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Platone
Menesseno
Platone Menesseno
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Platone
MENESSENO
SOCRATE: Arrivi dall'agorà (1) o da doveMenesseno? (2) MENESSENO:Dall'agoràSocratee dal buleuterio.(3)
SOCRATE: E tu che c'entri con il buleuterio? O credi veramente di esseregiunto al termine della tua educazione e della
filosofia epoiché pensi di possederle ormai a sufficienzastai pensandodi volgerti a più grandi imprese ealla tua età -
sei da ammirare - di governare noipiù anzianiperché la vostra casa nonsmetta di fornire sempre qualcuno che si curi
di noi? (4) MENESSENO: Se tuSocrateapprovi e mi consigli di farlolofarò volentierialtrimenti no. Ora comunque
sono andato al buleuterio perché ho sentito che la bulé doveva scegliere lapersona che avrebbe dovuto pronunciare il
discorso per i caduti: (5) sai che stanno preparando i funerali.
SOCRATE: Certo. Ma chi hanno scelto?
MENESSENO: Nessunoma hanno rimandato a domani; in ogni modo credo che saràeletto Archinoo Dione.(6)
SOCRATE: E pareMenessenoche sotto molti punti di vista veramente siabello morire in guerra. Infattianche se chi
muore è un poverogli tocca una bella e magnifica sepolturae se è unincapacegli tocca comunque un elogio
pronunciato da uomini sapienti che non parlano a bracciama che hannopreparato i discorsi da molto tempo; essi
tessono le lodi tanto bene chementre dicono di ciascuno le qualità che hae anche quelle che non ha ricamando con le
parole più belleincantano le nostre animeelogiando in tutti i modi lacittà(7) i morti in guerra e i nostri progenitori
tutti che ci hanno precedutie lodando noi che siamo ancora vivi; tanto cheanch'ioMenessenoper le loro lodi mi
sento veramente nobile e ogni volta mi ritrovo ad ascoltarli rapitomentreritengo all'istante di essere divenuto più
grandenobilevirtuoso. Accade spessopoiche mi seguano e stiano adascoltare con me alcuni stranieridi fronte ai
quali divento all'istante più venerabile; poiché mi sembra che anche lorosiano presi dallo stesso sentimento verso di
me e verso il resto della cittàdi ritenere che sia più meravigliosa diprimapersuasi da chi parla. E lo stesso sentimento
di venerabiità rimane in me per più di tre giorni; il discorso flautato eil suono della voce di chi parla penetra nelle
orecchietanto che a stento il quarto o il quinto giorno mi ricordo di me emi rendo conto di essere sulla terramentre
fino ad allora poco mancava che pensassi di abitare nelle Isole dei beatitanto sono abili i nostri oratori.(8)
MENESSENO: TuSocrateprendi sempre in giro i retori. Tuttavia penso chequesta volta il prescelto non saprà
proprio come cavarseladal momento che la scelta è stata fattaall'improvvisotanto che forse l'oratore sarà costretto ad
improvvisare.
SOCRATE: Ma perché maibrav'uomo? Ciascun oratore ha i discorsi bell'epronti ed'altra parteneppure è difficile
improvvisare su tali argomenti. Perché se si dovesse parlare bene diAteniesi tra Peloponnesiacio di Peloponnesiaci
tra Ateniesici sarebbe bisogno di un bravo retore che riuscisse apersuadere e a farsi onore; ma quando si gareggia
proprio tra le stesse persone che si lodanonon ci vuole tanto a sembrare diparlar bene.
MENESSENO: Credi di noSocrate?
SOCRATE: Proprio noper Zeus!
MENESSENO: Credi allora di essere in grado anche tu di parlare se fossenecessario e il Consiglio ti scegliesse?
SOCRATE: CertamenteMenessenonon ci sarebbe da stupirsi se fossi capaceanche io di parlaredal momento che
per fortuna ho avuto una maestra tutt'altro che mediocrema che anzi haformato molti altri e buoni retorie uno che si
distingue tra i GreciPericle di Xantippo.
MENESSENO: Chi? Parli veramente di Aspasia? (9) SOCRATE: Di lei parloe diConno (10) figlio di Metrobio;
infatti questi due sono stati miei maestrilui di musicalei di retorica.
Nessuna meravigliadunquese un uomo allevato in questo modo è abile aparlare; ma anche chi abbia ricevuto
un'educazione inferiore alla miae sia stato educato in musica da Lampro(11) e in retorica da Antifonte di
Ramnunte(12) riuscirebbe a farsi onore lo stesso tessendo le lodi diAteniesi tra Ateniesi.
MENESSENO: E che cosa avresti da direse dovessi parlare tu?
SOCRATE: Io di mio forse nullama giusto ieri ho ascoltato Aspasia cherecitava un discorso funebre per costoro. Il
fatto è che aveva sentitocome tu diciche gli Ateniesi dovevano sceglierela persona che parlasse; quindi mi spiegava
quali cose converrebbe direalcune improvvisandoaltre mettendo insiemestralci del discorso cui aveva pensato prima
quandomi sembraha composto l'epitafio che ha pronunciato Pericle. (13)MENESSENO: E ti ricorderesti ciò che
Aspasia diceva?
SOCRATE: Sarei ingiusto se non me lo ricordassi; l'ho imparato proprio daleie per poco non le prendevo quando
me ne dimenticavo.
MENESSENO: Perché dunque non me lo esponi?
SOCRATE: Perché la maestra non si adiri contro di me se divulgo il suodiscorso.
MENESSENO: Ma noSocrateanzi mi farai un grande piacerese vorraipronunciare il discorsosia esso di
Aspasia o di chiunque altro; parla solo!
SOCRATE: Ma forse riderai di me sevecchio come sonoti sembrerà cheancora mi comporti come un ragazzino.
MENESSENO: Assolutamente noSocratemaparla una buona volta.
SOCRATE: Allora devo proprio fartelo questo piaceree quasi quasi se miordinassi di spogliarmi e danzareti farei
anche questo favoredal momento che siamo solo noi due. Ma ascolta: misembra che parlasse in questo modo
incominciando il suo discorso dai morti. (14) Coloro che compiono il viaggiofatale hanno già ricevuto nei fatti (15) gli
onori loro dovutiaccompagnati ufficialmente dalla cittàprivatamente daifamiliari; ma proprio con un discorsocome
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prescritto dal dovere e dalla leggebisogna rendere agli uomini valorosi ilresto dell'onore. Perché con un discorso ben
ordinato nasce in chi ascolta il ricordo di belle azioni e onore per chi leha compiute. Occorre quindi un discorso tale
che intessa degnamente le lodi dei defunti e che dolcemente ammonisca quelliche sono vivida un lato esortando figli e
fratelli ad imitare la virtù dei mortidall'altro confortando padrimadrie gli avise sono ancora vivi. Quale discorso
dunquepuò avere per noi tali requisiti? Oppureda dove sarebbe correttoincominciaredovendo lodare uomini buoni
che da vivi allietarono i loro cari con la loro virtù e offrirono la loromorte in cambio della salvezza dei vivi?
