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Lev Tolstoj

 

LA SONATA A KREUTZER

 

 

 

 

Ma io vi dico: chiunque guarda una donna con concupiscenzain cuor suo ha già commesso adulterio su lei.

(Matteo 5. 28)

I discepoli gli dicono: "Se tale è la condizione dell'uomo rispetto alla moglienon conviene ammogliarsi". Ed egli disse loro: "Non tuttima coloro ai quali è stato concessocapiscono questo. Ci sono infatti degli eunuchiusciti tali dal seno della madree ci sono degli eunuchi che sono stati evirati dagli uomini: e ce ne sono di quelli che si sono evirati da sé in vista del regno dei cieli. Comprenda chi può".

(Matteo 19. 10-12)

 

 

 

1.

 

La primavera era all'inizio. Era il secondo giorno che viaggiavamo. Entravano nel vagone e ne uscivano persone che andavano a distanze diversema tre venivanocome medalla stazione di partenza del treno: una signora non bella né giovaneche fumavacon un viso tormentatoun paltò semimaschile addosso e un berrettino; un suo conoscenteuomo sui quarant'anniamante della conversazionecon le sue cose tutte in ordine e nuovee ancora un signore di statura non molto alta con i movimenti a scattiche stava per conto suonon vecchio ancorama con i capelli ricci evidentemente incanutiti prima del tempo e con degli occhi straordinariamente scintillantiche correvano rapidi da un oggetto all'altro. Era vestito d'un vecchio paltò col colletto d'agnelloche veniva da un sarto di lussoe aveva un alto berretto d'agnello. Sotto il paltòquando si sbottonavasi vedeva un farsetto e una camicia ricamata alla russa. Una singolarità di questo signore consisteva inoltre nel fatto che di tanto in tanto egli emetteva degli strani suonisimili allo spurgarsi o a un riso cominciato e interrotto.

Questo signore per tutto il tempo del viaggio aveva accuratamente evitato ogni rapporto e conoscenza con i viaggiatori. Ai vicini che attaccavano discorso rispondeva breve e taglienteeo leggevao fumava guardando dal finestrinootratte fuori le provviste da una sua vecchia saccabeveva il tèo faceva uno spuntino.

Mi sembrava che egli sentisse il peso della sua solitudinee varie volte avevo voluto mettermi a parlare con luima semprequando i nostri occhi s'incontravano - e capitava spessoperché eravamo seduti di sbieco l'uno rispetto all'altro -lui si voltava dall'altra e prendeva un libro o guardava dal finestrino.

Durante la fermata che ci fu prima di serail secondo giornoa una grossa stazionequesto signore nervoso scese a prendere dell'acqua calda e si preparò il tè. Invece il signore con quelle cose in ordine e nuove - un avvocatocome poi seppi -insieme con la sua vicina - la signora che fumavacol paltò semimaschile -andarono a bere il tè dentro la stazione.

Durante l'assenza di quel signore con la signoranel vagone entrarono alcune persone nuovetra cui un alto vecchio rasato tutto rugheche era evidentemente un mercantecon una pelliccia di puzzola e un berretto di panno dalla visiera enorme. Il mercante si sedette di fronte al posto di quella signora e dell'avvocato e attaccò subito discorso con un giovanotto dall'aspetto di commessoche era salito pure lui a quella stazione.

Io ero seduto di sbieco rispetto a loroedato che il treno era fermonei momenti in cui non passava nessuno potevo sentire a tratti la loro conversazione. Il mercante dapprincipio annunciò che si recava a una tenuta poco distantealla stazione seguente; poicome sempresi misero a parlare dapprima dei prezzidi commercioparlaronocome sempredel traffico commerciale che c'è adesso a Moscapoi si misero a parlare della fiera di Niznij- Novgorod. Il commesso cominciò a raccontare delle baldorie che faceva alla fiera un ricchissimo mercante che tutt'e due conoscevanoma il vecchio non lo lasciò finire e cominciò a raccontare lui delle passate baldorie di Kunavino alle quali aveva partecipato.

Era evidente che andava orgoglioso della parte che vi aveva presoe raccontava con soddisfazione comecon quel tale loro conoscenteuna volta ne avessero fatta unaa Kunavinoche andava raccontata sottovoce: a sentir questoil commesso scoppiò a ridere in modo da farsi sentire da tutto il vagonee anche il vecchio risemostrando due denti gialli.

Non aspettandomi di sentire niente d'interessantemi alzaiper andare a passeggiare sulla banchina fino alla partenza del treno.

Sulla porta m'incontrai con l'avvocato e la signorache camminando parlavano animatamente di qualcosa.

- Non farete in tempo- mi disse il socievole avvocato- sta per suonare il secondo campanello.

E davveronon avevo fatto in tempo ad arrivare in fondo ai vagoni che echeggiò il campanello. Quando tornaifra la signora e l'avvocato continuava quell'animata conversazione. Il vecchio mercante sedeva in silenzio di fronte a loroguardando con severità davanti a sé e di tanto in tanto masticando con le labbra in atto di disapprovazione.

- Quindi lei dichiarò francamente a suo marito- diceva sorridendo l'avvocatomentre io gli passavo accanto- che non poteva e nemmeno desiderava stare con luipoiché...

E proseguì a raccontare qualcosa che non potei capire. Dopo di me passarono altri viaggiatoripassò il capotrenoentrò di corsa un fattorino e per un certo tempo ci fu del chiassoper via del quale non si sentì la conversazione. Quando tutto si fu calmatoe io sentii di nuovo la voce dell'avvocatola conversazione era evidentemente già passata dal caso particolare alle considerazioni generali.

L'avvocato diceva come la questione del divorzio occupasse ora l'opinione pubblica europea e come da noi si presentassero sempre più spesso casi analoghi. Avendo osservato che non si sentiva la sua vocel'avvocato interruppe il suo discorso e si rivolse al vecchio.

- Un tempo questo non accadevanon è vero? - dissesorridendo piacevolmente.

Il vecchio voleva rispondere qualcosama in quel momento il treno si mossee il vecchiotogliendosi il berrettocominciò a farsi il segno della croce e a recitare sottovoce una preghiera.

L'avvocatodistogliendo gli occhiattendeva educatamente. Dopo aver finito la sua preghiera e il triplice segno della croceil vecchio si calzò ben diritto il berrettosi riassettò al suo posto e cominciò a parlare.

- Accadeva anche primasignoresolo più di rado- disse. - Ma ai tempi nostri non può non accadere. Ormai la gente s'è fatta troppo istruita.

Il treno andava sempre più in frettarumoreggiava alle giunture delle rotaiee mi era difficile sentirema m'interessavae mi misi a sedere più vicino. Il mio vicinoquel signore nervoso dagli occhi scintillantis'era evidentemente interessato anche lui esenza alzarsi dal suo postoascoltava.

- Ma che c'è di male nell'istruzione? - disse la signorasorridendo appena percettibilmente. - Possibile che sia meglio sposarsi come un tempoquando il fidanzato e la fidanzata non s'erano neppure visti? - essa proseguìsecondo l'abitudine di molte signore di rispondere non alle parole del proprio interlocutorema alle parole che le pareva che egli avrebbe detto. - Non sapevano se amavanose potevano amaree sposavano chi capitavae poi passavano tutta la vita nei tormenti; sicché secondo voi è meglio? - essa dicevarivolgendo il discorso a me e all'avvocatoma meno che mai al vecchio col quale parlava.

- Ormai la gente s'è fatta troppo istruita- ripeté il mercanteguardando con disprezzo la signora e lasciando senza risposta la sua domanda.

- Sarebbe desiderabile sapere come spiegate il legame fra l'istruzione e la discordia nella vita matrimoniale- disse l'avvocatosorridendo appena percettibilmente.

Il mercante voleva dire qualcosama la signora lo interruppe.

- Noquel tempo ormai è passato- dissema l'avvocato la fermò.

- Nopermettete al signore di esprimere la sua opinione.

- Le sciocchezze vengono dall'istruzione- disse il vecchio con fare risoluto.

- Fanno sposare della gente che non si amae poi si stupiscono che non vivano d'accordo- diceva frettolosamente la signoravolgendosi a guardare l'avvocato e mee perfino il commessochealzatosi dal suo posto e appoggiato alla spallieraprestava orecchio sorridendo alla conversazione. - Perché sono soltanto gli animali che si possono accoppiare come vuole il padronema gli uomini hanno le loro inclinazionii loro affetti- diceva la signoraevidentemente cercando di ferire il mercante.

- Fate male a dire cosìsignora- disse il vecchio- gli animali sono bestiementre all'uomo è stata data una legge.

- Ehma come si fa a vivere con una personaquando l'amore non c'è? - diceva la signorasempre con la fretta di esprimere i suoi giudiziche probabilmente le sembravano molto nuovi.

- Primadi questo non si parlava- disse il vecchio con tono autorevole. - E' solo adesso che è venuto in uso. Appena capita qualcosala moglie dice subito: "ti lascio". I contadini perché dovrebbero farlo? eppure anche tra loro è venuta la stessa moda.

"To'"diconoeccoti le tue camicie e le tue mutande, che io vado con Van'ka, è più riccioluto di te. Spiegatela un po' voi.

Invece nella donna ci dev'essere in primo luogo il timore.

Il commesso guardò l'avvocato e la signora e meevidentemente trattenendo un sorriso e pronto sia a canzonare che ad approvare il discorso del mercantea seconda del modo in cui sarebbe stato accolto.

- E che timore è mai? - disse la signora.

- Ecco quale: che abbia paura di suo mari-i-ito. Ecco che timore è.

- Ehpadre mioè già passato quel tempo- disse la signoraperfino con una certa irritazione.

- Nosignoraquel tempo non può passare. Come è stata creata Evala donnada una costola dell'uomocosì rimarrà fino alla fine dei tempi- disse il vecchioscuotendo il capo con aria così severa e trionfale che il commesso s'immaginò subito che la vittoria fosse dalla parte del mercantee scoppiò a ridere forte.

- Ma siete voialtri uomini che ragionate così- diceva la signorasenza arrendersi e guardando noi- vi siete dati la libertàma la donna volete tenerla nel gineceo. Voialtrinon c'è pericolovi permettete tutto.

- Il permesso non lo dà nessunoma il fatto è che l'uomo non fa entrare niente in casamentre la donnala moglieè un recipiente fragile- continuava a dire autorevolmente il mercante.

L'autorevolezza d'intonazione del mercante stava evidentemente vincendo gli ascoltatorie perfino la signora si sentiva vintama continuava a non arrendersi.

- Sìma credo che sarete d'accordo con me che la donna è un essere umanoe ha dei sentimenti come l'uomo. Ebbeneche cosa deve fare se non ama il marito?

- Non ama! - ripeté con aria minacciosa il mercantemuovendo le sopracciglia e le labbra. - Non c'è pericololo amerà!

Questo inatteso argomento piacque particolarmente al commessoche emise un suono d'approvazione.

- Ma nonon l'amerà- fece la signora- e se non c'è l'amorenon ci si può mica essere costretti.

- Ebbenee se la moglie tradisce il maritoallora come si fa? - disse l'avvocato.

- Questo non dev'essere- disse il mercante- bisogna guardarci.

- E se accadeallora come si fa? Sono pur sempre cose che càpitano.

- C'è a chi succedema a noi non succede- disse il mercante.

Tutti tacquero per un po'. Il commesso si mossesi avvicinò ancora enon volendo a quel che pareva rimanere indietro agli altricominciò sorridendo:

- Sissignoreecco che anche uno dei nostri giovani ha avuto il suo scandalo. Anche lì è troppo difficile giudicare. Anche a lui era capitata una donna scostumata. E cominciò a farne di tutti i colori. Eppure lui era un ragazzo serio e con una certa istruzione. Prima col contabile. Il marito cercava di fargliela capire anche con le buone. Non mise giudizio. Faceva porcherie d'ogni sorta. Cominciò a rubargli i denari. E lui la picchiava.

Ebbenepeggiorava sempre. Se la faceva con un miscredenteun ebreocon licenza parlando. Lui che doveva fare? L'ha piantata del tutto. E così vive scapoloe lei va a zonzo.

- Perché è uno stupido- disse il vecchio. - Se fin dal primo momento l'avesse tenuta a frenoe l'avesse domata per davveroci sarebbe statanon c'è pericolo. E' fin dal principio che non bisogna lasciar fare a modo proprio. Al cavallo non credere in campagnae alla donna quand'è in casa.

Intanto venne il capotreno a chiedere i biglietti per la prossima stazione. Il vecchio consegnò il suo biglietto.

- Sissignoreil sesso femminile va domato in precedenzase no tutto è perduto.

- E allora come mai proprio voi raccontavate or ora come gli uomini sposati si divertivano alla fiera a Kunavino? - dissi ionon potendomi più trattenere.

- Quello è un altro paio di maniche- disse il mercantee s'immerse nel silenzio.

Quando echeggiò il campanelloil mercante si alzòtrasse una sacca da sotto il sedilesi chiuse la pelliccia esollevando il berrettouscì sulla piattaforma.

 

 

 

2.

 

Non appena andato via il vecchiosi levò una conversazione a più voci.

- Il papà è del vecchio testamento- disse il commesso.

- E' il "Domostroj" (1) personificato- disse la signora: - che strana idea della donna e del matrimonio!

- Sìsiamo ben lontani dalla concezione europea del matrimonio- disse l'avvocato.

- Perché il punto principalequello che non capiscono le persone come quelle- disse la signora- è che il matrimonio senz'amore non è un matrimonioche soltanto l'amore santifica il matrimonio e che è un vero matrimonio soltanto quello che l'amore santifica.

Il commesso ascoltava e sorridevacol desiderio di ricordare il più che poteva di quei discorsi intelligentiper adoperarlo.

A metà della parlata della signoradietro di me si sentì come il suono di una risata interrotta o un ruggitoe vedemmo il mio vicinoil solitario signore canuto dagli occhi scintillantiil quale durante la conversazioneche evidentemente l'aveva interessatosi era avvicinato a noi senza che ce ne accorgessimo.

Era in piedicon le mani appoggiate alla spalliera del sedilee visibilmente agitato: il suo viso era rossoe sulla guancia gli tremava un muscolo.

- Qual è mai l'amore... l'amore... che santifica il matrimonio? - egli disse esitando.

Vedendo lo stato di agitazione dell'interlocutorela signora cercò di rispondere con la maggiore dolcezza e precisione possibile.

- Il vero amore... Se questo amore c'è tra l'uomo e la donnaè possibile anche il matrimonio- disse la signora.

- Sissignora; ma che cosa dobbiamo intendere come amore vero?

disse il signore dagli occhi scintillantisorridendo goffamente e con timidezza.

- Ognuno sa che cos'è l'amore- disse la signoradesiderando evidentemente porre fine alla conversazione con lui.

- E io non lo so- disse quel signore. - Bisogna definire ciò che intendete dire.

- Come? è molto semplice- disse la signorama si fece pensosa.

- L'amore è l'esclusiva preferenza di uno o di una persona rispetto a tutti gli altri- essa disse.

- Preferenza per quanto tempo? Per un meseper due o per mezz'ora? - proferì il signore canutoe si mise a ridere.

- Nopermetteteè evidente che parlate di un'altra cosa .

- Noproprio di quello.

- La signora dice- intervenne l'avvocatoindicando la signora- che il matrimonio deve derivare innanzi tutto da un affetto (dall'amorese volete)e se questo esistesolamente allora il matrimonio costituisce qualcosa diremo così di sacro; e poi che ogni matrimonio che non abbia come suo fondamento gli affetti naturali (l'amorese volete) non racchiude in sé nulla di moralmente obbligatorio. Ho capito bene? - fecerivolgendosi alla signora.

La signora con un movimento del capo espresse l'approvazione al chiarimento del proprio pensiero.

- Dopo di che... - fece l'avvocatocontinuando il suo discorsoma il signore nervosocon gli occhi che adesso ardevano fiammesi tratteneva con evidente difficoltà enon lasciando parlare l'avvocatocominciò:

- Noparlo proprio di quellodella preferenza di uno o di una rispetto a tutti gli altrima domando soltanto questo: preferenza per quanto tempo?

- Per quanto tempo? per un pezzoper tutta la vita certe volte- disse la signoraalzando le spalle.

- Ma questo c'è solo nei romanzie nella vita non c'è mai. Nella vita esiste questa preferenza di uno rispetto agli altri per anniche è un fatto molto raropiù spesso per mesio se no per settimaneper giorniper ore- egli dicevasapendo evidentemente di stupire tutti con la sua opinionee soddisfatto di questo.

- Oh! che dite! Ma no... Nopermettete... - esclamammo tutt'e tre a una voce.

Perfino il commesso aveva dato fuori un suo suono indeterminato.

- Sìlo so- rispondeva il signore canutogridando più forte di noi- voi parlate di quello che si ritiene che esistae io parlo di quello che è. Ogni uomo prova ciò che voi chiamate amore per ogni bella donna.

- Ahquello che dite voi è orribile. Ma c'è pure tra gli uomini quel sentimento che si chiama amore e che è dato non per mesi e per annima per tutta la vita...

- Nonon c'è. Anche ammettendo che l'uomo preferisca una certa donna per tutta la vitala donnasecondo ogni probabilitàne preferirà un altroe così è sempre stato ed è tuttora al mondo- egli disse etratto fuori il portasigarettecominciò a fumare. - Nonon è possibile- egli ribatté- allo stesso modo come non è possibile che in un carro di piselli due dati piselli vadano a cadere uno accanto all'altro. E inoltre qui non c'è solo una probabilitàc'èdi sicurola sazietà. Amare per tutta la vita una o uno è lo stesso che dire che una candela ha da ardere per tutta la vita- egli dicevaaspirando avidamente il fumo.

- Ma voi non parlate che dell'amore carnale. Non ammettete forse l'amore fondato sulla concordanza di idealisulla parentela spirituale? - disse la signora.

- Parentela spirituale! Concordanza d'ideali! - egli ripetéemettendo quel suo suono: - ma in tal caso è inutile dormire insieme (scusate la volgarità). Se no la gente va a dormire insieme in seguito alla concordanza d'ideali- egli dissee si mise a ridere nervosamente.

- Ma permettete- disse l'avvocato- i fatti contraddicono ciò che voi dite. Noi vediamo che le unioni coniugali esistonoche l'umanità o una gran parte di essa vive di vita coniugalee molti trascorrono onestamente una prolungata vita coniugale.

Il signore canuto si mise di nuovo a ridere.

- Un po' dite che i matrimoni si fondano sull'amorema quando io metto in dubbio l'esistenza dell'amorea parte quello sensualevoi mi dimostrate l'esistenza dell'amore con la circostanza che esistono i matrimoni. Ma i matrimoni al tempo nostro non sono che inganno.

- Nossignorepermettete- disse l'avvocato- io dico soltanto che sono esistiti ed esistono i matrimoni.

- Esistono! Ma come mai esistono? Sono esistiti ed esistono tra quelle persone che nel matrimonio vedono qualcosa di misterioso.

Un mistero che vincola davanti a Dio. Tra quelle persone esistonoma tra noi no. Tra noi la gente si sposa non vedendo nullanel matrimonioall'infuori dell'accoppiamentoe ne risulta un inganno o una violenza; quando è un ingannosi sopporta facilmente. Il marito e la moglie non fanno che ingannare la gente con la loro monogamiama vivono in poligamia e in poliandria; è malema passi ancora; ma quandocome càpita per lo piùil marito e la moglie hanno assunto l'obbligo esteriore di stare insieme per tutta la vitae dopo un mese si odiano giàdesiderano dividersi e tuttavia vivono insiemeallora ne risulta quell'inferno tremendo che induce le persone a darsi al berea spararsi e ad avvelenarsi da se stessi e tra loro- egli dicevasempre rapidamentesenza permettere a nessuno di metter bocca e accalorandosi di più.

Tutti si sentivano a disagio.

- Sìsenza dubbio càpitano degli episodi critici nella vita coniugale- disse l'avvocato cercando di far cessare una conversazione che si era disdicevolmente accalorata.

- A quel che vedoavete capito chi sono- disse piano e come tranquillamente il signore canuto.

- Nonon ho questo piacere.

- Il piacere non è grande. Sono Pozdnyshevquello a cui è capitato quell'episodio critico al quale alludetel'episodio d'avere ucciso sua moglie- egli dissegettando un rapido sguardo a ciascuno di noi.

Nessuno seppe trovare nulla da diree tutti tacquero.

- Suè lo stesso- egli disseemettendo quel suo suono. - Del restoscusatemi! Eh!... Non voglio darvi noia.

- Ma nolasciate stare... - disse l'avvocatoche non sapeva nemmeno lui perché ci fosse da lasciar stare. Ma Pozdnyshevsenza dargli ascoltosi volse in fretta e se ne andò al suo posto. Quel signore con la signora si parlavano sottovoce. Io ero seduto accanto a Pozdnyshev e tacevonon sapendo escogitare che cosa dire. Per leggere era troppo buioe perciò chiusi gli occhi e finsi di voler dormire. Così giungemmo in silenzio fino alla stazione seguente.

A questa stazione quel signore con la signora passarono in un altro vagoneavendone parlato già prima al capotreno. Il commesso si accomodò sul sedile e si addormentò. Pozdnyshevinvecenon faceva che fumare e bere il tè che s'era preparato fin dall'altra stazione.

Quando aprii gli occhi e lo guardaiegli a un tratto si rivolse a me con risolutezza e irritazione.

- Vi dispiace forse stare qui con mesapendo chi sono ? Allora me ne vado.

- Oh noche dite?

- Ebbeneallora volete favorire? Solo che è forte.

Egli mi versò del tè.

- Parlano... E sono tutte menzogne... - disse.

- Di che parlate? - chiesi io.

- Ma sempre della stessa cosadi quel loro amore e di che cos'è.

Voi non avete sonno.

- Per niente.

- Allora volete che vi racconti come da quello stesso amore io sia stato condotto a ciò che mi è capitato?

- Sìse la cosa non vi riesce penosa.

- Nomi è penoso tacere. Ma bevete il tè; o è troppo forte?

Il tè era davvero come birrama io ne bevvi un bicchiere. Intanto passò il capotreno. Egli lo seguì in silenzio con occhi irritatie cominciò soltanto quando l'altro se ne fu andato.

 

 

 

3.

 

- Ebbeneallora vi racconterò... Ma lo desiderate veramente?

Io ripetei che lo desideravo molto. Lui stette un po' zittosi passò le mani sul viso e cominciò:

- Se si raccontabisogna raccontare tutto dal principio: bisogna raccontare come e perché mi sono ammogliato e come ero prima di ammogliarmi.

