Readme.it in English  home page
Readme.it in Italiano  pagina iniziale
readme.it by logo SoftwareHouse.it

Yoga Roma Parioli Pony Express Raccomandate Roma

Ebook in formato Kindle (mobi) - Kindle File Ebook (mobi)

Formato per Iphone, Ipad e Ebook (epub) - Ipad, Iphone and Ebook reader format (epub)

Versione ebook di Readme.it powered by Softwarehouse.it


William Shakespeare

 

LA COMMEDIA DEGLI ERRORI

 

 

 

PERSONAGGI

 

SOLINOduca di Efeso

EGEONEmercante di Siracusa

ANTIFOLO DI EFESOANTIFOLO DI SIRACUSA: gemelli e figli di Egeone ed Emilia

DROMIO DI EFESODROMIO DI SIRACUSA: gemelli e servi dei due Antifoli

BALDASSARREmercante

ANGELOorafo

Primo mercanteamico di Antifolo di Siracusa

Secondo mercantecreditore di Angelo

PIZZICOmaestro di scuola

EMILIAmoglie di Egeone e Badessa a Efeso

ADRIANAmoglie di Antifolo di Efeso

LUCIANAsua sorella

LUCEserva di Adriana

Una Cortigiana

Un CarceriereUfficiali e Persone del seguito

La scena è in Efeso

 

 

 

ATTO PRIMO

 

SCENA PRIMA - Una sala nel Palazzo del Duca

(Entrano il DUCAEGEONEil CarceriereUfficiali e Persone del seguito)

 

EGEONE: Continua pureSolinoa trarmi in rovina e dannandomi a morte metti fine ai miei mali e a tutto per me.

DUCA: Non più difesemercante di Siracusa; non son propenso a infrangere le nostre leggi. L'inimicizia e la discordia di recente provocate dall'astiosa offesa del vostro duca ad alcuni mercantinostri onesti concittadiniche mancando di denaro per riscattar le loro vite hanno suggellato col sangue i suoi spietati edittiesclude ogni compassione dai nostri minacciosi sguardi. Talché dopo queste mortali lotte intestine fra i tuoi sediziosi compatrioti e noiè stato stabilito in solenni assemblee di impedire ogni traffico fra le nostre ostili città; e v'è di più: se un nato in Efeso sarà veduto nei mercati e nelle fiere di Siracusa o se un siracusano approdi alla baia di Efesoegli deve morire e i suoi beni saranno confiscati a vantaggio del ducaa meno che mille marchi non siano pagati a titolo di penalità per riscattarlo. Il tuo averecalcolato al massimonon assomma a cento marchie però la legge ti condanna a morire.

EGEONE: Ho almeno questa consolazione: che quando il vostro ordine sia compito tramonteranno i miei mali col sole della sera.

DUCA: Ed oraSiracusanonarraci in breve perché ti sei allontanato dal tetto natale e per qual proposito sei venuto qui in Efeso.

EGEONE: Peggior compito non poteva essermi assegnato che questo di parlare delle mie inenarrabili sciagure. E tuttaviaaffinché il mondo possa testimoniare che la mia fine fu causata da un affetto naturale e non da un turpe misfattodirò ciò che il dolore mi permetterà. Nacqui in Siracusa e sposai una donna che sarebbe stata felice soltanto con mee anche per via di mese la nostra stella non fosse stata avversa. Vissi con lei contento: la nostra fortuna era accresciuta dai fruttuosi viaggi che spesso facevo a Epidamnofinché la morte di un mio fattore e la necessità di provveder ai miei beni lasciati in abbandono non m'ebbero tolto ai dolci abbracci della mia sposa; l'assenza della quale non toccava ancora il sesto mesequand'ella quasi venendo meno sotto la deliziosa pena che portano le donnesi accinse a raggiungermi... e presto arrivò sana e salva là dov'io era.

E qui non tardò molto a diventar madre felice di due bimbibelli estrano a dirsicosì somiglianti l'uno all'altro che appena potevano distinguersi dai nomi. Nella stessa ora e nel medesimo albergouna donna di modesta condizione si liberò di un fardello similedue gemelli maschi e ugualiche io acquistaiessendo poverissimi i loro genitoriper allevarli al servizio dei miei figli. Mia moglieche non poco s'inorgogliva dei suoi bambiniinsisteva ogni giorno perché tornassimo a casa; accettai di malavoglia eahimètroppo presto ci eravamo rimessi a bordo! La vela ci aveva condotto forse appena a una lega da Epidamnoche l'abisso sempre obbediente ai venti ci dette un tragico avviso del nostro pericolo; ma la nostra speranza non durò molto di piùpoiché la scarsa luce che i cieli ne concedevano non faceva che portare alle nostre spaurite anime la spaventosa certezza di una fine imminenteed io l'avrei accolta di buon grado se le lacrime incessanti di mia moglie che piangeva anticipatamente su ciò ch'ella vedeva doversi compieree i lamenti compassionevoli dei graziosi bambini che gemevano sull'esempio altruisenza sapere perchénon mi avessero forzato a cercare qualche dilazione per loro e per me; ed ecco qual essa fuin mancanza di migliori. I marinai s'erano messi in salvo nella scialuppa lasciandoci nella nave prossima ad affondare; mia mogliepiù attenta all'ultimo natol'attaccò a uno di quei piccoli alberi di ricambio che i marinai serbano in caso di tempesta e allo stesso uno dei due altri gemelli fu legatomentre io feci lo stesso con l'altro paio. Accomodati così i due bambinimia moglie ed iocon gli occhi fissi su coloro che tenevano la nostra anima in penaci attaccammo alle due estremità dell'albero e questofluttuando tosto in balìa della correntevenne portatoo così ci parve in direzione di Corinto. Infine il soleaffacciandosi sulla terradisperse i vapori che ci avevano tratti in rovina e pel benefico influsso della luce desiderata il mare si distese in calma e scorgemmo due navi che di lontano si dirigevano rapidamente verso di noil'una di Corinto e l'altra di Epidauro. Ma prima ch'esse giungessero... Ohfate che io non dica niente altro! Indovinate il resto da quanto ho detto finora.

DUCA: Novecchiocontinuanon interromperti così. Noi possiamose non perdonartiavere almeno pietà di te.

EGEONE: Ohl'avessero avuta gli dèi non dovrei a buon diritto dirli ora spietati con noi! Poiché prima che le due navi fossero distanti una diecina di leghe noi incontrammo un grande scoglio sul qualeviolentemente lanciatoil nostro soccorrevole palischermo si spezzò in duesì che in questo iniquo divorzio di noi stessi la fortuna lasciò a ciascuno di noi di che rallegrarci e di che desolarci. La parte che reggeva mia mogliepovera creatura! più lieve di peso se non di dolorefu trascinata più celermente dal ventoe alla nostra vista i tre furono raccolti da pescatori di Corintocome ci parve.

Alla fine un'altra nave raccolse anche noie appena seppero chi era colui ch'era toccato a loro di salvarefecero premurosa accoglienza ai naufraghi loro ospiti e avrebbero voluto togliere ai pescatori la loro preda se la loro nave fosse stata più rapida veleggiatriceperciò volsero la corsa verso il loro paese. Voi sapete ora come fui separato dalla mia felicità e come per sfortuna fu prolungata la mia vitatanto che ora sono qui a raccontare i tristi eventi della mia disgrazia.

DUCA: In nome di coloro che tu piangisii cortese di dirmi in tutti i particolari ciò che avvenne di essi e di te fino ad oggi.

EGEONE: Il mio più giovane figlioil maggiore nella mia sollecitudineall'età di diciotto anni mi richiese di suo fratello e mi pregò che il suo servoil quale era in eguale condizioneprivo di un fratello di cui sapeva solo il nomepotesse accompagnarlo in tale ricercacosì chementre mi struggevo d'amore di rivedere il perdutorischiai di perdere quello che amavo. Per cinque estati ho viaggiato fino ai limiti della Greciaramingando in lungo e in largo pei confini dell'Asiae costeggiando nel ritorno a casa toccai Efesosenza speranza di trovare alcunché e tuttavia riluttante a lasciar inesplorato questo o qualunque altro luogo che ospiti uomini. Ma qui deve finire la storia della mia vita e sarei lieto di morire a buon punto se avessi avuto dai miei viaggi la certezza che i miei figli vivono ancora.

DUCA: Sfortunato Egeone che i fati han segnato a portare l'estremo della più triste sciagura! Credimise ciò non fosse contro le nostre leggila mia coronail mio giuramento e la mia dignitàcose che i principi non possonose pur lo volesseroannullarela mia coscienza sarebbe un avvocato per te. Ma benché tu sia dannato a morte e una sentenza pronunziata non possa subire revoca senza grave nocumento del nostro prestigiotuttavia voglio favorirti in quel che posso. Perciòmercanteio ti concedo questo giorno per cercare la tua salute in qualche benefico mezzo di soccorso. Prova tutti gli amici che hai in Efesofatti donare od ottieni in prestito la somma necessariae vivi; in caso diverso sei condannato a morire. Carceriereprendilo in tua custodia CARCERIERE: Sìmio signore.

EGEONE: Senza speranza e senza spedienti Egeone se ne vama solo di ben poco potrà ritardare la sua fine.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA SECONDA - La piazza del Mercato

(Entrano ANTIFOLO di SiracusaDROMIO di Siracusa e il Primo Mercante)

 

PRIMO MERCANTE: Perciò spacciatevi per uno di Epidamno se non volete che le vostre merci sian tosto confiscate. Oggi stesso un mercante di Siracusa è stato arrestato per esser giunto quie non avendo i mezzi per riscattarsi la vitasecondo le leggi della cittàmorrà prima che lo stanco sole cali a occidente. Ecco il denaro che avevo in deposito per voi.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Portalo al "Centauro"dove alloggiamoe resta làDromiofinché io non ti raggiunga. C'è ancora un'ora di qui al desinare e la impiegherò a studiare i costumi della cittàa osservare i mercanti e a contemplare gli edifizi; poi tornerò a dormire al mio albergoperché sono stanco morto dal lungo viaggio. Orsùlevati di mezzo.

DROMIO DI SIRACUSA: Molti vi prenderebbero in parola e si leverebbero davvero di mezzo con un così buon carico.

 

(Esce)

 

ANTIFOLO DI SIRACUSA: E' un fido schiavomessereche soventequando sono oppresso dai crucci e dalla tristezzaallevia il mio umore coi suoi allegri motteggi. Ebbenevolete fare un giro in cittàin mia compagniae poi restare a pranzo con me al mio albergo?

PRIMO MERCANTE: Sono invitatosignoreda certi mercanti dai quali spero di trarre buon profitto. Vi prego di scusarmi. Non più tardi delle cinque vi raggiungerò al mercatose voletee poi resterò con voi fino all'ora di ritirarci. Questo mio affare m'obbliga a lasciarviper il momento.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Addiofino allora; me ne andrò a zonzo e visiterò su e giù la città.

PRIMO MERCANTE: Messerevi affido al piacer vostro.

 

(Esce)

 

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Colui che mi affida al piacer mio mi raccomanda a ciò che io non posso raggiungere. Nel mondo io sono come una goccia d'acqua che cerca un'altra goccia nell'oceanoe che vi si lascia cadere per trovar la sua compagna e inavvertita e curiosa vi si perde.

Così ioper trovare una madre e un fratelloperdo me stessopiù infelicein tal ricerca.

 

(Entra DROMO di Efeso)

 

Ecco giungere il vivente registro della mia nascita. Ebbene? Perché mai sei di ritorno così presto?

DROMIO DI EFESO: Tornato sì presto? Dite piuttosto arrivato troppo tardi! Il cappone bruciala porchetta cade dallo spiedol'orologio ha già battuto dodici tocchi di campana e la padrona ne ha suonato uno... sulla mia ganascia; si è riscaldata perché il cibo si è raffreddatoe il cibo si è raffreddato perché voi non tornate a casa; voi non tornate a casa perché non avete appetito e non avete appetito perché avete rotto il digiuno; ma noi che sappiamo che cosa sono il digiuno e la preghiera facciamo penitenza per colpa vostraoggi.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Basta con le vostre tiratesignor mioe ditemi di graziadove avete messo il denaro che vi ho dato?

DROMIO DI EFESO: Forse i sei soldi che ho avuto mercoledì scorso per pagare al sellaio la groppiera della padrona? Li ha il sellaiomesserenon li ho più io.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Non ho voglia di scherzare in questo momento; dimmi senza faceziedov'è il mio denaro? Noi siamo forestieri qui:

come osi tu lasciar la custodia di un sì importante deposito?

DROMIO DI EFESO: Per favoremesserevoi scherzerete quando sarete a tavola. Io son spedito a gran carriera dalla mia padronase torno senza di voi sarò... spedito davveroperché essa mi farà suonare la vostra colpa sulla zucca. Mi pare che il vostro stomacocome fa il miodovrebbe servirvi da orologio e spingervi a casa senza bisogno di messaggeri.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: SuvviaDromiosuvviaquesti lazzi son fuor di temposerbali per un'ora più allegra. Dov'è l'oro che t'ho dato in custodia?

DROMIO DI EFESO: A mesignore? Non m'avete dato oro per nulla.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Orsùsignor bricconebasta con le vostre scemenze e dimmi che hai fatto di ciò che avevi in consegna.

