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Esiodo
Teogonia
Apollo e Daphne
Edizione Acrobat
a cura di
Patrizio Sanasi
(patsa@tin.it).
Esiodo Teogonia2
PROEMIO
Cominci il canto mio dalle Muse Elicònieche sopra
l'eccelse d'Elicóna santissime vette han soggiorno
e con i molli pie' d'intorno alla cerula fonte
danzanointorno all'ara del figlio possente di Crono.
Essepoiché nel Permesso lavate han le tenere membra
o d'Ippocrène nell'acqueoppur del santissimo Olmèo
intreccian d'Elicona sui vertici sommicarole
agiligrazïose: ch'è grande virtú nei lor piedi.
Di qui balzando poinascoste entro veli di nebbie
muovon di notteattorno spargendo la morbida voce
per esaltar nell'inno l'Egíoco Giovee Giunone
la venerabile Deache muove con sandali d'oro
e la figliuola di Giove signore dell'ègidae Atèna
occhiazzurrinae Apolloe Artèmide vaga di frecce
e Posidóneil Dio che cingeche scuote la terra
e Teti venerandaCiprigna dagli occhi fulgenti
Dióna bellaed Ebe dall'aurea ghirlandaLatona
GiapètoCrono acuto pensieroed Aurora e Selène
lucidaed Elio grandee Ocèano immensocon Gea
con Notte negrae tutta la stirpe dei Numi immortali.
Quelle che il canto bello d'Esiodo ispirarono un giorno
mentr'egli pasturava le greggi sul santo Elicona
quelle medesime Dive narrarono a me ciò ch'io narro
le Muse Olimpiefiglie di Giovedell'ègida sire.
«Pastori avvezzi ai campigran bíndolipance e null'altro
favole molte sappiamo spacciar ch'ànno aspetto di vero;
ma poiquando vogliamosappiamo narrare anche il vero».
Disser del sommo Giove cosí le veridiche Figlie;
e a me diedero un ramo di florido allorostupendo
ch'io ne tagliassi uno scettrom'infusero in seno la voce
divinaond'io potessi cantare il presente e il futuro
mi disser di cantare la stirpe dei Numi immortali
e loro stessesempredel canto al principio e alla fine;
ma perché mai qui sto cianciando di rupi e di quercie?
Su'dalle Muse dunque cominciache allegran di Giove
l'eccelsa mentequando intonano gl'inni in Olimpo
e dicono le cose che furono e sono e saranno
con le parole espresse. Dal labbro alle Divela voce
infaticabile scorresoave. La casa di Giove
è tutta un risoallorché s'effonde la voce di giglio
di queste Dive: echeggia la vetta nevosa d'Olimpo
echeggiano le case dei Superi. Ed essespargendo
l'ambrosia voceprima l'origine cantan dei Numi
cui generò da prima la Terra col Cielo profondo:
cosí nacquer gli Deiche largiscono agli uomini i beni.
E Giove cantan poidegli uomini padre e dei Numi
e quanto egli è piú forte dei Numiquanto è piú possente.
Cantan degli uornini poi la progeniepoi dei Giganti.
Allietano cosí la mente di Giove in Olimpo
le Olimpie Musefiglie di Giovedell'ègida sire:
le generava nella Pïèride al padre Croníde
Mnemòsineche quivi regnava sui campi Eleutèri:
ed esse dànno oblio nei malie riposo dai crucci.
Con lei Giove dal sonno profondo s'uní nove notti
salendo - e nulla i Numi ne seppero - il talamo sacro.
E quando un anno poi fu trascorsoe tornâr le stagioni
furon distrutti mesicompiuti molteplici giorni
essanon molto lungi dai picchi nevosi d'Olimpo
nove fanciulle die' a lucedi mente concordeche tutte
amano il cantoe scevro d'affanni hanno il cuore nel petto..
EsiodoTeogonia3
Intreccian quivi molli carolequivi hanno le case;
e presso hanno soggiorno le Grazie e il soave Desio
sempre in diletto. Ed essel'amabile voce effondendo
cantan di tutti quanti le leggied i santi costumi
dei Numialte accordando le voci dolcissime al canto.
Mossero allora all'Olimpolevando l'ambrosie canzoni
liete di loro voci. D'intorno echeggiava a quell'inno
la negra terraed era soave dei piedi la romba
mentre moveano al padre Croníde signore del cielo
che regge il tuono in puguoche regge la folgore ardente
poscia che il padre Crono domò con la forzae a ciascuno
degli Immortali assegnòcon equa ragionegli onori.
Cosí cantâr le Muse che hanno soggiorno in Olimpo
le nove figlie nate da Giove signore possente
TersícorePolímniaMelpòmeneUraniaTalía
EuterpeEratoClioCallíope: è questa fra tutte
egregiaessa dei re venerandi mai sempre compagna.
Quello dei re nutriti da Giovecui rendono onore
cui miranquando nascele figlie di Giove possente
a cui versano sopra la lingua una dolce rugiada
e le parole di bocca gli sgorgan piú dolci del miele
guardano quello tutte le gentiquando esso le leggi
parte con equa giustizia: quand'egli securo favella
súbito seda con saggia parola una rissa anche grave.
Per questo i saggi re ci sono: perchéquando incombe
dànno sui popolisanno con miticon sagge parole
in assembleadi leggeriparlandorivolger le sorti.
Se fra le genti val'onorano al pari d'un Nume
con reverenza grande: ch'ei muove fra tutti distinto.
Il sacro dono è questo che porgon le Muse ai mortali
chéper voler delle Mused'Apollo che lungi saetta
cantori e citaristi divengono gli uomini in terra
i re per volontà di GioveBeato il mortale
caro alle Muse: a lui fiorisce dai labbri la voce:
epur se alcuno ha cruccio nel cuore per lutto recente
se di cordoglio ha pieno lo spiritoquando il cantore
ministro delle Musele gesta degli uomini antichi
cantae i beati Celesti che reggon d'Olimpo le sedi
súbito le sventure dimenticapiú non ricorda
i lutti; e delle Dive ben presto lo svagano i doni.
Figlie di Giovesalvetel'amabile canto a me date;
e celebrate la stirpe dei Numi che vivono eterni
che nacquer dalla Terradal Cielo gremito di stelle
e dalla buia Notte: nutriti altri furon dal mare.
E dite come prima la Terra ebbe originee i Numi
nacqueroe i Fiumie il Mare che irato si gonfiainfinito
e sfavillanti gli astri nell'altoe l'amplissimo Cielo.
E come i Numi nacquer da lorodatori di beni
e come fêr dei beni le partied ottenner gli onori
e come ebbero prima l'Olimpo dai molti recessi.
Ditemi questoo Museche avete dimora in Olimpo
sin dall'originedite chi primo di lor venne a luce.
LE PRIME QUATTRO ESSENZE: CàOSTERRATàRTAROAMORE
E nacque dunque il Càos primissimo; e dopola Terra
dall'ampio senosede perennesicura di tutti
gli Dei ch'ànno in possesso le cime nevose d'Olimpo
edella terra dall'ampie contrade nei bàratriil buio
Tàrtaro; e Amorech'è fra tutti i Celesti il piú bello
che dissipa ogni cura degli uomini tutti e dei Numi
doma ogni volontà nel senoogni accorto consiglio..
EsiodoTeogonia4
I FIGLI DEL CàOS
Dal Caös ebber vita quindi èreboe Notte la negra.
I FIGLI DELLA NOTTE
Nacquero l'ètere e il Dí dalla Notteche ad èrebo mista
giacque in amoree incinseli die' l'una e l'altro alla luce.