Prima di ammogliarmi vivevo come vivono tutticioè nel nostro ambiente. Io sono proprietario terriero e ho un diploma di studi universitarie sono stato maresciallo della nobiltà. Prima di ammogliarmi vivevo come vivono tutticioè in modo depravatocerto di vivere normalmente. Fra me credevo di essere un simpaticonedi essere una persona pienamente morale. Non ero un seduttorenon avevo gusti contro naturanon ne facevo lo scopo principale della vitacome facevano molti dei miei coetaneima mi davo alla depravazione con gravitàcon decenzaper salute.

Evitavo le donne chemettendo al mondo un bambino o affezionandosi a meavrebbero potuto costituire un legame per me.

Del restoforse ci furono anche dei bambinici furono degli affettima io facevo come se non ci fossero. E questo appunto mi pareva non solo moralema ne ero orgoglioso...

Egli si fermòemise quel suo suonocome faceva sempre quando gli veniva un'idea evidentemente nuova.

- Perché in questo appunto consiste la principale turpitudineegli esclamò. - La depravazione non consiste mica in qualcosa di fisicogiacché nessuna indecenza fisica è depravazione; ma la depravazionel'autentica depravazione consiste proprio nel liberarsi dai rapporti morali verso la donna con la quale entri in rapporto fisico. E di questa liberazione appunto io mi facevo un merito. Ricordo come mi tormentai una voltanon avendo fatto in tempo a pagare una donna che mi si era dataprobabilmente perché le ero piaciutoe mi tranquillizzai soltanto quando le ebbi mandato i denarimostrando con ciò che moralmente non mi sentivo in nessun modo legato a lei... Non accennate col capocome se foste d'accordo con me- fece a un trattoredarguendomi. - Perché io lo conosco questo trucco. Noi tuttie anche voi nel migliore dei casise non siete una rara eccezioneavete le medesime opinioni che avevo io. Viaè lo stessoperdonatemi- egli proseguì- ma il fatto è che è orribileorribileorribile!

- Che cosa è orribile? - chiesi io.

- L'abisso di aberrazione in cui ci troviamo riguardo alle donne e ai rapporti con loro. Sissignorenon ne posso parlare con calmae non perché mi sia capitato quell'episodiocome diceva quelloma perché da quando mi è capitato quell'episodio mi si sono aperti gli occhie ho visto tutto in una luce interamente diversa. Tutto a rovesciotutto a rovescio!

Accese una sigaretta eappoggiandosi con i gomiti alle ginocchiacominciò a parlare.

Nell'oscurità non riuscivo a vedere il suo visonon sentivo che la sua voce suggestiva e piacevole sull'acciottolio del treno.

 

 

 

4.

 

- Sissignoresoltanto dopo aver sofferto come ho soffertosoltanto grazie a questo ho capito dove sta la radice di tuttoho capito quello che deve esseree perciò ho visto tutto l'orrore di quello che è.

Sicché guardate pure: ecco come e quando è cominciato ciò che mi ha condotto al mio episodio. La cosa cominciò che non avevo ancora sedici anni. Accadde quando ero al ginnasioe il mio fratello maggiore era studente del primo anno. Non conoscevo ancora le donnemacome tutti gli sventurati fanciulli del nostro ambientenon ero più un ragazzo innocentegià da un anno ero stato corrotto dai ragazzi; la donnanon una qualunquema la donna come qualcosa di dolcela donnaogni donnala nudità della donna mi tormentava già. I miei isolamenti erano impuri. Mi tormentava come si tormentano i novantanove centesimi dei nostri ragazzi. Inorridivosoffrivopregavo e cadevo. Ero già corrotto nell'immaginazione e nella realtàma non avevo ancora fatto l'ultimo passo. Mi perdevo da soloma senza ancora mettere le mani su un altro essere umano. Ma ecco che un compagno di mio fratellostudente buontemponeun cosiddetto buon figliolocioè un grandissimo mascalzoneavendoci insegnato a bere e a giocare a cartedopo una bevuta ci indusse ad andare laggiù. Ci andammo.

Mio fratello pure era ancora innocente e cadde quella stessa notte. E ioragazzino sedicennemacchiai me stesso e contribuii a macchiare una donnasenza capire affatto quello che facevo.

Infattida nessuno dei più anziani avevo mai sentito dire che quello che facevo fosse male. Ma neppure adesso nessuno lo sentirebbe dire. E' vero che questo c'è in un comandamentoma si sa che i comandamenti servono soltanto per rispondere all'esame al "padre"e del resto non servono gran cheassai meno del comandamento intorno all'uso di "ut" nelle proposizioni concessive.

Sicché dalle persone più anziane di cui rispettavo le opinioni non avevo mai sentito che fosse male. Al contrarioavevo sentito da persone che rispettavo che era ben fatto... Avevo sentito che le mie lotte e sofferenze dopo questo si sarebbero calmatel'avevo sentito e lettoavevo sentito dalle persone più anziane che per la salute sarebbe stato un bene; dai miei compagni poi avevo sentito che in questo c'era un certo merito e ardimento. Sicché in genere non si vedeva nullain questoche non fosse buono. Il pericolo di malattia? Ma anche quellosi saè previsto. Se ne occupa premurosamente il governo. Esso sorveglia la regolare attività delle case di tolleranza e garantisce la depravazione per gli alunni delle scuole medie. E dei medici stipendiati sorvegliano la casa. Così dev'essere. Essi affermano che la depravazione può essere utile alla salutee creano loro stessi una depravazione regolaremetodica. Conosco delle madri che si prendono cura in questo senso della salute dei loro figli. E la scienza li manda nelle case di tolleranza.

- E perché mai la scienza?

- Ma chi sono i medici? I sacerdoti della scienza. Chi deprava gli adolescentiasserendo che questo è necessario per la salutesono loro. E poi con una grande aria d'importanza si cura la sifilide.

- Ma perché mai non si dovrebbe curare la sifilide?

- Perchése un centesimo di quegli sforzi che sono stati posti nella cura della sifilide fossero stati rivolti a sradicare la depravazionedella sifilide non ci sarebbe da un pezzo neanche il ricordo. Invece gli sforzi sono rivolti non a sradicare la depravazionema a incoraggiarlaa garantire l'incolumità della depravazione. Ehma non si tratta di questo. E' che a me e ai nove decimise non di piùnon solo della nostra classema di tutteperfino dei contadiniè accaduto il fatto tremendo di essere caduto non per aver soggiaciuto alla seduzione delle attrattive di una determinata donna. Nonessuna donna mi ha sedottoe sono caduto perché l'ambiente che mi circondava vedevain quello che era una cadutagli uni la più legittima e più sana delle funzionigli altri il passatempo più morale e non solo perdonabilema anche innocente per un giovanotto. Io non capivo che qui ci fosse una caduta; cominciai semplicemente ad abbandonarmi a quelli che in parte erano piaceriin parte esigenzepropria quanto mi si era fatto crederedi una certa età; cominciai ad abbandonarmi a quella depravazione come avevo cominciato a berea fumare. E pur tuttavia in quella prima caduta ci fu qualcosa di particolare e di commovente.

Ricordo che subitogià lìprima di uscire dalla camerami venne una tristezzauna tristezza tale da aver voglia di piangere.

Piangere sulla mia innocenza perdutasul mio atteggiamento verso la donna rovinato per sempre. Sissignorel'atteggiamento naturalesemplice verso la donna era rovinato per sempre; da allora non ebbiné potei avere piùun atteggiamento puro verso la donna. Ero diventato quello che si dice un fornicatore. Ed essere un fornicatore è una condizione fisica simile alla condizione del morfinomanedell'ubriaconedel fumatore inveterato. Come il morfinomanel'ubriaconeil fumatore inveterato non è più un uomo normalecosì l'uomo che ha conosciuto parecchie donne per il suo piacere non è più normalema un uomo fornicatore corrotto per sempre. Come un ubriacone e un morfinomane si può riconoscere subito dal voltocosì pure anche un fornicatore. Il fornicatore può moderarsilottare; ma un atteggiamento semplicechiaropuro verso la donnaun atteggiamento fraternonon l'avrà mai più. Dal modo come guardacome esamina una donna giovane si può subito riconoscere il fornicatore. E io diventai un fornicatore e tale rimasie questo appunto mi ha rovinato.

 

 

 

5.

 

- Sìproprio così. Poi andò avantiavantici furono relazioni d'ogni genere. Dio mio! quando ricordo tutte le mie turpitudini sotto questo aspettosono preso dall'orrore! Di meche i miei compagni deridevano per la mia cosiddetta innocenzaho di questi ricordi. E se poi sentissimo parlare della "jeunesse dorée"degli ufficialidei parigini! E tutti questi signorie anch'ioquandodepravati trentenni che avevamo sulla coscienza centinaia dei più diversi orrendi delitti riguardo alle donnequandodepravati trentenniben lavatirasatiprofumaticon la biancheria pulitain frac o in uniforme entravamo in un salotto o in un balloeravamo l'emblema della purezzauna delizia!

Pensate un po' a quello che dovrebbe essere e a quello che è.

Dovrebbe essere così: chequando in società a mia sorella o a mia figlia si accosta un signore di quel genereioconoscendo la sua vitadovrei avvicinarmi a luichiamarlo in disparte e dirgli piano: "Mio carolo so bene come hai vissutocome passi le tue notti e con chi. Qui non è posto per te. Qui ci sono delle fanciulle pureinnocenti. Vattene!". Così dovrebbe essere; e invece è così: chequando compare un signore di quel generee balla abbracciato con mia sorella o con mia figliaesultiamose è ricco e ha delle aderenze. C'è caso chedopo una Rigolbochedegni della sua attenzione anche mia figlia. Se pure sono rimaste tracce di indisposizionenon importa. Adesso si sa curare bene.

Come noso che alcune fanciulle dell'alta società sono state maritate con entusiasmo dai genitori a dei malati d'una certa malattia. Oh! oh... turpitudine ! Verrà bene il momento in cui si smaschererà questa turpitudine e questa menzogna!

E per parecchie volte egli emise quei suoi strani suonie si mise a bere il tè. Il tè era straordinariamente forte; non c'era acqua per diluirlo. Io sentivo che mi rendevano agitato soprattutto i due bicchieri che ne avevo bevuto. Si vede che anche su di lui agiva il tèperché diventava sempre più eccitato. La sua voce diventava sempre più cantante ed espressiva. Continuamente cambiava posizioneora si toglieva il berrettoora se lo mettevae il suo viso mutava straordinariamentenella penombra in cui eravamo.

- Ebbeneecco come vissi fino ai trent'annisenza abbandonare neppure per un momento l'intenzione di ammogliarmi e di organizzarmi la più elevatala più pura vita familiaree con questo scopo mi guardavo in giro per trovare la ragazza adatta a questo scopo- egli continuò. - Mi insudiciavo nel marciume della depravazione e nello stesso tempo mi guardavo in giro per trovare delle ragazze che per la loro purezza fossero degne di me. Molte le scartai proprio perché non erano abbastanza pure per me; finalmente ne trovai una che ritenni degna di me. Era una delle due figlie di un possidente della provincia di Penzache un tempo era stato molto riccoma si era rovinato.

Una seradopo che eravamo stati in barcae tornavamo a casa a notte al lume di lunae io ero seduto accanto a lei e ammiravo la sua figuretta slanciatafasciata da un jerseye i suoi riccioliconclusi a un tratto che era lei. Mi parvequella serache capisse tuttotutto ciò che io sentivo e pensavoe mi pareva di sentire e pensare le cose più elevate. In sostanzainveceera soltanto questo: che il jersey le stava particolarmente benecome pure i ricciolie che dopo una giornata trascorsa vicino a lei mi era venuta voglia d'una vicinanza anche maggiore.

E' stupefacente come sia piena l'illusione che la bellezza sia virtù. Una bella donna dice delle sciocchezzel'ascoltie non senti le sciocchezzema senti delle cose intelligenti. Dice e fa delle porcheriema tu vedi qualcosa di grazioso. Quando poi non dice né sciocchezzené porcheriema è bellasei subito sicuro che sia un prodigio d'intelligenza e di moralità.

Tornai a casa pieno d'entusiasmo e conclusi che lei era un miracolo di perfezione morale e che appunto per questo era degna di diventare mia mogliee il giorno dopo feci la mia proposta di matrimonio.

Che confusione è mai questa! Tra mille uomini che prendono moglienon solo di quelli che vivono come noima sventuratamente anche del popoloè difficile che ce ne sia almeno uno che non abbia preso moglie già una decina di volteo anche un centinaio e un migliaiocome Don Giovanniprima del matrimonio.

E' vero che adessoa quel che odo e osservoci sono dei giovani purii quali sentono e sanno che non si tratta d'uno scherzoma di una grave questione. Che Dio li aiuti! Ma al tempo mio di questi non ce n'era neppure uno su diecimila. E tutti lo sanno e fingono di non saperlo. In tutti i romanzi sono descritti fino ai minuti particolari i sentimenti dei protagonistigli stagni e gli arbusti vicino ai quali passano; madescrivendo il loro grande amore per qualche ragazzanon si scrive nulla di quanto è capitato prima a quel seducente protagonista; neppure una parola sulla sua frequentazione di quelle certe casesulle camerieresulle cuochesulle mogli altrui. Se poi dei romanzi così sconvenienti esistononon li mettono in mano soprattutto a coloro che più hanno bisogno di saperloalle fanciulle.

In principio si finge dinanzi alle fanciulle che quella dissolutezzache riempie metà della vita delle nostre città e perfino delle campagneche quella dissolutezza non esista affatto. Poi ci si abitua tanto a questa finzione che finalmente si comincia a credere con sinceritàcome gli inglesiche siamo tutti persone morali e viviamo in un mondo morale. Le ragazzeloropoverineci credono con piena serietà. Così ci credeva anche la mia sventurata moglie. Ricordo comedurante il fidanzamentole mostrai il mio diariodal quale poteva venire a sapere almeno qualcosa sul mio passatoe soprattutto intorno all'ultima relazione che avevo avutoe di cui poteva avere notizia da altri e di cui perciò sentivo la necessità di parlarle.

Ricordo il suo orrorela sua disperazione e il suo smarrimentoquando seppe e capì. Vedevo che allora voleva lasciarmi. E perché non mi lasciò!...

Emise quel suo suonobevve ancora un sorso di tè e tacque per un poco.

 

 

 

6.

 

- Nodel resto meglio cosìmeglio così! - egli gridò. - Me lo merito! Ma non si tratta di questo. Volevo dire che in questo caso non sono ingannate altro che quelle sventurate fanciulle.

Ma le madri lo sannoparticolarmente le madrieducate dai propri maritilo sanno benissimo. Efingendo di credere alla purezza degli uominiin realtà agiscono in tutt'altro modo. Sanno qual è l'amo a cui far abboccare gli uominiper sé e per le loro figlie.

Perché non siamo che noiuominia non saperee non sappiamo perché non vogliamo sapere; ma le donne sanno benissimo che l'amore più elevatopiù poeticocome lo chiamiamonon dipende dalle qualità moralima dalla vicinanza fisica e per di più dalla pettinaturadal colore e dal taglio del vestito. Dite a un'esperta civetta che si sia imposto il compito d'irretire un uomo se preferisce correre il rischio d'essere accusata fondatamente di menzognadi crudeltàperfino di dissolutezza in presenza di colui che sta seducendooppure di mostrarsi alla presenza di lui con un vestito mal fatto e brutto. Ciascuna preferirà sempre la prima cosa. La donna sa che quello che noi diciamo dei sentimenti elevati sono tutte bugieche non abbiamo bisogno che del corpoe perciò perdoniamo qualsiasi porcheriama un abito mancatosenza gustoinelegante non lo perdoneremmo.

La civetta lo sa coscientementeogni fanciulla innocente lo sa incoscientementecome lo sanno gli animali .

Ecco la ragione di questi jerseydi questi odiosi sgonfidi queste spalle e braccia nudedi questi petti seminudi. Le donnee particolarmente quelle che sono passate attraverso la scuola dell'uomosanno molto bene che i discorsi su argomenti elevati sono discorsie che l'uomo ha bisogno del corpo e di tutto ciò che lo mette in mostra nella luce più ingannatricema più attraente; e questo appunto è quel che si fa. Perché basta mettere da parte l'abitudine a questa indecenzache per noi è diventata una seconda naturae vedere la vita delle nostre classi superiori come ècon tutta la sua impudenzaper accorgersi che è una sola vasta casa di tolleranza... Non siete d'accordo? Permetteteve lo dimostro- feceinterrompendomi. - Voi dite che le donne del nostro ambiente hanno altri interessinella vitache non le donne delle case di tolleranzae io dico di noe ve lo dimostro.

Se le persone sono diverse quanto agli scopi della vitaquanto al contenuto interiore della vitaquesta diversità si rispecchia immancabilmente anche nell'apparenzae l'apparenza è diversa. Ma guardate quellele sventuratele disprezzatee le signore della più alta società: sono le medesime acconciaturele medesime modei medesimi profumiil medesimo denudamento delle bracciadelle spalledel petto e la medesima esposizione del SEDERE sotto la stoffa ben tesa; la medesima passione per le pietreper le cose scintillanti e preziosei medesimi divertimentiil ballo e la musicail canto. Come quellecosì pure queste adescano con tutti i mezzi. Non c'è nessuna differenza. Dando una definizione rigorosanon rimane se non da dire che quelle che fanno le prostitute per brevi periodi di solito sono disprezzatee quelle che fanno le prostitute per lunghi periodi di solito sono rispettate.

 

 

 

7.

 

- Sìe così questi jersey e riccioli e sgonfi mi accalappiarono.

E accalappiarmi era facileperché ero stato educato in quelle condizioni in cui si fanno maturare rapidamentecome cetrioli primaticcii giovanotti innamorati. Perché la nostra supernutrizione eccitanteunita a un pieno ozio fisiconon è nient'altro che un'infiammazione sistematica della concupiscenza.

Che ve ne stupiate o noè così. Del resto anch'iofino a questi ultimi tempinon vedevo niente di tutto ciò. L'ho visto adesso.

Per questo appuntosoffro che non lo sappia nessunoe che si dicano delle sciocchezze talicome le diceva quella signora là.

Sissignorequesta primavera vicino a casa mia dei contadini lavoravano al terrapieno della ferrovia. Il nutrimento consueto di un contadino giovane è panekvas(2)cipolla; costui è vivaceprontoallegro; compie il lieve lavoro dei campi. Trova posto alle ferroviee il suo vitto è una "kasha" (3) e una libbra di carne. Ma in compenso questa carne gli va via in un lavoro di sedici ore al giorno con una carriola del peso di trenta libbre. E sta appena bene. Ma noiche mangiamo due libbre di carne per unoe selvagginae pescee svariati cibi e bevande che riscaldanodove ci va a finire questa roba? In eccessi sensuali. E se va a finire làla valvola di sicurezza è apertae tutto procede bene; ma socchiudete la valvolacome l'avevo temporaneamente socchiusa ioe ne deriverà subito un'eccitazionechepassando attraverso il prisma della nostra vita artificiosasi esprimerà in un innamoramento della più bell'acquaa volte perfino platonico. E io m'innamorai come s'innamorano tutti. E c'era tutto: gli entusiasmila commozionela poesia. Ma in sostanza questo mio amore era il prodottoda un lato dell'attività della madre e dei sartidall'altro dell'eccesso del cibo da me ingurgitato in una vita oziosa. Se non ci fossero stateda un latole gite in barcase non ci fossero stati i sarti con i loro vitini e similima mia moglie fosse stata vestita d'una vestaglia mal fatta e fosse rimasta a casaedall'altro latose io fossi stato in condizioni normalicioè una persona che ingurgita la quantità di cibo necessaria per il suo lavoroe se fosse stata aperta la mia valvola di sicurezzamentrechi sa perchési era socchiusa in quel temponon mi sarei innamoratoe nulla di questo sarebbe accaduto.

 

 

 

8.

 

- Ebbenein questo caso le mie condizioni erano adatteil vestito era bellola gita in barca riuscita bene. Venti volte non era riuscitae in questo caso riuscì. Una specie di trappola. Non dico per ridere. Perché adesso i matrimoni sono fatti proprio come trappole. Infattiche cosa sarebbe naturale? Se una ragazza si è fatta adultabisogna darle marito. Sembra così semplicequando la ragazza non è un mostro e ci sono degli uomini che vogliono ammogliarsi. Così appunto si faceva al tempo antico. Quando una ragazza raggiungeva l'etài genitori disponevano le nozze. Così si faceva e si fa nell'umanità tutta; tra i cinesii pellirossei maomettanida noi tra il popolo; così si fa nel genere umanoo almeno nei suoi novantanove centesimi. Soltanto una centesima parteo ancor menodi noi dissoluti abbiamo ritenuto che non andasse benee abbiamo escogitato qualcosa di nuovo. Ma che cosa c'è mai di nuovo? C'è di nuovo che le fanciulle stanno lìe gli uominicome se fossero al mercatovengono e scelgono. E le fanciulle aspettano e pensanoma non osano dire: "Mepadre mio!

nome! Non leima me; guarda come ho le spalle e il resto". E noi uominipassiamoosserviamoe siamo contenti. "Lo so benenon mi ci faccio prendere". Passanosogguardanoe sono molto contenti che tutto sia preparato per loro a questo modo. Guarda un po'non ci hai fatto casoma basta un colpoe ci sei.

- E allora com'è? - dissi io: - deve forse essere la donna a fare la proposta di matrimonio?

- Ma non so proprio come; tuttaviase eguaglianza c'èeguaglianza sia. Se si è ritenuto che combinare i matrimoni fosse umiliantequesto poi lo è mille volte di più. Là i diritti e le probabilità sono ugualimentre qui la donna è una schiava al mercato o l'esca d'una trappolaquella dell'"andare in società".

Dite a una madre o alla ragazza stessa la veritàche essa non è ad altro intenta che nel dare la caccia a un marito. Dio mioche offesa! Eppure loro tutte non fanno altroe non hanno altro da fare. E quello che è tremendo è vedere occupate a volte in questo delle povere fanciulle ingenue ancora giovanissime. Eripetoalmeno la cosa fosse fatta apertamente; mentre invece non è che inganno. "Ohl'origine della speciecom'è interessante! OhLily s'interessa molto di pittura! E voi verrete all'esposizione? Com'è istruttiva! E i tiri a tree i teatrie la sinfonia? Ohche meraviglia. La mia Lily è pazza per la musica. E voi perché non dividete queste opinioni? E in barca?...". E il pensiero è uno solo: "Prendimiprendimiprendi la mia Lily! Nome! Sualmeno prova!...". Oh turpitudine! menzogna! - egli concluse edopo aver finito il suo ultimo resto di tècominciò a mettere via le tazze e le stoviglie.

 

 

 

9.

 

- Sìsapete- egli cominciòriponendo il tè e lo zucchero nella sacca- è per la dominazione delle donne che il mondo soffre; tutto deriva da quello.

- Come la dominazione delle donne? - dissi io. - I dirittila prevalenza dei dirittice l'hanno gli uomini.

