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AntònCechov



NOVELLE

 

 

VOLUMESECONDO



DALLEMEMORIE DI UN UOMO IRASCIBILE


Iosono un uomo serioe il mio cervello ha un indirizzo filosofico.

Diprofessione son finanzierestudio diritto finanziario e scrivo unadissertazione dal titolo: "Passato e avvenire della tassa suicani".

Conveniteche non ho proprio nulla a che fare con fanciulleromanzela luna ealtre sciocchezze.

Mattina.Ore dieci. La mia "maman" mi versa un bicchiere di caffè.Io bevo ed esco sul balconcinoper subito por mano alladissertazione.

Prendoun foglio di carta pulitointingo la penna nell'inchiostro e traccioil titolo: "Passato e avvenire della tassa sui cani". Dopoaver pensato un po'scrivo: «Rassegna storica. A giudicare dataluni accenni che si hanno in Erodoto e Senofontela tassa sui canitrae origine da... ».

Maqui odo dei passi in sommo grado sospetti. Guardo dal balconcino evedo una ragazza dal viso lungo e dalla vita lunga. Si chiamasembraNàdenkao Vàrenkaciò chedel restofa assolutamente lo stesso.

Ellacerca qualcosafa vista che non s'accorge di mee canticchia:

«Rammentiil canto pieno di dolcezza... ».

Ioleggo ciò che ho scrittovoglio continuarema allora lafanciulla fa mostra d'essersi accorta di mee dice con voce triste:

-Buon giornoNikolài Andreic'! Figuratevi che disavventura hoavuto!

Ieripasseggiandosmarrii il fermaglio del braccialetto.

Rileggoancora una volta l'inizio della mia dissertazioneritocco il filettodi una «c» e voglio continuarema la ragazza non lasmette.

-Nikolài Andreic'- dice- siate così gentileaccompagnatemi a casa. I Karelin hanno un cane così enorme chenon mi risolvo ad andar sola.

Nonc'è che fareposo la penna e scendo giù. Nàdenkao Vàrenkami prende a braccettoe ci avviamo alla suavilletta.

Quandomi tocca in sorte di dover camminare sotto braccio con una signora osignorinami sento semprechi sa perchéun uncino a cuiabbiano appeso una grossa pelliccia; Nàdenka poio Vàrenkaè una naturasia detto fra noiappassionata (suo nonno eraun armeno)possiede la facoltà di sospendersi al vostrobraccio con tutto il peso del suo corpo ecome una mignattastringervisi al fianco. E così andiamo... Passando accosto aiKarelinvedo un grosso caneche mi fa rammentar la tassa sui cani.Con angoscia ricordo il lavoro cominciato e sospiro.

-Per che cosa sospirate? - domanda Nàdenkao Vàrenkaemanda lei stessa un sospiro.

Quidevo fare un'avvertenza. Nàdenkao Vàrenka (adessorammento che si chiamapareMàscenka)ha immaginatochi sacomech'io sia di lei innamoratoe perciò stima dovere difilantropia guardarmi sempre con compassione e curare verbalmente lamia ferita di cuore.

-Ascoltate- dicefermandosi- io so perché sospirate. - Voiamatesì! Ma vi prego in nome della nostra amiciziacredetela fanciulla che amate vi stima profondamente! Il vostro amore nonpuò ripagarvelo del parima ci ha forse colpa leise il suocuore già da un pezzo appartiene a un altro?

Ilnaso di Màscenka si fa rosso e gonfiogli occhi le siriempiono di lacrime; ellaa quanto sembraaspetta da me unarispostamaper fortunasiamo ormai arrivati... Sul terrazzo siedela "maman" di Màscenkabuona donnama conpregiudizi; data un'occhiata al viso turbato della figliaferma sudi me un lungo sguardo e sospiracome volesse dire: «Ahgioventùperfin nascondere non sapete!». Oltre a leison sedute sul terrazzo alcune ragazze variopinte e in mezzo a loroun mio vicino di villeggiaturaufficiale a riposoferitonell'ultima guerra alla tempia sinistra e all'anca destra. Questosventuratoal pari di me si è prefisso lo scopo di consacrarequest'estate alla fatica letteraria. Egli scrive "Memorie di unmilitare". Al par di meogni mattina mette mano al suorispettabile lavoroma appena riesce a scrivere: «Io nacquiil... »che sotto il balconcino compare una qualche Vàrenkao Màscenkae il ferito servo di Dio è preso sottoguardia.

Tuttiquelli seduti sul terrazzo nettano per la confettura certe insipidebacche. Io mi accomiato e voglio andarmenema le signorinevariopinte con uno strillo agguantano il mio cappello ed esigonoch'io rimanga. Mi metto a sedere. Mi porgono un piatto di bacche euna spilla. Comincio a ripulire.

Lesignorine variopinte parlano sul tema: uomini. Il tale ècarinoil talaltro è belloma non simpaticoun terzo non èbelloma è simpaticoun quarto non sarebbe brutto se il suonaso non somigliasse a un ditalee così via.

-E voi"monsieur" Nicolas-si rivolge a me la "maman"di Vàrenka- non siete belloma siete simpatico... Nelvostro viso c'è qualcosa... Del resto- ella sospira-nell'uomo il più non è la bellezzamal'intelligenza...

Leragazze sospirano e abbassano gli occhi... Esse pure son d'accordoche nell'uomo il più non è la bellezza mal'intelligenza. Io mi guardo di sbieco allo specchio per convincermidi quanto son simpatico. Vedo una testa arruffatabarbabaffisopraccigli arruffatipeli sulle guancepeli sotto gli occhi:tutt'un boschettofuor del qualea mo' di vedettaguarda il miosolido naso. Bellonon c'è che dire!

-Del restoNicolasvoi vincerete con le vostre qualitàmorali- sospira la "maman" di Nàdenkacomericonfortando un suo segreto pensiero.

ENàdenka soffre per mema nello stesso mentre laconsapevolezza che di fronte le siede un uomo innamorato di lei leprocuraa quanto sembrail massimo diletto. Finito con gli uominile signorine parlan d'amore. Dopo una lunga conversazione sull'amoreuna delle ragazze si alza e se ne va. Le rimaste cominciano a rivederle bucce a quella ch'è andata via. Tutte trovano ch'èscioccainsopportabilebruttache ha una scapola fuor di posto.

Maeccola Dio mercèviene infine la camerierainviata dallamia "maman"e mi chiama a desinare. Ora posso lasciare lasgradita compagnia e andare a continuare la mia dissertazione. Mialzo e prendo commiato. La "maman" di VàrenkaVàrenka stessa e le signorine variopinte mi attorniano edichiarano che non ho alcun diritto di andarmeneavendo dato ieri laparola d'onore di pranzar con loroe dopo pranzo di andar al boscoper funghi. M'inchino e siedo...

Nell'animamia ribolle l'odiosento cheancora un minutoe non rispondo piùdi meaccadrà un'esplosionema la delicatezza e il timore divenir meno alle buone maniere mi forzano a obbedire alle signore. Eobbedisco.

Cimettiamo a pranzare. L'ufficiale feritoal qualeper via dellaferita alla tempias'è formata una contrattura dellemascellemangia con un'aria tale come se fosse imbrigliato e avessein bocca il morso.

Ioarrotolo palline di panepenso alla tassa sui cani econoscendo ilmio carattere irascibilemi sforzo di tacere. Nàdenka miguarda con compassione. Intingolo di carne tritatalingua conpisellipollo arrosto e composta. Niente appetitoma perdelicatezza mangio. Dopo pranzoquando me ne sto solo in terrazzo afumaremi si accosta la "maman" di Màscenkastringe le mie mani e dice ansando:

-Ma voi non disperateNicolas... E' un tal cuore... un tal cuore!

Andiamoal bosco per funghi... Vàrenka è sospesa al mio braccioe si appiccica al mio fianco. Soffro intollerabilmentema sopporto.

Entriamonel bosco.

-Ascoltate"monsieur" Nicolas- sospira Nàdenka-perché siete così triste? Perché state zitto?

Stranaragazza: di che mai posso parlare con lei? Che abbiamo di comune?

-Sudite qualcosa... - ella prega.

Iocomincio a escogitare alcunché di popolareaccessibile allasua comprensione. Dopo aver pensatodico:

-Il diboscamento reca un danno enorme alla Russia.

-Nicolas! - sospira Vàrenkae il suo naso si fa rosso.-Nicolasvoi evitatevedoun colloquio aperto... Come se volestepunire col vostro silenzio... Non corrispondono al vostro sentimentoe voi volete soffrire in silenzioda voi solo... ciò èorribile Nicolas! - ella esclamapigliandomi impetuosamente la manoe io vedo come il suo naso comincia a gonfiare. - Che direstese lafanciulla che amate vi offrisse eterna amicizia?

Ioborbotto qualcosa di sconnessoperché proprio non so che cosadirle... Di grazia: in primo luogonon amo nessuna fanciulla esecondariamenteper che cosa mi potrebbe occorrere un'eternaamicizia? Terzoson molto irascibile. Màscenkao Vàrenkasi copre il viso con le mani e dice a mezza vocecome tra sé:

-Egli tace... Evidentemente vuole un sacrificio da parte mia. Nonposso mica amarlose tuttora ne amo un altro! Del resto... cipenserò... Beneci penserò... Raccoglierò tuttele forze della mia anima eforsea prezzo della mia felicitàsalverò quest'uomo dalle sofferenze!

Noncapisco nulla. E' una specie di cabalistica. Proseguiamo e cogliamofunghi. Tutto il tempo restiamo zitti. In viso a Nàdenka v'èl'espressione d'una lotta interiore. Si sente un latrar di cani:

questomi rammenta la mia dissertazione e sospiro rumorosamente.

Attraversoi tronchi degli alberi scorgo l'ufficiale ferito. Il poverettozoppica dolorosamente a dritta e a manca: a destra ha l'anca feritaa sinistra gli pende una delle fanciulle variopinte. Il volto esprimerassegnazione al destino.

Dalbosco facciamo ritorno alla casa di villeggiatura a bere il tèdopo di che giochiamo a "crocket" e ascoltiamo una dellevariopinte fanciulle cantare la romanza: "Notu non m'ami! No!No!..." Alla parola «No» ella torce la bocca finproprio all'orecchio.

-"Charmant"! (1) - gemono le rimanenti fanciulle. -"Charmant"!

Viensera. Da dietro i cespugli striscia fuori una luna repellente.

Nell'ariav'è quiete e uno sgradevole odore di fieno fresco. Prendo ilcappello e voglio andarmene.

-Ho bisogno di comunicarvi qualcosa- mi bisbiglia significativamenteMàscenka. - Non andate via.

Presentoalcunché di poco buonoma per delicatezza rimango. Màscenkami prende a braccetto e mi conduce da qualche parte pel viale. Orapoi tutta la figura di lei esprime la lotta. E' pallidarespira astento e sembra aver intenzione di strapparmi il braccio destro. Cheha?

-Ascoltate... - mormora. - Nonon posso... No...

Vuoldire qualche cosama esita. Maeccodal suo viso io scorgo che siè risolta. Con gli occhi scintillantiil naso rigonfiomiafferra la mano e dice rapida:


-Nicolasson vostra! Amarvi non possoma vi prometto fedeltà!

Dopodi che si stringe al mio petto e d'un tratto balza indietro.

-Viene qualcuno... - bisbiglia. - Addio... Domani alle undici saròal capanno... Addio!

Escompare. Senza capir nullasentendo un doloroso batticuoreme nevado a casa. Mi aspetta "Passato e avvenire della tassa suicani"ma lavorare ormai non posso. Sono furioso. Si puòperfin dire che sono orrendo. Che il diavolo mi portinon permetteròche mi si tratti come un ragazzuccio! Sono irascibile e scherzar mecoè pericoloso! Quando entra da me la cameriera per chiamarmi acenale grido:

«Andatevene!».Siffatta irascibilità promette poco di buono.

Ilgiorno dopodi mattina. Tempo da villeggiaturacioètemperatura sotto zerovento freddopungentepioggia fango e odordi naftalinaperché la mia "maman" ha tolto dalbaule i suoi mantelli. Mattinata diabolica. Ciò precisamenteil 7 agosto 1887quando vi fu l'eclisse di sole. E' d'uopoosservarvi che durante l'eclisse ciascun di noi può recare unenorme vantaggiosenz'essere astronomo. Cosìognun di noipuò: 1) determinare il diametro del sole e della luna2)disegnare la corona del sole3) misurare la temperatura4)osservare al momento dell'eclisse animali e piante5) annotare leproprie impressionie così via. Questo è cosìimportante che ioper intantolasciai da parte "Passato eavvenire della tassa sui cani" e risolsi di osservare l'eclisse.Ci eravamo alzati tutti prestissimo. Tutto il lavoro imminentel'avevo diviso così: io avrei determinato il diametro del solee della lunal'ufficiale ferito avrebbe disegnato la coronatuttoil resto poi se lo sarebbero assunto Màscenka e le signorinevariopinte. Eccoci tutti riuniti ad aspettare.

-Perché si ha l'eclisse? - domanda Màscenka.

Iorispondo:

-Le eclissi solari avvengono nel caso che la lunarotando nel pianodell'eclitticavenga a trovarsi sulla linea congiungente i centridel sole e della terra.

-E che vuol dire eclittica?

Iospiego. Màscenkadopo aver ascoltato attentamentedomanda:

-Si può attraverso il vetro affumicato scorgere la lineacongiungente i centri del sole e della terra?

Lerispondo che questa linea si traccia astrattamente.

-Se è astratta- non si raccapezza Vàrenka- come maipuò collocarvisi la luna?

Nonrispondo. Sento come a cagione di questa ingenua domanda comincia aingrossarmisi il fegato.

-Son tutte frottole- dice la "maman" di Vàrenka. -Non si può sapere quel che saràe per di piùvoi non siete stato in cielo neppure una voltacome fate dunque asapere ciò che accadrà alla luna e al sole? Tuttoquesto è fantasia.

Maecco una macchia nera muover contro il sole. Confusione generale.

Mucchepecore e cavallirizzate le code e rugliandoin preda a terrorecorrevan per i campi. I cani ululavano. Le cimiciimmaginando scesala notteerano sbucate dalle fessure e avevan cominciato a morderequelli che dormivano. Il diaconoche in questo mentre si portava acasa dall'orto i cetriolisgomentobalzò dal carro e sinascose sotto il pontee il suo cavallo entrò col carro in uncortile altruidove i cetrioli furono divorati dai maiali. L'addettoal dazioche aveva trascorso la notte non a casama presso unavilleggiantesaltò fuori in sole mutande ecorso in mezzoalla follaprese a gridare con voce selvaggia:

-Si salvi chi può!

Moltevilleggiantianche giovani e belledestate dal rumorebalzaronosulla viasenz'aver calzato le scarpe. Accaddero anche molte altrecose ch'io non mi risolvo narrare.

-Ahche paura! - strillano le fanciulle variopinte. - Ah! E'terribile!

-"Mesdames"osservate! - grido loro. - Il tempo èprezioso!

Eio stesso mi affrettomisuro il diametro... Mi rammento della coronae cerco con gli occhi l'ufficiale ferito. Egli sta lì e non fanulla.

-Che avete? - grido. - E la corona?

Eglialza le spalle eimpotentemi accenna con gli occhi le propriebraccia. Alle due braccia del poverino si sono appese le fanciullevariopintesi stringono a lui dal terrore e gl'impediscono dilavorare. Prendo il lapis e annoto il tempo coi secondi. Ciò èimportante. Segno la posizione geografica del punto di osservazione.

Anchequesto è importante. Voglio determinare il diametroma inquesto mentre Màscenka mi prende per la mano e dice:

-Non dimenticate dunqueoggi alle undici!

Iotolgo la sua mano efacendo caso di ciascun secondovoglioproseguire le osservazionima Vàrenka convulsamente mi prendea braccetto e si stringe al mio fianco. Lapisvetrischizzi: tuttociò precipita nell'erba. Il diavolo sa che cosa! Ma ètempoinfineche questa ragazza capisca ch'io sono irascibilecheioincolleritodivento furioso e allora non posso risponder di me.

Vogliocontinuarema l'eclisse è bell'e finito!

-Rivolgetemi uno sguardo! - sussurra ella teneramente.

Ohquesto è ormai il colmo dello scherno! Convenite che siffattogiocare con l'umana pazienza non può che finir male. Non mifate poi colpase accadrà qualcosa di tremendo! A nessunopermetterò di scherzaredi farsi beffe di me eche ildiavolo mi sbraniquando sono infuriato non consiglio a nessuno difarmisi accostoche il diavolo mi porti proprio! Son pronto a tutto!

Unadelle ragazzeprobabilmente accortasi dal mio viso che sonoinfuriatodiceevidentemente allo scopo di calmarmi:

-Ma ioNikolài Andréievic'ho eseguito il vostroincarico. Ho osservato i mammiferi. Ho visto come prima dell'eclisseun cane grigio è corso dietro un gatto e poi a lungo hascodinzolato.

Cosìdall'eclisse non è risultato nulla. Vado a casa. In graziadella pioggia non esco sul balconcino a lavorare. L'ufficiale feritos'è arrischiato a uscire sul suo balcone e ha scritto perfino:«Io nacqui il...» -e ora io vedo dalla finestra comeuna delle fanciulle variopinte lo trascina alla sua villetta.Lavorare non possoperché son tuttora infuriato e mi sento ilbatticuore. Al capanno non vado.

Ciòè scortese maconvenitenenon posso già andarvi conla pioggia!

Alledodici ricevo una lettera da Màscenkanella lettera vi sonorimbrottila preghiera di recarmi al capanno e il «tu»...All'una ricevo un'altra letteraalle due una terza... Bisognaandare. Ma prima di andaredevo riflettere a quello di cui parleròcon lei.

Agiròcome un uomo ammodo. In primo luogole dirò che a tortoimmagina ch'io l'ami. Del restotali cose non si dicono alle donne.

Direa una donna: «Io non vi amo» è tanto indelicatocome dire a uno scrittore: «Voi scrivete male». Meglio dituttoesprimerò a Vàrenka le mie vedute sulmatrimonio. Metto il cappotto pesanteprendo l'ombrello e vado alcapanno. Conoscendo il mio carattere irascibiletemo d'aver a direqualcosa di troppo. Cercherò di contenermi.

Alcapanno mi si aspetta. Nàdenka è pallida e ha pianto.Vedendomimanda un grido di gioiami si getta al collo e dice:

-Finalmente! Tu giuochi con la mia pazienza. Ascoltaio tutta lanotte non ho dormito... Ho sempre pensato. Mi sembra chequando ticonoscerò più da vicino... ti amerò...

losiedo e comincio a esporre le mie vedute sul matrimonio. Dapprimaper non andar lontanoper essere quanto più si puòbrevefaccio una piccola rassegna storica. Parlo del matrimoniodegli indù e degli egizidopo di che passo ad epocheposteriori; qualche pensiero di Schopenhauer (1) Màscenkaascolta con attenzionema d'un trattoper una strana incoerenzad'ideestima necessario interrompermi.

-Nicolasbaciami! - dice.

Iosono turbato e non so che cosa dirle. Ella ripete la sua richiesta.

Nonc'è che faremi alzo e poso le labbra sul suo lungo visonelfar che provo la stessa cosa che sentii nell'infanziaquando ungiorno mi fecero baciare alla messa funebre la nonna defunta. Nonappagandosi del mio bacioVàrenka dà un balzo e miabbraccia impetuosamente. In questo mentre alla porta del capanno simostra la "maman" di Màscenka... Ella fa un visospaventatodice a qualcuno: «Ssst!»e spariscecomeMefistofele nella stiva.

Conturbatoe furiosome ne torno al mio villino. A casa trovo la "maman"di Vàrenkache con le lacrime agli occhi abbraccia la mia"maman"e la mia "maman" piange e dice:

-Io stessa lo desideravo!

Dopodi che - come vi piace questo? - la maman di Vàrenka mi siaccosta e mi abbracciadicendo:

-Dio vi benedica! E tubadaamala... Ricordati che lei per te fa unsacrificio...

Eora mi ammogliano. Mentre scrivo queste righemi stanno addosso ipaggi d'onore e mi fan premura. Costoro positivamente non conosconoil mio carattere! Ché io sono irascibile e non posso risponderdi me! Che il diavolo mi portivedrete quel che accadrà piùin là! Condurre a nozze un uomo irascibilefuribondo: questosecondo meè così poco intelligente come ficcar lamano in gabbia verso una tigre infuriata.

Vedremovedremo quel che accadrà!

Cosìsono sposato. Tutti mi fanno i rallegramentie Vàrenka dicontinuo si stringe a me e dice:

-Capisci dunque che tu ora sei miomio! Dimmi dunque che mi ami!

Dillo!

Eintanto le si gonfia il naso.

Hosaputo dai paggi d'onore che l'ufficiale ferito è destramentesfuggito a Imeneo. Egli ha esibito a una fanciulla variopinta uncertificato medico chein grazia della ferita alla tempiaegli nonè mentalmente normalee quindi per legge non ha il diritto disposarsi.

Un'idea!io pure avrei potuto esibire un certificato. Mio zio aveva accessid'ubriachezzaun altro zio era molto distratto (una voltainvecedel berrettosi mise in testa un manicotto da signora)una ziasonava molto il pianoforte eincontrando uominimostrava loro lalingua. Inoltre anche il mio carattere in sommo grado irascibile èun sintomo assai sospetto. Ma perché le buone idee vengonocosì tardi?

Perché?




NOTE:


1)Incantevoledelizioso.

2)Il grande filosofo pessimista tedesco (1788-1860)autore di "Ilmondo come volontà e rappresentazione""Ifondamenti della morale""Parerga e Paralipomena".




SSST!...


IvànJegòrovic' Krasnuchincollaboratore giornalistico di mezzataccarincasa a notte tarda accigliatoserio e come particolarmentericoncentrato. Ha un'aria come se s'aspettasse una perquisizione omeditasse il suicidio. Dopo aver camminato un po' per la stanzasifermaarruffa i capelli e dice col tono di Laerte (1) che si accingea vendicar la sorella (2):

-Affrantostremato nell'animain cuore un'angoscia opprimentemapure siedi e scrivi! E questo si chiama vita?! Perché nessunoancora ha descritto la tormentosa discordanza che nasce nelloscrittorequand'egli è afflittoma deve far ridere la follao quand'è allegro e deve sparger lacrime su ordinazione? Iodebbo esser gaioindifferentemente freddoargutoma immaginate chemi opprima l'angoscia omettiamoche io sia malatomi stia morendoun bimboche partorisca la moglie!

Ciòegli dice scotendo il pugno e rotando gli occhi... Poi va in camera edesta la moglie.

-Nadia- dice- mi metto a scrivere... Per favoreche nessuno midisturbi. Non si può scriverese strillano i bambinisbuffano le cuoche... Da' ordine pure che ci sia il tè e...una bisteccache so io... Tu lo saisenza il tè non possoscrivere... Il tè è l'unica cosa che mi sostenga nellavoro.

Tornatonella sua stanzaegli si leva soprabitopanciotto e stivali.

Sisveste lentamentedopo di chedata al suo volto l'espressionedell'innocenza offesasiede alla scrivania.

Sullatavola non v'è nulla di occasionaledi usualema tuttoogniminima ineziareca il carattere della ponderazione e d'un rigorosoprogramma. Bustini e ritrattini di grandi scrittoriun mucchio dimanoscritti in bozzaun tomo di Bielinski (3) con una paginaripiegataun osso occipitale in luogo di portacenereun foglio digiornalepiegato con negligenzama in guisa che si veda il postosegnato intorno a matita azzurracon una grossa scritta in margine:

«Ignobile!».Vi son pure una decina di lapis temperati di fresco e di portapennecon pennini nuovivisibilmente messi lì perché cause eaccidenti esterioridel genere d'un guasto alla pennanon possanointerrompere neanche per un secondo il libero volo creativo...

Krasnuchinsi arrovescia sulla spalliera della poltrona echiusi gli occhisisprofonda nella meditazione del tema. Sente come la moglie strascicale pianelle e spacca legnetti per il samovàr. Ella non s'èancor destata del tuttolo si vede dal fatto che il coperchio delsamovàr e il coltello di continuo le cascan di mano. Prestogiunge il grillare del samovàr e della carne rosolata. Lamoglie non smette di spaccar legnetti e di sbacchiare intorno allastufa chiusinicoperchi e sportellini. D'un tratto Krasnuchinsussultaapre gli occhi spaventato e comincia ad annusar l'aria.

-Dio mioacido carbonico! - gemecontraendo dolorosamente il viso. -Acido carbonico! Questa donna insopportabile s'è prefissa diavvelenarmi! Orsùditeper amor di Dioposso io scrivere inun ambiente così?

Eglicorre in cucina e là esplode in drammatiche urla. Quandodopoaver aspettato un po'la moglieavanzando guardinga in punta dipiedigli porta un bicchier di tèegli siede come dianzi inpoltronacon gli occhi chiusie immerso nel suo tema. Non si muovesi tamburella leggermente in fronte con due dita e fa mostra di nonsentir la presenza della moglie... Sul suo viso vi ècomepoc'anziun'espressione d'innocenza offesa.

Comela ragazzina a cui han donato un prezioso ventaglioegliprima discrivere il titolocivetta lungamente con se stessoposafasmancerie... Si preme le tempieora si rattrappisce e piega le gambesotto la poltronacome per doloreora strizza languido gli occhicome un gatto sul divano... Infinenon senza esitanzaallunga lamano al calamaio econ un'espressione come se firmasse una sentenzadi mortefa il titolo...

-Mammadammi dell'acqua! - egli sente la voce del figlio.

-Ssst! - dice la madre. - Il babbo scrive! Ssst...

Ilbabbo scrive lesto lestosenza cancellature e interruzioni facendoappena in tempo a voltar le pagine. Busti e ritratti degli scrittoricelebri miran la sua penna che scorre rapidanon si muovono e sembrache pensino: «Ohifratellocome ci hai fatto la mano!».

-Ssst! - stride la penna.

-Ssst! - fanno gli scrittoriquando sobbalzano con la tavola per unurto del ginocchio.

D'untratto Krasnuchin si raddrizzaposa la penna e tende l'orecchio...Egli sente un sussurro egualemonotono... Nella stanza attigual'inquilinoFomà Nikolàievic'sta pregando Iddio.

-Sentite! - grida Krasnuchin. - Non vorreste pregare un po' piùpiano? M'impedite di scrivere!

-Scusate... - risponde timidamente Fomà Nikolàievic'.

-Ssst!

Riempitedi scrittura cinque paginetteKrasnuchin si stira e guardal'orologio.

-Diogià le tre! - geme. - La gente dormee io solo devolavorare!

Rottospossatochinata la testa di fiancova in cameradesta la moglie edice con voce languida:

-Nadiadammi ancora del tè! Io... sono affranto!

Scrivefino alle quattroe scriverebbe volentieri fino alle seise nonfosse esaurito il tema. Civettare e posare davanti a se stessodavanti agli oggetti inanimatilungi da un occhio osservatoreindiscretodispotismo e tirannia sul piccolo formicaio dalla sortegettato sotto il suo dominio formano il sale e il miele della suaesistenza. E come questo despota quiin casaè dissimile daquel piccolo omino umiliatoprivo di favellaincapaceche siamoavvezzi a veder nelle redazioni!

-Son così spossato che difficilmente prenderò sonno... -egli dicecoricandosi. - Il nostro lavoroquesto lavoro maledettoingratoda galeraestenua non tanto il corpo quanto l'anima...Dovrei prender del bromuro... Ohvede Iddiose non fosse lafamigliasmetterei questo lavoro... Scrivere su ordinazione! E'tremendo! Egli dorme fino alle dodicio fino all'una del pomeriggiodorme sodo e profondamente... Ahcome ancora dormirebbeche sognifarebbecome si scapriccerebbese diventasse uno scrittore notoredattoreo magari editore!

-Ha scritto tutta la notte! - bisbiglia la mogliefacendo un visospaventato. - Ssst!

Nessunoardisce né parlarené camminarené far rumore.Il suo sonno è cosa sacrala cui profanazione il colpevolepagherebbe cara!

-Ssst! - aleggia nell'appartamento. - Ssst!




NOTE:


1)Nell'"Amleto" di Shakespeare.

2)Ofelia.

3)Celebre critico e pubblicista russo (1812-1848).




LAVENDETTA


LevSavvic' Turmanovun cittadino qualunqueche aveva un capitalucciouna moglie giovane e una dignitosa calviziegiocavain occasioned'un onomasticoda un amico al "vint" (1). Dopo una buonaperditaquando fu colto dal sudoresi rammentò d'un trattoche da un pezzo non beveva vodka. Alzatosiin punta di piedidondolandosi gravementeavanzò fra le tavoleattraversòil salottodove ballava la gioventù (qui egli sorriseindulgente e batté paternamente sulla spalla a un giovaneesile farmacista)dopo di che sgusciò per un piccolo uscioche metteva alla stanza di ristoro. Lìsu un tavolinorotondostavan bottigliecaraffe con vodka... Accanto ad essefraaltri antipastiverdeggiante di cipolline e prezzemologiaceva inun piatto un'aringa ormai mezzo mangiata. Lev Savvic' si mescéun bicchierinomosse in aria le ditacome accingendosi a fare undiscorsobevve e fece un viso sofferentepoi conficcò unaforchetta nell'aringa e... Ma allora di là dalla parete siudirono voci.

-D'accordod'accordo... - diceva arditamente una voce femminile.

-Solamentequando sarà?

«Miamoglie»riconobbe Lev Savvic'. «Con chi è?».

-Quando vuoiamica mia... - rispose dietro la parete una pienapastosa voce di basso. - Oggi non è del tutto agevoledomanisono occupato tutt'il santo giorno...

«E'Degtiariòv!»riconobbe Turmanov nel basso uno dei suoiamici.

«AnchetuBrutoci sei! (2) Possibile che abbia agganciato anche lui? Mache donna insaziabileturbolenta! Non può vivere un giornosenza romanzetto!».

-Sìdomani sono occupato- continuò il basso. - Sevuoiscrivimi domani qualcosa... Sarò contento e felice...Solo che dovremmo regolare la nostra corrispondenza. Bisognaescogitare un qualche trucco. Spedire per posta non è puntocomodo. Se io ti scrivoil tuo gallinaccio può intercettarela lettera dal postino; se tu scrivi a mela mia metàriceverà me assente e sicuramente dissuggellerà.

-Come fare dunque?

-Bisogna idear qualche trucco. Per mezzo della servitù del parinon si può inviareperché il tuo Sobàkevic' (3)di certo tiene con pugno di ferro cameriera e domestico... O che acarte ci giuoca?

-Sì. Perde eternamenteil babbeo!

-Vuol dire che ha fortuna in amore! - rise Degtiariòv. - Eccomammettache giochetto ho escogitato... Domanialle sei di sera inpunto iotornando dall'ufficiopasserò per il giardinocomunaledove ho da incontrarmi col custode. Allora ecco tuanimamiacerca assolutamente per le seinon più tardidi deporreun bigliettino in quel vaso di marmo chesapraisi trova a sinistradella pergola di vite...

-Soso...

-Ciò riuscirà poeticoe misteriosoe nuovo... Non losaprà né il tuo pancionené la fedel consorte.Hai capito?

LevSavvic' bevve ancora un bicchierino e si avviò alla tavola dagiuoco. La scopertache proprio allora aveva fattonon l'avevacolpitoné meravigliatoné punto indignato. Il tempoch'egli s'indignavafaceva scenatelitigava e perfino veniva allemaniera passato ormai da un pezzo; aveva lasciato correre e orachiudeva gli occhi sui romanzetti della sua volubile consorte. Matuttavia gli dispiacque. Espressioni come gallinaccioSobàkevic'pancioneecceteraavevano ferito il suo amor proprio.

«Mache canagliaperòquesto Degtiariòv!»pensavasegnando i meno.

«Quandolo s'incontra per viasi finge un così caro amicomette invista in dentie fa lisciatine sul ventree oraguarda un po'chescherzi ti combina! In faccia ti tratta d'amicoe di dietro per luisono un gallinaccio e un pancione...». Quanto più eglisprofondava nei suoi sgraditi menotanto più grave si facevail senso dell'offesa...

«Sbarbatello...»pensavaspezzando stizzosamente il gessetto.

«Ragazzaccio...Non ho voglia solo d'impicciarmise no ti farei veder io ilSobàkevic'!».

Acena non poté veder con indifferenza la fisonomia diDegtiariòve quellocome appostanon finiva d'importunarlocon le domande: aveva vinto? perché era così triste? ecosì via. E aveva perfin la faccia tostain base ai dirittidella buona conoscenzadi riprendere ad alta voce la consorte diluiperché poco si curava della salute del marito. E laconsortecome nulla fosseguardava il marito con gli occhiettilanguidirideva allegra e ciarlava innocentementetalché ildiavolo in persona non l'avrebbe sospettata d'infedeltà.

Tornatoa casaLev Savvic' si sentiva rabbioso e malcontento come seinvecedi vitellaavesse mangiato a cena una vecchia soprascarpa. Sisarebbe forse vinto e avrebbe dimenticatoma il cicaleccio dellaconsorte e i suoi sorrisi a ogni secondo gli rammentavano ilgallinacciol'ocail pancione...

«Consumarglile guance a schiaffi dovreial mascalzone... »pensava.

«Bistrattarloin pubblico».

Epensava che sarebbe stato beneorapicchiare Degtiariòvsparargli in duellocome a un passero... sbalzarlo dall'impiegooporre nel vaso di marmo qualcosa di sconciodi puzzolente: un topomortoper esempio... Non sarebbe stato male sottrarreanticipatamente la lettera della moglie dal vasoe in sua vecemettere qualche versetto scabroso con la firma «La tua Akulka»o qualcosa del genere.

Alungo Turmanov camminò per la camera e si dilettò insimili fantasie. D'un tratto si fermò e si batté infronte.

-Ho trovatobravo! - esclamòe addirittura raggiò dicontentezza.

-Ciò riuscirà a meraviglia! A me-eraviglia!

Quandosi fu addormentata la sua consorteegli sedette a tavola edopolungo esitarealterando la propria scrittura e inventando errori digrammaticascrisse quel che segue: «Al mercante Dulinov.Egregio signore! Se alle sei di sera di quest'oggi 12 settembre nelvaso di marmoche trovassi nel giardino comunale a manca del capannodi vitenon staranno messi da voi duecento rublisarete ucciso e lavostra bottega di mercerie salterà in aria». Dopo averscritto una tal letteraLev Savvic' balzò dall'entusiasmo.

-Com'è pensataeh? - mormoravafregandosi le mani. -Splendido!

Migliorvendetta satana stesso non l'inventerà! Naturalmente ilmercantone avrà paura e subito riferirà alla poliziaela polizia si apposterà verso le sei nei cespugliel'acciufferàil colombelloquando si farà avanti perla lettera!... Sì che si prenderà paura!

Mentrela faccenda si chiariràavrà il tempola canagliadipassarne a iosae di star dentro a sazietà... Bravo!

LevSavvic' appiccicò il francobollo alla lettera e la recòegli stesso alla cassetta postale. Si addormentò col piùbeato sorriso e dormì soavemente come da un pezzo non dormiva.Destatosi la mattina e rammentando la sua trovatacanticchiòallegro in sordina e prese perfin la moglie infedele per la bazzetta.Avviandosi all'ufficioe poi seduto in cancellerianon fece chesorridere e immaginarsi lo sgomento di Degtiariòvquandosarebbe caduto nel tranello...

Dopole cinque non resse più e corse nel giardino comunalepercontemplare coi suoi occhi la disperata situazione del nemico.

«Aah!»fece entro di séincontrando una guardia.

Giuntoal capanno di vitesedette sotto un cespuglio epuntando glisguardi bramosi sul vasoprese ad aspettare. La sua impazienza nonaveva limiti.

Allesei precise spuntò Degtiariòv. Il giovanotto eraaquanto parevadel più eccellente umore. La sua tuba posavaarditamente sulla nuca e dal suo cappotto aperto sembravaocchieggiasseinsieme col cappottol'anima stessa. Eglifischiettava e fumava un sigaro...

«Eccoora imparerai a conoscere il gallinaccio e il Sobàkevic'!».

gioìmaligno Turmanov. «Aspetta!».

Degtiariòvs'accostò al vaso e vi cacciò pigramente una mano...Lev Savvic' si sollevò e gli piantò gli occhiaddosso... Il giovanotto trasse fuori dal vaso un piccolo piegologuardò da tutte le parti e alzò le spallepoiirresolutolo dissuggellòtornò ad alzar le spalle egli si dipinse in viso un'estrema perplessità; nel piegov'erano due biglietti iridati (4)!

Alungo Degtiariòv esaminò questi biglietti. Alla finesenza smettere di stringersi nelle spalleli ficcò in tasca epronunciò: «Merci!».

L'infeliceLev Savvic' udì questo «Merci». L'intera seratadipoi stette di fronte alla bottega di Dulinovminacciando l'insegnacol pugno e borbottando indignato:

-Vvvigliacco! Mercantuccio! Spregevole Kit Kitic' (5)! Vvvigliacco!

Leprepanciuta!...




NOTE:


1)Specie di "Whist"che si giuoca in quattro.

2)Allusione alle ultime parole di Cesare - «Tu coqueBrutefilimi?» (anche tuBrutofiglio mio?)-nel vedere fra i congiuratiche lo colpivano il figlio Marco Bruto (secondo altriDecimo BrutoAlbino. da Cesare amato come un figlio).

3)Forma patronimica burlesca che significa: figlio di cane.

4)Cioè da cento rubli: i biglietti di banca russi sidistinguevano e s'indicavanonell'uso comunesecondo il colore(rossiazzurrigrigiiridati eccetera)in relazione col lorovalore.

5)Altra forma patronimica ingiuriosa. Letteralmente: Balena (figlio) diBalena.




LINGUALUNGA


NataliaMichàilovnauna giovane daminagiunta la mattina da Jaltapranzava emenando instancabilmente la linguanarrava al maritoquali fossero gl'incanti della Crimea. Il maritoallietatoguardavacon intenerimento il viso rapito di leiascoltava e ogni tantofaceva domande...

-Madiconola vita laggiù è insolitamente cara? -domandò egli fra l'altro.

-Come dirti? Secondo meil caro dei prezzi l'hanno esageratobabbino. Il diavolo non è così brutto come lo sidipinge. Ioper esempiocon Julia Petrovna avevo una camera comodae decorosa per venti rubli al giorno. Tuttoamico mio bellodipendedal saper vivere. Certose ti vien voglia di andartene da qualcheparte in montagna... per esempiosull'Ai-Petri... prenderai cavalloguida:

be'alloracertoè caro. Tremendamente caro! MaVàssickache mo- onti ci son là! Figurati delle montagne alte altemille volte più della chiesa... In cima nebbianebbianebbia... In basso enormissime pietrepietrepietre... E pini...Ahnon posso rammentare!

-A proposito... in tua assenza qui in non so che rivista lessi dicerte guide tartare di laggiù... Schifezze tali! Chesono inrealtà una qualche gente speciale?

NataliaMichàilovna fece una smorfia sprezzante e crollò ilcapo.

-Comuni tartarinulla di speciale... - disse. - Del resto io li vidida lontanodi sfuggita... Me li indicavano ma non vi feci caso.

Iobabbinoho sempre nutrito una prevenzione contro tutti queicircassigreci... mori!

-Dongiovanni terribilidicono.

-Può essere! Ci son donne indegne che...

NataliaMichàilovna d'un tratto saltò sucome se si fossericordata d'alcunché di terribileguardò per mezzominuto il marito con occhi spaventati e dissestrascicando ogniparola:

-Vàssic'kati dirò che im-mo-ra-li ci sono! Ahcheimmorali! Non giàsaidonne semplicio di mezza taccamaaristocratichequeste spocchiose d'alto bordo! Un orroresemplicementeio non credevo ai miei occhi! Sarò morta e nonl'avrò scordato! Viaci si può forse lasciar andare alpunto di... AhVàssic'kaaddirittura non voglio parlare!Prendiamo anche solo la mia compagna di viaggio Julia Petrovna... Unmarito così buonodue bambini... appartiene a gente ammodosi dà sempre arie di santae d'un trattopuoi figurarti...

Solobabbinoquestocertamente"entre nous" (1)... Dai laparola d'onore che non lo dirai a nessuno?

-Viaecco quel che vai ancora a pensare! Si capiscenon lo dirò.

-Parola d'onore? Bada bene! Io ti credo...

Ladamina posò la forchettadiede al suo viso un'espressionemisteriosa e bisbigliò:

-Figurati una cosa così... Si recò questa Julia inmontagna... Faceva un tempo meraviglioso! Davanti va lei con la suaguidaun po' indietroio. Avevamo fatto tre o quattro verste (2)d'un trattocapisciVàssic'kaJulia manda un grido e siporta la mano al petto.

Ilsuo tartaro la prende per la vita altrimenti sarebbe caduta disella... Io con la mia guida mi accosto a lei... Che cos'è? Diche si tratta? «Oh»grida«muoio! Mi sento male!Non posso proseguire!».

Figuratiil mio spavento! «Allora»dico«andiamoceneindietro!».

«No»dice«Natalienon posso venire indietro! Se faccio un solpasso ancoramuoio dal dolore! Ho degli spasimi!». E pregascongiuraper amor di Diome e il mio Suleiman perchétorniamo in città e le portiamo delle gocce di Bestuzevche alei giovano.

-Ferma... Io non ti capisco del tutto... - borbottò il maritograttandosi la fronte. - Prima hai detto d'aver visto quei tartarisolo da lontanoe ora vai raccontando di un certo Suleiman.

-Su viati attacchi di nuovo a una parola! - si accigliò ladaminasenza punto scomporsi. - Non posso soffrir la diffidenza!

Nonposso soffrirla! E' sciocco e poi sciocco!

-Io non m'attaccoma... perché dire il falso? Hai scavallatocoi tartaribe'così siaDio t'assistama... perchétergiversare?

-Uhm!... come sei strano: - s'indignò la damina. - E' gelosod'un Suleiman! Immagino come te n'andresti tu in montagna senzaguida!

Immagino!Se non conosci la vita di laggiùse non capiscifarai meglioa tacere. Taci e taci! Senza guida là non si può fareun passo.

-Lo credo bene!

-Di graziasenza codesti sorrisi sciocchi! Per tua normanon sonouna Julia qualunque... Io non la giustificoma io..; psss! Sebbenenon mi atteggi a santanon mi son però ancor lasciata andarea tanto.

Conme Suleiman non usciva dai limiti... No-o! Mametkul se ne stava tuttoil tempo da Juliama da meappena scoccavan le undicisubito:

«Suleimanmarsc! Andatevene!». E il mio sciocco tartarello se ne va.

Lotenevobabbinocon pugno di ferro... Appena si metteva a brontolarecirca i quattrini o altroio subito: «Co-ome? coosa? Checo-o-osa?». E a lui veniva il sudor freddo... Ahah-ah'... GliocchicapisciVàssic'kaneri nericome il ca-arboneunmusetto da tartarocosì scioccobuffo... Ecco io come lotenevo! Ecco!

-Immagino... - mugolò il consortearrotolando palline di pane.

«scioccoVàssic'ka! So bene quali pensieri hai! So quel che pensi...

Mati assicurocon me anche durante le gite non usciva dai limiti.

Peresempioandassimo in montagnaoppure alla cascata di U-cian-Susempre gli dicevo: «Suleimanvenire dietro! Su!». E luisempre veniva dietropoveraccio... Perfino durante... nei siti piùpatetici gli dicevo: «E tuttavia non devi scordare che tu seisolo un tartaroe io son la moglie d'un consigliere di Stato!».Ah-ah...


Ladamina scoppia a riderepoi si guardò rapidamente attorno efacendo un viso spaventatobisbigliò:

-Ma Julia! Ahquella Julia! Io capiscoVàssic'kaperchénon folleggiare un po'non riposare dalla vacuità della vitamondana?

Tuttoquesto si può... folleggiafammi il piacerenessuno tibiasimeràma prender ciò sul seriofar delle scene...nocome vuoiquesto non lo capisco! Immaginaera gelosa! Vianonè sciocco? Una volta viene da lei Mametkulla sua passione...Lei non era in casa...

Ebbeneio lo invitai a entrar da me... cominciaron discorsie questo equello... costorosaisono spassosissimi! Inavvertitamente cosìpassammo la sera... D'un tratto entra di volo Julia... Si scagliacontro di mecontro Mametkul... ci fa una scenata... oibò!Questo non lo capiscoVàssic'ka...

Vàssic'kabofonchiòsi accigliò e prese a camminar per lastanza.

-Ve la passavate allegramente laggiùnon c'è che dire!- brontolòsorridendo nauseato.

-Be'com'è scio-occo questo! - si offese Natalia Michàilovna.-Io lo soa che cosa pensi! Tu hai sempre dei pensieri cosìdisgustosi!

Nonti racconterò proprio nulla. Non ti racconterò!

Ladamina imbroncì e tacque.




NOTE:


1)Tra noi.

2)La versta corrisponde a chilometri 1067.




NERVI


DmitriOssipovic' Vaksinarchitettoritornò dalla città allasua villetta sotto l'impressione fresca della seduta spiritica dapoco trascorsa. Svestendosi e coricandosi sul suo letto solitario(madama Vaksin era partita per la Trinità) (1)Vaksin preseinvolontariamente a riandare tutto ciò che aveva udito evisto. Una sedutaa dirla propriamentenon c'era statae la seraera passata solo in conversazioni paurose. Una signorina di punto inbianco s'era messa a parlare di divinazione del pensiero. Dalpensiero insensibilmente eran passati agli spiritidagli spiritialle apparizionidalle apparizioni ai sepolti vivi... Un signore eaveva letto il pauroso racconto di un morto che s'era rigirato nellabara. Lo stesso Vaksin aveva chiesto un piattino e aveva mostratoalle signorine come bisogna discorrere con gli spiriti. Avevaevocatotra l'altroil proprio zio Klavdi Mirònovic' ementalmente gli aveva domandato: «Non sarebbe tempo per med'intestar la casa al nome della moglie?»al che lo zio avevarisposto: «A tempo opportuno tutto è bene».

«Moltov'è di misterioso e di... pauroso in natura... »meditava Vaksinstendendosi sotto la coperta. «Non fanno paurai mortima questa incertezza... ».

Scoccòl'una di notte. Vaksin si girò sull'altro fianco e sbirciòdi sotto la coperta la fiammella azzurra del lumino. La luce guizzavae a stento rischiarava la vetrinetta delle icone e un gran ritrattodello zio Klavdi Mironic' appeso di fronte al letto.

«Echese in questa semioscurità apparisse ora l'ombra dellozio?»balenò nella testa di Vaksin. «Noèimpossibile!».

Leapparizioni sono un pregiudiziofrutto d'intelletti immaturimanondimenoVaksin si tirò pur sempre sulla testa la coperta echiuse più stretti gli occhi. Nella sua immaginazione baluginòil cadavere rigiratosi nella barapassarono le immagini della mortaziad'un camerata impiccatosid'una ragazza annegata... Vaksinprese a scacciar dalla testa i pensieri tenebrosima piùenergicamente li scacciavapiù chiare si facevan le figure epiù paurosi i pensieri.

Eglisi sentì oppresso.

«Ildiavolo sa quel che è... Hai pauracome un piccolo... E'sciocco!».

«Cik...cik... cik»batteva dietro la parete l'orologio. Alla chiesadel villaggionel cimiteroil custode cominciò a sonare. Eraun rintocco lentolugubreche succhiava l'anima... Per la nuca e ildorso di Vaksin corse un freddo formicolio. Gli sembrò chesopra il suo capo qualcuno respirasse penosamentecome se lo ziofosse uscito dalla cornice e si fosse chinato sul nipote... Vaksin sisentì intollerabilmente oppresso. Dal terrore strinse i dentie trattenne il respiro. Infinequando dalla finestra aperta volòdentro un maggiolino e ronzò sopra il suo lettoegli nonresse e tirò disperatamente il campanello.

-Demetri Ossipic'"was wollen Sie" (2)? - si sentìdi lì a un minuto dietro l'uscio la voce della governante -Ahsiete voiRosalia Kàrlovna? - si allietò Vaksin. -Perché vi disturbate? Gavrila avrebbe potuto...

-Chavrila vui stessi l'hai lasciato andare in cittàe Glafiraè andata in qualche posto di prima sera... Non c'ènessuno in casa...

"Waswollen Sie doch" (3)?

-Io"màtuska" (4)ecco quel che volevo dire...Già... Ma entratenon state in soggezione! Da me èbuio...

Incamera entrò la grossa Rosalia Kàrlovna dalle guancerosse e si fermò in atteggiamento di attesa.

-Sedete"màtuska"... Vedeteecco di che sitratta... - «Che cosa domandarle?»pensò Vaksinguardando di traverso il ritratto dello zio e sentendo come la suaanima gradatamente si avviava a uno stato di calma. - Ioa dirpropriamenteecco di che cosa volevo pregarvi... Quando domanil'uomo andrà in cittànon dimenticate di ordinargliche... già..passi a comprar dei cannellini per sigarette...Ma sedete!

-Dei cannellini? Bene! "Was wollen Sie noch" (5)?

-"Ich will" (6)... Io non "will" nullama... Masedete! Io penserò ancora che altro...

-E' sconveniente per ragazza restare in camera d'uomo... Vuiio vedo.Demetri Ossipic'siete un birichino... un burlone... Io capito...Non si desta persona per cannellini... Io capito...

RosaliaKàrlovna si volse e uscì. Vaksincalmato alquanto dalcolloquio con lei e vergognoso della propria pusillanimitàsitirò sul capo la coperta e chiuse gli occhi. Per un dieciminuti si sentì passabilmentema poi nella sua testatornarono a insinuarsi le stesse assurdità... Egli sputòcercò a tastoni i fiammiferi esenz'aprir gli occhiaccesela candela. Ma anche la luce non giovò.

All'impauritaimmaginazione di Vaksin pareva che da un angolo qualcuno guardasse eche gli occhi dello zio ammiccassero.

-La chiamerò di nuovoche il diavolo la porti... - decise. -Le dirò che sono malato... Chiederò delle gocce.

Vaksinsonò. Non seguì risposta. Sonò ancora una voltaecome in risposta alla sua scampanellataricominciarono irintocchi al cimitero. Colto da terroretutto freddoegli corse arotta di collo fuori della camera esegnandosidandosi delpusillanimevolò a piedi scalzi e con la sola biancheriaindosso verso la stanza della governante.

-Rosalia Kàrlovna!-prese a dire con voce tremante bussandoall'uscio. - Rosalia Kàrlovna! Voi... dormite? Io... già...sono malato... Delle gocce!

Nonseguì risposta. Intorno regnava il silenzio...

-Vi prego... capite? Prego! E a che pro codesta... meticolositànon capiscoin particolarese un uomo... è malato? Comesiete delicata e smancerosa peròdavvero! Coi vostri anni...

-Io a vostra moglia dicerò... Non lascia in pacie unafigliol'onest... Quando vivio dal baron Antsig e il baron volse venirda me per fiammiforiio capito... io subito capitoqualifiammiforie detto al baroness... Io son figliol'onest...

-Ahche diavolo me ne faccio io della vostra onestà? Io sonomalato... e chiedo delle gocce. Capite? Sono malato!

-Vostra moglie è donna buonaoneste voi dovete amarla! Ja(7)! Lei è nobil! Io non desidera esser sua nemico!

-Una sciocca sieteecco tutto! Capite? Una sciocca!

Vaksinsi appoggiò all'architraveincrociò le braccia e presead aspettare che gli passasse la paura. Di rientrar nella sua stanzadove guizzava il lumino e guardava da una cornice lo ziettonon glibastavan le forzestarsene all'uscio della governante in solabiancheria era per ogni verso inopportuno. Che si doveva fare?

Batteronle due e la paura tuttora non passava e non diminuiva. Nel corridoioera scuro e da ogni angolo guardava qualcosa di scuro.

Vaksinsi girò col viso all'architravema subito gli parve chequalcuno l'avesse leggermente tirato di dietro per la camicia etoccato nella spalla...

-Che il diavolo ti sbrani... Rosalia Kàrlovna!

Nonseguì risposta. Vaksinirresolutoaprì l'uscio egettò un'occhiata nella stanza. La virtuosa tedesca dormivaplacidamente. Un piccolo lumino da notte rischiarava le prominenzedel suo corpo sodospirante salute. Vaksin entrò nella camerae sedette su un baule di vimini che stava accanto all'uscio. Inpresenza di un essere dormentema vivosi sentì piùsollevato.

«Sela dorma purela tedescotta... » pensava. «Staròvicino a leie quando farà giornouscirò... Adesso...si fa chiaro presto».

Inattesa dell'albaVaksin si rannicchiò sul baulepose unbraccio sotto il capo e si mise a pensare.

«Chesignificano i nerviperò! Un uomo evolutopensanteeintanto... il diavolo sa che cosa! Fa perfin vergogna...».

Benprestoascoltando il quietoritmico respiro di Rosalia Kàrlovnaegli si calmò del tutto...

Allesei di mattina la moglie di Vaksintornata dalla Trinità enon avendo trovato il marito in cameraandò dalla governantea chiederle degli spiccioli per pagare il vetturino. Entrando dallatedescaella vide questo quadro: sul lettotutta spampanata dalcaldodormiva Rosalia Kàrlovnae a una tesa da leisulbaule di viminipiegato a ciambellarussava quieto nel sonno delgiusto suo marito. Egli era scalzo e in sola biancheria. Quel chedisse la mogliee come fosse sciocca la fisonomia del maritoquand'egli si destòlo lascio raffigurare ad altri. Iogiàimpotente a farlodepongo le armi.




NOTE:


1)A sessanta chilometri da Mosca: uno dei due più celebri egrandiosi conventi russi (Paltro era a Kiev). Fondato da San Serionel 1340 comprendeva tredici chieseun'accademia religiosaunascuoia di pittura sacra ecceteraed era meta di continuipellegrinaggi.

2)Che cosa vuole? (in tedesco).

3)Che cosa vuole dunque?

4)Mammina: espressione di rispettosa e familiare cortesiadi usofrequente nel dialogo russo con donna di qualsiasi età.

5)Che cosa vuole ancora?

6)Io voglio...

7)Sì.




LOSPECCHIO CURVO

(RACCONTODI NATALE)


Ioe mia moglie entrammo in salotto. Vi odorava di muffa e d'umidità.

Milionidi ratti e di sorci si precipitarono da tutte le partiquando noirischiarammo i muri che non avevan visto la luce durante tutt'unsecolo. Quando chiudemmo l'uscio dietro di noisoffiò unafolata e smosse la carta giacente a mucchi negli angoli. La lucecadde su questa carta e noi scorgemmo caratteri antichi e figurazionimedievali. Alle pareti inverdite dal tempo pendevano ritratti diantenati. Gli antenati guardavano altezzosiarcignicome sevolessero dire:

-Frustarti si dovrebbefratellino!

Inostri passi risonavano per tutta la casa. Alla mia tosse rispondevaun'ecola stessa eco che un tempo aveva risposto ai miei antenati...

Eil vento urlava e gemeva. Nella canna del camino qualcuno piangevaein questo pianto si sentiva la disperazione. Grosse gocce di pioggiapicchiavano sulle scure finestre opachee il loro picchiare davaangoscia.

-Ohantenatiantenati! - diss'iosospirando significativamente.

-Se fossi scrittoremirando i loro ritratti scriverei un lungoromanzo. Ché ciascuno di questi vegliardi fu giovane un dìe ciascunoo ciascunaebbe un romanzo... e che romanzo! Guardaperesempioquesta vecchinamia bisavola. Vedi- domandai a miamoglie- vedi tu lo specchio che pende là nell'angolo?

