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CECINAC'era una volta un Reche amava pazzamente la cacciae per essere più libero di andarvi tutti i giorninon aveva voluto prender moglie.
I ministri gli dicevano:
- Maestàil popolo desidera una Regina.
E lui rispondeva:
- Prenderò moglie l'anno venturo.
Passava l'annoe i ministri da capo:
- Maestàil popolo desidera una Regina.
E lui:
- Prenderò moglie l'anno venturo.
Ma quest'anno non arrivava mai.
Ogni mattinaappena albeggiavaindossava la carnierae col fucile sulla spallae coi canivia pei forteti e pei boschi.
Chi avea da parlare col Redoveva andare a trovarlo in mezzo ai boschi e ai forteti.
I ministri ripicchiavano:
- Maestàil popolo desidera una Regina.
Talché finalmente il Re si decisee mandò a chiedere la figlia del Re di Spagna.
Maandato per sposarlasi accorse che era un po' gobbina.
- Sposare una gobbina? No. Mai!- Ma è bellaè virtuosa! - gli dicevano i ministri.- È gobbina e basta: nomai!
E tornò alla cacciaai boschi e ai forteti.
Quella Reginotta gobbina aveva per comare una Fata.
La Fatavedendola piangere pel rifiuto del Rele disse:
- Sta' tranquilla: ti sposerà e dovrà venire a pregarti. Lascia fare a me.
Infatti un giorno il Reandando a cacciaincontrò una donnicciola magraallampanatache un soffio l'avrebbe portata via.
- Maestàbuona caccia!
Il Rea quel viso di mal auguriostizzitofece una mossacciae non rispose nulla.
E per quel giorno non ammazzò neppure uno sgricciolo.
Un'altra mattinaecco di nuovo quella donnicciuola magraallampanatache un soffio l'avrebbe portata via:
- Maestàbuona caccia!- Sentistrega - le disse il Re - se ti trovo un'altra volta per la stradate la farò vedere io!
E per quel giorno non ammazzò neppure uno sgricciolo.
Ma la mattina dopoeccoti lì quella del malaugurio:
- Maestàbuona caccia!- La buona caccia te la darò io!
Il Re avea condotto con sé le sue guardiee ordinò che quella donna del malaugurio fosse chiusa in una prigione.
Da quel giorno in poitutte le volte che il Re andò a caccianon poté tirare un sol colpo. La selvaggina era sparitacome per incantodai forteti e dai boschi. Non si trovava un coniglio o una lepreneppure a pagarli a peso d'oro.
Gli accadde anche peggio.
Non potendo più fare il solito esercizio della cacciail Re cominciò a ingrassarea ingrassaree in poco tempo diventò così grasso e grossoda pesare due quintali con quel suo gran pancione che pareva una botte.
Quando avea fatto due passi per le stanze del palazzo realeera come se avesse fatto cento miglia. Soffiava peggio di un manticesudava da allagare il pavimento; e doveva subito subito riposarsi e mangiare anche qualche cosa di sostanzaper rimettersi in forze. Desolatoconsultava i migliori dottori:
- Vorrei dimagrare.
I dottori scrivevano ricette sopra ricette. Non passava giornoche lo speziale non mandasse a palazzo bicchieroni d'intrugli amari come il fieleche dovevano guarire Sua Maestà.
Ma Sua Maestàpiù intrugli prendeva e più grasso diventava.
Nel palazzo reale avevano già allargato tutti gli usci delle stanzeperché il Re potesse passare; e una volta gli architetti dissero che se non si fossero puntellati ben bene i solaiSua Maestà col gran peso gli avrebbe sfondati.
Il povero Re si disperava:
- O che non c'era rimedio per lui?
E chiamava altri dottori; ma inutilmente. Più intrugli prendeva e più grasso diventava.
Un giorno si presentò una vecchia e disse al Re:
- Maestàvoi avete addosso una brutta malìa. Io potrei romperla; ma voiin compensodovrete sposare la mia figliuolache si chiama Cecinaperché è piccina come un cece.- Sposerò la tua Cecina!
