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Platone

Fedro

2

Platone

FEDRO

SOCRATE: Caro Fedrodove vai e da dove vieni?

FEDRO: Dalla casa di LisiaSocrateil figlio di Cefalo(1) e vado a fareuna passeggiata fuori dalle mura. Ho

passato parecchio tempo là sedutofin dal mattino; e oraseguendo ilconsiglio di Acumeno(2) compagno mio e tuo

faccio delle passeggiate per le stradepoichéa quanto dicetolgono lastanchezza più di quelle sotto i portici.

SOCRATE: E dice beneamico mio. Dunque Lisia era in cittàa quanto pare.

FEDRO: Sìalloggia da Epicratenella casa di Moncoquella vicino altempio di Zeus Olimpio.(3) SOCRATE: E

come avete trascorso il tempo? Lisia non vi ha forse imbanditoè chiaroisuoi discorsi?

FEDRO: Lo sapraise hai tempo di ascoltarmi mentre cammino.

SOCRATE: Ma come? Credi che ioper dirla con Pindaronon faccia del sentirecome avete trascorso il tempo tu e

Lisia una faccenda «superiore a ogni negozio»? (4) FEDRO: Muovitiallora!

SOCRATE: Se vuoi parlare.

FEDRO: Senza dubbioSocratel'ascolto ti si addicepoiché il discorso sucui ci siamo intrattenuti eranon so in

che modosull'amore.

Lisia ha scritto di un bel giovane che viene tentatoma non da un amanteeha comunque trattato anche questo

argomento in modo davvero elegante: sostiene infatti che bisogna compiacerechi non ama piuttosto che chi ama.

SOCRATE: E bravo! Avesse scritto che bisogna compiacere un povero piuttostoche un riccoun vecchio piuttosto

che un giovanee tutte quelle cose che vanno bene a me e alla maggior partedi voi!

Allora sì che i suoi discorsi sarebbero urbani e utili al popolo! Io ora hotanto desiderio di ascoltareche se facessi a

piedi la tua passeggiata fino a Megara eseguendo Erodico(5) arrivato allemura tornassi di nuovonon rimarrei dietro

a te.

FEDRO: Cosa diciottimo Socrate? Credi che ioda profano quale sonoricorderò in modo degno di lui quello che

Lisiail più bravo a scrivere dei nostri contemporaneiha composto inmolto tempo e a suo agio? Ne sono ben lungi!

Eppure vorrei avere questo più che molto oro.

SOCRATE: Fedrose io non conosco Fedromi sono scordato anche di me stesso!Ma non è vera né l'una né l'altra

cosa: so bene che luiascoltando un discorso di Lisianon l'ha ascoltatouna volta solama ritornandovi più volte sopra

lo ha pregato di ripeterloe quello si è lasciato convincere volentieri.Poi però neppure questo gli è bastatoma alla fine

ricevuto il libroha esaminato i passi che più di tutti bramava; e poichéha fatto questo standosene seduto fin dal

mattinosi è stancato ed è andato a fare una passeggiataconoscendocorpo d'un cane!il discorso ormai a memoria

credoa meno che non fosse troppo lungo. E così si è avviato fuori dallemura per recitarlo. Imbattutosi poi in uno che

ha la malattia di ascoltare discorsilo ha vistoe nel vederlo si èrallegrato di avere chi potesse coribanteggiare con lui

(6) e lo ha invitato ad accompagnarlo. Ma quando l'amante dei discorsi lo hapregato di declamarlosi è schermito come

se non desiderasse parlare: ma alla fine avrebbe parlato anche a viva forzase non lo si fosse ascoltato volentieri. Tu

dunqueFedropregalo di fare adesso quello che comunque farà molto presto.

FEDRO: Per meveramentela cosa di gran lunga migliore è parlare cosìcome sono capacepoiché mi sembra che

non mi lascerai assolutamente andare prima che abbia parlatoin qualunquemodo.

SOCRATE: Ti sembra davvero bene.

FEDRO: Allora farò così. In realtàSocratenon l'ho proprio imparatotutto parola per parola: ti esporrò tuttavia il

concetto più o meno di tutti gli argomenti con i quali lui ha sostenuto chela condizione di chi ama differisce da quella

di chi non amauno per uno e per sommi capicominciando dal primo.

SOCRATE: Prima peròcarissìmomostrami che cos'hai nella sinistra sottoil mantello; ho l'impressione che tu

abbia proprio il discorso.

Se è cosìtieni presente che io ti voglio molto benema se c'è ancheLisia non ho assolutamente intenzione di

offrirmi alle tue esercitazioni retoriche. Viamostramelo!

FEDRO: Smettila! Mi hai toltoSocratela speranza che riponevo in te diesercitarmi. Ma dove vuoi che ci sediamo

a leggere?

SOCRATE: Giriamo di qui e andiamo lungo l'Ilisso(7) poi ci sederemo dove cisembrerà un posto tranquillo.

FEDRO: A quanto paremi trovo a essere scalzo al momento giusto; tu infattilo sei sempre. Perciò sarà per noi

facilissimo camminare bagnandoci i piedi nell'acquae non spiacevoletantopiù in questa stagione e a quest'ora.(8)

SOCRATE: Fa' da guida dunquee intanto guarda dove ci potremo sedere.

FEDRO: Vedi quell'altissimo platano?

SOCRATE: E allora?

FEDRO: Là c'è ombrauna brezza moderata ed erba su cui sederci o anchesdraiarcise vogliamo.

SOCRATE: Puoi pure guidarmici.

FEDRO: DimmiSocrate: non è proprio da quida qualche parte dell'Ilissoche a quanto si dice Borea ha rapito

Orizia?(9) SOCRATE: Così si dice.

FEDRO: Proprio da qui dunque? Le acque appaiono davvero dolcipure elimpideadatte alle fanciulle per giocarvi

vicino.

SOCRATE: Nocirca due o tre stadi più in giùdove si attraversa il fiumeper andare al tempio di Agra: (10)

appunto là c'è un altare di Borea.

3

FEDRO: Non ci ho mai fatto caso. Ma dimmiper Zeus: tuSocrateseiconvinto che questo racconto sia vero?

SOCRATE: Ma se non ci credessicome fanno i sapientinon sarei una personastrana; e allorafacendo il sapiente

potrei dire che un soffio di Borea la spinse giù dalle rupi vicine mentregiocava con Farmaceaed essendo morta così si

è sparsa la voce che è stata rapita da Borea (oppure dall'Areopago(11)poiché c'è anche questa leggendache fu rapita

da là e non da qui). Io peròFedroconsidero queste spiegazioni sìingegnosema proprie di un uomo fin troppo valente

e impegnatoe non del tutto fortunatose non altro perché dopo questo gliè giocoforza raddrizzare la forma degli

Ippocentaurie poi della Chimera; quindi gli si riversa addosso una folla ditali Gorgoni e Pegasi (12) e un gran numero

di altri esseri straordinari dalla natura strana e portentosa. E se unononcredendocivorrà ridurre ciascuno di questi

esseri al verosimiledato che fa uso di una sapienza rozzaavrà bisogno dimolto tempo libero. Ma io non ho proprio

tempo per queste cose; e il motivocaro amicoè il seguente. Non sonoancora in gradosecondo l'iscrizione delficadi

conoscere me stesso;(13) quindi mi sembra ridicolo esaminare le cose che misono estranee quando ignoro ancora

questo. Perciò mando tanti saluti a queste storiestandomene di quantocomunemente si crede riguardo a essecome ho

detto poco faed esamino non queste cose ma me stessoper vedere se percaso non sia una bestia più intricata e che

getta fiamme più di Tifoneoppure un essere più mite e più semplicepartecipe per natura di una sorte divina e priva di

vanità fumosa.(14) Ma cambiando discorsoamiconon era forse questol'albero a cui volevi guidarci?

FEDRO: Proprio questo.

SOCRATE: Per Eraè un bel luogo per sostare! Questo platano è moltofrondoso e imponentel'alto agnocasto è

bellissimo con la sua ombraed essendo nel pieno della fioritura rende illuogo assai profumato. Sotto il platano poi

scorre la graziosissima fonte di acqua molto frescacome si può sentire colpiede. Dalle immagini di fanciulle e dalle

statue sembra essere un luogo sacro ad alcune Ninfe e ad Acheloo.(15) E sevuoi ancoracom'è amabile e molto dolce il

venticello del luogo! Una melodiosa eco estiva risponde al coro delle cicale.Ma la cosa più leggiadra di tutte è l'erba

poichédisposta in dolce decliviosembra fatta apposta per distendersi eappoggiarvi perfettamente la testa.

Insommahai fatto da guida a un forestiero in modo eccellentecaro Fedro!

FEDRO: Mirabile amicosembri una persona davvero strana: assomigli propriocome dicia un forestiero condotto

da una guida e non a un abitante del luogo. Non lasci la città per recartioltre confinee mi sembra che tu non esca

affatto dalle mura.

SOCRATE: Perdonamicarissimo. Io sono uno che ama imparare; la terra e glialberi non vogliono insegnarmi

nullagli uomini in città invece sì. Mi sembra però che tu abbia trovatola medicina per farmi uscire. Come infatti quelli

che conducono gli animali affamati agitano davanti a loro un ramoscello verdeo qualche fruttocosì tutendendomi

davanti al viso discorsi scritti sui librisembra che mi porterai in giroper tutta l'Attica e in qualsiasi altro luogo vorrai.

Ma per ìl momentoora che sono giunto qui io intendo sdraiarmitu sceglila posizione in cui pensi di poter leggere più

comodamente e leggi.

FEDRO: Ascoltadunque.

«Sei a conoscenza della mia situazionee hai udito che ritengo sia per noiutile che queste cose accadano; ma non

stimo giusto non poter ottenere ciò che chiedo perché non mi trovo a esseretuo amante. Gli innamorati si pentono dei

benefici che hanno fattoallorquando cessa la loro passionementre per glialtri non viene mai un tempo in cui conviene

cambiare parere. Infatti fanno benefici secondo le loro possibilità non percostrizionema spontaneamenteper

provvedere nel migliore dei modi alle proprie cose. Inoltre coloro che amanoconsiderano sia ciò che è andato loro male

a causa dell'amoresia i benefici che hanno fattoe aggiungendo a questol'affanno che provavano pensano di aver reso

già da tempo la degna ricompensa ai loro amati. Invece coloro che non amanonon possono addurre come scusa la

scarsa cura delle proprie cose per questo motivoné mettere in conto gliaffanni trascorsiné incolpare gli amati delle

discordie con i familiari; sicchétolti di mezzo tanti malinon resta loroaltro se non fare con premura ciò che pensano

sarà loro gradito quando l'avranno fatto. Inoltrese vale la pena di tenerein grande considerazione gli amanti perché

dicono di essere amici al sommo grado di coloro che amano e sono pronti sia aparole sia coi fatti a rendersi odiosi agli

altri pur di compiacere gli amatiè facile comprendere chese dicono ilveroterranno in maggior conto quelli di cui si

innamoreranno in seguitoed è chiaro chese parrà loro il casoai primifaranno persino del male. D'altronde come può

essere conveniente concedere una cosa del genere a chi ha una disgrazia taleche nessunoper quanto espertopotrebbe

tentare di allontanare? Essi stessiinfattiammettono di essere malati piùche assennatie di sapere che sragionanoma

non sanno dominarsi; di conseguenzauna volta tornati in sennocomepotranno credere che vada bene ciò di cui

decidono in questa disposizione d'animo? E ancorase scegliessi il miglioredegli amantila tua scelta sarebbe tra pochi

se invece scegliessi quello più adatto a te tra gli altrisarebbe tramolti; perciò c'è molta più speranza che quello degno

della tua amicizia si trovi tra i molti.

Se poisecondo l'usanza correntetemi di guadagnarti del biasimo nel casola gente lo venga a sapereè naturale che

gli amanticredendo di essere invidiati dagli altri così come si invidianotra lorosi inorgogliscano parlandone e per

ambizione mostrino a tutti che non hanno faticato invano; mentre coloro chenon amanoessendo più padroni di sé

scelgono ciò che è meglio in luogo della fama presso gli uomini. Inoltre èinevitabile che molti vengano a sapere o

vedano gli amanti accompagnare i loro amati e darsi un gran da farecosicchéquando li vedono discorrere tra loro

credono che essi stiano insieme o perché il loro desiderio si è realizzatoo perché sta per realizzarsi; ma non provano

affatto ad accusare coloro che non amano perché stanno assiemesapendo cheè necessario parlare con qualcuno per

amicizia o per qualche altro piacere. E se poi hai paura perché credi siadifficile che un'amicizia perdurie temi che se

sorgesse un dissidio per un altro motivo la sventura sarebbe comune adentrambimentre in questo caso verrebbe un

gran danno a teperché hai gettato via ciò che più di tutto tieni incontoa maggior ragione dovresti temere coloro che

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amano: molte sono le cose che li affliggonoe credono che tutto accada aloro danno. Per questo allontanano gli amati

anche dalla compagnia con gli altriper timore che quelli provvisti disostanze li superino in ricchezzae quelli forniti dì

cultura li vincano in intelligenza; in sommastanno in guardia contro ilpotere di tutti quelli che possiedono un qualsiasi

altro bene.

Cosìdopo averti indotto a inimicarti queste personeti riducono privo diamicie se badando al tuo interesse sarai

più assennato di loroverrai in discordia con essi. Chi invece non si ètrovato a essere nella condizione di amantema ha

ottenuto grazie alle sue doti ciò che chiedevanon sarebbe geloso di chi siaccompagna a teanzi odierebbe coloro che

rifiutano la tua compagniapensando che da costoro sei disprezzatoma traibeneficio da chi sta assieme a te. Perciò c'è

molta più speranza che dalla cosa nasca tra loro amicizia piuttosto cheinimicizia.

Per di più molti degli amanti hanno desiderio del corpo prima di averconosciuto il carattere e aver avuto esperienza

delle altre qualità individue dell'amatocosì che non è loro chiaro sevorranno ancora essere amici quando la loro

passione sarà finita; per quanto riguarda invece coloro che non amanodalmomento che erano tra loro amici anche

prima di fare questonon è verosimile che la loro amicizia risulti sminuitadal bene che hanno ricevutoanzi esso

rimane come ricordo di ciò che sarà in futuro.

Inoltre ti si addice diventare migliore dando retta a me piuttosto che a unamante. Essi lodano le parole e le azioni

dell'amato anche al di là di quanto è beneda un lato per timore didiventare odiosidall'altro perché essi stessi danno

giudizi meno retti per via del loro desiderio. Infatti l'amore produce talieffetti: a coloro che non hanno fortuna fa

ritenere molesto ciò che agli altri non arreca dolorementre spinge coloroche hanno fortuna a elogiare anche ciò che

non è degno di piaceretanto che agli amati si addice più la compassioneche l'invidia. Se dai retta a meinnanzitutto

starò assieme a te prendendomi cura non solo del piacere presentema anchedell'utilità futuranon vinto dall'amore ma

padrone di me stessosenza suscitare una violenta inimicizia per futilimotivima irritandomi poco e non all'improvviso

per motivi graviperdonando le colpe involontarie e cercando di distogliereda quelle volontarie: queste sono prove di

un'amicizia che durerà a lungo. Se invece ti sei messo in mente che nonpossa esistere amicizia salda se non si ama

conviene pensare che non potremmo tenere in gran conto né i figli né igenitorie non potremmo neanche acquistarci

amici fidatipoiché i vincoli con essi ci sono venuti non da una talepassionema da altri rapporti.

Inoltrese si deve compiacere più di tutti chi ne ha bisognoanche nellealtre cìrcostanze conviene fare benefici non

ai migliorima ai più indigentipoichéliberati da grandissimi maliserberanno la massima gratitudine ai loro

benefattori. E allora anche nelle feste private è il caso di invitare nongli amici ma chi chiede l'elemosina e ha bisogno di

essere sfamatopoiché costoro ameranno i loro benefattorili seguirannoverranno alla loro portaproveranno

grandissima gioiaserberanno non poca gratitudine e augureranno loro ognibene. Ma forse conviene compiacere non

chi è molto bisognosoma chi soprattutto è in grado di rendere il favore;non solo chi chiedema chi è degno della cosa;

non quanti godranno del fiore della tua giovinezzama coloro che anchequando sarai diventato vecchio ti faranno

partecipe dei loro beni; non coloro cheottenuto ciò che desideravanosene vanteranno con gli altrima coloro che per

pudore ne taceranno con tutti; non coloro che hanno cura di te per pocotempoma coloro che ti saranno amici allo

stesso modo per tutta la vita; non coloro checessato il desideriocercheranno il pretesto per un'inimiciziama coloro

che daranno prova della loro virtù quando la tua bellezza sarà sfiorita.Dunque tu ricordati di quanto ti ho detto e

considera questoche gli amici riprendono gli amanti perché sono convintiche questa pratica sia cattivamentre

nessuno dei familiari ha mai rimproverato a coloro che non amano diprovvedere male ai propri affari per questo

motivo.

Forse ora mi domanderai se ti esorto a compiacere tutti quelli che non amano.Ebbeneio credo che neanche chi ama

ti inviti ad avere questo atteggiamento con tutti quelli che amano.

Infatti né per chi riceve benefici la cosa è degna di un'uguale ricompensanése anche lo volessiti sarebbe possibile

tenerlo nascosto allo stesso modo agli altri; bisogna invece che da ciò nonvenga alcun dannoma un vantaggio a

entrambi. Io penso che quanto è stato detto sia sufficiente: se tu desideriancora qualcosa e pensi che sia stata tralasciata

interroga».

FEDRO: Che te ne pare del discorsoSocrate? Non è stato pronunciato inmaniera straordinariain particolare per la

scelta dei vocaboli?

SOCRATE: In maniera davvero divinaamicoal punto che ne sono rimastocolpito! E questa impressione l'ho avuta

per causa tuaFedroguardando teperché mi sembrava che esultassi per ildiscorso intanto che lo leggevi. E dato che

credo che in queste cose tu ne sappia più di me ti seguivoe nel seguirtiho partecipato al tuo furore bacchicoo testa

divina! (16) FEDRO: Ma dai! Ti pare il caso di scherzare così?

SOCRATE: Ti sembra che io scherzi e che non abbia fatto sul serio?

FEDRO: Nient'affattoSocratema dimmi veramenteper Zeus protettore degliamici: credi che ci sia un altro tra i

Greci in grado di parlare sullo stesso argomento in modo più grande ecopioso di lui?

SOCRATE: Ma come? Bisogna che il discorso sia lodato da me e da te anchesotto questo aspettoossia perché il

suo autore ha detto ciò che bisognava diree non solo perché ha tornitociascun termine in modo chiaroforbito e

puntuale? Se proprio bisognadevo convenirne per amor tuodal momento chemi è sfuggito a causa della mia nullità.

Infatti ho posto mente soltanto all'aspetto retorico del discorso; quantoall'altrocredevo che neppure Lisia lo ritenesse

sufficiente. A meno che tuFedronon abbia un'opinione diversami è parsoche abbia ripetuto due o tre volte gli stessi

concetticome se non avesse a disposizione grandi risorse per dire moltecose sullo stesso argomentoo forse come se

non gliene importasse nulla; e mi sembrava pieno di baldanza giovanile quandomostrava com'era bravodicendo le

stesse cose prima in un modo e poi in un altroa parlarne in tutti e due icasi nella maniera migliore.

5

FEDRO: Ti sbagliSocrate: precisamente in questo consiste il discorso.Infatti non ha tralasciato nulla di ciò che

meritava d'esser detto in argomentotanto che nessuno mai saprebbe dire cosediverse e di maggior pregio rispetto a

quelle dette.

SOCRATE: In questo non potrò più darti retta: uomini e donne antichi esapientiche hanno parlato e scritto di

queste cosemi confuterannose per farti piacere convengo con te.

FEDRO: Chi sono costoro? E dove hai ascoltato cose migliori di queste?

SOCRATE: Oralì per lìnon so dirlo; ma è chiaro che le ho udite daqualcunodalla bella Saffo o dal saggio

Anacreonte o da qualche scrittore in prosa.(17) Da cosa lo arguisco peraffermare ciò? In qualche mododivino

fanciullosento di avere il petto pieno e di poter dire cose diverse dallesuee non peggiori. So bene che non ho

concepito da me niente di tutto ciòdato che riconosco la mia ignoranza;allora restacredoche da qualche altra fonte

io sia stato riempito attraverso l'ascolto come un vaso. Ma per indolenza hoscordato proprio questocome e da chi le ho

udite.

