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William Shakespeare

 

ENRICO QUARTO

(Parte Seconda)

 

 

PERSONAGGI

 

LA FAMAche recita il prologo

RE ENRICO QUARTO

ENRICOPRINCIPE DI GALLESpoi Enrico Quinto; PRINCIPE GIOVANNI DI LANCASTERPRINCIPE HUMPHREY DI GLOUCESTER: suoi figli

TOMMASODUCA DI CLARENCE

IL CONTE DI WARWICK

IL CONTE DI WESTMORELAND

IL CONTE Dl SURREY

GOWER

HARCOURT

BLUNT

IL LORD GIUDICE SUPREMO

UN SERVO del Giudice Supremo

IL CONTE DI NORTHUMBERLAND

SCROOParcivescovo di York

LORD MOWBRAY

LORD BARDOLPH

LORD HASTINGS

SIR GIOVANNI COLEVILE

SIR GIOVANNI UMFREVILE

TRAVERS e MORTONseguaci di Northumberland

SIR GIOVANNI FALSTAFF

Il suo Paggio

BARDOLFO

PISTOLA

POINS

PETO

SOMMARIOSILENZIO: giudici di campagna

DAVYservo di Sommario

MUFFITOOMBRAVERRUCAFIACCO e TORELLO: reclute

ARTIGLIO e LACCIOLObirri

LADY NORTHUMBERLAND

LADY PERCY

MONNA FAPRESTOostessa di una taverna in Eastcheap

DORA SQUARCIALENZUOLA

Signori e Famigli; un PortiereGarzoni di tavernaalcuni Birristaffierieccetera; un Ballerinoche recita l'Epilogo

 

 

 

La scena è in Inghilterra

 

 

 

PROLOGO - Warkworth. Davanti al Castello di Northumberland

(Entra LA FAMAtutta dipinta a lingue)

 

FAMA: Aprite gli orecchipoiché chi di voi chiuderà la via dell'udito quando parla la sonante Fama? dall'oriente al declinante occidentefacendo del vento il mio cavallo di postaio rivelo di continuo gli eventi che si svolgono su questa palla di terra: sulle mie lingue cavalcano incessantemente le calunnie che io dico in ogni linguariempiendo gli orecchi degli uomini di false notizie. Parlo di pace mentre una ostilità nascosta ferisce il mondo sotto la maschera di una sicurezza sorridente.

E chi se non la Famaella solafa radunare in allarme schiere di soldati e preparar difesequando l'annata gravida di altre calamità si crede stia per procreare dal torvo tiranno della guerramentre nulla di tutto questo si prepara? La Fama è come un flauto ove suonano sospettigelosiecongetturee di uso così facile e semplice che la moltitudinequello stupido mostro dalle innumerevoli testesempre discorde e ondeggiantepuò facilmente suonarlo.

Ma che bisogno v'è di notomizzare la mia persona davanti ai miei famigliari? Perché la Fama si trova qui? Io precorro la vittoria di re Enrico che in una sanguinosa battaglia presso Shrewsbury ha battuto il giovane Hotspur e le sue truppesmorzando la fiamma dell'audace ribellione nel sangue stesso dei ribelli. Ma perché dico subito la verità? Mio compito è di spargere la notizia che Arrigo Monmouth è caduto sotto il furore della spada del nobile Hotspur e che il resotto l'impeto di Douglasha chinato fino al sepolcro la sua fronte consacrata.

Io ho sparso queste notizie nei borghi tra il campo reale di Shrewsbury e questa fortezza di rude pietra logorata dal tempodove il padre di Hotspuril vecchio Northumberlandfinge di essere malato. I corrieri arrivano affannati e non uno di loro porta altre novelle se non quelle che ha appreso da me: dalle lingue della Fama essi portano le dolci consolazioni della menzognapeggiori dei veri mali.

 

(Esce)

 

 

 

ATTO PRIMO

 

SCENA PRIMA - Davanti al Castello di Northumberland

(Entra LORD BARDOLPH)

 

BARDOLPH: Chi guarda la porta qui? olà!

 

(Il Portiere apre la porta)

 

Dov'è il conte?

PORTIERE: Chi devo annunziare?

BARDOLPH: Di' al conte che lord Bardolph lo attende qui.

PORTIERE: Sua Signoria passeggia in giardino; piaccia a Vostro Onore di battere alla porta e il conte stesso vi risponderà.

 

(Entra NORTHUMBERLAND)

 

BARDOLPH: Ecco il conte.

 

(Il Portiere esce)

 

NORTHUMBERLAND: Quali notizielord Bardolph? ogni minuto dovrebbe ora esser padre di qualche atto di violenza. I tempi sono burrascosi; la discordia come un cavallo sazio di ricco cibo ha follemente rotto ogni freno e travolge tutto dinanzi a sé.

BARDOLPH: Nobile contevi porto notizie sicure da Shrewsbury.

NORTHUMBERLAND: Voglia Iddio che sian buone!

BARDOLPH: Buone quanto il cuore può desiderare: il re è quasi ferito a mortee per la buona fortuna di monsignore vostro figlioil principe Arrigo ucciso di colpo; entrambi i Blunt uccisi per mano di Douglas; il giovane principe GiovanniWestmoreland e Stafford son fuggiti dal campoe quel cignale saginato al servizio di Arrigo di Monmouthquel vascello di sir Giovanniè prigioniero di vostro figlio. Una giornata così ben combattuta e condottacosì completamente vinta non aveva finora fatto onore ai secoli dopo i trionfi di Cesare!

NORTHUMBERLAND: Dove avete avute queste notizie? Avete visto il campo di battaglia? Venite da Shrewsbury?

BARDOLPH: Ho parlato con unomio signoreche veniva di làun gentiluomo compito e di bella fama che mi diede onestamente le notizie per vere.

NORTHUMBERLAND: Ecco che viene il mio servo Travers che mandai martedì scorso a raccogliere notizie.

BARDOLPH: Mio signoreio l'ho oltrepassato lungo la strada ed egli sa soltanto quello che può avere appreso da me.

 

(Entra TRAVERS)

 

NORTHUMBERLAND: EbbeneTraversquali buone notizie ci portate?

TRAVERS: Mio signoresir Giovanni Umfrevile mi fece tornare indietro con liete notizie emeglio montato di memi oltrepassò. Dopo lui venne a spron battuto un gentiluomo quasi esausto per la corsa che si fermò accanto a me per far prendere fiato al suo cavallo tutto coperto di sangue. Egli domandò la via per Chester e io gli chiesi notizie di Shrewsbury. Mi disse che la ribellione aveva la fortuna contraria e che lo sprone del giovane Arrigo Percy era ormai freddo. Così dicendoallentò le redini del suo robusto cavallo e chinandosi sulla sella cacciò gli sproni fino alla rotella nei fianchi ansanti del povero animale e senza attendere altre domande partì d'un tal galoppo che sembrava divorare la strada.

NORTHUMBERLAND: Ah! ripeti ancora! ti disse che lo sprone di Arrigo Percy era freddo? Sproneardente divenuto Spronefreddo? e che la ribellione era stata sfortunata?

BARDOLPH: Mio signoreascoltate: se il mio giovane signorevostro figlionon ha riportato la vittoriasull'onor miodarò la mia baronia per un cordone di setastatene certo.

NORTHUMBERLAND: Allora perché quel gentiluomo che cavalcò al fianco di Travers gli diede notizie di rovesci?

BARDOLPH: Chi? costui! era qualche povero diavolo che aveva rubato il cavallo che montava e vi assicuro parlava a casaccioGuardatearrivano altre notizie.

 

(Entra MORTON)

 

NORTHUMBERLAND: Eccola fronte di quest'uomosimile al frontispizio di un libroannunzia un tragico volume. Così è la spiaggia sulla quale i flutti imperiosi hanno lasciato testimonianza della loro usurpazione. Di'Mortonvieni tu da Shrewsbury?

MORTON: Son fuggito da Shrewsburymio nobile signoreove l'aborrita morte ha preso la sua più orrenda maschera per spaventare il nostro partito.

NORTHUMBERLAND: Come stanno mio figlio e mio fratello? tu tremi e il pallore della tua guancia è più pronto della tua lingua a dire il tuo messaggio. Fu un uomo come tecosì vacillantecosì abbattutocosì smarritocon lo sguardo spentostravolto dal doloreche tirò la tenda di Priamo nel cuor della notte per dirgli che metà della sua Troia era bruciata; ma Priamo indovinò l'incendio prima ch'egli avesse ritrovato la sua lingua ed io indovino la morte del mio Percy prima che tu me lo dica. Ecco come avresti voluto dire: "Vostro figlio fece questoe questo vostro fratello; così si batté il nobile Douglas"colpendo il mio avido orecchio col racconto delle loro audaci imprese; ma infinecome per dare al mio orecchio il colpo di graziatu mandi un sospiro per dissipare tutte queste lodi e finisci dicendo:

"fratellofiglio e tutti sono morti".

MORTON: Douglas è vivo e vostro fratello purema quanto a monsignore vostro figlio...

NORTHUMBERLAND: Eccoè morto! vedete come il sospetto ha la parola pronta! Chi teme solamente la cosa che non vorrebbe sapere riconosce per istinto negli occhi degli altri che quello che temeva è avvenuto.

Tuttavia parlaMortondi' al conte che la sua divinazione ha mentito e io prenderò questo come un cortese oltraggio e ti farò ricco per avermi fatto un simile torto.

MORTON: Voi siete troppo grande per essere smentito da meil vostro spirito troppo sicuroi vostri timori anche troppo certi.

NORTHUMBERLAND: Eppurenonostante tuttonon mi dire che Percy è morto. Leggo una strana confessione nel tuo occhiotu scuoti il capo e consideri come un pericolo o una colpa dire la verità. Se egli è stato uccisodillo pure: la lingua che annuncia la sua morte non dà offesa; pecca colui che smentisce una morte certanon quegli che dice che i morti non son vivi. Pure chi primo reca cattive notizie ha un ingrato compito e la sua lingua suona poi sempre come una cupa campana che ci ricorda con i suoi funebri rintocchi un amico scomparso.

BARDOLPH: Non posso pensaremio signoreche vostro figlio sia morto.

MORTON: Sono afflitto di dovervi costringere a credere quello che volesse il cielo io non avessi veduto; ma gli occhi miei lo videro tutto insanguinato rispondere con deboli colpistanco e affannatoa Arrigo Monmouth la cui agile collera abbatté l'indomito Percy sul terreno da dove non si rialzò più vivo. In breve la morte di Percyil cui ardore dava una fiamma anche al più ottuso paesano delle sue schiereconosciuta nel campotolse ogni fuoco e ogni ardore alle più temprate delle sue truppe poiché era la sua tempra a far saldo il suo partito e una volta lui scomparso tutti tornarono a essere quello che erano primapiombo grigio e pesante. E come una cosa pesante una volta spinta vola con più grande agilitàcosì i nostri uomini appesantiti dalla perdita di Hotspur prestarono colla loro paura tale rapidità a questo peso che le frecce non volano più rapideverso la loro miradei nostri soldati i qualimirando solo alla loro salvezzafuggirono dal campo. Fu allora che il nobile Worcester venne fatto prigioniero e quel furioso Scozzeseil sanguinario Douglasla cui spada instancabile aveva ucciso tre volte quelli che avevan assunto le sembianze del reperdette coraggioe dando una scusa alla vergogna di quelli che avevan voltato le spalle al nemiconella fuga inciampò per la paura e fu preso. In breveil re ha vinto ed ha spedito in fretta delle truppe contro di voimio signoresotto il comando del giovane Lancaster e di Westmoreland. Queste sono le notizie complete.

NORTHUMBERLAND: Avrò abbastanza tempo per piangere queste sventure: il veleno contiene il suo rimedio e queste notizieche se fossi stato bene mi avrebbero fatto ammalareessendo ammalatomi hanno in certo qual modo guarito. Come il disgraziato le cui giunture indebolite dalla febbre soccombono sotto il peso della vita come cardini diveltinell'impazienza del suo male sfugge come fiamma dalle braccia del suo custodecosì le mie membra fiaccate ed esasperate ad un tempo dal dolore hanno tre volte la loro forza. Lungi da qui dunque le comode grucce! Uno squamoso guanto dalle giunture d'acciaio ricopra la mia mano e via questo berretto da malato! tu sei una difesa troppo delicata per il capo che i principi inebriati dalla vittoria mirano a colpire. Ora cingete la mia fronte di ferro e venga l'ora più aspra che i tempi e l'avversità portano con duro cipiglio contro l'irato Northumberland! Che il cielo baci la terra! che la mano della Natura non trattenga più gli oceani tempestosi! che muoia ogni legge di natura! che il mondo non sia più un teatro ove la discordia si trascina fiacca da un atto all'altroma che lo spirito del primo nato Caino regni in tutti i pettiaffinché tutti i cuori siano tesi ad azioni sanguinose e l'orrenda scena possa aver fine e la notte seppellisca tutti i morti!

TRAVERS: Questa collera eccessiva vi fa tortomio signore.

BARDOLPH: Caro conteche il vostro onore non si distacchi dalla vostra saggezza.

MORTON: La vita di tutti i vostri affezionati alleati poggia sulla vostra saluteche dovrà per forza declinare se vi abbandonate alle tempeste della passione. Voi calcolaste le eventualità della guerramio nobile signoree faceste il conto delle probabilità prima di dire: "Ribelliamoci!". Sapevate che nella mischia vostro figlio poteva caderee che egli camminava tra pericolisu di un orlo dal quale era più facile cader di sotto che traversare; sapevate bene che la sua carne era soggetta a ferite e cicatrici e che il suo spirito ardente lo avrebbe condotto dove più ardeva il pericolo. Tuttavia voi diceste:

"Avanti!" e nessuno di questi rischiper quanto fortemente temutipoté distogliervi da questa azione così risolutamente decisa. Che cosa è dunque accaduto o che cosa ha prodotto quest'audace impresa se non quello che era probabile accadesse?

BARDOLPH: Noi tutti che siamo colpiti da questa perdita sapevamo di avventurarci per mari così perigliosi da avere una probabilità su dieci di salvare la vita. Tuttavia ci avventurammo perché il guadagno che avevamo in vista spegneva in noi le considerazioni del probabile pericolo che temevamo; benché travolti e a terratentiamo ancora.

Venitescenderemo tutti in camporischiando le nostre persone e i nostri averi.

MORTON: E' più che tempomio nobile signore. So di certoe vi dico la veritàche il buon arcivescovo di York si è mosso con truppe ben equipaggiate ed è uomo che tiene i suoi seguaci in doppio legame.

Monsignore vostro figlio non aveva con sé per combattere che i corpile ombrele apparenze di uomini. La parola stessa "ribellione" divideva l'azione del loro corpo da quella dell'anima ed essi combatterono con riluttanzacostretticome si beve un'amara pozione.

Le armi soltanto sembravano essere dalla nostra partema quanto ai loro spiriti e alle loro anime la parola "ribellione" li aveva gelati come pesci in uno stagno. Ma ora il vescovo cambia la ribellione in una religione. Creduto sincero e pio nei suoi pensieriegli è seguìto con il corpo e con la mente e dà così più vasto scopo alla sua insurrezione mostrando il sangue del bel re Riccardo raccolto dalle pietre del castello di Pomfret. Egli fa discendere dal cielo la sua contesa e la sua causadice loro che viene alla riscossa di un paese insanguinatoboccheggiante sotto il gran Bolingbroke e grandi e piccoli accorrono al suo seguito.

NORTHUMBERLAND: Sapevo già tutto questo maper dire il veroil dolore di quest'ora lo aveva tolto dalla mia mente. Venite con me e ognuno dia il suo consiglio sui migliori mezzi di sicurezza e di vendetta. Mandate corrieri e messaggi; facciamoci degli amici in tutta fretta: mai ne avemmo sì pochi e tanto bisogno di averne.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA SECONDA - Londra. Una strada

(Entra FALSTAFF col suo Paggio che gli porta la spada e lo scudo)

 

FALSTAFF: Dunquemastro gigantecosa dice il dottore della mia orina?

PAGGIO: Ha dettomessereche l'orina di per se stessa era una buona e sana orinama la persona che la possedeva poteva avere più malattie ch'egli non pensasse.

FALSTAFF: La gente di ogni condizione prende diletto a farsi beffe di me. Il cervello di quell'amalgama di creta e di follia che è l'uomonon è capace d'inventare alcuna cosa che conduca al riso che non sia inventata da me o inventata alle mie spalle; io non sono soltanto spiritoso in me stessoma la fonte dello spirito negli altri uomini.

Io cammino davanti a te come una troia che ha soffocato tutti i suoi piccoli meno uno. Se il principe non ti ha messo al mio servizio per altra ragione se non quella di darmi un risalto grottescoio non hoperbaccopiù alcun senno. Tupiccola mandragorafiglio di una bagasciasei più adatto a esser portato al mio berretto che a seguirmi alle calcagna. Non fui mai accompagnato da una figurina incisa nell'agata prima di adessoperò non vi incastonerò in oro o argentoma in un misero arnese e vi rimanderòcome un gioielloal vostro padrone; a quel giovincelloil principe vostro padroneil cui mento non ha ancora pelo. Sarà più facile che mi cresca una barba nel palmo della mano che a lui ne cresca una sulla guanciaeppure non esiterà a dire che il suo volto è un volto regale. Iddio potrà completarlo quando vorràora non ha neanche un pelo fuor di posto e un barbiere non ci guadagnerà dieci soldi. Tuttavia vuol fare il galletto come se fosse stato uomo fatto fin da quando suo padre era scapolo. Egli può conservare la sua grazia ma ha quasi perduto la miaglielo posso assicurare. Che cosa ha detto maestro Dombledon del setino per il mio mantello corto e le mie brache?

AGGIO: Ha dettomessereche voi dovreste procurargli una miglior garanzia che quella di Bardolfo; non ha voluto prendere né la sua obbligazione né la vostra: non lo persuadeva la garanzia.

FALSTAFF: Che sia dannato come l'epulone! prega Iddio che la sua lingua sia anche più riarsa! un Achitofel figlio di una bagascia! un briccone dalla lingua melliflua; prendere in giro un gentiluomo e venire a chiedere delle garanzie! Questi figli di puttane dalla zucca ben lisciata non portano ora che tacchi alti e mazzi di chiavi alla cintura e se uno s'è accomodato con loro per un onesto imprestitovi chiedono delle garanzie! Vorrei piuttosto che mettessero dell'ammazza topi nella mia bocca anziché chiudermela con questa parolagaranzia! Mi aspettavo che mi mandasse ventidue metri di setinovero che sono cavaliereed egli mi domanda una sicurtà! Bene!

può dormire in sicurtà poiché ha il corno dell'abbondanza e la leggerezza di sua moglie vi brilla attraverso e tuttavia non ci vede chiaro sebbene abbia il becco della sua lucerna per illuminarlo. Dov'è Bardolfo?

PAGGIO: E' andato a Smithfield a comprare un cavallo per Vostra Signoria.

FALSTAFF: Ho comprato lui a San Paolo e mi vuol comprare un cavallo a Smithfield: se potessi acquistarmi una moglie al bordello sarei servitomontato e sposato.

PAGGIO: Signoreecco che viene quel gentiluomo che fece imprigionare il principe per avergli dato uno schiaffo a causa di Bardolfo.

FALSTAFF: Stammi vicinonon voglio vederlo.

 

(Entra il LORD GIUDICE SUPREMO e un Servo)

 

GIUDICE SUPREMO: Chi è quello laggiù?

SERVO: Falstaffpiaccia a Vostra Signoria.

GIUDICE SUPREMO: Quello che fu implicato in quella rapina?

SERVO: Proprio luimio signorema in seguito ha reso buoni servigi a Shrewsbury ea quanto ho sentito direva ora da lord Giovanni di Lancaster con un certo incarico.

GIUDICE SUPREMO: Chea York? Chiamatelo.

SERVO: Sir Giovanni Falstaff.

FALSTAFF: Ragazzodigli che son sordo.

PAGGIO: Dovete parlar più forteil mio padrone è sordo.

GIUDICE SUPREMO: Son certo che lo èa ogni cosa buona; andatetiratelo per il gomitodebbo parlargli.

SERVO: Sir Giovanni!

FALSTAFF: Come! un pezzo di giovanotto che chiede l'elemosina? Non c'è la guerra? Non ci sono occupazioni? Non ha bisogno il re dei suoi sudditi? E i ribelli non hanno bisogno di soldati? Sebbene sia una vergogna esser dell'altro partitoè vergogna ancora più grande andar mendicando che non esser del partito peggioreportasse questo un nome peggiore di ribellione.

SERVO: Vi sbagliate sul mio contomessere.

FALSTAFF: Vi ho detto forsemessereche eravate un uomo onesto?

Lasciando da parte la mia condizione di cavaliere e di soldatoavrei mentito per la gola se avessi detto questo .

SERVO: Vi pregomesseremettete allora da parte il vostro titolo di cavaliere e di soldato e permettetemi di dirvi che mentite per la gola se dite che non sono un uomo onesto.

FALSTAFF: Darti il permesso di dirmi questo? Metter da parte quello che è parte di me stesso? Se tu ottieni questo permesso da meimpiccami pure; se ti prendi questa libertàsarebbe meglio ti facessi impiccare. Vattenesegugio senza fiutovia di qua!

SERVO: Messereil mio signore vorrebbe parlarvi .

GIUDICE SUPREMO: Sir Giovanni Falstaffuna parola.

FALSTAFF: Mio buon signore! che Iddio dia il buon giorno a Vostra Signoria. Son contento di vedere in giro Vostra Signoria; avevo sentito dire che Vostra Signoria era malata; spero che Vostra Signoria sia uscita dietro consiglio medico. Vostra Signoriasebbene non abbia del tutto passata la giovinezzaha alquanti anni sulla groppaqualche sapore dell'amarezza del tempoed io umilmente supplico Vostra Signoria di aver una reverente cura della sua salute.

GIUDICE SUPREMO: Sir Giovannivi mandai a chiamare prima della vostra spedizione a Shrewsbury.

FALSTAFF: Non dispiaccia a Vostra Signoriama ho sentito dire che Sua Maestà è ritornata con qualche inquietudine dal Galles.

GIUDICE SUPREMO: Non parlo di Sua Maestà; voi non voleste venire quando vi mandai a chiamare.

FALSTAFF: E ho anche sentito dire che Sua Altezza ha avuto un attacco di quella fottuta apoplessia.

GIUDICE SUPREMO: Beneche Iddio lo rimetta in salute! Vi pregolasciate che vi parli di voi.

FALSTAFF: Questa apoplessia èa quel che apprendouna specie di letargianon dispiaccia a Vostra Signoriauna specie di sonno nel sangueun fottuto fischietto negli orecchi.

GIUDICE SUPREMO: Perché mi state a dir questo? Sia quello che vuole.

FALSTAFF: Ha origine da grandi dispiaceridal troppo studio e dal turbamento del cervello. Ho letto la causa dei suoi effetti in Galeno:

è una specie di sordità.

GIUDICE SUPREMO: Credo che vi sia venuta questa malattia poiché non sentite quello che vi dico.

FALSTAFF: Benissimomio signorebenissimo; è piuttostose non vi dispiacela malattia di non ascoltarela malattia di non fare attenzione che mi affligge.

