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Platone
Filebo
Platone Filebo
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Platone
FILEBO
SOCRATE: ConsideraProtarco(1) quale discorso stai per ricevere adesso daFilebo e con quale nostro discorso
dovrai contenderequalora le parole dette non rispecchiassero il tuopensiero.
Vuoi che li riassumiamo per sommi capi tutti e due?
PROTARCO: Sìcertamente.
SOCRATE: Dunque Filebo afferma che per tutti i viventi il bene consiste nelgodimentonel piacerenella voluttàe
in tutto ciò che rientra in questo genere di cose. La ragione della nostracontroversia consiste allora nel fatto che non
queste realtàma che l'attività dell'intelligenzadella mentee dellamemoriae altre cose affinicome l'opinione giusta e
i veritieri ragionamentisiano migliori e preferibili al piacere per tuttiquanti hanno la possibilità di prenderne parte: ed
è proprio questa possibilità che rappresenta per tutti quelli che stannovivendo o vivranno il vantaggio senz'altro più
significativo. Non è dunque in questi termini che noi discutiamoFilebouno da una parte e l'altro dall'altra?
FILEBO: CertamenteSocrate.
SOCRATE: E tuProtarcoaccetti questo discorso che ti è stato appenaconsegnato?
PROTARCO: Non posso farne a meno: infatti il nostro bel Filebo vi harinunciato.
SOCRATE: Ma non si deve ad ogni costo arrivare alla verità riguardo a taliquestioni?
PROTARCO: Sìè necessario.
SOCRATE: Coraggiomettiamoci inoltre d'accordo su questo punto.
PROTARCO: Quale punto?
SOCRATE: Sul fatto che adesso ognuno di noi due cercherà di mettere in luceun certo stato e una certa
disposizione dell'anima che sia in grado di rendere felice la vita a tuttigli uomini. Non è così?
PROTARCO: Sìè così.
SOCRATE: E voi non sostenete che questa disposizione risieda nel goderementre noi nell'attività dell'intelligenza?
PROTARCO: Sìle cose stanno così.
SOCRATE: E che dire se un'altramigliore di questesi manifestasse?
E se risultasse più affine al piacerenon dovremmo entrambi ritenerci vintida un tipo di vita che è stabilmente
organizzata in base a quel criterio? E la vita del piacere non supererebbequella dell'intelligenza?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: Se invece fosse affine all'intelligenzal'intelligenza vincerebbeil piaceree questo sarebbe vinto? Siete
d'accordoo no?
PROTARCO: Mi sembra di sì.
SOCRATE: E tuFileboche dici?
FILEBO: Per quanto mi riguarda sono e sarò sempre dell'avviso che il piacerevince sempre in ogni caso: e sarai tu
stessoProtarcoa riconoscerlo.
PROTARCO: Ora che hai rimesso nelle nostre mani la discussioneFilebononsei più padrone di consentire o
meno con Socrate.
FILEBO: Quello che dici è vero. Ma mi voglio discolpare e ora invoco cometestimone la dea stessa.
PROTARCO: E noi possiamo essere tuoi testimoni di ciòossia che stavanoproprio in questi termini i concetti che
stai esprimendo.
Ma sulle questioni che verranno dopo questeSocrateche Filebo siad'accordo o nonoi tenteremo di portarle ad
una conclusione.
SOCRATE: Sìbisogna provare partendo proprio da quella divinità che costuiafferma che venga chiamata
Afrodite(2) mentre il suo nome più appropriato sarebbe Piacere.
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: Il timore che nutro nei confronti dei nomi degli dèiProtarcononè umanamente intuibilema va al di
là di ogni comprensibile paura. E ora la nomino con quell'appellativo che leè caroovvero con il nome di Afrodite:
quanto al piacereso che esso si manifesta sotto svariate formeecomedicevoda esso noi dobbiamo muoverci per
riflettere e considerare sulla sua natura.
Si tratta infatti di un'unica realtàse si ascolta semplicemente il nomema in realtà assume svariate forme e in un
certo senso differenti le une dalle altre. Fa' attenzione: diciamosolitamente che gode l'uomo intemperantema che gode
anche chi è temperanteproprio grazie al suo essere temperante. Ed ancora:gode lo sciocco sazio delle sue sciocche
opinioni e delle sue sciocche speranzema gode anche chi è intelligenteproprio grazie all'esercizio della sua
intelligenza. E allora chi dicesse che gli uni e gli altri di questi piacerisono fra loro similinon farebbe a buon diritto la
figura di uno che non ha compreso nulla?
PROTARCO: Essi infatti derivano da opposte circostanzeSocratema non sonoin se stessi opposti fra loro. Come
il piacere non potrebbe essere fra tutte le cose più simile al piacerecioè identico a se stesso?
SOCRATE: E il coloremio caroal colore: secondo questo criterio il coloresarà indifferentemente un tutt'uno
eppure tutti sappiamo quale differenza passi tra nero e bianco e quanto sianoal massimo grado opposti. E così una
figura rispetto alla figura: secondo la specie si classifica come untutt'unoma per quanto riguarda il rapporto tra le sue
partialcune risultano opposte al massimo grado le une alle altrealtrecontengono innumerevoli differenzee via così.
Sicché non credere a questo discorso per cui tutto ciò che è opposto almassimo grado può essere ricondotto
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all'unità.
Temo che troveremo alcuni piaceri opposti ad altri.
PROTARCO: Può darsi. Ma come potrà questa asserzione indebolire il miodiscorso?
SOCRATE: Il fatto è che tu chiami queste realtà che sono eterogenee condiverso nome da come si dovrebbero
chiamarepotremmo dire: ad esempio dici che sono buone tutte le cosepiacevoli. Ora nessun discorso mette in dubbio
che siano piacevoli le cose piacevoli: benché di queste la maggior partesiano malvagie e alcune poche buonecome
diciamotuttavia tu le chiami tutte quante buonee soltanto se ti sicostringesse con il ragionamento ammetteresti che
sono dissimili. Cos'è questa identica proprietà che si trova ugualmentenelle cose malvagie e in quelle buone e che ti
consente di affermare che tutti i piaceri sono un bene?
PROTARCO: Come diciSocrate? Credi che si potrà essere d'accordo con teuna volta stabilito che il piacere è il
benee tollerare che tu dica che alcuni piaceri sono buoni e altri malvagi?
SOCRATE: Almeno ammetterai che alcuni sono dissimili e addirittura oppostifra loro.
PROTARCO: Ma non in quanto piaceri.
SOCRATE: Siamo di nuovo condotti allo stesso discorsoProtarco: non diremoche c'è differenza tra piacere e
piacerema che sono tutti similie gli esempi che abbiamo appena formulatonon ci condizionano affattoci lasceremo
persuadere e parleremo come le persone più sciocche fra tutte e nello stessotempo le più sprovvedute nel fare discorsi.
PROTARCO: Come parli?
SOCRATE: Dico cheimitandoti e difendendo le tue posizioniqualora abbia ilcoraggio di affermare che ciò che è
più dissimile è fra tutte le cose ciò che è più simile a quel che èpiù dissimileriuscirò ad affermare gli identici concetti
che sostieni tue noi sembreremo più sprovveduti del lecitoe il nostroragionamento andrà a incagliarsi.
Ricominciamolo di nuovoe può darsi che tornando al punto di partenzapotremmo forse trovare un accordo.
PROTARCO: E come? Dillo.
SOCRATE: Supponi che io al contrario venga interrogato da teProtarco.
PROTARCO: Su che cosa?
SOCRATE: Sull'intelligenzae sulla scienzae sul pensieroe su tuttoquanto in principio considerai e chiamai con
il nome di beni. Se venissi interrogato sul perché essi sono un benenonsubiranno questo stesso destino che subì il tuo
discorso?
PROTARCO: Come?
SOCRATE: Tutte le scienze insieme sembreranno essere moltema alcune di essesono dissimili l'una dall'altra:
quando ve ne fossero anche di oppostesarei degno di discorrere adessoseproprio per timore di ciòaffermassi che
non esiste alcuna scienza dissimile ad un'altra? E dopo il nostro discorsonon finirebbe per andare in rovinacome un
mitomentre noi cerchiamo di scamparla con un bel silenzio?
PROTARCO: Ma tutto ciò non deve accaderetranne di essere salvati.
Mi fa piacere ciò che vi è di uguale nel tuo e nel mio discorso: vi sianopure molti e dissimili piacerimolte e
differenti scienze.
SOCRATE: Non nascondiamoci la differenza che passa tra la mia e la tuaconcezione del beneanzitroviamo il
coraggio di metterla in pubblico: chissà che messe in qualche modo allaprova non siano in grado di indicarci se si deve
affermare che il piacere è il beneo l'intelligenzaoppure un'altra cosaancora.
Ora non ci importa di gareggiare su la questione che ho posto per vedere sevincerà la mia o la tua tesima
dobbiamo noi due allearci alla più pura verità.
PROTARCO: Sìdobbiamo.
SOCRATE: Rendiamo questo discorso ancora più saldo mediante alcuneasserzioni di fondo.
PROTARCO: Quale discorso?
SOCRATE: Quello che procura a tutti gli uomini dei fastidiad alcuni perloro esplicita volontà e ad altriqualche
voltaloro malgrado.
PROTARCO: Parla più chiaramente.
SOCRATE: Parlo del discorso in cui proprio adesso ci siamo imbattuti e che èper sua natura singolare. Affermare
che la molteplicità è unità e che l'unità è molteplicità è davverosingolareed è facile entrare in disaccordo con chi
stabilisce una o l'altra.
PROTARCO: Dici come se si affermasse che ioProtarcoche per natura sonounosono anche moltie che a loro
volta questi molti io sono opposti fra lorovolendo considerare il grande eil piccoloil pesante e il leggeroe molte altre
proprietà ancora.
SOCRATE: TuProtarcohai indicato quanto è noto tra le stravaganze diquesto ragionamento intorno all'uno e ai
moltie siamo tutti d'accordomi sembrache non ci si deve occupare disimili ragionamentie che si tratta di giochi da
ragazziesercizi vanie che costituisconoquando si decida di assumerliun grave ostacolo al ragionamento. E neppure
questo atteggiamento bisogna prendere in esamequaloradeterminando con ilragionamento le membra e nel contempo
le parti di ciascunoe accordandosi sul fatto che tutto ciò corrisponde aquell'unitàci si rimproveri di aver rasentato il
ridicolodal momento che si affermano delle mostruosità sostenendo chel'unità coincide con la molteplicità e con
l'infinitoe la molteplicità con l'unità.
PROTARCO: E tuSocratequali altre affermazioni fai sulle quali non ci siaancora un accordo e che riguardino
questo stesso discorso?
SOCRATE: Mi riferisco al casofiglioloin cui si ponga l'unità non tra lecose che nascono e muoionocome
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abbiamo detto prima.
A questo propositoquando si parli di una unità concepita in modo similecome abbiamo detto adessosi è
d'accordo che non ci sia bisogno di confutare. Ma qualora si cerchi diconsiderare come uno un uomouno un buee
uno il belloe uno il buonoallora intorno a queste unitàe ad altresimiliil difficile tentativo di suddividere diventa
una controversia.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Per prima cosa si deve accettare il principio secondo il qualealcune di queste unità esistano veramente.
In seguito si deve esaminare come queste unitàammettendo che per ciascunasi tratta di un'unica entità sempre uguale a
se stessa e che non accoglie in sé né nascita né corruzionepossatuttavia mantenersi saldamente come una unità. Dopo
di ciò si deve considerarla sia divisa nelle cose che sono generate einfinitedivenendo molteplicesia nella sua
interezza e separata da se stessacosa che fra tutte sembrerebbe la piùimpossibileovvero che sia una e identica
nell'uno e nei molti contemporaneamente. Questa mancanza di accordo intorno atale specie di unità e di molteplicità e
non intorno a quell'altrao Protarcoè causa di ogni difficoltàmentrese ci si intendesse benetutto sarebbe più agevole.
PROTARCO: Dunquebisogna che noiSocrateadesso ci occupiamo innanzituttodi questo punto?
SOCRATE: Direi di fare così.
PROTARCO: Supponi allora che tutti quanti noi conveniamo con te riguardo aquesto ragionamento: quanto a
Filebola cosa più prudente sarebbe che tu non lo agiti mentre se ne statranquillointerrogandolo in questa circostanza.
SOCRATE: E sia. Da dove dunque comincerà questa battaglia lunga e variasulle cose che ci dividono? Da questo
punto?
PROTARCO: Da quale punto?
SOCRATE: Diciamo che l'identità tra unità e molteplicitàriconosciuta dainostri discorsiritorna ovunquein
ciascuna delle affermazioni che da sempre vengono pronunciatesiaanticamentesia ora. E questo non ha mai cessato
né comincia oramaper quel che mi sembrasi tratta di una proprietà deinostri stessi discorsiimmortale e imperitura:
e ogni volta che il giovane per la prima volta lo gustarallegrandosi comese avesse scoperto un tesoro di saggezzaè
inebriato dal piacere e si diverte a muovere ogni discorso ora volgendolo dauna parte e impastandolo in un'unitàora
tornando di nuovo indietro e dividendolo in partitrascinando soprattutto sestesso nella difficoltàin primo luogoe in
secondo luogo portandosi sempre dietro chi è con luipiù giovane o piùvecchio o coetaneo che siasenza risparmiare
né il padrené la madrené alcun altro di quelli che gli prestanoascoltoe poco ci manca che non risparmi nessun essere
vivente non solo fra gli uominidato che non risparmierebbe neppure unbarbarose solo potesse trovare da qualche
parte un interprete.
PROTARCO: Socratenon vedi quanti siamoe che siamo tutti giovanie nontemi che con l'aiuto anche di Filebo
noi ti assaliamose tu eventualmente ci insulti? Pure comprendiamo ciò chedicie se esiste un modo e un mezzo che
consenta a questa nostra confusione di lasciare pacificamente il discorsoedi trovare una strada migliore di questatu
questo fine devi perseguirloe noi ti terremo dietroper quanto ci èpossibile: non è infatti un'impresa da poco il
discorso che stiamo facendoSocrate.
SOCRATE: No davveroo figlicome dice di chiamarvi Filebo. In realtà nonesiste strada più bella di quella che io
da sempre amoe che spesso sfuggendomimi ha lasciato solo e senza risorse.
PROTARCO: E qual è questa strada? Non hai che da dirlo.
SOCRATE: Mostrarla non è molto difficilema è seguirla che diviene assaidifficile. Tutto quanto è stato scoperto
che riguardava l'arteemerse sempre grazie a questa strada. Prestaattenzione alla strada di cui parlo.
PROTARCO: Avantidillo.
SOCRATE: Un dono degli dèi agli uominicosì mi è apparsoda un puntoindefinito del cielo divino venne
scagliatograzie anche a un certo Prometeo(3) insieme ad un fuocoluminosissimo. E gli antichiche erano migliori di
noi e abitavano più vicino agli dèitramandarono questa tradizionepercui le cose che sempre si dice che siano e che
sono costituite dall'uno e dalla molteplicità contengono in sé il semedella finitezza e dell'infinitezza. Dunque dobbiamo
essendo le cose ordinate sempre in questo modocercare ogni volta distabilire un'unica idea riguardo a ogni cosa - e
infatti troveremo che essa vi è insita - e quando la si ottengadobbiamoconsiderare la seconda dopo la primase in
qualche modo ve ne sono duealtrimenti tre o un altro numeroe parimentiricondurre di nuovo ciascuna di quelle
all'unitàfinché ci si renda conto che l'unità originaria non è solounitàmolteplicità e infinitezzama che ha anche una
struttura: e non dobbiamo attribuire l'idea di infinitezza alla moltitudineprima di aver osservato tutta la sua struttura
numerica che sta in mezzo tra l'infinitezza e l'unità. Allora si puòfinalmente permettere che ciascuna delle unità si
divida all'infinito. E dunque gli dèicome dicevoci affidarono il compitodi esaminareapprenderee insegnare l'uno
all'altro. Ma gli uomini saggi del nostro tempo unificano e moltiplicanocosì come viene - molto più rapidamente o più
lentamente del necessario -e dopo l'unità si dirigono direttamente versol'infinitezzaed evitano tutto ciò che sta in
mezzoe per queste ragioni si distingue nei discorsi che facciamo tra noiquello di stampo dialettico da quello di stampo
eristico.
PROTARCO: Alcuni concetti credo di averli appresio Socratema per quantoriguarda altri ho ancora bisogno di
ascoltare più chiaramente le cose che dici.
SOCRATE: Quello che dico si manifesta con evidenza nelle letteredell'alfabetoe lo puoi comprendere in quelle
nozioni che hai appreso quand'eri bambino.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: La voce che mi esce dalla bocca è unaed è anche infinita e percosì dire molteplicela voce di tutti e
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quella di ognuno.
PROTARCO: E che significa?
SOCRATE: Ci sono due motivi per i quali non siamo per nulla sapientivale adire perché non conosciamo la sua
infinitezza e neppure la sua unità: ma per quanto riguarda la sua intensitàe qualitàquesto lo conosciàmo bene perché
consente a ciascuno di noi di poter scrivere le lettere dell'alfabeto.
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: E lo stesso discorso riguarda anche chi compone musica.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Anche per quel che riguarda quell'arte la voce è una sola.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Stabiliamo allora due toniuno grave e l'altro acuto; mentre ilterzo è un tono medio. Va bene?
PROTARCO: è così.
SOCRATE: Ma non puoi ancora ritenerti un esperto di musica solo perché seiin possesso di queste nozionie
d'altra partese non le conoscessi saresti assolutamente un inetto in questocampo.
PROTARCO: Non c'è dubbio.
SOCRATE: Mao amicodopo che avrai appreso quanti sonosecondo il numeroe quali sono gli intervalli della
voce riguardanti il tono più acuto e quello più gravee i confini diquesti intervallie quanti accordi risultano da essi -
gli antichidopo averli studiati li consegnarono a noiche veniamo dopo diloroe li chiamarono "armonie"e
osservarono che anche nei movimenti del corpo umano vi sono altri fenomeni diquesto genere chemisurati per mezzo
dei numeriaffermano di dover chiamare "ritmi" e "metri"e allo stesso tempo comprendere che in questo modo si deve
condurre l'analisi intorno all'uno e ai molti - qualoradicevotu abbiaappreso questi concetti in questa manieraallora
diventi sapientee quando attraverso questo tipo di analisi conquisteraiun'altra delle qualsivoglia unitàallora sarai
diventato consapevole di quel che stai ricercando: ma l'infinità di ciascunacosa e la molteplicità di infinito che vi è
all'interno di ciascuna di esse ti rende ogni volta incapace di pensareenon ti consente di essere illustre e stimato
quando tu non sia mai stato in grado di scorgere in nessuna cosa nessunnumero.
PROTARCO: Filebomi sembra che Socrate abbia appena detto delle parolebellissime.
FILEBO: Sìanch'io ho la stessa impressione. Ma perché mai il discorsoappena fatto si rivolgeva a noi e cosa
intendeva dire?
SOCRATE: Proprio questo Filebo ha chiesto direttamente a noiProtarco.
PROTARCO: Certamente. E dunque rispondigli.
SOCRATE: Lo farò dopo aver spiegato ancora un poco queste cose.
