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Tomoterzo



LIBRODODECIMO



I - Quicomincia il libro dodecimoil qualenel suo cominciamento faremomemoria d'uno grande diluvio d'acqua che venne in Firenze e quasi intutta Toscana

Nelli anni di Cristo MCCCXXXIIIil dì di calen di novembreessendo la città di Firenzein grande potenziae in felice e buono statopiù che fossestata dalli anni MCCC in quapiacque a Diocome disse per la boccadi Cristo nel suo Evangelio: "Vigilateche·nnon sapeteil dìe né l'ora del iudicio Dio"il quale vollemandare sopra la nostra città; onde quello dì de laTusanti cominciòe a piovere diversamente in Firenze ed intornoal paese e ne l'alpi e montagnee così seguì alcontinuo IIII dì e IIII notticrescendo la piovaisformatamente e oltre a modo usatoche pareano aperte le catarattedel cieloe con la detta pioggia continuando grandi e spessi espaventevoli tuoni e balenie caggendo folgori assai; onde tuttagente vivea in grande paurasonando al continuo per la cittàtutte le campane delle chieseinfino che non alzòe l'acqua; ein ciascuna casa bacini o paiuolicon grandi strida gridandosi aDio: "Misericordiamisericordia!" per le genti ch'erano inpericolofuggendo le genti di casa in casa e di tetto in tettofaccendo ponti da casa a casaond'era sì grande il romore e'l tumultoch'apena si potea udire il suono del tuono. Per la dettapioggia il fiume d'Arno crebbe in tanta abondanza d'acquache primaonde si muove scendendo de l'alpi con grande rovina ed empitosìche sommerse molto del piano di Casentinoe poi tutto il pianod'Arezzodel Valdarno di sopraper modo che tutto il coperse escorse d'acquae consumòe ogni sementa fattaabbattendo edivellendo li alberie mettendosi inanzi e menandone ogni molino egualchiere ch'erano in Arnoe ogni edificio e casa presso a l'Arnoche fosse non forte; onde periro molte genti. E poi scendendo nelnostro piano presso a Firenzeacozzandosi il fiume della Sieve conl'Arnola qual era per simile modo isformata e grandissimae aveaallagato tutto il piano di Mugellonon pertanto che ogni fossato chemettea inn-Arno parea un fiumeper la quale cosa giuovedì anona a dì IIII di novembre l'Arno giunse sì grosso a lacittà di Firenzech'elli coperse tutto il piano di San Salvie di Bisarno fuori di suo corsoin altezza in più parti soprai campi ove braccia VI e dove VIII e dove più di X braccia; efue sì grande l'empito de l'acquanon potendola lo spazio ovecorre l'Arno per la città riceveree per cagione e difetto dimolte pescaie fatte infra la città per le molinaonde l'Arnoper le dette pescaie era alzato oltre l'antico letto di più dibraccia VII; e però salì l'altezza de l'acqua allaporta de la Croce a Gorgo e a quella del Renaio per altezza dibraccia VI e più; e ruppe e mise in terra l'antiporto de ladetta portae ciascuna delle dette porte per forza ruppe e mise interra. E nel primo sonno di quella notte ruppe il muro del Comune disopra al Corso de' Tintori incontro a la fronte del dormentorio de'frati minori per ispazio di braccia CXXX; per la quale rottura vennel'Arno più a pieno ne la cittàe addusse tantaabondanza d'acquache prima ruppe e guastò il luogo de' fratiminorie poi tutta la città di qua da l'Arno; generalmente lerughe coperse moltoe allagò ove più e ove meno; mapiù nel sesto di San Piero Scheraggio e porte San Piero eporte del Duomoper lo modo che chi leggerà per lo tempoavenire potrà comprendere i termini fermi e notabili ondefaremo menzione apresso. Nella chiesa e Duomo di San Giovanni salìl'acqua infino al piano di sopra de l'altarepiù alto chemezze le colonne del profferito dinanzi a la porta. E in SantaLiperata infino a l'arcora de le volte vecchie di sotto al coro; eabbatté in terra la colonna co la croce del segno di sanZanobi ch'era ne la piazza. E al palagio del popolo ove stanno ipriori salì il primo grado della scala ove s'entraincontro ala via di Vaccherecciach'è quasi il più alto luogo diFirenze. E al palagio del Comune ove sta la podestà salìnella corte di sotto dove si tiene la ragione braccia VI. Alla Badiadi Firenzeinfino a piè de l'altare maggioree simile salìa Santa Croce al luogo de' frati minori infino a piè del'altare maggiore; e in Orto San Michele e in Mercato Nuovo salìbraccia II; e in Mercato Vecchio braccia IIper tutta la terra. EOltrarno salìo ne le rughe lungo l'Arno in grande altezzaspezialmente da San Niccolòe in borgo Pidigliosoe in borgoSan Frianoe da Camaldolicon grande disertamento delle povere eminute genti ch'abitavano in terreni. In piazza infino a la viatraversae in via Maggio infino presso a San Felice. E il dettogiuovidì ne l'ora del vespro la forza e empito de l'acqua delcorso d'Arno ruppe la pescaia d'Ognesanti e gran parte del muro delComunech'è a lo 'ncontro e dietro al borgo a San Frianoindue partiper ispazio di braccia più di Vc. E la torre de laguardiach'era in capo del detto muroper due folgori fu quasitutta abattuta. E rotta la detta pescaia d'Ognesantiincontanenterovinò e cadde il ponte alla Carraiasalvo due archi dal latodi qua. E incontanente apresso per simile modo cadde il ponte daSanta Trinitasalvo una pila e un arco verso la detta chiesae poiil ponte Vecchio è stipato per la preda de l'Arno di moltolegnamesì che per istrettezza del corso l'Arno che v'èsalì e valicò l'arcora del pontee per le case ebotteghe che v'erano susoe per soperchio dell'acqua l'abattée rovinò tuttoche non vi rimase che due pile di mezzo. E alponte Rubaconte l'Arno valicò l'arcora dal latoe ruppe lesponde in partee intamolò in più luogora; e ruppe emise in terra il palagio del castello Altafrontee gran parte de lecase del Comune sopr'Arno dal detto castello al ponte Vecchio. Ecadde in Arno la statua di Marsch'era in sul pilastro a pièdel detto ponte Vecchio di qua. E nota di Mars che li antichi diceanoe lasciarono in iscritta che quando la statua di Mars cadesse o fossemossala città di Firenze avrebbe gran pericolo o mutazione.E non sanza cagione fu dettoche per isperienza s'è provatocome in questa cronica farà menzione. E caduto Marse quantecase avea dal ponte Vecchio a quello da la Carraiae infino allagora lungo l'Arno rovinatoe in borgo Sa·Iacopoeziandiotutte le vie lung'Arno di qua e di là rovinaroche ariguardare le dette rovine parea quasi uno caos; e simile rovinaromolte case male fondate per la città in più parti. E senon fosse che la notte vegnente rovinò del muro del Comune dalprato d'Ognesanti da braccia CCCCL per la forza dell'acquala qualerottura sfogò l'abondanza della raccolta acquaonde la cittàera piena e tuttora cresceadi certo la città era in grandepericoloe per montare l'acqua in tutte parti della città ildoppio che non fece; ma rotto il detto murotutta l'acqua ch'era nela città ricorse con grande foga a l'Arnoe fu venuta quasimeno e nella città fuori del corso d'Arno il venerdì adora di nonalasciando la città e tutte le vie e case ebotteghe terrene e volte sotterrache molte n'avea in Firenzepiened'acqua di puzzolente motache non si sgombrò in sei mesi; equasi tutti i pozzi di Firenze guastòe si convennerorifondare per lo calo del letto d'Arno. E seguendo il detto diluvioapresso la città verso ponentetutto il piano di Legnaiaed'Ertignanoe di Settimod'OrmannoroCampiBrozziSammoroPeretolae Micciole infino a Signae del contado di Pratocopersel'Arno diversamente in grande altezzaguastando i campivignemenandone masseriziee le case e molina e molte genti e quasi tuttele bestie; e poi passato Montelupo e Capraiae per la giunta di piùfiumi che di sotto a Firenze mettono in Arnoi quali ciascuno vennerabbiosamente rovinando tutti i loro ponti. Per simile modo emaggiormente coperse l'Arno e guastò il Valdarno di sottoePontormo e Empoli e Santa Croce e Castelfrancoe gran parte de lemura di quelle terre rovinaroe tutto il piano di San Miniato e diFucecchio e Montetopoli e di Marti al Ponte ad Era. E giugnendo aPisa sarebbe tutta sommersase non che l'Arno sboccò dalfosso Arnonico e dal borgo a le Capanne nello stagno; il quale stagnopoi fece un grande e profondo canale infino in mareche prima nonv'era; e da l'altro lato di Pisa isgorgò ne li Osori e misenel fiume del Serchio; ma con tutto ciò molto allagò diPisae fecevi gran dannoe guastò tutto 'l piano diValdiserchio e intorno a Pisama poi vi lasciò tanto terrenoche alzò in più parti due braccia con grande utile delpaese. Questo diluvio fece alla città e contado di Firenzeinfinito danno di persone intorno di IIIctra maschi e feminepiccioli e grandich'al principio si credea di più di IIImedi bestiame grande quantitàdi rovina de' ponti e di case emolina e gualchiere in grande numeroche nel contado non rimaseponte sopra nullo fiume e fossato che non rovinasse; di perdita dimercatantiepanni lani di lanaiuoli per lo contadoe d'arnesie dimasseriziee del vinoche·nne menòe le botti pieneassai ne guastòe; e simile di grano e biade ch'erano per lecasesanza la perdita di quello ch'era seminatoe il guastamento erovina delle terre e de' campi; l'acqua coperse e guastòimonti e piaggie ruppe e dilaniòe menò via tutta labuona terra. Sì che a stimare a valuta di moneta il danno de'Fiorentiniio che vidi queste cose per nullo numero le potrei nésaprei adequarené porrevi somma di stima; ma solo il Comunedi Firenze sì peggiorò di rovina di ponti e mura diComune e vieche più di CLm di fiorini d'oro costaroa·rrifare. E questo pericolo non fu solamente in Firenze e neldistrettocon tutto che l'Arno per la sua disordinata abondanzad'acqua in quella peggio facessema dovunque hae fiumi o fossati inToscana e in Romagnacrebbono per modo che tutti i loro ponti nemenaro e usciro di loro terminie massimamente il fiume del Teveroe copersono le loro pianure d'intorno con grandissimo dannaggio delcontado del Borgo a Sansipolcroe di Castellodi Perugiadi Todid'Orbivietoe di Roma; e il contado di Siena e d'Arezzo e la Maremmagravò molto. E nota che·nne' dì che fue il dettodiluvio e più dì appresso in Firenze ebbe grandedifetto di farina e di pane per lo guasto delle molina e de' forni;ma i PistolesiPratesiCollee Poggibonizzie l'altre terre delcontado e d'intornosoccorsono con grande abondanza di pane e difarina la città di Firenzeche venne a grande bisogno. Fecesiquestione per li savi Fiorentini antichiche allora viveano in buonamemoriaqual era stato maggiore diluvioo questoo quello che fugli anni Domini MCCLXVIIII. I più dissono che l'antico non fuquasi molto meno acquama per l'alzamento fatto del letto d'Arnoper la mala provedenza del Comune di lasciare alzare le pescaie acoloro ch'aveano le molina inn-Arnoch'era montato più dibraccia VII da l'antico corsola città fu più allagatae con maggiore damaggio che per l'antico diluvio; ma a cui Dio vuolemale li toglie il senno. Per lo quale difetto avenuto delle pescaieincontanente fu fatto dicreto per lo Comune di Firenze che infra'ponti nulla pescaia né molino fossené di sopra aRubaconte per ispazio di IIm bracciané di sotto a quellodalla Carraia per ispazio di IIIIm bracciasotto gravi pene; e datoordinee chiamati oficiali a fare rifare i ponti e le mura cadute.Ma tornando al proposito a la quistione di sopracrediamo che questodiluvio fosse troppo maggiore che l'anticoche solamente non futanto il crescimento per piovacome fue per terremuoto. Di certo chel'acqua chiara surgea d'abisso con grandi sampilli sopra piùterreni; e questo vedemo in più partie eziandio in sullemontagne; e però più a pieno avemo messo in nota inquesta cronica di questo disordinato diluvio a perpetua memoriaperch'è istata grande novità da notareche dapoiche·lla città di Firenze fu distrutta per TotileFlagellum Deinon ebbe sì grande aversità edamaggio come fu questo.



II - D'una grande questione fattain Firenzese 'l detto diluvio venne per iudicio di Dio o per corsonaturale

In Firenze ebbe del detto diluviogrande ammirazione e tremore per tutte gentidubitando non fosseiudicio di Dio per le nostre peccatache poi che bassò ildiluvio più dì apresso non finava di piovere concontinui tuoni e baleni molto spaventevoli; per la qual cosa le piùdelle genti di Firenze ricorsono a la penitenzia e comunicazioneefu bene fatto per apaciare l'ira di Dio. E di ciò fu fattaquistione a' savi religiosi e maestri in teologiae simile a'filosofi in natura e a strolaghise 'l detto diluvio fosse venutoper corso di natura o per iudicio di Dio. Per li astrolaghi naturalifu rispostoponendo inanzi la volontà di Dioche gran partedella cagione fu per lo corso celesto e forti coniunzioni di pianeteassegnandone più ragionile quali in parte racconteremo inbrieve e al grossoper meglio fare intenderein questo modocioèche a dì XIIII del maggio passato fu ecrissio vuolioscurazione di grande parte del sole nel segno della fine del Taurocasa di Venus con caput Draconis; per la quale scurazioneinfino allora per savi religiosi e per mostramento d'astrolaghi fusermonato in pergamo in Firenzeil quale noi udimoche ciòsignificava grande secco nella presente state vegnentee poi nel'opposizione di quello eclissi grande soperchio d'acquee tremuotie grandi pericoli e mortalitade di genti e di bestie; amonendo legenti a penitenzia. E poi apresso a l'entrante di luglio fucongiunzione a grado di Saturno con Marte alla fine del segno de laVerginecasa di Mercurio; il quale significa soperchio d'acque esommersione per li due detti pianeti infortuni. Ma quello che dissonoche gravò piùseguendo l'una congiunzione l'altrasìfu che il dì del diluvio il sole si trovòe nel'opposizione del suo eclissi a gradi XVIIII de lo Scorpione incongiunzione con cauda Draconis e con la stella che·ssichiama Cuore de lo Scorpioneche sempre sono infortune e fannograndi pericoli in mare e in terra; e Venus pianeta acquosa si trovòne la fine del detto Scorpionee per agiunta il sole in talecongiunzione si trovò assediato intra·lle dueinfortunatecioè Saturno e Marscongiunte insieme persestile aspetto; Saturno nella Libra in sua esaltazione congiuntaco·llui la lunala qual è portatrice del tempo futuro;e a·llui venne con segni e ascendenti aquatichi stata nellasua congiunzione dinanzicioè ne la Libra medesima conSaturno e con Venus e Mercurio pianeti aquatichi; e l'ascendente dela sua congiunzione fu Tauro sua esaltazione e casa di Venus ov'erastato l'eclissi del solee nella sua opposizione di quello lunaredinanzi al diluvio fu il suo ascendente il Cancro sua casachesignifica abondanza d'acqua; e i detti pianeti aquatichiVenus eMercurioerano in Iscorpionesegno aquatico e casa di Martee concauda Dragone. E nel cominciamento e grande parte di quellolunare dinanzi al diluvio furo grandi piogge in Firenze e in moltepartie questo fu segno del futuro diluvio. E da l'altra parte lapianeta di Mars a la venuta del diluvio si trovò nel segno delSagittario in sua propietà caldo e seccoe che volontierisaettainviluppato nel detto segno co·Mercurio pianetoconvertivole e reo co' reifreddo e umido e aquaticoe contra lacomplessione di Mars e del detto segnoil quale Mars combattendosico' raggi di Saturnomandaro in terra le loro influenzecioèsoperchi di tuoni e di piovee baleni con folgorie sommersioni etremuoti. E per agiunta al fattola pianeta di Iovela qual èfortunatadolce e buonain quell'ora si trovòe nel segno del'Aquario casa di Saturnoe con Saturno congiunta in trino aspettoe con Mars in sestile aspettosì che la sua vertù fuvinta da li detti due infortunie con neente di podere; ma convennech'agiugnesse alla infortuna de' rei per lo segno d'Aquario ov'era. Enotalettoree raccoglise neente intenderai de la detta scienzatu troverai al punto e giorno che venne il diluvio congiunte quasitutte e sette le pianete del cielo insieme corporalmenteo perdiversi aspetti e in case e termini di segnida commuovere l'aria e'cieli e gli elementi a darne le sopradette influenze. Domandatiancora i detti astrolaghi perché il detto diluvio avenne piùa Firenze che a Pisach'era in su l'Arno medesimoe là giùdovea esere e fu più grossoo ad altre terre di Toscanafurisposto che prima ci fu la cagione de la mala provedenza de'Fiorentinicome detto èper l'altezze de le pescaie; l'altrasecondo istorlomiaSaturnoil quale dà infortunaesumersionee ruinee diluvii ne la sua opposizioneera nel segnode la Librain sua esaltazione; la quale Libra s'atribuisce a lacittà di Pisae a l'opposito del segno de l'Arieteil qualeAriete pare s'atribuisca a la città di Firenzee l'ascendentede l'entrare del sole nell'Ariete nello detto anno fu segnore; laLibra e l'Ariete si trovò... di ponente col sole in cadimento;il quale (di cui l'Ariete è esaltazione) si trovòcongiunto e assediato al tempo del diluvio in mala parte e infortunicome detto è. E Marsil quale è segnore del segno del'Arietesi trovò congiunto con Saturno e vinto da·lluiper lo modo che di sopra è fatta menzione. E questecontrarietà e congiunzioni paiono cagione del soperchiodiluvio e damaggio a la città di Firenze più che aPisa. E basti quello che in questo avemo raccolto di piùlunghe disposizioni de li astrolaghi sopra questa questione. Sopra ladetta questione i savi religiosi e maestri in teologia rispuosonosantamente e ragionevolmentedicendo che·lle ragioni dettedelli astrolaghi poteano in parte essere verema non di necessitàse non in quanto piacesse a Dio; però che Idio è sopraogni corso celestoe elli il fa movere e regge e governa; e 'l corsodi natura è apo Dioquasi come al fabro è il martelloche con esso può foggiare diverse spezie di cosecome averàimaginato nella sua mente. Per simile modo e maggiormente il corso dinatura e delli elementie eziandio le demoniaper lo comandamentodi Dio sono flagella e martella a' popoli per punire le peccata; e ala nostra fragile natura non è possibile d'antivedere l'abissoe etterno consiglio del predestino e prescienza de l'Altissimomaeziandio male si conoscono per noi l'opere sue fatte e a noivisibili. Ed acciò che di questa questione utile si tragga perli lettoridiciamo che Idio ha signoria di mandare e premettere isuoi iudicii al mondoe secondo corso di naturae quando a·lluipiace sopra naturae ancora contra naturasì comeomnipotente segnore de l'universo; e fallo a due finio per graziosamisericordiao per aseguizione di iustizia. Ed acciò che perchi leggerà sia più chiaro e aperto ad intenderedimolte e lunghe ragioni e sottili allegagioni de' detti saviritrarremo al grosso e ricoglieremodicendo alquanti veri e chiariesempli e miracoli della sacra Scrittura sopra la detta materia; ecominceremo dal principio del Genesiove dice: "In principiocreò Idio il cielo e la terra; et dixitet fatta sunt etc.".Questo fue grazia e sopra natura a fare per la sua infinita potenziail corso del cielo e di natura per una sola parolache prima eraneente; e chi ha podere di fare la cosapur materialmente parlandola può disfare e mutare: maggiormente Idio può tuttofaree alteraredisfaree mutare. Apresso in quello medesimoGenesicapitolo VIIIdisse Idio a Noè: "Fa' l'arcach'io voglio mandare il diluvio dell'acque sopra terraperchémuoiano tutte creature per le peccata delle genti etc.". Equesto fue per la sua giustizia. Apresso si legge nel XXIII capitolodel detto Genesi delli angeli che vennero ad Abraam e a Loti qualiper lo peccato contra natura distrussono le cinque città diSogdoma e Gomorra e l'altre; e questa fue eseguizione di giustiziaesopra corso di natura. E se pur X uomini giusti e sanza il dettopeccato vi fossono trovatidisse Idio ad Abraam ch'avrebbe perdonatoa li altritanta è la sua clemenzia e misericordia infinita.E nel XX capitolo del Genesi Idio anunziò ad Abraamch'avea Cannie a Sarra sua mogliech'avea anni LXXXX ed era sterilech'ella conceperebbe Isaac padre d'Israele così fu; e ancoraquesto fu sopra naturae per grazia di Dioacciò che diquello nascesse il suo popolo e il suo unigenito figliuolo GesùCristo. E che leggiamo ancora nel libro de l'Esodocominciando al Xcapitolodelle pestilenzie che Idio mandò sopra Faraone e ilsuo popolo d'Egitto per li prieghi di Moisè e d'Arone per lacrudeltà che faceano al popolo di Dio; e alla fine per graziaal popolo Israel aperse il mareove passarono salvie Faraone collacavalleria e popolo suo in quello mare la sommerse. E la detta graziadel popolo Israele le dette pestilenzie sopra Faraonefuro peroperazioni e iudicio divino e sopra naturae non per corso distelle. Ancora al detto suo populo per grazia e sopra naturaecontra naturaIdio li nutricò XL anni nel deserto di mannaecon la guida della colonna de la nuvola e del fuoco. E parte diquello popolo per lo peccato de la 'nfedelità li consumòper ferro; e parte per lo peccato de la golosità li perseguitòcolle trafitte de' serpenti; e parte di loro per superbia eribellazione l'inghiottì la terra; ciò fu Abi e Davirone loro seguaci; e parte di loro per lo peccato d'usare il fare ilsacrificio indegnamenteper fuoco li pulì e distrusse; etutte queste pestilenzie furo sopra natura e per iudicio di Dio perle peccata del popolo. La grande città di Ninive era giudicatada Dio a pericolare per li loro peccatie per li sermoni di Gionaprofeta mandato da Dio si corressero e tornaro a penitenziae ebbonograzia e misericordia da Dio; onde si manifesta chiaramente che Idiorimuove per li prieghi e penitenzia i suoi giudiciie peròmaggiormente può e dee seguire il corso di natura il volere diDioe adoperare sopra natura come a·llui piaceperòche la fececom'è detto dinanzi. Che diremo della grazia emiracolo che Idio fece sopra natura e contra 'l corso di natura perli prieghi di Iosuè suo servoe capitano e re del suo popolodi fare tornare il sole braccia X adietro del suo corso? Nelli libride' Re intra gli altri miracoliper lo peccato della vanagloria checommise Davit a fare numerare il suo popolomolto del popolo di Dioper pestilenzia morire contra corso di loro natura. E quante diversepersecuzioni di battaglie si leggono in quelli libri de' Ree nellialtri libriche Idio permise quando in pro e quando incontro al suopopolo per li loro peccati o meriti? Che Nabucdonosor distrusse laprima volta la città di Ierusaleme tutti i Giudei menòin servaggioquelli che scamparo di morte; e poi Nabucdonosor per lisuoi peccati d'uomo fu bestia per VII annie poi per simile mododistrusse la seconda volta Ierusalem Antioco re; e tutto fu per lipeccati de' figliuoli Israel e per le loro abominazioni. E quando siriconobbono a Diocon piccolo podere e cominciamentoGiuda Maccabeoil padre e' fratelli feciono la vendettae distrussono il regnod'Antiocoe tutti i detti giudicii di Dio furo per li peccatiesopra ogni corso di natura. E però disse Idio al suo popolo:"Io sono lo Idio Sabaot"cioè a direin latinoloIdio de l'oste e delle battaglie"e doe vinto e perduto a cuimi piacesecondo i meriti e peccatie la vittoria delle battaglie ènella mia destra". E tutto questo è per la divinapotenzia e sopra 'l corso d'ogni natura. Assai è detto sopramiracoli che sono sopra natura e contra natura che Idio fece nelvecchio Testamento. Del nuovo alquanto diremo. Può esereo fumaio sarà maggiore graziache la divina potenzia degnòd'incarnare nella graziosa vergine Mariaed esere Idio e uomo natodi verginee sofferire passione e mortee ne la passione scuròtutto il sole nel mezzodìe era la luna in suo oppositochesecondo corso di natura non potea scurare; ma fu sopra naturaperchéil fattore de la natura sofferia pena. E così grande e sìfatto misterio fu sopra ogni potenzia naturalee ciò piacquea l'Altissimo per osservare giustizia per lo peccato del primo uomoe per fare grazia e misericordia per ricomperare l'umana generazione;e nullo verbo è impossibile a Dio. I miracoli che fece GesùCristo vangelizzando in terrae poi i suo' apostoli e li altri santie martiri e vergini per lo suo nomesono ancora tutto dì; iquali sono sopra ogni natura e corso celesto; sopra le quali dettevere ragioni e argomenti principalmente la soluzione della nostraquestione [è] molto chiara. Che diremo de la rovina de lacittà di Ierusalem la terza voltae per la persecuzione escerramento de' Giudei fatto per Tito e per Vespasiano imperadori diRomaper la vendetta del peccato commesso della giusta e non giustamorte di Cristo figliuolo di Dio? Certo questo fue chiaro ed evidenteiudicio di Dioe non per corso di naturache mai poi non ebbero iGiudei istato né ricetto di loro segnoriae sono passati piùdi MCCC anni ch'è durato il loro esilio. Dell'altre moltepersecuzionirovinepestilenziediluviie battaglienaufragiavenute al tempo de' Romani e de' pagani per iudicio di Dio epulimento de' peccati oltre al corso di naturaprima e poi che venneCristoa raccontarle sarebbono infinite e confusione del nostrotrattato; e simile poi al tempo de' Cristiani per la venuta de'Gottie Vandalie Saracinie di Lungobardide li Ungheride'TeotoniciSpagnuolie Catalanie Franceschie Guaschiche sonovenuti in Italiae tutto dì vengono; delle quali pestilenzieassai chiaramente a' buoni intenditori si possono comprendere perquesta cronicae per altri libri che di ciò fanno menzionele quali tutte sono state e sono per lo giudicio di Dio per pulire lipeccati. E però tornando al proposito della nostra questione ea sentenziae racogliendo i sopradetti esempli veri e chiarituttele pestilenzie e battaglierovine e diluviiarsioni e persecuzioninaufragii e esilii avengono al mondo per permissione de la divinagiustizia per pulire i peccatie quando per corso di naturaequando sopra naturacome piace e dispone la divina potenzia. E notaancoralettorechela notte che cominciò il detto diluviouno santo eremita ch'era nel suo solitario romitoro di sopra a labadia di Valombrosa stando in orazione sentì e visibilmenteudì un fracasso di demonia di sembianza di schiere dicavalieri armatiche cavalcassero a furore. E ciò sentendo ildetto romito fecesi il segno della crocee si fece al suo sportelloe vide la moltitudine de' detti cavalieri terribili e neri; escongiurando alcuno da la parte di Dio che·lli dicesse che ciòsignificavae li disse: "Noi andiamo a somergere la cittàdi Firenze per li loro peccatise Idio il concederà". Equesto io autore per saperne il vero ebbi da l'abate di Valombrosauomo religioso e degno di fedeche disaminando l'ebbe dal detto suoromito. E però non credano i Fiorentini che la presentepestilenziaond'è fatta questionesia loro avenuto altro cheper giudicio di Diobene che in parte il corso del sole s'accordassea ciò per punire i nostri peccatii quali sono soperchi edispiacevoli a Diosì di superbia l'uno vicino coll'altro involere segnoreggiare e tiranneggiare e rapiree per la infinitaavarizia e mali guadagni di Comunedi fare frodolenti mercatantie eusurerecati da tutte parti de l'ardente invidia l'uno fratello evicino coll'altro; sì della vanagloria de le donne edisordinate spese e ornamenti; sì de la golosità nostradi mangiare e bere disordinatoche piùe vino si logora oggiin uno popolo di Firenze a taverneche non soleano logorare linostri antichi in tutta la città; sì per le disordinatelussurie delli uomini e delle donne; e sì per lo pessimopeccato della ingratitudine di non conoscere da Dio i nostri grandibeneficii e il nostro potente statosoperchiando i vicini d'intorno.Ma è grande maraviglia come Dio ci sostiene (e forse parràea molti ch'io dica troppoe a me peccatore non sia lecito di dire)ma se non ci volemo ingannare noi Fiorentinitutto è il vero;di quante battiture e discipline ci ha date Idio al nostro presentetempopur da li anni MCCC in quasanza le passate che scritte sonoin questa cronica: prima la nostra divisione di parte bianca e nera;poi la venuta di meser Carlo di Franciae 'l cacciamento che fece diparte biancae le sequele e rovina che furono per quella; poi ilgiudicio e pericolo del grande fuoco che fue nel MCCCIIIIe poi dipiù altri apresso stati nella città di Firenze per litempi con grande damaggio di molti cittadini; apresso della venutad'Arrigo di Luzimborgo imperadore nel MCCCXIIe il suo assedio aFirenze e guastamento del nostro contadoe conseguente la mortalitàe corruzione che poi fu in cittade e in contado; appresso lasconfitta da Montecatino nel MCCCXV; apresso la persecuzione e guerracastruccinae la sconfitta d'Altopascio nel MCCCXXVe la sequeladella sua rovinae la sformata spesa fatta per lo Comune di Firenzeper le dette guerre fornire; apresso il caro e la fame l'annoMCCCXXVIIIIe la venuta del Bavero si dicea imperadore; apresso lavenuta del re Giovanni di Boemiae poi il presente diluvio; ond'ènata la questioneche raccogliendo tutte l'altre dette aversitadiinn-unanon furono maggiori di questa. E però istimateFiorentiniche queste tante minacce di Dio e battiture non sonosanza cagione di soperchi peccatie paiono a l'aversitadi li dettigiudiciiche di nostri antichi. Ed io autore sono di questasentenzia sopra questo diluvio: che per li oltraggiosi nostri peccatiIdio mandò questo giudicio mediante il corso del cieloeapresso la sua misericordiaperò che poco duròe larovina per non lasciarne al tutto perireper li prieghi delle santepersone e religiose abitanti nella nostra città e d'intornoeper le grandi limosine che·ssi fanno in Firenze. E peròcarissimi fratelli e cittadiniche al presente sono e che sarannochi leggerà e intenderàdee avere assai gran matera dicorreggersi e lasciare i vizii e' peccati per lo tremore e minacce dela iustizia di Dioper lo presente e per lo tempo a venire; e acciòche l'ira di Dio più non si spanda sopra noie chepazientemente e con forte animo sostegnamo l'aversitàriconoscendo Idio onnipotentee ciò faccendoe con vertùbene adoperando meritiamo misericordia e grazia da·lluilaquale fia dupplicatae esaltazione e magnificenza de la nostracittà. Di questo diluvio e sùbito avenimento a lanostra città di Firenze corse la fama e novella tra tutti iCristianie ancora più grave e pericolosa che non fucontutto fosse quasi inestimabile. E vegnendo al cospetto della maestàdel re Rubertoamicoe per fede e devozione di noi segnore nostrosi dolfe di noi di tutto suo cuoree come il padre fae al figliuoloper suo sermone per lui dittato ci mandò amonendo econfortandoe il suo podere profferendo per la forma e modo checonterà il detto suo sermoneovero pistola; la quale inquesta nostra opera ci pare degna di mettere in nota verbo a verbo aperpetua memoriaacciò che i nostri successori cittadini cheverranno e leggeranno quellasia manifesta la sua clemenza e sinceroamore che 'l detto re portava al nostro Comunee di ciòpossano [trarre] uttilità di buoni e santi esempli eamunizioni e confortoperò che tutta è pienad'auttoritadi della divina scritturasì come quelli ch'èsommo filosofo e maestropiù che re che portasse corona giàfa mille e più anni; e con tutto che in latinocome lamandòefosse più nobile e di più alti verbi eintendimenti per li belli latini di quellaci parve di farlavolgarizzareacciò che seguisse la nostra materia volgareefosse utile a' laici come a li alletterati.



III - Questa è la lettera esermone che il re Ruberto mandò a' Fiorentini per cagione deldetto diluvio

