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Jerome K. Jerome

 

STORIE DI FANTASMI
PER IL DOPOCENA

 

 

 

 

 

PRELIMINARI

Era la Vigilia di Natale. Inizio cosìperché questo è il modo correttoortodosso e rispettabile di cominciaree io sono stato educato in modo correttoortodosso e rispettabile e mi è stato insegnato a fare sempre la cosa più correttaortodossa e rispettabile; e resto fedele all'abitudine.

Naturalmentea titolo puramente informativonon c'è nessun bisogno di nominare la data. Il lettore esperto sa che era la Vigilia di Natalesenza che io glielo dica. E' sempre la Vigilia di Natalenelle storie di fantasmi.

La Vigilia di Natale è la gran nottata di gala dei fantasmi. La Vigilia di Natalecelebrano la loro festa annuale. La Vigilia di Natalenel Paese dei fantasmitutti coloro che "sono" qualcuno (opiuttostopenso cheparlando di fantasmisi dovrebbe dire tutti coloro che "sono" nessuno) escono per mostrarsi in pubblicoper vedere ed essere vistiper andarsene a spasso e far mostra ognuno del proprio sudario e lenzuolo funebreper criticare l'abbigliamento e sogghignare ciascuno della cera dell'altro.

"La Parata della Vigilia di Natale"come credo la chiamino anche loroè sicuramente una cerimonia preceduta da grandi preparativi e aspettata con ansia in tutto il Paese dei fantasmispecialmente dal bel mondocome i Baroni assassinatile Contesse macchiate dal crimine dei Conti che arrivarono con il Conquistatoreassassinarono i loro parenti e morirono pazzi furiosi.

Si può esser certi che tutti studiano con impegno sordi lamenti e ghigni demoniaci. Le prove delle urla raccapriccianti e dei gesti che gelano fino al midollo inizianoprobabilmentecon settimane di anticipo. Si revisionano e si approntano per l'uso catene arrugginite e pugnali insanguinatie si tirano giù i lenzuoli e i sudari accuratamente conservati dopo la cerimonia dell'anno precedentesi sbattonosi rammendano e si arieggiano.

Ohche notte eccitantela notte del ventiquattro dicembrenel Paese dei fantasmi!

Forse avrete notato che i fantasmi non escono mai la notte di Natale.

Si immagina che la Vigilia di Natale sia già troppo per loro: non sono abituati a tanto movimento. E' certo chepassata la Vigilia di Nataleper circa una settimana i signori fantasmi si sentono la testa come un pallone e se ne vanno in giro promettendo solennemente a se stessi chela prossima Vigiliala smetterannomentre le signore spettri sono volubili e stizzose e prontese solo si rivolge loro la parolaa scoppiare in lacrime e a lasciare di corsa la stanzasenza nessun motivo apparente.

Credo cheoccasionalmentei fantasmi che non hanno una posizione da mantenere (semplici fantasmi borghesi) facciano qualche apparizione nella stagione morta: la Vigilia di Ognissanti e a San Giovannie qualcuno fa una capatina anche per un semplice avvenimento locale; per celebrareper esempiol'anniversario dell'impiccagione del nonno del tale o per profetizzare una sventura.

Adora profetizzare le sventureil fantasma inglese medio. Mandatelo a predire guai a qualcunoe è felice. Permettetegli di penetrare con la forza in una casa pacifica e mettere tutta la casa sottosoprapredicendo un funeralepreannunciando una bancarotta o alludendo a una prossima disgraziao a qualche altro terribile disastro del quale nessunonel pieno possesso delle proprie facoltàvorrebbe sapere prima più di quando sia proprio indispensabilee che sia completamente inutile conoscere in anticipo: ebbenelui sentirà di unire dovere e piacere. Non se lo perdonerebbe maise qualcuno della sua famiglia avesse dei guai e lui non fosse stato lìcon un paio di mesi di anticipoa giocare tiri mancini sul prato o a fare l'equilibrista sulla spalliera del letto.

E poi ci sono anche i fantasmi molto giovanio molto coscienziosicon un testamento perduto o un codicillo sconosciuto che gli pesa sulla coscienzache appariranno frequentementeper tutto l'anno; e pure il fantasma inquietoe che è indignato perché è stato sepolto nella spazzatura o nel laghetto del paesee non concede ai paesani una sola notte di quiete finché qualcuno non gli paga un funerale di prima classe.

Ma queste sono le eccezioni. Come ho dettoil fantasma medio ortodosso fa il suo giretto una volta l'anno. La Vigilia di Natalee è soddisfatto.

Perché poidi tutte le notti dell'annoproprio la Vigilia di Natalenon sono mai riuscito a capirlo. E'immancabilmenteuna delle notti più lugubri per starsene all'aperto: freddaumida e fangosa. E poisi sa benissimo che a Natale tutti ne hanno già abbastanzadovendo sopportare una casa piena di parenti vivisenza bisogno che ci si mettano anche i fantasmi di quelli morti a bighellonare in giro.

Ci dev'essere qualcosa di spettrale nell'aria di Natalequalcosa in quell'atmosfera pesanteopprimenteche attira i fantasmicome l'umidità delle piogge estive fa uscire le rane e lumache.

E non solo i fantasmi vanno sempre a passeggio la Vigilia di Natalema i vivi si riuniscono e ne parlano la Vigilia di Natale. Ogni volta che cinque o sei persone di lingua inglese si raccolgono intorno a un fuocola Vigilia di Nataleincominciano a raccontarsi storie di fantasmi. Non siamo soddisfattila Vigilia di Natalese ognuno non racconta aneddotiautenticisugli spettri. E' una allegra stagione di festee a noi piace meditare su tombecadaverie assassinie sangue.

Le nostre esperienze con i fantasmi si assomigliano moltomanaturalmentenon è colpa nostra: è colpa dei fantasmiche non provano mai a fare uno spettacolo nuovo e si tengono ben stretta la loro vecchia parte infallibile. Il risultato è chequando avete partecipato una volta a una festala Vigilia di Natalee avete sentito sei persone raccontare le proprie avventure con i fantasminon avete più bisogno di ascoltare altre storie di fantasmi. Ascoltare ancora delle storie di fantasmi sarebbe noioso e ripetitivo come assistere due volte a una farsa o abbonarsi a due giornali umoristici.

C'è sempre il giovanotto cheuna voltaha passato il Natale in una casa di campagna ela Vigilia di Natalel'hanno messo a dormire nell'ala occidentale. Poia metà della nottela porta della stanza si apre silenziosamente e qualcuno (generalmenteuna signora in camicia da notte) entra lentamente e viene a sedersi sul letto. Il giovanotto pensa che si tratti di una delle ospiti o di qualche parente dei padroni di casa - anche se non ricorda di averla vista prima - chenon riuscendo a dormiresi sentiva sola e malinconica e è venuta nella sua stanza per fare due chiacchiere. Non ha nessun sospetto che sia un fantasma: è così ingenuo! Lei non parlacomunqueequando il giovane guarda di nuovose ne è andata!

La mattina dopoil giovanotto racconta il fatto a colazione e chiede a ciascuna delle signore se era lei la sua visitatrice. Ma tutte gli assicurano di no e il padrone di casadiventato mortalmente pallidolo prega di non dir più nulla dell'accadutocosa che al giovanotto fa l'impressione di una ben strana e singolare richiesta.

Dopo colazioneil padrone di casa prende da parte il giovanotto e gli spiega che quello che ha visto era il fantasma di una signora che è stata uccisa proprio in quel lettoo che in quel letto ha ucciso qualcun' altro (la differenza è ridicola: potete diventare un fantasma uccidendo qualcun altro o facendovi uccideredipende dai gusti). Il fantasma dell'assassinatoforseè più popolarema d'altra partese siete l'assassinatopotete spaventare meglio la genteperché potete far vedere le ferite e lamentarvi.