I FIGLI DELLA TERRA
La Terra generò primamentea sé simileUràno
tutto cosperso di stelleche tutta potesse coprirla
e insieme sede fosse dei Numi del cielo sicura;
e generò gli alti Montigraditi riposi alle Ninfe
che Dive sonoed hanno riparo per valli boscose
e il Ponto generòsenza gioia d'amorch'è un immane
pelagodove mai non si mieteche gonfia ed infuria.
I TITANI FIGLI DELLA TERRA E D'URàNO
Poicon Uràno giaciutagenerò l'Ocèano profondo
e CoioCrioGiapètoMnemòsineTèmideRea
IperïoneTeal'amabile Tètidee Febe
dalla ghirlanda d'oro. Dopo essiil fortissimo Crono
venne alla lucedi scaltro consigliofra tutti i figliuoli
il piú tremendo; e d'ira terribile ardea contro il padre.
Ed i Ciclopi poi generava dal cuore superbo
StèropeBronteed Arge dal cuore fierissimo: il tuono
diedero questi a Giovefoggiarono il folgore. In tutto
erano simili essi agli altri Celesti Immortali
ma solamente un occhio avevano in mezzo alla fronte:
ebbero quindi il nome: Ciclòpi; perché solo un occhio
si apriva a lordi forma rotondanel mezzo alla fronte.
Aveano forze immaninell'opere grande scaltrezza.
Ed altri nacquero anche figliuoli alla Terra e ad Uràno
CottoGíaBriarèofigliuoli di somma arroganza.
Ad essi cento mani spuntavan dagli òmeri fuori
indomabiliimmanicinquanta crescevano teste
fuor dalle spalle a ciascunosovresse le membra massicce;
e senza fine gagliarda la forza su l'orrido aspetto.
CRONO MùTILA IL PADRE Uràno
E quanti erano nati terribili figli d'Uràno
e della Terratanti fatti erano segnonascendo
del padre loro all'odio: chécome nascevanotutti
li nascondeva giú nei bàratri bui della Terra
non li lasciava a luce venire. E dell'opera trista
godeva Urànoe Terra gemeval'immaneche troppo
era gravata; e un'arte pensò di malevola frode.
Súbito generò del cinerèo ferro l'essenza
una gran falce estrussepoi disse ai suoi figli diletti:
disse con animo audacesebbene il suo cuore era triste:
«Figli che a un padre senza pietà generaise volete
udirmior vendicare potremo gli affronti del padre
vostroche ai vostri danni rivolse per primo il pensiero».
Cosí disse; ma tutti coglieva terrorené alcuno
parlava. Il grande Crono fe' cuorel'accorto pensiero
ed alla sacra madre si volse con queste parole:
«O madreio ti prometto di compier l'impresa: ad effetto
la recherò: ché nulla del tristo mio padre m'importa:
ché egli ai nostri danni rivolse per primo la mente».
Cosí rispose; e molto la Terral'immanefu lieta.
Ed in agguato allora lo ascoseed in mano gli pose
quella dentata falcel'inganno tramò tutto quanto.
E venne Urànoil granderecando la nottee bramoso.
EsiodoTeogonia5
d'amortutto incombé su la terrasu lei tutto quanto
si stese; ed ecco il figliola manca avventò dall'agguato
ad afferrarloimpugnò con la destra la falce tremenda
lungadentatae al padre d'un colpo recise le coglie
e dietro sé le gittò nel mareché via le portasse.
ERINNIGIGANTININFE MèLIE
Né fu che senza effetto gli uscissero quelle di mano;
però che quante lí ne sprizzarono stille di sangue
le accolse tutte quante la Terra; e col volger degli anni
l'Erinni generò tremendee gl'immani Giganti
lucidi in armistrette nel pugno le lunghe zagaglie
e quelle Ninfe che Mèlie son dette sovressa la terra.
AFRODITE
E le vergognecosí come pria le recise col ferro
dal continente via le scagliò nell'ondísono mare.
Cosí per lungo tempo nel pelago errarono; e intorno
all'immortale carne sorgea bianca schiuma; e nutrita
una fanciulla ne fuche prima ai santissimi giunse
uomini di Citèra. Di Cipro indi all'isola giunse.
E qui dal mare uscí la Dea venerandala bella;
ed erba sotto i piedi suoi morbidi crebbe; e Afrodite
la chiamano gli Deila chia mano gli uomini: ch'ella
fu dalla spuma nutrita: Ciprigna anche è dettada Cipro
ov'ella anche approdò: Citerèa perché giacque a Citera;
e genïale perché dalle membra balzò genitali.
Compagno Amor le fula seguí Desiderio leggiadro
quando ella prima nacquedei Numi avanzò fra l'accolta.
Tal da principio onore possiedetal sorte prescelta
a lei fu tra le genti mortali e fra i Numi immortali:
i virginali colloquî d'amoreed il riso e gl'inganni
ed il soave sollazzocoi baci piú dolci del miele.
E il padreUràno grandechiamava Titani i suoi figli
ch'ei generò: distinti li volle d'un nome d'oltraggio
perchéligi ad empiezzacompiuto un immane misfatto
avevano essi; e il fio dovrebbero un giorno pagarne.
I FIGLI DELLA NOTTE
La Notte a luce die' l'odïoso Destinola Parca
negrala Morteil Sonnofu madre alla stirpe dei Sogni
(né con alcuno giacque per dar loro vital'Ombrosa).
Poi Momo partoríla sempre dogliosa Miseria
l'Espèridiche curadi là dall'immenso Oceàno
hanno degli aurei pomidegli alberi gravi di frutti
e le dogliose Moireche infliggono crudi tormenti
àtropoClòto e Làchesiche a tutte le genti mortali
il beneappena a luce venutecompartono e il male
e dei trascorsi le pene agli uomini infliggono e ai Numi.
Né dallo sdegno tremendo desistono mai queste Dive
prima che infliggano a ognuno la pena com'esso ha fallito.
Nèmesi a luce anche die'cordoglio degli uomini tutti
la tetra Notte; e a luce poi diede l'Ingannola Foia
la sciagurata Vecchiaiala Contesa dal cuore animoso.
I FIGLI DI CONTESA
E l'odïosa Contesa generò il cruccioso Travaglio
l'Oblivïonela Famedi lagrime aspersi i Dolori
le Zuffegli Omicidîle Guerrele Stragi di genti
le menzognere Contesele False Parolei Contrasti
e l'Ingiustizia e l'Ateche son l'una all'altra parente
il Giuramentoche spesso cordoglio alle genti mortali.
EsiodoTeogonia6
recaquand'uno giurama fede al suo giuro non serba.
I FIGLI DI PONTO
E Ponto generò Nerèol'anzïano dei figli
veraceche non sa menzogna. Lo chiamano il vecchio
perché non tesse inganniné mai la giustizia si scorda
ma la giustizia ha sempre nell'animo e i miti consigli.
Poicon la Terra misto d'amoredie' vita all'immane
Taumantea Forcia Ceto di guancia vezzosaa Euribía
che nel suo seno alberga un cuore piú duro del ferro.
LE NERèIDI
E nacquer da Nerèonel ponto ove mai non si miete
altre piacevoli Deecui madre fu Dòrideprole
d'Ocèano eccelso fiumefamosa per bella cesarie:
PrimaReginadeiventiSalvezzaBonacciaAnfitríte
TètideDonibellaVelocesuifluttiAzzurrina
Grotta la snellaFiorente l'amabileMetadisguardi
Bellavittoria dal braccio di roseDilettodeicuori
Tuttadimiele vezzosaRifugiodeiportiMiranda
RegalaSolcalondaMunificaRegnasuicapi
IsolabellaSpiaggiaPotenzala braccia di rose
Mentemarettae Corrisuivortici tutta dolcezza
DòrideGirapupillala dolce a veder Galatea
e Frenalonde che i flutti del mare cosperso di nebbia
agevolmentee i soffi del vento gagliardo raffrena
con Anfitrite dai vaghi malleolicon Placamarosi
Marettae Riva bellacoronae Signoradelmare
e Glaucanorma amica del risoe Travalicaponto
e Pianastesae Belladistesae Signoradigenti
e Multimperiae Scioglidaitribolie Liberidea
Giuradinòbellezza immune da peccaed Arena
di grazïose membraMenippe divinaIsolina
e BuonarottaPrudenzaGiustizia ed Immunedainganno
che uguale è per finezza di menteal suo padre immortale.