- Sìsìè questoè proprio questo- egli feceinterrompendomi. - E' proprio questo che voglio dirviè questo appunto che spiega lo straordinario fenomeno per cui da un lato è verissimo che la donna è ridotta al grado di umiliazione più bassomentre dall'altro lato domina. Proprio come gli ebrei. Come essi con la loro potenza pecuniaria si vendicano della propria oppressionecosì fanno anche le donne. "Ahvoi volete che siamo solamente commercianti. Va benenoicome commerciantic'impadroniremo di voi"dicono gli ebrei. "Ahvoi volete che siamo solamente oggetto di sensualità. Va benenoicome oggetto di sensualitàvi ridurremo in schiavitù"dicono le donne. La mancanza di diritti della donna non consiste nel non poter votareo fare il giudice. Occuparsi di queste cose non costituisce nessun dirittobensì di essere eguale all'uomo dal punto di vista sessualedi avere il diritto di usare dell'uomo e astenersene a proprio piacimentodi scegliere a proprio piacimento l'uomo e non esserne scelta. Voi dite che è un'indecenza. Va bene. Allora che neanche l'uomo abbia questi diritti. Mentre adesso la donna è priva del diritto che ha l'uomo. Ed ecco cheper compensare questo diritto essa agisce sulla sensualità dell'uomoe attraverso la sensualità lo asservisce a tal punto che sceglie lui solamente per la formama in realtà è lei che sceglie. Euna volta impadronitasi di questo sentimentoessa certo ne abusa e acquista un potere eccezionale sulla gente.

- Ma dov'è questo particolare potere? - chiesi io.

- Dov'è questo potere? Ma dappertuttoin ogni cosa. Girate per i negozi in qualunque grande città. Lì ci sono dei milioni; è impossibile valutare le fatiche umane che vi sono state spese; ma guardate i nove decimi di quei negozic'è forse qualcosa per uso degli uomini? Tutto il lusso dell'esistenza è richiesto e tenuto su dalle donne.

Contate tutte le fabbriche. Una grandissima parte di esse fa ornamenti senza utilitàcarrozzemobiligiocattoli per le donne. Milioni di personegenerazioni di schiavi periscono nel lavoro da galera delle fabbriche solo per il capriccio delle donne. Le donnecome reginetengono prigionieri della schiavitù e del lavoro pesante i nove decimi del genere umano. E tutto perché le hanno umiliateprivandole dell'eguaglianza di diritti con gli uomini. Ed ecco che esse si vendicano agendo sulla nostra sensualitàcogliendoci nelle loro reti. Sìtutto per questo. Le donne si sono trasformate in un tale strumento di eccitazione della sensualità che l'uomo non può trattare con tranquillità la donna. Non appena l'uomo si avvicina alla donnacade subito sotto la sua azione tossica e diventa pazzo. Anche prima provavo sempre disagio e timore quando vedevo una signora agghindata in abito da ballo; ma adesso ho proprio pauraci vedo proprio qualcosa di pericoloso per la gente e d'illegalee avrei voglia di chiamare un poliziottodi chiedere aiuto contro quel pericolodi esigere che venga tolto viamesso da parte quell'oggetto pericoloso.

Ma voi ridete! - egli mi gridò: - invece non è affatto uno scherzo. Sono sicuro che verrà un tempoe forse molto prestoche gli uomini lo capiranno e si stupiranno che potesse esistere una società in cui fossero ammesse azioni così perturbatrici della quiete sociale come quegli ornamenti del proprio corpoaddirittura eccitatori della sensualitàche sono ammessi per le donne nella nostra società. Perché è lo stesso che distribuire trappole d'ogni genere sulle passeggiate e per i viottoli; anzipeggio! Come mai il gioco d'azzardo è proibitoe le donne in acconciature da prostitute e tali da eccitare la sensualità non sono proibite? Sono mille volte più pericolose!

 

 

 

10.

 

- Ebbenecosì appunto venni accalappiato. Ero quel che si dice innamorato. Non solo me la raffiguravo come un culmine di perfezionema raffiguravo anche me stessoin quel tempo del mio fidanzamentocome un culmine di perfezione. Infatti non c'è mascalzone chedopo aver cercato un po'non trovi dei mascalzoni che per qualche rispetto sono peggiori di luie che perciò non possa trovare una ragione d'inorgoglirsi e d'essere contento di sé. E così anch'io: non mi sposavo per i denaril'interesse non c'entravanon era come per la maggioranza dei miei conoscenti che si sposavano per i denari e per le aderenze: io ero riccolei era povera. Questo era uno. Un'altra cosa di cui ero orgoglioso era che gli altri si sposavano con l'intenzione di continuare a vivere nella medesima poligamia in cui vivevano prima del matrimonio; mentre io avevo la ferma intenzionedopo le nozzedi attenermi alla monogamiae a causa di ciò il mio orgoglio non aveva limiti.

Sìero un gran porcoe m'immaginavo di essere un angelo.

Il tempo che fui fidanzato non durò a lungo. Adesso non posso ricordare senza vergogna questo tempo del fidanzamento! Che orrore! Infatti si sottintende un amore spiritualee non sensuale. Ebbenese l'amore fosse spiritualeuna comunione spiritualequesta comunione spirituale dovrebbe esprimersi con parolediscorsicolloqui. Invece non ci fu niente di tutto questo. Quando rimanevamo soliparlaredi solitoera tremendamente difficile. Che lavoro di Sisifo era mai! Appena avevi escogitato che cosa diree lo dicevibisognava di nuovo tacere e immaginare qualcosa. Non c'era di che parlare. Tutto quello che si poteva dire sulla vita che ci attendevasulla nostra sistemazionesui nostri progetti era stato detto; e dopo?

Perché se fossimo stati bestieavremmo saputo benissimo che non avevamo da parlare; ma lìal contrarioparlare si dovevaed era inutilegiacché c'interessava qualcosa che non si risolve con i discorsi. Eper di piùancora quell'indecente uso dei confettidella volgare voracità di dolciumie tutti quegli infami preparativi del matrimonio: i discorsi sull'alloggiosulla camera da lettosui lettisulle vestagliesulle vesti da camerasulla biancheriasulle toilettes. Dovete capire chese ci si sposa secondo le regole del "Domostroj" come diceva quel vecchioi piuminiil corredoil letto sono tutti non altro che particolari che accompagnano il sacramento. Ma tra noiquando su dieci che contraggono matrimonio ce n'è forse uno che non solo crede al sacramentoma crede perfino che quello che sta facendo costituisce un certo obbligoquando su cento uomini ce n'è forse uno che non abbia già avuto moglie prima e uno su cinquanta che non si prepari anticipatamente a tradire la propria moglie a ogni occasione favorevolequando la maggioranza guarda all'andata in chiesa soltanto come a una speciale condizione per possedere una certa donna; pensatein questo casoche orribile significato assumono tutti questi particolari. Ne risulta che tutto sta in questo. Ne risulta una specie di vendita. A un depravato viene venduta una fanciulla innocentee questa vendita è accompagnata da determinate formalità.

 

 

 

11.

 

- Così si sposano tutticosì mi sposai anch'ioe iniziò la lodata luna di miele. Perchése non altroanche il nome quant'è vile! - egli sibilò con ira. - Una volta a Parigi giravo tutti gli spettacolied entrai a vederesecondo quanto diceva il cartellola donna barbuta e il cane marino. Risultò che non era nient'altro che un uomo scollato vestito da donna e un cane ficcato in una pelle di foca che nuotava in una vasca da bagno piena d'acqua.

Tutto ciò era molto interessante; mamentre uscivol'imbonitore mi accompagnò cortesemente erivolgendosi alla gente che stava all'entratadisseindicandomi: "Eccochiedete a questo signore se vale la pena di venire a vedere. Entrateentrateun franco a testa!". Io mi vergognavo di dire che non valeva la pena di andare a vederee su questo probabilmente contava l'imbonitore. Così càpita probabilmente anche a quelli che hanno sperimentato tutto l'orrore della luna di miele e non disingannano gli altri. Anch'io non disingannai nessunoma adesso non vedo perché non bisognerebbe dire la verità. Ritengo perfino che sia indispensabile dire la verità su questo argomento. Ci si sente a disagioci si vergognasi prova ribrezzo e pietàma soprattutto ci si annoiaci si annoia fino all'inverosimile! E' una specie di quello che provavo quando imparavo a fumarequando avevo dei conati di vomito e mi colava la salivama io la inghiottivo e facevo finta che mi piacesse molto. Il piacere del fumocome pure di questose verràverrà dopo: bisogna che lo sposo educhi questo vizio nella moglieper ritrarne piacere.

- Comevizio? - dissi io. - Ma voi parlate della più naturale proprietà umana.

- Naturale? - egli disse. - Naturale! Novi dirò al contrario che mi sono convinto che è una cosa non... naturale. Sìinteramente non... naturale. Chiedete ai ragazzichiedete a una fanciulla che non sia depravata. Mia sorella andò sposa molto giovane a un uomo che era due volte più vecchio di leie un depravato. Ricordo come ci meravigliammola notte del matrimonioquando leipallida e in lacrimegli scappò viaetremando in tutto il corpodiceva che non l'avrebbe fatto a nessun costoche non avrebbe neppure potuto raccontare quello che lui voleva da lei. Voi dite:

naturale! E' naturale mangiare. E mangiare è una cosa che fin da principio è lietafacilepiacevole e non è vergognosa; questa invece è abominevole e vergognosa e dolorosa. Noè innaturale! E una fanciulla che non sia corrottame ne sono convintola odia.

- Ma come- dissi io- come continuerebbe il genere umano?

- Sìpurché non vada perso il genere umano! - egli disse con astiosa ironiacome se si fosse aspettato quest'obiezioneche conosceva ed era in mala fede. - Predicare la continenza nella generazione in nome della possibilitàper i lords inglesidi continuare sempre a rimpinzarsi è permesso. Predicare la continenza nella generazione in nome d'una maggior piacevolezza di vita è permesso; ma basta accennare lontanamente alla continenza nella generazione in nome della morale: padri santiche grida!

purché il genere umano non s'interrompa per il fatto che una decina o due di persone vogliono smettere di essere dei porci. Del restoscusate. A me dà noia questa luceposso coprirla? - egli disseindicando la lanterna.

Io dissi che per me era lo stessoe allora luicon la fretta che metteva in tutto quel che facevasalì sul sedile e coprì la lanterna con la sua tendina di lana.

- Eppure- dissi io- se tutti lo ammettessero come leggeil genere umano s'interromperebbe.

Egli non rispose subito.

- Voi dite: come continuerà il genere umano? - egli fecesedendosi di nuovo di fronte a mecon le gambe molto aperte e appoggiandovisi chino con i gomiti. - E perché mai deve continuareil genere umano? - disse.

- Come perché? altrimenti noi non ci saremmo.

- E perché dobbiamo esserci?

- Come perché? Ma per vivere.

- E perché vivere? Se non esiste nessun scopose la vita ci è data per se stessaè inutile vivere. E se è cosìgli Schopenhauer e i Hartmanncome anche tutti i buddistihanno perfettamente ragione. E se poi nella vita c'è uno scopoè chiaro che la vita deve cessare quando sia raggiunto lo scopo. La conclusione è proprio questa- egli diceva con visibile agitazioneavendo evidentemente molto a cuore la sua idea. - La conclusione è proprio questa. Notate chese lo scopo dell'umanità è ciò che è detto nelle profezieche tutti gli uomini siano uniti insieme dall'amoreche le lance siano trasformate in falciecceteraal raggiungimento di questo scopo che cosa si frappone?

Si frappongono le passioni. Tra le passioni la più fortecattiva e ostinata è l'amore sessualecarnalee perciò se saranno distrutte le passionie anche l'ultimala più forte di essel'amore carnalela profezia si adempiràgli uomini si uniranno insiemelo scopo dell'umanità sarà raggiunto ed essa non avrà più ragione di vivere. Ma finché l'umanità vivele sta dinanzi un idealee non ès'intendel'ideale dei conigli o dei maialidi moltiplicarsi il più possibilené quello delle scimmie e dei pariginidi usufruire nel modo più raffinato dei piaceri della passione sessualema un ideale di beneche si raggiunge con la continenza e la purezza. Ad esso hanno sempre teso e tendono gli uomini. E guardate che cosa ne risulta. Ne risulta che l'amore carnale è la valvola di sicurezza. Se la generazione umana che vive adesso non ha raggiunto lo scoponon l'ha raggiunto solamente perché ha in sé delle passionie la più forte di esse è quella sessuale. Ma se c'è la passione sessualec'è anche una nuova generazionecioè anche la possibilità di raggiungere lo scopo nella generazione seguente. Se non lo raggiunge neanche questac è di nuovo quella seguentee così fino a che non sia raggiunto lo scoponon sia adempiuta la profezia e gli uomini non si uniscano insieme. Altrimentiinfattiche cosa ne verrebbe fuori? Ammettiamo che Dio abbia creato gli uomini per il raggiungimento di un determinato fine e li abbia creati o mortali senza la passione sessuale o eterni. Se fossero mortalima senza la passione sessualeche cosa ne risulterebbe? che vivrebberoe morirebbero senza avere raggiunto lo scopo; e per raggiungere lo scopo Dio dovrebbe creare dei nuovi uomini. Se invece fossero eternimettiamo (benché sia più difficile per le medesime persone che non per delle nuove generazioni correggere gli errori e avvicinarsi alla perfezione)mettiamo che lo raggiungessero dopo parecchie migliaia d'anni; ma allora a che servirebbero? Dove si dovrebbero mettere? Il meglio è proprio così come stanno le cose... Ma forse questa forma d'espressione non vi piace e siete un evoluzionista. Ma anche allora il risultato è eguale. La specie animale superiore è quella umana; per conservarsi nella lotta con gli altri animaliessa deve stringersi insieme come uno sciame d'apie non moltiplicarsi all'infinito; come le apideve educare degli asessuaticioè tendere di nuovo alla continenzae non certo all'eccitazione della concupiscenzaa cui è rivolta tutta la struttura della nostra esistenza -. Egli per un po' tacque. - Il genere umano s'interromperà. Ma possibile che qualcunocomunque veda il mondopossa dubitarne? Perché è altrettanto indubitabile come la morte. Perché secondo tutte le dottrine religiose verrà la fine del mondo e secondo tutte le dottrine scientifiche è inevitabile la stessa cosa. Che c'è di stranoallorache secondo la dottrina morale si giunga al medesimo risultato?

Dopo di che egli tacque a lungofinì di fumare la sigaretta etrattene delle altre dalla saccale mise nel suo vecchio portasigarette macchiato.

- Capisco il vostro pensiero- dissi io: - gli "skakers" (4) affermano qualcosa di simile.

- Sìsìe hanno ragione- egli disse. - La passione sessualecomunque sia presentataè un maleun male tremendo col quale bisogna lottareinvece d'incoraggiarlo come si fa da noi. Le parole del Vangelosecondo cui chi guarda una donna con concupiscenza ha già commesso adulterio con leinon si riferiscono solamente alle mogli altruima precisamente soprattutto alla propria moglie.

 

 

 

12.

 

- Invece nel nostro ambiente è proprio il contrario: se un uomo pensava ancora alla continenza mentre era scapolosposandosi chiunque ritiene che adesso la continenza non sia più necessaria.

Infattiqueste partenze dopo il matrimonioi luoghi solitari dovecol permesso dei genitorisi recano i giovani sposi non sono altro che un permesso dato alla depravazione. Ma la legge morale si vendica da séquando la violi. Per quanto cercassi di farmi una luna di mielenon riuscivo a nulla. Provavo di continuo disgustovergogna e noia. Ma ben presto l'umore divenne anche tormentosamente penoso. La cosa cominciò ben presto. Dopo due o tre giornimi parela trovai malinconicacominciai a chiederle come maicominciai ad abbracciarlache era tutto quello chesecondo mepoteva desideraree lei allontanò la mia mano e si mise a piangere. Perché piangessenon sapeva dirmelo; ma era tristeaccorata. Probabilmente i suoi nervi spossati le avevano suggerito la verità sulla disgustosità dei nostri rapportima non sapeva dirla. Cominciai a interrogarlalei disse qualcosaaccennando che si sentiva triste senza la madre. Mi parve che non fosse vero. Cominciai a dirle delle parole d'incoraggiamentosenza parlare della madre. Non capivo che era semplicemente accoratae la madre non era che un pretesto. Ma lei si offese subito che avessi taciuto della madrecome se non le avessi creduto. Mi disse che vedeva che non l'amavo. Io l'accusai d'essere capricciosae a un tratto il viso le si mutò interamenteinvece della tristezza vi si espresse l'irritazionee con le parole più velenose cominciò a rimproverarmi di egoismo e di crudeltà. Io la guardai. Il suo viso esprimeva la freddezza e ostilità più pienaquasi un odio per me. Ricordo come fui preso da spavento vedendolo. Come? che cos'è? pensavo. L'amore è un'unione delle animee invece ecco che cos'è! Ma è possibile? ma non è lei! Provai a placarlama cozzai contro una muraglia così insormontabile di freddavelenosa ostilità che in un batter d'occhio l'irritazione prese anche mee ci dicemmo vicendevolmente un mucchio di cose spiacevoli. L'impressione di quel primo litigio era tremenda. Io lo chiamavo litigioma litigio non erabensì soltanto lo svelarsi dell'abisso che c'era in realtà tra noi. L'innamoramento s'era esaurito con la soddisfazione della sensualitàed eravamo rimasti l'uno di fronte all'altro in quelli che erano i nostri autentici rapporti reciprocicioè come due egoisti interamente estranei l'uno all'altro e desiderosi di ottenere l'uno per mezzo dell'altro il maggior piacere possibile. Io chiamavo litigio quello che era avvenuto tra noi ma litigio non erabensì solamente la conseguenza della cessazione dello stato di sensualitàche rivelava i nostri autentici rapporti reciproci. Non capivo che questi rapporti freddi e ostili erano i nostri rapporti normalinon lo capivo perché i nostri rapporti ostili nei primi tempi ci vennero ancora una volta nascosti da una distillata sensualità nuovamente sollevatasi in noicioè dall'innamoramento.

E io pensavo che avessimo litigato e fatto pace e che questo non sarebbe più accadutoma in quella stessa luna di miele venne di nuovo assai presto un periodo di sazietàdi nuovo cessammo di essere necessari l'uno all'altro e avvenne di nuovo un litigio.

Questo litigio mi colpì ancora più dolorosamente del primo. Sicché il primo non è stato un casoma così doveva esseree così saràpensavo io. Il secondo litigio mi colpì tanto maggiormentein quanto sorse col pretesto più assurdo. Qualcosa che si riferiva ai denariche io non ho mai lesinato e che certo per mia moglie non avrei mai potuto lesinare. Ricordo solamente che lei girò la cosa in modo che una mia osservazione venne a essere l'espressione del mio desiderio di dominarla per mezzo dei denarisui quali avrei affermato il mio diritto esclusivo: qualcosa di impossibiledi scioccodi viledi non naturale né per mené per lei. Io m'irritaicominciai a rimproverarla di poca discrezionelei rimproverò mee si tornò da capo. E nelle parole e nell'espressione del suo viso e negli occhi le vidi di nuovo quella crudelefredda ostilità che prima m'aveva tanto colpito.

Ricordo che con mio fratellocon i miei amicicon mio padre avevo litigatoma tra noi non c'era mai stato quel particolare velenoso risentimento che c'era qui. Ma passò qualche tempoe di nuovo quest'odio reciproco fu nascosto dall'innamoramentocioè dalla sensualitàe io mi consolai col pensiero che questi due litigi erano stati errori che si potevano riparare. Ma ecco che venne il terzoil quarto litigioe io capii che non era un caso e che così doveva esseree così sarebbe statoe inorridii di ciò che mi attendeva. Inoltre mi tormentava ancora l'orribile pensiero che ero io solo ad andare così poco d'accordo con mia moglietanto diversamente da quel che mi aspettavomentre negli altri matrimoni questo non accadeva. A quel tempo non sapevo ancora che è un destino comunema che tutti pensano come me che sia una loro sventura esclusivanascondono questa loro esclusiva vergognosa sventura non solo agli altrima anche a se stessinon lo confessano neppure a se stessi.

Cominciò dai primi giorni e continuò per tutto il tempoe con forza e inasprimento sempre maggiori. Nel profondo dell'animo sentii fin dalle prime settimane che ero rovinatoche il risultato era molto diverso da quello che m'aspettavoche il matrimonio non solo non era la felicitàma addirittura qualcosa di molto penosomacome tuttinon volevo confessarmelo (non me lo confesserei neppure adessonon ci fosse stata quella fine) e lo nascondevo non solo agli altrima pure a me stesso. Ora mi stupisco come non vedessi la mia vera situazione. Sarebbe stato possibile vederla non foss'altro che per il fatto che le liti cominciavano da pretesti taliche poiquando finivanoera impossibile ricordarsi come mai erano sorte.

La ragione non faceva in tempo a escogitare pretesti sufficienti per l'ostilità reciproca che c'era sempre. Ma ancora più stupefacente era l'insufficienza dei pretesti di riconciliazione.

A volte c'erano parolespiegazioniperfino lacrimema a volte - ohfa ribrezzo ricordarlo anche adesso dopo le più crudeli parole reciproche erano silenziosi sguardisorrisibaciamplessi...

Ahche orrore! Come potevo non vederealloratutto ciò che c'era di ripugnante in questo...

 

 

 

13.

 

Entrarono due viaggiatori e cominciarono a disporsi su un sedile lontano. Egli tacque mentre essi si sistemavano. Manon appena si furono chetaticontinuòsenza aver perduto neppure per un momentocome era evidenteil filo del proprio pensiero.

- Ecco soprattutto quel che è sudicio- egli cominciò: - si presuppone in teoria che l'amore sia qualcosa d'idealedi elevatoeppure in pratica l'amore è qualcosa di schifosodi maialescoche fa schifo e vergogna a parlarne e a ricordarlo. Non per nulla infatti la natura ha fatto sì che se ne provasse schifo e vergogna. E se si prova schifo e vergognavuol dire che le cose stanno così. Mentre la gente fa fintaal contrarioche ciò che è schifoso e vergognoso sia bellissimo ed elevato.

Quali furono i primi sintomi del mio amore? Il fatto che mi abbandonavo a eccessi animaleschinon solo senza vergognarmenemachi sa perchégloriandomi di poter compiere questi eccessi fisici. Senza pensare affattointantonon solo alla sua vita spiritualema addirittura alla sua vita fisicami chiedevo con meraviglia da dove venisse il nostro reciproco astio; mentre la cosa era chiarissima. Questo astio non era nient'altro che la protesta della natura umana contro l'animalesco che la soffocava.