Ai nobili e savi uomini prioridell'artie gonfaloniere di iustiziaconsiglio e Comune della cittàdi Firenzeamici diletti e devoti suoiRuberto per la grazia di Diodi Ierusalem e di Cecilia resalute e amore sincero. Intendemo conamaritudine di tutto il cuoree con piena compassione d'animolopiangevole caso e avenimento di molta trestiziacioè ildisaveduto e sùbito accidentee molto dannoso cadimentoilquale per soprabondanza di piene d'acqueper divino consentimento inparte aperte le cataratte del cielovenne nella vostra cittade; liquali casi né a·nnoi conviene altrimenti sporlinéda Voi altrementi imputarlise non come la Scrittura divina dicecotali cose a caso avenire. Non si conviene a·nnoiil qualeper la reale condizione la veritade hae a conservared'essere amicolusinghierené di riprendere la iustizia di Diodicendo chevoi siate innocenti. La dottrina dell'Apostolo dice: "Se noidiremo che noi non abbiamo peccatonoi inganniamo noi medesimienon fia in noi veritade". Adunque li nostri peccati richeggionoche non solamente che noi incorriamo in questi pericolima eziandioin maggiori. Noi dovemo apropiare il singulare diluvio alliparticulari peccatisiccome lo universale diluvio fue mandato da Dioper li universali peccatiper li quali ogni carne avea abreviata lavia sua de l'umana generazione. Noi conosciamo l'ordine di questepestilenzie per la scrittura del Vangelioperò che poi laverità di Dio antimise la sconfitte date da li nemicisoggiunse li diluvii de le tempesteper le quali parla santoGregorio dicendo così sopra il Vangeliodov'è scritto"Saranno segni nel sole e ne la luna etc.": "Noisostenemo"dice santo Gregorio"sanza cessamentoavegnache prima che Italia fosse conceduta ad essere fedita dal coltellode' paganiio vidi in cielo schiere di fuocoe vidi colui medesimosplendiente di splendori al modo del balenareil quale poi isparseil sangue umano. La confusione del mare e delle tempeste nonn-èsolamente nuova levatama con ciò sia cosa che molti pericoligià anunziati e compiuti sienonon è dubbio che nonseguitino eziandio pochii quali restano a cotale imputazionedipassare a nostra corezzionenon a stravolgimento di disperazione".E noi crediamo intra queste cose non solamente la iustizia di Dioessere nutrice di costoroma crediamo la bontà divina esseresì come madre pietosamente correggente e in meglio commutantedicente santo Agustino nel sermone del bassamento de la cittàdi Roma: "Idio anzi il giudicio opera disciplina molte volte noneleggendo colui cui elli battanon volendo trovare cui ellicondanni". E egli medesimo dice sopra quello verso del salmo:"Sì come viene meno il fumovengono meno ellino; tuttociò che di tribulazioni noi patiamo in questa vitaèbattitura di Dioil quale ne vuole correggereacciò chenella fine non ne condanni". Imperciò santo Agustinomedesimo nel predetto sermone delle tribolazioni e pressure del mondodice: "Quante volte alcuna cosa di pressura e di tribulazioninoi sofferiamole tribulazioni sono insiememente nostrecorrezzioni". Ma in queste cose con molto studio è daguardarciche noi alcuna cosa notabilmente non meritiamo de linostri meritie che noi non ci maravigliamoquasi s'elle nonfossono cagioni di queste tribulazioni quelle cose che·nnoidicemo; però che Agustino medesimo dice nel sermonedell'abassamento di Roma: "Maravigliansi li uomini; or simaravigliassono ellino solamente e non bestemiassero". Ancora èda schifare per queste cose il mormorare contra Diosì comela nostra niquitade biasimasse la divina diritturae sì comese le nostre inumerabili e grandissime colpe riprendessono la sommaiustizia; sì come n'amonisce Agustino nel predetto sermonedelle tribulazioni del mondodicendo: "O fratellinonn-èda mormoraresì come alcuni di coloro mormorano". El'Apostolo dice: "E' furono vasi di serpenti". Or che cosadisusata sostiene ora l'umana generazionela quale non patissono linostri padri? Ancora c'è un'altra cosa: poco sarebbericonoscere i peccatise quello non si propone a schifare per inanziquelli. In quello caso nonn·è da dubitare che colui chepregherà per perdonanza quella con orazioni impetrie cosìacquisti la divina graziae schiferàe la rigidezza deliudiciosì come per lo savio Salamone si dice: "Figliuolotu peccastior non vi arrogere più; ma priega de li passatipeccatich'elli ti sieno dimessi". Noi leggiamo d'altrecittadile quali per li loro gravi peccati con ampia vendettadiceano esere disfatteessere riserbatee rivocata la sentenzia perpenitenzia e per orazioni. Al tempo d'Arcadio Imperadore volendo Idiofare paura alla città di Gostantinopolie spaurendola peramendarlarevelòe a uno fedele uomo che quella cittàdovea perire per fuoco da cielo. Costui lo manifestòe alvescovoe 'l vescovo il predicò al popolo. La città siconvertìe in pianto di penitenziasiccome già fecel'antica Ninive. Venne il dìe che Idio avea minacciatoe eccodi verso levante una nuvola con puzzo di solfoe stette sopra lacittadeacciò che li uomini non pensassono che colui ch'aveacosì detto fosse per falsitade ingannato; e fuggendo li uominia la chiesala nuvola cominciò a scemaree a poco a poco sidisfecee il popolo fue fatto sicuro. Siccome Agostino nel dettosermone introduce: "Secondo questo Idio per bocca di profetaavea avanti detto che·lla ismisurata città di Ninive sidovea disfare; e troviamo che essa fue deliberata per asprezza dipenitenziae per grido d'orazionené da la penitenzia ed'adorare non siano di lungi le limosine loro salutevoli compagnesecondo il consiglio di Daniello dato a Nabocodonosorche conelimosine ricomperasse le sue peccatae ratemperasse la sentenzia diDio contra lui pronunziata". Aguardiamo insieme dunque lospaventevole giudicioe pensiamo di cercare il remedioma schifiamoil rimanente che è da temere; per le quali cose non le nostreparolema quelle del Salvatore profferiamo in mezzo; e elli disse:"Or pensate voi che quelli XVIII sopra li quali cadde la torrein Siloe e uccisorli fossono colpevoli sanza tutti li altri abitantiin Ierusalemme? Noio dico a voi; ma se voi non farete penitenziasimigliantemente perirete". Dove Tito dice: "Una torre èaguagliata a la cittadeacciò che·lla parte spaventiil tutto; quasi dica tutta la cittade poco poi fia occupatase·lliabitanti perseverranno nella infedelitade". La qual cosa mostraBedadicendo: "Però ch'ellino non fecero penitenzianelquarantesimo anno de la passione di Cristoli Romanicominciando daGalilea ond'era cominciata la predicazione del Segnorel'empia genteinfino a le radici distrussero". Ma acciò che per quelleparole ch'avemo dette di sopra non siamo giudicato grave amicoeacciò che noi non inganniamo li meriti de le vostre virtudile quali ci confidiamo essere acetti ne la benignitade di Dioatendendo a la divina Scritturala quale non pur riprende lipresuntuosi per amaestrarlima adolcisce li aflittiacciòche per remedio di consolazione li conforti spesse volte in suoiluoghi; queste cotali passioni e pressure confessiamo che vengono perprovarci; però che in quello che Idio esamina si loda lavertude della pazienzia in noi. L'Apostolo testimoniò: "Lasua pietosa provedenza non ci lascia tentare oltre la nostra possama la contentazione fae frutto". Quale utilitade cerchiamo noifedeli maggioreche cotali miserie noi prendiamo efficace argomentode l'amore di Dio che ne apruova perché e al proponimento avoi santo e religioso cherico Iudit femenina per esemplo dirizza emanda la seguente parola: "E orao fratelliperò chevoi che siete preti nel popolo di Dioda voi dipende l'anima dicoloro al vostro parlaredirizziate li cuori lorosì chè·ssiricordino coloro che sono tentati che li nostri padri furono tentatiacciò che fossono provati s'elli adoravano veramente Idio suo:ricordare si debbono come 'l padre nostro Abraam fu tentatoeprovato per molte tribulazioni fatto è amico di Dio; cosìfue Isaaccosì Iacobcosì Moisèe tuttiquelli che piacquero a Dioper molte tribulazioni passarono fedeli".Onde e a Tobia disse l'angelo: "Però che tu eri caro aDiofue necessario che la tentazione ti provasse". Or crediamonoi e voi esere migliori e più inocenti che li nostri padripatriarchii quali per tante miserie di battiture o mandate oconcedute da Dio trapassaro i santi? O desdegnamoo maggiormenteindegnamo noi degni membri di patire quelle cose le quali nonischifarono gli apostolinostro corpo la Chiesanostro capo Cristocioè il fuocoil ferroli martirii villaninoi quasidischiattatie come non apartenessimo loroe come non partefici diloro fortunao forse più santicon impazienzia portiamocotali cose? Ma·sse per impazienzia ch'è in noiellici pare troppo malagevole seguitare li padri di ciascuno testamentoalmeno non disdegnamo per pazienzia le virtudi prendere esempli dal'infedeli prencipi e filosofili quali furono: come scrive Senecalibro primo dell'iradi Fabioche prima vinse l'ira sua cheAnibale; e Iulio Cesare nel libro della vita de' Cesari; ed'Ottaviano Agusto nel Policrato libro terzocapitolo XIIII; diDomizianosì come testimonia il bello parlatore Licinio; edAntigone resecondo Senecalibro terzo dell'ira; e de la pazienziade' filosoficioè di Socrate libro terzo di Seneca de l'irae di Diogenes libro III dell'iraanzi il finea ciò che nonpassi il manifesto od occulto lamentamento d'alcuno o d'alcunisìcom'è contradio. Ancora per li mormoramenti de li credenti chedicono che questi tempi sono peggiori che gli antichi tempi e cheIdio hae riserbato la indegnazione dell'ira sua infino ad ora ech'elli hae serbati li presenti die a spandere quellaleggano overoodano li leggenti da Adam fatiche e sudorespinee tribolidiluviodicadimento; trapassarono tempi pieni di faticadi fame edi guerree però sono scrittea ciò che noi nonmormoriamo del presente tempo contra Dio. Passò quel tempoappo li padri nostriremotissimi molto da li nostri temporaliquando il capo dell'asino morto si vendéo altrettanto auro;quando lo sterco colombino si comperòe non poco argento;quando le femine patteggiaro insieme del manicare i loro fantolini.Or non avemo noi in orrore udire quelle cose? Tutte quelle coseleggiutolespaventiamocene sìche noi avemo maggiormenteonde ci allegrareche onde mormorare delli nostri tempi. Quando fuedunque bene a l'umana generazione? quando non paura? quando nondolore? quando certa felicitade? quando non vera felicitade? dove fiala vita sicura? Or non è questa terra quasi una grande naveportante uomini tempestantipericolantisoggiacenti a tanti marosia tante tempestetementi il pericolaresospirante in portoed ècompensare la conoscente e grata ragione de la vostra considerazionee il pensamento della diritta bilanciaquanto in ricchezze inmorbidezze in potenziaecittadiniIdio la vostra cittadenobilitòescampòee sopra tutte le vicineanziremote cittadisanza comparazione esaltòsì ch'ellapuote essere asomigliata ad adornato albore fronzuto e fioritodilatante li rami suoi infino a termini del mondo. Per tanti e sìgrandi benificii temporali non vi divieti l'aversitade di dire levostre lingue col santo Iob: "Se noi riceviamo li beni da lamano del Signoreperché non sostenemo li mali?". Ancoraqueste aflizzioni alcuna volta salutevolemente ne sono mandateeavegnonci a spirituale profittoperò che·sse alcunavolta non ne fossono mandate o permesse da Dionoi ci crederemmo quiavere cittadi stabili e dimorantie poco cureremo di cercare del'etternacon san Piero dicendo: "Buono è a noi esserequi". Ma li mali che più ne priemono ci fanno passare acieloe intendere a la futura gloria. E se per aventura alcunosvergognato o arrogante presumisce di storcersi contro a l'opera delo etterno arteficeintenda rispondere a·llui la bontadedelle creaturela quale il fabricatore di tutte le cose dalprincipio raguardòe nelle sue creature. Se il fiumeil qualeaministròe tanti dilettamenti e tante grandi uttilitadi dalcominciamento de la tua cittadeperché gravemente porti seuna volta con disusato allagare ti fece alcuni danni?Ma diràeun altro calognatoreperò che noi dicemo dinanzi che letribulazioni ne sono amonimenti e correzzionidiconoa ciòch'io diventi migliore sono puniti quelliperch'io viva quellimuoianoperch'io sia serbato quelli sono perduti. "Noneperciò"dice santo Giovanni Grisostimo"ma sonopuniti per li loro peccati propima fassi di questo a quelli cheveggono materia di salvarsi". Or forse si leveranno controinvidiosiiudicando voi per lo partimento del detto cadimento esserei·maggiori peccati intrigati di loroe per questo esere piùodiosi a Dio? anzi si crederanno esser più giusti di voiemeno colpevoli e più graziosi al giusto iudice?Questi di veroper quello medesimo errore antimetteranno per suoi meriti il reSalomone certamente pacificoa cui fu riserbato lo edificare deltempioe ne' cui tempi sottorise la tranquillitade della pacee ilcui regno non cognobbe guerraal suo padre David santissimoa cuifue interdetto l'edificare di quello medesimo tempiolo quale fuenomato da Dio uomo spanditore di sangueil quale e sotto essereprovocato da continui pericoli di guerree due volte da Diomanifestamente e piuvicamente fu corretto. In quello medesimo modocoloro che non sanno li santi libri diranno che·lli amici diIob fossono più inocenti di luie antimetteranno loro nelriguiderdonamento; imperciò che noi non leggiamo ch'ellifossono esaminati da Dio nelle pestilenzie sì come Iobperòche di vero elli non erano auro o argento da provare ne la fornacedel fuoconé da riporre nel tesauro del sommo rema eranomaggiormente paglia o letamele quali messe in sul fuoco gettanopuzzo spiacente a Dio e abominevole alli uomini. Or giudicheremo noiper simile cechitade che·lli marinari fossono migliori cheIonas il profetaper lo quale si pruova che si levòe latempestae però fue sommerso in mare e tranghiottito dalpescelo quale fue messaggio di Dio banditore di penitenziaefigura di Cristo passuroe li marinari furono pagani e adoratorid'idoli? Non maravigliase·lle grazie e prerogative divertudi che noi dicemmoIdio raguardò in voile quali elliesamini; e provateguiderdoni e coroni voili quali sieteconosciuti sempre essere stati in italia chiaro braccio della Chiesae nobile fondamento di tutta la fede. Non si maraviglino dunque lirimproveranti invidiosise un poco inanzi con le promesse sentenziedella santa Scrittura noi mostriamo per la pruova delle vostrevirtudi voi essere acetti a Dioaprovati al suo beneplacimento. Seimpertanto voi riconoscerete umilemente che per li vostri peccati voiincorreste nelli predetti dannie comportateli con virtù dipazienzacon pagamenti per ciò di divote voci rendere grazie.Dice il sapientissimo re: "Figliuolo mionon gittare ladisciplina del Segnoree non fallare quando da·llui se'corretto; colui cui il Segnore amasì 'l gastigae comepadre in figliuolo si compiace". La quale sentenzia non isdegnad'allegare l'Apostolo nelle sue pistoledicendo: "Figliuolomionon mettere i·non calere la disciplina del Segnorenéti sia faticaquando da·llui sarai ripreso: colui cui ilSegnore ama si 'l gastiga; elli batte chiunque elli riceve infigliuolo". Ecco adunque per le soprascritte cose avetechiaramente che per le pressure delle predette passioni si dimostranoin voi esere virtudi e meritie che non solamente voi siete ricevutiin amici da Dioma spezialmente da·llui siete in figliuoliadottati. A li figliuoli a' quali s'impone la disciplina nonsolamente remunerazione si promettema·ssi serba loro certaereditade. Appare dunque per la vertade della santa Scrittura che·llevirtudi e li meriti sono remunerati dal iustissimo re delli reeziandio in alcuni di vero; ne' quali publicamentemanifestamenteeziandiorilucono temporalmentead esemplo del mutamento de' buonisì come è scritto del beato Iobal quale furonorestituiti dupplicati per li perduti beni; ma nelli altri piùpreziosie migliori sanza comparazionesi serba il meritamentonella futura gloria. Li predetti amonimentili quali noi stimiamonon esere alla vostra prudenzia tanto soperchi quanto necessariiprovedemo di mandare per debito di caritade alla vostra dilezzioneeancora le compassioni a le quali ci condogliamo con tutte leinteriora dell'amistadee le consolazioni de' veri libri visoggiugnemoa le quali d'abondante offeriamo d'agiugnere quelleconsolazioni di fatto che noi fare possiamoaltre volte oferte; mala promessa nostra letterapochi dìe poi che a·nnoifue manifesto il sopradetto vostro casoordinammo di mandarvimaperò che 'l presente di più persone contenea moltomenoritenne quella più tostamente essere venutail mandared'essa sospendemo. Ma ora piùe deliberatamente provedendoeestimando in ogni caso che s'apartenea a vostra informazione e avostra cautelavi mandiamo; né alla vostra amistàrincresca di bene leggere la lunghezza della presente letteralaquale non rincrebbe a noi di compilare intra tante e sìfaticose sollicitudini.

Data a Napoli sotto il nostrosecreto anellodi II di dicembreseconda indizioneanniMCCCXXXIII.



IV - Ancora di certe novitàche furono in Firenze per cagione del diluvio

Il dìe apresso che fuecessato il diluvioessendo rotti i sopradetti tre ponti in Firenzee tutta la città aperta e schiusa lungo il fiume d'Arnocertigrandi di Firenze cercaro di fare novità contro a' popolaniavisandosi di poterlo fareperò che sopra l'Arno non avea cheuno pontee quello era in forza di grandie la cittàscompigliata e tutta schiusae le genti tutte isbigottite. Onde unodi casa i Rossi fedì uno de' Magli loro vicinoper la qualcosa tutto il popolo fue sotto l'armee più dì si fecegrande guardia in Firenze di dì e di notte; e alla fine igrandi e possenti e ricchiche aveano a perderenon aconsentiroalla follia de' malvagie ancora il popolo aveano preso vigore eforza; onde non s'ardiro di cominciare novità; e ancora sel'avessono cominciata n'avrebbono avuto il peggiore. E pertanto siriposòe la cittàe quello de' Rossi che fece ilmalificio fue condennato. E fecesi incontanente fare per lo Comunecerti ponticelli di legname sopra l'Arnoe uno grande sopra piatte enavi incatenate; ma al cominciamentoinnanzi che i detti pontifossono fattisi passava l'Arno per navi. E avenne poia dìVI di dicembre essendo venuta una grande piova in Arnosi rivolseuna nave ove avea da XXXII uominide' quali annegaro XV uominicittadinie li altri per l'aiuto di Dio scamparo. Lasceremo alquantode' fatti di Firenze e del diluvioch'assai n'avemo dettoe diremoalquanto de' fatti di Lombardia e della nostra lega. Ma nonn-èda lasciare di direche quando il legato ch'era a Bologna seppel'aversità ch'era avenuta a' Fiorentini ne fece grandeallegrezzadicendo che ciò era loro avenuto perch'erano staticontro a·llui e contro a santa Chiesa a Ferrara; e forse inparte disse il vero; ma non giudicava sé de' suoi defetti efuturo avenimentoné credea che 'l suo iudicio e sentenzia diDio gli fosse così da pressocome tosto leggendo si potràtrovare.



V - Come falliro le triegueericominciossi guerra dalla lega al legatoe le terre che tenea il reGiovanni

Nel detto annoper calengennaiofallendo le triegue da la gente del re Giovanni e del legatoa la nostra legasi fece per li collegati uno parlamento a Lierciper consigliare se fosse da seguire le triegue o ricominciare laguerra. Acordavansi i collegati al prolungare le trieguesalvomesser Mastino e 'l Comune di Firenze; e questo si fece per lomigliore per non lasciare prendere forza al legato e al re Giovanni;e ordinaro si rincominciasse la guerrae confermarono in quelloparlamento la divisa del conquisto per lo modo dettocioè che'l segnore di Milano avesse Cremonae messer Mastino Parmae que'da Mantova Reggioe' marchesi Modonae' Fiorentini Lucca. Per laqual cosa que' da Milano cavalcaro sopra la città di Piagenza;e quelli di Verona e di Mantova sopra Parma e Reggio; e' marchesi daFerrara sopra Modona; e la nostra gente ch'erano in Valdinievolecorsono sopra Buggiano. E poia dì VIII di gennaioquelli diLucca corsono sopra Ficecchio e Santa Crocee levaro grande preda dibestie grossee rincominciossi la guerra. E poia dì XXIIIdel mese di febbraio apressoessendo cavalcati IIIIc cavalieri diquelli della lega di Lombardia sopra Parma e Reggiofurono sconfittipresso al castello di Correggio da quelli di Parma e da la gente dellegatoe rimasevi preso Ettor de' conti da Panago e più altriconostabili.



VI - Come il legato perdéoArgentae poco apresso fu cacciato di Bologna

Nel detto annoa dì VIIdi marzoessendo i marchesi da Ferrara co·lloro oste stati al'assedio della terra d'Argenta più mesinella quale era lagente della Chiesa e del legatol'arcivescovo d'Ambruno mandato perlo papa in Lombardiavolle essere a parlamento co' collegati diLombardia a Peschierae in quello richiese per lo papa tre cose: chelega più non fossepromettendo pace onorevole per licollegati; la secondache si levasse l'oste da Argenta; la terza chei marchesi dovessono liberare il conte d'Armignacca e li altripregioni sanza costo. Fu risposto per messer Mastino per bocca d'unodelli ambasciadori di Firenze che·lla lega non si poteapartire; ma in caso che Parma rimanesse libera alla Chiesasicesserebbe l'oste ordinata. Quella d'Argenta e de' pregionifurisposto per li detti ambasciadori di Firenze che in quanto Ferrararimanesse a' marchesi per lo censo usatoe Argenta per uno piccolocensos'accorderebbono col legato cardinale. L'arcivescovo presetermine di risponderee partìsi e venne a Bologna al legato.In questa stanza Argenta essendo forte stretta dell'assedioe nonpossendo essere soccorsifallendo loro la vittuaglias'arendero;però chedapoi che·lla gente della Chiesa furosconfitti a Ferraranon ardiro di tenere campo contra la gente dellalegaonde molto abassò la potenzia del legato. E avuta imarchesi la vittoria d'Argentapochi dì apresso cavalcaro insul contado di Bologna col loro sforzo. Il legato del papa cardinalech'era in Bologna mandòe al riparo quasi tutta sua cavalleriae volea mandare fuori nella detta cavalcata i due quartieri delpopolo di Bologna; e già erano armati in sulla piazzacontutto che mal volontieri andavanoe male parea loro essere trattati.Onde avennecome piacque a Dioe di vero sanza ordine provedutauno messer Brandaligi de' Goggiadini con... de' Beccadelliuominipoveri al bisogno del loro stato e vaghi di mutazioni e di novitadiparendo loro male stare sotto la segnoria del legatoe veggendoabassato lo stato suo per la sconfitta da Ferrara e per la perditad'Argentaessendo saliti in sulla ringhiera del palazzo di Bolognacolle spade ignude in manosì cominciaro a gridare: "Povolopovoloe muoia il legatoe chi è di Linguadoco!". Allequali grida e romore il popolo armato fu scommosso seguendo il romorecominciatosi partiro di su la piazza iscorrendo per la terra: ecombattero il palagio del grano e il vescovadodove stavano ilmaliscalco e li altri officiali del legato; e in quelli misono fuocoe rubaro e uccisono tutti li oltramontani che trovaro per la terra; eciò fattoassaliro e combattero il nuovo castello ov'era illegatoper uccidere lui e sua gente che v'erano fuggiti dentroemisonvi l'assedio di dì e di notte; e questa rubellazione fufatta a dì XVII del detto mese di marzo MCCCXXXIII. E nota chetutta questa rovina avenne al legato perch'era male co' Fiorentiniche·sse fosse stato bene di lorola sconfitta ch'ebbe aFerrara la sua gente non avrebbe avutané perduta Argentané'l popolo di Bologna li sarebbe rubellato per dotta de' Fiorentininé·lla Romagna; ma la disordinata cupidità divolere segnoria fa montare in superbia e in ingratitudine controall'amicospezialmente i cherici; e questo principalmente il fececadere in questo erroree di somma prosperità in poco ditempo cadere in grande pericolo e abassamento. Sentendosi la novellain Firenzei Fiorentini la maggior parte ne furo lietie noncrucciosiper la lega che i·legato avea fatta col reGiovanni; ma per tema di sua persona e reverenza de la Chiesa vimandaro incontanente IIII ambasciadoride' maggiori cittadini diFirenzee co·lloro IIIc cavalieri di loro masnade e dellevicherie a piè di Mugelloper guarentire il legato e suagente; e giunti a Bologna con molta faticae lusinghe e prieghifaccendo al popolo di Bologna per parte del Comune di Firenzetrassono del castello il legato e sua gente e suoi arnesiil lunidìd'Albadì XXVIII di marzoper la porta di fuori delcastellofasciato intorno con li detti ambasciadori e colla nostragente armata; e con tutto questo fue in grande pericolo il legato diperder la vitache lo sfrenato popolo di Bologna li vennero dietroisgridandolo con villane parolee con armata mano per offendere erubare lui e sua genteinsino al ponte a San Ruffello; e poi i lorocontadini correndo alle strade infino a Leurignano in su l'alpe. E dicertose 'l soccorso de' Fiorentini non fosse statoe il loroproveduto argomentoil legato rimanea morto e rubato con tutta suagente. E partito lui di Bolognail popolo a furore abattero edisfecero il castelloin modo che in pochi dì non vi rimasepietra sopra pietrach'era uno ricco e nobile lavorio. I Fiorentinicondussono il legato in Firenze a dì XXVI di marzoe furicevuto a grande onore e processionee presentatoli per lo ComuneIIm fiorini d'oro per ispese; no·lli volle ricevereringraziando molto il Comune del grande e onorevole servigio alluifattoriconoscendo per loro la vita e lo stato. E di Firenze sipartì a dì II d'aprile; e fue acompagnato perambasciadori e gente d'arme da' Fiorentini infino presso a Pisa; e dilà n'andò a cortee giunse a Vignone a dì XXVId'aprile. E come fue dinanzi al papa e a' cardinali in piuvicoconsistoro si dolfe de la fortuna a·llui incorsae vergogna edanno fattoli per li Bolognesidimandando vendetta per sé eper la Chiesalodandosi in palese del soccorso e onore ricevuto da'Fiorentini; ma in segreto al papa disse che ogni disaventura siriputava avuta per la gente che' Fiorentini mandaro al soccorso diFerraraonde la sua oste fue sconfitta. Per la qual cosa il papa nonvolle poi vedere né udire i Fiorentinicon tutto che primaavea cominciato a disamarli per la mala informazione fattali perlettere dal detto legato contro a Fiorentini sì per la 'mpresadella lega. E di certo se papa Giovanni fosse più lungamentevivutoelli avrebbe adoperato ogni abassamento e damaggio diFiorentinie già l'avea orditoperò che sopra tutti icardinali amava messer Beltramo dal Poggetto cardinale d'Ostia suonepotema per li più si dicea piuvicamente ch'elli era suofigliuoloe di molte cose il simigliava.



VII - Di novità ch'ebbe inBologna dopo la cacciata de·legato

Appresso la cacciata del legatodi Bologna la terra rimase in grande scandalo tra' cittadinicheciascuno de' maggiorenti volea essere segnoree quelli cittadinich'erano stati amici del legato v'erano sospetti. E se non fosse chei Fiorentini vi mandaro di presente CC cavalieri con due savi egrandi cittadini per ambasciadori e consiglieri dello stato dellaterrae per guardia di quelladi certo i Bolognesi si sarebbonostracciati insiemee datisi per loro discordia a meser Mastino dellaScalao a' marchesio ad altri tiranni; e stettevi la detta gentede' Fiorentini per due mesiavendo dirizzata la terra in assai buonostato secondo la loro fortunacon tutto ch'assai fossero pregni dimale volontadi tra·lloro. Incontanente che li ambasciadori e'cavalieri di Firenze si furono partiti di Bolognapartoriro le loroniquitadi; e i figliuoli di Romeo di Peppolie' Goggiadinie' loroseguaci ch'aveano rubellata la terra al legatoa romore e a furorene cacciarono i Sabatinie' Rodaldie' Bovattierie parte de'Beccadellie più altre case e famiglie de' grandi e dipopoloe arsono loro le casee tali disfecionoe piùconfinati fecero ne la terra; onde tra cacciati e confinatin'uscirono più di MD cittadini; e ciò fue a dìdi giugno MCCCXXXIIII. E se non fosse che' Fiorentini vi rimandaroincontanente loro ambasciadori e cavalieri al riparo de la lorofortunaBologna era al tutto guasta e desertao venuta in mano ditiranno. E nota che questo giudicio di Dio non fue sanza cagione egiustiziache con tutto che fosse giusta la cacciata del legato diBologna per la sua superbia e tirannialo ingrato popolo di Bolognanon l'avea a faresì per reverenza di santa Chiesae sìper l'utile che' Bolognesi traevano della stanza del legato inBolognache tutti n'aricchiano; ma la parola di Dio non puotepreterirecioè: "Io ucciderò il nimico mio colnimico mio".



VIII - Come la lega di Lombardia ebbeChermonaed altre novità ch'avennero per quella in Lombardiae in Toscana

Nell'anno MCCCXXXIIIIdel mesed'aprilel'oste della lega di Lombardia co' loro segnoriinquantità di IIIm cavalierifuro sopra la città diChermona. E poi in calen di maggio patteggiòe il segnore diChermona di rendere la terra al segnore di Milanocom'erano leconvenenze giurate della lega con certi patti e ordiniintra glialtri che·sse per lo re Giovannia cui s'erano datinonfossero soccorsi con oste campale infino a mezzo lugliodarebbono laterra per lo modo patteggiatoe così fecionoperò che'l soccorso non fu fatto; però che il re Giovanni e 'lfigliuolo erano partiti di Lombardiae la sua gente non era possentea resistere a la forza della lega. Infra questo tempoall'uscita dimaggiola detta oste venne sopra la città di Reggio e poisopra Modanae guastarle d'intorno. E poi volendo andare sopra lacittà di Parma e porrervi l'assedioessendo già traReggio e Parmaavenne per ordine fattoe ordinato infino in cortedi papa per lo cardinale dal Poggetto in qua dietro legato inLombardiaonde si spendeae fatto era diposito di Lm fiorini d'oroper dare a' conestaboli tedeschi della bassa Magnai quali doveanoprendere messer Mastino della Scala principalmente e li altrisegnorie cominciare la zuffa ne l'ostecom'era ordinato perfornire loro tradimento. La quale cosa fue revelata a messer Mastinoper uno suo antico conestabole ch'era di quella giura; per la qualcosa il tradimento non venne fattoe furonne alquanti presi eguastie partirsi de l'oste XXVII bandiere de' detti Tedeschieandarne in Parma; onde l'oste fue tutta scerratae que' tiranni esegnori si tornaro i·lloro terre con grande sospetto e pauradi loro persone di non esere o presi o morti da' loro soldati; e ciòfu a dì VII di giugno del detto anno. Per la detta cavalcatade la lega di Lombardiacom'era ordinatomesser Beltramone dalBalzo capitano di guerra de' Fiorentini con VIIIc cavalieri cavalcòsopra 'l contado di Luccae guastò Buggiano e Pescia conintendimento d'andare infino a Lucca; e dovevavisi fermare l'osteecrescervi gente a cavallo e a piede per li Fiorentini; e la lega diLombardia ferma a Parma doveano mandare a la detta oste di Luccainn-aiuto de' Fiorentini Vc cavalieri. Ma le genti ordinano le cosee Dio le dispone: che per la detta novità de' Tedeschi fattain Lombardia ogni ordine de l'assedio di Parma e di Lucca tornòin vanoe la nostra gente d'arme col capitano si tornò inPistoia.



IX - Di certe reliquie sante chevennero in Firenze

Nel detto annoa dì XIIId'aprilefuro mandate in Firenze delle reliquie di santo Iacopo e disanto Alessoe alquanto del drappo che vestì Cristoperprocaccio d'uno monaco fiorentino di Valombrosa di santa vitailquale le procacciò in Roma da' suo' segnori. E venute inFirenzefurono ricevute a grande processione di chericie furonvi ipriori e l'altre segnorie e molta buona gente di Firenzee congrande devozione furono messe ne l'altare di Santo Giovanni.



X - Di novità che fuoro nela città d'Orbivieto

Nel detto annoall'uscitad'aprilebattaglia cittadina si cominciò in Orbivietoe fuemorto Nepoleuccio de' Monaldeschi che n'era segnore per Manno dimeser Currado suo consorto; e corsa la terrane cacciaro fuori tuttala setta e seguaci del detto Napoleuccioonde la detta cittàfu guasta e partitae 'l detto Manno se ne fece segnore.



XI - Di certo fuoco che·ss'appresein Firenze

A dì X di giugno del dettoannola mattina a la campana del giornos'apprese fuoco nel popolodi Santo Simone alla fine del Parlagio antico verso Santa Croceearsonvi II case e tre femine.



XII - Quando si cominciò afondare il campanile di Santa Reparata e 'l ponte a la Carraia

Nel dettoanno a dì XVIIIdi lugliosi cominciò a fondare il campanile nuovo di SantaReparatadi costa a la faccia della chiesa in su la piazza di SantoGiovanni. E a ciò fare e benedicere la prima pietra fue ilvescovo di Firenze con tutto il chericato e co' segnori priori el'altre segnorie co·molto popolo a grande processione; efecesi il fondamento infino all'acqua tutto sodo; e soprastante eproveditore della detta opera di Santa Liperata fue fatto per loComune maestro Giotto nostro cittadinoil più sovrano maestrostato in dipintura che·ssi trovasse al suo tempoe quelli chepiù trasse ogni figura e atti al naturale; e fulli datosalario dal Comune per remunerazione della sua vertù e bontà.Il quale maestro Giotto tornato da Milanoche 'l nostro Comune vel'avea mandato al servigio del segnore di Milanopassò diquesta vita a dì VIII di gennaio MCCCXXXVIe fu seppellitoper lo Comune a Santa Reparata con grande onore. E in questo tempo eistante si cominciò a fondare il nuovo ponte a la Carraiailqual era caduto per lo diluvioe fue compiuto di fare in calen digennaio MCCCXXXVIe costò più di XXVm di fiorinid'oroe restrinsesi II pile al Vecchio; e fecionsi di nuovo le murasopra la riva d'Arno da l'un lato e da l'altroper adirizzare ilcorso del fiumee per più bellezza e fortezza de la città.



XIII - Come messer Mastino ebbe ilcastello di Colornio in parmigiana

Nel detto annodel mesed'agostomesser Mastino della Scala con la lega di Lombardia venneall'assedio del castello di Colornio in sul contado di Parmae 'lComune di Firenze vi mandò CCCL cavalierimolto bella e buonagenteonde fu capitano Ugo delli Scali; sì che messer Mastinovi si trovò con IIIm cavalierie bisognavali beneche'Parmigiani con la cavalleria ch'avea loro lasciata il re Giovannicon l'aiuto di Lucca e di Reggio e di Modanasi trovarono con piùdi IIm buoni cavalierii quali per più volte feciono pungaper rompere l'oste e di combattere con messer Mastino; ma l'oste erasì forte di fossi e di steccatiche non ebbono poderenémesser Mastino non si volle mettere a battaglia campale. Per la qualecosa i Parmigiani non potero fornire Colornioe quello abandonatos'arendéo a messer Mastino a dì XXIIII di settembre deldetto anno. La quale vittoria fu cagione a messere Mastino d'averepoco apresso la città di Parmacome inanzi faremo menzione.



XIV - Come i Fiorentini riebbono ilcastello d'Uzzano in Valdinievole

Nel detto annoa dì XIIdi settembreper trattato di messer Beltramone dal Balzo capitano diguerra de' Fiorentinie per tradimento e costo di IIm fiorini d'oroil castello d'Uzzano di sopra a Pescia in Valdinievole s'arendéoal Comune di Firenze; e ciò fattoil detto messer Beltramonedal Balzo capitano di guerra de' Fiorentini cavalcò con Vccavalieri e popolo assai per due volte infino a le porti di Luccaardendo e guastando e levando gran preda con grave danno di Lucchesi.Ma ciò potea fare sicuramente per l'oste de la lega ch'era aColornio in Lombardiae la cavalleria di Lucca era a Parmasìche·lla città di Lucca era isfornita di genti d'arme.



XV - Come il re Giovannisimulatamente donò la città di Lucca al re di Francia

Nel detto annoa dì XIIId'ottobreessendo il re Giovanni a Parigi simulatamente e per favorede' Lucchesi e a·lloro richesta donò al re Filippo diFrancia tutte le ragioni ch'elli avea in Lucca e nel contado; e ildetto re di Francia significò a tutti i mercatanti di Firenzech'erano in Parigicome a·llui apartenea la signoria di Luccae ch'ellino scrivessono al nostro Comune che a la città diLucca né al contado non si facesse guerra; ma però nonsi lasciò. E lo re Ruberto per sue lettere e ambasciadori dela detta impresa di Lucca molto si dolfe al re di Francia suo nipotee pregandolo ch'elli lasciasse la detta impresa di Luccaperòche·lla signoria non era sua di ragionee erali stata toltaper tradimentoe rubellata per Uguiccione da Faggiuola e poi perCastruccio Interminelliper la qual cosa il re di Francia non vimandò sua gente né ne prese possessione.



XVI - Come i Fiorentini per guardiadella terra feciono in Firenze VII bargellini

Nel detto annoper calennovembrecoloro che reggeano la città di Firenze crearono unonuovo oficio in Firenze; ciò furono VII capitani di guardiadella cittàciascuno con XXV fanti armatie in ogni sesto dela città ne stava unoe nel sesto d'Oltrarno due; i qualiguardavano la città di dì e di nottedi sbanditi e dizuffe e offensioni e di giuoco e d'armee fuoro chiamati bargelli.L'oficio de' detti ebbe bello colore e buona mossa; ma quelli chereggeano la città il feciono più per loro guardia efrancamento di loro statoperché dubitavano ch'a la nuovareformazione de la lezione de' prioriche·ssi dovea fare ilgennaio apressonon avesse contesaperché certi popolanich'erano degni d'essere al detto oficio per sette n'erano schiusi.Durò il detto uficio uno anno e non piùfornita ladetta lezione; e poi ne surse un altro oficio di maggiore lievache·ssi chiamò conservatorecome inanzi al tempofaremo menzione.



XVII - Conta di guerra tra' Catalanie' Genovesi

Nel detto anno i Genovesico·lloro galee armate feciono grande danno a' Catalanichepresono di loro quattro grandi cocche in Ciprie altre quattro inCiciliae quattro galee in Sardignatutte cariche di ricco avereeli uomini tutti misono alle spade o anegaro in maree VIc ne'mpiccaro a uno colpo in Sardignala quale fue una grande crudeltà;ma non fu sanza merito in parte di giudicio di Dio alla loro cittàcome seguendo in questo assai tosto faremo menzione.



XVIII - Come i Turchi furo sconfittiin mare da galee de la Chiesa e del re di Francia

Nel detto anno l'armata de laChiesa di Roma e del re di Francia e' Vinizianiin quantitàdi XXXII galee mandate in Grecia per difenderla da' Turchi che tuttala correano e guastavanoiscontrandosi col navilio de' Turchi ch'erainfinitocombattero co·lloro. I Turchi fuggendo a terranemorirono più di Vme arsono di loro navilio CL legni grossisanza i sottili e picciolie poi corsono tutte le loro marine ealquanto fra terralevando gran preda di schiavi e di cose congrande danno di loro.



XIX - De la morte di papa GiovanniXXII

Nel detto annoa dì IIIIdi dicembremorì papa Giovanni apo la città di Vignonein Proenzaov'era la corted'infermità di flussoche tuttoil suo corpo si disolvettee per quello si sapessemorìconvenevolmente assai ben disposto apo Diorivocando il suooppinione mosso de la visione dell'anime de' santi. E ciòfecesecondo si dissepiù per infestamento del cardinale dalPoggetto suo nipote e degli altri suoi parentia ciò che nonmorisse con quella sospeccionosa famache da suo movimentononcredendo sì tosto moriree elli morì il dìseguente. E a ciò che sia manifesto a chi per li tempi leggeràquesta cronicae non possa avere preso errore per quella oppinionesì metteremo apresso verbo a verbo la detta dichiarazionefatta fedelmente volgarizzarecome avemo la copia dal nostrofratello che allora era in corte di Roma."Giovanni vescovoservo di servi di Dioa perpetua memoria. Né sopra quellecose che dell'anime purgate partite da' corpise a la resurrezzionede' corpi la divina essenzia con quella visionela quale l'Apostolochiama "fiaccole"vegghiamosì per noi come permolti altriin nostra presenzia recitando e allegando la sacraScrittura e li originali detti de' santio per altro modoragionandospesse volte dette sono altrementi che per noi dette eintese fossonoe intendansi e dicansipossano nelli orecchi de'fedeli dubbio e oscurità generare; ecco la nostra intenzionela quale con la santa Chiesia cattolica intorno a queste coseabbiamoe abbiamo avutoper lo tenore delle presenticome seguita:dichiariamoconfessiamo certamente e crediamo che l'anime purgatepartite da' corpi sono ne' cieli de' cieli e in paradiso con Cristoe in compagnia delli angeli raunatee veggiono Idio e la divinaessenzia faccia a faccia chiaramentein quanto lo stato e lacondizione dell'anima partita dal corpo comporta. E se altre cose equale o per altro modo intorno a questa materia per noi dettepredicateovero scritte fossonoper alcuno modo quelle cose abbiamodettepredicateovero scritterecitando e disputando i detti dellasacra Scrittura e de' santie così vogliamo essere dettepredicatee scritte. Anche se alcune altre cose sermocinandodisputandodomatriandoamaestrandoovero per alcuno altro mododicemmoe predicamoo scrivemo intorno a le predette coseoveroaltre cose che raguardano la fede cattolicala sacra Scritturaovero a' buoni costumiin quanto sono consone a la fede cattolica ea la determinazione de la Chiesa a la sacra Scrittura e a' buonicostumila sponiamo; altrementi per altro modo quelle cose abbiamoavutee vogliamo per non dettepredicate e scrittee quellerevochiamo espressamente; e le predette tutte cosee qualunque altrepredette e scritte per noi di qualunque mai fatti in ogni luogoe inqualunque luogo o in qualunque statoche abbiamoe abbiamo avuto daquinci adietroe sommettiamo a la determinazione de la Chiesa e de'nostri successori. Data a Vignone a dì III di dicembreannoXVIIII del nostro pontificato". E poi anullò lereservazioni per lui fatteche da la sua morte innanzi non avessonovigore.



XX - Del tesoro che·ssitrovò la Chiesa dopo la morte di papa Giovannie di sua vitae costumi

Dissesi che l'eclissi del soleche fue del mese di maggio l'anno dinanzisignificò la suamorte dovere esere quando il sole verrebbe a l'opposizione del suomezzo corso; e così parve che fosse. De la morte del dettopapa se ne fece in Firenze l'osequio a dì XVI di dicembre nela chiesa di Santo Giovanni con grande e ricca luminariae grandesolennità e celebrazione d'oficio per lo chericato e per tuttii cittadini. E nota che dopo la sua morte si trovò nel tesorode la Chiesa a Vignone in monete d'oro coniate il valere e compito diXVIII milioni di fiorini d'oro e più; e il vasellamentocoronecrocie mitree altri gioielli d'oro con pietre preziose lostimo a larga valuta di sette milioni di fiorini d'oroche ognimilione è mille migliaia di fiorini d'oro la valuta. E noi nepossiamo di ciò fare piena fede e testimonianza verache ilnostro fratello carnaleuomo degno di fedeche allora era in cortemercatante di papache da' tesorieri e da altri che fuoro deputati acontare e pesare il detto tesoro li fu detto e acertatoe in sommarecato per farne relazione al collegio de' cardinali per mettere inaventarioe così il trovaro. Il detto tesorola maggiorpartefu raunato per lo detto papa Giovanni per sua industria esagacitàche infino l'anno MCCCXVIIII puose la reservazionedi tutti i beneficii collegiati di Cristianitàe tutti livolea dare eglidicendo il facea per levare le simonie. E di questotrasse e raunò infinito tesoro. E oltre a ciò e per ladetta reservazione quasi mai non confermò elezzione di nulloparlatoma promovea uno vescovo inn-uno arcivescovado vacatoe delvescovado del vescovo promosso promovea uno minore vescovoe taloraavenia bene sovente che d'una vacazione d'uno grande vescovado oarcivescovado o patriarcato facea sei o più promozioni; esimile d'altri benifici; onde grandi e molte provisioni di monetatornavano a la camera del papa. Ma non si ricordava il buono uomo delVangelio di Cristodicendo a' suoi discepoli: "Il vostro tesorosia in cieloe non tesaurizzate in terra"; né del tesoroche Piero e li altri apostoli chiesero a Mattiaquando asortiroi·lloro collega in luogo di Iuda Scariotto. E questo bastieforse è detto più ch'a·nnoi non si convieneperò che 'l detto tesoro dicea papa Giovanni raunava perfornire il santo passaggio d'oltremare; e forse avea quellaintenzione. Molto tesoro consumò in Lombardia per abattere itirannie mantenere grande il suo nepoteovero figliuololegato diLombardiacome adietro è fatta menzionee talora contro a'Turchi. Allegravasi oltre modo d'uccisione e morte de' nimici; moltoamò il nostro Comune di Firenze mentre fumo favorevoli eaiutatori del detto suo legato; e più grazie al Comune esingolari cittadini feceche X vescovadi diede al suo tempo a'Fiorentini e molti altri benifici ecclesiastici; ma poi che 'l nostroComune fue contro al detto legatone fu nimicoe cercava ogninostro abassamento. Modesto fu e sobrio in suo viveree piùamava vivande grosse che dilicatee in sé propio pocospendea; quasi ogni notte si levava a dire l'uficio e istudiare; e lepiù mattine dicea la messae assai era latino di dareudienzae tosto spediva. Piccolo fu di personaprosperoso ecollericoe tosto si movea a ira. Savio in iscienzae d'un agutospiritoe magnanimo fu a le gran cose. Assai fece grandi e ricchi isuoi parentivivette da LXXXX annie seppellito fue in Vignone; mapoi i suoi parenti ne portaro o tutto o parte del suo corpo a Caorsa:e nel papato regnò anni XVIII e mesi. Lasciamo omai dellamateriach'assai avemo dettoe de' suoi modi e costumie diremodella lezione di papa Benedetto che succedette appresso lui.