Queste le figlie sono di Nèreo immune da pecche:
sono cinquantaesperte fanciulle nell'opere egregie.
I FIGLI DI TAüMANTE E D'ELETTRA
E Taümantesposò d'Ocèano dai gorghi profondi
la figliaElettra. Ed Iri veloce die' questa alla luce
ed Occhipète e Procellale Arpie dalle fulgide chiome
che a pari errano a volo coi soffi dei venti e g li uccelli
sopra veloci penneché in alto si lanciano a corsa.
I FIGLI DI CETO E DI FORCI
E Ceto partorí le Graie bellissime a Forci
che dalla nascita sono canutee le chiamano Graie
gli uomini che sulla terra si muovonoe i Numi del cielo:
Penfredo dal bel peplocon Enio dal peplo di croco;
e le Gorgóni che stanno di là dal famoso Oceàno
verso la Notteagli estremi confiniovegarrule voci
sono l'Espèridi: StennoEuríale e Medusa funesta.
Era mortale questaimmuni da morte o vecchiezza
le prime due: con quellasui fiori d'un morbido prato
a Primaverail Nume s'uní dalla chioma azzurrina.
E quando a lei Persèo dal collo recise la testa
il grande ne balzò Crisàoree Pègaso. A quello
ben si convenne il nomequand'egli d'intorno alle fonti
giunse d'Ocèanoe d'oro stringeva nel pugno una spada.
Quindi volòlasciando la terra nutrice di greggi
fra gl'Immortali giunsedi Giove nei tetti or dimora.
EsiodoTeogonia7
e il tuono a Giovemente sagaceed il fulmine reca.
I FIGLI DI CALLíROE
Crisàore s'uní con Ca llíroed'Ocèano figlia
e Gerïóne nacque da loro ch'à triplice capo.
Ercole tolse a questo la vitail gagliardo campione
nell'Eritèa circonfusa dall'acquevicino ai giovenchi
dal lento pie'quand'eglid'Ocèano traverso al cammino
spingeva i buoi dall'ampia cervice a Tirinto la sacra.
Ed Orto ucciseed Euritiónedei bovi custode
nella nebbiosa stalladi là dal famoso Oceàno.
E un altro orrido mostro generò Callíroeper nulla
simile agli uominio ai Numi d'Olimpo che vivono eterni
in una cava spelonca: la diva scaltrissima Echidna
che Diva è per metàbella guancia con occhi fulgenti
e per metà serpente terribileorribileimmane
versicolorevivacenei bàratri immensi di Gèa.
Una spelonca ha quisottessa una concava roccia
lungi dai Numi immortalidagli uomini nati a morire:
l'inclita casa a lei qui prescrissero i Numi immortali.
Ma ella riparò sotterrafra gli ArimiEchìdna
la luttuosaNinfa che mai non invecchia né muore.
I FIGLI DI ECHìDNA E TIFóNE
D'amor con lei si strinsefanciulla dai fulgidi sguardi
l'ingiurïoso Tifóneche spezza ogni leggetremendo.
Ed essa incinsee a luce die' figli dall'animo invitto:
per Gerïone prima die' a luce Ortoil cane: secondo
un mostro partorí terribile piú d'ogni dire
Cèrberoil cane dell'Orcoche voce ha di bronzogagliardo
senza pietàche di vivi si nutreche capi ha cinquanta:
l'Idra di Lerna terza die' a luced'aspetto funesto
cui nutricò Giunonela Diva dal candido braccio
ched'ira insazïata contro Ercole valido ardeva.
Ma lei trafisse il figlio di Giove col ferro spietato
d'Anfitrióne il figliocol suo prediletto Iolào
Ercole per volere d'Atènala Diva predace.
CHIMERAFIGLIA D'IDRA
Idrapoi partorí Chimerache fuoco spirava
che immane eratremendaveloce nei piedigagliarda.
Essa tre teste aveva: la prima di fiero leone
l'altra di caprala terza di serped'orribile drago.
Bellerofonte prode con Pègaso morte le diede.
I FIGLI DI CHIMERA
Essa con Orto s'unídie' a luce la Sfinge funesta
che sterminava le genti di Cadmoe il leone di Neme
cui nutricò Giunonedi Giove la celebre sposa
e lo mandò nei campi Nemèigran cordoglio ai mortali.
Quivi abitavae a rovina mandava le molte famiglie
che aveva Treto in suo dominioe Apesanto e Nemèa.
Ma Ercole gagliardo poté con la forza domarlo.
IL FIGLIO DI CETO E FòRCIDE
Ed in amore Ceto con Fòrcide unitaun serpente
orrido generòche nei bàratri bui della terra
stacon le spire immanidegli aurei pomi custode.
Questo serpentedunqueda Ceto e da Fòrcide nacque.
I FIGLI DI TèTIDE E OCèANO: I FIUMI
E Teti generò i fiumi ad Ocèano: Nilo.
EsiodoTeogonia8
Erídanoche fondi mulina i suoi vorticiAlfeo
Istro dall'acque belleStrimòneMeandroAcheloo
argenteoFasiResoAlïàcmoneRòdïoNesso
EptàporoGranícoSimèta divinoed Esèpo
ErmoPenèoCaíco dai fluidi riviLadone
Sàngaro il grandeEvenoArdescoPartenioScamandro.
LE OCèANINE
E generò delle Figlie la sacra progenieche sopra
la terrahanno tutela degli uominiinsieme coi Fiumi
e con Apollo: questo l'ufficio prescritto da Giove:
SüadaIantaElettraCeleste d'aspetto divino
PoppèaLetiziaRosaGinnettaOndabellaClimène
DòrideChiaraSaputaMirandaGiuntinaDivina
l'amabileScotiàuraBiancàuraSpolina la bella
RapidaDonibellaDivizia dagli occhi rotondi
GioiadeicuoriBiondellaFulgenziaPersèideEuropa
Petrina la vezzosaTenacePotenzaPrudenza
AsiaDorettaFortunaVittoria dal peplo di croco
CorrisulondaGirasulondaSignoradeidoni
emèta al desiderio dei cuoriCalipso; e di tutte
la piú possenteStige. Son queste d'Oceano e Teti
le piú divine figlie: però ce ne sono altre molte:
ché son le Ocèanine dai lunghi malleoli tremila
chesparse in ogni dovesovressa la terrao nei cupi
vivon del mare abissidi Dee fulgidissime figlie.
Ed altrettanti i fiumi che strepono e corrono al mare
figli d'Ocèano e Tètila Dea veneranda a lor madre.
Ma dir di tutti il nome è ardua cosa a un mortale:
quelli che accanto ad essi dimoranobene li sanno.
I FIGLI DI TEIA E D'IPERIóNE
E Teia ad Elio grande die' vitae a Selene lucente
ed all'Aurorache brilla per quelli che stan su la terra
e pei Beatich'àn vita perennesignori del cielo
poscia che ad Iperïónedomata in amore soggiacque.
I FIGLI DI CRIO E D'EURUBíA
Ed Eurubíacon Crio commista in amoredie' a luce
Diva qual è fra le DiveAstrèo con il grande Pallante
e Perseche sovrasta su tutti per mente e per senno.
I FIGLI D'AURORA E D'ASTRèO
Aurora partorí i venti gagliardi ad Astrèo
Zefiro serenatoreveloce nei tramiti Bora
e Noto: con un Dio si fuse ellaDiva fulgente.