Come quando si comprenda un'unità qualsiasidicevamonon si deve rivolgeredirettamente lo sguardo alla natura
dell'infinitoma ad un intervallo numericocosì anche al contrarioqualora si sia costretti ad afferrare per prima cosa
l'infinitonon si deve guardare direttamente all'unità ma esaminare ilnumero - in quanto ciascuno contiene una certa
molteplicità - e terminare l'analisi giungendo all'uno dai molti. Ritorniamodi nuovo a quello che si diceva prima
riguardo alle lettere dell'alfabeto.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Dopo che un dio o un uomo divino capì che la voce è infinita - inEgitto questi fu un certo Teuth(4)
racconta la tradizioneil quale per primo capì che le vocalinell'infinitezzadella vocenon sono una ma più e che ci
sono altri elementi che non appartengono alla voce ma al suonoe che anchequeste si possono quantificare
numericamenteallora separò una terza classe di lettere che noi orachiamiamo consonanti mute -dopo di ciò separò le
consonanti mute dalle consonanti sino a giungere all'unitàe allo stessomodo fece con le vocali e quelle di suono
intermediofinchéconosciuto il loro numerodiede a ciascuna e a tutte ilnome di "lettera": osservando che nessuno di
noi neppure una lettera di per sé potrebbe apprendere senza conoscere tuttele altree ragionando su questo legame che
permette a ciascuna di essere unama che le unisce tutte insiemeunì adesse i meccanismi della grammatica dando loro
questo nome.
FILEBO: Ancor più chiaramente di quegli altri concetti ho compreso questinelle loro reciproche relazioniProtarco.
Ora rimane però una piccola questione in sospeso nel discorsola stessa diprima.
SOCRATE: Vuoi sapere che cosa c'entrino queste cose con il discorso chestiamo portando avanti?
FILEBO: Certoquesto è quello che cerchiamo di scoprire già da un po' ditempoio e Protarco SOCRATE: O forse
pur trovandovi già su quel puntovoicome dicicontinuate già da tempo acercarlo.
FILEBO: E come?
SOCRATE: Non riguardava il nostro discorso fin dall'inizio l'intelligenza eil piacereper stabilire quale dei due
fosse da preferirsi?
FILEBO: E come no?
SOCRATE: E noi affermiamo che sia l'una che l'altro sono una unità.
FILEBO: Certamente.
SOCRATE: E proprio questo ci domanda il discorso che abbiamo fatto primavale a dire come è possibile che in
ciascuno di essi vi sia l'unità e la molteplicitàe come non siadirettamente infinitoma come ciascuno sia dotato di un
intervallo numerico prima di diventare infinito?
PROTARCO: Non è domanda di poco contoFilebo. Non so come abbia fattoSocrate a menarci tutt'attorno per poi
collocarci su di essa.
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Vedi chi di noi due può rispondere alla domanda ora posta.
Forse è ridicolo il fatto che ioche sono completamente subentrato al tuoposto nel discorso per il fatto che non ero
in grado di rispondere alle domande poste adessodi rimando ti ordini dirispondere: ma sarebbe ancora più ridicolo
credoil fatto che nessuno di noi due fosse in grado di rispondere. Vedi unpo' che potremo fare. Mi sembra che adesso
Socrate ci interroghi sulle forme del piacerese ve ne sono oppure noequante e quali. E cosìsecondo gli stessi criteri
riguardo all'intelligenza.
SOCRATE: Quello che dici è verissimofiglio di Callia. Se non sapessimofare questo a proposito dell'unitàdel
similee dell'identicoe dell'oppostosecondo quanto ci ha indicato ildiscorso precedentenessuno di noi sarebbe
affatto degno di essere stimato.
PROTARCO: Mi sembra che le cose stiano all'incirca cosìSocrate. Ma se perun saggio è opportuno conoscere
tutte le cosemi sembra d'altro canto che la seconda via da percorrereconsista nel non nascondersi a se stessi. Cosa
significa quello che ho appena detto? Te lo spiegherò. TuSocratehailasciato in consegna a noi tutti questa intima
conversazione e te stesso sulla scelta dei beni umani più convenienti.Avendo Filebo affermato che essi consistono nel
piacere e nella dolcezza e nella gioia e in altre tali cose di questo generetu hai risposto a queste asserzioni che non
sono questima quelli che spesso e volentieri ricordiamo a noi stessiefacendo una cosa giustaaffinchéposti innanzi
alla memoriasiano messi gli uni e gli altri alla prova. Tu dicimi sembrache il bene che sarebbe meglio ritenere
superiore al piacere è il pensierola scienzala facoltà di giudiziol'artee tutto quanto è connaturato a queste cosee
che sono queste che si devono procurare. non le altre. Avendo esposto nelcorso della disputa queste due opposte
posizionischerzando ti minacciammo che non ti avremmo fatto andare a casaprima che si fosse adeguatamente
definito un termine per questi discorsie tuconsentendohai fatto dono dite stesso per quest'impresae noicome i
bambinidiciamo che non si può sottrarre quel che è stato donato per unagiusta causa. Lascia dunque perder
l'atteggiamento che hai nei nostri confronti circa le cose appena dette.
SOCRATE: Di quale atteggiamento parli?
PROTARCO: Metterci in difficoltà e farci domande cui non saremmo in grado didarti una risposta esauriente sul
momento.
Non crediamo che questa difficoltà che riguarda noi tutti sia per noi lafine delle questioni che ora stiamo trattando
ma quel che noi non siamo in grado di farelo devi fare tu: lo hai promesso.
Decidi tu stesso riguardo a queste cose se tu debba definire la specie delpiacere e della scienza oppure lasciare
perdere tuttose tu in altra maniera sei in grado e se vuoi mostrarediversamente i termini della controversia nella quale
siamo impegnati.
SOCRATE: Nulla di terribile debbo ancora aspettarmidopo che hai dettoqueste parole. L'aver detto: «se vuoi»
annulla in ogni caso la paura. Inoltre mi pare che uno degli dèi abbiaconsegnato a noi un ricordo.
PROTARCO: Come e di che cosa si tratta?
SOCRATE: Avendo un tempo ascoltato alcuni discorsi - in sogno o da sveglio -ora mi tornano alla mente a
proposito del piacere e dell'intelligenzasecondo cui nessuno dei duecorrispondeal benema che vi è una terza cosa
ancoradiversa da questie migliore di entrambi. Bene: se questo simostrerà ora a noi nella sua evidenzail piacere
smetterà di vincere: e il bene di conseguenza non si identificherebbe piùcon esso. Va bene?
PROTARCO: Sono d'accordo.
SOCRATE: Secondo menon saremo più obbligati a procedere alla suddivisionedelle specie del piacere. Andando
innanziquesto sarà ancora più chiaro.
PROTARCO: Dopo aver parlato così benespiegaci anche.
SOCRATE: Prima ci accorderemo su alcune piccole cose.
PROTARCO: E quali?
SOCRATE: Il destino assegnato al bene dev'essere compiuto oppure no?
PROTARCO: Tra tutte le cose dev'essere il più compiutoSocrate.
SOCRATE: E perché? Il bene è autosufficiente?
PROTARCO: E come no? Proprio in questa particolarità esso si distingue fratutte le cose che sono.
SOCRATE: Questoio pensointorno al bene si deve assolutamente dire: chetutto ciò che è conoscibile lo desidera
e lo brama ardentementevolendo prenderlo e procacciarselo per sésenzapreoccuparsi delle altre cosefatta eccezione
per quelle che portano al compimento di un bene.
PROTARCO: Non si può obiettare a queste asserzioni.
SOCRATE: Esaminiamo e valutiamo la vita del piacere e quelladell'intelligenzatenendole separate.
PROTARCO: Come dici?
SOCRATE: Non vi sia l'intelligenza nella vita del piacerené piacere nellavita dell'intelligenza. Bisogna che uno
non abbia più bisogno dell'altrose uno dei due è un bene: e se uno deidue mostrasse di aver bisogno dell'altroquesto
non si potrebbe più considerare ciò che per noi è realmente un bene.
PROTARCO: E come potrebbe?
SOCRATE: Proviamo a dimostrare queste cose su di te?
PROTARCO: Sìva bene.
SOCRATE: Rispondi.
PROTARCO: Dimmi.
SOCRATE: Accetteresti tuProtarcodi vivere tutta la vita godendo dei piùgrandi piaceri?
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PROTARCO: E perché no?
SOCRATE: E riterresti di aver ancora bisogno di qualcosase fossi nel pienodel loro possesso?
PROTARCO: Nient'affatto.
SOCRATE: Pensaci bene. Dell'intelligenza e del pensiero e del ragionaretutte cose necessarie e di quant'altre cose
sono ad esse connaturatetu non avresti bisogno?
PROTARCO: E perché mai? Con la possibilità di godere avrei già tutto.
SOCRATE: E se vivessi sempre cosìpotresti sempre godere per tutta la vitadei più grandi piaceri?
PROTARCO: E perché no?
SOCRATE: Ma se tu non avessi pensieroe memoriae scienzae vera opinionenon saresti innanzitutto costretto a
ignorare proprio questose godi oppure noessendo appunto privo diintelligenza?
PROTARCO: Necessariamente.
SOCRATE: Eanalogamentenon essendo fornito di memoriaè inevitabile chenon potresti ricordare di aver mai
godutoe non ti rimane neppure il più piccolo ricordo der piacere giunto inquesto momento: e ancoranon essendo
fornito di vera opinionenon puoi immaginare di godere mentre stai godendoe se sei privo della facoltà di calcolo non
ti sarà possibile calcolare per quanto tempo ancora potrai godere. Saraiallora costretto a vivere non la vita che è propria
di un uomoma quella di un mollusco o di quegli animali marini che vivononelle conchiglie. è cosìoppure possiamo
pensare ad altre cose opposte a queste?
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Una vita così è per noi preferibile?
PROTARCO: Questo discorso mi ha momentaneamente gettato in una completaafasia.
SOCRATE: Non arrendiamoci ancorama analizziamo com'è la vita quandoprendiamo parte dell'intelligenza.
PROTARCO: Di quale vita parli?
SOCRATE: Poniamo il caso che uno di noi accettasse l'idea di vivere provvistocompletamente dell'intelligenza e
del pensierodella scienza e della memoria nel suo insiemesenza prenderpartené moltoné poco al piaceree neppure
al dolore d'altra parterimanendo così del tutto indifferente a siffattepassioni.
PROTARCO: Né l'una né l'altra vita fra queste che mi hai prospettatoscegliereie neanche a un altro la questione
apparrebbe in modo diversoio credo.
SOCRATE: E cosa pensi di una vita che unisca insieme l'una e l'altraProtarcoe risulti dalla comune mescolanza di
ambedue?
PROTARCO: Mescolatavuoi diredi piaceredi pensiero e di intelligenza?
SOCRATE: Proprio di questi elementi intendevo dire.
PROTARCO: Ognuno sceglierà per primo questo tipo di vita piuttosto che unoche contenga qualsivoglia delle altre
due. Proprio cosìe non uno sìe uno no.
SOCRATE: Comprendiamo ora qual è il seguito per noi della discussione che èora in corso?
PROTARCO: Ma certamente. Sarebbe a dire che si presentano tre tipi di vitaedue di questi non sono
assolutamente convenientiné preferibili da parte di nessun uomo o esserevivente.
SOCRATE: E per questi non è già forse chiaro che né l'uno né l'altrocontiene in sé il principio del bene? Sarebbero
infatti - l'uno e l'altro - autosufficientiperfettie preferibili da partedi tutti gli esseri vegetali e animaliper i quali
sarebbe possibile vivere per sempre la vita in questo modo: e se qualcuno dinoi scegliesse diversamentesceglierebbe
contro naturaintendo dire contro la natura di ciò che sarebbe davvero dapreferirsiinvolontariamentea causa
dell'ignoranzao per una necessità non certo felice.
PROTARCO: Quello che dici mi pare verosimile.
SOCRATE: Allora mi sembra che si sia sufficientemente trattato che non sideve identificare la dea di Filebo con il
bene.
FILEBO: E neppure la tua mente corrisponde al benema sarà soggetto allemedesime accuse.
SOCRATE: La mia mente può darsima non la mente vera e insieme divinacredo: per essa le cose stanno in modo
diverso. Non entrerei in discussione per l'assegnazione del premio dellavittoria alla vita che ha come fondamento
comune la mentementre vorrei discutere sul fatto che noi dobbiamo vedere econsiderareriguardo al secondo posto
che cosa dovremo fare. Può darsi che di questa vita comune noi individuiamouno la ragione nella mentee l'altro nel
piaceree così il bene non coinciderebbe con nessuno di questi duepuòdarsi invece che la causa del bene risieda
nell'uno e nell'altro. E su questo punto sarei disposto ancor più ascontrarmi con Filebo per il fatto cheall'interno di
questa vita che contiene tali mescolanzequalsiasi cosa essa assumarendendola così preferibile e nel contempo buona
non sarebbe più affine e più simile al piacere ma alla mentee secondoquesto discorso non si potrebbe verosimilmente
affermare che al piacere tocca il primo posto e neppure il secondo: sicolloca ben oltre il terzo postose devo adesso
affidarmi alla mia mente.
PROTARCO: MaSocrateadesso mi sembra che il piacere sia per teprecipitatocome se fosse stato colpito dagli
attuali ragionamenti.
Dopo aver combattuto per la vittoriagiace sconfitto. Quanto alla mentemisembrabisogna dire che prudentemente
non contese il possesso per il primo posto: altrimenti le sarebbe toccata lastessa sorte. Privato del secondo postoil
piacere sarebbe del tutto disonorato dinanzi ai suoi amantidal momento chequelli non lo considerebbero più
ugualmente affascinante.
SOCRATE: E allora? Non sarebbe meglio lasciarlo perdere ormaie non farlosoffrirecaricandolo di un'ulteriore e
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più sottile provae confutandolo?
PROTARCO: Non stai dicendo nullaSocrate.
SOCRATE: Ho forse detto un concetto impossibile a dirsivale a dire che ilpiacere soffra?
PROTARCO: Non soltanto questoma anche non sai che nessuno di noi tilascerà andareprima che tu abbia
compiutamente svolto tali questioni con il ragionamento.
5OCRATE OhProtarcoche lungo discorso rimane! Non è certamente facilefarlo ora! E infatti mi sembra che
necessitiamo di altri mezzi perché la mente si diriga verso il secondopostoquasi avessimo altre armi diverse dai
discorsi che si sono fatti prima.
Può darsi che alcuni siano identici. O no?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Cerchiamo di stare in guardia nel gettare le basi di questodiscorso.
PROTARCO: E quale base?
SOCRATE: Tutte le cose che ora sono nel tutto dividiamole in due partiosevuoiin tre.
PROTARCO: Puoi spiegare in che modo?
SOCRATE: Prendiamo alcuni concetti dei discorsi che ora facevamo.
PROTARCO: E quali?
SOCRATE: Dicevamo che il dio ha indicato l'infinito delle cosema anche ilconfine.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Stabiliamo che questi due siano due generie che vi sia un terzogenere - un'unità anch'essa - che nasce
dalla commistione di questi due. Mi sembra però di essere alquanto ridicolodividendo e contando secondo i generi.
PROTARCO: Che dicio carissimo?
SOCRATE: Mi sembra che ci vorrà ancora un quarto genere.
PROTARCO: E di quale parli?
SOCRATE: Guarda alla causa della commistione di questi gli uni verso glialtrie aggiungi questo quarto genere a
quei tre.
PROTARCO: E non avrai bisogno di un quinto che possa operare una separazione?
SOCRATE: Può darsima non credo per ora: se ce ne sarà bisognoavrai labontà di lasciarmi perseguire anche il
quinto.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Innanzitutto avendo determinato tre generi dei quattrofacciamo unesperimento con due di questi
dopo che abbiamo osservato che l'uno e l'altro si dividono e si lacerano inmolte partiper riportarli successivamente
entrambi all'unitàe ragioniamo sul fatto che ciascuno di essi sono unitàe molteplicità.
PROTARCO: Se parlassi in modo ancora più chiaro intorno a queste cosepotrei seguirti.
SOCRATE: Dico che i due generi che sottopongo all'esame sono gli stessi di unattimo fapoiché l'uno contiene
l'infinitol'altro il finito.
Tenterò allora di spiegare come l'infinito corrisponde alla molteplicità.Quanto al finitoci attenda un momento.
PROTARCO: Sìci aspetta.
SOCRATE: Presta attenzione. è difficile e controverso il problema su cuichiedo la tua attenzionetuttavia rifletti.
Pensa innanzitutto se potessi mai concepire un confine per il "piùcaldo" e per il "più freddo"oppure se il "più" e il
"meno" che sono insite nella loro genesifinché vi sarannoinsiteimpediranno che vi sia una fine: se vi fosse una fine
anche questi due sono finiti.
PROTARCO: Quello che dici è verissimo.
SOCRATE: Nel "più caldo" e nel "più freddo" vi èsempre il "più" e il "meno"noi affermiamo.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Sempre dunque il ragionamento ci indica che questi due non hanno unafinema essendo tutti e due
senza un limite sono del tutto infiniti.
PROTARCO: Sono assolutamente d'accordoSocrate.
SOCRATE: Alloracaro Protarcohai capito bene e mi hai ricordato che anchequesto "assolutamente" che hai
appena fatto risuonare e l'"un poco" hanno la stessa validità del"più" e del "meno". Dove quei due si inseriscononon
lasciano che ciascuna cosa venga quantificatama introducendo di continuol'"assolutamente" e l'"un poco" o il
contrario in ogni questione rendono il concetto di "maggiore" e di"minore"e però non ci permettono di quantificare.
In base a quanto ora dettose non annullano la quantitàma lasciano cheessa e il grado di misurabilità si inseriscano
nelle postazioni dei "più" e dei "meno"dell'"assolutamente" e dell'"un poco"questi scorrono viadal posto in cui erano.
Non avrebbero più ragione di esistere né il concetto di "piùcaldo"né quello di "più freddo"se assumessero
connotazione quantitativa: infatti il "più caldo" procede dicontinuo innanzi e non si fermae parimenti il "più freddo"
mentre la quantità sta ferma e non avanza. Dunquein base a questoragionamentoil "più caldo"insieme al suo
oppostosarebbero l'infinito.
PROTARCO: Mi sembra cosìSocrate. Come dicevisi tratta di concettidifficili da seguire. Ma se colui che
interroga e colui che è interrogato li dicono ancora una volta e poi ancorauna voltapotremmo far vedere di essere
sufficientemente in sintonia.
SOCRATE: Dici benee allora cerchiamo di fare così. Adesso rifletti sequesto potremo indicarlo come indice della
natura dell'infinitoper non dilungarci trattando ogni aspetto.
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PROTARCO: Quale indice?
SOCRATE: Tutto quello che ci sembrerà diventi "più" e"meno"e che accoglie il "fortemente" e il"dolcemente"il
"troppo" e tutte le altre cose similitutto questo va posto nellaclasse dell'infinito come in quella dell'unitàsecondo il
discorso di primaper cui tutto ciò che era lacerato e diviso bisognavaradunarloconferendogliper quanto possibile
un'unica naturase ricordi.
PROTARCO: Ricordo.
SOCRATE: Dunque ciò che non accoglie queste cosevale a dire tutto quelloche accoglie il contrario di esseper
prima cosa "l'uguale" e "l'uguaglianza"e dopo di questo"l'uguale" e il "doppio"e tutto quello che è numero in
relazione al numero e misura in relazione alla misurase considerassimotutto questo all'interno del finitoci sembrerà
di agire bene?
PROTARCO: BenissimoSocrate.
SOCRATE: E sia. Quale forma diciamo che abbia questo terzo genere mescolatocon gli altri due?
PROTARCO: Lo dirai tu a mecome credo.
SOCRATE: Nosarà un diose mai un dio porge orecchio alle mie preghiere.
PROTARCO: Prega e pensaci.
SOCRATE: Ci penso: e mi sembra che adesso uno di essi ci sia diventato amico.
PROTARCO: Come puoi affermarlo e quale prova ne adduci?
SOCRATE: Te lo spiegherò chiaramente: e tu seguimi con il ragionamento.
PROTARCO: Dimmi pure.