Eadditai a mia moglie un grande specchio in bronzea guarnitura neraappeso in un angolo accanto al ritratto della mia bisavola.

-Questo specchio possiede proprietà magiche: esso causòla rovina della mia bisavola. Lo aveva pagato una somma enorme e nonse ne separò fin proprio alla morte. Vi si guardava i giorni ele nottisenza posa vi si guardava perfin quando beveva e mangiava.Nei coricarsiogni volta lo metteva con sé in letto emorendo pregò di deporlo con lei nella bara. Non soddisfeceroii suo desiderio solo perché lo specchio non capiva nelferetro.

-Era civetta? - domandò mia moglie.

-Supponiamo. Ma non aveva forse altri specchi? Perché amòtalmente proprio questo specchioe non un altro qualsiasi? E forsenon aveva specchi migliori? Nolìcara miasi cela unqualche tremendo mistero. Non può essere altrimenti. Latradizione dice che nello specchio risiede il diavolo e che labisavola aveva un debole per i diavoli. Certoè un'assurditàma è indubbio che lo specchio in guarnitura di bronzo possiedeuna forza misteriosa.

Ioscossi dallo specchio la polverevi guardai e diedi in una risata.

Almio riso rispose sordamente l'eco. Lo specchio era curvo e contorcevala mia fisonomia da tutte le parti: il naso venne a trovarsi sullaguancia sinistrae il mento si sdoppiò e si cacciò daun lato.

-Strano gusto quello della mia bisavola! - dissi.

Lamoglie si accostò irresoluta allo specchiovi guardòdentro ella puree subito accadde qualcosa di terribile. Ellaimpallidìtremò in tutte le membra e mandò ungrido. Il candeliere le cadde di manorotolò sul pavimento ela candela si spense. Ci avvolsero le tenebre.

Subitodopo intesi la caduta sull'impiantito d'alcunché di pesante:

miamoglie si era abbattuta priva di sensi.

Ilvento prese a gemere ancor più lamentosamentepresero acorrere i rattinelle carte frusciarono i sorci. I miei capelli sirizzarono e si mosseroquando da una finestra si staccòl'imposta e volò da basso. Nel vano della finestra si mostròla luna...

Ioafferrai mia mogliela cinsi e la portai fuori dalla dimora degliavi. Ella rinvenne solo la sera del giorno dopo.

-Lo specchio! Datemi lo specchio! - disseriavendosi. - Dov'èlo specchio?

Tutt'unasettimana dipoi ella non bevvenon mangiònon dormìe pregava di continuo che le portassero lo specchio. Singhiozzavasistrappava i capelli in caposi agitavae infinequando il dottoreebbe dichiarato ch'ella poteva morire di esaurimento e che il suostato era in sommo grado pericolosoiovincendo il mio terroreridiscesi giù e le recai di là lo specchio dellabisavola. Vedendoloella rise forte dalla felicitàpoi loafferròlo baciò e vi fissò gli occhi.

Edeccoson trascorsi ormai più di dieci annie lei tuttora siguarda nello specchio e non se ne stacca un solo istante.

-Possibile che questa sia io? - bisbigliae sul suo viso insieme colrossoresi accende un'espressione di beatitudine e d'estasi. - Sìson io! Tutto mentiscefuorché questo specchio! Mentisconogli uominimentisce il marito! Ohse mi fossi vista primaseavessi saputo quale sono realmentenon avrei sposato quest'uomo!Egli non è degno di me! Ai miei piedi devon giacere icavalieri più bellipiù nobili!...

Ungiornostando dietro a mia moglieguardai inavvertitamente nellospecchioe scoprii il terribile segreto. Nello specchio scorsi unadonna di accecante bellezzaquale mai ho incontrato nella vita. Eraun prodigio della naturaun'armonia di beltàdi eleganza ed'amore.

Madi che si trattava? Che cos'era accaduto? Perché mia mogliebruttasgraziatanello specchio pareva così bella? Perché?

Maperché lo specchio curvo aveva storto il brutto viso di miamoglie in tutti i sensie per tale spostamento dei suoi tratti essoera diventato casualmente bellissimo. Meno per meno dava più.

Eora noi dueio e mia mogliestiamo davanti allo specchio esenzastaccarcene un sol minutovi guardiamo dentro: il mio naso montasulla guancia sinistrail mento s'è sdoppiato e spostato dauna partema il volto di mia moglie è incantevolee unapassione furiosainsensata s'impadronisce di me.

-Ah-ah-ah! - sghignazzo io selvaggiamente.

Emia moglie bisbigliain modo appena percettibile:

-Come son bella!




ALCIMITERO


"Doveson adesso i suoi raggiri le sue calunniegli appiglileconcussioni?

Amleto.

-Signoris'è levato il ventoe già comincia a farbuio. Non faremmo bene ad andarcenementre siam sani e salvi?

Ilvento percorse il giallo fogliame delle vecchie betullee dallefoglie ci si rovesciò addosso una grandinata di grosse gocce.Uno dei nostri scivolò sul terreno argilloso eper noncaderesi afferrò a una gran croce grigia.

-«Consigliere onorario e cavaliere Jegòr Griaznorukov'...(1) » - egli lesse. - Io conoscevo questo signore... Amava lamoglieportava l'ordine di Stanislao (2)non leggeva nulla... Ilsuo stomaco digeriva puntualmente... Non era un bel vivere? Sembrache non si sarebbe dovuto morirema - ahimè! -il caso glifaceva la posta... Il poveraccio cadde vittima del suo spiritod'osservazione.

Ungiornostando a origliareebbe un tal colpo d'uscio in testa che sibuscò la commozione cerebrale (egli aveva un cervello) emorì... Ed eccosotto questo monumento giace un uomo che findalle fasce odiò i versigli epigrammi... Come per derisionetutto il suo monumento è screziato di versi... Sta venendoqualcuno!

Ciarrivò a pari un uomo con un cappotto liso e dalla facciarasapaonazza. Sotto l'ascella aveva una mezza bottigliadallatasca gli spuntava un cartoccio con salame.

-Dov'è qui la tomba dell'attore Muskin? - ci domandò convoce rauca.

Noilo conducemmo alla tomba dell'attore Muskinmorto un due anniaddietro.

-Sareste un impiegato? - gli domandammo.

-Signornòun attore... Oggidì un attore èdifficile distinguerlo da un impiegato concistoriale. Questo l'avetesicuramente osservato... E' caratteristicosebbene per unfunzionario non sia del tutto lusinghiero.

Astento trovammo la tomba dell'attore Muskin. Essa aveva cedutos'eraricoperta di loglio e aveva perduto la forma di una tomba... Lapiccola croce da buon prezzopiegata su un latoe coperta dimuschio verde annerito dal freddoaveva un'aria senilmente triste ecome malaticcia.

-«Al dimenticabile amico Muskin»... - leggemmo.

Iltempo aveva cancellato l'in e riparato all'umana menzogna.

-Attori e giornalisti raccolsero i soldi per fargli il monumento e...

seli bevveroi colombelli... - sospirò l'attoreinchinandosifino al suolo e sfiorando coi ginocchi e il berretto la terrabagnata.

-Cioècome se li bevvero?

-E' molto semplice. Raccolsero i quattrinilo stamparono sui giornalie se li bevvero... Ciò non per biasimo dicoma così..Buon pro vi facciaangeli! A voi buon proe a lui memoria eterna.

-Una bevuta fa mal proe un'eterna memoria non è cheafflizione. Ci conceda Iddio una memoria temporalee in quantoall'eternache farsene!

-Dite giusto. Era pure un uomo notoMuskindi ghirlande dietro alferetro ne portarono una decinae già l'hanno scordato! Chil'ebbe in grazia l'ha dimenticatoe quelli a cui fece del male loricordano.

Ioper esempionon lo scorderò nei secoli dei secoliperchétranne che malenulla mai vidi da lui. Non amo il defunto .

-Che male vi fece dunque?

-Un male grande- sospirò l'attoree sul suo viso si diffuseun'espressione di amara offesa. - Uno scellerato fu egli per meunbrigantesi abbia il regno dei cieli. Fu guardando lui eascoltandolo che mi feci attore. Egli m'attirò con la sua artefuor della casa paternam'incantò con le artistiche vanitàmolto promisee diede lacrime e dolori... Amara sorte quelladell'attore! Perdetti e gioventùe sobrietàel'immagine di Dio... Senza un soldo in tascacoi calcagni stortilafrangia e le pezze a scacchiera sui calzonil'effigie come morsicatadai cani... In capo libertà di pensiero e stoltezza... Mitolse anche la fedeil mio manigoldo! Pazienza se ci fosse statodell'ingegnoma così mi son rovinato per men d'unquattrino... Fa freddostimabili signori... Non ne vorreste? Bastaper tutti..Brrr... Beviamo al riposo dell'anima! Sebbene io nonl'amisebbene sia un mortopure io ho lui solo al mondosolo comeun dito. Mi vedo con lui l'ultima volta... I dottori han detto chepresto morirò dal beree alloraeccoson venuto a prendercommiato.

Bisognaperdonare ai nemici.

Lasciammol'attore a intrattenersi col morto Muskin e proseguimmo.

Cominciòa cadere una pioggerella fredda.

Allosvoltare nel viale principalecosparso di pietriscoincontrammo uncorteo funebre. Quattro portatori in cinture bianche di calicòe stivali fangosicon fogliame appiccicatoportavano una bara dicolor rossobruno. Si faceva buioed essi si affrettavanoinciampando e dondolando la barella...

-Passeggiamo qui da due ore appenae in nostra presenza è giàil terzo che portano... Se si andasse a casasignori?




NOTE:


1)Vale: dalle mani sporche.

2)L'ordine di Santo Stanislaofondato dal re di Polonia StanislaoAugusto Poniatowski e riconosciuto dallo zar Alessandro primo.




GLISTIVALI


L'accordatoredi pianoforti Murkinun uomo dal viso gialloil naso tabaccoso el'ovatta negli orecchiuscì dalla sua stanza nel corridoio econ voce tintinnante gridò:

-Semiòn! Cameriere!

Eguardando la sua faccia spaventatasi poteva pensare che gli fossecascato addosso l'intonacoo che in camera sua avesse visto alloraallora uno spettro.

-Di graziaSemiòn! - prese a gridarescorgendo il cameriereche accorreva da lui.-Che è ciò? Io sono un uomoreumaticoinfermiccioe tu mi costringi a uscire scalzo! Perchénon mi dai ancora gli stivali? Dove sono?

Semiònentrò nella camera di Murkinguardò nel posto dov'egliaveva l'abitudine di porre gli stivali ripulitie si grattòla nuca: gli stivali non c'erano.

-Dove potrebbero esserei maledetti? - disse Semiòn. - Inseratami sembrali pulii e li misi qui... Uhm!... Iericonfessoavevo bevuto un po'... E' da supporre che li abbia messi in un'altracamera. E' proprio cosìAfanassi Jegoric'in un'altracamera!

Stivalice n'è moltiein cimberlili distinguerà ildiavolose tu non hai la testa a segno... Devo averli messi dallasignora che alloggia qui accanto... dall'attrice...

-E ora per causa tua ho da andar dalla signora a disturbare! Eccomiper un'inezia a dover svegliare una brava donna!

Sospirandoe tossendoMurkin si accostò all'uscio della camera attigua ebussò cautamente.

-Chi è? - si sentì di lì a un minuto una vocefemminile.

-Sono io! - cominciò con voce querula Murkinmettendosi nellapositura d'un cavaliere che parli con una signora del gran mondo. -Scusate il disturbosignorama io sono un uomo malaticcioreumatico... A mesignorai dottori hanno ordinato di tenere ipiedi al caldotanto più che ora devo andar ad accordare unpianoforte dalla generalessa Scevelitsin. Non posso mica andarciscalzo!...

-Ma voi che volete? Che pianoforte?

-Non un pianofortesignorama riguardo agli stivali!

Quell'ignorantedi Semiòn ha pulito i miei stivali e per sbaglio li ha messinella vostra stanza. Siate così gentilesignoradatemi imiei stivali!

Siudì un fruscioun salto dal letto e un ciabattaredopo diche l'uscio si aprì un pocoe una paffuta manina di donnagettò ai piedi di Murkin un paio di stivali. L'accordatoreringraziò e si diresse in camera sua.

-E' strano... - mormoròcalzando uno stivale. - Si direbbe chenon è lo stivale destro. Ma qui ci son due stivali disinistra! Son tutt'e due sinistri! AscoltaSemiònma questinon sono i miei stivali! I miei stivali sono con tiranti rossi esenza toppee questi son certi così rottisenza tiranti!

Semiònsollevò gli stivalili rigirò più volte davantiai propri occhi e corrugò la fronte.

-Questi son gli stivali di Pavel Aleksandric'... - borbottòguardando di sbieco.

Egliera strabico dall'occhio sinistro.

-Che Pavel Aleksandric'?

-Un attore... viene qua ogni martedì... Dunque è luicheinvece dei suoiha calzato i vostri... Vuol dire che in camerada lei ho messo le due paia: i suoi e i vostri. Un bell'impiccio!

-Allora va' e cambiali!

-Salute! - sorrise Semiòn. - Va' e cambiali... E dove ho daprenderlo adesso? E' ormai un'ora ch'è uscito... Va' a cercareil vento nei campi!

-Ma dove abita?

-E chi lo sa? Viene qua ogni martedìma dove abiti noi non sisa.

Vienepernottae aspettalo fino a un altro martedì...

-Eccovediporcoquel che hai combinato! Ebbene che devo fareadesso? E' ora ch'io vada dalla generalessa Scevelitsinmaledettoche sei! I piedi mi si sono intirizziti!

-Cambiar di stivali non è cosa lunga. Calzate questi stivalicamminateci fino a serae stasera a teatro... Là domandatedell'attore Blistanov... Se a teatro non volete andaretoccheràaspettare quell'altro martedì. Solo i martedì vienequa...

-Ma perché mai ci son qui due stivali sinistri? - domandòl'accordatoreprendendo con schifiltà gli stivali.

-Come Dio li mandòcosì li porta. Per povertà...Dove potrebbe prenderlil'attore?.... «Ma gli stivali cheavete» dico«Pavel Aleksandric'! E' pura vergogna!»E lui dice: «Taci»dice«e impallidisci! Inquesti stessi stivali»dice«ho fatto le parti di contie principi!». Gente bizzarra! Artistain una parola. S'iofossi governatoreo una qualche autoritàprenderei tuttiquesti attorie via in prigione!

Gemendoe facendo smorfie senza fineMurkin calza a forza sulle propriegambe i due stivali sinistri ezoppicandosi avviò dallageneralessa Scevelitsin. L'intera giornata andò per la cittàaccordò pianofortie l'intera giornata gli parve che tutto ilmondo guardasse i suoi piedi e ci vedesse su degli stivali con letoppe e i tacchi storti! Oltre alle torture moraligli toccòsperimentare anche quelle fisiche: si buscò un callo.

Asera era in teatro. Davano "Barbablù" (1). Soloprima dell'ultimo attoe anche ciò grazie alla protezioned'un conoscente flautistalo lasciarono passare dietro le quinte.Entrato nel camerino degli uominivi trovò tutto il personalemaschile. Gli uni si travestivanoaltri si truccavanoi terzifumavano. Barbablù stava con re Bobeche (2) e gli mostrava unarivoltella.

-Comprala! - diceva Barbablù. - L'acquistai io stesso a Kurskd'occasione per ottoebbene te la lascerò per sei... Un tironotevole!

-Attenzione... E' carica!

-Potrei vedere il signor Blistanov? - domandò l'accordatorech'era entrato.

-Son proprio io! - si girò verso di lui Barbablù. -Checosa desiderate?

-Scusatesignoreil disturbo- cominciò l'accordatore convoce implorante.-macredete... io sono un uomo malaticcioreumatico... I dottori m'hanno ordinato di tenere i piedi caldi...

-Ma voipropriamente parlandoche desiderate?

-Vedete... - continuò l'accordatorerivolgendosi a Barbablù.- Già... questa notte voi siete stato nelle camere mobiliatedel mercante Buchteiev... al numero 64...

-Via che ciance sono? - sogghignò re Bobeche. - Al numero 64 ciabita mia moglie!

-Moglie? Molto piacere... - Murkin sorrise. - Lei propriola vostraconsortemi ha consegnato personalmente gli stivali del signore..Quando lui- l'accordatore indicò Blistanov- fu uscitodalla stanza di leiio mi accorsi dei miei stivali... dò unavocesapeteal camerieree il cameriere dice: «Ma iosignorei vostri stivali li ho messi al numero attiguo!». Persbaglioessendo in stato di ubriachezzaaveva messo al numero 64 imiei stivali e i vostri- si girò Murkin verso Blistanov-evoilasciandoeccola consorte del signoreavete calzato imiei...

-Ma voi che cosa andate dicendo?- proferì Blistanove siaccigliò. - O che siete venuto qui a far pettegolezzi?

-Nient'affatto! Dio mi guardi! Non mi avete capito.. Di che stoparlando io? Degli stivali! Avete pernottatonon è veroalnumero 64?

-Quando?

-Questa notte.

-E voi mi ci avete visto?

-Nonon vi ho visto- rispose Murkinin preda a vivo turbamentosedendo e cavandosi rapidamente gli stivali. - Io non vi ho vistomaeccola consorte di lui m'ha gettato fuori i vostri stivali...

Ciòinvece dei miei.

-Ma che diritto aveteegregio signoredi affermare simili cose? Nonparlo già di mema voi offendete una donnae per di piùin presenza di suo marito!

Dietrole quinte si levò un tremendo baccano. Re Bobecheil maritooffesod'un tratto s'imporporò e a tutta forza picchiòun pugno sulla tavolatalché nel camerino attiguo due attricisi sentirono male.

-E tu credi? - gli gridava Barbablù.-Tu credi a questomascalzone? O-oh! Lo ammazzo come un canevuoi? Lo vuoi? Ne faròuna bistecca! Lo frantumerò.

Etutti coloro che passeggiavan quella sera nel giardino comunalepresso il teatro estivo narrano ora d'aver visto come prima delquart'atto si precipitò dal teatro per il viale principale unuomo scalzo dal viso giallo e gli occhi pieni di sgomento. Lorincorreva un individuo vestito da Barbablù e con unarivoltella in mano. Quel che accadde ulteriormentenessuno vide. Sisa soltanto che Murkin dipoidopo aver fatto conoscenza conBlistanovper due settimane giacque malato e alle parole: «Iosono un uomo malaticcioreumatico»prese ad aggiungereancora: «Sono un uomo ferito...».




NOTE:


1)Opera buffa di Offenbachrappresentata la prima volta in Francia nel1866su tema tratto dalla celebre fiaba di Perrault.

2)Personaggio comico del teatro francesedopo essere stato un guittorealmente vissuto a Parigi sotto l'Impero e la Restaurazione edivenuto celebreil cui vero nome era Antoine Mardelard (oMandelard).




LAGIOIA


Eranle dodici di notte.

MitiaKuldaroveccitatoarruffatoentrò di volo nell'appartamentodei suoi genitori e percorse rapido tutte le stanze. I genitoris'eran già coricati. La sorella era a letto e finiva dileggere l'ultima pagina d'un romanzo. l fratellistudenti diginnasiodormivano.

-Di dove vieni? - si meravigliarono i genitori. - Ohnon domandate!Proprio non me l'aspettavo! Noproprio non me l'aspettavo! E'... èperfino inverosimile!

Mitiascoppiò a ridere e sedette in una poltronanon essendo ingrado di reggersi in piedi dalla felicità.

-E' inverosimile! Voi non potete figurarvi! Guardate!

Lasorella saltò giù dal letto egettatasi addosso lacopertasi avvicinò al fratello. Gli studenti ginnasiali sisvegliarono.

-Che cos'hai? Sei tutto convolto!

E'per la gioia mammina! Orasaimi conosce tutta la Russia! Tutta!

Primavoi soli sapevate che al mondo esiste il registratore di collegio (1)Dmitri Kuldarove ora tutta la Russia lo sa! Mammina! O Signore.Mitia balzò sucorse per tutte le stanze e tornò asedere.

-Ma che cos'è accaduto? Parla sensatamente!

Voivivete come bestie ferocinon leggete i giornalinon fatealcun'attenzione alla pubblicitàe nei giornali v'ètanto di notevole! Se accade qualcosasi sa subito tuttonulla sinasconde!

Comesono felice! OhSignore! Si sa bene che solo di uomini illustristampan nei giornalie qui senz'altro hanno stampato di me.

-Che dici? Dove?

Ilbabbo impallidì. La mamma lanciò uno sguardoall'immagine e si segnò. Gli studenti di ginnasio saltaronogiù ecom'eranoin sola camicia corta da nottesiaccostarono al loro fratello maggiore.

-Sissignore! Di me hanno stampato! Adesso tutta la Russia sa di me!

Voimammariponete questo giornale per ricordo! Leggeremo ogni tanto!Guardate!

Mitiacavò di tasca un numero di giornalelo porse al padre e puntòil dito su un posto segnato torno tornocon matita azzurra.

-Leggete!

Ilpadre inforcò gli occhiali.

-Leggete dunque!

Lamamma volse uno sguardo all'immagine e si segnò. Il babbotossì e cominciò a leggere:

-«Il 29 dicembrealle undici di serail registratore dicollegio Dmitri Kuldarov... ».

-Vedetevedete? Avanti!

-« ..il registratore di collegio Dmitri Kuldarovuscendodalla birreria sita in via Màlaia Brònnaianella casadi Kozichine trovandosi in stato d'ubriachezza... ».

-Ero io con Semiòn Petrovic'... Tutto fino alle minuzie èstato descritto! Continuate! Avanti! State a sentire!

-«... e trovandosi in stato d'ubriachezzascivolò ecadde sotto il cavallo d'un vetturino ivi di stazionecontadinodella borgata Durìkinadistretto di Jùchnovo IvanDrotov. Il cavallo spaventatodopo aver scavalcato Kuldarov etrascinato su di lui la slitta con dentro il mercante moscovita diseconda categoria Stepàn Lukovsi lanciò al galoppoper la viae venne fermato dai portieri. Kuldarovda principiotrovatosi privo di sensifu condotto alla sezione di polizia evisitato dal medico. L'urto ch'egli aveva ricevuto alla nuca... »- Fu contro la stangababbo. Avanti! Leggete avanti!

-«... ch'egli aveva ricevuto alla nuca fu giudicato lieve.

Dell'accadutofu redatto verbale. All'infortunato furon prestate le cure mediche...».

-Mi fecero bagnar la nuca con acqua fredda: Avete letto adesso? Eh?

Eccolì! Ora è andato per tutta la Russia! Date qua!

Mitiaafferrò il giornalelo ripiegò e se lo ficcò intasca.

-Corro dai Makarovlo mostrerò loro... Bisogna ancor farlovedere agli Ivànitskia Natalia Ivànovnaad AnissimVassilic'... Corro!

Addio!

Mitiasi mise il berretto con la coccarda etrionfantegiulivocorse instrada.




NOTE:


1)Era l'infimo grado (il quattordicesimo dall'alto) della vecchiagerarchia burocratica russa.




UNPORTIERE INTELLIGENTE


Inmezzo alla cucina stava il portiere Filìpp e faceva unsermone. Lo ascoltavano i camerieriil cocchieredue cameriereilcuocola cuoca e due ragazzi sguatterifigli carnali di lui. Ognimattina egli predicava qualcosa quella mattina poi oggetto del suodiscorso era la civiltà.

-E vivete voi tutti come un qualche popolo di porci-dicevatenendoin mano il berretto con la placca. - Ve ne state qui senza muovervidi casa efuorché ignoranzanon si vede in voi nessunincivilimento. Miska giuoca a damaMatriona schiaccia le nociNikifor mette in mostra i denti. Forse che ciò èintelligenza? Ciò non da intelligenza provienema dastoltezza. In voi non c'è punto attitudini intellettuali! Eperché?

-E' un fattoFilìpp Nikandric'- osservò il cuoco. -Si sache intelligenza c'è in noi? Da contadini. Forse chenoi comprendiamo?

-E perché in voi non ci sono attitudini intellettuali? -continuò il portiere. - Perché voi altri non avete unvero punto di vista. E libretti non ne leggetee in fatto discrittura non ci avete nessun concetto. Dovreste prendere unlibriccinostarvene seduti e leggere.

Sapreteleggerecredodecifrar lo stampato. EccotuMisciadovrestiprendere un libriccino e leggertelo. Profitto a te farebbee aglialtri piacere. E nei libretti ci si diffonde su tutti gli argomenti.Ci troverai circa l'esseree circa la divinitàcirca i paesidella terra. Quel che da ogni cosa si ricavacome si esprime ladiversa gente in tutte le lingue. E l'idolatria del pari. Di tuttonei libretti troveraipurché ne abbia voglia. Lui invece sene sta accanto alla stufaa pacchiare e bere. Tal quale come bestieinsensate! Oibò!

-E' ora per voiNikandric'di montar di guardia- osservò lacuoca.

-Lo so. Non è affar tuo farmelo presente. Eccoa mo'd'esempiodiremoprendiamo non fosse che me. Qual è la miaoccupazionecon la mia tarda età? Con che soddisfare l'animamia? Non v'ha meglio d'un librettoo della gazzetta. Oraeccoandrò a montar di guardia.

Passeròun tre ore al portone. E voi credete che starò a sbadigliareo a spacciar frottole con le donnette? No-onon son di quelli!

Prenderòmeco un libriccinomi metterò seduto e me lo leggerò amio bel piacere. Ecco come.

Filìpptirò fuori da un armadio un libretto frusto e se lo ficcòin seno.

-Eccolala mia occupazione. Ci son avvezzo dall'infanzia. Lo studio èlucel'ignoranza è tenebra: l'avete intesoimmagino? Eccolì...

Filìppmise il berrettofece un raschio eborbottandouscì dallacucina. Varcò il portonesedette sulla panchina e si fecescuro come un nuvolone.

-Quelli non son gentema porci mangiaminestre-brontolòpensando tuttora alla popolazione della cucina.

Acquetatosicavò fuori il librettosospirò gravemente e si applicòalla lettura.

-«E' scritto che meglio non occorre»pensòdopoaver letto la prima pagina e storto il capo. «Ne dàsaggezzail Signore!».

Eraun bel volumettod'un'edizione moscovita: "La coltura deirizocarpi. Occorre a noi il navone?" Lette le prime due pagineil portiere scosse significativamente il capo e tossicchiò:

-E' scritto giusto!

Lettauna terza paginettaFilìpp si fece meditabondo. Aveva vogliadi pensare all'istruzione echi sa perchéai francesi. Latesta gli si abbandonò sul pettoi gomiti si appoggiarono aiginocchi. Gli occhi si socchiusero.

EFilìpp fece un sogno. Tuttoegli vedevaera cambiato: lastessa terrale medesime caseil portone di primama la gente nonera più quella affatto. Tutta gente saggianeppure unoscioccoe per le vie camminano sempre francesi e poi francesi. Unportatore d'acquaanche lui ragiona: «Ioconfessoson moltoscontento del clima e voglio guardare il termometro»e luistesso ha in mano un grosso libro.

-E tu leggi il calendario- gli dice Filìpp.

Lacuoca è stupidama anche lei si mischia alle conversazionisensate e v'inserisce le proprie osservazioni. Filìpp va insezione per registrare i clientiestranoperfino in questo luogosevero non parlano che di cose intelligenti e dappertutto sulletavole ci son dei libretti. Ed eccoqualcuno s'accosta al cameriereMiscialo urta e grida: «Tu dormi? A te domando: dormi?».

-Di guardia dormibabbeo? -ode Filìpp la voce tonante diqualcuno. - Dormifarabuttobestione?

Filìppsaltò su e si fregò gli occhi; davanti a lui stava ilvicecommissario di sezione.

-Eh? Dormi? Ti multeròfurfante! Ti farò veder io comesi dorme di guardiabrrutto muso!

Dilì a due ore chiamarono il portiere alla sezione. Poi egli funuovamente in cucina. Lìtocchi dalle sue istruzionituttisedevano intorno alla tavola e ascoltavano Misciache compitavaqualcosa.

Filìppaccigliatorossosi accostò a Misciabatté colguanto a sacco sul libro e disse cupo:

-Smetti!




NELLABOTTEGA DEL BARBIERE


E'mattina. Non sono ancor nemmeno le settee la bottega di barbiere diMakàr Kuzmìc' Bliostkin è già aperta. Ilpadronegiovanotto d'un ventitré anninon lavatounto ebisuntoma vestito con ricercatezzaè occupato a rassettare.Da rassettare in sostanza non c'è nullama egli ha sudatolavorando. Lì netta con un cenciolà gratta col ditolaggiù trova una cimice e la sventola via dalla parete.

E'una bottega piccolastrettinaluridetta. Le pareti di travi soncoperte d'una tappezzeria che rammenta la camicia stinta d'unpostiglione. Tra due finestre appannatelacrimantiuna sottileporticina che scricchioladebolucciaal disopra di essa uncampanello inverdito dall'umiditàche tremola e tintinnamorbosamente da sé solosenza ragione alcuna. Ma dateun'occhiata allo specchio che pende a una delle paretie la vostrafisonomia ve la storcerà da tutte le parti nel modo piùspietato! Davanti a questo specchio si tagliano i capelli e si rade.Su un tavolinonon lavato e bisunto al pari dello stesso MakàrKuzmìc'c'è di tutto: pettiniforbicirasoibastoncini di pomata per una copecacipria per una copecaacqua diColonia fortemente allungata per una copeca. E tutta la bottega nonval più d'una monetina da quindici copeche.

Sopral'uscio risuona il guaito del campanello infermoe nella bottegaentra un uomo maturo in pelliccia corta conciata e stivali di feltro.La sua testa e il collo sono avviluppati in uno scialle da donna.

E'Eràst Ivanic' Jàgodovpadrino di Makàr Kuzmic'.Un tempo servì come custode in un conservatorioora inveceabita presso lo Stagno Rosso e attende all'arte del magnano.

-Makàruskasaluteluce mia! - dice egli a MakàrKuzmic'tutto preso dal rassetto.

Sibaciano. Jàgodov tira giù dalla testa lo sciallesisegna e siede.

-Che distanza però! - dicegemendo. - O che è unoscherzo? Dallo Stagno Rosso alla Porta di Kaluga.

-Come ve la passate?

-Malefratello. Ho avuto la febbre ardente.

-Che dite? Febbre ardente!

-Febbre ardente. Fui a letto un mesepensavo che sarei morto. Ebbil'estrema unzione. Ora mi cadono i capelli. Il dottore m'ha ordinatodi tagliarli corti. Verranno nuovi capellidicerobusti. Ed eccoio penso nella mia testa: andrò da Makàr. Anzichéda qualcun altroè meglio da un parente. E faràmeglioe non prenderà quattrini.

Lontanuccioalquantoè veroma che è mai ciò? Unapasseggiata.

-Iocon piacere... Favorite!

MakàrKuzmic'strisciando una riverenzaindica la seggiola. Jàgodovsiede e si guarda nello specchioed è visibilmentesoddisfatto dello spettacolo: nello specchio risulta un muso stortocon labbra da calmuccoun largo naso smussato e gli occhi sullafronte. Makàr Kuzmìc' ricopre le spalle del suo clientecon un lenzuolo bianco a chiazze gialle e comincia a far stridere leforbici.

-Vi faccio tutto in pulitoa nudo! - dice.

-NaturalmenteCh'io somigli a un tartaroa una bomba. I capelliverranno più fitti.

-Zietta come sta?

-Non c'è malenon c'è. L'altro giorno andò dallamoglie del maggiore per un parto. Le diedero un rublo.

-Così è. Un rublo. Tenete su l'orecchio!

-Tengo... Non mi tagliarebada. Oh!mi fai male! Mi tiri i capelli.

-Non è nulla. Senza di ciò nel nostro mestiere non èpossibile. E come sta Anna Eràstovna?

-La figliuola? Non c'è maleè in gamba. La settimanascorsamercoledìl'abbiam fidanzata a Sceikin. Perchénon sei venuto?

Leforbici smettono di stridere. Makàr Kuzmic' abbassa le mani edomanda spaventato:

-Chi avete fidanzato? - Ma come mai? A chi?

-A Sceikin. Prokofi Petròv. Sua zia è economa al vicoloZlatoùstenski. Una brava donna. Naturalmente siam tutticontentigrazie a Dio. Fra una settimana le nozze. Vienice laspasseremo.

-Ma come mai ciòEràst Ivanic'? - dice MakàrKuzmic'pallidostupitoe scrolla le spalle. - Com'è maipossibile? Ciò... ciò non è in alcun modopossibile! Perché Anna Eràstovna... perché io...

perchéio nutrivo dei sentimenti per leiavevo un'intenzione! Come mai?

-Ma così. L'abbiamo fidanzata su due piedi. E' un brav'uomo.

Inviso a Makàr Kuzmic' spunta un sudor freddo. Egli posa sullatavola le forbici e comincia a fregarsi il naso col pugno.

-Un'intenzione avevo... - dice. - Ciò non è possibileEràst Ivanic'! Io... io sono innamorato e avevo fattol'offerta del cuore...

Anchela zietta aveva promesso. Io vi ho sempre rispettato proprio come ungenitore... vi taglio i capelli sempre gratis. Sempre aveste favorida mee quando il mio babbo morìvoi prendeste il divano edieci rubli contantie non me li avete ridati indietro. Rammentate?

-Come non rammentare! Rammento. Soloche partito sei tu maiMakàr?

Seiforse un partito? Né quattrininé statoun mestiereda nulla...

-E Sceikin è ricco?

-Sceikin è un artigiano. Ci ha un migliaio e mezzo di rubli dicauzione. Sicchéfratello... Parlarne o non parlarnela cosaormai è fatta. Indietro non si torna Makàruska. Cercatiun'altra fidanzata...

Ilmondo è grande. Sutaglia! Perché ristai?

MakàrKuzmic' tace e sta immobilepoi cava di tasca un fazzolettino ecomincia a piangere.

-Suche fai! - lo consola Eràst Ivanic'. - Smetti! Ve'strillacome una donna! Finisci la mia testae poi piangi. Prendile forbici!

MakàrKuzmic' piglia le forbicile guarda un minuto ottusamente e lelascia cader sulla tavola. Le mani gli tremano.

-Non posso! - dice. - Non posso orason senza forza! Disgraziato uomoche sono! E anche lei è una disgraziata! Ci amavamo l'unl'altroci eravamo promessie ci han separati gente cattivasenz'alcuna pietà. AndateveneEràst Ivanic'! Non viposso vedere.

-Allora verrò domaniMakàruska. Finirai di tagliaredomani.

-Va bene.

-Calmati un pocoe io sarò da te domanila mattina presto.

EràstIvanic' ha mezza testa tosata a nudoe somiglia a un galeotto.

E'imbarazzante rimanere con la testa cosìma non c'è chefare. Egli si avvolge la testa e il collo con lo scialle ed escedalla bottega.

RimastosoloMakàr Kuzmic' siede e continua a piangere piano piano.

Ilgiorno dopodi buon'oraviene di nuovo Eràst Ivanic'.

-Che volete? - gli domanda freddamente. Makàr Kuzmic'.

-Finisci di tagliareMakàruska. E' rimasta mezza testa ancora.

-Favorite prima i soldi. Gratis non taglio.

EràstIvanic'senza dir neanche una parolase ne va e tuttora su una metàdella testa ha i capelli lunghi e sull'altra corti. Il taglio deicapelli a pagamento egli lo considera un lussoe aspetta che sullametà rapata i capelli crescan da sé. E così hafatto baldoria alle nozze.




ILCALZOLAIO E IL MALIGNO


Erala vigilia di Natale. Maria da un pezzo già russava sullastufa (1)nella lucernetta s'era consumato tutto il petrolioeFiodor Nilov stava sempre seduto a lavorare. Da lungo tempo ormaiavrebbe smesso il lavoro e sarebbe uscito sulla viama il clientedel vicolo della Campanache gli aveva ordinato i tomai duesettimane addietroera venuto il dì primaaveva sbraitato eingiunto di ultimar gli stivali senza fallo per adessoavantimattutino.

-Vita da galera! - brontolava Fiodorlavorando.-Gli uni dormono da unpezzogli altri se la spassanoe tueccocome un Caino qualunquestattene qui a cucire il diavolo sa per chi...

Pernon addormentarsi inavvertitamentetraeva di continuo di sotto latavola una bottiglia e beveva dal colloe dopo ogni sorso torceva latesta e diceva forte:

-Per qual motivo maidite di graziai clienti se la spassanoe ioson tenuto a cucir per loro? Forse perché loro han quattrinie io sono un pezzente?!

Egliodiava tutti i clientispecie quello che abitava al vicolo dellaCampana. Era costui un signore d'aspetto tetrodai capelli lunghiil viso gialloin grandi occhiali azzurri e con una voce rauca.Aveva un cognome tedescotale che non saresti riuscito apronunciarlo. Di che condizione fosse e a che cosa attendesseeraimpossibile capire.

Quandodue settimane addietroFiodor era andato da lui a prender la misuraegliil committentestava seduto sul pavimento e pestava qualcosain un mortaio. Non aveva fatto in tempo Fiodor a salutare che ilcontenuto del mortaio era d'un tratto divampato e arso con una vivafiamma rossamandando puzzo di zolfo e penne bruciatee la stanzas'era riempita d'un denso fumo roseotalché Fiodor avevastarnutito un cinque volte; e facendo ritorno dopo di ciò acasapensava - «Chi ha timor di Dio non starà aoccuparsi di simili faccende».

Quandonella bottiglia non fu rimasto nullaFiodor posò gli stivalisulla tavola e prese a riflettere. Appoggiò la testa pesantecol pugno e si mise a pensare alla sua povertàalla penosavita senz'un raggio di lucepoi ai ricconialle loro grandi casealle carrozzeai biglietti da cento... Come sarebbe stato bellosea questi ricconiche il diavolo li sbranassesi fossero spaccate lecasefossero crepati i cavallistinte le pellicce e le berrette dizibellino! Come sarebbe stato bellose i ricconi a poco a poco sifossero mutati in poveriche non hanno da mangiaree il miserocalzolaio fosse diventato un riccone e avessea sua voltafatto lospavaldo contro un poveraccio di calzolaio alla vigilia di Natale!

CosìfantasticandoFiodor d'un tratto si rammentò del suo lavoro eaprì gli occhi.

«Maguarda che storia!»pensòesaminando gli stivali. «Itomai li ho pronti già da un pezzoe tuttora me ne stoseduto. Bisogna portarli al cliente!».

Egliavvolse il lavoro in un fazzoletto rossosi vestì e uscìsulla via. Cadeva una minuta neve durache pungeva il viso come conaghi.

Erafreddoscivolososcuroi fanali a gas ardevano foschi echi saperchésulla via odorava di petrolio talmenteche Fiodorsentì un prurito in gola e prese a tossire. Sul selciatoscarrozzavano avanti e indietro i ricconie ciascun riccone tenevain mano un prosciutto e un quarto di vodka. Dalle carrozze e dalleslitte sbirciavano Fiodor ricche signorinemostrandogli la linguaegridavano ridendo:

-Pezzente! Pezzente!

Dietroa Fiodor camminavano studentiufficialimercanti e generalie lostuzzicavano:

-Ubriacone! Ubriacone! Empio ciabattinoanima di gambale! Pezzente!

Tuttociò era ingiuriosoma Fiodor taceva e sputava soltanto.Quando però gli venne incontro il mastro stivalaio KuzmàLebiodkindi Varsaviae disse: «Io ho sposato una riccadame lavoran dei garzoni e tu sei un pezzentenon hai nulla damangiare»Fiodor non resse e lo inseguì. Lo rincorsefinché non si ritrovò nel vicolo della Campana. Il suocommittente abitava nel quarto caseggiato dall'angoloin unappartamento all'ultimo piano. Per andar da lui bisognavaattraversare un lungo cortile buio e poi inerpicarsi per un'altissimascala sdrucciolevoleche vacillava sotto i piedi. Quando Fiodorentrò da luieglicome alloracome due settimane addietrostava a sedere sul pavimento e pestava qualcosa nel mortaio.

-Signoria illustrissimaho portato gli stivaletti! - disse arcignoFiodor.

Ilcliente si levò e in silenzio prese a misurar gli stivali.Fiodordesiderando aiutarlosi piegò su un ginocchio e glicavò uno stivale vecchioma subito balzò su esgomentoindietreggiò verso la porta.

Ilcliente aveva non un piedema uno zoccolo equino.

«Eheh!»pensò Fiodor. «Ecco lì che storia.».

Perprima cosa sarebbe occorso segnarsipoi lasciar tutto e scappar giù;ma subito egli considerò che lo spirito maligno s'eraincontrato con lui per la prima eprobabilmentel'ultima voltanella vitae non valersi dei suoi servigi sarebbe stato sciocco.Egli si vinse e risolse di tentar la fortuna. Messe le mani dietro ildorsoper non farsi il segno della crocetossicchiòrispettosamente e cominciò:

-Dicono che non c'è nulla di più impuro e di peggiore almondo dello spirito malignoma io così l'intendosignoriaillustrissimache lo spirito maligno è il più istruitoche ci sia. Il diavoloscusateha gli zoccoli e la coda di dietroma per contro ha in testa più intelligenza di certi studenti.

-Mi sei caro per tali parole- disselusingatoil committente.

-Graziecalzolaio! Che vuoi tu dunque?

Eil calzolaiosenza perder tempoprese a lagnarsi della sua sorte.

Cominciòcol dire che fin dall'infanzia aveva invidiato i ricchi. Si erasempre sentito offeso che non tutti gli uomini vivessero ugualmentein grandi case e non andassero in giro su buoni cavalli.

Perchési domandaè egli povero? In che cosa è peggio diKuzmà Lebiodkin di Varsaviache ha casa propria e una moglieche va in cappello? Egli ha lo stesso nasole stesse braccia gambeschiena come i ricconie allora perché è obbligato alavorarequando gli altri se la spassano? Perché èsposato a Maria e non a una signora che odori di profumi? Nelle casedei clienti ricchi spesso gli accade di veder belle signorine ma essenon fanno punto attenzione a lui e solo ogni tanto ridono e sibisbigliano a vicenda: «Che naso rosso ha questo calzolaio!».E' veroMaria è una donna bravabuonalavoratricema leigiàè poco istruitaha la mano pesante e picchiafortee quando capita di parlare in sua presenza di politicao diqualcosa di sensatolei s'immischia e ne dice di tremendamentegrosse.

-Ma tu che vuoi? - lo interruppe il cliente - Ma io pregosignoriaillustrissimaCiort Ivanic' (2) se tale è il piacer vostrofatemi ricco!

-E sia. Ma solobadain cambio tu mi devi dar la tua anima! Mentre igalli ancor non hanno cantatova' e firmaeccosu questo fogliettoche mi darai la tua anima.

-Signoria illustrissima! - disse Fiodor cortesemente. - Quando voi miordinaste i tomaiio non presi da voi denaro anticipato.

Bisognaprima eseguir l'ordinazionee poi esigere il denaro.

-Be'sia pure! - accondiscese il cliente.

Nelmortaio d'un tratto si accese la vivida fiammane fluì ildenso fumo roseo e si sentì il puzzo di penne bruciate e dizolfo. Quando il fumo si fu dispersoFiodor si strofinò gliocchi e vide ch'egli non era più Fiodorné uncalzolaioma un altr'uomoin panciotto e con cateninain calzoninuovie che sedeva in una poltrona a una gran tavola. Due domesticigli servivano le vivandeinchinandosi profondamentee dicevano - -Mangiate con buon appetitoillustrissimo!

Qualeopulenza! I domestici servirono un grosso pezzo di montone arrosto euna zuppierina con cetriolipoi recarono su una teglia un'ocaarrostita; dopo un po'del maiale bollito con rafano. E come tuttociò era nobile fine! Fiodor mangiava e prima d'ogni piattovuotava un gran bicchiere d'ottima vodkacome un qualche generale oconte. Dopo il maiale gli servirono il tritello bollito con grassod'ocapoi una frittata con grasso di maiale e del fegato frittoelui mangiava sempre e si estasiava. Ma che ancora? Servirono anche unpasticcio di cipolla e rape in stufato con "kvas" (3). «Ecome mai i signori non scoppiano per un tal mangiare?»pensavaegli. A chiusa presentarono un grosso vaso di miele. Dopo il pranzocomparve il diavolo in occhiali azzurri e domandòinchinandosi profondamente:

-Siete contento del pranzoFiodor Panteleic'?

MaFiodor non poteva proferir neanche una parolatanto si sentivagonfio dopo il pranzo. Era una sazietà sgradevolegreveeper svagarsiegli prese ad esaminar lo stivale sulla propria gambasinistra.

-Per simili stivali io non prendevo meno di sette rubli e mezzo. Checalzolaio li ha fatti? - domandò.

-Kuzmà Lebiodkin! - rispose il domestico.

-Chiamarlo quil'imbecille!

Benpresto comparve Kuzmà Lebiodkin di Varsavia. Egli si fermòin rispettoso atteggiamento presso l'uscio e domandò:

-Che cosa comandatesignoria illustrissima?

-Silenzio! - gridò Fiodor e batté il piede. - Guardatibene dal discuteree rammenta la tua condizione di calzolaiol'uomoche sei!

Tanghero!Tu non sai cucir stivali! Ti pesterò tutto il grugno! Perchései venuto?

-Per i quattrini.

-Che quattrini ti s'ha da dare? Va' via! Vieni sabato! Camerieredagliele sulla collottola!

Masubito rammentò come con lui stesso si sbizzarrivano iclientie si sentì una pena in cuoree per distrarsi cavòdi tasca il grosso portafogli e prese a contare il proprio denaro.Denaro ce n'era moltoma Fiodor ne avrebbe voluto ancor di più.Il diavolo in occhiali azzurri gli portò un altro portafoglipiù grossoma egli ne volle più ancorae quanto piùa lungo contavatanto più diventava insoddisfatto.

Asera il maligno gli condusse un'alta signora popputa in abito rosso edisse ch'era la sua nuova moglie. Fin proprio a notte egli scambiòbaci con lei e mangiò panpepati. E la notte giacque su unsoffice materasso di piumesi girò da un fianco sull'altro enon poté in alcun modo prender sonno. Si sentiva oppresso.

-Quattrini ce n'è molti- diceva alla moglie- da un momentoall'altro ci vengono in casa i ladri. Dovresti andar con la candela adare un'occhiata!

Tuttanotte non dormì e si alzò di continuo per sbirciare seil baule era intatto. Verso la mattina bisognava andare in chiesa amattutino.

Inchiesa v'è uno stesso trattamento per tuttiricchi e poveri.

QuandoFiodor era poveropregava in chiesa così: «Signoreperdona a mepeccatore!». Lo stesso diceva anche oradiventato ricco. Che differenza c'era? E dopo morte il ricco Fiodorl'avrebbero seppellito non nell'oronon nei diamantima nellastessa terra neracome l'ultimo dei poveracci. Sarebbe bruciatoFiodor nello stesso fuoco in cui bruciavano i calzolai. Offensivopareva tutto ciò a Fiodore per giunta c'era in tutto ilcorpo la gravezza del pranzo einvece della preghieras'insinuavanoin testa i vari pensieri del baule coi soldidei ladridellavendutaperduta anima sua.

Uscìdi chiesa crucciato. Per fugare i cattivi pensierieglicome spessoaccadeva primaintonò a squarciagola una canzone. Ma avevaappena cominciato che accorse un agente e disseportando la manoalla visiera:

-Padronenon possono i signori cantare in strada! Voi non siete unciabattino!

Fiodorsi addossò a uno steccato e prese a pensare: come distrarsi?

-Padrone! - gli gridò un portiere. - Non appoggiarti troppoallo steccatosporcherai la pelliccia!

Fiodorandò in una bottega e si comprò la miglior fisarmonicapoi andò per la via sonando. Tutti i passanti lo segnavano adito e ridevano.

-Ed è anche un signore! - lo stuzzicavano i vetturini. - Comeun qualunque ciabattino...

-Forse che ai signori è lecito far disordini?-gli disse unagente. - Se almeno andaste in un'osteria!

-Padronefate l'elemosina per amor di Cristo! - urlavano imendicantiattorniando Fiodor da tutte le parti. - Fate la carità!

Primaquand'egli era un calzolaioi mendicanti non gli badavano puntoorainvece non gli davan pace.

Ea casa gli venne incontro la nuova mogliela signoravestita d'unacamicetta verde e una gonna rossa. Egli voleva farle dei vezzi e giàaveva alzato la mano per darle una botta sul dorsoma ella dissestizzosa:

-Villano! Screanzato! Non sai trattare con le signore! Se mi amifa'il baciamanoma di picchiare non permetto.

«Suviaè una vita maledetta!»pensò Fiodor. «Siè esseri viventi!

Nonpuoi cantare una canzone. né sonar la fisarmonicanéscherzare un po' con una donna... Oibò!».

S'eraappena accomodato con la signora per bere il tèche comparveil maligno in occhiali turchini e disse:

-Be'Fiodor Panteleic'Io ho mantenuto esattamente la mia parola.

Oravoi firmate il foglietto e favorite seguirmi. Adesso sapete quel chesignifica viver riccamentene avete abbastanza!

Etrascinò Fiodor all'infernodritto alla geennae i diavolipiombavano in volo da tutte le parti e gridavano:

-Stupido! Babbeo! Asino!

All'infernopuzzava terribilmente di petroliotalché si poteva soffocare.

Edi colpo tutto scomparve. Fiodor aprì gli occhi e vide la suatavolagli stivali e il lume di latta. Il vetro del lume era nero edalla piccola fiamma sul lucignolo fluiva un fumo puzzolentecome daun tubo. Lì accanto stava il cliente in occhiali azzurri egridava adirato:

-Stupido! Babbeo! Asino! T'insegnerò iomariuolo! Hai pigliatol'ordinazione due settimane fae gli stivali tuttora non son pronti!

Tupensi ch'io abbia il tempo di bighellonare da te per gli stivalicinque volte al giorno? Mascalzone! Bestia!

Fiodorscosse la testa e mise mano agli stivali. Il cliente ancora a lungosbraitò e minacciò. Quand'egli infine si fu calmatoFiodor domandò cupamente:

-Ma di chesignorevi occupate voi?

-Io preparo fuochi del Bengala e razzi. Sono pirotecnico.

Sonaronoa mattutino. Fiodor consegnò gli stivaliriscosse il denaro esi recò in chiesa.

Perla via filavano avanti e indietro carrozze e slitte con coperture dipelle d'orso. Sul marciapiedeinsieme col popolino camminavanomercantisignoreufficiali... Ma Fiodor più non invidiava enon mormorava contro il proprio destino. Adesso gli pareva che ricchie poveri stessero ugualmente male. Gli uni hanno la possibilitàd'andare in carrozzae gli altri di cantar canzoni a squarciagola esonar la fisarmonicae in generale una sola e stessa cosa aspettatuttinon altro che una fossae nella vita non c'è nulla percui si possa abbandonare al maligno una sia pur piccola parte dellapropria anima.




NOTE:


1)Su certe stufelunghe e bassela gente del popolo usava anchedormirenaturalmente quand'erano spente o prossime a spegnersi.

2)Diavolo Ivanic'cioè figlio d'Ivan: il popolino russoinquesta sua espressione attribuisce al diavolo il patronimico piùcomune fra i russi (di Giovanni).

3)Bevanda fermentatafatta con farina o pane di segala e malto.




RAGAZZI


-Volodia è arrivato! - gridò qualcuno in cortile.

-Volòdic'ka è arrivato! - strillò Nataliacorrendo in sala da pranzo. - OhDio mio!

Tuttala famiglia dei Koroliòvche d'ora in ora aspettava il suoVolodiasi precipitò alle finestre. All'ingresso stavaun'ampia slitta bassae dalla troica di bianchi cavalli emanava undenso vapore. La slitta era vuotaperché Volodia si trovavagià nel vestibolo e con le rosse dita intirizzite stavaslegando il cappuccio.

Ilsuo cappotto di studente ginnasialeil berrettole soprascarpe e icapelli sulle tempie eran coperti di brinaed egli tutto dalla testaai piedi mandava un tal sapido odor di gelo cheguardandolovenivavoglia d'aver freddo e di dire: "brrr!". La madre e la ziasi slanciarono ad abbracciarlo e baciarloNatalia si buttò aisuoi piedi e cominciò a cavargli le calzature di feltrolesorelle levarono stridagli usci cigolavanosbattevanoe il padredi Volodia in sola sottoveste e con le forbici in mano corse inanticamera e gridò spaventato:

-Ma noi ti aspettavamo ancora ieri! Sei giunto bene? Felicemente?

SignoreDio mioma lasciategli salutare il padre! O che non sono il padreforse?

-Bau! Bau! - ruggiva in tono di basso Milordun enorme cagnone nerobattendo la coda contro le pareti e i mobili.

Tuttosi era fuso in un solo compatto suono gioiosoche si prolungòun paio di minuti. Quando il primo impeto di giubilo fu passatoiKoroliòv osservarono che oltre a Volodiasi trovava inanticamera anche un piccolo essereimbacuccato in fazzolettiscialli e cappucci e coperto di brina; stava immobile in un angolonell'ombra gettata da una grossa pelliccia di volpe. -Volòdic'kae chi è quello li? - domandò sottovoce la madre.

-Ah! - si ricordò Volodia. - E'ho l'onore di presentarlo ilmio compagno Cecevitsinalunno della seconda classe... L'ho condottocon meospite per qualche tempo da noi.

-Molto piacerefavorite!-disse gioiosamente il padre. - Scusateiosto alla casalingasenza giacca... Accomodatevi! Nataliaaiuta ilsignor Cerepitsin a svestirsi! Signore Dio mioma cacciate viaquesto cane! E' un castigo!

Dopoun po' Volodia e il suo amico Cecevitsinstorditi dalla rumorosaaccoglienza e tuttora rosei dal freddosedevano a tavola e bevevanoil tè. Il solicello invernalepenetrando attraverso la neve ei rabeschi delle finestretremolava sul samovàr e bagnava isuoi puri raggi nello sciacquadita. Nella stanza era scuroe iragazzi sentivano come nei loro corpi intirizzitinon volendo cederel'uno all'altro si solleticavano il caldo e il gelo.

-Beecco presto Natale! - diceva strasciconi il padrearrotolandouna sigaretta di tabacco bruno rossiccio. - Ed è forse moltoch'era estate e la mamma piangevaaccompagnandoti? E tu seiarrivato... Il tempocarova veloce! Non arrivi a dir «ah!»che viene la vecchiaia.

SignorCibissòvmangiatevi pregonon state in soggezione! Da nois'è alla buona.

Letre sorelle di VolodiaKatiaSonia e Mascia - la maggiore di loroaveva undici anni - sedevano a tavola e non staccavano gli occhi dalnuovo conoscente. Cecevitsin era della stessa età e statura diVolodianon così paffuto e bianco peròma scarnoabbronzatocoperto di lentiggini. Aveva i capelli ispidigli occhistrettile labbra grossein generale era parecchio brutto ese nonavesse avuto indosso la giubba dello studente ginnasialeall'apparenza si sarebbe potuto prendere per il figlio d'una cuoca.Egli era cupotacque tutto il tempo e non sorrise neppure una volta.Le ragazzineguardandolocapirono di colpo che doveva essere unapersona molto intelligente e istruita. Egli pensava continuamente aqualche cosaed era così occupato dai suoi pensieri chequando gli domandavano alcunchésussultavascoteva il capo epregava di ripeter la domanda.

Lebambine osservarono che anche Volodiasempre allegro e loquacequesta volta parlava poconon sorrideva affattoe parevaaddirittura che non fosse contento d'esser venuto a casa. Mentrestavan seduti a bere il tèegli si rivolse alle sorelle solouna voltae per di più con certe parole strane. Indicòcol dito il samovàr e disse:

-In Californiainvece di tèbevono gin.

