno dovrà pure
ammettere concetti anche più paradossali di questise non presta attenzionealle paroleal modo con cui siamo abituati
per lo più a dire e poi a negare.
Devo dunque parlare a teo a Teeteto?
Platone Teeteto
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TEODORO: A tutti e duein comune; ma a rispondere sia il più giovaneperché sbagliandosfigurerà di meno.
SOCRATE: E ti faccio una domanda assai strana: ed ècome pensolaseguente: può darsi dunque che uno stesso
individuo che sa una cosa ben determinatanon sappia proprio quella cosa chesa?
TEODORO: Cosa risponderemo dunqueTeeteto?
TEETETO: Ma è impossibile. Io la penso così.
SOCRATE: Nose tu presupponi che vedere è conoscere. Cosa risponderaiinfattia una di quelle domande senza
scamporinchiusocome si suol dire in un pozzoquando un contendenteinflessibiletenendo chiuso con la mano uno
dei tuoi occhiti chiederà se tu vedi il suo mantello con l'occhio chiuso?
TEETETO: Gli risponderòpensoche non vedo con quelloma con quell'altro.
SOCRATE: E dunque tu vedi e non vedi a un tempo la stessa cosa?
TEETETO: Un presso a poco.
SOCRATE: «Io»ti risponderà«non ti impongo di dire questo né chiedevocomema semplicemente se quel che
conosci anche non lo conosci».
Mostri ora di vedere quello che non vedi. E ti trovi ad avere ammesso chevedere è sapere e non vedere non sapere.
Da queste cose dunque trai il calcolo tu su quel che ti avviene.
TEETETO: Traggo dunque la conclusione che se ne ricava il contrario di quelloche avevo presupposto io.
SOCRATE: E io pensomio caroche avrai a subirne parecchie di queste provese vi è un conoscere acuto e uno
senza vigorese si può conoscere profondamente la stessa cosa o in manierablanda e altre svariate questioniche uno di
questi uominiarmato alla leggerama capace di lauti compensi nel giocodelle paroleabile nel combinare tranelli
potrebbe chiederti dal momento che ha presupposto che conoscenza e sensazionesiano la stessa cosae lanciandosi
contro l'udito e l'odorato e altre consimili sensazioniavrebbe ilsopravvento su di te e ti terrebbe senza lasciarti andare
prima che tupieno di ammirazione per la sua desiderata sapienzafossimesso in ceppi da luifino a quandodopo
avere messo le mani su di te e averti incatenato ormaiallora soltanto tisaresti riscattato al suono di tanto denaro
quanto fosse sembrato giusto a te e a lui. Probabilmente tu mi chiederai: «Protagoraquale ragionamento esporrà a
sostegno della sua tesi?».
Tentiamo di dirne qualche altra cosa?
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: Diràpensotutto quello che dicevamo noi quando provavamo didargli una mano e insieme ci stringerà
più da vicino pieno di disprezzo dicendo: «Questo bel campione di Socrateinterrogato un ragazzino se poteva essere
che la stessa persona ricordasse ed anche non sapesse una data cosasiccomesi spaventò e nello spavento negò perché
non si poteva prevederemi mostrò ridicolo nei suoi discorsi. La questioneo bel pappacotta di un Socratesta così.
Quando tu sottoponi al vaglio con domande qualcuna delle mie tesise chi èinterrogato commette erroririspondendo
come risponderei iosono io a essere contestato: se risponde in altro modoallora è chi viene interrogato. Subito
dunque: pensi che si possa ammettere che in un tale persista un qualchericordo di cose che ha già provatoche sia tale
esso quale in certo modo quando lo provòanche quando non lo prova più? Cicorre molto. E ancoraritieni che esiterà
a consentire che una stessa persona conosce e non conosce la stessa cosa? Mase hai dei dubbi ad ammettere questosi
darà mai che la stessa personadiventata diversasia ancora la stessa cheera prima di divenire diversa? E più ancora che
quello sia unoma non alcuniche questi diventino poi un numero sterminatose avviene la diversità; occorrerà l'un
l'altro ben guardarci quanto alle trappole delle parole. Dunqueo beato»dirà ancora«vieni contro a quel che dico in
modo generosose puoie prova che le sensazioni non divengono peculiari inciascuno di noiche se anche non
divengono peculiariper nulla di più ciò che appare avviene solo perciascuno o èse si deve fare uso della parola
essereper quello cui appare. E quando parli da porco e da cinocefalo nonsolo fai il porco tuma convinci a farlo anche
gli ascoltatori contro i miei scrittie fai male. (34) Io sostengo che laverità è proprio come io ho scritto: ciascuno di noi
infatti è misura delle cose che sono e di quelle che non sono. Ma esiste unadifferenza senza limiti fra l'uno e l'altro
proprio su questo stesso puntoperché le cose appaiono in un modo diversoall'uno e in modo diverso ancora all'altro. E
tanto ci corre che io sostenga che non esiste sapienza e uomo sapientecheanzi dico uomo sapiente quello che a uno di
noi al quale le cose appaiono e sono cattivefacendolo cambiarefarà inmodo che le cose gli appaiano e siano buone.
(35) E tu non perseguire il mio ragionamento con le parolema cosìinmaniera ancora più chiaracerca di capire quello
che dico. Cerca di ricordare quanto era stato detto nelle argomentazioni diprima: per uno debole il cibo che inghiotte
appare ed è amaromentre per uno sano appare ed è il contrario; né sideve ritenere dunque che l'uno di questi due è più
sapiente dell'altro - infatti non è possibile e nemmeno si deve asserire chechi è malato è ignorante perché la pensa in
questo modomentre il sano è sapiente perché la pensa in modo contrario.Ma bisogna fare cambiamenti rispetto alle
due condizioni. Infatti la seconda condizionela saluteè migliore.
Così anche nell'educazioneda una condizione bisogna cambiare a quellamigliore. Ma il medico opera i
cambiamenti mediante le medicineil sofistainvecemediante iragionamenti. Ma mai nessuno fece in modo che chi
aveva un modo falso di opinare poi venisse a concepire opinioni vere. Non èpossibile infatti che si pensino opinioni che
non esistononé altre cose oltre a quelle che uno prova: soltanto questesono sempre vere. Cosìchi per una condizione
infelice dell'anima pensa cose congeniali a questa sua animapuò fare inmodopensoa concepire altrettante opinioni
migliori che alcuniper ignoranzachiamano fantasie veree io invecemigliorile une delle altrema niente affatto più
vere. E i sapienticaro Socratesono ben lontano dal gratificarli conranocchima rispetto ai corpi li chiamo medici
rispetto alle piante agricoltori. E dico che questi agricoltori sannoimmettere nelle piantese qualcuna si ammalainvece
di quelle cattivedelle sensazioni buone e sane e non solo vere. E isapienti e buoni retori fanno in modo che nelle città
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sembrino essere giuste le cose vere anziché quelle malvagie. Giacché quellecose che per ciascuna città sembrano belle
e buonequeste lo sono anche per essafino a che essa tali le consideri. Mail sapiente invece di ogni cosa che è
malvagiaa questa ne determina altre che sono e appaiono buone. Per lostesso motivoanche il sofistache in questa
maniera è in grado di educare i suoi alunniè un uomo sapiente e degno diessere compensato da essi con molto denaro.
E così alcuni sono più sapienti di altri e nessuno può nutrire opinionimenzognere e tu devi pure ammettere di buona
voglia o controdi esserne la misura. Su queste fondamenta si regge questoragionamento: e se tu hai in mente di
contraddirlo da capocontraddicilo pure esponendo il contrario mediante unragionamento. Ma se vuoi farlo attraverso
domandefallo pure con delle domande: neppure questo infatti è darifuggireanziè particolarmente da perseguirefra
tuttida uno che abbia senno.
Fa dunque così: ma non fare ingiustizie nel porre domande.
E infatti sarebbe grande la contraddizione se uno che va predicando di averein gran conto la virtùnull'altro facesse
nelle discussionise non commettere ingiustizie. Compiere ingiustiziaavviene in questo modoquando uno fa le
discussioni se non scevera nettamentese ha in animo di combattere o didiscutereperché nella prima ipotesi scherza e
tentaper quanto puòdi incastrare l'avversarionella secondainvecesiimpegna a dialogare e raddrizza chi dialoga
con lui e gli mostra quegli errori soltanto nei quali si è lasciatoinvischiareo per colpa suao di quelli con i quali si
confrontava in precedenza. Se agirai in questo modoquelli che discutono conte chiameranno in causa se stessi per i
loro turbamenti e i loro dubbie ti verranno dietro e ti vorranno bene eavranno in odio proprio se stessie non te e da se
stessi rifuggiranno verso la filosofiaper allontanarsiuna volta divenutialtrida quello che erano in precedenza. Ma se
farai il contrario di ciòcome fanno i piùti accadrà il contrario equelli che sono con te a dialogareanziché filosofili
farai diventare spregiatori della filosofianon appena saranno diventatipiuttosto anziani. Se dunque mi presti ascolto
come si diceva anche primanon con spirito avverso e polemicomadisponendoti con serena condizione d'animo
sinceramente considera cosa mai diciamomostrando che tutto si muove e chequel che sembra a ciascunoquesto è
anche per ciascunosia privatosia l'intera città. E in conseguenza diciò potrai osservare se sono la stessa cosa o altro
conoscenza e sensazione: non come poco fa dell'uso abituale di parole e nomiche i più trascinano da una parte e
dall'altra come capitaprovocandosigli uni con gli altriogni sorta didubbi». Questi concettisecondo le mie
possibilitàtentai di dire a sostegno dell'amico tuopiccolo contributoda parte di piccole possibilità. Se fosse stato vivo
luicertamente avrebbe recato lui difesa in modo più efficace ai suoi puntidi vista.
TEODORO: Tu scherziSocrate: hai preso le difese dell'uomo in maniera deltutto giovanile.
SOCRATE: Dici beneamicoma rispondimi: hai osservatocome dicevaProtagora poco fae ci biasimava di fare
discorsi con un ragazzetto esul senso di paura di questo ragazzocieravamo dati a contendere con le sue teoriee
chiamando in causa questo come uno scherzo emagnificando quella «misura ditutte le cose»ci invitava con forza a
prendere in esame con serietà i propri ragionamenti?
TEODORO: Come avrei potuto non avvertirloo Socrate.
SOCRATE: Ebbene? Ci spingi a dargli ascolto?
TEODORO: Con forza.
SOCRATE: Tu vedi dunque che tutti i presentieccettuato tesono ragazzi.Perciòse vorremo prestare ascolto a
Protagoraoccorre che io e tu ci impegnamo a discutere sulla sua teoriaponendoci delle domande tra di noi e dandoci
delle risposteperché poi non abbia da rimproverarci ancora cheperischerzoabbiamo preso in esame la sua dottrina
con dei ragazzi.
TEODORO: Ebbene? Non potrebbe dunque Teetetomeglio di molti che hannolunghe barbetenere dietro a un
ragionamento che viene sottoposto al vaglio?
SOCRATE: Certoma non meglio di teo Teodoroe non pensare neppure che iodebba prendere in ogni modo la
difesa del tuo amico che è mortomentre tu non lo fai affatto. Orsùdunqueo eccellent'uomovienimi dietro un po'fino
a questo almenofino a che possiamo vedere se occorre che delle figure ingeometria la misura sei tuoppure tutticome
tebastano a se stessi nell'astronomia e nelle altre discipline nelle qualitu godi della fama di distinguerti.
TEODORO: Non è facileSocratestando seduto qui vicino a te non concedersialla discussione; e poco fa ho detto
un'assurdità dicendo che mi avresti concesso di svestirmi e mi avrestiforzato come fanno gli Spartani. Mi pare piuttosto
che tu tiri come Scirone.(36) Gli Spartani infatti comandano o di andarsene odi spogliarsitu invece mi sembri piuttosto
fare dei fatti alla maniera di Anteo:(37) non lasci andare chi ti si avvicinaprima di averlo costretto a spogliarsi e a fare
la lotta con te nei ragionamenti.
SOCRATE: Hai tratteggiato molto beneTeodorola mia malattia; ma io sono unlottatore molto più tenace di
questi. Me ne sono già venuti incontro parecchi degli Eracli e dei Teseiassai abili a condurre le dispute e che mi hanno
ben percossoma iocon tutto ciònon mi tiro indietro: un amore cosìpotente mi ha afferrato per questa sorta di
ginnastica del discutere.(38) Tudunquenon sottrarti alla disputa: netrarremo giovamento io e te.
TEODORO: Non mi tiro più indietro; vada come tu vuoi: occorre sopportarefino in fondo la sorte che tu intrecci
riguardo questi problemi ed essere anche sottoposti a confutazione. Ioperònon sarò in grado di esporre me stesso oltre
alle questioni che tu hai posto innanzi.
SOCRATE: Basta anche fino a queste; ma sta' in guardia a quel che seguechefacendo discorsi non ci riescano
senza avvedercenesotto forma puerilee qualcuno di nuovo non ce lo abbia arimproverare.
TEODORO: Starò attento per quanto è nelle mie possibilità.
SOCRATE: Per prima cosadunqueriesaminiamo il problema allo stesso puntodi prima e consideriamo se
eravamo malcontentia ragione o a tortobiasimando il ragionamento chepresupponeva che ciascuno è autosufficiente
Platone Teeteto
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a se stesso rispetto alla conoscenza.
Ma Protagora non convenne con noi che quanto alla conoscenza del meglio e delpeggio alcuni si distinguono di
gran lunga e questi proprio sono i sapienti. Non è così?
TEODORO: Sì.
SOCRATE: Se dunque egliessendo presentece lo avesse concessoe nonavessimo invece dovuto ammetterlo noi
prendendo la sua difesanon ci sarebbe affatto bisogno di riprendere laquestione per renderla consolidata. Oraforse
qualcuno potrebbe giudicarci senza diritto di fare questa ammissione in vecesua.
Per questo motivo è cosa migliore concordare in maniera più chiara suquesto stesso problema. Infatti non è che
cambi poco se la cosa sta così o in maniera diversa.
TEODORO: è vero.
SOCRATE: Dunque non con il concorso di altrima del suo ragionamentonelmodo più brevecerchiamo di
comprendere quello che è il suo assenso.
TEODORO: Come?
SOCRATE: Così: dice egli che quel che pare a ciascuno questo anche è percolui al quale pare?
TEODORO: Lo dicesì.
SOCRATE: E dunqueProtagoraanche noi manifestiamo il pensiero di un uomoo meglio di tutti gli uomini
quando affermiamo che per certe questioni non c'è nessuno che non considerise stesso più sapiente degli altriper altre
questioni invece non stimi gli altri migliori di sée che in mezzo agrandissimi pericolicome quando sono esposti a
guerre e malattieai marosi delle tempestecome a degli dèi si tengonovicini a quelli che in ciascuna di queste
circostanze hanno il potereperché sembrano loro dei salvatorimentre nonsono diversi in altro da lorose non per il
sapere. E ogni condizione umana è piena di persone alla ricerca dei maestrie comandanti o per sé o per altri esseri
viventio per iniziative che intendono compierema lo è di individui cheritengono di essere capaci di insegnare e di
esserlo altrettanto a comandare. E in questi atteggiamenti cosa diremosenon che gli stessi uomini pensano che esista
in lorosapienza e ignoranza?
TEODORO: Niente altro.
SOCRATE: Gli uomini dunque non considerano la sapienza vero pensiero el'ignoranza opinione falsa?
TEODORO: Ebbene?
SOCRATE: DunqueProtagorache ne faremo del tuo ragionamento? Diciamodunque che gli uomini nutrono
talvolta opinioni vere e talvolta opinioni false? Da ambedue le ipotesi neviene che non sempre gli uomini nutrono
opinioni verema vere e false.
Considera infatti tu stessoTeodorose qualcuno dei seguaci di Protagoraotu stessovolessi affermare con forza
che nessuno considera un altro ignorante e nutre pure false opinioni?
TEODORO: Ma è incredibileSocrate.
SOCRATE: Ma giunge a tal punto di necessità chi sostiene che l'uomo èmisura di tutte le cose.
TEODORO: E come?
SOCRATE: Ma quando tu dai un giudizio di per te stesso su una cosae poimanifesti a me su quella stessa cosa il
tuo parerequesto per tesecondo il ragionamento di Protagorasarà veroma per noi e tutti gli altri non è forse
possibile divenire giudicio dobbiamo sempre giudicare che tu hai opinionivere? Oppure sono una infinità gli uomini
che ogni volta si contrastano pensandola all'oppostoritenendo che tugiudichi e pensi il falso TEODORO: Maper
ZeusSocratesono «migliaia di migliaia» gli uominicome dice Omero(39)che mi cagionano ogni sorta di difficoltà.
SOCRATE: E dunquevuoi che diciamo che allora tu per te stessohai opinioniverema false per tutte queste
migliaia di uomini?
TEODORO: Pare sia necessario a seguito di questo ragionamento.
SOCRATE: E cosa ne è per Protagora in persona? Se neppure Protagora avessemai creduto che l'uomo è misura di
tutte le cosené la maggioranza degli uominicome del resto non la pensanoneppurenon sarebbe forse necessario che
quella verità che egli delineò non esistesse per nessuno? Se invece egli lacredette realmentema la maggioranza degli
uomini non la credesai bene che quanto più numerosi sono quelli a cui parerispetto a quelli cui non paretanto più che
essa non è rispetto a quelìa che è.
TEODORO: è giocoforza se essa sarà a seconda di ciascuna opinione o nonsarà.
SOCRATE: C'è poi questo secondo punto che è ancor più simpatico: egliProtagorarispetto alla sua opinione
siccome ammette come vere anche tutte quelle che pensano gli uominiriconosce che sia vera l'opinione di quelli che la
pensano in modo opposto al suo e per il quale pensano che egli abbiaaffermato il falso.
TEODORO: Proprio così.
SOCRATE: E non concederà dunque che sia falsa la propria opinionedalmomento che riconosce come vera quella
di coloro che pensano che egli abbia sostenuto il falso?
TEODORO: Necessariamente.
SOCRATE: Ma questi altri non ammettono certo con se stessi di nutrire falseopinioni.
TEODORO: Certamente no.
SOCRATE: Egli invece Protagora dal canto suo riconosce che sia vera anchequesta opinione in conseguenza di ciò
che ha scritto.
TEODORO: Pare.
SOCRATE: Cominciando da tutti questidunquefin dallo stesso Protagoracisarà un dilemma: ancora più quando
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egli ammetteche chi va predicando il contrario di luiquesto può nutrireuna opinione veraallora lo stesso Protagora
dovrà concedere che né un canené il primo uomo che capitasia misuraneppure di una sola cosa che non abbia
imparato. Non è così?
TEODORO: è così.
SOCRATE: Dunquesiccome ci si trova a dubitare da parte di tuttipernessuno la verità di Protagora può essere
verané per alcun altroné per lui stesso.
TEODORO: Socratenoi incalziamo anche troppo l'amico mio.
SOCRATE: Forsemio caroma non è chiaro se lo incalziamo correttamente.
è probabile peròche luidato che è più vecchiosia anche più saggiodi noi. E se di quiall'improvvisobalzasse
fuori fino al colloè molto probabile che molte cose avrebbe da dire controdi me che vado disseminando frottole e
contro di te che le accettipoicalandosi giù di nuovo(40) se neandrebbe via a gambe levate. Ma per noiè necessario
io pensoservirci di noi stessicosì come siamo e ribattere il nostro mododi pensaresempre alla stessa maniera. E
anche oracos'altro possiamo dire che chiunque riconosce questocioè cheuno è più sapiente di un altroe un altro più
ignorante?