SOCRATE: Abbiamo appena parlato di ciò che è più caldo e di ciò che èpiù freddo. Giusto?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Aggiungi a quelli ciò che è "più secco" e il "piùumido"e il "maggiore" e il "minore"e ciò che è"più
veloce" e "più lento"e "più grande" e "piùpiccolo" e quanto abbiamo prima raccolto in unità nella natura cheaccoglie
in sé il "più" e il "meno.
PROTARCO: Alludi alla natura dell'infinito?
SOCRATE: Certo. Dopo di ciò in essa mischiavi la stirpe del finito.
PROTARCO: E quale?
SOCRATE: Alludo a quel genere del finito che ora non abbiamo riunitodovendoinvece farlo così come avevamo
fatto con la natura dell'infinito raccogliendola in uno. Ma forse anche orasi farà la stessa cosaseradunando quei due
anch'essa diventerà evidente.
PROTARCO: Di quale parli e cosa intendi dire?
SOCRATE: Si tratta del genere di ciò che è "uguale" e di ciò cheè "doppio" e di quanto fa smettere che le cose
siano opposte fra di loro e avverserendendole misurabili e concordiintroducendo in esse il numero.
PROTARCO: Capisco. Mi sembra che tu sostieni chemescolando questi elementidi cui abbiamo parlatoderivi
l'origine di nuove realtà per ciascuna di queste mescolanze.
SOCRATE: Mi pare che hai inteso perfettamente.
PROTARCO: Dimmi allora.
SOCRATE: Forse nelle malattie la corretta unione di questi elementi dàorigine alla stirpe della salute?
PROTARCO: Ma certamente.
SOCRATE: E in ciò che è acuto e in ciò che è gravein ciò che è velocee in ciò che è lento - che sono tutti infiniti -
non vi sono forse questi stessi elementi? E non portano a compimentol'infinito rendendo nel contempo pienamente
compiuta la musica?
PROTARCO: Benissimo.
SOCRATE: Trovandosi questa mescolanza anche nel freddo dell'inverno e nelcaldo dell'estatesottrae ciò che è
eccessivo e infinitoe realizza ciò che è moderato e proporzionato.
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Allora le stagioni e quanti sono i beni in nostro possesso nonscaturiscono da queste causevale a dire
dalla mescolanza dell'infinito e di ciò che è finito?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E tralascio innumerevoli altre cosequali la bellezza e la forzache si trovano con la salute e altre varie e
splendide qualità che si trovano nell'anima. Questa era la dea(5) caroFileboche vedendo violenza e malvagità insite in
tutte le cose e osservando che in esse non vi era limite al piacere eall'abbondanzastabilì una legge e un ordinamento
che contenessero un limite: e tu affermi che fece solo dannimentre alcontrario io sostengo che essa è stata motivo di
salvezza. E a teProtarcocosa sembra?
PROTARCO: Queste affermazioni mi sembrano assennateSocrate.
SOCRATE: Dunque ho parlato di tutti questi tre generise hai capito.
PROTARCO: Sìcredo di aver capito. Mi sembra che tu affermi che uno èl'infinitoma uno è anche il secondo
ovvero il finitonelle cose che sono. Quanto al terzonon ho perfettamentecapito che cosa volevi dire.
SOCRATE: La quantità di ciò che trae origine dal terzo genereo carissimoti sconvolge. Eppure molte erano le
stirpi che offriva l'infinitotuttavia una volta contrassegnate con ilgenere del più e del suo contrario apparvero come un
unità.
PROTARCO: Vero.
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SOCRATE: E non ci procurava fastidi né il fatto che l'infinito avesse moltiaspetti né che fosse uno per natura.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Non avremmo affatto potuto. Ma tu devi affermare che ho definitoquesto terzo genere - considerando
l'unità come un tutto che deriva da questi elementi - come ciò che dàorigine alla sostanza e che è costituito dalle misure
che realizzano il finito.
PROTARCO: Ho capito.
SOCRATE: Ma oltre a questi tre generidicevamo allora che bisognavaprenderne in considerazione un quarto: si
tratta di una ricerca comune. Considera se ti sembra che sia necessario chetutte le cose che sono generate siano
generate per una causa.
PROTARCO: Sìmi sembra: come potrebbe generarsi separata da questa?
SOCRATE: Dunque la natura di "ciò che agisce" non differisce pernulla dalla causa se non per il nomee "ciò che
agisce" e "ciò che è causa" si potrebbero definiregiustamente definire una unità?
PROTARCO: Giustamente.
SOCRATE: Scopriremo che "ciò che subisce" e "ciò che ègenerato" non differiscono affattose non nella
definizionecome abbiamo appena detto.
Oppure no?
PROTARCO: è così.
SOCRATE: E dunque il "ciò che agisce" èsecondo naturalaguidamentre "ciò che subisce" segue ed è generato
dopo di quello?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Altra e non identica cosa è la causa in relazione a ciò che èasservito alla causa del divenire.
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Forse tutti e tre i generi non ci hanno presentato le cose generatee tutte quelle che da esse derivano?
PROTARCO: Certo.
SOCRATE: Non diciamo che è proprio questo quarto genere che modella tuttequeste cosevale a dire la causa
essendo stato sufficientemente chiarito che esso è altro rispetto a quelle?
PROTARCO: Sìè altra cosa.
SOCRATE: Sarebbe correttoora che abbiamo distinto i quattro genericontarli uno dopo l'altroper ricordare
ciascuno nella sua unità.
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Dico che il primo è il genere dell'infinitoil secondo del finitopoi dalla loro mescolanza nasce il terzo
che è l'essere generato: ma se dico che la causa di questa mescolanza edella genesi dell'essere è il quarto genere non
sbaglio in qualcosa?
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Avantiallora! Dopo questi problemi quale discorso affrontiamo econ quali intenzioni giungiamo sin
qui? Non erano forse queste? Ricercavamo se il secondo posto si dovesseassegnare al piacere o all'intelligenza. Non era
così?
PROTARCO: Sìè così.
SOCRATE: E forse oraoperate queste separazioninon potremmo onorevolmenteportare a termine la contesa sul
primo e sul secondoquestioni su cui prima abbiamo avuto una controversia?
PROTARCO: Forse.
SOCRATE: Avanti! Abbiamo stabilito che la vita mista di piacere e diintelligenza vinceva. Era così?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: Allora vediamo qual è questa vita e a quale genere appartiene.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Diremo che è parte del terzo generecredo: infatti non risultadalla mescolanza di due elementima da
tutti gli elementi infiniti legati dal finitosicché questo tipo di vitache riporta la vittoria potremmo a ragione
considerarlo parte del terzo genere.
PROTARCO: Giustissimo.
SOCRATE: Ebbene: e che dici della tua vitaFileboche è piacevole ed èpriva di questa mescolanza? In quali
generi tra quelli enunciati potremmo correttamente considerarla? Marispondimi a quest'altra domanda prima di
rivelarlo.
PROTARCO: Dimmi.
SOCRATE: Piacere e dolore contengono in sé una limitazione oppure sono fraquelle cose che accolgono il "più" e
il "meno"?
FILEBO: Certosono tra le cose che accolgono il" più"Socrate:poiché il piacere non sarebbe completamente un
benese non fosse generato infinitosia riguardo l'estensionesia riguardoil "più".
SOCRATE: E neppure il dolore corrisponderebbe totalmente al maleFilebo:sicché noi due dobbiamo considerare
se ci sia qualcosa di diverso dalla natura dell'infinito che procuri aipiaceri una parte di bene.
E questi due appartengano pure per te al genere delle cose infinite: quantoinvece all'intelligenzaalla scienzaal
pensieroin quale dei generi che abbiamo detto primacari Protarco e Filebopossiamo ora situarli senza compiere
empietà? Non mi sembra infatti di poco conto il rischio che corriamorispondendo correttamente o no alla domanda ora
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posta.
FILEBO: Tu onori il tuo dioSocrate.
SOCRATE: E tuamicola tua divinita. In ogni caso noi dobbiamo risponderealla domanda che è stata posta.
PROTARCO: Socrate ha ragioneFileboe gli si deve ubbidire.
FILEBO: Ma prima non hai scelto di parlare in vece miaProtarco?
PROTARCO: Certo. Ma ora mi trovo in difficoltà e ho bisognoo Socratecheproprio tu diventi il nostro
portavoceperché noinon commettendo mancanze nei confronti del tuoatletanon pronunciamo qualche parola
stonata.
SOCRATE: Bisogna obbedireProtarco: e infatti non ordini nulla di difficile.Ma in effetti forse ti ho turbato con
questo gioco da fanciulli del rendere onore alla divinitàcome dice Filebobenché ti volessi domandare a quale genere
appartenesse la mente e la scienza?
PROTARCO: Senz'altroSocrate.
SOCRATE: è facile: tutti i sapientie loro sì che venerano effettivamentese stessiaffermano concordemente che la
mente è per noi il re del cielo e della terra. E forse hanno ragione. Sevuoifaremo un'analisi più approfondita proprio su
questo stesso genere.
PROTARCO: Parla come credisenza calcolare la lunghezza del discorso e senzafarti degli scrupoli per noi
Socratedal momento che non ci darai fastidio.
SOCRATE: Dici bene. Cominceremo formulando di nuovo la domanda in questomodo.
PROTARCO: Come?
SOCRATE: Dobbiamo forse direProtarcoche la potenza dell'irrazionale guidisenza alcun progetto o direzione
tutte le cose - e ciò che si definisce il tutto - oppureal contrariocomedicevano quelli prima di noiche vi è una mente
e un'intelligenza meravigliosa che è ordinata e che fa da guida?
PROTARCO: Niente di queste cosecarissimo Socrate: anziquello che staidicendo ora non mi sembra neppure
permesso dalla legge divina. Affermare però che la mente ordina tutte lecose è degno dello spettacolo del cosmoe del
solee della luna e degli astri e di tutte le loro orbitee io non potreiparlare diversamente su di essiné avere diversa
opinione.
SOCRATE: Allora vuoi che anche noi accordandoci con i nostri antenaticonveniamo che le cose stanno proprio
cosìe non solo riteniamo di dover sostenere senza rischi affermazioni dialtrima anche corriamo tutti insieme il
pericolo e ci esponiamo alla criticaquando arrivi uno straordinariopersonaggio a dirci che le cose non stanno così ma
sono ingovernabili?
PROTARCO: E perché non dovrei volere?
SOCRATE: Avantipresta attenzione al discorso che si fa ora incontro a noi eche riguarda queste cose.
PROTARCO: Parla.
SOCRATE: Per quanto riguarda gli elementi che compongono la natura di tutti icorpi degli esseri viventinoi
possiamo riconoscere il fuoco e l'acqual'aria e la terra (6) - secondoquell'esclamazione che dicono che sia pronunciata
da chi viene colto in una tempesta - i quali vengono a trovarsi all'internodella struttura.
PROTARCO: Certo. Siamo effettivamente in balìa di una tempesta per ledifficoltà che vi sono nei discorsi che
stiamo facendo.
SOCRATE: Coraggioper ciascuno di questi elementi che sono in noi prestaattenzione a questo fatto.
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Al fatto che ciascuno di essi si trova in noi in minima quantitàed è quasi nulloe non si presenta mai in
nessun caso da soloe il suo valore non corrisponde adeguatamente alla suanatura. Cogliendo quello che dico in un
solo elemento fai per tutti gli altri le medesime considerazioni. Prendiamol'esempio del fuoco che è in noima che è
anche nel tutto.
PROTARCO: Ebbene?
SOCRATE: In noi è presente in quantità minimaed è senza vigore einsignificantementre preso nel tutto è
meraviglioso in tutta l'estensionela bellezza e la forza che gli sonoproprie.
PROTARCO: Ciò che dici è vero.
SOCRATE: E allora? Il fuoco che è in tutte le cose si nutre e si genera e siaccresce ad opera di questo fuocovale a
dire dal fuoco che è dentro di noioppure al contrario il mio e il tuo equello degli altri esseri viventi ottiene tutte queste
cose da quello?
PROTARCO: Quanto domandi non è degno di risposta.
SOCRATE: Giusto. Tu diraicredole stesse cose a proposito della terra chesi trova negli esseri viventiquella di
qui e quella che è nel tuttoe di tutti gli altri elementi sui quali tiinterrogai poco fa. Rispondi così?
PROTARCO: E chi mai sembrerebbe sano di mente se desse una risposta diversa?
SOCRATE: Nessunocerto. Ma seguimi su quel che viene dopo. Osservando chetutti quegli elementi di cui si è
appena detto sono mescolati in un'unitànon li chiamammo con il nome dicorpo?
PROTARCO: E dunque?
SOCRATE: Capisci che si tratta della stessa cosa anche a proposito di quelloche chiamiamo cosmo: infatti sarebbe
in egual modo un corporisultante dall'unione di questi elementi.
PROTARCO: Quello che dici è giustissimo.
SOCRATE: Il nostro corpo sì nutre interamente da quel corpooppure dalnostro quello si nutree riceve e possiede
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quanto si è detto adesso di quegli elementi?
PROTARCO: Anche quest'altra domanda non è degna di risposta.
SOCRATE: E che? E questa è degna? Cosa dici?
PROTARCO: Dimmi quale.
SOCRATE: Npn diremo che il nostro corpo possiede l'anima?
PROTARCO: è chiaro che lo diremo.
SOCRATE: Da dovecaro Protarcol'avrebbe ricevutase il corpo del tuttonon fosse animato e non avesse
caratteristiche identiche a questo e addirittura del tutto più belle?
PROTARCO: è chiaroda nessuna altra parteSocrate.
SOCRATE: Non crediamoProtarcoche di quei quattro generi - il finito el'infinito e la loro mescolanzae il genere
della causa che è quarto e si trova in tutte le cose - proprio quest'ultimoche procura l'anima e origina l'esercizio del
corpo e la scienza medica per il corpo malato e in altri casi ristora e curasia definito come la sapienza totale e dalle
svariate formementre di questi stessi elementi che sono in tutto il cieloin parti enormie ancora nella loro bellezza e
allo stato puroper questi non abbia escogitato la natura di ciò che èpiù bello e più onorevole.
PROTARCO: Ma un ragionamento di questo tipo non avrebbe alcun valore.
SOCRATE: Se allora questo discorso non si può fareseguendo quell'altrodiscorso che spesso abbiamo fatto
potremmo dire meglio che esiste nel tutto un immenso infinitoe unasufficiente quantità di finitoe una causa che li
sovrintende non di poco valoreche dispone e ordina gli annile stagioni ei mesie che sarebbe giusto definirla con il
nome di "mente" e di "sapienza".
PROTARCO: Giustissimo.
SOCRATE: Ma la sapienza e la mente senza l'anima mai potrebbero esistere.
PROTARCO: Nocerto.
SOCRATE: Tu dirai che all'interno della natura di Zeus vi sono un'anima e unamente regaliin virtù del potere
della causae altri elementi positivi negli altri dèie lo dici nellamaniera che è più gradita a ciascuno.
PROTARCO: Certo.
SOCRATE: Non penserai che noi abbiamo pronunciato invano questo discorsoProtarcoma è una conferma di
quelli che già anticamente rivelavano come la mente guidi sempre il tutto.
PROTARCO: Certo.
SOCRATE: E ha fornito alla mia ricerca una rispostae cioè che la menteappartiene a quel genere detto della causa
del tutto.
Hai già ora la risposta.
PROTARCO: La posseggoe mi basta. Eppure mi hai risposto in modo enigmatico.
SOCRATE: Talvolta il giocoProtarcorappresenta una pausa nella faticadella riflessione.
PROTARCO: Dici bene.
SOCRATE: Oraamicoa qual genere appartenga e quale sia la sua forzaloabbiamo dimostrato in modo
abbastanza preciso.
PROTARCO: Certo.
SOCRATE: E analogamente ci è chiaro ormai il genere del piacere.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Riguardo alla mente e al piacere dobbiamo anche ricordare che laprima è affine alla causa e appartiene
in definitiva al suo generementre il piacere è infinito e appartiene a ungenere che non ha e non avrà in sé e da sé
pnncipioné mezzo né fine.
PROTARCO: E come non ricordarlo?
SOCRATE: Occorre vederedopo di ciòdove si trova ciascuno dei duee inquale condizione e animo si generano
qualora si generino.
Innanzi tutto il piacere: come abbiamo esaminato per primo il genere cuiappartienecosì condurremo per prima
questa indagine.
E però non potremo mai esaminarlo adeguatamentese la nostra analisi saràseparata da quella sul dolore.
PROTARCO: Se dobbiamo prendere questa stradaprendiamola.
SOCRATE: Abbiamotu e iola stessa opinione sulla loro origine?
PROTARCO: Quale opinione?
SOCRATE: Mi sembra che dolore e piacere appartengano per natura al generemisto.
PROTARCO: Ricordacicaro Socrateche cosa mai vuoi intendere per quel"misto" di cui si è parlato.
SOCRATE: Lo farò per quanto mi sarà possibilecarissimo.
PROTARCO: Dici bene.
SOCRATE: Per "misto" alludevamo al terzo genere fra i quattrodetti.
PROTARCO: Intendi dire ciò che dicevi che stava dopo l'infinito e il finitoin cui avevi posto la salute e l'armonia?
SOCRATE: Dici benissimo. Presta attenzione quanto più puoi.
PROTARCO: Dimmi pure.
SOCRATE: Voglio dire chespezzandosi l'armonia che si trova in noiesseriviventiavviene da quel momento la
dissoluzione della nostra natura e contemporaneamente la nascita dellasofferenza.
PROTARCO: Quello che dici mi sembra verosimile.
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SOCRATE: Quando invece questa armonia torna di nuovo a riunirsi e rientranella sua natura si deve dire che ha
origine il piacerese proprio dobbiamo fornire una breve e velocespiegazione intorno a questioni di grandissima
importanza.
PROTARCO: Credo che sia giusto quello che tu diciSocrate: ma proviamo aspiegare queste cose in modo ancora
più chiaro.
SOCRATE: Non è dunque più facile riflettere su quegli esempi noti a tutti edi evidenza scontata?
PROTARCO: E quali esempi?
SOCRATE: La fame: non è dissoluzione e dolore?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Ma il mangiarepoiché mi riporta di nuovo alla sazietàèpiacere?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: Anche la sete è corruzione e dolorema è piacere la possibilitàche il liquido ha di ristabilire
nuovamente l'umidità là dove c'era aridità. E quella separazione edissoluzione contro naturaovvero la sensazione di
caldo soffocanteè dolorementre il ritorno secondo natura a unatemperatura più fresca è piacere.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E il congelamento contro natura dell'umidità animale è dolore:mentre la strada che secondo natura
porta a quella medesima condizione di prima e alla separazione di ciò cheera congelato è piacere.
In una parolaconsidera se ti pare logico il ragionamento per cui il genereche nasce animato secondo natura
dall'infinito e dal finitocome dicevo anche primaqualora questo sicorrompaquesta corruzione sia dolorementre se
ritorna alla sua essenza primitivatale ritorno sia considerato piacere.
PROTARCO: Sia pure così. Mi sembra che questo discorso abbia una sua logica.
SOCRATE: Dobbiamo supporre allora che vi sia un unico genere del dolore eanche del piacere in queste due
diverse disposizioni?
PROTARCO: Supponiamolo.
SOCRATE: Tieni presente che all'anima appartengonoin relazione all'attesadi questi due fenomenisia la dolce ed
intrepida speranza prima delle cose piacevolisia la paura e il dolore primadi eventi dolorosi.
PROTARCO: Questa è un'altra forma di piacere e di dolore e consiste nellaseparazione dell'anima dal corpo
durante l'attesa di qualche evento.