Il Re avrebbe anche fatto chi sa che cosapur di levarsi di dosso tutto quel grasso e quel pancione.
- Conducila qui.
La vecchia cacciò una mano nella tasca del grembiulee ne tirò fuori la Cecinache era alta appena una spannama bellina e ben proporzionata. Come vide quel pancionela Cecina scoppiò in una risata; e mentre quella la teneva sulla palma della mano per mostrarla al Relei spiccò un salto e si mise ad arrampicarsi su pel pancionecorrendo di qua e di làcome se il pancione del Re fosse stato per lei una collina.
Il Recon quei piedinisentiva farsi il solletico e voleva fermarla; ma quellasalta di quasalta di làpeggio di una pulcenon si lasciava acchiappare. Pel solleticoil Re ridevaah! ah! ah!e il pancione gli faceva certi sbalzi buffi. Ah! ah! ah!
Allora la Cecina:
- Pancione del RePalazzo per me!
Il Re dal gran ridereteneva aperta la bocca; la Cecinadentro e giù per la gola:
- Pancione del RePalazzo per me!
Figuriamoci lo spavento di Sua Maestà e di tutta la corte!
Nella confusionela vecchia era sparita.
E la Cecinache dal suo palazzo ordinava:
- Datemi da mangiare!
E il Re doveva mangiare anche per lei.
- Datemi da bere!
E il Re doveva bere anche per lei.
- Lasciatemi dormire!
E il Re dovea stare fermo e zittoperché la Cecina dormisse.
- Maestà- disse uno dei ministri - che sia una malìa di quella donna magraallampanatafatta mettere in prigione? Facciamola condurre qui.
I guardiani aprirono la prigione e la trovarono vuota. Quella donna dovea essere scappata pel buco della serratura!
- Ed ora che fare?
E la Cecinadal suo palazzo del pancione:
- Datemi da mangiare! Datemi da bere!
Il popolo intanto mormorava per le tasse; giacché per riempire quel pancione del Rece ne volea della roba! E bisognava pagare.
Il Re fece un bando:
- Chi gli cavava la Cecina dallo stomacodiventava principe reale e avrebbe avuto quattrini quanti ne voleva!
Ma i banditori andarono attorno inutilmente. E come la Cecina crescevaper quanto poco crescesseil pancione del Re si gonfiava e pareva dovesse scoppiare da un momento all'altro.
Il Re la pregava:
- Cecina bellavieni fuoriti faccio Regina!- Maestàsto bene qui dentro. Datemi da mangiare.- Cecina bellavieni fuoriti faccio Regina!- Maestàsto bene qui dentro. Datemi da bere.
Se non fosse stato il timore della morteil Re si sarebbe spaccato il pancione colle proprie mani.
E il popolo che brontolava:
- Re pancione ingoiava tutto! Lavoravano per Re pancione!
Come se Re pancione ci avesse avuto il suo piacere! Lo sapeva soltanto luiquello che pativacon la Cecina dentro che comandava a bacchetta e voleva essere ubbidita!
Finalmente un giorno ricomparve la vecchia:
- Ahvecchia scellerata! Cavami fuori la tua Cecinao guai a te!- Maestàson venuta a posta coi miei dottori.
E i suoi dottori erano due uccellacci più grossi di un tacchinocon un becco lungo un braccio e forte come l'acciaio.
- Maestà- disse la vecchia - dovete stendervi a pancia all'aria in mezzo a una pianura.
Il Reche era ingrassato da non poter più fare neppure un passocomandò:
- Ruzzolatemi.
E il popolo cominciò a ruzzolarlo come una botteper le scale e per le vie; edalla faticasudavano.
Arrivati nella pianurae messo il Re a pancia all'ariauno degli uccellacci gli diè una beccata sul pancione eche ne schizzò fuori? Uno zampillo di vino schiettotutto il vino che Sua Maestà aveva bevuto in tanti anni.
La gente riempiva bottibotticinicaratellitinibarilifiaschiboccali; non c'erano vasi che bastassero. Pareva di essere alla vendemmia. Tutti cioncavano e si ubriacavano.
