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I tre mesi volarono. Lui non me lo chiese più e cautamente continuammo come primaesercitando con rinnovato impegno la nobile arte della relazione.
L’inverno successivo decidemmo di fare un viaggio a Parigi in primavera. Io non sapevo bene perchéma il mio cuore e la mia anima fremevano all’idea di Parigie avevo sempre desiderato di scoprire quella città insieme a Dan. Ora quel desiderio sarebbe stato esaudito. Parigi era incredibile!
Avendo studiato il francese vent’anni primadivenni subito l’interprete di Dan. Il mio francese era un disastroma siccome Dan spiccicava a mala pena due paroleera convinto che io parlassi benissimo. Non si stancava mai di sentirmi chiedere scusa ai camerieri per il fatto di massacrare la loro squisita lingua nel tentativo di ordinare qualche piatto di cui avevo capito gli ingredienti.
Ogni luogo che visitammo era carico di romanticismo e Dan mi chiedeva in continuazione di dire delle cose in francesecose tipo "bacio" oppure "dammi la mano" o "ti amo".
Percorremmo la Senna sul battello e camminammo per ore sugli ampi boulevardci fermammo a bere qualcosa nei caffè e ci sentimmo profondamente innamorati.
Una seradopo che ci eravamo appena seduti in un piccolodelizioso ristoranteDan si avvicinò a me e mi chiese: Come si dice "Vuoi sposarmi" in francese? Gli risposi che non ne ero sicurama mi pareva: "Veux-tu me marier?""Veux-tu me marier?" ripetè lui.
"Tesoroè fantastico!" dissi "E’ davvero un’ottima pronuncia". "No"rispose con enfasi. "Veux-tu me marier?" E mise sul tavolo una scatolina di velluto. La aprii e vidi due bellissimi anellidue fedi nuzialie capii che cosa stava succedendo.
Mentre le lacrime mi rigavano il voltotutti i camerieri del locale si avvicinarono al tavolo guardando gli anelli e complimentandosi per quanto erano belli. Stavano ancora guardandoci quando io incontrai gli occhi di Dan e finalmente risposi: "Ouichèri!"
da "Brodo caldo per l’Anima"