Mi meravigliavo del nostro odio reciproco. Eppure non poteva essere diversamente. Quest'odio non era altro che l'odio reciproco dei complici di un delitto per l'istigazione e la partecipazione al delitto. E come non chiamarlo delittoquando leipoverinaingravidò fin dal primo mesee la nostra maialesca relazione continuò! Pensate che mi allontani dal racconto? Per nulla. Non faccio che raccontarvi come ho ucciso mia moglie. Al processo mi chiedono con che e come ho ucciso mia moglie. Imbecilli! pensano che io l'abbia uccisa alloracon un coltelloil 5 ottobre. Non l'ho uccisa allorama molto prima. Allo stesso modo come adesso tutti loro uccidonotuttitutti...

- Ma con che cosa mai? - chiesi io.

- Questoappuntoè stupefacente: che nessuno si voglia accorgere di ciò che è così chiaro ed evidentedi ciò che dovrebbero sapere e predicare i medicima di cui tacciono.

La cosainfattiè straordinariamente semplice. L'uomo e la donna sono fatti come gli animalisicché dopo l'amore carnale comincia la gravidanzapoi l'allattamentostati in cuisia per la donna che per la sua creatural'amore carnale è nocivo. Le donne e gli uomini sono in numero eguale. Che cosa se ne desume? sembra che sia chiaro. E non ci vuole una grande saggezza per trarne la conseguenza che ne traggono gli animalicioè la continenza. Ma no. La scienza è giunta al punto da scoprire non so che leucociti che corrono nel sangue e delicate sciocchezze d'ogni sortama questo non l'ha potuto capire. Almeno non c'è caso di poter sentire che l'abbia detto.

Ed ecco che per le donne non ci sono che due vie d'uscita: unarendersi un mostrodistruggere o andar distruggendo in sé secondo il bisogno la capacità d'essere donnae cioè madreperché l'uomo possa tranquillamente e sempre godere di lei; o l'altra viache non è neppure una via d'uscitama una semplicevolgareautentica violazione delle leggi della naturache viene compiuta in tutte le cosiddette famiglie per benevale a dire che la donnain contrasto con la sua naturadebba a un tempo essere incintadare il latte e fare da amantedebba essere come nessun animale si riduce. Neppure le forze possono bastarle. Ed è perciò che nel nostro ambiente ci sono gli isterismi e i nervie nel popolo le invasate. Notate che tra le ragazzequelle onestel'invasamento non c'èma soltanto tra le donnee tra le donne che stanno con i loro mariti. Così è da noi. Anche in Europa è proprio lo stesso.

Tutti gli ospedali sono pieni di donne istericheche violano la legge naturale. Ma le invasate e le pazienti di Charcot sono quelle del tutto infermee di donne infermicce è pieno il mondo.

Eppure basterebbe pensare quanto è grande l'opera che si compie nella donnaquando ha concepito o quando allatta il bambino che è nato. Cresce ciò che ci continuaci sostituisce. E appunto quest'opera è turbatae da che cosa mai? Fa paura pensarci! E si parla della libertàdei diritti della donna. E' come se i cannibali ingrassassero dei prigionieri per mangiarlie nello stesso tempo assicurassero che si preoccupano dei loro diritti e della loro libertà.

Tutto questo era nuovoe mi colpì.

- E allora come si fa? Se è così- dissi io- ne deriva che si può amare la propria moglie una volta ogni due annie l'uomo...

- Per l'uomo è indispensabile- soggiunse lui. - Sono di nuovo i cari sacerdoti della scienza che hanno persuaso tutti. A loroa questi magifarei esercitare l'ufficio di quelle donneche secondo la loro opinione sono indispensabili agli uomini; che cosa direbbero allora? Fate credere a un uomo che gli sono indispensabili l'acquaviteil tabaccol'oppioe tutto ciò gli sarà indispensabile. Ne risulta che Dio non sapeva quello che poteva serviree perciònon avendone chiesto ai magiha fatto male le cose. Come vedeteil problema non torna. Per l'uomo è necessarioindispensabilesecondo quanto hanno stabilito lorosoddisfare la propria lussuriae qui ci si sono messi di mezzo la procreazione e l'allattamento dei figliche ostacolano la soddisfazione di quest'esigenza. E che fare allora? Rivolgetevi ai magiloro accomoderanno le cose. E infatti hanno trovato. Oh!

quand'è che saranno smascherati questi magi con i loro inganni? E' ora! Ecco fino a che punto si è arrivati! la gente impazzisce e si sparae tutto per questo. E del restocome potrebbe essere altrimenti ? Le bestie è come se sapessero che la loro discendenza continua la razzae sotto questo aspetto si attengono a una determinata legge. Soltanto l'uomo non lo sa e non lo vuol sapere.

Ed è preoccupato solo del modo di avere il maggior piacere possibile. E di chi si tratta mai? Del re della naturadell'uomo!

Perchése osservatele bestie si uniscono solo quando possono produrre una discendenzamentre il sudicio re della natura lo fa semprepurché ne ricavi piacere. Econtento di questoeleva questa scimmiesca occupazione a perla della creazionead amore...

E in nome di quest'amorecioè d'una porcheriarovina - che cosa mai? - metà del genere umano. Tutte le donneche dovrebbero essere delle collaboratrici nel moto dell'umanità verso la verità e il beneegliin nome del proprio piacerele rende non delle collaboratricima delle nemiche.

Osservateche cos'è che inceppa dappertutto il progresso dell'umanità? Le donne. E come mai sono così? Ma soltanto per questo. Sissignoresissignore- egli ripeté parecchie voltee cominciò a dimenarsia tirar fuori le sigarette e a fumaredesiderando evidentemente di calmarsi un poco.

 

 

 

14.

 

- E così vivevo da maiale- egli proseguìdi nuovo col tono di prima. - Ma la cosa peggiore di tutte era chevivendo di questa vita obbrobriosam'immaginavosiccome non ero sedotto dalle altre donnedi vivere per conseguenza un'onesta vita familiared'essere una persona morale e di non avere colpa di nullae se tra noi avvenivano dei litigine era colpevole leicol suo carattere.

Ma la colpevoles'intendenon era lei. Lei era come tuttecome la maggioranza. Era stata educata come vuole la situazione della donna nella nostra societàe perciò come sono educate tuttesenza eccezionele donne delle classi abbienti e come non possono non essere educate. Si discorre di una nuova istruzione femminile.

Sono tutte parole: l'istruzione della donna dev'essere proprio cosìcol modo privo d'infingimenti e davvero generale che attualmente si ha di considerare la donna.

E l'istruzione della donna corrisponderà sempre al modo che ha l'uomo di considerarla. Infatti noi tutti sappiamo come gli uomini guardano alla donna. "WeinWeiber und Gesang" ["Vinodonne e canto"]già lo dicono i poeti nei loro versi. Prendete tutta la poesiatutta la pitturala sculturaa cominciare dalle poesie d'amore e dalle Veneri e dalle Frininudevedrete che la donna è uno strumento di godimentotanto alla Truba e alla Gracevka come al ballo più raffinato. E notate l'astuzia del diavolo: allorase è godimentose è piaceretanto varrebbe saperlo che è un piacereche la donna è una leccornia. Nodapprima i cavalieri asseriscono di divinizzare la donna (la divinizzanoeppure guardano a lei come a uno strumento di godimento). Adesso invece asseriscono di rispettare la donna. Gli uni le cedono il postole tirano su i fazzoletti; gli altri le riconoscono il diritto di ricoprire tutti gli ufficidi partecipare all'amministrazioneeccetera. Tutto questo si fama il modo di considerarla è sempre eguale. Essa è uno strumento di godimento. Il suo corpo è un mezzo di godimento. E lei lo sa. E' come la schiavitù. La schiavitùinfattinon è che lo sfruttamento da parte di certuni del lavoro forzato di molti. E perché la schiavitù non ci sia bisogna che la gente non voglia sfruttare il lavoro forzato degli altrilo consideri un peccato o una vergogna. Ma invece ci si mette ad abolire la forma esteriore della schiavitùsi fa in modo che non si possa più stipulare contratti d'acquisto di schiavie s'immagina e ci si vuole convincere che la schiavitù non esista piùe non si vede e non si vuole vedere che la schiavitù continua a esserciperché la gente continua proprio nello stesso modo ad amare e ritenere opportuno e giusto lo sfruttare il lavoro degli altri. E dato che lo ritengono opportunosi troveranno sempre delle persone più forti o più astute delle altreche lo sapranno fare. Con l'emancipazione della donna è lo stesso. Infatti la schiavitù della donna consiste soltanto nel fatto che la gente desidera e ritiene molto opportuno servirsene come di uno strumento di godimento. E cosìecco che si dà la libertà alla donnale si concedono ogni sorta di diritti eguali a quelli dell'uomoma si continua a guardare a lei come a uno strumento di godimento e così la si educanell'infanzia e ad opera della pubblica opinione. Ed ecco che essa è sempre la stessa schiava umiliata e corrottamentre l'uomo è sempre lo stesso corrotto possessore di schiave.

Si viene liberando la donna nelle scuole superiori nei tribunalie si guarda a lei come a un oggetto di godimento. Insegnatele a guardare a se stessa nel modo che le è stato insegnato da noie rimarrà sempre un essere inferiore. Ocon l'aiuto di medici mascalzoni preverrà il concepimentocioè diventerà in tutto una prostitutadiscesa non fino al grado di bestiama fino al grado di cosa; oppure diventerà quello che è nella maggior parte dei casiammalata di malattia mentaleistericainfelicecome appunto esse sonosenza possibilità di sviluppo spirituale. I ginnasi e le scuole superiori non possono mutare la cosa. Può mutarla soltanto un mutamento nel modo che hanno gli uomini di considerare le donne e le donne di considerare se stesse. Questo si muterà soltanto quando la donna considererà come lo stato più elevato lo stato di verginee noncome orala condizione umana più elevata come una vergogna e un'infamia. Ma finché questo non esistel'ideale di ogni fanciullaqualunque sia la sua istruzionesarà pur sempre quello di attrarre a sé il maggior numero possibile di uominiil maggior numero possibile di maschiper avere possibilità di scelta.

E che una sappia un po' di matematicamentre un'altra sa suonare l'arpanon servirà a cambiare nulla. La donna è felicee raggiunge tutto ciò che può desiderarequando riesce ad affascinare un uomo. E perciò il problema principale della donna è di saperlo affascinare. Così è sempre stato e sarà. Così è per le ragazzenel nostro ambientee così continua a essere per le donne sposate. Alle ragazze serve per avere la sceltaalle donne sposate per dominare il marito.

L'unica cosa che fa cessare questoo almeno lo soffoca per un certo temposono i figlie a condizione che la donna non sia un mostrocioè che allatti da sé. Ma qui vengono di nuovo i medici.

A mia moglieche volle allattare e allattò da sé i cinque figli che vennero dopocon la nascita del primo bambino capitò di avere un'indisposizione. Quei mediciche cinicamente la spogliavano e la palpavano dappertuttoper la qual cosa dovevo ringraziarli e pagare loro del denaroquei cari medici ritennero che non dovesse allattaree per i primi tempi lei fu privata dell'unico mezzo che poteva liberarla dalla civetteria. Allattò una baliacioè approfittammo della povertàdel bisogno e dell'ignoranza di una donnal'allontanammo dal suo bambino in favore del nostroe in compenso le mettemmo un diadema con dei galloni. Ma non si tratta di questo. Si tratta di quest'altro: cheproprio in quel periodo in cui era libera dalla gravidanza e dall'allattamentosi manifestò in lei con particolare forza quella civetteria femminile che prima si era assopita. E in corrispondenza a questo si manifestarono in mecon forza altrettanto particolarei tormenti della gelosiache mi dilaniarono ininterrottamente per tutto il tempo della mia vita coniugalecome non possono non dilaniare tutti i mariti che vivono con le loro mogli come ci vivevo iocioè in modo immorale.

 

 

 

15.

 

- Per tutto il tempo della mia vita coniugale non smisi mai di provare i tormenti della gelosia. Ma ci furono dei periodi in cui ne soffrii con particolare asprezza. E uno di tali periodi fu quello in cuidopo la nascita del primo bambinoi medici le proibirono di allattare. Ero particolarmente geloso in quel tempoin primo luogo perché mia moglie provava l'inquietudine caratteristica della madreche una gratuita derogazione al corso normale della vita deve suscitare; in secondo luogo perchévedendo come aveva rinunciato facilmente al suo obbligo morale di madreavevo concluso giustamenteseppure senza rendermene contoche avrebbe rinunciato altrettanto facilmente a quello di sposatanto più che stava benissimo enonostante la proibizione di quei cari mediciallattò i figli che vennero dopo e li allevò benissimo.

- Ma voi non li amatei medici- dissi ioavendo osservato un'espressione particolarmente cattiva nella sua voce ogni volta che appena li nominava.

- Qui non si tratta di amore o di disamore. Essi hanno rovinato la mia vitacome hanno rovinato e rovinano la vita a migliaiaa centinaia di migliaia di personee io non posso non collegare le conseguenze con la causa. Capisco checome anche gli avvocati e gli altrihanno voglia di far soldie cederei loro volentieri metà del mio redditoe ciascunose capisse quello che fannocederebbe loro volentieri metà dei propri benipurché non s'immischiassero nella nostra vita familiare e non si avvicinassero mai molto a noi. Certonon sono stato a raccogliere notizie in meritoma conosco decine di casi - e sono una quantità - in cui essi hanno ucciso ora il bambino nel grembo della madreassicurando che la madre non poteva partorirementre la madre poi partoriva benissimo; ora le madri col pretesto di non so che operazioni. Nessuno sta a contare queste uccisionicome non si stavano a contare le uccisioni dell'Inquisizioneperché si presupponeva che avvenissero per il bene dell'umanità. Non si possono enumerare i delitti da loro commessi. Ma tutti questi delitti non sono nulla in confronto con la depravazione morale materialistica che introducono nel mondoin particolar modo attraverso le donne. E non parlo di quest'altro fatto: chea seguire le loro indicazioniper via dei contagi che ci sono dappertutto e in ogni cosala gente dovrebbe andare non verso l'unionema verso la disunione. Tuttisecondo lorodovrebbero stare separati e tenere sempre in bocca una siringa piena di acido fenico (del restohanno scoperto che anche quello non va bene).

Ma pure questo non è niente. Il veleno principale sta nella corruzione della gentedelle donne in particolare.

Oggi non si può più dire: "Tu vivi malamentecerca di vivere meglio"non si può dirlo né a séné a un altro. E se vivi malamentene è causa l'anormalità delle funzioni nervosee simili. E bisogna andare da loroche vi ordinino per 35 copeche di medicine da prendere in farmaciae prenderle! Diventerete ancora peggioe allora ancora medicine e ancora medici. Una bellissima storia!

Ma non si tratta di questo. Io non dicevo se non che lei poteva allattare benissimo i figli e che questa gravidanza e questo allattamento dei figli erano l'unica cosa che mi liberasse dai tormenti della gelosia. Non fosse stato questosarebbe successo tutto prima. I figli salvavano me e lei. In otto anni le erano nati cinque figli. E tuttitranne il primoli allattò lei.

- E dove sono adessoi vostri figli? - chiesi io.

- I miei figli? - domandò a sua volta luispaventato.

- Scusatemiforse è un ricordo penoso per voi.

- Nonon fa niente. I miei figli li hanno presi mia cognata e suo fratello. A me non li hanno dati. Io ho ceduto loro il mio patrimonioma non me li hanno dati. Perché io sono una specie di pazzo. Torno adesso da una visita che ho fatto loro. Li ho vistima non me li daranno. Altrimenti li educherei in modo che non fossero come i loro genitori. Invece bisogna che siano precisi a loro. Ebbeneche fare? Si capisce che non me li daranno e non me li affideranno. Ma non so se sarei capace di educarli. Credo di no. Sono un rudereun infermo. Una sola cosa c'è in me. Lo so.

Sìè la fede che ho di sapere quello che tutti non riusciranno a sapere tanto presto.

Sìi miei figli sono vivi e crescono da selvaggicome tutti gli altri intorno a loro. Li ho vistili ho visti tre volte. Non posso far nulla per loro. Nulla. Adesso vado a casa mianel mezzogiorno. Là ho una casetta e un piccolo giardino.

Sìnon tanto presto gli uomini verranno a sapere quello che so io. Se ci sia molto ferro e che metalli ci siano nel sole e nelle stellesi può sapere con facilità; ma quello che viene a scoprire la nostra porcaggine è difficiletremendamente difficile!

Voi almeno ascoltate; anche di questo vi sono grato.

 

 

 

16.

 

- Eccovoi avete rammentato i figli. Di nuovoche grosse bugie si dicono sui figli! I figli sono una benedizione di Dioi figli sono una gioia. Ma è tutta menzogna. Tutto questo è esistito un tempoma ora non c'è niente di simile. I figli sono un tormento e nient'altro. La maggior parte delle madri sentono proprio cosìe a volte lo dicono proprio cosìinvolontariamente. Interrogate la maggior parte delle madri del nostro ambiente di persone agiate:

vi diranno cheper la paura che i loro figli possano ammalarsi e morireesse non vogliono avere figlinon vogliono allattare se già hanno partoritoper non affezionarsi e non soffrire. Il godimento che procura loro un bambino col fascino suodi quelle maninedei piedinidi tutto il corpicinoil piacere arrecato da un bambino è minore della sofferenza che esse provanoa non voler parlare d'una malattia o della perdita del bambinoper la sola paura d'una possibilità di malattia e di morte. Dopo aver pesato i vantaggi e gli svantaggiil risultato è che non convienee perciò non è desiderabileavere figli. Esse lo dicono con franchezza e coraggioimmaginando che in loro questi sentimenti provengano dall'amore per i bambini; sentimento buono e lodevoledi cui sono orgogliose. Non si accorgono che con questo ragionamento negano addirittura l'amoree affermano soltanto il proprio egoismo. Per loro è minore il piacere dato dal fascino d'un bambino che non le sofferenze suscitate dalla paura che avrebbero per luie perciò non vogliono quel bambino che avrebbero amato. Esse non sacrificano se stesse per un essere amatoma il futuro essere amato a se stesse. E' chiaro che questo non è amorema egoismo. Eppureil braccio non si leva a giudicarle per questo egoismole madri di famiglie agiatequando ci si ricorda di tutto quello che debbono passare per le indisposizioni dei figlidi nuovo grazie agli stessi medicinella nostra vita signorile. Basta che io mi ricordiperfino adessola vita e lo stato d'animo di mia moglie nei primi tempiquando avevamo tre o quattro figli e lei era tutta assorbita da loroche mi prende lo spavento! Una nostra vita non esisteva affatto. Era una specie di eterno pericoloil mettersi in salvo da essoil pericolo che incombeva di nuovodi nuovo gli sforzi disperati e di nuovo la salvezzacioè continuamente la situazione che c'è su una nave che sta naufragando. A volte mi sembra che questo fosse fatto appostache lei si fingesse inquieta per i figli allo scopo di vincermi. Tanto era attraente e semplice il modo con cui questo risolveva tutte le questioni in suo favore. Mi sembravaa volteche tutto ciò che faceva e diceva in quei casi fosse fatto e detto apposta. E invece nolei si tormentava sempre tremendamente ed era piena d'incertezza per i figliper la loro salute e le loro malattie. Era una tortura per lei e anche per me.

E lei non poteva non tormentarsi. Infattil'inclinazione per i figlil'esigenza animale di allattarlicullarlidifenderlic'eracome c'è nella maggioranza delle donne. Ma non c'era quello che c'è negli animalil'assenza d'immaginazione e di raziocinio.

La gallina non ha paura di quel che può capitare al suo pulcinonon conosce tutte le malattie che possono colpirlo; non conosce tutti i rimedi con i quali gli uomini s'immaginano di poter salvare dalle malattie e dalla morte. E i figli per essaper la gallinanon sono un tormento. Essa fa per i suoi pulcini quello che le viene naturalmente e gioiosamente fatto; i figli sono una gioia per essa. Quando un pulcino comincia ad ammalarsile preoccupazioni che essa nutre non sono molto definite: lo scaldagli dà da mangiare. Efacendo questosa di fare tutto quel che deve fare. Se il pulcino muoreessa non si chiede come mai è mortodove se n'è andatosta lì a chiocciare per un po'poi smettee seguita a vivere come prima. Ma per le nostre povere donne e per mia moglie era diverso. A non voler parlare delle malattiedel modo di curarlesul modo di educaredi far crescere i bambini sentiva e leggeva da ogni parte delle regole infinitamente varie e sempre mutevoli. Sul dar loro da mangiare cosìquesto; nonon cosìnon questoma in quest'altro modosul vestirlisulle cose da dar loro da beresul fare il bagnosul metterli a lettosul portarli a spassosull'ariasu tutto questo noie principalmente leiimparavamo ogni settimana delle regole nuove. Come se avessero cominciato a partorire bambini dal giorno prima. E se non gli aveva dato da mangiare cosìnon gli aveva fatto il bagno cosìal momento giustoe il bambino si ammalavala conclusione era che i colpevoli eravamo noinon avendo fatto ciò che bisognava fare.

Questo finché c'era la salute. E lo stesso era un tormento. Ma se poi uno si ammalavaera finita. Era un vero inferno. Si presuppone che le malattie si possano curare e che ci siano una scienza apposita e delle persone apposite - i medici - e che loro sappiano fare. Non tuttima che i migliori sappiano fare. Ed ecco che un bambino è malatoe bisogna mettere la mano su quello làche è il meglio di tuttiquello che può salvarloe allora il bambino è salvo; ma se non ti assicuri questo medico o abiti in un altro luogoil bambino è perduto. E questo non lo crede esclusivamente leima lo credono tutte le donne del suo ambientee da tutte le parti lei non sente dire altro. A Ekaterina Semjònovna ne sono morti dueperché non si è chiamato in tempo Ivan Zacharyc' e a Marja Ivanovna Ivan Zacharyc' ha salvato la maggiore delle bambine; e invece dai Petrov per consiglio del medico se ne sono andati in tempo in albergo e sono rimasti in vitamentre a quelli che non se ne sono andatii figli sono morti. E quell'altra aveva un bambino debolesono andati a stare nel mezzogiorno per consiglio del medico e hanno salvato il bambino. E allora come non tormentarsi e non agitarsi per tutta la vita? Quando la vita dei figliai quali lei è animalescamente affezionatadipende dal fatto che sappia in tempo che cosa ne dirà Ivan Zacharyc'e quello che dirà Ivan Zacharyc' non lo sa nessuno. Meno che mai lui stessoperché lui sa molto bene di non sapere nulla e di non poter giovare a nullae si limita a menare il can per l'aia come gli càpitapurché non si cessi di credere che sa qualcosa. Certose lei fosse stata in tutto una bestianon si sarebbe tormentata così. E se fosse stata in tutto un essere umanoavrebbe avuto la fede in Dioe avrebbe detto e pensatocome dicono i credenti: "Dio l'ha datoDio l'ha ripresoa Dio non si sfugge".