E il pancione del Re si sgonfiò un poco.
Allora l'altro uccellaccio gli diè la sua beccataed ecco rigurgitar fuori tutto il ben di Dio mangiato dal Re in tanti anni; maccheronisalsicciottipolli arrostobistecchepasticcinifruttainsomma ogni cosa. La gente non sapeva più dove riporli. Tutti mangiarono a crepapanciacome fosse di carnovale.
E il pancione del Re sgonfiò un altro poco.
Allora il Re disse:
- Cecina bellavien fuori; ti faccio Regina!
La Cecina affacciò la testa da uno dei buchie ridendo rispose:
- Eccomi qua.
E il Re tornò com'era prima.
Si sposarono; ma il Recon quella cosina alta una spannache era una moglie per chiassosi credette libero di tornare a divertirsi colla cacciae stava fuori intere settimane.
La Cecina piangeva:
- Ahpoverina me!Son Regina senza Re!
Il Re per questo lamentìonon la poteva soffrire.
Andò da una Strega e le disse:
- Che cosa debbo fare per levarmi di torno la Cecina?- Maestà
SpellarlalessarlaO arrosto mangiarla.
Mangiarla gli repugnava; puretornato a casa disse alla Cecina:
- Domani ti condurrò a cacciae ti divertirai.
Voleva condurla in mezzo ai boschidove non potesse vederlo nessuno. Ma la Cecina rispose:
- SpellarlalessarlaO arrosto mangiarla.
GrazieMaestà!
Ahpoverina me!Son Regina senza Re!
Il Re rimase stupito:
- Come lo sapeva?
Tornò dalla Strega e le raccontò la cosa.
- Maestàquando la Cecina sarà addormentatatagliatele una ciocca di capelli e portatemela qui.
Peròquella serala Cecina non avea voglia di andare a letto.
- Cecinavieni a dormire.- Più tardiMaestà; per ora non ho sonno.
Il Re aspettòaspettòe si addormentò lui per il primo. La mattinasvegliatosivide che la Cecina era già levata.
- Cecinanon hai dormito?- Chi si guarda si salva. GrazieMaestà.
- Ahpoverina me!Son Regina senza Re!
Il Re rimase stupito:
- Come lo sapeva?
Tornò dalla Strega e le raccontò la cosa.
- Maestàinvitate re Corvo; appena la vedràne farà un sol boccone.
Venne re Corvo:
- Cra! Cra! Cra! Cra!
E come vide la Cecinaalta una spannacra! cra! ne fece un boccone.
- Mille graziere Corvo. Ora potete andar via.- Cra! Cra! Cra! Ma prima di andar viadebbo mangiarti gli occhi.
E con due beccate gli cavò gli occhi.
Il povero Re piangeva sangue:
- La Cecina mortae lui senz'occhi! AhCecina mia!
Passato un po' di temporicomparve la solita vecchia. Era la Fata comare della Reginotta di Spagna.
- Maestànon vi affliggete. La Cecina è vivae i vostri occhi son riposti in buon luogo; son nella gobba della Reginotta di Spagna.
Il Re si trascinò fino al palazzo realedove questa abitavae cominciò a gridare pietosamentedietro al portone:
- AhReginotta! Rendetemi gli occhi.
La Reginottadalla finestrarispondeva:
- Sposare una gobbina! Nomai!- PerdonatemiReginotta; e rendetemi gli occhi!
La Reginotta dalla finestra rispondeva:
- SpellarlalessarlaO arrosto mangiarla.
Allora il Re capì che la Reginotta di Spagna e la Cecina erano una sola persona; e si mise a gridare più forte:
- AhReginotta! AhCecina mia! Rendetemi gli occhi.
La Reginotta scese giù e gli disse:
- Ecco gli occhi.
Il Re la guardò sbalordito. La Reginotta non era più gobba e somigliava precisamente alla Cecinabenché fosse di giusta statura.
Così fu perdonatoe da lì a poco la sposò.
Leiper ricordovolle sempre essere chiamata Cecina.
Vissero lieti e contentiE a noi si allegano i denti.



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