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Heinrich von Kleist



I RACCONTI

 

 

 

 

MICHELE KOHLHAAS


(Dauna vecchia cronaca) Lungo le rive della Havel vivevaverso la metàdel sedicesimo secoloun mercante di cavallichiamato MicheleKohlhaasfiglio di un maestro di scuola: uno degli uomini piùonesti e insieme più spaventosi del suo tempo. Quest'uomofuori dell'ordinario sarebbe potuto passare fino al suo trentesimoanno come il modello del buon cittadino. Aveva una fattoriain unvillaggio che porta ancora oggi il suo nomee ci vivevapacificamentecon i frutti del suo lavoro; i bambini che sua mogliegli aveva dato li tirava su nel timore di Diolaboriosi e leali; nonc'era uno dei suoi vicini che non avesse provato i benefici della suagenerositào della sua giustizia; il mondoin breveavrebbedovuto benedirne la memoriase non avesse ecceduto in una virtù.Il senso di giustiziainfattifece di lui un brigante e unassassino.


Ungiorno egli era diretto oltre il confinecon un branco di cavalligiovanitutti lucidi e ben pasciutie rifletteva per l'appunto sucome avrebbe impiegato il guadagno che sperava di ricavarne neimercati (un po'da buon massarolo avrebbe investitoperchéfruttasse a sua voltama un po'anchese lo sarebbe godutoall'istante)quando arrivò all'Elbae qui si imbatténei pressi di un maestoso castelloin territorio sassonein unabarriera che prima di allora non aveva mai trovato su quella strada.Fermò i cavallimentre proprio in quel momento si scatenavaun acquazzonee chiamò il cantoniereche non tardòcon viso burberoad affacciarsi alla finestra. Il mercante dicavalli gli disse di aprire.


"Chenovità è questa?"chiesequando il gabellieredopo un bel po' di tempouscì dalla casa.


"Privilegiosignorile"rispose questiarmeggiando con la serratura peraprire"concesso al barone Venceslao di Tronka".


"Ah"fece Kohlhaas"il barone si chiama Venceslao?"e rimiròil castelloche dominava i campi con i suoi merli scintillanti. "E'morto il vecchio signore?".


"Mortogli ha preso un colpo"rispose il gabellieree alzòl'albero che faceva da sbarra.


"Hmpeccato!"aggiunse Kohlhaas. "Un degno signoreilvecchioche aveva piacere a intrattenersi con la gentee tutte levolte che poteva dava una mano ai traffici e ai commerci; una voltafece costruire un argine di pietre perchélà dietrodove la strada sbocca nel villaggiouna delle mie cavalle si eraspezzata una gamba.


Dunquequanto devo?"domandò; e cominciò a tirare fuoricon faticada sotto il mantello sbattuto dal ventoi soldi che ilgabelliere gli aveva chiesto.


"Sìvecchio mio"aggiunse ancoradal momento che quello brontolava"Svelto! Svelto!"e imprecava contro il maltempo: "Sel'albero se ne fosse rimasto nel boscosarebbe stato meglioper mee per voi". Ecosì dicendogli diede il denaro e feceper proseguire. Ma non era nemmeno arrivato sotto la stangache giàun'altra voce gli urlava dietro "Alto làsensale!"dalla torre di guardia; e lui vide il castaldo sbattere una finestrae precipitarsi verso di lui.


"Be'che novità è questa?"si domandò Kohlhaasfra séfermandosi con i suoi cavalli. Il castaldo arrivòallacciandosi ancora il panciotto sulla figura corpulentaepiantato di traverso contro le raffiche di ventochiese illasciapassare. "Lasciapassare?"chiese Kohlhaas. E disseun po' confusocheper quanto ne sapessenon l'aveva: ma se soloavessero voluto descriverglibontà divinache specie di robaeraquel lasciapassaremagari poteva anche darsi che per caso loavesse.


Ilcastaldoguardandolo stortoreplicò chesenza un permessoscritto del sovranoa nessun sensale era permesso di superare ilconfine con i suoi cavalli. Il sensale assicurò che perdiciassette voltenel corso della sua vitaaveva passato il confinesenza un permesso simile; e che lui conosceva perfettamente tutte ledisposizioni sovrane che riguardavano la sua attività; nonpoteva trattarsidunqueche di un errore; pregavaperciòche volessero ripensarcie non trattenerlo ancora laggiùsenza ragionevisto che la sua giornata di viaggio era assai lunga.Ma il castaldo ribatté che la diciottesima non l'avrebbe fattafrancache proprio per questo era stata recentemente emanata quellanuova ordinanzae chese non si fosse procurato lì per lìil lasciapassareavrebbe dovuto ritornarsene di dove era venuto. Ilmercanteche cominciava a irritarsi per quelle estorsioni illegaliscesedopo una breve riflessioneda cavallolo affidò a unservoe disse che ne avrebbe parlato di persona con il barone diTronka. E salì infatti al castello; il castaldo gli andòdietroborbottando di affaristi spilorci e di giusti salassi; emisurandosi a vicenda con lo sguardoi due entrarono insieme nellasala.


Ilbarone stava bevendo in mezzo a un'allegra brigata di amicie unafacezia aveva appena fatto esplodere fra loro un'interminabilerisataquando Kohlhaas gli si avvicinò per fargli le suerimostranze. Il barone gli chiese che cosa volesse; i cavalieriquando videro lo sconosciutoammutolirono; ma non appena questi ebbeiniziato a esporre le sue richiesteriguardo ai cavallitutta labrigata saltò sugridando "Cavalli? Dove sono?"ecorse alle finestre per guardarli. Quando videro quella splendidamandriascesero di corsasu proposta del baronenel cortile; lapioggia era cessata; il castaldoil fattorei servi si radunaronointorno a loroe tutti passarono in rassegna gli animali. Uno lodavail sauro fulvo con la macchia biancaa un altro piaceva il baioilterzo accarezzava il pomellato a macchie gialle e nere; e tuttidicevano che quei cavalli sembravano dei cervie in tutto il paesenon se ne allevavano di più belli. Kohlhaas ribattéallegramente che i cavalli non erano migliori dei cavalieri che liavrebbero montati; e li invitò a comperare. Il baronemoltoattirato dal poderoso stallone saurogli chiese il prezzo; ilfattore gli consigliò di acquistare un paio di morelli chepensava di poter utilizzare nei lavori agricoliperchécavalli ce n'erano pochi; maquando il sensale tirò fuori iprezzii cavalieri li trovarono troppo carie il barone disse chese pretendeva tanto per quelle bestiedoveva cavalcare fino allaTavola Rotondae andare alla ricerca di Re Artù.


Kohlhaasvedendo il castaldo e il fattore bisbigliare tra loroe lanciare aimorelli delle occhiate eloquentifeceper un oscuro presentimentodi tuttoperché si tenessero quei due animali. Disse albarone: "Signorei morelli li ho acquistati sei mesi faperventicinque fiorini d'oro; datemene trentae li avrete". Duecavalieri che stavano vicino al barone dissero apertamente che icavalli li valevano sicuramente; ma il barone dichiarò che eradisposto a spendere per il saurocasomainon per i morellie feceper andarsene. Allora Kohlhaas disse che forse avrebbe concluso unaffare con lui la prossima voltaquando fosse ripassato con i suoicavalluccifece al barone i suoi rispettie afferrò lebriglie della sua cavalcaturaper ripartire. Ma in quel momento ilcastaldo uscì dal crocchiodicendo che senza unlasciapassarel'aveva sentitonon avrebbe potuto andarsene.


Kohlhaassi giròe chiese al barone se fosse proprio vera quellafaccendache rovinava tutta la sua attività. Il baronerisposecon aria imbarazzataallontanandosi: "SìKohlhaasdevi procurarti il lasciapassare. Parlane con il castaldoe va' per la tua via".


Kohlhaasgli assicurò che non aveva nessuna intenzione di eludere leordinanze sull'esportazione dei cavalliqualsiasi fosseropromisechepassando da Dresdasarebbe andato a prendere il lasciapassarealla Cancelleriae lo pregò di lasciarlo passare solo perquella voltavisto che non aveva saputo proprio niente di unarichiesta di quel genere.


"Eva bene!"disse il baronementre il temporaleproprio in quelmomentoriprendevae il vento sibilando gli passava da parte aparte le membra rinsecchite. "Lasciate andare questo poveraccio.Venite!"disse rivolto ai cavalierisi girò e siaccinse a rientrare al castello. Il castaldorivolto al baronedisse che il mercante doveva almeno lasciare un pegnoper esserecerti che andasse a ritirare il documento. Il barone si fermòdi nuovosotto il portone del castello.


Kohlhaaschiese quale valorein denaro o in oggettidovesse lasciarecomepegno per i morelli. Il fattoremasticando le parole nella barbadisse che poteva lasciare per l'appunto i morelli.


"Sicuro"disse il castaldo; "è la cosa più conveniente;quando ha ritirato il lasciapassarepuò venire ariprenderseli in qualsiasi momento".


Kohlhaassconcertato da una richiesta così sfacciatadisse al baroneche si stringeva addosso intirizzito il giustacuoreche i morelli livoleva vendere. Ma questimentre in quell'attimo una rafficalanciava attraverso il portone uno scroscio di pioggia mista agrandinegridòper mettere fine alla cosa: "Se non vuolmollare i cavalliributtatelo al di là dello sbarramento"e se ne andò. Il sensalerendendosi conto che doveva purcedere alla violenzadecise di accogliere la richiestavisto chenon gli rimaneva altro da fare; sciolse i morellie li portòin una stalla indicatagli dal castaldo.


Lasciòcon le bestie un servogli diede del denarogli raccomandòdi tenere ben d'occhio i cavalli fino al suo ritornoe proseguìcon il resto della mandriail suo viaggio verso Lipsiadove volevaandare alla fiera; rimuginandoincertofra sé e sése forsealla finein Sassonia non potesse essere stato emanato untale ordineper proteggere qualche nuovo allevamento di cavalli.


ADresdadove possedevanei sobborghiuna casa con alcune stalleperché quella era la base dei suoi commerci sui mercati minoridella regioneandò subitoappena arrivatoalla Cancelleria;e qui venne a sapere dai consiglierialcuni dei quali conoscevachecome aveva sospettatoin realtàfin dal primo momentola storia del lasciapassare era inventata di sana pianta. Kohlhaasdopo che i consigliericontrovogliagli ebbero rilasciatosu suarichiestauna dichiarazione scritta che ne attestava l'infondatezzasorrise allo scherzo dell'allampanato baroneanche se non capivaancora bene a che cosa avesse potuto mirare; evenduto consoddisfazionepoche settimane dopoil branco di cavalli che avevacon sésenza portarsi ormai dietro più amarezza se nonquella sulla generale miseria del mondofece ritorno al castello diTronka.


Ilcastaldoal quale mostrò la dichiarazionenon aggiunseparola sull'argomento; e quando il sensale gli chiese se ora potevariavere i cavallirispose che scendessee andasse a prenderseli. Magià attraversando il cortile Kohlhaas ebbe la spiacevolesorpresa di venire a sapere che il suo servosolo pochi giorni dopoessere stato lasciato nel castelloper il suo contegno sconvenientea quanto dicevanoera stato bastonato e cacciato via. Al ragazzo chegli aveva dato la notizia Kohlhaas chiese che cosa avesse fattoechi si fosse occupatonel frattempodei cavalli; al che il ragazzorispose di non saperlomentre apriva davanti a luiche aveva giàil cuore pieno di presentimentila stalla in cui si trovavano. Qualefu però il suo stuporequandoal posto dei suoi due morellilucidi e ben pasciutivide un paio di allampanati e smagritironzini; ossa che sarebbero potute servire per appenderci i pannipelo e criniere intrecciateche nessuno aveva pulito e rigovernato:il vero ritratto dello squallore nel regno animale! Kohlhaasalquale le bestie nitrironocon un debole movimentoera al culminedell'indignazionee chiese che cosa fosse successo ai suoi povericavalli. Il ragazzoche stava al suo fiancorispose che noallebestie non era successa nessuna disgraziae avevano sempre ricevutola loro razione di biadama dato che era appunto il tempo delraccoltoe mancavano animali da tiroerano stati adoperati un po'nei campi. Kohlhaas inveì contro quell'infame soprusodicerto progettato con curamasentendosi impotenteingoiò lasua rabbiae stava già preparandosi visto che non glirimaneva altroad andarsene con i suoi cavalli da quel covo dibrigantiquando comparve il castaldorichiamato dal battibeccoechiese che cosa stava accadendo. "Che cosa succede?"rispose Kohlhaas. "Chi ha dato al barone di Tronka e alla suagente il permesso di servirsi per il lavoro dei campi dei mieimorelliche avevo lasciato presso di lui? - Era umano"aggiunse"comportarsi così?". E provò ascuotere gli animali esausti con un colpo di frustafacendoglivedere che non si muovevano nemmeno. Il castaldodopo averlosquadrato per un po'con aria di sfidareplicò: "Vediun po' il tanghero! Come se non dovesse ringraziare Iddioilvillanoche i suoi ronzini sono ancora vivi. E chi avrebbe dovutoprendersene cura"chiese"dopo che il suo servo se n'erascappato? Non era stato forse giusto che i cavalli si guadagnasserosui campi il foraggio che avevano ricevuto?". E chiuse ildiscorso dicendo che la smettesse di fare storieo avrebbe chiamatoi canie con essi avrebbe saputo come riportare la calma nelcortile.


Almercante batteva il cuore contro la giacca. Faceva fatica a nonbuttare quell'ignobile grassone in mezzo al letame e a non calpestarecol piede la sua faccia di bronzo. Ma il suo senso di giustiziacheera come la bilancia dell'orafooscillava ancora; davanti altribunale del suo cuorenon era ancora sicuro che il suo avversariofosse colpevole; ementre ingoiando gli insulti si avvicinava aicavalli esoppesando in silenzio le circostanzeravviava allebestie la crinierachiese a voce bassa per quale mancanza il suoservo fosse stato allontanato dal castello. "Perchéquella lenza si è messo a fare il gradassoqui nel cortile!"rispose il castaldo. "Perché si è rifiutato diaccettare un cambio di stalla di cui non si poteva fare a menoepretendeva che i cavalli di due gentiluomini arrivati al castello diTronka passassero la notte sulla strada maestraper amore dei suoironzini!".


Kohlhaasavrebbe dato il valore dei cavalli per avere a portata di mano il suoservoe poter confrontare il suo racconto con quello che uscivadalla boccaccia del castellano. Era sempre là in piedidistricando i crini arruffati dei morellie riflettendo sul dafarsinella situazione in cui si trovavaquando la scena cambiòdi colpoe il barone Venceslao di Tronkacon una frotta dicavalieridi servi e di canitornando dalla caccia alla lepre entrònel piazzale del castello. Il castaldoquando gli venne chiesto checosa fosse successoprese subito la parolaementre i canivedendo il forestieroscatenavano contro di lui dei latratid'infernoe i cavalieri a loro volta gridavano per farli star zittiriferì al suo padronemettendo il fatto nella luce peggioreche specie di rivolta avesse messo su quel cavallaroperchési erano fatti lavorare un po' i suoi morelli. E dissefra risate dischernoche rifiutava di riconoscere i cavalli come suoi.


"NONSONO i miei cavallisignore illustrissimo!"gridòKohlhaas.


"Nonsono i CAVALLI che valevano trenta fiorini d'oro! Voglio riavere imiei cavalli sani e ben nutriti!".


Ilbarone per un attimo impallidìe dissescendendo di sella:"Se mastro Bertoldo non vuole riprendersi i cavalli che li lascipure qui.


VieniquaGuntiero!"gridò. "Gianni! Venite qua!"e intanto si spazzolava con la mano la polvere dai pantaloni."Portate del vino!"gridò ancoraquando fu sullasoglia con i cavalieri; ed entrò in casa. Kohlhaas disse cheavrebbe preferito chiamare lo scortichinoe portare i suoi cavallial macellopiuttosto che riportarseli nella sua stalla aPontekohlhaas così come erano. Lasciò le bestie sulpiazzalesenza occuparsene piùsaltò sul suo baioassicurando che avrebbe saputo farsi giustiziae se ne andò.


Correvagiàa spron battutosulla strada di Dresda; maripensandoal suo servoe alle accuse che avevano mosso contro di lui alcastellosi mise al passo; eprima di averne fatti millegiròil cavalloeper interrogare innanzi tutto il suo servocosa chegli sembrava prudente e giustagirò verso Pontekohlhaas.Perché un sentimento di giustiziaal quale era ben conosciutol'ordine imperfetto delle cose umanelo rendeva propensomalgradole offese subitese soltanto il suo servo avesse commesso una colpaqualsiasicome diceva il castaldoa rassegnarsicome se fossestata una giusta conseguenzaalla perdita dei cavalli. Ma sedicontrogli diceva un sentimento non meno imperiosoun sentimentoche metteva in lui radici sempre più profondeman mano cheegli continuava nella sua cavalcataedovunque entrassesentivaparlare delle ingiustizie quotidianamente commesse al castello diTronkaa danno dei viaggiatori: se l'intera storiacome tutte leapparenze facevano crederenon era altro che una macchinazioneallora egli avevadi fronte al mondoil dovere di procurarsicontutte le sue forzesoddisfazione per l'offesa subitae ai suoiconcittadini sicurezza contro offese future.


Nonappenaarrivato a Pontekohlhaasebbe abbracciato Lisabettala suafedele mogliee baciato i suoi figliche gli facevano festa intornoalle ginocchiachiese subito di Ersianoil capo della servitù:se ne era saputo qualcosa? "GiàMichele carissimoproprio Ersiano!"disse Lisabetta. "Pensa un po'quelpoveracciosaranno quindici giorniarriva qui tutto pesto da farpietà; noti dicocosì conciato da non riuscireneppure a respirare. Lo mettiamo a lettodove non fa che sputaresanguee a forza di domande veniamo a sapere una storia che nessunocapisce. Che è stato lasciato indietro da te a Castel Tronkacon dei cavalli che non hanno lasciato passare; che l'hannocostrettocon i maltrattamenti più vergognosia lasciare ilcastello; e che non ha potuto portarsi via i cavalli".


"Ahsì?"disse Kohlhaastogliendosi il mantello. "E siè già rimesso?".


"Metàe metà; ma sputa ancora sangue"rispose lei. "Volevomandare subito un servo a Castel Tronkaperché si prendessecura dei cavallifino al tuo ritorno. Perché Ersiano si èsempre dimostrato così sincero con noie così fedelesìpiù di tutti gli altri serviche non mi ènemmeno venuto in mente di dubitare del suo raccontoconfermato datanti particolari; e di credereper esempioche avesse perso icavalli in un altro modo. Ma lui mi scongiurò di nonpretendere da nessuno di metter piede in quel covo di brigantie dirinunciare alle bestiese non volevoper lorosacrificare degliuomini".


"E'ancora a letto?"domandò Kohlhaasliberandosi dellasciarpa.


"E'già da qualche giorno che ha ricominciato a uscire nelcortile.


Insommavedrai"continuò Lisabetta"che è propriotutto come lui ha dettoe che questa faccenda è una delleangherie cheda un po' di tempoquelli di Castel Tronka sipermettono contro i forestieri".


"Primadi tutto vedrò coi miei occhi"replicò Kohlhaas."Fallo venire un po' quaLisabettase è in piedi!".E con queste parole si sedettementre la donnamolto contenta chela prendesse così calmaandò a chiamare il servo.


"Checosa hai combinato a Castel Tronka?"gli domandòKohlhaasquando Lisabetta rientrò con lui nella stanza. "Nonsono troppo contento di te".


Ilservoil cui viso pallido si coprì di macchie rossea questeparolerestò per un po' in silenzioe poi rispose: "Aveteragionepadrone! Perché la miccia cheper volontà diDioavevo con meper dare fuoco a quel covo di briganti da cui erostato scacciatola buttaiquando sentii piangere un bambino nelcastellonelle acque dell'Elbae pensai: possa ridurlo in cenere lafolgore divina! Io non lo farò".


ImpressionatoKohlhaas disse: "E in che modo ti sei fatto cacciare da CastelTronka?". E Ersiano: "Con un tiro mancinopadrone!".E si asciugò il sudore dalla fronte.


"Macosa fatta capo ha. Non volevo che rovinassero i cavalli nel lavorodei campi; ho detto che erano giovaniche non erano ancora mai statiaggiogati".


Kohlhaascercando di nascondere il suo turbamentorispose che qui non avevadetto tutta la veritàperché all'inizio dellaprimavera scorsa i cavalliqualche voltaerano stati messi al tiro."Al castello"continuò"dovein fondoeriuna specie di ospiteavresti dovuto farti vedere compiacentealmenoqualche voltaquando c'era proprio bisognoper portare alla sveltail raccolto al coperto".


"E'quello che ho fattopadrone"disse Ersiano. "Ho pensatovisto che mi guardavano maleche i morelli non sarebbero morti perquesto.


Lamattina del terzo giorno li attaccaie portai dentro tre carichi digrano".


Kohlhaasal quale il cuore stava per scoppiarechinò gli occhi aterrae commentò: "Di questo non mi hanno detto nienteErsiano!".


Ersianolo assicurò che era andata così. "La mia pocacompiacenza è stata questa: che non volli piùriaggiogarli a mezzogiornoquando i cavalli non avevano neppurefinito la biada. E quando il castaldo e il fattore mi proposeroincambioil foraggioe mi dissero di mettere in tasca il denaro chevoi mi avevate lasciato per il mantenimento delle bestieio risposi'vi faccio vedere io' gli girai le spallee me ne andai".


"Manon è stato per questa poca compiacenza"disse Kohlhaas"che ti hanno scacciato da Castel Tronka".


"Dione guardi!"gridò il servo. "Per un'azione chegrida vendetta a Dio. Perché quella sera portarono nellastalla i cavalli di due cavalieriarrivati a Castel Tronkae i mieivennero legati fuorialla porta della stalla. E quando levai imorelli di mano al castaldoche ce li legava personalmentee glichiesi dove dovevano stareadessole mie bestielui mi indicòun porcilefatto di assi e di tavoleaccostato al muro di cinta.


"Vuoidire"lo interruppe Kohlhaas"che era un cosìbrutto riparoper dei cavalliche assomigliava più a unporcile che a una stalla".


"Eraun porcilepadrone"rispose Ersiano "Un porcile vero epropriodove i maiali correvano avanti e indietroe io non potevostare in piedi".


"Forsenon c'era nessun altro postodove mettere al riparo i morelli"replicò Kohlhaas. "In un certo senso i cavalli degliospiti avevano la precedenza".


"Lospazio"continuò il servoabbassando la voce"erapoco. In tutto allora c'erano sette cavalieri che alloggiavano alcastello. Se foste stato voiavreste fatto stringere un po' icavalli. Dissi che mi sarei cercato una stalla da affittare nelvillaggio; ma il castaldo mi rispose che i morelli non dovevaperderli d'occhioe non mi azzardassi a portarli via dal cortile".


"Hm"fece Kohlhaas; "e tu che hai risposto?".


"Datoche il fattore disse che i due ospiti avrebbero passato soltanto lanottee il mattino dopo avrebbero proseguitorinchiusi i cavallinel porcile. Ma il giorno seguente passòe non partirono; equando venne il terzo giornodissero che i signori si sarebberotrattenuti al castello per qualche settimana".


"Allafin fine non si stava poi così male nel porcilecome ti erasembrato quando ci avevi messo il naso la prima volta"disseKohlhaas.


"E'vero"rispose il servo. "Quando l'ebbi spazzato un po'ilposto poteva andare. Ho dato due soldi alla sguatteraperchéandasse a mettere i maiali da qualche altra parte. E il giorno dopomi preoccupai anche che le bestie potessero stare in piedi; allaprima luce dell'albatolsi le tavole del soffittoe ce le rimisi lasera.


Cosìallungavano il collocome le ochesopra il tettoe si guardavanointornocercando Pontekohlhaaso qualche altro postodove staremeglio di là".


"Mainsomma"domandò Kohlhaas"per quale motivo tihanno cacciato via?".


"Padroneve lo dico io"rispose il servo. "Perché volevanoliberarsi di me. Perchéfinché c'ero ionon potevanosfiancare del tutto i cavalli. Da tutte le parti mi guardavano incagnescoin cortilenei locali della servitù. E dato che iopensavomi storcete la bocca? vi si sloghino le mascelle!hannopreso il primo pretesto che gli è venuto a tiroe mi hannobuttato fuori".


"Mail motivo!"gridò Kohlhaas. "Avranno pur avutoqualche motivo!".


"Ohsicuro"rispose Ersiano"un motivo giustissimo. La seradel secondo giorno che avevo passato nel porcilepresi i cavalliche si erano tutti insudiciatie volevo portarli allo stagno. Equando sono giùsotto il portone principalee sto pergiraresento il castaldo e il fattorecon servicani e randelliprecipitarsi dietro di me dalle stanze della servitùgridando: 'Fermafurfante! Fermapendaglio da forca!'come sefossero invasati. Il guardaportone mi sbarra la strada; io chiedo aluie a quel mucchio di forsennati che mi corrono dietroche cosasuccede. 'che cosa succede?' risponde il castaldoe prende per lebriglie i miei due morelli. 'Dove vuole andarsenequestocoicavalli?'. E mi agguanta per la camicia. 'Dove voglio andarmenedicoio? Fulmini del cielo! Allo stagno me ne voglio andare. Ma pensateche io...?'. 'Allo stagno?'grida il castaldo. 'Ti insegno io a fareil bagno sulla strada maestraimbroglionedalla parte diPontekohlhaas!' E con un colpo vigliacco a tradimento lui e ilfattoreche mi aveva preso per una gambami tirano giù dacavalloe finisco nel fango lungo disteso. Morte e dannazione!grido: ma se i finimenti e le coperte sono nella stallae c'èanche il mio fagotto della biancheria! Ma lui e i servimentre ilfattore si porta via i cavallimi danno tutti addossocoi calciele fruste e i randellifinché cadomezzo mortoal di làdel portone. E visto che io grido: Briganti! Dove mi portate icavalli?e mi tiro su'Fuori di qui!'urla il castaldo; 'DaiCesare! DaiBracco!'si sente gridaree: 'DaiLupo!'; e mi piombaaddosso una muta di una dozzina di canie più. Allora ioprendonon so che cosaun palo doveva esseredalla staccionataetre cani li stendo giù vicino a memorti stecchiti; ma ildolore per i morsi e i tagliche fanno spavento a vedersimicostringe a indietreggiare; e allorafiuu!sibila un fischioicani rientranoil portone chiude i battentimettono il catenaccio:e io cado svenuto sulla strada".


Kohlhaaspallido in visofece ancoracon malizia un po' forzata: "Maproprio non te la volevi filareErsiano?". E poiché luipaonazzofissava per terradavanti a sé: "Viaconfessa"continuò"non ti piaceva stare nelporcilepensavi che nella stalla di Pontekohlhaas si sta meglio".


"Tuonie fulmini!"gridò Ersiano. "Non ho forse lasciatolaggiùnel porcilele coperte e i finimentie un fagotto dibiancheria? E non mi sarei messo in tasca i tre fiorini imperiali cheavevo nascosto dietro la mangiatoianel fazzoletto di seta rossa?Per tutti i diavoli dell'inferno! Quando parlate cosìmiviene voglia di riaccendere subito quella miccia che ho buttatovia!".


"Susu!"disse il mercante. "Non intendevo offenderti. Quelloche hai dettoguardalo credo parola per parola. E se qualcuno lomette in dubbiosono pronto a prenderci su l'ostia consacrata. Midispiace cheper servirminon ti sia andata meglio. VaiErsianovattene a lettofatti dare un fiasco di vinoe consolati: ti saràfatta giustizia!".


Ecosì dicendosi alzòfece un elenco delle cose che ilsuo sottoposto aveva lasciato nel porcilene specificò ilvaloregli chieseanchequanto valutasse le spese per la curaelo congedòdopo avergli datoancora una voltala mano.


Poiraccontò a Lisabettasua moglieper filo e per segnocomeerano andate le cosee cosa c'era sottoe le dichiarò diessere fermamente intenzionato a ricorrere alla pubblica giustizia;ed ebbe la gioia di vedere che lei lo incoraggiava con tutta l'animanel suo proposito.


Leidisseinfattiche molti altri viaggiatoriforse meno pazienti diluisarebbero passati per quel castelloche sarebbe stata un'operabenedetta mettere un freno a tali disordinie che ci avrebbe pensatolei a mettere insieme la somma necessaria per affrontare le spese delprocesso. Kohlhaas la chiamò la sua brava mogliepassòfelicemente con lei e con i suoi figli quel giorno e quello seguenteenon appena gli affari gliene diedero modosi mise in viaggio perDresdaper portare in giudizio la sua querela.


Quicon l'aiuto di un avvocato che conoscevastese un ricorsonelqualedopo una descrizione dettagliata del sopruso compiuto dalbarone Venceslao di Tronkacontro lui stessoe contro il suo servoErsianochiedeva che il colpevole fosse punito secondo la leggechei cavalli fossero riportati nelle condizioni originariee chefossero risarciti i danni che sia eglisia il suo servoavevanosubìto da tutto ciò. La causainfattiera chiara. Lacircostanza che i cavalli fossero stati trattenuti in modoillegittimo gettava su tutto il resto una luce decisiva; eanche sesi fosse voluto supporre che i cavalli si fossero ammalati per purocasola richiesta del sensale di riaverli indietro in buona salutesarebbe stata comunque giustificata.


Ementre Kohlhaas si guardava intorno nella città di residenzadel principenon gli mancarono amici che gli promisero di sostenerea spada tratta le sue ragioni; il suo commercio di cavallimoltoestesola conoscenza e l'onestà con cui lo portava avantigli aveva procurato la benevolenza degli uomini più importantidel paese. Più volte egli sedette allegramente a tavolaincasa del suo avvocatoche era a sua volta una persona in vista;depositò presso di lui una somma per far fronte alle speseprocessualiepassate poche settimanecompletamentetranquillizzato da quello riguardo all'esito della causase ne tornòa Pontekohlhaas da Lisabettasua moglie.


Eppurei mesi passaronoe l'anno era quasi finitosenza che egli ricevessedalla Sassonia neanche una dichiarazione sulla querela da luiintentataper non parlare della sentenza. Dopo aver inoltrato piùvolte ripetuti solleciti al tribunaleegli scrisse al suo avvocatouna lettera confidenzialein cui gli chiedeva la causa di un ritardocosì eccessivo; e venne a sapere cheper un intervento moltoaltolocatopresso il tribunale di Dresdala sua querela era statadefinitivamente cassata. Quando il mercante riscrissesbalorditochiedendone le ragioniquesti gli comunicò che il baroneVenceslao di Tronka era parente di due nobiluominiEnzo e Corrado diTronkache facevano parte del seguito personale del principecoppiere l'unoe l'altro addirittura camerlengo. E gli consigliavadi mettere da parte ogni sforzodal punto di vista legalee cercaresolo di tornare in possesso dei suoi cavallirimasti nel castello diTronka; gli faceva capireinfattiche il baroneche al momentosoggiornava nella capitalesembrava aver dato disposizione alla suagente di consegnargli i cavalli; e concludeva pregandolose nonvoleva accontentarsi di una simile soluzionedi dispensare almenolui da ogni ulteriore incarico.


Kohlhaasin quel periodosi trovava per l'appunto a Brandeburgodove ilprefetto Enrico di Geusaudella cui giurisdizione faceva parte anchePontekohlhaasera in quel momento impegnato a organizzare un certonumero di istituti per l'assistenza ai poveri e agli ammalatigraziea un lascito sostanzioso che era toccato alla città.


Esoprattutto si dava da fare per adattare ad uso degli infermi unafonte minerale che scaturiva in un villaggio della regionee dallecui virtù salutari ci si riprometteva molto di più diquanto il futuro poi mantenesse. Poiché Kohlhaas l'avevaconosciuto e frequentatodurante il periodo in cui aveva soggiornatopresso la cortequesti permise a Ersianoil capo dei servialqualeda quei brutti giorni al castello di Tronkaera rimasto undolore al pettoogni volta che respiravadi sperimentarel'efficacia della piccola fonte medicamentosanella quale era statocostruito un recinto coperto.


Accaddecheproprio mentre Kohlhaas ricevevadalle mani di un messaggeromandato da sua mogliela lettera scoraggiante del suo avvocato diDresdail prefetto fosse presenteper dare alcune disposizionivicino a bordo della vasca nella quale il mercante aveva fattoadagiare Ersiano. Il prefettocheparlando con il medicoavevanotato che Kohlhaas faceva cadere una lacrima sulla lettera che avevaricevuto e apertogli si avvicinòcon fare gentile epremurosoe gli chiese quale sventura lo avesse colpito. E quando ilmercantesenza risponderegli tese la letteraquell'uomo per beneche era al corrente della ributtante ingiustizia commessa contro dilui al castello di Tronkaper le cui conseguenze Ersiano appuntosoffrivae avrebbe sofferto forse per tutta la vitagli battésulla spallae gli disse di non perdersi d'animo: l'avrebbe aiutatolui a ottenere soddisfazione! Quella seraquando il mercantedietrosuo ordineandò da lui al castelloquesti gli disse distendere soltanto una supplica all'Elettore del Brandeburgocon unabreve esposizione dell'accadutodi allegarvi la letteradell'avvocatoe di invocare la protezione del principea causadella violenza che si erano permessi contro di lui in territoriosassone. Egli promise di rimettere la petizioneche avrebbe aggiuntoa un altro plicogià prontonelle mani dell'Elettore: ilquale da parte suasenza fallose le circostanze lo consentivanosarebbe intervenuto presso il principe Elettore di Sassonia. Un passosimile sarebbe stato più che sufficiente a fargli otteneregiustizia presso il tribunale di Dresdaa dispetto delle arti delbarone e delle sue conoscenze. Kohlhaasvivamente rallegratoringraziò di tutto cuore il prefetto per quella nuovadimostrazione della sua benevolenza; aggiunse che gli dispiaceva solodi non essersi rivolto fin dall'inizio a Berlinoper trattare la suafaccendasenza compiere a Dresda passi di alcun tipo; edopo averredatto nella Cancelleria del tribunale cittadino la sua lagnanzaseguendo fedelmente le istruzionie averla consegnata al prefettofecepiù tranquillizzato che mai sull'esito della sua causaritorno a Pontekohlhaas. Ma già poche settimane dopopermezzo di un magistrato che andava a Potsdam per seguire alcunefaccende del prefettoebbe il cruccio di sapere che il principeElettore aveva rimesso la supplica al suo cancelliereil conteKallheime questi non si era direttamente rivolto alla corte diDresdacome sembrava opportunoper l'inchiesta e la punizione delsoprusobensì al barone di Tronkaper avere innanzitutto dalui maggiori informazioni. Il magistratochenella sua carrozzache aveva fermato davanti all'abitazione di Kohlhaassembrava averavuto l'incarico di fare al mercante quella comunicazionealla suastupefatta domanda come mai si fosse proceduto in quel modononseppe dare una risposta soddisfacente. Aggiunse solo che il prefettogli faceva dire di avere pazienza; sembrava avere molta fretta diproseguire il suo viaggioe solo alla fine del breve colloquiodaalcune parole buttate làKohlhaas indovinò che ilconte Kallheim era imparentato con la casa dei Tronka.


Kohlhaasal quale non davano più gioia né l'allevamento deicavalliné la casa e la fattoriae quasi neppure la moglie ei figlitenne duropieno di cupi presentimenti per il futurofinoalla luna successiva; eproprio come si aspettavapassato quelperiodoErsianoal quale le cure termali avevano procurato un po'di sollievoritornò da Brandeburgocon una lettera delprefettoche accompagnava un lungo scritto. In essa il prefetto sidiceva spiacente di non poter fare niente per la sua causa; gliinviava una risoluzione della Cancelleria di Statoche gli era statarimessa; e gli consigliava di andare a riprendersi i cavalli cheerano rimasti nel castello di Tronkae per il resto lasciare le cosecome stavano.


Larisoluzione suonava: "Egli erasecondo il rapporto deltribunale di Dresdaun querelante ozioso; il barone presso il qualeegli aveva lasciato i cavalli non li tratteneva in nessun modo; chemandasse qualcuno a riprenderli al castelloo almeno facesse sapereal barone dove avrebbe dovuto mandarglieli; ma in ogni casorisparmiasse alla Cancelleria di Stato simili beghe fastidiose".


Kohlhaasper il quale non era questione di cavalli - avrebbe provato lo stessodolore se si fosse trattato di due cani Kohlhaas ribollì difurorequando ricevette la lettera. Ogni volta che nel cortile sifaceva sentire un rumoreguardavanell'attesa più odiosa chegli avesse mai agitato il pettoverso il viottolo dell'ingressosemai comparissero gli uomini del baroneper riportargliforseaddirittura con le sue scusei cavalli sfiniti dalla fame e dallafatica; era la prima volta che la sua animacosì ben temprataalla scuola della vitasi aspettava qualcosa che non corrispondevacompletamente ai suoi sentimenti. Ma già poco tempo dopo sentìdireda un conoscente che era passato per quella stradache alcastello di Tronka i suoi cavalli continuavano come primacome tuttigli altri cavalli del baronea essere adoperati nel lavoro deicampi; eattraverso il dolore di scorgere il mondo in un similestato di mostruoso disordinebatté con forza l'intima gioiadi vedere ormai l'ordine nel suo cuore.


Invitòa casa sua un balivosuo vicinoche da tempo accarezzava ilprogetto di ingrandire i suoi possedimentiacquistando i terreniconfinanti; equando questi si fu accomodatogli chiese quantosarebbe stato disposto a dargli per le sue proprietà inSassonia e nel Brandeburgo; tutto compresocasa e poderebenimobili e immobili.


Lisabettasua mogliesbiancò a queste parole. Si giròtiròsu il figlio più piccoloche dietro di lei si trastullava perterraesfiorando le guance rosse del fanciulloche giocava con lesue collanelanciò sul mercantee su un foglio che questiteneva in manodegli sguardi nei quali era dipinta la morte. Ilbalivo gli chieseosservandolo con stuporeche cosa gli avessefatto venire di colpo in mente un'idea così strana. Ma eglirisposecon tutta l'allegria che riuscì a imporre a sestessoche l'idea di vendere la sua masseria sulle rive della Havelnon era completamente nuova. Non avevano forse già piùvolte fatto trattative sull'argomento? Quanto alla casa nei sobborghidi Dresdaquella non erain confrontoche un accessoriodel qualenon metteva conto parlare. In brevese voleva fare la sua volontàe prendersi tutti e due i terreniegli era pronto a concludere ilrelativo contratto. E aggiunsecon un tono scherzoso alquantosforzatoche Pontekohlhaas non era poi il mondo; che potevanoesserci degli scopi in confronto ai quali dirigereda buon padre difamiglial'azienda domestica era una cosa secondaria e pocoonorevole; chein brevela sua animadoveva dirgliera rivolta acose grandidelle qualiforseavrebbe presto sentito parlare.


Tranquillizzatoda queste paroleil balivo disse allegramenterivolto alla donnache baciava e ribaciava il bambino: "Non pretenderà micail pagamento immediato?"posò sulla tavola cappello ebastoneche teneva fra le ginocchiae prese il foglio che ilmercante aveva in manoper leggerlo tutto. Kohlhaasfacendosi piùvicinogli spiegò che si trattava di un ipotetico contrattodi acquistoa nome suocon una scadenza di quattro settimane; glimostrò che non vi mancava nientese non le firmeel'indicazione delle sommecioè il prezzo d'acquisto da unlatoe dall'altro la penalecioè la somma che egli siimpegnava a pagare seentro le quattro settimanesi fosse tiratoindietro; e lo invitò ancora una voltaallegramentea fareun'offertaassicurando che le sue pretese erano modestee nonavrebbe fatto difficoltà. La donna andava avanti e indietroper la stanza; il petto le ansimavatanto che il fazzolettoche ilbambino aveva tirato per giocostava per caderle del tutto dallaspalla. Il balivo disse di non essere in nessun modo in grado digiudicare il valore della proprietà di Dresda; al che Kohlhaasrisposeporgendogli alcune lettere che erano state scambiate altempo dell'acquistoche la valutava cento fiorini d'oro; anche se daquelle carte risultasse che gli era costata quasi la metà inpiù.


Ilbalivo rilesse ancora una volta il contratto di acquisto; e vedendochestranamenteincludeva anche da parte sua la facoltà direcederedissegià a metà decisoche però nonsapeva che farsene degli stalloni che si trovavano nelle sue stalle;ma poiché Kohlhaas replicò che non intendeva affattodisfarsenee voleva anche tenere per sé alcune armicheerano appese nell'armeriaquesti allora esitòesitòancorae alla fine ripeté un'offerta che gli aveva giàfattomezzo per scherzomezzo sul seriopoco tempo primaduranteuna passeggiatae che era ridicolarispetto al valore deipossedimenti.


Kohlhaasspinse verso di lui la penna e l'inchiostroperché scrivesse;e quando il balivonon credendo ai suoi occhigli chiese ancora unavolta se faceva sul serioe il mercante gli ebbe rispostoun po'risentitose credeva forse che si stesse prendendo gioco di luiquesti prese sì in mano la pennacon espressione pensierosae cominciò a scrivere; ma cancellò il punto nel qualesi parlava della penale che il venditore avrebbe pagatose si fossepentitosi impegnò a versarea titolo di prestitocentofiorini d'orogarantiti da un'ipoteca sul possedimento di Dresdachecon quella sommaegli non intendeva affatto compraree lasciòal mercante piena libertàper due mesidi recedere dalnegozio. Il mercantetoccato da questo modo di agiregli strinsecalorosamente la mano; edopo che si furono accordati sul puntocheera una delle condizioni principaliche un quarto del prezzo diacquisto sarebbe stato pagato subito in contantie il restoentrotre mesipresso la banca di Amburgoegli gridò che siportasse del vinoper festeggiare un affare così felicementeconcluso. Disse a una ragazzache era entrata con le bottigliecheSternbaldil garzonegli sellasse il saurospiegando che dovevaandare nella capitaledove aveva da fare; e lasciò capire chein poco tempoquando fosse tornatoavrebbe parlato a cuore apertodi quello cheper il momentodoveva tenere per sé.


Poiriempiendo i bicchierichiese dei Polacchi e dei Turchiche proprioallora erano in guerratrascinò il balivo in una serie diipotesi politiche sulla questionebrindò ancora una voltaalla finealla felice conclusione del loro affaree lo congedò.


Quandoil balivo ebbe lasciato la stanzaLisabetta gli cadde in ginocchiodavanti. "Se hai ancora nel cuore"gridò"mee i bambini che ti ho partoritose non ne siamo già statibanditiormaiper un qualche motivoche io non so: dimmi che cosasignificano questi orribili preparativi!".


"Mogliecarissima"disse Kohlhaas"niente chefinché lecose stanno cosìti debba impensierire. Ho ricevuto unarisoluzionein cui mi si dice che la mia querela contro il baroneVenceslao di Tronka è una bega oziosa. E poiché devetrattarsi di un malintesoho deciso di presentare ancora una voltala mia querelapersonalmente al principe Elettore.


"Eperché vuoi vendere la casa?"gridò leialzandosicon il viso sconvolto.


Ilmercante la strinse teneramente al pettoe rispose: "Perchéin un paesemia carissima Lisabettain cui non mi voglionoproteggere nei miei dirittiio non voglio restare.


Meglioessere un canese devo essere preso a calciche un uomo! Sonosicuro che in questo mia moglie la pensa come me".


"Chiti dice"chiese lei con violenza"che non tiproteggeranno nei tuoi diritti? Se ti presenti al sovrano umilmentecome ti si addicecon la tua supplicachi ti dice che saràmessa da parteo che ti risponderanno rifiutandosi di ascoltarti?".


"Ebbene"rispose Kohlhaas"se in questo il mio timore èinfondatoneanche la mia casaper adessoè venduta. Ilsovranolo soè giusto; e se solo riescoattraverso tuttiquelli che lo circondanoad arrivare fino alla sua personanondubito di ottenere giustiziae di tornare felicementeancor primache sia finita la settimanaa te e alle mie vecchie occupazioni. Eche da allora in poi io possa"aggiunsebaciandola"restaresempre con tefino alla fine dei miei giorni! Ma èconsigliabile"continuò"che io sia pronto a ognieventualità; per questo desideravo che tuper qualche tempose è possibileti allontanassie andassi con i bambini aSchwerinda tua ziaalla quale del resto già da un pezzovolevi far visita".


"Come"gridò la donna"devo andare a Schwerin? Passare ilconfine con i bambinie andare a Schwerin da mia zia?". El'orrore le soffocò la voce.


"Propriocosì"rispose Kohlhaas"e subitose èpossibileaffinchénei passi che intendo fare per la miacausaio non sia disturbato da alcun riguardo".


"Ohti capisco!"gridò lei. "Adesso non hai piùbisogno di nientese non di armi e di cavalli; tutto il restose loprenda chi vuole!".


Econ queste parole si giròsi buttò su una sedia epianse.


"Lisabettacarissima"disse Kohlhaasturbato"che fai? Dio mi habenedettodandomi una mogliedei figli e dei beni; devo oggiperla prima voltadesiderare che non fosse così?...". E sisedette affettuosamente vicino a leichea quelle parolegli avevagettato le braccia al colloarrossendo. "Dimmi tu"dissescostandole i riccioli dalla fronte"che devo fare? Devotirarmi indietro? Devo andare a Castel Tronkae pregare il cavaliereche mi restituisca i cavallisaltarci sue portarteli qui?".


Lisabettanon osò dire "Sì! Sì! Sì!"...scosse il capo piangendosi strinse forte a luie gli coprìil petto di baci ardenti. "E dunque"gridòKohlhaas"se tu senti cheperché io possa continuare lamia attivitàmi deve essere resa giustiziaconcedimi anchela libertà che mi è necessaria per procurarmela!".E dicendo queste parole si alzòe disse al garzonecheveniva ad avvertirlo che il sauro era sellatoche l'indomanidovevano essere attaccati i baiper portare sua moglie a Schwerin.


Lisabettadisse che le era venuta un'idea! Si alzò in piedisi asciugògli occhi pieni di lacrimee chiese al maritoche si era seduto auno scrittoiose voleva dare a lei la supplicae lasciare andareleial posto suoa Berlinoa porgerla al principe. Kohlhaascommossoper più di una ragionedalla proposta inattesasel'attirò sulle ginocchiae disse: "Moglie carissimanonè possibile! Il principe ha molta gente intorno; chi gli siavvicina si espone a numerose situazioni spiacevoli". Lisabettaobiettò che c'erano mille circostanze in cui per una donnasarebbe stato più facile avvicinarsi a luiche non per unuomo. "Dammi la supplica"ripeté; "e se nonvuoi altrose non essere sicuro che finisca nelle sue maniti do lamia parola: la riceverà!".


Kohlhaasche del suo coraggiocome della sua prudenzaaveva avuto piùdi una provale chiese come pensasse di comportarsi; e leiguardando davanti a sécon gli occhi bassi per la vergognarispose che il castaldo del palazzo del principe Elettoretempoprimaquando era in servizio a Schwerinaveva chiesto la sua mano;adesso era ormai sposatoe aveva numerosi figli; ma non l'avevaancora del tutto dimenticata; insommalasciasse a lei diapprofittare di questa circostanzae di alcune altre che sarebbestato troppo lungo descrivere. Kohlhaas la baciò con grandegioiadisse che accettava la sua propostale spiegò che nonserviva altro che procurarsi alloggio presso la moglie del castaldoper potersi avvicinare al principe nel suo stesso palazzole diedela supplicafece aggiogare i baie la lasciò partirebenequipaggiatacon Sternbaldil suo fedele servo.


Quelviaggio fu peròfra tutti i passi infruttuosi che aveva fattoper la sua causail più infelice. Dopo pochi giorniinfattiSternbald rientrava già nel cortileguidandoal passolacarrozzanella quale era adagiata la donnacon una pericolosacontusione al petto. Kohlhaaschepallidosi avvicinò allavetturanon riuscì a ottenere una spiegazione coerente diquello che aveva causato la disgrazia. Il castaldoa quanto disse ilservonon era in casa; e dunque erano stati costretti a scendere inuna locanda che si trovava nelle vicinanze del palazzo; il mattinodopo Lisabetta aveva lasciato la locandaordinando al servo direstare presso i cavallied era tornata soltanto a serain quellostato. Sembrava che si fosse spinta con troppa foga verso la personadel sovranoesenza sua colpasolo per lo zelo brutale di unadelle guardie che lo circondavanoavesse ricevuto sul petto uncolpocon l'asta di una lancia. Almenocosì riferirono lepersone cheverso serala riportaronopriva di sensinellalocanda; perché lei stessaimpedita dagli sbocchi di sanguepoco poteva parlare. La supplica le era stata poi ritirata da uncavaliere. Sternbald disse che egli avrebbe voluto saltare subito suun cavallo e portargli la notizia del disgraziato incidente; ma leimalgrado le rimostranze del chirurgo che era stato chiamatoavevainsistito per essere riportatasenza farsi precedere dalla notiziada suo marito a Pontekohlhaas.


Kohlhaasla portòridotta in fin di vita dal viaggiosu un lettodovetra sforzi dolorosi per respirarevisse ancora qualche giorno.


Sicercò inutilmente di farla tornare in séper trarrequalche conclusione su quanto era accaduto; ma lei restava distesacon gli occhi fissie già spentie non rispondeva. Solo pocoprima di morire riprese i sensiancora una volta. Infattimentre unsacerdote di religione luterana (fede che stava allora prendendopiedee alla qualeseguendo l'esempio del maritosi eraconvertita)in piedi vicino al suo lettole leggevacon voce altacommossa e solenneun capitolo della Bibbialei lo guardòd'improvvisocon espressione cupagli presecome se in quel puntonon ci fosse niente da leggerlela Bibbia di manola sfogliòa lungocome se vi cercasse qualcosae a Kohlhaasche stava sedutovicino al suo lettomostrò con l'indice il versetto: "Perdonaai tuoi nemicie fai del bene anche a coloro che ti odiano".Gli strinse allora la manoguardandolo con tutta l'animae morì."Così non mi perdoni mai Iddiocome io perdoneròal barone!"pensò Kohlhaasla baciòmentre gliscorrevano copiose le lacrimele chiuse gli occhie lasciòla stanza.


Presei cento fiorini d'oro che il balivo gli aveva già versatoperle stalle di Dresdae diede disposizioni per un funerale che nonsembrava destinato a leima a una principessa: una bara di querciacon pesanti ornamenti metallicicuscini di seta con nappe d'oro ed'argentoe una fossa profonda otto bracciarivestita di pietre edi calce. Egli stessocon il figlio più piccolo in bracciorestò in piedi accanto alla criptaa sorvegliare il lavoro.Venuto il giorno del funeralela salmabianca come la nevefuesposta in una sala che egli aveva fatto tappezzare di drappi neri.Il sacerdote aveva appena finito una commovente orazione accanto allabaraquando gli fu consegnata la risoluzione sovranain rispostaalla supplica che era stata consegnata dalla defunta: doveva andare aprendere i cavalli al castello di Tronkaesotto pena di esseremesso in prigionenon presentare ulteriori ricorsi sull'argomento.Kohlhaas mise in tasca la letterae ordinò di mettere la barasul carro. Non appena fu alzato il tumulopiantata in cima la crocee congedati gli ospiti che avevano accompagnato la salmaegli sigettò ancora una volta sul letto di leiora desertoe subitosi preparò a intraprendere la vendetta.


Sisedettee stese un'ordinanzanella quale condannavain virtùdel suo innato potereil barone Venceslao di Tronka a riportare aPontekohlhaasentro tre giorni dal ricevimentoi morelli che gliaveva sottrattoe sfiancato nel lavoro dei campie a ingrassarli dipersona nelle sue stalle. Gli inviò l'intimazione con un messoa cavalloal quale diede istruzioninon appena consegnato ildocumentodi tornare di gran carriera a Pontekohlhaas. Poichéi tre giorni passarono senza che fossero consegnati i cavallimandòa chiamare Ersiano; gli confidò che cosa aveva intimato albaroneriguardo all'ingrasso degli animalie gli chiese due cose:era disposto ad andare con lui a cavallo a Castel Tronkaa prendereil baronee poiquando l'avessero portato làse si fossedimostrato pigro nell'adempiere all'ordinanzanelle stalle diPontekohlhaasad adoperare la frusta? E poiché Ersianononappena l'ebbe capito"Padroneoggi stesso!"gridòesultanteelanciando in aria il berrettolo assicurò chesi sarebbe fatto intrecciare uno staffile a dieci nodiperinsegnargli a strigliare! Kohlhaas vendette la casaspedì ibambiniben sistemati in una carrozzaoltre confineradunòsul far della notteanche gli altri servisette di numeroognunodei quali gli era fedele come oro puroli armòli fecesalire a cavalloe si mosse verso il castello di Tronka.


Egià al calare della terza notte irrompevacon questo piccolodrappellotravolgendo il gabelliere e il portiereche stavanochiacchierando sotto il portonenel castello; ementre di colpotutte le baraccheall'interno del muro di cintasi incendiavano ecrepitavanoinfiammate dalle torce che vi erano state lanciateedErsianosu per la scala a chiocciolacorreva nella torre diguardiae si avventavacon fendenti di taglio e di puntacontro ilcastaldo e l'amministratorechemezzo svestitierano seduti atavola a giocareKohlhaas si precipitava nel castello alla ricercadel barone Venceslao. Così scende dal cielo l'Angelo delGiudizio; e il baroneche per l'appuntofra grandi risatestavaleggendo alla brigata di giovani amici che era con lui l'ordinanzache il mercante di cavalli gli aveva fatto recapitarenon appena neebbe sentita la vocenel cortile del castellodivenutod'improvvisobianco come un cadavere: "Fratellisalvatevi!"urlò a quei signorie sparì. Kohlhaascheentrandonella salaaveva preso per il collo un barone Giovanni di Tronkache gli veniva controe l'aveva scaraventato nell'angolocosìda farne schizzare sulle pietre il cervellomentre i servisopraffacevano e disperdevano gli altri cavalieriche avevano messomano alle armichiese dove fosse il barone Venceslao di Tronka. Epoiché quegli uoministorditinon lo sapevanodopo aversfondato con un calcio le porte di due stanze che davano nelle alidel castelloe percorso in tutte le direzioni il vasto edificiosenza trovare nessunoscese imprecando nel cortileper farpresidiare le uscite.


Intantoraggiunto dal fuoco delle baraccheanche il castello era ormai infiammecon tutti gli edifici attiguisprigionando contro il cieloun fumo spessoementre Sternbaldcon tre servi indaffaratiportava giù tutto ciò che non era intrasportabile oattaccato ai murie lo ammassava in mezzo ai cavallicome buonbottinodalle finestre spalancate della torre di guardia volavanogiùcon giubilo di Ersianoi cadaveri del castaldo e delfattorecon mogli e figli.


Kohlhaasal qualementre scendeva la scala del castellosi era gettata aipiedi la vecchia economatormentata dalla gottache aveva ilgoverno della casale chiesefermandosi sul gradinodove fosse ilbarone Venceslao di Tronka; e poiché leicon voce debole etremantegli disse in risposta che credeva che fosse fuggito nellacappellachiamò due servi con le torcefece scardinareinmancanza di chiavil'ingresso con leve di ferro e con le ascerovesciò le panche e gli altarimacon suo rabbioso dolorenon trovò il barone.


Accaddeche un giovane garzoneche apparteneva alla servitù delcastellonel momento in cui Kohlhaas ritornava dalla cappellaaccorresse per tirare fuori da una grande stalla in pietraminacciata dalle fiammegli stalloni da battaglia del barone.Kohlhaasche proprio in quel momentoin una piccola rimessa copertadi pagliavide i suoi due morellichiese al servo perché nonmettesse in salvo i morelli; e poiché questiinfilando lachiave nella porta della grande stallarispose che ormai la rimessaera in fiammeKohlhaas gettò la chiavedopo averla strappatacon violenza dalla porta della stallaal di là del murospinsecon una grandinata di piattonateil servo fin dentro labaracca in fiammee lo costrinsetra le orribili risate degliastantia salvare i morelli. Tuttaviaquando il garzone pallido diterrorepochi istanti prima che la rimessa crollasse dietro di luine uscì con i cavalli alla cavezzanon trovò piùKohlhaas; e quando raggiunse i servi sul piazzale del castelloechiese al mercanteche più volte gli voltò le spalleche cosa dovesse fareadessocon quelle bestiequesti d'un trattolevò il piedecon una mossa così terribilechese ilcalcio l'avesse raggiuntosarebbe stata la sua mortemontòsenza rispondergliil suo baiosi piantò sotto il portonedel castelloe aspettòmentre i servi continuavano adaffaccendarsiin silenzioil giorno.


Quandogiunse il mattinotutto il castellotranne le muraera in ceneree non vi si trovava più nessunose non Kohlhaas e i suoisette servi. Egli scese da cavalloe setacciò ancora unavoltaalla chiara luce del soleche ora ne illuminava ogni angolol'intero postoe poichéper quanto difficile gli fosseammetterlodovette convincersi che l'impresa contro il castello erafallitainviòcon il cuore oppresso dalla pena e dal doloreErsiano e alcuni servi a cercare informazioni sulla direzione che ilbarone aveva preso nella sua fuga.


Soprattuttolo preoccupava un ricco educandato per fanciulle nobilichiamatoErlabrunnche sorgeva sulle rive della Moldae la cui badessaAntonia di Tronkaera conosciuta nella regione come una donna piabenefica e santa; poiché all'infelice Kohlhaas pareva fintroppo probabile che il baroneprivo com'era di tutto il necessariosi fosse rifugiato in quell'istitutodato che che la badessa era suazia carnalee l'aveva allevato nella prima infanzia. Kohlhaasdopoessersi informato su questa circostanzasalì alla torre delcorpo di guardiaal cui interno aveva ancora una stanza abitabileescrisse quello che lui chiamò "Bando Kohlhaasiano"nel quale intimava al paese di non prestare nessun aiuto al baroneVenceslao di Tronkacontro il quale egli era sceso in giusta guerrae anzi faceva obbligo a ogni abitantenon esclusi i suoi parenti eamicisotto pena di mortee dell'immancabile incenerimento di tuttoquello che si potesse chiamare proprietàdi consegnarlo nellesue mani.


Eglidiffuse quella dichiarazione nella contradaper mezzo di viaggiatorie forestierie ne diede anche una copia al suo servo Waldmannconil preciso incarico di consegnarla a Erlabrunnnelle mani di donnaAntonia. Subito dopotrattò con alcuni servi del castello diTronkache erano scontenti del baroneeattirati dalla speranza dibottinovolevano entrare al suo servizio; li armòallamaniera dei fantidi daga e balestrae li istruì a tenersiin groppa dietro gli uomini a cavallo; poiquando ebbe venduto tuttoquello che la sua gente aveva predatoe distribuito fra loro ilricavatoriposò alcune oresotto il portone del castellodai suoi tristi impegni.


Versomezzogiorno arrivò Ersianoe gli confermò quello cheil suo cuoresempre propenso ai più cupi presentimentigliaveva già detto: che per l'appunto il barone si trovava aErlabrunn nell'educandatopresso l'anziana donna Antonia di Tronkasua zia. Si era salvatoa quanto sembravaattraverso una porticinachenel muro posteriore del castellodava sul vuotoe per unastretta scala di pietra checoperta da un piccolo tettoscendevafino ad alcune barche sull'Elba.


Ersianoalmenoriferiva chein un villaggio lungo l'Elbacon grandestupore della genteche si era radunata a causa dell'incendio diCastel Tronkaegli era arrivatoverso la mezzanottein un canottosenza timone e senza remie aveva proseguito poi per Erlabrunn in uncarro di contadini.


Kohlhaasa quella notiziamandò un profondo sospirochiese se icavalli avevano mangiatoe poiché gli fu risposto di sìfece montare il drappelloe in tre ore era già davanti aErlabrunn. Stava proprio entrando con la sua schieraal brontolio diun lontano temporale all'orizzontecon le fiaccoleche aveva fattoaccendere alle portenel cortile del conventoe Waldmannil suoservogli veniva incontroper comunicargli che il bando era statoconsegnato come si devequando vide la badessa e il castaldoin unconcitato colloquiofarsi avanti sotto il portale del monastero; ementre questiil castaldoun uomo piccoloanzianocandido come lanevelanciando a Kohlhaas degli sguardi torvisi faceva allacciarela corazzae ai servi che lo circondavano gridavacon voce arditadi suonare a martelloleila superiora del monasterocon uncrocifisso d'argento in manoscesepallida come un lenzuolo dilinola scalinatae si gettò con tutte le sue ragazze inginocchio davanti al cavallo di Kohlhaas.


Kohlhaasmentre Ersiano e Sternbald riducevano all'impotenza il castaldochenon aveva in pugno la spadae lo portavano prigioniero tra icavallile chiese dove fosse il barone Venceslao di Tronka; e poichéleisciogliendosi dalla cintura un grande anello di chiavirispondeva: "A VittembergaKohlhaasuomo dabbene"; eaggiungevacon voce tremante: "Abbi timor di Diononcommettere ingiustizia!"Kohlhaas giròricacciatonell'inferno della vendetta inappagatail cavalloe stava pergridare: "Appiccate il fuoco!"quando un fulminespaventoso cadde al suolo proprio vicino a lui. Kohlhaasgirando dinuovo il cavallo verso di leile chiese se avesse ricevuto il suobando: e poiché la nobildonnacon voce flebilequasiimpercettibilerispose: "Proprio ora!""Quando?""Due ore facosì mi aiuti Iddiodopo che il baronemionipoteera ormai partito!"e Waldmannil suo servoal qualeKohlhaas si era rivolto con sguardo biecoconfermòbalbettandoquesta circostanzaperchédissele acque dellaMoldagonfiate dalla pioggiagli avevano impedito di giungere senon pochissimo tempo primaallora Kohlhaas riprese il controllo disé; all'improvviso un tremendo rovescio di pioggiache spazzòil selciato del cortilespegnendo le fiaccolesciolse il dolore nelsuo petto infelice; giròsollevando di poco il cappellodavanti alla nobildonnail suo cavallogli diedecon le parole:"Seguitemifratelli! Il barone è a Vittemberga!"di spronee lasciò la badìa.


Eglientròallo scendere della nottein una locanda sulla stradamaestranella quale dovetteper la grande stanchezza dei cavalliriposare un giornoerendendosi conto che con un drappello di dieciuomini (tanti ne aveva in quel momento) non poteva sfidare unalocalità come Vittembergastilò un nuovo bandonelqualedopo un breve racconto di quello che gli era toccato nelpaeseinvitava "ogni buon cristiano"così siespresse"con la promessa di una pagae di altri vantaggi diguerraad abbracciare la sua causa contro il barone di Tronkanemico comune di tutti i cristiani". In un altro bandocheapparve poco dopoegli si definiva "libero signorenonsoggetto né al mondo né all'Imperoma soltanto a Dio";una millanteria folle e di cattiva legache peròcon ilsuono del suo denaro e con la prospettiva del bottinogli procuròun gran mucchio di gentefra la marmaglia che la pace con la Poloniaaveva lasciato senza pane: così che egli contava trenta uominie piùquando ripassò sulla riva destra dell'Elbaperridurre in cenere Vittemberga.


Eglisi accampòcon i cavalli e i fantial riparo di una vecchiafornace diroccatanella solitudine e nell'oscurità del boscoche a quel tempo circondava la localitàenon appena ebbesaputo da Sternbaldche aveva inviato travestito in cittàcon il suo bandoche esso vi era già notosubito si mossecon il suo drappellola santa vigilia della Pentecosteementregli abitanti erano immersi in un sonno profondoappiccòl'incendio alla cittàin più punti contemporaneamente.Poimentre la sua truppa metteva a sacco i sobborghiattaccòal pilastro di una chiesa un foglio di questo tenore: "EgliKohlhaasaveva dato fuoco alla città: ese non gli fossestato consegnato il baronel'avrebbe a tal punto ridotta in cenereche"così si espresse"non avrebbe avuto bisognodi guardare dietro a nessun muro per trovarlo". L'orrore degliabitanti per l'inaudito misfatto fu indescrivibile; e non appena lefiammeche in quella notte d'estateper fortuna non molto ventosanon avevano raso al suolo più di diciannove casefra lequalituttaviac'era una chiesafuronoverso il sorgere delgiornoalmeno in parte domateil vecchio prefettoOttone diGorgasinviò lì per lì una piccola compagnia dicinquanta uomini per spazzare via l'orribile flagello.


Mail capitano che la guidavadi nome Gerstenbergsi comportòcosì male nell'impresache la spedizioneinvece disconfiggere Kohlhaasgli diede una pericolosissima gloria militarepoichéquando l'uomo d'armi divise le sue forze in plotoniper circondarlocosì pensavae quindi sopraffarlofu inveceattaccato da Kohlhaasche aveva tenuto compatto il suo drappellonei diversi puntie battuto: tanto chegià la sera delgiorno doponemmeno uno degli uomini della truppa nella quale eranoriposte le speranze del paese restava più in campo contro dilui. Kohlhaasche in quei combattimenti aveva subìto alcuneperditeil mattino del giorno seguente appiccò di nuovol'incendio alla cittàe le sue crudeli istruzioni furono cosìefficaciche questa volta un gran numero di case e quasi tutti ifienili dei sobborghi furono ridotti in cenere. Nel frattempo egliaffisse di nuovoquesta volta agli angoli dello stesso Municipioilbando già notoaggiungendovi le novità sulla sorte delcapitano Gerstenberginviato contro di lui dal prefettoe da luisbaragliato.


Ilprefettoal culmine dell'indignazione davanti a tanta arroganzasimise lui stessocon molti cavalierialla testa di uno squadrone dicentocinquanta uomini. Diede al barone Venceslao di Tronkachel'aveva sollecitata per iscrittouna scorta che lo proteggesse dalleviolenze del popoloche pretendeva che egli fosse allontanato senzaindugio dalla cittàedopo aver inviato dei presìdiin tutti i villaggi dei dintornie guarnito di sentinelle anche lemura di cinta della cittàper difenderle da un colpo di manouscì di persona dalle porteil giorno di san Gervasiopercatturare il drago che devastava il paese.


Ilmercante di cavalli fu così abile da evitare lo squadrone; edopo aver attirato il prefettocon abili marcea cinque migliadalla cittàe averlo indottocon una serie di stratagemminella falsa convinzione che luiincalzato da forze troppo superioristesse per cercare scampo nel Brandeburgofece bruscamente dietrofrontallo scendere della terza notteritornò di grancarriera a Vittembergae per la terza volta diede alle fiamme lacittà. Ersiano si era intrufolato in città travestitoe aveva realizzato l'orribile colpo maestro; e un vento teso ditramontana rese il divampare dell'incendio così funesto edivorante chein meno di tre orequarantadue casedue chiesenumerosi conventi e scuole e lo stesso edificio della prefetturafurono ridotti in cenere e macerie.


Ilprefettocheallo spuntar del giorno credeva il suo avversario interritorio brandeburghesequandoinformato di quello che erasuccessoebbe fattoa marce forzateritornotrovò la cittàintera in rivolta; il popolo era accampatoa migliaiadavanti allacasabarricata con pali e tronchidel baronee chiedevacon urlafuribondeche fosse portato via dalla città. Due borgomastridi nome Genziano e Ottoneche erano andati sul posto con le divise ele insegnealla testa di tutta la magistratura cittadinaspiegaronoinutilmente che bisognava in ogni caso aspettare il ritorno di unmesso inviato d'urgenza al presidente della Cancelleria di Statoperchiedere l'autorizzazione a portare il barone a Dresdadove luistesso desideravaper più di una ragioneandare; la follairragionevolearmata di spiedi e di spranghenon se ne dava perintesoe già stava malmenando alcuni consigliericheproponevano di impiegare le maniere fortie si preparava a darel'assalto alla casa in cui si trovava il baronee raderla al suoloquando il prefettoOttone di Gorgasalla testa del suo squadrone dicavalieriapparve in città.