Eglipure era occupato da chi sa quali pensieri ea giudicare daglisguardi che ogni tanto scambiava con l'amico suo Cecevitsinipensieri dei ragazzi eran gli stessi.

Dopoil tè tutti passarono nella camera dei bambini. Il padre e lefanciulline sedettero a tavola e si applicarono al lavoro ch'erastato interrotto dall'arrivo dei ragazzi. Essi facevano con cartavariopinta dei fiori e una frangia per l'albero di Natale. Era unlavoro attraente e chiassoso. Ciascun nuovo fiorellino fatto lebambine lo accoglievano con grida d'entusiasmoperfino con grida disgomentocome se quel fiorellino fosse caduto dal cielo; il babbopure si beava e ogni tanto gettava le forbici sul pavimentoarrabbiandosi con esse perché erano spuntate. La mammaaccorreva nella camera dei bambini con un viso molto impensierito edomandava:

-Chi ha preso le mie forbici? Di nuovo tuIvàn Nikolaic'haipreso le mie forbici?

-Signore Dio mioperfin le forbici non ti danno! - rispondeva convoce piangente Ivàn Nikolaic' earrovesciandosi sullaspalliera della sediaassumeva l'atteggiamento d'un uomo offesomadi lì a un minuto nuovamente andava in estasi.

Nellesue venute precedenti anche Volodia si occupava dei preparativi perl'albero di Nataleo correva in cortile a vedere come il cocchiere eil pastore facevan la montagna di nevema ora lui e Cecevitsin nonbadarono punto alla carta variopinta e non andarono nemmeno una voltanella scuderiama sedettero presso la finestra e presero abisbigliarsi qualcosa; poi tutt'e due insieme aprirono un atlantegeografico e si misero a esaminare una carta.

-Prima a Perm... - diceva piano Cecevitsin. - Di là a Tiumen...

poiTomsk... poi... poi... nel Kamciatka... Di qua i samoiedi traversanosu battelli lo stretto di Behring... Eccoti anche l'America... Li cison molti animali da pelliccia.

-E la California? - domandò Volodia.

-La California è più giù... Purché sicapiti in Americapoi la California non è lontana.Procacciarsi di che vivere si può con la caccia e ilsaccheggio.

Cecevitsintutto il giorno si tenne in disparte dalle ragazzine e le guardòsottecchi. Dopo il tè serale accadde che per un cinque minutilo lasciarono solo con le bambine. Star zitto era imbarazzante. Eglitossì ruvidostrofinò con la palma destra la manosinistraguardò cupamente Katia e domandò:

-Avete letto Myne-Read?

-Nonon l'ho letto... Ascoltatevoi sapete pattinare?

Assortonei suoi pensieriCecevitsin non rispose nulla a questa domandamasolo gonfiò forte le guance e fece un sospirocome se avessemolto caldo. Alzò ancora una volta gli occhi su Katia e disse:

-Quando un branco di bisonti corre attraverso le "pampas"ne trema la terra e in questo mentre i "mustang" (1)spaventatiscalciano e nitriscono.

Cecevitsinsorrise mestamente e soggiunse:

-Così pure gli indiani assaltano i treni. Ma peggio di tuttosono i moscerini e le termiti.

-E che cosa sono?

-Son qualcosa come le formichettema solo con le ali. Mordono assaiforte. Sapete chi sono io?

-Il signor Cecevitsin.

-No. Io sono MontigomoArtiglio d'Avvoltoiocapo degl'invincibili.

Masciala bambina più piccolaguardò luipoi la finestradilà dalla quale già cadeva la serae disse conesitanza:

-E da noi ieri han preparato le lenticchie (2).

Leparole del tutto incomprensibili di Cecevitsin e il fatto ch'eglibisbigliava continuamente con Volodiae che Volodia non giocavamapensava sempre a qualcosa: tutto ciò era enigmatico e strano.E le due ragazzine maggioriKatia e Soniapresero a sorvegliare conocchio vigile i ragazzi. La seraquando i ragazzi andarono a lettole fanciullette si avvicinarono furtive all'uscio e ascoltarono laloro conversazione. Ohquel che appresero! I ragazzi si accingevanoa correr chi sa dove in America a estrarre oro; avevano giàtutto pronto per il viaggio: una pistoladue coltellibiscottiunalente d'ingrandimento per far del fuocouna bussola e quattro rublicontanti. Esse appresero che ai ragazzi sarebbe toccato percorrere apiedi parecchie migliaia di verste (3)e lungo la strada combatterecon tigri e selvaggipoi procurarsi oro e avoriouccider nemicifarsi piratibere gin e alla fin fine sposare bellissime donne ecoltivar piantagioni. Volodia e Cecevitsin parlavano e nella fogas'interrompevano l'un l'altro. Ciò facendoCecevitsinchiamava se stesso: «MontigomoArtiglio d'Avvoltoio»eVolodia: «Mio fratello viso pallido».

-Tubadanon dir nulla alla mamma-disse Katia a Soniaavviandosicon lei a dormire. - Volodia ci porterà dall'America oro eavorioma se tu lo dirai alla mammanon lo lasceranno andare.

L'antivigiliadi Natale Cecevitsin per tutta la giornata esaminò la cartadell'Asia e annotò qualche cosae Volodialanguidogonfiocome punto da un'apecamminò cupo per le stanze e non mangiònulla. E una volta nella camera dei bambinisi fermò perfinodavanti all'iconasi segnò e disse:

-Signoreperdona a me peccatore! Signorepreserva la mia poverainfelice mamma!

Asera scoppiò a piangere. Andando a dormireabbracciò alungo padremadre e sorelle. Katia e Sonia capivano di che sitrattavama la minoreMascianon capiva nullaassolutamentenullae solo nel guardar Cecevitsin si faceva pensierosa e dicevacon un sospiro:

-Quand'è giorno di digiunodice la bambinaiabisogna mangiarpiselli e lenticchie.

Lavigilia di Natale per tempo Katia e Sonia si alzarono piano piano dalletto e andarono a guardare come i ragazzi sarebbero scappati inAmerica. Si appressarono furtive all'uscio.

-Allora tu non verrai? - domandava iroso Cecevitsin. - Parla: nonverrai?

-O Signore! - piangeva piano Volodia. - Come faccio a venire? Mi fapena la mamma.

-Fratello mio viso pallidoti pregoandiamo. Eri tu ad assicurarmiche saresti partitotu stesso mi hai invogliatoe quando s'ha daandareecco che ti sei preso paura.

-Io... io non mi son preso paurama mi... mi fa pena la mamma.

-Tu parla: verrai o no?

-Verròsoltanto... soltanto aspetta. Ho voglia di restare unpo' a casa.

-In tal casoandrò io! - decise Cecevitsin. - Faròanche senza di te. E volevi pure andar a caccia di tigricombattere!Quand'è cosìridammi i miei pistoni!

Volodiasi mise a piangere così amaramente che le sorelle non resseroe anche loro piansero sommesso. Seguì un silenzio.

-Allora non verrai? - domandò ancora una volta Cecevitsin.

-Ve... verrò!

-Allora vestiti!.

ECecevitsinper persuadere Volodialodava l'Americaruggiva comeuna tigreraffigurava il piroscafoimprecavaprometteva di dare aVolodia tutto l'avorio e tutte le pelli di leone e di tigre.

Equesto ragazzo magrolinoabbronzatodai capelli ispidi e con lelentigginipareva alle bambine straordinariomeraviglioso. Era uneroeun uomo risolutointrepidoe ruggiva talmente chestandodietro l'usciosi poteva in effetti pensare che fosse una tigre o unleone.

Quandole ragazzine rientrarono in camera loro e si vestironoKatia con gliocchi pieni di lacrime disse:

-Ahho tanta paura!

Finoalle duequando sedettero a pranzaretutto fu quietoma a pranzod'un tratto apparve che i ragazzi non erano a casa. Mandarono nellastanza della servitùalla scuderianell'annessodall'intendente: non c'erano. Mandarono al villaggio: anche lànon li trovarono. E il tè poi lo bevvero del pari senza iragazzie quando sedettero a cenarela mamma era molto inquietapiangeva perfino. E la notte di nuovo andarono al villaggiocercaronosi recarono con lanterne sul fiume. Dioche trambusto silevò!

Ilgiorno dopo venne il maresciallo di poliziascrissero in sala dapranzo non so che carta. La mamma piangeva.

Maeccopresso la scalinata si fermò una slitta bassae dallatroica di bianchi cavalli fluiva il vapore.

-Volodia è arrivato! - gridò qualcuno nella corte.

-Volòdic'ka è arrivato! - strillò Nataliaaccorrendo in sala da pranzo.

EMilord latrò in tono di basso: «bau! bau!».Risultò che i ragazzi li avevan trattenuti in cittàal"Gostini dvor" (4) (essi vagavano colà e andavandomandando dove si vendesse polvere da sparo). Volodiacome entròin anticameraruppe in singhiozzi e si gettò al collo dellamadre. Le bambinetremantipensavano con sgomento a quel che orasarebbe accadutosentirono come il babbo condusse Volodia eCecevitsin nel suo studio e là parlò a lungo con loro;e la mamma pure parlava e piangeva.

-Forse che si può far così? - esortava il babbo. - Semainon voglia Iddiolo risapranno al ginnasiovi escluderanno. Evoi vergognatevisignor Cecevitsin! Non sta bene! Voi sietel'istigatore esperosarete punito dai vostri genitori. Forse chesi può far così? Dove avete pernottato?

-Alla stazione! - rispose orgoglioso Cecevitsin.

Volodiapoi stette coricatoe gli applicarono in testa un asciugamanoimbevuto d'aceto. Spedirono non so dove un telegrammae il giornodopo giunse una signorala madre di Cecevitsine condusse via suofiglio.

QuandoCecevitsin partìaveva un viso arcignoarroganteeaccomiatandosi dalle ragazzinenon disse nemmeno una parola; soloprese a Katia un quadernetto e vi scrisse per ricordo:«MontigomoArtiglio d'Avvoltoio».




NOTE:


1)Nome dal cavallo selvaggio delle "pampas" sudamericane.

2)In russo: "cecevitsa"e l'idea delle lenticchie èrichiamatanella bambinadal nome del ragazzo.

3)La versta corrisponde a chilometri 1067.

4)Edificio in cui si trovan riuniti numerosi negozi e banchi divenditanel centro della città: bazar.




IVAN MATVEIC'


Trale cinque e le sei di sera. Uno degli scienziati russi abbastanzanoti - lo chiameremo semplicemente lo scienziato - se ne sta sedutonel suo gabinetto e si morde nervosamente le unghie.

-E' semplicemente rivoltante!-diceguardando senza posa l'orologio. -E' il colmo del disprezzo per l'altrui tempo e fatica.

InInghilterra un tale individuo non avrebbe guadagnato un soldosarebbe morto di fame! Orsùaspettaverrai...

Esentendo il bisogno di sfogar su qualcosa la sua collera e la suaimpazienzalo scienziato si accosta all'uscio che mette in cameradella moglie e bussa.

-AscoltaKatia-dice con voce sdegnata. - Se vedi Piotr Danilic'riferiscigli che la gente perbene non fa così! E' unaschifezza! Raccomanda un copistae non sa chi raccomanda! Ilragazzaccio nel modo più puntuale ritarda ogni giorno di duedi tre ore. Viaforse che quello è un copista? Per me questedue o tre ore sono più preziose che per un altro due o treanni! Quando verràlo coprirò di contumelie come uncanedenaro non gliene pagherò e lo scaraventeròfuori! Con tal gente non si possono far cerimonie!

-Tu ogni giorno dici questoe intanto lui viene e riviene.

-Ma oggi ho deciso. Ho già perduto abbastanza per causa sua. Tuscusamima gliene dirò di quelleal modo dei cocchierigliene dirò!

Maeccoinfinesi sente il campanello. Lo scienziato fa il viso seriosi raddrizza egettando indietro il capova in anticamera.

Lìpresso l'attaccapannigià sta il suo copista IvànMatveic'un giovane sui diciott'annidal viso ovale come un uovosenza baffiin un cappotto frustospelatoe senza soprascarpeEgli ansima e strofina con cura i suoi grossisgraziati stivalisullo stoinoil che facendo si sforza di nascondere alla camerieraun buco in uno stivaleda cui occhieggia una calza bianca. Vedendolo scienziatosorride di quel sorriso prolungatolargoun po'scioccoche hanno sui visi solo i fanciulli e la gente moltobonaria.

-Ahbuon giorno! - dicetendendo una grossa mano bagnata. - Cheviè passato il mal di gola?

-Ivàn Matveic'! - dice lo scienziato con voce vibrantearretrando e intrecciando insieme le dita di tutt'e due le mani.-Ivàn Matveic'!

Dopodi che balza verso il copistalo agguanta per una spalla e cominciaa scuoterlo debolmente.

-Che fate di me!? - dicein preda a disperazione. - Tremendodisgustoso individuoche cosa fate di me! Voi ridetevi burlate dime? Sì?

IvànMatveic'a giudicar dal sorrisoche non ha ancor del tutto lasciatoil suo voltosi aspettava tutt'altra accoglienzae perciòvista la faccia spirante indignazione dello scienziatostira ancorpiù in lunghezza la sua fisonomia ovale e stupefatto apre labocca.

-Che... che c'è? - domanda.

-E domandate anche! - batte le mani lo scienziato. - Sapete com'èprezioso per me il tempoe ritardate così! Avete tardato didue ore!... Non avete timor di Dio!

-Ma ora non vengo mica da casa-mormora Ivàn Matveic'sciogliendo irresoluto la sciarpa.- Sono stato dalla zia a unonomasticoe la zia abita a un sei verste da qui... Se venissidirettamente da casabe'allora sarebbe un'altra cosa.

-SurifletteteIvàn Matveic'c'è forse logica neivostri atti? Qui c'è un lavoro da fareuna cosa urgenteevoi andate in giro per onomasticie a trovar zie! Ah ma scioglietepresto la vostra orribile sciarpa! Insommaè una cosaintollerabile!

Loscienziato torna a balzare verso il copista e lo aiuta a distrigarela sciarpa.

-Che donnetta siete... Suandate!... Prestoper favore!

Soffiandosiil naso in un sudicio fazzolettino gualcito e ravviando la suagiacchetta grigiolinaIvàn Matveic' attraverso la sala e ilsalotto va nello studio. Là son già pronti per lui daun pezzo e il postoe la cartae perfin le sigarette.

-Sedetesedete- lo sospinge lo scienziatofregandosi impaziente lemani. - Siete un uomo insopportabile... Sapete ch'è un lavorourgentee tardate così. Per forza s'ha da litigare. Suscrivete...

Dov'eravamorimasti?

IvànMatveic' liscia i suoi capelli ispidiirregolarmente tagliatieprende in mano la penna. Lo scienziato passeggia da un angoloall'altrosi riconcentra e comincia a dettare:

-La sostanza è che... virgola... che taluneper cosìdirebasilari forme... avete scritto?-forme sono condizionateunicamente dall'essenza stessa di quei principi... virgola... chetrovano in esse la loro espressione e possono incarnarsi soltanto inesse... A capo...

Lìcertopunto... Maggior indipendenza presentano... presentano...

leforme che hanno un carattere non tanto politico... virgola...

quantosociale.

-Ora gli studenti di ginnasio hanno un'altra uniforme (1) grigia...

-dice Ivàn Matveic'. - Quand'io studiavoal mio tempo erameglio:

portavanole divise...

-Ahma scriveteper favore! - si stizzisce lo scienziato Sociale...avete scritto? Parlando poi di riforme relative alla struttura...delle funzioni statalie non alla regolazione del viver popolare...virgola... non si può dire ch'esse si distinguano per lanazionalità delle loro forme... le ultime quattro parole travirgolette... E-eh... così... Allora che volevate dire circail ginnasio?

-Ma ve lo dissi ieri! Son già tre anni che non studio... Miritirai dalla quarta classe...

-E perché abbandonaste il ginnasio? - domanda lo scienziatodando un'occhiata allo scritto di Ivàn Matveic'.

-Cosìper circostanze di famiglia.

-Di nuovo s'ha da dirveloIvàn Matveic'! Quandofinalmentesmetterete la vostra abitudine di strascinare le righe? - in una riganon devono esserci meno di quaranta lettere!

-Ma che credeteche lo faccia apposta? - si risente IvànMatveic'.

-In compensoin altre righe le lettere son più di quaranta...

Contate.E se vi sembra ch'io allunghipotete ridurmi la paga.

-Ahma non si tratta di ciò! Come siete indelicato. davvero...Per un nonnullasubito parlate di denaro. L'essenziale èl'esattezzaIvàn Matveic'l'esattezza è l'essenziale!Voi dovete avvezzarvi all'esattezza.

Lacameriera reca nello studio su un vassoio due bicchieri di tèe un cestello con biscotti... Ivàn Matveic' goffamentecontutt'e due le maniprende il suo bicchiere e subito comincia a bere.Il tè è troppo caldo. Per non scottarsi le labbraIvànMatveic' cerca di far sorsi piccoli. Egli mangia un biscottopoi unaltroun terzo e guardando confuso in tralice lo scienziatoallungatimidamente la mano a un quarto... Le sue sorsate rumorosequelmasticar di buon appetito e l'espressione di famelica aviditànei sopraccigli rialzati irritano lo scienziato.

-Finite presto... Il tempo è prezioso.

-Voi dettate. Io posso insieme e beree scrivere... Ho fameloconfesso.

-Sfido ioandate a piedi!

-Sì... E che brutto tempo! Dalle nostre parti a questa stagioneodora già di primavera... Dappertutto pozzangherela neve siscioglie.

-Voimi paresiete meridionale?

-Della regione del Don... E in marzo da noi è primavera fatta.Qui c'è gelotutti vanno in pellicciae laggiùl'erbetta... dappertutto è asciutto e si posson perfinoacchiappar le tarantole.

-E perché acchiappar le tarantole?

-Così... dal non saper che fare... - dice Ivàn Matveic'e sospira.

-Acchiapparle diverte. Attacchi a un filo un pezzetto di pececali lapece nel buco e cominci con la pece a percuotere la tarantola suldorsoe lei la maledettasi arrabbiaafferra con le zampette lapecee si appiccica... E che cosa ne facevamo! Ne riempivamotutt'una bacinella e ci mandavamo contro una migale.

-Che migale?

-E' un certo ragnopure del genere della tarantola. In rissa da sésolo può uccidere cento tarantole.

-M-già... Scriviamo però... Dov'eravamo rimasti?

Loscienziato detta ancora una ventina di righepoi siede e s'immergein una meditazione. Ivàn Matveic'nell'attesa che quellofinisca di rifletteresta seduto eallungando il collocerca dimettere in ordine il colletto della sua camicia. La cravatta non staa postoi bottoni dei polsini sono saltati fuori e il colletto siapre continuamente.

-M-già...- dice lo scienziato. - Così è... E chenon vi siete ancora trovato un postoIvàn Matveic'?

-No. E dove lo trovi? Iosapeteavevo pensato di andare volontario.

Mail babbo consiglia d'entrare in una farmacia.

-M-già... Megliose andaste all'università. E' un esamedifficilema con la pazienza e il lavoro assiduo si puòsuperare. Applicatevileggete di più... Leggete molto?

-Pocolo confesso...-dice Ivàn Matveic'accendendo unasigaretta.

-Turgheniev l'avete letto?

-N-no...

-E Gogol?

-Gogol? Uhm!... Gogol... Nonon l'ho letto!

-Ivàn Matveic'! E non vi vergognate? Ahi-ahi! Siete un cosìbravo ragazzoc'è tanto di originale in voie d'un tratto...Perfin Gogol non avete letto! Leggetelo! Io ve lo darò!Leggetelo senza fallo!

Altrimentici guasteremo!

Dinuovo si fa silenzio. Lo scienziato è semidisteso sulla sediaa sdraio e pensae Ivàn Matveic'lasciato in pace ilcollettorivolge tutta la sua attenzione agli stivali. Non s'eranemmeno accorto che sotto i piedia causa della neve discioltaglis'eran formate due grosse pozze. E' imbarazzato.

-Qualcosa non va oggi... - borbotta lo scienziato.-IvànMatveic'a voimi sembrapiace acchiappare anche gli uccelli?

-Questo in autunno... Qui non ne acchiappoma laggiùa casane acchiappavo sempre.

-Così è... bene. Ma scrivere tuttavia bisogna.

Loscienziato risolutamente si alza e comincia a dettarema di lìa dieci righe torna a sedere sulla sedia a sdraio.

-Sarà forse il caso che rimandiamo a domattina- dice. -Venite domattinasolo un po' prestoverso le nove. Dio vi guardidal tardare.

IvànMatveic' posa la pennasi alza da tavola e siede su un'altraseggiola. Trascorrono un cinque minuti in silenzioed egli cominciaa sentire che per lui è ora di andarsenech'egli è ditroppoma nello studio dello scienziato si sta così beneècosì luminoso e caldoed è ancor tanto frescal'impressione dei biscotti al burro e del dolce tèche gli sistringe il cuore al solo pensiero della casa. A casa c'èpovertàfamefreddo un padre brontolonerimbrottie lìc'è tanta calma e quietee s'interessano perfino delle suetarantole e dei suoi uccelli.

Loscienziato guarda l'orologio e mette mano a un libro.

-Allora voi mi darete Gogol? - domanda Ivàn Matveic'alzandosi.

-Ve lo daròve lo darò. Soltantodove mai viaffrettatecolombello? Sedete un po'raccontate qualcosa...

IvànMatveic' siede e fa un largo sorriso. Quasi ogni sera si trattiene inquesto gabinetto e ogni volta sente nella voce e nello sguardo delloscienziato un che d'insolitamente molleattirantecome materno. Vison fino minuti in cui gli sembra che lo scienziato si siaaffezionato a luigli si sia abituatoe se lo sgrida per i ritardiè solo perché sente la mancanza del suo cicaleccioriguardo alle tarantole e a come sul Don si acchiappano i cardellini.




NOTE:


1)In russo "forma" ha anche questo significatorichiamatoalla mente d'Ivan Matveic' dalle "forme" di cui parla loscienziato.




UNESSERE INDIFESO


Perquanto violento fosse stato di notte l'attacco di podagraper quantopoi scricchiolassero i nerviKistunov tuttavia s'avviò lamattina in ufficio e cominciò in tempo a ricevere i postulantie i clienti della banca. Egli aveva un'aria languidaspossataeparlava a stentorespirando appenacome un morente.

-Che desiderate? - si rivolse a una sollecitatrice in un mantelloantidiluvianomolto simile di dietro a un grosso scarabeostercorario.

-Favorite vedereeccellenza- cominciò con lesta parlantinala postulante- mio maritol'assessore di collegio S'ciukinèstato malato cinque mesi e mentrescusateera a letto in casa e sicuravalo hanno messo a riposo senz'alcuna ragioneeccellenzaequand'io mi recai a riscuotere il suo stipendiolorovedete un po'detrassero dalla sua paga ventiquattro rubli e trentasei copeche!«Per che cosa?»domando. «Ma lui»dicono«ha percepito dalla cassa sociale e gli altri funzionari hangarantito per lui». Come mai ciò? Forse ch'egli potevaprelevare senza il mio consenso? E' impossibileeccellenza. Maperché codesto? Io sono una donna poveracampo solo suipigionali... Sono deboleindifesa... Patisco offese da tutti e nonsento una buona parola da nessuno...

Lapostulante cominciò a batter gli occhi e ficcò la manonel mantello in cerca del fazzoletto. Kistunov le prese la domanda esi mise a leggere.

-Permettetecome mai ciò? - egli alzò le spalle.-Io noncapisco nulla. Evidentemente voisignoraavete sbagliato indirizzo.

Lavostra richiestain sostanzanon riguarda affatto noi. Datevi lapena di rivolgervi al dicastero dove faceva servizio vostro marito.

-I-ih"bàtiuska" (1)sono già stata incinque posti e dappertutto neppur la domanda hanno preso! - disse laS'ciukin. - Io ho bell'e perso la testameno male che il cognatoBoris Matveic'che Dio lo conservi in salutemi ha suggerito divenir da voi. «Voi»dice«mamminarivolgetevi alsignor Kistunov: è un uomo influente per voi può fartutto»... Aiutatemieccellenza!

-Noisignora S'ciukinper voi non possiamo far nulla... Capite:

vostromaritoda quanto posso giudicare serviva nella sanitàmilitaree il nostro è un istituto assolutamente privatocommercialeteniamo una banca. Come non capir ciò!

Kistunovancora una volta alzò le spalle e si girò verso unsignore in divisa militare col catarro.

-Eccellenza- cantilenò con voce querula la S'ciukin- chemio marito è stato malatoci ho il certificato medico!Eccolofavorite guardare!

-Benissimoio vi credo- disse in tono irritato Kistunov- maripetoquesto non ci riguarda. E' strano e persin buffo! Possibileche vostro marito non sappia ove dovete rivolgervi?

-Luieccellenzanon sa nulla. Non fa che dire una sola cosa: «Nonè affar tuo! Vattene!»e tutto è lì...Affare di chiallora? L'ho pur io sulle mie braccia! Sulle mi-ie!

Kistunovtornò a girarsi verso la S'ciukin e prese a spiegarle ladifferenza che passa tra l'ufficio di sanità militare e unabanca privata. Quella lo ascoltò attentafece col capo uncenno d'assenso e disse:

-Giàgiàgià... Capisco"bàtiuska".In tal casoeccellenzaordinate di darmi anche solo quindici rubli.Son d'accordo di non aver tutto in una volta.

-Uff! - sospirò Kistunovarrovesciando il capo. - A voi non lasi fa intendere! Ma non capite dunque che rivolgere a noi una similerichiesta è strano come presentar domanda di divorzioperesempioin farmacia o all'ufficio del saggio? Non vi hanno pagatotuttoma noi che c'entriamo?

-Eccellenzafate ch'io preghi Dio in eternoabbiate pietà dimeorfanella- si mise a piangere la S'ciukin. - Sono una donnaindifesadebole... Mi sono sfinita a morte... E in causa congl'inquilinie darsi da fare pel maritoe correre per le faccendedi casae poi ancora le mie devozioni e il cognato senz'impiego...E' solo di nome che bevo e mangioma sto appena in piedi... Non hodormito tutta la notte.

Kistunovsentì palpitazione di cuore. Fatto un viso doloroso epremutasi una mano al cuoreriprese a spiegare alla S'ciukinma lasua voce si spezzò...

-Noscusateio non posso parlare con voi- dissee agitòuna mano.-Mi gira perfino la testa. Voi c'impacciate e perdeteinutilmente il tempo. Uff!... Alekséi Nikolaic'- si rivolsea uno degl'impiegati: - spiegate voiper favorealla signoraS'ciukin!

Kistunoveludendo tutti i postulantise n'era andato nel suo gabinetto eaveva firmato una decina di cartee Alekséi Nikolaic' tuttorasi affaccendava con la S'ciukin. Stando a sedere nel suo gabinettoKistunov udì a lungo due voci: la monotonacontenuta voce dibasso di Alekséi Nikolaic' e la voce piagnucolosagemebondadella S'ciukin...

-Io sono una donna indifesadebolesono una donna malaticcia-diceva la S'ciukin. - All'aspettoforse robustama se si va aesaminarenon c'è in me una sola venetta sana. A stento mireggo in piedi e ho perduto l'appetito... Oggi ho bevuto il caffèe senz'alcuna soddisfazione.

EAlekséi Nikolaic' le spiegava la differenza tra leamministrazioni e il complesso sistema della trasmissione dellecarte. Ben presto fu stanco e lo sostituì il contabile. -Donna supremamente antipatica.-s'indignava Kstunovtorcendo nervosole dita e accostandosi di continuo alla caraffa con l'acqua. - E'un'idiotauna tonta! Ha sfinito me e sfiancherà lorolavigliacca! Uff... mi batte il cuore!

Dili a mezz'ora sonò. Comparve Alekséi Nikolaic'.

-Che n'è da voidi là? - domandò languidamenteKistunov.

-Ma non gliela facciamo intendere in nessun modoPiotr Aleksandric'!

Siamosemplicemente sfiniti. Noi le bussiamo a picche e lei risponde afiori...

-Io... io non posso sentir la sua voce... Mi sono ammalato... non cireggo...

-Chiamiamo il custodePiotr Aleksandric'che la faccia uscire.

-Nono! - si spaventò Kistunov. - Lei leverà altestridae in questa casa ci son molti appartamentie il diavolo saquel che posson pensare di noi... Piuttosto voicolombelloinqualche modo cercate di spiegarle.

Dopoun minuto si riudì il borbottio di Alekséi Nikolaic'.Passò un quarto d'ora edando il cambio al suo tono di bassoprese a ronzare la robusta voce tenorile del contabile.

-Su-per-lativamente vigliacca!- s'indignava Kistunovcon un nervosotremito di spalle. - Stupida come un'ocache il diavolo se la porti!Mi si scatena di nuovo la podagrapare... Daccapo l'emicrania...

Nellastanza attigua Alekséi Nikolaic'ridotto allo stremopicchiainfine un dito sulla tavolapoi sulla propria fronte.

-Insommavoi sulle spalle non avete una testa- disse- ma ecco checosa...

-Be'non c'ènon c'è da... - si risentì lavecchia. - Dallo a tua moglie il picchio.. Citrullo! Non ti prendertroppa libertà.

Eguardandola con astiocon esasperazionecome se volesseinghiottirlaAlekséi Nikolaic' disse con voce bassasoffocata:

-Via di qui!

-Che co-osa? - strillò d'un tratto la S'ciukin. - Ma comeosate?

Iosono una donna deboleindifesaio non permetterò! Mio maritoè assessore di collegio! Ma che citrullo! Se vadodall'avvocato Dmitri Karlic'di te né manco il nome rimarrà!A tre inquilini ho fatto causae per le tue parole insolenti aipiedi mi dovrai cadere! Andrò fin dal vostro generale (2)!Eccellenza! Eccellenza!

-Vattene via di quicanchero! - sibilò AlekséiNikolaic'.

Kistunovaprì la porta e guardò fuori nella sala. - Che c'è?- domandò con voce di pianto. La S'ciukinrossa come ungamberostava in mezzo alla stanza eroteando gli occhipuntava ledita in aria.

Gl'impiegatidella banca stavano ai lati erossi del parivisibilmente strematisi scambiavano occhiate smarrite.

-Eccellenza! - si precipitò verso Kistunov la S'ciukin. - Eccocostuiquesto stesso... ecco costui... - (ella indicò AlekséiNikolaic')- ha dato del dito in frontee poi sulla tavola... Voigli avete ordinato di esaminar la mia praticae lui si fa beffe! Iosono una donna deboleindifesa... Mio marito è assessore dicollegio e io stessa son figlia d'un maggiore!

-Benesignora- gemé Kistunov- esaminerò...provvederò...

Andatepure... dopo!...

-E quando riscoteròeccellenza? I denari mi occorrono oggi!

Kistunovsi passò in fronte una mano tremantesospirò e ripresea spiegare.

-Signoravi ho già detto. Qui è una bancaun istitutoprivatocommerciale... Che dunque volete da noi? E capitechiaramente che ci disturbate.

LaS'ciukin stette a sentirlo e sospira.

-Giàgià... - annuì. - Soloeccellenzafate lagraziafatemi pregar Dio in eternosiatemi padredifendetemi. Sel'attestato medico non bastaposso presentare anche un certificatodella sezione... Ordinate di versarmi il denaro!

AKistunov s'annebbiò la vista. Egli esalò tutta l'ariaquanta ne aveva nei polmoni eprostratosi abbandonò sullaseggiola.

-Quanto volete avere? - domandò con voce flebile.

-Ventiquattro rubli e trentasei copeche.

Kistunovcavò di tasca il portafogline trasse un biglietto daventicinque e lo porse alla S'ciukin.

-Prendete e... e andatevene!

LaS'ciukin avvolse in un fazzolettino il denarolo nascose eraggrinzando il viso in un sorrisetto soavedelicatoperfincivettuolodomandò:-Eccellenzae non potrebbe mio maritoriprendere il posto?

-Io vado via... sono malato... - disse Kistunov con voce languida.

-Ho una tremenda palpitazione di cuore.

Partitoch'egli fuAlekséi Nikolaic' inviò Nikita per le goccedi laurocerasoe tuttiprese venti gocce a testasedettero allavoroma la S'ciukin poi rimase ancora un paio d'ore in anticameraa discorrere col custodeaspettando che tornasse Kistunov.

Ellavenne lì anche il giorno dopo.




NOTE:


1)Letteralmente: babbino. Forma di cortesia molto usata nellaconversazione russaparlando a persona maschile di qualsiasi etàe corrispondente a "màtuskca".

2)La vecchia gerarchia burocratica russa conosceva anche i "generali"civili: il titolo militare veniva esteso ai più alti capiservizio delle amministrazioni non militari.




LESIGNORE


FiodorPetrovic'direttore delle scuole elementari della provincia di N.che si stima uomo giusto e magnanimoriceveva una volta presso di séin ufficio il maestro Vremionski.

-Nosignor Vremionski-diceva-le dimissioni sono inevitabili. Con lavoce che avetenon si può continuare il serviziod'insegnamento. Ma come vi è scesa?

-Bevvisudatodella birra fredda... - sibilò il maestro - Chepeccato! Un uomo ha servito per quattordici annie d'un tratto unaiattura così! Sa il diavolo per quale inezia tocca troncar lapropria carriera. E che cosa vi proponete ora di fare?

Ilmaestro non rispose nulla.

-Avete famiglia? - domandò il direttore.

-Moglie e due figlieccellenza... - sibilò il maestro.

Seguìun silenzio. Il direttore si alzò dalla scrivania e camminòda un angolo all'altroagitato.

-Non raccapezzo quel che ho da fare con voi! - disse. - Maestro nonpotete esserealla pensione non siete ancor pervenuto...

lasciarviin balia del destinoai quattro ventinon è punto agevole.

Pernoi siete uno dei nostriavete servito quattordici annièdunque affar nostro aiutarvi... Ma come aiutare? Che posso io fareper voi?

Mettetevinei miei panni: che posso io fare per voi?

Seguìun silenzio; il direttore camminava e continuava a pensareeVremionskioppresso dal suo affannosedeva sull'orlo d'una seggiolae pensava anche lui. D'un tratto il direttore si fece raggiante eschioccò perfino le dita.

-Mi meraviglio come non mi sia venuto prima in mente! - prese a diresvelto. - Ascoltateecco quel che posso proporvi... La settimanaentrante il segretario del nostro asilo se ne va a riposo.

Sevoleteoccupate il suo posto! Eccovi!

Vremionskiche non si aspettava una tal graziaraggiò egli pure.

-A meraviglia- disse il direttore. - Oggi stesso scrivete ladomanda...

CongedatoVremionskiFiodor Petrovic' risentì sollievo e perfinsoddisfazione: davanti a lui non stava più la curva figura delsibilante pedagogoe faceva piacere riconoscere cheoffrendo aVremionski il posto vacanteegli aveva agito rettamente e secondocoscienzada uomo buonoperfettamente dabbene. Ma questa buonadisposizione non durò a lungo. Quand'egli tornò a casae sedette a pranzaresua moglieNastassia Ivànovnad'untratto si rammentò:

-Ahsìper poco non dimenticavo! Ieri venne da me NinaSerghéievna e si raccomandò per un giovane. Nell'asiloda noidiconosi fa un posto vacante...

-Sìma questo posto è già promesso a un altro-disse il direttore e si accigliò. - E tu sai la mia norma: nondò mai posti per protezione.

-Soma per Nina Serghéievna si può faresuppongoun'eccezione. Lei ci ama come parentie noi finora non abbiam fattoper lei nulla di buono. E non pensareFediadi dir di no! Coi tuoighiribizzi e lei offenderestie me.

-E chi raccomanda?

-Polzuchin.

-Che Polzuchin? Quello che alla riunione di capodanno faceva ilCiatski (1)? Quel gentiluomo? A nessun patto!

Ildirettore smise di mangiare.

-A nessun patto! - ripeté. - Dio me ne guardi!.

-Ma perché?

-Capiscimamminache se il giovanotto non agisce direttamentemaper mezzo di donneèdi conseguenzauna nullità!Perché non viene egli stesso da me?

Dopopranzo il direttore si sdraiò nel suo studio sul sofà esi mise a leggere i giornali e le lettere ricevute.

«CaroFiodor Petrovic'!»gli scriveva la moglie del sindaco.«Voidiceste un giorno ch'io sono scrutatrice di cuori e conoscitriced'uomini. Ciò vi spetta ora verificar di fatto. Verràda voi tra giorni a chiedere il posto di segretario nel nostro asiloun tal K. N.

Polzuchinche conosco per un giovane eccellente. Il ragazzo è moltosimpatico. Interessandovi a luivi persuaderete»eccetera.

-A nessun patto! - proferì il direttore. - Dio mi guardi!

Dopodi ciò non passò giorno che il direttore non ricevesselettere che raccomandavano Polzuchin. Una bella mattina comparveanche lo stesso Polzuchinun giovane pienottocon volto raso dafantinoin un nuovo completo nero...

-Per cose di servizio non ricevo quima in ufficio - disse seccamenteil direttoreascoltata la sua richiesta.

-Perdonateeccellenzama nostri comuni conoscenti mi han consigliatodi rivolgermi proprio qui.

-Uhm ! ... - mugolò il direttoreguardandogli con astio lescarpe a punta aguzza. - Per quanto so- egli disse- il vostrobabbo ha un patrimonio e voi non siete in bisognoche necessitàavete dunque di sollecitare questo posto? E' una paga di soldi!

-Io non per la pagama così... Ed è sempre un serviziogovernativo...

-Già... Tra un mese poimi sembraquest'impiego vi saràvenuto a noia e voi lo lasceretee intanto ci son candidati per iquali questo posto è una carriera per tutta la vita. Vi sonpoveracci per i quali...

-Non mi verrà a noiaeccellenza! -interruppe Polzuchin.-Parola d'onorefarò del mio meglio!

Ildirettore si sdegnò.

-Ascoltate- domandòsorridendo sprezzante- perchénon vi rivolgeste di colpo a mema stimaste necessario incomodarpreventivamente le signore?

-Non sapevo che ciò vi sarebbe spiaciuto- rispose Polzuchine si confuse. - Maeccellenzase voi non date importanza allelettere di raccomandazionevi posso presentar degli attestati...

Eglitrasse di saccoccia una carta e la porse al direttore. In calceall'attestatoscritto in stile e caratteri cancellereschistava lafirma del governatore. Da tutto si vedeva che il governatore avevafirmato senza leggeregiusto solo per sbrigarsi di qualche importunasignora. - Non c'è che farem'inchino... obbedisco... - disseil direttoreletto ch'ebbe l'attestatoe sospirò. -Presentate domani la domanda... Non c'è che fare...

Equando Polzuchin fu uscitoil direttore si abbandonò tutto aun sentimento di disgusto.

-Essere dappoco! - sibilavacamminando da un angolo all'altro. - Hapur ottenuto l'intentostriscione buono a nullabeniamino delledonne! Rettile! Canaglia!

Ildirettore sputò rumorosamente contro l'uscio dietro cui erascomparso Polzuchine di colpo rimase maleperché in quelmomento entrava nel suo studio una signorala moglie dell'intendentedi finanza.

-Io per un minutinoun minutino... - cominciò la signora.-Sedetecomparee ascoltatemi attentamente... Dunquediconoda voic'è un posto vacante... Domanioppur oggiverrà davoi un giovanecerto Polzuchin...

Lasignora cinguettavae il direttore la guardava con occhi torbidiintontiticome uomo che si prepara a venir menoguardava esorrideva per convenienza.

Eil giorno doporicevendo nel suo ufficio Vremionskiil direttoreper lungo tempo non si risolse a dirgli la verità. Esitavas'impappinava e non trovava da che cominciareche cosa dire. Avevavoglia di scusarsi col maestrodi raccontargli tutta la pura veritàma la lingua gli s'ingarbugliavacome a un ubriacoi suoi orecchiardevanoe gli venne d'un tratto vergogna e stizza di doverrappresentare una parte così assurda: nel proprio ufficiodavanti ai propri dipendenti. D'improvviso picchiò un colposulla tavolasaltò su e gridò iroso:

-Io non ho un posto per voi! No e poi no! Lasciatemi in pace! Nontormentatemi! Spiccicateviinsommafate il favore!

Euscì dall'ufficio.




NOTE:


1)Protagonista della celebre commedia satirica di Griboiedov(1795-1829): "Il guaio di avere ingegno"tipo di«occidentale» e liberale russo ancora immaturo.




POLINKA


L'unapassata del pomeriggio. Nel gran negozio di mercerie "Novitàparigine"che è in una delle gallerieferve la vendita.Si ode il monotono brusio delle voci dei commessiun brusio qualesuol esserci a scuolaallorché il maestro obbliga tutti glialunni a mandar qualche cosa a memoria ad alta voce. E questo rumoreuniforme non lo spezzano né le risate delle signorenéi colpi della porta vetrata d'ingressoné il correr su e giùdei ragazzi.

Inmezzo al negozio sta Pòlinkafiglia di Maria Andréievnatenitrice d'un laboratorio di modeuna piccola bionda magrolinaecerca qualcuno con gli occhi. Accorre a lei un ragazzo dai nerisopraccigli e domandaguardandola con gran serietà:

-Che cosa voletesignora?

-Di me si occupa sempre Nikolài Timofeic'- risponde Pòlinka.

Eil commesso Nikolài Timofeic'un bruno slanciato arricciatovestito alla modacon una grossa spilla sulla cravattagiàha sgombrato il posto sul bancoha proteso il collo e con un sorrisoguarda Pòlinka.

-Pelagheia Serghéievnai miei rispetti! - grida con bellasana voce baritonale. - Favorite!

-Ahbuon giorno- dice Pòlinkaavvicinandoglisi. - Vedeteson di nuovo da voi... Datemi qualche cordoncino.

-Per che cosa v'occorre propriamente?

-Per una vitaper un dorsoinsomma una piccola guarnizione completa.

-Sul momento.

NikolàiTimofeic' mette davanti a Pòlinka parecchi tipi di cordoncino;quella sceglie pigramente e comincia a mercanteggiare.

-Scusate tantoa un rublo non è punto caro! - cerca dipersuaderla il commessosorridendo indulgente. - Questo ècordoncino francesea otto canti... Volentierine abbiamo di quelloordinarioa peso...

Quelloè a quarantacinque copeche l'"arscìn" (1)non è più la stessa qualità! Scusate tanto!

-Mi occorre ancora un fianco di conteria con bottoni di cordoncino-dice Pòlinkachinandosi sul cordoncinoechi sa perchésospira.

-E non si troveranno qui da voi dei chicchi di conteria di questatinta?

-Ci sono.

Pòlinkasi china ancor più giù verso il banco e domandasottovoce:

-Ma perché voiNikolài Timofeic'giovedìandaste via da casa nostra così presto?

-Uhm!... E' strano che ve ne siate accorta- dice il commesso con unrisolino. - Eravate così perduta dietro al signor studenteche...

èstrano come ve ne siate accorta!

Pòlinkasi fa di fiamma e tace. Il commesso con un tremito nervoso nelle ditachiude le scatole esenz'alcuna necessitàle pone unasull'altra. Un minuto trascorre in silenzio.

-M'occorrono ancora dei merletti di conteria-dice Pòlinkaalzando due occhi da colpevole sul commesso.

-Come li volete? I merletti di conteria su tulle neri e in tinta sonola finizione più di moda.

-E a quanto li vendete?

-I neri da ottanta copeche in sue in tinta a due rubli e cinquantacopeche. E da voi io non verrò mai più-soggiungesottovoce Nikolài Timofeic'.

-Perché?

-Perché? Semplicissimo. Voi stessa dovete capire. A che pro hoda torturarmi? Strana faccenda! Forse che per me è piacevolevedere come quello studente recita una parte intorno a voi? Iogiàvedo e capisco tutto. Fin dall'autunno vi fa la corte sul serio equasi ogni giorno passeggiate con luie quand'è da voi invisitagli tenete gli occhi piantati addossocome se fosse unqualche angelo. Ne siete innamorataper voi non c'è miglioruomo di luie benissimonon c'è da far discorsi...

Pòlinkatace eimbarazzatapassa un dito sul banco.

-Io vedo tutto benissimo- continuò il commesso. - Che ragioneho dunque di venir da voi? Io ho dell'amor proprio. Non a tutti fapiacere esser la quinta ruota del carro. Che cosa chiedevate?

-La mamma mi ha ordinato di prendere molte cose variema hodimenticato. Ci vuole ancora del piumino.

-Quale volete?

-Il migliorequello più di moda.

-Il più di moda adesso è quello di piume d'uccello. Latinta di modase desiderateè ora l'eliotropio o il color"kanàk"cioè bordò con giallo. Unascelta enorme. Ma a che tenda tutta questa storiaproprio noncapisco. Voieccovi siete innamoratama come finirà ciò?

Sulviso di Nikolài Timofeic'vicino agli occhisono spuntatedelle chiazze rosse. Egli stazzona fra le mani una delicata fettuccialanuginosa e continua a mormorare:

-V'immaginate di sposarloeh? Be'a questo riguardo levatevelodall'immaginazione. Agli studenti è vietato prender moglieepoi forse ch'egli viene da voi per terminar tutto onestamente? Mache!

Giàloroproprio questi studentinoi non ci hanno in conto neppur dipersone... Vanno dai mercanti e dalle modiste solo per farsi beffedell'altrui mancanza d'istruzione e ubriacarsi. A casa propria enelle buone case ci si vergogna di bere; sìma da gente cosìsemplicenon istruitacome noi non han da vergognarsi di nessunosi può anche camminare a gambe in su. Sissignora! Cosìche piumino dunque prenderete? E se lui vi fa la corte e giuocaall'amoresi sa perché... Quando diventerà dottore oavvocatorammenterà: «Ehavevo una volta»dirà«una certa biondina! Dov'è adesso?». Chi sa cheanche orain casa sua fra gli studentinon si vanti di avere invista una modistina.

Pòlinkasi mette a sedere su una sedia e guarda pensierosa la montagna discatole bianche.

-Nonon lo prenderò il piumino! - sospira. - Prenda la mammastessa quello che vuoleio posso sbagliare. A me date sei "arscini"di frangia per un diplomaticodi quella a quaranta copechel'"arscìn". Per lo stesso diplomatico mi darete deibottoni di coccocoi fori da parte a parte... perché tenganomeglio...

NikolàiTimofeic' le involta frangia e bottoni. Lei lo guarda negli occhi conaria colpevole e visibilmente aspetta ch'egli continui a parlaremalui tace arcigno e rimette in ordine il piumino.

-Che non dimentichi di prendere anche dei bottoni per una cappotta...

-ella dice dopo un po' di silenzioasciugandosi col fazzoletto lelabbra smorte.

-Quali v'occorrono?

-Lavoriamo per una negoziantedatemi dunque qualcosa che escadall'ordinario...

-Sise è per una negoziantebisogna sceglierli un po'variopinti.

Eccoi bottoni. Una combinazione di colori turchinorossoe oro di moda.I più vistosi. Chi è un po' più fine prende danoi quelli neri opachi con un sol cerchietto brillante. Solo che ionon capisco.

Possibileche voi stessa non possiate giudicare? Be'a che cosa condurrannoquelle... passeggiate?

-Io stessa non so... - bisbiglia Pòlinkae si china suibottoni.

-Io stessa non soNikolài Timofeic'quel che mi succede.

Dietroil dorso di Nikolài Timofeic'premendolo verso il bancosiapre un varco un grave commesso dalle fedine eraggiando della piùraffinata galanteriagrida:

-Siate così gentile"madàm" (2)da favorirein questo reparto! Di camicette "dzerse" (3) Si hanno tretipi: lisciacon spighetta e con perline! Quale volete?

Nellostesso tempo accanto a Pòlinka passa una signora grossachedice con voce pastosaprofondaquasi di basso:

-Purchéper favoresiano senza cucituretessutee che ipiombini siano affondati dentro.

-Fate mostra di osservare la merce- bisbiglia NikolàiTimofeic'chinandosi verso Pòlinka e sorridendosforzatamente. Voiche Dio v'assistaavete una cera pallida emalatavi siete del tutto mutata in viso. Vi lasceràPelagheia Serghéievna! E se mai vi sposerànon saràper amorema per famelusingato dai vostri quattrini. Si faràcon la dote un arredo decorosoe poi si vergognerà di voi.Agli ospiti e ai compagni vi nasconderàperché nonsiete istruitae così dirà: la mia orsacchiotta. Forseche voi sapete comportarvi in una compagnia di dottori o di avvocati?Voi per loro siete una modistauna creatura ignorante.

-Nikolài Timofeic'! - grida qualcuno dall'altro capo delnegozio.

Eccola "mademuasèl" chiede tre arscini di nastro di"nikko" (4) Ce n'avete?

NikolàiTimofeic' si volge di latofa un viso sorridente e grida:

-Ce n'ho! Ci son nastri di "nikko""atamàn"(5) con raso e raso con "muar" (6)!

-A propositoper non dimenticarmiOlia m'ha pregata di prendere perlei una fascetta! - dice Pòlinka.

-Negli occhi avete... delle lacrime!-si spaventa NikolàiTimofeic'. - Perché questo? Andiamo verso i bustiio vipareròse no è una cosa imbarazzante.

Conun sorriso sforzato e con esagerata disinvoltura il commesso guidarapido Pòlinka verso il reparto dei busti e la nasconde alpubblico dietro un'alta piramide di scatole...

-Che fascetta volete che vi dia?-domanda fortee subito bisbiglia: -Asciugatevi gli occhi!

-Io... iodi quarantotto centimetri! Soltantoper favorelei hapregato che sia doppia con fodera... di vera stecca di balena... Ioho bisogno di parlar con voiNikolài Timofeic'. Venite oggi!

-Ma di che parlare? Non c'è da parlar di nulla.

-Voi solo... mi amate etranne voinon ho nessuno con cui parlare unpoco.

-Non giunconon ossoma vera stecca di balena... Di che mai dovremmoparlare? Parlare non c'è di che... Vero che oggi andrete conlui a passeggio?

-Ci an... andrò.

-Be'allora di che parlare in tal caso? Coi discorsi non sirimedia... Siete innamoratavero?

-Sì... - bisbiglia incerta Pòlinkae dai suoi occhisgorgano grosse lacrime.

-Che discorsi dunque ci posson essere? - mormora NikolàiTimofeic'alzando nervosamente le spalle e impallidendo. - E nessundiscorso occorre... Asciugate gli occhied ecco tutto. Io... io nondesidero nulla...

Inquesto mentre s'avvicina alla piramide di scatole un commesso altomagro e dice alla sua acquirente:

-Non lo vorresteun ottimo elastico per giarrettierache non fermail sanguericonosciuto dalla medicina...

NikolàiTimofeic' fa da schermo a Pòlinka ecercando di nasconderel'agitazione di lei e la propriastorce il volto a un sorriso e diceforte:

-Ci son due qualità di merlettisignorina! Di cotone e diseta!

L'"oriental"i britannicila "valensièn" (7)il "croscé"(8)il "torsciòn" (9): questi son di cotonee ilrococòla spighettail "cambré" (10):questi sono di seta... Per amor di Dioasciugate le lacrime! Viengente!

Evedendo che le lacrime scorrono tuttaviacontinua anche piùforte:

-Spagnuolirococòspighetta"cambré"...Calze di feldekòs (11)di cotonedi seta...




NOTE:


1)Unità russa di misura lineare: metri 0711.

2)Questa e altre parole straniere che seguono sono trascritte secondola pronunciaa indicare che chi le adopera le conosce semplicementea orecchiosenza saperne la grafia.

3)"Jersey": la principale delle Isole Normannenella Manica;dà il nome a un tessuto di lana.

4)Dal nome d'una città giapponese.

5)Così detto dal nome che si dava al capo dei cosacchi.

6)"Moire": moerroamoerro (setao imitazione di setamarezzata.

7)"Valenciennes"dall'omonima città francese delnord.

8)"Crochet"cioè fatto all'uncinetto.

9)"Torchon" (canovaccio): merletto a maglia assai larga.

10)"Cambrai"anche qui dal nome dell'importante centrotessile francesenel Dipartimento del Nord.

11)Cioè "fil d'Ecosse": filo di Scozia.




ILCORREDO


Moltecase ho veduto in vita miagrandi e piccinein muratura e di legnovecchie e nuovema particolarmente mi s'impresse nella memoria unacasa. Non è una casa del restoma una casetta. E' piccolaaun solopiccolo piano e con tre finestree somiglia oltremodo a unavecchietta piccinagobba con la cuffia. Intonacata di biancocontetto di tegole e un fumaiuolo scortecciatoè tutta immersanei verde dei gelsidelle acacie e dei platani piantati dai nonni edai bisnonni degli odierni padroni. Non la si vede dietro il verde.Questa massa di verzura non le impedisce per altro d'essere unacasetta di città. Il suo ampio cortile è allineato conaltripure ampi e verdi cortilied entra a far parte di viaMoskòvskaia. Nessuno passa mai in vettura per questa viadirado qualcuno a piedi.

Leimposte della casetta sono continuamente chiuse: gli inquilini nonhan bisogno di luce. La luce non è loro necessaria. Lefinestre non si aprono maiperché agli abitatori dellacasetta non piace l'aria fresca. La gente che vive costantemente frai gelsile acacie e la bardana è indifferente alla natura.Solo ai villeggianti Iddio ha dato la facoltà d'intendere lebellezze della naturala restante umanità inveceper quantoriguarda queste bellezzeristagna nella più profondaignoranza. Gli uomini non apprezzano ciò di cui sono ricchi.

«Quelche possediamonon lo custodiamo (1)»; non basta: quel chepossediamonon l'amiamo. Attorno alla casetta è il paradisoterrestreil verdevivono uccelli giulivinella casetta invece...

ahimè!D'estate v'è afa e si soffocad'inverno v'è un caldocome al bagnoodor di carbone e una noiauna noia...

Perla prima volta visitai questa casetta che ormai è un pezzoper un'incombenza: portai il saluto del padron della casacolonnelloCikamassova sua moglie e a sua figlia. Questa mia prima visita laricordo ottimamente. Né è possibile non ricordarla.

Immaginateviuna donna piccolamenciasulla quarantinache vi guarda consgomento e stupore mentre voi entrate dall'anticamera in sala. Voisiete un "estraneo"un visitatoreun "giovanotto"e questo è già sufficiente per piombarla nello stuporee nello sgomento.

Nellemani non avete né una mazza ferratané un'accettanéuna rivoltellavoi sorridete amichevolmentema vi si accoglie conansietà.

-Chi ho l'onore e il piacere di vedere? - vi domanda con voce tremanteuna donna maturain cui riconoscete la padrona di casa Cikamassov.

Diteil vostro nome e spiegate perché siete venuto. Sgomento estupore cedono il posto a un acutogioioso «ah!» e a unostrabuzzar d'occhi.

Quest'«ah!»come un'ecosi ripercuote dall'anticamera in saladalla sala insalottodal salotto in cucina... e così fino alla cantina.

Benpresto tutta la casetta si riempie di svariatigioiosi «ah!».Di lì a un cinque minuti siete seduto in salottosu ungrandesofficeardente divano e udite come ormai echeggia di «ah!»tutta la via Moskòvskaia.

Odoravadi polvere contro le tarme e di scarpe nuove di caprettocheavvolte in una pezzuolastavano accanto a me su una sedia. Allefinestre geranistraccetti di mussolina. Sugli straccetti dellemosche sazie. Su una parete il ritratto di un qualche vescovodipinto a olio e coperto da un vetro con un angolino rotto. Dalvescovo parte una fila di avi dalle fisonomie d'un giallo limonezingaresche. Sulla tavola un ditaleun rocchetto di filo e una calzanon finitasul pavimento modelli di taglio e una camicetta neraimbastita. Nella stanza attigua due vecchie spaventateintimiditepiglian su dal pavimento modelli e pezzi di "lankort"...

