Readme.it in English  home page
Readme.it in Italiano  pagina iniziale
readme.it by logo SoftwareHouse.it

Yoga Roma Parioli Pony Express Raccomandate Roma

Ebook in formato Kindle (mobi) - Kindle File Ebook (mobi)

Formato per Iphone, Ipad e Ebook (epub) - Ipad, Iphone and Ebook reader format (epub)

Versione ebook di Readme.it powered by Softwarehouse.it


Fëdor Dostoevskij



IL GIOCATORE

 

 

 

 

1.

 

 

Finalmente ritornavo dopo un'assenza di due settimane. Già da tre giorni i nostri si trovavano a Roulettenburg. Pensavo di essere atteso con chi sa quale ansiae invece mi sbagliavo. Il generale mi accolse con una disinvoltura eccessivami parlò squadrandomi dall'alto in basso e mi mandò da sua sorella. Era evidente che da qualche parte erano riusciti a procurarsi del denaro. Ebbi addirittura l'impressione che il generale mi guardasse con un certo imbarazzo. Màrja Filìppovnaindaffaratissimami liquidò con poche parole; preseperòil denarolo contò e ascoltò il mio rapporto. A pranzo erano attesi Mezentzòvil francesino e un inglese; come semprequando c'era denarosubito inviti a pranzo:

secondo l'uso moscovita. Polina Aleksàndrovnavedendomimi chiese come mai fossi rimasto assente tanto a lungo. Ma non aspettò nemmeno la risposta e se ne andò. Si capiscel'aveva fatto apposta. Però dovevo parlarle a ogni costo. Molte cose si erano accumulate.

Mi era stata assegnata una piccola stanzaal quarto piano dell'albergo: si sa qui che io appartengo al "seguito del generale". Da ogni cosa si capisce che essi sono riusciti a dare nell'occhio. Qui il generale è creduto un ricchissimo magnate russo. Ancora prima di pranzoha fatto in tempotra gli altri incarichia darmi due biglietti da mille franchi da cambiarela qual cosa feci alla segreteria dell'albergo. Ora ci riterranno dei milionarialmeno per una settimana. Volevo prendere Misha e Nàdja e portarli a fare una passeggiatama sulla scala mi chiamarono per conto del generale: si degnava di informarsi su dove avrei portato i bambini. Quest'uomo non può assolutamente guardarmi negli occhi: vorrebbe farloma ioogni voltagli rispondo con uno sguardo così fissovorrei dire irriverenteche egli sembra confondersi. Con un discorso tronfiolegando alla meglio una frase dopo l'altra ealla fineimpappinandosi completamentemi fece capire che dovevo passeggiare con i bambini lontano dal Casinònel parco. Eirritandosiconcluse bruscamente:

"Se noa voi salta magari in mente di portarli al Casinòalla roulette. Mi dovete scusare aggiunse, ma so che siete ancora un po' sventato e capaceDio sadi mettervi a giocare. In ogni casoanche se io non sono il vostro mentore e non ho alcuna intenzione di assumere una simile parteho tuttavia il diritto di pretendere che voiper così direnon mi compromettiate..." "Ma sapete che non ho denaro risposi in tutta calma, eper perderlobisogna averlo." "Lo avrete immediatamente" rispose il generalearrossendo leggermente; poirovistato nel suo scrittoioconsultò un libriccino e risultò che mi doveva circa centoventi rubli.

"Per poter fare questi conti" ripreseserve cambiare i denari in talleri. Prendete per ora cento talleri, cifra tonda; il resto, naturalmente, non andrà perduto.Presi il denaro in silenzio.

"Per favorenon offendetevi per quanto vi ho dettosiete così permaloso... Se vi ho fatto un'osservazionel'ho fattoper così direallo scopo di mettervi in guardia ecertamentecon un certo diritto..." Ritornando a casa con i bambini per il pranzoincontrai un'intera cavalcata: erano i nostri che andavano a visitare non so quali rovine... Due splendide carrozze e dei cavalli superbi!

Mademoiselle Blanche era in carrozza con Màrja Filìppovna e Polina; il francesinol'inglese e il nostro generale andavano a cavallo. I passanti si fermavano a guardarli: l'effetto era raggiunto... ma il generale finirà male! Ho fatto il conto cheaggiungendo ai quattromila franchi che ho portato io quelli che evidentemente sono riusciti a procurarsiavranno in tutto sette o ottomila franchi; troppo pochi per mademoiselle Blanche.

Mademoiselle Blanche sta anche lei nel nostro albergoinsieme con la madre; e ci sta anchenon so bene doveil nostro francesino.

I camerieri lo chiamano "monsieur le comte"la madre di Blanche viene chiamata "madame la comtesse"e magari lo sono veramente "comte" e "comtesse".

Sapevo già che "monsieur le comte" non mi avrebbe riconosciuto quando ci saremmo trovati a tavola per il pranzo. Il generalenaturalmentenon pensò a presentarci oalmenoa presentare me a lui; ma "monsieur le comte" è stato in Russia e sa benissimo che persona poco importante sia quello che essi chiamano "outchitel" (1). Eglid'altra partemi conosce molto bene. Mase devo essere sinceroanche a pranzo sono capitato senza essere invitato: sembra che il generale si fosse dimenticato di dare disposizioni al riguardose no senza dubbio mi avrebbero mandato a pranzare alla "table d'hôte". Mi presentai cosìdi mia iniziativatanto che il generale mi gettò un'occhiata poco soddisfatta. La buona Màrja Filìppovna mi indicò subito un postoma l'incontro con mister Astley mi tolse d'impiccio esenza volerlofeci la figura di appartenere alla loro società.

Avevo incontrato questo strano inglese per la prima volta in Prussiain trenodove sedevamo l'uno di fronte all'altroquando ero in viaggio per raggiungere i nostri; poi mi ero imbattuto in lui entrando in Francia einfinein Svizzera; poi un paio di volte nel corso di quelle due settimaneed ecco che ora lo avevo incontrato inaspettatamente a Roulettenburg. Non mi è mai capitato in tutta la vita di conoscere un uomo più timidotimido fino alla stupidità e luinaturalmentese ne rende conto perché stupido non lo è affatto. Del restoè molto simpatico e tranquillo. Ero riuscito a farlo parlare durante il nostro primo incontro in Prussia. Mi disse che nell'estate era andato al Capo Nord e che aveva una gran voglia di visitare la fiera di Niginij-Nòvgorod.

Non so come abbia conosciuto il generale: mi sembra che sia innamoratissimo di Polina. Quando lei è entratail viso di lui si è fatto di bracie. Era molto contento che a tavola gli sedessi vicinoe mi sembra che mi consideri già come suo intimo amico.

A tavola il francesino si dava molte arie: è superbo e sprezzante con tutti. E a Moscami ricordonon faceva che bolle di sapone.

Parlò senza posa di finanze e di politica russa. Il generaleogni tantoosava contraddirlo ma con molta discrezioneunicamente quel tanto che bastava per non mettere a repentaglio la propria importanza.

Io ero in uno strano stato d'animo; si capisceprima ancora di essere a metà del pranzo mi ero già posto la solita domanda di tutti i giorni: "Perché continuo a frequentare questo generale e non l'ho piantato da un pezzo?" Di tanto in tanto guardavo Polina Aleksàndrovnama lei non badava assolutamente a me. Finii con l'irritarmi e decisi di diventare insolente.

E cominciai così che a un trattosenza nessun motivo e senza essere interpellatomi intromisi nella conversazione altrui.

Avevo vogliasoprattuttodi attaccarmi con il francesino. Mi rivolsi al generale e di colpoa voce alta e mi sembra anche interrompendoloosservai che quell'estate era diventato quasi impossibile per i russi mangiare alle "tables d'hôte". Il generale mi gettò uno sguardo stupito.

"Se siete uno che appena si rispetti" continuaiimmancabilmente vi sentirete insultare e dovrete sopportare le più umilianti mortificazioni. A Parigi, sul Reno, e persino in Svizzera, ci sono alle tables d'hôte" tanti di quei polaccuzzi e francesini che simpatizzano tra loro che non è possibile dire una parolase siete russo." Dissi questo in francese. Il generale mi guardòincerto se andare in collera o solo meravigliarsi che io mi fossi lasciato andare fino a quel punto.

"Vuol dire allora che da qualche parte qualcuno vi ha dato una lezione" disse il francesinocon incurante disprezzo.

"Ioa Parigiprima ho attaccato lite con un polacco gli risposi, poi con un ufficiale francese che aveva preso le parti del polacco. Ma poi una parte dei francesi cominciò a spalleggiare me quando raccontai loro che volevo sputare nel caffè di un monsignore." "Sputare?" chiese il generale con espressione incredula e guardandosi in giro. Il francesinomi fissava con diffidenza.

"Proprio così" risposi. "Poiché per due giorni fui convinto che avrei dovuto fare un salto a Roma per le nostre faccendemi recai negli uffici dell'ambasciata del Santo Padre a Parigi per far vistare il mio passaporto. Là mi ricevette un abatino sui cinquant'annisecco e dalla fisionomia gelida chedopo avermi ascoltato con cortesia ma con straordinaria freddezzami pregò di aspettare. Nonostante avessi frettanaturalmente mi sedetti ad aspettaretirai fuori l'"Opinion Nationale" e cominciai a leggere alcune tremende invettive contro la Russia. Intanto avevo udito che qualcunodalla stanza vicinaera entrato dal monsignore e vidi il mio abate inchinarsi. Mi rivolsi a lui con la preghiera di prima: in tono ancora più asciuttomi pregò nuovamente di attendere. Dopo un po' entrò un altro sconosciuto ma per affariun austriaco; gli diedero subito ascolto e lo accompagnarono di sopra. Allora cominciai a irritarmimi alzai mi avvicinai all'abate e gli dissi in tono deciso chevisto che il monsignore ricevevapoteva sbrigare anche me. D'improvviso l'abate si spostò in preda a un insolito stupore. Non poteva assolutamente capire come mai un russo qualunque avesse l'ardire di paragonarsi ai visitatori di monsignore. Con tono insolentecome se provasse un vero piacere nel potermi offenderemi squadrò dalla testa ai piediesclamando: "Possibile che voi pensiate che monsignore lasci il suo caffè per voi?" Allora presi a gridarema ancora più forte di lui: "Sappiate che nel caffè del vostro monsignore io ci sputo! Se non la fate immediatamente finita con il mio passaportoandrò io stesso da lui..." "Come! proprio mentre c'è da lui un cardinale!" urlò l'abatinoallontandosi da me con orrore: poi si precipitò alla porta e incrociò le braccia facendo vedere che sarebbe morto piuttosto di lasciarmi passare. Allora gli risposi che io ero un eretico e un barbaroque je suis herétique et barbaree che di tutti quei vescoviarcivescovicardinalimonsignori eccetera ecceterame ne infischiavo altamente. In una parolagli feci capire che non avrei ceduto. L'abate mi lanciò un'occhiata piena di odio sconfinatomi strappò di mano il passaporto e lo portò di sopra.

Dopo un minuto era già vistato. Eccolosignorivolete vederlo?" Tirai fuori di tasca il passaporto e mostrai il visto di Roma.

"Voi però..." cominciò il generale...

"Vi ha salvato il fatto che vi siete dichiarato eretico e barbaro" osservò ridendo il francesino. "Cela n'était pas si bête!" (2) "Così dunque si devono trattare i nostri russi? Loro se ne stanno qui tranquillinon osano nemmeno fiatare e sono magari anche pronti a negare di essere russi. Per lo menoa Pariginel mio albergoavevano cominciato a trattarmi con molto più riguardo da quando avevo raccontato a tutti la mia lite con l'abate. Un grosso "pan" (3) polaccoil più ostile verso di me alla "table d'hôte"era passato in seconda linea. I francesi sopportarono addirittura che io raccontassi di aver visto due anni prima un uomo contro il quale un cacciatore francese aveva sparato nel '12soltanto per scaricare il fucile. Quell'uomo era allora un ragazzino di soli dieci anni e la sua famiglia non aveva fatto in tempo a fuggire da Mosca." "Questo non è possibile!" esclamò infuriato il francesino. "Un soldato francese non spara contro un ragazzo!" "Però la cosa è successa" ribattei io. "Me l'ha raccontata un rispettabile capitano a riposoe io stesso ho visto sulla sua guancia la cicatrice lasciata dal proiettile." Il francesino si mise a parlare in fretta e senza più smetterla.

Il generale stava già per spalleggiarloma io gli raccomandai di leggereper esempioqualche brano dalle "Memorie" del generale Perovskijche nel '12 era stato prigioniero dei francesi. InfineMàrja Filìppovna si mise a parlare di non so più che cosa per cambiare discorso. Il generale era molto scontento di meperché io e il francese avevamo già iniziato ad alzare la voce. Ma a mister Astley mi sembrò che fosse molto piaciuta la mia discussione con il francese; alzandosi da tavola mi invitò a bere un bicchiere di vino. La sera mi riuscìcom'era da aspettarsidi poter parlare per un quarto d'ora con Polina Aleksàndrovna. La nostra conversazione avvenne durante la passeggiata. Tutti erano andati nel parcoverso il Casinò. Polina si era seduta su una panchinadi fronte alla fontanae aveva lasciato che Nàdenka andasse a giocare non lontano con altri bambini. Anch'io avevo lasciato andare Misha alla fontana e cosi rimanemmo finalmente soli.

Si capisce che iniziammo a parlare di affari. Polina andò addirittura in collera quando le consegnai in tutto settecento "gulden". Era sicura che gliene avrei portati da Parigiin pegno dei suoi brillantialmeno duemila e anche di più.

"Ho bisogno di denaroa ogni costo" mi dissee occorre trovarlo. Se no, sono perduta.Cominciai a interrogarla su quello che era successo durante la mia assenza.

"Nient'altro che questo: abbiamo ricevuto da Pietroburgo due notiziela prima che la nonna stava molto male edopo due giorniche sembrava fosse già morta. Queste notizie ci sono arrivate da Timoféj Petrovitch" aggiunse Polinae lui è un uomo molto preciso. Aspettiamo ora la notizia definitiva.Così, qui, sono tutti in attesa?chiesi.

"Naturalmentetutto e tutti; da sei mesi sperano soltanto in questo." "Anche voi ci sperate?" domandai.

"Ma il fatto è che io non le sono affatto parentepoiché sono solo la figliastra del generale. Ma so con certezza che si ricorderà di me nel testamento." "Credo che anche a voi toccherà moltissimo" risposi confermando.

"Simi voleva bene; ma perché voi lo credete?" "Ditemi le risposi con un'altra domanda, il nostro marchese è anche lui dentro a tutti i segreti di famiglia?" "Ma voi perché ve ne interessate?" chiese Polinalanciandomi uno sguardo duro e severo.

"Sfido io! Se non mi sbaglioil generale è già riuscito a farsi prestar denaro da lui." "L'avete indovinata!" "Credete che gli avrebbe dato del denarose non avesse saputo della nonna? Avete notato che luia tavolaper ben tre volteparlando della nonna l'ha chiamata 'babùlenka' la 'baboulinka' (4)? Che razza di rapporti confidenziali e amichevoli!" "Sìavete ragione. Non appena saprà che mi toccherà qualcosa per testamentosubito chiederà la mia mano. Era questo che volevate sapere?" "Solo adesso chiederà la vostra mano? Credevo che l'avesse fatto da un pezzo..." "Sapete benissimo che non è così!" esclamò con rabbia Polina.

"Dove avete incontrato questo inglese?" aggiunsedopo un minuto di silenzio.

"Ero certo che ora avreste chiesto di lui." E le raccontai dei miei precedenti incontri con mister Astley.

"E' timido e si accende facilmente: naturalmentesarà già innamorato di voi!" "Sìè innamorato di me" rispose Polina.

"Ed èsenza dubbiodieci volte più ricco del francese. Ma il francese possiede poi veramente qualche cosa? Non c'è alcun dubbio al riguardo?" "Non c'è alcun dubbio. Possiede non so quale 'château'. Ancora ieri il generale ne parlava con sicurezza. Ebbenesiete soddisfatto?" "Ioal vostro postosposerei senz'altro l'inglese." "Perché?" chiese Polina.

"Il francese è più belloma più vile; l'inglese èsoprattuttoonestoe poi dieci volte più ricco" risposi seccamente.

"Siperò il francese è marchese e è più intelligente" ribatté lei con la massima calma.

"Ma è proprio vero?" continuaicon il tono di prima.

"Verissimo!" A Polina le mie domande dispiacevano tremendamentee mi accorgevo che voleva farmi irritare con il tono e la stranezza delle sue risposte; e glielo dissi subito.

"Sapetemi diverte proprio vedere come vi infuriate. Non fosse altro che per il fatto che vi permetto di rivolgermi simili domande e di fare simili congetturedovete pagarmela." "Mi ritengo in pieno diritto di farvi qualsiasi domanda le risposi con tutta calma, precisamente perché sono pronto a pagarle come voletee la mia vita adesso non la stimo proprio niente." Polina scoppiò a ridere.

"L'ultima voltasullo Schlangenbergmi avete detto che eravate prontoalla mia prima parolaa buttarvi giù a capofitto e mi sembra che là ci sia un salto di circa mille piedi. Un bel giorno pronuncierò questa parola solo per vedere come pagheretee siate pur certo che non cambierò idea. Voi mi siete odioso proprio perché vi ho concesso tante libertà e ancora più odioso perché mi siete necessario. Mafino a che mi siete necessariobisogna che vi tenga da conto." Fece per alzarsi. Parlava con voce irritata. Negli ultimi tempi concludeva sempre i suoi colloqui con me con irritazione e astiosìcon vero astio!

"Mi permettete di chiedervi che cos'è questa mademoiselle Blanche?" chiesinon volendo lasciarla andare via senza una spiegazione.

"Lo sapete benissimo che cos'è mademoiselle Blanche. Niente di nuovo si è aggiunto da allora. Mademoiselle Blanche diventerà senza dubbio generalessanaturalmente se le voci sulla morte della nonna verranno confermatepoiché mademoiselle Blanchesua madre e il marchese'cousin' di terzo gradosanno benissimo che noi siamo rovinati." "E il generale è proprio innamorato?" "Ma ora non si tratta di questo. Ascoltate e tenete bene in mente:

prendete questi settecento fioriniandate a giocaree vincete alla roulette quanto più potete; ho bisogno di denaroa ogni costo." Detto questochiamò Nàdenka e andò verso il Casinò dove si riunì a tutta la nostra compagnia. Io girai a sinistra per il primo sentiero che mi capitòsoprappensiero e meravigliato.

Quell'ordine di andare alla roulette mi aveva fatto l'effetto di un pugno in testa. Cosa strana: avevo di che riflettere einvecemi sprofondai nell'analisi dei miei sentimenti per Polina. In verità in quelle due settimane di assenza mi ero sentito meglio di adessogiorno del mio ritornoanche se durante il viaggio avevo sofferto di una tremenda nostalgia di leimi ero agitato come un ossesso e persino in sogno l'avevo continuamente davanti a me. Una volta (successe in Svizzera)addormentatomi in trenomi ero messosembraa parlare ad alta voce con Polinafacendo ridere tutti i miei compagni di viaggio. E ancora una voltaadessomi chiesi se la amavo. E ancora una volta non seppi risponderecioèper meglio direper la centesima volta risposi a me stesso che la odiavo. Sìlei mi era odiosa. C'erano dei momenti (e precisamente ogni volta che concludevamo i nostri colloqui) che avrei dato metà della mia vita per strozzarla. Giuro che se fosse stato possibile affondare lentamente nel suo petto un acuminato coltellocredo che lo avrei afferrato con gioia. E nello stesso tempo giurosu tutto quanto ho di più sacroche se sullo Schlangenbergla vetta di modalei mi avesse detto: "Buttatevi giù!" l'avrei fatto immediatamente e persino con voluttà. Lo sapevo. In un modo o nell'altrola cosa doveva decidersi. Tutto questo lei lo capisce perfettamentee il pensiero che io sia convinto sinceramente e profondamente della sua inaccessibilità per medell'impossibilità di realizzare le mie fantasiequesto pensierosono convintole procura un godimento straordinario; in caso contrario come potrebbe leitanto intelligente e prudenteessere con me in rapporti così sinceri e familiari? Mi sembra che fino ad ora mi abbia considerato come quell'antica imperatrice che si spogliava davanti al suo schiavonon ritenendolo un uomo. Sìmolte volte non mi ha considerato un uomo...

Comunque avevo avuto da lei un incarico: vincere alla roulette a qualunque costo. Non avevo tempo di pensare: perché bisogna vincere con tanta urgenza e quali nuove considerazioni saranno nate in quel cervello eternamente in azione per i suoi calcoli?

Oltre a questo era evidente che in quelle due settimane si era accumulato un sacco di fatti nuovi dei quali non avevo ancora idea. Bisognava indovinare tuttovedere bene in fondo a ogni cosa e il più presto possibile. Ma per il momento non avevo tempo:

dovevo vincere alla roulette.

 

 

NOTE:

  1. Precettorein russo. La grafia vuole rendere la pronuncia francese.
  2. "Non è stata una cattiva idea!"
  3. Signorein polacco.
  4. Nonnina. Deformazione grafica per rendere la pronunzia francese.

 

 

2.

 

 

Confesso che la cosa mi riusciva spiacevole; nonostante avessi ormai deciso di giocarenon volevo assolutamente farlo per gli altri. La cosaanzimi sconcertava non pocoed entrai nelle sale da giuoco con una sensazione molto fastidiosa. Fin dalla prima occhiataniente là dentro mi piacque. Non posso soffrire la servilità dei "feuilletons" dei giornali di tutto il mondoe soprattutto quella dei nostri giornali russinei quali quasi ogni primavera gli articolisti trattano due argomenti: innanzi tutto la straordinaria grandiosità e lo sfarzo delle sale da giuoco delle città sul Reno dove c'è la roulettee in secondo luogo i mucchi d'oro chea sentire lorogiacerebbero sui tavoli. E sì che non sono pagati per questo: scrivono queste cose cosìcon una disinteressata compiacenza. Nessuna grandiosità e nessuno sfarzo in queste sudicie sale; equanto all'oronon solo non giace a mucchi sui tavolima è tanto se lo si vede qualche volta comparire. Naturalmente può accadere nel corso della stagione che capiti qualche tipo originaleo un inglese o un qualche asiaticoun turcocome quest'estateche di colpo perda o guadagni moltissimo; gli altri giocatori puntano piccole somme emediamentesui tavoli si trova sempre poco denaro.

Appena entrai nella sala da giuoco (era la prima volta nella mia vita) rimasi ancora un po' di tempo senza decidermi a giocare. E per di più la folla mi spingeva. Ma anche se fossi stato soloanche allorapensome ne sarei andato subito e non avrei cominciato a giocare. Confesso che il cuore mi batteva forte e che avevo perso tutto il mio sangue freddo; sapevo con certezzae da molto tempo lo avevo decisoche da Roulettenburg non me ne sarei andato cosìsemplicemente; nel mio destino sarebbe sopravvenuto qualcosa di radicale e di definitivo. Così deve essere e così sarà. Per quanto sia ridicolo che io mi aspetti tanto dalla roulettemi sembra ancora più ridicola l'opinione comuneaccettata da tuttiche è assurdo e stupido aspettarsi qualcosa dal gioco. Perché il gioco dovrebbe essere peggiore di qualsiasi altro mezzo per far quattrini comeper esempiodel commercio?

Vero è chesu centouno solo vincema a me che importa?

Comunque decisiper prima cosadi osservare tutto attentamente e di non cominciareper quella seraniente di serio. Quella serase doveva succedere qualcosasarebbe successa come imprevistoper caso; così avevo deciso. Inoltre era necessario che imparassi il gioco poichénonostante le mille descrizioni della roulette che io avevo sempre letto con avido interessenon avevo capito assolutamente niente del suo meccanismo fino a che non avevo visto io stesso.

Innanzi tuttoogni cosa mi sembrò così luridamoralmente brutta e lurida! E non parlo di quelle facce avide e inquiete che a decineanzi a centinaiaaffollano i tavoli da giuoco. Non vedo proprio niente di sudicio in quel desiderio di guadagnare più presto e di più; e ho sempre ritenuto sciocco il pensiero di un moralista sazio e ben provvisto chealla giustificazione di un tale che "si fanno solo piccole puntate" rispose: "Tanto peggio perché il guadagno è misero". Come se guadagno misero e guadagno consistente non fossero la stessa cosa. E' solo questione di proporzione. Quello che per Rotschild è una miseriaper me è una ricchezza; ein quanto al fatto del guadagno e della vincitagli uomini non solo alla roulettema dappertutto e semprenon fanno che strapparsi o vincersi l'un l'altro qualche cosa. Chein generalelucro e guadagno siano sporchiè un'altra faccendama non è qui il caso di risolverla. Dal momento che anch'io ero dominato al massimo dal desiderio di vincerecosì quell'interesse e quell'interessata brutturami eranose voleteentrando nella salain certo qual modo più familiari e più vicini. Una delle cose più simpatiche è quando due persone non fanno tra loro complimentima agiscono in tutta franchezza e con il cuore in mano. E perchéalloraingannare se stessi? E' l'occupazione più insulsa e più imprudente che ci sia! Particolarmente odiosafin dal primo sguardoin tutta quell'accozzaglia di gente da rouletteera quell'aria di rispetto per la propria occupazionequella serietà e direi quasi riverenza con cui tutti stavano intorno ai tavoli. Ecco perché qui si fa una netta distinzione tra il gioco detto di "mauvais genre" e quello permesso alla gente come si deve. Esistono due giuochi: uno da gentiluomo e l'altro plebeointeressatoil giuocoinsommache fa qualsiasi canaglia. Qui la distinzione è molto rigidama com'è vilein fondoquesta distinzione! Il gentiluomoper esempiopuò puntare cinque o dieci luigiraramente di più; del restopuò anche puntare un migliaio di franchise è molto riccomain sostanzaper il gioco in se stessosolo per divertimentosolo per osservare il meccanismo della vincita o della perdita; ma non deve affatto interessarsi alla vincita in sé. Se vince puòper esempioridere fortepuò fare a qualcuno di quelli che gli stanno intorno una sua osservazionepuò persino fare un'altra puntata e raddoppiare ancorama soltanto per curiositàper osservare le "chances"per fare dei calcoli e mai per il volgare desiderio di vincere. In una parolatutti quei tavoli da giuocole roulettes e il "trente et quarante"deve considerarli solo come un passatempoorganizzato esclusivamente per il suo diletto.

Il profitto e il trucco sui quali è fondato e organizzato il bancoegli non deve neanche sospettarli. E sarebbe addirittura assai belloper esempioche gli sembrasse che tutti gli altri giocatoritutta quella gentucola che trema per un "gulden"fossero dei ricconi e dei gentiluomini suoi pari e che giocassero unicamente per distrazione e per passatempo. Una simile assoluta ignoranza della realtà e quell'ingenuo modo di considerare gli uomini sarebbero certo estremamente aristocratici. Ho visto come molte mammine spingevano avanti innocenti e raffinate "misses" di quindici o sedici anniloro figliolee comefornitele di alcune monete d'oroinsegnavano loro come giocare. La signorinasia che vincessesia che perdesseimmancabilmente sorrideva e si allontanava molto soddisfatta. Il nostro generale si era accostato al tavolo con aria grave e dignitosa; un servitore si era precipitato a porgergli una sediama egli non gli aveva badato; con grande lentezza estrasse il borsellinocon altrettanta lentezza ne tirò fuori trecento franchi d'oroli puntò sul nero e vinse. Non ritirò la vincita e la lasciò sul tavolo. Usci di nuovo il nero; anche questa volta non prese il denaro equando la terza volta venne fuori il rossoaveva perso di colpo milleduecento franchi. Si allontanò con un sorrisosenza perdere niente della sua dignità. Sono convinto che si sentiva il cuore stretto e chese la posta fosse stata due o tre volte più grossanon avrebbe saputo restare indifferente e si sarebbe palesata la sua emozione.

Del restoin mia presenzaun francese guadagnò e poi perdette una trentina di migliaia di franchi allegramente e senza dimostrare nessun turbamento. Il vero gentiluomoanche se perdesse tutte le sue sostanzenon deve agitarsi. I denari devono essere a tal punto più in basso della sua qualità di gentiluomo da non mettere in conto che egli se ne dia pensiero. E' naturale che sarebbe molto aristocratico non notare affatto tutto il sudiciume di quella marmaglia e di quell'ambiente. A volteperònon è meno aristocratico il procedimento inversodi osservarecioè di guardare e anzi di scrutare a fondosia pure attraverso l'occhialinotutta quella marmaglia; ma soltanto considerando quella folla e quel sudiciume come uno svago di tipo particolarecome uno spettacolo organizzato per il divertimento dei gentiluomini. Potete anche voi farvi pressare in mezzo a questa follama guardarvi intorno con l'assoluta convinzione di essere semplicemente un osservatore e di non appartenervi per niente. Del restoosservare con troppa insistenzanon è molto conveniente:

neppure questo è da gentiluomoperchéin ogni casolo spettacolo non merita una grande e troppo intensa osservazione. Ein generesono pochi gli spettacoli degni di un'attenta osservazione da parte di un gentiluomo! Comunque a me personalmente è sembrato che tutto ciò meritasse un'attentissima osservazionespecialmente per chi sia venuto non solo per osservarema sinceramente e coscienziosamente si annoveri tra quella canaglia. Per quanto si riferisce alle mie intime convinzioni moraliesse naturalmente non trovano posto nelle mie attuali considerazioni. Sia pure così: lo dico per liberarmi di coscienza. Ma una cosa voglio notare: chein questi ultimi tempimi è sembrato terribilmente odioso rapportare le mie azioni e i miei pensieri a un qualsiasi metro morale... Ben altro mi dominava...

La gentaglia gioca veramente in maniera assai sporca. Non sono nemmeno molto alieno dal pensare che qui al tavolo da gioco accadano molte delle più comuni ruberie. I "croupiers" cheseduti alle estremità del tavolocontrollano le puntate e pagano le vincitehanno un lavoro tremendo. Ma che razza di canaglie sono pure loro! Per la maggior parte sono francesi. Del restoio qui osservo e noto non certo per descrivere la roulette; cerco di ambientarmi per me stessoper sapere come regolarmi nel futuro.

Ho osservatoper esempioche non c'è niente di più comune di una mano ignota che si allunghi improvvisamente da dietro il tavolo e vi prenda ciò che avete guadagnato. Comincia una discussionespesso si alza la voce ma vedete un po' se siete capace di dimostraretrovando dei testimoniche la puntata è vostra!

All'inizio tutto questo era per me arabo; indovinavo e distinguevo soloalla bell'e meglioche le puntate venivano messe sui numerisul pari o sul disparie sui colori. Del denaro di Polina Aleksàndrovna decisi di rischiareper quella serasoltanto cento "gulden". Il pensiero che mi preparavo a giocare non per me mi sconcertava. La sensazione era incredibilmente sgradevole e provai il desiderio di liberarmene al più presto. Mi sembrava sempre checominciando a giocare per Polinaavrei compromesso la mia personale buona sorte. E possibile che non ci si possa avvicinare a un tavolo da giuoco senza essere subito contagiato dalla superstizione? Cominciai con il tirare fuori cinque federici d'oro (1)cioè cinquanta "gulden" e li puntai sul pari. La ruota girò e venne fuori il tredici: avevo perduto! Con una certa qual morbosa sensazionesolamente per liberarmene in qualche modo e andarmenepuntai ancora cinque federici sul rosso: usci il rosso. Puntai nuovamente il tutto: usci ancora il rosso. Ricevetti quaranta federicine puntai venti sui dodici numeri di centrosenza sapere che cosa ne sarebbe venuto fuori. Mi fu pagato il triplo.

Cosi i miei dieci federici erano diventati improvvisamente ottanta. Mi sentii così a disagioper una sensazione insolita e stranache decisi di andarmene. Mi sembrò che non avrei affatto giocato così se avessi giocato per me. Tuttavia puntai ancora una volta sul pari tutti gli ottanta federici e usci il quattro; mi sborsarono altri ottanta federici; eafferrato tutto il mucchio dei centosessanta federiciandai a cercare Polina Aleksàndrovna.

Stavano tutti passeggiando non so in quale parte del parco e non riuscii a vederla che a cena. Questa volta il francese non c'erae il generale si sfogò a parlare etra l'altrocredette necessario osservarmi nuovamente che non avrebbe desiderato vedermi al tavolo da giuoco. Secondo la sua opinione lo avrei compromesso molto se avessi perso una somma forte.

"Ma anche se vinceste moltissimosarei ugualmente compromesso" aggiunse in tono significativo. "Certo non ho il diritto di disporre delle vostre azionima converrete voi stesso..." A questo puntosecondo la sua abitudinenon finì il discorso.

Gli risposi in tono asciutto che avevo pochissimo denaro e chedi conseguenzanon potevo perdere in modo troppo appariscenteanche se mi fossi messo a giocare. Mentre salivo di sopra riuscii a consegnare a Polina la sua vincita e le dichiarai che un'altra volta non avrei più giocato per lei.

"E perché?" chiese lei in tono preoccupato.

"Perché voglio giocare per me" risposiguardandola con stupore.

"E così non posso." "Siete dunque sempre fermamente convinto che la roulette sia la vostra unica via d'uscita e di salvezza?" mi chiese in tono ironico. Le risposi di nuovo di sìcon molta serietà; le dissi che per quanto riguardava la mia sicurezza di vincere senza fallola cosa poteva sembrare ridicolad'accordoma che "mi si lasciasse in pace." Polina Aleksàndrovna insisteva perché dividessi a metà con lei la vincita della giornata e voleva darmi ottanta federiciproponendomi di continuare a giocare a quel patto. Ma io rifiutai la metà offertami in modo fermo e definitivo e dichiarai che non potevo giocare per gli altri non perché non volessi farloma perché avrei senza dubbio perduto.

"E tuttavia io stessaper quanto sciocco sia questo pensierospero ormai quasi soltanto nella roulette" mi disse pensierosae perciò voi dovete assolutamente continuare a giocare, facendo a metà con me e, si capisce, lo farete.E a questo punto se ne andò senza ascoltare le mie ulteriori obiezioni.

 

 

NOTE:

  1. Moneta tedescadel valore di circa dieci gulden.

 

 

3.

 

 

Tuttavia ieriper l'intera giornatanon mi disse una sola parola che si riferisse al giuoco. In generaleanzievitò di parlarmi.

Il suo modo di fare con me non è cambiato. La stessa assoluta noncuranza nel trattarmi quando ci incontriamoe perfino qualcosa di sprezzante e di astioso. In generelei non cerca di nascondere la sua avversione per me; lo vedo benissimo. Però non nasconde nemmeno che io le sono necessario e cheper qualche suo motivomi tiene buono. Tra di noi si sono stabiliti certi strani rapportisotto molti punti di vista per me incomprensibilise si considera il suo orgoglio e la sua fierezza con tutti. Lei saper esempioche io l'amo pazzamentemi permette perfino di parlarle della mia passione enaturalmentein nessun altro modo potrebbe esprimere di più il suo disprezzo che con questo permesso di rivelarle senza ostacoli e senza divieti il mio sentimento.

"Significa" pensa leiche stimo tanto poco i tuoi sentimenti che mi è proprio indifferente qualunque cosa tu dica e tu senta per me.

Anche prima mi parlava molto dei suoi affarima non era mai stata completamente sincera. Non soloma nella sua noncuranza verso di me c'eranoper esempioraffinatezze di questo genere: lei sapevamettiamoche conoscevo una data circostanza della sua vita o che sapevo qualcosa che l'inquietava grandemente; lei stessa me ne raccontava persino alcuni particolari se aveva bisogno di servirsi di me per i suoi scopicome uno schiavo o un galoppino; ma raccontava sempre e solo quel tanto che deve sapere una persona che serva per commissioni e se ancora non mi era nota l'intera concatenazione degli avvenimentipur vedendo come mi inquietavo e mi tormentavo per le sue pene e le sue preoccupazioninon si sarebbe comunque mai degnata di calmarmi pienamente con un'amichevole franchezza; anche seservendosi non di rado di me per commissioni non solo fastidiose ma persino pericoloseavrebbe dovutosecondo il mio parereessere sincera con me. Ma vale forse la pena di preoccuparsi dei miei sentimentidel fatto che io mi agito e forse mi tormento e mi inquieto tre volte più di leiper i suoi crucci e i suoi insuccessi?

Già da tre settimane ero al corrente della sua intenzione di giocare alla roulette. Mi aveva persino avvertito che avrei dovuto farlo al posto suoperché per lei sarebbe stato sconveniente giocare. Dal tono delle sue parole mi ero subito reso conto che doveva avere qualche seria preoccupazione e non il semplice desiderio di vincere denaro. Che cosa è per lei il denaro in se stesso? Qui c'è uno scopoqui ci sono circostanze che io posso indovinare ma chefino a questo momentonon conosco. Si capiscelo stato di sottomissione e di schiavitù in cui mi tiene potrebbe darmi (e spesso me la dà) la possibilità di interrogarla io stesso in modo chiaro e brutale. Poiché per lei sono uno schiavo e ai suoi occhi niente altro che una nullitàcosì non c'è motivo che si offenda della mia volgare curiosità. Ma il fatto è chepur permettendomi di farle delle domandenon risponde. Certe volte non se ne accorge neppure. Ecco come stanno le cose tra di noi!

Ieri si è parlato molto del telegramma spedito quattro giorni fa a Pietroburgo e che non ha avuto risposta. Il generale è agitato e preoccupatoè chiaro; si trattanaturalmentedella nonna. Anche il francese è inquieto. Ieridopo pranzoper esempioessi conversarono a lungo e seriamente. Il tono del francese con tutti noi è straordinariamente altero e noncurante. E' proprio giusto il proverbio: fallo sedere a tavola e sulla tavola metterà pure i piedi. Anche con Polina è indifferente fino alla villania; però prende parte con piacere alle passeggiate comuni al Casinòo alle cavalcate e alle gite fuori città. Da parecchio tempo conosco alcune delle circostanze che hanno legato il francese al generale:

in Russia essi avevano progettato di mettere su insieme una fabbricama non so se il progetto sia andato a monte o se ancora se ne parli. Inoltre sono venuto per caso a saperein parteun segreto di famiglia: il francesel'anno scorsoè davvero venuto in aiuto al generale e gli ha dato trentamila rubli per coprire l'ammanco di cassa al momento delle sue dimissioni. E così è facile capire che il generale è nelle sue mani; ma adessoproprio adessola parte principale in tutta la faccenda la rappresenta mademoiselle Blanchee sono certo che anche in questo non mi sbaglio. E chi è questa mademoiselle Blanche? Qui da noi si dice che è una francese dell'alta società che viaggia con la madre e che possiede una sostanza colossale. Si sa anche che è parente del nostro marchesema molto alla lontanauna cugina in secondo o terzo grado. Si dice pure cheprima del mio viaggio a Parigiil francese e mademoiselle Blanche si trattassero molto più cerimoniosamente e che fossero in rapporti molto più fini e delicati; adessoinvecela loro conoscenzala loro parentelal'amicizia si mostrano in una luce più crudapiù intimaper così dire. Probabilmente i nostri affari sembrano loro in così cattive condizioni che non ritengono più necessario fare troppi complimenti con noi e fingere. Già dall'altro ieri avevo notato come mister Astley osservava mademoiselle Blanche e sua madre. Mi è sembrato che le conoscesse; e mi è sembrato anche che il nostro francese avesse già prima incontrato mister Astley. Del restomister Astley è così timidomodesto e taciturno che di lui ci si può fidare: non porta certo le immondizie fuori della casa altrui.

Per lo menoil francese lo saluta appena e quasi non lo guarda:

quindi non lo teme. Questo ancora lo capiscoma perché anche mademoiselle Blanche quasi non lo guarda? Tanto più che ieri il marchese si è tradito: ha detto all'improvvisodurante la conversazionenon so più a che propositoche mister Astley è enormemente ricco e che lui lo sa; appunto per questo mademoiselle Blanche dovrebbe guardare mister Astley. In complessoil generale è in uno stato di grande inquietudine. Si capisce quello che ora può significare per lui il telegramma che annunci la morte della zia!

Anche se mi sembra sicuro che Polina eviti di parlare con me per partito presoio stesso ho assunto un'aria fredda e indifferente; pensavo sempre che un bel momento sarebbe stata lei ad avvicinarsi a me. Ieri e oggiin compensoho rivolto la mia attenzione soprattutto a mademoiselle Blanche. Povero generaleè perdutosenza scampo! Innamorarsi a cinquantacinque anni e di una passione così violentaè certamente una disgrazia! Aggiungete a questo la sua vedovanzai figlila proprietà interamente rovinatai debiti einfinela donna di cui gli è capitato d'innamorarsi.

