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Oscar Wilde
IL FANTASMA DI CANTERVILLE
e
IL DELITTO DI LORD ARTHUR SAVILE
IL FANTASMA DI CANTERVILLE
Quando Mister Hiram B. Otisministro degli Stati Unitiacquistò Canterville Chasetutti gli dissero che commetteva una grande sciocchezzapoiché non vi era dubbio di sorta che l'intera località non fosse letteralmente infestata dagli spiriti. Lo stesso lord Cantervillepersona scrupolosissima in materia d'onoresi era sentito in dovere di fargli presente la realtà dei fattiquando si trovarono per discutere le condizioni di vendita.
"Neppure noi abbiamo più avuto il coraggio di abitarvi spiegò lord Canterville da quando la mia proziala vecchia duchessa di Boltonsi spaventò in modo tale che le prese un attacco di nervi dal quale non si riebbe mai completamenteper colpa di due mani scheletriche che le si posarono sulle spalle mentre si stava vestendo per scendere a pranzo. Mi sento tenuto a precisarlemister Otische il fantasma è stato visto da diversi membri della mia famiglia tuttora viventicome pure dal rettore della parrocchiail reverendo Augustus Dampierche è membro del King's College di Cambridge. Dopo il disgraziato incidente toccato alla duchessanessuna delle domestiche giovani volle più restare al nostro servizioe persino lady Canterville stentava a prendere sonnola nottea causa dei misteriosi rumori che provenivano dal corridoio e dalla biblioteca".
"Mio egregio lord fu la risposta del ministro sono disposto a comprare in un solo blocco suppellettili e fantasma. Io sono nato in un paese moderno dove col denaro si può acquistare tuttoe con i nostri intraprendenti giovani che dipingono di rosso il vostro vecchio mondoe vi soffiano via le vostre migliori attrici e le vostre primedonnesono certo che se in Europa esistesse davvero uno spettroce lo saremmo portato a casa nostra già da un pezzo e lo avremmo collocato in bella mostra in qualche museo o in qualche baraccone da fiera".
"Ho il convincimento che il fantasma esista realmente replicò lord Canterville sorridendo per quanto può dirsi che abbia resistito alle offerte dei vostri dinamici impresari. E' noto da tre secolianzi dal 1584per essere esattie non manca mai di fare la sua comparsa prima della morte di un membro della nostra famiglia".
"Be'in quanto a questo non è da meno del medico di casalord Canterville. Ma io le dico che roba similecome spettri e fantasminon esistee non credo che le leggi della natura subiscano speciali alterazioni per riguardo all'aristocrazia britannica".
"Certo in America siete tutti estremamente pratici" rispose lord Canterville che non aveva pienamente afferrato il senso dell'ultima frase detta da Mister Otise se non le importa di avere uno spettro in casa, per me fa lo stesso. Però la prego di tenere presente che io l'ho avvertita.
Poche settimane dopo questo colloquio la compravendita del castello fu perfezionatae al termine della stagione il ministro e la sua famiglia andarono a stabilirsi a Canterville Chase. Miss Otisquando era la signorina Lucrezia R. Tappandella Cinquantatreesima Strada Ovestera stata una famosa bellezza nuovayorkese; ora era un'avvenente donna di mezza etàcon due occhi magnifici e un profilo superbo. Molte signore americanenon appena abbandonano il loro paese nataleadottano un'apparenza di semi-infermità cronicaforse ritenendo che ciò sia una forma di raffinatezza europea: Miss Otis non era mai caduta in questo errore. Godeva di una salute di ferro e possedeva una vera miniera di meravigliosi istinti animali. A dire il verosotto molti punti di vista poteva essere scambiata per una inglese autenticacostituiva un fulgido esempio del fatto che noi in realtà abbiamo tutto in comune con gli americanifuorché naturalmente il linguaggio. Suo figlio maggiorebattezzato Washington dai genitori in un momento di patriottismo di cui egli non cessò mai di rammaricarsiera un ragazzo biondomica male fisicamenteche si era fatto strada nella diplomazia americana ballando i valzer tedeschi per tre stagioni consecutive al Casinò di Newported anche a Londra era ben noto come ottimo ballerino. Le sue sole debolezze erano le gardenie e i titoli nobiliari. Per il restoera un ragazzo di grande buon senso. Miss Virginia E. Otis era una ragazzina di quindici annigraziosa e fragile come una cerbiattacon una bella espressione di sicurezza e d'indipendenza nei grandi occhi azzurri. Era una meravigliosa amazzonee aveva corso due volte in gara con lord Bolton attorno al parcosuperandolo di una lunghezza e mezzaproprio di fronte alla statua di Achillee suscitando un entusiasmo indescrivibile nel giovane duca di Cheshireche le si era dichiarato seduta stante ed era stato rimandato a Eton quella sera stessa dai suoi tutoriin un torrente di lacrime. Dopo Virginia venivano i gemellisoprannominati di solito "Stelle e Strisce" per la rapidità vertiginosa dei loro movimenti. Erano due ragazzi simpaticissimi econ la sola eccezione del degno ministroi soli veri repubblicani della famiglia.
Poiché Canterville Chase dista sette miglia da Ascotche è la stazione ferroviaria più vicinaMister Otis aveva telegrafato perché venissero a prenderli con una giardinierae tutta la famiglia si accomodò di ottimo umore sui sediliper la breve scarrozzata. Era una deliziosa sera di giugno e l'aria era fragrante del profumo acuto dei pini. Di quando in quando si udiva il dolce richiamo del colombo selvatico o si intravvedevaaffondato tra le felci frusciantiil petto dorato di un fagiano.
Gli scoiattoli occhieggiavano incuriositi al loro passaggio dall'alto dei faggie i conigli scutrettolavano via per il sottobosco e su per i poggi erbosile candide code all'aria.
Non appena gli Otis ebbero imboccato il viale di Canterville Chaseil cielo si coprì improvvisamente di nuvole foscheuna strana immobilità parve imprigionare l'ariaun gran volo di corvi passò silenzioso sul loro capo e prima che raggiungessero la dimora grosse gocce di pioggia incominciarono a cadere.
A riceverli sulla soglia del castello trovarono una vecchia donna vestita lindamente di seta neracon una cuffia e un grembiule bianco. Era la signora Umneyla governante che Mister Otis aveva acconsentito a tenere al proprio servizio per espressa richiesta di lady Canterville. La signora Umney fece a ciascuno un profondo inchino mentre scendevano di vettura e disse loro con un garbo compito e antiquato: "Vi auguro il benvenuto a Canterville Chase".
Seguendo i suoi passii membri della famiglia Otis passarono dal bel vestibolo in stile Tudor nella biblioteca che era una sala lunga e bassa rivestita di quercia neraall'estremità della quale si trovava una grande finestra istoriata. Il tè era già apparecchiato su un tavolino e quellidopo essersi tolti gli spolverini da viaggiopresero a guardarsi intornomentre la signora Umney si occupava di loro.
A un tratto la signora Otis notò una macchia di colore rosso opaco che imbrattava il pavimento proprio vicino al caminetto esenza rendersi minimamente conto di quel che in realtà significassel'additò alla signora Umney soggiungendo: "Credo che laggiù sia stato versato qualcosa".
"Infatti signora rispose la vecchia governante sottovoce è stato versato del sanguein quel punto".
"Che orrore!" gridò la signora Otis. "Non mi piace affatto che ci siano macchie di sangue in un salotto: bisogna farla togliere immediatamente".
La vecchia sorrise e disse con lo stesso tono di voce basso e misterioso: "E' il sangue di lady Eleonore de Cantervilleche fu assassinata in quel punto preciso dal proprio maritosir Simon de Cantervillenel 1575. Sir Simon le sopravvisse di nove anni e poi scomparve subitamente in circostanze assai misteriose. Il suo corpo non è mai stato rinvenutoma il suo spirito peccatore vaga tuttora per il castello. La macchia di sangue è stata sempre molto ammirata da turisti e visitatorie non è possibile toglierla".
"Quante storie" gridò Washington Otis. "Il Super Smacchiatore e Detersivo Incomparabile Pinkerton la farà sparire in due secondi"e prima che la governanteterrorizzataavesse il tempo di aprire boccail giovanotto era già per terra e stava fregando energicamente il pavimento con un bastoncino che pareva una specie di cosmetico nero. Effettivamentepochi istanti dopoogni traccia di sangue era scomparsa.
"Ero sicuro che il Pinkerton avrebbe dato un risultato immediato" esclamò il giovane trionfantelanciando occhiate di soddisfazione ai congiunti che lo guardavano ammirati; ma aveva appena proferite queste parole che un tremendo guizzo di folgore luccicò nella sala buia e un pauroso scoppio di tuono li fece balzare in piedi; la signora Umney svenne.
"Che clima spaventoso" osservò calmo il ministroaccendendosi un lungo sigaro. "Credo dipenda dall'eccesso di popolazione che affligge il vecchio continente e non permette una distribuzione uniforme per tutti i fenomeni atmosferici. Io sono sempre stato del parere che soltanto l'emigrazione può rimettere in sesto l'Inghilterra".
"Mio caro Hiram esclamò la moglie che cosa ce ne facciamo di una donna che sviene alla minima sciocchezza?".
"Trattieniglielo sullo stipendio come faresti per qualche rottura le rispose il ministro vedrai che non svenirà piùd'ora in poi". E infatti di lì a pochi istanti la signora Umney si riebbe di colpo. La povera donna era indubbiamente fuori di sée con rotte parole supplicò il signor Otis di stare in guardiache qualche guaio grosso si preparava a colpire il castello.
"Ho visto cose terribili con questi miei poveri occhisignore; cose che farebbero rizzare i capelli in testa ad ogni buon cristiano. E quante notti insonni ho passato per i fenomeni spaventosi che si verificano in questa casa!".
Sia Mister Otis che sua moglie rassicurarono la brava donna che essi non avevano nessunissima paura degli spettricosicché dopo aver invocato le benedizioni della Provvidenza sui suoi nuovi padroni ed essersi messa d'accordo con loro per un aumento di salariola vecchia governante si ritirò a passi barcollanti nella propria camera.
Il temporale imperversò furioso tutta la nottema non accadde nulla di notevole. La mattina seguentetuttaviaquando scesero per la prima colazionetrovarono che la spaventosa macchia di sangue era ricomparsa sul pavimento. "Non credo possa essere colpa del Super Detersivo osservò Washington perché l'ho provato con tutto e mi ha sempre dato risultati perfetti. Dev'essere stato il fantasma". Di conseguenza fregò via la macchia una seconda voltama ecco che la seconda mattina era comparsa di nuovo. E ci fu anche la terza mattinabenché la biblioteca fosse stata chiusa a chiave la notte da Mister Otis in personail quale aveva poi portato via la chiave con sé. Tutta la famiglia cominciava ormai a interessarsi seriamente alla faccenda: a Mister Otis venne il sospetto di essere stato forse un po' troppo dogmatico nel negare l'esistenza di fantasmiMiss Otis espresse l'intenzione di farsi socia dell'Associazione Psichicae Washington stilò una lunga lettera per i signori Myers & Pomodore sulla permanenza delle macchie sanguigne allorché queste siano connesse con qualche delitto. Quella notte ogni dubbio intorno all'effettiva esistenza dei fantasmi fu dissipato per sempre.
Il giorno era stato caldo e soleggiato e quandoverso seral'aria rinfrescòla famiglia Otis uscì in massa per una scarrozzata. Non rincasarono che alle novee consumarono un pasto leggero. Durante la conversazione non fu fatto il benché minimo accenno a spettri e fantasmidi modo che mancavano anche quelle condizioni primarie di attesa ricettiva che spesso precedono il verificarsi di fenomeni psichici. Come mi narrò in seguito Mister Otisil discorso cadde su quegli argomenti che formano di solito il nocciolo della conversazione tra gli americani colti delle classi superioricome ad esempio l'enorme superioritàquale attricedella signorina Fanny Davenport al confronto di Sarah Bernhardt; la difficoltà di trovare granoturco acerbofocacce di sorgo e pannocchie bollite nel latte anche nelle migliori case inglesi; l'importanza di Boston sullo sviluppo dell'anima universale; i vantaggi del bagaglio assicurato nei viaggi per ferroviae la dolcezza dell'accento di Nuova York in paragone alla pronuncia strascicata dei londinesi. Non si parlò neppure lontanamente di cose soprannaturali e tanto meno fu fatta alcuna allusione a sir Simon de Canterville. Alle undici la famiglia si ritirò e alle undici e mezzo tutte le luci erano spente. Poco tempo dopo Mister Otis venne però risvegliato da un curioso rumore che proveniva dal corridoioproprio davanti all'uscio di camera sua. Risuonava come uno stridore di metallo che pareva farsi sempre più vicino ad ogni istante. Il ministro si alzò senza indugiaccese un fiammifero e guardò l'orologio. Era l'una esatta. Si sentiva calmissimoe si tastò il polso per accertarsi di non essere febbricitante. Lo strano rumore continuavaaccompagnato ora da un distinto strascicare di passi. Il ministro s'infilò le pantofoletolse dal cassetto del tavolino da notte una minuscola fiala di forma oblungae aprì la porta. Diritto davanti a sé vide ergersinell'esangue luce lunareun uomo dall'aspetto spaventoso. Aveva gli occhi rossi come due carboni ardenti: lunghi capelli grigi gli ricadevano per le spalle in ciocche incoltee le vestidi foggia anticaerano tutte lacere e imbrattate; dai polsi e dalle caviglieinfinegli pendevano pesanti manette e ceppi arrugginiti.
"Egregio signore incominciò Mister Otis sono costretto a pregarla di oliare un po' come si deve quelle sue catenee le ho portato a questo scopo una bottiglietta di Lubrificante Solare Tammany. Me lo hanno garantito efficacissimo fin dalla prima applicazionee potrà leggere parecchie testimonianze AD HOCriportate sul foglietto di propagandada parte di alcuni tra i nostri più eminenti teologi. Glielo lascio qui per suo uso accanto alle candele della camera da lettoe sarò felicissimo di fornirgliene dell'altroqualora ne avesse bisogno".
Con queste paroleil ministro degli Stati Uniti posò la bottiglietta su un tavolo di marmochiuse la porta e si ritirò a riposare.
Per un attimo il fantasma di Canterville rimase letteralmente paralizzato dallo sdegno; quindidopo aver gettato con violenza la fiala sul lucido pavimentosvolazzò per il corridoio gemendo cupamente ed emanando una verde luce spettrale. Proprio nel momento in cui giungeva al sommo della grande scalinata di querciaecco che un uscio si spalancò lasciando intravvedere sulla soglia due figure biancovestitee un grosso guanciale passò sibilando ad un pelo della sua testa. Non c'era evidentemente tempo da perdere; perciò adottando in tutta fretta la quarta dimensione come unica via di scampolo spettro svanì attraverso il rivestimento di legno della pareterestituendo alla casa quiete e silenzio.
Come ebbe raggiunta una piccola stanza segretanell'ala sinistra del castellosi appoggiò a un raggio di luna onde riprendere fiato e incominciò a riflettere sulla propria situazione. Maimainella sua brillante ed ininterrotta carriera tricentenariaegli era stato così grossolanamente insultato. Ripensò alla vecchia duchessa da lui spaventata al punto di farla cadere in un attacco istericomentre si ammirava davanti allo specchio nei suoi pizzi e nei suoi diamanti: pensò alle quattro cameriere che aveva fatto uscire di sennosemplicemente sghignazzando alle loro spalle da dietro le tendine del guardaroba. Ripensò al Rettore della parrocchia al quale aveva spento la candela una notte che usciva tardi dalla bibliotecae che da quella volta aveva dovuto essere affidato alle cure di sir William Gulldivenuto com'era un misero esseresempre in preda a gravissime turbe nervose. E che dire della vecchia signora de Trémouillac la quale essendosi svegliata presto un mattino e avendo visto uno scheletro seduto in poltrona accanto al caminettointento a leggere il suo diarioera stata costretta a letto per ben sei settimane da un attacco di febbre cerebralee non appena ristabilita si era riconciliata con la Chiesa e aveva rotto ogni rapporto con quel noto scettico che era il signor Voltaire. Ripensò alla notte da tregenda in cui il malvagio lord Canterville fu trovato rantolante nel proprio spogliatoiocon il fante di quadri mezzo infilato nella golae confessò sul punto di morire di aver sottratto a Charles Fox cinquantamila sterline al Casinò di Crockfordprecisamente grazie a quella cartae giurò che era stato il fantasma a fargliela ingoiare.
Le sue grandi imprese gli tornarono tutte alla mente; dal maggiordomo che si era ucciso nella dispensa con un colpo di pistola per aver visto una mano verde battere contro i vetri della finestraalla bellissima lady Stutfieldcostretta a portare sempre annodato al collo un nastro di velluto nero per nascondervi l'impronta che cinque dita di fuoco le avevano lasciato sulla candida pellee che alla fine si era annegata nello stagno delle carpein fondo al Viale del Re. Con l'egotismo entusiastico dell'artista natoriandò col pensiero alle sue trasformazioni più famose e sorrise amaramente tra sérammentando la sua ultima apparizione sotto le spoglie di "Ruben il Rosso"ovvero "L'Infante Strangolato"il suo "début" nella personificazione di "Gibeone l'allampanato"e il "furore" che aveva suscitato in una languida sera di giugno limitandosi a giocare a birilli con le proprie ossa sul terreno del campo di tennis. Ebbenedopo tutte queste gestadovevano venire quattro miserabili americani moderni a offrirgli del Lubrificante Solare e a buttargli dei cuscini in testa! Era una situazione assolutamente insopportabile. D'altronde mai nessun fantasmanel corso della storiaera stato trattato a quel modo. Decise pertanto di vendicarsi adeguatamentee rimase immerso sino allo spuntare del giorno in un atteggiamento di profonda meditazione.
Allorché i componenti della famiglia Otis si riunirono il mattino successivo intorno al tavolo della prima colazionela questione del fantasma venne discussa particolareggiatamente. Com'era naturaleil ministro degli Stati Uniti era piuttosto seccato che il suo dono fosse stato accolto con tanto malgarbo. "Io non ho l'intenzione disse di recargli alcuna offesa personalee se si considera il lunghissimo periodo di tempo da cui egli è ospite di questa casatrovo che non sia affatto educato accoglierlo con scariche di cuscini". Osservazione molto giusta e saggiaalla qualemi dispiace di doverlo ammetterei gemelli scoppiarono in omeriche risate. "D'altro canto proseguì il ministro se lui si ostina a non adoperare il Lubrificante Solare ci vedremo costretti a togliergli le cateneperché sarebbe impossibile dormirealtrimenticon quel chiasso tremendo proprio a due passi dalle stanze da letto".
Il resto della settimana trascorse senza che essi venissero più disturbati: l'unico fenomeno che seguitava ad attrarre la loro attenzione era il continuo rinnovarsi della macchia di sangue sul pavimento della biblioteca. Questo era certamente un fatto inesplicabiledato che la porta della biblioteca veniva chiusa a chiave ogni sera da Mister Otis in persona e le finestre ermeticamente sbarrate dall'interno. Lo stesso coloreper così dire camaleonticodella macchiaera di per sé sconcertante e dava adito ad un mucchio di commenti. Alcune mattine era di un rosso cupo (quasi indiano)altre volte diventava vermigliapoi trascolorava in fosca porporae un giorno che si erano riuniti in biblioteca per la preghiera in comunesecondo il semplice rito della Libera Chiesa Episcopale Americana Riformatala trovarono trasformata in un bel verde smeraldo.