-Da noiscusatec'è un tremendo disordine! - disse laCikamassov.

LaCikamassov conversava con me e sbirciavaconfusaverso l'usciodietro al quale tuttora stavan raccattando i modelli. L'usciocomeconfuso anch'essoora si apriva per un paio di ditaora sichiudeva.

-Su viache t'occorre? - si voltò la Cikamassov verso l'uscio.

-"Où est mon cravatelequel mon père m'avaitenvoyé de Koursk?" (2) - domandò dietro l'usciouna vocetta femminile. - "Ahest ce queMarieque..."(3) Ahforse che si può... "Nous avons donc chez nous unhomme très peu connu par nous... (4) Domanda a Lukeria...

«Macome parliam bene il francesenoi!»lessi io negli occhidella Cikamassovarrossita dal piacere.

Prestosi aprì l'uscioe io vidi un'altamagra ragazza suidiciannove anniin un lungo vestito di mussolina con cintura doratadalla quale pendevaricordoun ventaglio di madreperla. Ella entròfece la riverenza e avvampò in viso. Avvampò dapprimail suo lungo nasoalquanto butteratodal naso il rossore passòagli occhidagli occhi alle tempie.

-Mia figlia! - cantilenò la Cikamassov. - E questo Mànec'kaè il giovanotto che...

Iofeci conoscenza ed espressi la mia meraviglia a proposito del grannumero di modelli. Madre e figlia chinarono gli occhi.

-Da noi all'Ascensione ci fu la fiera- disse la madre. - Alla fieranoi comperiamo sempre una quantità di stoffe e poi cuciamotutto l'anno sino alla fiera seguente. Fuori di casa non diamo mai afar nulla. Il mio Piotr Stepanic' non guadagna moltissimo e noi nonpossiamo permetterci dei lussi. Tocca farci i vestiti noi stesse.

-Ma chi mai in casa vostra porta una tal massa di roba? Siete soltantoin due!

-Ah... forse che questo si può portare? Non è perportare! Questo è il corredo!

-Ah"maman"che dite? - domandò la figliae sifece rossa. - Il signore davvero può pensare... Io maiprenderò marito! Mai!

Disseciòma a lei stessaalla parola "marito"siaccesero gli occhietti.

Portaronoil tèbiscotticonserve di fruttaburropoi mirimpinzarono di lamponi con la panna. Alle sette di sera ci fu unacena di sei portatee durante questa cena udii un rumorososbadiglio; qualcuno aveva sbadigliato forte nella stanza attigua. Ioguardai verso l'uscio con meraviglia: così puòsbadigliare soltanto un uomo.

-E' il fratello di Piotr Semionic'Jegòr Semionic'... - spiegòla Cikamassovavendo notato la mia meraviglia. - Abita in casanostra dall'anno scorso. Scusatelonon può venire asalutarvi. E' un selvaggio tale... ha soggezione degli estranei... Siprepara ad entrare in convento... In servizio ebbe dei dispiaceri...Cosìeccodal dolore...

Dopocena la Cikamassov mi mostrò una stola che stava ricamando dipropria mano Jegòr Semionic'per poi offrirla alla chiesa.Mànec'ka smise per un momento la sua timidezza e mi fecevedere una borsa da tabacco ch'ella ricamava per il proprio babbo.Quand'io feci vista d'essere stupito per il suo lavoroarrossìtutta e bisbigliò qualcosa all'orecchio della madre. Questa sifece raggiante e m'invitò ad andare con lei nella dispensa.Nella dispensa vidi un cinque grossi bauli e una quantità dibauletti e cassette.

-Questo... è il corredo! - mi bisbigliò la madre. -L'abbiamo preparato noi stesse.

Dataun'occhiata a quei malinconici baulipresi ad accomiatarmi dagliospitali padroni. E mi fecero dar la parola che un giorno o l'altrosarei ancora stato da loro.

Questaparola mi accadde di mantenerla un sette anni dopo la mia primavisitaquando fui mandato nella Cittadina come perito in unafaccenda giudiziaria. Entrato nella nota casettaudii quelle stesseesclamazioni... Mi riconobbero... Sfido! La mia prima visita erastata nella vita loro tutt'un avvenimentoe gli avvenimentilàdove son rarisi rammentano a lungo. Quando entrai nel salottolamadreancor più ingrassata e ormai incanutitastavastrisciando sul pavimento e cuciva una qualche stoffa azzurralafiglia era seduta sul divano e ricamava. Gli stessi modellilostesso odor di polvere contro le tarmelo stesso ritratto conl'angolino rotto. Ma cambiamenti tuttavia ce n'erano. Accanto alritratto del vescovo era appeso quello di Piotr Semionic' e lesignore erano in lutto. Piotr Semionic' era morto una settimana dopola sua promozione a generale.

Cominciaronoi ricordi... La generalessa diede in pianto.

-Abbiamo un gran dolore!- disse. - Piotr Semionic' - lo sapete? - nonè più. Io e lei siamo orfane e dobbiamo noi stessepensare ai casi nostri. E Jegòr Semionic' è vivomanon possiamo dir di lui nulla di buono. In convento non l'hanno presoper via... per via delle bevande forti. E lui beve adesso ancor dipiù dal dispiacere. Io mi accingo ad andar dal capo dellanobiltà (5)voglio lagnarmi.. Immaginatevipiù volteha aperto i bauli e... portato via roba del corredo di Mànec'kae l'ha donata a pellegrini. Da due bauli ha sottratto ogni cosa! Secontinuerà cosìla mia Mànec'ka rimarràsenza corredo affatto.

-Che dite "maman"! - disse Mànec'ka e si confuse. -Il signore davvero può pensare Dio sa che cosa... Io maimaiprenderò marito!

Mànec'kacon aria ispiratapiena di speranzaguardava il soffitto evisibilmentenon credeva a quel che diceva.

Nell'anticameraguizzò una piccola figuretta maschile dall'ampia calvizie e insoprabito color cannellacon le soprascarpe invece degli stivaliefrusciò come un sorcio.

«JegòrSemionic'dev'essere»pensai.

Guardavola madre e la figlia insieme: entrambe erano terribilmenteinvecchiate e smagrite. La testa della madre aveva riflessi argenteie la figlia s'era fatta smorta vizzae pareva che la madre fosse piùanziana della figlia d'un cinque anninon più.

-Mi accingo ad andar dal capo della nobiltà- mi disse lavecchiadimenticando che già aveva parlato di ciò. -Voglio lagnarmi! Jegòr Semionic' ci porta via tutto quel checuciamoe ne fa dono chi sa dove per la salvezza dell'anima. La miaMànec'ka è rimasta senza corredo!

Mànec'kasi fece di fiammama non disse più nemmeno una parola.

-Tocca rifar tutto daccapoe noi non siamo mica Dio sa che riccone!

Noidue siamo orfane!

-Siamo orfane! - ripeté Mànec'ka L'anno passato ildestino mi riportò nella nota casetta. Entrato in salottoioscorsi la vecchia Cikamassov vestita tutta di nerocon le manopoleda luttoera seduta sul divano e cuciva qualcosa. Accanto a leisedeva un vecchietto in soprabito color cannella e con le soprascarpein luogo di stivali. Vedutomiil vecchietto balzò su e corsevia dal salotto...

Inrisposta al mio saluto la vecchietta sorrise e disse:

-"Je suis charmée de vous revoirmonsieur" (6).

-Che cosa state cucendo? - domandaidopo aver atteso un poco.

E'una camicina. La finirò e andrò a darla al reverendoche la nascondase no Jegòr Semionic' la porterà via.Adesso nascondo tutto dal reverendo- disse in un bisbiglio.

Egettato uno sguardo al ritratto della figliache stava davanti a leisulla tavolasospirò e disse:

-Noivedetesiam orfani!

Madov'era la figlia? Dov'era dunque Mànec'ka? Io non facevodomande; non avevo voglia di far domande alla vecchietta vestita agran luttoe finché rimasi nella casettae poi quando me neandaiMànec'ka non m'uscì incontroio non udii néla sua vocené i suoi chetitimidi passi... Tutto era facilea capire e sentivo tanta pena nell'anima!




NOTE:


1)Adagio russo.

2)Dov'è la cravatta che mio padre m'aveva mandato da Kursk?

(Questafrase come le due seguentiè in un francese sgrammaticato estentato).

3)AhMariaforse che...

4)Abbiamo dunque in casa nostra un uomo che noi conosciamo ben poco.

5)La nobiltà aveva una sua organizzazione legalmente stabilitacon assemblee e capi provinciali e distrettuali (questi per lo piùindicatinelle traduzioni occidentalicome «marescialli dellanobiltà».

6)Sono felice di rivedervisignore.




LENOZZE


Unpaggio d'onore in cilindro e guanti bianchiansimandosi leva inanticamera il cappotto econ un'espressione come se volessecomunicare qualcosa di tremendoentra di corsa in sala.

-Lo sposo è già in chiesa!-annunciatirando il fiatocon difficoltà.

Segueun silenzio. Tutti si sentono improvvisamente tristi.

Ilpadre della sposatenente colonnello a riposo dal viso scarnosmuntosentendoprobabilmenteche la sua figuretta in giubbacortamilitaree in calzoni alla scudiera non è abbastanzasolennegonfia gravemente le gote e si raddrizza. Egli prende sultavolino l'immagine. Sua moglieuna piccola vecchietta in cuffia ditulle con larghi nastriprende il vassoio col pane e il sale e simette al suo fianco. Comincia la benedizione.

Lasposa Liùboc'ka senza rumorecome un'ombrasi inginocchiadavanti al padree il suo velo in quel mentre ondeggia e s'impiglianei fiori sparsi sull'abitoe dall'acconciatura sfuggono alcuneforcine.

Inchinatasiall'immagine e scambiato il bacio col padreche ancor piùforte gonfia le goteLiùboc'ka s'inginocchia davanti allamadre; il suo velo torna a impigliarsie due signorineagitatecorrono a leigliel'assestanolo ravvianol'appuntano conspilli...

Silenziotutti tacciononessuno si muove; soltanto i paggicome focosibilanciniscalpitano impazientiquasi attendessero che venga loropermesso di scattar via.

-Chi porterà l'immagine? - si ode un bisbiglio affannato.-Spiradove sei? Spira!

-Ciubito! - risponde dall'anticamera una voce infantile.

-Dio sia con voiDaria Danìlovna! - qualcuno conforta a bassavoce la vecchiache s'è stretta col viso alla figlia esinghiozza. - Ma forse che si può piangereche Cristo sia convoi! Bisogna gioireanima carae non piangere.

Labenedizione ha fine. Liùboc'kapallidatutta solenneseveranell'aspettobacia le sue amiche e dopo di ciò tuttirumorosamentespingendosi l'un l'altrosi slanciano in anticamera.I paggicon fretta affannosagridando senz'alcun bisogno: Pardonvestono la sposa.

-Liùboc'kalascia che ti guardi almeno ancora una volta! -geme la vecchia.

-AhDaria Danìlovna!- sospira qualcuno con rimprovero.Gioirebisognae voi Dio sa che cosa avete immaginato...

-Spira! Ma dove sei dunque? Spira! E' un castigo con questoragazzaccio! Cammina avanti!

-Ciubito!

Unodei paggi prende lo strascico della sposae il corteo comincia ascender giù. Alle ringhiere della scala e agli stipiti ditutte le porte sono appese le altrui cameriere e bambinaie; essedivorano con gli occhi la sposa si sente il loro brusio diapprovazione. Nelle ultime file risuonano voci concitate: qualcuno hadimenticato qualcosaqualcuno ha il mazzo di fiori della sposina; lesignore strillanosupplicando di non fare non so che cosa perché«è di cattivo augurio».

All'ingressogià da un pezzo aspettano una carrozza e un landò.Sulle criniere dei cavalli son fiori di carta e tutti i cocchierihanno le braccia fasciate presso le spalle da fazzoletti di colore.Sulla carrozza è seduto a cassetta un meraviglioso eroe dafiabadall'ampia barba fluentein caffettano nuovo. Le sue bracciatese in avanti coi pugni chiusila testa gettata all'indietrolespalle straordinariamente larghe gli conferiscono un aspetto nonumanonon vivente; è tutto come impietrito...

-Ferma! - dice con voce esilee subito soggiunge con voce pastosa dibasso: - Fai le mattie! - (per il che sembra che nel suo largo colloci sian due gole). - Ferma! Fai le mattie!

Lavia da entrambe le parti è assiepata di pubblico.

Fa'avanza-are! - gridano i paggisebbene non ci sia nulla da faravanzaredato che la carrozza già da un pezzo è venutaavanti. Spira con l'immaginela sposa e due amiche salgono incarrozza. Lo sportello sbattee la via echeggia dello strepito dellavettura.

-Il landò per i paggi! fa' avanza-are!

Ipaggi balzano in landò equand'esso si mette in motosilevano su a mezzo econtraendosi come nelle convulsionis'infilanoi cappotti.

Sifanno avanzare le vetture seguenti.

-Sofia Denìssovnasedete! - si odono voci. - Favorite anchevoiNikolài Mironic'! Ferma! Non datevi pensierosignorinaci sarà posto per tutti! Scansatevi!

-SentiMakàr! - grida il padre della sposa. - Al ritorno dallachiesapassate per un'altra strada! Se no è cattivo augurio.

Levetture strepitano sul selciatorumorigrida... Infine tutti sonopartitiè tornata la quiete. Il padre della sposa rientra incasa; in sala i domestici sparecchiano la tavolanell'attiguastanzetta buiache tutti in casa chiamano «di passaggio»si soffiano il naso i musicantidappertutto tramestioandirivienima a lui sembra che la casa sia vuota. I soldati musicanti si agitanonella loro piccolascura stanzettain nessun modo riescono a trovarposto coi loro ingombranti leggii e strumenti. Sono giunti da pocoma già l'aria della stanza «di passaggio» s'èfatta notevolmente più densanon c'è possibilitàalcuna di respirare. Il loro «capo» Ossipovin cui dallavecchiezza baffi e fedine son diventati un mucchio di stoppasta inpiedi davanti a un leggio e guarda irritato la musica.

-TuOssipovnon vai alla fine- dice il tenente colonnello. - Daquanti anni ormai ti conosco? Una ventina d'anni!

-Di piùalta signoria (1) Alle vostre nozze sonammose vipiace ricordarvene.

-Sìsì... - sospira il tenente colonnello e si fapensoso - Cosìfratelloè la storia... I figligrazie a Dioli ho sposatiadessoeccomarito la figliuolaerestiamo io e la vecchia soli...

Bambinellinon ne abbiamo più. Abbiamo fatto piazza pulita.

-Chi sa? ForseJefìm Petrovic'Dio ve ne manderàancoraalta signoria...

JefìmPetrovic' guarda con meraviglia Ossipov e ride nella mano.

-Ancora?- domanda. - Come hai detto? Dio mi manderà ancorabambini? A me?

Eglisoffoca dalle risa e lacrime gli spuntano negli occhi; i musicantiper urbanità ridono anche loro. Jefìm Petrovic' cercacon gli occhi la vecchia per riferirle quel che ha detto Ossipovmalei stessa già piomba difilato su di luiimpetuosamenteirritatacon gli occhi rossi di pianto.

-Non hai timor di DioJefìm Petrovic'! - ella dicegiungendole mani. - Noi cerchiamocerchiamo il rumnon stiamo più inpiedie tu stai qui! Dov'è il rum? Nikolài Mironic'non può fare senza rumma tu non ci pensi più chetanto! Va'vedi di sapere da Ighnàt dove ha messo il rum!

JefìmPetrovic' va nel sotterraneo dove è situata la cucina. Per lascala sudicia van su e giù donne e domestici. Un giovanesoldatocon la giubba gettata su una spallaha appoggiato ilginocchio a un gradino e gira la manovella della gelatiera; il sudoregli cola dalla faccia rossa. Nella scura e angusta cucinafra nuvoledi fumolavorano i cuochipresi a nolo al circolo. Uno sventra uncapponeun altro con delle carote fa stellineun terzorosso comeporporaficca nella stufa una leccarda. I coltelli picchianolestoviglie tintinnanoil burro sfriggola; Capitato in quell'infernoJefìm Petrovic' dimentica di che gli ha parlato la vecchia.

-E voi quifratellinon siete allo stretto? - domanda.

-Non fa nullaJefìm Petrovic'. Siamo allo stretto ma nessunoci fa torto (2)state tranquillo...

-Fate del vostro meglioragazzi.

Inun angolo buio sorge la figura di Ighnàtil credenziere delcircolo.

-State tranquilloJefìm Petrovic'! - dice. - Presenteremotutto nel migliore aspetto. Con che cosa ordinate di fare il gelato:col rumcol "go-sotern" (3) o senza niente?

Tornatonelle stanzeJefìm Petrovic' gironzola a lungopoi si fermasulla soglia della stanza «di passaggio« e torna adavviare il discorso con Ossipov.

-Così èfratello... - dice. - Rimarremo soli. Finchéla nuova casa non sarà asciuttai giovani vivranno con noiepoi addio!

Abbiamoappena avuto il tempo di vederli...

Tutt'edue sospirano... I musicanti per urbanità sospirano pureperil che l'aria si fa anche più densa.

-Sìfratello- continua fiaccamente Jefìm Petrovic'-c'era una sola figliae diamo anche quella. E' un uomo istruitoparla francese... Soltantoeccosbevucchiama chi oggigiorno nonbeve?

Tuttibevono.

-Non fa nullache beva- dice Ossipov. - La principale qualitàJefìm Petrovic'è che sappia il fatto suo. E seponiamoberràperché poi non bere? Bere si può.

-Certosi può.

Siodono singulti.

-Forse che lui può sentir gratitudine? - si lagna DariaDanilovna con una vecchia. - Vedetenoi a lui madre miaabbiamosnocciolato diecimila rublicopeca su copecala casa l'abbiam messain testa a Liùboc'kaun trecento "dessiatine" (4)di terra... è presto detto? Ma forse che lui può sentirgratitudine? Non son così fattioggigiornoda esserriconoscenti.

Latavola con le frutta è già pronta. Le coppe stannofittesu due vassoile bottiglie di sciampagna sono avvolte intovagliuolinella sala da pranzo sibilano i samovàr. Undomestico senza bafficon le fedineannota su un foglietto i nomidelle persone alla cui salute annuncerà i brindisi durante lacenae li leggecome li studiasse a memoria. Dalle stanze caccianfuori un cane altruiun'attesa ansiosa... Ma eccoecheggiano vociaffannate:

-Vengono! Vengono! "Bàtiuska" Jefìm Petrovic'vengono!

Lavecchiastupefattacon un'espressione di estremo smarrimentoafferra il vassoio col pane e saleJefìm Petrovic' gonfia legotee tutt'e due insieme si affrettano in anticamera. I musicanticon ritegnoaccordano frettolosi gli strumentidalla via giunge lostrepito delle vetture. Di nuovo è entrato dal cortile ilcanelo scaccianoesso guaisce... Ancora un minuto d'attesaenella stanza «di passaggio»scattando bruscamenterabbiosamenteecheggia un'assordanteselvaggiafuriosa marcia.L'aria risuona di esclamazionidi bacischioccano i tappiidomestici hanno facce severe...

Liùboc'kae il suo consorteun grave signore in occhiali d'orosonosbalorditi. La musica assordantela luce vival'attenzionegeneralela moltitudine di facce sconosciute li opprimono... Essi siguardano intorno ottusamentesenza veder nullasenza capir nulla.

Sibevono sciampagna e tètutto si svolge con decoro eposatezza. I numerosi parenticerti insoliti nonni e nonne che primanessuno mai aveva vistopersone del cleromilitari a riposo dallenuche piatteil padrino e la madrina di nozze dello sposoi comparistanno in piedi attorno alla tavola esorseggiando cautamente il tèdiscorrono della Bulgaria; le signorinecome moschesi stringonoalle pareti; perfino i paggi hanno perduto il loro aspetto inquieto estanno pacifici presso l'uscio.

Mapassano un'ora o duee tutta la casa già trema per la musicae le danze. I paggi hanno di nuovo un'aria come se avessero strappatola catena. Nella sala da pranzodove è stata imbandita informa di p la tavola degli antipastisi affollano i vecchi e lagioventù che non balla; Jefìm Petrovic'che ha giàvuotato un cinque bicchierinistrizza l'occhiofa schiocchi con ledita e soffoca dal ridere. Gli è venuto in mente che sarebbebello dar moglie ai paggie la cosa gli piacegli sembra spiritosadivertentee lui è felicetanto felice che non puòesprimerlo a parolee sghignazza soltanto... Sua moglieche non hamangiato nulla dal mattino ed è ebbra per lo sciampagnabevutosorride beatamente e dice a tutti - Non si puònon sipuòsignoriandar nella stanza da letto! Non èdelicato andar nella stanza da letto! Non guardate lì dentro!

Ciòsignifica: favorite guardar la stanza da letto! Tutta la sua vanitàmaterna e tutte le sue capacità si sono profuse in quellacamera! E c'è di che vantarsi! In mezzo alla camera stanno dueletti con alte materasse; federe di pizzocoperte di setatrapuntecon complicatiincomprensibili monogrammi. Sul letto di Liùboc'kasta una cuffia dai nastri roseie sul letto di suo marito una vesteda camera di color topo con nappine celesti. Ciascuno degli ospitidato uno sguardo ai lettistima dover suo strizzar l'occhiosignificativamente e dire: «M-già-a!»e lavecchia è raggiante e bisbiglia:

-La camera un trecento rubli è costata"bàtiuska".E' uno scherzo?

Suviaandateveneper gli uomini non sta bene venir qui.

Dopole due servono la cena. Il domestico dalle fedine annuncia i brindisie la musica suona una fanfara. Jefìm Petrovic' si ubriacadefinitivamente e non riconosce più nessuno; gli pare di nonessere a casa suama in visitae di essere stato offeso;nell'anticamera indossa cappotto e berretto ecercando le suesoprascarpegrida con voce rauca:

-Non desidero restar qui oltre! Siete tutti mascalzoni! Farabutti! Iovi smaschererò!

Eaccanto a lui sta la moglie e gli dice:

-Calmatianima empia che sei! Calmatitestardoerodecastigo mio!




NOTE:


1)Titolo che competeva al colonnello e al tenente colonnello.

2)Modo di dire russo.

3)"Haut-Sauternes": uno dei famosi vini bianchi di Sauternespaese della Girondain Francia.

4)La "dessiatina" corrisponde a ettari 1092.




IGNORANZA


Ungiovanotto di campagnabiondiccio e grosso di zigomiin unpellicciotto strappato e grandi scarpe nere di feltroattese che ildottore provincialeterminate le visitese ne tornassedall'ospedale al suo alloggio e gli si avvicinò timidamente.

-Vengo da vostra grazia- disse.

-Che vuoi?

Ilgiovanotto si passò la palma sul naso di sotto in suguardòil cielo e infine rispose:

-Da vostra grazia... Qui da tesignoriac'è nella cameratadei detenuti mio fratello Vaskail fabbro di Varvàrino...

-Sìe che?

-Iodunquesono il fratello di Vaska... Nostro padre ha noi due:

luiVaskae meKirila. Oltre a noici son tre sorellee Vaska hamoglie e un bambinello... Molta gentee nessuno che lavori... Nellafucinason già quasi due anni che non s'è acceso ilfuoco. Quanto a mesono alla fabbrica di percallefucinare non soe il padre che lavoratore gli è? Non soltanto lavorarediciamoma anche mangiar a dovere non puòil cucchiaio nonsa metterlo in bocca.

-Che t'occorre dunque da me?

-Fa' la graziamanda fuori Vaska!

Ildottore guardò meravigliato Kirila esenza dir nemmeno unaparolaandò oltre. Il giovanotto gli corse avanti e gli sibuttò ai piedi.

-Dottoresignor mio bello!-supplicòbattendo gli occhi e tornando apassarsi la palma sul naso. - Usaci la divina graziamanda tu Vaskaa casa! Fa' che si preghi in eterno Dio per te!

Signoriamandalo! Crepan tutti di fame! La madre frigna tutt'il santo giorno.La donna di Vaska frigna... è proprio una morte! Non vorreipiù veder la luce! Fa' la graziamandalo fuorisignor miobello!

-Ma sei scioccoo sei impazzito? - domandò il dottoreguardandolo con ira. - Come posso io mandarlo fuori? Ma s'è undetenuto!

Kirilasi mise a piangere.

-Mandalo!

-Pohche strambo! Che diritto ne ho io? Sono il carceriereo che?

Mel'han portato all'ospedale in curaio lo curoma di mandarlo via holo stesso diritto come di cacciar te in prigione. Testa di rapa!

-Ma lui l'han messo dentro per niente! Infino al processoquasi unanno è stato in carcerema adesso si domandaper che cosa cista?

Mancomale se avesse ammazzatodiciamoo rubato dei cavallima c'ècapitato cosìper un bel nulla.

-Giustoma io che c'entro?

-Han messo dentro un uomo e loro stessi non san per che cosa. Avevabevutosignorianon aveva coscienza di nulla e perfino il padreaveva ferito all'orecchioe s'era picchiato una guancia contro unramoessendo ubriacoe due dei nostri ragazzi - gli era venutovogliavedidi tabacco turco - presero a dirgli che entrasse conloro di notte nella bottega dell'armenoa pigliar tabacco. Luiessendo ubriacodiede rettalo stupido. Rupperosaila serraturaentraron dentroe avanti a fare il diavolo a quattro. Misero tutto asoqquadroruppero i vetrisparpagliarono la farina. Ubriachiinuna parola! Be'subito il brigadiere... questo e quello poi dalgiudice istruttore. Un anno intero stettero in prigionee unasettimana famercoledìfecero il processo a tutti e treincittà. Un soldato andava dietro col fucile... venne gente agiurare. Vaska è meno colpevole di tuttie quei signorigiudicarono ch'era stato il caporione. I due ragazzi li han mandatiin carceree Vaska in una compagnia di detenuti (1) per tre anni. Maper che cosa? Giudica in coscienza!

-Ancora una volta io non c'entro. Va' dall'autorità.

-Son già stato dall'autorità! Sono andato in tribunalevolevo presentare un'istanzaloro anche l'istanza non la presero.Sono stato anche dal commissarioanche dal giudice istruttore sonostatoe ognuno dice: non è affar mio! Ma di chi èaffare? E qui all'ospedale non c'è nessuno superiore a te.Quel che tu vuoisignorialo fai.

-Sei uno stupido tu! - sospirò il dottore. - Una volta che igiurati l'han trovato colpevolenon ci può più farnulla né il governatorené il ministro perfinoaltroche il commissario! Brighi inutilmente!

-E chi l'ha giudicato?

-I signori assessori giurati...

-Ma che signori eran quelli? I nostri stessi contadini. AndréiGuriev c'eraAlioska Chuk c'era.

-Be'io prendo freddo a discorrer con te.

Ildottore scosse la mano e andò rapido verso la propria porta.Kirila voleva già andargli dietromaavendo visto la portachiudersi con forzasi fermò. Una decina di minuti eglirimase immobile in mezzo al cortile dell'ospedaleguardandosenzamettersi il berrettol'alloggio del dottorepoi fece un profondosospirosi grattò lentamente e si avviò verso ilportone.

«Dachi andare dunque?»mormoravauscendo sulla strada. «Unodice:

nonè affar miol'altro dice: non è affar mio. Di chidunque è affare? Nocertamentefinché non ungi leruotenon fai nulla. Il dottore parla cosìe intanto nonfaceva che guardarmi il pugno: non gli avrei dato un bigliettoturchino (2)? Be'fratelloio fino al governatore arriverò».

Appoggiandosiora su un piedeora sull'altrovoltandosi di continuo a guardaresenz'alcuna necessitàegli si trascinava pigramente per lastrada evisibilmenteera incerto su dove andare... Non facevafreddo e la neve cricchiava debolmente sotto i suoi piedi. Davanti aluinon più in là d'una mezza verstasi stendeva suuna collina la cittaduzza distrettuale in cui di recente avevanogiudicato suo fratello. A destra nereggiava il carcere col tettorosso e con le garitte alle cantonatea sinistra c'era il gran boscomunicipaleora coperto di brina. V'era silenziosolo un certovecchio in giubbetto da donna e con un enorme berretto a visieracamminava più avantitossendo e ogni tanto gridando a unavacca che conduceva in città.

-Nonnosalute! - proferì Kirilagiunto a pari col vecchio.

-Salute...

-La porti a vendere?

-Nocosì... - rispose pigramente il vecchio.

-Sei un cittadinoo che?

Simisero a discorrere. Kirila raccontò perché era statoall'ospedale e di che cosa aveva parlato col dottore.

-Certoil dottore queste faccende non le conosce- gli diceva ilvecchioquando entrambi erano entrati in città. - Luipuressendo un signoreè stato istruito nel curare con ogni sortadi mezzima quanto a darti un vero consiglio odiciamoa scrivereun verbale questo lui non lo può. Per questo c'èun'autorità speciale. Dal conciliatore e dal commissario seistato. Questi pure nella tua faccenda non son competenti.

-Dove andare dunque?

-Per le vostre faccende di campagnuoli c'è un capoe a quelloè addetto il membro permanente. Va' dunque da lui. SignorSineokov.

-Quello che sta a Zòlotovo?

-Ma sìa Zòlotovo. Lui è il vostro capo. Se sitratta di qualcosa che riguarda le vostre faccendedi fronte a luiperfino l'"ispravnik" (3) non ha pieni poteri.

-C'è da andar lontanofratello. Un quindici verstepensooanche più.

-Chi ha bisognoanche cento verste farà.

-E' così... Presentargli un'istanzao che?

-Là lo saprai. Se occorre un'istanzalo scrivano te la faràalla svelta. Il membro permanente ha uno scrivano.

Separatosidal "nonno"Kirila sostò in mezzo alla piazzapensò un poco e tornò indietro dalla città.Aveva stabilito di andare a Zòlotovo.

Dilì a un cinque giornirientrandodopo le visite dei malatinel suo alloggioil dottore vide nuovamente nel proprio cortileKirila.

Questavolta il giovanotto non era soloma con un certo vecchio scarnopallidissimoche senza posa ciondolava il capocome fosse stato unpendoloe biascicava con le labbra.

-Signoriaricorro di nuovo alla tua grazia! - cominciò Kirila.- Eccoson venuto col padrefa' la caritàmanda fuoriVaska! Il membro permanente non è stato a discorrere. Dice:«Vattene via!».

-Alta signoria! - prese a sibilare in gola il vecchioalzando isopraccigli tremanti- siate misericordioso! Noi siam gente poveranon possiamo ricompensare il vostro onorema se fa piacere a vostragraziaKiriuska o Vaska possono pagar col lavoro. E lavorino!

-Pagheremo col lavoro! - disse Kirila e alzò la mano comevolesse pronunciare un giuramento.- mandalo fuori! Di fame crepano! Atutt'andare frignanosignoria!

Ilgiovanotto diede un rapido sguardo al padrelo tirò per lamanica e tutt'e duecome a un comandosi buttarono ai piedi deldottore.

Questiscosse la mano esenza guardarsi indietroandò in frettaverso la propria porta.




NOTE:


1)Una delle pene sancite dalla legge del tempo era l'invio allecompagnie di detenutiorganizzate militarmente e impiegate inlavori.

2)Cioè da cento rubli: i biglietti di banca russi sidistinguevano e s'indicavanonell'uso comunesecondo il colore(rossiazzurrigrigiiridati eccetera)in relazione col lorovalore.

3)Capo di polizia distrettuale.




ILPENSATORE


Unafoso meriggio. Nell'aria né suoniné movimenti...Tutta la natura è simile a un'immensa casa di campagnadimenticata da Dio e dagli uomini. Sotto il fogliame affloscito d'unvecchio tiglio che sorge accanto all'alloggio del direttorecarcerario Jaskinstanno seduti a un tavolino con tre gambe lostesso Jaskin e il suo ospitel'ispettore di ruolo della scuoladistrettuale Pimfov. Entrambi son senza giacca; i loro panciotti sonosbottonati; i visi sudatirossiimmobili; la loro capacitàdi esprimere alcunché è paralizzata dalla calura... Lafaccia di Pimfov s'è fatta del tutto agra e impregnata dipigriziai suoi occhi si sono appannatiil labbro di sotto glipende. Negli occhi invece e sulla fronte di Jaskin si puòancora notare una certa quale attività; visibilmenteeglipensa a qualcosa... Entrambi si guardano a vicendastanno zitti edesprimono i loro tormenti sbuffando e piombando con le palme addossoalle mosche. Sulla tavola una caraffa di vodkadel lesso tiglioso dimanzo e una scatola vuota di sardine con sale bigio. Son giàstati bevuti il primoil secondoil terzo bicchierino...

-Sissignore! -caccia fuori d'un tratto Jaskine cosìinaspettatamente che il canesonnecchiante non lontano dalla tavolasussulta emessa la coda tra le gambecorre in disparte. -Sissignore! Qualunque cosa diciateFilipp Maksimic'nella linguarussa moltissimi sono i segni d'interpunzione superflui!

-Cioèperché mai? - interroga modestamente Pimfovlevando via dal bicchierino un'aluccia di mosca.- Anche se ci sonmolti segniciascuno di essi ha il suo significato e il suo posto.

-Questo poi lasciatelo stare. Nessun significato hanno i vostri segni.Pura sofisticheria... Uno colloca una decina di virgole in una riga epensa di essere intelligente. Per esempioil sostituto procuratoreMerinov dopo ogni parola mette la virgola. Perché questo?

Egregiosignore - virgolaavendo visitato le prigioni il tal giorno -virgolaho notato - virgola (1)che i detenuti - virgola...

poh!Ti vengon le traveggole! E anche nei libri è la stessa cosa...

Puntoe virgoladue puntivirgolette diverse. E' persin fastidiosoleggere. E il tal bellimbustoa cui un sol punto non bastaci simette e ne pianta tutt'una fila... Perché questo?

-La scienza ciò esige... - sospira Pimfov.

-La scienza... Ottenebrazione delle mentie non scienza... Per darsiimportanza hanno immaginato... di buttar polvere negli occhi... Peresempioin nessuna lingua straniera c'è questa "iat'"e in Russia c'è (2)... A che serve? si domanda. Che tu scriva"chlieb" (3) con la "iat'" o senza la "iat'"o che non è la stessa cosa?

-Dio sa quel che diteIlià Martinic'! - si offende Pimfov. -Come si potrebbe scrivere "chlieb" con la e? Si dicon talicose che ascoltare è perfino spiacevole.

Pimfovvuota il bicchierino ebattendo gli occhi con aria offesavolta lafaccia da una parte.

-E quanto mi frustarono per questa "iat'"! - continuaJaskin. - Me ne ricordomi chiama una volta l'insegnante allalavagna e detta: «Il medico parti per la città».Io subito a scrivere «il medico» con la "e". Mifustiga. Di lì a una settimanadi nuovo alla lavagnadinuovo scrivi: «Il medico partì per la città».Lo scrivo questa volta con la "iat'". Daccapo a frustarmi.«Ma per che cosaIvàn Fomic'?

Scusatetantovoi stesso m'avete detto che qui ci vuole la "iat'"!».

«Allora»dice«ero fuori di stradae avendo letto ieri l'opera di uncerto accademico sulla "iat'" nella parola "medico"son d'accordo con l'accademia delle scienze. E ti frusto per debitodi giuramento»... Be'mi frusta. E anche il mio Vassiutka hasempre l'orecchio gonfio per questa "iat'"... Se io fossiministrovieterei ai vostri simili di turlupinar la gente con la"iat'".

-Addio-sospira Pimfovbattendo gli occhi e indossando la giacca. -Non posso sentire iose delle scienze...

-Viaviavia... già s'è offeso! - dice Jaskinafferrando Pimfov per la manica. - Iovedetel'ho detto cosìsolo per discorrere...

Viamettiamoci a sederebeviamo!

L'oltraggiatoPimfov siedebeve e volta la faccia da una parte. Segue un silenzio.Accanto ai due che bevono passa la cuoca Feona con una bacinella dirigovernatura. Si sente lo sguazzare dell'acqua sporca e il guaitodel cane annaffiato. Il viso senza vita di Pimfov si fa anche piùagro; è sul punto di fondere dal caldo e di colar giùsul panciotto. Sulla fronte di Jaskin si raccolgono delle rughettine.Egli guarda con aria riconcentrata il manzo tiglioso e pensa...S'avvicina alla tavola un invalidosbircia arcigno la caraffa eveduto ch'è vuotaporta una nuova razione... Bevono ancora.

-Sissignore! - dice a un tratto Jaskin.

Pimfovsussulta e guarda spaventato Jaskin. Si aspetta da lui nuove eresie.

-Sissignore! - ripete Jaskinguardando pensoso la caraffa. - A parermioanche di scienze ce n'è molte superflue!

-Cioècome sarebbe a dire? - domanda piano Pimfov. - Qualiscienze giudicate superflue?

-D'ogni sorta... Quante più scienze l'uomo conoscetanto piùpresume di sé. Maggiore è l'orgoglio... Io leimpiccherei tutte queste...

scienze...Viavia... già s'è offeso! Ma che permalosoperdincinon si può dire una parola! Sediamobeviamo!

S'avvicinaFeona epuntando irritata i suoi gomiti paffuti dai latimettedavanti agli amici una minestra di cavoli verdi in un vaso diterracotta. Comincia un rumoroso mangiar col cucchiaio e masticare.

Comedi sotterraspuntano tre cani e un gatto. Essi stanno davanti allatavola e gettano occhiate tenere alle bocche masticanti. Allaminestra di cavoli segue una "kascia" (4) al latte cheFeona posa con tanta rabbia che dalla tavola si spargono cucchiai eturaccioli. Prima della "kascia" gli amici bevono insilenzio.

-Tutto a questo mondo è superfluo! - osserva a un trattoJaskin.

Pimfovlascia cader sui ginocchi il cucchiaioguarda spaventato Jaskinvuol protestarema la lingua gli s'è indebolita per l'ebrietàe s'è imbrogliata nella "kascia" densa... In luogodel consueto «cioècome sarebbe a dire?»non siha che un mugolio.

-Tutto è superfluo... - continua Jaskin. - E le scienzee gliuomini... e gli istituti carcerarie le mosche... e la "kascia"...

Anchevoi siete superfluo... Benché siate un brav'uomoe crediatein Diopure anche voi siete superfluo...

-AddioIlià Martinic'! - balbetta Pimfovsforzandosid'indossar la giacca e in nessun modo riuscendo a infilar le maniche.

-Adessoecconoi ci siamo rimpinzatiinghebbiatie a che scopoquesto? Così... Tutto ciò è superfluo...Mangiamoe noi stessi non sappiamo per che cosa... Via via... giàs'è offeso! Iovedetesolo così... per discorrere! Edove avete da andare? Sediamo un po'chiacchieriamo... beviamo!

Segueun silenziointerrotto solo ogni tanto dal tintinnio dei bicchierinie da un ebbro raschiare in gola... Il sole comincia ormai a volgereal tramontoe l'ombra del tiglio cresce sempre più. VieneFeona esbuffando agitando bruscamente le bracciastende accantoalla tavola un tappetino. I due amici in silenzio bevono un'ultimavoltasi accomodano sul tappeto evoltandosi il dorso a vicendacominciano ad assopirsi...

«Sialode a Dio»pensa Pimfov«che oggi non s'èspinto fino alla creazione del mondo e della gerarchia se no c'era dasentirsi rizzare i capelli e si sarebbero scandalizzati anche isanti... ».




NOTE:


1)In russo è obbligatoria la virgola davanti alla congiunzione"che".

2)Si tratta di una vocale il cui suono"ie"èidentico a quello di un'altra (la "e"): molto discussa frai grammatici russi venne infine soppressa con la riforma ortograficasovietica dei 1918.

3)Pane.

4)Intrisosimile al risottoche si fa in Russia con varie qualitàdi granagliespecialmente con gran saraceno.




LAFIGLIA DI ALBIONE


Allacasa del possidente Griabov si accosta una magnifica carrozza apertacon cerchioni di gommagrasso cocchiere e sedile di velluto.

Dallacarrozza balzò fuori il capo distrettuale della nobiltàFiodor Andreic' Otsòv. In anticamera lo ricevette un domesticoassonnato.

-I signori sono in casa? - domanda il capo della nobiltà.

-Nossignore. La padrona e i bambini sono andati in visitae ilpadrone e "mamsèl" (1) la governante sono a pescare.Fin da stamane.

Otsòvsosta un pocorifletté e andò a piedi verso il fiume acercar Griabov. Lo trova a un paio di verste da casavicino alfiume. Avendo guardato giù dall'erta ripa e veduto GriabovOtsòv scoppia a ridere... Griabovun uomo grandegrassodalla testa grossissimaera seduto sulla sabbiacon le gamberipiegate sotto di sé alla turcae pescava alla lenza. Ilcappello gli stava sulla nucala cravatta gli era scesa da un lato.Accanto a lui stava in piedi un'altasottile inglese dagli occhiconvessi di gambero e dal gran naso di uccellosimile piuttosto a ununcino che a un naso. Era vestita con un abito bianco di mussolinaattraverso il quale fortemente trasparivano le spalle magregialle.Da una cintura dorata le pendeva un orologio d'oro. Ella pure pescavaalla lenza. Intorno ai due regnava un silenzio di tomba. Entrambierano immobilicome il fiume su cui nuotavano i loro galleggianti.

-Una voglia da morirema un destino crudele! - si mise a ridereOtsòv. - Buon giornoIvàn Kuzmic!

-Ah... sei tu?-domanda Griabovsenza staccar gli occhi dall'acqua. -Sei arrivato?

-Come vedi... E tu ti occupi ancor sempre della tua sciocchezzuola!

Nonte ne sei ancora disavvezzato?

-Che diavolo... E' tutto il giorno che pescodal mattino... Non soperchéoggi si pesca male. Non abbiamo preso nulla néioné questa fantasima. Stiamo quistiamo quie almeno sipigliasse un accidente!

C'èaddirittura da gridare al soccorso.

-E tu sputaci su. Andiamo a ber la vodka!

-Aspetta... Forse qualcosa acchiapperemo. Verso sera il pesce abboccameglio.. Son quifratellofin da stamane! Una noia cosìgrossa che nemmeno te lo posso esprimere. M'ha proprio trascinato ildiavolo a prender quest'abitudine della pesca! So ch'èun'insulsagginee sto qui! Sto qui come un lazzarone qualunquecomeun forzatoe guardo l'acquacome un qualunque imbecille! Allafalciatura bisogna andaree io pesco. Ieri a Chapanievo officiavaSua Eminenzae io non ci andairimasi qui con questa specie distorione... con questa diavolessa...

-Ma... sei impazzito? -domanda Otsòvsbirciando impacciatol'inglese. - Sparli davanti a una signora... e di lei stessa...

-Ma che il diavolo la porti! Tant'èdi russo non capisceun'acca.

Parlanebeneparlane maleper lei è tutt'uno! Guarda il suo naso!

Soltantoil naso ti farà svenire! Stiamo insieme giornate intereealmeno dicesse una parola! Sta lì come uno spauracchio esgrana le sue lanterne sull'acqua.

L'inglesesbadigliacambia il vermicciolo e getta l'amo.

-Mi meravigliofratellonon poco! - continua Griabov. - Vive questascema in Russia da dieci annie almeno sapesse una parola dirusso!... Un nostro qualunque aristocraticuccio va nel loro paese eben presto impara a bestemmiarne la lingualoro invece... il diavololi conosce! Tu guardale il naso! Il naso guardale!

-Su viasmettila..Non sta bene... Perché dai addosso a unadonna?

-Lei non è donnama ragazza... Sognascommettoi fidanzatiquesta pupattola del diavolo. E manda non so che odor di putredine...L'ho presa in odiofratello! Non posso vederla con indifferenza!Quando mi guarda coi suoi occhiaccimi sento tutto rimescolatocomese avessi dato del gomito contro una ringhiera. Le piace anchepescare.

Guardala:pescae celebra un rito! Guarda ogni cosa con disprezzo...

Stalìla canagliae ha coscienza di esser uomo eperconseguenza«re della natura». E sai come si chiama?Uilka Ciàrlsovna Tfais!

Poh!...non si può nemmeno pronunciare!

L'ingleseavendo udito il suo nomegira lentamente il naso dalla parte diGriabov e lo misura con uno sguardo sprezzante. Da Griabov leva gliocchi su Otsòv e lo inonda di disprezzo. E tutto ciò insilenziocon gravità e lentamente.

-Hai visto? - domanda Griabovridendo forte. - To'diceèper voi! Ahtufantasima! Solo per i bambini tengo questo tritone.Se non ci fossero i bambinianche a dieci verste dalla mia proprietànon la lascerei avvicinare... Il suo naso è come quellodell'avvoltoio...

Ela vita? Questa pupattola mi rammenta un lungo chiodo. E cosìsaila prenderei e la pianterei in terra. Aspetta... Da mepareabbocca...

Griabovbalza in piedi e solleva la canna. La lenza si tese... Griabov tiraancora una volta e non poté trar fuori l'amo.

-S'è impigliato! - disse e fece una smorfia. - A una pietraprobabilmente... Che il diavolo lo porti...

Sulviso di Griabov si dipinse la sofferenza. Sospirandomovendosiinquieto e borbottando maledizioniegli comincia a tirar la lenza.Il tirare non valse a nulla. Griabov impallidì.

-Che seccatura! Bisogna scendere in acqua.

-E tu smetti!

-Non si può... Verso sera si pesca bene... Guarda un po' chescocciaturache il Signore mi perdoni! Toccherà scendere inacqua.

Toccherà!E se tu sapessi quanta poca voglia ho di spogliarmi! Bisogna cacciarvia l'inglese... In sua presenza è scomodo spogliarsi. E' pursemprevediuna dama!

Griabovsi tolse cappello e cravatta.

-"Miss"... eh-eh-eh... - si rivolse all'inglese. - MissTfais!

"Zevu pri" (2)... Be'come dirle? Be'come dirtiperchétu capisca? Ascoltate... là! Andate là - Senti?

"Miss"Tfais inondò Griabov di disprezzo ed emise un suono nasale.

-Che cosa? Non capite? Vattene di quiti si dice! Devo spogliarmipupattola del diavolo! Vattene là! Là!

Griabovtira la miss per una manicale indica i cespugli e si accoccolò:va' dietro i cespuglile diceva con ciòe nasconditi là.

L'inglesemovendo con energia i sopracciglipronuncia rapidamente una lungafrase in inglese. I due possidenti scoppiarono a ridere.

-E' la prima volta in vita mia che sento la sua voce... Non c'e chedireuna vocina! Non capisce! Su viache ho da fare con lei?

-Sputaci su! Andiamo a ber la vodka!

-Non si puòadesso si deve pescare..La sera... Be'che vuoiche faccia! Che scocciatura! Toccherà spogliarsi in suapresenza...

Griabovsi tolse giacca e panciotto e sedette sulla sabbia per cavarsi glistivali.

-AscoltaIvàn Kuzmic'- disse il capo della nobiltàridendo forte nella mano. - Questo poiamico mioè schernoderisione.

-Nessuno la prega di non capire! Sarà di lezione per lorostranieri!

Griabovsi leva gli stivalii calzonisi tolse la biancheria e si ritrovavestito come Adamo. Otsòv si prese il ventre. Egli eraarrossito dalle risa e dalla confusione. L'inglese moveva isopraccigli e batteva gli occhi... Sulla sua faccia gialla correva unaltezzososprezzante sorriso.

-Bisogna freddarsi un poco-disse Griabovbattendosi sulle anche. -Dimmi di graziaFiodor Andreic'perché a me ogni estateviene uno sfogo sul petto?

-Ma scendi al più presto in acqua o copriti con qualche cosa!

Animale!

-E almeno si fosse confusala vigliacca! - disse Griaboventrando inacqua e segnandosi. - Brr... che acqua fredda... Guarda come muove isopraccigli! Non se ne va... Sta al disopra della folla! He-he-he!... Nemmeno in conto di uomini ci tiene!

Entratofino ai ginocchi nell'acqua e drizzatosi in tutta la sua enormestaturaegli strizza l'occhio e disse:

-Questafratelloper lei non è l'Inghilterra!

"Miss"Tfais cambia freddamente il vermicciolosbadigliò e gettòl'amo. Otsòv si volse in là. Griabov sganciòl'uncinosi tuffò esoffiandouscì dall'acqua. Di lìa due minuti era già seduto sulla sabbia e tornava a pescare.




NOTE:


1)Per mademoiselle.

2)"Je vous prie" (vi prego).




INTERRA STRANIERA


Mezzogiornodi domenica. Il possidente Kamiscev se ne sta seduto in sala dapranzo davanti a una tavola apparecchiata con lusso e lentamente facolazione. Divide la mensa con lui un vecchio francesino lindo e benrasomonsieur Champougne. Questo Champougne fu un tempo precettorein casa di Kamiscevinsegnò ai suoi figli le belle manierela buona pronuncia e le danzee poiquando i figli di Kamiscevfuron cresciuti e diventati tenentiChampougne rimase come unaspecie di "bonne" (1) di sesso maschile. I doveri dell'exprecettore non son complicati. Egli deve vestir con decoroodorar diprofumiascoltare l'ozioso chiacchierio di Kamiscevmangiareberedormiree nulla piùmi pare. Per questo egli riceve lamensala camera e uno stipendio indeterminato.

Kamiscevmangia eal solitociancia.

-E' cosa da morire! - diceasciugando le lacrime spuntategli dopo cheha mangiato un pezzo di prosciutto densamente spalmato di mostarda. -Uff! M'ha dato alla testa e in tutte le giunture. Ma la vostramostarda francese non produrrà quest'effettoanche semangerai tutt'il barattolo.

-A chi piace quella francesea chi la russa...-dichiara mansuetamenteChampougne.

-A nessuno piace quella francesefuorché ai soli francesi. Maqualunque cosa si dia al francese mangerà tutto: e la ranaeil topoe gli scarafaggi.. brr! A voiper esempioquestoprosciutto non piaceperché è russoma se vi si dessedel vetro arrosto e si dicesse ch'è franceselo mangereste eschiocchereste anche le labbra... Secondo voitutto ciò ch'èrusso è cattivo.

-Io questo non lo dico.

-Tutto ciò ch'è russo è cattivoma ciòch'è francese... oh"se tre zoli" (2)! Secondo voinon c'e miglior paese che la Franciaesecondo me... su viachecos'è la Franciaparlando in coscienza? Un pezzetto di terra!Manda là il nostro "ispravnik" (3)e lui in capo aun mese chiederà il trasferimento: non c'è darigirarsi! Della vostra Francia tutta in un sol giorno si puòfare il giroma da noi esci fuori dal portone: la fine delterritorio non si vede! Vaivai...

-Sìmonsieurla Russia è un immenso paese.

-Eccoè proprio così! Secondo voinon c'è gentemeglio dei francesi. Un popolo coltointelligente! La civiltà!D'accordoi francesi son tutti coltimanierosi... è vero...Il francese non si permetterà mai un atto incivile: in tempoporgerà a una signora la sediai gamberi non li mangeràcon la forchettanon sputerà sul pavimentoma... non c'èquell'anima! Quell'anima in lui non c'è!

Soltantonon posso spiegarvelomacome si potrebbe esprimer questo?nelfrancese manca quel certo chequel tal... - (chi parla muove ledita) - quel certo che... di giuridico. Io ricordo d'aver letto inqualche posto che voi tutti avete un'intelligenza acquistata suilibrie noi abbiamo un'intelligenza innata. Se al russos'insegnassero le scienze come si devenessun vostro professore loeguaglierebbe.

-Può darsi... - dicecome a malincuoreChampougne.

-Nonon può darsima è sicuro! Non c'è da faresmorfiedico la verità! L'intelligenza russa èun'intelligenza inventiva! Soltantocertonon la lasciano liberaed essa non sa vantarsi... Inventerà qualche cosa e laromperàoppure l'abbandonerà ai bimbettichegiochinoil vostro francese invece inventerà qualchebazzecola e griderà da farsi sentire in tutto il mondo.L'altro giorno il cocchiere Iona fece col legno un omino: tiril'omino per un filoe lui ti fa un atto indecente. Iona perònon si vanta. In generale...

nonmi piacciono i francesi! Non parlo di voima in generale... Unpopolo immorale! Di aspetto esteriore si direbbe che somiglino auominima vivono come cani... Si prenda magariper esempioilmatrimonio. Da noise ti sei sposatoti attacchi alla moglie e nonci son discorsima da voi il diavolo sa quel che è. Il maritosta tutt'il giorno seduto al caffèe la moglie riempie lacasa di francesi e avanti a ballar con loro il cancan.

-Questo è falso! - non regge Champougneavvampando. - InFrancia il principio familiare sta molto in alto!

-Lo conosciamo quel principio! E per voi è una vergognadifenderlo.

Bisognaessere spassionati: se ci sono i maialici sono i maiali...

Ungrazie ai tedeschi per avervi battuti... Affè di Dioungrazie.

CheDio li mantenga sani...

-In tal caso"monsieur"non capisco- dice il francesebalzando in piedi e con gli occhi sfavillanti- se odiate ifrancesiperché mi tenete?

-E dove potrei ficcarvi?

-Mandatemi viae andrò in Francia!

-Che co-o-osa? Ma forse che ora vi lasceranno entrare in Francia? Voiinfatti siete un traditore della vostra patria! Da voi ora èun grand'uomo Napoleoneora Gambetta... il diavolo stesso non viraccapezzerebbe!

-"Monsieur"- dice in francese Champougnemandando spruzzie sgualcendo fra le mani il tovagliolo.

-L'offesa che dianzi avete recato al mio sentimento non avrebbe potutoescogitarla neppure un mio nemico! Tutto è finito!!

Efatto con la mano un gesto tragicoil francese getta conaffettazione il tovagliolo sulla tavola e con dignità se neesce.

Dilì a un tre ore cambia l'imbandigione e la servitùserve il pranzo.

Kamiscevsi mette a tavola solo. Dopo il bicchierino che precede il pranzo simanifesta in lui la sete del vaniloquio. Ha voglia di cicalarema unascoltatore non c'è...

-Che fa Alfòns Liudòvikovic'? - domanda al domestico.

-Sta facendo la valigia.

-Che stuppidonemi perdoni il Signore!... - dice Kamiscev e va dalfrancese.

Champougneè seduto in camera sua sul pavimento in mezzo alla stanzaecon mani tremanti mette nella valigia biancheriaboccette vuote diprofumilibri di preghierabretellecravatte... Tutta la suadecorosa figurala valigiail letto e la tavola spirano addiritturaeleganza e femminilità. Dai suoi grandi occhi azzurrinigocciano nella valigia grosse lacrime.

-Dove mai volete andare? - domanda Kamiscevdopo aver sostato unpoco.

Ilfrancese tace.

-Partire volete? - continua Kamiscev. - Che c'ècome vipiace...

Nonoso trattenervi... Soltantoecco quel che è strano: comepartirete senza passaporto? Mi meraviglio! Voi lo sapeteio l'hosmarrito il vostro passaporto. L'avevo ficcato in qualche posto frale cartee s'è smarrito... E da noi riguardo ai passaporti siè severi.

Nonavrete il tempo di far nemmeno cinque verste che vi acciufferanno.

Champougnealza il capo e guarda incredulo Kamiscev.

-Sì... Eccovedrete! S'accorgeranno dal viso che siete senzapassaportoe subito: chi siete? Alfòns Champougne! Liconosciamo questi Alfòns Champougne! E non vi garba andare atappe in luoghi «non tanto lontani (4)»?