XXI - De la lezione di papaBenedetto XII

Dopo la morte e sepoltura di papaGiovanni i cardinalich'erano allora XXIIIIe tutti ritrovandosi inVignoneper lo siniscalco di Proenza del re Ruberto furo messi nelconclavi per bene guardati e distrettia ciò che tostofacessono lezione di papa. E avendo tra·lloro tira e discordiadella lezioneperché dell'una maggiore settadella quale eracapo il cardinale di Peragorgociò era fratello del conte diPeragorgocon séguito grande de' cardinali caorsini efranceschie il cardinale de la Colonnasì trattarod'eleggere papa il cardinale fratello del conte di Comingiouomosavio e valoroso e di buona vita: fuoro a·lluie profersorlile loro vocicon patto ch'elli promettesse loro di non venire aRoma; la qual cosa non volle prometteredicendo che inanzirinunzierebbe il cardinalato ch'elli avea certoche 'l papato ch'erain aventura. Per la qual cosa rimescolata la divisione de la lezionetra' collegi quasi per garanon credendo venisse fattomisono asquittino quelli di loro collegio ch'era tenuto il più minimode' cardinali; ciò fu il cardinale Bianco di piccola nazionedi tolosanail quale era stato monaco e poi abate di Cestellaperòuomo di buona vita. Sanza osservazione d'ordinato squittinoparveopera divinache ciascuna setta di cardinali a·rrigatta lidiedono le loro vocie così fu eletto papa la vilia di santoTomè apostolo dopo vesperoa dì XX di dicembreMCCCXXXIIII. E lui eletto papaciascuno s'amiròe ellimedesimo ch'era presente disse: "Avete eletto uno asino"oper grande umilità non conoscendosi degnoo profetizzando ilsuo statoperò che fue uomo di grosso intelletto quanto ne lapratica cortigianama sofficiente assai in iscrittura. E poi sicoronò papa a dì III di gennaio al luogo de' fratipredicatori a Vignonee chiamossi papa Benedetto XII. E come fueelettodiede commiato a tutti i prelatisalvo a' cardinalie donòal collegio de' cardinali de la camera Cm fiorini d'oro per ispese.



XXII - Di certo diluvio d'acque chefu in Firenze e in Fiandra

Nel detto annoa dì V didicembrefu tanta piovache 'l fiume d'Arno crebbe isformatamenteper modo chese le pescaie ch'erano nel fiume inanzi al grandediluvio fossono state in piedegran parte de la città sarebbeallagata; ma per lo diluvio il letto d'Arno era abassato piùdi VI braccia; ma pur così ruppe e ne menòe uno pontedi legname fatto a grossi paliil quale era fatto tra 'l ponteVecchio e quello di Santa Trinitae uno ponte di piatte grosseincatenatoch'era fatto tra 'l ponte a Santa Trinita e quello da laCarraiacon danno assai. In Fiandra e in Olanda e Silanda in questotempo fuoro tante soperchie piovee gonfiamento del fiotto del mareche tutte case e terre di quelle marine si disertaro.



XXIII - Come uno frate Venturino daBergamo commosse molti Lombardi e Toscani a penitenzia

Nel detto annoper le festedella Nattività di Cristoun frate Venturino da Bergamodell'ordine de' predicatori d'età di XXXV annidi picciolanazioneper sue prediche recòe a penitenzia molti peccatorimicidiali e rubatoried altri cattivi uomini de la sua cittàe di Lombardia. E per le sue efficaci prediche commosse ad andare ala quarentina a Roma e al perdono più di diecimila Lombardigentili uomini e altrii quali tutti vestiti quasi dell'abito disanto Domenicocioè con cotta bianca e mantello cilestro opersoe in sul mantello una colomba bianca intagliata con tre foglied'ulivo in becco; e venieno per le città di Lombardia e diToscana a schiere di XXV o XXXe ogni brigata con sua croce innanzigridando pace e misericordia; e giugnendo ne le cittadi sirassegnavano prima a la chiesa de' frati predicatorie in quelladinanzi a l'altare si spogliavano da la cintola in sue si batteanoun pezzo umilmente. E ne la nostra città di Firenze fu lorofatte grandi elimosineche per le devote gentiuomini e donneognidì erano messe tavolee piena tutta la piazza vecchia diSanta Maria Novellaove ne mangiavano per volta Vc o più benserviti; e così durò XV dì continuicomepassavano a Roma. Infra 'l detto tempo fue in Firenze il detto frateVenturinoe predicò più volte; e a le sue predichetraeva tutto 'l popolo di Firenze quasi come a uno profeta. Le dettesue prediche non erano però di sottili sermoni né diprofonda scienziama erano molto efficaci e d'una buona loquela e disante paroledicendole molto dubbiose e acentive a commuovere gentiquasi affermando e dicendo: "Quello ch'io vi dico sappiae nonaltro; ché Dio così vuole". Andonne a Roma co'detti pellegrinie co·molti altri di Toscana che 'l seguiroche fue innumerabile popolo con molta onestà e pazienzia. Epoi da Roma andòe a Vignone al papa il detto frate Venturinoper impetrare grazia di perdono a chi·ll'avea seguito. Incorteo per invidia o per altra sua presunzionefu acusato al papae apostili più articoli di peccati e di resiade' quali fuedisaminatoe fatta inquisizionee fu trovato buono Cristiano e disanta vita; ma per la sua presunzionee perché diceva che nonera niuno degno papa se non stesse a Roma a la sedia di san Pieroeper tema ch'ebbe il papa che per le sue prediche non comovesse ilpopolo cristianosì·lli diè i confini adimorare a Frisaccauna terra nelle montagne di Ricordanaecomandolli che non confessasse personané predicasse apopolo. E questi sono i meriti c'hanno le sante persone da' prelatidi santa Chiesa; overo che fue giusto per temperare la soperchiaambizione del fratetutto ch'adoperasse con buona intenzione.



XXIV - Come i Ghibellini di Genova necacciaro i Guelfi e la segnoria del re Ruberto

Nel detto annoessendo ne lacittà di Genova tornati per pace fatta per lo re Ruberto tuttii Ghibellinicome adietro in alcuna parte facemmo menzioneemandando a Genova il re uno meser Bolgro da Tollentino suo uficialeper ordinare la guardia della terrae che 'l termine de la signoriadel re si prolungassee essendovi per podestà per lo remesser Giannozzo Cavalcanti di Firenzesombuglio e comozione nacquein Genova tra' Guelfi e' Ghibellini; perché a la maggioreparte de' Genovesi ch'erano d'animo imperialee naturalmente sonoaltieri e disdegnosirincrescea la segnoria del ree non volendoprolungare più la segnoria al re; per la quale dissensionecominciaro tra·lloro battaglia cittadinae asserragliarotutta la terra e imbarraro. Alla prima ebbono il migliore i Guelfima poi si partiro tra·lloro; che i Salvatichi per cagionech'ad uno di loro per lo sopradetto meser Bolgaroquando fu podestàdi Genovaper mandato del re Ruberto fece tagliare il capo a uno de'maggiori della casaperch'era gran pirrato e rubatore in mareperlo quale sdegno s'accordaro co' Ghibellini e co·lloro seguacia torre la segnoria al reaccordati a ciò fare co li Orii eSpinoli. E avuto grande soccorso di genti da Saona e della rivieraper terra e per mare cresciuto loro podereper forza di battaglia necacciaro i Guelfi e le segnorie del rea dì XXVIII di febraiodel detto annocon gran vergogna del re Ruberto; e fune dato colpa ala podestà di troppa negligenzia. Cacciati i Guelfi di Genovaandarsene al Monacoe poi col favore del re Ruberto armaro galeeefurono segnori del marerubando chi meno poteva di loroe tenendola città di Genova molto stretta. I Ghibellini che rimasonosegnori in Genova feciono due capitaniuno di casa d'Oria e uno dicasa Spinola. Per questa mutazione molto si sconciò il buonoistato di Genova e di mercatantiae male vi si tenea ragioneondemolto abassò il podere de' Genovesi; e' Guelfi medesimi chetennero co' Ghibellini fuoro poi cacciati di Genova.



XXV - Come cominciòl'abassamento de' Tarlati d'Arezzoe come fue tolto loro il Borgo aSansipolcro

Nell'anno di Cristo MCCCXXXVessendo messer Piero Saccone de' Tarlati d'Arezzofratello che fudel valente vescovo d'Arezzodi cui adietro in più luogoraavemo fatta menzioneco' suoi fratelli e consorti segnori al tuttod'Arezzoe de la Città di Castelloe del Borgo aSansipolcroe di tutte loro castellae di quelle di Massa Tribaradominando come tiranni infino nella Marcae avendo disertato Nierid'Uguiccione da Faggiuolae i conti da Montefeltroe quegli daMontedoglioe la casa delli Ubertinie il vescovo d'Arezzo delliUbertini e' figliuoli di Tano da Castelloe più altribaroncelli del paeseghibellini e guelfiper segnoreggiare tutto; eper loro presunzionepresa la città di Caglinella quale iPerugini cusavano alcuna ragionee perché contro a' Peruginiteneano la Città di Castelloi Perugini co' detti Ghibellinisegretamente feciono lega e compagnia e con messer Guiglielmo segnoredi Cortonae dando a Nieri da Faggiuola di loro gentie pertrattato fatto con Ribaldo da Montedoglio cognato de' Tarlaticheper loro tenea il Borgo a Sansipolcroentròe il detto Nierinel detto Borgo con CC cavalieri e Vc pedoni a dì VIIId'aprile del detto annoe prese la terrasalvo la roccache·ssitenne infino a dì XX d'aprilenella quale era messere Ubertodi Maso de' Tarlati; e vegnendo gli Aretini co·lloro sforzoper soccorrellai Perugini con tutta loro lega e forza vi fuoro piùgrossi e possentisì che al tutto rimasono segnori dellaterra e della roccala quale s'arendé lorosalve le persone.E questo fue il cominciamento de la loro rovina e abassamento.



XXVI - D'una rovina che fece partedella montagna di Falterona

Nel detto annoa dì XV dimaggiouna falda de la montagna di Falterona da la parte chediscende verso il Decomano in Mugelloper tremuoto e rovina scoscesepiù di quattro miglia infino a la villa si chiamava ilCastagnoe quella con tutte le casepersone e bestie salvatiche edimestiche e alberi sobissòe assai di terreno intornogittando abondanza d'acqua ritenutaoltre a l'usato modo torbidacome acqua di lavatura di cenere; e gittò infinita quantitàdi serpie due serpenti con quattro piedi grandi com'uno caneliquali l'uno vivo e l'altro morto fuoron presi a Decomano. La qualetorbida acqua discese nel Decomanoe tinse il fiume della Sieve; ela Sieve tinse il fiume dell'Arno infino a Pisa; e durò cosìtorbido per più di due mesiper modo che dell'acqua d'Arno aneuno buono servigio si poteva operarené' cavalli ne voleanobere; e fue ora che i Fiorentini dubitaro forte di non poterlo maigioirené poterne lavare o purgare panni lini o lanie cheperò l'arte della lana non se ne perdesse in Firenze; poi apoco a poco venne rischiarandoe tornando in suo stato.



XXVII - Di certi scontrazzi che fuorotra·lla nostra gente e quella di Lucca

Nel detto annoa dì VI digiugnoavendo il capitano della guerra de' FiorentinimesserBeltramone dal Balzoposto uno battifolleovero bastitatra Uzzanoe Buggiano in Valdinievole per guerreggiare Buggiano e Pesciatornando da quello la nostra gente in quantità di CLcavaliericerti de' nemici per ordine d'aguato uscirono loro adossoe combatteroe fuoro rotti i nimicie presine XXII cavalierie unoconestabole morto. Intantocom'era ordinato per li nimicivenneroda Pescia a Buggiano CC cavalieri di quelli di Lucca e assalirono inostriche·ssi credeano avere vintoe misolli in isconfittae rimasonvi de' nostri IIII conestaboli presi e uno mortocon piùcavalieri presi e morti.



XXVIII - Come i Perugini furo sconfittida li Aretini

Nel detto annoa dì VIIIdi giugnoavendo i Perugini e i loro collegati presa grande baldanzasopra li Aretini per la rubellazione del Borgo a Sansipolcrocolsegnore di Cortona in quantità di VIIIc cavalieri e Vm pedonierano partiti di Cortona e intrati in sul contado d'Arezzo guastandola contrada di Valdichiana. Messer Piero Saccone segnore d'Arezzouscito di Castiglione Aretino con Vc cavalieri di sue masnade epedoni assaivenne arditamente contro a Peruginii qualiveggendoli Aretinisi cominciarono a ricogliere verso Cortona male ordinatie peggio capitanati. Li Aretiniintra' quali avea di buoni capitanidi guerraveggendo il loro male reggimentoassaliro vigorosamente icavalieri di Perugia ch'erano ischierati in sulla strada alla guardiade' guastatorie dopo la prima afrontata alquanto ritenuta icavalieri perugini furono rotti e sconfittie rimaservi de'cavalieri pur de' migliori cittadini e forestieri da C tra presi emortie più di CC pedonie seguendo la caccia infino a leporte di Cortona; e se non fosse il refugio della terrapochi nesarebbono scampati. E ciò fattoli Aretini cavalcaroguastando e ardendo in sul contado di Perugia per V dìefuoro infino a le forche di Perugia presso a la città a duemiglia; e per diligione de' Perugini v'impiccarono de' Perugini presicolla gattaovero musciaal latoe colle lasche del lago infilzatependenti dal braghiere dell'impiccati. Per la qual cosa i Peruginimolto aontatinon feciono come genti isbigottiti nésconfitti; ma subitamente raunaro danarie mandaro in Lombardia perM cavalieri tedeschii quali erano stati delle masinade del reGiovannimolto buona gentei quali erano di poco partiti di Parmaquando si rendé a messere Alberto e Mastinoe chiamavansi icavalieri de la Colomba; però che s'erano ridotti a la badiade la Colomba in Lombardia e ne la contradavivendo di ratto e sanzasoldo. E quelli soldati vennero a Perugiaco' qualico' Peruginiecoll'aiuto de' Fiorentiniche incontanente saputa la sconfittamandarono a Perugia CL cavalieri colla 'nsegna del Comune di Firenzefeciono apresso di gran cose contra li Aretinicome per lo inanzileggendo si potrà trovare. E in questo tempoa dì XVdi giugnopassando per Firenze da CL balestrieri genovesii qualiandavano ad Arezzo in servigio di messer Piero Sacconeche·llimandavano i parenti della moglie ch'era de li Spinoli di Genovaandando al dilungo per la terra con bandiere levatee collesopransegne imperiali e ghibellinei fanciulli e' garzoni e popolominuto di Firenze a grido li seguiro fuori della portae tutti lirubaro e presono e fedirosicché non potero andare alservigio delli Aretinie tornarsi a Genova; e convenne che imercatanti di Firenze ch'aveano a fare in Genova mendassero loro ildanno ricevuto. De la qual cosae de' cavalieri che' Fiorentinimandaro loro subitamente sanza richestai Perugini ebbono molto agrado da' Fiorentiniche per lo sùbito avenimento dellasconfitta erano molto sbigottiti; e per questo piccolo soccorsopresono vigore e conforto per lo modo detto di soprae 'l consigliode' Perugini ordinòe di trovare moneta per via di gabelle almodo di Firenzeonde soldaro i detti M cavalieri.



XXIX - D'una armata che 'l re Rubertofece sopra Cicilia

Nel detto annoa dì XIIIdi giugnopartiti del porto de la città di Napoli una armatadi LX galee e più altri legni che il re Ruberto mandòesopra l'isola di Cicilia con M cavalierionde fu capitano il conteCuriliano di Calavra e il conte di Chiermonte rubello di quello diCicilia. E i Fiorentini li mandaro aiuto al re per quella armata Ccavalieri; di più non potero servire il re per la gente de'Fiorentini ch'era in Lombardia in servigio della legae sopra lacittà di Lucca e al servigio di Peruginicome adietro èdetto. La detta armata stettono in su l'isola di Cicilia il luglio el'agosto faccendo grande dannoma nulla terra murata v'acquistaroperò che e' parenti e' fedeli del conte di Chiermonte non lirispuosono come aveano promesso; e chi disse che 'l detto conte nonvolle perché il re no·lli fece quello onore quandovenne a·lluicome si credettee per animo imperiale; e a ciòdiamo fedeche tornata la detta armata a Napoliil detto conte sipartì dal re e andonne in Alamagna al Baveroe poi tornòal servigio di messer Mastino della Scalaonde s'era mosso.



XXX - Come la città di Parmae di Reggio s'arendero a' segnori della Scalae quello che di ciòseguitò

Nel detto annoavendo la lega diLombardia co' cavalieri di Firenze (e al continuo n'avea al loroservigio CCCCL) molto aflitta la città di Parmadapoich'ebbono il castello di Colorniocome adietro facemo menzioneOrlando e messer Marsilio de' Rossi di Parmache teneano la segnoriadella terratrattato feciono con messer Azzo Visconti da Milano didarli Parma e Lucca; per la qual cosa messer Mastino e li altrisegnori de la lega e' Fiorentini si turbaro moltoe ordinaroparlamento... e tutti vi fuoroe messer Azzo a Solcinoe moltoisdegno si scoperse allora tra messer Azzo e messer Mastinochemesser Azzo pur volea seguire la 'mpresa. I Fiorentini temendo diLuccache non venisse a le mani di messer Azzoe confidandosi piùdi messer Mastino per le impromesse fatte a·lloro di rendereloro Luccaantipuosono con ogni opera e coll'aiuto delli altriallegati di levare messer Azzo dal suo proponimentoe di paciarlocon messer Mastinoe dopo molti trattati s'accozzaro insieme in sulfiume del Leglioe rimisesi la questione nelli ambasciadori diFirenzei quali accordaro che Parma fosse di messer Mastinoe lalega atasse a messer Azzo acquistare Piagenza e il borgo a SanDonnino. E ciò fattoe confermato per solenni strumentiiRossi di Parmanon aspettando soccorso dal re Giovannitrattaroconcordia con messer Mastino e con la legamosso prima il trattatoper Ispinetta marchesee poi seguito e tratto a fine per mano dimessere Marsilio da Carrara di Padova loro zio; e in tutto sirimisono i·lluie rendero la città di Parma a messerMastino e a messer Alberto de la Scala con promesse di larghi egrandi pattilasciando loro Pontriemoli e più castella inparmigianae promissione di lasciarli i maggiori cittadini di Parmae che avessono dal Comune annualmente per loro provisione grandequantità di monetain quantità di Lm fiorini d'oro. Eelli promisono a meser Mastino d'aoperare con effetto con messerPiero Rosso loro fratelloil quale tenea la città di Luccaper lo re Giovannidi farliele rendereacordandosene per certaquantità di moneta col detto re. E questi patti di Luccadicea messer Mastinofacea a petizione del Comune di Firenzeperosservare i patti della legae così ne scrisse al dettoComune di Firenzee continuo dicea a li ambasciadori de' Fiorentinich'erano intorno di lui a Veronae quando di ciò mancassemesser Piero Rossosarebbono di sua gente al servigio de' Fiorentiniatare acquistare Lucca Vc cavalieri e tutte queste promesse eranoinganno. Ebbono la possessione della città di Parma i segnoridella Scala di Verona a dì XXI di giugno il detto annoMCCCXXXVe entròvi messer Alberto de la Scala con VIccavalieriperò che messer Mastino per alcuno disagio di suapersona preso a Colornio se n'era ito a Verona; e al cominciamentoquelli della Scala osservaro largamente i patti a' Rossi di Parmainfino che ebbono la possessione di Lucca. Essendo renduta la cittàdi Parma a messer Mastinopoco apresso i segnori da Foglianocheteneano la città di Reggioper non avere adosso l'oste dellalegacercaro trattato con messer Mastinoe con certi patti renderola città di Reggio a dì IIII di luglio del detto annoa meser Mastinoil quale incontanente la rinvestì e diede aquelli da Gonzaga segnori di Mantovacom'era in patti de la legariconoscendola da·llui per omaggiodandogline ogn'anno unofalcone pellegrinoil quale li doveano mandare a Verona.



XXXI - Come meser Azzo segnore diMilano ebbe a patti la città di Piagenza e di Lodie'marchesi Modana

E poi per simile modoa dìXXVII di luglio del detto annosi rendé la città diPiagenza a meser Azzo segnore di Milano; ma poi li Scotti di Piagenzacon certi altri la rubellaro a meser Azzoe più tempostettono in trattato col re Ruberto di darli la terra. Il re per sualunghezzaovero per tema di fare sì grande impresa contrameser Azzono·lli soccorseper la quale cosa sotto certipatti s'arendero a meser Azzo a dì XV di dicembre MCCCXXXV. Epoia l'entrante di settembre MCCCXXXVs'arendé la cittàdi Lodi al detto meser Azzo; e così fu a ciascuno de'collegati della lega di Lombardia osservati i patti del conquistofattoche a' marchesi da Ferraradopo molto stento avutasi la cittàdi Modana per meser Mastinola diede loro a dì VIII di maggioMCCCXXXVIsalvo che al Comune di Firenze non furo atenute leconvenenze de la città di Luccaonde poi tra 'l Comune diFirenze e meser Mastino ne seguiro grandi novitàsìcome apresso per li tempi faremo menzione. Lasceremo alquanto de'fatti di Lombardiae diremo di quelli di Firenze e d'altre parti chefurono in que' tempi.



XXXII - Come i Fiorentini presono inguardia il castello di Pietrasantae con vergogna i·lasciaro

Nel detto annoa dì VIIIIdi lugliotegnendosi il castello di Pietrasanta del contado di Luccaper Niccolaio de' Pogginghiche·ll'avea avuto in pegno dalconestabole di Franciaal tempo che venne in Lucca col re Giovanniper Xm fiorini d'oro che·lli avea prestatinon potendo di suopodere guardare la terrala diede in guardia al Comune di Firenzesalvo si ritenne la rocca; i quali vi mandaro C cavalieri e IIIcpedonicapitano meser Gerozzo de' Bardi. Per la quale folle baldanzadue dì apresso certi usciti di Luccain quantità di CCpedonipresono il poggio della Pedona ch'è tra Pietrasanta eCamaioree quello intendeano d'aforzare; incontanente vi cavalcòmeser Piero Rosso con le masinade di Lucca a cavallo e a piedeequello poggio assediaro; e non essendo forniti di vittuaglia nésoccorsis'arenderoe fuoro menati a Lucca presi; de' qualicaporali ne furo impiccati XVIIIintra' quali ebbe due de'Pogginghi. Ma poi l'aprile vegnente il detto Niccolao di Poggio rendéPietrasanta a meser Mastino de la Scalache tenea già Luccaper XIm fiorini d'oromandandone fuori le masnade de' Fiorentini; manon compié l'anno apressoche meser Mastino fece pigliare ildetto Niccolao in Luccae opponendoli trattava co' Fiorentinietolseli i detti danari e più; e così il traditore daltraditore fu tradito giustamente.



XXXIII - Di grande corruzzione divaiuolo che fue in Firenze

Nel detto anno e istate fue inFirenze una grande corruzzione di male di vaiuoloche tutti ifanciulli di Firenze e del contado ne fuoro maculati diversamente;per la quale malatia più di IIm ne falliro per morte inFirenze tra maschi e femine. Dissesi per alcuni strolagi e naturaliche la congiunzione di Marte e di Saturno nel segno de la Librae ilGiove a·lloro opposizione nell'Arietene fu cagione.



XXXIV - Come si rubellòGrosseto a' Sanesie poi il riebbono per danari

Nel detto annoa dìXXVIII di luglioessendo Batino segnore di Grosseto per tiranniasìcome il più possente cittadino di quellastato piùtempo in Siena a' confini e quasi in cortese pregione (peròche i Sanesi li aveano tolto Grosseto tortevolemente e a ingannoein Siena il teneano per paura) il detto Batino si partìcelatamente di Sienae rubellò Grosseto. Per la qual cosa a'Sanesi surse assai guerra in picciol tempoper la qual cosa i Sanesiincontanente feciono oste a Grosseto con molto dispendio e mortalitàdi loro gente per lo pestilenzioso luogo. E essendo ad oste infino adì VIII di novembreper certo falso trattato di que' d'entrofu data a' Sanesi una porta de la cittàe rotto alquanto delmuro; e intrato dentro il conte Marcovaldo de' conti Guidi lorocapitano di guerra con più di CCC uominicom'era ordinatofuoro rinchiusi e quasi tutti presi; e di grande aventura scampòeil conte. E raforzata l'oste de' SanesiBatino essendo andato a Pisaper soccorsoda' Pisani ebbe aiuto de' cavalierie ancora per suoidanari soldò cavalierisì che menò i·MaremmaVc cavalierie francamente levò da oste i Sanesi evillanamenteche lasciaro tutto il loro campo e arnesie misonsi infuga. E poi co' detti cavalieri corse Batino tutte le terre de'Sanesi di Maremma infino al bagno a Petriuololevando grandi prede;e ciò fu a dì XXVI di novembre del detto anno. Ma poi iSanesi trattarono acordo col detto Batinoe promisonli Xm fiorinid'oroe elli rendesse loro Grossetoa dì XXVI di luglioMCCCXXXVI; ma rupporli dislealmente la 'mpromessache non li pagaroche·lla prima paga di Vm fiorini d'oro; e così fueingannato il tiranno tirannescamente.



XXXV - Come i Sanesi per ingannopresono la città di Massae ruppono pace a' Pisani

Ancora nel detto anno tegnendo iFiorentini la guardia della città di Massa in Maremma perl'acordo fatto da' Pisani a' Sanesi per lo vescovo di Firenzecomeadietro facemo menzionel'anno MCCCXXXIIIe essendovi per podestàTeghia di meser Bindo de' Bondelmonti e per capitano Zampaglione de'Tornaquincila setta de' cittadini ch'amavano i Sanesie per lorotrattatocominciarono il romore e battaglia nella cittàeabarrarsi ne la terra; e la parte de' Sanesi s'accostaro col dettoZampaglione loro capitanoe dissesi per corruzzione di moneta.Incontanente vi cavalcaro i Sanesi popolo e cavalierie entraro nela terra da la parte di sopra ov'era la forza della loro setta. IFiorentini vi mandaro allora il loro vescovo e altri ambasciadori peracquetare la terrama neente v'adoperaro per la forza de' Sanesich'aveano presa gran parte de le fortezze de la città; econvenne per forza ch'al tutto fossono segnori de la terraecacciarne i caporali amici de' Pisani; e ciò fu a dìXXIIII d'agosto del detto anno. Per la qual cosa i Pisani si turbaromolto contro a' Sanesiperch'aveano loro rotta pacee peròdiedono i·loro soccorso de' cavalieri a Batino di Grossetocontro a' Sanesicome detto avemo. Ma più si dolfono de'Fiorentiniperché s'erano fidati di loroe data in guardiala città di Massaed erano mallevadori della pace sotto penadi Xm marchi d'argentocon tutto che noi sapemo di vero che'Fiorentini non ci usaro frode né inganno contra' Pisanimafalliro in negligenza di non mandare la forza de' loro cavalieri alsoccorso della podestà di Massae non puliro il capitano lorocittadinoil quale si disse che fu colpevole della rivoluzione dellacittà.



XXXVI - Di certi fuochi appresi inFirenze

Nel detto annoa dì XXVd'agostos'aprese fuoco in Firenze da San Gilioe arse una casa de'tintori. E poi a dì XVII di settembre s'apprese nella piazzadi San Giovanni verso il corso delli Adimarie arsono V case.



XXXVII - Come i Perugini e' lorocollegati ebbono la Città di Castello

Nel detto annosabato notteultimo dì di settembreil marchese di Valliana avendo tenutosegreto trattato con tre fratelli di Monterchi anticamente suoifedelii quali erano a la guardia ne la Città di Castellosopra una portaper raporto d'una loro madresubitamente e di nottesi partì dal Monte Sante Mariee cavalcò co' figliuolidi Tano da Castelloe con Nieri da Faggiuolae con meser Branca daCastellocon Vc cavalieri de' Perugini e pedoni assai; e anzi dìgiunsono a le porte di Castelloche dovea loro esere data per lidetti traditori: fu loro risposto. E quando meser Ridolfo Tarlatich'era in Castello segnore con C cavalierisentì i nemicifue a l'arme per difendere la terra; e vegnendo a la porta ov'erano itraditorili fu gittato da loro de la torre d'entro: incontanentesbigottito abarrò la via dinanzi per difensione; ma ilmarchese e' suoi compagni e' maestri di guerra incontanente fecionoagirare la loro gente da l'altra parte della terrafaccendo vistacon grande tumulto di grida e di sono di trombe e di nacchered'assalire altra porta; e rimase con pochi a tagliare la detta porta.Que' d'entro storditi per lo sùbito assaltoe male proveduticorsono per la terra per paura a l'altre porte. Intanto fu tagliata eaperta quella ov'erano i traditori; e tagliato il pontee entratidentroe poi grande battaglie ebbono a le sbarre de la viae perforza le vinsonoperò che messer Ridolfo e' figliuoli vedendoi nimici dentro si fuggiro con parte di sua gente ne la rocca; che sefosse stato fermo a la difesanon perdea la terra. La cittàper li Tedeschi fue tutta corsa e rubatae 'l castello de la roccaassediato dentro e di fuori; e per la troppa gente in quellarifuggitinon essendo fornita al bisogno di vittuaglias'arrenderopregioni a dì V d'ottobre. E messer Ridolfo con due suoifigliuoli e li altri della rocca n'andaro presi a Perugia. E pocoapresso i Perugini ebbono il forte castello di Citernae piùaltre della contrada. Avemo detto sì distesa questa presa diCastello perché fue d'aventuroso avenimentoe con belloaccorgimento e prodezza di guerra. E nota che se questa vittoria nonfosse avenuta a' Peruginielli erano per disertarsi de la guerra conli Aretini; però che già cominciava loro a rincrescerela grossa spesa de' cavalieri soldatisì come popolo ecittadini male proveduti a guerrae poco mobolati di monetacomunemente.



XXXVIII - Come il re d'Inghilterraisconfisse li Scotti

Nel detto annola stateMCCCXXXVil giovane Adoardo re d'Inghilterra con sua baronia ancorapassò in Iscozia con Ruberto di Balliuoloil quale n'aveafatto nuovo ree contra Davit re nato di Ruberto di Bruscombattéocon lui e con li Scotti e sconfisseli. Ben vi rimase morto persoperchio affanno il conte di Cornovagliafratello carnale del red'Inghilterra; e prese il re Adoardo quasi tutto il paese di Scoziasalvo le fortezze delle montagnee de' boschi e maresi. E 'l dettore Davit di Brus si tornò in Francia al re Filippo di Valossuo collegatoavendo quasi perduto il reame. Lasceremo alquantodelli stranie torneremo a nostra materia de' fatti di Firenze edelle pertinenze.



XXXIX - Come i Fiorentini criarono dinuovo l'uficio del conservadoree quello ne seguì

Nel detto annoper calen dinovembrei Fiorentini che reggeano la città feciono u·nuovoreggimento di segnoriail quale chiamaro il capitano della guardia econservatore di pace e di stato de la città. E il primo fuemeser Iacopo Gabrielli d'Agobbio; e il detto dì entròin segnoria con L cavalieri e con C fanti a piècon salariodi Xm fiorini d'oro l'anno con grande arbitrio e balìa soprali sbanditi; e sotto il suo titolo de la guardia stendea il suouficio di ragione e di fatto a modo di bargello e sopra ogni altrasignoriae faccendo iustizia di sangue come li piaceasanza ordinedi statuti. E tornò a stare ne palagi che fuoro de' figliuoliPetri dietro e di costa a la chiesa di San Piero Scheraggioi qualiin quelli tempi si comperarono per lo Comune di Firenze da' creditoride la compagnia delli Scali fiorini VIIm d'oro. Questo uficio fecionoe criarono quelli cittadini popolari che reggeano la terra perfortificare loro stato e per paura di non perderloquasi al mododell'anno dinanzi aveano fatti i VII bargellinicome adietro facemomenzione. Il detto messere Iacopo stette in segnoria uno annofaccendo aspro uficioe faccendosi molto temere a' cittadini grandie popolani; e li sbanditi quasi si cessaro tutti di città e dicontado; però che prese Rosso figliuolo di Gherarduccio de'Bondelmontiil quale avea bando di contumace de la testa per certariformagionee non per istatuto né micidio per lui fattomaper una cavalcata ch'elli con certi avea fatta a Monte Alcino inservigio de' Tolomei di Siena; e feceli tagliare il capo contro alvolere de la maggiore parte de' Fiorentiniperò che non aveafatta offensione a nullo cittadino né in nostro distrettomaper farsi temere: però che chi a uno offende molti minaccia. Epoi più altri per simile modo giudicò a morteecondannò quasi tutti i Comuni e popoli di contado per cagionedi ritenere sbanditi a diritto e a tortocome li piacque. E cosìmenando rigido e crudo il suo oficiomolte cose inlicite e di fattofece in Firenzea petizione di coloro che l'aveano chiamato ereggeano la cittàe ancora per non licito guadagno. Poicompiuto l'anno se n'ando ad Agobbio ricco di molti danari. E in suoluogo ci venne in calen di novembre MCCCXXXVIper uno anno apressomesser Accorrimbono da Tolentinouomo d'età di più diLXXV anniil quale altra volta stato in Firenze per podestàfu buono rettore. Al cominciamento di suo uficio cominciòbene; ma poco appresso dilatando suo uficioche l'avea di fattoinfino a' piati minuti intese per guadagneria di sé e di suacorte. E infra 'l suo tempoa dì XIII di luglio MCCCXXXVIIessendo a sindacato uno meser Niccola de la Serra d'Agobbio statopodestà di Firenzee trovandosi in defettoe per l'esecutoredelli ordinamenti de la giustizia suo parenteil quale era delcontado d'Agobbiocol favore del detto meser Accorrimbono e dellanuova podestàch'era nipote del detto meser Accorrimbonononlasciando a' sindachi in ciò fare loro officiogente minutasi commossee fue in parte la città a romore in su le piazzede le segnorieperché non si facea iustizia de la podestàe di sua famiglia; e co' sassi cacciati fuoro e feditie alquantimorti delle famiglie delle dette segnorie a·lloro grandifettospezialmente quella del detto meser Accorrimbonoonde tuttala città si comosse. E volendo il detto meser Accorrimbonofare iustizia in persone di certi che avea presi per lo detto romoreper paura del popolo minuto non ebbe l'ardiree non l'avrebbe potutofare per la furia del popolo; e convenne fosse condannata la podestàvecchiae certi de' detti che feciono il romorein pecunia. Per laquale cosa e cagioni si fece decreto che infra X anni nullo rettoredi Firenze potesse esser d'Agobbio o del contado. Conseguendo l'unoerrore sopra l'altroil detto meser Accorrimbonoa petizione dicerti caporali che reggeano la cittàper cagione di settafece una inquisizione del mese di settembre contra meser Pino dellaTosach'era morto il giugno dinanzich'elli e Feo di meser Odaldode la Tosa e Maghinardo delli Ubaldini aveano tenuto trattato conmeser Mastino de la Scala di tradire Firenze; e fune costretto emartoriato il figliuolo di meser Pino per farlo confessare ciòed altri gentili uomini di Firenze amici di messer Pinoper disfarela sua memoria e distruggere i suoi amici; e ciò fu fatto perinvidiae chi disse per operazione d'alcuno consorto del dettomesser Pino. La qual cosa non fu né si trovò vero; e ildetto Maghinardo se ne venne personalmente a scusare. Ben fu vero chemesser Pino per mandato del re Rubertoda cui tenea terracercòcon meser Mastino concordia co·llui e col nostro Comunedandone la città di Lucca libera. E per la detta cagioneparendo al detto messer Accorrimbono avere male impresoper suaricoperta condannò parte de la casa di messer Pino a disfareperché cominciò il trattato sanza parola de' priorieil detto Feo per contumacia; la qual cosa fu molto biasimata da piùcittadiniperò che messer Pino era stato il piùsuficiente e valoroso cavaliere di Firenzee il più leale aparte guelfapopolo e Comune. Ben fue un grande imprenditore di grancose per avanzarsi; per la qual cosa il detto oficio di capitano diguardia e conservatore venne sì in orrore de' cittadini diFirenzeche per nullo modo o procaccio di certi caporali chereggeano la cittànon potero avere balìa di raffermareil detto messere Accorrimbono né altri in suo luogo; e vennemeno il detto oficioil qual'era arbitraro e di fattosanza ordinelegge o statuto osservareper potere per lo detto oficio disfare ecacciare di Firenze cui fosse piaciuto a certi che reggeano la cittàch'aveano criato il detto uficioe per tenere in tremore icittadini. Avemo sì lungo fatta memoria di questo officio ede' suoi processi per lasciarne esemplo a' cittadini che sarannoaciò che per bene de la nostra città non siano mai vaghidi fare uficiali arbitrariche perché si criino sotto coloree titolo di bene di Comunesempre mai fanno dolorosa uscita per lecittadie nascene tirannica segnoria.



XL - Come messer Mastino dellaScala ebbe la città di Lucca

Nel detto anno MCCCXXXVin calendi novembredopo molti trattati fatti per Orlando Rosso con messerMastino de' fatti di Luccasempre con parole e promesse di farlo adistanza de' Fiorentinitanto si menò il trattatoche messerPiero Rossoil quale n'avea la possessionenon si potéo piùdifendere da' fratellie mal volontieri andòe a Veronaeaconsentì di dare a messer Mastino la segnoria di Lucca. Ecosì ebbe messere Mastino della Scala la posessione e lasegnoria de la città di Lucca e del contado per mano d'Orlandoe di messer Piero de' Rossi di Parmacom'erano state fatte leconvenenze quando renderono Parmacome dicemo adietro. E partissimesser Piero Rosso a dì XX di dicembre del detto anno de lacittà di Luccae andossene a Pontriemoliche di patti rimasea' Rossi con più altre castella in parmigiana per lo mododetto; e in Lucca rimase poi vicario per meser Mastino meserGiliberto tedesco con Vc cavalierie sempre dando meser Mastinofalsa speranza a' Fiorentini per sue letteree dicendolo epromettendolo e giurandolo a' loro ambasciadorich'al continuo ilseguivano per cagione di ciòdi rendere al Comune di Firenzela città e contado di Lucca com'erano i patti de la legaquando avesse riformata la terra in buono stato; de la quale promessafallì sì come fellone e traditoree i Rossi di Parmatradì e disertòcome inanzi faremo menzionesìcome falso e disleale tirannoche s'avea conceputo con disordinata efolle covidigia e malvagio consiglio che per la città di Luccae per la sua forza avere la signoria di tutta Toscanacome inanziper li suoi esordi e processi si potrà trovare; per lo qualetradimento nacquero diverse e maravigliose novità e mutazioniin Lombardia e in Toscana ordinate per li Fiorentini.