Questi mutamenti caleidoscopicicom'era logicodivertivano moltissimo tutti quantie ogni sera davano luogo a scommesse.
L'unica persona che non prendesse parte a quegli spassi era la piccola Virginia chechissà per quale inesplicabile motivoappariva sempre molto preoccupata alla vista della macchia di sanguee il mattino che la trovò color verde smeraldo quasi quasi si mise a piangere.
Il fantasma fece la sua seconda comparsa nella notte della domenica. Erano da poco andati a letto quando intesero un pauroso fracasso nel vestibolo. Si precipitarono tutti di sotto e constatarono che una enormeantichissima armaturasi era staccata dal suo supporto ed era caduta sul pavimento di pietramentre il fantasma di Cantervilleseduto su una poltrona dall'alto schienalesi stava soffregando le ginocchia con un'espressione di acuta sofferenza dipinta sul volto. I gemelliche erano venuti armati dei loro scacciacanisi affrettarono a sparargli addosso due scariche di pallottolinecon quella precisione di mira che si può ottenere soltanto dopo lunghe e attente esercitazioni sul proprio maestro di calligrafiamentre il ministro degli Stati Uniti gli puntò addosso il revolver eseguendo le regole dell'etichetta californianagli ingiunse di alzare le mani. Il fantasma balzò in piedi con un urlo inumano di rabbia e guizzò tra lorodileguò come una nebbiaspegnendo al suo passaggio la candela che Washington Otis teneva in mano e lasciandoli così immersi in un'oscurità completa. Arrivato che fu in cima alle scalesi riprese e decise di prorompere nel suo celebre scroscio di risa demonìache. Queste gli erano state estremamente utili in più di un'occasione. Si dice che avessero fatta diventare grigiain una sola nottela parrucca di lord Rakere comunque era un fatto cheper causa loroben tre governanti francesi di lady Canterville si erano licenziate prima della fine del mese di prova. Pertanto rise il suo terribile risofinché l'antica volta non risuonò ripetutamente in ogni recesso; ma la sua eco paurosa si era appena spenta che un uscio si aprì e Miss Otis vi si affacciò avvolta in una veste da camera azzurro chiaro dicendo: "Ho proprio paura che lei non stia affatto bene.
Perciò le ho portato una bottiglia di Tintura del Dottor Dobell.
Se si tratta di indigestione lo troverà un rimedio veramente ottimo".
Il fantasma le lanciò un'occhiata satanica di indignazione e incominciò subito a fare i preparativi necessari per potersi trasformare in un enorme cane nerouna bravura per la quale era giustamente rinomato e alla quale il medico di famiglia aveva sempre attribuito l'idiozia congenita dello zio di lord Cantervillel'onorevole Thomas Horton. Ma un rumore di passi che si avvicinavano lo fece recedere dal suo bieco propositoe si accontentò pertanto di diventare appena appena fosforescentedileguandosi con un profondo e funereo gemito proprio nel momento in cui i gemelli stavano per piombargli addosso.
Come egli fu nella sua stanzale forze lo abbandonarono e cadde in preda ad una violenta agitazione. La volgarità dei gemelli e il rozzo materialismo della signora Otis eranosi capiscemolto spiacevolima ciò che lo rendeva addirittura disperato era l'aver dovuto constatare di non essere stato capace d'indossare la cotta di maglia. Aveva sperato che persino degli americani moderni si sarebbero emozionati a vedere uno spettro in armaturase non per altro motivoalmeno per rispetto del loro poeta nazionale Longfellowsulle cui poesie così piene di grazia e di fascino egli stesso si era intenerito nelle lunghe ore d'oziomentre i Canterville erano in città. Era la sua armaturaper giunta:
l'aveva indossata al torneo di Kenilworthe ne era stato molto complimentato niente di meno che dalla Regina Vergine in persona.
Tuttavianon appena aveva tentato di metterselapoc'anziil peso dell'enorme corazza e dell'elmo di acciaio lo avevano completamente sopraffattoed era caduto pesantemente sul pavimento di pietra sbucciandosi le ginocchia e ammaccandosi seriamente le nocche della mano destra.
Dopo questa disavventura si ammalò gravemente per diversi giorni e non abbandonò la propria stanza se non per tenere in efficienza la macchia di sangue. Alla fine peròa forza di curarsisi rimise in salute e decise di compiere un terzo tentativo per spaventare il ministro degli Stati Uniti e la sua famiglia. Scelse il 17 di agostoche cadeva di venerdìper fare la sua comparsae passò quasi l'intera giornata a rivedere il proprio guardaroba. Infine la sua scelta cadde su un grande cappello con la tesa all'ingiù ornato di una piuma rossadi un sudario sfrangiato ai polsi e al colloe di una daga arrugginita. Verso sera scoppiò un violento temporale accompagnato da pioggiae il vento era così furibondo che tutte le porte e le finestre del vecchio castello tremavano con gemiti e scricchiolii paurosi. Era un tempo infernaleproprio come piaceva a lui. Il suo piano d'azione era il seguente: sarebbe entrato pian piano nella camera di Washington Otisgli avrebbe borbottato parole sconnesse dai piedi del lettopoi si sarebbe pugnalato per tre volte alla gola al suono di una musica in sordina. Nutriva contro Washington un rancore particolaresapendo perfettamente che era lui a togliere ogni giorno la famosa macchia di sangue dei Cantervillegrazie a quel suo maledetto Detersivo Incomparabile Pinkerton. Dopo aver ridotto in uno stato di indicibile terrore quel giovane incosciente e scapestratosarebbe passato nella stanza occupata dal ministro degli Stati Uniti e da sua mogliedove avrebbe posato sulla fronte della signora Otis una mano umidicciamentre avrebbe sibilato nelle orecchie del suo tremebondo marito gli orrendi segreti della cappella mortuaria. In quanto alla piccola Virginia non aveva ancora deciso sul da farsi.
In fondo essa non lo aveva mai né offeso né insultatoed era graziosa e gentile. Pochi gemiti cavernosi dal guardarobapensòsarebbero stati più che sufficientioppurese non fosse riuscito a svegliarlale avrebbe grattato la trapunta del letto con dita tremanti di paralisi. Ai gemelliinveceera ben deciso a impartire una lezione coi fiocchi. Per prima cosanaturalmentesi sarebbe seduto sui loro stomachiin modo da provocare la sensazione soffocante dell'incubo. Poidato che avevano i letti vicinisi sarebbe messo in mezzo assumendo l'aspetto di un cadavere verde e freddo come il ghiacciofinché quelli si fossero sentiti immobilizzati dal terroree infine avrebbe gettato il sudario e si sarebbe messo a strisciare per la stanza con ossa calcinate e un'unica pupilla roteantenella personificazione di "Daniele il Muto"ovvero "Lo Scheletro del Suicida"rôlenel quale più di una volta era stato di effetto strepitoso e che egli considerava in tutto e per tutto eguale alla sua celebre creazione di "Martino il Maniaco"ovvero il "Mistero Mascherato".
Alle dieci e mezzo udì la famiglia che andava a coricarsi. Fu disturbato per un certo tempo da urla e sghignazzate selvagge - i gemellinaturalmentei quali si stavano certamente divertendo prima di mettersi a dormire - ma alle undici e un quarto tutta la casa era immersa nel silenzioe come scoccò la mezzanotte egli uscì dal suo rifugio. Il gufo picchiava il suo becco adunco contro le invetriateil corvo gracchiava appollaiato in cima all'antico tassoil vento errava gemendo attorno al castello come un'anima in penama la famiglia Otis dormivainconsapevole della propria sortee alto sopra i rumori della pioggia e della tempesta il fantasma poté distinguere il sonoro russare del ministro degli Stati Uniti. Emerse cautamente dal pannello di legno che rivestiva la paretecon un sorriso malvagio sulla bocca avvizzita e crudelee la luna si nascose la faccia dietro ad una nuvola mentre egli passava davanti al finestrone dove le sue insegne e quelle di sua moglie assassinata splendevano in campo azzurro e oro. Avantiavanti; egli procedettescivolando silenzioso come un'ombra maleficae la stessa tenebra parve inorridire al suo passaggio. Ad un certo momento gli sembrò di udire un appello lontanoe si fermòma non era che l'abbaiare di un cane della Cascina Rossaed egli riprese ad avanzareborbottando strane maledizioni del sedicesimo secolo e brandendo di quando in quando la daga rugginosa nell'aria notturna. Giunse infine all'angolo del corridoio che conduceva nella camera dello sfortunato Washington.
Sostò per un istante: il vento gli faceva svolazzare intorno al capo le lunghe ciocche grigiee scompigliava in pieghe fantastichegrotteschel'orrore senza nome del suo sudario.
Quindi la pendola suonò il quarto ed egli comprese che l'ora era venuta. Ridacchiò tra sélugubrementee svoltò l'angolo; ma subito cadde all'indietro con un gemito spaventoso di lamento e si nascose la faccia sbiancata tra le mani lunghe e ossute. Proprio davanti a lui si ergeva uno spettro mostruosoimmobile come un'immagine scolpita e allucinante come il sogno di un pazzo.
Aveva il cranio calvo e lucidoe un riso osceno pareva gli avesse distorto i lineamenti in un ghigno perpetuo. Dagli occhi uscivano bagliori di luce scarlattala bocca era un vasto gorgo di fuocoe un lenzuolo ributtantesimile al suoammantava delle sue nevi silenti le forme titaniche. Sul petto recava una scritta vergata in caratteri antichiun cartiglio d'infamiaparevachissà quale testimonianza di peccati orrendiquale spaventoso calendario di delittie alto nella mano destra impugnava un falciuolo d'acciaio scintillante.
Non avendo mai visto uno spettro in vita suaera troppo logico che il povero fantasma ne fosse terribilmente spaventatoe dopo un'altra fuggevole occhiata alla paurosa apparizionefuggì precipitosamente nella propria stanzainciampando nel sudario mentre correva lungo il corridoioe alla fine lasciò cadere la spada negli stivaloni da caccia del ministrodove fu trovata dal maggiordomo l'indomani mattina. Una volta al sicuro nel segreto del proprio appartamentosi lasciò cadere sul lettoun modesto pagliericcioe nascose la faccia sotto le coperte. Dopo qualche tempol'antico spirito dei Canterville ebbe infine il sopravvento in luied egli decise che sarebbe andato a parlamentare con l'altro fantasma non appena fosse spuntata l'alba. Perciòproprio mentre l'aurora stava tingendo d'argento le cime dei colliritornò nel punto in cui i suoi occhi si erano posati per la prima volta sulla truce apparizionepoiché aveva riflettuto chedopo tuttodue fantasmi valgono meglio di uno solo e che forsecon l'aiuto del suo nuovo amicoavrebbe potuto agire con maggiore efficacia contro i gemelli. Come fu giunto all'angolo del corridoiouno spettacolo terribile si offrì alla sua vista.
Qualcosa doveva certamente essere accaduto allo spettroperché la luce era del tutto scomparsa dalle sue occhiaie vuoteil falciuolo luccicante gli era caduto di manoed esso se ne stava poggiato contro il muro in una postura molto scomoda ed innaturale. Il fantasma diede un balzo e lo afferrò tra le braccia; macon suo grande orrorela testa si staccò dal busto e scivolò a terrail corpo assunse una posizione reclineed egli si trovò a stringere una tenda da letto in cotonina biancacon una scopaun coltellaccio da cucinae una zucca vuota ai piedi.
Incapace di comprendere questa strana trasformaziones'impadronì con ansia febbrile della scritta misteriosa ed ecco che nel grigio chiarore del mattino poté leggere queste inquietanti parole:
SPETTRO DEGLI OTIS
Unico Fantasma Autentico e Originale
Guardarsi dalle imitazioni
Tutti gli Altri sono Contraffatti
Una grande luce si formò in lui. Dunque era stato giocatobattutomesso alla berlina! Il vecchio sguardo dei Canterville gli balenò negli occhi: fece scricchiolare l'una contro l'altra le gengive sdentatee levando alte sopra il capo le mani vizze giuròsecondo la pittoresca fraseologia dell'antica scuolache allorquando il cantachiaro avesse fatto echeggiare due volte il suo allegro squilloimprese di sangue sarebbero state ordite e l'Omicidio si sarebbe aggirato per la contrada con passi felpati.
Aveva appena terminato di proferire questo terribile giuramentoche dal tetto ricoperto di tegole rosse di un lontano cascinaleun gallo cantò. Il fantasma rise un lungosommessoamaro risoe attese. Attese per lunghe orema il volatilechissà per quale motivonon cantò la seconda volta. Infinealle sette e mezzoil sopraggiungere delle cameriere lo costrinse ad abbandonare la sua veglia minacciosaed egli ritornò incespicando di stanchezza nella propria camerarimuginando sulle sue vane speranze e sui suoi propositi così miseramente frustrati. Prese poi a consultare vari libri di cavalleria anticae scoprì che in ogni occasione in cui quel giuramento era stato pronunciatocantachiaro aveva cantato sempre una seconda volta. "Che il malanno colga quel dannato volatile!" borbottò. "E' tramontato il giorno in cui con la mia fiera lancia gli avrei trapassata la gola e lo avrei fatto cantare per me nell'angoscia della morte!". Quindi si ritirò entro un comodo sarcofago di piombo dove rimase a riposare fino a tarda sera.
Il giorno seguente il fantasma si sentì molto debole e stanco. La tremenda eccitazione di quelle ultime quattro settimane incominciava a produrre i suoi effetti. Aveva i nervi terribilmente scossi e trasaliva al minimo rumore. Si barricò in camera sua per cinque giorni consecutivi e alla fine decise di rinunciare al puntiglio della macchia di sangue sul pavimento della biblioteca. Dopo tuttose la famiglia Otis non ne voleva sapereera segno che non se la meritava. Si trattava chiaramente di individui appartenenti a un piano di esistenza basso e materialisticodel tutto incapaci di apprezzare il valore simbolico dei fenomeni sensibili. La questione delle apparizioni spettrali e lo sviluppo dei corpi astrali erasi capisceuna faccenda completamente diversa che sfuggiva al suo controllo. Era suo preciso dovere apparire nel corridoio una volta la settimana e borbottare parole sconnesse presso il grande finestroneil primo e il terzo mercoledì di ogni mesee non vedeva come avrebbe potuto onorevolmente sottrarsi a questi obblighi. Era verissimo che la sua era stata una vita malvagiama in tutte le cose attinenti al soprannaturale era di una coscienziosità estrema.
Pertantonei tre sabati successivi seguitò ad attraversare come al solito il corridoio tra la mezzanotte e le tre del mattinoprendendo tutte le precauzioni per non essere né visto né udito.
Si tolse gli stivalicercò di camminare il più lievemente possibile sulle vecchie tavole del pavimento rose dai tarlisi avvolse in un ampio mantello di velluto neroe fece uso del Lubrificante Solare per oliare le sue catene.
Devo ammettere che il povero fantasma si rassegnò ad adottare quest'ultimo mezzo di protezione soltanto dopo lunghe esitazioni.
Ma una nottementre la famiglia dormivaentrò di soppiatto nella camera di Mister Otis e ne asportò la bottiglia. A tutta prima si sentì un poco umiliatoma aveva in definitiva sufficiente buon senso per riconoscere che si trattava di un ritrovato tutt'altro che disprezzabile e che in un certo qual modo serviva al suo scopo. Ma nonostante tutti questi riguardinon era certo lasciato in pace. Incappava sempre in corde tese da una parte all'altra del corridoionelle quali inciampava al buioe una volta che si era vestito nel costume di "Isacco il Nero"ovvero "Il Cacciatore della Foresta di Hogley"cadde malamente per essere scivolato su un piano inclinato tutto cosparso di burro che i gemelli avevano avuto cura di costruire dall'ingresso della sala delle Tapezzerie fino alla sommità della scalinata di quercia. Quest'ultimo insulto lo mise in un furore tale che risolse di compiere un ultimo sforzo per tentare di affermare la propria dignità e la propria posizione socialee decise di far visita a quei due sfacciati studentelli di Etonla notte seguentenel suo celebre personaggio di "Rupert il Temerario"ovvero "Il Conte Decapitato".
Erano più di settant'anni che non faceva la sua apparizione in quel travestimentoda quandoprecisamenteaveva talmente spaventato la graziosa lady Barbara Modish che questa aveva rotto il proprio fidanzamento con il nonno dell'attuale lord Cantervilleed era scappata a Gretna Green con il bellissimo Jack Castletondichiarando che per nulla al mondo si sarebbe rassegnata ad imparentarsi a una famiglia che permetteva ad un fantasma tanto mostruoso di passeggiare su e giù per la terrazza all'ora del crepuscolo. Il povero Jack era stato in seguito ucciso in duello da lord Canterville a Wandsworth Commone lady Barbara era morta di crepacuore a Tunbridge Wells prima della fine di quell'annocosicchétutto sommatoil suo era stato un enorme successo. Si trattava però di un "trucco" estremamente difficilese è lecito adoperare un'espressione del gergo teatrale a proposito di uno dei più grandi misteri del soprannaturaleo per usare un termine più scientificodell'universo extranaturalee gli ci vollero tre ore buone per i preparativi. Alla fine ogni cosa fu prontaed egli si sentì molto soddisfatto del suo aspetto. I grossi stivali di cuoio intonati al vestito erano un tantino troppo grandi per luie delle due pistole da sella che gli sarebbero servite ne poté trovare una sola; ma nel complesso era contentoperciò all'una e un quarto scivolò silenziosamente fuori del rivestimento di legno della parete e si avviò strisciando lungo il corridoio. Arrivato alla stanza occupata dai gemelli - chesia detto tra parentesisi chiamava la camera da letto azzurra a causa del colore dei suoi cortinaggi - trovò l'uscio socchiuso. Desiderando fare un ingresso teatralela spalancò del tutto con un gran colpoma nello stesso momento un'enorme brocca d'acqua gli cadde addossobagnandolo fino alle midollae soltanto per qualche centimetro la sua spalla sinistra non fu colpita in pieno. Contemporaneamente si sentirono dal gran letto a due piazze risatine e squittii di allegria soffocati a stento tra le coperte. La scossa portata al suo sistema nervoso fu talmente forte che il poveretto volò alla propria camera più svelto che potée il giorno dopo dovette starsene a letto con un raffreddore tremendo. La sola cosa che lo consolava un poco in quella triste faccendaera il fatto che per fortuna non si era portato la testa con séperché in caso contrario le conseguenze sarebbero state molto più gravi.
Da quella notte rinunciò ad ogni ulteriore tentativo d'incutere spavento a quella volgare famiglia americanae si accontentòdi regoladi strisciare nei corridoi calzato di pianelle dalla suola di feltrocon una grossa sciarpa di lana rossa al collo per timore delle correnti d'aria e un minuscolo archibugioin caso di attacco da parte dei gemelli. Ma l'ultimo colpo che egli doveva essere costretto a subire gli capitò il 19 settembre.