Poi c'è l'ospite scettico: a propositoè sempre "l'ospite" a finire coinvolto in simili avventure. Un fantasma non è mai molto entusiasta della sua famiglia: le sue apparizioni gli piace farle a quell'ospite chela Vigilia di Nataledopo aver ascoltato la storia di fantasmi del padrone di casaci ride su e dice di non credere per niente che esistano i fantasmi e checon il permesso della compagniaquella stessa notte dormirà nella camera infestata.

Tutti lo inviano a non essere avventatoma lui insiste nella sua impresa temeraria ea cuor leggerosale con una candela in mano nella camera gialla (o di qualsiasi altro colore sia la camera infestata)augura a tutti la buonanotte e chiude la porta.

La mattina dopoha i capelli bianchi come la neve.

Non dice a nessuno ciò che ha visto: è troppo raccapricciante.

C'è anche l'ospite audaceche vede un fantasmae sa che è un fantasmae lo osservamentre entra nella stanza e scompare attraverso i pannelli che rivestono la parete; e poivisto che il fantasma sembra non avere intenzione di tornaree non avrebbe senso restare svegliose ne va a dormire.

Non dice a nessuno di aver visto il fantasmaper paura di spaventare gli altri (certa gente diventa così nervosaa sentirne parlare!)ma decide di aspettare la notte successiva per vedere se lo spettro appare di nuovo.

Il fantasma riappare equesta voltalui si alzasi vestesi spazzola i capelli e lo seguee così scopre un passaggio segreto che dalla camera da letto porta giù in cantinaun passaggio chedi certoera utilizzato spessonei vecchibarbari tempi antichi.

Dopo di lui viene il giovanotto chea metà della nottesi è svegliato con una strana sensazione e ha trovato il ricco zio scapolo in piedi vicino al letto. Lo zio ricco ha sorriso di un sorriso misterioso e è svanito. Il giovanotto si è alzato subito e ha guardato l'orologio. Si era fermato alle quattro e mezzoperché aveva dimenticato di caricarlo.

Il giorno dopoha preso informazioni e ha scopertofatto stranoche il ricco ziodi cui era l'unico nipotesolo due giorni prima aveva sposato una vedova con undici bambiniproprio a mezzanotte meno un quarto.

Il giovanotto non prova a spiegare l'evento straordinario. Si limita a proclamare la veridicità del suo racconto.

Poitanto per accennare a un altro casoc'è il signore che sta tornando a casala sera tardidopo una cena tra massonienotando una luce che proviene da un'abbazia in rovinasi avvicina cautamente e guarda dal buco della serratura. Vede il fantasma di una terziaria francescana che bacia il fantasma di un frate cappuccinoe ne è così indicibilmente sconvolto e terrorizzato che sviene immediatamente e lo scoprono làla mattina dopomentre giace accasciato contro la portaancora ammutolitocon la fedele chiave di casa spasmodicamente stretta nella mano.

Tutte queste cose accadono la Vigilia di Natale e si raccontano la Vigilia di Natale. Raccontare storie di fantasmi in qualsiasi altra sera che non sia la sera del ventiquattro dicembre sarebbe impossibile nella società inglesesecondo le regole attualmente vigenti. Quindinel presentare le tristima autentiche storie di fantasmi che seguonomi rendo conto che è inutile informare lo studente di letteratura anglosassone che il giorno in cui furono raccontate e in cui accaddero gli episodi era la Vigilia di Natale.

Nonostante questolo faccio lo stesso.

 

 

 

COME ANDAMMO A FINIRE ALLE STORIE DI FANTASMI

Era la Vigilia di Natale! La Vigilia di Nataleda mio zio John; la Vigilia di Natale (ci sono troppe "Vigilie di Natale" in questo libro.

Me ne rendo conto anch'io. Sta incominciando a diventare monotono anche per me. Maper oranon vedo come si possa evitarlo) al numero 47 di Laburnham GroveTooting! La Vigilia di Natalenel salotto fiocamente illuminato (c'era uno sciopero del gas)dove la luce tremolante del fuoco proiettava strane ombre sulla carta da parati a colori vivaci mentrefuorila strada era spazzata dalla tormenta che infuriava senza pietàe il ventocome uno spirito inquietosoffiava ululando attraverso la piazza econ un gemito lamentoso e tormentatopassava in un vortice oltre il negozio del lattaio.

Avevamo cenatoe ce ne stavamo seduti in circolo a chiacchierare e a fumare.

La cena era stata ottimaproprio ottima. Da questa riunione sono nati dei disaccordiin famiglia. Sono state messe in giro delle vociin famigliacirca tutto l'accadutomapiù in particolarecirca la parte che io vi avrei avutoe sono stati fatti dei commenti che non mi hanno poi troppo stupitoconoscendo i membri della nostra famigliama che mi hanno molto addolorato. Quanto a zia Marynon so quando mi andrà di rivederla. Pensavo che zia Mary mi conoscesse meglio.

Maanche se a me è stato fatto torto (molto tortocome spiegherò poi)questo non mi impedirà di essere giusto con gli altrianche con quelli che hanno fatto insinuazioni maligne. Sarò giusto con i pasticci di vitello caldi di zia Mary e con le aragoste arrostiteseguite dalle torte di formaggio preparate secondo la sua ricetta personale e servite calde (non ha sensosecondo meservire torte di formaggio fresche: si perde metà del sapore)il tutto mandato giù con la vecchia birra chiara speciale dello zio Johne riconoscerò che erano saporitissimi. Ho reso loro onorequindi: la stessa zia Mary non potrebbe fare a meno di riconoscerlo.

Dopo cenalo zio preparò del ponce al whisky. Anche a quest'ultimo feci onore: lo disse lo stesso zio John. Disse che era felicenel vedere che mi piaceva.

La zia andò a lettosubito dopo cenalasciando il curato del postoil vecchio dottor ScrubblesMister Samuel Coombesil nostro membro del Consiglio di conteaTeddy Biffles e me a far compagnia allo zio.

Concordammo che era ancora troppo presto per cedere al sonnoalmeno per un po'così lo zio preparò un'altra coppa di poncee tuttimi paregli facemmo onore; ioalmenoglielo feci senz'altro. E' la mia maniail desiderare di essere giusto.

Restammo alzati per un bel po' epiù tardiil dottoretanto per cambiarepreparò del ponce al gin. A me il sapore non parve molto diversomacomunquetutto era buono e noi eravamo molto felici:

erano tutti così gentili!

Durante della seratalo zio John ci raccontò una storia molto buffa.

Oheraveramente buffa! Al momentonon ricordo di cosa parlassema so cheallorami divertì tantissimo: penso di non aver mai riso tanto in vita mia. E' strano che non riesca a ricordare anche questa storiaperché ce la raccontò quattro volte. E fu solo colpa nostra se non ce la raccontò una quinta. Poi il dottore cantò una canzone molto intelligentedurante la quale imitò tutti gli animali della fattoria.

Fece un po' di confusione. Ragliò per il gallo "bantam" e fece chicchirichì per il maialema noi sapevamo che le sue intenzioni erano buone.

Incominciai a raccontare un aneddoto interessantissimoma man mano che andavo avanti fui alquanto sorpreso di notare che nessuno mi porgeva la benché minima attenzione. All'inizio pensai che erano piuttosto maleducatifinché mi resi conto di avere sempre parlato tra meinvece che ad alta vocee cosìnaturalmentegli altri non sapevano per niente che stavo raccontando loro una storia eprobabilmentesi stavano scervellando per capire il significato della mia espressione animata e dei miei gesti eloquenti. Era un errore curiosissimo da commettereper chiunque: a mepoinon era mai capitato primache io sappia.

Più tardiil curato giocò delle mani a carte. Ci chiese se avevamo mai assistito a un gioco chiamato "La mano delle tre carte". Disse che era un espediente mediante il quale uomini meschini e senza scrupolifrequentatori di concorsi ippici e di simili posti di ritrovoestorcevanocon l'ingannodenaro ai giovanotti sciocchi. Disse che era un trucco semplicissimo: tutto dipendeva dalla velocità della mano. Era la velocità della mano che ingannava l'occhio.