TEODORO: A me pare così.
SOCRATE: E possiamo affermare anche che il ragionamento poggia soprattutto suquesto punto che noi
abbozzammocorrendo in aiuto a Protagorache la maggior parte delle cosele caldele aridele dolci e tutte le altre di
questa sortaquali sembranotali sono anche per ciascuno. Ma se poi siconviene che in certe cose vi è una certa qual
differenza tra l'una e l'altracome quello che è salutare e nocivo alnostro corpoProtagora dovrà pur concedere che non
ogni donnettao ragazzottoo animale sono in grado di curare se stessiconoscendo bene ciò che è giovevole alla loro
salutema proprio in queste faccendese pure in altre maic'è differenzatra l'uno e l'altro.
TEODORO: A me pare così.
SOCRATE: Parimenti nella sfera politica il bello e il bruttoil giusto el'ingiustoil santo e il non santosono quali
ogni cittàpensando che sianopone nelle proprie leggi a suo beneficio; edin queste nessuno è più sapiente di un altro
né privato cittadino di cittadinoné città di città. Ma nel porre unacittà provvedimenti di legge utili o non utiliin questo
caso Protagorase in altri maiconcederà ancora una volta che esistediversità tra consigliere e consiglieretra una città
e l'altra nella loro valutazione del vero e non avrà certo il coraggio disostenere che quei provvedimenti che una città
vararitenendoli utili a séquesti lo dovranno essere a tutti i costi. Maa proposito di quello di cui parlavodel giusto e
dell'ingiustodel santo e del non santochi segue Protagora si ostina adaffermare che non c'è in natura nessuna di
queste cose che abbia una sua essenzama che la valutazione che si dà incomune diventa essa appunto veraproprio
allora mentre pare valida e per tutto il tempo in cui lo pare.
E quanti non abbiano in maniera assoluta il ragionamento di Protagoraorientano la propria sapienza un presso a
poco così.
Ma da un ragionamentoTeodoroci sopravviene un altro ragionamento edauno più piccoloun altro più grande.
TEODORO: Non abbiamo forse tempo liberoo Socrate?
SOCRATE: Pare di sì. E spesso in veritàamico mioanche in altreoccasionima ora in special modoho avuto
modo di osservare che quanti dedicano molto tempo all'indagine filosoficaquando entrano nei tribunalifanno la figura
di oratori ridicoli.
TEODORO: Coma mai dici questo?
SOCRATE: Quelli che si aggirano nei tribunali e in luoghi simili fino dagiovani a confronto di coloro che sono stati
nutriti nello studio della filosofia e in tali attivitàdanno l'impressionedi essere stati tirati su con un trattamento da
schiavi nel confronto di uomini liberi.
TEODORO: Per quale ragione?
SOCRATE: Per questa: in quanto quelli che tu dicevi poco fatrovano sempretempo libero a disposizionee con
molto agio si fanno i loro discorsi in pace: come noioracambiamo discorsoda discorso per la terza voltacosì anche
per quelliquando di punto in bianco sopraggiunge loro chi li attrae dipiùcome noi oradi quello che si sono proposti?
E nulla importa loro di indugiare e discutere per le lunghe e per le brevialla sola condizione che riescano a toccare il
vero. Gli altri invece parlano con preoccupazione - li incalza l'acqua chescorre giù dalla clessidra (4l) - e non possono
neppure fare i discorsi nel modo desideratoperché su loro incombe ilcontendente che arreca necessità e l'accusa letta a
voce altaal di fuori dei quali non si deve argomentare: ed è quello chechiamano giuramento reciproco.
E i loro discorsi riguardano sempre un compagno di schiavitù contro unpadrone che se ne sta lìsedutoe ha una
causa in manoe sono come gare di corsa che non si svolgono mai da una partee dall'altrama sempre per quella di uno
stesso fine: e spesso la corsa riguarda anche la stessa vita. Tanto chepertutte queste ragionisono sempre sotto
pressione e diventano scaltrisapendo lusingare il padrone con le parole eingraziarselo con i fattimeschini e non retti
nell'anima. La capacità a progredirela rettitudineil sentimento dellalibertàlo porta via loro la condizione di servitù
fin dalla prima giovinezzacostringendoli ad azioni tortuosescaraventandoli in grandi pericoli e paure con le anime
ancora delicateche essi non possono sopportare con giustizia e veritàvolgendosi subito alla menzogna e a farsi
ingiustizia gli uni con gli altrimolte volte si piegano e si spezzanotanto chenon avendo nulla di sano nel pensiero
finiscono per diventare uomini da ragazzettiabili e sapienti come essi siritengono. E questi sono taliTeodoro. Vuoi
che passiamo in rassegna quelli del nostro coro o che lasciamo andarevolgendoci di nuovo al nostro ragionamentoper
non avvalerci troppocome dicemmo anche poco fadi quella libertà e diquella possibilità di cambiare i discorsi?
TEODORO: Per nullaSocrate. Passiamo in rassegna anche questi. Tu hai dettomolto beneche noiin questo coro
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(42) non siamo schiavi dei discorsima sono i discorsi a essere come servinostri e ciascuno di essi attende di essere
concluso quando paia a noi.
Del resto non c'è giudice o spettatore a sovrintendere presso di noicomepresso i poetia muovere critiche e a darci
ordini.
SOCRATE: Parliamo dunquecome è naturalepoiché a te così piacedeicorifei: per qual motivo infatti uno
dovrebbe parlare di quelli che con ogni leggerezza si occupano dellafilosofia. Quelli invece che sono veramente filosofi
anzitutto fino da giovani non conoscono la strada per la piazzané dove sitrova il tribunalela sede del consiglioné di
alcun altro consesso della città. Non studiano nè ascoltano leggi oprovvedimenti divulgati oralmente o scritti.
Intrallazzi di associazioni per le cariche pubblicheriunionipranzi efeste con le auletridi non avviene loro di fare
neppure in sogno. Se uno in città ha origini nobili o menose uno haqualche ombra come nascita da parte dei
progenitorisia del padre come della madresono cose che a luifilosofosfuggono di più di quelli che siano i bicchieri
d'acqua chesi dicesi trovano nel mare. E non sa nemmeno di non saperletutte queste cose. E non si tiene neppure
lontano da esse per ottenere buona fama: soltanto il suo corpo abita nellacittà e qui ha la sua residenzama la sua
animaconsiderando tutte queste cose meschine e da nulla e considerandolecon disprezzosi lascia portaresecondo il
detto di Pindaro(43) ovunquefino «nelle profondità della terra» e nemisura le superfici: ora invece «in alto nel cielo»
a scoprire le leggi del firmamentoe indaga per intero tutta la natura degliessericiascuno nella sua interezzasenza mai
ripiegare se stessa su alcuna delle cose vicine.
TEODORO: Come mai dici questoSocrate?
SOCRATE: Come anche di Talete si raccontao Teodoroche mentre mirava gliastri e guardava in sucadde nel
pozzo: e una servetta di Traciapiuttosto in gamba e carinaprendendolo ingiro gli disse che lui desiderava conoscere i
fenomeni celestima si lasciava sfuggire quelli che aveva davanti a sé esotto ai suoi piedi.
Questo motteggio è ben appropriato a tutti coloro che si occupano difilosofia. In realtà a chi è tale non solo sfugge
chi è presso di luie cosa fa il vicinoma quasi è incerto se è un uomoo qualche altra creatura. Ma cosa mai è l'uomo e
cosa a una tal natura conviene fare o subirea differenza degli altriesseriegli ricerca e di tale attività si occupa. Mi
seguioraTeodoroo no?
TEODORO: Io sì e tu dici bene.
SOCRATE: Dunqueamico mioquando un simile individuoin privato o inpubblicocome dicevamo all'iniziosi
imbatte in qualcunoe quando in tribunale o altrove è costretto a parlaredi quello che ha tra i piedi o sotto gli occhi
offre materia di riso non solo alle donne di Tracia e a tutta la restantemoltitudinema cade nel pozzo e in ogni sorta di
difficoltà per inesperienzaperché la sua balordaggine è inusitata eoffre l'immagine di ogni inettitudine. Infatti nelle
ingiuriepoiché non conosce nessuna macchia di nessunoper il fatto chenon se n'è mai occupatonon ha alcuna
capacità di ingiuriare direttamente nessunoe trovandosi così incertodiviene ridicolo. Ma durante le lodi ed esaltazioni
attribuite ad altrinon per simulazionema facendosi vedere ridereschiettamentesembra essere un motteggiatore. E
quando viene elogiato un tiranno o un re come un pastoreegli ritiene diudire che costui venga lodato perché come
allevatore di porcio di pecore o di mucchemunge molto latte: egli pensaperò che essi mungano e pascolino un
animale più difficile a trattarsi e più pericoloso di quelli e che ènecessario che questo tale diventi rozzo e incolto per
tutti i suoi traffici non meno dei pastoriproteggendosi tutto intorno da unmurocome da un recinto i pastori in
montagna. E quando sente dire che uno è proprietario di una quantitàimmensa di terraperché ne possiede diecimila
peltri (44) e anche di piùcrede di sentir parlare di una ineziaabituatocom'è a considerare tutta la terra. E quando
compongono inni sulle stirpi sostenendo che uno è nobile perché puòmostrare sette antenati ricchiegli ritiene che
questo elogio è proprio di coloro che vedono poco e ottusamentee che perla loro ignoranza non sono in grado di
abbracciare con lo sguardo il tuttoné di considerare che ciascuno di avi edi progenitori ne ha un numero sterminato
nel quale si trovano i ricchi e i poverii re e gli schiavii Greci e ibarbarie ciascuno può averne ripetutamente un
infinità. Ma per quelli che si esaltano per un catalogo di venticinqueantenati e che riportano la loro ascendenza a Eracle
figlio di Anfitrione (45) tutto questo a lui appare alquanto strano e digrande piccineriae se la ride di costoro che non
riescono a comprendere che il venticinquesimo rampollo da Anfitrione in su equello dei cinquanta di quelli venuti da
lui furono tali e quali la sorte li combinòe così non sono neanche ingrado di allontanare la vuota alterigia della loro
anima dissennata. In tutte queste situazioni dunque un uomo come questo vienederiso dai piùsia perchécome sembra
ha un atteggiamento insolentesia perché ignora quel che ha tra i piedi eperde la bussola in ogni circostanza.
TEODORO: Tu dici proprio quel che avvieneo Socrate.
SOCRATE: Ma quando lo stesso ha la capacità di elevare in alto qualcunoequesto qualcuno vuoleper tenergli
dietroportarsi lontano da problemi come «in che cosa io ho fattoingiustizia a te e tu a me?»per volgersi invece alla
considerazione della giustizia in sé e dell'ingiustiziache cosa èpeculiare dell'una e dell'altrae in che cosa differiscono
da tutte le cose e fra di loroo si tiene lontano da problemi quale «se ilre è felice» e se lo è «chi ha accumulato molto
oro»per volgersi a considerare la condizione regale e più in generale lafelicità e l'infelicità umanaquali mai sono
l'una e l'altrae in che modo giova alla natura dell'uomo avere partedell'una e tenersi lontano dall'altraquando su tutte
queste questioni debba a sua volta dar conto quello che abbiamo definitopiccolo d'animoscaltro e cavillosoa sua
volta rende al filosofo il controcanto. Perchéappeso dall'alto e in predaalle vertiginie guardando così sospeso dall'alto
in giùper mancanza di abitudine è spaventato e si trova in difficoltà eincespica nel parlare e offre materia di riso non
alle Tracienè a un altro qualunque ignoranteche non si rendon neppurecontoma a tutti coloro che sono cresciuti in
condizione diversa da quella degli schiavi. QuestoTeodoroè il tenore divita dell'uno e dell'altrol'unoquello che
chiami filosofoper essere in realtà stato tirato su nella libertà enell'ozio può dare l'apparenza di essere senza vergogna
Platone Teeteto
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un po' sciocco e da nulla quando cada in mansioni da servi e non sappiaprepararsi un sacco da viaggioné condire il
ciboné combinare carezzevoli discorsi. L'altro invece è capace dieffettuare tutte queste mansioni con speditezza e
puntualitàma non sa avvolgersi all'indietro il mantello sulla destranériuscendo a comprendere l'armonia delle parole
cantare degnamente con inni la vita degli dèi e degli uomini felici.
TEODORO: Se tu riuscissi a convincere tutti gli altri come me con le cose chedicitra gli uomini vi sarebbe una
pace più sicura e mali molto minori.
SOCRATE: Ma non è possibile che il male sparisca definitivamenteo Teodoro.è inevitabile che vi sia sempre un
qualcosa di contrario al bene. Né questo può dimorare tra gli dèima dinecessità va errando per questi luoghi e intorno
la natura umana. Per questo occorre anche procurare di fuggire al più prestodi qui per giungere là. E questa fuga è una
sorta di somiglianza alla divinità per quanto è possibile. E questasomiglianza è un divenire giustizia e santità insieme
ad assennatezza.(46) Ma non è certo facileamico mioconvincere gli altriche non è per i motivi che sostengono i più
che occorre fuggire la malvagità e cercare di raggiungere la virtùe invirtù di questi attendere a una data attività e a
un'altra noper avere il credito di essere persone dabbene e non malvage.Queste sonoa mio parerequelle che si
dicono storielle da vecchie: diciamo invece la verità in questo modo: ladivinità in nessun modo assolutamente può
essere ingiustama è sempre giustissima fino al limite più altoe nonv'è cosa alcuna che a lei sia più simile di colui che
tra di noisia diventato giustissimofin dove è possibile. è insita inquesto l'autentica capacità dell'uomooppure la sua
nullità e disumanità. La conoscenza di tutto questo è sapienza e veravirtùla non conoscenzainveceè ignoranza e
malvagità palesi. E quelle altre che passano per capacità e doti disapienza negli affari della politica divengono volgari
e quelle nelle arti banali. A chi fa ingiustizia e dice e compie empietàlacosa migliore di gran lunga è di non attribuire
il nome di capace per la sua malvagità. Si rallegrano infatti essi di questoinsulto e pensano di avere il nome di non
essere persone da nulla«inutile peso della terra»(47) ma uomini qualidevono essere quelli che intendono vivere sereni
nella città.
Occorre invece dire la veritàche tanto più essi son quali non pensano diessere e di quanto non lo credano. Non
conoscono infatti la pena dell'ingiustiziacosa chemeno di ogni altrasidovrebbe ignorare. Non è quella che essi
pensanopercosse e mortedi cui talvolta nulla hanno a soffrirepurcompiendo ingiustizia: è invece una pena a cui non
è possibile sfuggire.
TEODORO: Quale dici?
SOCRATE: Nell'essere si trovano due modellil'uno divinofelicissimol'altro senza dioinfelicissimo; ma essi non
si accorgono che la cosa sta così eper la loro estrema stoltezza edissennatezzanon si avvedono che per le loro azioni
ingiuste si rendono simili al secondo modello e dissimili dal primo: cosadella quale scontano la pena vivendo una vita
somigliante a quel modello cui si rendono simili: e se noi diciamo loro chese non si staccano da quelle loro capacità
anche da morti quel luogo che è puro dei mali non li accoglieràma avrannoper sempre qui sulla terra un regime di vita
a loro somiglianzastando insieme malvagi con malvagie ascolteranno questeparolecapaci e in gamba come si
ritengonQ come da parte di alcuni dissennati.
TEODORO: è proprio cosìSocrate.
SOCRATE: Lo soamico mio. Eppure una cosa capita anche a loro: quando inprivato debbono dare conto delle
cose che biasimano e accettare il punto di vista degli altri e voglionopersistere con coraggio e non ritirarsi dalla
discussione con viltàallora stranamentecaro miofiniscono per noncompiacersi più nemmeno essi stessi per quello
che diconoe quella loro retoricain un modo o in un altrosi stemperatanto che in nulla sembrano differire dai
fanciulli. Ma stacchiamoci pure da queste considerazionianche perchéquanto è stato detto si trova a essere accessorio -
se noparecchi argomentiscorrendo continuamente gli uni sugli altrisirovesceranno sopra al ragionamento che
abbiamo fatto fin dall'inizio -; passiamo ancora dunque alle questioni diprimase sei d'accordo anche tu.
TEODORO: Per meSocrateanche queste ultime considerazioni non sonosgradevoli da udirsi: e sono anche più
facili da seguirsiper uno della mia età. Mase a te piacetorniamo purealle questioni di prima.
SOCRATE: Dunquenoi eravamomi parea questo passaggio della nostradiscussionenel quale dicevamo che
coloro che sostengono che l'essere è sempre in movimentoe che quello chesempre pare a ciascunoquesto appunto
anche è per colui a cui pare; e dicevamo che anche per altri casi essivogliono affermare con forza questa posizione non
meno anche riguardo al giustopoiché i provvedimenti che una città pone ase stessain quanto a lei sembrano giusti
questi lo sono anchegiustiper la città che se li è datifino a cherestano validi. Ma rispetto al beneinvece non v'è
nessuno così coraggioso che osi sostenere che quei provvedimenti che unacittà si dà ritenendoli utilisiano
effettivamente utili per tutto il tempo che restano in vigorea meno che unonon voglia dire solo il nome e non l'oggetto:
e questo sarebbe certamente una beffa rispetto a quello che noi diciamo. Nonè così?
TEODORO: Certamente.
SOCRATE: Si lasci come non detto il nome; ma si prenda in esame l'oggetto cheè richiamato nel nome.
TEODORO: D'accordo.
SOCRATE: Ora quale che sia l'oggetto che la città denominaa questoobiettivo certamente essa mira quando
stabilisce le leggi: l'utilità.
E tutte le leggi per quanto essa è in grado di pensare e di poterese ledà utili al massimo delle possibilità. O forse
mira a qualche altro obiettivo quando stabilisce le leggi?
TEODORO: Noassolutamente.
SOCRATE: E dunqueogni città si trova sempre a raggiungerlo questoobiettivoo lo sbaglia anche molte volte?
TEODORO: Io penso che lo sbagli anche.
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SOCRATE: Ognuno dunque potrebbe ammettere queste stesse cose da un'altradirezionese qualcuno ponesse la
domanda su ogni aspetto nel quale si trova a essere anche l'utile. Essoinqualche modosi connette anche con il tempo
futuroperché quando stabiliamo le leggile componiamo perché siano utiliper il tempo che segue: e questo
correttamente lo chiamiamo il futuro.
TEODORO: Certo.
SOCRATE: Suvvia dunque: interroghiamo in questo modo Protagora o qualcunaltro di quelli che seguono la sua
teoria: «Di tutte le cose misura è l'uomo»come dite voio Protagoradelle bianchedelle pesantidelle leggeredi tutte
quante le cose di questo generenessuna esclusa. Infatti avendo in se stessol'uomo il criterio di giudizio su di esse
pensando che siano quali egli le provaritiene che per sé siano anche vereed esistenti. Non è così?
TEODORO: Sìcosì.
SOCRATE: Ma diremo anche delle cose futureo Protagorache l'uomo ha in séil criterio di giudizio e quali egli
pensa che sarannotali saranno anche per chi le ha pensate? Ad esempio ilcaldo: quando unosenza qualificaritiene
che lo coglierà la febbre e chi si troverà in questo caloree un altroche è medicopensi all'oppostocome potremo dire
che volgerà la cosao secondo il parere di unoo secondo quello diambeduee per il medico questo tale non avrà né
caldo né febbrema secondo lui stesso li avrà ambedue?