Mademoiselle Blanche è bella. Ma non so se mi si capirà quando dico che ha uno di quei visi che possono fare paura; ioper lo menoho sempre avuto paura di donne simili. Deve essere sui venticinque anni. E' alta di staturacon spalle larghe e rotonde; il collo e il petto sono stupendi; la carnagione è olivastrai capelli neri come l'inchiostro di china e talmente folti che basterebbero per due acconciature. Ha gli occhi nericon il bianco tendente al giallolo sguardo sfrontatoi denti bianchissimile labbra sempre truccate; emana da lei odore di muschio. Veste in modo molto vistosoriccoricercatoma con molto buon gusto. Ha piedi e mani meravigliosie una profonda voce di contralto. A volte scoppia a ridere mettendo in mostra tutti i dentima di solito ha l'aria taciturna e insolenteper lo meno in presenza di Polina e di Màrja Filìppovna. (Corre una voce strana: che Màrja Filìppovna parta per la Russia.) Mi pare che mademoiselle Blanche non abbia nessuna istruzione e forse non sia neppure intelligenteperò è diffidente e furba. Credo che nella sua vita non manchino le avventure. A volerla dire tuttapuò anche darsi che il marchese non le sia affatto parente e che la madre non sia affatto sua madre. Ma si sa che a Berlinodove le abbiamo incontratelei e la madre avevano alcune conoscenze di gente perbene. Per quanto riguarda personalmente il marcheseanche se io dubito ancora che egli sia marchesela sua appartenenza alla buona società sia da noia Moscasia qua e là in Germaniasembra non si possa mettere in dubbio. Non so che posizione abbia in Francia. Dicono che possegga un "château"!

Credevo che in quelle due settimane molta acqua sarebbe passata sotto i ponti; al contrario non so ancora con certezza se tra mademoiselle Blanche e il generale sia stato detto qualcosa di decisivo. E' certo che ora tutto dipende dal nostro patrimonioossia se il generale sarà in grado oppure no di mostrare loro molto denaro. Seper esempioarrivasse la notizia che la nonna non è mortasono convinto che mademoiselle Blanche sparirebbe immediatamente. Mi meraviglio e rido io stesso nel costatare come io sia diventato pettegolo! Ohcome tutto questo mi disgusta! Con quale soddisfazione pianterei tutto e tutti! Ma posso forse allontanarmi da Polinaposso forse rinunciare a starle intorno a spiare? Lo spionaggio certo è spregevolema a me che importa?

Ieri e anche oggi mister Astley mi è sembrato strano. Sìsono convinto che egli è innamorato di Polina! E' curioso e buffo pensare quante cose possa esprimere lo sguardo di un uomo timido e morbosamente pudicopreso dall'amoree questo proprio nel momento in cui quest'uomo preferirebbe sprofondare sotto terra piuttosto che dimostrare o esprimere qualunque cosa con la parola o lo sguardo. Mister Astley molto spesso ci incontra alle passeggiate. Si toglie il cappello e ci passa accantomorendosi capiscedal desiderio di unirsi a noi. Ma se lo si invita a farlosubito rifiuta. Nei luoghi di ritrovoal Casinòdove suona la musica o davanti alla fontanasi ferma immancabilmente in un punto non lontano dalla nostra panchina edovunque noi ci troviamosia nel parcosia nel boscosia sullo Schlangenbergbasta soltanto alzare gli occhiguardarsi intorno e immancabilmente da qualche parteo dal sentiero più vicino o da dietro qualche cespuglioecco apparire mister Astley. Mi sembra che cerchi l'occasione di parlare con me a tu per tu. Stamattina ci siamo incontrati e abbiamo scambiato due parole. A volte egli parla a scatti. Ancora prima di aver detto "Buongiorno" già esclamava:

"Ahmademoiselle Blanche! Ho visto molte donne come mademoiselle Blanche!" Tacquerivolgendomi un'occhiata significativa. Non so che cosa volesse dire perchéalla mia domanda che cosa ciò significassefece un cenno con la testasorridendo furbescamentee aggiunse:

"Proprio così. A mademoiselle Polina piacciono molto i fiori?" "Non lo sonon lo so davvero" risposi.

"Ma come! Non sapete neanche questo?" esclamò con il più grande stupore.

"Non lo sonon ci ho mai fatto caso" ripetei ridendo.

"Ehm... questo mi fa nascere un'idea particolare..." A questo punto mi fece un cenno con la testa e passò oltre. Aveva però un'aria soddisfatta. Parliamo insieme in un pessimo francese.

 

 

4.

 

 

Oggi è stata una giornata buffascandalosaassurda. Ora sono le undici di notte. Sono seduto nella mia stanzetta e ripenso alle cose successe. E' cominciato cosìche stamattina sono stato costretto ad andare alla roulette a giocare per Polina Aleksàndrovna. Presi i suoi centosessanta federici ma a due condizioni: primache non avrei giocato a mezzo con leicioèse avessi vintonon mi sarei preso niente; secondache questa sera Polina mi avrebbe spiegato perché aveva così bisogno di vincere e quanto precisamente le serviva. A ogni modoperònon posso credere che sia soltanto per il denaro. E' evidente che il denaro le è indispensabilee al più presto possibileper qualche scopo particolare. Mi ha promesso di spiegarmeloe sono andato. Nelle sale da giuoco c'era una folla spaventosa. Che gente sfrontatae come sono tutti avidi! Mi intrufolai tra la folla e mi sistemai proprio vicino al croupier; quindi cominciai un timido inizio di giuocopuntando soltanto due o tre monete. Intanto osservavo e notavo; mi sembrava che il calcolo in se stesso servisse molto poco e non avesse affatto quell'importanza che molti giocatori gli attribuiscono. Essi se ne stanno seduti davanti a foglietti di carta rigatasegnano i colpicontanodeducono le probabilitàfanno calcoli e infine puntano e perdono come noisemplici mortaliche giochiamo senza calcoli. In compenso ho tratto una conclusione che mi sembra giusta: realmentenel susseguirsi delle probabilità favorevoli c'èse non un sistemaun certo quale ordineil che ènaturalmentemolto strano. Succedeper esempioche dopo i dodici numeri di mezzoescano fuori gli ultimi dodici; per due voltemettiamola pallina cade su questi ultimi dodici per poi passare sui primi dodici. Dopo essere caduta sui primi dodicipassa di nuovo sui dodici di centrocade tre o quattro volte di seguito su questie di nuovo passa agli ultimi dodici di dovedopo altri due colpitorna ai primi; batte sui primi; sui primi batte una volta e torna ancora per tre volte sui medie così la faccenda prosegue per un'ora e mezzo o due ore.

Unotre e due; unotre e due. Divertentissimo. Certi giorni o certe mattine capitaper esempioche il rosso si alterni con il nero e viceversaquesto senza nessun ordinea ogni momentocosicché più di due o tre colpi di seguito non cadono sul rosso o sul nero. Il giorno dopo o la sera dopoesce di seguito soltanto il rosso; esceper esempiopiù di dodici volte di fila e così continua infallibilmente per un certo tempomagari per tutta la giornata. Molte cose mi spiegò in proposito mister Astley che aveva passato tutta la mattinata ai tavoli da giuocoma senza fare nemmeno una puntata. Per quanto mi riguardaperdetti tuttofino all'ultimo centesimoe in pochissimo tempo. Avevo puntato sul paritutti insiemeventi federici e vinsi; puntai di nuovo e di nuovo vinsi e così ancora per due o tre volte. Penso di aver avuto in manoin forse cinque minuticirca quattrocento federici. Sarebbe stato a questo punto il vero momento di andarmenema era nata in me una sensazione stranauna specie di sfida al destinoun desiderio di dargli un buffetto e di mostrargli la lingua. Feci la più alta puntata ammessaquattromila guldene persi. Alloraeccitatomitirai fuori tutto quanto mi era rimastofeci un'altra puntata come quella e persi di nuovo. A questo punto mi allontanai dal tavolocome istupidito. Non capivo nemmeno quello che mi succedevae annunciai la mia perdita a Polina Aleksàndrovna soltanto poco prima del pranzo. Fino a quel momento avevo girovagato per il parco.

A pranzo ero di nuovo in uno stato d'animo eccitatoproprio come tre giorni prima. Il francese e mademoiselle Blanche pranzavano con noi. Risultò che mademoiselle Blanche si era trovata la mattina nelle sale da giuoco e aveva assistito alle mie gesta.

Questa volta si mise a parlare con me con un po' più di attenzionementre il francesepiù sbrigativomi chiese semplicemente se avevo perduto del denaro proprio mio. Mi sembra che egli sospetti di Polina. Insommaqui c'è sotto qualcosa. Io mentii subito e dissi che era denaro mio.

Il generale era oltremodo stupito: dove avevo preso tanto denaro?

Gli spiegai che avevo cominciato con dieci federiciche sei o sette colpi consecutivi mi avevano portatoraddoppiando semprea cinque o seimila gulden e che poi in due colpi avevo perduto tutto.

Tutto questonaturalmenteera verosimile. Mentre davo queste spiegazioniguardai Polinama niente potei capire dal suo viso.

Tuttavia mi aveva lasciato mentire e non mi aveva ripreso; da questo dedussi che dovevo proprio mentire e nascondere che giocavo per lei. In ogni casomi dicevoè in obbligo di darmi una spiegazione e prima mi ha promesso di rivelarmi qualche cosa.

Credevo che il generale mi avrebbe fatto qualche osservazionema rimase zitto; però notai sul suo viso segni di agitazione e di inquietudine. Può darsi chedata la sua situazione criticagli fosse semplicemente penoso sentire che un così rispettabile mucchietto d'oro fosse capitato e sfuggito in un quarto d'ora a un imbecille come me.

Sospetto che ieri sera tra lui e il francese sia avvenuto un colloquio molto animato. Essi hanno parlato a lungo e con foga di non so che cosadopo aver chiuso a chiave la porta. Il francese se ne andò con aria irritatae stamattina presto è tornato dal generale per continuare il colloquio di ieri.

Dopo aver sentito della mia perditail francesein tono caustico e persino astiosomi fece osservare che bisognava essere più giudiziosi. Non so perché abbia soggiunto chesebbene i russi giochino moltotuttaviasecondo la sua opinionenon sanno neanche giocare.

"Invecesecondo mela roulette è fatta soltanto per i russi" ribattei io equando il francese sorrise sprezzantemente a questo mio giudiziogli feci osservare che la verità era certo dalla mia parte poichéparlando dei russi come di giocatorili criticavo molto più di quanto non li lodassi e cheper conseguenzami si poteva credere.

"Su che cosa basate la vostra opinione?" mi chiese il francese.

"Sul fatto che nel catechismo delle virtù e dei meriti del civilissimo uomo occidentale è entrata storicamentee quasi sotto l'aspetto di caposaldola capacità di procurarsi capitali. Invece il russo non solo non è capace di procurarsi dei capitalima li sperpera a casaccioin maniera scandalosa. Nonostante ciò aggiunsi, anche a noi russi il denaro è necessario e di conseguenza ci piace molto e ci sentiamo portati verso quei mezzicome per esempio la rouletteche ci permettono di arricchire di colpoin due oresenza alcuna fatica! Questo ci attrae molto epoiché giochiamo senza riflettere e senza faticarecosì perdiamo!" "Questo in parte è giusto!" osservò il francesesoddisfatto.

"Noè ingiustoe dovreste vergognarvi di esprimervi così sul conto della vostra patria" ribatté con aria severa e autorevole il generale.

"Ma scusate" gli risposinon so davvero che cosa sia più disgustoso: se l'irregolatezza dei russi o il metodo tedesco di accumulare denaro con un onesto lavoro.Che idea assurda!esclamò il generale.

"Che idea russa!" esclamò il francese. Io ridevo e avevo una voglia terribile di attaccar lite.

"Io preferirei trascorrere tutta la vita in una tenda kirghisa esclamai, piuttosto che inchinarmi all'idolo tedesco." "Quale idolo?" gridò il generaleincominciando a infuriarsi sul serio.

"Il metodo tedesco di ammucchiare ricchezze. Non sono qui da molto tempoperò quello che ho già avuto modo di vedere e di costatarerivolta il mio sangue tartaro. Giuro che non voglio virtù come queste! Ieri sono riuscito a fare nei dintorni un giro di forse dieci miglia. Ebbeneè precisamente come si legge nei libriccini moralisti tedeschi illustrati; ovunquein ogni casac'è il suo 'Vater' (1)straordinariamente virtuoso ed eccezionalmente onesto. Così onesto che fa paura avvicinarglisi. Io non posso soffrire gli uomini onesti che fa paura avvicinare. Ognuno di questi 'Vater' ha la propria famigliae la sera leggono tutti ad alta voce dei libri istruttivi. Sopra la casetta stormiscono olmi e castagni. Il sole tramontac'è la cicogna sul tetto e tutto è insolitamente poetico e commovente... Voigeneralenon irritatevima permettetemi di raccontare le cose in maniera un po' patetica... Io stesso mi ricordo che mio padre buon'animasotto i tigli del giardinettoleggeva anche lui alla seraa me e a mia madrelibri di quel genere... Posso quindi giudicare di queste cose con cognizione di causa. Ebbeneognuna di queste famigliequiè completamente sottomessa e schiava del padre.

Tutti lavorano come bestiee tutti ammucchiano denaro come giudei. Mettiamo che il 'Vater' abbia già messo da parte una certa quantità di 'gulden' e punti sul figlio maggiore per trasmettergli il mestiere o il campicello; per questo non danno dote alla figliae lei resta zitella. Sempre per questo vendono il figlio minore come servo o lo mandano a fare il soldatoe aggiungono questo denaro al capitale di famiglia. Davveroqui si fa così: mi sono informato. Tutto questo si fa unicamente per onestàper un sentimento eccessivo di onestàal punto che anche il figlio minorevendutocrede di non essere stato venduto se non per onestà; e questo è proprio l'idealequando la vittima stessa è contenta di essere portata al sacrificio. E poi? Poi succede che neppure per il figlio maggiore le cose vanno bene: lui ha una certa Amalchen alla quale è unito con il cuorema che non può sposare perché non sono ancora stati ammucchiati 'gulden' sufficienti. E allora pure loro aspettano onestamente e si avviano anch'essi al sacrificio con il sorriso sulle labbra. E intanto le guance di Amalchen si sono incavate e sono avvizzite. Finalmentedopo quasi vent'anniil patrimonio si è accresciuto e i 'gulden' sono stati ammucchiati in modo leale e onesto. Il 'Vater' benedice l'ormai quarantenne figlio maggiore e la trentacinquenne Amalchen dal seno flaccido e dal naso rosso... E allora il 'Vater' piangefa la morale e passa a miglior vita. Il figlio maggiore si trasforma a sua volta in un virtuoso 'Vater' e ricomincia la stessa storia. Dopo una cinquantina o una sessantina di anniil nipote del primo 'Vater' realizza effettivamente un notevole capitale e lo trasmette al proprio figlioquesto al suoquest'altro al suo edopo cinque o sei generazioniviene fuori il barone Rotschild in persona oppure Hoppe e Co. o il diavolo sa chi. Ebbenesignorinon è forse uno spettacolo meraviglioso? La fatica di un secolo o di due secolidi generazione in generazione: pazienzaingegnoonestàdirittura moralecaratterefermezzacalcolocicogna sul tetto! Che volete di più? Niente è più sublime di questoed è proprio da questo punto di vista che costoro iniziano a giudicare il mondo intero e a condannare a morte i colpevolicioè quelli che appena appena non somigliano a loro. Ebbenesignoriecco dunque di che si tratta:

io preferisco debosciarmi alla russa o arricchirmi alla roulette.

Non voglio essere Hoppe e Co. tra cinque generazioni. A me il denaro è necessario per me stessoe non considero me stesso come un indispensabile accessorio al capitale. So di aver detto un mucchio di spropositima è così. Queste sono le mie convinzioni." "Non so se ci sia molto di vero in quello che avete detto osservò pensieroso il generale, ma so con certezza che cominciate a fare lo spiritoso in maniera insopportabilenon appena vi si permette di uscire un pochino dai limiti..." Macome semprenon completò la frase. Se il nostro generale cominciava a parlare di qualche cosa che fosse un tantino più serio dei soliti discorsi di ogni giorno non finiva mai di dire il suo pensiero. Il francese ascoltava con noncuranzacon gli occhi spalancati. Non aveva capito quasi niente di ciò che avevo detto.

Polina mi guardava con suprema indifferenza. Sembrava chenon soltanto non avesse sentito mema neppure una parola di quanto si era detto a tavola.

 

 

NOTE:

  1. Padre.

 

 

5.

 

 

Era insolitamente pensierosa manon appena ci alzammo da tavolami chiese di accompagnarla a fare una passeggiata. Prendemmo con noi i bambini e ci avviammo nel parcoverso la fontana.

Poiché mi trovavo in uno stato di particolare eccitazionele lanciai in modo stupido e brusco la domanda: come mai il nostro marchese De-Grieuxil francesinoadesso non soltanto non la accompagnavaquando lei andava da qualche partema nemmeno le rivolgeva la parola per giornate intere?

"Perché è un vigliacco" mi rispose stranamente. Non avevo mai sentito da lei un simile giudizio su De-Grieux e tacquitemendo di comprendere la ragione della sua irritabilità.

"Avete notato che oggi non va d'accordo con il generale?" "Voi volete sapere di che si tratta?" mi rispose in tono asciutto e seccato. "Sapete che il generale ha tutto il suo ipotecato presso di luitutta la proprietàe chese la nonna non moriràil francese entrerà immediatamente in possesso di tutto ciò che è sotto ipoteca." "Ahè dunque proprio vero che tutto è ipotecato? L'avevo sentito direma non sapevo che si trattasse proprio di tutto." "E come no?" "E allora addiomademoiselle Blanche!" osservai. "Allora non diventerà generalessa! Sapete? Mi sembra che il generale sia innamorato al punto da arrivare magari a uccidersi se mademoiselle Blanche lo dovesse piantare. Alla sua età è pericoloso innamorarsi." "Sono anch'io del parere che gli succederà qualcosa" osservò Polina Aleksàndrovnapensierosa.

"Magnifico!" gridai io. "Non si potrebbe dimostrare in maniera più brutale che lei acconsentiva a sposarlo solo per il denaro.

Neanche le convenienze sono state salvatetutto fatto senza cerimonie. E' straordinario! Ea proposito della nonnache cosa ci può essere di più comico e di più ripugnante che il mandare un telegramma dietro l'altro per domandare se è morta o no? Eh? Che ve ne sembraPolina Aleksàndrovna?" "Tutte queste sono sciocchezze" mi disse con disgustointerrompendomi. "Ioinvecemi meraviglio che voi siate in così allegra disposizione di spirito. Perché siete cosi contento? Forse perché avete perduto il mio denaro?" "Perché me l'avete dato da perdere? Ve lo avevo detto che non posso giocare per gli altrie tanto meno per voi. Io vi obbedisco in qualsiasi cosa mi comandiatema il risultato non dipende da me. Vi avevo preavvertita che non ne sarebbe venuto fuori niente di buono. Ditemisiete molto abbattuta per aver perso tanto denaro? Perché ve ne serve tanto?" "A che scopo queste domande?" "Voi stessa mi avevate promesso una spiegazione... Ascoltate: io sono perfettamente convinto che quando comincerò a giocare per me (e ho dodici federici) vincerò. Allora quello che vi serveprendetelo da me." Ella fece una smorfia sprezzante.

"Non andate in collera" continuaiper questa mia proposta. Sono tanto consapevole di essere ai vostri occhi una nullità che potete benissimo prendere da me del denaro. Non potete offendervi per un mio regalo. Per di più, io ho perduto il vostro.Mi diede una rapida occhiata eaccortasi che io parlavo in tono irritato e sarcasticodi nuovo mi interruppe:

"Non c'è niente che possa interessarvi nelle mie faccende. Se volete saperloho semplicemente un debito. Ho preso del denaro a prestito e vorrei restituirlo. Avevo la pazzesca e strana idea che avrei senz'altro vinto quial tavolo da giuoco. Non capisco come mai avessi quest'ideama ci credevo. Chi saforse ci credevo perché non mi restava nessun'altra possibilità di scelta".

"Oppure perché avevate troppa necessità di vincere. E' precisamente come quando chi sta per annegare si afferra a una pagliuzza. Converrete anche voi chese non stesse per annegarenon scambierebbe una pagliuzza per un ramo di albero..." Polina si stupì.

"E come mai" domandòavete anche voi la stessa speranza? Due settimane fa voi stesso mi avete parlato un giorno molto a lungo, della vostra assoluta convinzione di vincere, qui, alla roulette e volevate persuadermi a non considerarvi come un pazzo; o allora scherzavate? Ma ricordo che parlavate così seriamente che non era possibile prendere le vostre parole come uno scherzo.Questo è verorisposi soprappensiero. "Sono ancora oggi convinto che vincerò. E vi confesso anche che voiorami avete indotto a pormi questa domanda: perché mai la mia perdita di oggistupida e assurdanon ha lasciato in me nessun dubbio? Io sono ancora convinto chenon appena comincerò a giocare per mevincerò certamente." "Perché siete tanto convinto?" "A dire il veronon lo so. So soltanto che ho necessità di vincere e che anche per me è questa l'unica via d'uscita. Ecco perché mi sembra di dover sicuramente vincere." "Ne avete dunque anche voi estrema necessità se siete così fanaticamente sicuro?" "Scommetto che mettete in dubbio che io sia in condizione di avere una seria necessità." "Per me è proprio lo stesso" rispose Polinacalma e indifferente.

"Se volete saperloebbenesìdubito che possiate tormentarvi per qualcosa di serio. Potete tormentarvima non seriamente.

Siete un uomo disordinato e incerto. Per che cosa avete bisogno di denaro? Tra tutte le ragioni che mi avevate espostonon ne ho trovata nessuna abbastanza seria." "A proposito la interruppi, avete detto che dovete pagare un debitodunque! Forse al francese?" "Che domande sono queste? Oggi siete particolarmente rude. Sareste per caso ubriaco?" "Voi sapete che io mi permetto di parlare e di fare domande a volte molto sincere. Lo ripetosono il vostro schiavo: degli schiavi non si ha vergogna e quello che dice uno schiavo non può offendere." "Tutte sciocchezze! Non posso soffrire questa vostra teoria della schiavitù!" "Badate che io non vi parlo della mia schiavitù perché desidero essere vostro schiavoma ne parlo semplicemente come di un fatto che non dipende assolutamente da me." "Ditemi francamente: perché vi occorre denaro?" "E a voi perché occorre saperlo?" "Come volete" rispose leie alzò alteramente il capo.

"Non potete soffrire la 'teoria della schiavitù'ma esigete la schiavitù: 'rispondere e non discutere!' E sta benesia pure così! A che scopo mi serve il denaromi chiedete? Comea che scopo? Il denaro è tutto!" "Capiscoma non bisognaper questo desiderioridursi in un simile stato di pazzia! Perché anche voi arrivate all'esaltazioneal fanatismo... Qui sotto c'è qualcosac'è uno scopo particolare.

Parlate senza tanti giri di parolelo voglio!" Sembrava che cominciasse a irritarsie a me piaceva moltissimo che mi interrogasse con tanta foga.

"Si capisce che c'è uno scopo dissi io, ma non saprei spiegarvi quale. Forse nient'altro che questo: con il denaro diventerò per voi un altro uomoe non uno schiavo." "Come? Come otterrete questo?" "Come l'otterrò? Comenon capite nemmeno come potrò ottenere che non mi consideriate uno schiavo? Ecco quello che non vogliotutti questi stupori e queste perplessità." "Avete detto che questa schiavitù è per voi una gioia. E io stessa pensavo che fosse così." "Pensavate così!" esclamai con una strana soddisfazione. "Ah com'è bella tanta ingenuità da parte vostra! Sìsìla schiavitù che mi viene da voi è per me una gioia. Ci può essere una gioia anche nell'estremo grado dell'avvilimento e dell'annullamento!" continuai come in delirio. "Lo sa il diavolo... forse una gioia c'è anche nello scudiscio quando vi colpisce e vi strappa brandelli di carne... Ma può darsi che io voglia provare anche altri godimenti. Poco faa tavolain vostra presenzail generale mi ha fatto una predica per quei settecento rubli che magari non mi darà neppure. Il marchese De-Grieux mi guarda dall'alto in basso inarcando le sopracciglia enello stesso temponon si accorge di me. E ioper parte miaho quasi una voglia pazza di prendere per il naso il marchese De-Grieux davanti a voi!" "Discorsi da bambino! In ogni situazione ci si può comportare con dignità. Se c'è lottaessa ci innalza e non ci abbassa." "Parole modello! Basta che voi supponiate che ioforsenon so comportarmi con dignità. Cioèio sono magari un uomo degnissimoma non so comportarmi con dignità. Capite che questo può succedere? Ma tutti i russi sono cosìe sapete perché? Perché i russi sono troppo variamente e riccamente dotati per potersi trovare con facilità una forma decorosa. Si tratta di forma. Noi russi siamoper la maggior partetanto riccamente dotatiche per avere una forma conveniente ci serve la genialità: giàma la genialità il più delle volte manca perchéin genereè molto rara. Soltanto nei francesi e forse in alcuni altri popoli europei la forma è così ben determinata da poter dare loro un aspetto dignitosissimopur essendo personalmente persone indegne. E' per questo che attribuiscono alla forma tanto valore. Il francese sopporterà un'offesauna vera e propria offesasenza batter ciglioma non sopporterà a nessun costo un buffetto sul naso perché questo buffetto costituisce la violazione di una forma di convenienzaaccettata e perpetuata. Precisamente per questo le nostre signorine hanno un debole per i Francesiperché i Francesi hanno una bella forma. Secondo meperònon esiste la formama esiste soltanto il gallo'le coq gaulois'! Però questo non lo posso capire perché non sono una donna. Forse anche i galli sono belli. Main conclusioneho detto un mucchio di sciocchezzee voi non mi interrompete. Interrompetemi più spesso; quando parlo con voivoglio dire tuttotutto. Perdo ogni forma. E sono anche d'accordo nel dire che non solo non ho formama nemmeno alcuna dignità. Ve lo dichiaro. E non mi importa affatto di non avere alcun merito. Ora tutto si è fermato in me. E voi sapete perché.

Nella mia testa non c'è più un solo pensiero umano. Già da molto tempo non so più che cosa accada nel mondoné in Russiané qui.

Eccosono passato per Dresdae non ricordo come sia Dresda. Voi sapete che cosa mi divora. Poiché non ho alcuna speranza e ai vostri occhi sono una nullitàlo dico francamente: vedo ovunque soltanto voie tutto il resto mi è indifferente. Perché e come vi ami non so. Sapete che forse non siete neppure molto bella?

Figuratevinon so se siete bella o noneppure di viso! Il vostro cuore certamente non è belloe che la vostra mente non sia nobile è molto possibile." "Forse per questo contate di comperarmi con il denaro disse lei, perché non credete alla mia nobiltà?" "Quando mai ho pensato di comperarvi con il denaro?" esclamai.

"Vi siete imbrogliato e avete perso il filo del discorso. Se non mepensavate di comperare con il denaro almeno la mia stima." "Ebbene nonon è proprio così! Vi ho già detto che trovo difficile spiegarmi. Voi mi schiacciate. Non andate in collera per le mie chiacchiere. Voi capite perché con me non si può andare in collera: perché io sono semplicemente pazzo. Madel restomi è indifferenteanche se andate in collera. Quando sono lassùnella mia stanzettami basta ricordare e immaginare il fruscio della vostra veste e mi vien voglia di mordermi le mani. E perché vi irritate con me? Perché dico che sono uno schiavo? Approfittateapprofittate della mia schiavitùapprofittatene! Sapete che un giorno o l'altro vi ucciderò? Non vi ucciderò perché non vi amerò più o sarò geloso di voima vi ucciderò cosìsemplicemente perché qualche volta mi sento trascinato a divorarvi. Voi ridete..." "Non rido affatto" disse lei con sdegno. "Vi ordino di tacere." S'interrupperiuscendo appena a respirare per la collera. Vi giuro che non so se fosse bellama mi è sempre piaciuto guardarla quando si fermava cosìdi fronte a mee perciò mi piaceva provocare spesso la sua collera. Forse lei se ne era accorta e faceva apposta ad arrabbiarsi. E glielo dissi.

"Che schifo!" esclamò lei con un gesto di disgusto.

"Non me ne importa niente" continuai. "Sapete che anche passeggiare insieme noi due soli è pericoloso? Molte volte mi sento invincibilmente tentato di picchiarvidi sfregiarvidi strangolarvi... E che credete? Che non si arriverà a questo punto?

Voi mi porterete alla pazzia. Pensate che io tema lo scandalo? La vostra collera? Ma che m'importa della vostra collera? Io vi amo senza speranza e so chedopovi amerei mille volte di più. Se un giorno vi uccideròdovrò certo uccidere anche mema lo farò il più tardi possibiletanto per aver tempo di provare l'intollerabile dolore della vostra mancanza. Volete che vi dica una cosa incredibile? Ogni giorno vi amo di piùanche se questo è quasi impossibile. E dopo di ciò non dovrei essere fatalista?

Ricordate? L'altro giorno sullo Schlangenbergeccitato da voiho mormorato: dite una parola e mi butterò nel precipizio. Se aveste detto quella parola mi sarei buttato. Possibile che crediate che non l'avrei fatto?" "Che stupide chiacchiere!" esclamò lei.

"A me non importa proprio niente se siano stupide o intelligenti" risposi. "Io so che davanti a voi devo parlareparlare... e parlo. In vostra presenza perdo ogni amor proprioe tutto mi è indifferente." "A che scopo dovrei farvi saltar giù dallo Schlangenberg?" mi chiese in tono asciutto e particolarmente offensivo. "Sarebbe proprio inutile per me!" "Magnifico!" esclamai "A bella posta avete detto quel magnifico 'inutile' per schiacciarmi. Io vedo dentro di voi. Inutileavete detto? Ma un piacere è sempre utile e un feroceillimitato poteresia pure su una moscaè anch'essonel suo genereun piacere. L'uomo è despota per natura e gli piace torturare. E a voi piace terribilmente..." Ricordo che essa mi osservava con un'attenzione tutta particolare.

Senza dubbio il mio viso esprimevain quel momentotutte le mie insensateassurde sensazioni. Ora ricordo che effettivamente la nostra conversazione avvenne quasi parola per parola come io l'ho riportata. I miei occhi si erano iniettati di sangue. Agli angoli delle labbra mi si era raggrumata la saliva. Per quanto si riferisce allo Schlangenberg lo giuro sul mio onore anche adesso:

se essa mi avesse ordinato di buttarmi giùio mi sarei buttato!

Se l'avesse detto solo per scherzose l'avesse detto con disprezzosputandomi addosso... ebbeneanche in questo caso mi ci sarei buttato!

"Noma perché? Io vi credo" disse Polina con quel modo che soltanto lei sa usare per dire le cose con tanto disprezzo e malignità chevivaddioavrei potuto ucciderla in quel momento.

Rischiava. Anche su questo non avevo mentitodicendoglielo.

"Voi non siete un vigliacco?" mi chiese all'improvviso.

"Non lo sopuò anche darsi che lo sia. Non so... da tanto tempo non ci ho pensato." "Se io vi dicessi: uccidete quell'uomolo uccidereste?" "Chi?" "Chi vorrò io." "Il francese?" "Non interrogatema rispondete. Chi vi indicherò io. Voglio sapere se poco fa avete parlato seriamente." Aspettava una risposta con un'aria così dura e impaziente che provai una strana impressione.

"Ma mi direte una buona volta che cosa succede qui?" esclamai.

Avete forse paura di me? Li vedo anch'io tutti i pasticci che ci sono qui... Voi siete la figliastra di un uomo rovinato e pazzoossessionato dalla passione per quel demonio di Blanche; poi c'è questo francese con la sua misteriosa influenza su di voi; ed ecco che ora voi mi fate una simile domanda in tono così serio. Che io almeno sappia: altrimenti finirò con l'impazzire e combinare qualche guaio. Oppure vi vergognate di degnarmi della vostra sincerità? Possibile che vi vergogniate di me?" "Non sto affatto parlando di questo. Vi ho fatto una domanda e aspetto la risposta." "Si capisceucciderò" gridaichiunque voi mi ordiniate di uccidere, ma potete voi forse... me l'ordinerete, forse?E che cosa credete? Che avrei compassione di voi? Vi darò l'ordine e resterò in disparte. Vi sentirete di farlo? Ma no, figuriamoci! Voi, magari, ucciderete per mio ordine, ma poi verrete a uccidere me perché ho osato mandarvi.A queste parole fu come se qualcosa mi avesse colpito al capo. Si capisce che anche allora consideravo la sua domanda come un mezzo scherzocome una sfida; eppure lei aveva parlato troppo seriamente. Nonostante tutto ero sorpreso che lei si fosse così scopertache si riservasse un tale diritto e un tale potere su di me e che così chiaramente dicesse: "Va' alla rovinae io me ne sto in disparte!" C'era in queste parole un non so che di così cinico e di così franco che mi pareva esagerato. Dopo una cosa simileche concetto poteva avere di me? Si era ormai oltrepassato il limite della schiavitù e dell'abiezione. Quando si ha un simile punto di vista si innalza l'uomo fino a sé. Eper quanto assurdoper quanto incredibile fosse stata tutta la nostra conversazioneil mio cuore ebbe un sussulto.

All'improvviso lei scoppiò a ridere. Eravamo seduti su una panchinadavanti ai ragazzi che giocavanoproprio di fronte al posto in cui si fermavano le carrozze e scendeva la gente davanti al Casinò.

"Vedete quella grassa baronessa?" mi chiese. "E' la baronessa Wurmerhelm. E' arrivata solo da tre giorni. Guardate suo marito:

un prussiano lungo e secco con il bastone in mano. Vi ricordate come ci osservava l'altro ieri? Andate subitoavvicinatevi alla baronessatoglietevi il cappello e ditele qualcosa in francese." "Perché?" "Avete giurato che vi sareste buttato giù dallo Schlangenberg; avete giurato di essere pronto a uccidere a un mio ordine. Invece di tutti questi omicidi e queste tragedievoglio soltanto ridere un po'. Andatesenza fare tante storie. Voglio vedere come il barone vi bastonerà." "Voi mi sfidate; credete che non lo farò?" "Sìvi sfido! Andatelo voglio." "D'accordovadoanche se si tratta di una stravagante fantasia.

Una cosa solaperò: non vorrei che ci fossero seccature per il generale eda parte suaper voi! Vi giuro che non mi preoccupo per mema per voi e anche... sì... anche per il generale. Ma che fantasia è mai questa di mandare a offendere una donna?" "Eh sìa quanto vedo voi siete soltanto un chiacchierone" mi disse lei con disprezzo. "Avevate gli occhi iniettati di sanguepoco fama probabilmente solo perché a pranzo avete bevuto troppo vino. Credete forse che non capisca anch'io che si tratta di una cosa stupida e volgare e che il generale si infurierà? Ma ho voglia di ridere. Sìvoglia di ridere. E perchépoidovreste offendere una donna? Piuttosto bastoneranno voi." Mi girai e in silenzio andai a eseguire il suo ordine. Certo era una cosa stupidacerto non seppi cavarmelama ricordo chequando cominciai ad avvicinarmi alla baronessaqualcosa mi stuzzicòe precisamente mi stuzzicò il desiderio di una monelleria. E poi ero eccitatoterribilmente eccitatocome se fossi ubriaco...

 

 

6.

 

 

Ecco che sono già passati due giorni da quella stupida giornata.

Quante gridaquanto rumorequante chiacchierequanto trambusto!

E che disordineche confusioneche stupidità e volgarità... e tutto per causa mia. Però a volte viene da ridere... a meper lo meno. Non so rendermi conto di ciò che mi succede: se mi trovi veramente in uno stato di esaltazione o se semplicemente sia uscito di senno e commetta sconvenienze fino a quando non mi legheranno. A volte mi sembra che la mia mente sia sconvolta. E a volte ho l'impressione di non essere lontano dall'infanziadai banchi della scuolae di fare semplicemente delle monellerie da scolaro.

E Polinasempre Polina! Forse non ci sarebbero monellerie se non ci fosse lei. Chi samagari faccio tutto questo per disperazione (per quantodel restosia stupido ragionare così). E non capisco che cosa ci sia di bello in lei! Bellaperòè bellasembra bella.

Fa impazzire anche gli altri.

E' alta e ben fattasolo un po' sottile. Mi dà l'impressione che si potrebbe farne un nodo o piegarla in due. La forma del suo piede è lunga e sottilecrudele. Proprio crudele. I capelli hanno una sfumatura rossicciagli occhi sono veri occhi da gatta... ma come sa usarli con orgogliosa fierezza! Quattro mesi faquando ero appena arrivato in casa loroleiuna sera si trattenne a lungo in sala a discutere animatamente con De-Grieux. E lo guardava in un modo tale che poiquando mi ritirai in camera mia per coricarmimi immaginai che lei gli avesse dato uno schiaffoglielo avesse appena dato e gli stesse così davanti a guardarlo...

Eccoda quella sera mi sono innamorato di lei.

Ma veniamo ai fatti!

Per un sentiero uscii sul vialemi sistemai nel bel mezzo e attesi il barone e la baronessa. A cinque passi di distanza mi tolsi il cappello e mi inchinai.

Ricordo che la baronessa indossava un abito di seta larghissimodi colore grigio chiarocon volanticrinolina e strascico. E' piccola di statura e di una grassezza straordinariacon un mento terribilmente carnoso e flosciotanto che non le si vede per niente il collo. La sua faccia è paonazza. Gli occhi sono piccolimaligni e sfacciati. Cammina come se facesse un onore a tutti. Il barone è seccoalto. Il suo voltocome spesso si vede nei Tedeschiè storto e solcato da mille piccole rughe; porta gli occhiali; è sui quarantacinque anni. Le gambe gli cominciano quasi dal petto: segno di razzadicono. E' tronfio come un pavone. Un po' goffo. Nell'espressione di quel viso c'è qualcosa del montone chea modo suosostituisce la profondità di pensiero.

Tutto questo mi passò davanti agli occhi in tre secondi.

Il mio inchino e il cappello tra le mani all'inizio attirarono appena la loro attenzione. Soltanto il barone aggrottò lievemente le sopracciglia. La baronessa navigava direttamente verso di me.

"Madame la baronne proferii con chiarezza a voce alta, scandendo bene ogni parola j'ai l'honneur d'être votre esclave!" (1) Poi mi inchinaimisi il cappello e passai davanti al baronegirando cortesemente il viso verso di lui e sorridendo.

Era stata leiPolinaa ordinarmi di togliermi il cappelloma mi inchinai e feci la monelleria di mia iniziativa. Che diavolo mi ci ha spinto? Era come se volassi giù da una montagna.

"Hein!" gridò oper meglio diregracchiò il barone volgendosi verso di me con irritato stupore.

Mi girai e mi fermai in ossequiosa attesacontinuando a guardarlo e a sorridere. Eglievidentemente perplessoinarcò le sopracciglia sino al "nec plus ultra". Il suo volto diventava sempre più scuro. Anche la baronessa si girò dalla mia parte e anche lei mi guardò con indignato stupore.

"Hein!" gridò di nuovo il barone con raddoppiato gracchiare e raddoppiato sdegno.

"Ja wohl! (2)" dissi strascicando le parole e continuando a guardarlo negli occhi.

"Sind Sie rasen? (3)" gridòagitando il suo bastone e cominciandomi sembraad avere un po' di paura. Forse lo turbava il vestito. Indossavo un abito decentedirei quasi eleganteda persona appartenente alla buona società.

"Ja wo-o-o-ohl!" gridai a un trattoa tutta forzastrascicando la "o" come fanno i berlinesi chein ogni momentodurante la conversazioneusano l'intercalare "ja wohl" e strascicano più meno la "o" per esprimere varie sfumature di pensiero e di sensazioni.

Il barone e la baronessa si girarono e si allontanarono quasi di corsaspaventati. Tra il pubblicoalcuni si misero a commentarealtri a guardarmi perplessi. Perònon me ne ricordo bene.

Mi girai e con il mio solito passo mi avviai verso Polina Aleksàndrovna. Ma non ero ancora arrivato a cento passi dalla panchina su cui lei era seduta che la vidi alzarsi e dirigersi con i bambini verso l'albergo.

La raggiunsi vicino alla scalinata.

"Ho eseguito... quella stravaganza..." le dissiquando l'ebbi raggiunta.

"E con questo? Adesso sbrigatevela voi" mi rispose esenza nemmeno guardarmicominciò a salire la scala.

Per tutta quella sera passeggiai nel parco. Attraverso il parco e poi attraverso un bosco raggiunsi addirittura un altro principato.

In una casetta di contadini mangiai una frittata e bevvi del vino:

e per questa idilliaca cena vollero un tallero e mezzo.

Soltanto alle undici tornai a casa. Subito fui chiamato da parte del generale.

I nostri occupano nell'albergo due appartamenti: quattro stanze in tutto. La primagrandeè un salone con un pianoforte. Attigua ce n'è un'altrapure grande: lo studio del generale. Qui egli mi aspettavadritto in piedi nel bel mezzoin un atteggiamento straordinariamente maestoso. De-Grieux stava semisdraiato su un divano.