XLI - Come le terre del viscontadoin Valdambra si diedono al Comune di Firenze

Nel detto annoessendo giàla segnoria de' Tarlati d'Arezzo molto abassata per la perdita delBorgo a Sansipolcro e per quella de la Città di Castellocomedicemo adietroe per la forza de' Perugini ch'era col loro ordinemontata con l'aiuto de' Fiorentiniche ispesso con le loro masnadecorreano insino in su le porte d'Arezzoe aveano riposto il MonteSan Savinoe di quello i Perugini faceano guerra al continuoe piùvolte vi sconfissono di loro masnade; per la qual cosa quelli delviscontadocioè il castello del Bucino in Valdambrae quellodi CeninaGalatroneRondinee la Torricellai quali teneano iTarlatie di gran parte v'aveano su ragione per certe compere perloro fatte da certi de' conti Guiditemendo de la guerraeconoscendo che li Aretini non li poteano difendere nésoccorreresi diedono al Comune di Firenze a dì II dinovembrefaccendoli franchi per V annidando li detti castelli unocero a la festa di san Giovanni ciascuno anno. Il quale fu un belloacquisto a Fiorentinie un grande allargamento e aconcio di lorocontado per quello che·nne seguìo apresso.



XLII - Come ne la città diPisa ebbe battagliae furone cacciati certa parte

Nel detto anno e tempoessendola città di Pisa in grande setta e divisioneche l'una parteera il conte Fazio con la maggiore parte de' popolani che reggeano liufici de la cittàl'altra setta erano i non reggentiond'erano capo messer Benedetto e messer Ceo Maccaioni de' Gualandie certi de' Lanfranchi e più altri grandie Cola di PieroBonconti e più altri popolanii quali ordinarono cospirazionein Pisa per abattere il conte e i reggenti suoi seguacicon trattatodi messer Mastino de la Scalache·lli aveano promessa lasignoria di Pisae elli dovea loro mandare le sue forze de'cavalieri da Lucca. La quale cospirazione partorì romore ebattaglia cittadinache a dì XI di novembre del detto anno idetti de' Gualandi e' loro seguaci con armata mano assalirono lapodestà di Pisa e cacciarlo di Pisa e rubarloe arsono tuttili atti e scritture di Comunee ruppono le pregioni e liberaro ipresi. E poi ne la piazza di San Sisti tutto il dì combatteroli anziani e il conte e il popolo di Pisach'erano raunati armati insu la piazza de li anziani. E non potendo resistere al popolo siridussero la sera al capo del ponte a la Spina a la porta de lePiaggee quivi s'aforzaro con barre e serragli aspettando il lorosoccorso da Lucca da messer Piero Rossoil quale mandava loro CCCCcavalieri e popolo assai; e già erano presso del castellod'Asciano; sentendolo il conte e il popolo dubitando loro venutaafrettaro la battaglia la notte con fuoco mettendo e con moltosaettamentoe promettendo a' loro soldati tedeschi e italiani pagadoppia; i quali gran parte scesi de' cavalli manescamente combatteroe per forza d'arme la notte medesima cacciarono i rubelli de lacittà; che s'avessero indugiato il romoreo sostenuto lanotte infino a la mattina che il loro soccorso da Lucca fosse giuntoa Pisaelli avrebbono vinta la cittàe messer Mastino n'erasegnore. Sentendosi la novella in Firenzei Fiorentini mandaroincontanente CCC cavalieri di loro masnade a Montetopoli in servigiodel conte e delli anziani di Pisa per soccorrella: per lo sùbitoriparo non bisognaroringraziandone per loro ambasciadori molto iFiorentini; con tutto che per la loro ingratitudine poco tempo iltennero a mente i Pisanicome per inanzi leggendo si troverà.Poi i Pisani a dì XV di dicembre fecero il conte Fazio lorocapitano di guerrae crebbono le masnade de' soldati infino D e Vc apiè a la guardia de la terrae isbanditi per ribelli i loronemicie disfecero i beni loroi quali se n'andaro a Lucca; eaforzaro i Pisani di fossi e di steccati Quinzica e 'l borgo di SanMarcoe la porta a le Piagge e il ponte a la Spina di ponti ecatenee tagliarono le vie di Luccae fecionvi bertesche e ponti elevatoi assai.



XLIII - Come il marchese Spinetta ebbeSerezzano

Conseguendo messer Mastino de laScala il suo proponimento d'avere la segnoria di Pisa a suo poderesì ordinò con Ispinetta marchese Malespina e colvescovo di Luni suo cosorto di fare rubellare a' Pisani la terra diSerezzano; e così fu fattoche a dì IIII di dicembredel detto anno i detti vescovo e Spinettaessendo per certiterrazzani di loro parte data una porta de la terrav'entrarono conM fantie presero la segnoria sanza nullo contastoonde i Pisani sitennero forte gravati da messer Mastino e da Spinettae entrato ingrande sospetto e paura di loro usciti e di loro séguitofaccendo di dì e di notte guardare la città di Pisa congente d'arme a cavallo e a piede.



XLIV - Del tradimento che messerMastino de la Scala fece a' Fiorentini de la città di Lucca

Nel detto annoper calen didicembreparendo a' Fiorentini che messer Mastino e Alberto de laScala li menassono per lunga di dare loro la signoria de la cittàdi Luccacom'era l'ordine e 'l patto de la legacome adietro èfatta menzione; e tenendo in parole e in vana speranza certiambasciadori e sindachi del Comune di Firenzech'al continuo liseguivano per la detta cagionesì ordinaro di mandare aVeronaoltre a quelliuna solenne e grande ambasceria da sei de'maggiori cittadini grandi e popolani di Firenze per sapere il fine diloro intendimento. I quali essendo a Verona co' detti tirannie nelpaese a più parlamenti co·lloro e con li altri caporalilombardicon cui i Fiorentini aveano fatta la legadimandando laposessione di Lucca e che fossero attenuti i pattii detti de laScala con belle parole e false promesse menando per lunga di giornatain giornata i detti nostri ambasciadorialla fine faccendo trattaread Orlando Rosso di Parmadimandando di Lucca grossa quantitàdi monetadicendo n'aveano spesoe convenia spendere al re Giovannidi Buemme per avere sua pace de la presa di Lucca. I dettiambasciadori scrivendolo a Firenzei Fiorentini diliberaro chedapoi che per altro modo non si potea avere Luccanon lasciassonoper numero di pecuniarimettendola ne' detti ambasciadori. I qualidopo lungo trattato di parole fuoro con dissimulata concordia da laparte di detti messer Mastino e messere Alberto di darne loro CCCLXmdi fiorini d'oroparte contanti e parte a certi terminisicurandolinella città di Vinegia a·lloro volontà. E notalettorel'errore e fallo de' Fiorentiniche nel MCCCXXVIIII poteroavere Lucca da' soldati del Cerruglio per LXXX fiorini d'oroe poinel MCCCXXX per patti de' cittadini e di messer Gherardino Spinolaper minore quantitàsì come adietro facemo menzione; epoi vi spesono e vollono spendere disordinata somma di moneta. Istimoche Idio nol permettesse per purgare i peccati e mali guadagni de'Fiorentini e di Lucchesie eziandio de' Lombardi. Torniamo a nostramateria: che quando fu data l'ordinee trovati i danari e fatti isindachi per li Fiorentiniil disleale Mastino e traditore permalvagio consiglio del marchese Spinetta e d'altri Ghibelliniedeziandio con soduzzione del segnore di Milano e de li altri segnorilombardi per farli nimici del Comune di Firenzeperò cheparea loro che messer Mastino fosse apo loro troppo grandemostrandoli con vana speranza che tenendo per sé Lucca avrebbedi leggere la città di Pisa per la loro divisione; e avea lacittà d'Arezzo a sua volontàe con le sue forzeleggere li era d'avere tosto la Romagna e Bologna per le divisioni emutazioni di quelleper la partita e cacciata de·legato; eciò avutai Fiorentini non potrebbono resistere a le sueforzema li avrebbe come circundati e assediati; faccendoli vedereche per le divisioni di Firenze tra' grandi e' popolani e il popolominuto per le soverchie gravezzee i non reggenti de le signorie deli uffici della cittàagevole gli era d'avere la cittàdi Firenze a la sua segnoriae poi tutta Toscanae più alunge; il traditore Mastino giovane d'etàe più disenno e felloniae trascotato e ambizioso per la felicitàdove l'avea messo la fallace fortunafue desideroso come tirannod'acquistare terra e segnoriae di farsi re in Lombardia e inToscananon guardando a fede promessa e giurata a' Fiorentininéconsiderando che la potenzia di Dio è più che forzaumanamosse nuova questione a' detti ambasciadoridicendo: "Noinon vogliamo di Lucca danariche n'avemo assai; ma volemo che'Fiorentinise vogliono Luccacon le loro forze ci aiutinoacquistare la città di Bolognao almeno non li fosseroincontro volendola acquistarecome ci promisono per li patti dellalegaquando la segnoreggiava il legato". Sapendo ciò iFiorentinie avveggendosi però a tardi de la fellonescaintenzione del Mastino e de la non vera e sofistica dimanda diBolognache con le loro forze aveano sconfitta l'oste de·legatoa Ferraraper la qual cagione i Bolognesi aveano cacciato il legatoe tornati a la lega de' Fiorentini e Lombardicome è dettoadietrodeliberaro che innanzi si lasciasse Luccache si fossecontro a' Bolognesi; e però mandaro che i detti ambasciadoriprotestato e richesto di loro ragioni il Mastinoe' si partissono; ecosì fecionoi quali tornaro in Firenze a dì XXIII difebraio del detto anno. E inanzi che fossero giunti in Firenzeoapena partiti da Veronapartorì il Mastino la sua pravaintenzione; ciò fuche a dì XIIII di febraio del dettoanno le sue masnade ch'erano in Luccasanza richesta o isfidamentoalcunocorsono Valdinievole e 'l Valdarno di sottoche teneano iFiorentinie levando grandi prede. E in quelli giornisimigliantemente le sue masnade ch'erano in Modana corsono in sulcontado di Bologna.



XLV - De l'ordine che presono iFiorentini al riparo del Mastino

I Fiorentinitornati i loroambasciadori da Veronae avedendosi com'erano stati gabbati etraditi villanamente dal Mastinotutti di concordia ordinato VI de'maggiori cittadiniuno per sestodue de' grandi e quattro popolanisopra la guerra col Mastinoe XIIII popolani a trovare moneta congrandissima balìaciascuno officio per termine d'uno anno; ilquale ordine fue allora lo scampo di Firenze per l'eseguizioni chefecero i·lloro riparo e in guerreggiare i tiranni della Scalasì come inanzi leggendo potrete trovare. Che il Mastino aveaminacciato che innanzi il mezzo maggio prossimo verrebbe a vedere leporte di Firenze con IIIIm armadure a cavalloper abatterel'orgoglio de' Fiorentini; ed erali possibilech'elli era segnore diVeronadi Padovadi Vicenzadi Trevigidi Bresciadi FeltrodiCivita Bellunadi Parmadi Modonae di Lucca; e aveano di rendital'anno di gabelle de le dette X cittadi e di loro castella piùdi VIIc migliaia di fiorini d'oroche non ha re de' Cristianiche·lli abbia se none il re di Franciasanza l'altro loroséguito e amistà de' Ghibelliniche mai non fuorotiranni in Italia di tanta potenzia; onde a' Fiorentini parea avereforte partito a le manima come franchi e vertudiosiquasi neunodiscordanterecandosi ciascuno in sé la 'ngiuria deltradimento del Mastinosì diliberaro di seguiremagnificamente la 'mpresa. Onde poi i Fiorentinicome piacque a Diopoco tempo appresso osteggiaro loro più volte infino a Veronavillanamentecome inanzi leggendo si potrà trovarefaccendodi magnifiche imprese contra i detti tiranni. E in quelli medesimigiorni per li loro danari avrebbono fatto rubellare al Mastino lacittà di Modonaed era già fornita per li soldatich'erano in Modanase non che i Bolognesi non vollono in servigiode' marchesi da Ferrara loro amicidi cui per li patti de la legadovea essere Modana. E poi i Fiorentini per loro ambasciadori sidolfono a tutti li altri collegati lombardi del tradimento de'tiranni de la Scalaper loro scusa richeggendoli d'aiutoe feceronuova lega col re Rubertoco' PeruginiSanesi e l'altre terreguelfe di Toscanae co' Bolognesi e co' Guelfi di Romagnacongrandi ordini e aperti per riparare la loro potenzia. Lasceremoalquanto de la guerra cominciata col Mastino per dire d'altre novitàstate in questi tempiritornando poi a quelle; però che inciò molto ne cresce grande matera e maravigliosa e quasiincredibilecome leggendo per inanzi il processo della detta guerrasi potrà trovare.



XLVI - Come i Colligiani si diedonoda capo a la guardia de' Fiorentini e fecionvi la rocca

Nel detto anno MCCCXXXVall'uscita del mese di gennaiocompiuto o per compiere il primotermine che' Colligiani s'erano dati a la guardia del Comune diFirenzesì si diedono da capo per tre anni oltre al primotermine e ancora con più liberi patti; per la qual cosa iFiorentini per volontà de' Colligianie per essere piùsicuri della guardia e con meno spesasì ordinaro e fecionofare in Colle alle spese de' Colligiani una forte rocca al disopradella terra in su la piazza del Comune presso della pievecon ali dimura e intrata per sée ordinaronvi uno castellano fiorentinocon XL fanti al continuo a la guardiade' quali l'una metade de lespese pagavano i Fiorentini e l'altra i Colligiani.



XLVII - Come papa Benedetto determinòl'oppinione di papa Giovanni suo anticessoro de la visione dell'animebeate

Nel detto annoessendo per papaBenedetto tenuti più consistori con suoi cardinali apoVignonee con molti maestri in divinità fatta per piùtempo solenne esaminazione sopra l'oppinione di papa Giovanni de lavisione dell'anime beatese dopo il dì giudicio crescerebbeloro beatitudine o noonde in qua dietro in più capitoli èfatta per noi memoria sopra la detta questione; e spezialmente per ladechiarazione che ultimamente avea fatta papa Giovanni a la sua fine;patendo al papa e agli altri maestri che in quella parte oveconchiuse che l'anime beate vedeano la divina essenzia faccia afaccia chiaramentein quanto lo stato e la condizione de l'animapartita dal corpo comportanon fosse perfettamente dichiaratomalasciato ancora in nube il detto oppinionesì 'l volledichiarare. E dì XXVIIII di gennaio per lo detto papa inpiuvico consistoro fu determinata e dato fine e silenzio santamente ala detta questionecioè che la gloria de' beati èperfettae come i santi sono in vita etterna e veggono la beataspeme de la Trinità; e che dopo il giudicio la detta gloriasarebbe istensiva ne l'anima e nel corpoma però noncrescerebbe a l'anima sensivamente più che si fosse primanell'anime beate. E sopra ciò fece decreto che chi altrocredesse fosse eretico. Lasceremo de la detta materiache assai n'èdettoe torneremo a nostri fatti di Firenze.



XLVIII - Come il Comune di Firenzericominciò guerra a' segnori d'Arezzo

Nelli anni di Cristo MCCCXXXVIadì XIIII d'aprilesentendo i Fiorentini che messer PieroSaccone de' Tarlati segnore d'Arezzo tenea trattato con messerMastino della Scala di fare con lui lega e compagniae di riceverein Arezzo la sua gente e cavalleria per difendersie fare guerra a'Fiorentini e a' Peruginie al continuo erano in Arezzo suoiambasciadorisì·ssi diliberò in Firenze dicominciare aperta guerra a la città d'Arezzo; e il detto dìsi sbandiro le strade. Chi disse che i Fiorentini ruppono la pacealli Aretini fatta l'anno MCCCXVI per lo re Ruberto indebitamenteenon si convenia a la magnificenza del Comune di Firenze rompere pacea li Aretinise prima per loro non fosse mossa guerra apertamente; echi disse che non era rompimento di pace a l'offese fatte per loro a'Fiorentini in dare sempre aiuto a Castruccio e a li altri nimici delComune di Firenzee al presente legarsi con messer Mastino fattoloro nemicoe datali la signoria d'Arezzo. Vedendo li Aretini che 'lComune di Firenze volea cominciare loro apertamente guerraperlevarsi il furore d'adosso sì cercaro per più trattatid'avere concordia co' Fiorentini e co' Perugini; i quali trattatitornaro tutti in vanoperò ch'erano con inganno; che' signorid'Arezzo al continuo atendeano grossa gente da messer Mastinoevennono infino a Forlì in Romagna più di VIIIccavalieri; per la qual cagione i Fiorentini mandaro in Romagna diloro masnade VIc cavalierie con l'aiuto de' Bolognesi e de li altriGuelfi romagnuoli fuoro più di XIIc di cavalieri; e tutta ladetta state stettono in Romagna a la guardia de' passiper modo chela gente di messer Mastino per nullo modo potero passare ad Arezzo. Einfra questo tempo i Fiorentini feciono cavalcata sopra la cittàd'Arezzo di VIIc cavalieri e popolo assai a dì III di lugliodel detto anno. E i Perugini da l'altra parte col loro sforzo infinoa le porte d'Arezzoacozzandosi le dette due ostifaccendo grandeguasto di biadeed arsione di posessioni nel contado d'Arezzo eintorno a la cittàdimorandovi ad oste sanza alcuno contastoinfino a dì VIII d'agosto con gran danno de li Aretini. E inquesto annoil maggio passatoa petizione de' Perugini e con laloro forzai Guelfi di Spuleto cacciaro i Ghibellini della cittàdi Spuleto.



XLIX - Come i Fiorentini fecionocompagnia e lega col Comune di Vinegiae l'ordine di quella

Vedendo i savi uomini di Firenzeche governavano la cittàcom'erano entrati in grande impresaper la guerra incominciatae che s'apparecchiava maggioreco'tiranni de la Scala di Verona per lo fatto di Luccae considerandoche per loro poco si potea fare guerrase non da la parte di Luccasanza aiuto o compagnia di segnore o d'altro Comune di Lombardia peroffendere il Mastinoe cessarsi la guerra da presso e recarla dalungipiù trattati cercato col segnore di Milano e con altritiranni e grandi lombardi. E sentendo che 'l Comune di Vinegia aveagrande questione e isdegno preso col Mastino di Verona per le salineda Chioggia a Padovache per sua forza tenea occupatee piùaltri divieti di mercatantie e cose aveano fatte contra loro libertàin padovana e in trevigianasì feciono cercare per trattatode' nostri mercatanti usanti a Vinegiadi fare col detto Comune diVinegia lega e compagnia contro a' detti tiranni de la Scala. Ilquale trattato con molte arti e lusinghe fatte a' Viniziani per liFiorentini per inducerli a·cciòa' detti Vinizianipiacque; e poi secretamente mandati a Vinegia savi e discretiambasciadori per lo Comune di Firenzevi si diè compimento inVinegia per la forma e capitoli specificati qui apresso.



L - La lega tra 'l Comune diVinegia e di Firenze

MCCCXXXVIindizione IIIIa dìXXI di giugnola lega tra 'l Comune di Vinegia e di Firenze fu fattaa Vinegia per li sindachi de' detti Comuni con questi patti.

In prima fecero tra·llorolegacompagnia e unitàla quale duri dal detto dìinfino a la festa di san Michele di settembre che vienee da ladetta festa ad uno anno;

e che per li detti Comuni sisoldino IIm cavalieri e IIm pedoni al presentei quali steano a farguerra in trevigiana e veronese; e quando parrà a' dettiComunise ne soldino maggiore quantità;

e che tutte le mende de' cavallie ogni spesa che occorresse si debbiano pagare comunemente;
e cheper la detta guerra fare si debbia tenere uno capitano di guerra acomuni spese;

e che per lo Comune di Firenze simandino uno o due cittadini a stare a Vinegia o dove bisogneràe abbiano balìa con quelli che·ssi eleggeranno per loComune di Vinegia di crescere e menomare i detti soldati come a·lloroparràe a potere spendere per fare rubellare le terre che sitengono sotto la segnoria di quelli de la Scala;

e che sia licito al Comune diVinegia e di Firenze possano tenere per fare la detta guerra duecittadini e sue bandierecome a' detti Comuni piacerà; eabbia il capitano de la guerra pieno arbitrio; e che per tempo di tremesianzi la fine de la detta legasi convengano insiemeambasciadori de' detti Comuni a prolungare o non prolungare la legapredetta;

e che il Comune di Firenze facciaviva guerra a la città di Lucca; e s'ella s'avessefaccianoguerra a Parma;

e che i detti Comunio alcuno diquellinon faranno pacetrieguao terranno alcuno trattato conquelli de la Scalase non fosse di coscienza e di volontà diciascuno di detti Comuni.

Questi patti traemo de li attidel nostro Comune. E ferma la detta legafu piuvicata in Vinegia ein Firenze in uno medesimo dìXV di luglio de la dettaindizionein pieni parlamenti con grande festa e allegrezza inciascuna de le dette cittadi. E notalettoreche questa fue la piùalta impresa che mai avesse fatta il Comune di Firenzecome si potràtrovare apresso; e ancora che ciò fue una grande maravigliaper più ragionia legarsi il Comune di Vinegia con quello diFirenze: primache non si truova che 'l Comune di Vinegias'allegasse mai co·neuno Comune o segnoreper la loro grandeeccellenza e signoriase non a l'antico conquisto di Gostantinopolie di Romaniae dall'altra parte i Viniziani naturalmente sono statid'animo imperiale e Ghibellinie' Fiorentini d'animo di santa Chiesae Guelfi; ancorastati i Fiorentini contro a' Viniziani in servigiode la Chiesaquando fuoro sconfitti a Ferraracom'è fattomenzione adietrol'anno MCCC... Onde apertamente si manifesta checiò fue permissione divina per abattere la superbia e tiranniadi quelli de la Scalai quali erano i più trascotati duefratelliAlberto e Mastinofelli e dileggiati con ogni abominevolevizio che fossono in tutta Italiamontati per la fallace eingannevole felicità mondana in poco tempo in sì altosoglioe in sì alto stato e segnorianon degna a·lloroné per senno né per meriti; onde s'adempiéi·lloro le parole del santo Vangelio dette per lo santoSpirito per la bocca in persona de la nostra Donna: "Fecitpotentiam in bracchio suodispersit superbos mente cordis suideposuit potentes de sedeet exaltavit humiles": per certo cosìavennecome leggendo si potrà trovare.

E piuvicata la detta legaiViniziani fecero loro ordini sopra la detta guerracome parve lorosi convenisse; e' Fiorentini elessono X savi cittadini mercatantiede le maggiori compagnie di Firenzecon piena balìa a trovaremoneta e fornire la detta guerra; e asegnato loro CCLm di fiorinid'oro per anno sopra certe gabelleradoppiandole gran parte. E percagione che 'l nostro Comune in questo tempoper le guerre e spesefatte per adietrosi trovò indebitate le gabelle e l'entratedel Comune per lo tempo a venire in più di Cm fiorini d'oroedanari bisognavano maneschi per fornire la detta impresa; i detti Xofficiali sopra i fatti di Vinegiacol consiglio d'altri mercatantisavi e sottili a ciò faree intra' quali altri noi fummo diquellisi trovò modo che le compagnie e' mercatanti diFirenze prendessono sopra loro lo 'ncarico di fornire di moneta perla detta impresainfino a guerra finitain questo modo: ch'elliordinaro fra loro una taglia di Cm fiorini d'oroil terzo prestarele dette compagnie a Comunee le due parti stribuiti tra altrericchezze e cittadini a prestare sopra le dette gabelle assegnate acerti termini inanziquali d'uno annoe quali in piùcomeveniano i pagamenti de le dette gabelle; e chiunque prestassesopr'esse al Comuneavesse di guiderdone libero e sanza tenimento direstituzione a ragione di XV per C l'anno; e chi non volesse credereal Comune sopra le dette gabelleprendesse la sicurtà eiscritta libera da le dette compagnie e mercatantie avesse diguiderdone a ragione di otto per cento l'anno; e quelli che faceanola sicurtà per lo Comune sopra loro aveano de la detta scrittae promessa V per C; e qual uomo avea de la detta prestanza e non eramobolatosì che non potea prestare né al Comune néla scritta de le compagnietrovava chi prendea il debito sopra séavendo a ragione di XX per C; e così si civia ciascuno: per lodetto modo si fornì la spesa onoratamente per lo nostroComune. E quando fuoro spesi i detti Cm fiorini d'oro de la primatagliasi ricominciavano da capo per simile modomandando a Vinegiaciascuno mesecome bisognava per li soldi de' cavalieri e pedoni cheforniano la guerra. E a Vinegia dimoravano al continuo due savi ediscreti cittadini a fornire le dette paghee provedere le condottede' soldati; e simile per lo Comune di Vinegia; e due altriambasciadoriuno cavaliere e uno giudicea stare continui inVinegia col dogi e col suo consiglio a dare ordine a la guerra; e duealtri cavalieri militanti stare per ciascuno di detti Comuni nel'ostecol consiglio del capitano de la guerra. Questo in somma fuel'ordine del fornire de la guerra ordinata per la detta legae altromodo non ci avea. E questo per li savi fu molto comendato. E dipresentepiuvicata la legav'andaro di Firenze M pedoni tuttisoprasegnati di soprasberga bianca col segno di san Marco e delgiglio vermiglio; e di Romagna v'andòe la nostra cavalleriache v'era stata a la guardia del passo com'è detto adietroche fuoro da VIc cavalieriond'era capitano messer Pino de la Tosae messer Gerozzo de' Bardi: e in Vinegia se ne soldaro di presenteper li detti Comuni MD tra Tedeschi e altri oltramontanie pedoniassaie miserli in su la trevigiana a cominciare la guerra. E diquelli giorni si rubellò a quelli de la Scala per quelli daCamino il castello d'Ovreggionon essendovi ancora la nostra gentené avendovi ordine d'oste o di capitano di guerra. MesserAlberto de la Scala di sùbito vi cavalcò da Trevigi conM cavalierie combattendo il racquistò con gran danno dicoloro che·ll'aveano rubellato. Lasceremo alquanto de laguerra cominciata in Trivigianae diremo de' fatti di Toscanaconseguenti per la detta guerra.



LI - Come le masnade di messerMastino ch'erano in Lucca cavalcaro in sul contado di Firenze

Nel detto annoa dì XXVdi lugliole masnade di messer Mastino ch'erano in Luccainquantità di IIIIc cavalieri e popolo assaiuscirono di nottedi Buggiano e vennero subitamente a Cerreto Guidi in Gretie quellosprovedutocombattero il borgo ed ebberloe feciono grande danno dipreda e d'arsione di case e di biade sanza alcun contasto; peròche 'l capitano e cavalleria de' Fiorentini erano gran parte inPistoia per cagione de la festa di santo Iacopo. E poi a dì Vd'agosto seguente la gente di messer Mastinoin quantità diVIIIc cavalieri e molti pedonionde fue capitano e conducitore Ciupodelli Scolari rubello di Firenzee uscì di Lucca e guadòArno e guastò il borgo a Santa Fiore e altre villate diSa·Miniatoe albergaro due notti a la villa di Martignanosotto San Miniato. La gente de' Fiorentinich'erano in Empoli e nele castella del Valdarno e di Valdinievoleli seguiro francamente;per la qual cosa i nemici temendo la stanza d'essere sorpresiperchénon erano venuti proveduti di vittuagliasi partiro a dì VIId'agosto con isconcia levatae passando per lo borgo di Santa Gondaper paura de' Saminiatesiscesi per comune a' balzi e a le tagliatee isbarre fattenon ardiro di mettervi fuoco; e molti ve nerimasonoe li altri fuggendo sanza ordine in più parti siricolsonoalquanti passando Guiscianama i più per locontado di Pisa straccatie molti per sete spasimaro e annegaro inGuisciana. E se la nostra cavalleria avesse più studiato ilcavalcarenon ne campava uomo per la mala condotta. E per le dettecavalcate il paese di Valdarno e di Greti le terre non murate stavanoin grande tremore; per la qual cosa il Comune di Firenze ordinòche subitamente fossero rifatte le mura d'Empoli e di Pontormochealquanto n'erano cadute per cagione del grande diluvioe ordinaroche 'l borgo di Montelupo si compiesse di murare in su la riva d'Arnoe del fiume di Pesa; e che fosse rifatto e murato il borgo di CerretoGuidi; e così fu fatto in poco di tempofaccendo loro alcunafranchigia e munità. E ordinossi in Firenze di fare grossacavalcata a Lucca per vendetta di quellae per oservare la promessafatta per la lega de' Vinizianicome faremo menzione nel seguentecapitolo.



LII - Come i Rossi di Parmatornarono amici di Fiorentinie come messere Piero Rosso sconfisseil maliscalco di messer Mastino sotto al Cerruglio

Come dinanzi promettemmo di diredi maravigliosi avenimenti e casi improvisi che avvengono per leguerreintendiamo apresso narrare e seguireperò che percagioni di quelle del nimico spesso si fa amico e dell'amico nimico.Prima avemo detto di messer Mastinoche di grande amico del nostroComune fatto perverso nimico per li suoi vizii e falli e tradimentifatti contro al nostro Comune dell'opera di Luccacome adietro avemodettoe così per converso diremo de' Rossi di Parmai qualiin questi presenti tempi stati grandi aversari e nimici nostricomeadietro è fatta menzionein picciolo tempo divenuti amici econfidentissimi. E però nelle cose del secoloe spezialmentene' casi delle guerrenon si dee avere niuna stabile confidanzaperò che per oltraggi ricevuti si fa spesso dell'amico nimicoe per bisogno o per servigi ricevutio isperanza di riceveresi fadel nimico amico. Essendo in Pontriemoli messere Piero e messerMarsilio e Orlando de' Rossi di Parma e' loro consortii quali tantionori e benifici fatti aveano a messer Mastino di darli la cittàdi Parma e quella di Luccail detto mesere Mastino a petizione diquelli da Coreggia di Parma suoi cuginiistati nimici e aversari de'detti Rossima maggiormente siccome fanno sovente i tirannichepromesse fatte non osservano se non a·lloro vantaggiocosìa' detti Rossi messere Mastino gli tradì e ingannò; chein piccolo tempo tolse e fece torre loro tutte fortezze e posessionich'aveano in Lombardiae feceli assediare nel detto castello diPontriemoliov'erano ridotti con tutte loro donne e famiglie. Iquali Rossi veggendosi così trattati da meser Mastinoe dallesue forze male si poteno riparare sanza altro aiutotrattato fecionocol Comune di Firenze d'essere di loro parte e lega contro altraditore Mastinoi quali dal nostro Comunesiccome mare ch'ognifiume ricevefurono ricevuti e accettati graziosamentedimettendoogni ingiuria ricevuta da meser Piero Rossomentre tenne la cittàdi Lucca; ma maggiormente ricordandosi i Fiorentini dell'anticaamistà di mesere Ugolino Rosso stato nostro podestàcoll'oste del nostro Comune alla battaglia da Certomondo contro agliAretini. Per la qual cosa il detto meser Piero personalmente venne inFirenze a dì XXIII d'agosto del detto annoil quale da'Fiorentini fu veduto e ricevuto onoratamentee di presente fu fattoper li Fiorentini loro capitano di guerra. Il qualecome valentecavalierecon quantità di DCCC cavalieri con certi masnadieria piè de' Fiorentinia dì XXX del detto mese d'agostobene aventurosamente cavalcò sopra la città di Luccaper guastare le vigne e per fare levare l'assedio da Pontriemoli. Eil primo dì si puose a Capannole guastando intorno le seimigliae poi valicò Lucca e puosesi al ponte a San Quirico. Ein quel luogo stette per III dìcorrendo sanza alcuno riparociascuno giorno infino alle porte di Lucca. Le masnade di Lucca inquantità di DC cavalieri e pedoni assaiond'era capitano ilmaliscalco di mesere Mastinoper savia maestria di guerra tuttiuscirono di Luccae ridussonsi in sul Cerruglio per impedire lavittuaglia e·lla reddita alla nostra gente. Messer Piero pernon esere sopreso tornò adietro schierato ordinatamenteequando furono presso di sotto al Cerruglio al luogo dov'era il fossoch'avea fatto meser Ramondo di Cardona quando colla nostra oste fusconfitto ad Altopasciocome adietro facemmo menzionequello per linemici alquanto rimessoe in su quello alla guardia posti VIIIbandiere di cavalieri di meser Mastino con certo popolo percontendere il passo a mesere Pieroli nostri scorridori e feditoriin quantità di CL cavalieriil detto passo combatteronoeper forza d'arme vinsono e sconfissono i nimicicacciandogli infinoal Cerruglioe credendosi avere il castello contro a volontàdi meser Pieroch'al continuo facea gridare e sonare la ritratta pertema d'aguato. Ma nostri volonterosi di vincerepiù cheaccorti di guerraintra gli altri mesere Gherardo di Viriborgotedescoch'aveva il pennone de' feditori del nostro Comunefollemente entrò combattendo dentro alla porta del Cerruglioonde da' nimicii quali erano proveduti e in posta d'aguato dentro edi fuorifu abattuto e mortoe tutti i nostriche co·lluierano saliti al Cerruglio furono morti e sconfittie presiconestaboli e altri assai. Il maliscalco di meser Mastinoavuta ladetta vittoriacon grande audacia con tutta sua gente vennediscendendo il poggiotuttora cacciando i nostri. Messer Piero comesavio e franco capitanoe niente sbigottito per la rotta de' suoifece ischiera e capo grosso di sua genteconfortando i suoi eattendendo i nimici vigorosamente; i quali per lo vantaggio dellascesa e per la vittoria avuta con grande empito percossono i nostri eassai gli ripinsono adietro; ma per buona capitaneria di meser Pieroe per la franca gente ch'era co·lluisostennero combattendovigorosamenteper modo che in poco d'ora la gente di meser Mastinofurono messi inn-isconfittae rimasonne assai mortie presi XIIIconestaboli e cavalieri assai; il maliscalco di mesere Mastino collasua insegna e più altre vennero in Firenze; la quale sconfittafu a dì V di settembre MCCCXXXVI. E·cciò fattomeser Pieroraccolta sua genteinfino a notte trombando dimoròcolle torce accese sul campoe·lla notte albergò aGallenae poi l'altro dì con grande onore tornò aFucecchio. Avemo sì disteso questo capitoloperché insì poco di tempo d'una giornata di tanta gente furono tre sìfatti avenimenti di battaglie e di guerre recate a onorevole fine divittoria per la valentria di meser Piero Rosso. E poi poco appressomeser Piero partito da Fucecchioe venne in Firenze con poca gentesubitamentesanza volere alcuno triunfo da' Fiorentini. E perrichesta e mandato di Viniziani convenne ch'andasse a Vinegia peressere capitano e duca dell'oste della lega ch'era in trevigiana; ecosì n'andò a Vinegia all'uscita del mese di settembree di là fece di magnifiche cose in opera di guerra contro ameser Mastinocome inanzi leggendo si potrà trovare. EOrlando Rosso suo fratello rimase in Firenze per capitano di guerrade' Fiorentini.



LIII - Di novità di Firenzeecome i Fiorentini tolsono a' conti Guidi certe terre di Valdarno e diChiantie feciono Castello Santa Maria

Nel detto annoa dì XVd'agostola notte vegnente s'aprese il fuoco a casa Toschi al cantodi Mercato Vecchio incontro alla chiesa di San Piero Bonconsiglioearsonvi IIII case basse con gran danno di pizzicagnoli ch'abitavanoin quelle. E in calen di settembre del detto anno fu riposto eaforzato per li Fiorentini il castello di Laterino per contrariodelli Aretini. E tornarvi incontanente ad abitare le genti di quellocastelloch'erano in tre borghi recati al piano di sottoil qualeaveva fatto disfare il vescovo d'Arezzo de' Tarlaticome adietro fufatta menzione. All'entrata del mese d'ottobre del detto anno sirubellò a Guidofigliuolo che·ffu del conte Ugo daBattifolleil castello del Terraio in Valdarnoe tutti i borghi diGangheretoe·lle Coniee·lle Cavee BalbischioeMoncione del Viscontado in Chiantiper male reggimento che 'lgiovane facea a' suoi fedeli d'opera di femminee ancora persudducimento e conforto di certi grandi popolari di Firenze reggentinimici de' conti. E per simile modo si rubellò Viesca inValdarno a' figliuoli furono del conte Ruggieri da Doadolavolendosidare le dette terre al Comune di Firenzeil quale le prese pocotempo poi apresso per certe ragioni vi cusava il Comunecome facemmomenzione in questo adietroove trattammo di ciò. Intanto idetti conti avendo col loro sforzo andati per raquistare le detteterrenon ebbono il podere; perché tutte le terre delValdarno per comune l'andarono a·ssoccorrere per mandato delnostro Comunefatto per rettori tacitamente; onde non potendo a·cciòcontradiaresi compromisono in sei popolani di Firenzei qualielessono i priorie diedono la rocca di Ganghereta in guardia delComune di Firenze; i quali sentenziarono a dì XXII di novembreche·lle dette terre fossono del Comune di Firenzedando alsopradetto Guido delle sue ragioni fiorini VIIIm d'oro; e penogliavere infino a gran tempo apressoe nogli ebbe poi interamente.E·cciò fu grande ingratitudinecon forza del popolo diFirenzee poco si ricordarono de' servigi fatti per li loroanticessori al Comune e popolo di Firenze e parte guelfa; che secondogiusto prezzoalle ragioni v'avieno i contivaleano più difiorini XXm d'orocon tutto fossono terre di giuridizione d'imperioche male si potea vendere o comperare. Ma come si fossei detticonti e·lloro consorti ne rimasono mal contenti. Ma·cciòfece il popolo di Firenzericordandosi di quello che 'l conte Ugoavea aoperato a suo torto contro al Comune di Firenzequando fu lasconfitta d'Altopasciodi riprendere le ville d'Ampinana in Mugellol'anno MCCCXXV. E poi apressodi calen di settembre MCCCXXXVIIilComune di Firenze ordinò e fece cominciare una terra inValdarno infra quelle terre nel piano di Giuffrena i·lluogopropio del Comune di Firenzee puosele nome Castello Santa Mariafaccendovi tornare dentro uomini di tutte le villate e terred'intorno con certa franchigia e imunitàper torre a perpetuaogni giuridizione e fedeltà a' detti conti. E poiin calen dinovembre MCCCXXXVIIIquelli della detta terra di Santa Mariaandarono e presono la rocca di Gangheretoch'era data per gli contia guardia del Comune di Firenzee quella misono in puntelli efeciolla rovinare. Credesi fu con consentimento di certi rettori diFirenzeed eravi alla guardia quelli di Monteguarchionde poi fuaccusa fatta per quelli di Monteguarchie fue condannato il Comunedella nuova terra a pagare a' conti fiorini VIIIm d'oro per loforfattorimanendo a·lloro la propietà delle terre de'conti di quello aquistoche valieno IIIIm fiorini e più.Lasceremo alquanto de' fatti di Firenzee diremo di quelli dellanostra lega e di Vinizianicome operarono contro al Mastino.