TEODORO: Sarebbe proprio ridicolo.
SOCRATE: Macredo iocirca il sapore che il vino dovrà assumerese dolceo seccoprevalente sarà il parere del
coltivatore e non del suonatore di cetra.
TEODORO: Come no?
SOCRATE: Néd'altra parte su un componimentose dovrà risultare intonatoo stonato il maestro di ginnastica potrà
giudicare meglio di quello di musicacosa che poi anche al maestro diginnastica potrà sembrare intonato o meno.
TEODORO: Senza meno.
SOCRATE: E dunque anche di chi sta per essere invitato a pranzo e non èabile nell'arte di cucinarementre le
pietanze vengono preparateil giudizio sul gusto che ne potrà venireconterà di meno di quello del cuoco. Giacché con il
nostro ragionamento noi non dobbiamo più discutere del gusto che è in attoo lo è statoma di quello che lo sarà per
ciascuno o lo attenderà per sapere se ciascuno è di per se stesso ilmigliore giudiceche diteo Protagoracosì anche per
quel che riguarda i discorsi da pronunciare in tribunale quale potràriuscire persuasivo a ciascuno di noicertamente
potresti valutarlo molto meglio che uno qualunque di coloro che non hannoesperienza.
TEODORO: Ma certamenteSocrategiacché proprio in questo egli assicuravadi distinguersi assolutamente da tutti
gli altri.
SOCRATE: E sìper Zeusamico mio. Diversamente nessuno avrebbe disputatocon lui dandogli tanto denarose
non avesse convinto quelli del suo gruppoche non esisteva indovino nénessun altro che sapesse giudicare meglio di lui
quel che poteva essere o sembrare il futuro.
TEODORO: Verissimo.
SOCRATE: Ebbene anche il dare leggiè anche ciò che risulta utile per ilfuturoe chiunque riconoscerebbe che una
città mentre stabilisce le proprie leggi spessoineluttabilmentenonriesce a raggiungere quello che potrebbe esserle
molto utile.
TEODORO: Certamente.
SOCRATE: Con ogni opportunità dunque si potrà dire da parte nostra al tuomaestroche è necessario che egli
ammetta che uno è più sapiente di un altroe questo tale è misuramentreper meche sono ignorantenon esiste
necessità alcuna che io sia misuracome poco fa mi costringeva ariconoscerelo volessi o noil discorso in suo favore.
TEODORO: In questo modo particolarmenteo Socratemi pare che sia statocolto il ragionamento di Protagora
ragionamento che veniva colto anche in quest'altro modoquando egliconsiderava capitali anche le massime altrui
mentre esse mostravano palesemente di non ritenere affatto veritieri i suoiragionamenti.
SOCRATE: E in parecchie altre maniereTeodorotale sistema speculativo puòessere costretto a consentire che non
ogni opinione di ognuno è vera. Riguardo la presente impressione checiascuno hada cui derivano le sensazioni e le
opinioni relative a questeè assai più difficile convincere che non sonovere. Ma forse io non dico nulla. Può anche
darsi che siano incontrovertibilie quanti vanno affermando che esse sonoben chiare e che sono conoscenze
probabilmente dicono ciò che è: e il nostro Teeteto non parlava fuori segnoponendo che sensazione e conoscenza sono
la stessa cosa. Bisogna farsi ancora più vicinocome imponeva il discorsoin difesa di Protagora e che esaminiamo
questa essenza che si lascia muoverebattendolacome si percuote un vasose risuona sano o fallace. Intorno a essa ci
fu contesa non lieve e non fra pochi.
TEODORO: Tutt'altro che di poco conto: al contrario ora si espande ovunqueper la Ionia. Infatti i seguaci di
Eraclito sono tra i primi a sostenere questa dottrina con grandissimoimpegno.(48) SOCRATE: Ancor più dunquecaro
Teodoroci conviene esaminarlae dall'iniziocome essi stessi tendono afare.
TEODORO: Nella maniera più assoluta. InfattiSocratediscutere di questeteorie eracliteeoppurecome tu dici
omeriche e ancora più anticheoppure con gli stessi pensatori della scuoladi Efesocon quanti vanno professando di
esserne espertinon è meno duro che sostenere una discussione con quelliche sono punti dall'assillo. Essiveramentein
conformità dei loro scritti (49) si trovano sempre in movimentoetrattenersi su un ragionamento e una domandae
rispondere con tranquillità e fare domanda a loro voltaper loro non èpossibile men che meno. E ancor più il men che
meno eccede la misura rispetto al fatto che in questi uomini non si trovainsita neppure una piccola infinitesimale parte
di quiete. Ma se tu domandi un qualcosa a qualcuno di loroestraendo come dauna faretra dei piccoli dettiinfarciti di
Platone Teeteto
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enigmite li scaglia contro e se tu cerchi di afferrare cosa ha voluto direil suo discorsoti colpisce con un secondo
rivolgimento di terminie tu non verrai a capo di nulla mai con nessuno dicostoro. E neppure essi stessi fra di loroma
si guardano bene di non lasciare che nei loro ragionamenti e nelle loro animeci sia un qualcosa di saldoritenendoa
mio parereche quella stessa cosa che è sicura sia anche stabile. Controquesta stabilità essi conducono una lotta senza
quartiere e la scacciano da ogni dove per quanto ad essi è possibile.
SOCRATE: ProbabilmenteTeodorotu hai visto questi uomini mentre erano inpolemicamentre non ti sei mai
trovato con loro quando erano in pace: infatti non sono compagni del tuocredo.
Ma io penso che tali cose essi dicono a quegli scolari che vogliono renderesimili a loro stessi.
TEODORO: Quali scolaribenedett'uomo? Non ve n'è tra di loro: uno scolarodell'altroma si generano di loro
spontanea volontàdove capita ciascuno di essi come preso dal proprioentusiasmoe l'uno pensa che l'altro non sappia
nulla. Da questi dunquecome andavo dicendotinon potrai ottenere ragionedi nullané di loro volontàné contro il
loro volere. Occorre dunque che noi stessi cerchiamo di comprendere il loromodo di pensare e di esaminarlo come un
problema.
SOCRATE: Tu parli proprio a proposito. Ma il problema cos'altro è rispetto aquello che abbiamo appreso dagli
antichi che si nascondevanoalmeno i piùsotto il velo della poesiachela genesi di tutte le altre coseOceano e Teti
appunto che sono due corsi d'acqua perpetui e nulla sta fermo? Mentre daipiù recentiche sono anche più sapientiche
rivelarono manifestamente lo stesso pensieroperché lo udissero anche iciabattinie la smettessero di pensare da
insensati chedelle cose che esistonoalcune stanno fermementre altre simuovonoma imparando che tutto si muove
riservassero ogni considerazione a quei pensatori?
Ma per poco non dimenticavoTeodoroche altri diedero dimostrazionicontrarie a quelli di costorosecondo cui:
immobile è divenuto quelloche nome ha di tutto (50) e quante altre cose iMelissi e i Parmenidi (51) affermarono in
modo contrastante con questo che una sola cosa è il tutto e sta immobile nonavendo in se stesso uno spazio nel quale
muoversi.
Di tutti questi filosofi in che modo possiamo avvalercio amico?
A poco a pocoandando avantinon ci siamo accorti di essere caduti in mezzoagli uni e agli altri e se non
sgattaioliamo da qualche partea titolo di difesane sconteremo la penacome quelli che giocando nelle palestre
attraverso la lineaquando vengono presi sono trascinati a forza dagli uni edagli altri in senso contrario.(52) A mio
pareredunquedobbiamo esaminare prima tra questi e quelliquelli cheabbiamo già preso di miraquelli che «sempre
scorrono».(53) E se risulteranno dire qualcosapasseremo dalla loro partetentando di sfuggire agli altri. Se ci sembrerà
che esprimano posizioni più veritiere i sostenitori della stabilitàdell'universoallora ci rifugeremo presso di essida
coloro che fanno muovere quello che è del tutto immobile. Se inveceapparirà evidente che non parlano a proposito né
gli uni né gli altrisaremo ben ridicoli noiritenendo di poter direqualcosapur essendo gente da pocodopo avere
respintocome inattendibiliuomini tanto antichi e tanto sapienti.Considera dunqueTeodorose torni utile muovere a
un tanto grande pericolo.
TEODORO: Ma non possiamo soprassedereo Socratedal non esaminare quel chesostengono gli uni e gli altri di
questi uomini.
SOCRATE: Facciamo dunque l'indaginedal momento che anche tu sei bendisposto. A me pare dunque che il vero
inizio di questa ricerca sul movimento consista nel comprendere cosa maivogliano dire quando sostengono che il tutto
si muove. Intendo dire quel che segue: vogliono essi dire che c'è un sologenere di movimentoocome a me paredue?
E perché non sembri soltanto a meprendivi parte anche tuperché se sideve affrontare qualche imprevistol'abbiamo a
subire insieme.(54) Dimmi dunque: dici che una cosa si muove quando si spostada luogo a luogoo quando va intorno
nello stesso luogo?
TEODORO: Sì.
SOCRATE: E questo dunque è un primo genere di movimento. Ma se poi una cosasta ferma nello stesso luogo
invecchiao da bianca diventa nerao durada molle che erao si trasformain qualche altro cambiamentonon è forse
un altro motivo per dire che questo è un secondo genere di movimento?
TEODORO: A me pare di sì.
SOCRATE: è necessario invece.(55) Io affermo dunque che ci sono due generidi movimentoil trasformarsiil
lasciarsi portare.
TEODORO: Tu dici giusto.
SOCRATE: Fatta questa distinzionemettiamoci a ragionareormaicon quantiaffermano che il tutto si muove e
domandiamo: «Sostenete dunque che tutto si muove in un senso o in un altrocioè lasciandosi portare o trasformandosi
oppure dite che una cosa si muove nell'uno e nell'altro di questi due modiun'altra invece in un modo solo?».
TEODORO: Maper Zeuso Socrateio non so che dire: ma penso che essidicano che si muovono in ambedue i
modi.
SOCRATE: Beneamico mio. Se dicessero il contrariosarebbe evidente che peressi le cose si muovono e stanno
anche ferme nello stesso tempo: e non sarebbe per nulla più giusto affermareche il tutto si muove o che sta fermo.
TEODORO: è del tutto vero.
SOCRATE: Dunque siccome è necessario che esse si muovano e non è possibileper nessuna non muoversitutte
dunque si muovono in ogni movimento già indicato.
TEODORO: è necessario.
SOCRATE: Fa attenzione ora a questo punto del loro pensiero: del caloredella bianchezza o di qualunque altra
Platone Teeteto
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cosa noi dicevamo che essi sostenevano che l'origine avviene un presso a pococosì: ciascuna di queste cose si muove a
un tempo con la sensazionetra il fattore che agisce e quello che subisceecon il fatto che subisce si fa sensibilema
non diventa sensazione e quello che agisce si fa qualema non qualità.Probabilmente il termine «qualità» ti appare
fuori dell'ordinario e non lo afferri se viene detto così tra le altreparole. Ascoltalo dunque a parte a parte.
Il fattore agente dunque non diviene né calorené bianchezzama caldo ebianco e così fa anche tutto il resto. Tu
ricordi senza dubbio che anche nei ragionamenti di prima dicevamo cosìchenon esiste nessuna cosa in sé e per sé e
neppure il fattore che agisce né quello che subiscema dall'uno e all'altrodi questi che si mescolano insieme
producendo le sensazioni e le cose sensibiline derivano da una parte certequalitàdall'altra invece le cose in grado di
sentire.
TEODORO: Me ne ricordo: come no?
SOCRATE: Lasciamo perdere gli altri aspetti del loro pensierotanto se lidicono in un modo quanto in un altro.
Teniamo bene di mira solo questo problema per il quale stiamo parlando edomandiamo: «Il tuttocome voi ditesi
muove o scorreo no?».
TEODORO: Sì.
SOCRATE: Si muove secondo i due movimenti che abbiamo distintocioèmuovendosi e trasformandosi?
TEODORO: Come nose ha pur da muoversi in modo completo?
SOCRATE: E dunque se si muovesse soltanto ma senza trasformarsi potremmo direin qualche modo quali sono
queste cose che scorrono e insieme si muovono? O come possiamo dire?
TEODORO: Così.
SOCRATE: Ma poiché nemmeno questo sta fermocioè che quel che scorrescorra biancoma si trasformatanto
che anche di questo stesso c'è uno scorrereproprio della bianchezzae uncambiamento in un altro coloreper non
essere colta mentre è ferma in questo colore: dunque quale mai altrovocabolo potremmo assegnare al calore e parlare
poi in modo appropriato?
TEODORO: E quale strumentoSocrateè dato per stabilire la definizione dicolore o di qualche altra simile qualità
se sfugge continuamente mentre ne parlipoiché essa scorre in continuità?
SOCRATE: E cosa diremo di una qualunque sensazionequale quelladell'ascoltare e dell'udire. Si fermerà mai nello
stesso attimoinsieme all'ascoltare e all'udire?
TEODORO: Non deve neppurese tutto si muove.
SOCRATE: Non si deve dire dunque di vedere un qualcosa o di non vederlonédi averne alcuna altra sensazione o
di non averladal momento che tutte le cose si muovono in tutti i modi.(56)TEODORO: Certamente no.
SOCRATE: Tuttavia sensazione è conoscenzacome dicevamo io e Teeteto.
TEODORO: Era così.
SOCRATE: Se ci chiedono dunque che cos'è conoscenzaabbiamo risposto checonoscenza non è nulla di più che
non conoscenza.
TEODORO: Sembra pure.
SOCRATE: Davvero una bella correzione è venuta alla nostra rispostamentrecosì volentieri ci siamo dati da fare a
dimostrare che tutto si muoveperché quella nostra risposta apparissegiusta!
Questo invececome sembrarisulta chiarose tutto si muoveogni rispostaquale che sia la cosa cui uno rispondeè
ugualmente giustao se si afferma che la cosa sta così o che non sta così;e se non vuoi «sta»«diventa»se con questa
parola non faremo stare fermi proprio quelli del movimento.
TEODORO: Dici bene.
SOCRATE: Eccetto il fattoo Teodoroche dissi «così» e «non così».
Invece non bisogna dire neppure questo «così»; e neppure «non così»:neppure «questo» è movimento. Ma devono
pure porre un altro mezzo espressivo coloro che sostengono questoragionamentoperché ora non hanno parole che
possano corrispondere al loro assuntoa meno che non dicano: «neppurecosì». E per loro si armonizzerebbe bene
soprattutto cosìdetto nella sua approssimazione.
TEODORO: Questa per essi sarebbe la maniera più naturale di esprimersi.
SOCRATE: Ci siamo dunque allontanatiTeodorodal tuo amico e non siamod'accordo neppure con lui che l'uomo
è misura di tutte le cosese non è uno dotato di senno. E non consentiremonemmeno che sensazione è conoscenza
secondo il metodo che tutto si muovea meno che il nostro Teeteto non vogliadire qualcosa di diverso.
TEODORO: Hai detto beneSocrategiacchéportati a termine questidiscorsianch'io devo esser sollevatosecondo
i fattidal risponderedato che ha avuto fine la disputa sul pensiero diProtagora.
TEETETO: Certo: ma non primao Teodoroche tu e Socrate abbiate esposto ilpensiero anche di quelli che
sostengono che il tutto è immobile come avete proposto poco fa.
TEODORO: Giovane come seiTeetetointendi insegnare ai più vecchi acompiere ingiustizia andando oltre agli
accordi. Tupiuttostocerca di essere pronto a rendere ragione a Socrate diquel che resta da dire.
TEETETO: Se anche lui lo desidera: ma avrei udito molto volentieri gliargomenti di cui parlo io.
TEODORO: Tu sproni cavalieri al piano esortando Socrate a discutere: chiedidunque e udrai.
SOCRATE: Ma io pensoTeodorosu quello che mi chiede Teetetodi non dargliascolto.
TEODORO: E perché non gli darai ascolto?
SOCRATE: Rispetto a Melisso (57) e agli altrii quali sostengono che iltutto è uno e immobilepure avendo
scrupolo di condurre l'esame in maniera sbrigativane ho sempre di menorispetto a Parmenide che è uno solo.
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Parmenide mi sembrasecondo il detto di Omerodegno di venerazione eterribile a un tempo. (58) Mi incontrai infatti
con lui che era piuttosto avanti negli anni e io ero molto giovane. E midiede l'impressione di possedere una profondità
speculativa assolutamente nobile. Ho timore perciò che non riusciamo apenetrare i suoi dettie ancor più che lasciamo
perdere cosa effettivamente disse nelle sue speculazioniecosa che contapiù di tutte le altreil motivo per cui ha preso
l'avvio la nostra discussioneintorno alla conoscenzache cosa mai essa ènon divenga materia non esaminataper
colpa dei discorsi che si introducono con petulanza intorno a noisequalcuno dà loro ascolto. D'altra parte anche il
problema che ora noi andiamo sollevando è immenso quanto a grandezzae sequalcuno lo considera alla leggera
subisce un'indegnitàse invece lo si affronta a sufficienzaandando per lelunghe farebbe sparire la questione della
conoscenza. Occorre dunque non fare né l'una né l'altra cosama bisognache io con la mia arte di ostetrico tenti di
sgravare Teeteto dalle questioni per le quali è ancora pregno intorno alproblema della conoscenza.(59) TEODORO:
Bisogna dunque fare cosìse tu lo credi.
SOCRATE: Su quel che si è dettoTeetetoprendi ancora in esame questopunto: tu dicesti che sensazione è
conoscenzavero?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Bene. Se uno ora ti chiedesse: «Con quale organo l'uomo vede ilbianco e il nero e con quale ascolta i
suoni acuti e quelli gravi?»risponderestipenso« Con gli occhi e congli orecchi».
TEETETO: Io sì.
SOCRATE: L'agevolezza dell'uso dei nomi e dei dettiil non investigarvi consofisticazione per lo più non è cosa
ignobileanzi il contrario di questo è indice di grettezzama quando ènecessariocome anche oraoccorre riesaminare
la risposta che tu hai datonella misura in cui non è corretta. Rifletti:quale delle due risposte è più correttadire che la
cosa «con cui» vediamo sono gli occhio «mediante cui» vediamoe cosìla cosa «con la quale» udiamo sono gli
orecchio «attraverso la quale» noi udiamo?
TEETETO: Mi pareSocratesia meglio «mediante quale» proviamo ciascuna diqueste sensazionipiuttosto che
«con la quale».
SOCRATE: Difatti sarebbe cosa straordinariaragazzo miose alquantedeterminate sensazioni si trovassero dentro
di noicome dentro a cavalli di legnoe tutte quante non tendessero poiinsieme a una unica ideasia l'anima o quale la
si debba chiamare«con la quale» «mediante questi sensi»quali organinoi proviamo la sensazione di quanto è
sensibile.
TEODORO: Mi pare meglio così piuttosto che in quell'altro modo.
SOCRATE: è proprio per questo che io faccio ora queste sofisticazionipercapire se per un qualcosa di noi stessi
sempre identica a se stessamediante gli occhi noi raggiungiamo il bianco eil neroe mediante gli altri organicerte
altre cose: e tuse fossi interrogatotutte queste impressioni potrestiriferirle al corpo? Masenza dubbioè cosa
migliore che tu dica queste coserispondendo alle domandepiuttosto che miaffanni io a rispondere per te. Dimmi
dunque: gli organi attraverso i quali tu hai la sensazione del caldodeldurodel leggerodel dolcenon le poni ciascuno
come organi del corpo (60) o di qualcosa d'altro?