E dopo loroun astroEòsforoa luce essa diede
e le lucenti Stelleche sono corona del cielo.
I FIGLI DI STIGE E PALLANTE
Stiged'Ocèano figliadie'mista d'amore a Pallante
nelle sue caseNice dai vaghi malleolie Zelo.
E Crate poscia e Bia generòceleberrimi figli
che mai non han lontano da Giove né casa né sede
né s'allontanano maise ad essi l'Iddio non l'impone
ma stanno sempre a Giove signore del folgore presso.
Però che Stige un giorno decise cosíl'immortale
Oceaninaquando l'Olimpio che i folgori avventa
tutti gl'Iddei chiamò che vivono eternie promise
che quanti seco adesso pugnassero contro i Titani
nessuno privo andrebbe di donie ciascuno l'onore
avrebbe ch'era un dí suo retaggio fra i Numi immortali..
EsiodoTeogonia9
E chi non ebbe onori da Cronosoggiunsené doni
onori e donicome Giustizia desideraavrebbe.
Stige immortale fu la prima che giunse in Olimpo
insiem coi figli suoisecondo il volere del padre.
E Giove l'onoròle diede larghissimi doni
fece che il nome suo fosse giuro solenne ai Celesti
e che i suoi figli sempre vivesser dov'egli viveva.
E parimenti a tutticosí come aveva promesso
mantenne; ed egli ha sommo potere fra tutti ed impera.
I FIGLI DI FEBE E COIO
E Febe ascese poi di Coio il dolcissimo letto;
e poi cheDivastretta d'amor con un Numefu incinta
Latona generò dal peplo di cíanoDiva
soave al par del miele per gli uomini e i Numi immortali
sin da che nacquemitedolcissima poscia in Olimpo.
E Asteria generòdal nome vezzosocui Perse
nella sua casa grande condusseper farla sua sposa.
èCATE FIGLIA UNICA DI ASTèRIA E DI PERSE
E Asteria incinsee a vita diede ècatecui sopra tutti
Giove Croníde onoròle die' fulgidissimi doni:
parte le die' della terradel mare che mai non si miete:
ed anche ella ha potere nel cielo gremito di stelle
e piú d'ogni altraonore fra i Numi immortali riscuote.
Ed anche adessoquando qualcuno degli uomini in terra
fa sacrifizie placasecondo le usanzei Celesti
Ecate invoca per nome. E onore accompagna un mortale
quando la Dea le sue preghiere benevole intende;
e gli concede prosperità: ché ben grande è sua possa.
Perché di quanti nacquer da Terra e da Urànoed onori
ebberoquesta Dea parte ha degli onori d'ognuno;
perché duro con lei non fu Giovené nulla le tolse
di quanto ella avea già fra i Numi piú antichii Titani
bensí tutta la parte che allor possedevapossiede.
Né meno onor la Deaperché figlia è unicaottenne
non della terra parte minoredel cielo e del mare
ma anzi assai di piú: ché molto l'onora il Croníde.
E sta presso a chi vuole proteggeree molto gli giova.
Nell'assembleaprevale fra gli uomini l'uom ch'ella brama:
quando alla guerrasterminio degli uominis'arman le genti
Ecate quila Divasi mostraed a quelli che vuole
volonterosa gloria concedeconcede vittoria:
dove giustizia si partevicino ai re giusti ella siede:
anche allorché negli agoni contendono gli uominigiova:
ché anche presso a loro si reca la Diva e li assiste
e chi di gagliardia prevalsedi forzail bel premio
agevolmente guadagnaricopre i suoi figli di gloria.
Ai cavalieri anche saquando vuolerecare assistenza.
E a chi nel glauco mare travagliae tra l'ira dei flutti
Ecate invocae l'Enosigèo che profondo rimbomba
la celeberrima Deafacilmente concede ogni preda
agevolmenteedopo scovatase vuolela toglie.
Moltiplicare il bestiame nei chiusi ella può con Ermète.
Le mandre dei giovenchile greggi gremite di capre
le mandrïe lanose di pecoreov'essa lo voglia
da pochi a molti capida molti riduce a ben pochi.
Cosí costeiche fu di sua madre l'unica figlia
onor su tutti i Nomi che nacquer piú antichiriscote.
E protettrice il Croníde dei pargoli tutti la fece
che gli occhi dopo lei dischiusero ai raggi del sole:
cosí da prima fu tutrice onorata ai bambini..
EsiodoTeogonia10
I CRóNIDI
E Reacongiunta a Cronodie' a luce bellissimi figli
IstiaDemètraed Erala Diva dall'aureo calzare
Ade ch'à sotto la terra la casadall'animo forte
cuore spietatoed Enosigèo che profondo rimbomba
e Giovesaggia mentedegli uomini padre e dei Numi
sotto il cui tuono tutta si scuote l'ampissima terra.
Ma l'inghiottivacome ciascuno dall'utero sacro
su le ginocchia della sua madre cadesseil gran Crono
che questo in mente avevache niun dei mirabili Uràni
fra gl'Immortali avesse l'onore del regno: ché aveva
saputo dalla Terrada Uràno fulgente di stelle
ch'era per lui destino soccombere al proprio figliuolo.
Per questoad occhi chiusi non stava: vegliava; ed i figli
suoi divorava. E Rea si struggea d'amarissima doglia.
NASCE GIOVE
Ma quando essa alla luce già stava per dar Giovepadre
degli uomini e dei Numirivolse la prece ai diletti
suoi genitoria Uràno coperto di stelleed a Terra
perché d'accordo il modo trovassero ch'ella il suo parto
nascondere potessefar paghe l'Erinni del padre
e dei suoi figliinghiottiti da Crono possentel'astuto.
E concertarono insieme quanto era segnato dal Fato
intorno a Crono re dei Numi e al suo figlio animoso.
E la mandarono a Littofra il popolo ricco di Creta
quando il fortissimo figlio già stava per dare alla luce
Giove possente. E lui raccolse la Terra gigante
nel suolo ampio di Cretaper crescerlo quivi e nutrirlo.
E per la notte ombrosa veloce recandolomosse
dapprima a Litto. E quivi lo ascose in un antro inaccesso
con le sue manisotto santissimi anfratti terrestri
sul monte Egèo tutto irto di picchicoperto di selve.
E quivi una gran pietra ravvolta di fascela porse
all'Uranide grandeche fu primo re dei Celesti.
Con le sue mani quello la presela cacciò nel ventre
né gli passò per la mentetapinochescambio d'un sasso
era rimasto immune dal danno l'invitto suo figlio
che con le forti sue mani doveva ben presto domarlo
dell'onor suo privarloregnare fra i Numi immortali.
Rapidamentedunquela forza e le fulgide membra
crescean del nuovo sire. Col volgere poscia degli anni
tratto in inganno dai furbi consigli di Terradi nuovo
Crono rivomitòl'accorto Signorla sua prole
dall'arte e dalla forza domato del figlio. Per prima
rivomitò la pietra che ultima aveva inghiottita;
e Giove la fissò nella terra dall'ampie strade
nella santissima Pitosottesse le valli Parnasie
che rimanesse per segnostupire facesse i mortali.
Poi di suo padre i fratelligli Urànidi sciolse dai ceppi
funesti in cui li aveva costretti l'inganno del padre.
Essi del suo beneficio poi memori furono sempre
e a lui diedero il tronol'ardente saettail baleno:
li nascondeva prima la Terra nel grembo gigante:
in questi fida Giovee agli uomini e ai Numi comanda.
I GIAPèTIDI: ATLANTEMENEZIOPROMèTEOEPIMETèO
Sposò Giapèto un'OcèaninaClimènefanciulla
dal bel malleoloseco salí nel medesimo letto..