Aquell'uomo per beneche era abituato a infondere nel popolocon lasua sola presenzaobbedienza e rispettoera riuscitoquasi comecompenso per l'impresa fallita dalla quale ritornavadi catturareapoca distanza dalle porte della cittàtre fanti sbandatidella banda dell'incendiario; e poiché eglimentre queiribaldi venivanoal cospetto del popoloincatenatiassicuròi magistraticon un accorto discorsoche in poco tempo contava diportare in città in catene lo stesso Kohlhaasdel quale eragià sulle tracceriuscìgrazie a queste circostanzerassicurantia disarmare l'angoscia del popolo radunatoe acalmarlo un po'circa la presenza del barone fino al ritorno delmessaggero da Dresda. Egli smontòaccompagnato da alcunicavalierida cavalloe andòfatta rimuovere la barricatanella casadove trovò il baroneche passava da unosvenimento all'altronelle mani di due mediciche cercavano difarlo rinvenire con essenze e stimolanti; e poiché Ottone diGorgas si rendeva perfettamente conto che non era quello il momentoper chiacchierare con lui su tutto ciò che era successo percausa suagli disse solocon uno sguardo di muto disprezzoche perfavore si vestisseeper la sua stessa sicurezzalo seguisse nellestanze della prigione dei nobili. Quando ebbero fatto indossare albarone un panciottoe gli ebbero messo un elmo in testaed egliancora a metà sbottonatovisto che gli mancava il respiroapparveal braccio del prefetto e del conte di Gerschausuocognatosulla stradasalirono fino al cielo maledizioni e bestemmieorribili contro di lui. Il popolotrattenuto a fatica dalla truppalo chiamava sanguisugainfameaguzzinoflagello del paesemaledizione della città di Vittemberga e rovina dellaSassonia; dopo un pietoso tragitto per la città ridotta inmaceriedurante il quale egli più voltesenza accorgerseneperse l'elmoche un cavaliere gli rimetteva in testa da dietrosiraggiunse finalmente la prigionedove egli sparì in unatorresotto la protezione di una buona scorta.


Intantoil ritorno del messaggero con la decisione del principe Elettoresuscitava in città nuove preoccupazioni. Infatti il governodello Statoal quale la cittadinanza di Dresda si era immediatamenterivolta con una supplicanon voleva saperne di un soggiorno delbarone nella capitaleprima che l'incendiario fosse ridottoall'impotenza; e anzi obbligava il prefetto di difenderlodovunquefossepoiché in qualche posto doveva pur starecon le forzeche aveva sotto il suo comando; ma annunciava contemporaneamente allabuona città di Vittembergaper sua tranquillitàcheun battaglione di cinquecento uominial comando del principeFederico di Meissenera già in marciaper difenderla daulteriori molestie. Il prefettoche ben capiva come una decisionesimile non potesse in nessun modo rassicurare la popolazionepoichénon solo numerose piccole scaramucceche il mercante di cavalliaveva combattuto con successoin diversi puntidavanti alla cittàavevano diffuso le voci più incresciose su un aumento dellesue forzemaper di piùla guerra che egli conducevaconpecepaglia e zolfonell'oscurità della notteper mezzo digentaglia travestitaavrebbe potuto rendere inefficaceinaudita esenza esempio com'erauna difesa anche maggiore di quella con laquale il principe di Meissen si stava avvicinando: il prefettodunquedopo una rapida riflessionedecise di tenere completamentenascosta l'ordinanza che aveva ricevuto. Fece solo affiggereagliangoli della cittàuna lettera nella quale il principe diMeissen gli annunciava il suo arrivo; una carrozza chiusache uscìsul fare del giorno dal cortile del carcere dei nobilipresescortata da quattro cavalieri pesantemente armatila strada diLipsiamentre i cavalieri della scorta facevano capirecon vaghiaccenniche andavano al castello sulla Pleisse; edopo aver cosìtranquillizzato il popolo riguardo all'infausto baronela cuipresenza significava ferro e fuocosi mosse egli stessocon unaschiera di trecento uominiper unirsi al principe Federico diMeissen.


Nelfrattempo Kohlhaasgrazie alla singolare posizione che aveva assuntonel mondoera salitoin effettialla forza di cento e nove uomini;edopo aver anche scopertoa Jessenun deposito di armie avernerifornito di tutto punto le sue schierepreseinformato delladoppia tempesta che si stava addensandola decisione di andareincontro a tutte e due con la rapidità del ventoprima che siscatenassero sula sua testa. E infatti il giorno dopo attaccava giàil principe di Meissenin un assalto notturnonei pressi diMuhlberg; in quel combattimento perse sìcon suo grandedoloreErsianoche fin dai primi colpi cadde morto al suo fianco:maesasperato da quella perditain tre ore di battaglia ridusse ilprincipeincapace di riordinarsi nel borgocosì a malpartitocheallo spuntare del giornoa causa di molte gravi feritee del completo disordine della sua truppafu costretto a ritirarsiin direzione di Dresda. Reso temerario da questo successoKohlhaassi rivolseprima che potesse essere informato dell'accadutocontroil prefettolo assalìvicino al villaggio di Damerowincampo apertoin pieno mezzogiornoe si batté con luiconperdite sanguinosema con uguale successofino allo scendere dellanotte. E di sicuro il mattino dopocon il resto della sua schieraegli avrebbe senza dubbio attaccato di nuovo il prefettoche si eraritirato nel camposanto di Damerowse questiattraverso degliesploratorinon fosse stato informato della disfatta subita dalprincipe presso Muhlberge non avesse perciò ritenuto piùprudente ritornarea sua voltaa Vittembergain attesa di tempimigliori.


Cinquegiorni dopo aver distrutto questi due contingentiKohlhaas eradavanti a Lipsiae da tre lati appiccava il fuoco alla città.- Nel bando che diffuse in quella circostanza egli si definiva"luogotenente dell'Arcangelo Michelevenuto a punire col ferroe col fuocosu tutti quelli che nella contesa prendessero le partidel baroneil male in cui era caduto il mondo intero". Dalcastello di Lutzendi cui si era impadronito di sorpresae in cuisi era insediatoegli chiamava il popolo a unirsi a luiper darealle cose un migliore ordinamentoe il bando era sottoscrittocongesto quasi follein questo modo: "Dato nel regale castello diLutzensede provvisoria del nostro governo universale". Lafortuna degli abitanti di Lipsia fu che il fuocoa causa di unapioggia insistente che cadeva dal cielonon si propagassecosìchegrazie alla rapidità d'intervento dell'organizzazioneantincendio localesolo alcune botteghe che sorgevano intorno allarocca sulla Pleisse furono divorate dalle fiamme. E tuttavia lacosternazione della città per la presenza del forsennatoincendiarioe per la sua falsa idea che il barone fosse a Lipsiaera indescrivibile; equando un reparto di cento e ottanta uomini acavalloche era stato inviato contro di luiritornòsbaragliato in cittàai magistratiche non volevano metterea repentaglio le ricchezze della cittànon restò altroda fare che chiudere del tutto le portee ordinare che lacittadinanza facessegiorno e nottela guardia fuori delle mura.


Inutilmentei magistrati fecero affiggerenei villaggi delle zone circostantimanifesti con la precisa assicurazione che il barone non si trovavanel castello sulla Pleisse; il mercante di cavalli insistevasumanifesti analoghiche egli era nella roccae dichiarava chesenon vi si fosse trovatoegli avrebbe comunque proceduto come se cifossefinché non gli venisse indicatocon tanto di nomeilposto in cui si trovava. Il principe Elettoreinformato per mezzo diun corriere veloce della situazione gravissima in cui si trovava lacittà di Lipsiadichiarò che stava giàradunando un esercito di duemila uominie che si sarebbe messo allasua testaper catturare Kohlhaas. Egli rivolse al signor Ottone diGorgas un severo rimprovero per l'astuzia ambigua e sconsideratadella quale si era servito per allontanare l'incendiario dallaregione di Vittemberga; e nessuno può descrivere il turbamentoche invase l'intera Sassoniae soprattutto la capitalequandolaggiù si venne a sapere chenei villaggi intorno a Lipsiaera stata affissada parte di chi non si sapevauna dichiarazionediretta a Kohlhaassecondo la quale "Venceslaoil baronesitrovava presso i cugini Enzo e Corradoa Dresda".


Inquel momentoil dottor Martin Lutero prese su di sé ilcompitosostenuto dal prestigio che la sua posizione nel mondo glidavadi riportare Kohlhaascon la forza di parole pacatedentrogli argini dell'ordine umano; efacendo affidamento su quanto dionesto c'era ancora nel cuore dell'incendiariogli indirizzòun manifesto di questo tenoreche venne affisso in ogni cittàe in ogni borgo del principato:


"Kohlhaastu che ti spacci per inviato a brandire la spada della giustiziachecosa mai ardiscitemerarionel delirio di una cieca passionetuche di ingiustizia sei pieno dalla punta dei capelli alle piante deipiedi? Poiché il sovrano al quale sei suddito ha negato il tuodirittoil tuo diritto nella contesa per una cosa da nientetu tisollevio sciaguratocol ferro e col fuocoe irrompicome il lupodel desertonella pacifica comunità di cui egli èscudo. Tuche seduci gli uomini con i tuoi proclamipieni difalsità e di maliziacredi tupeccatoredi trovare scampodavanti a Dio in questo modonel giorno che getterà lucedentro le pieghe di tutti i cuori? Come puoi dire che ti èstato negato il tuo dirittotuil cui cuore rabbiosoeccitato dalprurito di un'ignobile brama di vendettadopo i primiavventatitentativi che ti fallironoha lasciato cadere ogni sforzo perguadagnartelo? E' la panca occupata dagli uscieri e dagli sgherri deltribunaleche intercettano la lettera che hanno ricevutootrattengono la sentenza che dovrebbero consegnareè questa latua autorità? E devo io dirtiuomo dimentico di Dioche latua autorità non sa nulla della tua causa - che cosa dico? cheil sovranocontro il quale tu ti rivoltinon conosce nemmeno il tuonomedi modo chequando tu comparirai un giorno davanti al trono diDioe penserai di accusarloegli potrà direcon il visosereno: a quest'uomoSignoreio non feci nessun tortopoichédella sua esistenza l'anima mia non sa nulla? La spada che tuimpugnisappiloè la spada della rapina e della strage; unribelle tu seie non un soldato del giusto Iddio; la tua meta sullaterra è la ruota e la forcae nell'al di là ladannazione che pende sul misfatto e sull'empietà.


Vittembergaeccetera.


MartinLutero".


Kohlhaasstava proprio alloranel castello di Lutzenmeditando un nuovopiano per incenerire Lipsianel suo petto lacerato egli non davainfattinessun credito alla notizia affissa nei villaggi che ilbarone Venceslao si trovasse a Dresdavisto che non era firmata danessunoe tanto meno dai magistraticome egli aveva richiesto -quando Sternbald e Waldmann notaronocon la più profondacosternazioneil manifestochedi notteera stato affisso alportone del castello. Invano speraronoper diversi giornicheKohlhaaspoiché preferivano non essere loro a rivolgergli laparola a quel propositoci lasciasse cadere lo sguardo: cupo eripiegato su se stessoegli si faceva sì vedereverso serama solo per dare i suoi brevi ordinie non vedeva niente; tanto cheessiun mattinoin cui lui voleva fare impiccare un paio dei suoifantichecontro la sua volontàavevano saccheggiato neidintornisi decisero ad attirarne l'attenzione. Egli tornavaappuntomentre il popolo si faceva da parteintimiditoda entrambii latidal luogo dell'esecuzionecon il seguito chedall'ultimobandogli era abituale - lo precedeva una grande spada da cherubinoadagiata su un cuscino di cuoio rosso adornato di nappe d'oroe loseguivano dieci fanti con le fiaccole accese -quando i due uominicon le spade sottobracciogiraronoin un atteggiamento che nonpoteva non colpirlointorno al pilastro sul quale era affisso ilmanifesto. Kohlhaasquandocon le mani intrecciate dietro laschienaimmerso nei suoi pensieriarrivò sotto il portonealzò gli occhi e si fermò di colpo; e quando i servivedendolosi tirarono con deferenza da parteegli si avvicinòal pilastroguardandoli distrattamentea passi veloci.


Macome descrivere quello che avvenne nella sua anima quando vi vide ilfoglio che lo accusava di ingiustiziasottoscritto dal nome piùcaro e più venerando che conoscesse: dal nome di MartinLutero! Un cupo rossore gli salì al viso; egli lo lesse duevoltetogliendosi l'elmodal principio alla fine; si giròindietrocon sguardi incertiai suoi uominicome se volesse direqualcosae non disse niente; staccò il foglio dalla paretelo lesse tutto ancora una voltae gridò: "Waldmann! Faisellare il mio cavallo!"e poi: "Sternbald! Seguimi nelcastello!"e sparì. Quelle poche parole erano bastatecon tutto l'alone di terrore che lo circondavaa disarmarlo dicolpo. Egli indossòcome travestimentole vesti di unfittavolo della Turingiadisse a Sternbald che un affare di notevoleimportanza lo costringeva ad andare a Vittembergagli affidòalla presenza di alcuni dei suoi migliori soldatiil comando dellaschiera rimasta a Lutzene partìassicurando che entro tregiornidurante i quali non c'era da temere nessun attaccosarebbestato di ritornoper Vittemberga.


Siintrodussesotto falso nomein una locandaenon appena fu scesala notteavvolto nel suo mantelloe munito di un paio di pistoleche erano bottino del castello di Tronkaandò nella stanza diLutero. Luteroche sedeva al suo leggìofra libri emanoscrittivedendo quello strano sconosciuto aprire la portaerichiuderla col catenaccio dietro di ségli chiese chi fossee che cosa volesse; e l'uomoche teneva con deferenza il cappello inmanoaveva appena timidamente rispostogià presentendo qualespavento stesse per provocareche egli era Michele Kohlhaasilmercanti di cavalliche già Lutero gridava: "Vialontano da me!"aggiungendomentre si alzava dal leggìoe si precipitava verso un campanello: "Il tuo alito èpestela tua vicinanza è perdizione!".


Kohlhaasdissementresenza muoversi dal suo postotirava fuori la pistola:"Reverendo signorequesta pistolase voi toccate ilcampanellomi stenderà senza vita ai vostri piedi! Sedetevie ascoltatemi; fra gli angeli dei quali trascrivete i salmi non sietepiù sicuro che vicino a me".


Luterosedendosigli chiese: "Che vuoi?".


"Confutare"rispose Kohlhaas"la vostra opinione di meche io sia un uomoingiusto! Mi avete dettonel vostro manifestoche la mia autoritànon sa niente della mia causa: ebbeneprocuratemi un salvacondottoe io andrò a Dresdae gliela sottoporrò".


"Uomoempio e spaventevole!"esclamò Luteroconfuso etranquillizzato insieme da quelle parole. "Chi ti ha dato ildiritto di aggredireeseguendo una tua arbitraria ingiunzioneilbarone di Tronkaenon avendolo trovato nel suo castellodimettere a ferro e fuoco la comunità intera che lo difende?".


"Reverendosignore"rispose Kohlhaas"nessunofinora! Una notiziache ricevetti da Dresda mi ha tratto in ingannoe fuorviato! Laguerra che conduco contro la comunità degli uomini è undelittose è vero che iocome voi mi avete assicuratononne sono stato ripudiato".


"Ripudiato!"gridò Luteroguardandolo. "Quale pensiero folle ti hapreso? Chi ti avrebbe ripudiato dalla comunità dello Stato nelquale vivevi? Dove si ebbe maida quando esistono Statichequalcunochiunque egli fossesia stato da esso ripudiato?".


"Ripudiato"rispose Kohlhaasstringendo a pugno la mano"chiamo colui alquale si nega la protezione delle leggi! Poiché di questaprotezioneper la prosperità del mio pacifico commercioioho bisogno; ed èanziproprio per questo che iocon tuttoquello che mi sono guadagnatocerco rifugio nella comunità; echi me la nega mi ricaccia fra i selvaggi del desertoe mi mette inmanopotete forse negarlo?la clava che mi protegge".


"Chiti ha negato la protezione delle leggi?"gridò Lutero."Non ti scrissi che dell'accusa che avevi presentato il sovranoal quale l'avevi presentatanon sa niente? Se i servitori di Statoalle sue spalleannullano i processio si fanno altrimenti beffeasua insaputadel suo nome consacratochitranne Diopuòchiedergli conto della scelta di simili servitorie sei tuuomoorribile e maledetto da Dioautorizzato a giudicarlo per questo?".


"Ebbene"disse allora Kohlhaas"se il sovrano non mi ripudieràanch'io ritornerò nella comunità che da lui èdifesa. Procuratemilo ripetoun salvacondotto per Dresda: e ioscioglierò la gente che ho raccolto nel castello di Lutzenepresenterò di nuovodavanti al tribunale di Statol'accusache mi è stata respinta".


Luterocon aria contrariatascompigliò le carte che aveva sulloscrittoioe tacque. L'atteggiamento di sfida allo Stato chequell'uomo strano assumeva lo contrariavaeripensandoall'ingiunzione che eglida Pontekohlhaasaveva emanato contro ilbaronegli chiese che cosa pretendesseinsommadal tribunale diDresda.


"Lapunizione del baroneconforme alla legge"rispose Kohlhaas;"il ristabilimento dei cavalli nello stato in cui erano; e ilrisarcimento del danno che tanto io quanto il mio servo Ersianocaduto a Muhlbergabbiamo subìtoa causa della violenzacommessa contro di noi".


"Ilrisarcimento del danno!"gridò Lutero. "Somme amigliaiada ebrei e da cristianisu tratte e su pegnihai preso aprestitoper far fronte alle spese della tua selvaggia vendetta.Metterai nel conto anche il loro valorese si faràl'inchiesta?".


"Dione scampi!"rispose Kohlhaas. "Casa e podereel'agiatezza che è stata miaio non li richiedo; e neppure lespese del funerale di mia moglie! La vecchia madre di Ersiano faràun conto delle spese per la sua curae un elenco delle cose che suofiglio perse nel castello di Tronka; e il danno che io ho subìtoper la mancata vendita dei morelli lo faccia valutare il governopermezzo di un esperto".


"Uomofolleincomprensibile e spaventoso!"disse Luteroe lo fissò.


"Dopoche la tua spada si è presa sul barone la vendetta piùferoce che si possa immaginareche cosa ti spinge a insistere su unasentenza il cui rigorequando fossealla finepronunciatalocolpirebbe con un peso di così scarso rilievo?".


"Reverendosignore"replicò Kohlhaasmentre una lacrima gli rigavale guance"mi è costata mia moglie; Kohlhaas faràvedere al mondo che non è morta in una causa ingiusta.Adattatevisu questoalla mia volontàe fate che la cortepronunci la sua sentenza; in tutto il restosu cui possa ancoraesservi contesaio mi adatterò alla vostra".


"Vedi"disse Lutero"quello che tu chiedise davvero le circostanzesono come la voce pubblica le riferisceè giustoe se tuavessi saputo portare la liteprima di passare arbitrariamente allavendetta privatafino alla decisione del principela tua richiestanon ho dubbiti sarebbe stata accolta punto per punto. Mabenconsiderata ogni cosanon avresti fatto megliose tuper amore deltuo Redentoreavessi perdonato il baroneavessi preso per lacavezza i morellisecchi e sfiniti com'eranofossi salito in sellae avessi cavalcato fino a casa tuaa ingrassarli nelle tue stalle diPontekohlhaas?".


"Forsesì"rispose Kohlhaasavvicinandosi alla finestra;"forse sìe forse no! Se avessi saputo che mi sarebbetoccato rimetterli in piedi con il sangue e il cuore della mia caramoglieforse sìavrei fatto come dite voireverendosignoree non sarei stato a guardare uno staio di avena! Ma poichéormaimi sono venuti a costare tantole cose vadanocosì lapensoper il loro verso: lasciate che sia pronunciata la sentenzache mi spettae che il barone mi ingrassi i morelli".


Luteromettendotra vari pensieridi nuovo le mani tra le sue cartedisseche avrebbe avviato per lui una trattativa con il principe Elettore.Intantoche egli restasse tranquillo nel castello di Lutzen; se ilprincipe avesse consentito al salvacondottoglielo si sarebbe fattosapere per via di pubblici manifesti. "A dire il vero"continuòmentre Kohlhaas si chinava per baciargli la mano"se l'Elettore vorrà usare clemenzaanzichégiustizianon so; poiché ha raccoltoho saputoun esercitoed è in procinto di coglierti nel castello di Lutzen; ma nelfrattempocome ti ho già dettonon risparmierò i mieisforzi". E con queste parole si alzòmostrando divolerlo congedare.


Kohlhaasdisse che la sua intercessione lo tranquillizzava completamentesuquel punto; al che Lutero lo salutò con la manoma egliimprovvisamentepiegò un ginocchio davanti a luie disse diavere ancora una preghiera sul cuore. A Pentecosteinfattiquandoera solito accostarsi alla mensa del Signoreeglia causa di quellasua impresa guerrescanon era andato in chiesa: voleva avere lacompiacenza di riceveresenza altra preparazionela suaconfessionee impartirgliin cambioil beneficio del santosacramento? Luterodopo una breve riflessionelo fissòseveramente e disse: "SìKohlhaaslo farò. Ma ilSignoredel quale desideri il corpoperdonò il suo nemico.Vuoi tu"aggiunsementre egli lo guardava turbato"perdonareallo stesso modo il barone che ti ha offeso: andare al castello diTronkamontare sui tuoi morellie portarteli a casa aPontekohlhaasper ingrassarli?".


"Reverendosignore"disse Kohlhaas arrossendoe gli prese la mano.


"Ebbene?".


"Neppureil Signore perdonò tutti i suoi nemici. Lasciate che ioperdoni i due principi Elettorimiei sovraniil castaldo e ilfattorei signori Enzo e Corradoe chiunque altro mi abbia offesoin questa circostanza: ma chese è possibileio costringa ilbarone a farmi tornare grassi i morelli".


Aqueste parole Lutero gli giròcon uno sguardo dispiaciutolespallee tirò il campanello. Kohlhaasmentre un domesticoda esso chiamatosi annunciavaportando una lampadanell'anticamerasi alzò confuso da terraasciugandosi gliocchi; e poiché il domesticoessendo tirato il catenacciosiaffaccendava invano alla portamentre Lutero si era di nuovo sedutodavanti alle sue carteKohlhaas aprì la porta a quell'uomo.Luterolanciando un breve sguardodi latoal forestierodisse aldomestico: "Fa' luce!"e questiun po' sorpreso da quelvisitatoreverso il quale lanciò un'occhiatastaccòdalla parete la chiave di casaeaspettando che l'ospite se neandassesi ritirò nel vano della porta semiaperta.


"Ecosìsignore reverendissimo"disse Kohlhaastenendo ilcappello con tutte e due le maniche tremavano"non mi puòessere impartito il beneficio della riconciliazioneche vi hosupplicato di concedermi?".


"Conil tuo Salvatoreno"rispose brevemente Lutero; "con iltuo sovrano... questo dipenderà dal tentativo che ti hopromesso!". E con ciò fece al domestico il cenno dieseguiresenz'altro indugiol'incarico che gli aveva affidato.Kohlhaas si portòcon un'espressione di dolorele mani alpettoseguì l'uomoche gli faceva lume giù per lescalee scomparve.


Ilmattino dopo Lutero inviò una lettera al principe Elettore diSassonianella qualedopo un'amara allusione ai signori Enzo eCorrado di Tronkaciambellano e coppiere addetti alla sua personaiqualicome a tutti era notoavevano intercettato la quereladichiarava al sovranocon la franchezza che gli era propriache incosì spiacevoli circostanze non restava altro da fare cheaccogliere la proposta del mercante di cavallie concederglialfine di riaprire il suo processol'amnistia per quanto era accaduto.


L'opinionepubblicaosservavaera pericolosamente incline a prendere le partidi quell'uomotanto che persino a Vittembergada lui tre volteincendiatasi alzavano voci in suo favore; e poichéimmancabilmentenel caso fosse stata respintaegli avrebbe portatola sua offertacon odiosi commentia conoscenza del popoloquestoavrebbe facilmente potuto essere sobillato tanto checon la forzadello Statoniente più si sarebbe potuto intraprendere controdi lui.


Econcludeva chein quel caso fuori dell'ordinariobisognava passaresopra lo scrupolo di aprire una trattativa con un cittadino che avevaimpugnato le armi; egliin effettiper colpa dei procedimentiseguiti contro di luiera stato postoin certo modoal di fuoridel consorzio statale; ein breveper uscire da quella situazionebisognava considerarlo più come una potenza stranieracomein un certo sensoil suo stesso essere forestiero lo qualificavapenetrata nel paeseche come un ribelle sollevatosi contro il trono.


Ilprincipe Elettore ricevette questa lettera proprio mentre il principeCristiano di Meissengeneralissimo dell'Imperozio del principeFederico di Meissenbattuto a Muhlberge ancora a letto per leferiteil Gran Cancelliere del Tribunaleconte Wredeil conteKallheimpresidente della Cancelleria di Statoe i due signori Enzoe Corrado di Tronkaciambellano questicoppiere l'altroamicid'infanzia e confidenti entrambi del sovranoerano presenti apalazzo. Il ciambellanoil nobile Corradochein qualità diconsigliere segretosbrigava la corrispondenza privata del principecon facoltà di servirsi del suo nome e del suo sigillopreseper primo la parolaedopo aver spiegato ancora una voltaper filoe per segnoche mai e poi mai egli avrebbe messo da partedipropria iniziativala querela che il mercante di cavalli avevasporto presso il Tribunale contro il baronesuo cuginoseingannato da false informazioninon l'avesse ritenuta una begaoziosa e priva di qualunque fondamentoarrivò a parlare dellasituazione attuale.


Osservòche né in base alle leggi divine né in base a quelleumane il mercante di cavalli era autorizzato a prendersiper quellosbagliouna vendetta personale tanto mostruosa come quella che siera permesso; descrisse la gloria che una trattativa con luicome sefosse stato una potenza militare in piena regolaavrebbe fattocadere sul suo capo maledetto da Dio; e la vergogna che ne sarebbericaduta sulla sacra persona del principe gli sembrò cosìinsopportabilechenella foga della sua perorazioneaffermòche avrebbe preferito soffrire l'estremoe vedere eseguital'ordinanza del pazzo ribellee il baronesuo cuginoportato aPontekohlhaasa ingrassare i morellipiuttosto di sapere che erastata accettata la proposta del dottor Lutero.


IlGran Cancelliere del Tribunaleconte Wredeespresserivolto a metàverso di luiil proprio dispiacere per il fatto che una cosìdelicata sollecitudinecome quella che egli mostravaper il buonnome del sovranonella conclusione di quella faccendacertamenteincresciosanon l'avesse ispirato fin dal momento del suo inizio.


Egliespose all'Elettore le sue riserve a fare ricorso alla forza delloStato per dare esecuzione a una misura chiaramente ingiusta; osservòcon una significativa allusione al grande seguito che il mercante dicavalli continuava a incontrare nel paeseche in questo modo il filodei delitti minacciava di dipanarsi all'infinito; e dichiaròche solo una schietta azione di giustiziache desseimmediatamentee senza riguardiriparazione all'errore al quale era statocolpevolmente dato corso avrebbe potuto strapparloe tirar fuorifelicemente il governo da quel brutto impiccio.


Ilprincipe Cristiano di Meissenrichiesto dal sovrano di dire che cosapensasse di tutto ciòaffermòrivolgendosi condeferenza verso il Gran Cancelliereche la linea di pensiero da luiesposta gli ispiravasìil massimo rispetto; mavolendoaiutare Kohlhaas a ottenere i suoi dirittiegli non rifletteva checosì veniva a ledere Vittemberga e Lipsiae tutto il paese dalui devastatonella giusta pretesa di un risarcimento dei dannioalmeno della loro punizione.


L'ordinamentodello Stato erain rapporto a quell'uomocosì sconvoltochedifficilmente lo si sarebbe potuto raddrizzare con un principio fattoderivare dalla scienza del diritto. Perciò egli era delpareresecondo l'opinione del ciambellanodi fare ricorso ai mezziprevisti per questi casi: radunare un esercito di grandezzasufficientee con esso sloggiare o schiacciare il mercante dicavalli che si era insediato a Lutzen.


Ilciambellanomentre toglieva dalla parete due sedieper lui e perl'Elettoree le sistemava con fare premuroso al centro della stanzadisse di rallegrarsi che un uomo della sua probità eintelligenza fosse d'accordo con lui sui mezzi per risolverel'intricata questione.


Ilprincipetenendo ancorasenza sedersila mano appoggiata sullasediae guardandolo fissogli assicurò che non aveva nessunmotivo di rallegrarsi per questo: poiché la misuranecessariamente collegata a questo era di spiccareprimaun ordinedi cattura contro di luie metterlo sotto processo per abuso delnome del sovrano. Poichése la necessità esigeva dicalare il velodavanti al trono della giustiziasu una serie didelitti checontinuando a perdita d'occhionon trovavano ormaiposti sufficienti per comparire davanti al suo tribunalequesto nonvaleva per il primoche li aveva causati; e solo un'accusa capitaleportata contro di lui avrebbe potuto autorizzare lo Stato aschiacciare il mercante di cavallila causa del quale eracomenotopiù che giustae al quale essi stessi avevano messo inmano la spada che brandiva. Il principementre a queste parole ilbarone lo guardava sgomentosi giròfacendosi rosso su tuttoil visoe andò alla finestra.


Ilconte Kallheimdopo una pausa d'imbarazzo generaledisse che inquella maniera non si usciva dal cerchio stregato di cui eranoprigionieri. Con lo stesso diritto si sarebbe potuto mettere sottoprocesso il nipote del Generalissimoil principe Federico; poichéanche luinel corso della poco ortodossa campagna intrapresa controKohlhaasaveva in vari modi travalicato le istruzioni ricevute: dimodo chese si fosse voluto fare l'elenco della lunga schiera diquelli che avevano causato l'imbarazzante situazione in cui ci sitrovavaanch'egli sarebbe stato del numeroe il sovrano avrebbedovuto chiedergli conto di ciò che era avvenuto pressoMuhlberg.


Ilcoppiereil nobile Enzo di Tronkamentre il principecon sguardiindecisiandava verso il suo tavoloprese la parolae disse di noncapire come la decisione di Stato che doveva essere adottata potessesfuggire a uomini di tanta saggezzacome quelli lì riuniti.Il mercante di cavallia quanto gli risultavaaveva promessoincambio di un semplice salvacondotto per Dresdae di una nuovaindagine sulla sua causadi sciogliere la banda con la quale erapenetrato nel paese. Non ne seguivaperòche gli si dovesseconcedere l'amnistia per la sua delittuosa vendetta personale: dueconcetti giuridici che tanto il dottor Lutero quanto il Consiglio diStato sembravano confondere. "Quando"proseguìtoccandosi il naso con il dito"il Tribunale di Dresda avràpronunciatonon importa comela sentenza a proposito dei morelliniente impedirà di gettare Kohlhaas in prigione per i suoiincendi e le rapine: soluzione politicamente opportunache unisce ivantaggi di quelle dei due statisti che mi hanno precedutoe allaquale non potrà mancare il plauso dei contemporanei e deiposteri".


Ilprincipe Elettorepoiché sia eglisia il Gran Cancelliereavevano risposto solo con uno sguardo a questo discorso del coppiereil nobile Enzoe con ciò la discussione sembrava terminatadisse che avrebbe riflettuto per conto suofino alla prossima sedutadel Consiglio di Statosulle diverse opinioni che gli erano stateesposte. Sembrava che la misura preliminare da lui stesso suggeritagli avesse tolto dal cuoremolto sensibile all'amiciziala vogliadi mettere in atto la spedizione contro Kohlhaasper la quale tuttoera già pronto. In ogni casotrattenne presso di sé ilGran Cancelliereconte Wredela cui opinione gli sembrava la piùpraticabile; equando questi gli ebbe mostrato delle lettere dallequali risultava chein effettile forze del mercante di cavallierano già cresciute a quattrocento uominie anziper viadella generale scontentezza chea causa delle prevaricazioni delciambellanoregnava nel paeseegli avrebbe potuto in breve contaresu forze raddoppiate e triplicateil principe Elettore si decisesenza ulteriori esitazioniad accettare il consiglio che il dottorLutero gli aveva dato. Affidò dunque al conte Wrede tutta ladirezione dell'affare Kohlhaas e già pochi giorni dopocompariva un manifestodel quale riassumiamo l'essenziale nel modoseguente:


"NoiecceteraecceteraPrincipe Elettore di Sassoniaconcediamoavendopreso in particolare e benigna considerazione l'intercessione deldottor Martin Lutero presso di Noia Michele Kohlhaasmercante dicavalli del Brandeburgoa condizione cheentro tre giorni dallavisione della presenteabbia deposto le armi da lui impugnateilsalvacondotto per recarsi a Dresdaal fine di replicare l'esamedella sua causa: affinchénel caso in cuicome non èda attendersiil Tribunale di Dresda respinga la sua querelaaproposito dei morellisi proceda contro di luia causa della suaarbitraria impresa di farsi giustizia da sécon tutta laseverità della legge; manel caso contrariosia concessa alui e a tutta la sua banda grazia in luogo di giustiziae completaamnistia per le violenze da lui commesse in Sassonia".


Kohlhaasnon appena ebbe ricevutoper mezzo del dottor Luteroun esemplaredi quel manifestoche era stato affisso in tutte le piazze delpaesesciolse immediatamenteper quanto condizionate fossero leespressioni in esso contenutetutta la sua bandacon regaliringraziamenti e raccomandazioni opportune. Depose tutto quello cheaveva predatodenaroarmi e masseriziepresso il tribunale diLutzencome proprietà del principe Elettore; edopo averinviato Waldmann a Pontekohlhaasdal balivocon una sua letteraper il riacquistose era possibiledella sua fattoriae Sternbalda Schwerina riprendere i suoi bambiniche desiderava avere dinuovo con sélasciò il castello di Lutzeneinincognitoportandosi dietrosotto forma di documentiil resto delsuo piccolo patrimonioandò a Dresda.


Spuntavail giornoe tutta la città dormiva ancoraquando egli bussòalla porta della sua piccola proprietà nel sobborgo di Pirnache grazie all'onestà del balivo gli era rimastae disse aTommasoil vecchio portiere al quale era affidatache gli avevaaperto con stupore e sgomentodi andare al palazzo del Governo eannunciare al principe di Meissen che egliKohlhaasil mercante dicavalliera arrivato. Il principe di Meissenchea questoannuncioritenne opportuno informarsi immediatamente di personadella situazione nella quale ci si trovavariguardo a quell'uomotrovò le strade che portavano all'abitazione di Kohlhaasquandopoco tempo dopovi apparvecon il suo seguito di cavalierie di fantigià gremitea perdita d'occhidalla follaradunata. La notizia che era arrivato l'Angelo sterminatorechecacciava gli oppressori del popolo col ferro e col fuocoavevarichiamato tutta Dresdacittà e sobborghi; si dovettesbarrare il portone di casa davanti alla folla dei curiosi chepremevae i ragazzi si arrampicarono fino alle finestreper vederecoi loro occhi l'incendiario che faceva colazione.


Nonappena il principecon l'aiuto delle guardieche gli facevanolargoriuscì a entrare in casae giunse nella stanza diKohlhaaschiese all'uomo che stava in piedi vicino a un tavoloinmaniche di camiciase fosse Kohlhaasil mercante di cavalli; al cheKohlhaastirando fuori dalla cintura un portafogli con varie carteche attestavano la sua identitàe porgendoglielorispettosamenterispose di sìe aggiunse di esser venutodopo aver sciolto le sue truppea Dresdasecondo l'immunitàconcessagli dal sovranoper sporgere davanti al tribunale la suaquerelaa proposito dei morellicontro il barone Venceslao diTronka. Il principedopo un rapido sguardocon il quale lo squadròda capo a piedidiede una scorsa alle carte che si trovavano nelportafogli; si fece spiegare da lui che cosa volesse dire unaricevuta che vi trovòredatta dal tribunale di Lutzenaproposito dei beni depositati a beneficio del tesoro dell'Elettore;edopo aver ulteriormente saggiato con domande di varie speciesuisuoi bambiniil suo patrimonio e la vita che pensava di condurre infuturoche tipo di uomo fossee averlo trovato sotto ogni punto divista tale che si poteva essere tranquilli sul suo contoglirestituì le carte e gli disse che niente si opponeva al suoprocessoe cheper avviarlosi rivolgesse pure direttamente alGran Cancelliere del tribunaleconte Wrede.


"Nelfrattempo"disse il principe dopo una pausaavvicinandosi allafinestra e osservando con stupore il popolo radunato davanti allacasa"dovraiper i primi giorniaccettare una scorta che tiproteggasia in casa tuasia quando esci".


Kohlhaasturbatoguardava a terra davanti a sée taceva. Il principedisse: "Fa lo stesso!"e lasciò la finestra. "Diciò che saràdovrai fare carico a te stesso"; econ ciò si girò verso la portacon l'intenzione dilasciare la casa.


Kohlhaasche aveva riflettutodisse: "Vostra Graziafate ciò chevolete. Datemi la vostra parola di ritirare la scortanon appena iolo desiderie non avrò niente da obiettare circa questoprovvedimento".


Ilprincipe replicò che non c'era bisogno di dirlo; edopo averspiegato a tre lanziche gli erano stati presentati a quello scopoche l'uomo nella casa del quale si trattenevano era liberoe chesolo per sua difesa dovevanoquando uscivaseguirlosalutòil mercante di cavalli con un cenno condiscendente della manoe siallontanò.


Versomezzogiorno Kohlhaasaccompagnato dai suoi tre lanzie seguito dauna folla sterminata chetuttaviamessa sull'avviso dalla polizianon gli fece nessun maleandò dal Gran Cancelliere deltribunaleconte Wrede. Il Gran Cancelliereche lo ricevettegentilmente e con indulgenza nella sua anticamerasi intrattenne conlui per due ore intere; edopo essersi fatto raccontare dalprincipio alla fine come si erano svolte le cosegli disse dirivolgersiper l'immediata stesura e presentazione della querelaaun noto avvocato cittadinoche esercitava presso il tribunale.Kohlhaassenza ulteriori indugiandò nell'abitazione diquesti; e dopo che la querela fu redattain tutto e per tutto ugualealla prima che era stata cassatachiedendo la punizione del baronesecondo le leggila reintegrazione dei cavalli nello statoprecedente e il risarcimento dei danni suoi proprie anche di quellisubiti dal suo servo Ersianocaduto presso Muhlberga favore dellavecchia madrefeceaccompagnato dalla follache continuava aguardarlo con tanto d'occhiritorno a casaben deciso a nonlasciarla piùa meno che non fosse chiamato da affariimprocrastinabili.


Nelfrattempo anche il barone era stato rilasciato dalla sua custodiaaVittembergaedopo essere guarito da una pericolosa risipolachegli aveva infiammato un piedeaveva ricevuto dal tribunale delloStato l'ingiunzione perentoria di presentarsi a Dresdaperrispondere dell'accusasollevata contro di lui dal mercante dicavalli Kohlhaasdi avere illegalmente trattenuto e sfiancato i suoimorelli. I due fratelliil ciambellano e il coppiere di Tronkacugini del barone e feudatari come luiche prese alloggio da lorolo ricevettero pieni di indignazione e di disprezzo; lo chiamaronosciaguratobuono a nullavergogna e disonore di tutta la famigliagli annunciarono cheormaiavrebbe perduto senza alcun dubbio ilprocessoe lo invitarono a darsi da fare per rintracciare subito imorellipoichéfra le risate di scherno del mondosarebbestato condannato a ingrassarli.


Ilbarone dissecon voce debole e tremantedi essere l'uomo piùmiserevole di questo mondo. Giurò e spergiurò di aversaputo pochissimo di tutta la sventurata faccendache lo stavaportando alla rovinae che di tutto avevano colpa il castaldo e ilfattorechea sua completa insaputae senza l'ombra del suoconsensoavevano usato i cavalli per il raccoltoe con faticheeccessivein parte sui loro stessi campi li avevano sfiancati. Ecosì dicendosi sedettepregandoli di non farlo ricadere dipropositocon le insinuazioni e le offesenella malattia dallaquale si era appena riavuto.


Ilgiorno dopo i signori Enzo e Corradoche avevano dei possedimentinella regione del castello incendiato di Tronkasu preghiera delbarone loro cuginopoiché non restava altro da farescrissero ai loro affittuari e amministratori che si trovavano inzonaper ottenere notizie dei morelli che quel giorno disgraziatoerano andati perdutie che erano da allora del tutto svaniti. Matutto quello chea causa della completa devastazione del postoedella strage di quasi tutti gli abitantipoterono venire a sapere fuche un servospinto a piattonate dall'incendiarioli aveva trattiin salvo dalla baracca in fiamme in cui si trovavanoma in seguitoavendo chiesto dove dovesse portarlie che dovesse fare di lorodaquell'uomo sanguinario e feroce aveva ricevuto una pedata per tuttarisposta. La vecchia governante del baronetormentata dalla gottache si era rifugiata a Meisseninterrogata per lettera assicuròal barone che il servoil mattino dopo quella notte di orroreeraandato con i cavalli verso il confine del Brandeburgo; ma tutte leindagini fatte laggiù furono vanee quella notizia sembròbasata su un errorepoiché il barone non aveva nessun servoche abitasse nel Brandeburgoe neppure lungo la strada che viportava. Alcuni uomini di Dresdache erano stati a Wilsdruf pochigiorni dopo l'incendio dei castello di Tronkaraccontarono chepiùo meno nel periodo indicatovi era giunto un servo che tirava duecavalli per la cavezzaepoiché le bestie erano assai malridottee non avrebbero potuto proseguirele aveva lasciate nellastalla di un pecoraioche era disposto a rimetterle in piedi.Sembrava molto probabileper varie ragioniche si trattasse propriodei morelli oggetto dell'inchiesta; ma il pastore di Wilsdrufcosìassicuravano alcuni viaggiatori che giungevano da lìli avevadi nuovo rivendutinon si sapeva a chi; e una terza diceriadi cuinon si riuscì a scoprire la fontediceva persino che icavalli avessero reso l'anima a Dioe fossero sepolti nella fossa diWilsdruf.


Isignori Enzo e Corradoper i quali questa piega degli avvenimentieracome è facile capirela più graditadal momentoche veniva a liberarlimancando al barone loro cugino una stallapropriadalla necessità di nutrire i morelli nelle lorovolevano tuttaviaper essere pienamente sicuriaccertare lacircostanza. Il barone Venceslao di Tronka mandò perciòuno scrittonella sua qualità di titolare del feudocondiritti giurisdizionalial tribunale di Wilsdrufin cui lo pregavacon il massimo zelodopo una minuziosa descrizione dei morelli checome egli dicevagli erano stati affidatied erano andati smarritiper un incidentedi fare indagini sul posto dove ora si trovasseroe di intimare al proprietariochiunque fossedi farli recapitaredietro generoso rimborso di tutte le spesenelle stalle delciambellanoil nobile Corradoa Dresda.


Inseguito a ciòpochi giorni dopocomparve davvero l'uomo alquale il pastore di Wilsdruf li aveva cedutie li portòsecchi e vacillantilegati al montante del suo carrosulla piazzadel mercato della città; ma la cattiva sorte del nobileVenceslaoe ancor più dell'onesto Kohlhaasvolle che eglifosse lo scortichino di Dobbeln.


Nonappena il nobile Venceslaoalla presenza del ciambellano suo cuginovenne a sapereda voci vagheche era arrivato in città unuomo con due cavalli neriscampati all'incendio del castello diTronkatutti e due si recarono accompagnati da alcuni servi radunatiin fretta nella casasulla piazza principaledove l'uomo sitrovavaper rilevarlinel caso fossero quelli appartenenti aKohlhaasprevio rimborso delle spesee portarli a casa. Ma quale ful'imbarazzo dei due nobili quando videro giàintorno al carroal quale erano legate le bestieun mucchio di personeattrattedallo spettacoloche andavano crescendo di momento in momento egridavano le une alle altrefra sonore risateche ormai i cavalliche avevano fatto tremare lo Stato erano finiti nelle mani delloscortichino! Il baroneche aveva fatto il giro del carrettoe avevaosservato quelle povere bestieche sembravano dover morire da unmomento all'altrodisseimbarazzatoche non erano i cavalli cheaveva ritirato a Kohlhaas; ma il nobile Corradoil ciambellanolanciandogli un'occhiata piena di muto furorechese fosse stata diferrolo avrebbe schiacciatoandògettando indietro ilmantelloe scoprendo il collare e le insegne del suo gradovicinoallo scortichinoe gli chiese se si trattava dei morelli che ilpastore di Wilsdruf si era tenutoe che il barone Venceslao diTronkaal quale appartenevanoaveva fatto cercare per mezzo deltribunale.


Loscortichinochecon un secchio d'acqua in manoera occupato a darda bere a uno stallone grosso e ben pasciutoche tirava ilbarrocciodisse: "I neri?"tolse al cavallodopo averposato il secchio a terrail morso di boccae disse che i morellilegati al montante glieli aveva venduti il porcaro di Hainichen. Didove quello li avesse avutie se venissero dal pecoraio di Wilsdruflui non lo sapeva. A luidisse riprendendo il secchioappoggiandolocontro la stanga e tenendolo fermo col ginocchioa lui il messo deltribunale di Wilsdruf aveva detto di portarli a Dresdaa casa diquelli di Tronka; ma il barone al quale doveva rivolgersi si chiamavaCorrado. E a queste parole si giròrovesciando sul selciatodella strada l'acqua che il suo cavallo aveva avanzato nel secchio.


Ilciambellanosul quale erano beffardamente puntati tutti gli occhidella follae che non riusciva a ottenere da quell'uomointentocon zelo imperturbabilealle sue faccendedi farsi guardare infacciadisse di essere lui il ciambellanoCorrado di Tronka; imorelli che egli doveva ritirare appartenevanoperòa suocugino; erano arrivati al pecoraio di Wilsdruf per mezzo di un servoche era fuggito in occasione dell'incendio del castello di Tronka; maoriginariamente erano due cavalli di proprietà del mercante dicavalli Kohlhaas! Egli chiese all'uomoche stava a gambe largheesi tirava su i pantalonise non sapesse niente di tutto questo; e seil porcaro di Hainichen non se li fosse magari procuratituttodipendeva da questa circostanzadal pecoraio di Wilsdrufoppure daun terzoche a sua volta li aveva acquistati da lui.


Loscortichinochemessosi contro il carrovi aveva fatto un po'd'acquadisse che gli era stato ordinato di venire a Dresda con imorellie di andare a prendere in casa di quelli di Tronka il denaroche in cambio gli spettava. Di quel che gli andava raccontandoluinon capiva niente; e se prima del porcaro di Hainichen li aveva avutiTizioo Caioo il pecoraio di Wilsdrufquesto per luidal momentoche non erano rubatiera uguale. E con questo si diressegettatasila frusta di traverso sulle ampie spalleverso una bettola che sitrovava sulla piazzacol propositoaffamato com'eradi mangiare unboccone. Il ciambellanoche non sapeva che farsene dei cavalli cheil porcaro di Hainichen aveva venduto allo scortichino di Dobbelnsenon erano quelle le bestie sulle quali il diavolo cavalcava per laSassoniachiese al barone di pronunciarsi; ma quando costuiconlabbra pallide e tremantiebbe detto che la cosa piùconsigliabile era comprare i morelliche appartenessero a Kohlhaasoppure noil ciambellano maledisse il padre e la madre che l'avevanomesso al mondo etiratosi giù il mantello del tutto incertosu ciò che bisognava fare o non fareuscì dalla ressa.Chiamò il barone di Wenksuo conoscenteche passava acavallo per la stradaeostinandosi a non lasciare la piazzaproprio perché la marmaglia lo fissava con schernoepremendosi i fazzoletti sulla boccasembrava non aspettare altro chese ne andasse per scoppiare in risatelo pregò di scenderedal Gran Cancelliereconte Wredeetramite luifar venire laggiùKohlhaasa esaminare i morelli.


Capitòche Kohlhaasmandato a chiamare da un messo del tribunalesitrovasse appunto nella stanza del Gran Cancelliereper via di certespiegazioni che gli erano state richieste a proposito del deposito diLutzenquando il barone di Wenk fu introdotto presso di lui conl'incarico che sappiamo; ementre il Gran Cancelliere si alzavadalla poltrona con il viso contrariatoe il mercante di cavallilacui persona era sconosciuta al baronerimaneva in dispartecon lecarte che teneva in manoquesti riferì l'imbarazzantesituazione in cui si trovavano i signori di Tronka. Lo scortichino diDobbelna causa di indagini troppo sommarie del tribunale diWilsdrufera comparso con dei cavalli in condizioni cosìdisperateche il barone Venceslao esitava a riconoscerli come quelliappartenenti a Kohlhaas; e di conseguenzase si volevano rilevare lostesso dallo scortichinoper fare il tentativo di rimetterli inforze nelle stalle dei cavalieriera prima necessaria un'ispezioneoculare da parte di Kohlhaasper eliminare ogni dubbio dallasuddetta circostanza. "Abbiate pertanto la bontà"concluse"di mandare a prendere da una scorta il mercanteefarlo portare al mercatodove si trovano i cavalli".


IlGran Cancellieretogliendosi gli occhiali dal nasorispose che egliera incorso in un duplice errore: in primo luogose riteneva che lacircostanza in questione non si potesse accertare in altro modosenon con un'ispezione oculare del Kohlhaas; e poi se immaginava cheegliil Cancellierefosse autorizzato a far portare Kohlhaas da unascorta dovunque piacesse al barone. Quindi gli presentò ilmercanteche era in piedi alle sue spallee lo pregòsedendosi e rimettendosi gli occhialidi rivolgersi direttamente alui per quella faccenda.


Kohlhaasil cui viso non dava a vedere niente di ciò che accadeva nelsuo cuoredisse di essere pronto a seguirlo al mercatoperesaminare i morelli che lo scortichino aveva portato in città.Mentre il barone si giravaconfusoverso di luiegli si avvicinòdi nuovo al tavolo del Gran Cancelliereedopo avergli datotirandole fuori dalle carte del suo portafogliuna serie diinformazioni riguardanti il deposito di Lutzenprese congedo da lui;il baronecherosso su tutto il visosi era avvicinato allafinestrafece egualmente i suoi rispetti; e tutti e dueaccompagnati dai tre lanzi assegnati dal principe di Meissensiavviaronocol seguito di una gran follaverso la piazza principale.


Ilciambellanoil nobile Corradoche nel frattemposfidando iconsigli di parecchi amici che gli si erano radunati intornoerarimasto fermo al suo postoin mezzo al popolodi fronte alloscortichino di Dobbelnnon appena apparve il barone con il mercantedi cavalli si avvicinò a quest'ultimoe gli chiesetenendola spadacon superbia e ostentazionesotto il bracciose i cavalliche stavano dietro il carro erano i suoi. Il mercantedopo essersitoltocon gesto rispettosoil cappellodi fronte al signore chegli aveva rivolto la domandache lui non conoscevasi avvicinòsenza rispondergliseguito da tutti i cavalierial carretto delloscortichino; edopo aver osservato di sfuggitada una distanza didodici passidove si fermògli animaliche se ne stavano làsulle gambe malfermecon le teste chine verso terrasenza toccareil fieno che lo scortichino aveva messo loro davantisi rivolse dinuovo al ciambellano: "Vostra Grazialo scortichino ha proprioragione; i cavalli legati al suo barroccio mi appartengono". Econ questogirando gli occhi tutt'intorno sul cerchio dei signorialzò un'altra volta il cappello eaccompagnato dalla suascortalasciò la piazza.


Aquelle parole il ciambellano si avvicinò a passi rapidichegli fecero ondeggiare il cimieroallo scortichinoe gli lanciòuna borsa di denaro; e mentre questicon la borsa in manosiravviava i capelli dalla fronte con un pettine di piomboe contava isoldiegli ordinò a un servo di slegare i cavalli e diportarli a casa. Il servocheal richiamo del padronesi erastaccato da un crocchio di amici e parenti che aveva tra la follasiavvicinò infattiun po' rosso in visoai cavallisaltandouna larga pozza di liquami che si era formata accanto a loro; ma neaveva appena toccato la cavezzaper slegarliquando mastroHimboldtsuo cuginolo afferrò per un braccioegridandogli: "Tu non toccherai quelle carogne!"loscaraventò via dal barroccio. Esaltandocon qualcheesitazionela pozza di liquamesi girò indietro verso ilciambellanoche a quell'incidente era rimasto senza paroleaggiungendo che doveva procurarsi un garzone di scortichinoperfargli quel servizio! Il ciambellanoche aveva squadrato per unmomento mastro Himboldtschiumando di rabbiasi giròechiamòal di sopra delle teste dei cavalieri che locircondavanola scorta; e quandosu richiesta del barone di Wenkun ufficiale e alcuni armigeri del principe Elettore furono giuntidal palazzoesortò questidopo aver brevemente esposto qualivergognose sobillazioni si permettessero i borghesi della cittàad arrestare mastro Himboldtil caporione. Eafferratolo per ilcollolo accusò di aver scaraventato via dal carretto emalmenato il suo servocheper suo ordinestava slegando imorelli. Il mastrosfuggendo alla presa del ciambellano con un agilemovimentoche lo liberòrispose: "Vostra Grazia! Farcapire a un giovanotto di vent'anni quel che deve fare non significasobillarlo! Chiedetegli secontro l'uso e la decenzaèdisposto a occuparsi dei cavalli legati al carretto. Se èdisposto a farlodopo quello che ho dettosia pure! Per quel che miriguarda può anche squartarli e scorticarli!".


Aqueste parole il ciambellano si girò verso il servoe glichiese se aveva qualche obiezione a eseguire il suo ordinee aslegare i cavalli che appartenevano a Kohlhaas e a portarli a casa; epoiché questi rispose timidamentecercando di confondersi frai borghesiche bisognava ridare l'onore ai cavalliprima dipretendere questo da luiil ciambellano gli corse dietroglistrappò il cappelloornato dallo stemma della casataedopoaverlo calpestatotrasse dal fodero la spada e con furibondi colpidi piatto cacciò il servosui due piedidalla piazza e dalsuo servizio. "Addosso! Buttate a terra quell'assassino!"urlò mastro Himboldt; ementre i borghesiindignati daquella scenastringevano le file e respingevano le guardieafferròda dietro il ciambellanolo gettò a terragli strappòil mantellol'elmo e il collettogli tolse di mano la spada e lascaraventò lontanocon rabbiaattraverso la piazza. Invanoil barone Venceslaomentre si metteva in salvo dal tumultogridòai cavalieri di correre in aiuto del cugino; prima di aver fatto unpassoessi erano già dispersi dalla folla che premevacosìche il ciambellanoche si era ferito alla testa cadendorimasecompletamente in balìa del furore popolare.


Soltantola comparsa di uno squadrone di lanzi a cavallo che passavano percaso nella piazzae che l'ufficiale degli armigeri del palazzochiamò in suo soccorsopoté salvare il ciambellano.L'ufficialericacciata la follaafferrò l'artigianoinferocito ementre questi veniva portato in prigione da alcunisoldati a cavallodue amici sollevarono da terra il disgraziatociambellanocoperto di sanguee lo portarono a casa. Cosìdisastroso fu l'esito dell'onesto e benintenzionato tentativo di daresoddisfazione al mercante di cavalli per il torto che gli era statofatto. Lo scortichino di Dobbelnper il quale l'affare era conclusoe che non voleva trattenersi più a lungoquando la gentecominciò a disperdersi legò i cavalli a un lampionedove le bestie rimaserosenza che nessuno se ne curassea ludibriodei ragazzi di strada e dei perdigiornoper tutta la giornata; tantochein assenza di ogni altra cura e custodiadovette farsene caricola poliziacheal calare della notteandò a chiamare loscortichino di Dresdaper farli ricoverarefino a nuovedisposizioninello scorticatoio fuori le mura cittadine.


Questoincidenteper quanto pocoin realtàil mercante ne avessecolpasuscitò tuttavia nel paeseanche fra gli uominimigliori e più moderatiuno stato d'animo estremamentepericoloso per il buon esito della sua causa. Si trovava del tuttointollerabile il suo rapporto con lo Stato enelle case private esulle pubbliche piazzesi fece strada l'opinione che fosse megliocommettere contro di lui una palese ingiustiziae mettere di nuovotutto quanto a tacerepiuttosto che rendergli una giustizia estortacon azioni violentein una questione così insignificantesoltanto per soddisfare la sua folle ostinazione.


Ea completare la rovina del povero Kohlhaaslo stesso GranCancelliere dovette contribuireper eccessiva probitàe perl'odio contro la famiglia dei Tronka che ne derivavaa confermare ea diffondere questo stato d'animo. Era quanto mai improbabile che icavallidei quali adesso si occupava lo scortichino di Dresdapotessero mai essere riportati allo stato in cui si trovavano quandoerano usciti dalle stalle di Pontekohlhaas; maammesso pure chequestocon estrema perizia e cure assiduefosse possibilelavergogna che nelle circostanze attuali ne sarebbe ricaduta sullafamiglia del barone era tanto grandechedato il peso che essarivestiva nello Stato e nel paesecome una delle prime e piùnobiliniente pareva più ragionevole e opportuno che cercaredi procurare un indennizzo dei cavalli in denaro. Come che fosseauna letteranella quale il presidente del tribunaleconte Kallheima nome del ciambellanotrattenuto in casa dalla sua indisposizionefaceva al Gran Cancellierepochi giorni dopo questa propostaquest'ultimo rispose sì inviando a Kohlhaas uno scritto in cuilo esortava a non respingere una simile offertanel caso gli venissefattama al presidente stesso replicò con un biglietto brevee poco cerimoniosoin cui lo pregava di risparmiargli incarichiprivati in quella faccendae invitava il ciambellano a rivolgersidirettamente al mercante di cavalliche gli dipinse come uomoragionevole e modesto.


Ilmercante di cavallila cui volontà era stata realmentespezzata dall'incidente avvenuto sulla piazza del mercatononaspettava per l'appunto altrosecondo il consiglio del GranCancelliereche un passo da parte del baroneo di uno dei suoiparentiper venire loro incontro con tutta la buona volontàperdonando quanto era accaduto; ma proprio compiere questo passo erapenoso per gli orgogliosi cavalieri; i qualiprofondamenteamareggiati dalla risposta che avevano ricevuto dal Gran Cancellierela mostrarono al principe Elettore cheil mattino del giornoseguenteaveva fatto visita al ciambellanonella stanza dove egligiaceva indisposto per le ferite riportate. Il ciambellanocon unavoce che il suo stato rendeva flebile e toccantegli chiese se eglidopo aver messo a repentaglio la vita per risolvere quella faccendasecondo i suoi desideridoveva ancora esporre il suo onore albiasimo del mondoe farsi avanti con una preghiera di accomodamentoe di accondiscendenza verso un uomo che aveva riversato ogni onta evergogna immaginabile su di lui e sulla sua famiglia. Il principeElettoredopo aver letto la letteradomandò imbarazzato alconte Kallheim se il tribunale non fosse autorizzatosenza ulterioricolloqui con Kohlhaasa basarsi sulla circostanza che i cavalli nonpotevano essere ristabilitie a pronunciare quindicome se fosseromortiuna sentenza di semplice risarcimento in denaro.


"SonomortiVostra Grazia"rispose il conte; "sono morti insenso giuridicopoiché non hanno nessun valoree lo sarannoanche fisicamenteprima che siano condotti dallo scorticatoio allestalle dei cavalieri"; al che il principe Elettoremettendosiin tasca la letteradisse che ne avrebbe parlato di persona con ilGran Cancellieretranquillizzò il ciambellanoche si tiròsu a metàper stringergliriconoscentela manoedopoavergli raccomandato ancora una volta di aver cura della sua salutesi alzòcon espressione di grande benevolenzadallapoltronae lascio la stanza.


Cosìstavano le cose a Dresdaquando sul povero Kohlhaas si addensòun'altra e più grave tempestaproveniente da Lutzenle cuifolgori gli astuti cavalieri furono abbastanza abili da dirigere sulsuo capo sfortunato. Giovanni Nagelschmidtinfattiuno dei serviarruolati dal mercantee poi congedati dopo la pubblicazionedell'amnistia del principe Elettoreaveva pensato benepochesettimane dopoai confini della Boemiadi riunire nuovamente unaparte di quella marmagliarotta a tutte le infamiee di continuareper conto suo il mestiere al quale Kohlhaas lo aveva avviato. Questopoco di buonosia per incutere spavento agli sbirridai quali erainseguitosia per indurresecondo un metodo giàsperimentatola gente delle campagne a unirsi alle sue ribalderiesi proclamava luogotenente di Kohlhaas; con l'astuzia appresa dal suopadroneegli sparse la voce che nei confronti di molti servi cheerano pacificamente ritornati alle loro case l'amnistia non era statarispettatae che Kohlhaas stessocon spergiuro che gridava vendettaal cieloal suo arrivo a Dresda era stato arrestatoe consegnatoalle guardie; fino al punto chesu manifesti in tutto simili aquelli di Kohlhaasla sua masnada di incendiari era presentata comeun esercito insorto a sola gloria di Dioe destinato a vigilaresull'osservanza dell'amnistia a loro concessa dal principe Elettore;tutto questocome si è già dettoniente affatto agloria di Dioné per attaccamento a Kohlhaasla cui sorteera loro del tutto indifferentema per poterammantati da similifinzionitanto più impunemente e comodamente incendiare esaccheggiare.


Inobilinon appena arrivarono a Dresda le prime notizie di ciònon seppero soffocare la loro gioia per l'incidenteche davaall'intera faccenda un aspetto ben diverso. Con sapienti e velenoseallusioni essi ricordarono quale passo falso fosse statoa dispettodei loro pressanti e ripetuti ammonimenticoncedere a Kohlhaasl'amnistiaquasi si fosse avuta l'intenzione di dare con questa airibaldi di tutte le specie l'autorizzazione a mettersi sulla stessastrada; enon contenti di prestar fede alla pretesa del Nagelschmidtdi aver preso le armi solo in difesa e per la sicurezza del suoperseguitato padronemanifestarono perfino l'opinione ben precisache la comparsa di costui altro non fosse che una trama ordita dallostesso Kohlhaasper mettere paura al governoaffrettare lapronuncia della sentenza e ottenerla punto per punto conforme allasua folle ostinazione. Il coppiereil nobile Enzoandòaddirittura tanto oltre da proclamaredi fronte ad alcunigentiluomini di caccia e cortigianichedopo il banchettosi eranoradunati intorno a lui nell'anticamera dell'Elettoreche loscioglimento della banda di masnadieri a Lutzen non era stato altroche una perfida commedia; efacendosi beffe dell'amore di giustiziadel Gran Cancellieremostròcon una serie di elementiastutamente collegaticome la banda fosse presente come prima neiboschi dei principatoe aspettasse solo un cenno del mercante dicavalli per irrompere ancora una voltacol ferro e col fuoco.


Ilprincipe Cristiano di Meissenmolto contrariato dalla piega cheprendevano le coseche minacciava di macchiare in modospiacevolissimo il buon nome del suo signoreandòimmediatamente da lui a palazzo; eben intuendo che i nobili avevanointeresse a rovinare Kohlhaasse era possibilea causa dei nuovidelittichiese al signore il permesso di sottoporre subito ilmercante a un interrogatorio. Il mercanteportatonon senzastuporeda uno sgherroal palazzo del governoapparve portando inbraccio Enrico e Leopoldoi suoi due piccini; poichéSternbaldil suo servoera giunto presso di lui il giorno prima coni suoi cinque figli dal Meclemburgodove essi erano rimasti fino aquel momentoe vari pensieriche sarebbe troppo lungo esporrel'avevano indotto a prendere in braccio i due marmocchii qualiquando stava per uscirel'avevano chiesto versando lacrimeinfantilie a portarseli dietro all'interrogatorio.


Ilprincipedopo aver osservato benevolmente i bambiniche Kohlhaasaveva fatto sedere accanto a sée avere chiesto congentilezza quanti anni avevano e come si chiamavanogli fecepresenti gli abusi che il Nagelschmidtgià suo servostavacommettendo nelle valli dei monti Metalliferi; eporgendogli isedicenti mandati di costuilo esortò a esporre quello chepoteva dire a propria giustificazione. Il mercanteper quantorealmente spaventato da quei fogli svergognati e proditorinon ebbetuttaviadi fronte a un uomo retto qual era il principemolta penaa dimostrare in modo soddisfacente l'infondatezza delle accuse chegli venivano contestate. Non soloegli fece osservareper comestavano andando le cose egli non aveva nessun bisogno di aiuto daparte di un terzo per la decisione della sua causache procedeva nelmigliore dei modi; ma da alcune lettere che aveva con séeche mostrò al principeemergeva come del tutto inverosimileche il Nagelschmidt potesse avere in animo di prestargli un aiutosimilepoichépoco prima dello scioglimentoa Lutzendellabandaegli era sul punto di far impiccare quel ribaldoa causadegli stupri e di altre violenze da lui commesse nelle campagne;tanto che solo la pubblicazione dell'amnistia concessa dal principeeliminando tra loro ogni rapportolo aveva salvatoe il giorno dopoi due si erano separati come nemici mortali.


Kohlhaassu sua propostache il principe accettòsi sedetteescrisse una lettera per il Nagelschmidtnella quale dichiarava chela pretesa di costui di aver preso le armi per salvaguardarel'amnistia violata a lui e alla sua banda era un'infame e scelleratainvenzione; gli diceva che al suo arrivo a Dresda egli non era statoarrestatoné consegnato alle guardiee che anche la suacausa procedeva in modo del tutto conforme ai suoi desideri; epergli incendi e le stragi da lui commesse nei monti Metalliferi dopo lapubblicazione dell'amnistialo abbandonavaad ammonimento dellabanda raccolta intorno a luial pieno rigore della legge. A questofurono allegati alcuni estratti del procedimento criminale che ilmercante di cavalli aveva istruito contro di lui nel castello diLutzena causa delle ribalderie di cui si è dettoaffinchéil popolo fosse istruito sul conto di quel buono a nullafin daallora destinato alla forcachecome si è già dettosolo il provvedimento di clemenza del principe aveva salvato. Inseguito a ciò il principe tranquillizzò Kohlhaas aproposito del sospetto checostretti dalle circostanzeavevanodovuto avanzare contro di lui nell'interrogatorio; gli assicuròchefinché egli fosse stato a Dresdal'amnistia che gli erastata concessa non sarebbe stata in alcun modo violatadiede ancorauna volta la mano ai bambiniregalando loro della frutta che sitrovava sulla tavolasalutò Kohlhaas e lo congedò.


IlGran Cancelliereche però vedeva il pericolo che incombevasul mercante di cavallifece l'impossibile per portarne aconclusioneprima che da nuovi avvenimenti venisse complicata econfusala causa; ma proprio questo era il desiderio e il fine deicavaliericheda politici consumatianziché limitarecomeprimacon tacita ammissione della loro colpala loro opposizione alraggiungimento di una sentenza mitecominciarono oraconargomentazioni speciose e cavillosea negare quella colpacompletamente. Ora davano a intendere che i morelli di Kohlhaas eranostati trattenuti al castello di Tronka in seguito a decisioniarbitrarie del castaldo e del fattoredelle quali il barone nonaveva avuto nessuna conoscenzaoppure incompleta; ora assicuravanochefin dal momento del loro arrivo nel castellogli animalisoffrivano già di una violenta e pericolosa tosseappellandosi a testimoni che si impegnavano a citare al momentoopportuno; e quandodopo lunghe indagini e discussioniquesti loroargomenti vennero a cadereessi esibirono addirittura un editto delprincipe Elettorecon il qualedodici anni primaa causa diun'epidemia del bestiameera statain effettivietatal'importazione dei cavalli dal Brandeburgo in Sassonia: provalampante che il barone non soltanto era autorizzatoma era tenuto atrattenere i cavalli che Kohlhaas portava oltre confine.