TEETETO: Di nessun'altra cosa.
SOCRATE: Naturalmente vorrai anche ammettere chele cose che tu sentimediante una potenzialitàè impossibile
che le senta mediante un'altra potenzialità: ad esempio quel che sentiattraverso l'udito non puoi sentirlo attraverso la
vistae quel che senti attraverso la vistanon puoi sentirlo attraversol'udito.
TEETETO: E come potrei non volerlo?
SOCRATE: Se dunque tu hai in mente qualcosa di due oggettinon potraiquest'idea pensarla attraverso l'uno e
l'altro dei due organi e neppure attraverso l'uno e l'altro dei due organipotresti avere una sensazione intorno ai due
oggetti stessi.(61) TEETETO: Certamente no.
SOCRATE: Riguardo alla voce e al coloreconsiderati l'uno e l'altro a untemposenza dubbioper prima cosa tu
pensi che l'uno e l'altro sono.
TEETETO: Io sì.
SOCRATE: Naturalmente tu pensi anche che ognuno dei due è altro rispettoall'altromentre è identico a se stesso.
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: E consideri anche che l'uno e l'altro fanno duementre ciascunoseppure fra dueè sempre uno.
TEETETO: Anche questosì.
SOCRATE: E dunque tu sei in grado di sottoporli al vagliotanto se sonodissimili quanto se sono simili tra loro.
TEETETO: Forse sì.
SOCRATE: Tutte queste cose comunqueriguardo questi due oggettiattraversoquale organo le pensi? Giacché né
attraverso l'uditoné attraverso la vista è possibile ottenere il possessodi quello che è comune tra essi. E c'è anche
questo argomento a conferma di quel che andiamo dicendo: se fosse possibileesaminare insieme questi due oggettise
sono salati o menotu sai che avresti modo di ben rispondermi con qualepotenzialità sottoporresti a esame la cosa: e
questa non pare proprio che sia la vistané l'uditoma qualche altrafacoltà.
TEETETO: E cos'altro potrebbe essere se non quella potenzialità che agisceattraverso la lingua?
SOCRATE: Dici bene. Ma attraverso che cosa agisce la potenzialità che tirende chiaro quel che è in comune a tutte
le cose e quel che è comune a queste in special modoquella attraverso cuiaffermi questo «è» e questo «non è» e tutte
le cose che su di esse ora chiediamo? Quali organi attribuirai a tutte questecondizioni attraverso cui la parte sensitiva di
noi le avverta a una a una?
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TEETETO: Tu dici dunque l'essere e il non esserela somiglianza e ladissimiglianzaciò che è identico a se stesso e
ciò che è altroe ancora l'unità e l'altra numerazione su di esse. èevidente che tu domandi anche l'eguale e il dispari e
tutte le altre particolarità che fanno seguito a questee attraverso qualeorgano del corpo noi riusciamo a percepirlecon
l'anima.
SOCRATE: Tu mi segui egregiamenteTeeteto. Ed è proprio questo che tidomandavo.
TEETETO: Maper ZeusSocratenon avrei nulla da dire se non che a me nonsembra affatto che esista nessun
organo tale per queste cosecome per quellema mi pare che l'anima stessadi per se stessa riesca a osservare quello che
è in comune a tutte le cose.
SOCRATE: Sei Droprio belloTeetetoe noncome diceva Teodorobruttoperché chi parla bene è anche bello e
buono. E oltre a essere bellomi hai fatto anche del benefacendomidistaccare da un ragionamento molto lungose per
te è chiaro che l'anima stessa esamina di per sé alcune cose e altre inveceattraverso le potenzialità del corpo. Era questo
che a me sembrava vero e volevo che lo sembrasse anche a te.
TEETETO: Certopare così anche a me.
SOCRATE: E l'essereove lo ponifra queste due classi? Perché questa è lacosa chein particolar modofa seguito
a tutte le altre.
TEETETO: Io la pongo nella classe di quelle cose verso la quali l'animastessa aspira da sé.(62) SOCRATE: E
anche il simile e il dissimilee ciò che è identico a sé e ciò che èaltro?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Ebbene? E il bello e il brutto e il buono e il cattivo?
TEETETO: Anche di queste a me pare che l'anima cerchi l'essere in particolarmodo nei rapporti delle une con le
altreparagonando in se stessa quel che è statoil presente e quel chesarà.
SOCRATE: Rifletti un po': in cos'altro avvertirà l'anima la durezza di ciòche è duro se non attraverso il tatto e
parimenti la mollezza di ciò che è molle?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Ma l'essere e che cosa sono esse due (63) e la contrarietà dell'unarispetto all'altrae l'assenza di questa
contrarietàl'anima stessa tornando sopra di esse e paragonandole fra dilorotenta di giudicarlo per noi.
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: Dunque è possibile che uomini e bestie appena nati per naturaprovino alcune sensazioniquante sono le
impressioni che attraverso il corpo tendono fino all'anima. Ma lecomparazioni intorno a essecirca la loro essenza e la
loro utilitàè cosa che avviene a stentocol tempo e attraverso molteprove e continua applicazione e accade soltanto a
quelli cui accade.
TEETETO: è assolutamente così.
SOCRATE: E sarà dato cogliere veritàin chi non ha conoscenza? (64)TEETETO: è impossibile.
SOCRATE: E potrà mai uno essere Sapiente di ciò di cui non riesce araggiungere il vero?
TEETETO: E comeSocrate?
SOCRATE: Dunque in queste impressioni non c'è conoscenzama neiragionamenti su di esse: da questa parte è
possibilecome paretoccare l'essenza e la veritàda quell'altra èimpossibile.
TEETETO: Pare così.
SOCRATE: E dunque chiami tu allo stesso modo questo e quello che pure hannotali differenze?
TEETETO: Non è giusto.
SOCRATE: E a quello che nome darai dunqueal vedereall'udireall'odorareal provare freddoal provare caldo?
TEETETO: Provare sensazione. E quale altro?
SOCRATE: Tutto questodunquetu lo chiami sensazione.
TEETETO: Necessariamente.
SOCRATE: Dicemmo che questo è il metodo cui non spetta toccare la verità enemmeno l'essenza.(65) TEETETO:
No assolutamente.
SOCRATE: E neppure conoscenza.
TEETETO: Nocerto.
SOCRATE: Mai dunqueTeetetosensazione e conoscenza potrebbero essere lastessa cosa.
TEETETO: Non pareSocrate. E soprattutto ora è apparso assai chiaro checonoscenza è cosa ben altra rispetto a
sensazione.
SOCRATE: Ma non abbiamo cominciato a discutere per sapere cosa mai non èconoscenzama che cosa è. Tuttavia
fino a tal punto ci siamo fatti avantitanto da non cercarla assolutamentenella sensazionema in quell'altra fase
nominalequale mai siache l'anima possiedequando si dà da fare di perse stessa intorno a ciò che è.
TEETETO: Ma questoo Socratesi chiamacome io pensoopinare.
SOCRATE: E la pensi benecaro. E ora osserva di nuovo dal principiocancellando tutte le proposizioni di prima
dal momento che ti sei fatto molto avantise sei in grado di vedere qualcosadi più. E dimmi ancora cosa mai è
conoscenza.
TEETETO: Rispondere qualunque opinioneo Socrateè impossibileperché cisono anche opinioni false: è più che
probabile che sia opinione vera: e questa è la risposta che io ti do. Sepoimentre andiamo avanti nel ragionamentonon
ci parrà adeguatacome lo è oratenteremo di dire qualche altra cosa.
SOCRATE: BeneTeetetooccorre parlare così piuttosto prontamenteche noncome prima quando eri incerto a
Platone Teeteto
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rispondere. Infatti se facciamo in questo mododelle due l'una: o scopriremoquello per cui ci siamo messi in cammino
o non riterremo più di sapere quel che non sappiamo affatto. E questo nonpuò essere un compenso da sottovalutare.
Ora poiche cosa dici? Poiché esistono due opinionil'una vera e l'altrafalsafissi come conoscenza l'opinione vera?
TEETETO: Io sì. Infatti questo ora mi appare tale.
SOCRATE: E non varrebbe la pena di ricominciare il ragionamento su l'opinionesu una questione?
TEETETO: Quale dici?
SOCRATE: Mi preoccupa anche ora e altre volte e Spessotanto che sono statoin grave dubbio e con me e con altri
non avendo modo di dire che cosa è mai questa nostra impressione e in chemodo deriva.
TEETETO: Ma quale?
SOCRATE: Che uno nutra false opinioni. Ci rifletto anche ora pur essendoincerto se lasciare andare la cosa oppure
riconsiderarla in un modo diverso rispetto a quello di poco fa.
TEETETO: Perché noSocratese ad ogni modo ti sembra che si debba fare?Non la pensare male: poco fa tu e
Teodoro a proposito del tempo liberosostenendo che nulla spinge ad averefretta in dispute di tale fatta.
SOCRATE: Me l'hai ricordato a proposito. E pure non è fuori luogo ricalcareancora le nostre orme. è meglio tirare
le somme su poca materiama beneche su moltama male.
TEETETO: Ebbene?
SOCRATE: Dunquedi cosa stiamo parlando? Sosteniamo che spesso ci sonoopinioni false e che uno di noi
esprime opinioni falsecome se le cose stessero così per natura.
TEETETO: Lo diciamo infatti.
SOCRATE: Questodunquenon avviene a noi per tutte le cose in genere e perciascuna in particolare che noi
conosciamo o non conosciamo? Infatti l'apprendere e il dimenticare che sitrovano in mezzo a questiper oraio dico di
lasciarli da parte. Non vi è alcun nesso con la disputa che noi sosteniamoora.
TEETETO: CertamenteSocratenull'altro resta su ciascun oggetto checonoscerlo o non conoscerlo.
SOCRATE: Ed è pure impossibile che chi conosce una data cosapoi la stessacosa non abbia a conoscerlae chi
non la conosce abbia poi a conoscerla.
TEETETO: Come no?
SOCRATE Forsedunquechi opina il falsole cose che conoscepuò essereche egli ritenga che non siano queste
ma altre cosequali che sianofra quelle che conosce e siccome conoscel'una e l'altra viene a ignorarle ambedue?
TEETETO: Ma è impossibileSocrate.
SOCRATE: Dunquema le cose che conosceegli può stimare che siano altrequali che sianofra quelle che non sa;
e questo avviene a chi non conosce né Teetetoné Socratedi farsi venirein mente che Socrate è Teeteto e Teeteto
Socrate.
TEETETO: E come può essere?
SOCRATE: E neppure le cose che non sapuò pensare che siano proprio quelleche non sa; eal contrariociò che
non sasia proprio quello che sa.
TEETETO: Sarebbe una cosa mostruosa.
SOCRATE: E come dunque si potrebbe ancora opinare il falso? Al di fuori diquesti casi infatti è impossibile
opinareperché tutte le cose o le conosciamo o non le conosciamo: entroesse dunquenon appare possibile opinare il
falso. (66) TEETETO: Considerazioni verissime.
SOCRATE: Quel che cerchiamodunquebisogna indagarlonon procedendo inquesto modocioè secondo il
conoscere e il non conoscerema secondo l'essere e il non essere.
TEETETO: Come dici?
SOCRATE: Bada che non sia più semplice dire che chi opina su una cosaqualunque ciò che non ènon è possibile
che egli non opini il falso(67) anche se la condizione della suaintelligenza sta ben in diversa maniera.
TEETETO: Può darsio Socrate.
SOCRATE: E come dunque? Cosa risponderemoTeetetose qualcuno cidomandasse:«è possibile a chiunque
quello che si dice orache un uomo opini quel che non è sia riguardo aqualcuna delle cose che sonosia riguardo a una
cosa di per se stessa?». E noiprobabilmenterisponderemo: quando coluiche pensa non pensa al vero. O come
potremo rispondere?
TEETETO: Così.
SOCRATE: Forse in altre circostanze la risposta può essere questa?
TEETETO: Ma quale?
SOCRATE: Se uno vede un qualcosama non vede nulla.
TEETETO: E come?
SOCRATE: Ma se uno vede anche una sola cosavede un qualcosa di quelle chesono. O pensi tu che questa sola
cosa possa mai essere tra quelle che non sono?
TEETETO: Io no.
SOCRATE: Dunque chi vede una sola cosavede un qualcosa che è.
TEETETO: è evidente.
SOCRATE: E anche chi ascolta un qualcosaascolta una cosa sola e una cosache è.
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E anche chi tocca un qualcosatocca una cosa che è una ed èsepure è una.
Platone Teeteto
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TEETETO: Anche questo.
SOCRATE: E chi opina una cosa non opina una cosa che è?
TEETETO: Lo ammetto.
SOCRATE: E chi opina una cosa che non ènon opina nulla.
TEETETO: Nonon pare.
SOCRATE: Ma veramente chi nulla opinanon opina affatto.
TEETETO: è chiarocome pare.
SOCRATE: Non è dunque possibile opinare su ciò che non èné su cose chesononé la stessa cosa di per se stessa.
TEETETO: No pare proprio.
SOCRATE: Opinare il falso è qualcosa d'altrorispetto a opinare ciò chenon è?
TEETETO: Qualcosa d'altropare.
SOCRATE: Dunquené in questo modoné come conducevamo l'indagine poco faè in noi falsa opinione.
TEETETO: Nonon c'è proprio.
SOCRATE: Ma sorge dunquein questoquel che denominiamo falsa opinione?
TEETETO: E come?
SOCRATE: Diciamo che è falsa opinione una sorta di parere su un'altra cosacome quando uno sostiene che una
cosa di quelle che sono è un'altra cosa ancora tra quelle che sonoscambiandole nel pensiero. Infattiin tal maniera
opina sempre una cosa che èuna al posto di un'altrae sbagliandol'oggetto di quel che ricercavasi potrebbe dire
giustamente che opina il falso.
TEETETO: Mi pare che ora tu parli nella maniera più esatta possibile: quandouno infatti opina il brutto invece del
belloe il bello invece del bruttoallora si può dire veramente che opinail falso.
SOCRATE: è chiaroTeetetoche mi tieni in un conto relativoe non haipaura. (68) TEETETO: Per qual ragione in
particolare?
SOCRATE: Io non ti sembrocredouno da attaccarmi a questo «veramentefalso» chiedendoti se è possibile che
una cosa veloce abbia origine lentamenteo una leggera pesantementeoqualunque altro contrario non secondo la sua
naturama secondo quella del suo contrariocontrariamente a se stessa.(69)Ma lascio perdere questo perché tu non
abbia a scoraggiarti invano. Ti appagacome diciche opinare il falso ècome opinare altra cosa?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Dunque secondo la tua opinione è possibile porsi in mente una cosacome un'altra e non come quella
che è.
TEETETO: è possibile certo.
SOCRATE: E dunque quando il pensiero compie questa operazionenon ènecessario anche che pensi ad ambedue
le cose o a una delle due?
TEETETO: è necessariosì; o insieme o in parte.
SOCRATE: Molto bene. Ma chiami tu pensare quello che dico io?
TEETETO: Cosa dici tu?
SOCRATE: è un ragionamento che l'anima compie con se stessa intorno a ciòche prende in esame. Io cerco di
renderti chiara la cosa come uno che non sa. Infatti questo a me apparel'anima quando pensa e nessun'altra cosa se non
dialogare con se stessainterrogandosi e rispondendosifacendo affermazionie anche il loro contrario. E quando essa
fissa un concetto sia alquanto lentamentesia alquanto velocementecomefacendo un salto e ormai afferma una cosa e
non è più in dubbionoi stabiliamo che questa è la sua opinione. Tantoche io dico che l'opinare è un discutere e
l'opinione è un ragionamentonon verso un altro e con la vocema insilenzio a se stesso. E tu che ne pensi?
TEETETO: Anch'io in questo modo.
SOCRATE: Dunque quando uno opina una cosa invece di un'altracome pareafferma a se stesso che una cosa è
invece di un'altra.
TEETETO: Ebbene?
SOCRATE: Cerca di ricordare se mai hai detto a te stesso che più di ognialtra cosa il bello è brutto o l'ingiusto è
giustoo anchela cosa più importante di tutteconsidera se hai tentatomai di convincere te stesso che più di ogni altra
cosa la tal cosa è un'altraotutto al contrarioneppure durante un sognohai osato mai affermare con te stesso che
assolutamente il dispari è pari o qualche altra cosa simile.
TEETETO: Tu dici il vero: mai.
SOCRATE: E pensi tu che qualcun altrosano o pazzo che siaosi direseriamente a se stessoper poi
convincerseneche necessariamente il bene è un cavalloo il due uno?
TEETETO: Per Zeus! Io certamente no.
SOCRATE: Dunque se il parlare con se stessi è opinarenessuno che parli eopini di due coseabbracciandole con
anima tutte e duepotrebbe dire e opinare che l'una cosa è l'altra. Eoccorre da parte tua lasciare andare questo detto
circa l'altro. Infatti io sostengo la cosa in questo modo: nessuno opina cheil brutto è belloné alcuna altra di simili cose.
TEETETO: SìSocrate; lo lascio andare e pare anche a me come dici.
SOCRATE: Dunque chi opina due cose a un tempo non è possibile che opini chel'una cosa sia l'altra.
TEETETO: Pare così.
SOCRATE: Certamente chi opina una sola cosa tra duee l'altra assolutamentenomai opinerà che l'una cosa sia
l'altra.
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TEETETO: Dici il vero: infatti sarebbe costretto a comprendere con la menteanche l'altra cosa che non opina.
SOCRATE: Dunque né a chi opina due cose a un temponé a chi opina una soladi esseè dato opinare altra cosa.
Sicché se uno stabilisce che falsa opinione è opinare una cosa al posto diun'altranon dice proprio nulla. Dunque né per
questa viané per le precedentipuò apparire che in noi c'è falsaopinione.
TEETETO: Non pare proprio.
SOCRATE: Ma certamenteTeetetose non apparirà chiaro che questo èsaremo costretti ad ammettere molte cose
e anche strane.
TEETETO: E quali?
SOCRATE: Non te lo dirò prima di aver provato in ogni modo a fare indaginein ogni senso. Mi vergognerei infatti
per noi duese fossimo costrettinel momento in cui ci troviamo indifficoltàad ammettere le cose che dico. Ma se
troviamo la soluzione e saremo liberipotremo parlare degli altri cheprovano la stessa condizioneessendo noi fuori dal
ridicolo. Se poi ci troveremo del tutto in difficoltàalloraumiliaticiaffideremo a questo ragionamentoperchécome
marinai in preda al mal di mareci calpesti e faccia di noi l'uso che vuole.Tudunqueascoltain che modo io possa
trovare una strada per venire fuori da tale questione.
TEETETO: Parla dunque.
SOCRATE: Dirò che non abbiamo ammesso con correttezzaquando riconoscemmoche era impossibile che uno
che opini che sia la cosa che sa proprio quella che non sa e opini in modofalso: ma in qualche modo è possibile.
TEETETO: Dici forse ciò che allora anch'io sospettaiquando sostenevamo chequesto tanto è possibilecioè che
talvoltadato che conosco Socratee scorgendo da lontano un altro che nonconoscoio pensi che questo sia Socrate che
pure conosco? In una tale situazione infatti avviene quello che tu dici.