"Egregio signorepermettetemi di chiedervi che cosa avete combinato" cominciò immediatamente il generalerivolgendosi a me.

"Desiderereigeneraleche entraste subito in argomento" risposi io. "Probabilmente alludete al mio incontro di oggi con un tedesco..." "Con un tedesco? Ma quel tedesco è il barone Wurmerhelmuna persona importante! Siete stato molto villano verso di lui e la baronessa." "Ma niente affatto!" "Li avete spaventatiegregio signore" gridò il generale.

"Neppure per sogno. Già a Berlino mi aveva colpito l'orecchio quel 'ja wohl!' che i Tedeschi ripetono in ogni momento e che strascicano in modo così odioso. Quando oggi ho incontrato nel viale il baroneimprovvisamente quel 'ja wohl'non so perché mi è tornato in mente e ha agito su me da eccitante. Per di più la baronessa è già la terza volta che mi incontraha l'abitudine di venirmi addossocome se fossi un verme che si può schiacciare con un piede. Anch'iovorrete convenirneho il mio amor proprio. Mi sono tolto il cappello e ho detto cortesemente (cortesementevi assicuro): 'Madame j'ai l'honneur d'être votre esclave.' Quando il barone si girò e mi lanciò il suo 'hein!' mi sentii spinto a gridare: 'Ja wohl!'. E lo gridai due volte: la prima come al solitoma la seconda strascicando le parole il più possibile.

Ecco tutto." Confesso che ero terribilmente felice di quella spiegazionemonellesca al massimo. Avevo una voglia pazza di gonfiare quella storia nel modo più assurdo che potessi.

E quanto più andavo avantitanto più ci prendevo gusto.

"Voi mi prendete in giroeh?" gridò il generale.

Si girò verso De-Grieux e gli spiegò in francese che io cercavo decisamente di provocare dei guai. De-Grieux fece un risolino sprezzante e alzò le spalle.

"Ohnon pensate una cosa similenon è vero affatto!" gridai al generale. "Il mio gestocertonon è stato bellove lo confesso con la massima sincerità. Esso può anche essere definito una stupida e sconveniente monelleriama niente di più. E sapetegeneralene sono pentitissimo. Ma c'è una circostanza che ai miei occhi mi libera persino dal pentimento. In questi ultimi tempida due o tre settimaneio non mi sento molto bene: sono nervosoirritabilestravagante ein certi casiperdo completamente il dominio di me. Davveromi è già venuto qualche volta un gran desiderio di rivolgermi al marchese De-Grieux e... ma non posso finire la frase: forse si offenderebbe. In una parola tutti questi sono i sintomi di una malattia. Non so se la baronessa Wurmerhelm vorrà tener presente questa circostanza quando le chiederò scusa (perché ho intenzione di chiederle scusa). Penso però di notanto più chea quanto mi risultanegli ultimi tempi si è cominciato ad abusare di una simile circostanza nel mondo giudiziario: gli avvocati nelle cause penali hanno preso l'abitudine di giustificare molto spesso i loro clienti criminali con il fatto che essial momento del delittonon ricordavano più niente e che questo è una specie di malattia. "Ha picchiato" diconoe non ricorda più niente.E figuratevigeneraleche la medicina li appoggiaaffermando che esiste davvero una simile malattiauna specie di pazzia temporaneadurante la quale un individuo non ricorda più niente o ricorda a metào ricorda per un quarto. Ma il barone e la baronessa sono gente della vecchia generazionee per di più latifondisti prussiani. Molto probabilmente essi ignorano i progressi del mondo medico-legale e perciò non accetteranno le mie spiegazioni. Che ne pensategenerale?" "Bastasignore!" disse il generale in tono aspro e con sdegno trattenuto. "Basta! Cercheròuna volta per sempredi liberarmi dalle vostre ragazzate! Non dovrete scusarvi davanti al barone e alla baronessa perché ogni rapporto con voianche se basato soltanto sulla vostra preghiera di essere scusato sarebbe per loro troppo umiliante. Il baronesaputo che voi appartenete alla mia casasi è già spiegato con me al Casinò e vi confesso che poco è mancato che non esigesse soddisfazione da me. Capite a che cosa mi avete espostoegregio signore? Sono stato costretto a chiedere scusa al barone e a dargli la mia parola che immancabilmenteda oggivoi smetterete di appartenere alla mia casa..." "Permettetepermettetegeneralema è stato proprio lui a esigere che io non appartenessi più alla vostra casacome voi vi siete degnato di esprimervi?" "Noma sono stato io stesso a ritenermi in obbligo di dargli questa soddisfazione esi capisceil barone è rimasto contento.

Noi ci separeremoegregio signore. Voi dovete ancora ricevere da me questi quattro federici e tre fiorinial calcolo di qui. Ecco il denaro ed ecco il foglietto con il conto: potete verificarlo.

Addio. Da questo momento siamo degli estranei. A parte seccature e dispiacerida voi non ho avuto altro. Chiamerò subito il cameriere e lo avvertirò cheda domaninon risponderò più delle vostre spese in albergo. Ho l'onore di essere il vostro servitore." Presi il denaroil foglio sul quale era stato fatto il conto a matitami inchinai al generale e molto seriamente gli dissi:

"Generalela cosa non può finire così. Mi dispiace molto che voi abbiate avuto delle seccature da parte del barone mascusatemi se ve lo dicola colpa è vostra. Come mai vi siete addossato di fronte al barone la responsabilità del mio gesto? Che significa l'espressione che io appartengo alla vostra casa? Nella vostra casa io sono semplicemente il precettorenient'altro. Non sono vostro figlionon sono sotto la vostra tutelae voi non potete essere responsabile dei miei atti. Io sono una persona giuridicamente responsabile. Ho venticinque annisono laureatosono nobile e per voi un estraneo. Soltanto il mio illimitato rispetto per la vostra dignità mi trattiene dal pretendere ora da voi soddisfazione e ulteriori spiegazioni per il fatto che vi siete arrogato il diritto di rispondere per me." Il generale fu tanto stupefatto che allargò le bracciapoia un trattosi rivolse al francese e gli riferì rapidamente che io per poco non l'avevo sfidato a duello. Il francese si mise a ridere forte.

"Ma non intendo perdonarla al barone continuai io con assoluto sangue freddo, senza lasciarmi turbare dalla risata di De-Grieux, e poiché voigeneraleaccettando oggi di ascoltare le lamentele del barone e prendendo le sue partivi siete fatto partecipe di tutta la faccendaho l'onore di dirvi che non più tardi di domani mattina esigerò dal baronea mio proprio nomeuna formale spiegazione del motivo per il qualeavendo una questione con meegli si è rivoltoscavalcandomia un'altra personacome se io non fossi degno di rispondergli personalmente." Quello che prevedevo successe. Il generale nell'ascoltare questa nuova sciocchezzasi prese una terribile paura.

"Ma com'è possibile che abbiate intenzione di continuare questa maledetta storia?" gridò. "Che cosa dunque volete ancora combinarmi? Badatebadate a quello che fateegregio signoreo vi giuro che... Anche qui ci sono delle autorità e io... io... con il mio gradobasterà una parola... e anche il barone... Con una parola vi faremo arrestare e mandare via da qui per mezzo della poliziaaffinché non attacchiate più brighe! Avete capitosignore?" E benché per lo sdegno gli mancasse quasi il respiroaveva tuttavia una tremenda paura.

"Generale risposi con una calma per lui insopportabile, non si può arrestare per violenza prima che la violenza sia avvenuta. Io non ho ancora cominciato le mie spiegazioni col baronee voi non sapete assolutamente ancora in che modo e su quali basi ho intenzione di affrontare la questione. Desidero soltanto chiarire la supposizioneper me offensivache io mi trovi sotto tutela di una persona che avrebbe un potere sulla mia libera volontà. Quindi vi agitate e vi inquietate inutilmente." "Per amor di Dioper amor di DioAlekséj Ivànovitchrinunciate a questo proposito insensato!" mormorò il generalecambiando di colpo in supplichevole il suo tono indignatoe prendendomi per le mani. "Suvviavi immaginate che cosa ne potrebbe venir fuori? Di nuovo dispiaceri. Dovete convenire che qui io devo comportarmi in maniera particolaresoprattutto adesso! Ohvoi non conoscete tutte le circostanze! Quando ce ne andremo di quisono disposto a riprendervi con me. Ora lo faccio solo così... in una parola...

voi lo capite il perché..." gridò disperato. "Alekséj Ivànovitch!

Alekséj Ivànovitch!" Mentre mi avvicinavo alla portalo pregai vivamente ancora una volta di non inquietarsigli promisi che tutto sarebbe andato bene e nel modo più correttoe mi affrettai a uscire.

A volte i russi all'estero sono troppo timorosi e hanno una gran paura di quello che possono dire gli altridi come li possono guardare e se una cosa sarà più o meno corretta... in una parolasi comportano come se fossero stretti nel busto e specialmente quelli che hanno la pretesa di essere importanti... Quello a cui tengono di più è una certa qual forma prestabilita cheuna volta fissataessi seguono servilmente negli alberghinelle passeggiatenelle riunioniin viaggio... Ma il generale si era lasciato sfuggire che oltre a questo c'erano alcune circostanze particolari per cui gli serviva comportarsi in maniera 'particolare'. Per questo di punto in bianco si era con tanta pusillanimità spaventato e aveva cambiato tono nei miei confronti.

Ne presi atto e lo annotai. Certo egliper storditagginepoteva il giorno dopo rivolgersi a qualche autorità e quindi dovevo realmente andare molto cauto.

D'altrondepoinon volevo per nessun motivo irritare il generalema volevo fare arrabbiare Polina. Polina si era comportata con me in maniera tanto crudele e mi aveva spinto su una strada tanto sciocca che volevo proprio portarla al punto in cui sarebbe stata lei stessa a pregare di fermarmi. La mia ragazzata potevainfinecompromettere anche lei. Inoltre erano nate in me altre sensazioni ed erano spuntati altri desideri; se ioper esempiomi annullo volontariamente davanti a leiquesto non significa affatto che di fronte agli altri io debba sembrare un pulcino bagnato e chedi conseguenzail barone possa picchiarmi con il bastone. Mi venne una voglia matta di prendere tutti in giro e di uscirne fuorifacendo una bella figura! Che vedano un po'! Lei ha paura dello scandalo e mi chiamerà di nuovo.

Ese anche non mi chiameràvedrà lo stesso che non sono un pulcino bagnato.. .

(Una notizia sbalorditiva: ho sentito proprio ora dire dalla bambinaiache ho incontrato sulla scalache Màrja Filìppovna è partita oggi tutta sola per Karlsbadcon il treno della seraper andare da sua cugina. Che novità è questa? La bambinaia dice che si preparava da un pezzo; ma come mai nessuno lo sapeva? Può anche darsiperòche fossi io solo a non saperlo. La bambinaia si è lasciata sfuggire che Màrja Filìppovnadue giorni faaveva avuto un colloquio un po' vivace con il generale. Capisco. Certamente a causa di mademoiselle Blanche. Sìsi sta avvicinando qualcosa di decisivo.)

 

 

NOTE:

  1. "Signoraho l'onore di essere vostro schiavo!"
  2. "Ebbene".
  3. "Ma siete pazzo?"

 

 

7.

 

 

La mattina dopo chiamai il cameriere e lo avvertii che mi facesse il conto a parte. La mia camera non era poi così cara da spaventarmi e da costringermi a lasciare subito l'albergo. Avevo sedici federici e là... là forse mi aspettava la ricchezza!

Stranonon ho ancora vintoma già mi comportosento e penso come se fossi un riccone e non posso immaginarmi in un modo diverso.

Avevo decisononostante l'ora mattutinadi andare da mister Astley all'Hôtel d'Angleterrenon molto lontano dal nostroquando all'improvviso entrò in camera mia De-Grieux. Questo non era ancora mai successo e per di più con quel signore eronegli ultimi tempiin rapporti molto tesi. Egli non nascondeva in nessun modo il suo disprezzo per meanzi faceva di tutto per metterlo in evidenza; e io... io avevo i miei particolari motivi per non risparmiarlo. In una parolalo odiavo. La sua comparsa mi sorprese moltissimo. Subito capii che qualcosa stava bollendo in pentola.

Egli entrò con un'aria molto cortese e mi fece un complimento a proposito della mia stanza. Vedendo che avevo il cappello in mano si informò se veramente uscissi a passeggio così di buon'ora.

Quando seppe che stavo per andare da mister Astley per un affareriflettécapì e il suo viso prese un'espressione molto preoccupata.

De-Grieux era come tutti i francesicioè allegro e gentile quando serviva e gli convenivama insopportabilmente noioso quando mancava la necessità di essere allegro e cortese. Il francese è raramente cortese per natura; lo è semprecome a comandoper calcolo. Seper esempiovede la necessità di essere bizzarrooriginaleun po' fuori del comunela sua fantasia è la più sciocca e innaturalefatta di forme prestabilite e già da lungo tempo diventate banali. Allo stato naturale il francese è invece un insieme di qualità più borghesimeschine e comuni: in una parola è l'essere più noioso del mondo. Secondo mesoltanto i novellini e in particolar modo le signorine russe si lasciano incantare dai Francesi. Ma a ogni persona perbene è subito evidente e intollerabile quel burocratismo di forme prestabilite di gentilezzadi disinvoltura e di allegria da salotto.

"Vengo da voi per un affare cominciò con incredibile disinvoltura, anche se molto cortesemente, e non vi nasconderò che vengo da parte del generale come ambasciatore oper meglio direcome mediatore. Poiché conosco molto male la lingua russaieri non ho capito quasi nientema il generale mi ha spiegato ogni cosa dettagliatamente e vi confesso che..." "Ma ascoltatemonsieur De-Grieux lo interruppi, anche in questa faccenda vi siete assunto l'incarico di intermediario. Iosi sasono un 'outchitel' e non ho mai preteso l'onore di essere amico di questa casa o di avere con essa relazioni particolarmente intime e perciò non sono al corrente di tutte le circostanze; ma spiegatemi: è possibile che voi facciate già parte di questa famiglia? Perchéinfineprendete sempre tanta parte in ogni cosae fate immancabilmente da mediatore in tutto..." Le mie domande non gli piacquero. Per lui erano troppo allusivee lui non voleva tradirsi in nessun modo.

"Mi legano al generalein parte certi affari ein partealcune particolari circostanze" mi disse seccamente. "Il generale mi ha mandato a pregarvi di rinunciare ai vostri propositi di ieri sera.

Tutto quello che avete immaginato è senza dubbio molto spiritosoma egli mi ha precisamente chiesto di farvi presente che la cosa non vi riuscirà; non soloma che il barone non vi riceverà einfineche egli ha in ogni caso tutti i mezzi per liberarsi da ulteriori seccature da parte vostra. Convenitene anche voi. A che scopoditemicontinuare? Il generalepoivi promette di riprendervi senz'altro in casa suaalla prima occasione favorevolee di pagarvi fino ad allora il vostro stipendio'vos appointements'. Tutto questo mi sembra abbastanza vantaggiosonon vi pare?" In tutta calma gli spiegai che si sbagliava alquanto; cheforseil barone non mi avrebbe fatto scacciare maal contrario mi avrebbe ascoltatoe gli chiesi di confessare che egli era venuto per informarsi del modo con cui mi sarei preparato all'impresa.

"OhDio miose il generale si interessa tantosi capisce che gli farà piacere sapere che cosa farete e come. E' così naturale!" Cominciai a spiegarglieloe lui si mise ad ascoltaresemisdraiatocon la testa un po' piegata verso la mia parte e con una chiaramalcelata sfumatura di ironia sul viso.

Complessivamente si comportava con grande superbia. Cercavo con tutte le mie forze di fingere che consideravo la cosa da un punto di vista molto serio. Gli spiegai chevisto che il barone si era rivolto al generale lamentandosi di me come se fossi un domestico del generalein primo luogo con il suo gesto mi aveva privato del posto e in secondo luogo mi aveva trattato come persona che non è in condizione di rispondere di se stessa e con la quale non mette conto di parlare. Certoera giusto che mi sentissi offeso; peròtenendo conto della differenza di etàdella posizione in società eccetera eccetera (a questo punto mi trattenni a fatica dal ridere)non volevo macchiarmi di una nuova leggerezzaossia di richiedere direttamente soddisfazione al barone o anche soltanto di proporglielo. Tuttavia mi ritenevo in pieno diritto di porgere a luie specialmente alla baronessale mie scuse; tanto più che negli ultimi tempi mi sentivo realmente poco benenervoso eper così direstrano eccetera eccetera. Ma il barone con il suo gestooffensivo per medi essersi rivolto al generale e di avere insistito perché il generale mi togliesse il postomi aveva messo in una tale situazione che ormai non potevo più presentare a lui e alla baronessa le mie scusepoiché luila baronessa e tutto il mondo avrebbero certo pensato che ero andato a scusarmi per paura e per riavere il posto. Da tutto questo derivava che mi trovavo costretto a pregare il barone in primo luogo di scusarsi con me nei termini più moderatidicendo per esempio che non aveva voluto assolutamente offendermi. E quando il barone avesse detto questoallora io mi sarei sentite le mani libere e con tutta sincerità gli avrei presentato le mie scuse. "In una parola conclusi, pregherò soltanto il barone che mi sciolga le mani." "Ahimèche eccesso di scrupolo e che raffinatezza! E perché dovrebbe egli scusarsi con voi? Vorrete conveniremonsieur...

monsieur... che voi ideate tutto questo a bella posta per irritare il generale... e forse avete qualche mira speciale... 'mon cher monsieurpardonj'ai oublié votre nom... monsieur Alexis? n'est ce pas?' (1)" "Ma permettete'mon cher marquis': a voi che cosa importa?" "Mais le général..." "Che cosail generale? Ieri sera accennava al fatto che deve mantenersi in una certa situazione... ed era così preoccupato...

ma io non ho capito niente." "Qui si verificain realtàuna particolare circostanza" riprese De-Grieux con tono di preghiera nel quale affiorava sempre più l'irritazione. "Voi conoscete mademoiselle de Cominges?" "Volete dire mademoiselle Blanche?" "Sìmademoiselle Blanche de Cominges... et madame sa mère... ne converrete anche voiil generale... in una parolail generale è innamoratoe può anche darsi che qui ci sia un matrimonio. E immaginatevi che intanto ci siano questi scandali e queste storie..." "Non vedo qui né scandaliné storie che riguardino il matrimonio..." "Mais le baron est si irascibleun caractère prussienvous savezenfin il fera une querelle d'Allemand. (2)" "Ebbenela farà a menon a voipoiché io non appartengo più alla casa... (A bella posta mi sforzavo di essere il più assurdo possibile.) Ma scusateè proprio deciso che mademoiselle Blanche sposi il generale? Che cosa aspettano? Voglio direperché nascondere la cosa anche a noi che siamo di casa?" "Io non posso... del resto la cosa non è ancora del tutto...

Tuttavia... lo sapeteaspettano notizie dalla Russia: il generale deve sistemare i suoi affari..." "Ahah! la 'baboulinka!'" De-Grieux mi guardò con odio.

"In una parola disse, interrompendomi, io spero vivamente nella vostra innata cortesianella vostra intelligenzanel vostro tatto... voisono certolo farete per questa famiglia nella quale siete stato accolto come un parentesiete stato amatorispettato..." "Permettetesono stato scacciato! Voieccoora affermate che è stato solo per le apparenze: ma convenite chese vi dicessero:

'Iocertonon voglio tirarti le orecchiema per le apparenze permetti che te le tiri...' è quasi la stessa cosa..." "Se è cosìse nessuna preghiera influisce su di voi" cominciò a dire in tono severo e autoritarioallora permettete che vi assicuri che saranno prese le necessarie misure. Qui esistono delle autorità, vi manderanno via oggi stesso... 'que diable! Un blanc-bec comme vous' (3) vuole sfidare a duello un personaggio autorevole come il barone! E voi pensate che vi lasceranno tranquillo? Credetemi, nessuno qui ha paura di voi! E se sono venuto a pregarvi, l'idea è venuta da me perché voi rendevate inquieto il generale. E' mai possibile, è mai possibile che pensiate che il barone non vi faccia semplicemente scacciare da un servo?Ma io non ci andrò personalmente;risposi con molta calmavi sbagliate, monsieur De-Grieux; tutto avverrà in modo molto più decoroso di quanto non pensiate. Ora andrò subito da mister Astley e lo pregherò di essere il mio intermediario, in una parola, 'mon second'! Quest'uomo mi vuole bene e certamente non rifiuterà. Egli andrà dal barone, e il barone lo riceverà. Se io sono un 'outchitel', qualcosa, pare, come un dipendente, e, in sostanza, senza difesa, mister Astley, invece, è nipote di un lord, di un autentico lord (questo lo sanno tutti), di lord Peabroke, e il lord è qui. Credetemi, il barone sarà gentile con mister Astley e lo ascolterà. E se non lo ascolterà, mister Astley considererà la cosa come un'offesa personale (voi sapete che gli inglesi sono ostinati) e manderà al barone da parte sua un amico, e lui ha degli ottimi amici. Riflettete, ora, che forse le cose non andranno come voi pensate.Il francese era decisamente impaurito: in realtàtutto questo aveva l'apparenza della verità e sembrava proprio che io fossi in grado di suscitare una questione.

"Ma ve ne prego cominciò in tono addirittura supplichevole, lasciate perdere tutto! Si direbbe che vi faccia piacere che ne venga fuori uno scandalo! A voi non interessa la soddisfazionema lo scandalo! Ho detto che tutto questo sarebbe divertente e spiritosoil che èa quanto pareciò che voi desideratema" concluse vedendo che io mi alzavo e prendevo il cappellosono venuto a consegnarvi due parole da parte di una persona:

leggetele. Sono incaricato di aspettare la risposta.Detto questotirò fuori dalla tasca e mi consegnò un bigliettinopiegato e sigillato con un'ostia.

Di mano di Polina c'era scritto:

"Mi è sembrato che abbiate l'intenzione di... continuare questa storia. Vi siete arrabbiato e cominciate a fare delle ragazzate.

Ma qui ci sono delle circostanze particolari cheforse in seguitovi spiegheròma voive ne pregosmettetela e calmatevi. Che cosa sono queste sciocchezze? Mi siete necessario e avete promesso di ubbidirmi. Ricordate lo Schlangenberg. Vi prego di essere ubbidiente ese serveve lo ordino.

Vostra P.

P.S. Se siete in collera con meper quanto è accaduto ieriperdonatemi."

Quando ebbi letto quelle righe fu come se tutto si confondesse davanti ai miei occhi. Le labbra mi si sbiancarono e cominciai a tremare. Il maledetto francese mi guardava con aria umile e distoglieva gli occhi da me come per non vedere il mio turbamento.

Sarebbe stato meglio che mi avesse riso in faccia.

"Bene" risposi. "Dite a mademoiselle che stia tranquilla.

Permettetemi però di domandarvi" aggiunsi in tono bruscoperché avete aspettato tanto a consegnarmi il biglietto. Invece di parlare di sciocchezze, mi pare che sarebbe stato vostro dovere cominciare da questo... se veramente siete venuto con un simile incarico.Oh, io volevo... tutto l'insieme è così strano che voi scuserete la mia naturale impazienza. Avevo voglia di conoscere, da voi personalmente, le vostre intenzioni. Non so, d'altra parte, che cosa ci sia nel biglietto e pensavo che sarei sempre stato in tempo a consegnarvelo.Capisco. Vi è stato ordinato, senza tante cerimonie, di consegnarmelo solo in caso estremo e di non darmelo addirittura se vi riusciva di accomodare la faccenda a parole. E' così? Parlate francamente, De-Grieux!Peut-être!risposeassumendo un'espressione discreta e rivolgendomi uno sguardo particolare.

Io presi il cappello; egli fece un cenno con il capo e uscì. Mi sembrò che sulle sue labbra balenasse un sorriso ironico. E come poteva essere diversamente?

"Noi duefrancesucciofaremo ancora i contici troveremo ancora di fronte" borbottavoscendendo la scala. Non potevo ancora coordinare le ideecome se avessi ricevuto un colpo sulla testa; ma l'aria fresca mi rianimò un poco.

Due minuti doponon appena cominciai a capire megliomi si affacciarono nitidamente due pensieri: primoche per tali inezieper simili incredibili minacce da scolaretto dette ieri a voloera nato un così generale scompiglio; secondoqual era mai il potere di quel francese su Polina. Una sua sola parolae lei faceva tutto quello che egli volevascriveva un biglietto e addirittura mi pregava. Certoi loro rapporti erano sempre stati per me un mistero da quando avevo cominciato a conoscerli; però in questi ultimi giorni avevo notato in lei una decisa avversione e persino del disprezzo verso il francesementre egli nemmeno la guardava ed era addirittura scortese. Io l'avevo notato. Polina stessa mi aveva parlato di avversione; si era già lasciata sfuggire delle confessioni notevoli... Significava semplicemente che egli la dominava e che la tenevaper così direin catene...

 

 

NOTE.

  1. "Caro signorescusateho dimenticato il vostro nome... signor Alexisnon è vero?"
  2. "Ma il barone è così irritabileun temperamento prussianosapetefinirà col farne una questione dell'altro mondo!"
  3. "Che diavolo! Uno sbarbatello come voi!"

 

 

 

8.

 

 

Sulla "promenade"come la chiamano quiossia sul viale dei castagniincontrai il mio inglese.

"Oh! oh!" cominciò eglivedendomiio venivo da voi, e voi da me. Così, vi siete separato dai vostri?Ditemi, prima di tutto, come voi lo sapete,gli chiesi con stupore; "è possibile che la cosa sia già nota a tutti?" "Oh no! Non a tuttie non vale neppure la pena che lo sia.

Nessuno ne parla." "E alloracome lo sapete?" "Lo socioè ho avuto occasione di saperlo. Ma adessodove andate? Io vi voglio bene e per questo venivo da voi." "Siete proprio un'eccellente personamister Astley gli dissi (ero rimasto veramente sorpreso: come l'aveva saputo?) epoiché non ho ancora preso il caffè e voiprobabilmentel'avete preso cattivoandiamo al caffè del Casinòci sediamo làfacciamo una fumatina e intanto io vi racconterò tutto... e voi pure racconterete tutto a me..." Il caffè era a cento passi.

Ci servirono subitoci mettemmo a sedereio accesi una sigarettamister Astley non accese niente econ gli occhi fissi su di mesi preparò ad ascoltarmi.

"Non andrò in nessun postoresterò qui" cominciai a dire.

"Ero anch'io convinto che sareste rimasto" rispose mister Astleyin tono di approvazione.

Andando da mister Astleynon solo non avevo nessuna intenzionema di proposito non volevo dirgli niente del mio amore per Polina.

In tutti quei giorni non gliene avevo quasi fatto parola. Per di più egli era timidissimo. Fin dalla prima volta avevo osservato che Polina gli aveva suscitato un'impressione straordinariama lui non pronunciava mai il suo nome. Macosa strananon appena fui seduto ed egli ebbe puntato su di me il suo sguardo color dello stagnomi venne improvvisamente voglianon so perchédi raccontargli tuttocioè tutto il mio amore in ogni sua sfumatura.

Parlai per una mezz'oraprovando uno straordinario piacere: era la prima volta che toccavo quell'argomento! Resomi conto che in certi punti particolarmente ardenti egli si turbavaaccrescevo a bella posta il calore del mio racconto. Di una cosa mi pento: di aver forse detto qualcosa di troppo sul francese...

Mister Astley ascoltavaseduto di fronte a meimmobilesilenzioso e guardandomi negli occhi; maquando cominciai a parlare del francesemi interruppe improvvisamente e in tono severo mi chiese se avevo il diritto di accennare a quella circostanza estranea. Mister Astley faceva le domande in modo molto strano.

"Avete ragione: temo di no" risposi.

"Di questo marchese e di miss Polina non potete dire niente di precisoall'infuori di semplici supposizioni?" Di nuovo mi meravigliai di una simile categorica domanda da parte di un uomo così timido come mister Astley.

"Noniente di preciso" risposi. "Nientenaturalmente. Se le cose stanno cosìavete agito malenon solo nel parlarne con mema anche nell'averci pensato." "Benebenelo ammetto. Ma adesso non si tratta di questo" dissiinterrompendolo e meravigliandomi dentro di me. A questo punto gli raccontai tutta la storia del giorno primain tutti i particolarila pensata di Polinala mia avventura con il baroneil mio licenziamentol'incredibile viltà del generale einfinegli esposi dettagliatamente la visita di De-Grieuxin ogni sfumatura; ecome conclusionegli feci vedere il biglietto.

"Che cosa ne deducete?" gli chiesi. "Sono venuto da voi proprio per conoscere il vostro pensiero. Per quello che mi riguardami sembra che ucciderei quel francesino... e può darsi che lo faccia." "Anch'io" disse mister Astley. "In quanto a miss Polina... sapetenoi entriamo a volte in rapporti anche con persone che ci sono odiose se a ciò ci obbliga la necessità. In questo caso possono esserci rapporti a voi sconosciuti che dipendono da circostanze estranee. Io penso che possiate star tranquillo; in partesi capisce. In quanto al suo modo di agire di iericerto esso è stranoe non perché lei abbia desiderato liberarsi di voi e vi abbia spinto sotto la mazza del barone (e non capisco perché non l'abbia usatadato che l'aveva tra le mani)ma perché una tale pensata da parte di una così... di una così eccellente miss non è corretta... Certo lei non poteva indovinare che voi avreste eseguito alla lettera il suo buffo desiderio..." "Sapete che cosa?" gridai a un trattoosservando attentamente mister Astley. "Ho l'impressione che abbiate già sentito parlare di tutto questo... e sapete da chi? Proprio da miss Polina!" Mister Astley mi guardò con stupore.

"I vostri occhi mandano lampie io leggo in essi il sospetto disse, riprendendo subito la calma, ma voi non avete il minimo diritto di manifestarlo. Non posso riconoscervi questo dirittoe mi rifiuto nel modo più categorico di rispondere alla vostra domanda." "Ebbenebasta! Non importa!" gridaiagitandomi stranamente e senza capire come mai mi fosse venuta in mente quell'idea! Ma quandodovein che modo mister Astley avrebbe potuto essere scelto da Polina come uomo di fiducia? Negli ultimi tempianziavevo perduto un po' di vista mister Astleye Polina era sempre stata per me un misteroun mistero a tal punto che oraper esempiopreparatomi a raccontare tutta la storia del mio amore per lei ad Astleyall'improvvisodurante il raccontoero stato colpito dal fatto che non potevo dire quasi niente di preciso e di positivo sui miei rapporti con la fanciulla. Al contrariotutto era fantasticostranoinfondato e persino inverosimile!

"Sìva beneva bene; sono confusoe molte cose non le posso ancora considerare come si deve" risposiquasi ansimando. "Del restovoi siete una brava persona. Adesso c'è un'altra cosa: vi chiedo non il vostro consiglioma la vostra opinione." Tacqui un momento e cominciai:

"Che pensate del fatto che il generale si sia tanto spaventato?

Perché dalla mia stupida monelleria tutti hanno tirato fuori una questione tanto grossagrossa al punto che persino De-Grieux ha ritenuto indispensabile immischiarsene (e lui si immischia solo nei casi più importanti)è venuto in persona da memi ha pregatoe supplicato... ha supplicato meluiDe-Grieux? Infinenotateè venuto alle noveanzi un po' prima delle novee il biglietto di miss Polina era già nelle sue mani. Quandomi chiedoè stato scritto? Forse hanno svegliato miss Polina per questo? Inoltreproprio da questo capisco che miss Polina è la sua schiava (poiché mi chiede persino perdono!) ea parte questoche c'entra leipersonalmentein tutto questo? Perché se ne interessa tanto?

Come mai si sono così spaventati di un barone qualsiasi? E che cosa significa che il generale sposa mademoiselle Blanche de Cominges? Loro dicono chein seguito a questa circostanzadevono tenere un contegno in un certo senso particolarema ormai questo contegno è già un po' troppo particolareconvenitene anche voi!

Che ne pensate? Dal vostro sguardo mi convinco che di questa faccenda ne sapete molto più di me!" Mister Astley sorrise e scosse la testa.

"Effettivamente anche qui credo di saperne molto più di voi" disse. "Qui tutta la faccenda riguarda solo mademoiselle Blanchee io sono sicuro che questa è l'assoluta verità." "E alloramademoiselle Blanche?" gridai con impazienza (mi era balenata all'improvviso la speranza che avrei scoperto qualcosa sul conto di Polina).

"Mi pare che mademoiselle Blanche abbia in questo momento un particolare interesse a evitare in tutti i modi un incontro con il barone e con la baronessatanto più un incontro sgradito opeggio ancorauno scandalo." "Ebbene? Ebbene?" "Mademoiselle Blanchedue anni faè già stata quidurante la stagionea Roulettenburg. E c'ero anch'io. Mademoiselle Blanche allora non si chiamava mademoiselle de Comingese sua madremadame veuve Cominges allora non esisteva. Almeno non se ne parlava. De-Grieux... neppure De-Grieux c'era. Ho la profonda convinzione che non solo essi non siano parenti fra loroma neppure conoscenti di lunga data. MarcheseDe-Grieux lo è diventato recentementee di questo sono certo a causa una certa circostanza. Si può persino supporre che abbia cominciato a chiamarsi De-Grieux da poco tempo. Conosco qui una persona che l'ha incontrato anche sotto un altro nome." "Ma ha realmente una cerchia di conoscenze serie?" "Ohpuò darsi. Persino mademoiselle Blanche può averla. Ma due anni fa mademoiselle Blanchesu richiesta di questa stessa baronessaricevette dalla polizia locale l'invito di lasciare la cittàe la lasciò." "Come mai?" "Ella era allora comparsa qui prima con un italianoun principe dal nome storicoun nome come Barberini o un qualcosa del genere.

Un uomo tutto anelli e brillantie nemmeno falsi. Andavano in giro in una splendida carrozza. Mademoiselle Blanche giocava al 'trente et quarante' all'inizio con fortunapoi la buona sorte le girò le spalle. Me lo ricordoe ricordo che una sera perdette una somma enorme. Ma il peggio fu che 'un beau matin' il suo principe scomparvenon si sa dove; e scomparvero con lui cavalli e carrozza; scomparve tutto. Il debito in albergo era enorme.

Mademoiselle Zelma (da Barberini si era improvvisamente cambiata in mademoiselle Zelma) era all'estremo limite della disperazione.

Piangeva e strillava così forte da farsi sentire per tutto l'albergo e nella furia si strappava persino i vestiti. C'era allora ospite nell'albergo un conte polacco (tutti i polacchi che viaggiano sono conti)e mademoiselle Zelma che si strappava le vesti e si graffiava come una gatta il viso con le sue bellissime mani profumateprodusse su di lui una certa impressione.

Scambiarono qualche parola e a pranzo lei appariva già consolata.

La sera egli arrivò al Casinò a braccetto con lei. Mademoiselle Zelma rideva fortesecondo la sua abitudinee nel modo di comportarsi sembrava sicura e disinvolta. Era ormai entrata in quella categoria di signore che giocano alla roulettele qualiavvicinandosi al tavolospingono a spallate un giocatore per prendergli il posto. E' un particolare chic di queste signore. Le avrete certamente notate." "Ohsì!" "Non merita neppure notarle. A dispetto del pubblico perbeneesse sono inestirpabilialmeno quelle tra di loro che ogni giorno cambiano al tavolo da giuoco biglietti da mille franchi. Perònon appena smettono di cambiar bigliettisono pregate di allontanarsi. Mademoiselle Zelma continuò ancora a cambiare: ma il suo giuoco era sempre più sfortunato. Notate che queste signore molto spesso giocano con fortuna: hanno una straordinaria padronanza di sé. Ma la mia storia è finita... Un bel giornoproprio come il principesparì anche il conte. Mademoiselle Zelma si presentò a giocare la sera da sola; ma quella volta nessuno le offrì il braccio. In due giorni perdette tuttodefinitivamente.

Puntato e perduto l'ultimo luigi d'oroessa si guardò attorno e vide accanto a sé il barone Wurmerhelm che la osservava molto attentamente e con profonda indignazione. Mademoiselle Zelma non vide l'indignazione erivolgendosi al barone con il suo ben noto sorrisolo pregò di puntare per lei dieci luigi d'oro sul rosso.

In seguito a questosu denuncia della baronessa lei ricevette la sera stessa l'invito a non farsi più vedere al Casinò. Se vi meravigliate che io sappia tutti questi piccoli e del tutto sconvenienti particolari è perché li ho sentiti raccontare da mister Feederun mio parenteche quella sera stessa accompagnò nella sua carrozza mademoiselle Zelma da Roulettenburg a Spa. Ora capite: mademoiselle Blanchevuoleesseregeneralessa probabilmente per non ricevere più inviti del genere di quello ricevuto due anni addietro dalla polizia del Casinò. Adesso non giuoca più perché possiedea quanto pareun capitale che presta ai giocatori di quia interesse. Questo è molto più conveniente.

Io ho persino il sospetto che anche quel disgraziato generale sia suo debitore. E che forse lo sia anche De-Grieuxoppure che De- Grieux sia in società con lei. Converrete anche voi chealmeno fino al giorno del matrimoniolei non vorrà in nessun modo attirare sopra di sé l'attenzione del barone e della baronessa. In poche parolenella condizione in cui si trovauno scandalo è la cosa che meno le converrebbe. Voipoisiete legato alla loro casae le vostre azioni potrebbero veramente far nascere uno scandalotanto più che lei compare ogni giorno in pubblico al braccio del generale o con miss Polina. Capite ora?" "Nonon capisco!" gridaibattendo sul tavolo con tanta forza che il cameriere arrivò spaventato.

"Ditemister Astley" ripetei furibondose voi eravate al corrente di tutta questa storia e di conseguenza sapete a memoria chi sia questa mademoiselle Blanche de Cominges, come mai non avete avvertito almeno me, il generale e, soprattutto, miss Polina che si faceva vedere qui al Casinò, in pubblico, sotto braccio a mademoiselle Blanche? E' possibile?Avvertire voi sarebbe stato inutile perché non potevate farci nienterispose con calma mister Astley. "Edel restoavvertire di che cosa? Il generale probabilmente sa di mademoiselle Blanche più di quanto ne so io e tuttavia va a passeggio con lei e con miss Polina. Il generale è un disgraziato. Ho veduto ieri mademoiselle Blanche che galoppava su un bellissimo cavallo in compagnia di monsieur De-Grieux e di quel piccolo principe russoe il generale che galoppava loro dietro su un cavallo sauro. Al mattino aveva detto che gli facevano male le gambema la sua posizione in sella era buona. E proprio in quel momento mi è venuto all'improvviso in mente che quello era un uomo definitivamente rovinato. Per di piùtutto questo non mi riguarda e solo da poco tempo ho avuto l'onore di conoscere miss Polina. Ma del resto (si riprese di colpo mister Astley)vi ho già detto che non posso ammettere che abbiate diritto a fare certe domandesebbene vi sia sinceramente affezionato..." "Basta" dissialzandomiora mi è chiaro come il giorno che miss Polina è al corrente di tutto quanto riguarda mademoiselle Blanche, ma che non può staccarsi dal suo francese e perciò acconsente ad andare in giro con lei. Credetemi, nessun'altra forza l'avrebbe indotta a passeggiare con miss Blanche e a supplicarmi nel biglietto di non toccare il barone. Deve proprio trattarsi di quella suggestione davanti alla quale ogni cosa si inchina! E tuttavia fu lei a spingermi contro il barone. Il diavolo mi porti se ci si capisce qualcosa!Voi dimenticate prima di tutto che questa mademoiselle de Cominges è la fidanzata del generale e in secondo luogo che miss Polina, figliastra del generale, ha un fratellino e una sorellina, veri figli del generale, ormai completamente abbandonati da quel pazzo e, sembra, anche da lui rovinati.Sì, sì... è così! Lasciare quei bambini significa abbandonarli del tutto, restare significa difendere i loro interessi e forse anche salvare qualche briciolo della proprietà. Sì, sì... tutto ciò è vero! Ma però, però! Oh, capisco perché adesso tutti si interessano tanto della 'baboulinka!'Di chi?chiese mister Astley.

"Di quella vecchia strega di Mosca che non si decide a morire e a proposito della quale sono tutti in attesa del telegramma che annunci che sta per andarsene all'altro mondo." "Ma sìcertotutto l'interesse si è concentrato su di lei. Tutto dipende dall'eredità. Quando l'eredità sarà sicurail generale si sposerà; miss Polina sarà libera e De-Grieux..." "Ebbenee De-Grieux?" "A De-Grieux verrà pagato il debito: egli qui aspetta soltanto questo." "Soltanto? Voi credete che aspetti soltanto questo?" "Io non so altro" e mister Astley tacque ostinatamente.