Disse che ci avrebbe fatto vedere la frodecosì da metterci in guardiaper non farci imbrogliaree andò a prendere il mazzo di carte dello zio dalla scatola da tè escelte tre carte dal mazzodue carte basse e una figurasi sedette sul tappeto davanti al focolare e ci spiegò quanto stava per fare.

Disse: - Adesso prenderò in mano queste tre cartecosìe le lascerò vedere a tutti. Poi mi limiterò a posarle sul tappeto capovolte e vi chiederò di scegliere la figura. E voi crederete di sapere qual è. - E così fece. Il vecchio Mister Coombesche è anche uno dei membri laici della nostra parrocchiadisse che era la carta di mezzo.

- Lei immagina di averla vista - disse il curatosorridendo.

- Non "immagino" proprio niente - replicò Coombes. - Le dico che è la carta al centro. Scommetto mezzo dollaro con lei che è la carta al centro.

- Eccoproprio come vi stavo spiegando- disse il curatorivolgendosi a noi -: questo è il modo in cui i giovanotti sciocchi dei quali parlavo vengono adescati e perdono il loro denaro. Si convincono di sapere qual è la cartaimmaginano di averla vista. Non afferrano l'idea che è stata la velocità della mano a ingannare l'occhio.

Disse di aver conosciuto giovanotti che erano andati a una gara di canottaggioo a un incontro di cricketcon le tasche piene di sterline enel primo pomeriggioerano tornati a casa rovinatidopo aver perso tutto il loro denaro a questo gioco truccato.

Disse che avrebbe preso la mezza corona di Mister Coombesperché questa sarebbe stata una lezione molto utile per Mister Coombes eprobabilmentegrazie a questo Mister Coombes avrebbe risparmiato il proprio denaroin futuroe disse che avrebbe donato i due scellini e sei pence al fondo comune.

- Non stia a preoccuparsi di questo- ribatté il vecchio Mister Coombes. - Basta che la mezza corona non la "tiri fuori"piuttostodal fondo comune.

Mise il denaro sulla carta di mezzoe la girò.

Ed era proprio la reginainfatti!

Eravamo tutti molto sorpresispecialmente il curato. Questi disse chein effettiqualche volta andava cosìanche se... Che qualcunoa voltepuntava sulla carta giustaper puro caso.

Aggiunse checomunquequesto era il peggior servizio che un uomo potesse rendere a se stessoe peccato che non lo sapesse: infattiquando uno puntava e vinceva incominciava a prendere gusto a questo cosiddetto passatempo e si lasciava convincere a rischiare ancora e poi ancorafinché doveva ritirarsi dalla competizione un uomo finitorovinato.

Poi giocò un'altra mano. Mister Coombes disse chequesta voltaera la carta accanto alla cassetta del carbone e volle aumentare la posta di cinque scellini.

Noi ridemmo di lui e cercammo di convincerlo a lasciar perdere. Non volle sentire ragionicomunquee insistette a puntare forte.

Il curato disse che benissimoallora: lui l'aveva avvertitoe questo era tutto quello che poteva fare. Se il signore (Mister Coombes) aveva deciso di fare la figura dello stupidoil signore (Mister Coombes) doveva farla.

Il curato disse che avrebbe preso i cinque scellini e avrebbe rimesso a posto le cose con il fondo comune.

Così Mister Coombes mise due mezze corone sulla carta vicino alla cassetta del carbone e la girò.

Ed era di nuovo la reginainfatti!

Dopolo zio John puntò una moneta da due scellinie "anche lui" vinse.

E allora giocammo tuttie tutti vincemmo. Cioètutti tranne il curato. Passò un pessimo quarto d'ora. Non ho mai conosciuto un uomo tanto sfortunato al gioco. Perse sempre.

Poi bevemmo dell'altro ponceenel prepararlolo zio fece un errore buffissimo: non ci mise il whisky. Ohche risate ci facemmoalle sue spalle! E poiper penitenzagli facemmo raddoppiare la dose.

Ohquanto ci divertimmoquella sera!

E poiin un modo o nell'altrodobbiamo aver attaccato con i fantasmiperchésubito dopotutto ciò che ricordo è che ci stavamo raccontando storie di fantasmi.

 

 

 

LA STORIA DI TEDDY BIFFLES

Teddy Biffles raccontò la prima storia. Gliela farò ripetereoracon le stesse parole.

(Non chiedetemi come mai ricordi le parole esatte: se le stenografaial tempo del raccontoo se lui trascrisse la storia e mi passò il manoscrittoin seguitoperché lo pubblicassi in questo libro; non me lo chiedete perché anche se lo faceste non ve lo direi. E' un segreto del mestiere).

Biffles intitolò la sua storia: "Johnson ed Emily; oIl fantasma fedele".

 

 

 

JOHNSON ED EMILY OVVERO "IL FANTASMA FEDELE"

(Storia di Teddy Biffles)

Ero poco più che un ragazzoquando incontrai Johnson la prima voltaero a casa per le vacanze di Natale epoiché era la vigiliaavevo avuto il permesso di rimanere in piedi fino a tardi. Quando aprii la porta per entrare nella mia cameretta da lettomi trovai a faccia a faccia con Johnson. Mi passò attraversoe con un lungodebole gemito dolente scomparve dalla finestra delle scale.

Lì per lì mi spaventai (ero solo uno scolarettoa quel tempoe non avevo mai visto un fantasma) e avevo un po' di paura ad andare a letto. Ripensandociperòmi ricordai che gli spiriti potevano fare del male solo ai peccatorie così mi coricairimboccai le coperte e mi addormentai.

Al mattino dissi a mio padre quello che avevo visto.

- Ohsìera il vecchio Johnson - rispose. - Non devi averne paura:

vive qui. - E poi mi raccontò la storia del poveretto.

A quanto sembravaJohnsonda vivoquand'era giovaneaveva amato la figlia di un ex inquilino di casa nostrauna ragazza bellissima di nome Emily. Papà non sapeva il cognome.

Johnson era troppo povero per sposare la ragazzacosì le diede il bacio d'addiole disse che sarebbe tornato presto e partì per l'Australiaa cercar fortuna.

Ma l'Australiaalloranon era come diventò in seguito. I viaggiatoriin quel territorio selvaggioerano pochi e rari eanche quando se ne acchiappava unogli oggetti personali che gli si trovavano addosso avevano spesso un valore commerciale a malapena sufficiente a pagare le semplici spese funerarie che il caso richiedeva. E così Johnson impiegò quasi venti anni a fare fortuna.

Alla finecomunqueegli portò a termine il compito che si era prefisso e quindidopo essere sfuggito con successo alla poliziae aver lasciato la colonia senza macchiaritornò in Inghilterra pieno di gioia e speranzaa reclamare la sua promessa sposa.

Arrivò alla casama la trovò silenziosa e abbandonata. Tutto quello che i vicini seppero dirgli fu chesubito dopo la sua partenzain una notte nebbiosatutta la famiglia era sparita senza farsi notare e che da allora nessuno li aveva più vistiné aveva sentito parlare di loroanche se il padrone di casa e buona parte dei negozianti locali avevano fatto minuziose indagini.

Il povero Johnsonpazzo di dolorecercò il suo amore perduto per mare e per terrama non lo trovò mai edopo anni di inutili tentativiritornò per finire la sua vita solitaria nella stessa casa doveun temponei giorni felicilui e la sua amata Emily avevano passato tante ore beate.

Vi aveva vissuto completamente solovagando nelle stanze vuotepiangendo e invocando la sua Emily perché tornasse da luiequando il povero vecchio era mortoil suo fantasma aveva continuato con la stessa storia.

Era lìdisse mio padrequando aveva preso la casae perciò l'agente gli aveva fatto uno sconto di dieci sterline all'anno sull'affitto.