Perciò tutta la vita con i figli era per mia mogliee di conseguenza pure per menon una gioiama un tormento. E come non tormentarsi? E lei si tormentava sempre. Capitava che c'eravamo appena calmati dopo qualche scena di gelosia o un semplice litigioe volevamo vivereleggere e pensare un poco; c'eravamo appena messi a fare qualcosache a un tratto arrivava la notizia che Vasja vomitava o Masha perdeva sangue andando di corpo o Andrjusha aveva un'eruzione; e si capisce che era finitae la vita non esisteva più. Dove bisognava correrequali medici andare a chiamaredove isolare il malato? E cominciavano i clisterile temperaturele pozioni e i medici. Non faceva in tempo a finire questo che cominciava qualcosa d'altro. Una vita familiare regolare e stabile non esisteva. C'era invececome vi ho dettoun continuo salvarsi da immaginari ed effettivi pericoli. Così è adesso nella maggioranza delle famiglie. E nella mia famiglia ciò avveniva in un modo particolarmente spiccato. Mia moglie era tenera dei figli e credula.

Sicché la presenza dei figli non solo non rendeva migliore la nostra vitama l'avvelenava. Inoltre i figli erano per noi un nuovo pretesto di discordia. Da quando avevamo figli e quanto più essi crescevanotanto più spesso erano proprio i figli che costituivano un mezzo e un oggetto di discordia. Non solo un oggetto di discordiama i figli erano anche uno strumento di lotta; era come se combattessimo tra noi attraverso i figli.

Ognuno di noi aveva il suo figlio preferitoche era uno strumento di battaglia. Io combattevo più che altro attraverso Vasjail maggioree lei attraverso Liza. Inoltrequando i figli cominciarono a crescere e i loro caratteri si definironoaccadde che diventarono degli alleatiche facemmo intervenire ognuno dalla sua parte. Loropoverinine soffrivano terribilmentema noinella nostra continua guerraavevamo altro da pensare che a loro. La bambina era mia partigianamentre il maggiore dei ragazziche somigliava a lei ed era il suo preferitomi riusciva spesso odioso.

 

 

 

17.

 

- E cosìquesta era la nostra vita. I nostri rapporti diventavano sempre più ostili. E finalmente si arrivò al punto che non era più il disaccordo a produrre l'ostilitàma l'ostilità che produceva il disaccordo: qualunque cosa lei dicesseio non ero d'accordo fin da primae proprio lo stesso capitava a lei.

Dopo tre anni si era concluso spontaneamente da ambo le parti che non potevamo capircinon potevamo andare d'accordo. Avevamo ormai smesso di tentare di spiegarci a fondo. Sulle cose più sempliciin particolar modo sui figlirimanevamo inalterabilmente ognuno della propria opinione. Per quel che ricordo adessole opinioni che difendevo non mi erano affatto così care che io non potessi rinunciarci; ma lei era dell'opinione oppostae cedere significava cederle. E questo io non potevo farlo. Lei neppure.

Probabilmenteriteneva d'essere sempre in tutto dalla parte della ragione rispetto a mee certo quello che facevo io rispetto a lei era sempre sacrosanto ai miei occhi. Quando eravamo solieravamo quasi costretti al silenzio oppure a discorsi come quelli chene sono certopossono fare gli animali tra loro: "Che ora è? è ora d'andare a dormire. Che cosa c'è a pranzo quest'oggi? Dove dobbiamo andare? Che cosa sta scritto sul giornale? Bisogna mandare a chiamare il medico. Masha ha mal di gola". Bastava uscire di un capello da questa cerchia di discorsiristrettasi fino all'inverosimileperché scoppiasse l'irritazione. Venivano fuori scontri ed espressioni d'odio per il caffèla tovagliala carrozzellaper una mossa di "vint"tutte cose che né per l'uno né per l'altra potevano avere nessuna importanza. In meperlomenoribolliva spesso contro di lei un odio tremendo! A volte stavo a vedere come versava il tèmuoveva una gamba o avvicinava il cucchiaino alla boccafaceva gorgogliare e assorbiva il liquidoe la odiavo proprio per quello come per il peggiore degli atti. Non avevo osservato allora che i periodi di rancore sorgevano in me con assoluta regolarità e uniformitàin corrispondenza ai periodi di ciò che noi chiamavamo amore. Un periodo d'amoreun periodo di rancore; un energico periodo d'amoreun lungo periodo di rancore; un più debole manifestarsi dell'amoreun breve periodo di rancore. Allora non capivamo che quell'amore e quel rancore erano il medesimo sentimento animalema considerato da due lati diversi. Vivere così sarebbe stato orrendose avessimo capito la nostra situazione; ma noi non la capivamo e non la vedevamo. In questo appunto sta la salvezza e la punizione dell'uomoche quando vive irregolarmente può velarsi lo sguardo per non vedere la miseria della propria situazione. Così facevamo anche noi. Lei cercava di distrarsi con le sue occupazioni convulse e sempre frettolose: l'andamento della casal'arredamentogli abiti suoi e dei figlilo studio e la salute dei figli. Ioinveceavevo le cose mie: le ubriacaturel'ufficiola cacciale carte. Entrambi eravamo sempre occupati.

Sentivamo entrambi chepiù eravamo occupatipiù potevamo essere cattivi l'uno con l'altro. "Per te è facile fare le tue smorfie"pensavo di leima ecco che hai passato tutta la notte a tormentarmi con le tue scene, e io ho una seduta. "E tu te la passi bene"non solo pensavama diceva leie io sono stata tutta la notte senza dormire per via del bambino. Queste nuove teorie dell'ipnotismodelle malattie mentalisono tutte una sciocchezzanon tanto semplicema nocivadisgustevole. Di mia moglie Charcot avrebbe detto senza dubbio che era istericae di me avrebbe detto che ero un anormalee magari si sarebbe messo a curarmi. Invece qui non c'era niente da curare.

E così vivevamo dentro una continua nebbiasenza vedere la situazione in cui ci trovavamo. E se non fosse accaduto ciò che è accadutoe io avessi continuato a vivere così fino alla morteavrei certo creduto morendod'avere trascorso una vita buonanon particolarmente buonama neppure cattivacome càpita a tutti; non avrei capito l'abisso d'infelicità e l'ignobile menzogna in cui mi ero dibattuto.

Invece noi eravamo due galeotti che si odiavanolegati dalla stessa catenae si avvelenavano reciprocamente la vitacercando di non vederlo. Allora non sapevo ancora che i novantanove centesimi dei coniugi vivono nel medesimo inferno in cui vivevo ioe che non può essere diversamente. Allora non lo sapevo ancora né degli altriné di me stesso.

E' straordinario quali coincidenze càpitino nella vita regolaree perfino in quella irregolare! Proprio quando i genitoriper causa l'uno dell'altrosentono la vita diventare insopportabilesi rendono indispensabili anche le condizioni di vita cittadina per l'educazione dei figli. Ed ecco che appare la necessità di trasferirsi in città.

Egli tacqueed emise un paio di volte quei suoi strani suoniche adesso erano ormai in tutto simili a singhiozzi trattenuti. Ci avvicinavamo a una stazione.

- Che ora è? - egli chiese.

Guardaierano le due.

- Non siete stanco? - egli chiese.

- No; ma voi siete stanco?

- Mi sento soffocare. Permettetevado a fare due passia bere un po' d'acqua.

E barcollando attraversò il vagone. Io rimasi soloriandando con la mente a tutto ciò che mi aveva dettoed ero così assorto che non avevo fatto caso come fosse tornato da un'altra porta.

 

 

 

18.

 

- Sìnon faccio che lasciarmi distrarre- egli cominciò. - Ho pensato molto. Molte cose le vedo in un altro modoe tutto questo ho voglia di dirlo. Sicchécominciammo a vivere in città. In città un uomo può starci cent'annie non accorgersi che è morto e putrefatto da un pezzo. Non c'è tempo di venire a capo di se stessisi è sempre occupati.

Gli affarii rapporti socialila salutele artila salute dei figlila loro educazione. Ora bisogna ricevere questi e questi altriandare da questi e da questi altriora bisogna vedere quellaascoltare quello o quella. Perché in città in qualsiasi momento c'è unao anche due o tre celebrità che non si possono in nessun modo lasciar perdere. Ora bisogna curare se stessiquesto o quelloora ci sono i professorii ripetitorile istitutricie la vita è vuota vuotissima. Così dunque vivevamoe sentivamo meno il dolore della convivenza. Inoltre nei primi tempi ci fu un'occupazione magnifical'installazione in una città nuova in un nuovo alloggioe poi l'occupazione dei viaggi dalla città in campagna e dalla campagna in città.

Trascorremmo un invernoe nell'inverno successivo avvenne ancora la circostanza seguenteche non poteva essere notata da nessuno e pareva insignificantema fu tale da produrre tutto quello che è accaduto.

Lei era indispostae i medici le ordinarono di non avere figli e le insegnarono un espediente. A me questo ripugnava. Mi ci opposima lei con spensierata ostinazione insistettee io mi sottomisi; l'ultima giustificazione della vita maialesca - i figli - era tolta e la vita diventò ancora più schifosa.

Al contadino che lavora i figli sono necessaribenché gli sia difficile tirarli su; ma gli sono necessarie perciò i suoi rapporti coniugali hanno una giustificazione. Invece a noipersone che abbiamo figlinon sono necessari altri figlisono una preoccupazione in piùuna spesadei futuri coeredisono un peso. E giustificazioni della vita maialesca per noi non ce n'è nessuna. O ci liberiamo artificialmente dai figlioppure guardiamo ai figli come a una sventuraalla conseguenza di un'imprudenza. E questo è ancora più schifoso. Non c'è giustificazione. Ma noi siamo caduti così in basso moralmente che non vediamo neppure la necessità di una giustificazione. La maggior parte dell'ambiente colto di oggi si abbandona a questa depravazione senza il minimo rimorso di coscienza. Non c'è nulla che possa rimordereperché di coscienza nel nostro mondo non ce n'è nessunatrannese così si può chiamarlala coscienza dell'opinione pubblica e della legge penale. E qui né l'una né l'altra sono violate; non c'è da vergognarsi di fronte alla societàlo fanno tutti: "Anche Marja Pavlovna e Ivan Zacharyc'.

Altrimentisi dovrebbe forse allevare dei poveri diavoli o privarsi della possibilità di vivere tra la gente?". Vergognarsi della legge penale e temerla è egualmente inutile. Sono quelle scandalose sgualdrine e mogli di soldati che gettano i figli negli stagni e nei pozzi: quellesi capiscebisogna metterle in prigionema tra noi tutto è fatto a suo tempo e pulitamente.

Così trascorremmo ancora due anni. L'espediente di quei mascalzoni di medici cominciava evidentemente ad avere effetto; lei si era fatta più piena e più bella nel fisicocome l'ultima bellezza dell'estate. Lei lo sentivae si occupava di se stessa. Le era venuta una bellezza provocanteche rendeva inquiete le persone.

Era in tutta la sua forza di donna trentenne che non partorisceben grassa ed eccitata. Il suo aspetto suscitava inquietudine.

Quando passava tra gli uominiattirava su di sé i loro sguardi.

Era come un cavallo ben grassorimasto fermo per un pezzo al suo attaccoal quale avessero tolto il freno della briglia. Freni non ne aveva nessunocome i novantanove centesimi delle nostre donne.

E io lo sentivoe avevo paura.

 

 

 

19.

 

A un tratto egli si alzò e andò a sedersi proprio accanto al finestrino.

- Scusatemi- egli proferì efissando gli occhi fuori del finestrinorimase a sedere così per circa tre minutiin silenzio. Poi sospirò profondamente e si sedette di nuovo di fronte a me. Il suo viso era diventato del tutto diversogli occhi facevano pena e un sorriso quasi strano gli increspava le labbra. - Sono un poco stancoma terminerò il mio racconto. C'è ancora molto temponon fa ancora giorno. Sissignore- egli cominciò di nuovoaccendendo una sigaretta. - Era ingrassata dacché aveva smesso di partoriree quella malattia che era l'eterno stare in pena per i figli aveva cominciato a passarle.

Non era che passassema era come se fosse tornata in sé dopo l'ubriachezza e avesse visto che c'era tutto il creato con le sue gioie che lei aveva dimenticatema nel quale non sapeva vivereil creato che lei non capiva affatto. "Come fare a non lasciarselo sfuggire? Il tempo passae non si può farlo tornare indietro". Mi figuro che pensasse opiuttostosentisse a questo modo; e del resto non poteva pensare e sentire diversamente: l'avevano educata nell'idea che al mondo c'era una sola cosa degna di attenzionel'amore. S'era maritataaveva avuto qualcosa di quest'amorema non solo assai meno di quanto era promessodi quanto era attesoma anche molte delusioni e sofferenzee per di più l'inatteso tormento di tutti quei figli. Questo tormento l'aveva spossata. Ed ecco chegrazie alla premura dei mediciera venuta a sapere che si poteva fare a meno dei figli. S'era rallegratal'aveva sperimentato ed era rinata per la sola cosa che sapevaper l'amore. Ma l'amore con un marito reso brutto dalla gelosia e da cattiverie d'ogni genere era ormai tutt'altra cosa. Cominciò ad apparirle nell'immaginazione un altro amorebello pulitobello nuovoo almeno così pensavo io di lei. Ed ecco che cominciò a guardarsi intornocome aspettando qualcosa. Io lo vidie non potevo non esserne preoccupato. Cominciò a capitare spesso chediscorrendo come sempre con me attraverso gli altricioè parlando con estranei ma rivolgendo il discorso a meaffermasse arditamentesenza pensare affatto che un'ora prima aveva detto l'opposto e l'aveva affermato quasi seriamenteche le cure materne erano un ingannoche non valeva la pena di sacrificare la propria vita per i figliche esisteva la giovinezza e ci si poteva godere la vita. Dei figli si occupava menonon più così disperatamente come primama si occupava sempre più di se stessadel proprio aspettobenché lo nascondessee dei propri piaceri e perfino del proprio perfezionamento. S'era rimessa con passione al pianoforteche prima era stato interamente trascurato. Da questo appunto prese inizio tutto.

Egli si volse di nuovo verso il finestrino con i suoi occhi dallo sguardo stancoma subitofacendo visibilmente uno sforzo su se stessocontinuò di nuovo:

- Sìcomparve quell'uomo -. Si confuse e un paio di volte emise col naso dei suoni particolari.

Vedevo che per lui era un tormento nominare quell'uomoricordarloparlarne. Ma egli fece uno sforzo ecome lacerando l'ostacolo che gli dava noiacontinuò risolutamente:

- Era una mala persona ai miei occhisecondo il mio giudizio. E non per l'importanza che acquistò nella mia vitama perché era effettivamente tale. Del restoil fatto che lui valesse poco non serve che a dimostrare come era irresponsabile lei. Se non era luisarebbe stato un altro; era una cosa che doveva accadere -.

Egli tacque di nuovo per un po'. - Sissignoreera un musicistaun violinista; non un musicista professionistama mezzo professionistamezzo uomo di società. Suo padre è un proprietario terrierovicino di mio padre. Suo padre s'era rovinatoe i figlierano tre ragazzisi sistemarono tuttisoltanto questoche era il minorefu affidato alla sua madrina a Parigi. Là lo fecero entrare al conservatorioperché aveva attitudine per la musicae ne uscì violinistae suonava nei concerti. Era un uomo... - Desiderando evidentemente dire qualcosa di male di luise ne trattennee disse in fretta: Insommanon so come vivesseso soltanto che quell'anno era comparso in Russia ed era comparso da me: gli occhi umidi a mandorlale labbra rosse sorridentii baffetti impomatatila pettinatura più recentealla modail viso d'una bellezza volgarequello che le donne chiamano "mica male"di complessione deboleanche se non mostruosacon il sedere particolarmente sviluppatocome ce l'hanno le donnecome ce l'hannosi dicegli ottentotti. Anche lorosi dicesono musicisti. Portato a forzareper quanto è possibilela confidenzama attento e sempre pronto a fermarsi alla minima resistenzaconservando la dignità esteriore e con quella particolare sfumatura parigina delle scarpe abbottonate e delle cravatte a colori vivaci e delle altre cose che si appropriano gli stranieri a Parigi e che per la loro particolare novità fanno sempre effetto sulle donne. Nei modi un'artificiosa allegria esteriore. La consuetudinesapetedi parlare di tutto attraverso allusioni e frammenticome se tutto questo lo sapestelo ricordaste e poteste integrarlo da voi. Luiappuntocon la sua musicafu la causa di tutto. Perché al processo la cosa fu presentata come se tutto fosse accaduto per gelosia. Niente affattocioè non niente affatto ma è così e non è così. Al processo giunsero proprio alla conclusione che ero un marito ingannato e che avevo ucciso per difendere il mio onore oltraggiato (perché così si chiama nel loro linguaggio). E per questo mi hanno assolto. Io al processo cercai di chiarire il significato della cosama loro l'interpretavano nel senso che volessi riabilitare l'onore di mia moglie.

I suoi rapporti con quel musicistadi qualunque natura siano statinon sono una cosa che importi per mee neppure per lei.

Importa invece quello che vi ho raccontatocioè la mia porcaggine. Tutto è avvenuto perché tra noi c'era quell'abisso tremendo di cui vi ho parlatoquella tremenda tensione del reciproco odio dell'uno per l'altroin cui bastava il primo pretesto che si presentasse per suscitare la crisi. Negli ultimi tempi i litigi tra noi diventavano qualcosa di pauroso ed erano particolarmente stupefacentialternati a una passionalità animale anch'essa convulsa.

Se non fosse comparso luisarebbe comparso un altro. Se non ci fosse stato il pretesto della gelosiace ne sarebbe stato un altro. Insisto che tutti i mariti che vivono come vivevo io devono o darsi alla dissolutezza o separarsi dalla moglieo uccidere se stessi o la propria mogliecome ho fatto io. Se a qualcuno questo non è capitatosi tratta di un'eccezione particolarmente rara.

Perché ioprima di finire come ho finitosono stato parecchie volte sulla soglia del suicidioe anche lei tentò di avvelenarsi.

 

 

 

20.

 

- Sìcosì è statoe non molto tempo prima di quello.

Vivevamo come in armistizioe non c'era nessuna ragione di violarlo. A un tratto si comincia a parlare d'un cane che all'esposizione ha ricevuto una medagliadico io. Lei dice che non è una medagliama una menzione onorevole. Comincia una discussione. Comincia il saltare da un oggetto all'altroi rimproveri: "Ehma si sa da un pezzoè sempre così. Tu hai detto...". "Nonon l'ho detto". "Allora vuol dire che mentisco!...".

Si sente che da un momento all'altro può cominciare quel tremendo litigioin cui si ha voglia di uccidere se stessi o lei. Sai che sta per cominciaree ne hai paura come del fuocoe perciò vorresti trattenertima l'ira invade tutto il tuo essere. Lei è in una situazione simileanzi peggioredà un'altra interpretazione a ogni tua parolaattribuendole un significato falso; e ogni sua parola è imbevuta di veleno; dovunque sa che posso soffrire di piùlà appunto mi colpisce. Più si va avantipeggio è. Io grido: "Taci"o qualcosa del genere. Lei esce precipitosamente dalla stanzae corre nella camera dei bambini.

Io cerco di trattenerlaper finire il discorso e dimostrarle tuttola prendo per un braccio. Lei finge che le abbia fatto malee grida: "Bambinivostro padre mi picchia!". Io grido: "Non mentire!". " Perché non è più la prima volta!" grida leio qualcosa di simile. I bambini si precipitano verso di lei. Lei li calma. Io dico: "Non fingere!". Lei dice: "Per te tutto è finzionetu sei capace di uccidere una persona e dire che finge.

Adesso ti ho capito. E' questo appunto che vuoi!". "Ohche tu possa crepare!" grido io. Ricordo come mi fecero inorridire queste parole. Non mi aspettavo affatto che avrei potuto dire delle parole così tremende e volgarie mi stupisco che mi siano uscite fuori. Grido queste orribili parole e scappo nel mio studiomi siedo e fumo. Sento che lei esce in anticamera e si prepara ad andarsene Io chiedo dove va. Lei non risponde. Ebbeneche il diavolo se la portimi dico iotornando nello studioe di nuovo mi corico e fumo. Mille diversi progetti sul modo di vendicarmi di lei e liberarmene e sul modo di accomodare tutto e fare come se non fosse successo nientemi vengono in testa. Penso tutto questoe fumofumofumo. Penso di fuggire lontano da leidi nascondermidi partire per l'America. Arrivo al punto di sognare come mi libererò di lei e come sarà bellocome mi unirò a un'altra ottima donnadel tutto nuova. Me ne libererò perché morirà o perché divorzierò e escogito il mezzo di farlo. Vedo che mi confondoche non penso quello che dovreie per non vedere che non penso quello che dovreiper questo appunto fumo.

E la vita in casa continua. Viene l'istitutricechiede dov'è "Madame" e quando tornerà. Il domestico chiede se deve servire il tè. Arrivo in sala da pranzo; i bambinie in particolar modo Lizala maggioreche già capiscemi guardano con aria interrogativa e malevola. Beviamo il tè in silenzio. Lei continua a non esserci. Passa tutta la sera e lei non c'èe due sentimenti si alternano nell'animo: il rancore contro di lei perché tormenta me e tutti i bambini con la sua assenzache deve pur finire in un suo ritornoe la paura che non torni e attenti a se stessa.

Andrei a prenderla. Ma dove cercarla? Da sua sorella? Ma è sciocco arrivare là a domandare. E del restoche Dio la protegga; se vuole tormentareche si tormenti lei. Perché lei non aspetta altro. E la prossima volta sarà ancora peggio. Ma se non fosse da sua sorellae stesse attentando o avesse già attentato a se stessa?... Passano le diecipassano le undici! Non vado in camera da lettoè sciocco star lì coricato ad aspettaresicché non mi corico. Voglio mettermi a fare qualcosascrivere una letteraleggerema non posso far nulla. Sto lì solo nello studiomi tormentomi irrito e rimango in ascolto. Sono le trele quattro:

lei continua a non esserci. Verso la mattina mi addormento. Mi sveglio: non c'è.

Tuttoin casava come primama tutti sono perplessi e tutti mi guardano con aria d'interrogazione e di rimproveropresupponendo che ogni cosa derivi da me.

In me c'è sempre la stessa lotta fra il rancore perché mi tormenta e l'inquietudine per lei.

Verso le undici del mattino arriva la sorella come sua ambasciatrice. E comincia la solita storia: "Lei è in una situazione tremenda. Suche cosa è mai questo? Non è mica successo niente". Io parlo del suo carattere impossibile e dico che non ho fatto nulla.

"Ma le cose non possono mica restare così"dice sua sorella.

"Tutto questo è affar suoe non mio"dico io. "Io il primo passo non lo farò. Se c'è da separarcisepariamoci".