Kohlhaasche nel frattempo aveva ricomprato dall'onesto balivo diPontekohlhaasin cambio di un modesto risarcimento del danno da luisubìtola sua fattoriavolevaa quanto sembra allo scopo diperfezionare giuridicamente quel contrattolasciare per qualchegiorno Dresdae recarsi nella sua patria; risoluzione nella qualetuttavianon ne dubitiamoebbe un ruoloancora più diquell'affareper quanto urgente fossela necessità diprovvedere alle semine invernalil'intenzione di saggiare la suaposizionein circostanze tanto singolari e preoccupanti: e allaquale contribuironoforseanche ragioni di altra speciechepreferiamo lasciar indovinare a chiunque sappia vedere nel propriocuore. Andò dunquelasciando a casa la guardia che gli erastata assegnatapresso il Gran Cancellieree gli fece saperelelettere del balivo in manoche era sua intenzionenel caso che iltribunale non avessecome sembravanecessità della suapresenzalasciare la cittàeper un periodo di otto ododici giornitrascorsi i quali prometteva di essere di ritornocompiere un viaggio nel Brandeburgo. Il Gran Cancelliereguardando aterra con il volto scontento e preoccupatoobiettò cheadire il verola sua presenza era proprio allora piùnecessaria che maipoiché il tribunalea causa delleinsidiose e tortuose eccezioni della controparteaveva bisogno dellesue dichiarazioni e chiarificazioni in mille casi imprevedibili; mapoiché Kohlhaas diceva di rivolgersi al suo avvocatoperfettamente al corrente della causae ritornava con rispettosainsistenzapromettendo di limitarsi a otto giornisulla suarichiestail Gran Cancellieredopo una pausagli disse brevementecongedandolodi sperare che egli richiedessea tale scopoilpermesso scritto al principe Cristiano di Meissen.


Kohlhaasche sapeva leggere in volto al Gran Cancelliere si misepiùche mai confermato nella sua decisioneimmediatamente a sedereepregòsenza addurre alcuna ragioneil principe di Meissenin quanto capo del Governodi concedergli un permesso di otto giorniper andare a Pontekohlhaas e fare ritorno. In risposta al suoscrittoegli ricevette una risoluzione governativafirmatadall'intendente di Palazzobarone Sigfrido di Wenkche suonavacosì: "La sua richiesta di un permesso per recarsi aPontekohlhaas sarebbe stata presentata a Sua Altezza il principeElettoreenon appena fosse pervenuto il suo alto consensoilpermesso gli sarebbe stato inviato". Quando Kohlhaas si informòpresso il suo avvocatocome mai la risoluzione governativa fossefirmata da un certo barone Sigfrido di Wenkanziché dalprincipe Cristiano di Meissenal quale egli si era rivoltoottennequesta risposta: il principe era partitotre giorni primaper isuoi possedimentie durante la sua assenza gli affari di Governoerano stati affidati all'intendente di Palazzoil barone Sigfrido diWenkcugino del nobiledi cui si è detto soprache portavalo stesso nome.


Kohlhaasal quale tutti questi contrattempi cominciavano a far battere ilcuore con inquietudineattese per parecchi giorni la decisionerelativa alla sua richiestatrasmessa alla persona del sovrano consingolare lentezza; ma una settimana passò e passarono altrigiornisenza che la decisione giungessené ii tribunaleperquanto gli fosse stato dato per sicuropronunciasse la sentenza:tanto cheil dodicesimo giornofermamente deciso a far venire allaluce le intenzioni del Governo nei suoi confrontifossero quelle chefosseroKohlhaas sedette e pregò di nuovo il governo difargli averesottolineandone l'urgenzail permesso che avevarichiesto.


Maquale fu il suo turbamentoquando eglila sera del giorno dopoanch'esso passato senza che arrivasse l'attesa rispostamentreimmerso nei suoi pensieririfletteva sulla sua situazionee inparticolare sull'amnistia che gli aveva fatto ottenere il dottorLuterosi avvicinò alla finestra dello stanzino che dava sulretroenel piccolo fabbricato annesso che si trovava sul cortilee che egli aveva riservato alla scortaper sua dimoranon vide piùla guardia che il principe di Meissenal suo arrivogli avevaassegnato.


Tommasoil vecchio custodeda lui chiamatointerrogato su che cosa questosignificasserispose sospirando: "Padrone! Non tutto va comedovrebbe; i lanziche oggi sono più numerosi del solitoalloscendere della notte si sono distribuiti tutto intorno alla casa; duestannocon lancia e scudodavanti alla porta esternache dàsulla strada; due a quella internasul giardino; e altri due sonodistesi nell'anticamerasu un fascio di pagliae dicono chedormiranno lì".


Kohlhaasche impallidì a quelle parolesi giròe rispose cheera lo stessopurché ci fossero; e lo pregòquandoscendeva al piano terradi portare ai lanzi una lampadaperchépotessero vederci. Poidopo aver apertocon il pretesto di vuotareun recipientele imposte di una finestra esternaed essersiconvinto che ciò che il vecchio gli aveva detto rispondeva averitàpoiché proprio allora avvenivasenza nessunrumoreil cambio della guardiamisura alla qualefino a quelmomentoda quando essa era stata istituitanessuno aveva pensatoandòcon poca voglia di dormirea coricarsie la decisioneper l'indomani fu subito presa. NienteinfattirimproveravaalGoverno con cui aveva a che farese non l'apparenza della giustizianel momento in cuidi fattoesso violava nei suoi confrontil'amnistia che gli era stata giurata; e sein realtàdovevaessere prigionierocome non c'erano ormai più dubbivolevaalmeno costringerlo a dichiarare in modo franco ed esplicito che eracosì.


Perciònon appena arrivò il mattino del giorno seguenteegli ordinòa Sternbaldil suo servodi attaccare e condurre davanti a casa lacarrozzaper recarsicosì dissea Lockewitz dal fattoreilqualesuo vecchio conoscentegli aveva parlatoa Dresdaalcunigiorni primainvitandolo a fargli visita con i suoi bambini. Ilanzichetutti in crocchioassistevano in casa a queipreparativimandarono di nascosto uno di loro in città; e inpochi minuti apparve un ufficiale del Governoalla testa di numerosiarmigerichecome se avesse qualche affare da sbrigarvientrònella casa di fronte.


Kohlhaascheoccupato a vestire i ragazziaveva però notato queimovimentie a appositamente aveva fatto sostare la carrozza davantia casa più a lungo di quanto fosse necessarionon appena videche i preparativi della polizia erano terminatiuscì con ibambinisenza curarsenedavanti a casapassò davanti alcrocchio dei lanziin piedi sotto il portonedicendo loro che nonoccorreva che lo seguisseromise i bambini nella carrozzae baciòe consolò le bambineche piangevano perchésecondo lesue disposizionidovevano restare presso la figlia del vecchioportiere.


Eraappena salito anche lui nella carrozzaquando l'ufficiale delGovernocon il suo seguito di armigeriuscì dalla casa difrontegli si avvicinò e gli chiese dove aveva intenzione diandare. Alla risposta di Kohlhaas che voleva recarsi a Lockewitzdaun amicoil balivoche alcuni giorni prima l'aveva invitato araggiungerlo in campagnacon i suoi due figlil'ufficiale delGoverno rispose chein tal casoegli doveva aspettare qualcheminutopoiché alcuni lanzi a cavallosecondo gli ordini delprincipe di Meissenl'avrebbero accompagnato. Kohlhaas chiesesorridendosporgendosi dalla carrozzase credeva che la suapersonain casa di un amico che si era offerto di ospitarlo per ungiorno alla sua mensasarebbe stata poco sicura.


L'ufficialerisposecon tono allegro e amabileche non c'erain effettigranpericolo; maaggiunsei soldatidel restonon l'avrebberodisturbato in nessun modo. Kohlhaas replicòserioche ilprincipe di Meissenal suo arrivo a Dresdalo aveva lasciato liberodi servirsi della scorta oppure no; epoiché l'ufficiale simeravigliava di questa circostanzae con prudenti giri di frase sirichiamava all'abitudinedurata per tutto il tempo del suosoggiornoil mercante di cavalli gli raccontò i fatti cheerano stati all'origine dell'insediamento della scorta. L'ufficialelo assicurò che gli ordini dell'intendente di Palazzobaronedi Wenkche eraal momentoa capo della polizialo obbligavano aproteggere ininterrottamente la sua persona; e lo pregòseproprio non voleva accettare la scortadi andare personalmente alpalazzo del Governoper rimediare all'errore che doveva esseresorto. Kohlhaaslanciando all'ufficiale uno sguardo eloquente dissedeciso a rompere o a spuntarlache l'avrebbe fattoscesecon ilcuore che gli battevadalla carrozzafece portare i bambini inanticamera dal portiereementre il servo restava fermo davantialla porta con il veicoloandòcon l'ufficiale e la suascortaal palazzo del Governo.


Accaddeche l'intendente di Palazzobarone di Wenkfosse per l'appuntooccupato a esaminare una banda di accoliti del Nagelschmidtportatilaggiù la sera precedentee che i furfantiche erano staticatturati nella regione di Lipsiavenissero interrogati daicavalieriche erano là con luisu un certo numero diparticolari che essi avrebbero voluto sapere da loroquando ilmercante di cavallicon i suoi accompagnatorientrò nellasala. Il baronenon appena lo videandòmentre i cavalieridi colpoammutolivanointerrompendo l'interrogatorio deiprigionieriverso di luie gli chiese che cosa volesse; equandoil mercante di cavalli gli ebbe espostocon deferenzail suoproposito di recarsi a colazione presso il fattorea Lockewitze ildesiderio di lasciare a casa i lanzidei quali non aveva bisognoilbaronecambiando colorerisposementre sembrava inghiottire unaltro discorsoche avrebbe fatto bene a restarsene tranquillo a casasuae a rimandareper il momentoil banchetto presso il balivo diLockewitz. E con queste paroletroncando di netto il discorsosirivolse all'ufficialee gli disse cheper quanto era degli ordiniche gli aveva dato a proposito di quell'uomoil problema era chiusoe che egli non aveva il permesso di allontanarsi dalla cittàse non sotto scorta di sei lanzi a cavallo. Kohlhaas chiese se fosseprigionieroe se dovesse credere che l'amnistiache gli era statasolennemente giuratasotto gli occhi di tutto il mondofosseinfranta; al che il barone si giròfattositutto a untrattodi porporaverso di luigli andò vicinolo fissònegli occhiedopo avergli risposto: "Sì! Sì!Sì!"gli voltò la schiena epiantandolo in assoritornò agli uomini del Nagelschmidt.


Kohlhaasa quel puntolasciò la sala; epur rendendosi conto diessersi resa molto più difficilecon i passi compiutil'unica via di salvezza che gli restassevale a dire la fugasicompiacquetuttaviadel suo operatopoiché anch'egli ormaisi vedeva liberatodalla sua partedall'obbligo di rispettare leclausole dell'amnistia.


Fecegiunto a casastaccare i cavallieaccompagnato dall'ufficiale delGovernosi recòassai triste e scossonella sua stanza; ementre quest'uomocon modi che ispiravano disgusto al mercanteassicurava che tutto doveva dipendere solo da un malintesoche inbreve tempo si sarebbe risoltogli armigeria un suo cennosbarravano tutte le uscite dell'abitazione che davano sul cortile; mal'ufficiale assicurò che l'ingresso principalesul davantigli era apertocome primaa suo piacimento.


Intantoil Nagelschmidtnei boschi dei monti Metalliferiera tantoincalzato da ogni parte da armigeri e lanzichecompletamente privocom'era di mezzi per sostenere una parte come quella che si eraassuntaebbe l'idea di tirare davvero Kohlhaas dalla sua parte; epoichéper mezzo di un viandante che passava per quellestradeera stato informato in modo abbastanza preciso di come sierano messe le cose a Dresda per la sua controversiacredetteadispetto dell'aperta inimicizia che li dividevadi poter indurre ilmercante di cavalli ad accettare una nuova alleanza con lui. Diconseguenza gli inviò un servocon uno scritto redatto in untedesco appena leggibiledi questo tenore: "Se voleva recarsinell'Altenburgoe prendere di nuovo la guida della banda che làcon i resti di quella scioltasi era radunataegli si offriva didargli man fortecon cavalliuomini e denaroper sfuggire allaprigionia di Dresda; e gli prometteva di essere in futuro piùobbedientee in generale migliore e più disciplinato che inpassatoeper dimostrare il suo attaccamento e la sua fedeltàsi impegnava a venire in persona nella zona di Dresdaper disporrela sua liberazione dal carcere". Oral'uomo incaricato diportare la lettera ebbe la sfortuna di caderein un villaggio assaivicino a Dresdain preda a gravi convulsionidelle quali soffrivadalla giovinezzae in quell'occasione la letterache teneva nelfarsettofu trovata da persone che gli erano venute in aiuto; eperciònon appena si fu ripresovenne arrestatoesottobuona scortacondottocon grande accompagnamento di popoloalpalazzo del Governo.


Nonappena l'intendentebarone di Wenkebbe letto la letteraandòsenza indugio dal principe Elettorea palazzodove trovòpresenti i signori Enzo e Corradoquest'ultimo ristabilito dalle sueferitee il presidente della Cancelleria di Statoconte Kallheim. Inobili erano dell'opinione che Kohlhaas dovesse essere senz'altroarrestatoe processato per le sue intese segrete con ilNagelschmidt; poichéargomentavanouna lettera simile nonavrebbe potuto essere scrittase non fosse stata preceduta da altreanche da parte del mercante di cavalliecomunquesenza che fosseintercorsa tra loro una scellerata e criminale intesaper tramarenuove atrocità. Il principe Elettore si rifiutòfermamentesulla semplice base di quella letteradi violare ilsalvacondotto che aveva concesso e giurato; ed eraanzidell'opinione che dalla lettera del Nagelschmidt emergessecon unacerta probabilitàche fra loro non era intercorsa nessunaprecedente intesa; e tutto ciò a cuiper venire in chiarodella cosa su proposta del presidentee non senza molta esitazionesi decisefu di far consegnare la lettera a Kohlhaasper mezzo delservo inviato da Nagelschmidtcome se questo fosse ancora liberoper verificare se avrebbe risposto.


Diconseguenza il servoche era stato gettato in prigioneil mattinoseguente fu portato al palazzo del Governodove l'intendente glirestituì la letterae gli ingiunsecon la promessa dellalibertà e del condono della pena che si era meritatadiconsegnare lo scrittocome se niente fosse accadutoal mercante dicavalli; il furfante si lasciò utilizzare senza difficoltàper quello stratagemma di bassa legaefacendo mostra di grandesegretezzacon il pretesto di vendergli dei gamberiche l'ufficialedel Governo aveva comperato per lui al mercatoentrò nellacamera di Kohlhaas.


Kohlhaasche lesse la lettera mentre i bambini giocavano con i gamberiinaltre circostanze avrebbe certo afferrato il briccone per ilcollettoper consegnarlo ai lanzi di guardia alla sua porta; mapoiché la disposizione degli animi era tale che persino quelpasso avrebbe potuto essere interpretato con indifferenzae lui siera pienamente convinto che niente al mondo avrebbe potuto salvarlodal pasticcio in cui era invischiatocon uno sguardo triste fissòbene in faccia quell'uomoche conosceva benegli chiese doveabitassee lo invitò a ritornare da lui di lì aqualche orache gli avrebbe fatto sapere le sue decisioni aproposito del suo padrone. Disse a Sternbaldche entrava per casodi comprare un po' di gamberi dall'uomo che si trovava nella stanzaequando l'affare fu conclusoe i due si furono allontanatisenzariconoscersisi sedettee scrisse a Nagelschmidt una lettera delseguente tenore: "Prima di tuttoaccettava la sua propostariguardo al supremo comando della sua banda dell'Altenburgo; e diconseguenzaper liberarlo dalla momentanea prigionia nella qualecon i suoi cinque figliera tenutoche gli mandasse una carrozzacon due cavalli a Neustadtvicino Dresda; inoltre aveva bisognoperproseguire più in frettadi un altro tiro di due cavallisulla strada per Vittembergapoiché soltanto attraversoquella deviazioneper ragioni che sarebbe stato troppo lungoriportarepoteva raggiungerlo; i lanzi che lo sorvegliavano credevasì di poterli tirare dalla sua con la corruzione; manel casoche fosse necessaria la forzavoleva essere certo che fosseropresenti a Neustadt un paio di servi animosisvegli e ben armati;per far fronte alle spese richieste da tutti questi preparativi gliinviavaattraverso il suo servoun rotolo di venti corone d'orosull'impiego delle quali avrebbe fatto i conti con lui a cosa finita;eper finiregli vietavapoiché non era necessariodivenire personalmente a Dresda per liberarloe anzi gli impartival'ordine tassativo di restare nell'Altenburgoa comandaretemporaneamente la bandache non poteva rimanere senza un capo".


Questalettera la consegnò al servoquando egliverso serafu diritornolo ricompensò con larghezzae gli raccomandòdi custodirla con cura. La sua intenzione era di andare ad Amburgocon i suoi cinque figlie imbarcarsi da lì per il Levanteele Indie Orientalio dovunque il sole splendesse su genti diverse daquelle che conosceva: poiché all'idea di far ingrassare imorelli il suo animoprostrato dall'amarezzaancheindipendentemente dalla ripugnanza che sentiva a far causa comune conil Nagelschmldtaveva rinunciato.


Nonappena il furfante ebbe consegnato questa risposta all'intendente delPalazzoil Gran Cancelliere fu destituitoil presidente dellaCancelleriaconte Kallheimfu nominatoal suo postocapo delTribunalee Kohlhaas venne arrestatosu mandato del gabinetto delPrincipee portatogravato da pesanti catenenella torre dellacittà. Il processo fu istruito sulla base dl quella letterache venne affissa a tutti gli angoli della città; epoichéeglidavanti al Tribunalealla domanda se ne riconoscesse lascrittura rispose "Sì!"al consigliere chel'interrogavama alla domanda se avesse qualcosa da dire a suadifesa rispose "No!"abbassando a terra lo sguardofucondannato a essere straziato dagli aguzzini con tenaglie roventi esquartato e il suo corpo a essere arso tra la ruota e la forca.


Cosìstavano le cose a Dresda per il povero Kohlhaasquando si feceavantiper salvarlo dalle mani della prepotenza e dell'arbitrioilprincipe Elettore del Brandeburgoein una nota fatta pervenirelaggiùpresso la Cancelleria di Stato dell'Elettorenepretese la consegnaquale suddito brandeburghese. Infatti l'onestoprefettomesser Enrico di Geusaugli aveva riferito durante unapasseggiata lungo le rive della Spreala storia di quell'uomosingolarema non spregevoleein quella occasioneincalzato dalledomande del suo stupito sovrano non poté fare a meno dimenzionare la colpa chea causa delle scorrettezze del suoCancelliere supremoil conte Sigfrido di Kallheimgravava sulla suastessa persona: al che il principe Elettoreprofondamente indignatodopo aver chiamato il Gran Cancelliere a rendere contoe averconstatato che la causa di tutto era la sua parentela con il casatodei Tronkaimmediatamentee con molti segni del suo disappuntolodestituìnominando Gran Cancelliere messer Enrico di Geusau.


Accaddeche proprio allora la corona di Poloniache era venuta a contesanon sappiamo a causa di quale oggetto con la Casa di Sassoniarivolgesse al principe Elettore del Brandeburgo ripetute e insistenticonsiderazioniper indurlo a fare causa comune con essacontro laCasa di Sassoniaedi conseguenzail Gran CancellieremesserEnrico di Geusauche sapeva destreggiarsi in simili affarierasicuro di poter venire incontro al desiderio del suo sovrano direndere giustizia a Kohlhaascostasse quello che costassesenzamettere in gioco la pace universale in modo più rischioso diquanto fosse consentito per proteggere un solo uomo. In quelfrangente il Gran Cancelliere non soltanto pretesea causa delprocedimento del tutto arbitrariospiacente a Dio e agli uominialquale era stato sottopostol'incondizionata e immediata consegna diKohlhaasperchéin caso che fosse gravato da colpefossegiudicato secondo le leggi del Brandeburgoin base ai capi d'accusache la corte di Dresda avrebbe potuto presentare a Berlino per mezzodi un avvocato; ma richiese persino il lasciapassare per un avvocatoche il principe Elettore del Brandeburgo intendeva mandare a Dresdaper far valere i diritti di Kohlhaas contro il barone Venceslao diTronkaa causa dei morelli che gli erano stati sottratti interritorio sassonee degli altri maltrattamenti e violenze da luisubitiche gridavano al cielo.


Ilciambellanomesser Corradoche nell'avvicendarsi delle carichepubbliche in Sassonia era stato nominato presidente della Cancelleriadi Statoe per varie ragioninella spinosa situazione in cui sitrovavanon voleva offendere la corte di Berlinorisposea nomedel suo signoreprofondamente abbattuto dalla nota brandeburghesepervenutache "si era meravigliati della mancanza di cortesia edi equità con le quali si negava alla corte di Dresda ildiritto di giudicare il Kohlhaas secondo le leggiper i delitti cheaveva commesso nel paesedal momento che era universalmente noto cheil Kohlhaas possedeva un vasto terreno nella capitalee che nemmenoegli stesso aveva negato la sua qualità di cittadino sassone".Ma poiché la corona di Poloniaper sostenere le sue pretesecon le armiaveva già riunito ai confini della Sassonia unesercito di cinquemila uominie il Gran Cancellieremesser Enricodi Geusaudichiarò che "Pontekohlhaasla localitàdalla quale il mercante di cavalli aveva preso nomesi trovava nelBrandeburgoe l'esecuzione della sentenza di morte pronunciatacontro di lui sarebbe stata considerata una violazione del dirittointernazionale"il principe Elettoredietro consiglio delciambellanomesser Corrado in personache desiderava tirarsi fuoridalla faccendarichiamò dai suoi possedimenti il principeCristiano di Meissene decise ascoltate poche parole di quell'uomoragionevoledi consegnare Kohlhaasconformemente alla richiestaalla corte di Berlino.


Ilprincipeil qualebenché poco soddisfatto delle scorrettezzecompiuteaveva dovuto sobbarcarsi la direzione dell'affare Kohlhaasper desiderio del suo angustiato sovranogli chiese su quali basivolesse ora accusare il mercante di cavalli davanti al tribunalecamerale di Berlinoe poiché alla sua infausta lettera alNagelschmidt non ci si poteva appellarea causa delle circostanzeambigue e poco chiare nelle quali era stata scrittamentre non sipoteva neppure nominare i saccheggi e gli incendiper via delmanifesto con il quale gli erano stati perdonatiil principeElettore decise di presentare a Sua Maestà l'imperatoreaViennaun rapporto sull'aggressione armata portata da Kohlhaascontro la Sassoniain cui si lagnava della rottura della pubblicapace da lui causatae supplicava Sua Maestànon vincolata daalcuna amnistiadi chiederne conto a Kohlhaas davanti al tribunaledi corte di Berlino per mezzo di un accusatore imperiale. Otto giornidopoil cavalier Federico di Malzahnche il principe Elettore delBrandeburgo aveva inviato a Dresda con sei armati a cavallocaricavail mercante di cavalliincatenato com'erasu una carrozzapertradurlocon i suoi cinque figlichedietro sua preghieraeranostati mandati a prendere dagli orfanotrofi in cui si trovavanoaBerlino.


Oraaccadde che il principe Elettore di Sassoniasu invito delGovernatoreconte Alvise di Kallheimche aveva allora vastipossedimenti lungo il confine della Sassoniafosse partito per ilvillaggio di Dahmein compagnia del ciambellanomesser Corradoedella sua consortedonna Eloisafiglia del Governatore e sorelladel presidentesenza parlare dello splendido seguito di nobilidamegentiluomini di caccia e dignitari di corte che liaccompagnavaper una grande battuta di caccia al cervo organizzataper svagarlo; e chementreal riparo di padiglioni imbandieratieretti su una collina ai due lati della stradatutta la compagniaancora coperta dalla polvere della cacciasedeva a tavola al suonodi una musica allegrache proveniva dal tronco di una querciaservita da paggi e da fanciulli nobiliil mercante di cavalliavanzasse lentamentecon la sua scorta di uomini a cavalloper lastrada di Dresda. Infatti la malattia di uno dei figli piccoli diKohlhaasdi salute cagionevoleaveva costretto il cavaliere diMalzahnche lo accompagnavaa fermarsi a Herzberg per tre giorni;misura della quale eglitenuto a risponderne soltanto al principeche servivanon aveva ritenuto necessario informare il governo diDresda.


Ilprincipe Elettoreche sedevacon il giustacuore slacciato e ilcappello piumato ornatoalla moda dei cacciatoridi ramettid'abetevicino a donna Eloisachenella prima giovinezza di luiera stata il suo primo amoredisselietamente disposto dal gaudioraffinato della festa: "Andiamo fin làe porgiamo aquell'infelicechiunque esso siaquesto calice di vino!".Donna Eloisalanciandogli uno sguardo affettuososi alzòimmediatamenteesaccheggiando la tavola imbanditariempìun vassoio d'argentoche un paggio le aveva portodi fruttadolcie pane; e già tutta la compagniacon rinfreschi d'ognigenereera sciamata fuori dalla tendaquando il Governatore le sifece incontrocon il viso imbarazzatoe la pregò difermarsi.


Allameravigliata domanda del principe Elettore su che cosa fossesuccessoda turbarlo così tantoil Governatore risposebalbettandorivolto al ciambellanoche nella carrozza c'eraKohlhaas; a quella notiziaper tutti incomprensibileessendouniversalmente noto che questi era partito già da sei giorniil ciambellanomesser Corradoprese il suo calice di vino egirandosi indietroverso la tendalo rovesciò per terra. Ilprincipe Elettorediventato tutto rossoposò il suo sopra unpiatto che un paggio nobilea un cenno del ciambellanogli avevateso a questo scopo; ementre il cavaliere Federico di Malzahnsalutando con deferenza la compagniache non conoscevapassavalentamente fra le due linee di padiglioni che correvano lungo lastradae proseguiva per Dahmei signorisu invito del Governatoresi ritiraronosenza più curarsenenella tenda. IlGovernatorenon appena il principe ebbe preso postoinviòsegretamente a Dahme dei messaggeriaffinché le autoritàlocali disponessero che il mercante di cavalli fosse fatto proseguiresenza indugio; ma poiché il cavaliereessendo il giorno ormaitroppo inoltratodichiarò che intendeva assolutamentepernottare nel villaggioci si dovette limitare a portarlo senzarumore in una fattoria di proprietà del municipioche sorgevafuori manonascosta in una fitta macchia.


Oraaccadde cheverso seraquando i signoridistratti dal vino e daicibi di una cena sontuosaavevano ormai del tutto dimenticatol'incidenteil Governatore tirò fuori l'idea di rimettersialla postaper via di un branco di cervi che era stato avvistato;tutta la compagnia accolse con gioia la propostaedivisa incoppiecorsedopo essersi munita di archibugiper fossati e persiepi nella foresta vicina: tanto che il principe Elettore e donnaEloisache l'aveva preso a braccettoper assistere allo spettacolofurono portatida un domestico che era stato messo al loro servizioproprio ad attraversarecon loro meravigliail cortile della casain cui si trovava Kohlhaascon i cavalieri brandeburghesi.


Ladamaquando lo seppedisse: "VeniteVostra Graziavenite!";etenera e scherzosagli nascose nel gran colletto di seta lacatena che gli pendeva dal collo: "Prima che arrivi tutta labrigataentriamo di soppiatto nella fattoriaa vedere lo stranouomo che vi pernotta!".


Ilprincipe le prese la mano arrossendoe disse: "Eloisa! Che viviene in mente?". Ma poiché leiguardandolo confusaaggiungeva che nessunonell'abito da cacciatore che portavaavrebbepotuto riconoscerloe lo trascinava con séeproprio inquell'istanteun paio di gentiluomini della cacciache avevano giàsoddisfatto la propria curiositàuscivano dalla casaassicurando chegrazie alle misure prese dal Governatorenéil cavaliere del Brandeburgo né il mercante di cavallisapevano chi fossero i signori riuniti nella regione di Dahmeilprincipe Elettorecalandosi con un sorriso il cappello sugli occhidisse: "Folliatu governi il mondoe il tuo seggio èuna bella bocca di donna!".


Accaddeche Kohlhaas fosse per l'appunto seduto su un mucchio di pagliaconla schiena contro la paretee nutrisse con pane bianco e latte ilbambino che si era ammalato a Herzbergquando i signori entrarononella fattoria per fargli visita; e quando la damaper attaccarediscorsogli chiese chi fossee che cosa avesse il bambinoe ancheche cosa avesse commessoe dove fosse portato con quella scortaegli si tolse davanti a lei il berretto di cuoio e diede a tutte lesue domandecontinuando nella sua occupazioneconcise masoddisfacenti risposte. Il principe Elettoreche stava in piedidietro i gentiluomini di caccianotando una piccola capsula dipiombo appesacon un filo di setaal collo del mercanteglichiesepoiché non si offriva niente di meglio per fareconversazionequale ne fosse il significato e che cosa contenesse.


"Giàla capsulamessere illustrissimo"rispose Kohlhaasche se latolsesollevando il filo dietro la nucal'aprìe ne tiròfuori un bigliettino sigillato con una goccia di ceralacca. "Lastoria di questa capsula è davvero strana! Saranno sette mesifaall'incircaproprio il giorno dopo la sepoltura di mia moglie;ero partito da Pontekohlhaascome forse vi sarà notoperagguantare il barone di Tronkache mi aveva fatto un gran tortoquandoper certe trattative che non conoscoil principe Elettore diSassonia e il principe Elettore di Brandeburgo si incontrarono aJuterbockuna borgata con diritto di fieraper la quale dovevapassare la mia spedizione; e poichéverso serasi eranoaccordati secondo i loro desiderisi incamminaronoin amichevolecolloquioper le strade della cittadinaper dare un'occhiata allafiera annualeche proprio allora vi si svolgeva con allegraanimazione. Incontrarono così una zingaracheseduta su unosgabellopredicevadal suo lunariol'oroscopo al popolo che lacircondavae le chieserocon fare scherzosose non aveva darivelare anche a loro qualcosa di piacevole. Ioche ero sceso dapococon il mio drappelloin una locandae ero presente sullapiazza dove questi fatti si svolgevanonon potevo sentiredietro atutto il popolosulla soglia di una chiesadove mi trovavochecosa diceva ai signori quella strana donna; e tuttaviasiccome ipresenti si sussurravano ridendo l'un l'altro che non a tutti leielargiva la sua scienza eper godersi lo spettacolo che sipreparavaspingevano e si accalcavanoionon tantoa dire ilveroper curiositàquanto per far posto ai curiosisalii inpiedi su un sedile scolpitodietro di menella paretea fianco delportale della chiesa. Da quel postodal quale la vista erainteramente liberaavevo appena visto i signori e la donnachesedeva su uno sgabello davanti a loro e sembrava scarabocchiarequalcosaquando leidi colposi alzaappoggiandosi sullestampellegira lo sguardo intornofra il popololo fissa su di meche non avevo mai scambiato una parola con leiné maiintutta la mia vitaavevo desiderato servirmi della sua scienzasispingefacendosi strada per la fitta calcafino a mee dice:'Ecco! Se il signore vorrà saperlovenga poi a chiederlo ate!' E con queste parolemessere illustrissimomi porsecon le suemani secche e ossutequesto biglietto. E poiché iostupitomentre tutto il popolo si gira verso di mele dico: 'Nonninachevuol dire questo onore?'lei rispondedopo molte paroleincomprensibilifra le quali tuttaviacon mio grande stuporesentoil mio nome: 'Un amuletoKohlhaasmercante di cavalli; custodiscilobeneun giorno ti salverà la vita!' e sparisce".


"Ebbene"continuò Kohlhaas con tono bonario"a dire la veritàa Dresdaper quanto le cose si fossero messe malenon ci ho rimessola vitacome mi andrà a Berlinoe se me la caveròanche laggiùlo dirà il futuro".


Aqueste parole il principe si sedette su una panca; eper quantoall'ansiosa domanda della damache gli chiedeva che cosa avesserispondesse: "Niente! Niente!"prima ancora che lei avesseavuto il tempo di accorrere e di riceverlo tra le bracciacadde alsuolo privo di sensi. Il cavaliere di Malzahnche proprio in quelmomento entrava nella stanza per un'incombenzaesclamò:"Santo Iddio! Che cos'ha il signore?". La dama gridò:"Portate dell'acqua!". I gentiluomini di caccia losollevaronoe lo portarono su un letto che si trovava nella stanzavicina; e la costernazione arrivò al culmine quando ilciambellanoche un paggio era corso a chiamaredopo ripetutiinutili sforzi per richiamarlo in vitadichiarò che mostravatutti i segni di chi ha avuto un colpo! Il Governatorementre ilcoppiere mandava a Luckau un messaggero a cavalloper far venire unmedicopoiché il principe aveva aperto gli occhilo feceportare su una carrozzae condurrea passo d'uomoal suo castellodi cacciache si trovava nelle vicinanze; ma quel viaggio gli causòdopo il suo arrivodue nuovi svenimenti: tanto che si riprese un po'solo nella tarda mattinata del giorno seguenteall'arrivo del medicoda Eiickauseppure con gli evidenti sintomi che si stava avvicinandouna febbre nervosa.


Appenaebbe ripreso i sensiil principe si alzò a sedere sul lettoe la sua prima domanda fu subito dove fosse Kohlhaas. Il ciambellanofraintendendo la sua domandadisseprendendogli la manoche aproposito di quell'uomo orribile poteva tranquillizzarsipoichédopo quello strano e incomprensibile incidenteegli era rimastosecondo le sue disposizioninella fattoria presso Dahmesotto lascorta dei Brandeburghesi. Efra le assicurazioni della suavivissima partecipazionee le sue proteste di aver fatto a suamoglie i più aspri rimproveriper la sconsiderata leggerezzadi averlo fatto incontrare con quell'uomogli chiese che cosa ditanto strano ed enorme lo avesse colpitonella conversazione conlui.


Ilprincipe Elettore disse che doveva confessargli che la vista di uninsignificante fogliettoche quell'uomo portava con séinuna capsula di piomboera tutta la causa dello spiacevole incidenteche gli era capitato. Per spiegare la circostanzaaggiunse moltecose che il ciambellano non capìe a un trattostringendoglila mano tra le suegli assicurò che per lui il possesso diquel biglietto era della massima importanzae lo pregò disalire immediatamente in selladi raggiungere Dahme e trattare conquell'uomoqualunque ne fosse il prezzol'acquisto del biglietto.


Ilciambellanoche faticava a nascondere il proprio imbarazzoloassicurò chese quel biglietto aveva per lui qualche valoreniente al mondo era più necessario che tacere a Kohlhaasquesta circostanza: non appena egliper una frase imprudentenefosse venuto a conoscenzaneppure tutte le ricchezze che il principepossedeva sarebbero bastate a riscattarlo dalle mani di quell'uomotruceinsaziabile nella sua brama di vendetta. Eper calmarloaggiunse che bisognava pensare a un altro mezzoe che forse conl'astuziaper mezzo di una terza personache agisse con la massimadisinvolturasarebbe stato possibilepoichéin sé eper séil ribaldo non avrebbe dovuto tenerci moltoprocurarsi il possesso del biglietto che gli stava tanto a cuore.


Ilprincipeasciugandosi il sudorechiese se non si poteva mandaresubito qualcuno a Dahme a questo scopoe intanto sospendereprovvisoriamente la prosecuzione del viaggio del mercantefinchénon ci si fosse impadronitiin qualunque mododel foglio.


Ilciambellanoche non credeva alle sue orecchiereplicò chepurtroppoin base ai calcoli più verosimiliil mercante dicavalli doveva ormai aver lasciato Dahmee trovarsi oltre confinein territorio brandeburghesedove l'impresa di impedire il suoproseguimentoo addirittura di farlo tornare indietro avrebbeincontrato difficoltà spiacevolissime di ogni generee forseaddirittura insormontabili. Epoiché il principeinsilenzioaveva riappoggiato la testa sul cuscinocon l'espressionedi chi ha perso ogni speranzagli chiese che cosa contenesse ilbigliettoe per quale caso sorprendente e inspiegabile egli sapesseche il suo contenuto lo riguardava.


Maa queste parole il principe guardò ambiguamente ilciambellanodella cui compiacenzain quel casonon si fidava e nonrispose; giaceva irrigiditocon il cuore che batteva coninquietudinefissando l'orlo inferiore del fazzoletto che tenevapensierosofra le manieimprovvisamentelo pregò dichiamare nella stanza il barone di Steingentiluomo di cacciaunnobile giovaneabile e gagliardodel quale si era già piùvolte servito per affari segreticon il pretesto che doveva sbrigarecon lui un'altra faccenda.


Quandoebbe ragguagliato il gentiluomo sulla faccendae gli ebbe rivelatal'importanza del biglietto del quale Kohlhaas era in possessoilprincipe gli chiese se voleva acquistarsi eterno diritto alla suaamiciziaprocurandogli il biglietto prima che Kohlhaas giungesse aBerlino; e poiché il baronenon appena si fu fatto un'ideaapprossimativa della situazioneper strana che fossegli assicuròdi essere pronto a servirlo con tutte le sue forzeil principe gliaffidò l'incarico di raggiungere Kohlhaas a spron battuto epoiché egliprobabilmentenon si sarebbe lasciato convincerecon il denarodi offrirgli in cambio in un abboccamento abilmentecondottola libertà e la vitae persinose egli l'avessepretesodi aiutarlo immediatamenteper quanto con cautelaconcavalliuomini e denaroa evadere dalla custodia dei soldatibrandeburghesi che lo scortavano.


Ilgentiluomofattosi rilasciare dal principe un foglio di suo pugnoche attestasse la sua missionepartì immediatamenteconalcuni servienon risparmiando le forze dei cavalliebbe lafortuna di raggiungerein un villaggio di confineKohlhaas cheinsieme al cavaliere di Malzahn e ai suoi cinque figlistavaconsumando all'apertodavanti alla porta di una casail pasto dimezzogiorno.


Ilcavaliere di Malzahnal quale il barone si era presentato come unforestiero chepassando di lì nel suo viaggiodesideravavedere coi propri occhi lo strano uomo che egli portava con sépieno di premura gli fece subito prendere posto a tavolapresentandogli Kohlhaas; e poiché il cavaliereoccupato neipreparativi della partenzaandava e venivae i soldati pranzavano aun tavolo che si trovava sull'altro lato della casaben presto albarone si offrì l'opportunità di rivelare al mercantedi cavalli chi egli fossee con quale preciso incarico fosse venutoa cercarlo.


Ilmercante di cavalliche era già a conoscenza del rango e delnome di colui chenella fattoria presso Dahmeera caduto indeliquio alla vista della capsulae cheper coronare l'ebbrezza chequella scoperta gli aveva infusonon avrebbe avuto bisogno d'altrose non di prendere visione dei segreti del bigliettoche eglipermolte ragioniera deciso a non aprire per mera curiosità; ilmercante di cavallidunquericordando il trattamento tutt'altro chemagnanimo e degno di un principe che a Dresda aveva dovuto subiremalgrado la sua piena disponibilità ad accettare ognipossibile sacrificiodisse che "intendeva tenersi ilbiglietto".


Equando il gentiluomo gli chiese da che cosa fosse indotto a un cosìstrano rifiutoquando gli si offrivain cambio niente di meno chela libertà e la vitaKohlhaas rispose: "Nobile signore!Se venisse qui il vostro sovranoe dicesse: 'Io mi voglioannientareinsieme a tutti coloro che mi aiutano a reggere loscettro'annientarecapiteche è appunto il più grandesiderio che agiti l'anima miaebbeneanche allora questofogliettoche per lui vale più della vitaio glielorifiutereie direi: 'Tu puoi mandarmi al patiboloma io posso fartisoffriree lo farò!'".


Econ la morte sul visochiamò un soldatoinvitandolo aservirsi di un buon boccone che era rimasto nella zuppiera; per tuttoil resto del tempo che passò nel villaggio fuper il baroneseduto alla sua mensacome se non ci fosse; soltanto quando salìin carrozza si girò di nuovocon uno sguardo di saluto e dicongedoverso di lui.


Lasalute del principe Elettorequando ricevette quella notiziapeggiorò tanto cheper tre fatali giornateil medico nutrìi più gravi timori per la sua vitaattaccata nello stessotempo da tante parti. Tuttaviagrazie alla forza della suacostituzione naturalmente sanadopo alcune settimane di letto e didolorosa malattia egli si ristabilìalmeno fino al punto chelo si poté mettere su una carrozzaeben provvisto dicuscini e coperteriportare a Dresda e alle sue cure di governo. Nonappena arrivò in quella cittàegli mandò achiamare il principe Cristiano di Meissene gli chiese a che puntofosse la missione del consigliere di giustizia Eibenmayerche siaveva intenzione di mandare a Vienna come avvocato per l'affareKohlhaasaffinché presentasse laggiùdavanti a SuaMaestà l'imperatorel'accusa per la rottura della pacedell'Impero.


Ilprincipe Cristiano rispose che il consiglieresecondo gli ordini cheil sovrano stesso aveva lasciatoal momento della partenza perDahmesubito dopo l'arrivo del giurisperito Zaunerche il principeElettore del Brandeburgo aveva inviato a Dresda come avvocatoperportare in giudizio la sua accusa contro il barone Venceslao diTronka a proposito dei morelliera partito per Vienna.


Ilprincipe Elettore avvampò eavvicinandosi alla sua scrivaniaespresse stupore per tanta frettapoichéa quanto ricordavaegli aveva dichiarato che si riservava di disporre con un ulteriore epiù preciso ordine la partenza definitiva dell'Eibenmayerpoiché prima era necessario avere un colloquio con il dottorLuteroche aveva fatto ottenere a Kohlhaas l'amnistia. Enel direquestoscompigliòcon un'espressione di malumore repressoalcuni atti e incartamenti che si trovavano sulla scrivania.


Ilprincipe Cristianodopo una pausadurante la quale l'aveva guardatocon tanto d'occhirispose che gli dispiaceva di non averlosoddisfatto in quella incombenza; ma poteva mostrargli la deliberadel Consiglio di Stato che gli faceva obbligo di far partirel'avvocato per la data suddetta. Egli aggiunse che in Consiglio diStato non si era parlato affatto di un colloquio con il dottorLutero; e che in precedenzaforseavrebbe potuto essere opportunotenere in conto l'opinione di quel religiosoper via del suointervento a favore di Kohlhaasma ora non piùdopo che aluisotto gli occhi di tutto il mondoera stata violata l'amnistiaed egli era stato arrestato e consegnato ai tribunali del Brandeburgoper essere condannato e messo a morte.


Ilprincipe Elettore disse chein effettil'errore di aver fattopartire l'Eibenmayer non era grave; desideravatuttaviache per ilmomentofino a nuovo ordineegli non desse esecuzionea Viennaalsuo mandato di accusatoree pregò il principe di fargli avereimmediatamenteper mezzo di un corriere velocele necessarieistruzioni a questo proposito.


Ilprincipe rispose chepurtroppoquesto ordine arrivava con un giornodi ritardopoichésecondo una relazione ricevuta quel giornostessol'Eibenmayer aveva già presentato le sue credenzialie aveva già sporto l'accusa presso la Cancelleria di Stato diVienna. E aggiunserispondendo al principe Elettoreche chiedevacosternatocome tutto ciò fosse stato possibile in un tempocosì breveche dalla partenza di quell'uomo erano giàtrascorse tre settimanee che le istruzioni da lui ricevute glifacevano obbligo di dare inizio alla pratica senza indugiononappena arrivato a Vienna. Tirare in lungoosservò ilprincipesarebbe stato in questo caso quanto mai inopportunotantopiù che Zaunerl'avvocato del Brandeburgoprocedeva con lapiù ostinata energia contro il barone Venceslao di Tronka:egli aveva già chiesto alla Corte di giustizia il ritiroprovvisorio dei morelli dalle mani dello scortichinoperchépotessero esserein seguitoristabilitiea dispetto di tutte leobiezioni sollevate dalla controparteera riuscito a ottenerlo.


Ilprincipe Elettoresuonando il campanellodisse: "Fa lo stesso;poco importa!"edopo aver rivolto al principe alcune domandeindifferenti"Come andavanoper il restole cose a Dresda?Che cosa era avvenuto durante la sua assenza?"lo salutòincapace di nascondere il suo stato d'animocon la manoe locongedò.


Ilgiorno stesso gli richieseper iscrittocon il pretesto chedatala sua importanza politicavoleva lavorare egli stesso alla cosatutti gli atti riguardanti Kohlhaas; epoiché il pensiero dicausare la morte dell'unico uomo dal quale avrebbe potuto ottenereragguagli sui segreti del foglietto era per lui intollerabilescrisse di suo pugno una lettera all'imperatorenella quale lopregavacon calore e con insistenzaper gravi ragioniche forseentro breve tempo gli avrebbe spiegato in modo più precisodipoter ritirare per il momentofino a nuova decisionel'accusa chel'Eibenmayer aveva presentato contro Kohlhaas.


L'imperatorein una nota redatta dalla Cancelleria di Statogli rispose che "ilcambiamento che sembrava essersi prodotto nel suo animo lo stupiva almassimo grado; la relazione a lui inviata da parte sassone avevafatto della vicenda di Kohlhaas una questione che riguardava tutto ilSacro Romano Impero; e di conseguenza eglil'imperatorecome suoreggitore supremosi era visto obbligato a farsi avanti comeaccusatore presso la casa di Brandeburgo; tanto chedal momento chel'assessore di corte Francesco Muller si era già recato aBerlinoin qualità di avvocatoper chiedere conto a Kohlhaasdella sua violazione della pubblica pacel'accusa non poteva piùin nessun modo essere ritiratae la vicenda doveva seguire il suocorsosecondo le leggi".


Daquesta lettera l'Elettore fu del tutto prostrato; e poichéasuo estremo sconfortopoco tempo dopo giunsero da Berlino rapportiriservatinei quali si comunicava l'apertura del procedimentodavanti alla Corte cameralee si notava cheprobabilmenteKohlhaasa dispetto di tutti gli sforzi dell'avvocato che gli erastato messo a disposizionesarebbe finito sul patibolol'infelicesovrano decise di compiere ancora un tentativoe pregò ilprincipe Elettore del Brandeburgoin una missiva redatta di suopugnodi concedergli la vita del mercante di cavalli. Egli adducevail pretesto che l'amnistia giurata a quell'uomo non consentiva controdi lui l'esecuzione legittima di una sentenza di morte; gli davaassicurazione chemalgrado l'apparente severità con la qualesi era proceduto contro di luimai era stata sua intenzione di farlomorire; e gli spiegavainfineche non avrebbe mai potutoperdonarsise la protezione che avevano promesso di fargli ottenereda parte di Berlino si fosse in conclusione risoltaper uncambiamento inaspettatoin uno svantaggio maggioreper luidi quelche gli sarebbe toccato se fosse rimasto a Dresdae la causa fossestata decisa secondo le leggi della Sassonia.


Ilprincipe Elettore del Brandeburgoal quale molti punti di questalettera erano sembrati ambigui e poco chiarigli rispose che"l'energia con cui procedeva l'avvocato di Sua Maestàimperiale non consentiva in alcun modo di derogaresecondo ildesiderio da lui espostodalla rigida applicazione della legge. Egliosservava che le preoccupazioni di cui veniva messo a parte andavanoin realtàoltre il segnopoiché l'accusa per idelitti perdonati a Kohlhaas con l'amnistia era stata presentata allaCorte camerale di Berlino non già da luiche aveva concessol'amnistia al mercantebensì dal reggitore supremodell'Imperoche da essa non era legato in alcun modo. Inoltre glifaceva presente quanto fosse necessariomentre continuavano leviolenze del Nagelschmidt checon inaudita impudenzasi spingevanofin sulle terre del Brandeburgodare un esempio che agisse comedeterrentee lo pregavase non avesse voluto tenere conto di tuttoquestodi rivolgersi direttamente a Sua Maestà l'imperatorepoichése un atto d'imperio doveva intervenire a favore diKohlhaasnon sarebbe potuto giungere altrimenti che attraverso unadichiarazione da quella parte".


L'Elettoreper il dolore e la rabbia di tutti questi tentativi andati a vuotocadde nuovamente ammalato; euna mattina che il ciambellano eravenuto a trovarlogli mostrò le lettere cheper prolungarela vita di Kohlhaas e così per lo meno guadagnare tempoperimpadronirsi del foglietto che possedevaaveva inviato alle Corti diVienna e di Berlino. Il ciambellano si mise in ginocchio davanti alui e lo scongiuròper tutto quello che aveva di sacro e dicarodi dirgli che cosa era scritto nel foglietto. L'Elettore glidisse di chiudere a chiave la stanza e di sedersi sul letto; edopoavergli preso la manoed essersela premuta sul cuore con un sospirocominciò nel modo che segue: "Tua moglieho sentitodireti ha già raccontato che l'Elettore del Brandeburgo eioal terzo giorno del convegno da noi tenuto a Juterbockincontrammo una zingara; e poiché l'Elettorevivace com'èdi naturaaveva deciso di distruggere con uno scherzoin presenzadi tutto il popolola fama di quell'avventurieradella cui artepoco primaa tavolasi era parlato in modo sconvenienteegli siavvicinò al suo tavolinoa braccia consertee le chieseaproposito della predizione che gli avrebbe fattoun segno che sipotesse verificare quel giorno stessoavvertendola chealtrimentinon avrebbe potuto credere alle sue parolefosse stata pure laSibilla romana in persona. La donnamisurandoci con un'occhiata dacapo a piedidisse che il segno sarebbe stato che il capriolo dallegrandi corna che il figlio del giardiniere allevava nel parco cisarebbe venuto incontro sulla piazza della fierasulla quale citrovavamoprima che la lasciassimo. Oradevi sapere che quelcapriolodestinato alla cucina della corte di Dresdaera custoditocon tanto di lucchetto e di catenaccioin un recintoombreggiatodalle querce del parcochiuso da un'alta palizzatatanto chesiccomeper di piùl'intero parco eal di là diessoil giardino che vi portavaerano tenuti accuratamente chiusiper via della selvaggina più piccola e dei polli che vi sitrovavanonon si riusciva proprio a capire come l'animale potessesecondo la strana predizionevenirci incontro fin sulla piazza dovestavamo; e tuttavia l'Elettorepreoccupato chedietro di questopotesse nascondersi una mariuoleriadopo aver brevemente parlato conme e ben decisoper via dello scherzoa rovinare in modoirrimediabile tutto ciò che quella donna potesse direinviòa palazzo l'ordine di uccidere immediatamente il caprioloe diprepararlo per il banchetto uno dei giorni seguenti. Poi si giròdi nuovo verso la donnadi fronte alla quale tutto ciò erastato discusso ad alta vocee le disse: 'Suavanti! Che cosa hai darivelarmi per il futuro?'. La donnaguardandogli la manodisse:'Salvemio principe Elettore e sovrano! La tua benevolenza governeràa lungo; la casa dalla quale provieni durerà ancora a lungo; ituoi discendenti saranno grandi e splendidie il loro poteresupererà quello di tutti gli altri principi e signori delmondo!'. Il principedopo una pausadurante la quale osservòla donna pensierosodisse a mezza vocefacendo un passo verso dimeche adesso quasi gli dispiaceva aver mandato un messo per ridurrea niente la profezia; ementre dalle mani dei cavalieri che loseguivano il denaro pioveva a mucchifra gran grida di giubiloingrembo alla donnaegli le chieseinfilandosi una mano in tascaedeponendo anch'egli una moneta d'orose l'augurio che aveva da farea me avesse un suono argentino come il suo. La donnadopo averaperto una cassetta che aveva a fiancoavervi ordinato lentamente emeticolosamente il denarodiviso per specie e quantitàeaver richiuso la cassettasi protesse dal sole con la manocome sele desse noiae mi guardò; e quando io le ripetei la domandae dissicon fare scherzosoal principe Elettorementre miesaminava la mano: 'A mea quanto sembranon ha proprio niente dipiacevole da predire'lei diede di piglio alle gruccesi tiròlentamentesu dal suo sgabello econ le mani protese in un gestopieno di misteromi si fece vicina fino a toccarmi e mi sussurròdistintamente all'orecchio: 'No!'. 'Ah!'dissi ioturbatoe feciun passo indietro da quella figurachecon uno sguardo freddo esenza vitacome se avesse avuto occhi di marmotornò asedersi sullo sgabello che stava dietro di lei: 'Da quale parte ilpericolo minaccia la mia casa?'. La donnaprendendo in mano uncarboncino e un foglioe accavallando le ginocchiachiese se dovevascrivermelo; e quando iorealmente impacciatorispondosemplicemente perchéin una situazione come quellanon mirestava altro da fare: 'Sìfallo!'lei aggiunse: 'Va bene!Tre cose ti scriverò: il nome dell'ultimo regnante della tuacasal'anno in cui perderà il regnoe il nome di colui chese lo conquisterà con la forza delle armi'. Compiuto questodavanti agli occhi di tutto il popolosi sollevasigilla ilfoglietto con ceralaccainumidita nella sua bocca vizzae viimprime un sigillo di piomboche porta al dito medio come anello. Equando iocuriosocome puoi facilmente immaginarepiù diquanto le parole possano direfaccio per prendere il bigliettoleidice: 'Niente affattoAltezza!'si girae leva in alto una dellesue stampelle: 'Da quell'uomo laggiùquello con il cappellopiumatoche sta in piedi sul sediledietro tutto il popolosullasoglia della chiesaandrai a prendere il fogliose lo vorrai!'. Econ ciòprima ancora che io abbia ben capito che cosa stadicendomi pianta in asso sulla piazzasenza parole per lo stupore;echiusa con un colpo la cassetta che stava alle sue spallese lagetta sulla schiena e si confondesenza che io possa piùscorgere quello che sta facendonel mucchio della folla che cicirconda. Proprio in quel momentocon mia grandissima consolazionedevo diresi fece avanti il cavaliere che l'Elettore aveva inviato apalazzoe gli comunicòcon la bocca atteggiata a un sorrisoche il capriolo era stato uccisoe che due cacciatorisotto i suoiocchilo avevano trasportato in cucina.


L'Elettoreprendendomi allegramente sotto bracciocon l'intenzione di portarmivia dalla piazzadisse: 'Insommala profezia non era altro che unadelle solite fanfaronateche non valeva il tempo e il denaro che c'ècostata!' Ma quale fu il nostro stupore quandomentre ancorapronunciava queste parolesi alzò un vociare tutto intornoper la piazzae tutti gli occhi si rivolsero a un grosso cane damacellaioche si avvicinava dal cortile del palazzodove avevaafferrato in cucina il capriolocome una buona predaeinseguitodai servi e dalle fanteschelasciò cadere al suolo la bestiaa tre passi da noi: così che davvero la profezia della donnaa garanzia di tutto quello che aveva annunciatosi era compiutaeil capriolosia pure già mortoci era venuto incontro sullapiazza della fiera. Il fulmine che in un giorno d'inverno cade dalcielo non può colpire in modo più devastante di quantomi colpì quella vistae la mia prima preoccupazionenonappena mi fui liberato della compagnia in cui mi trovavofu dirintracciare subito l'uomo con il cappello piumato che la donna miaveva indicato; ma nessuno dei miei uominimandati ininterrottamenteper tre giorni a cercare informazionifu in grado di darmenenotizianeppure nel modo più vago: e ora Corradoamico miopoche settimane fanella fattoria vicino a Dahmeho vistoquell'uomo con i miei occhi".


Conqueste parolelasciò andare la mano del ciambellano easciugandosi il sudorericadde sul suo giaciglio. Il ciambellanoritenendo fatica sprecata contrapporre la sua opinione diquell'evento a quella che ne aveva il principe Elettorepermodificarlalo pregò di tentare un mezzo qualunque per venirein possesso del foglioe poi di abbandonare quell'uomo al suodestino; ma il principe rispose di non vederne il mezzo in nessunmodoanche se il pensiero di doverci rinunciareo addirittura diveder svanire con quell'uomo ogni possibilità di conoscere ilsegretolo portava sull'orlo dello strazio e della disperazione.Alla domanda dell'amico se avesse fatto il tentativo di rintracciarela zingara in personail principe rispose che la poliziain forzadi un ordine che egli aveva emanatocon un falso pretestofino aieri l'aveva ricercata invano in tutti gli angoli del principato:tanto cheper ragioni chetuttaviarifiutò di esporre neiparticolariegli dubitava persino che fosse rintracciabile inSassonia.


Oraaccadeva che il ciambellanoper via di numerosi ed estesipossedimenti che sua moglie aveva ereditatonella Marca Nuovadalconte Kallheimil Gran Cancelliere depostoe poco tempo dopo mortovolesse appunto andare a Berlino; tanto chepoiché volevadavvero bene al principe Elettoredopo una breve riflessione glichiese se voleva lasciargli mano libera in quella faccenda; e poichéil principepremendosi con calore la sua mano sul pettoglirispondeva: "Fa' conto di essere me stessoe procurami ilfoglio!"il ciambellanosbrigati i suoi affariaffrettòdi qualche giorno la sua partenza e si recòlasciando a casala moglieaccompagnato soltanto da alcuni servia Berlino.


Kohlhaasche nel frattempocome si è dettoera giunto a Berlino eper un ordine particolare del principe Elettoreera stato portato inun carcere destinato ai nobiliche lo ricevetteinsieme ai suoicinque figlicon la massima comodità possibilesubito dopola comparsa del procuratore imperiale da Vienna era stato chiamato arendere contodavanti al tribunale cameraleper il turbamento dellapace pubblicatutelata dall'imperatoreda lui causato nel paese; ebenché luinella sua difesaobbiettasse che non lo si potevaprocessare per la sua incursione armata in Sassoniané per leviolenze allora commessein forza del compromesso da lui stipulato aLutzen con il principe Elettore di Sassoniasi sentìrispondereper suo insegnamentoche Sua Maestà l'imperatoreil cui procuratore sosteneva l'accusa nel processonon potevatenerne conto: e ben prestopoiché la cosa gli fu spiegata indettaglioe gli fu dichiarato chein compensoavrebbe ottenutopiena soddisfazioneda parte di Dresdanella sua causa contro ilbarone Venceslao di Tronkasi mise l'anima in pace. Di conseguenzaaccadde che proprio il giorno dell'arrivo del ciambellano fupronunciata la sentenzaed egli fu condannato a perire di spada: unverdetto alla cui esecuzione peròin una situazione cosìintricataindipendentemente dalla sua mitezzanessuno credevaeche anzi l'intera cittàdata la benevolenza che il principeElettore nutriva per Kohlhaassperava di veder cambiata sicuramenteper un suo atto d'imperioin una semplice pena detentivamagarilunga e penosa.


Ilciambellanoche tuttavia capiva che non c'era tempo da perderesel'incarico che il suo sovrano gli aveva affidato doveva andare a buonfinecominciò a mettere in atto il suo piano facendosi vedereda Kohlhaasun mattino in cui questi stava in piedialla finestradella prigionee osservava distrattamente i passantinel suo solitovestito di cortea lungo e con intenzione; e quandoda un movimentoimprovviso del capo concluse che il mercante di cavalli l'avevanotatoesoprattuttoquando videcon grande soddisfazionecheegli aveva portato involontariamente la mano al pettodove teneva lacapsulapensò che quello che in quel momento era avvenuto nelsuo animo fosse una preparazione sufficiente per consentirgli dicompiere il passo successivonel tentativo di impadronirsi delfoglietto.


Mandòa chiamare una vecchia rigattierache andava in giro con lestampellee che egli aveva notatoper le strade di Berlinoinmezzo a un crocchio di altri straccivendoli; poichéper l'etàe per l'abitogli sembrava corrispondere abbastanza bene a quellache il principe gli aveva descrittosupponendo che Kohlhaas nonavesse potuto imprimersi profondamente nella memoria i tratti diquella chein una fugace apparizionegli aveva consegnato ilfogliettodecise di sostituirla con la donna da lui sceltae difarle recitare presso Kohlhaasse ci riuscivala parte dellazingara. Quindiper metterla in condizione di farlola istruìdettagliatamente su tutto ciò che era successo a Juterbock frail principe e la suddetta zingaraenon sapendo fin dove si fossespinta la zingara nelle sue rivelazioni a Kohlhaasnon dimenticòdi insistere particolarmente sui tre misteriosi punti scritti sulfoglio; edopo averle spiegato quello che avrebbe dovuto lasciarsisfuggirecon allusioni monche e scarsamente comprensibiliriguardoa certe misure che erano state prese per impadronirsicon l'astuziao con la forzadel bigliettoche era di estrema importanza per lacorte di Sassoniale affidò l'incarico di farsi consegnare daKohlhaas il foglio con il pretesto che presso di lui non era piùsicuroper custodirlo durante alcuni giorni densi di pericoli. Larigattiera accettò subitodietro promessa di una lautaricompensadella quale il ciambellanosu sua richiestadovettepagare in anticipo una partedi eseguire l'incarico; epoichéla madre del servo Ersianocaduto presso Muhlbergandava di tantoin tanto a trovare Kohlhaascon il permesso del Governoe giàda qualche mese conosceva quella donnala zingara riuscìunodei giorni seguenticon un piccolo obolo al capo carceriereaottenere di vedere il mercante di cavalli.


MaKohlhaasquando la donna entròcredettedall'anello con ilsigillo che portava al ditoe dalla collana di corallo che aveva sulpettodi riconoscere in lei proprio la vecchia zingara che gli eragià notae che a Juterbock gli aveva consegnato il foglio; epoiché non sempre la verosimiglianza sta dalla parte dellaveritàcaso volle che fosse appunto avvenuto un fatto che noiriferiamopur essendo costretti a lasciarea chiunque preferiscail diritto di dubitarne: il ciambellano aveva compiuto il piùclamoroso dei passi falsi econ la vecchia rigattiera che si eraprocurato per le strade di Berlinoperché facesse finta diessere la zingarasi era imbattuto proprio nella misteriosa zingarache voleva far imitare da lei. Per lo meno la donnamentreappoggiandosi sulle stampelleaccarezzava le guance dei bambiniiqualicolpiti dal suo strano aspettosi stringevano al padreriferì che già da diverso tempo era ritornata dallaSassonia nel Brandeburgoe chea una domanda imprudentementearrischiata dal ciambellanoper le strade di Berlinoa propositodella zingara chenella primavera dell'anno precedenteera stata aJuterbockgli si era subito avvicinata esotto falso nomesi eraofferta di assolvere all'incarico che egli intendeva affidare.


Ilmercante di cavalliche notò una strana somiglianza fra lei ela sua defunta moglie Lisabettatanto che avrebbe potuto chiederlese non fosse la nonna di leipoiché non soltanto i tratti delsuo visoe le manicheper quanto ossuteerano ancora belleesoprattutto il suo modo di muoverle mentre parlavaglielaricordavano nel modo più vivoma egli notò perfino sulcollo di lei un neo simile a quello di sua moglieil mercante dicavallidunquela pregòmentre in lui si intrecciavanostrani pensieridi mettersi a sederee le chiese che cosa mai laportasse da luiper affari del ciambellano. La donnamentre ilvecchio cane di Kohlhaas le annusava le ginocchiae scodinzolavaalle carezze della sua manorispose che l'incarico che ilciambellano le aveva affidato era quello di svelargli quale fosse lamisteriosa risposta contenuta nel foglietto alle tre domandeimportanti per la corte di Sassonia; doveva mettere in guardia luiKohlhaasda un inviatoche si trovava a Berlino perimpossessarsenee pertanto chiedergli la consegna del fogliocon ilpretesto che al suo collodov'egli lo portavanon era piùsicuro. Ma l'intenzione con la quale era venuta era invece di farglisapere che la minaccia di privarlo del biglietto con l'astuzia o conla forza era una sciocchezzaun vuoto spauracchio; chesotto laprotezione del principe Elettore di Brandeburgoalla custodia delquale era affidatonon aveva proprio niente da temere per ilbiglietto; cheanziil foglio era molto più sicuro presso dilui che presso di leie che si guardasse bene dal farsene privareconsegnandolo a chiunquesotto qualsiasi pretesto. E conclusecomunqueche le sembrava saggio fare del biglietto l'uso per ilquale glielo aveva dato alla fiera annuale di Juterbock: porgereorecchio alla proposta che gli era stata fatta presso il confine daparte del barone di Steine consegnare il foglioche a lui ormainon serviva piùal principe Elettore di Sassoniain cambiodella libertà e della vita.


Kohlhaasche esultava per il potere che gli era dato di ferire a morte iltallone del suo nemiconel momento in cui ne veniva calpestatorispose: "Per niente al mondononnina; per niente al mondo!".Epremendo la mano alla vecchiavolle solo sapere che specie dirisposte a quelle arcane domande fossero contenute nel foglietto.


Ladonnaprendendosi in grembo il più piccoloche si eraaccoccolato ai suoi piedidisse: "Non per il mondoKohlhaas:ma per questo piccolodolce bambino biondo!"enel dirquestogli sorriselo strinse a sé e lo baciòmentreil bambino la guardava con i suoi grandi occhie gli porsecon lesue mani ossuteuna mela che portava nella bisaccia.


Kohlhaasdisseconfusoche i bambini stessise fossero stati grandiloavrebbero lodato per il suo comportamentoe che per loroe per iloro nipotinon avrebbe potuto fare niente di più beneficoche conservare il biglietto. Inoltrechiesechidopo l'esperienzache aveva fattolo avrebbe garantito da un nuovo inganno? Nonavrebbealla finesacrificato invano al principe Elettore ilfogliocome aveva fatto in passato con la banda da lui raccolta aLutzen? "Con chi mi ha mancato di parola una volta"disse"io non impegno più la mia parola; solo una tuarichiestaprecisa e inequivocabilemi separerànonninadalfoglio attraverso il quale mi viene datain modo cosìstraordinariosoddisfazione per tutto quello che ho sofferto".


Ladonnadeponendo a terra il bambinodisse cheda più di unpunto di vistaaveva ragionee che poteva fare e non fare ciòche voleva.


Econ queste parole riprese le sue stampelle e fece per andarsene.


Kohlhaasripeté la sua domandaa proposito dello straordinariobiglietto; e avrebbe volutodopo che lei ebbe brevemente rispostochesìpoteva aprirlofosse pure soltanto per meracuriositàche lei gli spiegasse ancora mille altre coseprima di lasciarlochi fosse in realtàdi dove venisse lascienza che era in leie perché non avesse voluto dare alprincipe Elettore il bigliettoper il quale pure l'aveva scrittoeperché proprio a luiche non aveva mai avuto desiderio dellasua scienzaavesse consegnatofra tante migliaia di uominiilprodigioso foglietto. Ma accadde cheproprio in quel momentosisentisse un rumoreprodotto da alcune guardie che stavano salendo lescale; tanto che la donnapresa dall'improvviso timore di esserevista da loro in quelle stanzerispose: "ArrivederciKohlhaas!Se ci incontreremo di nuovola risposta a tutto questo non timancherà!". Egirandosi verso la portagridò:"Addiobambiniaddio!"baciò i piccoliuno dopol'altroe se ne andò.


Nelfrattempo il principe Elettore di Sassoniain preda ai suoitormentosi pensieriaveva fatto venire due astrologidi nomeOldenholm e Oleariusche a quel tempo erano molto conosciuti inSassoniae li aveva consultati riguardo al contenuto del fogliomisteriosotanto importante per lui e per tutta la stirpe dei suoidiscendenti; e poiché i due uominidopo un'approfonditaindagineche continuò per molti giorninella torre delpalazzo di Dresdanon riuscirono ad accordarsi se la profezia siriferisse ai secoli futuri o al tempo presentee se non volesseforse alludere alla corona di Poloniacon la quale i rapporti eranoancora molto ostilila dotta disputainvece di dissiparel'inquietudineper non dire la disperazionein cui si trovaval'infelice sovranonon fece che acccentuarlaaccrescendola allafine a tal puntoche diventò per il suo animo assolutamenteinsopportabile. A questo si aggiunse chepiù o meno in queigiorniil ciambellano incaricò sua moglieche era sul puntodi seguirlo a Berlinodi far conoscerecon parole adatteall'Elettoreprima di partirequanto fossero scarsedopo iltentativo fallito da lui compiuto per mezzo di una donna che nons'era più fatta vederele speranze di venire in possesso delfoglio conservato da Kohlhaaspoiché la sentenza di mortepronunciata contro di lui era statadopo un esame accurato degliattiormai firmata dall'Elettore di Brandeburgoe il giornodell'esecuzione era già fissatoper il lunedìsuccessivo alla domenica delle Palme; notizia alla quale il principecon il cuore lacerato dal dolore e dal rimorsosi chiusecome unuomo senza più speranzanella sua cameraper due giornisazio della vitanon toccò ciboe il terzoimprovvisamentedopo aver brevemente annunciato al governo che sarebbe recato acaccia presso il principe di Dessausparì da Dresda.