DROMIO DI EFESO: La mia consegna era solo di venirvi a prendere al mercato e di condurvi a pranzo a casa vostrala "Fenice"dove la mia padrona e sua sorella vi attendono.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Sull'anima mia di cristianorispondetemidite in quale luogo avete messo al sicuro il mio denaro o romperò codesta zucca di buffone che si ostina in lepidezza quando meno ne ho voglia.

Dove sono i mille marchi che hai avuti da me?

DROMIO DI EFESO: Ho qualche... marchio di voi sulla cocuzza ed altri della mia signora sulle spallema fra tutti e due non sono certo mille. Se dovessi restituirliritengo che vossignoria non li sopporterebbe con troppa pazienza.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: I marchi della tua signora? Che signora hai tumanigoldo?

DROMIO DI EFESO: La moglie di vossignoriala mia signora alla "Fenice"colei che deve digiunare finché non tornate a casa e vi prega che vi affrettiate per il desinare.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Come? Continui a canzonarmi in faccia così anche ora che te l'ho proibito? Ebbenetieni questesignor briccone!

 

(Lo percuote)

 

DROMIO DI EFESO: Che vi prendesignore? Per amor di Diofrenate le vostre mani! Ahse non volete smettereme la darò a gambe!

 

(Esce)

 

ANTIFOLO DI SIRACUSA: In fede miacon una qualche gherminellail marrano s'è fatto alleggerire di tutto il mio denaro. Si dice che questa città sia piena di scrocconidi agili giocolieri che ingannano l'occhionegromanti dalle occulte arti che fanno dar di volta al cervellostreghe assassine dell'anima e deformatrici del corpoimbroglioni travestiticerretani chiacchieroni e altrettanti seguaci della frode. Se così èfarò bene a partire al più presto. Andrò al "Centauro" a cercare questo gaglioffo. Temo assai che il mio denaro non sia più al sicuro.

 

(Esce)

 

 

 

ATTO SECONDO

 

SCENA PRIMA - Davanti alla casa di Antifolo di Efeso

(Entrano ADRIANA e LUCIANA)

 

ADRIANA: Non tornano né l'uno né l'altro! Né mio marito né il servo che avevo mandato in fretta a cercare il padrone! Di certoLucianasono già le due.

LUCIANA: Forse qualche mercante l'ha invitato e dal mercato è andato altrove per il pranzo. Buona sorellapranziamo anche noi senza tormentarci. Gli uomini sono padroni della loro libertà. L'attimo è il loro padrone e a seconda dell'attimo essi vanno o vengono. Poiché è così ci vuol pazienzasorella.

ADRIANA: Perché la loro libertà dev'essere più grande della nostra?

LUCIANA: Perché i loro affari son fuor di casa.

ADRIANA: Tohse faccio come luila prende a male...

LUCIANA: Ohsappiate ch'egli è la briglia della vostra volontà.

ADRIANA: Solo gli asini si lasciano imbrigliare così.

LUCIANA: La libertà sfrenatala frusta la disgrazia. Nulla c'è sotto l'occhio del cieloin terrain mare e nel firmamentoche non abbia il suo limite. Le fierei pescigli alati sono soggetti ai loro maschi e sotto la loro autorità: più divinigli uominii padroni di tutti questi esserisignori del vasto mondo e dei mari dell'acque selvaggecollocati dal potere dell'intelletto e dell'anima ben più alto dei pesci e degli uccellisono padroni e signori delle loro femmine. Perciò la vostra volontà deve sottomettersi al loro beneplacito.

ADRIANA: E' forse per tale servitù che non vi maritate?

LUCIANA: Non per ciòma perché temo le tribolazioni del letto nuziale.

ADRIANA: Ma se foste maritata dovreste pure aver qualche ascendente.

LUCIANA: Prima ancora dell'amore apprenderei l'obbedienza.

ADRIANA: E che fareste se vostro marito si sviasse altrove?

LUCIANA: Sopporterei fin che non tornasse a me.

ADRIANA: La pazienza che non è messa alla prova non è da stupirsi se resta tranquilla. Possono essere mansueti coloro che non hanno ragioni per esser diversi. A un'anima in penaacciaccata dalle avversitànoi diciamo d'aquietarsi se la udiamo piangere; ma non appena tocca a noi di essere oppressi da tale peso di dolorealtrettanto o anche più ci lamentiamo. Così tuche non hai un discortese compagno che ti accorivorresti darmi ristoro esortandomi a una inutile pazienza; ma se vivrai tanto da vedere il tuo diritto conculcato del parimetterai da parte codesta sciocca sopportazione.

LUCIANA: Benemi sposerò un giornonon fosse che per provare. Ecco qui il servo: vostro marito non può esser lontano.

 

(Entra DROMIO di Efeso)

 

ADRIANA: Diteil vostro pigro padrone è infine a portata di mano?

DROMIO DI EFESO: Sicuroe anche a portata di due manicome possono testimoniare le mie orecchie.

ADRIANA: Dimmi: gli hai parlato? Sai che intende fare?

DROMIO DI EFESO: Giàgiàle sue intenzioni me le ha dette su un orecchio. Che diavola di mano! Non m'è riuscito di tenerle dietro!

LUCIANA: Parlava così confusamente che non hai potuto afferrare il suo pensiero?

DROMIO DI EFESO: Nopicchiava così sodo che sentivo anche troppo i colpi; e con tutto ciòtanto confusamente che non mi ci raccapezzavo.

ADRIANA: Ma dimmiti pregotorna egli a casa? Par proprio che si dia gran pena di compiacer sua moglie!

DROMIO DI EFESO: Ebbenesignoradi certo il padrone ha il mondo in sulle corna!

ADRIANA: Dici che il padrone ha le cornagaglioffo?

DROMIO DI EFESO: Non voglio dire che è un cornutoma che è pazzo da legare; quando lo pregai di tornare casa per il pranzo mi richiese mille marchi d'oro. "E' l'ora del pranzo"gli dico. "Il mio oro"dice lui. "La carne brucia"dico ioe lui: "Il mio oro". "Volete tornare a casa?"dicoe lui: "Il mio oro! Dove sono i mille marchi che t'ho datomanigoldo?" "La porchetta - dico io - si brucia"; "Il mio oro"dice. "Messerela mia signora" dico; e lui: "Alla malora la tua signora. Non la conoscovada al diavolo!".

LUCIANA: Così ha detto? Chi?

DROMIO DI EFESO: Il padrone. "Non conosco - disse - né casa né moglie né signora". Sicché la commissione affidata alle mie labbragrazie a lui la riporto a casa sulle mie spallepoiché in sostanza egli m'ha bastonato là sul posto.

ADRIANA: Torna indietroribaldoe portalo diritto fin qui.

DROMIO DI EFESO: Tornare là per essere rispedito a legnate? Per amor di Diomandate qualche altro messo.

ADRIANA: Ritorna da luiribaldoo ti spacco la zucca quant'è larga.

DROMIO DI EFESO: E lui ci spaccherà una croce per il lungo con nuove botte. Fra l'uno e l'altram'avrete ridotto una croce santa!

ADRIANA: Via di quimarrano linguacciuto! Mena a casa il tuo padrone.

DROMIO DI EFESO: Mi prendete per così tonto che mi pigliate a pedate come una palla da calcio? Voi mi cacciate di qua e lui mi rispedirà qui. Se duro in questo serviziofatemi almeno ricoprire in cuoio.

 

(Esce)

 

LUCIANA: Oibòcome l'impazienza incupisce il vostro volto!

ADRIANA: Ed eccolo accordare a certe scanfarde il favore della sua compagnia mentre io in casa mi struggo per un suo benevolo sguardo. La rozza età ha dunque tolto alle mie povere guance l'attraente bellezza?

E' lui che ha fatto il guasto. Le mie parole sono noioseil mio spirito avvizzito? Se non ho più la parola sciolta e affilata di prima è che le sue scortesiepiù dure del marmol'hanno smussata. Forse le vesti sgargianti di quelle adescano il suo affetto? Non è mia colpaegli è il padrone della mia condizione. Quali rovine sono in me che non siano state devastate da lui? Sicché è lui la cagione del mio sfacelo. La mia svanita bellezza sarebbe tosto restaurata da un suo sguardo radioso. E invececome un cervo indocileeccolo scavalcare la cinta e pascersi fuori di casa; ed io non sono che il suo zimbello.

LUCIANA: E' gelosia che nuoce a se stessa! Viadiscacciala!

ADRIANA: Solo delle insensibili sciocche possono passar sopra a tali torti. So che i suoi occhi portano altrove i loro omaggie se così non fosseche altro gl'impedirebbe di esser qui? Voi sapetesorellach'egli m'ha promesso una catenavorrei che in questo solo mancasse di parolase dovesse poi restare fedele al suo talamo. Lo soil gioiello meglio smaltato deve perder la sua bellezzae benché l'oro resista al toccoalla fine l'assiduo toccare logora anche l'oroe non esiste uomo il cui pregio non sia presto o tardi oscurato dalla falsità e dalla corruzione. Poiché la mia beltà non può più esser gradita al suo sguardovoglio consumare col pianto ciò che me ne restae piangendo voglio morire.

LUCIANA: Ohquante povere sciocche si lascian comandare dalla folle gelosia!

 

(Escono)

 

 

 

SCENA SECONDA - Una piazza

(Entra ANTIFOLO di Siracusa)

 

ANTIFOLO DI SIRACUSA: L'oro che avevo consegnato a Dromio è ormai al sicuro "Centauro"e quello zelante schiavo è in giro alla mia ricerca. Dal calcolo e da ciò che ha detto l'oste non potrei aver parlato con Dromiodacché lo rimandai al mercato. Toheccolo che viene.

 

(Entra DROMIO di Siracusa)

 

Ebbenemessere! Il vostro gaio umore s'è mutato. Se vi piacciono le busse ricominciate coi vostri lazzi. Non conoscete il "Centauro"eh?

E non l'avete avuto l'oro? La vostra signora m'ha mandato a chiamare per il pranzo? Eri dunque pazzo da rispondermi così scioccamente?

DROMIO DI SIRACUSA: Che rispostasignore? Quando ho detto queste cose?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Proprio oraproprio quior è meno di mezz'ora.

DROMIO DI SIRACUSA: Non v'ho riveduto da quando mi mandaste al "Centauro" con l'oro che mi affidaste ANTIFOLO DI SIRACUSA: Gaglioffotu hai negato di aver avuto l'oro e mi hai parlato di una signora e di un pranzo; per il chesperohai assaggiato il mio malcontento.

DROMIO DI SIRACUSA: Sono lieto di vedervi di umore sì gaio. Ma che significa tale scherzo? Vi prego di dirmelopadrone ANTIFOLO DI SIRACUSA: Ahtu mi sbeffeggi e mi burli in faccia? Credi che io scherzi? Ebbeneprendi queste e anche queste!

 

(Lo percuote)

 

DROMIO DI SIRACUSA: Fermo signoreper l'amor del cielo ché lo scherzo si fa serio. Per qual motivo mi maltrattate?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Perché talvolta familiarmente vi prendo per mio buffone e chiacchiero con voila vostra insolenza crede lecito abusare ora della mia benevolenza e si arroga un diritto sulle mie ore più gravi. Quando il sole brilla faccian pure i loro scherzi gli innocui moscerinima si caccino nei buchi allorché nasconde i suoi raggi. Se volete scherzare con mestudiate il mio viso e regolate il vostro contegno dai miei sguardio io vi persuaderò a legnate a fare entrare questo metodo nella vostra debole cassa cranica.

DROMIO DI SIRACUSA: Cassa debole? Se la finirete di picchiarmi preferirei tenermela come testa; ma se continuate coi colpimi ci vorrà davvero una cassaforte per nascondercela dentrose no dovrò cercare l'intelligenza nelle mie spalle. Ma di graziasignoreperché vengo picchiato?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Non lo sai ancora?

DROMIO DI SIRACUSA: So soltantosignoreche mi si picchia.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Debbo dirvi perché?

DROMIO DI SIRACUSA: Sicuropadronee anche il comepoiché si afferma che ogni perché ha il suo per come.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Ebbeneprimo per esserti beffato di me e secondo perché hai ricominciato a farlo.

DROMIO DI SIRACUSA: Vi fu mai uomo così percosso fuor di tempose il perché ed il per come mancano di capo come di coda? Ebbenevi ringraziosignore.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Voi mi ringraziate? E di che?

DROMIO DI SIRACUSA: Ebbenesignoredi quel qualche cosa che mi avete dato per nulla.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Farò ammenda la prossima voltanon dandovi nulla per qualcosa. Ma dite messereè l'ora del pranzo?

DROMIO DI SIRACUSA: Nopadrone; credo che l'arrosto manca di ciò che ho avuto io.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Davveroe di che?

DROMIO DI SIRACUSA: Di sugo di bosco.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Sia puresarà un po' più secco.

DROMIO DI SIRACUSA: Se è cosìsignorevi prego di non assaggiarlo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: E per quale ragione?

DROMIO DI SIRACUSA: Affinché non vi metta in collera e voi non m'ungiate un'altra volta di sugo di bosco.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Orsùmessereimparate a scherzare a tempo; ogni cosa a tempo e a luogo.

DROMIO DI SIRACUSA: E' ciò che avrei negato prima che voi montaste sulle furie.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: In virtù di quale regola?

DROMIO DI SIRACUSA: In virtù di una regola così poco tirata per i capelli come la zucca pelata dello stesso padre Tempo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Sentiamola.

DROMIO DI SIRACUSA: Non c'è tempoper l'uomo calvo di naturadi ricuperare i propri capelli.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Non si posson riavere con qualche azione di ripetizione e di recupero?