A me sembra che si debba lodarli secondo natura così come per natura sonostati buoni; e sono stati buoni perché
creati da uomini buoni. Lodiamo dunque per prima cosa la loro buona nascitaeper secondal'allevamento e
l'educazione; dopodiché dimostreremo come la condotta del loro agire siaapparsa bella e degna della loro nascita e
dell'educazione. Fondamento della loro buona nascita è stata l'origine degliantenatichenon essendo stranieraha fatto
sì che i figli in questo paese non fossero dei meteci provenienti da fuorima autoctoni e viventi e abitanti realmente in
patriae che fossero allevati non da una matrignacome gli altrima da unamadrela terra in cui abitavanoe che ora
possano giaceremortinei luoghi familiari di colei che li ha generatinutritiaccolti. La prima cosa da fare e la più
giusta è quindi ricoprire di onori una tale madreperché in questo modoviene celebrata contemporaneamente la loro
buona nascita.
Il nostro paese è degno di essere lodato da tutti gli uomininon solo danoiper molti e svariati motividi cui il
primo e più importante è che gli è toccato di essere prediletto daglidèi; a testimonianza delle nostre parole vi sono la
lotta e il giudizio degli dèiche se lo contesero. (16) Come può esseregiusto che l'intera umanità non lodi la regione
che proprio gli dèi hanno lodato?
Una seconda lode che le spetterebbe di diritto è che al tempo in cui tuttala terra generava e faceva crescere animali
di ogni specieferoci e da pascoloin quel tempo la nostra terra apparvesterile e libera da fiere e animali selvatici
mentre prescelse e generò tra gli esseri viventi l'uomoche perintelligenza si eleva al di sopra degli altri e che crede
solo nella giustizia e negli dèi. Una grande prova di ciò che diciamo èche questa terra ha partorito gli avi dei morti qui
presenti e anche nostri: il fatto è che produce essa stessa tutto il ciboappropriato all'essere che ha generatofatto da cui
si vede se una donna ha partorito veramente oppure noma si appropria delnome di madre a tortoperché non ha in sé
la sorgente del nutrimento per i figli. E la nostra terra e madre offretestimonianza sufficiente proprio di questodi avere
cioè generato uomini: fu l'unica a quei tempi e la prima a produrre comenutrimento per l'uomo il frutto del grano e
dell'orzo(17) con cui il genere umano si nutre nel modo migliore e a luipiù adattodal momento che essa ha veramente
generato questo essere vivente. Più per la terra che per la donna convieneaccogliere simili prove: perché non è la terra
ad imitare la donna nel concepire e nel partorirema la donna ad imitare laterra. Ma di questo frutto non fu gelosaanzi
lo diede anche agli altri. Dopo di che fece scaturire per i figli il prodottodell'olivosollievo dalle fatiche. Dopo averli
nutriti e fatti crescere fino all'adolescenza procurò come loro signori emaestri gli dèii cui nomi conviene nella
celebrazione presente tralasciare - li conosciamo infatti -che hannoprovveduto alla nostra vita di tutti i giorniprima
di tutto ammaestrandoci nelle arti eper la difesa del paeseistruendocinel possesso e nell'uso delle armi. (18) Nati ed
educati in questo modogli antenati di questi morti vivevano regolati da unacostituzione di cui è giusto fare piccola
menzione.
Una costituzione è infatti nutrimento di uomini valorosise è buonamalvagi se non lo è. Bisogna dimostrare
dunque come i nostri antenati siano stati allevati in una buona costituzionegrazie alla quale loro sono stati valorosi e
lo sono anche i nostri contemporaneitra cui vi sono anche questi morti. Ilmotivo è che allora c'era la stessa forma di
governo di adessocioè un'aristocraziain cui siamo vissuti quasi pertutto il tempo a partire da allora. Qualcuno la
chiama democraziaqualcun altro nel modo che gli piacema in realtà èun'aristocrazia con l'approvazione della massa.
(19) Infatti noi abbiamo avuto sempre dei regnantitalvolta per discendenzatalvolta per elezione. (20) Il potere sulla
città è per lo più in mano al popoloche affida cariche e potere a chi divolta in volta gli sembra (21) essere il migliore
e nessuno è stato escluso per debolezzapovertà o per gli oscuri nataliné per i requisiti opposti è stato ritenuto degno di
stimacome accade nelle altre città; ma c'è un unico limite: ottienepotere e cariche chi ha fama di uomo saggio o
valoroso. Causa di questa forma di governo è la nostra uguaglianza dinascita: infatti le altre città sono costituite di
uomini di ogni genere e inegualicosicché anche le forme di governosiatiranmdi che oligarchieriflettono la
diseguaglianza. Vi abitano dunque uomini che si ritengono servi o padroni gliuni degli altri. Invece noi e i nostritutti
fratelli nati da un'unica madrenon ci reputiamo né schiavi né padroni gliuni degli altri; anzi l'uguaglianza di nascita
che è per noi dato di naturaci costringe a ricercare l'uguaglianza deidirittistabilita per leggee a non piegarci gli uni
agli altri per nessun altro motivo se non per fama di virtù e di saggezza.
Da qui i padri di questi mortii nostri padri e i morti stessiallevati intutta libertà e di buona nascitahanno
mostrato di fronte a tutti gli uomini molte e belle imprese sia in privatosia in pubblicocredendo che fosse loro dovere
combattere per la libertà sia contro i Greci in difesa dei Grecisia controi barbari in difesa di tutti i Greci. Ma il tempo
è breve per narrare in modo degno di come furono scacciati Eumolpo e leAmazzoni che avevano invaso il paesee di
come difesero gli Argivi contro i Cadmei e gli Eraclidi contro gliArgivi;(22) inoltre i poeticelebrandola con la musica
a tutti hanno già rivelato abilmente la loro virtù. Se dunque noicercassimo di celebrare le stesse imprese con una nuda
prosapresto sembreremmo secondi. Per questo motivo dunque mi sembra benetralasciare queste cosepoiché hanno
già la loro ricompensa. Pertanto mi sembra doveroso ricordare quelle impreseda cui nessun poeta ha ancora tratto una
fama proporzionata ad argomenti tanto nobili e che ancora sononell'oblio(23) lodandole e consigliando ad altri di
celebrarle nel canto e in altre forme poetiche nel modo conveniente a coloroche le hanno compiute. E delle imprese di
cui parloquesta è la prima. Sono stati i figli di questa terrai nostriantenatila cui virtù è giusto e necessario lodare
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per prima cosa attraverso il loro ricordoad impedire ai Persiani(24) chedominano l'Asiadi asservire anche l'Europa.