In seguitonon feci che imbattermi in Johnsonin giro a tutte le ore della notteeper la veritàera lo stesso per tutti noi.

All'iniziogli giravamo intorno e ci facevamo da parte per lasciarlo passatema quando ci facemmo l'abitudine e sembrò che non ci fosse nessun bisogno di tante cerimonieprendemmo a passargli direttamente attraverso. Non si poteva dire che ci stesse troppo in mezzo ai piedi.

E poiera un vecchio fantasma gentile e innocuoe a noi tutti dispiaceva moltissimo per lui e lo compativamo. In veritàper un po'fu il beniamino delle signore. La sua fedeltà le commuoveva tanto!

Con il passare del tempoperòcominciò a diventare un po' seccante.

Vedetetrasudava tristezza: neppure un grammo di allegriao di cordialità. Faceva penama dava ai nervi. Se ne stava seduto sulla scale a piangere per ore e oree ogni volta che ci svegliavamodi nottesapevamo con certezza che l'avremmo sentito gingillarsi nei corridoientrare e uscire dalle diverse stanzegemendo e sospirandoe così non riuscivamo a riaddormentarci molto facilmente. Equando davamo una festaveniva a sedersi fuori dalla porta del soggiorno e singhiozzava tutto il tempo. Non faceva del male a nessunonoma faceva scendere su tutto un'ombra di tristezza.

- Ohcomincio a essere stufo di questo vecchio scemo - disse mio padreuna sera (papà sa essere molto bruscoquando è arrabbiatocome sapete)dopo che Johnson era stato più seccante del solito e aveva rovinato una bella partita di whiststandosene seduto sul camino a gemerefinché nessuno sapeva più quali erano le briscole e neppure che seme era stato calato. Dovremo sbarazzarci di luiin un modo o nell'altro. Magari sapessi come fare!

- Beh- disse mia madre- non metterai mai la parola "fine" con luistanne certofinché non avrà trovato la tomba di Emily. E' quella che va cercando. Tu trova la tomba di Emilymettigliela sotto il naso e la pianterà. E' l'unica cosa da farecredi a quello che dico.

L'idea pareva ragionevolema l'ostacolo era che nessuno di noi sapeva dove fosse la tomba di Emilypiù di quanto non lo sapesse lo stesso fantasma di Johnson. Il governatore suggerì di rifilare al poveretto la tomba di qualche altra Emilymaa quanto parevala sorte volle che non ci fosse nessuna Emily seppellita da quelle parti per miglia nei dintorni. Non mi è mai capitata una zona così totalmente sprovvista di defunte Emily.

Ci pensai su per un po'e poi azzardai anch'io una proposta.

- Non potremmo farne noi una falsa per quel vecchio?- indagai. - Pare un tipo ingenuo. Potrebbe cascarci. Comunquepotremmo almeno provare.

- Per Giovefaremo così - esclamò mio padre e la mattina dopo (c'erano con noi gli operai) sistemammo un piccolo tumuloin fondo al fruttetocon su una lapide che portava la seguente iscrizione:

"Consacrato alla memoria di Emily. Le sue ultime parole furono: "Dite a Johnson che l'amo"".

- Questo dovrebbe attirarlo - rifletté papàuna volta finito il lavoromentre lo esaminava. - Almenolo spero proprio.

E funzionò!

Quella stessa nottelo attirammo laggiù e... beheccoè stata una delle scene più patetiche alle quali abbia mai assistitoil modo in cui Johnson si buttò su quella lapide e pianse. Papà e il vecchio Squibbinsil giardinierequando lo videropiansero come bambini.

Da alloraJohnson non ci ha più dato nessun fastidioin casa. Adesso passa tutte le notti a singhiozzare sulla tombae sembra perfettamente felice.

- E'ancora lì? - Ohsì. Vi ci porterò e ve lo mostreròla prossima volta che venite a casa nostra: normalmenteil suo orario è dalle 10 di sera alle 4 del mattino; il sabato dalle 10 alle 2.

 

 

 

INTERMEZZO (Storia del dottore)

Mi fece piangere moltissimoquella storia: il giovane Biffles la raccontò con tanto sentimento! Dopoeravamo tutti un po' pensierosi e notai che perfino il vecchio dottore si asciugava una lacrimadi nascosto. Zio Johncomunquepreparò un'altra coppa di ponce epian pianoce ne facemmo una ragione.

Il dottorein veritàdopo un po' diventò quasi allegro e ci racconto del fantasma di uno dei suoi pazienti.

Non posso presentarvi la sua storia. Magari potessi! Tutti disseropoiche era stata la migliore della seriela più tremenda e raccapricciantema io non riuscii a trovarvi nessun senso. Pareva così incompleta!

L'inizio fu perfettoe poi sembrò capitare qualcosaed ecco che era già alla fine. Non riesco a spiegarmi che cosa abbia fatto della parte centrale della storia.

Socomunqueche finì con qualcuno che trovava qualcosa e questo fece venire in mente a Mister Coombes una faccenda molto curiosacapitata in un vecchio mulino cheuna voltasuo cognato aveva preso in affitto.

Mister Coombes disse che ci avrebbe raccontato la storia eprima che qualcuno potesse fermarloaveva cominciato.

Mister Coombes disse che il titolo della storia era: "Il mulino infestato; oLa casa in rovina."

 

 

IL MULINO INFESTATO OVVERO LA CASA IN ROVINA

(Storia di Mister Coombes)

Benetutti voi conoscete mio cognatoMister Parkins (incominciò Mister Coombestogliendosi di bocca la vecchia pipa d'argilla e mettendosela dietro l'orecchio: noi non conoscevamo suo cognatoma dicemmo di sì per risparmiare tempo)enaturalmentesapete che una volta prese in affitto un vecchio mulino nel Surrey e andò ad abitarci.

Oradovete sapere cheanni primalo stesso mulino lo occupava un malvagiovecchio avaroche vi era morto lasciando (così si diceva) tutto il suo denaro nascosto da qualche partelì in casa. Come è naturaletutti quelli che in seguito erano andati a vivere al mulino avevano tentato di trovare il tesoroma nessuno ci era mai riuscito e i sapientoni locali dicevano che nessuno ce l'avrebbe mai fattaa meno che il fantasma del mugnaio avaroun giornonon avesse preso in simpatia uno degli affittuari e non gli avesse rivelato il segreto del nascondiglio.

Mio cognato non diede molta importanza alla storiaconsiderandola una sciocca leggendaeal contrario dei suoi predecessorinon fece nessun tentativo di trovare l'oro nascosto.

- A meno che gli affari non andassero allora molto diversamente da come vanno ora - disse mio cognato- non vedo come un mugnaioper quanto avaro sia statopossa aver risparmiato qualcosa: in ogni casonon abbastanza da meritare la fatica di cercarlo.

Eppurenon riusciva scacciare completamente l'idea di quel tesoro.

Una notteandò a letto. In questonon c'era niente di particolarmente straordinariolo ammetto. Andava spesso a lettola notte. Quel che fu veramente eccezionalecomunquefu chenel momento esatto in cui l'orologio della chiesa del paese suonò l'ultimo rintocco della mezzanottemio cognato si svegliò di soprassalto e si accorse che non riusciva assolutamente a riprendere sonno.

Joe (il suo nome di battesimo era Joe) si mise seduto sul letto e si guardò intorno.

Ai piedi del lettoqualcosa stava dritto e immobileavvolto nell'ombra.

Si spostò alla luce della luna e mio cognato vide che era la figura di un vecchietto avvizzitocon calzoni al ginocchio e codino.

Immediatamente gli tornò in mente la storia del tesoro nascosto e del vecchio avaro.

"E' venuto a farmi vedere dov'è nascosto"pensò mio cognatoe decise che non avrebbe speso tutto il denaro per séma ne avrebbe destinata una piccola parte a fare del bene agli altri.