DROMIO DI SIRACUSA: Sìripetendo la chioma con una parrucca e ricuperando da altri uomini i capelli perduti.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Perché il Tempo è con noi tanto avaro di peliun'escrescenza di cui c'è tanta profusione?

DROMIO DI SIRACUSA: Perché è una benedizione che largisce alle bestiementre dà agli uomini in ispirito ciò che toglie loro in capelli.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Tohma ci son di molti uomini che hanno più capelli che spirito.

DROMIO DI SIRACUSA: Di questi non c'è uno che non abbia lo spirito di perdere i capelli.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Ma tu hai affermato che gli uomini capelluti eran gente semplicecon poco cervello.

DROMIO DI SIRACUSA: Meno si ha di cervello e più presto son persi i capellie persi in allegria.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Per quale ragione?

DROMO DI SIRACUSA: Per due ragionie valide.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Dite invalide piuttosto.

DROMIO DI SIRACUSA: Sicureallora.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Nosicure nosiccome si tratta di cosa ingannevole.

DROMIO DI SIRACUSA: Certeallora.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Sentiamole dunque.

DROMIO DI SIRACUSA: Una è per risparmiare il denaro che si spende a farsi acconciare il capo; la seconda è che a pranzo non cadono i capelli nella zuppa.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Con tutto ciò vorresti aver dimostrato che non c'è tempo per tutte le cose.

DROMIO DI SIRACUSA: Sicuro e l'ho fattosignore; non c'è tempo per ricuperare i capelli perduti per natura.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Ma non avete dimostrato con una ragione solida perché non c'è tempo per ricuperarli.

DROMIO DI SIRACUSA: Allora dirò così: il Tempo è calvo e perciò fino alla fine del mondo avrà un seguito di gente calva.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Supponevo già che saresti giunto a una conclusione spelacchiata. Ma tacichi è che ci fa cenno laggiù?

 

(Entrano ADRIANA e LUCIANA)

 

ADRIANA: SìsìAntifoloprendi codest'aria estranea e corrucciata; qualche altra donna conosce i tuoi sguardi teneri. Io non sono più Adriana né tua moglie. E' passato il tempo quandonon richiestogiuravi che non c'erano melodiose parole al tuo orecchiopiacevole oggetto al tuo occhiocosa gradita al tocco della tua mano o manicaretto addolcito a tuo gustose io non ero là a parlarea guardarea toccarea servire te. Da che vien dunqueo mio sposoda che vieneche ti sei straniato da te stesso. Dico da te stesso perché sei estraneo a me che da te indivisibilea te incorporatasono più della parte migliore di te stesso. Ahnon strapparti così da me!

Poichésappilo amor miosarebbe più facile far cadere una goccia d'acqua nel procelloso abisso e trarla poi di là incommistanon diminuita né accresciutache tentare di separarti da me senza trascinarmi teco. Come saresti toccato sul vivo se appena sentissi dire che io fossi infedele e che questo corpo a te consacrato fosse contaminato da sconcia lussuria! Non mi sputeresti in viso? Non mi respingeresti a pedatenon mi butteresti in faccia il tuo nome di sposonon strapperesti la pelle contagiata dalla mia fronte di baldracca? E non mi toglieresti l'anello nuziale dalla sleale mano per romperlo con un giuramento di ripudio eterno? Io so che lo farestie perciò fallo ora! Io ho in me una macchia d'adulterioil mio sangue è mescolato al fango della lussuria; poiché se noi due siamo uno solo e tu tradisciio assorbisco il veleno della tua carne e son prostituita dal tuo stesso contagio. Mantieni dunque il tuo amore e la tua fedeltà al legittimo talamoe che io viva senza macchia come tu senza disonore.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Vi rivolgete a mebella signora? Io non vi conosco. Sono in Efeso da due ore appena e tanto estraneo alla vostra città che al vostro discorso; e ho un bel considerarne con tutto il mio senno ogni parolanon trovo senno che mi basti per comprenderne in tutto pur una.

LUCIANA: Vergognafratello! Come tutto è mutato in voi! Quando mai solevate trattare così mia sorella? Essa ha mandato Dromio a cercarvi per il pranzo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Dromio?

DROMIO DI SIRACUSA: Io?

ADRIANA: Sìtu stesso. E di ritorno tu mi hai detto che egli t'aveva percossoe tra un colpo e l'altro negava che questa casa fosse sua e io fossi sua moglie.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Avete voi parlatomesserecon questa signora?

Che cosa avete complottato insieme e per che scopo?

DROMIO DI SIRACUSA: Non l'ho mai vista prima d'orasignore.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Marranotu menti! poiché mi hai detto al mercato le sue precise parole.

DROMIO DI SIRACUSA: Mai non le ho parlato in vita mia.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Come può allora chiamarci così per nome se non è per ispirazione divina?

ADRIANA: Male si addice alla vostra serietà questo trucco grossolano che praticate col vostro servoeccitandolo a contrariarmi nel mio cruccio! Basti il torto che mi fate con lo star lontano da me; non aumentate questo torto con una giunta di disprezzo. Andiamovoglio attaccarmi al tuo braccio; tu sei l'olmosposo mioio la vitela cui debolezzamaritata a una più forte naturasi rende partecipe della tua forza. Se qualcosa mi divide da teè gramignaedera parassiticapruno o musco infecondo chenon essendo stati sarchiatis'intrudono fino a contaminare il tuo succo e vivono della tua rovina.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Parla proprio a me; sono il tema delle sue parole. Ebbenel'avrei forse sposata in sogno? O forse sto sognando ora e tutto ciò che sento è illusione? Quale errore disvia i nostri occhi e i nostri orecchi? Finché non abbia fatto luce su questa sicura incertezzavoglio prestarmi all'illusione che mi si offre.

LUCIANA: Dromiova' e di' ai servi di apparecchiare pel pranzo.

DROMIO DI SIRACUSA: Dove ho messo la corona del rosario? Mi segno come un peccatore. Questo è un luogo stregato. O disdetta delle disdette!

Parliamo con gnomielfi e folletti: se non li obbediremo accadrà che ci succhieranno il fiato e ci ridurranno lividi e neri a forza di pizzichi.

LUCIANA: Ebbene borbotti fra te e te e non rispondi? Dromiotupecchionelumacachiocciolonestordito!

DROMIO DI SIRACUSA: Sono mutato in qualcun altro o nopadron mio?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Credo che tu lo siain ispiritoe io pure.

DROMIO DI SIRACUSA: Nopadroneho mutato lo spirito e il corpo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Hai ancora la tua forma.

DROMIO DI SIRACUSA: Nosono una scimmia.

LUCIANA: Se sei cangiato in qualcosa è in un asino.

DROMIO DI SIRACUSA: E' veroessa m'inforca ed io ho voglia d'erba. E' cosìsono un asinoaltrimenti non potrebbe accadere ch'io non conosca lei come lei conosce me.

ADRIANA: Andiamonon voglio essere così sciocca da mettermi le dita negli occhi e piangere mentre il padrone e il servo si burlano dei miei dolori. Andiamo a pranzosignore. Dromiostai alla porta.

Marito mioio pranzerò di sopra con voioggie vi farò poi confessare le vostre mille scappatelle. Mariuolose qualcuno chiede del padronedigli che pranza fuori e non far entrare un'anima. Vienisorella. Dromiofa' bene il portiere.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Sono in terrain cielo o all'inferno? Sveglio o addormentato? Pazzo o in senno? Conosciuto da queste e irriconoscibile a me stesso? Continuerò cosìa dire ciò ch'esse dicono e me n'andrò alla ventura in questa nebbia.

DROMIO DI SIRACUSA: Padronedevo far da portiere?

ADRIANA: Sìe non fate entrar nessunose no ti rompo la zucca.

LUCIANA: AndiamoandiamoAntifolopranziamo fin troppo tardi.

 

(Escono)

 

 

 

ATTO TERZO

 

SCENA PRIMA - Davanti alla casa di Antifolo di Efeso

(Entrano ANTIFOLO di EfesoDROMIO di EfesoANGELO e BALDASSARRE)

 

ANTIFOLO DI EFESO: Buon signore Angelovoi dovete scusarcimia moglie s'imbroncia se non giungo all'ora precisa. Ditele che mi sono indugiato nella vostra bottega a veder fare la sua collana e che domani gliela porterete a casa. Ma ecco un manigoldo che vorrebbe sostenermi in faccia che m'ha incontrato al mercato e che l'ho picchiato reclamando mille marchi d'oro e che ho rinnegato mia moglie e la mia casa. Che vuoi intendere con tutto ciòubriacone?

DROMIO DI EFESO: Dite ciò che voletemesserema io so quel che so; e che m'avete picchiato al mercato posso provarlo con la vostra mano.

Fossero i vostri colpi inchiostro e pergamena la mia pellela vostra scrittura vi ridirebbe quel che penso io.

ANTIFOLO DI EFESO: Io penso che sei un asino.

DROMIO DI EFESO: Diaminelo si direbbe dalle angherie che patisco e dai colpi che sopporto. Preso a calci dovrei scalciare; e in tal caso voi dovreste guardarvi dai miei zoccoli e stare attento all'asino.

ANTIFOLO DI EFESO: Siete mestosignor Baldassarre; voglia il cielo che il mio pranzo corrisponda alla buona volontà e alla cordialità della mia accoglienza.

BALDASSARRE: Faccio poco conto della vostra tavolamesseree gran conto della vostra accoglienza.

ANTIFOLO DI EFESO: In fatto di carne o di pescesignor Baldassarrenon c'è buona accoglienza che valga una buona pietanza.

BALDASSARRE: Il buon cibo è frequentesignoree il primo screanzato può offrirvelo.

ANTIFOLO DI EFESO: Anche più comune l'accoglienzafatta com'è di parole.

BALDASSARRE: Tavola modesta e grande accoglienza fanno un eccellente banchetto.

ANTIFOLO DI EFESO: Sìper un ospite esoso e un invitato molto sobrio.

Ma per modeste che siano le mie vivandeaccettatele di buon gradomigliore potrebbe essere la tavolanon già il cuore. Ma come? La porta è chiusa? Di' dunque che ci aprano.

DROMIO DI EFESO: MaddalenaBrigidaMariannaCeciliaGiulianaGianna!

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): Testonerozzacapponebellimbustoidiota e pagliaccio! Levati dalla porta o va' a cuccia. O che ti metti a evocare ragazzeche ne chiami un tal brancoquando una sarebbe già di troppo? Vattene da quest'uscio.

DROMIO DI EFESO: Che pagliaccio ci han messo per portiere? Il padrone è qui nella strada.

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): Se ne torni donde è venutose non vuol prender freddo ai piedi.

ANTIFOLO DI EFESO: Chi parla di dentro? Orsùaprite.

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): Benonesignore; vi dirò quando non appena mi direte il perché.

ANTIFOLO DI EFESO: Perché? Ma per il pranzo; non ho ancora pranzato oggi.

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): Né oggi pranzerete qui. Ripassate quando potete.

ANTIFOLO DI EFESO: Chi sei tu che mi tieni fuori di casa mia?

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): Per il momento il portieresignoree il mio nome è Dromio.

DROMIO DI EFESO: Ohfurfantetu hai rubato insieme il mio posto e il mio nome! L'uno mi ha dato scarso creditol'altro non poco biasimo.

Se tu fossi stato oggi Dromio in mia veceavresti barattato il viso con un brocco di bersaglioe il brocco... con un asino.

LUCE (di dentro): Che baccano è questo? Dromiochi è alla porta?

DROMIO DI EFESO: Fate entrare il padroneLuce.

LUCE (di dentro): In fede miano. Arriva troppo tardi; potete dirglielo.

DROMIO DI EFESO: OhSignoreè assai buffo! Toh v'affibbio un proverbio: Buona femmina vuol bastone...

LUCE (di dentro): A questo vi rispondo con un altro: Date bastoni invece di denari...

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): Quant'è vero che ti chiami Luce gli hai risposto bene!

ANTIFOLO DI EFESO: Ascoltamitesoruccio. Ci farete entrarenon è vero?

LUCE (di dentro): Pensavo di avervi già risposto.

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): E avete detto di no. (Antifolo di Efeso picchia all'uscio)

DROMIO DI EFESO: Benoneaiutatemi. Picchiato sodo! Colpo per colpo!

ANTIFOLO DI EFESO: Zambraccafammi entrare.

LUCE (di dentro): Sapresti dirmi a quale scopo?

DROMIO DI EFESO: Padronepicchiate forte all'uscio.

LUCE (di dentro): Può picchiare finché la porta sarà indolenzita.

ANTIFOLO DI EFESO: Voi piangeretetesorucciouna volta che l'abbia sfondata.

LUCE (di dentro): Che importa tutto ciò? C'è una gogna in città.

ADRIANA (di dentro): Chi fa tanto rumore alla mia porta?

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): In fede miala vostra città è infestata da scavezzacolli.

ANTIFOLO DI EFESO: Siete voimoglie mia? Avreste potuto scomodarvi prima.

ADRIANA (di dentro): Vostra mogliemesser furfante? Andatevene da questa porta.

DROMIO DI EFESO: Se entrate penandopadron mioquesto "furfante" le costerà caro.

ANGELO: Mi paresignoreche qui non sia né buona tavola né buona accoglienza; e l'una o l'altra ci saremmo attesi.

BALDASSARRE: Disputammo qual fosse la migliorema ce ne andremo senza alcuna delle due!