Perciò uno deve vederla questa virtùse vuole tesserne degnamente le loditornando con la parola in quel tempo in cui
tutta l'Asia era ormai assoggettata al terzo re; il primo di loroCirodopoaver liberato i Persianiasservì alla sua
volontà i suoi concittadini e insieme i despoti medi e regnò sul restodell'Asia fino all'Egitto; il figlio conquistò Egitto e
Libia fin dove era possibile penetrare; il terzoDariofissò i limiti deldominio terrestre fino agli Scitimentre con le
navi dominava il mare e le isoletanto che nessuno osava opporglisi. Lementi di tutti gli uomini erano sottomesse. Così
tantegrandi e bellicose erano le genti completamente assoggettate aldominio persiano. Dopo che Dario accusò noi e
gli Eretriesi(25) adducendo come pretesto che tramavamo contro Sardi(26)inviò cinquantamila uomini su navi da
trasporto e da guerra e trecento navi da guerra sotto il comando di Datiegli ordinòse voleva conservare la testadi
ritornare conducendo Eretriesi e Ateniesi. Datidopo aver navigato versoEretriacontro uomini che erano i più famosi
in guerra tra i Greci di allorae non erano pochili sottomise in tregiorni eperché nessuno riuscisse a fuggirefrugò
tutto il loro territorio in questo modo: giunti ai confini dell'Eretriaisuoi soldatiappostati da marepercorsero tutta
quanta la regione tenendosi per manoper poter dire al re che nessuno eraloro sfuggito.
Con lo stesso proposito da Eretria giunsero poi a terra a Maratona(27)certi di catturare anche gli Ateniesi
costringendoli sotto lo stesso giogo degli Eretriesi. Mentre alcune di questeimprese erano compiute e altre appena
incominciatenessuno dei Greci (28) venne in aiuto né degli Eretriesi nédegli Ateniesi tranne i Lacedemoni - questi
giunsero tuttavia il giorno dopo la battaglia -mentre tutti gli altrispaventatipoiché tenevano maggiormente alla
salvezza presentese ne stavano in pace. Uno avrebbe dovuto proprio trovarsiin questa situazione per comprendere
quanto sono stati valorosi i Maratoneti quando hanno resistito all'impeto deibarbaristroncato l'alterigia di tutta l'Asia e
innalzato per primi un trofeo sui barbaridivenendo per gli altri guide einsegnando che la potenza dei Persiani non è
invincibileanzi la supremazia di numero e di ricchezze cede di fronte alvalore. Io dunque sostengo che quegli uomini
valorosi sono padri non solo dei nostri corpima della libertà nostra e ditutti quanti abitano in questo continentein
effettitenendo lo sguardo rivolto a quel fattoi Grecidivenuti discepolidegli uomini dì Maratonaanche nelle
battaglie successive osarono esporsi al pericolo per la salvezzail nostrodiscorso deve dunque assegnare il primo
premio a quelli di Maratonae il secondo a coloro che per mare combatteronoe vinsero a Salamina e a capo Artemisio
(29). Anche su questi uomini valorosiinfattici sarebbe molto da diresiaquali assalti sostennero per terra e per mare
sia come li respinsero. Ma ricorderòtra quegli eventiquello che misembra più degno di notaquando cioè portarono a
compimento l'opera incominciata a Maratona. I combattenti di Maratona avevanodimostrato ai Greci quest'unica cosa
veramente importanteche per terra era possibile respingere un gran numerodi barbari pur con poche forzema con la
flotta l'esito era ancora incerto; anzi i Persiani avevano fama di essereinvincibili sul mareper numeroper ricchezze
per abilità e per potenza. Per questo è veramente giusto lodare quegliuomini che hanno combattuto per mareperché
hanno dissolto la paura che avevano i Greci e hanno tranquillizzato quelliche erano intimoriti dal gran numero di navi e
di uomini. Quindi gli altri Greci sono stati educati da entrambisia dacoloro che hanno combattuto per terra a
Maratonasia da coloro che hanno combattuto per mare a Salaminapoiché sisono abituati ed hanno imparato a non
aver paura dei barbari. La terza impresaper numero e virtùad averassicurato la salvezza della Grecia affermo che è
stata quella di Platea(30) comune questa volta a Spartani e Ateniesi. Tuttiinsieme respinsero l'attacco più grande e
pericolosoe per questo valore vengono lodati ora da noi e lo saranno nelfuturo dai posteri. Dopo questa impresaperò
molte città dei Greci ancora stavano con il barbaroe il Gran Re in personadichiarava di voler nuovamente assalire i
Greci. Pertanto è giusto che noi ricordiamo anche coloro che portarono acompimento l'opera di salvezza iniziata dai
predecessoriripulendo il mare dai barbari e scacciandoli definitivamente.Erano questi che combatterono nelle acque
dell'Eurimedonte(31) fecero una spedizione a Cipro e navigarono alla voltadell'Egitto e verso molti altri luoghie che
bisogna ricordare e ringraziare perché fecero sì che il Gran Reimpauritosi preoccupasse della sua salvezza e non
tramasse per la rovina dei Greci.(32) E così questa guerra contro i barbarivenne so pportata fino alla fine da tutta la città
per il bene suo e degli altri che parlano la stessa lingua. Ma quando lacittà fu in pace e onoratasopraggiunse nei suoi
confronti ciò che di solito capita agli uomini che compiono belle imprese:prima la gelosia edalla gelosial'invidia;
questo ha contribuito a gettare la cittàcontro la sua volontànellaguerra contro i Greci. Dopo di chescoppiata la
guerrai nostri combattevano a Tanagra (33) con gli Spartani per la libertàdei Beotimapoiché l'esito della battaglia
era incertofu decisiva l'impresa successiva. Gli Spartani batterono inritirata e se ne andaronoabbandonando quelli
che erano venuti ad aiutareinvece i nostridopo aver vinto il terzo giornoad Enofitariportarono giustamente a casa
coloro che ingiustamente erano andati in esilio.(34) Essipoiché per primidopo la guerra persianavennero in aiuto dei
Greci in difesa della libertà contro altri Greci e furono uomini valorosi eliberarono coloro che erano venuti ad aiutare
vennero deposti dalla città con tutti gli onori in questo monumentosepolcrale. In seguitoquando la guerra si era estesa
e tutti i Greci erano scesi in campo contro il nostro paese e l'avevanodevastato(35) ripagando la città con una indegna
monetai nostri vinsero in una battaglia navale e fecero prigionieri i lorocapii Lacedemonia Sfagia (36) e
nonostante avessero la possibilità di ucciderlili lasciarano andarelirestituirono e fecero la pace(37) perché
ritenevano che contro un popoìo della stessa origine si dovesse combatteresolo fino alla vittoriasenza distruggere la
comunità dei Greci per l'ira particolare di una cittàma che contro ibarbari si dovesse combattere fino ad annientarli.