SOCRATE: Ma non ci siamo allontanati da questo concetto perché faceva inmodo che noipur conoscendolonon
conoscessimo quel che conosciamo?
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: Infatti vediamo di non porre il problema in questo modoma inquest'altro: può essere che converga con
noi in qualche modoma probabilmente farà resistenza. Ma noi ci troviamo inuna tale situazione che occorre metterlo
alla provarivoltando il ragionamento da ogni parte. Osserva dunque se dicoqualcosa: è possibile che uno che in un
primo tempo non conosce una cosain seguito venga a impararla?
TEETETO: è possibile; certamente.
SOCRATE: E poi che ne impari un'altra e quindi un'altra ancora?
TEETETO: E perché no?
SOCRATE: Immagina dunquea titolo di conversazioneche nelle nostre animeci sia materiale di cera da
imprimere in una forma più grande e in una più piccolae la prima di cerapiù purala seconda più luridae più durae
alcune di cera più morbida e altre invece di impasto mediano.
TEETETO: Lo immagino.
SOCRATE: Diciamo ora che questola ceraè un dono di Mnemosine(70) madredelle Muse. E su questa cera tutto
ciò che vogliamo ricordare delle cose che abbiamo vistouditoodirettamente pensatosottoponendola alle nostre
sensazioni e ai nostri pensierinoi imprimiamo dei modellicome vengonoimpressi i segni dei sigilli. E quello che
viene stampato noi lo ricordiamo e conosciamo finché resta la sua immagine.Quello invece che viene cancellato
oppure non è adatto a essere impressionatolo dimentichiamo e non loconosciamo.(71) TEETETO: Sia pure in questo
modo.
SOCRATE: Dunque colui che conosce queste cosee poi riflette su una cosa traquelle che vede o ascoltarifletti tu
se può mai opinare il falso in questo modo.
TEETETO: E in quale?
SOCRATE: Perché è convinto che quello che sa sia quello che talora satalora no. è proprio questo il problema sul
quale nei discorsi precedenti non ci siamo messi d'accordo beneammettendoche è impossibile.
TEETETO: E ora come la pensi?
SOCRATE: Facendo distinzione fin dall'iniziosi deve dire così intorno aquesti argomenti: che quello che uno
conosce perché ne conserva il ricordo nell'animama tuttavia non provacredo che questa sia un'altra delle cose che sa e
della quale ha ancora il suggelloche tuttavia non senteè impossibile. Eche una cosa che uno sa e pensi che sia cosa
che non sa e non ne ha il suggelloè impossibile che creda sia un'altracosa che non conosce. E quello che uno sa è
impossibile che creda sia quello che non sa. E ancora ciò che uno prova èimpossibile che creda sia quello che non
prova. E quello che uno non prova è impossibile che creda sia quello che nonprova. E ancora quello che uno sa e prova
e del quale ha ancora il segno secondo la sensazione avutacreda siaun'altra delle cose che sa e prova e della quale ha
ancora il suggello secondo la sensazione avutaè cosa ancora piùimpossibile di quelle precedentise pure è dato
esprimerci così. E ciò che uno sa e prova e di cui non ha direttamente ilricordopensi che sia un'altra cosa che saè
impossibile. E quel che uno provacreda sia un'altra cosa che sa e prova ene ha il ricordo allo stesso modo: e quello che
uno non sa e non provasia quello che non sae d'altra parte quello che nonsa e non prova sia quello che non prova.
Tutti questi casi (72) stanno al di sopra di tutti gli altri per laimpossibilità di opinare il falso su di essi. In casi di questo
tipo poise mai è possibile altroveresta che possa accadere quel chesegue.
TEETETO: E in quali? Se pure riuscirò ad afferrare da essi qualcosa in più:ora infatti non riesco a seguirti.
SOCRATE: Quando nelle cose che uno saegli crede che siano altre che egli sae prova; oppure in quelle che non sa
ma provapensi che siano altre cose che sa; oppure ancora in quelle che sa eprova pensa che siano altre cose fra quelle
Platone Teeteto
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che sa e prova.
TEETETO: Ma ora io ci sono molto più lontano di prima.
SOCRATE: Ascolta dunque di nuovocosì. Io conosco Teodoro e in me stessoricordo bene chi è; e conosco anche
Teeteto allo stesso modo. Talvolta li vedotal'altra notalvolta io litoccotal'altra no; e ascolto e provo qualche altra
sensazione di voitalvolta invece non ne ho nessunama non di meno miricordo bene di voie ho in me stesso buona
conoscenza. Vero?
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: Come prima cosa tra quelle che voglio renderti chiare afferraquesta: è possibile talora non sentire
quello che si sa e talora sentirlo.
TEETETO: è vero.
SOCRATE: E anche ciò che non si saspesso è possibile non sentirlomaspesso anche sentirlo soltanto.
TEETETO: Si dà anche questo.
SOCRATE: Rifletti ora se gliela fai a seguirmi un po' di più. Socrateseconosce Teodoro e Teetetoma non vede né
l'unonè l'altroné ha di essi sensazione alcunamai potrebbe opinareentro se stesso che Teeteto è Teodoro. Dico
qualcosa o no?
TEETETO: Sìla verità.
SOCRATE: Questo è il primo punto di quelli che dicevo prima.
TEETETO: Lo èinfatti.
SOCRATE: Il secondo dunque è questo che conoscendo uno di voima nonconoscendo l'altroné avendo
sensazione né dell'unoné dell'altrogiammai potrei pensare che quelloche io conosco sia quello che non conosco.
TEETETO: è giusto.
SOCRATE: Il terzo punto è questo: non conoscendo io né l'unoné l'altrodei duené provandone sensazionenon
potrei certamente credere che quello che non conosco sia un altro tra quelliche non conosco. E gli altri punti di prima
(73) pensa pure di averli uditi ancora tutti quanti in filanei quali maiintorno a te e a Teodoro io potrò opinare il falso
tanto conoscendovi quanto non conoscendovi ambeduené conoscendo uno divoima non conoscendo l'altro. E anche
intorno alle sensazioni avviene lo stesso(74) se mai mi segui.
TEETETO: Ti seguo.
SOCRATE: Non resta dunque che l'opinare falso consista in questo dal momentoche io conosco te e Teodoro e ne
conservo i segni in quella materia cerosa come di due sigillivi scorgo enon bene da lontanodesidero attribuire il
segno congeniale di ciascunomettendomi ad armonizzarle ciascuna nellapropria orma perché avvenga il
riconoscimento ma mancando in questi obiettivie come quelli che sbaglianoil piede nel calzarsifacendo uno scambio
metto indosso all'immagine di uno dei due il segno dell'altroo anche quelloche avviene della immagine negli specchi
che quello che si trova a destra fluisce sempre verso la sinistrami accadedi compiere lo stesso errore. Si verifica qui la
cosiddetta opinione di altra cosa e l'opinare falso. (75) TEETETO: La cosasta in questi termini: tu tratteggi in modo
stupendo questa evenienza dell'opinione.
SOCRATE: E ancora quando io conosca l'uno e l'altroe dell'unooltre alconoscerloabbia sensazionedell'altro no
ma la conoscenza del primo non l'ho secondo la sensazioneè quello cheenunciavo nei ragionamenti di prima e tu
allora non mi intendevi.
TEETETO: Nodavvero.
SOCRATE: Questo dicevo che non conoscendo un altro e avendone sensazione eavendo di lui conoscenza secondo
sensazionenon potrà credere mai che questo sia un altro che conosce e delquale ha sensazione ed ha anche conoscenza
di lui secondo sensazione.
Non era questoinfatti?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Restava il problema ora enunciatoin cui sosteniamo che c'è falsaopinionequando uno conoscendo
due soggetti e vedendoli ambeduee avendone qualche altra sensazionenon hai segni di ambedue ciascuno secondo la
propria sensazionee come un arciere di poco conto scaglia il dardoscambiando il bersaglio e falliscecosa che può
essere denominata anche falsità.
TEETETO: E a buon diritto.
SOCRATE: E ancoraquando all'un segno è presente la sensazione ma all'altronose a quella presente si armonizza
quella assentein questo caso il pensiero fallisce del tutto. In una solaparolaintorno a ciò che uno non sa e di cui non
ha mai avuto sensazionenon è possibilecome farené ingannarsinéavere falsa opinionese ora noi diciamo qualcosa
di sano. Intorno a ciò che sappiamo e di cui abbiamo sensazionein questoappunto si volge e rotea all'intorno l'opinione
che si fa ora falsa ora veravera se a fronte e direttamente conduce i segnioriginali e le immaginifalsase di traverso e
in via tortuosa.
TEETETO: Dunquenon si dice beneSocrate?
SOCRATE: Sentite anche queste cosepotrai dirlo di più: opinare il veroinfattiè belloopinare il falso è ignobile.
TEETETO: E come no?
SOCRATE: Dicono che di qui si originano queste cose: quando la cera che sitrova nell'anima è profonda e molta e
levigata e ben impastatale impressioni che si fanno avanti entro di noitramite le sensazioniimprimendosi entro
questo cuore dell'animacome ebbe a chiamarlo Omerofacendo allusione aquesta somiglianza della cera con il cuore
(76) e allora i segni che ne derivano puri e avendo una sufficienteprofonditàsono anche duraturi per parecchio tempo
Platone Teeteto
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e così tali uomini sono anzitutto facili all'apprendimento e quindi aricordaree perciò non scambiano i segni delle
sensazioni e opinano il veroe siccome i segni sono chiari e si trovano inun'ampia distesali attribuiscono alla svelta
ciascuno ai loro modelli impressi sulla cerae questi uomini sono chiamatisapienti. Non pare anche a te?
TEETETO: Certoin modo straordinario.
SOCRATE: Quando poi il cuore è pelosocome lo esaltò il poeta in Ogniaspetto sapienteo è sporco e di cera non
purao troppo molle o troppo duroquelli che lo hanno molle sono moltofacili a impararema lo sono anche a
dimenticarequelli che lo hanno duroil contrario. Quelli dunque che lohanno peloso e ruvidoun qualcosa di pietra o
colmo di terra o sudiciume mescolatoquesti hanno impressioni non chiareenon chiare anche quelli che hanno il cuore
duro: infatti non vi è profondità.
E non chiare le hanno anche quelli dal cuore molleperchérimescolandosiinsiemepresto divengono difficili da
riconoscersi.
Se poioltre a tutte queste cosele impressioni vengono a cadere le unesulle altrese uno ha piccola la propria
animucciaper la strettezza del luogo diventano ancora meno chiare diquelle. E sono tutti costoro a diventare quelli che
opinano falso.
Infatti quando vedonoascoltanopensano qualcosasono lentinon essendoin grado alla svelta di attribuire ogni
cosa al proprio segnoe mettendo fuori posto cosa con cosatravisano per lopiù quel che vedonoascoltano e pensano e
vengono così chiamati coloro che hanno idee fallaci sulla realtà e pertantoignoranti.
TEETETO: Sei l'uomo dal parlare più correttoSocrate.
SOCRATE: Possiamo dire dunque che in noi ci sono opinioni false?
TEETETO: Ma certamente.
SOCRATE: E anche vere?
TEETETO: E anche vere.
SOCRATE: Riteniamo dunque che si sia sufficientemente concordato più di ognicosa che tutti e due abbiamo la
stessa opinione?
TEETETO: In maniera straordinaria.
SOCRATE: Ohche cosa orribile e proprio spiacevole rischia di essere un uomotroppo ciarliero!
TEETETO: Cosa? A che scopo dici questo?
SOCRATE: Non potendo soffrire la mia ottusità e la mia vera propensione afare delle chiacchiere. Quale altro
nome infatti si potrebbe affibbiare a uno che trascina i discorsi in alto ein basso non potendo mai essere persuaso per la
sua tardezza e quando non riesce a liberarsi da ogni ragionamento?
TEETETO: Ma insommacos'è che tu non puoi soffrire?
SOCRATE: Non solo non posso soffrirema temo anche di non aver cherisponderese qualcuno mi chiede: «O
Socratehai dunque trovato che opinione falsa non èné nelle sensazionifra loroné nei pensierima nel
congiungimento di sensazione con il pensiero?».
E penso che risponderò di sìe che me ne farò anche bellocome seavessimo trovato un qualcosa di bello.
TEETETO: A meSocratepare che non sia disdicevole quello che ora è statodimostrato.
SOCRATE: «Dunque»chiederà«affermi che l'uomoche noi pensiamosoltanto ma non vediamonon possiamo
mai ritenere che sia cavalloche noi non vediamonon tocchiamoma pensiamosoltanto e nessuna sensazione
proviamo di lui?». E penso che risponderò che tutto questo io l'affermo.
TEETETO: E giustamente.
SOCRATE: «E dunque»risponderà«l'undici che uno non può fare altroche pensareda questo tuo ragionamento
potrebbe mai pensare che sia dodiciessendo anche questo una cosa che solosi pensa?». Orsù dunquerispondi tu.
TEETETO: E io risponderò che unovedendo e toccandopotrebbe credere chesia dodici; masiccome lo ha solo
nel pensieronon potrebbe maisu questoopinare così.
SOCRATE: E che? Ritieni tu che uno maiil quale abbia stabilito di esaminareda se stesso e per se stesso il cinque
e il settenon dico sette e cinque uomininé altra cosa similema ilcinque e il sette per se stessiquelle cose che noi
diciamo essere impressionate làin quel materiale cerosoe nelle qualiopinare il falso non è possibile; dunque proprio
questi se qualche uomo mai li ha presi in considerazione in se stessidiscutendo fra sé e séchiedendosi quanto fanno e
che l'uno abbia risposto ritenendo che facciano undicie un altro dodicioppure tutti rispondono e stimano che facciano
dodici?
TEETETO: Noper Zeus: molti avranno risposto undiciperché se uno svolgeil calcolo in un numero più grande
sbaglia di più. Io penso infatti che tu parli di ogni numero in generale.
SOCRATE: E tu la pensi in modo giusto: considera un po': cos'altro accade senon credere che il dodici in sé
impressionato nel materiale cerososia undici?
TEETETO: Mi pare così.
SOCRATE: Dunque non si fa ritorno ancora alle dispute di prima?
infatti colui che prova questo ritiene che una cosa che egli sasia un'altracosa che egli egualmente sa. E noi
sostenevamo che è impossibile eproprio per questoeravamo costretti adammettere che non c'era falsa (77) opinione;
in caso contrario lo stesso individuo sarebbe stato costretto a sapere e anon sapere a un tempo le stesse cose.
TEETETO: è verissimo.
SOCRATE: Bisogna dunque rendere chiaro che l'opinione falsa è tutt'altracosa che scambio di pensiero rispetto alla
sensazione.
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Perchése la cosa stesse in questi terminimai potremmo sbagliare neiprocessi del puro pensiero. Mentre ora
dobbiamo concludere o che non c'è falsa opinioneo che è possibile che unonon sappia quello che sa. Di queste due
posizioni quale preferisci tu?
TEETETO: Mi metti innanzi una scelta ben difficileo Socrate.
SOCRATE: E tuttavia il ragionamento non può lasciarle sussistere ambedue; masiccome si deve osare in ogni
manierache te ne pare se tentiamo di passar sopra a ogni senso di vergogna?
TEETETO: Come?
SOCRATE: Decidendoci a dire cosa è mai il conoscere.
TEETETO: E cos'ha a che fare questo con la vergogna?
SOCRATE: Pare che tu non avverta che tutto il nostro ragionamento fin dalprincipio è stato una ricerca di
conoscenzaproprio per come chi non sa che cosa è conoscenza.
TEETETO: Nolo avverto invece.
SOCRATE: E non ti pare vergognoso che chi non sa cosa è conoscenza si mettaa dimostrare che cosa è il
conoscere. PeròTeetetoè un bel po' che siamo infetti di questo parlarenon puro.
E sono parecchie le migliaia di volte che noi abbiamo detto «conosciamo»«non conosciamo»«sappiamo»«non
sappiamo»come fossimo in grado di comprendere qualcosa gli uni daglialtriproprio nel momento in cui ignoriamo
ancora cos'è la conoscenza.
Se vuoi ammetterloanche oranel momento presenteci siamo avvalsi dinuovo di locuzioni quali «ignorare» e
«comprendere»come concesso a noi di servircene dal momento che diconoscenza siamo del tutto carenti.
TEETETO: Ma come potrai discutereo Socratese ti tieni lontano da questeespressioni?
5OCRATE: In nessun mododato che io sono quello che sono: ma se fossi unabile parlatoreun tal uomo se fosse
presentedirebbe che occorre tenersi lontano da questi vocaboli e cibiasimerebbe con forza per le locuzioni che vado
dicendo. Ma poiché siamo proprio da pocovuoi che io mi arrischi a direcos'è il conoscere? Mi pare che potrebbe
venirne un qualche beneficio.
TEETETO: Arrischiati dunqueper Zeus! E molta sarà la comprensione anche setu non ti astieni da queste parole.
SOCRATE: Hai sentito tu quello che ora chiamano il conoscere?
TEETETO: Forse: però al presente io non me ne ricordo.
SOCRATE: Dicono che esso è il possesso della conoscenza.
TEETETO: è vero.
SOCRATE: Noi peròfacendo un piccolo cambiamentodiciamo che esso èacquisto della conoscenza.
TEETETO: E in cosa dirai che questa definizione diverge da quella?
SOCRATE: Forse in nulla: ma ascolta e considera assieme a me quelladifferenza che sembra esserci.
TEETETO: Se pur ne sarò in grado.
SOCRATE: A me non pare che avere sia la stessa cosa che il possedere; adesempiose uno comprandosi un
mantellone è anche padrone ma non lo porta indossopotremmo dire non giàche l'hama che lo possiede.
TEETETO: è giusto.
SOCRATE: Rifletti ora se ci si può esprimere così anche sulla conoscenzacioè che uno la possegga ma non l'abbia;
come uno che allevi in casa propria degli uccelli selvaggicolombi o altrodopo aver preparato una gabbia. In un certo
modo potremmo dire che questi uccelli li ha sempredato che li possiedevero?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Ma in un altro modonon ne ha nessunoma siccome se li resesottopostiin un recinto entro la propria
casaha su di essi la possibilità di prenderli e di tenerli quando vuoledando la caccia a quello che ogni volta desiderae
di rimetterlo di nuovo in libertà. E ha la possibilità di farlo ogni voltache gli va a genio.
TEETETO: è così.
SOCRATE: Oracome nei ragionamenti di prima abbiamo preparato non so qualeforma di ceraora invece in
ciascuna anima raffiguriamoci una sorta di gabbia piena di uccelli svariatialcuni che volano a frotteseparatamente da
altrialcuni in gruppetti poco numerosie alcunida soliin mezzo a tuttiquesti ove capita.
TEETETO: Raffiguriamoci pure questa cosa: e poi?
SOCRATE: Mentre si è ancora fanciullioccorre dire che questo recipiente èvuotoe intendere conoscenza al posto
degli uccelli; e la conoscenza che uno si procaccia la chiude entro questorecintoe allora occorre dire che costui ha
imparato o scoperto la cosa della quale questa era la conoscenza: e questo èil conoscere.
TEETETO: D'accordo.
SOCRATE: Ebbene andare a caccia di nuovo della conoscenza che uno vuoletrale altree prenderla e trattenerla e
poi lasciarla andare di nuovopensa tu di quali nomi debba avvalersise glistessi di primaquando egli si procacciò la
conoscenza o se di altri. Da questo potrai comprendere più chiaramente checosa io dico. Infattiun'artela chiami tu
aritmetica?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Immagina che questa sia una specie di caccia di conoscenze di ogninumero pari e dispari.