FEDRO: Ma hai detto cose bellissimenobile amico! Neanche se te lo ordinodevi riferirmi da chi e come le hai

uditema metti in atto esattamente il tuo proposito. Hai promesso di direcose diversein maniera migliore e non meno

diffusa rispetto a quelle contenute nel libroastenendoti da queste ultime;quanto a meio ti prometto che come i nove

arconti innalzerò a Delfi una statua d'oro a grandezza naturalenon solomia ma anche tua.(18) SOCRATE: Sei

carissimo e veramente d'oroFedrose pensi che io affermi che Lisia hasbagliato tutto e che è possibile dire cose

diverse da tutte queste; ciòcredonon potrebbe capitare neanche alloscrittore più scarso. Tanto per incominciare

riguardo all'argomento del discorsochi credi chesostenendo che bisognacompiacere coloro che non amano piuttosto

che coloro che amanoabbia ancora altro da dire quando abbia tralasciato dilodare l'assennatezza degli uni e biasimare

la dissennatezza degli altriil che appunto è necessario? Ma credo che sidebbano concedere e perdonare simili

argomenti a chi ne parla; e di tali argomenti è da lodare non l'invenzionema la disposizionementre degli argomenti

non necessari e difficili da trovare è da lodareoltre alla disposizioneanche l'invenzione.

FEDRO: Concordo con ciò che dici: mi sembri aver parlato in modo opportuno.Pertanto farò anch'io così: ti

concederò di stabilire come principio che chi ama è più ammalato di chinon amae quanto al restose avrai detto altre

cose in maggior quantità e di maggior pregio di questeergiti pure comestatua lavorata a martello a Olimpiapresso

l'offerta votiva dei Cipselidi! (19) SOCRATE: L'hai presa sul serioFedroperché ioscherzando con teho attaccato il

tuo amatoe credi che io proverò veramente a dire qualcosa di diverso e dipiù vario a confronto dell'abilità di lui?

FEDRO: A questo propositocaromi hai dato l'occasione per un'ugualepresa.(20) Ora tu devi parlare

assolutamentecosì come sei capacein modo da non essere obbligati a farequella cosa volgare da commedianti che si

rimbeccano a vicendae non volermi costringere a tirar fuori quella frase:«Socratese io non conosco Socratemi sono

dimenticato anche di me stesso»o quell'altra: «Desiderava direma sischermiva»; ma tieni bene in mente che non ce

ne andremo di qui prima che tu abbia esposto ciò che sostenevi di avere nelpetto. Siamo noi due soliin un luogo

appartatoio sono più forte e più giovane. Da tutto ciòdunque«intendi quel che ti dico»(21) e vedi di non parlare a

forza piuttosto che spontaneamente.

SOCRATE: Ma beato Fedromi coprirò di ridicolo improvvisando un discorsosui medesimi argomentida profano

che sono a confronto di un autore bravo come lui!

FEDRO: Sai com'è la questione? Smettila di fare il ritroso con me; poichépenso di avere una cosa chese te la dico

ti costringerà a parlare.

SOCRATE: Allora non dirmela!

FEDRO: Noinvece te la dico proprio! E le mie parole saranno un giuramento.Ti giuro... ma su chisu quale dio?

Vuoi forse su questo platano qui? Ebbeneti giuro che se non pronuncerai iltuo discorso proprio davanti a questo

platanonon ti mostrerò e non ti riferirò più nessun altro discorso dinessuno.

SOCRATE: Ahibirbante! Come hai trovato bene il modo di costringere un uomoamante dei discorsi a fare ciò che

tu ordini!

FEDRO: Perché allora fai tanti giri?

SOCRATE: Niente più indugidal momento che hai proferito questo giuramento.

Come potrei astenermi da un tale banchetto?

FEDRO: Allora parla!

SOCRATE: Sai dunque come farò?

FEDRO: Riguardo a cosa?

SOCRATE: Parlerò dopo essermi coperto il capoper svolgere il discorso ilpiù velocemente possibile e non

trovarmi in imbarazzo per la vergognaguardando verso di te.

FEDRO: Purché tu parli; quanto al restofa' come vuoi.

SOCRATE: Orsùo Muse dalla voce melodiosavuoi per l'aspetto del cantovuoi perché siete state così chiamate

dalla stirpe dei Liguri amante della musica(22) narrate assieme a me ilracconto che questo bellissimo giovane mi

costringe a direcosì che il suo compagnoche già prima gli sembravasapienteora gli sembri tale ancora di più.

C'era una volta un fanciulloo meglio un giovanetto assai bellodi cuimolti erano innamorati. Uno di loroche era

astutopur non essendo innamorato meno degli altri aveva convinto ilfanciullo che non lo amava. E un giorno

saggiandolocercava di persuaderlo proprio di questoche bisogna compiacerechi non ama piuttosto che chi amae gli

parlava così: «Innanzi tuttofanciulfouno solo è l'inizio per chi deveprendere decisioni nel modo giusto: bisogna

sapere su cosa verte la decisioneo è destino che si sbagli tutto. Ai piùsfugge che non conoscono l'essenza di ciascuna

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cosa. Perciònella convinzione di saperlonon si mettono d'accordoall'inizio della ricerca e proseguendo ne pagano le

naturali conseguenzepoiché non si accordano né con se stessi né traloro.

Che non capiti dunque a me e a te ciò che rimproveriamo agli altrima dalmomento che ci sta dinanzi la questione

se si debba entrare in amicizia con chi ama piuttosto che con chi non amastabiliamo di comune accordo una

definizione su cosa sia l'amore e quale forza abbia; poitenendo presentequesta definizione e facendovi riferimento

esaminiamo se esso apporta un vantaggio o un danno. Che l'amore sia appuntoun desiderioè chiaro a tutti; che inoltre

anche chi non ama desideri le cose bellelo sappiamo. Da che cosa alloradistingueremo chi ama e chi non ama?

Occorre poi tenere presente che in ciascuno di noi ci sono due princìpi checi governano e ci guidanoe che noi

seguiamo dove essi ci guidano: l'unoinnatoè il desiderio dei piaceril'altro è un'opinione acquisita che aspira al

sommo bene. Talvolta questi due princìpi dentro di noi si trovano d'accordotalvolta invece sono in disaccordo; talvolta

prevale l'unotalvolta l'altro.

Pertantoquando l'opinione guida con il ragionamento al sommo bene eprevalela sua vittoria ha il nome di

temperanza; mentre se il desiderio trascina fuori di ragione verso i piacerie domina in noiil suo dominio viene

chiamato dissolutezza. La dissolutezza ha molti nomidato che è composta dimolte membra e molte parti; e quella che

tra queste forme si distingue conferisce a chi la possiede il soprannomederivato da essache non è né bello né

meritevole da acquistarsi. Il desiderio relativo al ciboche prevale sullaragione del bene migliore e sugli altri desideriè

chiamato ingordigia e farà sì che chi lo possiede venga chiamato con lostesso nome; quello che tiranneggia

nell'ubriachezza e conduce in tale stato chi lo possiedeè chiaro qualeepiteto gli toccherà; cosìanche per gli altri nomi

fratelli di questi che designano desideri fratellia seconda di quello chevia via signoreggiaè ben evidente come

conviene chiamarli. Il desiderio a motivo del quale è stato fatto tutto ildiscorso precedente ormai è pressoché

manifestoma è assolutamente più chiaro una volta detto che se non vienedetto; ebbeneil desiderio irrazionale che ha

il sopravvento sull'opinione incline a ciò che è rettouna volta chetratto verso il piacere della bellezza e corroborato

vigorosamente dai desideri a esso congiunti della bellezza fisicahaprevalso nel suo trasporto prendendo nome dal suo

stesso vigoreè chiamato eros».(23) Ma caro Fedronon sembra anche a tecome a meche mi trovi in uno stato

divino?

FEDRO: CertamenteSocrate! Ti ha preso una certa facilità di parolacontrariamente al solito!

SOCRATE: Ascoltami dunque in silenzio. Il luogo sembra veramente divinopercio non meravigliarti se nel

prosieguo del discorso sarò spesso invasato dalle Ninfe: le parole cheproferisco adesso non sono lontane dai

ditirambi.(24) FEDRO: Dici cose verissime.

SOCRATE: E tu ne sei la causa. Ma ascolta il restopoiché forse quello chemi viene alla mente potrebbe andarsene

via. A questo provvederà un dionoi invece dobbiamo tornare col nostrodiscorso al fanciullo.

«Dunquecarissimo: cosa sia ciò su cui bisogna prendere decisionièstato detto e definito; oratenendo presente

questodobbiamo dire il restoossia quale vantaggio o quale dannopresumibilmente verrà da uno che ama e da uno che

non ama a chi concede i suoi favori. Per chi è soggetto al desiderio ed èschiavo del piacere è inevitabile rendere l'amato

il più possibile gradito a sé; ma per chi è malato tutto ciò che nonoppone resistenza è piacevolementre tutto ciò che è

più forte o pari a lui è odioso.

Così un amante non sopporterà di buon grado un amato superiore o pari aluima vuole sempre renderlo inferiore e

più debole: e inferiore è l'ignorante rispetto al saggioil vile rispettoal coraggiosochi non sa parlare rispetto a chi ha

abilità oratoriechi è tardo di mente rispetto a chi è d'ingegno acuto.è inevitabile chese nell'animo dell'amato nascono

o ci sono per natura tanti difettio anche di piùl'amante ne goda e neprocuri altripiuttosto che essere privato del

piacere del momento. Ed è altresì inevitabile che sia geloso e causa digrande dannopoiché distoglie l'amato da molte

altre compagnie vantaggiose grazie alle quali diverrebbe veramente uomodanno che diventa grandissimo quando lo

allontana da quella compagnia grazie alla quale diventerebbe una personamolto assennata. Essa è la divina filosofiada

cui inevitabilmente l'amante tiene lontano l'amato per paura di esseredisprezzatocosì come ricorrerà alle altre

macchinazioni per fare in modo che sia ignorante di tutto e guardi solo alsuo amante; e in questa condizione l'amato

sarebbe fonte di grandissimo piacere per luima del massimo danno per sestesso. Quindiper quanto riguarda

l'intellettol'uomo che prova amore non è in nessun modo utile come guida ecome compagno.

Poi si deve considerare la costituzione del corpoe quale cura ne avràcolui che ne diventerà padronedato che si

trova costretto a inseguire il piacere anziché il bene. Lo si vedrà seguireuna persona molle e non vigorosanon

cresciuta alla pura luce del sole ma nella fitta ombrainesperta di fatichevirili e di secchi sudoriesperta invece di una

vita delicata ed effeminataornata di colori e abbellimenti altrui permancanza dei propriintenta a tutte quelle attività

conseguenti a ciòche sono evidenti e non meritano ulteriori discussioni.Ma stabiliamo un punto essenzialee poi

passiamo ad altro: per un corpo del generein guerra come in tutte le altreoccupazioni importantii nemici prendono

coraggiogli amici e gli stessi amanti provano timore.

Perciò questo punto è da lasciar perderedato che è evidentee bisognapassare invece a quello successivocioè

quale vantaggio o quale danno arrecherà ai nostri beni la compagnia e laprotezione di chi ama. è chiaro a chiunquema

soprattutto all'amanteche egli si augurerebbe più d'ogni altra cosa chel'amato fosse orbo dei beni più caripiù preziosi

e più divini; accetterebbe che rimanesse privo di padremadreparenti eamiciritenendoli causa d'impedimento e

biasimo della dolcissima compagnia che ha con lui. E se possiede sostanze inoro o altri beniegli penserà che non sia

facile da conquistare néuna volta conquistatotrattabile; ne consegueinevitabilmente che l'amante provi gelosia se

l'oggetto del suo amore possiede delle sostanzee gioisca se le perde.Inoltre l'amante si augurerà che l'amato sia senza

mogliesenza figli e senza casa il più a lungo possibilepoiché brama dicogliere il più a lungo possibile il frutto della

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sua dolcezza.

Ci sono altri mali ancorama un dio ha mescolato alla maggior parte di essiun piacere momentaneo; per esempio

all'adulatorebestia terribile e fonte di grande dannola natura hacomunque mescolato un piacere non privo di gusto. E

così qualcuno può biasimare come rovinosa un'etera o molte altre creature eattività del genereche almeno per un

giorno possono essere occasione di grandissimo piacere; ma per l'amato lacompagnia quotidiana dell'amanteoltre al

danno che arrecaè la cosa di tutte più spiacevole. Infatticome recital'antico proverbioil coetaneo si diletta del

coetaneo (credo infatti che l'avere gli stessi anni conduca agli stessipiaceri e procuri amicizia in virtù della

somiglianza); tuttavia anche il loro stare insieme genera sazietà.

Inoltre si dice che la costrizione è pesante per chiunque in qualsiasicircostanza: ed è proprio questo il rapporto che

oltre alla differenza d'etàl'amante ha con il suo amato. Infattiquandouno più vecchio sta assieme a uno più giovane

non lo lascia volentieri né di giorno né di nottema è tormentato da unanecessità e da un pungolo che lo conduce a

destra e a manca procurandogli di continuo piaceri a vedereascoltaretoccare l'amato e a provare tutto ciò che lui

provasì da mettersi strettamente e con piacere al suo servizio. Ma qualeconforto o quali piaceri darà all'amato per

evitare che questistando con lui per lo stesso periodo di tempoarrivi alcolmo del disgusto? Quando quello vedrà un

volto invecchiato e non più in fiorecon tutte le conseguenze giàspiacevoli da udire a paroleper non parlare poi se ci si

trova nella necessità di avere a che fare con esse; quando dovrà guardarsiin ogni momento e con tutti da custodi

sospettosi e sentirà elogi inopportuni ed esageraticome anche insulti giàinsopportabili se l'amante è sobriovergognosi

oltre ogni sopportazione se è ubriaco e indulge a una libertà di linguaggiostucchevole e assoluta?

E se quando è innamorato e dannoso e spiacevoleuna volta che l'amore èfinito sarà inaffidabile per il tempo a

venirein prospettiva del quale era riuscito a malapenacon molte promessecondite di infiniti giuramenti e preghiere e

in virtù della speranza di beni futuria mantenere il legame già allorafaticoso da sopportare. E alloraquando bisogna

pagare il debitodato che dentro di sé ha cambiato padrone e signoreeassennatezza e temperanza hanno preso il posto

di amore e folliaè divenuto un altro senza che il suo amato se ne siaaccorto. Questiricordandosi di quanto era stato

fatto e detto e pensando di parlare ancora con la stessa personachiede chegli siano ricambiati i favori resi allora;

quello per la vergogna non ha il coraggio di dire che è diventato un altroné sa come mantenere i giuramenti e le

promesse fatte sotto la dissennata signoria precedentedato che ormai hariacquistato il senno e la temperanzaper non

ridiventare simile a quello che era primase non addirittura lo stesso diprimafacendo le stesse cose. Perciò diventa un

fuggiascoe poiché l'amante di prima ora è di necessita reo di frodeinvertite le partimuta il suo stato e si dà alla

fuga.(25) L'altro è costretto a inseguire tra lo sdegno e le imprecazionipoiché non ha capito tutto fin dal principiocioè

che non avrebbe mai dovuto compiacere chi ama e di necessità è privo disennoma ben più chi non ama ed è

assennato; altrimenti sarebbe inevitabile concedersi a una persona infidadifficile di caratteregelosaspiacevoledanno

sa per le proprie ricchezzedannosa per la costituzione fisicama dannosanel modo più assoluto per l'educazione

dell'animadella quale in tutta verità non c'è e mai ci sarà cosa dimaggior valore né per gli uomini né per gli dèi.

Pertantoragazzobisogna intendere bene questoe sapere che l'amicizia diun amante non nasce assieme alla

benevolenzama alla maniera del ciboper saziarsi; come i lupi amano gliagnellicosì gli amanti hanno caro un

fanciullo».

Questo è quantoFedro. Non mi sentirai dire di piùma considera ormaifinito il discorso.

FEDRO: Eppure io credevo che fosse a metàe che tu avresti speso ugualiparole per chi non amadicendo che

bisogna piuttosto compiacere lui e indicando quanti beni ne derivano; ma oraperché smettiSocrate?

SOCRATE: Non ti sei accortobeatoche ormai pronuncio versi epici e nonpiù ditirambiproprio mentre muovo

questi rimproveri? Se comincerò a elogiare l'altrocosa credi che farò?

Non lo sai che sarei certamente invasato dalle Ninfealle quali tu mi haigettato deliberatamente in balia? Perciò in

una parola ti dico che quanti sono i mali che abbiamo biasimato nell'unotanti sono i beniad essi oppostiche si trovano

nell'altro. E che bisogno c'è di un lungo discorso? Di entrambi si è dettoabbastanza.

Così il racconto avrà la sorte che gli spetta; e ioattraversato questofiumeme ne torno indietro prima di essere

costretto da te a qualcosa di più grande.

FEDRO: Non ancoraSocratenon prima che sia passata la calura.

Non vedi che è all'incirca mezzogiornol'ora che viene chiamata immota? Marestiamo a discutere sulle cose che

abbiamo detto; non appena farà più frescoce ne andremo.

SOCRATE: Quanto ai discorsi sei divinoFedroe semplicemente straordinario.Io penso che di tutti i discorsi

prodotti durante la tua vita nessuno ne abbia fatto nascere più di teoperché li pronunci di persona o perché costringi in

qualche modo altri a pronunciarli (faccio eccezione per Simmia il Tebano(26) ma gli altri li vinci di gran lunga). E ora

mi sembra che tu sia stato la causa di un mio nuovo discorso.

FEDRO: Allora non mi dichiari guerra! Ma comee qual è questo discorso?

SOCRATE: Quando stavo per attraversare il fiumecaro amicosi èmanifestato quel segno divino che è solito

manifestarsi a me e che mi trattiene sempre da ciò che sto per fare. E mi èparso di udire proprio da lì una certa voce che

non mi permette di andare via prima d'essermi purificatocome se avessicommesso qualche colpa verso la divinità. In

effetti sono un indovinoper la verità non molto bravomacome chi sa amalapena scriverevalido solo per me stesso;

perciò comprendo chiaramente qual è la colpa. Perché anche l'animacaroamicoha un che di divinatorio; infatti mi ha

turbato anche primamentre pronunciavo il discorsoe in qualche modotemevocome dice Ibicoche «commesso un

fallo» nei confronti degli dèi «consegua fama invece tra gli umani».(27)Ma ora mi sono reso conto della colpa.

FEDRO: Che cosa dici?

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SOCRATE: TerribileFedroterribile è il discorso che tu hai portatocomequello che poi mi hai costretto a dire!

FEDRO: E perché?

SOCRATE: è sciocco e sotto un certo aspetto empio. Quale discorso potrebbeessere più terribile di questo?

FEDRO: Nessunose tu dici il vero.

SOCRATE: E allora? Non credi che Eros sia figlio di Afrodite e sia unacreatura divina?

FEDRO: Così almeno si dice.

SOCRATE: Ma non è detto da Lisiané dal tuo discorsoche è statopronunciato tramite la mia bocca ammaliata da

te. E se Eros ècome appunto èun dio o un che di divinonon sarebbeaffatto un malee invece i due discorsi

pronunciati ora su di lui ne parlavano come se fosse un male; in questodunque hanno commesso una colpa nei

confronti dì Eros. Inoltre la loro semplicità è proprio graziosapoichésenza dire niente di sano né di vero si danno delle

arie come se fossero chissà cosase ingannando alcuni omiciattolitroveranno fama presso di loro.

Pertanto iocaro amicoho la necessità di purificarmi; per coloro checommettono delle colpe nei confronti del mito

c'è un antico rito purificatorioche Omero non conobbema Stesicoro sì.

Costui infattiprivato della vista per aver diffamato Elenanon ne ignoròla causa come Omeroma da amante alle

Muse quale era la capì e subito compose questi versi: Questo discorso non èveritieronon navigasti sulle navi ben

costruttenon arrivasti alla troiana Pergamo.(28) E dopo aver compostol'intero carme chiamato Palinodia gli tornò

immediatamente la vista. Io pertanto sarò più saggio di loro almeno sottoquesto aspetto: prima di incorrere in un male

per aver diffamato Eros tenterò di offrirgli in cambio la mia palinodiacolcapo scoperto e non velato come allora per la

vergogna.