-Voi scherzate?

-A che proposito dovrei scherzare? Ne ho proprio bisogno! Soltantobadatefacciamo un patto: non vogliate poi piagnucolare e scriverlettere. Nemmeno un dito moveròquando vi faran passaredavanti a me coi ferri ai piedi!

Champougnebalza su epallidocon gli occhi dilataticomincia a camminare perla stanza.

-Che fate di me?! - diceafferrandosi nella disperazione il capo.

-Dio mio! Ohsia maledetta l'ora che mi venne in testa il funestopensiero di lasciar la patria!

-Viaviavia... ho scherzato! - dice Kamiscevabbassando il tono. -Che originalenon capisce gli scherzi! Una parola non si puòdire!

-Mio caro! - strilla Champougnetranquillato dal tono di Kamiscev.

-Vi giuroio sono affezionato alla Russiaa voi e ai vostri figli...Lasciar voi è per me tanto penoso come morire! Ma ogni vostraparola mi ferisce il cuore!

-Ah bel tipo! Se io parlo male dei francesiper qual motivo doveteoffendervi? Quanti sono quelli di cui parliamo male? cosìtutti dovrebbero offendersi? Bel tipodavvero! Prendete esempioeccoda Lasàr Issakic'il fittavolo... Io gli dò diquesto e di quelloe del giudeoe del rognosoe gli facciol'orecchio di porco con la faldae lo prendo per i ricci delletempie (5)... non s'offende mica!

-Ma quellogiàè uno schiavo! Per una copeca èpronto a ogni bassezza!

-Viaviavia... basta! Andiamo a pranzare! Pace e buon accordo!

Champougneincipria il suo viso rosso di pianto e va con Kamiscev in sala dapranzo. La prima portata la si consuma in silenziodopo la secondacomincia la medesima storiae in tal modo le sofferenze diChampougne non han fine.




NOTE:


1)Governante.

2)"C'est très joli" (è molto carino).

3)Capo di polizia distrettuale.

4)Espressione del linguaggio amministrativoche si usava per indicarel'invio al confino in luoghi della Russia Europeadi qua dagliUraliin contrapposto alla deportazione nelle lontane regionisiberiane.

5)I cosiddetti "pèissi o pèissiki": i duelunghi riccioli che molti ebrei russi portano tra l'orecchio e laguanciauno per parte.




LACUOCA SI SPOSA


Grisciaun piccolo tombolino di sette annistava vicino all'uscio dellacucinaorigliando e gettando occhiate dal buco della serratura.

Incucina avveniva qualcosaa parer suod'inconsuetodi mai vedutofin allora. Davanti alla tavola di cucinasu cui di solito siaffetta la carne e si trita la cipollaera seduto un grossorobustocampagnuolo in caffettano da vetturinorosso di capellibarbutocon una grossa goccia di sudore sul naso. Egli teneva sulle cinquedita della mano destra un piattino e beveva il tèe nel farciò mordeva così rumorosamente lo zucchero (1) che aGriscia correva per la schiena un brivido. Di fronte a luisu unsudicio sgabellostava a sedere la vecchia bambinaia AksiniaStepànovna e beveva pure il tè. La faccia dellabambinaia era seria enello stesso temporaggiante d'una certa qualsolennità. La cuoca Pelagheia s'affaccendava attorno allastufa e visibilmente cercava di nascondere il più lontanopossibile la sua faccia. Ma sulla sua faccia Griscia vedeva un'interaluminaria: essa ardeva e passava per tutti i coloricominciando dalrosso porpora e terminando con un color pallido di morte. Senza posaella afferrava con le mani tremanti coltelliforchettepezzi dilegnastraccisi movevaborbottavapicchiavamain sostanzanon faceva nulla. Alla tavoladove si stava bevendo il tènon gettò nemmeno uno sguardoe alle domande rivoltele dallabambinaia rispondeva a scattirudementesenza voltar la faccia.

-BeveteDanilo Semionic'!- diceva la bambinaiaoffrendo alvetturino. - Ma perché sempre tè e tè? Dovresteprendere un po' di vodka!

Ela bambinaia avvicinò all'ospite un quartuccio e unbicchierinoe intanto il suo viso assunse un'espressionemaliziosissima.

-Non ne faccio uso... no- si schermiva il vetturino. -Non forzatemiAksinia Stepànovna.

-Come siete... Vetturinoe non bevete... Per l'uomo scapolo èimpossibile non bere. Prendete!

Ilvetturino sbirciò la vodkapoi il viso malizioso dellabambinaiae il suo viso stesso assumeva un'espressione non menomaliziosa: nopareva direnon mi piglivecchia strega!

-Non bevodispensatemi... Nel nostro mestiere non sta bene questadebolezza. Un artigiano può bereperché rimane sempreallo stesso postoma noi altri siamo sempre in vistain pubblico.Non è così?

Vaialla bettolae intanto il cavallo se ne va; se t'ubriachièanche peggio: da un momento all'altro t'addormentio caschi giùda cassetta. La faccenda è così.

-E voi quanto guadagnate al giornoDanilo Semionic'?

-Secondo i giorni. Un giorno fai vetture per una carta verde (2)eun'altra volta vai in rimessa addirittura senza un "grosc"(3).

Capitangiornate diverse. Oggidì il nostro mestiere non val proprionulla. Di vetturinivoi stessa lo sapetece n'è unbuscherioil fieno è caroe il passeggero è di pococontotira sempre ad andare in tram (4). Tuttaviaringraziando Dionon c'è da lagnarsi. Siamo sfamati e vestitie... possiamoperfino far felice qualcun altro...

-(il vetturino sbirciò Pelagheia) - se ciò gli va agenio.

Quelche fu detto poiGriscia non intese. S'avvicinò all'uscio lamamma e lo mandò nella stanza dei bambini a studiare.

-Va' a studiare. Non è affar tuo ascoltar qui!

Giuntonella stanza dei bambiniGriscia si mise davanti la "Parolanatia"ma non poteva leggere. Tutto ciò che dianzi avevavisto e udito aveva destato nella sua testa una massa di problemi.

«Lacuoca si sposa... »pensava. «Strano. Non capisco perchémai si sposi. La mamma ha sposato il babbola cugina Vèroc'kaPavel Andreic'. Ma il babbo e Pavel Andreic'sia pureli si puòsposare:

hannocatenelle d'orobei vestitihanno sempre gli stivali lucidati; masposare questo terribile vetturino dal naso rossoin scarpe difeltro... poh! E perché la bambinaia vuole che la poveraPelagheia si sposi?».

Quandodalla cucina se ne fu andato l'ospitePelagheia comparve nellestanze e attese a rassettare. L'agitazione non l'aveva ancorlasciata.

Ilsuo viso era rosso e come spaventato. Ella toccava appena i pavimenticon la scopa di betulla e scopava cinque volte ogni angolo.

Perlungo tempo non uscì dalla stanza in cui era seduta la mamma.

Evidentementele pesava la solitudine e voleva confidarsidividere con qualcuno lesue impressionidare sfogo all'anima.

-Se n'è andato! - borbottòvedendo che la mamma noncominciava il discorso.

-Ma luisi vedeè un brav'uomo- disse la mammasenzastaccar gli occhi dal ricamo. - Così sobrioposato.

-In fede miasignoranon lo sposerò!-gridò a un trattoPelagheiafacendosi di fuoco. - In fede mianon lo sposerò!

-Tu non dir sciocchezzenon sei una bambina. E' un passo seriobisogna rifletterci benema cosìa vanveranon c'èda gridare. Ti piace?

-Che cosa andate a immaginaresignora! - si vergognòPelagheia. - Diranno tali cose che... in fede mia...

«Avrestidovuto dire: non mi piace!»pensò Griscia.

-Come sei schizzinosa però... Ti piace?

-Ma luisignoraè vecchio! Hi-i!

-Inventa anche! - s'incollerì contro Pelagheia dall'altrastanza la bambinaia. - Quarant'anni non li ha ancora compiuti. E chete ne fai d'un giovane? La facciascioccanon ti dà da bere(5). Sposaloecco tutto!

-Com'è vero Dionon lo sposerò! - strillòPelagheia.

-Fai la matta! Che lupo mannaro ti ci vuole ancora? Un'altra sisarebbe inchinata fino a terrae tu: non lo sposerò! Vorrestisempre scambiare occhiatine coi portalettere e i "lepetitori"(6)! Da Grìscenka viene il "lepetitore"signoracosì lei s'è fatta venir i calli sugli occhioniguardandolo. Uhla svergognata!

-Tu questo Danilo l'avevi già visto prima? - domandò lasignora a Pelagheia.

-Dove avrei dovuto vederlo? Per la prima volta lo vedo oggiAksiniaha condotto da qualche posto... quel diavolo maledetto... E di dovem'è piovuto in testa?

Apranzoquando Pelagheia serviva i cibitutti i commensali legettavano occhiate in viso e la stuzzicavano col vetturino. Ellaarrossiva enormemente e ridacchiava in modo forzato.

«Dev'essereuna cosa vergognosa sposarsi... »pensava Griscia.

«Orribilmentevergognosa!».

Tuttii cibi eran salati in eccessodai pollastrini non arrostiti a puntogocciolava il sangue eper colmar la misuradurante il pranzo dallemani di Pelagheia sfuggivano piatti e coltellicome da un palchettoinclinatosima nessuno le disse nemmeno una parola di rimproveropoiché tutti capivano il suo stato d'animo. Solo una volta ilbabbo scagliò con ira il tovagliolo e disse alla mamma:

-Che voglia è la tua di dar moglie e marito a tutti! Chen'importa a te? Si sposin da lorose vogliono.

Dopoil pranzo presero a comparire in cucina le cuoche e le cameriere deivicinie fin proprio a sera si udì un bisbiglio. Di doveavessero avuto sentore del combinato matrimonioIddio lo sa.Svegliatosi a mezzanotte Griscia sentì come nella stanza deibambinidietro la tendabisbigliavano la bambinaia e la cuoca. Labambinaia esortavae la cuoca ora dava in singultiora ridacchiava.Dopo di cheaddormentatosiGriscia sognò il rapimento diPelagheia da parte di Cernomòr (7) e d'una strega...

Dalgiorno seguente sopravvenne una bonaccia. La vita della cucina seguìil suo ritmocome se il vetturino nemmeno fosse stato al mondo.

Soloogni tanto la bambinaia si metteva indosso lo scialle nuovoassumevauna espressione solennemente austera e andava chi sa dove per un paiod'oreevidentemente per trattative... Pelagheia col vetturino nons'incontrava e quando glielo rammentavanodava in singulti egridava:

-Sia tre volte maledettoche io pensi a lui? Poh!

Unasera entrò in cucina la mammamentre lì Pelagheia e labambinaia stavano tagliando con zelo una qualche stoffae disse:

-Sposarlo certamente puoiè affar tuoma sappiPelagheiache lui non può abitar qui... Tu lo saia me non piace chequalcuno stia in cucina. Bada dunquericorda... E te non ti lasceròandar via per la notte.

-Dio sa quel che immaginatesignora! - strillò la cuoca. - Maperché mi fate dei rimproveri per lui? Diventi anche furioso!Guarda un po'mi s'è appiccicatoche gli possano...

Fattocapolino in cucina la mattina d'una domenicaGriscia tramortìdalla meraviglia. La cucina era piena zeppa di gente. C'erano lecuoche di tutto il cortileil portieredue guardie di cittàun sottufficiale coi galloniil ragazzo Filka... Questo Filka disolito si struscia alla lavanderia e giuoca coi caniadesso inveceera pettinatolavato e reggeva l'icona guarnita di rame battuto. Inmezzo alla cucina stava Pelagheia in un abito nuovo di percalle e conun fiore in testa. Al suo fianco era il vetturino. Entrambi i novellisposi erano rossisudati e battevano intensamente gli occhi.

-Be'... pareè tempo... - cominciò il sottufficialedopo un lungo silenzio.

Pelagheiabatté gli occhi movendo tutto il viso e si mise a piangere...Il sottufficiale prese sulla tavola un grosso panesi pose al fiancodella bambinaia e cominciò a benedire. Il vetturino s'avvicinòal sottufficialegli fece un grande inchino e gli schioccò unbacio sulla mano. La stessa cosa egli fece anche davanti ad Aksinia.Pelagheia lo seguiva macchinalmente e faceva pure inchini.

Infinesi aprì la porta esternanella cucina soffiò unanebbia biancae tutto il pubblico si mosse con rumore dalla cucinaverso il cortile.

«Poverettapoveretta!»pensava Grisciatendendo l'orecchio ai singhiozzidella cuoca. «Dove l'han condotta? Perché papà emamma non intervengono?».

Dopolo sposaliziofin proprio a seranella lavanderia si cantò esi sonò la fisarmonica. La mamma in tutto quel tempo fuarrabbiata perché la bambinaia mandava odor di vodka eacausa di quelle nozzenon c'era nessuno per preparare il samovàr.Quando Griscia andò a dormirePelagheia non era ancoratornata.

«Poverettaadesso piange in qualche posto al buio!»egli pensava. «Eil vetturino le fa: Ssst! Ssst!».

Lamattina del giorno dopo la cuoca era già in cucina. Entròper un momento il vetturino. Ringraziò la mamma edataun'occhiata severa a Pelagheiadisse:

-E voisignoratenetela d'occhio. Fatele da padre e madre. E voipureAksinia Stepannanon lasciatelaguardate che tutto sia comesi deve... senza scappate... Favoritemi anchesignoraun cinquerublini in conto del suo salario. Bisogna comprare un nuovo collareda cavallo.

Unaltro problema per Griscia: Pelagheia viveva in libertàcomevolevasenza render conto ad alcunoe d'un trattodi punto inbiancoera comparso non so quale estraneoche da chi sa dove avevaricevuto un diritto sulla sua condotta e sulla sua roba! Grisciaprovò amarezza. Gli venne una voglia appassionatafino allelacrimed'essere affettuoso con quellacom'egli pensavavittimadell'umana violenza. Scelta nella dispensa la mela più grossaentrò furtivo in cucinala ficcò in mano a Pelagheia ea precipizio tornò indietro.




NOTE:


1)Le persone del popolo non usavano sciogliere lo zucchero nel tèma sorbivano questo tenendo in bocca un pezzo di zucchero.

2)Cioè da cento rubli: i biglietti di banca russi sidistinguevano e s'indicavanonell'uso comunesecondo il colore(rossiazzurrigrigiiridatieccetera)il relazione col lorovalore.

3)Mezza copeca.

4)Propriamentea cavalli.

5)Proverbio russo.

6)Corruzione popolare di «ripetitori».

7)Un mago delle fiabe russe.




NONC'E' FUOCO SENZA FUMO (1)


Conuna troica privataper strade vicinaliosservando il piùrigoroso incognitoPiotr Pàvlovic' Possudin s'affrettavaverso la cittaduzza distrettuale di N.dove lo chiamava una letteraanonima da lui ricevuta.

«Sorprenderli...Come tegola sul capo... »pensava eglinascondendo il suoviso nel bavero. «Han fatto un mucchio d'infamieglisporcaccionie trionfanoscommettosi immaginano d'aver fattosparire ogni traccia... Ah-ah!... Immagino il loro sgomento e la loromeraviglia quandosul più bello del trionfosi udrà:"Si faccia venir qui Tiapkin-Liapkin!". Sì chesuccederà uno scompiglio! Ah- ah!... » Dopo averfantasticato a sazietàPossudin entrò in discorso colsuo guidatore. Da uomo bramoso di popolaritàinnanzi tuttogli domandò di sé:

-E Possudin lo conosci?

-Come non conoscerlo! - fece un sorrisetto il guidatore. -Loconosciamo!

-Ma perché ridi?

-Che bizzarria! Conosco fin l'ultimo scrivanoe non dovrei conoscerePossudin! Appunto è stato messo qui perché tutti loconoscanocosì...

Ebbene?Com'èsecondo te? Bravo?

-Non c'è male... - sbadigliò il guidatore. - Un bravosignoresa il fatto suo... Non sono ancora due anni che lo mandaronoquae già ha fatto un mucchio di cose.

-E che ha fatto di tanto speciale?

-Molto di bene ha fattoche Dio lo conservi in salute. La ferrovia ciha procuratonel nostro distretto ha mandato via Chochriukòv...

Nonc'eran limiti per questo Chochriukòv... Era un bricconeunoscrocconetutti quelli di prima gli tenevan manoma arrivòPossudine Chochriukòv se n'andò al diavolocome semai ci fosse stato...

Eccofratello! Possudinfratellonon lo compreraino-o! Dagliene magaricentomagari millema lui non si prenderà un peccato sullacoscienza... No-o!

«Sialode a Dioalmeno da questo lato m'hanno capito»pensòPossudinesultando. «Ciò è bene».

-Un signore istruito... - continuò il guidatore- nonsuperbo...

Inostri andarono da lui a lagnarsi li trattò come i signori: lamano a tutti: «Voisedete»... Così impetuoso;pronto... Una parola sensata non te la dirà ma sempre: uff!uff! Che ti vada al passoo altrimentiDio mionon c'èversoma tira a far tutto di corsatutto di corsa! I nostri nonfecero in tempo a dirgli una parolache lui: «I cavalli!»e difilato qua... Arrivò e regolò tutto... nemmeno unacopeca prese. Quanto meglio del precedente! Certoanche ilprecedente era bravo. Di così bella apparenzagravenessunogridava più sonoramente di lui in tutta la provincia... Quandovenivalo si poteva sentire da dieci verste lontano; mase sitratta di rapporti esteriorio di faccende internequello di adessoquanto è più abile!

Quellodi adesso di cervello in testa ne ha cento volte di più... Unsol guaio... E' in tutto un brav'uomoma c'è una disgrazia: èbeone!

«Eccotiil contentino!»pensò Possudin.

-Come sai- domandò- che io... ch'è un beone?

-Certosignoriaio personalmente non l'ho mai visto ubriacononstarò a mentirema la gente lo diceva. Anche la gente ubriaconon l'ha vistoma sul conto suo corre tale voce... In pubblicoodove va in visitaal ballo o in societànon beve mai. A casaalza il gomito... Si leva al mattinosi frega gli occhi e per primacosa:

dellavodka! Il cameriere gliene porta un bicchieree lui ne chiede giàun altro... E così tracanna tutto il giorno. E dimmi digrazia:

bevee non un occhio lo vede! Dunque sa dominarsi. Quando si metteva abere il nostro Chochriukòvnon soltanto gli uominimaperfino i cani urlavano. Possudin invece... almeno gli si arrossasseil naso! Si chiude nel suo studio e lappa... Perché la gentenon se n'accorgesses'è fatto adattare nella scrivania uncerto cassettocon una cannuccia. In quel cassetto c'è sempredella vodka... Si china sulla cannucciasucchia un pocoed èubriaco... In carrozza purenella borsa delle carte...

«Comelo sanno?»si sbigottì Possudin. «Dio mioperfinquesto è noto! Che schifezza... ».

-E anche per quanto riguarda il sesso femminileecco... Un briccone!

-(il guidatore si mise a ridere e crollò il capo).Uno sconcioe basta! Ne ha una decina di quelle... girandole... Due gli abitanoin casa... Unaquella Nastassia Ivànovnaè da luicome a dire in luogo di amministratricel'altracome si chiamadiavolo?Liudmila Semiònovnaa mo' di scritturale... Piùimportante di tutte è Nastassia. Ciò che questa vuolelui lo fa sempre... Lo fa girare come la volpe la coda. Grandi poterile furon dati. E non hanno tanta paura di lui come di lei.. Ah-ah!...E una terza girandola abita in via Kaciàlnaia... Uno scandalo!

«Perfindi nome le conosce»pensò Possudinarrossendo. «Echi poi le conosce? Un contadinoun vetturale... che non èneanche mai stato in città!... Che infamia... è unaschifezza... una trivialità!».

-Ma tu come sai tutto questo? - domandò con voce irritata.

-La gente lo diceva... Io stesso non ho vistoma ho sentito dallagente. Ma che è difficile saperlo? A un cameriere o a uncocchiere non taglierai la lingua... E poipensola stessaNastassia se ne va per tutti i chiassuoli e si vanta della suafortuna di donna. Agli occhi della gente non ci si nasconde... Eccoha preso anche il vezzo questo Possudin di andare in ispezione allachetichella... Quello di primaquando voleva andare in qualchepostolo faceva sapere un mese avantie quando viaggiavatanto diquel chiassofracasso e scampanio... ce ne preservi il Creatore!Davanti a lui si galoppavadietro a lui si galoppavaai fianchi sigaloppava. Giunto sul postofaceva una buona dormitamangiava ebeveva a sazietàe avanti a sbraitare per le cose diservizio. Sbraitava un pocopestava un po' i piedifaceva un'altradormita e con lo stesso sistema tornava indietro... Quello di adessoinvececome sente dire qualcosacerca di partire di soppiattoinfrettaperché nessuno veda né sappia...

E'uno spa-as-so! Esce inosservato di casain maniera che gl'impiegatinon lo vedanoe via in treno... Arriva alla stazione che glioccorree non già dei cavalli di postao qualcosa di meglioma un contadino cerca di noleggiare. S'avviluppa tuttocome unadonnae per tutta la strada borbotta raucocome un vecchio caneperché non riconoscano la sua voce. C'è semplicementeda strapparsi le budella dal riderequando la gente racconta.Viaggia il babbeo e crede che sia impossibile riconoscerlo. Ericonoscerloper uno che se n'intendepoh!è come sputareuna volta!...

-Ma come fanno a riconoscerlo?

-E' semplice assai. Primaquando viaggiava alla chetichella il nostroChochriukòvnoi lo riconoscevamo dalle sue mani pesanti. Seil passeggero ti picchia sui dentivuol dire che quello èChochriukòv.

MaPossudin lo si può scoprir subito... Un semplice passeggero sicomporta anche semplicementema Possudin non è fatto perosservare la semplicità. Arrivamettiamoa una stazione dipostae comincia!..

Perlui c'è puzzoe si soffocaed è freddo... A lui servipure pollastrinie fruttae conserve d'ogni sorta... Cosìalle stazioni lo sanno: se qualcuno d'inverno chiede pollastrini efruttaquello è Possudin. Se qualcuno dice al mastro diposta: «Carissimo»e fa correr la gente per variebazzecolesi può giurare ch'è Possudin. E non mandal'odore dell'altra gentee si corica alla sua maniera... Si stendealla stazione su un divanointorno a sé spruzza profumi eordina di porre accanto al guanciale tre candele. Sta coricato elegge delle carte... Qui poi non solo il mastro di postama anche ungatto raccapezzerà che uomo è quello.

«E'veroè vero...» -pensò Possudin. «E comemai prima non lo sapevo?».

-Ma quello a cui occorre lo riconoscerà anche senza frutta esenza pollastrini. Per telegrafo tutto è noto... Comunquet'imbacucchi il grugnocomunque ti nascondaqui tutti giàsanno che vieni.

Aspettano...Possudin non è ancora uscito di casa suae qui ormai:

favoriscitutto è pronto! Lui arriva per coglierli sul fattomandarlisotto processoo sostituire qualcunoe son loro a farsi beffe dilui. Anche se tueccellenza diconosei arrivato alla chetichellaguarda pure: da noi tutto è pulito!... Lui si rigirasirigirapoi se ne va come è venuto... E li loda anchestringele mani a tuttichiede scusa per il disturbo... Ecco com'è! Etu che cosa credevi? Oh-ohsignoria! La gente qui è furbauno più furbo dell'altro!... Fa piacere veder che razza didiavoli! Sìeccoprendiamo anche solo il caso odierno... Mene vado stamane senza caricoe dalla stazione mi vola incontro ungiudeoil credenziere.

«Doveva»domando«vossignoria giudaica?». E lui dice:«Porto vino e antipasti nella città di N. Là oggiaspettano Possudin». Furbieh?

Possudinforse si prepara ancor soltanto a partireo s'avviluppa la facciaperché non lo riconoscano. Forse già è inviaggio e pensa che nessuno sa ch'egli vienee già per luidimmi di graziason pronti e vinoe salmonee formaggioeantipasti svariati... Eh? Lui viaggia e pensa: «Va male pervoiragazzi!»e i ragazzi se n'infischiano.

Vengapure! Da un pezzo ormai hanno nascosto tutto!

-Indietro! - gridò rauco Possudin. - Torna indietrobbbestione!

Eil guidatore meravigliato voltò indietro.




NOTE:


1)Traduzione libera del titolo russo: «La lesina nel sacco»sottinteso: «non la nasconderai». E' questo un proverbioche corrisponde al nostrocon cui l'abbiamo pertanto sostituito neltitolo.




UNDRAMMA


-Pavel Vassilic'c'è là una certa signora ch'èvenuta e chiede di voi- riferì Lukà. - Aspetta giàda un'ora buona...

PavelVassìlievic' aveva appena fatto colazione. Avendo sentitodella signorafece una smorfia e disse:

-Ma vada al diavolo! Dille che sono occupato.

-LeiPavel Vassilic'è già venuta cinque volte. Diceche ha un gran bisogno di vedervi... Per poco non piange.

-Uhm... Be'va benefalla passare nello studio.

PavelVassìlievic' indossò senza fretta la giubbaprese inuna mano la pennanell'altra un libro efacendo mostra d'essereoccupatissimoandò nello studio. Là giàl'aspettava la visitatrice:

unagrossa pingue signora dal viso rosso carnoso e con gli occhialiall'aspetto assai rispettabile e vestita più che decentemente(aveva uno sgonfio con quattro cannoncini e un alto cappello conuccellino rossiccio). Veduto il padron di casaella stravolse gliocchi verso la fronte e giunse le mani in atto di preghiera.

-Voicertonon vi ricordate di me- cominciò con un'altavoce tenorile da maschioagitandosi visibilmente. - Io... io ebbi ilpiacere di conoscervi in casa dei Chrutski... Io sono la Muraskin...

-A-a-ah... uhm... Sedete! In che posso esser utile?

-Vedeteio... io... - continuò la signoramettendosi a sederee agitandosi anche più. - Voi non vi ricordate di me... Iosono la Muraskin... Vedeteio sono una grande ammiratrice del vostroingegno e leggo sempre con delizia i vostri articoli... Non pensateche vi lusinghi - Dio me ne guardi - io rendo solo il dovuto... Vileggo sempresempre! Io stessa fino a un certo punto non sonoestranea al mestiere d'autore; cioècerto... non osochiamarmi scrittrice ma...

tuttaviac'è nell'arnia anche la mia goccia di miele. Ho pubblicato invari momenti tre racconti per bambini - voi non li avete letticerto- ho tradotto molto e... e il mio defunto fratello lavoravaall'"Azione".

-Ahsì... e-e-e... In che posso esser utile?

-Vedete... - (La Muraskin abbassò gli occhi e si fece rossa).Ioconosco il vostro ingegno... le vostre vedute Pavel Vassìlievic'e vorrei sapere la vostra opinione o più esattamente...pregarvi d'un consiglio. Iobisogna che vi dica"pardon pourl'expression" (1)mi sono sgravata d'un dramma eprima dimandarlo alla censuravorrei conoscere la vostra opinione.

LaMuraskin nervosamentecon l'espressione d'un uccello acchiappatosifrugò nel vestito e ne tirò fuori un grossountoscartafaccio.

APavel Vassìlievic' non piacevano che i suoi articoliglialtrui invecequand'era in procinto di leggerli o di ascoltarliglidavan sempre l'impressione d'una bocca di cannone puntatadirettamente contro la sua faccia. Veduto il quadernosi spaventòe s'affrettò a dire:

-Bene lasciatelo... leggerò.

-Pavel Vassìlievic'! - disse languidamente la Muraskinalzandosi e giungendo in atto di preghiera le mani.- Lo sovoi sieteoccupato... per voi ogni minuto è preziosoe so che voi inquesto momento nell'anima vostra mi mandate al diavoloma... siatebuonopermettetemi di leggervi subito il mio dramma... Siategentile!

-Lietissimo... - si turbò Pavel Vassìlievic'-masignoraio... io sono occupato... Mi... mi è necessario andarvia subito.

-Pavel Vassìlievic'!-gemette la signorae gli occhi le siriempirono di lacrime. - Io chiedo un sacrificio! Sono sfacciatasono importunama siate generoso! Domani parto per Kasànevorrei conoscer oggi il vostro parere. Donatemi mezz'ora della vostraattenzione... solo mezz'ora! Vi supplico!

PavelVassìlievic' era nell'anima un cencio e non sapeva dir di no.

Quandoprese a sembrargli che la signora stesse per singhiozzare e mettersiin ginocchioegli si confuse e mormorò smarrito:

-Benesia pure... ascolterò... Per mezz'ora son pronto.

LaMuraskin mandò un grido di gioiasi tolse il cappello eaccomodatasicominciò a leggere. Dapprima lesse di come undomestico e una camerierarassettando un lussuoso salottoparlavanolungamente della signorina Anna Serghéievnache avevacostruito al villaggio una scuola e un ospedale. La camerieraquandoil domestico fu uscitopronunciò un monologo sul fatto chel'istruzione è luce e l'ignoranza è tenebra; poi laMuraskin fece tornare il domestico in salotto e l'obbligò arecitare un lungo monologo sul padroneun generaleche nontollerava le convinzioni della figliasi proponeva di darla inmoglie a un ricco gentiluomo di camera ed era d'avviso che lasalvezza del popolo stesse in una crassa ignoranza. Dopo che laservitù fu uscitacomparve la signorina in persona e dichiaròallo spettatore di non aver dormito tutta la notte e d'aver pensato aValentìn Ivànovic'figlio d'un povero insegnantecheaiutava gratuitamente il proprio padre malato. Valentìn avevastudiato tutte le scienzema non credeva né all'amicizia néall'amorenon conosceva scopo nella vita e anelava la morteeperciò bisognava che leila signorinalo salvasse.

PavelVassìlievic' ascoltava e con angoscia rammentava il suodivano.

Esaminavacon astio la Muraskin sentiva come sui suoi timpani batteva la vocetenorile da maschio di leinon capiva nulla e pensava:

«Ildiavolo t'ha portata qua... Ho proprio un gran bisogno d'ascoltare letue insulsaggini!... Be'che colpa ci ho iose tu hai scritto undramma? O Signoreche quaderno spesso! Ecco un bel castigo!».

PavelVassìlievic' gettò uno sguardo al muro di tramezzodove pendeva il ritratto di sua mogliee si ricordò che lamoglie gli aveva raccomandato di portarle in villa un "arscin"(2) di fettucciauna libbra di formaggio e della polvere da denti.

«Purchénon perda il campioncino della fettuccia» pensava«Dovel'ho ficcato? Mi parenella giacchetta turchina... Ma quellevigliacche di mosche son pur riuscite a cospargere di segnid'interpunzione il ritratto di mia moglie. Bisognerà ordinarea Olga di lavare il vetro.

Leggela scena dodicesimadunque presto è la fine del primo atto.

Possibileche con un tal caldoe per giunta con una corpulenza come ha questamassa di carnesi possa avere ispirazione? Anziché scriverdrammifarebbe meglio a mangiare okroska (3) fredda e a dormire incantina... » - Non credete che questo monologo sia un po'lungo? - domandò a un tratto la Muraskinalzando gli occhi.

PavelVassìlievic' non aveva sentito il monologo. Egli si confuse edisse con un tono da colpevolecome se non la signorama lui stessoavesse scritto quel monologo:

-Nonoper nulla... Molto carino...

LaMuraskin si fece raggiante di felicità e seguitò aleggere:

-"Anna": Siete corroso dall'analisi. Troppo presto avetesmesso di vivere col cuore e vi siete affidato all'intelligenza."Valentìn": Che cos'è il cuore? E' unconcetto anatomico. Come termine convenzionale designante ciòche chiamiamo sentimentiio non lo riconosco. "Anna"(turbata): E l'amore? Possibile che anch'esso sia il prodotto diun'associazione d'idee? Dite francamente: avete amato qualche volta?

"Valentìn"(con amarezza): Non tocchiamo le vecchie feritenon ancorarimarginate (pausa). A che cosa pensate? "Anna": Mi pareche voi siate infelice.

Durantela scena sedicesima Pavel Vassìlievic' fece uno sbadiglio einavvertitamente emise coi denti il suono che emettono i caniquandoacchiappano le mosche. Si spaventò di questo suonosconveniente eper mascherarlodiede al suo viso l'espressione diuna compunta attenzione.

«Scenadiciassettesima... Ma quando la fine?»pensava.

OhDio mio! Se questo tormento continuerà ancora dieci minutigriderò al soccorso... E' una cosa insopportabile!» Maeccofinalmente la signora si mise a leggere più in fretta epiù fortealzò la voce e lesse: - "Tela".

PavelVassìlievic' sospirò lievemente e s'accinse asollevarsima subito la Muraskin voltò la pagina e continuòla lettura...

-Atto secondo. La scena rappresenta una via di paese. A destra lascuolaa sinistra l'ospedale. Sui gradini di quest'ultimo son seduticampagnuoli e campagnuole.

-Scusate...- interruppe Pavel Vassìlievic'. - Quanti atti intutto?

-Cinque- rispose la Muraskine subitocome temendo che l'uditoreandasse viacontinuò rapidamente. - Da una finestra dellascuola guarda Valentìn. Si vede che in fondo alla scena icampagnuoli portano le loro robe alla bettola.

Comecondannato a morte e sicuro dell'impossibilità d'una graziaPavel Vassìlievic non aspettava più la fine non speravapiù in nullae si sforzava solo che i suoi occhi non sichiudessero e che l'espressione attenta non lasciasse il suo viso. Ilfuturo in cui la signora avrebbe terminato il dramma e se ne sarebbeandata gli pareva così remoto ch'egli nemmeno ci pensava.

-Tru-tu-tu-tu. - gli sonava agli orecchi la voce della Muraskin. -Tru-tu-tu... Zzzz... «Ho dimenticato di prendere ilbicarbonato»pensava. «A che cosa dunque io... Sìal bicarbonato... Con tutta probabilitàho il catarro distomaco... E' stupefacente Smirnovski tracanna vodka tutto il giornoe finora non ha il catarro... Sulla finestra s'è posato unuccellino... Un passero.

PavelVassilievic' fece uno sforzo per dissigillare le palpebre tese ches'appiccicavanosbadigliòsenz'aprir la boccae guardòla Muraskin. Quella prese ad annebbiarsia oscillare davanti ai suoiocchidivenne tricipite e s'appoggiò con una testa alsoffitto.

-"Valentìn": Nopermettetemi di partire. "Anna"(spaventata):

Perché?"Valentìn (a parte): E' impallidita! (A lei) Nonobbligatemi a spiegarvene le ragioni. Piuttosto moriròma voinon saprete queste ragioni. "Anna" (dopo una pausa): Voinon potete partire...

LaMuraskin cominciò a gonfiaregonfiò diventando unamassa sola e si fuse con l'aria grigia dello studio; si vedevasoltanto la sua bocca in movimentopoi d'un tratto ella si fecepiccina come una bottigliasi mise a ondeggiare e insieme con latavola se ne andò in fondo alla stanza...

-"Valentìn" (tenendo Anna fra le braccia): Tu mi hairisuscitatomi hai mostrato lo scopo della vita! Mi hairinnovellatocome la pioggia primaverile rinnovella la terraridestata! Ma... è troppo tarditroppo tardi! Il mio petto èroso da un male inguaribile... Pavel Vassilievic' sussultò efissò gli occhi appannatitorbidi sulla Muraskin; per unminuto la guardò immobilecome se non capisse nulla...

-Scena undicesima. Dettiil barone e il commissario coi testimoni...

"Valentìn":Prendetemi! "Anna": Io sono sua! Prendete anche me! Sìprendete anche me! Io l'amol'amo più della mia vita! "Ilbarone":

AnnaSerghéievnavoi dimenticate che con ciò rovinatevostro padre...

LaMuraskin riprese a gonfiare... Guardandosi attorno bizzarramentePavel Vassilievic' si sollevògettò un grido con voceprofondainnaturaleafferrò sulla tavola un pesantefermacarte einconscio di sécolpì con esso a tuttaforza la testa della Muraskin...

-Legatemil'ho uccisa! - disse di lì a un minuto ai serviaccorsi.

Igiurati l'assolsero.




NOTE:


1)Scusatemi l'espressione.

2)Unità russa di misura lineare: metri 0711.

3)Piattomolto vario e ghiottodi carne o pesce tritatoconcetriuolicipolleuova sminuzzatecon panna e altri ingredienti:una specie d'«insalata russa».




UN'OPERAD'ARTE


Tenendosotto il braccio qualcosa avvolto nel n. 223 della "Gazzettadella Borsa"Sascia Smirnòvfiglio unico di mamma suafece un viso agro ed entrò nel gabinetto del dottor Koscelkòv.

-Ahcaro ragazzo!- l'accolse il dottore. - Be'come ci sentiamo? Chemi direte di bello?

Sasciabatté gli occhisi pose una mano sul cuore e disse con voceagitata:

-La mammina vi salutaIvàn Nikolaievic'e ha detto diringraziarvi... Io sono l'unico figlio della mamma e voi m'avetesalvato la vita... m'avete guarito da una grave malattiae... noitutt'e due non sappiamo come ringraziarvi.

-Bastaragazzo! - interruppe il dottorefondendo dal piacere. - Ioho fatto soltanto ciò che ogni altro avrebbe fatto al mioposto.

-Io son l'unico figlio di mamma mia... Noi siam gente povera ecertonon possiamo ripagare le vostre fatichee... ne siamo assaimortificatidottorebenchédel restola mammina ed io...unico figlio suovi preghiamo vivamente d'accettare in segno dellanostra gratitudine... eccoquesta cosa che... E' una cosa di granvaloredi bronzo antico... una rara opera d'arte.

-Mal fatto! - il dottore fece una smorfia. - Be' perché questo?

-Noper favorenon rifiutate- continuò a mormorare Sasciasvolgendo l'involto. - Offendereste col vostro rifiuto me e lamammina... E' una cosa bellissima... di bronzo antico... Essa cipervenne dal babbo buon'anima e noi la custodivamo come un caroricordo... Il mio babbo acquistava bronzi antichi e li vendeva agliamatori... Adesso la mammina ed io ci occupiamo della stessa cosa...

Sasciacavò fuori l'oggetto e lo posò solennemente sullatavola. Era un candelabro poco altodi vecchio bronzod'artisticafattura.

Raffiguravaun gruppo: sul piedestallo stavano due figure femminili nel vestitodi Eva e in pose per descriver le quali non mi basta nél'ardirené il temperamento adeguato. Le figure sorridevanocivettuole ein generaleil loro aspetto era tale chese nonavessero avuto l'obbligo di reggere il candelierepareva cheavrebbero fatto un balzo giù dal piedestallo e combinato nellastanza un baccanale a cuilettoresarebbe indecente anche pensare.

Datouno sguardo al regaloil dottore si grattò lentamente dietrol'orecchiofece un raschio eincertosi soffiò il naso.

-Sìè una cosa veramente bellissima- borbottò- ma come esprimermi? non è... è troppo pocoletteraria... Questagiànon è scollacciaturama ildiavolo sa che cosa...

-Cioèperché poi?

-Lo stesso serpente tentatore non avrebbe potuto immaginare nulla dipeggio... Vedetemettere sulla tavola una simile fantasmagoria vuoldire profanare tutta la casa!

-In che strano mododottoreconsiderate l'arte! - s'offese Sascia. -Ma questa è una cosa artisticaguardatela! C'è lìtanta bellezza ed eleganzache un senso di reverenza riempie l'animae le lacrime vengono in gola! Quando vedi una tal bellezzadimentichi ogni cosa terrena... Guardate quanto movimentoche massad'ariad'espressione!

-Tutto ciò lo capisco benissimomio caro- interruppe ildottorema iovedetesono un uomo di famigliaqui da me corrono ibimbettivengono delle signore.

-Certose si guarda dal punto di vista della folla- disse Sascia-alloracertoquesta cosa altamente artistica si presenta inun'altra luce... Madottoresiate al disopra della follatanto piùche col vostro rifiuto amareggereste profondamente me e la mammina.Io son l'unico figlio di mamma mia... voi m'avete salvato la vita...Noi vi diamo la cosa per noi più preziosae... e io rimpiangosoltanto che voi non abbiate il riscontro per questo candelabro...

-Graziecolombelloio vi sono molto grato... Salutate la mamminamain fede miagiudicate voi stessoqui da me corrono i bimbettivengono delle signore... Be'del restorimanga pur qui! Tanto a voinon si fa capir la ragione.

-E non c'è niente da far capire- si rallegrò Sascia. -Questo candelabro mettetelo quieccovicino a questo vaso. Chepeccato che non ci sia il paio! E' un tal peccato! Be'addiodottore.

UscitoSasciail dottore guardò a lungo il candelabro si grattòdietro l'orecchio e rifletté.

«Unacosa superbanon si discute»pensava«e buttarla viarincresce... Ma lasciarla in casa mia è impossibile... Uhm!...Ecco un problema! A chi regalarla od offrirla?».

Dopolunga riflessionesi ricordò d'un suo buon conoscentel'avvocato Uchovverso il quale era in debito per la trattazioned'una causa.

-Benissimo- concluse il dottore. - Per luicome conoscenteèimbarazzante prender da me del denaro e sarà una cosa moltocorrettase gli farò dono dell'oggetto. Porterò dunquea lui questa diavoleria!

Apropositolui è scapolo e spensierato...

Senzarimandare alle calende grecheil dottore si vestìprese ilcandelabro e si recò da Uchov.

-Salveamico! - diss'egliavendo trovato l'avvocato in casa. -Eccomi da te... Son venuto a ringraziarticaroper le tuefatiche...

Denaronon ne vuoi prendere allora accetta almeno questa cosetta...

eccoquimio caro... La cosetta è una magnificenza!

Vedutala cosettal'avvocato fu colto da un entusiasmo indescrivibile.

-Questa sì è una trovata! - si mise a rider forte. - Ahche il diavolo lo scortichi (1)solo i diavoli possono avere unatrovata simile! Stupendo! Delizioso! Dove ti sei procurato un talgioiello?

Datosfogo al suo entusiasmol'avvocato volse un'occhiata timorosaall'uscio e disse:

-Tu peròcaroportati via il tuo regalo. Io non lo accetto.

-Perché? - si spaventò il dottore.

-Ma perché... Qui da me viene mia madrei clienti.. e anchedavanti alla servitù ci ho scrupolo.

-Ni-ni-ni.. Non oserai rifiutare! - agitò le mani il dottore. -E' una porcheriada parte tua! E' una cosa artistica... quantomovimento... quanta espressione... Non voglio nemmen parlare!

M'offenderai!

-Almeno fosse verniciatoo vi si appiccicassero delle foglioline difico...

Mail dottore si mise ad agitar le mani anche più di primacorsefuori dall'appartamento di Uchov econtento d'aver saputo disfarsidel regaloandò a casa...

Uscitoluil'avvocato osservò il candelabrolo toccò con ledita da tutte le parti eal pari del dottorea lungo si lambiccòil cervello intorno al problema: che far del regalo?

«Eun oggetto bellissimo»ragionava«gettarlo viarincrescee tenerlo in casa è sconveniente. La miglior cosa èregalarlo a qualcuno... Ecco che cosastasera porterò questocandelabro al comico Sciaskin. A quella canaglia piacciono similicosetteea propositooggi è la sua beneficiata... ».

Dettofatto. A sera il candelabroinvoltato con cura. fu recato al comicoSciaskin. Tutta la serata il camerino del comico fu preso d'assaltoda uomini che venivano ad ammirare il regalo; per tutto il tempo ilcamerino fu pieno di un entusiastico brusio e di risate simili anitriti cavallini. Se qualcuna delle attrici s'avvicinava alla portae domandava: «Si può?»subito s'udiva la vocerauca del comico:

-Nono"màtuska"! Non sono vestito!

Dopolo spettacolo il comico si stringeva nelle spalleallargava lebraccia e diceva:

-Be'dove caccerò questa schifezza? Iogiàabito incasa privata!

Dame vengono le artiste! Questa non è una fotografianon puoinasconderla in un cassetto!

-E voisignorevendetela- gli consigliò il parrucchieresvestendo il comico.-Qui nel sobborgo vive una vecchia che acquistabronzi antichi... Andateci e chiedete della Smirnòv... Tuttila conoscono.

Ilcomico gli diede retta... Di lì a un paio di giorni il dottorKoscelkòv era seduto nel suo gabinetto epuntatosi un dito infrontestava pensando agli acidi biliari. A un tratto s'aprìl'uscio e nel gabinetto entrò di volo Sascia Smirnòv.Egli sorridevaraggiantee tutta la sua figura spirava felicità...Nelle mani teneva qualcosaavvolto in un giornale.

-Dottore!- cominciò ansando. - Figuratevi la mia gioia! Pervostra fortuna c'è riuscito d'acquistare il riscontro per ilvostro candelabro!... La mammina è così felice... Ioson l'unico figlio di mamma mia... voi m'avete salvato la vita...

ESasciatremando per un sentimento di gratitudine posò davantial dottore il candelabro. Il dottore spalancò la boccavolevagià dir qualche cosama non disse nulla: gli si eraparalizzata la lingua.




NOTE:


1)Qui è sottinteso: «quell'artista»o altraespressione simile.




LADECORAZIONE


L'insegnantedel proginnasio militareregistratore di collegioLev Pustiakòvabitava accanto all'amico suo tenente Ledentsòv. Versoquest'ultimo egli volse i suoi passi la mattina di capodanno.

-Vedi di che si trattaGriscia- disse al tenentedopo lecongratulazioni d'uso per l'anno nuovo. - Non starei a incomodartise non ne avessi estrema necessità. Imprestamicolombelloper la giornata d'oggi la tua croce di Stanislao (1). Oggivedipranzo dal mercante Spic'kin. E tu conosci quel farabutto diSpic'kin: gli piacciono enormemente le decorazioni e quasi ha inconto di scalzacani quelli a cui non ciondoli qualcosa al collo oall'occhiello. Inoltre ha due figlie... Nastiasaie Zina... Tiparlo come ad amico... Tu mi capiscimio caro. Dammelafammi ilfavore!

Tuttociò disse Pustiakòv balbettandoarrossendo evolgendosi a guardare timidamente verso l'uscio. Il tenente tiròmoccolima accondiscese.

Alledue del pomeriggio Pustiakòv andava in vettura di piazza dagliSpic'kin eaperta un tantino la pellicciasi guardava in petto. Sulpetto gli sfavillava col suo oro e gli svariava col suo smaltol'altrui croce di Stanislao.

«Incerto modo senti anche più stima di te stesso»pensaval'insegnantefacendo raschi. «Una cosuccia da pocovale uncinque rublinon piùma come fa furore!».

Giuntoalla casa di Spie'kinegli aprì la pelliccia e si miselentamente a regolare col vetturino. Il vetturinocome a lui parveavendo visto le spallinei bottoni e la croce di Stanislaorestòdi sasso. Pustiakòv tossì soddisfatto di sé edentrò nella casa.

Levandosila pelliccia in anticameragettò un'occhiata in sala. Làintorno alla lunga tavola convivialestavano già pranzandouna quindicina di persone. Si udiva un vocio e il tinnire dellestoviglie.

-Chi è che ha sonato là? - si sentì la voce delpadron di casa. - AhLev Nikolaic'! Favorite. Avete tardato un po'ma non è un guaio... Ci siamo messi a tavola appena adesso.

Pustiakòvsporse in avanti il pettoalzò la testa efregandosi lemanientrò nella sala. Ma qui egli vide qualcosa d'orrendo. Atavolaal fianco di Zinaera seduto il suo collegal'insegnante dilingua francese Trambliàn. Lasciar vedere al francese ladecorazione avrebbe significato provocare una quantità didomande spiacevolissimeavrebbe significato coprirsi di vergogna ineterno disonorarsi... Il primo pensiero di Pustiakòv fu distrapparsi la decorazioneo di scappar via; ma la decorazione erastata cucita solidamente e una ritirata ormai era impossibile.Coperta rapidamente con la destra la decorazioneegli si curvòfece un goffo inchino a tutti esenza dar la mano ad alcunos'abbandonò pesantemente su una sedia liberaproprio difronte al collega francese.

«Deveaver bevuto!»pensò Spic'kindato uno sguardo alla suafaccia confusa.

Davantia Pustiakòv posarono un piatto di minestra. Egli prese con lasinistra il cucchiaiomaricordatosi che con la sinistra èsconveniente mangiare in una società bene ordinatadichiaròche aveva già pranzato e non aveva fame.

-Ho già mangiato... "Merci"... - borbottò. -Sono stato in visita dallo ziol'arciprete Jeleleve lui m'hapregato tanto... sì...

perchépranzassi.

L'animadi Pustiakòv si colmò di struggente angoscia e dirabbioso dispetto: la minestra mandava un saporoso odoree dallostorione cotto a vapore veniva un fumettino insolitamente appetitoso.

L'insegnanteprovò a liberare la mano destra e a coprir la decorazione conla sinistrama ciò apparve scomodo.

«Sen'accorgeranno.. E la mano rimarrà distesa su tutto il pettocome se mi accingessi a cantare. O Signorealmeno il pranzoterminasse presto! Mangerò poi in trattoria!».

Dopoil terzo piatto egli guardò timidamentecon un occhio soloil francese. Trambliànchi sa perché fortementeimpacciatoguardava lui e del pari non mangiava nulla. Guardatisi avicendasi confusero anche più tutt'e due e chinarono gliocchi sui piatti vuoti.

«Sen'è accortoil farabutto!»pensò Pustiakòv.«Lo vedo dal grugnoche se n'è accorto! E luiscalzacaneè un pettegolo. Domani stesso lo riporteràal direttore!».

Padronie ospiti consumarono il quarto piattoconsumaronoper voler deldestinoanche il quinto...

Silevò in piedi un certo signore alto dalle narici ampie epeloseil naso ricurvo e gli occhi socchiusi per natura. Egli silisciò il capo e dichiarò:

-E-e-e... ep... ep... eppropongo di bere alla prosperità dellesignore qui sedute!

Icommensali si alzarono rumorosamente e afferrarono i calici. Unsonoro "urrà!" corse per tutte le stanze. Le signoresorrisero e si protesero per toccare i bicchieri. Pustiakòvs'alzò e prese il suo bicchierino nella sinistra.

-Lev Nikolaic'favorite passare questo calice a NastassiaTimoféievna! - si rivolse a lui un taleporgendogli uncalice. - Obbligatela a vuotarlo!

Questavolta Pustiakòvcon suo grande sgomentodovette mettere inopera anche la mano destra. La croce di Stanislaocol suo nastrinorosso sgualcitovide finalmente la luce e raggiò.L'insegnante impallidìabbassò il capo e guardòtimidamente dalla parte del francese. Quello guardava lui con occhimeravigliatiinterrogativi.

Lesue labbra sorridevano con furberia e dal suo viso l'aria impacciatalentamente dileguava...

-Juli Avgùstovic'! - si rivolse al francese il padron di casa.- Passate questa bottiglietta per competenza!

Trambliànallungò irresoluto la mano destra verso la bottiglietta e...

ohfelicità! Pustiakòv scorse sul suo petto unadecorazione. E non era l'ordine di Stanislaoma addirittura quellodi Anna (2)! Dunque anche il francese aveva fatto il mariuolo!Pustiakòv rise dal piaceresedette e si mise a suo agio...Ormai non c'era più bisogno di nascondere la croce diStanislao! Entrambi s'erano macchiati dello stesso peccato e nessunoquindi poteva denunciare e disonorare l'altro...

-A-a-ah... uhm!...- mugolò Spic'kinvedendo la decorazione sulpetto dell'insegnante.

-Sissignore! - disse Pustiakòv. - Una cosa sorprendenteJuliAvgùstovic'! Come son state poche da noi prima delle feste leproposte di onorificenze! Quanta gente c'è da noieppure leabbiamo ricevute solo voi ed io! E' una cosa sor-pren-den-te!

Trambliànannuì allegramente col capo e mise in mostra il risvoltosinistro della giubbasu cui faceva pompa la croce di Sant'Anna diterza classe.

Dopoil pranzo Pustiakòv andava per tutte le stanze e mostrava ladecorazione alle signorine. Si sentiva l'anima leggiera e liberabenché la fame lo pizzicasse sotto la bocca dello stomaco.

«Seavessi saputo una faccenda simile»egli pensavagettandoocchiate invidiose a Trambliànche discorreva con Spic'kin dionorificenze«mi sarei appuntata la croce di Vladimiro (3). Ehnon ci ho pensato!».

Esolo questo pensiero lo faceva soffrire ogni tanto. Per tutto ilresto era perfettamente felice.




NOTE:


1)L'ordine di Santo Stanislaofondato dal re di Polonia StanislaoAugusto Poniatowski e riconosciuto dallo zar Alessandro primo.

2)Istituito nel 1735 dal duca di Holstein-Gottorp in memoriadell'imperatrice Anna di Russia e riconosciuto dall'imperatore Paoloprimo nel 1796.

3)L'ordine di San Vladimiro fu fondato nel 1782 dall'imperatriceCaterina seconda in onore del principe cheverso il 1000avevaintrodotto il cristianesimo in Russia.




LAMORTE DELL'IMPIEGATO


Unamagnifica sera un non meno magnifico usciereIvàn Dmitric'Cerviakòvera seduto nella seconda fila di poltrone e seguivacol binoccolo "Le campane di Corneville. Guardava e si sentivaal colmo della beatitudine. Ma a un tratto... Nei racconti spessos'incontra questo "a un tratto". Gli autori han ragione: lavita è così piena d'imprevisti! Ma a un tratto il suoviso fece una smorfiagli occhi si stralunaronoil respiro gli sifermò... egli scostò dagli occhi il binoccolosi chinae... eccì!!! Aveva starnutitocome vedete.

Starnutirenon è vietato ad alcuno e in nessun posto. Starnutiscono icontadinie i capi di poliziae a volte perfino i consiglierisegreti. Tutti starnutiscono. Cerviakòv non si confuse pernullas'asciugò col fazzolettino eda persona garbataguardò intorno a sé:

nonaveva disturbato qualcuno col suo starnuto? Ma quisìglitoccò confondersi. Vide che un vecchiettoseduto davanti aluinella prima fila di poltronestava asciugandosi accuratamentela calvizie e il collo col guanto e borbottava qualcosa. Nelvecchietto Cerviakòv riconobbe il generale civile (1)Brizzalovin servizio al dicastero delle comunicazioni.

«L'hospruzzato!»pensò Cerviakòv. «Non èil mio superioreè un estraneoma tuttavia èseccante. Bisogna scusarsi».

Cerviakòvtossìsi sporse col busto in avanti e bisbigliòall'orecchio del generale:

-Scusateeccellenzavi ho spruzzato... io involontariamente... - Nonè nullanon è nulla...

-Per amor di Dioscusatemi. Iovedete... non lo volevo!

-Ahsedetevi prego! Lasciatemi ascoltare!

Cerviakòvrimase impacciatosorrise scioccamente e riprese a guardar la scena.Guardavama ormai beatitudine non ne sentiva più. Cominciòa tormentarlo l'inquietudine. Nell'intervallo egli s'avvicinòa Brizzalovpasseggiò un poco accanto a lui evinta latimidezzamormorò:

-Vi ho spruzzatoeccellenza... Perdonate... Iovedete... non chevolessi...

-Ahsmettetela... Io ho già dimenticatoe voi ci tornatesempre su!

-disse il generale e mosse con impazienza il labbro inferiore.

«Hadimenticatoe intanto ha la malignità negli occhi»pensò Cerviakòvgettando occhiate sospettose algenerale. «Non vuol nemmeno parlare. Bisognerebbe spiegargliche non desideravo affatto... che questa è una legge dinaturase no penserà ch'io volessi sputare. Se non lo penseràadessolo penserà poi!...».