GIUDICE SUPREMO: Punirvi coi ceppi curerebbe la disattenzione dei vostri orecchi e non mi dispiacerebbe diventare il vostro medico.

FALSTAFF: Sono povero come Giobbemio signorema non altrettanto paziente. Vostra Signoria può bene per la mia povertà darmi la medicina della prigionema fino a qual segno io sarei vostro paziente per seguire le vostre ricette è una questione sulla quale i saggi possono avere un tantino di scrupoloo in verità uno scrupolo intero.

GIUDICE SUPREMO: Vi mandai a chiamare per rispondere a delle accuse che comportavano il rischio della vostra vita.

FALSTAFF: Non venni per consiglio del mio dotto legaleuomo versato nelle leggi del servizio militare di questo paese.

GIUDICE SUPREMO: Benela verità èsir Giovanniche voi vivete in grande infamia.

FALSTAFF: Chi si mette la mia cintura non può vivere in una minore.

GIUDICE SUPREMO: I vostri mezzi sono molto esigui e la vostra vita molto sregolata.

FALSTAFF: Vorrei che fosse altrimenti: i miei mezzi più grandi e la mia vita più snella.

GIUDICE SUPREMO: Avete traviato il giovane principe.

FALSTAFF: E' il giovane principe che ha traviato me: io sono il cieco dalla gran pancia e lui il mio cane.

GIUDICE SUPREMO: Benenon voglio inasprire una ferita da poco sanata.

La vostra giornata di servizio a Shrewsbury ha alquanto dorato la vostra impresa notturna a Gadshill: potete ringraziare l'irrequietezza di questi tempi se siete sfuggito tranquillamente alle sue conseguenze.

FALSTAFF: Mio signore?

GIUDICE SUPREMO: Ma poiché tutto è accomodato lasciatelo così: non svegliate il lupo che dorme.

FALSTAFF: Svegliare un lupo è rischioso quanto sentir l'odore di una volpe.

GIUDICE SUPREMO: Sieteperbaccocome una candela la cui miglior parte è stata bruciata.

FALSTAFF: Un doppiere da festamio signoretutto sego: se avessi detto di cerala mia allegra cera avrebbe confermato questa verità.

GIUDICE SUPREMO: Non v'è capello bianco sul vostro volto che non vi debba inculcare il sussiego.

FALSTAFF: Il segoil segoil sego!

GIUDICE SUPREMO: Voi seguite il giovane principe dappertuttocome il suo cattivo angelo.

FALSTAFF: Non è cosìmio signore. Un angelo cattivo è leggeroma credo che chi mi guarda mi prenderà senza pesarmi: eppure in un certo sensone convengonon posso aver corso né suonare schietto. La virtù è di così poco conto in questi tempi di fruttivendoliche gli uomini di valore devono far ballare gli orsi. L'ingegno è diventato un garzone d'osteriae sciupa il suo agile spirito a fare i conti; tutte le altre doti che appartengono all'uomoper la malvagità dei tempi che le trasformanonon valgono una mora. Voi che siete vecchio non considerate le disposizioni di noi giovanimisurate il calore del nostro fegato dall'amarezza della vostra bile e noi che siamo all'avanguardia della nostra giovinezza siamodebbo pur confessarloalquanto scapestrati.

GIUDICE SUPREMO: Osate scrivere il vostro nomevoicontrassegnato da tutti i caratteri della vecchiaianel registro della gioventù? Non avete l'occhio umido e la mano arida? la guancia gialla e la barba bianca? la gamba che s'assottiglia e la pancia che cresce sempre? la vostra voce non è fessa e il respiro corto? il mento non è ormai doppio e semplice il vostro cervello? Ogni vostro membro non è appassito dagli anni? e volete chiamarvi giovane! Andiamoandiamosir Giovanni!

FALSTAFF: Mio signorenacqui verso le tre del pomeriggio con la testa bianca e il ventre alquanto rotondo. Quanto alla mia vocel'ho perduta a salutar festosamente il prossimo e a cantar antifone. Non voglio dar maggiori prove della mia giovinezza. Il fatto è che sono vecchio soltanto per il senno e l'intelligenzae chi vuol fare una gara con me a far capriole per mille marchiche mi presti il denaro e son pronto! Quanto allo schiaffo che vi diede il principeve lo diede da rude principe e voi ve lo prendeste da quel signore assennato che siete. Io l'ho rimproverato per questo e il giovane leoncino si penteper la Verginenon con la cenere e la veste di sacco ma con seta nuova e vin secco.

GIUDICE SUPREMO: Beneche Iddio mandi un miglior compagno al principe!

FALSTAFF: Che Iddio mandi al compagno un miglior principe! non posso levarmelo di torno.

GIUDICE SUPREMO: Beneil re vi ha separato dal principe Arrigo. Ho sentito dire che andate con lord Giovanni di Lancaster contro l'arcivescovo e il conte di Northumberland.

FALSTAFF: Giàe io ringrazio il vostro squisito acume per questo. Ma state a sentire voi che baciate Madonna Pace qui a casa: pregate che i nostri eserciti non vengano a contatto in una giornata calda perchéper Iddionon prendo con me che due camicie e non ho intenzione di sudare eccessivamente. Se è una giornata calda e io brandisco altra cosa che una bottiglianon voglio più sputar bianco per il resto della mia vita. Non capita mai un'azione pericolosa che non la si cacci addosso a me! Benenon posso durar in eterno. Ma fu sempre il vezzo della nostra nazione inglese di render troppo comune quello che possiede di buono. Se intendete proprio dire che io son vecchiodovreste allora darmi riposo. Volesse Iddioche il mio nome non sonasse così terribile al nemico! Vorrei piuttosto essere logorato a morte dalla ruggine che esser ridotto a niente dal moto perpetuo.

GIUDICE SUPREMO: Benesiate onestosiate onestoe che Dio benedica la vostra impresa.

FALSTAFF: Vuole Vostra Signoria prestarmi mille sterline per il mio equipaggiamento?

GIUDICE SUPREMO: Non un soldonon un soldo. Siete troppo impaziente per sopportar croci e teste. State benericordatemi a mio cugino Westmoreland.

 

(Escono il Lord Giudice Supremo e il Servo)

 

FALSTAFF: Se lo facciodammi pure un nocchino con un maglio; l'uomo non può separare la vecchiaia dall'avarizia più di quel che non possa le giovani membra dalla lussuriama la gotta tormenta l'uno e il mal francese pizzica l'altro e così non posso maledire né l'una né l'altra delle due età. Ragazzo!

PAGGIO: Signore?

FALSTAFF: Quanto denaro c'è nella mia borsa?

PAGGIO: Sette grossi e due denari.

FALSTAFF: Non posso trovar rimedio contro questa consunzione della borsa; a prender denaro in prestito la si fa tirare avanti alla meglioma la malattia è incurabile. Va'porta questa lettera a monsignore di Lancasterquesta al principequesta al conte di Westmoreland e questa alla vecchia madama Orsola che ogni settimana ho promesso di sposare fin da quando scorsi il primo pelo bianco sul mio mento. Fa' prestosai dove trovarmi. (Esce il Paggio) Il mal francese colga questa gotta! o una gotta a questo mal francese! poiché o l'uno o l'altra mi giuoca un tiro al dito pollice del piede. Non importa se zoppicoho il servizio di guerra per dar colore alla cosa e la mia pensione sembrerà così tanto più ragionevole. Un bello spirito sa trarre partito da tuttoe io volgerò i miei malanni a mio vantaggio.

 

(Esce)

 

 

 

SCENA TERZA - York. Una stanza nel palazzo dell'Arcivescovo

(Entrano l'ARCIVESCOVO DI YORKLORD HASTINGSLORD MOWBRAY e LORD BARDOLPH)

 

ARCIVESCOVO: Così avete inteso la nostra causa e conosciuti i nostri mezzi; oranobilissimi amicivi prego di esprimere francamente la vostra opinione sulle nostre speranze. Voi primalord marescialloche ne pensate?

MOWBRAY: Convengo pienamente sulla legittimità della nostra rivolta armatama vorrei volentieri essere persuaso in che modocon i nostri mezzipotremmo marciare tenendo testa con fronte ardita e salda alle forze e alla potenza del re.

HASTINGS: L'esercito che abbiamo ora radunato ammonta a venticinquemila uomini sceltie quanto ai nostri rinforzi abbiamo grandi speranze sul potente Northumberland il cui petto arde del fuoco che vi hanno acceso tanti oltraggi.

BARDOLPH: Allora la questione è questalord Hastingsse i venticinquemila uomini che abbiamo oggi possono tenere testa senza Northumberland.

HASTINGS: Con lui lo possiamo.

BARDOLPH: Questo è proprio il punto: se senza di lui ci consideriamo troppo debolila mia opinione è che non dovremmo andar troppo oltre prima di aver il suo aiuto a portata di mano. In un'impresa che si presenta con aspetto così sanguinosole congetturele possibilità o le speranze di incerti aiuti non dovrebbero esser ammesse!

ARCIVESCOVO: Ciò è verissimolord Bardolphpoiché questo è proprio stato il caso del giovane Hotspur a Shrewsbury.

BARDOLPH: Così avvennemio signore. Egli si nutrì di speranze e visse d'aria con le promesse di aiutosi lusingò con la prospettiva di una forza assai più piccola del più piccolo dei suoi pensieri e con quella grande immaginazione propria dei pazzi portò le sue schiere alla morte saltando a occhi chiusi nell'abisso.

HASTINGS: Mapermettetefinora non fu mai errore tener conto delle probabilità e dei motivi a bene sperare.

BARDOLPH: Lo è in una guerra come questa quando l'azione è così imminente. Una lotta iniziata vive di speranze come nella precoce primavera vediamo spuntar le gemmee la speranza che diventino frutti non dà tanta certezza quanto il timore che le brine le facciano avvizzire. Quando vogliamo costruireesaminiamo prima il luogopoi disegniamo la pianta e quando vediamo la figura della casaallora calcoliamo il costo della costruzione. Se troviamo che questo supera le nostre possibilità che facciamo allora? Riprendiamo il nostro progetto con meno vani o anche ci asteniamo dal costruire. Tanto più in questa grande opera che consiste quasi nell'abbattere un regno e metterne su un altrodovremmo esaminare il luogo della costruzione e il progettoassicurarci di solide fondamentainterrogare gli esperticonoscere i nostri mezzi per sapere se l'azione che stiamo per intraprendere potrà sostenere l'azione opposta. Senza questo noi mettiamo insieme truppe in cifre sulla carta usando i nomi degli uomini invece degli uomini stessicome chi fa il disegno di una casa e non ha la possibilità di costruirlachegiunto a metàabbandona il lavoro lasciando la sua casa mezza costruita con grande dispendionudo oggetto al pianto delle nubiin balìa della tirannide del crudo inverno.

HASTINGS: Ammettiamo pure che le nostre speranzeche tuttavia dan promessa di lieta nascitavengano in luce morte e che non si possa contare su di un uomo di più di quelli che abbiamoio penso che siamo una forza sufficiente per misurarci con quella del re.

BARDOLPH: Come! il re non ha che venticinquemila uomini?

HASTINGS: Non di più contro di noianzi neanche tantilord Bardolphpoiché le sue forzeper far fronte ai torbidi di oggi sono divise in tre: un esercito contro i Francesiuno contro Glendower e il terzo necessariamente deve venire contro di noi; così questo re vacillante è diviso in tre e i suoi scrigni suonano a vuota miseria.

ARCIVESCOVO: Penso che non avremo a temere che egli riunisca i suoi vari eserciti e venga contro di noi con tutte le sue forze.

HASTINGS: Se facesse questo lascerebbe le sue spalle indifese e Francesi e Gallesi abbaierebbero alle sue calcagna. Non temete questo.

BARDOLPH: Chi è probabile che conduca qui le sue forze?

HASTINGS: Il duca di Lancaster e Westmoreland: contro i Gallesi andrà lui e Arrigo Monmouthma non so per certo chi terrà il posto del re contro i Francesi.

ARCIVESCOVO: Moviamocidichiariamo il motivo della nostra sollevazione armata. La nazione è stanca della scelta che ha fattoe il bramoso amore che aveva per lui è volto in sazietà: chi costruisce sul cuore del volgo ha un'abitazione vacillante e malsicura. O folle moltitudine! con quali fragorosi applausi non scotesti il cielo benedicendo Bolingbroke avanti che fosse quello che tu volevi! e ora che sei soddisfatta nei tuoi desiderio bestiale divoratriceti senti così sazia di lui che ti provochi a rigettarlo. Fu proprio cosìo cagna volgareche tu liberasti del re Riccardo il tuo vorace petto e ora vorresti ringoiarti il morto che hai vomitato e urli per ritrovarlo. Qual fiducia si può avere in questi tempi? Quelli che quando Riccardo vivevavolevano la sua mortesono ora innamorati della sua tomba e tuo moltitudineche gettavi polvere sulla sua testa benedetta quando traversò la superba Londra sospirando dietro le calcagna dell'ammirato Bolingbrokegridi adesso: "O terrarendi a noi quel re e prenditi questo!". O pensieri di uomini maledetti! il passato e l'avvenire sembran migliorile cose presenti le peggiori.

MOWBRAY: Andremo a raccogliere le nostre forze e partiremo?

HASTINGS: Siamo i sudditi del tempo e il tempo ci ordina di partire.

 

(Escono)

 

 

 

ATTO SECONDO

 

SCENA PRIMA - Londra. Una strada

(Entra l'OstessaARTIGLIO e il suo RagazzoLACCIOLO li segue)

 

OSTESSA: Mastro Artiglioavete iniziato il procedimento?

ARTIGLIO: E' già fatto.

OSTESSA: Dov'è il vostro giovanotto? E' un ragazzo robusto? glie la farà?

ARTIGLIO: Olàdov'è Lacciolo?

OSTESSA: O Dio! buon mastro Lacciolo.

LACCIOLO: Son quison qui ARTIGLIO: Lacciolobisogna arrestare sir Giovanni Falstaff.

OSTESSA: Giàbuon mastro Laccioloho iniziato il procedimento contro di lui e tutto il resto che occorre.

LACCIOLO: Può darsi che ciò costi la vita a qualcuno di noipoiché egli tirerà stoccate.

OSTESSA: Ahimè che brutta giornata! guardatevi da luimi ha tirato delle stoccate proprio qui in casa e in modo bestiale. Egli non si cura davvero del male che può fare una volta che ha l'arma sguainata:

dà colpi come un qualsiasi diavolo e non risparmierà né uomo né donna né bambino.

ARTIGLIO: Se posso afferrarlonon mi curo dei suoi colpi.

OSTESSA: Noneanch'iosarò al vostro fianco.

LACCIOLO: Se posso acciuffarlo un istantese vien soltanto a portata delle mie grinfie...

OSTESSA:. Sono rovinata per la sua partenzave lo garantisco; egli tiene sul mio libro dei conti un posto infinitesimo. Buon mastro Artigliotenetelo strettobuon mastro Lacciolonon lo lasciate sfuggire. Viene incontinente al Canto dei Friggitoricon rispetto parlandoa comprare una sellaè invitato a pranzo alla festa di Leopardo in Lumbert Streetin casa di mastro Smooth il setaiolo. Vi pregogiacché la mia azione è già iniziata e il caso mio così apertamente conosciuto dal mondoche egli sia costretto a render ragione. Cento marchi è una grossa somma perché una povera vedova la sopportie ho sopportato e sopportato e sono stata menata per il naso e menata per il naso di giorno in giornoche è una vergogna pensarci.

Non v'è onestà in un tal modo di procederea meno che una donna non sia cambiata in un somaroin una bestia che sopporti i torti di ogni briccone. Eccolo là che viene e con lui quel briccone di Bardolfo dal naso color di malvasia.

 

(Entrano SIR GIOVANNI FALSTAFFil Paggio e BARDOLFO)

 

Fate il vostro doverefate il vostro doveremastro Artiglio e mastro Lacciolo; fate il vostro dovere per me.

FALSTAFF: Che c'è? a chi è morta la giumenta? Cos'è successo?

ARTIGLIO: Sir Giovannivi arresto su richiesta di Monna Fapresto.

FALSTAFF: Viavassalli! tira fuori la spadaBardolfotaglia la testa a quel brigantebutta quella megera nel rigagnolo!

OSTESSA: Buttarmi nel rigagnolo! Ti ci butterò io te! Questo vuoi fare? questo? briccone d'un bastardo! Assassinioassassinio! tu briccone omicida! Vuoi uccidere gli ufficiali di Dio e del re? o brigante criminale! sei un criminaleuno scannatore di uomini e di donne.

FALSTAFF: Tienli a distanzaBardolfo.

ARTIGLIO. Soccorsosoccorso!

OSTESSA: Buona genteportate un soccorso o due. Vuoi o non vuoi? va'briccone! va'pezzo da galera!

FALSTAFF: Vattenemarcolfa! scanfarda! squarquoia! Ti stuzzicherò la catastrofe!

 

(Entra il LORD GIUDICE SUPREMO e il suo Seguito)

 

GIUDICE SUPREMO: Cos'è accaduto? Rispettate l'ordine quiolà!

OSTESSA: Mio buon signoresiate buono con me! vi supplicoprendete le mie difese!

GIUDICE SUPREMO: Ebbenesir Giovanni! cosa state litigando qui?

conviene questo alla vostra posizionealle vostre circostanze e alla vostra missione? Dovreste già essere in cammino per York. Lascialo andaregiovanottoperché ti attacchi a lui?

OSTESSA: O mio venerato signorepiaccia a Vostra Graziasono una povera vedova di Eastcheap ed egli è arrestato su mia richiesta.

GIUDICE SUPREMO: Per quale valsente?

OSTESSA: Altro che val niente! mio signoreè tuttotutto quello che io posseggo. Mi ha divorato la casa e la robaha messo tutta la mia sostanza in quella sua grossa pancia; ma voglio tirarne fuori una parte o ti cavalcherò la notte come un incubo.

FALSTAFF: E' più facile che ti cavalchi iose ho il terreno adatto per saltare su.

GIUDICE SUPREMO: Come! siam venuti a questosir Giovanni? Vergogna!

Un uomo di cuore come può sopportare questa tempesta d'improperi? Non vi vergognate di costringere una povera vedova a ricorrere a mezzi così violenti per riavere il suo?

FALSTAFF: Qual è la somma totale che ti debbo?

OSTESSA: Per la Verginese tu fossi un uomo onesto mi dovresti te stesso e anche il denaro. Mi giurasti su di una coppa mezzo dorataseduto nella mia Stanza del Delfinoal tavolo rotondo presso un fuoco di carbone d'oltremare il mercoledì della settimana di Pentecoste quando il principe ti ruppe la testa per aver paragonato suo padre a un cantore di Windsortu mi giurasti allora mentre ti lavavo la feritadi sposarmi e farmi madama tua moglie. Puoi tu negarlo? E non venne in quel momento la comare Involtinola moglie del macellaioe mi chiamò comare Fapresto? Era venuta a chiedere in prestito qualche goccia di aceto e disse che aveva un buon piatto di gamberetti e tu dicesti che desideravi di mangiarne un pochi e io ti risposi che non erano adatti per una ferita fresca. E non mi pregastiquando essa se ne fu andata abbassodi non esser così familiare con simile povera gente perché tra non molto mi avrebbero dovuto chiamare signora? E non mi baciasti dicendomi di andare a prenderti trenta scellini? Ti invito ora a far giuramento sul libro sacro; nega se puoi.

FALSTAFF: Mio signorequesta è una povera anima folle e va dicendo su e giù per la città che suo figlio più grande somiglia a voi. Fu già in buone condizioni e la verità è che la povertà l'ha resa folle. Ma quanto a questi stupidi ufficiali vi prego di permettere ch'io ne ottenga riparazione.

GIUDICE SUPREMO: Sir Giovannisono a conoscenza del modo che avete di storcere la verità sì da farla apparire una menzogna. Né la vostra faccia tosta né la folla di parole che sgorga da voi con più che impudente impertinenza mi faranno deviare da un imparziale giudizio:

voi avetecosì sembra a meabusato dello spirito cedevole di questa donna e avete approfittato tanto della sua borsa che della sua persona.

OSTESSA: Così èin veritàmio signore.

GIUDICE SUPREMO: Ti pregosilenzio. Pagatele il debito che le dovete e riparate alla villania che le avete fatto; potete fate una cosa con denaro sonante e l'altra colla moneta del pentimento.

FALSTAFF: Mio signorenon posso sopportare questo rimproccio senza risposta. Voi chiamate impudente impertinenza quello che è onorevole ardimento: se un uomo fa una riverenza e non dice nullaallora è virtuoso. Nomio signoresia detto con tutto il rispetto che vi devoio non intendo essere vostro cortigiano; vi dico che desidero essere liberato da questi ufficialiavendo fretta di eseguire l'incarico del re.

GIUDICE SUPREMO: Parlate come se aveste carta libera di far del male; ma riparate il male fatto alla vostra reputazione e soddisfate la povera donna.

FALSTAFF: Vieni quiostessa.

 

(La prende a parte)

(Entra GOWER)

 

GIUDICE SUPREMO: Ebbenemastro Gowerche notizie?

GOWER: Il remio signoree Arrigo principe di Galles sono qui presso: questo foglio vi dirà il resto.

 

(Dà una lettera)

 

FALSTAFF: Com'è vero che sono un gentiluomo.

OSTESSA: Giàcosì dicevate anche prima.

FALSTAFF: Com'è vero che sono un gentiluomoandiamonon ne parliamo più.

OSTESSA: Per questo celeste terreno che calpestosarò costretta ad impegnare la mia argenteria e le tappezzerie delle mie stanze da pranzo.

FALSTAFF: Bicchieri di vetrobicchieri di vetro è tutto quello che occorre per bere: e quanto alle paretiqualche graziosa pittura di genere o la storia del Prodigoo una caccia tedesca a temperavale mille volte di più di questi cortinaggi da letto e queste tappezzerie mangiate dalle tarme. Facciamo dieci sterline se tu puoi. Andiamo! Se non fosse per i tuoi ghiribizzinon v'è miglior ragazza in Inghilterra. Va'lavati il viso e ritira la tua citazione. Via! non devi essere di questo umore con me; non mi conosci? Andiamoandiamoso bene che ti hanno messa su per far questo.

OSTESSA: Vi pregosir Giovannifacciamo soltanto venti nobili; in verità non me la sento d'impegnare la mia argenteriache Dio mi salvi.

FALSTAFF: Non ne parliamo piùrimedierò in qualche altro modo: sarete sempre una sciocca.

OSTESSA: Ebbene 1'avretedovessi impegnare la mia sottana. Spero che verrete a cena. Mi pagherete tutto insieme?

FALSTAFF: Com'è vero che voglio vivere! Bardolfo! Va' con leiva' con lei; sta' alle sue costolealle sue costole.

OSTESSA: Volete che Dora Squarcialenzuola venga a cena con voi?

FALSTAFF: Non più parolevenga pure con noi.

 

(Escono l'OstessaBardolfogli Ufficiali e il Paggio)

 

GIUDICE SUPREMO: Ho avuto altre volte migliori notizie.

FALSTAFF: Che notizie ci sonomio buon signore?

GIUDICE SUPREMO: Dove si è fermato il re la notte scorsa?

GOWER: A Basingstokemio signore.

FALSTAFF: Speromio signoreche tutto vada bene. Che notizie ci sono?

GIUDICE SUPREMO: Tutte le sue forze sono di ritorno?