"Ioinvecelo solo so!" ripetei con rabbia. "Aspetta anche lui l'eredità perché Polina riceverà la dote enon appena avrà i denarigli si getterà al collo. Tutte le donne sono uguali! E sono proprio le più orgogliose che si rivelano le schiave più umili! Polina è capace soltanto di amare appassionatamente: niente altro! Questa è la mia opinione su di lei. Osservatespecialmente quando è solasoprappensiero: ha qualche cosa di predestinatodi fataledi maledetto! Essa è portata a tutti gli orrori della vita e della passione... essa... essa... Ma chi è che mi chiama?" esclamai a un tratto. "Chi grida? Ho sentito gridare in russo:

"Alekséj Ivànovitch!" Una voce di donnaascoltateascoltate!" Intanto ci stavamo avvicinando all'albergo. Da un pezzoquasi senza accorgerceneavevamo lasciato il caffè.

"Ho sentito delle grida di donnama non so chi fosse a chiamareparlava russo. Ora vedo da dove arriva la voce mi indicò mister Astley, chi grida è quella donna che sta seduta in una grande poltrona che alcuni domestici hanno portato ora sulla scalinata.

Le portano dietro le valigiesegno che è appena arrivato il treno." "Ma perché chiamare me? Ecco che ricomincia a gridare. Guardateci fa dei segni..." "Vedosìche fa dei segni" rispose mister Astley.

"Alekséj Ivànovitch! Alekséj Ivànovitch! AhSignoreche razza di tontolone!" si sentiva gridare disperatamente dalla scalinata dell'albergo.

Raggiungemmo quasi di corsa la scalinata. Salii sul ripiano e...

le braccia mi caddero dallo stuporee i piedi rimasero inchiodati a terra!

 

 

9.

 

 

Sul pianerottolo superiore dell'alta scalinata dell'albergoportata su per i gradini in una poltrona e circondata da servitoricameriere e dal numerosoossequiente personale dell'albergoalla presenza del capo cameriere in persona uscito a incontrare l'illustre ospite arrivata con tanto trambusto e fracassocon la sua servitù particolare e una gran quantità di bauli e di valigietroneggiava... la nonna! Sìera proprio leila terribilericchissima settantacinquenne Antonida Vassìlevna Tarassevitchevaproprietaria e gran signora moscovitala 'baboulinka' sul conto della quale si spedivano e si ricevevano telegrammi; era quella vecchia sempre sul punto di morire ma che non moriva mai e ched'improvvisoera piombata in persona tra di noicome una tegola sulla testa. Era apparsabenché senza l'uso delle gambe e portata come sempre negli ultimi cinque anni in poltronaarditabattaglieracontenta di séeretta sul bustocome suo solitogridando forte e imperiosamenterampognando tuttiproprio come io avevo avuto l'onore di vederla due volte da quando ero entrato come precettore in casa del generale.

Naturalmente rimasi davanti a lei come impietrito dallo stupore.

Già a cento passi di distanzamentre la portavano dentro sulla poltronalei mi aveva visto con il suo occhio di lincemi aveva riconosciuto e mi chiamava con il nome e con il patronimico che leicom'era sua abitudineaveva imparato una volta per sempre.

"E proprio lei si aspettavano di vedere chiusa nella bara dopo aver lasciato l'eredità?" mi passò a volo nella mente. "Lei che vivrà più a lungo di noi e di tutto l'albergo! Mio Dioma che succederà ora ai nostriche succederà al generale? Quellaadessometterà sottosopra tutto!" "Dunquebàtiushkaperché te ne stai lì impalato con gli occhi sbarrati?" continuava a gridare la nonna. "Salutaredare il benvenuto non saieh? O ti dai delle arie e non vuoi farlo?

SentiPotapytch disse rivolta a un vecchietto canuto in frac e cravatta bianca con una rosea calvizie, il suo maggiordomo che l'accompagnava nel viaggio, sentinon mi riconosce! Mi avevano già seppellita! Mandavano un telegramma dietro l'altro: è morta o non è morta? So tutto! E ioinvecevedi... sono quie vivissima." "Ma scusateAntonida Vassìlevnaperché dovrei desiderarvi del male?" le risposi allegramenteriavendomi dallo stupore. "Sono rimasto semplicemente sorpreso... e come potevo non esserlo... è un avvenimento così inatteso..." "E che c'è da meravigliarsi? Sono salita in treno e sono partita.

In treno si sta benenon ci sono scossoni. Eri andato a passeggio?" "Sìero andato a far due passi verso il Casinò." "Qui è bello" disse la nonnaguardandosi intorno. "Fa caldoe gli alberi sono coperti di foglie. Mi piace! I nostri sono in casa? E il generale?" "Oh sìsono in casa; a quest'ora sono certamente tutti in casa." "Anche qui hanno le loro ore fisse e tutte le altre cerimonie? Si danno molte arie. E hanno la carrozzaho sentito dire'les seigneurs russes'! Hanno sperperato tutto e poivia all'estero! E Praskòvja è con loro?" "SìPolina Aleksàndrovna è con loro." "E anche il francesino? Benema li vedrò tutti da meAlekséj Ivànovitch; indicami la strada per andare direttamente da lui. E tuti trovi benequi?" "Così cosìAntonida Vassìlevna." "TuPotapytchdi' a questo babbeo di cameriere che mi diano un appartamento comodograziosonon in altoe fa' trasportare subito i bagagli. Ma perché tutti vogliono portarmi? Perché tanti strisciamenti? Che schiavi! E chi c'è lì con te?" chieserivolgendosi di nuovo a me.

"E' mister Astley" risposi.

"Quale mister Astley?" "Un viaggiatoreuna mia buona conoscenza; conosce anche il generale." "Un inglese. Ecco perché mi guarda fisso e a denti stretti. Del restogli inglesi mi piacciono. Suportatemi di sopra direttamente al loro appartamento; dove si trova?" Portarono su la nonna; io precedevo per l'ampio scalone dell'albergo. Il nostro corteo faceva molto effetto. Tutti quelli con i quali ci imbattevamosi fermavano e ci guardavano con tanto d'occhi. Il nostro albergo è considerato il miglioreil più caro e il più aristocratico qui alle acque. Per le scale e lungo i corridoi si incontrano sempre dame elegantissime e inglesi dall'aspetto imponente. Molti chiedevano informazioni giùal capo cameriereil qualea sua voltaera rimasto assai colpito.

Naturalmentea tutti quelli che lo interrogavanoegli rispondeva che si trattava di una straniera importantedi 'une russeune comtessegrande dame' che avrebbe occupato lo stesso appartamento occupato la settimana prima dalla grande 'duchesse de N.' L'aspetto autoritario e imperioso della nonnatrasportata in poltronafaceva un grande effetto. Ogni volta che incontrava una persona nuovala misurava subito con uno sguardo curiosoe di ognuna mi chiedeva informazioni ad alta voce. La nonna era di costituzione robusta esebbene non si alzasse dalla poltronasi capivaguardandolache doveva essere di alta statura. Aveva la schiena diritta come un'asse e non si appoggiava alla spalliera.

La sua grossa testa dai capelli bianchidai tratti marcati e fortistava eretta; guardava in maniera quasi insolente con aria di sfida; e si vedeva che sguardo e gesti erano perfettamente naturali. Nonostante i suoi settantacinque anniaveva un viso abbastanza frescoe anche i denti erano ancora in buone condizioni. Indossava un abito di seta nera e aveva in testa una cuffietta bianca.

"Quella donna mi interessa moltissimo" mi sussurrò mister Astleysalendo con me.

"Lei è al corrente dei telegrammi" pensai. "Conosce anche De- Grieuxma sembra conoscere ancor poco mademoiselle Blanche." Subito lo comunicai a mister Astley.

Che peccatore sono mai! Non appena passato il primo momento di stuporemi rallegrai moltissimo per il fulmine a ciel sereno che stava per colpire il generale. Era come se qualcosa mi eccitassee camminavo davanti a tutti con straordinaria allegria.

I nostri alloggiavano al terzo piano; io non annunciai nessuno e neppure bussai; semplicemente spalancai la portae la nonna fu portata dentro in trionfo. Nemmeno a farlo appostasi trovavano tutti riuniti nello studio del generale. Erano le dodici e stavano progettandosembrauna gitaun po' in comitivaun po' a cavallo; c'erano anche degli invitati loro conoscenti. Oltre al generale e a Polina con i bambini e le loro bambinaiec'erano nello studio: De-Grieuxmademoiselle Blanchevestita da amazzonesua madre madame veuve Comingesil piccolo principe e anche un certo dotto viaggiatoreun tedesco che vedevo da loro per la prima volta. La poltrona della nonna fu portata direttamente nel bel mezzo dello studioa tre passi dal generale.

Mio Dionon dimenticherò mai quell'impressione! Prima che noi entrassimoil generale stava raccontando qualcosae De-Grieux lo contraddiceva. Bisogna notare che mademoiselle Blanche e De-Grieux già da due o tre giorninon so perchéfacevano la corte al piccolo principe 'à la barbe du pauvre général'; e la compagniaanche se un po' artificiosamentesembrava di umore allegro e gioiosamente familiare. Vedendo la nonnail generale rimase di stuccospalancò la bocca e si fermò a metà di una parola. Mi fissò con gli occhi sbarrati come incantato dallo sguardo di un basilisco. Anche la nonna lo guardava in silenzioimmobile... ma che sguardo trionfatoreprovocante e ironico era il suo! Si fissarono cosìper almeno dieci seconditra il profondo silenzio di tutti i presenti. De-Grieux sulle prime era rimasto pietrificatoma ben presto una inquietudine straordinaria comparve sul suo viso. Mademoiselle Blanche con le sopracciglia sollevate e la bocca apertaguardava la nonna con aria strana. Il principe e lo scienziato osservavano la scenaprofondamente perplessi. Gli occhi di Polina espressero un enorme stuporee a un tratto si fece pallida come un cencio; dopo un attimoperòil sangue le risalì al viso e le inondò le guance. Sìera una catastrofe per tutti! Io non facevo altro che spostare il mio sguardo dalla nonna a tutti i presentie viceversa. Mister Astley se ne stava in dispartecalmo e dignitoso come sempre.

"Dunqueeccomi qui invece del telegramma!" disse finalmente la nonnainterrompendo il silenzio. "Non mi aspettavateeh?" "Antonida Vassìlevna... zia... ma in che modo..." balbettò l'infelice generale. Se la nonna avesse continuato a tacere ancora per qualche secondoforse gli sarebbe venuto un colpo.

"Comein che modo? Sono salita sul treno e sono partita. Che ci sta a fare la ferrovia? Voi tutti pensavate che io avessi tirato le cuoia e vi avessi lasciato l'eredità? So benissimo che tu da qui spedivi telegrammi. E credo che avrai speso parecchio per farlo... Non costano certo poco. E ioinvecegambe in spallaed eccomi qui. E' questo quel tal francese? Monsieur De-Grieux mi sembra." "Ouimadame" rispose De-Grieux "croyezje suis si enchanté...

votre santé... c'est un miracle... vous voir iciune surprise charmante...(1)" "Giàgià'charmante:' ti conoscobuffonee non ti credoecconeanche tanto così!" e gli mostrò il dito mignolo "E questachi è?" esclamò rivolgendosi e indicando mademoiselle Blanche.

L'eccentrica francesevestita da amazzonecon il frustino in manol'aveva evidentemente colpita. "E' di qui?" "E' mademoiselle Blanche de Comingese questa è sua madremadame de Cominges; abitano in questo albergo" riferii io.

"E' sposata la figlia?" chiese la nonnasenza fare tanti complimenti.

"Mademoiselle de Cominges è nubile" risposi nel modo più rispettoso ea bella postaa mezza voce.

"E' allegra?" Non capii subito la domanda.

"Non ci si annoia con lei? Capisce il russo? De-Grieuxper esempioda noia Moscaera riuscito a dire malamente qualcosa nella nostra lingua." Le spiegai che mademoiselle Blanche de Cominges non era mai stata in Russia.

"Bonjour!" disse la nonnavolgendosi all'improvviso bruscamente verso mademoiselle Blanche.

"Bonjourmadame" rispose mademoiselle Blanche con un inchino cerimonioso ed eleganteaffrettandosisotto l'apparenza di una straordinaria modestia e cortesiaa dimostrare con l'espressione del viso e di tutta la persona il suo stupore per una così strana domanda e un così strano comportamento.

"Ohha abbassato gli occhifa smancerie e cerimonie; si vede subito che tipo è: una qualche attrice. Ioqui all'albergomi sono fermata giù" disse a un trattorivolta al generale. "Sarò tua vicina: sei contento o no?" "Ohzia! Credete ai sentimenti sinceri... della mia contentezza" rispose il generale. Si era in parte ripreso e poichéquand'era il casosapeva parlare benegravemente e con pretesa di un certo effettocominciava a dilungarsi anche adesso. "Eravamo così inquieti e preoccupati per le notizie della vostra salute...

Abbiamo ricevuto dei telegrammi così disperatied ecco che a un tratto..." "Frottolefrottole!" lo interruppe la nonna.

"Ma come mai interruppe a sua volta, alzando la voce, il generale che si era sforzato di non notare quel 'frottole', come mai vi siete decisa a un simile viaggio? Sarete d'accordo anche voi che alla vostra età e nelle vostre condizioni di salute... è per lo meno una cosa così inattesa... che rende ben comprensibile il nostro stupore. Ma io sono così contento... e noi tutti (e cominciò a sorridere di un sorriso entusiastico e tenero) cercheremo con tutte le nostre forze di rendervi questo soggiorno il più possibile piacevole...Be', basta adesso; tutte chiacchiere inutili. Secondo il tuo solito hai cominciato a dire delle stupidaggini. So benissimo io come passare il tempo. Del resto non starò lontana da voi: io non porto rancore. Come mai, vuoi sapere? Ma che c'è da meravigliarsi?

Nel più semplice dei modi. E perché tutti si meravigliano?

Buongiorno, Praskòvja. Che fai qui?Buongiorno, nonnarispose Polinaavvicinandosi a lei. "Siete in viaggio da molto?" "Eccoquesta è la domanda più intelligente di tutteinvece di tanti 'ah! ah!'. Eccosenti: dopo essere stata a letto un bel po'ed essermi curata e curata... ho finito con il cacciare via i dottori e ho fatto venire il sacrestano di San Nicola. Quello aveva guarito una donnetta dalla mia stessa malattiacon un tritume di fieno. Ebbeneha fatto bene anche a me: dopo due giorni feci una gran sudata e mi alzai dal letto. Poi si riunirono di nuovo i miei tedeschi einforcati gli occhialihanno cominciato a sputar sentenze: "Se voi ora" hanno dettoandaste all'estero, alle acque, a fare la cura, gli ingorghi scomparirebbero definitivamente. "E perché no?" mi sono chiesta.

E quegli stupidi intriganti eccoli a frignare: "Ma come potrete arrivarci?" Figuriamoci! In un giorno mi sono preparata e venerdì della settimana scorsa ho preso con me una ragazzaPotapytche il domestico Fëdor; ma questo Fëdora Berlinol'ho cacciato perché ho visto che non avevo affatto bisogno di lui e che anche sola soletta sarei arrivata... Prendo uno scompartimento riservatoe in tutte le stazioni ci sono facchini cheper venti copecheti portano dove vuoi. Ma che po' po' di appartamento occupate!" concluseguardandosi attorno. "E con quale denarobàtjushka? Hai tutto ipotecato... Soltanto con questo francesino che debito hai? Perché iovediso tuttoso tutto!" "Iozietta..." prese a dire il generale tutto confusoio mi meraviglio, zietta... Io penso di poter fare a meno del controllo di chiunque... e poi le spese non superano le mie possibilità e noi qui...Non superano le tue possibilità, hai detto? Ma allora i bambini li hai spogliati di tutto quello che avevano, eh, tutore?Dopo di questo... dopo simili parole...cominciò il generale in tono indignato "io non so più..." "Non sainon sai! Immagino che qui non ti sarai mai allontanato dalla roulette! Hai fatto bancarotta?" Il generale era così sbalordito che per poco non rimase soffocato dall'impeto della sua indignazione.

"Alla roulette! Iocon la mia posizione? Io? Maziettaritornate in voi... forse non vi sentite ancora bene..." "Frottolefrottole! Immagino che non riusciranno a distaccartene!

Io sìche andrò a vedere che cos'è questa rouletteci andrò oggi stesso. TuPraskòvjadimmi che cosa c'è qui da visitareAlekséj Ivànovitch ci darà qualche indicazione e tuPotapytchsegna tutti i posti dove dobbiamo andare. Che cosa c'è da vederequi?" chiese a un trattorivolgendosi di nuovo a Polina.

"Qui vicino ci sono le rovine di un castelloe poi c'è lo Schlangenberg." "Che cos'è questo Schlangenberg? Un boschettoo che altro?" "Nonon un boschettoma una montagna; c'è una 'pointe...'" "Che cos'è questa 'puànt??" "Il punto più alto della montagnaun posto recintato. Da lassù c'è un panorama stupendo..." "E si potrà trascinare la poltrona fin là? Riusciranno a tirarla suo no?" "Be'si possono trovare dei portatori" risposi io.

In quel momento si avvicinòper salutare la nonnaFedòssjala bambinaiache portava i bambini del generale.

"Susuniente sbaciucchiamenti! Non mi piace baciare i bambini:

sono tutti mocciosi. E tucome ti trovi quiFedòssja?" "Qui ci sto benemoltomolto benemàtushka Antonida Vassìlevna" rispose Fedòssja. "E voi come statemàtushka? Siamo rimasti tanto in pena per voi!" "Lo sotu sei un'anima semplice. E chi sono tutti questi? Ospitiforse?" chieserivolgendosi di nuovo a Polina. "Chi è quel mingherlino con gli occhiali?" "E' il principe Nilskijnonna" le sussurrò Polina.

"Ahè un russo? E io credevo che non capisse. Ma forse non ha sentito. Mister Astley l'ho già visto. Ma eccolo di nuovo qui" lo scorse la nonna. "Buongiorno!" lo salutòrivolgendosi improvvisamente verso di lui.

Mister Astley si inchinò in silenzio.

"Ebbeneche mi dite di bello? Raccontatemi qualcosa... Polinatraducigli quello che dico..." Polina tradusse.

"Dico che vi vedo con molto piacere e mi rallegro che siate in buona salute" rispose mister Astley in tono serio e con molta prontezza. Queste parole furono tradotte alla nonna eevidentementele piacquero.

"Come sanno rispondere sempre bene gli Inglesi" osservò. "Non so perchéma mi sono sempre piaciuti; non c'è confronto con i Francesi! Venite a trovarmi" disserivolgendosi di nuovo a mister Astley. "Cercherò di non darvi troppa noia. Traduci Polinae digli che io sto qui sottoqui sotto... sentite? qui sotto...

sentite" ripeté a mister Astleyaccennando con il dito in giù.

Mister Astley fu molto contento dell'invito.

La nonna esaminò Polina dalla testa ai piedi con uno sguardo attento e soddisfatto:

"Tu mi piacerestiPraskòvja" disse all'improvvisosei un'ottima ragazza, la migliore di tutti, ma hai un carattere che... uh!

Anch'io, però, ho un caratterino... Girati un po': non hai per caso una treccia finta nei capelli?No, nonna, sono capelli miei.Bene, bene... non mi piace la sciocca moda di oggigiorno. Sei molto bella. Se fossi un uomo mi innamorerei di te. Perché non prendi marito? Ma adesso è ora che me ne vada. Ho voglia di fare una passeggiata dopo tanto treno, sempre treno... E tu, sei ancora arrabbiato?disserivolta al generale.

"Ma figurateviziettanon ci pensate neppure!" rispose il generaleriprendendosi. "Capiscoalla vostra età..." "Cette vieille est tombée en enfance!" (2) mi sussurrò De-Grieux.

"Eccoora qui voglio vedere tutto. Mi cederesti Alekséj Ivànovitch?" continuòrivolta al generale.

"Ohsìquanto volete... ma anch'io... e Polina e monsieur De- Grieux... tutti noiinsommaci faremo un piacere di accompagnarvi".

"Maismadamecela sera un plaisir" disse De-Grieux con un incantevole sorriso.

"Giàgià 'plaisir'... Sei buffobàtjushka. Denaroperònon te ne darò" aggiunse all'improvvisorivolta al generale. "E adesso voglio scendere nel mio appartamento: voglio dargli un'occhiata e poi andremo dappertutto. Susollevatemi!" Sollevarono di nuovo la nonna e tutti si avviarono in folla giù per le scaleal seguito della poltrona. Il generale camminava come stordito da una mazzata sulla testa. De-Grieux rimuginava qualche cosa. Mademoiselle Blanche avrebbe voluto restare ma poichi sa perchédecise di andare con tutti gli altri. Subito le tenne dietro il principe e di sopranell'appartamento del generalerimasero soltanto il tedesco e madame veuve Cominges.

 

 

NOTE:

  1. "Sìsignoraecredetemisono felice... la vostra salute è un miracolo... e vedervi qui è una piacevole sorpresa..."
  2. "Questa vecchia è rimbambita!"

 

 

10.

 

 

Alle terme - ea quanto parein tutta l'Europa - i direttori d'albergo e i capi camerieri nell'assegnare ai clienti le camere sono guidati non tanto dalle esigenze e dai desideri di questi quanto dal primo colpo d'occhio ebisogna dirlodifficilmente sbagliano. Ma alla nonnachi sa perchéavevano dato un appartamento così lussuoso da sembrare persino esagerato: quattro stanze arredate splendidamentecon il bagnocamere per i domesticiuna stanzetta particolare per la cameriera eccetera eccetera...

Effettivamente quelle stanze erano state occupate la settimana prima da non so quale "grande duchesse" il cheè naturaleveniva subito riferito ai nuovi ospiti per dare più valore all'appartamento. Portarono oper meglio direspinsero la nonna per tutte le stanzee lei le osservò con severa attenzione. Il capo cameriereun uomo già anziano dalla testa pelatala accompagnava con deferenza in questa prima visita.

Non so per chi prendessero la nonna maa quanto pareper una persona importante esoprattuttoricchissima. Nel registro scrissero subito: "Madame la Généraleprincesse de Tarassevìtcheva" nonostante la nonna non sia mai stata principessa. La servitùlo scompartimento riservatoquell'inutile montagna di cassettevaligie e persino i bauli arrivati insieme con la nonnaavevano probabilmente dato inizio al suo prestigio; e la poltronail tonola voce imperiosa della vecchiale sue domande stravaganti fatte con la più grande disinvoltura e con l'aria di non ammettere replichein una parolatutta la figura della nonna dirittabruscaautoritariaavevano completato il generale senso di reverenza verso di lei.

Durante la visitala nonna ordinava all'improvviso di fermare la poltronaindicava qualche oggetto dell'arredamento e con inaspettate domande si rivolgeva all'ossequioso e sorridente capo cameriere che quasi quasi cominciava ad avere un po' di paura. La nonna rivolgeva le sue domande in franceselingua che però parlava alquanto malecosicché spesso io dovevo tradurre. Le risposte del capo cameriere non eranoper la maggior partedi suo gradimento e le sembravano poco soddisfacenti. Anche leipoifaceva un mucchio di domande che non si riferivano all'oggetto in questionema a Dio sa che cosa.

A un certo puntoper esempiosi era fermata davanti a un quadrocopia piuttosto mal riuscita di un famoso originale di soggetto mitologico.

"E' il ritratto di chi?" Il capo cameriere le dichiarò che probabilmente si trattava di qualche contessa.

"Come mai non lo sai? Vivi qui e non sai. Perché si trova qui?

Perché ha gli occhi storti?" A tutte queste domande il capo cameriere non poté rispondere in modo soddisfacente e si smarrì persino.

"Che scemo!" dichiarò la nonna in russo.

La portarono oltre. La stessa storia si ripeté con una statuina di Sassonia che la nonna osservò a lungo e poi ordinò di portare vianon si sa per quale motivo. Infine si appiccicò al capo cameriere:

quanto costavano i tappeti della camera? dove li tessevano? Il capo cameriere promise di informarsi.

"Che razza di asini!" borbottò la nonnae dedicò tutta la sua attenzione al letto.

"Che baldacchino lussuoso! Disfate il letto!" Il letto fu disfatto.

"Ancoraancoratogliete tutto! Via le federevia i cuscinisollevate i piumini!" Tutto fu capovolto. La nonna osservava con attenzione.

"Bene! Non ci sono cimici. E adesso via questa biancheria! Portate la mia e il mio guanciale. Però tutto qui è troppo lussuoso; che serve a mevecchietta come sonoun appartamento così? Da sola mi annoio. Alekséj Ivànovitchvieni a trovarmi il più spesso possibilequando avrai finito le tue lezioni ai bambini." "Da ieri non sono più al servizio del generale" risposi ioe vivo nell'albergo completamente per conto mio.E perché?Alcuni giorni fa è arrivato qui un importante barone tedesco con la baronessa, sua consorte, da Berlino. Ieri, alla passeggiata, mi sono rivolto a lui in tedesco, senza seguire la pronunzia berlinese.Be', e con questo?Il barone l'ha considerata un'insolenza e ha fatto le sue lamentele al generale, e il generale ieri mi ha licenziato.Ma tu l'hai forse ingiuriato questo barone? E se anche l'avessi offeso, poco male!Oh no! Anzi, il barone ha alzato il bastone su di me.E tu, bavoso, hai permesso che trattassero così il tuo precettore?chiese rivolgendosi al generale. "E l'hai anche cacciato dal posto! Siete tutti dei babbeidei veri babbeia quanto vedo..." "Non inquietatevizietta rispose il generale con una certa sfumatura altera e familiare insieme, so trattare da me i miei affari. Inoltre Alekséj Ivànovitch non vi ha riferito le cose fedelmente." "E tu l'hai inghiottita?" chieserivolgendosi a me.

"Volevo sfidare il barone a duello" risposi il più modestamente e tranquillamente possibilema il generale si è opposto.E perché ti sei opposto?chiese la nonna rivolta di nuovo al generale. "E tubàtjushkavatteneverrai quando ti si chiamerà disse al capo cameriere, non è il caso che te ne stia là a bocca spalancata... (Non posso sopportare questo muso di Norimberga...!)" Il cameriere s'inchinò e uscìsenzanaturalmenteaver capito il... complimento della nonna.

"Ma scusateziettasono forse possibili i duelli?" rispose il generale con un sorrisetto ironico.

"E perché non sono possibili? Gli uomini sono dei galli; quindi devono combattere. Siete tutti dei grandi babbeia quanto vedoe non sapete far rispettare la vostra patria. Sualzate! Potapytchdisponi che siano sempre pronti due portatori: trovali e impegnali. Non ne servono più di due; si tratta di portarmi solo per le scale perchéquando siamo sul pianonella stradac'è solo da spingere. Diglieloe pagali in anticipo: saranno più rispettosi. Tu mi starai sempre vicino e tuAlekséj Ivànovitchdurante la passeggiatami indicherai quel barone: vorrei proprio vedere che razza di 'von'-baron è. Be'dov'è questa roulette?" Le spiegai che le roulettes sono poste nelle sale del Casinò. Poi iniziarono le domande: ce ne sono molte? Sono numerosi i giocatori? Giocano per l'intero giorno? Come funzionano? Risposi che la miglior cosa era vedere con i propri occhiperché spiegare tutto era piuttosto difficile.

"Be' allora mi si porti direttamente là! Va' avantiAlekséj Ivànovitch!" "Maziettaè possibile che non vi riposiate nemmeno dal viaggio?" chiese premuroso il generale. Era quasi spaventato e tutticon un'aria imbarazzatasi scambiavano delle occhiate.

Probabilmente si sentivano a disagio e persino un po' si vergognavano di accompagnare la nonna direttamente al Casinò dovesi capiscepoteva commettere qualche stravaganza eper di piùin pubblico; tuttavia tutti si offrirono spontaneamente di accompagnarla.

"E perché dovrei riposarmi? Non sono stanca; sono stata ferma cinque giorni. E poi vedremo le sorgenti e le acque minerali che ci sono quie dove sono. E poi... quella... come hai dettoPraskòvja... quella 'puànt'... o come?" "'Pointe' nonna." "Benese è 'pointe' sia 'pointe.' E che altro c'è ancora?" "Ci sono molte cosenonna" disse Polina con un certo imbarazzo.

"Mainsommavedo che non lo sai nemmeno tu! Marfaverrai con me" disse alla sua cameriera.

"Perché anche leizia?" interruppe preoccupato il generale.

"Questo non è possibile. E anche Potapytch difficilmente lo lasceranno entrare." "Sciocchezze! Siccome è una domestica bisognerebbe piantarla? E' anche lei una creatura viva; è ormai una settimana che stiamo viaggiandoe anche lei ha voglia di vedere qualche cosa. Con chi potrebbe farlose non con me? Da sola non oserà neppure mettere il naso fuori della porta..." "Manonna..." "Ti vergogni a uscire con me? E allora rimani in casanessuno ti chiede niente. Guarda un po' che generale! Ma sono anch'io una generalessa. E perché dovrei trascinarmi dietro un simile codazzo?

Andrò a visitare tutto con Alekséj Ivànovitch..." Ma De-Grieux insisté decisamente perché tutti la accompagnassero e usò le frasi più cortesi a proposito del piacere di accompagnarla eccetera eccetera. Tutti si mossero.

"Elle est tombée en enfance ripeté De-Grieux al generale, seuleelle fera des bêtises (1)". Di più non sentiima evidentemente egli aveva dei progetti eforsegli erano addirittura tornate delle speranze.

Il Casinò era lontano un mezzo miglio dall'albergo. La nostra strada passava per un viale di castagnifino al piazzalegirato il quale ci si trovava davanti all'ingresso del Casinò. Il generale si era un po' calmatopoiché il nostro corteoanche se discretamente eccentricoera tuttavia decoroso e corretto. E poi non c'era niente di sorprendente nel fatto che alle terme fosse venuta una persona malata e debolepriva dell'uso delle gambe.

Maevidentementeegli temeva il Casinò: perché una persona malatadalle gambe paralizzate e per di più vecchiasarebbe andata alla roulette? Polina e mademoiselle Blanche camminavano ai due lati della poltrona che procedeva davanti a tutti.

Mademoiselle Blanche ridevaera allegra ma con discrezionee a voltemolto cortesementescherzava con la nonna tanto che questaalla finela elogiò. Polinadall'altro lato della poltronaera costretta ogni momento a rispondere alle innumerevoli domande della nonnadomande di questo genere: "Chi è quello lì che passa? E quella là in carrozza? E' grande la città?

E' grande il giardino? Che alberi sono questi? E che monti sono quelli? Ci sono delle aquile qui? Che cos'è quel tetto così buffo?" Mister Astleyche camminava vicino a memi sussurrò che da quella mattina si aspettava molte cose. Potapytch e Marfa seguivano da vicino la poltrona: Potapytch in marsina e cravatta bianca ma con il berrettoe Marfazitella sulla quarantina dalle guance rossema che cominciava ormai a farsi grigiain cuffiaabito di percalle e con un paio di scricchiolanti scarpe di pelle di capretto. Molto spesso la nonna si girava e scambiava con loro qualche parola. De-Grieux e il generale erano rimasti un po' indietro e discutevano con grande foga di non so che cosa. Il generale era assai abbattuto; De-Grieux parlava in tono deciso.

Magari cercava di fargli coraggio o gli dava qualche consiglio. Ma la nonna aveva ormai pronunciato la frase fatale: "Denaro non te ne darò". Forse a De-Grieux questa notizia sembrava incredibilema il generale conosceva bene la vecchia. Io osservai che De- Grieux e mademoiselle Blanche continuavano a scambiarsi strizzatine d'occhio. Il principe e il viaggiatore tedesco li vidi proprio in fondo al viale; erano rimasti indietro e se ne andavano da un'altra parte.

Al Casinò entrammo trionfalmente. Il guardaportone e i camerieri ci manifestarono la stessa reverenza che già aveva manifestato il personale dell'albergo. Ci guardavanoperòcon curiosità. La nonnaper prima cosaordinò di portarla in giro per tutte le sale; lodò alcune cosedi fronte ad altre rimase perfettamente indifferente; di tutto chiedeva informazioni. Infine entrammo nelle sale da giuoco. Il cameriereche stava di guardia vicino alla porta chiusasbalorditola spalancò immediatamente.

La comparsa della nonna vicino alla roulette produsse una profonda impressione sul pubblico. Al tavolo da giuoco della roulette e all'altra estremità della sala dove si trovava il tavolo con il "trente et quarante"si affollavano forse centocinquanta o duecento giocatoriin varie file. Quelli che erano riusciti a farsi strada fino al tavolodi solito si tenevano ben fermi al loro posto e non lo cedevano fino a quando non avevano perduto tutto; poiché non è permesso rimanere come semplici spettatori a occupare inutilmente un posto di giuoco. Nonostante che intorno al tavolo siano anche sistemate delle sediepochi tra i giocatori si siedonospecialmente quando c'è molta follaperché in piedi si sta più fitti e di conseguenza si guadagna posto e si possono più agevolmente fare le puntate. La seconda e la terza fila si pigiavano dietro alla primaaspettando e sorvegliando il loro turno; ma nell'impazienza a volte allungavano la mano oltre la prima fila per fare le loro puntate. Perfino dalla terza fila si ingegnavano così ad allungare le puntate; per questo non passavano dieci e neppure cinque minuti senza che a un'estremità del tavolo non avvenisse qualche 'storia' per poste controverse. La polizia del Casinòdel restoè abbastanza indulgente. La ressaè naturalenon si può evitare; anzi si è contenti dell'affollamento di pubblico perché è una cosa che conviene; ma otto "croupiers" che siedono attorno al tavolotengono attentamente d'occhio le postefanno i conti equando nascono controversiesono loro che le risolvono. Nei casi estremi chiamano la poliziae la faccenda si conclude in un minuto. Gli agenti si trovano nella sala stessain abiti borghesiconfusi tra la genteper cui non è possibile riconoscerli. Essi tengono specialmente d'occhio i ladruncoli di professione che alle roulettes si incontrano in gran numeroper la straordinaria comodità di esercitare il loro mestiere. Infatti in qualsiasi altro posto bisogna rubare dalle tasche o forzare le serraturecosa chein caso di insuccessofinisce sempre in modo alquanto spiacevole. Quiinvecebasta semplicemente avvicinarsi alla roulettecominciare a giocare e poia un trattopubblicamente e in modo paleseprendere la vincita di un altro e mettersela in tasca; se poi nasce qualche liteil lestofante insiste a voce alta e decisa che la puntata era la sua. Se la cosa è fatta con furbizia e i testimoni tentennanoil ladro molto spesso riesce ad impadronirsi del denaro sempre chesi capiscela somma non sia molto notevole. In caso contrarioessa viene certamente fin da prima notata dai "croupiers" o da qualcuno degli altri giocatori. Ma se la somma non è molto cospicuail vero proprietario a volte rinuncia a proseguire la discussionetimoroso di uno scandalo e si ritira. Ma se si riesce a smascherare il ladrolo si porta subito fuori con grande chiasso.

La nonna guardava tutte queste cose da lontanocon straordinaria curiosità. Le era molto piaciuto che si mettessero fuori i ladruncoli. Il "trente et quarante" suscitò in lei pochissima curiosità; la interessò maggiormente la roulette con quella pallina che rotolava. Espresseinfineil desiderio di osservare il gioco più da vicino. Non so come fuma i lacchè e alcuni altri personaggi pieni di zelo (in prevalenza polacchi che hanno perso tutto e che offrono i loro servigi ai giocatori fortunati e a tutti gli stranieri) trovarono e liberarono immediatamente un posto per la nonna nonostante l'affollamentoproprio al centro del tavolovicino al croupier principale e vi spinsero la sua poltrona. Molti visitatoriche non giocavanoma che in disparte osservavano il giuoco (specialmente inglesi con le loro famiglie)fecero subito ressa intorno al tavolo per poter guardare la nonna al di sopra delle teste dei giocatori. Molti occhialini vennero puntati dalla sua parte. I "croupiers" sentirono nascere qualche speranza: una giocatrice così straordinaria pareva promettere qualcosa di non comune. Una donna di settantacinque anni con le gambe paralizzate e che aveva voglia di giocare rappresentava certo un caso fuori del comune. Mi feci anch'io strada tra la folla e andai a mettermi vicino alla nonna. Potapytch e Marfa erano rimasti indietroda una partein mezzo alla gente. Il generalePolinaDe-Grieux e mademoiselle Blanche rimasero pure loro da partetra gli spettatori.

La nonna prima si mise a osservare i giocatori. Mi rivolgeva a mezza voce bruscherapide domande: quello chi è? chi è quella? Le piacque in modo particolareall'estremità del tavoloun uomo molto giovaneche faceva un giuoco molto sostenuto; puntava migliaia di franchi e ne aveva già vintisi sussurrava in girocirca quarantamila che gli stavano davanti in mucchi di oro e di biglietti di banca. Era pallido; gli occhi gli sfavillavano e le mani gli tremavano; puntava ormai senza nessun calcoloquello che la mano riusciva ad afferrareeppure vincevavincevaammucchiavaammucchiava... I lacchè gli si affaccendavano attornogli spingevano sotto la poltronagli facevano un po' di largo perché avesse più spazioperché la gente non gli premesse addossoe tutto questo in attesa di una ricca ricompensa. Certi giocatori danno loro a volte una parte della vincita senza nemmeno contarema cosìper la gioiaquanto con la mano possono pigliare dalla tasca. Vicino al giovane si era già sistemato un polacchinoche si dava da fare in tutti i modie in tono rispettosoma senza pausagli sussurrava qualcosaprobabilmente indicandogli come puntaredando consigli e guidando il gioco esi capiscein attesa anche lui di un regalo! Ma il giocatore quasi non lo guardavapuntava a casaccio e continuava ad ammucchiare. Era visibilmente smarrito.

La nonna lo osservò per qualche minuto.

"Digli esclamò improvvisamente agitandosi e spingendomi, digli che la smettache prenda al più presto il denaro e se ne vada.

Perderàora perderà tutto!" si affannavasenza quasi più respirare per l'agitazione. "Dov'è Potapytch? Mandagli Potapytch!

Ma diglielodiglielodunque!" mi urtava. "Dov'èinsommaPotapytch? 'Sortezsortez!'" cominciò quasi a gridare lei stessa al giovanotto. Mi chinai e le sussurrai in tono deciso che lì non si poteva gridare e che non era permesso neppure alzare un po' la voce perché questo disturbava i calcolie che ci avrebbero cacciati via.

"Che rabbia! E' un uomo che si perde... ma si vede che è lui che lo vuole... Non posso più guardarlomi mette in agitazione... Che babbeo!" e la nonna si girò in fretta dall'altra parte.

Làa sinistraall'altra metà del tavolosi notava tra i giocatori una giovane signora e vicino a lei una specie di nano.

Chi fosse quel nano non so: se un suo parente o se lo tenesse cosìper fare colpo. Quella signora l'avevo già vista prima:

compariva ogni giorno al tavolo da giuocoall'una del pomeriggioe se ne andava alle due in punto: giocava ogni giorno per un'ora.

La conoscevano tutti e si affrettavano a porgerle una poltrona.

Ella tirava fuori di tasca un po' d'oroqualche banconota da mille franchi e cominciava a puntare calmafreddacalcolatricesegnando con la matita su un foglio di carta le cifree cercando di trovare un sistema secondo il qualea un certo puntosi raggruppavano le possibilità. Puntava somme notevoli. Ogni giorno vinceva milleduemila franchinon mai più di tremila esubito dopo aver vintose ne andava. La nonna la osservò a lungo.

"Be'quella non perderà! Quella non perderà! Chi è? Non lo sai?

Di dove viene?" "E' una francesedev'essere una di quelle..." sussurrai io. "Ahdal volo si conosce l'uccello. Si vede che ha l'unghietta aguzza.

Spiegami adesso che cosa significa ogni giro e come bisogna puntare." Le spiegai come potevo che cosa significassero le numerose combinazioni delle puntaterouge et noirpair et impairmanque et passeeinfinele varie sfumature nel sistema dei numeri; la nonna ascoltava attentaricordavachiedeva di nuovo e imparava. A ogni sistema di puntata si poteva subito portare un esempiocosicché era possibile imparare e ricordare molto facilmente e in fretta. La nonna rimase molto contenta.

"E che cos'è lo zero? Eccoquel croupier ricciutoquello più importanteha gridato ora: zero! E perché ha rastrellato tutto quanto era sul tavolo? Tutto per sé ha preso quel bel mucchio? Che significa questo?" "Lo zerononnaè il guadagno del banco. Se la pallina cade sullo zero tutto quello che è stato puntato spetta al bancosenza calcolo. In veritàsi concede ancora un colpo alla parima il banco non paga niente." "Ma guarda un po'! E io non ricevo niente?" "Nononnama se voi prima avete puntato sullo zeroallorase esce lo zerovi pagano trentacinque volte la posta." "Come? Trentacinque volte? Esce spesso? E perchéalloraquesti tonti non puntano?" "Ci sono trentasei probabilità contrononna." "Sciocchezzesciocchezze! PotapytchPotapytch! Aspettaho del denaro con meecco!" Ella tirò fuori dalla tasca un borsellino molto gonfio e ne prese un federico.