Giuntoa casaCerviakòv riferì alla moglie il suo attoincivile. La mogliecome a lui parveprese l'accaduto con troppaleggerezza; ella si spaventò soltantoma poiquando appreseche Brizzalov era un "estraneo"si tranquillò.

-Ma tuttavia passaciscusati- disse. - Penserà che tu nonsappia comportarti in pubblico!

-Eccoè proprio questo! Io mi sono scusatoma lui in un certomodo strano... Una sola parola sensata non l'ha detta. E non c'eraneppur tempo di discorrere.

Ilgiorno dopo Cerviakòv indossò la divisa di servizionuovasi fece tagliare i capelli e andò da Brizzalov aspiegare... Entrato nella sala di ricevimento del generalevide lànumerosi postulantie in mezzo ai postulanti anche il generale inpersonache già aveva cominciato l'accettazione delledomande. Interrogati alcuni visitatoriil generale alzò gliocchi anche su Cerviakòv.

-Ieriall'Arcadiase rammentateeccellenza- prese a esporrel'usciere-io starnutii e... involontariamente vi spruzzai... Scus...

-Che bazzecole... Dio sa che è! Voi che cosa desiderate?-sirivolse il generale al postulante successivo.

«Nonvuol parlare!»pensò Cerviakav. impallidendo. «E'arrabbiato dunque... Nonon posso lasciarla così... Glispiegherò... ».

Quandoil generale finì di conversare con l'ultimo postulante e sidiresse verso gli appartamenti interniCerviakòv fece unpasso dietro a lui e prese a mormorare: - Eccellenza! Se osoincomodare vostra eccellenzaè precisamente per un sensoposso diredi pentimento!...

Nonlo feci appostavoi stesso lo sapete!

Ilgenerale fece una faccia piagnucolosa e agitò la mano.

-Ma voi vi burlate semplicementeegregio signore! -diss'egliscomparendo dietro la porta.

«Cheburla c'è mai qui?»pensò Cerviakòv. «Quinon c'è proprio nessuna burla! E' generalema non puòcapire! Quand'è cosìnon starò più ascusarmi con questo fanfarone! Vada al diavolo! Gli scriveròuna lettera e non ci andrò più! Com'è vero Dionon ci andrò più!».

Cosìpensava Cerviakòv andando a casa. La lettera al generale nonla scrisse. Pensòpensòma in nessuna maniera potéconcepir quella lettera. Gli toccò il giorno dopo andar inpersona a spiegare.

-Ieri venni a incomodare vostra eccellenza- si mise a borbottarequando il generale alzò su di lui due occhi interrogativi-non già per burlarmicome vi piacque dire. Io mi scusavoperchéstarnutendovi avevo spruzzato... e a burlarmi nonpensavo nemmeno. Oserei io burlarmi? Se noi ci burlassimovorrebbedire allora che non c'è più alcun rispetto... per lepersone...

-Vattene! - garrì il generalefattosi d'un tratto livido etremante.

-Che cosa? - domandò con un bisbiglio Cerviakòvvenendomeno dallo sgomento.

-Vattene! - ripeté il generalepestando i piedi.

Nelventre di Cerviakòv qualcosa si lacerò. Senza vedernullasenza udir nullaegli indietreggiò verso la portauscì in strada e si trascinò via... Arrivatomacchinalmente a casasenza togliersi la divisa di serviziosicoricò sul divano e... morì.




NOTE:


1)La vecchia gerarchia burocratica russa conosceva anche i "generali"civili: il titolo militare veniva esteso ai più alti capi-servizio delle amministrazioni non militari.




FILASTROCCA


Nelcoro sta in piedi il sagrestano Otlukavin e tiene fra le dita grassedistese una penna d'oca rosicchiata. La sua piccola fronte s'èfatta tutt'una rugasul naso gli svariano chiazze di tutti i coloricominciando dal rosa e terminando con l'azzurro cupo. Davanti a luisopra la rilegatura rossiccia del Triodion (1)ci sono due pezzi dicarta. Su uno di essi è scritto: «Per la salute»sull'altro: «Per il riposo»e sotto a ciascuno dei duetitoli una filza di nomi... Vicino al coro sta una piccolavecchierella dal viso impensieritocon una bisaccia sul dorso. E'meditabonda.

-Poi chi? - domanda il sagrestanograttandosi pigramente dietrol'orecchio. - Fa' prestomeschinaché io non ho tempo.Subito mi metterò a legger le ore.

-Subito"batiuska"... Su viascrivi... Per la salute deiservi di Dio: Andréi e Daria coi figli... Mitridi nuovoAndréiAntìpMaria...

-Un momentonon troppo in fretta... Non corri mica dietro la leprefarai in tempo.

-Hai scritto Maria? Be'adesso KirìllGordiéil'infante da poco defunto GherassimPanteléi... Hai scrittoil fu Panteléi?

-Un momento... Panteléi è morto? morto... - sospira lavecchia - Allora come mai lo fai segnare per la salute? - si arrabbiail sagrestanocancellando Panteléi e trasferendolo nell'altropezzo di carta.-Eccoancora questa... Tu parla sensatoe non farconfusioni. Chi altri per il riposo?

-Per il riposo? Subito... un momento... Su viascrivi... IvànAvdotiaancora DariaJegar... Prendi nota... il soldato Zachàr...Da quando andò in servizio nell'anno quartoda quel tempo nonse n'è sentito più nulla...

-Dunque è morto?

-E chi sa! Forse è mortoe forse è vivo... Tu scrivi...

-Ma dove lo segnerò? S'è mortodiciamoallora qui: peril riposos'è vivoqui: per la salute... Come si fa acapirvivoi altre?

-Uhm!... Tucarosegnalo in tutt'e due i fogliettie poi si vedrà.

Maper lui è lo stessocomunque tu lo segni è un uomosviato...

perduto...L'hai segnato? Adessoper il riposo: MarkLeontiArina... be'eanche Kuzmà con Anna... l'inferma Fedossia...

-L'inferma Fedossia per il riposo? Oilà!

-Me segnarmi per il riposo? Sei ammattitoo che?

-Poh! Tutorso di cavolom'hai fatto sbagliare! Se non sei ancoramortadilloche non sei mortanon c'è da cacciarsi quiperil riposo! imbrogli le cose! Ora va' a cancellare Fedossia e ascriverla in un altro posto... tutta la carta ho sciupato! Suascoltate li leggerò... Per la salute di AndréidiDaria coi figliancora di Andréidi Antìpdi Mariadi Kirìlldell'infante da poco defunto Gher... Un momentocome è capitato qua questo Gherassim? Da poco defuntoe poi:per la salute! Nom'hai fatto imbrogliaremeschina!

CheDio t'assistam'hai fatto proprio imbrogliare!

Ilsagrestano crolla il capocancella Gherassim e lo trasferisce nellasezione "per il riposo".

-Ascolta! Per la salute di Mariadi Kirìlldel soldatoZachàr...

Chialtri?

-Avdotia l'hai segnata?

-Avdotia? Uhm!... Avdotia... Jevdokìa... - il sagrestanoripassa entrambi i foglietti. - Ricordo di averla segnatama adessolo sa il diavolo... in nessun modo si può trovare... Eccola!Segnata per il riposo!

-Avdotia per il riposo?- si meraviglia la vecchia. - Non èancora un anno che ha preso maritoe tu già chiami su di leila morte!...

Seitu stessocaroche fai confusionee ti arrabbi con me. Tu scrivicon la preghiera in cuoreché se in cuore avrai la rabbiafarai contento il diavolo. E' il diavolo che ti guida e ticonfonde...

-Un momentonon disturbare...

Ilsagrestano aggrotta le ciglia edopo aver riflettutolentamentecancella Avdotia nel foglietto «Per il riposo». Sullalettera «d» la penna stride e fa un grosso sgorbio. Ilsagrestano si confonde e si gratta la nuca.

-Avdotiadunquevia di qua... - borbotta turbato - e segnarla qui...Così? Un momento. Se la si mette quisarà per lasalutese invece quiper il riposo..M'ha fatto proprio confonderequesta donna! E anche questo soldato Zachàr è venuto aficcarsi qua... L'ha portato il diavolo... Non ci raccapezzo nulla!Bisogna daccapo...

Ilsagrestano cerca nell'armadietto e ne cava fuori un ottavo di fogliodi carta bianca.

-Scarta Zachàrs'è così... - dice la vecchia. -Che Dio sia con luiscartalo...

-Zitta!

Ilsagrestano intinge lentamente la penna e trascrive da entrambi ipezzi di carta i nomi sul nuovo foglietto.

-Io li segnerò tutti in mucchio- dice- e tu portali alpadre diacono... Distingua il diacono chi è vivo quie chi èmorto; lui ha studiato in seminarioe io di queste faccende... anchese mi ammazzinon ci capisco nulla.

Lavecchia prende il pezzo di cartaporge al sagrestano una copeca emezzo di vecchio conio e a passettini va verso l'altare.




NOTE:


1)Libro liturgico della Chiesa grecacontenente gli uffizi per ordinecosì dettodal grecoperché comprende numerosi innidi tre strofe. Qui si tratta più precisamente di quella suaparte che contiene gli uffizi dalla Pasqua a Ognissanti.




CHIRURGIA


L'ospedaleprovinciale. In assenza del dottoreche è partito per prendermogliericeve i malati l'aiuto medico Kuriatinun uomo grassosuiquarantain giacchetta lisa di seta greggia e calzoni frusti ditessuto a maglia. Sul suo viso c'è l'espressione d'unsentimento di dovere e di soavità. Tra l'indice e il mediodella mano sinistra un sigaro puzzolente.

Nellasala di visita entra il sagrestano Vonmiglassovun vecchio altotarchiatoin tonaca color cannella e con una larga cintura di cuoio.L'occhio destrocon la caterattaè semichiusosul naso egliha un porrosimile da lontano a una grossa mosca. Per un secondo ilsagrestano cerca con gli occhi un'icona enon trovandolasi segnadavanti a una damigiana di soluzione fenicapoi cava fuori da unfazzolettino rosso un'ostia e con un inchino la pone dinanziall'aiuto medico.

-Per che cosa siete venuto?

-Buona domenica a voiSerghéi Kuzmìc'... Vengo davostra grazia...

Veroe giusto è quel ch'è detto nel salterioscusate: «Lamia bevanda diluii col pianto (1)» -. M'ero messo l'altrogiorno con la vecchia a bere il tè eDio mionon una goccianon un boccone potei mandar giùavrei potuto coricarmi emorire... Se mangiavo un tantinonon ci reggevo più! Ma oltrea quel che c'è nel denteanche tutta questa parte... Mi sentocosì «rottocosì rotto! Mi rispondenell'orecchioscusatecome se dentro ci fosse un chiodino o unqualche altro oggetto: mi dà tali fittetali fitte! Abbiamopeccato e agito contro la legge (1) Giacché indurii l'animacon vergognosi peccati e nell'ignavia spesi la vita mia (1) Per ipeccatiSerghéi Kuzmìc'per i peccati! Il padre pretedopo la liturgia mi rimprovera: «Balbuziente sei diventatoJefim. e la voce s'è fatta nasale. Canti e non ci si capisceniente». Ma che cantogiudicate voici può esseresenon è possibile aprir la boccach'è tutta gonfiascusatee la notte non s'è dormito?...

-Ma già... Sedete... Aprite la bocca!

Vonmiglassovsiede e apre la bocca.

Kuriatinaggrotta le cigliagli guarda in bocca efra i denti ingialliti daltempo e dal tabaccoscorge un dente ornato di una sbadigliantecavità.

-Il padre diacono mi disse di applicarci del rafano con vodka: non hagiovato. Glikeria Anìssimovnache Dio la conservi in salutemi diede da portare al braccio un filo recato dal Monte Athos (2)emi disse di risciacquare il dente con latte tiepidoe iose devoconfessareil filo me lo son messoma in quanto al lattenon hoseguito il consiglio: ho timor di Dioc'è il digiuno...

-Pregiudizio... - (pausa). - Bisogna estrarloJefim Micheic'!

-Voi sapete meglio il da farsiSerghiéi Kuzmìc'.Apposta siete stati istruitiper capir bene questa faccenda com'èse s'ha da estrarre o da curare con gocce o con altro... Appostabenefattorisiete stati messi quiche Dio vi conservi in saluteperché noi giorno e notte per voipadri cari... fino allatomba...

-Bazzecole... - fa il modesto l'aiuto medico avvicinandosi a unoscaffale e rovistando fra gli arnesi. - La chirurgiabazzecole...

Intutto questo conta l'abitudine la fermezza di mano... Sputarci unavolta... L'altro giorno arriva pure all'ospedaleeccocome voi ilpossidente Aleksàndr Ivanic' Jeghìpetski... Anche luiper un dente...

Unuomo istruitointerroga su tuttodi tutto s'interessadel che edel come. Stringe la manoti chiama per nome e patronimico (2)...

Setteanni visse a Pietroburgoannusò tutti i professori... A lungosi stette qui io e lui... Mi prega in nome di Cristo-Dio:

estraetemeloSerghéi Kuzmìc! Perché non estrarlo? Estrarre sipuò.

Soloche qui bisogna capiresenza comprendonio non si può. non sipuò... Ci son denti di vario genere. Uno lo tiri via con lepinzeun altro col piè di capraun terzo con la chiave...Secondo i casi.

L'aiutomedico prende il piè di capralo guarda un momentointerrogativamentepoi lo posa e prende le pinze.

-Su viaaprite la bocca ben larga... - dice egliaccostandosi con lepinze al diacono.- Noi subito lo... ecco... Sputarci una volta...Incidere la gengiva soltanto... esercitare una trazione secondo laverticale... e tutto... (incide la gengiva) e tutto...

-Voi siete i benefattori nostri... Noistupidinon possiamo capircinullama voi il Signore vi ha illuminati...

-Non discorretementre avete la bocca aperta... Questo èfacile estrarloma accade che ci siano soltanto le radici... Questoè come sputare una volta...- (applica le pinze) - State fermonon dimenatevi... State seduto immobile... In un batter d'occhio...-(esercita la trazione)-L'essenziale è prenderlo un po'profondamente - (tira) - ...perché la corona non si rompa...

-Padri nostri... Madre Santissima... Vvv...

-Non così... non così... come si chiama? Non afferratemicon le mani!

Abbassatele mani! - (tira). - Subito... Eccoecco... Non è mica unacosa facile...

-Padri... intercessori... - (grida). - Angioli! O-ohoh... Ma da' unastratta dunqueda' una stratta! Perché tiri cinque anni difila?

-La faccenda è che... la chirurgia... Di colpo non si può...Eccoecco...

Vonmiglassovsolleva i ginocchi fino ai gomitimuove le ditasbarra gli occhirespira a sbalzi... Sulla sua faccia porporina spunta il sudorehale lacrime agli occhi. Kuriatin sbuffascalpiccia davanti alsagrestano e tira... Passa un tormentosissimo mezzo minutoe lepinze scivolano via dal dente. Il sagrestano balza su e si caccia ledita in bocca. In bocca egli tasta il dente al suo posto di prima.

-E hai tirato! - dice con voce piangente e al tempo stesso beffarda. -Che ti possano tirare così all'altro mondo! Ringraziamoumilmente! Se non sai estrarlinon ti ci mettere! Non vedo piùil mondo del buon Dio...

-E tu perché mi afferri con le mani? - si adira l'aiuto medico.- Io tiroe tu mi urti sotto il braccio e dici varie stupidaggini.Scioccone!

-Scioccone sei tu!

-Tu credicontadinoche sia facile estrarre un dente? Prova un po'tu! Non è mica come salir sul campanile e dar nelle campane! -(gli fa il verso). - «Non sainon sai!». Di' un po'cheistruttore s'è trovato! Ve'tu... Al signor JeghìpetskiAleksàndr Ivanic'lo estrassie quello nientenon unaparola... Un uomo un po' più distinto di tee non m'afferravacon le mani... Siedi! Siediti dico!

-Non vedo più la luce... Lasciami tirare il fiato... Oh! -(siede).

-Soltanto non tirare a lungoma da' una stratta. Non tirarema da'una stratta... Di colpo!

-Tu insegna a chi sa! Ma che gente incoltao Signore! Vivi un po' concostoro... diventerai scemo! Apri la bocca... - (applica le pinze).-La chirurgiafratello non è uno scherzo... Non è comeleggere in coro... - (esercita una trazione). - Non dimenarti...

E'un dente incarnitosi vedeha messo profonde radici... - (tira). -Non muoverti... Così... così... Non muoverti... Su viasu via... - (si sente uno scricchiolio). - Lo sapevo!

Vonmiglassovsta a sedere immobile per un minuto come privo di sensi.

E'intontito... I suoi occhi guardano senza espressione nello spaziosulla sua faccia pallida c'è il sudore.

-Avrei dovuto farlo col piè di capra... - borbotta l'aiutomedico.

-Che disdetta!

Tornatoin séil sagrestano si ficca le dita in bocca ein luogo deldente malatotrova due rilievi sporgenti.

-Diavolo rrognoso...- proferisce. - Vi hanno piantati quierodiperla nostra rovina!

-Dimmi anche delle insolenze...-borbotta l'aiuto medicoriponendonell'armadio le pinze.- Ignorante... Troppo poco in seminario ti hantrattato a sugo di betulla... Il signor JeghìpetskiAleksàndrIvanic'visse a Pietroburgo un sette anni...

l'istruzione...il suo abito solo varrà cento rubli... eppure noninsolentiva... E tu che pavone sei? Hai quel che meritinoncreperai!

Ilsagrestano prende sulla tavola la sua ostia epremendosi la guanciacon la manose ne va a casa...




NOTE:


1)Tutte queste espressioni sononel testoin slavo ecclesiasticocheènei tempi modernila lingua della chiesa ortodossacomeda noi il latino per la chiesa cattolica.

2)Il celebre santuario all'estremità sud-est della PenisolaCalcidica meta di pellegrinaggicon la sua ventina di conventipertutto il mondo ortodossola Russia compresa.

3)L'uso del nome di battesimo seguito dal patronimiconel rivolgersi auna personao nell'indicarlaè per i russi la forma diriguardo; a differenza dall'uso del solo cognome o del solo nome dibattesimo.




ILVINT (1)


Un'orribilenotte d'autunno Andréi Stepànovic' Peressolìntornava in carrozza dal teatro. Andava e rifletteva sul vantaggio cherecherebbero i teatrise vi si dessero dei lavori di contenutomorale. Passando davanti alla direzionesmise di pensare a talevantaggio e prese a guardar le finestre dell'edificio dov'egliperesprimerci nella lingua dei poeti e dei capitani marittimireggevail timone. Due finestrequelle della stanza del servizio di turnoerano vivamente illuminate.

«Possibileche tuttora si dian da fare intorno al rendiconto?»pensòPeressolìn. «Sono là in quattro imbecilli efinora non han terminato!

Nonsi sa maila gente penserà che io anche di notte non concedaloro riposo. Andrò e li caccerò via... FérmatiGuri!».

Peressolìnscese di carrozza e andò in direzione. La porta principale erachiusainvece il passaggio internomunito solo di un palettoguastoera spalancato. Peressolìn si valse del secondoe dilì a forse un minuto stava già alla porta della stanzadel servizio di turno. La porta era socchiusa e Peressolìndatovi un'occhiatascorse qualcosa d'inconsueto. Intorno a unatavola ingombra di grandi fogli di contabilitàalla luce didue lampadestavan seduti quattro impiegati e giocavano a carte.Concentratiimmobilicon le facce tinte di verde dai paralumiessiricordavano gli gnomi delle fiabe oIddio scampii falsimonetari... Un aspetto anche più misterioso conferiva loro ilgiuoco. A giudicare dai loro modi e dai termini di giuoco ch'essiogni tanto gridavanoquello era un "vint"; giudicandoinvece da tutto ciò che udì Peressolìnquelgiuoco non si poteva chiamarlo un "vint"e nemmeno ungiuoco di carte. Era qualcosa d'inauditodi strano e dimisterioso... Negli impiegati Peressolìn riconobbe SerafìmSvizdulinStepàn KulàkevicJereméi Nedoiechove Ivàn Pissulin.

-Ma come mai butti questadiavolo olandese? - andò in colleraSvizdulinguardando esasperato il suo compagno "vis-a-vis (2).- Forse che si può giocare così? Io avevo in manoDorofeiev con un altroScepeliòv con la mogliepiùStiopka Jerlakòve tu butti Kofeikin. Eccoci senza due!Avresti dovutotesta di cavolobuttare Pogankin!

-Be'e che ne sarebbe venuto? - s'inviperì il compagno. - Ioavrei buttato Pogankin e Ivàn Andréic' ha Peressolìnin mano.

«Hantirato in ballochi sa perchéil mio cognome... ».Peressolìn si strinse nelle spalle. «Non capisco!».

Pissulindistribuì nuovamente e gl'impiegati continuarono:

-Banca di Stato...

-Due: intendenza di finanza...

-Sono senza briscola...

-Sei senza briscola?? Uhm!... Direzione provinciale: due... Se bisognaperiresi periscache il diavolo mi porti! L'altra volta rimasisenza uno sulla pubblica istruzioneadesso mi avventerò sulladirezione provinciale. Me n'infischio!

-Piccolo cappotto sulla pubblica istruzione!

-Non capisco! - mormorò Peressolìn.

-Butto un consigliere di Stato... GettaVaniaun qualcheconsiglieruccio titolare o un segretario provinciale.

-Perché dovremmo buttare un titolare? Piglieremo anche conPeressolìn...

-E noi al tuo Peressolìn sui denti gliele daremo... suidenti... Noi abbiamo Rìbnikov. Rimarrete senza tre! Fatevedere la Peressolicha (3)! Non avete da nasconderla quella canagliadentro la manica!

«Hantoccato mia moglie... »pensò Peressolìn... «Noncapisco».

Enon volendo restar oltre nell'incertezzaPeressolìn aprìla porta ed entrò nella camera. Se davanti agl'impiegati fossecomparso il diavolo in persona con le corna e la codanon li avrebbemeravigliati e spaventati tanto come li spaventò e meravigliòil superiore. Se fosse apparso dinanzi a loro l'usciere morto l'annoprima e avesse detto con voce sepolcrale: «Seguitemisatanassinel posto destinato alle canaglie!»soffiando loroaddosso il freddo della tombanon sarebbero impalliditi comeimpallidirono riconoscendo Peressolìn. A Nedoiechovdal fortespaventovenne perfin sangue dal nasoe a Kulàkevic'l'orecchio destro si mise a tamburellare e la cravatta si sciolse dasé. Gl'impiegati gettarono le cartesi alzarono lentamente escambiatisi un'occhiatafissarono i loro sguardi sul pavimento.

Perun minuto nella stanza regnò il silenzio...

-Ricopiate proprio bene il rendiconto! - comincio Peressolìn. -Adesso si capisce perché vi piace tanto occuparvi delrendiconto...

Chefacevate dianzi?...

-Noi solo per un minutinoeccellenza... - mormoròSvizdulin.Esaminavamo le carte... Ci riposavamo...

Peressolìns'avvicinò alla tavola e lentamente si strinse nelle spalle.Sopra la tavola stavano non cartema fotografie di formatoordinariotolte dal cartoncino e incollate sulle carte da giuoco. Lefotografie eran molte. EsaminandolePeressolìn vide sestessosua moglienumerosi suoi subordinati e conoscenti...

-Che scempiaggine!... Come fate a giocare?

-Non siamo stati noieccellenzaa inventar questo... Dio ce nescampi... Noi abbiamo soltanto preso esempio...

-Spiega un po'Svizdulin! Come giocavate? Io ho visto tutto e hosentito come mi battevate con Rìbnikov... Su viaperchéesiti? Non ti mangio mica? Parla!

Svizdulinper lungo tempo fu imbarazzato e timoroso. Infinequando Peressolìncominciò ad arrabbiarsia sbuffare e farsi rossodall'impazienzaegli obbedì. Raccolte le fotografie emischiatelele dispose sulla tavola e cominciò a spiegare:

-Ciascun ritrattoeccellenzacome pure ciascuna carta ha un suovalore... un significato. Come nei soliti mazzianche qui ci sonocinquantadue carte e quattro semi... Gl'impiegati dell'intendenza difinanza son cuorila direzione provincialefiorigli addetti alministero della pubblica istruzionequadrie picche sarà lasezione della Banca di Stato. Ebbene... I consiglieri di Statoeffettivi per noi sono assii consiglieri di Statorele consortidei funzionari di quarta e quinta classereginei consiglieri dicollegiofantii consiglieri di corte diecie così via. Ioper esempioecco la mia fotografia sono un trepoichéessendo segretario provinciale...

-Guarda un po'... Io dunque sono un asso?

-Di fiorie la moglie di vostra eccellenza è regina...

-Uhm!... E' originale... Su viagiochiamo un po' Guarderò...

Peressolìnsi tolse il cappotto esorridendo incredulo sedette davanti allatavola. Anche gl'impiegati sedettero a un suo ordinee il giuococominciò...

Ilcustode Nazàrgiunto alle sette di mattina per scopare lastanza del servizio di turnorimase stupefatto. Il quadro ch'eglivideentrando con la spazzolaera così impressionante cheadesso se lo ricorda perfin quandoubriaco fradiciogiace in statod'incoscienza.

Peressolinpallidoassonnato e spettinatostava in piedi davanti a Nedoiechovetenendolo per un bottonediceva - Capisci dunque che non potevibuttar Scepellòvse sapevi che io avevo in mano me stesso conaltri tre. Svizdulin aveva Rìbnikov con la moglietreinsegnanti del ginnasiopiù mia moglieNedoiechov quellidella Banca e tre piccoli impiegati della giunta provinciale. Avrestidovuto buttar Kriskin! Tu non ci badarese quelli buttanol'intendenza di finanza!

Loroson dei volponi!

-Ioeccellenzaho buttato un titolareperché pensavo cheloro avessero un effettivo (4).

-Ahcolombelloma non si può mica pensar così! Questonon è giuoco!

Cosìgiuocano soltanto i calzolai. Tu ragiona!... Quando Kulàkevic'butta un consigliere di Corte della direzione provincialetu dovevigettare Ivàn Ivànovic' Grenlandskiperchésapevi che lui aveva Natalia Dmìtrievna e due altrecon JegòrJegoric'... Hai guastato tutto! Te lo proverò subito. Sedetesignorigiocheremo ancora un "rober" (5)!

Emandato via il meravigliato Nazàrgl'impiegati siaccomodarono e proseguirono il giuoco.




NOTE:


1)Specie di "wist"che si giuoca in quattro.

2)Dirimpettodi fronte.

3)Forma femminile di Peressolinconiata scherzosamenteper indicarela moglie.

4)C'erano consiglieri titolaridi Stato e di Stato effettivieccetera.

5)Partita doppia (nel "whist" e nel "vint")dall'inglese "rubber".




LADIVISA DI CAPITANO


Ilsole nascente guardava imbronciato il capoluogo di distretto i gallisi stiravano ancora soloe intanto nella bettola di zio Rilkinc'eran già degli avventori. Erano in tre: il sarto Merkulovla guardia di città Zratva e il fattorino della tesoreriaSmechunov.

Tutt'etre avevano bevuto.

-Non parlare! Non parlar nemmeno! - ragionava Merkulovtenendo laguardia per un bottone.-Un funzionario dell'amministrazione civilese lo si prende un po' alto in gradodal punto di vista del sartobagnerà sempre il naso a un generale. Prendiamo ora non fosseche un ciambellano... Che uomo è quello? Di che condizione?Eppure fa' conto... Quattro "arscini" di panno delmiglioredella fabbrica Priundel e figlibottonicolletto d'orocalzoni bianchi a bande doratetutto il petto d'orosul baverosulle maniche e sui risvolti delle tasche uno splendore! Se poi s'hada lavorare per i signori maestri di cortescudiericerimonieri ealtri ministeri... Tu che ne pensi? Lavorammoricordoper ilmaestro di corte conte Andréi Semionic' Vonliarevski.Un'uniforme da non andarci vicino! Se la toccavi con le maninellevene del polso ti sentivi: cic! cic! I veri signorise si fan fareun abitoguardati bene dal seccarli. Hai preso la misura e cucimaandare a far prove e ritoccare il taglio è assolutamenteimpossibile. Se sei un sarto di vagliafa' senz'altro in base allemisure... Devi saltar giù da un campanile e capitar coi piedinegli stivaliecco com'è! E vicino a noifratellino mioc'eracome adesso rammentoil corpo dei gendarmi. Il nostro padroneOssip Jaklic' sceglieva appunto fra i gendarmi i più adattiche per corporatura si avvicinassero al clienteper far la prova.Ebbeneproprio così... scegliemmofratellino mioperl'uniforme del conte un gendarmuccio adatto. Lo chiamammo...Indossalagrintae sii grato! Uno spasso! Lui indossòproprio cosìl'uniformesi guardò in pettoe che!Rimase di stuccosaicominciò a tremareperdette i sensi...

-E per gli "ispràvniki" (1) avete lavorato? -s'informò Smechunov.

-Oibòche pezzi grossi! A Pietroburgo ce n'è di questi"ispràvniki" come di cani non castrati... Qui fanloro tanto di cappelloma là:

«Fattida parteperché spingi?" (2). Abbiamo lavorato persignori militari e per personaggi delle prime quattro classi (3). C'èpersonaggio e personaggio... Se tuponiamosei della quinta classe(4)sei un'inezia. Vieni tra una settimana e tutto saràpronto perché a parte colletto e soprammanichenon c'ènulla... Ma se uno è della quarta classeo della terzaoponiamodella secondaallora il padrone ci prende tutti a sgrugni esi corre al corpo dei gendarmi.

Lavorammouna volta fratellino mioper il console di Persia. Gli ricamammo sulpetto e sulla schiena dei ghirigori d'oro per un migliaio e mezzo.Pensavamo che non li avrebbe dati - invece noli pagò... APietroburgo perfin nei tartari c'è galantomismo.

Merkulovraccontò a lungo. Verso le novesotto l'azione dei ricordiegli si mise a piangere e a lagnarsi amaramente del destino chel'aveva cacciato in una cittaduzza piena solo di mercanti e diborghesucci. La guardia ne aveva già condotti due allapoliziail fattorino era andato due volte alla posta e allatesoreria ed era tornatoma lui si lagnava sempre. A mezzogiornostava davanti al sagrestanosi batteva in petto col pugno erecriminava:

-Non voglio io lavorar per i tangheri! Non acconsento! A Pietroburgolavoravo personalmente per il barone Sputsèl e per i signoriufficiali! Scostati da me"Kutia" (5) dalle lunghe faldeche i miei occhi non ti vedano più! Scostati!

-Vi siete fatto un ben alto concetto di voiTrifòn Panteleic'- il sagrestano esortava il sarto. - Anche se nella vostracorporazione siete un artistanon dovete però dimenticar Dioe la religione. Ario (6) montò in superbia come voi e morìd'una morte ignominiosa. Ohmorrete anche voi!

-E morirò! Morirò piuttosto che far gabbani!

-La mia maledizione è qui? - s'udì a un tratto dietro laporta una voce di donnae nella bettola entrò la moglie diMerkulovAksiniauna donna matura con le maniche rimboccate e ilventre serrato alla cintola.

-Dov'è luiquel grullo? - e girò il suo sguardoindignato sugli avventori.

-Vieni a casache tu possa scoppiarelà un tal ufficialechiede di te!

-Che ufficiale? - si meravigliò Merkulov.

-Il diavolo lo conosce! Dice ch'è venuto per un'ordinazione.

Merkulovsi grattò con tutt'e cinque le dita il grosso nasoil chefaceva ogniqualvolta voleva esprimere estremo stuporee borbottò:

-Questa donna è ammattita... Per quindici anni non ho visto unapersona distinta e d'un tratto oggiin giorno di digiunounufficiale con un'ordinazione! Uhm!... Bisogna andar a vedere...

Merkulovuscì dalla bettola eincespicandosi trascinò acasa... La moglie non l'aveva gabbato. Presso la soglia della suaisba egli vide il capitano Urciaievsegretario del locale comandantemilitare.

-Dove vai a bighellonare? - lo accolse il capitano. - Aspetto daun'ora buona... Puoi farmi una divisa?

-Vossign... O Signore! - prese a borbottare Merkulovsoffocando estrappandosi di capo il berretto insieme con un ciuffo di capelli. -Vossignoria! E' forse la prima volta che ne faccio? AhSignore! Peril barone Sputsèl ho lavorato... Eduard Karlic'... il signorsottotenente Zembulatov mi deve tuttora dieci rubli. Ah! mogliemaoffri dunque una sedia a sua signoriache Dio mi castighi...Ordinate che vi prenda la misura o permettete che lavori a occhio?

-Su via... Metti tu il panno e che tra una settimana sia pronta...

Quantomi prenderai?

-Per caritàvossignoria... Che dite?-fece un sorrisettoMerkulov.-Io non sono un mercante qualunque. Noigiàcomprendiamo come coi signori... Quando lavorammo per il console diPersiaanche senza parole...

Presala misura al capitano e accompagnatolo alla portaMerkulov stetteun'ora buona in mezzo all'isba a guardar la moglie intontito.

Nonpoteva credere...

-Ma che disdettadimmi di grazia! - egli brontolò infine. -Dove dunque prenderò i soldi per il panno? Aksiniadammi unpo' tumia carain prestito quei soldi che ti sborsarono per lavacca!

Aksiniagli fece cuccù e sputò. Poco dopo ella lavorava diattizzatoiorompeva dei vasi sulla testa del maritolo tirava perla barbacorreva in strada e gridava: «Difendetemichi credein Dio!

M'haammazzata!... ». Ma a nulla giovarono le sue proteste. Lamattina seguente ella giaceva in letto e nascondeva ai garzoni i suoilividie Merkulov andava per le botteghe eingiuriando inegoziantisceglieva il panno adatto.

Peril sarto cominciò una nuova era. Svegliandosi al mattino egirando gli occhi torbidi sul suo piccolo mondoegli non sputava piùesasperato... Equel ch'era più stupefacente di tuttosmisedi andare alla bettola e si occupò del suo lavoro. Recitatapiano una preghierainforcava i grandi occhiali montati in acciaioaggrottava le ciglia ecome celebrando un ritospiegava il pannosopra la tavola.

Dilì a una settimana la divisa era pronta. StiratalaMerkulovuscì in stradal'appese su una siepe e attese a spolverarla;ne toglieva un peluzzosi scostava di una tesastrizzava l'occhio alungo sulla divisa e tornava a toglierne un peluzzo: e cosìper un paio d'ore.

-E' un guaio con questi signori! - diceva ai passanti. - Non ne possopiùmi sono strapazzato! Gente istruitadelicata: va' un po'a contentarli!

Ilgiorno dopo la spazzolatura Merkulov si unse la testa di oliosipettinòavvolse la divisa in una pezza nuova di calicòe si diresse dal capitano.

-Non ho tempo di discorrer con teallocco! - dicevafermando ognipersona che incontrava.- Non vedi forse che porto la divisa alcapitano?

Mezz'oradopo tornò dalla casa del capitano.

-Mi rallegro con voi per la riscossioneTrifòn Panteleic'-lo accolse Aksiniafacendo un ampio sorriso e vergognandosi.

-Ma che sciocca! - le rispose il marito. - O che i veri signori paganosubito? Non è mica un qualche mercanteda mettersi lìe snocciolarti subito i soldi! Sciocca...

Perun paio di giorni Merkulov rimase a giacere sulla stufasenza berené mangiaree si abbandonò al sentimento dellasoddisfazione di sépunto per punto come Ercole dopo ilcompimento di tutte le sue imprese. Al terzo giorno si avviòper riscuotere.

-Sua signoria s'è alzata? -bisbigliòentrandostriscioni in anticamera e rivolgendosi all'attendente.

Ericevuta una risposta negativasi piantò come un palo vicinoallo stipite e si mise ad aspettare.

-Caccialo fuori! Digli che venga sabato! - egli udìdopo unalunga attesala voce rauca del capitano.

Lastessa cosa udì il sabatoun primo sabatopoi un altro...Per un intero mese andò dal capitanopassò lunghe oreaspettando in anticamera einvece dei soldiricevette l'invito diandarsene al diavolo e di venire il sabato. Ma egli non si abbattevanon mormoravaal contrario... Era perfino ingrassato. Gli piaceva lalunga attesa in anticamerail «caccialo fuori» sonava aisuoi orecchi come una dolce melodia.

-Riconosci subito la persona distinta! - egli s'entusiasmava ognivoltatornando a casa dopo essere stato dal capitano. - Da noi aPiter (7) eran tutti così...

Sinoalla fine dei suoi giorni avrebbe Merkulov consentito ad andar dalcapitano e ad attendere in anticamerase non fosse stato perAksiniache pretendeva di riavere i denari sborsatile per la vacca.

-Hai portato i soldi? - lo accoglieva ogni volta. - No? Ma che fai dimecane arrabbiato? Eh?... Mitka dov'è l'attizzatoio?

Unavolta verso sera Merkulov veniva dal mercato portando sulla schienaun sacco di carbone. Dietro a lui si affrettava Aksinia.

-A casa avrai il fatto tuo! Aspetta- ella borbottavapensando aldenaro sborsatole per la vacca.

Tutt'aun tratto Merkulov si fermòcome inchiodato e mandò ungrido di gioia. Dalla trattoria "Bonumore" davanti allaquale stavan passandocorreva fuori a precipizio un certo signore incilindrocol naso rosso e gli occhi ebbri: Lo rincorreva il capitanoUrciaiev con la stecca in manosenza berrettoscarruffatosbrindellato. La sua nuova divisa era tutta bianca di gessounaspallina guardava di sbieco.

-Ti farò giocar iobaro!-gridava il capitanoagitandofuriosamente la stecca e asciugandosi sulla fronte il sudore. -T'insegnerò ioarcifurfantea giocare con la gente perbene!

-Guarda un po'sciocca! - bisbigliò Merkulovurtando lamoglie nel gomito e ridacchiando. - Si vede subito la personadistinta. Se un mercante si fa fare qualcosa per la sua grinta dicontadinonon gli va più alla fineper un dieci anni laporta indossoe questo qui ha già frustato la divisa! Ce nevorrebbe una nuova!

-Va' a chiedergli i soldi! - disse Aksinia. - Va'.

-Che dicisciocca? Per via? Ni-ni-ni...

Perquanto Merkulov facesse resistenzala moglie lo costrinse adaccostarsi all'infuriato capitano e a parlargli dei soldi.

-Vattene! - gli rispose il capitano. - M'hai seccato!

-Iosignoriacapisco... Ionulla... ma la moglie una creaturairragionevole... Lo sapete anche voi che senno ci ha in testa ilsesso femminile...

-M'hai seccatoti si dice! - ruggì il capitanosbarrando sudi lui due occhi ebbriannebbiati. - Vattene!

-Capiscosignoria! Ma io parlavo riguardo alla donnaperchévogliate saperlosono i soldi della vacca... Una vacca avevamovenduto a padre Iuda...

-A-a-ah... vuoi ancora discorrereverme!

Ilcapitano alzò il braccioe trac! Dalla schiena di Merkulov ilcarbone si sparpagliòdai suoi occhi sprizzarono scintilledalle mani gli cadde il berretto... Aksinia rimase di stucco... Perun minuto ella ristette immobilecome la moglie di Lottrasformatain statua di salepoi andò avanti e timidamente gettòun'occhiata alla faccia del marito... Con sua grande meravigliasulviso di Merkulov aleggiava un sorriso beatonei suoi occhi ridentibrillavano le lacrime...

-Si vedono subito i veri signori! - egli mormorava. - Gente delicataistruita... Punto per puntofu così... in questo stessopostoquando portavo la pelliccia al barone SputsèlEduàrdKarlic'... Alzò il braccio e trac. E il signor sottotenenteZembulatov pure... Ero andato da luie lui balzò su e a tuttaforza... Ehè passatomoglieil mio tempo! Non capiscinulla tu! E' passato il mio tempo!

Merkulovscosse la mano eraccolto il carbonesi trascinò a casa.




NOTE:


1)Capo di polizia distrettuale.

2)Espressione quasi proverbialeper indicare il poco conto che si fadi una persona.

3)Nella gerarchia civilein ordine ascendente: consigliere digeneralegenerale e generale feldmaresciallo.

Statoeffettivoconsigliere segretoconsigliere segreto effettivo ecancelliere di Stato; in quella militare: maggior generaletenente.

4)Consigliere di Stato.

5)Nome di un dolce rituale che si mangia nelle commemorazioni funebridopo la sepoltura: è usato anche come ingiuria scherzosacontro preti e gente di sagrestia in genere.

6)Il prete Arioiniziatore della famosa eresia che da lui prese nome eche negava l'eguaglianza delle persone della Trinitàaffermando la non divinità del Figlio e la sua subordinazioneal Padremorì scomunicato a Costantinopoli nel 335dopo chela sua dottrina era stata solennemente condannata dal concilio diNicea nel 325.

7)Abbreviazione popolare di "Peterbùrg"Pietroburgo.




CRONOLOGIAVIVENTE


Ilsalotto del consigliere di Stato Sciaramikin è avvolto in unapiacevole penombra. Una grande lampada con paralume verde tinge diverde "à la" «notte ucraina» (1) paretimobilivisi... Ogni tanto nel camino prossimo a spegnersi s'infiammaun ciocco che arde lento e per un attimo inonda i visi d'un bagliored'incendioma ciò non guasta la generale armonia delle luci.Il tono generalecome dicono gli artistiè mantenuto.

Davantial caminoin poltronanella posa dell'uomo che ha appena pranzatoè seduto lo stesso Sciaramikin un signore maturo con fedinebrizzolate da impiegato statale e miti occhi azzurrini. Sul suo voltoè soffusa la tenerezzale labbra sono atteggiate a unmalinconico sorriso. Ai suoi piedicon le gambe protese verso ilcamino e stirandosi pigramentesiede su un panchetto ilvicegovernatore Lopnevun brav'uomosulla quarantina. Attorno a unpianino (2) si danno da fare i bambini di Sciaramikin: NinaKoliaNadia e Vania.

Dall'usciosocchiuso che mette nello studio della signora Sciaramikin s'insinuauna timida luce. Làdietro l'uscioè seduta allapropria scrivania la moglie di SciaramikinAnna Pàvlovnapresidentessa del locale comitato di dameuna vivace e piccantedaminasui trent'anni con giunterella. I suoi occhietti nerivispicorrono attraverso gli occhiali a molla sulle pagine d'un romanzofrancese. Sotto il romanzo giace il rendiconto squinternato delcomitato per l'anno trascorso.

-Prima la nostra città sotto questo aspetto era piùfortunatadice Sciaramikinstrizzando i suoi occhi miti sulla braceche va consumandosi. - Non un inverno passava senza che giungesse unaqualche stella. Venivano famosi attori e cantantima oggi... ildiavolo sa quel che è! tranne i prestigiatori e i sonatorid'organettonon arriva nessuno. Nessun godimento estetico... viviamocome in un bosco. Sissignore... E ricordateeccellenzaquel tragicoitaliano... come si chiamava?... ed era un brunoalto... Diofammiricordare... Ahsì! Luigi Ernesto de Ruggiero. Un talentoragguardevole... Che forza! Una parola che dicessee il teatroandava in visibilio. La mia Aniùtoc'ka pigliava moltointeresse al suo talento. Gli aveva procurato il teatro e venduto ibiglietti per dieci spettacoli... Luiin cambiole insegnavadeclamazione e mimica. Un uomo d'oro! Era venuto qui... per non dirbugia... una dozzina d'anni fa... Nosbaglio... Menouna decinad'anni... Aniùtoc'kaquanti anni ha la nostra Nina.

-Nove compiuti! - grida dal suo studio Anna Pàvlovna. - Ebbene?

-Nullamamminadomandavo così... Venivano anche dei buonicantanti... Ricordate il tenore di grazia (3) Prilipcin? Che uomod'oro! Che esteriore! Un biondo... un viso così espressivodei modi parigini... E che voceeccellenza! Un solo guaio: alcunenote le cantava col ventre e il «re» lo prendeva infalsettoma tutto il resto andava bene. Aveva studiatodicevadaTamberlìk... Io e Aniùtoc'ka gli avevamo procurato lasala del circolo socialee per riconoscenza lui soleva cantare pernoi intere giornate e nottate...

AdAniùtoc'ka insegnava il canto... Era arrivatocome adessorammentoin quaresimaun... un dodici anni fa. Nodi più...Ma che memoriail Signore mi perdoni! Aniùtoc'kaquanti anniha la nostra Nàdec'ka?

-Dodici!

-Dodici... se si aggiungono dieci mesi... Be'ci siamotredici!

Primanella nostra cittàin certo qual modoc'era anche piùvita...

Prendiamoper esempionon fosse che le serate di beneficenza. Che splendideserate si facevano una volta da noi! Che incanto! Si cantavasisonavasi recitava... Dopo la guerraricordoquando qui c'eranodei prigionieri turchiAniùtoc'ka organizzò una serataa beneficio dei feriti. Raccogliemmo mille e cento rubli... Gliufficiali turchirammentoandavan pazzi per la voce di Aniùtoc'kae non facevano che baciarle la mano. Eh-eh... Per quanto sianoasiaticiè quella una nazione riconoscente. La serata riuscìa tal punto che io lo credete?rannotai nel diario. Ciò fucome ora ricordo nel settantasei... no! nel settantasette... No!Permettetequando ci furono i turchi da noi? Aniùtoc'kaquanti anni ha il nostro Kòlec'ka?

-Iopapàho sette anni! - dice Koliaun frugolino moro dalviso bruno e i capelli neri come il carbone.

-Sìsiamo invecchiati e non c'è piùquell'energia!... - consente Lopnevsospirando.- Ecco dove sta lacagione... La vecchiaia"bàtenka" (4)! Nuovipromotori non ce ne sonoe quelli d'un tempo sono invecchiati... Nonc è più quel fuoco. Ioquand'ero un po' piùgiovane non avevo piacere che la compagnia si annoiasse... Ero iiprimo aiutante della vostra Anna Pàvlovna... Che si avesse daorganizzare una serata a scopo beneficoo una lotteriao dafavorire una celebrità di passaggiopiantavo tutto e mimettevo a brigare. Un invernoricordotanto mi strapazzai a brigaree a correre che caddi perfino malato... Non potrò dimenticarquell'inverno!... Ricordate che spettacolo allestimmo io e la vostraAnna Pàvlovna in pro dei danneggiati dal fuoco?

-Ma in quale anno fu ciò?

-Non è tanto tempo... Nel settantanove... No nell'ottantamipare!

Permettetequanti anni ha ii vostro Vania?

-Cinque! - grida dallo studio Anna Pàvlovna.

-Bedunque ciò fu sei anni fa... Sissignore"bàtenka"si facevan grandi cose! Ora non è più quello! Non c'èpiù quel fuoco!

Lopneve Sciaramikin si fanno pensosi. Il ciocco che finisce di arderes'infiamma per l'ultima volta e si vela di cenere.




NOTE:


1)Secondo la figurazione consacrata da celebri quadri (di KramskoiKuindzieccetera)e divenuta quasi convenzionaledel panoramaucraino nelle belle notti estivequando l'azzurro cupo del cielo sifonde col verde lussureggiante della campagna.

2)I russie i francesichiamano così il piano a cordeverticali.

3)L'espressione "tenore di grazia" è in italiano neltesto.

4)Forma analogo ed equivalente a "bàtiuska".




ILPUNTO ESCLAMATIVO

(RACCONTODI NATALE)


Lanotte prima di Natale Jefim Fomic Parekladinsegretario di collegiosi coricò impermalito e persino offeso.

-Spicciati demonio! - ruggì con ira contro la moglie allorchéquesta domandò perché fosse così accigliato.

Ilfatto è che egli era appena tornato da una serata dov'eranostate dette molte cose sgradevoli ed offensive per lui. Dapprimas'eran messi a parlare dei vantaggi dell'istruzione in generepoiinavvertitamente eran passati al grado culturale dei signoriimpiegatial qual proposito erano state formulate molte lamentelerimproveri e perfin derisioni circa il suo basso livello. E qui comeusa in tutte le brigate russedagli argomenti generali eran passatiai casi personali.

-Prendiamo per esempionon fosse che voiJefìm Fomìc'- si era rivolto a Perekladin un giovinetto.-Voi occupate un postodecoroso... ma che istruzione avete ricevuto?

-Nessuna. Né da noi si esige istruzione-aveva risposto condolcezza Perekladin. - Scrivi correttamenteed ecco tutto.

-Ma dove mai imparaste a scrivere correttamente?

-Mi ci abituai... In quarant'anni di servizio ci si può far lamano... Certo sul principio era difficilefacevo degli sbaglimapoi mi abituai... e non c'è male...

-E i segni d'interpunzione? - Anche per i segni d'interpunzione nonc'è male...

-Uhm... - si confuse il giovinetto. - Ma l'abitudine ètutt'altra cosa dall'istruzione. Non basta che i segnid'interpunzione li poniate correttamente... non basta. Bisogna porliconsapevolmente! Voi mettete una virgola e dovete aver coscienza delperché la mettete...

sissignore!E questa vostra ortografia incosciente... di carattere riflesso nonval nemmeno un centesimo. E' produzione meccanica e nulla più.

Perekladinaveva taciuto e perfin sorriso mansuetamente (il giovinetto erafiglio d'un consigliere di Stato e aveva diritto lui stesso al gradodella decima classe) (1)ma adessocoricandosiegli s'era fattotutto sdegno e rabbia.

«Hoservito per quarant'anni»pensava«e nessuno mai mi hadato dell'imbecillee lì guarda un po' che critici si sontrovati!

Incoscientemente!...In modo riflesso! Produzione meccanica... Ahche il diavolo tiporti! Ma io forse ci capisco anche più di teper quanto nonsia stato nelle tue università!.» Dopo avere mentalmenteriversato sul critico tutte le contumelie a lui note ed essersiscaldato sotto la copertaPerekladin cominciò a calmarsi.

«Ioso... capisco... »pensavaaddormentandosi. Non metteròi due punti là dove ci vuole la virgoladunque sonconsapevolecapisco.

Sì...Proprio cosìgiovanotto... Prima bisogna vivere un pocofarservizio un pocoe solo poi giudicare i vecchi... Negli occhi scusidi Perekladin che si stava addormentandoattraverso una massa discure nuvole sorridenti passò a volo come una meteora unavirgola infocata. Dopo di essa un'altrauna terzae ben prestotutto lo sfondo buioillimitatoche si stendeva davanti alla suaimmaginazione si coprì di fitte schiere di virgole volanti...

«Prendiamomagari queste virgole... »pensava Perekladinsentendo le suemembra dolcemente intorpidirsi a causa del sonno sopravveniente.

«Iole capisco benissimo... Per ciascuna posso trovare il postosevuoi... e... e consapevolmentee non a casaccio... Esaminamievedrai... Le virgole si mettono in vari postidove occorre e anchedove non occorre. Quanto più imbrogliata riesce la cartatante più virgole ci vogliono. Si mettono davanti a "ilquale" e davanti al "che". Se nella carta si devonoenumerare degli impiegaticiascuno di essi va separato convirgola... Lo so!».

Levirgole dorate presero a girare e fuggirono in disparte. Al postoloro giunsero a volo dei punti infocati...

«Eil punto si colloca alla fine della carta... Dove è necessariofare una grande pausa e gettare un'occhiata all'ascoltatorelàpure ci vuole il puntoaffinché il segretarioquandoleggerànon resti senza saliva. In nessun altro posto simette il punto... -.

Tornanoa piombar le virgole... Si mescolano coi puntiturbinanoePerekladin vede tutta una schiera di punti e virgole e di duepunti...

«Conoscoanche questi... »egli pensa. «Dove la virgola non bastae il punto è troppolà ci vuole il punto e virgola.Davanti al "ma" e al "conseguentemente" mettosempre il punto e virgola... Ebbenee i due punti? I due punti simettono dopo le parole: "abbiamo stabilito""abbiamodeciso"... ».

Ipunti e virgola e i due punti si spensero. Venne la volta dei puntiinterrogativi. Questi balzarono fuori dalle nuvole e si misero aballare il cancan...

«Cherarità: il punto interrogativo! Ma fossero anche millepertutti troverei il posto. Si collocan sempre quando c'e da fare unarichiesta oponiamoinformarsi di un documento... "Dove èstato riportato il residuo delle somme per il tale anno?"oppure: "Non riterrebbe possibile la direzione di polizia che ladetta Ivànova eccetera?"...

».

Ipunti interrogativi presero ad accennare in segno di approvazione coiloro uncini e istantaneamentecome a un comandosi allungarono inpunti esclamativi...

«Uhm!...Questo segno d'interpunzione nelle lettere si colloca spesso.

"Mioegregio signore!"oppure: "Eccellenzapadre ebenefattore!"...

Manelle cartequando?».

Ipunti interrogativi si allungarono anche più e si fermarono inattesa...

«Nellecarte si mettonoquando... cioè... questo... come sarebbe?

Uhm!...In realtàquando mai si mettono nelle carte? Un momento...

Diofammi ricordare. Uhm!».

Perekladinaprì gli occhi e si girò sull'altro fianco. Ma non fecein tempo a richiuder gli occhiche sul fondo scuro comparveronuovamente i punti esclamativi.

«Ildiavolo li porti... Quando mai bisogna metterli?»pensòcercando di scacciare dalla sua immaginazione i non richiesti ospiti.

«Possibileche l'abbia dimenticato? O l'ho dimenticatooppure... non ne ho maimessi... ».

Perekladinprese a rammentarsi il contenuto di tutte le carte ch'egli avevascritto durante i quarant'anni del suo servizio; ma per quantopensasseper quanto corrugasse la frontenon trovò nel suopassato nemmeno un punto esclamativo.

«Chedisdetta! Ho scritto per quarant'anni e neppure una volta hocollocato un punto esclamativo... Uhm! Ma quando dunque si collocaquel diavolo lungo? ».

Didietro la fila degl'infocati punti esclamativi si mostrò ilgrugno perfidamente ridente del giovane critico. Gli stessi puntisorrisero e si fusero in un solo grande punto esclamativo.

Perekladinscosse il capo e aprì gli occhi.

«Ildiavolo sa quel che è... -pensò. - Domani bisognaalzarsi per il mattutinoe a me non esce di capo questadiavoleria... Poh! Ma...

quandomai si mette? Eccoti l'abitudine! Ecco come ti sei fatto la mano! Inquarant'anni nemmeno un punto esclamativo! Eh?».

Perekladinsi fece il segno di croce e chiuse gli occhi ma subito li riaprì;sul fondo scuro stava tuttora il grosso punto esclamativo...

«Poh!A questo modo non ti addormenterai in tutta la notte».-Marfuscia! - si rivolse a sua moglieche spesso si vantava con luid'aver terminato i corsi in collegio. - Non sai tuanima miaquandosi colloca nelle carte ii punto esclamativo?

-E come non saperlo! Non per nulla studiai sette anni in collegio. Soa memoria tutta la grammatica. Questo segno si colloca nelleapostrofinelle esclamazioni e nelle espressioni di entusiasmodisdegnodi gioiadi collera e di altri sentimenti... ».

«Ahcosì... »pensò Perekladin. «Entusiasmosdegnogioiacollera e altri sentimenti... »Il segretariodi collegio si fece pensoso... Per quarant'anni aveva scritto cartene aveva scritto delle migliaiadecine di migliaiama non ricordavanemmeno un rigo che esprimesse entusiasmosdegno o qualcosa delgenere.

«Ealtri sentimenti... » pensava. «Ma forse che nelle carteson necessari i sentimenti?Può scriverle anche una personainsensibile...».