GOWER: Nomillecinquecento fanti; cinquecento cavalieri sono stati mandati a monsignor di Lancaster contro Northumberland e l'arcivescovo.

FALSTAFF: Il re torna dal Gallesmio nobile signore?

GIUDICE SUPREMO: Avrete delle lettere da me immediatamente. Venite con mebuon mastro Gower.

FALSTAFF: Mio signore?

GIUDICE SUPREMO: Cosa c'è?

FALSTAFF: Mastro Gowervorrei pregarvi di venire a pranzo con me.

GOWER: Debbo accompagnare il mio buon signore; vi ringraziosir Giovanni.

GIUDICE SUPREMO: Sir Giovannistate indugiando qui troppo a lungo; dovete raccogliere soldati nelle contee man mano che avanzate.

FALSTAFF: Volete cenar con memastro Gower?

GIUDICE SUPREMO: Chi è quello sciocco di maestro che vi ha insegnato queste manieresir Giovanni?

FALSTAFF: Mastro Gowerse non mi si addiconochi me le insegnò fu uno sciocco. Questa è la vera eleganza della schermamio signorecolpo per colpo e siamo pari.

GIUDICE SUPREMO: Che il Signore t'illuminisei un gran matto!

 

(Escono)

 

 

 

SCENA SECONDA - Londra. Un'altra strada

(Entrano il PRINCIPE ENRICO e POINS)

 

PRINCIPE: Dio mi sia testimoniosono estremamente stanco.

POINS:. Siamo a questo? Credevo che la stanchezza non avrebbe osato attaccare uno di così alta nascita.

PRINCIPE: S'è davvero attaccata a mesia pure che riconoscerlo scolori il volto della mia grandezza. Non è un po' volgare aver voglia di birra leggera?

POINS: Certoun principe non dovrebbe studiar la parte in modo così sciatto da ricordarsi una composizione così mediocre.

PRINCIPE: In questo caso è molto probabile che il mio appetito non abbia avuto nascita principesca perchéin fede miami ricordo ora di quella povera creatura che è la birra leggera. Ma queste umili preferenze mi fanno perdere davvero il piacere della mia grandezza.

Qual disonore per me di ricordare il tuo nome! o di riconoscere domani il tuo volto! o di tener nota di quante paia di calze di seta tu hai; cioè queste qui e quelle che erano color pesca! o l'inventario delle tue camiciecioè una di superfluo e un'altra per tutto uso! ma questo lo sa meglio di me il custode del giuoco di tennisperché la marea della tua biancheria è assai bassaquando tu non tieni in mano la racchettacome non hai fatto da molto tempoperché la tela d'Olanda della tua camicia è andata a far delle brache per i tuoi Paesi Bassi e Dio sa se quelli che gridano sotto le rovine dalla tua biancheria erediteranno il suo regnoma le levatrici dicono che la colpa non è dei bambini e perciò il mondo cresce e le famiglie si rinforzano enormemente.

POINS: Che brutta cosa che dopo aver faticato così duramentevoi dobbiate parlare in modo così insensato! Ditemiquanti buoni principini si comporterebbero così col loro padre malato come il vostro ora?

PRINCIPE: Debbo dirti una cosaPoins?

POINS:. Sicuroe che sia una cosa eccellentemente buona.

PRINCIPE: Sarà buona per gente di spirito non più alto del tuo.

POINS: Andiamosono pronto a sostenere l'urto di questa cosa che mi volete dire.

PRINCIPE: Per la Verginenon è conveniente che io sia triste ora che mio padre è ammalatobenché potrei dirti - come a persona che mi piace di chiamare amica in mancanza di una migliore - che avrei motivo di esser triste e triste davvero.

POINS: Non direi per un motivo simile.

PRINCIPE: Per questa mano! tu mi credi tanto avanti nel libro del diavolo per durezza e ostinazionequanto te e Falstaff! La fine giudicherà l'uomo. Ti dirò che il cuore sanguina nell'intimo mio perché mio padre è così ammalatoma vivendo in una compagnia vile come la tua debbo in conseguenza metter da parte ogni mostra di dolore.

POINS: E la ragione?

PRINCIPE: Cosa penseresti di me se piangessi?

POINS:. Penserei che tu sei un molto principesco ipocrita.

PRINCIPE: Sarebbe il pensiero di ognuno e tu hai sortito la ventura di pensare come pensan tutti; mai pensiero d'uomo al mondo tien la via maestra meglio del tuo; tutti mi crederebbero davvero un ipocrita. E cosa induce il vostro degno pensiero a pensar così?

POINS: Diaminesiete stato così dissoluto e tanto attaccato a Falstaff!

PRINCIPE: E a te.

POINS: Per questa luce! si parla bene di meposso sentirlo con i miei propri orecchi. Il peggio che si possa dire di me è che sono un cadetto e di bella presenzae confesso che non posso farci niente se le cose stanno così. Per la messaecco che viene Bardolfo...

 

(Entrano BARDOLFO e il Paggio)

 

PRINCIPE: ...e il ragazzo che diedi a Falstaff; glielo diedi cristiano e guarda se quel grosso briccone non lo ha trasformato in una scimmia.

BARDOLPH: Dio salvi Vostra Grazia.

PRINCIPE: E la vostranobilissimo Bardolfo.

BARDOLFO (al Paggio): Venite quivirtuoso somarotimido stupidello; dovete proprio arrossire? Perché diventate rosso? Che verginale guerriero siete diventato adesso! E' così difficile sverginare un boccale di birra?

PAGGIO: Egli mi ha chiamato or oramio signoreattraverso la grata rossa della taverna e io non potevo distinguere alcuna parte del suo volto dalla grata della finestra; alfine ho scorto i suoi occhie mi è parso ch'egli avesse fatto due fori nella sottana nuova dell'ostessa e vi guardasse attraverso.

PRINCIPE: Non ha fatto progressi il ragazzo?

BARDOLPH: Vatteneconiglio ritto uscito da una puttanavattene.

PAGGIO: Vattene tubriccone d'un sogno d'Alteafuori di qui!

PRINCIPE: Spiegaciragazzoqual sogno!

PAGGIO: Diaminemio signoreAltea sognò di aver partorito un tizzone ardentee per questo io lo chiamo il suo sogno.

PRINCIPE: Buona interpretazione che vale una corona. Eccola quiragazzo.

 

(Gli dà il denaro)

 

POINS:. Ohse questo bel fiore potesse essere preservato dai vermi!

Eccoti sei denari per preservarti.

BARDOLPH: Se fra tutti voi non lo farete finire sulla forcala forca avrà patito un torto.

PRINCIPE: E come sta il tuo padroneBardolfo?

BARDOLFO: Benemio buon signore. Ebbe notizia che Vostra Grazia veniva in cittàed ecco una lettera per voi.

POINS: Consegnata con tutto il dovuto rispetto. E come sta quell'estate di San Martino del tuo padrone?

BARDOLFO: In buona salute di corposignore.

POINS: Diamine! la parte immortale ha bisogno di un medicoma ciò non lo commuove; sebbene malato non muore.

PRINCIPE: Permetto a questo bubbone di essere familiare con me come il mio canee lui tiene bene il suo posto poiché vedete come scrive.

POINS (legge): "Giovanni Falstaffcavaliere": ognuno lo deve sapere ogni volta che gli capita l'occasione di nominarsicome quelli che son parenti del re e non si pungono mai un dito che non dicano: "cola un po' di sangue reale". "Come mai?" dice qualcuno che fa finta di non capire. Allora la risposta si leva pronta come il berretto di uno che vi chiede denaro: "Sono il cugino povero del remessere".

PRINCIPE: Giàvoglion esser nostri parenti dovesser risalire fino a Giafet. Ma sentiamo la lettera.

POINS (legge): "Sir Giovanni Falstaffcavaliereal figlio del re più vicino a suo padreArrigo principe di Gallessalute". Ma questo è un certificato.

PRINCIPE: Silenzio! (Legge): "Voglio imitare gli onorati Romani in brevità".

POINS: Certo egli intende dire brevità di respiromancanza di fiato.

PRINCIPE (legge): "Mi raccomando a teti raccomando al cielo e ti lascio. Non esser troppo familiare con Poins poiché egli fa tal cattivo uso dei tuoi favori che giura che tu devi sposare sua sorella Nora. Pentiti nei tuoi momenti d'ozio come puoie con ciò addio.

Vostro per sì e per no (che equivale a dire: secondo che tu lo tratterai) Gianni Falstaff con i miei familiari; Giovanni con i miei fratelli e le mie sorelle e sir Giovanni con tutta l'Europa".

POINS: Mio signoreimmergerò questa lettera nel vin di Spagna e gliela farò mangiare.

PRINCIPE: Ciò equivale a fargli mangiare venti delle sue parole. Ma mi trattate cosìNed? devo sposare vostra sorella?

POINS:. Che Dio non mandi peggior fortuna alla ragazza! ma io non ho mai detto questo.

PRINCIPE: Ebbenecosì folleggiamo col tempo mentre gli spiriti dei savi siedon sulle nubi e ridon di noi. Il vostro padrone è qui a Londra?

BARDOLPH: Sìmio signore.

PRINCIPE: Dove cena? il vecchio cinghiale si pasce ancora nel vecchio stabbiolo?

BARDOLFO: Nel vecchio sitomio signorea Eastcheap.

PRINCIPE: In che compagnia?

BARDOLFO: Gente allegramilorddella vecchia chiesa.

PRINCIPE: Delle donne cenano con lui?

BARDOLFO: Nessunamio signoreeccetto la vecchia monna Fapresto e madama Dora Squarcialenzuola.

PRINCIPE: E chi può essere questa pagana?

PAGGIO: Una vera gentildonnamesseree una parente del mio padrone.

PRINCIPE: Parente come sono le giumente della parrocchia al toro del villaggio. Se li sorprendessimoNedquando sono a cena?

POINS: Sono la vostra ombramio signorevi seguirò.

PRINCIPE: Olàragazzo! Bardolfonon una parola al vostro padrone che sono tornato in città. Questo è per il vostro silenzio.

BARDOLPH: Non ho linguasignore.

PAGGIO: Quanto alla miasignorela terrò a posto.

PRINCIPE: State beneandate. (Escono Bardolfo e il Paggio) Questa Dora Squarcialenzuola dev'essere assai navigata.

POINS: Ve lo garantiscobattuta come la strada tra Sant'Albano e Londra.

PRINCIPE: Come potremmo vedere Falstaff rivelarsi a noi stanotte nei suoi veri colori e non farci vedere?

POINS: Mettiamoci giacchette e grembiuli di cuoio e serviamolo a tavola come due garzoni.

PRINCIPE: Da un dio a un toro è una grave caduta! fu il caso di Giove.

Da un principe a un valletto è una bassa trasformazione! Farò così poiché in ogni cosa l'esecuzione del progetto dev'essere in rapporto con la follia della sua concezione. SeguimiNed.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA TERZA - Warkworth. Davanti al Castello

(Entrano NORTHUMBERLANDLADY NORTHUMBERLAND e LADY PERCY)

 

NORTHUMBERLAND: Ti pregomia affettuosa moglie e figlia mia gentilelasciate libera via alle mie rudi faccende; non assumete il volto dei tempi e non siate come loro tempestosi per Percy.

LADY NORTHUMBERLAND: Ci ho rinunziato e non dirò altro: fate come voleteil vostro senno sia la vostra guida.

NORTHUMBERLAND: Ahimè! diletta consorteil mio onore è in giuocoe se non vadonulla potrà redimerlo.

LADY PERCY: Eppureper amor di Dionon andate a queste guerre! Fu un tempopadre mioquando voi rompeste la vostra parolae vi era più caro tenerla che non oraquando il vostro Percyil diletto Arrigo del mio cuoregettò molti sguardi verso il settentrione per vedere se suo padre accorreva con le sue schierema attese invano. Chi allora vi persuase a restare a casa? Vi furono due onori perduti; il vostro e quello di vostro figlio. Quanto al vostropossa la gloria celeste illuminarlo! quanto al suogli era stretto addosso come il sole alla grigia volta del cieloe alla sua luce tutta la cavalleria d'Inghilterra si moveva a valorose azioni. Egli era invero lo specchio dinanzi al quale la giovane nobiltà si formava; non aveva gambe chi non imitava la sua andaturae quell'ingarbugliar le parole che la natura gli aveva dato come difetto divenne il modo di parlare dei valorosi poiché quelli che potevano parlare a voce bassa e lentamente cambiavano la loro perfezione in difetto per somigliare a lui.

Cosicché nella parolanell'andaturanel modo di vivere per i piaceri preferitile abitudini militarii capricci del carattereegli era il modello e lo specchiola copia e il libro che plasmava gli altri.

E fu luiquesta meraviglia e miracolo degli uomini a nessuno secondoche voi lasciaste senza aiuto a mirare l'orrendo dio della guerra in posizione svantaggiosa; lo lasciaste a dar battaglia ove non v'era altra difesa che il suono del nome di Hotspur. O non fate mai alla sua ombra l'ingiuria di mantenere un impegno d'onore in modo più preciso e scrupoloso verso gli altri che con lui: lasciateli a loro stessi. Il maresciallo e l'arcivescovo sono forti; se il dolce Arrigo avesse avuto la metà delle loro forzeoggi stretta al collo di Hotspur avrei parlato della tomba di Monmouth.

NORTHUMBERLAND: Che Dio vi benedicamia bella figlia! Con questi nuovi lamenti per antichi errori voi mi togliete ogni coraggio. Ma debbo partire e andare incontro al pericolo o esso verrà a trovarmi in altro luogo ove mi troverà meno preparato.

LADY NORTHUMBERLAND: Ohfuggite in Scozia finché i nobili e i comuni armati abbiano potuto dare qualche prova della loro potenza.

LADY PERCY: Se guadagnano terreno e vantaggio sul reallora unitevi a loro come un'armatura d'acciaio per accrescere ancora la loro forzama per l'amore che vi portiamo lasciate che prima tentino loro. Così fece vostro figlio e lo si lasciò fare cosied io rimasi vedova e non avrò mai vita abbastanza per bagnare delle mie lacrime questo ricordo affinché possa crescere e germogliare sin sull'alto del cielo in memoria del mio nobile sposo.

NORTHUMBERLAND: Andiamoandiamovenite con me. Avviene nel mio spirito come per la marea che sale alla sua più grande altezza e poi si arresta e non scorre né da una parte né dall'altra: andrei volentieri a raggiungere l'arcivescovoma mille ragioni mi trattengono. Mi deciderò per la Scozia e rimarrò là finché il tempo e il successo non reclameranno la mia presenza.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA QUARTA - Londra. Una stanza nella taverna della Testa di Cinghiale a Eastcheap

(Entrano due Garzoni)

 

PRIMO GARZONE: Che diavolo hai portato là? delle mele San Giovanni? tu sai bene che sir Giovanni non può soffrire le mele San Giovanni.

PRIMO GARZONE: Per la messa! tu dici il vero. Il principe una volta pose un piatto di mele San Giovanni davanti a lui e gli disse che così erano sei sir Giovannie togliendosi il cappello aggiunse: "Adesso mi congederò da questi sei secchirotondivecchiavvizziticavalieri". Questo lo punse al vivoma lo ha dimenticato.

PRIMO GARZONE: Beneallora metti la tovaglia e portale via e vedi se puoi trovare la banda d'Acquacheta; madama Dora Squarcialenzuola vorrebbe volentieri un po' di musicasbrigati. La stanza dove hanno cenato è troppo calda; verranno subito.

PRIMO GARZONE: Amicoverrà subito il principe e mastro Poins e si metteranno due delle nostre giacchette e grembiuli e sir Giovanni non ne deve saper nullace ne ha avvertito Bardolfo.

PRIMO GARZONE: Per la messa! sarà uno scherzo coi fiocchi e una eccellente trovata.

SECONDO GARZONE: Vedrò se posso scovare Acquacheta.

 

(Esce)

(Entrano l'Ostessa e DORA SQUARCIALENZUOLA)

 

OSTESSA: Davverocuor miomi pare che ora voi siate in eccellente avena: il vostro bolso batte tanto irregolare quanto il cuore può desiderarlo e il vostro coloritove lo assicuroè davvero rosso come qualsiasi rosaproprio! ma vi assicuro che avete bevuto troppo vino delle Canarieun vino che vi arriva in fondo e vi profuma il sangue prima che possiate dire: "Che cosa è questo?". Come va ora?

DORA: Meglio di primahem!

OSTESSA: Ben dettoun buon cuore vale dell'oro. Guarda che viene sir Giovanni.

 

(Entra FALSTAFF cantando)

 

FALSTAFF: "Quando Arturo apparve a corte"... vuota il pitale. (Esce il Primo Garzone) "Ed era un degno re". Eh! come vamadama Dora?

OSTESSA: Ha avuto un capogattoproprio così.

FALSTAFF: Così fan tutte quelle come lei; se hanno un capogattogatta ci cova.

DORA: Lurido bricconeè questo tutto il conforto che mi date?

FALSTAFF: Voi li fate grassii vostri bricconimadama Dora.

DORA: Io li faccio! li fanno la ghiottoneria e le malattienon li faccio io.

FALSTAFF: Se il cuoco aiuta a far le ghiottonerie voi aiutate a far le malattieDora; le prendiamo da voiDorada voi le prendiamoriconoscilomia povera virtùriconoscilo DORA: Giàper la Vergine! e voi prendete le nostre catenelle e i nostri gioielli.

FALSTAFF: "I fermaglile perlei gingilli". Perché servire valorosamentesapetevuol dire tornarsene zoppicandouscir dalla breccia con la picca ben drittae andar poi coraggiosamente dal chirurgoe sapere azzardarsi bravamente sulle colubrine cariche.

DORA: Impiccati! lurida anguillaimpiccati!

OSTESSA: Andiamoè il vecchio vezzo: voi due non v'incontrate mai senza venire a male parole. Siete tutti e due collirici come due crostini risecchinon potete sopportare le confermità reciproche.

Alla buon'ora! bisogna bene che uno sopportie dovete esser voivoi che siete il vaso più fragilecome suol dirsiil vaso più vuoto.

DORA: Può un fragile vaso vuoto sopportare una così immensa botte piena? V'è in lui un intero carico di un mercante di vini di Bordeaux; voi non avete mai visto un bastimento con la stiva più piena. Andiamovoglio esser tua amicaGiannite ne vai alle guerree se io mai ti rivedrò o nonessuno se ne cura.

 

(Rientra il Garzone)

 

GARZONE: Messerel'alfiere Pistola è qui abbasso e vorrebbe parlarvi.

DORA: Che s'impicchiquella canaglia di spaccone! Non lo lasciate venir quiè il più sboccato briccone d'Inghilterra.

OSTESSA: Se viene per attaccar briganon lo lasciate venir qui noin fede mia! io devo vivere tra i miei vicini e non voglio attaccar brighe; ho buon nome e reputazione tra i migliori; chiudete la portaniente attaccabrighe qui - non ho vissuto sinora per aver delle baruffe adesso - chiudete la portavi prego.

FALSTAFF: Mi stai a sentireostessa?

OSTESSA: Vi pregostate tranquillosir Giovanniqui non vengono attaccabrighe.

FALSTAFF: Mi stai a sentire? è il mio alfiere.

OSTESSA: Lallerallàsir Giovanninon mi fate discorsi; il vostro alfiere attaccabrighe non passa dalla mia porta. L'altro giorno ero stata chiamata da mastro Catarrolo scabbinoed egli mi dissenon più tardi di mercoledì scorso: "Vicina Fapresto - dice lui; mastro Mutoloil nostro parrocoera allora presente - vicina Fapresto - dice lui - ricevete coloro che sono morigelati perché - dice lui - avete una cattiva reputazione". Io so bene perché parlava così e potrei dirlo: " perché - dice lui - voi siete una donna onesta e della quale si pensa bene; perciò state attenta quali ospiti ricevetenon ricevete - dice lui - compari attaccabrighe". Non ce ne viene qui: vi parrebbe di toccare il cielo con un dito a sentire quello che disse.

Nonon voglio attaccabrighe.

FALSTAFF: Non è un attaccabrigheostessaè un mansueto marioloin veritàche potete accarezzare dolcemente come un levriere cucciolo; non litigherebbe con una gallina di Barbaria se questa rizzasse le penne e facesse mostra di resistere. Fallo saliregarzone.

 

(Esce il Garzone)

 

OSTESSA: Mariololo chiamate? Non sbatterò la porta in faccia ad alcun uomo onesto o mariolo che siama non mi piacciono i litigie in verità io mi sento male quando sento dire "litigio". Sentite come tremopadroni mieiguardateve lo assicuro

DORA: E' proprio cosìostessa.

OSTESSA: Non è vero che tremo? tremo proprio come se fossi una foglia di pioppo... non posso soffrire gli attaccabrighe.

 

(Entrano PISTOLABARDOLFOe il Paggio)

 

PISTOLA: Dio vi salvisir Giovanni!

FALSTAFF: Benvenutoalfiere Pistola. QuiPistolaio ti carico con una coppa di vino di Spagna: tu scarica sulla mia ostessa.

PISTOLA: Scaricherò su di leisir Giovannicon due palle.

FALSTAFF: E' a prova di pistolamessere; sarà difficile che le rechiate offesa.

OSTESSA: Andiamonon berrò prove né palle; non berrò più di quello che mi farà bene per far piacere ad alcun uomo.

PISTOLA: Allora a voimadonna Doroteacaricherò voi.

DORA: Caricare me! Vi disprezzomiserabile! Come! un povero diavolo senza camiciauna vile canagliatruffatore! Viabriccone ammuffitoandatevene; io son vivanda per il vostro padrone.

PISTOLA: Vi conoscomadonna Dorotea.

DORA: Via di quabriccone d'un lestofante! sozzo ladro! Per questo vinoficcherò il mio coltello nelle vostre mascelle ammuffitese fate con me l'impertinente tagliaborse! Via di quacanaglia d'un ubriaconegiocoliere di spadone da strapazzo! Da quando tante arievi pregomessere? Per la luce di Dio! con due spalline? Corbezzoli!

PISTOLA: Ch'io possa morirese non ucciderò la vostra gorgiera per quello che avete detto.

FALSTAFF: Basta Pistola! non voglio che spariate qui; scaricateci della vostra compagniaPistola.

OSTESSA: Nobuon capitano Pistolanon quimio caro capitano.

DORA: Capitano! detestabile e dannato truffatorenon ti vergogni di farti chiamare capitano? Se i capitani la pensassero come meti metterebbero alla porta a bastonate per aver preso il loro grado prima di averlo guadagnato. Voi capitano? miserabile! e perché mai? per aver lacerato la gorgiera di una povera puttana in un bordello? Lui capitano! impiccateloil birbone! Vive di prugne cotte ammuffite e di torte secche. Capitanoquesti briganti renderanno la parola capitano odiosa come la parola "possedere" che era un'eccellente e buona parola prima che fosse usata in un brutto senso; perciò bisogna che i capitani facciano attenzione.

BARDOLFO: Ti pregoscendi giùmio buon alfiere.

FALSTAFF: Stammi a sentiremadama Dora.

PISTOLA: Non io! ti diròcaporale Bardolfopotrei farla a pezzi; voglio vendicarmi di lei.

PAGGIO: Ti pregoscendi.