Quindi è giusto lodare questi uomini che per aver combattuto tale guerragiacciono qui mortiperché hanno dimostrato
chese qualcuno sostenesse che nella prima guerraquella contro i barbarialtri furono migliori dei Grecinon direbbe
la verità. In questa occasioneinfattiessi dimostravano chetrionfandocon una guerra sulla Grecia in rivolta e
vincendo coloro che si erano messi a capo degli altri Grecierano in gradodi vincere per conto loro quelli con cui una
voltain comuneavevano vinto i barbari. La terza guerra dopo questa pacefu quella imprevista e terribile in cui
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trovarono la morte molti uomini valorosi; (38) molti dovettero soccombere acausa della sorte avversa: dopo aver
innalzato un gran numero di trofei in Sicilia in difesa della libertà deiLeontini - per soccorrere i qualia motivo dei
pattinavigarono verso quei luoghi -la città si trovò in difficoltà enon riuscì a portare loro aiuto per via della
lunghezza della traversata. Ma i nemicipur avendo combattuto contro diloroattribuisconoper la moderazione e il
valoreuna lode maggiore a loro che agli altri alleati. Molti perirono nellebattaglie navali dell'Ellesponto (39) dopo
aver preso in un solo giorno tutte le navi nemichee averne vinte moltealtre. Ma quando parlavo dell'aspetto terribile e
imprevisto della guerra intendevo dire che gli altri Greci giunsero a talpunto di rivalità nei confronti della città che
osarono patteggiare con il nemico più accanitoil Gran Re(40) che essiavevano scacciato combattendo al nostro
fianco; e per conto loroquesta voltaosarono spingercelo controluiunbarbaro contro i Grecie radunare contro la
città tuttisia Greci che barbari. Anche in quell'occasione si manifestòchiaramente la forza e la virtù della città.
Proprio quando i nemici pensavano che la città fosse già stata vinta e lenavi erano bloccate a Mitilenei nostri vennero
in aiuto con sessanta navi su cui loro stessi si erano imbarcatimanonostante fossero senza dubbio uomini eccellenti
ché vinsero i nemici e liberarono gli amiciper un destino ingratonon èstato possibile raccoglierli in mare per
seppellirli qui: (41) bisogna ricordarli sempre e lodarliperché grazie alloro valore abbiamo vinto non solo la battaglia
navale di allorama anche il resto della guerra; (42) grazie a loro lacittà conseguì la fama di non poter essere battuta
neppure da tutti gli uomini messi insieme - fama che corrisponde a verità -poiché siamo stati vinti dalla nostra
divisione internae non da potenze esterne: infatti ancora oggi noi siamoimbattuti da lorobensì noi stessi abbiamo
vinto e battuto noi stessi. Dopo questi eventisopraggiunta la tranquillitàe la pace con gli altrila guerra in casa nostra
(43) è stata combattuta in modo tale chese mai fosse destino per gliuomini vivere in rivoltanessuno potrebbe
augurare alla sua città di ammalarsi di un male diverso. Con quanta gioia efamiliarità i cittadini del Pireo e dell'interno
(51) unirono l'uno all'altro econtro ogni speranzacon gli altri Greci; econ quanta moderazione condussero la guerra
contro gli Eleusini! E la causa di tutto ciò non fu altro che la comunanzadi originichefornisce non a parole ma nei
fatti sicura e fraterna amicizia. è necessario poi serbare memoria anche dicoloro che in questa guerra sono morti l'uno
per colpa dell'altrO e poiché anche noi ci siamo riconciliatidobbiamoriconciliare anche loro come possiamo
rivolgendo ai loro signori(44) in occasioni come questapreghiere esacrifici. Non per malvagitàinfattiné per odio
essi si scontrarono tra loroma per l'avversità della sorte; e ne siamotestimoni noi vivi: dal momento che siamo della
loro stessa stirpe ci perdoniamo l'un l'altro sia ciò che abbiamo fattosiaciò che abbiamo subito. Poiché seguì per noi
una pace generalela città rimase tranquilla: riconobbe ai barbari diessersi difesi quanto bastava a ripagare il male da
essa subitosi sdegnò invece con i Greci ripensando al ringraziamento chele resero dopo aver ricevuto da lei solo del
bene: infatti si allearono con i barbaridistrussero le navi che una voltali avevano salvatiabbatterono le mura che noi
avevamo offerto per impedire che cadessero le loro. (45) Decisa a nondifendere più i Greci dalla schiavitù né contro
loro stessi né contro i barbarila città viveva così. Mentre noi avevamoun tale propositoi Lacedemoniche pensavano
che noii difensori della libertàfossimo a terrae che toccasse ormai aloro sottomettere gli altricosì fecero. Ma
perché dobbiamo tirarla per le lunghe? Gli avvenimenti successivi di cuipotrei parlare non appartengono al passato né a
uomini di generazioni passate. Noi stessi sappiamo cheabbattutiarrivaronoad aver bisogno della città i primi tra i
Greci: gli Argivii Beoti e i Corinti; e la cosa più divina di tutte fu cheanche il Gran Re giunse a un punto di difficoltà
tale da non trovare salvezza da nessun'altra parte se non da questa città(46) che con accanimento aveva cercato di
mandare in rovina. E ancorase qualcuno volesse a ragione accusare lacittàpotrebbe rimproverarle ragionevolmente
solo questodi essere sempre troppo compassionevole e di curarsi del piùdebole.
E quindi anche a quel tempo non riuscì a perseverare e ad essere fedele aciò che si era rìpromessacioè di non
portare aiuto a nessuno di quelli che avevano commesso ingiustizia contro dileiquando rischiasse di perdere la libertà;
ma si piegò e portò aiuto econ il suo aiutoliberò i Greci dallaschiavitùcosicché furono liberi fino a quando non si
asservirono di nuovo da se stessi; ma non osò portare aiuto al Gran Reperrispetto dei trofei di MaratonaSalamina e
Plateatuttavia lo salvòcome tutti riconosconosolo concedendo agliesuli e ai volontari di portargli aiuto.(47) Dopo
aver ricostruiito le mura e le navientrò in guerraquando fu costretta acombatteree combatté contro i Lacedemoni in
difesa dei Parti. (48) Poiché il Gran Re temeva la città e volevaallontanarsi(49) quando vide che i Lacedemoni
rinunciavano alla guerra sul marerichiesecome condizione dell'alleanzacon noi e con gli altri alleatii Greci del
continente - che per l'appunto i Lacedemoni gli avevano consegnato inprecedenza -per avere un pretesto per ritirarsi
convinto com'era che non avrebbero acconsentito. Ma sugli altri alleati siingannò perché acconsentirono a darglielie
CorintiArgivi e Beoti furono d'accordo e giurarono chese avesse loroofferto del denarogli avrebbero consegnato i
Greci del continente; noi soli abbiamo avuto il coraggio dì non consegnarlie di non giurare. Perché i princìpi di onestà
e di libertà della città sono così saldisani e per natura avversi albarbarograzie al fatto che i Greci sono puri e senza
mescolanza con i barbari. In effetti né Pelopi né Cadmi né Egitti néDanai (50) né molti altribarbari di nascita ma
Greci per leggevivono insieme con noibensì vi abitano i Greci veri epropri che non hanno mescolanza con i barbari:
ed è per questo che puro è l'odio che si è instillato nella città neiconfronti di una natura straniera. E così siamo stati
lasciati nuovamente soli perché non abbiamo voluto compiere un'azionevergognosa ed empia consegnando i Greci ai
barbari. Tuttaviabenché giunti nella stessa situazione (51) che nellaguerra precedente ci ha abbattuticon l'aiuto divino
l'esito della guerra è stato più positivo di allora: terminammo infatti laguerra possedendo ancora navimura e le nostre
colonietanto che anche i nemici sono stati felici di concluderla. (52)Anche in questa guerra siamo stati privati
sicuramente di uomini valorosi: quelli a Corinto a causa del terrenomalagevolequelli a Lecheo per tradimento.(53)
Valorosi furono anche coloro che liberarono il Gran Re e scacciarono dal marei Lacedemoni; (54) io ve li ricordoma
anche voi dovete lodare e onorare insieme a me questi eroi.