"Tienipunta subito sullo zero." "Nonnalo zero è uscito soltanto adesso dissi io, e ora per un bel po' non uscirà. Perderete molto; aspettate almeno un po'..." "Storie! Puntati dico!" "Permettetema forse non uscirà più fino a serapotreste perdere anche mille federici: è già successo." "Sciocchezze! Sciocchezze! Se hai paura del luponon puoi andare nel bosco. Che? Hai perso? Punta ancora!" Perdemmo anche il secondo federico e puntammo il terzo. La nonna stava ferma a fatica al suo postodivorava con occhi febbrili la pallina saltellante per le dentellature della ruota che girava.

Perdemmo anche il terzo. La nonna era fuori di sénon riusciva a stare fermabatté persino un pugno sul tavolo quando il croupier proclamò "trente-six" invece dell'atteso zero.

"Guarda un po'!" esclamava infuriata la nonna. "Quando uscirà questo maledetto zeruccio? Voglio morirese non starò qui ad aspettare che venga fuori lo zero. E' quel maledetto crupieruccio dai capelli ricci che fa in modo che non esca mai! Alekséj Ivànovitchpunta due monete d'oro alla volta! Ne perdi tanti chese anche uscirà lo zeronon prenderai nulla." "Nonna!" "Puntapunta! Non è denaro tuo." Puntai due federici. La pallina volò a lungo sulla ruotainfine prese a saltellare sui dentelli. La nonna tratteneva il respirostringendo il mio braccio. A un tratto: tac!

"Zero!" proclamò il croupier.

"Vedivedi!" disse la nonnarivolgendosi verso di meraggiante e soddisfatta. "Te lo dicevote lo dicevo! E' proprio il Signore che mi ha suggerito di puntare due marenghi d'oro. E adessoquanto riceverò? Perché non pagano? PotapytchMarfadove sono andati? E i nostri dove si sono cacciati? PotapytchPotapytch!" "Nonnadopo..." le bisbigliai. "Potapytch è vicino alla portaqui non lo lasciano venire. Guardatenonnavi danno il denaroprendetelo!" Gettarono alla nonna un pesante rotolo sigillato in carta azzurra con cinquanta federici e le contarono ancora venti federici sciolti. Ammucchiai tutto davanti alla nonna con la paletta.

"Faites le jeumessieurs! Faites le jeumessieurs! Rien ne va plus (2)" annunciava il croupieravvertendo di puntare e preparandosi a far girare la roulette.

"O Signore! Siamo in ritardo! Ora gireranno! Puntapunta!" si affannava la nonna. "Non perdere tempofa' presto..." gridava quasi fuori di séurtandomi a tutta forza.

"Ma dove devo puntarenonna?" "Sullo zerosullo zero! Di nuovo sullo zero! Punta il più possibile! Quanto abbiamo in tutto? Settanta federici? Non c'è da rimpiangerlipuntane venti per volta!" "Tornate in voinonna! Magari non esce più per duecento volte! Vi assicuro che perderete un capitale!" "Storiestorie... Punta! Eccomi fischiano le orecchie... So quello che faccio..." replicò la nonnatremando tutta per la frenesia.

"Secondo il regolamento non è permesso puntare più di dodici federici alla volta sullo zerononna; eccoli ho puntati." "Comenon è permesso? Non mi racconti mica delle storievero?

'Mussiè! Mussiè'" e urtò il "croupier" che stava seduto proprio alla sua sinistra e si preparava a far girare la roulette.

"Combien zero? douze? douze?" Mi affrettai a spiegargli la domanda in francese.

"Ouimadame" confermò cortesemente il croupiercosì pure ogni singola puntata non deve oltrepassare i quattromila fiorini per volta: è il regolamentoaggiunse come chiarimento.

"Be'non c'è niente da fare... puntane dodici!" "Le jeu est fait (3)" gridò il croupier. La ruota si mise a girare e venne fuori il tredici! Avevamo perduto!

"Ancora! Ancora! Punta ancora!" gridava la nonna. Ormai non la contraddicevo più estringendomi nelle spallemisi ancora dodici federici. La ruota girò a lungo. La nonna ne seguiva il mototremando addirittura. "Ma possibile che creda veramente di far di nuovo zero!" pensaiguardandola con meraviglia. Una risoluta convinzione di vincere le illuminava il visol'attesa sicura che tra poco avrebbero gridato: zero! La pallina saltò in una casella.

"Zero!" annunziò il croupier.

"Cosa?" gridò la nonnarivolgendosi a me in preda a una frenetica esultanza.

Ero anch'io un giocatore; lo sentii in quel preciso momento. Le gambe e le braccia mi tremavanoebbi l'impressione di ricevere una mazzata sulla testa! Certo era stato un caso raro che in una decina di volte fosse saltato fuori per tre volte lo zero; ma non c'era niente di particolarmente straordinario. Ero stato io stesso testimonio di come due giorni prima lo zero era uscito tre volte di seguitoe uno dei giocatori che segnava diligentemente su un foglietto i colpiaveva osservatoa voce altache non più tardi del giorno precedente questo stesso zero era capitato una volta sola nel giro di ventiquattro ore.

Alla nonnacome alla giocatrice che aveva vinto la somma più altail pagamento fu effettuato con particolaredeferente attenzione. Le spettavano giusto quattrocentoventi federici esatticioè quattromila fiorini e venti federici. I venti federici glieli passarono in oro e i quattromila in banconote.

Questa volta la nonna non chiamò Potapytch; era ben diversamente occupata. Non si agitava neppure eapparentementenon tremava.

Essase così ci si può esprimeretremava dentro. Si era concentrata tutta in un solo pensiero: l'aveva preso di mira!

"Alekséj Ivànovitch! Ha detto che si possono puntare soltanto quattromila fiorini? Suprendipunta questi quattromila sul rosso!" ordinò la nonna.

Era inutile provare a dissuaderla. La ruota si mise a girare.

"Rouge." proclamò il croupier.

Di nuovo una vincita di quattromila fioriniin tuttoquindiotto.

"Quattromila dalli a me e gli altri quattro puntali di nuovo sul rosso!" ordinò la nonna.

Ne puntai altri quattromila.

"Rouge!" proclamò di nuovo il "croupier".

"Dodicimila in tutto! Dammeli. Versa l'oro quinel borsellinoe i biglietti nascondili. E adesso basta. A casa! Spingete indietro la poltrona!"

 

 

 

NOTE.

  1. "Da solafarà delle sciocchezze."
  2. "Puntatesignoripuntate! Bastanon si può più puntare!"
  3. "Il gioco è fatto!"

 

 

11.

 

 

 

La poltrona fu fatta rotolare verso la portaall'altra estremità della sala. La nonna era raggiante. Tutti i nostri le si affollarono intorno congratulandosi con lei. Per quanto eccentrico fosse il comportamento della nonnail suo trionfo compensava molte cosee il generale stesso non aveva più timore di compromettersi in pubblico per i suoi rapporti di parentela con una donna così strana. Con un sorriso indulgente e familiarmente allegrocome se facesse divertire un bambinosi felicitò con lei. Del restocome tutti gli altri spettatoriera rimasto visibilmente colpito. Tutt'intorno la gente parlava e indicava la vecchia signora. Molti le passavano accanto per osservarla più da vicino. Mister Astleyin disparteparlava di lei con due suoi conoscenti inglesimentre alcune signore spettatrici la guardavano con solenne perplessità come un prodigio. De-Grieux si profondeva in sorrisi e in rallegramenti.

"Quelle victoire! (1)" esclamava.

"Maismadamec'etait du feu (2)" aggiunse con un sorriso incantevole mademoiselle Blanche.

"Sissignorimi ci sono buttata e ho vinto dodicimila fiorini! Ma che dodici! E l'oro? Con l'oro sono quasi tredicimila. E quant'è in moneta nostra? Saranno seimila rublino?" Risposi cheal cambio del momentoerano circa settemila e chemagarisi sarebbe arrivati anche a otto.

"Uno scherzoottomila! E voicitrullive ne state qui senza far niente! PotapytchMarfaavete visto?" "Màtushkama come avete fatto? Ottomila rubli..." esclamò Marfaagitandosi tutta.

"Prendeteeccovi cinque marenghi per ciascuno..." Potapytch e Marfa si precipitarono a baciarle la mano.

"Anche ai portatori date un federico. Dagli un marengo d'oro ciascunoAlekséj Ivànovitch. Perché questo domestico fa tanti inchini? E anche quell'altro? Si congratulano? Da' anche un federico a loro." "Madame la princesse... un pauvre expatrié... malheur continuel...

les princes russes sont si genereux...(3)" mormoravagirando attorno alla poltronaun individuo dal soprabito logoroil panciotto variopintocon i baffiil berretto a sghimbescio e con un sorriso strisciante sulle labbra...

"Dagli un federico anche a lui. Nodagliene due... Ma adesso bastaaltrimenti con questa gente non la finiamo più. Alzatemiportatemi via! Praskòvja" disse rivolgendosi a Polina Aleksàndrovnadomani ti comprerò un vestito e ne comprerò uno anche a quella mademoiselle... come si chiama?... mademoiselle Blanche, vero? Traduci quello che ho detto, Praskòvja!Merci, madamerispose mademoiselle Blanche con un grazioso inchinoatteggiando la bocca a un sorriso canzonatorio scambiato con il generale e con De-Grieux. Il generale era un po' confuso e si rallegrò moltissimo quando arrivammo al viale.

"E Fedòssja? Immagino come ora si meraviglierà Fedòssja disse la nonna, ricordandosi della bambinaia del generale che lei ben conosceva. Anche a Fedòssja bisognerà regalare un abito. EhiAlekséj IvànovitchAlekséj Ivànovitchda' qualcosa a questo mendicante!" Per la strada passava uno straccione con la schiena curvae ci guardava.

"Quelloforsenon è neppure un mendicantenonnama solo un poco di buono qualsiasi..." "Ma susu... dagli un gulden!" Mi avvicinai e glielo diedi. Egli mi guardò con una strana perplessitàtuttavia prese il gulden in silenzio. Puzzava di vino.

"E tuAlekséj Ivànovitchnon hai ancora tentato la sorte?" "Nononna." "Eppure ti brillavano gli occhi... l'ho visto." "Ma in seguito tenterò sicuramentenonna!" "E punta subito sullo zero! Vedrai... A quanto ammonta il tuo capitale?" "Venti federici in tuttononna!" "Poco. Ti impresteròse vuoicinquanta federici. Ecco questo rotoloprendiloma tubàtjushkanon aspettarea te non ne darò!" disse all'improvvisorivolta al generale.

Questi si sentì tutto rimescolarema non fiatò. De-Grieux fece il viso scuro.

"Que diablec'est une terrible vieille! (4)" disse tra i denti al generale.

"Un mendicanteun mendicantedi nuovo un mendicante!" gridò la nonna. "Alekséj Ivànovitchda' anche a lui un gulden." Questa volta c'eravamo imbattuti in un vecchio canutocon una gamba di legnoche indossava una specie di soprabito a lunghe falde di color turchino e aveva un bastone in mano. Sembrava un vecchio soldato. Ma quando gli porsi un guldenfece un passo indietro e mi guardò con aria minacciosa.

"Was ist's der Teufel (5)" gridòaggiungendovi una decina di insulti.

"Che razza di imbecille!" esclamò la nonnaagitando una mano.

"Portatemi oltre! Mi è venuta fame! Ora si mangerà subitopoi mi riposerò un po' e poi di nuovo là!" "Volete giocare ancoranonna?" gridai.

"E che cosa credevi? Che se voi state qui a inacidire io debba restare a guardarvi?" "Maismadame..." si avvicinò De-Grieuxles chances peuvent tourner, une seule mauvaise chance et vous perdrez tout... Surtout avec votre jeu... c'était terrible! (6)Vous perdrez absolument (7)cinguettò mademoiselle Blanche.

"E a voi che importa? Non perdo mica del vostro... perdo del mio!

e dov'è quel mister Astley?" mi chiese.

"E' rimasto al Casinònonna." "Peccato; è una persona tanto simpatica!" Arrivati a casala nonnaincontrando sulla scala il capo camerierelo chiamò a sé e si vantò della vincita; fece quindi venire Fedòssjale regalò tre federici e ordinò di servire il pranzo. Fedòssja e Marfaper tutta la durata del pranzosi profusero in ringraziamenti davanti a lei.

"Io vi guardavomàtushka cinguettava Marfa, e chiedevo a Potapytch che cosa mai voleva fare la madre nostra. E sul tavolo quanto denaroquanto denaro. Santi benedetti! In tutta la vita non avevo mai visto tanto denaroe lì intorno erano seduti soltanto signori. Di dove vengonochiesi a Potapytchtutti questi signori? E pensavo: 'Aiutala tusanta Madre di Dio!' Pregavo per voimàtushkami sentivo mancare il cuoreecco...

mancare il cuore e tremavotremavo tutta! 'Signoreaiutala!' pregavoe il Signoreeccovi ha aiutata! E ancora adessomàtushkacome tremocome tremo tutta..." "Alekséj Ivànovitchdopo pranzoverso le quattropreparatiandremo. E adessointantoaddioe non dimenticarti di mandarmi a chiamare un dottorucolo qualsiasi: bisogna pur bere anche le acque. Se nomagari me ne dimentico." Lasciai la nonna quasi inebetito. Cercavo di immaginare quello che sarebbe successo di tutti i nostri e quale piega avrebbe preso la faccenda. Vedevo chiaramente che loro (il generale soprattutto) non erano ancora riusciti a riprendersi neanche dalla prima impressione. Il fatto della comparsa della nonna invece del telegramma che annunciasse la sua morteaspettato da un'ora all'altra (e quindi anche dell'eredità)aveva tanto scombussolato tutto il sistema dei loro propositi e delle decisioni prese che essicon autentica perplessità e con una specie di sbalordimento che si era abbattuto su tuttipensavano alle prossime gesta della nonna alla roulette. E intanto questo secondo avvenimento non era meno importante del primo perchénonostante la nonna avesse per ben due volte dichiarato che non avrebbe dato denaro al generaletuttaviachi sanon si doveva ancora perdere completamente la speranza. E non la perdeva De-Grieuxinteressato in tutte le faccende del generale. Io ero convinto che neppure mademoiselle Blancheanche lei molto interessata (e sfido io! Si trattava di diventare generalessa e di una cospicua eredità!)non avrebbe perso le speranze e avrebbe usato tutta la seduzione delle sue moine con la nonnain contrasto con quella ostinata e fiera Polinaincapace di essere affettuosa con chiunque. Ma adessoadesso che la nonna aveva compiuto simili gesta alla rouletteadesso che la personalità della vecchia si era rivelata loro in modo così tipico ed evidente (una vecchia bisbeticaambiziosa e "tombée en enfance")adessosìforse tutto era perduto; contenta come un bambino di aver trovato qualcosa su cui gettarsi e per cui darsi da faresi sarebbe rovinata. Mio Diopensavo (perdonamiSignore)con il più maligno dei miei sorrisiogni federico che la nonna ha puntato poco fa è stata una ferita nel cuore del generaleha mandato in bestia De-Grieux e ha fatto infuriare mademoiselle de Comingesche si vedeva passare davanti alla bocca il cucchiaio pieno. Ed ecco un'altra circostanza: anche dopo la vincitaquando la nonna per la gioia distribuiva denaro a tutti e scambiava ogni passante per un mendicanteanche in quei momenti le era sfuggito contro il generale: "Ma a tedel restodenaronon ne darò!" Questo significava che si era fissata su quel pensieroche vi si era intestardita e l'aveva giurato a se stessa; era moltomolto pericoloso!

Queste considerazioni passavano per la mia testa mentre salivo dall'appartamento della nonnaper lo scaloneall'ultimo piano dov'era la mia cameretta. Tutto ciò occupava vivamente il mio pensiero; sebbenecom'è logicopotessi già prima indovinare quali erano i fili più evidenti e importanti che legavano davanti a me gli attorituttavia non conoscevo in modo definitivo le pieghe e i segreti del gioco. Polina non era mai stata con me pienamente fiduciosa. Se pure capitavaa dire il veroche a volte mi aprisse quasi involontariamente il suo cuoreavevo osservato che spessoanzi quasi sempredopo queste confidenzeo volgeva in riso tutto quello che era stato dettoo lo ingarbugliava econ intenzionedava a tutto un falso aspetto.

Ohmolte cose lei nascondeva! In ogni caso io sentivo che stava avvicinandosi il finale di quella situazione tesa e misteriosa.

Ancora un altro colpoe tutto si sarebbe concluso e chiarito.

Della mia sortebenché interessato com'ero a tutto questonon mi preoccupavo quasi per niente. Che strano stato d'animo il mio: in tasca ho venti federicisono lontanoin un paese stranierosenza un posto e senza mezzi di sostentamentosenza speranzesenza progetti e non me ne preoccupo! Se non fosse il pensiero di Polinami abbandonerei del tutto al prossimocomico scioglimentoe ci riderei su di gusto. Ma Polina mi turba; la sua sorte si sta decidendoquesto l'ho preavvertito malo confessonon è affatto la sua sorte che mi inquieta. Ho voglia di penetrare i suoi segretivorrei che lei venisse da me a dirmi: "Ma io ti amo!" e se nose questa follia non è neppure pensabileallora...

che cosa mai mi resta da desiderare? So forse io quello che desidero? Sono io stesso come smarrito; vorrei soltanto essere vicino a leinella sua aureolanella sua lucein eternoper sempreper tutta la vita. Oltre a questonon so niente! Ma posso forse allontanarmi da lei?

Al terzo pianonel loro corridoiosentii come un urto. Mi voltai ea venti passi o poco piùvidi Polina che usciva da una porta.

Sembrava che mi avesse aspettato e spiato; subito mi chiamò a sé.

"Polina Aleksàndrovna!" "Più piano!" mormorò.

"Figuratevi le dissi in un bisbiglio, che poco fa ho sentito come un urto al fianco... Mi volto... e vedo voi! come se da voi emanasse un fluido elettrico!" "Prendete questa lettera!" disse Polina con fare preoccupato e con il viso accigliatocertamente senza avere sentito quello che le avevo dettoe consegnatela personalmente a mister Astley, subito. Il più presto possibile, vi prego. Non serve risposta. Lui stesso...Non finì la frase.

"A mister Astley?" chiesi con stupore.

Ma Polina era già scomparsa dietro la porta.

"Ah! Sono dunque in corrispondenza!" pensai. Corsi subito a cercare mister Astley prima nel suo albergodove non lo trovaipoi al Casinò dove percorsi invano tutte le saleinfinestizzito e quasi in preda alla disperazionelo incontraimentre rientravoa cavallo tra un gruppo di signori e dame inglesi. Lo chiamai con un cennoegli si fermòe io gli consegnai la lettera. Non facemmo in tempo nemmeno a scambiarci un'occhiata. Ma io sospetto che mister Astley abbia a bella posta prontamente fatto partire il cavallo.

Mi tormentava forse la gelosia? Ma io ero in uno stato d'animo abbattutissimo. Non volevo neppure sapere che cosa si scrivessero.

Dunqueera il suo uomo di fiducia! "Amicocertolo è" pensavoquesto è evidente (ma quando ha fatto in tempo a diventarlo?), ma c'è poi amore, lì? Certo che nomi sussurrava la ragione. Ma si sa che in simili casi la ragione da sola non basta. In ogni caso c'era da chiarire anche questo. La faccenda andava complicandosi spiacevolmente.

Non ebbi tempo di entrare nell'albergo che il portiere e il capo cameriereuscito dalla sua stanzami avvertirono che mi cercavano e che già ben tre volte avevano mandato a chiedere dov'ero; e mi si pregava di andare al più presto nell'appartamento del generale. Ero di pessimo umore. Nello studio del generale trovaioltre a luinaturalmente De-Grieux e mademoiselle Blanchesolasenza la madre. La madre era decisamente una comparsa che si usava soltanto per figura; ma quando si trattava di un affare vero e proprioallora mademoiselle Blanche agiva da sola. E chi sa poi se quell'altra sapeva qualcosa degli affari della sua sedicente figliola!

Essii trediscutevano con calore su non so che cosae persino la porta dello studio era stata chiusail che non succedeva mai.

Avvicinandomi alla portasentii delle voci concitate: la parlata insolente e maligna di De-Grieuxle grida insultanti e furibonde di Blanche e la voce piagnucolosa del generaleche evidentemente si giustificava di qualche accusa. Al mio apparire tutti e tre sembrarono frenarsi e assumere un contegno diverso. De-Grieux si lisciò i capelli e mutò il viso irato in un viso sorridentedi quel brutto sorriso franceseufficialmente amabileche io odio tanto. Il generaleabbattuto e smarritocercò di assumere un aspetto dignitosoma come meccanicamente. La sola mademoiselle Blanche non aveva quasi mutato il suo aspetto che sprizzava sdegno e si limitò a tacerepuntando su di me uno sguardo di impaziente attesa. Noterò che lei si erafino a quel momentocomportata con me con una noncuranza inverosimile all'eccessonon rispondendo addirittura ai miei saluti: semplicemente non mi notava.

"Alekséj Ivànovitch" cominciò a dire il generale in tono di affettuoso rimproveropermettetemi di farvi osservare che è strana, straordinariamente strana... in una parola, la vostra condotta verso di me e la mia famiglia... in una parola è straordinariamente strana!Eh! ce n'est pas ça! (8)interruppe De-Grieux in tono di stizza e di disprezzo. (Decisamente egli dirigeva tutto!) "Mon cher monsieurnotre cher général se trompe (9)assumendo un simile tono" (continuò il suo discorso in russo) "ma egli voleva dirvi...

cioè avvertirvi omeglio ancorapregarvi vivamente di non rovinarlo... sìdi non rovinarlo! Uso proprio quest'espressione..." "Ma in che modoin che modo?" lo interruppi.

"Scusatevoi vi incaricate di far da guida (o come dovrei dire?) a quella vecchiacette pauvreterrible vieille continuò De- Grieux confondendosi anche lui, ma quella perderà tuttosi rovinerà completamente! Avete visto anche voisiete stato spettatore del suo modo di giocare! Se comincerà a perderenon si allontanerà più da quel tavolo per ostinazioneper rabbiae giocherà tuttogiocherà tutto... e in simili casi non è più possibile rifarsie allora... allora..." "E allora intervenne il generale, allora voi avrete rovinato tutta la famiglia! Io e la mia famiglia siamo i suoi eredi; non ha parenti più stretti. Vi dirò francamente: i miei affari sono malandatimolto malandati. Voi stesso in parte lo sapete... Se lei perderà una somma considerevoleo magari anche tutto il suo patrimonio (oh Dio!)che sarà allora di noidei miei bambini?" Il generale si girò a guardare De-Grieux. "E di me!" (A questo punto diede un'occhiata a mademoiselle Blanche che con aria sprezzante si girò dall'altra parte.) "Alekséj Ivànovitchsalvatecisalvateci!" "Ma comegeneralecome posso... Che cosa conto ioqui?" "Rifiutaterifiutate di accompagnarla!" "E allora troverà un altro!" esclamai io.

"Ce n'est pas çace n'est pas ça" interruppe di nuovo De-Grieuxque diable! No, non lasciatela, ma almeno consigliatela, esortatela, distraetela... E, infine, non permettete che perda troppo, cercate di allontanarla in qualche modo...Ma come farò? Se ve ne incaricaste voi, monsieur De-Grieuxlo interruppi con l'aria più ingenua possibile.

A questo punto notai uno sguardo rapidoinfuocato e interrogativo di mademoiselle Blanche a De-Grieux. Sul viso di De-Grieux balenò qualcosa di sincero che egli non era riuscito a nascondere.

"Ma il fatto è proprio questoche lei adesso non mi vorrebbe!" gridò gesticolando De-Grieux. "Se... poi..." De-Grieux lanciò un rapido e significativo sguardo a mademoiselle Blanche.

"O mon cher monsieur Alexissoyez si bon...(10)" disse con un affascinante sorriso mademoiselle Blanche in personafacendo un passo verso di meafferrandomi entrambe le mani e stringendomele forte. Il diavolo mi porti! Quel viso diabolico sapeva trasformarsi in un attimo. In quell'istante esso prese un'espressione supplichevole dolcissimainfantilmente sorridente e persino birichina; verso la fine della frase essa mi strizzò furbescamente un occhiodi nascosto a tutti; voleva forse confondermi in un colpo solo? E la cosa non le riuscì neppure malea parte il fatto che era tremendamente volgare.

Dopo di leisaltò su il generaleproprio saltò su:

"Alekséj Ivànovitchperdonate se poco fa ho cominciato a parlare così con voi... ma non volevo affatto dire quello... Io vi pregovi supplicomi inchino davanti a voialla russa: voi solovoi solo potete salvarci! Io e mademoiselle de Cominges vi supplichiamo... voi capiteverovoi capite?" imploravaindicandomi con lo sguardo mademoiselle Blanche. Faceva veramente pena.

In quel momento risuonarono tre colpi leggeri e rispettosi alla porta; fu aperto; aveva bussato il cameriere del piano e dietro di luia qualche passostava Potapytch. Li aveva mandati la nonnacon l'ordine di trovarmi e farmi andare immediatamente da lei; "E' arrabbiata" cominciò Potapytch.

"Ma sono soltanto le tre e mezzo!" "Non ha potuto nemmeno dormireha continuato a rigirarsi di qua e di là; poi di colpo si è alzataha chiesto la poltrona e mi ha mandato a chiamarvi. Adesso è sulla scala..." "Quelle mégère (11)" gridò De-Grieux.

In realtà trovai la nonna già sulla scalafuori di sé dall'impazienza perché io non c'ero ancora. Non aveva resistito fino alle quattro.

"Sualzatemi!" gridòe ci avviammo di nuovo alla roulette.

 

 

NOTE:

  1. "Che vincita!"
  2. "Ma che fuocosignora!"
  3. "Signora principessa... un povero emigrante... disgrazie continue... i principi russi sono tanto generosi..."
  4. "Diavoloè una vecchia terribile!"
  5. "Che significa ciò... diavolo!"
  6. "Ma signorala fortuna può cambiare... un solo colpo sfortunato e perderete tutto... specialmente con il vostro modo di giocare: era terribile!"
  7. "Perderete certamente!"
  8. "Non si tratta di questo!"
  9. "Caro signoreil nostro buon generale si sbaglia."
  10. "Ohmio caro signor Alexissiate così buono..."
  11. "Che strega!"

 

 

12.

 

 

La nonna era in uno stato d'animo impaziente e irritatosi capiva che la roulette le stava fissa in mente. A tutto il resto era indifferente ein generalemolto distratta. Lungo la stradaper esempionon mi rivolse nessuna domanda. Solo alla vista di una lussuosa carrozza che era passata accanto a noi come un turbinealzò una mano e chiese: "Che cos'è? Di chi sono i cavalli?" ma credo che non abbia nemmeno sentito la mia risposta; il suo fantasticare era continuamente interrotto da rapidi movimenti del corpo e da brusche e impazienti uscite. Quandoormai già vicini al Casinòle indicai da lontano il barone e la baronessa Wurmerhelmlei li guardò distrattamente econ assoluta indifferenzadisse: "Ah!" egiratasi rapidamente verso Potapytch e Marfa che venivano dietrobrontolò:

"Be'perché vi siete appiccicati a me? Non posso portarvi ogni volta! Tornate a casa! Mi basti anche tu" aggiunse rivolta a mequando quellidopo essersi frettolosamente inchinatisi avviarono verso casa.

Al Casinò la nonna era ormai attesa. Le fu subito liberato lo stesso posto dell'altra voltavicino al croupier. Mi sembra che questi croupierssempre così composti e con l'aria di comuni impiegati ai quali è quasi perfettamente indifferente che il banco vinca o perdanon lo siano poi completamente e chesenza dubbiosiano forniti di istruzioni appropriate per attirare i giocatori e per meglio controllare l'interesse dello stato: per la qual cosanaturalmentericevono ricompense e premi. Per lo menola nonna era già considerata una vittima. Poiquello che i nostri supponevanosuccesse.

Ecco come andò.

La nonna si buttò difilato sullo zero e ordinò di puntare subito dodici federici alla volta. Puntammounaduetre volte: lo zero non usciva.

"Puntapunta!" mi diceva con impazienzadandomi degli spintoni.

Io ubbidivo.

"Quante volte abbiamo già puntato?" chiese infinefacendo scricchiolare i denti dall'impazienza.

"Abbiamo fatto la dodicesimanonnae perduto già centoquarantaquattro federici. Vi ripetononnache magari fino a questa sera..." "Taci!" mi interruppe la vecchia. "Punta sullo zero e metti sul rosso mille fiorini. To'ecco il denaro." Uscì il rossoe lo zero fece cilecca. Ci restituirono mille fiorini.

"Vedivedi!" bisbigliava la nonna. "Ci hanno ridato quasi tutto quello che abbiamo puntato. Punta di nuovo sullo zero: punteremo ancora una decina di volte e poi lasceremo stare." Ma alla quinta volta la nonna si era già stufata.

"Manda al diavolo quello schifoso zeruccio. Supunta tutti i quattromila fiorini sul rosso" mi ordinò.

"Nonna! Sarà troppo... e se il rosso non esce?" le dissi quasi supplicando. Poco mancò che non mi picchiasse. (Edel restomi dava tali spintoni che era quasi come se mi battesse.) Non c'era niente da fare: puntai sul rosso tutti i quattromila fiorini vinti poco prima. La ruota cominciò a girare. La nonna sedeva calma e si era alzata con fierezzasenza il minimo dubbio sulla vittoria.

"Zero!" esclamò il croupier.

All'inizio la nonna non capì maquando vide che il croupier rastrellava i suoi quattromila gulden insieme con tutto quello che c'era sul tavolo e seppe che lo zeroche così a lungo non era uscito e sul quale avevamo puntato quasi duecento federiciera saltato fuori quasi a bella posta non appena lei l'aveva ingiuriato e abbandonatomandò un "ah!" e batté le mani così forte che l'udirono per tutta la sala. Qualcunolì attornosi mise a ridere.

"Santi benedetti! Proprio quel dannato è saltato fuori!" urlò la nonna. "Dannato d'un dannato! Sei tu! Sei proprio tu!" urlòscagliandosi contro di mee scotendomi. "Sei tu che mi hai dissuasa!" "Nonnaio vi ho detto come stavano le cose; ma come posso rispondere di tutte le probabilità?" "Te le darò io le probabilità!" sussurrò minacciosamente. "Vattene via!" "Addiononna!" e mi girai per andarmene.

"Alekséj Ivànovitch! Alekséj Ivànovitchrimani! Dove vai? Suma perchéperché? Guarda un po'... si è arrabbiato! Scemo! Sta' quivienista' quinon arrabbiartisono io una sciocca! Su! Dimmi che cosa bisogna fare adesso!" "Iononnanon vi do più nessun consiglioperché poi date la colpa a me. Giocate come vi pare: ordinatee io punterò." "Susu! Supunta ancora quattromila gulden sul rosso! Ecco il portafogliprendi!" Tirò fuori il portafogli dalla tasca e me lo porse. "Suprestoprendici sono ventimila rubli in contanti." "Nonna..." balbettaiuna puntata così...Voglio morire, se non mi rifaccio. Punta!Puntammo e perdemmo.

"Puntapuntapuntali tutti ottomila!" "Non si può nonnala puntata più alta è di quattro..." "E allora puntane quattro!" Questa volta vincemmo. La nonna riprese animo.

"Vedivedi!" mi dissedandomi uno spintone. "Puntane di nuovo quattro!" Puntammo e perdemmo; poi perdemmo ancorae ancora.

"Nonnatutti i dodicimila se ne sono andati!" riferii.

"Lo vedo che se ne sono andati tutti disse con una specie di furore tranquillo, se così ci si può esprimere, vedobàtjushkavedo borbottava, guardando davanti a sé, immobile e come pensierosa, eh! voglio morirema punta ancora quattromila gulden." "Ma non c'è più denarononna: qui nel portafogli ci sono le nostre cartelle al cinque per cento e delle lettere di cambioma niente denaro." "E nel borsellino?" "Soltanto alcuni spicciolinonna." "Non c'è qui un cambiavalute? Mi hanno detto che i nostri valori si possono cambiareno?" mi domandò in tono deciso.

"Oh sìquanto si vuole! Ma nel cambio perderete tanto che persino un ebreo si spaventerebbe!" "Sciocchezze! Avrò la rivincita! Accompagnami. Chiamate subito quegli scemi!" Spinsi la poltronavennero i portatori e uscimmo dal Casinò.

"Prestoprestopresto!" ordinava la nonna. "Mostragli la stradaAlekséj Ivànovitch... prendi la via più breve. E' lontano?" "Due passinonna." Ma alla svolta dal piazzale sul viale incontrammo parte della nostra compagnia: il generaleDe-Grieux e mademoiselle Blanche con la mamma. Polina Aleksàndrovna non era con loro e mister Astley neppure.

"Sususu! Senza fermarsi!" gridava la nonna. "Che cosa fate qui? Non ho tempo di stare qui con voi!" Io camminavo dietro; De-Grieux corse da me.

"Ha perduto appena adesso tutto quello che aveva vinto e ci ha rimesso dodicimila fiorini dei suoi. Ora andiamo a cambiare dei titoli al cinque per cento" gli sussurrai in fretta.

De-Grieux batté il piede in terra e si precipitò a comunicare ogni cosa al generale. Noi continuammo a spingere la nonna.

"Fermatelafermatela!" mi sussurrò il generalefurioso.

"Provate un po' voi a fermarla..." gli dissi piano.

"Zietta!" si avvicinò il generalezietta... noi ora... noi ora...e la voce gli tremava e gli veniva meno; "noleggeremo dei cavalli e andremo fuori città... C'è una vista stupenda... la 'pointe...' venivamo a invitarvi." "Va' a farti benedire con la tua 'puànt'!" esclamò la nonnaallontanandolo con un gesto irritato della mano.

"Là c'è un villaggio... prenderemo il tè..." continuò il generaleormai in preda alla disperazione.

"Nous boirons du lait sur l'herbe fraîche (1)" aggiunse De-Grieux con un odio furioso.

"Du laitde l'herbe fraîche"ecco in che cosa consiste l'ideale idillico del borghese parigino; in questocom'è notosta il suo modo di vedere "la nature et la vérité"!

"Va' a quel paese con il tuo latte! Bevitelo tuche a me ha fatto venire il mal di pancia. Ma perché vi siete appiccicati così?" gridò la nonna. "Vi ho detto che non ho tempo!" "Siamo arrivatinonna!" esclamai. "E' qui." La spingemmo davanti a una casa dove si trovava l'ufficio di un banchiere. Andai a cambiare; la nonna rimase in attesa davanti all'ingresso; De-Grieuxil generale e Blanche stavano in dispartenon sapendo che cosa fare. La nonna li guardò irosamenteed essi presero la strada per il Casinò.

Mi proposero un cambio così svantaggioso che non ebbi il coraggio di eseguire l'operazione e tornai dalla nonna a chiedere istruzioni.

"Ahbriganti!" si mise a gridarebattendo le mani. "Ma non importacambia lo stesso!" mi ordinò in tono deciso. "No...

aspettachiamami il banchiere." "Forse qualcuno degli impiegatinonna?" "Sìanche un impiegatoè indifferente. Ahche briganti!" Uno degli impiegati acconsentì a usciredopo aver saputo che chi lo pregava era una vecchia contessa inferma che non poteva camminare. La nonna per un bel pezzoa voce alta e adiratagli rinfacciò la sua furfanteria e mercanteggiò con lui in un misto di russofrancese e tedescomentre io la aiutavo a tradurre.

L'impiegato ci guardava con espressione seria e scuoteva la testa in silenzio. Egli fissava la nonna con una curiosità così insistente che rasentava la scortesia; infine prese a sorridere.

"Be'vattene!" gridò la nonna. "Che i miei quattrini ti restino in gola! Cambia quiAlekséj Ivànovitchnon abbiamo tempose no si potrebbe andare da un altro..." "L'impiegato dice che gli altri danno ancora meno." Non ricordo con precisione il conteggio di allorama fu spaventoso. Cambiai circa dodicimila fiorini in oro e in bigliettipresi il conto e lo portai alla nonna.

"Sususu... E' inutile star lì a fare conti!" esclamòagitando le mani. "Prestoprestopresto!" "Non punterò mai più su quel maledetto zero e neppure sul rosso" dichiaròmentre ci avvicinavamo al Casinò.

Questa volta provai con tutte le mie forze a convincerla a puntare il meno possibileassicurandola chese la fortuna avesse cambiato giroavremmo sempre avuto il tempo di puntare una grossa cifra. Ma lei era così impaziente chesebbene sulle prime fosse stata d'accordonon fu più possibile frenarla durante il giuoco.

Aveva appena cominciato a vincere puntate di dieciventi federici che già aveva ripreso a darmi degli spintoni dicendo:

"Susu... ecco! Suecco! Ecco che abbiamo vinto; se ci fosse stato un quattro al posto del dieciavremmo preso quattromila guldene adesso? Sempre tusempre tu!" Eper quanto mi irritassi guardando il suo giocodecisi alla fine di tacere e di non darle più consigli.

All'improvviso accorse De-Grieux. Erano tutti e tre vicini; notai che mademoiselle Blanche stava un po' in disparte con la mamma e faceva moine al principe. Il generale era evidentemente in disgraziaquasi messo al bando. Blanche non voleva nemmeno guardarlosebbene egli la riempisse di cortesie. Povero generale!

Impallidivaarrossivatrepidava e quasi non seguiva neppure il gioco della nonna. Blanche e il principotto alla fine se ne andarono; il generale li seguì.

"Madamemadame" sussurrava con voce melata De-Grieux alla nonnaspingendosi avanti fino al suo orecchio. "Madamequesta puntata non va... nono... non è possibile..." diceva in un russo storpiato. "No!" "E comeallora? Suinsegnamelo!" esclamò la nonnarivolgendosi a lui. De-Grieux improvvisamente si mise a parlare in fretta in fretta in francesecominciò a dare consigliad affannarsia dire che bisognava aspettare la buona sortea fare conteggi di non so quali cifre... La nonna non ci capiva niente. Egli si rivolgeva continuamente a me perché io traducessi; puntava il dito sul tavoloindicava e infineafferrata la matitagià stava per iniziare a far dei conti su un fogliettoquando la nonna perse la pazienza.

"Suvattenevattene! Non dici che sciocchezze! Madamemadamee tu stesso non capisci niente. Vattene!" "Maismadame" cinguettò De-Grieuxriprendendo a ragionare e a spiegare. Era veramente molto preoccupato.

"Supunta una volta come dice lui" mi ordinò la nonnae vedremo: forse uscirà davvero.De-Grieux voleva soltanto dissuaderla dalle grosse puntate; proponeva di puntare sui numerisingoli e a gruppi. Puntaisecondo la sua indicazioneun federico su ciascun numero della serie disparicompresi tra i primi dodicie cinque federici su ciascuno dei gruppi di cifre comprese tra il dodici e il diciotto e il ventiquattro; in tutto sedici federici.

La ruota prese a girare.

"Zero" proclamò il croupier.

Avevamo perso tutto.

"Che imbecille!" gridò la nonnarivolgendosi a De-Grieux. "Che razza di indegno francesuccio sei! E dà anche consigliquel mostro! Vattenevattene! Non capisce niente e vuole ficcare il suo naso..." Terribilmente offesoDe-Grieux alzò le spalleguardò con aria sprezzante la nonna e si allontanò. Cominciava egli stesso a vergognarsi di essersi impicciato in quella faccenda; era stato troppo impaziente.

Nello spazio di un'oraper quanto ci battessimoavevamo perduto tutto.

"A casa!" gridò la nonna.

Non pronunciò più una parola fino al viale. Nel vialequando già ci avvicinavamo all'albergocominciò a lasciarsi sfuggire una serie di esclamazioni.

"Che sciocca! Che scioccona! Sei proprio una stupidastupidissima vecchia!" Non appena fummo entrati nell'appartamento gridò:

"Portatemi il tèe preparate subito i bagagli. Partiamo!" "Dove volete andare màtushka?" chiese Marfa.

"E a te che importa? Il grillo stia tranquillo nel suo buco!

Potapytchraccogli tuttoprepara il bagaglio. Torniamo a Mosca!

Quindicimila rubli d'argento mi sono giocata!" "Quindicimila rublimàtushka? Ohmio Dio!" gridò Potapytchunendo con aria contrita le mani e credendoprobabilmentedi rendersi gradito con quel gesto.

"Susustupido! Mettiti anche a piagnucolareadesso! Taci!

Preparatevi! Il contoprestoil conto!" "Il prossimo treno parte alle nove e mezzononna" la informai per arrestare la sua frenesia.