L'apparizione si mosse verso la porta: mio cognato si mise i pantaloni e la seguì. Il fantasma scese in cucinascivolò fino al focolare e vi si fermò davantisospirò e sparì.

La mattina dopo Joe aveva un paio di muratori in casae fece tirare fuori la stufa e buttare giù il caminomentre lui stava lì dietrocon un sacco di patate per metterci l'oro.

Abbatterono mezzo muroe non trovarono neppure una monetina da quattro penny. Mio cognato non sapeva cosa pensare.

La notte seguenteil vecchio apparve di nuovo edi nuovofece strada in cucina. Questa voltaperòinvece di andare al focolaresi fermò più al centro della stanzae lì sospirò.

"Ohadesso capisco quello che intende"si disse mio cognatoè sotto il pavimento. Perché mai quel vecchio idiota è andato a fermarsi contro la stufa, così da farmi pensare che fosse su nel camino?.

Passarono la giornata successiva a scardinare il pavimento della cucinama l'unica cosa che trovarono fu una forchetta a tre dentiche aveva anche il manico rotto.

La terza notteil fantasmaimperterritoriapparve eper la terza voltasi diresse in cucina. Arrivato lìalzò lo sguardo al soffitto e sparì.

"Uhmm! Non sembra aver acquisito molto buon sensolì dov'è andato"borbottò Joe mentre si affrettava di nuovo a letto; "poteva fare subito cosìdirei".

Comunquepareva che adesso non ci fossero più dubbi su dove era il tesoro e per prima cosadopo colazioneincominciarono a demolire il soffitto. Lo buttarono giù completamente e scardinarono le assi della stanza di sopra. Scoprirono tanto denaro quanto vi aspettereste di trovarne in un boccale da un quarto vuoto.

La quarta nottequando il fantasmacome al solitoapparvemio cognato era così furioso che gli tirò gli stivalie gli stivali passarono attraverso il corpo e ruppero uno specchio.

La quinta nottequando Joe si svegliòcome gli succedeva sempreormaia mezzanotteil fantasma se ne stava lì in piediin atteggiamento avvilitocon un'aria infelicissima. Nei suoi grandi occhi tristi brillava uno sguardo supplichevoleche toccò il cuore di mio cognato.

"Dopotutto"pensòforse questo povero sciocco sta facendo del suo meglio. Forse ha davvero dimenticato dove l'ha messo, e sta cercando di ricordarsene. Gli darò un'altra possibilità.

Il fantasma sembrò felicissimo e gratonel vedere che Joe si preparava a seguirlo; fece strada nel solaioindicò il soffitto e svanì.

"Benespero proprio che stavolta ci abbia azzeccato"disse mio cognato eil giorno doposi misero al lavoro per togliere di mezzo il tetto.

Impiegarono tre giorni a togliere completamente il tettoe tutto quel che trovarono fu un nido d'uccelli; cosìdopo averlo messo al sicurocoprirono la casa con delle incerateper tenerla all'asciutto.

Avrete pensatomagariche questo avrebbe guarito il poveretto dal vizio di dare la caccia al tesoro. Ma non fu così.

Disse che doveva pur esserci sotto qualcosaaltrimenti il fantasma non avrebbe continuato a venire come facevae chearrivato a questo puntoegli avrebbe continuato fino alla fine e avrebbe risolto il misteroa qualsiasi costo.

Notte dopo nottecontinuò ad alzarsi dal letto e a seguire quel vecchio spettro impostore in giro per la casa. Ogni notteil vecchio indicava un posto diverso e ogni voltail giorno dopomio cognato procedeva a fare a pezzi il mulino nel punto indicatoe a cercare il tesoro. Dopo tre settimanenel mulino non c'era più una stanza abitabile. Tutti i muri erano stati abbattutitutti i pavimenti diveltiin ogni soffitto era stato fatto un buco. E poiimprovvisamente come erano cominciatele visite del fantasma ebbero finee mio cognato fu lasciato in pace a ricostruire la casa con comodo.

- Che cosa ha indotto il vecchio simulacro a giocare un tiro così stupido a un povero contribuente con famiglia? - Ahquesto proprio non ve lo so spiegare.

Alcuni dissero che il fantasma del vecchio malvagio aveva fatto questo per punire mio cognatoperché all'inizio non aveva creduto in luimentre altri sostennero che l'apparizione eraprobabilmentequella di qualche idraulico o vetraio del postodecedutoal quale naturalmente interessava vedere una casa demolita e rovinata. Ma nessuno seppe niente di certo.

 

 

 

INTERMEZZO

Bevemmo dell'altro poncepoi il curato ci raccontò una storia.

Non riuscii a trovare né capo né codanella storia del curatoquindi non posso riferirvela. Tutti noi non riuscimmo a trovare né capo né coda in quella storia. Era una storia abbastanza validaper quanto riguardava il materiale. Sembrava ci fosse un ricchissimo intreccioe avvenimenti sufficienti a scrivere una dozzina di romanzi. Non avevo mai sentito una storia che comprendesse tanti avvenimentiné che avesse a che fare con tanti personaggi diversi.

Dovrei dire che ogni essere umano che il nostro curato avesse mai conosciutoo incontratoo di cui avesse sentito parlarefu inserito in quella storia. Ce n'erano semplicemente a centinaia. Ogni cinque secondiintroduceva nella storia un mucchio di personaggi sfornati di frescoaccompagnati da una serie di avvenimenti nuovi di zecca.

Era una storia più o meno così:

- Behpoi mio zio andò in giardino a prendere il fucilemanaturalmentequesto non era lì e Scroggins disse che non ci credeva.

- Non credeva a cosa? Chi è Scroggins?

- Scroggins! Ohbehera l'altro uomosapete... era sua moglie.

- "Cosa"era sua moglie?! E che c'entra "lei"?

- Behve lo sto appunto dicendo. Fu lei a trovare il cappello. Era venuta su a Londra sua cugina; sua cugina era mia cognatae l'altra nipote aveva sposato un uomo di nome Evansed Evansdopo che tutto fu finitoaveva passato la scatola a Mister Jacobsperché il padre di Jacobs aveva visto l'uomoquando era vivoequando fu mortoJoseph...

- Aspetti un momento. Lasci perdere Evans e la scatola; che ne è stato di suo zio e del fucile?

- Il fucile! Quale fucile?

- Comeil fucileche suo zio teneva sempre in giardinoe che non era lì. Cosa ne fece? Ci uccise qualcuna di queste personequesti Jacobsed Evanse Scrogginse Joseph? Perchése l'ha fattoha fatto un buon lavoroun lavoro utilee a noi piacerebbe molto saperlo.

- Nooh no: come poteva? Era stato murato vivosapetee quando Edoardo Quarto ne parlò all'abatemia sorella disse chenel suo attuale stato di salutenon poteva e non volevaperché avrebbe messo in pericolo la vita del bambino. Così lo battezzarono Horatiocome il figlio di leiche era stato ucciso a Waterlooprima che egli nascesse e lo stesso Lord Napier disse...

- Senta un po'sa di che cosa sta parlando?- gli chiedemmoa questo punto.

- No - dissema sapeva che era veroparola per parolaperché sua zia l'aveva visto con i suoi occhi. Allora lo coprimmo con la tovagliae si addormentò.

E poi lo zio ci raccontò una storia.

Disse che la sua era una storia veramente successa.

 

 

 

IL FANTASMA DELLA CAMERA AZZURRA

(Storia di mio zio)

- Non voglio impaurirvi - iniziò mio ziocon tono di voce particolarmente solenneper non dire che faceva gelare il sangue nelle vene - ese preferite che non ne parlinon lo faròma il fatto è che proprio questa casadove siamo ora riunitiè infestata.

- Non me lo dica! - esclamò Mister Coombes.