Doverealmente andassee se si fosse diretto a Dessauè questioneche lasciamo apertapoiché le cronache dal cui confronto noiricaviamo questa relazione si contraddicono in modo stranoe siannullano a vicendasu questo punto. Certo è chea queltempoil principe di Dessau non era in condizione di andare acacciapoiché giaceva malato a Braunschweigospite di suozioil conte Enrico; e chela sera del giorno seguente donna Eloisaarrivava a Berlino presso il ciambellanomesser Corradosuoconsortein compagnia di un certo conte di Königsteinpresentato da lei come suo cugino.


Nelfrattempoper ordine dell'Elettorevenne letta a Kohlhaas lasentenza di mortegli furono tolte le catene e gli furonoriconsegnati i documenti relativi al suo patrimonioche a Dresda glierano stati tolti; epoiché i consiglieri messi a suadisposizione dal tribunale gli chiesero in che modo volesseprovvederedopo la morteai beni che possedevaegli redasseconl'aiuto di un notaioun testamento a favore dei figlied elessecome tutore di questil'onesto balivo di Pontekohlhaassuo amico.Dopo di ciòla tranquillità e la contentezza dei suoiultimi giorni furono senza pari; poichéper una particolare estraordinaria concessione del principe Elettorepochi giorni dopoanche le porte del carcere in cui si trovava furono apertee fuconcesso libero accesso a luigiorno e nottea tutti gli amicicheerano moltiche aveva in città. Ed egli ebbe perfino lasoddisfazione di veder entrare nella sua prigione il teologo GiacomoFreisinginviato dal dottor Luterocon una lettera di questiscritta di suo pugno e senza dubbio assai notevolela qualeperòè andata perdutae di ricevere da questo sacerdoteallapresenza di due decani brandeburghesiche coadiuvarono al ritoilbeneficio della santa comunione.


Ecosìtra la generale agitazione della cittàcheancora non riusciva a mettere da parte la speranza in un attod'imperio che lo salvassearrivò il fatale lunedìdelle Palme in cui avrebbe dovuto pagare al mondo il prezzo dellariconciliazioneper il troppo precipitoso tentativo di reintegrareda sé il proprio diritto. Stava appunto uscendoaccompagnatoda una poderosa scortacon due dei suoi bambini in braccio(concessione che egli aveva espressamente richiesto al cospetto deltribunale)dalla porta della sua prigionepreceduto dal teologoGiacomo Freisingquandonel fitto accalcarsi dei conoscenti che glistringevano la manoe prendevanotristementecommiatosi fecestrada fino a luicon il viso turbatoil castaldo del palazzodell'Elettoree gli diede un foglio checosì dissegli erastato consegnato per lui da una vecchia. Kohlhaasguardando conStupore quell'uomoche conosceva appenaaprì il foglioilcui sigilloimpresso nella ceralaccagli ricordòimmediatamente la zingara a lui ben nota. Ma chi potrebbe descrivereil suo sbalordimentoquando vi lesse il seguente messaggio:"Kohlhaasil principe Elettore di Sassonia è a Berlino;egli ti ha preceduto sulla piazza dell'esecuzioneese tiinteressapotrai riconoscerlo dal suo cappelloornato da piumebianche e azzurre. L'intenzione che l'ha guidato non serve che te ladica: vuolenon appena tu sarai sepoltofar dissotterrare lacapsulae aprire il foglio che vi si trova. La tua Lisabetta".


Kohlhaasgirandositotalmente sconvoltoverso il castaldo gli chiese sesapeva chi fosse la misteriosa donna che gli aveva consegnato ilfoglio. Ma quando il castaldo rispose: "Kohlhaasla donna..."e a metà del discorsoin modo strano si interruppeeglitrascinato dal corteoche proprio in quel momento si era rimesso inmotonon poté udire le parole che l'uomoche sembravatremare in tutto il corpopronunciava.


Quandoarrivò sulla piazza dell'esecuzionevi trovò inattesafra una sterminata moltitudineil principe Elettore delBrandeburgoa cavallocon il suo seguitofra il quale era presenteanche il Gran Cancellieremesser Enrico di Geusau: alla destra delprincipe l'avvocato imperialeFrancesco Mullercon una copia dellasentenza di morte in manoa sinistra del principe l'avvocato diquestiil giurisperito Antonio Zaunercon le conclusioni deltribunale di corte di Dresda; eal centro del semicerchiochiuso infondo dal popoloun araldo con un fagotto in manoe i due morellilustri e ben pasciutiche battevano il terreno con gli zoccoli.Infatti il Gran Cancellieremesser Enricoaveva vinto la causaintentata a Dresdain nome del suo sovranocontro il baroneVenceslao di Tronkapunto per punto e senza la minima limitazione; edi conseguenza i cavalliresi al loro onore dallo sventolio di unabandiera sopra le loro testee poi ritirati dalle mani delloscortichino che li nutrivaerano stati ingrassati dalla gente delbaroneealla presenza dl una commissione insediata a questo scopoerano stati consegnati all'avvocatosulla piazza del mercato diDresda.


Ilprincipe Elettorequando Kohlhaasaccompagnato dalla sua scortaavanzò sul rialto davanti a luiparlò così:"EccoKohlhaas: oggi è il giorno in cui ti è resagiustizia! Guarda! Io ti riconsegno ora tutto quello che ti fu con laviolenza sottratto al castello di Tronkae che iocome tuo sovranoero tenuto a farti restituire: i morelliil fazzolettoi fiorinila biancheriae anche le spese per le cure al tuo servo Ersianocaduto presso Muhlberg. Sei contento di me?".


Kohlhaasposati a terra accanto a sé i due bambini che aveva inbracciolesse velocementecon gli occhi spalancati e raggiantileconclusioni del processochea un cenno del Gran Cancelliereglierano state consegnate; e poiché vi trovò anche unaclausola con la quale il barone Venceslao era condannato a due annidi prigionesi lasciò cadereda lontanosopraffatto daisuoi sentimentiin ginocchio davanti all'Elettorecon le maniincrociate sul petto. Egli assicurò con voce lieta al GranCancellierealzandosi e portandosi la mano al pettoche il piùgrande desiderio che aveva in terra era adempiuto; si avvicinòai cavallili esaminòne palpò il collo sodo; edichiarò allegramente al Cancelliereritornando verso di luiche "li regalava ai suoi due figliEnrico e Leopoldo".


IlCancellieremesser Enrico di Geusaurivolgendosi a lui benevolmenteda cavallogli promisein nome del principe Elettoreche la suaultima volontà sarebbe stata religiosamente rispettatae loinvitò a disporre come meglio riteneva anche delle altre cosecontenute nel fagotto. Allora Kohlhaas invitò la vecchia madredi Ersianoche aveva visto sulla piazzaa uscire dalla folla cheaveva intornoe consegnandole il fagotto le disse: "Eccononnatutto ciò ti appartiene"; aggiungendo al denaroche si trovava nel fagotto anche la somma che aveva ricevuto comeproprio indennizzoche volle darle in donocome sostegno e confortoper i suoi ultimi giorni.


"AdessoKohlhaasmercante di cavalli"esclamò il principeElettore"al quale è stata data in questo modosoddisfazionepreparati a dare a tua volta soddisfazione a SuaMaestà l'imperatorel'avvocato del quale è al miofiancoper la rottura della pubblica pace!".


Kohlhaastogliendosi il cappello e gettandolo al suolodisse che era pronto!Affidò i suoi bambinidopo averli presi su da terra ancorauna voltae stretti al pettoal balivo di Pontekohlhaasementrequesticon lacrime silenzioseli portava via dalla piazzasiavvicinò al ceppo. Stava per l'appunto sciogliendosi ilfazzoletto dal colloe aprendosi il giustacuorequandoguardandodi sfuggita il cerchio formato dal popoloscorsea breve distanzada séfra due cavalieri che lo coprivano a metà coiloro corpil'uomo ben noto dalle piume bianche e azzurre. Con unoscarto improvvisoche sorprese la scorta che lo circondavaKohlhaasgli andò proprio davantisi sciolse dal petto la capsulanetirò fuori il foglioruppe il sigillo e lo lesse: e con gliocchi fissi sull'uomo dalle piume bianche e azzurreche giàcominciava a nutrire dolci speranzelo mise in bocca e lo inghiottì.L'uomo dalle piume bianche e azzurrea quella vistapreso daconvulsionicadde svenuto. Kohlhaasmentre gli accompagnatori diquell'uomo si chinavanoaffrantisu di lui e lo tiravano su daterrasi girò verso il patibolodove la sua testa caddesotto la scure del boia.


Quifinisce la storia di Kohlhaas. Si depose la salma nella barafra ilcompianto unanime del popolo; ementre i necrofori la sollevavanoper darle degna sepoltura nel camposanto fuori cittàilprincipe Elettore chiamò a sé i figli del defunto edichiarando al Gran Cancelliere che dovevano essere educati nellascuola dei paggi di corteli armò cavalieri. Il principeElettore di Sassonia ritornò poco dopostraziato nel corpo enell'animaa Dresdae quello che accadde dopo va letto nellastoria. Ma di Kohlhaas nel secolo scorso vivevano ancora nelMeclemburgo alcuni felici e gagliardi discendenti.




LAMARCHESA Dl O...


AM...un'importante città dell'Alta Italiala vedova delmarchese di O...signora di eccellente reputazionemadre difanciulli ben educatirese notoattraverso i giornaliche sitrovavasenza sapere comeincintae chese il padre del bambinoche stava per dare alla luce si fosse presentatoleiper ragioni difamigliaera decisa a sposarlo. La signora che faceva con tantasicurezza un passo così stranodestinato a suscitare loscherno del mondoera la figlia del signore di G...comandantedella cittadella nei pressi di M...


Circatre anni primaaveva perso il maritoil marchese di O...al qualeera legata dal più intenso e tenero affettodurante unviaggio a Parigi che egli aveva compiuto per affari di famiglia. Perdesiderio della madrela degna signora di G...aveva lasciatodopola morte di luila tenuta presso V...dove aveva fino ad alloraabitatoed era tornatacon i suoi due figlinella casa del padrepresso il comando della fortezza. Qui aveva condottonegli annisuccessiviuna vita estremamente ritiratadedicandosi all'artealla letturaall'educazione dei figli e alla cura dei genitori:finché la guerra di ... riempì improvvisamente laregione degli eserciti di quasi tutte le potenzecompresa la Russia.


Ilcolonnello di G...che aveva ordine di difendere la cittadellachiese alla moglie e alla figlia di ritirarsi nella tenuta diquest'ultimao in quella del figlio di luiche si trovava pressoV... Maprima che la valutazionequi dei pericoli ai quali potevanoessere esposte nella fortezzalà degli orrori nei qualipotevano incorrere in aperta campagnafosse stata soppesata e decisasulla bilancia della riflessione femminilela cittadella era giàpresa d'assalto dalle truppe russee invitata alla resa. Ilcolonnello dichiarònei confronti della sua famigliacheormai si sarebbe comportato come se non ci fosse; e rispose con pallee granate. Il nemicoda parte suabombardò la cittadella.Diede fuoco ai magazziniespugnò un baluardo esternoequando il comandantea una nuova intimazioneesitò adarrendersi ordinò un attacco notturno ed espugnòd'assalto la fortezza.


Propriomentre le truppe russesotto un violento tiro di obiciirrompevanodall'esternol'ala sinistra dell'abitazione del comandante presefuococostringendo le donne ad abbandonarla La moglie delcolonnellocorrendo dietro alla figliache scendeva la scala aprecipizio con i bambinigridò che dovevano restare unite erifugiarsi nelle cantine; ma una granata cheproprio in quelmomentoscoppiò nella casa vi portò all'apice e virese totale la confusione.


Lamarchesa arrivòcon i due bambinisul piazzale davantiall'edificiodove gli spari che già lampeggiavano nella nottee la mischia violentissima la ricacciaronoincapace di rifletteredove fuggirenella casa in fiamme.


Quisfortunatamenteproprio mentre stava per sgusciare attraverso laporta posterioresi imbatté in un manipolo di fucilierinemicichevedendolasi fermarono di colposi gettarono i fuciliin spallaecon gesti oscenila trascinarono con sé.Inutilmente la marchesastrattonata qua e là dall'orribilebandache se la strappava di manochiamò in aiuto le suedomestiche tremantiche fuggivano dal portone.


Latrascinarono nel cortile posterioredovebarbaramente malmenatastava per cadere al suolo quandorichiamato dalle grida acute delladonnaapparve un ufficiale russoche disperse con furibondesciabolate quei cani avidi di violenza. Alla marchesa sembròun angelo del cielo. All'ultimo bestiale ribaldo che tenevaabbracciato il suo corpo snello sbatté in pieno visol'impugnatura della sciabolafacendolo arretrare barcollantecon ilsangue che gli sgorgava dalla boccaoffrì poi il braccio alladonnarivolgendosi a lei in francesecon grande cortesiae laportòincapace di dire parola dopo quelle scenenell'altraala del castellonon ancora attaccata dal fuocodove lei cadde aterrapriva di conoscenza. Qui quando apparveropoco tempo dopolefantesche spaventate egli diede disposizioni perché fossechiamato un medicosi assicuròrimettendosi il cappellochepresto si sarebbe ripresa e tornò alla battaglia.


Lapiazzaforte fu in breve tempo interamente conquistatae ilcomandanteche continuava a difendersi solo perché nonvolevano concedergli treguasi stava ritirandomentre le forze glivenivano menoverso il portone della casaquando l'ufficiale russocon il viso in fiammene uscìe gli gridò diarrendersi. Il comandante rispose che non aspettava per l'appunto chequell'invitogli porse la sciabola e gli chiese il permesso direcarsi nel castelloa cercare la sua famiglia. L'ufficiale russochea giudicare dal ruolo svoltosembrava uno dei capidell'assaltogliene diede facoltàfacendolo accompagnare dauna scorta; si misecon una certa frettaalla testa di undistaccamentodecisedove poteva ancora essere in forseilcombattimentoe presidiò celermente i punti forti dellacittadella.


Pocodopo ritornò sulla piazza d'armiordinò di spegnerel'incendioche cominciava a dilagare furiosamentee fece eglistesso sforzi prodigiosiquando i suoi ordini non furono eseguiticon il dovuto zelo. Ora si arrampicavacon il tubo di canapa inmanofra i comignoli in fiammee dirigeva il getto d'acqua; oraentravariempiendo di terrore quelle nature asiatichenegliarsenalie ne faceva rotolare fuori barili di polvere e bombecariche.


Ilcomandanteentrato nel frattempo nella casaquando seppedell'incidente capitato alla marchesa ne fu gravemente sconvolto. Lamarchesachesenza l'aiuto del medicocome aveva predettol'ufficiale russosi era ripresa dal suo svenimentoenella gioiadi vedere tutti i suoi sani e salvirimaneva a letto solo pertranquillizzare le loro eccessive preoccupazioniassicurò alpadre di non avere altro desideriose non di potersi alzarepertestimoniare la sua gratitudine al suo salvatore. Sapeva giàche era il conte F...tenente colonnello dei cacciatori di ...ecavaliere di un Ordine al merito e di vari altri. La marchesa pregòil padre di insistere presso di luiperché non lasciasse lacittadella prima di essersi fatto vedere un momento nel castello. Ilcomandanterispettando il sentimento della figliatornòsenza indugio nella fortezzaepoiché l'ufficiale correvaavanti e indietrooccupato da incessanti disposizioni militarienon poteva trovarsi occasione miglioregli raccontò làsui bastionidove stava passando in rivista i plotoni decimatiildesiderio della figlia commossa. Il conte gli assicurò cheaspettava solo il momento in cui avrebbe potuto liberarsi dalleincombenzeper porgerle i suoi omaggi. E voleva ancora farsi direcome stava la signora marchesaquando i rapporti di numerosiufficiali lo trascinarono nuovamente nel groviglio della guerra.


Quandospuntò il giornocomparve il generale che comandava le trupperussee ispezionò la fortezza. Egli espresse al comandante lasua stimasi dispiacque che la fortuna non avesse maggiormenteassecondato il suo coraggioe gli diededietro parola d'onoreilpermesso di andare dove volesse. Il comandante gli assicurò lasua gratitudinee gli disse quale fosse statoquel giornoil suodebito nei confronti dei russie in particolare del giovane conteF...tenente colonnello dei cacciatori di ... Il generale chiese checosa fosse successo; equando fu informato dell'infame aggressionealla figlia del suo interlocutoremostrò la massimaindignazionee chiamò per nome il conte F... fuori dairanghi. Dopo avergli rivolto un breve elogio per il suo nobilecomportamentoal quale il conte arrossì in tutto il visoconcluse dicendo che avrebbe fatto fucilare i miserabili che avevanomacchiato il nome dell'imperatore; e gli ordinò di dire chifossero.


Ilconte F... risposecon un discorso confusodi non essere in gradodi indicarne i nomipoichéalla debole luce delle lanternenel cortile del castellogli era stato impossibile riconoscere iloro volti. Il generaleche aveva sentito come in quel momento ilcastello fosse già in fiammese ne stupì; osservòche le persone conosciute si possono riconosceredi notteanchedalle vociepoiché egli alzava le spalle con visoimbarazzatogli ordinò di compiere indagini con la massimasolerzia e severità. In quel momento un soldatofattosiavanti dalle ultime fileriferì che uno dei malfattori feritidal conte F...essendo caduto nel corridoioera stato portato dagliuomini del comandante in un ripostigliodove ancora si trovava. Ilgenerale mandò immediatamente una scorta a prelevarlolo fecesottoporre a un breve interrogatorioe tutto il gruppoquando ilprimo ebbe fatto i nomicinque soldati in tuttovenne fucilato.


Fattociòil generaledopo aver lasciato una piccola guarnigionediede al resto delle truppe l'ordine della partenza: gli ufficiali sidisperserocorrendoverso i loro reparti; il contenellaconfusione di coloro che si affrettavano in tutte le direzionisiavvicinò al comandantee si rammaricò di potersoltantoin quella circostanzainviare i suoi deferenti ossequialla marchesa; e in meno di un'ora l'intera fortezza fu sgombra dairussi.


Lafamiglia pensò allora come avrebbe potuto trovare in futuroun'occasione per far arrivare al conte un segno della suariconoscenza; ma quale fu il suo orrore quando venne a sapere cheegliil giorno stesso della sua partenza dal forteaveva trovato lamorte in un combattimento con le truppe nemiche. Il corriere cheportò a M... la notizia lo aveva visto con i suoi occhitrasportareferito a morte al petto da una fucilatain direzione diP...dovecome risultava da notizie sicurenel momento in cui iportantini stavano per deporlo era spirato. Il comandanteche andòdi persona alla stazione di postaa informarsi dei particolaridell'avvenimentovenne inoltre a sapere che il contesul campo dibattaglianel momento in cui veniva colpito dalla fucilataavrebbegridato: "Giulietta! Questa palla ti vendica!"; poi le suelabbra si erano chiuse per sempre. La marchesa non sapeva consolarsidi aver lasciato passare l'occasione per gettarsi ai suoi piedi. Sifaceva i più vivi rimproveri per non essere andata lei stessaa cercarloquando egliforse per modestiacome lei pensavaavevarifiutato di ripresentarsi al castello; compiangeva l'infelicecheportava il suo stesso nomealla quale egli aveva pensato nel momentodella mortee si sforzò inutilmente di rintracciare dovevivesseper informarla di quell'evento doloroso e commovente; epassarono molti mesiprima che lei stessa potesse dimenticarlo.


Lafamigliaintantoaveva dovuto sgomberare l'abitazione delcomandanteper far posto al generale russo. Pensaronoall'iniziodi stabilirsi nella tenuta del comandantesoluzione alla quale lamarchesa era assai favorevole; mapoiché il colonnello nonamava la vita di campagnala famiglia si trasferì in una casadi cittàadattandola a residenza permanente. Ogni cosariprese il vecchio corso. La marchesa tornò a occuparsidell'istruzione dei bambinida lungo tempo interrottaeper le oreliberetirò fuori il suo cavalletto e i libri: fino a quandolei che era la salute fatta personacominciò a sentirsicolpita da continui malesseriche per settimane intere le impedivanodi partecipare alla vita di società.


Soffrivadi nauseecapogiri e svenimenti improvvisie non sapeva spiegarsile ragioni di quella strana condizione.


Unmattinomentre la famiglia prendeva il tèe il padre si eraallontanatoper un momentodalla stanzala marchesariavendosi dauna lunga pausain cui era stata soprappensierodisse alla madre:"Se una donna mi dicesse di aver avuto una sensazione comequella che ho avuto ioproprio adessoprendendo in mano la tazzapensereifra me e meche è incinta". La signora di G...disse che non la capiva.


Lamarchesa spiegòdi nuovodi aver avutoun attimo primaunasensazione come quella di alloraquando era incinta della suaseconda figlia. La signora di G... disse che forse avrebbe partoritoun fantasmae si mise a ridere. Forse Morfeocontinuò lamarchesascherzando a sua voltaoppure uno dei sogni del suocorteggiosarà il padre. Ma il colonnello rientròilcolloquio venne interrottoe tutto l'argomentopoiché inpochi giorni la marchesa si ristabilìfu dimenticato.


Pocotempo dopo la famigliaproprio nei giorni in cui si trovava in casaanche il figlio del comandantel'ispettore forestale di G...provòlo strano spavento di sentire un domesticoentrato nella stanzaannunciare la visita del conte F... "Il conte F...!"esclamarono contemporaneamente il padre e la figlia; e lo stuporelasciò tutti senza parole. Il domestico assicurò cheaveva visto e sentito benee che il conte era giànell'anticamerain attesa. Il comandante saltò subito inpiediper aprirgli la porta di personaed egli entròbellocome un giovane dioun po' pallido in viso. Quando la prima scena diinconcepibile meraviglia fu passatae il conte ebbe assicurato aigenitoriche ripetevano che lui era mortodi essere proprio vivoegli si rivolsecon il viso intensamente commossoalla figliae lechieseprima di ogni altra cosacome stava. La marchesa rispose:"Benissimo!"e voleva sapere solo in che modo lui eratornato alla vita. Ma luiinsistendo nell'argomentorispose che leinon gli diceva la verità; il suo viso esprimeva una stranaspossatezzaese l'apparenza non lo ingannavadoveva essereindisposta e sofferente. La marchesaconvinta dal calore con cuiegli disse queste parolerispose che sìquella spossatezzase volevapoteva essere la traccia di un malessere di cui avevasofferto qualche settimana prima; ma non aveva più nessuntimore che dovesse avere altre conseguenze. Nemmeno luirispose ilconte avvampando di gioia; e le chiese se voleva sposarlo.


Lamarchesa non sapeva che cosa pensare di quella dichiarazione.


Guardòarrossendo sempre piùla madrequest'ultimacon imbarazzoguardò il marito e il figliomentre il conte si avvicinavaalla marchesa eprendendole la manocome se volesse baciarlachiese se lo aveva compreso. Il comandante disse se non volevaaccomodarsie gli offrìcon gentilezzama anche con unacerta gravitàuna sedia.


Lamoglie del colonnello disse: "In veritàcontinueremo acredere che voi siate un fantasmafinché non ci avreterivelato in che modo siete risorto dalla tomba in cui eravate depostoa P...".


Ilconte sedettelasciando la mano della marchesae disse cheincalzato dalle circostanzeera costretto a essere breve: feritomortalmente al pettoera stato portato a P...e per molti mesilaggiù aveva disperato di sopravvivere; per tutto quel tempola signora marchesa era stata il suo unico pensieroe non potevadescrivere la gioia e il dolore che aveva provato pensando a lei;alla fineuna volta ristabilitoaveva raggiunto l'armatalaggiùaveva provato la più grande inquietudinee più volteaveva preso la pennaper aprire il suo cuore in una lettera alsignor colonnello e alla signora marchesa; improvvisamente era statoinviato a Napoli con dei dispaccie non sapeva se da lìavrebbe ricevuto l'ordine di continuare per Costantinopolio forseavrebbe dovuto andare addirittura a San Pietroburgo; nel frattempogli era impossibile viveresenza aver chiarito un'impellenterichiesta del suo cuoreedovendo passare per M..non aveva potutoresistere all'impulso di compiere qualche passo a questo scopo; inbreveera suo desiderio essere reso felice dalla mano della signoramarchesae pregavanel modo più deferentepiùfervido e più urgenteche gli fosse data una rispostabenevola.


Ilcomandantedopo una lunga pausarispose di esseresìmoltolusingato dalla propostasecome non dubitavaera fatta sul serio.


Maalla morte del maritoil marchese di O....sua figlia aveva decisodi non sposarsi una seconda volta. Poiché tuttavia di recenteil gesto del signor conte l'aveva così tanto impegnatanonera impossibile chegrazie a questola sua decisione subisse uncambiamento in sintonia con i suoi desideri; nel frattempo glichiedevaa nome di leiil permesso di riflettere con calma perqualche tempo.


Ilconte assicurò che quella risposta benevola soddisfaceva tuttele sue speranze e chein altre circostanzel'avrebbe resopienamente felice; sentiva tutta la sconvenienza di nonaccontentarsenee tuttavia una situazione di urgenzasulla qualenon era in grado di fornire maggiori particolarilo spingeva adesiderare una dichiarazione più precisa; i cavalli chedovevano portarlo a Napoli erano già attaccati alla carrozzae pregava nel modo più fervidose c'era qualcosa in quellacasa che poteva parlare in suo favore - e dicendo queste paroleguardò la marchesa - di non lasciarlo partire senza unabenevola risposta su questo punto.


Ilcolonnelloun po' turbato da questo comportamentorispose che lagratitudine che la marchesa sentiva per lui lo autorizzavasìa nutrire grandi aspettative: ma non così grandi; essa non sisarebbe decisa a un passo dal quale dipendeva la felicitàdella sua vita senza la necessaria prudenza. Era indispensabile chesua figliaprima di dichiararsiavesse la fortuna di conoscerlo piùda vicino. Egli lo invitavadopo la conclusione del suo viaggio diservizioa fare ritorno a M... ed essere per qualche tempo ospite incasa sua. Seallorala signora marchesa avesse potuto sperare diessere felice con luianche il colonnelloma non primaavrebbeascoltato con gioia sua figlia dare la risposta definitiva.


Ilconte risposediventando rossoche per tutto il viaggio avevaprevisto che i suoi desideri impazienti sarebbero andati incontro aquel destinoe però da questo fatto si vedeva gettato nel piùprofondo sconforto; nella parte sfavorevole che si vedevain quelmomentocostretto a rappresentareuna conoscenza piùapprofondita non poteva essere altro che vantaggiosa; per il suo buonnomese proprio questa qualità di tutte la piùambiguadoveva essere presa in considerazionecredeva di potersirendere garante; l'unica azione indegna che aveva commesso in vitasua era ignota al mondoe lui era già in procinto diripararla; egli erain una parolauomo d'onoree pregava diaccettare l'assicurazione che questa affermazione era veritiera.


Ilcomandante replicòcon un leggero sorrisoma senza ironiadi essere pronto a sottoscrivere tutte quelle dichiarazioni. Nonaveva mai fatto la conoscenza di un giovane chein così brevetempoavesse dato prova di tante eccellenti qualità dicarattere. Era quasi convinto che un breve periodo di riflessioneavrebbe superato le incertezze che ancora restavano; maprima diessersi consigliato con la propria famigliae con quella del signorcontenon avrebbe potuto pronunciare una dichiarazione diversa daquella già data. Il conte rispose di essere libero e senzagenitori. Suo zio era il generale K...e lui garantiva il suoconsenso. Aggiunse che era proprietario di un notevole patrimonioeavrebbe potuto decidersi a fare dell'Italia la sua patria. Ilcomandante si inchinò cortesementedichiarò ancora unavolta la sua volontàe lo pregò di non parlarne piùfino alla fine del suo viaggio.


Ilcontedopo una breve pausain cui aveva dato tutti i segni dellapiù viva inquietudinedisserivolgendosi verso la madrecheaveva fatto tutto quanto era in suo potere per evitare quel viaggiodi servizio; i passi che aveva fatto a questo scopo presso ilcomandante in capo e il generale K...suo zioerano stati i piùdecisi che fosse possibile compiere; però essi avevano credutodi scuoterlocosìda una malinconia considerata uno deipostumi della sua infermitàmentre egli da questo si vedevaora precipitato nella più completa disperazione.


Lafamiglia non sapeva che cosa rispondere a queste parole. Il contecontinuòfregandosi la fronte: se vi era qualche speranza diavvicinarsi alla meta dei suoi desideriavrebbe rimandato di ungiornoe magari qualcosa di piùla partenzaper fare questotentativo. Edicendo ciòfissò il comandantelamarchesa e la madre. Il comandante guardava a terrascontentodavanti a sée non gli rispose. Sua moglie disse: "Andateandatesignor conte; partite pure per Napoli equando sarete diritornoconcedeteci per un po' la gioia della vostra presenza; ilresto verrà".


Ilconte rimase per un momento sedutoe sembrò riflettere a checosa dovesse fare. Poialzandosi e allontanando la sediadisse chepoiché doveva riconoscere che le speranze con le quali eraentrato in quella casa erano state troppo precipitosee la famigliacosa che egli non disapprovavainsisteva per conoscerlo meglioavrebbe rispedito i suoi dispacci a Z...al quartier generaleperché proseguissero per altra viae avrebbe accettato labenevola offerta di essere ospite della casa per alcune settimane.Detto questoaspettò ancora un momento in piedi con la manoappoggiata alla sediavicino alla pareteguardando il comandante.Il comandante rispose che gli sarebbe dispiaciuto moltissimo se lapassione che egli sembrava aver concepito per sua figlia avessedovuto attirare su di lui spiacevoli conseguenze di gravitàestrema: ma poiché stava a lui decidere quello che doveva fareo non faremandasse pure i dispaccie prendesse possesso dellestanze che gli erano destinate. A quelle parole si vide il conteimpallidirebaciare con deferenza la mano alla madreinchinarsiagli altri e uscire.


Quandoebbe lasciato la stanzala famiglia non sapeva come giudicare il suocomportamento. La madre disse che non era possibile che volesserispedire a Z... i dispacci con i quali doveva andare a Napoli soloperché non era riuscitopassando per M...in cinque minutidi conversazionea ottenere un sì da una signora del tuttosconosciuta.


L'ispettoreforestale osservò che una simile leggerezza sarebbe statapunita per lo meno con gli arresti in fortezza! E anche con ladegradazioneaggiunse il comandante. Ma di questo non c'erapericolocontinuò. Era solo un falso allarme; senza dubbioprima di rispedire i dispaccici avrebbe ripensato. La madrequandofu informata di quel pericolomanifestò la più vivapreoccupazione che li rispedisse veramente. La sua impulsiva volontàtutta tesa a un solo scopole sembravadissesenz'altro capace diun gesto simile. E pregò con insistenza l'ispettore diseguirlo immediatamenteper trattenerlo da un'azione dalleconseguenze così minacciose. L'ispettore rispose che un passocome quello avrebbe avuto l'effetto contrarioe non avrebbe fattoaltro che rafforzarlo nella speranza di vincere con il suostratagemma. La marchesa era della stessa opinionee però erasicura chesenza l'intervento del fratelloavrebbe speditosicuramente i dispacciperché avrebbe preferito rovinarsipiuttosto che fare una brutta figura. Tutti convenivano che il suocomportamento era molto stranoe che sembrava abituato a conquistarei cuori femminili d'assaltocome le fortezze.


Inquel momento il comandante notò davanti al portone la carrozzadel contecon i cavalli attaccati. Chiamò la famiglia allafinestrae chiese con stupore a un domesticoche stava appuntoentrandose il conte fosse ancora in casa. Il domestico rispose cheera da bassonella stanza della servitùin compagnia di unaiutantea scrivere lettere e sigillare pacchi. Il comandantenascondendo la sua costernazionescese in fretta le scale conl'ispettore e chiese al contepoiché lo vedeva sbrigare lasua corrispondenza a un tavolo poco adattose non voleva accomodarsinelle sue stanzee se non aveva altri ordini. Il conte risposecontinuando a scrivere con precipitazioneche ringraziava umilmentema la sua corrispondenza era terminata; chiesesigillando laletterache ora fossee augurò all'aiutantedopo avergliconsegnato l'intero plicobuon viaggio.


Ilcomandanteche non credeva ai suoi occhidissementre l'aiutanteusciva di casa: "Signor conte! Se non avete ragioni moltoimportanti...".


"Decisive!"lo interruppe il conteaccompagnando l'aiutante alla carrozza etenendogli aperto lo sportello.


"Inquesto caso"continuò il comandante"almeno perciò che riguarda i dispacci...".


"Nonè possibile"rispose il contefacendo sederel'aiutante. "I dispacci non servirebbero a nulla a Napoli senzadi me. Ci avevo pensato. Via!".


"Ele lettere del suo signor zio?"gridò l'aiutantesporgendosi dallo sportello.


"Mitroveranno"rispose il conte"a M...".


"Via!"disse l'aiutantee la carrozza si mosse.


Aquesto punto il conte F...rivolgendosi al comandantegli chiese sevoleva avere la bontà di fargli indicare la sua stanza. Ilcolonnelloconfusorispose che avrebbe avuto egli stesso l'onore;chiamò i suoi domestici e quelli del conteperchéportassero su i bagaglie lo portò nelle stanze destinateagli ospitidove si accomiatò da lui con il viso corrucciato.Il conte si cambiò; lasciò la casaper presentarsi algovernatore della piazzae per tutto il resto della giornata non sifece più vedere in casaritornando solo poco prima di cena.


Nelfrattempo la famiglia era nella più viva inquietudine.L'ispettore forestale raccontò quanto erano state deciseadalcune osservazioni del comandantele risposte che il conte gliaveva dato; disse che il suo comportamento aveva tutta l'apparenza diun passo ben ponderato e si chiese quali potessero esserein nomedel cielole ragioni di una domanda di matrimonio fatta in quel modoa briglia sciolta. Il comandante disse che non ci capiva nienteeinvitò la famiglia a non parlarne più in sua presenza.La madre guardava ogni momento dalla finestraper vedere se nonstesse ritornandopentito della sua leggerezza e deciso a ripararla.Alla finequando si fece buiosi sedette accanto alla marchesachelavoravatutta assortaa un tavolinoe sembrava voler evitare laconversazionee le chiese a mezza vocementre il padre camminavaavanti e indietrose sapeva come sarebbe andata a finire. Lamarchesa risposelanciando una timida occhiata al comandantechetutto sarebbe stato risolto se suo padre fosse riuscito a indurlo apartire per Napoli.


"PerNapoli!"gridò il comandanteche aveva sentito. "Dovevomandare a chiamare il prete? O dovevo farlo mettere agli arrestieinviare a Napoli sotto scorta?".


"No"rispose la marchesa. "Ma pressanti e vivaci raccomandazionifanno pure il loro effetto". E riabbassò gli occhiunpo' risentitasul suo lavoro.


Finalmentea notteil conte apparve. Si aspettava soltantodopo i primiconvenevoliche la conversazione cadesse sull'argomentoper andaretutti insieme all'assalto e indurlo a ritirarese era ancorapossibileil passo che aveva arrischiato. Ma invanoper tutta lacenasi aspettò quel momento. Evitando intenzionalmente tuttoquello che poteva portarveloegli intrattenne il comandante parlandodi guerra e l'ispettore parlando di caccia. Quando nominò ilcombattimento nei pressi di P...nel quale era stato feritolamadre lo convinse a raccontare la storia della sua degenzachiedendogli come si era trovato in quella piccola localitàese vi aveva trovato le comodità necessarie. Allora luiraccontò numerosi particolariinteressanti perchériguardavano la sua passione per la marchesa: comedurante lamalattialei sedesse continuamente vicino al suo lettoed eglinelcalore della febbreconfondesse sempre la visione di lei con lavisione di un cigno che aveva visto da ragazzo nella tenuta di suozio; soprattutto lo aveva commosso un ricordo: un giorno avevagettato del fango contro quel cignoe l'animale si era tuffatosott'acquain silenzioed era riemerso bianco e puro dalle onde;lei nuotava sempre su onde infuocatee lui la chiamava Thinkacheera appunto il nome di quel cigno; ma non riusciva mai ad attirarlavicino a sépoiché le piaceva soltanto scivolaregonfiando le piume; edi colpodiventando di braceassicuròche la amava in modo straordinarioriabbassò gli occhi sulpiatto e tacque.


Allafine dovettero alzarsi da tavola; e poiché il conterivoltaqualche parola alla madrefece subito un inchino alla compagnia e siritirò nella sua cameratutti gli altri rimasero lìsenza sapere che cosa pensare.


Ilcomandante disse che bisognava lasciare le cose al loro corso.


Probabilmenteper quel passo egli faceva conto sui suoi parenti.


Altrimentiil disonore della degradazione era inevitabile. La signora di G...chiese alla figlia che opinione si fosse fatta di lui. E se avrebbepotuto acconsentire a una qualche dichiarazione che evitasse unadisgrazia.


"Mammacarissima!"rispose la marchesa. "Non è possibile.Mi dispiace che la mia riconoscenza sia messa a una così duraprovama la mia decisione era di non risposarmi. Non voglio metterein gioco una seconda voltae in un modo così avventatolamia felicità".


L'ispettoreforestale osservò chese questa era la sua ferma volontàanche questa dichiarazione poteva giovare al contee che sembravaassolutamente necessario fargli una dichiarazione precisaquale essafosse. La moglie del colonnello aggiunse chepoiché quelgiovaneraccomandato da tante qualità fuori dell'ordinarioaveva dichiarato di volersi stabilire in Italiala sua propostaasuo giudiziomeritava qualche riguardoe la decisione dellamarchesa andava messa alla prova. L'ispettore forestalesedendosiaccanto a leile chiese sequanto alla personale piacesse.


"Mipiacee non mi piace"rispose la marchesacon un certoimbarazzo; e si appellò alle sensazioni degli altri.


"Seritornasse da Napoli"disse la moglie del colonnello"ele informazioni che noinel frattempopotremmo prendere su di luinon smentissero l'impressione generale che ne hai ricevutoqualerisposta gli darestise ripetesse la sua domanda?".


"Inquesto caso"rispose la marchesa"io... poiché ilsuo desiderio sembrain veritàcosì forteio questodesiderio"e nel dire così si fermòe lebrillarono gli occhi"per la gratitudine che gli devoloesaudirei".


Lamadreche aveva sempre desiderato che sua figlia si sposasse dinuovofaticò a nascondere la sua gioia per quelladichiarazionee si mise a riflettere su come trarne profitto.L'ispettore forestalealzandosi nuovamente con inquietudinedissechese la marchesa pensava a una possibilità di concedergliun giornola sua manoera necessario compiere subito un passo perprevenire le conseguenze della sua azione sconsiderata. La madre eradella stessa opinione e affermò chein fin dei contiilrischio non era poi così grande: date le eccellenti qualitàche egli aveva dimostrato quella nottequando la fortezza era stataassalita dai russinon vi era quasi da temere che il resto della suacondotta non dovesse corrispondervi. La marchesacon l'espressionedella più viva inquietudineguardava a terra davanti a sé.


"Potremmomagari"continuò la madreprendendole la mano"fargliavere una dichiarazione che tufino al suo ritorno da Napolinon tilegheresti a nessun altro".


"QUESTAdichiarazionemamma carissima"disse la marchesa"possodargliela; ho paura solo che non serva a tranquillizzarloe mettanoi in una situazione difficile".


"Aquesto penso io!"replicò la madrecon viva gioia; egirò gli occhi verso il comandante. "Lorenzo"chiese"che cosa ne pensi?". E si accinse ad alzarsi dallasedia. Il comandanteche aveva sentito tuttoin piedi a fianco allafinestraguardava la strada e non disse niente. L'ispettore assicuròche si impegnavacon quella innocua dichiarazionea far partire ilconte.


"Ebbenefatefatefate!"gridò il padregirandosi. "Egià la seconda volta che devo arrendermi a questo russo!".


Aquelle parole la madre saltò in piedibaciò lui e lafiglia e chiesementre il padre sorrideva di quel suo affaccendarsicome si potesse ora far arrivare immediatamente al conte ladichiarazione. Si decisesu proposta dell'ispettore forestaledifarlo pregarese non si era ancora svestitodi avere la compiacenzadi dedicare un momento alla famiglia.


Avrebbeavuto subito l'onore di comparirefece rispondere il contee ilservitore era appena ritornato con questa risposta che giàegli stessocon passi ai quali la gioia aveva messo le alientravanella stanza e si gettavacon la più viva commozioneaipiedi della marchesa. Il comandante voleva dire qualcosa ma eglialzandosidisse che ne sapeva abbastanzabaciò la mano a luie alla madreabbracciò il fratelloe lo pregòsoltanto della cortesia di aiutarlo a trovare subito una carrozza daviaggio.


Lamarchesabenché commossa da quella scenadisse tuttavia:"Non vorreisignor conteche la vostra precipitosa speranza vispingesse troppo oltre...".


"Nono"rispose il conte. "Niente sarà accadutose leinformazioni che vorrete prendere su di me smentiranno il sentimentoche mi ha richiamato a voi in questa stanza".


Aqueste parole il comandante lo abbracciò nel modo piùcordialel'ispettore gli offrì immediatamente la propriacarrozza da viaggioun soldato corse alla postaa ordinareoffrendo premidei cavalli velocie quella partenza suscitòuna gioia che non ha mai accompagnato nessun arrivo.


Speravadisse il contedi raggiungere i dispacci a B...da cui avrebbepreso una via per Napoli più diretta di quella che passava perM...; a Napoli avrebbe fatto il possibile per evitare l'ulterioreviaggio per servizio a Costantinopoli; epoichéin casoestremosi diceva deciso a darsi ammalatoassicurò chesenon lo avessero trattenuto ostacoli insormontabiliin un tempocompreso tra le quattro e le sei settimane sarebbe stato sicuramentedi ritorno a M...


Inquel momento il suo attendente annunciò che i cavalli eranoattaccatie tutto era pronto per la partenza. Il conte prese ilcappellosi avvicinò alla marchesa e le prese la mano.


"AdessoGiulietta"disse"sono un po' più tranquillo"e mise la sua mano in quella di lei. "Anche se il mio piùardente desiderio era di sposarvi prima della mia partenza".


"Sposarla!"esclamarono tutti i membri della famiglia.


"Sposarla!"ripeté il contebaciò la mano alla marchesaeassicuròpoiché lei gli chiedeva se fosse in séche sarebbe venuto un giorno in cui lo avrebbe compreso! La famigliavoleva arrabbiarsi con lui; ma egli prese subito congedo da tutti conil più grande calorela pregò di non pensare piùa quanto aveva detto e partì.


Passaronoalcune settimanedurante le quali la famigliacon sentimenti moltodiversifu tutta tesa all'esito di quella singolare vicenda. Ilcomandante ricevette dal generale K...zio del conteuna cortesemissivail conte stesso scrisse da Napolile informazioni assuntesu di lui parlavano in suo favore: in breveil fidanzamento era datoormai per cosa fattaquando le indisposizioni della marchesaripreseropiù forti di prima. La marchesa notò nellapropria figura un mutamento incomprensibile. Si aprì alloraalla madrecon la più completa franchezzadicendo che nonsapeva che cosa pensare del suo stato. La madreche quel seguito distrani eventi aveva reso estremamente apprensiva per la salute dellafigliale chiese di consultare un medico. La marchesasperando chela sua fibra avesse la meglioera riluttantee aspettòancora parecchi giorni senza seguire il consiglio della madretrasofferenze sempre più fastidiose: finché alcunesensazioni sempre ripetutedi tipo assai singolarela feceroprecipitare nella più viva inquietudine.


Fecechiamare un medico che godeva della fiducia di suo padrelo invitòin un momento in cui sua madre era assentea prendere posto suldivanoe gli confidòdopo un breve preamboloscherzosamenteche cosa pensava del suo stato. Il medico le gettòun'occhiata indagatrice; tacquedopo aver portato a termine unavisita accurataancora per un po'e infine risposeserissimo involtoche la signora marchesa aveva perfettamente ragione. Quandolei ebbe chiesto che cosa intendesse dire con quelle parolee ilmedico si fu spiegato in modo del tutto esplicitoaggiungendoconun sorriso che non poté reprimereche era sanissima e nonaveva nessun bisogno dl un dottorela marchesa suonòguardandolo severamenteil campanelloe lo pregò diandarsene. E aggiunse a mezza vocecome se non fosse degno che leigli rivolgesse la parolamormorandocon capo chino davanti a séche non aveva nessuna intenzione di scherzare con lui su similiargomenti.


Ildottore risposeoffesoche non poteva che augurarle di esseresempre stata così poco disposta allo scherzo come in quelmomento; prese il bastone e il cappello e fece l'atto diaccomiatarsi. La marchesa assicurò che avrebbe informato ilpadre di quelle offese. Il medico rispose che avrebbe potuto ripetereil suo responso in tribunale sotto giuramentoaprì la portasi inchinò e fece per uscire dalla stanza. La marchesamentreegli raccoglieva da terra un guanto che aveva lasciato caderedomandò: "Ma come è possibiledottore?". Ilmedico replicò che non c'era bisogno che lui le spiegasse leragioni ultime delle cosesi inchinò ancora una volta e se neandò.


Lamarchesa rimase in piedicome colpita dal fulmine. Si fece forzaevoleva correre da suo padre; ma la strana serietà dell'uomodal quale si era vista offesa le paralizzava le membra. Nella piùgrande agitazionesi lasciò cadere sul divano. Percorsediffidando di se stessatutti i momenti dell'anno trascorsoe sicredette pazzaquando pensò all'ultimo. Alla fine comparvesua madree le chiese costernata che cosa la rendesse cosìinquieta; la figlia le raccontò quello che il medico le avevaappena rivelato.


Lasignora di G... gli diede dello svergognato e dell'infame eincoraggiò la figlia nella decisione di riferire al padrequell'offesa. La marchesa assicurò che era stato serissimoeche sembrava deciso a ripetere la sua folle affermazione in faccia alpadre. La signora di G...non poco spaventatale chiese se noncredeva alla possibilità di un simile stato.


"Piuttosto"rispose la marchesa"crederei che possa essere fecondata unatombae che una nascita si sviluppi nel grembo di un cadavere!".


"Alloramia cara e stravagante creatura"disse la moglie delcolonnellostringendola forte a sé"che cosa tipreoccupa? Se la tua coscienza ti assolveche cosa ti puòimportare di un responsoanche se fosse di un'intera consulta dimedici? Se il suo sia stato il frutto di errore o di cattiverianonè per te del tutto indifferente? Comunqueè opportunodire tutto a tuo padre".


"OhDio!"disse la marchesacon un movimento convulso. "Comeposso mettermi l'anima in pace? Non ho forse contro di me la miapropria sensazione internache mi è anche troppo nota? Sesapessi che un'altra donna ha le mie stesse sensazioninongiudicherei io stessa che le cose stanno proprio così?".


"E'orribile"rispose la moglie del colonnello.


"Cattiveria!Errore!"proseguì la marchesa. "Quali motivi puòavere quell'uomoche fino a oggi ci è sembrato degno distimaper offendermi in modo così indegnoe di proposito?Ioche non gli ho mai fatto niente? Che l'ho accolto con fiduciaemi preparavo a testimoniargli la mia gratitudine? Lui che si presentòa mecome dimostravano le sue prime parolecon l'intenzione piùschietta e sincera di aiutarmie non di suscitare dolori piùatroci di quelli che sentivo? E sedovendo scegliere a ogni costo"continuòmentre la madre la guardava impassibile"volessicredere a un errore: è forse possibile che un medicofossepure di capacità mediocresbagli in un caso simile?".


"Eppure"disse la moglie del colonnellocon voce tagliente"deve essereper forza o una cosa o l'altra".


"Sì"riprese la marchesa"madre mia carissima". Econl'espressione della dignità offesadiventando tutta rossa involtole baciò la mano. "Deve esserlo! Benché lecircostanze siano così straordinarie che mi è lecitodubitarne. Giuropoiché c'è pur bisogno diun'assicurazioneche la mia coscienza è come quella dei mieibambini; più illibata non può essere la vostramadremia venerata. E tuttavia vi prego di mandare a chiamare unalevatriceperché mi convinca di come stanno le coseealloracomunque stianomi metta l'anima in pace".


"Unalevatrice!"esclamò la signora di G... con indignazione."La coscienza illibata e la levatrice!". E le mancòla parola.


"Unalevatricemadre carissima"ripeté la marchesamettendosi in ginocchio davanti a lei; "e subitoaltrimentidivento pazza".


"Ohmolto volentieri"ribatté la moglie del colonnello; "tiprego solo di non sgravare in casa mia". E con queste parole sialzò e fece per lasciare la stanza. La marchesa la seguìa braccia apertecaddeprostrando il viso al suoloe le strinse leginocchia.


"Seuna vita senza macchia"gridòcon l'eloquenza deldolore"una vita condotta secondo il vostro modellomi dàqualche diritto alla vostra stima; se anche soltanto un sentimentomaterno parla per mefinché la mia colpa non sia lampantealla luce del solenel vostro pettonon abbandonatemi in questiorribili momenti!".


"Checos'è che ti angustia?"chiese la madre. "Proprionient'altro che il responso del medico? Nient'altro che la tuasensazione interna?".


"Nient'altromadre mia"rispose la marchesamettendosi una mano sul petto.


"NienteGiulietta?"continuò la madre. "Pensaci. Un tuosbaglioche pure mi addolorerebbe immensamentesi potrebbee allafine dovrei per forzaperdonarlo; ma se tuper sfuggire alrimprovero maternoarrivassi al punto di inventare la favola di unosconvolgimento dell'ordine universalee di accumulare giuramentisacrileghi per imporla al mio cuoreanche troppo disposto acredertiquesta sarebbe un'infamiae non potrei volerti bene maipiù".


"Possail regno della redenzione essere un giorno così aperto davantia mecome lo è la mia anima davanti a voi"gridòla marchesa. "Non vi ho taciuto nientemamma".


Questeparoledette con tanta passionescossero la madre. "O cielo!"esclamò. "Bambina adoratache pena mi fai!". E latirò sula baciòe se la strinse al petto. "Madi che cosa hai paurainsomma? Vienitu stai molto male".


Evoleva metterla a letto. Ma la marchesache non riusciva atrattenere le lacrimeassicurò che era sanissimae nonprovava nessun malesserese non quello stato singolare einspiegabile.


"Stato!"gridò di nuovo la madre. "Quale stato? Se la tua memoriaè così sicura del passatoche folliache paura ti hapresa? Una sensazione internache si fa sentire solo in modoindistintonon può forse trarre in inganno?".


"Nono!"disse la marchesa. "Non mi inganna! E se faretechiamare la levatricesentirete che questa cosa orribileche miannientaè la verità".


"Vienifiglia mia cara"disse la signora di G...che cominciava anutrire timori per il suo stato mentale. "Vienivieni con meemettiti a letto. Cosa dicevi che ti ha detto il dottore? Come scottala tua faccia! Come tremi in tutto il corpo. Che cos'era giàche ti ha detto il dottore?". Enel dir cosìportavacon sé la marchesanon credendo piùormaia tutta lascena che le aveva raccontato.


"Caraeccellente madre!"diceva la marchesasorridendo con gli occhipieni di lacrime. "Non sono fuori di me. Il dottore mi ha dettoche sono incinta. Fate chiamare la levatricee appena avràdetto che non è veromi calmerò".


"Benebene!"rispose la moglie del colonnelloreprimendo la suaangoscia. "Verrà subito; arriverà subitoseproprio vuoi che rida di tee ti dica che sogniche non ci stai conla testa". E così dicendo suonò il campanello emandò sui due piedi un domestico a chiamare la levatrice.


Lamarchesa era ancora distesacon il petto ansimante perl'inquietudinefra le braccia della madrequando arrivò ladonnae la moglie del colonnello le confidò a causa di qualistrane fantasie sua figlia fosse a letto malata. La signora marchesagiurava di essersi comportata virtuosamenteeppuretratta ininganno da una sensazione incomprensibilepensava necessario che unadonna esperta controllasse il suo stato. La levatricementre laandava esaminandoparlò di sangue giovane e della perfidiadel mondo; spiegòquando ebbe finitoche di casi similigliene erano già capitati; le giovani vedove che si venivano atrovare nelle sue condizioni dicevano tutte di essere vissute suun'isola deserta; e intanto tranquillizzava la signora marchesaassicurandole che l'allegro corsaro approdato nottetempo prima o poisi sarebbe trovato.


Aqueste parole la marchesa svenne. La moglie del colonnelloche nonpoté reprimere il suo sentimento maternola richiamòsìcon l'aiuto della levatricealla vita; maquando furinvenutal'indignazione vinse.


"Giulietta"gridò la madre con il più profondo dolore"vuoiaprirti a mevuoi dirmi il nome del padre?". E sembrava ancoraincline al perdono. Ma quando la marchesa disse che sarebbe diventatapazzala madre alzandosi dal divano disse: "Vattene! Vattene!Sei un'indegna! Maledetta sia l'ora che ti ho messo al mondo!".E lasciò la stanza.


Lamarchesaalla quale sembrò di nuovo che la luce del giornosvanisseattirò a sé la levatrice etremando conviolenzaappoggiò il capo sul suo petto. Con la voce rottale chiese come procedesse la natura per le sue viee se vi fosse lapossibilità di concepire senza saperlo.


Lalevatrice sorrisela liberò del fazzoletto e disse che quellonon era certo il caso della signora marchesa. Nonorispose lamarchesanon aveva concepito senza saperlo; voleva solo saperecosìin generalese un simile evento può avvenire innatura. La levatrice rispose che questoa parte la santa Verginenon era mai successo a nessuna donna sulla terra.


Lamarchesa tremava sempre più violentemente. Credeva di doversisgravare da un momento all'altro e pregava la levatricestringendosia lei con angoscia convulsadi non abbandonarla. La levatrice latranquillizzò. Le assicurò che il momento del parto eraancora lontanole consigliò i mezzi con i qualiin casisimilisi può sfuggire alla maldicenza del mondo e disse chetutto sarebbe finito bene. Ma poiché quelle ragioni diconsolazione erano altrettante stilettate al cuore dell'infelicemarchesaessa si fece forzadisse che si sentiva meglio e pregòla donna dl allontanarsi.


Lalevatrice era appena uscita della stanzaquando alla marchesa fuportato un biglietto della madrenella quale essa si esprimeva così:"Il signor di G... desideravanelle attuali circostanzechelei abbandonasse la sua casale inviavaacclusii documenti cheriguardavano il suo patrimonioe sperava che Dio gli risparmiasse lasventura di rivederla". La lettera era bagnata di lacrimee inun angolo c'era una parola cancellata: "dettata".


Ildolore proruppe dagli occhi della marchesa. Corsesinghiozzando perl'errore dei genitori e per l'ingiustizia che quelle personeeccellenti erano indotte a commetterenelle stanze della madre. Ledissero che era dal padre. Barcollandoraggiunse le stanze delpadre.


Equando trovò le porte chiuse a chiavevi si accasciòdavantiinvocandocon voce piangentetutti i santi a testimonidella propria innocenza.


Potevaessere rimasta là alcuni minutiquando l'ispettore forestaleuscì e le dissecon il viso in fiammeche aveva sentito cheil comandante non voleva vederla! La marchesa gridòsinghiozzando: "Fratello mio caro!"si spinse nella stanzae gridò: "Padre carissimo!"tendendo le bracciaverso di lui.


Ilcomandantenon appena la videle girò la schiena e corsenella camera da letto. "Via!"urlòquando lei loseguìe cercò di sbatterle le porte in faccia; mapoiché leipiangendo e supplicandogli impedì dichiuderledi colpo cedette e corsementre la marchesa entravadietro di luiverso la parete di fondo. La marchesa si gettòai piedi del padreche le aveva girato la schienae gli abbracciòle ginocchia tremando; ma in quell'istante una pistolache egliaveva afferratomentre la staccava dalla parete sparòe lapalla si conficcò nel soffitto con fracasso.


"SignoreIddio!"esclamò la marchesa. Si alzò in piedipallida come un cadaveree lasciò a passi rapidi le stanze disuo padre.


"Fateattaccare immediatamente"disserientrando nelle sue stanze;sedettemortalmente sfinitain una poltronavestìrapidamente i bambini e ordinò di fare i bagagli. Teneva perl'appunto fra le ginocchia la più piccolae stavaavvolgendola in uno sciallepreparandosiora che tutto era prontoper la partenzaa salire in carrozzaquando entròl'ispettore forestaleche le chieseper ordine del comandantedilasciare la casa e consegnargli i bambini.


"Questibambini?"domandò leie si alzò. "Di' altuo inumano padre che può venire qui a uccidermima nonstrapparmi i miei figli!". Earmata di tutto l'orgogliodell'innocenzaprese in braccio i bambinili portòsenzache il fratello osasse fermarlanella carrozzae partì.


Rivelatasiattraverso questa bella prova di energiaa se stessasi sollevòdi colpocome per propria manodall'abisso nel quale l'avevaprecipitata il destino. Il tumulto che le lacerava il petto si calmò.


Quandofu all'aria apertabaciò più volte i bambinile suecare predee ripensòcon grande soddisfazionea qualevittoria la forza della sua immacolata coscienza avesse riportato sulfratello. Il suo intellettoabbastanza forte per non infrangersi inquella singolare situazionesi diede completamente per vinto difronte al grandesanto e inspiegabile ordine dell'universo. Videl'impossibilità di convincere la famiglia della propriainnocenzacapì che doveva rassegnarsise non voleva moriree pochi giorni soltanto erano passati dal suo arrivo a V... che ilsuo dolore cedeva di fronte all'eroico proposito di armarsi diorgoglio contro gli attacchi del mondo.


Decisedi ritirarsi completamente in se stessadedicarsi con zelo esclusivoall'educazione dei suoi due figlie curare con tutto il suo amorematerno il dono che Dio le aveva fatto di un terzo. Si preparòa rimettere in ordine in poche settimanenon appena si fosse rimessadal partola sua bella casa di campagnaun po' decaduta per lalunga assenza. Sedeva nel giardinosotto la pergolapensandomentre lavorava a maglia piccole cuffie e calzette per piccole gambea come avrebbe diviso le stanzea dove avrebbe sistemato lalibreriae in quale stanza sarebbe stato meglio il cavalletto. E ilgiorno in cui il conte F... avrebbe dovuto fare ritorno da Napoli nonera ancora passatoche già lei si era totalmente abituata alpensiero di vivere in un perpetuo ritiro monacale. Il portierericevette l'ordine di non far entrare nessuno in casa.


Leera soltanto intollerabile il pensiero che il piccolo essere da leiconcepito nella più grande innocenza e purezzae la cuiorigineproprio perché più misteriosasembrava anchepiù divina di quella degli altri uominidovesse esseresegnatonella società civileda una macchia di vergogna. Unostrano mezzo le era venuto in mente per scoprire il padre: un mezzoche quando ci pensò per la prima voltale fece cadere di manoil lavoro a maglia per lo spavento. Per notti interepassate senzachiudere occhio nell'inquietudinelo rimuginò nella menteper abituarsi alla sua strana naturache offendeva i suoi piùintimi sentimenti. Continuava a rifiutare l'idea di entrareconl'uomo che aveva carpito in quel modo la sua buona fedein unrapporto qualsiasipoiché ritenevamolto giustamentechedovesse necessariamente far partesenza remissionedella fecciadella sua specie e chein qualunque posizione sociale lo si fossevoluto immaginarenon potesse essere nato che dal fango piùcalpestato e immondo. Ma poiché si faceva sempre piùvivo in lei il sentimento della sua autonomiae lei rifletteva chela gemma conserva il suo valore in qualunque modo sia incastonataunmattino in cui la giovane vita tornava a muoversi dentro di lei preseil coraggio a due mani e fece inserire nelle gazzette di M... lostrano invito che si è letto all'inizio di questo racconto.


Ilconte di F...trattenuto a Napoli da incarichi ai quali non potevasottrarsiaveva nel frattempo scritto per la seconda volta allamarchesainvitandolaqualsiasi circostanza estranea potessesopraggiungerea restare fedele alla tacita dichiarazione che gliaveva fatto. Non appena gli riuscì di declinare l'ulterioreviaggio di servizio a Costantinopolie i rimanenti impegni glielopermiseroegli partì immediatamente da Napoli e arrivòpuntualmente a M...con pochi giorni di ritardo sul termine fissato.Il comandante lo ricevette con un'espressione imbarazzata sul visogli disse che una questione urgente lo costringeva ad assentarsi einvitò l'ispettore forestale a intrattenerlo.


L'ispettorelo portò nella sua stanza e gli chiesedopo un breve salutose già sapesse quel che era successodurante la sua assenzain casa del comandante. Il conteper un attimosi fece pallidoerispose di no. L'ispettore lo mise allora al corrente della vergognadi cui la marchesa aveva ricoperto la famigliae gli raccontòtutta la storia che i nostri lettori conoscono.


Ilconte si batté la mano sulla fronte. "Perché mi siopposero tanti ostacoli!"esclamòdimentico di sestesso. "Se il matrimonio fosse avvenutoogni vergognaognisventura ci sarebbe stata risparmiata!".


L'ispettoreguardandolo con gli occhi spalancatigli chiese se fosse cosìpazzo da desiderare di essere maritato a quella donna indegna. Ilconte rispose che lei valeva più di tutto il mondo che ladisprezzavache nella sua dichiarazione di innocenza aveva pienafiducia e che quel giorno stesso si sarebbe recato a V...perripetere davanti a lei la sua domanda. E immediatamente afferròil cappellosalutò l'ispettoreche lo consideravacompletamente uscito di sennoe se ne andò.


Balzòsu un cavallo e partì al galoppo per V... Quandosceso disella al portonefece per entrare nel cortileil custode gli disseche la signora marchesa non riceveva nessuno. Il conte chiese sequella disposizionedata per gli estraneivalesse anche per unamico di famiglia; ma questi rispose di non essere a conoscenza dinessuna eccezionee subito dopo aggiunsecon un'espressioneambigua: egli non eraper casoil conte F...? Il contedopoavergli lanciato un'occhiata indagatricerispose di no egirandosiverso il proprio domesticoma in modo che il portiere potessesentiredichiarò chein tal casosarebbe sceso a unalocandaannunciandosi poi per iscritto alla signora marchesa.


Manon appena uscì dalla vista del custodegirò l'angoloe cominciò a costeggiare con cautela il muro di un ampiogiardino che si stendeva dietro la casa. Attraverso una porticinache trovò apertaentrò nel giardinoseguì ilviottolo fino in fondoe stava per salire dalla scala posteriorequandosotto una pergola lateralevide la marchesacon la suadolce e misteriosa figuraseduta a un tavolinetto e tutta assorbitadal suo lavoro a maglia.


Ilconte le si avvicinòin modo che non potesse vederlo fino aquando non fosse giunto davanti alla pergolaa tre piccoli passi daisuoi piedi. "Il conte F...!"disse la marchesa alzando gliocchie il rossore della sorpresa le si diffuse sul viso. Il contesorrisee per un po' rimase in piedi senza muoversi; poiconindiscrezione tanto umile quanto era necessario per non spaventarlasi sedette accanto a lei eprima ancora che la marchesanellasingolare circostanza in cui si trovavaavesse preso una decisionene cinse dolcemente con il braccio il corpo amato.


"Dadovesignor conte... E' mai possibile..."chiese la marchesaguardando timidamente a terra davanti a sé. "Da M..."disse il contee la premette contro di sé appena appena;"attraverso una porticina che ho trovato aperta. Ho creduto dipoter contare sul vostro perdonoe sono entrato".


"Enon vi hanno detto a M...?"chiese leiancora immobile tra lesue braccia.


"Tuttodonna adorata"rispose il conte. "Ma pienamente convintodella vostra innocenza...".


"Come!"gridò la marchesabalzando in piedi e sciogliendosi da lui.


"Evenite lo stesso?".


"Adispetto del mondo"continuò luitrattenendola"adispetto della vostra famigliae perfino a dispetto di questa dolcecreatura"e nel dir così le impresse un ardente baciosul petto.


"Andatevia!"gridò la marchesa.


"CosìconvintoGiuliettacome se fossi onniscientecome se la mia animaabitasse nel tuo petto...".


"Lasciatemi!"gridò la marchesa.


"Vengo"concluse lui senza lasciarla"a ripetere la mia domandae aricevere dalle vostre manise vorrete esaudirmiil paradiso deibeati".


"Lasciatemiimmediatamente!"gridò la marchesa. "Ve loordino!". E strappatasi con forza dalle sue bracciascappòvia.


"Adorata!Meravigliosa creatura!"sussurrò luialzandosi eandandole dietro. "Non avete sentito?"gridò lamarchesa; egirandosigli sfuggì.


"Unaparolauna solasussurrata in segreto...!"disse il contecercando precipitosamente di afferrare il braccio levigato chescivolava via.


"Nonvoglio sapere niente"ribatté la marchesalo spinse viacon violenzacon un colpo sul pettocorse su per la scala e sparì.


Egliera già a metà della rampadeciso a ottenere ascolto aqualunque costoquando la porta che aveva davanti sbatté e ilcatenacciotirato con violenza da una fretta angosciosastridettesbarrandogli il passo. Indecisoper un momentosu quello chedovesse fare in quella circostanzarimase immobileriflettendo searrampicarsi da una finestra lateraleche era rimasta apertaeperseguire il suo scopo finché non l'avesse raggiunto; maperquanto penoso gli fosseda ogni punto di vistatirarsi indietroper quella volta la necessità sembrava richiederloeamaramente indispettito con se stesso per essersela lasciata sfuggirevia dalle bracciascese lentamente la scalauscì dalgiardino e andò in cerca dei suoi cavalli. Sentiva che iltentativo di spiegarsi a tu per tu era fallito per sempre emeditando la lettera che era ormai condannato a scrivereripercorseal passotutta la strada fino a M...


Laseramentre sedeva a tavola in una locandanello stato d'animo piùnero che si potesse immaginareincontrò l'ispettoreforestaleche immediatamente gli chiese se a V... avesse felicementepresentato la sua domanda. Il conte rispose brevemente: "No"e aveva una gran voglia di liquidarlo con una frase tagliente; maper non essere troppo scorteseaggiunsedopo una pausache avevadeciso di rivolgersi a lei per scrittoe in poco tempo tutto sarebbestato chiarito. L'ispettore disse di vedere con profondo rammaricocome la passione per la marchesa lo privasse della ragione. Sisentivatuttaviain dovere di avvertirlo che lei era ormai sulpunto di fare una scelta diversa; suonòsi fece portare igiornali recentie gli porse il foglio in cui la marchesa avevafatto pubblicare l'annuncio al padre del suo bambino. Il contescorsementre il sangue gli affluiva al voltolo scritto. Unsusseguirsi di sentimenti lo attraversava. L'ispettore gli chiese secredeva che la persona ricercata dalla signora marchesa si sarebbetrovata.


"Senzadubbio"rispose il contechino con tutta l'anima sul giornaledi cui beveva avidamente il senso.


Poidopo essersi avvicinato per un attimo alla finestraripiegando ilfoglio disse: "Ora è tutto chiaro. Ora so ciò chedevo fare". Si girò di colpochiedendo ancoraconstudiata cortesiaall'ispettore forestale se lo si sarebbe potutorivedere prestoporse i suoi rispetti epienamente riconciliato conil suo destinosi allontanò.