PISTOLA: Voglio prima vederla dannatanel lago dannato di Plutoneper questa mano! nell'abisso infernale con Erebo e i più vili tormenti. Tien fermo l'amo e la lenzadico io. Giùgiùcani! giù felloni! Non c'è qui Irene?

OSTESSA: Buon capitano Pistolastate tranquillo! è molto tardiproprio. Vi supplizioaggravate la vostra collera.

PISTOLA: Queste son baie! cavalli da tiro E flaccide impinguate brenne d'Asia Che posson far sol trenta milia al dìEd i Greci Troiani? Sian dannate Compararsi coi Cesari e i Cannibali Col re Cerbero e il ciel ruggisca pure.

Dovremo far baruffa per sciocchezze simili?

OSTESSA: In fede miacapitanoqueste son parole molto amare.

BARDOLFO: Vattenebuon alfiere: finiremo con una rissa.

PISTOLA: Che gli uomini muoiano come cani; date via corone come spille! Non c'è qui Irene?

OSTESSA: Sulla mia parolacapitanonon c'è niente di simile qui.

Alla buon'ora! pensate forse che la nasconderei? Per amor del cielostate tranquillo.

PISTOLA: Allora mangiate e ingrassatemia bella Callipoli. Sudateci del vino di Spagna. "Se fortuna mi tormentala speranza mi contenta".

Abbiamo paura delle bordate? no! che il demonio faccia fuocodammi del vin di Spagna ebeneamatatu sta' qui. (Posa la sua spada) Facciamo punto fermo qui e il resto non conta nulla?

FALSTAFF: Pistolavorrei star tranquillo.

PISTOLA: Dolce cavaliereti bacio il pugno! Ehabbiamo visto le sette stelle.

DORA: Per amor di Diobuttalo giù dalle scale; non posso sopportare una simile tronfia canaglia.

PISTOLA: Buttarmi giù dalle scale! non sappiamo chi sono le giumente di Galloway?

FALSTAFF: Buttalo giùBardolfocome uno scellino al rimbalzino; se non sa far altro che dir sciocchezze non ha niente da fare qui.

BARDOLFO: Venitescendete abbasso.

PISTOLA: Come? avremo un salasso? verseremo sangue? (Afferrando la spada) Allorao mortecullami al tuo sonno. I mesti dì m'abbrevia! e graviorrendeBoccheggianti ferite orsù dipanino Le Tre Sorelle! VieniAtropom'odi!

OSTESSA: Finiremo con una bella zulfa!

FALSTAFF: Dammi la mia spadaragazzo.

DORA: Ti pregoGianniti pregonon tirar fuori la spada.

FALSTAFF: Vattene abbasso.

 

(Traendo la spada)

 

OSTESSA: Ecco un bel tumulto! Rinunzio a tener su osteriase mi devo trovare a questi territori e spaventi. Ora si ammazzerannone son certa. Ohimè! ohimè! rinfoderate le spade nude! rinfoderate le spade nude!

 

(Escono Bardolfo e Pistola)

 

DORA: Ti pregoGiannista' quietoil briccone se n'è andato. Ah!

fegatinaccio d'un figlio di puttana che non sei altro!

OSTESSA: Non siete ferito all'inguine? mi parve che vibrasse un maledetto colpo alla vostra pancia.

 

(Rientra BARDOLFO)

 

FALSTAFF: L'hai cacciato fuori della porta?

BARDOLFO: Sìmessereil briccone è ubriaco. Lo avete feritomesserealla spalla.

FALSTAFF: Una canagliasfidarmi!

DORA: Ah! bricconcellomia povera scimmiettacome sudi! vienilascia che ti asciughi il visovieni ciccione d'un figlio di puttana.

Ah! bricconeti amo davvero: sei valoroso come Ettore di Troiavali cinque Agamennoni e sei dieci volte più grande dei Nove Eroi; bricconcello!

FALSTAFF: Miserabilebirbante! farò saltare lo scellerato in una coperta.

DORA: Fa' purese ne hai cuore; se lo fai io ti sballotterò tra due lenzuola.

 

(Entrano dei Sonatori)

 

PAGGIO: I sonatori son venutimessere.

FALSTAFF: Che suonino! sonatemesseri! Siediti sul mio ginocchioDora. Miserabile birbone d'un millantatore! il mariolo è fuggito via davanti a me come l'argento vivo.

DORA: Proprio così; e tu gli andasti dietro svelto come la fabbrica di San Pietro. Mio grazioso maialetto della fiera di San Bartolomeoquando smetterai tu di combatter di giorno e tirar di scherma di nottee comincerai a rattoppare le tue vecchie cuoia per il cielo?

 

(Entrano di dietro il PRINCIPE ENRICO e POINStravestiti da garzoni d'osteria)

 

FALSTAFF: Zittamia buona Dora! non parlare come una testa di mortonon mi far ricordare la mia fine.

DORA: Marioloche tipo è il principe?

FALSTAFF: Un buon ragazzo senza cervellosarebbe stato un buon dispensiereavrebbe tagliato bene il pane.

DORA: Dicono che Poins ha molto spirito.

FALSTAFF: Luimolto spirito? impiccamelo quel babbuino! il suo spirito è denso come la mostarda di Tewksbury; non v'è più fantasia in lui che in un mazzapicchio.

DORA: E perché allora il principe gli vuol tanto bene?

FALSTAFF: Perché le loro gambe sono della stessa grossezza e giuoca bene agli anelli e mangia anguille col finocchio e ingoia mozziconi di candela accesi all'acquavitee fa all'altalena coi ragazzi e salta a piè pari al di sopra degli sgabelli e bestemmia con buona grazia e porta stivali ben lisci come quello che serve d'insegna e non fa nascere baruffe raccontando storielle indiscrete. E' per queste ed altre strambe qualità ch'egli possiede e che mostrano un cervello debole e un corpo robustoche il principe lo tiene in favoreperché lo stesso principe è simile a lui; il peso d'un capello farebbe pendere l'equilibrio dei lor pesi sulla bilancia.

PRINCIPE: Questo bricco non meriterebbe che gli tagliassimo gli orecchi?

POINS:. Bastoniamolo davanti alla sua scanfarda.

PRINCIPE: Guarda come questo vecchio avvizzito si fa grattare la capoccia come un pappagallo.

POINS: Non è strano che il desiderio sopravviva di tanti anni all'azione?

FALSTAFF: BaciamiDora.

PRINCIPE: Saturno e Venere sono in congiunzione quest'anno! che dice l'almanacco di questo fatto?

POINS: E guarda l'infocato trigònoil suo uomoche se ne sta sussurrando dolcemente all'antica agendaal libro dei contialla consigliera del suo padrone!

FALSTAFF: E' per lusingarmi che tu mi dai dei baci?

DORA: Sulla mia fedeti bacio di cuor sincero.

FALSTAFF: Son vecchioson vecchio.

DORA: Amo più te che non uno di quei miseri giovincelli.

FALSTAFF: Di che stoffa vuoi una sottana? Giovedì riscoterò del denaro. Domani avrai un cappello. Andiamoun'allegra canzone; si fa tardice ne andremo a letto. Tu mi dimenticherai quando sarò partito.

DORA: Mi metterò davvero a piangere se tu dici così: sta' certo che non mi vestirò più dei miei begli abiti finché tu non ritornerai.

Beneascoltiamo la fine.

FALSTAFF: Del vino di SpagnaCecco!

PRINCIPE: e POINS: Subitosubitosignore.

 

(Avanzando)

 

FALSTAFF: Ah! un figlio bastardo del re! e non sei tu Poinssuo fratello?

PRINCIPE: Eccomappamondo di continenti pieni di peccatiche vita conduci!

FALSTAFF: Migliore della tua: io sono un gentiluomotu un tirapiedi.

PRINCIPE: Verissimomesseree vengo per tirarvi fuori di qui per le orecchie.

OSTESSA: O che il Signore conservi Vostra Grazia! in veritàbenvenuto a Londra. Che il cielo benedica quel tuo dolce viso! O Gesùsiete venuto dal paese di Galles?

FALSTAFF: O tu folle e lussuriosa miscela di maestà! per questa frivola carne e questo sangue corrotto (appoggiando la mano su Dora) tu sei benvenuto.

DORA: Come sarebbe a direstupido grassone! vi disprezzo.

POINS: Mio signorevi distoglierà dalla vostra vendetta volgendo tutto in scherzose non battete il ferro finché è caldo.

PRINCIPE: O tuminiera di segocome vilmente hai or ora parlato di me davanti a questa onestavirtuosa e compita donna?

OSTESSA:. La benedizione di Dio sul vostro buon cuore! ella è proprio cosìin fede mia.

FALSTAFF: Mi hai ascoltato?

PRINCIPE: Giàe voi mi avevate riconosciuto come quando scappaste via a Gadshill: sapevate che ero alle vostre spalle e parlaste a quel modo a bella posta per mettere alla prova la mia pazienza.

FALSTAFF: Nonononon è così; non pensavo tu fossi a portata d'orecchio.

PRINCIPE: Vi costringerò allora a confessare il vostro premeditato insultoe poi so io come servirvi.

FALSTAFF: Nessun insultoRigosul mio onorenessun insulto.

PRINCIPE: No! disprezzarmi e chiamarmi dispensiere e tagliapane e non so che altro!

FALSTAFF: Nessun insultoRigo.

POINS: Nessun insulto?

FALSTAFF: Nessun insulto al mondoNed: mio onesto Nednessuno. Io l'ho denigrato agli occhi dei malvagi affinché questi non s'innamorassero di lui: così facendo ho fatto la parte di un premuroso amico e di un fedele suddito e tuo padre mi deve render grazie per questo. Nessun insultoRigo... nessunoNednessuno; in fede miaragazzinessuno.

PRINCIPE: Vedi ora se per genuina paura e viltà tu non fai torto a questa virtuosa gentildonna pur di far la pace con noi? Appartiene essa ai malvagi? E la tua ostessa qui o il ragazzoson tra i malvagi?

O l'onesto Bardolfoil cui zelo gli arde nel nasoè tra i malvagi?

POINS: Rispondiolmo mortorispondi.

FALSTAFF: Il demonio ha già segnato Bardolfo in modo irrevocabilee il suo volto è la cucina privata di Lucifero dove non fa altro che arrostire i bevitori di birra. Quanto al ragazzov'è un angelo buono al suo fiancoma il diavolo soverchia pure lui.

PRINCIPE: E quanto alle donne?

FALSTAFF: Una di loro è già all'inferno e bruciapovera anima. Quanto all'altrale devo denaroe se sarà dannata per questoio non lo so.

OSTESSA: Nove lo garantisco.

FALSTAFF: Nopenso anch'io che non lo saraiper questo te la cavi.

Per la Vergine! c'è un'altra accusa contro di te: quella di permettere che si mangi carne nella tua casa contrariamente alla legge; e per questo penso che tu urlerai.

OSTESSA: Tutti i locandieri lo fanno: cos'è una coscia di montone o due nell'intera quaresima?

PRINCIPE: Voimadama...

DORA: Che dice Vostra Grazia?

FALSTAFF: Sua Grazia dice cose contro cui la sua carne si ribella.

 

(Si ode bussare)

 

OSTESSA: Chi bussa così forte all'uscio? guarda all'uscioCecco.

 

(Entra PETO)

 

PRINCIPE: Ebbene Petoche notizie?

PETO: Il re vostro padre è a Westminster; vi sono venti corrieri stanchi ed esausti che vengono dal settentrione ementre io stavo venendoho incontrato e raggiunto una dozzina di capitania capo nudosudatiche bussavano alle taverne e tutti domandavano di sir Giovanni Falstaff.

PRINCIPE: Per il cieloPoinsmi sento molto in colpa di profanare in ozio un tempo preziosoallorché la tempesta della ribellionecome il vento del mezzogiorno carico di neri vaporicomincia a sciogliersi e a cadere sulle nostre teste disarmate. Dammi la spada e il mantello.

Falstaffbuona notte.

 

(Escono il Principe EnricoPoinsPeto e Bardolfo)

 

FALSTAFF: Ora viene il più dolce boccone della nottee noi dobbiamo andarcene da qui senza coglierlo. (Si ode bussare) Bussano ancora!

 

(Rientra BARDOLFO)

 

Ebbenecos'è successo?

BARDOLPH: Dovete andare a corte subitomessere: una dozzina di capitani stanno alla porta ad attendervi.

FALSTAFF (al Paggio): Paga i sonatoriragazzo. Addioostessaaddio Dora. Voi vedetemie buone ragazzecome si ricercano gli uomini di merito: i buoni a nulla posson dormirequando l'uomo d'azione è chiamato. Arrivedercibuone ragazze: se non mi fanno partire in tutta frettavi rivedrò prima.

DORA: Non posso parlare; se il mio cuore non sta per scoppiare...

andiamoGiannino mioprendi cura di te.

FALSTAFF: Addioaddio.

 

(Escono Falstaff e Bardolfo)

 

OSTESSA: Suvviabuona fortuna! quando torna la stagione dei piselli saranno ventinove anni che ti conoscoma un uomo più onestodi cuore più sincero... suvviabuona fortuna!

BARDOLFO (dal di dentro): Madama Squarcialenzuola !

OSTESSA: Che c'è?

BARDOLFO (dal di dentro): Dite a madama Squarcialenzuola che venga dal mio padrone.

OSTESSA: Oh! correteDoracorrete; corretebuona Dora (Dora viene tutta in lacrime) Sìvolete venireDora?

 

(Escono)

 

 

 

ATTO TERZO

 

SCENA PRIMA - Una stanza nel Palazzo

(Entra ENRICO QUARTOin veste da cameracon un Paggio)

 

ENRICO: Va'chiama i conti di Surrey e di Warwickma prima che vengan quidi' loro di leggere queste lettere e di meditarvi sopra.

Fa' presto. (Esce il Paggio) Quante migliaia dei miei più poveri sudditi dormono a quest'ora! O sonnoo dolce sonnosoave riparatore della Naturain che modo ti ho io spaventato che tu non vuoi più pesare sulle mie palpebre e immergere i miei sensi nell'oblio? Perchéo sonnoriposi piuttosto nelle fumose capannedisteso su duri pagliericciassopito dal ronzio degl'insetti notturni piuttosto che nelle profumate stanze dei grandisotto i sontuosi baldacchinicullato dai suoni della più soave melodia? O stupida divinità! perché giaci tu con gli abiettiin luridi giaciglie lasci che il talamo regale divenga una cassa d'orologio o una soneria d'allarme? Tu puoi sull'alto e vertiginoso albero della nave chiuder gli occhi al mozzo cullando il suo cervello al moto del rude e impetuoso fluttotra gli incessanti venti che battono sulla cima degli implacabili fluttiarricciando le lor teste mostruose e sospendendoli alle nubi che passano con sì assordante tumulto che al fragore la morte stessa si desta? Puoi tuo sonno ingiustodare il tuo riposo al mozzo molle di pioggia in un'ora sì rudee nella più calma e tranquilla notte negarlo a un re che possiede ogni agio e ogni mezzo per ottenerlo?

allorao umili feliciriposate! riposa a disagio una testa che cinge una corona.

 

(Entrano WARWICK e SURREY)

 

WARWICK: Molte volte buon giorno a Vostra Maestà!

ENRICO: E già l'ora del giornosignori?

WARWICK: E l'una passata.

ENRICO: Allora buon giorno a tutti voimiei signori. Avete letto le lettere che vi ho mandato?

WARWICK: Le abbiamo lettemio sovrano.

ENRICO: Allora avete visto come il corpo del nostro regno sia infettoquali veementi malattie crescono vicino al suo cuore e con quanto pericolo.

WARWICK: E' soltanto un corpo ancora in disordine che può ricuperare la sua prima vigoria con buoni consigli e qualche medicina. Monsignor di Northumberland presto si raffredderà.

ENRICO: O Diose uno potesse leggere un libro del destino e vedere le rivoluzioni del tempo spianare le montagne e il continentestanco della sua solida consistenzasciogliersi nel mare; e vedere talvolta la cintura di sabbia dell'oceano troppo ampia per i fianchi di Nettunoo come le circostanze si ridon di noi e i mutamenti riempiono di liquori diversi la coppa delle vicissitudini! Ohse si potesse vedere tutto questoil più felice dei giovani scorgendo l'intero suo viaggio e i pericoli passati e gli ostacoli ancor da venire chiuderebbe il libro e si lascerebbe cascar le braccia in attesa della morte. Non sono ancora trascorsi dieci anni da quando Riccardo e Northumberlandgrandi amicifacevano festa insiemee due anni dopo erano in guerra. Soltanto otto anni fa questo Percy era l'uomo più vicino alla mia anima ecome un fratellolavorava per me e poneva il suo affetto e la sua vita ai miei piedi eper amor miosfidava Riccardo a faccia a faccia. Ma chi di voi era presente? (A Warwick) Voicugino Nevilper quanto ricordo; quando Riccardo con gli occhi gonfi di lagrimerimproverato e oltraggiato da Northumberlanddisse queste parole che si sono ora dimostrate profetiche? "Northumberlandscala con la quale mio cugino Bolingbroke sale al mio trono" eppure Dio lo saio non avevo allora simile intenzionese non che la necessità tanto piegò lo Stato che io e la sovranità dovemmo abbracciarci. "Tempo verrà - così seguitò egli - tempo verràche il turpe peccatovenendo a caposcoppierà nella corruzione"e seguitò a parlare in tal modo prevedendo la situazione di quest'ora e la fine della nostra amicizia.

WARWICK: V'è una storia nella vita di tutti gli uomini che rappresenta la natura dei tempi defunti; osservando questa storia un uomo può profetizzare quasi a colpo sicuro le principali cose probabili ancora non nate a vita e che stanno chiuse come tesori nel loro seme e nelle lor timide gemme. Simili cose son la prole e la progenie del tempoe per codesta necessaria norma re Riccardo poteva fare una sicura previsione che il gran Northumberlandallora falso a luisarebbe da quel seme cresciuto a più grande falsità e non avrebbe trovato altro terreno su cui prender radicese non a vostro danno.

ENRICO: Son dunque queste cose necessarie? Affrontiamole allora come necessitàe questa parola ci chiama ora a gran voce. Si dice che il vescovo e Northumberland sono forti di cinquantamila uomini.

WARWICK: Non può esseremio signore: la fama raddoppia come la voce e l'eco il numero di quelli che temiamo. Piaccia a Vostra Grazia di coricarsi; per la mia vitamio signorele forze che avete mandato avanti riporteranno la vittoria molto facilmente Per darvi ancora maggior fiduciaio ho ricevuto sicura notizia che Glendower è morto.

Vostra Maestà è malato da quindici giorni e queste veglie prolungate devono per forza peggiorare la vostra malattia.

ENRICO: Seguirò il vostro consiglio e una volta che queste guerre intestine saranno terminatepartiremocari signoriper la Terra Santa.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA SECONDA - Una corte davanti alla casa del giudice Sommario in Gloucestershire

(SOMMARIO e SILENZIO s'incontrano entrando. MUFFITOOMBRAVERRUCAFIACCOTORELLO e Servi li seguono)

 

SOMMARIO: Venite avantivenite avantivenite avantimessere; datemi la manomesseredatemi la manomessere; siete mattinieroper la croce! E come sta il mio buon cugino Silenzio?

SILENZIO: Buon giornobuon cugino Sommario.

SOMMARIO: E come sta mia cuginala vostra compagna di letto? e la vostra bellissima figlia e miala mia figlioccia Elena?

SILENZIO: Ahimèun merlo nerocugino Sommario.

SOMMARIO: Senza dubbio credo che mio cugino Guglielmo sarà diventato un bravo studente. E' sempre a Oxfordnon è vero?

SILENZIO: E' cosìmesserea mie spese.

SOMMARIO: Dovrà andare presto alla scuola di legge. Un tempo io appartenni a quella di San Clemente dove credo che parleranno ancora di quel matto di Sommario.

SILENZIO: Vi chiamavano allora "l'arzillo Sommario"cugino.

SOMMARIO: Per la messami chiamavano con qualsiasi nome! e io avrei fatto qualunque cosa e di buzzo buono pure. C'ero ioe il piccolo Giovanni Doit di Staffordshire e il nero Giorgio Barnes e Francesco Pickbone e Memmo Squeleuomo del Cotswold; non ci sono stati più quattro guappi come questi in tutte le scuole di legge; e vi posso dire che sapevano dove stava la "bona roba"e la migliore era a nostra disposizione. E poi c'era Gianni Falstaffora sir Giovanniun ragazzo e paggio di Tommaso Mowbrayduca di Norfolk.

SILENZIO: Quel sir Giovannicuginoche verrà tra poco qui per i soldati?

SOMMARIO: Lo stesso sir Giovanniproprio lo stesso. Lo vidi rompere la testa di Skogan alla porta del collegio quand'era un monello neanche alto cosìe lo stesso giorno mi battei con un certo Sansone Stoccafissoun fruttivendolodietro Gray's Inn. GesùGesùche giorni pazzi che ho passato! e vedere quante delle mie vecchie conoscenze sono morte!

SILENZIO: Seguiremo tutticugino.

SOMMARIO: Certoè certo; sicurissimosicurissimo; la mortecome dice il salmistaè certa per tutti; tutti morranno. Quanto costa un buon paio di torelli alla fiera di Shamford?

SILENZIO: In fedecuginonon c'ero.

SOMMARIO: La morte è certa. Il vecchio Double della vostra città è ancora vivo?

SILENZIO: Mortosignore.

SOMMARIO: GesùGesùè morto! Sapeva tirar bene con l'arco ed è morto! buon arciereun bell'arciere; Giovanni di Gand lo amava molto e scommetteva grosse somme sulla sua testa. Morto! era capace di colpire il segno a duecentoquaranta passi e poteva mandarvi un quadrello a duecentottanta e anche a duecentonovanta passich'era un piacere a vederlo. A che prezzo una ventina di buone pecoreadesso?

SILENZIO: Secondo come sono; una ventina di buone pecore può valere dieci sterline.

SOMMARIO: E il vecchio Double è morto?

SILENZIO: Ecco che vengono due uomini di sir Giovanni Falstaffmi pare.

 

(Entra BARDOLFO e un altro con lui)

 

BARDOLFO: Buon giornoonesti signori; vi pregochi è il giudice Sommario?

SOMMARIO: Sono Roberto Sommariomessereun povero scudiero di questa contea e uno dei giudici di pace del re. Cosa desiderate da me?

BARDOLFO: Il mio capitanosignorevi manda a salutare; il mio capitanosir Giovanni Falstaffgagliardo gentiluomoper il cieloe valente condottiero.

SOMMARIO: I suoi saluti son benvenutimessere; lo ricordo buon spadaccino. Come sta il buon cavaliere? posso domandare come sta la signora sua moglie?

BARDOLFO: Scusatemesserema un soldato sta più comodevole senza moglie.

SOMMARIO: Ben detto davveromessereproprio ben detto. Sta più comodevole! bene davvero! le buone frasi sono e furono sempre sicuramente molto raccomandabili. Più comodevole! deriva da "comodo":

benissimouna buona frase.

BARDOLFO: Scusatemessereho sentito questa parola. Frasela chiamate? per questa luce del giornoio non conosco la frasema sosterrò con la mia spada che la parola è una parola da soldatouna parola di comando veramente eccellenteper il cielo! Comodevolevale a dire quando un uomo ècome si dicecomodevoleo quando è in quello stato per cui può passare per comodevoleil che è una cosa eccellente.