Era sceso nel grande vestibolo centralesicuro che lì almeno nessuno lo avrebbe molestatoe si stava divertendo a fare commenti satirici "in pectore" sulle grandi fotografie del ministro degli Stati Uniti e di sua moglie che avevano adesso preso il posto dei ritratti della famiglia Canterville. Era avvolto semplicemente ma lindamente in un lungo sudariomaculato qua e là con terra di cimiterosi era legata la mascella con una striscia di lino gialloe recava in spalla una piccola lanterna e una vanga da becchino. Si era abbigliato infatti per la parte di "Jack l'Affossatore"ovvero "Il Ladro di Cadaveri di Chertsey Barn"una delle sue interpretazioni più notevoliinterpretazioni che i Canterville avevano tutte le ragioni di ricordare perfettamente perché da essa aveva avuto originein realtàla lite con il loro vicino lord Rufford.
Erano circa le due e un quarto del mattino eper quanto aveva potuto controllarenella casa tutto era quiete e silenzio. Ma mentre si stava avviando passo passo in bibliotecaper vedere se vi era rimasta qualche traccia della macchia di sangueecco che improvvisamente gli sbucarono addosso da un angolo buio due figure che agitavano selvaggiamente le braccia sopra il capo e gli fecero "Buuu!" nell'orecchio.
Colto da un panico anche troppo naturaledate le circostanzecorse a precipizio su per le scalema ecco anche lì Washington Otis ad aspettarlo con in mano la grossa pompa che serviva ad annaffiare il giardino. Sentendosi braccato da ogni parte dai propri nemicie quasi sul punto di soccomberefece appena in tempo ad eclissarsi nella grande stufa di ferroche fortunatamente per lui non era accesae fu costretto a mettersi in salvo per la strada dei comignoli e dei tettigiungendo nella propria camera in uno stato pietoso di sporciziadi disordine e di disperazione.
Dopo di ciò non fu più visto in nessuna spedizione notturna. I gemelli gli fecero la posta per parecchio tempocospargendo ogni notte i corridoi di gusci di nocecon grande fastidio dei servitori e dei familiarima senza alcun risultato. Era stato talmente ferito nei suoi sentimenti più intimiche disdegnava ormai di apparireera evidente. Di conseguenza Mister Otis riprese a redigere la sua storia del Partito Democraticoun'opera grandiosa alla quale lavorava da anni; Miss Otis organizzò una feste campestre meravigliosa che stupì tutta la regione; i ragazzi si dedicarono al LACROSSEall'EUCHREal POKERe ad altri giochi nazionali americanie Virginia cavalcò per i prati sul suo puledroaccompagnata dal giovane duca di Cheshire che era venuto a Canterville Chase a trascorrervi l'ultima settimana di vacanza.
Era opinione generale che il fantasma fosse scomparsoe Mister Otis scrisse una lettera a questo proposito a lord Cantervilleil quale rispose esprimendo il proprio compiacimento per la notizia e inviò le sue sentite congratulazioni alla gentile consorte del ministro.
Gli Otis in realtà s'ingannavanoperché il fantasma era sempre nella casae sebbene fosse oramai pressoché un povero invalidoera ben lungi dal volere lasciare andare le cose com'eranotanto più da quando aveva saputo che tra gli ospiti si trovava il giovane duca di Cheshireil cui proziolord Francis Stiltonaveva scommesso una volta cento ghinee con il colonnello Carbury che avrebbe giocato a dadi con il fantasma di Cantervilleed era stato trovato l'indomani disteso sul pavimento della sala da giocototalmente paralizzato: e benché fosse vissuto poi fino a tarda etànon fu più in grado di dire altro che: "Doppio sei".
L'episodio in quell'epoca era stato universalmente risaputoper quantoper rispetto ai sentimenti delle due nobili famigliesi era fatto di tutto per mettere a tacere la cosae si possono anzi trovare tutti i particolari relativi a questo tragico evento nel terzo volume di lord Tattle intitolato "Ricordi del Principe Reggente e dei suoi amici".
Il fantasma era dunque logicamente molto ansioso di far vedere che egli non aveva ancora perduta tutta la sua influenza sugli Stilton con i qualiper giuntaera lontanamente imparentatoavendo una sua prima cugina sposato in seconde nozze il sire di Bulkeleydal qualecome tutti sannodiscendono in linea genealogica i duchi di Cheshire. Predispose quindi ogni cosa per comparire al piccolo innamorato di Virginia nella sua famosa parte del "Monaco Vampiro"ovvero "Il Benedettino Dissanguato"visione talmente orrenda che quando la vecchia lady Sartup la scorseil che accadde in una fatale vigilia di capodanno dell'anno 1764diede in acute strida di spavento che culminarono in un violento attacco di apoplessiae la disgraziata nobildonna decedette in capo a tre giornidopo aver diseredato i Canterville che erano i suoi parenti più prossimie lasciando invece tutto il proprio denaro al suo speziale londinese.
All'ultimo momentotuttavial'incubo dei gemelli gli impedì di abbandonare la sua cameretta segreta nell'ala sinistra del castelloe il giovane duca dormì in pace i suoi rosei sonni sotto il baldacchino piumato della camera regalee poté sognare di Virginia indisturbato.
Pochi giorni dopo questi avvenimentiVirginia e il suo ricciuto cavaliere uscirono a cavallo sui prati di Brockleydove la fanciulla si strappò così malamente la veste di amazzone nel saltare una siepe chedi ritorno a casapreferì passare dalla scala di servizio per non essere vista in quella guisa. Mentre attraversava di corsa il vestibolo attiguo al salone delle tappezzeriela cui porta era per caso apertaebbe l'impressione di vedervi dentro qualcunoe pensando si trattasse della cameriera di sua madreche qualche volta si metteva a lavorare lìaffacciò la testa per chiederle di rattopparle il vestito. Ma con sua immensa sorpresa si trattava invece del fantasma di Canterville in persona. Era seduto accanto alla finestraassorto nella contemplazione dell'oro consunto degli alberi e della danza impazzita delle foglie rosse giù per il lungo viale. Teneva la testa appoggiata ad una mano e tutto il suo atteggiamento esprimeva uno stato di depressione indicibile. Aveva un aspetto tanto misero e tanto mal ridotto che la piccola Virginiail cui primo impulso era stato di fuggiresi sentì invadere da una profonda compassione e decise di cercare di confortarlo. Il passo della fanciulla era così leggeroe così greve era la malinconia dello spettroche questi non si accorse della sua presenza finché lei non gli ebbe rivolta la parola.
"Mi spiace tanto per lei incominciò Virginia ma i miei fratelli ritornano domani a Etone perciòse lei si comporterà come si devenessuno la disturberà".
"Comportarmi come si deve!" replicò il fantasmavolgendosi stupito a guardare la graziosa fanciulla che aveva avuto il coraggio di parlargli. "E' semplicemente ridicolo chiedermi una cosa simile! Io devo far risuonare le mie catenee mugolare attraverso i buchi delle serraturee passeggiare di notte per la casase è questo ciò a cui tu alludi. E' la mia unica ragione di esistere".
"Non è affatto una buona ragionee lei sa benissimo di essere stato molto ma molto cattivo. Ce lo disse la signora Umneyproprio il giorno del nostro arrivoche lei ha assassinato sua moglie".
"Be'lo ammetto rispose il fantasma con petulanza ma si tratta di una pura e semplice questione di famiglia che non riguarda nessun altro".
"E' un grave peccato ammazzare chicchessia" osservò Virginiala quale aveva a volte una dolce gravità puritanaereditata forse da un suo lontano antenato della Nuova Inghilterra.
"Ohio non posso soffrire la severità a buon mercato dell'etica astratta. Mia moglie era una donna bruttissimanon mi inamidava mai i miei 'ruches' come piaceva a mee non capiva un'acca in fatto di cucina. Perbaccoavevo preso un daino magnifico nella foresta di Hogleyun due anni superboe vuoi sapere come me lo fece servire in tavola? Be'ormai la cosa non ha più importanzaè passato tanto tempo da allorae non trovo che sia stato molto carino da parte dei suoi fratelli farmi morire di fameanche se gli avevo accoppata la sorella".
"L'hanno fatta morire di famesignor fantasma? Sir Simonvoglio dire. Vuole mangiare qualcosa? Ho nella mia borsetta un panino imbottito. Posso offrirglielo?".
"Nograzieormai non mangio più nulla: comunque è un gesto molto gentileil tuoe tu sei immensamente più carina di tutto il resto della tua orribilevillanavolgaredisonesta famiglia!".
"La smetta!" gridò Virginiapicchiando un piede per terra. "E' leiinvecemaleducatoorribile e volgare! E in quanto a disonestàlei sa benissimo chi ha rubato tutti i colori della mia scatola di pittura per tenere lustra e forbita quella ridicola macchia di sangue sul pavimento della biblioteca. All'inizio mi ha preso tutti i rossicompreso il vermiglioin modo che non ho più potuto fare nessun tramontopoi mi ha soffiato il verde smeraldo e il giallo cromoe alla fine non mi era rimasto più che l'indaco e il bianco di Chinae non mi restava altro da fare che dipingere paesaggi al chiaro di luna che sono molto deprimenti da guardare e per giunta difficilissimi da ritrarre. Io non l'ho mai sbugiardata davanti agli altriperòe ho sempre taciutobenché fossi estremamente seccatae trovassi la cosa semplicemente assurdaperché infatti chi ha mai visto una macchia di sangue color verde smeraldo?".
"A dire la verità replicò il fantasma alquanto confuso che altro potevo fare? E' una cosa complicatissimaoggigiornotrovare del sangue veroe dal momento che era stato tuo fratello Washington a incominciare con il suo maledetto Detersivo Incomparabilenon vedevo il motivo per cui non avrei dovuto adoperare i tuoi colori. In quanto al colorepoiè una pura questione di gusto. Noi Cantervilleper esempioabbiamo sangue bluil sangue più blu di tutta l'Inghilterrama io lo so che a voi americani queste differenze di tinta non interessano".
"Lei non sa nulla di ciò che interessa a noie la cosa migliore che dovrebbe fare sarebbe quella di emigrare e migliorare il suo cervello. Mio padre non sarà che troppo felice di procurarle un passaggio gratuitoe per quanto vi sia una forte tassa sugli spiriti e gli alcoolici in generel'ufficio della dogana non le farà difficoltàdato che i funzionari sono tutti democratici. Una volta a Nuova Yorkstia certo che avrà un successo formidabile.
Conosco un sacco di gente che darebbe centomila dollari per avere un nonnofigurarsi poi se potesse trovare un fantasma di famiglia".
"Non credo che l'America mi piacerebbe".
"Forse perché noi non possediamo né rovine né curiosità artistiche" osservò Virginia con tono sarcastico.
"Né rovine né curiosità" replicò il fantasma. "Ma avete la vostra marina e le vostre maniere!".
"Buona sera. Vado a chiedere a papà di concedere ai gemelli una settimana di vacanza supplementare".
"Ohti pregonon te ne andareVirginia!" gridò lo spettro.
"Sono tanto solo e infelice e proprio non so quello che devo fare.
Vorrei tanto andare a dormire e non posso".
"Questo è semplicemente ridicolo. Non ha che da mettersi a letto e spegnere la candela. Qualche volta è molto difficile stare sveglisoprattutto in chiesama non è affatto difficile addormentarsi.
Comepersino i bambini sanno come si fae sì che non hanno l'intelligenza ancora molto sviluppata!".
"Io non dormo da trecento anni" disse tristemente il fantasmae i begli occhi celesti di Virginia si spalancarono dallo stupore. "Da trecento anni non posso dormiree sono tanto stanco".
Virginia si fece molto seria e le sue dolci labbra tremarono come petali di rosa. Si accostògli si inginocchiò al fianco e lo fissò nel vecchio volto avvizzito.
"Poveropovero fantasma mormorò con tenerezza non c'è proprio un luogo dove possa trovar sonno?".
"Lontano di quaoltre la pineta rispose il fantasma con voce sommessa e sognante c'è un piccolo giardino. Laggiù l'erba cresce lunga e foltail fiore della cicuta vi allarga le sue grandi stelle bianchel'usignolo vi canta tutta la notte. Tutta la nottecantae la fredda luna di cristallo si china a guardaree l'albero del tasso distende le sue braccia gigantesche sui dormienti".
Gli occhi di Virginia si appannarono di lacrime ed essa si nascose il volto tra le mani.
"Lei sta parlando del giardino della morte" mormorò.
"Sìla morte. Ohla morte deve essere tanto bella. Poter giacere nella morbida terra brunacon gli steli dell'erba che si agitano leggeri sopra il tuo capoe ascoltare il silenzio. Non avere né ieriné domani. Dimenticare il tempoperdonare la vitaessere in pace. Tu potresti aiutarmi. Potresti aprire per me i battenti della Casa della Mortepoiché l'amore vi sta sempre vicinoe l'amore è più forte della morte".
Virginia tremò; un brivido glaciale le serpeggiò per la schienae per alcuni attimi regnò tra loro un silenzio sepolcrale. La fanciulla ebbe la sensazione di vivere come in un sogno terrificante.
Poi il fantasma riprese a parlaree la sua voce assomigliava al sospiro del vento.
"Hai mai letto l'antica profezia che sta sulla finestra della biblioteca?".
"Ohsì!" esclamò Virginiaalzando vivacemente il capo. "Tante volte! La conosco benissimo. E' dipinta in strane lettere nereed è difficile da leggersi. Non sono che sei versi:
Quando una fanciulla bionda strapperà La preghiera dalle labbra del peccato:
Quando il mandorlo inaridito rifiorirà E un'innocente creatura verserà lacrimeRitornerà tranquilla la dimora E la pace scenderà su Canterville.
...Però non so che cosa significhino".
"Significano disse tristemente il fantasma che tu devi piangere per i miei peccatiperché io non ho lacrimee pregare con me per la mia animaperché io non ho fedee poise tu sarai stata sempre buonadolce e gentilel'angelo della morte avrà pietà di me. Tu vedrai nell'oscurità ombre paurosee voci malvagie ti sussurreranno all'orecchioma esse non ti faranno malepoiché contro la purezza di una creatura innocente le forze dell'inferno non possono prevalere".
Virginia non risposee il fantasma si torse le mani in preda alla disperazione guardando l'aureo capo reclino della fanciulla.
Improvvisamente questa si alzòpallidissimacon una strana luce negli occhi. "Io non ho paura disse con fermezza chiederò all'angelo di avere pietà di te".
Il fantasma si levò con un debole grido di gioiale prese la mano e inchinandosi gliela baciò con grazia antiquata. Le sue dita erano fredde come il ghiaccio e le labbra bruciavano come fiamma ardentema Virginia non tremò mentre lui la guidava attraverso la sala immersa nel crepuscolo. Sul verde sbiadito della tappezzeria erano ricamati minuscoli cacciatori: essi suonarono i loro corni ornati di nappe e con le piccole mani le fecero cenno di tornare indietro. "Torna indietropiccola Virginia!" gridarono "torna indietro!".
Il fantasma le strinse ancor più saldamente la mano e lei chiuse gli occhi alle loro lusinghe. Animali immondi con code di lucertole e occhi sgusciati la fissarono di soppiatto dalla cornice del caminetto scolpito e mormorarono: "Attentapiccola Virginia! Attenta! Potrebbe darsi che non ti vediamo mai più!".
Il fantasma accelerò la sua silenziosa fugae Virginia non gli diede retta. Quando furono arrivati in fondo alla salaegli si fermò e borbottò alcune parole incomprensibili. Allora Virginia aprì gli occhi e vide il muro dissolversi lentamentecome una nebbiae una grande caverna nera aprirsi dinanzi a lei. Un vento impetuoso e gelido li investìed essa sentì qualcosa che la tirava per il lembo del vestito. "Prestopresto gridò il fantasma altrimenti sarà troppo tardi". Un istante dopoil rivestimento di legno si era già richiuso sopra di loroe la sala delle tappezzerie era vuota.
Circa dieci minuti più tardi suonò la campana per il tèe poiché Virginia non si fece vedereMiss Otis mandò di sopra uno dei valletti a cercarla. Ma questi tornò di lì a poco dicendo che non aveva trovato la signorina Virginia da nessuna parte. Poiché essa aveva l'abitudine di scendere ogni sera in giardino a raccogliere fiori per la tavolaMiss Otis non si preoccupò affattoa tutta primama quando scoccarono le sei e Virginia non comparve ancoracominciò ad agitarsi seriamentee mandò i ragazzi a cercarlamentre lei e Mister Otis frugavano ogni angolo della casa. Alle sei e mezzo i ragazzi tornarono senza aver trovato la minima traccia della sorella. Erano tuttiorain uno stato di grande agitazione e non sapevano più che fare e dove andarequando Mister Otis si rammentò a un tratto di aver dato il permessopochi giorni primaad una tribù di zingari di accamparsi nel parco. Partì quindi subito per Blackfell Hollowdove si trovavano gli zingariuna spedizione composta di lui stessodi suo figlio maggiore e di due garzoni di fattoria. Il piccolo duca di Cheshireche l'angoscia aveva reso letteralmente pazzosupplicò disperatamente che gli fosse concesso di accompagnarlima Mister Otis non glielo permise perché temeva che ci sarebbe stato un po' di parapiglia. Giunto però sul postonon gli rimase che constatare che gli zingari se ne erano andatie anzia giudicare dalle apparenzela loro partenza doveva essere recente e determinata da cause improvviseperché il fuoco da campo era ancora acceso e sul prato erano sparse vettovaglie. Mandò allora Washington e i due uomini a frugare la regionementre egli correva a casa a spedire telegrammi a tutti gli ispettori di polizia della Conteasupplicandoli di ricercare una fanciulla che doveva essere stata certamente rapita da una banda di zingari o di vagabondi. Fece sellare il cavallo edopo aver insistito perché sua moglie e i figli si mettessero a tavolasi avviò lungo la strada di Ascot accompagnato da un ragazzo di scuderia.
Non aveva percorso un paio di miglia quando sentì un risuonare di zoccoli alle sue spalle: si volse e vide che il giovane duca di Cheshire lo aveva raggiunto in groppa al suo puledrotutto infuocato in viso e senza berretto. "La supplico Mister Otis lo implorò il ragazzo ma io non posso mangiare finché Virginia non è stata ritrovata. La pregonon sia in collera con me. Se lei ci avesse permesso di fidanzarci l'anno scorso questa disgrazia non sarebbe successa. Non mi rimanderà indietrovero? Non posso tornare indietronon voglio!".
Il ministro non poté trattenersi dal sorridere alla vista di quel monello così pieno di ardire e di grazia giovanile; lo commuoveva anche profondamente la sua devozione per Virginia: si chinò dunque sulla sellagli batté amichevolmente sulle spalle e gli disse:
"Va beneCecilse non vuoi proprio tornare indietro immagino che dovrò lasciarti venire con meperò appena saremo ad Ascot bisognerà che ti trovi un cappello!".