- Che mi dice a fare di non dirglielose l'ho appena detto? ribatté lo zioun po' stizzosamente. - Che assurditàdice! Vi dico che questa casa è infestata. Regolarmentela Vigilia di Natalela Camera azzurra (dallo ziochiamavano "Camera azzurra" la stanza vicina a quella dei bambiniperché quasi tutto il servizio da toletta era di quella sfumatura) è infestata dal fantasma di un criminaleun uomo che una volta uccise con un pezzo di carbone uno di quei cantanti chea Natalevanno di casa in casa.

- Come fece? - chiese Mister Coombescuriosocon impazienza. - Fu difficile?

- Non so come fece- replicò lo zio- non mi spiegò il procedimento. Il cantante si era messo in posizione proprio dentro l'entrata principalee stava cantando una ballata. Si presume chequando aprì la bocca per il "si bemolle"il criminale abbia lanciato il pezzo di carbone da una delle finestre e questo si sia infilato nella gola del cantante e l'abbia soffocato.

- Bisogna essere un bravo tiratorema vale certamente la pena di provare - mormorò pensosamente Mister Coombes.

- Ma quello non fu il suo unico crimineahimè! - aggiunse lo zio. - Primaaveva ucciso un solista di cornetta.

- No! - E' proprio un fatto vero? - esclamò Mister Coombes.

- Certo che è un fatto vero - rispose lo zioirritato: almenoper quanto si possa parlare di "fatti" in casi di questo tipo.

- Com'è pignolostasera. Le prove indiziarie erano schiaccianti. Il poverettoil solista di cornettasi trovava in questa zona da appena un mese. Il vecchio Mister Bishopche allora gestiva il "Jolly Sand Boys"e dal quale ho saputo la storiadiceva di non aver mai visto un solista di cornetta più operoso e attivo. Il solista di cornetta conosceva solo due motivima Mister Bishop diceva che quell'uomo non avrebbe potuto suonare con più di energiané per più ore al giornose ne avesse conosciuti quaranta. I due motivi che suonava erano "Annie Laurie" e "HomeSweet Home" eper ciò che concerne l'esecuzione della prima melodiaMister Bishop diceva che l'avrebbe capita anche un bambino.

- Questo musicistaquesto povero artista senza amiciaveva l'abitudine di venire regolarmente a suonare in questa stradaproprio qui di frontedue ore ogni sera. Una serafu visto entrare proprio in questa casaevidentemente in risposta a un invitoma non fu mai visto uscirne!- I cittadini provarono a offrire una ricompensa per il suo ritrovamento? - chiese Mister Coombes.

- Neanche mezzo penny - replicò lo zio.

- Un'altra estate - continuò lo zio- venne qui una banda musicale tedescache voleva (così annunciaronoal loro arrivo) fermarsi fino all'autunno.

- Due giorni dopo il loro arrivotutta la compagniadei pezzi d'uomini così sani e vigorosi che faceva piacere guardarlifu invitata a cena da questo criminale edopo aver passato a letto le ventiquattr'ore successivelasciò la città: degli uomini finitigravemente ammalati di dispepsia. Il medico condottoche li aveva assistitidisse chesecondo luidifficilmente anche uno solo di loro sarebbe stato in grado di suonare di nuovo un'aria.

- Lei... lei non conosce la ricettavero? - chiese Mister Coombes.

- Sfortunatamente no- replicò lo zio- ma si disse che l'ingrediente principale fosse pasticcio di carne di maiale del buffet della stazione.

- Ho dimenticato gli altri crimini di quest'uomo - continuò lo zio- prima li conoscevo tuttima la mia memoria non è più quella di una volta. Non pensocomunquedi fare torto alla sua memoria se affermo che non fu del tutto estraneo alla mortee poi al seppellimentodi un signore che suonava l'arpa con le dita dei piedi; e che non aveva la coscienza pulita neppure circa la tomba solitaria di un forestiero sconosciutoche venne una volta in questa zonaun contadinello italianoche suonava l'organetto.

- Ogni annola Vigilia di Natale - disse lo zio in tono basso e solennerompendo lo strano silenzio sgomento checome un'ombrasembrava essersi lentamente infiltratofurtivonella stanzaper poi avvolgerla completamente- il fantasma di questo criminale infesta la Camera azzurraproprio in questa casa. Làda mezzanotte fino al canto del gallotra grida selvagge soffocate e gemiti e risate di scherno e il suono spettrale di orridi tonfisostiene una fiera lotta fantasma con gli spiriti del solista di cornetta e del cantante assassinatoaiutatiogni tantodalle ombre della banda musicale tedescamentre il fantasma dell'arpista strangolato suona folli melodie spettralicon le dita dei piedi fantasmasullo spettro di un'arpa rotta.

Lo zio disse che la Camera azzurra era praticamente inutilecome camera da lettola Vigilia di Natale.

- Ascoltate! - disse lo zio alzando una mano verso il soffittoin segno di ammonimentomentre noi trattenevamo il respiro e ascoltavamo. - Ascoltate! Credo che siano loro: "nella Camera azzurra!" Mi alzaie dissi che io avrei dormito nella Camera azzurra. Prima di raccontarvi la mia storiaperòla storia di quel che capitò nella Camera azzurravorrei premettere... "una spiegazione personale".

 

 

 

UNA SPIEGAZIONE PERSONALE

Sono molto incerto se raccontarvi o no questa mia storia. Vedetenon è una storia come le altre che vi ho raccontato opiuttostoche Teddy BifflesMister Coombes e mio zio vi hanno raccontato: è una storia vera. Non è una storia raccontata da un taleseduto vicino al fuocola Vigilia di Natalementre beve ponce al whisky: è una testimonianza di avvenimenti davvero successi.

Veramentenon è proprio una "storia"nel senso comune del termine: è una cronaca. Sento che è quasi fuori luogoin un libro come questo.

E' più adatta a una biografiao a un libro di storia inglese.

C'è un'altra cosa che mi rende difficile raccontarvi questa storiae cioèche è tutta su me stesso. Se vi racconto questa storiadovrò continuamente parlare di mee a noi autori moderni non piace per niente parlare di noi stessi. Se mai esiste un'aspirazione lodevole che abita sempre nell'animo di noi letterati della nuova scuolaquesta è l'aspirazione a non apparire maianche se minimamenteegocentrici.

Io stessocosì mi diconocon questo riserboquesta riluttanzaquesta reticenza per tutto quello che riguarda la mia personalitàarrivo quasi a passare il segnoe la gente si lamenta con meper questo motivo. Vengono e mi dicono:

- Behalloraperché non parli un po' di te? E' di questo che vogliamo leggere. Dicci qualcosa di te.

Ma io ho sempre risposto: - No. - Non perché non trovi interessante il soggetto. Io stesso non riesco a immaginare un argomento che abbia più probabilità di dimostrarsi affascinante per il mondo interooalmenoper la parte colta di esso. Ma non lo faròper principio. Non è artisticoe è un cattivo esempio per i giovani. Altri scrittori (alcuni di loro) lo fannoma io non lo farò; non regolarmente.

In circostanze normaliquindinon vi racconterei proprio questa storia. Direi a me stesso: "No! E' una bella storiaè una storia moraleè un genere di storia stranabizzarraaffascinantee al pubblicolo sopiacerebbe conoscerlae a me piacerebbe raccontarglielama è tutta su di me: su quello che ho dettoe quello che ho vistoe quello che ho fatto; e non posso farlo. La mia natura riservataanti-egocentricanon mi consentirà di parlare così di me stesso".

Ma le circostanze specifiche di questa storia non sono normali e ci sono dei motivi chemalgrado la mia modestiami spingonopiuttostoa essere grato dell'occasione di raccontarla.

Come ho affermato all'iniziosono nati dei disaccordiin famigliasu questa nostra festicciolae a me in particolareper la parte che avrei avuto negli avvenimenti che sono ora sul punto di riferireè stato fatto molto torto.