EsiodoTeogonia11
E quella generò Atlante dal valido senno
poi generò Menezio coperto di gloriae l'accorto
Promèteo scaltroed Epimetèo mentecattoche prima
causa del male fu per quanti manducarono pane:
ch'egli accettò da Giove la vergine sculta nel fango.
PoiGiove onniveggentenell'Erebo spinse Menezio
il tracotantesu lui scagliando il suo fumido strale
per l'arroganza suapel grande soperchio di forze.
Per duro fato Atlante sostiene l'amplissimo cielo
presso all'Espèridivoci soavial confin della terra:
ritto col capo lo reggecon l'infaticabili mani:
tale destino per lui stabilí l'assennato Croníde.
E d'infrangibili ceppi dogliosi avvinghiò Prometèo
mente sottilea metà d'una stelee a lui sopra sospinse
l'aquilail rapido augelloche il fegato ognor gli sbranava;
e il fegato immortale via via tutto attorno cresceva
la nottequanto il giorno sbranato ne aveva l'augello.
Ma infine al mostro alato die' morte il figliuolo d'Alcmena
il prode Ercolee franco mandò da quel morbo funesto
il figlio di Giapètolo sciolse dai gravi cordogli:
non già contro il volere di Giove signore d'Olimpo:
questi anzi volle che sopra la terramaggiore di prima
d'Ercole volle che fosse la gloriadel figlio di Tebe.
Dunque onoròper questo riguardol'illustre figliuolo
l'ira frenòper quanto crucciatoche prima lo ardeva
contro Promèteoche aveva con lui gareggiato in astuzia.
Perchéquando a Mecone contesero gli uomini e i Numi
un gran bove offerí Promèteocon subdola mente
e lo spartítraendo la mente di Giove in inganno.
Perché le carni tuttel'entragne con l'adipe grasso
depose entro la pellecoperte col ventre del bove
e a lui le candide ossa spolpatecon arte di frode
offrídisposte a modonascoste nel lucido omento.
«O di Giapeto figliofamoso fra gli uomini tutti
quanto divario c'ètra le parti che hai fattemio caro!»
Cosí Giovel'eterno consigliocrucciato gli disse.
E gli rispose cosí Pomèteolo scaltro pensiero
dolce ridendoné fu dell'arti di frode oblioso:
«Illustre Giovesommo fra i Numi che vivono eterni
scegli quello che piú ti dice di scegliere il cuore».
Dissetramando l'inganno; ma Giovel'eterno consiglio
bene avvisata la frodeché non gli sfuggínel suo cuore
sciagure meditò contro gli uomini; e furon compiute.
Il bianco adipedunquelevò con entramb e le mani
e si crucciò nel cuoredi bile avvampòquando l'ossa
del bue candide scorsecomposte con arte di frode.
Di qui l'usanza venne che sopra gli altari fragranti
bruciano l'ossa bianche dei bovi i mortali ai Celesti.
E nel suo cruccioGiove che i nugoli adunagli disse:
«O di Giapèto figlioche sei d'ogni cosa maestro
dunque obliata non haicaro amicola tua frodolenza».
Cosícrucciatoil Dio dagli eterni consigli diceva;
e da quel giornomai non dimenticando la frode
agli uomini tapini che vivono sopra la terra
nati a morirela forza negò dell'indomito fuoco.
Ma l'ingannò di Giapèto l'accorto figliuoloe la vampa
che lunge brillaa lui furò dell'indòmito fuoco
entro una ferula cava. Nel mezzo del cuore fu morso
Giove che freme dall'altodi bile fu pieno il suo cuore
come fra gli uomini vide la vampa che fulge lontano;
e un malea trar vendetta del fuococreò pei mortali.
Un simulacro plasmò con la terra l'insigne Ambidestro.
EsiodoTeogonia12
simile ad una fanciulla pudica: lo volle il Croníde.
La cinse e l'adornò la Diva occhiglauca Atèna
con una candida vestesul capo le pose una mitra
istorïata con le sue manistupenda a vederla
e su la fronte corone le pose Pàllade Atèna
di fioriappena appena spiccati dall'erba fiorente.
E d'oro un dïadema le cinse d'intorno alla fronte
che avea per lei foggiato l'artefice insigne ambidestro
con le sue proprie maniper far cosa grata al Croníde.
In esso molte fiere scolpite con arte stupenda
eranomoltequante ne nutrono il mare e la terra:
tante scolpite ne avevafulgendone somma bellezza
meravigliosa; e tutte sembrava che avessero voce.
Posciacom'ebbe scolpito quel bello ma tristo malanno
addusse ov'eran gli altri Celesti e i mortali la donna
tutta dei fregi ornata d'Atèna dagli occhi azzurrini.
E meraviglia colse le genti mortali ed i Numi
quando l'eccelsa frode funesta agli umani fu vista.
Da questa derivò delle tenere donne la stirpe
la razza derivòla donnesca genía rovinosa
grande iatturache vive fra gli uomini nati a morire
che della povertà compagne non sonma del lusso.
Come allorché nei loro profondi alvearile pecchie
nutrono i pigri fuchicompagni d'ogni opera trista:
esse l'intero dísin che il sole si tuffa nel mare
sinché la luce brillariempiono i candidi favi;
erimanendo i fuchi nel fondo agli ombrosi alveari
mèsse nel ventre fanno di ciò che raccolsero l'altre:
similementea danno degli uominiGiove che tuona
dal cielpose le donnecompagne d'ogni opera trista.
E un altro maleinvece d'un beneanche inflisse ai mortali:
chiper fuggire i tanti pensier' che le femmine dànno
schiva le nozzee giunge soletto all'esosa vecchiezza
non haseppure nulla gli mancanessun che l'assista;
e quando viene a mortedividon lontani parenti
fra lor la sua sostanza. Chi poi vuol marito il destino
quand'anche abbia una moglie pudicadi mente assennata
col tempoanche per lui si bilanciano il bene ed il male.
Ma quello che s'imbatte con una di trista genía
nutreper tutta quanta la vitauna smania nel seno
nell'animonel cuorerimedio non c'è del suo male.
Né trasgredire si puòné frustrare il volere di Giove.
Neanche Prometèodi Giapeto il benefico figlio
all'implacato suo sdegno sfuggí: con fatale potenza
immani ceppi lui costrinsero; e tanto era scaltro.
LA GUERRA FRA I CRóNIDI E I TITANI
Dunque con Obrïarèocon Cottocon Gíaprimamente
arse di collera il padreli strinse con saldi legami
ché ne temea la grandezzala forza stragrandel'aspetto:
tutti li spinse sotto la terra dall'ampie contrade.
E stavano essi sotto la terrafra dogliefra crucci
in un'estrema contradadel mondo ai remoti confini
da lungotorturaticol lutto funesto nel cuore.
Ma poidi Crono il figlio con gli altri Beati d'Olimpo
figli di Rea chiomabellache a Crono si strinse d'amore
per i consigli di Geadi nuovo li addussero a luce.
Punto per punto quella predisse gli eventi futuri:
che avrebber la vittoria con quelli e la fulgida gloria.
Ché già da lungo tempo pugnavancon penecon doglie
di fronte gli uni agli altrinell'urto di pugne crudeli.
EsiodoTeogonia13
gli Dei Titanie quanti Numi erano nati da Crono:
dalle scoscese vette dell'Otro i minaci Titani
e dalle cime d'Olimpo i Numi datori di beni
cui diede a luce Rea chiomabellala sposa di Crono.
Di fronte gli uni agli altricon animi gravi di bile
stati eran senza posadieci anni continui in lotta;
né della dura contesa mai finemai termine c'era
per questi o quelli: uguale volgea della guerra la sorte. -
Oraquando ebbero ad essi profferta ogni cosa a dovere
il nèttare e l'ambrosia cui ciban gli stessi Celesti
e a tutti divampò nel seno l'intrepido cuore
tali parole disse degli uomini il padre e dei Numi:
«Datemi ascoltoo figli fulgenti d'Uràno e di Terra
sí ch'io vi dica quello che il cuore mi detta nel seno.