Mia cognata se ne va senza avere ottenuto nulla. Ho detto arditamente che non avrei fatto il primo passomaquando lei se n'è andata e io sono venuto fuori e ho visto i bambini che facevano pietàspaventati com'eranoero già pronto a fare il primo passo. E sarei lieto di farloma non so come. Di nuovo camminofumobevo dell'acquavite e del vino a colazionee ottengo quello che inconsciamente desidero: non vedo la stupiditàla volgarità della mia situazione.

Verso le tre arriva lei. Incontrandominon dice niente. Io immagino che si sia rassegnatae comincio a dire che sono stato eccitato dai suoi rimproveri. Leisempre con lo stesso viso severo e tremendamente spossatodice che non possiamo vivere insieme. Io comincio a dire che il colpevole non sono ioche è stata lei a farmi perdere il lume degli occhi. Lei mi guarda severasolennee poi dice: "Non dire di piùte ne pentirai". Io dico che non posso soffrire le commedie. Allora lei grida qualcosa che non riesco a capiree se ne fugge in camera sua. E la segue il rumore della chiave: s'è chiusa dentro. Io bussonon viene rispostae mi allontano irritato. Mezz'ora dopo Liza accorre in lacrime. "Che c'è? è successo qualcosa?" "La mamma non si sente".

"Andiamo". Io scrollo la porta con tutte le mie forze. Il paletto è mal tiratoed entrambi i battenti si spalancano. Mi avvicino al letto. Leicon le sue sottane e le scarpe alteè buttata sul letto. Sulla tavola c'è una fiala di oppio vuota. La facciamo tornare in sé. Lacrime einfinericonciliazione. Non riconciliazione. Nell'animo di ciascuno c'è il medesimo vecchio rancore reciprococon l'aggiuntain piùdell'irritazione per il dolore arrecato da quel litigio e da ciascuno messo in conto dell'altro. Ma bisogna pur mettere fine a tutto questoe la vita prosegue come prima. Cosìlitigi come quello e peggiori avvenivano di continuoora una volta alla settimanaora una volta al meseora ogni giorno. Ed era sempre la stessa cosa. Una volta m'ero già fatto dare il passaporto per l'estero: il litigio era durato due giorni. Ma poi ci fu di nuovo una mezza spiegazioneuna mezza riconciliazionee rimasi.

 

 

 

21.

 

- Eccodunquein quali rapporti eravamo quando comparve quell'uomo. L'uomo - il suo nome è Truchacevskij - arrivò a Mosca e comparve a casa mia. Era mattina. Lo ricevetti. Una volta ci davamo del tu. Con delle frasi che stavano a mezzo fra il tu e il voi egli cercò di rimanere al tuma io intonai apertamente il discorso sul voie lui si sottomise subito.

Mi era dispiaciuto molto fin dalla prima occhiata. Mafatto stranouna strana forza fatale mi portava a non respingerloa non allontanarlomaal contrarioa ravvicinarlo. Infattiche cosa ci sarebbe stato di più semplice che discorrere freddamente con lui e congedarlosenza avergli fatto conoscere mia moglie? E invece no: come a farlo appostami misi a parlare della sua artee dissi come m'avessero riferito che aveva abbandonato il violino.

Lui disse cheal contrarioora suonava più di prima. Ricordò che anch'io una volta suonavo. Io dissi che non suonavo piùma che mia moglie suonava bene. Fatto straordinario! Il mio comportamento con luinel primo giornonella prima ora del nostro incontro furono talicome avrebbero potuto essere solamente dopo tutto ciò che è accaduto. C'era qualcosa di convulso nei miei rapporti con lui: notavo ogni parolaogni espressione detta da lui o da meattribuendovi importanza.

Lo presentai a mia moglie. Il discorso cadde subito sulla musicae lui si offrì di suonare con lei. Mia mogliecome sempre in quegli ultimi tempiera molto elegante e attraentebella in una maniera inquietante. Lui le era visibilmente piaciuto fin dal primo sguardo. Inoltrelei s'era rallegrata perché avrebbe avuto il piacere di suonare col violinocosa che amava moltotanto da pagare per questo un violinista d'orchestrae sul viso s'era espressa questa gioia. Mavedendomicapì subito il mio sentimento e mutò la sua espressionee cominciò questo gioco del reciproco inganno. Io sorridevo piacevolmentefacendo finta di essere molto contento. Luiguardando mia moglie come tutte le persone immorali guardano le belle donnefaceva finta che lo interessasse soltanto l'argomento della conversazioneche era proprio quello che certo non lo interessava affatto. Lei cercava di sembrare indifferentema evidentemente la mia espressioneche le era ben notadi geloso dal sorriso falso e lo sguardo lascivo dell'ospite la eccitavano. Vidi che fin dal primo incontro le si erano messi a brillare in particolar modo gli occhie cheprobabilmente in conseguenza della mia gelosiatra lui e lei s'era stabilita subito come una corrente elettricache provocava come un'identità d'espressione degli sguardi e dei sorrisi. Lei arrossivaarrossiva lui. Lei sorridevasorrideva lui. Si parlò di musicadi Parigidi ogni sorta di cose futili. Lui si alzò per andarseneesorridendocol cappello sulla coscia che sussultavastava in piedi e guardava ora leiora mecome aspettando quello che avremmo fatto. Ricordo quel momento proprio perché in quel momento potevo non invitarloe allora non sarebbe capitato nulla. Ma io guardai luiguardai lei. "Che non ti venga neppure in mente che io sia geloso di te"le dissi mentalmenteo che abbia paura di tedissi mentalmente a luie lo pregai di portare qualche sera il violinoper suonare con mia moglie. Lei mi guardò con stuporesi fece di fiamma ecome si fosse spaventatacominciò a dire di nosostenendo che non suonava abbastanza bene. Questo suo dire di no mi irritava ancora di piùe insistei ancora maggiormente. Ricordo lo strano sentimento con cui guardavo la nucail collo bianco di luiche faceva contrasto con i capelli neri spartiti dalla scriminaturamentrecol suo saltellante passo da uccellousciva da casa nostra. Non potevo non confessarmi che la presenza di quell'uomo mi tormentava.

Dipende da mepensavofare in modo di non vederlo mai; ma fare così voleva dir confessare che lo temevo. Nonon lo temo! Sarebbe troppo umiliantemi dicevo. E lì in anticamerasapendo che mia moglie mi sentivainsistei che venisse quella sera stessa col violino. Lui me lo promise e andò via.

Alla sera venne col violinoe suonarono. Ma per un pezzo non riuscirono a suonare: non c'era la musica di cui avevano bisognoe quella che c'eramia moglie non poteva suonarla senza prepararsi. A me la musica piaceva molto e dimostravo la mia simpatia per la loro esecuzione mettendogli a posto il leggiovoltando le pagine. E qualche cosa suonarono. Certe melodie senza parole e una sonata di Mozart. Lui suonava magnificamente: aveva al massimo grado quello che si chiama stile; inoltreun gusto fine e nobileche non andava affatto d'accordo col suo carattere.

Era molto più abile di mia moglies'intendee l'aiutava e nello stesso tempo le lodava garbatamente il suo modo di suonare. Si comportava molto bene. Mia moglie sembrava interessarsi unicamente alla musica ed era molto semplice e naturale. Io invecebenché fingessi d'interessarmi alla musicaper tutta la serasenza interruzionefui tormentato dalla gelosia.

Fin dal primo momento in cui gli occhi di lui s'erano incontrati con quelli di mia moglieavevo visto che la bestia che si annidava in entrambi aveva chiestodi là da ogni convenzionalità di posizione e di mondo: "si può?" e aveva risposto "oh sìbenissimo". Avevo visto che lui non si aspettava affatto di trovare in mia moglieuna signora moscovitauna donna così attraentee ne era stato molto lietogiacché dubbi sul fatto che lei fosse d'accordo non ne aveva alcuno. Tutto il problema era che non desse noia l'insopportabile marito. Se io stesso fossi stato puronon l'avrei capitomacome la maggior parte delle personeanch'io avevo pensato a quel modo delle donne mentre non ero ammogliatoe perciò leggevo nell'animo di lui come in un libro.

Mi tormentavo particolarmente perché vedevo senza possibilità di dubbio che in lei per me non c'era altro sentimento all'infuori d'una permanente irritazionesolo di rado interrotta da una sensualità ormai abituale; mentre quell'uomosia per la sua esteriore eleganza e novitàcome soprattutto per la sua indubbia grande attitudine alla musicaper il ravvicinamento che sorgeva dal suonare insiemeper l'influsso suscitato sulle nature emotive dalla musicae particolarmente dal violinoquell'uomo dovevanon dico piacerlema indubbiamente e senza la minima esitazione doveva conquistarlaschiacciarlastrizzarlaattorcerla come una cordafarne tutto quello che voleva. Questo non potevo non vederloe soffrivo orribilmente. Mamalgrado questo o forse in seguito a ciòc'era una forza checontro la mia volontàmi costringeva a essere in particolar modo non solo compìtoma affabile con lui. Non so se lo facessi per mia moglie o per luiper dimostrare che non lo temevooppure per meper ingannare me stessoma fin dai miei primi rapporti con lui non riuscivo a essere semplice. Per non lasciarmi andare al desiderio di ucciderlo subitodovevo mostrarmi affabile con lui. Durante la cena gli feci bere dei vini prelibatimi entusiasmai del suo modo di suonaregli parlai con un sorriso particolarmente affabile e lo invitai per la domenica successiva a pranzo e a suonare di nuovo con mia moglie. Dissi che avrei invitato alcuni conoscenti amatori di musica ad ascoltarlo. Si finì a questo modo.

E Pozdnyshevfortemente agitatocambiò posizione ed emise quel suo suono particolare.

- E' strano come agiva su di me la presenza di quell'uomoegli ricominciò a direfacendo evidentemente uno sforzo per essere calmo. - Ritorno a casa da un'esposizioneun giorno o due dopoentro in anticamerae a un tratto sento che qualcosa di pesante come un masso mi piomba sul cuoree non riesco a rendermi conto che cosa sia. Questo qualcosa era cheattraversando l'anticameraavevo notato qualcosa che ricordava lui. Solamente nel mio studio mi resi conto di quel che erae tornai in anticamera per dare una conferma a me stesso. Sìnon m'ero sbagliatoera il suo cappotto. Sapeteun cappotto alla moda. (Tutto ciò che lo riguardavalo osservavobenché non me ne rendessi contocon una straordinaria attenzione). Domando: è proprio cosìc'è lui. Vado in salanon attraverso il salottoma attraverso la camera di studio dei bambini. Lizamia figliaè intenta a un libroe la balia asciutta è al tavolo con la piccola che fa girare un coperchio. La porta che dà in sala è chiusa. Di là sento un arpeggio uniforme e la voce di lui e di leimi metto in ascoltoma non riesco a distinguere nulla: evidentemente i suoni del pianoforte sono emessi apposta per soffocare le loro parolei loro baci... forse. Dio mio! che cosa si sollevò dentro di me in quel momento! Mi basta ricordare la belva che allora viveva in meper esser preso dallo spavento. Il cuore a un tratto mi si strinsesi fermò e poi cominciò a martellarmi dentro. Il sentimento principalecome sempre in ogni irritazioneera la compassione di me stesso. Davanti ai bambinidavanti alla balia!

pensavo io. Dovevo essere terribileperché anche Liza mi guardava con degli occhi tremendi. "Che cosa devo fare?" mi chiesi.

"Entrare? non posso. Dio sa che cosa farei. Ma non posso neppure andarmene. La balia mi guarda come se capisse la mia situazione".

"Ma non entrare è impossibile"mi dissie aprii rapidamente la porta. Lui era seduto al pianoforte e faceva quegli arpeggi con le sue lunghe dita bianche arcuate in su. Lei stava ritta in un angolo del pianofortecurva su della musica aperta. Fu lei la prima che mi vide o mi sentì e mi gettò uno sguardo. Sia che si fosse spaventata e avesse finto di non essersi spaventata o che davvero non si fosse spaventatanon ebbe un fremitonon un movimentoe soltanto arrossìe anche questo dopo.

"Come sono contenta che tu sia venuto; noi non abbiamo ancora stabilito che cosa suonare domenica"disse leicon un tono col quale non mi avrebbe parlato se fossimo stati soli. Questo e il fatto che avesse detto "noi" di sé e di lui mi indignò. Lo salutai silenziosamente. Lui mi strinse la mano e subitocon un sorriso che mi sembrò addirittura di schernocomincio a spiegare che aveva portato la musica che serviva a prepararsi per domenica e che adesso tra loro c'era disaccordo su quello che dovevano suonarese qualcosa di più difficile e classicocioè una sonata di Beethoven col violinoo dei piccoli pezzi. Tutto era così semplice e naturale che non si poteva trovare da ridire su nullaeppure io ero sicuro che tutto questo non era veroche stavano mettendosi d'accordo sul modo d'ingannarmi.

Una delle condizioni più tormentose per i gelosi (e gelosi sono tutti nella nostra vita sociale) sono certe determinate situazioni mondane in cui è ammesso il maggiore e più pericoloso contatto tra uomo e donna. C'è da rendersi il ludibrio della gentea impedire il contatto ai balliil contatto dei medici con la loro ammalatail contatto nell'occuparsi dell'artedi pittura e soprattutto di musica. Due persone si occupano insieme dell'arte più nobilela musica; per questo è necessario un certo contattoe questo contatto non ha nulla di biasimevolee soltanto uno sciocco marito geloso può vederci qualcosa di poco desiderabile. Eppure tutti sanno che proprio attraverso queste attivitàe in particolare attraverso quella musicaleavviene la maggior parte degli adulteri nel nostro ambiente.

Io li avevo evidentemente turbati col turbamento che si era manifestato in me: per un pezzo non riuscii a dire nulla. Ero come una bottiglia rovesciatada cui l'acqua non esce perché è troppo piena. Volevo ingiuriarloscacciarloma sentivo che dovevo di nuovo essere gentile e affabile con lui. Feci appunto così: feci finta di approvare tuttoe di nuovo per quello strano sentimento che mi aveva costretto a trattarlo con affabilità tanto maggiorequanto più tormentosa mi era la sua presenza. Gli dissi che mi rimettevo al suo buon gusto e che questo consigliavo anche a lei.

Lui rimase ancora il tempo necessario per cancellare l'impressione spiacevole di quando ero entrato a un tratto nella stanza col viso spaventato ed ero rimasto zittoe se ne andòfingendo che ora avessero stabilito che cosa suonare l'indomani. Ioinveceero pienamente convinto chea paragone di ciò che li occupavala questione di quello che dovevano suonare fosse loro del tutto indifferente. Lo accompagnai con particolare compitezza fino all'anticamera (come non accompagnare un uomo che è venuto col proposito di turbare la calma e rovinare la felicità di un'intera famiglia?). Con particolare affabilità strinsi la sua mano bianca e morbida.

 

 

 

22.

 

- E per tutto quel giorno non le parlainon potevo. La sua vicinanza suscitava in me un tale odio per lei che avevo paura di me stesso. A pranzomi chiese di fronte ai bambini quando sarei partito. La settimana dopodovevo recarmi all'assembleanel mio circondario. Dissi quando partivo. Lei domandò se avevo bisogno di qualcosa per il viaggio. Io non dissi nulla esempre in silenziome ne andai nel mio studio. Negli ultimi tempi lei non veniva mai nella mia stanzaparticolarmente in quell'ora. Sono coricato nello studio e mi sto arrabbiando. A un trattoecco il noto passo. E mi viene in capo la stranamostruosa idea che leicome la moglie di Uriavoglia nascondere il peccato che ha già commesso e che con questo scopo venga da me in un'ora così insolita. Possibile che venga da me? pensavosentendo i suoi passi che si avvicinavano. Se viene da mevuol dire che ho ragione... E nell'animo mio si solleva un odio inesprimibile per lei. I passi si avvicinanosi avvicinano: possibile che non vada oltrein sala? Nola porta ha scricchiolatoe sulla porta sta la sua alta bella personae nel viso e negli occhi ha una timidezza e una cortigianeria che vuol nasconderema che io vedo e di cui so il significato. Sono quasi soffocatotanto tempo ho trattenuto il respiroecontinuando a guardarla ho preso il portasigarette e ho cominciato a fumare.

"Viache cos'è questo? Si viene per stare un po' con tee tu ti metti a fumare"fece leie si sedette vicino a me sul divanoappoggiandosi a me.

Io mi feci da parteper non toccarla.

"Vedo che sei scontento che io voglia suonare domenica"disse lei.

"Non sono affatto scontento"dissi io.

"Non lo vedo forse?".

"Ebbeneme ne congratulo con tese lo vedi. Ioinvecenon vedo nullase non che ti conduci come una civetta... Solo che a te ogni obiezione fa piacerementre a me fa orrore!".

"Sìse vuoi dire insolenze come un vetturinome ne vado".

"Vattenema sappi chese non hai caro l'onore della famiglianon sei tu che mi sei cara (che il diavolo ti porti)ma l'onore della famiglia".

"Ma comecome?".

"Filaper amor di Diofila!".

Sia che fingesse di non capire di che cosa parlavoo che effettivamente non lo capisseil fatto è che si offese e si arrabbiò e non se ne andòma si fermò in mezzo alla stanza.

"Sei proprio diventato impossibile"cominciòè un carattere, il tuo, che non ci durerebbe un angelo; ecome semprecercando di ferirmi nel modo più doloroso possibilemi ricordò come avevo agito con mia sorella (era un caso avvenuto con mia sorellaquando io avevo perso la pazienza e avevo detto delle villanie a mia sorella). Lei sapeva che questo mi faceva soffriree mi aveva colpito in quel punto.

"Dopo questonulla potrà più meravigliarmi"disse lei.

"Sìoffendermiumiliarmidisonorarmi e mettermi tra i colpevoli"mi dissie a un tratto mi prese un rancore così tremendo contro di leicome non l'avevo ancora mai sperimentato.

Per la prima voltaebbi voglia di esprimere fisicamente questo rancore. Balzai su e mossi verso di leimanel momento stesso che balzavo suricordo che mi resi conto del mio rancore e mi chiesi se fosse bene abbandonarsi a questo sentimentoe subito mi risposi che era beneche questo l'avrebbe spaventatae subitoinvece di oppormi a questo rancorecominciai ad alimentarlo ancora di più in me e a rallegrarmi che divampasse in me sempre maggiormente.

"Filao ti ammazzo!" gridaiavvicinandomi a leie la presi per un braccio. Dicendo questorafforzavo coscientemente l'intonazione di rabbia della mia voce. E dovevo essere terribileperché lei rimase così intimidita che non ebbe neppure la forza di andarsenee non faceva che dire:

"Vasjache fai! che ti è successo?".

"Vattene"ruggii ancora più fortenon ci sei che tu che puoi mettermi in furore. Non rispondo di me.

Avendo messo in movimento il mio furoreme ne inebriavoe avevo voglia di fare ancora qualcosa di straordinarioche mostrasse l'alto grado di questo mio furore. Avevo una voglia tremenda di picchiarladi ucciderlama sapevo che questo non si poteva faree perciòper dar campo al mio furorepresi dal tavolo un fermacartegridai ancora una volta: "Vattene!" e lo scagliai a terra vicino a lei. Avevo mirato molto esattamente vicino a lei.

Allora lei si mosse per uscire dalla stanza ma si fermò sulla porta. E subitomentre lei mi vedeva ancora (lo feci perché mi vedesse)cominciai a prendere dal tavolo varie coseil candeliereil calamaioe a gettarle a terracontinuando a gridare: "Vattenefilanon rispondo di me!".

Lei se ne andòe io smisi subito. Un'ora dopo venne da me la balia e disse che mia moglie aveva un attacco isterico. Ci andai:

singhiozzavaridevanon riusciva a dire nulla e sussultava in tutto il corpo. Non fingevama era malata davvero.

Alla mattinaquandodopo la riconciliazionele ebbi confessato che ero geloso di Truchacevskijnon si turbò affattoe scoppiò a ridere nel modo più naturale: tanto strana addirittura le sembravaa quel che diceva leila possibilità di sentire attrazione per un uomo simile.

"E' mai possibile che per un uomo simile una donna per bene senta qualcosaa parte il piacere offerto dalla musica? Mase vuoisono pronta a non vederlo più. Perfino domenicabenché tutti siano già invitatiscrivigli che non sto benee sarà finita. Una cosa sola è spiacevole: che qualcunoe soprattutto luipossa pensare che è pericoloso. E io sono troppo orgogliosa per permettere che si pensi questo".

E non mentiva micacredeva a quello che dicevasperava con queste parole di suscitare del disprezzo verso di lui e di difendersene con essoma non ci riuscì. Tutto era rivolto contro di leie in particolar modo quella maledetta musica.

E così finì tuttoe la domenica si radunarono gli invitatie loro suonarono di nuovo.

 

 

 

23.

 

- Penso che sia inutile dire che ero molto vanitoso. A non essere vanitosinella nostra solita vitanon c'è di che vivere. Sicché la domenica mi occupai con gusto della preparazione del pranzo e della serata musicale. Comprai io stesso molte cose per il pranzo e dissi agli invitati di venire. Verso le sei si radunarono gli invitatie comparve lui in marsina con dei gemelli di brillanti di cattivo gusto. Si comportava spigliatamenterispondeva in fretta a tutto con un sorriso di consenso e di comprensionesapetecon quella particolare espressione per cui tutto ciò che potete fare o dire appare proprio ciò che si aspettava lui. Tutto quello che c'era in lui di poco per benetutto ciò lo notavo adesso con particolare piacereperché tutto ciò doveva tranquillizzarmi e mostrare che per mia moglie lui era su un gradino così basso che leia quel che dicevanon poteva abbassarcisi. Ora non mi permettevo più d'essere geloso. In primo luogomi ero già spossato abbastanza con questo tormentoe avevo bisogno di riposarmi; in secondo luogovolevo credere alle assicurazioni di mia moglie e ci credevo. Mabenché non fossi gelosofui tuttavia poco naturale con lui e con leie per tutto il tempo del pranzo e nella prima metà della seratafinché non fu cominciata la musicacontinuai a seguire i movimentigli sguardi di entrambi. Il pranzo fu come tutti i pranzinoiosopieno d'ipocrisia. La musica cominciò abbastanza presto.

Ahcome ricordo tutti i particolari di quella serata: ricordo come lui portò il violinostrofinò la custodiatolse la fodera ricamatagli da una signoratrasse fuori lo strumento e cominciò ad accordarlo. Ricordo come mia moglie si sedette con un'aria fintamente indifferentesotto la quale vedevo che nascondeva una grande timidezzatimidezza soprattutto di fronte alla propria capacitàsi sedette al pianofortee cominciarono i soliti arpeggiamenti sul pianoforteil pizzicato del violinoil collocamento della musica. Ricordo poi come si guardarono tra loroe cominciò. Lui prese i primi accordi. Gli era venuto un viso serioseverosimpaticoe con dita attente pizzicò le corde. Il pianoforte gli rispose. E cominciò.