DROMIO DI EFESO: Vedeteli che attendono alla portapadrone. Dategli dunque il benvenuto...

ANTIFOLO DI EFESO: C'è qualcosa nell'aria che c'impedisce di entrare.

DROMIO DI EFESO: Sentireste l'aria ancor piùpadronese i vostri sentimenti fossero leggeri. Il vostro pranzo è caldo là dentroe voi siete qui ritto al fresco. C'è da diventar più furiosi di un caprone a esser così serviti di barba e di parrucca.

ANTIFOLO DI EFESO: Cercami qualche cosavoglio sfondar la porta.

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): Rompete ciò che potete ed io poi romperò la vostra zucca di furfante.

DROMIO DI EFESO: Con voi si può rompere solo il silenziosignoree le parole son fatte d'aria. Giàe rompervelo in facciaper non rompervelo di dietro.

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): Pare che tu abbia una gran voglia di aver la testa rottazoticone. Va' al diavolo!

DROMIO DI EFESO: Al diavolo? Mi pare che basti. Facci entrareti ripeto.

DROMIO DI SIRACUSA (di dentro): Sìquando gli uccelli non avranno piume e i pesci non avranno pinne.

ANTIFOLO DI EFESO: Bene entrerò a forza. Portatemi qualcosa per dar di picchio qui.

DROMIO DI EFESO: Un picchio senza piumenon è veropadrone? Per un pesce senza pinne occorre un uccello senza piume. E se il picchio ci aiuterà a entraremariolovedrai che sappiam stiacciare come un picchio.

ANTIFOLO: E. Sulevati dai piedi e va' a prendere una sbarra.

BALDASSARRE: Abbiate pazienzasignore; è meglio non farne nulla. In tal modo voi fareste guerra alla vostra riputazione e offrireste agli strali del sospetto l'immacolato onore della vostra sposa. In breveconverrete che la vostra lunga esperienza della saggezza di leidella sua proba virtùla sua modestiae la sua stessa etàtutto testimonia a favor suo di qualche ragione che finora vi è ignota. E non dubitatemessereche ella ben si scuserà di avervi tenuto ora fuor della porta. Seguite il mio avviso; andiamocene in santa pace tutti insieme a pranzare alla "Tigre"; e verso sera ve ne tornerete da solo ad ascoltare i motivi di tale bizzarra esclusione. Se a viva forza cercatenel più animato momento del giornodi rompere la portase ne farà un triviale chiacchiericcioe contro la vostra riputazionefinora intattatali sospetti saran levati dal volgo che finiranno per infondersi turpemente persino nella tombadopo la vostra mortepoiché la calunnia si trasmette moltiplicandosiné si può sloggiarla quando ha preso stanza.

ANTIFOLO DI EFESO: Sia così come voi volete; me ne andrò in pacee anche senza ragioni di gioia ho in animo di svagarmi. Conosco una donnetta di ottima conversazionegraziosa e spiritosaselvatica e insieme arrendevole. Pranzeremo con lei; per questa donna mia mogliee senza motivove lo accertomi ha spesso rimproverato. Pranzeremo da lei. (Ad Angelo) Tornate a casa e cercate la catena; a quest'ora dev'essere finita. E portatela al "Porcospino"vi pregoè là che andiamo. La catena voglio regalarla alla nostra locandieranon fosse che per fare dispetto a mia moglie. Poiché la mia porta si rifiuta di accogliermibatterò ad altri usci e vedremo se mi si chiuderanno in faccia.

ANGELO: Sarò là entro un'ora.

ANTIFOLO DI EFESO: Fate così. E' uno scherzo che mi costerà qualcosa.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA SECONDA - La stessa

(Entrano LUCIANA e ANTIFOLO di Siracusa)

 

LUCIANA: Può accadere che abbiate così obliato i doveri di un marito?

Può essereAntifoloche in questa primavera di amore le primizie d'amore nascano già guaste? Può l'amore cadere in rovina prima d'essere edificato? Se sposaste mia sorella per la sua ricchezzaper un riguardo alla stessa sua fortuna trattatela con maggior cortesia; o se amate un'altrafatelo di nascostomascherate il vostro sleale amore di un'ingannevole apparenzaaffinché mia sorella non ve lo legga negli occhie non sia la vostra lingua a confessare la vostra vergogna. Abbiate un'aria dolceuna parola affabilecoonestate la vostra doppiezzavestite il vizio da araldo della virtùabbiate un onesto aspetto sebbene il vostro cuore sia corrottodate al peccato le arie della santitàingannate in segreto. Perché bisogna che lei ne sia a conoscenza? Quale ladro è così sciocco da vantarsi del suo proprio misfatto? E' doppiamente maleessendo infedele al vostro lettofar poi sì ch'ella se ne accorga quando è a tavola con voi. La vergogna che sa destreggiarsi ottiene un buon nome spurioma le cattive azioni sono raddoppiate dalle cattive parole. Ahimèpovere donne! Fateci appena crederecredulone come siamoche ci amatee se qualche altra ha il vostro bracciodateci almeno la manica: ci muoviamo nella vostra orbita e voi potete volgerci come volete. E cosìgentile fratellotornate indietroconsolate mia sorellarincuoratelachiamatela vostra sposa. E' santa cosa industriarsi alla lusingaquando il suo dolce soffio può sedare la discordia.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Dolce signora - non so quale nome sia il vostroné per qual miracolo voi avete scoperto il mio - nel vostro senno e nella vostra grazia vi dimostrate una meraviglia di quaggiùpiuttosto divina che umana. Insegnatemidonna gentileche cosa debbo pensare e diree schiudete al mio grossolano senso terrestresoffocato dall'errore debolemiserovuotoi riposti significati delle vostre illusorie parole. Perché vi sforzate d'indurre la pura lealtà della mia anima a errare in un campo sconosciuto? Siete un nume e volete ricrearmi? Trasformatemi e cederò al vostro potere. Ma se io sono ioso altrettanto bene che la vostra querula sorella non è mia moglie ed io non debbo alcun omaggio al suo talamo. Ma c'è di piùc'è di piùed è che mi sento attratto da voi. Ohnon indurmidolce sirenacol tuo canto ad annegarmi nel fiotto di lacrime di tua sorella; canta per tesirenaed io vaneggeròspandi sull'acque d'argento la tua chioma d'oro e in essa io giacerò come in un mio letto. Mi parein questo meraviglioso sognoche s'avvantaggia nella morte chi può così morire.

Possa Amorfiamma lievespegnersi se in giù cali.

LUCIANA: Siete scapato che ragionate così?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Non scapatoma accoppatoanzi accoppiatoe non so come.

LUCIANA: E' colpa ch'esce dai vostri occhi.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Per aver guardato troppo da vicino i vostri raggimio dolce sole.

LUCIANA: Guardate ciò che dovreste e vi si chiarirà la vista.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: E' come chiudere gli occhiamor mioa guardare la notte.

LUCIANA: Perché chiamarmi amor mio? Dite questo a mia sorella.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: La sorella di tua sorella.

LUCIANA: E' mia sorella.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: No: sei tu la parte migliore di me stessola pupilla degli occhi mieiil più caro cuore del mio cuoreil mio alimentola mia fortunala mèta della mia dolce speranzail solo cielo della mia terra e la mia parte di cielo.

LUCIANA: Tutto ciò è mia sorellao dovrebbe esserlo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Carachiama te stessa sorellaperché io aspiro a te. Te voglio amare e con te trascorrere la mia vita. Tu non hai ancora maritoné io ho moglie. Dammi la mano.

LUCIANA: Pianosignore mio. Mantenetevi calmo. Vado da mia sorella e chiederò il suo consenso.

 

(Esce).

(Entra dalla casa correndo DROMIO di Siracusa)

 

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Che c'è? Dromio? Perché corri svelto?

DROMIO DI SIRACUSA: Mi conoscetesignore? Son io Dromio? Sono il vostro uomo? Sono io proprio io?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Tu sei Dromiosei il mio uomosei tu stesso.

DROMIO DI SIRACUSA: Io sono un asinosono l'uomo di una donna e sono fuori di me stesso.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Di quale donna sei l'uomo? E come sei fuor di te?

DROMIO DI SIRACUSA: Poffare! Son fuori di meappartengo a una donnauna che mi reclamami perseguita e vuole avermi.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Che pretese può essa avere su di te?

DROMIO DI SIRACUSA: Ehsignor miole pretese che voi potreste avere sul vostro cavallo. Mi chiede come una bestia. Non chefoss'io una bestiaessa vorrebbe avermi; ma è lei che è un essere bestiale e vanta diritti su di me.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Ma chi è dunque?

DROMIO DI SIRACUSA: Una figura molto rispettabile alla quale non si può parlare senza dire "con rispetto". Ho fatto un ben magro affare in questa partita e tuttavia si tratta di un matrimonio sbalorditivamente grasso.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Che intendi per matrimonio grasso?

DROMIO DI SIRACUSA: Diaminesignoreè la sguattera di cucinaè tutta grasciaed io non saprei proprio che farmene se non forse farne una candela e fuggir da lei alla sua stessa luce. V'assicuro che i suoi cencicon tutto il loro segoarderebbero per tutto un inverno di Polonia. Se vive fino al dì del giudizio brucerà una settimana di più di tutto l'universo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Di che colore è?

DROMIO DI SIRACUSA: Nera come le mie scarpema in viso non certo così pulitaperché suda e uno ci potrebbe affondare dentro fino alle caviglie ANTIFOLO DI SIRACUSA: E' un difetto che l'acqua può correggere.

DROMIO DI SIRACUSA: Nosignorel'ha nella pelle: il diluvio di Noè non potrebbe farci nulla.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Che nome ha?

DROMIO DI SIRACUSA: Lalla; ma il suo nome più tre quarticioè l'alla e tre quarti d'allanon la misurerebbero da un'anca all'altra.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Sarebbe dunque di una certa ampiezza?

DROMIO DI SIRACUSA: Non più larga dalla testa ai piedi che da anca ad anca; sferica come un globoe tutti i paesi possono trovarsi in lei.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: In che parte del suo corpo è l'Irlanda?

DROMIO DI SIRACUSA: Perdincisignorenelle sue chiappe; l'ho riconosciuta da certi acquitrini.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: E la Scozia?

DROMIO DI SIRACUSA: L'ho trovata in certi duroni nella palma della sua mano.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: E la Francia?

DROMIO DI SIRACUSA: Nella sua frontepiena di sfogo e di ritrosesempre in guerra col suo capo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: E l'Inghilterra?

DROMIO DI SIRACUSA: Cercai le sue balze gessosema nulla di bianco ho potuto trovarvi. Ma suppongo fosse nel suo mento dato il flusso salmastro che correva tra questo e la Francia.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: E la Spagna?

DROMIO DI SIRACUSA: In fede mianon l'ho vistama ne ho sentito il calore nel suo fiato.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: E l'America? E le Indie?

DROMIO DI SIRACUSA: Ohsignoresul suo naso abbellito di rubinidi carboncini e di zaffiri che inchinavano il loro fulgore al caldo fiato della Spagnala quale mandava intere armate di galeoni a caricare al suo naso.

ANTIFOLO DI SIRACUSA:. E dove sono il Belgio e i Paesi Bassi?

DROMIO DI SIRACUSA: Ohsignorenon ho guardato così in basso. Per concluderequesta ciabattonaquesta stregona ha vantato pretese su memi ha chiamato Dromioha giurato che io le ero promessom'ha detto quali segni personali ho su di meil segno sulla spallail neo sul collola grossa verruca sul braccio sinistrotanto che io sbalordito son corso via da lei come da una strega. E credo che se non avessi avuto un petto pieno di fede e un cuore di acciaio essa m'avrebbe mutato in un canino codimozzo e messo a girare lo spiedo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Va'corri subito al porto e se qualche vento appena soffia dalla riva non voglio restare in questa città stanotte.

Se c'è un palischermo che stia per salparevienimi a cercare al mercato dove passeggerò in tua attesa. Poiché tutti ci conoscono e noi non conosciamo nessunoè urgente di far armi e bagagli e filar via.

DROMIO DI SIRACUSA: Come dall'orso un uomo si salva dandosela a gambecosì fuggo io da colei che presume di essere mia moglie.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Solo le streghe abitano questo paese ed è però tempo di levarsi di qui. Colei che mi chiama suo marito io la detesto di tutto cuore come sposa; ma la sua bella sorelladotata di sì gentil grazia sovranadi un aspetto e una parola tanto incantevolimi ha fatto quasi diventare traditore di me stesso. Ma per non esser colpevole d'un torto verso me stessovoglio chiudere gli orecchi al canto della sirena.

 

(Rientra ANGELO con la catena)

 

ANGELO: Padron Antifolo...

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Giàè il mio nome.

ANGELO: Lo so benesignore; ecco la catena. Credevo di raggiungervi al "Porcospino"ma il lavoro non era finito e m'ha fatto tardare tanto.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Che volete che ne faccia?

ANGELO: Quel che vi piacesignore: io l'ho fatta per voi.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: L'avete fatta per me? Ma io non l'ho ordinata.

ANGELO: Non una né due ma venti volte. Andate a casa con questa e datela a vostra moglie. Non appena sia l'ora di pranzo verrò da voi e allora riceverò il denaro della catena.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Vi pregomesserevogliate ricevere ora il denaro per tema che non dobbiate rivedere né catena né denaro.

ANGELO: Vi piace scherzaremessere. Arrivederci.