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E così le imprese di cui ho parlatocompiute dagli uomini che qui giaccionoe da quanti altri sono morti per il bene
della cittàsono molte e bellema ancora più numerose e belle sono quelleche ho tralasciato: molti giorni e molte notti
non sarebbero infatti sufficienti a volerle narrare tutte. è necessariodunqueper mantenerne vivo il ricordoche
ciascuno esorti i figli dei morticome in guerraa non abbandonare il postodegli antenati e a non indietreggiare
cedendo alla viltà. Io in persona dunque vi esorto orafigli di uominivalorosia porre ogni impegno nell'essere quanto
più possibile valorosi; e in ogni futura occasioneimbattendomi in uno divoivi ricorderò ed esorterò a fare lo stesso.
Nella situazione presente è giusto che io vi dica ciò che i padri ci hannoraccomandato di riferire a coloro che di volta in
volta restavanonel caso capitasse loro qualche sventuraquando stavano peraffrontare il pericolo. Vi dirò allora ciò
che ho ascoltato da loro in persona e che vi direbbero con piacere orase lopotesserobasandomi su ciò che allora
dicevano. Ma bisogna immaginare di ascoltare da loro in persona ciò che viriferisco. Dicevano dunque quanto segue:
«Figli(55) che voi siete stati generati da uomini valorosilo dimostra lacircostanza presente. Nonostante potessimo
vivere ignobilmenteabbiamo scelto di vivere nobilmente piuttosto chegettare voi e i vostri discendenti nella vergogna
e disonorare i nostri padri e tutti i nostri predecessori: pensiamo infattiche non è vita quella di chi disonora i suoie che
una persona simile a nessuno è carané tra gli uomini né tra gli dèiné sulla terra néuna volta mortosotto terra. E
necessario dunquememori delle nostre parolefare con coraggio qualsiasialtra cosa decidiate di faresapendo chese
manca questoogni possesso ed ogni attività sono vergognosi e cattivi.Perché la ricchezza non produce bellezza in chi
ne è entrato in possesso con viltà - perché un tale uomo è ricco per unaltro uomo ma non per se stesso - né bellezza e
forza fisica sono adatte a vivere in un corpo vile e malvagioma appaionostridenti: mettono maggiormente in evidenza
chi le possiedee ne mostrano la viltà. E anche tutta la scienzase èseparata dal sentimento di giustizia e dalle altre
virtùappare astuzianon sapienza. Per questo cercate sempre econtinuamente di mettere tutto l'impegnoper quanto
possibilenel superare noi e gli antenati in gloria. Altrimentì sappiatechese noi vi vinceremo in virtùla vittoria ci
porterà vergognamentre la sconfittase perderemoci porterà felicità.Noi saremo vinti e voi vincerete soprattutto se vi
disporrete a non abusare della fama dei predecessori e a non distruggerlacon la consapevolezza cheper un uomo che
crede di valere qualcosanon c'è nulla di più vergognoso che vedersistimato non per le proprie qualità ma per la gloria
dei suoi antenati. Perché gli onori dei genitori sono per i figli un tesorobello e magnifico; ma usare un tesoro di beni e
di onori senza tramandarlo ai figliper mancanza di beni e di glorieacquistate di personaè vergognoso e da vigliacchi;
e se vi sarete occupati dì queste cose giungerete da noi amici tra amiciquando il destino a voi assegnato vi porterà qui.
Nessuno invece vi accoglierà con benevolenza se non vi siete presi cura divoi stessi e siete stati vigliacchi. Questo
dev'essere detto ai nostri figli.
Quanto ai nostri padri e le nostre madriè sempre necessario incoraggiarli(56) a sopportare il più tranquillamente
possibile la sventura nel caso dovesse capitare; e non lamentarci insieme aloro (57) - non avranno infatti bisogno di
qualcuno che dia loro ulteriore dolore: basterà la sorte a procurarglielo -ma consolandoli e calmandoli ricordare loro
che gli dèi hanno esaudito i loro desideri più grandi. Essi si auguravanoche i loro figli divenissero non immortalima
buoni e onoratie questiche sono i beni più grandili hanno ottenuti.Non è facile che a un uomo mortale nella propria
vita riesca tutto secondo la sua volontà; e sopportando le sventure da veriuominicrederanno veramente di essere padri
di figli coraggiosicedendo invece faranno nascere il sospetto di non esserenostri padrioppure che coloro che ci
lodano mentono.
Bisogna che non si verifichi nessuno dei due casianzi è necessario chesoprattutto loro ci lodino con i fatti
mostrando di essere veri uominipadri di veri uomini. Fin dall'antichitàsembrava bello il detto "niente di troppo":(58) e
in realtà è un bel detto.
Perché qualsiasi uomo si affidi a se stesso per tutto quanto porta allafelicità o vicino ad essae non dipenda da altre
persone che con il loro comportamentodi volta in volta buono o cattivocostringano anche lui all'incertezzacostui ha
predisposto la sua vita nel modo migliorequesto è l'uomo saggioquestol'uomo valoroso e prudente; eglisia con
l'acquisto che con la perdita di ricchezze e di figliobbedirà soprattuttoal proverbiomostrandosi non troppo gioioso né
troppo addoloratoperché ha confidato in se stesso.(59) Ma tali noiriteniamo e vogliamo che siano i nostritali diciamo
che sonoe anche noi stessi ci mostriamo così oggisenza essere turbatiné avere paura di morirese necessarioanche
subito. Preghiamo dunque i nostri padri e le nostre madri di trascorrere ilresto della vita con questa stessa persuasione e
convincimento: che né con i lamenti né compiangendoci ci faranno cosagradita; al contrariose i morti hanno qualche
percezione dei vivii nostri genitori non sarebbero assolutamente graditisopportando le sciagure a malincuorelo
sarebbero invece sopportandole con mitezza e misura. Quanto a noiavremopresto la morte più bella che possa esserci
per gli uominitanto che conviene onorarla piuttosto che lamentarsene. Maoccupandosi delle nostre donne e dei nostri
figlimantenedoli e rivolgendo qui il loro pensieropotranno dimenticare almeglio la loro sorte e vivere in modo più
belloretto e a noi caro. Questo basterà annunciare ai nostri da partenostra. Alla città raccomanderemmo di prendersi
cura dei nostri padri e dei nostri figlieducando convenientemente questiassistendo degnamente gli altri nella
vecchiaia.