"Io voglio trovare Virginiaaltro che cappello!" ribatté il giovane duca ridendoe insieme proseguirono al galoppo verso la stazione ferroviaria. Lì giuntiMister Otis si informò presso il capostazione se fosse stata vista sulla banchina una ragazza corrispondente alla descrizione che fece di Virginiama nessuno seppe dirgli nulla di preciso. Il capostazione si affrettò tuttavia a telefonare a tutti i posti di servizio della linea e gli assicurò che si sarebbe fatto l'impossibile per trovarla. Dopo aver acquistato un cappello per il giovane duca presso un mercante di articoli vari che stava per chiudere i battentiMister Otis proseguì la sua corsa a cavallo verso Bexleyun villaggio distante circa quattro migliache gli era stato descritto come una delle località preferite di solito dagli zingariessendo situato presso una grossa borgata.
Andarono a svegliare la guardia campestrema non poterono ottenere da lei alcuna informazione utilee dopo avere perlustrato l'intera borgata puntarono i musi dei loro cavalli sulla via di casa e furono di ritorno alla Chase verso le undici di serastanchi morti e col cuore affranto. Washington e i gemelli li stavano aspettando alla cancellata muniti di lanternepoiché il viale era completamente al buio. Di Virginia neppure la minima traccia. Gli zingari erano stai raggiunti sui prati di Brockleyma la fanciulla non era con loroed essi poterono spiegare la loro partenza improvvisa giustificandosi di essersi sbagliati sulla data della fiera di Chorton: se ne erano andati in fretta e furia per timore di arrivarvi in ritardo. Anzisi erano mostrati molto addolorati nell'apprendere la scomparsa di Virginiapoiché erano molto riconoscenti al Mister Otis che aveva permesso loro di accamparsi nel parcoe quattro di essi erano rimasti indietro per aiutare nelle ricerche. Lo stagno delle carpe era stato sondatol'intera località era stata perlustrata da cima a fondoma senza alcun risultato. Era evidente cheper qualche notte almenoVirginia era perduta per loro e fu in uno stato di profonda depressione che Mister Otis e i ragazzi si avviarono verso il castelloseguiti dal garzone di scuderia che teneva per la briglia i due cavalli e il puledro. Nel vestibolo trovarono un gruppo di domestici spaventatie sul divano del salotto Miss Otisquasi fuori di sé per la paura e l'inquietudineche si faceva bagnare continuamente la fronte dalla vecchia governante di casa con compresse d'acqua di colonia. Mister Otis volle che sua moglie si sforzasse a mangiare qualcosa a tutti i costi e ordinò la cena per l'intera famiglia. Fu un pasto malinconiconessuno parlò; persino i gemelli erano ammutoliti e desolati perché erano affezionatissimi alla loro sorellina. Quando ebbero finito di pranzaremalgrado le suppliche e le preghiere del piccolo ducaMister Otis volle che andassero tutti quanti a coricarsi perchédissequella notte non restava nulla di meglio da fare; il mattino seguente avrebbe telefonato subito a Scotland Yard perché gli mandassero al più presto degli agenti investigativi.
Proprio nel momento in cui uscivano dalla sala da pranzola mezzanotte incominciò a rintoccare dall'orologio della torre e quando scoccò l'ultimo colpo si sentì un boato e un grido subitaneoacutissimo: uno spaventevole scoppio di tuono scosse la casaun accordo di musica celeste echeggiò nell'ariaun pannello in cima alla scalinata si spalancò con grande fragoree sul pianerottolo apparve Virginiapallida e biancacon un piccolo scrigno tra le mani. In un attimo tutti le furono intorno. Miss Otis la strinse appassionatamente a séil duca quasi la soffocò di bacimentre i gemelli eseguivano intorno al gruppo una selvaggia danza guerriera.
"Ma in none di Diobambinadove sei stata?" gridò Mister Otis furibondopoiché pensava che sua figlia si fosse divertita a giocare loro un brutto scherzo. "Cecil ed io abbiamo corso per tutta la Contea in cerca di tee tua madre è quasi morta di paura. Non devi più fare tiri del genere!".
"Tranne che al fantasma! Tranne che al fantasma!" urlarono i gemellisaltabeccandole intorno come due capretti.
"Tesoro mio! Grazie al cielo sei di nuovo qui con noi! Non devi più staccarti da me!" mormorò Miss Otis baciando la figliola che tremava tuttae lisciando l'oro arruffato dei suoi capelli.
"Papà"spiegò Virginia con voce tranquillasono stata col fantasma. Adesso è morto e bisogna che tutti voi veniate a vederlo. E' stato molto cattivo, ma si è sinceramente pentito di tutto il male che ha commesso, e mi ha dato questa bellissima scatola piena di gioielli, prima di morire.
Tutti la fissarono sbalorditima Virginia era molto calma e seria evolgendosili guidò attraverso l'apertura formatasi nel rivestimento di legno giù per un angusto corridoio segreto:
Washington illuminava il cammino con una candela accesa che aveva tolto dalla tavola. Giunsero infine a una grande porta di quercia tempestata di borchie rugginose. Non appena Virginia l'ebbe toccataquesta girò su pesanti cardini e tutti si trovarono in una stanzetta bassadal soffitto a voltamunita di un'unica finestrella a grata. Un enorme anello di ferro era infisso nel muro e incatenato ad esso stava un lunghissimo scheletrodisteso in tutta la sua lunghezza sul pavimento di pietra: pareva stesse cercando di afferrare con le dita rattrappite una brocca e un tagliere di foggia anticache erano stati messi fuori dalla sua portata. La brocca doveva essere stata piena d'acquaun tempoperché era coperta internamente di una muffa verdastra. Sul tagliere non era rimasto che un mucchietto di polvere. Virginia s'inginocchiò accanto allo scheletroe congiungendo le sue piccole mani prese a pregare in silenziomentre gli altri stavano a contemplare stupefatti la terribile tragedia il cui segreto era finalmente chiaro a tutti.
"Ehi!" esclamò a un tratto uno dei gemelliche si era messo a guardare fuori della finestra per cercare di capire in quale ala del castello si trovasse precisamente quella stanza. "Guardate un po'! Il vecchio mandorlo secco è tutto un boccio! Vedo benissimo i fiori alla luce lunare".
"Dio gli ha perdonato!" disse gravemente Virginialevandosi in piedie una luce soprannaturale parve per un attimo illuminarle il volto.
"Che angelo sei!" gridò il giovane ducae le mise un braccio intorno al collo e la baciò.
Quattro giorni dopo il verificarsi di questi strani avvenimentiun funerale mosse da Canterville Chase verso le undici di notte.
Il carro funebre era tirato da otto cavalli nericiascuno dei quali recava in capo un gran ciuffo svolazzante di piume di struzzoe il cofano di piombo era ricoperto di un ricco drappo color porpora sul quale erano ricamate in oro le insegne dei Canterville. Al lato del carro e degli equipaggi camminavano i domestici con torce accese: tutta la processione aveva un aspetto estremamente suggestivo. Lord Canterville apriva il corteo: era venuto apposta sin dal Galles per presenziare alle esequie e sedeva nel primo cocchioinsieme con la piccola Virginia.
Seguivano poi il ministro degli Stati Uniti e sua mogliequindi Washington e i tre ragazzie finalmente nell'ultima vettura la signora Umney. Era opinione generale chedal momento che la povera donna era stata spaventata dallo spettro per oltre cinquant'anniaveva il diritto di accompagnarlo di persona alla sua ultima e definitiva dimora. Una grande fossa era stata scavata in un angolo del cimiteroproprio sotto il vecchio albero di tassoe il rito funebre fu celebrato con grande solennità dal reverendo Augustus Dampier. Quando la cerimonia ebbe terminei domesticisecondo un'antica tradizione della famiglia dei Cantervillespensero le torce ementre la bara veniva calata nella tombaVirginia si fece innanzi e vi pose sopra una grande croce fatta di rami di mandorlo intrecciatibianchi e rosa. In quel momento la luna uscì da dietro una nuvolainondando della sua argentea silenziosa luce il piccolo cimiteroe da un boschetto lontano un usignolo prese a cantare. La fanciulla si rammentò della descrizione che il fantasma le aveva fatto del giardino della morte; i suoi occhi si riempirono di lacrimee fu molto se proferì una sola parola nel cammino di ritorno verso casa.
Il mattino seguenteprima che lord Canterville rientrasse in cittàMister Otis volle avere un colloquio con l'antico proprietario del castello a proposito dei gioielli che il fantasma aveva regalato a Virginia. Si trattava di gioielli meravigliosisoprattutto una certa collana di rubini con un'antica montatura venezianaun esemplare veramente splendido di oreficeria del secolo sedicesimoil cui valore era così enorme che Mister Otis provava grande scrupolo a permettere che sua figlia lo accettasse.
"Mio caro lord disse a lord Canterville so che nel suo paese la manomorta si applica non soltanto alla terrama a qualunque bagatellaperciò mi rendo perfettamente conto che questi gioielli sonoo perlomeno dovrebbero essereeredità della sua famiglia.
Io mi sento pertanto tenuto a chiederle di portarli a Londra con sée di considerarli semplicemente come una parte di beni di sua proprietà che le è stata restituita in circostanze insolite. In quanto alla mia figliolanon è che una bambina e per il momento non senteper fortunaalcuna inclinazione per inutili oggetti di lusso. Inoltre mia moglieche in fatto di arte non è un'autorità da pocoavendo avuto il privilegioda ragazzadi passare a Boston numerose stagioni invernalimi ha fatto presente che si tratta di gemme di grande pregio monetario che potrebbero rendere immensamente se vendute ad un intenditore. Tenuto conto di tutto ciòmio caro lord Cantervillesono certo che lei comprenderà benissimo come io non possa permettere che esse rimangano in possesso di un membro della mia famiglia.
Del restoorpelli e cianfrusaglie similiper quanto adatti o necessari alla dignità dell'aristocrazia britannicasarebbero assolutamente fuori luogo tra gente che è stata educata ai severi e secondo me immortali princìpi della semplicità repubblicana. La pregherei solamente di lasciarmi la scatolaperché Virginia è desiderosa di conservarla come ricordo del suo infelice e traviato antenato. D'altro canto è una scatola molto vecchia e in pessimo statoe spero che non avrà alcuna difficoltà ad accondiscendere alla sua richiesta. Per quel che mi concerneconfesso che sono molto stupito che una mia figliola dimostri simpatia per una qualsivoglia forma di medievalismoe posso spiegarmi la cosa solo con il fatto che Virginia è nata in uno dei vostri sobborghi londinesi poco dopo un viaggio di mia moglie ad Atene".
Lord Canterville stette ad ascoltare molto gravemente il discorso del degno ministrotirandosi di tanto in tanto i baffi grigi per nascondere un sorrisetto involontarioe quando Mister Otis ebbe finitogli strinse cordialmente la mano e disse: "Mio caro ministrola sua graziosa figliola ha reso al mio sfortunato avosir Simon de Cantervilleun servigio inestimabilee la mia famiglia ed io ci sentiamo infinitamente in debito con lei per il coraggio e il sangue freddo che ha saputo dimostrare. E' indubbio che i gioielli le appartengono sacrosantamente eperbaccoio credo che se fossi tanto crudele da portarglieli viaquel sacripante di un mio trisavolo salterebbe fuori dalla sua tomba in capo a quindici giornie mi farebbe vedere i sorci verdi per tutto il resto della mia esistenza. In quanto al fatto che siano beni mobili spettanti per tradizione all'erede legalenon è ritenuto bene mobile per tradizione tutto quanto non è citato in un testamento o documento legalee l'esistenza di queste gemme è sempre stata ignorata. Le garantisco di non avere maggiore diritto a reclamarli come miei di quanto non ne possa avere il suo maggiordomoe quando la signorina Virginia sarà cresciutasono certo che sarà contenta di avere delle belle cose da mettersi indosso. Del restoMister Otislei sta dimenticando di aver acquistato castello e fantasma in bloccoperciò qualunque cosa fosse appartenuta al fantasma diventava sua automaticamente:
infattiqualunque fosse l'attività esplicata da sir Simon in corridoio durante la notteagli effetti della legge egli era ben mortoe perciò lei aveva acquistato la sua proprietà per diritto di compera".
Mister Otis si rammaricò moltissimo del rifiuto di lord Cantervillee lo pregò di recedere dalla sua decisionema l'onesto nobiluomo fu irremovibile. Infine il ministro si persuase ad accettare il dono che il fantasma aveva fatto a sua figliae quando nella primavera del 1890la giovane duchessa di Cheshire fu presentata per la prima volta a Corte in occasione del suo matrimonioi suoi gioielli furono l'oggetto dell'ammirazione generale. Virginia aveva infatti ricevuto la corona nobiliareche è la meta più ambita di tutte le buone piccole bambine americanesposandosi con il suo piccolo innamorato non appena questi aveva raggiunto la maggiore età. Erano entrambi così carinie si volevano tanto beneche tutti rimasero entusiasti di quel matrimonioall'infuori della vecchia marchesa di Winbletonche aveva cercato di accalappiare il duca per una almeno delle sue sette figlie zitellee aveva dato a questo scopo non meno di tre costosissimi pranzie strano a dirsiall'infuori dello stesso Mister Otis. Personalmenteil ministro degli Stati Uniti nutriva per il giovane duca una simpatia vivissimama in teoria era contrario ai titolie per usare le sue parole "aveva il timore che in mezzo alla debilitante influenza di un'aristocrazia assetata di piacere i sani princìpi della semplicità repubblicana venissero a poco a poco dimenticati".
Le sue obiezionituttaviafurono smantellate a una a unae io credo che mentre si avviava su per la navata della chiesa di San Giorgioin Hanover Squarecon sua figlia al braccionon c'era un uomo più orgoglioso di lui in tutta l'Inghilterra.
I giovani duchiterminato il loro viaggio di nozzevennero a Canterville Chasee lo stesso giorno del loro arrivonel pomeriggiosi recarono al piccolo cimitero solitario presso la pineta. Dapprincipio vi erano state non poche difficoltà a proposito dell'iscrizione per la pietra tombale di sir Simonma alla fine si era deciso di incidervi sopra semplicemente le iniziali del vecchio gentiluomounitamente ai versi dipinti sulla finestra della biblioteca. La duchessa aveva portato con sé alcune rose bellissime che sparse sulla fossae dopo essere rimasti per qualche istante immersi in un raccoglimento silenziosoi due giovani si avviarono passo passo verso il coro in rovina dell'antica abbazia. Qui la duchessa sedette su una colonna cadutamentre suo marito le si accoccolò ai piedi a fumare una sigaretta e a guardarla nei dolcissimi occhi. Improvvisamente il giovane buttò la sigarettale prese una mano e le disse:
"Virginiauna moglie non dovrebbe avere nessun segreto per il proprio marito!".
"Mamio caro Cecil! Io non ho segreti per te!".
"Sìche ne hai" le rispose il giovane sorridendo. "Tu non mi hai mai detto quello che è accaduto quando ti sei chiusa lassù col fantasma".
"Non l'ho mai detto a nessunoCecil" rispose Virginia gravemente.
"Lo soma a me potresti dirlo".
"Ohti pregonon chiedermi nullaCecilnon posso dirtelo.
Povero sir Simon. Io gli debbo moltissimo. Sìnon ridereCecilè proprio come ti dico. Egli mi ha fatto comprendere che cos'è la vitae che cosa significa la mortee perché l'amore sia più forte dell'una e dell'altra".
Il duca si alzò e baciò appassionatamente sua moglie.
"Tieniti pure il tuo segreto fino a quando io potrò avere il tuo cuore" mormorò.
"Il mio cuore tu l'hai sempre avutoCecil".
"Però ai nostri bambini lo racconterai un giornovero?".
Virginia arrossì.
IL DELITTO DI LORD ARTHUR SAVILE
Saggio sul dovere
1.
Lady Windermere dava l'ultimo ricevimento di quaresima e la Bentick House era più affollata del solito. Erano arrivati sei ministri in caricausciti poco prima da una seduta straordinaria indetta dal rappresentante dei Comunicon tutti i loro nastri e le decorazioni: le belle della città sfoggiavano sfarzosi abiti da serae nell'angolo estremo della pinacoteca era seduta la principessa Sofia di Carlsrüheuna robusta e massiccia dama dall'aspetto tartarocon due minuscoli occhi neri e meravigliosi smeraldila quale parlava a voce altissima in un pessimo francese e rideva smodatamente a ogni frase che le veniva rivolta. Era davvero una straordinaria accozzaglia di gente. Splendide nobildonne chiacchieravano affabilmente con violenti radicalipredicatori celebri sfioravano con le loro code di rondine quelle di eminenti filosofi scetticiun vero codazzo di vescovi inseguiva di sala in sala una formosa primadonnasulle scale erano radunati vari accademici reali travestiti da artistie a un certo momento si disse che il salone dei rinfreschi fosse letteralmente zeppo di geni.
Insomma era una delle serate meglio riuscite di lady Windermeree la principessa vi si trattenne fin quasi alle undici e mezzo.
Non appena Sua Altezza fu partitalady Windermere ritornò nella pinacoteca dove un economista famoso stava pomposamente spiegando una propria teoria scientifica sulla musica ad un giovane ungherese che ascoltava con aria sdegnatae incominciò a discorrere con la duchessa di Paisley. Lady Windermere appariva meravigliosamente bella; la sua gola d'avorio era superbastupendi erano i suoi occhiazzurri come miosotise le grevi spire dei suoi aurei capelli. Proprio "or pur"non di quel pallido color paglierino che al giorno d'oggi usurpa il prezioso nome dell'oroma di quell'oro di cui sono intessuti i raggi del sole e che si nasconde nell'ambra pregiata: e le incorniciavano il viso rammentando l'aureola di certe santesenza toglierle per questo il suo fascino di peccatrice. Lady Windermere rappresentava un curioso studio psicologico: ancora molto giovane aveva scoperto l'essenziale verità che nulla assomiglia all'innocenza quanto l'indiscrezione. Dopo una serie di audaci avventuremetà delle quali assolutamente innocuesi era acquistata tutti i privilegi di ciò che si suole chiamare una personalità. Aveva cambiato marito più d'una volta (a dire il vero Debrett le accolla almeno tre matrimoni) ma poiché non aveva mai cambiato amanteil mondo aveva cessato da un pezzo di gridare allo scandalo sul suo conto.
Aveva in quell'epoca quarant'anniera senza figlie possedeva quella smodata sete di piacere che costituisce il segreto per rimanere giovani.
Ad un certo punto volse il capo attorno alla sala con gesto inquietoe chiese con la sua chiara voce di contralto: "Dove si sarà cacciato il mio chiromante?".
"Il tuo che cosaGladys?" esclamò la duchessasobbalzando suo malgrado.
"Il mio chiromanteduchessa. Non posso vivere senza di luiin questo momento".
"OhDio mioGladyssei sempre talmente originale" mormorò la duchessache non riusciva a ricordare cosa fosse in realtà un chiromantee augurandosi in cuor suo che non si trattasse in definitiva di un semplice pedicure.
"Mi viene a leggere la mano regolarmente due volte la settimana" proseguì lady Windermere. "E' una cosa interessantissimasa?".
"Bontà divina!" pensò la duchessa. "Si tratta proprio di una specie di pedicuredunque. Che orrore. Speriamo almeno che sia straniero: la cosa sarebbe un po' meno grave".