Intantoin casa del comandante erano avvenute le scene più burrascose.


Lamoglie del colonnello era amareggiata al massimo per la distruttivaviolenza di suo marito e per la debolezza con la quale lei stessa siera lasciata soggiogare nel tirannico ripudio della figlia. Quandonella camera da letto del comandanteera echeggiato lo sparoe lafiglia ne era uscita a precipiziolei aveva perso conoscenza. A direil verosi era presto riavuta; manel momento in cui riapriva gliocchiil comandante non aveva detto altro se non che gli dispiacevache lei si fosse spaventata inutilmentee aveva gettato sul tavolola pistola scarica. Più tardiquando si parlò di farsiconsegnare i bambinilei osò dichiarare timidamente che nonsi aveva diritto di compiere un passo similee pregòconvoce che il recente svenimento rendeva debole e commoventedievitare scene violente in casa; ma il comandante non aggiunse altrose nongirandosi verso l'ispettore forestale con la bocca schiumantedi rabbia: "Vaie portameli qui!".


Quandoera arrivata la seconda lettera del conte F...il comandante avevaordinato di mandarla a V... alla marchesala qualecome si vennepoi a sapere dall'incaricatol'aveva messa da parte dicendo: "Vabene così".


Lamoglie del colonnelloper la quale in tutta la vicenda tante coseerano oscuree soprattutto la disponibilità della marchesa adacconsentire a un nuovo matrimonioa lei del tutto indifferentecercava inutilmente di portare il discorso su questa circostanza. Mail comandante la pregava semprein un modo che assomigliava a unordinedi tacere; e una voltain una di quelle occasionileassicuròstaccando dalla parete un ritratto della figlia cheancora vi era appesoche egli cercava di cancellarla del tutto dallasua memoria. "Non ho più una figlia"affermò.


Pocotempo dopo apparve sui giornali lo strano appello della marchesa.


Lamoglie del colonnelloche ne era stata colpita nel modo piùvivoandò con il foglioche aveva ricevuto dal comandantenella stanza di luilo trovò al suo tavolo che lavoravaegli chiese che cosa pensasse di tutto ciò.


"Ohè innocente"disse il comandantecontinuando ascrivere.


"Come?"gridò la signora di G...al colmo dello sbalordimento.


"Innocente?".


"L'hafatto nel sonno"disse il comandantesenza alzare gli occhi.


"Nelsonno!"continuò la signora di G... "E un caso cosìenorme sarebbe...?".


"Ingenua!"gridò il comandanteammucchiò le carte e se ne andò.


Ilgiorno in cui uscì il numero successivo della gazzettalamoglie del colonnellomentre faceva colazione con il maritolessein un foglio che veniva proprio allora dalla stamperiaumidod'inchiostrola risposta che segue:


"Sela signora marchesa di O... il giorno 3 di ...alle undici delmattinovorrà trovarsi in casa del signor di G...suo padrecolui che ella cerca verrà a gettarsi ai suoi piedi".


Primaancora di essere arrivata a metà dell'inaudita inserzionealla moglie del colonnello venne a mancare la parola; scorse a volol'ultima parte e porse il foglio al comandante. Il comandante lolesse tre volte da cima a fondocome se non si fidasse dei propriocchi.


"Lorenzodimmiper l'amor del cielo"gridò la moglie delcolonnello"che cosa ne pensi?".


"Ohla svergognata!"rispose il comandantealzandosi in piedi."Ohla furbal'ipocrita! Dieci volte la spudoratezza di unacagna e dieci volte l'astuzia di una volpe non arrivano alla sua! Conquella faccia compunta! Con quegli occhi! Un cherubino non li ha piùfidati!". E si disperavasenza riuscire a calmarsi.


"Main nome del cielo"chiese sua moglie"se èun'astuziaquale può essere il suo scopo?".


"Qualè il suo scopo? Il suo ignobile inganno vuole imporcelo a vivaforza!"rispose il colonnello. "La sanno già amemoriala favoletta che quei duelei e luipretendono di darci aberealle undici di mattina del giorno 3. Cara figlioladovreidirenon lo sapevochi poteva immaginarloperdonamiaccetta lamia benedizione e non avercela con me. Una pallottola a chi entreràdalla mia portala mattina del giorno 3! O meglio ancoraper ladecenzafarlo cacciare fuori di casa dai domestici!".


Lasignora di G... dissedopo aver letto ancora una volta il foglio digiornaleche se di due cose incomprensibili doveva per forzacrederne unapreferiva credere a un inaudito gioco del destinopiuttosto che a una simile bassezza da parte di sua figliache erasempre stata una creatura eccellente. Ma ancora prima che finisse diparlare il comandante gridò di nuovo: "Fammi il piaceredi stare zitta!"». E lasciò la stanza. "Mi èodioso anche soltanto sentirne parlare".


Pochigiorni dopoil comandante ricevettein riferimento all'annunciopubblicato sul giornaleuna lettera della marchesanella quale leipoiché le era negata la grazia di metter piede in casa sualopregava con parole rispettose e toccanti di avere la compiacenza diinviare da lei a V... la persona che fosse comparsa la mattina del 3in casa sua. La moglie del colonnello era presente quando ilcomandante ricevette questa lettera; epoiché gli lessechiaramente in viso la confusione dei suoi sentimenti (seinfattisi trattava di un ingannoquale scopo poteva ormai attribuirglivisto che lei non sembrava avanzare nessuna pretesa al suo perdono?)prendendo coraggio da quella circostanzatirò fuori unprogetto che stava meditando già da parecchio temponel suoanimo agitato dai dubbi. Mentre il colonnello continuava a guardareil foglio con un'espressione dalla quale niente trapelavadisse chele era venuta un'idea. Voleva darle il permesso di recarsi a V... perun giorno o due? Se veramente la marchesa conosceva già lapersona che le aveva risposto attraverso i giornali come unosconosciutolei avrebbe saputo metterla in una situazione taledacostringerla a tradirsi e a rivelarsianche se fosse stata la piùconsumata delle traditrici.


Ilcomandante risposementrecon un movimento improvviso e violentostrappava la letterache sapeva come lui non volesse aver niente ache fare con leie le vietò di avere con la figlia qualsiasitipo di contatto. Sigillò in una busta i pezzi strappativiscrisse sopra l'indirizzo della marchesae la diede a un corriereper riconsegnarlacome tutta risposta.


Lasignorasegretamente amareggiata da quella caparbia ostinazionechemandava a monte ogni possibilità di chiarimentodecise alloradi mettere in atto il suo progetto anche contro la volontà delmarito.


Presecon sé uno degli attendenti del comandante e il mattino dopoquando egli era ancora a lettopartì con lui per V...


Quandoarrivò al portone della casa di campagnail custode le disseche nessuno poteva entrare dalla signora marchesa. La signora di G...


risposeche era informata di quella disposizionee tuttavia lo pregava diandare subito ad annunciare la signora di G... Ma l'uomo rispose cheera inutileperché la signora marchesa non ricevevaassolutamente nessuno. La signora di G... rispose che lei l'avrebbericevutapoiché era sua madre: non perdesse altro tempoefacesse quello che doveva! Ma il portiere era appena entrato in casaper fare quel tentativochedicevasarebbe stato del tuttoinutilequando si vide la marchesa uscirnecorrere al portone ecadere in ginocchio davanti alla carrozza della moglie delcolonnello. La signora di G... ne sceseaiutata dall'attendente econ una certa commozionefece alzare da terra la marchesa. Lamarchesasopraffatta dai suoi sentimentisi piegòpremetteforte contro di sé la mano di lei e la guidò condeferenzamentre le sgorgavano abbondanti lacrimenelle stanzedella casa.


"Mammamia carissima!»" esclamòdopo averle indicato ildivanoma restando ancora in piedi di fronte a leie asciugandosile lacrime.


"Aquale caso felice devo la vostra presenza per me inestimabile?".


Lasignora di G...prendendo la mano della figlia con confidenzaledisse che veniva solo per chiederle perdono della durezza con laquale era stata scacciata dalla casa paterna.


"Perdono!"la interruppe la marchesae voleva baciarle la mano. Ma la madreimpedendo quel gestocontinuò: "Perchénonsoltanto la risposta recentemente pubblicata dalle gazzetteall'appello che sappiamo ha restituitosia a me che a tuo padrelaconvinzione della tua innocenzama devo anche rivelarti che luistessocon nostro grande e lieto stuporesi è presentatoieri in casa nostra".


"Chisi è...?"domandò la marchesasedendosi accantoalla madre.


"Luistesso chi? Chi si è presentato...?"e l'attesa lecontraeva ogni lineamento del viso.


"Lui"continuò la signora di G..."l'autore di quellarispostaproprio lui in personal'uomo al quale era rivolto il tuoappello".


"Mainsomma"disse la marchesamentre il suo petto ansimava perl'agitazione"chi è? Ancora una volta: chi è?".


"Questo"replicò la signora di G..."vorrei lasciarteloindovinare.


Pensaun po' che ierimentre stavamo prendendo il tè e stavamoappunto leggendo quello strano annuncio sul giornaleuna persona checonosciamo benissimo si precipita con gesti di disperazionenellastanzae si getta ai piedi di tuo padree subito dopo ai miei. Noinon sapendo che cosa pensarelo invitiamo a parlare. E allora luidice che la sua coscienza non gli dà paceche è luil'infame che ha approfittato della signora marchesa; vuole saperecome verrà giudicato il suo delittoese dovràpagarne il fioviene spontaneamente a subire il castigo".


"Machi? Chi? Chi?"interruppe la marchesa.


"Comeho detto"proseguì la signora di G..."un giovanealtrimenti ben educatoal quale mai e poi mai avremmo pensato diattribuire una azione tanto indegna. Ma non devi spaventartifigliamiase verrai a sapere che è di bassa condizione privo ditutti i requisiti che altrimenti si richiederebbero all'uomo che devesposarti".


"Nonimportamia eccellente madre"disse la marchesa; "non puòessere del tutto indegnodal momento che è andato a gettarsiai vostri piediprima che ai miei. Ma chi? Chi? Ditemi soltanto:chi?".


"Ebbene"disse la madre"è Leopardol'attendente che tuo padresi è fatto recentemente assegnare dal Tiroloe che iosel'hai vistoho già portato qui con meper presentartelo comesposo".


"Leopardol'attendente!"gridò la marchesaecon la disperazionedipinta sul voltosi premette la mano sulla fronte.


"Checosa ti spaventa?"domandò la moglie del colonnello."Hai motivi per dubitarne?".


"Macome? Dove? Quando?"domandò la marchesaconfusa.


"Questo"rispose lei"vuole confidarlo soltanto a te. Vergogna e amoreha dettogli hanno reso impossibile rivelarlo ad altriall'infuoridi te. Mase vuoiapriamo l'anticameradove eglicon il cuore intumultoaspetta l'esito di questo colloquioe vedrai se riuscirai afargli rivelare il suo segretomentre io mi allontanerò".


"SignoreIddio!"gridò la marchesa. "Un giornonell'afa dimezzogiornomi ero assopitae svegliandomi lo vidi allontanarsi dalmio divano!". E dicendo questo si coprì con le piccolemani il viso che avvampava di vergogna.


Aqueste parole la madre cadde in ginocchio davanti a lei. "Ohfiglia mia!"gridò. "Ohfiglia eccellente!"e la cingeva con le braccia.


"Ohio indegna!"e le nascose in grembo il viso.


"Mammache avete?"chiese la marchesasconvolta.


"Sappi"continuò lei"sappitupiù pura di un angeloche di tutto quello che ti ho detto non è vero niente; che lamia anima corrotta non sapeva credere a un'innocenza come quella cheti splende sul visoe ha avuto bisogno di questa astuzia indegnaper convincersene".


"Mammacarissima!"esclamò la marchesachinandosi verso di leipiena di gioiosa commozionee cercando di alzarla. Ma lei rispose:"Nonon mi muoverò dai tuoi piedise prima non mi diraise puoi perdonaretumeravigliosasovrumana creaturala bassezzadel mio comportamento".


"Ioperdonarvimamma? Alzatevi"gridò la marchesa"viscongiuro...".


"Haisentito"continuò la signora di G..."vogliosapere se puoi ancora amarmi e rispettarmi sinceramentecome prima".


"Madremia adorata!"gridò la marchesamettendosi a sua voltain ginocchio davanti a lei. "Rispetto e amore non sono maivenuti meno nel mio cuore. Chi avrebbe potutoin circostanze cosìinauditedarmi fiducia? Come sono felice che siate convinta dellamia innocenza!".


"Ebbene"rispose la signora di G... alzandosisostenuta dalla figlia"tiporterò in palmo di manofiglia mia carissima. Verrai apartorire da me; e se le cose stessero in modo che aspettassi da teun principinonon mi occuperei di te con più tenerezza e conpiù rispetto. Per quanti giorni mi restanonon mi allontaneròpiù dal tuo fianco. Sfiderò il mondo intero. Non voglioaltro onore che la tua vergognapurché tu mi voglia di nuovobenee dimentichi la durezza con la quale ti scacciai".


Lamarchesa cercò di consolarla con carezze e giuramenti senzafine; ma arrivò la serae suonò la mezzanotteprimache ci riuscisse. Il giorno dopoplacatasi un poco l'emozionedell'anziana signorache durante la notte le aveva causato unattacco di febbrela madrela figlia e i nipotini fecero ritorno aM... come in trionfo. Durante il viaggio erano allegrissimeescherzavano su Leopardol'attendenteche sedeva davantiacassetta; e la madre disse alla marchesa di aver notato che leiarrossiva ogni volta che l'occhio le cadeva sulle sue larghe spalle.La marchesa risposecon un'espressione che era per metà unsospiro e per metà un sorriso: "Chi sa chi verràalla finea presentarsi da noialle undici del giorno 3!".


Intantoman mano che si avvicinavano a M...gli animi tornavano a farsi piùserinel presentimento delle scene decisive che ancora leaspettavano. La signora di G...senza lasciar trapelare niente deisuoi pianiportò la figliaquando furono smontatenella suavecchia stanza; le disse di cambiarsi e riposarsiassicuròche sarebbe tornata subito da leie sgusciò via. Un'ora doporitornò con il viso tutto accaldato.


"Ilsan Tommaso!"dissenascondendo la gioia del suo animo.


"Incredulocome san Tommaso! Un'ora d'orologio mi ci è volutaperconvincerlo. Ma adesso è là sedutoche piange".


"Chi?"domandò la marchesa.


"Lui"rispose la madre. "E chise non chi ne ha più ragione ditutti noi?".


"Nonsarà il babbo?"gridò la marchesa.


"Comeun bambino"rispose la madre. "Tanto chese non avessidovuto asciugarmi anch'io le lacrime dagli occhimi sarei messa aridereappena uscita dalla stanza".


"Eper causa mia?"domandò la marchesaalzandosi. "Edovrei restare...".


"Nonti muovere!"disse la signora di G... "Perché midettò quella lettera? Dovrà venire a cercarti quisevuol ritrovare mefinché vivo".


"Mammacarissima..."supplicò la marchesa.


"Nessunapietà!"la interruppe la moglie del colonnello. "Perchéprese in mano la pistola?".


"Mavi scongiuro...".


"AssolutamenteNO"rispose la signora di G...costringendo la figlia a sederedi nuovo. "E se non viene oggiprima di seradomani mattina mene vado via con te".


Lamarchesa disse che un simile modo di comportarsi era crudele eingiusto. Ma la madre rispose: "Calmati!" poichéaveva appena sentito qualcuno avvicinarsida lontanosinghiozzando."E già qui che arriva".


"Dove?"domandò la marchesae si mise in ascolto. "C'èqualcuno fuoridavanti alla porta; questi singhiozzi ...?".


"Masì"rispose la signora di G... "Vuole che gliapriamo".


"Lasciatemi!"gridò la marchesa; e si strappò dalla sedia.


"No!"disse la moglie del colonnello. "Se mi vuoi beneGiuliettaresta dove sei!". In quel momento entrò il comandantetenendosi il fazzoletto davanti al viso. La madre si mise di traversodavanti a sua figliae gli girò le spalle.


"Padremio carissimo!"gridò la marchesae tese le bracciaverso di lui.


"Nonti muovere!"disse la signora di G... "Hai sentito!".Il comandante stava in piedi nella stanzae piangeva. "Devechiederti scusa"continuò la signora di G... "Perchéè così violento? Perché è cosìtestardo? Gli voglio benema ne voglio anche a te; lo rispettomarispetto anche te. Ese devo sceglieretu sei migliore di luieresto con te".


Ilcomandante si curvava sempre di piùe singhiozzava cosìforte che le pareti ne risuonavano. "Ma Dio mio!"gridòla marchesae cedendo improvvisamente alla madre prese ilfazzolettoper dare sfogo alle sue lacrime.


"E'che non può parlare!"disse la signora di G...e sifece un po' da parte.


Allorala marchesa si alzòabbracciò il comandante e lo pregòdi calmarsi. Lei stessa piangeva forte. Gli chiese se non volevasedersicercò di farlo accomodare su una poltrona e ne spinseuna verso di luiperché sedesse. Ma egli non rispose. Eraimpossibile smuoverloe non sedette; restava in piedi dov'eraconil viso profondamente chino verso terrae piangeva.


Lamarchesache lo sostenevadissegirandosi a metà verso lamadre: "Si ammalerà!". E la madre stessadi frontea quell'atteggiamento convulsosembrava sul punto di perdere la suafermezza. Ma quando il comandantealla finealle ripetuteinsistenze della figliasedettee lei gli cadde ai piediriempiendolo di carezzela signora riprese la paroladisse che bengli stavacosì finalmente avrebbe messo giudizioe siallontanò dalla stanzalasciandoli soli.


Nonappena fu uscitasi asciugò lei stessa le lacrime; riflettése la violenta commozione che aveva provocato non avrebbe potutoessere pericolosa per luie se non fosse consigliabile far chiamareun medico. Gli cucinò per la cena tutto quello che di piùcorroborante e calmante le riuscì di trovare in dispensagliscaldò il lettoper farlo coricare subitonon appena fossecomparsoal braccio della figliaepoiché ancora nonvenivabenché la cena fosse già in tavolasi avvicinòsilenziosamente alla camera della marchesaper sentire che cosastava succedendo.


Accostandopian piano l'orecchio alla portasentì un leggero sussurrosubito spentoche le sembrò venire dalla marchesa; eguardando dal buco della serraturavide che lei stava in braccio alcomandantecosa che egli prima non aveva mai permesso in vita sua.


Allorafinalmenteaprì la portae vidementre il cuore letraboccava di gioiache la figlia giaceva silenziosacon il caporeclinato e gli occhi chiusifra le braccia del padre; e luisedutosulla poltronacon gli occhi dilatati pieni di lacrime luccicantile premeva sulla bocca lunghiardentiavidi baci: proprio come uninnamorato! La figlia non parlavalui non parlava; stava seduto conil volto chino sopra di leicome sulla fanciulla del suo primo amoreegirando la bocca di lei verso di séla baciava.


Lamadre si sentiva beata: non vistaperché stava in piedidietro la sedia del maritoesitava a turbare la gioia dellacelestiale riconciliazione discesa sulla sua casa. Alla fine siavvicinò al padre eproprio mentre lui ricominciava adaccarezzare con gioia indicibilecon le dita e con le labbralabocca della figlialo guardò di latocurvandosi sopra lapoltrona. Il comandantequando la videabbassò di nuovo ilvisocorrugando la frontee voleva dire qualcosa; ma lei esclamò:"Viache viso mi fai?"glielo spianòa sua voltacon un bacioe scherzando mise fine alla commozione. Poi invitòe guidò tutti e dueche camminavano come due sposinia cenadurante la quale il comandante fu sì molto allegromasinghiozzò ancoradi tanto in tantomangiò e parlòpocoe tenne gli occhi bassi sul piattogiocando con la mano dellafiglia.


Allospuntare del giorno seguente ci si fece la domanda su chi mai sisarebbe presentatol'indomanialle undici del mattino. Perchél'indomani era il temuto 3. Il padrela madre e il fratelloche eravenuto anche lui a riconciliarsisi pronunciarono senz'altropurchéla persona fosse appena tollerabileper il matrimonio; doveva esserefatto tutto il possibile per rendere felice la situazione dellamarchesa. Mase le condizioni di quell'uomo fossero state tali darestareanche dopo ogni aiuto e facilitazionetroppo inferiori aquelle della marchesai genitori erano contrari alle nozzee eranodecisi a continuare a tenere con sé la marchesaadottando ilbambino.


Lamarchesainvecesembrava incline a tener fede in qualunque casopurché quell'uomo non fosse uno scelleratoalla parola dataper darecostasse quello che costasseun padre al bambino.


Versosera la madre chiese come ci si sarebbe dovuti comportare nelriceverlo. Il comandante disse che la cosa più opportunasarebbe statal'indomani alle undicilasciare la marchesa da sola.La marchesa insistevainveceperché entrambi i genitorieanche il fratellofossero presentipoiché non volevadividere con quell'uomo nessun segreto. E aggiunse che un similedesiderio le sembrava espresso persino nella risposta di luidalmomento che aveva proposto la casa del comandante come luogodell'incontro. Proprio a causa di quel particolareper sinceritàdoveva ammetterlola risposta le era assai piaciuta. La madreosservò quanto fosse imbarazzante la parte che il padre e ilfratello avrebbero dovuto sosteneree pregò la figlia diconsentire che gli uomini si tenessero da parte; leiinveceavrebbeobbedito al suo desiderioe sarebbe stata presente al momentodell'arrivo. Dopo qualche attimo di riflessione della marchesaquest'ultima proposta fu infine accettata.


Evennedopo una notte trascorsa nelle ansie dell'attesala mattinadel temuto 3. Quando la pendola suonò le undicile due donnesedevanovestite a festacome per un fidanzamento nella stanzadelle visitecon il cuore che batteva così forte che lo sisarebbe sentitose fossero ammutoliti i rumori del giorno.L'undicesimo rintocco vibrava ancoraquando entrò Leopardol'attendente che il padre aveva fatto venire dal Tirolo. A quellavista le due donne sbiancarono.


"Ilconte F..."disse"è arrivatoe si faannunciare".


"Ilconte F... !"esclamarono le due donne all'unisonocolpitedopo il primoda un nuovo e diverso sgomento.


"Chiudetele porte!"gridò la marchesa. "Per lui non siamo incasa".


Sialzòper chiudere subito lei stessa la porta a chiaveestava per spingere fuori l'attendenteche le sbarrava la viaquandoil contenella stessa uniforme da battagliacon gli ordini e ledecorazioniche aveva indossato durante l'assalto alla fortezzaentrò e venne verso di lei. La marchesa credette disprofondare per la vergogna; afferrò uno scialleche avevalasciato sulla sediae si mosse per fuggire in una stanza laterale.Ma la signora di G...afferrandole la manogridò:"Giulietta!"e la parolacome soffocata dai pensierilemancò. Fissò intensamente il contee ripeté:"Ti pregoGiulietta!"tirandola verso di sé. "Chiaspettiamo dunque?".


"Che?"gridò la marchesagirandosi di colpo. "Non lui..."e gli gettò uno sguardo fiammeggiante come la folgorementreun pallore mortale le sbiancava il viso.


Ilconte aveva piegato un ginocchio davanti a lei; con la mano destraappoggiata sul cuoree il capo leggermente chino sul pettoguardavaper terra davanti a sécon il viso accesoe taceva.


"Echi altri?"esclamò la moglie del colonnellocon vocesoffocata.


"Chialtridissennate che siamose non lui...".


"Mammaio impazzisco!"disse la marchesa rigidain piedial di sopradi lui.


"Sciocchina"rispose la madrel'attirò a sé e le sussurròqualcosa all'orecchio. La marchesa si voltò e caddecon lemani davanti al visosul divano.


"Infeliceche hai?"gridò la madre. "Che cosa èsuccessoa cui tu non fossi preparata?".


Ilconte non si staccava dal fianco della moglie del colonnello.


Afferròsempre con un ginocchio a terral'orlo estremo della sua vestee lobaciò. "Caramisericordiosavenerata"mormorò;una lacrima gli scese lungo le guance.


"Alzatevisignor contealzatevi!"disse la moglie del colonnello.


"Andatea consolarla. Allora saremo tutti riconciliatie tutto saràperdonato e dimenticato".


Ilconte si alzò piangendo. Si inginocchiò di nuovodavanti alla marchesale prese delicatamente la manocome se fossed'oroe il contatto con la sua potesse macchiarla. Ma lei gridò:"Andatevene! Andatevene! Andatevene!"alzandosi in piedi."Ero disposta ad affrontare uno scelleratoma non un...demonio!". Espostandosi da lui come da un appestatoaprìla porta della stanza dicendo: "Chiamate il colonnello!".


"Giulietta!"gridò la moglie del colonnello con stupore. La marchesalanciava occhiate selvaggeferociora al conteora alla madreilpetto ansimanteil volto in fiamme; non è piùterribile l'occhio di una Furia. Arrivarono il colonnello el'ispettore forestale.


"Quest'uomopadre mio"disse la marchesamentre erano ancora sulla soglia"non lo posso sposare!". Immersa la mano inun'acquasantiera infissa al lato interno della portaspruzzòcon un gran gettoil padrela madre e il fratelloe scomparve.


Ilcomandantescosso dall'insolita scenachiese cosa fosse successoeimpallidì quandoin quel momento crucialevide nella stanzail conte F... La madre prese il conte per la mano e disse: "Nondomandare. Questo giovane è pentito con tutto il cuore di ciòche è avvenuto. Dagli la tua benedizione. Sudagliela! Etutto finirà bene".


Ilconte stava in piedicome annientato. Il comandante gli pose la manosul capo; le ciglia gli tremavanole sue labbra erano bianche comegesso. "Possa la maledizione del cielo risparmiare questocapo!"esclamò. "Quando pensate di sposare?".


"Domani"rispose la madre per luipoiché egli non era in grado diproferire parola. "Domani; oppure oggicome vorrai. Al signorconteche ha mostrato tanto nobile zelo nel riparare il fallocommessol'ora più vicina sarà sempre la piùgradita".


"Alloraavrò il piacere di incontrarvi domani alle undicinellachiesa degli Agostiniani»disse il comandante; si inchinòchiamò a sé la moglie e il figlioper andare nellacamera della marchesae lo lasciò là in piedi.


Inutilmenteci si sforzò di sapere dalla marchesa le ragioni del suostrano comportamento; era coricatain preda a una violenta febbrenon voleva saperne di matrimonioe pregava di essere lasciata sola.


Quandole chiesero perché avesse improvvisamente cambiato la suadecisionee che cosa le rendesse il conte più odioso dialtriguardò il padre con grandi occhi distratti e nonrispose. La moglie del colonnello le disse se aveva dimenticato diessere madre; ma lei rispose che in quel caso doveva pensare piùa sé che al suo bambinoe ancora una voltainvocando tuttigli angeli e i santi a testimonigiurò che non si sarebbesposata. Il padrevedendola in uno stato d'animo di palesesovreccitazionedichiarò che doveva tener fede alla paroladata; la lasciò e preparò ogni cosadopo aver presoper iscritto i dovuti accordi con il conteper le nozze.


Proposeal conte un contratto di matrimonio nel quale questi rinunciava atutti i diritti di consortementre si impegnava a osservare tuttigli obblighi che gli venissero richiesti. Il conte rinviò ilfogliotutto bagnato di lacrimecon la propria firma.


Quandoil comandanteil mattino seguentediede il documento alla marchesal'animo di lei si era un po' calmato. Lo lesse tuttoseduta sullettopiù voltelo ripiegò pensierosalo aprìe lo lesse di nuovo tutto ancora una volta; poi dichiarò chealle undici si sarebbe trovata nella chiesa degli Agostiniani. Sialzò si vestìsenza dire una parolasalìquando venne l'oranella carrozza con i suoie uscì di casa.


Soloal portale della chiesa fu permesso al conte di unirsi alla famiglia.La marchesadurante il ritotenne gli occhi fissi sull'immagineall'altaresenza gettare neppure uno sguardo fuggevole all'uomo conil quale scambiava gli anelli. Il conte compiuta la cerimonialeoffrì il braccio; manon appena furono usciti dalla chiesala contessa lo salutò con un inchino; il comandante chiese seavrebbe avuto l'onore di vederlodi tanto in tantonell'appartamento di sua figlia; il conte balbettò qualcosache nessuno sentìsi levò il cappello davanti allacompagniae scomparve.


Preseun appartamento a M...e vi passò parecchi mesi senza mettereneppure il piede nella casa del comandantenella quale era rimastala contessa. Solo grazie al contegno delicatodignitoso e del tuttoirreprensibile da lui tenuto ogni volta che venne a contatto con lafamigliaper qualsiasi ragionedopo che la contessa ebbe dato allaluce un figlioletto egli fu invitato al battesimo. La contessaseduta sul letto puerperaleavvolta nelle copertenon lo vide cheper un attimoquando si mostrò nel vano della portae lasalutò con deferenza da lontano. Fra i doni con i quali gliospiti diedero il benvenuto al neonato egli lasciò caderenella culla due documentiuno dei qualicome si vide quando se nefu andatoera una donazione di ventimila rubli al fanciulloel'altro un testamento con il quale egliin caso di morteistituivala madre erede universale del suo patrimonio.


Daquel giornoper iniziativa della signora di G...venne invitato piùspesso; la casa gli fu apertae presto non passò sera senzache egli vi comparisse. Ricominciò da capoquando il suosentimento gli disse che da parte di tuttigrazie al fragile assettodel mondogli era stato perdonatoil suo corteggiamento dellacontessasua consortee ottenne da leitrascorso un announsecondo sì; si celebrò così un secondosposalizio più felice del primodopo il quale tutta lafamiglia si trasferì a V...


Alprimo seguì poi tutta una schiera di piccoli russi; e quandoil contein un'ora felicechiese una volta alla moglie perchéin quel terribile giorno 3quando sembrava disposta ad affrontarequalunque scelleratofosse fuggita da lui come da un demonioleirisposegettandogli le braccia al colloche non le sarebbe sembratoallora un demoniose la prima volta che lo vide non le fosse apparsocome un angelo.




ILTERREMOTO IN CILE


ASantiagocapitale del regno del Cileproprio quando ci fu il grandeterremoto dell'anno 1647nel quale trovarono la morte molte migliaiadi personeun giovane spagnolo accusato di un delittoche sichiamava Jerónimo Rugerastava dritto a fianco di un pilastrodella prigione nella quale era stato rinchiusoe voleva impiccarsi.


DonEnrique Asterónuno dei nobili più ricchi della cittàlo aveva allontanatocirca un anno primadalla sua casadovesvolgeva l'incarico di precettoreperché tra lui e donnaJosefela sua unica figliaera nato un tenero legame. Un incontrosegretorivelato all'anziano donche aveva già energicamenteammonito la figliadalla perfida vigilanza del suo orgogliosofigliolo indignò tanto che egli la chiuse nel monastero diNostra Signora del monte Carmelo. Per un caso feliceJerónimoriuscì a riannodare laggiù il suo legame ein unanotte silenziosafece del giardino del convento il teatro della suapiena felicità.


Erala festa del Corpus Dominie la solenne processione delle monachedietro le quali seguivano le noviziesi era appena mossa quandol'infelice Josefeal suono delle campanecadde in preda alle dogliesui gradini della cattedrale. L'avvenimento suscitò enormescalpore; la giovane peccatricesenza riguardo al suo statovennesubito gettata in prigione enon appena rimessa dal partofusottopostaper ordine dell'arcivescovoa un processo severissimo.In città si parlava con tanta indignazione dello scandaloele lingue furono così taglienti con tutto il monastero in cuiera accadutoche né l'intercessione della famiglia Asterónné lo stesso desiderio della badessache aveva preso abenvolere la fanciullaper il suo contegno altrimentiirreprensibilepoterono mitigare la severità della leggeconventuale che la minacciava. Tutto quello che si riuscì adottenere fu che il rogoal quale venne condannatafosse commutatoper atto d'imperio del vicerée con grande disappunto dellematrone e delle vergini di Santiagonella decapitazione. Nellestrade per le quali doveva passare il corteo dell'esecuzione siaffittarono le finestresi scoperchiarono i tetti delle casee lepie fanciulle della città invitarono le loro amicheperassistere fraternamentefianco a fiancoallo spettacolo concessoalla vendetta divina.


Jerónimoche nel frattempo era stato anch'egli messo in prigioneuscìquasi di senno quando venne a sapere quale mostruosa piega avesseropreso le cose. Invano pensò a una via di salvezza; dovunque loportassero le ali dei più folli pensieriurtava contro mura echiavistellie un tentativo di segare le sbarre gli costòquando fu scopertoun regime ancora più severo. Egli si gettòin ginocchio davanti all'immagine della santa Madre di Dioe lapregò con infinito fervorecome l'unica dalla quale sarebbeormai potuta venire la salvezza. Ma il temuto giorno arrivò econ esso la convinzionenel suo cuoreche la situazione era ormaisenza speranza. Le campane che accompagnavano Josefe sul postodell'esecuzione risuonaronoe la disperazione si impadronìdella sua anima. La vita gli sembrò odiosae decise di darsila morte con una corda che il caso gli aveva lasciata.


Stavaappunto drittocome si è dettoa fianco di un pilastroeassicurava a un arpione di ferroinfisso sotto il cornicionelacorda che avrebbe dovuto strapparlo a questa valle di lacrimequandoimprovvisamente la maggior parte della cittàcon un rombocome se precipitasse la volta celestesprofondòseppellendosotto le macerie ogni essere vivente. Jerónimo Rugera restòimpietrito dall'orrore; ecome se anche la sua coscienza fosse stataschiacciataper non cadere si tenne al pilastro accanto al qualeaveva voluto morire. Il suolo vacillò sotto i suoi piedi lepareti della prigione si spaccarono; l'intero edificio si inclinòper abbattersi sulla via; e solo la caduta dell'edificio di fronteche incontrò la sua lenta cadutagli impedìformandocasualmente una voltadi rovinare interamente al suolo.


Tremandocon i capelli dritti e le ginocchia che gli si piegavanoJerónimostrisciòsul pavimento inclinatoverso l'apertura chel'impatto dei due fabbricati aveva prodotto nella parete esternadella prigione. Appena si trovò all'apertola strada interagià scossacrollò completamente per un secondomovimento tellurico. Incapace di pensare a come salvarsi da quellagenerale rovinasi mise a correresaltando fra le macerie e letravimentre la morte lo assaliva da ogni parteverso una delle piùvicine porte della città. Qui una casa crollava escagliandolontano intorno a sé i rottamilo sospingeva in una vialaterale; là le fiammebalenando tra nubi di fumolambivanoi comignoliricacciandoloterrorizzatoin un'altra via; làil rio Mapochostrappato al suo lettosaliva gonfio verso di luieribollendo lo trascinava in una terza. Qui giaceva un mucchio dipersone schiacciatelà una voce gemeva ancora sotto lemacerie; qui giungevano le urla della gente dai tetti in fiammelàuomini e animali lottavano contro i flutti; qui un coraggiososalvatore cercava di dare aiutolà un uomo stava in piedipallido come la mortee tendeva muto verso il cielo le manitremanti.


QuandoJerónimo ebbe raggiunto la portae fu salito su di un collefuori cittàcadde al suolo svenuto. Giaceva distesoda unquarto d'ora almenonella più profonda incoscienzaquandofinalmente si riebbe egirando le spalle alla cittàsi tiròsu a metà. Si toccò la fronte e il pettosenza sapereche cosa fare di se stesso; un indicibile senso di benessere loinvase quando un vento di ponentedal mareinvestì con unsoffio la sua vita che ritornavae il suo occhio percorsein tuttele direzionila fiorente regione di Santiago. Solo i gruppi diuomini sconvolti che si vedevano ovunque gli stringevano il cuore;non capiva che cosa avesse potuto spingere lassù lui e loro; esolo quando si giròe vide dietro di sé la cittàrasa al suolosi ricordò del momento terribile che avevavissuto. Si prosternò così profondamente che la suafronte toccò terrae ringraziò Dio di averlo cosìprodigiosamente salvato; ecome se l'orrenda esperienza impressa nelsuo animo ne avesse scacciato tutte quelle precedentipianse digioiaperché la vita era bellacoloratavariae lui negodeva ancora.


Poivedendo alla sua mano un anellosi ricordò di colpo diJosefe; e con lei della prigionedelle campane che aveva sentitolaggiù e del momento che aveva preceduto il crollo. Unaprofonda tristezza riempì di nuovo il suo cuorerimpianse lasua preghierae tremendo gli sembrò l'Essere che regna soprale nubi. Si mescolò alla folla che ovunqueoccupata a salvarei propri averisciamava dalle porte cittadinee si arrischiòtimidamente a chiedere della figlia di Asteróne sel'esecuzione avesse avuto luogo; ma nessuno gli sapeva dare notizieprecise. Una donnache portava sulla schienacurva quasi fino alsuoloun enorme peso di suppellettilie teneva due bambini incollodisse passandocome se l'avesse visto con i propri occhicheera stata decapitata. Jerónimo si girò; e poichécalcolando il temponon poteva in realtà dubitare chel'esecuzione fosse avvenutaandò a sedersi in un boscosolitario e si abbandonò al suo dolore.


Desideravache la violenza distruttrice della natura si scatenasse di nuovo sudi lui. Non capiva perchéin quei momentinei quali lamorteche la sua anima straziata stava cercandogli era apparsaspontaneamente intorno da ogni parte come una salvezzaegli l'avessesfuggita. E si propose fermamente di non vacillarese ora dovesseroessere sradicate le quercee le loro cime precipitare su di lui.Dopo che ebbe pianto tutte le sue lacrimee fra le piùcocenti si fu affacciata di nuovo la speranzasi alzò e battéla campagna in tutte le direzioni. Esplorò ogni altura dove sifossero radunate delle persone; le andò a cercare su tutti isentieri dove ancora si muoveva la corrente degli scampati; dovunqueuna veste femminile si agitasse al ventolà lo portava il suopiede tremante: ma nessuna copriva l'amata figlia di Asterón.


Ilsole scendeva di nuovoe con esso la speranzaverso il tramontoquando salì sull'orlo di una rupee gli si aprì lavista su un'ampia vallein cui solo poche persone avevano trovatorifugio. Indeciso sul da farsipassò in fretta da un gruppoall'altroe stava già per tornare indietroquandoimprovvisamentevicino a un ruscello che scendeva lungo il ripidopendiovide una giovane donna intenta a lavare un bambino nelle sueacque. A quella vista ebbe un tuffo al cuore; corse giùpresagosaltando di pietra in pietragridò: "Santamadre di Dio!"e riconobbe Josefeche al rumore si eraguardata intorno timorosa.


Conquale beatitudine si abbracciarono gli infeliciche un prodigio delcielo aveva salvato! Nel suo cammino verso la morte Josefe era giàvicinissima al luogo dell'esecuzionequando improvvisamente ilcrollo assordante degli edifici aveva disperso il corteo che laportava al supplizio. I primi passi inorriditi l'avevano spinta versola più vicina porta della città; ma presto tornòin sée si girò per correre al monasterodove erarimasto il suo piccolo bambino indifeso. Trovò l'interoconvento già in fiamme; e la badessachenei momenti che perJosefe sarebbero dovuti essere gli ultimile aveva promesso diprendersi cura del neonatostava appunto chiamandodavanti alleporte dell'edificioaiuto per salvarlo. Josefe si precipitòimpavidaattraverso il fumo spesso che lo avvolgevanel fabbricatoche già crollava da ogni partee subitocome se laproteggessero tutti gli angeli del cielone uscì fuori con ilbimboillesadalla porta principale. Stava per precipitarsi nellebraccia della badessache si era coperta il capo con le maniquandocosteicon quasi tutte le sue monachevenne miseramente uccisa dalcrollo del cornicione del palazzo. Josefe arretròtremandodi fronte all'orribile spettacolo; chiuse in fretta gli occhi allabadessa e fuggìpiena di terroreper strappare alla rovinala cara creatura che il cielo le aveva donato per la seconda volta.


Avevafatto solo pochi passiquando s'imbatté nella salmadell'arcivescovoche avevano appena estrattosfracellatadallemacerie della cattedrale. Il palazzo del viceré era crollatoil tribunalenel quale era stata pronunciata la sua condannaera infiammee sul luogo dove era sorta la sua casa paterna si era formatoun lago cheribollendoesalava vapori rossastri. Josefe feceappello a tutte le sue forze per non cadere. Di strada in stradaallontanando dal suo cuore lo straziocamminava coraggiosamente conla sua predaed era già vicina alla porta della cittàquando vide anche la prigionenella quale aveva languito Jerónimoridotta in macerie. A quella vista vacillòe stava per caderein un angolo priva di sensi; main quel momentoil crollo di unedificio alle sue spallegià pericolante per le scosselacostrinse ad alzarsie il terrore le diede nuove forze: baciòil bambinosi asciugò le lacrimeesenza fare piùcaso agli orrori che la circondavanoraggiunse la porta della città.


Quandosi vide in aperta campagnasi disse ben presto che non tutti quelliche avevano abitato in una casa distrutta ne dovevano essere statiper forza schiacciati. Al primo incrocio si fermòe restòin attesaper vedere se non comparisse la persona chedopo ilpiccolo Filippoaveva più cara al mondo. Ma non venne nessunoepoiché la confusione aumentavaproseguì; poi sigirò di nuovo indietroe di nuovo aspettò; eversandomolte lacrimesi addentrò così in una valle scuraombreggiata di pinia pregare per l'anima di luiche credevafuggita e quinella valleaveva trovato l'uomo amato e il paradisocome se fosse stata la valle dell'Eden.


Tuttoquesto raccontava orapiena di commozionea Jerónimo; equando ebbe finitogli porse il bambino da baciare. Jerónimolo preselo accarezzò con indicibile gioia paterna e glichiuse la boccapoiché si era messo a piangere di fronte alviso sconosciutocon baci senza fine. Nel frattempo era scesa unanotte bellissimacarica dei più dolci profumiargentea esilenziosa come solo un poeta la può sognare. Ovunquelungoil ruscellosi erano stesi gli uominialla luce della lunapreparandosi soffici giacigli di fronde e di muschioper riposaredopo una giornata così atroce. E poiché i misericontinuavano a compiangere chi la perdita della casachi dellamoglie e dei figlichi di tutto ciò che avevaJerónimoe Josefe si addentrarono in una macchia più fittaper nonturbarli con l'esultanza segreta delle loro anime.


Trovaronouno stupendo melogranoche allargava intorno i suoi rami carichi difrutti profumati; sulla cima l'usignolo zufolava il suo cantovoluttuoso. Jerónimo si coricò làappoggiandosial tronco; e anche Josefecontro il suo pettoe Filipposu quellodl leisi disteserocoperti dal suo mantelloe riposarono. L'ombradell'alberocon i suoi riflessi di lucepassò sopra di loroe si dileguò; e la luna impallidiva già davantiall'aurora prima che si addormentassero. Infinite cose avevano dadirsi: del conventodella prigionedi quello che avevano soffertol'uno per l'altra. E si commuovevano pensando a quanta sofferenzaaveva dovuto colpire il mondoperché potessero essere dinuovo felici! Deciseronon appena le scosse fossero cessatediandare a La Concepcióndove Josefe aveva un'amica fidataecon un piccolo prestito che sperava di ottenere da leidi imbarcarsida lì per la Spagnadove vivevano i parenti materni diJerónimo; laggiù avrebbero finito la loro vita felice.Poitra molti bacisi addormentarono.


Quandosi svegliarono il sole era già alto nel cieloed essi viderotutto intornonumerose famiglie che preparavanovicino al fuocounpo' di colazione. Jerónimo stava appunto pensando a comeprocurarsi del cibo per i suoiquando un uomo giovane e ben vestitocon un bambino in bracciosi avvicinò a Josefee le chieserispettosamente se non voleva offrire per poco tempo il seno a quelpovero piccinola cui madre giaceva ferita sotto gli alberinonmolto lontano. Josefe ne fu turbataravvisando in lui un conoscente.Ma quando eglifraintendendo il suo turbamentoproseguìdicendo: "Solo per pochi momentidonna Josefe; questo bambinonon ha più toccato nientedall'ora che ci ha reso tuttiinfelici"ella rispose: "Tacevo... per un'altra ragionedon Fernando; in queste ore terribili nessuno rifiuta di dividere ciòche possiede". Prese il piccolo estraneoporgendo il suobambino al padree se lo mise al petto.


DonFernandoassai grato per la sua bontàchiese se non volevanoraggiungere con lui la sua compagniadove si stava per l'appuntocuocendo una piccola colazione. Josefe rispose che accettaval'offerta con piacere; e poiché neppure Jerónimo ebbeniente da obiettarelo seguì presso la sua famigliadove fuaccolta nel modo più affettuoso e delicato dalle due cognatedi don Fernandodue giovani ed eccellenti signore che conosceva.Donna Elvirala moglie di don Fernandoche era coricata per terraferita gravemente ai piediattirò a sé Josefe conmolta amiciziaquando le vide al petto il suo bambino sfinito. Anchedon Pedroil suocero di don Fernandoferito a una spallaleaccennò cordialmente col capo.


Nelpetto di Jerónimo e di Josefe si agitavano strani pensieri.


Vedendositrattati con tanta confidenza e bontànon sapevano che cosapensare del passato: del patibolodella prigionedella campana. Otutto ciò lo avevano solo sognato? Era come se gli animifossero stati tutti riconciliati dal colpo terribile che li avevapercossie nel ricordo non potessero andare al di là di esso.Solo donna Elisabettache era stata invitata da un'amica allospettacolo del mattino precedentema non aveva accettato l'invitoposava ogni tanto su Josefe uno sguardo trasognato; ma il racconto dinuove orribili sciagure portò di nuovo al presente la suaanimache se ne era appena staccata. Raccontavano come la cittàsubito dopo la prima e più violenta scossasi fosse riempitadi donne che partorivano sotto gli occhi di tutti gli uomini; come imonaci si fossero messi a correre ovunquecon il crocefisso in manogridando che era venuta la fine del mondo; come a una pattuglia cheper ordine del viceréaveva chiesto di sgomberare una chiesadalle maceriefosse stato risposto che non c'era più unviceré del Cile; come il vicerénei momenti piùterribiliavesse dovuto far innalzare le forche per frenare leruberie; e un innocenteche si era salvatofuggendosul retro diuna casa in fiammeera stato precipitosamente acciuffato dalproprietarioe subito impiccato.


DonnaElviramentre Josefe faceva il possibile per dare sollievo alle sueferiteaveva approfittato di un momento nel quale i racconti siincrociavano in modo più che mai concitato per chiederle checosa le fosse successoin quella giornata terribile. E quando Josefele raccontòcon il cuore straziatole vicende principaliebbe la gioia di vedere le lacrime negli occhi della dama. DonnaElvira le prese la manola strinsee le fece cenno di tacere. AJosefe sembrava di essere in paradiso. Un sentimento che non sapevareprimere la induceva a considerare la giornata passataper quantodolore avesse causato al mondocome una grazia quale il cielo non leaveva mai concesso.


Edavveronel mezzo di quei momenti orribiliin cui tutti i beniterreni degli uomini andavano in rovina e la natura intera minacciavadi inabissarsilo spirito di umanità sembrava sbocciare comeun bel fiore. Sui campifin dove l'occhio arrivavasi vedevanopersone di tutti i ceti sparse le une accanto alle altre: principi emendicantimatrone e contadinefunzionari e bracciantimonache efrati; e tutti si compiangevano a vicendasi davano reciprocamenteaiutodividevano con gioia quello che erano riusciti a salvare perconservarsi in vitacome se la comune sventura avesse fatto una solafamiglia di quanti ne erano scampati. Al posto delle insulseconversazioni alle quali il mondo era solito offrire argomento aitavoli da tèsi raccontavano ora esempi di azioni inaudite;persone che in genere in società passavano inosservate avevanomostrato una magnanimità da antichi romani; esempi a nonfinire di impaviditàdi gioioso disprezzo del pericolodiabnegazione e divino sacrificio di sédi prontezza nel faredono della vitacome se fosse un bene da nienteche si potesseritrovare qualche passo più in là. E poiché nonc'era nessuno che in quel giorno non avesse ricevuto un gestocommoventeo non avesse compiuto egli stesso un'azione magnanimaildolore era mescolatonel cuore di ogni uomoa una gioia tanto dolcechepensava Josefenon si poteva affatto dire se la somma del beneuniversale non fosse tanto cresciuta da una partequanto eradiminuita dall'altra.


Quandoebbero finito di fare tacitamenteognuno fra sé e séqueste considerazioniJerónimo prese Josefe sotto braccio ela portò a passeggiare avanti e indietrocon inesprimibileserenitàsotto il fogliame ombroso del bosco di melograni. Ledisse chein quella disposizione degli animie nel capovolgimentodi tutte le relazioni socialirinunciava alla sua decisione diimbarcarsi per l'Europa; avrebbe corso il rischio di gettarsi aipiedi del viceréil quale era stato sempre favorevole allasua causase era ancora in vitae sperava (nel dire questo le diedeun bacio) di restare con lei in Cile. Josefe rispose che pensierisimili erano venuti anche a lei; neppure lei dubitavase suo padreera ancora vivodi riconciliarsi con lui; ma consigliavainvece digettarsi ai piedi del vicerédi andare piuttosto a LaConcepción e condurre di làper iscrittoil tentativodi riconciliazione con il sovrano; là si eraper ognievenienzanelle vicinanze del portoe nel migliore dei casise lafaccenda prendeva la piega desideratasi sarebbe potuti ritornarefacilmente a Santiago. Dopo una breve riflessioneJerónimodiede il suo consenso a quella misura di prudenzala portòancora un po' a passeggio sotto le piantepercorrendo a volo isereni giorni a veniree ritornò con lei verso la compagnia.


Intantoera arrivato il pomeriggioe gli animi dei profughi sparsidappertutto si erano appenapoiché le scosse diminuivanounpo' tranquillizzatiquando si diffuse la notizia che nella chiesadei Domenicanil'unica che il terremoto avesse risparmiatoilpriore del convento avrebbe celebrato di persona una messa solenneper implorare dal cielo protezione da ulteriori sventure. Il popoloera già in movimento da ogni partee accorreva fitto verso lacittà. Nella compagnia di don Fernando si sollevò ladomanda se non si dovesse partecipare alla solennitàe unirsial corteo generale. Donna Elisabetta ricordòcon una certaapprensionela sciagura avvenuta in chiesa il giorno prima; lecerimonie di ringraziamento si sarebbero ripetutee alloracon ilpericolo già più lontanoci si sarebbe potutiabbandonare alla commozione con tanta maggiore serenità etranquillità. Josefesaltando subito in piedi con entusiasmoaffermò di non aver mai sentito l'impulso di chinare il visonella polvere davanti al Creatore più vivo che in quelmomentoquando egli dispiegava così la sua incomprensibilesublime potenza. Donna Elvira si dichiarò con vivacitàdella stessa opinione di Josefe. Essa insisté che ci sirecasse alla messae pregò don Fernando di guidare lacompagnia.


Tuttisi alzaronoanche donna Elisabetta. Ma quando videro chequest'ultimacon il petto ansimanteesitava a fare i piccolipreparativi per la partenzae le chiesero che cosa si sentisseleirispose di avere non sapeva quale infausto presentimentoe donnaElvira la tranquillizzòinvitandola a restare con lei e conil padre infermo.


"Alloradonna Elisabetta"disse Josefe"volete prendere voiquesto piccolo tesorochecome vedetesi è già dinuovo attaccato a me?".


"Volentieri"rispose donna Elisabettae fece l'atto di prenderlo; ma poichélui strillavaprotestando per il torto che gli si facevae innessun modo si rassegnavaJosefe disse sorridendo che l'avrebbetenutoe baciandolo lo calmò. Allora don Fernandoal qualemolto piacevano la dignità e la grazia di tutto il suocontegnole offrì il braccio; Jerónimoche portava inbraccio il piccolo Filippoconduceva donna Costanza; le altrepersone che si trovavano con la compagnia vennero dietroe inquell'ordine il gruppetto si avviò verso la città.


Nonavevano ancora fatto cinquanta passiquando si sentì donnaElisabettache nel frattempo aveva parlato animatamente con donnaElviraprendendola da partegridare: "Don Fernando!"eaffrettarsi verso il gruppo con fare preoccupato. Don Fernando sifermòsi giròe attesesenza lasciare il braccio diJosefe; e poiché lei si era fermata a una certa distanzacomese aspettasse che egli le andasse incontrole chiese che cosavolesse. Allora donna Elisabetta gli si avvicinòbenchésembravaa malincuoree gli bisbigliòin modo che Josefenon potesse sentirealcune parole all'orecchio.


"Ebbene?"chiese don Fernando. "Ne può forse venire qualcosa dimale?".


DonnaElisabetta continuò a sussurrargli all'orecchiocon il visoturbato. Un rossore di disappunto salì al volto di donFernando.


"Stabene così"rispose. "Donna Elvira può staretranquilla". E proseguì con la sua dama.


Quandogiunsero nella chiesa dei Domenicanisi sentiva giàmaestosala musica dell'organoe una folla sterminataa ondatevisi accalcava. La ressa si estendeva per un buon trattooltre iportalisul sagrato della chiesa; i ragazzi si erano arrampicati inalto sulle paretitenendosi alle cornici dei quadrie guardavanocon i berretti in mano e occhi pieni di attesa. La luce si diffondevada tutti i lampadarii pilastri gettavanonell'incipientecrepuscoloombre misterioseil grande rosone di vetro colorato infondo alla navata ardevarosso come il sole del tramonto che loilluminavae il silenzioquando l'organo tacquescese sulla follacome se nessuno avesse voce nel petto. Maida un tempio cristianosalì verso il cielo una simile fiamma di devozionecome inquel giorno nella chiesa dei Domenicani di Santiago; e nessun cuoreumano vi partecipava con maggior ardore di Jeronimo e di Josefe.


Lacerimonia cominciò con una predica che uno dei canonici piùanzianivestito con i paramenti solennitenne dal pulpito. Eglicominciò subito distendendo alte verso il cielo le manitremantiche uscivano dalle ampie maniche della cottalodando eringraziando che ci fossero ancora uominiin quella parte del mondoche precipitava in maceriecapaci di innalzare a Dio i lorobalbettii. Poi descrisse quello chea un cenno dell'Onnipotenteeraaccaduto; il Giudizio Universale non può essere piùtremendo; e quando chiamò il terremoto del giorno precedenteindicando una fessura che si era aperta nella parete del tempiounsemplice preannuncio di quel Giudizioun brivido percorse l'interaadunanza. Quinditrascinato dalla sua eloquenza sacerdotaleegliarrivò a parlare della corruzione morale della città;ne condannò gli orroriquali non videro mai né Sodomané Gomorrae attribuì solo all'infinita clemenza diDio se non era stata del tutto cancellata dal terremoto. Ma come unpugnale trafisse i cuorigià straziati da quella predicadeinostri due infeliciquando il canonicoin quel momentoricordòcon tutti i particolari il delitto che era stato commesso nelgiardino del convento delle Carmelitanechiamò empial'indulgenza che quel delitto aveva trovato nel mondo ein un incisocarico di maledizioniconsegnò le anime dei suoi autorichiamati per nomea tutti i prìncipi dell'Inferno! DonnaCostanzarabbrividendo al braccio di Jerónimogridò:"Don Fernando!". Questicon tutta l'energia e lasegretezza che fu possibile conciliarerispose: "TacetedonnaCostanza! Non muovetevie fate finta di svenire; cosìusciremo dalla chiesa".


Maprima che donna Costanza mettesse in atto l'ingegnoso stratagemmaideato per la salvezzauna voce già gridavasovrastando einterrompendo la predica del canonico: "Allontanatevicittadinidi Santiago! Gli empi sono qui!". Mentre intorno a loro siformava un ampio cerchio di orroreun'altra voce chiesepiena dispavento: "Dove?". "Qui!"rispose un terzoeinvasato di santa crudeltàafferrò e tirò per icapelli Josefeche sarebbe caduta a terra con il figlio di donFernandose questi non l'avesse sorretta.


"Sieteimpazziti?"gridò il giovanee cinse Josefe con ilbraccio.


"Iosono don Fernando Ormezfiglio del comandante della cittàche tutti conoscete".


"DonFernando Ormez?"gridòpiantandoglisi proprio davantiun ciabattino che aveva lavorato per Josefee la conosceva non menobene dei suoi piccoli piedi. "Chi è il padre di questobambino?"e si volsecon aria insolente di sfidaverso lafiglia di Asterón.


DonFernandoalla domandaimpallidì. Ora guardava con timoreJerónimoora percorreva con gli occhi la follacercandoqualcuno che lo conoscesse.


Schiacciatadall'orribile situazione Josefe gridò: "Questo non èil mio bambinomastro Pedriliocome voi credete". Eguardandodon Fernandoaggiunsecon l'anima piena di infinita angoscia:"Questo giovane signore è don Fernando Ormezfiglio delcomandante della cittàche tutti conoscete!".


"Chidi voicittadiniconosce questo giovane?"chiese ilcalzolaio.


Emolti degli astanti ripeterono: "Chi conosce JerónimoRugera? Si faccia avanti!".


Oraavvenne che in quel momento il piccolo Juánspaventato daltumultosi protendesse dal petto di Josefe verso don Fernandoperfarsi prendere in braccio. "E' lui il padre!"urlòuna voce. "E' lui Jerónimo Rugera!"urlòun'altra. "Sono loro i sacrileghi!"urlò una terza."A morte! A morte!"urlarono tutti i cristiani radunatinel tempio di Gesù.


"Barbarifermatevi!"gridò allora Jerónimo. "Secercate Jerónimo Rugeraeccolo! Lasciate andare quest'uomoche non ha alcuna colpa!".


Lafolla inferocitaconfusa dalle parole di Jerónimoesitòe molte mani lasciarono don Fernando. E poiché in quel momentocercò di raggiungerli un ufficiale di Marina d'alto gradochefacendosi largo nel tumultodomandò: "Don FernandoOrmezche cosa vi è successo?"questioracompletamente liberorisposecon freddezza veramente eroica:"Vedetedon Alonzoquesti assassini! Sarei stato perdutosequest'uomo coraggiosoper calmare i forsennatinon si fossedenunciato come Jerónimo Rugera. Arrestatelose volete averequesta bontàinsieme a questa giovane signoraper lasicurezza di entrambi; e anche questo miserabile"aggiunseafferrando mastro Pedrillo"che ha scatenato tutta questarivolta!".


"DonAlonzo Onoreja"gridò il ciabattino"ve lo chiedosulla vostra coscienzaquesta ragazza è o non è JosefeAsterón?".


Epoiché don Alonzoche conosceva benissimo Josefeesitava arisponderee molte vocivedendo questourlarono con rinnovatofurore: "E' lei! E' lei! A morte! A morte!"Josefe mise ilpiccolo Filippoche fino a quel momento era stato portato daJerónimoin braccio a don Fernandoinsieme al piccolo Juáne disse: "Andatedon Fernandosalvate i vostri due bambini elasciateci al nostro destino!".


DonFernando prese i bambini e disse che sarebbe mortopiuttosto dipermettere che qualcosa di male accadesse a chi era con lui. Offrìa Josefedopo aver pregato l'ufficiale di Marina di dargli la suasciabolail braccioe invitò Jerónimo e donnaCostanza a seguirlo.


Riuscironodavveropoichédopo quei preparativila gente faceva largocon una certa deferenzaad arrivare fuori della chiesae sicredettero salvi. Manon appena furono sul sagratonon meno gremitodi genteuna voce si levò dal gruppo dei forsennati che liaveva seguiti: "Questo è Jerónimo Rugeracittadiniperché io sono suo padre!" e con un'orrendamazzata lo stese al suoloa lato di donna Costanza.


"GesùMaria!"gridò donna Costanzastringendosi al cognato.


"Sgualdrinadi convento!" risuonòe una seconda mazzatada un altrolatola stese senza vita accanto a Jerónimo.


"Orrore!"urlò uno sconosciuto. "Quella era donna Costanza Xares!".


"Perchéci hanno mentito?"urlò il calzolaio. "Cerchiamoquella verae accoppiamola!".


DonFernandoalla vista del cadavere di donna Costanzaavvampòd'ira; sguainò la sciabolala brandì e vibrò untal fendente al fanatico assassino che aveva scatenato quelleatrocità che l'avrebbe diviso in duese questicon un balzonon si fosse sottratto alla furia del colpo. Ma non poteva resisterealla folla che gli si gettava addosso. "Salvate i bambinidonFernandoaddio!"gridò Josefe.


"Uccidetemitigri assetate di sangue!". E si gettò spontaneamente inmezzo a loroper porre fine alla lotta.


MastroPedrillo l'abbatté con la mazzae tutto spruzzato del suosangueurlò: "Mandatele dietro all'inferno il suobastardo!".


Esi fece di nuovo avantinon ancora sazio di uccidere.


DonFernandoeroe divinostava ora con le spalle appoggiate allachiesa; con la sinistra teneva i bambinicon la destra la sciabola;a ogni colpoun uomo cadeva al suolo fulminato; non si difendemeglio un leone. Sette di quei sanguinari giacevano morti davanti aluilo stesso principe della masnada satanica era ferito. MastroPedrillotuttavianon si fermò finché non ebbestrappato dal suo pettoafferrandolo per le gambeuno dei duebambiniedescritto in aria un gran cerchionon l'ebbe sfracellatocontro l'angolo di un pilastro. Allora tornò la calmae tuttisi allontanarono.


DonFernandoquando vide steso davanti a sé il suo piccolo Juáncon il cervello che usciva dalla frontealzò gli occhi alcieloin un dolore senza nome. L'ufficiale di Marina gli siavvicinòcercò di consolarloe gli assicuròche gli rincresceva della propria inerzia in quella sventurabenchégiustificata da varie circostanze; ma don Fernando gli disse che nonaveva niente da rimproverarglie lo pregò soltanto di aiutarea portar via le salme.


Furonoportatenell'oscurità della notte che avanzavain casa didon Alonzoe don Fernando le seguìversando molte lacrimesul viso del piccolo Filippo. Passò la notte in casa di donAlonzo e esitò a lungocon falsi pretestia informare suamoglie dei particolari della sciagura; un po' perché erainfermae un po' perché non sapeva come avrebbe giudicato ilsuo comportamento in quella circostanza. Ma poco tempo dopoinformata per caso da un visitatore di tutto quello che era successol'eccellente dama sfogò piangendo in silenzio il suo dolorematernoe un mattinocon un'ultima lacrima che le brillava negliocchigli gettò le braccia al collo e lo baciò. DonFernando e donna Elvira adottarono il piccolo estraneo; eparagonando Filippo a Juáne come li aveva avutidonFernando sentiva quasi di doversene rallegrare.




FIDANZAMENTOA SANTO DOMINGO


APort-au-Princenella parte francese dell'isola di Santo Domingoall'inizio di questo secoloquando i neri assassinavano i bianchivivevanella piantagione del signor Guillaume de Villeneuveunvecchio negro terribiledi nome Congo Hoango. Originario della Costad'Oro africanaquest'uomoche da giovane sembrava di indole fedelee onestaera stato riempito dal suo padronepoiché unavoltadurante un viaggio a Cubagli aveva salvato la vitadiinfiniti benefici.


Nonsolo il signor Guillaume gli fece immediatamente dono della libertàeritornato a Santo Domingogli assegnò una casa e unpodere; ma pochi anni dopo lo nominòcontro l'usanza delpaesesorvegliante dei suoi vasti possedimentie gli mise accantocome compagnapoiché non voleva risposarsiuna vecchiamulatta della sua piantagionedi nome Babecanlontana parente dellaprima moglie di Hoango. Poiquando il negro ebbe raggiunto isessant'annilo mise a riposo con una cospicua pensionee coronòi suoi benefici ricordandolo anche nel suo testamento con un legato;eppure tutte queste prove di gratitudine non poterono proteggere ilsignor de Villeneuve dal furore di quell'uomo truce.


CongoHoango funel generale delirio di vendetta fomentato in quellepiantagioni dai passi sconsiderati della Convenzione Nazionaleunodei primi che impugnò la carabina ericordando la tirannideche lo aveva strappato alla sua patriaficcò una palla intesta al suo padrone. Incendiò la casanella quale avevanocercato rifugio la moglie di luicon i suoi tre figlie gli altribianchi della coloniadevastò da cima a fondo la piantagioneche gli erediche abitavano a Port-au-Princeavrebbero potutorivendicareerasi al suolo tutti gli edifici che facevano partedella fattoriasi mise a battere la campagna intornocon i negriche aveva raccolto e armatoper sostenere i confratelli nella lottacontro i bianchi.


Oratendeva imboscate ai viaggiatori che attraversavano il paese ingruppi armati; ora assaliva in pieno giorno i piantatori barricatinelle loro fattoriepassando a fil di spada quanti vi si trovavano.


Enella sua disumana sete di vendettavolle che anche la vecchiaBabecane la figlia di leiuna giovane meticcia di quindici annidi nome Toniprendessero parte a quella guerra crudelenella qualeegli si sentiva ritornato giovane. E poiché l'edificioprincipale della piantagionenel quale egli ora abitavasorgevasolitario sulla strada maestrae spesso durante la sua assenzapassavano di là fuggiaschi bianchi o creoliche vi cercavanocibo o ricoveroegli istruì le due donne a trattenere queicani di bianchicome li chiamavacon soccorsi e gentilezzefino alsuo ritorno. Babecanchea causa di una crudele punizione subita ingioventùsoffriva di tubercolosiin simili casi era solitaabbigliare la giovane Tonicheper la carnagione chiara del suovisoera particolarmente adatta a quell'orribile astuziacon le suevesti più bellee la incoraggiava a non rifiutare aiforestieri i suoi abbraccitranne l'ultimoche le era vietatopenala morte; equando Congo Hoango ritornava con la sua banda di negridalle scorrerie compiute nella zonala morte immediata era ildestino che toccava ai poveracci che si erano lasciati ingannare daquelle arti.


Nell'anno1803quandocome tutti sannoil generale Dessalines avanzòcon trentamila negri contro Port-au-Princetutti quelli che avevanola pelle bianca corsero a difenderlapoiché era l'ultimobaluardo della potenza francese nell'isola ese fosse cadutatuttii bianchi che vi si trovavano sarebbero stati perduti senza scampo.Così accadde chein assenza del vecchio Hoangoil quale erapartitocon i neri che aveva con séper consegnare algenerale Dessalines un carico di piombo e polvere da sparo attraversola linea dei presidi francesinell'oscurità di una nottepiovosa e tempestosa qualcuno bussasse alla porta posteriore dellasua casa. La vecchia Babecanche era già a lettosi alzòaprì la finestraavvolgendosi una gonna intorno ai fianchiechiese chi fosse.


"Innome di Maria e di tutti i santi"disse lo sconosciuto a vocebassamettendosi sotto la finestra"rispondeteprima che velo dicaa una domanda". Eallungata la manonell'oscuritàdella notteper afferrare la mano della vecchiadomandò:"Siete negra?".


"Be'voi siete di certo un bianco"disse Babecan"se preferiteguardare in faccia questa notte buia come la pecepiuttosto di unanegra! Entrate"aggiunse"e non abbiate paura. Qui abitauna mulattae l'unica che si trova in casaoltre a meè miafigliauna meticcia".


Echiuse la finestracome se volesse scendere ad aprirgli la porta;macon il pretesto che non riusciva a trovare subito la chiavesalìsilenziosamentecon alcune vesti strappate in fretta dall'armadionella stanza di soprae svegliò la figlia.


"Toni!"chiamò. "Toni!".


"Chec'èmamma?".


"Presto!Alzati e vestiti! Ecco i vestitila biancheria e le calze.


Unbianco inseguito è alla porta e chiede di entrare!".


"Unbianco?"chiese Tonitirandosi su a sedere sul letto. Prese ivestiti che la vecchia aveva in manoe disse: "Ma èsolomamma? Se lo facciamo entrarenon avremo niente da temere?".


"Nienteniente!"rispose la vecchiamentre faceva luce. "E'disarmatosoloe trema di paura che vogliamo saltargli addosso!".