Ilgrugno del giovane critico tornò ad affacciarsi dietro alpunto infocato e sorrise perfidamente. Perekladin si sollevò asedere sul letto. La testa gli dolevasulla fronte gli era spuntatoun sudore freddo... in un canto ardeva tenuecarezzevoleil luminodell'iconai mobili avevano un'aria festivalindada ogni cosaaddirittura spirava calore e presenza d'una mano femminilema ilpovero impiegatuccio sentiva freddosconfortocome se si fosseammalato di tifo. Il punto esclamativo non si drizzava più neisuoi occhi chiusima davanti a luinella camerapresso laspecchiera della mogliee gli ammiccava beffardamente...

-Macchina scrivente! Macchina! - sussurrava il fantasmasoffiandosull'impiegato un freddo secco. - Pezzo di legno insensibile!

L'impiegatosi coprì con la copertama anche sotto la coperta vide ilfantasma; appoggiò il viso alla spalla della mogliee anchedi dietro quella spalla spuntava la stessa cosa... Tutta la notte sitormentò il povero Perekladinma anche di giorno il fantasmanon lo lasciò. Egli lo vedeva dappertutto: negli stivali cheinfilavanel piattino del tènella croce di Stanislao...

«Ealtri sentimenti... » -pensava. - «E' vero che non cifu mai alcun sentimento... Ora andrò dai superiori a metter lafirma... forse che ciò si fa con sentimento? Cosìacasaccio... Macchina da far gli auguri... ».

QuandoPerekladin uscì in strada e chiamò una vetturagliparve chein luogo della vetturagli rotolasse incontro il puntoesclamativo.

Giuntonell'anticamera del superioreinvece dello svizzero vide quellostesso segno... E tutto ciò gli parlava di entusiasmodisdegnodi collera... Il portapenne col pennino aveva pure l'aspettod'un punto esclamativo. Perekladin lo preseintinse il penninonell'inchiostro e firmò:

«Segretariodi collegio Jefim Perekladin!!!».

Ecollocando questi tre segniegli provava entusiasmoindignazionegioia e ribolliva di collera.

-To' questo! To' questo! - mormoravapremendo sul pennino.

Ilsegno infocato fu pago e scomparve.




NOTE:


1)Quello cioècontando dall'altodi segretario di collegio.




EHIL PUBBLICO!


-Bastanon berrò più!... Per... per nulla al mondo! E'tempo ormai di metter giudizio. Bisogna lavoraredarsi da fare... Tipiace ricever lo stipendiolavora dunque onestamentecon zeloincoscienzanoncurante della quiete e del sonno. Smetti digingillarti... Ti sei avvezzatocaroa riscuoter lo stipendio pernullae questo ecconon è bene... non è bene...

Fattosialcuni predicozzi consimiliil capotreno Podtiaghin comincia asentire un'invincibile aspirazione al lavoro. E' già l'una dinotte passataciò nonostante egli sveglia i controllori einsieme con essi va per le carrozze a verificare i biglietti.

-I vvostri... biglietti!-egli gridafacendo allegramente schioccar lepinze.

Figureassonnateavvolte nella penombra della carrozzasussultanoscuotono il capo e porgono i loro biglietti.

-I vvostri.. biglietti! - si rivolge Podtiaghin a un passeggero diseconda classeun uomo scarno avviluppato in pelliccia e coperta ecircondato da guanciali. - I vvostri... biglietti!

L'uomodalle vene grosse non risponde. E' immerso nel sonno. Il capotreno lotocca in una spalla e ripete impaziente:

-I vvostri... biglietti.

Ilpasseggero sussultaapre gli occhi e guarda sgomento Podtiaghin.

-Che cosa? Chi? eh?

-Vi si dice in linguaggio umano: i vvostri... biglietti! Da-a-tevi labriga!

-Dio mio!-geme l'uomo dalle vene grosse facendo un viso piagnucoloso.- O SignoreDio mio! Soffro di reumatismi... per tre notti non hodormitoapposta ho preso la morfina per addormentarmie voi... cel'avete col biglietto! Ma questo è spietatoinumano! Sesapeste come mi è difficile prender sonnonon mi avresteincomodato per una simile bazzecola... E' spietatoassurdo! E chebisogno avete del mio biglietto? E' perfino sciocco!

Podtiaghinpensa se ha da offendersi o noe risolve di offendersi.

-Voi qui non gridate! Questa non è una bettola! - dice.

-Ma alla bettola la gente è più umana...-e il passeggerotossisce. - Ho voglia io adesso di addormentarmi una seconda volta!

Ecosa stupefacente: ho viaggiato dappertutto all'estero e lànessuno mi chiedeva il biglietto invece quicome se il diavolo lispingesse sotto il gomitonon si fa altronon si fa altro!...

-Be'allora andate all'esterose là vi trovate bene.

-E' una cosa scioccasignore! Sì! Non basta che faccianomorire i passeggeri col fumocon l'afa e le correnti d'aria voglionoancheche il diavolo lo portiaccopparli col formalismo. Ha sentitobisogno del biglietto! Dite un po'che zelo! Meno male se ciòsi facesse per controlloma invece metà del treno viaggiasenza biglietti!

-Date ascoltosignore! - s'infiamma Podtiaghin. - E se non lasmetterete di gridare e di disturbare il pubblicosaròcostretto a farvi scendere alla stazione e a stender verbale sulfatto!

-E' rivoltante!- s'indigna il pubblico. - Si attacca a una personamalata! Ascoltateabbiate dunque compassione!

-Ma è il signore stesso a insolentire! - s'intimidiscePodtiaghin.

-Benenon mi farò dare il biglietto... Come volete... Solochelo sapete anche voiil mio servizio esige ciò... Se nonfosse il servizioallora certo... Potete anzi domandare alcapostazione...

Domandatea chi volete...

Podtiaghinsi stringe nelle spalle e s'allontana dal malato. Dapprima si senteoffeso e un po' bistrattatoma poiattraversate due o tre carrozzecomincia ad avvertire nel suo petto di capotreno una certainquietudinesimile ai rimorsi di coscienza.

«Realmentenon bisognava svegliare un malato»pensa. «Del restoionon ci ho colpa... Quei là pensano ch'io lo faccia percapriccionon avendo niente da faree non sanno che lo esige ilservizio... Se non credonoio posso condur da loro il capostazione».

Lastazione. Il treno si ferma cinque minuti. Prima del terzo squillo dicampanellonella descritta carrozza di seconda classe entraPodtiaghin. Dietro a lui incede il capo-stazionein berretto rosso.

-Eccoquesto signore- comincia Podtiaghin dice che non ho ildiritto di chiedergli il biglietto e... si offende. Vi pregosignorcapostazionedi spiegargli se io pretendo il biglietto per dover diservizio o a capriccio. Signore. - Podtiaghin si rivolge all'uomodalle vene grosse. -Signore! Eccopotete domandare al capostazionese a me non credete.

Ilmalato sussultacome puntoapre gli occhi e fatto un visopiagnucolososi rovescia sulla spalliera del divano.

-Dio mio! Ho preso un'altra polverina e ho appena cominciato adassopirmiche lui di nuovo... di nuovo! Vi supplico abbiate pietà!

-Eccopotete parlare col signor capostazione... Io ho il diritto dichiedere il biglietto o no?

-E' una cosa insopportabile! To' il vostro biglietto! To' io prenderòaltri cinque bigliettilasciatemi soltanto morire in pace! Possibileche voi non siate mai stato malato? Gente insensibile!

-Lasciate... - si acciglia il capostazionetirando Podtiaghin per lamanica.

Podtiaghinsi stringe nelle spalle e se ne va lentamente dietro il capostazione.

«Haivoglia qui di compiacerli!»pensa perplesso. «E' per luiche ho chiamato il capostazioneperché capissesi calmassee lui...

insolentisce».

Un'altrastazione. Il treno si ferma dieci minuti. Prima del secondo segnalemente Podtiaghin sta in piedi vicino al ristoro e beve dell'acqua diseltzgli si accostano due signoriuno in divisa d'ingegnerel'altro in cappotto militare.

Sentitecapotreno! si rivolge l'ingegnere a Potdiaghin. - Il vostro contegnoverso un passeggero malato ha indignato tutti i presenti. Io sonol'ingegnere Pusitskied ecco... il signor colonnello. Se voi non viscuserete col passeggeropresenteremo un reclamo al capo delmovimentonostra comune conoscenza.

-Signorima se io... ma se voi... - s'intimorì Podtiaghin.

-Non ci occorrono spiegazioni. Ma vi avvertiamo chese non viscuseretenoi prenderemo il passeggero sotto la nostra protezione.

-Beneio... iosia puremi scuserò... Come volete...

Dilì a mezz'ora Podtiaghinescogitata una frase di scusa chesoddisfi il passeggero e non sminuisca la sua dignitàentranella carrozza.

-Signore! - si rivolge al malato. - AscoltateSignore!

Ilmalato sussulta e balza in piedi.

-Che cosa?

-Iogià.. come dire?... Non offendetevi...

-Oh... dell'acqua... - ansima il malatoafferrandosi il cuore. - Hopreso la terza dose di morfinami sono assopito e... di nuovo!

Dioquando mai finirà una buona volta questa tortura?

-Iogià... Scusate...

-Sentite... Fatemi scendere alla prossima stazione... Non sono ingrado di sopportar oltre... Io... io muoio...

-Ciò è vileignobile! - si rivolta il pubblico. -Alzate i tacchi da qui! Una simile presa in giro la pagherete! Fuori!

Podtiaghinfa un gesto con la manosospira e esce dalla carrozza. Va nellavettura di serviziosi mette a sedere esausto davanti alla tavola esi lagna:

-Ehil pubblico! Eccocercate di compiacerlo! Ecco. cercate di fareil vostro serviziodi darvi da fare. Per forza forza sputi su tuttoe ti dai a bere... Non fai nulla: si arrabbianoti metti a fare: siarrabbiano pure... Bere!

Podtiaghinvuota in una volta una mezza bottiglia e più non pensa allavoroal dovere e all'onestà.




LALOTA


Mattinoestivo. Nell'aria c'è silenzio; solo una cavalletta strideogni tanto sulla riva e in qualche posto timidamente brontola unaquilotto. Nel cielo stanno immobili delle nubi piumosesimili aneve sparpagliata... Vicino al bagno in costruzionesotto le verdifronde di un salciosi dibatte nell'acqua il carpentiere Gherassimun contadino altoscarnodalla testa rossa ricciuta e il viso irtodi peli. Egli sbuffariprende fiato estrizzando fortemente gliocchisi sforza di tirar fuori qualcosa di sotto le radici delsalcio. La sua faccia è coperta di sudore. A una tesa daGherassimnell'acqua fino alla golasta il carpentiere Liubìmun giovane contadino gobbo dal viso triangolare e gli occhiettistrettida cinese. EntrambiGherassim come Liubìmsono incamicia e mutande. Sono illividiti dal freddoperché ormai dapiù d'un'ora stanno nell'acqua...

-Ma tu perché tasti sempre con la mano? - grida il gobboLiubìmtremando come nella febbre. - Testa di cavolo che sei!Tu tienilatienilase no scapperàla maledetta! Tieniladico!

-Non scapperà... Dove dovrebbe scappare? S'è cacciatasotto le radici... - dice Gherassim con voce arrochitasorda dibassoche viene non dalla laringema dal profondo del ventre. - E'viscidaquesta diavolae non si sa per che cosa acchiapparla.

-Tu chiappala per le branchieper le branchie!

-Non si vedon le branchie... Aspettal'ho acchiappata per qualchecosa... Per il labbro l'ho acchiappata... Mordequesta diavola!

-Non tirarla per il labbronon tirarla: la lascerai andare! Per lebranchie acchiappalaper le branchie acchiappala! Di nuovo s'èmesso a tastar con la mano! Ma che contadino senza cervelloperdonamiRegina dei Cieli! Chiappala!

-"Chiappala"... - lo contraffà Gherassim. - Checomandante s'è trovato!... Dovresti venire e acchiapparla tustessodiavolo gobbo...

Perchéstai lì?

-Io l'avrei acchiappatase fosse stato possibile... O checon la miabassa corporaturasi può stare in piedi sotto la riva? Lìè profondo!

-Non fa nulla che sia profondo... Tu a nuoto...

Ilgobbo agita le braccianuota verso Gherassim e si aggrappa ai rami.Ma al primo tentativo di mettersi in piediva con la testasott'acqua e manda fuori delle bolle d'aria.

-Lo dicevo ch'è profondo! - egli dicerotando con ira ilbianco degli occhi. - Monto sul collo a teeh?

-E tu sali sopra una radice... Di radici ce n'è moltecome unascala...

Ilgobbo tasta col tallone una radice eaggrappatosi saldamente adalcuni rami ad un tempoci sale sopra... Equilibratosi bene econsolidatosi nella nuova posizionesi curva ecercando di noningerire acquacomincia con la mano destra a frugare tra le radici.

Imbrogliandosinelle erbe acquatichescivolando sul musco che riveste le radicilasua mano incontra le chele pungenti d'un gambero.

-Ci mancavi ancora tu quidiavolo! - dice Liubìm e con rabbiascaglia il gambero sulla riva.

Infinela sua mano trova a tastoni il braccio di Gherassim ecalando giùlungo quelloarriva a qualcosa di lubricodi freddo.

-E-eccola!...- sorride Liubìm. - E' gro-ossala diavola...

Allargaun po' le ditaio subito.. per le branchie... Aspettanon urtarmicol gomito... io subito la... subito... lascia solo che l'afferri...S'è cacciata lontano sotto la radicequesta diavolanon c'ènemmeno dove aggrapparsi... Non si può arrivare alla testa...Si tocca soltanto la pancia... Ammazzami sul collo una zanzara: mipunge!

Iosubito... sotto le branchie la prenderò... Va' un po' difiancospingilaspingila! Punzecchiala col dito!

Ilgobbogonfiate le guancetrattenuto il respirosgrana gli occhi ea quanto paregià insinua le dita «sotto le branchie»ma a questo punto i rami a cui si abbranca la sua mano sinistra sispezzanoed egliperduto l'equilibriocapitombola nell'acqua! Comespaventaticorron via dalla riva dei cerchi ondeggianti e nel puntodella caduta vengon su delle bolle. Il gobbo viene a galla a nuoto esbuffandosi afferra ai rami.

-Affogherai ancoradiavolotoccherà rispondere per te!... -dice rauco Gherassim. - Esci fuorisue vattene alla malora! Iostesso la tirerò via!

Comincianogl'improperi... E il sole bruciabrucia. Le ombre si fanno piùbrevi e rientrano in se stessecome le corna della lumaca...

L'erbaaltascaldata dal solecomincia a emanare un odore densostucchevolmente dolciastro. Ben presto è mezzogiornomaGherassim e Liubìm tuttora si dibattono sotto il salcio. Lavoce rauca di basso e quella tenorile infreddolitastridula romponosenza posa il silenzio della giornata estiva.

-Tirala per le branchietirala! Aspettaio la spingerò fuori!Ma dove ficchi il tuo pugnaccio? Tu fa' col dito e non col pugnogrinta!

Vienidi fianco! Da sinistra vienida sinistraché a destra c'èuna buca! Servirai di cena al lupo mannaro! Tira per il labbro!

Sisente lo schioccar d'una frusta... Per la riva in pendio si trascinapigramente all'abbeveratoio un armentocacciato avanti dal pastoreJefìm. Il pastoreun vecchio decrepito con un occhio solo ela bocca stortacammina a capo chino e si guarda sotto i piedi. Perprime s'avvicinano all'acqua le pecoredopo di esse i cavallidopoi cavalli le vacche.

-Spingila un poco dal basso! - egli ode la voce di Liubìm. -Ficcaci un dito! Ma sei sordodia-avoloo che? Poh!

-Ma chi è fratelli? - grida Jefìm.

-Una lota! Non c'è verso di tirarla fuori! Sotto una radice s'ècacciata! Vieni di fianco! Vienivieni!

Jefìmper un minuto strizza il suo occhio sui pescatoripoi si toglie i"lapti" (1)getta giù dalle spalle un sacchetto esi leva la camicia. Di togliersi le mutande non ha pazienzasegnatosibilanciando le braccia magrescureentra in mutandenell'acqua...

Peruna cinquantina di passi procede sul fondo melmosoma poi si butta anuoto.

-Aspettateragazzi! - grida. - Aspettate! Non tiratela fuori acasacciola lascerete scappare. Bisogna saper fare!...

Jefìmsi unisce ai carpentierie tutt'e treurtandosi l'un l'altro coigomiti e coi ginocchisbuffando e imprecandosi pigiano nellostesso punto... Il gobbo Liubìm inghiotte acqua e l'ariaecheggia di una tosse aspraconvulsa.

-Dov'è il pastore?- si sente un grido dalla riva - Jefì-ìm!

Pastore!Dove sei? L'armento è entrato in giardino! Caccialocaccialodal giardino! Caccialo! Ma dov'è dunqueil vecchio brigante?

Siodono voci maschilipoi una femminile... Di dietro il cancello delgiardino padronale si mostra il padrone Andréi Andreic' investe da casa di seta persiana e con un giornale in mano... Egliguarda interrogativamente dalla parte delle grida che giungono dalfiumee poi trotterella rapido verso il bagno...

-Che c'è qui? Chi bercia? - domanda severamente avendo scortoattraverso i rami del salcio le tre teste bagnate del pescatori. -Perché vi affannate qui?

-Un pe... un pesce acchiappiamo... - balbetta Jefìm senz'alzareil capo.

-Te lo darò io il pesce! L'armento è entrato ingiardinoe lui: un pesce!... Ma quando sarà finito il bagnodiavoli? Son due giorni che lavoratee dov'è il vostrolavoro?

-Sa... sarà finito... - gracchia Gherassim. - L'estate èlungafarai ancora in temposignoriaa lavarti... Brrr... Innessun modo qui possiamo venir a capo d'una lota... S'ècacciata sotto una radice ed è come in una tana: non va nésu né giù...

-Una lota? - domanda il padrone e i suoi occhi si fanno lustri. -Allora tiratela fuori alla svelta!

-Poi ci darai un mezzo rubletto... Ti serviremo da amici se... Unalota enormeche la tua mercantessa... Valesignoriaun mezzorublo... per le fatiche. Non brancicarlaLiubìmnonbrancicarlase no la farai morire! Spingi dal basso! Tira un po' laradice all'insù brav'uomo... come ti chiami? All'insùe non all'ingiù diavolo! Non agitate le gambe!

Passanocinque minutidieci... Il padrone non ne può piùdall'impazienza.

-Vassili! - gridavoltandosi verso la casa padronale. - Vaska!

ChiamatemiVassili!

Accorreil cocchiere Vassili. Sta masticando qualcosa e respira pesantemente.- Scendi in acqua- gli ordina il padrone- aiutali a tirar fuori lalota... Non possono tirar fuori una lota!

Vassilisi spoglia rapidamente e scende in acqua.

-Io subito... - borbotta. - Dov'è la lota? Io subito... Faremoquesto in un batter d'occhio! E tu dovresti andartene. Jefìm!Quivecchionon hai da mischiarti negli affari altrui! Che lota c'èqui?

Iosubito... Eccola! Lasciate andar le mani!

-E perché: lasciate andare le mani? Lo sappiamo anche noi:lasciate andar le mani! E tu tirala fuori!

-Ma è forse così che la tirerai fuori? Bisogna prenderlaper la testa!

-E la testa è sotto la radice! E' Cosa notastupido!

-Be'non ingiuriarese no ne vola una! Marmaglia!

-In presenza dei signor padrone e simili parole...-balbetta Jefìm.-Non la tirerete fuorifratelli! Troppo destramente s'èficcata lì!

-Aspettate un momentoio subito... - dice il padrone e cominciafrettoloso a svestirsi. - Siete in quattro imbecillie non potetetirar fuori la lota!

SvestitosiAndréi Andreic' si lascia freddare un poco ed entra in acqua.Ma anche il suo intervento non approda a nulla.

-Bisogna tagliar la radice! - conclude infine Liubìm.Gherassimva' a prender la scure! Date qui una scure!

-Non tagliatevi le dita! - dice il padronequando si odono i colpisott'acqua della scure contro la radice. - Jefìmvattene diqua!

Aspettateio tirerò fuori la lota... Voi non...

Laradice è stata tagliata dal disotto. La sforzano un pocoeAndréi Andreic'con gran piaceresente che le sue ditapenetrano sotto le branchie della lota.

-La sto tirandofratelli! Non affollatevi... state fermi... la stotirando!

Allasuperficie compare la grossa testa della lota edopo di essailcorpo nerolungo un "arscìn". La lota rigirapesantemente la coda e cerca di sfuggire.

-Tu scherzi... Non ce la faicara. Ci sei cascata? Ah-ah!

Sututte le facce si effonde un sorriso di miele. Un minuto trascorre insilenziosa contemplazione.

-Una lota coi fiocchi! - balbetta Jefìmgrattandosi sotto leclavicole. - Saràpensouna decina di libbre...

-E già... - consente il padrone.-il fegato le palpitaaddirittura. Come spinto dal didietro. A... ah!

Lalota ad un tratto inaspettatamente fa con la coda un brusco movimentoall'insù e i pescatori sentono un forte tonfo... Tuttiallargano le manima è troppo tardi: la lotachi l'ha vistal'ha vista.




NOTE:


1)Lerozze scarpe di corteccia o di fibra vegetale del contadino russo.




ILCAMALEONTE


Attraversola piazza del mercato va il commissario rionale di polizia Ociumielovin cappotto nuovo e con un fagottino in mano. Dietro a lui camminauna guardia dai capelli rossicci con un setaccio colmo fino all'orlodi uva spina sequestrata. All'ingiro silenzio... Sulla piazza nonun'anima... Le porte aperte delle botteghe e delle bettole guardanotristemente il mondo creatocome fauci affamate; accanto ad esse nonci sono neppur mendicanti.

-E così tu mordimaledetto! - ode a un tratto Ociumielov. -Ragazzinon lasciatelo scappare! Oggidì è proibitomordere! Tienlo!

A...ah!

Sisente uno strillo canino. Ociumielov guarda da un lato e vede che daldeposito di legna del mercante Piciughinsaltando su tre zampe evoltandosi indietrocorre via un cane. Lo rincorre un uomo incamicia di percalle inamidata e panciotto sbottonato. Gli corredietro esporgendosi col corpo in avanticade a terra e afferra ilcane per le zampe posteriori. Si sente un secondo guaito e il grido:«Non lasciarlo andare!». Dalle botteghe si affaccianofisonomie assonnate e ben presto vicino al deposito di legnacomespuntata di sotterrasi raduna una folla.

-Qualche disordineparesignoria!... - dice la guardia.

Ociumielovfa un mezzo giro a sinistra e va verso l'assembramento.

Propriovicino al portone del deposito vede che sta l'uomo sopra descritto elevando in alto la mano destramostra alla folla un ditoinsanguinato. Sulla sua faccia semiebbra par che sia scritto: «Orati stroncofurfante!»e anche il dito stesso ha l'aspettod'un segno di vittoria. In quest'uomo Ociumielov riconosce l'oreficeChriukin. Al centro della folla. Con le zampe anteriori divaricate etremante in tutto il corpoè accovacciato al suolo l'autoredello scandalo in persona: un cucciolo bianco di levriero dal musoaguzzo e con una macchia gialla sul dorso. Nei suoi occhi lacrimosi èun'espressione d'angoscia e di sgomento.

-Che cosa succede qui? - domanda Ociumielovfendendo la folla. -Perché questo? Perché mostri il dito?... Chi hagridato?

-Io vadosignoriae non tocco nessuno... - comincia Chriukintossendo nella mano- sto parlando della legna con Mitri Mitric'etutt'a un tratto questo vigliaccoche è che non èmimorde il dito... Voi mi scusereteio sono un uomo che lavora... Ilmio è un lavoro minuto. Bisogna che m'indennizzinoperchéio con questo dito forse per una settimana non farò unmovimento... Anche nella leggesignorianon sta scritto che da unabestia si debba tollerare... Se ognuno potrà morderesaràmeglio neppur vivere al mondo...

-Uhm!... Bene... - dice Ociumielov severamente tossendo e movendo isopraccigli.- Bene... Di chi è il cane? Io non la lasceròcosì.

V'insegneròa lasciar liberi i cani! E' ora di rivolger l'attenzione a similisignori che non vogliono sottostare alle disposizioni! Quando glidaranno una multaal mascalzoneimparerà da me che cosavoglion dire i cani e le altre bestie randagie! Gli farò vederio!... Eldirin- si rivolge il commissario alla guardia- cerca disapere di chi è il cane e stendi verbale! E il cane vasoppresso. Senza indugio! Di sicuro è arrabbiato... Di chi èil canedomando?

-A quanto pareè del generale Zigalov! -dice qualcuno dellafolla.

-Del generale Zigalov? Uhm!... Toglimi un po' il cappottoEldirin...

Faun caldo terribile! S'ha da supporre che stia per piovere... Una solacosa non capisco: come ha potuto morderti? -si rivolge Ociumielov aChriukin. - Forse che può arrivarti al dito? E' piccolo e tuguarda lì che uomo grande e grosso sei! Tu probabilmente tisei graffiato il dito con un chiodinoe poi t'è venuta intesta l'idea di spillar quattrini. Tugià... che gente sietesi sa! Vi conoscodiavoli!

-Luisignoriagli ha premuto il sigaro sul naso per divertirsieluinon essendo stupidozaff... Un attaccabrighesignoria!

-Mentisciguercio! Non hai vistoe quindi perché mentire? Suasignoria è un signore intelligente e capisce chi dice bugia echi parla in coscienzacome davanti a Dio... E se io mentisconegiudichi il conciliatore. Da luinella legge è detto...Oggidì tutti sono uguali... Io stesso ho un fratello neigendarmi... se volete sapere...

-Non discutete!

-Nonon è del generale... - osserva significativamente laguardia.

-Ilgenerale di così non ne ha. Lui ha soprattutto dei cani dafermo...

-Lo sai di sicuro?

-Di sicurosignoria...

-Lo so anch'io. Il generale ha dei cani di prezzodi razzae questolo sa il diavolo che cos'è! Né pelo né figura...una cosa ignobilenient'altro... E tenere un simile cane?!... Madove ce l'avete l'intelligenza? Se s'incontrasse un cane simile aPietroburgo o a Moscasapete che avverrebbe? Là nonguarderebbero nella leggema sul momento: muori! TuChriukinhaipatito un danno e non lasciar questa faccenda così... E'necessario dare una lezione! E' ora...

-Ma fors'anche è del generale... - pensa ad alta voce laguardia.

-Sul muso non ce l'ha scritto... Giorni fa nel suo cortile ne vidi unocosì.

-Si saè del generale! - dice una voce dalla folla.

-Uhm!... Mettimi addossocaro Eldirinil cappotto... Tira un po' divento... Ho dei brividi... Tu lo porterai dal generale e làdomanderai. Dirai che l'ho trovato e mandato io... E di' che non lolascino andar sulla strada... Forse è di prezzoe se ogniporco gli premerà il sigaro sul nasoci vorrà molto arovinarlo? Il cane è una bestia delicata... E tutangheroabbassa la mano! Non hai da mettere in mostra il tuo stupido dito! Tustesso ci hai colpa!...

-Viene il cuoco del generalegli domanderemo... EhiProchor! Vieniun po' quacaro! Da' un'occhiata al cane... E' vostro?

-Che idea! Di simili da noi non ce ne sono stati mai.

-E qui non c'è da far tante domande- dice Ociumielov. - E' uncane randagio! Non C'è da far lunghi discorsi... Se ho dettoch'è randagiovuol dire ch'è randagio... Sopprimerloecco tutto.

-Non è nostro- continua Prochor.-E' del fratello delgeneralech'è arrivato l'altro giorno. Il nostro non èamante dei levrieri. Suo fratello ci ha passione... - Ma che èarrivato suo fratello? Vladimir Ivanic'? - domanda Ociumielovetutta la sua faccia s'inonda d'un sorriso d'intenerimento.-Guarda unpo'Signore! E io che non lo sapevo! E' venuto in visita per un po'di tempo?

-In visita...

-Guarda un po'Signore!... Sentiva la mancanza del fratello... E ionemmeno lo sapevo! Così questo è il suo cagnolino?Molto piacere...

Prendilo...Il cagnuzzo non è male... E' così vispo... Ha dato unmorso a costui nel dito! Ah-ah-ah!... Su viaperché tremi?Rrr...

Rr...Si arrabbia il briccone... è un tal cagnetto...

Prochorchiama il cane e s'allontana con esso dal deposito di legna...

Lafolla ride forte di Chriukin.

-Arriverò ancora fino a te! - lo minaccia Ociumielov-echiudendosi nel cappottocontinua il suo cammino per la piazza delmercato.




UNACALUNNIA


L'insegnantedi calligrafia Serghéi Kapitonic' Achineiev dava in sposa lasua figliuola Natalia all'insegnante di storia e geografia IvànPetrovic' Losciadinich. Il trattenimento nuziale filava liscio comeun olio. In sala si cantavasi sonavasi danzava. Per le stanzecome invasaticorrevano avanti e indietro i domestici presi a noloal circoloin marsine nere e cravatte bianche sudicie. C'era chiassoe vocio. L'insegnante di matematica Taràntulovil francesePadekuà e il più giovane revisore della corte dei contiJegòr Venediktic' Mzdaseduti in fila sul divanoaffrettandosi e interrompendosi a vicendaraccontavano agli ospitidei casi di seppellimento di vivi ed esprimevano la loro opinionesullo spiritismo. Tutti e tre non credevano nello spiritismomaammettevano che in questo mondo ci son molte cose che la mente umananon penetrerà mai. In un'altra stanza l'insegnante diletteratura Dodonski spiegava agli ospiti i casi in cui la sentinellaha il diritto di sparare su chi passa. Le conversazioni eranocomevedetepaurosema assai piacevoli. Dal cortile curiosavano allefinestre delle persone cheper la loro condizione socialenonavevano il diritto di entrar dentro.

Amezzanotte in punto il padron di casa Achineiev andò in cucinaa vedere se tutto fosse pronto per la cena. In cucina dal pavimentoal soffitto era sospeso un fumo costituito dagli effluvi d'ocad'anatra e numerosi altri. Su due tavole eran distribuiti e dispostiin artistico disordine gli attributi del servizio d'antipasti eaperitivi. Intorno alle tavole si affaccendava la cuoca Marfaunadonna rossa con doppio ventre serrato alla cintola.

-Fammi un po' vedere lo storione"màtuska"! - disseAchineievfregandosi le mani e leccandosi le labbra.

-Ma che odoreche zaffata! Mi mangerei addirittura tutta la cucina!

Sudunquefa' vedere lo storione!

Marfas'avvicinò a un panchetto e cautamente sollevò unfoglio di giornale unto. Sotto questo foglioin un piatto enormeriposava un grosso storione in gelatinascreziato di capperiolivee carotine.

Achineievguardò lo storione e fece un «ah!». Il viso gliraggiògli occhi si strabuzzarono. Egli si chinò edemise con le labbra il suono d'una ruota non lubrificata. Dopo un po'di sostaschioccò le dita dal piacere e fece un altroschiocco con le labbra.

-Oibò! Il suono di un ardente bacio... Con chi ti stai quibaciandoMarfuscia?-s'udì una voce dalla stanza attiguaesull'uscio comparve la testa rapata dell'aiuto dei sorveglianti diclasseVankin.-Con chi facevi questo? A-a-ah... molto piacere! ConSerghéi Kapitonic'! Bel nonnonon c'è che dire! Un"tete-à-tete" con una "polacca (1)" dadonna!

-Io non ho baciato nessuno- si confuse Achineiev - chi te l'hadettostupido? Son io che... ho schioccato le labbra riguardo... aproposito del piacere... Alla vista del pesce...

-Raccontalo ad altri!

Lafaccia di Vankin fece un largo sorriso e scomparve dietro l'uscio.

Achineievarrossì.

«Ildiavolo sa quel che è»pensò. «Ora andràil mascalzonea far pettegolezzi. M'infamerà per tutta lacittàl'animale...» Achineiev entrò timidamentein sala e guardò in tralice da un lato: dov'era Vankin? Vankinstava accanto al pianoforte epiegatosi con bravurabisbigliavaqualcosa alla cognata dell'ispettore che rideva.

«Dime sta parlando!»pensò Achineiev. «Di mechepossa scoppiare! E quella ci crede... ci crede! Ride! O Dio mio! Nocosì non si può lasciar la cosa... no... Bisogneràfare in modo che non gli credano...

Parleròcon tutti loro e gli farò far la figura dell'imbecillepettegolo».

Achineievsi grattò esenza cessar di confondersisi avvicinò aPadekuà.

-Dianzi ero in cucina e davo disposizioni riguardo alla cena-diss'egli al francese. - A voilo sopiace il pescee io ci ho"Bàtenka"un certo storione! Lungo due arscini!Eh-eh-eh!... Sìa proposito... già me nedimenticavo... In cucina poco facon quello storione... un veroaneddoto! Entro poco fa in cucina e voglio osservar le vivande...Guardo lo storione e dal piacere... per l'odore piccante faccio unoschiocco con le labbra! Ma in quel momento entra a un trattoquest'imbecille di Vankin e dice... ah-ah-ah!... e dice: «O-o-oh... vi baciate qui?» Con Marfacon la cuoca! Che cosa èandato a pensarelo sciocco! Quella donna non ha grazia négarbosomiglia a ogni sorta d'animalie lui... baciarla!Stravagante!

-Chi stravagante? - domandò Taràntulov che s'eraavvicinato.

-Ma eccolo lìVankin! Entro in cucina...

Eraccontò di Vankin.

-M'ha fatto ridere lo stravagante! Ma secondo me è piùpiacevole baciare un can barbone che Marfa- soggiunse Achineievche si voltò a guardare e vide dietro a sé Mzda.

-Stiamo parlando di Vankin- gli disse. - Uno strambo! Entra incucinami vede al fianco di Marfae avanti a immaginare variefacezie. «Che cosa?»dice«vi baciate?».Ubriaco com'ègli era parso. E iodicobaceròpiuttosto un tacchino che Marfa. E poi ho anche mogliedicoimbecille che sei. M'ha fatto ridere!

-Chi vi ha fatto ridere?-domandò il prete insegnante direligioneavvicinatosi ad Achineiev.

-Vankin. Me ne stosapetein cucina e guardo lo storione...

Ecosì via. Di lì a forse mezz'ora tutti gli ospiti giàsapevano della storia di Vankin e dello storione.

«Adessoglielo racconti pure!»pensava Achineievfregandosi le mani.

«Raccontipure!». Lui comincerà a raccontaree io subito:«Smettilaimbecilledi dir scempiaggini! Sappiamo giàtutto!».

EAchineiev si tranquillò al punto chedalla gioiavuotòquattro bicchierini di troppo. Accompagnati dopo cena i giovani sposinella loro cameraegli si ritirò e s'addormentò comeun bimbo di nulla colpevolee il giorno dopo più nonricordava la faccenda dello storione. Maahimè! L'uomopropone e Dio dispone. La mala lingua aveva fatto la mala opera suae nulla giovò ad Achineiev la sua astuzia! Dopo una settimanagiustae precisamente il mercoledì dopo la terza lezionementre Achineiev stava in mezzo alla sala degli insegnanti e parlavadelle viziose tendenze dell'allievo Vissekingli si avvicinòil direttore e lo chiamò in disparte.

-Ecco che èSerghéi Kapitonic'- disse il direttore.Scusate...

Nonè affar mioma tuttavia devo farvi capire... E' mio dovere...

Vedetecorrono voci che voi vivete con quella... con la cuoca... Non èaffar mioma... Vivete con leibaciatevela... fate quel che voletesoltantoper favorenon così pubblicamente! Vi prego! Nondimenticate che siete un educatore!

Achineievsi sentì gelare e restò di stucco. Come punto da tuttouno sciame d'api ad un tempo e come annaffiato con acqua bollenteandò a casa. Andava a casa e gli pareva che l'intera cittàlo guardassecome se fosse spalmato di catrame... A casa loattendeva un nuovo guaio.

-Come va che non ingozzi niente? - gli domandò a pranzo lamoglie.

-A che cosa ti sei messo a pensare? Pensi agli amoretti? Senti lamancanza di Marfuska? Tutto mi è notomaometto (2)! Dellabrava gente mi ha aperto gli occhi! U-u-uh... bbarbaro!

Egiù un ceffone sulla sua guancia!... Egli s'alzò datavola esenza sentirsi la terra sotto i piedisenza berretto népastranosi trascinò da Vankin. Lo trovò in casa.

-Sei un farabutto tu! - si rivolse Achineiev a Vankin. - Per che cosam'hai infangato davanti a tutto il mondo? Per che cosa m'hai lanciatouna calunnia?

-Che calunnia Che andate a inventare!

-E chi ha spettegolato dicendo che ho baciato Marfa? Non sei tumidirai? Non sei tubrigante?

Vankinprese a batter gli occhi e ad ammiccare con tutte le fibre del suoviso frustoalzò gli occhi all'immagine e proferì:

-Che Dio mi castighi! Che i miei occhi possano scoppiare e io restarestecchitose ho detto anche solo una parola di voi! Che io non abbiapiù né letto né tetto! Sarebbe poco ilcolera!...

Lasincerità di Vankin era fuori di dubbio. Evidentementenonera stato lui a spettegolare.

«Machi è dunque? Chi?»si diede a pensare Achineievpassando in rassegna nella sua memoria tutti i propri conoscenti ebattendosi in petto. «Chi dunque?».

-Chi dunque? - domanderemo anche noi al lettore...




NOTE:


1)Sopravveste alla polaccada uomo o da donnamolto vistosa emarzialecon colletto rigido e alamari.

2)Il nome di Maometto è divenuto in Russianella forma"machamet"appellativo popolare ingiurioso.




ILFIAMMIFERO SVEDESE

(RACCONTOPOLIZIESCO)


Lamattina del 6 ottobre 1885 si presentò nell'ufficio delcommissario di polizia rurale della seconda sezione del distretto diS. un giovanotto decorosamente vestito e dichiarò che il suopadronela cornetta della guardia a riposo Mark Ivànovic'Kliausovera stato ucciso. Facendo tale dichiarazioneil giovanottoera pallido e oltremodo agitato. Le sue mani tremavano e i suoi occhieran pieni di sgomento.

-Con chi ho l'onore di parlare? - gli domandò il commissario.

-Psekovl'intendente di Kliausov. Agronomo e meccanico.

Ilcommissario e i testimoni (1) giunti sul luogo insieme con Psekovtrovarono quanto segue. Vicino all'ala della casa in cui dimoravaKliausov s'affollava una massa di gente. La notizia dell'accaduto eravolata con la celerità del lampo per i dintornie la gentegrazie alla giornata festivasi riversava verso la casa da tutti ivillaggi circonvicini. C'era chiasso e vocio. Qua e làs'incontravano delle facce palliderosse di pianto. L'uscio dellacamera di Kliausov fu trovato chiuso. Dall'interno sporgeva lachiave.

-Evidentementei malfattori si sono introdotti da lui per lafinestra- osservò Psekov durante l'esame dell'uscio.

Andarononel giardinodove riusciva la finestra della camera. La finestraaveva un aspetto tetrosinistro. Era munita d'una tendina verdescolorita. Un angolo della tendina era lievemente accartocciatoilche dava la possibilità di guardar nella camera.

-Qualcuno di voi ha guardato per la finestra?-domandò ilcommissario.

-Per nullasignoria- disse il giardiniere Jefrèmun piccolovecchietto canuto con un viso di sottufficiale a riposo. - S'ha benaltra voglia che di guardarequando ti tremano i ginocchi!

-EhMark Ivanic'Mark Ivanic'!-sospirò il commissario.

guardandola finestra. - Te lo dicevo io che saresti finito male! Te lo dicevoanima cara- non m'hai dato ascolto! Gli stravizi non menano a bene!

-Va ringraziato Jefrèm- disse Psekov- senza di lui non cene saremmo neppur accorti. A lui per primo venne in mente che quiqualcosa non fosse in regola. Viene da me stamattina e dice: «Maperché il nostro padrone dorme così a lungo dopo lasbornia? E' un'intera settimana che non esce di camera!». Comemi ebbe detto questofu come se qualcuno m'avesse colpito col dorsod'una scure...

Subitomi balenò un pensiero... Lui non si faceva vedere da sabatoscorsoe oggi è domenica! Sette giorni: è uno scherzoa dirlo!

-Sìpoveretto... - sospirò ancora una volta ilcommissario. Un ragazzo intelligenteistruitotanto buono incompagniasi può direil primo degli uomini. Ma undissolutosi abbia il regno dei cieli!

Iomi aspettavo tutto! Stepàn! - si rivolse il commissario a unodei testimoni: - passa sul momento al mio ufficio e manda Andriuskadall'"ispravnik"gli riferisca! Di': "hanno ammazzatoMark Ivanic'!".

Corrianche dal brigadiere: perché sta là a crogiolarsi? Chevenga qui! E tu stesso recatial più presto possibiledalgiudice istruttore: Nikolài Jermolaic' e digli di venir qua!Aspettagli scriverò una lettera.

Ilcommissario dispose delle guardie all'ala della casa. Scrisse lalettera al giudice istruttore e andò dall'intendente aprendere il tè.

Dilì a una decina di minuti era seduto su uno sgabellomordevacautamente nel pezzo di zucchero e sorbiva un tè caldo come icarboni ardenti.

-Ecco-diceva egli a Psekov. - Ecco... Nobilericco...

beniaminodegli dèisi può direcome si espresse Puskine chen'è venuto fuori? Nulla! Si ubriacavafaceva vita dissolutae...

eccoti!...l'hanno ammazzato.

Dueore dopo giunse in carrozza il giudice istruttore NikolàiJermolaievic' Ciubikòv (così si chiama il giudice)unvecchio altorobustosui sessantasi esercita nella sua carrieraormai da un quarto di secolo. E' noto a tutto il distretto come uomoonestointelligenteenergico e amante del suo mestiere. Arrivòsul luogo insieme con lui anche il suo immancabile compagnoaiutantee segretario Diukovskiun giovanotto altodi circa ventisei anni.

-Ma possibilesignori? - prese a dir Ciubikòventrando nellastanza di Psekov e stringendo alla svelta la mano a tutti. -Possibile? Mark Ivanic'? L'hanno ucciso? Noè impossibile!Im-pos-si- bi-le!

-Guardate un po'... - sospirò il commissario.

-O Signore Dio mio! Ma se lo vidi la scorsa settimana alla fiera diTarabànkova! Con luiscusatebevvi la vodka!

-Guardate un po' - sospirò un'altra volta il commissario.

Sospiraronoinorridironobevvero un bicchiere di tè a testa e andaronoverso l'ala della casa.

-Scostatevi! - gridò il brigadiere alla gente.

Entratodentroil giudice istruttore attese innanzi tutto all'esamedell'uscio che metteva nella camera. L'uscio risultò di pinodipinto in giallo e intatto. Segni particolariche potessero offrirequalche indicazionenon ne furono trovati. Si procedette a forzarlo.

-Pregosignorigli estranei di allontanarsi! - disse il giudiceistruttorequandodopo un lungo battere e lunghi scricchioliil'uscio cedette alla scure e allo scalpello. - Prego nell'interessedell'inchiesta... Brigadiere non lasciate entrar nessuno!

Ciubikòvil suo aiutante e il commissario aprirono l'uscio eincertiunodopo l'altroentrarono nella camera. Ai loro occhi si presentòil seguente spettacolo. Presso l'unica finestra stava un gran lettodi legno con un'enorme materassa di piume. Sulla materassa ammaccatagiaceva la coperta sgualcitaammucchiata. Il guanciale in federa dipercallepure fortemente gualcitoera buttato sul pavimento. Su untavolino davanti al letto c'erano un orologio d'oro e una monetad'argento del valore di venti copeche. Stavan lì anche deglizolfanelli. Oltre il lettoil tavolino e un'unica sedianon c'eranella camera altra mobilia. Dato uno sguardo sotto il lettoilcommissario scorse un paio di decine di bottiglie vuoteun vecchiocappello di paglia e un quarto di vodka. Sotto il tavolino giacevauno stivale coperto di polvere. Abbracciata con uno sguardo lastanzail giudice istruttore aggrottò le ciglia e si fecerosso.

-Furfanti! - borbottòstringendo i pugni.

-Ma dov'è Mark Ivanic'? - domandò piano Diukovski.

-Vi prego di non immischiarvi! - gli disse rudemente Ciubikòv.- Vogliate osservare il pavimento! il secondo caso del genere nellamia praticaJevgràf Kuzmìc'- si rivolse alcommissarioabbassando la voce - Nel 1870 mi accadde un caso uguale.Ma voi di sicuro ricorderete... L'assassinio del mercante Portretov.Là pure fu così. I furfanti l'avevano ucciso e avevanportato via il cadavere attraverso la finestra...

Ciubikòvsi avvicinò alla finestratirò da una parte la tendinae spinse cautamente la finestra. Questa si aprì.

-Si apredunque non era stata chiusa.... Uhm.... Tracce suldavanzale. Vedete? Ecco le tracce d'un ginocchio... Qualcunos'arrampicò di là... Sarà necessario esaminarela finestra come si deve.

-Sul pavimento non si nota nulla di speciale- disse Diukovski - Némacchiené graffiature. Ho trovato soltanto un fiammiferosvedese bruciato. Eccolo. Per quanto ricordoMark Ivanic' nonfumava; nella vita quotidiana poi usava zolfanellie nient'affattofiammiferi svedesi. Questo fiammifero può servire d'indizio...

-Ah. state zittoper piacere. -scosse la mano il giudice istruttore.- Vien fuori col suo fiammifero! Non posso soffrire le testevulcaniche! Invece di cercar fiammiferifareste meglio a esaminareil letto.

Dopol'esame del letto Diukovski riferì:

-Né macchie di sanguené altre d'alcun genere...Strappi freschi pure non ce ne sono. Sul guanciale tracce di denti.La coperta è stata bagnata con un liquido che ha l'odor dellabirra e ne ha anche il gusto... L'aspetto generale del letto dàil diritto di pensare che su di esso sia avvenuta una lotta.

-Lo so anche senza di voi che ci fu lotta! Non vi si domanda dellalotta. Invece di cercar la lottafareste meglio...

-Uno stivale è quil'altro non risulta presente.

-Be'. che c'è?

-C'è che l'hanno soffocato quando si cavava gli stivali. Nonfece in tempo a cavarsi l'altro stivale che...

-Già ha preso la mano! E come fate a sapere che l'hannosoffocato?

-Sul guanciale ci son tracce di denti. Il guanciale stesso èstato fortemente brancicato e scagliato a due "arscini" emezzo dal letto.

-E discorreil cicalone! Andiamo piuttosto in giardino. Farestemeglio a guardare in giardinoinvece di rovistar qui... Questo lofarò io anche senza di voi.

Arrivatiin giardinol'inchiesta si occupò innanzi tutto dell'esamedell'erba. L'erba sotto la finestra era calpestata. Un cespuglio dibardana sotto la finestra proprio contro il muro apparve purecalpestato. A Diukovski riuscì di trovarvi alcuni ramoscellirotti e dei pezzetti di ovatta. Sui capolini superiori furon trovatidei fini peluzzi di lana azzurra scura.

-Di che tinta era il suo ultimo vestito? -domandò Diukovski aPsekov.

-Giallodi tela grossa.

-Benissimo. Loro dunque eran vestiti di azzurro.

Alcunicapolini di bardana furono recisi e accuratamente involtati in unacarta. In questo momento arrivò l'"Ispravnik"Artsibascev- Svistakovski col dottor Tiutiuev. L'"ispravnik"salutò e subito si accinse a soddisfare la sua curiosità:il dottore inveceun uomo alto e sommamente scarno con occhiinfossatinaso lungo e mento aguzzosenza salutar nessuno e senzadomandar di nullasedette su un cepposospirò e proferì:

-E i serbi son di nuovo sottosopra! Che cosa occorre lorononCapisco! Ah AustriaAustria! Questa è opera tua!

L'esamedella finestra dall'esterno non diede proprio alcun risultato;l'esame dell'erba invece e dei cespugli prossimi alla finestra fornìall'inchiesta molte utili indicazioni. A Diukovski riuscìperesempiodi seguire nell'erba una lunga striscia scura costituita dachiazzeche si stendeva dalla finestra nell'interno del giardino peralcune tese. La striscia terminava sotto uno degli arbusti di lillacon una gran macchia d'un bruno scuro. Sotto lo stesso arbusto futrovato uno stivale che risultò fare il paio con quellotrovato in camera.

-Questo è sangue non recente! - disse Diukovskiesaminando lechiazze.

Ildottore alla parola "sangue" si sollevò e pigramentedi sfuggita gettò un'occhiata alle macchie.

-Sìè sangue- borbottò.

-Dunque non fu soffocatose è sangue! - disse Ciubikòvdato uno sguardo sarcastico a Diukovski.

-In camera lo soffocaronoqui poitemendo che si riavesselocolpirono con qualcosa di tagliente. La macchia sotto il cespugliomostra ch'egli restò lì disteso un tempo relativamentelungomentr'essi cercavano come e su che cosa portarlo fuori dalgiardino.

-Be' e lo stivale?

-Questo stivale conferma anche più il mio pensiero chel'uccisero mentr'egliprima di andar a dormiresi cavava glistivali. Uno stivale se lo tolsel'altro invececioè questofece in tempo a cavarselo soltanto a metà. Lo stivale toltosolo a mezzo venne via da sé durante gli scossoni e lacaduta...

-Che immaginativaguarda un po'! - sogghignò Ciubikòv.- E parla così recisocosì reciso! Ma quando perderetel'abitudine di venir fuori coi vostri ragionamenti? Invece diragionarefareste meglio a prendere un po' d'erba col sangue.

Dopoil sopralluogo e la rilevazione della pianta del sitogl'inquirentisi diressero dall'intendente per redigere il verbale e far colazione.Durante la colazione si misero a discorrere.

-L'orologioil denaro e il resto... tutto è intatto. -cominciò la conversazione Ciubikòv. - Come due per duefa quattrol'assassinio non è stato commesso a fin di lucro.

-E' stato commesso da persona evoluta- mise bocca Diukovski.

-Da che cosa lo deducete?

-Viene in mio aiuto il fiammifero svedeseil cui uso i contadini delluogo ancora non conoscono. Usano tali fiammiferi solo i proprietarie anche non tutti. A propositonon lo uccise uno soloma furono alminimo tre: due lo tenevanoe il terzo lo soffocava. Kliausov erafortee gli assassini dovevano saperlo.

-A che poteva servirgli la sua forzas'egliponiamodormiva?

-Gli assassini lo sorpresero mentre si cavava gli stivali. Stavacavandosi gli stivalidunque non dormiva.

-Non è il caso d'inventare! Mangiate piuttosto!

-Ma secondo il mio concettoalta signoria (2)- disse il giardiniereJefrèmmettendo in tavola il samovàr - proprio questainfamia non l'ha fatta nessun altro che Nicolaska.

-Possibilissimo- disse Psekov - E chi è questo Nikolaska?

-Il cameriere del padronealta signoria- rispose e Jefrèm. -Chi altri poteva farlase non lui? Un malfattorealta signoria! Unubriacone e un libertino che ce ne preservi la Regina dei Cieli! Alpadrone lui portava sempre la vodkail padrone lui lo metteva inletto... Chi dunquese non lui? E ancora per giuntami prendol'ardire di farlo presente a vossignoriasi vantò una voltaalla bettolail furfanteche avrebbe ammazzato il padrone. Tutto èvenuto per causa di Akulka per causa d'una donna... Lui ci aveva unatalemoglie d'un soldato... Al padrone era piaciuta-egli l'avevaavvicinata a sébe'e luisi sas'era adirato... Adesso èsdraiato in cucina. Piange... Va cianciando che il padrone gli fapena...

-Ma realmente per Akulina ci si può adirare- disse Psekov. -E' moglie d'un soldatouna campagnuola ma... Non per nulla MarkIvanic' l'aveva soprannominata Nanà (3). C'è in leiqualcosa che ricorda Nanà... un che d'attirante...

-L'ho vista... So... - disse il giudice istruttoresoffiandosi ilnaso in un fazzoletto rosso. Diukovski arrossì e abbassògli occhi. Il commissario prese a tamburellare col dito sul piattino.L'"ispravnik" ebbe un accesso di tosse e cercòqualche cosa nella borsa delle carte.

Sulsolo dottoreevidentementenon aveva fatto alcuna impressione ilricordo di Akulka e di Nanà. Il giudice istruttore ordinòche si conducesse Nikolaska. Nikolaskaun giovanotto di campagnaspilungonedal naso lungobutterato e dal petto incavatoin giaccasmessa dal padroneentrò nella stanza di Psekov e s'inchinòal giudice fino a terra. Il suo viso era assonnato e rosso di pianto.

Eglipoi era ubriaco e a stento si reggeva in piedi.

-Dov'è il padrone? - gli domandò Ciubikòv.

-L'hanno ammazzatoalta signoria.

DettociòNikolaska prese a batter gli occhi e a piangere.

-Sappiamo che l'hanno ammazzato. E dov'è ora? Il suo corpodov'è?

-Dicono che l'han tirato fuori per la finestra e sotterrato ingiardino.

-Uhm!... I risultati dell'inchiesta son già noti in cucina...

Malissimo.Carodov'eri tu quella nottequando fu ucciso il padrone?

Sabatocioè?

Nikolaskalevò in su la testaprotese il collo e si mise a pensare.

-Non posso saperealta signoria- disse. - Avevo bevuto e nonrammento.

-Un "alibi" (4)! - mormorò Diukovskisogghignando efregandosi le mani.

-Sì. Ma perché sotto la finestra del padrone c'èdel sangue?

Nikolaskaalzò il capo e si mise a pensare.

-Pensa più svelto! - disse l'"ispravnik".

-Subito. Quel sangue c'è per una cosa da nullaalta signoria.Avevo sgozzato una gallina. L'avevo sgozzata molto semplicementecome al solitoma essa a un tratto mi sfuggì di manoa untratto scappò via... E proprio per questo c'è ilsangue.

Jefrèmtestimoniò cherealmenteNikolaska ogni sera ammazzava dellegalline e in vari postima nessuno aveva visto che la gallina nonbene sgozzata fosse corsa per il giardinoil cheper altronon sipoteva negare.

-Un "alibi"- sogghignò Diukovski. - E che alibisciocco!

-Con Akulka eri in relazione?

-Feci peccato.

-E il padrone te la soffiò?

-Nient'affatto. A me Akulka la portò viaeccoluiil signorPsekovIvàn Michailic'e a Ivàn Michailic' la portòvia il padrone.

Cosìfu la cosa.

Psekovsi turbò e prese a grattarsi l'occhio sinistro. Diukovski glipiantò gli occhi in facciavi lesse il turbamento e sussultò.Addosso all'intendente aveva veduto dei calzoni azzurriai qualiprima non aveva fatto attenzione. I calzoni gli ricordarono i peluzziazzurri trovati sulla bardana. Ciubikòva sua voltaguardòsospettosamente Psekov.

-Vattene! - diss'egli a Nikolaska. - E ora permettete che vi sirivolga una domandasignor Psekov. Voi certotra il sabato e ladomenica foste qui?

-Sìalle dieci cenai con Mark Ivanic'.

-E poi?

Psekovsi turbò e si alzò da tavola.

-Poi... poi... Davveronon rammento- borbottò. - Alloraavevo bevuto molto... Non rammento dove e quando mi addormentai...Perché mi guardate tutti così? Come se io l'avessiucciso!

-Dove vi svegliaste?

-Mi svegliai nella cucina della servitù sopra la stufa.. Tuttipossono confermarlo. Come fossi capitato sulla stufa non so...

-Non agitatevi... Akulina la conoscevate?

-Qui non c'è nulla di speciale...

-Da voi era passata a Kliausov?