Per rimettere nella giusta luce la mia reputazioneper dissipare le nubi della calunnia e dell'incomprensione che l'hanno oscuratasento che la miglior cosa che io possa fare è offrire un resoconto lineare e dignitoso dei fatti puri e semplicie lasciare che chi è imparziale giudichi da sé. La mia intenzione principalelo confesso francamenteè riscattarmi da ingiuste calunnie. Con questo motivo che mi sprona (e credo sia un motivo giusto e onorevole)penso di poter superare la mia abituale ripugnanza a parlare di me stessoequindiposso raccontare... "La mia storia".

 

 

 

LA MIA STORIA

Non appena mio zio ebbe terminata la sua storiacome vi ho già dettomi alzai e dissi chequella stessa notteIO avrei dormito nella Camera azzurra.

- Mai!- gridò lo ziobalzando in piedi. - Non correrai questo pericolo mortale. E poiil letto non è rifatto.

- Il letto non ha importanza - replicai. - Ho vissuto in camere ammobiliate per scapoli e mi sono abituato a dormire su letti che non erano stati rifatti da anni. Non contrastarmi nella mia decisione.

Sono giovanee è più di un mese che ho la coscienza pulita. Gli spiriti non mi faranno del male. Posso addirittura essere io a fare un po' di bene a loroconvincendoli a stare zitti e ad andarsene. E poimi piacerebbe assistere allo spettacolo.

Detto questomi sedetti di nuovo. (Come mai Mister Coombes fosse seduto sulla mia sediainvece che dall'altra parte della cameradove era stato per tutta la serae perché non si sia neppure sognato di farmi le sue scusequando mi sedetti proprio su di luie perché il giovane Biffles si sia spacciato per lo zio John e mi abbia indottocon questa impressione errataa stringergli la mano per quasi tre minuti e a dirgli che l'avevo sempre considerato come un padresono cose cheancora ogginon sono mai riuscito a spiegarmi del tutto).

Provarono di dissuadermi da quella che chiamavano la mia impresa temerariama io fui irremovibile e rivendicai il mio privilegio: io ero l'"ospite". "L'ospite" dorme sempre nella camera infestatala Vigilia di Natale: è di sua competenza.

Risposero chese la mettevo su quel pianonaturalmente non avevano più niente da replicare; mi accesero una candela e mi accompagnarono di sopracompatti.

Se era la coscienza di compiere una nobile azione a ubriacarmio se invece ero semplicemente animato da una vaga consapevolezza della mia rettitudinenon sta a me dirlomaquella serasalii di sopra con grande baldanza. Fu già tanto se mi fermai al pianerottoloquando ci giunsi: sentivo che avrei voluto salire fin sul tetto. Con l'aiuto della ringhieraperòfrenai il mio slancioaugurai la buonanotteentrai e chiusi la porta.

Le cose cominciarono ad andarmi male fin dall'inizio. La candela cadde dalla bugia prima ancora che avessi ritirato la mano dalla serratura.

Continuò a cadere dalla bugia eogni volta che la raccoglievo e la rimettevo a postocadeva di nuovo: non ho mai visto una candela tanto scivolosa. Alla finerinunciai a tentare di usare la bugia e tenni la candela in mano' maanche cosìnon stava dritta. Allora mi infuriai:

la buttai dalla finestrami svestii e andai a letto al buio. Non mi addormentai (non avevo per niente sonno): mi sdraiai supinoguardando il soffitto e vagando con il pensiero. Magari mi ricordassi qualcuna delle idee che mi venneromentre me ne stavo lì sdraiato: erano così divertenti! Ridevo da solotanto che il letto si mise a ballare.

Ero rimasto così sdraiato per circa mezz'orae avevo dimenticato completamente il fantasmaquandolanciando per caso un'occhiata alla cameranotaiper la prima voltauno spettro dall'aria particolarmente soddisfattaseduto in poltrona vicino al fuocoche fumava il fantasma di una lunga pipa d'argilla.

Come sarebbe successo quasi a chiunquein casi similisul momento immaginai che stavo sicuramente sognando. Mi alzai a sedere e mi stropicciai gli occhi.

No! Era chiaramente un fantasma. Potevo vedere lo schienale della poltronaattraverso il suo corpo. Guardò verso di meesaminandomisi tolse dalle labbra la pipa fantasma e fece un cenno con la testa.

Per mela parte più sorprendente di tutta la faccenda fu che non mi sentivo per nulla turbato. Anzipiuttostomi faceva piacere vederlo.

Era una compagnia.

Dissi: - Buonasera! E' stata una giornata fredda!

Rispose chepersonalmentenon l'aveva notatoma pensava che fosse vero.

Restammo in silenzio per qualche secondopoicercando di essere diplomaticodissi: - Se non sbaglioho l'onore di parlare con il fantasma del signore che ebbe quell'incidente con il cantante.

Sorrisee disse che ero molto buono a ricordarlo. Un cantante non era molto di cui vantarsimacomunquetutto fa brodo.

Fui parecchio sconcertato da questa risposta. Mi ero aspettato un gemito di rimorso. Al contrarioil fantasma pareva piuttosto orgoglioso della cosa. Pensai chevisto che aveva preso così bene il mio accenno al cantanteforse non si sarebbe offeso se lo avessi interrogato sul suonatore di organetto. Quel povero ragazzo mi incuriosiva.

- E' vero - chiesi- che c'era il suo zampino nella morte di quel contadinello italiano cheuna voltavenne in città con un organetto che non suonava altro che arie scozzesi?

Si arrabbiò per davvero: - Il mio zampino! - esclamòindignato. - Chi ha osato pretendere di avermi aiutato? Il giovanotto l'ho ucciso da solo. Nessuno mi ha aiutato. Da solol'ho fatto. Mi faccia vedere l'uomo che dice il contrario.

Lo calmai. Gli assicurai chepersonalmentenon avevo mai dubitato che egli fosse l'unicovero assassino e continuai chiedendogli cosa avesse fatto con il corpo del suonatore di cornetta che aveva ucciso.

Chiese: - A quale si riferisce?

- Ohallora erano più d'uno? - mi informai.

Sorrisee tossì leggermente. Disse che non voleva dare l'impressione di vantarsima checontando i trombonierano sette.

- Povero me! - replicai -. Deve aver avuto un gran daffaretutto considerato.

Disse cheforsenon spettava a lui dirlomain realtàpensava che ci fossero pochi fantasmialmeno nell'ambito della comune società borgheseche potevano guardarsi indietro e affermare che la propria vita era stata di più comprovata utilità.

Tirò qualche boccatain silenzioper alcuni secondimentre io restavo a osservarlo. Che ricordassinon avevo mai visto un fantasma che fumava la pipae la cosa suscitava il mio interesse.

Gli chiesi che tabacco usava e rispose. - Di regolafantasma di Cavendish tagliato.

Spiegò che il fantasma di tutto il tabacco che un uomo aveva fumatodurante la vitagli appartenevauna volta morto. Disse chepersonalmenteaveva fumato un bel po' di Cavendish tagliatoquand'era vivo; perciòadessoaveva una buona scorta di tabacco fantasma.

Osservai che quella era una cosa utile da sapere e decisi di fumare più tabacco che potevoprima di morire.

Pensai che potevo anche cominciare subitocosì gli dissi che gli avrei fatto compagnia con una pipatinae lui fece: - Vaivecchio!

- e io mi allungaitirai fuori gli arnesi necessari dalla tasca della giacca e accesi.

E così facemmo amicizia e mi raccontò tutti i suoi crimini. Disse cheuna voltaaveva vissuto porta a porta con una signorina che stava imparando a suonare la chitarramentredi fronteabitava un signore che si esercitava alla viola da gamba. E luicon astuzia diabolicaaveva fatto conoscere questi due ingenui giovani e li aveva convinti a fuggire insiemecontro la volontà dei genitorie a portare con loro gli strumenti musicali: quelli lo avevano fatto eprima che fosse finita la luna di mieleleigli aveva rotto la testa con la viola da gamba e "lui" aveva cercato di ficcarle in gola la chitarra e l'aveva storpiata per tutta la vita.