Pozdnyshev si fermò e mise fuoriparecchie volte di seguitoquei suoi suoni; voleva cominciare a parlarema soffiò col naso e si fermò di nuovo.

- Suonavano la sonata a Kreutzer di Beethoven- egli continuò. - Conoscete il primo "presto"? Lo conoscete? Uh! Uh! E' una cosa terribile quella sonata. E appunto quella parte. E la musica in genere è una cosa terribile! Che cosa fa? E come mai fa quello che fa? Dicono che la musica agisca in modo da elevare l'anima: sono sciocchezzenon è vero. Agisceagisce terribilmenteparlo di me stessoma niente affatto in modo da elevare l'anima; non agisce in modo né da elevarené da abbassare l'animama in modo da eccitare l'anima. Come dirvi? La musica mi costringe a dimenticarmi di medella mia vera situazionemi trasporta in una situazione nuovae che non è la mia sotto l'influsso della musica mi pare di sentire quello che in realtà non provodi capire quello che non capiscodi potere quello che non posso. Io lo spiego dicendo che la musica ha la stessa azione dello sbadigliodel riso: non ho sonnoma sbadiglioguardando della gente che sbadiglia; non c'è ragione di riderema ridosentendo della gente che ride. Essala musicami trasporta d'un colpoimmediatamentenello stato d'animo in cui si trovava colui che ha scritto la musica. Mi fondo spiritualmente con lui e insieme a lui passo da uno stato d'animo all'altro. Ma perché lo faccionon so.

Perché colui che ha scrittoper esempiola sonata a KreutzerBeethovenlo sapeva bene come mai si trovava in quello stato d'animo: quello stato d'animo l'aveva indotto a determinate azionie perciò quello stato d'animo per lui aveva un sensoper me invece non ne ha nessuno. Ed è perciò che la musica eccita soltantonon conclude. Magari suonano una marcia marzialei soldati passano al suono di questa marciae la musica ha raggiunto il suo scopo; hanno suonato un'aria di danzaio ho ballatoe la musica ha raggiunto il suo scopo; magari hanno cantato una messaio mi sono comunicatoe anche stavolta la musica ha raggiunto il suo scopo; se no non c'è che l'irritazionee quello che bisogna fare in questa irritazione non c'è. Ed è per questo che la musica a volte ha un'azione così terribilecosì orrenda. In Cina la musica è un affare di Stato. E così deve essere. Si può forse ammettere che chiunque vuole ipnotizzi un'altra o molte persone e poi ne faccia quello che vuole? Esoprattuttoche questo ipnotizzatore sia la prima persona immorale che càpita?

Se no un mezzo terribile rimane nelle mani di chiunque càpiti.

Prendiamo come esempio magari questa sonata a Kreutzeril primo "presto": si può forse suonarlo in un salottoin mezzo alle signore scollatequesto "presto"? Suonarlo e poi applaudire e poi mangiare un gelato e parlare dell'ultimo pettegolezzo? Queste cose si possono suonare in determinate circostanze importantiragguardevoli e quando si devono compiere determinati atti importanticonformi a questa musica. Suonare e fare ciò a cui ci ha predisposto questa musica. Se no l'evocazione fuori tempo e fuori luogo di un'energia sentimentale che non riesce a manifestarsi in nessun modo non può non avere un'azione deleteria.

Su di mealmenoquesto pezzo ebbe un'azione tremenda: fu come se mi si scoprissero dei sentimenti che mi sembravano nuovidelle nuove possibilità che fino allora non conoscevo. "Sìecco com'ètutto diverso da come pensavo e vivevo primaecco invece com'è"era come se dicesse una voce nell'animo mio. Che cosa fossero queste novità che avevo imparato a conoscerenon potevo rendermene contoma la coscienza di questo nuovo stato era molto gioiosa. Tutte quelle personee nel loro novero anche mia moglie e luimi apparvero in una luce interamente diversa. Dopo questo "presto" essi suonarono ancora il bellissimoma usuale e non nuovo "andante" con le sue volgari variazioni e il debolissimo "finale". Poi suonarono ancoraa richiesta degli invitatisia un'elegia di Ernstsia varie altre cosette ancora; tutto questo era belloma tutto questo non suscitò in me neppure la centesima parte dell'impressione che m'aveva suscitato il primo pezzo. Tutto questo avveniva ormai sullo sfondo dell'impressione che aveva suscitato quel primo pezzo. Fui disinvolto e allegro tutta la sera. E mia moglie non l'avevo mai vista come era quella sera.

Quegli occhi scintillantiquella severità e importanza nell'espressione mentre suonavae quell'assoluto liquefarsi e un debolepietoso e beato sorriso dopo che ebbero finito. Io vedevo tuttoma non vi attribuivo nessun altro significato tranne questo: che lei aveva le mie stesse esperienzeche anche a lei come a me si scoprivanoed era come se ritornassero alla memorianuovi sentimenti non mai provati. La serata terminò felicementee tutti se ne andarono. Sapendo che io due giorni dopo dovevo partire per andare all'assembleaTruchacevskijsalutandodisse che sperava di poter rinnovare in un altro suo viaggio il piacere avuto quella sera. Da ciò potevo concludere che non riteneva possibile frequentare la mia casa senza che io ci fossie questo mi faceva piacere. Dato che io non sarei tornato prima della sua partenzane risultava che non ci saremmo più visti. Per la prima volta gli strinsi la mano con vero piacere e lo ringraziai del piacere arrecato. Lui salutò definitivamente anche mia moglie.

Anche il loro commiato mi parve il più naturale e decente possibile. Tutto andava benissimo. Io e mia moglie eravamo entrambi contenti della serata.

 

 

 

24.

 

- Due giorni dopo partii per il mio circondariodopo aver salutato mia moglie con l'umore migliore e più tranquillo. Nel capoluogo di circondario c'era sempre una quantità di lavoro e una vita tutta specialeuno speciale miraggio. Per due giorni passai fino a dieci ore in ufficio. Il giorno dopo mi portarono in ufficio una lettera di mia moglie. La lessi subito. Scriveva dei bambinidello ziodella baliadelle sue comperee tra l'altrocome del fatto più normaleche era passato da casa Truchacevskijaveva portato la musica promessa e le aveva promesso di venire di nuovo a suonarema lei aveva detto di no. Io non ricordavo che lui avesse promesso di portare della musica; mi sembrava che allora avesse salutato definitivamente e perciò questo mi colpì in modo spiacevole. Ma c'era tanto da fare che non c'era tempo di pensaree solo alla seratornato nel mio alloggiorilessi la lettera. Oltre al fatto che Truchacevskij era venuto ancora una volta senza che ci fossi iotutto il tono della lettera mi parve incomprensibile. La belva furiosa della gelosia si era messa a ruggire nella sua tana e voleva balzar fuorima io avevo paura di questa belva e la rinchiusi al più presto. "Che brutto sentimento questa gelosia"mi dissie che cosa ci può essere di più naturale di quanto lei mi scrive!. E mi misi a letto e cominciai a pensare agli affari che mi attendevano l'indomani. Tardavo sempre molto ad addormentarmial tempo di queste assembleeper la novità del luogoma questa volta mi addormentai molto presto.

Ecome capitasapetea un tratto una scossa elettricae ti svegli. Così mi svegliaie mi svegliai col pensiero di leidel mio amore carnale per leie di Truchacevskije che tra lui e lei tutto era consumato. L'orrore e il rancore mi serrarono il cuore.

Ma mi misi a farmi la predica. "Che sciocchezze"mi dicevonon esiste nessun fondamento, non c'è e non c'è stato nulla. E come posso umiliare così lei e me, supponendo di questi orrori. Una specie di violinista mercenario, noto come persona poco per bene, e insieme a lui, tutt'a un tratto, una donna onorevole, rispettata, una madre di famiglia, mia moglie. Che assurdità!mi immaginavo da un lato. "Come potrebbe non essere così?" mi immaginavo dall'altro. "Come potrebbe non esserequella stessa cosa semplice e comprensibile in nome della quale l'ho sposataquella stessa cosa in nome della quale io ho vissuto con leiche unica mi era necessaria in lei e che perciò era necessaria anche ad altria quel musicista? E un uomo non ammogliatosano (ricordo come faceva scricchiolare la cartilagine della costoletta e stringeva avidamente tra le labbra rosse il bicchiere col vino)ben pasciutoliscioe non solo senza princìpima evidentemente con dei princìpi che gli dicono di approfittare dei piaceri che si offrono. E tra loro il legame della musicala più raffinata lussuria dei sensi. Che cosa mai può trattenerlo? Nulla. Tuttoal contrariolo attrae. Lei? ma lei chi è? Lei è un mistero: tale era primae così è adesso. Io non la conosco. La conosco solamente come animale. E un animale nulla puòné deve trattenerlo". Soltanto adesso m'ero ricordato i loro visi come erano quella seraquando dopo la sonata a Kreutzer avevano suonato una cosetta appassionatanon so di chiun pezzo sensuale fino all'oscenità. Come ho potuto partire? mi dicevoricordando i loro visi; non era chiaroforseche tra loro tutto s'era concluso quella sera e non si vedeva che già quella sera tra loro non c'era nessuna barrierama che entrambie soprattutto leiprovavano una certa vergogna dopo ciò che era loro accaduto?

Ricordo il suo debolelamentosobeato sorrisomentre si asciugava il sudore sul viso fattosi rossoquando mi sono avvicinato al pianoforte. Allora evitavano già di guardarsie soltanto a cenaquando lui le versava dell'acquasi sono guardatisorridendo appena. Adesso ricordavo con orrore quel loro sguardo da me sorpreso insieme al sorriso appena percettibile.

"Sìtutto è consumato"mi diceva una vocee subito un'altra voce diceva un'altra cosa: "Ti ha preso qualcosa". "Non è possibile "diceva quest'altra voce. Cominciai a sentire l'angoscia di stare coricato al buioaccesi la candelae cominciai a sentire una certa paurain quella piccola stanza dalle tappezzerie gialle. Accesi una sigaretta ecome càpita quando ci si aggira in un medesimo cerchio di contraddizioni insolubiliche si fumafumavo una sigaretta dopo l'altra per annebbiarmi la vista e non scorgere le contraddizioni. Non dormii tutta la nottee alle cinqueavendo concluso che non potevo più rimanere in quella tensione e sarei partito subitomi alzaisvegliai il custode che mi faceva i servizi e lo mandai a procurarsi dei cavalli. Alla seduta mandai un bigliettodicendo che ero chiamato a Mosca per un affare urgente e che perciò pregavo che mi sostituisse uno dei membri. Alle otto salii su una vettura da viaggio e partii.

 

 

 

25.

 

Entrò il capotreno eavendo notato che la nostra candela era finitala spensesenza metterne una nuova. Fuori cominciava a far giorno. Pozdnyshev tacque sospirando profondamenteper tutto il tempo che il capotreno rimase nel vagone. Continuò il suo racconto solamente quando il capotreno fu andato via e nel vagone immerso nella semioscurità non si sentì più che il tintinnare dei cristalli del vagone in moto e il russare uniforme del commesso.

Nella mezza luce dell'alba ormai non riuscivo a vedere affatto Pozdnyshev. Si sentiva soltanto la sua voce sempre più agitata e dolente.

- Dovevo viaggiare per trentacinque miglia con i cavalli e otto ore in treno. Il viaggio con i cavalli era stupendo. Era un tempo autunnale gelato con un sole splendente. Sapeteè il tempo in cui i cerchioni s'imprimono sulla strada sporca. Le strade sono liscela luce è viva e l'aria tonificante. Si viaggiava bene in vettura.

Quando si fece giorno e partiimi sentii meglio. Guardando i cavallii campila gente che incontravodimenticavo dove ero diretto. A volte mi pareva d'essere semplicemente in viaggioche di quello che m'aveva richiamato non esistesse nulla. E mi dava una gioia particolare abbandonarmi così. Quando poi mi ricordavo dov'ero direttomi dicevo: "Allora si vedrànon ci pensare". Per di più a mezza strada accadde un fatto che mi trattenne per la strada e mi distrasse ancora di più: la vettura si ruppe e si dovette ripararla. Questa rottura ebbe una grande importanzaperché fece sì che io arrivassi a Mosca non alle cinquecome calcolavoma a mezzanottee a casa verso l'unagiacché non riuscii a prendere il direttissimo e dovetti ormai viaggiare con l'omnibus. Il cammino fatto per andare a prendere un carrola riparazioneil pagamentoil tè alla locandala conversazione col locandieretutto questo mi distrasse ancora maggiormente. Al crepuscolo tutto era prontoe mi misi di nuovo in camminoe di notte si viaggiava ancora meglio che di giorno. C'era la luna nuovauna piccola gelataper di più una strada bellissimai cavalliun vetturale allegro; e io viaggiavo e me la godevonon pensando quasi affatto a ciò che mi aspettavao me la godevo appunto perché sapevo quel che mi aspettavae prendevo commiato dalle gioie della vita. Ma questo mio stato d'animo tranquillola possibilità di soffocare il sentimentoterminò col viaggio in vettura. Non appena fui entrato nel vagonecominciò qualcosa di assolutamente diverso. Questo percorso di otto ore in treno fu per me una cosa orribileche non dimenticherò in tutta la vita. Forse perchésalito in trenomi immaginavo con vivezza il mio arrivoo perché la ferrovia ha un'azione così eccitante sulle personema da quando ero salito in treno non potevo più dominare la mia immaginazioneed essa cominciò a dipingermi senza interruzionecon straordinaria vivacitàdei quadri che infiammavano la mia gelosiadei quadri che si susseguivano l'uno all'altro ed erano uno più cinico dell'altro e rappresentavano sempre la stessa cosaquello che accadeva là in mia assenzail modo come lei m'aveva tradito. Ardevo d'indignazionedi rabbia e inoltre d'un particolare senso d'inebriamento della mia propria umiliazionecontemplando quei quadrie non potevo staccarmenenon potevo non guardarlinon potevo cancellarli o non suscitarli. Anziquanto più contemplavo questi quadri immaginaritanto più credevo alla loro realtà. La vivacità con cui mi apparivano questi quadri pareva servisse a dimostrare che quanto avevo immaginato era realtà. Era come se un diavolo escogitasse e mi suggerisse contro la mia volontà le considerazioni più orribili. Mi ritornò in mente una vecchia conversazione col fratello di Truchacevskije mi facevo dilaniare l'anima con una specie d'entusiasmo da quella conversazioneriferendola a Truchacevskij e a mia moglie. Era una cosa avvenuta molto tempo fama me la ricordai. Una voltaricordoil fratello di Truchacevskijalla domanda se frequentasse i postriboli aveva risposto che una persona per bene non si sarebbe messa ad andare in luoghi dove si potevano prendere delle malattieed erano anche sporchi e disgustevoliquando si poteva sempre trovare una donna per bene. Ed ecco che luisuo fratelloaveva trovato mia moglie. E' vero che non è più nella sua prima giovinezzale manca un dente da una parte ed è un po' ingrossatapensavo io dal punto di vista di leima che fare?

bisogna approfittare di quello che c'è. Sìè un favore che le faa prenderla come sua amante; intantoera sicura per lui dal punto di vista della sua preziosa salute. Noè impossibilemi dicevo inorridendo. Non c'è nullanulla di simile! E non esiste neppure alcuna ragione per presupporre qualcosa di simile. Lei non mi ha forse detto che era perfino umiliante per lei l'idea che io potessi essere geloso di lui? Sìma lei non fa che mentireesclamavoe ricominciava un'altra volta. I viaggiatori nel nostro vagone non erano che dueuna vecchietta col maritoentrambi molto poco loquacie anche loro scesero a una delle stazionie io rimasi solo. Ero come una belva in gabbia: ora balzavo sumi avvicinavo al finestrinoora cominciavo a camminare barcollandoe cercavo di spingere innanzi il vagone; ma il vagone tremava con tutti i suoi sedili e i suoi cristalliproprio come il nostro.

E Pozdnyshev balzò sufece qualche passo e si sedette di nuovo.

- Ohio ho paura dei vagoni ferroviarimi mettono orrore. Sìè orribile- egli continuò. - Mi dicevo: penserò ad altro. Sumettiamo al padrone della locanda dal quale ho preso il tè.

Ebbeneecco che nell'immaginazione sorge il locandiere dalla lunga barba e il suo nipotinoun ragazzo della stessa età del mio Vasja. Il mio Vasja! Vedrà come il musicista bacia sua madre. Che cosa accadrà nella sua povera anima? Ma a lei che cosa importa?

Lei ama... E di nuovo si sollevava la stessa cosa. Nono! supenserò alla visita compiuta all'ospedale. Sìal malato che ieri reclamava contro il medico. E il medico ha i bafficome Truchacevskij. E come m'ingannavacome m'ingannavano entrambi spudoratamente quando lui diceva che partiva. E cominciava di nuovo. Tutto quello a cui pensavo aveva un legame con lui.

Soffrivo orribilmente. La sofferenza principale consisteva nell'ignoranzanei dubbinello sdoppiamentonell'incertezza se era proprio lei che bisognava amare o odiare. Le sofferenze erano così forti chericordomi era venuta l'ideache mi era piaciuta moltodi scendere sulla strada ferratacoricarmi sulle rotaie per farmi passare sopra il trenoe finirla. Alloraalmenonon ci sarebbe stato più da dubitare. L'unica cosa che m'impediva di farlo era la pietà per me stessoche subito portava con sé un immediato odio per lei. Per luiinveceprovavo uno strano sentimento di odioche era coscienza del mio annientamento e della sua vittoriama per lei provavo un odio tremendo. E' impossibile uccidersi e lasciarla; bisogna che lei soffra almeno un po'che capisca almeno che io ho soffertomi dicevo. Scendevo a tutte le stazioniper distrarmi. In una stazione vidi che al caffè si bevevae subito bevvi io pure dell'acquavite. Accanto a me stava un ebreo e anche lui beveva. Si mise a parlaree iopur di non rimanere solo nel mio vagoneandai con lui nel suo vagone di terza classesporcopieno di fumo e inzaccherato di gusci di semi. Là mi sedetti accanto a luie mi pare che mi raccontasse molte storielle. Io lo ascoltavoma non riuscivo a capire quello che dicevaperché continuavo a pensare alle mie cose. Lui se ne accorse e cominciò a pretendere d'essere ascoltato con attenzione; allora io mi alzai e me ne andai di nuovo nel mio vagone. Bisogna rifletteremi dicevose è vero quello che penso e se ho ragione di tormentarmi. Mi sedetticol desiderio di riflettere tranquillamentema subitoinvece della tranquilla riflessionecominciò di nuovo la stessa cosa: invece di ragionamentiquadri e immagini.

Quante volte mi sono tormentato cosìmi dicevo (ricordavo i precedenti accessi di gelosia simili a quello)e poi tutto è finito in niente. Così anche oraforsee anzi certamentela troverò tranquillamente addormentata: si sveglieràsi rallegrerà nel vedermi e dalle sue paroledal suo sguardo sentirò che non è successo nulla e che queste sono tutte sciocchezze. Ohcome sarebbe bello questo! Ma noè accaduto troppo spessoe ora non accadràmi diceva una vocee ricominciò di nuovo. Sìecco dove stava la pena! Non in un ospedale di sifilitici avrei condotto un giovane per togliergli l'inclinazione per le donnema nella mia animaperché vedesse i diavoli che la dilaniavano! L'orribileinfattiera che io mi riconoscevo un indubitabile pieno diritto sul suo corpocome se fosse stato il mio corpoe nello stesso tempo sentivo che possederloquesto corponon potevoche non era mioe che lei poteva disporne come volevae voleva disporne diversamente da come volevo io. E io non potevo fare nulla né a luiné a lei. Luicome Van'ka il credenziere davanti alla forcaavrebbe cantato di come erano state baciate le labbra zuccherinee così via. E la vittoria sarebbe stata sua. A leipoiancora meno avrei potuto fare qualcosa. Se non l'aveva fattoe voleva farlo (e io sapevo che voleva farlo)era ancora peggio; sarebbe stato perfino meglio se l'avesse fattoperché io lo sapessiperché non ci fosse incertezza. Non avrei potuto dire che cosa desideravo. Desideravo che lei non desiderasse quello che doveva desiderare. Era pazzia piena.

 

 

 

26.

 

- Alla penultima stazionequando venne il capotreno a ritirare i bigliettiiodopo aver raccolto le cose mieuscii sulla piattaformae la consapevolezza che era prossimaimminente la soluzione accrebbe ancora la mia agitazione. Cominciai a sentir freddoe le mascelle cominciarono a tremarmi in modo taleche battevo i denti. Uscii macchinalmente dalla stazione insieme alla follapresi una vettura di piazzavi salii e ci mettemmo in moto. Mi facevo portareosservando i rari passanti e i portinai e le ombre che i fanali e la mia carrozzella gettavano ora avantiora indietrosenza pensare a nulla. Dopo aver fatto un mezzo migliocominciai a sentire freddo ai piedie pensai che in treno mi ero tolto le calze e le avevo messe nella valigetta. Dov'era la valigetta? Era lì? Sì; e dov'era la cesta? Mi ricordai che avevo interamente dimenticato il bagagliomaricordatomene e tratto fuori lo scontrinoconclusi che non valeva la pena di tornare a prenderloe proseguii. Per quanto abbia cercato di ricordare adessonon riesco in nessun modo a ricordare il mio stato d'animo di allora. Che cosa pensavo? Che cosa desideravo? Non so nulla.

Ricordo soltanto che avevo la consapevolezza che nella mia vita stava preparandosi qualcosa di tremendo e di molto importante Se questa cosa importante sia accaduta perché pensavo così o perché lo presentivonon so. Può anche essere che dopo quello che è successo tutti i momenti precedenti abbiano assunto una tinta cupa nel mio ricordo.

Ero arrivato all'ingresso. Era quasi l'una. Alcuni vetturini erano fermi davanti all'ingressoin attesa di clienti per via delle finestre illuminate (le finestre illuminate erano nel nostro alloggioin sala e in salotto). Senza rendermi conto della ragione per cui le nostre finestre erano ancora illuminate così tardisempre nello stesso stato d'animo di attesa di qualcosa di tremendosalii le scale e suonai. Il domesticoil buon Egorpremuroso e molto scioccomi aprì. La prima cosa che mi saltò agli occhi in anticamera fuall'attaccapanni accanto agli altri indumentiil cappotto. Avrei dovuto stupirmima non mi stupiiperché me l'aspettavo. Proprio cosìmi dissiquando ebbi chiesto a Egor chi c'era e lui mi ebbe fatto il nome di Truchacevskij.