Ementre Toni si alzava e si infilava la gonna e le calzeaccese lalanterna grandeche si trovava in un angolo della stanzaannodòin fretta i capelli sulla testa della ragazzasecondo l'usanza delpaesele strinse il corpettola coprì con un cappellolemise in mano la lanterna e le ordinò di scendere nel cortile efar entrare il forestiero.


Nelfrattempoall'abbaiare dei cani del cortilesi era svegliato unragazzodi nome Nankyche Hoango aveva avuto dall'unioneillegittima con una negra e che dormivacon il fratello Seppyinuno degli edifici vicini; e quandoalla luce della lunavide unuomo soloin piedisui gradini posteriori della casacorse subitocom'era istruito a fare in simili casiverso il portone del cortiledal quale era entrato lo sconosciutoper sbarrarlo. Lo stranieroche non capiva che cosa questo significassechiese al ragazzonelquale riconobbecon orrorequando gli fu vicinoun negrochiabitasse nella fattoriae alla sua risposta chealla morte delsignor Villeneuvela piantagione era venuta in possesso del negroHoangostava già per gettarsi su di luistrappargli lachiave del portoneche teneva in manoe fuggire all'apertoquandoTonicon la lanterna in manoapparve davanti alla casa.


"Presto!"disseprendendolo per manoe tirandolo verso la porta.


"Diqua". E dicendo questo ebbe cura di tenere la lanterna in modoche la luce le battesse in pieno sul viso.


"Chisei?"gridò il forestierotirandosi indietromentredisorientato da tante sorpreseosservava la sua giovane e graziosafigura. "Chi abita in questa casadovea quel che dai aintendermidovrei trovare la mia salvezza?".


"Nessunoper la luce del sole!"disse la fanciulla. "Nessunotranne me e mia madre!". E faceva forza per tirarselo dietro.


"Comenessuno!"gridò il forestieroarretrando di un passoeliberando la mano. "Questo ragazzo mi ha appena detto che vi sitrova un negro di nome Hoango".


"Sedico di no!"continuò la fanciullabattendo il piedecon espressione di contrarietà. "Anche se la casaappartiene a un malvagio che porta questo nomein questo momento nonc'èè dieci miglia lontano da qui". E dicendoquesto tirò in casa lo sconosciuto con tutte e due le maniordinò al ragazzo di non dire a nessuno chi era venutopresequando ebbe raggiunto la portala mano dell'uomo e lo guidòsu per la scalain camera della madre.


"Be'"disse la vecchiache dalla finestra aveva ascoltato l'interocolloquioe alla luce della lanterna aveva notato che l'uomo era unufficiale"che vuol dire quella sciabola che tenete sotto ilbracciopronto a usarla? Noi"aggiunse mettendosi gliocchiali"vi abbiamo offerto rifugio in casa nostraconpericolo della nostra vita; siete entrato per ricambiare il beneficiocon il tradimentosecondo l'uso dei vostri compatrioti?".


"Ilcielo me ne guardi!"rispose il forestieroche si eraavvicinato alla sua sedia. Prese la mano della vecchiase lapremette sul petto edopo aver gettato intorno per la stanza alcuneocchiate timoroseslacciò la sciabola che portava al fianco edisse: "Vedete davanti a voi il più infelice degliuominima non un ingratoné un malvagio".


"Chisiete?"chiese la vecchiaspingendo verso di lui una sedia conil piedee ordinò alla ragazza di andare in cucinaapreparargli alla meglioin frettaun po' di cena.


"Sonoun ufficiale dell'esercito francese"rispose lo straniero"benchécome potete giudicare da solaio non siafrancese; la mia patria è la Svizzerae il mio nome Gustavovon der Ried. Ahnon l'avessi mai abbandonataper venire inquest'isola sventurata! Vengo da Fort Dauphindovecome sapetetutti i bianchi sono stati trucidatie sto cercando di raggiungerePort-au-Princeprima che il generale Dessalines riesca a circondarlae assediarlacon le truppe che guida".


"DaFort Dauphin!"esclamò la vecchia. "E con il coloreche avete in viso avete percorso senza danno tutta questa stradainun paese pieno di negri in rivolta?".


"Dioe tutti i santi"rispose lo straniero"mi hanno protetto.E non sono solobuona donna; nel gruppo che mi segueche holasciato indietrosi trovano un venerabile vecchiomio ziocon suamoglie e cinque figliper non parlare dei domestici e delle servedella famiglia; un drappello di dodici persone in tuttoche devoportare con mecon l'aiuto di due miseri muliin marce notturne chesono una fatica indescrivibileperché di giorno non possiamofarci vedere sulla strada maestra".


"Innome del cielo!"esclamò la vecchia; escuotendo ilcapo con commiserazioneaspirò una presa di tabacco. "Edove si trovanoin questo momentole persone che viaggiano convoi?".


"Divoi"riprese lo stranierodopo aver riflettuto un po'"divoi mi posso fidare; nel colore del vostro viso vedo trasparire unraggio del mio. La famigliasappiatelosi trova a un miglio da quivicino allo Stagno dei Gabbianinel folto della foresta montuosa chelo circonda; la fame e la sete ci costrinserol'altro ieriacercare quel rifugio. Inutilmentela notte scorsaabbiamo mandato inostri servi a cercare un po' di pane e di vino tra gli abitantidella zona; la paura di essere presi e uccisi li trattennedall'esporsi. Per questo oggi ho dovuto lasciare il rifugio iostessoa rischio della vitaper tentare la fortuna. E il cielosenon è tutto un inganno"proseguìstringendo lamano della vecchia"mi ha guidato presso gente misericordiosache non partecipa all'inauditocrudele accanimento che ha travoltotutti gli abitanti di quest'isola. Abbiate la bontàin cambiodi un generoso compensodi riempirmi qualche cesta di viveri ebevande; ci mancano solo cinque giorni di viaggio per Port-au-Princeese ci procurate i viveri per raggiungere quella cittàviconsidereremo per sempre i salvatori della nostra vita".


"Sìquesto folle accanimento"disse ipocritamente la vecchia. "Nonè come se le mani di uno stesso corpoo i denti di una stessaboccainfierissero gli uni contro gli altriperché non sonofatti tutti nello stesso modo? Che ci posso fare se mio padre ènato a Santiagonell'isola di Cubae sequando fa giornounbarlume di luce affiora sul mio viso? E che ne può mia figliaconcepita e nata in Europase dal suo viso traspare il giorno pienodi quel continente?".


"Come"esclamò il forestiero"voiche in ogni tratto del voltosiete una mulattae dunque di origine africanae la graziosagiovane meticcia che mi ha aperto la portasubite la stessa condannadi noi europei?".


"Pertutti i santi!"rispose la vecchialevandosi gli occhiali.


"Credeteche la piccola proprietà che ci siamo guadagnate in anni difatica e di sofferenzecon il lavoro delle nostre maninon facciagola a questa feroce accozzaglia di ladriuscita dall'inferno? Senon sapessimo metterci al riparo dalle loro persecuzioni conl'astuziae con tutte le arti che la necessità di difendersiinsegna ai debolil'ombra di parentela che abbiamo sul visopoteteesserne sicuronon servirebbe a niente!".


"Nonè possibile!"esclamò il forestiero. "E chivi perseguita su quest'isola?".


"Ilpadrone di questa casa"rispose la vecchia. "Il negroCongo Hoango. Dalla morte del signor Guillaumeche era ilproprietario di questa piantagionee che allo scoppio della rivoltaè stato abbattuto dalla sua mano ferocenoi checome suoiparentiamministriamo il poderesiamo in balia del suo arbitrio edella sua violenza. Ogni pezzo di paneogni sorso d'acqua cheperumanitàconcediamo all'uno o all'altro dei bianchi in fugache di tanto in tanto passano lungo la stradace lo ricambia coninsulti e maltrattamenti; e il suo più grande desideriosarebbe di scatenare contro di noicani bastardi bianchi e creolicome ci chiamala vendetta dei neri; sia per liberarsi di noichegli rimproveriamo la sua crudeltà verso i bianchisia pervenire in possesso della piccola proprietà che lasceremmo".


"Infelici!"disse il forestiero. "Vi compatisco. E dove si trova in questomomento quel sanguinario?".


"Conle truppe del generale Dessalines"rispose la vecchia. "Insiemeagli altri negri della piantagione gli ha portato un carico dimunizioni del quale il generale aveva bisogno. Se non si mette inaltre impreselo aspettiamo fra una decina di giorni. E se alloraDio ne scampiviene a sapere che abbiamo concesso protezione erifugio a un bianco in viaggio per Port-au-Princementre eglipartecipa con tutte le sue forze alla lotta per cancellare dall'isolatutta la vostra razzasaremmo tutte e duepotete credermivotatealla morte".


"Ilcieloche ama l'umanità e la compassione"rispose lostraniero"vi proteggeràper l'aiuto che date a uninfelice! E poichéin tal caso"aggiunseavvicinandosidi più alla vecchia"vi sareste ormai attirate lacollera del negro e l'obbedienzaanche se voleste fare marciaindietronon vi servirebbe più a nientenon potrestedeciderviper qualunque compenso vogliate stabilirea dareospitalità per un giorno o duein casa vostraa mio zio ealla sua famigliaridotta allo stremo dal viaggioin modo che siriprendano un po'?".


"Signore!"disse la vecchiasorpresa. "Che cosa mi chiedete? Come èpossibile ospitare in una casa che si trova sulla strada maestra ungruppo numeroso come il vostrosenza che la gente dei dintorni lovenga a sapere?".


"Perchéno"insistette lo straniero"se io stesso partissi subitoper lo Stagno dei Gabbianie guidassi la mia gente nella fattoriaprima che faccia giorno? Potremmo alloggiare tuttipadroni eservitùin una sola stanzae magariper timore del peggiousare la precauzione di tenere ben chiuse le porte e le finestre".


Lavecchiadopo aver riflettuto un po' sulla propostarispose cheseavesse cercato quella notte stessadi portare il suo drappello dalleforre montane nella fattoriasulla via del ritorno si sarebbeimmancabilmente imbattuto in una banda di negri armatiche era stataannunciata sulla strada maestra da alcuni tiratori mandati inavanscoperta.


"Ebbene"replicò lo straniero"accontentiamociper oradimandare a quegli infelici una cesta di viverie rimandiamo iltentativo di portarli nella fattoria alla notte prossima. Volete farequestobuona donna?".


"Masì"disse la vecchiamentre le labbra dello stranierocoprivano di baci la sua mano ossuta"per l'europeo che èstato il padre di mia figliafarò questo favore ai suoicompatrioti perseguitati. Domattina scriverete ai vostri unbigliettoinvitandoli a venire qui da me nella fattoria; il ragazzoche avete visto nel cortile lo porterà laggiùcon unpo' di provvistepasserà la notte con loro sui montipermaggiore sicurezzae il mattino dopose accetteranno l'invitofaràloro da guida fin quilungo il cammino".


Nelfrattempo Toni era ritornatacon la cena preparata in cucinaelanciando un'occhiata al forestierochiese alla vecchia in tonoscherzosomentre preparava la tavola: "Alloramammadi' unpo'il signore si è rimesso dallo spavento che si era presosulla porta di casa? Si è convinto che qui non lo aspettano néil veleno né il pugnalee che il negro Hoango non è incasa?".


"Bimbamia"disse la madre con un sospiro"dice il proverbio:chi si è scottato non si fida del fuoco. Il signore avrebbeagito in modo imprudentese si fosse arrischiato a entrare in casaprima di essere sicuro della razza alla quale appartenevano i suoiabitanti".


Lafanciulla si mise di fronte alla madree le raccontò cheaveva tenuto la lanterna in modo che la sua piena luce le battessesul viso.


"Mala sua immaginazione"aggiunse"vedeva solo negri e mori;e anche se gli avesse aperto una dama di Parigi o di Marsiglial'avrebbe presa per una negra".


Lostranieromettendole dolcemente il braccio intorno alla vitadissecon imbarazzo che il cappello che portava gli aveva impedito diguardarla in viso. "Se avessi potuto"continuòstringendola al petto"guardarti negli occhicome posso fareadessoanche se tutto il resto in te fosse stato neroavrei bevutocon te anche da un bicchiere avvelenato". E dicendo questeparole arrossì.


Lamadre gli fece prendere posto; Toni si sedette vicino a luiappoggiando i gomiti sulla tavolaementre lo straniero mangiavalo fissava in viso. Lo straniero le chiese quanti anni avevae inche città era nata; la madrepresa la paroladisse che Toniera stata concepita e messa al mondo a Parigiquindici anni primadurante un viaggio in Europa nel quale aveva accompagnato la mogliedel signor Villeneuveche era allora il suo padrone. Il negro Comarche l'aveva poi sposatacontinuòaveva accettato Toni comeuna figlia; ma il vero padre era un ricco commerciante di Marsigliadi nome Bertranddal quale la ragazza si chiamava appunto ToniBertrand.


Tonigli chiese se in Francia non l'avesse conosciuto. "No"rispose lo straniero; il paese era grandeedurante il brevesoggiorno che aveva preceduto il suo imbarco per le IndieOccidentalinon aveva incontrato nessuno con quel nome.


Lavecchia aggiunse cheinoltresecondo notizie abbastanza sicure dalei raccolteil signor Bertrand non doveva più essere inFrancia.


"Eraun uomo molto ambizioso"disse"che non sopportava lalimitatezza della vita borghese. Allo scoppio della rivoluzione siimmischiò negli affari pubblicie nell'anno 1795 andòcon una delegazione francese alla corte turcadalla qualeperquanto ne sonon è ancora ritornato".


Lostraniero disse sorridendo a Toniprendendole la manoche alloralei era una ragazza nobile e ricca. La invitò a far valerequei vantaggie disse che c'era speranza che un giorno suo padre laintroducesse in un mondo più brillante di quello nel quale oraviveva! "Sarà difficile"disse la madreconrisentimento represso. "Quando ero incintaa Parigiil signorBertrandche si vergognava di fronte a una fidanzata giovane e riccache voleva sposarenegò in tribunale la paternità diquesta creatura. Non dimenticherò mai il giuramento che ebbel'impudenza di pronunciaredi fronte a me; me ne venne una febbrebiliaree poco dopo anche sessanta frustateche mi fece dare ilsignor Villeneuve; per quelle frustate soffro ancora oggi di malsottile".


Toniche aveva appoggiato la testa sulla manopensierosachiese allostraniero chi fossedi dove venisse e dove fosse diretto. Dopo unbreve imbarazzonel quale l'aveva messo l'amaro discorso dellavecchiaquesti rispose che veniva da Fort Dauphininsieme allafamiglia di suo zioil signor Strömliche aveva lasciatasotto la protezione di due giovani cugini nella foresta montuosa chedava sullo Stagno dei Gabbiani. Poisu preghiera della ragazzaraccontò molti particolari della rivolta scoppiata in quellacittà. Verso la mezzanottementre tutti dormivanoa unsegnale dato a tradimento si era scatenata la strage dei negri controi bianchi. Il capo dei negriche era sergente nel corpo dei genierifrancesiaveva avuto la crudeltà di incendiare subito nelporto tutte le naviper impedire ai bianchi la fuga verso l'Europa.La sua famiglia aveva avuto appena il tempo di salvarsi fuori dalleporte della città con poche cose; epoiché la rivoltadivampava contemporaneamente in tutte le località costierenon le era rimasto altro da fare che prenderecon due muli che eranoriusciti a procurarsila via cheattraversando tutto il paeseportava a Port-au-Princel'unica città chedifesa da unforte esercito franceseresistesse ancora al dominio dilagante deinegri.


Tonichiese in che modo i bianchi si fossero attirati tanto odio.


"Perla posizione comune"rispose il forestierocolpito"checome padroni dell'isolaavevano nei confronti dei neri; e che ioper dire la veritànon mi azzarderei a difendere. Maesistevaimmutatagià da molti secoli! La frenesia dellalibertàche ha contagiato tutte le piantagioniha spintonegri e creoli a spezzare le catene che li opprimevanoe avendicarsi contro i bianchi dei molti e condannabili maltrattamentisubiti per colpa di alcuni bianchi malvagi".


"Soprattutto"continuòdopo un breve silenzio"mi ha colpito e mi èsembrato raccapricciante il gesto di una ragazza. Questa giovanedirazza negraquando divampò l'insurrezione era ammalata difebbre gialla cheper raddoppiare la sventuraera scoppiata incittà. Tre anni prima aveva lavorato come schiava al serviziodi un colono di razza bianca; questirisentito perché non siera mostrata arrendevole ai suoi desideril'aveva duramentemaltrattatae poi venduta a un colono creolo. Il giorno dellarivolta generale la ragazza venne a sapere che quel piantatoreilsuo antico padroneaveva cercato riparo dal furore dei negri che loinseguivano in una legnaia vicina; alloraricordandosi deimaltrattamenti subitiall'imbrunire aveva mandato da lui suofratelloper offrirgli di passare la notte presso di lei.L'infeliceche non sapeva che la ragazza fosse malatae tanto menodi quale malattia soffrissevenne epieno di gratitudinecredendosi salvosi gettò fra le sue braccia. Ma non avevatrascorso mezz'ora nel suo lettotra baci e carezzequando lei dicolpocon un'espressione di selvaggio e gelido furoresi alzòdicendo: 'Hai baciato una malata di pesteche porta la morte nelpetto. Vai a portare la febbre gialla a tutti quelli che tiassomigliano!'".


L'ufficialementre la vecchia esprimeva con esclamazioni il suo orrore per quelgestochiese a Toni se lei sarebbe stata capace di un'azione simile."No!"disse Tonie abbassòconfusalo sguardodavanti a sé. Lo stranieroposando sulla tavola iltovaglioloaggiunse chesecondo i sentimenti del suo animonessunatirannia che i bianchi avessero commesso poteva giustificare un cosìorribile e spregevole tradimento. "Un simile gesto"dissealzandosicon espressione appassionata"disarmava la vendettadel cielo: gli angeli stessiindignati da tantosi sarebbero messidalla parte di coloro che avevano torto eper conservare l'ordineumano e divinoavrebbero preso le difese della loro causa!".Pronunciando queste parolesi avvicinò per un momento allafinestra e guardò fuorinella notteche trascorreva connuvole tempestoseoscurando la luna e le stellee poiché glisembrò che la madre e la figlia si guardasseroanche se nonnotò affatto che si fossero fatte cenni d'intesaun senso dinoia e di repulsione lo invase; si giròe pregò chegli indicassero la camera dove avrebbe potuto dormire.


Lamadreguardando verso la pendolaosservò che era quasimezzanotteprese in mano una lampadae invitò lo straniero aseguirla. Attraverso un lungo corridoiolo portò nella stanzache gli era destinata; Toni portò il mantello e le altre coseche egli aveva deposto. La madre gli indicò un comodo lettocon molti cusciniper dormireedopo aver ordinato a Toni dipreparare una catinella perché il signore potesse rinfrescarsii piedigli augurò la buona notte e si congedò.


Lostraniero posò in un angolo la spada e posò sul tavolodue pistole che portava alla cintola. Mentre Toni sprimacciava illettoe vi stendeva sopra un lenzuolo biancosi guardòintorno nella stanzae concluse subitodal lusso e dal gusto che viregnavanoche doveva essere appartenuta al primo proprietario dellapiantagione. Un senso di inquietudine gli scese nel cuorecome unavvoltoioe desiderò di essere di ritorno fra i suoinellaforestaaffamato e assetato com'era venuto.


Intantola ragazza era andata a prendere dalla vicina cucina un recipiente diacqua caldache profumava di erbe odorosee invitòl'ufficialeche si era appoggiato alla finestraa ristorarsi.


Liberandosiin silenzio della cravatta e del panciottol'ufficiale si sedettesulla sedia; ementre si accingeva a togliersi gli stivalie laragazzaaccoccolata in ginocchio davanti a luiattendeva ai piccolipreparativi per il bagnoosservò la sua attraente figura. Isuoi capelliin onde di riccioli scurierano scivolatiquando siera inginocchiatasui giovani seni; un tratto di grazia non comunegiocava intorno alle sue labbra e sulle lunghe ciglia che coprivanogli occhi abbassati; avrebbe potuto giurare cheall'infuori delcoloreche gli ripugnavanon aveva mai visto niente di piùbello. E poi notava una lontana somiglianzanon sapeva ancoraesattamente lui stesso con chiche aveva già osservatoentrando in casa e che in tutta l'anima gli parlava in suo favore.


Quandoleicontinuando le sue faccendesi alzò in piedila preseper mano e ritenendomolto giustamenteche non c'era che un modoper scoprire se la fanciulla avesse un cuore oppure nola fecesedere sulle sue ginocchia e le chiese se era già fidanzata.


"No"sussurrò la ragazzaabbassando a terra i grandi occhi nericon delizioso pudore. Eimmobile sulle sue ginocchiaaggiunse chesìConellyun giovane negro del vicinatol'aveva chiesta inmoglie tre mesi prima; ma lei aveva detto di no; era ancora troppogiovane.


Lostranieroche con le mani le cingeva la vita sottiledisse che nelsuo paesesecondo un proverbiouna ragazza di quattordici anni esette settimane era già in età da marito. Ementre leiosservava una piccola croce d'oro che lui portava sul pettolechiese quanti anni aveva.


"Quindici"rispose Toni.


"Edunque!"continuò lo straniero. "E' forse troppopoveroper mettere su casa con te come vorresti?".


"Ohno!"rispose Tonisenza alzare gli occhi su di lui. "Alcontrario"disse lasciando andare la piccola croce che tenevain mano. "Conellyper come vanno le coseè diventatoricco; a suo padre è toccata tutta la piantagione che primaapparteneva al suo padrone".


"Eallora perché hai respinto la sua proposta?"chiese lostraniero.


Eallontanandole i capelli dalla fronte con una carezza gentileaggiunse: "Forse non ti piaceva?".


Lafanciulla risescuotendo brevemente la testa; equando lo stranierole sussurrò scherzosamente all'orecchio se doveva essere unbianco a ottenere il suo favorelei di colpodopo un attimo ditrasognata esitazionecon un delizioso rossore che le accendeva ilvolto gli si abbandonò sul petto.


Lostranierocommosso dalla sua grazia e dalla sua dolcezzala chiamòla sua cara fanciulla esollevato da ogni angoscia come per manodivinala strinse tra le sue braccia. Gli era impossibile credereche tutti i gesti che aveva osservato in lei non fossero che lasciagurata espressione di un freddomostruoso tradimento. I pensieriche lo avevano reso inquieto si dileguaronocome uno stormo diuccelli orribili; si rimproverò per aver dubitato a tortoanche per un attimodel suo cuoreedondolandola sulle ginocchiasucchiando il dolce respiro che saliva da leile impressequasicome un segno di riconciliazione e di perdonoun bacio sulla fronte.


Intantola ragazza si era alzata in piedimessa bruscamente in ascoltocomese qualcuno si avvicinasse alla porta lungo il corridoio; conespressione pensierosa e sognantesi aggiustò lo scialle chele si era spostato sul pettoe solo quando si accorse di essersiingannata si girò di nuovo al forestierocon il viso allegroe gli ricordò che l'acquase non l'avesse usata subitosisarebbe raffreddata.


"Checosa c'è?"chiesepreoccupatavedendo che lo stranierotacevae la guardava pensieroso. "Perché mi osservatecosì attentamente?".


Ecercò di nascondere il suo improvviso imbarazzo aggiustandosiil corpetto. "Strano signore"esclamò ridendo"checos'è che vi colpisce tanto nel mio aspetto?".


Lostranieroche si era passato la mano sulla frontedisse soffocandoun sospiromentre la faceva scendere dalle sue ginocchia: "Unastrana somiglianza fra te e un'amica".


Toniche vedeva bene come la sua allegria si fosse dissipata gli prese conaffetto gentile la manoe chiese: "Quale amica?".


Dopouna breve riflessioneegli rispose: "Il suo nome era MariannaCongrèvee la sua città natale Strasburgo. L'avevoconosciuta laggiùdove suo padre aveva un commerciopocoprima che scoppiasse la rivoluzioneed ero stato cosìfortunato da ottenere il suo consenso eprovvisoriamenteanchequello di sua madre. Ahera l'anima più fedele sotto il sole;e le circostanze atroci e commoventi in cui l'ho persa mi ritornanoquando ti guardocosì presentiche per la tristezza nonposso trattenere le lacrime".


"Come?"disse Tonipremendosi forte e con tenerezza contro di lui.


"Nonvive più?".


"E'morta"rispose lo straniero. "E solo dalla sua morte hoimparato che cosa sono la vera bontà e la grandezza d'animo.Dio sa"continuòappoggiando dolorosamente il caposulla spalla di lei"come abbia potuto spingere tanto oltre lamia sconsideratezza da rischiare una serain un luogo pubblicoungiudizio sul terribile tribunale rivoluzionario che era stato appenacostituito. Fui messo sotto accusami cercarono; ein mancanza dimeche avevo avuto la fortuna di trovare scampo nei sobborghilabanda dei miei forsennati persecutoriche volevano ad ogni costo unavittimacorse a casa della mia fidanzata; infuriati perchéassicuravaed era veroche non sapeva dove fossicon il pretestoche era d'accordo con me la trascinaronocon inaudita leggerezzaalpatibolo al posto mio.


Appenami fu riportata quella spaventosa notiziauscii dal nascondiglio incui mi ero rifugiato efendendo la calcacorsi verso il patibologridando: 'Eccomibestie ferocieccomi!'. Ma leiche era giàsul palco della ghigliottinaalla domanda dei giudicichesventuratamente non mi conoscevanocon uno sguardo che mi si èimpresso nell'anima per sempregirò il visodicendo: 'Nonconosco quest'uomo...'.


"Eal rullo dei tamburi e alle urla impazienti di quei sanguinarilalamapochi istanti dopocadde e le tagliò la testa dalbusto... Come mi abbiano salvatonon so. Mi trovaiun quarto d'oradoponella casa di un amicodove passai da uno svenimentoall'altro; e a serasemipazzomi caricarono su una carrozza e miportarono oltre il Reno".


Conqueste parole lo straniero lasciò la fanciulla e si avvicinòalla finestra; equando lei vide che egli premeva nel fazzoletto ilviso commossoun sentimento umanodestato da molti latilasopraffece; con un movimento improvviso lo seguìgli gettòle braccia al collo e mescolò le sue lacrime a quelle di lui.


Quelloche accadde poi non serve raccontarlopoiché chiunque siaarrivato a questo punto lo capisce da solo. Lo stranieroquando sifu ripresonon sapeva dove lo avrebbe portato l'azione che avevacommesso; ma capiva di essere salvoe chenella casa in cui sitrovavanon aveva niente da temere da parte della fanciulla.


Vedendolapiangere sul lettocon le braccia incrociatefece tutto ilpossibile per calmarla. Si tolse dal petto la piccola croce d'orodono della sua fedele Mariannala sua fidanzata mortaechinandosisu di lei con infinite carezzegliela mise al collocome dono difidanzamentocosì disse. E poiché lei continuava asciogliersi in lacrimee non ascoltava le sue parolesi sedette sulbordo del letto e le disseora accarezzandoleora baciandole lamanoche il mattino dopo l'avrebbe chiesta in sposa a sua madre. Ledescrisse la piccola proprietàlibera da qualsiasi ipotecache possedeva sulle rive della Aarla casaabbastanza comoda espaziosa per accogliere lei e anche sua madrese l'età leavesse permesso di compiere il viaggio per raggiungerla; i campiilgiardinoi pratila vigna; e il vecchio padre venerandochel'avrebbe accolta con gratitudine e con amoreperché avevasalvato suo figlio. La strinsepoiché le sue lacrimecontinuavano a sgorgare senza fineinzuppando il cuscinotra le suebracciae le chiesea sua volta commossoche cosa le aveva fattodi malee se non poteva perdonarlo. Le giurò che l'amore perlei non sarebbe mai venuto meno nel suo cuoree che soltantonellavertigine di una strana confusione dei sensiuna mescolanza didesiderio e di paura che lei gli aveva ispirato aveva potutospingerlo a commettere una simile azione. Le ricordòinfineche brillavano già le stelle del mattinoe chese fosserimasta più a lungo nel lettosua madre sarebbe arrivata e vel'avrebbe sorpresa; la invitòper amore della sua salvezzaad alzarsi e a riposare ancora qualche ora nel proprio letto; lechiesementre l'angoscia per il suo stato gli causava un verotormentose non voleva che la prendesse tra le braccia e la portassein camera sua; e poiché non rispondeva a nessuna delle sueparolee continuava a piangere silenziosamentedistesa tra icuscini scompigliati nel lettoimmobilecon la testa premuta tra lebraccianon gli restò alla finepoiché dalle duefinestre entrava già la luce chiara del giornoaltro da fareche prenderla in bracciosenza altri discorsi; la portòchependeva dalla sua spalla come senza vitasu per la scalain camerasuaedopo averla adagiata sul suo letto e averle ripetuto ancorauna voltatra mille carezzetutto ciò che le aveva giàdettola chiamò ancora una volta la sua cara sposale diedeun bacio sulle guance e ritornò in fretta nella propriastanza.


Nonappena fu giorno fattola vecchia Babecan salì dalla figlia ele rivelòsedendosi accanto al suo lettoil piano che avevain mentea proposito dello straniero e di quelli che viaggiavano conlui. Disse chepoiché il negro Congo Hoango non sarebberitornato prima di due giornisi trattava soltanto di trattenere incasa lo straniero per il tempo necessariocercando di evitare chearrivassero i suoi familiarichea causa del loro numeroavrebberopotuto essere pericolosi. A questo scopo continuòavevapensato di far credere allo straniero chesecondo una notizia appenaarrivatail generale Dessalines avrebbe attraversato la regione conle sue truppee perciòdato l'estremo pericolosoltanto ilterzo giornoquando fosse ormai passatosarebbe stato possibileaccogliere in casa la sua famigliasecondo il suo desiderio. Nelfrattempoconclusebisognava rifornire quella gente di viveriperché non continuassero il viaggioe inoltre alimentareinmodo da potersi impadronire di loro in un secondo tempol'illusionedi trovare rifugio nella casa. La cosa era importanteosservòperché probabilmente la famiglia aveva con sé beniconsiderevoli; e spronò la figlia ad appoggiarla con tutte lesue forze nel disegno che le aveva esposto.


Toniseduta sul lettorisposementre il rossore dell'indignazione leaccendeva il voltoche era una vergogna e un'infamia violare in quelmodo le leggi dell'ospitalità a danno di persone attirate inquella casa. Un uomo perseguitato che si era affidato alla loroprotezione avrebbe dovuto essere doppiamente sicuropresso di loro;e assicurò chese non avesse rinunciato al sanguinarioproposito che le aveva espostosarebbe andata immediatamente dallostranieroe gli avrebbe rivelato quale covo di assassini fosse lacasa in cui aveva creduto di trovare scampo.


"Toni!"disse la madremettendosi le mani sui fianchi e guardandola con gliocchi sbarrati.


"Sicuro!"rispose Toniabbassando la voce. "Che cosa ci ha fatto di malequesto giovaneche per nascita non è neppure francesemacome abbiamo vistoè svizzeroperché noicomebrigantidobbiamo aggredirloucciderlo e derubarlo? Le accuse chesi fanno qui contro i piantatori valgono forse anche per la partedell'isola dalla quale viene? E tutto non ci dimostrainveceche èla persona più nobile e migliore che ci siae che certo nonha nessuna colpa delle ingiustizie che i neri rimproverano alla suarazza?".


Lavecchiaosservando la strana espressione della fanciulladissesoltantocon le labbra tremantiche si meravigliava. E che colpaavevadomandòil giovane portoghese chepoco tempo primaera stato abbattuto sotto il portone a colpi di mazza? E che cosaavevano commesso i due olandesi chetre settimane primaeranocaduti nel cortile sotto le pallottole dei neri? Evolle sapereitre francesie tutti gli altri fuggiaschi isolati di razza biancache erano stati ammazzati nella casaa fucilatea colpi di lancia edi pugnaledall'inizio dell'insurrezionedi che cosa erano statiaccusati? "Per la luce del sole!"gridò la figliasaltando in piedi come una furia. "Hai torto a rinfacciarmiquesti orrori! Le crudeltà alle quali mi costringete apartecipare mi ripugnavano già da un pezzonel profondo; eper placare la vendetta di Dio contro di meper tutto quello che èsuccessoti giuro che morirò dieci voltepiuttosto dilasciare che a questo giovane sia torto anche solo un capellofinchési trova nella nostra casa".


"Eva bene"disse la vecchiacon improvvisa arrendevolezza"chelo straniero se ne vada pure! Ma quando Congo Hoango ritorna"aggiunsealzandosi per lasciare la stanza"e verrà asapere che un bianco ha passato la notte in casa nostragli renderaiconto della pietà che ti ha spintocontro i suoi espressiordinia lasciarlo andare via".


Aqueste paroledalle qualia dispetto della loro apparentemoderazionetraspariva nascostamente la collera della vecchialafanciulla restò sola nella stanzaprofondamente abbattuta.Conosceva troppo bene l'odio della madre per i bianchiper credereche si lasciasse sfuggire quell'occasione di saziarlo. Il timore chemandasse subito qualcuno nelle piantagioni vicinea raccogliere inegri per sopraffare lo stranierola spinse a vestirsi e a seguirlasenza indugio nella stanza di sotto. Mentre la vecchia si allontanavaturbata dalla credenzadove sembrava aver trafficato qualcosae sisedeva alla spola per filaresi fermò davanti al proclamaaffisso alla portanel quale si vietava a tutti i neripena lamortedi offrire ai bianchi asilo e protezione; ecome sespaventatasi fosse resa conto di essersi comportata malesi giròdi colpoe cadde ai piedi della madreche come ben sapevadadietro la stava osservando. Abbracciandole le ginocchiala pregòdi perdonare le follie che si era permessa di dire in difesa dellostraniero; si scusòadducendo lo statoa metà fra ilsogno e la veglianel quale era stata sorpresaancora a lettodalle sue proposte di vincerlo con l'astuzia; e disse chel'abbandonava senz'altro alla vendetta delle leggi del paesecheormai ne avevano stabilito la morte.


Lavecchiadopo una pausadurante la quale aveva guardato fisso laragazzadisse: "Per il cieloquello che hai detto gli salva lavitaper oggi! Perché il suo cibodato che minacciavi diprenderlo sotto la tua protezioneera già avvelenatoealmeno mortol'avrebbe messo nelle mani di Congo Hoangosecondo isuoi ordini". Ecosì dicendosi alzò e rovesciòfuori dalla finestra una scodella di latte che era sulla tavola.


Toninon credendo ai propri occhifissò inorridita la madre congli occhi sgranati. La vecchia tornò a sedersifece alzare laragazzache era rimasta in ginocchio sul pavimentoe le chiese checosa le avesse fatto cambiare così improvvisamente idea nelcorso di una notte. La sera primadopo avergli preparato l'acquacaldaera rimasta ancora molto con lui? Aveva parlato a lungo con lostraniero? Ma Tonicon il petto che le battevanon disse nienteoniente di preciso; rimase in piedicon gli occhi fissi a terraetenendosi la testa con le maniparlò di un sogno; ma unosguardo al petto della sua povera mammadissechinandosi in frettaa baciarle la manobastava a richiamarle alla memoria tutta lacrudeltà della razza alla quale lo straniero apparteneva; eassicurògirandosi e premendo il viso nel grembiulenonappena fosse rientrato il negro Congo Hoangolei avrebbe visto qualefiglia aveva.


Babecanstava ancora sedutapensierosariflettendo da dove venisse lastrana eccitazione della ragazzaquando lo stranieroche aveva inmano un foglio scritto in camera suanel quale invitava la famigliaa passare alcuni giorni nella piantagione del negro Hoangoentrònella stanza. Salutòcon fare lieto e gentilemadre efigliae le pregòporgendo il biglietto alla vecchiadimandare subito qualcuno nella forestaa prendersi cura della suafamigliasecondo la promessa fatta.


Babecansi alzò e disse con inquietudinemettendo il bigliettonell'armadio: "Signoredobbiamo pregarvi di tornareimmediatamente nella vostra camera da letto. La strada è pienadi drappelli di negri in marciae ci hanno detto che il generaleDessalines sta per attraversare con le sue truppe questa regione.Questa casaaperta a tuttinon vi garantisce nessuna sicurezzasenon vi nascondete in camera vostrache dà sul cortilee nonchiudete perfettamente le portee anche le imposte alle finestre".


"Come?"disse lo straniero stupito. "Il generale Dessalines...".


"Nonfate domande!"lo interruppe la vecchiabattendo tre volte sulpavimento con un bastone. "Nella vostra cameradove vi seguiròsubitovi spiegherò tutto".


Lostranierospinto fuori dalla stanza dai gesti ansiosi della vecchiasi girò ancora una voltasulla sogliadicendo: "Maalla famiglia che mi aspettanon si potrà almeno mandare unmessaggio che...".


"Cioccuperemo di tutto"lo interruppe la vecchiamentre chiamatodai suoi colpientrava il ragazzo che già conosciamo; ordinòa Tonila qualegirando le spalle allo stranierosi era messadavanti allo specchiodi prendere una cesta di viveri che stava inun angoloe la madrela figlialo straniero e il ragazzo salirononella camera da letto.


Quila vecchiamessasi comodamente a sedere nella poltronaraccontòche per tutta la nottesui monti che circondavano il postosi eranovisti brillare i fuochi del generale Dessalines: circostanzarealmente fondataanche sefino a quel momentonella zona non siera ancora visto neppure un negro del suo esercitoche avanzavaverso sud-ovestin direzione di Port-au-Prince. In questo modoriuscì gettare lo straniero in un abisso d'inquietudinecheseppe poi calmareassicurandolo che avrebbe fatto tutto ilpossibileanche nel caso peggiore che le toccasse alloggiare letruppeper salvarlo. Alle ripetuteinsistenti preghiere dellostraniero chein quelle circostanzesi aiutasse almeno la suafamiglia mandando dei viveriprese dalle mani della figlia la cestaedandola al ragazzogli disse di andare allo Stagno dei Gabbianinella foresta vicinae consegnarla alla famiglia dell'ufficialestranieroche vi si trovava.


L'ufficialeavrebbe dovuto riferirestava beneamici dei bianchii qualiperil partito che avevano presoerano anch'essi esposti aimaltrattamenti dei negrilo avevano accolto per compassione in casaloro. Non appena la strada maestra fosse stata sgombra dalle bande dinegri armati che si stavano aspettandoconclusesi sarebbero presele misure opportune per offrire anche alla famiglia un rifugio inquella casa.


"Haicapito?"chiesequando ebbe finito. Il ragazzo mettendosi ilpaniere sulla testarispose che conosceva benissimo lo Stagno deiGabbiani di cui aveva parlatoperchédi tanto in tantociandava a pescare con i compagni; e avrebbe riferito tuttocosìcome gli era stato dettoalla famiglia del signore straniero che viera accampata.


Lostranieroalla domanda della vecchia se avesse ancora qualcosa daaggiungeresi tolse dal dito un anello e lo diede al ragazzoperchélo consegnasse al signor Strömliil capofamigliaper attestareche le cose da lui riferite rispondevano a verità. Poi lamadre si occupò di vari preparativi miraticome dicevaallasicurezza del forestiero; ordinò a Toni di chiudere le impostealle finestre eper dissipare il buio che era sceso nella stanzaaccese lei stessa un lumecon un acciarino che si trovava sullamensola del camino: ma dovette trafficare un po'perchél'esca non voleva prendere. Lo straniero approfittò di quelmomento per mettere dolcemente il braccio intorno alla vita di Tonie sussurrarle all'orecchio se aveva dormito benee se egli nondovesse mettere la madre al corrente di quanto era accaduto. Ma allaprima domanda Toni non risposee alla secondasciogliendosi dal suobracciodisse: "No! Se mi amatenon una parola!"represse l'angoscia che suscitavano in lei quei subdoli preparativiecol pretesto di preparare la colazione al forestieroscese dicorsa nella stanza di soggiorno.


Presedall'armadio della madre il biglietto con il quale il forestieroignaroaveva invitato la famiglia a seguire il ragazzo nellapiantagionee decise di giocare il tutto per tuttosperando che lamadre non lo cercasse: risolutanel peggiore dei casia morire conluivolò con il biglietto dietro al ragazzoche si era giàincamminato per la strada maestra. Poichédavanti a Dio e alsuo cuorequel giovane non era più un semplice ospitealquale aveva concesso protezione e rifugioma era il suo promessosposo; ed era dispostanon appena il partito di lui fosse statoabbastanza forte nella casaa confessarlo senza ritegno alla madreanche se prevedevain circostanze similila sua costernazione.


"Nanky"disse senza fiatoquando ebbe raggiunto di corsa il ragazzo sullastrada maestra"mia madre ha cambiato il suo pianoa propositodella famiglia del signor Strömli. Prendi questo foglio! E'indirizzato al signor Strömliil vecchio capofamigliae loinvita a passare qualche giorno nella nostra piantagionecon tuttiquelli che sono con lui. Sii sveglioe vedi anche tu di fare tuttoil possibile per convincerli; al suo ritorno il negro Congo Hoango tiricompenserà".


"VabeneToniva bene"rispose il ragazzo. Emesso in tasca ilbigliettodopo averlo piegato con curachiese: "E devo fare daguida al loro gruppoquando verranno qui?".


"Certo"rispose Toni"si capisceperché non conoscono la zona.Madato che sulla strada maestra potrebbero esserci dei movimenti ditruppenon ti metterai in cammino per venire qui prima dimezzanotte; alloraperòdovrai sbrigartiper arrivare quiprima che faccia giorno. Posso aver fiducia in te?".


"Fidatidi Nanky!"rispose il ragazzo. "Lo soperchévolete attirare questi fuggiaschi bianchi nella piantagione. CongoHoango sarà contento di me!".


PocodopoToni portò la colazione allo straniero; equando ebbesparecchiatomadre e figlia ritornarono nel soggiorno per sbrigarele loro faccende. Dopo un po'com'era inevitabilela madre siavvicinò all'armadio enaturalmentenon trovò ilbiglietto. Per un attimopoco sicura della sua memoriasi passòla mano sulla frontee chiese a Toni dove potesse aver posato ilfoglio che lo straniero le aveva dato. Dopo una breve pausain cuifissò il pavimentoToni rispose cheper quanto sapevalostraniero se l'era rimesso in tasca e di soprain camera sualoaveva strappato davanti a loro. La madre guardò la ragazza congli occhi spalancati; disse che si ricordava benissimo di aver presoil foglio dalle sue manie di averlo messo nell'armadio; mapoichédopo averlo cercato a lungo invanonon lo trovòe non sifidava della propria memorianon essendo la prima volta che lecapitava una cosa del generenon le restò alla fine checredere a quanto aveva detto la figlia. Non riusciva però anascondere il suo disappunto per la circostanzaperché ilbigliettodicevasarebbe stato della massima importanza per ilnegro Hoangoper attirare la famiglia nella piantagione.


Amezzogiorno e a seraquando Toni portò da mangiare allostranierola vecchia cercò più volte l'occasionementre sedevaa un angolo della tavolaper intrattenerlodichiedergli del biglietto; ma Toni fu tanto abileogni volta che laconversazione si avvicinava a quel punto pericolosoda sviarla oconfonderla; così che la madre dalle parole del forestiero nonriuscì in nessun modo ad appurare che fine avesse fatto ilfoglio. Intanto la giornata passò. La madredopo cenachiusea chiaveper prudenzacome dissela camera dello straniero edopoaver ancora riflettutoinsieme a Tonia uno stratagemma che lepermettesseil giorno seguentedi venire in possesso di un altrobigliettoandò a riposareordinando alla fanciulla di farealtrettanto.


Nonappena Toniche per tutto il giorno aveva aspettato quel momentoebbe raggiunto la sua stanza e si fu convinta che la madre avevapreso sonnomise su una seggiola l'immagine della Santa Vergine cheera appesa vicino al suo lettole si inginocchiò davanticonle mani giuntee implorò dal Redentoreil suo divinofiglioloin una preghiera piena di infinito ardoreil coraggio e lafermezza di confessare al giovane al quale si era data tutti idelitti che pesavano sul suo giovane cuore. Promise cheper quantopotesse costare al suo cuorenon gli avrebbe nascosto nienteneppure la spietataorribile intenzione con cui il giorno prima loaveva attirato in casa; main nome dei passi che aveva giàcompiuti per la sua salvezzadesiderava che potesse perdonarlaeportarla con sé in Europacome una moglie fedele.Meravigliosamente rinfrancata da quella preghierasi alzòprese la chiave principaleche apriva tutte le stanze della casaecon essa si avviò lentamentesenza lampadaper lo strettocorridoio che attraversava l'edificioverso la camera dellostraniero.


Aprìla stanza piano pianoe si avvicinò al lettodove luiriposava in un sonno profondo. La luna illuminava il suo voltofiorentee il vento notturnoentrando attraverso le finestreapertegiocava con i capelli sulla sua fronte. Si chinòdolcemente su di lui e lo chiamò per nomeaspirando il suodolce respiro. Ma egli era immerso in un profondo sognodel qualeproprio lei sembrava l'oggettoperché dalle sue labbraardentiche tremavanoudì più volte uscire in unsussurro una parola: "Toni". Una malinconia che non si puòdescrivere la prese; non poteva risolversi a strapparlo dai cieli diuna soave immaginazione e trascinarlo in bassoin una realtàvolgare e dolorosa; enella certezza che presto o tardi si sarebbesvegliato da solosi inginocchiò accanto al letto e coprìdi baci la sua cara mano.


Machi descriverà il terrore chepochi istanti dopole strinseil cuorequando ad un trattodall'interno del cortileudìun rumore di uominidi cavalli e di armie fra essochiarissimala voce del negro Congo Hoangoche era inaspettatamente ritornatocon tutta la sua bandadall'accampamento del generale Dessalines!Corseevitando con cura la luce della lunache minacciava ditradirladietro le tende della finestrae sentì giàla madre mettere al corrente il negro di tutto ciò che eraavvenuto nel frattempoe della presenza del fuggiasco europeo nellacasa. Il negro ordinò ai suoicon voce attutitadi faresilenzio nel cortilee chiese alla vecchia dove fosse in quelmomento lo straniero. Lei gli indicò la stanza; e neapprofittò per raccontargli subito lo strano e sorprendentecolloquio che aveva avuto con la figliaa proposito del fuggiasco.Assicurò al negro che la ragazza li tradivae che tutto ildisegno per impadronirsi di lui minacciava di fallire. Quellacanaglialei se n'era accortaallo scendere della notte si erainfilata di nascosto nel suo letto e c'era ancoraa riposaretranquilla; e probabilmentese lo straniero non era giàscappatoin quel momento lo stava mettendo in guardiae stavaconcordando con lui i mezzi per favorirne la fuga.


Ilnegroche in simili casi aveva già sperimentato la fedeltàdella ragazzarispose: "E' mai possibile? KellyOmra!"gridò furente.


"Prendetele carabine!". Esenza aggiungere una parolasi avviòsu per la scalaseguito da tutti i suoi negriverso la camera dellostraniero.


Toniche per alcuni minuti aveva visto svolgersi sotto i suoi occhi questascenarestò in piediparalizzata in tutte le membracome sefosse stata colpita da un fulmine. Pensò per un attimo disvegliare lo straniero; mada una partecon il cortile occupatoogni fuga per lui era impossibile; dall'altraprevide che egliavrebbe impugnato le armi edata la superiorità dei negrisarebbe andato immediatamente incontro alla morte sicura. Anzilaprecauzione più spaventosa che era costretta a prendere eraproprio che l'infelicetrovandola in quel momento davanti al suolettola ritenesse una traditrice einvece di dare ascolto ai suoiconsiglisconvolto da un errore che gli toglieva ogni speranzaandasse a gettarsi alla cieca tra le braccia del negro Hoango.


Inquei momenti di inesprimibile angoscia l'occhio le cadde su una cordacheper un caso voluto dal cieloera rimasta appesa alla parete.Dio stessopensò afferrandolal'aveva messa lì per lasalvezza sua e dell'amico. Con essa legò le mani e i piedi delgiovanestringendo nodi su nodi; edopo aversenza badare al fattoche si era mosso e si dibattevatirato i capie averli fissatisaldamente ai sostegni del lettofelice di avere ormai in pugno lasituazione premette un bacio sulle sue labbra e corse incontro alnegro Hoangoche già si sentivadal cozzare delle armisuper la scala.


Ilnegrocheper quel che riguardava Toninon credeva ancora alracconto della vecchiaquando la vide uscire dalla camera che gliera stata indicata si fermòsorpreso e costernatonelcorridoiocon il suo drappello di fiaccole e di armati. "Ahl'infedelel'infame!"gridò. Evoltandosi versoBabecanche aveva fatto qualche passo avantiverso la porta dellostranierodomandò: "E' fuggito?".


Babecantrovando la porta apertatornò indietro come una furiasenzaguardare dentrogridando: "Canaglia! L'ha fatto scappare!Correteoccupate le usciteprima che arrivi all'aperto!".


"Chec'è?"chiese Toniguardando con un'espressione disbalordimento il vecchio e i negri che lo circondavano.


"Chec'è?"rispose Hoango; e afferratala al petto la trascinòverso la stanza.


"Sieteimpazziti?"gridò Tonirespingendo il vecchiocherestò impietrito alla vista che gli si offriva. "Ecco lostraniero! L'ho legato io al lettoeper il cielonon ècerto l'azione peggiore della mia vita!". E così dicendogli girò le spalle e si sedette a un tavolo come se piangesse.


Ilvecchio si girò verso la madreche stava da un latoconfusae disse: "Babecanche razza di favole mi hai raccontato?".


"Siaringraziato il cielo"rispose la madreesaminando conimbarazzo le corde che legavano lo straniero. "Lo straniero èquaanche se non capisco niente di quello che è successo".


Ilnegrorimettendo la sciabola nel foderosi avvicinò al lettoe chiese allo straniero chi fosseda dove venisse e dove fossediretto.


Mapoiché questifacendo sforzi spasmodici per liberarsinondiceva nientese noncon espressione di atroce dolore: "AhToni! Toni!"parlò la madrespiegandogli che era unosvizzerosi chiamava Gustavo von der Riede veniva da Fort Dauphinsulla costacon tutta una famiglia di cani europeiche in quelmomento era nascosta in qualche bucovicino allo Stagno deiGabbiani.


Hoangovedendo che la ragazza era rimasta a sederecon la testa tristementeappoggiato sulle manile si avvicinòla chiamo la sua cararagazzale diede un colpetto sulla guancia e la pregò diperdonargli l'affrettato sospetto di cui l'aveva accusata.


Lavecchiache si era messa anche lei di fronte alla ragazza puntòi gomiti sui fianchiscuotendo la testae le chiese perchémai avesse legato al letto lo stranieroche non sapeva niente delpericolo che correva.


Tonipiangendo veramente di dolore e di rabbiarisposegirandosi discatto verso la madre: "Perché tu non hai né occhiné orecchi! Perché aveva capito benissimo che pericolocorreva! Perché voleva scappare; perché mi avevachiesto di aiutarlo a fuggire; perché voleva attentare allatua vitae senza dubbioappena fosse stato giornose io non loavessi legato mentre dormivaavrebbe messo in atto il suoproposito".


Ilvecchio accarezzò e calmò la fanciullaordinò aBabecan di non parlarne piùe chiamò un paio ditiratori con le carabineper porre immediatamente in esecuzione lalegge in cui era incorso lo straniero.


MaBabecan gli sussurròin modo che gli altri non sentissero:"NoHoangoper l'amor del cielo!". Epresolo da partegli spiegò che lo stranieroprima di essere giustiziatodoveva scrivere un biglietto per attirare la famiglia nellapiantagioneperché affrontarla nella foresta sarebbe statopericoloso.


Hoangoconsiderando che la famigliaprobabilmentenon era disarmataapprovò il progetto; poiché era troppo tardi per fargliscrivere la lettera nel modo che avevano concertatomise duesentinelle presso il fuggiasco bianco edopo aver di nuovoesaminatoper maggiore sicurezzale corde eavendole trovatetroppo lenteaver chiamato un paio d'uomini che le stringesserolasciò con tutti gli altri la stanzae sulla casa scese apoco a poco il silenzio.


MaToniche solo per finta aveva dato la buona notte al vecchioilquale le aveva stretto ancora una volta la manoe si era coricatanon appena vide che nessuno si muoveva più nella casasi alzòdi nuovouscì di soppiatto all'apertoda una porta sulretroe corsecon un'atroce disperazione nel cuoresu per ilsentieroche sboccava sulla strada maestralungo il quale lafamiglia del signor Strömli si sarebbe dovuta avvicinare. Glisguardi pieni di disprezzo che lo straniero le aveva gettato dal suoletto le avevano dolorosamente trapassato il cuorecome pugnalate;al suo amore per lui si mescolava un sentimento di cocente amarezzae provava un senso di gioia all'idea di morire in quel tentativo checompiva per salvarlo.


Preoccupatadi non incontrare la famigliasi appoggiò al tronco di unpino davanti al quale sarebbe dovuta passarese aveva accettatol'invitoe il primo raggio di luce era appena spuntato all'orizzontequandosecondo gli accordisentì da lontanosotto glialberi della forestala voce di Nankyil ragazzoche faceva daguida alla compagnia.


Ilcorteo era composto dal signor Strömli e da sua moglieche erain groppa a un mulodai loro cinque figlidue dei qualiAdalbertoe Goffredodi diciotto e diciassette annicamminavano accantoall'animaledi tre servitori e di due cameriereuna delle qualicon un poppante al senoera l'altro mulo: in tutto dodici personeche si avvicinavano lentamentescavalcando le radici degli alberiche attraversavano il sentieroal tronco del pino. Tonisenza farerumoreper non spaventare nessunouscì dall'ombradell'albero e gridò verso il gruppo: "Ferma!".


Ilragazzo la riconobbe subito; ealla sua domanda dove fosse il signorStrömlimentre uominidonne e bambini la circondavanolapresentò con gioia al vecchio capo della famiglia.


"Nobilesignore"disse Toniinterrompendo con voce ferma i suoisaluti"il negro Hoango è ritornato improvvisamentenella piantagione con tutta la sua banda. Adesso non potete entrarcisenza il più grande pericolo per la vostra vita; e anchevostro cuginoche per sua sventura vi è stato accoltoèperdutose non prendete le armi e non mi seguite alla piantagioneper liberarlo dalla prigionia in cui il negro Hoango lo tiene!".


"Diodel cielo!"esclamaronopieni di spaventotutti i membridella famiglia; e la madreche era ammalata e sfinita dal viaggiocadde dal mulo svenuta. Mentre al richiamo del signor Strömli lecameriere accorrevano ad aiutare la padronaTonitempestata didomande dai giovaniper timore di Nanky chiamò da parte ilsignor Strömli e gli altri uomini esenza frenare le suelacrime di vergogna e di rimorsoraccontò tutto quello cheera successo; quale fosse la situazione nella casaal momentodell'arrivo del giovane; come il suo colloquio a quattr'occhi con luil'avessein modo del tutto inspiegabilecompletamente cambiata;quello che aveva fatto all'arrivo del negroquasi impazzita perl'angosciae come volesse ora mettere in gioco la vita per liberarlodalla prigionia in cui lei stessa lo aveva gettato.


"Lemie armi!"gridò il signor Strömlicorrendo almulo della moglie e staccandone la carabina; ementre si armavanoanche Adalberto e Goffredoi suoi robusti figlioli e i tre bravidomesticidisse: "Il cugino Gustavo ha salvato la vita a piùdi uno di noi; adesso tocca a noi fare lo stesso". Aiutòsua moglieche si era ripresaa risalire sulla sua cavalcaturafece legare le mani a Nankyper precauzionecome a una specie diostaggiofece tornare indietro allo Stagno dei Gabbiani il gruppodelle donne e dei bambiniaffidandolo alla protezione del soloFerdinandoil suo figlio di tredici annipure lui armatoedopoaver interrogato Toniche aveva preso a sua volta un elmetto e unalanciasul numero dei negri e sulla loro disposizione nel cortileeaverle promesso di risparmiare nell'attaccoper quanto possibilelevite di Hoango e di sua madresi mise alla testa del piccolodrappello eguidato da Tonisi incamminò verso lapiantagione.


Toniquando il gruppo fu entrato con cautela dalla porta posterioremostrò al signor Strömli la camera in cui dormivanoHoango e Babecan; ementre il signor Strömli entrava senza farerumore con i suoi nella casa apertae si impadroniva dei fucili deinegriche erano ammucchiati insiemesgattaiolòda unapartenella scuderianella quale dormiva Seppyil fratellastro diNankyun bambino di cinque anni. Nanky e Seppyfigli illegittimidel vecchio Hoangogli erano infattie particolarmentequest'ultimola cui madre era morta da pocomolto cari; e poichéanche nel caso che riuscissero a liberare il giovane prigionierolaritirata verso lo Stagno dei Gabbianie la fuga da lì versoPort-au-Princealla quale voleva unirsierano ancora esposte amolte difficoltàToni aveva pensatonon a tortoche ilpossesso dei due ragazzi sarebbe stato di grande vantaggiocome unaspecie di pegnoalla compagniase fosse stata inseguita dai negri.Non vistariuscì a prendere il bambino dal suo lettoe aportarlo tra le sue bracciaancora semiaddormentatonell'edificioprincipale.


Intantoil signor Strömli con il suo drappello era arrivatopiùsilenziosamente che potevasulla porta della camera di Hoangomainvece di trovare lui e Babecan a lettocome credevali vide inpiedi svegliati dal rumoreal centro della stanzabenchéseminudi e senza difesa. Impugnando la carabinail signor Strömligridò che si arrendesseroo erano morti! Ma Hoangoper tuttarispostastrappò una pistola dalla parete e fece fuoco nelmucchiosfiorando alla testa il signor Strömli. Il gruppo deibianchia quel gestogli si lanciò addosso con furia; dopoun secondo colpoche trapassò la spalla a un domesticoHoango venne ferito da un colpo di sciabola alla mano; lui e Babecanfurono gettati a terra e saldamente legaticon alcune cordeallegambe di un grosso tavolo.


Nelfrattemposvegliati dagli sparii negri di Hoangopiù diventisi precipitavano fuori dalle scuderie esentendo le urladella vecchia Babecan provenire dalla casaaccorrevano furiosiperriprendere le loro armi. Inutilmente il signor Strömlila cuiferita era senza importanzamise la sua gente alle finestre e ordinòdi far fuoco su di loro per tenerli a bada; incuranti di due mortigià caduti nel cortileessi stavano per andare a prenderescuri e sbarre di ferroper scardinare la porta della casache ilsignor Strömli aveva fatto sprangarequando Tonitremanteentròcon il piccolo Seppy in braccionella camera diHoango.


Ilsignor Strömliper il quale il suo arrivo giungeva a propositole strappò il fanciullotirò fuorigirandosi versoHoangoil coltello da caccia e giurò che avrebbeimmediatamente ucciso il ragazzose egli non avesse gridato ai negridi rinunciare al loro proposito.


Hoangola cui forza era stata spezzata dal colpo alle tre dita della manoechein caso di rifiutoavrebbe rischiato la sua stessa vitarisposedopo qualche attimo di riflessionefacendosi sollevare daterrache lo avrebbe fatto. Portato dal signor Strömlisiavvicinò alla finestrasventolò verso il cortile unfazzoletto che teneva nella sinistrae gridò ai negri di nontoccare la portapoiché non c'era bisogno di aiuto perproteggere la sua vitae di tornare nelle scuderie! Allora loscontro si placò un po'. Hoangosu richiesta del signorStrömlimandò un negro catturato nella casa a ripetereil comando ai suoi uominiche erano rimasti nel cortile aconsigliarsi; epoiché alle parole di quel formalemessaggeroper quanto poco capissero della cosadovevano obbedirerinunciarono al loro propositoper il quale era già tuttoprontoesia pure continuando a brontolare e imprecareritornarononelle scuderie.


Ilsignor Strömli fece legare le mani al piccolo Seppy sotto gliocchi di Hoango e gli disse di non avere altre intenzionise nonliberare l'ufficialesuo nipotedalla prigionia in cui era cadutonella piantagione; se la sua fuga verso Port-au-Prince non fossestata ostacolatanon avrebbe avuto niente da temere né per lasua vita né per quella dei suoi figliche gli sarebbero statirestituiti.


Babecanalla quale Toni si era avvicinatae aveva cercato di porgere la manoper dirle addiocon una commozione che non riusciva a reprimerelarespinse da sé con violenza. La chiamò traditrice einfame egirandosi dall'altra partealla gamba del tavolo dove eralegatale disse che la vendetta di Dio l'avrebbe colpita prima cheavesse avuto il tempo di approfittare del suo tradimento.


"Ionon vi ho tradito"rispose Toni. "Sono biancae fidanzataal giovane che tenete prigioniero; io appartengo alla razza checombattetee saprò rispondere a Dioper essermi messa dallasua parte".


Ilsignor Strömli mise una sentinella vicino al negro Hoangocheper sicurezza aveva fatto legare di nuovo e attaccare saldamente aglistipiti della porta; fece sollevare e portare fuori il domestico cheera a terraprivo di sensicon la clavicola spezzataedopo averancora detto a Hoango chedopo qualche giornoavrebbe potutomandare a prendere i due bambini Nanky e Seppya Sainte-Lucedovesi trovavano i primi avamposti francesiprese con sé Tonicheassalita da sentimenti contrastantinon poteva trattenere lelacrimee la portòfra le maledizioni di Babecan e delvecchio Hoangofuori dalla stanza.


IntantoAdalberto e Goffredoi figli del signor Strömlifin dalla finedel combattimento che aveva avuto luogo alle finestre erano corsiper ordine del padreverso la stanza del cugino Gustavoed eranoriusciti a sopraffare i due negri che lo custodivanodopoun'ostinata resistenza. Uno giaceva morto nella stanzal'altro siera trascinato fino al corridoiocon una grave ferita d'arma dafuoco. I fratelliuno dei qualiil maggioreera stato feritosiapure solo leggermentealla cosciaslegarono il caro cuginoloabbracciarono e lo baciaronoe lo esortarono esultantidandogli unfucile e le armia seguirli nella stanza verso il cortiledove ilsignor Strömliottenuta ormai la vittoriaprobabilmente avevagià preparato ogni cosa per la ritirata.


Mail cugino Gustavosollevatosi sul lettosi limitò astringere le loro mani con amicizia; rimaneva in silenziodistrattoe invece di prendere le pistole che gli porgevanoalzò ladestra e se la passò sulla frontecon un'espressione diinesprimibile dolore. I giovaniche si erano seduti a fianco a luigli chiesero come stava; equando egli li strinse a sé con ilbraccioe appoggiò la testain silenziosulla spalla delpiù giovaneAdalbertotemendo che stesse per svenirefeceper andare a prendergli un bicchier d'acqua; ma in quel momento Tonicon il piccolo Seppy in braccioentrò nella stanzatenutaper mano dal signor Strömli. A quella vista Gustavo cambiòcolore; si strinse fortealzandosial corpo degli amicicome sestesse per cadereeprima che i giovani immaginassero che cosavoleva fare con la pistola che aveva preso dalle loro manidigrignando i denti per la rabbia la scaricò contro Toni. Ilcolpo le attraversò il petto da parte a parte. E quandoconun grido spezzato di dolorefece ancora qualche passo verso di luiedato il fanciullo al signor Strömligli cadde ai piedieglile gettò addosso la pistolala respinse con il piedechiamandola sgualdrinae si lasciò di nuovo cadere sul letto.


"Sciagurato!"gridarono il signor Strömli e i suoi due figli. I giovani silanciarono verso la fanciullala tirarono sue chiamarono unvecchio domesticoche in più di un caso disperato avevaprestato alla compagnia i soccorsi di un medicoma Tonipremendoconvulsamente la mano sulla feritarespinse gli amici e rantolandobalbettò: "Ditegli..."indicando lui che l'avevacolpita. E ripeté di nuovo: "Ditegli...".


"Checosa dobbiamo dirgli?"chiese il signor Strömlimentre lamorte le toglieva la voce.


Adalbertoe Goffredo si alzaronoe gridarono all'assassino incomprensibilmentecrudele se sapeva che la fanciulla era la sua salvatriceche loamava e aveva deciso di fuggire con lui a Port-au- Princeche gliaveva sacrificato tuttobeni e genitori. "Gustavo!"gliurlavano nelle orecchie"Non senti?"scuotendolo etirandolo per i capelli; ma luiinsensibilerestava disteso sullettosenza badare a loro.


Allafine si tirò su. Gettò uno sguardo alla fanciullachesi torceva nel proprio sanguee il furore che aveva provocato il suogesto cedette istintivamente a un moto di comune pietà. Ilsignor Strömlipiangendo nel fazzoletto a calde lacrimeglichiese: "Sventuratoperché l'hai fatto?". Gustavosi alzò dal lettosi asciugò il sudore dalla fronteguardò la fanciulla e rispose che l'aveva legatodi notteatradimento e consegnato al negro Hoango.


"Ah!"gridò Toniecon uno sguardo indescrivibiletese la manoverso di lui. "Amore mioti ho legatoperché...".Ma non poté parlarené raggiungerlo con la mano; dicolpo le forze le vennero menoe ricadde in grembo al signorStrömli.


"Perché?"chiese Gustavopallidoinginocchiandosi accanto a lei.


Dopouna lunga pausarotta soltanto dal rantolare di Toni durante laquale sperarono invano in una sua rispostaprese la parola il signorStrömlie disse: "Perchédopo l'arrivo di Hoangonon c'era altro mezzo per salvartiinfelice; voleva evitare ilcombattimento in cui ti saresti certamente gettatoe guadagnaretempo finché noiche giàgrazie al suo pianocistavamo avvicinandopotessimo liberarti con le armi in pugno".


Gustavosi portò le mani al viso. "Oh!"esclamòsenza alzare gli occhie credette che la terra gli sprofondassesotto i piedi. "E' vero quello che dite?". Le circondòil corpo con le braccia e con il cuore penosamente straziatolaguardò in viso.


"Ah"gridò Tonie furono le sue ultime parole"non avrestidovuto diffidare di me!". Ed esalò la sua bella anima.


Gustavosi strappava i capelli. "No"dissementre i cugini lotrascinavano lontano dal cadavere"non avrei dovuto diffidaredi te.


Perchéti eri fidanzata a me con un giuramentoanche se non ne avevamofatto parola".


Ilsignor Strömli allentò gemendo i lacci che stringevano ilpetto alla fanciullaed esortò il domesticochecon alcunistrumenti poco adattiera in piedi accanto a luia estrarre lapallachedissedoveva essere penetrata nello sterno. Ma ognisforzocome si è dettofu vanoperché il piombol'aveva passata da parte a partee la sua anima era giàfuggita verso stelle più propizie.


IntantoGustavo si era avvicinato alla finestra; ementre il signor Strömlie i suoi figli si consigliavanopiangendo silenziosamentesu checosa dovessero fare della salmae se non dovessero chiamare lamadresi fece saltare il cervello con la palla dell'altra pistola. Aquel nuovo orribile gesto i parenti si smarrirono del tutto. Corseroa portargli aiuto; ma il cranio dell'infelice era sfracellato epoiché si era messo in bocca la pistolail cervelloimbrattava le pareti tutto intorno.


Ilsignor Strömli fu il primo a riprendersi. Poiché dallefinestre arrivava ormai la luce piena del giornoe giungevanonotizie che i negri ricominciavano a farsi vedere nel cortilenonrestava altro da fare che pensare senza esitazioni alla ritirata. Idue cadaveriche non si vollero lasciare in balia della violenza deinegrifurono deposti su un asse; ericaricate le carabineiltriste corteo si mosse verso lo Stagno dei Gabbiani. Davanticamminava il signor Strömlicon il piccolo Seppy in braccio;seguivano i due domestici più robustiche portavano in spallai cadaveri; il ferito zoppicava dietroappoggiandosi a un bastone;Adalberto e Goffredo camminavanocon le carabine spianateai latidel corteo funebreche avanzava lentamente. I negrivedendo che ilgruppo era così deboleuscirono con forche e picche dai loroalloggi e si prepararono attaccare; ma Hoangoche era stato slegatoper precauzionesi fece avanti sui gradini esterni e accennòai suoi di non muoversi. "A Sainte-Luce!"gridò alsignor Strömliche era già con i cadaveri sotto la portacarraia. "A Sainte-Luce"rispose questi; esenza essereinseguitoil corteo uscì all'aperto e raggiunse il bosco.