FEDRO: Non avresti potuto dirmi cose più dolci di questeSocrate.

SOCRATE: Veramentecaro Fedrotu intendi con quale impudenza siano statipronunciati i due discorsiil mio e

quello ricavato dal libro. Se un uomo dall'indole nobile e affabilechefosse innamorato di uno come lui o lo fosse stato

in precedenzaci ascoltasse mentre diciamo che gli amanti sollevano grandiinimicizie per futili motivi e sono gelosi e

dannosi nei confronti dei loro amatinon credi che avrebbe l'impressione diascoltare persone allevate in mezzo ai

marinai e che non hanno mai visto un amore liberoe sarebbe ben lungi dalconvenire con noi sui rimproveri che

muoviamo ad Eros?

FEDRO: Per Zeusforse sìSocrate.

SOCRATE: Io dunqueper vergogna nei suoi confronti e per timore dello stessoErosdesidero sciacquarmi dalla

salsedine che impregna il mio udito con un discorso d'acqua dolce; econsiglio anche a Lisia di scrivere il più in fretta

possibile chea parità di condizioniconviene compiacere più un amanteche chi non ama.

FEDRO: Ma sappi bene che sarà così: quando avrai pronunciato l'elogiodell'amantesarà inevitabile che Lisia

venga costretto da me a scrivere un altro discorso sullo stesso argomento.

SOCRATE: Confido in ciòfinché sarai quello che sei.

FEDRO: Fatti coraggiodunquee parla.

SOCRATE: Dov'è il ragazzo a cui parlavo? Faccia in modo di ascoltare anchequesto discorso e non conceda con

troppa fretta i suoi favori a chi non ama per non aver udito le mie parole.

FEDRO: Questo ragazzo è accanto a temolto vicinoogni qualvolta tuvoglia.

SOCRATE: Alloramio bel ragazzotieni presente che il discorso di prima eradi Fedro figlio di Pitocledel demo

di Mirrinuntementre quello che mi accingo a dire è di Stesicoro di Imerafiglio di Eufemo. Bisogna dunque parlare

così: «Non è veritiero il discorso secondo il quale anche in presenza diun amante si deve piuttosto compiacere chi non

amaper il fatto che l'uno è in preda a "mania"l'altro èassennato. Se infatti l'essere in preda a mania fosse un male

puro e semplicesarebbe ben detto; ora però i beni più grandi ci vengonodalla maniaappunto in virtù di un dono

divino. Infatti la profetessa di Delfi e le sacerdotesse di Dodona(29)quando erano prese da maniaprocurarono alla

Grecia molti e grandi vantaggi pubblici e privatimentre quando eranoassennate giovarono poco o nulla. E se

parlassimo della Sibilla (30) e di tutti gli altri cheavvalendosi dell'artemantica ispirata da un diocon le loro predizioni

in molti casi indirizzarono bene molte persone verso il futurocidilungheremmo dicendo cose note a tutti. Merita

certamente di essere addotto come testimonianza il fatto che tra gli antichicoloro che coniavano i nomi non ritenevano

la mania una cosa vergognosa o riprovevole; altrimenti non avrebbero chiamato"manica" l'arte più bellacon la quale si

discerne il futuroapplicandovi proprio questo nome. Ma considerandola unacosa bella quando nasca per sorte divina

le imposero questo nomementre gli uomini d'oggiinesperti del belloaggiungendo la "t" l'hanno chiamata "mantica".

Così anche la ricerca del futuro che fanno gli uomini assennati mediante ilvolo degli uccelli e gli altri segni del cielo

dal momento che tramite l'intelletto procurano assennatezza e cognizione alla"oiesi"cioè alla credenza umanala

denominarono "oionoistica"mentre i contemporaneivolendolanobilitare con la "o" lungala chiamano oionistica.(31)

Perciòquanto più l'arte mantica è perfetta e onorata della oionisticaeil nome e l'opera dell'una rispetto al nome e

all'opera dell'altratanto più bellasecondo la testimonianza degliantichiè la mania che viene da un dio rispetto

all'assennatezza che viene dagli uomini. Ma la maniasorgendo e profetandoin coloro in cui doveva manifestarsitrovò

una via di scampo anche dalle malattie e dalle pene più graviche daqualche parte si abbattono su alcune stirpi a causa

di antiche colpericorrendo alle preghiere e al culto degli dèi; quindiattraverso purificazioni e iniziazionirese immune

chi la possedeva per il tempo presente e futuroavendo trovato unaliberazione dai mali presenti per chi era in preda a

mania e invasamento divino nel modo giusto. Al terzo posto vengonol'invasamento e la mania provenienti dalle Muse

che impossessandosi di un'anima tenera e pura la destano e la colmano difurore bacchico in canti e altri componimenti

poeticie celebrando innumerevoli opere degli antichi educano i posteri. Chiinvece giunge alle porte della poesia senza

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la mania delle Museconvinto che sarà un poeta valente grazie all'arteresta incompiuto e la poesia di chi è in senno è

oscurata da quella di chi si trova in preda a mania.

Questee altre ancorasono le belle opere di una mania proveniente daglidèi che ti posso elencare. Pertanto non

dobbiamo aver paura di ciòné deve sconvolgerci un discorso che cerchi diintimorirci asserendo che si deve preferire

come amico l'uomo assennato a quello in stato di eccitazione; ma il miodiscorso dovrà riportare la vittoria dimostrando

oltre a quanto detto primache l'amore non è inviato dagli dèi all'amantee all'amato perché ne traggano giovamento.

Noi dobbiamo invece dimostrare il contrariocioè che tale mania è concessadagli dèi per la nostra più grande felicità; e

la dimostrazione non sarà persuasiva per i valent'uominima lo sarà per isapienti. Prima di tutto dunque bisogna

intendere la verità riguardo alla natura dell'anima divina e umanaconsiderando le sue condizioni e le sue opere. L'inizio

della dimostrazione è il seguente.

Ogni anima è immortale. Infatti ciò che sempre si muove è immortalementre ciò che muove altro e da altro è

mosso termina la sua vita quando termina il suo movimento. Soltanto ciò chemuove se stessodal momento che non

lascia se stessonon cessa mai di muoversima è fonte e principio dimovimento anche per tutte le altre cose dotate di

movimento. Il principio però non è generato. Infatti è necessario chetutto ciò che nasce si generi da un principioma

quest'ultimo non abbia origine da qualcosapoiché se un principio nascesseda qualcosa non sarebbe più un principio. E

poiché non è generatoè necessario che sia anche incorrotto; infattiseun principio periscené esso nascerà da qualcosa

né altra cosa da essodato che ogni cosa deve nascere da un principio.Così principio di movimento è ciò che muove se

stesso.

Esso non può né perire né nascerealtrimenti tutto il cielo e tutta laterrariuniti in corpo unicoresterebbero

immobili e non avrebbero più ciò da cui ricevere di nuovo nascita emovimento.

Una volta stabilito che ciò che si muove da sé è immortalenon siproverà vergogna a dire che proprio questa è

l'essenza e la definizione dell'anima. Infatti ogni corpo a cui l'essere inmovimento proviene dall'esterno è inanimato

mentre quello cui tale facoltà proviene dall'internocioè da se stessoèanimatopoiché la natura dell'anima è questa; ma

se è cosìovvero se ciò che muove se stesso non può essere altro chel'animadi necessità l'anima sarà ingenerata e

immortale.

Sulla sua immortalità si è detto a sufficienza; sulla sua idea bisogna direquanto segue. Spiegare quale siasarebbe

proprio di un'esposizione divina sotto ogni aspetto e lungadire invece ache cosa assomigliè proprio di un'esposizione

umana e più breve; parliamone dunque in questa maniera. Si immagini l'animasimile a una forza costituita per sua

natura da una biga alata e da un auriga.(32) I cavalli e gli aurighi deglidèi sono tutti buoni e nati da buoniquelli degli

altri sono misti. E innanzitutto l'auriga che è in noi guida un carro a duepoi dei due cavalli uno è bellobuono e nato da

cavalli d'ugual speciel'altro è contrario e nato da stirpe contraria;perciò la guidaper quanto ci riguardaè di necessità

difficile e molesta. Quindi bisogna cercare di definire in che senso ilvivente è stato chiamato mortale e immortale. Ogni

anima si prende cura di tutto ciò che è inanimato e gira tutto il cielo orain una formaora nell'altra. Se è perfetta e alata

essa vola in alto e governa tutto il mondose invece ha perduto le ali vienetrascinata giù finché non s'aggrappa a

qualcosa di solido; qui stabilisce la sua dimora e assume un corpo terrenoche per la forza derivata da essa sembra

muoversi da sé. Questo insiemecomposto di anima e corpofu chiamatovivente ed ebbe il soprannome di mortale.

Viceversa ciò che è immortale non può essere spiegato con un solo discorsorazionalema senza averlo visto e inteso in

maniera adeguata ci figuriamo un dioun essere vivente e immortalefornitodi un'anima e di un corpo eternamente

connaturati. Ma di queste cose si pensi e si dica così come piace al dio;noi cerchiamo di cogliere la causa della perdita

delle aliper la quale esse si staccano dall'anima. E la causa èall'incirca questa.

La potenza dell'ala tende per sua natura a portare in alto ciò che èpesantesollevandolo dove abita la stirpe degli

dèie in certo modo partecipa del divino più di tutte le cose inerenti ilcorpo. Il divino è bellosapientebuonoe tutto

ciò che è tale; da queste qualità l'ala dell'anima e nutrita e accresciutain sommo gradomentre viene consunta e rovinata

da ciò che è bruttocattivo e contrario ad esse. Zeusil grande sovranoche è in cieloprocede per primo alla guida del

carro alatodà ordine a tutto e di tutto si prende cura; lo segue unesercito di dèi e di demoniordinato in undici schiere.

La sola Estia resta nella dimora degli dèi; quanto agli altri dèiquelliche in numero di dodici sono stati posti come capi

guidano ciascuno la propria schiera secondo l'ordine assegnato.(33) Molte ebeate sono le visioni e i percorsi entro il

cieloper i quali si volge la stirpe degli dèi eternamente feliciadempiendo ciascuno il proprio compito. E tiene dietro a

loro chi sempre lo vuole e lo può; infatti l'invidia sta fuori del corodivino.

Quando poi vanno a banchetto per nutrirsiprocedono in ardua salita verso lasommità della volta celestedove i

carri degli dèiben equilibrati e agili da guidareprocedono facilmentegli altri invece a fatica; infatti il cavallo che

partecipa del male si inclinae piegando verso terra grava col suo pesol'auriga che non l'ha allevato bene. Qui all'anima

si presenta la fatica e la prova suprema. Infatti quelle che sono chiamateimmortaliuna volta giunte alla sommità

procedono al di fuori posandosi sul dorso del cielola cui rotazione letrasporta in questa posamentre esse contemplano

ciò che sta fuori del cielo.

Nessuno dei poeti di quaggiù ha mai cantato né mai canterà in modo degnoil luogo iperuranio.(34) La cosa sta in

questo modo (bisogna infatti avere il coraggio di dire il verotanto più sesi parla della verità): l'essere che realmente è

senza coloresenza forma e invisibileche può essere contemplato solodall'intelletto timoniere dell'anima e intorno al

quale verte il genere della vera conoscenzaoccupa questo luogo. Poichédunque la mente di un dio è nutrita da un

intelletto e da una scienza puraanche quella di ogni anima cui preme diricevere ciò che conviene si appaga di vedere

dopo un certo tempo l'esseree contemplando il vero se ne nutre e ne godefinché la rotazione ciclica del cielo non

l'abbia riportata allo stesso punto. Nel giro che essa compie vede lagiustizia stessavede la temperanzavede la scienza

Platone Fedro

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non quella cui è connesso il diveniree neppure quella che in certo modo èaltra perché si fonda su altre cose da quelle

che ora noi chiamiamo esserima quella scienza che si fonda su ciò che èrealmente essere; e dopo che ha contemplato

allo stesso modo gli altri esseri che realmente sono e se ne è saziatasiimmerge nuovamente all'interno del cielo e fa

ritorno alla sua dimora. Una volta arrivata l'aurigacondotti i cavalli allamangiatoiamette innanzi a loro ambrosia e in

più dà loro da bere del nettare.

Questa è la vita degli dèi. Quanto alle altre animel'unaseguendo nelmigliore dei modi il dio e rendendosi simile a

luisolleva il capo dell'auriga verso il luogo fuori del cielo e vienetrasportata nella sua rotazionema essendo turbata

dai cavalli vede a fatica gli esseri; l'altra ora solleva il capoora piegaverso il bassoe poiché i cavalli la costringono a

forza riesce a vedere alcuni esserialtri no. Seguono le altre animecheaspirano tutte quante a salire in altoma non

essendone capaci vengono sommerse e trasportate tutt'intornocalpestandositra loroaccalcandosi e cercando di

arrivare una prima dell'altra. Nasce così una confusione e una lotta conditadel massimo sudorenella quale per lo

scarso valore degli aurighi molte anime restano azzoppatee a molte altre sispezzano molte penne; tuttedata la grande

faticase ne partono senza aver raggiunto la contemplazione dell'essere euna volta tornate indietro si nutrono del cibo

dell'opinione. La ragione per cui esse mettono tanto impegno per vederedov'è sita la pianura della verità è questa: il

cibo adatto alla parte migliore dell'anima viene dal prato che si trova làe di esso si nutre la natura dell'ala con cui

l'anima si solleva in volo. Questa è la legge di Adrastea.(35) L'anima chedivenuta seguace del dioabbia visto

qualcuna delle veritànon subisce danno fino al giro successivoe seriesce a fare ciò ogni voltaresta intatta per

sempre; qualora invecenon riuscendo a tenere dietro al dionon abbiavistoe per qualche accidenteriempitasi di oblio

e di ignaviasia appesantita e a causa del suo peso perda le ali e cadasulla terraallora è legge che essa non si trapianti

in alcuna natura animale nella prima generazione. Invece l'anima che ha vistoil maggior numero di esseri si trapianterà

nel seme di un uomo destinato a diventare filosofo o amante del bello oseguace delle Muse o incline all'amore. L'anima

che viene per seconda si trapianterà in un re rispettoso delle leggi o in unuomo atto alla guerra e al comandoquella che

viene per terza in un uomo atto ad amministrare lo Stato o la casa o lericchezzela quarta in un uomo che sarà amante

delle fatiche o degli esercizi ginnici o esperto nella cura del corpolaquinta è destinata ad avere la vita di un indovino o

di un iniziatore ai misteri. Alla sesta sarà confacente la vita di un poetao di qualcun altro di coloro che si occupano

dell'imitazionealla settima la vita di un artigiano o di un contadinoall'ottava la vita di un sofista o di un seduttore del

popoloalla nona quella di un tiranno. Tra tutti questichi ha condotto lavita secondo giustizia partecipa di una sorte

migliorechi invece è vissuto contro giustiziadi una peggiore; infatticiascuna anima non torna nel luogo donde è

venuta per diecimila annipoiché non rimette le ali prima di questo periododi tempotranne quella di colui che ha

coltivato la filosofia senza inganno o ha amato i fanciulli secondofilosofia. Queste animeal terzo giro di mille annise

hanno scelto per tre volte di seguito una tale vitarimettono in questo modole ali e al compiere dei tremila anni tornano

indietro. Quanto alle altrequando giungono al termine della prima vitatocca loro un giudizioe dopo essere state

giudicate le une vanno nei luoghi di espiazione sotto terra a scontare laloro penale altreinnalzate dalla Giustizia in un

luogo del cielotrascorrono il tempo in modo corrispondente alla vita chevissero in forma d'uomo.

Al millesimo anno le une e le altregiunte al sorteggio e alla scelta dellaseconda vitascelgono quella che ciascuna

vuole: qui un'anima umana può anche finire in una vita animalee chi unavolta era stato uomo può ritornare da bestia

uomopoiché l'anima che non ha mai visto la verità non giungerà mai atale forma. L'uomo infatti deve comprendere in

funzione di ciò che viene detto ideae che muovendo da una molteplicità disensazioni viene raccolto dal pensiero in

unità; questa è la reminiscenza delle cose che un tempo la nostra animavide nel suo procedere assieme al dioquando

guardò dall'alto ciò che ora definiamo essere e levò il capo verso ciòche realmente è. Perciò giustamente solo l'anima

del filosofo mette le alipoiché grazie al ricordosecondo le suefacoltàla sua mente è sempre rivolta alle entità in virtù

delle quali un dio è divino. Quindi l'uomo che si avvale rettamente di talireminiscenzeessendo sempre iniziato a

misteri perfettidiventa lui solo realmente perfetto; dato però che sidistacca dalle occupazioni degli uomini e si fa

accosto al divinoè ripreso dai più come se delirassema sfugge ai piùche è invasato da un dio.

Questo dunque è il punto d'arrivo di tutto il discorso sulla quarta forma dimaniaquella per cui unoal vedere la

bellezza di quaggiùricordandosi della vera bellezza mette nuove ali edesidera levarsi in voloma non essendone

capace guarda in alto come un uccellosenza curarsi di ciò che sta inbassoe così subisce l'accusa di trovarsi in istato di

mania: di tutte le ispirazioni divine questaper chi la possiede e hacomunanza con essaè la migliore e deriva dalle

cose migliorie chi ama le persone belle e partecipa di tale mania èchiamato amante. Infatticome si è dettoogni

anima d'uomo per natura ha contemplato gli esserialtrimenti non si sarebbeincarnata in un tale vivente. Ma ricordarsi

di quegli esseri procedendo dalle cose di quaggiù non è alla portata diogni animané di quelle che allora videro gli

esseri di lassù per breve temponé di quelle checadute quihanno avutouna cattiva sorteal punto chevolte da cattive

compagnie all'ingiustiziaobliano le sacre realtà che videro allora.

Ne restano poche nelle quali il ricordo si conserva in misura sufficiente:questequalora vedano una copia degli

esseri di lassùrestano sbigottite e non sono più in séma non sannocosa sia ciò che provanoperché non ne hanno

percezione sufficiente. Così della giustiziadella temperanza e di tutte lealtre cose che hanno valore per le anime non

c'è splendore alcuno nelle copie di quaggiùma soltanto pochiaccostandosi alle immaginicontemplano a fatica

attraverso i loro organi ottusila matrice del modello riprodotto.

Allora invece si poteva vedere la bellezza nel suo splendorequando in uncoro felicenoi al seguito di Zeusaltri di

un altro diogodemmo di una visione e di una contemplazione beata ed eravamoiniziati a quello che è lecito chiamare

il più beato dei misteriche celebravamo in perfetta integrità e immunidalla prova di tutti quei mali che dovevano

attenderci nel tempo a venirecontemplando nella nostra iniziazione misticavisioni perfettesempliciimmutabili e

Platone Fedro

11

beate in una luce purapoiché eravamo purì e non rinchiusi in questo cheora chiamiamo corpo e portiamo in giro con

noiincatenati dentro ad esso come un'ostrica.

Queste parole siano un omaggio al ricordoin virtù del qualeper ildesiderio delle cose d'alloraora si è parlato

piuttosto a lungo.

Quanto alla bellezzacome si è dettoessa brillava tra le cose di lassùcome esseree noitornati qui sulla terra

l'abbiamo colta con la più vivida delle nostre sensazioniin quantorisplende nel modo più vivido. Per noi infatti la vista

è la più acuta delle sensazioni che riceviamo attraverso il corpoma essanon ci permette di vedere la saggezza (poiché

susciterebbe terribili amorise giungendo alla nostra vista le offrisseun'immagine di sé così splendente) e le altre realtà

degne d'amore. Ora invece soltanto la bellezza ebbe questa sortedi essereciò che più di tutto è manifesto e amabile.