 

(Esce)

 

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Quel che io debba pensare di tutto ciònon si dice. Ma so che non esiste un uomo tanto sciocco da rifiutare l'offerta d'una così bella catena. Veggo che un uomoquinon è costretto a ingegnarsi alla meglioquando gli capitano per la via regali così munifici. Vado al mercato ad attendere Dromio. Se c'e una nave che salpa partiremo all'istante.

(Esce)

 

 

 

ATTO QUARTO

 

SCENA PRIMA - Una piazza

(Entrano il Secondo MercanteANGELO e un Ufficiale)

 

SECONDO MERCANTE: Voi lo sapetela somma mi è dovuta fin dalla Pentecoste e da allora non si può dire che io v'abbia importunato; né lo farei orase non dovessi recarmi in Persia e non abbisognassi di fiorini per il mio viaggio. Vi chiedo perciò di saldarmi subito il mio debito o vi farò arrestare da questo ufficiale.

ANGELO: M'è dovuta da Antifolo proprio la somma che reclamateed anziappena un attimo prima del nostro incontroegli ha avuto da me una catena per la quale debbo essere pagato alle cinque. Vi piaccia venir meco fino alla sua casa e là pagherò il mio debito e vi ringrazierò.

UFFICIALE: Potete risparmiarvi questa fatica; eccolo che viene.

 

(Entrano ANTIFOLO di Efeso e DROMIO di Efeso)

 

ANTIFOLO DI EFESO: Mentre mi reco alla casa dell'oreficetu va' a comperare un pezzo di corda; ne farò dono a mia moglie e ai suoi complici per avermi chiuso fuor di casa in pieno giorno. Pianoecco l'orefice. Spicciaticompra una corda e portamela a casa.

DROMIO DI EFESO: Compro una rendita di mille lire all'anno con questa corda!

 

(Esce)

 

ANTIFOLO DI EFESO: Sta allegro colui che si fida di voi; avevo promesso che sareste venuto con la catenama né catena né orefice si son visti. Avete forse creduto che i nostri buoni rapporti potevano durar troppouna volta che fossero incatenatie perciò non siete venuto.

ANGELO: Con ogni rispetto pel vostro buon umoreeccovi il conto della collana: il peso fino all'ultimo caratola finezza dell'oro e il costo della fattura: il che fa in tutto tre ducati in più di quanto io debba a questo signore. Vi prego di pagarlo subito per conto mioperché sta per imbarcarsi e non attende che questo.

ANTIFOLO DI EFESO: Non ho con me la somma che occorree per di più ho qualche affare in città. Mio buon signoreaccompagnate questo straniero in casa miaprendete con voi la catena e dite a mia moglie di sborsare la somma alla consegna. Forse arriverò là poco dopo di voi.

ANGELO: Allora non le portate la catena voi stesso?

ANTIFOLO DI EFESO: Noportatela con voi per tema che io possa tardare.

ANGELO: Benesignorefarò così. Avete la catena con voi?

ANTIFOLO DI EFESO: Se non l'ho iospero l'abbiate voisignore; altrimenti potreste ritornarvene senza il denaro.

ANGELO: Suvviasignorevi pregodatemi la catena. Il vento e la marea insieme attendono questo signoree io ho già il torto dl averlo trattenuto troppo a lungo.

ANTIFOLO DI EFESO: Dio miovoi usate questo scherzo per scusarvi di aver mancato alla promessa di venire al "Porcospino". Sarei io che dovrei rimproverarvi perché non l'avete portataed eccovi invece a cercar lite per primo come un accattabrighe.

SECONDO MERCANTE: Il tempo fugge; vi pregosignoresbrigatevi.

ANGELO: Vedete com'egli mi sta alle costole. La catena!

ANTIFOLO DI EFESO: Ebbeneportatela a mia moglie e vi darà il denaro.

ANGELO: Andiamoandiamovoi sapete che ve l'ho data poco fa. O mandate la catena o mandate una parola per mezzo mio.

ANTIFOLO DI EFESO: Ehviavoi spingete la celia troppo in là. Dov'è dunque la catena? Vi pregofatemela vedere.

SECONDO MERCANTE: I miei affari non permettono questo traccheggiare.

Buon signoreditemi se volete soddisfarmi o no; se no lascerò quest'uomo all'ufficiale.

ANTIFOLO DI EFESO: Io soddisfarvi? Che debbo dunque darvi?

ANGELO: Il denaro che mi dovete per la catena.

ANTIFOLO DI EFESO: Non vi devo nulla finché non abbia ricevuto la catena.

ANGELO: Sapete bene che ve l'ho data or è mezz'ora.

ANTIFOLO DI EFESO: Non m'avete dato nulla e mi fate assai torto a dirlo.

ANGELO: Più assai ne fate a me negandolo. Riflettete che ne va di mezzo il mio credito.

SECONDO MERCANTE: Ebbeneufficialearrestatelo a mia richiesta.

UFFICIALE: Così faccioe v'impongo nel nome del duca di obbedirmi.

ANGELO: Ciò mi colpisce nella mia reputazione. Consentite a pagare questa somma per me o vi faccio arrestare da questo ufficiale.

ANTIFOLO DI EFESO: Consentire a pagarti di ciò che non ho mai avuto!

Fammi arrestaregaglioffose tu osi.

ANGELO: Eccoti la tua provvisione: arrestaloufficiale: non risparmierei neppur mio fratellose si beffasse di me così apertamente.

UFFICIALE: Io vi arrestomessere; avete inteso la domanda.

ANTIFOLO DI EFESO: Ti obbedirò finché non avrò pagato la cauzione. Ma voimariuolopagherete questo sollazzo più caro di quel che potrà bastare tutto il metallo del vostro negozio.

ANGELO: Signor mionon dubito che in Efeso troverò giustiziaa vostra pubblica vergogna.

 

(Entra DROMIO di Siracusavenendo dal porto)

 

DROMIO DI SIRACUSA: Padronec'è un battello di Epidamno che attende solo che s'imbarchi il suo padrone per spiegar le vele. Il nostro bagaglio l'ho già portato a bordo e ho comprato oliobalsamo e acquavite. La nave è prontaun vento favorevole spira allegramente da terra e ormai non si attende che il padrone e voi.

ANTIFOLO DI EFESO: Come? Sei impazzito? Dimmiasino col bastoqual bastimento di Epidamno mi attende?

DROMIO DI SIRACUSA: Il bastimento sul quale mi avete mandato a noleggiare il nostro passaggio.

ANTIFOLO DI EFESO: Ubriacone furfantet'ho mandato a prendere una corda e t'ho detto perchée a quale scopo.

DROMIO DI SIRACUSA: Giàallora potete dire che m'avete mandato a farmi impiccare! Mi spediste alla baiasignorein cerca di un battello.

ANTIFOLO DI EFESO: Disputeremo con più agio su questo puntoe insegnerò ai tuoi orecchi ad ascoltarmi con maggior attenzione. Corri svelto da Adrianafurfantedalle questa chiave e dille che nel tavolino ch'è coperto da un tappeto turco c'è una borsa di ducati.

Ch'essa me la mandi. Dille che m'hanno arrestato per la strada e che servono per mia cauzione. Affrettatibricconesbrigati. E ora andiamo in prigioneufficialefin ch'egli non tornerà.

 

(Escono il Secondo MercanteAngelol'Ufficiale e Antifolo di Efeso)

 

DROMIO DI SIRACUSA: Da Adriana. E' là che abbiamo pranzatolà dove quella Dulcinea mi reclamava per marito. Ma è una donna troppo grassam'immaginoperché io possa abbracciarla. Devo ritornarcibenché a contraggenioperché i servi debbono obbedire alla volontà dei padroni.

 

(Esce)

 

 

 

SCENA SECONDA - In casa di Antifolo di Efeso

(Entrano ADRIANA e LUCIANA)

 

ADRIANA: ComeLucianaegli t'ha dunque tentato così? Hai tu potuto vedergli austeramente negli occhi se parlava sul serio o no? Era infiammato o pallidotriste o allegro? Che hai tu osservatoin quel momentodelle meteore del suo cuore che lottavano nel suo viso?

LUCIANA: Prima di tutto ha negato che voi abbiate alcun diritto su di lui.

ADRIANA: Intendeva che non me ne accorda nessunoper mio maggior dispetto.

LUCIANA: E poi ha giurato di essere straniero qui.

ADRIANA: E per quanto spergiuro ha giurato il vero.

LUCIANA: Indi ho parlato in favor vostro.

ADRIANA: E lui... che ha detto?

LUCIANA: L'amore ch'io chiedevo per voi egli domandava a me.

ADRIANA: E con quali argomenti lo sollecita?

LUCIANA: Con parole che se si fosse trattato d'una domanda onesta avrebbero potuto commuovere. Ha lodato prima la mia bellezzapoi la mia parola.

ADRIANA: Etu gli hai risposto affabilmente?

LUCIANA: Un po' di pazienzati prego.

ADRIANA: Io non posso né voglio contenermi. La mia linguase non il mio cuoreavrà il suo sfogo. Egli è deformestortovecchio e vizzobrutto di visopiù ancora di corpocontraffatto in tutta la personaviziosoignobilestupidogrossolano e screanzatosegnato nel fisico e peggio nell'anima.

LUCIANA: Chi potrebbe esser gelosaalloradi un simile essere? Non si rimpiange la perdita d'un male ch'è sparito.

ADRIANA: Ahio ne penso meglio di quanto ne dicoe tuttavia vorrei che apparisse peggiore agli occhi degli altri. Lungi dal nido grida il vanello per sviare gl'intrusie il mio cuore prega per lui anche se la mia lingua maledice.

 

(Entra DROMIO di Siracusa)

 

DROMIO DI SIRACUSA: Suvviapresto il forziere e la borsasudatevi daffareaffrettatevi.

LUCIANA: Come mai sei così trafelato?

DROMIO DI SIRACUSA: Dalla corsa che ho fatto.

ADRIANA: Dov'è il padroneDromio? Sta bene?

DROMIO DI SIRACUSA: Noè nel limbo Tartaropeggio che all'inferno.

Un demonio gli è alle calcagna che ha indumenti d'eterna durata e un duro cuore abbottonato d'acciaioun diavolouna furia spietata e rudeun lupoche dico? peggioun individuo vestito di bufaloun amico che vi prende per di dietroche vi mette la man sulla spallauno che interdice il passo dei vicolidei chiassuoli e degli angiportiun segugio che può perdere la pista ma finisce sempre per ritrovarla al fiuto delle ormeinfine uno di quegli esseri che prima del giudizio portan le anime all'inferno.

ADRIANA: Suvviadi che si tratta?

DROMIO DI SIRACUSA: Io non so qual sia la fattispeciema non vi faccia specie se è stato arrestato.

ADRIANA: Arrestato? E chi ha potuto indurre a ciò?

DROMIO DI SIRACUSA: Non so chi ha potuto indurre a ciòma posso dirvi che chi l'ha arrestato ha un indumento di bufalo. Volete mandargliMadonna Redenzioneil denaro ch'è nel forziere?

ADRIANA: Va' a prenderlosorella. (Esce Luciana) Ciò che mi sorprende è ch'egli abbia fatto debiti a mia insaputa. Dimmiè stato arrestato per un vincolo legale?

DROMIO DI SIRACUSA: Un vincolo noma una cosa più robusta: una catenauna catena! Non ne udite il suono?

ADRIANA: Della catena?

DROMIO DI SIRACUSA: Nodella campana. E' ora che io me ne torni. Eran le due quando l'ho lasciato e ora l'orologio batte l'una.

ADRIANA: Le ore tornano indietro! Non ho mai inteso nulla di simile.

DROMIO DI SIRACUSA: Oh sìquando un'ora incontra un birrotorna indietro per la paura.

ADRIANA: Come se il tempo avesse debiti! Ragioni proprio da stolto.

DROMIO DI SIRACUSA: Il Tempo fa sempre fallimento e deve all'occasione più di quanto non possa dare. Ed è anche un ladro. Non avete mai inteso dire che il Tempo fugge alla chetichella notte e giorno? Se è in debito ed è ladro e incontra un birro nella vianon è giusto che torni indietro d'un'ora in un giorno?

 

(Rientra LUCIANA con la borsa)

 

ADRIANA: Va'Dromioecco il denaroportalo subito là e mena tosto a casa il padrone. Vienisorellasono oppressa da un pensiero ch'è insieme il mio conforto e il mio cruccio.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA TERZA - Una piazza

(Entra ANTIFOLO di Siracusa)

 

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Non posso incontrare uomo che non mi saluti come se fossi il suo più noto amicoe ognuno mi chiama per nome. Qualcuno mi porge del denaro o m'invitaaltri mi ringrazia per cortesie avute o m'offre merci da comperare. Or ora un sarto mi ha chiamato nel suo negoziomi ha mostrato la seta che aveva acquistato per me e senz'altro mi ha preso le misure. Certo non sono che effetti di magia e gli stregoni di Lapponia abitano qui.

 

(Entra DROMIO di Siracusa)

 

DROMIO DI SIRACUSA: Padroneecco il denaro che mi mandaste a prendere. Dove avete messo il ritratto del vecchio Adamo rivestito di pelli?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Che denaro è questo? E di che Adamo parli?

DROMIO DI SIRACUSA: Non dell'Adamo che custodiva il Paradiso ma di quello che custodiva la prigionedi quello ch'è vestito della pelle del vitello ucciso per il Figliuol Prodigocolui che venne dietro di voimesserecome un cattivo angelo e vi chiese di rinunciare alla vostra libertà.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Non ti comprendo.