LIV - Come l'oste de' Viniziani eFiorentiniond'era capitano messere Piero Rossosi puosono aBovolento

Nel detto anno MCCCXXXVIall'entrante d'ottobre i conti da Collalto in trevigiana sirubellarono da quelli della Scalae dierono la Motta e altre lorocastella al Comune di Vinegia; e alla Motta si fece ragunata e capola gente della nostra lega e di Viniziani. In quelli giorni a dìXV d'ottobrecredendosi i Viniziani per trattato di moneta avere ilcastello di Mestrifurono ingannati e traditi dal castellano chev'era per mesere Mastinocredendo prendere de' maggiori di Vinegiache v'andavano; ma non vi giunsono al termine dato; ma di loromasnade a piè vi rimasono presi più di CCL; onde iViniziani rimasono molto aontati. Poi a dì XX d'ottobre sipartirono dalla Motta messere Piero e mesere Marsilio Rossi capitanidell'oste nostra e de' Viniziani con MD cavalieri e IIIm pedonivegnendo francamente per trevigiana ardendo e guastando il paese: esanza alcuno contasto vennero infino alle porte di Trevigie di làvennero poi a Mestri e arsono tutti i borghi; e poi si misero a granpericolo vegnendo in padovana per le molte fiumane e canali cheaveano a passareond'erano tagliati i ponti; per la qual cagione simissono a grande affanno e rischioabandonandosi alla fortuna comeardita e valentre gente. E come piacque a·dDio giunsono allaPieve di Sacco in calen di novembre. La qual cosa apena si poteacredere per meser Alberto e meser Mastino della Scalach'erano inPadova con più di IIIIm cavalierii quali uscirono fuoriinfino al ponte a...e se fossono cavalcati inanzidella nostragente non iscampava uomoche non fosse morto o preso; in tale luogoerano condottiche inanzi non poteano andare né adietrotornare. Ma il senno e ardimento di mesere Marsilio Rosso collagrazia di Dio gli scampòche incontanente mandò piùlettere e messaggi nel campo di quelli della Scala a messere Mastinoe conestaboli e baroni richeggendo di volere battaglia. MessereMastinoche di natura era vile di mettersi a fortuna di battagliaancora dubitando de' suoi medesimi per le molte lettere nel suo campovenutee credendosi sanza mettersi a battaglia soprenderli tutti peristraccae assediarlitagliando loro i ponti inanzi e adietro pertorre loro la vettuaglia; e ciò fattosi tornò inPadova con tutta sua cavalleria. Ma a·ccui Iddio vuole malegli toglie il senno e·lla provedenzae al suo nimico dàardire e argomento. E così avenne nel nostro bene aventurosooste: sanza indugio ispogliate d'ogni sustanze le villate di Pieve diSacco e d'intorno. E di là si partirono con grande affannofaccendo fare più ponti di graticcie dove di legnamesoprapiù riviere e canali salvamente passarono. E a dì V dinovembre arrivarono alla terra e villata di Bovolento presso diPadova a VII migliae in sul gran canale del fiume dell'Alice che vaa Chioggiaper avere da Vinegia e da Chioggia continovo vittuaglia elibero cammino e andamento. Quello Bovolento chiusono e afforzaronodi fossi e di steccatie feciono molte case di legname per potereivi vernare. La qual bastita e terra di Bovolento fu cagione delloabassamento di quelli della Scalae·lla loro perdita dellacittà di Padovacome inanzi leggendo si potrà trovare.Lasceremo alquanto di questa nostra guerra di Lombardiae diremod'una grande guerra si cominciò tra il re di Francia e quellod'Inghilterra.



LV - Di grande guerra che·ssicominciò tra il re di Francia e quello d'Inghilterra

Nel detto anno MCCCXXXVI sicominciò grande guerra intra Filippo di Valois re di Francia eAdoardo il terzo re d'Inghilterrae·lle cagionituttefossono assai di casi vecchi di loro padri e anticessori e dinovelliintra gli altri fu che il detto Adoardo il giovane red'Inghilterra radomandò a·re di Francia la contea diGinese in Aquitania detta Guascognala quale meser Carlo di Valoispadre che·ffu del detto re Filippo e fratello del re Filippoil Belloavea tolto per forza e a inganno ad Adoardo secondopadredel detto Adoardo il giovaneopponendo ch'era caduta per amenda a·redi Francia per fallimenti d'omaggi che 'l re d'lnghilterra dovea fareal re di Francia per la Guascogna. Ma maggiormente per la covidigiadella casa di Francia per volere occupare e sottomettersi la ducheadi Guascogna e torla alla casa d'Inghilterraper la qual contea diGinese infino al tempo di Carlo il giovane re di Francia aveapromessa di rendere a quello d'Inghilterra. E poi non potendolariaveres'acconciava Adoardo il giovane di lasciarla e di darla induarda alla serocchiamaritandosi al figliuolo del detto re Filippodi Valoisil quale a·cciò non volle asentiremadiegli per moglie la figliuola del re Giovanni di Buemiaonde crebbelo sdegno. E maggiormente perché il detto re di Francia avearitenuto Davit in qua adietro re di Scozia suo rubelloe datogliaiuto e favore di gente e di moneta alla guerra di Scozia contro aldetto re Aduardoper la qual cosa il detto re Aduardoritenne poimesere Uberto d'Artese della casa di Francia rubello e nimico deldetto re Filippo. Onde al re di Francia maggiormente monta lo sdegnodiponendo il suo saramento e impromessa del santo passaggiod'oltremarecome adietro facemmo menzionecominciando il re diFrancia al detto re d'Inghilterra grande guerra in Guascognaefaccendogli ricominciare guerra inn-Iscozia e in marefaccendovenire galee di Genovesi al suo soldorubando ogni Inghilese eGuasconee tutte maniere di gente ch'andassono o venissonod'Inghilterra. Della qual cosa fu molto ripreso e biasimato i·rredi Francia da tutti i Cristiani e dal papa e dalla Chiesa di Romalasciando sì grande e alta impresa promessacome era il santopassaggioper cominciare guerra a suo torto co' suoi vicinicristiani. Per la qual cosa il papa rivocò e·lli levòtutto il sussidio delle decime di Cristianità a·lluiconcedutesalvo quelle del reame di Franciale quali avea in suabalìa. Il valentre Aduardo però non isbigottito mafrancamente imprese sua difesaallegandosi poi col re d'Alamagnadetto Baveroil quale in questi tempi avea mandati suoi ambasciadorial papa per venire a misericordia e all'amenda della Chiesae peravere sua pace; già era ottitriata per la Chiesaandando alconquisto d'oltremaree quitando le terre della ChiesacioèCicilia e 'l Regno e 'l Patrimonioe·lla Marcae·llaRomagnae di grazia a Firenze tutto il suo distretto. Il re diFrancia per sue lettere e ambasciadori al papa e a' cardinali sturbòl'accordoperché volea per lo fratello il reame d'Arli e diVienna; per la qual cosa il Bavero indegnato s'allegò col red'Inghilterra contro al re di Franciacol duca di Brabante suocuginoe col conte d'Analdoe co·messer Gian signore diBielmonte e zio del contee col duca di Ghelleri e col marchese diGiulieritutti suoi cognatiil sire di Falcamontee piùaltri baroni della Magnadimandando ancora Aduardo a Filippo diValois il reame di Franciail quale diceva dovea succedere a·lluiper ragione del retaggio per la madre d'Aduardoche·ffufigliuola del re Filippo il Bello re di Franciadel cui non rimasealtra reda per linea reale. E così dovea egli succedere alreamecom'elli giudicò la terra d'Artese alla contessafigliuola del conte d'Arteseperché succedesse alla corona diFrancia per retaggio delle figliuole della detta contessa maritate a'realie tolsela al sopradetto messere Rubertoche·ffufigliuolo del figliuolo del conte d'Arteseciò fu mesereFilippo d'Arteseil qual era fratello della detta contessa; perchémorì prima che 'l conte suo padrene disertò il remesser Ruberto suo figliuolo. Della quale richiesta il re di Franciaforte dispettòe crebbe lo sdegno e·lla guerra. Mai·rre Aduardo poi apresso cominciò per mare e per terracon suoi allegati aspra guerra al re di Francia come inanzi leggendosi potrà trovare. Lasceremo alquanto de' fatti d'oltremontietorneremo a' processi della nostra guerra col Mastino di Verona.



LVI - Come messere Mastino tolse 'lcastello di Pontriemoli a' Rossi di Parma

Nel detto annoessendo ilcastello di Pontriemoliche tenieno i Rossi di Parmamolto strettod'assedio da quelli di Lucca e marchesi Malespini colla forza dimesere MastinoOrlando Rosso colla cavalleria e masnada di Firenzein quantità di MCCC cavalieri e IIIm pedoni ond'eracapitano... si partirono di Firenze a dì XVII di novembreecavalcarono sopra Lucca per soccorrere Pontriemoli e·llevareil detto assedio; ma·ffu tardiche quelli ch'erano inPontriemoli per molti difetti s'arrenderono a pattisalve le personee loro cose; così tornò la detta cavalcata a Fucecchioa dì XXV di novembreavendo fatto poco danno a' Lucchesi.E·lle famiglie e donne de' detti Rossi uscirono di Pontriemolie vennero tutti a Firenze; i quali furono ricevuti graziosamente.



LVII - Come i Viniziani tolsono lesaline di Padova a mesere Mastino della Scala

In questo annoessendo la nostraoste e di Vinizianich'era accampata alla bastita e nuova terra diBovolentocresciuta in quantità di più di IIImcavalieriquasi i più Todeschi al soldo de' detti II comunie più di Vm pedonii Viniziani mandarono loro oste con grandenavilio e barche imborbottate e molti difici da battaglia da Chioggiaalle saline di Padovale quali teneva meser Mastinoe avevavi sufatte due fortezzeov'erano bastitequasi come due castella dilegname con molto guernimento e gente d'arme alla difesa. E sentendociò meser Mastino e messere Alberto ch'erano in Padova con piùdi IIIm cavalieri e popolo grandissimouscirono di Padova per venirealla difesa delle dette saline; messere Piero Rosso con tutta lanostra oste e de' Viniziani gli si fece incontro schierato percombatteree credettesi a·ccerto che·ssi combattessee per tre dì se ne fece in Firenze e in Vinegia solenniprocessioni con grandi obligazioni e prieghi a·dDioche·ccidesse la vittoria. Il Mastino non si volle recare a battaglia; onde iViniziania cui toccava la detta causa delle salineed era laprincipale cagione della loro impresavigorosamente combatterono ledette bastitee per forza l'ebbono a dì XXII di novembre deldetto anno; onde abassò molto l'orgoglio del Mastino e de'suoi. E poi a dì XVI di dicembre vegnente CCCC cavalieri diquelli di mesere Mastino ch'andavano a Monselici furono rotti esconfitti da' nostrich'erano usciti di Bovolento loro incontro.



LVIII - Ancora della detta guerrada·nnoi a mesere Mastino

Nel detto annoa dìXXVIIII di gennaiomessere Piero Rosso si partì da Bovolentocon IIm cavalieri e gente a piè assaie andò a Padovae assalì la porta del borgo d'Ognesantich'era in trattatod'avere il detto borgo per tenervi l'ostee affocata la porta perentrarvi dentroe parte di sua gente ve n'entrò. La gente dimesere Albertoch'era in Padovafurono accortie missono fuoco nelborgo; per la qual cosa veggendo mesere Piero che non poteaaquistaresi partì e tornò a Bovolento. Ma pocoapressoa dì VII di febraioil detto meser Piero si partìdi notte dal campo di Bovolento con CCC cavalieri eletti e conalquanti pedonie ordinò che MCC cavalieri richesti ilseguissono apressoe giunse di notte meser Piero al borgo di SanMarco di Padova; e quellocome ordinato erali fu datoed entrovvicolla sua gente. Li MCC cavalieri e pedoni che venieno apressofallirono la notte il cammino. E per soperchia freddura e fiumi ecanali a passare non poterono giugnere a Padova; ma poi che furonomolto ravvoltisi tornarono a Bovolento: alcuni dissono che peringanni furono traviati. Messere Piero essendo nel detto borgo infinoa ora di nonae non giugnendo la sua gentedubitò dellastanza; e bisognava che meser Alberto e sua gente avessono saputo ilvero: meser Piero e sua compagnia erano tutti morti e presiperòche in Padova avea più di IIm cavalieri e popolo grandissimo.Il valente messer Piero veggendosi a tal partitocome savio eaveduto capitanocon tutta sua gente armata fece sembiantid'assalire la porta della città e quella combattereefaccendo vista d'avere presso il suo soccorso della sua gente che gliera fallita. Messere Alberto temendo della città fece diquella chiudere le porti e·llevare i ponti. Messere Piero esua gente si ritrasse e uscì del borgofaccendo al fine diquello metterefuocoacciò che' nimici per quello nolpotessono seguiree con tutta sua gente si tornò la sera sanoe salvo al campo di Bovolento. E nota che meser Piero andava sìspesso a Padovaperò che al continuo era in trattatoconmeser Marsilio da Carrara suo zio e co' suoi consortii qualicomedicemmo adietro più tempo passatoper gara di loro vicini ecittadini aveano data la signoria di Padova a meser Cane della Scala;e Messere Alberto e Mastino gli trattavano malee maggiormente perlo 'nganno e tradimento fatti a' detti Rossi di Parma loro nipotisotto loro confidanzaquando feceno rendere Parmacome adietrofacemmo menzione. E poi a dì XX di febraio essendo partiti delcampo da Bovolento da DL cavalierie cavalcato in sul padovanoe·llevata grande predaque' di Padova in quantità diDCCC cavalieri si pararono loro dinanzi ad un passo e combatterli e'nostri furon sconfittie rimasonvi tra morti e presi intorno dicento e più di mezza la preda. Per quella cagione a dìXXIII di febraiomeser Piero cavalcò con MD cavalieri finoalle porte di Padovae prese un borgo e misevi fuocoe arsonvi piùdi CCCC case. In questa cavalcata di meser Piero meser Mastino ordinòcon ribaldie fece mettere fuoco nel campo da Bovolentoe arse beneil quartoe tutta la camera dell'oste. E se non fosse il buonosoccorso di quelli che v'erano rimasi a guardiaardeva tutto; e cosìva ne' casi di guerra per pulire i peccati de' popoli. Tornato meserePiero al campoin pochi dì fu ristorato e rifatto l'arsionedel detto campoche i Viniziani di presente vi mandarono ogniguernimento che bisognava a·rraconcio della bastita. E pochidì apresso all'entrata di marzosi rubellò a mesereMastino III villeciò furono Coldigrano in trevigianaeCittadella e Campo San Piero in padovana. Lasceremo alquanto dellaguerra del Mastinoe torneremo a' nostri fatti di Toscana e d'altreparti.



LIX - Come sotto trattato d'accordocogli Aretini vollono i Perugini pigliare Arezzoe poi ebbonoLucignano

Nel detto annoall'entrante delmese di febraionon lasciando il nostro Comune per la grande impresadi Lombardia e di guerreggiare la città di Lucca e quellad'Arezzoessendo la città d'Arezzo molto afritta da' Peruginie da' Fiorentiniperò che da mesere Mastino non potieno averesoccorso perch'era assediato elli medesimo nella città diPadovacome detto è dinanzi; né d'altra parte da niunoGhibellino d'Italia non poteano avere soccorsoe per loro male sipoteano difendere da' detti due Comuni; in più trattatid'accordo e di pace furono da·lloro a' detti Comunima piùco' Peruginiche·lli tenieno più strettied avienode' loro prigioni. Alla fine i Perugini volieno sì larghivantaggi e di castella e della signoria della città d'Arezzoche i Tarlati che·nn'erano signori in nulla guisa si vollonoaccordare né fidare de' Peruginiperò che in que' dìstando nel detto trattato d'accordo co' detti Peruginii dettiPerugini di notte con grande forza di gente a·ppiè e acavallo vennero infino alle mura d'Arezzo. E per alcuno della terrafu loro insegnato d'entrare per la fognaovero caterattadella goradelle mulina che corre per Arezzo; e alcuni di loro v'entrarono.Ma·cciò sentito nella terracorsono con armea·rriparoe uccisono quelli ch'erano passati dentro; onde iPerugini la mattina si partirono e tornarsi a·cCortona; e perquesta cagione si ruppe il trattato dell'acordo dagli Aretini a'Perugini. Ma de' Fiorentini si volieno ben fidare i Tarlati d'Arezzoe dar loro la guardia della terraperò che meser PieroSaccone e meser Tarlato erano nati per madre di casa i Frescobaldi diFirenzee aveanvi più singulari amici e parentie da'Fiorentini si tenieno meno gravati che da' Perugini. E cosìper la detta cagione de' Perugini si ruppe il trattatoe siricominciò guerra contro agli Aretinicon tutto che nelsegreto tuttora rimasono gli Aretini in trattato d'accordo co'Fiorentini. E rotto il detto trattato co' Peruginiquelli diLucignano d'Arezzoch'erano molto oppressati da' Perugini per leloro masnadeche stavano nel Monte San Savinosì mandarono aFirenze loro ambasciadori e sindachi con pieno mandato per dareLucignano al Comune di Firenze. I Fiorentini no·lli vollonoprendere per non dispiacere a' Perugininé rompere i pattidella lega; che intra gli altri patti era che ogni conquisto di terrao castella si facesse sopra il Comune d'Arezzo fosse a comune de'detti II Comuni. Ancora v'era lo 'nfrascritto pattoche i collegatidella detta lega durante la detta lega per sé né peraltrui né possa né debbia fare pace o triegua overoaltra composizione overo alcuno trattato tenere co' nemici de' dettiallegati sanza espressa volontà e consentimento de' detticollegatibene ch'allora era già spirato il termine delladetta lega; per la qual cosa i detti sindachi e ambasciadori diLucignano se n'andarono poi a Perugiae dieronsi liberi a·lloro:e' Perugini li presono sanza farne nulla richesta al Comune diFirenze. E per simile modo il vescovo d'Arezzoch'era de' detticollegatisi prese Montefocappioun forte castello degli Aretini.Onde i Fiorentini sdegnarono moltoe seguirono apresso il trattatosegreto co' Tarlati d'Arezzoe misero a seguizionecome diremoapresso nel seguente capitolo.



LX - Come i Fiorentini ebbono perpatti la città d'Arezzo e 'l suo contado

Nel detto annoa dì VIIdi marzo MCCCXXXVIsi compié il trattato e accordo dal Comunedi Firenze a' signori Tarlati d'Arezzo in questo modoch'egli ebbonodal Comune di Firenze fiorini XXVm d'oro per la dazione della terra erinunziagione della signoria di quella; e fiorini XIIIIm d'oro per laloro ragione e parteche' detti messere Piero e meser Tarlato aveanonel viscontado comperato per lo vescovo d'Arezzo loro fratello da'conti Guidiil qualecome dicemmo adietros'era renduto prima alComune di Firenzee fiorini IIImDCCC d'oro n'ebbe per patti GuidoAlberti conte per la sua quarta parte del viscontadoe venderlocolla solennità si convenne al Comune di Firenze; che·ffual Comune di Firenze uno nobile e bello aquistotutto fossero terred'imperio. E oltre a·cciò il comune d'Arezzo ebbeinpresto dal Comune di Firenze fiorini XVIIIm per pagare le loromasnade a cavallo e a pièch'erano a pagare di presso a seimesi; e e·lli diedono con solenni sindachi d'accordo quasi ditutti gli Aretini ch'erano inn Arezzo la signoria e guardia dellacittà d'Arezzo e del contado al Comune e popolo di Firenze pertempo e termine di X anni a venire con mero e misto imperiorimanendo a' Tarlati tutte loro posessioni e castellae lasciando iTarlati ogni signoriae rimanendo semprici cittadini d'Arezzo allaguardia del Comune di Firenzefaccendoli i Fiorentini cittadini epopolani di Firenzee altri vantaggi per guardia di loro. E a dìX del detto marzo a ora di nona i Fiorentini ebbono la posessionedella città d'Arezzo per lo modo diremo apresso. Chev'andarono a prenderla XII de' maggiori cittadini di Firenze grandi epopolani con sindacato e pieno mandatoe i·lloro compagnia Dcavalieri in armee IIIm e più pedoni del Valdarno di sopra.A' quali gli Aretiniuomini e donnepiccoli e grandicon solenneprocessione e grande allegrezza e buona voglia con rami d'ulivo inmanogridando: "Pacepacee viva il Comune e popolo diFirenze!"vennono loro incontro presso a due miglia. E giuntialla città con grande onore e magnificenza furono ricevuti permeser Piero Saccone che·nn'era stato signore. Fu dato ilgonfalone del popolo d'Arezzo e·lle chiavi delle porti alsindaco del Comune di Firenze con nobile diceria e grandi autoritàmagnificando il popolo e Comune di Firenze. E poi i detti XII nostricittadini riformarono la città di podestà per pattiiprimi sei mesi meser Currado de' Panciatichi di Pistoia del latoguelfoe gli altri seguenti VI mesi meser Giovanni Panciatichi suofratello. Dall'anno inanzi dovieno esere podestà fiorentinialla lezione del Comune di Firenze; e per simile modo rifermarono lacittà d'Arezzo di nuovi anziani cittadini d'Arezzoquelli chea·lloro piacqueGuelfi e Ghibellini. E capitano di guardia econservadore di pace fu Bonifazio de' Peruzzi grande popolanoilprimo per termine di VI mesi con XXV cavalieri e fanti; e poi perconseguente di sei in sei mesi il detto uficiouno popolano guelfodi Firenze alla elezione del detto Comune di Firenze; e rifecionopopolo in Arezzoe diedono i gonfaloni delle compagnie del popolo.Ed ebbono gli Aretini per lo Comune di Firenze perpetua pacedimettendo e perdonando ogni ingiuriainteressi e danni ricevutil'uno Comune dall'altrorimettendo i Guelfi in Arezzoe ogni altrouscito che vi potesse tornarecancellando ogni bando e levando ognirapresaglia e divieto dall'uno Comune all'altroe singulari personee·lloro seguaci. E poi a dì X d'aprile vegnente meserePiero Saccone venne in Firenze con certi de' suoi consorti e altribuoni uomini d'Arezzocon più di cento a cavallo. Da'Fiorentini fu ricevuto onorevolemente come gran signoree dimoròin Firenze VI dì; e alla fine ricevuti più corredi da'priorie dati continovo desinare e cene a' cittadinialla suapartita fece un corredo in Santa Croce molto nobileov'ebbe M o piùbuoni cittadini alla prima mensacon IIII messe di pescemoltoonoratamente serviti da donzelli di Firenzefornita tutta la cortedi capoletti franceschi molto nobili. E in questa stanzaa dìXVI d'aprilei marchesi del Monte Sante Marie co' castellani e colfavore e masnade di Perugini per tradimento presono il castello diMonterchisalvo la roccache v'era uno de' Tarlati. Per la qualcosa meser Piero e sua gente si partì di Firenze sùbito;ma il capitano della guardia d'Arezzosanza attesaavuta la novellavi fece cavalcare CCCL cavalieri delle masnade di Firenze ch'erano inArezzocon popolo assai di volontà colle 'nsegne del Comunedi Firenzee venuti a Monterchi il dì di venerdìsantotrovarono i nimici accampati di fuori del castello e partedentro; più prieghi furono fatti a' detti marchesi e a'castellani e a quelli conestaboli che v'erano per lo Comune diPerugiache per amore del Comune di Firenze si dovessono partiree·llasciare il castello ch'era a·lloro guardia; dopomolte parole scusandosi non facieno contro al Comune di Firenzemacontro a' Tarlati loro nimicie dilaiando per paroleattendendo lacavalleria di Perugiache venia al soccorsoquelli che v'erano perlo Comune di Firenze ciò sentendo per loro spieassalirono ilcampo de' castellani e de' marchesi ch'erano schierati in armeeforte combattendo in poca d'ora gli sconfissono; e poi combattendoentrarono nella terrae per forza d'arme la raquistaro con grandanno di castellani e di loro seguaci; e più sarebbe stato dimortise non fosse la divozione del dì ch'era. Di questoraquisto di Monterchi i Tarlati e tutti gli Aretini si tennono moltocontenti di Fiorentinie presono di loro maggiore confidanza. E pocoapresso i Fiorentini ordinarono in Firenze XII consiglieri popolanidue per sesto di tre in tre mesicon grande balìa co' prioriinsieme a provedere al continuo sopra lo stato pacifico e guardiad'Arezzo. E di presente per ciò seguire ordinarono e fecionocominciare e compiere uno grande e forte castello al di sopra dellapiazza di Perci della città d'Arezzoil quale costòpiù di XIIm fiorini d'oro pagati per li Fiorentini; eordinarvi II castellani con C fanti alla guardiae fornito tuttoraper VI mesi di vittuaglia e d'arme e di guernimento grandissimo; e alcontinuo si teneva in Arezzo per li Fiorentini il meno CCC cavalieridi loro masnade alla guardiae più come bisognava. Di questocastello parte degli Aretini ne furono contentispezialmente iTarlati e' loro seguaciper sicurtà di loroche dispostiloro della signoria quasi tutto il popolo gli odiavai Guelfiperch'erano loro nimicie i Ghibellini perch'erano mal contentiperch'aveano data la terra; ma al vero i più degli Aretini nefurono mal contenti. Ma poi vi feciono fare i Fiorentini in Arezzo unaltro piccolo castello sopra la porta del piano che va a·lLaterinoper più sicura entratacon corridoio di fuori grande tra 'lmuro e parapetto per li cavalierie·ssu per le mura per lipedoni per correre dall'uno castello all'altro. In somma i Fiorentinimisero inn-Arezzo in uno anno tra di questo e di dono più diCm fiorini d'orosanza quelli vi si spesono poiche·ffu ungran fattocompensando la spesa di Lombardia e·ll'altre speseche facea il Comune di Firenze e a mantenere la guerra al continovocontro a·lLucca. Del detto aquisto della cittàd'Arezzotutto costasse a' Fiorentini danari assain'agrandìe montò molto la magnificenza del Comune di Firenzee dalungi di gran fama per tutti i Cristianiche 'l sentironoed'apresso più onorati e dottati dalle comuni vicinanze. Ildetto aquistotutto fosse mediante costo di monetae industria dicerti nostri cittadini che 'l trattaronoche non ne valsono dipeggio al modo usato di corrotti cittadini; ma di certose non fossestato la nobile e alta impresa di Lombardiae risistenza fattacontro a meser Mastino per lo Comune di Firenze e quello di Vinegianon venia fattoche i signori Tarlati non vi sarebbono maiaconsentiti; ma feciollo per la cagioni dette per non potere altroperduta ogni speranza di soccorso. E nota che più di LX anniera stata retta la città d'Arezzo per parte ghibellina eimperialee quasi in guerra col Comune di Firenze.



LXI - Ancora delle sequele de' fattid'Arezzo da·nnoi a' Perugini

Dapoi che' Fiorentini ebbono lacittà d'Arezzo per lo modo detto nel passato capitoloiPerugini isdegnarono forte contro a Fiorentinitegnendosi da·lloroingannati e traditi per li pattich'avieno avuti insieme della legafatta tra·lloro e col re Ruberto e co' Bolognesie mandarnein Firenze loro ambasciadori a dolersi di ciò e in piuvicoconsiglioove fu loro risposto saviamente a tutti i loro capitolicome per ragione e secondo i patti contro a·lloro non s'erafallito in niuno articoloperò che·lla lega nonconteneva nienteche dandosi la città d'Arezzo a niuno de'detti Comunil'uno all'altro fosse tenutoo·ssi rompesselega; e già era il termine della lega ispirato; mostrandoancora a' Perugini come gli Aretini in niuna guisa si volienoaccordare o fidare di Perugini per cagione delli loro collegatighibellinivescovo d'ArezzoPazziUbertiniconti da MontefeltroNieri da Faggiuolaconti da Montedoglioe' figliuoli di Tano daCastelloe il signore di Cortonae tutti i loro uscitii qualierano nimici caporali de' Tarlati. E se i Fiorentini non avessonopreso Arezzo sanza indugiocome fecionodi certo potea riuscire inmal luogo per parte guelfa e per l'uno Comune e per l'altro. Ancoraallegando come prima avieno fallito i Perugini e rotti i patti a'Fiorentiniquando presono Lucignano d'Arezzo per lo modo detto pernoi nel terzo capitolo innanzi a questo. Ma secondo buona ecaritevole compagnia non era però del tutto licito di fare perFiorentiniche come dice il Provenzale in sua gobola "Uomosaggio non dee faglia per l'altrui faglia". Ben dice la legge inalcuna parte: "Qui frangit fidemfides frangatur eidem";ma·cciò non basta alla magnificenza del nostro Comune.Ma come si fosseo ragione o torto dell'uno Comune o dell'altrood'ambeduei Perugini rimasono mal contenti. Alla fine dibattuta laquistione per ambasciadori dell'uno Comune e dell'altrosi trovòun mezzo d'accordoche i Perugini avessono in Arezzo un giudiced'appellaggione in termine di V anni sotto titolo di conservadore dipace con salaro di D fiorini d'oro in sei mesi con sua famiglia.Questo uficio fu in nome più che in fattoperò ch'altutto erano gli ufici e signoria d'Arezzo di Fiorentini. E dopo iltermine di V anni dovessono rimanere a' Perugini il castellod'Anghiarie Foianoe Lucignanoe Monte San Savinoch'ellinos'aveano presi e si tenieno; e pace faccendo cogli Aretinilasciandomesere Ridolfo Tarlati e i figliuoli e più altri prigionid'Arezzoch'elli aveano in prigione in Perugiapresi nella Cittàdi Castello quando l'ebbonocome contammo adietro. Lasceremoalquanto de' fatti di Firenze e d'Arezzo e di Perugiach'assai n'èdettoe torneremo a nostra matera a seguire il processo della guerradi Lombardia contro a meser Mastino.



LXII - Come per ordine di mesereMastino volle esere morto mesere Piero Rosso a Bovolento per romperel'oste nostra

All'uscita del mese di marzocominciando l'anno MCCCXXXVIIessendo mesere Piero Rosso capitanodell'oste nostro e de' Viniziani all'asedio di Padova a Bovolentoper trattato di Messer Mastino da certi conestaboli tedeschi ch'eranonell'ostecon séguito di mille cavalierivolle esere traditoe morto; ma come piacque a·dDiosi scoperse il trattatoenon vegnendo loro fattosi partirono e missono fuoco nel campoearsene gran parte; per la qual novità fu grande scompiglioalla nostra oste. Ma il valentre meser Piero per l'accidente occorsopoco ismosso dagli aguati della fortunanon dubitando; ma a dìV d'aprile apresso con IIIm cavalieri cavalcò subitamenteinfino alle porte di Trevigie fece loro gran danno di preda ed'arsionelasciando a guardia del campo a Bovolento M cavalieri. Enota che in quelli tempi all'asedio di Padova avea al soldo de'Fiorentini e Viniziani Vm uomini a cavallo con barbutesanza quellida·ppiè ch'erano grande quantitàsanza l'osteche in que' tempi il Comune di Firenze fece sopra la città diLuccacome faremo menzione nel seguente capitolo; che considerato lostato d'Italiala città di Firenze mostrò con effettogran potenza. In questi tempia dì XIIII di maggiosirifermò la lega da·nnoi a' Viniziani cogli altriLombardi contro a meser Mastino; e·ll'avogaro di Trevigi persoperchi ricevuti si rubellò da meser Mastino col suo forteCastello Nuovoe venne in persona a Vinegia per allegarsi coll'altralega.



LXIII - Come i Fiorentini feciono ostesopra Lucca

A dì XVI di maggio deldetto anno MCCCXXXVII mesere Azzo da Coreggiasentendosi inLombardia che' Fiorentini volieno fare oste a Luccavenne per meserMastino per suo vicaro in Lucca con CCC cavalieri alla guardia dellacittà. I Fiorentini per la sua venutae per oservare i pattidella legaavendo ordinata oste sopra Luccae·lla lega diLombardia sopra Veronaa dì XXX di maggio si diedono le'nsegnee mosse l'oste; e furono i Fiorentini co·llorosoldati DCCC cavalieri e popolo grandissimoonde fu capitano Orlandode' Rossi da Parmauomo grosso e materialema per amore di meserPiero e di mesere Marsilio Rossich'erano in Lombardia al servigiode' Fiorentini e Vinizianili feciono quello onore. E di Bologna inservigio de' Fiorentini furono CL cavalierie da meser Malatesta daRimino C cavalierida Ravenna XXXda Perugia C cavalierid'Arezzomeser Piero Saccone de' Tarlati con LX cavalieri e con C fantie delComune d'Arezzo CCC fantid'Orbivieto LX cavalieridel re RubertoCLXXX cavalieridella Città di Castello XXXV cavalieridaCortona cento fanti; da Siena C cavalierima non vollono andare insu quello di Luccaistettono alla guardia di Sa·Miniatoperòche non vollono esere alla lega. E poipartita l'ostesoldarono iFiorentini CCCXL cavalieri di quelli della compagnia della Colombach'erano stati co' Peruginie mandarli nella detta oste; sicch'ellafu di IIm cavalieri e popolo assai; e guastarono Pescia e Buggianoe·ll'altre castella di Valdinievolee andarono infino a Luccae di là dal Serchio sanza contasto alcunofaccendo granguasto. Tornò la detta oste in Firenze a dì XXX diluglio male ordinataperò che fu sanza ordine e malecapitanata.



LXIV - Come la forza della legacavalcarono sopra la città di Veronae partirsene con pocoonore

Tornando a nostra materia dellaguerra da·nnoi a meser Mastinocom'era dato l'ordine dellalegaesendo la nostra propia oste sopra la città di Luccacome detto avemomesere Marsilio Rossouomo di gran senno e valoresi partì dall'oste da Bovolento a dì VIIII di giugnodel detto anno con IImCCCC cavalieri di nostri e de' Vinizianirimanendo al campo di Bovolento mesere Piero Rosso con MDC cavalierie popolo assai; e andonne a Mantova meser Marsilio per cavalcaresopra Veronae a dì XX del detto giugno vi giunse in Mantovamesser Luchino Visconti di Melano cogli altri allegati di Lombardiaco' marchesi da Estie con quelli da Gonzago di Mantovain sommaco' nostri cavalieri e de' Viniziani più di IIIImonde fufatto capitano generale mesere Luchino detto; e di presentecavalcarono fin presso alla città di Verona. E meser Carlofigliuolo del re Giovannich'era alla lega nostra de' Lombardicontro a meser Mastinovenne di Chiarentana con suo sforzo. E inquelli giorni ebbe che·lli si arendero la città diBelluna e poi quella di Feltroche·ssi tenieno per meserMastino. Il tiranno mesere Mastinoveggendosi così accanatodalla forza della lega da tante particome disperatoma peròfrancamenteuscì di Verona con IIIm cavalieri e popolograndee richiese di battaglia meser Luchino e gli altri allegati.Mesere Luchino o per sua viltàche così si disseovero per tema di tradimentoovero che·ll'uno tiranno altutto non vuole abattere l'altroma quale si fosse la cagioneveggendo che meser Mastino colle sue forze uscito a·ccampo percombatterela notte a dì XXVII di giugno si sbarattòla nostra oste e della legae villanamente si dipartirono chi da unaparte e chi da un'altraonde messere Luchino fu molto spregiato.Messere Mastino avendo vinto quella punga prese vigoree·llasciatafornita Veronasi partì con IImD cavalierie venne presso aMantova a VII miglia sanza alcuno contasto. E poi sentendo che'Padovani tenieno trattato con mesere Piero Rosso perché meserMarsilio Rosso e·lla sua cavalleria non potesse tornare alcampo di Bovolentosubitamente si mosse il primo dì diluglioe in due giorni fu posto in sul canale tra Bovolento eChioggiaacciò che vettuaglia o altro fornimento non potessevenire da Vinegia né da Chioggia all'oste di Bovolentoe perimpedire mesere Marsilio ch'era ivi presso colla sua gente ecavalleria a V migliae per la sùbita venuta di meser Mastinonon potea andare più inanzi sanza grande pericolo di lui e disua gente. E venia fatto a meser Mastino al tutto di rompere quellaostese non fosse la provedenza di meser Piero Rosso ch'era all'ostea Bovolentoche sapiendo che meser Mastino era in parte ch'elli nonpotea aver acqua per la sua ostese non di quella del canaleordinòche tutta l'ordura dell'oste di Bovolento al continuo si gittasse nelcanale; e oltre a·cciò in quella contrada ha moltaerbache·ssi chiama cicutadonde del sugo si fa veleno;faceva cogliere a' ribaldie tagliaree pestaree gittare per locanale; per la qual cosa l'acqua del canale venea sì corrottaall'oste di mesere Mastinoche v'era presso a·ttre migliache uomini né bestie non ne potieno né ardivano dibere; e quale uomo o bestia ne beveano erano a pericolo di morte. Perla qual cosa convenne di nicissità che meser Mastino colla suaoste si levasse e partissee tornandosi a Verona a dì XIII diluglio. E il dì apresso messere Marsilio Rosso colla suacavalleria passò e venne al campo di Bovolento. E notalettoreisvariate vicende e casi che·ffa la fortuna delsecolospezialmente nelle guerreche in pochi dì la guerrada·nnoi a meser Mastino fu inn-istretti partiti d'esere vintae perduta per ciascuna partecome fatto avemo menzione.



LXV - Come la città di Padovas'arrende a mesere Piero Rossoe fuvi preso mesere Alberto dellaScala

Partito meser Mastino e perdutala punga della sua impresae messere Marsilio Rosso colla suacavalleria tornato al campo di Bovolentocome detto èe·ll'oste nostra molto rinvigoritaincontanente mesere Pierocon tutta l'oste si partì dal campo di Bovolentoove tantoera dimoratae puosonsi presso alle mura di Padova; a dì XXIIdel mese di luglio del detto anno i Padovania' quali pareva malestare per la tirannia di quelli della Scalaspezialmente a meserAlbertino da Carrara e a' suoi ch'avieno data la terra a meserMastinoed elli in ogni cosa gli trattava come servi o ischiaviispezialmente il matto e scellerato mesere Alberto della Scala ch'eraalla guardia di Padovae sentendo partito meser Mastino colle sueforzee·ll'oste nostra e di Viniziani così possente dicosta alla cittàdond'erano capitani i suoi parenti messerePiero e mesere Marsilio de' Rossiordinarono di tradire e dipigliare meser Alberto della Scala con tutti i suoi consiglieri ecaporali e conestaboli ch'erano in Padova; e così venne lorofattoe·llevarono la città a romore. E quelli delcampo con ordine fatta assalirono la terra da più parti:quelli da Carrara col popolo corsono a furore al palazzo e presonomesere Alberto e tutti i suoi seguacie apersono la porta verso ilcampoe missono nella città meser Piero e meser MarsilioRosso con tutta la cavalleria; i quali entrarono nella cittàcon più di IIIIm cavalierisanza i pedonia dì IIId'agosto MCCCXXXVII. E corsono la città sanza fare nullo maleo ruberiase nonne a' soldati e gente v'erano con messere Albertodella Scala. E il detto mesere Alberto co' caporali ch'erano co·lluine furono mandati prigioni a Vinegia. E meser Albertino da Carrarafatto signore di Padovae messo alla lega con CCCC cavalieri ditaglia. Dell'aquisto di Padova si fece grande allegrezza in Vinegia ein Firenze e in tutte le terre guelfe di Toscana.