TEETETO: Comprendo.
SOCRATE: Con quest'arteio pensoegli si rende soggette le conoscenze deinumeri e può darle anche agli altrichi
lo vuole.
TEETETO: Sì.
Platone Teeteto
31
SOCRATE: E diciamo pure che insegna chi le dàche impara chi le raccogliema chi le ha in quanto le possiede
entro quella gabbia diciamo che conosce.
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: Presta attenzione ora a quel che deriva di qui: un compitoaritmetico conosce tra l'altro tutti i numeri.
Nella sua anima infatti si trovano le conoscenze di tutti i numeri.
TEETETO: Ebbene?
SOCRATE: Un tale soggetto potrà mai calcolare tra sé e sé quello che ha inse stessoO qualcos'altro di quelle di
fuoriquante abbiano la numerazione?
TEETETO: Come no?
SOCRATE: Noi porremo che computare niente altro sia dal considerare quanto unnumero viene a essere.
TEETETO: Così.
SOCRATE: Chi riflette su questi calcoli dunque pare che non conosca quelloche in realtà conosce: ed è quello che
noi avevamo convenuto che conoscesse tutta la numerazione. Tu riesci a capirecertamente tutti questi problemi.
TEETETO: Io sì.
SOCRATE: Noi dunque raffigurandocelo dal possesso e dalla caccia dellecolombediremo che questa caccia è
duplicel'una di possedere per possederel'altra per chi ha già ilpossesso per prendere e avere nelle mani quello che
possedeva da un pezzo. E cosìanche di quelle nozioni di cui uno aveva leconoscenze per averle imparate e dunque le
conoscevaè possibile che queste nozioni egli le impari di nuovo nprendendoe tenendola ferma la conoscenza di
ciascuna cosa che già da un pezzo possedevama non aveva alla portata nelproprio pensiero.
TEETETO: Vero.
SOCRATE: Proprio questo io chiedevo poco facome occorre che si avvalgadelle parole per parlare su questi
argomentiquando l'aritmetico si appresta a fare calcoli o il grammatico aleggere qualche passose come sapendo si
muove nuovamente in tale campo per apprendere per conto proprio quello chegià sapeva?
TEETETO: Ma è ben stranoo Socrate.
SOCRATE: Diremo dunque che lui leggerà e conterà cosa che non conoscepuravendogli riconosciuto che conosce
tutte le lettere e tutti i numeri?
TEETETO: Ma anche questo è molto irragionevole.
SOCRATE: Vuoi dunque che diciamo che a noi nulla importa delle parolee cheuno trascini a piacimento il
«conoscere» e l'«imparare»ma poiché abbiamo stabilito che una cosa èpossedere la conoscenzaun'altra averla
diciamo invece che è impossibile che uno non possegga quel che possiedeealtrettanto che mai possa accadere che uno
non sappia quello che sae d'altra parte può darsi che uno prenda opinionefalsa proprio su questo? è possibile invece
che uno non abbia conoscenza proprio di questo che sama di un'altra cosainvece di questaquandoandando a caccia
di una qualche conoscenza e volando esse qua e là ne afferrisbagliando unaal posto dell'altrae allora si diede a
pensare che l'undici fosse dodici e prese la conoscenza dell'undici invece diquella del dodicila colombella che volava
entro lui stesso invece della colomba.
TEETETO: Questo ha una sua ragione.
SOCRATE: Quando invece uno riesce a prendere la conoscenza che vuoleprenderediremo dunque che non si
inganna e che opina allora la realtàe di quelle questioni per le quali cieravamo angustiati prima non ne abbiamo più
nessuna a provocarci impaccio?
Forse mi darai ragione: oppurecome farai?
TEETETO: Così.
SOCRATE: E in tal modo ci siamo liberati dall'ipotesi che gli uomini nonconoscano quel che conoscono; e in
nessun modo ancora può accadere che noi non possediamo quel che possediamoné che di una certa cosa si opini il
falsosia no. Ma mi pare che un altro scogliopiù duro di questosiintravveda con chiarezza.
TEETETO: E quale?
SOCRATE: Se lo scambio delle conoscenze potrà mai divenire falsa opinione.
TEETETO: E come?
SOCRATE: In primo luogo questo: cioè uno che ha conoscenza di una certacosaproprio questa ignori e non per
non conoscerlama proprio per la sua stessa conoscenza; poi che costui opiniche questa è un'altra cosa e l'altra è
questa? E come potrebbe non essere un gran non senso che l'animaproprioquando la conoscenza è presentenon
conoscesse nullama ignorasse tutto? Secondo questo ragionamento infattinon c'è niente a impedire che anche
l'ignoranzaquando è presentefaccia conoscere qualcosa e la cecitàvederese anche la conoscenza talvolta ci porta a
ignorare.
TEETETO: ForseSocratenon abbiamo immaginato bene a supporre che quegliuccelli fossero per noi soltanto
conoscenza; occorreva che immaginassimo che nella nostra anima volasseroinsieme anche le non conoscenzee che
colui che va a caccia prendesse della stessa cosa talvolta una conoscenzatal'altra una non conoscenza erelativamente a
questaopinasse falsoe quell'altra inveceopinasse il vero.
SOCRATE: Non è facileTeetetonon lodarti. Ma rifletti di nuovo su quelche hai detto. Sia pure come tu dici.
Dunque colui che prende la non conoscenza opina il falsotu dici. Vero?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Eppure egli non penserà di opinare falso.
TEETETO: Come no.
Platone Teeteto
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SOCRATE: Ma il vero. E si troverà nella posizione di uno che sa bene quellosu cui si è ingannato.
TEETETO: Ebbene?
SOCRATE: Penserà dunque di avere una conoscenza per esserne andato a cacciae non una non conoscenza.
TEETETO: è chiaro.
SOCRATE: E dunquedopo aver percorso un lungo trattoci troviamo di fronteallo stesso dilemma. E quello che
sempre ci contestaridendo dirà: «Comecarissimiuno che conosce ambeduequeste coseconoscenza e non
conoscenzacrede che una delle due che conosce sia un'altra fra quelle chepur conosce? Oppure non conosce né l'una
né l'altra di esse e opina che quello che non conosce sia l'altra che purenon conosce? Oppure ne conosce una sì e l'altra
noe quella che non conosce crede sia quella che conosce (78) o quella checonosce sia quell'altra che non conosce?
Oppure mi direte ancora che di queste conoscenze e non conoscenze ci sonoanche altre conoscenzeche chi le
possiedetenendole chiuse in certe vostre risibili gabbiette o impresse inmateriale cerosofino a che le possiede le sa
anchepur non avendole alla portata entro la propria anima? E sarete cosìcostretti a correre intorno allo stesso punto
parecchie migliaia di volte non combinando nulla di più». Cosa potremorispondere a queste coseTeeteto?
TEETETO: Per Zeuso Socratenon so che cosa occorre rispondere.
SOCRATE: E dunque ci biasima giustamente il ragionamento e dimostra che noncorrettamente andiamo alla
ricerca prima della falsa opinione che della conoscenzaanzilasciandolaperdere.
D'altronde è impossibile conoscere questola falsa opinioneprima che unoabbia ben compreso cosa mai è
conoscenza.
TEETETO: In questo momentoo Socrateè necessario pensare come tu dici.
SOCRATE: Dunqueda capo ancora: che cosa dirà uno che è conoscenza?
Perché certamente noi non veniamo meno alla ricerca.
TEETETO: Noassolutamente; a meno che anche tu non voglia tirarti indietro.
SOCRATE: Rispondisu: che dire in particolare della cosa per contraddirci ilmeno possibile con noi stessi?
TEETETO: Quello cui abbiamo già prima posto manoSocrate. Del resto non honiente altro da proporre.
SOCRATE: E cosa?
TEETETO: Che la vera opinione è conoscenza; l'opinare veroinfattinonpuò commettere errorie le cose che da
esso derivano sono tutte belle e buone.
SOCRATE: Colui che guidava il guado del fiumeo Teetetodisse che «la cosastessa avrà a dimostrarlo»;(79) allo
stesso modo noi procedendoforse può venirci a portata proprio quello dicui andiamo alla caccia; ma stando fermi
nulla ci sarà chiaro.
TEETETO: Dici bene: andiamo avanti e continuiamo a riflettere.
SOCRATE: Dunque di una breve riflessione questo ha bisogno. Sarà un'artetutta intesa a dimostrarti che questo non
è conoscenza.
TEETETO: Come? E quale?
SOCRATE: è quella dì coloro che sono i più grandi in fatto di saggezza:quelli che chiamano retori e giureconsulti.
Essi con la loro arte convinconoma non insegnandoma facendo in modo chealtri pensino quello che essi vogliono. O
pensi tu che ci siano alcuni maestri così capaci chementre non eranopresenti i giudici quando alcuni erano derubati
delle loro ricchezze o pativano qualche angheriaa essi possono insegnare inproporzione a una piccola quantità d'acqua
che scorre nella clessidra la verità degli avvenimenti?
TEETETO: Nonon lo penso assolutamente: ma che siano in grado di convincere.
SOCRATE: Ma non sostieni che persuadere è fare in modo che si abbia un'altraopinione?
TEETETO: Ebbene?
SOCRATE: Dunquequalora dei giudici siano giustamente convinti che intorno acerte cose sapere è soltanto quello
di chi le ha vistese nono; allora giudicando essi di queste cose persentito direpure avendone acquisito un'opinione
veragiudicano senza conoscenzaper quanto se ne siano fatti una rettaideaanche se giudicano bene.
TEETETO: è assolutamente così.
SOCRATE: Dunqueamico miose opinione vera e conoscenza fossero la stessacosa anche nei tribunali neppure un
giudice molto acuto potrebbe ben opinare senza conoscenza. è evidente dunqueche l'una e l'altra cosa sono un qualcosa
di diverso.
TEETETO: O Socratequello che io avevo sentito da un tale che parlaval'avevo dimenticato: ma ora mi sta
tornando in mente.
Egli (80) sosteneva che conoscenza è opinione vera sostenuta da ragione eche quella senza ragione è al di fuori e a
conoscenza.
E quelle di cui non v'è ragionenon erano «conoscibili»le chiamavaproprio cosìquelle che invece l'hanno
conoscibili.
SOCRATE: Parli proprio a proposito. Ma dimmi anche come distingueva questecose conoscibili da quelle che non
lo sonoper capire se caso mai io e tu abbiamo sentito alla stessa maniera.
TEETETO: Dubito di potere trovarla; ma se un altro me la suggeriscepotreitenergli dietro.
SOCRATE: Preparati a udire un sogno al posto di un altro sogno. (81) Misembrava di udire alcuni che sostenevano
che i primi princìpi dei quali siamo formati noi e le altre cose non hannoragione; ciascun principioin se stessoè
possibile solo nominarloma dire di esso alcun'altra cosa non è possibilené che èe neppure che non è: già questo
sarebbe un porgli innanzi essenza o non essenzamentre nulla occorreaggiungergli se si parla di questo principio solo
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in sé. Infatti non gli si deve aggiungere neppure questo «in sé»né«quello»né «ciascuno»né «solo»né «questo» e
neppure molte altre simili locuzioni. Questeinfatticorrendo attorno daogni dove possono applicarsi a tuttopoiché
sono diverse da tutto ciò cui si aggiungono; bisogna dunquese parlare diquesto principio fosse possibile e questo
avesse una sua propria ragioneparlare senza tutte quelle altre locuzioni.
Ora invece non è possibile dire con un ragionamento su uno qualunque deiprimi princìpiperché esso nulla altro ha
se non la sola possibilità di essere nominatoperché ha soltanto il nome;le altre cose invece che sono formate da questi
principiallo stesso modo come esse sono intrecciatecosì anche i loronomiessendo intrecciatidiventano ragione;
dunque intreccio di nomi è la sostanza del discorso. E così i princìpi aldi fuori della ragione e inconoscibili sono
tuttavia soggetti a sensazione; le relazioni invece sono conoscibiliatte aessere espresse econ vera opinioneopinabili.
Dunque quando uno raggiunge opinione vera di qualche cosama senza ragionela sua anima esprime il vero
relativamente a questa cosama non la conosce perché chi non può dare néricevere ragione di una cosa (82) vuol dire
che non ha conoscenza di essa. Chi invece ne comprende la ragione e puòincludervi tutte queste cose si trova anche
nella condizione perfetta per la conoscenza. E tu il sogno l'hai sentitocosì o in altra maniera?
TEETETO: Esattamente così.
SOCRATE: Ti piace dunque stabilire in questo modo che conoscenza è veraopinione sostenuta da ragione?
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: ForseTeetetoorain tal manieraquello che da tempo molti tra isapienti sono invecchiati nella ricerca
prima di trovarlo?
TEETETO: Per me almenoSocratepare che sia detto bene quello che si èdetto.
SOCRATE: Ed è probabile che il concetto in se stesso stia così.
Infatti quale conoscenza potrebbe esserci ancora fuori da ragione e da giustaopinione? Una sola cosatra quel che è
stato dettonon mi piace.
TEETETO: E quale?
SOCRATE: Quello che sembra essere detto nel modo più finecioè che iprincìpi sono irriconoscibilimentre il
genere delle relazioni è conoscibile.
TEETETO: E dunque non è giusto?
SOCRATE: Occorre esaminarlo: noi teniamo come pegni gli esempi delragionamento di chiavvalendosi di essi
disse tutte queste cose.
TEETETO: E quali?
SOCRATE: Le lettere dell'alfabeto come princìpi e le sillabe come relazioni.O pensi tu che guardando altrove
dicesse queste teoriedelle quali ora noi discutiamo?
TEETETO: Noa queste.
SOCRATE: Prendiamole in mano dunque e mettiamole alla prova: o megliomettiamo alla prova noi stessise così o
non così abbiamo imparato le lettere. Anzitutto rispondi: Dunque le sillabehanno una ragionementre le lettere ne sono
prive?
TEETETO: Forse.
SOCRATE: D'accordo dunque: pare così anche a me. Se uno dunque ti chiedessela prima sillaba di Socrate in
questo modo: «Di' pureTeeteto: che cosa è Sigma Omega?». Cosarisponderesti?
TEETETO: Che è un sigma e un omega.
SOCRATE: Dunque consideri questa la ragione della sillaba?
TEETETO: Io sì SOCRATE: Orsù dunque: dimmi anche la ragione del Sigma.
TEETETO: E come potrà uno enunciare i princìpi del principio? InfattiSocrateil sigma è una lettera afona
soltanto un suonocome se la lingua fischiasse; il beta non è né voce nésuonocome la maggior parte delle lettere.
Sicché è giusto dire che questi princìpi sono irrazionalie fra essiquelli che sono più chiarigli stessi sette principi (83)
hanno soltanto la vocesenza ragione alcuna.
SOCRATE: Su questo aspettodunquedella conoscenzaamico mioabbiamoimbroccato nel segno.
TEETETO: Pare SOCRATE: Ebbene? Abbiamo dimostrato dunque correttamente che ilprincipio non è conoscibile
ma la sillaba sì.
TEETETO: Pare.
SOCRATE: Orsùdella sillaba come possiamo dire: le due lettere ose sonopiù di duetutteo una sorta di idea
unica che si è determinata dal disporsi di esse fra loro?
TEETETO: A me sembrerebbe che fossero tutte le lettere.
SOCRATE: Esamina ora le due lettere: il sigma e l'omega. Messe insiemecostituiscono la prima sillaba del mio
nome: chi conosce quella non conosce anche tutte e due le lettere?
TEETETO: Ebbene?
SOCRATE: Conosce il sigma e anche l'omega.
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Cosa? Non conosce ognuna di essee pur non conoscendo né l'una nél'altrale conosce ambedue?
TEETETO: Ma è fuorviante e assurdoo Socrate.
SOCRATE: Eppure se è necessario che conosca ognuna delle duese uno dovràconoscerle tutte e dueè necessario
conoscere prima le lettere per chi dovrà poi conoscere la sillabae cosìil nostro bel ragionamentofuggendosi dilegua.
TEETETO: E molto all'improvviso.
Platone Teeteto
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SOCRATE: Infatti non l'abbiamo bene sorvegliato. Occorreva forse stabilireche la sillaba non è le letterema una
sorta di idea unica che scaturisce da esse (84) che ha un suo solo aspettoper se stessoe che è altra dalle lettere.
TEETETO: Ma certamente: e forse la questione sta più in questo modo che inquello.
SOCRATE: Occorre esaminare e non lasciare andare così con poco coraggio unragionamento grande e degno di
considerazione.
TEETETO: Nocertamente.
SOCRATE: Sia dunque la cosacosì come noi diciamo: la sillaba è una solaideacostituita da ciascuno dei principi
che si armonizzano insiemesimilmente nel caso delle lettere e in tutti glialtri casi.
TEETETO: D'accordo.
SOCRATE: Della relazione dunquenon ci debbono essere parti.
TEETETO: Perché?
SOCRATE: Perché laddove esistono delle partiè necessario che tutte leparti costituiscano l'intero. O forse tu
intendi sostenere che l'intero è derivato dalle partianche se è un'ideasoladiversa da tutte le parti?
TEETETO: Io sì.
SOCRATE: Ma il tutto e l'intero tu li chiami la stessa cosa o l'una e l'altrason cosa diversa?
TEETETO: Non ho alcuna sicurezza a rispondertima siccome mi inviti aribattere prontamenteoso dirti che sono
cosa diversa.
SOCRATE: La tua prontezzaTeetetosta bene. Ma se sia lo stesso per la tuarispostaresta da considerare.
TEETETO: E dunque bisogna.
SOCRATE: Dunquel'intero sarebbe differente dal tuttosecondo il tuodiscorso di adesso.
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Ebbene? Ma quale differenza c'è tra tutte le parti e il tutto? Maquandoad esempionoi diciamo uno
duetrequattrocinqueseio se diciamo tre per dueo due per treoppure quattro più dueoppure ancora tre più due
più unoin tutti questi calcoli noi diciamo sempre il medesimo numerooppure ne diciamo uno diverso?
TEETETO: Il medesimo.
SOCRATE: Forse qualcos'altro rispetto a sei?
TEETETO: No.
SOCRATE: Dunque con ciascuna di queste locuzioni non abbiamo detto tutte lesei unità?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E d'altra parte non diciamo una unità soladicendole tutte quante?
TEETETO: Necessariamente.
SOCRATE: E che cos'altro è se non le sei unità?
TEETETO: Nulla.
SOCRATE: Quanto dunque si trova nelle cose che derivano dai numerisediciamo tutto oppure tutte le unità
vogliamo sempre dire la stessa cosa?
TEETETO: Pare di sì.
SOCRATE: Diciamo di queste cose nel modo seguente: Il numero del pletro (85)e il pietro sono la stessa cosa?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E il numero dello stadio e lo stadio allo stesso modo?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E allora anche quello dell'esercito e l'esercito e allo stesso modoavviene per tutte le altre cose di questo
genere. Ogni numero infatti rispetto a ciascuna di esse è tutto l'essere.
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Ma il numero di ciascuna cosa è forse qualcosa di diverso rispettoalle parti?
TEETETO: No.
SOCRATE: Tutte le cosedunqueche hanno particonsisterebbero di parti?
TEETETO: Appare chiaro.
SOCRATE: Ma si è già riconosciuto che tutte le parti di una cosa sono iltuttose anche tutto il numero è tutta la
cosa.