SOMMARIO: E' giustissimo; guardateecco che viene il buon sir Giovanni.

 

(Entra FALSTAFF)

 

Datemi la vostra buona manodatemi la buona mano di Vostra Grazia; in fede miastate bene e portate benissimo i vostri anni: benvenuto buon sir Giovanni.

FALSTAFF: Son contento di vedervi in buona salutebuon mastro Roberto Sommario; mastro Cartasicurami pare?

SOMMARIO: Nosir Giovanniè mio cugino Silenzio che è in commissione con me.

FALSTAFF: Buon mastro silenziovi si addice molto bene essere un uomo di pace.

SILENZIO: Vostra Signoria è il benvenuto.

FALSTAFF: Perbaccoè tempo molto caldo. Mi avete provveduto qui una mezza dozzina di uomini abili?

SOMMARIO: Diaminesicuromessere. Volete sedervi?

FALSTAFF: Fatemeli vederevi prego.

SOMMARIO: Dov'è il ruolo? dov'è il ruolo? dov'è il ruolo? vediamovediamovediamo; giàgiàgiàsìdiaminemessere. Dolfo Muffito!

che si presentino quando li chiamo: che facciano cosìche facciano così. Vediamodov'è Muffito?

MUFFITO: Quise non vi dispiace.

SOMMARIO: Che ne pensatesir Giovanni? robusto di membragiovaneforte e di buona famiglia.

FALSTAFF: Ti chiami Muffito?

MUFFITO: Giàse non vi dispiace.

FALSTAFF: Allora è tempo di far uso di te.

SOMMARIO: Ahahah! eccellentein verità! le cose muffite hanno bisogno di essere usate; singolarmente buono! in veritàsir Giovanniben dettobenissimo detto.

FALSTAFF (a Sommario): Segnatelo.

MUFFITO: Ero già stato abbastanza segnato prima d'oraavreste potuto lasciarmi in pace; la mia vecchia madre non saprà come fare senza uno che le badi ai campie alle altre faccende. Non c'era bisogno che mi segnastevi sono altri più adatti di me per partire.

FALSTAFF: AndiamocalmateviMuffito; voi partireteMuffitoè tempo che siate consumato.

MUFFITO: Consumato!

SOMMARIO: Silenziomio uomosilenziofatevi da partesapete dove siete? all'altrosir Giovannivediamo: Simon Ombra!

FALSTAFF: Perbaccodatemelo per sederci sotto: è probabile che sia un soldato freddo.

SOMMARIO: Dov'è Ombra?

OMBRA: Quisignore.

FALSTAFF: Ombradi chi sei figlio?

OMBRA: Figlio di mia madresignore.

FALSTAFF: Figlio di tua madre! è probabilee l'ombra di tuo padre:

così il figlio della femmina è l'ombra del maschio; è spesso così davverocon pochissimo della sostanza del padre.

SOMMARIO: Vi piacesir Giovanni?

FALSTAFF: Ombra servirà per l'estate... segnatelo; poiché abbiamo già un bel numero di ombre per riempire il registro dei quadri.

SOMMARIO: Tommaso Verruca!

FALSTAFF: Dov'è?

VERRUCA: Quisignore.

FALSTAFF: Ti chiami Verruca?

VERRUCA: Sìsignore.

FALSTAFF: Sei una verruca molto sfilacciata.

SOMMARIO: Devo appuntarlosir Giovanni?

FALSTAFF: Sarebbe superfluo: poiché il suo vestiario è tenuto assieme dal suo dorso e tutto il centone si regge cogli spilli: non lo appuntate più.

SOMMARIO: Ahahah! sapete dirlemessere; sapete dirlemi rallegro con voi. Francesco Fiacco!

FIACCO: Quisignore.

FALSTAFF: Che mestiere faiFiacco?

FIACCO: Sarto da donnasignore.

SOMMARIO: Debbo appuntarlosignore?

FALSTAFF: Fate purema se egli fosse stato un sarto da uomo avrebbe lui messo dei punti a voi. Farai tanti fori in un battaglione nemico quanti ne hai fatti nella sottana di una donna?

FIACCO: Farò tutto quello che possosignorenon potrete aver di più.

FALSTAFF: Ben dettobravo sarto da donna! ben dettocoraggioso Fiacco! Tu sarai valoroso come l'irata colomba o il più magnanimo topo. Appuntate bene il sarto da donnamastro Sommario; appuntatelo fortemastro Sommario.

FIACCO: Avrei voluto che Verruca fosse stato presosignore.

FALSTAFF: E io vorrei che tu fossi un sarto da uomocosì avresti potuto rabberciarlo e renderlo adatto a partire. Non posso far di lui un semplice soldatovisto che è il condottiero di tante migliaia; e ora bastaveemente Fiacco.

FIACCO: Basteràsignore.

FALSTAFF: Te ne sono obbligatoonorato Fiacco. Chi viene ora?

SOMMARIO: Pietro Torello del prato!

FALSTAFF: Sìperbaccovediamo Torello.

TORELLO: Quisignore.

FALSTAFF: Per Dioun uomo aitante! Andiamoappuntate Torello finché muggisca.

TORELLO: O Diomio buon monsignor capitano FALSTAFF: Chetu muggisci prima di sentir la punta?

TORELLO: O Diosignoresono un uomo malato.

FALSTAFF: Che malattia hai?

TORELLO: Un raffreddore ruffianosignoreuna tossesignoreche presi a sonar le campane per l'avvento del reil giorno della sua incoronazionesignore.

FALSTAFF: Andiamotu andrai alla guerra in veste da camera: ti faremo passare il raffreddore e prenderò le misure perché i tuoi consorti suonino per te. Son tutti qui?

SOMMARIO: Se ne sono chiamati due di più del vostro numeronon dovete averne che quattro da quisignore. E ora vi prego di venire a pranzo con me.

FALSTAFF: Andiamoverrò a bere con voima non posso restare a pranzo. Son contento di vederviin fede miamastro Sommario.

SOMMARIO: O sir Giovannivi ricordate quando passammo tutta la notte nel mulino a vento nel campo di San Giorgio?

FALSTAFF: Non ne parliamo piùbuon mastro Sommarionon ne parliamo più.

SOMMARIO: Ahfu una notte allegra. E Gianna Faticalanotte è sempre viva?

FALSTAFF: Vive ancoramastro SommarioSOMMARIO: Non mi poté mai soffrire.

FALSTAFF: Mai mai; diceva sempre che non poteva sopportare mastro Sommario.

SOMMARIO: Per la messasapevo farla accorare dalla rabbia. Allora era una "bona roba". Si mantiene bene?

FALSTAFF: Vecchiavecchiamastro Sommario.

SOMMARIO: Giàdev'essere vecchia; non può fare a meno di essere vecchia; certo che è vecchia; aveva avuto Berto Faticalanotte dal vecchio Faticalanotte prima che io venissi al collegio di San Clemente.

SILENZIO: Son cinquantacinque anni fa.

SOMMARIO: Ahcugino Silenziose tu avessi visto quello che questo cavaliere ed io abbiamo visto! Ehsir Giovanniho detto bene?

FALSTAFF: Abbiamo sentito le campane di mezzanottemastro Sommario.

SOMMARIO: Le abbiamo sentitele abbiamo sentitele abbiamo sentitein fede miasir Giovannile abbiamo sentite: la nostra parola d'ordine era "hem! ragazzi!". Veniteandiamo a pranzoveniteandiamo a pranzo. Gesùche giorni che abbiamo veduti! Venitevenite.

 

(Escono FalstaffSommario e Silenzio)

 

TORELLO: Buon signorecapolare Bardolfosiatemi amicoed ecco qui per voi l'equivalente in corone francesi di quattro pezzi di dieci scellini d'Enrico. In veritàsignorevorrei piuttosto essere impiccato che partiresignore; maquanto a me non m'importa; ma piuttosto perché non ne ho vogliae quanto a me ho desiderio di restare con i miei consortialtrimenti per parte mia non mi importerebbe gran che di partire.

BARDOLFO: Andiamofatevi da parte.

MUFFITO: Buon signore caporale capitanoper amore della mia vecchia mammasiatemi amico; non ha nessuno per badare a lei quando io me ne sarò andatoed è vecchia e non può far nulla da sé. Ne avrete quarantasignore.

BARDOLFO: Andiamofatevi da parte.

FIACCO: In fede mianon m'importa; un uomo non può morire che una volta sola; dobbiamo a Dio la morte. Non avrò mai un'anima vile; se è mio destinosia; se non lo èsia così. Nessun uomo è troppo buono per servire il suo principee vada come vuolechi muore quest'anno non dovrà morire l'anno venturo.

BARDOLFO: Ben dettosei un brav'uomo.

FIACCO: In fede mianon avrò mai un'anima vile.

 

(Rientrano FALSTAFF e i Giudici)

 

FALSTAFF: Vediamosignorequali uomini prenderò?

SOMMARIO: I quattro che vi piacciono di più.

BARDOLFO: Signoreuna parola. Ho tre sterline per liberare Muffito e Torello.

FALSTAFF: Va'sta bene.

SOMMARIO: Vediamosir Giovanniquali sono i quattro che prendete?

FALSTAFF: Scegliete pure per me.

SOMMARIO: Per la Vergine! allora MuffitoTorelloFiaccoe Ombra.

FALSTAFF: Muffito e Torello: quanto a voiMuffito restate a casa finché siate inabile al servizioe quanto a voiTorellocrescete finché sarete un toronon ne voglio di voi.

SOMMARIO: Sir Giovannisir Giovanninon fate torto a voi stesso:

sono tra i più abili e io vorrei che foste servito dai migliori.

FALSTAFF: Volete insegnare a memastro Sommariocome scegliere un uomo? Che mi importa delle membradei muscolidella staturadel peso e di tutta la corporatura di un uomo? Datemi lo spiritomastro Sommario. Ecco qui Verruca; vedete com'è tutto sfilacciatoma egli vi caricherà e scaricherà il suo archibugio con la rapidità del martello di un peltraioandrà avanti e indietro più svelto di colui che solleva le secchie del birraio. E quest'Ombrasecco come un usciodatemi quest'uomo; egli non presenta bersaglio al nemicol'avversario potrebbe altrettanto facilmente mirare al filo di un coltello. E in una ritiratacon qual rapidità questo Fiaccosarto da donnafuggirà via! Ohdatemi uomini secchi e non seccate i grandi. Mettete un moschetto in mano a VerrucaBardolfo.

BARDOLFO: VieniVerrucamarcia avanti e indietrocosì cosìcosì.

FALSTAFF: Andiamomanovra adesso il tuo moschetto: cosìbenissimo!

avantibenissimomagnificamente! Ohdatemi sempre per fuciliere uno di questi piccoli uomini magrisecchiavvizziti e pelati. Ben dettoin fede miaVerruca: tu sei un bel bubbone; tienieccoti sessanta centesimi.

SOMMARIO: Non è ancora padrone della sua armanon la manovra bene. Mi ricordo che sul prato di Mile Endquando ero al collegio di San Clemente - facevo la parte del buffone Dagonetto alla rappresentazione di re Artù - c'era un piccolo individuo tutto fuoco che manovrava così la sua arma: era qui e là e dappertutto: ra-ta-tadiceva; pumdicevae volava via e tornava indietro. Non vedrò mai più un suo pari.

FALSTAFF: Questa gente farà benissimomastro Sommario. Che Dio vi mantengamastro Silenzio: non vi farò dei lunghi discorsi. State bene entrambisignori: vi ringraziodevo fare una dozzina di miglia stanotte. Bardolfoda' dei vestiti ai soldati.

SOMMARIO: Sir Giovanniche il Signore vi benedica e faccia prosperare i vostri affari! Che Iddio ci mandi la pace! Quando tornatevenite a casa mia e rinnoviamo la nostra vecchia amicizia; forse verrò a corte con voi.

FALSTAFF: Perdio! vorrei che veniste davveromastro Sommario.

SOMMARIO: Andiamoormai l'ho dettostate bene.

FALSTAFF: State benecortesi signori. (Escono Sommario e Silenzio) Bardolfoporta via questi uomini. (Esce Bardolfo con le Reclute) Al mio ritorno concerò ben io questi giudici: vedo chiaro cosa c'è in fondo al giudice Sommario. O signoresignorecome noi vecchi andiamo soggetti a questo vizio della menzogna! questo morto di fame di giudice non ha fatto che raccontarmi della sua scapestrata giovinezza e delle gesta compiute a Turnbull Streete su ogni tre parole una era una menzogna pagata con più esattezza al suo ascoltatore che i tributi al Gran Turco. Me lo ricordo al collegio di San Clemente come una di quelle figure che si taglian dopo cena in una crosta di formaggio; quand'era nudo era proprio come un ravanello forcuto con sopra una testa fantasticamente scolpita con un coltello: era talmente magro che le sue dimensioni erano invisibili a chi non avesse una vista eccellente; era il vero spirito della carestiapure era lussurioso come una scimmia e le puttane lo chiamavano mandragora. Era sempre in ritardo sulla moda e cantava alle sue bagasce più volte frustate quelle canzoni che aveva sentito fischiettare dai carrettieri e giurava che erano i suoi madrigali o le sue serenate. E ora questa spatola di arlecchino è diventato uno scudiero e parla con familiarità di Giovanni di Gand come se fosse suo fratello giuratoe potrei giurare che non lo ha visto che una sola volta al torneo quando gli ruppe la testa perché si era andato a cacciare tra gli uomini del giudice di campo. Io vidi questo e dissi a Giovanni di Gand che egli bastonava il suo nome poiché quello sarebbe entrato in un guanto; lo avreste potuto ficcare con tutti gli abiti dentro una pelle d'anguilla; l'astuccio di un clarinetto sarebbe stato per lui un castellouna cortee ora possiede terre e buoi. Bene se ritornorinnoverò la sua conoscenza e andrà male per me se non ci cavo due volte il valore della pietra fìlosofale. Se il giovane ghiozzo è esca per il vecchio luccionon vedo ragione secondo legge di natura perché io non lo acchiappi. Venga l'occasione e la cosa è fatta.

 

(Esce)

 

 

 

ATTO QUARTO

 

SCENA PRIMA - Yorkshire. La Foresta di Gaultree

(Entrano l'ARCIVESCOVO DI YORKMOWBRAYHASTINGS ed altri)

 

ARCIVESCOVO: Come si chiama questa foresta?

HASTINGS: E' la foresta di Gaultreepiaccia a Vostra Grazia.

ARCIVESCOVO: Fermiamoci quimiei signorie mandiamo avanti degli esploratori per conoscere il numero dei nostri nemici.

HASTINGS: Li abbiamo già mandati.

ARCIVESCOVO: Ben fatto. Amici e fratelli miei in questa grande impresadevo informarvi che ho ricevuto lettere di fresca data da Northumberland ed eccone qui il sensoil tenore e la sostanza in tutta la loro freddezza. Egli vorrebbe essere qui in persona con forze che rispondessero degnamente alla sua posizione; queste forze non le poté reclutare e per questo si è ritirato in Scozia per attendere che le sue fortune siano più mature; e conclude augurando di tutto cuore che la vostra impresa possa vincere gli azzardi del destino e il formidabile urto con l'avversario.

MOWBRAY: Così le speranze che avevamo in lui cadono a terra e vanno in frantumi.

 

(Entra un Messo)

 

HASTINGS: Ebbeneche notizie?

MESSO: A occidente di questa forestaappena a un miglio di distanzail nemico avanza in buon ordine e dallo spazio che occupa giudico che il suo numero sia presso a poco di trentamila.

MOWBRAY: E' proprio la cifra che avevamo supposto. Marciamo avanti e diamo loro battaglia.

 

(Entra WESTMORELAND)

 

ARCIVESCOVO: Chi è questo condottiero così bene equipaggiato che ci viene incontro?

MOWBRAY: Credo sia monsignore di Westmoreland.

WESTMORELAND: Salute e complimenti dal nostro generale il principe monsignor Giovanni e duca di Lancaster.

ARCIVESCOVO: Ditecimonsignore di Westmorelandin tutta tranquillitàa che dobbiamo la vostra visita?

WESTMORELAND: In questo casosignoreè a Vostra Grazia che io rivolgerò particolarmente la sostanza del mio discorso. Se questa ribellione apparisse per quella che ècon orde basse e abbietteguidate da gente giovane e selvaggiavestita di stracci e sostenuta da una ragazzaglia di mendicantiio dico che se questa dannata ribellione si fosse mostrata nella sua vera forma nativa quale le si conviene veramentevoi reverendo padre e questi nobili signori non sareste stati qui a ornare con la vostra nobile dignità la turpe figura di una bassa e sanguinosa insurrezione. Voimonsignore arcivescovoil cui seggio vescovile è fondato sull'ordinata pacela vostra barba è stata toccata dalla mano d'argento della pacee la vostra cultura e le belle lettere si sono formate sotto l'egida della pacele vostre bianche vesti sono il simbolo dell'innocenzadella colomba e del beato spirito di pace; perché cambiate la parola della pacecosì piena di grazianell'aspra e rumorosa voce della guerra mutando i vostri libri di cuoio in gambaliil vostro inchiostro in sanguele vostre penne in lance e la vostra parola di sacerdote in sonante tromba e squilla di guerra?

ARCIVESCOVO: Perché agisco in questo modo? tale è la domandae vi risponderò brevemente. Noi siamo tutti malatie a causa delle nostre ore di stravizi e di follie ci siamo tirati addosso una febbre ardente che richiede si tolga sangue. Di questa malattia il nostro ultimo re Riccardo fu colpito e ne morì. Mamio nobile monsignore di Westmorelandio non pretendo di far ora il mediconé qual nemico della pace mi unisco alla folla dei soldatima per il momento mostro il volto terribile della guerra per curare le menti insanemalate per l'eccesso di benestaree purgare le oppilazioni che cominciano a ostruire le stesse nostre arterie vitali. Parlerò in modo ancor più chiaro: ho pesato equamente su giusta bilancia i mali che possono fare le nostre armi e i torti di cui noi soffriamoe ho trovato che i torti fatti a noi sono più pesanti delle nostre offese. Noi vediamo da qual parte fluisce la corrente del tempo e siamo costretti a lasciare la nostra quiete dall'impetuoso torrente delle circostanze. Abbiamo l'elenco delle nostre lagnanze che a tempo opportuno mostreremo nei suoi particolari e che molto tempo fa volevamo presentare al rema non si riuscì a ottenere udienzamalgrado tutte le nostre preghiere.

Quando ci son fatti dei torti e vorremmo esporre le nostre lagnanzeci vien negato l'accesso alla sua persona proprio per opera di coloro che più ci hanno fatto torto. I pericoli dei giorni appena trascorsiil cui ricordo è scritto sulla terra con sangue ancora visibilee le prove che vi si offrono ad ogni minuto ed oggi stessoci hanno fatto prendere queste armi disdicevoli non per rompere in alcun modo la pace ma per stabilire qui la vera pacedi nome e di fatto.

WESTMORELAND: Quando mai si rifiutò la vostra domanda? In che cosa siete stati offesi dal re? Qual pari è stato istigato a recarvi oltraggioche voi dobbiate sigillare con divino suggello il libro sanguinoso e senza legge di una ribellione macchinata freddamentee consacrare la crudele spada della ribellione?

ARCIVESCOVO: Quanto a mesono i torti fatti ai miei fratelli in generalei concittadininonché in particolare la crudeltà verso il mio fratellastroche formano oggetto della mia contesa.

WESTMORELAND: Non v'è motivo di simili rivendicazioni ose ci fossenon spetterebbe a voi.

MOWBRAY: Perché non a luiin parte almenoe a noi tutti che sentiamo le offese dei giorni passati e soffriamo sotto la mano rude e ingiusta che la tirannia di questi tempi tiene sul nostro onore?

WESTMORELAND: O mio buon lord Mowbraycomprendete le necessità dei tempie vedrete allora che è il tempo e non il re che vi reca offesa.

Tuttaviaper quanto vi riguardami sembra che né il re né i tempi presenti vi abbiano dato un pollice di terreno su cui costruire le vostre lagnanze. Non foste voi reintegrato in tutte le signorie del duca di Norfolkil vostro nobile padre di buona memoria?

MOWBRAY: Che cosa aveva perduto mio padre nell'onore perché fosse necessario ridargli in me vita e respiro? Il re che lo amava fu costretto per esigenze di Stato a bandirlo; ma quando Arrigo Bolingbroke e mio padre eran già a cavallo e ritti in sellai loro corsieri nitrenti come per invitar lo spronele lance in restala visiera abbassatai loro occhi di fuoco scintillanti attraverso le fenditure d'acciaioe la sonora tromba squillante l'attaccoe quando nulla avrebbe impedito a mio padre di toccare il petto di Bolingbrokeil re gettò a terra il bastone al quale stava appesa la sua vitae gettandolo mise a terra se stesso e la vita di coloro che per processo o per la spada perirono sotto Bolingbroke.

WESTMORELAND: Voi parlatelord Mowbraydi quello che non sapete. Il conte di Hereford era allora considerato il più valoroso cavaliere d'Inghilterra. Chi sa a chi avrebbe sorriso allora la fortuna? Se vostro padre fosse stato allora vittorioso non avrebbe portato la sua vittoria oltre Coventrypoiché tutto il paese con una sola voce gli gridava addosso odioe tutte le sue preghiere e il suo amore si posavano su Hereford che tutti amavano ardentemente e benedivano e onoravano più del re. Ma questa è una semplice digressione che mi allontana dal mio scopo. Io vengo da parte del principe nostro generale per conoscere le vostre lagnanze e per dirvi da parte di Sua Grazia che vi darà udienza; se allora apparirà che le vostre domande sono giuste esse saranno accordate e si allontanerà ogni cosa che possa far pensare a voi come a nemici.

MOWBRAY: Ma è lui che ci ha costretti a strappargli questa offerta fatta ora per politica e non per amore.

WESTMORELAND: Mowbraysiete molto presuntuoso a prender la cosa in questo modo. Questa offerta viene da clemenzanon da paurapoichéguardateil nostro esercito è in vista esul mio onoretroppo fiducioso in se stesso per lasciarsi cogliere da un pensiero di paura.

Le nostre schiere son più ricche di grandi nomi che non le vostrei nostri uomini più esperti nell'uso delle armile nostre armature altrettanto fortila nostra causa è la migliorecosicché ragione vuole che i nostri cuori siano altrettanto saldi; non dite dunque che la nostra offerta è forzata.

MOWBRAY: Benese dipende da menon accetteremo trattative.

WESTMORELAND: Ciò dimostra soltanto l'ignominia della vostra offesa:

una causa marcita non regge alla discussione.

HASTINGS: Il principe Giovanni ha pieni poteriampi quanto la sovranità di suo padre per ascoltare e decidere delle condizioni che stipuleremo?

WESTMORELAND: Ciò è implicito nel nome del generale; mi stupisco che facciate una domanda così frivola.

ARCIVESCOVO: Prendete alloramonsignore di Westmorelandquesta scheda che contiene l'esposizione generale delle nostre lagnanze; che a ognuna di queste sia rimediatoche tutti i federati alla nostra causatanto qui presenti che altrovelegati a questa azionesiano salvaguardati in modo sicuro e lealeche l'esecuzione immediata delle nostre richieste ci sia garantita in quanto concerne le nostre persone e i nostri scopie noi torneremo entro le nostre obbedienti sponde a unir saldamente le nostre forze al braccio della pace.