Chi dunque non è iniziato di recenteo è corrottonon si innalza conpronto acume da qui a lassùverso la bellezza in

séquando contempla ciò che quaggiù porta il suo nome; di conseguenzaquando guarda ad essa non la venerama

consegnandosi al piacere imprende a montare e a generare figli a mo' diquadrupedee comportandosi con tracotanza

non ha timore né vergogna di inseguire un piacere contro natura. Invece chiè iniziato di recente e ha contemplato molto

le realtà di alloraquando vede un volto d'aspetto divino che ha benimitato la bellezza o una qualche forma ideale di

corpodapprima sente dei brividi e gli sottentra qualcuna delle paure diallorapoiguardandololo venera come un dio

e se non temesse di acquistarsi fama di eccessiva mania farebbe sacrifici alsuo amato come a una statua o a un dio. Al

vederlolo afferra come una mutazione provocata dai brividiun sudore e uncalore insolito; e ricevuto attraverso gli

occhi il flusso della bellezzaprende calore là dove la natura dell'ala siabbevera. Una volta che si è riscaldato si

liquefano le parti attorno al punto donde l'ala germogliache essendo datempo tappate a causa della secchezza le

impedivano di fiorire.

Cosìgrazie all'afflusso del nutrimentolo stelo dell'ala si gonfia eprende a crescere dalla radice per tutta la forma

dell'anima; un tempo infatti era tutta alata. A questo punto essa ribolletutta quanta e traboccae la stessa sensazione che

prova chi mette i denti nel momento in cui essi spuntanoossia prurito eirritazione alle gengivela prova anche l'anima

di chi comincia a mettere le ali: quando le ali spuntano ribolle e prova unsenso di irritazione e solletico. Dunque

quando l'animamirando la bellezza del fanciulloriceve delle parti che daessa provengono e fluiscono (e che appunto

per questo sono chiamate flusso d'amore) (36) e ne viene irrigata e scaldatasi riprende dal dolore e si allieta.

Quando invece ne è separata e inaridiscele bocche dei condotti dondespunta fuori l'ala si disseccano e si serrano

impedendone il germoglio; ma essorimasto chiuso dentro assieme al flussod'amorepulsando come le arterie pizzica

nei condotticiascun germoglio nel propriotanto che l'animapungolatatutt'intornoè presa da assillo e doloree

tornandole il ricordo della bellezza si allieta. In seguito alla mescolanzadi entrambe le cosel'anima è turbata per la

stranezza di ciò che prova e trovandosi senza via d'uscita comincia asmaniare; ed essendo in stato di mania non può né

dormire di notte né di giorno restare ferma dov'èma corre in preda aldesiderio dove crede di poter vedere colui che

possiede la bellezza: e una volta che l'ha visto e si è imbevuta del flussod'amorelibera i condotti che allora si erano

ostruitiriprende fiato e cessa di avere pungoli e doloree allora coglienel momento presenteil frutto di questo

dolcissimo piacere. Perciò non se ne distacca di sua volontà e non tiene inconto nessuno più del suo belloma si

dimentica di madrifratelli e di tutti i compagnie non gli importa nullase le sue sostanze vanno in rovina perché non se

ne curaanzi disprezza tutte le consuetudini e le convenienze di cui siornava prima d'allora ed è disposta a servire

l'amato e a giacere con lui ovunque gli sia concesso di stare il più vicinopossibile al suo desiderio; infattioltre a

venerarloha trovato in colui che possiede la bellezza l'unico medico deisuoi più grandi travagli. A questa passione cui

si rivolge il mio discorsoo bel fanciullogli uomini danno il nome dierosgli dèi invece la chiamano in un modo che a

sentirlodata la tua giovane etàti metterai ragionevolmente a ridere.Alcuni Omeridi citano due versicredo presi da

poemi segretiriguardanti Erosuno dei quali è piuttosto insolente e nondel tutto corretto come metro; essi suonano

così: I mortali lo chiamano Eros alatogli immortali Pterosché facrescere l'ali.(37) A questi versi si può credere

oppure non credere; non di meno la causa e la sensazione di chi ama èproprio questa.

Orase chi è stato colto da Eros era uno dei seguaci di Zeusriesce asopportare con più fermezza il peso del dio che

trae il nome dalle ali; quelli che erano al servizio di Ares e giravano ilcielo assieme a luiquando sono presi da Eros e

pensano di subire qualche torto dall'amatosono sanguinari e pronti asacrificare se stessi e il proprio amore. Così

ciascuno conduce la sua vita in base al dio del cui coro era seguaceonorandolo e imitandolo per quanto gli è possibile

finché resta incorrotto e vive la prima esistenza quaggiùe in questo modosi accompagna e ha relazione con gli amati e

con le altre persone. Quindi ciascuno sceglie tra i belli il suo Eros secondoil proprio caratteree come fosse un dio gli

edifica una specie di statua e l'abbellisce per onorarla e tributarle riti. Iseguaci di Zeus cercano il loro amato in chi ha

l'anima conforme al loro dio:(38) pertanto guardano se per natura siafilosofo e atto al comandoe quando l'hanno

trovato e ne se sono innamoratifanno di tutto affinché sia effettivamentetale. E se prima non si erano impegnati in

un'occupazione del genereda quel momento vi mettono mano e imparano da doveè loro possibilecontinuando poi

anche da solie seguendo le tracce riescono a trovare per loro conto lanatura del proprio dioperché sono stati

intensamente costretti a volgere lo sguardo verso di lui; e quando entrano incontatto con lui sono presi da invasamento

e tramite il ricordo ne assumono le abitudini e le occupazioniper quanto èpossibile a un uomo partecipare della natura

di un dio. E poiché ne attribuiscono la causa all'amatolo tengono ancorapiù caroe sebbene attingano da Zeus come le

Baccanti(39) riversando ciò che attingono nell'anima dell'amato lo rendonoil più possibile simile al loro dio. Coloro

che invece erano al seguito di Era cercano un'anima regalee trovatala fannoper lei esattamente le stesse cose. Quelli

del seguito di Apollo e di ciascuno degli altri dèiprocedendo secondo illoro diobramano che il proprio fanciullo

abbia un'uguale naturae una volta che se lo sono procurato imitano essistessi il dio e con la persuasione e

Platone Fedro

11

beate in una luce purapoiché eravamo purì e non rinchiusi in questo cheora chiamiamo corpo e portiamo in giro con

noiincatenati dentro ad esso come un'ostrica.

Queste parole siano un omaggio al ricordoin virtù del qualeper ildesiderio delle cose d'alloraora si è parlato

piuttosto a lungo.

Quanto alla bellezzacome si è dettoessa brillava tra le cose di lassùcome esseree noitornati qui sulla terra

l'abbiamo colta con la più vivida delle nostre sensazioniin quantorisplende nel modo più vivido. Per noi infatti la vista

è la più acuta delle sensazioni che riceviamo attraverso il corpoma essanon ci permette di vedere la saggezza (poiché

susciterebbe terribili amorise giungendo alla nostra vista le offrisseun'immagine di sé così splendente) e le altre realtà

degne d'amore. Ora invece soltanto la bellezza ebbe questa sortedi essereciò che più di tutto è manifesto e amabile.

Chi dunque non è iniziato di recenteo è corrottonon si innalza conpronto acume da qui a lassùverso la bellezza in

séquando contempla ciò che quaggiù porta il suo nome; di conseguenzaquando guarda ad essa non la venerama

consegnandosi al piacere imprende a montare e a generare figli a mo' diquadrupedee comportandosi con tracotanza

non ha timore né vergogna di inseguire un piacere contro natura. Invece chiè iniziato di recente e ha contemplato molto

le realtà di alloraquando vede un volto d'aspetto divino che ha benimitato la bellezza o una qualche forma ideale di

corpodapprima sente dei brividi e gli sottentra qualcuna delle paure diallorapoiguardandololo venera come un dio

e se non temesse di acquistarsi fama di eccessiva mania farebbe sacrifici alsuo amato come a una statua o a un dio. Al

vederlolo afferra come una mutazione provocata dai brividiun sudore e uncalore insolito; e ricevuto attraverso gli

occhi il flusso della bellezzaprende calore là dove la natura dell'ala siabbevera. Una volta che si è riscaldato si

liquefano le parti attorno al punto donde l'ala germogliache essendo datempo tappate a causa della secchezza le

impedivano di fiorire.

Cosìgrazie all'afflusso del nutrimentolo stelo dell'ala si gonfia eprende a crescere dalla radice per tutta la forma

dell'anima; un tempo infatti era tutta alata. A questo punto essa ribolletutta quanta e traboccae la stessa sensazione che

prova chi mette i denti nel momento in cui essi spuntanoossia prurito eirritazione alle gengivela prova anche l'anima

di chi comincia a mettere le ali: quando le ali spuntano ribolle e prova unsenso di irritazione e solletico. Dunque

quando l'animamirando la bellezza del fanciulloriceve delle parti che daessa provengono e fluiscono (e che appunto

per questo sono chiamate flusso d'amore) (36) e ne viene irrigata e scaldatasi riprende dal dolore e si allieta.

Quando invece ne è separata e inaridiscele bocche dei condotti dondespunta fuori l'ala si disseccano e si serrano

impedendone il germoglio; ma essorimasto chiuso dentro assieme al flussod'amorepulsando come le arterie pizzica

nei condotticiascun germoglio nel propriotanto che l'animapungolatatutt'intornoè presa da assillo e doloree

tornandole il ricordo della bellezza si allieta. In seguito alla mescolanzadi entrambe le cosel'anima è turbata per la

stranezza di ciò che prova e trovandosi senza via d'uscita comincia asmaniare; ed essendo in stato di mania non può né

dormire di notte né di giorno restare ferma dov'èma corre in preda aldesiderio dove crede di poter vedere colui che

possiede la bellezza: e una volta che l'ha visto e si è imbevuta del flussod'amorelibera i condotti che allora si erano

ostruitiriprende fiato e cessa di avere pungoli e doloree allora coglienel momento presenteil frutto di questo

dolcissimo piacere. Perciò non se ne distacca di sua volontà e non tiene inconto nessuno più del suo belloma si

dimentica di madrifratelli e di tutti i compagnie non gli importa nullase le sue sostanze vanno in rovina perché non se

ne curaanzi disprezza tutte le consuetudini e le convenienze di cui siornava prima d'allora ed è disposta a servire

l'amato e a giacere con lui ovunque gli sia concesso di stare il più vicinopossibile al suo desiderio; infattioltre a

venerarloha trovato in colui che possiede la bellezza l'unico medico deisuoi più grandi travagli. A questa passione cui

si rivolge il mio discorsoo bel fanciullogli uomini danno il nome dierosgli dèi invece la chiamano in un modo che a

sentirlodata la tua giovane etàti metterai ragionevolmente a ridere.Alcuni Omeridi citano due versicredo presi da

poemi segretiriguardanti Erosuno dei quali è piuttosto insolente e nondel tutto corretto come metro; essi suonano

così: I mortali lo chiamano Eros alatogli immortali Pterosché facrescere l'ali.(37) A questi versi si può credere

oppure non credere; non di meno la causa e la sensazione di chi ama èproprio questa.

Orase chi è stato colto da Eros era uno dei seguaci di Zeusriesce asopportare con più fermezza il peso del dio che

trae il nome dalle ali; quelli che erano al servizio di Ares e giravano ilcielo assieme a luiquando sono presi da Eros e

pensano di subire qualche torto dall'amatosono sanguinari e pronti asacrificare se stessi e il proprio amore. Così

ciascuno conduce la sua vita in base al dio del cui coro era seguaceonorandolo e imitandolo per quanto gli è possibile

finché resta incorrotto e vive la prima esistenza quaggiùe in questo modosi accompagna e ha relazione con gli amati e

con le altre persone. Quindi ciascuno sceglie tra i belli il suo Eros secondoil proprio caratteree come fosse un dio gli

edifica una specie di statua e l'abbellisce per onorarla e tributarle riti. Iseguaci di Zeus cercano il loro amato in chi ha

l'anima conforme al loro dio:(38) pertanto guardano se per natura siafilosofo e atto al comandoe quando l'hanno

trovato e ne se sono innamoratifanno di tutto affinché sia effettivamentetale. E se prima non si erano impegnati in

un'occupazione del genereda quel momento vi mettono mano e imparano da doveè loro possibilecontinuando poi

anche da solie seguendo le tracce riescono a trovare per loro conto lanatura del proprio dioperché sono stati

intensamente costretti a volgere lo sguardo verso di lui; e quando entrano incontatto con lui sono presi da invasamento

e tramite il ricordo ne assumono le abitudini e le occupazioniper quanto èpossibile a un uomo partecipare della natura

di un dio. E poiché ne attribuiscono la causa all'amatolo tengono ancorapiù caroe sebbene attingano da Zeus come le

Baccanti(39) riversando ciò che attingono nell'anima dell'amato lo rendonoil più possibile simile al loro dio. Coloro

che invece erano al seguito di Era cercano un'anima regalee trovatala fannoper lei esattamente le stesse cose. Quelli

del seguito di Apollo e di ciascuno degli altri dèiprocedendo secondo illoro diobramano che il proprio fanciullo

abbia un'uguale naturae una volta che se lo sono procurato imitano essistessi il dio e con la persuasione e

Platone Fedro

12

l'ammaestramento portano l'amato ad assumere l'attività e la forma diquellociascuno per quanto può; e lo fanno senza

comportarsi nei confronti dell'amato con gelosia o con rozza malevolenzamacercando di indurlo alla somiglianza più

completa possibile con se stessi e con il dio che onorano. Dunque l'ardore el'iniziazione di coloro che veramente

amanose ottengono ciò che desiderano nel modo che dicodiventano cosìbelle e felici per chi è amatoqualora venga

conquistato dall'amico che si trova in stato di mania per amore; e chi èconquistato cede all'amore in questo modo.

Come all'inizio dì questa narrazione in forma di mito abbiamo divisociascuna anima in tre partidue con forma di

cavallola terza con forma di aurigaquesta distinzione resti per noi unpunto fermo anche adesso. Uno dei cavalli

diciamo che è buonol'altro no: quale sia però la virtù di quello buono eil vizio di quello cattivonon l'abbiamo

precisatoe ora bisogna dirlo.

Dunquequello tra i due che si trova nella disposizione migliore è di formaeretta e ben strutturatadi collo alto e

narici adunchebianco a vedersicon gli occhi neriamante dell'onore unitoa temperanza e pudore e compagno della

fama veritieranon ha bisogno di frusta e si lascia guidare solo con lostimolo e la parola; l'altro invece è stortogrosso

mal conformatodi collo massiccio e cortocol naso schiacciatoil pelonerogli occhi chiari e iniettati di sangue

compagno di tracotanza e vanteriadalle orecchie pelosesordoe cede afatica alla frusta e agli speroni. Quando

dunque l'aurigascorgendo la visione amorosaprende calore in tutta l'animaper la sensazione che prova ed è ricolmo di

solletico e dei pungoli del desiderioil cavallo che obbedisce docilmenteall'aurigatenuto a frenoallora come sempre

dal pudoresi trattiene dal balzare addosso all'amato; l'altro invece noncura più né i pungoli dell'auriga né la frustama

imbizzarrisce e si lancia al galoppo con violenzae procurando ogni sorta dimolestie al compagno di giogo e all'auriga

li costringe a dirigersi verso l'amato e a rammentare la dolcezza dei piacerid'amore. All'inizio essi si oppongono

sdegnatial pensiero dì essere costretti ad azioni terribili e inique; maalla finequando non c'è più alcun limite al male

si lasciano trascinare nel loro percorsocedendo e acconsentendo a farequanto viene loro ordinato. Allora si fanno

presso a lui e hanno la visione folgorante dell'amato. Scorgendololamemoria dell'auriga è ricondotta alla natura della

bellezzache vede di nuovo collocata su un casto piedistallo assieme allatemperanza; a tale vista è colta da paura e per

la reverenza che le porta cade supinae nello stesso tempo è costretta atirare indietro le redini così forte che entrambi i

cavalli si piegano sulle coscel'unospontaneamente perché non recalcitraquello protervo decisamente contro voglia.

Ritiratisi più lontanol'uno per vergogna e sbigottimento bagna tuttal'anima di sudorel'altrocessato il dolore che gli

veniva dal morso e dalla cadutaa fatica riprende fiato e incominciapienod'ira com'èa ingiuriarecoprendo di male

parole l'auriga e il compagno di giogo perché per viltà e debolezza hannoabbandonato il posto e l'accordo convenuto.

E costringendoli di nuovo ad avanzare contro la loro volontà a stento cedealle loro preghiere di rimandare a un'altra

volta.

Quando poi è giunto il tempo stabilito ed essi fingono di non ricordarsenelo rammenta a loro con la forzanitrendo

e trascinandoli con sée li obbliga ad accostarsi di nuovo all'amato perfare i medesimi discorsi; e quando sono vicini

tende la testa in avanti e rizza la codamordendo il frenoe li trascinacon impudenza. L'aurigasentendo ancora più

intensamente la stessa impressione di primacome respinto dalla fune alcancello di partenzatira indietro ancora più

forte il morso dai denti del cavallo protervoinsanguina la linguamaldicente e le mascelle e piegandogli a terra le

gambe e le cosce lo dà in preda ai dolori. Quando poi il cavallo malvagiosubendo la medesima cosa più voltedesiste

dalla sua tracotanzaumiliato segue ormai il proposito dell'aurigae quandovede il bel fanciullomuore dalla paura; di

conseguenza accade che a questo punto l'anima dell'amante segua l'amato conpudicizia e timore.

Poiché dunque l'amatocome un essere pari agli dèiè oggetto di ognivenerazione da parte dell'amante che non

simulama prova veramente questo sentimentoed è egli stesso per naturaamico di chi lo venerase anche in

precedenza fosse stato ingannato dalle persone che frequentava o da altrelequali sostenevano che è cosa turpe

accostarsi a chi amae per questo motivo avesse respinto l'amanteoracolpassare del tempol'età e la necessità lo

inducono ad ammetterlo alla sua compagnia; infatti non accade mai che unmalvagio sia amico di un malvagioné che

un buono non sia amico di un buono. E dopo averlo ammesso presso di sé eavere accettato di parlare con lui e stare in

sua compagniala benevolenza dell'amantemanifestandosi da vicinocolpiscel'amatoil quale si avvede che tutti gli

altri amici e parenti non offrono neppure una parte di amicizia a confrontodell'amico ispirato da un dio. Quando poi

questi continua a fare ciò nel tempo e si accompagna all'amato incontrandolonei ginnasi e negli altri luoghi di ritrovo

allora la fonte di quei flusso che Zeusinnamorato di Ganimede(40) chiamòflusso d'amorescorrendo in abbondanza

verso l'amante dapprima penetra in luipoiquando ne è ricolmoscorrefuori; e come un soffio di vento o un'eco

rimbalzando da corpi lisci e solidiritornano là dov'erano partiticosìil flusso della bellezza ritorna al bel fanciullo

attraverso gli occhie di qui per sua natura arriva all'anima. Quando vi ègiunto la incoraggia a volarequindi irriga i

condotti delle ali e comincia a farle cresceree così riempie d'amore anchel'anima dell'amato. Pertanto egli amama

non sa che cosa; e neppure è a conoscenza di cosa prova né è in grado didirloma come chi ha contratto una malattia

agli occhi da un altro non è in grado di spiegarne la causacosì egli nonsi accorge di vedere se stesso nell'amante come

in uno specchio. E in presenza di questiil suo dolore cessa esattamentecome a luise invece è assente allo stesso modo

di lui desidera ed è desideratoperché reca in sé una sembianza d'amoreche dell'amore è sostituto: però non lo chiama e

non lo crede amorebensì amicizia. Più o meno come l'amantema in misurapiù deboledesidera vederlotoccarlo

baciarlogiacere con lui; e com'è naturalein seguito non tarda a fare cio.Quando dunque giacciono insiemeil cavallo

sfrenato dell'amante ha di che dire all'aurigae pretende di trarre unpiccolo guadagno in cambio di tante fatiche; invece

quello dell'amato non ha nulla da diremagonfio di desiderio e ancoraincerto abbraccia e bacia l'amante

manifestandogli affetto per la sua grande benevolenza. Cosìnel momento incui si congiungononon è più tale da

rifiutare di compiacere da parte sua l'amantese viene pregato disoddisfare; ma il compagno di giogo assieme all'auriga

Platone Fedro

13

si oppone a ciòobbedendo al pudore e alla ragione.