"Bisogna assolutamente che glielo presenti".
"Presentarmelo?" gridò la duchessa: "Non vorrai mica farmi credere che si trovi qui?". E così dicendo prese a cercare affannosamente il suo piccolo ventaglio di tartaruga e un logoro scialletto di pizzoonde essere pronta ad andarsene al momento opportuno.
"Si capisce che è qui. Non mi sognerei nemmeno di dare un ricevimento senza di lui. Dice che ho una mano prettamente psichicae che se il mio pollice fosse stato solo un tantino più corto sarei diventata una pessimista senza rimedio e mi sarei rinchiusa in convento".
"Ahcapisco" esclamò la duchessa alquanto sollevata. "E' uno che predice la fortunanon è così?".
"E la sfortunaanche" rispose lady Windermere. "Sfortune di ogni genere. L'anno prossimoper esempioio mi troverò in estremo pericolosia in terra che in mareperciò ho deciso di andare ad abitare su un pallonee mi farò mandar su la cena ogni sera in un cestino. E' scritto tutto sul mio mignoloo sul palmo della manonon ricordo bene".
"Macara figliolaquesto si chiama tentare la Provvidenza".
"Duchessastia tranquillache la Provvidenzaormaiè in grado di resistere a qualunque tentazione. Io trovo che tutti dovrebbero farsi leggere la mano almeno una volta al mesein modo da sapere ciò che non si deve fare. Naturalmentepoilo si fa lo stessoma è talmente bello essere preavvertiti! Be'se ora qualcuno non mi va a cercare il signor Podgers dovrò andare io stessa".
"Permettete che ci vada iolady Windermere" disse un bel giovane alto che era rimasto in un angolo ad ascoltare la conversazione con un sorriso divertito.
"Grazie infinitelord Arthurma temo che lei non saprebbe individuarlo".
"Se è così straordinario come lei dicesono certo che saprò riconoscerlo senza esitare. Mi spieghi press'a poco che aspetto ha e glielo porterò qui seduta stante".
"Ohnon ha affatto l'aria di un chiromante: non è né misteriosoné esotericoné romantico. E' un ometto grasso con una buffissima testa pelata e porta un paio di grossi occhiali cerchiati d'oro:
una via di mezzo tra il medico di famiglia e il magistrato di provincia. E' spiacevolelo soma non è colpa mia: la gente è così sconcertante. Tutti i miei pianisti hanno esattamente l'aria di poetimentre tutti i miei poeti assomigliano a pianisti.
Ricordo di avere invitato a pranzo l'anno scorso un terribile cospiratoreun uomo che aveva fatto saltare in aria non so più quante personee che indossava giorno e notte un giustacuore d'acciaio e portava costantemente un pugnale sotto il braccio:
ebbenesa che quando me lo vidi comparire davanti avrei giurato che fosse un bravo curato di campagnae non fece che scherzare e raccontare barzellette tutta la serata? Era molto divertentecertoma io ne rimasi terribilmente delusae quando gli chiesi del giustacuore d'acciaio si mise a ridere e mi spiegò che era troppo freddo per indossarlo in Inghilterra. Ahecco il signor Podgers. Prestosignor Podgersvoglio che legga subito la mano alla duchessa di Paisley. Duchessasi tolga il guantoper favore. Nonon la mano sinistral'altra".
"Gladys caranon credo sia una cosa molto corretta" mormorò la duchessasbottonando a malincuore un guanto di capretto alquanto gualcito.
"E quando mai le cose interessanti sono corrette?" replicò lady Windermere. "Che volete? 'On a fait le monde ainsi'. Ma permettete che faccia le presentazioni. Duchessaquesto è il signor Podgersil mio chiromante preferito. E questasignor Podgersè la duchessa di Paisleye se lei le dirà che il suo monte della luna è più sviluppato del mionon crederò mai più in lei".
"OhGladysnon credo che nella mia mano vi sia nulla di simile" osservò seria la duchessa.
"Vostra Grazia ha perfettamente ragione" disse Podgers fissando la piccola mano grassoccia dalle corte dita quadrate. "Il monte della luna è appena abbozzato. La linea della vita è invece magnifica.
Pieghi il polsoper cortesia. Grazie. Tre linee distinte sulla 'rascette'. Lei vivrà fino a tardissima etàduchessae sarà estremamente felice. Ambizione... molto moderatalinea dell'intelletto non eccessivalinea del cuore..." "Ohla pregosia indiscretosignor Podgers" esclamò lady Windermere.
"Nulla mi darebbe maggior piacere" rispose Podgers inchinandosi "se Sua Grazia lo fosse mai stata; ma sono dolente di dover dire che io vedo soltanto una grande costanza negli affetti combinata con un alto senso del dovere".
"Per favore continuisignor Podgers" disse la duchessa che appariva ora molto soddisfatta.
"L'economia non è certo la minore tra le virtù che adornano Vostra Grazia" proseguì Podgerse lady Windermere scoppiò in una risata argentina.
"L'amore del risparmio è un'ottima qualità" osservò la duchessa con compiacenza. "Quando lo sposaiPaisley possedeva undici castellima non aveva neanche una casa decente in cui abitare".
"E adesso ha dodici case ma nemmeno un castello!" rise lady Windermere.
"Be'figliola cara obiettò la duchessa a me piacciono..." "Le comodità proseguì Podgers e tutti i ritrovati della tecnica modernacompresa l'acqua calda corrente in ogni camera. Vostra Grazia ha perfettamente ragione. La sola cosa buona che la nostra civiltà riesca a darci è il COMFORT".
"Signor Podgersha descritto il carattere della duchessa in modo perfettoora però deve leggere la mano anche a lady Flora". In risposta a un cenno sorridente della padrona di casauna ragazza altadai capelli scozzesi color sabbia e dalle scapole prominentiavanzò goffamente da dietro la spalliera del divano e stese al chiromante una lunga mano ossuta terminata da dita a spatola.
"Ahlei è pianistaè chiaro!" disse Podgers. "Una pianista ottimadireima senza grande talento musicale. Molto riservata e lealeamatissima dagli animali".
"Ma è esatto!" esclamò la duchessa volgendosi a lady Windermere.
"Esattissimo. A MacloskieFlora ha almeno due dozzine di cani da pastore e sarebbe pronta a trasformare la nostra casa di città in una vera 'ménagerie'se suo padre glielo permettesse".
"Be'è quello che faccio io con casa mia ogni giovedì sera!" gridò lady Windermeree rise. "Solo che ioai cani da pastorepreferisco i leoni da salotto".
"Ed è il suo unico tortolady Windermere" disse Podgers inchinandosi cerimoniosamente.
"Se una donna non sa rendere affascinanti i propri torti non è che una femmina" fu la risposta. "Ma lei ci deve leggere qualche altra manosignor Podgers. Andiamosir Thomasgli mostri un po' la sua". E si fece innanzi un vecchio gentiluomo dal viso cordialein sparato biancoche tese una mano grossa e ruvidadal medio innaturalmente lungo.
"Temperamento avventurosoquattro lunghi viaggi in passatoun quinto in avvenire. Naufragato tre volte. Nodue volte soltantoma correrà il pericolo di far naufragio al suo prossimo viaggio.
Conservatore inveteratomolto precisocollezionista di curiosità. Lei ha subìto una grave malattia tra i sedici e i diciotto anni. Ha ereditato una grossa fortuna verso i trenta.
Nutre un'avversione spiccata per i gatti e i radicali".
"Magnifico!" esclamò sir Thomas. "Ora deve leggere anche la mano di mia moglieper favore!".
"Della sua seconda moglie" precisò Podgers senza scomporsisempre tenendo la mano di sir Thomas tra le sue. "Sarà un onore per me".
Lady Marveluna creatura dall'aspetto malinconicobruna di capelli e dalle languide cigliasi rifiutò nettamente di rendere pubblico il proprio passato e il proprio avveniree nessuna preghiera o moìna di lady Windermere valse a indurre l'ambasciatore russoil signor de Koloffneppure a togliersi il guanto. In realtà pareva che molti avessero timore di dover affrontare quel buffo omino dal sorriso stereotipato e i suoi occhiali d'oro dietro cui brillavano due pupille minuscole e lucenti come capocchie di spillo: e quando disse alla povera lady Fermor - sfacciatamentedi fronte a tutti - che a lei della musica non importava proprio nientementre andava addirittura matta per i musicistisi ebbe nella sala la netta sensazione che la chiromanzia è una scienza estremamente pericolosa che nessuno dovrebbe incoraggiarese non in un "tête-à-tête".
Lord Savileil quale non sapeva nulla dell'increscioso incidente toccato a lady Fermored era stato ad osservare Podgers con molto interessefu preso da una violenta curiosità di farsi leggere a sua volta la mano: tuttaviapoiché provava una certa timidezza a farsi avantisi diresse verso l'angolo del salone dove lady Windermere teneva circolo e le chiesearrossendo deliziosamentese credeva che il signor Podgers si sarebbe seccato.
"Al contrario. E' qui per questo" replicò vivacemente lady Windermere. "Tutti i miei 'lions' sono bravi come veri leoncini ammaestratie pronti a saltare attraverso il cerchio ogni volta che glielo ordino. Ma la devo avvertire in precedenza che poi racconterò tutto a Sybil. Verrà domani a colazione da mepoiché dobbiamo discutere di cappellinie se il signor Podgers scopre che lei ha un brutto carattereo la tendenza alla gottao magari una moglie morganatica che abbia in periferiastia pur sicuro che glielo spiffererò subito".
Lord Savile sorrise e scosse il capo. "Ohnon ho paura" disse.
"Sybil e io sappiamo ogni cosa l'uno dell'altro".
"Ohmi spiace che lei dica questo. L'elemento basilare di un matrimonio riuscito è l'incomprensione reciproca. Nonon sono affatto cinica: ho una certa esperienzaecco tuttoil che in fondo è la stessa cosa. Signor Podgerslord Savile muore dalla voglia che lei gli legga la mano. Però non gli dica che è fidanzato con una delle più belle ragazze di Londraperché questo è già stato stampato sul 'Morning Post' un mese fa".
"Cara gridò la marchesa di Jedburgh lasciami il signor Podgers ancora per un momento. Mi ha detto proprio ora che dovrei calcare le scenee la cosa m'interessa enormemente".
"Se ti ha detto questo è proprio il caso che te lo porti via immediatamente. Suvenga Podgerse si spicci a leggere la mano di lord Arthur".
"Be'" disse lady Jedburgh alzandosi dal divano con una smorfietta di disappunto "se non mi è concesso di salire sul palcoscenicomi sarà almeno permesso di far parte del pubblico".
"Ma certo: ne faremo parte tutti disse lady Windermere ora la pregoPodgersci dica qualcosa di carino. Lord Savile è uno dei miei beniamini".
Ma non appena il signor Podgers vide la mano di lord Savileil volto gli si coprì di uno strano pallore ed egli non disse nulla.
Il suo corpo fu percorso da un brivido e le folte irsute sopracciglia ebbero un tremito convulso: semprele sue sopracciglia tremavano in quella maniera curiosa ed irritantequando qualcosa lo lasciava perplesso. Improvvisamentesimili a velenosa rugiadagrosse gocce di sudore gli imperlarono la fronte gialliccia e le mani grasse diventarono freddevischiose.
Lord Arthur non poté non avvertire i segni di quella inesplicabile angoscia eper la prima volta in vita suaanch'egli ebbe paura.
Il suo primo impulso fu di fuggirema si controllò. Era meglio conoscere il peggiodi qualunque cosa si trattasseche essere lasciati in quell'orribile incertezza.
"Signor Podgersio aspetto" disse.
"Tutti aspettiamo" gridò lady Windermereimpulsiva e impaziente come sempre.
Il chiromante non diede risposta.
"Ho l'impressione che Arthur finirà sul palcoscenico" osservò lady Jedburgh. "Ma adesso che l'hai sgridato a quel modo il signor Podgers non oserà dirglielo".
Bruscamente Podgers lasciò andare la mano destra di lord Arthur e gli afferrò la sinistrachinandosi tanto per esaminarlache i cerchi dorati delle sue lenti quasi toccarono la palma del giovane. Per un attimo il suo viso parve tramutarsi in una maschera d'orrorema ben presto egli recuperò il suo "sang-froid" eguardando lady Windermere dritto in facciadisse con un sorriso forzato: "E' la mano di un affascinante giovanotto".
"Che scoperta" protestò lady Windermere. "Ma sarà anche un marito affascinante? Questo è ciò che mi interessa".
"Tutti i giovani brillanti lo sono" osservò Podgers.
"Secondo meun marito non dovrebbe mai essere troppo affascinante" disse pensosamente lady Jedburgh. "E' così pericoloso...".
"Ohcarainvece non lo sono mai abbastanza!" esclamò lady Windermere. "Ma io voglio sapere anche i particolari: essi sono le uniche cose interessanti. Dunqueche succederà a lord Arthur?".
"Eccotra sei mesi lord Arthur intraprenderà un viaggio...".
"Il suo viaggio di nozzeè naturale!".
"E perderà un congiunto".
"Non sua sorellaspero?" esclamò lady Jedburgh con un tono di voce già di condoglianza.
"Nosua sorella no di certo" affermò Podgersfacendo con la mano un cenno deprecatorio. "Si tratta soltanto di un parente lontano".
"Be'sono veramente delusa" disse lady Windermere. "Domani non potrò raccontare a Sybil proprio un bel nulla. Chi si occupa di parenti lontanial giorno d'oggi? Sono annioramaiche sono andati giù di moda. Comunquepenso sia bene che si faccia fare un vestito nero: caso mai potrà sempre metterselo per andare in chiesa. E ora vi consiglio di andare a cenare. Sono sicura che avranno già spazzato via tuttoperò può darsi che un poco di brodo caldo lo troviamo ancora. François fino a qualche tempo addietro mi faceva delle ottime minestrema adesso è talmente distratto per via della politica che non si può più contare su di lui. Se almeno il generale Boulanger si decidesse a starsene più tranquillo. Mia cara duchessatemo che lei sia un po' stanca".
"AffattoGladys" replicò la duchessa ancheggiando verso la porta.
"Mi sono divertita un mondoe il tuo pedicureil tuo chiromantevoglio diremi ha interessato immensamente. Floradove sarà il mio ventaglio di tartaruga? Ohgraziesir Thomasgrazie infinite. E il mio scialle di pizzoFlora? Ohgraziesir Thomaslei è davvero molto gentile". E la degna creatura riuscì finalmente a scendere le scale senza lasciare cadere la bottiglietta dei sali aromatici più di un paio di volte.
Durante tutto questo tempo lord Arthur era rimasto in piedi accanto al caminocon lo stesso senso oppressivo di angoscia e di catastrofe incombente. Sorrise con tristezza a sua sorella che gli passava accantoal braccio di lord Plymdaledeliziosa in un abito rosa di broccato trapunto di perlee udì appena lady Windermere che lo invitava a seguirla. Il giovane pensava a Sybil Merton e il solo pensiero che qualcosa potesse frapporsi fra lui e il suo amore gli inumidiva gli occhi di lacrime.
Se qualcuno lo avesse osservato avrebbe detto che certamente la nemesi doveva aver sottratto lo scudo di Pallade Atena per mostrargli il volto della Gorgona. Pareva tramutato in pietra; il suo viso soffuso di malinconia era come di marmo. Aveva vissuto fino a quel giorno l'esistenza raffinata e dispendiosa di un giovane nobile e riccoun'esistenza squisitaricca di fanciullesca spensieratezzalibera dai sordidi inceppi del bisogno: ed ecco che oraper la prima voltaera consapevole di quel terribile mistero che è il destinodel significato tremendo di ciò che i comuni mortali chiamano la sorte.
Come tutto ciò appariva pazzescomostruoso. Era possibile che sulla sua manoscritto in segni a lui indecifrabilima chiarissimi a un altrofosse impresso il segreto di un orrendo peccatoil marchio sanguigno del delitto? Nessuna via d'uscita era dunque possibile? Non siamo altro che le pedine di un'immensa scacchieramosse da un potere invisibilevasi che l'artigianato foggia a suo piacimentoper la gloria o per l'infamia? La sua ragione si ribellavae tuttavia egli intuiva che un'ignota tragedia pendeva sul suo capo e che egli era stato improvvisamente chiamato a portare un intollerabile fardello. Come sono fortunati gli attori: possono scegliere come vogliono se rappresentare la tragedia o la farsase soffrire o essere felicise ridere o spargere lacrime.
Nella vita reale le cose vanno diversamente. La maggioranza degli uomini e delle donne sono costretti a rappresentare parti per le quali non hanno le minime attitudini. I Guildenstern personificano Amleto per noie i nostri Amleti devono fare i buffoni come il principe Hal. Il mondo è un palcoscenicoma le parti sono malamente distribuite.
Il signor Podgers entrò improvvisamente nella sala. Quando vide lord Arthur trasalì e la sua faccia grassa e volgare si coprì di una specie di pallore gialloverdastro. Gli sguardi dei due uomini si incontraronoed entrambi restarono per qualche attimo senza proferire parola.
"La duchessa ha dimenticato qui un guanto disse finalmente Podgers e mi ha incaricato di venirglielo a cercare. Aheccolo lì sul divano. Buona sera".
"Signor Podgersmi vedo costretto ad insistere perché lei dia una risposta soddisfacente a una domanda che sto per rivolgerle".
"Un'altra voltalord Arthur! La duchessa è impaziente. Devo andare".
"Nolei non se ne andrà. La duchessa non ha nessuna fretta".
"Non bisogna mai far attendere le signorelord Arthur" disse Podgers con quel suo sorriso sgradevole. "Il bel sesso perde facilmente la pazienza".
Le labbra finemente cesellate del giovane si incurvarono in una smorfia sdegnosa. Ben poca importanza aveva ai suoi occhi la povera duchessain quel momento. Attraversò la sala e si piantò davanti a Podgers tendendogli la mano.
"Dica quello che ha visto qui" gli ordinò. "Voglio sapere la verità. Devo saperla. Non sono un bambino".
Gli occhi di Podgers ammiccarono dietro le lenti cerchiate d'oroed egli si dondolò impacciato da un piede all'altromentre le sue dita giocherellavano nervosamente con la vistosa catena dell'orologio.
"Lord Arthurche cosa le fa ritenere che nella sua mano io abbia letto più di quanto non le ho già detto?".
"Ne sono sicuro e insisto perché mi dica la verità. La pagherò: le firmerò un assegno di cento sterline".
Gli occhi verdi del chiromante ebbero un guizzo improvvisoma subito si rifecero opachi. Finalmente Podgers disse con un filo di voce: "Ghinee?".
"D'accordo. Gliele farò avere domani. Qual è il suo club?".
"Non sono iscritto a nessun club. Voglio dire... non ancoraper il momento. Il mio indirizzo è... ma permetta che le dia il mio biglietto da visita". Così dicendo Podgers gli porse con un profondo inchino un cartoncino dagli angoli dorati su cui lord Arthur lesse:
SEPTIMUS R. PODGERS
Chiromante autorizzato
103a West Moon Street
"Ricevo dalle dieci alle sedici proseguì meccanicamente Podgers e faccio prezzi speciali per famiglie".