SOCRATE: Hai inteso nel modo giusto. E in queste specie del dolore e delpiacere chesecondo la mia opinione
nascono entrambe pure e a quanto pare non mescolaterisulterà evidente cheil genere che riguarda il piacere o può
desiderarsi nella sua interezzaoppure dobbiamo applicare taleconsiderazione a qualche altra delle specie citatementre
per il piacere e il dolorecome per il caldo e il freddo e tutte lesensazioni di questo tipoora sono desiderabiliora no
non essendo dei benianche se talvolta alcuni di essi lo diventano quandoaccolgono la natura dei beni.
PROTARCO: Quello che dici è verissimoovvero che quel che stiamo oraperseguendo deve prendere questa
direzione.
SOCRATE: Prima di tutto facciamo insieme questa considerazione: se è verociò che si dicevacioè che la
sofferenza consiste nella corruzione degli elementi naturali e il piacereconsiste invece nel loro riaggregarsiriflettiamo
allora sulla circostanza in cui non avvenga né corruzione né aggregazionecioè sulla condizione in cui si troverà
ciascuno degli esseri mortali quando le cose stiano in questi termini.Rispondi facendo molta attenzione: non sarà
dunque assolutamente inevitabile che ogni essere viventenell'ultima fasedescrittanon soffra né godané molto né
poco?
PROTARCO: Sìè inevitabile.
SOCRATE: E questa non è forse una nostra terza disposizioneoltre a quellodi chi prova godimento e a quello di
chi prova sofferenza?
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Avantie cerca di ricordartelo: non è cosa di poco contovolendodare una valutazione del piacere
ricordarsi se questa terza disposizione è in noi oppure no. Se vuoidiciamoqualcosa su di essa.
PROTARCO: Di' tu che cosa vuoi dire.
SOCRATE: Per chi preferisce la vita dell'intelligenzatu credi che nullaimpedirebbe di vivere in questo modo.
PROTARCO: Stai parlando dì quella condizione per cui non si prova piacerené dolore?
SOCRATE: A suo tempo si dissequando si misero a confronto i tipi di vitache assolutamente non doveva godere
né molto né poco chi aveva scelto la via del pensiero e dell'intelligenza.
PROTARCO: Sìabbiamo detto effettivamente così.
SOCRATE: Le cose allora stanno così per chi fa quella scelta: e non c'ènulla di insensatovisto che tra tutte le vite
è la più divina.
PROTARCO: Ma non risponde al vero pensare che gli dèi provino sia ilgodimento sia il suo contrario.
SOCRATE: Certonon risponde al vero. è sconveniente che vi sia in essil'una o l'altra di queste condizioni. Ma
questo punto sarà ancora preso in esame in seguitoqualora mostri un nessocon il nostro discorsoe lo accosteremo alla
mente come pretesto per il secondo postose non siamo in grado di farlo peril primo.
PROTARCO: Quello che dici è verissimo.
SOCRATE: E per quel che riguarda quest'altro genere dei piaceriquello chedicevamo che appartiene all'anima
trae completamente origine dalla memoria.
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PROTARCO: E come?
SOCRATE: Bisogna innanzitutto capire che cos'è mai la memoriaper quel chemi sembrae può essere che prima
ancora della memoria dobbiamo sapere che cos'è la percezione se in qualchemodo si vorranno chiarire le cose su cui
stiamo discutendo.
PROTARCO: Come dici?
SOCRATE: Tra i vari patimenti che riguardano ogni volta il corpotienipresente che alcuni si estinguono nel corpo
prima di arrivare all'animalasciandola così indifferentealtriattraversando sia il corpo sia l'animaintroducono
nell'uno e nell'altra come una scossa particolare per ognuno di essi e comunead entrambi.
PROTARCO: Teniamolo a mente.
SOCRATE: Parliamo correttamente se affermiamo che quei patimenti che nonattraversano entrambi si celano alla
nostra animamentre non si celano quelli che li attraversano?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Ma non pensare assolutamente che io sostenga che questo celarsi èil luogo dove si origina l'oblio:
poiché l'oblio è l'uscita di memoriae la memoriain quello che ho dettoadessonon è stata ancora generata. E parlare
della perdita di ciò che non è e non è ancora stato generato è sbagliato.Sei d'accordo?
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Allora cambia solo i nomi.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Invece di "celarsi all'anima"qualora essa risultiindifferente alle scosse del corpochiama
"insensibilità" quel fenomeno che adesso hai chiamatodimenticanza.
PROTARCO: Ho capito.
SOCRATE: Quando l'anima e il corpo si vengono a trovare in una comunedisposizione e in un movimento comune
essi si muovonoquesto movimento potrai definirlo senza paura di sbagliarecon il nome di "sensazione".
PROTARCO: Quello che dici è verissimo.
SOCRATE: Non abbiamo ormai appreso quello che intendiamo definire"sensazione"?
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Dicendo che la memoria è la salvezza della sensazionesecondo lamia opinione diremmo bene.
PROTARCO: Giusto.
SOCRATE: Ma non diciamo che il ricordo differisce dalla memoria?
PROTARCO: Forse.
SOCRATE: E non lo diciamo a questo proposito?
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Quando l'anima afferra quanto può essa stessa in se stessasenzail corpoquello che provava una volta
insieme al corpodiciamo che allora essa ha un ricordo. O no?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E qualora essadopo aver perduto la memoria sia di una sensazionesia di qualcosa che aveva appreso
successivamente la richiami di nuovo in se stessaanche tutto ciò lochiamiamo con il nome di ricordo.
PROTARCO: Quello che dici è giusto.
SOCRATE: E questo è il motivo per cui si è detto ciò.
PROTARCO: E quale?
SOCRATE: Perché noi comprendessimo ancora meglio e il più chiaramentepossibile il piacere dell'anima separato
dal corpo e nello stesso tempo il desiderio: attraverso le cose dettemisembra che questi due concetti possano essere
messi in luce.
PROTARCO: Diciamo alloraSocratequello che viene dopo.
SOCRATE: Bisognerebbe fare una ricerca dicendo molto sulla genesi del piaceree su tutte le forme che esso
assume. Prima ancora ci sembra però che bisogna capire che cosa è mai edov'è che si genera il desiderio.
PROTARCO: Cominciamo la nostra analisi: non perderemo nulla.
SOCRATE: Questo perderemoProtarco: scoprendo quel che ora andiamo cercandoperderemo la difficoltà che
riguarda queste stesse questioni.
PROTARCO: Hai detto bene. Cerchiamo di passare a quel che viene dopo questecose.
SOCRATE: Non dicevamo forse che fame e sete e molte altre condizioni similisono dei desideri?
PROTARCO: Assolutamente sì.
SOCRATE: E a quale identità rivolgiamo la nostra attenzione per chiamare conun solo nome queste cose così
differenti fra loro?
PROTARCO: Per Zeusnon è facile a dirsiSocrateeppure si deve.
SOCRATE: Riprendiamo di làda quegli stessi punti.
PROTARCO: Da dove?
SOCRATE: Ogni volta che diciamo: «Ho sete» diciamo qualcosa?
PROTARCq E come no?
SOCRATE: E come se dicessi: «C'è un vuoto»?
PROTARCO: Sìe allora?
SOCRATE: E dunque la sete non è desiderio?
Platone Filebo
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PROTARCO: Sìdi bevanda.
SOCRATE: Di bevanda o della soddisfazione di un bisogno che la bevandaprocura?
PROTARCO: Della soddisfazione che procura la bevandacredo.
SOCRATE: Allora chi di noi è vuoto ha verosimilmente un desiderio che simuove nell'opposta direzione rispetto a
ciò che sta provando: vale a dire che chi è vuoto vuole riempirsi.
PROTARCO: Chiarissimo.
SOCRATE: E allora? E allora chi in un primo tempo è vuotosia con lasensazionesia con la memoria potrebbe
stabilire da qualche parte un contatto con la soddisfazione di qualcosadicui mai né nel tempo presente né prima fece
esperienza?
PROTARCO: E come potrebbe?
SOCRATE: D'altra parte se uno desidera qualcosadi quella cosa ha desiderionoi solitamente diciamo.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E non si ha desiderio di ciò che si sta provando: aver sete è unasensazione di vuoto e il suo desiderio è
quello di riempirlo.
PROTARCO: Certo.
SOCRATE: Un qualcosa che appartiene a quelli che hanno sete avrebbe alloracontatto con i desiderio di
riempimento.
PROTARCO: è inevitabile.
SOCRATE: Ed è impossibile che questo qualcosa sia un corpo perché in uncerto senso è vuoto.
PROTARCO: Certo.
SOCRATE: Resta l'anima che potrebbe avere un contatto con il desiderio diriempimentoed è chiaro che è
possibile tramite la memoria: con quale altro mezzo potrebbe stabilire uncontatto?
PROTARCO: Praticamente con nient'altro.
SOCRATE: Comprendiamo allora la conclusione che possiamo tirare da questidiscorsi?
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Questo discorso non ci dice che il desiderio sia proprio del corpo.
PROTARCO: Perché?
SOCRATE: Perché mostra che i tentativi di ogni essere vivente vanno semprein direzione opposta alle condizioni
in cui si trovano.
PROTARCO: Certo.
SOCRATE: E l'impeto che si muove in direzione opposta rispetto alle passionisarebbe in grado di dimostrare che la
memoria è all'opposto delle passioni.
PROTARCO: Certo.
SOCRATE: Dimostrando che la memoria sospinge verso la cosa desiderata ildiscorso ha rivelato che ogni impulso
e desiderio e principio direttivo di ogni essere vivente è propriodell'anima.
PROTARCO: Giustissimo.
SOCRATE: Dunque è ragionevole convincersi che il nostro corpo non avvertaaffatto setefame e altre simili
esigenze.
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: E a questo proposito facciamo anche queste considerazioni: mi sembrache il discorso voglia chiarirci
un certo aspetto della vita proprio su questo punto.
PROTARCO: Su quale punto e di quale vita stai parlando?
SOCRATE: Dell'essere pieno e dell'essere vuoto e di tutto ciò che riguardala salvezza e la distruzione degli esseri
viventie se - trovandoci in una di queste due disposizioni - ora proviamodoloreora godiamosecondo i mutamenti di
condizione.
PROTARCO: è così.
SOCRATE: E che succede quando ci si trovi in mezzo a queste?
PROTARCO: Come in mezzo?
SOCRATE: Quando un tale soffre per una condizionesi ricorda dei piacerichese fossero presentifarebbero
cessare la sofferenzabenché a questo punto non sia ancora soddisfatto. Eallora? Diciamo o non diciamo che questi si
trova a metà strada fra due opposte condizioni?
PROTARCO: Diciamolo.
SOCRATE: Sarà in grado di soffrire o godere totalmente?
PROTARCO: Sìper Zeusma soffrendo di due specie di dolori: una sofferenzafisicaper quanto riguarda il corpo
e un desiderio dell'attesa per quanto riguarda l'anima.
SOCRATE: Cosa diciProtarcoquando parli di due specie di dolori?
Forse avviene che uno di noiquando è vuotoora si trova nella evidentesperanza di essere soddisfattoora al
contrario non nutre più speranze?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E a te non pare che chi ha speranza di essere soddisfatto gode peril fatto dì ricordare questa
soddisfazionema nel contempopoiché è vuotosoffre trovandosi in questasituazione?
PROTARCO: è inevitabile.
Platone Filebo
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SOCRATE: Allora l'uomo e gli altri esseri viventi provano piacere e dolorecontemporaneamente.
PROTARCO: Può arsi.
SOCRATE: E che dire quandoessendo vuotouno dispera di ottenere unaqualche soddisfazione? Non si verifica
allora quella doppia condizione del doloreche tu hai appena finito diindividuare e che hai appunto ritenuto doppia?
PROTARCO: VerissimoSocrate.
SOCRATE: Ci serviremo dell'osservazione di queste due opposte condizioni perquesto scopo.
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Diremo che questi piaceri e questi dolori sono veri o falsioppureche alcuni sono veri e altri no?
PROTARCO: E come sarebberoSocratei falsi piaceri e i falsi dolori?
SOCRATE: E comeProtarcopotrebbero essere vere o falsele paureo leatteseoppure le opinioni?
PROTARCO: Potrei convenire con te sulle opinionima non sulle altre cose.
SOCRATE: Come dici? Rischiamo di risvegliare un discorso non di poco conto.
PROTARCO: Quello che dici è vero.
SOCRATE: Ma se questo discorso aiuta a chiarire i punti già trattatiofiglio di quel grande uomoconviene
prenderlo in esame.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E allora si devono salutare gli altri punti prolissi delragionamento e tutto ciò che vada oltre quello che
ci interessa.
PROTARCO: Perfetto.
SOCRATE: Dimmi: c'è un fatto che mi stupisce di continuo e che riguardaqueste stesse difficoltà che ora ci siamo
messi davanti. Come dici? Non sono alcuni falsi e altri verii piaceri?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E né in veglia né in sognocome diciné in momento di folliané nella demenzanon vi è alcuna
persona cui sembrerebbe di goderesenza in realtà godere affattoo cuisembrerebbe di soffriresenza soffrire
veramente.
PROTARCO: Noi tutti abbiamo capitoSocrateche le cose stanno propriocosì.
SOCRATE: Allora è giusto? Oppure dobbiamo cercare di capire se queste parolesono giuste oppure no?
PROTARCO: Direi che dobbiamo cercare di capire.
SOCRATE: Specifichiamo ancora più chiaramente quelle parole che abbiamoappena detto sul piacere e
sull'opinione. Consiste in qualche cosa per noi il possedere opinioni?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: E anche il provare piacere?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: E anche l'oggetto della nostra opinione consiste in qualche cosa?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E ciò per cui prova piacere l'oggetto del piacere?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Allora ciò che congettura opinionile congetturi giustamente o nonon annulla la possibilità stessa di
congetturarle.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E così ciò che prova piaceresia giusto o no tale piacereèchiaro che non annullerà mai la possibilità di
provare piacere.
PROTARCO: Sìle cose stanno così.
SOCRATE: Dobbiamo cercare di capire perché siamo soliti considerarel'opinione ingannevole e veritieramentre il
piacere sempre veroquando in realtà l'attività del congetturare opinionie il provare piacere sono toccati da una sorte
simile.
PROTARCO: Sìdobbiamo capire.
SOCRATE: Tu dici che dobbiamo capire perché ciò che è falso e ciò che èvero s'insinua nell'opinione e non solo
nasce un'opinione in virtù di queste ragionima una ben determinata fra ledue?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: Dobbiamo inoltre convenire anche su questo puntose per noi èpossibile attribuire del tutto la qualità
alle cosementre soltanto il piacere e il dolore non sono entrambidefinibili secondo questo criterio?
PROTARCO: è chiaro.
SOCRATE: E questo non è affatto difficile da vedereovvero dar loro unadefinizione qualitativa. Prima abbiamo
detto che i dolori e i piaceri sono grandi e piccolie che proprio cosìsono caratterizzati gli uni e gli altri.
PROTARCO: Sìè così.
SOCRATE: Se si aggiunge la malvagità a una di tali coseProtarcodiremoche l'opinione è malvagia e malvagio è
anche il piacere?
PROTARCO: CertamenteSocrate.
SOCRATE: E che succede se si aggiunge la rettitudine o il suo opposto a unadi esse? Non diremo che è giusta
quell'opinionequalora contenga in sé la rettitudinee così anche ilpiacere?
PROTARCO: Necessariamente.
Platone Filebo
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SOCRATE: Se l'oggetto dell'opinione fosse sbagliatonon dobbiamo accordarcisul fatto che l'opinione quando
sbaglia non è giustané esercita correttamente la sua facoltàdell'opinare?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E allora? Se osserviamo che un dolore o un piacere sbagliano in ciòper cui sono dolore e piacere
attribuiremo ad essi la definizione di "giusto"o"utile"o qualcun'altra ancora fra queste definizioni positive?
PROTARCO: Non è possibilese è vero che il piacere potrà sbagliare.
SOCRATE: E spesso il piacere sembra accompagnarsi in noi non con una giustaopinionema con una menzognera.
PROTARCO: E come no? Per quel che riguarda l'opinioneSocratein questocaso noi diciamo che è falsamentre
per quel che riguarda il piacerenessuno si sognerebbe di considerarlofalso.
SOCRATE: Ma tuProtarcodifendi con ardore il discorso che stiamo facendosul piacere.
PROTARCO: Nient'affattodico soltanto quel che sento dire.
SOCRATE: Non vi è alcuna differenza per noio amicotra il piacere che èaccompagnato dall'opinione retta e dalla
scienzae il piacere accompagnato dalla falsità e dall'ignoranza che spessosi insinua in ciascuno di noi?
PROTARCO: Certamente la differenza non è di poco conto.
SOCRATE: Andiamo a vedere la loro differenza.
PROTARCO: Conducimi dove ti sembra meglio.
SOCRATE: Ti conduco in questa direzione.
PROTARCO: Quale direzione?
SOCRATE: L'opinionediciamoè per noi falsa e anche vera?
PROTARCO: Lo è.
SOCRATE: E il piacere e il dolore seguono spesso queste opinioni vere e falsedi cui abbiamo parlato.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Ma la nostra opinione e il tentativo di averne una non deriva ognivolta dalla memoria e dalla
percezione?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Crediamo allora che questo sia l'atteggiamento da assumere intorno aqueste cose?
PROTARCO: E quale?
SOCRATE: Non diresti che a chi veda da lontano una cosa che non vede conchiarezza spesso capiti di voler dare
un giudizio su quello che vede?
PROTARCO: Lo direi.
SOCRATE: E dopo questo fatto non ci si interrogherà così?
PROTARCO: Come?
SOCRATE: «Che cos'è mai questa cosa che compare immobile davanti allaroccia e sotto un albero?». Ti sembra
che un tale potrà parlare così a se stesso vedendo cose di tal genereapparire ai suoi occhi?
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: E allora dopo di ciò quel talequasi dandosi una rispostadirebbequestoche si tratta di un uomo. Dice
bene?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E andando fuori dal seminato forse aggiungerebbe che quello che havisto è una statuaopera di pastori.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E se accanto a lui ci sia qualcunoripeterà ad alta voce al vicinoquelle stesse cose che ha detto a se
stesso: e il discorso diventerà così quel che allora chiamavamo"opinione"?
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Se invece fosse solopensando tra sé questa cosacamminerebbe permolto tempo portandosela con sé.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E allora su questo punto la pensi come me?
PROTARCO: Quale punto?
SOCRATE: Talvolta mi sembra che la nostra anima assomigli a un libro.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Mi sembra che la memoriacombinandosi insieme alle sensazioniequelle disposizioni dell'animache
si verificano in questa situazionetalvolta scrivano quasi delle parolenella nostra anima: e quando viene scritto il vero
accade che in noi vi siano opinioni vere e veri discorsima se questoscrivano che è dentro di noi scrive il falso
deriveranno cose opposte alla verità.
PROTARCO: Certomi pare sia cosìe accetto le tue parole.
SOCRATE: Devi però ammettere che anche un altro artefice si trova in quelcaso nelle nostre anime.
PROTARCO: E chi è?
SOCRATE: Un pittoreche dopo lo scriba ritrae nell'anima unarappresentazione di quelle cose che sono state dette.
PROTARCO: Come e in quale momento diciamo che vi sia questo artefice?
SOCRATE: Quandoconducendo lontano dalla vista o da qualche altra sensazionel'oggetto delle opinioni e dei
discorsi di un tempouno vede dentro di sé le immagini di ciò che è statopensato o detto. Non avviene forse così dentro
di noi?
PROTARCO: Ma certamente.
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SOCRATE: E allora le rappresentazioni delle opinioni e dei discorsi veritierisono veritieree false le
rappresentazioni dei discorsi e delle false opinioni?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Se le cose che abbiamo detto sono giustefacciamo ancora a questoproposito una considerazione.