WESTMORELAND: Mostrerò questo al generale. Non vi dispiacciasignorid'incontrarvi con noi in vista di entrambi i nostri esercitie si concluda una pace col favore di Dioo sul terreno stesso della nostra disputa sguainiamo le spade che devono deciderla.

ARCIVESCOVO: Signorecosì faremo.

 

(Esce Westmoreland)

 

MOWBRAY: Qualche cosa nell'anima mi dice che nessuna delle nostre condizioni di pace sarà durevole.

HASTINGS: Non temete questo; se possiamo fare la nostra pace in termini ampi e assoluti come quelli reclamati nelle nostre condizionila pace poserà salda come montagna rocciosa.

MOWBRAY: Sìma l'opinione che si avrà di noi sarà tale che per il più lieve e infondato motivoper ogni vana futile e fantastica ragioneil re si ricorderà di questa nostra impresa e se anche fossimo martiri per la fede verso il resaremmo vagliati con un vento così violento che anche il nostro grano sembrerebbe leggero come pula e non si separerebbe il buono dal cattivo.

ARCIVESCOVO: Nonomio signore. Ricordate che il re è stanco di queste frivole e arzigogolate lagnanzepoiché ha scoperto che sbarazzarsi di una persona sospetta con la morte è farne rivivere due più pericolose tra quelle che vengon dopo; perciò egli vorrà cancellare del tutto le sue tavolette e non tenere ricordo che possa far rivivere la storia dei suoi rovesci. Egli sa benissimo che non può sradicare le male erbe da questa terra quando i suoi sospetti gliene presentano l'occasione; i suoi nemici sono così intricati coi suoi amici che quando darà uno strappo per svellere un nemico egli smoverà e farà vacillare un amico. Cosicché questa terrasimile a una sposa che lo ha esasperato sino a minacciarla di colpial momento che egli sta per colpire gli mette innanzi il suo bambino fermando il castigo già deciso nel braccio che si alzava per infliggerlo.

HASTINGS: Inoltre il re ha consumato tutte le sue verghe sugli ultimi ribelli e ora gli mancano gli stessi strumenti del castigoe la sua potenzacome leone senza artiglipuò minacciare ma non far presa.

ARCIVESCOVO: E' verissimo e perciò state sicuromio buon marescialloche se ora facciamo bene la nostra riconciliazionela nostra pacesimile a un membro rotto e poi riattaccatodiverrà più forte per la frattura.

MOWBRAY: Sia così. Ecco che è tornato monsignore di Westmoreland.

 

(Rientra WESTMORELAND)

 

WESTMORELAND: Il principe è qui vicino; Vostra Signoria vuol compiacersi di andare incontro a Sua Grazia a eguale distanza dai nostri due eserciti?

MOWBRAY: In nome di Dioche Vostra Grazia York avanzi allora.

ARCIVESCOVO: Precedetemi e salutate Sua Grazia. Mio signoreveniamo.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA SECONDA - Un'altra parte della foresta

(Entrano da una parte MOWBRAYl'ARCIVESCOVOHASTINGS e altri; dall'altra parte il PRINCIPE GIOVANNI DI LANCASTERWESTMORELANDUfficiali e Seguito)

 

LANCASTER: Sono felice d'incontrarvi quimio cugino Mowbray; buon giorno a voigentil monsignore arcivescovoe anche a voilord Hastings e a voi tutti. Monsignore di Yorkvoi facevate miglior figura quando il vostro gregge radunato dalla campana si stringeva intorno a voi per ascoltare con rispetto la vostra spiegazione del testo sacroche non qui a mirarvi vestito di ferroin atto d'incoraggiare col vostro tamburo una banda di ribelli e di cambiare il verbo di Dio in un nerbo di guerra e la vita in morte. Se l'uomo che è vicino al cuore di un monarca e prospera al sole del suo favore volesse abusare della protezione del requanti maliahimèpotrebbero scaturire all'ombra di tanta grandezza! Così è accaduto a voimonsignore arcivescovo. Chi non ha sentito dire quanto è profonda la vostra conoscenza dei libri di Dio? voi eravate per noi l'oratore del suo parlamentovi pensavamo la voce stessa di Diol'interprete e il mediatore tra la grazia e le cose sante del cielo e le nostre misere azioni. Chi non crederà che voi abusate del carattere sacro del vostro ufficio impiegando il favore e la grazia del cielo come uno sleale favorito usa il nome del suo principe per atti disonesti? Avete sollevatosotto il falso sigillo di Dioi sudditi di mio padre suo rappresentante e contro la pace del cielo e la sua li avete radunati in folte schiere.

ARCIVESCOVO: Mio buon signore di Lancasterio non son qui contro la pace di vostro padrema come già dissi a monsignore di Westmorelandsono questi tempi pieni di ogni disordine che ci hanno costrettisecondo il nostro buon sensoa radunarci e stringerci in questo modo mostruoso onde affermare la nostra sicurezza. Ho mandato a Vostra Grazia un'esposizione particolareggiata delle nostre lagnanze che era stata respinta con disprezzo dalla cortedal che nacque questa Idra della guerra i cui occhi pericolosi possono ben essere assopiti per incantoacconsentendo ai nostri giusti e legittimi desideri; allora la leale obbedienzaguarita di questa follasi poserà sommessa ai piedi della maestà del re.

MOWBRAY: Altrimenti siamo pronti a tentare la nostra fortuna fino all'ultimo uomo.

HASTINGS: E se siamo battuti quiabbiamo alleati per continuare la nostra impresa; se anche questi andassero incontro a disastrii loro amici continueranno l'impresae cosi nascerà un seguito di rovinee di erede in erede si continuerà questa disputa finché l'Inghilterra avrà generazioni di uomini.

LANCASTER: Siete troppo superficialeHastingstroppo superficiale inveroper scandagliare il fondo dei tempi avvenire.

WESTMORELAND: Piaccia a Vostra Grazia di risponder loro chiaramente fino a qual punto accettate e loro richieste.

LANCASTER: Le accetto tutte e le accordo di buon volere; giuro qui sull'onore del mio sangue che le intenzioni di mio padre sono state mal comprese; che alcune persone intorno a lui hanno troppo leggermente abusato della sua autorità e delle sue intenzioni. Mio signorequesti torti saranno rimediati in tutta fretta; sulla mia fede così sarà fatto. Se questo vi soddisfarimandate i vostri soldati alle loro varie contee come faremo anche noie quitra i due esercitibeviamo in amicizia e abbracciamoci affinché tutti i loro occhi possan vedere e riferire alle loro case su questi pegni della restaurazione dell'affetto e dell'amicizia tra noi.

ARCIVESCOVO: Prendo la vostra parola di principe per queste promesse di riparazioni.

LANCASTER: Vi do la mia parola e la manterrò; e ora bevo alla salute di Vostra Grazia.

 

(Beve)

 

HASTINGS (a un Ufficiale): Andatecapitanoa riferire all'esercito queste notizie di pace; date loro la pagae che partano; so che questo farà loro molto piacereaffrettati capitano.

 

(Esce l'Ufficiale)

 

ARCIVESCOVO: Alla vostra salutemio nobile signore di Westmoreland.

 

(Beve)

 

WESTMORELAND: E a quella di Vostra Grazia. (Beve) Se sapeste quante pene mi son dato per generare la pace di oggivoi berreste di gran cuore; ma il mio affetto per voi si rivelerà in modo più chiaro nell'avvenire.

ARCIVESCOVO: Non dubito di voi.

WESTMORELAND: Ne sono contento. Salute a monsignore e mio cortese cugino Mowbray. (Beve)

MOWBRAY: Mi augurate la salute in un buon momentopoiché mi sento d'un tratto alquanto male.

ARCIVESCOVO: Gli uomini son sempre allegri quando la cattiva fortuna sta per colpirlima la tristezza prelude a lieti eventi.

WESTMORELAND: Siate dunque allegrocuginopoiché l'improvvisa tristezza ci permette di dire: "qualche lieta cosa si prepara domani".

ARCIVESCOVO: Credetemisono gaio oltre ogni dire.

MOWBRAY: Tanto peggiose il vostro precetto dice il vero.

 

(Grida all'interno)

 

LANCASTER: La parola di pace è stata detta: ascoltate come acclamano!

MOWBRAY: Ciò sarebbe stato bello dopo la vittoria.

ARCIVESCOVO: Una pace è simile a una conquistapoiché in questo caso entrambe le parti sono onorevolmente sottomesse e nessuna delle due ha perduto.

LANCASTER: Andatemio signoreche anche il nostro esercito sia congedato. (Esce Westmoreland) Emio buon signoreabbiate la compiacenza di far marciare le vostre forze davanti a noi affinché possiamo vedere gli uomini che avremmo dovuto affrontare.

ARCIVESCOVO: Andatebuon lord Hastingse prima che siano congedati fateli sfilare qui davanti.

 

(Esce Hastings)

 

LANCASTER: Confidosignoriche stanotte dormiremo sotto lo stesso tetto.

 

(Rientra WESTMORELAND)

 

Ebbenecuginoperché il nostro esercito sta ancora fermo?

WESTMORELAND: I condottieri che ebbero ordine da voi di stare ai loro posti non vogliono muoversi se non sentono voi stesso.

LANCASTER: Sanno il loro dovere.

 

(Rientra HASTINGS)

 

HASTINGS: Mio signoreil nostro esercito è già disperso. Come giovani torelli liberi dal giogo prendon la lor via a orienteoccidentenord e sude come scolaresca che rompe le fileciascuno s'affretta verso la sua casa o il luogo dei suoi divertimenti.

WESTMORELAND: Buone notizielord Hastingsper le quali ti arresto per alto tradimentotraditore; e voimonsignore arcivescovoe voi lord Mowbrayvi dichiaro entrambi colpevoli di alto tradimento.

MOWBRAY: E' questo modo di procedere giusto e onorevole?

WESTMORELAND: E il vostro assembramento lo è forse?

ARCIVESCOVO: Volete rompere così la fede data?

LANCASTER: Non ho preso alcun impegno con te. Ho promesso di riparare a quei torti di cui vi lamentavatee sul mio onoreterrò la mia promessa con scrupolo più che cristiano; ma quanto a voi ribellipreparatevi ad assaporare la dovuta ricompensa per la vostra ribellione e i vostri atti. Chiamaste alle armi i vostri uomini con molta leggerezzastupidamente li avete condotti qui e follemente li avete congedati. Battete i nostri tamburiinseguite i dispersi; Dio e non noi ha combattuto con successo questa giornata. Alcuni di voi accompagnino questi traditori al ceppo della morteil vero letto dove il tradimento manda il suo ultimo respiro.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA TERZA - Un'altra parte della foresta

(Allarmi: scorrerie. Entrano FALSTAFF e COLEVILE incontrandosi)

 

FALSTAFF: Come vi chiamatesignore? qual è la vostra condizione e di che paese sietevi prego?

COLEVILE: Son cavalieresignoree il mio nome è Colevile della valle.

FALSTAFF: BenedunqueColevile è il vostro nomecavaliere e il vostro grado e il vostro posto la valle: Colevile sarà ancora il vostro nometraditore il vostro grado e la prigione il vostro posto - una valle abbastanza profonda - così sarete ancora Colevile della valle.

COLEVILE: Non siete voi sir Giovanni Falstaff?

FALSTAFF: Buono quanto luisignorechiunque io mi sia. Vi arrendetesignoreo dovrò sudare per avervi? Se io sudole gocce saranno le lagrime delle tue amanti ed esse piangeranno la tua morte; perciò desta in te paura e tremito e rimettiti alla mia clemenza.

COLEVILE: Penso che voi siate sir Giovanni Falstaff e con questo pensiero mi arrendo.

FALSTAFF: Ho un'intera scuola di lingue in questa mia pancia e non ve n'è una che pronunci altra parola che il mio nome. Se avessi soltanto una pancia alquanto moderatasarei semplicemente l'uomo più attivo d'Europa: il mio ventreil mio ventreil mio ventre mi rovina. Ecco che viene lì nostro generale.

 

(Entrano il PRINCIPE GIOVANNI DI LANCASTERWESTMORELANDBLUNT ed altri)

 

LANCASTER: L'ardore è passatonon inseguite più oltre e richiamate le truppebuon cugino Westmoreland. (Esce Westmoreland) EbbeneFalstaffdove siete stato tutto questo tempo? Voi venite quando tutto è finito; questi vostri scherzi da poltrone una volta o l'altrave lo assicurospezzeranno il dorso di qualche forca.

FALSTAFF: Sarei desolatomio signorese fosse così: non avevo mai saputo sinora che rimproveri e rabbuffi fossero la ricompensa del valore. Mi prendete forse per una rondineuna freccia o una palla? ho io nelle mie povere e vecchie gambe la speditezza del pensiero? Sono corso qui con la maggior rapidità possibile; ho sfiancato nove ventine e più di cavalli di postae quisudicio del viaggio come sonocol mio puro e immacolato valore ho preso sir Giovanni Colevile della valleun furiosissimo cavaliere e valoroso nemico. Ma che importa questo? egli mi vide e si arresecosicché io ho ragione di dire con quel tal romano dal naso a becco: "Vennividi e vinsi".

LANCASTER: Fu più per sua cortesia che per vostro merito.

FALSTAFF: Non lo so; eccolo quie qui ve lo cedo supplicando Vostra Grazia perché questo fatto venga segnalato insieme agli altri di questo giornooper Iddiolo farò narrare in una speciale ballata con sopra la mia figura con Colevile che mi bacia il piede.

Costringetemi a far questo e se tutti voi non farete la figura di monete di quattro soldi dorate in confronto a mementre io nel limpido cielo della fama vi offuscherò come la luna piena offusca le scintille del firmamento che sembrano capocchie di spilli accanto a leinon credete più alla parola dei nobili. Rendetemi dunque giustizia e lasciate che il merito salga in alto.

LANCASTER: Il tuo è troppo pesante per salire.

FALSTAFF: Lasciatelo brillareallora.

LANCASTER: E' troppo denso per brillare.

FALSTAFF: Lasciategli fare qualche cosamio buon signoreche possa giovarmie chiamatelo come volete.

LANCASTER: E' il tuo nome Colevile?

COLEVILE: Così èmio signore.

LANCASTER: Sei un famoso ribelleColevile.

FALSTAFF: E un famoso suddito leale lo ha preso prigioniero.

COLEVILE: Sonosignorecome i miei capi che mi condussero qui; se si fossero lasciati guidare da mevi avrebbero fatto pagare assai più cara la vostra vittoria.

FALSTAFF: Non so a che prezzo si siano vendutima tuda bravo ragazzoti sei dato via gratis e per questo ti ringrazio.

 

(Rientra WESTMORELAND)

 

LANCASTER: Ebbeneavete sospeso l'inseguimento?

WESTMORELAND: Ci siamo ritirati e il massacro è cessato.

LANCASTER: Mandate Colevile con i suoi complici a York per essere subito giustiziato. Bluntconducetelo via di qua e badate di fargli buona guardia. (Esce Colevilescortato) Ed ora affrettiamoci a cortesignori. Ho saputo che il re mio padre è assai malato; le nostre notizie dovranno precederci presso Sua Maestàe voicuginogliele porterete per confortarlo mentre noi vi seguiremo più rapidi che potremo.

FALSTAFF: Signorevi prego di darmi il permesso di passare per la contea di Gloucestere quando sarete a corte siatemi amicovi pregonel vostro buon rapporto sul mio conto.

LANCASTER: State beneFalstaffper quanto dipende da me parlerò di voi meglio che non meritiate.

 

(Esce)

 

FALSTAFF: Vorrei che aveste soltanto dello spirito; sarebbe meglio del vostro ducato. In fede miaquesto ragazzotto dal sangue tiepido non mi ama; nessun uomo lo può far riderema ciò non è meraviglianon beve vino. Non v'è nessuna di queste nappefredde di ragazzi che concluda gran cosaperché le bevande insipide gelano il loro sangue e facendo molti pasti di pesce essi cadono in una specie di clorosi maschile e quando sposano mettono al mondo delle figlie. Sono generalmente sciocchi e codardi e così saremmo anche alcuni di noi se non fosse per il riscaldamento. Un buon vin di Spagna secco ha in sé una doppia azione: vi sale al cervello e vi asciuga tutti i vapori sciocchipesanti e acri che lo ravvolgono e ve lo rende apertoprontoinventivopieno di lieviardenti e deliziose concezioni checonsegnate alla voce e alla lingua che dà loro vitadivengono spirito eccellente. La seconda proprietà del nostro eccellente vin di Spagna è che vi riscalda il sangueche primafreddo e stagnantelasciava il fegato bianco e pallidosegno di pusillanimità e codardia; ma il vin di Spagna lo riscalda e lo fa scorrere dall'interno alle estremitàillumina il volto checome un faroordina a tutto il resto di questo piccolo regnocioè l'uomodi armarsie allora tutta la borghesia degli spiriti vitali e di altri piccoli spiriti interiori si schierano attorno al loro capitanoil cuoreche possente e gonfio di tutta questa schiera fa qualsiasi atto di coraggio; e tutto questo valore viene dal vin di Spagna. Perciò l'abilità nelle armi non è nulla senza il vin di Spagna che la mette in opera: il sapere non è che un semplice mucchio d'oro tenuto da un diavolofinché il vin di Spagna non lo inaugura e gli dà vita e impiego. Ecco perché il principe Arrigo è valoroso: il sangue freddo ch'egli ereditò da suo padre egli lo hacome un terreno magrosterile e nudoconcimatocoltivato e arato con l'eccellente lavoro del bere una buona provvista di fertile vin di Spagna; ed egli è diventato assai ardente e valoroso. Se avessi mille figliil primo principio umano che insegnerei loro sarebbe di abiurare le bevande insipide e dedicarsi al vin di Spagna (Entra BARDOLFO)

EbbeneBardolfo?

BARDOLFO: L'esercito è tutto congedato e partito.

FALSTAFF: Che se ne vadano pure. Io me ne andrò per la contea di Gloucester a far visita a mastro Roberto Sommarioscudiero. Lo tengo già molle molle tra il mio indice e il pollice e tra breve lo sigillerò. Andiamocene.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA QUARTA - Westminster. La sala di Gerusalemme

(Entrano ENRICO QUARTOCLARENCEGLOUCESTERWARWICK ed altri)

 

ENRICO: Orasignorise Dio fa terminare con successo questa contesa che sanguina alle nostre portenoi condurremo la nostra gioventù su più nobili campi di battaglia e non trarremo spada che per un santo fine. La nostra flotta è prontale nostre forze radunatei nostri luogotenenti investiti dell'autorità in nostra assenza. Ogni cosa risponde ai nostri desiderimanca solo l'energia alle nostre persone; riposiamoci dunque finché questi ribelli ora in armi vengano cotto il giogo del nostro governo.

WARWICK: Non dubitiamo che Vostra Maestà avrà presto questa doppia gioia.

ENRICO: Humphrey di Gloucesterfiglio miodov'è il principe vostro fratello?

GLOUCESTER: Credo che sia andato a cacciamio signorea Windsor.

ENRICO: In compagnia di chi?

GLOUCESTER: Non sosignore.

ENRICO: Suo fratello Tommaso di Clarence non è con lui?

GLOUCESTER: Nomio buon signoreè qui presente CLARENCE: Che cosa desidera il mio signore e padre?

ENRICO: Null'altro che bene per teTommaso di Clarence. Com'è che non sei col principe tuo fratello? egli ti ama e tu lo trascuriTommaso.

Tu tieni un posto più grande nel suo affetto di tutti i tuoi fratelli; tienlo caroragazzo mioe quando io sarò morto tu potrai compiere nobile ufficio di mediazione tra la sua eccelsa posizione e gli altri suoi fratelli; perciò non lo trascurarenon smussare il suo affetto per te e non perdere il grande vantaggio del suo favore mostrandoti freddo o indifferente ai suoi desideri. Egli è gentile quando lo si tratta con riguardoha una lagrima per la pietà e una mano aperta come il giorno per la dolce carità; tuttavia quando è irritato diviene di sassocapriccioso come l'inverno e improvviso come i refoli di vento che si congelano all'alba del giorno. Bisogna dunque osservare bene il suo carattererimproverarlo per i suoi fallima con riguardoquando scorgete che il suo umore è in vena di allegria; ma quando è di umor nerolasciategli briglia sciolta finché la sua colleracome balena portata a terrasi sia consumata dimenandosi.

Ricordati questoTommasoe tu diverrai una difesa per i tuoi amiciun cerchio d'oro nel quale stringere i tuoi fratellidi modo che il vaso ove il loro sangue è unitoanche se misto al veleno delle maligne insinuazioni che il tempo vi verserà certamentenon si incrinerà anche se il veleno avesse la forza dell'aconito o della polvere da sparo.

CLARENCE: Mi occuperò di lui con ogni cura e affetto.

ENRICO: Perché non sei a Windsor con luiTommaso?

CLARENCE: Egli non è là oggipranza a Londra.

ENRICO: E in compagnia di chi? puoi informarmi di questo?

CLARENCE: Con Poins ed altri suoi compagni abituali.

ENRICO: Il suolo più fertile è soggetto alle male erbe ed eglinobile immagine della mia giovinezzane è tutto cosparso; perciò la mia ansia si estende al di là dell'ora della mia morte. Il mio cuore sanguina quando la mia immaginazione si rappresenta i giorni di smarrimento e i corrotti tempi che voi vedrete quando io dormirò con i miei antenati. Allorché la sua ostinata licenza non avrà più frenoe collera e violenza saranno i suoi consiglieriquando ricchezza e abitudini di prodigalità si unirannooh! con quali ali voleranno le sue passioni verso il minaccioso pericolo e la nemica rovina!

WARWICK: Mio grazioso signorevoi andate troppo oltre nei suoi riguardi. Il principe non fa che studiare i suoi compagni come una lingua straniera: per impossessarci di una lingua è necessario che anche le parole più immodeste siano vedute e imparate. Fatto questoVostra Altezza lo saesse non servono piùsono conosciute e detestate. Cosìa tempo opportunoil principe respingerà i suoi compagni come si respingono le parole grossolanementre il loro ricordo servirà a Sua Grazia come modello e misura per giudicare la vita degli altri uomini; così il male passato si cambierà in vantaggio.

ENRICO: Avvien di rado che l'ape lasci il suo favo in una carogna morta. Chi siete? Westmoreland?

 

(Entra WESTMORELAND)

 

WESTMORELAND: Salute al mio sovrano e che nuova felicità s'aggiunga a quella che devo comunicargli! Il principe Giovanni vostro figlio bacia la mano di Vostra Grazia; Mowbrayil vescovo ScroopHastings e tutti gli altri devono subire il rigore della vostra legge. Non v'è ora spada sguainata di ribelle e la pace germoglia ovunque con i suoi rami di olivo. Il modo come si è svolta quest'azione Vostra Altezza lo potrà leggere qui a suo agio con ogni episodio nei suoi particolari.

 

(Porge un plico)

 

ENRICO: O Westmorelandtu sei un uccello estivo che a tergo dell'inverno canti il crescer della luce.

 

(Entra HARCOURT)

 

Guardateecco altre notizie.