"Faccia presto" gridò lord Arthurpallidissimoporgendo la mano.
Podgers si guardò attorno inquietopoi tirò la pesante tenda di velluto che mascherava la porta.
"Ci vorrà un po' di tempolord Arthur: sarà meglio che si metta a sedere".
"Le ho detto di fare presto" ripeté il giovane rabbiosamentebattendo il piede sul pavimento levigato del salone.
Podgers sorrise e si tolse dal taschino del panciotto una minuscola lente di ingrandimento che pulì accuratamente col fazzoletto.
"Eccosono pronto" disse.
Dieci minuti più tardi lord Arthur usciva correndo dalla Bentick House col viso sbiancato dal terrore e lo sguardo angosciatofacendosi largo come un automa tra la calca di valletti impellicciati che si assiepavano sotto un'immensa tenda a strisce:
sembrava che non vedesse né udisse nulla. La notte era freddissimale luci a gas della piazza guizzavano e vacillavano sotto la sferza del ventoma le mani gli bruciavano di febbre e la sua fronte ardeva. Procedette avantisempre avantiquasi con l'andatura di un ubriaco. Un poliziotto gli lanciò un'occhiata incuriositacome lo vide passaree un mendicanteche era sbucato da sotto un arco di porta per chiedergli l'elemosinasi ritrasse sgomento scorgendo una miseria ancora più grande della sua. A un certo momento il giovane si fermò sotto un lampione e si guardò le mani. Gli parve già di notare sopra di esse una macchia di sanguee un grido soffocato gli sgorgò dalle labbra tremanti.
Assassinio! Ecco ciò che il chiromante aveva letto nella sua mano.
Assassinio! Pareva che persino la notte lo sapesseche persino il vento desolato glielo ululasse nelle orecchie. Gli angoli bui delle vie ne erano pieni: il delitto lo irrideva ghignando dai tetti delle case.
Giunse dapprima nel parcoil cui cupo paesaggio silvestre parve per un attimo affascinarlo. Si appoggiò stancamente ai cancellirinfrescando la fronte contro il metallo umido di pioggiae ascoltando il tremulo silenzio degli alberi.
"Assassinio! Assassinio!" mormorava tra sécome se quella ripetizione ossessiva potesse placare l'orrore della parola. Il suono della sua stessa voce lo fece rabbrividiree tuttavia egli quasi cercò che Eco lo udisse e risvegliasse dai suoi sogni la città dormiente; improvvisamente fu assalito dal desiderio folle di fermare il primo passante che avesse incontrato e di narrargli ogni cosa.
Girovagò quindi per la Oxford Street sbucando in angustiturpi angioporti. Due donne dal volto dipinto lanciarono al suo passaggio frizzi volgari. Da un cortile immerso nelle tenebre giunse un rumore di bestemmie e di colpi seguito da grida acute; accucciati su un gradino viscido di umidità scorse i corpi deformi della povertà e della vecchiaia. Una strana pietà s'impadronì di lui. Erano dunquequestifigli del peccato e della miseria predestinati alla loro sortecome egli lo era alla sua? Erano dunque anche loroal pari di luisemplici marionette di un mostruoso spettacolo?
Tuttavia non era tanto il misteroquanto la commedia del dolore che lo colpiva; la sua totale inutilitàla sua grottesca mancanza di un significato. Come ogni cosa gli appariva incoerentepriva di armonia. Lo meravigliava la discordia tra il fatuo ottimismo dei suoi contemporanei e i fatti dell'esistenza reale. Egli era ancora molto giovane.
Dopo qualche tempo si trovò davanti alla chiesa di Marylebone. La strada silenziosa era simile ad un lungo nastro di lucido argentopicchiettato qui e là dai cupi arabeschi delle ombre ondeggianti.
In lontananza s'incurvava la fila scintillante delle lampade a gasdinanzi all'ingresso di una piccola casa cintata sostava un calesse solitariocol fiaccheraio addormentato. Si diresse frettolosamente in direzione di Portland Placeguardandosi attorno di quando in quandoquasi temesse di essere inseguito.
All'angolo di Rich Street vide due uomini fermiintenti a leggere un piccolo avviso appiccicato su un cartello stradale. Una bizzarra curiosità s'impossessò di luied egli attraversò la strada. Macome fu vicinola parola OMICIDIO stampata in grassetto gli colpì lo sguardo. Sobbalzòe le sue guance s'imporporarono violentemente. Si trattava di un manifesto in cui veniva offerta una ricompensa a chiunque riuscisse a fornire informazioni atte a far arrestare un uomo di statura mediadi età fra i trenta e i quarantaportante un cappello a bombettauna giacca nerapantaloni a scacchie con una cicatrice sulla guancia destra.
Rilesse l'avviso più volte e si chiese se il disgraziato sarebbe stato presoe quale fosse stata la causa della sua cicatrice.
Forse un giorno anche il suo nome sarebbe stato affisso su tutti i muri di Londra; forse un giorno anche sulla sua testa sarebbe stata posta una taglia. Questo pensiero lo fece quasi svenire di terrore. Girò sui tacchi e si rituffò nella notte.
Non aveva la più pallida idea di dove andasse. In seguito gli restò il ricordo di un girovagare fra un labirinto di case sordidee l'alba già splendeva quando finalmente si ritrovò in Piccadilly Circus. Mentre si dirigeva verso casa sua in Belgrave Squareincrociò i grossi carri che andavano al mercato di Covent Garden. I carrettieri nei loro camiciotti bianchidalle simpatiche facce bruciate dal sole e i ruvidi capelli ricciutivenivano innanzi goffamentea lunghi passifacendo schioccare le fruste e chiamandosi tra loro di quando in quando: sul dorso di un enorme cavallo grigio che capeggiava un tiro tintinnante di sonaglicaracollava un ragazzetto paffuto: aveva appuntato sul cappelluccio a cencio un mazzolino di primule e si teneva aggrappato con le piccole mani alla criniera della bestia e rideva: e le grosse pile di ortaggi sembravano altrettante masse di giada contro il cielo mattutinomasse di verde giada stagliate sui rosei petali di un fiore meraviglioso. Lord Arthur si sentì inesplicabilmente commossonon avrebbe saputo dire il perché. Vi era qualcosa nella bellezza delicata dell'aurora che gli appariva di un'inesprimibile dolcezzae rifletté a tutti i giorni che iniziano radiosi e si concludono in tempesta. E quei villicicon quelle loro voci rozze e bonariecon quella loro aria indolenteche strana Londra vedevano! Una Londra redenta dai peccati della notte e dal fumo del giornouna città pallidaspettraleuna desolata città di tombe. Si chiese che cosa ne pensassero quei contadinie se sapessero nulla dei suoi splendori e delle sue infamiedelle sue gioie frenetichecolorate di fiammae della sua fame insaziabiledi tutto ciò che vi si crea e vi si distrugge nello spazio di una giornata. Per loro probabilmente essa era soltanto un mercato dove portavano la loro frutta da vendere e dove indugiavano al massimo per poche orelasciando le strade ancora silenziosele case ancora addormentate. Gli diede piacere osservarli mentre passavano. Nonostante la loro rudezza e il passo goffo e pesante delle loro scarpe chiodateessi recavano con sé un ricordo di Arcadia. Sentì che vivevano a contatto diretto della natura e che questa gli aveva insegnato la pace. E li invidiò per tutto quello che ignoravano.
Quando fu in Belgrave Squareil cielo si era trascolorato in un azzurro pallido e gli uccelli incominciavano a cinguettare nei giardini.
Lord Arthur si svegliò alle dodiciquando il sole meridiano già inondava la stanza attraverso i cortinaggi di seta color avorio.
Il giovane si alzò e guardò fuori dalla finestra. Un indistinto alone di afa pendeva sopra l'immensa cittàe i tetti delle case parevano di argento opaco. Tra il verde punteggiato di luce della piazza sottostantealcuni bambini volteggiavano simili a bianche farfalle e il marciapiede era affollato di gente diretta al Parco.
Mai la vita gli era apparsa più bellamai le cose del male gli erano sembrate più remote.
Il maggiordomo gli portò una tazza di cioccolata su un vassoio.
Bevutalatirò da un lato una pesante "portière" di felpa color pesca ed entrò nella stanza da bagno. La luce vi scendeva morbida dall'altoattraverso lastre sottili d'onice trasparentee l'acqua nella vasca di marmo scintillava come diamante. Vi si immerse rapidamente finché le fresche increspature gli raggiunsero il collo e la schienaquindi si tuffò con tutta la testa come se volesse cancellare le tracce di un qualche ricordo vergognoso.
Uscendo dal bagno si sentì in pace. Le condizioni fisiche del momentosquisitamente perfette avevano avuto il sopravvento sopra di luicome spesso accade nelle nature finemente cesellategiacché i sensial pari del fuocopossono tanto purificare quanto distruggere.
Dopo aver consumato la prima colazione si buttò su un divano e accese una sigaretta. Sul riquadro del caminettoin una elegante cornice di broccato anticostava un grande ritratto di Sybil Mertoncosì come lui l'aveva vista la prima volta al ballo di lady Noel. La testa piccolameravigliosamente modellataera dolcemente inclinata da un latoquasi che il collo sottile come un ligustro stentasse a reggere il peso di tanta bellezza: le labbra semiaperte sembravano fatte per cantare una musica celestee gli occhi sognanti rivelavano tutta la tenera purezza di una femminilità virginea. Nella morbida aderente veste di "crêpe-de- chine"un grande ventaglio a forma di foglia in una manosembrava una di quelle fragili statuette che gli archeologi trovano negli oliveti presso Tanagrae vi era un che di greco nella grazia della sua posa e del suo atteggiamento.
Ciononostantenon era "petite". Era perfettamente proporzionataecco tutto: cosa rara in un'età nella quale troppe donne sono eccessivamente alteoppure sono insignificanti.
Oralord Arthurmentre ne contemplava l'immaginesi sentiva invadere dalla terribile pietà che nasce dall'amore. Sentiva che se avesse sposato quella fanciullacon la predestinazione dell'omicidio pendente sul suo capoavrebbe commesso un tradimento simile a quello di Giudaun peccato più orrendo di tutti quelli che i Borgia si fossero mai sognati di fare. Quale felicità avrebbero mai gustata insiemequando egli poteva essere chiamato in ogni istante a compiere la profezia tremenda impressa sulla sua mano? Che vita sarebbe mai stata la loromentre il fato teneva in bilico sui piatti della sua bilancia un così pauroso imperativo?
Doveva rimandare il matrimonioa qualsiasi costo. Su questo punto era decisissimo. Per quanto amasse ardentemente Sybil e il solo tocco delle sue ditaquando essi sedevano vicini l'uno all'altrofacesse vibrare ogni nervo del suo corpo di un'emozione squisitail giovane si rendeva perfettamente conto di quale fosse il suo preciso dovere ed era pienamente conscio di non avere alcun diritto di sposarla finché l'assassinio non fosse stato consumato.
Una volta che avesse ucciso avrebbe potuto stringerla tra le sue bracciaben sapendo che mai ella avrebbe avuto da arrossire per causa suamai avrebbe dovuto nascondersi il volto per vergogna di lui. Ma prima di ogni altra cosa doveva uccidere; e più presto eratanto meglio per tutti e due.
Nella sua condizione molti uomini avrebbero preferito il roseo fiorito sentiero dell'indugio ai rapidi scalini del dovere; ma lord Arthur era troppo coscienzioso per porre il piacere al di sopra dei princìpi. Il suo amore era più di una semplice passionee per lui Sybil era il simbolo di tutto ciò che vi sia di puro e di nobile. Per qualche tempo sentì una ripugnanza naturale per ciò che gli era stato prescritto di compierema questa scomparve ben presto. Il cuore gli disse che non si trattava di un criminema di un sacrificioe la ragione gli rammentò che non aveva altra via di uscita. Era costretto a scegliere tra il vivere per sé e il vivere per gli altrie per quanto tremendo fosse il compito che gli veniva impostocapiva non di meno che non doveva permettere all'egoismo di trionfare dell'amore. Presto o tarditutti quanti siamo chiamati a decidere intorno alla medesima alternativa; presto o tardi a tutti noi viene rivolta la stessa domanda. A lord Arthur fu posta nel fiore della giovinezzaprima che il suo carattere fosse stato guastato dal cinismo calcolatore dell'età maturaprima che il suo cuore si corrompesse con il superficiale lezioso egocentrismo dei nostri giornied egli non sentiva alcuna esitazione nel compiere il proprio dovere. Inoltreper fortuna suanon era né un sognatore né un dilettante ozioso. Se così fosse statosi sarebbe smarrito nell'incertezzacome Amletoe avrebbe permesso all'irresoluzione di distruggere i suoi propositi. Lord Arthur era invece fondamentalmente pratico. La vitaper luipiù che pensiero significava azione. E possedeva una dote rarissima sopra tutte le altre: il buon senso.
In questo frattempo le sensazioni torbide e confuse della notte precedente si erano completamente dileguatee fu quasi con un senso di vergogna che riandò con la mente al suo folle errare di strada in stradaai suoi disordinati vaneggiamenti emotivi. La sincerità stessa delle sue sofferenze gliele rendeva ora irreali.
Si chiese con meraviglia come mai aveva potuto essere tanto sciocco da disperarsi e smaniare sull'inevitabile. Il problema che doveva preoccuparlo era uno solo: chi avrebbe tolto di mezzoperché non era cieco di fronte alla realtà che il delittoal pari delle religioni del mondo paganooltre che un sacerdote richiede una vittima. Dato che non era un genionon aveva nemicie d'altronde capiva perfettamente che non era quello il momento d'indulgere a ripicchi e antipatie personalipoiché la missione per la quale si era impegnato era di gran lunga troppo grave e solenne. Compilò dunque su un foglietto di carta una lista di tutti i suoi amici e parentie dopo molto riflettere la sua scelta cadde a favore di lady Clementina Beauchampuna brava vecchia signora che abitava in Curzon Street e che era sua seconda cugina per parte di madre. Aveva sempre voluto bene a lady Clemcome tutti la chiamavanoed essendo egli stesso ricchissimo per avere ereditato non appena giunto alla maggiore età tutti i beni di lord Rugbynon vi era eventualità alcuna che dalla sua morte gli derivassero volgari vantaggi pecuniari.
In realtàpiù rifletteva alla cosae più lady Clem gli sembrava proprio la persona adatta; e poiché comprendeva che ogni ulteriore indugio era un atto di slealtà verso Sybildecise di agire subito.
Naturalmentebisognava innanzitutto sistemare il chiromante:
perciò sedette a una graziosa scrivania di stile Sheraton posta accanto alla finestrae riempì un assegno di centocinque sterline pagabili all'ordine del signor Septimus Podgers: lo chiuse in una busta che consegnò al suo maggiordomo con l'incarico di recapitarla immediatamente in West Moon Street. Telefonò poi in scuderia ordinando il proprio calessee si vestì per uscire.
Mentre stava per lasciare la stanza lanciò un'ultima occhiata al ritratto di Sybil Merton e giurò a se stesso che qualunque cosa fosse accaduta egli non le avrebbe mai detto quello che era ora sul punto di fare per amor suoma avrebbe sempre tenuto chiuso nel cuore il segreto del suo grande sacrificio.
Mentre era diretto al "Buckingam" si fermò da un fiorista e mandò a Sybil un delizioso cesto di narcisi dai delicati candidi petali e dai calici simili a meravigliati occhi di fagiano. Non appena giunto al club entrò difilato in bibliotecasuonò il campanello e ordinò al cameriere di portargli un taglio di limone al seltz e un libro di tossicologia. Aveva deciso che per quella complicata e noiosa impresa il mezzo migliore era il veleno. Tutto ciò che gli rammentava la violenza fisica gli era estremamente disgustosoe d'altro canto non voleva assolutamente assassinare lady Clem in un modo che potesse attrarre l'attenzione pubblica: inorridiva al solo pensiero di essere "lioneggiato" da lady Windermere in propositoo di vedere il proprio nome pubblicato nei titoli delle volgari riviste mondane. Inoltre doveva pure preoccuparsi dei genitori di Sybilche erano gente alquanto all'anticae che probabilmente si sarebbero opposti alle nozze se ci fosse stato uno scandalo; per la verità essi sarebbero stati i primi a comprendere i motivi che lo avevano spinto ad agire in quel senso.
Aveva dunque tutte le ragioni di propendere per l'impiego del veleno. Era un mezzo sicurotranquillodiscretoed eliminava la necessità di scene penose per le qualicome ogni buon ingleselord Arthur nutriva un'innata antipatia.
Sulla scienza dei velenituttavianon conosceva assolutamente nullae poiché il cameriere era stato capace di portargli soltanto la "Ruff's Guide" e il "Bailey's Magazine"decise di consultare direttamente gli scaffali della bibliotecadove si imbatté infine in un'edizione elegantemente rilegata della FARMACOPEA e in una copia della TOSSICOLOGIA di Erskineedita da sir Matthew Reidpresidente del Collegio Reale dei Medici e uno tra i soci più anziani del "Buckingam"dove era stato eletto per errore al posto di un altro: un "contretemps" che aveva reso talmente furibondi quelli della commissione di nominache quando si era poi presentato il candidato giustolo avevano bocciato all'unanimità. I termini tecnici che andava incontrando in entrambi i volumi lo lasciavano non poco perplesso e già incominciava a pentirsi di non aver prestato una maggiore attenzione alle lezioni che gli erano state impartite a Oxfordquando nel secondo tomo di Erskine trovò una descrizione interessantissima e completa delle proprietà dell'aconitinaredatta in un inglese sufficientemente chiaro. Gli parve che quello dovesse essere giusto il veleno che cercava: era di effetto rapidoanzi quasi immediatoassolutamente indoloree se somministrato entro una capsula di gelatinache era il modo specialmente raccomandato da sir Matthewdi gusto tutt'altro che sgradevole. Lord Arthur fece dunque un appuntosul polsino della camiciadel quantitativo necessario per una dose letalerimise i libri a posto e si avviò a piedi lungo la Saint James's Street verso il negozio dei celebri farmacisti Pestle e Humbley. Il signor Pestleche si occupava personalmente della clientela aristocraticarimase alquanto sorpreso dell'ordinazione di lord Arthure in tono molto deferente mormorò qualcosa circa la necessità di una ricetta medica. Ma non appena lord Arthur gli ebbe spiegato che doveva servire per un grosso mastino norvegese di cui era costretto a sbarazzarsi perché aveva dato segni di idrofobia incipienteavendo già morsicato per ben due volte il cocchiere ad un polpaccioil farmacista si mostrò completamente soddisfattosi complimentò col giovane lord per la sua magnifica competenza in fatto di tossicologia e preparò subito la prescrizione.
Lord Arthur ripose la capsula in una graziosa "bonbonnière" d'argento che vide in una vetrina di Bond Streetbuttò via la brutta scatola di Pestle e Humbley e si fece condurre senza indugio da lady Clementina.
"Dunque'monsieur le mauvais sujet'" gridò la vecchia damacome lo vide entrare in salotto "si può sapere perché mi ha trascurata durante tutto questo tempo?".