Se dunque prevalgono le parti migliori dell'animoquelle che guidano aun'esistenza ordinata e alla filosofiaessi

trascorrono la vita di quaggiù in modo beato e concordepoiché sonopadroni di sé e ben regolatiavendo sottomesso

ciò in cui nasce il male dell'anima e liberato ciò in cui nasce la virtù;e alla finedivenuti alati e leggerihanno vinto una

delle tre gare veramente olimpichedi cui né la temperanza umana né lamania divina possono fornire all'uomo un bene

più grande.(41) Se invece seguono un genere di vita piuttosto grossolano eprivo di filosofiama ambiziosoforsein

stato di ubriachezza o in qualche altro momento di negligenzai loro duecompagni di giogo sfrenaticogliendo le

anime alla sprovvista e portandole nella stessa direzionepossono compierela scelta che tanti considerano la più beata e

mandarla ad effetto; e una volta che l'hanno mandata ad effettose neavvalgono anche in futuroma raramentepoiché

fanno cose che non sono approvate da tutta l'anima. Anche costoro vivono inamicizia reciprocama meno di quellisia

durante l'amore sia quando ne sono usciticredendo di essersi dati l'unl'altro e di aver ricevuto i più grandi pegniche

non è lecito sciogliere perché ciò condurrebbe all'inimicizia. Al terminedella vita escono dal corpo senz'alima col

desiderio di metterlecosicché riportano un premio non piccolo della loromania amorosa; infatti non è legge che coloro

i quali hanno già iniziato il cammino sotto la volta del cielo scendano dinuovo nella tenebra e camminino sotto terra

bensì che trascorrano una vita luminosa e felice compiendo il viaggio incompagnia reciprocae che una volta rinati

rimettano le ali assieme per grazia dell'amore.

Questi doni così grandi e così divinio fanciulloti darà l'amicizia daparte di un amante. Invece la compagnia di chi

non amamescolata con temperanza mortalecapace di amministrare cosemortali e miseredopo aver generato

nell'anima amata una bassezza lodata dal volgo come virtùla farà girarepriva di senno attorno alla terra e sotto terra

per novemila anni.

Questacaro Erosper le nostre facoltàè la più bella e virtuosapalinodia che abbiamo potuto offrirti in dono e in

espiazionecostretta a causa di Fedro a essere pronunciataoltre al restoanche con alcune parole poetiche. Ma tu

concedi il perdono per le cose di prima e serba gratitudine per questeebenevolo e propizionon togliermi e non

storpiarmì per la collera l'arte amorosa che mi hai datoanzi concedimi diessere in onore tra i bei fanciulli ancor più di

adesso. E se nel discorso precedente io e Fedro abbiamo detto qualcosa che ate suona stonataattribuiscine la colpa a

Lisiache del discorso è padree fallo desistere da simili prolusionivolgendolo alla filosofia come si è volto suo

fratello Polemarco(42) affinché anche questo suo amante non sia nel dubbiocome orama dedichi senz'altro la sua vita

ad Eros in compagnia di discorsi filosofici.

FEDRO: Mi unisco alla tua preghieraSocrate: se questo è meglio per noiche avvenga. Da un pezzo ho ammirato il

tuo discorso per quanto l'hai reso più bello del precedente; quindi temo cheLisia mi appaia miseroquand'anche voglia

opporre ad esso un altro discorso. Recentemente infattimirabile amicounpolitico lo biasimava criticandolo proprio

per questoe in tutta la sua critica lo chiamava logografo;(43) perciòforse si tratterrà per ambizione dallo scrivercene

un altro.

SOCRATE: Ragazzola tua opinione è ridicolae quanto al tuo compagnosbagli di grossose credi che si spaventi

così al minimo rumore. Ma forse pensi che chi lo biasimava dicesse quelloche ha detto proprio per criticarlo.

FEDRO: Così parevaSocrate; del resto sei anche tu conscio che coloro chenelle città hanno il massimo potere e la

massima reverenza si vergognano a scrivere discorsi e a lasciare propriscrittitemendo l'opinione dei postericioè di

essere chiamati sofisti.

SOCRATE: Ti sei scordatoFedroche la dolce ansa ha preso il nome dallalunga ansa del Nilo (44) e oltre all'ansa

dimentichi che gli uomini di governo piu assennati amano tantissimo comporrediscorsi e lasciare propri scrittialmeno

quelli chequando scrivono un discorsoapprezzano a tal punto chi li lodada aggiungere in testa per primi i nomi di

quelli che li devono lodare in ogni singola occasione.

FEDRO: In che senso dici ciò? Non capisco.

SOCRATE: Non capisci che all'inizio del discorso di un uomo politico perprimo viene scritto il nome di chi lo

loda!

FEDRO: E come?

SOCRATE: «Il consiglio ha deciso»dice più o menoovvero «il popolo hadeciso»o entrambie ancora «il tale e

il tal altro ha detto» (e qui lo scrittore cita se stesso con grandereverenza e si fa l'elogio). Poi si mette a parlare

mostrando a chi lo loda la sua abilitàtalvolta dopo aver composto unoscritto assai lungo.

O ti pare che una cosa del genere sia altro che un discorso scritto?

FEDRO: Non mi pare proprio.

SOCRATE: Quindise il discorso reggel'autore esce di scena tutto lieto; seinvece viene escluso e radiato dallo

scrivere discorsi e dall'essere degno di scriverlipiangono lui e i suoicompagni.

FEDRO: E anche molto!

SOCRATE: è chiaro dunque che non disprezzano questa attivitàmal'ammirano.

FEDRO: Sicuro!

SOCRATE: E allora? Quando un retore o un re è in grado di raggiungere lapotenza di Licurgodi Solone o di Dario

(45) e di diventare un logografo immortale nella sua cittànon si credeforse egli stesso pari agli dèi mentre ancora vive

e i posteri non pensano di lui la stessa cosacontemplando i suoi scritti?

FEDRO: Certamente!

SOCRATE: Credi allora che uno di costorochiunque sia e in qualunque modosia ostile a Lisialo biasimi proprio

perché scrive discorsi?

Platone Fedro

14

FEDRO: Non è verosimileda ciò che dicipoiché a quanto parecriticherebbe anche il proprio desiderio.

SOCRATE: Allora è chiaro a tutti che non è cosa turpe in sé lo scriverediscorsi.

FEDRO: Ma certo.

SOCRATE: Ora però io ritengo turpe questoil pronunciarli e scriverli inmodo non belloma riprovevole e

disonesto.

FEDRO: è chiaro.

SOCRATE: E allora qual è il modo di scriverli bene e quale il modocontrario? Abbiamo bisognoFedrodi

esaminare a questo proposito Lisia e chiunque altro abbia mai composto ocomporrà uno scritto sia pubblico sia privato

in versi come un poeta o non in versi come un prosatore?

FEDRO: Chiedi se ne abbiamo bisogno? E per quale ragione unooserei direvivrebbese non per i piaceri di

questo tipo?

Non certo per quelli per cui bisogna prima soffrirealtrimenti non si provagodimentocome sono quasi tutti i

piaceri del corpoche per questo motivo sono stati giustamente chiamatiservili.

SOCRATE: Tempo ne abbiamoa quanto pare. E poi mi sembra che in questacalura soffocante le cicalecantando

sopra la nostra testa e discorrendo tra loroguardino anche noi. Se dunquevedessero che anche noi duecome fanno i

più a mezzogiornonon discorriamoma sonnecchiamo e ci lasciamo incantareda loro per pigrizia della mente

giustamente ci deriderebberoconsiderandoci degli schiavi venuti da loro perdormire in questo luogo di sosta come

delle pecore che passano il pomeriggio presso la fonte; se invece ci vedrannodiscorrere e navigare accanto a loro come

alle Sirene senza essere ammaliatiforseprese da ammirazioneci darannoquel dono che per concessione degli dèi

possono dare agli uomini.

FEDRO: E qual è questo dono che hanno? A quanto parenon l'ho mai sentito.

SOCRATE: Non si addice davvero a un uomo amante delle Muse non averne maisentito parlare.(46) Si dice che un

tempo le cicale erano uominidi quelli vissuti prima che nascessero le Muse;quando poi nacquero le Muse e comparve

il cantoalcuni di loro restarono così colpiti dal piacere che cantando nonsi curarono più di cibo e bevanda e senza

accorgersene morirono. Da loro in seguito ebbe origine la stirpe dellecicaleche ricevette dalle Muse questo donodi

non aver bisogno di nutrimento fin dalla nascitama di cominciare subito acantare senza cibo né bevanda fino alla

mortee di andare quindi dalle Muse a riferire chi tra gli uomini diquaggiù le onorae quale di esse onora. A Tersicore

riferiscono di quelli che l'hanno onorata nei corirendendoli a lei piùgraditia Erato di chi l'ha onorata nei carmi

d'amoree così per le altresecondo l'onore che ha ciascuna. A Calliopela più anzianae a Uraniache viene dopo di

leiriferiscono di quelli che trascorrono la vita nella filosofia e onoranola loro musicapoiché esseavendo cura del

cielo e dei discorsi divini e umaniemettono tra tutte le Muse la voce piùbella.(47) Per molte ragioniquindia

mezzogiorno bisogna parlare e non dormire.

FEDRO: E allora bisogna parlare.

SOCRATE: Dobbiamo dunque esaminare quello che ora ci siamo propostiossiacome è bene pronunciare e scrivere

un discorso e come non lo è.

FEDRO: è chiaro.

SOCRATE: I discorsi che saranno pronunciati in modo bello e decoroso nondevono forse implicare che l'animo di

chi parla conosca il vero riguardo a ciò di cui intende parlare?

FEDRO: A tal propositocaro Socrateho sentito dire questo: per chi vuoleessere un retore non c'è la necessità di

apprendere ciò che è realmente giustoma ciò che sembra giusto allamoltitudine che giudicherànon ciò che è

veramente buono o belloma che sembrerà talepoiché il convincere ilprossimo viene da questonon dalla verità.

SOCRATE: «Non parola da buttare»(48) dev'essereFedrociò che dicono isapientima si deve esaminare se le

loro affermazioni sono valide. Anche per questo non bisogna lasciar caderequanto ora è stato detto.

FEDRO: Hai ragione.

SOCRATE: Esaminiamolo dunque in questo modo.

FEDRO: Come?

SOCRATE: Se volessi persuaderti a difenderti dai nemici acquistando uncavalloed entrambi non conoscessimo un

cavalloma io per caso sapessi di te solo questoche Fedro reputa sia uncavallo quell'animale domestico che a orecchie

assai grandi...

FEDRO: Sarebbe ridicoloSocrate.

SOCRATE: Non ancora. Ma lo sarebbe nel caso cheper convincerti sul seriocomponessi un discorso di elogio

dell'asino chiamandolo cavallo e sostenendo che tale bestia è assolutamentedegna di essere acquistata sia per uso

domestico sia per le spedizioni militariutile per il combattimento ingroppavalente a portare bagagli e vantaggiosa in

molte altre cose.

FEDRO: Allora sarebbe davvero ridicolo.

SOCRATE: E non è forse meglio essere ridicolo e amico piuttosto che espertoe nemico?

FEDRO: Così pare.

SOCRATE: Pertantoquando il retore che non conosce il bene e il male iniziaa persuadere una città che si trova

nelle sue stesse condizionifacendo non l'elogio dell'ombra dell'asino comese fosse del cavalloma l'elogio del male

come se fosse il benee presa dimestichezza con le opinioni della gente lapersuade a operare il male anziché il bene

quale frutto credi che mieterà in seguito la retorica da quello che haseminato?

FEDRO: Sicuramente non buono.

Platone Fedro

15

SOCRATE: Ma buon amicoabbiamo forse svillaneggiato l'arte dei discorsi inmodo più rozzo del dovuto? Essa

forse dirà: «Cosa mai andate cianciandoo mirabili uomini? Io noncostringo nessuno che non conosca il vero a

imparare a parlaremase il mio consiglio vale qualcosaa prendere me solodopo aver acquisito quello. Questa dunque

è la cosa importante che vi voglio dire: senza di meanche chi conosce lecose come sono in realtà non saprà essere più

persuasivo secondo arte».

FEDRO: E non dirà cose giustese parlasse così?

SOCRATE: Sìse i discorsi che si presentano le rendono testimonianza che èun'arte. In effetti mi sembra di udire

alcuni discorsi che vengono a testimoniare che essa mente e non è un'artema una pratica priva di arte. Un'autentica arte

del dire senza il tocco della veritàafferma lo Spartano(49) non esistené esisterà mai.

FEDRO: C'è bisogno di questi discorsiSocrate: suportali qui ed esaminacosa dicono e in che modo.

SOCRATE: Venite avantinobili rampollie persuadete Fedro dai bei figli(50) che se non praticherà la filosofia in

modo adeguatonon sarà mai in grado di parlare di nulla. Fedro dunquerisponda.

FEDRO: Chiedete.

SOCRATE: La retoricain generalenon è l'arte di guidare le anime permezzo di discorsinon solo nei tribunali e in

tutte le altre riunioni pubblichema anche in quelle privatela stessa sianelle questioni piccole sia in quelle grandie

non è affatto di maggior pregioalmeno quando è rettanelle cose serieche in quelle di poco conto? O come hai sentito

parlare in proposito?

FEDRO: Noper Zeusassolutamente non cosìma soprattutto nei processi siparla e si scrive con artecome pure

nelle assemblee pubbliche. Non possiedo informazioni più ampie.

SOCRATE: Ma alloraa proposito dei discorsihai sentito parlare solo dellearti di Nestore e Odisseoche hanno

messo per iscritto a Ilio nei periodi di treguae non di quelle di Palamede?(51) FEDRO: Per Zeusneanche di quelle di

Nestorea meno che tu non faccia di Gorgia un Nestoreo di Trasimaco eTeodoro un Odisseo.(52) SOCRATE: Forse.

Ma lasciamo perdere costoro. Tu dimmi piuttosto: nei tribunali gli avversaricosa fanno? Non fanno affermazioni tra

loro contrastanti? O cosa diremo?

FEDRO: Proprio questo.

SOCRATE: Riguardo al giusto e all'ingiusto?

FEDRO: Sì.

SOCRATE: Allorachi opera in questo modo con artefarà apparire la stessacosa alle stesse persone ora giustaora

quando lo vogliaingiusta?

FEDRO: Come no?

SOCRATE: E in un'assemblea popolare farà sembrare alla città le stesse coseora buoneoraal contrariocattive?

FEDRO: è così.

SOCRATE: E non sappiamo che il Palamede di Elea (53) parlava con un'arte taleda far apparire agli ascoltatori le

stesse cose simili e dissimiliuna e molteferme e in movimento?

FEDRO: Ma certo!

SOCRATE: Dunque l'arte del contraddire non si trova solo nei tribunali enell'assemblea popolarema a quanto pare

in tutto ciò che si dice ci sarebbe questa sola artese mai la èveramentecon la quale uno sarà capace di rendere ogni

cosa simile a ogni altra in tutti i casi possibili e per quanto è possibilee di mettere in luce quando un altro fa la stessa

cosa e lo nasconde.

FEDRO: In che senso dici una cosa del genere?

5OCRATE Se cerchiamo in questo modo credo che ci apparirà evidente.

L'inganno si verifica di più nelle cose che differiscono di molto o inquelle che differiscono di pOco?

FEDRO: In quelle che differiscono di poco.

SOCRATE: Ma è più facile che non ti accorga di essere arrivato all'oppostose ti sposti poco per volta che se ti

sposti a grandi passi.

FEDRO: Come no?

SOCRATE: Dunque chi ha intenzione di ingannare un altro senza essereingannato a sua volta deve distinguere con

precisione la somiglianza e la dissomiglianza degli esseri.

FEDRO: è necessario.

SOCRATE: Ma se ignora la verità di ciascuna cosasarà mai in grado didiscernere la somiglianza dì ciò che ignora

piccola o grande che siacon le altre cose?

FEDRO: Impossibile.

SOCRATE: Dunquein coloro che hanno opinioni contrarie alla realtà degliesseri e si ingannanoè chiaro che

questa impressione si insinua attraverso certe somiglianze.

FEDRO: Accade proprio così.

SOCRATE: è possibile allora che uno possieda l'arte di spostare poco a pocola realtà di un essere attraverso le

somiglianzeconducendolo ogni volta da ciò che è al suo contrariooviceversa di evitare questose non ha cognizione

di cosa sia ciascun essere?

FEDRO: Non sarà mai possibile.

SOCRATE: Dunqueamicocolui che non conosce la veritàma è andato acaccia di opinionici offrirà un'arte dei

discorsi ridicolaa quanto paree priva di arte.

FEDRO: Pare di sì.

Platone Fedro

16

SOCRATE: Vuoi dunque vederenel discorso di Lisia che porti e in quelli chenoi abbiamo fattoqualcuna delle

cose che definiamo prive di arte e conformi all'arte?

FEDRO: Più d'ogni altra cosapoiché ora noi parliamo in certo qual modo avuotonon avendo esempi adeguati.

SOCRATE: E per un caso fortunatoa quanto paresono stati pronunciati duediscorsi che recano un esempio di

come chi conosce il verogiocando con le parolepossa condurre fuori stradagli ascoltatori. Ed ioFedrone attribuisco

la causa agli dèi del luogo; ma forse anche le profetesse delle Musechecantano sopra la nostra testapossono averci

ispirato questo donopoiché io non sono certo partecipe di una qualche artedel dire.

FEDRO: Sia come dici tu. Solo spiega ciò che affermi.

SOCRATE: Suleggimi l'inizio del discorso di Lisia.

FEDRO: «Sei a conoscenza della mia situazionee hai udito che ritengo siaper noi utile che queste cose accadano;

ma non stimo giusto non poter ottenere ciò che chiedo perché non mi trovo aessere tuo amante. Gli innamorati si

pentono...» SOCRATE: Fermati. Bisogna dire in che cosa costui sbaglia eopera senz'artenon è vero?

FEDRO: Sì.

SOCRATE: Non è forse evidente per chiunque almeno questoche siamod'accordo su alcune di queste cosein

disaccordo su altre?

FEDRO: Mi sembra di capire il tuo pensieroma esprimilo ancora piùchiaramente.

SOCRATE: Quando uno dice la parola "ferro" o "argento"non intendiamo forse tutti la stessa cosa?

FEDRO: Certo!

SOCRATE: E quando si tratta dei termini "giusto" e"bene"? Non siamo portati chi in una direzionechi in un'altra

e siamo in conflitto gli uni con gli altri e persino con noi stessi?

FEDRO: Proprio così!

SOCRATE: Dunque concordiamo su alcune cosesu altre no.

FEDRO: è così.

SOCRATE: In quale dei due campi siamo più facilmente ingannabili e laretorica ha maggior potere?

FEDRO: Quello in cui vaghiamo nell'incertezzaè evidente.

SOCRATE: Pertanto chi si accinge a praticare la retorica deve innanzituttoaver distinto con metodo queste cose e

aver colto un carattere peculiare di entrambe le formequella in cui èinevitabile che la gente vaghi nell'incertezza e

quella in cui non lo è.

FEDRO: Chi avesse colto questoSocrateavrebbe compreso un'idea davverobella.

SOCRATE: Inoltre credo chenell'occuparsi di ciascuna cosanon debbalasciarsi sfuggirema debba percepire con

acutezza a quale delle due specie appartiene ciò di cui intende parlare.

FEDRO: Come no?

SOCRATE: E allora? Dobbiamo dire che l'amore appartiene alle questionicontroverse oppure no?

FEDRO: Alle questioni controversenon c'è dubbio. O credi che ti sarebbestato possibile dire quello che poco fa hai

detto su di luiossia che è un danno sia per l'amato sia l'amantee alcontrario che è il più grande dei beni?

SOCRATE: Parli in modo eccellente; ma dimmi anche questogiacché io a causadell'invasamento non lo ricordo

troppo bene: se all'inizio del discorso ho dato una definizione dell'amore.

FEDRO: Sìper Zeusin modo davvero insuperabile.

SOCRATE: Ahimèquanto sono più esperte nei discorsia quel che dicidicile Ninfe dell'Acheloo e Pan figlio di

Ermes rispetto a Lisia figlio di Cefalo! Può darsi che dica una sciocchezzama Lisiacominciando il suo discorso

sull'amorenon ci ha costretto a concepire Eros come una certa realtà unicache voleva luie in relazione a questo ha

composto e condotto a termine tutto il discorso seguente? Vuoi che rileggiamoil suo inizio?