DROMIO DI SIRACUSA: No? Ma è cosa semplice. Colui che come un basso di viola abita in un astuccio di cuoio; l'uomosignoreche quando uno è stanco gli dà un po' di respiro e lo porta a dormire al fresco; quello che s'impietosisce degli uomini decaduti e dà loro abiti di durata: e si picca di compiere più imprese con la sua mazza che con una picca moresca.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Che? Vorresti tu parlare di un birro?

DROMIO DI SIRACUSA: Ma sìil birro della rondacolui che acciuffa ogni uomo che non renda i denari; uno che crede sempre che si stia per andare a letto e dice: "Dio vi dia un buon riposo".

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Vialasciate riposare le vostre scemenze. C'è dunque un battello in partenza stasera? Possiamo partire?

DROMIO DI SIRACUSA: Comesignore? Sono venuto a dirvi un'ora fa che il battello "Speditezza" parte stasera e subito siete stato costretto da un birro ad attendere la barca "Indugio". Ecco gli angeli che mi mandaste a prendere per liberarvi.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: L'uomo farnetica e io pure. Qui ci aggiriamo fra gl'inganni. Che qualche celeste potere ci liberi!

 

(Entra una Cortigiana)

 

CORTIGIANA: Bene incontratobene incontrato padron Antifolo! Vedo che alfine avete trovato l'orefice. E' questa la catena d'oro che mi avevate promesso per oggi?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: IndietroSatana! T'ingiungo di non tentarmi.

DROMIO DI SIRACUSA: Padroneè questa la signora Satana?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: E' il diavolo.

DROMIO DI SIRACUSA: Noè peggioè la mamma del diavolola versierae vien qui in veste di ragazza mondana; e di qui viene che le ragazze dicono: "Mamma mia!" che val quanto dire "Poss'io diventare una mondana!". Sta scritto che esse appaiono agli uomini come angeli dell'altro mondosicché non sarebbero in tal caso mondane ma immondane: infatti ci fan commettere ogni sorta d'immondizie. Non accostatela.

CORTIGIANA: Voi e il vostro servo siete di gran buon umoremessere.

Volete venire con me? Qui faremo uno spuntino.

DROMIO DI SIRACUSA: Padronese farete questoattendete che vi si mangi la pappa in capoe fornitevi di un lungo cucchiaio.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: PerchéDromio?

DROMIO DI SIRACUSA: Ohperché occorre un cucchiaio lungo per mangiare col diavolo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Indietro dunquedemonio! Perché mi parli di cene? Tu seicome tutti quiuna incantatrice. Ti scongiuro di lasciarmi in pace e di andartene.

CORTIGIANA: Ridatemi l'anello che m'avete preso durante il pranzo oin cambio del mio diamantela catena che mi promettestee me ne andrò senza seccarvi piùmessere.

DROMIO DI SIRACUSA: Ci sono diavoli che vi chiedono solo ritagli d'unghiauna festucaun capellouna goccia di sangueuno spillouna noceun nocciolo di ciliegiama questapiù cupidavuole una catena. Padronesiate prudente; se voi gliela darete il diavolo scoterà questa catena e ci farà paura.

CORTIGIANA: Vi pregosignorel'anello o la catena. Spero che non vorrete truffarmi così.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Indietrostrega. OrsùDromiofuggiamo.

DROMIO DI SIRACUSA: "Apritisuperbia!"dice il pavone: conoscete l'adagiosignora!

 

(Escono Antifolo di Siracusa e Dromio di Siracusa)

 

CORTIGIANA: Senza dubbio Antifolo è impazzitose no non agirebbe così. Ha avuto da me un anello che valeva quaranta ducati e in cambio mi promise una catena: ora nega l'uno e l'altra. Ciò che mi fa pensare ch'egli è pazzooltre la prova che ora ha dato della sua demenzaè il pazzesco raccontoche m'ha fatto oggi a tavoladella porta di casa sua che gli avrebbero chiuso in faccia. Può essere che sua moglieinformata della sua folliagli abbia chiuso davvero la porta di casa. Ormai non mi resta che andare là e dire a quella donna che in una delle sue lune m'è piovuto in casa e m'ha preso per forza l'anello. E' la cosa migliore da farsiperché quaranta ducati son troppi per perderli così.

 

(Esce)

 

 

 

SCENA QUARTA - Una strada

(Entrano ANTIFOLO di Efeso e l'Ufficiale)

 

ANTIFOLO DI EFESO: Non temereamiconon voglio svignarmela; ti darò prima di lasciartia titolo di garanziauna somma eguale a quella per cui mi si arresta. Mia moglie è bizzarra d'umore oggie non avrà creduto alla leggera il messo. Ch'io ero arrestato in Efesovi assicuro sonerà assai strano alle sue orecchie. Ecco il mio servo:

credo che porti il denaro.

 

(Entra DROMIO di Efeso con un pezzo di corda in mano)

 

Ebbenemessereavete quanto v'ho mandato a cercare?

DROMIO DI EFESO: Ecco il necessario a pagarli tuttive lo garantisco.

ANTIFOLO DI EFESO: Ma il denaro dov'è?

DROMIO DI EFESO: Oh bellasignorel'ho sborsato per la corda.

ANTIFOLO DI EFESO: Marranocinquecento ducati per una corda?

DROMIO DI EFESO: A codesto prezzo ve ne servirei cinquecentodi corde.

ANTIFOLO DI EFESO: A qual fine t'ho detto di correre a casa?

DROMIO DI EFESO: Al fine d'una funesignoreed eccovela alla fine.

ANTIFOLO DI EFESO: E con questa fune ti do il benvenuto.

 

(Lo percuote)

 

UFFICIALE: Mio buon signorepazientate.

DROMIO DI EFESO: Sono io che debbo pazientare; sono io che mi trovo nelle peste.

UFFICIALE: Brav'uomomisura le parole.

DROMIO DI EFESO: Persuadete luipiuttostoa misurare le busse.

ANTIFOLO DI EFESO: Figlio d'una puttanainsensato cialtrone!

DROMIO DI EFESO: Magari fossi insensibilesignorecosì non sentirei i vostri colpi.

ANTIFOLO DI EFESO: Tu non hai buon senso che per le bussecome gli asini.

DROMIO DI EFESO: Sono proprio un asino e lo potrete dimostrare con l'avermi allungate le orecchie. L'ho servito dal momento della nascita ad oggi e non ho avuto dalle sue mani che busse in cambio dei miei servizi. Quando ho freddomi riscalda con una percossase ho caldo mi raffredda con una botta; con una di queste vengo svegliato se dormofatto alzare se sto a sederemi si caccia fuor della porta se sto per uscire e mi si dà il benvenuto se ritorno. Me le porto sulle spalle come una mendica porta il suo marmocchioe credo che quando m'avrà azzoppato dovrò andarmene questuando accompagnato dalle busse di porta in porta.

ANTIFOLO DI EFESO: Orsùandiamo: ecco mia moglie che viene.

 

(Entrano ADRIANALUCIANAla Cortigiana e PIZZICO)

 

DROMIO DI EFESO: Padronerespice finemstate attento alla fine o per profetizzare come un pappagalloattenzione alla fune.

ANTIFOLO DI EFESO: Continui a blaterare?

 

(Lo percuote)

 

CORTIGIANA: Che ne dite? Non è pazzo vostro marito?

ADRIANA: La sua villania lo prova purtroppo. Buon dottor Pizzicovoi siete un esorcista; ridategli il sennoe vi concederò tutto quello che mi chiederete.

LUCIANA: Ahimècome appare corrucciato e iroso!

CORTIGIANA: E come freme nel suo accesso!

PIZZICO: Datemi una mano e fatemi sentire il vostro polso.

ANTIFOLO DI EFESO: Ecco la mano e la sentirete sulle orecchie.

 

(Lo percuote)

 

PIZZICO: Io t'ingiungoSatanache alberghi in quest'uomodi cedere il campo dinanzi alle mie sante preghiere e di andartene in fretta nel regno delle tenebre. Ti esorcizzo per tutti i santi del cielo.

ANTIFOLO DI EFESO: Pacebabbeo d'uno stregonepace! Non sono pazzo.

ADRIANA: Fosse vero che non lo fossipovera anima in pena!

ANTIFOLO DI EFESO: Be'tesoruccioson questi i vostri assidui? E quest'uomo dalla faccia di zafferano gozzovigliava e se la spassava in casa mia oggimentre la complice porta m'era chiusa e a me s'impediva di entrare?

ADRIANA: Oh marito mioDio sa che voi avete pranzato a casa e vorrei che ci foste rimasto finorain modo che vi fossero risparmiati e questo scandalo e questa pubblica vergogna.

ANTIFOLO DI EFESO: Ho pranzato a casa? E tufurfanteche dici?

DROMIO DI EFESO: Signoreper dire il verovoi non avete pranzato a casa.

ANTIFOLO DI EFESO: Eran serrate le porte? E io chiuso fuori?

DROMIO DI EFESO: Perdianale porte erano serrate e voi chiuso fuori.

ANTIFOLO DI EFESO: E là non m'ha lei stessa ingiuriato?

DROMIO DI EFESO: Non sono storieella stessa v'ha ingiuriato là.

ANTIFOLO DI EFESO: E non è vero che la sua sguattera m'ha vilipesoinsultato e sbeffeggiato?

DROMIO DI EFESO: Certola vestale di cucina v'ha beffeggiato.

ANTIFOLO DI EFESO: E' vero che me ne sono andato via su tutte le furie?

DROMIO DI EFESO: In veritàe ne sono testimoni le mie ossa che poi han provato la forza di questa collera.

ADRIANA: E' giusto di secondarlo così nelle sue ubbie?

PIZZICO: Non è mal fatto. Questo giovanotto capisce il suo umore e concedendogli qualcosa mitiga la sua frenesia.

ANTIFOLO DI EFESO: Tu hai subornato l'orefice perché mi facesse arrestare.

ADRIANA: Ahimèvi mandai il denaro per riscattarviper mezzo di Dromio qui presenteche venne in fretta a cercarlo.

DROMIO DI EFESO: Denaro per mio mezzo? Forse cuore e buona volontàma di denaro neppur l'ombra.

ANTIFOLO DI EFESO: Non andasti da lei a chiederle una borsa di ducati?

ADRIANA: Venne e li ebbe da me

LUCIANA: E io posso testimoniarne.

DROMIO DI EFESO: Dio e il cordaio mi sono testimoni ch'io fui mandato solo a prendere una corda!

PIZZICO: Signoraservo e padrone sono invasatilo vedo dai loro volti pallidi e funebri. Dovrebbero esser legati e confinati in qualche camera buia.

ANTIFOLO DI EFESO: Di'perché m'hai chiusa la porta oggi? E tuDromioperché neghi di aver avuta la borsa di denaro?

ADRIANA: Io non t'ho chiuso fuoricaro sposo.

DROMIO DI EFESO: Ed iogentil padronenon ricevetti denaro; ma confessosignoreche fummo chiusi fuori.

ADRIANA: Zotico simulatoretu dici due falsità.

ANTIFOLO DI EFESO: Simulatrice puttana tu! falsa in tutto e associata a questa diabolica masnada che vuol far di me un immondo e abbietto zimbello. Ma con le mie unghie voglio strapparti codesti occhi bugiardi che hanno voluto vedermi oggetto di un così vergognoso trastullo.

 

(Entrano tre o quattro Persone che si gettano su di lui. Egli si dibatte)

 

ADRIANA: Legatelo! Legatelo! Che non mi si avvicini !

PIZZICO: Aiuto! E' forte il demonio che ha dentro!

LUCIANA: Ahimèpover'uomocom'è pallido e abbattuto!

ANTIFOLO DI EFESO: Ahvolete dunque uccidermi? E tucarcerierenon sono forse tuo prigioniero? Permetterai che mi si porti via?

UFFICIALE: Signorilasciatelo stare; è mio prigioniero e voi non lo avrete.

PIZZICO: Legate anche l'altroperché è pazzo lui pure.

 

(Legano Dromio d'Efeso)

 

ADRIANA: Che vuoi far tubirro insensato? Godi forse nel vedere un infelice fare torto ed offesa a se stesso?

UFFICIALE: E' mio prigioniero: se lo lascio andarela somma ch'egli deve sborsare la esigeranno da me.

ADRIANA: Te la pagherò prima di andarmene. Conducimi subito dal suo creditoree appena saprò com'è sorto questo debito lo pagherò. Buon dottorevogliate sorvegliare ch'egli sia tratto al sicuro in casa mia. Oh sciagurato giorno!

ANTIFOLO DI EFESO: Oh sciagurata puttana!

DROMIO DI EFESO: Padrone eccomi tratto in ceppi per voi.

ANTIFOLO DI EFESO: Va' al diavolobricconeperché vuoi farmi impazzire?

DROMIO DI EFESO: Volete dunque esser legato per nulla? Fate il mattobuon padronegridate: "il diavolo!".

LUCIANA: Dio assista queste povere creature. Sentite come farneticano?

ADRIANA: Portateli via di qui. Voisorellavenite con me.

 

(Escono tutti meno AdrianaLucianal'Ufficiale e la Cortigiana) Dite: chi è stato a richiedere il suo arresto?

UFFICIALE: Un tal Angeloorefice. Lo conoscete?

ADRIANA: Conosco quell'uomo. Che somma deve avere?

UFFICIALE: Duecento ducati.

ADRIANA: E com'è che gli son dovuti?