"Voglia scusarmimia cara lady Clem rispose sorridendo il giovane ma non ho mai un minuto a mia disposizione!" "Immagino che andrai in giro tutto il giorno con Sybil Merton a comprare 'chiffons' e a discorrere di sciocchezze. Io non capisco perché la gente fa tante storie quando sta per sposarsi. Ai miei tempi non ci si sognava neppure lontanamente di tubare e sdilinquirsi in pubblico; e neanche in privatoquanto a questo".
"Le garantiscolady Clemche non vedo Sybil da ventiquattro ore.
Per quello che mi è dato di sapereessa appartiene interamente alle sue modiste".
"Si capisce: ecco l'unica ragione per la quale ti sei deciso a venire a trovare una vecchia bacucca come me. Mi domando perché voi uomini non vi rendiate conto di questo. 'On a fait des folies pour moi'e ora eccomi quavecchia e artriticacon la parrucca e sempre di cattivo umore. Guai se non ci fosse la cara lady Jansen che mi manda regolarmente tutti i peggiori romanzi francesi che le riesce di trovare: non saprei come arrivare alla fine della giornata. I dottori non servono a nientese non a riscuotere l'onorario. Non sono neppure capaci di curarmi il mal di cuore".
"Le ho poi portato un ottimo rimedio contro questo disturbolady Clem" disse gravemente lord Arthur. "Si tratta di un rimedio miracoloso scoperto dagli americani".
"Non mi piacciono le invenzioni americaneArthur. Ho letto recentemente alcuni romanzi americani e li ho trovati semplicemente idioti".
"Ma qui non c'è nessuna idiozialady Clem. Le assicuro che si tratta di un rimedio perfetto. Mi deve promettere di provarlo". E lord Arthur trasse di tasca la minuscola bomboniera e la porse alla vecchia signora.
"In ogni modo la scatola è deliziosaArthur. E' proprio un regalo? Molto carino da parte tua. E questa sarebbe la medicina meravigliosa? Be'ha proprio l'aria di un bonbon. Voglio mangiarlo subito".
"Nolady Clem" esclamò lord Arthur fermandole la mano. "Non faccia una cosa simile. Si tratta di una cura omeopaticae se lei la prende mentre non soffre di mal di cuorepotrebbe farle molto male. Aspetti quando avrà un attacco: sarà stupefatta del risultato".
"Eppure mi piacerebbe mangiarla adesso" insistette lady Clemtenendo sollevata verso la luce la minuscola capsula trasparente in cui fluttuavaliquida bubbolala mortale anicotina. "Sono sicura che deve essere squisita. In realtàdetesto i medici ma adoro le medicine. Comunquela terrò da conto per il prossimo attacco".
"Quando crede che sarà?" chiese ansiosamente lord Arthur.
"Presto?".
"Spero non prima di una settimana. Ne ho avuto uno proprio fortissimo non più tardi di ieri mattina. Ma non si sa mai".
"Crede davvero di averne un altro prima della fine del meselady Clem?".
"Ho paura di sì. Ma come sei premuroso quest'oggiArthur. Si vede proprio che Sybil ti ha fatto un gran bene. Adesso ti consiglio di scappare: devo pranzare con gente molto noiosa e che non parla mai di pettegolezzie se non mi riposo un po' adessonon sarò in grado di rimanere sveglia a tavola. ArrivederciArthursalutami tanto Sybil e grazie infinite per la medicina americana".
"Non si scorderà di prenderla verolady Clem?" chiese lord Arthur levandosi in piedi.
"Ma sicuro che non me ne scorderòscioccone. Trovo che è stato infinitamente gentile da parte tua di aver pensato a mee ti scriverò nel caso me ne serva dell'altra".
Lord Arthur uscì di ottimo umore e con una sensazione di immenso sollievo.
Quella stessa sera ebbe un colloquio con Sybil Merton in cui le spiegò di essersi venuto a trovare in una situazione estremamente difficile dalla quale né il dovere né l'onore gli permettevano di ritirarsi. Perciò il loro matrimonio doveva essere rimandatodato che finché non avesse spezzato i legami che lo tenevano prigioniero egli non poteva considerarsi un uomo libero. La supplicò di avere fiducia in lui e di non nutrire alcun dubbio per l'avvenire. Tutto si sarebbe aggiustatoma era necessaria un po' di pazienza.
Questa scena accadeva nella serra di casa Mertonin Park Lanedove lord Arthur aveva pranzato come il solito. Mai Sybil era sembrata più felice e per un attimo lord Arthur fu tentato di agire da codardoscrivendo cioè a lady Clementina e spiegandole la faccenda delle pillolalasciando che il matrimonio si celebrasse come se il signor Podgers non fosse mai neppure esistito. Ma il meglio della sua natura ebbe ben presto il sopravventoe anche quando Sybil gli si gettò piangendo tra le bracciaegli non vacillò. La bellezza che sconvolgeva i sensi aveva toccato anche la sua coscienzae sentiva che sarebbe stato un errore rovinare una vita così preziosa per il piacere di pochi mesi.
Si intrattenne con Sybil fin quasi alla mezzanotteconsolandola e facendosi consolare a sua volta; quindiil mattino successivopartì per tempo alla volta di Venezia dopo avere scritto al padre di Sybil una lettera ferma e virile sulla necessità di differire le nozze.
A Venezia lord Arthur si incontrò con suo fratellolord Surbitonche vi era capitato per casoveleggiando in panfilo da Corfù. I due giovani trascorsero insieme quindici giorni incantevoli. Il mattino andavano a cavallo lungo il Lidooppure scivolavano su e giù per il verde Canal Grande nella lunga gondola nera; il pomeriggio di solito ricevevano ospiti sul panfilo e la sera cenavano al Florian e fumavano innumerevoli sigarette sulla Piazza. Nonostante tuttolord Arthur non era felice. Ogni giorno consultava gli annunci mortuari del "Times" sperando di trovarvi quello di lady Clementinama ogni giorno rimaneva deluso.
Cominciò a temere che le fosse capitato qualche guaio e si rimproverò più di una volta di averle impedito di prendere l'aconitina nel momento in cui si era mostrata tanto impaziente di provarne gli effetti. Anche le lettere di Sybilper quanto traboccanti di amoredi fiduciadi tenerezzaerano spesso di un tono talmente triste che a volte egli aveva come la sensazione di essere separato da lei per sempre.
In capo a due settimanelord Surbiton si stancò di Venezia e decise di ridiscendere la costa fino a Ravennadove gli era stato detto che si poteva cacciare magnificamente il gallo selvatico nella pineta. Da principio lord Arthur si rifiutò nel modo più assoluto di accompagnare il fratelloma questia cui egli era profondamente affezionatoriuscì infine a persuaderlo che se fosse rimasto al Danieli da solo si sarebbe annoiato a mortee fu così che il mattino del 15 essi si imbarcarono con un forte vento di nord-est e un mare piuttosto agitato. Fu un esercizio fisico meravigliosoe l'aria aperta e libera riportò colore e salute sulle guance di lord Arthur; ma il mattino del 22 egli riprese a un tratto a impensierirsi sulla sorte di lady Clementina emalgrado le rimostranze del fratellosi affrettò a ritornare a Venezia per via di terra.
Non appena sceso dalla gondola sulla gradinata dell'albergoil proprietario gli si fece incontro con un fascio di telegrammi.
Lord Arthur glieli strappò quasi di mano e prese ad aprirli febbrilmente. Tutto era andato bene. Lady Clementina era morta subitamente la notte del 17!
Il suo primo pensiero corse a Sybil e si affrettò a spedirle un telegramma annunciandole il suo ritorno immediato a Londra. Quindi ordinò al cameriere di preparare i bagagli per la seradiede ai gondolieri cinque volte il prezzo che gli spettavae corse nel suo appartamentino con passo leggero e cuore gioioso.
Trovò tre lettere che lo aspettavano. Una era appunto di Sybilcolma di affetto e di condoglianze. Le altre due erano una di sua madrel'altra dell'avvocato di lady Clementina. Queste ultime gli spiegavano come la vecchia signora avesse cenato proprio quella sera in compagnia della duchessameravigliando tutti i presenti per il suo "esprit" e il suo buon umorema poi si era ritirata piuttosto per tempolamentandosi di un'improvvisa angoscia cardiaca. La mattina successiva l'avevano trovata morta nel proprio lettosenza alcuna traccia di sofferenza sul volto.
Avevano mandato a chiamare immediatamente sir Matthew Reidma naturalmente non vi era stato più nulla da fare: il giorno 27 sarebbe stata seppellita a Beauchamp Chalcote. Aveva redatto il proprio testamento pochi giorni prima di morirelasciando a lord Arthur la sua casetta di Curzon Streete tutti i suoi mobilieffetti personali e quadrieccezion fatta per la sua raccolta di miniature destinata alla sorella di leilady Margaret Rufforde una collana di ametiste per Sybil Merton. Non si trattava di un'eredità di grande valorema l'avvocato Mansfield era estremamente ansioso che lord Arthur rientrasse al più presto poiché erano rimasti parecchi conti da saldaredato che lady Clementina non era mai stata molto ordinata nei propri affari.
Lord Arthur fu molto commosso che lady Clementina si fosse ricordata con tanto affetto di luie si rese perfettamente conto che il signor Podgers aveva non poca responsabilità in tutto ciò.
Ma il suo amore per Sybil dominava in lui ogni altra emozione e la consapevolezza di aver compiuto il proprio dovere gli diede pace e conforto. Giunto a Charing Cross si sentiva perfettamente felice.
I Merton lo ricevettero molto cordialmente. Sybil gli fece giurare che niente più sarebbe venuto a frapporsi tra loro duee le nozze furono fissate per il 7 di giugno. La vita gli riapparì ancora una volta bella e radiosa e tutta la sua antica spensieratezza lo riprese.
Un giornomentre si aggirava per la casa di Curzon Street in compagnia dell'avvocato di lady Clementina e di Sybilbruciando pacchi di lettere sbiadite e vuotando cassette di vecchie cianfrusagliela giovane diede improvvisamente in un piccolo grido di gioia.
"Che cosa hai scopertoSybil?" le domandò lord Arthuralzando gli occhi e sorridendole.
"Guarda che amore di bomboniera d'argento. Non ha l'aria molto vecchiotta e olandese? Ohdammela! Tantola collana di ametiste so benissimo che non me la metterò mai prima di aver compiuto gli ottant'anni!".
Era la scatola che aveva contenuto l'aconitina.
Lord Arthur trasalì e un debole rossore gli imporporò le guance.
Aveva quasi completamente dimenticato ciò che aveva fatto e gli parve una strana coincidenza che proprio Sybilper amore della quale si era cacciato in quel terribile pasticciodovesse essere la prima persona a rammentarglielo.
"Ma certo che puoi prenderla! La regalai io stesso alla povera lady Clem!" "OhgrazieArthur! E credi che posso prendere anche il 'bonbon'?
Non avrei mai supposto che lady Clementina amasse i dolciumi: mi pareva troppo intellettuale".
Lord Arthur divenne mortalmente pallido e un pensiero orribile gli attraversò la mente.
"Quale 'bonbon'Sybil? Che intendi dire?" domandò con voce bassa e rauca.
"Ohnon ce n'è che uno! E ha un'aria talmente vecchia e polverosa che non ho la minima intenzione di mangiarmelo. Ma che ti prendeArthur? Come ti sei fatto pallido!" Lord Arthur attraversò di corsa la stanza e s'impadronì della scatoletta. Dentro c'era ancora la capsula ambrata con la sua bubbola di veleno. Lady Clementina era morta di morte naturalenonostante tutto!
L'emozione di una simile scoperta fu eccessiva per lui. Gettò la capsula nel fuoco del caminetto e si lasciò cadere sul divano con un gemito di disperazione.
Il signor Merton si sdegnò moltissimo quando gli fu detto che il matrimonio veniva rimandato per la seconda volta e lady Juliache già aveva ordinato l'abito da indossare alla cerimoniafece di tutto per persuadere la figliola a rompere il fidanzamento. Ma per quanto Sybil amasse teneramente sua madreaveva ormai posto la sua esistenza tra le mani di Arthur e nulla di quanto sua madre le disse poté far vacillare la sua fede. Per quel che concerne lord Arthurgli ci vollero molti giorni prima che si potesse riprendere dalla terribile delusione patitae per qualche tempo i suoi nervi furono in uno stato di estremo disordine. Alla fine il suo magnifico buon senso ebbe il sopravvento e la sua mente sana e pratica non lo lasciò a lungo in dubbio su ciò che doveva fare.
Dal momento che il veleno si era dimostrato un fallimento totaleavrebbe ora tentato con la dinamite o con qualche altro esplosivo del genere.
Tornò quindi ad esaminare la lista dei suoi amici e parentie dopo un attento esame decise di far saltare per aria suo zioil Decano di Chichester. Il Decanouomo di grande cultura e sapereaveva una vera passione per le pendole e possedeva una meravigliosa collezione di orologi che andava dal quindicesimo secolo sino a i giorni nostri: oralord Arthur aveva la sensazione che questa innocente mania dell'ottimo Decano gli offrisse un pretesto eccellente per portare a compimento il suo disegno. Procurarsi però un ordigno esplosivo era naturalmente tutto un altro paio di maniche. La guida di Londra non gli diede alcuna spiegazione in propositoe comprese che non gli sarebbe servito molto recarsi a Scotland Yard per assumervi informazionipoiché era generalmente risaputo che laggiù erano sempre all'oscuro circa i movimenti della cellula anarchica finché un'esplosione non si era verificatama che anche in questo caso ne sapevano sempre ben poco.
A un tratto gli venne in mente il suo amico Rouvaloffun giovane russo di tendenze estremamente rivoluzionarie che aveva conosciuto l'inverno precedente in casa di lady Windermere. Ufficialmente si diceva che il conte Rouvaloff stesse scrivendo una biografia di Pietro il Grande e che si fosse recato in Inghilterra allo scopo di studiarvi i documenti relativi al soggiorno dello Zar in questo paese in qualità di carpentiere navale: ma l'opinione pubblica lo sospettava di essere un nichilista equel che era certol'Ambasciata russa non vedeva affatto di buon occhio la sua presenza a Londra. Lord Arthur intuì subito che quello era per l'appunto l'uomo che gli occorrevae un mattino si fece portare in carrozza alla sua abitazione a Bloomsburyper chiedergli consiglio e aiuto.
"Dunque lei si è finalmente deciso a prendere sul serio la politica" osservò il conte Rouvaloff dopo che lord Arthur gli ebbe spiegato lo scopo della sua visita; ma lord Arthurche detestava la millanteriasi sentì moralmente obbligato a dichiarargli che non nutriva il minimo interesse per i problemi sociali e che gli serviva un congegno esplosivo per motivi familiari riguardanti esclusivamente lui.
Il conte Rouvaloff lo fissò per alcuni istanti in preda a un profondo stuporema rendendosi conto che l'amico era serissimoscrisse un indirizzo su un pezzetto di cartalo siglò e glielo tese sopra il tavolo.
"Scotland Yard darebbe un patrimonio per conoscere questo indirizzoamico mio!" "Ohma non lo avrà!" rispose lord Arthur ridendoe dopo aver stretto calorosamente la mano del russoscese le scale correndo; diede un'occhiata al foglio e ordinò quindi al cocchiere di portarlo in Soho Square.
Qui lo licenziò e si avviò a piedi giù per la Greek Streetfinché giunse in una località chiamata Bayle's Court. Passò sotto un'arcata e si trovò in un curioso vicolo ciecooccupato secondo ogni apparenza da una lavanderia a vaporepoiché una vera rete di corde vi si stendeva di casa in casa e l'aria del mattino era tutto un palpitare di candide tele. Lord Arthur si diresse senza esitare sino alla fine del "cul-de-sac"e batté alla porta di una casetta verde. Dopo un certo tempodurante il quale tutte le finestre divennero altrettante masse formicolanti di facce scrutatricil'uscio fu aperto da un forestiero di aspetto rozzo che gli domandò in pessimo inglese che cosa volesse. Lord Arthur gli tese il foglio di carta che il conte Rouvaloff gli aveva dato.
Non appena lo videl'uomo si inchinò e invitò il giovane a entrare in uno squallido salottino a piano terrenoe dopo pochi attimi herr Winckelkopfcome si faceva chiamare in Inghilterrasi precipitò nella stanza con un tovagliolo al collo tutto macchiato di vino e una forchetta nella mano sinistra.
"Il conte Rouvaloff mi ha dato una presentazione per lei disse lord Arthur con un inchino e sono ansiosissimo che lei mi conceda un breve colloquio d'affari. Io mi chiamo SmithRobert Smithe vorrei che lei mi procurasse un orologio esplosivo".
"Felicissimo di fare la sua conoscenzalord Arthur" esclamò il simpatico e piccolo tedescoridendo. "Ohnon si allarmi! E' il mio mestiere conoscere tutti quanti e ricordo perfettamente di averla veduta una sera da lady Windermere. Spero che Sua Signoria stia bene. Le spiace mettersi a sedere mentre finisco di far colazione? Ho qui un 'pâté' eccellente e i miei amici sono tanto gentili da assicurarmi che il mio vino del Reno è molto superiore a quello che si beve all'Ambasciata germanica".
Prima che lord Arthur si fosse rimesso dalla sorpresa di essere stato riconosciutosi trovò seduto nella saletta posteriore della casaintento a centellinare uno squisito "Marcobrünner" da un calice di cristallo giallo pallidosu cui era inciso il monogramma imperialein conversazione quanto mai amichevole con il celebre cospiratore.
"Gli orologi esplosivi spiegava herr Winckelkopf non valgono gran che per l'esportazione all'estero: infattianche se riescono a passare all'ufficio della doganail servizio ferroviario è così irregolare che di solito scoppiano prima di aver raggiunto la loro giusta destinazione. Se dunque gliene occorre uno per uso internole posso fornire un articolo eccellente con la garanzia più assoluta che sarà soddisfattissimo del risultato. Posso chiederle a chi è destinato? Se è contro la polizia o contro un personaggio qualsiasi di Scotland Yard temo che non potrei aiutarla. I poliziotti inglesi sono i nostri migliori amicie io ho sempre trovato che fidandoci appunto della loro estrema semplicitànoi possiamo fare sempre tutto quello che vogliamo. Non saprei privarmi neppure di uno di loro".
"Le garantisco che il mio piano non riguarda minimamente la polizia" disse lord Arthur. "Per essere esatti il congegno in questione è destinato al Decano di Chichester".
"Ohsanto cielo! Non avrei mai immaginato che le sue opinioni religiose fossero tanto radicate! Pochissimi giovanioggigiornosi occupano di queste cose!".
"Temo che lei mi sopravvalutiherr Winckelkopf" disse lord Arthur arrossendo. "In realtà io non m'intendo affatto di teologia".
"Si tratta allora di una questione puramente privata?" "Proprio così".
Herr Winckelkopf si strinse nelle spalle e lasciò la stanza per rientrare in capo a qualche minuto con una tavoletta di dinamite della grossezza di un penny all'incirca e una graziosa pendola francese sormontata da una figura della Libertà in "vermeil"in atto di schiacciare l'idra del Dispotismo.
A quella vista il volto di lord Arthur si illuminò tutto.
"E'proprio ciò che volevo!" gridò. "E adesso mi spieghi come funziona".