FEDRO: Se ti sembra il caso. Tuttavia ciò che cerchi non è lì.

SOCRATE: Parlain modo che ascolti proprio lui.

FEDRO: «Sei a conoscenza della mia situazionee hai udito che ritengo siautile per noi che queste cose accadano;

ma non stimo giusto non poter ottenere ciò che chiedoperché non mi trovoa essere tuo amante. Gli innamorati si

pentono dei benefici che hanno fattoallorquando cessa la loropassione...».

SOCRATE: Sembra che costui sia ben lungi dal fare ciò che cerchiamosemette mano al discorso non dall'inizio

ma dalle finenuotando supino all'indietroe prende le mosse da ciò chel'amante direbbe al suo amato quando ormai ha

smesso di amarlo.

Oppure ho detto una sciocchezzaFedromia testa cara?

FEDRO: è certamente la fineSocratequella intorno a cui compone ildiscorso.

SOCRATE: E il resto? Non ti pare che le parti del discorso siano statebuttate lì alla rinfusa? O ciò che è stato detto

per secondo risulta che per una qualche necessità doveva essere messo persecondo piuttosto che un altro degli

argomenti trattati? A meche non so nullaè sembrato che lo scrittoreabbia detto in maniera non rozza ciò che gli

veniva in mente; e tu sei a conoscenza di una qualche arte di scriverediscorsiin base alla quale lui ha disposto questi

argomenti così di seguitouno dopo l'altro?

FEDRO: Sei troppo buonose credi che io sia in grado di vedere nelle sueparole in modo così preciso!

SOCRATE: Ma penso che tu possa dire almeno questoche ogni discorsodev'essere costituito come un essere

vivente e avere un corpo suo propriocosì da non essere senza testa e senzapiedima da avere le parti di mezzo e quelle

estreme scritte in modo che si adattino le une alle altre e al tutto.

FEDRO: Come no?

Platone Fedro

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SOCRATE: Esamina dunque il discorso del tuo compagnose è composto così oin altro modoe troverai che non

differisce in nulla dall'epigramma che secondo alcuni è stato scritto sullatomba di Mida il Frigio.(54) FEDRO: Qual è

questo epigrammae cos'ha di particolare?

SOCRATE: è questo qui: Vergine bronzea sonoe sto sull'avello di Mida.

Fin che l'acqua scorra e alberi grandi verdegginostando qui sulla tomba dimolte lacrime aspersaannuncerò a chi

passa che Mida qui è sepolto.

Capisci senz'altrocome credoche non c'è alcuna differenza se un versoviene recitato per primo o per ultimo.

FEDRO: Tu ti fai beffe del nostro discorsoSocrate!

SOCRATE: Allora lasciamolo perderecosì non ti crucci (eppure mi sembra checontenga parecchi esempi ai quali

gioverebbe porre attenzionecercando di non imitarli in alcun modo); epassiamo agli altri due discorsi.

In essimi sembrac'era qualcosa che per chi vuole fare indagini suidiscorsi è conveniente esaminare.

FEDRO: A che cosa alludi?

SOCRATE: In qualche modo erano opposti: uno diceva che si deve compiacere chiamal'altro chi non ama.

FEDRO: E con molto vigore!

SOCRATE: Pensavo che tu avresti detto il verocioè con mania: ciò checercavo è appunto questo. Abbiamo detto

infatti che l'amore è una forma di mania. O no?

FEDRO: Sì.

SOCRATE: E che ci sono due forme di maniauna che nasce da malattie umanel'altra che nasce da un mutamento

divino delle consuete abitudini.

FEDRO: Giusto.

SOCRATE: Distinguendo quattro parti di quella divina in relazione a quattrodèiabbiamo attribuito l'ispirazione

mantica ad Apolloquella iniziatica a Dionisoquella poetica alle Muselaquarta ad Afrodite ed Erose abbiamo detto

che la mania amorosa è la migliore.

E non so comerappresentando con immagini la passione amorosaforsetoccando da un lato un che di vero

dall'altro uscendo un po' di stradaabbiamo composto un discorso non deltutto incapace di persuadere e abbiamo levato

quasi per giococon parole misurate e pieun inno in forma di mito in onoredi Erosmio e tuo signoreFedroe

protettore dei bei giovani.

FEDRO: E almeno per meun discorso davvero non spiacevole da ascoltare!

SOCRATE: Prendiamo dunque in esame solo questocome il discorso sia potutopassare dal biasimo alla lode.

FEDRO: Cosa intendi dire con ciò?

SOCRATE: A me pare che il resto sia stato fatto realmente per gioco; ma inalcune di queste cose dette a caso ci

sono due procedimenti di cui non sarebbe spiacevole se si riuscisse acoglierne con arte la potenza.

FEDRO: Quali?

SOCRATE: Il primo consiste nel ricondurre le cose disperse in molteplici modia un'unica idea cogliendole in uno

sguardo d'insiemecosì da definirle una per una e da chiarire ciò su cuisi vuole di volta in volta insegnare. Per esempio

nel discorso fatto poco fa su Erosuna volta definito ciò che èaprescindere se sia stato detto bene o maleè appunto

grazie a questa definizione che il discorso ha acquistato chiarezza ecoerenza interna.

FEDRO: E dell'altro procedimento cosa diciSOcrate?

SOCRATE: Esso consisteal contrarionel saper dividere secondo le idee inbase alle loro articolazioni naturali

senza cercar di spezzare alcuna partealla maniera di un cattivo macellaio;ma come i due discorsi di poco fa

concepivano la dissennatezza dell'animo come un'idea unica in comunee comeda un corpo unico hanno origine

membra doppie dallo stesso nomechiamate destra e sinistracosì i duediscorsi hanno considerato anche la componente

della follia come un'idea per sua natura unica in noi: il primo discorsotagliando la parte di sinistrae poi tagliandola

ancoranon ha smesso prima di aver trovato in queste divisioni un certo qualamore chiamato sinistro e di averlo a buon

diritto biasimato; l'altro discorso invece ci ha condotto nella parte destradella mania e vi ha trovato un amore che ha lo

stesso nome dell'altroma è divinoe dopo aavercelo posto innanzi lo haelogiato come la causa dei nostri più grandi

beni.

FEDRO: Dici cose verissime.

SOCRATE: IoFedrosono amante di questi procedimentidelle divisioni edelle unificazionial fine di essere in

grado di parlare e di pensare; e se ritengo che qualcun altro sia per suanatura capace di guardare all'uno e ai moltilo

seguo «tenendo dietro alle sue orme come a quelle di un dio». E quelli cheappunto sono in grado di fare ciòlo sa un

dio se la mia definizione è giusta o menofino a questo momento li chiamodialettici. Quelli che invece hanno appreso

da te e da Lisia ciò di cui si è discusso oradimmi tu come convienechiamarli: o è proprio questa l'arte dei discorsi

grazie alla quale Trasimaco e gli altri sono diventati abili a parlare essistessi e rendono tali gli altriche vogliono

coprirli di doni come dei re?

FEDRO: Sono uomini regalisìma non esperti delle cose che chiedi.

Ma mi pare che tu dia il nome giusto a questo metodochiamandolo dialettico;quello della retorica invece pare ci

sfugga ancora.

SOCRATE: Come dici? Potrebbe forse esserci qualcosa di belloche anche senzaquesti procedimenti si apprende lo

stesso con arte? Né io né tu dobbiamo assolutamente disprezzarlomadobbiamo appunto precisare che cos'è ciò che

rimane della retorica.

FEDRO: Rimangono moltissime coseSocratealmeno quelle che si trovano neilibri scritti sull'arte del dire.

Platone Fedro

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SOCRATE: Hai fatto bene a ricordarmelo. Per primocredoall'inizio deldiscorso dev'essere pronunciato il

proemio; sono queste che chiami le finezze dell'artenon è vero?

FEDRO: Sì.

SOCRATE: Al secondo posto viene una narrazione seguita da testimonianzealterzo le argomentazionial quarto le

verosimiglianze. Poi vengono la conferma e la riconfermacosì almeno credoche dica l'eccellente uomo di Bisanzioil

Dedalo dei discorsi.

FEDRO: Vuoi dire il valente Teodoro?

SOCRATE: Come no? E poi sia nell'accusa sia nella difesa vanno fatte unaconfutazione e una controconfutazione.

E non tiriamo in ballo il bellissimo Eveno di Paroche per primo trovòl'insinuazione e gli elogi indiretti; (55) alcuni

sostengono che pronunciasse persino dei biasimi indiretti in poesia peresercitare la memoria (in effetti era un uomo

abile). E lasceremo riposare Tisia e Gorgìa(56) i quali videro come ilverosimile sia da tenere in conto più del vero e

con la forza del discorso fanno apparire grande ciò che è piccolo e piccolociò che è grandevecchio ciò che è nuovo e

al contrario nuovo ciò che è vecchioe scoprirono la brevità dei discorsie le prolissità infinite su ogni sorta di

argomento? Una volta Prodico(57) sentendo da me queste cosescoppiò arideree sostenne di aver scoperto lui solo i

discorsi di cui l'arte abbisogna: né lunghi né brevima misurati.

FEDRO: Parole molto saggeo Prodico.

SOCRATE: E non menzioniamo Ippia? Credo che anche l'ospite eleo voterebbe conlui.(58) FEDRO: Perché no?

SOCRATE: E come parleremo dei Templi alle Muse dei discorsi innalzati daPoload esempio la ripetizione o il

parlare per sentenze e per immaginie dei Templi alle Muse dei nomi di cuiLicimnio gli fece dono per la composizione

del bello stile?(59) FEDRO: E le opere di Protagora(60) Socratenon eranopiù o meno di questo tipo?

SOCRATE: Una certa Correttezza dello stileragazzoe molte altre bellecose. Ma quanto ai discorsi strappalacrime

sfoderati per la vecchiaia e la povertàmi pare che l'abbia vinta per artela potenza del Calcedoniouomo d'altronde

straordinario nel suscitare la collera nella gente e poi nell'ammansire chiaveva fatto adirare incantandolocome soleva

diree potentissimo nel lanciare e sciogliere calunnie in ogni modo. Sembrapoi che ci sia comune accordo tra tutti sulla

conclusione dei discorsialla quale alcuni danno il nome di riepilogoaltriun altro nome.

FEDRO: Intendi il ricordare per sommi capi agli ascoltatorialla fine deldiscorsociascuno degli argomenti trattati?

SOCRATE: Intendo questoe se tu hai qualcos'altro da aggiungere sull'artedei discorsi...

FEDRO: Cose da pocoche non vale la pena di dire.

SOCRATE: Lasciamo perdere le cose di poco contoe vediamo piuttosto in pienaluce quale potenza dell'arte hanno

le cose di cui abbiamo parlatoe quando.

FEDRO: Una potenza davvero forteSOcratealmeno nelle adunanze del popolo.

SOCRATE: Infatti l'hanno. Ma guarda anche tuo esimiose la loro trama nonsembra anche tecome a meslegata.

FEDRO: Purché tu lo dimostri.

SOCRATE: Allora dimmi: se uno si presentasse al tuo compagno Erissimaco o asuo padre Acumeno e dicesse loro:

«Io so somministrare ai corpi farmaci tali da riscaldarli e raffreddarliselo voglioe se mi pare il caso tali da farli

vomitare e persino evacuaree moltissime altre cose del genere. E dalmomento che ho queste conoscenze sono

convinto di essere un medico e di far diventare medico un altro a cuicomunico la scienza di queste cose»cosa credi

che direbbero dopo averlo ascoltato?

FEDRO: Cos'altro se non chiedergli se sa anche a chi e quando bisogna fareciascuna di queste cosee in quale

misura?

SOCRATE: E se allora rispondesse: «Non lo so affatto: ma sono convinto chechi ha appreso queste conoscenze da

me sia a sua volta in grado di fare ciò che chiedi»?

FEDRO: Direbberocredoche quell'uomo è pazzoe che crede di esserediventato un medico per aver sentito

qualcosa da qualche libro o per aver usato casualmente dei farmacisenzaavere alcuna conoscenza dell'arte.

SOCRATE: E se uno si presentasse a Sofocle e ad Euripide dicendo che sacomporre discorsi lunghissimi su un

argomento piccolo e piccolissimi su un argomento grandecommoventiquandolo vuolee al contrario spaventevoli e

minacciosie tante altre cose del generee che insegnando ciò crede ditrasmettere il modo di comporre una tragedia?

FEDRO: Credo che anche costoroSocrateriderebbero se uno pensa che latragedia sia altra cosa che l'unione di

questi elementi ben connessi tra loro e accordati con il tutto.

SOCRATE: Però non lo rimprovererebbero con villaniacredoma come unmusicose incontrasse un uomo che

crede di essere esperto nell'armoniaperché il caso vuole che sappia comesi fa a produrre il suono più acuto e quello

più gravenon gli direbbe villanamente: «Disgraziatotu sei pazzo!»main quanto musico gli direbbein modo più

affabile: «Carissimochi vuole essere un esperto di armonia è necessarioche conosca anche questotuttavia nulla vieta

che chi ha le tue capacità non sappia neppure un poco di armonia; tu infatticonosci le nozioni necessarie e preliminari

dell'armonianon come si produce l'armonia».

FEDRO: Giustissimo.

SOCRATE: Allora anche Sofocle direbbe a chi si esibisse di fronte a loro checonosce i preliminari dell'arte tragica

ma non il modo di comporre una tragediae Acumeno direbbe all'altro checonosce i preliminari della medicinanon la

scienza medica.

FEDRO: Assolutamente.

SOCRATE: E cosa pensiamo che direbbero Adrasto voce di miele o Pericle(61)se sentissero parlare degli

accorgimenti che abbiamo elencato poco facioè parlare concisoparlare perimmagini e tutte le altre cose che abbiamo

Platone Fedro

19

scorso affermando che erano da esaminare in piena luce? Forse per villaniacome abbiamo fatto io e tesi

rivolgerebbero con parole aspre e rudi a chi ha scritto queste cose e leinsegna spacciandole per retoricaoppure

essendo più saggi di noici lascerebbero di stucco dicendo: «Fedro eSocratenon bisogna essere asprima indulgenti

se alcuninon essendo a conoscenza della dialetticanon hanno saputodefinire cosa mai sia la retorica e in conseguenza

di questa condizionepossedendo le nozioni necessarie e preliminaridell'artehanno creduto di averla scoperta; e

impartendo queste nozioni ad altri ritengono di averli istruiti compiutamentenella retorica e presumono che i loro

discepoli debbano procurarsi da sé nei discorsi la capacità di esporreciascuna di queste cose in maniera convincente e

di collegare tutto l'insiemecome se fosse opera da nulla!».

FEDRO: Ma può anche darsiSocrateche sia proprio un qualcosa del generecio che concerne l'arte che questi

uomini insegnano e presentano per iscritto come retoricae mi sembra che tuabbia detto il vero; ma allora come e dove

ci si può procurare l'arte di colui che è veramente esperto di retorica epersuasivo?

SOCRATE: Riuscire a diventare un perfetto campione della retoricaènaturaleFedroe forse anche necessarioche

sia come negli altri campi: se per natura sei portato alla retoricasarai unretore famosoa patto d'aggiungervi scienza ed

esercizio; ma se manchi di una di queste qualitàresterai imperfetto.Quanto poi all'arte connessa a ciònon mi sembra

che il metodo proceda nella direzione in cui vanno Lisia e Trasimaco.

FEDRO: Qual è il metodoallora?

SOCRATE: Si dà il casocarissimoche Pericle sia stato probabilmente ilpiù perfetto di tutti nella retorica.

FEDRO: Perché?

SOCRATE: Tutte le grandi arti hanno bisogno di sottigliezza e di discorsicelesti sulla naturapoiché questa

elevatezza di pensiero e questa capacità di condurre tutto ad effettosembrano provenire in qualche modo da qui.

E Pericleoltre alla buona disposizione naturalesi acquistò anche questo:imbattutosicredoin Anassagora(62)

uomo di tal fattasi riempì di discorsi celesti e giunse alla naturadell'intelletto e della ragioneargomenti intorno ai

quali Anassagora si diffondeva ampiamentee da qui ricavò quello che erautile per l'arte dei discorsi.

FEDRO: In che senso dici ciò?

SOCRATE: Il modo di procedere dell'arte medica è lo stesso della retorica.

FEDRO: E come?

SOCRATE: In entrambe bisogna dividere una naturain una quella del corponell'altra quella dell'animase tunon

solo per esercizio e in modo empiricoma con artevuoi procurare all'unosalute e vigore somministrandogli medicine e

nutrimentoe trasmettere all'altra la convinzione che desidera e la virtùoffrendole discorsi e occupazioni rispettose delle

leggi.

FEDRO: è verosimile che sia cosìSocrate.

SOCRATE: Ritieni dunque che sia possibile comprendere la natura dell'anima inmodo degno di menzione senza

conoscere la natura dell'insieme?

FEDRO: Se si deve dare qualche credito a Ippocrateche è degli Asclepiadi(63)senza questo metodo non è

possibile neanche comprendere la natura del corpo.

SOCRATE: E dice beneamico; tuttavia bisogna confrontare il discorso conquanto afferma Ippocrate ed esaminare

se si accorda.

FEDRO: Certamente.

SOCRATE: Allora esamina cosa dicono sulla natura Ippocrate e il discorsovero. Non bisogna forse ragionare così

riguardo alla natura di qualsiasi cosa? Innanzitutto si deve considerare seciò in cui vorremo essere esperti noi stessi e in

grado di rendere tale un altro sia semplice o multiforme; poise èsemplicesi deve esaminare quale potenza ha per sua

natura nell'agire e su che cosa la esercitao quale potenza ha nel subire eda che cosa la subiscese invece ha più forme

bisogna enumerarle e vedere per ciascuna di esse ciò che si vede perun'unitàcioè in virtù di che cosa è portata per sua

natura ad agire e su che cosao in virtù di che cosa a subireche cosa eda che cosa.

FEDRO: Può essereSocrate.

SOCRATE: Dunque il metodo privo di questi procedimenti somiglierebbeall'andare di un cieco. Chi invece

persegue con arte una qualsiasi cosa non è da rassomigliare a un cieco o aun sordoma è chiaro chese uno vuol

trasmettere ad altri discorsi fatti con artedimostrerà puntualmentel'essenza della natura di ciò a cui rivolgerà i suoi

discorsi; e questo sarà in qualche modo l'anima.

FEDRO: Come no?

SOCRATE: Perciò tutto il suo sforzo è teso a questopoiché in questocerca di produrre persuasione. O no?

FEDRO: Sì.

SOCRATE: è chiaro dunque che Trasimaco e chiunque altro offra seriamentel'arte della retoricainnanzitutto

descriverà e farà vedere con la massima precisione l'animase per suanatura è una e tutta uguale o multiforme come

l'aspetto del corpo; diciamo infatti che questo è dimostrare la natura diuna cosa.

FEDRO: Assolutamente.

SOCRATE: In secondo luogoin virtù di che cosa è per sua natura portata adagiree su cosao in virtù di che cosa è

portata a subiree da che cosa.

FEDRO: Come no?

SOCRATE: In terzo luogoclassificati i generi dei discorsi e dell'anima e leloro proprietàpasserà in rassegna tutte

le causeadattando ciascun genere di discorso a ciascun genere di anima einsegnando quale animada quali discorsi e

per quale causa viene di necessità persuasaquale invece non vienepersuasa.

Platone Fedro

20

FEDRO: Sarebbe bellissimo se fosse cosìa quanto pare!

SOCRATE: Pertantocarociò che verrà dimostrato o detto in altro modo nonsarà mai detto o scritto con artené su

questo né su un altro argomento. Ma quelli che oggi scrivono le arti deidiscorsi che tu hai ascoltato sono scaltrie pur

conoscendo molto bene l'anima sono portati a dissimulare; perciòprima cheparlino e scrivano in questo modonon

lasciamoci convincere da lorocredendo che scrivano con arte.

FEDRO: Qual è questo modo?

SOCRATE: Già usare le espressioni appropriate non è cosa facile; ma perquanto mi è possibile voglio dirti come

bisogna scriverese si intende farlo con arte.