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Voglio dire se è necessario che noi facciamo tali esperienzelimitatamente al presente e al passatoe
non nel futuro.
PROTARCO: è sempre uguale in ogni tempo.
SOCRATE: Non si è detto prima che i piaceri e i dolori che provengonodall'anima stessa vengono prima dei piaceri
e dei dolori determinati dal corposicché ci accade di provare in anticipola gioia e il dolore per il tempo che verrà?
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: Forse le rappresentazioni scritte e quelle disegnate che poco fasupponevamo che fossero dentro di noi
sono valide per il tempo passato e quello presente e non per quello futuro?
PROTARCO: Assolutamente sì.
SOCRATE: Dici «assolutamente sì» perché tutte queste cose sono speranzerivolte al futuroe noiin fondoper
tutta la vita siamo carichi di speranza?
PROTARCO: Proprio così.
SOCRATE: Avantioltre alle cose già detterispondi anche a questa domanda.
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Un uomo giustoe pioe assolutamente buono non è forse graditoagli dèi?
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Come allora? E uno ingiusto e assolutamente malvagio non èall'opposto dell'altro?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E ogni uomo non è carico di molte speranzecome abbiamo detto pocofa?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Vi sono discorsi in ciascuno di noi che chiamiamo con il nome disperanze?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: E anche le immagini che ci si rappresenta: sovente si crede di avereabbondanti ricchezzee oltre a
queste molti piaceri.
E così uno si vede raffigurato mentre gode intensamente di tutto questo.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Diciamo allora che di queste raffigurazioni ai buoni si presentanoquelle veritiere in virtù della loro
amicizia con gli dèimentre ai malvagi tutto l'oppostooppure no?
PROTARCO: Possiamo assolutamente dirlo.
SOCRATE: Allora la raffigurazione dei piaceri è nondimeno presente anche neimalvagima si tratta di piaceri
fallaci.
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Fra gli uomini i malvagi godono di una gran quantità di piacerifallacimentre i buoni di quelli veritieri.
PROTARCO: Quanto dici è necessariamente vero.
SOCRATE: A quanto ora diciamonell'anima umana vi sono piaceri fallaci cheimitano in modo ridicolo quelli veri
e così i dolori.
PROTARCO: Sìvi sono.
SOCRATE: L'attività del congetturare opinioniper chi congettura opinioniè sempre un'attività realema talvolta
non riguarda né le cose che sononé quelle che sono statené quelle chesaranno.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E questo è ciò che determinaio credol'opinione fallace e ilfallace congetturare. O no?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: E che allora? Non si deve per forza stabilire una corrispondenza frai dolori e i piaceri e quelle
opinioni?
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Dicendo cioè che chi generalmente gode - non importa quanto e come- può provare sempre effettivo
godimento anche se talvolta non per le cose che sono né per quelle che sonostatee anzipiù spesso ancoragode per
cose che non saranno mai.
PROTARCO: SìSocrateè necessario stabilire così.
SOCRATE: Lo stesso discorso non va forse fatto per il timore e il coraggio etutti gli altri stati d'animo di questo
generee cioè che anche tutti questi talvolta sono fallaci?
PROTARCO: Ma certamente.
SOCRATE: E allora? Possiamo dire che una cosa sono le opinioni malvagie egiusteun'altra quelle fallaci?
PROTARCO: Sìsono altra cosa.
SOCRATE: Ecredoanche per quanto riguarda i piaceririteniamo che non visia altra maniera possibile di
considerarli malvagise non attraverso il loro essere fallaci.
PROTARCO: Ma tu hai detto tutto l'oppostoSocrate. Infatti non si dovrebberoaffatto considerare malvagi i dolori
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e i piaceri secondo il criterio della falsitàma piuttosto quando essi siincontrano con un'altra grande e ben estesa forma
di malvagità.
SOCRATE: Dei piaceri malvagi e di come la malvagità li renda talidiremotra pocose ci parrà opportuno. Di quei
piaceriinveceche in altra maniera sono considerati fallacibisogna direche sono moltie spesso si trovano e nascono
dentro di noi. Forse ci serviremo proprio di questo fatto per giudicarli.
PROTARCO: E come no? Ammesso che ve ne siano di fallaci.
SOCRATE: Ma certo che ci sonoProtarcoalmeno secondo me. In ogni casofino a quando questo dato di fatto si
trova in noiè impossibile che sia inconfutabile.
PROTARCO: Bene.
SOCRATE: Facciamoci attorno a questo discorsocome degli atleti.
PROTARCO: Andiamo.
SOCRATE: Stiamo dicendo quel che dicevamo poco fase ce lo ricordiamo: ecioè che qualora i desideri di cui s'è
parlato sono in noiallora il corpoper le condizioni in cui viene atrovarsisi divide e si separa dall'anima.
PROTARCO: Sìlo ricordiamolo si disse prima.
SOCRATE: E non era l'anima che desiderava condizioni opposte a quelle delcorpomentre il corpo procurava la
sofferenza oattraverso una determinata disposizioneun certo piacere?
PROTARCO: Era certamente così.
SOCRATE: Pensa a quel che avviene in questi casi.
PROTARCO: Dillo tu.
SOCRATE: Accade alloraqualora si verifichi ciòche dolori e piaceristiano vicinoe le loro relative percezioni
benché oppostestiano una vicino all'altracosa che si è appenadimostrata.
PROTARCO: Sìsi è appena dimostrato.
SOCRATE: E prima non si è detto e stabilito di convenire anche su questo?
PROTARCO: Che cosa?
SOCRATE: Che questi dueovvero il dolore e il piacereaccolgono il"più" e il "meno"e che appartengono
entrambi all'infinito.
PROTARCO: Sìsi è detto. E allora?
SOCRATE: Qual è il criterio per giudicare rettamente queste cose?
PROTARCO: Dove e come?
SOCRATE: Se decidendo di giudicare queste cose si voglia distinguere ognivolta quale fra queste è in relazione
all'altra maggiore e quale minorequale è di più e quale è più intensaovvero il dolore in relazione al piaceree il dolore
in relazione al doloree il piacere in relazione al piacere.
PROTARCO: Sìè proprio cosìquesto è proprio il nostro intendimento nelgiudicare.
SOCRATE: E allora? Se nella vistail vedere da lontano o da vicino unagrandezza altera la verità e fa in modo che
si congetturino opinioni fallacinon accade lo stesso nei dolori e neipiaceri?
PROTARCO: CertamenteSocrate.
SOCRATE: L'affermazione che abbiamo fatto adesso va nel senso opposto diquella fatta un momento fa.
PROTARCO: A quale alludi?
SOCRATE: Allora le opinioni false e quelle vere riempivano i dolori e ipiaceri delle disposizioni che esse
portavano con sé.
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: Adessomutando i piaceri e i dolori ogni volta per il fatto che lisi osserva da lontano e da vicinoe
messi contemporaneamente uno in relazione all'altroi piaceri sembrano piùgrandi e più intensi accanto al doloree i
doloriaccanto ai piacerisembrano trovarsi nella situazione opposta.
PROTARCO: è necessario che le cose stiano in questi termini per le ragioniche hai detto.
SOCRATE: Quanto più entrambi appaiono più grandi o più piccoli di quelliche sonoseparando da ciascuno dei
due ciò che appare ma che non ènon dirai che l'elemento che appare siaveridiconé oserai mai affermare che la parte
di piacere e dolore che si basa su questa apparenza sia giusta e vera.
PROTARCO: Nocertamente.
SOCRATE: Dopo queste cose vedremo se in questa direzione ci imbattiamo inpiaceri e dolori ancora più falsi di
questi che si manifestano e sono negli animali.
PROTARCO: A quali alludi? E come può essere?
SOCRATE: Si è detto spesso chepoiché la natura di ogni cosa si corrompeaccade che i dolori e le sofferenzee i
lamenti e tutto ciò che ha simili denominazionisi verificano sia tramiteaggregazionesia tramite scomposizionesia
attraverso il pienosia attraverso il vuotosia per accrescimentosia perdeperimento.
PROTARCO: Sìsi è detto più volte.
SOCRATE: Quando avviene una ricomposizione nella propria naturaammettiamoche il piacere consiste in questa
ricomposizione.
PROTARCO: Giusto.
SOCRATE: Che cosa succede se nel nostro corpo non avviene nulla di questo?
PROTARCO: E questo potrebbe mai accadereSocrate?
SOCRATE: Quello che tu domandiProtarconon c'entra nulla con il discorso.
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PROTARCO: E perché?
SOCRATE: Perché non mi impedisci di riproporti la mia domanda.
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Se non accadesse quel che ho illustratoProtarcoti dirò: «Checosa mai necessariamente ce ne
deriverebbe?».
PROTARCO: Se il corpo non è messo in agitazione in nessuna delle duedirezionivolevi dire?
SOCRATE: Esattamente.
PROTARCO: è chiaro questo fattoSocrateche in questo caso particolare néil piacerené il dolore avrebbero mai
origine.
SOCRATE: Dici benissimo. Macredovuoi dire questoche sempre una diqueste condizioni si verifica di necessità
in noicome dicono i saggi: tutto scorre dall'alto al basso e viceversa.
PROTARCO: Così diconoe non mi sembra che facciano un'affermazionesconsiderata.
SOCRATE: E come potrebberovisto che sconsiderati non sono? Ma vogliosottrarmi a questo discorso che ci
assalta. Penso di fuggire in questa direzionee tu fuggi con me.
PROTARCO: Dimmi per dove.
SOCRATE: Diciamo a costoro: le cose stiano dunque così. E tu invece rispondise tutte le cose che provano gli
esseri animatiqueste le senta chi le subiscee a noi non sfugga né lacrescitané alcuna altra cosa di quelle che
proviamo. O è tutto il contrario?
PROTARCO: è tutto il contrario. Tutte queste cose ci sfuggono.
SOCRATE: Dunque quello che abbiamo detto poco fa non è stato detto beneecioè che i mutamenti dall'alto al
basso e viceversa producono i dolori e i piaceri.
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Detta cosìl'affermazione risulterà migliore e inattaccabile.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Dire che i grandi mutamenti ci procurano dolori e piacerimentrequelli contenuti e di poco valore non
portano assolutamente in nessuna di queste due direzioni.
PROTARCO: E questo modo di dire è più giusto dell'altroSocrate.
SOCRATE: Se le cose stanno cosìritornerebbe di nuovo quel tipo di vita dicui si è parlato un momento fa.
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Quella che dicevamo che fosse priva di dolori e di gioie.
PROTARCO: Quello che dici è verissimo.
SOCRATE: Da ciò deriva che poniamo tre tipi di vita per noiuno dolcel'altro luttuosoe un altro ancora che non è
nessuno dei due. Oppure come diresti a questo proposito?
PROTARCO: Non direi diversamente che in questo modoe cioè che tre sono itipi di vita.
SOCRATE: E il non provare dolore sarà identico al provare piacere?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Quando senti dire che la migliore fra tutte le cose consiste neltrascorrere senza dolore tutta la vitache
cosa mai credi che quel tale voglia dire?
PROTARCO: Mi sembra che con il termine "dolce" voglia definire ilnon provare dolore.
SOCRATE: Di tre cose che noi abbiamoquelle che vuoisupponiper usare inomi più belliche la prima sia orola
seconda argentola terza nessuna di queste due.
PROTARCO: Supponiamo.
SOCRATE: La cosa che non è nessuna di questipotrebbe essere l'una el'altraovvero oro e argento?
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Non potendo correttamente affermare che la vita di mezzo è dolce oluttuosa nello stesso tempose lo si
pensassesarebbe un'opinione sbagliatané lo si direbbe a ragionese losi dicessesecondo un corretto ragionamento.
PROTARCO: E come infatti?
SOCRATE: Maamicosappiamo che ci sono persone che dicono e pensano inquesto modo.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Crederanno di godere allorquando non soffrono?
PROTARCO: Di certo lo dicono.
SOCRATE: Dunque pensano di godere in quel momento: infatti non lo direbbero.
PROTARCO: Può darsi.
SOCRATE: E avranno opinioni fallaci sul godimentose per l'appunto la naturadel non provare dolore è ben
separata da quella del godere?
PROTARCO: Sìsono separati.
SOCRATE: Dobbiamo forse convincerci che tre sono i tipi di vita di cui s'èdetto poco faoppure solo dueovvero il
dolore che è un male per gli uomini e la liberazione dai dolorie definirecol nome di "piacevole" quest'ultima cosa che
di per sé è un bene?
PROTARCO: Perché ci dobbiamo porre questa domandaSocrate? Non capisco.
SOCRATE: Allora in realtà non riconosci i nemici del nostro FileboProtarco?
PROTARCO: Di chi stai parlando?
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SOCRATE: Parlo di coloro che abilmente parlano delle cose della natura edicono che i piaceri non esistono
affatto.(7) PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Dicono che tutti quelli che gli amici di Filebo chiamano"piaceri" sono una fuga dal dolore.
PROTARCO: E tu ci consigli di prestare fede a costoro o noSocrate?
SOCRATE: Noma di loro ci si deve servire come di indovini che non praticanol'arte divinatoria in maniera
perfettama con senso di fastidio; e poiché essi hanno una nobiltànaturaleodiano la potenza del piacereritenendo che
esso non sia affatto sanosicché considerano quella capacità di sedurreche porta con sé una sorta di incantesimoe non
un piacere. Potresti servirti di costoro per quanto riguarda queste loroconcezioni sul piacere ed esaminare gli altri loro
sprezzanti giudizi: dopo di ciò verrai a conoscenza di quelli che a mesembrano essere veri piaceriperchédopo averla
considerata dal punto di vista dell'uno e dell'altro discorsopossiamogiudicare la potenza di esso.
PROTARCO: Dici bene.
SOCRATE: Inseguiamo costoro come fossero alleatisulle tracce della loroscontentezza. Credo cheprendendo
spunto da chissà quali lontane premessesi pongano una domanda di questotipo: se volessimo osservare la natura di
qualsiasi generecome per esempio la natura di ciò che è durocapiremmodi più rivolgendo la nostra attenzione a ciò
che durissimo al massimo grado oppure a ciò che è al minimo grado nellascala della durezza? Bisogna che tu risponda
Protarcoa questi uomini insofferenti e a me.
PROTARCO: Certamentee io dico loro che dobbiamo guardare al primo gradodella scala di grandezza.
SOCRATE: Se per quanto riguarda il genere del piacere volessimo vedere qualè mai la sua naturadovremmo
allora rivolgere la nostra attenzione non ai piaceri che occupano il gradopiù basso nella scala dell'intensitàma a quelli
che diciamo occupare il punto più altoovvero il grado di intensitàmaggiore.
PROTARCO: Tutti sarebbero d'accordo con te adesso.
SOCRATE: Ma quei piaceri checome diciamo spessosono alla nostra portata efra tutti i più grandi non sono
appunto gli stessi che riguardano il corpo?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E sono e diventano più intensi in coloro che soffrono per lemalattie o in coloro che stanno bene?
Facciamo attenzione a non inciamparci dando una risposta avventata. Forsepotremmo rispondere: in coloro che stanno
bene.
PROTARCO: Mi sembra verosimile.
SOCRATE: E allora? Non sono forse superiori proprio quei piaceri che sonopreceduti dai desideri più intensi?
PROTARCO: Questo è vero.
SOCRATE: Ma quelli che hanno la febbre e soffrono di analoghe affezioni nonhanno più sete e più freddo
provando con più intensità tutto ciò che il nostro fisico è solitoprovare? Eavendo più necessità di un sanonon
provano piaceri più intensi quando vengono soddisfatti? O diremo che questaasserzione non è vera?
PROTARCO: Certamente quel che è stato detto sembra vero.
SOCRATE: E allora? Non risulteremmo nel giusto se affermassimo che unovolendo osservare i piaceri piu intensi
deve rivolgersi non verso le persone sanema verso chi è malato? Cerca dicapire che non ti interrogo con l'intenzione
di sapere se i malati gravi provino più piacere dei sanima mi interessascoprire qual è l'intensità del piaceree dove
ogni volta si verifica il massimo grado di tale intensità. Diciamo chebisogna capire qual è la sua naturae quale dicono
che sia quelli che affermano che il piacere non esiste affatto.
PROTARCO: Ma io seguo abbastanza il tuo discorso.
SOCRATE: ForseProtarcopotrai dimostrarlo. Ma rispondi: nell'intemperanzapuoi osservare piaceri più intensi -
non dico più numerosima superiori per forza ed intensità - che nella vitadove regna la moderazione? Rispondimi
facendo attenzione.
PROTARCO: Ho capito quel che vuoi diree vedo che vi è molta differenza.
Per quanto riguarda le persone moderateesse sono fedeli alla massima cheogni volta esorta: «Nulla di troppo».(8)
Quanto invece alle persone che sono smodate e intemperantiil violentopiacere che li domina fino alla follia li scredita.
SOCRATE: Bene. E se le cose stanno cosìè chiaro che i grandi piaceri eanche i grandi dolori si sviluppano in un
certo malessere dell'anima e del corpoe non nella virtù.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Dopo averne prescelti alcunibisogna osservare i criteri in base aiquali definivamo questi piaceri come
i più intensi.
PROTARCO: Sìè necessario.
SOCRATE: Osserva quali sono i caratteri dei piaceri che derivano da questimali.
PROTARCO: Da quali?
SOCRATE: Parlo dei piaceri propri di quelle indecenti malattieodiati dacoloro che noi prima chiamavamo persone
insofferenti.
PROTARCO: Quali piaceri?
SOCRATE: Per esempioil rimedio per chi è affetto dalla scabbiarimedioche consiste nel grattarsie per altri mali
di questo generei quali non necessitano di altre cure: oraper gli dèiquesto male che si trova in noi come la
chiamiamo? Piacere o dolore?
PROTARCO: Mi sembraSocrateche si tratti di un male mescolato.
SOCRATE: Non ho fatto questo discorso pensando a Filebo: ma senza condurre unesame di questi piaceri
Platone Filebo
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Protarcoe di quelli che ad essi seguonomai potremmo giudicare quel chestiamo investigando.
PROTARCO: Dunque dobbiamo muoverci in direzione dei piaceri affini a questi.
SOCRATE: Parli di quelli che partecipano della mescolanza?
PROTARCO: Ma certamente.
SOCRATE: Ci sono delle mescolanze che riguardano il corpo e che avvengono nelcorpoaltre che riguardano
l'anima e che avvengono nell'anima: noi scopriremo che i dolori cheriguardano l'anima e il corpo sono mescolati ai
piacerie li chiameremo tutti e due insieme ora piaceriora dolori.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Quando nella composizione o nella dissoluzione della propria naturaun tale provi nello stesso tempo
sintomi oppostie ora provando i brividi di freddo arde dal caldoorabruciando per la febbre si sente gelaree cerca di
conservare una di queste condizioniio credoabbandonando l'altraquestamescolanza che potremmo definire di
"dolce" e "amaro"che si accompagna alla difficoltà diliberarcenedetermina irritazione e infine una violenta tensione.
PROTARCO: Quello che è stato appena detto è vero.
SOCRATE: E di mescolanze di questo genere non risultano alcune dalla ugualecomposizione di dolori e di piaceri
mentre altre dalla composizione di diversi e più numerosi elementi?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Devi dire che alcune di queste mescolanze sono rappresentate dalcaso della scabbia di cui abbiamo
detto adessoe dal solleticoe si hanno quando i dolori superano i piaceri:se ciò che ribolle e ciò che produce
infiammazione si trova all'internonon è possibile arrivarci grattando efrizionandoperché si calma solo la parte in
superficiee alloraesponendo le parti interessate al caldo e al suocontrariocambiando talvolta per il caldo eccessivo
ora si procurano immensi piaceriora al contrarioalle parti interne e nona quelle esterne procurano dolori misti a
piaceriin quella parte dove si rivolgonoseparando violentemente ciò cheera unito o unendo ciò che era separatoe
ugualmente accostando i dolori ai piaceri.