TEETETO: è così.
SOCRATE: Ma allora l'intero non consiste di parti: sarebbe un tutto infattise fosse tutte le parti.
TEETETO: Non sembra.
SOCRATE: Ma parte può essere di qualunque altra cosa rispetto a quella cheècioè dell'intero?
TEETETO: Del tutto.
SOCRATE: Tu lotti con coraggioTeeteto. Ma il tuttoquando nulla mancanonè per questo stesso tutto?
TEETETO: Necessariamente.
SOCRATE: E l'intero anche non sarà questo stessocui nulla sia venuto menosotto nessun aspetto? Quello invece
cui è venuto qualcosanon può essere né intero né tuttodal momento cheper la stessa causa (86) sono la stessa cosa.
TEETETO: A mio parere ora non c'è alcuna differenza fra il tutto e l'intero.(87) SOCRATE: Dunque non dicevamo
che quando le parti facciano consistere un qualcosaproprio tutte le partisono il tutto e l'intero?
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: Di nuovodunqueil problema che avevo tra le mani poco fa: se lasillaba non è le letteree
Platone Teeteto
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necessariamente essa non ha le lettere come sue partioppure essendo lastessa cosa rispetto a questanon deve essere
riconoscibile allo stesso modo di quelle?
TEETETO: è così.
SOCRATE: Ma proprio perché questo non avvenissenon avevamo fissato cheessa era diversa da loro?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E dunque? Se le lettere non sono parti della sillabahai tu altrecose da dire che siano parti della sillaba
pur non essendo le lettere di essa?
TEETETO: NoassolutamenteSocrate; perché se io fossi d'accordo che cisono alcune parti di essasarebbe proprio
comico chebuttando via le sillabemi volgessi poi ad altre cose.
SOCRATE: Senza dubbioalloraTeetetosecondo il tuo attuale ragionamentola sillaba sarebbe un'idea (88) unica
indivisibile.
TEETETO: Pare.
SOCRATE: Ti ricordio caroche nel ragionamento di poco fa noi fummod'accordogiudicando che fosse detto
bene che dei primi elementi - quelli da cui sono formate le altre cose -nonsi può rendere conto perché ciascuno di essi
considerato in sé e per sé è semplicené sta bene a proposito di essoaggiungendodire: «essere»«questo»come altri
simili e diversi modi di dire e che è proprio questa la causa che rendel'elemento stesso irrazionale e irriconoscibile?
TEETETO: Me ne ricordo.
SOCRATE: O c'è anche qualche altra causase non questadel loro esseresemplice e indivisibile? Ioinfattinon ne
vedo altra.
TEETETO: Infatti non pare possa esserci.
SOCRATE: E dunque anche la sillaba non è caduta in quello stesso aspettorispetto a ciascuno dei princìpise pure è
vero che non ha parti ed è idea unica?
TEETETO: è proprio così.
SOCRATE: Se dunque una sillaba è più lettere ed è un interoe questesono parti di essaallo stesso modo le lettere
come le sillabe sono conoscibilideterminabili; se è vero che tutte lepartisi è dimostratosono la stessa cosa rispetto
all'intero.
TEETETO: Ma certo.
SOCRATE: Se poi è un qualcosa di unico e senza partila sillabaallostesso modo della letterasarà irrazionale e
non conoscibile: infatti la stessa causa renderà identiche e l'una el'altra.
TEETETO: Non saprei dire in altra maniera.
SOCRATE: Questo dunque non possiamo accettarecioè che uno dica che lasillaba è conoscibile e determinabile
la letterainvecetutto il contrario.
TEETETO: Certamente nose seguiamo il nostro ragionamento.
SOCRATE: Ebbene? Non potresti accettare piuttosto quello che dice ilcontrario da quello che tu stesso hai
conosciuto in tenell'apprendere le lettere?
TEETETO: E cosa?
SOCRATE: Chenell'imparare le lettereniente altro hai fatto che tentare didistinguerleuna per unacon la vista e
con l'udito perché la loro posizione e quando venivano pronunciate e quandovenivano scritte non avesse a disorientarti.
TEETETO: Dici cosa verissima.
SOCRATE: E nell'aver appreso alla perfezione l'arte del citarista forse c'èstata qualche altra cosa se non il poter
tenere dietro a ciascun suono e sapere di che corda è?
TEETETO: Niente altro.
SOCRATE: Se dunque da questi princìpi (lettere) e relazioni (sillabe)dellequali noi siamo espertida queste
dobbiamo dare testimonianza anche sugli altridiremo che il genere deiprincìpi ha una conoscenza più chiara e più
sicura di quella della relazione per afferrare compiutamente ogniapprendimentoe se uno dirà che la relazione è
conoscibilementre la relazione è irriconoscibile per natura riterremo chedi proposito osuo malgradostia scherzando.
TEETETO: è indubbiamente così.
SOCRATE: Ma intorno a questo argomentosecondo il mio pareresi potrebberoportare ancora altre prove; maper
esaminare questenon lasciamoci sfuggire il problema propostocioè cosamai si deve intendere che la ragione
congiunta con opinione veradiventa la conoscenza più perfetta.
TEETETO: E dunque occorre considerare questo.
SOCRATE: Orsù dunque: cosa si vuole che significhi per noi ragione? A meinfattipare una di queste tre cose.
TEETETO: Quali?
SOCRATE: La prima potrebbe essere questa: rendere chiaro il proprio pensieromediante la voce con locuzioni e
nomirappresentando la propria opinionecome in uno specchio o nell'acquamediante il flusso verbale che proviene
dalla bocca. E a te non pare che ragione sia un presso a poco così?
TEETETO: A me sì. Diciamo che ragiona uno che fa questo.
SOCRATE: Peròmostrare che cosa uno pensi su una certa cosaè capace difarlo ognunoin modo più rapido o più
lentoa meno che non sia sordo e muto fin dalla nascita. E così quantiOpinano rettamente su un puntoappare chiaro
che con ragione hanno questo e dunque non potrà più esserci retta opinionesenza conoscenza.
TEETETO: è vero.
SOCRATE: Ma non muoviamo critiche così facilmente di non avere detto nulla acolui che ha determinato
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conoscenza come noi ora stiamo considerando. Probabilmente infatti chiparlava non sosteneva questoma che uno
interrogato intorno a una determinata cosa è capace di dare la rispostaall'interrogante attraverso i princìpi della cosa
stessa.
TEETETO: E quale esempio vuoi portareSocrate?
SOCRATE: Uno come questo. Esiodo dice del carro: «I cento legni del carro»che io non saprei elencare epenso
neppure tu. Ma potremmo rallegrarci se a chi ci chiede che cosa è un carroavessimo modo di rispondere: ruoteasse
tettoiaparapetto e giogo.
TEETETO: Esattamente.
SOCRATE: Ma probabilmente costui riterrebbe che noi siamo ridicoli seinterrogati sul tuo nomerispondessimo
sillaba per sillabaopinando bene e dicendo quel che diciamo e pensando diessere grammatici e di avere e di esprimere
secondo grammatica la ragione del nome di Teetetomentre invece non è datoche esprima nulla secondo conoscenza
chi non abbia compiuto alla perfezione l'esame di ciascuna cosa attraverso isuoi princìpicome anche è stato detto nei
discorsi precedenti.
TEETETO: è stato detto infatti.
SOCRATE: E così anche del carro noi possiamo avere giusta opinionesoprattutto chidelle sue cento parti possa
percorrerne l'essenzae aggiungendo questoegli ha raggiunto la ragionedella vera opinionee anziché opinatore egli
sarà tecnico e conoscitore della essenza del carro avendo compiuto un esameapprofondito al tutto mediante i princìpi.
TEETETO: E non ti pare che vada beneo Socrate?
SOCRATE: E a te pare beneo amico? Sei d'accordo tu che la descrizione diogni cosa mediante i suoi princìpi sia
ragionementre quella secondo le relazioni o qualcosa di ancora più grandesia illogica? Rispondimi questo perché
possiamo esaminarlo.
TEETETO: Ma io sono d'accordo completamente.
SOCRATE: Ritenendo forse che sia capace di conoscenza di qualcosa uno chepensi che lo stesso principio ora
riguardi la stessa cosaora un'altrao anche quando ritenga che alla stessacosa ora competa un principioora invece un
altro?
TEETETO: Per Zeusio no!
SOCRATE: Hai dimenticato dunque cheall'inizionell'imparare le letteretue gli altri facevate questo?
TEETETO: Intendi forse chedella stessa sillabaora pensavamo che lalettera fosse questaora un'altrao anche che
univamo la stessa lettera ora alla sillaba giustaora invece a un'altra?
SOCRATE: Dico questo.
TEETETO: Non l'ho dimenticatono: per Zeus! E non ritengo affatto che abbiaconoscenza chi la pensi così.
SOCRATE: Ebbene? Quando in qualche occasione mentre uno scrive Theetetopensa che si debba scrivere e così
scrive: Th e e; e mettendosi poi a scrivere Teodoro pensa che si debbascrivere e scrive: T e ediremo che costui ha
conoscenza della prima sillaba dei vostri nomi?
TEETETO: Ma poco fa avevamo convenuto che chi si comporta in questo modo nonha conoscenza.
SOCRATE: E c'è un qualcosa dunque a impedire che anche riguardo la secondala terza e la quarta sillaba egli si
trovi nella stessa situazione?
TEETETO: Nulla.
SOCRATE: E allora dunqueavendone la descrizione mediante i princìpiscriverà Teeteto con giusta opinione
quando ne scriva i principi in fila a uno a uno?
TEETETO: è chiaro.
SOCRATE: E non ne è ancora buon conoscitorepur opinando rettamentecomeandiamo dicendo?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Avendone ragione con retta opinione; infatti scrisse tenendo ilpercorso attraverso i princìpicosa che
convenimmo essere ragione.
TEETETO: è vero.
SOCRATE: Vi è dunqueamicouna retta opinione con ragione che non si deveancora chiamare conoscenza. (89)
TEETETO: C'è questa probabilità.
SOCRATE: Un sogno fu dunquesembraquando ci sentivamo ricchi pensando dipossedere la più veritiera ragione
di conoscenza. O non dobbiamo ancora sottoporla a critica? Probabilmenteinfatti non in tal modo ha determinato il
concetto di ragione quel talema sotto il restante aspetto dei trein unodei quali sostenevamo che avrebbe posto il
valore di ragionecolui che spiegò che conoscenza è retta opinionesostenuta con ragione.
TEETETO: Me l'hai ricordato a proposito. Uno solo infatti ne resta ancora.L'uno infatti era una sorta di immagine
del pensiero nella vocequello detto poco fa era il percorso fino all'interomediante i princìpi. E del terzo poi che cosa
dici?
SOCRATE: Ciò che potrebbero dire i più: l'avere un qualche segno da direper cui ciò che viene chiesto differisce
da tutto il resto.(90) TEETETO: Quale ragione dunque è di che cosa hai mododi dirmi?
SOCRATE: Ad esempiose vuoiquello del sole che credo sia sufficiente afarti accettare che il sole è il più
rilucente degli astri nel cielo che ruotano (91) attorno alla terra.
TEETETO: D'accordo.
SOCRATE: Cerca di afferrare ora in grazia di che è stato detto: se tucomprendi la differenza di ciascuna cosa nel
punto in cui è differente dalle altretu capiraicome affermano alcunilaragione di questa cosainvece se tu ne tocchi
Platone Teeteto
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soltanto una qualità comunetu avrai la ragione di quelle cose delle qualifa parte questa sorta di comunanza.
TEETETO: Comprendo: e mi pare stia bene chiamare ragione secondo questamaniera.
SOCRATE: E dunque colui con giusta opinione di una qualsiasi cosa esistenteriesce ad afferrarne la differenza con
le altrediverrà buon conoscitore di quella cosa della quale in precedenzaera soltanto opinatore.
TEETETO: Diciamo giusto così.
SOCRATE: Ora però Teetetodacché mi son fatto vicino a quel che si dicetra noi come a una pittura in prospettiva
non riesco assolutamente a comprendere neanche un po': mentrequando ne erolontanomi sembrava di dire qualcosa.
TEETETO: E perché mai questo?
SOCRATE: Te lo dirò se ne sono capace: io avendo retta opinione di teseriesco a comprendere anche la ragione
allora ti conoscose noopino soltanto.
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E ragione voleva appunto dire interpretazione della tua differenza.
TEETETO: Così.
SOCRATE: Quando dunque opinavo solamentecol pensiero riuscivo forse araggiungere qualcuno di quegli aspetti
per cui tu differisci dagli altri?
TEETETO: Non pare.
SOCRATE: Dimmi dunqueper Zeus! Come potevo io in quel tempoopinare su tepiù che su chiunque altro?
Immagina che io pensi come è questo Teeteto: che è un uomoche ha nasoocchiboccae così a una a una le altre
membra. Dunquepuò darsi mai che questo pensiero faccia in modo che iopensi a Teeteto più che a Teodoroo come
suoi dirsiall'ultimo dei Misi? (92) TEETETO: Ebbene?
SOCRATE: Ma io penso a uno che non solo abbiacome hai tunaso e occhimaanche il naso schiacciato e gli
occhi in fuoriper questo dovrò io opinare più di te che di me o di quantihan somiglianza con noi? (93) TEETETO: No.
SOCRATE: Ma io penso anche che di Teeteto non mi sarò fatto un'opinioneprima che questo tuo naso schiacciato
lasciandomi un'improntanon abbia posto in me un ricordo che indica unadifferenza dagli altri nasi schiacciati che ho
visto; e così anche delle altre caratteristiche delle quali consisti tu;cosa chese ti incontro domanimi farà ricordare di
te e farà anche in modo che io ne abbia giusta opinione.
TEETETO: è verissimo.
SOCRATE: Retta opinione dunque su ciascuna cosa riguarderebbe anche ladifferenza.
TEETETO: Pare di sì.
SOCRATE: Cosa potrebbe essere ancora aggiungere ragione alla retta opinione?Perché se vuol dire opinare per
quale aspetto una cosa differisce dalle altrela proposizione si fa davveroridicola.
TEETETO: Come?
SOCRATE: Alla retta opinione che abbiamo di quelle cose quanto alla causa percui si differenziano dalle altreci
impone di aggiungere retta opinione per la quale esse si distinguono dallealtre. E così il fare girare una bacchetta o un
pestello o una qualunque cosa non vorrebbe dire nulla di fronte a unaproposizione come questae si potrebbe chiamarla
più giustamente l'imposizione di un cieco. Infatti venire a imporci diaggiungere queste cose a quelle che abbiamoper
imparare le cose su cui opiniamopare cosa che si addica in pieno a unotenuto nelle tenebre.
TEETETO: Dimmi oracosa ti premeva sapere quando domandavi?
SOCRATE: Se comprendere la ragione di una cosa vuol significare conoscere enon solo opinare la differenza
sarebbe un avvenimento graditissimo circa la più bella ragione tra quelleche riguardano la conoscenza.
Conoscere infatti è afferrare conoscenza. O no?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: Alloraovviamenteuno interrogato su che cosa è conoscenzarisponderà che è retta opinione con
conoscenza di differenza. Aggiunta di ragione infatti sarebbe proprio questosecondo lui.
TEETETO: Pare.
SOCRATE: E sarebbe risposta alquanto sempliciottaperchémentre stiamoesaminando che cosa è conoscenza
dovremmo dire che è retta opinione con conoscenza di differenza che diqualunque altra cosa.
Dunque non sensazione o Teetetoné vera opinionené ragione che sicongiunge con vera opinione potrebbe essere
conoscenza.
TEETETO: Non pare.
SOCRATE: Dunqueamicosul problema della conoscenza siamo ancora pregnisotto qualche aspettoo abbiamo
partorito tutto?
TEETETO: Per Zeusio ho dettotramite tuomolte più cose rispetto aquelle che avevo in me stesso.
SOCRATE: Ma tutte queste cose la mia arte di ostetrico non dice che sono vanee non degne di essere coltivate?
TEETETO: Proprio così.
SOCRATE: Se dunque dopo questeo Teetetotu vorrai diventare pregno dialtre riflessionise lo diventeraisarai
pieno per la presente ricercadi riflessioni migliorise invece timanterrai vuoto sarai meno pesante per quelli che
stanno con te e più affabileperchéda buon saggionon penserai disapere quello che non sai.
Soltanto questo infatti può la mia artenulla di piùe io non so nulla diquello che sanno gli altriquanti uomini
grandi e ammirevoli ci sono e ci sono stati. Questa arte maieutica io e miamadre l'abbiamo avuta per volere di un dio
lei a sostegno delle donneio per quello dei giovani e nobili e quanti sonobelli come te.
E ora devo andare al portico del Re (94) per ribattere all'accusa che controme ha scritto Meleto. Incontriamoci di
Platone Teeteto
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nuovo quio Teodorodomani mattina.
Platone Teeteto
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NOTE: 1) Terpsionecome Euclide che apre il dialogoè megarese. E a Megaraappunto è ambientatoidealmente
il dialogo stesso. Questo primo capitolo tuttavia costituisce una sorta diintroduzione. Col capitolo secondo comincia
invece il dialogo vero e proprio che viene narratoo meglioeffettuatodirettamente da SocrateTeodoroTeetetocome
se parlassero direttamente nel tempo in cui si svolge la conversazione appenainiziata. Si tratta invece della ripresasia
pure idealedi conversazioni e incontri realiavvenuti nel tempo. Si tengapresente tuttavia che Socrate fu messo a
morte nel 399 a.C. Qui siamo almeno 30 anni dopocome si vedrà tra breve.
Terpsione e Euclide megaresisono ricordati nel Fedonein quanto presentiambedue alla morte di Socrate.
2) Si allude qui a un fatto d'armi tra Ateniesi e Tebani avvenuto sull'Istmodi Corinto nel 369 a.C. Teeteto fu
matematico ateniesedel quale si ignora l'anno della nascita: la sua morteinvece vien fatta risalire a poco dopo questi
eventi. Quel che si sa di lui vien tratto essenzialmente da questo dialogo:pare si occupasse di ricerche sui poliedri
regolarianzi a lui viene attribuita la scoperta dell'ottaedro edell'icosaedro. Si interessò anche di numeri irrazionali
come si desume dal prosieguo del dialogopresso la scuola di Teodoro.
3) Località sul Cefisovicino a Eleusi.
4) Ancora poche battute e inizia il dialogo vero e proprio con la lettura daparte del ragazzo. I dueintantoentrano
in casa.
5) Teodoro (Quinto-quarto secolo a.C.) era nato a Cireneoveparefuconosciuto direttamente da Platone in uno
dei suoi viaggi. Ma tenne scuola di matematica e geometria per alquanto tempoin Atene ovecome appare anche dal
presente dialogofrequentò Socrate e ne divenne buon amico.
6) Con la lettura diretta del dialogo l'azione si sposta idealmente in Atenenell'anno 399 a.C.l'anno stesso della
morte di Socratequando Teeteto non aveva ancora raggiunto i 18 anni.
7) è evidente che si riferisce ai sofisti.
8) Osserva finemente Valgimigli: «E così Socratebrutto o no che fosse oconsentisse di essereuna stoccatina di
risposta a Teodoro gliela dà.
E questo è perfettamente socratico...» (PlatoneTeeteto a cura di M.ValgimigliBari 1939).
9) Qui un po' tutta la critica ha sottolineato l'ironia di Socrate.