Ma ora sappiamo che anche senza le nostre raccomandazioni se ne prenderàcura in modo adeguato».
Questo dunqueo figli e genitori dei mortiessi ci hanno raccomandato diannunciare e io lo annuncio con tutto
l'ardore possibile. Personalmente poia nome lorochiedo ai figli diimitare i loro padri e ai padri di non temere per se
stessiperché noi vi assisteremo nella vecchiaia e ci prenderemo cura divoi sia privatamente che pubblicamenteogni
volta che uno di noi incontrerà un familiare dei defunti. Voi stessi forseconoscete la sollecitudine della cittàsapete che
si prende cura di voi emanando leggi per i figli e per i genitori dei mortidi questa città epiù che per gli altri cittadini
ha ordinato alla più alta magistratura (60) di vegliare affinché i padri ele madri dei morti non subiscano ingiustizia.
Platone Menesseno
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Quanto ai figli essa li alleva in comune(61) preoccupandosi per quanto èpossibile che non risentano della loro
condizione di orfani e assume il ruolo di padre finché sono ancora ragazzima una volta adultili rimanda in famiglia
ornati di un'armatura completa(62) per mostrare e ricordare la condotta delpadre con il dono degli strumenti della
virtù paternae insieme con il buon augurio che ciascuno ornato con le armivada a reggere con forza il focolare
paterno. Essa poi non tralascia mai di onorare i morti e celebra ogni annoper tutti pubblicamente le esequie che per
ciascuno vengono celebrate privatamenteistituendo in più gare diginnasticadi ippica e di musica di tutti i generi;
semplicemente nei confronti dei morti si assume il ruolo di erede e difigliodi padre verso i figli e di tutore verso i
genitorie garantisce a tutti ogni tipo di assistenzaper sempre. Eriflettendo su questobisogna sopportare con mitezza
la sventura. Perché in questo modo sarete quanto più possibile graditi siaai morti che ai vivi epiù facilmente
conforterete e sarete confortati. Ormai è ora che voi e tutti gli altridopo aver compianto i morti pubblicamente com'è
usanzave ne andiate.(63) EccotiMenesseno il discorso di Aspasia di Mileto.
MENESSENO: Per ZeusSocrateè proprio beata l'Aspasia di cui parli sedonna com'èè stata capace di comporre
un simile discorso.
SOCRATE: Se non ci credi seguimie sentirai parlare lei in persona.
MENESSENO: Ho incontrato spesso Aspasia e conosco le sue qualitàSocrate.
SOCRATE: E allora? Non la ammiri e non le sei riconoscente oggi per il suodiscorso?
MENESSENO: CertoSocratedi questo discorso ringrazio molto lei o colui chete l'ha recitatoma molto di più
ringrazio chi me l'ha riferito.
SOCRATE: E fai bene; ma vedi di non denunciarmiaffinché possa riferirti dinuovo molti bei discorsi politici
recitati da lei.
MENESSENO: Tranquillonon ti denuncerò; solo riferiscimeli.
SOCRATE: Non mancherò.
Platone Menesseno
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NOTE: 1) L'agorà del Ceramico si trovava a nord-ovest dell'Acropoli. 2)Menessenofiglio di Demofonte
apparteneva ad una famiglia che sempre diede ad Atene uomini politici; neldialogoinfattianche Menesseno vorrebbe
intraprendere la carriera politicama è disposto ad accogliere i consiglidi Socrate. Il personaggio compare nel Fedone
(59b) e nel Liside (211 b)opere da cui emerge la figura di un discepolofedele a Socrate e molto abile nella
discussione. Nel dialogo l'importanza di Menesseno non è rilevanteanziegli funge più che altro da spalla al vero
protagonistail discorso funebre. 3) Il Buleuterio era la sede della Buléil Consiglio di 500 membri sorteggiati
all'interno delle 10 tribù tra i cittadini maschi di trent'anni. 4) Dalmomento che Menesseno pensa di essere giunto al
termine della sua educazione e della sua cultura e si sente pronto adassumersi responsabilità da uomo adultola sua età
in questo dialogo deve essere di 18-20 anni: l'efebia ad Atene durava infattidue anni ed era il periodo in cui i giovani si
preparavano alla vita militare e si iscrivevano al registro del proprio demoentrando in possesso della maggior parte dei
loro diritti civili e politici.
5) Secondo Plutarco (Solon 8)fu il legislatore ateniese Solone aistituzionalizzare l'usanza di celebrare funerali
pubblici e solenni in onore di coloro cheentro l'annoerano morti per lapatria. Prima dell'inumazione dei cadaveri
veniva pronunciato un discorso celebrativo da un oratore sceltodall'Assemblea su proposta della Bulé; dopo la
sepoltura si svolgevano giochi funebri.
6) Di Archino si sa che con TerameneClitofonteAnito e Formisio tentò nel405 a.C.epoca della vittoria degli
Spartanidi formare un partito moderato che si opponesse agli estremistioligarchici e democratici. Nel 403 a.C. lottò
contro i Trenta insieme a Trasibulo edopo la restaurazione dellademocraziapartecipò alla riorganizzazione dei
partiti. Su Dione sappiamo solo quanto dice Senofonte nelle Elleniche (libro4813). 7) Il termine "polis" è stato
sempre tradotto con 'città'intendendo sempre la città di Atene.
8) La satira di Socrate è rivolta contro la nuova retorica di tipo gorgianoche considerava l'epitafio come mera
esercitazione retorica; esso intendeva persuadere l'uditorio facendo levasulle emozioni e sull'elemento irrazionale del
pubblico anziché sul ragionamento. Platone conferisce qui al discorso lestesse capacità psicagogiche ed entusiastiche
della musicaistituendo un ponte tra retorica e musica grazie all'aggettivo"enaulos"('accompagnato dal flauto'
'flautato') riferito appunto al "lógos": esso penetra nelleorecchie dell'ascoltatore finché giunge ai suo animo e lo seduce;
lo stesso concettoa proposito della musicaè espresso da Platone nellaRepubblica (Libro 3399d e 411a). 9) Aspasia
di Mileto apparteneva ad un'illustre famiglia; divenne famosa ad Atene per lasua bellezza e la sua cultura; fu amica di
Socrate e di Platone nonché seconda moglie di Pericle; la commedia antica haspesso preso in giro la bella e colta
eterapresentandola come maestra e ispiratrice dello stesso Pericle. La lodeche Platone ne fa in questo dialogo
attribuendole il discorso funebretestimonia l'ammirazione del filosofo edè comunemente ritenuta autentica.