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: Quando una quantità maggiore di piacere si mischia in tutte lemescolanze di questo tipola parte di
dolore che viene mescolata non procura forse prurito e una lieve irritazionementre la maggiore quantità di piacere che
vi è mescolata procura eccitamento e talvolta frenesiae dandogli uncolorito diversofacendogli assumere diverse
posizionialterando i ritmi del respiroprocura in esso una passioneviolenta e grida senza alcun freno?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E ciò fa direamicoal malato e ad altri che gli sembra di morirenel godere di questi piaceri: e li
insegue continuamente senza sostatanto più quanto è smodato eintemperantee li definisce straordinarie considera
assai fortunato chi trascorre tutta la vita in essi.
PROTARCO: Hai spiegatoSocratetutto quel che accadeparealla maggiorparte degli uomini.
SOCRATE: AlmenoProtarcoper quanto riguarda i piaceri che si verificanonella comunanza delle disposizioni
che prova il corpo e che risultano dalla mescolanza dì sensazioni esteriorie prodotte dal suo interno: per quanto
riguarda invece le disposizioni opposte a quelle del corpo e che l'anima fascontrare fra loroovvero dolore contrapposto
a piacere e piacere contrapposto a dolore nel contemposino al punto cheentrambi giungano a un'unica fusionesi è già
detto primae cioè che il vuoto ha desiderio di essere riempitoe mentresi gode della speranzasi soffre per l'essere
vuoto. Ciò che prima non abbiamo dettoe adesso diciamo è chequandol'anima entra in contesa con il corpovi è in
tutti questi casistraordinariamente numerosiuna sola commistione didolore e di piacere.
PROTARCO: Può darsi che quello che tu dici sia giustissimo.
SOCRATE: Resta ancora una sola mescolanza di dolore e dì piacere.
PROTARCO: A quale alludi?
SOCRATE: Dicevamo che spesso l'anima si mescola con se stessa.
PROTARCO: Come possiamo dire una cosa di questo genere?
SOCRATE: L'ira e la paurala brama e il lamentol'amore e la gelosial'invidia e quant'altro ancoranon sono
questi alcuni dei dolori che tu poni fra quelli che discendono dall'animastessa?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E non troveremo che sono colmi di piaceri straordinari?
Oppure dobbiamo richiamare i versi che dicono (a proposito della collera el'ira) «spinge pure l'uomo ricco di
pensiero alla colleraed è molto più dolce del miele stillante».(9) E nontroveremo altresì che i piaceri sono mescolati ai
dolori nei lutti e nell'ardente brama?
PROTARCO: Nole vicende dell'anima non potrebbero che essere cosìe nonpotrebbero avvenire diversamente.
SOCRATE: E ricordi anche gli spettacoli tragiciquando si piange provandonello stesso tempo godimento?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E la disposizione della nostra anima alle commedienon pensirifletta anche questa mescolanza di
dolore e di piacere?
PROTARCO: Non capisco.
SOCRATE: Certo: non è assolutamente facileProtarcocomprendere ladisposizione dell'anima che si verifica di
volta in volta in questo caso.
PROTARCO: In effetti non mi sembra facile.
SOCRATE: Vediamo di capire il concetto con uno sforzo tanto maggiore quantopiù l'argomento e oscuroperché
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anche nel resto si riesca più facilmente a comprendere l'unione di dolore epiacere.
PROTARCO: Puoi parlare.
SOCRATE: Il nome "invidia" pronunciato poco fa lo considererai trai dolori dell'anima o che cosa?
PROTARCO: Proprio così.
SOCRATE: Ma colui che è invidioso mostrerà di godere dei mali dei suoivicini.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: L'ignoranza e quella condizione che definiamo stoltezza sono unmale.
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: E da queste cose eccoti sotto gli occhi quale sia la natura di ciòche è ridicolo.
PROTARCO: Dimmi pure tu.
SOCRATE: Il punto principale della questione consiste in una certa forma dimalvagità che prende il nome da una
condizione degli uomini: si tratta di una condizione che riguarda lamalvagità nel suo complesso e che è opposta alle
parole scritte a Delfi. (10) PROTARCO: Alludi al «conosci te stesso»Socrate?
SOCRATE: Sì. è chiaro che l'opposto di quella massima sarebbe: «nonconoscere minimamente te stesso».
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Protarcoprova a dividere questa massima in tre parti.
PROTARCO: Come dici? Non penso di essere capace.
SOCRATE: Dici che devo essere io a dividerla adesso?
PROTARCO: Sìlo dico e oltre a dirlo anche ti prego.
SOCRATE: E non è forse inevitabile che ciascuno di quelli che ignorano sestessi viva questa condizione sotto tre
aspetti diversi?
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Il primo aspetto riguarda le ricchezze: credere di essere piùricchi di quanto non sia in effetti il loro
patrimonio.
PROTARCO: Sono moltiinfattiquelli che vivono in tale condizione.
SOCRATE: E molti di più quelli che pensano di essere più grandi e piùbelliquanto a prestanza fisicadi quanto
non siano in realtà.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Ancora più numerosicredosono quelli che falliscono per quantoriguarda il terzo aspettoquello
dell'animapensando di essere superiori per valorequando in realtà non losono.
PROTARCO: è assolutamente così.
SOCRATE: Non è forse appoggiandosi del tuttofra le virtùalla sapienzache la maggior parte di persone si
riempie di desideri di contese e di un falso apparire sapienti?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E se qualcuno dicesse che tale condizione in cui ci si viene atrovare è tutto sommato un maledirebbe
bene.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: QuestoProtarcodobbiamo ancora dividereseosservando l'invidiada un punto di vista puerileci
accingiamo a vedere una insolita mescolanza di piacere e dolore. «Comefaremo a dividere?»tu dici.
Quanto a tutti quelli che hanno sconsideratamente di se stessi questaopinione fallaceè inevitabile che anche a
costoro come a tutti gli uomini si accompagnino loro ad alcuni forza epoteread altriio credoil contrario.
PROTARCO: Sìè inevitabile.
SOCRATE: Allora dividi così: quelli deboli e incapaci di difendersi se sonoridicolizzatidirai la verità se dici che
sono ridicoli. Quelli invece in grado di difendersi e dotati di forzadicendo che sono terribili e odiosi ne avrai fornito a
te stesso una corretta definizione. L'ignoranza dei forti è infatti odiosa eturpe - ed è dannosa per chi si trova vicinosia
così com'èsia sotto le varie forme in cui essa si manifesta - mentrequella dei deboli assume le caratteristiche e la
natura del ridicolo.
PROTARCO: Quello che dici è giustissimo. Ma in questo discorso non mirisulta ancora chiara la mescolanza di
piacere e dolore.
SOCRATE: Cerca di capire innanzitutto qual è il potere dell'invidia.
PROTARCO: Parla pure.
SOCRATE: Vi sono un dolore e un piacere ingiusti?
PROTARCO: è inevitabile che accada.
SOCRATE: E il godere delle sventure dei nemici non è ingiusto né invidioso.
O no?
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Mentre non è forse ingiusto vedere le sventure degli amici e nonsoffrireanziaddirittura godere?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E non s'è detto che l'ignoranza è un male per tutti?
PROTARCO: Giustamente.
SOCRATE: E a proposito della falsa sapienza e della falsa bellezza degliamici e di tutto quanto ora abbiamo
trattato quando abbiamo detto di dividerli in tre speciee a proposito diquanto siano ridicole nei deboli e detestabili nei
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fortidiciamo o no ciò che dicevamo poco fae cioè chequalora uno degliamici si trovi in tale condizione e non faccia
danno agli altrisia ridicolo?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E non riteniamo che questa condizioneessendo ignoranzasia unmale?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Proviamo gioia o dolore quando ridiamo di quella?
PROTARCO: è chiaro che proviamo gioia.
SOCRATE: Non dicevamo che è l'invidia che procura piacere per i mali degliamici?
PROTARCO: Inevitabilmente.
SOCRATE: Il discorso indica cheridendo dei casi ridicoli degli amiciemescolando così piacere ad invidianoi
uniamo piacere a dolore: e già prima riconoscemmo che l'invidia è come undolore dell'animamentre il ridere è una
sorta di piaceree che i due fatti avvengono contemporaneamente inquest'ultima circostanza.
PROTARCO: Vero.
SOCRATE: Ora il discorso ci indica che nei lutti e nelle tragedie e nellecommediee non solo nelle
rappresentazioni teatralima anche in tutta la tragedia e la commedia dellavitadolori e piaceri sono mescolati insieme
e così in molte altre cose.
PROTARCO: è impossibile non convenire su questoSocratequand'anche sivolesse sostenere polemicamente il
contrario.
SOCRATE: Prima abbiamo proposto come oggetto del nostro studio l'ira e ildesiderioil lamento e la paura
l'amore e la gelosial'invidia e altre simili cose in cui dicevamo avremmotrovato mescolati gli elementi di cui spesso
oggi abbiamo parlato. è così?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: Abbiamo appreso che tutto quello che è stato esposto finorariguardava il lamentol'invidia e l'ira.
PROTARCO: E come non capirlo?
SOCRATE: Ci restano ancora molte cose da trattare?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Per qual motivo soprattutto pensi che io ti abbia portato il casodella commedia a esempio della
mescolanza? Forse non nella convinzione che è facile dimostrarti che questafusione può verificarsi nelle paurenegli
amorie negli altri stati d'animo?
Dunquecompreso ciòmi permettisenza che si vada ancora in questadirezionedi non dilungare troppo i
ragionamentima comprendi semplicemente questoche il corpo senza l'anima el'anima senza il corpoe insieme l'uno
con l'altrosono colminelle disposizioni in cui vengono a trovarsidipiacere misto a dolore? Dimmiora: mi lasci
andare o farai mezzanotte? Se dico ancora poche cosemi lascerai andarelibero. Di tutte queste questioni voglio farti un
discorso domanimentre per quel che mi resta oggivoglio andare al giudizioche Filebo ha preparato.
PROTARCO: Dici beneSocrate: ed esponi pure come preferisci quel che rimaneda esporre.
SOCRATE: Secondo una successione naturaledopo i piaceri che risultano dauna necessaria mescolanza
potremmo procedere alla volta di quelli puri.
PROTARCO: Quello che dici mi va benissimo.
SOCRATE: Proverò a indicarvelimutando così l'oggetto della ricerca.
Non posso affatto prestare fede a quelli che dicono che tutti i piaceri sonouna tregua dei dolorimacome dicevo
mi servo di loro come di testimoni per dimostrare che di alcuni piaceri vi èsolo l'opinione ma che in realtà non esistono
affattoe che alcuni altri apparendo nello stesso tempo enormi e numerosirisultano impastati con i dolori e con le
cessazioni delle sofferenze più intense che riguardano il male del corpo equello dell'anima.
PROTARCO: Quali altri piaceriSocratesi dovrebbero considerare veritieriper pensare correttamente?
SOCRATE: Quelli che riguardano i colori che si dicono bellie le figureela maggior parte dei piaceri che
riguardano odori e suonie tutto ciò cherendendoci insensibili al bisognoe indifferenti al doloreci offre una
soddisfazione coinvolgente e piacevole.
PROTARCO: Che cosa vuoi dire con queste paroleSocrate?
SOCRATE: Siccome quello che dico non è di immediata chiarezzacercherò dichiarirlo. Tenterò ora di parlare
della bellezza delle figure non come molti la intenderebberoquella dianimali o di certe pitture che li raffiguranoma
parlo di qualcosa di retto - così vuole il discorso - e di circolareedelle figure piane e solide che da essi derivano e che
si realizzano con i compassie ancora quanto si ottiene con regoli esquadrese intendi. Non dico che queste siano belle
in relazione a qualcosacome le altre cosema che sono generate belle in sestesse e hanno piaceri affini alla loro natura
per nulla simili a quelli derivanti dal frizionarsi.
E anche i colori hanno questa caratteristica. Ci capiamo o no?
PROTARCO: Sto tentandoSocrate: ma sforzati di parlare ancora più chiaro.
SOCRATE: Voglio dire che i suoniquelli dolci e limpidie che diffondonoun'unica limpida melodia non sono belli
in base a un criterio esternoma sono belli in sé e per sée ad essi siaccompagnano piaceri della loro stessa natura.
PROTARCO: Sìè così.
SOCRATE: Quanto agli odorisi tratta di un genere di piaceri meno divino diquelli. Ma poiché in essi non si
mescolano necessariamente doloridove e in quale luogo siano essi per noigeneratiio li pongo tutti in corrispondenza
di quelli. Mase intendiquesti sono due generi di quelli che chiamiamopiaceri.
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PROTARCO: Intendo.
SOCRATE: A questi aggiungiamo ancora i piaceri che riguardanol'apprendimentose per caso ci sembra che questi
non abbiano in sé la fastidiosa fame di saperené le sofferenze chescaturiscano all'inizio da questa fame di nozioni.
PROTARCO: Sono d'accordo.
SOCRATE: E allora? Non ti accorgi che in essi possono avere origine dellesofferenze nel caso in cui chi è stato
soddisfatto dalla fame di saperesubito dopo subisce una perdita di quel cheha appreso a causa dell'oblio?
PROTARCO: E questo non accade per naturama in alcuni processi mentaliriguardanti questa disposizionenel
caso in cui unoprivato del saperesi addolori per il bisogno.
SOCRATE: Emio caroora stiamo esponendo soltanto le disposizioni dellanatura prese in se stesse e separate dai
processi mentali.
PROTARCO: Quello che dici è veroperché l'oblio di quelle nozioni cheapprendiamo avviene ogni volta in noi
separato dal dolore.
SOCRATE: Si può allora dire che questi piaceri che derivanodall'apprendimento non si mischiano con i dolori e
non sono affatto di molti uominima di pochissimi.
PROTARCO: Come non dirlo?
SOCRATE: Dopo aver convenientemente separato dai piaceri puri quelli che aragione potremmo chiamare impuri
attribuiamo col ragionamento ai piaceri violenti un eccesso di misuraealcontrarioagli altrila giusta misura. E
stabiliamo che i piaceri che hanno in sé "ciò che è grande" e"ciò che è violento" e "frequentemente" e"raramente"
diventando tali appartengono al genere dell'infinito che conduce il"meno" e il "più" attraverso il corpo e l'anima
mentre quelli che non sono tali appartengono al genere dei piaceri checontengono la giusta misura.
PROTARCO: Quello che dici è giustissimoSocrate.
SOCRATE: Inoltredopo di ciòsi deve ancora osservare un fatto.
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Che cos'è mai che dobbiamo dire si avvicini alla verità?
Ciò che è puro e non mescolatooppure ciò che è violento e ciò che ènumeroso e ciò che è grande e ciò che è
impetuoso?
PROTARCO: Qual è il senso di questa domandaSocrate?
SOCRATE: Non vorrei rimproverarmiProtarcodi tralasciar nulla che riguardiil piacere e la scienzaaffinchénel
caso vi sia qualcosa di puro in ciascuno di essi e qualcosa di impurovagliando ciò che è puro nell'uno e nell'a1trasi
possa offrire un giudizio più agevole a mea tea tutti quanti.
PROTARCO: Giustissimo.
SOCRATE: Avanticominciamo a riflettere su tutti quelli che chiamiamo"generi puri". Scegliamone uno ed
esaminiamolo.
PROTARCO: Quale allora sceglieremo per primo?
SOCRATE: Primo fra tutti esamineremo il genere del biancose vuoi.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: In che cosa consiste per noi la limpidezza del bianco?
Nella grandezza o nella moltitudine dei bianchio nella sua assolutaimpossibilità di essere mescolatoOvvero nel
fatto che in esso non è presente nessun'altra parte di nessun colore?
PROTARCO: è chiaro che consiste in quello assolutamente puro.
SOCRATE: Giusto. Allora non considereremo questo come il più veroProtarcoe a un tempo il più bello fra tutti i
bianchie non quello che si configura secondo il numero e la grandezza?
PROTARCO: Giustissimo.
SOCRATE: E se diremo che una piccola quantità di bianco puro è più biancae nello stesso tempo più bella e più
vera di un grande quantità di bianco mescolatodiremo senz'altro bene.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E allora? Non avremmo bisogno di molti esempi come questi per ilnostro discorso sul piacerema
basta che noi da soli ci rendiamo conto che ogni più piccolo e più raropiacerepurificato dal doloresarà migliorepiù
veroe più bello di uno più grande e più frequente.
PROTARCO: Certamenteè sufficiente questo esempio.
SOCRATE: E questo? Riguardo al piacere non abbiamo sentito che sempre sigenerama che non esiste affatto la
sua sostanza? Alcune persone raffinate(11) cui noi dobbiamo essere gratisi sforzano di mostrarci questo
ragionamento.
PROTARCO: E in che cosa consiste?
ISOCRATE: Te lo spiegheròinterrogandoti di volta in voltacaro Protarco.
PROTARCO: Parla pure e interrogami.
SOCRATE: Ci siano due entitàl'una in sé e per sée l'altra che mira adaltro.
PROTARCO: Di che cosa si tratta e a quali due entità alludi?
SOCRATE: Una è continuamente generata come la più venerandal'altra sitrova al di sotto di quella.
PROTARCO: Parla ancora più chiaramente.
SOCRATE: Ci è già capitato di osservare giovanotti belli e buoni e nellostesso tempo anche i loro coraggiosi
amanti.
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PROTARCO: Assolutamente sì.
SOCRATE: Cerca altri due esempi simili a questi dueche siano conformi atutto quanto noi diciamo che sia.
PROTARCO: Te lo dirò ancora per la terza volta? Spiega più chiaramenteSocrateche cosa vuoi dire.
SOCRATE: Niente di complicatoProtarco: è il discorso che si prende giocodi noie afferma che fra le cose dotate
di essere da un lato vi è ciò che è sempre in funzione di un qualcosadall'altro vi è ciò in funzione del quale ogni volta
ciò che è generato in funzione di qualcosa sempre si genera.(12) PROTARCO:A stento comprendoe solo perché mi è
stato ripetuto più volte.
SOCRATE: Può darsifiglioloche comprenderemo di più procedendo innanzinel discorso.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Prendiamo due altri generi.
PROTARCO: Quali?
SOCRATE: L'uno è il generarsi di tutte le cosel'altro il loro essere.
PROTARCO: Ammetto questi duel'essere e il generarsi.
SOCRATE: Giustissimo. E allora quale di questi è in funzione dell'altro?
Diciamo che il generarsi è in funzione dell'essere o l'essere in funzionedel generarsi?
PROTARCO: Ora mi chiedi se quello che ha il nome di "essere" èciò che è in funzione del generarsi?
SOCRATE: Mi sembra di si.
PROTARCO: Per gli dèimi domandi proprio questo: «DimmiProtarco: tuaffermeresti che la costruzione delle
navi è in funzione delle navipiuttosto che le navi essere in funzionedella loro costruzionee così per le altre cose»?
SOCRATE: Proprio così voglio direProtarco.
PROTARCO: Perché non puoi essere proprio tu a rispondere a te stessoSocrate?
SOCRATE: Non c'è nessun motivo in particolare: ma prendi anche tu parte aldiscorso.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Dico che in funzione del generarsi vengono disposti i mezzituttigli strumenti e il materialee che ogni
diverso generarsi si genera in funzione di ciascun diverso esseree che ilgenerarsinella sua totalitàè in funzione
dell'essere nella sua totalità.
PROTARCO: Chiarissimo.