10) Sono pertanto incommensurabili: infatti le radici quadrate dei numeri 3 e5 danno come risultato dei numeri
irrazionali.
11) «Per es. 9=3 x 316=4 x 4 ecc.numeri quadrati perché la loro figuracorrisponde esattamente a un quadrato»
(PlatoneTeetetoa cura di M. Valgimiglicitato).
12) Il dio cui Socrate riservava la sua devozione e a cui ispirava lacondotta della sua vita e delle sue ricerche è
Apollo. Si veda sotto questo aspetto in particolare l'Apologia di Socrate.
13) Prodico di Ceo (quinto-quarto secolo a.C.) fu contemporaneo di Socrate.
Più volte in Atene appartenne al primo gruppo della sofistica. Si occupò dietimologia e dell'uso corretto de le
parole. Si interessò anche della natura dell'uomotenendo le proprielezioni a un pubblico numeroso di giovani mentre
se ne stava avvolto nelle coperte perché malaticcio e afono. è evidente inquesto passo l'ironia di Socrate nei suoi
riguardi e in quelli degli altri sofisti.
14) Protagora di Abdera (quinto-quarto secolo a.C.) fu uno tra i piùillustri sofisti della prima generazioneil primo a
volersi chiamare con questo nome.
Impartiva lezioni a pagamento sulla virtù lasciando che il compenso (moltolauto) lo stabilissero i suoi auditori. La
sua dottrina è improntata a un radicale relativismo scetticoche emerge intutta evidenza dalla celebre sintesi della sua
dottrina qui riportata da Platone. Nell'omonimo dialogo platonico Protagora eSocrate discutono sul problema se la virtù
sia insegnabile. (Nota 6 del Cratilo) 15) Parmenide di Elea (sesto-quintosecolo a.C.). Fu anche in Atene ove pare che
conoscesse Socrate molto giovane: il suo pensiero è esattamente l'opposto diquello di Eraclito. Da un frammento del
suo Sulla natura in esametrileggiamo: «L'essere èil non essere nonè». L'essere dunque è uno e immobileperché con
mutazioni diverrebbe non essere: è compatto e viene rappresentato dallaforma della sfera che non si interrompe maiin
nessun puntodal non essere. Parmenide è pure il titolo di un dialogoplatonicoquando il filosofogià avanti negli anni
rivede criticamente la sua dottrina. (Su Eraclitoanche note 73 e 76 alCratilo.) Empedocle di Agrigento (quinto secolo
a.C.) si ispirò al pensiero di EraclitoParmenidePitagora. Per lui sono iquattro elementi fondamentali della filosofia
presocratica a dare costituzione al tutto. Egli li chiamò le «radici» chenon hanno nascitama dalla loro aggregazione e
dissolvimento avviene il processo inarrestabile del divenire. L'influsso diParmenide su di lui è dato dal fatto chenel
suo pensieroi quattro elementi non subiscono cambiamenti di sorta; quellodi Eraclito invece sta nel fatto che la nostra
esperienza è soggetta a continui mutamenti.
Dei suoi poemi Sulla natura e Purificazioni ci restano complessivamente circa500 versi.
16) Epicarmo di Cos (sesto-quinto secolo a.C.) godette fama di filosofo oltreche di valente poeta comico. Anche il
poeta latino Ennio gli dedicò un'opera dal titolo omonimo.
17) Anche altrovespecialmente nella Repubblica Platone parla di Omero comepoeta tragico: questo soprattutto per
la grande importanza che ebbe Omero stesso nei confronti dei poeti tragicicheessenzialmente da luitrassero miti e
argomenti per le loro tragedie. Anche Aristotelenella PoeticaconsideraOmero ome autore di «imitazioni
drammatiche». Il verso qui citato si trova in Iliade libro 14201.
18) vedi la nota 14.
19) Se si tengono ben presenti le due domande fatte da Socrate a Teetetosipuò capiredal loro enunciatocome il
giovane potrebbe cadere in contraddizione.
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20) Qui Platone riprende adattandolo un verso dell'Ippolito di Euripide eprecisamente il 612: «Fu la lingua a
giurarenon la mente».
21) Evidente il nesso tra "mi meraviglio" e "Taumante";ma è connessione impossibile a rendersi in italiano. In ogni
caso se filosofia prende inizio da meravigliaIriscome figlia di Taumante("che si meraviglia")ambasciatrice anche
fra dèi e uominiqui viene identificata con la filosofia.
22) è difficile comprendere contro chi siano rivolti questi strali:indubbiamente contro i materialisti. C'è chi pensa
che Antistenedapprima seguace dei sofisti (col tempo si avvicinò anche aSocrate e ne assistette alla morte) che una
volta disse a Platone: «Io vedo sì il cavalloma non la cavallinità».C'è invece chi pensa al popolino incolto in generale.
23) Il «tale (...) quale» è riferito all'attributo (amaro dolce) e dipendeda ciò che esso genera (dolcezza amarezza)
non alla sostanza in sé (almeno nella raffigurazione verbale qui usata):dunque non «speciale amarezza di uno speciale
vino» ecc. ma «speciale amarezza del vino» a meno che «speciale vino»non indichi «amaro in modo speciale». Più in
generale qui si dice che col variare dell'oggetto consegue una variazioneanche nella sensazione che influisce anche sul
soggetto: quando io sento questa cosa definitase sento altronon sono piùioma un altro io.
24) è adombrato qui il principio di totalità: relazioni diverse cambiano ilcontenuto della relazione.
25) Iosoggetto che sentopresuppongo l'oggetto sentito: perché non potreiessere il soggetto che sente senza
l'oggetto che è sentitoné d'altra parte l'oggetto sentito non potrebbeessere sentito e conseguentemente essere oggetto
se non presuppone il soggetto che sentecioè che lo sente.
26) Le anfidromie (letteralmente 'corse attorno') erano feste in uso ad Atenepochi giorni dopo la nascita di un
bambino. Nella casa parata a festatra i doni degli ospiti due donneportavano di corsa il neonato attorno al focolare
introducendolo nel culto domestico.
27) Così probabilmente si intitolava l'opera di Protagora che cominciava conil famoso detto: «L'uomo è misura di
tutte le cose».
28) Protagora esigeva un prezzo elevato per le sue lezioni.
29) Fuor di metafora Socrate intende che Teodoro non può arrogarsi ilprivilegio di far da spettatorespecie quando
c'è da dialogare con quelli che ne sanno meno (i più brutti: ironicaautoallusione).
30) Sono illogicamente polemici quelli che vanno alla ricerca dellecontraddizioni insite nel linguaggio: evidente
l'allusione ai sofisti.
31) Protagora era già scomparso da circa dieci anni quando fu messo a morteSocratenel 399 a.C.anno in cui vien
posto idealmente questo dialogo.
32) Calliauomo di grandissime ricchezzeche accolse Protagora in casapropria durante il suo soggiorno ateniese. è
ovvio che la «tutela» di cui qui si parla si riferisce alla dottrina e nonagli averi di Protagora.
33) Cioè dalla sofistica.
34) Pare che non ci sia da stupirsi di questo linguaggio inurbano messo daPlatone in bocca a Protagora e così
inusuale per Socratese si pensa che anche in certi passi della Repubblicaspecie nel 1 libroTrasimaco rappresenta
Protagora che parla più o meno in questi termini.
35) La filosofia dunque per Protagora (come per tutti i sofisti ovviamente è«l'arte di convincere» 36) Erasecondo
una delle tante versioni della sagaun briganteappostato su una strada alui omonimatra Cronnione e Megarache
costringeva i passanti a lavargli i piedi e in questo frattempo li gettava inmareove venivano fatti a pezzi da una
gigantesca tartaruga che si trovava nei pressi.
37) Gigantefiglio di Poseidone e di Gaia viveva in Libia (o in Mauritania)e obbligava tutti i viaggiatori di
passaggio a lottare con luivincendoli e uccidendoli costantemente: maquando passò Eracle lo sconfisse e lo mise a
morte.
38) Questa passione in lui non si spegnerà mai. Siamo ormai in prossimitàdel processo che segnerà la morte di
Socrate (399 a.C.). Tutto questo si intona bene con i dialoghi della primatetralogiaspecie con l'Apologiail Critoneil
Fedone.
39) Il riferimento è all'Odisseadove più volte ricorre l'espressione«migliaia di migliaia».
40) è un richiamo preciso alla tecnica teatraleai "gradini""scala di Caronte" che servivano per introdurre sulla
scena le ombre dei morti e per farle successivamente sparire.
41) è noto che la clessidraripiena di acquae talvolta anche di sabbiadelimitava categoricamente il tempo in cui
ogni oratore doveva contenere il proprio intervento.
42) La condizione del filosofo viene qui paragonata a quella del poetatragico con tutti gli annessi e connessi dei
concorsi (agoni) tragici.
43) Pindaro. fr. 292 Machler 44) Misura di lunghezza equivalente a 100 piedi.
45) Mitico figlio di Pelope e sposo di Alcmena da cui ebbe Eracle è quiricordato come personaggio tra i più antichi.
46) Che il distacco dalla vita non sia un male è concetto che si imponedecisamente nella parte finale dell'Apologia e
prende il suo più ampio e alto sviluppo nel Fedone. Il sapiente nulla hacompiuto in questa esistenza per ottenere buona
fama e gloriama ha praticato la virtù per se stessa: nel distacco suoquindi dalle cose del mondo c'è una sorta di
liberazione dai ceppi che possono incatenare l'uomo alle passioni di qui edistoglierlo dalla tensione che l'anima deve
sempre provare: cioè quella di purificarsi e di elevarsi.
47) Citazione da Omero. Iliadelibro 18104.
48) Si era dunque diffusa tra i seguaci di Eraclito in Ionia a quei tempi(albori del quarto secolo a.C.) la convinzione
che teoria e sensazione fossero la stessa cosa.
Platone Teeteto
41
49) Richiamo al celebre detto "panta rei". Nello stesso periodo ilcenno alle teorie filosofiche più antiche riprende
l'allusione a Orfeo contenuta nel Cratilo. Con la scuola di Efeso si intendeovviamente quella di Eraclito che a Efeso
nacque e operò: anzi egli elaborò una dottrina cosmologica che avevaaffinità con la scuola milesia di Talete
Anassimandro e Anassimene.
Si tratta pur sempre di pensatori che ebbero la loro sede nella Ionia: MiletoEfeso ecc. Per tornare a Eraclito
occorrerà sottolineare che eglinel determinare il principio dell'universoinvece dell'acqua di Taletedell'aria di
Anassimeneindicò il fuoco: un «fuoco sempre vivente».
50) è un frammento dal poema Sulla natura di Parmenide.
51) Per Parmenide cfr. la nota 15.
52) Due squadre si affrontavano in palestra separate da una linea: sequalcuno indugiava su questa veniva tirato da
una squadra e dall'altra verso la propria parte.
53) è detto in senso ironico rispetto alle loro concezioni.
549 Socrate riprende la sua battuta precedentenella quale aveva parlatoscherzosamente di un grande pericolo da
affrontare.
55) Abbiamo spostato quidalla battuta precedentequesto inizio di fraseche viene a confermare l'assenso dato da
Teodoro al discorso di Socrate.
56) Sono questiconcetti espressi da Platone anche altrove: cfr. Cratilo.
57) Nativo di Samovisse nel quinto secolo a.C. Oltre che filosofo fu ancheuomo politico di prestigio. Nel 441-440
a.C. ottenne il comando della flotta che si batté vittoriosamente controAtenecon la quale era stata interrotta l'alleanza.
Scrisse un trattato Sulla natura o sull'essere del quale restano scarsissimiframmenti. Ma il suo pensieronel complesso.
è riportato da Simplicio (sesto secolo d.C.). Fu dapprima seguace diParmenide e della scuola di Elea sulla unità
dell'essereche successivamente modificò in infinità dell'essere stesso.
58) Cfr. Iliade libro 3172.
59) In questa ultima battuta di SocratePlatone accennaquasi con le stesseparoleal prologo del Parmenide che era
stato già compostoe preconizza la composizione del Sofista checome lacritica ammetteavvenne subito dopo al
Teeteto.
60) Prima il con è riferito all'animama il mediante agli organi corporali.
Poi sembra dire chealmeno in alcuni casianche il mediante va riferitoall'anima.
61) Non si può avere una sensazione unicamettendo in moto solo uno dei duesensi relativamente a due cose: una
vista e l'altra udita. Né si può avere un pensiero unico se sono inmovimento ambedue i sensiperché in questo caso si
ha una «sensazione». Il pensiero si ha invece quando la percezioneintellettiva è avulsa da ogni senso.
62) L'intenzionalità pura appartiene all'anima: tuttavia anche le sensazionipossono essere intenziollalità.
63) La natura o essenza del duro e del molle.
64) «Essereveritàconoscenza essere è l'obiettivo essere; verità èl'essere inteso dalla mente; conoscenza e
possedere questa verità» (PlatoneTeetetoa cura di M. Valgimiglicitato).
65) Questo avviene per l'ontologismo di Platoneper cui il sensibile non è;ma per l'empanlogismo e quindi
l'empanontismo di Aristotele e San Tommasoanche il sensibile comprendel'esseree quindi anche la sensazione è una
formasia pur inferiore di conoscenza.
66) Opinare è essere incerti fra due cosepoterle scambiare tra loro.
A Socrate si potrebbe obiettare: due cosenon conosciute benesi possonoscambiare; cioè le parti non conosciute
permettono di scambiarle; le parti conosciuteinvecedi affermarle.
67) Pensare A di Bsenza conoscere Aè impossibile per Socrate: egli nonpensa alla conoscenza parziale di Acioè
di una parte di Ama come parte di Apoichéper luichi pensa conosce.Immagina allora che la cosa B sia un non
essere. Parrebbe dunque che si potesse pensare un non essere senzaconoscerlodato che conoscerlo è impossibile.
68) Si ricordino a questo punto l'impacciO e le esitazioni di Teetetoall'inizio del dialogo.
69) Discorso arzigogolato per indicare chi vuol tendere insidie al suointerlocutoreproprioovviamentedei sofisti.
70) Come dice il nome stessoMnemosineè il vero simbolo della"memoria".
Secondo la Teogonia esiodeaMnemosinefiglia di Urano e Gaiaappartenentequindi alla prima schiatta degli dèi
congiungendosi con Zeus in nove nottidiede alla luce poi le nove Muse.
71) Questa immagine della cera come tramite della memoria nella conservazionedi idee e impressioni già provate è
divenuta celebre con questo passo di Platone. Essa comunque era apparsa ancheprima (in Democrito). In Aristotele poi
l'anima è come una tavoletta di cera che non contiene in sé iscrizionealcuna: esse vi saranno via via impressionate dalle
nostre riflessioni e sensazioni. Qui del resto la conoscenza vieneimplicitamente definita come «avere il suggello».
72) Sono quattordici i casi qui elencatiquando nel rapporto tra due oggettiuno solo è conosciuto e può avvenire
l'errore: 1) fra due conoscenze è impossibile lo scambio; 2) così fra nonconoscenza e conoscenza; 3) fra due non
conoscenze; 4) fra conoscenza e non conoscenza; 5) fra sensazione esensazione; 6) fra sensazione e non sensazione; 7)
fra non sensazione e non sensazione; 8) fra non sensazione e sensazione; 9)fra conoscenza e sensazione (omologhe) e
conoscenza e sensazione omologhe; 10) fra conoscenza e conoscenza econoscenza = sensazione omologa; 11) fra
sensazione e conoscenza sensazione omologa; 12) fra non conoscenza e nonsensazione e non conoscenza né
sensazione; 13) fra non conoscenza e non conoscenza e non sensazione; 14) franon sensazione e non conoscenza non
sensazione.
73) Nella nota precedente abbiamo elencato quattordici punti desuntidall'argomentazione di Socrate: gli esempi
Platone Teeteto
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forniti in questa ultima battuta riguardano i primi tre: il quarto ècontenuto nel generico «gli altri».
74) Sono stati qui esemplificati i quattro casi successivi che riguardanosoltanto la sensazione.
75) In quest'ultima battuta Socrate ha esemplificato gli ultimi sei punti dicui si diceva sopra.
76) Ovviamente la somiglianza è nella lingua greca fra i due vocaboli:"chér"contratto da "chéar" "cuore""cherós"
"cera".
77) Questo nuovo punto del ragionamento non è più contro l'esistenza diopinioni falsema contro l'esistenza di
opinioni false nel puro pensiero.
Ma siccome occorre una definizione di opinione falsa che sia semplice (e nondicotomica) ciò fa lo stesso.
78) Questo penultimo caso si verificherebbe nell'ipotesi che Teeteto haavanzato poco sopra: sarebbe impossibile
credere che la non conoscenza in generale - che noi non possiamo averedinanzi che in qualcosa conosciutafosse in
qualcosa non conosciutaperché in qualcosa non conosciuta non ci puòessere in noi; ma è possibilissimo che una non
conoscenza singola (per esempio una sensazione o un'immaginazione) siascambiata per una conoscenza (in senso
concretoma anche in senso astratto).
79) Frase proverbiale attribuitacome rispostaa chi viene richiesto se èalta l'acqua del fiume che si deve
attraversare: intende sottolineareovviamenteil valore dell'esperienzadiretta.
80) Non è possibile sapere se Platone intenda riferirsi direttamente aqualcunoo abbia usato il pronome generico
proprio per confutare o esporre in astratto una tesi.
81) Teeteto dice di non ricordare bene e Socrate crede o vuol fare credere diavere avuto a questo proposito un
sogno.
82) Cioè di ben distinguerladirei di scinderla nei suoi pnncìpi.
83) Si tratta delle sette vocali greche (alfaépsilonetaiotaomicronomegaipsilon).
84) Da un punto di vista formale il ragionamento sembrerebbe non filareperché si può avere come oggetto di
un'azione un tutto e non le parti: per esempio ammirare un quadronon questao quella pennellata. Similmente dal fatto
che gli Apostoli sono dodici (gli Apostoli ovviamente pensati dal punto divista kantianonella categoria dell'unità e
non in quella della totalità) non posso inferire che S. Pietro sia dodici.
85) Il pletro è una misura di lunghezza di 100 piediequivalente a m. 296;dire dunque 100 piedioppure pletro
afferma Socrateè la stessa cosa e così sarà dopo per stadio che è unamisura di lunghezza di 600 piedi.
86) Cioè a nessuno dei dueil tutto e l'interoproprio per essere talipuò mancare qualcosa.
87) Data la premessa della nota precedente Teeteto afferma l'identità di"tutto" e di "intero".
88) "Idéa" qui è presa nel senso di "oggettopensabile".
89) Qui pare che la conoscenza sia tale solo quando scaturisce da opinionevera che non sia però casuale.
90) Si potrebbe vedere in questo concetto quasi una anticipazione di«conoscenza chiara e distinta» secondo
Cartesio; mentre la prima interpretazione di "lógos" come"analisi"per analogia richiama la conoscenza chiara e
distinta di Leibniz.
91) Da non dimenticare che ai tempi di Socrate e Platone siamoe ancora perparecchi secoliin piena concezione
geocentrica.
92) I Misiabitualmenteerano considerati con disprezzo: ma qui il tonoproverbiale vuole indicare uno qualunque.
93) Si ricordi che fin dalle prime battute del dialogo Teeteto e Socrate sonopresentati con tali caratteristiche del
volto.
94) è la sede dell'arconte re ove si dirimevano le accuse di empietà: è lostesso luogo ove Socrate incontra Eutifrone
nell'omonimo dialogo.