"Ahquesto è un segreto replicò herr Winckelkopf, contemplando la propria invenzione con giustificabile compiacimento. Mi dica quando desidera che esploda e io le caricherò la macchina per il momento esatto".
"Be'oggi è martedì e se potesse farla scoppiare subito..." "Impossibile: ho moltissimo lavoro in questi giorni per conto di alcuni miei amici di Mosca. Comunque potrei vedere di farla partire domani..." "Ohsarebbe sufficiente" rispose in tono cortese lord Arthur.
"Purché sia consegnata entro domani sera o giovedì mattina. In quanto al momento dell'esplosionestabiliamo esattamente per venerdì a mezzogiorno. Il Decano è sempre in casaa quell'ora".
"Venerdìmezzogiorno" ripeté herr Winckelkopf prendendo un appunto su un immenso libro mastro che si trovava aperto sulla scrivania presso il caminetto.
"E ora disse lord Arthur levandosi in piedi mi dica per cortesia quanto le devo".
"Ohsi tratta di una tale sciocchezzalord Arthurche non è quasi nemmeno il caso di parlarne. La dinamite fa sei scellini e sei pencel'orologio costa tre sterline e dieci scellinie il trasporto sarà cinque scellini. Io sono molto onorato di favorire un amico del conte Rouvaloff".
"Ma... e il suo disturboherr Winckelkopf?".
"Nienteniente! Si tratta di un piacereper me! Io non lavoro per denaro: vivo esclusivamente per la mia arte!".
Lord Arthur lasciò sulla scrivania quattro sterlinedue scellini e sei penceringraziò il piccolo tedesco per la sua cortesia edopo essere riuscito a declinare un invito a un tè segreto di anarchici per il sabato successivolasciò la casa e si diresse al Parco.
Rimase per due giorni in uno stato di agitazione continuae il venerdì alle dodici si recò al suo club ad aspettare le notizie.
Lungo l'intero pomeriggio lo stolido e impassibile guarda portone non fece che recapitare telegrammi provenienti dalle diverse parti del paese con i risultati delle corsecon sentenze di processi di divorziocon le segnalazioni atmosferiche e roba del generementre il tasto telegrafico ticchettava i noiosi particolari di un'interminabile seduta notturna alla Camera dei Comuni e di un leggero panico alla Borsa Valori. Alle quattro del pomeriggio comparvero i primi giornali della sera e lord Arthur corse a rinchiudersi in biblioteca col "Pall Mall"il "Saint James's"il "Globe" e "L'Echo"suscitando l'indignazione più viva nel focoso colonnello Goodchild il quale era impaziente di leggere la cronaca di un suo discorso tenuto quel mattino alla "Mansion House" a proposito delle missioni del Sud Africa e sull'opportunità di eleggere in ogni provincia vescovi negrima nutrivanon si sa bene il perchéuna fortissima antipatia per l'"Evening News".
Nessuno di quei foglituttaviaconteneva la benché minima allusione a Chichestere lord Arthur intuì che l'attentato doveva esser fallito. Fu per lui un colpo terribilee rimase per qualche tempo incapace di muoversi. Herr Winckelkopfdal quale si recò il giorno seguentesi profuse in laboriose giustificazioni e gli offrì di procurargli un'altra pendolasenza il minimo compensooppure una cassa di bombe alla nitroglicerina al prezzo di costo.
Ma lord Arthur aveva ormai perso ogni fiducia negli esplosivi e lo stesso herr Winckelkopf dovette ammettere che tutto è talmente falsificatooggigiornoche non è nemmeno più possibile trovare un po' di dinamite genuina. Ciononostante il piccolo tedescopur riconoscendo che certo doveva essere successo qualcosa all'ordignoconservava ancora qualche speranza che potesse scoppiare da un momento all'altroe portò l'esempio di un barometro da lui inviato una volta al Governatore militare di Odessachesebbene caricato in modo da dover esplodere entro dieci giorninon era scoppiato se non dopo tre mesi. Era anche vero che quando l'esplosione si era finalmente verificatasoltanto la cameriera di casa era andata in bricioleessendosi il Governatore allontanato fuori città sei settimane primama ciò stava almeno a dimostrare che la dinamitein quanto a forza distruttivaera un mezzo potentissimosebbene non eccessivamente puntualese posta sotto un controllo meccanico. Lord Arthur si sentì un po' rinfrancato da questi ragionamentima anche questa volta era destinato a patire una profonda delusione poiché due giorni più tardiproprio mentre stava per salire in camera suala duchessa lo chiamò nel suo salottino e gli fece leggere una lettera che aveva ricevuto in quel momento dalla Canonica.
"Jane scrive lettere deliziose gli spiegò la duchessa bisogna assolutamente che tu legga questa ultima sua. E' bella quasi quanto i romanzi di Mudie".
Lord Arthur le strappò il foglio di mano. Ecco che cosa diceva:
Dalla Canonica di Chichester27 maggio.
Carissima ziagrazie infinite della flanella e la cotonina per la nostra associazione benefica. Sono completamente d'accordo con te che è assurdo che certa gente voglia a tutti i costi vestirsi benema tutti al giorno d'oggi sono talmente radicali e irreligiosi che è molto difficile fargli comprendere che non dovrebbero assolutamente pretendere di abbigliarsi come le classi superiori.
Davvero che non so come andremo a finire. Come dice papà nelle sue predicheviviamo in un'epoca di miscredenza.
Ci siamo divertiti un mondo a proposito di una pendola che un ammiratore di papà - il quale ha voluto mantenere l'incognito - gli ha mandato giovedì scorso. Ci è giunta da Londra in una cassetta di legnotrasporto pagatoe papà ha l'impressione che deve avergliela mandata qualcuno che ha letto la sua famosa omelia intitolata: "La licenza è libertà?"perché infatti la pendola è sormontata da una figura femminile con in testa un berretto che papà dice essere il berretto frigio. Io trovo che non è molto elegantequesto berrettoma papà dice che è storicoe perciò penso non si possa giustamente criticarlo. Parker l'ha spacchettata e papà l'ha messa sulla mensola del caminettoe stavamo giusto seduti tutti lì attornovenerdì mattinaquando a mezzogiorno preciso udimmo un rumorino stranouna specie di fruscìouna nuvoletta di fumo uscì dal piedestallo della statuina e la dea della Libertà cadde a terra e si ruppe il naso contro il parafuoco! Maria si spaventò moltissimoma la cosa era talmente buffainveceche io e James cominciammo a torcerci dalle risatee persino papà sorrise. Quando l'esaminammoci rendemmo conto che si trattava di una specie di sveglia la qualecaricata ad un'ora determinatacon un po' di polvere da sparo e una capsula sotto un martellettopuò scoppiare tutte le volte che ne hai voglia. Papà disse che non poteva restare in biblioteca perché faceva troppo rumorecosì Reggie se la portò nella stanza di studioe non fa che divertirsi tutto il santo giorno a provocare esplosioni in miniatura. Non credi che Arthur ne gradirebbe una consimilecome nostro regalo di nozze? Suppongo che a Londra saranno di gran moda. Papà dice che otterrebbero un gran benepoiché dimostrano che la libertà non può durarema è destinata a cadere. Papà dice che la libertà è stata inventata al tempo della rivoluzione francese. Che orrore!
Dovrò recarmi tra poco dai miei poveriai quali leggerò la tua istruttivissima lettera. Com'è giusto il tuo punto di vistazietta carache data la loro condizione sociale è bene che essi portino solo roba che sta male. Io la trovo semplicemente ridicolala loro preoccupazione del vestirequando ci sono a questo mondoe nell'altrotante cose molto più importanti. Sono felice di sapere che la tua seta a fiorami sia riuscita così bene e che il tuo pizzo non si sia strappato. Indosserò il vestito di raso gialloche tu così gentilmente mi hai regalatoal ricevimento del signor vescovomercoledìe credo mi starà molto bene. Tu ci metteresti dei nastri o no? Jennings dice che tutti portano nastrioggie che la sottogonna dovrebbe essere arricciata. Reggie ha provocato proprio in questo momento un'altra piccola esplosionee papà gli ha ingiunto di mandare subito la pendola in scuderia. Non credo che a papà piaccia più tanto come al principiosebbene lo abbia molto toccato il dono di questo giocattolo così ingegnoso e grazioso.
Papà ti invia i suoi migliori salutiai quali si uniscono JamesReggieMaria e tutti gli altrie con la speranza che la gotta di zio Cecil miglioricredimicara ziettala tua affezionata nipote Jane Percy.
P.S. - Ti prego di farmi sapere qualcosa a proposito dei nastri:
Jennings sostiene che sono di gran moda.
Al termine della lettural'espressione di lord Arthur era così triste e sconsolata che sua madre scoppiò in una allegra risata.
"Arthur caro esclamò non ti mostrerò mai più la lettera di una signorina. Ma che ne pensi di quell'orologio? Io trovo che sia un'invenzione splendidae che mi piacerebbe averne uno anch'io".
"Be'io non credo che sia un gran che replicò lord Arthur con un mesto sorriso, e dopo aver baciato sua madre lasciò il salotto.
Non appena fu in camera sua si gettò su un divano e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Aveva fatto di tutto per commettere un delitto, ma non vi era riuscito, per ben due volte, e senza colpa alcuna da parte sua. Aveva pur cercato di compiere il proprio dovere, ma pareva che il destino stesso lo volesse ad ogni costo tradire. Si sentiva oppresso dall'inutilità delle sue buone intenzioni, dalla futilità di quel suo voler essere leale ad ogni costo: forse era meglio rinunciare definitivamente al matrimonio.
Sybil avrebbe sofferto, senza dubbio, ma la sofferenza non avrebbe potuto seriamente alterare una natura nobile come la sua. In quanto a lui, che importava? C'è sempre qualche guerra in cui un uomo può farsi ammazzare, qualche causa per la quale un uomo può dare il proprio sangue; e dal momento che la vita non gli offriva più alcuna gioia, nemmeno la morte gli incuteva più terrore. Che il destino compisse la sua opera: egli non lo avrebbe intralciato.
Alle sette e mezzo si vestì e si recò al club. Vi trovò Surbiton in compagnia di molti giovani, e fu costretto a pranzare con loro.
Le loro conversazioni banali e gli scherzi insulsi non lo interessarono minimamente, e subito dopo il caffè si accomiatò inventando un precedente impegno per potersene andare. Proprio mentre stava per uscire, il portiere gli consegnò una lettera: era di herr Winckelkopf che lo pregava di passare da lui l'indomani mattina, poiché aveva da mostrargli un ombrello esplosivo che scoppiava nel momento in cui veniva aperto. Era un'invenzione recentissima, giunta proprio allora da Ginevra. lord Arthur strappò la lettera in mille pezzi. Aveva giurato a se stesso di non tentare più altri esperimenti. Prese quindi a errare lungo il Tamigi, e rimase seduto per ore intere presso il fiume. La luna era spuntata, simile a un occhio leonino, da una criniera selvaggia di nubi e innumerevoli stelle trapuntavano la volta concava del cielo, simili a polvere d'oro su una cupola di porpora. Di quando in quando si vedeva arrancare su per la torbida corrente una grossa chiatta da trasporto che la marea portava via piano piano, e le segnalazioni ferroviarie si mutavano dal verde al rosso ogni volta che i treni correvano urlando attraverso il ponte. Dopo un certo tempo la mezzanotte rintoccò sulla alta torre di Westminster e ad ogni colpo della sonora campana la notte pareva tremare. Poi le luci della strada ferrata si spensero, un'unica lanterna solitaria rimase accesa a luccicare come un enorme rubino su un'alberatura gigantesca, e il tumulto della metropoli si placò.
Alle due di notte lord Arthur si alzò e si avviò verso Blackfriars. Come tutta la città aveva un aspetto irreale; come tutto sembrava un sogno strano! Le case, sul lato opposto del fiume, sembravano costruite di tenebra: si sarebbe detto che argento e ombra avessero modellato il mondo dal nulla. La cupola di San Paolo luccicava nella foschia, come un'immensa bolla di sapone.
Quando fu in prossimità dell'obelisco di Cleopatra, scorse un uomo chino sul parapetto, e come gli fu vicino l'uomo alzò il capo, e la luce del lampione a gas lo illuminò in pieno viso.
Era il signor Podgers, il chiromante. Non era possibile ingannarsi su quella faccia grassa e molliccia, quegli occhiali cerchiati d'oro, quel sorriso incerto, falso, quella bocca sensuale.
Lord Arthur si arrestò di botto. Un'idea luminosa gli aveva attraversato la mente: quieto come un gatto gli si avvicinò: un istante dopo aveva afferrato Podgers per le gambe e lo aveva scagliato nel Tamigi. Si sentì un grido soffocato, un tonfo, poi il silenzio. Lord Arthur si chinò ansiosamente sopra il parapetto, ma non vide del chiromante che l'alto cappello a cilindro piroettare in un mulinello d'acqua color di luna. Dopo qualche attimo, anche esso scomparve, e del signor Podgers non restò più alcuna traccia. Per una frazione di secondo gli parve di vedere la grossa figura difforme del chiromante arrancare faticosamente su per la scala di ferro del ponte, e un terribile sgomento lo invase, ma si trattava soltanto di un riflesso che svanì non appena la luna sbucò fuori da una nuvola. Sembrava dunque che egli avesse finalmente portato a termine i dettami del fato. Emise un profondo sospiro di sollievo e il nome di Sybil gli si formò sulle labbra.
Ha lasciato cadere qualcosasignore?" chiese a un tratto una voce dietro di lui.
Si voltò di scatto e si trovò di fronte un poliziotto munito di una lanterna cieca.
"Niente d'importantesergente" rispose con un sorriso: quindi fece cenno a un calesse che passava in quel momentovi saltò dentro e diede al cocchiere l'indirizzo di Belgrave Square.
Per vari giorni visse in un'alternativa di speranze e di timori.
Vi erano momenti in cui era certo di vedersi comparire innanzi il signor Podgersve ne erano invece in cui sentiva che il destino non poteva essere così ingiusto con lui. Si recò due volte all'indirizzo del chiromante nella West Moon Streetma non ebbe la forza di suonare il campanello. Anelava alla certezza di saperee allo stesso tempo la paventava.
Infine seppe. Era seduto nel "fumoir" del circolo a prendere il tè e ascoltava annoiato la descrizione che Surbiton gli andava facendo dell'ultima canzonetta lanciata al "Gaiety"quando entrò il cameriere con i giornali della sera. Lord Arthur prese in mano il "Saint James's" e si era messo a sfogliarne distrattamente le pagine quando il suo sguardo fu colpito da questo titolo strano:
SUICIDIO DI UN CHIROMANTE
Divenne pallido per l'emozione e cominciò a leggere. Ecco cosa diceva l'articolo:
"Ieri mattina alle ore setteil cadavere dell'illustre chiromante Septimus Podgers è stato ributtato a riva dal riflusso del fiume a Greenwichproprio di fronte allo Slip Hotel. Non si avevano notizie dello sventurato già da parecchi giornie nei circoli occultistici si nutrivano serie apprensioni di smarrimento mentale dovuto a eccesso di lavoroe una sentenza in questo senso è stata appunto emessa oggi dall'Ufficiale della Corona. Il Podgers aveva appena portato a termine un voluminoso trattato sulla mano umanatrattato che sarà pubblicato tra breve e che interesserà senza dubbio moltissimo il pubblico. Il defunto aveva sessantacinque annie a quanto pare non lascia parenti".
Lord Arthur si precipitò fuori dal circolo tenendo ancora il giornale in manocon indicibile meraviglia del guardaportone che tentò invano di fermarloe si fece condurre immediatamente a Park Lane. Sybil lo vide arrivare dalla finestra e qualcosa nel viso dell'amato le fece subito comprendere che egli era portatore di una lieta novella. Gli corse incontro e quando lo vide capì che tutto andava per il meglio.
"OhSybilmia cara gridò Arthur sposiamoci domani".
"Tesoro! Ma se non abbiamo neppure ordinato la torta nuziale!" mormorò Sybil ridendo tra le lacrime.
Alle nozzesvoltesi circa tre settimane più tardila chiesa di San Pietro era letteralmente colma di una folla eletta di elegantissimi. Il rito fu celebrato con grande imponenza dal Decano di Chichester e tutti furono d'accordo nel convenire che mai si era vista una coppia più bella. Ma essi erano molto più che belli... erano felici. Maineppure per un solo istantelord Arthur rimpianse quel che aveva sofferto per il bene di Sybilmentre leidal canto suogli diede tutte le cose migliori che una donna può dare a un uomo: adorazionetenerezzaamore. Per loro il sogno non fu mai ucciso dalla realtà; furono sempre giovani.
Alcuni anni dopoquando già erano nati due stupendi bambinilady Windermere andò a visitarli ad Alton Prioryuna località antica e bellissima che il duca aveva regalato al figlio come dono di nozze; e un pomeriggiomentre sedeva con Sybil sotto una quercia del giardino e si divertiva ad osservare il maschietto e la bambina che giocavano a rincorrersi lungo il viale delle rose come mobili raggi di solelady Windermere prese ad un tratto tra le sue le mani dell'ospite e le chiese bruscamente: "Sei feliceSybil?".
"Ohmia cara lady Windermerecerto che sono felice! E lei non lo è forse?".
"Non ho tempo per essere feliceSybil. Mi appassiono sempre all'ultima persona che mi presentanoma di regola mi stanco subito della gente non appena la conosco".
"I suoi 'lions' non la soddisfano?".
"Ohaffattomia cara! I leoni valgono soltanto per una stagionema non fai in tempo a tagliargli la criniera che diventano le creature più noiose del mondo. E poi si comportano talmente malese appena appena sei un po' carina con loro. Ti ricordi di quell'orrendo signor Podgers? Beneera un insopportabile impostore. Naturalmentela cosa non m'importava affattoe gli ho sempre perdonato tutte le volte che mi ha chiesto soldi in prestitoma quello che non ho mai potuto perdonargli è che mi facesse la corte. Mi ha fatto sinceramente odiare la chiromanzia.
Adesso invece mi sono data alla telepatia: è talmente più divertente!".
"Si guardi dal parlare male della chiromanzia in questa casalady Windermere: è il solo argomento sul quale Arthur non permette a nessuno di scherzare. Le assicuro che lui la prende terribilmente sul serio".
"Non mi dirà mica che ci crede davveroSybil?" "Glielo domandi lei stessalady Windermere: eccolo che viene".
Infatti lord Arthur stava arrivando dal giardino con un grande mazzo di rose gialle in manoseguito dai suoi due bambini che gli folleggiavano intorno.
"Lord Arthur?".
"Sìlady Windermere?".
"Non vorrà sostenere di credere sul serio nella chiromanzia!".
"Ma certo che ci credo" replicò il giovane sorridendo.
"E perché?".
"Perché io devo a essa tutta la felicità della mia esistenza"mormorò lasciandosi cadere su una poltrona di vimini.
"Mio caro lord Arthurche cosa ha detto che le deve?".
"Sybil" rispose il giovanetendendo a sua moglie le rose e guardandola negli occhi di viola.
"Che sciocchezza" gridò lady Windermere. "In tutta la mia vita non ho mai udito una sciocchezza simile!"