LXVI - Come morì il valentrecapitano messere Piero Rossoe poco apresso messer Marsilio suofratello

Pella perdita di Padova e presuradi mesere Alberto della Scala e de' suoi seguaci e consiglieri moltoabassò la potenza e·llo stato di meser Mastino e disuoie così ne montò la grandezza de' Fiorentini e de'Viniziani e delli altri collegati di Lombardiae massimamente de'Rossi di Parmaavendo fatta sì alta vendetta di meser Mastinoe di messere Alberto della Scalacolla speranza della loro vittoriae stato di raquistare la signoria della loro città di Parma; esarebbe loro venuto fatto assai tosto coll'aiuto e potenza diFiorentini e Viniziani e degli altri della lega. Ma·llafortuna fallace delle cose mondane le più volte dopo la grandeallegrezza e vana filicità per lei mostrata è tosto conuscimenti miseri e dolorosi; e così avenne molto poco apressoche tegnendosi per meser Mastino il forte e ben guernito castello diMonselicidi presente avuta Padovameser Piero vi cavalcòcon grande oste a·ccavallo e a pièe a' borghi disotto faccendo dare continovi e solleciti assalti e battaglie da piùpartie quasi vinti per lui parte de' fossi e delli steccati diquelliaversi i borghi per forza di battagliameser Piero per darepiù vigore di combattere alle sue genti smontòda·ccavalloe a piè con più altri cavalierilaquale capitaneria già non fu lodatama ripresa. Combattendomeser Piero l'antiportolanciata gli fu una corta lancia manescalaquale il percosse alla giuntura delle corazze e ficcoglisi per lofianco. Il valente capitano però non ismagato si trasse iltroncone del fiancoe gittossi nel fosso di costa all'antiporto perpassare alla terracredendola avere vinta. Per la qual cosa l'acquagli entrò per la piagae quella incrudelita per lo moltosangue perdutoil valentre e vertudioso duca spasimòe perli suoi tratto del fosso e portato per lo canale in burchio cosìfedito a Padovail quale passò di questa vita a dì VIId'agosto del detto anno MCCCXXXVII: della cui morte fu grandissimodanno a tutta quanta la legaimperò che egli era il piùsofficiente capitano e savio di guerra e prode di sua personachenullo altro ch'a·ssuo tempo fosse non che in Lombardiama intutta Italia. Fu soppellito alla chiesa di San Francesco in Padovacon grande corrottoonorato il corpo suocome a grande signore siconvenia; in Firenze e in Vinegia avuta la novella se ne fece grandedolore. E poi fatto per sua anima l'esequio con grande solennitàmesser Marsilio suo fratello per soperchio affanno per lui duratonell'aspre cavalcatecom'è detto adietroinnanzi che meserPiero fosse mortoera caduto malato in Padovae colla giunta deldolore della morte di messer Piero s'accorò duramente l'animoe come piacque a Diopassò di questa vita a dì XIIIIdel detto mese d'agostoe fu sopellito in Padova di costa alfratello a grande onore. Questo meser Marsilio era de' piùsavi e valorosi cavalieri di Lombardiae del migliore consiglio. Ecosì in pochi dì quasi fu annullata la casa de' Rossidi Parmaquand'erano per ricoverare loro stato. Lasceremo alquantode' fatti di Lombardiae diremo d'altre novità che furono aque' tempi.



LXVII - Di novità fatte inquesti tempi in Firenzee di grande dovizia fu di vittuaglia

Ritornando alquanto adietro perseguire l'ordine del tempo nel nostro trattatoall'uscita di giugnodel detto anno MCCCXXXVII nacquero in Firenze VI lioncini dellalionessa vecchia e delle due giovani sue figliuole. La qual cosasecondo l'agurio delli antichi pagani fu segno di grandemagnificenzia della nostra città di Firenze; e certo in questotempo e poco apresso fu in grande colmo e potenziacome leggendopoco apresso si potrà trovare. De' detti piccoli lionialquanto cresciuti il Comune di Firenze ne fece presenti a piùComuni e signori loro amici. E nel detto annoa dì XXVIIII dilugliosi cominciò a fondare i pilastri della loggia d'OrtoSammichele di pietre concegrossi e ben formatich'erano primasottilie di mattonimal fondati. Furonvi a·cciòcominciare i priori e podestà e capitano con tutto l'ordinedelle signorie di Firenze con grande solennità; e ordinaronoche di sopra fosse un grande e magnifico palazzo con due volteovesi governasse e guardasse la provisione del grano ogn'anno per lodetto popolo. E·lla detta opera e fabrica si diè inguardia all'arte di porta Santa Mariae diputossi al lavorio lagabella della piazza e mercato del grano e altre gabellette dipiccole entrate a tale impresaa volerla tosto compiere. E ordinossiche ciascuna arte di Firenze prendesse il suo pilastroe in quellofacesse fare la figura di quel santo in cui l'arte ha riverenza; eogni anno per la festa del detto santo i consoli della detta artefacessono co' suoi artefici offertae quella fosse della compagniadi Santa Maria d'Orto San Michele per dispensare a' poveri di·dDio;che·ffu bello ordine e divoto e onorevole a tutta la città.In quel tempo la notte del dì XXX di luglioche 'l dìera tornata l'oste da Luccas'aprese il fuoco Oltrarno in via IIIILeonie arsonvi III case con gran danno. E·lla notte medesimas'aprese nel monistero delle donne della Trinita in campo Corbolinoe arse il loro dormentoro. In questo anno in Firenze e d'intorno inToscana fu grande dovizia e abondanza di vettuagliae in Firenzevalse lo staio del grano al colmo soldi VIII di soldi LXII il fiorinodell'oroche·ffu disordinata viltà al corso usatoe ainteresso di coloro ch'avieno le posessionied eziandio dilavoratori di quelle; ma poco tempo apresso ne fu vendetta di grandecarestiacome inanzi faremo menzione.



LXVIII - Come in questo anno aparironoin cielo due stelle comete

Nel detto annoall'entrata digiugnoaparve in cielo la stella comata chiamata Asconecon grandechiomacominciandosi quasi a vista sotto la tramontana quasi nellaregione del segno del Taurodurando più di IIII mesiatraversando l'emisperio insino al mezzogiornoe·llàebbe fine. E poi apressoinanzi che quella venisse menon'aparveun'altra nella regione del segno del Cancro chiamata Rosae duròda due mesi. Queste stelle comate non sono stelle fissebenchéstelle paiano co' raggio chiomeo nubolose; ma dicono i filosofi eastrolagi che·cciò sono vapori secchie talori mistiche·ssi criano entro l'aria del fuoco sotto il cielo dellaluna per grandi congiunzioni de' corpi celesticiò sono lepianete; e sonne di nove manierequale per la potenza di Saturnoequale di Giove o di Martee così degli altrie tali miste didue pianete o più. Ma quale si sienociascuna è segnodi futura novità al secoloil più in malee talorasegno di morte di grandi re e signorio tramutagioni di regni e digentie massimamente nel crimato del pianeto che·ll'hacriatadove stende sua signoria; ma·lle piùsignificano malecioè fame e mortalitàe altri grandiaccidenti e mutazioni di secoli; e queste pure significarono grandicose e novitàcome leggendo poco apresso si potràvedere per buono intenditore e discreto.



LXIX - Di battaglie in mare tra'Genovesi e Viniziani

Nel detto anno e mese di giugno Xgalee degli usciti guelfi di Genova armate a Monaco trovandosi inRomania in corso con altre X galee del Comune di Vinegia sicombatterono insiemee·lle Viniziane furono sconfitte e presela maggiore parte con grande loro dannaggio d'avere e di persone; maperò i Viniziani non s'ardirono di cominciare guerra scopertaco' Genovesi d'entro o quelli di fuori.



LXX - Come la città diBologna venne alla signoria di meser Taddeo di Peppoli lorocittadino

Nel detto annoa dì VIIdi luglioessendo i Bolognesi in male ordine e peggiore disposizionetra·lloro di sette e di partidapoi che uscirono dallasignoria della Chiesa e del legatovolendo ciascuna casa di coloroche 'l cacciarono esere signorii Peppoli co·lloro seguaci dipopolo furono ad armee cacciarono di Bologna meser BrandalisGoggiadiniquelli propio che·ffu principale a cacciarne illegato e' suoi consorti e seguaci. E poi apressoa dì XXVIIId'agostomesser Taddeo figliuolo che·ffu di Romeo de' Peppolicoll'aiuto de' marchesi da Ferrara suoi parenti si fece fare capitanodi popolo e signore di Bologna. E poi conseguente a dì II digennaio il papa apo Vignone fece aspri processi contro al detto meserTaddeo e contro al Comune di Bolognaperché non volienoubidire la Chiesané amendare il danno fatto al legatoquando il cacciarono di Bologna. E poi apresso all'uscita del mese dimarzo seguente si scoperse tradimento e congiura in Bolognai qualiavieno ordinato d'uccidere il capitano e torli la signoria; e di ciòera caporale Macerello de' conti da Panago stretto parente del dettocapitanoe di cui più si fidavacon suo séguito ed'alcuno di Ghisolieri e altri Bolognesi. Il quale trattato scopertoalcuno ne fu preso e tagliato il capo. Ma quello Macerello con moltialtri uscirono di Bologna rubelli. E meser Taddeo al tutto rimasesignoree fortificossi di stato e di gente d'armetenendo DCCCsoldati alle spese del Comunee allegossi co' Fiorentini. E notalettorese·lla comataonde dinanzi facemmo menzionech'aparì nel segno del Tauroil quale troviamo intra altrecittà e paesi essere attribuito alla città di Bolognae mostrò assai tosto le sue infruenze di tanta mutazione disignoria alla città di Bologna. E come più adietrofacemmo menzionequando il legato cardinale ne fu cacciatopocodinanzi scurò la luna nel segno del Tauroe per alquantiintendenti di quella scienzia fu pronosticato dinanzi la mutazione diBologna contro al legatoe noi fummo di quelli che·llo'ntendemmocon tutto che·ll'operazioni di lui e di sua gentee uficiali assai aparecchiarono l'opere e·lla matera allacostellazioneonde si sperava quella uscita. Assai avemo detto de'fatti di Bolognama ènne paruto di nicistàcome dicittà vicina e amica di Firenzeconsiderando l'antica unionee libertà e stato e potenza del buono popolo di Bolognatornato a' nostri tempi per discordie e signoria tirannica disingulare cittadinoper dare asempro alla nostra città epopolo di Firenze a·ssapere i nostri cittadini guardare lalibertà della nostra republicae non cadere a tirannia disignore. Onde mi fa temere della nostra città di Firenze perle discordie emale reggimento: e questo basti a' buoni intenditori.



LXXI - Della morte del re Federigo diCiciliae di novità ne seguì all'isola

Nel detto annoa dìXXIIII di giugnomorì di suo male don Federigo reche teneal'isola di Cicilia: lasciò più figliuolima il suomaggiore don Pierocui egli a·ssua vita avea coronato recome in adietro in alcuna parte si fece menzioneed era quasi unomentacatto; per la qual cosa dopo la morte del padre molte mutazioniebbe l'isolache 'l conte Francesco di Ventimigliade' maggioribaroni dell'isolaper soperchi ricevuti dal detto Federigo prendendoparte contro a·llui per lo conte di Chiermonte suo cognatosirubellò con tutte le sue castellae cercò trattato colre Ruberto di Pugliadi cui di ragione era l'isolae mandò aNapoli un suo figliuolo. Ma per suo poco sennoovero peccatoaffrettandosi troppo inanzi ch'avesse soccorso del Regnomale glien'avenneche cavalcandogli adosso l'oste del re Pierosubitamenteper iscontrazzo presono due suoi figliuolie per simile modo egli inpersona con un altro suo figliuolo scontrandosi co' nimicicombattendo furono morti. E così fu quasi distrutto quellolignaggioe perderono tutte loro castellache·nn'avea assaie forti; ma però l'isola rimase in grande tribolazione esospettocome inanzi faremo menzione. Lasceremo di ciòediremo alquanto della guerra dal re di Francia e quellod'Inghilterra.



LXXII - Come il re di Francia feceprendere l'Italianie piggiorò la sua moneta; e come l'armatadel re d'Inghilterra venne in Fiandra

Nel detto anno MCCCXXXVII Filippodi Valos re di Francialasciato il suo buono proponimento giuratodel santo passaggio d'oltremarecome adietro facemmo menzioneperseguire la guerra cominciata col re d'Inghilterraper la suaavarizia cominciò a seguire male sopra male; che inn-unagiornataa dì X d'aprileper tutto il suo reame subitamentefece prendere tutti l'Italianicosì i mercatanti e·llecompagnie di Firenze e d'altre parti come i prestatori a usuraetutti gli fece rimedirepognendo a ciascuno certa grande taglia dimonetae convennela a ciascuno pagare. E fece fare nuova monetad'oroche·ssi chiamavano scudipiggiorando la lega dellabuona moneta XXV per Ce·lle monete dell'argentoall'avenante. E poi fece un'altra moneta d'oroche chiamòleonie poi un'altra che chiamò padiglionipiggiorandociascuna e di lega e di corsoper modo che dove il nostro fiorinod'oroch'è ferma e leale moneta e di fine orovalea allabuona moneta ch'era prima in Francia soldi X di parigini inanzi fossegli anni MCCCXXXVIIIIvalse il fiorino d'oro in Francia soldi XXIIIIe mezzo di parigini e il quarto più a tornesi piccioli. E poil'anno MCCCXL fece un'altra moneta nuova d'oro chiamata agnoliepeggiorolla tantoe così quella dell'argentoe' piccioliche 'l nostro fiorino d'oro valse a quella moneta soldi XXX diparigini. Lasceremo alquanto a dire delle corrotte monete del re diFranciae seguiremo a nostra matera dell'ordine della detta guerracioè che poi del mese di luglio vegnente alla festa dellaMaddalenacom'era ordinato per la lega e giura fatta contro al re diFranciail Baveroche·ssi facea chiamare imperadorevenne aColoniache vi dovea esere il re d'Inghilterrail quale per moltoaffare dell'isola e per la guerra ch'avea di Guascogna fallìla giornata. Fuvi il duca di Brabantee quello di Ghellerie quellodi Giulierie il conte d'Analdoe altri signori allegatie gliambasciadori del re d'Inghilterra; e a quella asembrea si rifermòla legae gli ambasciadori d'Inghilterra per lo re promisono i gaggie' soldi alli Alamanni e agli altri allegati e·lla venuta delre in persona alla settembria. Per la qual cosa il detto Bavero e glialtri allegati mandarono disfidando il re di Franciadicendo divenirlo a vedere insino alla città di Cambragio alla frontieradel reame di Franciae di tenere campo in su·rreameecombattere co·llui; del quale sfidamento il re di Franciaprese grande sdegno e ontae providesi di presente di tesoro ed'ordine di cavalieri e di gente d'arme per fornire la sua impresaguerra. E poi conseguente non potendo il re d'Inghilterra passare diqua da marecome promesso avea alli allegatiper molti affari di làe perché venia il vernovolendo fornire la promessa di gaggisì mandò CCC cocche e CXX batti a remi armati; in sullaquale armata fu il vescovo Niccolae il conte di Monte Agutoequello di Sofolcoe meser Gianni d'Arsisignori di gran valore conmolta altra buona gente d'armee con danari assai e con XIIm saccadi lana de lo reistimandosi tra moneta e·lle lane DCm difiorini d'oro e più; e arrivaro alla Suma in Fiandraall'entrante di novembree puosonsi all'isola di Gaggiante allabocca del porto della Suma detto le Schiusee in sull'isola sceseroparte di loro gentee co' Fiamminghi che v'erano per lo conte diFiandrail quale ubidia il re di Franciasi combatterono; e alprincipio furono morti dell'Inghilesi ch'erano scesi non provedutiein sull'isola del Gaggiante era il fratello bastardo del conte diFiandra con gente d'arme alla difesa. Sentendo ciò la gentedello stuoloisceserne in grande abondanzae quanti Fiamminghi vitrovarono misono a morte; e presono il fratello del contee tuttal'isola misono a fuoco e a fiamma. E poi la detta armata non potendoporre alle Schiuseperché i Fiaminghi ubidiano il conte loroe·rre di Franciasì n'andarono a Dordette inn-Olandae·llà scaricaroe vennero in Brabantee tenneroparlamento colli allegatie diedono ordine alla guerra. Sentendopapa Benedetto e' suoi cardinali la 'mpresa della sopradetta guerramandò due legati cardinali in Francia al re per mettereaccordo da·llui a quello d'Inghilterra; e parlamentato co·lluiassai a Parigin'andarono verso Inghilterrae passarono il mare adì XXVII di novembre; ma niente adoperaro. Lasceremo alquantoa dire di questa guerrache assai tosto ce ne converrà diremaggiori cosee torneremo a dire della nostra guerra col Mastino.



LXXIII - Come la città diBrescia si rubellò a mesere Mastinoe·ssi diede allanostra lega e altre castella

Nel detto annoall'entrante disettembres'arrendé alla nostra lega il castello di Mestri equello delli Orci e quello di Canneto in bresciana. E poi a dìVIII d'ottobre per trattato della detta lega i Bresciani ch'eranosotto la tirannia di meser Mastinoe parea loro male stareeveggendo che meser Mastino era molto abassato di suo stato e dipoderee perdute le dette castellasì levarono la cittàa romore e rubellarono la parte detta la città vecchia diBrescia. In Brescia era per capitano per meser Mastino uno meserBonetto con D cavalieri tedeschiil quale si ridusse in parte dellacittà nuova di verso Veronae mandò per soccorso ameser Mastino. E' cittadini con ordine fatta in quello medesimo dìche' Bresciani levarono la città a romorecerti gentiliuomini de' più possenti di Bresciai quali erano cortesementeistadichi a Veronasubitamente se ne partirono per diverse vieevennono a Brescia. Per la qual cosa i Bresciani veggendosi a quellopuntoe temendo la venuta della forza di meser Mastinosìmandarono per la nostra gente della lega; e di presente vi giunsonoda MD cavaliericom'era ordinatoe fu data loro la porta di SanGiannied entrarono nella città. E di presente misono fuoconella porta di San Giustino per assalire nella città nuova lagente di mesere Mastino. Messere Bonetto e sua gente veggendosi apericolodubitando di non esere sopresi dalla forza della nostracavalleria ch'era nella cittàsi partì di Brescia perporta Torre Alta e andossene a Verona. E poi quelli della lega collavolontà e procaccio de' Fiorentini ciechiche·sse nefeciono capofu data la signoria di Brescia a meser Azzo Viscontisignore di Milanoche·nn'era grande quistione tra' Lombardiche ciascuno di quelli signori la voleva. E certo i Fiorentinil'aveano a procacciare a messere Azzoper amore che con Castruccioci fu a sconfiggere ad Altopascioe poi alle porte di Firenze.Messer Mastino veggendosi perduta Padova e presovi il fratelloe poiBrescia e più altre terre ch'elli teneacome per noi èfatta menzionee fallitoli e venuto meno suo tesoroisbigottìmoltoe mandò suoi ambasciadori a Vinegia per trattato dimeser Alberto che v'era prigionedel mese di dicembre; e cercaronoco' Viniziani certo accordo sanza saputa dell'altra lega. Onde iFiorentini e gli altri allegati presono grande sospetto. I Vinizianisi scusaro che·cciò che facieno era a onore della legae però i Viniziani volieno e dimandavano tali patti e sìlarghiche meser Mastino no·lli volle oservare; ericominciossi la guerra più aspra che primache apressoall'entrante di marzola nostra gente cavalcaro sul veronese sanzatrovare alcuno contastoe passarono il fiume dell'Aliceeguastarono XVI grosse ville con gran danno del paese.



LXXIV - Di certe novità fattein Firenze

Nel detto anno MCCCXXXVIIessendosi pacificati insieme la casa di Malatesti da RiminoiFiorentini elessono per loro capitano di guerra meser Malatesta ilgiovaneuomo assai valorosoe venne in Firenze molto onorevolementea dì XIII d'ottobretegnendo molto onorata vitasanzaprendere parte o setta alcuna nella cittào farsi bargelloperò che·cci amava per comune; ma al suo tempo non sifece né oste né cavalcata sopra Luccaperòch'al continovo i Fiorentini stavano inn-isperanza d'averla pertrattatiche' Viniziani tenieno d'accordo con meser Alberto e conmeser Mastino; la quale riuscì vana speranza per la dislealtàe tradimento de' Vinizianicome per lo inanzi faremo menzione. Inquesto annoa dì VIII di gennaiomeser Benedetto Maccaionidi Lanfranchi ribello di Pisa avendo segretamente soldati in FirenzeCCC soldati a cavallo subitamente cavalcò in Maremma e di dìe di notteche·lli dovea esere dato Castiglione dellaPescaiae fulli data una porta; ma·lla gente della terrasubitamente furono alle difesee cacciarline fuori. Della dettacavalcata si dolfono molto i Pisani de' Fiorentinied ebbono granpaura di perdere Castiglione o Piombino. Il vero fu ch'alcuno de'reggenti di Firenze seppono il detto trattatoe diedonvi aiuto efavore; ma i priori non ne sentirono niente; ma per tema di peggio iPisani ne furono più cortesi contro a' Fiorentiniche primatutto dì cercavano gavillazioni in Pisa contro a' nostrimercatanti per abattere la nostra franchigia per indirette soffisme.In questo tempoa l'entrante di febraioi Fiorentini ebbono inguardia dal vescovo d'Arezzo ch'era degli Ubertinila forte roccadel suo castello di Civitella e Castiglione degli Ubertini inValdarno e pacificaro il vescovo e' suoi co' Tarlati d'Arezzo perfortificamento della signoria presa per li Fiorentini della cittàd'Arezzo. E fecesi legge e decreto in Firenze a dì XIIII dimarzo che nullo cittadino comperasse castello alcuno alle frontieredel distretto di Firenze. E·cciò si fece perchéquelli della casa de' Bardi per loro grande potenzia e ricchezzaavieno in que' tempi comperati il castello di Vernia e quello diMangone da meser Benuccio Salimbeni da Sienae quello del Pozzo daDecomano da' contidubitando il popolo di Firenze non montassonoellino e gli altri grandi in potenzia e superbia per abassare ilpopolocome feciono apresso non gran tempocome si faràmenzione. In quelli giorni s'aprese il fuoco nel popolo di SanBrocolo nella casa alta de' Riccomanni presso alla Badiae arsetutta di mezzogiorno di sopra la voltanon potendo esere difesa. Edopo l'uficio di meser Malatestae lui partitoquelli che reggeanoFirenzefeciono venire sotto titolo di capitano di guerraovero perbargellomeser Iacopo Gabrielli d'Agobbioil quale entrò inuficio in calen di febraio MCCCXXXVIIIe stette II anni con grandebalìa; il quale per la sua asprezza fece in Firenze e nelcontado di sconce cose e albitrare sanza ordine di ragioneondenacquero novitadi sconce di cittàcome inanzi faremomenzione.



LXXV - Come nella cittàd'Orbivieto feciono popoloe simile quella di Fabriano

Alla fine del detto annoMCCCXXXVIIdì XXIIII di marzola città d'Orbivieto silevò a romore e inn-arme per soperchio di quelli della casa diMonaldeschiche tirannescamente la signoreggiavano; e fecionopopoloe cacciarne i detti Monaldeschi e' loro seguaci. E per similemodo si fece in que' dì popolo nella città di Fabrianonella Marcae cacciarne i loro tiranni e potenti che signoreggiavanola terra.



LXXVI - Come certa gente di Luccafurono sconfitti da' marchesi Malespini guelfi

L'anno MCCCXXXVIIIa dìXXVI di marzoessendo cavalcati CC soldati a cavallo della cittàdi Lucca e popolo a piè assai nella contrada di Lunigianaadosso a marchesi Malespini da Villafrancada' detti marchesi e lorogenti furono sconfitti e ricevettonvi gran danno di prigioni e dimorti la gente di meser Mastinosecondo la quantità di gentech'eranoche pochi ne tornarono in Lucca. Lasceremo alquanto dellenovità di Firenze e di Toscana e d'altre partie torneremo adire sopra la guerra da·nnoi a meser Mastinoche·nnecresce matera.



LXXVII - Come la nostra oste diLombardia andarono infino alle porte di Veronae corsonvi il palioed ebbono Montecchio

Nel detto annorotto ognitrattato d'accordo da·nnoi e Viniziani con meser Mastinolanostra gente intorno di IIIm cavalieri cavalcaro sopra la cittàdi Verona a dì XVIII d'aprilee per forza combattendo ebbonola terra di Soave presso a Veronach'era guernita per meser Mastinoe morìvi di sua gente più di CCCC uomini. E poi a dìXXI d'aprile si strinsono presso alle porte di Verona al gittared'uno balestroe' nostri capitani dell'osteche tuttora v'avea unocavaliere di nobili e uno popolano di maggiori di Firenzee similedi Vinegiaper dispetto e vergogna di meser Mastino feciono correreuno palio di sciamito dinanzi alla porta di Veronamandando bandoche ciascuno di Verona che volesse potesse sicuramente venire difuori a vedere il giuoco e correre il palio; ma pochi n'uscirono. Epartitosi l'oste nostra da Veronaa dì III di maggios'arrendé a·lloro il grande e forte castello diMontecchioil quale è·lla chiave tra Verona eVincenza; e quello fornito di vettuaglia e di gente d'armela nostraoste si tornò al castello di Lungarail quale era a quellefrontiere ben disposto a·ffare guerra al Mastino. E notalettorecome adopera la fortuna nel secoloe maggiormente ne'processi delle guerreche poco tempo dinanzi messere Mastino ch'erain tanto stato e signoriache signoreggiava VeronaPadovaTrevigiVincenzaParmaLuccae·lla città di Feltroe CivitaBellunae molti grandi e forti castellie avea gran tesororagunatoe a' suoi soldi al continovo tenea più di Vmcavalieri tedeschi alle spese delle dette otto città; ed eraun grande e possente tirannoil maggiore di tutta Italia o che fossestato intra C anni; e poco dinanzi minacciati avea i Fiorentini divenirli a vedere infino alle porte di Firenze con Vm barbute diferroe fatta fare una ricchissima corona d'oro e di pietre prezioseper coronarsi re di Toscana e di Lombardia; e poi intendea d'andarenel regno di Puglia e torlo per forza d'arme al re Ruberto; esarebbegli venuto fattose non fosse il giudicio di Dio peraumiliare la sua superbiae·lla potenza del Comune di Firenzee di quello di Vinegiache ripugnaro e recaro a poca potenza e bassostato co·lloro operazione e danariper lo modo che leggendoavete inteso; e ancoracome intendereteil recarono a maggiorestremitàche convenne che 'ngaggiasse a usura la sua corona etutti i suoi gioelli per avere danari per resistere alla sua guerra;però che per guardare le sue terre e tenute gli convenia inciascuna mettere grossamentesalvo che di Lucca e di Veronatiranneggiandole con grandi torzioni traeva alcuna cosa. E perònullo signore o tiranno o Comune si può fidare nella suapotenzaimperò ch'ogni potenza umana è vana e fallace.E·ll'onnipotente Iddio Sabaot dà vinto e perduto a·ccuigli piace secondo i meriti e i peccati. Lasceremo alquanto dellaguerra da·nnoi a meser Mastino per dire d'altre novitàocorse inn-Italia e oltremonti in questi tempi.



LXXVIII - Come il duca di' Brabante co'suoi allegati fece grande oste sopra il vescovo di Leggee fer pace

Nel detto anno MCCCXXXVIIIa dìVIIII d'aprileil duca di Brabante cogli altri allegati e giuraticontro al re di Franciae col figliuolo del Baverocon VIIImcavalieri e più di LXm pedoni brabanzoni e d'intorno al paesequali tutti armati a corazze e barbute come cavalieriandarono soprail vescovo di Legge per la quistione che 'l duca avea co·lluiper la terra di Mallina; e maggiormente perché il dettovescovo era in collega col re di Franciaper levarsi di mezzo loropaesee i·rre di Francia non avesse podere e non potesse farerisistenza alla impresa loro della guerra incominciata. Il vescovoveggendosi sì sùbito assalire da tanta potenzaed eglimale proveduto al riparo della detta ostee da·rre di Francianon avuto soccorsos'accordò col duca e colli altri allegatisiccome seppono divisaregiurando loro di non essere più dicollega col re di Francia.



LXXIX - D'una grande armata che il reRuberto mandò sopra l'isola di Cicilia con poco aquisto

Nel detto annosentendo il reRuberto che·ll'isola di Cicilia era in mala disposizione perlo nuovo re Pietroe per la rubellazione del conte Francesco diVentimiglia e di suoi seguaciordinò una grande armata perpassare in Cicilia; e partissi la detta armata di Napoli a dìV di maggio con LXX tra galee e usciericon MCC cavalierie di làarrivaro dì VII di maggio nella contrada di Tremoleed ebbonodi presente tre castella d'ivi intornoe puosonsi ad assedio aTremole. E poi a dì X di giugno si partì di Napoli laseconda armata con maggior naviliocon gran gente di baroni delRegno e Provenzalionde furono capitani Carlo il duca di Durazzonipote del re figliuolo di suo fratellomesser Giannie 'l conteNovello di quelli dal Balzo; e puosonsi al detto asedio di Tremoleed ebbollo a patti all'uscita d'agostosalvo la roccadopo moltebattaglie date e fracasso di dificie arsono la terra tutta. Erubellossi al re Piero il conte Ruggieri da Lentino con tutte le suecastellach'era uno de' maggiori baroni dell'isola e di discendentide' principali baroni che rubellarono l'isola al re Carlo primo: ecosì si rivolge il secolo. La detta armata per infermitàsi partì e tornaro a Napoli con poco aquisto od onore;ch'essendo più di IImD cavalieripotieno cavalcare tuttal'isola sanza contastoed e' non si mossono mai da Tremoleondeinfracidò l'oste; e corrottaingenerò pestilenzad'infermità e di mortalità.



LXXX - Come molte città delregno di Puglia ebbono discordia e divisione tra loro cittadini

Nel detto anno si cominciònel regno di Pugliache signoreggiava il re Rubertouna grandediscordia e maladizione nella città di Sermonae in quelladell'Aquilae in Gaetae in Salernoe in Barlettache in ciascunadelle dette terre si criò partee combattendosi insieme;e·ll'una parte cacciò l'altrae guastarsi quasi ledette terree d'intorno a quelle; e il paese per cagione delle dettediscordie tutto s'empié di malandrini e di ladronirubandoper tutto; e a queste discordie tenieno mano molti baroni del Regnochi coll'una parte e chi coll'altra. E·lla maggiore fu quelladi Barlettae che più durò e con maggiori battaglie.Dell'una parte era capo casa Marrae co·lloro il conte diSanseverino e tutti i suoi seguaci; dell'altra la casa di Gattieco·lloro il conte di Minerbinochiamato il Paladinoe co'suoi seguacii quali feciono molto di malee guastando la terra diBarletta e tutto il paese d'intorno. Delle quali discordie il re nefu molto ripresoe dovea esere a tanto savio signore come erae disenno naturale e di scienzie; e per propia avarizia delle pene ecomposizioni di misfatti di suoi sudditi sofferia il guastamento delsuo regnopossendolo correggere e salvare con alquanta giustizia. Eniente si ricordava delle parole del savio re Salamone: "Diligiteiustitiamqui iudicatis terram". Bene che poi che·lledette terre furono ben guasteil re vi mandò le sue forzeassediando Minerbino e 'l conte; e' suoi fratelli vennono a Napolialla misericordia del ree tutti i loro beni piubicati alla coronae venduti e barattatied ellino prigioni a Napoli; e furono diserticon male fine e disfatti. Questi conti di Minerbino furo stratti divile nascimentoche furono figliuoli d'uno figliuolo di meser GianniPipinoil quale fu nato d'uno piccolo e vile notaiuolo di Barletta;ma per sua industria fu molto grande al tempo del re Carlo secondoeguidava tutto il regnoguadagnando d'ogni cosae arricchìper modo che lasciò i suoi figliuoli conti; i quali poi perloro superbia e stracotanzacom'è dettovennero tosto a malfine. E nota che rade volte i sùbiti avenimenti di grandestato hanno tosto dolorosa finee 'l male aquistato non passa le piùvolte terza reda; e così avenne di costoro. Lasceremo de'fatti del Regno e di Ciciliae diremo alquanto de' fatti di Firenzestati nel detto anno.



LXXXI - Come i Colligiani si diedonoal Comune di Firenzee di novitadi di Firenze nel detto anno

Nel detto anno MCCCXXXVIIIil dìdi san Giovanni di giugnocavalcando IIII bandiere da centoa·ccavallo di nostri soldati verso Buggiano per levare predamesso loro aguatofuro sconfittie presi due conestaboli e·llamaggiore parte di loro gente. E nel detto annoa dì XII diluglioessendo i Colligiani in grande divisione tra·lloroeper guastarsi la terra e cacciarne partedi concordia diedono lasignoria della terra e·lloro distretto alla guardia del Comunedi Firenze per XV annichiamando al continovo podestà ecapitano cittadini di Firenzee·lla guardia della roccaa·lloro spese; e così s'aquetaro le loro discordiesotto il bastone del Comune e popolo di Firenzerimanendo in pace ebuono stato. E nel detto annoa dì XV di dicembres'apreseil fuoco Oltrarno in via Quattro Paonie arsonvi II case. E poi a dìVII di febraio di mezzodì s'aprese il fuoco da casa iCerretani dalla porta del vescovoe arse il loro palagio con piùdi X case dall'una via e dall'altra con grande dannaggiosanzapotersi difendere. E nota che apunto in cinquanta anni s'aprese ilfuoco e arse il detto palagio de' Cerretanicome in questa adietrosi troverràche·ffu grande maladizione a quellaschiatta non sanza cagione.



LXXXII - Ancora della guerra da·nnoia mesere Mastino

Nel detto anno MCCCXXXVIIItornata l'oste nostra e de' Viniziani al castello di Lungaracomeadietro facemmo menzionemessere Mastino con suo sforzo venne adoste sopra il castello di Montecchio per raquistarlonon sentendoloben fornito per la sùbita ribellazionee perchédubitavategnendosi Montecchio per la nostra gentedi perdere lacittà di Vincenza. La nostra gentech'era a Lungarapersoccorrere Montecchio e fornirlo si partiro di LungaraIIm cavalierie popolo e fornimento assaia dì XV di giugnoe vegnendocolle schiere fatte per combattere con meser Mastino e colla suagentech'era con MCC cavalierinon attese la nostra gente e nonvolle venire alla battagliama si levò da·ccampo condanno e con vergogna da quelli del castelloper la sùbitalevata inanzi che·lla nostra gente vi s'apresasselasciandotutto il campo fornito; giugnendovi poi la nostra genteforniroMontecchio riccamente. Come meser Mastino si partì colla suagente da Montecchiose ne venne diritto a Lungara a dì XVIIdi giugnocredendola avere per battagliaavisandosi ch'ella fossesguernita per la cavalcata fatta a Montecchio per li nostri. Madentro v'erano rimasi alla guardia D cavalieri de' nostri e de'Vinizianii quali difesono la terra con danno d'alquanti di quellidi meser Mastino. E partito da Lungarae·llui tornato aVerona con poco onorerimandò parte della cavalleria che gliera rimasa alla guardia e guernigione delle sue terree con pocagente a cavallo si ritenne in Verona. E poi CCC cavalieri de' nostrida Lungara cavalcarono infino a Verona alle porte sanza alcunocontastosì era asottigliata la potenzia del Mastino. E inquesti tempia dì XVIIII d'agostos'arrendé a'Padovani il castello di Monselicisalvo la roccala qual poi perdifetto di vittuaglia s'arrendé a dì XXV di novembreapressosalve le persone. E a dì XXVIIII di settembre deldetto annoavendo meser Mastino uno falso trattato d'eserli dato ilcastello di Montagnanamenato per Spinetta marchese e per due suoifamigliarich'erano al soldo nostro a Montagnanai quali loscopersono a meser Ubertino da Carraraed elli notificandolo allanostra oste di Lungara che stessono aparecchiati al socorso diMontagnanamesser Mastino seguendo il suo trattato vi fece cavalcareSpinetta marchese con Vc cavalieri e MD pedoni. La nostra gentech'avieno ordinato lo 'nganno del trattatoin quantità di Dcavalieri si partirono dal nostro campo di Lungarae andarono disùbito a Montagnanae simile CC di quelli di Padova. Vegnendola detta gente di meser Mastino a Montagnanaper aguato fatto per linostri gli asalirono e missogli inn-isconfitta; ove rimasono annegatie morti ben CCC tra cavallo e a pièe presi XXII conestabolitra·ccavallo e a pièe de' migliori Italiani da XIIche meser Mastino avesse a suo soldodi quelli da Coreggiae diquelli da Foglianoe altri Lombardi e gentili uomini co·lloroe gente a cavallo e a piè presi assaionde fu gran rotta allostato di meser Mastinonel suo dichinamento. Lasceremo alquanto de'fatti della guerra da·nnoi al Mastinoche tosto vi torneremoa darvi finee torneremo alquanto adietro a dire della 'mpresa dellaguerra dal re di Francia a quello d'Inghilterra e suoi allegati eFiamminghi.



LXXXIII - Come i Fiamminghi cacciaro illoro contee rubellarsi al re di Francia

Essendo la contea di Fiandra ingrande bollimento per la guerra cominciata dal re di Francia a·rred'Inghilterrae il duca di Brabante e gli altri allegatiche partedi Fiaminghi sarebbono stati contenti di rubellarsi al conte diFiandra e al re di Franciae parte ne tenieno col conte; per la qualcosa più discordie ebbono col conte loro signoreperchétenea col re di Franciae cacciarlo di Fiandra alcuna volta allacortese a modo di confinie poi rimandavano per luicome popoloch'era in bacillare e in non fermo stato. Alla fine si levò inGuanto uno di vile mestiereche facea e vendea il melichinocioècervogia fatta con melech'avea nome Giacopo d'Artivelloe fecesimastro della Comuna di Guanto. E questo fu l'anno MCCCXXXVII; e persuo bello parlare e franchezza montò in brieve tempo in tantostato e signoria col favore della Comune di Guantoche cacciòdi Fiandra al tutto il conte e tutti i suoi seguacie così diGuanto e di Bruggia e d'Ipro e delle altre ville di Fiandrach'amavano il conte; imperò che chiunque facea resistenza sipartia di Guanto con VIm o più della Comunae venia contro aque' cotalia combatterli e cacciarli; e così in poco tempofu al tutto signore di Fiandra. Ben si disse di vero che 'l vescovodi Niccolach'era in Brabante per lo re d'Inghilterracol favore econsiglio di Brabanzoni e con molti danari di quelli del red'Inghilterra spesi in Fiandra fece fare tutta quella rivoltura; ondepoi apresso seguì grande favore al re d'Inghilterracomeinanzi leggendo si troverrà.