SOCRATE: Dunque il piacerese è vero che è generazionesi potrebbegenerare necessariamente a causa di un certo
essere.
PROTARCO: E allora?
SOCRATE: Ciò in funzione del quale verrebbe sempre generato ciò che vienegenerato in funzione di qualcosa(13)
apparterrebbe al destino del bene: ciò che è generato in funzione di altroappartiene ad altro destinocarissimo.
PROTARCO: è assolutamente necessario.
SOCRATE: E se dunque è vero che il piacere è generazionelo collocheremocorrettamente se lo collocheremo in
diversa posizione rispetto a quella del bene?
PROTARCO: Giustissimo.
SOCRATE: Come si diceva all'inizio del discorsodobbiamo mostrarericonoscenza verso chi ci ha indicato il
generarsi del piacerenegando nel modo più assoluto il suo essere: èchiaro che costui si prende gioco di quanti
affermano che il piacere è bene.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E ogni volta riderà egli stesso anche di coloro che si sentonoappagati nel loro generarsi.
PROTARCO: Come e di quali persone parli?
SOCRATE: Di quanti placando o la fameo la sete o quant'altro il generarsiplacagodono a causa della
generazionequasi fosse essa stessa un piaceree dicono che nonaccetterebbero di vivere senza la sete e senza la fame
e senza sopportare tutto il resto che si potrebbe dire che segua talidisposizioni.
PROTARCO: Sìmi sembra che costoro siano così.
SOCRATE: Dunque non potremmo dire che il corrompersi è l'opposto delgenerarsi?
PROTARCO: Necessariamente.
SOCRATE: Chi scegliesse questa vita sceglierebbe la corruzione e lagenerazionema non quel terzo tipo di vita
quello in cui non si prova né godimento né dolorema nel quale gli sarebbeconsentito di esercitare nel modo più puro la
sua intelligenza.
PROTARCO: A quanto pareSocratese noi consideriamo il piacere un benenederiva come conseguenza una
grave assurdità.
SOCRATE: Gravedal momento che ci si deve esprimere così.
PROTARCO: Così come?
SOCRATE: Come non sarebbe assurdo pensare che nessun bene né bellezzaesistano nei corpi e in molte altre entità
se non nell'animae che lì soltanto vi sia il piacerementre il coraggiola moderazioneil pensiero e tutti gli altri beni
che l'anima ottiene non rappresenterebbero nulla di buono? E inoltre: non èassurdo essere costretti a dire che chi non
godeanzichi soffreè malvagio proprio quando soffrequand'anche fosseil migliore di tuttie chi godequanto più
godeproprio quando godein questo si distingue per virtù?
PROTARCO: è quanto di più assurdo ci possa essereSocrate.
SOCRATE: Non disponiamoci a un esame completo e approfondito del piaceredando a credere che a fatica ci
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asteniamo da un esame sulla mente e sulla scienza: con onestà invecepassiamo tutto al setaccionel caso che da qualche
parte vi fosse qualcosa di difettosoperchéosservando la parte che diqueste due sia per natura più puradi questa loro
parte e di quella più vera del piacere possiamo servirci per una comunevalutazione.
PROTARCO: Giusto.
SOCRATE: Dunqueio credosecondo noivi è un aspetto artigianale dellascienza che riguarda l'apprendimentoe
un altro che riguarda l'educazione e il nutrimento. O no?
PROTARCO: è così.
SOCRATE: Nelle arti manuali consideriamo prima di tutto se fra esse vi sonoquelle che appartengono di più alla
scienza e quelle che vi appartengono di menoe se le prime vanno consideratecome le più purementre le seconde
come le meno pure.
PROTARCO: Sìfacciamolo.
SOCRATE: Dobbiamo allora distinguere e separare in ciascuna di esse quellearti che fanno da guida?
PROTARCO: Quali sono e come si può fare?
SOCRATE: Se per esempio uno separasse da tutte le artil'arte del contarequella del misurare e quella del pesare
sarebbe insignificantecosì per direquel che resterebbe di ciascuna.
PROTARCO: Sìsarebbe insignificante.
SOCRATE: Dopo queste cose resterebbe il congetturare e l'esercizio dei sensiaffinato attraverso l'esperienza e una
certa praticae si farebbe uso delle potenzialità proprie dell'artecongetturalepotenzialità che molti chiamano con il
nome di artequando siano rafforzate dall'esercizio e dalla fatica.
PROTARCO: Quello che dici è necessariamente vero.
SOCRATE: E piena di questi esempi è innanzitutto la musicapoichéarmonizza gli accordi non tramite la misura
ma attraverso la congettura che deriva dalla praticaeall'interno di essatutta l'auleticache cerca la misura di ciascuna
nota determinata mediante il congetturaresicché essaper effetto diquesta mescolanzacontiene molto che non è
chiaroe poco di sicuro.
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: E troveremo che sono nella stessa situazione l'arte medicaquellache riguarda la coltivazione della
terraquella del pilotae quella che presiede alla guerra.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Quanto all'arte del costruirepoiché fa uso di numerose misure estrumentied è fornita di molta
precisionesi presentaio credocome la più precisa della maggior partedelle scienze.
PROTARCO: E in quali campi?
SOCRATE: Nella costruzione delle navi e delle case e in molti altri campi ovesi costruisca con il legno. Infatti fa
uso del regolodel compassodel piombinodella cordicellae di un certoattrezzo che raddrizza i pezzi dì legno.
PROTARCO: E dici beneSocrate.
SOCRATE: Separiamo le arti di cui abbiamo parlato in due parti: ci sonoquelle che seguono la musica e nelle loro
opere hanno una minore precisione e quelle che seguono l'arte dell'edificareche hanno una maggior precisione.
PROTARCO: Sia così.
SOCRATE: Fra tutte queste le arti più precise sono quelle che un momento faabbiamo nominato per prime.
PROTARCO: Mi sembra che tu vuoi alludere all'arte del far calcoli e a quelleche ho pronunciato insieme ad essa. O
come?
SOCRATE: Certamente. MaProtarconon si deve dire che queste a loro voltasi dividono in due specie? O come?
PROTARCO: Di quali parli?
SOCRATE: Prima di tutto dell'arte di far calcoli: non si deve dire che v'ène una che appartiene alla maggior parte
delle personeed un'altra che appartiene ai filosofi?
PROTARCO: E come si potrebbe considerare l'arte di far calcoli così divisanell'una e nell'altra scienza?
SOCRATE: Non si tratta di una distinzione di poco contoProtarco.
Di quelli che si occupano dei numeri alcuni calcolano unità disugualicomedue esercitie due buoie considerano
due le cose più piccole o due le più grandi fra tutte: ma altri nonsarebbero disposti a seguirli se non si stabilisse che
nessuna unitàfra le innumerevoli che esistonoè diversa da un'altra.
PROTARCO: E certamente tu dici bene: non è di poco conto la differenza cheriguarda quelli che si occupano di
numerisicché è ragionevole affermare che due sono le arti del farcalcoli.
SOCRATE: E allora? L'arte del computare e del misurare ora applicate all'artedel costruire e al commercioora
applicate alla geometria che fa parte alla filosofia e all'arte di coloro chesi occupano di calcoli purisi possono ancora
definire l'una e l'altra come una sola arte oppure come due arti diverse?
PROTARCO: Se ho seguito bene quel che s'è detto primadarei il mio voto persostenere che l'una e l'altra di quelle
due sono duplici.
SOCRATE: Giusto. Allora capisci per quale ragione queste cose sono statemesse da noi al centro del dibattito?
PROTARCO: Forsema vorrei che tu mi chiarissi il senso dell'attuale domanda.
SOCRATE: Mi sembra che questo discorsonon meno di quando lo abbiamocominciatoquando cioè abbiamo
cercato di presentare qui davanti ciò che era diametralmente opposto aipiacericerchi di indagare un'altra forma di
scienza più puracome era successo per il piacere.
PROTARCO: Sìè senz'altro chiaro che proprio per questi motivi abbiamointrapreso la discussione in corso.
Platone Filebo
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SOCRATE: E allora? Forse non si scoprìnei discorsi di primache a secondadei diversi ambiti vi erano diverse
artiuna più chiarae una più indistinta?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Esempre in quelle circostanzedopo che ebbe chiamato una certaarte con un unico nome e l'ebbe
considerata come se fosse unicaforse il discorso non torna nuovamente ainterrogarcicome se fossero duesulla loro
chiarezza e purezzae se possiede più precisione quella che appartiene aifilosofi o quella che appartiene a coloro che
non sono filosofi?
PROTARCO: Mi sembra che interroghi proprio su questo punto.
SOCRATE: Quale risposta gli daremoProtarco?
PROTARCO: Socratesiamo giunti a una differenza di mirabile grandezzaprocedendo nell'indagine sulla chiarezza
delle scienze.
SOCRATE: Dunque daremo una facile risposta?
PROTARCO: E allora? Si dica che le scienze di cui si sta parlando sono moltodifferenti dalle altre artie che
rispetto ad esse sono superioriper l'esattezza e la verità nella misura enel numeroquelle contrassegnate
dall'irresistibile ardore dei filosofi.
SOCRATE: Sia così come tu pensie allorafidandoci di terispondiamocoraggiosamente a chi con abilità cerca di
forzare i discorsi.
PROTARCO: Quale risposta daremo?
SOCRATE: Risponderemo che vi sono due specie di arti del calcolo e due cheriguardano l'arte del misuraree così
per le altre numerose arti che ad esse si accompagnanoe che contengonoquesta duplicitàpur essendo accomunate da
un nome unico.
PROTARCO: Diamo questa risposta a costoro che tu chiami abili parlatoriesperiamo che tutto vada beneSocrate.
SOCRATE: Diciamo che queste scienze garantiscono una maggiore precisione?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Ma la potenza della dialettica non ci ricuserebbeProtarcose alsuo posto preferissimo un'altra arte?
PROTARCO: E come dobbiamo definire quest'arte?
SOCRATE: è chiaro che ognuno riconoscerebbe l'arte di cui parliamo.
Credo che chiunqueanche quelli a cui resta attaccato solo più un brandellodi intelligenzaritenga di gran lunga più
vera questa forma di conoscenza che si occupa di ciò che èdi ciò che èrealmente e di ciò che è sempre generato uguale
a se stesso. E tu che dici?
Come giudichi questa affermazioneProtarco?
PROTARCO: SiccomeSocrateascoltavo di frequente Gorgia (14) affermare chel'arte del persuadere emerge di
gran lunga su tutte le altre - tutte da questa sarebbero rese schiave di buongrado e senza costrizioneed essa sarebbe di
gran lunga la più nobile di ogni arte - non vorrei dare risposte contrarie ate né a quello.
SOCRATE: Mi sembra che tu avessi intenzione di dire "le armi"mache ti sei vergognato e hai lasciato perdere.
PROTARCO: Sia come tu credi.
SOCRATE: Sono io il responsabile di questa tua difficoltà di comprensione?
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Ma caro Protarcoio non cercavo quale fosse l'arte o la scienza chefra tutte si distinguono per
importanzanobiltà e utilità nei nostri confrontima quella in grado diinvestigare la chiarezzala precisionee il
massimo grado di veritàquand'anche fosse di poco valore e di scarsautilità. Proprio questo è ciò che ora cerchiamo di
investigare.
Allora fa' attenzione: da un lato non ti inimicherai Gorgia se permetti allasua arte di primeggiare quando essa sia
utile agli uomini.
Dall'altroper quanto riguarda quel metodo dì indagine dì cui ora parlavo- come quando a proposito del bianco
affermavo che una quantità di bianco puroanche se minimasuperava unagrande quantità di bianco non puroproprio
per il fatto di essere il bianco più vero -dopo intense ricerche ediscussionisenza tenere conto di talune utilità e onori
delle scienzema considerando se vi è una potenza della nostra anima chespinga ad amare il vero e a far tutto in
funzione di quellocerchiamo di direnon prima di averla diligentementeinvestigatase siamo in grado di affermare
verosimilmente che essa possiede più di ogni altra la purezza di mente e dipensieroo se dobbiamo ricercarne un'altra
che le sia superiore.
PROTARCO: Posso indagarema credo sia difficile pensare a qualche altrascienza o arte più di quest'ultima unita
alla verità.
SOCRATE: Forse quel che stai dicendo ora lo hai detto osservando che moltearti - e quanti in esse spendono le loro
energie - si basano innanzitutto sulle opinioni e ricercano sistematicamentequanto ad esse attiene? Quand'anche uno
ritenesse di far ricerche intorno alla natura delle coselo sai chepasserebbe tutta la vita a investigare il mondo di qui
ovvero come si è generatocome subiscee come agisce?
Possiamo dire cosìo no?
PROTARCO: Sìè così.
SOCRATE: E quel tale allora non si assumerebbe la fatica di far ricercheintorno a ciò che è semprema intorno a
ciò che si generasarà generatosi è generato?
PROTARCO: Verissimo.
Platone Filebo
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SOCRATE: Di tutte queste cose che non hanno mai contenuto nulla che lerendesse identiche a se stessené mai lo
avrannoe neppure lo hanno nel momento presentepossiamo dire che vi siaqualcosa di chiaro secondo la più limpida
verità?
PROTARCO: E come potremmo?
SOCRATE: E a proposito di quelle cose in cui non vi è in alcun modo nulla disicurocome potremmo ottenere
qualcosa di sicuroanche pur che sia?
PROTARCO: Non si potrebbe affattoio credo.
SOCRATE: Non vi è né mente né scienza che sia in grado di possedereintorno a queste cose il massimo grado della
verità.
PROTARCO: Non è verosimile.
SOCRATE: Dobbiamo salutare e lasciar perdere i discorsi su di temeGorgiae Fileboe con il discorso
testimoniare questo.
PROTARCO: Che cosa?
SOCRATE: O vi sono in quelle cose la soliditàla veritàe quellaproprietà che prima chiamavo "purezza" - parlo
delle cose che sempre per se stesse allo stesso modo non sono mescolate -oppure sono in ciò che è più affine a quelle:
quanto alle altre cosesi deve dire che passano in secondo grado.
PROTARCO: Quello che dici è verissimo.
SOCRATE: E quanto ai nomi il procedimento più ragionevole non è forsequello di attribuire alle cose più belle i
nomi più belli?
PROTARCO: Mi sembra verosimile.
SOCRATE: Dunque i nomi come "mente" e "intelligenza" nonsi potrebbero stimare al massimo grado?
PROTARCO: Sì.
SOCRATE: E questi nomiapplicati correttamentenelle riflessioni di ciòche realmente èindicano le cose nella
loro esattezza.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Quei nomi che io allora sottoposi al giudizio non sono altro chequesti.
PROTARCO: ComeSocrate?
SOCRATE: Ebbene. Per quel che riguarda l'intelligenza e il piacere e la lororeciproca mescolanzase qualcuno
dicesse che esse stanno davanti a noi come ciò da cui o ciò in cui deveessere plasmato sta davanti agli artigiani
realizzerebbe con la parola una bella immagine.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E dopo di ciò non si deve provare a mescolare queste cose?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E non sarebbe corretto se noi prima dicessimo e ricordassimo questo?
PROTARCO: Che cosa?
SOCRATE: Quello che abbiamo ricordato prima: mi sembra che dica bene ilproverbio secondo cui due e tre volte
ciò che ha in sé qualcosa di buono si deve ripetere col discorso.
PROTARCO: E che cosa?
SOCRATE: Avantiper Zeus: credo che possiamo ripetere in questo modo le coseche allora sono state dette.
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Filebo dice che il piacere rappresenta il giusto fine per tutti gliesseri viventiche tutti devono mirare a
quelloche esso è un bene per tuttie che è possibile attribuirecorrettamente due nomiovvero quello di "bene" e
"piacevole" a una sola entità e a una sola natura.
Socrate invece sostiene che questo non sia una sola entitàma due come inomie ciò che è "bene" e ciò che abbiano
una natura differente fra loroe che l'intelligenza partecipi maggiormentedella parte assegnata al bene che non il
piacere. Non sì diceva allora questoProtarco?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E su questo punto non si potrebbe convenire fra noisia allora siaadesso?
PROTARCO: Su quale punto?
SOCRATE: Sul fatto che la natura del bene differisca dalle altre in questo.
PROTARCO: In che cosa?
SOCRATE: Che se questo bene fosse sempre presente negli esseri viventiinogni sua parte e dappertuttodì
nient'altro avrebbero ancora bisogno gli esseri viventima basterebberoperfettamente a se stessi. Non è così?
PROTARCO: Sìè così.
SOCRATE: Non abbiamo provatonel corso del nostro ragionamentoa separareuna cosa dall'altra per quanto
riguarda la vita di ciascunofacendo in modo che il piacere non fossemescolato all'intelligenzae parimenti
l'intelligenza non fosse mescolata al piacereneanche in una minima parte.
PROTARCO: Sìera così.
SOCRATE: E ci è sembrato allora che uno dei due bastasse a qualcuno?
PROTARCO: E come?
SOCRATE: Se in qualche cosa talvolta siamo usciti dal seminatoora chiunquevoglia tornarci sopraripeta il
discorso in modo più correttoconsiderando memoria e intelligenzascienzae opinione veritiera come appartenenti alla
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medesima speciee cercando di vedere se qualcuno senza di esse accetterebbedi avere o di entrare in possesso di
qualsiasi cosadal momento che neppure il piacere si accetterebbe dì avere- non ha importanza se il sommo piacere o il
più intenso - poiché non si riuscirebbe ad immaginarsi realmente il suogodimentoné sarebbe assolutamente possibile
conoscere quale mai sia stata la disposizione d'animo provatané si avrebbememoria di essa e neppure di qualsivoglia
unità di tempo.
E si dica ugualmente dell'intelligenzacioè se qualcunoprivato di ognipiacereanche del più piccoloaccetterebbe
di avere intelligenza piuttosto che accompagnarsi a certi piacerio averetutti i piaceri separati dall'intelligenza piuttosto
che accompagnarsi ad una intelligenza.
PROTARCO: Non è possibileSocratee su questo punto non si devono neppurefare molte domande.
SOCRATE: Nessuno di questi dueallorapotrebbe essere la cosa piùperfettapreferibile per tuttiil sommo bene?
PROTARCO: E come potrebbe?
SOCRATE: Si deve cercare di cogliere il bene con chiarezza o anche un suoesemplareaffinchécome dicevamo
noi abbiamo a chi dare il secondo posto.
PROTARCO: Quello che dici è giustissimo.
SOCRATE: Non abbiamo già intrapreso una strada verso il bene?
PROTARCO: Quale?
SOCRATE: Se ad esempio un talecercando un uomochiedesse prima di tuttocorrette informazioni sulla sua
abitazionesu dove abitasarebbe assai avvantaggiato nella sua ricerca.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: E ora un discorso ci ha indicatocosì come anche in principiodinon cercare il bene nella vita non
mescolatama in quella mescolata.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Vi è maggior speranza che quel che cerchiamo si manifesterà inciò che viene mescolato bene o in ciò
che non lo è?
PROTARCO: Sìvi è molta più speranza nel primo caso.
SOCRATE: E allora pregando gli dèiProtarcooperiamo questa mescolanzaeo Dionisioo Efesto(15) o
qualcuno degli dèi si assuma l'onore di questa fusione.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: A noiquasi fossimo coppieristanno innanzi delle fonti - comefonte stillante di miele si potrebbe
rappresentare quella del piacerementre quella dell'intelligenza puòparagonarsi a una sobria fonte senza vino da cui
scaturisce acqua incontaminata e salubre - e dobbiamo cercare di mescolarleil meglio possibile.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Prima aspetta: faremmo bene a mescolare il piacere nella suainterezza con tutta quanta l'intelligenza?
PROTARCO: Forse.