AlloStagno dei Gabbianidove trovarono i familiariessi scavaronoframolte lacrimeuna fossa per le due salmeedopo aver scambiato glianelli che portavano al ditole calarono con silenziose preghierenella dimora della pace eterna. Il signor Strömlicinque giornidoporaggiunse felicementecon la moglie e i figliSainte- Lucedove lasciòsecondo la promessai piccoli negri. Poco primadell'assedioraggiunse Port-au-Princee combatté sulle suemura per la causa dei bianchie quando la cittàdopoun'ostinata resistenzasi arrese al generale Dessalinessi salvòcon le truppe francesi sulla flotta britannica. La famiglia arrivòcosì in Europa esenza ulteriori disgrazieraggiunse lapatriala Svizzera.


Ilsignor Strömli acquistòcon ciò che restava delsuo piccolo patrimonioun podere nella zona del Righie nel 1807 sipoteva vederetra i cespugli del suo giardinoil cippo da luieretto in memoria del nipote Gustavo e della sua fidanzatala fedeleToni.




LA MENDICANTE DI LOCARNO


Aipiedi delle Alpivicino a Locarnoin Alta Italiasorgeva unvecchio castelloappartenente a un marcheseche ancora oggivenendo dal San Gottardosi vederidotto in macerie e in rovina: uncastello dalle stanze alte e spaziosein una delle quali una voltasulla paglia che vi era stata ammucchiataera stata messa a giacereper compassionedalla padrona di casauna vecchia donna malatachesi era presentata alla porta chiedendo l'elemosina. Il marchesechedi ritorno dalla cacciaentrò distrattamente nella stanzadove in genere riponeva la sua carabinaordinò irritato alladonna di alzarsi dall'angolo in cui era distesae di mettersi dietrola stufa. La donnatirandosi suscivolò con la gruccia sulpavimento liscioe si fece una grave ferita all'osso sacro; tantoche si alzòsìcon indicibile sforzoe attraversòdi traverso la stanzacome le era stato ordinatoma dietro lastufafra gemiti e sospirisi lasciò cadere e morì.


Alcunianni dopoquando il marchesea causa della guerra e dei cattiviraccoltisi trovava in una brutta situazione finanziariavenne atrovarlo un cavaliere fiorentinocheper la sua bella posizionevoleva comperare il castello. Il marcheseche teneva moltoall'affaredisse alla moglie di alloggiare l'ospite nella stanza dicui abbiamo parlatoche era vuotaed era stata arredatasplendidamente. Ma quale fu la costernazione della coppia quando ilcavalierenel bel mezzo della nottescese in camera loro pallido eturbatogiurando e spergiurando che in quella stanza c'erano glispiritiperché qualcosa che era rimasto invisibile allosguardo si era alzato da un angolo della stanzacon un rumore comedi paglia smossaaveva attraversato di sbieco la stanzacon passilenti e interrottima ben udibilie si era lasciato caderefragemiti e sospiridietro la stufa.


Ilmarchesespaventatolui stesso non sapeva bene perchépresein giro il cavaliere con simulata allegriae disse che si sarebbealzato immediatamente eper sua tranquillitàavrebbe passatola notte con lui in quella stanza. Ma il cavaliere lo pregòper cortesiadi permettergli di pernottare nella sua camera dalettosu una poltronaequando arrivò il mattinofeceattaccare i cavallisi congedò e partì.


L'incidenteche suscitò un grande scalporescoraggiòcon enormedisappunto del marchesemolti compratori. E poiché tra i suoistessi domestici si diffondevain modo strano e incomprensibilelavoce che in quella stanzaa mezzanottesi muovessero gli spiritiegliper metterla decisamente a tacere una volta per tutteungiorno decise di esaminare lui stesso la cosa la notte seguente.All'imbrunire fece dunque portare il suo letto in quella stanzaeaspettò senza dormire la mezzanotte. Ma quale fu il suosgomento quando in effettiallo scoccare dell'ora degli spiritisentì l'incomprensibile rumore; era come se un essere umano sialzasse dalla paglia che frusciava sotto di luiattraversasse ditraverso la stanza e si lasciasse caderefra rantoli e lamentidietro la stufa.


Lamarchesail mattino dopogli chieseappena fu scesocome fosseandata la sua indagine. Equando egli si guardò intornoconocchiate incerte e timoroseedopo aver chiuso a chiave la portale assicurò che i fantasmi c'erano veramentelei si spaventòcome non le era mai successo in vita sua e lo pregòprima difar sapere il fattodi tentare un'altra provaa mente freddainsua compagnia. Ma la notte seguenteinsieme a un fedele domesticoche avevano portato con lorosentirono ancora una volta lo stessoincomprensibilespettrale rumore. Solo il pressante desiderio disbarazzarsi del castello a qualunque costo poté far lororeprimerein presenza del domesticoil terrore che li preseeattribuire l'incidente a una causa qualsiasiindifferente e casualeche prima o poi si sarebbe scoperta.


Lasera del terzo giornoquando tutti e dueper venire a capo dellacosasalirono di nuovocon il cuore che battevala scala dellacamera degli ospitiil loro cane da guardiache era stato scioltodalla catenasi trovò per caso davanti alla porta; tanto chei duesenza dirlo esplicitamenteforse con l'intenzione istintivadi avere con sé un terzo essere viventefecero entrare ilcane nella stanza.


Lacoppiadue candele sul tavolola marchesa senza spogliarsiilmarchese tenendo al suo fianco la spada e le pistole che aveva presoda un armadiosi siedeverso le undiciognuno sul proprio letto;ementre cercano di passare il tempo come possonochiacchierandoil cane si corica in mezzo alla stanzatesta e gambe acciambellatee si addormenta. A mezzanotte in puntol'orribile rumore si fa dinuovo sentire; qualcuno che nessun occhio umano può vedere sialza sulle gruccenell'angolo della stanza; si sente la pagliafrusciare sotto di lui; e al primo passotapp!tapp!il cane sisvegliadrizza le orecchiesi solleva di colpo dal pavimento eringhiando e abbaiandoproprio come se un essere umano venisse passopasso verso di luiindietreggia verso la stufa. A quella vista lamarchesacon i capelli drittisi precipita fuori dalla stanza ementre il marcheseafferrata la spadagrida: "Chi èlà?" epoiché nessuno rispondemena fendenti inaria come un pazzoin tutte le direzionidà ordine diattaccare i cavallidecisa a partire immediatamente per la città.


Maprima cheradunati alcuni bagagliesca dal portone con fracassovede il castello tutto avvolto dalle fiamme. Il marchesesopraffattodall'orroreaveva preso una candela estanco della vitaaveva datofuoco ai quattro angoli dell'edificiointeramente rivestito dilegno.


Invanola marchesa mandò gente dentroa salvare l'infelice: era giàmorto nel modo più miseroe ancora oggi le sue bianche ossaraccolte dai contadinigiacciono nell'angolo della stanza dal qualeegli aveva fatto alzare la mendicante di Locarno.




ILTROVATELLO


AntonioPiachiricco mediatore romano di terreniera costretto ogni tantodai suoi commerci a intraprendere lunghi viaggidurante i qualilasciava di solito a casa Elvirala giovane mogliesotto laprotezione dei parenti di lei. Uno di questi viaggi lo portòcon il figlio Paoloun ragazzo di undici anninato dalla sua primamogliea Ragusa. Oracapitò che laggiù fosse appenascoppiata un'epidemiache diffondeva un grande terrore in cittàe nei dintorni. Piachiche lo aveva saputo soltanto durante ilviaggiosi fermò nei sobborghiper informarsi sulla suanatura. Maquando sentì che il morbo diventava di giorno ingiorno più pericolosoe si pensava di chiudere le porte dellacittàl'angoscia per il figlio prevalse su ogni interessecommerciale: si procurò dei cavalli e ripartì.


Giuntoin aperta campagnanotò vicino alla carrozza un fanciullo chetendeva le mani verso di luicome se implorasse e sembrava in predaa una forte agitazione. Piachi ordinò di fermare. Quando glifu chiesto che cosa volesseil fanciullo rispose candidamente cheaveva la peste e che gli sbirri lo inseguivanoper portarloall'ospedaledove erano già morti suo padre e sua madre;pregò per tutti i santi che lo prendesse con sé e nonlo lasciasse morire in cittàe con queste parole afferròla mano del vecchiola strinsela baciò e la coprì dilacrime. Piachinel primo impulso del terrorefece per spingerelontano da sé il ragazzo; ma poiché egliproprio inquel momentocambiò colore e cadde al suolo svenutoil buonvecchio si commosse: scesecon il figlioadagiò il ragazzonella carrozza e continuò con luianche se non aveva la piùpallida idea di che cosa dovesse farne.


Stavaancora discutendo con i locandierialla prima tappasul modo perliberarsenequandoper ordine della poliziache aveva ricevuto unasoffiatavenne arrestato e riportato sotto scorta a Ragusainsiemea suo figlio e a Nicolòcome si chiamava il fanciullo malato.


Tuttele rimostranze di Piachi contro la crudeltà di quelprovvedimento furono inutili; arrivati a Ragusaessi furonoconsegnati a un poliziotto e portati tutti e tre all'ospedaledovePiachisìrestò sanoe Nicolòil fanciullosi ristabilìma Paoloil suo figliolo di undici annicontagiato da luiin tre giorni morì.


Quandole porte vennero riaperte Piachiseppellito il figlioloottennedalla polizia il permesso di partire. Era appena salito in carrozzaprostrato dal doloreevedendo al suo fianco il posto vuotoavevatirato fuori il fazzoletto per dare sfogo alle lacrimequandoNicolòcon il berretto in manosi avvicinò allacarrozza e gli augurò buon viaggio. Piachi si sporse dalfinestrino e gli chiesecon la voce rotta da violenti singhiozzisevoleva fare il viaggio con lui.


"Ohsìmolto volentieri!"disse il ragazzo annuendononappena ebbe capito le parole del vecchio. E poiché iresponsabili dell'ospedalequando il commerciante chiese se alragazzo era permesso di partire con luilo assicuraronosorridendoche era un figlio di Dioe nessuno ne avrebbe sentito la mancanzaPiachi lo fece salirecon grande commozionenella carrozza e loportò con sé a Romaal posto di suo figlio.


Lungola stradadavanti alle porte della cittàil commercianteguardò per la prima volta con attenzione il ragazzo. Era diuna bellezza stranaun po' fissa; i capelli neri gli ricadevanosulla fronte in ciocche lisceombreggiando un volto serio eintelligenteche non cambiava mai espressione. Il vecchio gli feceparecchie domandealle quali egli diede solo brevi risposte;taciturno e raccolto in se stessose ne stava seduto nell'angolocon le mani in tascacontemplandocon occhi timidi e pensierosilecose che correvano via ai lati della carrozza. Ogni tantocon gestilenti e silenziosiprendeva una manciata di noci da una borsa cheaveva con sé ementre Piachi si asciugava le lacrimelemetteva fra i denti e le spezzava.


ARoma Piachi lo presentòcon un breve racconto di quello cheera successoa Elvirala sua giovane e brava moglieche non potéfare a meno di piangere calde lacrimepensando a Paoloil piccolopiccolo figliastroal quale aveva voluto molto bene; tuttaviastrinse al petto Nicolòche stava davanti a lei tutto rigidoe spaesatogli assegnò per riposare il letto in cui l'altroaveva dormito e gli regalò tutti i suoi vestiti. Piachi lomandò a scuoladove imparò a leggerescrivere e fardi contoe poichécome è facile comprenderesi eraaffezionato al ragazzo in proporzione di quanto gli era costatoloadottò come figliocon il consenso della buona Elvirachenon poteva più sperare di avere dei figli dal vecchiogiàpoche settimane dopo. In seguitolicenziò un impiegatodelquale era scontento per svariate ragioni emesso Nicolò alsuo posto nell'ufficioebbe la gioia di vedere che amministrava nelmodo più energico e vantaggioso la sua grande e complicatarete d'affari.


Ilpadrenemico giurato di ogni bigotterianon aveva niente darimproverarglise non la sua assiduità presso i frati delconvento dei Carmelitaniche dimostravano al giovanea causa delnotevole patrimonio che un giorno gli sarebbe toccatocon l'ereditàdel vecchioun grande affetto e favore; e neppure la madreda partesuaaveva niente da rimproverarglise non un'inclinazione per ilsesso femminilechecosì le parevasi era svegliataprecocemente nel suo animo. Già a quindici anniinfattiinoccasione di una delle sue visite ai fratiera stato vittima delleseduzioni di una certa Saveria Tartiniconcubina del loro vescovo;ebenché avesse subito rottocostretto dalla severarichiesta del vecchioquella relazioneElvira aveva diverse ragioniper credere che la sua continenzasu quel pericoloso terrenononfosse delle maggiori.


Avent'annituttaviaNicolò sposò Costanza Parquetunagiovane e graziosa genovesenipote di Elviracheaffidata alle suecureera stata educata a Roma; e così almeno il secondo deimali sembrò bloccato alla radice. Tutti e due i genitoriormaierano contenti di lui eper dargliene una provaarredaronosplendidamente la sua abitazioneper la quale gli assegnarono unaparte considerevole della loro bella e spaziosa casa. Raggiunti isessant'anniinfinePiachi fece l'ultimo e massimo gesto che potevafare per lui: gli intestò per via legale tutto il patrimonioinvestito nel suo commercio di terrenisalvo un piccolo capitale chetenne per sée si ritirò dagli affariinsieme allabuona e fedele Elvirache aveva poche aspirazioni mondane.


Nelcarattere di Elvira c'era una silenziosa inclinazione alla tristezzache le era rimasta da un episodio toccante che risaliva alla storiadella sua adolescenza. Suo padreFilippo Parquetfacoltoso tintoregenoveseabitava una casa checome richiedeva la sua attivitàdavacon la parte posterioresul marea filo dei grandi blocchiquadrati dell'argine; grandi travidalle quali pendevano i pannicoloratiuscivano dal sottotetto e sporgevano per molte braccia sulmare sottostante. Una voltain una notte infaustala casa presefuoco ecome se fosse stata fatta di pece e di zolfole fiammecrepitarono contemporaneamente in tutte le stanze dei vari piani;terrorizzata dalle vampatela tredicenne Elvirascappando di scalain scalasi trovòsenza sapere lei stessa comesu una diquelle travi. La povera fanciullasospesa fra cielo e terranonsapeva come salvarsi; dietro di lei bruciava il solaio e le fiammealimentate dal ventoavevano già attaccato la trave; sotto dileil'orrenda distesa del mare deserto. Voleva giàraccomandarsi a tutti i santi escegliendo il minore dei malisaltare tra i fluttiquandotutto a un trattoun giovane genovesedi famiglia patrizia apparve sull'apertura del solaiogettòil suo mantello sulla travela abbracciò stretta econun'agilità non minore del suo coraggiosi lasciòscivolare in mare con lei lungo uno dei panni umidi che pendevanodalla trave. Qui furono raccolti dalle gondole che stavano nel portoe sbarcati a riva fra l'esultanza della popolazione; mapoco doposi vide il giovane eroeche primaattraversando la casaera statogravemente ferito al capo da una pietra staccatasi dal cornicioneaccasciarsi al suolo privo di sensi. Lo portarono nel palazzo delmarchesesuo padreil qualepoiché tardava a rimettersifece venire medici da ogni parte d'Italiache più volte glitrapanarono il cranioper estrargli dei frammenti d'osso dalcervello. Maper un imperscrutabile decreto del cieloogni rimediofu inutile; raramente si rianimavatenendo la mano di Elvirache lamadre di lui aveva chiamato per assisterlo; edopo tre anni di curedolorosissimedurante i quali la ragazza non si mosse dal suofiancole porse ancora una voltagentilmentela manoe morì.


Piachiche aveva rapporti di affari con la famiglia del marcheseavevaconosciuto Elvira laggiùquando lo assistevae due anni dopol'aveva sposata; ma si guardava dal nominarlo davanti a leio diricordarglielo in qualunque modoben sapendo come il suo animoaffettuoso e sensibile ne venisse sconvolto. La più piccolaoccasione che le ricordasseanche solo da lontanoil tempo in cuiquel giovane aveva sofferto ed era morto per leila commuovevasempre fino alle lacrime; e allora non c'era più modo diconsolarla e di calmarla: dovunque fossesi appartavasenza chenessuno la seguisseperché si era già sperimentato cheogni altro rimedio era inutilese non lasciarla sfogare piangendo ilsuo dolore in solitudine.


Nessunoeccetto di Piachiconosceva la causa di quelle strane e frequenticommozioniperché neppure una volta in vita sua le era salitaalle labbra una parola su quell'avvenimento; erano abituati adattribuirle all'eccitabilità del suo sistema nervosoinconseguenza di una violenta febbre che l'aveva colpita subito dopo ilmatrimonio; e così cessò ogni ulteriore indagine sullesue cause.


Unavolta Nicolòinsieme a quella Saveria Tartini con la qualeadispetto del divieto paternonon aveva mai del tutto interrotto larelazioneandò di nascostosenza che la moglie lo sapessecon la scusa di essere stato invitato a casa di un amicoalCarnevale; e ritornò a tarda nottequando tutti dormivanoindossando un costumeche aveva scelto a casaccioda nobilegenovese. Accadde che il vecchioimprovvisamentesi sentisse pocobene ed Elvirain mancanza delle domestichesi alzasse per aiutarloe andasse nella sala da pranzo a prendergli l'ampollina dell'aceto.Aveva appena aperto la credenzache si trovava nell'angoloe stavafrugandoin piedisull'orlo di uno sgabellotra bicchieri ecaraffequando Nicolò aprì pian piano la porta econuna lampada che aveva acceso nell'anticamerail cappello piumatoilmantello e la spadaattraversò la sala.


Ignarosenza vedere Elvirasi avvicinò alla porta che dava nella suacamera da letto; e si era appena accortocon un tuffo al cuorecheera chiusa a chiavequandoalle sue spalleElvira lo vide econ ibicchieri e le boccette che aveva in manocaddecome se fosse statacolpita da un fulmine invisibiledallo sgabello sul pavimento dilegno. Nicolòpallido per lo spaventosi girò e feceper correre in aiuto della poverina. Mapoiché il rumorecausato dalla caduta non poteva non far accorrere il vecchioiltimore dei suoi rimproveri soffocò ogni altro riguardo: lestrappò in fretta dal fiancotutto agitatoil mazzo dichiavi che portavane trovò una che aprivagettò ilmazzo in mezzo alla stanza e sparì.


Pocodopoquando Piachiper quanto indispostoera saltato giùdal letto e l'aveva tirata sue anche domestici e fanteschechiamati dalle sue scampanellateerano accorsi con le candelevenneanche Nicolòin vestagliae chiese che cosa fosse successo;ma poiché Elviracon la lingua paralizzata dal terrorenonera in condizione di parlaree solo lui stessoall'infuori di leiavrebbe potuto dare una risposta a quella domandacome fosseroandate le cose restò per sempre un mistero. Elvirachetremava in tutte le membravenne messa a lettoe ci restòparecchi giorniin preda a una violenta febbre; macon il naturalevigore della sua costituzionesuperò l'incidente e si ripreseabbastanza beneanche se le restò una strana malinconia.


Passòun anno. Costanzala moglie di Nicolòpartorì edurante il puerperiomorì insieme al bambino che aveva messoal mondo. Il fattodi per sé incresciosoperchérapiva una creatura educata e virtuosalo era doppiamenteperchériapriva le porte alle due passioni di Nicolòla bigotteria ele donne. Dal mattino alla seracon il pretesto di cercareconsolazionese ne stava nelle celle dei Carmelitanibenchéfosse risaputo che alla mogliequando era vivanon aveva dimostratoche scarso affetto e fedeltà. Costanza non era ancora sottoterrae già Elviraentrando di sera in camera suaperoccuparsi dell'imminente sepolturatrovò vicino lui unaragazza in gonna corta e con il truccoche conosceva anche troppobene come la cameriera di Saveria Tartini. Elviraa quella vistaabbassò gli occhisi giròsenza dire una parolaelasciò la stanza. Né Piachi né nessun altroseppe mai niente di quell'incontro; a lei bastò inginocchiarsie piangerecon il cuore oppressoa fianco al cadavere di Costanzache aveva molto amato Nicolò.


Macapitò cheper casoPiachiche era stato in cittàrincasando incontrasse la ragazza eavendo subito capito che cosaera venuta a farela investisse con veemenza eun po' conl'astuziaun po' con la forzale facesse consegnare il bigliettoche aveva con sé. Salìper leggerloin camera suaeci trovòcome aveva previstol'ardente preghiera di Nicolòa Saveria di fargli sapere il posto e l'ora dell'incontro chedesiderava. Piachi sedettee risposecontraffacendo la scritturaanome di Saveria: "Subitoprima di nottenella chiesa dellaMaddalena". Poi chiuse il biglietto con un sigillo non suo e lofece portarecome se venisse da quella signoranella camera diNicolò.


Ilprogetto riuscì perfettamente. Nicolò prese subito ilmantello edimentico di Costanzaesposta nella barauscì dicasa. Allora Piachiprofondamente indignatodisdisse le esequiesolenni fissate per il giorno seguentefece sollevare la salmacosìcom'erada alcuni becchini eaccompagnata soltanto da Elviradalui stesso e da alcuni parentila fece portare in silenzio nellacripta della chiesa della Maddalenache era stata preparata per lei.


Nicolòil qualeavvolto nel mantelloera in piedi sotto la navatavidecon stupore avvicinarsi quel corteo funebre a lui ben notoe chieseal vecchioche seguiva la barache cosa significasse tutto questoe chi venisse trasportato. Ma luicon il messale in manorisposesoltantosenza alzare la testa: "Saveria Tartini"e lasalmacome se Nicolò non ci fosse statofu ancora una voltascopertabenedetta dai presenti e infine calata e richiusa nellacripta.


L'episodioche lo aveva coperto di vergognafece nascere nel petto dellosventurato un odio cocente per Elvirapoiché a lei credeva diessere debitore dell'offesa che il vecchio gli aveva fatto davanti atutti. Per molti giorni Piachi non gli rivolse la parola. Ma poichéNicolòa causa dell'eredità di Costanzaaveva bisognodel favore e della benevolenza del vecchiosi vide costretto aprendergliuna serala manoe a prometterglicon espressionecontritadi rompere immediatamente e per sempre ogni rapporto conSaveria. Ma era assai poco incline a mantenere la promessa eanzila resistenza che gli si opponeva non faceva che accentuare la suaostinazionee renderlo più abile nell'arte di eludere lavigilanza dell'onesto vecchio.


Elviracontemporaneamentenon gli era mai sembrata così bella comenel momento in cui avevaper sua mortificazioneaperto e richiusola stanza in cui si trovava la ragazza. Lo sdegnoaccendendo le sueguance di un soave rossoreaveva dato al suo viso dolceraramenteagitato dalle emozioniun fascino infinito. Gli sembrava incredibilechecon simili attrattivenon azzardasse lei stessadi tanto intantoil piede sul sentiero fiorito sul quale egli si stavaincamminandoquando era stato da lei così ignominiosamentepunito. Se era cosìbruciava dal desiderio di renderlepresso il vecchiolo stesso servizio che aveva ricevuto da lei; enon cercava né aveva bisogno d'altrose non dell'occasione dimettere in atto il suo proposito.


Ungiorno passavain un momento in cui Piachi era assentedavanti allacamera di Elvira econ stuporesentì qualcuno parlare.


Attraversatoda un improvviso brivido di maligna speranzachinò occhi eorecchi alla serratura ecielo!che cosa vide? Lei era làai piedi di qualcunocon un'espressione rapitaebenché nonpotesse vedere chi fossesentì sussurrarenettissimapronunciata con l'inconfondibile accento dell'amorela parola:"Colino".


Conil cuore che gli battevasi mise nel vano della finestra delcorridoiodal quale poteva sorvegliare la porta della camera senzatradire le sue intenzioni; e già credevaa un leggerissimorumore che veniva dalla serraturaarrivato il momento inestimabilein cui avrebbe potuto smascherare la santerellinaquandoinvecedello sconosciuto che aspettavaElvira stessasenza che nessuno laseguisseuscìlanciandogli da lontano uno sguardocompletamente calmo e indifferentedalla stanza. Aveva sottobracciouna pezza di tela tessuta in casa; edopo aver chiuso la stanza conuna chiave che portava al fiancocominciò a scenderetranquillamente la scalacon la mano appoggiata alla ringhiera.


Quelladissimulazionequell'apparente indifferenzagli parve il massimodell'impudenza e della perfidia. Non appena l'ebbe persa di vistacorse a prendere una chiave generale edopo aver gettato a destra ea sinistra alcune occhiate timoroseaprì con precauzione laporta della camera. Ma quale fu il suo sbalordimento quando trovòtutto vuoto efrugando in ogni angolonon trovò niente disimile a un uomose non il ritratto di un giovane aristocraticoingrandezza naturaleposto in una nicchia della paretedietro unacortina di seta rossailluminato da una lampada che aveva davanti.Nicolò ne fu spaventatonon sapeva egli stesso perché.Di fronte ai grandi occhi del ritrattoche lo fissavanounaquantità di pensieri gli attraversarono il petto; maprimache avesse il tempo di raccoglierli e ordinarlilo prese la paura diessere scoperto e punito da Elvira; richiusemolto turbatolaportae si allontanò.


Piùripensava allo strano casopiù cresceva ai suoi occhil'importanza del ritratto che aveva scopertoe più bruciantee dolorosa diventava la curiosità di sapere a chi siriferisse. L'aveva pur vista in ginocchioin tutto il suo profilo edera più che sicuro che colui davanti al quale aveva fatto quelgesto era la figura del giovane cavaliere dipinta sulla tela.Nell'irrequietezza d'animo che si era impadronita di luiandòda Saveria Tartini e le raccontò la strana esperienza che gliera capitata. Costeiche condivideva il suo interesse alla rovina diElvirapoiché tutti gli ostacoli alla loro relazione venivanoda leiespresse il desiderio di vedere il ritratto che stava nellastanza. Poteva vantarsiinfattidi molte conoscenze fra i nobiliitalianie se quello di cui si parlava era stato a Roma anche unasola volta in vita suaed era una persona di una certa importanzapoteva sperare di conoscerlo.


Pocotempo dopocapitò che i due coniugi Piachiche volevano farvisita a un parenteandasserouna domenicain campagna. Non appenaNicolò seppe di averecosìcampo liberocorse daSaveria e la introdussecome una signora forestierainsieme a unafiglioletta che aveva avuto dal cardinalecon il pretesto dimostrarle dei quadri e dei ricaminella stanza di Elvira. Ma qualefu il suo sconcerto quando la piccola Clara (così si chiamavala figlia)non appena egli ebbe tirato la cortina gridò: "OhDiosignor Nicolò! Ma quello siete voi!".


Saveriaammutolì. Il ritrattoin effettipiù lo guardava epiù rivelava un'evidente somiglianza con lui; tanto piùse ripensavae per la sua memoria non era certo difficilealcostume da aristocratico con il qualenon molti mesi primal'avevaaccompagnata di nascosto al Carnevale. Nicolò cercò didominare scherzando l'improvviso rossore che gli era salito alleguancee dissebaciando la piccola: "Oh sìClarettail ritratto mi assomiglia proprio! Come tu a quello che si crede tuopadre!".


MaSaverianell'animo della quale si era svegliato l'amaro sentimentodella gelosiagli lanciò un'occhiatadissemettendosidavanti allo specchioche dopo tutto era indifferente chi fossequell'uomolo salutò piuttosto freddamente e lasciò lastanza.


Nicolònon appena Saveria se ne fu andataripensò a quella scena conun'agitazione fortissima. Ricordòcon grande gioialo stranoe profondo turbamento in cui aveva gettato Elvira con la fantasticaapparizione di quella notte. Il pensiero di aver fatto nascere lapassione in quella donnache passava per un modello di virtùlo lusingava quasi quanto era forte il suo desiderio di vendicarsi dilei. E poiché ora gli si apriva la possibilità disoddisfare con un solo colpo l'una e l'altra vogliaaspettòcon impazienza il ritorno di Elvirae il momento in cui uno sguardoagli occhi di lei avrebbe coronato la sua convinzioneancoratitubante.


Nientelo turbavanella vertigine che l'aveva travoltose non il precisoricordo che il ritratto davanti al quale Elvira era inginocchiataquando lui l'aveva spiata dal buco della serraturaera statochiamato da lei con il nome di Colino. Ma anche nel suono di quelnomeche non era affatto comune da quelle partic'era qualcosa chenon sapeva per quale ragionecullava il suo cuore in dolci sogni. Ese doveva diffidare di uno dei due sensila vista o l'uditopropendeva naturalmente verso quello che più lusingava i suoidesideri.


Elviraritornò dalla campagna solo diversi giorni dopo; e poichédalla casa del cugino al quale aveva fatto visitaaveva portato consé una giovane parenteche voleva vedere Romatutta intentaa essere premurosa con lei lanciò solo uno sguardo distratto eindifferente a Nicolòchecon grande cortesial'aiutava ascendere dalla carrozza.


Alcunesettimane interamente dedicate all'ospiteche abitava con loropassarono in un'agitazione inconsueta per la casa. Si visitòdentro e fuori cittàtutto quello che poteva interessare unaragazza giovane e allegra come l'ospite; e Nicolòcheacausa del lavoro che doveva sbrigare in ufficionon era invitato aprendere parte a quelle piccole gitericaddea proposito di Elviranell'umore più nero.


Ricominciòa pensarecon i sentimenti più amari e tormentosiallosconosciuto che lei adorava nella sua devozione segreta; ela seradella partenza della giovane parenteche aveva atteso tanto a lungocon desiderioquesto sentimento faceva sanguinare più che maiil suo cuore inaspritoperché Elvira invece di parlare conluitaceva da più di un'oraseduta al tavolo da pranzooccupata da un piccolo lavoro a maglia.


Erasuccesso che Piachipochi giorni primaavesse chiesto di unascatola che conteneva delle piccole lettere d'avorioche eranoservite per insegnare l'alfabeto a Nicolò quando era bambino;il vecchio aveva pensatopoiché ormai non servivano piùa nessunodi regalarle a un bambinello del vicinato. La camerierache era stata incaricata di cercarlein mezzo a molte altre vecchiecosenon era riuscita a trovare altro che le sei lettere cheformavano il nome "Nicolò"; probabilmente perchéalle altreche avevano un rapporto meno diretto con il ragazzosiera fatta meno attenzione ein una circostanza qualsiasieranostate gettate via. Quando Nicolò prese in mano le letterechesi trovavano sul tavolo da vari giorniecon il gomito appoggiatosulla tavolasi mise a giocherellarcicovando i suoi tetripensierigli venne fuori per caso - lui stesso se ne stupìcome non si era mai stupito in vita sua - la combinazione che formavail nome "Colino". Nicolòche non aveva mai pensatoa fare l'anagramma del suo nomelanciòdi nuovo in preda afolli speranzeuno sguardo timido e incerto a Elvira che sedeva alsuo fianco. Il nesso che gli era stato rivelato fra le due parole glisembrò più di una semplice coincidenza; riflettéreprimendo la sua gioiaal significato della strana scopertaealzate le mani dalla tavolaaspettò con il cuore in gola ilmomento in cui Elvira avrebbe alzato gli occhi e visto il nome cheera là in piena luce.


L'attesanon lo deluse. Non appena Elvirain un momento d'ozioebbe notatola posizione delle letteree si fu chinata su di esseignara esoprappensieroper leggerleperché era un po' miopeil suosguardo sfioròcon una strana angosciail viso di Nicolòche la fissava con apparente indifferenza; riprese il lavorocon unaespressione malinconica che non si può descrivereecredendosi inosservatalasciò cadere in grembocon un soaverossoreuna lacrimae poi altre ancora. Nicolòcheosservava tutti quei moti dell'animo senza guardarlanon dubitavapiù chedietro quella trasposizione di lettereleinascondesse il suo nome. La vide scompigliare le letterecon ungesto soavee le sue selvagge speranze raggiunsero il culmine dellacertezza quando lei si alzòmise da parte il lavoro a magliae sparì nella sua camera da letto.


Volevagià alzarsi e seguirvelaquando entrò Piachi eallasua domanda dove fosse Elvirauna cameriera rispose che non sisentiva bene e si era messa a letto. Piachisenza dimostrare grandeturbamentosi girò e andò a vedere che cosa faceva; equandoun quarto d'ora doporitornò con la notizia che nonsarebbe venuta a cenasenza aggiungere altroNicolò credettedi aver trovato la chiave di tutte le scene enigmatiche di cui erastato testimone.


Ilmattino dopomentre era occupato a rifletterecon gioia perversasull'utilità che sperava di ricavare dalla sua scopertaricevette un biglietto da Saveriain cui lei lo pregava diraggiungerla perché aveva qualcosa di interessante da dirgliriguardo a Elvira. Tramite il vescovo che la mantenevaSaveria erain rapporti strettissimi con i frati del convento dei Carmelitaniepoiché sua madre andava a confessarsi al conventoNicolònon dubitava che Saveria fosse riuscita a farsi rivelaresullastoria segreta dei suoi sentimentidei particolari checonsolidassero le sue innaturali speranze. Ma come fu sgradevolmentestrappatodopo un saluto stranamente beffardo di Saveriaaipensieri in cui si cullavaquando lei lo fece accomodare sorridendosul divano su cui era sedutae gli disse che doveva rivelargli chel'oggetto dell'amore di Elvira era un mortoche già da dodicianni riposava nella tomba. Alvisemarchese del Monferratoal qualeuno zio di Parigipresso il quale era stato educatoaveva dato ilsoprannome di "Collin"trasformato poi in Italiascherzosamentein "Colino"era l'originale del ritrattoche egli aveva scoperto nella nicchiadietro la tenda di seta rossain camera di Elvira: il giovane aristocratico genovese chedurantela sua giovinezzal'aveva così nobilmente salvata dallefiammeed era morto per le ferite ricevute in quell'occasione. Maaggiunselo pregava di non fare uso di quel segretoche le erastato confidatosotto il sigillo della più assolutadiscrezioneda una persona che non avrebbe avuto il diritto dirivelarglielonel convento dei Carmelitani. Nicolòsul visodel quale si alternavano il pallore e il rossorele assicuròche non aveva niente da temere ecompletamente incapace com'era dinasconderedavanti alle occhiate maliziose di Saverial'imbarazzoin cui lo aveva gettato quella rivelazioneaddusse il pretesto di unlavoro urgente da sbrigarepresecon uno sgradevole tremito dellabbro superioreil cappellola salutò e uscì.


Umiliazionelussuria e vendetta si unirono allora per architettare l'azione piùorrenda che sia mai stata compiuta. Egli sentiva che solo conl'inganno avrebbe potuto raggiungere l'anima pura di Elvira e nonappena Piachiche andava in campagna per qualche giornogli lasciòlibero il camposi preparò a mettere in atto il pianodiabolico che aveva escogitato. Si procurò lo stesso vestitocon il qualepochi mesi primaera apparso di notte a Elviraritornando di nascosto dal Carnevaleindossò mantellocolletto e cappello piumato di foggia genoveseidentici a quelli cheaveva il ritrattosi introdusse di soppiattopoco prima dell'oradel riposoin camera di Elviracoprì con un panno nero ilritratto della nicchia e aspettòcon il bastone in manonella stessa identica posizione del giovane patriziol'adorazione diElvira.


Resoperspicace dalla sua infame passioneaveva fatto bene i suoicalcoli; perchénon appena Elvirache era entrata poco dopoquando si fu svestitacon gesti lenti e silenziositiròcome faceva abitualmentela cortina di seta che chiudeva la nicchiae lo videgridò: "Colino! Amore mio!" e caddesvenuta sul pavimento di legno.


Nicolòuscì dalla nicchia; rimase fermo per un attimoimmerso nellacontemplazione della sua bellezzarimirando la sua dolce figurachedi colpo impallidiva sotto il bacio della morte; ma subito lasollevòpoiché non c'era tempo da perderefra le suebracciae la portòdopo aver tirato via il panno nerodavanti al quadrosul letto che stava nell'angolo della stanza.Fatto questoandò a chiudere a chiave la portama la trovògià chiusa; esicuro cheanche quando avesse ripreso isensinon avrebbe opposto resistenza alla sua fantasticaapparizioneche aveva tutte le apparenze del soprannaturaleritornòverso il giaciglio e cercò di risvegliarla con baci ardentisul petto e sulle labbra.


Mala Nemesiche segue da vicino il delittovolle che Piachiche ilmeschino credeva lontano per parecchi giornidovesse ritornareinaspettatamente a casa proprio in quel momento. Egli si avvicinòsilenziosamente lungo il corridoiopoiché credeva Elvira giàaddormentataeavendo sempre con sé la chiaveentròimprovvisamentesenza essere annunciato dal minimo rumorenellastanza.


Nicolòsi alzò in piedicome colpito dal fulminesi gettònon potendo mascherare in alcun modo la sua ribalderiaai piedi delvecchioe imploròpromettendo che non avrebbe mai piùlevato gli occhi su sua moglieil suo perdono. E anche il vecchioera propenso a risolvere ogni cosa senza tumulto. Mutocome loavevano reso alcune parole di Elvirachetra le sue bracciaeratornata in sée aveva gettato sul meschino uno sguardoterribiletirò le cortine del letto sul quale era distesastaccò dalla parete lo scudiscioaprì la porta e gliindicò la strada che doveva prendere immediatamente.


Maquestiin tutto degno di Tartufoquando vide che per quella via nonc'era niente da otteneresaltò di colpo in piedi e dichiaròche toccava a luial vecchiolasciare la casapoiché egliera il legittimo proprietarioin base a documenti pienamente validie avrebbe ben saputo far valere i suoi diritti contro chiunque!Piachi non credeva ai propri occhi. Disarmato da quell'inauditaimpudenzaposò lo scudiscioprese il cappello e il bastonecorse da un vecchio amico avvocatoil dottor Valeriosvegliòuna domesticache venne ad aprireenon appena fu entrato incamera dell'amicocadde svenuto ai piedi del suo lettoprima diaver pronunciato una parola.


Ildottor Valerioche accolse in casa propria lui e poi anche Elviracorseil mattino dopoa chiedere l'arresto del diabolico furfanteche aveva dalla sua non pochi vantaggi; mamentre Piachi muoveva lesue leve inertiper spogliarlo degli averi che a suo tempo gli avevaintestatoquestiredatto un lascito generalecorse dai suoi amicii frati Carmelitanie chiese la loro protezione contro il vecchiopazzoche voleva cacciarlo. In brevepoiché acconsentìa sposare Saveriadella quale il vescovo voleva sbarazzarsilamalvagità vinsee il Governoper intromissione dell'altoprelatoemanò un decreto con il quale riconfermava laproprietà a Nicolòe vietava a Piachi di disturbarlo.


Piachiche proprio il giorno prima aveva sepolto Elviramorta per i postumidi una violenta febbre provocata dagli eventi di quella nottesospinto da un doppio dolore andò a casa con il decreto intasca econ la forza che gli dava il suo furoresi scagliòsu Nicolòpiù debole di costituzionee gli sfracellòla testa contro il muro. La gente di casa se ne accorse solo a fattocompiuto; lo trovarono con la testa di Nicolò fra leginocchiamentre gli ficcava in bocca il decreto. Fatto questo sialzòconsegnò tutte le sue armifu messo in prigioneprocessato e condannato a morte per impiccagione.


NelloStato della Chiesa vige una legge per la quale nessun colpevole di undelitto può essere messo a morte senza aver ricevutol'assoluzione. Piachiquando venne il giorno dell'esecuzionerifiutò ostinatamente l'assoluzione. Dopo aver provatoinutilmente tutti i mezzi previsti dalla religione per fargli sentirela colpevolezza del suo gestosperarono di spaventarlo e indurlo alpentimento con la vista della morte che lo aspettavae lo portaronoal patibolo. Qui c'era un sacerdote che gli descrissecon una voceda Ultimo Giornotutti gli orrori dell'Infernodove la sua animastava per discenderementre un altrotenendo in mano l'Ostiaconsacratail santo mezzo di riconciliazionegli faceva le lodidelle case della pace eterna.


"Vuoitu avere parte del beneficio della redenzione?"chiesero tuttie due. "Vuoi ricevere la comunione?".


"No"rispose Piachi.


"Perchéno?".


"Nonvoglio essere beato. Voglio scendere nel fondo più bassodell'Inferno. Voglio ritrovare Nicolòche non puòessere in cieloe riprendere la mia vendettache qui ho potutosoddisfare solo in parte!".


Ecosì dicendo salì la scala e invitò il boia acompiere il suo ufficio. In breveci si vide costretti a sospenderel'esecuzione e a riportare in carcere l'infeliceche la leggeproteggeva. Per tre giorni consecutivi lo stesso tentativo furipetutosempre con lo stesso esito. Quando anche il terzo giornodovette ridiscendere la scala senza essere appeso alla forcaPiachilevò le braccia con espressione truce e maledisse la leggedisumana che non voleva farlo andare all'Inferno. Invocò tuttala schiera dei diavoli perché lo prendessegiurò cheil suo unico desiderio era di essere giustiziato e dannatoeassicurò che avrebbe strangolato il primo prete che gli sifosse presentato davantipur di rimettere le mani su Nicolòall'Inferno! Quando le sue parole furono riferite al papaegliordinò di giustiziarlo senza l'assoluzione; nessun prete loaccompagnòe fu impiccato in silenzio sulla Piazza delPopolo.




SANTACECILIA O LA FORZA DELLA MUSICA


(Leggenda)Intorno alla fine del Sedicesimo secoloquando nei Paesi Bassiinfuriava l'iconoclastiatre fratelligiovani studenti aVittemberga si incontrarono con un quartoche faceva il predicatoread Anversanella città di Aquisgrana. Volevano entrare inpossesso di un'eredità lasciata da un vecchio zioche nessunodi loro aveva conosciutoe visto che in città non c'eranoaltre persone alle quali potessero rivolgersialloggiarono in unalocanda. Passati alcuni giornispesi ad ascoltare il predicatoresugli strani avvenimenti dei Paesi Bassisuccesse che le monache delconvento di Santa Ceciliache allora sorgeva fuori dalle porte dellacittàdovessero celebrare solennemente il Corpus Domini;tanto che i quattro fratellieccitati dal fanatismodalla giovaneetà e dall'esempio dei Paesi Bassidecisero di dare anchealla città di Aquisgrana lo spettacolo della distruzione delleimmagini sacre. Il predicatoreche più volte aveva giàguidato simili impresela sera della vigilia radunò un certonumero di giovani studenti e figli di commerciantidevoti alla nuovadottrinache passarono la notte nella locandamangiando e bevendovino fra imprecazioni contro il papato; equando il sole spuntòsui comignoli della cittàsi armarono di asce e strumenti didistruzione di ogni tipoper mettere in atto il loro violentoproposito.


Stabilironoesultanti un segnaleal quale avrebbero cominciato a tirare sassicontro le vetratedipinte con storie della Bibbia ecerti ditrovare un grande seguito fra il popoloandaronodecisi a nonlasciare pietra su pietramentre cominciavano a suonare le campanenella chiesa del convento.


Labadessache alle prime luci del giorno era stata giàinformata da un amico del pericolo che correva il monasteromandòinutilmente più volte dall'ufficiale dell'Impero che aveva ilcomando della guarnigionechiedendo un presidio armato che loproteggesse; l'ufficialeostile lui stesso al papatoe come talefavorevolealmeno di nascostoalla nuova dottrinale negòil presidiocon il cinico pretesto che dava corpo ai fantasmi e cheper il suo convento non c'era ombra di pericolo.


Arrivòl'ora in cui la cerimonia doveva cominciare e le monache siprepararonofra paure e preghierenell'attesa angosciosa di quelloche stava per succederea dire la messa. Nessuno le proteggevaeccetto un vecchio ultrasettantenneche si misecon alcuni serviarmatisulla porta della chiesa. Nei conventi femminili le monachecome è notoabituate a suonare ogni tipo di strumentieseguono da sé le loro musichespesso con una precisioneun'intelligenza e un sentimento che mancano alle orchestre maschili(forse a causa della femminilità di quest'arte misteriosa).Ora capitòa raddoppiare la tribolazioneche la maestra dicappellasuor Antoniache in genere dirigeva le musichedall'orchestrasi fosse ammalatapochi giorni primadi unaviolenta febbre nervosatanto cheanche senza tenere conto deiquattro sacrileghi fratelliche già si vedevanoavvolti neimantellisotto i pilastri della chiesail convento era nel piùvivo imbarazzo per eseguire le musiche adatte alla ricorrenza. Labadessache la sera della vigilia aveva ordinato di eseguireun'antichissima messa italianadi autore ignotocon la qualeperla santità e magnificenza della composizionel'orchestra delconvento aveva già diverse volte ottenuto i piùgrandiosi effettipiù che mai decisa a perseverare nelladecisionemandò ancora una volta a chiedere come stava suorAntonia; ma la monaca incaricata ritornò dicendo che lasorella giaceva completamente priva di conoscenzae non si potevapensare di affidarle la direzione della musica prescelta.


Nelfrattempo la chiesanella quale si erano radunati a poco a poco piùdi cento ribaldi di ogni ceto ed etàarmati di scuri e disbarre di ferroera già stata teatro delle scene piùpreoccupanti; alcuni servi messi a guardia del portale erano statischerniti nel modo più volgaree le monache isolate che eranocomparse più volte nelle navateintente alle loropreoccupazionierano state prese a bersaglio con gli epiteti piùsfrontati e indecentitanto che il vecchio andò in sacrestiae scongiurò in ginocchio la badessa di sospendere la cerimoniae di andare in cittàe mettersi sotto la protezione delcomandante. Ma la badessa fu irremovibile: la festa indetta a onore egloria di Dio Onnipotente doveva essere celebrata; richiamò ilvecchio al suo dovere di proteggere con il suo corpo e la sua vita lamessa e il solenne corteo che avrebbe avuto luogo in chiesa epoichésuonavano appunto le campanediede ordine alle monache che lacircondavano tremando di prendere un oratorio qualsiasinon importadi che valoree di cominciare subito l'esecuzione.


Lemonachesulla balconata dell'organosi preparavano a obbedirelospartito di una composizione già molte volte eseguita erastato distribuitoviolinioboi e contrabbassi erano accordatiquando di colpo suor Antoniafresca e sanaun po pallida in voltocomparve in cima alla scalaportando sotto braccio la partituradell'antichissima messa italiana per la cui esecuzione la badessaaveva insistito tanto.


Alladomanda stupita delle suore da dove venissee come si fosseimprovvisamente rimessarispose: "Non importacarenonimporta!"distribuì gli spartiti che aveva con sée si sedette all'organoardente di entusiasmoper dirigere lasplendida composizione. Allora una specie di meravigliosocelesteconforto discese nei cuori delle pie sorelle; si miseroimmediatamente al leggiocon i loro strumentie l'angoscia stessache le opprimeva venne a sollevare le loro animecome su alineicieli dell'armonia; la musica dell'oratorio fu suonata in modostupendosublime; durante l'intera esecuzione nelle navate e fra ibanchi non si mosse un alitoe soprattutto al "Salve regina"e al "Gloria in excelsis" fu come se la chiesa fosse statapopolata di mortitanto chea dispetto dei quattro fratellisacrileghi e del loro codazzonon fu neppure sollevata la polveredel pavimentoe il convento restò in piedi fino allaconclusione della guerra dei trent'anniquandoin base a unarticolo della pace di Westfaliafu però secolarizzato.


Seianni dopoquando questi fatti erano dimenticati da un pezzoarrivòdall'Aia la madre dei quattro giovanichedichiarando tristementeche essi erano svaniti nel nullaavviò un'inchiestagiudiziariapresso la magistratura di Aquisgranasulla via chepotessero aver preso allontanandosi da quella città. L'ultimanotizia che aveva avuto di loro nei Paesi Bassiloro effettivo paesedi residenzaerariferì la donnauna lettera che risaliva aun periodo precedentealla vigilia di una festa del Corpus Dominiscritta dal predicatore a un amicomaestro di scuola ad Anversanella qualecon molta allegriaper non dire sfrenatezzaloinformava in anticipoin quattro fitte paginedell'impresaprogettata contro il convento di Santa Cecilia; impresa sulla qualela madretuttavianon voleva fornire maggiori particolari.


Dopovari e faticosi tentativi di rintracciare le persone cercate daquella donna angosciatarimasti senza risultatoci si ricordòalla fineche da un certo numero di anniche rispondeva all'incircaa quelli da lei indicatiquattro giovani dei quali erano ignote lapatria e la provenienza si trovavano nel manicomio cittadinorecentemente fondato grazie alla sollecitudine dell'imperatore: maessi soffrivano per un'esasperata fissazione religiosae il lorocontegnochecome il tribunale credeva di aver vagamente sentitodireera estremamente triste e malinconicocorrispondeva troppopoco allo stato d'animo che la madre conosceva anche troppo bene neisuoi figliperché potesse dare molto credito (tanto piùche sembrava quasi certo che fossero cattolici) a un'indicazione comequella.


Eperòsingolarmente colpita da certi connotati di vario tipocon i quali venivano descrittila madre andò un giornoaccompagnata da un ufficiale giudiziarionel manicomioe pregòi custodi cheper cortesiale permettessero di farsi introdurrepresso i quattro infelici alienati che vi si custodivanoperesaminarli. Ma chi descriverà l'orrore della povera donnaquando al primo sguardonon appena ebbe varcato la sogliariconobbei suoi figli: sedevanoin lunghineri abiti talariintorno a untavolo sul quale era ritto un crocifisso econ le mani aperteappoggiate silenziosamente sul piano di legnosembravano adorarlo.Alla domanda della donnachepriva di forzesi era lasciata caderesu una sediasu che cosa facessero lài custodi risposeroche essi "non facevano altro che glorificare il Salvatoredelqualea quanto essi stessi dicevanocredevano di aver compresomeglio di altricome fosse il vero Figlio dell'unico Iddio".


Eaggiunsero che "da sei anni ormai i giovani conducevano quellavita spettraledormivano poco e mangiavano pochissimodalle lorolabbra non veniva nessun suonoma solo a mezzanotte si alzavano dailoro seggie alloracon una voce che spaccava le finestre dellacasaintonavano il "Gloria in excelsis". E i custodiconclusero con l'assicurazione chefisicamentei giovani eranoperfettamente sanie nemmeno si poteva negare che manifestasseroperfino una certaper quanto seria e solenneallegria; e quando siaffermava che erano pazzialzavano le spalle con aria dicompatimentoe più di una volta avevano detto che "se labuona città di Aquisgrana avesse saputo quello che essisapevanoavrebbe messo da parte i suoi affari e si sarebbeinginocchiata come loro davanti al Crocifisso del Signorea cantareil 'Gloria'".


Ladonnache non poteva sostenere la vista raccapricciante di quegliinfelici e poco dopocon le ginocchia barcollantisi era fattariportare a casaandò il mattino dopoper raccogliereinformazioni sulle cause di quella mostruosa circostanzadal signorVeit Gotthelffamoso mercante di stoffe della cittàpoichéquest'uomo veniva nominato nella lettera scritta dal predicatoreeda essa risultava che costui aveva partecipato con entusiasmo alprogetto di distruggere il convento di Santa Cecilianel giorno delCorpus Domini. Veit Gotthelfil mercante di stoffeche nelfrattempo si era sposatoaveva messo al mondo numerosi figli ed erasubentrato al padre nella sua cospicua attivitàricevettemolto amabilmente la forestiera; quando venne a sapere qualerichiesta la portava da luichiuse a chiave la porta edopo averlapregata di accomodarsidisse quanto segue: "Sìmia carasignorasei anni fa io fui in stretti rapporti con i vostri figli ese non vorrete coinvolgermi per questo in un'inchiesta giudiziariave lo confesserò a cuore aperto e senza reticenze: era nostroproposito fare quello di cui parla la lettera! Per quale ragionel'impresaper l'esecuzione della quale tutto era stato predispostoin ogni minimo particolarecon sagacia veramente empiasia fallitami è incomprensibile; sembrerebbe che il cielo stesso avessepreso il convento delle pie donne sotto la sua santa protezione.Perchésapetei vostri figli si erano già lasciatiandare a vari lazzi e ribalderieche avevano disturbato il serviziodivinoe dovevano dare l'avvio alle scene decisivee più ditrecento malvagimuniti di scuri e di torce intinte nella pecetutti abitanti della nostra cittàallora traviataaspettavano solo il cenno che avrebbe dovuto dare il predicatore perradere al suolo la chiesa. E inveceall'attaccare della musicaivostri figli all'improvvisocon movimento simultaneoe in unostrano modo che ci colpìsi tolgono il cappellosi copronoa poco a pococome in preda a un'intensainesprimibile commozionecon le mani il volto chinoe il predicatoregirandosi di colpodopo una pausa inquietantegrida a tutti noicon voce forte eterribiledi scoprirci la testa! Inutilmente alcuni compagni loesortano con un sussurrodandogli allegramente di gomitoa dare ilsegnale convenuto per l'assalto alle immagini sacre: invece dirispondereil predicatoreincrociando le braccia sul pettosilascia cadere in ginocchio e mormorainsieme ai fratellicon lafronte devotamente premuta nella polveretutta la successione dellepreghiere fino a poco prima derise. Con l'animo profondamente turbatoda quella vistala masnada dei miserabili esaltatiprivata dei suoicapise ne resta indecisa e inattiva fino alla fine dell'oratorioche echeggiacon mirabile fragoregiù dal presbiterio; epoiché proprio alloraper ordine del governatoresiprocedeva a numerosi arrestie alcuni malfattori che avevanofomentato i disordini venivano afferrati dalle guardie e portati viaa quella schiera di sciagurati non rimane che allontanarsi il piùvelocemente possibileprotetti dalla calca del popolo che andavaverso l'uscitadalla casa di Dio".


"Versoseradopo aver chiesto inutilmente più volte all'albergonotizie dei vostri figliche non erano tornatiesconella piùspaventosa agitazionecon alcuni amici per ritornare al convento echiedere di loro agli inservienti che avevano dato man forte alleguardie imperiali. Ma come descrivervi il mio orrorenobile signoraal vedere quei quattro uomini che continuanocon le mani giuntebaciando il suolo con il petto e con la frontea giacere prostrati epieni di ardente fervore davanti all'altare della chiesacome se sifossero trasformati in pietra! Invano il soprastante del monasteroche proprio in quel momento si era avvicinatoli esortatirandoliper il mantello e scuotendoli per il braccioa lasciare il duomonel quale era ormai buio fitto e non era rimasto nessuno: non glidanno ascoltoalzandosi a metàcome trasognatifinchéegli non li fa prendere sottobraccio dai servi e portare fuori dallaportadove finalmentesia pure sospirando e girandosi spesso versola cattedraleche splendeva magnifica alle nostre spalleilluminatadal solecon uno sguardo che straziava il cuoreci seguono incittà. Gli amici e io chiediamo loro più volteconaffettuosa sollecitudinesulla via del ritornoche cosa fosse maisuccesso di tanto terribile da cambiare così tanto il lorostato d'animo; essifissandoci con amiciziaci stringono le maniguardano pensierosiverso terra edi tanto in tantoah!conun'espressione che ancora adesso mi spezza il cuoresi asciugano lelacrime dagli occhi".


"Poiarrivati alle loro stanzesi intrecciano con gesti delicati ecarichi di significato una croce di verghe di betulla einfilandolasu un mucchietto di cerala mettono sul grande tavolo che sta alcentro della cameratra i due lumi con i quali si èpresentata la fantesca; e mentre gli amicila cui schiera siingrossa di continuorestano in disparte torcendosi le mani eosservano in gruppi sparsimuti per la disperazionei loromovimenti silenziosispettraliessicome se i loro sensi fosserochiusi a ogni altra visioneprendono posto intorno al tavolodisponendosi in silenziocon le mani giunteall'adorazione. Nonmanifestano desiderio né del cibo portato dalla fantescasecondo le disposizioni da loro stessi date al mattinoper invitarea tavola i compagninépiù tardiquando scende lanottedel letto preparatopoiché sembrano stanchinellastanza attigua; gli amiciper non suscitare il disappunto dell'ostestupito da quella condottadevono sedersi a una tavola riccamenteimbanditache è stata preparata da una partee servirsi deicibi cucinati per una numerosa compagniaconditi con il sale delleloro lacrime amare".


"Edi colposuona l'ora della mezzanotte; i vostri quattro figlidopoaver teso per un attimo l'orecchio al suono opaco della campanasialzano all'improvvisocon movimento simultaneodalle loro sedieementre noiposando i tovaglioliguardiamo verso di loronell'attesa angosciosa di quello che seguirà quei preparativicosì strani e inquietantiessi comincianocon voce orribilespaventosaa cantare il "Gloria in excelsis". Cosìpossono farsi sentire leopardi e lupise nel più gelidoinverno ruggiscono al firmamento: i muri maestri della casave loassicurotremavanoe i vetri delle finestrecolpite dai visibilifiati dei loro polmonitintinnavanominacciandocome se qualcunogettasse contro le loro superfici piene manciate di una pesantesabbiadi andare in pezzi. A quella scena raccapricciante ciprecipitiamo senza rifletterecon i capelli drittiin tutte ledirezionici disperdiamoabbandonando i mantelli e i cappellinelle strade circostantiche in poco tempo si riempionoal nostropostodi più di cento persone svegliate di soprassalto dalsonno; la gentesfondata la portasi affolla su per le scaleversoil salonealla ricerca della fonte di quell'orrendointollerabileruggitoche sembra innalzarsidalle labbra di peccatori dannati perl'eternitàdall'abisso più profondo dell'Inferno difiammeverso le orecchie di Dioimplorando miseramente la suacompassione. Finalmentequando la campana batte l'unasenza averdato ascolto alle grida irate dell'ostené alle esclamazionidella gente sconvolta che li circondachiudono la boccasiasciugano con un panno dalla fronte il sudore che gli cade agoccioloni sul mento e sul pettoallargano i mantelli e si coricanoper riposare un'ora da quell'occupazione così tormentosasulle assi del pavimento. L'oste li lascia faretraccianon appenali vede assopitisu di essi il segno della croce econtento diessere liberatoper il momentoda quelle miserieassicurando chel'indomani avrebbe portato un cambiamento salutareconvince la folladei presentiche bisbigliano tr di loro con aria di misteroalasciare la stanza".


"Mapurtroppogià al primo canto del gallo gli infelici sono dinuovo in piedi e ricomincianointorno alla croce piantata sullatavolala stessa desolata e spettrale vita monacale che solo losfinimento li aveva costrettiper poco tempoa interrompere.


Dall'osteche si sente stringere il cuore davanti a quel triste spettacolononaccettano né ammonimenti né aiutilo pregano diallontanare affettuosamente gli amiciche prima erano abituati araccogliersi intorno a loro ogni mattinanon desiderano niente daluise non acquapane e un pagliericciose possibileper lanottecosì che quell'uomo che prima cavava molti quattrinidalla loro allegriasi vede costretto a denunciare tutta la faccendaai giudicie a pregare di togliergli di torno quei quattro uominichesenza dubbiodovevano essere posseduti dal Maligno. Dopo dicheper ordine del magistratofurono sottoposti a esame medico eessendo stati giudicati pazzivennerocome sapeteinternati neilocali del manicomio che la clemenza dell'imperatore da poco venuto amancare ha fondatotra le mura della nostra cittàabeneficio degli infelici di questo genere". Questoe altroancorache noi qui tralasciamoritenendo di aver detto abbastanzaper la comprensione di quello stato di cosedisse Veit Gotthelfilmercante di panni; e pregò ancora una volta la donnanel casoche sulla questione si dovesse riaprire l'inchiesta giudiziariadinon implicarvelo in nessun modo.


Tregiorni dopoquando la donnaprofondamente scossa da questoraccontouscìal braccio di un'amicaper andare alconventonel malinconico proposito di vedere con i propri occhidurante una passeggiatapoiché il tempo era bellolospaventoso teatro sul quale Dioquasi con folgori invisibiliavevaannientato i suoi figliolile due donne trovarono il duomo sbarratoall'ingresso da alcune assipoiché vi si stavano facendo deilavori di muratura; esollevandosi faticosamente in punta di piedinon poterono vedere niente del suo internoattraverso le aperturefra le tavolese non il magnifico rosone che scintillava in fondoalla chiesa. Molte centinaia di operaiintonando allegre canzonierano occupatisu esili impalcaturein vario modo intrecciateainnalzare di un buon terzo le torri e a rivestire tetti e pinnacolifino ad allora ricoperti di ardesiacon spessi e splendenti fogli dirameche scintillavano ai raggi del sole. Sullo sfondo dellacostruzione si stagliava in quel momentonerissimo con gli orlidoratiun temporaleche aveva già smesso di tuonare sullaregione di Aquisgrana edopo aver ancora scagliato alcuni fulminisenza forza in direzione del duomodissolvendosi in vapori scemavaverso oriente con un brontolìo di disappunto. Successe chementre le donnedalla scalinata del vasto edificio del conventoosservavanoassorte in svariati pensieriquel doppio spettacolouna suora che passava di lì venisse per caso a sapere chi erala donna in piedi sotto il portone; così che la badessacheaveva sentito parlare di una letterariguardante la festa del CorpusDominiche la donna portava con sérimandòimmediatamente da lei la suoraperché pregasse la signora deiPaesi Bassi di salire da lei.


Ladonna rimase per un attimo interdettama tuttavia si preparòcon deferenza a obbedire all'ordine che le era stato riferitoementre l'amicasu invito della suorasi ritirava in una stanzalaterale vicino all'ingressoalla forestierache aveva dovutosalire la scalafurono aperti i battenti delle stanze ben costruitedel piano superiore. Là trovò la badessaunanobildonna calma e regale nell'aspettoseduta su una poltronaconil piede appoggiato su uno sgabello i cui piedi erano artigli didrago; al suo fiancosu un leggìoc'era una partituramusicale. La badessadopo aver ordinato di avvicinare una sedia allaforestierale rivelò che aveva già saputo dal sindacodel suo arrivo in città; edopo essersi informata con umanitàdi come stessero i suoi infelici figliolie averla ancheincoraggiata ad accettareper quanto le fosse possibileil destinoche li aveva colpitidal momento che non era possibile cambiarlolemanifestò il desiderio di vedere la lettera scritta dalpredicatore al suo amicomaestro ad Anversa. La donnache avevaabbastanza esperienza per capire quali conseguenze avrebbe potutoavere quel passosi sentì per un attimo messa in graveimbarazzo dalla richiesta; ma poiché il venerabile viso dellagran dama richiedeva incondizionata fiduciae non sarebbe statodecoroso credere che potesse essere sua intenzione fare un usopubblico del suo contenutosi tolsedopo una breve riflessionelalettera dal senoe la porseposando un bacio ardente sulla suamanoalla regale signora.


Ladonnamentre la badessa scorreva la letteralasciò cadere losguardo sullo spartito aperto a caso sul leggìo; e poichéil resoconto del mercante di panni le aveva fatto venire in mente cheavrebbe potuto essere stata la potenza dei suoniin quel giornoterribilea turbare e sconvolgere l'animo dei suoi poveri figlichiese alla suora che stava in piedi dietro la sua sediarigirandositimidamente verso di lei: "Era forse quella la musica eseguitasei anni prima nella cattedraleal mattino di quella memorabilefesta del Corpus Domini?".


Allarisposta della giovane suora chesìricordava di averlosentito dire e cheda alloral'opera restava di solitoquando nonera usatanella stanza della Madre reverendissimavivamente scossala donna si alzò eattraversata da molteplici pensierisimise in piedi di fronte al leggìo. Osservò glisconosciuti segni magici con i quali uno spirito terribile sembravamisteriosamente tracciare il suo cerchioe le sembrò dicadere al suolopoiché era aperto proprio al "Gloria inexcelsis". Fu come se tutto l'orrore della musica che avevarovinato i suoi figli passasse tuonando sopra la sua testa; credettea quella sola vistadi perdere i sensi edopo che ebbe rapidamentecon un moto d'infinita umiltà e sottomissione all'onnipotenzadivinapremuto le labbra sul foglio tornò a sedersi sulla suasedia.


Nelfrattempo la badessa aveva letto tutta la letterae disseripiegandola: "Dio stessoin quel giorno mirabiledifese ilconvento contro la tracotanza dei vostri figli gravemente traviati.Di quali mezzi si sia servito può essere indifferente a voiche siete protestante: difficilmente comprendereste quello che su diessi potrei dirvi. Poiché sappiate che nessuno sa chi furealmentenell'incalzare dell'ora orribile in cui gli iconoclastidovevano scatenarsi contro di noia dirigere tranquillamente dalsedile dell'organol'opera che vedete là aperta. Secondo unatestimonianza resa il mattino del giorno seguentealla presenza delsoprastante del convento e di numerosi altri uomini e depositatanell'archivioè dimostrato che suor Antonial'unica chepotesse dirigere l'operaper tutto il tempo dell'esecuzione giacquemalataincosciente e del tutto incapace di ogni movimento in unangolo della sua cella; una suora cheessendo sua parente carnalele era stata messa a fianco per assistere il suo corpodurante tuttala mattinata nella quale si festeggiò il Corpus Domini nellacattedrale non si allontanò dal suo letto. E immancabilmentela stessa suor Antonia avrebbe confermato la verità del fattoche non fu lei a comparirein modo così strano esorprendentesulla balconata dell'organose il suo stato dicompleta incoscienza avesse consentito d'interrogarla in propositoese la sera di quello stesso giorno la malataa causa della febbrenervosa della quale soffrivae che prima non era affatto sembratapericolosa per la sua vitanon fosse morta. L'arcivescovo diTrevirial quale questi fatti vennero raccontatiha giàpronunciato le sole parole che possano spiegarlie cioè che'Santa Cecilia stessa ha compiuto questo miracoloinsieme magnificoe terribile'; e proprio ora ho ricevuto dal Papa una Breve che ne dàconferma". E con questocon la promessa che non ne avrebbefatto nessun usorestituì alla donna la letterache si erafatta dare solo per avere maggiori informazioni su quello che giàsapeva; edopo averle ancora chiesto se c'era qualche speranza che isuoi figli si ristabilisseroe se poteva esserle in qualsiasi modoutile a quello scopocon denaro o altri appoggial che la donnabaciandole la vesterispose piangendo di nola salutògentilmente con la mano e la congedò.


Quitermina la leggenda. La donnala cui presenza ad Aquisgrana era deltutto inutiledopo aver lasciato presso il tribunale un piccolocapitalea beneficio dei suoi figliritornò all'Aiadove unanno dopoprofondamente colpita da quegli eventiritornò inseno alla Chiesa cattolica. I suoi figli morirono invece in tardaetàdi una morte serena e lietadopo aver cantato ancora unavoltasecondo la loro abitudineil "Gloria in excelsis".




IL DUELLO


Guglielmoduca di Breysachchedal momento della sua segreta unione con unacontessa di nome Caterina di Heersbruckdella casa di Alt- Huningenche sembrava inferiore al suo rangoviveva in inimicizia con il suofratellastroil conte Iacopo Barbarossaritornavaverso la finedel quattordicesimo secoloquando cominciava a calare la notte disan Remigioda un incontro avuto a Worms con l'imperatore tedescodurante il quale era riuscito a ottenere dal suo sovranoin mancanzadi figli legittimiche gli erano mortiche un suo figlio naturaleil conte Filippo di Huningennatogli dalla consorte prima delmatrimoniofosse legittimato. Guardando al futuro con una gioiamaggiore di quella che avesse mai provata in tutto il suo governoegli aveva già raggiunto il parco che si estendeva dietro ilsuo castelloquando all'improvvisodal buio della macchiapartìuna freccia che lo passò da parte a parteproprio sotto losterno. Messer Federico di Trotail suo camerlengosconvoltodall'accadutolo portòcon l'aiuto di altri cavalierinelcastellodove ebbe solo la forzatra le braccia della mogliesconvoltadi leggere a un'adunanza di vassalli dell'imperoconvocata il più rapidamente possibile da quest'ultimal'attodi legittimazione imperiale; e dopo chenon senza una vivaceresistenzapoichéa termini di leggela corona sarebbeandata al suo fratellastroil conte Iacopo Barbarossai vassalliebbero adempiuto alla sua ultima precisa volontà ericonosciutoriservandosi il diritto di chiedere il consensodell'imperatorecome erede al trono il conte Filippoe la madre diluia causa della sua minore etàtutrice e reggenteegliricadde indietro e morì.