FEDRO: Dillo dunque.

SOCRATE: Poiché la forza del discorso sta nella guida delle animechi vuoleessere esperto di retorica è necessario

che sappia quante forme ha l'anima. Esse sono tantissime e di svariatequalitàe di conseguenza alcuni uomini sono di

un certo tipoaltri di un altro; e dato che le forme dell'anima risultanocosì divisea loro volta sono tantissime anche le

forme dei discorsiciascuna di tipo diverso. Per questo motivo gli uomini diun certo tipo si lasciano facilmente

persuadere da discorsi di un certo tipo su determinati argomentimentre gliuomini di un altro tiposempre per questo

motivosono difficili da persuadere. Perciò chi vuole diventare retore deveinnanzitutto tenere in adeguata

considerazione queste cosepoiosservando il loro modo di essere e dioperare all'atto praticodev'essere in grado di

seguirle acutamente con le sue facoltà intellettivealtrimenti non avràmai niente più dei discorsi che ascoltava quando

frequentava un maestro. E quando sappia dire in modo adeguato quale genere diuomo viene persuaso e da quali

discorsie sia in grado di accorgersi della sua presenza e di provare a sestesso che si tratta di quell'uomo e di quella

natura sulla quale vertevano a suo tempo i discorsie poiché ora è difatto presente deve riferirle questi discorsi nella

maniera previstaper persuaderla di determinate coseuna volta che dunquesia in possesso di tutti questi requisiti

sappia cogliere i momenti giusti in cui bisogna parlare e quelli in cuibisogna trattenersi e sappia discernere

l'opportunità e l'inopportunità del parlare concisocommovente o indignatoe di tutte le altre forme di discorso che ha

appresoallora l'arte è realizzata in modo bello e compiutoprima no. Mase uno manca di una qualsiasi di queste cose

quando parlainsegna o scrivee afferma di parlare con artevince chi nonsi lascia persuadere. «E allora?»dirà forse il

nostro scrittore. «Fedro e Socratela pensate così? Dobbiamo forsedefinire in altro modo l'arte che è detta dei

discorsi?».

FEDRO: è impossibile in altro modoSocrate; eppure sembra un lavoro non dapoco.

SOCRATE: Hai ragione. Proprio per questo bisogna rivoltare tutti i discorsisottosopra ed esaminare se da qualche

parte appare una via più facile e più breve per giungere ad essacosì danon procedere inutilmente per una via lunga e

aspraquando è possibile percorrerne una corta e liscia. Ma se hai daqualche parte un aiutoper averlo ascoltato da

Lisia o da qualcun altrocerca di richiamarlo alla memoria e di dirlo.

FEDRO: Cosìper fare una provapotreima non me la sentoalmeno adesso.

SOCRATE: Vuoi dunque che io riferisca un discorso che ho ascoltato da alcuniche si occupano di queste cose?

FEDRO: Perché no?

SOCRATE: D'altrondeFedrosi dice che è giusto riferire anche le ragionidel lupo.

FEDRO: Allora fa' così anche tu.

SOCRATE: Dunqueessi sostengono che non si devono magnificare e levare cosìin alto queste cosecon tanti giri

di parole; infatticome abbiamo detto anche all'inizio del discorsochiintende essere sufficientemente esperto nella

retorica non deve certo partecipare della verità circa questioni giuste ebuoneo uomini tali per natura o per educazione

poiché nei tribunali non importa proprio niente a nessuno della verità suqueste cosema importa solo ciò ch'è atto a

persuadere: è il verosimilea cui si deve applicare chi intende parlare conarte. Talvolta infatti non bisogna neanche

esporre i fattia meno che non si siano svolti in maniera verosimilemasolo quelli verosimilisia nell'accusa sia nella

difesae in genere chi parla deve seguire il verosimiledopo aver dettotanti saluti alla verità; poiché è appunto questo

chese percorre l'intero discorsoprocura tutta quanta l'arte.

FEDRO: Hai espostoSocrateproprio le ragioni che adducono quelli che dannoa vedere di essere esperti nell'arte

dei discorsi; mi sono ricordato che già in precedenza abbiamo toccatobrevemente tale argomentoe sembra che ciò sia

di enorme importanza per chi si occupa di queste cose.

SOCRATE: Sicuramente hai studiato con precisione proprio Tisia: quindi Tisiaci dica anche questose per

verosimile intende qualcosa di diverso da ciò che sembra ai più.

FEDRO: E che altro?

SOCRATE: E avendo fatto questa scopertaa quanto paredi saggezza e d'arteinsiemeha scritto che se un uomo

debole e coraggiosoche ha percosso un uomo forte e vile e gli ha portatovia il mantello o qualcos'altroviene condotto

in tribunalenessuno dei due deve dire la veritàma il vile deve asseriredi non essere stato percosso dal solo uomo

coraggiosoquesti deve confutare ciò ribattendo che erano loro due solieservirsi del seguente argomento: «Come avrei

potuto iodata la mia condizionemettere le mani addosso a una persona comelui?». L'altro non ammetterà la propria

viltàma cercando di dire qualche altra menzogna offrirà subito materia diconfutazione all'avversario.

E anche negli altri campi le cose dette con arte sono più o meno di questogenere. Non è cosìFedro?

FEDRO: Come no?

SOCRATE: Ahimèsembra che abbia fatto la scoperta davvero sensazionale diun'arte nascostaTisia o chiunque

altro sia e da qualunque luogo si compiaccia di trarre il nome! Ma a costuiamicodobbiamo dire o no...

FEDRO: Cosa?

Platone Fedro

21

SOCRATE: Questo: «O Tisiada tempo noiprima ancora che tu venissi quicitrovavamo a dire che questo

verosimile viene a nascere nei più per somiglianza col vero; e poco faabbiamo spiegato che chi conosce la verità sa

scoprire benissimo le somiglianze.

Perciòse hai qualcos'altro da dire sull'arte dei discorsilo ascolteremo;altrimenti daremo credito a ciò che abbiamo

esposto or oracioè che se uno non enumererà le nature di coloro che loascolterannoe non sarà in grado di dividere gli

esseri secondo le forme e di raccoglierli uno per uno in un'ideanon saràmai esperto nell'arte dei discorsiper quanto è

possibile a un uomo. E non potrà mai acquisire queste capacità senza moltaapplicazione; ad essa il sapiente dovrà

indirizzare i suoi sforzi non per parlare e agire con gli uominima perpoter dire cose che siano gradite agli dèi e fare

ogni cosa in modo a loro graditoper quanto è nelle sue facoltà. Infatti ipiù saggi tra noiTisiadicono che chi ha

intelletto deve prendersi cura di compiacere non i compagni di schiavitùsenon in modo accessorioma i padroni buoni

e che discendono da uomini buoni. Perciòse la strada è lunganonmeravigliartenein quanto per raggiungere grandi

traguardi bisogna percorrerlanon come credi tu. D'altrondecome dice ilnostro discorsoanche queste fatiche

diventeranno bellissime grazie a quei traguardise uno lo vuole».

FEDRO: Mi pare che si stia parlando in modo bellissimoSocratese davveroqualcuno ne è capace.

SOCRATE: Ma per chi intraprende azioni belle è bello anche soffrirequalunque cosa gli tocchi di soffrire.

FEDRO: Sicuro.

SOCRATE: Quanto si è detto a proposito dell'arte e della mancanza di artenel fare discorsi sia dunque sufficiente.

FEDRO: Come no?

SOCRATE: Rimane la questione della convenienza e della non convenienza dellascritturaquando essa vada bene e

quando invece sia sconveniente. O no?

FEDRO: Sì.

SOCRATE: Sai allora comenell'ambito dei discorsipotrai acquistarti ilmassimo favore di un dio con le tue azioni

e le tue parole?

FEDRO: Per niente. E tu?

SOCRATE: Io posso raccontarti una storia tramandata dagli antichi; il veroessi lo sanno. E se noi lo trovassimo da

solici importerebbe ancora qualcosa delle opinioni degli uomini?

FEDRO: Hai fatto una domanda ridicola! Ma racconta ciò che dici di averudito.

SOCRATE: Ho sentito dunque raccontare che presso Naucratiin Egitto(64)c'era uno degli antichi dèi del luogo

al quale era sacro l'uccello che chiamano ibis; il nome della divinità eraTheuth.(65) Questi inventò dapprima i numeri

il calcolola geometria e l'astronomiapoi il gioco della scacchiera e deidadiinfine anche la scrittura.

Re di tutto l'Egitto era allora Thamus e abitava nella grande città dellaregione superiore che i Greci chiamano Tebe

Egiziamentre chiamano il suo dio Ammone.(66) Theuthrecatosi dal reglimostrò le sue arti e disse che dovevano

essere trasmesse agli altri Egizi; Thamus gli chiese quale fosse l'utilitàdi ciascuna di essee mentre Theuth le passava

in rassegnaa seconda che gli sembrasse parlare bene oppure nooradisapprovavaora lodava. Moltia quanto si

raccontafurono i pareri che Thamus espresse nell'uno e nell'altro senso aTheuth su ciascuna artee sarebbe troppo

lungo ripercorrerli; quando poi fu alla scritturaTheuth disse: «Questaconoscenzao rerenderà gli Egizi più sapienti e

più capaci di ricordarepoiché con essa è stato trovato il farmaco dellamemoria e della sapienza». Allora il re rispose:

«Ingegnosissimo Theuthc'è chi sa partorire le arti e chi sa giudicarequale danno o quale vantaggio sono destinate ad

arrecare a chi intende servirsene. Ora tupadre della scritturaperbenevolenza hai detto il contrario di quello che essa

vale.

Questa scoperta infattiper la mancanza di esercizio della memoriaprodurrà nell'anima di coloro che la

impareranno la dimenticanzaperché fidandosi della scrittura ricorderannodal di fuori mediante caratteri estraneinon

dal di dentro e da se stessi; perciò tu hai scoperto il farmaco non dellamemoriama del richiamare alla memoria. Della

sapienza tu procuri ai tuoi discepoli l'apparenzanon la verità: ascoltandoper tuo tramite molte cose senza

insegnamentocrederanno di conoscere molte cosementre per lo più leignoranoe la loro compagnia sarà molesta

poiché sono divenuti portatori di opinione anziché sapienti».

FEDRO: Socratetu pronunci con facilità discorsi egizi e di qualsiasi paesetu voglia!

SOCRATE: E pensa che alcunimio carohanno asserito che i primi discorsiprofetici nel tempio di Zeus a Dodona

venivano da una quercia!

Agli uomini di alloradato che non erano sapienti come voi giovanibastavanella loro semplicitàascoltare una

quercia o una rocciapurché dicessero il vero; ma forse per te fadifferenza chi è colui che parla e da dove viene.

Non miri infatti solamente a questose le cose stanno così o diversamente?

FEDRO: Hai colto nel segnoe mi sembra che riguardo alla scrittura le cosestiano come dice il re di Tebe.

SOCRATE: Allora chi crede di tramandare un'arte con la scritturae chi a suavolta la riceve nella convinzione che

dalla scrittura deriverà qualcosa di chiaro e di saldodev'essere ricolmodi molta ingenuità e ignorare realmente il

vaticinio di Ammonese pensa che i discorsi scritti siano qualcosa in piùdel riportare alla memoria di chi già sa ciò su

cui verte lo scritto.

FEDRO: Giustissimo.

SOCRATE: Poiché la scritturaFedroha questo di potenteeper laveritàdi simile alla pittura. Le creazioni della

pittura ti stanno di fronte come cose vivema se tu rivolgi loro qualchedomandarestano in venerando silenzio. La

medesima cosa vale anche per i discorsi: tu potresti anche credere cheparlino come se avessero qualche pensiero loro

proprioma se domandi loro qualcosa di ciò che dicono coll'intenzione diapprenderlaquesto qualcosa suona sempre e

Platone Fedro

22

solo identico. Euna volta che è scrittotutto quanto il discorso rotolaper ogni dovefinendo tra le mani di chi è

competente così come tra quelle di chi non ha niente da spartire con essoenon sa a chi deve parlare e a chi no. Se poi

viene offeso e oltraggiato ingiustamente ha sempre bisogno dell'aiuto delpadrepoiché non è capace né di difendersi da

sé né di venire in aiuto a se stesso.

FEDRO: Anche queste tue parole sono giustissime.

SOCRATE: E allora? Vogliamo considerare un altro discorsofratello legittimodi questoin che modo nasce e

quanto è per sua natura migliore e più potente di questo?

FEDRO: Qual è questo discorso e comesecondo tenasce?

SOCRATE: è quello che viene scritto mediante la conoscenza nell'anima di chiapprende; esso è in grado di

difendersi da sée sa con chi bisogna parlare e con chi tacere.

FEDRO: Intendi il discorso vivente e animato di chi sadel quale quelloscritto si può a buon diritto definire

un'immagine.

SOCRATE: Per l'appunto. Ora dimmi questo: l'agricoltore che ha sennopianterebbe seriamente d'estate nei giardini

di Adone (67) i semi che gli stessero a cuore e da cui volesse ricavarefrutti; e gioirebbe a vederli crescere belli in otto

giornio farebbe ciò per gioco e per la festaquand'anche lo facesse? Eriguardo invece a quelli di cui si è preso cura sul

serio servendosi dell'arte dell'agricoltura e seminandoli nel luogo adattosarebbe contento che quanto ha seminato

giungesse a compimento in otto mesi?

FEDRO: Farebbe cosìSocrate: sul serio per gli unidiversamente per glialtricome tu dici.

SOCRATE: Dovremo dire che chi possiede la scienza delle cose giustebelle ebuone abbia meno senno

dell'agricoltore con le sue sementi?

FEDRO: Nient'affatto.

SOCRATE: Allora non le scriverà seriamente nell'acqua neraseminandoleattraverso la canna assieme a discorsi

incapaci di difendersi da sé con la parolae incapaci di insegnare in modoadeguato la verità.

FEDRO: Noalmeno non è verosimile.

SOCRATE: Infatti non lo è. Ma a quanto pare seminerà e scriverà i giardinidi scrittura per giocoquando li

scriveràserbando un tesoro da richiamare alla memoria per se stessonelcaso giunga «alla vecchiaia dell'oblio»(68) e

per chiunque segua la sua stessa ormae gioirà a vederli crescere teneri. Equando gli altri faranno altri giochi

ristorandosi nei simposi e in tutti i divertimenti fratelli di questieglialloraa quanto pareinvece che in essi passerà la

vita a dilettarsi in ciò di cui parlo.

FEDRO: è un gioco molto bello quello che diciSocraterispetto all'altroche è insulso: il gioco di chi sa divertirsi

coi discorsinarrando storie sulla giustizia e sulle altre cose di cuiparli.

SOCRATE: Così è in effetticaro Fedro: ma l'impegno in queste cosediventacredomolto più bello quando uno

facendo uso dell'arte dialetticaprende un'anima adattavi pianta e visemina discorsi accompagnati da conoscenzache

siano in grado di venire in aiuto a se stessi e a chi li ha piantati e nonsiano infruttiferima abbiano una semenza dalla

quale nascano nell'indole di altri uomini altri discorsi capaci di renderequesta semenza immortalefacendo sì che chi la

possiede sia felice quanto più è possibile per un uomo.

FEDRO: Ciò che dici è molto più bello.

SOCRATE: Ora che siamo d'accordo su questoFedropossiamo giudicare quellealtre questioni.

FEDRO: Quali?

SOCRATE: Quelle che volevamo indagare e per le quali siamo arrivati a questopuntoossia esaminare il

rimprovero rivolto a Lisia circa lo scrivere i discorsi e i discorsi stessiquali fossero scritti con arte e quali senz'arte. Ciò

che è conforme all'arte e ciò che non lo è mi sembra che sia statochiarito opportunamente.

FEDRO: Così almeno mi è parso: ma ricordami ancora una volta come abbiamodetto.

SOCRATE: Se prima uno non conosce il vero riguardo a ciascun argomento su cuiparla o scrive e non è in grado di

definire ogni cosa in se stessae una volta che l'ha definita non sadividerla secondo le sue specie fino ad arrivare a ciò

che non è più divisibilequindidopo aver scrutato a fondo allo stessomodo la natura dell'animatrovando la specie

adatta a ciascuna natura non dispone e regola il discorso secondo questoprocedimentooffrendo discorsi variegati a

un'anima variegata e dalla piena armoniadiscorsi semplici a un'animasemplicenon sarà possibileper quanto è

conforme a naturamaneggiare con arte la stirpe dei discorsi né perinsegnare né per persuaderecome il discorso fatto

in precedenza ci ha chiaramente indicato.

FEDRO: Risulta in tutto e per tutto così.

SOCRATE: Riguardo poi alla questione se sia bello o turpe pronunciare escrivere discorsie quando un rimprovero

sia rivolto giustamente oppure nonon ha forse chiarito ciò che abbiamodetto poco fa...

FEDRO: Cosa abbiamo detto?

SOCRATE: Che se Lisia o altri ha mai scritto o scriverà su argomentid'interesse privato o pubblicoproponendo

leggi o scrivendo un'opera politicanella convinzione che in ciò vi sia unagrande solidità e chiarezzaallora il biasimo

ricade su chi scriveche lo si dica o meno: poiché il non distinguererealtà e sogno in ciò che è giusto e ingiustomale e

benenon può davvero evitare di essere riprovevolequand'anche tutta lagente lo apprezzasse.

FEDRO: No di certo.

SOCRATE: Chi invece ritiene che nel discorso scritto su qualsiasi argomentovi sia necessariamente molto gioco e

che nessun discorso con pregio di grande serietà sia mai stato scritto néin versi né in prosa (e neanche pronunciato

come i discorsi dei rapsodi che sono recitati senza essere sottoposti avaglio e non mirano a insegnarema a persuadere)

Platone Fedro

23

ma che i migliori di essi siano realmente un mezzo per aiutare la memoria dichi già conosce l'argomentoe ritiene che

solo nei discorsi sul giustosul bello e sul benepronunciati comeinsegnamento allo scopo di far apprendere e scritti

realmente nell'animavi sia chiarezzacompiutezza e pregio di serietà; einoltre è convinto che discorsi tali debbano

essere detti suoi come se fossero figli legittimiinnanzitutto quello chereca in sénel caso si trovi che lo possiedepoi

quelli che discendenti e fratelli di questosono nati allo stesso modonell'anima di altri uomini secondo il loro valoree

ai rimanenti manda tanti saluti; beneun uomo siffattoFedroè probabileche sia tale quale tu e io ci augureremmo di

diventare.

FEDRO: Io voglio e mi auguro in tutto e per tutto ciò che dici.

SOCRATE: Dunqueper quanto riguarda i discorsiormai abbiamo scherzatoabbastanza: tu ora va' da Lisia e digli

che noi due siamo discesi alla fonte e al santuario delle Ninfe e abbiamoascoltato dei discorsi che ci ordinavano di

riferire a Lisia e a chi altri componga discorsia Omero e a chi altri abbiacomposto poesia epica o liricae in terzo

luogo a Solone e a chiunque nei discorsi politici abbia scritto dei testi conil nome di leggiquanto segue: se ha

composto queste opere sapendo com'è il vero e può soccorrerle quando ciòche ha scritto viene messo alla provae

quando parla è in grado egli stesso di dimostrare la debolezza di quanto èstato scrittouna persona del genere non deve

essere chiamato col nome di costoroma con un nome derivato da ciò a cui siè dedicato con serietà.

FEDRO: Quale nome gli assegni dunque?

SOCRATE: Chiamarlo sapienteFedromi sembra che sia cosa troppo grande eche si addica solo a un dio;

chiamarlo invece filosofo o con un nome del genere sarebbe a lui più adattoe conveniente.

FEDRO: E niente affatto fuori luogo.

SOCRATE: Chi invece non possiede cose di maggior pregio di quelle che hacomposto e ha scrittorivoltandole su e

giù per lungo tempoincollandole l'una con l'altra o separandolenon lodirai a buon diritto poeta o autore di discorsi o

scrittore di leggi?

FEDRO: Come no?

SOCRATE: Riferisci dunque questo al tuo compagno!

FEDRO: E tu? Cosa farai? Non bisogna lasciare da parte neanche il tuocompagno.

SOCRATE: Chi è costui?

FEDRO: Isocrate (69) il bello. Cosa riferirai a luiSocrate? Come lodefiniremo?