10) Un oscuro citaredo cui i comici Frinico e Amipsia dedicarono duecommedie. 11) Lampro era un celebre
musico maestro di Sofocle. 12) Antifonte di Ramnunte fu uomo politicooratore e maestro di retorica; visse tra il 480
e il 411 a.C. circa e venne celebrato da Tucidide come l'iniziatoredell'oratoria giudiziaria. 13) Nell'inverno del 430
a.C. Pericle pronunciò il discorso funebre per i caduti nel primo anno dellaguerra dei Peloponneso. 14) Il proemio
(236d-237b) spiega l'occasione e i temi del discorso: lode dei mortiesortazione ai figli e ai fratelli dei morti e
consolazione ai padri e alle madri dei morti. L'elogio dei morti comprende lacelebrazione della loro buona nascita
dell'allevamentodell'educazione e delle imprese. 15) Il discorsopronunciato da Socratecome quello pronunciato da
Pericle in Tucidide (libro 235)distigue tra onori dimostrati con i fatti("to ergo") e onori espressi con un discorso ("to
lógo"); ma mentre il primo sembra dare un'importanza maggiore aldiscorsoil secondo dà senz'altro il primato agli
onori conferiti con i fatti. 16) La lotta tra Atena e Poseidone per ilpossesso dell'Attica era avvenuta sull'Acropoli nel
luogo dove sorgeva l'Eretteo; l'episodio è raffigurato nel frontone ovestdel Partenone. 17) è chiaro il rifenmento al
mito di Demetra e di sua figlia Core (o Persefone)simbolo della nuovavegetazione. 18) Gli dèi cui si riferisce il
discorso sono AtenaEfestoPrometeo; durante una cerimonia funebre i nomidegli dèi non dovevano essere
pronunciati. 19) Per comprendere che cosa intendesse Platone peraristocraziademocraziatirannide e oligarchia cfr.
Respublica libro 7544e-577b; Politicus 291d-303e. Secondo Platone la formadi governo ateniese è un'aristocrazia
perché il governo viene affidato ai migliori; alcuni la chiamano democraziaperché i migliori governano col consenso
del popolocioè è il popoìo che li elegge.
Pericle non ha dubbi invece sul nome da dare alla costituzione ateniese: «Eper il fatto che il governo non si trova in
mano a pochi ma alla maggioranza il suo nome è democrazia» (Tucididelibro237). 20) Nel passaggio dalla
monarchia all'arcontatoal secondo arconteche presiedeva alle attività dicultofu conservato il titolo di re.
21) Secondo Platone il popolo sceglieva i governanti tra gli uomini che glisembravano ("dóxarin") migliori
basandosi dunque sulla "dóxa"l'opinione comune'che Platoneoppone all'"alétheia"la 'verità'; anche se la critica alla
democrazia non è ancora esplicita come nella Repubblica e nel libro 3 delleLeggile scelte linguistiche dell'autore
parlano già abbastanza chiaro. 22) Eumolpofiglio di Poseidonevenneucciso da Eretteomitico re di Ateneperché
aveva invaso l'Attica; le Amazzoniche avevano occupato Atene per vendicareil rapimento della loro regina Ippolita (o
Antiope) da parte di Teseore di Atenefurono respinte dallo stesso Teseo;i Cadmei (Tebani)chiamati così dal loro
fondatore Cadmodopo aver sconfitto gli Argivi non restituirono loro i corpidei caduti per la sepolturama gli
Ateniesiindignaticostrinsero i Cadmei a restituire i corpi che venneroseppelliti ad Eleusi; successivamente gli
Ateniesi combatterono contro gli Argivi chespinti dal re Euristeo che avevaimposto a Eracle le dodici fatiche
pretendevano la restituzione degli Eraclidii discendenti di Eraclerifugiati ad Atene. Per questi miti cfr. Erodoto
libro 2027; SenofonteHistoria Graecalibro 6546; IsocratePanegyricus 70; Archidamus 42; Areopagiticus 75;
Panathenaicus 168-71. 23) La traduzione si attiene al testo oxoniense diBurnet.
Platone Menesseno
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24) La fonte per le vicende narrate di seguito è Erodotolibro 1127-129(Ciro libera i Persiani e asservisce i Medi);
75-83 e 162-200 (conquiste di Ciro in Asia); libro 31-13 (Cambise conquistala Lidia); 144 e 151-159 e libro 4
(conquiste di Dario).
25) Gli eventi cui allude Platone costituiscono l'antefatto alla prima guerrapersiana (490 a.C.): Ateniesi ed Eretriesi
(Eretria si trova in Eubeaisola di fronte all'Attica) furono gli unici chenei 499su richiesta di Aristagora tiranno di
Miletoinviarono triremi in aiuto delle città greche di Ionia che si eranoribellate ai Persiani. La spedizione persiana del
490 aveva come pretesto la vendetta nei confronti degli Ateniesi per averportato aiuto agli Ioniin realtà mirava a
creare un cordone tra i Greci d'Oriente e della madrepatriaattraverso laconquista delle isole dell'Egeo. 26) Sardi era
capitale della Lidia e residenza del satrapo.
27) A Maratonademo attico a sud-est dell'Atticanel 490 gli Ateniesirespinsero i Persiani. 28) In realtà vennero in
aiuto di Atene 10.000 opliti da Platea. 29) Nel 480 (seconda guerra persiana)si combatté la battaglia navale di Capo
Artemisiopromontorio a nord dell'Eubeache si risolse senza vincitori névintima con gravi perdite da entrambe le
parti; nel braccio di mare tra l'isola di Salamina e l'Attica i Grecisottoil comando di Temistocleottennero la vittoria
sui Persiani grazie alla maggiore agilità delle triremi ateniesi rispettoalle imbarcazioni persiane. Platone tace però la
disastrosa sconfitta greca alle Termopili.
30) I Persiani vennero definitivamente battutinei 479 a.C.a Plateacittà dell'Attica.
31) Alla foce dell'Eurimedontefiume della Panfilianel 467 circa gliAteniesicomandati da Cimone figlio di
Milziadesconfissero i Persiani per terra e per mare.
32) Con la pace detta di Callia o di Cimone (445 a.C.) i Persiani siimpegnarono a tenere l'Egeo sgombro dalla loro
flottama conservarono l'egemonia sull'Asia Minore.