UFFICIALE: Per una catena che vostro marito ebbe da lui.

ADRIANA: Ha ordinato una catena per mema non l'ha avuta.

CORTIGIANA: Vostro marito venne in furia da meoggiin casa miae mi prese l'anello: l'anello che gli ho visto ora al dito; e poco dopo l'ho incontrato con una catena.

ADRIANA: Può darsima io non l'ho mai veduta. Suvviacarceriereportami dall'orafo; non vedo l'ora di saper tutto in proposito.

 

(Entrano ANTIFOLO di Siracusa e DROMIO di Siracusa con le spade sguainate)

 

LUCIANA: Aiutomio Dio! Eccoli ancora sciolti!

ADRIANA: E con le spade snudate. Chiamiamo aiuto per farli legare di nuovo

UFFICIALE: Fuggiamo o ci uccideranno!

 

(Escono tutti meno ANTIFOLO di Siracusa e DROMIO di Siracusa)

 

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Pare che queste streghe abbian paura delle spade.

DROMIO DI SIRACUSA: Colei che voleva essere vostra moglieora vi fugge!

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Vieni al "Centauro" a prendere i nostri bagagli.

Non vedo l'ora che siamo a bordo sani e salvi.

DROMIO DI SIRACUSA: Credete a merestiamo qui stanotte. Non ci faranno certo del male. Lo vedeteci parlano gentilmenteci danno del denaro; secondo me siamo in un paese così garbato che se non ci fosse la montagna di carne impazzita che mi reclama per maritoavrei in cuore di restar qui a farmi stregone.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Non rimarrei qui stanotte per tutto l'oro della città. Perciò andiamo via e imbarchiamo il nostro bagaglio.

 

(Escono)

 

 

 

ATTO QUINTO

 

SCENA PRIMA - Strada davanti a un'abbazia

(Entrano il Secondo Mercante e ANGELO)

 

ANGELO: Mi duole di avervi fatto tardare; ma vi assicuro ch'egli ha avuto da me la catenabenché disonestissimamente lo neghi.

SECONDO MERCANTE: Si tratta di un uomo stimato in città?

ANGELO: Ha una riputazione onorevolissimamesserecredito illimitatoè amato da tutti e non è secondo a nessuno di quanti vivono in questa città. Sulla sua parola darei la mia ricchezza in ogni momento.

SECONDO MERCANTE: Parlate pianoeccolo là che vienemi pare.

 

(Entrano ANTIFOLO di Siracusa e DROMIO di Siracusa)

 

ANGELO: Proprio lui e porta al collo quella stessa catena che ha giurato così iniquamente di non aver avuto. Restate presso di memio buon signorevoglio parlargli. Signor Antifolomi stupisco molto che voi abbiate voluto trascinarmi in questa vergogna e in quest'imbarazzonegando insistentemente e con giuramentinon senza recar scandalo su di voidi aver avuto la catena che ora così manifestamente portate. Oltre alla spesaalla vergogna e all'arrestovoi avete fatto gran torto a questo mio ottimo amicoil qualenon fosse stato trattenuto dalla nostra controversiaavrebbe spiegato la vela e sarebbe in mare oggi stesso. Questa catenal'aveste da me; potete voi negarlo?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Lo credo bene e non l'ho mai negato.

SECONDO MERCANTE: Sìl'avete negatoe anche sotto giuramento.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Chi mi ha udito negare e spergiurare?

SECONDO MERCANTE: Queste mie orecchielo sait'hanno udito.

Vergognatifurfante! E' indegno che tu possa passeggiar qui dove sono tante oneste persone.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Tu sei un ribaldo ad accusarmi così. Dimostrerò contro di te il mio onore e la mia onestàqui subitose osi insistere!

SECONDO MERCANTE: Oso e ti sfido da quel ribaldo che sei.

 

(Traggono le spade).

(Entrano ADRIANALUCIANAla Cortigiana ed altri)

 

ADRIANA: Fermatevinon fategli del maleper amor di Dio. E' pazzo!

Che qualcuno lo fermie gli tolga la spada. Legate anche Dromio e conducetelo a casa mia.

DROMIO DI SIRACUSA: Fuggiamopadron mio per amor di Diocerchiamo un asilo. Ecco un'abbaziaentriamo o siamo spacciati.

 

(Antifolo di Siracusa e Dromio di Siracusa entrano nell'abbazia)

(Entra la Badessa)

 

BADESSA: Gentecalmatevi. Perché fate ressa qui?

ADRIANA: Per portar via il mio povero marito che è fuor di senno.

Fateci entrare affinché possiamo legarlo stretto e portarlo a casa per curarlo.

ANGELO: Capivo bene che non era proprio in senno.

SECONDO MERCANTE: Mi duole ora di aver sguainato la spada contro di lui.

BADESSA: Da quanto tempo quest'uomo è così invasato?

ADRIANA: Tutta la settimana è stato cupoamarotetroe molto molto diverso dal suo solito; ma fino a questo pomeriggio la sua frenesia non era ancora divampata con sì estremo furore.

BADESSA: Ha forse fatto qualche grave perdita in un naufragio?

Seppellito qualche amico caro? O forse i suoi occhi han disviato il suo affetto in qualche colpevole amore? E' peccato assai frequente nei giovani che danno troppa libertà ai loro sguardi. Quale di queste sciagure l'ha toccato?

ADRIANA: Nessuna di queste eccetto forse l'ultima; e per dirvelaqualche tresca che talvolta lo conduceva fuori di casa.

BADESSA: Di ciò avreste dovuto riprenderlo.

ADRIANA: E l'ho fatto.

BADESSA: Ma non abbastanza energicamente.

ADRIANA: Con quell'energia che la mia moderazione consentiva.

BADESSA: Forse a quattr'occhi.

ADRIANA: Ed anche in faccia ad altri.

BADESSA: Ahimènon abbastanza.

ADRIANA: Era il soggetto d'ogni nostro colloquio. A letto non dormiva più tanto insistevoa tavola non poteva mangiare tanto insistevose eravamo soli quello era il nostro argomentoe in compagnia vi accennavo di frequentesempre dicendogli ch'era cosa bassa e cattiva.

BADESSA: Da ciò la sua pazzia. Le avvelenate rimostranze di una donna gelosa sono più mortali che il dente del cane arrabbiato. A quel che dicii tuoi rimproveri gli hanno impedito il sonno; e di qui viene che gli ha dato di volta il cervello. Tu dici che i suoi cibi erano conditi coi tuoi rimbrotti; pasti inquieti fanno cattiva digestionedonde si cenera il rabbioso fuoco della febbree ch'è mai la febbre se non un attacco di follia? Tu ammetti che i suoi piaceri erano impediti dai tuoi litigila dolce ricreazione interdetta; che può seguirne se non pessimo umoretetra malinconia prossima della sinistra e sconsolata disperazione? e alle sue calcagna una infetta turba di pallidi disordini nemici della vita? Essere disturbato a tavolanei piaceri e nel sonno riparatoreè cosa da far impazzire un uomo o una bestia. In conseguenzasono i tuoi accessi di gelosia che hanno tolto a tuo marito l'uso della ragione.

LUCIANA: Non l'ha rimproverato mai se non dolcementequand'egli si mostrava ruvidorozzo e salvatico. Perché sopportate voi questi rabbuffi senza rispondere?

ADRIANA: Essa m'ha destato ai miei propri rimorsi. Buona genteentrate e impadronitevi di lui.

BADESSA: Nonessuno entri in casa mia.

ADRIANA: Ordinate allora ai vostri servi di trarlo fuori.

BADESSA: Nemmeno: egli ha preso asilo in questo luogo ed esso lo proteggerà dalle vostre mani finché non sia ricondotto alla ragione o io non abbia perduto il mio tempo nel provarmici.

ADRIANA: Voglio assistere mio maritoessere la sua infermieracurare la sua malattia com'è mio doveree a ciò nessun altro può essere deputato; perciò fate ch'io possa averlo a casa con me.

BADESSA: Siate paziente; non lo lascerò muoversi di qui finché non avrò tentato i mezzi esperimentati di cui dispongosciroppi salutaridroghe e sante preciper rifarne da capo un uomo normale. E' questa una parteun aspetto del mio ministeroun dovere di carità che debbo al mio ordine. Andate perciòe lasciatelo qui con me.

ADRIANA: Non me ne andrò e non lascerò qui mio marito. Mal si conviene alla vostra sacra veste di dividere così marito e moglie.

BADESSA: Calmati e lasciami; non l'avrai.

 

(Esce)

 

LUCIANA: Querelati col duca per questa indegnità.

ADRIANA: Vieniandiamo; voglio buttarmi ai suoi piedi e non alzarmi più finché le mie lacrime e le mie preghiere non abbiano convinto Sua Grazia a venir qui di persona a togliere a viva forza mio marito alla badessa.

SECONDO MERCANTE: Giàcredola meridiana segna le cinque e non tarderà moltoson certo che il duca passerà di qui diretto alla malinconica valleal luogo di morte e di mesta giustizia qui dietro i fossati dell'abbazia.

ANGELO: Quale n'è la ragione?

SECONDO MERCANTE: Per veder decapitare pubblicamente un onorevole mercante di Siracusa che per sua disgrazia è approdato alla nostra baiacontro le leggi e lo statuto della città.

ANGELO: Ecco che vengono; assisteremo alla sua morte.

LUCIANA: Inginocchiatevi ai piedi del duca prima che sia passato davanti all'abbazia.

 

(Entra il DUCA col SeguitoEGEONE a testa nudail Carnefice e altri Ufficiali di giustizia)

 

DUCA: Pubblicamente proclamiamo ancora che se qualche amico vorrà pagare la somma per luiegli non morràtanto c'interessiamo a lui.

ADRIANA: O sacrosanto ducagiustizia contro la badessa!

DUCA: Ell'è una virtuosa e venerabile signorae non può averti fatto torto.

ADRIANA: Piaccia a Vostra Grazia d'ascoltarmi: Antifolomio marito che io ho eletto a padrone della mia persona e del mio avere dietro il vostro stesso alto consigliofu colto in questo sciagurato giorno da uno smodato accesso di follia e accompagnato dal suo servopazzo come luis'è messo a correre in furia nelle vie importunando i cittadiniprecipitandosi nelle loro case e asportando di là anelligioie e ogni cosa che piacesse alla sua frenesia. Son riuscita una volta a farlo legare e a farlo portare a casa mia mentre io andavo provvedendo a riparare i guasti che la sua furia aveva qua e là commessi. D'un trattonon so con quale violento sforzoegli è fuggito da coloro che l'avevano in guardia; ed entrambilui ed il suo folle servocon ira sfrenata e le spade nudeci son venuti di nuovo addosso eprecipitandosi furiosamente su di noici han messo in fuga; finchéottenuti nuovi rinforzisiam tornati per farli legare. Allora essi han riparato in quest'abbazia dove li abbiamo inseguitima qui la badessa ci chiude la porta in faccia e non permette che lo si tragga fuori né vuol farlo usciresicché noi possiam portarlo via di qui.

Perciòmolto grazioso ducacol tuo ordine fa' ch'egli sia tratto fuori e condotto a casa per essere curato.

DUCA: Tuo marito m'ha resoor è gran temposervizi in guerra ed io detti la mia parola di principequando tu lo eleggesti a padrone del tuo lettodi fargli ogni favore e ogni bene che potessi. Qualcuno di voi bussi alla porta dell'abbazia e chieda alla badessa di venire dinanzi a me; voglio decider questa cosa prima di proceder oltre.

 

(Entra un Servo)

 

SERVO: O padronapadronafuggitesalvatevi! Il padrone e il suo servo han rotto i legamihan bastonato le serve una dopo l'altralegato il dottore a cui hanno strinato la barba con tizzi ardentie com'essa prendeva fuoco vi gettavan su grandi secchiate d'acqua melmosa per smorzargli il pelo. Il padrone gli predica la pazienzamentre il servo con le forbici lo tosa come si fa coi pazzie certose voi non mandate subito qualche aiutoquei due insieme finiranno per uccidere l'esorcista.

ADRIANA: Calmatipazzoil tuo padrone e il suo uomo son qui e tu non ci racconti che frottole.

SERVO: Padronasulla mia vitavi dico il vero. Non ho quasi perso fiato dacché ho visto tutto ciò. Egli vi chiama berciandoe giura che se vi prende vuol bruciacchiarvi la faccia e sfigurarvi. Uditeudite!

Lo sentopadrona; fuggitecorrete via!

DUCA: Orsùresta presso di me e non temer nulla. Proteggetela con le vostre alabarde!

ADRIANA: Ahimèè mio marito! Siate tutti testimoni ch'egli va in giro invisibile; poc'anzi l'abbiamo visto rifugiarsi qui nell'abbaziae ora è làciò che supera l'intendimento della ragione.

 

(Entrano ANTIFOLO di Efeso e DROMIO di Efeso)

 

ANTIFOLO DI EFESO: Giustiziamolto grazioso ducaconcedimi giustizia! in nome dei servizi che ti resi un tempoquando in guerra ti feci scudo del mio corpo ed ebbi profonde ferite per salvare la tua vita; per il sangue che allora perdetti per teaccordami ora giustizia.

EGEONE: A meno che la paura della morte non mi dia le traveggoleio vedo mio figlio Antifoloe con lui Dromio!

ANTIFOLO DI EFESO: Giustiziaamato principecontro quella donna lì!

Colei che tu mi desti in moglie m'ha offeso e disonorato al colmo d'ogni oltraggio. L'insulto che ha spudoratamente gettato su di me oggiè al di là d'ogni immaginazione.