SOCRATE: Isocrate è ancora giovaneFedro: tuttavia voglio dire ciò cheprevedo di lui.

FEDRO: Che cosa?

SOCRATE: Mi sembra che per doti naturali sia migliore a confronto deidiscorsi di Lisiae che inoltre sia temperato

di un'indole più nobile. Perciò non ci sarebbe affatto da meravigliarsi secol procedere dell'etàproprio grazie ai

discorsi cui ora pone mano superasse più che se fossero fanciulli quanti maisi sono dedicati ai discorsie se inoltre

questo non gli bastassema uno slancio divino lo spingesse a cose ancorapiù grandi; giacché nell'animo di quell'uomo

caro amicoc'è una forma naturale di filosofia. Pertanto io riferiscoqueste cose da parte di questi dèi al mio amato

Isocratetu fa' sapere quelle altre al tuo Lisia.

FEDRO: Sarà così. Ma andiamopoiché anche la calura si è fatta piùmite.

SOCRATE: Non conviene rivolgere una preghiera a questi dèi prima di metterciin cammino?

FEDRO: Come no?

SOCRATE: O caro Pan e voi altri dèi di questo luogoconcedetemi didiventare bello dentroe che tutto ciò che ho

di fuori sia in accordo con ciò che ho nell'intimo. Che io consideri riccoil sapiente e possegga tanto oro quanto nessun

altrose non chi è temperantepossa prendersi e portar via.(70) Abbiamobisogno di qualcos'altroFedro? Da parte mia

si è pregato in giusta misura.

FEDRO: Fa' questo augurio anche per me; le cose degli amici sono comuni.

SOCRATE: Andiamo!

Platone Fedro

24

NOTE: 1) Celebre oratore ateniese vissuto tra il quinto e il quarto secoloa.C.di cui restano 34 orazioni giudiziarie.

Il discorso sull'amore che gli viene attribuito nel dialogo è probabilmentefittizio. Il padre Cefalooriginario della

Siciliaaveva una fabbrica d'armi al Pireo; nella sua casa è ambientata laRepubblica.

2) Noto medico dell'epoca.

3) Epicrate era un oratore democratico; Moricoforse il proprietarioprecedente della casaera un cittadino ateniese

che per le sue ricchezze e il suo lusso divenne frequente bersaglio dei poeticomici.

4) PindaroIsthmia 2.

5) Erodico di Megaradivenuto poi cittadino di Selimbriaera un medicofamoso per il suo regime di vita

"salutistico"; Platone lo menziona anche nella Repubblica e nelProtagora.

6) I Coribanti erano i sacerdoti della dea Cibelei cui culti eranocaratterizzati da una forte valenza orgiastica.

7) Piccolo fiume che scorre vicino ad Atene.

8) Il dialogo è immaginato in piena estatea mezzogiorno.

9) Boreavento del nordrapì Oriziafiglia di Eretteore di Atene; incambio concesse agli Ateniesi il suo favore

nelle battaglie navali. Farmaceacitata poco sottoera una ninfa cui erasacra la fonte dell'Ilisso.

10) Demo dell'Attica.

11) Letteralmente 'colle di Ares'era un'altura in Atene dove aveva sede ilpiù antico tribunale della cittàformato

dagli arconti usciti di carica.

12) Sono tutti esseri mitologici. Gli Ippocentauri o Centaurinatidall'unione di Issione con una nubeerano metà

uomo e metà cavallo.

La Chimera era un mostro con tre testeuna di leoneuna di capra spirantefuocouna di serpente. Le Gorgoni

mostri marinierano StenoEuriale e Medusa; le prime due erano immortalimentre Medusache aveva il potere di

pietrificare con lo sguardoera mortale e fu uccisa da Perseo. Pegaso era ilcavallo alato nato dal sangue della testa di

Medusa tagliata da Perseo; con il suo aiuto Bellerofonte uccise la Chimera.

13) «Conosci te stesso» era appunto il precetto scritto nel tempio diApollo a Delfi.

14) Tifone o Tifeofiglio di Gea e del Tartaroera un drago dalle molteteste che emettevano fumo e fiamme; al

termine di una dura lotta Zeus lo fulminò e lo scagliò sotto l'Etna. Il suomito è ricordato in EsiodoTheogonia 820

seguenti. Da Tifone ha avuto origine il nome comune indicante un vento caldoportatore di tempeste. Nel testo greco c'è

un gioco di paroleintraducibile in italianocon il quale Tifone vieneparetimologicamente accostato al participio di

"túpho" ('fumare''bruciare') etramite l'aggettivo privativo"atuphos" a "tuphos" ('vanità''orgoglio'superbia').

Nel dialogo Platone fa uso più volte di simili giochi verbaliimpossibilida mantenere nella traduzioneper creare

paretimologie.

15) Alle Ninfedivinità dei boschi e dei fiumiSocrate in seguitoattribuirà il dono dell'ispirazione. Acheloooltre ad

essere un fiume della Grecia centraleera anche dio dei fiumi.

16) Una locuzione simile ricorre in OmeroIliade libro 8verso 281.

17) Saffo è la famosa poetessa lirica di Lesbo vissuta tra il settimo e ilsesto secolo a.C.autrice di carmi soprattutto

d'amore omoeroticodivisi dagli Alessandrini in nove libri; di essi ci sonopervenuti un'ode interauna quasi completa e

parecchi frammenti di varia lunghezza. Anacreonte di Teolirico monodico delsesto secolofu autore tra l'altro di

poesie amorose dal tono leggerodi cui restano pochi frammenti. Non èinvece possibile sapere a quali autori in prosa si

allude nel passo.

18) Gli arconti ateniesial momento di entrare in caricagiuravano che seavessero trasgredito le leggi di Solone

avrebbero innalzato a Delfi una statua d'oro della loro grandezza e peso.

19) Cipselo fu tiranno di Corinto nel sesto secolo e fondò una dinastia ditiranni. L'offerta votiva cui si allude era

forse una statua.

20) Immagine derivata dalla lotta: Fedro intende che Socrate a sua volta haofferto il fianco a una critica.

21) Pindaroframmento 105 Snell-Maehler (citato anche in Meno).

22) Il testo greco gioca sull'assonanza tra "ligús"'dalla vocemelodiosa'e "ligús" 'Ligure' (con lambda maiuscolo).

Questo gioco paretimologico è probabilmente alla base della leggenda secondocui i Liguri erano amanti del canto.

23) Socrate istituisce un nesso paretimologico tra "èros" e "róme"('forza').

24) Il ditirambocomponimento lirico corale associato al culto di Dionisoai tempi di Platone era in piena

decadenza. Qui il termine ha una connotazione negativaindicando una formadi invasamento non ispirata da "mania"

divinae quindi non mediata dal logos.

25) L'immagine è ricavata da un gioco fatto con un coccio (óstrakon)neroda una parte e bianco dall'altra; i

giocatoridivisi in due squadresceglievano un colore e a seconda di quelloche risultava lanciando il coccio dovevano

fuggire o inseguire. La metafora significa che l'amanteprima inseguitoreora fugge l'amato.

26) Simmiaprima pitagoricopoi discepolo di Socrateè uno degliinterlocutori del Fedone.

27) Ibicoframmnto 310Page. Poeta lirico corale del sesto secolo a.C.dilui restano un'ode e pochi frammenti.

28. Stesicoropoeta lirico coralevisse nel sesto secolo a.C. Secondo unaleggenda perse la vista per aver accusato

Elena di infedeltà in un carme omonimo e la riacquistò per aver scritto laPalinodia (la 'Ritrattazione')in cui sosteneva

che Paride non aveva portato a Troia la vera Elenama un fantasma con le suesembianze; questa versione del mito fu

ripresa da Euripide nell'Elena. Omero invecenon avendo fatto la stessacosarimase cieco. Allo stesso modo Socrate

pronuncerà una ritrattazione del discorso precedente su Erosnella qualesolleverà il dio dalle accuse che gli aveva

mosso.

Platone Fedro

25

29) A Delfiin Beoziac'era il più famoso santuario di Apolloche dava iresponsi per bocca della sua sacerdotessa

la Pizia; a Dodonanell'Epiroc'era un santuario di Zeus.

30) Questo nome designava in origine unain seguito più sacerdotesse diApollodi cui era nota l'ambiguità dei

responsi; la più celebre era la Sibilla di Cumain Campania.

31) L'arte divinatoriain greco "mantike"viene fatta derivare da"manikos" cioè 'affetto da mania'; il composto

"oionoistike"di invenzione platonicaviene ricondotto a "oieris"('opinione''credenza')e accostato a "oionistike"

ovvero l'"arte di trarre gli auspici" dal volo degli uccelli.

Il gioco paretimologicodi cui si è provato a rendere ragione nellatraduzioneè importante in quanto è funzionale al

rovesciamento della tesi sostenuta da Lisia.

32) è il celebre mito dell'anima come una biga alatametafora complessa enon facile da interpretare. Se infatti

l'auriga rappresenta palesemente la ragionenon è del tutto chiaro ilsignificato dei due cavalli; è poco soddisfacente

l'interpretazione tradizionalesecondo cui il cavallo nero rappresenterebbel'anima concupiscibilequello bianco l'anima

impulsivae l'intera immagine sarebbe da intendere come la tripartizionedell'anima che Platone teorizza nella

Repubblica (libri 4 e 9). Infatti nel Timeo si dice che anima concupiscibilee anima impulsiva sono mortalimentre qui i

due cavalli fanno parte proprio della struttura dell'anima immortalecomeprova anche il fatto che essi si nutrono di

nettare e ambrosiacibo e bevanda degli dèie che tale struttura è comunesia all'anima umana sia a quella divina. è

preferibile pensare che i cavalli indichino due componenti opposteconnaturate comunque all'anima immortaleche

l'auriga ha la funzione di conciliare per trovare un equilibrio.

33) Estiadea del focolarenella cosmologia antica veniva identificata colcentro dell'universoche era immobile;

per questo essaunica tra gli dèinon viaggia per il cielo. Le divinitàche guidano le dodici schiere sono probabilmente

quelle olimpiche.

34) L'Iperuranioil luogo 'oltre il cielo'è il mondo delle Idee. Luogometafisicoimmagine della sfera

dell'intelligibile che nella sua immutabilità trascende la realtàsensibileesso è raggiungibile solo dell'anima.

35) Adrastealetteralmente 'l'inevitabile'in questo caso è unapersonificazione del destino; in Repubblica (libro 5)

impersonifica invece la vendetta. Viene qui esposto il destino escatologicodelle anime e la teoria della metempsicosi

argomento che ha una più ampia trattazione con il mito di Er nel librodecimo della Repubblica. Nel Fedro

l'assegnazione della vita futura è strettamente determinata dalla misura incui le anime hanno contemplato la pianura

della verità prima di tornare sulla terrapoiché ad esso corrisponde ilgrado di verità connesso alla vita in cui si

reincarnano.

36) Altro gioco verbale basato su una paretimologia il termine "imeros"('desiderio')collegato per assonanza ad

Erosviene fatto derivare da i-radice di "eiri" ('andare')"mer-" radice di "méros" ('parte')"ro-"radicedi "roé"

('flusso').

37. Gli Omeridi erano una scuola di aedi nell'isola di Chio che la tradizionevoleva fondata dallo stesso Omero.

Invenzione platonica sono sia i poemi segreti cui si allude ironicamente siai due versi citatinei quali c'è un gioco di

parole tra "Eros" e Ptéros" (epiteto scherzosamente coniatoda "pterós" ('alato')probabilmente suggerito da quei passi

omerici (Iliade libro 1versi 403-404; libro 14verso 291; libro 20verso74) in cui si dice che gli dèi chiamano le cose

in modo diverso dagli uomini.

38) è impossibile conservare nella traduzione il gioco tra il genitivo"Diós" ('di Zeus') e l'aggettivo "dios"

solitamente reso con 'splendente' o 'divino'.

39) Le Baccanti o Menadi erano le sacerdotesse di Dioniso.

40) Zeusinnamorato di Ganimedebellissimo fanciullo frigioin forma diaquila lo rapì sull'Olimpoe ne fece il

coppiere degli dèi. Per il gioco linguistico su "imeros"la nota36.

41) L'espressione significa che né la temperanza umana esaltata da Lisiané la follia divina di per sé bastano a

costruire una scienza nel senso pieno del terminema occorre una giustamescolanza delle due cose; questoin ultima

analisipuò essere il senso del mito della biga alata. L'immagineagonisticapiù che a tre differenti gareallude

probabilmente al fatto che per vincere nella lotta bisognava atterrarel'avversario tre volte.

42) Figlio di Cefalo e fratello di Lisiafu vittima delle persecuzionipolitiche sotto i Trenta tiranni.

43) Ad Atene la frequenza dei processi e l'assenza del patrocinio legalecheobbligava l'accusatore o l'accusato a

parlare personalmente in giudizioavevano fatto nascere la professione dellogografo ('scrittore di discorsi')che

preparava su commissione i testi da pronunciare in tribunale; le orazioni diLisia sono appunto la testimonianza della

sua attività di logografo. Il termine ha nel contesto una connotazionenegativatanto da essere poco sotto equiparato a

sofista. Il parallelo ritorna più avantidove si allude ai compensi che isofisti chiedevano per i loro insegnamenti.

44) L'espressineun po' enigmaticasignifica probabilmente che da una cosasemplice ne è derivata una difficile.

45) Figura storicamente indeterminataLicurgo fusecondo la tradizioneillegislatore di Sparta. Uomo politico e

poetaannoverato tra i sette saggiSolone attuòdurante il suo arcontato(594-593 a.C.)una riforma dello stato ateniese

che prevedeva la divisione dei cittadini in classi in base al censo. Darioprimore di Persia dal 521 al 485 a.C.fu il

promotore della prima guerra greco-persiana.

46) Il mito che segue è probabilmente creazione platonica. Il canto dellecicale è metafora dell'ispirazione a

comporre discorsi ma anche del rischioda parte dell'ascoltatoredilasciarsene ammaliare senza sottoporli a vaglio

criticoun atteggiamento passivo che le cicale stesseintermediarie tra gliuomini e le Musenon approvano.

47) Sulla scia del catalogo esiodeo (Theogonia 75 seguenti)le Muse quicitate hanno nomi parlanti Tersicore è

'colei che gioisce dei cori'Erato è connessa con ErosCalliope è 'dallabella voce'Urania 'la celeste'.

Platone Fedro

26

48) OmeroIliade libro 2verso 361.

49) Per Spartano qui si intende semplicemente una persona che dice la veritàin modo franco e lapidario.

50) I "figli" di Fedro sono i discorsi che ha indotto gli altri afare.

51) Nestoreil più vecchio dei guerrieri greci a Ilioera famoso per lasua eloquenza persuasiva. Abilee soprattutto

astuto parlatore era notoriamente Odisseo. Anche Palamedel'eroe chesmascherò un tentativo di Odisseo di non

partecipare alla guerra di Troiaera fornito di capacità oratorie.

52) Gorgia di Lentininato tra il 485 e il 480 a.C. e morto vecchissimo dopoil 380 a.C.fu uno dei principali

esponenti della sofistica; a lui è dedicato l'omonimo dialogo di Platone.Delle sue numerose opere restano pochi ma

significativi frammenti. Il sofista Trasimaco di Calcedoniavissuto nelquinto secolo a.C.è uno dei personaggi della

Repubblicadove difende in modo combattivo la sua idea della giustizia comediritto del più forte.

Teodoro di Bisanzioattivo nella seconda metà del quinto secolo a.C.scrisse un trattato di retorica.

53) Allusione ironica a Zenone di Elea (quinto secolo a.C.) e ai paradossicon i quali cercava di confutare

dialetticamente i concetti di molteplicità e movimento; famosi sono iparadossi della freccia e di Achille e la tartaruga.

54) Mida era il leggendario re della Frigia che per avidità di ricchezzechiese e ottenne da Dioniso di poter

trasformare in oro tutto ciò che toccava; ma poiché anche tutto ciò chevoleva mangiare o bere diventava oropregò il

dio di liberarlo da questo dono funesto. L'epigramma citato è attribuito aCleobulo di Lindouno dei sette saggi.

55) Poeta e sofista contemporaneo di Socrate.

56) Tisia fu maestro di Gorgia e iniziatoreassieme a Coracedella scuolaretorica siciliana.

57) Prodico di Ceouno dei più importanti esponenti della sofisticadiscepolo di Protagora e maestro di Socrate.

58) Ippia di Elideil celebre sofista da cui prendono il titolo due dialoghidi Platone.

59) Polo di Agrigento e Licimnio di Chio furono discepoli di Gorgia; il primoè uno dei protagonisti del Gorgia di

Platone. Nel passo si allude probabilmente a opere di retorica dei duesofisticome poco sotto a proposito di Protagora.

60) Protagora di Abderaprotagonista dell'omonimo dialogo Platonicovissead Atene nell'età periclea. Considerato

il principale esponente della sofisticaè ricordato soprattutto per il suoagnosticismo religiosoche gli valse una

condanna per empietàe il suo relativismosintetizzato nella massima«l'uomo è misura di tutte le cose». Nulla ci

rimane delle sue numerose opere.

61) Adrastoil re di Argo che guidò la spedizione dei sette contro Tebeèrappresentato da Eschilo nelle Supplici

come abile oratore; l'epiteto «voce di miele» gli è già riferito daTirteo (frammento 98 Gentili-Prato).

Adrasto è qui usato come eteronimo di un personaggio contemporaneoforse unsofista. Anche Periclelo statista

ateniese del quinto secolo che radicalizzò il processo democratico dellapolis portandola al massimo splendoreè qui

ricordatocon un tocco d'ironiaper le sue capacità oratorie.

62) Anassagora di Clazomene (quinto secolo a.C.) visse per molti anni adAtenedove ebbe come discepoli Pericle e

lo stesso Socrate. Punto cardinale del suo pensiero è l'esistenza di unprincipio razionale che dà ordine al mondoda lui

chiamato "nous" ('intelletto').

63) Ippocrate di Cosvissuto tra il quinto e il quarto secolo a.C.fu ilfondatore della medicina antica; l'epiteto di

Asclepiade deriva da Asclepiodio della medicina. Di lui e dei suoidiscepoli resta un considerevole numero di scritti

riuniti nel cosiddetto corpus Hippocraticum.

64) Città sul delta del Nilosede di un emporio commerciale greco.

65) Theuth o Thoth era il dio egizio dell'invenzioneche i Greciidentificavano con Ermes; rappresentato con la testa

di ibisera scriba nel tribunale dei morti. Con questo mito Platone assegnaalla scrittura un valore puramente

"ipomnematico"ovvero la considera un mero supporto alla memoriae non veicolo di sapienza; la trasmissione del

vero sapere resta per lui affidata all'oralità dialettica.

66) «La regione superiore» è l'alto corso del Nilo. Thamusleggendario redell'Egittoviene considerato un

eteronimo dello stesso Ammoneuna delle principali divinità egizievenerata da una potente casta sacerdotale e

identificata dai Greci con Zeus; poco sotto infattila risposta da lui dataa Theuth è chiamata «vaticinio di Ammone».

67) I «giardini di Adone» erano recipienti in cui d'estate si piantavanosemi che nascevano entro otto giorni e subito

morivano; il rito simboleggiava la morte prematura di Adoneil bellissimogiovane amato da Afrodite. Allo stesso

modo i «giardini di scrittura»ovvero i discorsi scrittidevono essereintesi come una forma di giocopoiché i veri

discorsi latori di verità sono affidati alla dimensione orale.

68) Citazione poetica di autore ignoto.

69) Il retore Isocrate (436-338 a.C.) fondò ad Atene una scuola incompetizione con l'Accademia platonica; di lui

restano 21 orazioni.

Isocrate era fautore di un'alleanza di tutte le città greche sotto la guidadi Filippo di Macedoniain vista di una

spedizione contro i Persiani.

70) Panfiglio di Ermesera la principale divinità agreste del pantheongrecovenerata soprattutto in Arcadia;

presiedeva alla pastorizia e per questo era rappresentato con sembianzecaprine. Pan compare già come protettore del

luogo assieme alle Ninfee per questo Socrate gli rivolge la preghieraconclusiva. «Oro» è da intendersi in senso

metaforico come ricchezza della sapienza.




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