"E adesso che ore sono?" "Le sette e mezzo." "Che rabbia! Ma non importa! Alekséj Ivànovitchnon ho più nemmeno una copeca. Eccoti ancora due obbligazionicorri laggiù e cambiami anche queste. Altrimenti non so con che cosa partire." Mi avviai. Dopo mezz'orarientrato all'albergotrovai i nostri dalla nonna. La notizia che essa stava per partire per Mosca li aveva colpitia quanto pareancora di più delle sue perdite al giuoco. E' vero che con la partenza si salvava il suo patrimonioma che sarebbe ora successo al generale? Chi avrebbe pagato De- Grieux? Mademoiselle Blanchesi capiscenon avrebbe aspettato che morisse la nonna masenza dubbioavrebbe tagliato la corda con il piccolo principe o con qualcun altro. Erano tutti intorno a leila consolavano e cercavano di dissuaderla. Polinaanche questa voltanon c'era. La nonna imprecava furiosamente contro tutti.

"Toglietevi dai piedidiavoli! A voi che importa? Perchébarba di caproneti intrufoli qui?" gridava la nonna a De-Grieux. "E tudonnettache vuoi?" disse a mademoiselle Blancheperché mi giri intorno?Diantre!mormorò mademoiselle Blanche con gli occhi scintillanti di ira madi colposcoppiò in una risata e uscì.

"Elle vivra cent ans!" gridòmentre varcava la sogliaal generale.

"Ahdunquetu fai conto sulla mia morte?" urlò la nonna al generale. "Vattene! Cacciali fuori tuttiAlekséj Ivànovitch! Che importa a voi? Mi sono mangiata il mionon il vostro!" Il generale si strinse nelle spallesi curvò e uscì. De-Grieux lo seguì.

"Chiamare subito Praskòvja!" ordinò la nonna a Marfa.

Dopo cinque minuti Marfa tornò con Polina. In tutto questo tempo Polina era rimasta in camera sua con i bambini e sembra chea bella postaavesse deciso di non uscirne per tutto il giorno.

Aveva un viso seriotriste e preoccupato.

"Praskòvja cominciò a dire la nonna, è vero ciò che ho saputo indirettamente poco fache quell'imbecille del tuo patrigno vuole sposare quella sciocca farfallina d'una francesequell'attrice o peggio ancora? Dimmiè vero?" "Di sicuro non lo sononna rispose Polina, maa quanto dice la stessa mademoiselle Blanche che non ritiene necessario nasconderloconcludo che..." "Basta!" la interruppe la nonna energicamente. "Capisco tutto! Ho sempre creduto che da lui c'era da aspettarselol'ho sempre considerato l'uomo più vuoto e più leggero del mondo. Si dà tante arie perché è generale (era colonnello e è stato promosso quando era già in pensione) e si crede chi sa chi. Iomia caraso tuttoso che mandavate a Mosca un telegramma dopo l'altro:

'Tirerà presto le cuoiaquella vecchia nonna?' Aspettavate l'eredità; senza denaro quella vigliacca donnetta... come si chiama? de Cominges o non so come... non lo prenderebbe neanche come lacchèe per di più con i denti finti. Dicono che lei abbia un mucchio di denarolo presta a interessedenaro ammucchiato onestamente. IoPraskòvjanon accuso te; non sei stata tu a mandare i telegrammi; e il passato non voglio ricordarlo. So che tu hai un caratterino di quelli... una vespa! Se pungidove pungi gonfiama mi fai pena perché alla buon'anima di Katerinatua madreio volevo bene. Vuoi? Pianta qui tutti e parti con me.

Eccoqui non hai dove ficcarti e che tu resti qui con lui non sta bene. Aspetta!" continuò la nonnainterrompendo Polina che già stava per risponderenon ho ancora finito. Da te non pretenderò niente. La mia casa a Mosca, tu lo sai, è un palazzo; tu potresti occupare un piano intero e non scendere da me per delle settimane, se il mio carattere non ti va a genio. Su, vuoi, oppure no?Permettete che prima vi chieda se volete davvero partire subito.Scherzo io forse, màtushka? L'ho detto, e partirò. Oggi ho speso quindicimila rubli, alla vostra stramaledetta roulette. Nei dintorni di Mosca, cinque anni fa, ho fatto promessa di ricostruire in pietra la chiesa di legno e adesso qui ho sperperato tutto. Ora, màtushka, andrò a ricostruire la chiesa.E le acque, nonna? Eravate venuta per la cura delle acque, vero?Ma smettila con le tue acque! Non farmi irritare, Praskòvja: lo fai apposta, vieni o no?Vi sono molto, molto grata, nonna,disse Polinacommossaper il rifugio che mi offrite. Avete in parte indovinato la mia situazione. Vi sono così grata che, credetemi, verrò da voi, e forse anche presto; ma ora ci sono dei motivi... importanti... e non posso prendere una decisione così su due piedi. Se voi foste rimasta almeno due settimane...Sicché, non vuoi?Sicché, non posso. E non posso, in ogni caso, lasciar qui fratello e sorella perché... perché può effettivamente succedere che restino abbandonati... Allora, se mi prenderete con i piccoli, nonna, verrò certamente da voi e, credetemi, saprò meritarmelo!aggiunse con calore. "Ma senza i bambini è impossibilenonna!" "Sunon piagnucolare!" (Polina non ci pensava neppure di piagnucolare e poi lei non piangeva mai!) "Anche per i pulcini si troverà un posto: il pollaio è grande. E poi è ora che vadano a scuola. Dunqueadesso non vuoi partire? EbbenePraskòvjaguarda! Io vorrei il tuo bene; mavedilo so perché non parti.

Io so tuttoPraskòvja! Non ti porterà a niente di buonoquel francesuccio." Polina si fece di fiamma. Io sussultai. (Lo sanno tutti! Io solodunquenon so niente!) "Susu... non accigliarti. Non starò a tirarla tanto in lungo...

Bada soltanto che non succeda qualche guaiocapisci? Tu sei una ragazza intelligente; mi dispiacerebbe per te. Ma adesso bastanon vorrei più avervi qui davanti! Va'addio!" "Iononnavi accompagnerò ancora" disse Polina.

"Non servenon disturbarti; e poi mi siete venuti tutti a noia." Polina baciò la mano alla nonnama quella la ritirò e baciò la fanciulla sulla guancia.

Passandomi vicinoPolina mi lanciò un rapido sguardoma subito distolse gli occhi. "Suvviaaddio anche a teAlekséj Ivànovitch!

Manca solo più un'ora alla partenza. Anche tu ti sarai stancato di stare con me penso. Tieniprendi questi cinquanta federici." "Vi ringrazio umilmentenonnama mi vergogno..." "Susu!" gridò la nonna in tono così energico che non osai protestare e accettai.

"A Moscaquando correrai di qua e di là senza postovieni da me; ti raccomanderò a qualcuno. Suvattene!" Mi ritirai in camera mia e mi stesi sul letto. Credo di essere rimasto per una mezz'ora supinocon le mani intrecciate dietro la testa. La catastrofe ormai era scoppiatac'era di che preoccuparsi. Decisi che l'indomani avrei parlato seriamente a Polina. Ah! Il francesuccio? Dunqueera vero! Ma che cosa poteva esserciperò? Polina e De-Grieux! Mio Dioche confronto!

Tutto questo era semplicemente incredibile. Balzai d'un tratto dal lettofuori di meper andare subito a cercare mister Astley e costringerloa qualsiasi costoa parlare. Eglisenza dubbio ne sapeva più di me. Mister Astley? Ecco un altro mistero per me!

Maimprovvisamentesentii bussare alla mia porta. Guardo: è Potapytch.

"BàtjushkaAlekséj Ivànovitchla signora vi vuole!" "Che c'è? Parteno? Al treno mancano ancora venti minuti." "E' inquietabàtjushkanon può star ferma. 'Prestopresto!' ripetecioè vuole voibàtjushka: per amore di Cristonon indugiate." Mi precipitai giù. La nonna l'avevano già portata nel corridoio.

Nelle mani teneva il portafogli.

"Alekséj Ivànovitchcammina avantiandiamo!" "Dovenonna?" "Voglio morirese non mi rifarò! Avantimarchsenza tante domande! Là si giuoca sino a mezzanotteeh?" Ero rimasto di stuccorifletteima presi subito una decisione.

"Come voleteAntonida Vassìlevnama io non ci andrò." "E perché? Che significa? Avete tutti le smanie?" "Come credetema poi dovrei rimproverare me stesso: non voglio!

Non voglio essere né spettatorené partecipe. DispensatemiAntonida Vassìlevna. Ecco i vostri cinquanta federici: addio!" Edeposto il rotolo dei federici su un tavolinovicino al quale si trovava la poltrona della nonnami inchinai e me ne andai.

"Che assurdità!" mi gridò alle spalle la nonna. "Non venirepazienza: troverò la strada da sola; Potapytchvieni con me! Susollevate la poltronaportatemi!" Non trovai mister Astley e tornai a casa. Sul tardigià dopo la mezzanotteseppi da Potapytch come si era conclusa la giornata della nonna. Aveva perduto tutto quanto avevo poco prima cambiatocioèin moneta nostraancora diecimila rubli. Le si era di nuovo appiccicato quel piccolo polacchino al quale aveva dato prima due federicie l'aveva guidata durante tutto il gioco. All'inizioprima del polacchinostava già per far puntare Potapytch ma ben presto l'aveva mandato via; e proprio allora si era precipitato il polacchino. Come a farlo appostaegli capiva il russo e persinoalla bell'e megliolo parlavain un misto di tre linguecosicché riuscivano quasi a capirsi a vicenda. La nonna per tutto il tempo lo insolentì senza pietà esebbene quello non facesse che "strisciare ai piedini della pani" tuttavia "non si poteva certo confrontarlo con voiAlekséj Ivànovitch" raccontava Potapytch. "Voi vi trattava proprio come un signoree quello...

quello l'ho visto iocon i miei occhiDio mi fulmini se mentole rubava il denaro dal tavolo. Lei stessa lo pescò due volte sul fatto e l'ha insolentitoinsolentito con ogni sorta di parolaccebàtjushkae una voltadavveronon dico bugie.... una volta gli tirò persino i capelli tanto che tutt'intorno scoppiò una risata.

Tuttobàtjushkaha perduto: tutto ciò che voi le avete cambiato.

Adesso l'abbiamo portata quila matushka; soltanto un bicchiere d'acqua ha chiestosi è fatta il segno della croce e subito è andata a letto. Sarà stata stancaperché si è addormentata immediatamente. Che Iddio le mandi sogni d'angelo! Ohquesto estero!" concluse Potapytch. "Lo dicevo ioche non portava bene!

Potessimo tornare presto nella nostra Mosca! Che cosa ci manca nella nostra casa a Mosca? Il giardinodei fiori come qui non se ne vedonoil profumoi meli pieni di germoglilo spazio... no:

bisognava venire all'estero! Oh-oh-oh!"

 

 

NOTE:

  1. "Berremo del latte sull'erbetta fresca!"

 

 

13.

 

 

E' passato ormai quasi un mese da quando non ho più toccato queste mie noteiniziate sotto l'influsso di impressioni forti sìma disordinate. La catastrofela cui imminenza avevo allora previstosi abbatté realmentema cento volte più violenta e inaspettata di quanto io non pensassi. E' stata una cosa stranascandalosa e addirittura tragicaalmeno per me. Mi sono capitati alcuni casi quasi miracolosi; cosìalmenomi sembrano tuttora anche sea considerarli da un altro punto di vista esoprattuttogiudicando dal vortice in cui allora mi aggiravoessi erano forse soltanto non del tutto comuni. Ma per me la cosa più miracolosa è il modo con cui io mi sono comportato in tutti quegli avvenimenti. Non riesco ancora oggi a capire me stesso! E tutto è volato via come un sogno; anche la mia passione - e sì che era intensa e sincera - dove mai è andata a finire? Davveroa volte mi balena quest'idea: "Ma non sono forse impazzito allora e non sono stato tutto questo tempo in qualche manicomio dove forse mi trovo ancora oggicosì che tutto ciò mi è sembrato e anche adesso mi sembra soltanto?" Ho raccolto e riletto i miei foglietti. (Chi saforse per convincermi di non averli scritti in un manicomio?) Ora sono solo soletto. L'autunno si avvicinale foglie ingialliscono. Me ne sto in questa triste cittadina (ohcome sono tristi le cittadine tedesche!) einvece di riflettere sul passo che sto per compierevivo sotto l'influsso di sensazioni appena spentedi ricordi freschisotto l'influsso di tutto il fresco turbine che allora mi ha trascinato in quel vortice e che di nuovo mi ha scagliato fuorichi sa dove. Mi sembraogni tantodi aggirarmi ancora in quello stesso turbine e che da un momento all'altro si scatenerà un'altra volta la tempesta che mi afferreràpassandomi accantocon la sua alae io uscirò di nuovo dall'ordine e dal senso della misura e girerògirerògirerò...

Del restoforse mi fermerò in qualche posto e smetterò di girare se darò a me stessoper quanto possibileesatto conto di tutto quello che è successo in questo mese. La penna mi attrae di nuovo e spessola seranon so proprio che cosa fare. Stranopur di occuparmi in qualche modoprendo nella localecattiva bibliotecai romanzi di Paul de Kock (in traduzione tedesca) che quasi non posso soffrirema li leggoe mi stupisco di me stesso:

è come se avessi paura che un libro serio o qualsiasi seria occupazione potesse spezzare l'incanto di ciò che è appena passato. Mi è proprio così caro quel brutto sogno con tutte le impressioni rimastemida temere persino chesfiorandolo con qualcosa di nuovo debba dissolversi come fumo? Mi è dunque così caro tutto questo? Sìcertamente mi è caroe forse anche tra quarant'anni lo ricorderò...

Ecosì mi metto a scrivere. Del restotutto si può raccontare orain parteanche più brevemente: le impressioni non sono più quelle...

Per prima cosaconcludiamo il discorso sulla nonna. Il giorno dopoella perse tuttodefinitivamente. Così doveva accadere:

chitra le persone come leicapita una volta su quella stradaè come se scivolasse in slitta da una china nevosasempre più in frettasempre più in fretta... Giocò tutto il giornofino alle otto di sera; io non fui presente al suo gioco e so soltanto quello che ho sentito dire.

Potapytch rimase di guardia vicino a lei al Casinò per tutta la giornata. I polaccucci che guidavano la nonna si allontanarono più volte durante il giorno. Ella iniziò con lo scacciare il polacco del giorno primaquello che aveva tirato per i capellie ne prese un altroil qualeperòrisultò quasi peggiore del primo.

Scacciato anche questo e ripreso il primo - che non si era allontanato e durante tutto il tempo dell'esilio era rimasto sempre lì dietro la poltrona sporgendo continuamente avanti la testa - si lasciò prendere da vera disperazione. Il secondo polacco scacciato non voleva andarsene neppure luia nessun costo; uno si sistemò a destral'altro a sinistra. Durante tutto il tempo non fecero che litigare e scambiarsi ingiurie per le puntate e le mosse; si dicevano a vicenda lajdaki (1) e altri complimenti polacchipoi si riappacificavanogettavano via il denaro senza alcun ordineprendevano decisioni a casaccio.

Attaccata di nuovo liteessi puntavano ognuno dalla propria parteunoper esempiosul rosso e l'altro sul nero. Finì che stordirono e confusero tanto la nonna che leiquasi con le lacrime agli occhisi rivolse al "croupier"un vecchiettopregandolo di difenderla e di scacciarli. Infatti furono subito mandati vianonostante le loro grida e le loro proteste; strillavano tutti e due insiemee cercavano di dimostrare che la nonna era in debito verso di loroche li aveva imbrogliatiche aveva agito nei loro riguardi in modo disonesto e basso.

L'infelice Potapytch mi raccontò tutto questo con le lacrime agli occhi la sera stessa della perditae lamentandosi che essi si fossero riempite le tasche di denaroassicurava di aver visto con i suoi occhi come rubavano senza scrupolo e come ogni minuto si mettevano quattrini in tasca. Se unoper esempiootteneva dalla nonna cinque federici per le sue fatichesubito li puntava alla roulettevicino alla puntata della nonna. La nonna vinceva e lui gridava che a vincere era stata la sua puntata e che quella della nonna aveva perso. Quando li stavano scacciandoPotapytch si fece avanti e riferì che essi avevano le tasche piene d'oro. La nonna pregò subito il croupier di intervenire eper quanto i due polaccucci gridassero (come due galli afferrati di sorpresa) arrivò la polizia e subito le loro tasche furono vuotate a vantaggio della nonna. La nonnafino a che non ebbe perso tutto godette per l'intera giornatapresso i "croupiers" e presso i dirigenti del Casinòdi una palese autorità. A poco a poco la sua fama si era diffusa per la città. Tutti i frequentatori delle terme di tutte le nazioniquelli comuni e quelli più importantiaccorrevano a vedere "une vieille comtesse russe tombée en enfance" (2) che aveva perduto "parecchi milioni".

Ma la nonna ebbe ben poco vantaggio dal fatto di essere stata liberata dai due polacchi. Al posto loro comparve immediatamentea offrirle i suoi servigiun terzo polacco che parlava perfettamente in russovestito da gentiluomo sebbene un po' somigliante a un lacchècon un enorme paio di baffi e pieno di boria. Anch'egli baciò "i piedini della pani"ma verso la gente che era intorno si comportava in modo insolenteimpartendo disposizioni in tono dispotico; in una parolaprese immediatamente un atteggiamento non da servoma da padrone della nonna. Continuamentea ogni mossasi rivolgeva a lei e giurava con i più terribili giuramenti che era anche lui un 'onorato' pan e che non avrebbe preso nemmeno una copeca del denaro della nonna.

E ripeteva così spesso tali giuramenti che quella finì con lo smarrirsi del tutto. Ma poiché pare cheall'inizioquesto pan avesse corretto il suo giuoco e avesse incominciato a vincerela nonna stessa non poteva più staccarsene. Un'ora più tardi i due piccoli polacchi di prima che erano stati allontanati dal Casinò riapparvero dietro la sedia della nonnarinnovando l'offerta dei loro servigise non altro come galoppini. Potapytch giurava che "l'onorato pan" scambiava con i due strizzatine d'occhio e passava persino qualcosa nelle loro mani. Poiché la nonna non aveva pranzato e non aveva quasi mai lasciato la poltronauno dei polacchi si rese effettivamente utile: corse nella sala da pranzo del Casinò e le portò prima una tazza di brodo e poi anche del tè Del restocorrevano tutti e due. Ma verso la fine della giornataquando a tutti era ormai chiaro che la nonna perdeva il suo ultimo biglietto di bancadietro la sua sedia stavano ormai sei polacchinimai visti né conosciuti prima. Quando poi la nonna stava perdendo le sue ultime monetetutti loro non solo non la ascoltavano piùma neanche le badavano; si spingevano al di sopra della sua testa per arrivare al tavoloprendevano il denarone disponevano e lo puntavanodiscutevano e gridavano intrattenendosi amichevolmente con "l'onorato pan" che sembrava si fosse addirittura dimenticato dell'esistenza della nonna. Persino quando la nonnadopo aver definitivamente perso tuttosi preparava verso le otto di sera a tornare all'albergotre o quattro piccoli polacchi non si decidevano ancora a lasciarla e correvano intorno alla poltrona gridando a tutta forza e assicuravanoparlando velocissimamenteche la nonna li aveva ingannati e che doveva loro qualche cosa. E così arrivarono fino all'albergo da dovefinalmentefurono cacciati a spintoni.

Secondo il conto di Potapytchla nonna aveva perso in quel giorno circa novantamila rublioltre al denaro perso il giorno prima.

Tutti i titoli - obbligazioni al cinque per centoprestiti interniazioni - che aveva portato con séli aveva cambiati uno dopo l'altro. Io mi meravigliavopensando come avesse potuto resistere quelle sette o otto ore seduta in poltrona e quasi senza spostarsi dal tavoloma Potapytch raccontò che per ben tre volte aveva effettivamente cominciato a vincere forte etrascinata dalla speranzanon aveva più potuto allontanarsi. Del restoi giocatori sanno benissimo come si possa restare magari una giornata intera allo stesso posto giocando a cartesenza girare gli occhi né a destrané a sinistra.

Intanto anche da noiall'albergoerano accadute quel giorno cose d'importanza decisiva. Già dalla mattinaprima delle undiciquando la nonna era ancora in casai nostricioè il generale e De-Grieuxsi erano decisi al passo estremo. Saputo che la nonna non voleva più partire ma cheanzisi preparava ad andare al Casinòsi presentarono da lei in conclave (a eccezione di Polina) per parlarle definitivamente e anche sinceramente. Il generaletrepidante e sentendosi quasi venir meno in vista delle conseguenze per lui terribiliesagerò persino: dopo mezz'ora di preghiere e di suppliche e dopo aver francamente confessato tuttocioè i debiti e anche la passione per mademoiselle Blanche (egli si era smarrito completamente)il generale dicoprese di colpo un tono minaccioso e cominciò a inveire contro la nonna e a pestare i piedigridando che lei disonorava la famigliache era diventata lo scandalo di tutta la città e arrivò infine a queste parole: "Voi disonorate il nome russosignorae per questo c'è la polizia!" La nonna lo cacciò via con il bastone (un autentico bastone) Il generale e De-Grieux si consultarono ancora due o tre volte quella mattinae precisamente su questo: non sarebbe stato proprio possibile far intervenire la polizia? Dire cheeccouna disgraziatauna rispettabile vecchia era impazzitastava perdendo al gioco gli ultimi soldi eccetera? In una parolanon era possibile ottenere una tutela o una interdizione? De-Grieux si limitava a stringersi nelle spalle e rideva in faccia al generale che ormai non sapeva più quello che diceva e correva su e giù per lo studio. Infine De-Grieux fece un gesto di rinuncia e scomparve chi sa dove. A sera si seppe che aveva lasciato l'albergo definitivamentedopo aver avuto un colloquio risolutivo e misterioso con mademoiselle Blanche. Per quanto riguarda mademoiselle Blanche leifin dal mattinoaveva preso dei provvedimenti decisivi: si era completamente liberata dal generale e non gli permetteva neppure più di presentarsi davanti a lei.

Quando il generale le corse dietro al Casinò e la incontrò sottobraccio al principetanto lei quanto madame veuve Cominges finsero di non conoscerlo. E neppure il principe lo salutò. Per tutto quel giorno mademoiselle Blanche sondò e si lavorò il principe perché finalmente si dichiarasse. Ma ahimè!

Si era crudelmente ingannata nei suoi calcoli sul principe! Questa piccola catastrofe accadde alla sera; di colpo si scoprì che il principe era povero in canna e che contava proprio su di lei per avere quattrini in prestito contro cambiali da giocare alla roulette. Blancheindignatalo cacciò via e si chiuse nella sua camera.

La mattina di quello stesso giorno ero andato da mister Astley oper meglio direlo avevo cercatoma non ero riuscito in nessun modo a trovarlo. Non c'era né in casané al Casinòné al parco.

Quella volta non aveva pranzato nel suo albergo. Lo vidi a un trattoverso le cinqueche dalla stazione ferroviaria andava verso l'albergo d'Angleterre. Camminava in fretta e vidi che era preoccupato sebbene fosse molto difficile scorgere sul suo viso segni di preoccupazione o di qualsiasi turbamento. Mi tese cordialmente la mano con la sua abituale esclamazione: "Ah!" ma senza fermarsi e continuandoa passi piuttosto frettolosiil suo cammino. Mi attaccai a luima egli seppe rispondermi in un modo tale che non riuscii a chiedergli niente. Inoltrechi sa perchésentivo un tremendo senso di vergogna a parlare di Polina; e neppure lui mi dissea quel propositouna parola. Gli raccontai della nonna; mi ascoltò attento e serio e si strinse nelle spalle.

"Perderà tutto!" gli dissi.

"Ohcerto!" mi rispose. "Anche poco faquando io partivoè andata a giocaree perciò ero sicuro che sarebbe finita così. Se avrò tempoandrò un attimo al Casinò a vedereperché è una cosa curiosa..." "Dove siete stato?" chiesisorpreso di non averglielo ancora domandato.

"Sono stato a Francoforte." "Per affari?" "Sìper affari." Che cosa potevo chiedergli di più? Tuttavia continuavo a camminargli vicinoma egli a un tratto svoltò nella strada dove sorgeva l'albergo Des Quatre Saisonsmi salutò con un cenno del capo e sparì. Tornando a casami resi a poco a poco conto chese anche avessi parlato con lui per due orenon avrei saputo niente perché... non avevo niente da chiedergli! Giàproprio così. In nessun modo avrei ora potuto formulare la mia domanda.

Per tutto quel giorno Polina o passeggiò con i bambini e la bambinaia nel parcoo rimase in casa. Da un pezzo ormai lei evitava il generale e non parlava quasi mai con luialmeno su argomenti seri. L'avevo notato già da un pezzo. Masapendo in che situazione si trovasse quel giorno il generalepensai che non avrebbe potuto evitarlacioè che tra di loro sarebbe stata necessaria qualche importante spiegazione di carattere familiare.

Però quando iorientrando all'albergo dopo il mio colloquio con mister Astleyincontrai Polina con i bambiniil suo viso rifletteva la più serena tranquillitàcome se tutte le tempeste familiari non l'avessero nemmeno sfiorata. Al mio saluto rispose con un cenno del capo. Entrai in camera mia pieno di stizza.

Naturalmenteio evitavo di parlarle e non mi ero più trovato con lei dopo l'incidente con il barone Wurmerhelm. Per di più facevo il sostenuto e mi davo delle arie maquanto più il tempo passavatanto più ribolliva in me una vera indignazione. Anche se lei non mi amava affattonon si potevami sembracalpestare così i miei sentimenti e accogliere con un simile disprezzo le mie confessioni! Lei sapeva che io l'amavo veramente; lo ammetteva e mi permetteva di parlarle così. In veritàtutto era cominciato tra di noi in modo alquanto strano. Qualche tempo primacirca un due mesiavevo notato che Polina voleva fare di me il suo amicoil suo confidente e chein parteci si provava. Ma la cosachi sa perchénon aveva avuto allora buon esito ein cambioerano rimasti tra noi gli strani rapporti odierni; per questo appunto avevo preso a parlare così con lei. Ma se il mio amore le ripugnavaperché non proibirmi senz'altro di parlargliene?

Non me lo vietava; a volteanzimi induceva lei stessa a toccare quell'argomento e... naturalmente lo faceva per beffa. Lo so con certezzaperché avevo osservato molto bene che le faceva piaceredopo avermi ascoltato e stuzzicato fino alla sofferenzasconcertarmi improvvisamente con qualche uscita che rivelava il massimo disprezzo e la più grande indifferenza. Eppure sapeva benissimo che senza di lei io non potevo vivere. Ecco adesso erano passati tre giorni dall'incidente con il baronee io non riuscivo più a sopportare la nostra separazione. Quando l'avevo incontrata poco fa vicino al Casinòil cuore aveva preso a battermi con tanta violenza che ero impallidito. Eppure nemmeno lei avrebbe potuto cavarsela senza di me! Io le ero necessario; ma possibilepossibile che lo fossi soltanto come il buffone Balakirev (3)?

Lei aveva un segreto: questo era chiaro! Il suo colloquio con la nonna mi aveva ferito dolorosamente il cuore. Eppure mille volte l'avevo invitata a essere sincera con mee lei sapeva benissimo che io ero pronto a sacrificarle la mia testa. Ma lei se ne faceva gioco semprequasi con disprezzo einvece del sacrificio della vita che io le offrivopretendeva da me delle gesta sul tipo di quelle con il barone! Non era forse una cosa disgustosa? Possibile che per lei tutto il mondo fosse racchiuso in quel francese? E mister Astley? A questo punto la cosa diventava incomprensibile e intantomio Diocome mi tormentavo!

Arrivato a casain un impeto di rabbiapresi la penna e le scrissi quanto segue:

"Polina Aleksàndrovnavedo chiaramente che è arrivato lo scioglimento cheè naturaleriguarderà anche voi. Per l'ultima volta vi ripeto: vi serveoppure nola mia testa? Se vi sarà utile per qualsiasi cosadisponete di me; intanto io sono nella mia camera ealmeno per un bel pezzonon me ne allontanerò. Se vi serviràscrivetemi o fatemi chiamare."

Sigillai il biglietto e glielo mandai tramite il cameriere del mio pianocon l'ordine di consegnarlo personalmente. Non aspettavo risposta madopo tre minutiil cameriere tornò con la notizia che la signorina "aveva dato ordine di salutarmi".

Dopo le sei fui chiamato dal generale.

Era nel suo studiovestito come se si preparasse ad andare da qualche parte. Cappello e bastone erano posati sul divano. Mi sembròentrandoche egli stesse in mezzo alla stanza con le gambe larghela testa bassa e che parlasse tra sé e sé ad alta voce. Ma non appena mi vide si gettò verso di me quasi gridandotanto che ioistintivamenteindietreggiai e quasi volli fuggire; ma egli mi prese per tutt'e due le mani e mi trascinò verso il divanosi mise a sederefece sedere me su una poltrona di fronte a lui esenza lasciare le mie manicon le labbra tremantile lacrime che gli brillavano tra le ciglia e con voce implorante mi disse:

"Alekséj Ivànovitchsalvatemisalvatemiabbiate pietà!" Per un bel po' non riuscii a capire niente: lui parlavaparlavaparlava e continuava a ripetere: "Abbiate pietà! Abbiate pietà!" Finalmente indovinai che egli aspettava da me forse un consiglio oper meglio direabbandonato da tuttiangosciato e tristesi era ricordato di me e mi aveva fatto chiamare solo per parlareparlareparlare...

Era quasi impazzito oper lo menoal culmine dello smarrimento.

Giungeva le mani ed era pronto a gettarsi ai miei piedi (che cosa credete?) perché io andassi subito da mademoiselle Blanche a pregarla e a consigliarla di tornare a lui e di sposarlo.

"Ma viagenerale" esclamaifino a oggi mademoiselle Blanche non si è neppure accorta di me. Che posso fare io?Ma le obiezioni erano inutili: egli non capiva quello che gli si diceva. Si mise a parlare anche della nonna in modo del tutto sconclusionato: era sempre dell'idea di far chiamare la polizia "Da noida noi" cominciò a gridareribollendo all'improvviso di indignazioneda noi, in uno stato bene organizzato dove esiste un'autorità, una vecchia così la metterebbero subito sotto tutela!

Sì, egregio signore, sì...continuavacadendo di colpo in un tono di rimproverobalzando in piedi e mettendosi a passeggiare per lo studiovoi non sapevate ancora, egregio signorefecerivolgendosi a un immaginario egregio signore in un angoloe adesso lo sapete... sì... sì... che da noi simili vecchie le mettono al giogo, al giogo, sicuro... che il diavolo le porti!E si abbandonava di nuovo sul divano madopo un attimoquasi singhiozzando e ansimandosi affrettava a raccontarmi che mademoiselle Blanche non l'aveva sposato proprio perchéinvece del telegrammaera arrivata la nonna e che ormai era evidente che egli non avrebbe avuto l'eredità. Gli sembrava che di tutto questo io non fossi affatto al corrente. Cominciai a parlare di De- Grieuxma egli fece un gesto di disperazione:

"E' partito! Tutto quanto possiedo è ipotecato da lui: sono povero in canna! Di quei denari che portaste... di quei denari non so quanto è rimasto... mi sembra un settecento franchi e niente altro; è tutto lì e poi... non sonon so!" "Ma come farete a pagare il conto dell'albergo?" gli chiesi iospaventato. "E poiche accadrà?" Egli mi guardò pensierosoma ebbi l'impressione che non capisse e addirittura non mi sentisse. Provai a parlargli di Polina Aleksàndrovna e dei bambini. Egli rispose alla svelta sì... sì...

ma subito si rimise a parlare del principedel fatto che Blanche ora sarebbe partita con lui e allora... allora... "Che mi resta da fareAlekséj Ivànovitch?" si rivolse d'un tratto a me. "Ve lo giuro sul nome di Dio! Che cosa posso fare? Ditenon è ingratitudinequesta? Non è ingratitudine?" Infine si mise a piangere a dirotto.

Con un uomo simile non c'era niente da fareera pericoloso anche lasciarlo solopoteva magari accadergli qualcosa. Riuscii in ogni modo a liberarmenema avvertii la bambinaia che andasse ogni tanto a dargli un'occhiata einoltreparlai con il cameriere del pianoun ragazzo molto giudiziosoe mi promise cheda parte sualo avrebbe tenuto d'occhio.

Avevo appena lasciato il generale che comparve da me Potapytch a chiamarmi da parte della nonna. Erano le ottoe lei era appena tornata dal Casinò dopo l'ultimadefinitiva perdita. Andai da lei: la vecchia era seduta in poltronaevidentemente sfinita e sofferente. Marfa le stava porgendo una tazza di tè che le faceva bere quasi a forza. La voce e il tono della nonna erano decisamente cambiati.

"Buongiornobàtjushka Alekséj Ivànovitch" mi dissechinando la testa con un'espressione gravescusate se vi ho disturbato ancora una volta, perdonate a una vecchia. Io, mio caro, ho lasciato tutto là, quasi centomila rubli. Avevi ragione, ieri, a non venire con me! Ora sono senza quattrini, non ho più un soldo.

Non voglio aspettare oltre: alle nove e mezzo partirò. Ho mandato a chiamare mister Astley o come si chiama, per chiedergli tremila franchi per una settimana. Ebbene, convincilo tu a non pensare a chi sa che cosa e a non rifiutare. Io, ragazzo mio, sono ancora abbastanza ricca. Possiedo tre campagne e due case. E ho ancora del denaro: non l'avevo portato tutto con me. Questo lo dico, affinché egli non abbia dubbi di nessun genere... Ah, eccolo! Si vede che è una brava persona.Mister Astley si era affrettato a venire alla prima chiamata della nonna. Senza pensarci su e senza far tante parolele consegnò immediatamente tremila franchi contro una cambiale che la nonna firmò. Concluso l'affareegli salutò e si affrettò a uscire.

"E ora vattene anche tuAlekséj Ivànovitch. E' rimasta poco più di un'ora: voglio coricarmi. Mi fanno male le ossa. Non rimproverarmisono una vecchia stupida. Adesso non accuserò più i giovani di sventatezzae anche quel disgraziato del vostro generalecommetterei peccato se lo accusassi... Ma denaro non gliene daròcome vorrebbe lui perchésecondo meè troppo stupido; però iovecchia stupidanon sono più intelligente di lui. E' proprio vero che Iddio è severo anche con i vecchi e punisce l'arroganza. Be'addio! AlzamiMarfusha!" Ioperòvolevo accompagnare la nonna. Inoltre ero in una specie di attesa: mi sembrava che da un momento all'altro dovesse succedere qualcosa. Non riuscivo a rimanere fermo in camera mia.

Uscivo ogni tanto nel corridoio e andai persino un minuto fuori a passeggiare nel viale. La mia lettera a lei era chiara e decisivae l'attuale catastrofe senza dubbio definitiva. All'albergo sentii parlare della partenza di De-Grieux. Infinese mi avesse respinto come amicoforse non mi avrebbe respinto come servo. Le ero necessariomagari anche soltanto per fare il galoppino: come no?

Verso l'ora della partenza del trenocorsi alla stazione e feci salire la nonna. Presero tutti posto in uno scompartimento riservatoper famiglia.

"Ti ringraziobàtjushkaper la tua disinteressata simpatia mi disse, accomiatandosi da me, e ripeti a Praskòvja quello che le ho detto ieri: io l'aspetterò." Tornai a casa. Passando davanti all'appartamento del generaleincontrai la governante e m'informai di lui. "Ehbàtjushkanon c'è male!" mi rispose quellain tono triste. Ioperòentrai lo stessoma sulla porta dello studio mi fermai stupefattomademoiselle Blanche e il generale ridevano allegramente insieme.

La veuve Cominges stava anche lei lìseduta sul divano. Il generale era evidentemente fuori di sé dalla gioiabalbettava una serie di stupidagginiuna dietro l'altrae prorompeva in lunghe risate nervose che gli increspavano il viso in una enorme quantità di rughementre gli occhi quasi scomparivano. Seppi però dalla stessa Blanche che leicacciato il principe e venuta a conoscenza delle lacrime del generaleaveva pensato di consolarlo ed era venuta a trovarlo. Ma non sapevail povero generaleche in quel minuto la sua sorte era già stata decisa e che Blanche aveva già cominciato a preparare i bagagli per partire l'indomanicon il primo treno del mattinoalla volta di Parigi.

Dopo essere rimasto un po' sulla soglia dello studio del generaledecisi di non entrare e mi allontanai non visto. Risalito in camera mia e aperta la portanotai a un trattonella penombrauna figuraseduta su una sediain un angolovicino alla finestra. Essa non si alzò al mio apparire. Mi avvicinai rapidamenteguardai e... mi sentii mancare il respiro: era Polina!

 

 

NOTE:

  1. Farabutti.
  2. "Una vecchia contessa russa rimbambita."
  3. Celebre buffone dei tempi di Pietro il Grande.

 

 

14.

 

 

Mandai un grido.

"Che c'è? Che c'è?" domandò lei in tono strano. Era pallidae aveva un'espressione cupa.

"Comeche c'è? Voi? Quida me?" "Se io vengovengo tutta. E' la mia abitudine. Lo vedrete subito:

accendete una candela." Accesi la candela. Lei si alzòsi avvicinò al tavolo e mise davanti a me una lettera dissigillata.

"Leggete!" mi ordinò.

"Questa... questa è la calligrafia di De-Grieux!" esclamaiafferrando la lettera. Le mani mi tremavanoe le righe saltellavano davanti ai miei occhi. Ho dimenticato le precise espressioni della letterama eccolase non proprio parola per parolaalmeno pensiero per pensiero.

"Mademoiselle scriveva De-Grieux, sfavorevoli circostanze mi costringono a partire immediatamente. Voi certo avrete notato che a bella posta ho evitato di avere con voi una spiegazione definitiva fino a quando non si fossero chiarite tali circostanze.

L'arrivo della vecchia (de la vieille dame)vostra parentee il suo assurdo comportamento hanno messo fine alle mie perplessità. I miei affari dissestati mi impediscono di continuare a nutrire le dolci speranze delle quali mi ero permesso di pascermi per qualche tempo. Mi rammarico di quello che è accadutoma spero che nella mia condotta non troverete niente d'indegno di un gentiluomo e di un onest'uomo (gentilhomme et honnête homme). Avendo perso quasi tutto il mio denaro nei crediti concessi al vostro patrignomi trovo nell'assoluta necessità di approfittare di quello che mi resta: ho già dato istruzioni ai miei amici di Pietroburgo affinché dispongano immediatamente per la vendita della proprietà ipotecata a mio favore; sapendoperòche quella testa vuota del vostro patrigno ha sperperato anche il denaro di vostra proprietàho deciso di condonargli cinquantamila franchi e gli restituisco per questa somma una parte delle ipoteche sulla sua proprietàaffinché voi abbiate la possibilità di riavere tutto ciò che avete perdutoesigendo da luiper via legalequello che vi appartiene. Speromademoiselleche allo stato attuale delle coseil mio gesto vi sarà molto utile. Spero anche checosì agendoio assolva pienamente il dovere di un uomo onesto e nobile. Siate certa che il ricordo di voi rimarrà per sempre impresso nel mio cuore."

"Ebbenetutto questo è molto chiaro dissi, rivolgendomi a Polina, è possibile che voi vi aspettaste qualcosa d'altro?" aggiunsi con indignazione.

"Io non mi aspettavo niente mi rispose lei, apparentemente calma, mentre qualcosa sembrava tremarle nella voce, da un pezzo ero certa di tuttoleggevo nel suo pensiero e sapevo quello che pensava. Egli credeva che io cercassi... che io avrei insistito..." Si fermò esenza completare la frasesi morse un labbro e tacque. "A bella posta raddoppiai il mio disprezzo per lui riprese a dire, in attesa di quello che avrebbe fatto. Se fosse giunto il telegramma dell'ereditàgli avrei sbattuto in faccia il debito di quell'idiota del mio patrigno e l'avrei cacciato via! Da un pezzoda un pezzo mi era diventato odioso!

Ohnon era più quell'uomo di primamille volte migliore.

Adesso... adesso... ohcon quale felicità sbatterei su quel suo muso da vigliacco questi cinquantamila franchi e ci sputerei...

sìci sputerei sopra!" "Ma il documentola carta che riguarda l'ipoteca dei cinquantamila franchi da lui restituital'avrà il generaleno?

Prendetela e ridatela a De-Grieux!" "Ohnon si tratta di questo! Non si tratta di questo!" "Sìè veronon si tratta di questo! E poidi che cosa è capace adesso il generale? E la nonna?" gridai all'improvviso.

Polina mi guardava con un'espressione distratta e impaziente.

"Che c'entra la nonna?" chiese con stizza. "Io non posso andare da lei... E non voglio chiedere perdono a nessuno" aggiunse irritata.

"Che faredunque?" gridai. "Ma comecome potevate amare questo De-Grieux? Ohil miserabileil miserabile! Se voletelo ucciderò in duello. Dov'èadesso?" "E' a Francofortedove si fermerà tre giorni." "Ditemi una sola parola e iodomani stessopartirò con il primo treno!" dissiin preda a uno sciocco entusiasmo.

Lei si mise a ridere.