-Sì... Jefrèmservi ancora dei funghi! Volete del tèJevgràf Kuzmìc'?

Seguìun silenzio greveangosciosoche si prolungò un cinqueminuti.

Diukovskitaceva e non staccava i suoi occhi pungenti dal viso impallidito diPsekov. Il silenzio fu rotto dal giudice istruttore.

-Sarà necessario- egli disse- passare alla casa grande e làparlare un po' con la sorella del defunto Maria Ivànovna. Chisa che non ci dia qualche indicazione.

Ciubikòve il suo aiutante ringraziarono per la colazione e andarono alla casapadronale. La sorella di KliausovMaria Ivànovnauna zitellaquarantacinquennela trovarono che pregava davanti all'alto stipofamiliare delle immagini. Scorgendo nelle mani dei visitatori delleborse e dei berretti con coccardaella impallidì.

-Vi recoinnanzi tuttole mie scuse per aver turbatodiròcosìla vostra pia disposizione- cominciòstrisciando una riverenzail galante Ciubikòv. - Veniamo davoi con una preghiera. Voicertoavete già sentito... si hail sospetto che vostro fratelloin qualche modosia stato ucciso.E' il voler di Dio sapete... Alla morte nessuno sfuggené glizar né i bifolchi. Non potreste voi aiutarci con qualcheindicazione o schieramento?

-Ahnon domandatemi! - disse Maria Ivànovnaimpallidendoancor di più e coprendosi il viso con le mani. - Io non possodirvi nulla!

Nulla!Vi supplico! Io nulla... Che posso io? Ahnono... nemmeno unaparola di mio fratello! Dovessi morirenon la direi!

MariaIvànovna si mise a piangere e se n'andò in un'altrastanza.

Gl'inquirentisi scambiarono uno sguardosi strinsero nelle spalle e siritirarono.

-Donnetta del diavolo! - la ingiuriò Diukovskiuscendo dallacasa grande.-Evidentementesa qualcosa e lo nasconde. Anche lacameriera ha qualcosa scritto in faccia... Ma aspettatediavoli!

Decifreremotutto!

Lasera Ciubikòv e il suo aiutanteilluminati da una pallidalunase ne tornavano a casa; erano seduti nel sarabachino e facevanonelle loro teste il bilancio della giornata trascorsa. Entrambi eranoaffaticati e tacevano. A Ciuhikòvin generalenon piacevaparlare in viaggioe il chiacchierone Diukovski stava zitto per farpiacere al vecchio. Alla fine del cammino però l'aiutante nonresse più al silenzio e si mise a dire:

-Che Nikolaska abbia parte in questa faccenda- diss'egli- "nondubitandum est" (5). Anche dal suo muso si vede che tomo sia...

L'alibice lo dà mani e piedi legati. Non c'è dubbio anche chein questa faccenda non è lui l'iniziatore. Egli è statosoltanto uno stupidoprezzolato strumento. Siete d'accordo? Nonrappresenta l'ultima parte in questa faccenda nemmeno il modestoPsekov. I calzoni azzurriil turbamentoil dormir sulla stufa dallapaura dopo l'assassiniol'"alibi" e Akulka...

-Macina! Jemeliaè la tua settimana (6)! Secondo voidunquel'assassino è colui che conosceva Akulka? Ehtesta calda! Ilpoppatoio dovreste succhiaree non istruir cause! Voi purecorteggiavate Akulka: allora anche voi siete complice in questafaccenda?

-Anche in casa vostra Akulka è stata un mese come cuocama...io non dico nulla. La notte avanti quella domenica giocai con voi acarte e vi vidialtrimenti mi sarei attaccato anche a voi. Lafaccenda"bàtenkca"non sta nella donna. Lafaccenda sta in un sentimento vigliacchettosudicettobruttino...Al modesto giovanotto dispiacquevedeteche non fosse stato lui adaver la meglio. L'amor propriovedete... Gli venne voglia divendicarsi. Poi... Le sue grosse labbra parlano fortemente della suasensualità. Ricordate che schiocchi faceva con le labbraquando paragonava Akulka a Nanà? Che luiil farabuttoardadi passione è indubitabile! E così: amor proprio offesoe passione inappagata. Ce n'è a sufficienza per commettere unassassinio. Due sono nelle nostre mani; ma chi è il terzo?Nikolaska e Psekov lo tenevano. Ma chi l'ha soffocato? Psekov ètimidoimpacciatoin generale è un vile. I Nikolaska poi nonsanno soffocar con un guanciale; essi agiscono con la scurecoldorso della scure... L'ha soffocato un qualche terzoma chi e?

Diukovskisi calcò il cappello sugli occhi e si mise a pensare. Eglitacque fino a che il sarabachino non s'accostò alla casa delgiudice istruttore.

-"Eureka"! (7) - disseentrando nella casetta e togliendosiil pastrano. - EurekaNikolài Jermolaic'! Non so soltantocome ciò non mi sia venuto in mente prima. Sapete chi èil terzo?

-Lasciateper favore! Eccola cena è pronta! Sedete e cenate!

Ilgiudice istruttore e Diukovski si misero a cena. Diukovski si versòun bicchierino di vodkasi sollevòsi protese econ gliocchi sfavillantidisse:

-Allora sappiate che il terzo che ha agito di concerto col furfantePsekov e l'ha soffocato è stato una donna! Sissignore! Parlodella sorella dell'uccisodi Maria Ivànovna!

ACiubikòv la vodka andò per traverso ed egli fissògli occhi su Diukovski.

-Voi... non siete un po'...? La vostra testa... non è unpo'...? Non vi duole?

-Io sto benone. Va benesarò impazzitoma come spiegate voiil suo turbamento al nostro apparire? Come spiegate la sua riluttanzaa farci dichiarazioni? Ammettiamo che queste sian bazzecole: stabene!

d'accordo!allora ricordatevi dei loro rapporti. Lei odiava suo fratello! Lei èuna vecchia credente (8)lui era un dissolutoun ateo... Ecco doves'annida l'odio! Dicono ch'egli fosse riuscito a convincerla d'esserelui un angelo di satana. In sua presenza s'occupava di spiritismo!

-Be'e che c'è?

-Non capite? Leivecchia credentel'ha ucciso per fanatismo! Nonchéaver soppresso la mala erbaun dissolutoha liberato il mondodall'anticristoe in ciòella pensaè il suo meritola sua grande impresa religiosa! Ohvoi non conoscete queste vecchiezitelle e vecchie credenti! Leggete un po' Dostoievski! E quel chescrivono LeskovPecerski! (9)... E' leiè leianche sem'ammazzaste! Lei l'ha soffocato! Ohperfida donna! Forse che nonstava presso le iconequando noi entrammosolo per stornare inostri sguardi? Come a dire: eccomi metto lì a pregareeloro penseranno che io son tranquillache non li aspetto! E' ilmetodo di tutti i criminali novellini. ColombelloNikolàiJermolaic'! Diletto mio! Affidate a me questa faccenda! Lasciate cheio personalmente la conduca a termine!

Miocaro! Io l'ho cominciatae io la condurrò a termine.

Ciubikòvtentennò il capo e si accigliò.

-Sappiamo anche noi decifrare le faccende difficili- disse. - E nonè affar vostro impicciarvi dove non tocca. Scrivete sottodettaturaquando vi si detta: ecco il vostro compito!

Diukovskis'infiammòsbatté la porta e uscì.

-Testa finail briccone! - borbotta Ciubikòvseguendolo conlo sguardo.-Gra-an testa fina! E' soltanto focoso a sproposito.

Bisogneràcomprare alla fiera un portasigari per fargliene un presente...

Lamattina del giorno dopo fu condotto al giudice istruttore daKliausovka un ragazzotto di campagna dalla testa grossa e il labbroleporino chequalificatosi il pastore Danilkafeceun'interessantissima deposizione. - Avevo bevuto- disse. - Fino amezzanotte ero stato dalla comare. Andando a casaubriaco com'eroentrai nel fiume per bagnarmi. Mi bagno... e che vedo? Vanno lungo ladiga due uomini e portano qualcosa di nero. «Olà!»gridai loro.

Quellisi presero paura e a tutte gambe via verso gli orti di Makàrievo.Che Dio mi fulminise non trascinavano il padrone!

Inquello stesso giorno verso sera Psekov e Nikolaska furono arrestati einviati sotto scorta al capoluogo del distretto. In cittàfuron messi in carcere.


Trascorserododici giorni.

Eramattina. Il giudice istruttore Nikolài Jermolaic' stava sedutoin casa davanti a una tavola coperta di panno verde e sfogliava lapratica «di Kliausov»; Diukovski inquietocome un lupoin gabbiacamminava da un angolo all'altro.

-Voi siete convinto della colpevolezza di Nikolaska e di Psekov- eglidicevastiracchiando nervosamente la sua giovane barbetta. - Maperché non volete convincervi della colpevolezza di MariaIvànovna?

Aveteforse pochi indizi?

-Io non dico di non essere convinto. Sono convinto main certo qualmodonon posso credere... Indizi veri non ce ne sonoma ètutta non so che filosofia... Il fanatismoe questo e quello...

-Ma a voi bisogna assolutamente presentare una scuredelle lenzuolainsanguinate!... O giuristi! Allora io vi farò vedere! Voi lasmetterete di trattare con tanta noncuranza il lato psicologico dellafaccenda! La vostra Maria Ivànovna dovrà andare inSiberia! Lo proverò! Se la filosofia non vi bastaio hoqualcosa di materiale.

Essovi mostrerà quanto è giusta la mia filosofia!Lasciatemi soltanto fare un giretto.

-A che proposito questo?

-A proposito del fiammifero svedese... L'avete dimenticato? Io invecenon l'ho dimenticato.Saprò chi l'accese nella stanzadell'assassinato! Non l'accese Nikolaskané Psekovpresso iquali nella perquisizione non si trovarono fiammiferima un terzocioè Maria Ivànovna. E lo proverò!... Lasciatesolo che faccia un giro per il distrettoche m'informi...

-Be'd'accordosedete... Lasciatemi fare un interrogatorio.

Diukovskisedette a un tavolino e ficcò il suo lungo naso nelle carte.

-S'introduca Nikolài Tetiochov! - gridò il giudiceistruttore.

IntrodusseroNikolaska. Nikolaska era pallido e magro come un truciolo. Tremava.

-Tetiochov! - comincia Ciubikòv. - Nel 1879 voi foste giudicatodal giudice del primo mandamento per furto e condannato a penacarceraria. Nel 1882 foste giudicato una seconda volta per furto eper la seconda volta andaste in carcere... A noi tutto ènoto...

Sulviso di Nikolaska si dipinse la meraviglia. L'onniscienza del giudiceistruttore l'aveva sbalordito. Ma ben presto la meraviglia fusostituita da un'espressione di supremo dolore. Egli si mise asinghiozzare e chiese il permesso di andare a lavarsi e calmarsi. Locondussero fuori.

-S'introduca Psekov! - ordinò il giudice.

IntrodusseroPsekov. Il giovanotto negli ultimi giorni si era fortemente mutato inviso. S'era fatto magropallido e affilato. Nei suoi occhi sileggeva l'apatia.

-SedetePsekov- disse Ciubikòv. - Spero che questa voltasarete ragionevole e non starete a mentirecome le altre volte. Intutti questi giorni avete negato la vostra partecipazioneall'assassinio di Kliausovnonostante tutta la massa d'indizi cheparlano contro di voi. Ciò è irragionevole. Laconfessione allevia la colpa. Oggi discorro con voi per l'ultimavolta. Se oggi non confesseretedomani sarà troppo tardi. Suvianarrateci...

-Io non so nulla... E i vostri indizi non li conosco- bisbigliòPsekov.

-Avete torto! Be'allora permettete a me di narrarvi come fu la cosa.Il sabato sera voi vi tratteneste nella camera di Kliausov e bevestecon lui vodka e birra. - (Diukovski affondò il suo sguardo nelviso di Psekov e non ne lo distolse per tutta la durata delmonologo).-Vi serviva Nikolài. Verso l'una Mark Ivànovic'vi espresse il suo desiderio di coricarsi. Verso l'una si coricavasempre. Mentre si cavava gli stivali e v'impartiva gli ordini perl'aziendavoi e Nikolàia un segno datoafferraste ilpadrone alticcio e lo rovesciaste sul letto. Uno di voi gli sedettesulle gambel'altro sulla testa. In questo momento entròdall'andito la donna a voi notavestita di neroche in precedenzas'era accordata con voi circa la sua partecipazione a quest'azionecriminosa. Ella afferrò il guanciale e prese a soffocarlo.Durante la lotta si spense la candela. La donna tirò fuori ditasca una scatoletta di fiammiferi svedesi e riaccese la candela. Nonè così? Io vedo dalla vostra faccia che sto dicendo laverità. Ma poi... Dopo averlo soffocato ed esservi convintiche non respirava piùvoi e Nikolài lo trascinastefuori attraverso la finestra e lo posaste vicino alla bardana.Temendo che non si riavesselo colpiste con qualcosa di tagliente.Quindi lo portaste via e lo posaste per un certo tempo sotto ilcespuglio di lilla. Dopo esservi riposati e aver riflettutoloportaste fuori...

Lofaceste passare attraverso la siepe... Poi seguiste la strada...

Piùin là viene la diga. Vicino alla diga vi spaventa un certocontadino. Ma che avete?

Psekovpallido come un cenciosi solleva e barcollò. - Soffoco! -disse. - Bene... e sia... Ma io esco fuori... per favore.

Psekovfu condotto fuori.

-Ha pur confessato infine! - e Ciubikòv si stiròdolcemente. S'è tradito! Come l'ho fatto cascare abilmenteperò! L'ho tempestato addirittura...

-E la donna vestita di nero non la nega! - si mise a ridere Diukovski.- Mi tormenta però enormemente il fiammifero svedese! Nonposso pazientare più a lungo!

Diukovskisi mise il berretto e partì. Ciubikòv cominciò ainterrogare Akulka. Akulka dichiarò di non saper nulla dinulla...

-Io son vissuta soltanto con voie con nessun altro! - Disse.

Versole sei di sera tornò Diukovski. Era agitato come non mai. Lesue mani tremavano a tal punto che non era in grado di sbottonare ilpastrano. Le sue guance ardevano. Si vedeva ch'era tornato non senzanovità.

-"Venividivici"! (10) - dissepiombando nella stanza diCiubikòv e lasciandosi cadere in una poltrona. - Vi giuro sulmio onore che comincio a credere nella mia genialità!Ascoltateche il diavolo ci porti! Ascoltate e meravigliatevivecchio mio! E' una cosa buffa e triste! Nelle nostre mani ce ne sonogià tre... non è così? Io ho trovato il quartoopiù esattamentela quartapoiché anche questa èuna donna! E che donna! Solo per poterle toccare le spalle dareidieci anni della mia vita! Ma... ascoltate... Sono andato aKliausovka e mi son messo a descriverle intorno una spirale. Hovisitato in cammino tutte le botteguccele bettolele cantinechiedendo dappertutto dei fiammiferi svedesi. Dappertutto mi dicevano«no». Ho scarrozzato fino a questo momento. Venti volteperdetti la speranza e altrettante volte la riacquistai. Hogironzolato tutto il giorno e solo un'ora fa mi sono imbattuto in ciòche cercavo. A tre verste da qui. Mi danno un pacchetto di dieciscatolette. Una sola scatola manca... Subito: «Chi ha compratoquesta scatola?». «La tale... Le eran piaciuti... fannoun sibilo». Colombello mio! Nikolài Jermolaic'! Quel chepuò fare a volte un uomo che fu cacciato di seminario e haletto e riletto Gaboriau (11) la mente non lo può concepire! Adatare da oggi comincio a stimarmi!... Ufff!... Be'andiamo!

-E dove?

-Da leidalla quarta... E' necessario affrettarsialtrimenti...

altrimentiio brucerò dall'impazienza! Sapete chi è? Nonindovinerete!

E'la giovane moglie del nostro commissario di polizia ruraleilvecchione Jevgràf Kuzmic'Olga Petrovna: ecco chi è!Fu lei a comprare quella scatola di fiammiferi!

-Voi... tu... voi... sei impazzito?

-E' comprensibilissimo! In primo luogofuma. Secondariamenteèinnamorata fin sopra i capelli di Kliausov. Lui aveva respinto il suoamore per un'Akulka qualunque. Vendetta. Adesso rammento di averlisorpresi una volta in cucina dietro il paravento. Lei gli faceva deigiuramentie lui fumava la sigaretta di lei e gliene mandava il fumosul viso. Andiamo però... In frettaché già sifa buio... Andiamo!

-Io non sono ancora impazzito al punto di andareper un qualcheragazzettoa incomodare di notte una donna distinta e onesta!

-Distintaonesta... Dopo di ciò siete un cencio voi e non ungiudice istruttore! Non mi ero mai preso la libertà disgridarvima adesso mi ci costringete! Un cencio! Un parruccone! SuviacaroNikolài Jermolaic'! Ve ne prego!

Ilgiudice istruttore scosse la mano e sputò.

-Vi prego! Vi prego non per mema nell'interesse della giustizia! Visupplicoinfine! Fatemi un favore almeno una volta nella vita!

Diukovskis'inginocchiò.

-Nikolài Jermolaic'! Su viasiate così buono!Chiamatemi farabuttobuono a nullase m'inganno riguardo a quelladonna! Che processosapete! Che processo! Un romanzoe non unprocesso! La fama ne andrà per tutta la Russia! Vi farannogiudice istruttore per cause di speciale importanza! Capitelavecchio irragionevole!

Ilgiudice aggrottò le ciglia eirresolutotese la mano alcappello.

-Be' che il diavolo ti porti! - disse. - Andiamo.

Eragià scuroquando il sarabachino del giudice istruttores'accostò al terrazzo del commissario rurale.

-Che porci siam noi! - disse Ciubikòvafferrando il cordonedel campanello. - Disturbiamo la gente.

-Non fa nullanon fa nulla... Non intimiditevi.. Diremo che ci èsaltata una molla.

Ciubikòve Diukovski li accolse sulla soglia una donna altapinguedi forseventitré annidai sopraccigli neri come la pece e le labbracarnoserosse. Era Olga Petrovna in persona.

-Ah... molto piacere! - ella dissesorridendo con tutto il viso.

-Siete arrivati proprio in tempo per la cena. Il mio JevgràfKuzmìc' non è in casa... S'è trattenuto dal pop(12)... Ma noi faremo anche senza di lui... Sedete! Venite daun'inchiesta?...

-Sì... Ci è saltata una mollasapete- cominciòCiubikòventrando in salotto e accomodandosi in una poltrona.

-Sbalorditela... di colpo! - gli bisbigliò Diukovski.

-Una molla... Mm... sì... E difilato siam venuti qua.

-Sbalorditelavi si dice! Indovineràse la tirerete in lungo!

-Be'allora fa' tu come saie me dispensami! - borbottòCiubikòvalzandosi e andando verso la finestra. - Non posso!Tu hai cucinato questo pasticcioe tu pappatelo!

-Si una molla... - cominciò Diukovskiavvicinandosi allamoglie del commissario e raggrinzando il suo lungo naso. - Siamovenuti non già... e-e-e.. per cenarené per trovareJevgràf Kuzmìc'. Siamo venuti per domandarviegregiasignoradove si trova Mark Ivànovic' che voi avete ucciso.

-Che cosa? Che Mark Ivanic? - balbettò la moglie delcommissarioe il suo largo viso d'un trattoin un attimos'inondòdi una tinta vermiglia. - Io... non capisco.

-Ve lo domando in nome della legge! Dov'è Kliausov?

-Per mezzo di chi? - domandò piano la signoranon reggendoallo sguardo di Diukovski.

-Vogliate indicarci dov'è!

-Ma da chi avete saputo? Chi vi ha raccontato?

-A noi tutto è noto! Lo esigo in nome della legge.

Ilgiudice istruttorerinfrancato dall'imbarazzo della moglie delcommissarios'avvicinò a lei e disse:

-Indicatecelo e ce ne andremo. Altrimenti noi...

-Ma che bisogno avete di lui?

-A che scopo queste domandesignora? Vi preghiamo d'indicarcelo! Voitrematesiete turbata... Sìlui è stato ucciso esevoleteucciso da voi! I complici vi hanno tradita!

Lamoglie del commissario impallidì.

-Andiamo- ella disse pianotorcendosi le mani. - E' nascosto da menel bagno. Soltantoper amor di Dionon ditelo a mio marito!

Vene supplico! Non ci reggerebbe.

Lasignora tolse dal muro una grossa chiave e condusse i suoivisitatoriattraverso la cucina e l'anditoin cortile. In cortileera buio. Piovigginava. La moglie del commissario andò avanti.

Ciubikòve Diukovski si avviarono dietro a lei per l'erba altarespirando gliodori della canapa selvatica e delle rigovernature che sciaguattavanosotto i loro piedi. Il cortile era grande. Ben presto finirono lerigovernature e i piedi sentirono sotto di sé la terracoltivata. Nell'oscurità apparvero i contorni di alberi efragli alberiuna piccola casetta dal fumaiuolo storto.

-E' il bagno- disse la moglie del commissario.-Ma vi supplicononditelo a nessuno!

Accostatisial bagnoCiubikòv e Diukovski videro sulla porta un enormelucchetto che pendeva.

-Preparate un pezzo di candela e dei fiammiferi! -bisbigliò ilgiudice istruttore al suo aiutante.

Lamoglie del commissario aprì il lucchetto e fece entrare ivisitatori nel bagno. Diukovski sfregò un fiammifero eilluminò l'entrata del bagno. In mezzo all'entrata stava unatavola. Sopra la tavolaaccanto a un piccolo samovàrpanciutelloc'erano una zuppiera con minestra di cavoli raffreddatae un piatto coi resti d'un qualche intingolo.

-Più avanti!

Entrarononella stanza seguenteil bagno. Là pure c'era una tavola.

Sullatavola un gran piatto con prosciuttouna damigianetta di vodkapiatticoltelliforchette.

-Ma dov'è dunque... lui? Dov'è l'ucciso? - domandòil giudice istruttore.

-E' sul palco di sopra! - bisbigliò la moglie del commissariotuttora pallida e tremante.

Diukovskiprese in mano il moccolo e s'arrampicò sul palco superiore.

Làvide un lungo corpo umano che giaceva immobile sopra una granmaterassa di piume. Il corpo emetteva un lieve ronfio...

-Ci prendono in giroche il diavolo mi porti! - gridòDiukovski.

-Non è lui! Qui è disteso non so che tanghero vivo. Ehichi sieteche il diavolo vi porti?

Ilcorpo inspirò l'aria con un fischio e si mosse Diukovski lourtò col gomito. Quello levò in alto le manisi stiròe alzò il capo.

-Chi viene a ficcarsi qui? - domandò una voce arrochitagrevedi basso. - Che ti occorre?

Diukovskiportò il moccolo al viso dello sconosciuto e mandò ungrido.

Nelnaso porporinonei capelli arruffatispettinatinei baffi nericome pecedei quali uno solo era baldanzosamente arricciato eguardava con insolenza il soffittoaveva riconosciuto il cornettaKliausov.

-Voi... Mark... Ivanic'?! Non è possibile!

Ilgiudice istruttore gettò un'occhiata in alto e tramortì...

-Son iosì... E siete voiDiukovski! Che diavolo v'occorrequi? E là in bassoche altro muso c'è? Padri mieiilgiudice istruttore!

Qualbuon vento?

Kliausovscese giù di corsa e abbracciò Ciubikòv. OlgaPetrovna guizzò dietro la porta.

-Per quale vicenda? Berremoche il diavolo mi porti! Tra-ta-ti-to-tom... Berremo! Chi v'ha condotti qua però? Di dove avetesaputo ch'ero qui? Del restofa lo stesso! Berremo!

Kliausovaccese una lampada e mescé tre bicchierini di vodka.

-Cioèio non ti capisco- disse il giudice istruttoreallargando le braccia. - Sei tu o non sei tu?

-Smettila... Vuoi farmi la morale? Non darti la briga! GiovincelloDiukovskivuota il tuo bicchierino! Trascorriam dunqueami-ciquesta... Perché guardate? Bevete!

-Tuttavia non posso capire-disse il giudice istruttoretracannandomacchinalmente la vodka. - Perché sei qui?

-E perché non dovrei esser quise qui mi trovo bene?

Kliausovbevve e mangiò un po' di salame.

-Abito presso la moglie del commissariocome vedi. In un recessofrale selvecome uno spirito folletto qualunque. Bevi! Mi venne pietàdi leifratello! M'impietosiisìe vivo quiin un bagnoabbandonatoda eremita... Mi rimpinzo. Nella prossima settimanapenso d'alzare i tacchi... Ormai m'è venuto a noia...

-Inconcepibile! - disse Diukovski.

-Ma che c'è qui d'inconcepibile?

-Inconcepibile! Per amor di Diocome capitò in giardino ilvostro stivale?

-Che stivale?

-Abbiamo trovato uno stivale in camerae l'altro in giardino. - E ache scopo volete saper questo? Non è affar vostro... Mabevetesuche il diavolo vi porti. M'avete svegliatodunquebevete! E' una storia interessantefratelloquella dello stivale.Non volevo venire da Olia (13) Non ero in venasaiavevo alzato ilgomito... Lei arriva sotto la finestra e comincia a ingiuriare... Saicome sono le donne... in generale... Ioda ubriacosenz'altro letiro uno stivale... Ah-ah!... Non ingiuriaredico. Lei s'arrampicòper la finestraaccese la lampadae avanti a cazzottarmiubriacocom'ero.

Mene diede un saccomi trascinò qua e mi rinchiuse. Adesso mirimpinzo... Amore vodka e antipasti! Ma dove andate? Ciubikòvdove vai?

Ilgiudice istruttore sputò e uscì dal bagno. Dietro aluia testa bassauscì Diukovski. Entrambi salirono insilenzio sul sarabachino e partirono. Mai in altro momento la stradaera parsa loro così noiosa e lunga come quella volta. Entrambistavan zitti. Ciubikòv per tutta la strada tremò dallarabbiae Diukovski nascondeva la sua faccia nel baverocome temendoche il buio e la pioggia che cadeva minuta non gli leggessero lavergogna in viso.

Giuntoa casail giudice istruttore trovò là il dottorTiutiuev. Il dottore era seduto accanto alla tavola e sospirandoprofondamentesfogliava la "Niva" (14).

-Ma quali cose avvengono al mondo! - diss'egliaccogliendo il giudicecon un malinconico sorriso. - Di nuovo quell'Austria!... E ancheGladstone (15) in certo qual modo...

Ciubikòvbuttò il cappello sotto la tavola e si scrollò.

-Scheletro del diavolo! Non mi seccare! Mille volte t'ho detto di nonseccarmi con la tua politica! Non s'ha la testa alla politica qui! Ea te- si rivolse Ciubikòv a Diukovskiscotendo il pugno-e a te... per tutti i secoli del secoli non dimenticherò!

-Ma... e il fiammifero svedese! Potevo io sapere?

-Strozzati col tuo fiammifero! Vattene e non irritarmise no di te losa il diavolo quel che farò! Non metter più piede qui!

Diukovskisospiròprese il cappello e uscì.

-Andrò a berci su! - stabilìuscito dal portonee sitrascinò tristemente in trattoria.

Lamoglie del commissariogiunta dal bagno in casatrovò ilmarito in salotto.

-Perché è venuto il giudice istruttore? - domandòil marito.

-E' venuto a dire che Kliausov l'hanno trovato. Figurati che l'hannotrovato presso la moglie d un altro!

EhMark Ivanic'Mark Ivanic'! - sospirò il commissario dipolizia ruralelevando gli occhi in alto.-Te lo dicevo che illibertinaggio non mena a nulla di buono. Te lo dicevo: non hai datoascolto!




NOTE:


1)Più precisamentepersone del luogo prese con sé dallapolizia come testimoniper le constatazioni di rito.

2)Titolo che competeva ai gradi sestosettimo e ottavo (contandodall'alto) della gerarchia burocratica russa.

3)La famosa eroina dell'omonimo romanzo di Emilio Zola (1879).

4)Così nel testo.

5)Non c'è da dubitare (in latino).

6)Cioè il tuo turno di macinare al mulinoProverbio che sipotrebbe tradurre liberamente: mena la lingua a piacer tuo!

7)Così nel testo russo: è la notissima parola greca chevale:

«Hotrovato!» e che si attribuisce ad Archimede. Questi l'avrebbegridata quandostando nel bagnoaveva improvvisamente intravisto lasoluzione di un fondamentale problema d'idrostatica.

8)«Vecchi credenti» si chiamarono i russi chenon avendoaccettato la correzione dei libri sacri e le altre riforme liturgicheoperate dal patriarca Niconefurono esclusi dalla Chiesa ufficialenel grande concilio del 1666-1667 e diedero poi origine a numerosesette dissidenti ein parteeretiche. Si distinguevanoin generaleper un forte sentimento religioso e spesso anche per bigotteria efanatismo.

9)Numerosi tipi di «vecchi credenti» sono descritti neiloro romanzi da Nicola Leskòv (1831-1895) e daMèlnikov-Pecerski (1819- 1883)due scrittori russi che moltos'interessarono al detto grande scismao "raskòl"e ai dissidenti religiosio "raskòniki".

10)Vennividivinsi! (in latino): il celebre motto con cui Cesareannunciò la sua pronta vittoria su Farnace presso Zela nelPonto.

11)Emilio Gaboriau (1835-1873): il popolare e fecondo autore francese diromanzi polizieschi che ebbero dappertutto gran voga dopo che i suoiprecedenti scritti -romanzi novelle eccetera -erano passatiinosservati.

12)Il prete ortodosso.

13)Forma diminutiva e familiare di Olga.

14)«Il seminato »: popolare e diffusissima rivistaletteraria del tempo.

15)William Gladstone (1809-1898): Il grande statista inglese.




L'ARTE


Unfosco mattino invernale.

Sullaliscia e brillante superficie del fiumicello Bistriankaqua e làcosparsa di nevestanno due contadini: il tozzo Serioska e ilguardiano della chiesa Matvéi. Serioskaun giovane suitrent'annidalle gambe cortelacerotutto spelatoguarda irritatoil ghiaccio.

Dallasua pelliccetta corta logoracome da un cane che mutipendonociuffi di peli. Nelle mani tiene un compassofatto di due lungheaste. Matvéiun vecchio di bell'aspettoin pelliccia nuovadi pecora e scarpe di feltroguarda coi miti occhi azzurrini in sulà dovesull'alta riva in dolce pendioèpittorescamente appollaiato il villaggio. In mano ha un pesantepaldiferro.

-E chestaremo così fino a seraa braccia conserte? -interrompe il silenzio Serioskavolgendo i suoi occhi irritati suMatvéi.- Sei venuto qua per star fermovecchio diavoloo perlavorare?

-Allora tu... fa' vedere... - borbotta Matvéibattendo gliocchi mansueto.

-Fa' vedere... Sempre io: io devo far vedereio devo fare. Loro nonhan testa! Misurare col compassoecco quel che bisogna! Senz'avermisuratonon si può rompere il ghiaccio. Misura! Prendi ilcompasso!

Matvéiprende dalle mani di Serioska il compasso e senza destrezzascalpicciando allo stesso punto e dando di gomiti in tutte ledirezionicomincia a tracciare sul ghiaccio una circonferenza.

Serioskastrizza gli occhi sprezzante e visibilmente gode del suo fareimpacciato e della sua ignoranza.

-E-e-eh! - si adira. - Anche questo non lo puoi fare! E' detto:

uncontadino scioccouno zoticone! Devi pascolare le oche tue nonfare il Giordano (1)! Da' qua il compasso! Da' quati dico!

Serioskastrappa dalle mani del sudato Matvèi il compasso e in unattimogirando con bravura su un sol taccotraccia sul ghiaccio lacirconferenza. I confini del futuro Giordano sono ormai pronti;adesso resta solo da spezzare il ghiaccio...

Maprima di procedere al lavoroSerioska a lungo ancora fa ildifficilefa capriccirinfaccia:

-Io non sono obbligato a lavorare per voi! Tu sei addetto alla chiesae tu fa'!

Egligode visibilmente della condizione privilegiata in cui l'ha posto orail destinoche gli ha concesso una rara attitudine: meravigliare unavolta all'anno il mondo intero con la sua arte. Al poveromiteMatvéi tocca ascoltar da lui molte velenosesprezzantiparole.

Serioskasi mette al lavoro con dispettocon rabbia. E' svogliato.

Nonha fatto in tempo a tracciar la circonferenza che già si senteattirato sunel villaggioa bere il tèa gironzolareamenar la lingua.

-Io verrò subito... - dicemettendosi a fumare. - E tu quiintanto invece di startene così a contar le cornacchiedovresti portar qualcosa per sederci sue spazzare.

Matvéiresta solo. L'aria è grigia e rigidama calma. Di dietro leisbe sparpagliate sulla riva occhieggia affabilmente la chiesabianca.

Intornoalle sue croci dorate volteggiano senza posa le gracchie. In dispartedal villaggiodove la riva si fa scoscesa e ripidaproprio sopral'ertaun cavallo impastoiato sta immobilecome di pietra:

probabilmentedormeo s'è messo a pensare.

AncheMatvéi sta immobilecome una statuae attende paziente.

L'aspettopensosamente assonnato del fiumeil volteggiar delle gracchie e ilcavallo gl'infondono sonnolenza. Passa un'oraun'altrae Serioskanon c'e ancora. Da un pezzo ormai il fiume è spazzato ed èstata portata una cassaper sedercima l'ubriacone non si favedere.

Matvéiaspetta e sbadiglia soltantotratto tratto. Il senso della noia gliè ignoto. Se gli ordineranno di star sul fiume un giornounmeseun annolui ci starà.

InfineSerioska spunta di dietro le isbe. Cammina dondoloniposando appenai piedi. Di camminare a lungo non ha vogliae non scende per lastradama sceglie il cammino più brevedall'alto al basso inlinea rettae intanto affonda nella neves'impiglia negli arbustistriscia sul dorsoe tutto ciò lentamentecon pause.

-Ma tu che fai? - si scaglia contro Matvéi. - Perchéstai in ozio? Quando dunque s'ha da spezzare il ghiaccio?

Matvéisi segnaprende con le due mani il paldiferro e comincia a frangereil ghiaccioseguendo rigorosamente la circonferenza tracciata.Serioska si mette a sedere sulla cassa e osserva i pesantigoffimovimenti del suo aiutante.

-Più leggermente ai margini! Più leggermente! - comanda.- Se non sainon ti ci metterema se ti sei messofa'! Ohi tu!

Inalto si raduna una folla. Serioskaalla vista degli spettatorisiagita anche più!

-Prendo su e smetto di farlo... - dice egliaccendendo una sigarettapuzzolente e sputacchiando. - Vedrò come farete qui senza dime. L'anno scorso a Kostiùkovo Stiopka Gulkòvs'incaricò di costruire il Giordano alla mia maniera. E che?Riuscì una cosa tutta da ridere. Quelli di Kostiùkovostessi vennero da noi: un visibilio di gente! Da tutti i villaggi neaccorse.

-Perché in nessun postotranne che da noic'è un veroGiordano...

-Lavoranon c'è tempo di discorrere... Sìnonno... Intutta la provincia non troverai un altro Giordano così. Isoldati dicono che hai un bel cercareperfino nelle città èpeggio. Più leggeropiù leggero!

Matvéigeme e soffia. Non è un lavoro facile. Il ghiaccio èduro e profondo; è necessario scheggiarlo e subito portar viai pezzi in dispartelontanoper non ingombrare lo spiazzo.

Maper quanto sia greve il lavoroper quanto sia insensato il comandodi Serioskaverso le tre del pomeriggio già nereggia nellaBistrianka un gran cerchio d'acqua.

-L'anno scorso era migliore. - si arrabbia Serioska - Neppur questohai potuto fare! Ehtestona! E si tengon simili sciocchi presso iltempio di Dio! Va'porta qui un'asse per fare i pioletti!

Portail cerchiocornacchia! Ahsì... prendi in qualche posto delpane... dei cetrioliniche so.

Matvéise ne va epoco dopoarriva portando sulle spalle un enorme cerchiodi legnodipinto già negli anni precedenticon fregi di varicolori. Nel centro del cerchio è una croce rossalungo imargini dei buchi per i piuoli. Serioska prende questo cerchio echiude con esso la buca scavata.

-Esattamente... s'adatta... Rinnoveremo soltanto la tinta e di primaqualità... Be'perché stai fermo? Fa' il leggio!Oppure... va' e porta le traviper far la croce...

Matvéiche dal mattino non ha mangiato né bevuto nullatorna atrascinarsi su. Per quanto pigro sia Serioskai pioletti li fa dasédi propria mano. Egli sa che questi pioletti possiedonouna virtù miracolosa: quello a cui toccherà un piolettodopo la benedizione delle acque sarà felice per tuttal'annata. Sarebbe ingrato un simile lavoro?

Mail lavoro più serio comincia col giorno seguente. Qui Serioskasi rivela all'ignorante Matvéi in tutta la grandezza del suoingegno. Il suo chiacchierioi suoi rinfaccicapricci e ghiribizzinon han fine.

Matvéimette assieme con due grosse travi un'alta crocelui non ècontento e ordina di rifarla. Se Matvéi sta fermoSerioskadomanda adirato perché non va via; se vagli grida che nonvadama lavori.

Nonlo soddisfano né gli strumentiné il temponéla propria capacità; nulla gli garba.

Matvéisega un grosso pezzo di ghiaccio per il leggio.

-Perché gli hai rotto un angoletto? - grida Serioska e glisbarra gli occhi addosso rabbiosamente. - Perchéti domandohai rotto un angoletto?

-Perdonamiper amor di Cristo.

-Fallo daccapo!

Matvéisega di nuovo... e le sue pene non han fine! Vicino alla buca copertacol cerchio dipinto deve stare il leggio; sul leggio bisognamodellare una croce e un vangelo aperto. Ma questo non ètutto. Dietro il leggio starà l'alta crocevisibile a tuttala folla e sfavillante al solecome cosparsa di diamanti e rubini.Sulla croce una colomba modellata nel ghiaccio. Il cammino dallachiesa al Giordano sarà coperto di fronde d'abete e diginepro. Tale è il compito.

Innanzitutto Serioska si applica al leggio. Egli lavora con raspascalpelloe lesina. La croce sul leggioil vangelo e la stola che scende dalleggio gli riescono appieno. Quindi passa alla colomba.

Mentr'eglisi sforza di improntare la testa della colomba a mansuetudine eumiltàMatvéirigirandosi come un orsorifinisce lacroce costruita con travi. Egli prende la croce e l'immerge nellabuca. Dopo aver atteso che l'acqua sopra la croce sia gelatal'immerge un'altra voltae così fino a che le travi non sisian coperte d'uno spesso strato di ghiaccio. E' un lavoro nonfacileche esige esuberanza di forze e pazienza.

Maeccoil fine lavoro è terminato. Serioska corre per ilvillaggio come un ossesso. Incespicaimprecagiura che or ora andràsul fiume e farà a pezzi tutto il lavoro. Gli è che vacercando le tinte adatte.

Lesue tasche son piene d'ocradi turchinodi minio di verderame;senz'aver pagato nemmeno una copecaegli corre a precipizio fuori dauna bottega e corre in un'altra. Dalla bottega in un salto èalla bettola. Qui beveagita la mano esenz'aver pagatovolaoltre. In una isba prende delle barbabietolein un'altra delle buccedi bulbicoi quali fa una tinta gialla. Egli imprecadàurtoniminaccia e...

almenoun'anima viva gli mostrasse i denti! Tutti gli sorridonogli hansimpatiagli danno del Serghéi Nikitic' (2)tutti sentonoche l'arte non è una faccenda sua personalema di tuttidelpopolo. Uno fai rimanenti l'aiutano. Serioska di per sé èuna nullità un pigraccioun beone e uno sciuponemaquand'egli ha in mano il minio o il compassoallora èqualcosa di superioreè il servo di Dio.

Spuntail mattino dell'Epifania. Il recinto della chiesa e le due sponde perun vasto spazio brulicano di gente. Tutto ciò che costituisceil Giordano è accuratamente nascosto sotto stuoie nuove.

Serioskapasseggia quieto vicino alle stuoie e si sforza di reprimere la suaagitazione. Egli vede migliaia di persone: ce ne sono molte anche dialtre parrocchie; tutta quella gente ha percorso col gelonellanevea piedinon poche verstesoltanto per vedere il suo famosoGiordano. Matvéiche ha terminato la sua facchinescaorsinafaticaè già di nuovo in chiesa; non lo si vedenonlo si sente; di lui già si sono scordati... Il tempo èmagnifico... In cielo nemmeno una nuvoletta. Il sole splendeaccecante.

Inalto echeggia un suono di campane... Migliaia di teste si scopronosi muovono migliaia di mani: migliaia di segni di croce!

ESerioska non sa dove cacciarsi dall'impazienza. Ma eccoinfinescampanano per il "Gloria"; poimezz'ora doposulcampanile e nella folla si nota una certa agitazione. Dalla chiesaun dietro l'altroportano fuori gli stendardiecheggia un vivaceaffrettato scampanio.

Serioskacon mano tremante tira via le stuoie... e il popolo vede un ched'inconsueto. Leggiocerchio di legnopiuoli e croce sul ghiacciosvariano di migliaia di tinte. La croce e la colomba mandano taliraggi che guardare fa male... Dio misericordiosocom'è bella!

Nellafolla corre un rombo d'ammirazione e d'entusiasmo; lo scampanio si faanche più forteil giorno più luminoso. Gli stendardioscillano e si muovono sopra la follacome sulle onde. Laprocessionerifulgendo per le guarniture (3) delle icone e lepianete del cleroscende lentamente giù per la strada e sidirige verso il Giordano. Si fa cenno con le mani verso il campanileperché lassù smettano di sonaree la benedizione delleacque comincia. Si officia a lungocon lentezzacercandovisibilmente di prolungare la solennità e la gioia dellagenerale pubblica preghiera. Silenzio.

Maeccoimmergono la crocee l'aria risuona di un insolito rombo.

Sparodi fuciliscampanioclamorose espressioni d'entusiasmogrida epigia pigia nella caccia ai pioletti. Serioska tende l'orecchio aquesto rombovede migliaia di occhi a lui rivoltie l'anima delpigraccio si colma d'un senso di gloria e di trionfo.




NOTE:


1)Così era detto il puntoappositamente delimitatodei fiumigelati dove ogni anno. il 6 (18) gennaiocioè il giornodell'Epifaniaaveva luogo la benedizione delle acquecome purel'altare che ivi s'improvvisava.

2)L'uso del nome di battesimo seguito dal patronimiconel rivolgersi auna personao nell'indicarlaè per i russi la forma diriguardoa differenza dell'uso del solo cognome o del nome dibattesimo.

3)Rivestimenti metalliciper lo più d'oro o d'argentocheguarniscono le iconelasciando scoperti solo i volti e le figure delsanti.




SOPPRESSI!


Recentementeal tempo della pienaun possidentel'alfiere a riposo Vìvertovfaceva gli onori di casa al geometra Katavassovpassato a trovarlo.Bevevanomangiavano un boccone e parlavan delle novità.

Katavassovcome cittadinoera informato di tutto: del coleradella guerra eperfin dell'aumento del dazio nella misura di una copeca per grado(1). Egli parlavae Vìvertov ascoltavafaceva degli «ah!»e accoglieva ogni novità con le esclamazioni: «Diteperò! Guarda un po'!

A-a-ah!»...

-E perché oggi siete senza controspallineSemiònAntipic'? - fu curioso di sapere tra l'altro.

Ilgeometra non rispose subito. Tacque un po'vuotò unbicchierino di vodkascosse la mano e allora soltanto disse:

-Soppresse!

-Ve'! A-a-ah!... Io i giornali non li leggo e di questo non so nulla.

Dunqueoggidì l'amministrazione civile non porta più spalline(2)?

Diteperò! Ma ciòsapetein parte è bene: isoldatini non vi confonderanno coi signori ufficiali e non vi farannoil saluto. In parte invece non è bene. Non avete piùquell'aspettoquella prestanza! Non avete più quelladistinzione!

-Be'che farci! - disse il geometra e scosse la mano.L'aspettoesteriore non costituisce la cosa principale. Che tu sia con lespalline o senza spallineè tutt'unopurché ti siaconservata la qualifica. Noi non ne siamo offesi per nulla. Maeccoa voi hanno fatto realmente un tortoPavel Ighnatic'! Possocondolermi.

-Cioècome? - domandò Vìvertov. - Chi mai puòfarmi torto?

-Mi riferisco al fatto che vi hanno soppressi. L'alfierepur essendoun grado modestopur non essendo né carne né pesceèpur sempre un servo della patriaun ufficiale... ha versato il suosangue... Perché sopprimerlo?

-Cioè... scusateio non vi capisco del tutto bene... - prese abalbettare Vìvertovimpallidendo e sgranando gli occhi.- Chimai mi ha soppresso?

-Ma forse che non l'avete sentito? C'è stato un certo decretonel senso che non dovessero più esserci alfieri. Nemmeno unalfiere! Che non se ne sentisse più neanche l'odore! Ma forseche non avete sentito? Tutti gli alfieri in servizio fu ordinato dipromuoverli sottotenentie voiche siete a riposofate come vipiace. Se voletesiate alfierie se non voletenon ènecessario che lo siate.

-Uhm... Chi dunque son io adesso?

-Ma Dio lo sachi siate voi. Adesso siete un nullaun caso dubbiouna cosa eterea! Adesso voi stessi non raccapezzerete più chisiate.

Vìvertovvoleva domandare qualcosama non poté. Sotto la bocca dellostomaco gli venne freddoi ginocchi gli si piegaronola lingua nonsi rigirava. Poiché stava masticando il salamequesto glirimase in boccanon finito di masticare.

-Non hanno agito bene con voiche dire! - disse il geometra esospirò. - Sta bene tuttoma questo provvedimento non possoapprovarlo. Sì che adessopensose ne parlerà neigiornali stranieri! Eh?

-Di nuovo torno a non capire... - articolò Vìvertov. -Se ora non sono più alfierechi sono mai? Nessuno? Uno zero?Dunquese vi capiscoognuno adesso può insolentirmipuòdarmi del tu?

-Questo non lo so. Ma noi adesso ci prendono per conduttori! L'altrogiorno il capo del movimento sulla linea locale va in girosapetenel suo cappotto d'ingegneresenza spalline al modo di oggie nonso che generale gli grida: «Conduttorepartirà prestoil treno?». Si presero per i denti! Uno scandalo! Di ciònei giornali non si può scriverema... è noto a tutti!Non c'è fuoco senza fumo!

Vìvertovsbalordito dalla novitànon beveva e non mangiava più.

Provòuna volta a bere del "kvas" (3) freddoper tornare insentimentoma il "kvas" gli si fermò in gola etornò indietro.

Accompagnatoalla porta il geometrail soppresso alfiere si mise a girare pertutte le stanze e a pensare. Pensòpensò e non venne acapo di nulla. La notte se ne giacque in letto sospirando e del paripensando.

-Ma smettila di far le fusa! - disse la moglie Arina Matvéievnae l'urtò col gomito. - Geme come se stesse per partorire!Fors'anche non è neppur vero. Tu domani fa' una scappata daqualcuno e domanda.

Straccio!

-Giàma quando rimarrai senza qualifica e senza titoloalloraanche a te daranno dello straccio. S'è distesa qui come unabalenae poi:

straccio!Non sei stata tu credoa versare il tuo sangue!

Lamattina del giorno dopoVìvertovche non aveva dormito tuttala notteattaccò il suo sauro chiaro al calesse e andòa prendere informazioni. Aveva risoluto di passare da qualcuno deiviciniese si fosse presentata la necessitàanche dal capodella nobiltà in persona. Attraversando Ipàtievos'incontrò là con l'arciprete Pafnuti Amalikitianski.Il padre arciprete andava dalla chiesa a casa eagitando con ira ilbastonenon faceva che voltarsi verso il sagrestano che lo seguiva eborbottare:

«Masei un bell'imbecillefratello! Guarda che imbecille!».

Vìvertovscese dal calesse e gli s'accostò per ricevere la benedizione.

-Buona festa a voipadre arciprete! - lo salutòbaciandoglila mano. - La messa l'avete officiata?

-Sìla liturgia.

-Così... A ciascuno il suo compito! Voi pascolate il greggespiritualenoi concimiamo la terra nella misura delle nostreforze...

Maperché oggi siete senza decorazioni?

Ilreverendoper tutta rispostasi accigliòscosse la mano eprocedette oltre.

-Gliele hanno vietate! - spiegò il sagrestano in un bisbiglio.

Vìvertovaccompagnò con gli occhi l'arciprete che camminava irritatoeil cuore gli si strinse per un amaro presentimento: la comunicazionefattagli dal geometra pareva ora prossima al vero!

Innanzitutto passò dal vicinomaggiore Izitsae quando il suocalesse entrò nel cortile del maggioreegli vide questoquadro.

Izitsain veste da camera e fez turco stava in mezzo al cortilepestava ipiedi con ira e agitava le braccia. Dinanzi a lui il cocchiere Filkaconduceva avanti e indietro un cavallo zoppicante.

-Farabutto!- si scaldava il maggiore. - Furfante! Canaglia!

Impiccartisarebbe pocomaledetto! Afgano! Ahi miei rispetti! - disseavendoscorto Vìvertov. - Lietissimo di vedervi. Come vi piacequesto? E' già una settimana che ha scorticato una zampa alcavallo e sta zittofurfante! Nemmeno una parola! Se non ci avessibadato io stessouno zoccolo sarebbe andato al diavolo! Eh? Cherazza di gente? E non picchiarlo sul muso? Non picchiarlo? Nonpicchiarlovi domando?

-E' un cavallino eccellente- disse Vìvertovavvicinandosi aIzitsa. - Peccato! Voimaggioremandate per un maniscalco. Nel miovillaggiomaggiorec'è un ottimo maniscalco!

-Maggiore- borbottò Izitsasorridendo sprezzantemente.-Maggiore!... Non ho il capo agli scherzi io! Mi s'è ammalatoil cavalloe voi: maggiore! maggiore! Come una gracchia: krr!...krr!

-Iomaggiorenon vi capisco. Forse che si può paragonare unapersona dabbene con una gracchia?

-Ma che maggiore son io? Forse ch'io son maggiore?

-E chi siete?

-Ma lo sa il diavolochi sono! - disse Izitsa. - E' già piùd'un anno che non ci son maggiori. E voi perché dite questo?Siete nato soltanto ieriche?

Vìvertovguardò con sgomento Izitsa e prese a tergersi il sudore sulvisopresentendo qualcosa di ben brutto.

-Permettete però... - disse egli. - Io tuttavia non vicapisco...

Ilmaggiore è pure un grado importante!

-Sissignore!!

-E allora come mai? E voi... nulla?

Ilmaggiore scosse soltanto la mano e cominciò a raccontarglicome quel mascalzone di Filka aveva offeso al cavallo lo zoccolofece un lungo raccontoe alla fin fine gli accostò perfino alviso lo zoccolo malato con l'escoriazione purulenta e l'impiastro diletamema Vìvertov non capivanon sentiva e guardava tuttocome attraverso un reticolo. Incoscientemente si accomiatòsalì nel suo calesse e gridò con disperazione:

-Dal capo della nobiltà! Svelto! Frusta a gran forza!

Ilcapo della nobiltàil consigliere di Stato effettivoJàgodiscevnon abitava lontano. Di lì a forse un'oraVìvertov già entrava nel suo studio e gli s'inchinava.Il capo della nobiltà era seduto su un sofà e leggevail "Tempo nuovo". Scorto colui che entravafece un cennocol capo e indicò una poltrona.

-Ioeccellenza- cominciò Vìvertov- avrei dovutoinnanzi tutto presentarmi a voimatrovandomi all'oscuro circa lamia qualificaho l'ardire di ricorrere a vostra eccellenza per unoschiarimento...

-Permettetestimatissimo- lo interruppe il capo della nobiltà.

-Prima di tutto non chiamatemi eccellenza. Ve ne prego!

-Che dite?... Noi siamo piccola gente...

-Non di ciò si tratta! Scrivonoecco... - (il capo dellanobiltà indicò il "Tempo nuovo" e lo foròcol dito)- scrivonoeccoche noiconsiglieri di Stato effettivinon saremo più eccellenze. Lo danno per sicuro! Ebbene! Non èneppur necessariograzioso sovrano!

Nonè necessario! Non chiamateci così! Non ce n'èneppur bisogno!

Jàgodiscevsi alzò e fece orgogliosamente un giro per lo studio...

Vìvertovemise un sospiro e lasciò cadere sul pavimento il berretto.

«Seormai son giunti fino a loro»pensò«non èil caso di far domande circa gli alfieri e i maggiori. Faròmeglio ad andarmene...».

Vìvertovborbottò qualche cosa e uscìdimenticando nello studiodel capo della nobiltà il berretto. Di lì a due orearrivò a casa sua pallidosenza berrettocon una espressioneottusa di sgomento sul viso. Smontando dal calessegettò untimido sguardo al cielo: e se avessero ormai soppresso anche il sole?La moglieimpressionata dal suo aspettolo tempestò didomandema a tutte le domande egli rispose soltanto scotendo lamano...

Peruna settimana non bevvenon mangiònon dormìma andòcome un demente da un angolo all'altro e pensò. Il viso gli siaffilòil suo sguardo si fece fosco... Non si metteva aparlar con alcunonon si rivolgeva ad alcuno per nullae quandoArina Matvéievna lo importunava con domande si schermivasoltanto con la mano e... non un suono... Che cosa non gli fecero perfarlo tornare in sentimento! Gli facevan bere il decotto di sambucogli davano «per uso interno» dell'olio tolto dal luminodell'iconalo facevan sedere su un mattone ardentema nullagiovavaegli deperiva e si schermiva con la mano.

Chiamaronoinfineper fargli intender ragionepadre Pafnuti.

L'arcipreteper mezza giornata si arrabattòspiegandogli che tuttotendeva ora non all'annullamentobensì all'esaltazionema ilbuon seme cadde in un terreno ingrato. Prese cinque rubli per le suefatichee così se n'andòsenz'aver ottenuto nulla.

Dopoessere stato zitto una settimanaVìvertov parve mettersi aparlare.

-Perché tacigrintaccia?-si scagliò improvvisamente sulservitorello Iliuska. - Insolentisci! Scherniscimi! Indica a dito unuomo annientato! Trionfa!

Dettoquestosi mise a piangere e tacque di nuovo per una settimana.

ArinaMatvéievna risolse di fargli cavar sangue. Arrivòl'aiuto medicoche gli cavò due piatti di sanguee ciòparve sollevarlo. Il giorno dopo la cavata di sangueVìvertovs'avvicinò al letto su cui giaceva la moglie e disse:

-IoArinanon la lascerò così. Adesso mi son risolto atutto... Il mio grado me lo son meritato e nessuno ha il diritto diattentarvi.

Eccoquel che ho escogitato: scriverò a qualche persona altolocataun'istanza e firmerò: l'alfiere tale... alfie-re... Capisci?Per di- spet-to! Al-fiere... E sia! Per di-spet-to!

Equesto pensiero tanto piacque a Vìvertov ch'egli si feceraggiante e chiese perfino da mangiare. Adessoilluminato dallanuova decisionegira per le stanzesorride sarcasticamente efantastica:

-Al-fie-re... Per di-spet-to!




NOTE:


1)Si allude alla gradazione alcoolica della vodkache formava oggettodi monopolio governativo.

2)Anche gli impiegati delle amministrazioni civili dello Statoportavano un'uniforme. come i militari. Ai loro superiori competevanoanche i titoli militari corrispondenti.

3)Bevanda fermentatafatta con farina o pane di segala e malto.




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