LXXXIV - Come 'l re d'Inghilterra passòin Brabante

Essendo Fiandra quasi rubellataal re di Francia e al contecome detto avemolo re Aduardo ilgiovane giunse ad Anguersa in Brabante con più di CCC navi econ molta baronia e gente d'arme di suo paesee con molta lana edanarie colla moglie e due sue figliuole; e·cciò fu adì XXII di luglio gli anni MCCCXXXVIIIe in Anguersa fece suastanza ferma infino all'uscita di settembrebene che in questastanza andasse colli allegati a più parlamenti a piùville del paeseintra·lli altri nella contea di Los a'confini d'Alamagna colli ambasciadori del Bavero. E in quelloparlamento si piuvicò con privilegi imperiali il red'Inghilterra essere vicaro dello 'mperiosalvo in Italia; e poi nevenne a Borsellae·llà fermò parentado col ducadi Brabante; ciò fu la figliuola del duca al figliuolomaggiore del re d'Inghilterra. E allora il duca da capo giuròla lega e d'esere contro al re di Franciae mandolli rinuziando ogniomaggio tenea da·llui nel reame di Franciae mandollosfidando infino a Parigi per uno franco e ardito cavalierebrabanzonee bene parlante; e fornì bene la bisogna.



LXXXV - Come il re d'Inghilterra e'suoi allegati vennero ad oste in su il reame di Francia

E·cciò fattosimosse il re d'Inghilterra e il duca di Brabante da Borsella co·lloroostee andarne a Valenzina inn-Analdo; e ivi siccome vicariod'imperio fece richiedere il vescovo di Cambrai che dovesse renderela città di Cambraich'era dello imperioil quale non vicomparì. Per la qual cosaa dì XX di settembrediValenzina si mosse inanzi meser Gianni d'Analdo zio del conte con IImcavalieri tra d'Analdo e Alamanni al soldoe il sire di Falcamontecon D cavalierie puosonsi dinanzi alla città di Cambrai allavilla d'Apre. E bene che Cambrai sia terra d'imperio e tenelal'arcivescovoil re di Francia l'avea guernita di sua gentechev'era dentro il conestabole di Francia con IIIm armadure. Il red'Inghilterra venne alla detta oste con sua gente con IImD cavalieritra Inghilesi e altri suoi amici. Il duca di Brabante con IIIImcavalieritra di Brabante e di Legge e Alamanni a soldoe popolo diBrabante e d'Analdo per comunegrandissima quantità; evennevi il conteovero ducadi Ghelleriper simile modo con IImcavalierie quello di Giulieri con MD cavalieri. Tutta questa gentee·lla maggiore parte furono a' gaggi o provisione del red'Inghilterra. Vennevi il marchese di Brandiborgo figliuolo delBavero con CC armadure sanza soldo; e più di MD cavalieritedeschi il seguiro di volontà non richesti; sicchél'oste degli allegati fu più di XIIIIm di cavalieri e piùdi LXm a pièarmati a corazze e barbute la maggior parte; edi costa a Cambrai stette l'oste da VIIII giornie corsono infino aDoai guastando e rubando. E il sire di Falcamonte corse infino aBapalma e a Ros in Vermandosperò che·rre di Franciaera ancora a Compigno. E poi si partì di là la dettaostee puosonsi al monte Sammartino presso a San Quentino a dueleghe; poi a dì XIIII d'ottobre mutarono campo e passarono ilfiume dell'Osae mutaro su per la riviera tre campi; e poi puosonocampo a tre leghe presso alla Cina in Francia. E poi sentendo lavenuta del re di Franciasi ritrassono adietro alla Capellae poivennero alla Samingheria in Tiracia. E di questi campi corsono infinopresso appiè da·lLaona e d'Ares in Franciafaccendoinfinito danno di ruberie e d'arsioniperò che 'l detto paeseè molto pieno di ricche e buone ville e d'assai. E dal tempoche' Romani si partirono del paeseanticamente quando ilsignoreggiarononon aveano sentito che guerra si fosse.



LXXXVI - Come il re di Francia con suaoste venne contro al re d'Inghilterra

Il re di Francia sentendo come ilre Aduardo avea passato in Brabantee il grande aparecchio del dettore che gli altri allegati ch'avieno fatto a Cambraiincontanente siprovide. E prima avendo richiesti tutti suoi baroni del reamee ilre di Navarrasuo cuginoe il re Giovanni di Buemiae 'l conte diSavoiae 'l Dalfino di Viennae ciascuno gli venne in aiuto congente d'arme assai a·ccavallo e a piè. E sentendoch'erano entrati nel reame i nimicisi partì di Parigisubitamenteperò che non avisava che' suoi nimici fossonoarditi d'entrare in su·reame: e in questo prese fallo. E sanzaattendere tutta sua ostevenne di presente a Compignoe poi di làvenne a Perona in Vermandos. E·llà si trovò tradella gente di suo reame e degli altri detti signori e amici con XXVmdi buona gente d'arme a cavallo e popolo a piè infinitoepartissi da Peronae puosesi a campo di costa al fiume dell'Osaapetto all'oste di quello d'Inghilterra a una lega e mezzoessendointra·lle dette osti la riviera d'Osa; e così stettonoafrontati più dì.



LXXXVII - Come l'oste del re di Franciae di quello d'Inghilterra s'affrontaroe poi si partiro da·ccamposanza combattere

Essendo i detti II eserciti cosìdi pressoch'erano tanta gentee cavallie somierie carreggioche·lla minore oste teneva più d'una e mezza legacomprendendo tutto il paeselo re d'Inghilterra e' suoi allegatirichiesono di battaglia il re di Franciaperò che·llastanza non facea più per loroperch'avieno guasto e rubatotutto il paesee·lla vittuaglia venia alla loro oste moltodalla lunge e con iscortae in que' giorni valse il pane uno grossotornese d'argento in quella oste. Lo re di Francia accettò labattagliae prese il gaggio; e 'l sabatoa dì XXIIId'ottobre MCCCXXXVIIIera la giornata. E ciascuna oste s'armòe schierò. E·rre d'Inghilterra venne con sua genteschierato nel luogo ordinatoe stette in sul campo infino a vespro.Il re di Francia e sua oste s'armòma però non simosse con sua gente del campoma con inganno e maestria di guerra sicredette vincere i nimici. E mandando a uno passo di rivieraondeall'oste del re d'Inghilterra venia la vittuagliada IIIm cavalierie sergenti a piè e balestrieri assai per impedire il dettopasso. Ma il re d'Inghilterra e' suoi allegati prima s'erano di ciòprovedutie guernito il detto passo; ma veggendosi inn-istremo luogoper la vittuagliae·cche il re di Francia non venia abattagliatrombato e ritrombatoe poi si partirono del camposchieratie andarsene ad Avenes in Tiracciae poi a Mabrugaminn-Analdoe di là n'andarono a Borsella. E là fattoloro parlamentoordinarono d'essere colle loro forze tornati inBrabante a primo tempo. E diedono congio a tutti gli Alamanniiquali n'andarono tutti ricchi tra di gaggi del re d'Inghilterrae·lle ruberie fatte sopra i Franceschi. Lo re di Francia sitornò sano e salvoma con poco onorea Parigi. E per similemodo diè congio alle sue gentie che fossono tornati a primotempo. Avemo fatto sì lungo conto delle dette osti sanzabattagliaimperò che·ggià è lungo temponon si asembrò tanta baronia di presso per combatterequantofu quella: che·ssi può dire di veroche fosse il fioree·lla forza della cavalleria di Cristiani. E di certo fugrazia e opera di Diobene che si puose in viltà del re diFrancia e di Franceschi che battaglia non vi fu tra·lloronési spargesse tanto sangue cristiano. E·llo re Ruberto suo zioinfino da Napoli al continovo per lettere e messaggi confortava il redi Francia che per lo migliore non si mettesse alla battaglia conBramanzonie Tedeschie Fiamminghigente disperata e crudeleeper alcuno si disse che 'l re di Francia dubitò di tradimentoe però non si mise a battaglia; ma quale si fosseprovide ilmigliore e il più sicuro per lui. Lasceremo alquanto dellaguerra de' detti II rech'assai tosto apresso ci converràraccontare come feciono altressì grande assembramento omaggioree torneremo a nostra matera a dire degli avenimenti e finedella nostra guerra col Mastinoe dell'altre novità diFirenze e d'Italia e d'altri paesi in questi tempi.



LXXXVIII - Del male stato ch'ebbono lacompagnia de' Bardi e quella de' Peruzzi per la detta guerrae tuttala nostra città di Firenze

Nel tempo ch'era la detta guerrada·rre di Francia con quello d'Inghilterra sì eranomercatanti del re d'Inghilterra la compagnia di Bardi e quella diPeruzzi di Firenzee a·lloro mani venia tutte sue renditee·llane e cose; ed ellino forniano tutte le sue spesariegaggie bisogne; e sopramontarono tanto le spese e bisogne del reoltre alle rendite e cose ricevute per luiche i Bardi si trovaronoa ricevere da·rretornato dell'oste dettatra di capitale eprovisioni e riguardi fatti loro per lo re più di CLXXXm dimarchi di sterlini; e' Peruzzi più di CXXXVm di marchie ognimarco valea fiorini IIII e terzo d'oroche montarono più diMCCCLXVm fiorini d'oroche valeano un reame. Ben avea in questasomma assai quantità di provisioni fatte a·lloro per lodetto re per li tempi passati; ma come che si fossefu la loro granfollia per covidigia di guadagno o per raquistare il loro follementeprestato mettere così di grosso il loro e l'altrui inn-unosignore. E nota che i detti danari non erano la maggiore parte delledette compagnieanzi gli aveano inn-accomanda e in diposito di piùcittadini e forestieri. E di ciò fu il grande pericolo a·lloroe alla nostra cittàpoco apresso come si troverràleggendo. E·cche n'avenne che per cagione di ciò nonpotendo rispondere a cui dovieno dare in Inghilterrae in Firenzeein altre parti dove avieno a·ffaree del tutto perderono lacredenzae fallirono di pagareispezialmente i Peruzzicon tuttoche non si cessassono per le loro grandi posessioni ch'avieno inFirenze e nel contadoe per loro grande potenzia e stato ch'avienoin Comune. Ma per questa difalta e per le spese del Comune inLombardia molto mancò la potenzia e stato di mercatanti diFirenze; e però di tutto il Comune e·lla mercatantia eogni arte n'abassòe vennero in pessimo statocome inanzi sifarà menzione; però che fallite le dette due colonneche per la loro potenziaquando erano in buono statocondivanocolli loro traffichi gran parte del traffico della mercatantia diCristianied erano quasi uno alimentoonde ogn'altro mercatante nefu sospetto e male creduto. E per le dette cagioni e per altrecomesi dirà tostola nostra città di Firenze ricevettegran crollo e male stato universale non guari tempo apresso. E peragiunta del male stato delle dette compagnie il re di Franciafaccendo pigliare in Parigi e per tutto il reame i loro compagni ecose e mercatantiee di più Fiorentini per la detta cagionee per li molti danari che 'l Comune avea presi per forza in prestoda' cittadini e spesi nella 'mpresa di Lombardia e di Luccaonde poide' rimbalzi e del mancamento della credenza più altre minoricompagnie di Firenze poco tempo apresso ne fallironocome inanzi sifarà menzione. Lasceremo di questa materae torneremo aseguire il trattato della guerra con messere Mastino.



LXXXIX - Come la nostra gente e de'Viniziani entrarono ne' borghi di Vincenza

Tornando a nostra matera dellaguerra da·nnoi a mesere Mastinole cui forze erano moltoafieboliteavenne che a dì XVI d'ottobre MCCCXXXVIIIsentendo meser Mastino che·lla città di Vincenza eramolto stretta e stava malesì mandava per loro soccorso econforto CL cavalierii quali passandodalla gente nostra ch'era inMontecchio furono assaliti e sconfittie presi cinque conestabolie·lla maggiore parte di quelle masnade. E di presentecomeera stato trattatola nostra oste e cavalleria entraro ne' treborghi di Vincenza a dì XVIII d'ottobre del detto annoequasi tutta la terra avenose non la parte ch'era col castello; equello poco tempo sarebbe potuto tenereavendo perduto ogni speranzadi soccorso.



XC - Come i Viniziani tradirono iFiorentini e feciono pace con messer Mastinoe convennela fare alnostro Comune

Messer Mastinoveggendosi ch'eraper perdere la città di Vincenzae·sse quella fosseperdutaera assediato in Veronafece segretamente trattare sua paceco' Viniziani sanza saputa de' Fiorentinie spese per suoiambasciadori grossamente in Vinegia a certi maggiorentich'avienostato e podere nel Comunee rimissesi liberamente i·lloropregandoli che non volessono al tutto disfare; che·cciòfaccendoguastavano e abattevano parte d'imperio e ghibellinainn-Italiai Viniziani sono per antico naturalmente stati. E perprendere loro vantaggiocol conforto di quelli cittadini che·nneguadagnavanoe ancora per priego de' Pisani e di quelli Ghibelliniche teneano Luccaper loro ambasciadori segreti e lettere con grandestanzia pregando i Viniziani per Dio e per amore di parte nonassentissero che' Fiorentini avessero la città di Luccaessiacordassono con meser Mastino. Per la qual cosa i Vinizianiingannarono e tradirono i Fiorentini e gli altri allegatiche avienopromesso e giurato di non far mai niuno acordo sanza la volontàdi tutti gli allegatie·cche i Fiorentini avessono libera lacittà di Lucca e 'l suo distretto; ma·cciò nonoservaronoma fecionsi l'accordo a·lloro volontàevollono ed ebbono la città di Trevigi a dì II didicembre del detto annoe Castello Franco e Bascianoe·cciòch'era aquistato per la nostra gente e per la loro. E·cciòfatto mandarono loro ambasciadori a Firenze a dì XVIIII didicembree diedono il partito a' Fiorentini in pieno consiglioche·sse noi volessimo la pace ch'ellino avieno fatta conmessere Mastinoche ci farebbono confermare per la detta pace ameser Mastino e al Comune di Lucca le terre e castella che·nnoiavavamo di quelle di Lucca; ciò erano FucecchioCastelloFrancoSanta CroceSanta Maria a MonteMontetopoli in ValdarnoeMontecatinie Montesommanoe Montevettolinoe·lla Massa eil Cozzile e Uzzano in Valle di Nievolee Avillanoe SovranoeCastello Vecchio in Valle di Limaarogendo loro per la detta pacefaccendo il castello di Pescia e quello di Buggiano e loro tenitorie Altopascio. E se·cciò non volessono prenderee's'aveano fatta la loro pacee quella oserverebbonoo prendessino iFiorentini il partito o non con messer Mastino. A' Fiorentini deldetto partito parve troppo maleperò che' Fiorentini sistimavano d'avere affare co' Viniziani come co·lloro medesimie·cche per loro fosse osservata leale compagniaperòche fermamente si credieno i Fiorentini avere Lucca secondo i pattigiurati per li Vinizianie gli altri Lombardi della lega dovienoavere Parma. Per lo detto partito più consigli segreti sitennono in Firenzeo di prendere o di lasciare la detta pace; e fuviil pro e 'l contro: che molti cittadini per lo sdegno del tradimentode' Viniziani allegando ch'era pericolo della città fare pacecol nimico tirannorimanendo vicino colla forza e riparo di Luccaper dotta de' suoi tradimenti non s'accordavano alla detta pace; ech'era meglio a rimanere co·llui inn-iscoperta guerrae piùsicuro partito. Altri consigliarono checonsiderando i molti danariispesi per lo Comune nella detta guerraonde il Comune eraindebitato a' suoi cittadini e altri di bene di CCCCLm di fiorinid'oro e più sopra le gabelle ed entrate del Comuneche·bbeneper più di sei anni a venire erano asegnatesi prese per lomeno reo che·ssi mandassono solenni ambasciadori a Vinegia apregare quello Comune che·cci oservassono i patti della legagiuratio migliorassono i patti offerti a·lloro podere; o semeglio non potessono (e questo fu segreto commesso loro)che non sipartissono da mercato per lo migliore del Comune nostroacciòche per lo detto accordo il Comune prendesse lena e uscisse didebitoe avanzassonsi le dette castellache sono nel cuore diLuccada potersi difendere e guerreggiare il tiranno se bisognasse.E questo partito si vinse a dì XI di gennaio. E andarono aVinegia mesere Francesco di meser Pazzino de' Pazzie mesere Alessode' Rinucci giudicee Iacopo degli Albertie sindaco con pienomandato. E in Vinegia istettono alquanti dì per prenderevantaggio co' Viniziani. Ma i perfidistratti del sangue d'Antenoretraditore della sua patria di Troiaseguendo il loro pertinaceproponimento non si vollono smuoverese non ch'arrosono Asciano e 'lCollech'era sopra Buggianoi qualiavendo noi Buggianono potenotenere. E così si fermò la sforzata e non volontariapace in Vinegia tra 'l Comune di Vinegia e di Firenze con meserMastino a dì XXIIII di gennaio MCCCXXXVIII. E uscì diprigione meser Alberto della Scala e gli altri ch'erano presi co·lluiin Vinegia. E fu la pena di Cm fiorini d'oro per osservare la dettapace sanza altra malleveriapossendo i Guelfi ribelli di Luccatornare in Lucca e riavere i beni lorosalvo XXX caporali stare a'confini. Per la qual pace pochi Guelfi s'asicurarono di tornare aLucca. E poi tornati i nostri ambasciadori in Firenzea dìVII di febraio del detto anno furono date le dette castella a'Fiorentini. E poi a dì XI di febraio si bandì la pacema però che nullo andasse a Lucca sanza licenzia. Notateesievi a perpetua memoria a voi Fiorentini che questo leggereteilvillano tradimento fatto al nostro Comune per li Vinizianiessendoper noi tanto adoperato e con tanto ispendioil quale troviamoche·ffu in XXXI e mezzo mesi più di DCm di fiorinid'orosempre adoperandosi per lo nostro Comune con fede e fervoreper farli grandie abattere la superbia del loro vicino nimicotiranno; e oltre a·cciò per agiunta al loro fallireavendo ellino ad avere di resto dal nostro Comune alla fine dellaguerra intorno di XXVm di fiorini d'oroe menofaccendo ragioneper risidui delle paghe di cavalieri nostri e d'arnesi mandatinell'oste prestati per loroperché talora indugiava alquantod'andare la moneta a Vinegia per le nostre paghee' Vinizianin'adomandavano fiorini XXXVIm d'oroavendo avanzato il quarto danaiodi tutta la spesa fatta per loro nella detta guerra sopra i nostri eloro cavalieri e pedoni per gabelle gravi e imposte fatte per lorosopra·cciò ch'andava nell'oste; e non volieno isbatterela parte nostra del conquisto di Mestri e del ponte di Pragach'erae sono di grande entrata di passaggi; e volendo il nostro Comunecontare co·lloro e pagarli di ciòche restassono adaveree però vi mandarono ambasciadori e ragionierimai nonne vollono mostrare ragionené commetterla inn-amici comunifuori di Vinegiase non "ego voleoego giubeo"cioècosì vuole meser lo doge e il Comune di Vinegia. E sopra·cciòfeciono rapresaglia sopra i Fiorentini con forti e aspre leggiondetutti i Fiorentini se ne partirono all'uscita di gennaioMCCCXXXVIIII. E simili leggi e più forti furono fatte perFiorentini sopra i Vinizianio sopra quale Fiorentino vi stesse oavesse a·ffare. Cotale fu la partita della disleale compagniadel Comune di Vinegia contro al nostro Comune di Firenze.



XCI - Del podere ed entrata ch'aveail Comune di Firenze in questi tempi

Acciò che' nostridiscendenti possano comprendere lo stato ch'avea il nostro Comune diFirenze in questi tempie come si fornì lo spendio delladetta guerra del Mastinola quale volea il mese il meno XXVm difiorini d'oro ch'andavano a Vinegiasanza le spese oportune chebisognavano di qua al nostro Comuneche·lle più voltesanza quelli di Lombardia avea a soldo M cavalierisanza la guardiadelle terre e castella si tenenoin brieve il narreremo apresso delpodere del nostro Comunel'entrata e così l'uscitaemessioni del Comunedall'anno MCCCXXXVI al MCCCXXXVIIIche duròla guerra da·nnoi e meser Mastino. Il Comune di Firenze inquesti tempi signoreggiava la città d'Arezzo e 'l suo contadoe Pistoia e 'l suo contadoColle di Valdelsa e·lla sua cortee in ciascuna di queste terre avea fatto fare un castelloe teneaXVIIII castella murate del distretto e contado di Luccae del nostrocontado e distretto XLVI castella forti e muratesanza quelle de'propii cittadinie più terre e villate sanza murach'eranograndissima quantità.



XCII - Entrata del Comune di Firenze

Il Comune di Firenze di suerendite assise ha picciola entratacome si potrà vederemareggevasi in que' tempi per entrata di gabelle; e quando bisognavacome dicemmo adietro al cominciamento della guerra del Mastinosiciviva per prestanze e imposte a' mercatanti e ricchezze e altrisingulariassegnandole con guidardoni sopra le gabelle. E in questitempi queste infrascritte erano le gabelle levate per noidiligentemente de' ligistri del Comunechecome potrete vederemontarono in questi tempi da CCCm di fiorini d'oro l'annotalorapiùtalora menosecondo i tempi; che sarebbe gran cosa a unoreamee non n'ha più il re Ruberto d'entratané tantid'assai quello di Cicilia né quello di Raona. Vendesi l'annola gabella delle porti di mercatantie e vettuaglia e cosech'entravano e uscieno della città fiorini LXXXXmCC; lagabella del vino si vendea a minutopagando il terzofioriniLVIIIImCCC. L'estimo de' contadinipagando l'annosoldi X per libradi loro estimo si vende fiorini XXXmC d'oro; la gabella del salevendendo a' cittadinisoldi XL di piccioli lo staioe a' contadinisoldi XXvendesi fiorini XIIIImCCCCL d'oro. Queste IIII gabelleerano diputate alla spesa della guerra di Lombardia. I beni de'ribelli sbanditi e condannati valeano l'anno VIIm d'oro. La gabellasopra i prestatori a usura fiorini IIIm d'oro. I nobili del contadopagavano l'anno fiorini IIm d'oro. La gabella de' contratti l'annofiorini XIm d'oro. La gabella del macello delle bestie della cittàfiorini XVm d'oro; quella del macello del contado fiorini IIIImCCCCd'oro. La gabella delle pigioni l'anno fiorini IIIImCL d'oro. Lagabella della farina e macinatura fiorini IIIImCCL d'oro. La gabelladi cittadini che vanno di fuori in signoria valea l'anno fioriniIIImD d'oro. La gabella dell'acuse e scuse fiorini MCCCC d'oro. Ilguadagno della moneta dell'oro valea l'annopagate le fatturefiorini IImCCC d'oro. L'entrata del guadagno della moneta diquattrini e di picciolipagato l'ovraggiofiorini MD d'oro. I benipropi del Comune e passaggi fiorini MDC d'oro. I mercati di cittàdelle bestie vive fiorini IImCL d'oro. La gabella di segnare pesi emisure e paci e beni in pagamento l'anno fiorini DC d'oro. Laspazzatura d'Orto Sa·Michele e prestare bigonce fiorini DCCLd'oro. La gabella delle pigioni di contado fiorini DL d'oro. Lagabella de' mercati di contado fiorini IIm d'oro. Le condannagioniche·ssi riscuotono si ragiona l'annoe·lli piùanni monta troppo piùfiorini XXm d'oro. L'entrata de'difetti de' soldati a cavallo e a·ppiènon contandoquelli ch'erano in Lombardiafiorini VIIm d'oro. La gabella dellisporti delle case l'anno fiorini VmDL d'oro. La gabella delle trecchee trecconi fiorini CCCCL d'oro. La gabella del sodamento fiorini MCCCd'orocioè di portare arme di difensionea soldi XX dipiccioli per uno. L'entrata delle prigioni fiorini M d'oro. Lagabella de' messi fiorini C d'oro. La gabella de' foderi del legnamevien per Arno fiorini L d'oro. La gabella degli aprovatori de'sodamenti si fanno al Comune fiorini... d'oro. La gabella de'richiami a' consoli a dell'artila parte del Comunefiorini...d'oro. La gabella sopra le posessioni del contado fiorini... d'oro.La gabella delle zuffe a man vote fiorini... d'oro. La gabella daFirenzuola fiorini... d'oro. La gabella di coloro che non hanno casain Firenzee vale il loro da fiorini M in sufiorini... d'oro. Lagabella delle mulinaentrata e pescaiefiorini... d'oro. Somma dafiorini CCCme più. O signori Fiorentinicome è malaprovedenza acrescere l'entrata del Comune della sustanza e povertàde' cittadini colle sforzate gabelle per fornire le folli imprese! Ornon sapete voi che come è grande il mare è grande latempestae come cresce l'entrata è aparecchiata la malaspesa? Temperatecarissimii disordinati disiderie piaceretea·dDioe non graverete il popolo innocente.



XCIII - Ispese del Comune di Firenzein que' tempi

Le spese ferme e di nicessitàdel Comune di Firenze per annoe valea libre III soldi II il fiorinodell'oro. Il salaro del podestà e di sua famiglia l'anno libreXVmCCXL piccioli. Il salaro del capitano del popolo e sua famiglial'anno libre VmDCCCLXXX piccioli. Il salaro dell'eseguitore degliordini della giustizia contro a grandi per sé e sua famiglialibre IIIImDCCC piccioli. Il salaro del conservadore del popolo esopra gli sbanditicon L cavalieri e C fantifiorini VIIImCCCCd'oro: questo uficio nonn-è stanzialese non come occorrono itempi di bisogno. Il giudice dell'appellagione sopra le ragioni delComune libre MC di piccioli. L'uficiale sopra gli ornamenti delledonne e altri divieti libre M di piccioli. L'uficiale sopra la piazzad'Orto Sa·Michele della biada libre MCCC di piccioli. Liuficiali sopra la condotta de' soldati e notai e messi libre M dipiccioli. Li uficiali e notai e messi sopra i difetti de' soldatilibre CCL di piccioli. I camarlinghi della camera del Comunee·llorouficiali e massarie·lloro notai e fratiche guardano gliatti del Comunelibre MCCCC di piccioli. Li uficiali sopra lerendite propie del Comune libre CC di piccioli. I soprastanti eguardie delle prigioni libre DCCC di piccioli. Le spese del mangiaree bere de' signori priori e di loro famiglia costa l'anno libreIIImDC di piccioli. I salari de' donzelli e servidori del Comune ecampanai delle due torricioè quella de' priori e dellapodestàlibre DL di piccioli. Il capitano con LX berrovieriche stanno al servigio e guardia de' priori libre VmCC di piccioli.Il notaio forestiere sopra le riformagioni e suo compagno libre CCCCLdi piccioli. Il cancelliere e dittatore delle lettere e suo compagnolibre CCCCL piccioli. Per lo pasto de' lionie torchie candeleepanelli per li priori libre IImCCCC di piccioli. Il notaio cheligistra nel palagio de' priori i fatti del Comune libre C dipiccioli. I messi che servono tutte le signorieper loro salarolibre MD di piccioli. Trombadori e banditori del Comuneche sono ibanditori VI e trombadorinaccheraio e svegliacenamelle etrombettaXtutti con trombe e trombette d'argentoper loro salarol'anno libre M di piccioli. Per limosine a' religiosi e spedalil'anno libre IIm piccioli. Secento guardie che guardano di notte alleposte per la città libre XmDCCC di piccioli. Il palio disciamito che·ssi corre l'anno per san Giovannie quelli dipanno per santo Bernaba e santa Reparata costano l'anno fiorini Cd'oro. Per ispie e messi che vanno fuori per lo Comune libre MCC dipiccioli. Per ambasciadori che vanno per lo Comune stimati l'anno piùdi fiorini Vm d'oro. Per castellani e guardie di rocche si tengonoper lo Comune fiorini IIIIm d'oro. Per fornire la camera dell'armi ebalestra e saettamento e pavesi fiorini MD d'oro. Somma l'opportuneispese sanza i soldati a·ccavallo e a piè da fioriniXLm d'oro o più l'anno. A' soldati a·ccavallo e a piènon era né regola né numero fermoch'erano quando piùe quando meno secondo i bisogni che occorrono al Comune. Ma alcontinovo si può ragionaresanza quelli della guerra diLombardiae non faccendo osteda DCC a Me simile pedoni continui.E non facciamo conto delle spese delle mura e de' pontie di SantaReparatae di più altri lavori di Comuneche non si puòmettere numero ordinato.



XCIV - Ancora della grandezza e statodella città di Firenze

Dapoi ch'avemo detto dell'entratae spesa del Comune nostro di Firenze in questi tempine pare siconvenga di fare menzione dello stato e condizione di quelladell'altre grandi cose della città; perché i nostrisuccessori che verranno per li tempi s'avegghino del montare obassare di stato o potenzia che facesse la nostra cittàacciòche per li savi e valenti cittadiniche per li tempi saranno algoverno di quellaper lo nostro ricordo e asempro di questa cronicaprocurino d'avanzarla inn-istato e podere. Trovamo diligentemente chein questi tempi avea in Firenze circa a XXVm d'uomini da portare armeda XV in LXX annicittadiniintra' quali avea MD nobili e potentiche sodavano per grandi al Comune. Avea allora in Firenze da LXVcavalieri di corredo. Ben troviamo che anzi che fosse fatto ilsecondo popoloche regge al presenteerano i cavalieri piùdi CCLche poi che 'l popolo fui grandi non ebbono lo stato esignoria sì grande come primae però pochi si facienocavalieri. Istimavasi avere in Firenze da LXXXX di bocche tra uominie femmine e fanciulliper l'aviso del pane bisognavano al continuoalla cittàcome si potrà comprendere apresso;ragionandosi avere comunemente nella città da MD uominiforestierie viandanti e soldatinon contando nella somma dicittadini riligiosi e frati e religiose e rinchiuseonde faremomenzione apresso. Ragionasi in questi tempi avere nel contado edistretto di Firenze da LXXXm uomini. Trovamo dal piovano chebattezzava i fanciulli (imperò che per ogni maschio chebattezzava in San Giovanniper avere il noveromettea una favanerae per ogni femmina una bianca) trovò ch'erano l'anno inquesti tempi dalle VmD in VImavanzando le più volte il sessomascolino da CCC in D per anno. Trovamo che' fanciulli e fanciulleche stavano a leggere del continuo da VIIIm in Xm. I garzoni chestavano ad aprendere l'abbaco e algorisimo in VI scuole da M in MCC.E quelli che stavano ad aprendere gramatica e loica in IIII grandiscuole da DL in DC. Le chiese ch'erano allora in Firenze e ne'soborghicontando le badie e·lle chiese de' frati ereligiositrovamo CXdelle quali erano LVII paroccie con popoloVbadie con due priori con da LXXX monaciXXIIII monisteri di monachecon da D donneX regole di frati con più di DCC fratiXXXspedali con più di mille letta per albergare poveri e infermie da CCL in CCC cappellani preti. Le botteghe dell'arte della lanaerano CC e piùe faceano da LXXm in LXXXm di pannidi valutadi più di MCC migliaia di fiorini d'oro; che bene il terzo epiù rimaneva nella terra per overaggiosanza il guadagno de'lanaiuoli; del detto ovraggio viveano più di XXXm persone. Bentrovamo che da XXX anni adietro erano CCC botteghe o circae faceanoper anno più di Cm panni; ma erano più grossi dellametà valutaperò ch'allora non ci venia nésapeano lavorare lana d'Inghilterracom'hanno fatto poi. I fondachidell'arte di Calimala di panni franceschi e oltramontani erano da XXche faceano venire per anno più di Xm panni di valuta di piùdi CCCm di fiorini d'oroche tutti si vendeano in Firenze sanzaquelli che mandavano fuori. Banchi di cambiatori LXXX banchi. Lamoneta dell'oro battea per anno CCCLm di fiorini d'orotalora CCCCm;e di danari da quattro più di XXm libre. Le botteghe dicalzolai e zoccolai e pianellai erano da CCC. Il collegio di giudicida LXXX in C; e notari da DC; medici di fisica e di cirogia da LX; ebotteghe di speziali allora da C. Mercatanti e merciaigrandenumeroda non potere bene stimare per quelli ch'andavano fuori diFirenze a negoziare; e molti altri artefici di più mestierimaestri di pietra e di legname. Fornora avea allora in Firenze CXLVIe trovamo per la gabella della macinatura e per fornari ch'ogni dìbisognava alla città dentro CXL moggia di granoonde si puòstimare quello bisognava l'anno; non contando che·lla maggioreparte degli agiati e ricchi e nobili cittadini co·llorofamiglie più di IIII mesie tali più dell'annoinvilla in contado. Troviamo che intorno gli anni MCCLXXX ch'era lacittà in filice e buono statone volea la settimana da DCCCmoggia. Di vino trovamo per la gabella delle porte n'entrava l'annoda LVm di cognae inn abondanza talora più Xm cogna.Bisognava l'anno IIIIm tra buoi e vitelle; castronipecore LXm;capre e becchi XXm; porci XXXm. Entravano del mese di luglio per laporta a San Friano CCCC some di poponi per dìche tutti sistribuivano nella cittade. In questi tempi avea in Firenze le'nfrascritte signorie forestieriche ciascuno tenea ragioneeaveano colla da tormentarela podestàil capitano delpopolol'assecutore degli ordini della giustiziail capitano dellaguardiaovero conservadore del popolo; tutte queste signorie avienoalbitro di pulire reale e personale: il giudice della ragione eapellagioneil giudice sopra le gabellel'uficiale sopra la piazzae vittuarial'uficiale sopra gli ornamenti delle donnequello dellamercatantiaquello sopra l'arte della lanagli uficialiecresiasticila corte del vescovo di Firenze e di quello di Fiesolee dello inquisitore della eretica pravità. Altre degnitàe magnificenza della nostra città di Firenze non sono dalasciare di mettere in memoria per dare aviso a quelli verranno doponoi. Ell'era dentro bene albergata di molti belli palagi e casee alcontinovo in questi tempi s'edificavamigliorando i lavori di farliagiati e ricchirecando di fuori asempro d'ogni miglioramento ebellezza. Chiese cattedrali e di frati d'ogni regolae monisterimagnifichi e ricchi; oltre a·cciò non era cittadino chenon avesse posessione in contadopopolano o grandeche non avesseedificato od edificasse riccamente troppo maggiori edifici che incittà; e ciascuno cittadino ci peccava in disordinate speseonde erano tenuti matti. Ma·ssi magnifica cosa era a vederech'uno forestiere non usato venendo di fuorii più credeanoper li ricchi difici d'intorno a tre miglia che tutto fosse dellacittà al modo di Romasanza i ricchi palagitorri e cortiligiardini murati più di lungi alla cittàche inn-altrecontrade sarebbono chiamati castella. In somma si stimava che intornoalla città VI miglia avea più d'abituri ricchi e nobiliche recandoli insieme due Firenze non avrebbono tante: e basti assaiavere detto de' fatti di Firenze.



XCV - Di che progenia furono quellidella Scala di Verona

Ancora ne pare che·ssiconvengadapoi ch'assai avemo detto de' fatti di Firenzefaremenzione del cominciamento di quelli della Scala di Veronache tantohanno fatta risonare Lombardia e Toscana di loro guerre e tiranniecome adietro è fatta menzione. Che pare che Idio permettasovente di fare nascere di picciola progenia tiranni possenti perabattere l'orgoglio e superbia de' popoli e di nobili per li loropeccati. Troviamo che al tempo del grande tiranno Azzolino di Romanoonde adietro facemmo menzioneil quale disertò quasi tutti inoboli della Marca Trevigianadi Padova e di Veronaintorno fa daLXXXX anniin Verona avea un vile uomochiamato Giacomo Fico; chidice che questo Giacomo faceva le scale e vendealee da questoprencipio presono l'arme e 'l nomee chi dice che fu mercatante diMontagnana; questi ebbe due figliuoli Mastino e Alberto. QuelloMastino era grande e forte della persona e azuffatore e giucatoremapro'valoroso e savio nel suo mestiere. E alla prima fu capitano diribaldiseguendo Azzolino a piè nelle sue cavalcate. Poi persuo franco adoperare piacendo al tirannoil fece capitano delle suemasnade a piè; poi gli venne in tanta graziache 'l fecequasi proveditore e dispensatore di tutte le sue masnade da·ccavalloe da·ppiè. E quando Azzolino fu mortotrovandosi inquello uficio col séguito di soldati si fece fare capitano diVeronae poi si fece fare cavaliere sé e Alberto suofratelloil quale fu savioe valorosoe da bene; e così perla fortuna montati inn-istatoche 'l Mastino era signore di Veronae mesere Alberto podestà di Mantovae il figliuolo delsignore di Mantova mesere Botticella per mesere Mastino era podestàdi Verona. Avenne che certi gentili uomini rimasi in Verona avendoinn-orrore e invidia della signoria e tirannia del Mastinoessendodi vile nascimentoe per forza e tirannia fatto loro signorefeciono congiura d'ucciderloe furono XXV; e ciascuno promise egiurò di fedirlo. E così aseguiroche vegnendo ungiorno al palagio del Comune sanz'arme a modo di signoreche non siprendea guardiae giugnendo in sulla piazzatutti i detticongiuraticolle coltella in mano ciascunoil fedìe·ll'uccisono sanza contrario niunoe nullo fu ardito dilevarlo di terra. La podestàmeser Botticelladi presente ilfece asapere a meser Alberto a Mantovail quale tutta la notteapresso che l'ebbe saputo cavalcò segretamentevenne inVeronaed entrò nel palagiolasciando che tutta lacavalleria di Mantova il seguisse apresso; e così feciono. Lapodestà la mattina vegnente fece richiedere tutti i buoniuomini di Verona a consiglioe quelli medesimi ch'avieno morto meserMastinopropognendo che volea che·lla terra si rifermasse areggimento comune e di popolo. E ragunato il consigliomesereAlberto uscì della camera disarmato e venne nel consiglioesalì nella ringhieradonde tutti quelli del consiglios'amiraro. E meser Alberto con allegro viso cominciòdisimulatamente a biasimare le tirannie e male opere del suofratelloe lodava ciò che di lui era fattoonde il consiglioerano tutti contenti; ma come seppe ch'erano venute le masnade daMantovacom'era ordinato il tradimento per lui e per lo podestàfece serrare il palagio e uscire fuori i fanti armatie uccisonotutti coloro che aveano ucciso meser Mastinoe gittarli morti per lefinestre del palazzoe poi meser Alberto corse la terra e fecesenesignore; e perseguì tutte le schiatte di coloro ch'avienomorto messere Mastinoe cacciolli di Verona. Questa fu la morte evendetta del primo Mastino. Il detto meser Alberto ebbe piùfigliuolii quali fece tutti cavalieri essendo quasi garzoni.Rimasene dopo la sua morte tre in vita; messer Bartolomeoquestiregnò signore di Verona apresso al padrenon ebbe figliuolo.Il secondo fu meser Checchinoch'anche regnò apresso. Ilterzo fu messere Caneche·ffu valente tiranno e signore dabenedi cui adietro facemmo menzionee fu amico del nostro Comune;di costui non rimase figliuolo niuno madornale. Dopo lui regnarono inipoti figliuoli di meser Checchinociò furono meser Albertoe messer Mastinodi cui lungamente avemo fatta menzione. E assai siadetto di quelli della Scalatornando a nostra materia.