HARCOURT: Che il cielo guardi Vostra Maestà dai nemicie quando essi si rizzano contro di voipossano essi cadere come quelli di cui son venuto a parlarvi! Il conte di Northumberland e lord Bardolph con numerose forze d'Inglesi e Scozzesi sono stati sbaragliati dallo sceriffo della contea di York. Questo plicopiaccia a Vostra Altezzacontiene con ampi particolari il modo e l'ordine esatto della battaglia.

 

(Consegna il plico)

 

ENRICO: E per qual motivo queste buone notizie mi fanno star male? Non verrà mai la Fortuna con entrambe le mani piene senza scrivere sempre le sue belle parole con le più detestabili lettere? Essa o dà appetito e nessun nutrimento com'è dei poveri pieni di salute; o altrimenti vi dona un festino e vi toglie ogni appetito; così avviene per i ricchi che hanno ogni abbondanza e non la godono. Io dovrei esser pieno di gioia per queste felici notiziee ora la vista mi manca e il cervello è preso da vertigine. Ohvenitemi vicinosto molto male adesso.

GLOUCESTER: CoraggioMaestà!

CLARENCE: Padre mio e re!

WESTMORELAND: Mio sovranofatevi animoaprite gli occhi!

WARWICK: Abbiate pazienzaprincipi: voi sapete che questi accessi sono molto frequenti in Sua Altezza; scostatevi da luidategli aria e starà subito bene.

CLARENCE: Nononon può resistere a lungo a questi spasimi; le cure incessanti e il lavorìo della sua mente hanno reso così sottile il muro destinato a racchiudere la sua vita che questa vi guarda attraverso e ne eromperà fuori.

GLOUCESTER: Il popolo mi spaventapoiché ha visto nascere figli senza padre e mostruosi parti di natura; le stagioni han mutato carattere come se l'anno avesse trovato dei mesi addormentati e li avesse saltati.

CLARENCE: Il fiume è straripato tre volte senz'alcun riflusso nell'intervalloe i vecchiqueste vaneggianti cronache del tempodicon che così avvenne poco tempo prima che nostro bisnonno Edoardo si ammalasse e morisse.

WARWICK: Parlate più pianoprincipeil re riprende i sensi.

GLOUCESTER: Quest'apoplessia sarà di certo la sua fine.

ENRICO: Vi pregosollevatemi e portatemi via da quiin qualche altra stanza; pianovi prego.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA QUINTA - Un'altra stanza

(ENRICO QUARTO giace su di un letto; CLARENCEGLOUCESTERWARWICK ed altri del Seguito presso di lui)

 

ENRICO: Non si faccia rumoremiei cortesi amicia meno che qualche mano discreta e soccorrevole non mormori della musica al mio spirito stanco.

WARWICK: Fate venire dei sonatori nell'altra stanza.

ENRICO: Mettete la corona quisu questo mio guanciale.

CLARENCE: Ha l'occhio infossato e il suo volto si altera.

WARWICK: Meno rumoremeno rumore!

 

(Entra il PRINCIPE ENRICO)

 

PRINCIPE: Chi ha visto il duca di Clarence?

CLARENCE: Son quifratellopieno di tristezza.

PRINCIPE: Che c'è dunque! piove qui dentro e per nulla fuori! come sta il re?

GLOUCESTER: Malissimo.

PRINCIPE: Ha saputo ancora le buone notizie? ditegliele.

GLOUCESTER: Fu nell'apprenderle che egli si aggravato.

PRINCIPE: Se si è ammalato di gioiaguarirà senza bisogno di medicina.

WARWICK: Non tanto strepitosignori; mio dolce principeparlate pianoil re vostro padre si dispone al sonno.

CLARENCE: Ritiriamoci nell'altra stanza.

WARWICK: Piace a Vostra Grazia di venir con noi?

PRINCIPE: Nostarò qui seduto a vegliare il re. (Escono tutti meno il Principe Enrico) Perché la corona sta qui sul suo guancialeessa che è una compagna così irrequieta? o lucida inquietudine! ansia dorata!

che tieni spalancate le porte del sonno in tante notti di veglia!

Dormi ora con essapur non così profondamente né con tanta intensa dolcezza come chila fronte cinta da rustico cappucciorussa durante l'intera notte. O maestà! quando tu stringi chi t'indossatu pesi come una ricca armatura indossata nel calore del giorno cheproteggendobrucia! Presso le porte del suo respiro v'è una lieve piuma che non si muove: se egli respirassequella leggera e aerea piuma dovrebbe per forza muoversi. Mio grazioso signore! padre mio!

questo sonno è profondo davvero; è quel sonno che ha diviso tanti re inglesi da questo cerchio d'oro. Ciò che ti debbo sono le lagrime e il dolore profondo del mio sangue che naturaamore e tenerezza di figlio ti pagheranno largamente; quello che tu mi devi è questa corona imperiale che viene a me come erede immediato della tua posizione e del tuo sangue. Eccol'ho messa! (Mettendola sul capo) che il cielo la protegga! e se anche tutta la forza del mondo fosse unita nel braccio di un gigantenon mi strapperà questa insegna ereditaria che dopo di te io lascerò ai miei come è stata lasciata a me.

 

(Esce)

 

ENRICO: Warwick! Gloucester! Clarence!

 

(Rientrano WARWICK e gli altri)

 

CLARENCE: Il re chiama?

WARWICK: Cosa desidera Vostra Maestà? come sta Vostra Grazia?

ENRICO: Perché mi lasciate qui solosignori?

CLARENCE: Mio sovranonoi lasciammo qui il principe mio fratello che s'incaricò di restare a vegliarvi.

ENRICO: Il principe di Galles? dov'è? che io lo veda: egli non è qui.

WARWICK: Questa porta è aperta: è uscito di qui.

GLOUCESTER: Non ha traversato la stanza dove eravamo noi.

ENRICO: Dov'è la corona? chi la tolse dal mio guanciale?

WARWICK: Quando ci ritirammomio sovranola lasciammo qui.

ENRICO: Il principe l'ha tolta di qua: andate a cercarlo. Ha tanta fretta da supporre che il mio sonno sia la mia morte? Cercatelomonsignore di Warwickconducetelo qui e rimproveratelo. (Esce Warwick) Questa sua azione si combina con la malattia e l'aiuta a finirmi. Vedetefigliche cosa siete! Con quanta rapidità la natura cade nella ribellione quando l'oro diviene la sua mira! è per questo che i padri sciocchi e troppo solleciti hanno i loro sonni rotti dalle inquietudiniil loro cervello dalle ansiele ossa dalla faticaper questo essi hanno raccolto e ammucchiato i guasti cumuli di un oro conquistato in strano modo; per questo si sono dati pensiero di educare i loro figli nelle arti e negli esercizi guerreschi! quandocome l'ape che coglie da ogni fiore le dolci essenzenoi portiamo all'alveare le nostre cosce cariche di cerale nostre bocche di mieleallora come le api siamo uccisi per le nostre fatiche. Questo è l'amaro sapore che danno al padre morente le fatiche econome della sua vita.

 

(Rientra WARWICK)

 

Dov'è dunque colui che non vuole aspettar che la malattia sua amica abbia deciso di me?

WARWICK: Mio signoreho trovato il principe nella stanza vicina che bagnava le sue guance soavi di tenere lagrimee in tale stato di profondo dolore che al vederlo la tirannideche non si è mai dissetata che di sangueavrebbe lavato il suo pugnale con le dolci stille dei suoi occhi. Eccolo che viene.

ENRICO: Ma perché ha portato via la corona?

 

(Rientra il PRINCIPE ENRICO)

 

Ecco che viene. Vieni qui da meArrigo. Uscite da questa camera e lasciateci qui soli.

 

(Escono ClarenceGloucester e gli altri)

 

PRINCIPE: Non pensavo mai di udirvi ancora parlare.

ENRICO: Il tuo desiderioArrigoè stato padre di quel pensiero: io rimango troppo a lungo presso di teio ti stanco. Tu aneli tanto di avere vuoto il mio trono che vuoi vestirti delle mie insegne prima che l'ora sia matura? o folle giovine! tu vai cercando quella grandezza che ti schiaccerà. Aspetta soltanto un poco; la nube della mia dignità è trattenuta dal cadere a terra da un vento così deboleche presto precipiterà; il mio giorno è già al crepuscolo. Tu hai rubato quello che dopo qualche ora sarebbe stato tuo senza colpa; alla mia morte tu hai confermato quanto io mi aspettavo: la tua vita mi ha reso manifesto che tu non mi amavi e ora vuoi che io muoia con questa certezza. Tu nascondi nei tuoi pensieri mille pugnali che hai affilato sul tuo cuore di pietra per colpire l'ultima mezz'ora della mia vita.

Comenon puoi concedermi una mezz'ora? Va' dunque a scavare tu la mia fossa e ordina alle allegre campane di sonare ai tuoi orecchi che tu sei incoronatonon che io son morto. Che tutte le lagrime che dovrebbero irrorare la mia bara siano gocce di balsamo per santificare il tuo capo; gettami soltanto insieme alla polvere dimenticataabbandona ai vermi chi ti diede la vita. Deponi i miei ufficialispezza i miei decretiè venuto il tempo di deridere ogni decoro:

Enrico Quinto è coronato! in altoo Vanità! a terra ogni dignità regale! tutti voisaggi consiglierivia di qua! alla corte inglese radunatevi adesso da ogni regionescimmie dell'ozio! Orapaesi viciniliberatevi della vostra schiuma! avete qualche briccone che bestemmiabeveballagozzoviglia di notterubauccide e sa commettere i vecchi peccati nel modo più nuovo? State allegricostui non vi darà più molestia: due volte l'Inghilterra coprirà d'oro il suo triplice disdorol'Inghilterra gli darà una posizionel'onoreil potere poiché il quinto Enrico alla frenata licenza toglierà la museruola che la tiene a postoe il cane selvaggio affonderà le sue zanne nella carne di ogni innocente. O povero mio regno malato per i colpi della guerra civile! tu che tutte le mie arti di governo non poterono strappare ai tuoi disordinicosa farai quando il disordine soltanto ti governerà? Tu sarai di nuovo un deserto popolato di lupii tuoi antichi abitanti!

PRINCIPE (inginocchiandosi): Ohperdonatemimio sovrano! se non fossero state le mie lacrimeumido ostacolo alla mia parolaio avrei prevenuto questo acerbo e grave rimprovero prima che il dolore vi avesse fatto parlare e io vi avessi ascoltato fino a questo punto.

Ecco là la vostra corona e Quegli che porta la corona immortale ve la conservi a lungo! Se io l'amo in altro modo che come simbolo del vostro onore e della vostra famach'io non mi alzi più da questa posizioneda questo atteggiamento esteriore di sommissione che il mio rispetto leale e profondo mi comanda di prendere. Dio mi sia testimonio come il cuore mi si agghiacciasse quando entrai qui e non trovai alito di vita in Vostra Maestà! Se io mentolasciatemi allora morire nella mia presente dissipazione e non vivere mai per mostrare al mondo incredulo il nobile cambiamento che io mi sono proposto!

Avvicinandomi a voi e pensandovi morto e quasi morto io stessomio sovranoal pensarvi taleio ho parlato alla corona come se fosse dotata di sentimento e così l'ho rimproverata: "Le ansie che si accompagnano a te si sono nutrite del corpo di mio padreperciò tu che sei il miglior oro ne sei anche il peggiore. Altro oro di meno carati e più prezioso e in bevanda medicinale conserva la vitama tu che sei l'oro più bellopiù onorato e famoso hai divorato chi ti portava". Con queste accuseo mio regale sovranoio l'ho posta sul mio capo per impegnare con leicome con un nemico che avesse ucciso mio padre sotto i miei occhila lotta di legittimo erede Ma se mai essa ha avvelenato di gioia il mio sangue o gonfiato i miei pensieri di un impeto d'orgogliose alcun mio spirito vanitoso o ribelle mi ha mai spinto ad accogliere la sua potenza col pur minimo segno di piacereche Dio la tenga per sempre lontana dal mio capo e faccia di me il più povero vassallo che s'inginocchia davanti a lei con rispetto e terrore!

ENRICO: O figlio mioDio ti mise in mente d toglierla da qui perché tu potessi più facilmente guadagnarti l'amore di tuo padre parlando con tanta saggezza per scusarti. Vieni quiArrigosiedi presso il mio letto e ascoltacredol'ultimo consiglio ch'io potrò mai darti.

Dio safiglio mioper quali sentieri traversi e con quali mezzi indiretti e contorti io venni incontro a questa corona; io stesso so bene di quanta irrequietezza essa cinse il mio capo: scenderà a te con più serenitàpiù rispettata e meglio accolta poiché tutta la lordura del suo acquisto scende nella terra con me. In me sembrava soltanto un onore strappato con mano prepotentee v'erano molti a rinfacciarmi il loro aiuto per guadagnarla; onde nacquero di giorno in giorno conflitti e spargimenti di sangueferendo così una pace fittizia. Tu vedi con quanto pericolo io ho dovuto affrontare tutte queste audaci minacce; tutto il mio regno non è stato che la rappresentazione di questa vicenda. Oggi la mia morte cambia le cose; quello che per me era cosa acquistataviene a te in modo più feliceché tu porti la corona per diritto di successione. Però sebbene tu ti regga più saldo che io non lo fossinon lo sei abbastanzaperché i rancori sono ancora freschi e tutti i miei amiciche tu devi fare tuoi amicihanno appena perduto i loro pungiglioni e i loro denti. Io fui elevato dapprima con il loro pericoloso aiutoe la loro potenza poteva ben farmi temere che sarei stato di nuovo deposto; per evitare questo ne tolsi alcuni di mezzo e ora mi proponevo di condurne un gran numero in Terra Santa per timore che il riposo e la tranquillità potesse far loro indagare troppo da vicino nelle cose del mio governo. Per questoArrigo miosia tua regola di occupare gli spiriti irrequieti in dispute straniere; l'attività portata così fuori dei confini può far dimenticare il ricordo dei giorni passati. Più vorrei direma i miei polmoni sono così esausti che la forza della voce mi viene completamente a mancare. Che Iddio mi perdoni il modo come venni in possesso della mia corona e conceda che essa possa vivere in vera pace con te!

PRINCIPE: Mio grazioso sovranovoi l'avete conquistataportata e mantenuta e ora l'avete data a me; il mio diritto alla successione dev'esser dunque chiaro e legittimo: io saprò tenerla di diritto contro il mondo intiero con vigore più che ordinario.

 

(Entrano GIOVANNI DI LANCASTERWARWICKSignori e altri)

 

ENRICO: Guardateguardateecco che viene il mio Giovanni di Lancaster.

LANCASTER: Salutepace e felicità al mio regale padre!

ENRICO: Tu mi porti la felicità e la pacefiglio Giovannima la saluteahimèè volata via con le sue giovani ali da questo nudo tronco disseccato: ora che ti ho vedutoil mio compito terreno giunge alla fine. Dov'è monsignore di Warwick?

PRINCIPE: Monsignore di Warwick!

ENRICO: L'appartamento dove svenni la prima volta porta un qualche nome particolare?

WARWICK: Si chiama Gerusalemmesire.

ENRICO: Lodi sian rese a Dio! è là che deve finire la mia vita. Mi fu predetto molti anni fa che io non sarei morto che a Gerusalemmeche io vanamente supposi fosse la Terra Santa. Ma portatemi in quella stanza; voglio coricarmi là e in quella GerusalemmeArrigo dovrà morire.

 

(Escono)

 

 

 

ATTO QUINTO

 

SCENA PRIMA - Gloucestershire. La casa di Sommario

(Entrano SOMMARIOFALSTAFFBARDOLFO e il Paggio)

 

SOMMARIO: Perdindirindinamesserenon ve ne andrete stasera. OlàDavydico!

FALSTAFF: Dovete scusarmimastro Roberto Sommario.

SOMMARIO: Non voglio scusarvinon sarete scusatole scuse non saranno ammessenon v'è scusa che tenganon sarete scusato. Ma Davy!

 

(Entra DAVY)

 

DAVY: Eccomessere.

SOMMARIO: DavyDavyDavyvediamoDavy vediamo: giàperbacco; il cuoco Guglielmo? ditegli di venire qui. Sir Giovannivoi non sarete scusato.

DAVY: Perbaccomesserecosì è; quei precetti non si possono eseguiree poimesseresemineremo di frumento la proda del campo?

SOMMARIO: Di frumento rossoDavyMa veniamo al cuoco Guglielmo; non vi sono piccioni giovani?

DAVY: Sìsignore. C'è ora il conto del fabbro per dei ferri di cavallo e ferri d'aratro.

SOMMARIO: Che sia verificato e pagato. Sir Giovanninon sarete scusato.

DAVY: Oramesserebisogna mettere un nuovo anello alla secchia emessereintendete trattenervi parte del salario di Guglielmo per il sacco che perdette l'altro giorno alla fiera di Hinckley?

SOMMARIO: Ne risponderà. Dei piccioniDavy; un paio di galline dalle gambe corteuna coscia di montone e altre piccole leccornie. Ditelo al cuoco Guglielmo.

DAVY: Quell'uomo di guerra passerà qui tutta la nottemessere?

SOMMARIO: SìDavy. Voglio trattarlo bene. Un amico a corte è meglio di un soldo nella borsa. Tratta bene i suoi uominiDavyperché son bricconi matricolati e ci morderanno la schiena.

DAVY: Non più di quanto son morsi loro signoreperché hanno una biancheria meravigliosamente sudicia.

SOMMARIO: Ben dettoDavy. Sbriga le tue faccendeDavy.

DAVY: Vi supplicomesseredi sostenere Guglielmo Visor di Woncot contro Clemente Perkes del colle.

SOMMARIO: Vi sono molte lagnanzeDavycontro quel Visor: quel Visor è un briccone matricolatoper quanto ne so io.

DAVY: Son d'accordo con Vostra Signoria che è un bricconesignore; ma pureDio non vogliamessereche un briccone non abbia protezione a richiesta del suo amico. Un galantuomomessereè in grado di parlare in proprio favore mentre un briccone non lo può. Ho servito Vostra Signoria fedelmente per otto annie se non posso una volta o due per trimestre sostenere un briccone contro un galantuomoio ho pochissimo credito presso Vostra Signoria. Il briccone è mio onesto amicomessereperciò io supplico Vostra signoria di far sì che sia aiutato.

SOMMARIO: Va' làti dico che non gli sarà fatto alcun torto.

SbrigatiDavy. (Esce Davy) Dove sietesir Giovanni? venitevenitevenite; toglietevi gli stivali. Datemi la manomastro Bardolfo.

BARDOLFO: Son contento di vedere Vostra signoria.

SOMMARIO: Ti ringrazio di tutto cuoregentile signor Bardolfo: (al Paggio) e benvenutomio ragazzone. Venitesir Giovanni.

FALSTAFF: Vi seguiròbuon mastro Roberto Sommario. (Esce Sommario) Bardolfobada ai nostri cavalli. (Escono Bardolfo e il Paggio) Se io fossi segato a fettefarei quattro dozzine di tali bastoni d'eremiti barbuti qual è mastro Sommario. E' una cosa meravigliosa vedere la perfetta somiglianza che esiste tra lo spirito della sua gente e il suo: essi osservando lui si comportano come stupidi giudici; lui a forza di conversare con loro si è cambiato in un servo che si dà l'aria di un giudice; i loro spiriti si sono così bene sposati a forza di star sempre in compagnia che s'imbrancano insieme di comune accordo come tante oche selvatiche. Se avessi una richiesta da fare a mastro Sommarioaccarezzerei i suoi uomini con la pretesa di esser un amico del loro padrone; se ai suoi uominiio adulerei mastro Sommario dicendogli che nessuno potrebbe meglio comandare ai suoi servi. E' certo che gli uomini prendono uno dall'altro un saggio contegno o una condotta ignorante così come prendono le malattieperciò gli uomini devono fare attenzione alla compagnia che frequentano. Io caverò da questo Sommario materia sufficiente per far ridere di continuo il principe Enrico per la durata di sei nuove modeciò che equivale a quattro sessioni o a due processied egli riderà senza ferie. Ohcom'è meraviglioso l'effetto che una bugia accompagnata da una leggera bestemmia e uno scherzo a viso serio farà su di un compare che non ha mai avuto dolori alla schiena! Ohlo vedrete ridere finché la sua faccia sarà come un mantello bagnato e mal piegato.

SOMMARIO (dal di dentro): Sir Giovanni!

FALSTAFF: Vengomastro Sommariovengomastro Sommario.

 

(Esce)

 

 

 

SCENA SECONDA - Westminster. Una stanza nel Palazzo

(EntranoseparatamenteWARWICK e il LORD GIUDICE SUPREMO)

 

WARWICK: Ebbenelord Giudice Supremodove andate?

GIUDICE SUPREMO: Come sta il re?

WARWICK: Estremamente bene: tutti i suoi mali sono ora finiti.

GIUDICE SUPREMO: Spero che non sia morto.

WARWICK: Ha seguito il sentiero della natura eper quanto ci concernenon vive più.

GIUDICE SUPREMO: Vorrei che Sua Maestà mi avesse chiamato con sé: i servigi che io gli resi fedelmente durante la sua vita mi hanno lasciato esposto ad ogni offesa.

WARWICK: In verità penso che il giovine re non vi ami.

GIUDICE SUPREMO: So che non mi ama e mi armo per far buon viso ai nuovi tempi che non possono minacciarmi in modo più terribile di quello ch'io mi sono dipinto nella fantasia.

 

(Entrano GIOVANNI DI LANCASTERGLOUCESTERCLARENCEWESTMORELAND ed altri)

 

WARWICK: Ecco venire i figli addolorati del morto Arrigo. O perché mai il vivo Arrigo non ha il carattere del peggiore di questi tre principi! quanti nobili che dovranno ora fuggir le vele davanti ad anime vili non conserverebbero invece le loro posizioni!

GIUDICE SUPREMO: O mio Diotemo che tutto sarà ora sconvolto.

LANCASTER: Buon giornocugino Warwickbuon giorno.

GLOUCESTER e CLARENCE: Buon giornocugino.

LANCASTER: C'incontriamo come uomini che hanno dimenticato la parola.

WARWICK: La ricordiamoma il nostro argomento è troppo doloroso per ammettere lunghe conversazioni.

LANCASTER: La pace sia con lui che ci ha tanto addolorati!

GIUDICE SUPREMO: La pace sia anche con noi per tema che il nostro dolore non aumenti!

GLOUCESTER: O mio buon signorevoi avete perduto davvero un amico eoserei giurareche il dolore che appare sul vostro volto non è preso in prestito ma è sicuramente vostro.

LANCASTER: Benché nessuno sia sicuro del favore che potrà trovarevoi siete nella più desolata aspettativa; ne sono tanto più dispiacente e vorrei che fosse altrimenti.

CLARENCE: Andiamoora dovrete parlare con rispetto a sir Giovanni Falstaffe questo per il vostro carattere è come nuotare contro corrente.

GIUDICE SUPREMO: Amabili principiquello che feci lo feci per onoreguidato dalla imparziale norma della mia coscienzae voi non mi vedrete mai mendicare un perdono sbrindellato e screditato. Se la verità e una limpida coscienza non sono riconosciuteio andrò dal re mio signore che è morto e gli dirò chi mi ha mandato dietro a lui.

WARWICK: Eccoviene il principe.

 

(Entra RE ENRICO QUINTO con seguito)

 

GIUDICE SUPREMO: Buon giorno e Dio protegga Vostra Maestà!