Il mio amico mi disse che aveva l'abitudine di attirare nell'atrio i venditori di focaccinee poi di ingozzarli della loro stessa mercefinchéin quel modone aveva azzittiti diciotto.

I giovanotti e le signorine che recitavano poesie lunghe e tristi alle riunioni serali e i giovanotti imberbi che se ne andavano a spasso per le stradela sera tardisuonando la fisarmonicali avvelenava a gruppi di dieciper risparmiare sulle spesee gli oratori pubblici e i conferenzieri che predicavano la temperanza li chiudeva in sei in una stanzettacon un bicchiere d'acqua e una cassetta delle elemosine per unoe lasciava chea furia di parlaresi facessero fuori a vicenda.

Faceva bene ascoltarlo.

Gli chiesi per quando aspettava gli altri fantasmii fantasmi del cantante e del suonatore di cornetta e della banda musicale tedescadi cui aveva detto lo zio John. Sorrise e disse che non sarebbero più tornatinessuno di loro.

Chiesi: - Comenon è vero allora che vi incontrate quiogni annola Vigilia di Nataleper una bella rissa?

Replicò che una volta era così. Per venticinque annila Vigilia di Nataleavevano lottato in quella stanzama non avrebbero più importunato né luiné nessun altro. Uno per unoli aveva sistematidistruttiresi assolutamente incapaci di infestare. Aveva spacciato l'ultimo fantasma della banda tedesca proprio quella serasubito prima che salissi ioe aveva buttato quel che ne restava fuori dalla finestraattraverso la fessura del telaio. Disse che non avrebbero mai più meritato il nome di fantasma.

- Suppongo che tu continuerai a venirecome al solito - dissi. - So che dispiacerebbe a tutti perderti.

- Ohnon lo so - replicò. - C'è poco o nulla che mi attraggaadesso. A meno che - aggiunse gentilmente- non ci sia "tu". Verròse dormirai quila prossima Vigilia di Natale.

- Ti ho preso in simpatia- continuò- tu non scappi via strillandoquando vedi un tizioe non ti si drizzano i capelli sulla testa. Non hai idea - disse- di quanto sia stufo di vedere gente con i capelli dritti in testa.

Disse che gli dava sui nervi.

Proprio alloraci arrivò un leggero rumore dal cortile e lui sobbalzò diventando mortalmente nero.

- Tu stai male - esclamai balzando verso di lui- dimmi che devo fare. Devo bere un po' di brandye dartene il fantasma?

Rimase in silenzioascoltando attentamenteper un attimo; poi esalò un sospiro di sollievo e l'ombra gli tornò sulle guance.

- Tutto a posto - mormorò- avevo paura che fosse il gallo.

- Ohma è troppo presto - dissi. - Che diaminesiamo solo a metà della notte.

- Ohquesto non fa nessuna differenzaper quei maledetti gallinacci - replicò amaramente. - Canterebbero a metà della notteo in qualsiasi altro momento; anzicanterebbero primase sapessero di rovinare a un tizio la sua serata fuori. Io credo che lo facciano apposta.

Disse che un suo amicoil fantasma di un uomo che aveva ucciso un esattore dell'acquaaveva l'abitudine di infestare una casa a Long Acredove avevano dei volatili nello scantinato etutte le volte che un poliziotto si avvicinava e illuminava il locale con la torciaattraverso la gratail vecchio gallo pensava che fosse il sole e incominciava a cantare come un mattoe alloranaturalmenteil povero fantasma doveva svanire equinditornava a casa prestissimocerte volte anche all'una del mattinoimprecando tremendamenteperché era stato fuori solo un'ora.

Fui d'accordo sul fatto che la cosa sembrava molto sleale.

- Ohè tutto organizzato in modo assurdo- continuòpiuttosto arrabbiato.- Non riesco a immaginare a cosa stesse pensando il nostro vecchioquando ha deciso così. Come gli ho detto migliaia di volteFissa un'ora precisa, e che tutti la rispettino: diciamo le quattro, d'estate; le sei, d'inverno. Così, uno saprebbe quello che sta facendo.

- Come fatequando non c'è un gallo a portata di mano? - mi informai.

Stava di risponderequandodi nuovosobbalzò e tese l'orecchio.

Questa voltasentii distintamente il gallo di Mister Bowlesdalla casa vicinocantare due volte.

- Ecco - dissealzandosi e allungando una mano a prendere il cappello- questo è quello che dobbiamo sopportare. Ma che ora è?

Guardai l'orologio e mi accorsi che erano le tre e mezzo.

- Me l'aspettavo- borbottò.- Gli torcerò il colloa quel maledetto uccellose lo prendo.

E si preparò ad andarsene.

- Se puoi aspettare mezzo minuto - dissialzandomi dal lettofarò un pezzetto di strada con te.

- Sei molto buono- ribattéarrestandosi- ma mi pare una cattiveria trascinarti fuori.

- Per niente - replicai. - Mi farà piacere fare una passeggiata. Mi vestii alla megliopresi l'ombrellolui mi prese sottobraccio e uscimmo insieme.

Proprio al cancello incontrammo Jonesuno dei poliziotti locali.

- BuonanotteJones - dissi (mi sento sempre affabilea Natale).

- Buonanottesignore - rispose l'uomoun po' sgarbatamentepensai.

- Posso chiederle cosa sta facendo?

- Ohè tutto a posto - risposiagitando l'ombrello; - sto solo accompagnando un mio amico per un pezzo di strada.

- Quale amico? - chiese.

- Ohahnaturalmente - risi; - dimenticavo. Per leiè invisibile.

E' il fantasma del signore che uccise il cantante. Arrivo giusto fino all'angolo con lui.

- Ahnon credo che io lo farei se fossi in leisignore- disse Jonesseveramente. - Se vuole accettare il mio consigliosaluti qui il suo amico e torni dentro. Forse non si è reso conto che sta andando in giro con addosso soltanto una camicia da notteun paio di stivali e un "gibus". Dove sono i suoi pantaloni?

I modi di quell'uomo non mi piacquero per niente. Dissi: - Jones! Non voglio farle rapportoma mi sembra che abbia bevuto. I miei pantaloni sono dove dovrebbero essere i pantaloni di ogni uomo: alle sue gambe.

Ricordo esattamente di averli messi.

- Beneadesso non li ha - ribatté.

- Scusi - replicai- le dico che li ho. Credo che dovrei saperlo.

- Lo credo anch'io - rispose- maevidentementenon è così.

Adesso lei viene dentro con mee che non se ne parli più.

A questo puntozio John si fece sulla portasvegliatoimmaginodall'alterco enello stesso momentozia Mary comparve alla finestrain cuffia da notte.

Spiegai loro l'errore del poliziottocercando di non dar peso alla faccendaper non mettere nei guai quel tizioe mi girai verso il fantasma perché confermasse le mie parole.

Se n'era andato! Mi aveva lasciato senza una parolasenza neppure salutarmi!

Che se ne fosse andato in quel modo mi colpì come una scortesia così grande che scoppiai in lacrime e zio John mi riportò a casa.

Arrivato nella mia stanzascoprii che Jones aveva ragione. Non avevo messo i pantalonidopotutto. Erano ancora appesi alla spalliera del letto. Immagino di averli dimenticatinell'ansia di non far aspettare il fantasma.

Questi sono i fatti nudi e crudi e da questiindubbiamentea un animo retto e caritatevole sembrerà impossibile che possano essere nate delle calunnie.

Me ne nacquero.

Delle persone (dico "persone") hanno affermato di non riuscire a capire le semplici circostanze fin qui raccontatese non alla luce di spiegazioni ingannevoli e offensive. Sono stato denigrato e calunniato da quelli della mia stessa carne e del mio stesso sangue.

Ma io non porto rancore. Semplicementecome ho dettofaccio conoscere la mia versioneper riscattare la mia reputazione da sospetti insultanti.




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