Laduchessadunquesalì senz'altro al tronolimitandosi ainformare il cognatoil conte Iacopo Barbarossaper mezzo di alcunimessaggeri; e quel che numerosi cavalieri della cortei qualipretendevano di leggere nell'animo riservato di quest'ultimoavevanopredetto si verificòalmeno per quanto era delle apparenzeesteriori: Iacopo Barbarossacon intelligente ponderazione delleattuali circostanzesi consolò dell'ingiustizia che ilfratello gli aveva fattao per lo meno si trattenne dal compierequalunque passo per impugnare l'ultima volontà del ducaeaugurò di cuore al giovane nipote una vita felice sul tronoche gli era toccato. Ai messaggeriche con grande allegria egentilezza invitò alla sua mensadescrisse comedopo lamorte della moglieche gli aveva lasciato un patrimonio regalevivesse libero e indipendente nel suo castello; come gli piacesserole donne della nobiltà confinanteil suo vino e la cacciaincompagnia di un'allegra brigatae come una crociata in Palestinacon la quale pensava di espiare i peccati di una turbolenta gioventùi quali purtroppoammettevaerano ancora cresciuti con l'etàfosse l'unica impresa chesul finire della vitaancora si proponevadi realizzare. Inutilmente i suoi due figliche erano stati educatinella radicata speranza di salire al tronogli feceroperl'indifferenza e l'insensibilità con cuiin modo del tuttoinaspettatoacconsentiva a quell'irreparabile offesa alle loropretesei più amari rimproveri: egli li invitòconpoche sarcastiche parole di comandoa starsene tranquillida queigiovani imberbi che eranoli costrinsenel giorno delle esequiesolennia seguirlo in città e ad accompagnareal suo fiancoal sepolcrocome si convenivail vecchio ducaloro zio edopoaver reso omaggionella sala del trono del palazzo ducalealgiovane principesuo nipotealla presenza della madre e reggenteinsieme a tutti gli altri grandi della cortese ne tornòrinunciando a tutte le cariche e dignità che la reggente glioffriva e accompagnato dalle benedizioni del popoloche lo veneravadoppiamente per la sua magnanimità e moderazionenel suocastello.


Laduchessamesso felicemente da partecome non speravail primoaffarepassò ad adempiere al suo secondo obbligo di reggentecioè alle indagini per ritrovare gli assassini del maritodeiqualisi pretendevaera stata vista nel parco tutta una schiera; ea quello scopoesaminò lei stessainsieme a messer Godvinodi Herrthalsuo cancellierela freccia che aveva messo fine allasua vita. Ma in essa non si trovò niente che potesse tradirneil proprietariose non forse che era ornata e lavorata con curasorprendente. Piume resistentiarricciate e lucenti erano infilatein un fusto ben tornito di scuro legno di nocesottile e robusto;l'estremità anteriore era rivestita di ottone scintillante esolo la puntaaffilata come una lisca di pesceera d'acciaio. Lafreccia sembrava fabbricata per la sala d'armi di un uomo ricco eillustrepropenso alle battaglie o grande amante della caccia; epoiché ci si accorsedalla data incisa nella coccache erastata fatta da non molto tempola duchessaconsigliata dalcancelliereinviò la frecciamunita del sigillo ducaleintutte le officine della Germaniaper trovare il mastro artigiano chel'aveva tornita ese questo fosse riuscitovenire a sapere da luisu commissione di chi fosse stato fatto il lavoro.


Cinquelune dopoarrivò a messer Godvinoil cancelliereal qualela duchessa aveva affidato le indaginila dichiarazione di unarmiere di Strasburgoche diceva di aver fabbricatotre anni primasessanta di quelle freccecon relativa faretraper il conte IacopoBarbarossa.


Ilcancelliereprofondamente turbato da questa dichiarazionela tenneper parecchie settimane chiusa nel suo scrigno segreto; gli eratroppo notada un latocosì pensavaa dispetto del modo divivere libero e licenzioso del contela sua nobiltà d'animoper ritenerlo capace di un'azione così infame comel'assassinio di un fratelloe troppo pocodall'altro latoadispetto di molte altre buone qualitàil senso di giustiziadella reggenteper non procedere con la massima prudenza in unaffare che avrebbe potuto costare la vita al peggior nemico di lei.Nel frattempo fece farenascostamenteindagini in direzione diquello strano annuncioe poichéattraverso i funzionaridella municipalitàaccertò per caso che il contechedi solito non lasciava maio molto raramenteil suo castellonellanotte dell'assassinio del duca ne era stato assenteritenne suodovere lasciar cadere il segreto e informare dettagliatamente laduchessain una delle successive sedute del Consiglio di Statodello strano e inquietante sospetto checon quei due capi d'accusaveniva a cadere sopra suo cognatoil conte Iacopo Barbarossa.


Laduchessache si considerava molto fortunata di essere con il contesuo cognatoin rapporti così amichevolie niente temeva dipiù che urtare la sua suscettibilità con passisconsideratinon diedecon stupore del cancelliereil minimo segnodi gioia a quella ambigua rivelazionemaal contrariodopo averletto da cima a fondo due volte con attenzione le cartemanifestòvivamente il suo disappunto che di una faccenda così incerta epreoccupante si facesse parola pubblicamente in Consiglio di Stato.La sua opinione era che doveva trattarsi di un errore o di unacalunniae diede ordine che della segnalazione non si facesse nessunuso in tribunale. Anzidata la straordinaria e quasi esaltatavenerazione di cui il conteper una svolta naturale delle cosegodeva presso il popoloda quando era stato escluso dallasuccessionele sembrò che anche solo l'averne parlatoall'interno del Consiglio di Stato fosse stato estremamentepericoloso; e poiché prevedeva cheprima o poiin cittàqualche mormorio gli sarebbe arrivato all'orecchiogli mandòaccompagnati da uno scritto pieno di nobiltài due capid'accusache definiva il gioco di uno strano malintesoinsieme alleprove sulle quali avrebbero dovuto basarsi; con l'espressa preghierapoiché era già convinta in anticipo della suainnocenzadi risparmiarle ogni confutazione.


Ilconteche se ne stava per l'appunto a tavola in compagnia di amiciquando il cavaliere che portava il messaggio della duchessa entròe si diresse verso di luisi alzò cortesemente dalla suasedia; ma non appenamentre gli amici stavano osservando quell'uomodall'aria solenneche non volle sedersiebbe letto tutta laletteranel vano della finestracambiò coloree porse ifoglicon queste paroleagli amici: "Fratelliguardate! Qualeaccusa infamel'assassinio di mio fratelloè stata gettatacontro di me!". Epresa dalla mano del cavalierecon unosguardo che mandava scintillela freccianascondendol'annientamento dell'animamentre gli amici si radunavano inquietiintorno a luiaggiunse cheeffettivamenteil dardo gliappartenevae anche la circostanza che nella notte di san Remigiofosse assente dal suo castello era fondata! Gli amici maledisseroquell'ipocrita e spregevole perfidiaritorsero il sospetto diassassinio sugli abietti accusatorie stavano già perdiventare offensivi nei riguardi del messaggeroche prese le difesedella duchessasua signoraquando il conteche aveva letto ancorauna volta le carteentrando a un tratto in mezzo a loro gridò:"Calmaamici miei!"epresa la spadache era appoggiatain un cantola consegnò al cavaliere con queste parole: "Sonovostro prigioniero!".


Alladomanda sgomenta del cavaliere se aveva sentito benee se davveroriconoscesse i due capi d'accusa stilati dal cancelliereil conterispose: "Sìsìsì!". E sperava diessere dispensato dalla necessità di portare le prove dellasua innocenza in qualunque altro luogo se non davanti alla sbarra diun tribunale formalmente insediato dalla duchessa. Invano icavalieriestremamente scontenti della sua dichiarazioneglidimostrarono chese non altroin quel caso non doveva rendere contoa nessuno di come si erano svolti i fattise non all'imperatoreilcontechein uno strano e improvviso capovolgimento dell'animosirichiamò al senso di giustizia della reggenteinsistette permettersi a disposizione del tribunale del ducatoe giàstrappandosi dalle loro bracciachiedevagridando dalla finestraisuoi cavallidecisocome dissea seguire immediatamente l'inviatocome prigioniero del cavalierequando i suoi compagni d'armi glisbarrarono a viva forza la stradacon una proposta che alla finedovette accettare. Steserotutti insiemeuna lettera alla duchessachieserocome un diritto che spettava a ogni cavalierein un casosimileun salvacondotto per lui e le offrironocome garanzia cheegli si sarebbe presentato davanti al tribunale da lei insediato e sisarebbe sottoposto a qualunque decisione esso potesse infliggergliuna cauzione di ventimila marchi d'argento.


Laduchessaa questa inaspettata e per lei incomprensibiledichiarazioneritennepoiché tra il popolo correvano giàle voci più infami sui motivi di quell'accusache la cosa piùsaggia fosse ritirare del tutto la sua persona e portare ognicontroversia davanti all'imperatore. Essa gli mandòperconsiglio del cancellieretutti gli atti che si riferivanoall'episodioe lo pregònella sua qualità di caposupremo dell'Imperodi avocare a sé l'indagine su unaquestione nella quale lei stessa era parte in causa. L'imperatoreche a causa di trattative con la Confederazionesi trattenevaproprio allora a Basileaacconsentì a questo desiderioinsediò in quella città un tribunale costituito da trecontidodici cavalieri e due assessori di giustizia edopo averconcesso al conte Iacopo Barbarossaconformemente alla richiesta deisuoi amicie contro l'offerta garanzia di ventimila marchid'argentoil salvacondottogli impose di presentarsi al tribunalesuddettoe rendere ad esso risposta e ragione su queste due cose:come era arrivata nelle mani dell'assassino la freccia cheper suastessa ammissionegli apparteneva? e ancora: dove si era trattenutola notte di san Remigio? Era il lunedì successivo alla Trinitàquando il conte Iacopo Barbarossacon uno splendido seguito dicavaliericonformemente all'ingiunzione che aveva ricevutocomparvea Basilea davanti alla sbarra del tribunale e làsorvolandosulla prima domandaalla qualedissegli era assolutamenteimpossibile dare rispostasi espresse riguardo alla secondache eradecisiva per la causanel modo seguente: "Nobili signori!"e così dicendo appoggiò le mani alla balaustraguardandocon i suoi piccoli occhi lampeggiantiombreggiati dalleciglia rossiccel'assemblea"voi accusate meche ho datoprove sufficienti della mia indifferenza per lo scettro e la coronadell'azione più detestabile che si possa commetterel'assassinio di mio fratellonon molto ben dispostoè veroverso di mema non per questo meno caro; e come uno dei fondamentisui quali basate la vostra accusa sostenete che nella notte di sanRemigionella quale quel misfatto venne commessoerocontrariamente a un'abitudine osservata da anniassente dal miocastello. Oraso bene quale debito abbia un cavaliere nei confrontidell'onore delle dame che facciano a lui segretamente dono del lorofavore; ein veritàse il cielo non avesse addensatodaun'aria serenaquesta strana fatalità sulla mia testailsegreto che dorme nel mio petto sarebbe morto con mesi sarebbedisfatto in polveree solo al richiamo della tromba dell'angelo cheschianterà i sepolcri sarebbe risorto con me davanti a Dio. Mala domanda che per bocca vostra l'imperiale maestà rivolgealla mia coscienza distruggecome voi stessi capireteogni riguardoe ogni scrupolo; e poiché volete sapere come mai non sia nonsolo verosimile ma neppure possibile che io abbia partecipatopersonalmente o indirettamenteall'assassinio di mio fratellosappiate che nella notte di san Remigiocioè quando fucommessomi trovavo segretamente presso la bella figlia del balivoducale Vinifredo di Bredadonna Littegarda vedova di Auersteinchemi si dava per amore".


Orabisogna sapere che donna Littegarda vedova di Auerstein era non solola più bella mafino al momento di quell'accusa vergognosala più irreprensibile e senza macchia fra le dame del ducato.Ella facevadalla morte del castellano di Auersteinsuo maritocheaveva persopoche lune dopo le nozzeper una febbre malignaunavita silenziosa e ritirata nel castello di suo padree solo perdesiderio del vecchioche si augurava di vederla nuovamente sposatasi rassegnava a comparireogni tantoalle feste di caccia e aibanchetti offerti dai cavalieri della regione circostanteesoprattutto da messer Iacopo Barbarossa. Molti conti e signori dellestirpi più nobili e ricche del paese le si facevano intornoin quelle occasionicon le loro offertee fra questi messerFederico di Trotail camerlengoche una volta a cacciadi fronteall'assalto di un cinghiale feritole aveva coraggiosamente salvatola vitale era il più caro e il più amato; e tuttaviapreoccupata di dispiacere ai suoi due fratelliche pensavano diereditare il suo patrimonioa dispetto di tutte le esortazioni delpadre non si era ancora decisa a concedergli la sua mano. Anziquando Rodolfoil fratello maggioresposò una riccadamigella del vicinatochedopo tre anni di matrimonio senza figlicon grande gioia della famiglia gli partorì un eredeLittegardasospinta da dichiarazioni esplicite e implicitecon unoscritto redatto fra molte lacrime disse formalmente addio a messerFedericoal quale voleva benee acconsentìper mantenerel'unità del casatoalla proposta del fratello di prendere ilposto di badessa in un monastero che sorgevanon lontano dalcastello paternosulle rive del Reno.


Fuproprio nel periodo in cui questo progetto veniva sottopostoall'arcivescovo di Strasburgoe la cosa stava per essere portata abuon fineche il balivo ducalemesser Vinifredo di Bredaricevetteper mezzo del tribunale insediato dall'imperatorelacomunicazione dell'onta di sua figlia Littegardae l'intimazione afarla venire a Basilea per rispondere dell'accusa che il conte Iacopoaveva innalzato contro di lei. Gli venivano descritti con precisionenel seguito dello scrittol'ora e il posto nei quali il contesecondo quanto affermavaaveva fatto a donna Littegarda la suavisita segretae gli veniva inviato perfino un anello del maritomorto di leiche eglial momento del commiatodiceva di averricevuto dalla sua manocome ricordo della notte passata. Oramesser Vinifredo era sofferenteproprio il giorno dell'arrivo diquesto scrittoper una grave e dolorosa indisposizione dell'etàe barcollavain uno stato di grande agitazionesu e giù perla stanzaal braccio della figliacon l'occhio già fissoalla meta che è posta a ogni vita; cosìquando lesselo spaventoso annuncioebbe subito un colpo elasciando cadere ilfogliosi abbatté a terra con le membra paralizzate. Ifratelliche erano presentilo sollevarono da terrasconvoltiechiamarono un medico cheper curarloalloggiava nell'edificiovicino; ma tutti gli sforzi per riportarlo in vita furono vani:mentre donna Littegarda giaceva senza conoscenza tra le braccia dellesue dameegli rese l'animae quando lei riprese i sensi non ebbeneppure l'ultimadolceamara consolazione di avergli rivoltoprimadel viaggio eternouna parola in difesa del proprio onore.


L'orroredei due fratelli per l'evento infaustoe il loro furore perl'infamia attribuita alla sorellae anche troppo verosimilechel'aveva provocatofurono indescrivibili. Sapevano anche troppo beneche il conte Iacopo Barbarossaper tutta l'estate passatale avevafatto con insistenza la corte; egli aveva allestito molti tornei ebanchetti solo per farle onore ein modo già allora assaisconvenientel'aveva preferita a tutte le altre donne di cuifrequentava la compagnia. E ricordavano perfino che Littegardaproprio intorno al periodo di san Remigioaveva detto di aver persodurante una passeggiataproprio quell'anello che era stato dato dasuo marito e che orastranamentesi ritrovava nelle mani del conteIacopo; tanto che non dubitarono nemmeno per un attimo dellaveridicità della deposizione che il conte aveva resocontrodi leidavanti al tribunale. Invano - mentre la salma del padreveniva portata viatra i lamenti dalla servitù - essaabbracciavaimplorando solo un attimo di ascoltole ginocchia deifratelli; Rodolfoardendo d'indignazionele chiesegirandosi versodi leise poteva produrre un testimone che confermassel'infondatezza dell'accusae quando leibalbettando e tremandoreplicò chepurtropponon poteva portare nient'altro chel'irreprensibilità della sua vitapoiché la suacamerieraa causa di una visita che aveva fatto ai suoi genitorinella famosa notteera assente dalla sua camera da lettoRodolfo larespinse da sé con i piedisfoderò una spada che eraappesa alla parete e le ingiunsenella furia della sua scompostapassionechiamando i cani e i servi di lasciare immediatamente lacasa e il castello. Littegarda si alzòpallida come gessodaterra e pregòscansando in silenzio i maltrattamentiche lefosse lasciato almeno il tempo necessario a preparare la partenzarichiestama Rodolfo non rispose altro se nonschiumando di rabbia:"Fuori! Via dal castello!". Tanto cheinvece di dare rettaalla propria moglieche gli sbarrava il passoimplorando umanitàe misericordiala spinse furibondo da partedandolecon l'elsadella spadaun colpo tale da farla sanguinare. L'infeliceLittegardapiù morta che vivalasciò la stanzaavanzò vacillandosquadrata dalle occhiate degli abitanti dibasso rangoattraverso il cortilefino al portone del castellodove Rodolfo le fece consegnare un fagotto di biancherianel qualeaveva messo un po' di denarochiudendo lui stesso dietro di leifraimprecazioni e maledizionii battenti.


Questaimprovvisa caduta da una serena e quasi imperturbata felicitànell'abisso di una miseria senza fondo e senza rimedio era piùdi quanto la povera donna potesse sopportare. Ignorando doverivolgersiscese vacillandoappoggiandosi alla ringhierailsentiero rocciosoper procurarsi almeno un riparo per la notteimminente; ma prima di raggiungere l'entrata del villaggio che siestendeva irregolarmente nella valle caddesmarrite le forzeaterra. Poteva essere rimasta così distesalontana da ognipena terrenaun'ora buonae l'oscurità avvolgeva ormaicompletamente la regionequandocircondata da numerosicompassionevoli abitanti del postosi riebbe: poiché unragazzo che giocava sul pendio roccioso l'aveva notatae avevaparlato in casa ai genitori di una così strana e sorprendenteapparizione; e questiche erano stati più volte beneficati daLittegardasconvolti di saperla in una situazione cosìsconsolatasi mossero subito per darle tutto l'aiuto che le loroforze permettevano.


Allepremure di quella gente lei si riebbe prestoealla vista delcastello chiuso alle sue spallericordò ogni cosa; rifiutòl'offerta di due donne di riportarla su al castelloe chiese solo lacortesia di procurarle subito una guida per continuare il cammino.Inutilmente la gente le mostrò come nel suo stato non potesseintraprendere un viaggio; Littegardacon il pretesto che la sua vitaera in pericoloinsistette per lasciare immediatamente i confini delfeudo; e poiché la folla intorno a lei aumentava sempresenzadarle aiutosi preparò a liberarsene con la forza e amettersinonostante l'oscurità della notte che si infittivain cammino da sola; tanto che la genteper paurase le fossecapitata una disgraziadi doverne rispondere ai signorifucostretta ad acconsentire al suo desiderio e a procurarle un carrochealla ripetuta domanda su quale direzione volesse dunqueprenderepartì con lei per Basilea.


Maappena uscita dal villaggiodopo aver soppesato piùattentamente le circostanzecambiò decisionee ordinòal conducente di girare e di portarla al castello dei Trotache eralontano solo poche miglia.


Poichésentiva chesenza un aiutocontro un avversario come il conteIacopo Barbarossa non avrebbe ottenuto niente davanti al tribunale diBasileae nessuno le sembrava più degno della fiducia diessere chiamato a difendere il suo onore del valorosoecome bensapevaancora devoto e innamorato amicol'ottimo camerlengo messerFederico di Trota. Poteva essere circa la mezzanottee le luci delcastello splendevano ancoraquandosfinita dal viaggiovi arrivòcon il suo carro. Mandò un servo della casache le era venutoincontroad avvertire la famiglia del suo arrivo; maprima ancorache questi avesse portato a termine l'incaricouscirono dal portonele damigelle Berta e Cunegondasorelle di messer Federicochecasualmenteoccupate in faccende domestichesi trovavanonell'anticameraal pianterreno. Le amiche aiutarono Littegardacheben conoscevanoa scendere dal carrosalutandola con gioiae laportaronosia pure non senza qualche apprensionedal fratellochesedeva al tavoloimmerso negli atti di un processo che losommergevano. Ma chi descriverà lo sbalordimento di messerFedericoquandoal rumore fatto alle sue spallegirò ilvisoe vide donna Littegardapallida e sfiguratavero ritrattodella disperazionecadere in ginocchio davanti a lui.


"Miacarissima Littegarda"esclamòalzandosie sollevandolada terra"che cosa vi è successo?". Littegardadopo essersi lasciata cadere su una poltronagli raccontòl'accaduto; quale infame dichiarazione il conte Iacopo Barbarossaper liberarsi dal sospetto di aver assassinato il ducaavesse resosu di lei davanti al tribunale di Basilea; come la notizia avesseimmediatamente causato al vecchio padrein quel momento giàmalato e sofferenteun colpo apopletticoin seguito al quale pochiminuti dopotra le braccia dei figliera morto; e come questifolli di indignazionesenza ascoltare quello che lei potesse portarea sua difesasi fossero scagliati contro di lei con i piùorribili maltrattamentie alla fine l'avesserocome una criminalecacciata di casa; pregò messer Federico di aiutarla araggiungere Basilea con una scorta convenientee di indicarle lìun assistente legale chenella sua comparsa davanti al tribunaleinsediato dall'imperatorepotesse starle a fianco con il suo saggioe ponderato consigliocontro l'infame accusa; e assicurò chedalla bocca di un Partoo di un Persianoche i suoi occhi nonavessero mai vistouna simile affermazione non le sarebbe potutavenire più inaspettata che dalla bocca del conte IacopoBarbarossa poiché questisia per la sua cattiva famasiaanche a causa del suo aspetto esteriorele era sempre stato odiosofino in fondo all'animae i complimenti che luinelle feste dellapassata estatesi era preso a volte la libertà di rivolgerleli aveva sempre respinti con il massimo della freddezza e deldisdegno.


"Bastamia carissima Littegarda!"esclamò messer Federicoprendendole con fervida nobiltà una mano e premendola alle suelabbra.


"Nonsprecate una parola a difesa e giustificazione della vostrainnocenza! Nel mio petto parla per voi una voce molto più vivae convincente di tutte le assicurazionie perfino di tutte leragioni di diritto e le prove che voi forse possiatedall'intrecciodei fatti e delle circostanzeportare in vostro favore davanti altribunale di Basilea. Prendete mepoiché i vostri ingiusti eingenerosi fratelli vi hanno abbandonataper vostro amico efratelloe concedetemi il vanto di essere il vostro avvocato inquesta causa; restituirò al vostro onore il suo splendoredavanti al tribunale di Basilea e al giudizio del mondo intero!".E con questo portò Littegardache a così nobili parolepiangeva calde lacrime di gratitudine e di commozioneda madonnaElenasua madreche si era già ritirata in camera da lettopresentandola alla degna e anziana signorache sentiva unparticolare affetto per leicome un'amica e ospite cheper undissidio scoppiato nella sua famigliaaveva deciso di soggiornareper qualche tempo nel suo castello; si liberò per lei quellastessa notte un'intera ala del vasto castellosi riempironoriccamente per leicon il corredo delle sorellegli armadi che visi trovavano di vestiti e di biancheriale fu assegnatacome siconveniva al suo rangouna decorosaanzi sontuosa servitùeil terzo giorno messer Federico di Trotasenza pronunciarsi sul modoin cui pensava di portare la sua prova davanti al tribunalesitrovava giàcon un numeroso seguito di uomini a cavallo e discudierisulla strada per Basilea.


Intantoda parte dei signori di Bredafratelli di Littegardaera giunto altribunale di Basilea uno scritto che riguardava gli eventi successial castellonel quale essisia che la ritenessero veramentecolpevolesia che avessero altri motivi per rovinarlaabbandonavanointeramente la povera donnacome una criminale convintaai rigoridella legge. Per lo meno chiamavano la sua cacciata dal castelloinmodo ignobile e non veritierouna fuga volontariadescrivendo comesenza aver potuto portare niente a difesa della propria innocenzaadalcune esclamazioni d'indignazione che ad essi erano sfuggite avesseimmediatamente lasciato il castello; epoiché erano statevane tutte le ricerche che assicuravano di aver disposto perrintracciarlaerano dell'opinione cheprobabilmenteandasseerrando al fianco di un altro avventurieroper colmare la misuradella sua vergogna. Per questa ragione facevano domandaaffinchéfosse salvaguardato l'onore della famigliada lei offesadicancellare il suo nome dall'albero genealogico del casato dei Bredachiedendocon minuziose argomentazioni giuridichechecome castigoper colpe così inauditevenisse dichiarata decaduta da ognipretesa all'eredità del suo nobile padreche la sua vergognaaveva portato alla tomba. Orai giudici di Basilea erano certo benlontani dall'accogliere la loro istanzaper la qualedel restoquel foro non era affatto competentema poiché nel frattempoil conte Iacoporicevuta questa notiziadiede le prove piùevidenti e decisive della sua partecipazione al destino diLittegardae segretamentecome si venne a saperemandòuomini a cavallo alla sua ricerca e a offrirle di trattenersi nel suocastelloil tribunale non dubitò più per niente dellaveridicità della sua deposizionee decise di cassare subitol'accusa per l'omicidio del duca che pendeva contro di lui. E anzi lapartecipazione di cui diede prova verso la sventurata nel momento delbisogno influì in modo estremamente favorevole sull'opinionepopolaremolto mutevole nel concedergli la sua benevolenza; siscusavaoraquello che prima era stato severamente biasimatol'aver egli abbandonato al disprezzo universale una donna che gli siera data per amoreritenendo chein così straordinarie emostruose circostanzepoiché ne andava niente meno che dellavita e dell'onorenon gli fosse rimasta altra scelta che rivelaresenza riguardi l'avventura che aveva avuto luogo nella notte di sanRemigio.


Diconseguenzaper ordine espresso dell'imperatoreil conte IacopoBarbarossa venne di nuovo convocato davanti al tribunaleper esseresolennemente assoltoa porte apertedal sospetto di aver avutoparte nell'omicidio del duca. L'araldo aveva appena finitosotto levolte della vasta sala del giudiziola lettura dello scritto deisignori di Bredae la corte si preparavain conformità alladecisione imperialea procederenei riguardi dell'accusatodrittoin piedida un latoa una solenne dichiarazione d'onorequandomesser Federico di Trota si fece avantirichiamandosi al generalediritto di ogni osservatore imparziale a dare per un momentoun'occhiata alla lettera. Si acconsentìmentre gli occhi ditutto il popolo erano puntati su di luial suo desideriomanonappena messer Federico ebbe ricevuto lo scritto dalle manidell'araldoeglidopo avervi gettato un fugace sguardolo laceròdall'alto in basso e ne gettò i pezziavviluppati insieme aun suo guantoin viso al conte Iacopo Barbarossadichiarando chequesti era un infame e spregevole calunniatoree che egli era decisoa provare davanti al mondo l'innocenza di donna Littegardadalmisfatto che da lui le veniva rinfacciatoall'ultimo sanguenelgiudizio di Dio! Il conte Iacopo Barbarossadopo aver raccoltopallido in visoil guantodisse: "Come è vero che Dionel giudizio delle armidecide secondo giustiziacosì laveridicità di ciò che ho dovutoper necessitàrivelareriguardo a donna Littegardaio te la proverò incavalleresca e leale tenzone! Riferitenobili signori"continuòvolgendosi verso i giudici"a sua maestàl'imperatore l'opposizione di messer Federicoe pregatelo di fissareegli stesso il tempo e il luogo in cui potremo incontrarcicon laspada in pugnoper decidere la contesa!". Conformemente aquesto i giudicisciolta la sessioneinviarono all'imperatore unadelegazione con il resoconto dell'accaduto; e poiché questiper la comparsa di messer Federicoquale difensore di Littegardaera scosso non poco nella sua fede nell'innocenza del conteconvocòcome richiedevano le leggi dell'onoredonna Littegarda a Basilea perassistere alla tenzone eper dissipare lo strano mistero chealeggiava su quei fattifissò il giorno di santa Margheritacome tempo e la piazza del castello di Basilea come luogo nel quale iduemesser Federico di Trota e il conte Iacopo Barbarossaavrebberodovutoalla presenza di donna Littegardaincontrarsi.


Nonappenaconformemente a questa decisioneil sole di mezzogiorno delgiorno di santa Margherita ebbe illuminato le torri della cittàdi Basileae una follaper la quale erano state erette panche etribunesi fu radunataa perdita d'occhiosulla piazza delcastelloal triplice grido dell'araldo dritto davanti all'altana deigiudici di combattimentoentrambicoperti da capo a piedi di lucidoferromesser Federico e il conte Iacopoper risolvere la contesacon le armientrarono nella lizza. Quasi tutti i cavalieri di Sveviae di Svizzera erano presentilungo la rampa che portava al castellosul fondo; eal balcone di questosedevacircondato dai suoicortigianil'imperatore in personaa fianco alla moglieaiprincipi e alle principesseai figli e alle figlie. Poco primadell'inizio del combattimentomentre i giudici dividevano la luce el'ombra fra i combattentidonna Elena e le sue due figlieBerta eCunegondache avevano accompagnato Littegarda a Basileasipresentarono ancora una volta alle porte della piazzae chieseroalle guardiein piedi accanto ad esseil permesso di entrare e didire a donna Littegardachesecondo un'antichissima consuetudinesedeva su un'impalcatura all'interno del recintouna parola. Poichésebbene tutta la vita di quella dama sembrasse esigere il piùassoluto rispetto e un'illimitata fiducia nella veridicitàdelle sue assicurazionituttavia l'anello che il conte Iacopo avevapotuto esibiree ancor più la circostanza che Littegardanella notte di san Remigio avesse messo in libertà la suacamerieral'unica persona che avrebbe potuto servirle da testimonegettava il loro animo nella più viva apprensione; essedecisero dunque di mettere ancora una volta alla provanell'urgenzadel momento decisivola sicurezza di coscienza che albergavanell'accusatae di farle comprendere quanto fosse vanoanzisacrilegoil tentativonel caso che realmente la sua anima fosseoppressa dalla colpadi volersi purificare da essa mercé ilsanto giudizio delle armiche avrebbe infallibilmente portato allaluce la verità. E in effetti Littegarda aveva tutte le ragionidi riflettere bene al passo che messer Federico faceva in sua difesa;il rogo aspettava sia lei sia il suo amicoil cavaliere di Trotanel caso che Dionel giudizio di ferronon si fosse deciso per luibensì per il conte Iacopo Barbarossa e per la veritàdella deposizione che questi aveva reso contro di lei davanti altribunale.


DonnaLittegardaquando vide entrareda un latola madre e le sorelle dimesser Federicosi alzòcon l'espressione di dignitàche le era propria e che il dolore diffuso su tutta la sua personarendeva ancora più commoventedal suo seggioe chieseandando loro incontroche cosain un momento così fataleleguidasse da lei.


"Miacara figliola"disse donna Elenaconducendola da parte"volete risparmiare a una madre che non hanella sua desolatavecchiaiaaltra consolazione che il possesso di suo figlioilcruccio di doverlo piangere nella sua tomba eprima che la tenzoneabbia inizioprendere postocon ricchi doni e un ricco corredoinuna carrozzaaccettando da noiin regalouna delle nostre terreche si trova al di là del Reno e che vi accoglierà condecoro e premura?".


Littegardadopo chementre un pallore le passava sul visola ebbe fissata involto per un attimonon appena ebbe capito il significato di quelleparole in tutta la loro portatapiegò un ginocchio davanti alei. "Veneranda ed eccellente signora"disse"lapreoccupazione che Dioin quest'ora decisivasi dichiari control'innocenza del mio animo viene forse dal cuore del vostro nobilefiglio?".


"Perché"domandò donna Elena.


"Perchéin questo casolo scongiuro di non sguainare una spada non guidatada una mano fiduciosae cederesotto qualsiasi convenientepretestola lizza al suo avversario: ma di lasciare mesenzaprestare un ascolto inopportunoal sentimento della compassionedalquale niente posso accettareal mio destinoche metto nelle mani diDio!".


"No"disse donna Elena confusa"mio figlio non ne sa nulla! Poco siconverrebbe a luiche ha dato al tribunale la sua parola dicombattere per la vostra causavenire a farviadesso che battel'ora della decisioneuna simile proposta. Con ferma fede nellavostra innocenza stacome vedetegià in armi e pronto allalottadi fronte al contevostro avversario; era una proposta chenoile mie figlie e ioabbiamo escogitato nell'angoscia delmomentoin considerazione di tutti i suoi vantaggie per evitareogni sventura".


"Inquesto caso"disse donna Littegardamentrecon un bacioardenteinumidiva con le sue lacrime la mano della vecchia dama"lasciate che tenga fede alla sua parola! Nessuna colpa macchiala mia coscienza; anche se scendesse in campo senza elmo e senzacorazzaDio e tutti i suoi angeli gli farebbero scudo!". E conqueste parole si alzò da terra e guidò donna Elena e lesue figlie verso alcuni sedili che si trovavano all'interno dellalizzadietro il seggiocoperto di panno rossosul quale preseposto lei stessa.


Dopodi ciò l'araldoal cenno dell'imperatorechiamò conuno squillo alla lottae i due cavalierilo scudo e la spada inpugnosi scagliarono l'uno contro l'altro. Messer Federico ferìsubito il conteal primo colpo; lo colpì con la punta dellaspadanon molto lungalà dovetra il braccio e la manosisovrappongono le giunture dell'armatura; ma il contechespaventatodalla fittafece un salto indietro ed esaminò la feritatrovòbenché il sangue sgorgasse con violenzachesoltanto la pelle era stata graffiata in superficie: cosicchéal mormorio di biasimo dei cavalieridisseminati lungo la rampasulla sconvenienza di un simile contegnosi lanciò di nuovoin avanti e riprese il combattimento con forze rinnovatecome unuomo pienamente sano. L'urto fra i due contendenti fluì erifluìcome quando si scontrano due uraganio due nubitemporaleschescagliandosi i loro fulminicozzano l'una control'altra esenza confondersifra lo schianto di frequenti tuonisiergono come torri aggirandosi a vicenda.


MesserFedericotenendo protesi in avanti lo scudo e la spadaera piantatosul terreno come se volesse mettervi radici; sepolto fino aglisperonifino alle caviglie e ai polpaccinel terrenoche era statoappositamente disselciato e reso morbidostornava dal petto e dallatesta i colpi insidiosi del contechepiccolo e agilesembravaattaccare da tutti i lati contemporaneamente. Il combattimento eragià duratoconsiderando i momenti di riposo ai quali laspossatezza costringeva tutti e due i contendentiquasi un'oraquandotra gli spettatori che si trovavano sulle tribunesi sentìdi nuovo un mormorio. Sembrava chequesta voltanon fosse direttocontro il conte Iacopoche non mancava di zelo per mettere fine allalottama contro quello stare impalato di messer Federico semprenello stesso puntocontro la sua strana e in apparenza quasitimorosao quanto meno ostinatarinuncia a ogni attacco. MesserFedericoper quanto il suo modo di procedere potesse riposare subuone ragioniera troppo sensibile per non sacrificarloimmediatamente alla richiesta di coloro chein quel momentodecidevano del suo onore; abbandonòcon un passo arditolaposizione scelta fin dall'inizioquella specie di trincea naturaleche gli si era formata intorno al piedevibrando al capodell'avversariole cui forze cominciavano a cedereuna serie dirudi e vigorosi fendentiche questituttaviariuscì apararecon abili movimenti laterali dello scudo. Mafin dai primimomenti della lotta seguiti al cambiamento di cui si è dettomesser Federico ebbe una sfortuna che non sembrava far pensareaffatto alla presenza di forze superiori arbitre del combattimento;impigliandosi il piede nei propri speroniegli incespicò eprecipitò in avantie mentresotto il peso dell'elmo edell'armatura che gli gravava la parte superiore del corpocadeva inginocchiopuntando la mano nella polvereil conte IacopoBarbarossacon gesto né magnanimo né cavallerescoglivibrò la spada nel fianco rimasto scoperto. Messer Federicocon un grido di momentaneo doloresi risollevò con un saltoda terra. Si calòsìl'elmo sugli occhie sipreparòrivolgendo rapidamente il viso all'avversarioaproseguire la lotta: mamentre eglicon il corpo piegato daldoloresi appoggiava alla spadae i suoi occhi si oscuravanoilconte gli trafisse ancora per due volte il pettocon la sua spadalunga e sottileproprio sotto il cuoreed eglifra lo strepitodell'armaturarovinò al suololasciando cadere accanto a séla spada e lo scudo.


Ilconte gli posedopo aver gettato da parte le armimentre echeggiavaun triplice squillo di trombail piede sul petto; ementre tuttigli spettatoril'imperatore per primocon grida soffocate di orroree di pietà si alzavano dai sedilidonna Elena si precipitòseguita dalle due figliesul figlio dilettoche si rotolava nelsangue e nella polvere. "Federico mio!"gridòinginocchiandosi piangente vicino alla sua testamentre donnaLittegardasvenutaveniva sollevata dal pavimento della tribunasul quale era cadutada due guardiee portata in prigione. "Ohl'infame"aggiunse"ohl'abiettachecon la coscienzadella sua colpa nel pettoosa farsi avanti quie armare il bracciodel più fedeledel più nobile amicoper conquistarleil giudizio di Dio in un'ingiusta tenzone!". E con queste gridadi dolore sollevò da terra il figlio amatomentre le figlielo liberavano dell'armaturae cercò di arrestare il sangueche sgorgava dal suo nobile petto. Maper ordine dell'imperatoreleguardie si fecero avanti epoiché era caduto sotto i rigoridella leggepresero anche lui in custodia; fu messoconl'assistenza di alcuni medicisu una barellae anch'egli portatocon l'accompagnamento di una gran follain prigionedove peròdonna Elena e le sue figlie ebbero il permesso di stare con lui finoalla mortedella quale nessuno dubitava.


Prestotuttaviadivenne chiaro che le ferite di messer Federicoper quantotoccassero parti vitali e delicateper una particolare disposizionedel cielo non erano mortali; anzii medici che gli erano statiassegnati poterono dare già pochi giorni dopo alla famiglia laprecisa assicurazione che sarebbe rimasto in vitae cheper larobustezza della sua costituzionein poche settimanesenza soffrirenessuna menomazione del corposi sarebbe ristabilito. Non appenaebbe ripreso conoscenzadella quale era stato a lungo privo per ildolorela domanda che egli rivolse alla madre fuincessantementeche cosa facesse donna Littegarda. Non poteva trattenere le lacrimequando la immaginava nella desolazione del carcerepreda della piùspaventosa disperazionee chiese alle sorelleaccarezzandoleamorosamente sotto il mentodi farle visita e consolarla. DonnaElenacolpita dalle sue parolelo pregò di dimenticarequella donna spregevole e svergognata; disse che il delitto di cui ilconte Iacopo aveva fatto menzione davanti al tribunalee che oral'esito della tenzone aveva portato alla luce del giornopotevaessere perdonatoma non l'impudenza e la sfrontatezza con cuiinpiena coscienza della sua colpasenza riguardo al suo amico piùnobileche precipitava in tal modo nella rovinaaveva invocato persécome un'innocenteil santo giudizio di Dio.


"Ahmadre mia"disse il camerlengo"dov'è il mortalefosse anche in lui la saggezza di tutti i secolial quale sia lecitoprovare a decifrare la misteriosa sentenzapronunciata da Dio conquesta tenzone?".


"Come?"esclamò donna Elena. "Il senso della sentenza divina ti èrimasto oscuro? Non hai forse dovuto soccomberenel combattimentoin modo anche troppo dolorosamente chiaro e inequivocabileallaspada del tuo avversario?".


"Siapure!"replicò messer Federico. "Per un attimo hodovuto soccombere. Ma sono stato forse vinto dal conte? Non vivoforse ancora? Non sto rifiorendocome sotto il soffio del cielomiracolosamenteper riprendere da capoforse tra pochi giorniconforze duetre volte maggioriil combattimento turbato da un caso daniente?".


"Folle!"gridò la madre. "E non sai che esiste una leggesecondola quale il combattimento cheper dichiarazione dei giudici dicampoè stato conclusonon può essere ripresoperdirimere la stessa causadavanti alla sbarra del tribunale divino?".


"Chem'importa?"ribatté sdegnosamente il camerlengo. "Ionon mi curo delle leggi arbitrarie degli uomini. Può uncombattimento che non è stato proseguito fino alla morte diuno dei due contendentisecondo ogni ragionevole valutazione dellecoseessere considerato concluso? E non potreise mi fosseconsentito di riprenderlosperare di porre rimedio all'incidente chemi ha colpitoe conquistarmicon la spada in pugnoben altrasentenza divina di quella che oracon visione miope e limitataviene presa per tale?".


"Però"replicò pensierosa la madre"queste leggidelle qualipretendi di non curartisono quelle che regnano e comandano; essehannoragionevoli o noil valore di un responso divinoeconsegnano te e leicome una coppia di esecrabili malfattoriatutto il rigore della giustizia penale".


"Ah"esclamò messer Federico"è appunto questo che migettame infelicenella disperazione! La verga della giustizia èstata spezzata su di leicome su di una colpevole; e ioche volevoprovare davanti al mondo la sua virtù e la sua innocenzasonocolui che l'ha gettata nella miseria: un irreparabile inciampo nellacinghia degli speronicon il quale Dioforseha voluto punirmi peri peccati che racchiudo nel pettodel tutto indipendentemente dallasua causaabbandona le sue membra fiorenti alle fiammee la suamemoria a un'eterna vergogna!".


Aquelle parole gli salirono agli occhi le lacrime di un cocente dolorevirilesi giròafferrando il fazzolettoverso la pareteedonna Elena e le sue figlie si inginocchiarono con silenziosacommozione a fianco al suo letto e mescolaronobaciandogli le manile loro lacrime alle sue. Intanto era entrato nella sua stanza ilcarcerierecon cibi per lui e per i suoie messer Federicoavendogli chiesto come stesse donna Littegardavenne a saperedallesue parole smozzicate e indifferentiche giaceva su un mucchio dipagliaedal giorno in cui era stata rinchiusanon aveva proferitoparola. Messer Federico fu gettato da quella notizia in un'estremaapprensionee l'incaricò di dire alla damapertranquillizzarlacheper uno strano decreto del cieloegli era inpieno miglioramento e le chiedeva il permessonon appena la suasalute si fosse ristabilitacon l'autorizzazione del castaldodipoterle far visita nella sua prigione. Ma la risposta che ilcarcerieredopo averla più volte scossa per il bracciopoiché giaceva sulla paglia come una mentecattasenza vederené ascoltaredisse di aver ricevuto fu chenofinchéera su questa terra non voleva più vedere anima viva; anzisivenne a sapere chequel giorno stessolei aveva ordinato alcastaldoin uno scritto redatto di suo pugnodi non lasciareentrare nessunochiunque fossee meno che mai il camerlengo diTrota; così messer Federicospinto dalla più violentapreoccupazione per il suo statoun giorno in cui sentìritornare particolarmente vive le forzecon il permesso del castaldoprese l'iniziativa ecerto del suo perdonosenza farsi annunciareaccompagnato della madre e dalle sorelle si recò nella suastanza.


Machi descriverà l'orrore dell'infelice Littegardaquandoalrumore che veniva dalla portacon il petto semiscoperto e i capellidisciolti si sollevò dalla paglia ammucchiata sotto di leieinvece del carceriere che aspettavavide il camerlengoil suonobile ed eccellente amicocon le tracce delle sofferenze patitemalinconica e toccante apparizioneentrare da leial braccio diBerta e di Cunegonda. "Vattene!"gridòe si gettòdi nuovogirandosisulle coperte del giacigliocon una smorfia didisperazionepremendosi il viso con le mani. "Vattenese ticova nel petto una scintilla di misericordia!". "Comemiacarissima Littegarda?"rispose messer Federico. Eappoggiandosi alla madrele si mise a fianco e si chinò coninesprimibile commozione su di leiper afferrarle la mano.


"Vattene!"gridò leiarretrando in ginocchio sulla paglia di molti passitremanti. "Non toccarmise non vuoi farmi impazzire! Ho orroredi te! Le lingue di fuoco mi sono meno spaventose di te!"."Orrore di me?"rispose messer Federicocolpito. "Inche cosamia nobile Littegardail tuo Federico ha meritato questaaccoglienza?". A queste parole Cunegonda gli avvicinòaun cenno della madreuna sediae lo invitòdebole com'eraa sedervisi. "Gesù!"esclamò leimentrenella più orribile angosciail viso contro il pavimentosiprostrava davanti a lui. "Esci da questa stanzamio amatoelasciami! Abbraccerò con tutto il mio ardore le tue ginocchialaverò i tuoi piedi con le mie lacrimeti imploro come unverme che si torce davanti a te nella polvere di un'unicamisericordia: escimio signore e padroneesci da questa stanzaesci immediatamente e lasciami!".


MesserFederico continuava a staresempre più scossodavanti a lei.


"Lamia vista ti è così poco graditaLittegarda?"chiesechinando uno sguardo serio su di lei. "Orribileinsopportabilemi annienta!"rispose Littegardanascondendodel tutto il voltocon le mani disperatamente protesefra le piantedei piedi di lui. "L'infernocon tutti i suoi orrori e i suoiterrorimi è più dolce e più amabile dacontemplare che la primavera del tuo voltorivolto a me conbenevolenza e amore!". "Dio del cielo!"esclamòil camerlengo. "Che cosa devo pensare di questo straziodell'anima tua? Il giudizio di Dioinfeliceha forse detto il veroe tu seisei colpevole del delitto di cui il conte ti ha accusatodavanti al tribunale?".


"Colpevoleconvintareiettabandita e condannata nel tempo e per l'eternità!"gridò Littegardabattendosi il petto come un'invasata.


"Dioè veritiero e non inganna; va'i miei sensi si smarrisconoela mia forza si spezza. Lasciami solacon il mio pianto e la miadisperazione!". A queste parole Federico cadde in deliquio; ementre Littegarda si copriva il capo con un veloecome seprendesse del tutto congedo dal mondosi ritirava sul suo giaciglioBerta e Cunegonda si gettarono piangendo sull'inanimato fratelloperrichiamarlo in vita.


"Ohsii maledetta!"gridò donna Elenamentre il camerlengoriapriva gli occhi. "Maledetta in un eterno rimorsoal di quadella tombaeal di là di essain un'eterna dannazione! Nonper la colpa che ora confessima per la spietatezzala disumanitàdi confessarla non prima di aver trascinato con te nella rovina ilmio incolpevole figlio! Stolta che sono stata!"proseguìgirandole con disprezzo le spalle. "Avessi prestato fede alleparole chepoco prima dell'apertura del giudizio di Diomi confidòil priore del convento degli Agostinianipresso il quale il contepreparandosi devotamente all'ora decisiva che lo attendevaeraandato a confessarsi! A lui egli aveva giuratosull'ostiaconsacratala veridicità delle affermazioni rese davanti altribunale a proposito di questa miserabilegli parlò dellaporta del giardino alla quale leial calar della nottel'avevaatteso e accoltosecondo gli accordi; gli descrisse la cameraunastanza laterale della torre disabitata del castellonella quale nonvista dalle guardielo introdussee il giaciglio dai comodicuscinisormontato da un sontuoso baldacchinosopra il quale consfrontata lussuriasi era coricata segretamente al suo fianco! Ungiuramento reso in quell'ora non contiene menzogna: e se iociecafosse pure nel momento in cui stava per essere vibrato il primocolpone avessi fatto cenno a mio figliogli avrei aperto gliocchied egli si sarebbe ritrattotremandodall'abisso che gli siapriva davanti. Ma vieni"gridò donna Elenaabbracciando teneramente messer Federicoe premendogli un baciosulla fronte"l'indignazionedegnandosi di rivolgerle laparolala onora: veda soltanto la nostra schienaeannichilita dairimproveri che le risparmiamodisperi!".


"Ilmiserabile!"ribatté Littegardaraddrizzandosiprovocata da quelle parole. Eappoggiando dolorosamente il capo sulginocchio e versando lacrime cocenti nel fazzolettodisse: "Ricordoche i miei fratelli e iotre giorni prima della notte di sanRemigioeravamo nel suo castelloegli aveva allestitocome facevaspessouna festa in mio onoree mio padreche si compiaceva aveder celebrate le attrattive della mia fiorente giovinezzami avevaspinto ad accettarecon l'accompagnamento dei miei fratellil'invito. A tarda oradopo la fine delle danzesalita nella miacameratrovo sul tavolo un bigliettochescritto da mano ignotaesenza la firma del nomecontiene una vera e propria dichiarazioned'amore. Capitò che i miei due fratelliper prendere accordisulla nostra partenzache era fissata per l'indomanifosseropresenti nella camera; epoiché non ero abituata ad averesegreti di nessun tipo con essimostrai lorosenza parole per lostuporelo strano oggetto che avevo appena scoperto. Questichericonobbero immediatamente la mano del conteschiumarono di rabbiae il maggiore era deciso ad andare immediatamentecon il foglio inmanonella sua stanza ma il più giovane gli fece presentequanto fosse pericoloso un simile passopoiché il conte avevapreso la precauzione di non firmare il biglietto; dopo di che tutti eduenella più profonda indignazione per un contegno cosìoffensivopresero posto con mein carrozzaquella stessa notteedecisi a non onorare mai più il suo castello della loropresenzafecero ritorno al castello paterno... Questa èl'unica relazione"aggiunse"che io abbia mai avuto conquell'uomo spregevole e indegno!".


"Che?"disse il camerlengorivolgendo verso di lei il viso rigato dilacrime. "Queste parole sono musica per il mio orecchio...


Ripetimele!"dissedopo una pausainginocchiandosi davanti a lei e giungendo lemani. "Non mi hai dunque traditoa favore di quel miserabileesei pura della colpa di cui egli ti ha accusato davanti altribunale?". "Caro!"sussurrò Littegardapremendo alle labbra la mano di lui. "Lo sei?"gridòil camerlengo. "Lo sei?". "Come il petto di un bambinoappena natocome la coscienza di un uomo che ritorna dallaconfessionecome la salma di una monaca mortain sagrestianelmomento della vestizione!". "Dio Onnipotente"gridòmesser Federicoabbracciandole le ginocchia"ti ringrazio! Letue parole mi ridanno la vita; la morte non mi fa più paurael'eternitàche or ora si estendevadavanti a mecome unmare di sconfinata miseriarisorge come un regno di mille solisplendenti!".


"Infelice!"disse Littegardaritirandosi indietro. "Come puoi prestar fedea quello che la mia bocca ti dice?". "Perché no?"disse messer Federico avvampando. "Pazzo! Dissennato!"gridò Littegarda.


"Ilsacrosanto giudizio di Dio non ha forse deciso contro di me? Non seistato sconfitto dal conte in quel fatale duello? Non ha il contedimostrato con la spada la veridicità di quello che avevatestimoniato contro di me in tribunale?".


"Miacarissima Littegarda"gridò il camerlengo"salvaguardala mente dalla disperazione! Innalzacome una rupeil sentimentoche vive nel tuo pettotieniti forte ad essoe non vacillareneppure se terra e cielo crollasserosotto e sopra di te! Di duepensieri che confondono la mente pensiamo quello piùcomprensibile e più ragionevole; epiuttosto che tu creda testessa colpevolecrediamo piuttosto chenella tenzone che hocombattuto per teio abbia vinto!... DioSignore della mia vita"aggiunsein quel momentomettendosi le mani davanti al viso"preserva anche l'anima mia dalla confusione! Io credocome èvero che vorrei essere salvatodi non essere stato vinto dalla spadadel mio avversariopoichégià calpestato nellapolvere dal suo piedesono risorto alla vita. Dov'èl'obbligoper la suprema saggezza divinadi annunciare epronunciare la verità nel momento stesso in cui vienefiduciosamente invocata? OhLittegarda!"conclusepremendolela mano tra le sue. "Guardiamo nella vitaalla morteenellamorteall'eternitàe serbiamo la fede saldaincrollabileche la tua innocenza sarà portatae lo sarà proprioattraverso il duello che ho combattuto per tealla limpidachiaraluce del sole!". A queste parole entrò il castaldo; epoiché egli ricordò a donna Elenache sedeva a untavolo piangendoche tante emozioni potevano riuscire dannose a suofigliomesser Federicoalle sollecitazioni dei suoiritornònon senza la consapevolezza di aver dato e ricevuto qualche confortonella sua prigione.


Intantodavanti al tribunale insediato dall'imperatore a Basilea venneintentata l'accusa contro messer Federico di Trota e contro la suaamicadonna Littegarda di Auersteinper aver invocato in modosacrilego l'arbitrato divinoed entrambi secondo la legge vigentefurono condannati a subiresulla piazza stessa della tenzonelamorte infame del rogo. Si mandò una delegazione di giudici adarne l'annuncio ai prigionierie la sentenzasubito dopo che ilcamerlengo si fosse ristabilito sarebbe stata senz'altro eseguitasenon fosse stata segreta intenzione dell'imperatore vedervipresenziare il conte Iacopo Barbarossacontro il quale egli nonsapeva reprimere un specie di diffidenza. Ma questi continuavainmodoa dire il vero assai strano e singolarea giacere malatopervia della piccola e in apparenza insignificante ferita che avevaricevutoall'inizio del duelloda messer Federico; uno statoestremamente corrotto dei suoi umori ne impedivadi giorno ingiornodi settimana in settimanala guarigionee tutta l'arte deimediciche con l'andare del tempoerano stati chiamati dalla Sveviae dalla Svizzera non era stata in grado di rimarginarla. Anziun pusveneficodi un genere ignoto a tutta la medicina del tempodivoravacome un cancro i tessuti circostantifino all'osso e all'interosistema della manocosicchécon orrore di tutti i suoiamicici si vide costretti ad amputargli l'intera mano offesaeinseguitopoiché neppure con questo mezzo si era posto termineall'azione divoratrice del pusil braccio stesso. Ma anche questomezzo di guarigionevantato come cura radicalenon fece cheaggravarecome oggi si sarebbe facilmente capitoil maleanzichéalleviarlo; e i medicipoiché tutto il suo corpoa poco apocosi disfaceva in pus e in cancrenadichiararono che per lui nonc'era salvezza e cheprima che finisse la settimanadoveva morire.


Invanoil priore del convento degli Agostinianiche in questa svoltainaspettata degli eventi credeva di scorgere la tremenda mano di Diolo esortò a confessare la veritàin relazione allalite che lo opponeva alla duchessa reggente; il contesempre piùscossoprese ancora una volta il santo sacramento per confermare laveridicità della sua deposizione econ tutti i segni dellapiù orribile angosciadisse che abbandonavanel caso avesselanciato contro donna Littegarda accuse calunniosela propria animaalla dannazione eterna.


Orasi avevanomalgrado la scostumatezza delle sue abitudinidoppieragioni per credere all'intima onestà di quell'assicurazione:da un lato perché all'infermo non mancavain realtàuna certa devozioneche non sembrava permettere un falso giuramentoin un momento simile; inoltre perchéda un interrogatorio alquale fu sottoposto il guardiano della torre del castello di Bredache egli diceva di aver corrottoal fine di entrare segretamentenella fortezzarisultò che la circostanza era fondata puntoper puntoe che il contenella notte di san Remigioera statodavvero all'interno del castello dei Breda.


Inseguito a questonon restò al priore quasi nient'altrosenon credere che il conte fosse stato ingannato da una terza personaa lui sconosciuta; e l'infeliceal qualealla notizia dellameravigliosa guarigione del camerlengoera venuto in mente lo stessopensiero terribilenon era ancora giunto alla fine della sua vitaquando questa ideaper sua disperazionetrovò pienaconferma. Bisognainfattisapere che il contegià moltotempo prima che i suoi desideri si appuntassero su donna Littegardaaveva una tresca con Rosaliala sua cameriera; quasi a ogni visitache la padrona faceva nel suo castelloegli era solito attirarenottetempo nella propria camera quella ragazzache era una creaturaleggera e di facili costumi. Quando Littegardadurante l'ultimavisita che fece al suo castelloinsieme ai fratelliricevette dalui quel biglietto affettuosonel quale le dichiarava la suapassioneil fatto suscitò il risentimento e la gelosia dellaragazzache egli aveva trascurato già da molte lune; eallapartenzasubito dopo seguìtadi Littegardache lei dovevaaccompagnareessa lasciòcon il nome di leiun bigliettoper il contenel quale gli faceva sapere che l'indignazione dei suoifratelli per il passo da lui compiuto non permetteva un incontroimmediatoma lo invitavanella notte di san Remigioa farle visitanelle stanze del castello di suo padre.


Ilcontepieno di gioia per la felice riuscita dell'impresascrisseimmediatamente una seconda lettera a Littegardain cui le confermavail suo arrivo nella notte stabilita e la pregava soltantoperevitare erroridi mandargli incontro una guida fidatache potesseportarlo nelle sue stanze; e poiché la camerieraabile inogni sorta di intrighisi aspettava quella comunicazionele riuscìdi intercettare lo scrittoe dirgli in una seconda falsa rispostache lei stessa l'avrebbe atteso alla porta del giardino. Poila seradella notte convenutacon il pretesto che sua sorella era malata eche voleva farle visitachiese a Littegarda il permesso di recarsiin campagna; lasciò infattiottenutolonel tardo pomeriggioil castelloportando un fagotto di biancheria sotto il braccioe simisesotto gli occhi di tuttisulla strada che portavaall'abitazione di quella donna. Mainvece di portare a termine ilviaggiosul far della notte si ritrovòcon il pretesto chestava per scoppiare un temporaledi nuovo al castelloe si fecepreparareper non disturbarecome dissesua signoriaessendo suaintenzione riprendere il cammino l'indomaninelle prime ore delmattinoun giaciglio per la notte in una delle stanze vuote dellatorre del castellodeserta e poco frequentata. Il conteche erariuscito a ottenere dal custodeper denarodi entrare nel castelloeall'ora della mezzanottesecondo gli accordiera stato ricevutoalla porta del giardino da una persona velatanon immaginòcome è facile comprendereniente dell'inganno che gli venivagiocato; la ragazza gli diede un bacio fugace sulla bocca e lo portòper molte scale e corridoi dell'ala lateraledesertain una dellestanze più sontuose dell'edificiodella quale aveva inprecedenza accuratamente chiuso le finestre. Quidopo chetenendoloper manoebbe origliato alle porte con fare misteriosoe gli ebbeordinatocon un sussurrodi stare zittocon il pretesto che lastanza da letto del fratello era vicinissimasi coricò conlui sul lettoche stava da una parte; il conteingannato dalla suafigura e dall'altezzasprofondò nel vortice del piacere diaver fatto ancoraalla sua etàuna simile conquista; equando leialle prime luci del mattinolo lasciòinfilandogli al ditoin ricordo della notte trascorsaun anello cheLittegarda aveva ricevuto da suo maritoe che leila sera primaleaveva sottratto a questo scopoegli le promisenon appena fossegiunto a casadi contraccambiarla con un altro anelloricevutoilgiorno delle nozzedalla sua defunta moglie.


Tregiorni dopo mantenne la parolae le fece segretamente recapitarealla rocca quell'anelloche Rosaliaancora una voltafu cosìabile da intercettare; maprobabilmente nel timore chequell'avventura lo portasse troppo oltrenon diedepoipiùnotizie di séed evitòcon vari pretestiun secondoconvegno. In seguito la ragazzaa causa di un furto i cui sospetticaddero su di lei quasi con certezzavenne licenziatae rimandatapresso la casa dei genitoriche abitavano sul Reno; e poichépassati nove mesidiventarono visibili le conseguenze di quella vitadissolutae la madre la interrogò con severitàleiconfessò che era il conte Iacopo Barbarossarivelando tuttala storia segreta che aveva avuto con luiil padre del bambino.Fortunatamenteper paura di essere presa per una ladraaveva potutooffrire in vendita solo assai timidamente l'anello che le era statoinviato dal conte ea causa del suo grande valorenon aveva trovatonessuno che fosse disposto a riscattarlo: così la veridicitàdel suo racconto non poté essere messa in dubbioe igenitorivalendosi di quella prova evidentecitarono in giudizio ilconte Iacopo Barbarossaperché provvedesse al mantenimentodel bambino. I giudiciche avevano già sentito della stranacontroversia intentata a Basileasi affrettarono a portare lascopertache era della massima importanza per l'esito di quellacausaa conoscenza del tribunale di Basilea; e poiché unconsigliere doveva andare in quella città per un pubblicoincaricogli diederoper risolvere il terribile enigmacheoccupava tutta la Svevia e la Svizzerauna lettera con ladeposizione giudiziaria della ragazzaalla quale unirono l'anelloper il conte Iacopo Barbarossa.


Erail giorno fissato per l'esecuzione di messer Federico e diLittegardache l'imperatoreall'oscuro dei dubbi che erano natinell'animo del conte stessonon riteneva di poter ulteriormenterinviarequando il consigliere entròcon lo scrittonellacamera dell'infermoche si torceva sul suo giaciglio tra disperatilamenti.


"Basta!"esclamò questiquando ebbe letto la lettera e ricevutol'anello. "Sono stanco di vedere la luce del sole! Procuratemi"disse rivolto al priore"una barellae portate questomeschinole cui forze si riducono in polveresul piazzaledell'esecuzione: non voglio morire senza aver compiuto un atto digiustizia!". Il prioreprofondamente scosso dall'evento lo feceimmediatamente deporre da quattro servi su una lettiga comedesideravaeinsieme a una folla smisurata che il suono dellecampane aveva radunato intorno alla pirasulla quale messer Federicoe Littegarda erano già saldamente legatigiunse conl'infeliceche teneva in mano un crocefissosulla piazza.


"Fermi!"gridò il priorementre faceva deporre la barella di fronte albalcone dell'imperatore. "Prima di appiccare il fuoco a quellapiraascoltate le parole che deve rivolgervi la bocca di questopeccatore!". "Come?"esclamò il sovranoalzandosi dal suo seggio pallido come un cadavere. "Ilsacrosanto giudizio di Dio non ha già deciso per la giustezzadella sua causaed è permessodopo quanto è accadutoanche soltanto pensare che Littegarda sia innocente del misfatto cheegli le ha attribuito?". Econ queste parolescese sconvoltodal palcomentre più di mille cavalieriseguìti datutto il popoloche saltava le panche e le staccionatesiaccalcavano intorno al giaciglio dell'infermo.


"Innocente"rispose questimentresorretto dal prioresi tirava su a metà"come la sentenza del sommo Iddioin quel giorno fataledecisedavanti agli occhi di tutti i cittadini riuniti di Basilea!Poiché eglicolpito da tre feriteciascuna mortale ècome vedetefiorente di forze e pienezza di vitamentre un colpodella sua manoche non sembrò neppure sfiorare l'involucroesterno della mia esistenzacon azione lentacontinuataterribilene ha intaccato il nocciolo stessoe ha abbattuto la mia forza comeil vento di tempesta abbatte una quercia. Ma qui se un incredulodovesse nutrire ancora qualche dubbioecco le prove: Rosaliala suacamerierafu colei che mi ricevette in quella notte di san Remigiomentre iomeschinonell'accecamento dei miei sensipensavo distringere tra le mie braccia colei che aveva sempre respinto condisprezzo le mie profferte!".


Aqueste parolel'imperatore si irrigidìcome se fosse fattodi pietra. Egli mandògirandosi verso la piraun cavalierecon l'ordine di salire egli stesso la scala e slegare il camerlengo ela damache giaceva giàpriva di conoscenzatra le bracciadi sua madree di portarli presso di lui. "Dunque un angeloveglia su ogni capello della vostra testa!"esclamò ilsovranoquando Littegardacon il petto semiscoperto e i capellidiscioltitenuta per mano da messer Federicoil suo amicocheaveva egli stesso le ginocchia tremantiper l'emozione di quellamiracolosa salvezzaattraverso il cerchio del popoloche cedevacon venerazione e sbalordimentoil passogli si fu avvicinata. Eglibaciò a entrambiche si erano inginocchiati davanti a luilafronte edopo aver pregato la sua consorte di porgergli l'ermellinoche indossavae averlo gettato sulle spalle di Littegardale porsesotto gli occhi di tutti i cavalieri radunatiil braccioconl'intenzione di condurla egli stesso nelle stanze del palazzoimperiale. Poi si rivolsementre il camerlengo veniva anch'egliadornatoal posto del saio di peccatore che lo coprivacon ilcappello piumato e il mantello di cavaliereverso il conteche sitorceva penosamente sulla barella: emosso da un sentimento dicompassionepoiché questidopo tuttonon aveva affrontatoil duello che l'aveva portato alla rovina in modo scellerato esacrilegochiese al medico che gli stava a fianco se per l'infelicenon ci fosse salvezza.


"E'inutile"rispose Iacopo Barbarossaappoggiandosicon fremitispaventosiin grembo al suo medico. "La morte che soffro l'homeritata. Sappiatedunquepoiché il braccio della giustiziadi questo mondo non può più raggiungermiche io sonol'assassino di mio fratelloil nobile duca Guglielmo di Breysach: ilmalvagio che lo abbattécon la freccia della mia sala d'armisei settimane prima era statoper compiere quel gestoche avrebbedovuto procurarmi la coronaassoldato da me!". Econ questadichiarazionericadde sulla barella ed esalò la sua animanera.


"Ahmio maritoil duca stessol'aveva intuito!"esclamò lareggentedritta accanto all'imperatorepoiché anch'essa erascesa dal balcone del palazzoal seguito dell'imperatriceperrecarsi sulla piazza. "Me l'aveva dettocon parole spezzateche allora intesi solo imperfettamentequando era in punto dimorte!".


"Ebbeneil braccio della giustizia raggiungerà almeno il tuocadavere!"aggiunse l'imperatorecon sdegno. "Prendetelo"gridòvolgendosi verso le guardie"e consegnatelosubitogiudicato com'èalle mani del boia: sia consumatoaonta della sua memoriasu quello stesso rogo sul quale eravamo inprocintoper causa suadi sacrificare due innocenti!".


Econ ciòmentre il cadavere dello sciagurato crepitava tra lefiamme rossastree poi veniva disperso e dissipato ai quattro ventidal soffio della tramontanacondusse donna Littegardacon ilseguito di tutti i suoi cavalieria palazzo. La reintegròcon decreto imperialenell'eredità paternadella quale ifratellinella loro ignobile aviditàavevano giàpreso possessoe tre settimane doponel castello di Breysachfurono celebrate le nozze dei due eccellenti sposidurante le qualila duchessa reggenteassai lieta della piega che avevano preso lecosefece dono nuziale a Littegarda di una gran parte deipossedimenti del contecadutiper leggesotto sequestro.


L'imperatoredopo la cerimoniacinse il collo di messer Federico con una collanad'onore; enon appenaportati a termine i suoi affari in Svizzerafu ritornato a Wormsfece inserire negli statuti che regolavano ilsacrosanto giudizio di Dio mediante duellodovunque fosse scrittoche la colpaattraverso di essoviene immediatamente portata allaluce del giornole seguenti parole: "Se questa è lavolontà di Dio".




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