Chiesi se c'era ancora qualcun altro. Lui disse: "Nossignorenessuno". Ricordo che mi rispose questo con l'intonazione di volermi rallegraredissipando il dubbio che ci fosse qualcun altro. Benebenesembrava che mi dicessi: "E i bambini?" "Grazie a Dio stanno bene. Dormono da un pezzo".

Non riuscivo a emettere il respiro e non riuscivo a fermare le mie mascelle che tremavano. Sìvoleva dire che non era come pensavo io: era prima che pensavo che ci fosse una sventurae risultava che tutto andava bene come al solito. Ecco che invece adesso le cose non andavano come al solitoma c'era tutto quello che mi ero immaginato e che pensavo di essermi soltanto immaginatomentre ecco che era tutto realtà. Ecco tutto.

Stavo quasi per scoppiare in singhiozzima il diavolo subito suggerì: "Piangifa' il sentimentalee loro si separeranno tranquillamenteprove non ce ne sarannoe tu dubiterai e ti tormenterai sempre". E subito quei sentimentalismi su me stesso scomparvero e si manifestò un sentimento nuovo - non ci crederete -un sentimento di gioia perché adesso il mio tormento sarebbe finitoperché adesso avrei potuto punirlaavrei potuto liberarmi di leiavrei potuto dare libero corso al mio rancore. E io diedi libero corso al mio rancoree diventai una belva. "Non importanon importa"dissi a Egorche voleva andare in salotto; "piuttostoecco qua: corri a prendere una vettura e va'ecco lo scontrinoa farti consegnare la roba. Muoviti!". Lui s'incamminò per il corridoio per andare a prendere il suo paltò. Temendo che li facesse scapparelo accompagnai fino alla sua cameretta e aspettai finché si fu vestito. In salottoa una camera di distanzasi sentiva un rumore di conversazione e un suono di coltelli e di piatti. Essi mangiavano e non avevano sentito il campanello. Purché non vengano fuori adessopensavo io. Egor mise il paltò e uscì. Lo accompagnai e gli chiusi la porta dietroe cominciai a sentirmi angosciato quando ebbi la sensazione che ero rimasto solo e che dovevo agire subito. Comenon sapevo ancora.

Sapevo solamente che adesso tutto era finitoche non ci potevano essere dubbi sulla sua colpevolezza e che stavo per punirla e dare una conclusione ai miei rapporti con lei. Prima avevo ancora delle esitazionie mi dicevo: "Ma forse non è veroforse mi sbaglio".

Questo adesso non c'era più. Tutto era irrevocabilmente deciso. Di nascosto da mesta sola di notte con lui. E' ormai un dimenticare interamente ogni cosa. O ancora peggio: c'è apposta una tale temerarietàun tale coraggio nel delittoperché questa temerarietà sia un segno d'innocenza. Tutto è chiaro. Non ci sono dubbi. Io temevo una sola cosache scappassero viache escogitassero ancora un nuovo inganno e così mi privassero dell'evidenza delle provedella possibilità di dimostrare la cosa.

E allo scopo di coglierli più facilmenteandai in punta di piedi in saladove stavanonon attraverso il salottoma attraverso il corridoio e le camere dei bambini. Nella prima camera i ragazzi dormivano. Nella seconda la balia si mossestava per svegliarsie io m'immaginai tutto quello che avrebbe pensato quando avesse saputo tuttoe una tale pietà per me stesso mi prese a quest'idea che non potei trattenermi dalle lacrimeeper non svegliare i bambinicorsi in punta di piedi nel corridoio e nel mio studiomi lasciai cadere sul mio divano e scoppiai in singhiozzi.

Io sono una persona onestasono figlio dei miei genitori e tutta la vita ho sognato la felicità nella vita di famigliasono un uomo che non l'ha mai tradita. Ed ecco qua! Ha cinque figlie abbraccia un musicista perché ha le labbra rosse! Nonon è un essere umano. E' una cagnauna schifosa cagna... Accanto alla camera dei bambiniper i quali ha finto amore tutta la vita. E scrivermi quello che mi ha scritto. E gettarsi al collo d'un uomo così spudoratamente! Ma che ne so io? forse è sempre stato così.

Forse da un pezzo ha procreato con dei camerieri i figli che vengono considerati miei. E se fossi arrivato domanileicon la sua pettinaturacol suo vitino e i pigri e graziosi movimenti (vidi tutto il suo attraente e odiato viso)mi sarebbe venuta incontroe questa belva della gelosia mi sarebbe rimasta per sempre nel cuore a dilaniarlo. Che penserà la baliaEgor? E la povera Lizoschka? Lei capiva già qualche cosa. E questa spudoratezza! E questa menzogna! E questa animalesca sensualitàche io conosco così benemi dicevo.

Volevo alzarmima non ci riuscivo. Il cuore mi batteva talmente che non riuscivo a stare in piedi. Sìmorirò di un colpo. Lei mi uccide. Di questo appunto ha bisogno. E perché dovrebbe uccidere?

Ma nole sarebbe troppo utilee questo piacere non glielo procuro. Sìio sono quie loro sono là che mangiano e ridono e... E perché non l'ho strangolata allorami dissiricordando il momento in cuiuna settimana primal'avevo scacciata dal mio studio e poi m'ero messo a rompere la roba. Mi ritornò alla memoria con vivezza lo stato d'animo in cui ero allora; non soltanto mi tornò alla memoriama provai il medesimo bisogno di romperedi distruggere che provavo allora. Ricordo come mi venne il desiderio di agiree ogni considerazionetranne quelle che erano necessarie per l'azionemi uscì dal capo: ero entrato nello stato d'animo della belva e dell'uomo che è sotto l'influsso dell'eccitazione fisicasotto l'influsso del pericoloquando l'uomo agisce con esattezzasenza frettama anche senza perdere un minutoe sempre unicamente a quel solo determinato fine.

 

 

 

27.

 

- La prima cosa che feci fu di togliermi le scarpe; rimasto con le calzemi avvicinai al murosopra il divanodove tenevo appesi dei fucili e dei pugnalie presi un pugnale damascato ricurvoche non era mai stato usato ed era molto tagliente. Lo tirai fuori dal fodero. Il foderoricordocadde dietro il divanoe ricordo che mi dissi: poi bisogna ritrovarlose no si perde. Quindi mi tolsi il paltòche avevo sempre tenuto indossoecon passo leggeroandai là senza scarpe. Eavvicinatomi pian pianotutt'a un tratto aprii la porta.

Ricordo l'espressione dei loro visi. Ricordo quell'espressioneperché quell'espressione mi dava una gioia tormentosa. Era un'espressione di terrore. Questo appunto desideravo io. Non dimenticherò mai l'espressione di disperato terrore che comparve nel primo istante su tutt'e due i loro voltiquando mi videro.

Lui mi pare che fosse seduto a tavolamaavendomi veduto o sentitosaltò in piedi e si fermò con le spalle rivolte a un armadio. Sul suo viso non c'era che un'espressionemolto poco dubbiadi terrore. Anche sul viso di lei c'era un'espressione di terrorema insieme a esso c'era anche qualcos'altro. Se non ci fosse stato altro che l'espressione di terroreforse non sarebbe accaduto quello che è accadutoma nell'espressione del viso di lei c'era nel primo istanteo almeno così mi parveanche il doloreil disappunto che avessero interrotto il suo trasporto d'amorela sua felicità con lui. Era come se lei non avesse bisogno d'altro se non che non le impedissero d'essere felice adesso. L'una e l'altra espressione non rimasero che un attimo sui loro visi. L'espressione di terrore sul viso di lui fu subito sostituita da un'espressione interrogativa: si poteva mentire o no? Se si poteva mentirebisognava cominciare. Se non si potevasarebbe cominciato qualcos'altro ancora. Ma che cosa? e lui la guardò interrogativamente. Sul viso di lei l'espressione di stizza e di dolore era stata sostituitaa quel che m'era parsoda un'espressione di preoccupazione per lui quando lei lo aveva guardato. Per un attimo mi fermai sulla portatenendo il pugnale dietro la schiena. In quell'attimo lui sorrise econ un tono indifferente fino al ridicolocominciò: "E noieccofacevamo musica". "Non ti aspettavo proprio"osservò lei contemporaneamentesottomettendosi al tono di lui. Né l'unoné l'altra finì il discorso. Il medesimo furore che s'era impadronito di me una settimana primalo provavo pure adesso. Provai di nuovo quel bisogno di distruzionedi violenza e di entusiastico furore e mi ci abbandonai.

Entrambi non finirono il discorso. Cominciò quell'altra cosadi cui lui aveva paura e che infrangeva d'un tratto tutto ciò che essi stavano dicendo. Mi gettai verso di leinascondendo ancor sempre il pugnale perché lui non m'impedisse di colpirla al fianco sotto la mammella. (Avevo scelto quel punto fin dal principio).

Nel momento in cui mi gettai verso di leilui vide ecosa che non mi aspettavo affatto da luimi prese per un braccio e gridò:

"Ritornate in voiche fate?! Gente!".

Io liberai il braccio e mi gettai senza far parola verso di lui. I suoi occhi s'incontrarono con i miei. Lui impallidì a un tratto come un cencio fino alle labbrai suoi occhi ebbero un lampo particolare ecosa che pure non mi aspettavo affattoscivolò sotto il pianoforte verso la porta. Io stavo precipitandomi dietro di luima al mio braccio sinistro si era attaccato un peso. Era lei. Io mi slanciai. Lei mi si attaccò ancora più fortementee non mi lasciava andare. Questo impedimento inaspettatoil peso e il suo contatto per me disgustoso mi infiammarono ancora di più.

Sentivo d'essere assolutamente frenetico e dovevo essere terribile e ne ero lieto. Sollevai il braccio sinistro con tutta la mia forza e col gomito la colpii proprio in viso. Lei diede un grido e lasciò andare il mio braccio. Io volevo correre dietro a luima mi ricordai che sarebbe stato ridicolo correre appresso senza scarpe all'amante della propria mogliee io non volevo essere ridicoloma volevo essere terribile. Nonostante il tremendo furore in cui eroavevo sempre presente l'impressione che suscitavo negli altri. Ed ero perfino guidato in parte da quest'impressione. Mi volsi verso di lei. Era caduta su una sedia a sdraio econ le mani sugli occhi da me percossimi guardava.

Nel suo viso c'erano paura e odio per meil suo nemicocome ce l'ha il topoquando si solleva la trappola in cui è rimasto preso. Ioalmenonon vedevo nulla in leitranne la paura e l'odio per meche dovevano essere suscitati dall'amore per un altro. Ma forse mi sarei ancora trattenuto e non avrei fatto quello che ho fatto se lei avesse taciuto. Ma lei a un tratto cominciò a parlare e ad afferrare con la mano la mia mano che teneva il pugnale. "Ritorna in te! che fai! che cosa ti capita?

Non c'è nullanullanulla. Lo giuro!". Io avrei aspettato ancorama queste sue ultime paroleche mi fecero concludere il contrariocioè che tutto era accadutovolevano una risposta. E la risposta doveva essere conforme allo stato d'animo in cui mi ero messoche andava sempre crescendo e doveva continuare a svilupparsi allo stesso modo. Anche la frenesia ha una sua legge.

"Non mentireschifosa!" gridaie con la mano sinistra la presi per un braccioma lei si svincolò. Allora iopur sempre senza lasciar andare il pugnalecon la mano sinistra la afferrai per la golala rovesciai supinae la stavo strangolando. Come era ruvido quel collo. Lei si afferrò con entrambe le mani alle mie manistrappandosele via dalla golae iocome se non avessi aspettato altrola colpii con tutta la mia forza al fianco sinistro sotto il costato col pugnale...

Quando la gente dice che in un accesso di furore non ci si ricorda di quello che si faè una sciocchezzanon è vero niente. Io ricordavo tutto e neppure per un attimo cessai di ricordare.

Quanto più forte accendevo in me stesso il fuoco del mio furoretanto più chiara si accendeva in me la luce della coscienzacon la quale non potevo non vedere tutto ciò che facevo. Non posso dire che sapessi prima quello che stavo per farema nell'attimo in cui lo facevoe credo perfino un po' primasapevo quello che avrei fattoquasi perché ci fosse la possibilità di pentirsiperché io mi potessi dire che mi potevo fermare. Sapevo di colpire sotto il costato e che il pugnale sarebbe penetrato. Nel momento in cui lo facevosapevo di fare qualcosa di orribilequalcosa che non avevo mai fatto e che avrebbe avuto conseguenze orribili.

Ma questa coscienza balenò come un lampoe dopo la coscienza venne subito l'atto. Dell'atto fui conscio inmodo straordinariamente chiaro. Sentii e ricordo la resistenza opposta per un attimo dal busto e da qualcosa ancorae poi l'immersione del coltello nella parte molle. Lei si aggrappò con le mani al pugnalese le tagliòma non riuscì a trattenerlo. Poiin prigionedopo che si fu prodotto in me un rivolgimento moralepensai a lungo a quel momentoricordai quello che potevo e ci pensai su. Ricordo per un attimosoltanto per l'attimo precedente al fattola tremenda coscienza di avere ucciso e ucciso una donnamia moglie. L'orrore di questa coscienza lo ricordoe perciò ne concludo e perfino mi rammento confusamente checonficcato il pugnalelo trassi fuori subitodesiderando riparare quanto avevo fatto e fermarlo. Per un secondo stetti lì immobile aspettando quello che sarebbe avvenuto: la cosa si poteva rimediare o no? Lei si alzò bruscamente in piedi e gridò: "Baliami ha ucciso".

La baliache aveva sentito del rumoreera sulla porta. Io continuavo a star lìaspettando incredulo. Ma in quel momento di sotto al suo busto sprizzò il sangue. Soltanto allora capii che rimediare non si potevae conclusi subito che non si doveva neppureche proprio questo io volevo e proprio questo dovevo fare. Aspettai finché lei non cadde e la balia non accorse verso di lei gridando "padri santi!"e soltanto allora gettai lontano il pugnale e me ne andai dalla stanza. "Non bisogna agitarsibisogna che io sappia quello che faccio"mi dissisenza guardare lei né la balia. La balia gridavachiamava la cameriera.

Io passai dal corridoio edopo aver mandato là la camerieraandai in camera mia. Che cos'è che bisogna fare adesso? mi chiesie capii subito che cos'era. Entrato nel mio studiomi avvicinai subito al murone staccai un revolverlo esaminai - era carico - e lo misi sulla tavola. Poi tirai su il fodero da dietro il divano e mi sedetti sul divano. Sedetti a lungo così. Non pensavo nullanon rievocavo nulla. Sentii che là si davano da fare. Sentii come giunse qualcunopoi ancora qualcuno. Poi sentii e vidi come Egor portò nello studio la cesta che era andato a prendere. Come se questo servisse a qualcuno.

"Hai sentito quello che è successo?" dissi io: "di' al portinaio che avvertano la polizia". Lui non disse nulla e se ne andò. Io mi alzaichiusi la porta e trassi fuori una sigaretta e i fiammiferi e mi misi a fumare. Non avevo finito di fumare la sigaretta che m'aveva preso e vinto il sonno. Dormii probabilmente un paio d'ore. Ricordo che vidi in sogno che con lei eravamo in amiciziac'eravamo riconciliatima ci stavamo riconciliando e qualcosa ci dava noiama eravamo amici. Mi svegliò un picchio alla porta. E' la poliziapensai io svegliandomimi pare infatti di avere ucciso. Ma forse è leie non è accaduto nulla. Picchiarono ancora alla porta. Io non risposi nullae stavo risolvendo il problema se quello era accaduto o no. Sìera accaduto. Ricordai la resistenza del busto e l'immersione del coltelloe un brivido mi percorse la schiena... Sìè accaduto. Sìè accaduto. Sìadesso anche memi dissi. Ma io dicevo questo e sapevo che non mi sarei ucciso. Tuttavia mi alzai e presi di nuovo in mano il revolver.

Mafatto stranoricordo comeprimaio sia stato molte volte vicino al suicidiocome quel giorno perfino in ferrovia la cosa mi sembrasse facilefacile proprio perché pensavo che colpo le avrei dato così. Adesso non potevo in nessun modo non solo uccidermima neppure pensarci. Perché lo farei? mi domandai. E non venne nessuna risposta. Picchiarono ancora una volta alla porta. Sìprima bisogna sapere chi è che picchia. Farò ancora in tempo. Deposi il revolver e lo coprii con un giornale. Mi avvicinai alla porta e levai il paletto. Era la sorella di mia moglieuna buona e sciocca vedova. "Vasjache cos'è mai?" dissee le lacrime che aveva sempre pronte cominciarono a scorrere. "Che cosa serve?" chiesi io villanamente. Vedevo che non occorreva affatto né c'era ragione d'essere villano con leima non sapevo trovare nessun altro tono. "Vasjasta morendo. L'ha detto Ivan Zacharyc'". Ivan Zacharyc' era il medicoil suo medico e consigliere. "Perché lui è qui?" chiesi ioe tutta l'animosità verso di lei si sollevò di nuovo. "Ebbenee allora?" "Vasjava' da lei. Ah che orrore!" disse. Devo andare da lei? fu la domanda che mi rivolsie risposi subito che bisognava andare da leiche probabilmente usava sempre fare cosìchequando un marito aveva ucciso la moglie come medoveva assolutamente andare da lei. Se usa cosìbisogna andaremi dissi. Sìse sarà necessariofarò sempre in tempopensaia proposito della mia intenzione di spararmie andai da lei. Adesso ci saranno delle frasidelle smorfiema io non mi lascerò piegare. "Aspetta"dissi a sua sorellaè sciocco andare senza scarpe, lascia che m'infili almeno le pantofole.

 

 

 

28.

 

- Ed è un fatto curioso: di nuovoquando uscii dalla stanza e m'incamminai per le stanze consuetedi nuovo si manifestò in me la speranza che nulla fosse accadutoma l'odore di quella porcheria dei medicidi cloroformiodi acido fenicomi colpì.

Notutto era accaduto. Passando per il corridoio accanto alle camere dei bambinividi Lizan'ka. Mi guardava con occhi spaventati. Mi parve perfino che fossero lì tutti e cinquee mi guardassero. Mi avvicinai alla portae la cameriera mi aprì dal di dentro e uscì. La prima cosa che mi saltò agli occhi fu il suo vestito grigio chiaro su una seggiolatutto nero di sangue. Sul nostro letto a due piazzeanzi dalla mia parte (a cui era più facile accostarsi) era coricata leicon le ginocchia sollevate.

Era coricata molto in pendenzasoltanto su dei cusciniin un copribusto sbottonato. Sul punto della ferita era stato messo qualcosa. Nella stanza c'era uno spiacevole odore di iodoformio.

Prima e più di tutto mi colpì il suo viso enfiato e fatto turchino dalle lividureche erano anche su una parte del naso e sotto gli occhi. Era la conseguenza della mia gomitataquando aveva voluto trattenermi. Bellezza non ce n'era affattoe invece mi apparve qualcosa di disgustoso: mi fermai sulla soglia. "Avvicinatiavvicinati a leimi diceva la sorella. Sìsi vede che vuol mostrare il suo pentimentopensai io. La perdonerai? Sìsta morendoe si può perdonarlepensavo iocercando d'essere generoso. Le giunsi proprio a fianco. Lei sollevò su di me con fatica i suoi occhiuno dei quali era ammaccatoe a fatica articolò con delle pause: "Hai raggiunto il tuo scopomi hai uccisa"e sul suo visoattraverso le sofferenze fisiche e perfino attraverso la vicinanza della mortesi espresse il medesimo vecchio odio freddoanimale che io conoscevo. "I bambini... però... non te li... lascio. Li prenderà... lei (la sorella)". Di quello invece che per me era la cosa principalela sua colpail tradimentoera come se ritenesse che non valeva la pena di parlarne. "Sìammira quel che hai fatto"disse leiguardando la portae si mise a singhiozzare. Sulla porta stava la sorella con i bambini. "Sìecco che cosa hai fatto". Io guardai i bambiniil suo viso tumefatto pieno di lividuree per la prima volta mi dimenticai di me stessodei miei dirittidel mio orgoglioper la prima volta vidi in lei un essere umano. E così insignificante mi apparve tutto ciò che mi offendevatutta la mia gelosiae così importante ciò che avevo fattoche volevo reclinare il viso sulle sue mani e dire "perdona"ma non osavo.

Lei tacevacon gli occhi chiusievidentemente senza avere la forza di parlare oltre. Poi il suo viso sfigurato si mise a tremaresi corrugò. Mi respinse debolmente. "Perché è accaduto tutto questo?" "Perdonami "dissi io. "Perdonamisono tutte sciocchezze". "Pur di non morire! " esclamò leisollevandosi e i suoi occhi scintillanti di febbre si fissarono su di me. "Sìhai raggiunto il tuo scopo. Ti odio. Ahi! Ah!" gridòevidentemente delirandospaventata di qualcosa. "Suammazzaammazzaio non ho paura... Tuttitutti peròanche lui. Se n'è andatose n'è andato!". Il delirio continuò per tutto il tempo. Non riconosceva nessuno. Quello stesso giorno verso mezzogiorno morì.

Io ancor primaalle ottoero stato portato in sezione e di là in carcere. E lìnegli undici mesi che ci stetti in attesa del processoho meditato su di me e sul mio passato e l'ho capito; cominciai a capire dopo due giorni. Dopo due giorni mi condussero "laggiù".

Egli voleva dire qualcosa enon avendo la forza di trattenere i singhiozzisi fermò. Raccogliendo le proprie forzecontinuò:

- Cominciai a capire solamente quando la vidi nella bara -. Ebbe un singhiozzoma continuò subito frettolosamente: - Solamente quando vidi il suo viso mortocapii tutto quello che avevo fatto.

Capii che ioio l'avevo uccisache per causa mia era accaduto che lei prima era vivasi muovevaera caldamentre adesso era diventata immobilecereafreddae che a questo non si poteva rimediare maiin nessun luogoin nessun modo. Chi non l'ha passato non può capire. Uh! uh! uh! - egli esclamò varie voltee tacque.

Sedemmo a lungo in silenzio. Lui singhiozzava e tremava in silenzio davanti a me.

- Viaperdonatemi -. Mi volse le spalle e si coricò sul sedilecoprendosi con un plaid.

Alla stazione dove dovevo scendere (erano le otto del mattino) mi avvicinai a lui per salutarlo. Dormisse o facesse fintacerto è che non si muoveva. Lo toccai con una mano. Si scopersee si vedeva che non stava dormendo.

- Addio- dissi iodandogli la mano.

Egli mi diede la mano e sorrise appenama così pietosamente che mi venne da piangere.

- Sìperdonatemi- feceripetendo la stessa parola con cui aveva concluso anche tutto il racconto.

 

 

(1889)

 

 

 

NOTE:

  1. Libro del Cinquecento sull'"ordine della casa".
  2. Bevanda di pane fermentato.
  3. Minestra con semola di grano o altri cereali.
  4. Setta quaccheranata all'inizio del Settecento. 



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