RE: Questo nuovo e splendido mantola maestànon mi riveste così comodamente come voi pensate. Fratellivoi mescolate alquanto timore alla vostra tristezza: questa è la corte d'Inghilterra e non quella di Turchianon è un Amurat che succede a un Amurat ma un Arrigo a un altro Arrigo. Tuttavia siate tristibuoni fratellipoiché per dire la verità la tristezza ben vi si addice e il dolore appare in voi con un aspetto così regale che io voglio adottare devotamente la moda e portarla nel mio cuore. Siate dunque tristima portate la vostra tristezza soltanto come un fardello che è ugualmente imposto a tutti noi. Quanto a meper il cielovi assicuro che sarò vostro padre e vostro fratello insieme; lasciatemi portare il vostro affetto e io porterò le vostre cure. Piangete pure l'Arrigo che è morto e io piangerò con voi; ma vive un Arrigo che cambierà il numero di quelle lagrime in ore di felicità.

LANCASTER: Non speriamo altro dalla Maestà Vostra.

RE: Mi guardate tutti in modo strano: (al Lord Giudice Supremo) e voi più di tutti: siete sicurocredoche io non vi amo.

GIUDICE SUPREMO: Son sicuro che se mi si pesa secondo giustiziaVostra Maestà non ha alcun giusto motivo di odiarmi.

RE: No! come potrebbe un principe di così grandi speranze dimenticare le grosse indegnità che gli faceste? Come! sgridarerimproverare e mandare brutalmente in prigione l'erede presunto al trono d'Inghilterra! vi par facile questo? e può essere lavato nel Lete e dimenticato?

GIUDICE SUPREMO: Io rappresentavo allora la persona di vostro padrel'immagine del suo potere era allora in mee mentre amministravo la sua giustiziaprendendo cura del pubblico benessereVostra Altezza si compiacque dimenticare la mia posizionela maestà e la potenza della legge e della giustizial'immagine del re che io rappresentavoe mi colpiste proprio nel mio seggio di giudicee perciò quale offensore di vostro padre usai audacemente della mia autorità facendovi arrestare. Se questo atto fu colpevoleallora tenete per fortunaora che portate la coronadi avere un figlio che metta in non cale i vostri decretiche rovesci la giustizia del vostro temuto seggio sviando il corso della legge e smussando la spada che custodisce la pace e la sicurezza della vostra personaepeggio ancoradisprezzi la vostra regale immagine facendosi beffa dei vostri atti nella persona di colui che vi rappresenta. Interrogate i vostri reali pensierifate vostro questo casosiate ora il padre e immaginate di avere un figlio; ascoltate la vostra dignità così profanataguardate le vostre temute leggi così malamente disprezzatevedetevi sdegnato da un figlioe poi immaginate me che rappresento la vostra parte einvestito della vostra autoritàreprimo paternamente vostro figlio. Quando avrete freddamente esaminato questo casodate il vostro giudizio su di me e poiché siete redite in nome della vostra autorità cosa io ho fatto che disdica alla mia posizionealla mia persona e alla sovranità del mio signore.

RE: Avete ragionegiudicevoi pesate bene la cosa; perciò tenete ancora la bilancia e la spada; vi auguro che i vostri onori possano crescere finché possiate vedere un figlio mio che vi offenda e vi obbedisca come feci io. E possa io vivere per ripetere le parole di mio padre: "Me felice che ho un uomo così coraggioso che osa far giustizia sul mio proprio figlioe non meno felice di avere un figlio che può consegnare la sua grandezza nelle mani della giustizia!". Voi mi metteste in prigione e io metto in vostra mano la spada senza macchia che siete abituato a portarericordandovi di usarne con lo stesso spirito imparzialeenergico e giusto che mostraste verso di me. Ecco la mia manovoi sarete come un padre per la mia giovinezza:

la mia voce parlerà secondo ciò che voi suggerite al mio orecchioe saprò sottomettere con umiltà la mia volontà alla vostra guida saggia e sperimentata. E oratutti voiprincipicredetemivi scongiuro:

mio padre è sceso dissoluto nella tombapoiché nel suo sepolcro giacciono le mia scapestrataggini e io sopravvivo con il suo spirito grave per deridere le aspettative del mondo e frustrare le profezie distruggendo la guasta opinione che mi ha giudicato secondo le apparenze. L'onda del mio sangue ha finora orgogliosamente seguito un vano corso; ora si rivolge e rifluisce verso il mare dove si mescolerà con il possente oceano scorrendo per l'avvenire con solenne maestà.

Ora convocheremo la nostra alta corte del parlamento e sceglieremo i membri del nobile Consiglio in modo che il grande corpo del nostro Stato potrà stare alla pari con le nazioni meglio governate e la pace o la guerrao tutte e due ad un temposaranno per noi cose conosciute e familiari. (Al Lord Giudice Supremo) In questopadre miovoi avrete la più gran parte. Dopo la nostra incoronazione convocheremocome ho già ricordatotutto il nostro Consiglioe se Dio vorrà esaudire le mie buone intenzioninessun principe né pari avrà giusto motivo di dire: Iddio abbrevi la felice vita di Arrigo di un sol giorno.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA TERZA - Gloucestershire. Il verziere di Sommario

(Entrano FALSTAFFSOMMARIOSILENZIOBARDOLFOil Paggio e DAVY)

 

SOMMARIO: Viadovete vedere il mio verziere dove sotto un pergolato ci vogliam mangiare una mela renetta dell'anno scorso proprio innestata da mee insieme un piatto di semi d'anice e altre coserelle - venitecugino Silenzio - e poi a letto.

FALSTAFF: Perdioavete qui una bella e ricca dimora.

SOMMARIO: Poverapoverapoveratutti miserabilimiserabili tuttisir Giovanniperò aria buona. Metti la tovagliaDavymetti la tovagliaDavy; benissimoDavy.

FALSTAFF: Questo Davy vi rende buoni serviziè il vostro valletto e il vostro fattore.

SOMMARIO: Un buon vallettoun buon vallettoun buonissimo vallettosir Giovanni... per la messa! ho bevuto troppo vin di Spagna a cena...

un buon valletto. Ora accomodateviora accomodatevivenitecugino.

SILENZIO: Ah! bricconedisse lui noi... (Canta) Non farem che mangiare e far cagnarae lodar Dio per l'annata rarache la carne rinvilia e la donna rincarae i bei giovanotti folleggiano a garacosì allegramente e sempre così allegramente!

FALSTAFF: Ecco un cuore allegro! Buon mastro Silenziovi farò ora un brindisi per questa canzone.

SOMMARIO: Date del vino a mastro BardolfoDavy.

DAVY: Mio caro signoresedeteverrò subito da voi; mio carissimo signoresedete. Mastro paggiobuon mastro paggiosedete. (Bardolfo e il Paggio siedono a un'altra tavola) Prosit! quello che vi mancherà di carne vi daremo in bevandadovete scusarciil cuore è tutto.

 

(Esce)

 

SOMMARIO: State allegrosignor Bardolfoe voi costìsoldatino miostate allegro.

SILENZIO (canta):

Allegriallegrimia moglie ha ogni cosa; ché la donna è bisbeticapiccola o grossaallegra è la sala ove ogni barba è mossae ben venga il carnevaleallegriallegri state!

FALSTAFF: Non credevo che mastro Silenzio fosse un uomo di questa tempra.

SILENZIO: Chiio? sono stato allegro una volta o due anche prima d'ora.

 

(Rientra DAVY)

 

DAVY: C'è un piatto di mele ruggine per voi (Mettendole davanti a Bardolfo)

SOMMARIO: Davy!

DAVY: Vostra Signoria? Son subito da voi. (A Bardolfo) Un bicchiere di vinomessere?

SILENZIO (canta):

Un bicchier di vino frizzante e chiaro io lo bevo all'amor mio carocuor contento cent'anni camperà!

FALSTAFF: Ben dettomastro Silenzio.

SILENZIO: Vogliamo stare allegriora vien la dolcezza della sera.

FALSTAFF: Salute e lunga vita a voimastro Silenzio.

SILENZIO (canta):

Riempite il nappo e passatelo in tondoio lo brindo a voifosse un miglio profondo.

SOMMARIO: Onesto Bardolfosiete benvenuto: se ti occorre qualche cosa e non la chiedi la colpa è tutta tua. Benvenutomio piccolo ladruncolo (al Paggio)benvenuto davvero. Berrò alla salute di mastro Bardolfo e di tutti i caballeros di Londra.

DAVY: Spero una volta di vedere Londra prima di morire.

BARDOLFO: Se potessi vedervi làDavy!...

SOMMARIO: Per la messa! tracannerete una foglietta insiemeeh! non è cosìmastro Bardolfo?

BARDOLFO: Sìsignoree in un gran boccale.

SOMMARIO: Per Iddio! ti ringrazioil briccone si attaccherà a tete lo assicuro; non ti deluderàè di buona razza.

BARDOLFO: E io mi attaccherò a lui messere.

SOMMARIO: Ecco! così parlò un re. Non vi fate mancar nullastate allegri.

(Si sente bussare) Guardate chi è là alla porta! olà chi bussa?

 

(Esce Davy)

 

FALSTAFF (a Silenzio che tracanna un boccale): Eccomi avete restituito il brindisi.

SILENZIO (canta):

Brindami il tuo bicchieree fammi cavaliereSamingo...

Non è così?

FALSTAFF: E' così.

SILENZIO: E' così? Ma allora dite che un vecchio può far qualche cosa.

 

(Rientra DAVY)

 

DAVY: Piaccia a Vostra Signoriac'è un certo Pistola che è venuto dalla corte con notizie.

FALSTAFF: Dalla corte! che entri pure.

 

(Entra PISTOLA)

 

EbbenePistola?

PISTOLA: Sir Giovanniche Dio vi benedica!

FALSTAFF: Che vento ti ha portato quiPistola?

PISTOLA: Non quel cattivo vento che non porta bene a nessuno. Dolce cavalieretu sei ora uno dei più grandi uomini del reame.

SILENZIO: Per Nostra Donna! credo che egli lo sia veramentese si eccettua quel buon uomo di Puff di Barson.

PISTOLA: Puff! ripigliati il tuo Puff tra i denticodardo e vile rinnegato! sir Giovanniio sono il tuo Pistola e tuo amicoe sono venuto qui da te a cavallo a rompicollo e ti porto notizie e fortunose gioie ed aurei tempi e felici e preziose novelle.

FALSTAFF: Ti prego ora di darmele nella lingua di un uomo di questo mondo.

PISTOLA: Alla malora il mondo e i vili mondani! io parlo dell'Africa e di auree letizie.

FALSTAFF: O vile cavaliere assiro quali notizie porti? che il re Cofetua sappia ciò che c'è di vero.

SILENZIO (canta):

E Robin HoodScarlatto e Gianni.

PISTOLA: Dei cagnacci da concimaia si misureranno con gli Eliconi? e le buone notizie saranno disprezzate? AlloraPistolaponi il tuo capo nel grembo delle Furie.

SOMMARIO: Onesto signorenon so di che razza siete.

PISTOLA: Allora hai ben donde dolerti.

SOMMARIO: Vi chiedo perdonomessere; semesserevoi venite con notizie dalla corteio ritengo che non vi siano che due modi: o le dite o le nascondete. Io homessereuna posizione di qualche autorità sotto il re.

PISTOLA: Sotto qual resaccardo? parla o muori.

SOMMARIO: Sotto re Enrico.

PISTOLA: Enrico Quarto o Quinto?

SOMMARIO: Enrico Quarto.

PISTOLA: Un corno per il tuo posto! sir Giovanniil tuo dolce agnellino è ora re: Enrico Quinto è l'uomo. Dico la verità: se Pistola mentefammi così; fammi le fiche come un vantatore spagnolo.

FALSTAFF: Come! il vecchio re è morto?

PISTOLA: Come un chiodo nella porta: le cose che dico sono giuste.

FALSTAFF: AvantiBardolfo! sella il mio cavallo. Mastro Roberto Sommarioscegli il posto che tu vuoi in questo regno ed è tuo.

Pistoiati affogherò di onori.

BARDOLFO: O giorno felice! non vorrei il titolo di cavaliere per la mia fortuna.

PISTOLA: E che! non ho portato buone notizie?

FALSTAFF: Portate mastro Silenzio a letto. Mastro Sommariomilord Sommariosii quello che vuoiio sono il castaldo della fortuna. O caro Pistola! AndiamoBardolfo. (Esce Bardolfo) Vieni Pistoladammi altre notizie e pensa anche a qualche cosa che ti possa giovare. Gli stivaligli stivalimastro Sommario; so che il giovane re sospira per me. Prendiamo i cavalli di chi si sia; le leggi d'Inghilterra sono ai miei ordini. Beati coloro che sono stati miei amici e guai al lord Giudice Supremo!

PISTOLA: Che i vili avvoltoi gli aggranfino anche i polmoni! "Dov'è la vita che menavo prima?" dicono essi: ebbeneeccola qui. Salute a questi piacevoli giorni!

 

(Escono)

 

 

 

SCENA QUARTA - Londra. Una strada

(Entrano dei Birri che trascinano l'Ostessa FAPRESTO e DORA SQUARCIALENZUOLA)

 

OSTESSA: Nobriccone matricolato; volesse Iddio che io morissi per poterti fare impiccare: mi hai slogato una spalla.

PRIMO BIRRO: I caporali me l'hanno consegnata ed essa sarà frustata pel dì delle festeglielo garantisco. E' stato ucciso un uomo o due di recente in casa sua.

DORA: Aguzzinoaguzzinomentite! Vieni viate lo dirò io che cosadannato briccone dal viso di trippa. Se il bambino che porto nasce male sarebbe meglio tu avessi battuto tua madrebirbante dal viso di cartapecora.

OSTESSA: O signorese sir Giovanni fosse venuto! avrebbe fatto di questa una giornata di sangue per qualcuno. Ma prego Iddio che il frutto delle sue viscere nasca prima del tempo!

PRIMO BIRRO: In questo caso voi avrete di nuovo una dozzina di cuscini; ora ne avete soltanto undici. Andiamovi ordino di venire tutte e due con me poiché l'uomo che voi e Pistola avete bastonato è morto.

DORA: Ve lo dirò ioomiciattolo stampato in rilievo su di un incensiere; vi farò frustare sonoramente per questobriccone in veste turchina. Sozzo boia morto di fame! Se non sarai frustato non porterò più sottane!

PRIMO BIRRO: Venitevenitecavaliera errantevenite.

OSTESSA: O Dioche il diritto debba così sopraffare la forza! Benedalla sofferenza viene il benessere.

DORA: Venitebirboneveniteportatemi da un giudice.

OSTESSA: Sìvenitesegugio affamato!

DORA: Compare morte secca! compare stinco di morto!

OSTESSA: Scheretro che sei!

DORA: Vienitisichellovienibriccone.

PRIMO BIRRO: Benebene.

 

(Escono)

 

 

 

SCENA QUINTA - Una piazza vicino all'Abbazia di Westminster

(Entrano tre Valletti che stendono delle stuoie)

 

PRIMO VALLETTO: Altre stuoiealtre stuoie!

SECONDO VALLETTO: Le trombe hanno sonato due volte TERZO VALLETTO: Saranno le dueprima che tornino dalla incoronazione.

PRIMO VALLETTO: Su prestopresto!

 

(Escono i Valletti)

(Entrano FALSTAFFSOMMARIOPISTOLA BARDOLFO e il Paggio)

 

FALSTAFF: State qui accanto a memastro Roberto Sommario; voglio che il re vi prenda in favore. Gli farò cenno con l'occhio quando passae notate soltanto la faccia che mi farà.

PISTOLA: Dio benedica i tuoi polmonibuon cavaliere.

FALSTAFF: Vieni quaPistola: sta' dietro a me. (A Sommario) Ohse avessi avuto tempo di farmi fare delle livree nuoveavrei speso le mille sterline che ho preso in prestito da voi. Ma non importaquesto povero equipaggio starà meglio; mostra lo zelo che avevo di vederlo.

SOMMARIO: Proprio così.

FALSTAFF: Mostra la serietà del mio affetto...

SOMMARIO: Proprio così.

FALSTAFF: La mia devozione...

SOMMARIO: Proprio cosìproprio cosìproprio così.

FALSTAFF: Apparirà che ho cavalcato giorno e notte senza rifletteresenza ricordar nullasenza neanche aver agio di cambiarmi...

SOMMARIO: E' più che sicuro.

FALSTAFF: Per trovarmi qui tutto sudicio del viaggiotutto sudato per il desiderio di vederlosenza pensare ad altrodimenticando ogni altro affarecome se non vi fosse altra cosa al mondo da fare che veder lui.

PISTOLA: E' "semper idem"ché "obsque hoc nihil est": è tutto in ogni parte.

SOMMARIO: Proprio così davvero.

PISTOLA: Mio cavaliereinfiammerò il tuo nobile fegato e ti farò montar sulle furie; la tua Doral'Elena dei tuoi nobili pensieriè in vile prigioniain un contagioso carceretrascinata là da mano mercenaria e sozza. Sveglia la vendetta dalla negra spelonca col serpente della crudele Alettopoiché Dora è rinchiusa. Pistola non dice che la verità.

FALSTAFF: La libererò.

 

(Grida e suono di trombedi dentro)

 

PISTOLA: Ecco che rugge il mare ed echeggia il clangor delle trombe.

 

(Entra RE ENRICO QUINTO e il suo Seguito)

 

FALSTAFF: Dio protegga Tua Graziare Righettomio regale Righetto.

PISTOLA: Che i cieli ti proteggano e ti preservinoregale rampollo della fama!

FALSTAFF: Dio ti proteggamio dolce fanciullo!

RE: Lord Giudice Supremoparlate a quell'uomo vanitoso.

GIUDICE SUPREMO: Avete il cervello a posto? sapete a chi parlate?

FALSTAFF: Mio re! mio Giove! parlo a tecuor mio!

RE: Non ti conoscovecchio; di' le tue preghiere! come mal si addicono i capelli bianchi a uno sciocco e buffone! Ho a lungo sognato di un simile uomocosì gonfio di grassocosì vecchio e così sboccatoma ora che sono destodisprezzo il mio sogno. D'ora in poi tratta meno bene il tuo corpo e meglio la tua virtùrinuncia alla ghiottoneriasappi che la fossa si spalanca per te tre volte più grande che per gli altri uomini. Non mi rispondere con uno scherzo da scemo: non presumere che io sia quello che eroperché sa Iddio e se ne accorgerà il mondoche mi sono tolto di dosso quello che ero prima e così farò di quelli che mi tenevano compagnia. Quando tu sentirai dire che sono ancora quello che erovieni da me e sarai di nuovo quello che fosti: il precettore e l'alimentatore dei miei disordini.

Fino allora io ti bandiscosotto pena di mortea dieci miglia di distanza dalla nostra personacosì come ho fatto per gli altri miei traviatori. Vi accorderemo i mezzi per vivere affinché la mancanza di mezzi non vi spinga al mal faree quando sentiremo che vi siete emendatinoi vi daremo promozione secondo la vostra capacità e il vostro merito. Sia vostro compitomio signoredi fare eseguire il tenore delle nostre parole. Andiamo.

 

(Esce il Re e il suo Seguito)

 

FALSTAFF: Mastro Sommariovi debbo mille sterline.

SOMMARIO: Sìperbaccosir Giovannie vi prego di farmele portare a casa con me.

FALSTAFF: Sarà assai difficilemastro Sommario. Non vi affliggete per questomi manderà a chiamare perché vada da lui in privato. Vedeteegli deve apparire così davanti al mondo; non temete per la vostra promozione; io sarò sempre l'uomo che vi farà grande.

SOMMARIO: Non so concepire comea meno che non mi diate il vostro farsetto e mi imbottiate di paglia. Vi pregobuon sir Giovannifatemi avere cinquecento delle mie mille sterline.

FALSTAFF: Signoreterrò la mia parola. Ciò che avete udito non era che un colore.

SOMMARIO: Un coloresir Giovanninel quale ho paura che sarete intinto ed estinto.

FALSTAFF: Non abbiate paura dei colori; venite con me a pranzo.

Andiamoluogotenente PistolaveniteBardolfomi manderanno a chiamare presto stasera.

 

(Rientra GIOVANNI DI LANCASTERil Lord GIUDICE SUPREMOUfficialieccetera)

 

GIUDICE SUPREMO: Andateconducete sir Giovanni Falstaff alla prigione della Flotta e con lui tutta la sua compagnia.

FALSTAFF: Mio signore! mio signore!...

GIUDICE SUPREMO: Non posso parlarvi adesso: vi ascolterò tra poco.

Conduceteli via.

PISTOLA: "Se fortuna mi tormentala speranza mi contenta".

 

(Escono FalstaffSommarioPistolaBardolfoil Paggio e Ufficiali)

 

LANCASTER: Mi è piaciuto molto questo onesto procedimento del re: egli intende che i suoi compagni abituali siano molto ben provvisti di denaroma son tutti banditi finché non abbian dato alla loro condotta più saggezza e moderazione.

GIUDICE SUPREMO: Così è.

LANCASTER: Il re ha convocato il suo parlamentomio signore.

GIUDICE SUPREMO: Lo ha convocato.

LANCASTER: Scommetterei che prima che finisca l'anno noi porteremo le spade delle nostre guerre civili e il nostro fuoco nativo fino in Francia. Udii un uccello che cantava così e la sua musicami parvepiacque al re. Andiamovolete venire?

 

(Escono)

 

 

 

EPILOGO - Detto da un Ballerino

 

Prima il mio timorepoi il mio inchino e infine il mio discorso. Il mio timore è di dispiacervi il mio inchino è mio doveree il mio discorso è per chiedere il vostro perdono. Se vi aspettate ora un buon discorsovoi mi rovinateperché quello che ho da dire è di mia propria fatturae quello che in verità vi dirò sarà tuttone dubitoa mio danno. Ma veniamo al fatto e affrontiamo il rischio. Sia a vostra conoscenzae lo e benissimoche io fui qui di recente alla fine di un dramma spiacevole per pregarvi di aver pazienza per questo e promettervene uno migliore. Avevo davvero intenzione di pagarvi con questoma secome una cattiva speculazionefa fiascoio fallisco e voimiei gentili creditoriperdete. Vi avevo promesso che sarei venuto qui e qui affido la mia persona alla vostra clemenza: fate un qualche ribasso e vi pagherò parte del debito ecome tanti debitorivi farò promesse all'infinito.

Se la mia lingua non può decidervi a perdonarmivolete comandarmi di far uso delle mie gambe? eppure sarebbe pagarvi con leggerezzasottrarmi al debito danzando. Ma una buona coscienza vuol dare ogni soddisfazione possibilee così vuo' far io. Tutte le signore qui mi hanno perdonato; se i signori non mi perdonerannoallora i signori non vanno d'accordo con le signoreil che non fu mai veduto prima in una simile assemblea.

Un'altra parolavi scongiuro. Se non siete ancora troppo sazi di carne grassail nostro umile autore continuerà la storia con sir Giovanni e vi divertirà con la bella Caterina di Francia; e in questa storia Falstaff morrà per una sudataa meno che non sia già stato ucciso dalla vostra cattiva opinioneperché Oldcastle morì martirema questo non è lo stesso uomo.

La mia lingua è stanca; quando anche le mie gambe lo sarannovi darò la buona notte e così m'inginocchio davanti a voimaveramenteper pregare per la regina.




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