"Sarebbe magari capace di dire: "Prima restituitemi i cinquantamila franchi!" E poiperché dovrebbe battersi? Che assurdità!" "E allora dovedove trovare questi cinquantamila franchi?" ripetevodigrignando i denticome se fosse stato possibile raccattarli da terra. "Ascoltate: mister Astley?" chiesimentre una strana idea cominciava a prender forma nel mio cervello.

I suoi occhi lampeggiarono.

"Ebbeneproprio tuvuoi che ti lasci per andare da quell'inglese?" dissefissandomi con uno sguardo penetrante e sorridendo amaramente. Per la prima volta mi aveva dato del "tu".

Mi sembrò cheper l'agitazione del momentofosse stata presa da una vertigine: ad un tratto si sedette sul divanospossata.

Fu come se il fulmine mi avesse colpito: stavo lì e non credevo ai miei occhinon credevo alle mie orecchie! Dunquemi amava! Era venuta da me e non da mister Astley! Leida solauna fanciullaera venuta da me in una stanza d'albergosenza timore di compromettersi agli occhi di tutti e io... io ero lì davanti a lei... e ancora non avevo capito!

Uno strano pensiero mi balenò alla mente.

"Polinadammi soltanto un'ora! Aspettami qui un'ora sola e...

ritornerò! E' indispensabile! Vedrai. Resta quiresta qui!" Mi precipitai fuori della stanzasenza rispondere al suo stupefatto sguardo interrogativo; mi gridò qualcosama io non tornai...

Sìa volte il pensiero più stranoil pensiero apparentemente più impossibilesi conficca con tanta forza nella testa che lo prendialla fineper qualcosa di attuabile... Ma non basta: se l'idea è legata a un forteappassionato desiderioallora magari la prendi per qualcosa di fataledi indispensabiledi predestinatoqualcosa che non può non essere e non può non accadere! Forse qui interviene ancora una qualche combinazione di presentimentiun qualche straordinario sforzo di volontàun autoavvelenamento della propria fantasia o qualche altra cosa che non so; ma a me quella sera (che mai più dimenticherò) accadde un fatto prodigioso. Sebbene esso possa essere perfettamente giustificato con l'aritmeticatuttavia resta per me tuttora miracoloso. E perchéperché quella certezza era penetrata così profondamentecosì saldamente nel mio animo e ormai da tanto tempo? Certo io ci pensavoripetoe non come a un caso che può accadere tra molti altri (e quindi può anche non accadere)ma come a qualcosa che non possa assolutamente non accadere!

Erano le dieci e un quarto; entrai nel Casinò con ferma speranza manello stesso tempoin uno stato di agitazione come non avevo mai provato. Nelle sale da giuoco c'era ancora abbastanza gentesebbene molto meno che la mattina.

Dopo le dieciai tavoli da giuoco rimangono solo i giocatori veridisperatiper i quali alle terme non esiste che la rouletteche sono venuti solo per essache quasi non si accorgono di quello che accade intorno a loroche di niente si interessano durante tutta la stagioneche non fanno altro che giocare dalla mattina alla sera e che sarebbero anche pronti a giocare tutta la notte fino all'albase fosse possibile... E si allontanano sempre con dispetto quandoa mezzanottesi chiude la roulette. E allorché il capo croupierpoco prima dell'ora fissataannunzia: "Les trois derniers coupsmessieurs! (1)" sono a volte capaci di perdere in queste ultime tre puntate tutto quello che hanno in tascaed è proprio allora che subiscono le perdite maggiori. Andai al tavolo dove poco prima era stata la nonna. Non c'era molta gentequindi potei subito occupare un posto in piedi vicino al tavolo. Proprio davanti a mesul tappeto verdeera disegnata la parola: "Passe".

"Passe" è la serie di cifre dal diciannove incluso al trentasei.

La prima serieinvecedall'uno al diciotto inclusocostituisce il "Manque"; ma a me che importava? Io non feci nessun calcolonon sapevo neanche su quale numero fosse caduta la pallina all'ultimo colpo e non mi preoccupai di saperloprima di puntarecome avrebbe fatto ogni giocatore appena appena un po' calcolatore. Tirai fuori i miei venti federici e li gettai sul Passe che era davanti a me.

"Vingt deux!" gridò il croupier.

Avevo vintoe puntai di nuovo tutto: quello di prima e la vincita.

"Trente et un!" proclamò il croupier. Di nuovo vincita! Avevo quindi ottanta federici. Li spostai tutti sulle dodici cifre centrali (vincita triplama con due probabilità sfavorevoli); la ruota girò e uscì il ventiquattro. Mi furono pagati tre rotoli da cinquanta federici e dieci monete d'oro; in tuttocon quello che avevo primami ritrovai duecento federici.

Ero come in preda alla febbre; spostai tutto quel mucchio di denaro sul rossoe di colpo tornai in me! Solo una voltain tutta quella seradurante tutto il giocola paura mi percorse con il suo brivido gelido che mi fece tremare le braccia e le gambe. Con orrore sentii e compresi immediatamente che cosa avrebbe significato ora per me perdere! Era in gioco tutta la mia vita!

"Rouge!" gridò il croupier.

Ripresi fiato; un formicolio infuocato mi corse per tutto il corpo. Fui pagato in biglietti di banca; erano cosìin tuttoquattromila fiorini e ottanta federici (allora potevo ancora fare dei conti!).

Poiricordopuntai altri duemila fiorini sulle cifre di centro e perdetti; puntai il mio oro e gli ottanta federici e perdetti. La frenesia s'impadronì di me: afferrai gli ultimi duemila fiorini che mi erano rimasti e li puntai sui dodici primi cosìa casacciosenza fare alcun calcolo! Ci fu un attimo di attesa molto similepensocome impressioneall'impressione provata da madame Blanchard (2) quandoa Parigiprecipitò dal pallone aerostatico.

"Quatre!" gridò il croupier. In tuttocon la posta di primami ritrovai di nuovo seimila fiorini. Avevo già l'aspetto del vincitore; ormai non temevo più niente; gettai quattromila fiorini sul nero. Una decina di persone si precipitaronodopo di mea puntare sul nero. I croupiers si scambiavano occhiate e parlottavano tra loro. Attorno si parlava e si aspettava.

Uscì il nero. Non ricordo piùa questo puntoné i calcoliné l'ordine delle mie puntate. Ricordo soltantocome un sognoche avevo ormai vintomi paresedicimila fiorini; improvvisamentein tre colpi sfavorevoline persi dodicimila; quindi spostai gli ultimi quattromila sul Passe (ma ormai non provavo quasi più niente; aspettavo soltantoquasi macchinalmentesenza pensieri) e vinsi di nuovo; poi vinsi altre quattro volte di seguito.

Ricordo che raccoglievo i quattrini a migliaiaricordo anche che più spesso degli altri uscivano i dodici numeri di mezzoai quali mi ero attaccato. Essi venivano fuori regolarmentesenza fallotre o quattro volte di filapoi sparivano per due volte per riapparire per altre tre o quattro consecutive. Questa meravigliosa regolarità si verifica a volte a ondate ed è questoprecisamenteche sconcerta i giocatori di professionei quali fanno i calcoli matita alla mano. E quali tremende beffe del destino si verificano a volte in questi casi!

Credo che dal mio arrivo non fosse passata più di mezz'ora. A un tratto il croupier mi informò che avevo vinto trentamila fiorini epoiché il banco non può pagare di più per un solo colpoavrebbero chiuso la roulette sino al mattino. Presi tutto l'orolo ficcai in tascaagguantai tutti i biglietti e mi spostai subito a un altro tavoloin un'altra saladove funzionava un'altra roulette; dietro di me si precipitò tutta la folla; lì mi fecero subito postoe io ripresi a puntarea casaccio e senza fare calcoli. Non capisco che cosa mi abbia salvato!

A volteperòcominciava a spuntare nel mio cervello un calcolo.

Mi sentivo legato a certe cifre e a certe combinazionima ben presto le abbandonavo e riprendevo a puntare quasi inconsapevolmente. Dovevo essere molto distratto; tanto che i croupiers parecchie volte dovettero correggere il mio gioco.

Facevo degli sbagli grossolani. Avevo le tempie fradice di sudore e le mani che tremavano. Si erano precipitatia offrirmi i loro servigipiccoli polacchima io non ascoltavo nessuno. La fortuna continuava! All'improvviso si alzarono intorno a me voci sonore e risate. "Bravobravo!" gridavano tuttimentre alcuni battevano addirittura le mani. Strappai anche lì trentamila fiorinie il banco fu di nuovo chiuso fino al giorno dopo!

"Andateveneandatevene!" sussurrava una voce alla mia destra. Era un ebreo di Francoforte; era rimasto per tutto il tempo vicino a me e qualche voltasembrami aveva aiutato nel giuoco.

"Per amor di Dioandatevene!" mi sussurrò un'altra voce all'orecchio sinistro. Gettai una rapida occhiata. Era una signora modestamente ma decorosamente vestitasui trent'annidal viso stancodi un pallore malatoma che ricordava una meravigliosa bellezza passata. In quel momento mi stavo riempiendo le tasche di banconote che addirittura sgualcivo e raccoglievo l'oro rimasto sulla tavola. Dopo aver afferrato l'ultimo rotolo di cinquanta federici riusciidel tutto inosservatoa metterlo nella mano della pallida signora; mi era venuto un invincibile desiderio di fare così e ricordo che le dita sottili e magroline di lei mi strinsero con forza la mano in segno di viva gratitudine. Tutto questo accadde in un attimo.

Dopo aver raccolto tuttopassai rapidamente al "trente et quarante". Al "trente et quarante" partecipa un pubblico aristocratico. Non si tratta qui di roulettema di un gioco con le carte. Il banco risponde per centomila talleri alla volta. La posta più alta è ugualmente di quattromila fiorini. Io non conoscevo affatto il giocoe non conoscevo nessuna combinazione tranne il rosso e nero che c'erano anche lì. A questi appunto mi attaccai. Tutto il Casinò si affollò lì intorno. Non mi ricordo se durante quel tempo pensassi una sola volta a Polina. Sentivo soltanto un irresistibile godimento nell'arraffare e rastrellare i biglietti di banca che si ammucchiavano davanti a me.

Sembrava proprio che fosse il destino a spronarmi. Questa voltacome a farlo appostaaccadde un fatto chedel restosi ripete abbastanza spesso nel gioco. Succedeper esempioche la fortuna si attacchi al rosso e non lo lasci più per dieci o anche quindici volte di seguito. Avevo sentito dire due giorni primache il rossola settimana scorsaera uscito ventidue volte consecutive; nemmeno alla roulette si ricordava un caso del generee se ne parlava con stupore. Tuttisi capiscein questo caso abbandonano il rosso edopo la decima voltaper esempioquasi nessuno osa più puntare su di esso. Ma neppure sul neroopposto al rossopunta più un bravo giocatoreperché il giocatore esperto sa che cosa significhi questo 'capriccio del caso'. Sembrerebbeper esempioche dopo la sedicesima volta che è uscito il rossoil diciassettesimo colpo dovrebbe infallibilmente cadere sul nero. E sul nero si gettanoinfattiin follai novellini che raddoppianotriplicano le puntate e... perdono in maniera spaventosa!

Ma ioper non so quale strano capriccioavendo osservato che il rosso era uscito sette volte di seguitoapposta mi ci attaccai.

Sono convinto che per metà si trattasse di amor proprio: volevo stupire gli spettatori con un rischio pazzesco e- ohstrana sensazione! - ricordo benissimo che a un trattoe realmente senza nessuna spinta dell'amor propriouna tremenda sete di rischio si impadronì di me. Probabilmentepassando attraverso tante impressionil'anima non si saziama soltanto si eccita e pretende sensazioni sempre più fortifino alla spossatezza definitiva. Edavvero non mentose il regolamento del gioco avesse consentito di puntare cinquantamila fiorini in un sol colpoli avrei certamente puntati. Intorno si gridava che era una pazziache il rosso era uscito già per la quattordicesima volta!

"Monsieur a gagné dejà cent mille florins (3)" risuonò vicino a me la voce di qualcuno.

Di colpo mi riscossi. Come? Avevo vinto quella sera centomila fiorini? E a che scopo me ne servivano di più? Mi gettai sui biglietti di bancali spiegazzai ficcandomeli in tasca senza contarliraccolsi tutto il mio orotutti i rotoli e mi precipitai fuori del Casinò. Mentre attraversavo le saletutti ridevano guardando le mie tasche rigonfie e il mio passo irregolare per il peso dell'oro. Credo che raggiungesse più di mezzo pud (4). Alcune mani si allungarono verso di me; io distribuivo a manciate quanto riuscivo ad afferrare. Due ebrei mi fermarono vicino all'uscita.

"Siete audace! Siete molto audace!" mi dissero. "Ma partite domani mattina senza indugiopartite più presto che potetese no perderete tuttotutto..." Non li ascoltavo nemmeno. Il viale era buiotanto da non poter distinguere la propria mano. Per arrivare all'albergo c'era da percorrere un mezzo miglio. Non ho mai avuto paura né dei ladriné dei brigantineppure quando ero piccoloe non ci pensavo neppure adesso. Non ricordodel restoa che cosa pensassi per strada; non avevo pensieri. Sentivo soltanto una terribile sete di successodi vittoriadi potere... non so come esprimermi.

Balenava davanti a me l'immagine di Polina; ricordavo e mi rendevo conto che andavo da leiche tra poco l'avrei incontrata e le avrei raccontato tuttole avrei mostrato... Ma in quel momento quasi quasi non ricordavo quello che lei mi aveva detto poco primae perché ero andato làe tutte quelle recenti sensazioniprovate non più di un'ora e mezzo primagià mi sembravano passate da chi sa quanto temporemoteinvecchiatealle quali non avremmo più fatto cenno perché da adesso tutto sarebbe ricominciato da capo. Quasi all'estremità del vialefui preso a un tratto dalla paura: "E se ora mi uccidessero e mi depredassero?" A ogni passo il terrore raddoppiava. Andavo quasi di corsa. Improvvisamentein fondo al vialebrillò il nostro albergoilluminato da innumerevoli luci scintillanti. Grazie a Dioero a casa!

Salii di corsa al mio piano e aprii in fretta la porta. Polina era làseduta sul mio divanodavanti alla candela accesaa braccia conserte. Mi guardò stupefatta: in quel momento avevosenza dubbioun aspetto molto strano. Mi fermai davanti a lei e presi a gettare sul tavolo tutto quel mucchio di denaro.

 

 

NOTE:

  1. "Le ultime tre puntatesignori!"
  2. Aeronauta francese precipitata dal pallone nel 1819.
  3. "Il signore ha già guadagnato centomila franchi!"
  4. Equivalente a chilogrammi 1638.

 

 

15.

 

 

Ricordo che lei mi guardava con una fissità tremendama senza muoversi dal suo postosenza cambiare posizione.

"Ho vinto duecentomila franchi" gridaibuttando sul tavolo l'ultimo rotolo.

L'enorme mucchio di biglietti e di rotoli d'oro occupava tutto il tavolo e non potevo distoglierne lo sguardo; a trattidimenticavo perfino Polina. Ora mi mettevo a riordinare quei mucchi di biglietti di bancariunendoli tutti insiemeora disponevo in un solo mucchio l'oro; ora lasciavo tutto e mi mettevo a camminare a passi rapidi per la stanzasoprappensiero; poi a un tratto mi avvicinavo di nuovo al tavolo e riprendevo a contare il denaro. Di colpocome ritornando in me stessomi lanciai verso la porta e la chiusi in fretta con due giri di chiave. Poi mi fermai davanti alla mia piccola valigia.

"Devo mettere tutto nella valigia fino a domani?" chiesigirandomi a un tratto verso Polinacome ricordandomi improvvisamente di lei. Lei sedeva ancora immobileallo stesso postoma mi seguiva attentamente con lo sguardo. Il suo viso aveva una certa strana espressione; quell'espressione non mi piacque! Non sbagliose dico che in essa c'era dell'odio...

Mi avvicinai alla fanciulla.

"Polinaecco venticinquemila fiorini: sono cinquantamila franchie anche più. Prendetelie domani sbatteteglieli sul viso." Lei non mi rispose.

"Se voleteglieli porterò io stesso domattina presto. Va bene?" Si mise improvvisamente a rideree rise a lungo.

Io la guardavo stupefatto e con un senso di tristezza. Quel modo di ridere era molto simile al suo recente ridere di mefrequente e ironicoche seguiva sempre le mie più appassionate dichiarazioni. Finalmente smise e si accigliò; mi guardò severamentedi traverso.

"Io non prenderò il vostro denaro" dichiarò in tono sprezzante.

"Come? Perché?" chiesi. "Polinama perché?" "Non prendo il denaro per niente." "Ma io ve lo offro come amico. Vi offro la mia vita." Lei mi rivolse un lungo sguardo indagatorecome se volesse passarmi da parte a parte.

"Voi pagate bene disse sorridendo, l'amante di De-Grieux non vale cinquantamila franchi..." "Polinama come potete parlare così con me?" gridai in tono di rimprovero. "Sono forse De-Grieuxio?" "Vi odio! Sì... sì... non vi amo più di quanto non amassi De- Grieux" gridò con gli occhi lampeggianti.

A questo punto si coprì il viso con le mani e fu presa da un attacco isterico. Mi precipitai verso di lei.

Capii che durante la mia assenza le era accaduto qualche cosa: era proprio fuori di sé!

"Comprami! Vuoi? Vuoi? Per cinquantamila franchicome De-Grieux?" proruppesinghiozzando convulsamente. La presi tra le bracciale baciai le mani e i piedi e caddi in ginocchio davanti a lei..

L'attacco isterico stava passando. Lei aveva posato le mani sulle mie spalle e mi fissava; sembrava che volesse leggere qualcosa sul mio viso. Mi sentivama evidentemente non ascoltava quello che le dicevo. Un'espressione inquieta e pensierosa le era apparsa sul volto. Temevo per lei: mi pareva proprio che la sua ragione si alterasse. Oradi colpocominciava ad attirarmi dolcemente a sée un sorriso fiducioso sfiorava il suo viso; poialtrettanto improvvisamentemi respingeva e riprendeva a fissarmi con uno sguardo fosco.

All'improvviso mi gettò le braccia al collo.

"Perché tu mi amimi ami?" diceva. "Perché tu... tu volevi batterti con il barone per me!" E di nuovo scoppiò in una risatacome se qualcosa di buffo e di grazioso le fosse balenato al pensiero. Piangeva e rideva insieme. Che cosa dovevo fare? Ero io stesso come febbricitante. Ricordo che lei cominciò a parlarema io non riuscivo a capire quasi niente. Era una specie di delirioil suouna specie di balbettìocome se volesse comunicarmi in fretta qualcosaun delirio cheinterrotto a tratti dal riso più gioiosocominciava a spaventarmi. "Nonosei carosei caro!" ripeteva. "Mio fedele!" e di nuovo mi posava le mani sulle spalledi nuovo mi scrutòcontinuando a ripetere: "Tu mi ami... mi ami... mi amerai?" Io non distoglievo gli occhi da lei; non l'avevo ancora mai vista in quegli slanci di tenerezza e di amore; è vero che si trattava di delirioma... notando il mio sguardo appassionatoa un tratto si mise a ridere maliziosamente edi punto in biancoprese a parlare di mister Astley.

Del restolei parlava continuamente di mister Astley (specialmente quandopoco primasi era sforzata di raccontarmi qualche cosa)ma che cosa precisamente dicesse non riuscii a capire; mi sembra perfino che ridesse di lui; ripeteva di continuo che egli aspettava... e mi chiedeva se sapevo che ora egli si trovava certamente sotto la finestra.

"Sìsì... sotto la finestra... Apriguardaguarda... Egli è quiè qui!" E mi spingeva verso la finestrama non appena facevo un movimento per avvicinarmiciscoppiava in una risata e io le restavo vicinomentre lei si precipitava tra le mie braccia.

"Partiremo? Ce ne andremo domani?" chiedevaseguendo un suo inquieto pensiero. "Ebbeneebbene continuava, facendosi pensierosa, faremo in tempo a raggiungere la nonna? Che ne pensi?

A Berlinoio credopotremo raggiungerla. Che cosa credi che dirà quando l'avremo raggiunta e lei ci vedrà? E mister Astley? Be'quello non si butterà giù dallo Schlangenbergche ne pensi?" e scoppiò a ridere. "Ora ascolta: sai dove andrà la prossima estate?

Vuole andare al Polo Nord per ricerche scientifiche e portarmi con séahahah! Dice che noi russisenza gli europeinon sappiamo niente e non siamo capaci di niente... Ma è buono anche lui! Lo sai che egli scusa il generale? Dice che Blanche... che la passione... be'non sonon so..." ripeté a un trattocome distraendosi e perdendo il filo del discorso. "Poveretticome li compiango... e anche la nonna... Suascoltaascolta: perché dovresti uccidere De-Grieux? E' possibile che tu pensassi di ucciderlo? Sciocco! Potevi davvero credere che io ti avrei permesso di batterti con De-Grieux? Ma tu non uccideresti nemmeno il barone aggiunse, mettendosi a ridere, ohquanto eri buffoalloracon il barone; io vi guardavo entrambi dalla panchina... e che poca voglia avevi di andare quando ti ho mandato! Come ho riso alloracome ho riso!" conclusescoppiando di nuovo in una risata.

A un tratto riprendeva a baciarmi e ad abbracciarmipremendo con appassionata tenerezza il suo viso al mio. Io non pensavo ormai più a nientenon sentivo più niente. La testa mi girava.

Penso che fossero circa le sette di mattina quando mi risvegliai; il sole illuminava la stanza. Polina era seduta vicino a me e si guardava stranamente intornocome se uscisse dal buio e cercasse di riordinare i suoi ricordi. Anche lei si era appena svegliata e fissava il tavolo e i denari. La testa mi pesava e mi faceva male.

Volevo prendere Polina per mano; lei di colpo mi respinse e balzò in piedi. Spuntava una giornata grigia; prima dell'alba era piovuto. Polina si avvicinò alla finestral'aprì mise fuori la testa e il petto eappoggiandosi con le mani e puntando i gomiti al davanzalerimase così due o tre minutisenza girarsi verso di me e senza ascoltare quello che le dicevo. Con terrore pensai:

"Che accadràora? Come finirà tutto ciò?" A un tratto si staccò dalla finestrasi avvicinò al tavolo eguardandomi con un'espressione di odio infinitomi disse con le labbra tremanti di furore:

"Be'ora dammi i miei cinquantamila franchi!" "Polinadi nuovodi nuovo?" cominciavo a dirle.

"Hai cambiato ideaforse? Ahahah! Forse già li rimpiangi?" I venticinquemila fiorinicontati fin dalla seraerano posati sul tavolo; li presi e glieli porsi.

"Adesso sono mieino? E' così? E' così?" mi chiese con cattiveriatenendo in mano il denaro.

"Ma sono sempre stati tuoi!" dissi io.

"Ebbeneeccoteli i tuoi cinquantamila franchi!" Alzò il braccio e me li sbatté addosso. Il fascio mi colpì dolorosamente in viso e si sparpagliò sul pavimento. Fatto questoPolina uscì di corsa dalla stanza.

So bene che in quel momento lei era fuori di séanche se non riesco a capire quella follia momentanea. Vero èperòche ancora oggidopo un meseè ancora ammalata. Ma tuttaviaquale fu la causa di quello stato esoprattuttodi quel gesto? Forse l'orgoglio offeso? O la disperazione per essersi decisa a venire da me? L'avevo forse indotta a credere che mi vantavo della mia fortuna e cheproprio come De-Grieuxvolevo liberarmi di lei dopo averle regalato cinquantamila franchi? Ma non è stato cosìlo soin coscienza. Penso che la causa sia statain partela sua vanità; la vanità le aveva suggerito di non prestarmi fede e di offendermisebbene tutto ciò fosseanche per leipoco chiaro. In questo casocertoio pagavo per De-Grieux ed ero incolpato senza essere colpevole. Vero è anche che tutto era stato solo delirio; vero è che io sapevo che lei delirava e non avevo tenuto conto di questa circostanza. Forse lei non può adesso perdonarmelo? Sìadessoma allora? Il suo delirio e il suo male erano poi così gravi da farle dimenticare completamente quello che faceva venendo da me con la lettera di De-Grieux? Lei dunque sapeva ciò che faceva.

In fretta e furia raccolsi alla bell'e meglio il mio mucchio di biglietti e d'orolo ficcai nel lettolo coprii e uscii dieci minuti dopo Polina. Ero certo che era corsa in camera suae volevodi nascostoentrare nel loro appartamento enell'anticamerachiedere alla bambinaia notizie sulla salute della signorina. Quale non fu il mio stupore quandoincontrata la governante sulle scaleseppi che Polina non era ancora tornata e che la bambinaia stava appunto venendo da me per cercarla.

"Proprio adesso le dissi, proprio adesso è uscita di camera mia... non più di dieci minuti fa. Dove mai si sarà cacciata?" La governante mi guardò con espressione di rimprovero.

Intanto era venuta fuori tutta una storia che già circolava per l'albergo. Dal portiere e dal capo cameriere si sussurrava che la Fräulein (1) alle sei di mattina era fuggita dall'albergo sotto la pioggia e si era avviata di corsa in direzione dell'albergo d'Angleterre. Dalle loro parole e allusioni capii che essi già sapevano che lei aveva passato tutta la notte nella mia camera.

Del restosi chiacchierava su tutta la famiglia del generale; era noto che questiil giorno primaera quasi impazzito e piangeva in modo tale che tutto l'albergo lo sentiva. Si raccontava inoltre che la vecchia arrivata all'improvviso era sua madrevenuta apposta dalla Russia per impedire al figlio il matrimonio con mademoiselle Blanche de Cominges ein caso di disubbidienzaper privarlo dell'eredità; poiché effettivamente lui non aveva ubbiditola contessasotto i suoi stessi occhiaveva perduto apposta alla roulette il suo denaroaffinché non gli rimanesse più niente. "Diese Russen!" (2) ripeteva indignato il capo camerierescuotendo la testa. Gli altri ridevano. Il capo cameriere intanto preparava il conto. La mia vincita era già nota; Karlil cameriere del mio pianofu il primo a rallegrarsi con me. Ma io avevo ben altro per la testa! Mi precipitai all'albergo d'Angleterre.

Era ancora presto; mister Astley non riceveva nessuno; saputoperòche c'ero iouscì nel corridoio e si fermò davanti a mefissandomi in silenzio con il suo sguardo color dello stagno e in attesa che io parlassi. Gli chiesi subito di Polina.

"E' ammalata" mi rispose mister Astleycontinuando a fissarmi in viso e senza distogliere gli occhi da me.

"Allora è veramente qui da voi?" "Siè da me." "E dunque voi... voi avete intenzione di tenerla presso di voi?" "Oh sìho quest'intenzione." "Mister Astleyquesto provocherà uno scandalo: non è possibile.

Inoltre lei è proprio malata; non ve ne siete forse accorto?" "Oh sìme ne sono accorto e ve l'ho anche detto che è malata. Se non fosse stata malata non avrebbe passato la notte da voi." "Allora sapete anche questo?" "Lo so. Ieri stava venendo quie io l'avrei accompagnata da una mia parente madato che era malatasi è sbagliata ed è venuta da voi." "Ma figuratevi! E allora mi rallegro con voimister Astley. A propositomi fate venire un'idea: non siete per caso stato tutta la notte sotto la mia finestra? Miss Polina me la faceva aprire tutti i momenti per vedere se eravate là sotto e rideva a più non posso." "Davvero? Noio non ero sotto la finestrama aspettavo nel corridoio andando su e giù." "Ma bisogna pur curarlamister Astley!" "Oh sì! Ho già mandato a chiamare il dottore ese dovesse moriremi renderete conto della sua morte." Rimasi stupefatto.

"Di graziamister Astleyma che volete dire?" "Ed è vero che ieri avete vinto duecentomila talleri?" "In tutto soltanto centomila fiorini." "Eccovedete! Allorapartite stamattina stessa per Parigi... " "Perché?" "Tutti i russiavendo denarovanno a Parigi" spiegò mister Astley con la voce e il tono di chi legge un libro.

"Che andrei a fare adessod'estatea Parigi? Io la amomister Astleylo sapete anche voi..." "Davvero? Io sono convinto di no. Per di piùse rimarrete quiperderete certamente tutto e non avrete più i mezzi per andare poi a Parigi." "Beneaddio! Però a Parigi non ci vado. Pensatemister Astleya quello che succederà adesso da noi. In una parolail generale...

e adesso quest'avventura con miss Polina... farà il giro di tutta la città." "Sìdi tutta la città; quanto al generalecredo che non ci pensi: ha ben altro per la testa! E quanto a quella famiglia si può giustamente dire che ormai non esista più." Camminavo e sorridevo dentro di me della strana sicurezza di quell'inglese che io sarei partito per Parigi. "Egliperòvuole uccidermi in duello pensavo, se Polina muore; ma guarda un po' che storia!" Giuro che mi dispiaceva per Polina mastranofin dal primo istante in cuiil giorno primaavevo toccato il tavolo da giuoco e preso a rastrellare mucchi di quattriniil mio amore era passato come in secondo piano. Questo lo dico orama allora ancora non me ne rendevo chiaramente conto. Possibile che io sia davvero un giocatorepossibile che io amassi Polina in modo così strano? Noio l'amo ancora adessolo vede Iddio! E quandouscito da mister Astleyandavo verso casasoffrivo sinceramente e accusavo me stesso... Ma a questo punto mi capitò una stranissima e molto assurda storia.

Andavo in tutta fretta dal generale quando improvvisamentenon lontano dal loro appartamentouna porta si aprì e qualcuno mi chiamò. Era madame veuve Cominges che mi chiamava per ordine di mademoiselle Blanche. Entrai nell'appartamentino di mademoiselle Blanche.

Era un quartierino di due stanze. Dalla camera da letto giungevano le risa e gli strilli di mademoiselle Blanche. Ella stava alzandosi da letto.

"Ahc'est lui! Viens doncbête! E' vero 'que tu as gagné une montagne d'or et d'argent? J'aimerais mieux l'or! (3)" "Ho vinto" risposi ioridendo.

"Quanto?" "Centomila fiorini." "Bibicomme tu es bête! Ma avvicinatinon sento nulla. Nous ferons bombancen'est-ce pas? (4)" Entrai da lei. Era coricata sotto una coperta di raso rosada sotto la quale sporgevano due splendide spalle brune e ben modellatespalle che si vedono soltanto in sognovelate appena da una camicia di batista bianca ornata di candidi pizzi che si accordavano magnificamente con la sua pelle abbronzata.

"Mon filsas-tu du coeur? (5)" esclamò a voce alta vedendomie scoppiò a ridere. Rideva sempre molto gaiamente e anchea voltecon grande spontaneità.

"Tout autre... (6)" fui lì lì per direparafrasando Corneille.

"Eccovedi'vois-tu'" cominciò improvvisamente a cinguettare "in primo luogocercami le calze e aiutami a infilarle; poisi tu n'es pas trop bêteje te prends à Paris (7). Lo saiveroche parto per Parigi?" "Subito?" "Tra mezz'ora." Infatti tutto era stato messo via. Le valigie erano pronte. Il caffè era stato servito da un pezzo.

"Eh bien! Se vuoiverrai a Parigi. 'Dis donc qu'est-ce que c'est qu'un outchitel? Tu étais bien bête quand tu étais outchitel!' (8) Dove sono le calze? Infilamelesu!" Tirò fuori un piedino veramente incantevolepiccolobrunonon deformato come quasi tutti quei piedini che appaiono così piccoli negli stivaletti. Io mi misi a ridere e cominciai a infilare la calza di seta. Mademoiselle Blancheintantoseduta sul lettocontinuava a cicalare.

"'Eh bienque feras-tusi je te prends avec?' In primo luogo'je veux cinquante mille francs'. Me li darai a Francoforte. 'Nous allons à Paris'; là vivremo insieme 'et je te ferai voir des étoiles en plein jour' (9). Là vedrai delle donne come non ne hai mai certamente viste!" "Aspettasicché io dovrei darti cinquantamila franchi... e allora che mi resterà?" "'Et cent cinquante mille francs'li hai dimenticati? Per di più acconsento a vivere nel tuo appartamento un mesedue... chi sa!

Noinaturalmenteci mangeremo in due mesi questi centocinquantamila franchi. Vedi 'je suis bonne enfant' e te lo dico prima'mais tu verras des étoiles (10)'" "Possibile? Tutto in due mesi?" "Come? La cosa ti spaventa? Ah'vil esclave!' (11) Ma non sai che un mese solo di quella vita vale di più di tutta la tua esistenza?

Un mese solo e 'aprèsle déluge! Mais tu ne peux comprendreva!' Vattenevattenenon lo meriti! 'Ahque fais-tu? (12)'" In quel momento io stavo calzando l'altro piedinoma non potei trattenermi e lo baciai. Lei lo tirò via e cominciò a percuotermi il viso con la punta del piede. E infine mi cacciò via.

"'Eh bienmon outchitelje t'attendssi tu veux (13)'; tra un quarto d'ora parto!" mi gridò alle spalle.

Tornando nella mia cameraera già come se avessi le vertigini.

Non era mica colpa mia se Polina mi aveva sbattuto in faccia un fascio di biglietti e ancora ieri mi aveva preferito mister Astley! Alcuni dei biglietti di banca erano ancora sparpagliati sul pavimento; li raccolsi. In quel momento si aprì la porta e apparve il capo cameriere in persona (che prima non mi guardava nemmeno) con un invito: non mi sarebbe piaciuto trasferirmi al piano di sottonel magnifico appartamento occupato sino ad allora dal conte V.?

Riflettei un momento.

"Il conto!" gridai. "Parto subitotra dieci minuti." "Se ha da essere ParigiebbeneParigi sia!" pensai. "Si vede che era scritto così!" Un quarto d'ora dopo sedevamo davvero tutti e tre in uno scompartimento per famiglia: iomademoiselle Blanche e madame veuve Cominges. Mademoiselle Blanche ridevaguardandomifino alle convulsioni. Veuve Cominges le faceva eco; non dirò che io mi sentissi allegro. La mia vita si spezzava in due madal giorno primami ero abituato a puntare tutto su una carta. Forse era proprio vero che non avevo resistito al peso del denaro e avevo perso la testa. "Peut-etreje ne demandais pas mieux!" (14) Mi sembrava che per un po' di tempoma solo per un po' di tempolo scenario cambiasse. "Ma tra un mese sarò qui e allora... e allora ce la vedremo ancoramister Astley!" Nocome adesso ricordoanche allora ero oppresso da una terribile tristezzaanche se ridevo a gara con quella sciocchina di Blanche!

"Ma che hai? Come sei stupido! Oh come sei stupido!" esclamava Blancheinterrompendo le sue risate e cominciando a rimproverarmi sul serio. "Ma sìma sìspenderemo i tuoi duecentomila franchi ma in compenso 'tu seras heureuxcomme un petit roi '(15); ti farò io il nodo alla cravatta e ti farò conoscere Hortense. Equando avremo speso tutto il denarotu ritornerai qui e farai di nuovo saltare il banco. Che cosa ti hanno detto quegli ebrei? La cosa più importante è l'audaciae tu ce l'hai; più di una volta mi porterai dei denari a Parigi. 'Quant à moije veux cinquante mille francs de rente et alors...(16)'" "E il generale?" le chiesi.

"Il generalelo sai anche tuva ogni giornoa quest'oraa prendere un mazzo di fiori per me. Stavolta gli avevo chiesto a bella posta di portarmi i fiori più rari. Il poveraccio ritornerà ma l'uccellino sarà volato via! Vedrai che ci volerà dietro. Ah ahah! Ne sarò molto contenta. A Parigi mi farà molto comodo; il suo contoquilo pagherà mister Astley..." Ed ecco in che modo partii allora per Parigi.

 

 

NOTE:

  1. Signorina
  2. "Questi russi!"
  3. "Aheccolo! Vieni dunquescioccone! E' vero che hai guadagnato una montagna d'oro e d'argento? Io preferirei l'oro..."
  4. "Carocome sei sciocco! Faremo baldorianon è vero?"
  5. "Hai coraggioragazzo mio!"
  6. "Tutt'altro..."
  7. "Se non sei troppo scioccoti porto a Parigi con me..."
  8. "Ebbenedimmi: cos'è un 'outchitel'? Eri proprio stupido quando facevi l''outchitel'..."
  9. "Be'che farai se ti porto con me? Voglio per prima cosa cinquantamila franchi. Andremo a Parigi... e ti farò vedere le stelle in pieno giorno."
  10. "Io sono una brava ragazza... ma tu vedrai delle stelle!"
  11. "Ahvile schiavo!"
  12. "E poi il diluvio! Ma tu non puoi capireva'... Ma cosa stai facendo!"
  13. "Ebbenemio 'outchitel'ti aspettose vuoi..."
  14. "Probabilmente non chiedevo di meglio!"
  15. "Tu sarai felice come un piccolo re..."
  16. "Quanto a meio voglio cinquanta mila franchi di rendita e allora..."

 

 

16.

 

 

Che dirò di Parigi? Fu tutto un deliriouna pazzia. Vissi a Parigi solo poco più di tre settimanee in quel periodo di tempo sfumarono completamente i miei centomila franchi. Parlo solo di centomilapoiché gli altri centomila li avevo dati a mademoiselle Blanche in denaro liquido: cinquantamila a Francoforte etre giorni dopoa Parigiuna cambiale per altre cinquantamilacambiale che una settimana dopo lei si fece pagare da meet les cents mille francs qui nous restent tu les mangeras avec moi, mon outchitel!(1) Continuava sempre a chiamarmi precettore. E' difficile immaginarsi in questo mondo una categoria di persone più calcolatricipiù avare e più spilorce di quella alla quale apparteneva mademoiselle Blanche. Ma questo per ciò che riguarda il suo denaro. Per ciò che riguarda invece i miei centomila franchimi dichiarò in seguito che essi le erano serviti per una prima sistemazione a Parigicosì ora mi sono messa su un piede decoroso, una volta per sempre, e ormai per un bel pezzo nessuno mi butterà più giù; così almeno ho decisoaggiunse. Del restoquei centomila franchi si può dire che io non li vidi neanche; il denarolo teneva sempre lei e nel mio borsellinonel quale lei ogni giorno curiosavanon si accumulavano mai più di cento franchi equasi sempremolti di meno.

"Ma viaa che ti serve il denaro?" mi diceva a volte con l'aria più innocente del mondoe io non discutevo. In compensocon quel denaro sistemò in modo molto confortevole il suo appartamento e quando poi mi trasferì nella nuova dimorami dissemostrandomi le stanze: "Ecco che cosa si può fare con l'economia e il buon gustosia pure con i mezzi più miseri".

Quella miseria costavaperòesattamente cinquantamila franchi!

Con i rimanenti cinquantamila mise su carrozza e cavalli; inoltre organizzammo due ballicioè due serate alle quali presero parte HortenseLisette e Cléopatredonne notevoli sotto molti aspetti e tutt'altro che brutte. Queste due serate io fui costretto a sostenere la stupidissima parte del padrone di casaa ricevere e a intrattenere alcune goffissime mercantessearricchiteignoranti e sfrontate fino all'inverosimilevari tenentini e miseri scrittorucoli e nullità da rivista che comparivano in frac alla moda e guanti giallicon una superbia e una prosopopea così smisurateche sarebbero state inammissibili persino da noia Pietroburgo; e questo è già molto. Essi avevano persino l'idea di farsi beffe di mema io mi ubriacai di champagne e andai a rifugiarmi in una stanza lontana. Tutto questo mi rivoltava al massimo grado. "C'est un outchitel diceva di me mademoiselle Blanche, il a gagné cent mille francs (2) e senza di me non saprebbe come spenderli. Dopo farà di nuovo il precettore: non c'è qualcuno che sappia di un posto? Bisogna fare qualcosa per lui." Avevo cominciato a ricorrere molto spesso allo champagne perché mi sentivo sempre oppresso dalla tristezza e mi annoiavo tremendamente. Vivevo nell'ambiente più borghese e più mercantile che si possa immaginaredove ogni soldo veniva contato e misurato. Blanche non aveva nessuna inclinazione per menelle due prime settimane me ne accorsi; in veritàmi mandava vestito elegantemente e ogni giorno mi annodava lei stessa la cravattama in cuor suo mi disprezzava sinceramente. A ciò non badavo per niente. Triste e annoiatoavevo preso l'abitudine di andarmene al Château des Fleurs dove ogni seraregolarmentemi ubriacavo e imparavo il can can (che laggiù si balla in maniera indecente)ein seguitoacquistai anche una certa notorietà in questo genere.