SOCRATE: Ma non sarebbe sicuro agire così. Mi sembra di poter esprimereun'opinione sul modo meno pericoloso
di mescolare.
PROTARCO: Dimmi quale.
SOCRATE: Vi era un piacere più vero per noi di un altro e un'arte piùesatta di un'altra?
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Vi è differenza fra scienza e scienzapoiché l'una è rivolta aciò che nasce e muorel'altra è rivolta a ciò
che non nasce né muoree che è identica a se stessa e sempre si presentaallo stesso modo.
Poiché miravamo alla veritàgiudicammo che quest'ultima fosse più vera diquell'altra.
PROTARCO: Certoè giusto dire così.
SOCRATE: Se allora vedessimoavendo prima mescolato le parti più vere diciascuna delle duese tale mescolanza
basti a procurarci la realizzazione della vita più desiderabileoppure siabbia bisogno di qualcos'altro che non sia simile
a quelleche cosa diresti?
PROTARCO: Mi sembra che potremo fare così.
SOCRATE: Supponiamo che ci sia un uomo che rifletta sulla giustizia e su ciòche essa èe che conosca una
definizione che tenga dietro al pensieroe che allo stesso modo compiaun'analisi intorno alle altre cose fornite di
esistenza.
PROTARCO: Supponiamolo.
SOCRATE: Basterà a costui possedere la scienza quandoessendo in grado diragionare sul cerchio e sulla sfera in
quanto entità divinema non conoscendo affatto questa umana sfera e questicerchifarà così usonella costruzione
delle casedi quegli altri modelli e di quei cerchi perfetti?
PROTARCO: Stiamo parlando di una condizione ridicola in cui ci verremmo atrovareSocratese avessimo
soltanto a che fare con le scienze divine.
SOCRATE: Come dici? Allora dobbiamo mettere in comune e mescolare quell'arteche non fornisce garanzie né
purezza e si basa su falsi modelli e nel contempo su falsi cerchi?
PROTARCO: è necessariose uno di noi vorrà almeno trovare ogni volta lastrada di casa.
SOCRATE: E stesso discorso vale per la musica allorache poco fa dicevamoche è piena di congetture e di
imitazionie che manca di purezza?
PROTARCO: Mi sembra inevitabilese la nostra vita dovrà essere pur sempreconsiderata tale.
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SOCRATE: Vuoi checome un portinaio spinto e incalzato dalla follacedendoall'impeto di essa e spalancando
tutte le portepermetta che tutte le scienze si scaglino dentro e la piùimpura si mescoli con quella pura?
PROTARCO: Non capiscoSocratequale sarebbe il danno se un tale volesseottenere tutte le altre scienze essendo
già in possesso delle scienze prime.
SOCRATE: Lascio che tutte quante scorrano verso quello che assai poeticamenteOmero chiama il "recipiente della
mescolanza"? (16) PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Sono lasciate libere: e di nuovo si deve tornare alla fonte delpiacere. Non ci fu possibile prima
mescolare le parti dei piaceri veri con le parti delle scienze verecosìcome avevamo pensatoma per l'amore verso tutta
la scienza abbiamo lasciato che queste convergessero in massa verso unostesso puntoe che questo accadesse prima
che si unissero ai piaceri.
PROTARCO: è verissimo quello che dici.
SOCRATE: E ora che noi due si decida anche sui piacerise dobbiamo lasciareandar liberi anche tutti questi in
massa o se anche di questi dobbiamo liberare per primi quelli che per noisono veri.
PROTARCO: Per sicurezza è molto meglio liberare per primi i piaceri veri.
SOCRATE: Siano liberi. Che accadedopo? Se ve ne sono di necessaricomenell'altro casonon sono anche questi
da mescolare?
PROTARCO: E perché no? Certamente anche quelli necessari.
SOCRATE: E se adesso ripetiamo per i piaceri le cose già dette per le arti -cioè che non era dannosoma anzi
vantaggioso per la vita dell'uomo conoscerle tutte quante - dobbiamomescolarli tuttise è vero che il loro godimento
costituisce nel corso dell'esistenza un vantaggiO e non è senz'altro undanno per noi tutti.
PROTARCO: In quali termini dunque possiamo parlare di questi? E come dobbiamocomportarci?
SOCRATE: Non devi domandarlo a noiProtarcoma ai piaceri e alleintelligenze stesse: così chiedendo su questo
punto informazioni degli uni avremo notizie delle altree viceversa.
PROTARCO: Su quale punto?
SOCRATE: «Amicisia che bisogna chiamarvi piacerisia che bisogna darvi unaltro nomeaccettereste di abitare
con l'intelligenza presa nella sua interezza oppure separati da essa?».Penso che a queste domande risponderanno
necessariamente così.
PROTARCO: Come?
SOCRATE: Come fu detto in precedenza: «Non è possibile né vantaggiosoammettere l'esistenza di un genere puro
che sia unico e isolato: fra tutti i generi pensiamo che l'unico migliore eche possa convivere con noi al posto di
qualsiasi altro sia quello del conoscere sia tutte le altre cose sia ciascunodi noi nella massima perfezione possibile».
PROTARCO: «Ora avete detto bene»diremo.
SOCRATE: Giustamente. E dopo questa domanda si deve tornare a interrogare dinuovo l'intelligenza e la mente:
«Nel corso della fusione avete bisogno di qualcuno fra i piaceri?»potremmo domandare interrogando la mente e
l'intelligenza. «E di quali piaceri?»essi forse direbbero.
PROTARCO: Una replica verosimile.
SOCRATE: Dopo queste domande il nostro discorso suona così: «Oltre a queipiaceri che sono veri»diremo
«avete bisogno di avere come vicini di casa anche i piaceri più grandi equelli più intensi?» «E come faremmo
Socrate»risponderebbero forse«dal momento che quei piacerirappresentano per noi una innumerevole serie di
ostacoli sconvolgendo le anime in cui noi abitiamo mediante la folliae nonci lasciano avere originema annientano
completamente ciò che da noi è stato generatodeterminandone mediante lanegligenza l'oblio?
Ma riguardo a quei piaceri che tu dici che sono veri e puriritienilipressoché nostri vicini di casae oltre a questi
quelli che si accompagnano alla salute e alla moderazionee tutti quelli cheessendo compagni della virtù quasi come di
un dio ad essa si accompagnanoa questialloramescolaci. Per quantoriguarda invece quelli che sempre si
accompagnano alla dissennatezza e alle altre malvagità sarebbe una graveassurdità che li mescolasse alla mente colui
cheosservando la mescolanza e la fusione più bella e meno esposta asconvolgimentivolesse tentare di capire in essa
quale mai sia il bene che sia generato nell'uomo e nel tuttoe quale mai siail tratto distintivo che per esso si deve
supporre».
Non diremo che questa risposta della mente su essa stessasulla memoriaesulla corretta opinioneè giusta e
ragionevole?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Ma anche questa cosa è necessariae altrimenti nulla mai potrebbenascere.
PROTARCO: Che cosa?
SOCRATE: Ciò a cui non mescoleremo la verità non potrebbe mai generarsi néessere stato generato veramente.
PROTARCO: E come potrebbe infatti?
SOCRATE: Affatto. Ma se a questa fusione serve ancora qualcosaditelo tu eFilebo. Per quanto mi riguardami
sembra che l'attuale discorso sia stato realizzato quasi come un cosmoincorporeo preposto a guidare bene un corpo
animato.
PROTARCO: Puoi direSocrateche anch'io ho la penso così.
SOCRATE: E forse diremmo in modo corretto se in qualche modo affermassimo cheadesso siamo già davanti alle
porte della dimora del bene?
PROTARCO: Mi sembra di sì.
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SOCRATE: Che cosa in questa fusione ci potrebbe sembrare più ragguardevole enello stesso tempo responsabile
della generazione di tale disposizione di vita a noi tutti gradita? Dopo averosservato ciòanalizzeremo se questa cosa
sia assolutamente più affine e più connaturata al piacere o alla mente.
PROTARCO: Giusto. è assai conveniente per il nostro giudizio.
SOCRATE: E non è difficile scorgere la causa per cui ogni mescolanzaqualeessa siao è degna di grande stima o
di nessuna affatto.
PROTARCO: Come dici?
SOCRATE: Nessuno degli uomini ignora questo fatto.
PROTARCO: Quale fatto?
SOCRATE: Che ogni fusione - quale che sia e comunque avvenga - se nonpossiede la natura di ciò che è misura e
di ciò che è proporzione distrugge di necessità gli elementi che vi sonomescolati e se stessa prima di tutto: e non si
tratta di fusionema di una congerie non veramente mescolata tale dadiventare ogni volta una vera e propria sventura
per coloro che la posseggono.
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: Ora la potenza del bene ci è sfuggita verso la natura del bello:misura e proporzione accade che
corrispondano dovunque alla bellezza e alla virtù.
PROTARCO: Certamente.
5OCRATE E la verità dicevamo che è loro mescolata nella fusione.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Se dunque non con un solo tratto distintivoma con tre possiamocogliere il beneovvero con la
bellezzala proporzione e la veritàdiciamo che tutto questocome fosseun'unitàpossiamo a buon diritto ascriverlo fra
le cause di quel che avviene nella mescolanzae per il fatto che questacausa corrisponde al beneessa risulta tale.
PROTARCO: Giustissimo.
SOCRATE: OrmaiProtarcochiunque di noi può giudicare sul piacere esull'intelligenzae dire quale dei due sia
più connaturato all'ottimo bene e più degno di onori fra gli uomini e fragli dèi.
PROTARCO: è chiarotuttavia è meglio giungere alla fine del ragionamento.
SOCRATE: Giudichiamo allora il piacere e l'intelligenza secondo ciascuno diquei tre tratti distintivi: dobbiamo
vedere a quale dei due ciascuno di essi è secondo noi più affine.
PROTARCO: Parli della bellezzadella veritàdella proporzione?
SOCRATE: Sì. Prima di tutto prendi la veritàProtarco: e presaladopoaver rivolto lo sguardo a quelle tre
menteveritàe piacererispondi a te stessoprendendoti anche un po' ditempose il piacere o la mente sia più affine
alla verità.
PROTARCO: Perché c'è bisogno di tempo? Sono assai differentiio credo. Fratutte le cose il piacere ècome si
diceil ciarlatano per eccellenzae nei piaceri che riguardano l'amorechesembrano essere i più importantianche il
giurare il falso ottiene indulgenza da parte degli dèiquasi che i piacerifossero come bambini e non possedessero
neanche in minima quantità la facoltà di pensiero.
La mentein realtào è identica alla veritào fra tutte è la cosa chepiù le assomigliala più veritiera.
SOCRATE: Allo stesso modo dopo di ciò considera la proporzioneovvero se ilpiacere ne possiede di più
dell'intelligenzaoppure l'intelligenza più del piacere.
PROTARCO: Anche questa ricerca che mi hai messo davanti è facile: credo chenon si possa trovare fra le cose che
sono dotate di esistenza nulla che è stato generato in modo più riluttantealla proporzione del piacere e del godimentoe
nulla di più proporzionato della mente e della scienza.
SOCRATE: Hai detto bene. Tuttavia dimmi anche a proposito del terzo trattodistintivo. Per noi la mente partecipa
della bellezza in misura maggiore del genere del piaceresicché la mente èpìu bella del piacereoppure il contrario?
PROTARCO: Ma mai nessunoSocratené sveglio né in sognonon vide néimmaginò in alcun modo la bruttezza
dell'intelligenza e della mente né in passatoné orané in futuro.
SOCRATE: Giustamente.
PROTARCO: Qualora noi vediamo che una persona qualunque gode dei piaceriedei più grandie vedendo o il
loro aspetto ridicoloo quello fra tutti più turpe che ad essi siaccompagnanoi stessi ci vergognamo e oscurandoli li
nascondiamo per quanto possiamolasciandoli tutti alla nottequasi nondovessero vedere la luce del giorno.
SOCRATE: Dirai in ogni luogoProtarcofacendolo dire dai messi espiegandolo ai presentiche il piacere non è il
possesso che si deve conseguire per primo e nemmeno per secondoma che ilprimo bene consiste nella misuranella
proporzionenell'opportunitàe in tutto quanto bisogna ritenere che siasimile a questo e abbia assunto la natura
dell'eterno.
PROTARCO: Mi sembra sia cosìsecondo quanto detto ora.
SOCRATE: Il secondo riguarda proporzionebellezzaperfezionesufficienza etutto quanto appartiene a questo
genere.
PROTARCO: è verosimile.
SOCRATE: E come terzosecondo la mia congetturase considererai la mente el'intelligenzanon ti allontanerai
molto dalla verità.
PROTARCO: Può darsi.
SOCRATE: E quarte non sono le cose che abbiamo stabilito appartenesseroall'anima stessaovvero le scienzele
Platone Filebo
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artile opinioni che vengono definite giustee che sono al quarto postodopo quelle trese è vero che sono più affini al
bene che al piacere?
PROTARCO: Può darsi.
SOCRATE: E come quinti non abbiamo considerato i piaceri che abbiamo definitonon dolorosie cheessendo
puriattribuimmo all'anima stessaseguendo gli uni le scienzegli altri lesensazioni?
PROTARCO: Forse.
SOCRATE: «Alla sesta stirpe»dice Orfeo (17)«fate cessare l'ordine delcanto». Può darsi che anche il nostro
discorso sia cessato alla sesta sentenza. Dopo di ciò non ci rimane cheassegnare una conclusione alle parole dette.
PROTARCO: è necessario.
SOCRATE: Coraggiopregando Zeus Salvatoreriprendiamo per la terza volta lostesso discorso.
PROTARCO: E quale?
SOCRATE: Filebo identificava per noi il bene con una forma di piacerecompleta e assoluta.
PROTARCO: Per la terza voltaSocratemi sembra che tu dicevi poco fa:allora dobbiamo riprendere dal principio
il discorso.
SOCRATE: Sìma ascoltiamo quel che segue. Quanto a mevedendo quel che oraho passato in rassegnae
disapprovando non solo il discorso di Fileboma anche i discorsi che fannospesso innumerevoli altre persone
affermavo che la mente è di gran lunga migliore del piacere e piùvantaggiosa per la vita umana.
PROTARCO: Sìera così.
SOCRATE: Sospettando che esistessero molti altri benidicevo che se fosseapparso qualcosa migliore di queste
dueavremmo combattuto insieme a favore della mente contro il piacere per ilsecondo premioe il piacere sarebbe
rimasto privo anche di questo.
PROTARCO: Così dicevi SOCRATE: Dopo di ciòrisultò in maniera adeguatache nessuna di queste due sarebbe
stata la più autosufficiente fra tutte.
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: Dunque nel corso di questa discussione sia la mentesia il piacerenon sono stati liberati dall'essere
considerati l'uno e l'altro di quei due il beneessendo stati entrambiprivati dell'indipendenza assoluta e di quella facoltà
propria di ciò che è autosufficiente e compiuto?
PROTARCO: Verissimo.
SOCRATE: Quando è apparso un terzo bene più potente di ciascuna di questeduela mente e allora risultata
infinitamente più simile e più affine per natura del piacere al caratteredel vincitore.
PROTARCO: E come no?
SOCRATE: Così secondo la valutazione che ora il discorso ha espressolapotenza del piacere andrebbe al quinto
posto.
PROTARCO: è verosimile.
SOCRATE: Prima ancora osserviamo che tutti i buoii cavallie tutti quantigli altri animali negherebbero quel che
diciamopoiché inseguono il godimento prestando loro fedecome gliaruspici agli uccellimolti giudicano che i piaceri
siano assai utili per il nostro vivere bene e ritengono che gli amori dellebestie rappresentino una testimonianza più
convincente di quegli amori coltivati dai ragionamenti che ogni volta vengonorivelati nella musa della filosofia.
PROTARCO: Noi tutti ormai affermiamo che quanto è stato detto da te èverissimo.
SOCRATE: Allora mi lasciate andare?
PROTARCO: Rimane ancora un'ineziaSocrate: non vorrai rinunciare prima dinoianziti ricorderò ciò che è stato
tralasciato.
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NOTE: 1) I nomi di Protarco e di Filebo sono sconosciutibenché più avantiSocrate si rivolga a Protarco con
l'appellativo «figlio di Callia».
Quanto all'ambientazione del dialogo Platone non ci fornisce notizia alcunama noi siamo verosimilmente indotti a
credere che si svolga a casa di Filebo o di Protarco.
2) Afrodite è la dea greca dell'amoredella bellezza e della felicitàcheFilebo associa all'idea del piacere.
3) Allusione a Prometeoantico e popolare semidio spesso contrapposto a Zeusper la sua astuziavenerato dagli
artigiani dell'Attica per aver rubato il fuoco che Zeus aveva celato agliuomini (cfr. a questo proposito Esiodo
Theogonia562 e seguenti).
4) Teuthdio egiziano inventore delle arti e della scrittura (quest'ultimoaspetto viene sviluppato nel Fedro).
5) All'Afrodite che per Filebo è soltanto sinonimo di piacere Socratecontrappone l'Afrodite che si unisce in nozze
con Ares dando alla luce Armonia (cfr. ancora Esiodo. Theogonia 933-937 e975).
6) «Terra!» era l'esclamazione dei naufraghi dispersi in marecome diràSocrate subito dopo. Ma acquaariaterra e
fuoco erano per i presocratici del settimo e sesto secolo i princìpi ditutto l'essere. L'allusione a queste antiche dottrine
filosofiche si intreccia così con l'esclamazione dei marinai colti in mareda una tempesta in un gioco di parole.
7) Si pensa che Platone si riferisca ad Antistene (455-360 a.C.)fondatoredella scuola cinicaper il quale la maggior
parte dei piaceri è ingannevole e non contribuisce alla felicitào aSpeusippo (407-339 a.C.)che successe a Platone
medesimo alla guida dell'Accademia dal 347 al 339per il quale il piacerenon è né buono né cattivo in sé.
8) Vedi nota 10 9) Iliade Libro 18versi 107-108. Sono le parole straziateche Achille rivolge alla madre Teti dopo
aver appreso la morte dell'amico Patroclo.
10) Si allude ai due precetti morali che secondo la tradizione erano scolpitinel tempio di Delfi: «Conosci te stesso»
ed «Evita l'eccesso»precedentemente incontrato (nota 8).
11) Il termine sembra indicare ironicamente teorie inaccettabili maraffinatee dunque degne di essere prese in
considerazione. Forse si tratta di Aristippo di Cirenemaestro di retorica efondatore della scuola cirenaica vissuto nella
prima metà del quarto secoloil quale anticipò l'epicureismo sostenendoche il piacere dei sensi era il fine ultimo della
vita.
12) Passo di difficile comprensione: si tratta della distinzione digenerazione e di sostanza di cui Socrate sta
esponendo le tesi in relazione al concetto di piacere.
13) Ovvero il piacere corrisponde alla generazione.
14) Gorgia di Lentini (483-370 a.C.)maestro di retoricagiunto per laprima volta ad Atene nel 427 in occasione di
un'ambasceriagirava le città della Grecia insegnandodietro compensol'arte del costruire discorsi. Le sue lezioni
come del resto quelle degli altri sofistiavevano uno scopo eminentementepratico.
15) Dionisiofiglio di Zeus e di Semele (cfr. ancora EsiodoTheogonia940e seguenti) è qui ricordato perché è
associato al vino che non veniva bevuto puroma mescolato con miele edacqua. Efestoil dio zoppo del fuoco e delle
fucinevenerato in Grecia come dio degli artigianiviene invece associatoalla fusione dei metalli.
16) Iliade Libro 4verso 452.
17) Cantore miticofiglio della musa Calliope e di Apolloe sposo diEuridice. Il mito narra che egli fosse dotato di
qualità artistiche così straordinarie al punto che il suo canto muoveva glialberi e le pietre.