Da troppo tempo già combattendo noi stiam faccia a faccia
per il potereper la vittoriale intere giornate
noiquanti siamo nati da Cronoed i Numi Titani.
Or voi l'immane vostro vigorle invincibili mani
contro i Titaninella tenzone funesta mostrate
grati alla nostra amiciziaper cuidopo tanto cordoglio
siete di nuovo alla luce tornatidall'aspre catene
dalla caligine fosca terrestrepel nostro volere».
Disse cosí: rispose cosí l'impeccabile Cotto:
«Ignoto a noi non è quanto dicio divino: sappiamo
da noi quanto sugli altri sovrasti di senno e di cuore
ché tu dal crudo fato schermisci i Beati Immortali.
Ed orcambiata sortedi nuovo dai duri legami
figlio di Cronoquicontro ogni speranza venimmo.
Con inflessibile cuoreperciòcon sagace consiglio
difenderemo il vostro poter nella guerra crudele
pugnando coi Titaninel duro furor delle pugne».
Disse; e assentirono i Numi datori di beniall'udire
quelle parole; e assai piú di prima agognava la zuffa
il cuor d'ognuno; e tutti destaron la pugna crudele
quel dífemmine e maschiTitanie figliuoli di Crono
e quei che Giove aveva dall'Erebo tratti alla luce
terribiligagliardidotati d'immenso vigore:
ché cento mani ad essi balzavano fuor da le spalle
similemente a tuttisugli ome ri a ognuno cinquanta
capi crescevano sopra le fulgide membra. E ai Titani
stettero a fronte a frontequel dí nella dura battaglia
nelle massicce mani stringendo gran picchi di monti.
Dall'altra partei Titani solleciti empievan le schiere
e gli uni e gli altri mostra facean della possa del braccio
con gesta grandi. Echeggiò terribile il pelago immenso
die' gran rimbombo la terrasquassato gemé l'ampio cielo
dalle radici fu scrollato l'Olimpo infinito
sotto la furia dei Numidel Tartaro ai baratri oscuri
giunse l'orribile crollodei piedi l'acuto frastuono
e del tumultoche mai non cessavadei colpi gagliardi.
Cosí gli uni sugli altri lanciavano i colpi dogliosi;
e perveniano al cielo le grida di questi e di quelli
e gli uni sopra gli altri pio mbavan con impeto grande.
E Giove non frenò la sua furiama subito il cuore
a lui di negra bile fu colmo; e di tutta la forza
sua fece mostra: giú da l'Olimpo e dal cielo ad un tempo
senza mai posalanciava baleni; ed i folgori a furia
con le saette insiemecoi tuon'dalle mani gagliarde
volavan fittiil fuoco celeste agitavano in giro.
Arsa rombava intorno la Terra datrice di vita
alto stridevacinta del fuocola selva infinita;
la terra tutta quantad'Ocèano il gorgo estuava.
EsiodoTeogonia14
l'inseminato Ponto: cingeva i terrestri Titani
caligine roventeper l'ètra divino una fiamma
si diffondeva: per quanto gagliardile loro pupille
l'abbarbagliante guizzo dei lampi e dei folgori ardeva.
Avviluppava il Caos un incendio infinito: sembrava
se le pupille a vederele orecchie ad udire porgevi
come segiú la Terrasu alto l'illimite Cielo
si mescolassero: tanto suonava tremendo il frastuono:
ché giú franava quellaché il Cielo dall'alto crollava.
Tale frastuono sorgeva dall'urto guerresco dei Numi.
E scatenavano i venti tremuoto e polvere a nembi
col tuonocoi balenicol folgore fuligginoso
dardi del sacro Gioveportavano l'ululo e i gridi
in mezzo agli uni e agli altri: sorgeva clamore incessante
dalla terribile zuffaparea della gesta l'orrore.
Da un lato infin piegò la pugna: ché prima alla pari
stavano gli uni e gli altri di frontenel cozzo gagliardo.
Ma tra le prime schiere destarono l'acre battaglia
Cotto con Briarèocon Gía non mai sazio di guerra
che ben trecento massi lanciavan dai pugni gagliardi
sempre via via piú fitticopriano i Titani con l'ombra
dei colpi; e infinesotto la Terra dall'ampie contrade
giú li cacciaronostretti li avvinsero in dure catene -
ché li domaron col braccioper quanto fortissimi - tanto
sotto la terra giúquanto è il cielo lontan dalla terra
che dalla terra è tanto lontano il Tartaro ombroso.
Ché nove dínove notti piombandoun'incude di bronzo
giú dalla Terrasarebbe nel decimo al Tartaro giunta.
Tutto d'intorno un recinto di bronzo lo stringe; e la notte
con tre giri d'intorno s'effonde al suo collo: ivi sopra
son della Terradel Mare che mèsse non dàle radici.
Vivono immersi in questa caligine oscura i Titani
nascostipel volere di Giove che i nuvoli aduna
in una squallida plagadov'ha l'ampia terra i confini.
Né uscita hanno di quiché porte di bronzo v'impose
Posídonee d'intorno vi gira una grande muraglia.
E quivi abita Gíacon Cottocon Brïarèo
magnanimofedeli custodiall'Egíoco Giove.
IL REGNO DELLE TENEBRE
Qui della Terra oscuradel Tàrtaro fosco di nebbie
dell'infecondo Maredel Cielo coperto di stelle
sonoper ordinetutte le fontison tutti i confini
squallidifaticosiche i Numi aborriscono anch'essi:
bàratro immane; né chi le porte varcate ne avesse
potrebbeanche se un anno volgessetornare alle soglie
ma trascinato sarebbe qualàda procella a procella
dogliosamente. è cosa terribilequesto prodigio
anche pei Numi immortali. Quaggiú le terribili case
son dell'oscura Nottenascoste fra i nuvoli negri.
ATLANTE
Dinanzi a quelle portediritto il figliuol di Giapèto
reggecol capo e le mani mai stanchela volta del cielo
solidamentedove la Notte ed il Giornomovendo
l'un verso l'altramutan parole; e la soglia di bronzo
varcano alterni; ché mai tutti e due non li accoglie la casa;
ma sempre uno dei due la casa abbandonaed in giro
sopra la terra si volge: rimane quell'altroche attende
l'ora del suo viaggiolí dentrofinché non sia giunta.
E fra le manil'uno la luce che fulge lontano
reca ai mortalireca la Notte funerea il Sonno.
EsiodoTeogonia15
fratello della Morteravvolto entro nuvoli foschi.
IL SONNO E LA MORTE
Hanno le case qui della torbida Notte i figliuoli
la Morte e il SonnoNumi terribili; e mai non li mira
lo scintillante Sole coi ragginé quando egli ascende
il cielné quando giú dal cielo discende. Di questi
sopra la terra l'unosul dorso infinito del mare
mite sorvolaha cuore di miele per gli nomini tutti:
di ferro ha l'altra il cuoredi bronzo implacabile in petto
l'alma gli siede; e quando ghermito ha una volta un mortale
piú non lo lascia; e lei detestano sin gl'Immortali.
LA CASA DI DEMETRA E DI PERSEFONE
STIGE
Sorgono qui del Dio sotterraneo le case echeggianti
d'Ade gagliardoe della tremenda Persèfone. E il cane
terribilmente sta dinanzi alla porta: ché ignaro
è di pietàmaestro di tristi laccioli: a chi entra
agita lusinghiero la coda ed entrambe le orecchie;
ma non consente poi che esca di nuovo: lo spia
e quando alcuno coglie che varchi la soglialo sbrana.