DUCA: Spiegami come e avrai giustizia da me.

ANTIFOLO DI EFESO: Oggi stessoo sommo ducaessa m'ha chiuso la porta in faccia mentre se ne stava dentro a gozzovigliare con dei cialtroni.

DUCA: Una grave colpa. Dimmidonnahai tu fatto questo?

ADRIANA: Nomio buon signore; iolui e mia sorella oggi abbiam pranzato insieme. Male incolga alla mia anima se non è falsa l'accusa che egli mi fa.

LUCIANA: Poss'io non più vedere il giorno o dormire di notte se essa non dice a Vostra Altezza la pura verità!

ANGELO: O donna spergiura! Han detto entrambe il falso: in ciò il pazzo le accusa a ragione.

ANTIFOLO DI EFESO: Mio sovranoso quel che mi dico. Non son turbato dall'effetto del vino né ho la testa sconvolta da un accesso d'iracon tutto che tali oltraggi possano fare impazzire un savio. Costei m'ha chiuso fuori oggi all'ora del pranzo. Quest'orafose non fosse in lega con leipotrebbe esserne testimoneperché egli era allora con me; mi lasciòper andare a prendere una catena che mi promise di portarmi al "Porcospino"dove stavo pranzando con Baldassarre. Finito il nostro pranzonon avendolo visto venireandai per cercarlo; lo incontrai per via e con lui era questo signore. Là quest'orafo spergiuro mi giurò di avermi dato oggi stesso la catenala quale Dio sa che io non ho mai veduta; per il che mi fece arrestare da un birro.

Mi sottomisi; mandai a casa il mio servo a prendere certi ducati; egli tornò senza il denaro. Allora pregai cortesemente il birro di venire in persona a casa con me. Per la via incontrammo mia mogliesua sorella e una marmaglia di abietti compariche menavan con loro un certo Pizzicouno smunto e famelico furfanteun autentico scheletroun ciarlatanoun giocoliere pezzenteun indovinouno sciagurato bisognosodagli occhi infossatidallo sguardo astutovero cadavere vivente; ed ecco che questo pernicioso ribaldo comincia a farla da esorcista e fissandomi negli occhitastandomi il polsoe sfacciatamente squadrandomi con quel suo fantasma di facciagrida che sono invasato. Tutt'insieme allora essi mi si buttarono addossomi legaronomi portarono via di là e lasciarono me e il mio uomo a casa in una buia ed umida cantinalegati tutti e due insieme. Finchéavendo rosi i miei legami coi dentiio recuperai la mia libertà e corsi subito qui da Vostra Grazia che prego mi dia ampia soddisfazione per i vergognosi oltraggi e i gravi affronti che ho subìto.

ANGELO: Mio signorein verità tutto ciò che posso testimoniare è ch'egli non pranzò a casa e fu chiuso fuori.

DUCA: Ma ha avuta da te questa catena o no?

ANGELO: L'ha avutamio signoree quando egli corse qui tutti han visto la catena al suo collo.

SECONDO MERCANTE: Per di più io posso giurare d'avervi inteso con queste mie orecchie confessare che aveste da lui la catena dopo che avevate giurato il contrario ai mercato; ond'è che io sguainai la spada contro di voi e voi fuggiste qui in questa abbaziadalla qualecredosiete uscito per qualche miracolo.

ANTIFOLO DI EFESO: Ma non sono entrato nelle mura di quest'abbazia né mai tu hai tratto la spada contro di me; e mai non ho visto la catenacosì m'aiuti il cielo! Ed è falso quello di cui m'imputate.

DUCA: Che intricata accusa è mai questa! Credo che abbiate bevuto tutti alla coppa di Circe. Se l'aveste visto entrare làlà sarebbe ancora; se fosse pazzo non si difenderebbe con tanta calma. Voi dite che egli pranzò a casal'orafo qui presente smentisce tale affermazione. Che ne dite voimariolo?

DROMIO DI EFESO: Signoreha pranzato con quella lì al "Porcospino".

CORTIGIANA: Così è; e dalle mia dita tolse quest'anello.

ANTIFOLO DI EFESO: E' veromio sovranoquesto anello l'ho avuto da lei.

DUCA: E l'hai veduto entrare in questa abbazia?

CORTIGIANA: E' certomio sovranocom'io vedo Vostra Grazia.

DUCA: Ahè molto strano. Chiamate la badessa. Credo che abbiate tutti le traveggole o siate pazzi davvero.

 

(Uno va a cercar la Badessa)

 

EGEONE: Molto potente ducapermettetemi di dire una parola; vedo qui un uomo che forse mi salverà la vita e pagherà il prezzo del mio riscatto.

DUCA: Di' liberamenteSiracusanotutto ciò che vuoi.

EGEONE: Non vi chiamate Antifolosignore? E l'uomo legato al vostro servizio non è forse Dromio?

DROMIO DI EFESO: Non è trascorsa un'oramessere che ero legato a luima ora che con i dentie ne sia ringraziatoha rotto in due la cordason Dromiosempre al suo servizioma slegato.

EGEONE: Sono certo ch'entrambi vi ricorderete di me.

DROMIO DI EFESO: Di noi stessi ci fate ricordaresignorepoiché poco fa eravamo legati come voi siete ora. Sareste per caso un paziente di Pizzico?

EGEONE: Perché mi guardate come un estraneo? Voi mi conoscete bene.

ANTIFOLO DI EFESO: Finora non v'ho mai visto in vita mia.

EGEONE: Ohcome deve avermi mutato il dolore da quando vi vidi per l'ultima volta e che strane alterazioni le ore ansiose e la mano difforme del tempo han scritto sul mio volto! Ma dimmi ancoranon conosci la mia voce?

ANTIFOLO DI EFESO: Neppure.

EGEONE: Neppur tuDromio?

DROMIO DI EFESO: Nosignoreneppur iocredetemi.

EGEONE: Sono certo di sì.

DROMIO DI EFESO: Ahimèsignoreio son certo di no. E quando un uomo nega qualcosavoi nelle vostre condizioni siete... vincolato a crederlo.

EGEONE: Non riconoscere la mia voce! O tempo crudelehai tu dunque spaccato e fenduto la mia povera lingua in sette brevi annial segno che il mio unico figlio non riconosce più la mia flebile voce ormai resa falsa da tanti dolori? Benché ora questo mio volto rugoso sia nascosto sotto la nevicata dell'inverno che consuma ogni umore e tutti i condotti del mio sangue siano gelatituttavia questa incipiente notte della mia vita ha qualche memoriala mia vacillante lampada rende ancora un bagliore di lucele mie orecchie ottuse e assordite conservano pure alcuna facoltà d'intenderee tutti questi vecchi testimoni mi dicono senza fallo che tu sei il mio figliuolo Antifolo.

ANTIFOLO DI EFESO: Non ho mai visto mio padre in vita mia.

EGEONE: Maragazzotu sai che circa sette anni fa in Siracusa ci dividemmo; o forsefiglio mioti vergogni di riconoscermi nella mia miseria?

ANTIFOLO DI EFESO: Il duca e tutti coloro che mi conoscono in città possono testimoniare che non è cosìnon ho mai veduto Siracusa in vita mia.

DUCA: Io ti dicoSiracusanoche per vent'anni sono stato il patrono di Antifolo e che durante questo tempo egli non ha mai visto Siracusa.

Vedo che l'età e i triboli ti fanno vagellare.

 

(Rientra la BADESSA con ANTIFOLO di Siracusa e DROMIO di Siracusa)

 

BADESSA: Potentissimo ducavoi vedete qui un uomo ben duramente offeso.

 

(Tutti s'accostano per vedere)

 

ADRIANA: Vedo due maritio i miei occhi mi ingannano!

DUCA: Uno di questi due uomini è il genio dell'altro e così dicasi di questi altri due. Qual è l'uomo naturale e quale lo spirito? Chi può indovinarli?

DROMIO DI SIRACUSA: Signoreio sono Dromio; mandate via l'altro.

DROMIO DI EFESO: Son io Dromiosignore; fate ch'io resti qui.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Non sei tu Egeone? O solo il suo fantasma?

DROMIO DI SIRACUSA: Ohil mio vecchio padrone! Chi l'ha dunque legato così?

BADESSA: Chiunque l'abbia legatoio scioglierò i suoi lacci e otterrò un marito da questa sua liberazione. Parlavecchio Egeonese tu sei l'uomo che avesti un tempo una moglie chiamata Emilia la quale ti donò a un solo parto due bei gemelli. Ohse tu sei lo stesso Egeoneparlae parla a quella stessa Emilia!

EGEONE: Se non sogno tu sei Emiliae se tu sei leidimmidov'è quel figlio che galleggiò con te sulla zattera fatale?

BADESSA: Iolui e il gemello Dromio fummo raccolti da uomini di Epidamnoma poco dopo rudi pescatori di Corinto tolsero a loro di forza Dromio e mio figlioe mi lasciarono con quelli di Epidamno. Che avvenne poi d'essi non so dire. Ioho avuto la sorte che vedete.

DUCA: Ecco la storia di stamani che comincia a tornar giustaquesti due Antifoli così somiglianti e questi due Dromi di eguali fattezze e poi il naufragio in mare di cui parla costei... Questi sono proprio i genitori dei due ragazziper accidente or qui riuniti. Antifolovenisti tu da Corinto in origine?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Nosignorenon io; io venni da Siracusa.

DUCA: State divisinon distinguo l'uno dall'altro.

ANTIFOLO DI EFESO: Io venni da Corintomio molto grazioso signore...

DROMIO DI EFESO: Ed io con lui.

ANTIFOLO DI EFESO: Portati in questa città dal famoso guerrieroil duca Menafonevostro illustre zio.

ADRIANA: Quale dei due ha pranzato con me oggi?

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Iogentile signora.

ADRIANA: E non siete mio marito?

ANTIFOLO DI EFESO: Noa questo dico di no.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Ed io dico lo stessobenché ella m'abbia chiamato così e questa bella damigella qui presentesua sorellami abbia chiamato fratello. (A Luciana) Ciò che vi dissi allora spero avrò modo di confermarese quel che vedo e ascolto non è un sogno.

ANGELO: Questa è la catena che aveste da mesignore.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Credo di sìmesserenon lo nego.

ANTIFOLO DI EFESO: E voimessereper questa catena arrestaste me.

ANGELO: Credo di sìsignore; non lo nego.

ADRIANA: Io vi mandai il denaro per la vostra cauzionea mezzo di Dromiosignorema credo che non ve l'abbia consegnato.

DROMIO DI EFESO: Per mezzo mio no certo.

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Ho ricevuto io da voi questa borsa di ducati e Dromio il mio servo l'ha portata a me. Vedo che ciascuno ha incontrato il servo dell'altro. Ed io son stato preso per lui e lui per me. Da ciò sono sorti tutti questi errori.

ANTIFOLO DI EFESO: Offro questi ducati per il riscatto di mio padre.

DUCA: Non ce n'è bisogno; tuo padre ha la vita salva.

CORTIGIANA: Signoredebbo avere da voi questo diamante.

ANTIFOLO DI EFESO: Eccoprendetelo pure; e grazie della buona accoglienza.

BADESSA: Illustre ducavogliate prendervi il disturbo di venire con noi nell'abbazia e di ascoltare l'intero racconto delle nostre peripezie. E coloro che sono qui raccolti e che dalla partecipazione a questi errori di un giorno hanno sofferto penevogliano farci compagnia e tutti avranno piena soddisfazione. Per trentatré anni ho avuto le doglie per voifigli mieie solo oggi mi son sgravata di questo peso. Il ducamio maritoi miei figli e voi che siete i calendari della loro nascitavenite tutti a questa festa di battesimo con megodete dopo sì lunga pena tanta allegria.

DUCA: Con tutto il cuore accetto d'esser compare a questa festa.

 

(Escono tutti meno Antifolo di SiracusaAntifolo di EfesoDromio di Siracusa e Dromio di Efeso)

 

DROMIO DI SIRACUSA: Padronedebbo ritirare il vostro bagaglio da bordo?

ANTIFOLO DI EFESO: Dromioche bagaglio mi hai tu imbarcato?

DROMIO DI SIRACUSA: Le vostre cosesignoreche si trovavano alla locanda del "Centauro".

ANTIFOLO DI SIRACUSA: Egli parla a meDromioson io il tuo padrone.

Suvieni con noi. Ci occuperemo di questo tra poco. Abbraccia tuo fratello e rallegrati insieme a lui.

 

(Escono Antifolo di Siracusa e Antifolo di Efeso)

 

DROMIO DI SIRACUSA: C'è una pingue amica in casa del vostro padrone che mi ha dato da pranzo in cucina al posto di voioggi; essa sarà ormai mia sorellanon mia moglie.

DROMIO DI EFESO: Mi sembrate il mio specchioe non mio fratello. Vedo da voi che sono un giovinotto di bell'aspetto. Volete entrare e assistere alla loro festa?

DROMIO DI SIRACUSA: Non prima di voisignore; voi siete il maggiore.

DROMIO DI EFESO: Ecco un problema; come lo risolveremo?

DROMIO DI SIRACUSA: Tiriam le bruschette per decidere chi sarà il maggiore; fino allora va' tu per il primo.

DROMIO DI EFESO: Allora nofacciamo così; siamo venuti al mondo gemelli e ora andiamocene così a braccettoe non uno davanti all'altro.

 

(Escono)

 




Google