33) La battaglia del 458 svoltasi a Tanagrain Beoziavide gli Ateniesischierati contro la parte oligarchica di Tebe
appoggiata invece dagli Spartani. Come afferma Platonel'esito dello scontrorimase incerto. 34) Si tratta dei Tebani e
in generaledei Beoti democratici esiliati dagli oligarchici appoggiatidagli Spartani. 35) La prima fase della guerra del
Peloponneso (431-421 a.C.)detta guerra archidamica dal nome del re degliSpartani Archidamosi aprì con
l'invasione dell'Attica da parte degli Spartani e si concluse con la pace diNicia.
36) Gli Ateniesicomandati da Cleoneavversario politico di Niciavinserogli Spartani a Sfagia o Sfaeteria (425)
isola di fronte alla costa orientale della Messeniae li presero comeprigionieri di guerra.
37) Solo dopo la pace di Nicia (421) gli Ateniesi lasciarono liberi iprigionieri catturati a Sfaeteriaa patto che gli
Spartani non invadessero più l'Attica. 38) La seconda fase della guerra delPeloponneso iniziò con la spedizione in
Siciliache dal 415 si risolse tragicamente nel 413 con la disfatta degliAteniesi a Siracusa.
39) Tra il 411 e il 410 Atene riportò tre vittorie consecutive a CinossemaAbido e Cizicocittà dell'Ellesponto
anche se subì ingenti perdite. 40) è Tucididelibro 818a riportare lanotizia che nel 412 gli Spartani si allearono con
il Gran Re: secondo quest'alleanzaal Gran Re spettavano le terre e lecittà che aveva prima della guerra e quelle dei
suoi predecessoriquindi anche i Greci di Ioniadetti più avanti «Grecidel continente». 41) Nel 405 con la battaglia
delle Arginuseisole a sud-est dell'isola di Lesbogli Ateniesi liberaronole navi di Conone bloccate a Mitilenema
persero 2.000 uomini per l'affondamento di 25 navi: i loro corpi non furonomai recuperati.
42) Platone tace il disastro di Egospotami (405)e addirittura afferma chegli Ateniesi vinsero la guerra; se per
guerra si intendecon Platonesolo quella contro i barbarieffettivamentei Persiani non ebbero vantaggi dalla sconfitta
di Atene; la guerra del Peloponneso si risolverebbe dunque in un contrastotra Greci dovuto alla loro divisione interna;
per questo Platone dice: «Ancora oggi noi restiamo imbattuti da loroma noistessi abbiamo battuto noi stessi».
43) Accenno al governo dei Trenta tiranni (giugno al dicembre del 404 a.C.).44) Gli dèi inferi.
45) Allusione alla battaglia di Egospotami e alle durissime condizioni dipace imposte ad Atene. 46) Platone
presenta Atene egemonema pare dimenticare che dopo il 404 a.C. era Atene adessere vassalla di Sparta; inoltre
furono i Persiani a finanziare la guerra corinzia (395)in cui ArgiviBeotiCorinzi e Ateneche ebbe tuttavia un ruolo
marginalesi ribellarono a Sparta. 47) Allusione all'ateniese Conone cheesulesi guadagnò il favore del Gran Re e
con i suoi soldi ricostruì le mura dei Pireo.
48) Isocrate (Aegineticus 18) testimonia che Pasino (394-393 a.C.) mosseguerra ai Pari mentre Conone scacciava
dalle Cicladi gli armosti spartani.
49) Il Gran Re temeva che Atene riacquistasse l'antica grandezzacosìcercava un pretesto per staccarsi da Atene e
passare a Sparta. Nelle trattative di pace del 392che si risolsero con unnulla di fattoegli chiese ai suoi alleati (Argivi
BeotiCorinziAteniesi) che gli consegnassero le città dell'Asia Minorecioè i Greci del continenteche Sparta gli
aveva consegnato nel 412in cambio del suo sostegno nella guerra controSparta. Il Gran Re era certosecondo
Platoneche tutti avrebbero rifiutato le condizioni dell'alleanza e cosìavrebbe potuto ritirarsima ArgiviBeoti e
Corinzi preferirono continuare a ricevere il denaro persiano e consegnare iGreci del continente; in questo modo Atene
era isolatae forse era proprio questo lo scopo dei Gran Re.
50) Pelopefiglio di Tantalo re della Frigiaandò ad abitare nella regioneche da lui prese il nome di Peloponneso.
Cadmo fu il mitico fondatore di Tebe. Danao ed Egitto erano due fratelli dicui il primo ebbe cinquanta figlie e il
secondo cinquanta figli; Danaoper non dare le figlie in matrimonio ai figlidi Egittofuggì ad Argo dove regnò. I nomi
mitici alludono al Peloponnesoad Argo e a Tebe. 51) Intende le lotteintestine. 52) Solitamente si ritiene che Platone
alluda alla Pace di Antalcida (386 a.C.)detta anche "dei Re"conclusione della guerra di Corinto. Alcuni editori
sostengono invece che l'autore alluda alle trattative del 391anche perchénelle righe seguenti parla di eventi successi
prima del 391. 53) Riferimenti a episodi della guerra di Corinto: nel 393 gliSpartani penetrarono nelle mura che
Platone Menesseno
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congiungono Corinto al suo porto Lecheo e sconfissero gli Ateniesi. 54)Probabilmente Platone allude alla battaglia di
Cnido (395)in cui l'ateniese Cononeal comando di una flotta persianainflisse una sconfitta agli Spartani.
55) Socrate pronuncia l'esortazione ai figli (246d-247c) come se a parlarefossero i morti.
56) Sono sempre i morti a pronunciare la consolazione ai genitori(247c-248d). 57) La manifestazione
incontrollata del dolore viene condannata nell'educazione socratico-platonicaanche nella Repubblica (libro 3387e-388a)
e nelle Leggilibro 7800d).
58) Una delle massime della sapienza delfica.
59) La stessa teoria compare nella Repubblica (libro 3389d-e): la figuradel saggio delineata quiun uomo che
conduce la propria vita in modo equilibratoche basa su se stesso la propriavita e non si fa trasportare dalle passioniè
simile a quella auspicata poi dallo stoicismo.
60) L'arconte eponimo era il più alto magistratoma non era lui adoccuparsi delle vedove e degli orfani dei morti in
battagliabensì il polemarco.
61) Anche Pericle (Tucididelibro 946)alla fine del suo discorsoassicura che la città si preoccuperà del
mantenimento e dell'educazione degli orfani. 62) Eschine (In Ctesiphontem154) testimonia che durante le Grandi
Dionisieprima della rappresentazione delle tragedievenivano presentatinel teatro gli orfani adulti rivestiti
dell'armatura da oplita.
63) La conclusione dell'epitafio è uguale all'epilogo del discorso diPericle: «Oradopo aver pianto ciascuno il
proprio caroandatevene» (Tucididelibro 246).