Abita qui la Dea che aborriscono i Numi immortali
Stige tremendala figlia maggiore d'Ocèanoche in giro
volge i suoi fluttilungi dai Numiin un'inclita casa
tutta da grandi pietre nascosta; e colonne d'argento
alteche toccano il cielola reggono tutto d'attorno.
Di rado Irila figlia dal rapido pie' di Taumanti
muove a recar messaggi sul dorso infinito del mare
allor che sorta sia fra i Superi o rissa o contesa.
E se mentisce alcuno dei Numi immortaliil Croníde
Iride inviache rechi da lungi. in un calice d'oro
il giuramento solennela celebre gelida linfa
che scaturisce giú da un'irta precipite roccia.
Ricco fluisce un corno dal fiume d'Ocèano sacro
sotto la terra dall'ampie contradetraverso la notte
livida; e va dall'altra distinta una decima parte:
ch'esso con nove sopra la terra e sul dorso infinito
del marcon flutti argentei volgendosicade nel mare
ed uno sprizza giú dalla rocciaa cordoglio dei Numi
grande; ché qual dei Numi che vivono sopra la cima
del nevicato Olimpobevuta quell'acquaspergiura
resta senza respirosinché tutto un anno trascorra
né può gustare cibo di nettare piúné d'ambrosia:
rimane senza trarre respiro né dire parola
sopra un giaciglio; e dall'alto gli grava un sopore maligno.
Poiquando un anno sia compiutoe purgato quel morbo
un'altra pena ancora piú grave di questa lo attende:
per nove anni rimane lontan dagli eterni Celesti
né prende parte ai loro consigliné ai loro banchetti
per nove anni compiuti: nel decimo torna di nuovo
alle assemblee dei Numi che fanno soggiorno in Olimpo:
vollero tale il giuro vetusto su l'acqua di Stige
i Numi; e piomba giú da un luogo tutto aspro di rocce.
E qui le porte sono di marmo e la soglia di bronzo
immotasopra lunghe radici piantatacresciuta
da sé. Dinanzi ad essalontano da tutti i Celesti
abitanodi là dal Caos tenebrosoi Titani.
Edincliti ministri di Giove dall'alto frastuono
hanno la casa dove d'Ocèano sono le basi
Cotto con Gía: Briarèo ch'era forteera bellolo volle
genero il Dio che scuote la terrache romba profondo:.
EsiodoTeogonia16
gli die' sua figlia Cimopolèaché l'avesse consorte.
GIOVE STERMINA TIFóNE
Orapoiché dal cielo scacciati ebbe Giove i Titani
l'immane Terraunita d'amore col Tartaroa luce
diedemercé d'AfroditeTifone fortissimo: aveva
cento gagliarde manidisposte ad ogni operae cento
infaticabili piedi di Nume gagliardo; e di serpe
aveva cento capid'orribile dragoe vibrava
cento livide lingue da tutte le orribili teste
sotto le sopracciglia di fuoco: brillavano gli occhi
ardevan fiammequando guardavada tutte le teste.
E avevan tutte quante favella le orribili teste
voci emettevan meravigliosedi tutte le specie.
Ora parlavan sí da intenderle i Numi: muggiti
alti mandavan poi di taurod'immenso vigore
di fiera voce; poi di leone dall'animo crudo;
poscia sembravan guaiti di cucciolie a udirli stupivi:
eran boati poin'echeggiavano l'alpi sublimi.
E quel dí stesso avrebbe compiuta un'impresa fatale
e avrebbe avuto impero sugli uomini tutti e sui Numi
senza l'accorto consiglio del padre degli uomini e i Numi.
Emise un tuono seccoterribile; e intorno la Terra
diede un orrendo rimbomboe il Cielo che immenso sovrasta
e il Pontoe le fluenti d'Oceanoe gli abissi terrestri;
e il grande Olimpo tutto tremò sotto i piedi immortali
mentre moveva il Signore. Die' gemiti lunghi la Terra
ed un incendio flagrò sul mar di violache acceso
fu dal baleno insiemedal tuonodall'orrido fuoco
da folgori abbagliantida ventida fiammee procelle.
Ed estuava tutta la Terracol Cielo e col Mare
e furïavano in giro su tutta la spiaggia i gran flutti
sotto la spinta dei Numitutto era un tremuoto infinito.
Ade tremòche impera sui morti distruttii Titani
che sono intorno a Crono tremaron nel Tartaroquando
quella tremenda zuffa scoppiòquel fragore incessante.
E Giovepoi che armò l'ira suapoi che l'armi ebbe prese
il tuono col balenocol folgore fumido ardente
con un gran lancio un colpo scagliò dall'Olimpo; e le teste
intorno intorno tutte bruciò di quell'orrido mostro.
E quellopoi che fu domatospezzato dai colpi
piombò giú mutilatodie' gemiti lunghi la Terra.
Ed una vampa sprizzò dal Dio folgorato percosso
nelle selvose convalli dell'Etna tutto aspro di rupi.
E lungo tratto ardea per quel fiato divino la terra
dall'ampio dorsoe al pari si liquefaceva di stagno
quando lo scaldano dentro nei cavi crogiòli i garzoni
oppur di ferroch'è fra tutti i metalli il piú duro
quando in convalli montane lo doma col rabido fuoco
entro la terra divinalo liquefa Efèsto l'industre.
Cosí la terra al vampo del fuoco si liquefaceva.
E quindilo scagliòfurïosonel Tartaro immenso.
I FIGLI DI TIFóNE
E da Tifóne proviene la furia degli umidi Venti
se Zèfiro lucente n'eccettuïBóreaNóto.
Questi provengon dai Numison d'utile grande ai mortali:
gli altri con vani soffi sul pelago vanno spirando;
ed altripoispirando sovr'esso l'aerëo Ponto
soffianper gli uomini sommo cordogliocon tristi procelle:
altrove spirano altri che mandano in pezzi le navi.
EsiodoTeogonia17
sterminano i nocchieri; né v'ha pei mortali riparo
contro il malannoquando s'imbatton sul pelago in quelli.
Ed altri ancorasopra la florida terra infinita
struggono l'opere belle degli uomini nati dal suolo
e l'empion tutta quanta di polvere e d'alto fracasso.
REGNO DI GIOVE E SUA DISCENDENZA
Oraquand'ebbero i Numi beati compiuto il travaglio
e pel potere fu coi Titani decisa la lotta
essi decisero alloraché Terra ne dava consiglio
che fosse re dei Numi beati e signore d'Olimpo
Giove che tutto vede: fra gli altri ei divise gli onori.
ATèNA
E Giovere dei Numidapprima sua sposa fe' Meti
che senno aveva piú degli uomini tutti e dei Numi.
Ma quando stava già per dare la luce ad Atèna
occhiazzurrinaGiove le tese una frodeun inganno
econ accorti discorsila trangugiò nel suo ventre
per i consigli di Geadi Cielo coperto di stelle:
lo consigliaron cosíperché non avesse l'onore
del regno un altroinvece di luidei beati Celesti:
perché voleva il fato che Mètide desse alla luce
figli saggissimi: pria la fanciulla dagli occhi azzurrini
la Tritogèniapari di senno e di forza a suo padre;
e un figlio poi dovea generare d'immenso vigore
ch'esser sovrano doveva degli uomini tutti e dei Numi.
Ma la prevenne Gioveraccolse la Dea nel suo ventre
sicché sempre indicargli potesse il malanno e il vantaggio.
LE ORE
Sposò la molle Tèmi secondache a luce die' l'Ore.
Dicecon Eunomíacon Pace possente - su l'opre
esse a vegliare sempre degli uomini stanno - e le Parche
a cui massimo onore concesse il Croníde: Lachèsi
Atropo e Cloto: il bene partiscono agli uomini e il male.