Infine Blanche imparò a conoscermi: in precedenzanon so come maisi era messa in mente che iodurante la nostra convivenzale sarei andato dietro con carta e matita in manoe avrei sempre fatto i conti di quanto aveva speso e rubacchiato; enaturalmenteera convintissima che per ogni dieci franchi ci sarebbe stata tra noi battaglia. Per ogni mio attaccoda lei precedentemente immaginatoaveva già preparato le obiezioni manon vedendo nessun attacco da parte miaall'inizio si era messa lei stessa a obiettare. E a volte con molta foga mavedendo che io tacevo- quasi sempre sdraiato sul divano con lo sguardo immobilefisso al soffitto - finì con il restare addirittura stupefatta. Sulle prime pensò che io fossi semplicemente uno scioccoun "outchitel" e interrompeva senz'altro le sue spiegazioni pensando probabilmente: "Tanto è uno stupidoè inutile mettergli la pulce nell'orecchiose non ci capisce da sé". Succedeva che si allontanassema dopo dieci minuti era già di ritorno (questo accadeva nel periodo delle spese più pazzespese assolutamente non adatte alle nostre possibilità: per esempiocambiò i cavalli e comperò per sedicimila franchi una pariglia).

"AlloraBibinon sei arrabbiato?" dicevaavvicinandosi a me.

"No-o-o! Mi secchi!" le rispondevospostandola con la manoma la cosa le sembrava così strana che subito mi si sedeva vicino.

"Vedise mi sono decisa a spendere tantoè perché si trattava di un'occasione. Si possono rivendere per ventimila franchi." "Ci credoci credo; sono cavalli bellissimie tu hai adesso una superba pariglia; ti farà comodoe questo basta." "Allora non ti arrabbi?" "Ma perché? Tu agisci saggiamente nel procurarti certe cose che ti sono indispensabili. Tutto questo ti servirà in seguito. Mi rendo conto che hai realmente bisogno di sistemarti su questo piede; altrimenti non arriverai al milione. Qui i nostri centomila franchi sono soltanto un iniziouna goccia nel mare." Blancheche meno di ogni altra cosa si aspettava da me simili ragionamentiinvece di chi sa quali strilli e rimproverisembrò cadere dalle nuvole.

"E così tu... così tu ecco come sei! 'Mais tu as l'esprit pour comprendre! Sais-tumon garçon' (3)benché tu sia 'outchitel' avresti dovuto nascere principe! Allora non rimpiangi che da noi il denaro sfumi così presto?" "Ma che sfumi anche più presto!" "'Mais... sais-tu... mais dis donc'sei forse ricco? Ma lo sai che disprezzi un po' troppo il denaro! 'Qu'est ce que tu feras aprèsdis donc? (4)'" "Dopo andrò a Homburg e vincerò di nuovo centomila franchi." "'Ouiouic'est çac'est magnifique!' (5) E io so che tu vincerai senza fallo e che li porterai qui. Dimmima tu farai in modo che io ti amerò davvero? Ebbenepoiché sei cosìper tutto questo tempo ti amerò e non ti farò neppure una infedeltà. Vediin questo tempoanche se non ti ho amato'parce que je croyais que tu n'est qu'un outchitel (quelque chose comme un laquaisn'est ce pas?)'ti sono stata tuttavia fedele'parce que je suis bonne fille. (6)'" "Ehstorie! Non ti ho forse vistola volta scorsacon Albertquell'ufficialucolo bruno?" "Ohohma tu..." "Bugiebugie! Ma tu credi che io mi arrabbi? Me ne infischio: 'il faut que jeunesse se passe (7)'. Come puoi scacciarlose c'era prima di me e lo ami? Peròa luidenaro non devi darne: intesi?" "Allora non ti arrabbi nemmeno per questo? 'Mais tu es un vrai philosophe!'" gridò entusiasta. "Eh bienje t'aimeraije t'aimeraitu verrastu seras content! (8)'" E infattida allora sembrò essersi legata a mepersino di amiciziae così passarono i nostri ultimi dieci giorni. Le "stelle" promesse non le vidima sotto certi aspetti lei mantenne la parola data. Per di più mi fece conoscere Hortenseuna donna più che notevole nel suo genere e che nella nostra cerchia veniva chiamata "Therèse-philosophe"...

Del restonon è il caso di dilungarsi su questo; tutto ciò potrebbe costituire un racconto a partecon una coloritura particolareche io non voglio inserire in questo racconto. Fatto sta che con tutte le mie forze desideravo che tutto ciò finisse al più presto. Ma i nostri centomila franchi bastaronocome già ho dettoquasi per un mesecosa di cui sinceramente mi meravigliai; almeno per ottantamila franchi della sommaBlanche aveva fatto degli acquisti per sée noi non spendemmo più di ventimila franchie tuttavia bastarono. Blancheche verso la fine era ormai quasi del tutto sincera con me (per lo meno in qualcosa non mi mentiva) mi confessò che almeno su di me non sarebbero ricaduti i debiti che era stata costretta a fare. "Non ti ho fatto firmare né continé cambiali" mi dicevaperché mi facevi pena; un'altra, però, l'avrebbe fatto certamente e ti avrebbe mandato in prigione. Vedi, vedi, come ti ho amato e come sono buona! Solo questo matrimonio del diavolo che cosa mi verrà a costare!E ci fu davvero un matrimonio in casa. Capitò proprio verso la fine del nostro mesee bisogna pensare che per esso siano stati spesi gli ultimi resti dei miei centomila franchi; e con questo si concluse la faccenda cioè il nostro mesedopo di che io diedi formalmente le mie dimissioni.

Accadde così: una settimana dopo che ci eravamo sistemati a Parigiarrivò il generale. Venne direttamente da Blanche e fino dalla prima visita si stabilì quasi del tutto da noi. Un quartierino suoin veritàda qualche parte lo aveva. Blanche lo accolse gioiosamentecon strilli e risatee gli si gettò al collola cosa si svolse in tal modo che fu lei stessa a non lasciarlo più andare viaed egli doveva seguirla ovunque: sul boulevardnelle passeggiate in carrozzaa teatro e in visita dai conoscenti. Per quest'uso il generale andava bene: aveva un aspetto ancora imponente e decorosoera quasi alto di staturacon baffi e basette tinti (un tempo aveva servito nei corazzieri)con un bel visosebbene un po' flaccido. I suoi modi erano eccellentiil frac sapeva indossarlo con molta disinvoltura. A Parigi cominciò a portare le sue decorazioni. Passeggiare per il boulevard a fianco di un uomo simile non solo era possibile mase così ci si può esprimereperfino "raccomandabile". Il buono e fatuo generale era contentissimo di tutto questo; senza dubbio non se lo aspettava quando era comparso da noi al suo arrivo a Parigi.

Allora si era presentato quasi tremante di paura: credeva che Blanche si sarebbe messa a strillare e l'avrebbe fatto cacciare viae perciòvista la piega che aveva preso la faccendaera andato in visibilioe tutto quel mese lo passò in uno stato di euforia insensata; e in questo stato lo lasciai. Fu lì che seppi in tutti i particolari chedopo la nostra improvvisa partenza da Roulettenburgera stato colpitoquella mattina stessada una specie di colpo apoplettico. Era caduto a terra privo di sensi e per una settimana intera era stato come pazzo e aveva continuato a vaneggiare. Lo stavano curando quandoun bel momentoaveva piantato tuttoera salito in treno ed era partito per Parigi. E' naturale che l'accoglienza di Blanche si dimostrò la migliore medicina; ma le tracce della malattia gli durarono a lungononostante lo stato di gioia e di esaltazione in cui si trovava.

Ragionareo anche solo intrattenere una conversazione un po' serianon gli era possibile; in quel caso si limitava ad aggiungere a ogni parola un "Hm!" e a scuotere la testae così se la cavava. Spesso ridevama di un riso isterico e morbosoquasi convulso; altre volte se ne stava seduto per ore intere cupo come la nottecon le folte sopracciglia aggrottate. Di molte cose non si ricordava neppure; era diventato distratto fino alla sconvenienza e aveva preso l'abitudine di parlare da solo.

Soltanto Blanche poteva rianimarloe quegli attacchi di umore cupoquando si ficcava in un angoloindicavano soltanto che da molto tempo non aveva visto Blancheo che Blanche era andata da qualche parte senza prenderlo con séoppure che era uscita senza fargli una carezza. D'altra partenon avrebbe egli stesso saputo dire che cosa desiderasse e non si rendeva egli stesso conto di essere così cupo e triste. Dopo essere rimasto seduto un'ora o due (lo notai un paio di voltequando Blanche stava fuori l'intera giornataprobabilmente con Albert)egli cominciava a un tratto a guardarsi intornoad agitarsia dare occhiate di qua e di làe sembrava che si sforzasse di ricordare qualcosa o di cercare qualcuno; ma non vedendo nessuno e non ricordando che cosa avesse voluto cercarericadeva in quello stato di apatia fino al momento in cui compariva Blancheallegravivaceelegantecon la sua risata argentina; correva da luicominciava a stuzzicarlo e lo baciava persinocosaperòcon cui raramente lo premiava. Una volta il generale nel vederla si rallegrò tanto che si mise addirittura a piangeree io ne rimasi assai stupito.

Blanchefin dal momento in cui egli era comparso in casa nostraaveva cominciato a difenderlo davanti a me. Diventava addirittura eloquente; ricordava che aveva tradito il generale per causa miache era quasi ormai la sua fidanzatache gli aveva dato la sua parola; che per lei egli aveva abbandonato la famiglia e cheinfineavendo io servito in casa suaavrei dovuto sentire tutto ciò e... come mai non mi vergognavo... Io tacevo sempree lei ciarlava a tutto spiano. Una voltaalla finescoppiò a rideree la cosa finì così chementre prima lei aveva pensato che fossi un imbecillesi fermò sul concetto che fossi invece un uomo buono e giudizioso. In una parolaebbi la buona sorte di meritareproprio in ultimola piena benevolenza di quella degna ragazza.

(Blanche era del resto un'ottima ragazza; nel suo generesi capisce; io non l'avevo apprezzata cosìall'inizio.) "Tu sei un uomo intelligente e buono" era solita dirmi negli ultimi tempie io... mi dispiace soltanto che tu sia così stupido! Niente, mai niente riuscirai a combinare! Un vrai russe, un calmouk (9). Più volte mi mandò a portare a passeggio il generaleproprio come un cagnolino con il lacchè. Io poi lo portavo anche a teatroal Bar-Mabille e nei ristoranti. Per queste cose Blanche ci passava il denaro necessariosebbene il generale ne avesse di suo e gli piacesse molto tirare fuori il portafogli davanti alla gente. Una volta dovetti quasi usare la forza per impedirgli di comperare una spilla da settecento franchi di cui si era innamorato al Palais Royal e che a ogni costo voleva regalare a Blanche. Che cosa ne avrebbe fattoleidi una spilla da settecento franchi? E il generalein tuttonon ne possedeva più di mille... che non potei mai sapere da dove gli fossero venuti. Penso da mister Astleytanto più che era stato lui a pagare per loro il conto dell'albergo. In quanto poi a come il generale mi considerasse durante questo periodomi sembra che nemmeno lui sospettasse i miei rapporti con Blanche. Sebbene avesse sentito confusamente dire che io avevo vinto un capitalecredeva senza dubbio che in casa di Blanche io fossi una specie di segretario oforseanchedi servitore. Almenoegli mi parlava sempre dall'alto in basso come primada superioree a volte mi dava persino qualche lavata di capo.

Una mattina fece ridere a crepapelle me e Blanchein casa nostramentre prendevamo il caffè. Era un uomo per niente permalosoma quel giornoa un trattose la prese con meper che cosa? Ancora oggi non lo capisco. Ma certo non lo capiva neanche lui. In una parolacominciò un discorso senza capo né coda'" batons- rompus"; diceva che io ero un ragazzaccioche mi avrebbe insegnato lui... mi avrebbe fatto capire... e via di seguito. Ma nessuno riuscì a capire che cosa avesse in mente. Blanche rideva a più non posso: finalmente riuscimmo a calmarlo e a portarlo a passeggio. Molte volte tuttavia notavo che diventava tristeche soffriva evidentemente di nostalgia per qualcunononostante la presenza di Blanche. In quei momentidue volte cominciò lui stesso a parlare con mema non riuscì mai a spiegarsi in modo sensato; ricordava la sua carrierala moglie mortala sua proprietài suoi affari. Si fermava su qualche parolase ne rallegrava e la ripeteva cento volte al giornosebbene quella parola non esprimesse affatto né i suoi sentimentiné i suoi pensieri. Provavo a parlargli dei suoi bambini; ma egli se la cavava in fretta e passava subito a un altro argomento: "Sìsìi bambiniavete ragionei bambini!" Una volta sola si commossementre stavamo andando a teatro. "Sono dei bambini disgraziati!" disse a un tratto. "Proprio cosìsignoresono dei bambini di- sgra-ziati!" E poi parecchie voltein quella seraripeté le parole: bambini disgraziati. Quando un giorno mi capitò di parlargli di Polinadiventò furioso: "E' una donna ingrata esclamò, una donna ingrata e cattiva! Ha disonorato la famiglia!

Se qui ci fossero delle leggil'avrei piegata io! Sìsignoreproprio così!" Per quanto riguarda De-Grieuxnon voleva nemmeno sentirne parlare. "Mi ha rovinato diceva, mi ha derubatomi ha assassinato! E' stato il mio incubo per due anni interi! Per mesi e mesi l'ho sognato tutte le notti! E'... è... è... Ohnon parlatemi mai più di lui!" Mi ero accorto che loro due stavano combinando qualche cosa macome al solitotacevo. Blanche me lo annunciò per primagiusto una settimana prima che ci separassimo. "Il ya du changé (10)" prese a cinguettare. "La baboutchka è adesso davvero ammalata e morirà certamente. Mister Astley ha mandato un telegramma:

convieni anche tu che egli è pur sempre l'erede di lei. Ese anche non lo fossenon impedirebbe niente. Prima di tutto ha la sua pensioneein secondo luogoabiterà nella stanza vicina alla mia e sarà completamente felice. E io sarò 'madame la génerale.' Entrerò nella buona società (era questo il costante sogno di Blanche)e in seguito sarò una possidente russa'j'aurais un châteaudes moujiks et puis j'aurais toujours mon milion (11)'" "Giàma se lui comincerà a esser gelosoa esigere... sa Iddio che cosacapisci?" "Oh nonono! Come oserebbe? Ho preso le mie misurenon preoccuparti. Gli ho già fatto firmare alcune cambiali a nome di Albert. Basterà un nonnullae sarà castigato. Ma non oserà!" "Be'sposati..." Le nozze furono celebrate senza particolare solennitàin forma familiarmente modesta. Furono invitati Albert e qualcuno fra i più intimi. HortenseCléopatre e le altre furono decisamente lasciate da parte. Lo sposo si interessava straordinariamente del proprio stato. Blanche stessa gli annodò la cravattalei stessa lo impomatòe nella sua marsina con il panciotto bianco egli aveva l'aria "très comme il faut".

"Il est pourtant très comme il faut (12)" mi dichiarò Blancheuscendo dalla stanza del generalecome se l'idea che il generale era "très comme il faut" l'avesse colpita. Io mi interessavo così poco dei particolari e partecipavo a tutto in qualità di spettatore così svogliato che molte cose le ho dimenticate.

Ricordo solo che Blanche non era affatto de Comingescome pure la madre di leiper niente veuve de Comingesma du-Placet. Perché fino a quel momento fossero state de Comingesnon lo so. Ma il generale fu molto contento anche di questo e du-Placet gli piacque ancora di più che de Cominges. La mattina delle nozze egligià tutto vestitoandava su e giù per la sala ripetendo continuamente con straordinaria serietà e aria grave: "Mademoiselle Blanche du- Placet! Blanche du-Placet!" E una certa espressione soddisfatta di sé illuminava il suo viso.

In chiesadavanti al "maire" e a casadurante il rinfrescoegli sembrava non solo gioioso e soddisfattoma persino orgoglioso. A tutt'e due era accaduto qualcosa. Anche Blanche aveva assunto un'aria di particolare dignità.

"Ora devo comportarmi in modo del tutto diverso mi disse in tono straordinariamente serio, mais vois-tunon avevo neppure pensato a una cosa noiosissima; figurati che non sono ancora riuscita a imparare il mio nuovo cognome: ZagorjanskijZagorjanskij'madame la générale de Zago-Zagoces diables des noms russesenfin madame la générale à quatorze consonnes! Comme c'est agréablen'est-ce-pas?'" (13) Finalmente ci lasciammo e Blanchequella stupida Blanchenel separarsi da me versò anche qualche lacrimuccia. "Tu étais bon enfant" diceva piagnucolando. "Je te croyais bête et tu en avais l'air (14)ma ciò ti si confà." Estrettami definitivamente la manoesclamò all'improvviso:

"Aspetta!" corse nel suo salottino e dopo un minuto mi portò due biglietti da mille franchi. Non avrei mai creduto una cosa simile!

"Ti saranno utili; tu sei forse un outchitel molto sapientema sei un uomo molto sciocco. Più di duemila non te ne darò assolutamente perché tanto li perderai al giuoco. Addiodunque!

'Nous serons toujours bons amis' ese vincerai di nuovoritorna senza fallo da me'et tu seras heureux! (15)'" A mepersonalmenterestavano ancora circa cinquecento franchi; inoltre possiedo un magnifico orologio che ne vale milledei gemelli in brillanti ecceteratanto da poter tirare avanti abbastanza senza preoccupazioni. Mi sono fermato in questa cittadina per raccogliermi esoprattuttoper aspettare mister Astley. Ho saputo con certezza che egli passerà di qui e si fermerà ventiquattro oreper un affare. Mi informerò di tutto e poi... poi andrò difilato a Homburg. A Roulettenburg non ci andrò se non forse il prossimo anno. In realtà si dice che porti male tentare la fortuna due volte di seguito allo stesso tavolo e poia Homburgsi fa un giuoco più serio.

 

 

 

NOTE:

  1. "E i centomila franchi che ci rimangonoli mangeremo insiememio outchitel!"
  2. "E' un outchitelha guadagnato centomila franchi."
  3. "Ma tu sei abbastanza di spirito per capire! Sappiragazzo mio..."
  4. "Ma sai... ma dimmi dunque... Dopo che cosa farai?"
  5. "Ahbeneè magnifico!"
  6. "Perché credevo che tu non fossi che un outchitel (qualcosa come un lacchènevvero?)... perché io sono una brava ragazza."
  7. "Bisogna che la gioventù si sfoghi!"
  8. "Ma tu sei un vero filosofo! Ebbeneio ti ameròti ameròvedraisarai contento!"
  9. "Un vero russoun calmucco."
  10. "C'è qualche novità."
  11. "Avrò un castellodei contadinie poi avrò sempre il mio milione."
  12. "Eppure ha l'aria davvero distinta!"
  13. "La generalessa Zago... Zago... questi indiavolati nomi russi; insommala signora generalessa dalle quattordici consonanti. Bellono?"
  14. "Eri un bravo ragazzo. Ti credevo uno sciocco e ne avevi tutta l'aria."
  15. "Saremo sempre buoni amici... ritorna da mee sarai felice."

 

 

17.

 

 

Eccoormai è un anno e otto mesi che non ho più dato uno sguardo a queste memorie e soltanto oraoppresso dall'angoscia e dal dolore come sonoho pensato di distrarmi e le ho rilette per caso. Le avevo interrotte al momento in cui stavo per andare a Homburg. Mio Dio! Con che cuore leggerorelativamente parlandoavevo scritto allora le ultime righe! Oper meglio direnon a cuor leggeroma con quale sicurezza in me stessocon quali incrollabili speranze! Dubitavoforsein qualche modo di me? E ecco che è passato un anno e mezzo e sono diventatoa mio parerepeggio di un mendicante! Ma che mendicante! Me ne infischio della mendicità! Mi sono semplicemente rovinato! Del restonon c'è quasi niente con cui poter fare confrontie è proprio inutile farsi la morale. Niente ci può essere di più assurdoal giorno d'oggidella morale! Ohgli uomini soddisfatti di se stessicon quale orgoglioso compiacimento sono prontiquei chiacchieronia pronunciare la loro sentenza! Se sapessero fino a che punto io stesso capisco tutto quanto c'è di ripugnante nella mia attuale situazionenon muoverebbero certo la lingua per darmi insegnamenti. E poiche cosa possono dirmi di nuovoche io già non sappia? Ma si tratta forse di questo? Il fatto è che basta un giro di ruota per cambiare tuttoe quegli stessi moralisti verrebbero per primi (ne sono convinto) a rallegrarsi amichevolmente con me. E allora non mi volterebbero le spalle come fanno adesso. Ma me ne infischio di tutti loro! Che cosa sono ioadesso? Uno zero. Che cosa posso essere domani? Domani posso risuscitare dai morti e ricominciare a vivere! Posso ritrovare in me l'uomofino a che non è ancora perduto!

Allora andai davvero a Homburg ma... poi fui di nuovo a Roulettenburgfui a Spafui anche a Badendove andai come cameriere del consigliere Hinzeun mascalzone che fu già mio padrone qui. Sìperché ho fatto anche il lacchè per cinque mesi interi! Questo accadde subito dopo la prigione (perché sono stato anche in prigione a Roulettenburgper un debito fatto qui. Uno sconosciuto pagò per me il riscatto. Chi? Mister Astley? Polina?

Non lo soma il debitoduecento tallerifu pagatoe io riebbi la libertà). Dove dovevo andare? Così entrai al servizio di questo Hinze. E' un uomo giovane e fatuogli piace oziaree io so parlare e scrivere in tre lingue. All'inizio andai da lui come una specie di segretarioa trenta gulden al mesema finii con il diventare un vero servitore; tenere un segretario cominciò con l'essere una spesa superiore alle sue possibilità e mi diminuì lo stipendio; non sapendo dove andarerimasi e mi trasformai da me stesso in lacchè. Non mangiavo né bevevo a sufficienza al suo servizio main compensoin cinque mesi raggranellai settanta fiorini. Una seraa Badengli dichiarai che volevo lasciarlo equella sera stessaandai alla roulette. Ohcome batteva il mio cuore! Nonon era il denaro che m'importava... Allora volevo soltanto che l'indomani tutti quegli Hinzequei capi camerieriquelle magnifiche signore di Badenche tutta quella genteinsommaparlasse di meraccontasse la mia storiami ammirassemi lodasse e si inchinasse davanti alla mia nuova vittoria. Erano tutti sognitutte fantasie infantili ma... chi sa? Avrei forse anche incontrato Polinale avrei raccontato la cosae lei si sarebbe resa conto che io sono superiore a tutti questi assurdi colpi del destino... Ohnon sono i quattrini che m'importano!

Sono convinto che li avrei sperperati di nuovo con una Blanche qualsiasi e che avrei di nuovo girato Parigi per tre settimane con una pariglia di cavalli di mia proprietàda sedicimila franchi.

Perché so con certezza che non sono avaro; credoanzidi essere prodigo; intantoperòcon quale ansiacon quale mancamento di cuore ascolto il grido del croupier: "trente et unrougeimpair et passe"oppure: "quatrenoirpair et manque"! Con quale cupidigia guardo il tavolo da gioco sul quale sono sparsi i luigii federicii tallerie le pile d'oro quando dai rastrelli dei croupiers vengono sparpagliate in mucchi ardenti come braceoppure le alte pile di monete d'argentosistemate attorno alla ruota! Mentre ancora sono lontano due sale da quella da gioco e riesco appena a sentire il tintinnio delle monete mi sento rabbrividire.

Ohquella sera in cui puntai i miei settanta fiorini sul tavolo da giuoco fu anch'essa una sera memorabile! Cominciai con dieci fiorini e nuovamente dal passe. Per il passe ho una superstizione.

Perdetti. Mi rimanevano sessanta gulden in monete d'argento. Ci pensai su un momento e scelsi lo zero. Mi misi a puntare sullo zero cinque gulden alla volta; alla terza puntata eccolo zero esce. Poco mancò che non morissi dalla gioia nel ricevere centosettantacinque gulden. Non ero stato così felice quando ne avevo vinto centomila. Subito ne puntai cento sul rouge: vinsi.

Tutti i duecento sul rouge: vinsi. Tutti i quattrocento sul noir:

vinsi. Tutti gli ottocento sul manque: vinsi! Calcolando quanto avevo primapossedevooramillecinquecento fiorinie tutto questo in meno di cinque minuti! Sìin momenti simili si dimentica ogni insuccesso passato! Sicuroperché io ottenni questo rischiando più della vita! Eccoavevo osato rischiare ed ero di nuovo tra gli uomini!

Mi presi una stanzami ci rinchiusi e fin verso le tre rimasi a contare il mio denaro. Al mattinoquando mi svegliainon ero più un lacchè. Decisi di partire quello stesso giorno per Homburg; là non avevo fatto il servitore e non ero stato in prigione! Mezz'ora prima che partisse il trenoandai per fare due puntatenon di piùe perdetti millecinquecento fiorini. Tuttavia mi trasferii a Homburge è ormai un mese che soro qui...

Certo vivo in ansia continuagioco puntando poste minime e aspetto non so che cosafaccio calcoli e passo intere giornate al tavolo da gioco osservandone l'andamento; perfino in sogno vedo il giocoeppure mi sembra di essere diventato di legnoquasi mi fossi impantanato nella melma. Lo deduco dall'impressione che ho provato imbattendomi in mister Astley. Non ci eravamo più visti da allora e ci incontrammo per caso: ecco come fu. Camminavo per il giardino e pensavo che ormai ero quasi senza denaroma che possedevoperòcinquanta gulden e che all'albergodove occupo una stanzettaavevo due giorni prima regolato il conto. Mi restava dunque la possibilità di andare una sola volta alla roulette; se avessi vintosia pure pocoavrei potuto continuare il giuoco; se avessi persosarei stato costretto ad andare di nuovo a fare il lacchènel caso che non avessi subito trovato dei russi ai quali servisse un precettore. Immerso in questi pensierifacevo la mia passeggiata quotidiana attraverso il parco e il bosco fino al principato vicino. A volte giravo così per quattro ore e tornavo a Homburg stanco e affamato. Ero appena uscito dal giardino nel parco quandoa un trattovidi mister Astley seduto su una panchina. Egli mi vide per primo e mi chiamò. Gli sedetti vicino. Notando in lui un certo distaccofrenai subito la mia gioia; se no mi sarei rallegrato moltissimo nel vederlo.

"Dunque siete qui! Lo pensavo che vi avrei incontrato" mi disse.

"Non disturbatevi a raccontare: so tuttoso tutto. Conosco tutta la vostra vita di quest'anno e questi otto mesi." "Ahcome seguite i vecchi amici!" gli risposi. "Vi fa onore che non li dimentichiate... Aspettateperò... mi fate venire un'idea.

Siete stato voi a riscattarmi dal carcere di Roulettenburg dove ero rinchiuso per un debito di duecento gulden? E' stato uno sconosciuto a pagare per me..." "Nooh no! Non sono stato io a riscattarvi dal carcere di Roulettenburg dove vi trovavate per un debito di duecento guldenma sapevo che eravate in carcere per un debito di duecento gulden..." "Vuol diredunqueche sapete chi ha pagato per me?".

"Oh nonon posso proprio dire di sapere chi vi ha riscattato." "E' strano: dei nostri russi nessuno mi conoscee i russi di qui magari non mi riscatterebbero neppure; è da noiin Russiache gli ortodossi riscattano gli ortodossi. E io credevo proprio che l'avesse fatto qualche originale inglesecosìper stravaganza!" Mister Astley mi ascoltava con un certo stupore. Mi sembra che egli credesse di trovarmi triste e abbattuto.

"Mi fa molto piaceretuttaviavedere che avete conservato perfettamente la vostra indipendenza di spirito e perfino la vostra allegria" disse con un'aria abbastanza simpatica.

"Cioèdentro di voi vi rodete di stizza perché non sono né tristené abbattuto" risposi ridendo.

Egli non capì subito madopo che ebbe capitosorrise.

"Mi piacciono le vostre osservazioni. Riconosco in queste parole il mio intelligente amico di una voltaentusiasta e cinico nello stesso tempo; soltanto i russi possono riunire in sénello stesso tempoqualità così contrastanti. Infatti l'uomo ama vedere il suo migliore amico umiliato davanti a lui; sull'umiliazione è fondata per lo più l'amicizia. E questa è una verità che tutte le persone intelligenti conosconoma in questo casove lo assicuroio sono sinceramente contento che voi non siate abbattuto. Ditenon avete intenzione di lasciare il gioco?" "Ohal diavolo il gioco! Lo pianterei subitopurché..." "Purché poteste rifarvi? Pensavo proprio così; non proseguitelo sol'avete detto involontariamentequindi avete detto la verità.

Oltre che del giuocovi occupate di qualcosa?" "Nodi niente altro." Egli cominciò a esaminarmi. Io non sapevo nientenon guardavo quasi i giornali ed effettivamente in tutto quel tempo non avevo aperto un libro.

"Vi siete fatto di legno osservò, non solo avete rinunciato alla vitaagli interessi vostri e a quelli della societàai doveri di un cittadino e di un uomoai vostri amici (e di amici ne avevate)non solo avete rinunciato a ogni altro scopo tranne che a quello di vincere al giocoma avete anche rinunciato a tutti i vostri ricordi. Vi rammento in un momento ardente e intenso della vostra vita; ma sono sicuro che avete dimenticato tutte le vostre migliori impressioni di allora; i vostri sogniquelli di adessoi vostri quotidiani desideri non vanno oltre al 'pair et impairrouge et noir'ai dodici numeri medi e così di seguitoNe sono sicuro!" "Bastamister Astleyve ne pregonon ricordatemelo!" esclamai con stizza e quasi con astio. "Sappiate che non ho dimenticato niente; soltanto momentaneamente ho scacciato tutto questo dalla mia testaanche i ricordifino a quando non avrò sistemato radicalmente la mia situazione; allora... allora vedrete che risorgerò dai morti!" "Voi sarete qui ancora tra dieci anni" mi disse. "Scommetto con voi che vi ricorderò tutto questose sarò ancora vivoproprio su questa stessa panchina!" "Bastavia!" lo interruppi con impazienza. "E per dimostrarvi che non ho dimenticato il passatopermettete che vi chieda dov'è ora miss Polina. Se non siete stato voi a riscattarmiè stata certamente lei. Da allora non ne ho saputo più niente!" "Nooh no! Non credo che sia stata lei a riscattarvi. Ora lei è in Svizzerae voi mi farete un grande favore se smetterete di chiedermi di miss Polina" dichiarò in tono deciso e anche un po' seccato.

"Questo significa che lei ha ferito profondamente anche voi!" dissiridendo involontariamente.

"Miss Polina è la migliore creatura tra tutte le creature più degne di rispetto mavi ripetomi farete un grandissimo favore se smetterete di chiedermi di lei. Voi non l'avete mai conosciuta e il suo nome sulle vostre labbra io lo considero un'offesa al mio senso morale." "Davvero? Peròavete torto; di che altro potrei parlarvi se non di questo? Giudicate anche voi. Appunto in questo stanno tutti i miei ricordi. Del restonon preoccupatevi: non ho proprio bisogno dei vostri affari intimisegreti... Io m'interesso soltantoper così diredella situazione esteriore di miss Polinasoltanto dell'attuale ambiente di lei. E questo si può comunicare in due parole." "D'accordopurché con queste due parole tutto sia concluso. Miss Polina è stata a lungo malata; è vissuta per un certo periodo con mia madre e mia sorella nell'Inghilterra del nord. Sei mesi fasua nonnave la ricordatevero? Quella vecchia pazza morì e lasciòa lei personalmenteun patrimonio di settemila sterline.

Ora miss Polina viaggia con la famiglia di mia sorella che si è sposata. Il fratellino e la sorellinaanch'essi messi al sicuro dal testamento della nonnastudiano a Londra. Il generalesuo patrignoè morto un mese fa a Parigidi un colpo apoplettico.

Mademoiselle Blanche lo trattava benema tutto ciò che lui ha ereditato dalla nonna è riuscita a farselo intestare. Ecco tuttomi sembra." "E De-Grieux? Non sta forse viaggiando anche lui in Svizzera?" "No. De-Grieux non sta viaggiando in Svizzera e non so dove si trovi; inoltreuna volta per semprevi avverto di evitare simili allusioni e indegni accostamentialtrimenti avrete da fare con me." "Come! Nonostante i nostri amichevoli precedenti rapporti?" "Sìnonostante i nostri amichevoli rapporti." "Vi chiedo mille scusemister Astley. Ma permettete: qui non c'è niente di offensivo e di ignobile: non accuso di niente miss Polina. Inoltre un francese e una signorina russaparlando in generalecostituiscono un tale accostamento che né ioné voi mister Astleyriusciremo a risolvere o a comprendere definitivamente".

"Se non pronuncierete il nome di De-Grieux insieme a quell'altro nomevi pregherò di spiegarmi che cosa intendete dire con l'espressione: 'un francese e una signorina russa'. Che 'accostamento' è questo? Perché proprio un francese e proprio una signorina russa?" "Vedetevi ha interessato. Ma questo è un argomento vastomister Astley. Bisognerebbe conoscere preventivamente molte cose. Del restoè una questione importanteper quanto a prima vista possa sembrare una cosa buffa. Il francesemister Astleyè una forma bellaben definita. Voicome inglesepotete non essere d'accordo su questo; neanch'iocome russolo sonomagari anche soltanto per invidia; ma le nostre signorine possono essere di un'altra opinione. Voi potete giudicare Racine manieratoartificioso e cincischiato eprobabilmentenon vi metterete mai a leggerlo. Anch'io lo giudico manieratoartificioso e cincischiato eda un certo punto di vistaperfino ridicolo; ma egli è affascinantemister Astleyesoprattuttoè un grande poetasia che noi lo vogliamo o no. La forma nazionale del francesecioè del pariginoè cominciata a diventare una forma elegante quando noi eravamo ancora degli orsi. La rivoluzione ha ereditato dalla nobiltà. Ora il più volgare francesuccio può avere moditrattiespressioni e anche pensieri di una forma pienamente elegantesenza partecipare a questa forma né con l'iniziativané con l'animané con il cuore; tutto questo gli è toccato in eredità. Per se stesso può essere più vuoto del vuoto e più vile di qualsiasi viltà. Ebbenemister Astleyvi dirò ora che non esiste essere al mondo più fiducioso e più schietto di una buonaintelligente e non troppo sofisticata signorina russa. Un De- Grieux che compaia a recitare una qualche parteche compaia mascheratopuò conquistarne il cuore con straordinaria facilità; egli ha una forma elegantemister Astleye la signorina scambia questa forma per la sua stessa animaper la forma naturale dell'anima e del cuore di luie non per una veste toccatagli in eredità. Con vostro grandissimo dispiacere devo confessarvi che gli inglesi sonoper la maggior partespigolosi e inelegantie i russi possiedono sufficiente sensibilità per riconoscere la bellezzadi cui sono avidi. Ma per distinguere la bellezza di un'anima e l'originalità della personaservesenza confrontopiù indipendenza e libertà di giudizio di quanto non ne abbiano le nostre donne e tanto più le nostre signorine ein ogni casoserve una maggiore esperienza. A miss Polina (perdonatemima ciò che è detto è detto!) serve moltomolto tempo per decidersi a preferire voi a quel mascalzone di De-Grieux. Lei vi apprezzeràvi diventerà amicavi aprirà il suo cuore; ma in quel cuore regnerà tuttavia l'odioso mascalzoneil laidomeschino usuraio De-Grieux. E questo succederàtanto per direper testardagginee per amor proprioperché quello stesso De-Grieux le era apparso un giorno circondato dall'aureola del marchese elegantedel liberale deluso e della persona che si era rovinata (sarà così?) per aiutare la famiglia di lei e il generale dalla testa vuota.

Tutte le truffe sono state scoperte dopo; ora datele di nuovo il De-Grieux di prima: ecco che cosa le serve! Equanto più lei odia il De-Grieux di oggitanto più sente nostalgia di quello di primasebbene egli sia esistito solo nella sua immaginazione. Voi siete produttore di zuccheromister Astley?" "Sìfaccio parte della società del noto zuccherificio Lowell e Co." "Eccovedetemister Astleyda una parte il raffinatore di zuccherodall'altra l'Apollo del Belvedere: tutto questo non va molto d'accordo. E io non sono neppure un raffinatore di zuccheroio sono semplicemente un piccolo giocatore di roulette e ho fatto perfino il lacchèil chesenza dubbioè già noto a miss Polina perché ella haa quanto pareun ottimo servizio di polizia." "Siete esasperatoe perciò dite tutte queste assurdità" mi rispose mister Astley con calmadopo un momento di riflessione.

"Inoltre nelle vostre parole non c'è nessuna originalità." "D'accordo! Ma l'orrore della cosa sta proprio in questonobile amico mioche tutte le mie accuseper quanto invecchiatevolgari e per quanto degne di un vaudevillesono tuttora vere.

Malgrado tuttovoi e io non abbiamo ottenuto niente!" "Questa è un'abominevole sciocchezza... perché... perché...

sappiate dunque" disse mister Astley con voce tremantesappiate, uomo ingrato e indegno, meschino e sciagurato, che io sono venuto a Homburg precisamente per suo incarico, per vedervi, parlarvi a lungo e a cuore aperto e poi riferirle tutto: i vostri sentimenti, i vostri pensieri, le vostre speranze e... i vostri ricordi!Possibile? Possibile?gridaimentre una pioggia di lacrime cadde dai miei occhi. Non potevo trattenerle e questo mi succedevacredoper la prima volta nella vita.

"Sìuomo sciaguratolei vi amava e posso rivelarvelo perchétantovoi siete un uomo perduto! Non bastama se anche vi dirò che vi ama tuttoravoi continuerete ugualmente a restare qui. Sìvi siete rovinato con le vostre mani. Avevate qualche buona attitudineun temperamento vivace ed eravate tutt'altro che cattivo; avreste potuto perfino essere utile alla vostra patria che ha tanto bisogno di uominima voi non vi muoverete di quie la vostra vita è finita. Io non vi accuso. A mio pareretutti i russi sono così oalmenotendono a esserlo. Se non è la roulettesarà un'altra cosa del genere. Le eccezioni sono molto rare. Non siete voi il primo a non capire che cosa sia il lavoro (non parlo del vostro popolo). La roulette è un giuoco squisitamente russo. Finora siete stato onesto e avete preferito andare a fare il lacchè piuttosto che rubare... ma mi spaventa il pensare a quello che potrà accadere in futuro! E ora bastaaddio!

Avrete certo bisogno di denaro. Eccovida parte mia dieci luigidi più non vi doperché tanto li perderete al giuoco. Prendeteli e addio! Prendeteli!" "Nomister Astleydopo tutto ciò che è stato detto oggi..." "Pren-de-teli!" gridò. "Sono convinto che siete ancora un galantuomo e do a voi come un amico può dare a un vero amico. Se potessi essere sicuro che voi abbandonaste subito il giuocoHomburge che tornaste nella vostra patriasarei pronto a darvi immediatamente mille sterline per iniziare una nuova vita. Ma non vi do mille sterlinevi do soltanto dieci luigi perché mille sterline o dieci luigi sono per voial momentola stessa cosapoiché comunque li perdereste. Prendetee addio!" "Li prenderò se mi permettete di abbracciarvi nel dirvi addio!" Ci abbracciammo sinceramentee mister Astley si allontanò.

Noegli non ha ragione! Anche se sono stato pungente e sciocco riguardo a Polina e a De-Grieuxegli lo è stato riguardo ai russi. Di me non dico niente. Del resto... del resto non è questo il momento. Sono tutte paroleparoleparole... e servono fatti!

Qui l'importante è adesso la Svizzera. Domani stesso... ohse potessi partire domani stesso! Di nuovo rinascererisuscitare!

Bisogna dimostrare loro... Sappia Polina che io posso ancora essere un uomo. Basta soltanto... Adessoperòè tardima domani... Oh sìho un presentimento e non può essere diversamente! Ora ho quindici luigi e ho cominciato con quindici gulden! Se si comincia con prudenza... E' possibileè possibile che io sia proprio così bambino? E' possibile che io non capisca che sono un uomo perduto? Ma perché non potrei risorgere? Sì!

Basta essere almeno una volta nella vita cauto e paziente: ecco tutto! Bastaalmeno una volta nella vitadimostrare carattere ein un'oraposso cambiare il mio destino! L'essenziale è il carattere. Basta ricordare che cosa mi è accaduto in questo senso sette mesi fa a Roulettenburg prima della mia definitiva perdita!

Ohquello fu un notevole caso di fermezza avevo allora perduto tuttotutto... Esco dal Casinoguardo nella tasca del panciotto trovo ancora un gulden. "Ahavrò dunque di che pranzare!" pensai madopo aver fatto cento passi cambiai idea e tornai indietro.

Puntai quel gulden sul manque (quella volta ero fissato per il manque) ein veritàc'è qualcosa di particolare nella sensazione che provi quando soloin un paese stranierolontano dalla patria e dagli amicisenza sapere che cosa mangerai oggipunti l'ultimoproprio l'ultimol'ultimissimo gulden! Vinsi e dopo dieci minuti uscii dal Casinò con centosettanta gulden in tasca.

E' un fatto! Ecco che cosa può significare a volte l'ultimo gulden! E che cosa sarebbe accaduto se allora mi fossi perso d'animose non avessi avuto il coraggio di decidermi?

Domanidomani tutto finirà!




Google





Google