LE GRAZIE
Ed Eurinómefiglia d'Ocèanodal fulgido aspetto
tre Grazie guancebelle gli diede: EufrosíneTalía
vezzosaAglaia: quando guardavanoa loro dal ciglio
stillava amorche scioglie le pene: il lor guardoun incanto.
PERSèFONE
E poi nel letto entrò dell'alma Demètrache vita
diede alla Diva dal candido braccioPersèfone. E lungi
poi la rapiva Edonèo dalla madre: cosí volle Giove.
LE MUSE
Poscia s'innamorò di Mnemòsine bellacesarie
e nacquero da lei le Muse dagli aurei serti
novea cui grate sono le feste e le gioie del canto.
APOLLO E ARTèMIDE
Latona generòcongiunta d'amore con Giove
Artèmideche gode lanciare le frecceed Apollo;
e fu la sua progenie diletta fra tutti li Urani.
EBEARESILIZIA
Eraper ultimaGiovedegli uomini padre e dei Numi
fece sua florida sposa: con lui mescolata d'amore.
EsiodoTeogonia18
Ebe gli partorí la Divacon Are ed Ilizia.
ATèNA
Poi generò dallo stesso suo cèrebro Atèna occhiazzurra
indomitatremendache eserciti guidatumulti
eccitaa cui le grida son caree le guerree le zuffe.
ERA GENERA EFèSTO
Era poi generòné d'amore fu l'operaEfèsto;
- e con lo sposo ne fu contesacon grave furore -
ch'abile fu nell'uso dell'arti su tutti gli Urani.
I FIGLI D'ANFITRITE ED ENOSIGèO
Ed Anfitrite e l'Enosigèo che profondo rimbomba
diedero a luce Tritonegigante possenteche presso
la madre e il padre re degli abissi del mare soggiorna
entro una casa d'oro fulgenteterribile Nume.
I FIGLI DI MARTE E DI CITERèA
A Marte die' la Dea di Citèra Sgomento e Spavento
terribiliche insieme con Marte che abbatte le rocche
sperdononella guerra cruentale fitte falangi
ed Armoniache fu consorte al magnanimo Càdmo.
ERMèTEDIòNISO
Maiala figlia d'Atlantecongiunta d'amore con Giove
Ermète generòl'illustrel'araldo dei Numi.
Mista d'amore col Numela figlia di CàdmoSemèle
a luce diede il vago di feste Dïòniso: un Nume
essa mortale: entrambi son ora compresi fra i Numi.
ERCOLE
Alcmèna poicon Giove che i nuvoli in cielo raduna
si mescolò d'amorenacque Ercoleeroe tutto forza.
LE SPOSE DI EFèSTODIòNISOERCOLESOLEEèTA
Sposa ebbe Aglaia Efèstol'artefice insigne ambidestro
la piú frescala piú fiorente fra tutte le Grazie.
Dïònisol'iddio chiomadorola bionda Arïanna
la figlia di Minosse prescelse sua florida sposa:
lei da vecchiaia immune poi rese e da morte il Croníde.
Ercoleil prode figlio d'Alcmèna dall'agil caviglia
Ebe sposòpoi ch'ebbe compiute terribili gesta:
di Giove e d'EraDea dall'aureo calzare era figlia;
e sua consorte l'ha nell'Olimpo cosperso di neve.
Beatochepoi ch'ebbe compiute le gesta sue grandi
fra gl'Immortali vivené morte conosce o vecchiaia.
L'inclita Oceanina Persèideunitasi al Sole
l'infaticatoCirce gli die' con Eèta sovrano.
Eèta poifigliuolo del Sole che illumina il mondo
sposòcome gli Dei deciseroIdúia la bella
figlia d'Ocèanodel fiume che scorre ai confin' della terra.
Ed essaa lui congiunta d'amorcome volle Afrodite
l'aurea divagli die' Medèa dal malleolo bello.
LE DEE MADRI DEI MORTALI
E voi salveteo Muse che avete soggiorno in Olimpo
Isolee voiContinentitu Ponto dall'acque salate.
E adesso delle Dee cantate la stirpeo canore
Muse d'Olimpofiglie di Giove che l'egida scuote
quantenei talami entrate degli uomini nati a morire
Deegenerarono figli che al volto sembravano Numi..
EsiodoTeogonia19
DèMETRA MADRE DI PLUTO
Dèmetrageneròsomma Deacon l'eroe Gïasone
nel pingue suol di Cretanel solco tre volte scassato
il buon Plutoche sopra la Terra ed il Pelago immenso
va dappertutto; e chi trovachi può su lui metter le mani
súbito fa che ricco divengae gli accorda fortuna.
LE FIGLIE D'ARMONIA
Ed Armonia generòla figlia dell'aurea Afrodite
a Càdmo Ino e Semèlecon Agave guanciafiorita
e Autònöeche fu d'Aristèo dalla florida chioma
consortee Polìdoro: ché tutti le nacquero in Tebe.
I FIGLI DI CALLIRöE
Calliröela figlia d'Ocèanosi strinse d'amore
- volle Afrodite cosí - con Crisàore dall'animo fiero
e un figlio partoríGerïonedi tutti i mortali
il piú gagliardo. A questoper via dei giovenchi pie' tardi
Ercole in Eritèa precinta dal mare die' morte.
I FIGLI D'AURORA
Stretta d'amore a TitoneAurora die' Mènnone a luce
re degli Etíopi dall'armi in bronzoed Emazio sovrano.
E poscia procreò con Cèfalo un fulgido figlio
Fetonteeccelso eroemortale che un Nume sembrava.
Lui giovinettonel fiore degli anni piú tenero e vivo
fanciullo ingenuotrasse l'amica del riso Afrodite
lontanolo recò nei sacri suoi templilo fece
dei templi suoi ministro notturnoe fra i Dèmoni insigne.
IL FIGLIO DI MEDèA
E la figliuola d'Eètadel sire allevato dai Numi
trasse d'Esóne il figlio - ché questo volevano i Numi -
lungi dal padrepoi ch'ebbe compiute le orribili gesta
le tante gestaa lui prescritte dal sire superbo
dal tracotante Pèliacrudele efferato. E compiute
che l'ebbea Iolco fe'dopo molti travagliritorno
sopra la rapida nave recando la figlia d'Esóne
dalle fulgenti pupillela fece sua florida sposa.
Essapoiché l'amò Giasone pastore di genti
gli die' Medèofanciullo cui crebbe fra i monti Chirone
figlio di Fílira; e fu compiuto il volere di Giove.
I FIGLI DI PSAMàTEA E DI TèTIDE
Quanto alle figlie poi del vecchio del Mare Nerèo
Psamàtëala Dea fra le Deecome volle Afrodite
a luce diede Fococommista d'amor con Aiace.
E Teti pie' d'argentocommista d'amor con Pelèo
a luce Achille die'strage d'uominicuor di leone.
ENEA FIGLIO D'ANCHISE E CITERèA
Diede la vita ad Enea Citerèa dalla vaga corona
che con Anchise l'eroe si strinse d'amabile amore
sopra le vette dell'Ida selvosasolcata di valli.
I FIGLI DI CIRCE
E Circe poila figlia del Sole che valica il Cielo
stretta d'amor con Ulisse dal cuor pazïentedie' vita
ad Agrioed a Latino gagliardo ed immune da pecca
ed a Telègonocome dispose la diva Afrodite.
E quelliassai lontanonel grembo dell'isola sacra.
EsiodoTeogonia20
distesero l'impero su l'inclite genti terrene.
IL FIGLIO DI CALIPSO
E stretta con Ulisse lo scaltro d'amabile amore
Nausítoo generò con Nausínoo la diva Calipso.
Queste le Dee che unite con uomini natia morire
diedero a luce figli che Numi sembravano in tutto.
E delle donne adesso le stirpi cantateo canore
Mused'Olimpofiglie di Giove che l'ègida scote.