XCVI - Come i Romani feciono paceintra·lloro e popoloe mandarono a Firenze per avere leggi

Nel detto annoin calen dinovembrei Romani per certe revelazioni di sante personee fu quasispirazione divinasi convertirono a pace generale i noboli insiemee' popolanidimettendo per l'amore d'Iddio l'offensioni l'unoall'altroche·ffu una mirabile cosa. E poi l'agosto vegnentefeciono popoloe mandarono loro ambasciadori a Fiorenza a pregare ilnostro Comuneche mandassono loro gli ordini della giustiziache·ssono sopra i grandi e possenti in difensione de' popolanie meno possentie altri buoni ordini che·nnoi avemo. IlComune di Firenze mandaro a Roma loro ambasciadori co' detti ordinii quali da' Romani furono onoratamente ricevuti e graditi. E notacome si mutano le condizioni e·lli stati del secoloche'Romani che anticamente feciono la città di Fiorenza e diedollele loro leggiin questi nostri tempi mandaro per le leggi a'Fiorentini.



XCVII - Di più battaglie esconfitte che furono in uno giorno in sul contado di Milano

Nel detto annoessendo rimasine' borghi di Vincenzia gran parte delle masnade da cavallo state inLombardia al nostro servigio e di Vinizianicom'è dettoadietrodapoi che·ffu fatta la pace col Mastino e pagaticortesemente per li nostri Comunisì feciono una compagnaefurono bene IImD cavalieri; e non si vollono partire da Vincenzasenon avessono moneta da meser Mastino. Messer Loderigo Visconticonsorto di meser Azzo Visconti signore di Milano e suo ribelloandòa Vincenza con sua monetae col favore e moneta di meser Mastinoilquale per levarsi delle sue terre la detta gente stati suoi aversarie per mandarli adosso a meser Azzo suo nimicofece conducere aldetto meser Loderigo la detta compagna. E all'entrante del mese difebraio gli condusse in su il milanese passando il fiume dell'Adda; esopra quello di Melano stettono XII dì faccendo gran danno diruberiema non d'arsione. Alla fine s'accamparo alla villa diLignano presso di Milano a XII miglia. Sappiendosi la novella inMilanoebbono grande turbazionee uscirono di Milanopopolo ecavalieria dì XV di febraiocon ordine di loro strolagopromettendo loro di vincere i nimicima male provide la dolorosavittoria che a·lloro ne seguìdella quale oste fucapitano meser Luchino Visconti zio di messer Azzoperò che'l detto meser Azzo era gravato di gottee furo da IIIm cavalieri eXm pedoni. Ed essendo una parte della gente di Milano da M cavalierie IIIm pedoni nella villa d'Aroe di quella poi andaro alla villa diParobicola detta schieraond'era capitano Giovannuolo Visconti emessere Giovanni dal Fiescoe più di XX gentili uomini diBrescia; il maliscalco dell'oste tedescomessere Luchino coll'altragente s'acamparo nella villa da Nervia. Sentendo ciò meserLoderigosabato nottea dì XVIIII di febraioin sull'oradel mattutino colla sua gente cavalcò alla detta villa diParobicoe di notte assalì i nimicii quali accampati difrescoe non proveduti per l'asalto della notteella detta villaschiusafurono sconfitti in poca d'orae mortine grande quantitàispezialmente di pedoni per la nottee morivvi meser Giovanni dalFiesco di Genova capitano di quella gentee più altriLombardi e Tedeschi. La domenica mattinaa dì XX del meseavendo messere Loderigo avuta la vittoria detta mandò di suagente da DCC cavalieri verso Milano a uno passo di fiume per torlo a'Milanesii quali feciono grande danno al popolo che fuggieno aMilano per la detta sconfitta; e lasciò a Parobico CCCCcavalieri co' prigioni e colla predae poi col rimanente di suaostech'erano MD cavalierisi tenne schierato a·ccampo difuori della villa uno miglio. Messere Luchino sentendo la nottel'assalto fatto alla sua gente a Parobicouscì di Nerviano efece due schiereelli con MCCCC cavalieri tedeschied Ettorre daPanago con DCC italianitra' quali avea CC cavalieri del Comune diBologna al servigio di que' di Milanoe venia per soccorrere la suagentee trovolli sconfitti. Ettorre entrò in Parobicooveavea i detti CCCC cavalieri di quelli di meser Loderigo cheguardavano la predae quelli assalironoe dopo lunga battagliaEttorre gli sconfisse. Messer Luchino s'affrontò con meserLoderigo la domenica in sull'ora di terzae·ffu tra·lloroaspra battaglia che durò infino a nona passata. Alla fine fuscavalcato e fedito messer Luchino e presoe rotta la sua gente emessi in caccia. In quest'ora sopravennero alla battaglia dettaEttorre da Panago co' suoi Italianich'avieno sconfitto i CCCCcavalieri che meser Loderigo avea lasciati in Parobicoe percossonosopra la gente di meser Loderigoi quali credendosi avere vinto ilcampo erano sciarrati cacciando li sconfitti; per la qual cosa furonodi presente rotti e sconfittie riscosso mesere Luchino e gli altriprima presi; e·ffu preso meser Loderigo e maggior parte di suagentee menati a Milano. E così fu rotta e morti e presiquasi tutta la detta infortunata compagna; che tornando meser Luchinoverso Milanoper la via al sopradetto passo fu sconfitto Malerbatedesco capitano de' detti DCC cavalieri che meser Loderigo aveamandati al passo verso Milano. Ma·lle dette vittorie delsignore di Milano furono con grande dannaggio di sua genteche·vvimorirono più di D uomini di cavalloe più di IIIm apiede del popolo di Milano. Avenne fatto sì lungo conto per lesvariate battaglie e rotte che furono tra·lle dette genti; chein una giornata furono fatte V sconfitte tra dall'una parte edall'altrache non fu mai inn-Italia; e di questo sapemo il vero dapiù genti di fede che vi furono presenti. Lasceremo di questamatera e torneremo a nostro conto.



XCVIII - Come messere Mastino venne aLucca

L'anno MCCCXXXVIIIIfatta lapace da·nnoi a meser Mastinocome adietro facemmo menzionemesser Mastino venne a Parmae riformò la terrae fecesenesignori i suoi cugini figliuoli di meser... da Coreggiavolendo ellituttora eserne sovrano; ma poco apresso la tolsono al tutto a·lluicome inanzi faremo assai tosto menzione. Poi a dì XI d'aprilevenne a Luccae fece a' Lucchesi una imposta di XXm fiorini d'oroche·nn'avea gran bisogno. E poco stette in Luccache comel'ebbe riformatavi lasciò per suo vicaro Guiglielmo Canacciodelli Scannabecchi di Bolognaantichi Ghibellini usciti di quella; etornossi a Verona. Nella sua stanza a Lucca in Firenze n'ebbe gransospetto per li suoi trattati e tradimentie fecesi grande guardia ein Firenze e nelle castella delle frontiere. Lasceremo alquanto de'nostri fatti d'Italiae diremo come il re di Spagna sconfisse grandeoste di Saracini in Granata.



XCIX - Come i Saracini furonosconfitti dal re di Spagna in Granata

Nel detto anno MCCCXXXVIIIIdelmese di giugnoil figliuolo del re di Morocco saracino passòin Granata con molto navilio e con innumerabile gente di Mori dettiSaracini per andare sopra il re di Spagna. Sentendo ciò il redi Spagna fece armare XXX galee e XII legni di corso e XX navioverococcheper contastare il detto passaggio; ma fu a tardiche i Moridel Garboche sono vicini al contro di Granatapresono tempo fattoe passarono sanza contasto alcuno anzi venisse l'armata del re diSpagna. Poi venuto il re di Spagnaisceso in terra si puose adassedio alla città di Linda. I Saracini vennono per comunealla 'ncontra de' Cristiani per guarentire la terra. Il re di Spagnaper maestria di guerra e per sottrarre i Saracini si levòdall'asedio a dì XXXI di lugliofaccendo sembiante didubitare e di fuggire; e prima messi in aguato della migliore gente acavallo e a piè ch'egli avesse in sua ostei Saraciniveggendo che' Cristiani quasi si partieno a modo di rottagliseguiro sanza alcuno ordine in grandissima moltitudine; e passati gliaguatii Cristiani percossono sopra loroe in poca d'ora gli misonoinn isconfittanella quale rimasono de' Mori tra morti e presi piùdi XXm. E nota che come noi Cristiani solavamo tenere la Terrasantain Soriae chi v'andava o mandava o dava sussidio avea grandeperdonanza da santa Chiesacosì i Saracini dell'universoinfino in Arabia mantengono il reame di Granata in Ispagnae alcontinovo vi mandano gente e monetae talora generali e grandipassaggi ad obrobbio della Chiesa di Roma e del re di Francia e deglialtri Cristianiavendo il reame di Granata tra·lle terre de'Cristiani intorneataed essendo sì presso ov'è oggi lasedia apostolicasanza avere a passare mare. E intendesi solo atesorizzare sanza volerlo spendere al servigio della Cristianitàe sostenerema nutricare le guerre dall'uno re de' Cristianiall'altro; ma tale peccato non passerà guari impunito.



C - Di certi segni ch'aparvono inFirenze e altroveonde poco apresso seguì assai di male

Nell'anno MCCCXXXVIIIIa dìVII di lugliotra·lla nona e 'l vespro scurò il solenel segno del Cancro più che·lle due parti; ma perchéfu dopo il merigge al dicrinare del sole non si mostrò discurità come fosse nottema pure si vide assai tenebroso. Enotasecondo che scrivono gli antichi dottori di strologiaogniscurazione del sole nel Cancroche viene quasi de' cento anni unavoltaè di grande significazione di mali a venire al secolo;imperò che 'l Cancro è ascendente del mondoe piùsignifica dove è in quella parte dell'emisperio ove fatenebrecioè essendo il sole al meriggeche·nnoivolgarmente diciamo l'ora di nona; ma purecome allora avennesignificò in Firenze e d'attorno fame e mortalitàgrandecome inanzi leggendo si troverrà. E per agiunta avennein Firenze il primo dì d'agosto seguente grandi e disordinatitruoni e balenigittando più folgori in città e incontado di Firenze; intra·ll'altre una ne cadde in sulla torredella porta della città contro a San Galloe abattéparte d'uno merloe poi percosse e arse dell'uscio della portaeuccise uomini. E poia dì IIII di settembresimile furonodiversi truoni e folgorie una ne percosse in sulla torre delpalagio del popoloe abatté parte d'uno merloe tutti furonosegni di futuri mali alla nostra cittàcome tosto apressoseguirono; che il detto anno in sulla ricolta valse lo staio delgrano soldi XXe poi montò in soldi Le inanzi che fossel'altra ricolta; se non fosse la provedenza del Comune di farnevenire per mareil popolo moria di famee costò al Comune lo'nteresso più di Lm fiorini d'orotutto che certi uficialicittadini ne feciono baratteria assai con meser Iacopo Gabrielliinsiemech'era capitano della guardia del popoloovero tiranno de'popolani reggenticondannando gl'innocenti ingiustamenteperch'avieno grano per loro vivere e per loro famigliee·llasciandoi possenti colle grandi endicheonde seguì assai di maleapresso. E·ffu il detto anno simile gran caro di vinoche divendemmia valse il cogno del comunale vino fiorini VI d'oroeciascuna arte di Firenze fu in male stato per guadagnare.



CI - Come morì messer AzzoVisconti e·ffu fatto signore di Melano messer Luchino

Nel detto annoa dì XVId'agostomorì mesere Azzo Visconti signore di Milanoe 'l dìapresso furono fatti signori il vescovo di Noara meser Giovanniche·ffu cardinale dell'antipapae meser Luchino suo fratelloe figliuoli di meser Maffeo Visconti; ma a meser Luchino rimase lasignoria. E poi a XXI mesi apresso s'accordò con papaBenedetto e colla Chiesa per lo misfatto d'esere stati coll'antipapae favorato il Bavero per prezzo di Lm fiorini d'oro contantie poiogn'anno Xm per censo. E per simile modo s'accordò meserMastino della Scala colla Chiesa per Vm fiorini d'oro per anno. OChiesa pecuniosa e venderecciacome i tuoi pastori t'hanno disviatadal tuo buono e umile e povero e santo cominciamento di Cristo!



CII - Come la città di Genovae quella di Saona feciono popolo e chiamarono dogio

Nel detto anno MCCCXXXVIIIIa dìXVIIII di settembrequelli della città di Saona fecionopopoloe tolsono le due castella ch'erano nella terra a quelli dicasa Doria e di Spinoli di Genova che·lle teneanoecacciarline fuori. E poi tre dì apresso i cittadini di Genovasi levaro a romore e dispuosono i capitanich'era l'uno delliSpinoli e·ll'altro Doriae cacciarono della terra loro e'loro consorti e altri possenti; e feciono popoloe chiamarono dogioal modo di Viniziani uno Simone di Boccanegra de' mediani del popolo.Questo dogio fu franco e valentre. E poi l'anno apressopercospirazione di certi grandi fatta contro a·lluifeceprendere e tagliare il capo a due delli Spinoli e a più altriloro seguaci. E·ffu aspro in giustiziae spense i corsali diGenova e della rivieratuttora ritenendo la sua signoria a parteghibellinae tenendo in mare più galee armate per lo Comune aguardia della riviera.



CIII - Di novità furono inRomagnae poi pace tra·lloro

Nel detto annodel mese disettembreessendo la gente del capitano di Furlì a oste sopraCalvoliil capitano di Faenza colla forza di Bolognesi e d'altri diloro parte gli levarono d'assedio inn-isconfitta. E poil'ottobreapressoper procaccio de' Fiorentini fu trattato di pace tra'signori e Comuni di Romagna. L'una parte erano quelli di Forlìe Cesenae meser Malatesta da Rimino e que' da Polenta di Ravennatutto fosson Guelfi co' Ghibellini a·llega; e·ll'altraparte FaenzaImolai conti Guidie altri loro seguaci. E persindachi e ambasciadori delle parti si rimisono nel Comune diFirenze. E in sul palagio de' priori si diè sentenziae·ssibaciaro in bocca faccendo pace.



CIV - Come il marchese di Monferratotolse la città d'Asti al re Ruberto

Nel detto annoa dì XXVIdi settembreil marchese di Monferrato tolse la città d'Astie fecela rubellare al re Rubertoper cui si teneae furonnecacciati quelli dal Soliere di sua parte e' Guelfi. E furonne signorii Gottineri e' Ghibellini. E·lla cagione fu perché ilre Ruberto per sua avarizia non pagava le sue masnade che vi teneaonde al bisogno non feciono retta né difesach'avieno pegnol'armi e cavalli. La qual perdita fu gran danno a·rre Rubertoper le sue terre di Piemonte e a tutta parte guelfa di Lombardia.



CV - D'accordo e lega fatta da'Fiorentini a' Perugini

Nel detto annoa dì VI dinovembrei Fiorentini feciono lega e compagnia co' Perugini per lonostro vescovo e altri ambasciadori di Perugiae di nostri aLicignano di Valdambrae quitarono i Perugini a' Fiorentini ogniragione dell'aquisto d'Arezzorimanendo a' Perugini libero Licignanod'Arezzo e 'l Monte San Savino e altre castella d'Arezzo che siteneano.



CVI - Di certi ordini della lezionede' priori di Firenzei quali furono corretti per lo migliore

A dì XXIII di dicembre deldetto anno si fece parlamento in Firenzeove si corresse l'ordinedella elezzione di priori e di XII loro consiglieri e di gonfalonieridelle compagniei quali in prima com'erano elettierano i loro nomiiscritti in polizzee messe in borsee per sesti. A' tempiquandosi traieno per detti uficisi rimettieno in altre borseinfino chetutti n'erano tratti; e poi ricominciavanosicché si puòdire ch'erano a vitach'era sconcia cosa e disonesta a volere glieletti signoreggiare la replubica sanza dare parte agli altri cosìo più degni di loro. E corressesi che come fossono tratti laprima volta si stracciasse la polizza del loro nomee allariformazione delli ufici si rimettano da capo allo squittino coglialtri insieme. E·ffu ben fatto per levare la superbia etirannia a' cittadini reggenti.



CVII - Come le città dellaMarca uccisono e cacciarono i loro tiranni e feciono popolo

In questo annodel mese difebraioquasi tutte le terre della Marca d'Ancona feciono popoloeuccisono Marcennaio che signoreggiava Fermo e meser Accorrimbono daTolentinoe quello da Mattelica e il marchese; e i tiranni chequelli popoli non poterono uccidere cacciarono inn-esilio.



CVIII - Come la gente del re Rubertopresono l'isola di Lipari e sconfissono i Messinesi

Nel detto annoa dì XVIIdi novembreavendo la gente del re Ruberto presa l'isoletta diLipari in Cicilia e assediato il castello di quella e molto strettoil conte di Chiermonte di Cicilia colla forza de' Missinesi armòin Cicilia VIII galee e VII uscieri e XL legni con gente assaievenne al soccorso di Lipari. E·ll'amiraglio del re Rubertoch'era messer Giufredi di Marzano conte di Squillacemaestrevolmentefece ritrarre suo oste dal castello e ridurre al suo navilio dall'unaparte del golfoe armò XVIII galee e VI uscieri e una coccache v'aveae diede luogo a' Cicilianisicché forniro ilcastello con grande festa e gazzara. La mattina apresso volendosipartire il conte di Chiermonte per tornare a Messinal'amiraglio delre Ruberto gli asalìe·lla battaglia fu in mare asprae dura. Alla fine i Ciciliani furono sconfitti e mortie preso ilconte di Chiermonte con molta buona gente di Messinache pochi nescamparo. E arrendessi il castello alle genti del re Ruberto. Etornando l'amiraglio a Napoliessendo sopra l'isola d'Ischiafortuna forte gli prese e menolli infino in Corsicae rupponvi IIIIgalee feggendo a terra cariche di prigioniche i piùiscamparo. Lasceremo alquanto di fatti di Firenze e dell'altre novitàd'Italiae diremo della guerra dal re di Francia a quellod'Inghilterra e suoi allegati Fiamminghi e Bramanzoni e Anoieri.



CIX - Come si ricominciò laguerra dal re di Francia a quello d'Inghilterra e suoi allegati

Nel detto annoa dì VIIIIdi dicembrei Fiaminghi e Brabanzoni colli Anoieri rifermaro legainsieme contro al re di Francia. E poia dì XXIII di gennaioAduardo terzo re d'Inghilterra venne d'Analdo a Guantoe giuròalla detta legafaccendosi nominare re di Francia per la reditàdella madreportando inn-insegne e suggello l'arme di Francia ed'Inghilterra dimezzata. E poia dì XX di febraiosi partìdi Bruggiae andonne in Inghilterrapromettendo di tornare assaitosto con tutto suo isforzo. Partito il re d'Inghilterrala gente diFrancia ch'erano in Tornai corsono infino ad Odanardo in Fiandraall'entrante d'aprile MCCCXLfaccendo arsione e gran danno al paese.Per la qual cosa quelli di Bruggia e quelli di Guanto per comunecogli altri Fiaminghi vennero ad oste sopra Tornaie stettonvi piùdì guastandolo intorno V giorni. E in quelli giorni quellid'Ipro col conte di Sofolco e con quello di Salisbiera e altra gentedel re d'Inghilterra cavalcaro sopra Lillae per aguato furonosconfittie presi i detti conti. Per la qual cosa i Fiaminghich'erano a oste sopra Tornaise ne partirono isconciamente. E poi inquelli giornidel mese d'aprileil contee meser Gianni d'Analdoe il signore di Falcamonte cavalcaro in su il reame di Francia infinoa Rensfaccendo grande uccisione e incendilevando gran preda sanzacontasto alcuno. E poiIIII di maggioil conestabole di Francia congente d'arme assai a cavallo e a piè venne sopra Valerzinainn-Analdoe stettevi tre settimane faccendo al paese grandissimodanno. E così per guerra guerriata si consumaro gran parte diquelli paesi a danno di ciascuna parte.



CX - Come il re d'Inghilterrasconfisse in mare l'armata del re di Francia

Li anni di Cristo MCCCXLil dìdi san Giovannia dì XXIIII di giugnoil buono Aduardo terzore d'Inghilterra arrivò in Fiandra al porto della Suina conCXX cocche armate; ivi su IIm cavalieri gentili uomini e popoloinfinito con molti arcieri inghilesi; e trovovvi l'armata del re diFranciach'erano da CC cocche con XXX tra galee di Genovesi e barchearmate a remidelle quali era amiraglio Barbavara da Portovenerigrande corsaleil quale avea fatto grande danno in mare sopragl'Inghilesi e' Guasconi e' Fiaminghi e alle loro rivieree presal'isola del Gaggiantech'è alla 'ncontra della detta Suinaerubata e arsae mortovi più di CCC Fiamminghi. Quelli diBruggia come sentirono la venuta del re d'Inghilterrasì·llimandaro loro ambasciadori alle Schiusepregando per Dio e per loroamore che non si mettesse a battaglia contro l'armata del re diFranciach'erano altrettanti e più della suae più legalee genovesi; e ch'elli attendesse due giorni e riposasse sée sua gentee che di presente armerebbono C cocche di buona gente insuo aiutoe potea avere sicura vittoria. Il valente re non volleattenderema fece armare i suoi cavalieri e sergentie partiti perle navioltre a' marinaie cominciò la battagliafrancamente; la qual fu aspra e duradurando tutto il giornochenon si sapea chi avesse il miglioreinfino alla notte. Il franco recon L cocche bene armate di sua baroniae riposato e frescopercosse la sera con piena marea e a piene vele sopra i nimici spartie stanchi del combatteree misseli in rotta e inn-isconfitta; etutti furo tra presi e mortiche non ne scamparo se non due galee eXX bargee·cciò fu perch'elli era di nottee'Fiaminghi v'erano tratti delle marine d'intornoe co·llorolegni e barchee chiusono le due bocche della Suina intra·ll'isoladel Gaggiantech'è alla bocca del portoalla terra fermasicché tutti rimasono rinchiusi siccome in una gabbia. Erimasonvi tra morti e annegati più di Xm uominie piùd'altrettanti presi dell'armata del re di Francia. E tutto il suonavilio e armi e arnesi rimasono in preda agl'Inghilesi e a'Fiaminghi.



CXI - Come parte di Fiaminghi furonosconfitti a Santo Mieri

Per lo caldo della sopradettavittoria que' di Bruggia e d'Ipro con meser Ruberto d'Artese vennerosopra Santo Mieriche dovea loro esere dato per trattato; erano daXm a piè. In Santo Mieri era il duca di Borgogna e 'l conted'Armignacca con MCC cavalieri. Que' di Bruggia assalirono una portache dovea loro essere datae quella già presaque' d'Iprorimasi adietro male ordinatiil conte d'Armignacca uscì fuoricolla cavalleria per un'altra portae assalì que' d'Iproiquali non ressonoma si misero in fuga; e poi sanza seguire lacaccia asaliro que' di Bruggiai quali feciono alcuna rettaemorinne più di D; e veggendo in fuga que' d'Iproe giàera nottesi fuggiro al loro campo sanza séguito di nemici;e·lla notte per paura si fuggiro verso Casellae·llasciaronotutto il loro campoe·cciò fu a dì XXVIII diluglio.



CXII - Come il re d'Inghilterra co'suoi allegati si puosono ad assedio alla città di Tornaie futriegua da·lloro al re di Francia

Lo re Aduardoavuta la dettavittoria di marecome dicemmo adietronon istette ozioso;incontanente scese in terra con sua gentee venne a Bruggia e poi aGuantoe da' Fiaminghi gli fu fatto onorecome a·llorosignorefaccendogli omaggio come a·rre di Francia. E·llàfece parlamentodove fu il duca di Brabante e 'l conte d'Analdo etutti gli allegatie quivi ordinaro generale oste sopra la cittàdi Tornai; e sanza indugio vi cavalcaro e acamparsi intorno il dettore d'Inghilterrae il duca di Brabantee il conte d'Analdoe ilduca di Giullierie quello di Ghellerie il conte di Lose il siredi Falcamontecon più baroni di Valdireno d'Alamagna inquantità di più di VIIIm cavalieri; e·lle villedi Fiandrae di Brabante e d'Analdo per comuni con più diLXXXm d'uomini bene armatii più a corazzine e barbuteefecionvi IIII campi; né già per quella piccola rottaavuta a Santo Mieri non lasciaroma vigorosamente seguiro l'oste delre d'Inghilterra. I due campi furono di qua dal fiume dello Scaltoedue di là dal fiumefaccendo grandi e più ponti insulla riviera da potere andare dall'una oste all'altra e potere averespedita la vittuaglia e guernigione dell'oste. In Tornai era ilconestabole di Francia con bene IIIIm cavalieri e Xm sergenti a pièsanza i cittadinich'erano più di XVm; e tra quelli dentro equelli di fuori ebbe molti assalti e pugnazzi e badalucchi a cavalloe a piè; ma per la molta gente ch'era nella cittàebestiee non proveduta di vettuaglia a sofficienzaavea assaidifetti. Onde i cittadini si cominciarono a dolere al conestaboleeche levasse loro l'assedioo elli cercherebbono loro accordo. Ilconestabole mandò per soccorso al re di Franciamostrandoglicome la terra era per perdersi. Il re Filippo di Valos vi venne alsoccorso in persona con più di Xm cavalieri e popolograndissimoe acampossi presso alla città a una lega. Ma peròl'oste del re d'Inghilterra e degli altri allegati non si mossonoch'erano molto aforzati i campi loroe signori del combattere eschifare la battaglia. I·rre di Francia non potendo combattereco' nimiciné impedire la vittuaglia a' loro campinéfornire Tornai sanza grande pericolodubitò forte di perderela terra. E incontanente cercò trattati d'accordo per mano delduca di Brabante con grosso spendio a' caporali delle Comuni diBrabanteche non erano così costanti alla guerra come iFiamminghi e li Anoieri. Il re d'Inghilterra non volea intenderetrattatoconoscendo che·lla terra non si potea difendere nétenere per difetto di vittuaglia; e avendo la città di Tornaich'è·ssì forte e possente e acostata a Fiandra eAnaldo e al Brabante e all'altre terre dello 'mperioe·llachiave del reame di Franciaavea per vinta la guerra; che·rredi Francia non avrebbe tenuta terra da Compigno i·llà.Ma i Brabanzoni sentendo il trattato che menava il loro ducae perla corruzione della moneta del re di Franciacome dicemmo dinanzifeciono punta falsae subitamente si levaro da campo e tornaronoi·lloro paese. Il re d'Inghilterra e gli altri allegativeggendosi ingannato e fallito da' Brabanzonie a·rred'Inghilterra fallia monetache i suoi uficiali di là il netenieno a dieta e scarsocompié il trattato al meglio chepoterofaccendo triegua fino alla san Giovanni all'avenirerimettendosi della pace nel papa e·lla Chiesa di Roma. E seinfra 'l termine non fosse fatto l'accordoriporre la cittàdi Tornai nello stato ch'allora erache non vi si trovò davivere per VIII giorni. E così si giuraro le trieguee·ll'accordo per li due re e gli altri allegatie·llevarsida oste a dì XXVI di settembre MCCCXL. Ma·llo re diFrancia non tenne fedema come riebbe libero Tornaiil fece fornireper II anni; e poi andaro di triegue in trieguee altre mutazioni diguerrecome 'nanzi per li tempi faremo menzione. Lo re d'Inghilterraristette in Fiandra infino a mezzo novembreche si partìdalle Schiusee andonne inn-Inghilterra. E incontanente feceprendere i suoi tesorieri e uficialiche no·ll'aveano benfornito di monetae tolse loro molti danari.



CXIII - Come l'armata del re d'Ispagnaquasi perì per fortuna

Nel detto annodel mesed'aprilemandando il re d'Ispagna sua armata di LXXX galee sopra iSaracini di Granatache teneano monte Giobeltaroacciò cheno·llo potessono venire a fornire i Saracini di Settagrandefortuna di mare li soprese; e·lli percossono a·tterra eruppono XXIIII galee con grande danno de' Cristiani. Lasceremoalquanto de' fatti degli oltramontanie torneremo alquanto adietro araccontare delle novità state in questi tempi alla nostracittà di Firenze e per l'altra Italia.



CXIV - Di grande mortalità ecarestia che·ffu in Firenze e d'intornoe d'una cometach'aparve

In detto anno MCCCXLall'uscitadi marzoaparve inn-aria una stella cometa in verso levante nel finedel segno del Virgo e cominciamento della Librai quali sono segniumanie mostrano i beni sopra i corpi umani di grande ditreazione emortecome diremo apresso; e durò la detta commeta pochimalima assai ne seguiro di male significazioni sopra le gentiespezialmente alla nostra città di Firenze. Che incontanentecominciò grande mortalitàche quale si ponea malatoquasi nullo ne scampava; e morinne più che il sesto dicittadini pure de' migliori e più carimaschi e femminechenon rimase famiglia ch'alcuno non ne morissee dove due o·ttree più; e durò quella pestilenza infino al vernovegnente. E più di XVm corpi tra maschi e femmine e fanciullise ne sepellirono pure nella cittàonde la città eratutta piena di pianto e di doloree non si intendea apena ad altroch'a sopellire morti. E però si fece ordine che come il mortofosse recato alla chiesa la gente si partisse; che prima stavan tantoche si facea l'asequioe a tali la predica con solenni ufici a'maggiorenti; e ordinossi che non andasse banditore per morti. Incontado non fu sì grande la mortalitàma pure nemorirono assai. Con essa pistolenza seguì la fame e il caroagiunta a quello dell'anno passato; che con tutto lo scemo di mortivalse lo staio del grano più di soldi XXXe piùsarebbe assai valutose non che 'l Comune ne fece provedenza difarne venire di pelago. Ancora aparì un altro nuovo segno; chea dì XVI di maggio del detto annodi mezzogiornocadde inFirenze e d'intorno una gragnuola grossa e spessache coperse letettorale terre e·lle viealta come grande nevee guastòquasi tutti i frutti. Per questa mortalitàa dì XVIIIdi giugnoper consiglio del vescovo e di riligiosi si fece inFirenze generale processioneove furono quasi tutti i cittadini sanimaschi e femmine col corpo di Cristo ch'è a Santo Ambruogioecon esso s'andò per tutta la terra infino a ora di nonaconpiù di CL torchi accesi. E poi apresso agiunsono di malisegniche·lla mattina di san Giovanni essendo uno grande ericco cero in su uno carroccio fatto per li signori della moneta perofferere a san Giovannisi stravolse sprovedutamente con tutto ilcarroe cadde in su' gradi della porta de' priorie tutto sispezzò; e bene fu segno dovea cadere la moneta de' Fiorentinie rompere quelli che·lla guidavanocome seguì apressopoco tempo con gran danno de' Fiorentini. Quella mattina in SanGiovanni cadde uno palchettoche v'era fatto di costa dal corodov'erano su tutti i cantori cherici ch'uficiavanoe molti se nemagagnaro delle persone. E poi s'agiunse male sopra maleche a dìXX di luglio apresso la notte seguente s'aprese uno gran fuoco inParionee valicò nella gran ruga da San Brancazioove sifacea l'arte della lanainsino presso alla chiesaove arsono XLIIIIcase con gran danno di mercatantiepanni e lanee maseriziee dicase e palazzi. I Fiorentini isbigottiti e impauriti per li dettisegni e danni e·ll'arti e·lle mercatantie non istettonomai peggio per guadagnare; quelli che reggeano il Comuneperconforto di riligiosi per mostrare alcuna piatàordinaronoche·ssi traessono certi sbanditi di bandopagando al Comunecerta gabellae che' beni de' rubelli ch'erano in Comune fossonorenduti alle vedove e a' pupillia·ccui succedeano; ma non fuperfetta la grazia e misericordiache dovesse piacere a·dDioperò che·ssi dovea ristituire il prezzo che in prima liavieno per ordini fatti ricomperare dal Comune alle dette vedove epopillie non si fece; onde non ristettono a tanto le nostrepestilenzeche per le nostre peccata ne seguirono assai apressocome inanzi leggendo si troverrannoche avenne poi in piùcasi che i vivi ebbono astio de' morti per le soperchie tribolazionioccorse alla nostra città. Lasceremo alquanto de' fatti diFirenzee diremo d'altre novità d'intornotornando assaitosto a seguire dell'aversità ch'avennono alla nostra cittàdi Firenze



CXV - Come li Spuletani levaro daoste inn-sconfitta quelli di Rieti

Nel detto annoall'uscita digiugnoil conte di Triveti del regno di Pugliaessendo per lo reRuberto vicaro nella città di Rietiessendo posto ad ostesopra il castello di Luco co' cittadini di Rieti insiemeliSpuletini co·lloro amistà vennero al soccorso diquelloe sconfissono il detto conte e quelli di Rieticon grandannaggio di presi e di morti.



CXVI - Come messere Attaviano de'Belforti si fece signore di Volterra

Nel detto annoa dì VIIIdi settembrenella città di Volterra si levò romoree·ffu ad arme e battaglia cittadina. L'una parte era capomeser Attaviano di quelli di Belforteche·sse ne volea faresignore; e dall'altra parte il vescovo suo nipote nato per femminacon certi popolani che volieno vivere in libertà; ma·llatirannia colla forza di forestieri invitati per meser Attavianofurono vincitorie cacciarne il vescovo e suoi seguacii quali siridussono in Berignone suo castelloe meser Attaviano si fecesignore della cittàe poi seguitandolionde seguìassai di male; e fece il detto meser Attaviano uccidere due fratellidel vescovo a tradimento avendoli sicuraticostrignendoli per avereil detto castello di Berignone ch'elli avea asediato; e 'l vescovoche v'era dentro soferse innanzi di vederli morire che rendere ilcastello.



CXVII - Come certe galee di Genovesisconfissono i Turchi

Nel detto anno XII galee diGenovesi ch'erano ite in Romania per loro mercatantiaritrovandosinel mare Maggiore di là da Gostantinopoli con CL o piùlegni tra grossi e piccoli armati di Turchi saracinii Genovesifrancamente l'assalirono e missogli inn-isconfitta faccendo di lorogrande molesta d'ucciderlied annegarli in maredove ne rimasenomorti più di VIme guadagnarono i Genovesi molta roba edanari. In questo anno VI altre galee di Genovesi ch'andavano inFiandra furono prese dall'armata dell'Inghilesi a Samavi inBrettagnae perdervi il valere di CCm di fiorini d'oro; e cosìva della fortuna della guerra di mare.



CXVIII - Come in Firenze fu fatta unagrande congiurazionee·lla città fu a romore e adarme

Tornando a nostra matera inraccontando l'aversità occorse alla nostra città diFirenze in questi tempi per lo suo male reggimentomi fa moltoturbare la mente sperando peggio per l'avenire. Considerando che persegni del cieloné per pistolenze di diluvioné dimortalitàe di famei cittadini non pare che temano Iddioné si riconoscano di loro difetti e peccati; ma al tuttoabandonata per loro la santa carità umana e civilee solo abaratterie e tirannia con grande avarizia reggere la republica. Ondemi fa temere forte del giudicio d'Iddio. E acciò che meglio sipossano intendere le motive delle disensioni e delle novitàoccorsee perché sia assempro a que' che sono a venireacciòche mettano consiglio e riparo a simili casisì il narreremobrievemente il difetto del male reggimento ch'allora era in Firenzee quello ne seguì di malebene che non sia però scusadi mali adoperanti contra il Comune. Per difetto di mali uficiali ereggenti la città di Firenze si reggea allora e poi un tempoper due per sesto di maggiori e più possenti popolani grassi.Questi non volieno a reggimento né pari né compagnoniné all'uficio del priorato né agli altri conseguentiufici metterese non cui a·lloro piaceache facessonoa·lloro volontàschiudendo molti de' più degnidi loro per senno e per virtùe non dando parte né agrandi né mezzani né minoricome si convenia a buonoreggimento di Comune. E oltre a questonon bastando loro la signoriadel podestàe quella del capitano del popoloe quelladell'asecutore degli ordini della giustizia contro a' grandich'erano ancora di soperchio a buono reggimento comunesi criaronol'uficio del capitano della guardia; e a·cciò elessonoe feciono ritornare in Firenze messer Iacopo Gabrielli d'Agobbiouomo sùbito e crudele e carneficecon C uomini a cavallo e CCa piè al soldo del Comuneed elli con grosso salaroacciòche facesse a senno de' detti reggenti. Il quale a guisa di tirannoo come esecutore di tiranniprocedea di fatto in civile e cherminalea sua volontàcome gli era posto in mano per li dettireggentisanza seguire leggi o statutionde molti innocenticondannò a·ttorto inn-avere e in personae tenea icittadini grandi e piccoli in grande tremoresalvo i suoi reggentiche col suo bastone faceano le loro vendette e talora l'offese e·llebaratterie; non ricordandoci noi Fiorentini ciechioveroinfignendoci di ricordare quello di male ch'avea operato il dettomeser Iacopo al simile uficio l'anno MCCCXXXVe poi mesereAccorrimbono: onde per loro difetto era fatto divieto X annieno·llo oservaro. Di questo inniquo uficio e reggimento eranomal contenti i più di cittadinie massimamente i grandi epossenti; e però certi grandi cercaro cospirazione in cittàper abattere il detto mesere Iacopoe suo uficio e suoi seguacireggenti. E più tosto li fece muovereche in que' tempi fucondannato per lo detto mesere Iacopo mesere Piero de' Bardi in libreVImperch'avea offeso un suo fedele da Vernianon istrettuale diFirenzeonde gli parve ricevere torto. E meser Andrea de' Bardi eracostretto di rendere al Comune il suo castello di Mangonech'ellis'avea comperato. Questi Bardi erano di più possenti cittadinidi Firenze d'avere e di persone; e di loro danari aveano comperatodalla figliuola d'Alberto conte Vernia e Mangonee il castello dalPozzo da' conti da Porcianoonde il popolo di Firenze era malecontentiperò che il Comune vi cusava suso ragionecomeinn-adietro inn-alcuna parte facemmo menzione. Per lo detto sdegno esuperbia di Bardie simile di Frescobaldiper una condannagionefatta a meser Bardo Frescobaldi di libre IIImDCC per la pieve a SanVincenzo (dissero a·ttorto furono capo della detta congiura ecospirazionecon tutto ch'assai dinanzi fosse conceputo per lo malereggimentocome detto è adietro). Co' detti Bardi tenenoparte di Frescobaldi e di Rossie di più case di grandied'alcuna possente di popolani di qua da Arno; e rispondea loro ilconte Marcovaldoe più suoi consorti da' conti GuidiiTarlati d'Arezzoi Pazzi di ValdarnoUbertiniUbaldiniGuazalotrida Pratoi Belforti di Volterra e più altrie ciascuno doveavenire con gente a cavallo e a piè in gran quantitàemandare la notte di Tutti Santi; e·lla mattina vegnentecomele genti fossero allo esequio de' mortilevare il romore e correrela cittàe uccidere mesere Iacopo Gabrielli e' caporali de'reggentie abattere l'uficio di priori e rifare in Firenze nuovostatoe·cchi disse disfare il popolo. E sarebbe loro venutofatto certamente per la loro forza e séguitose non che 'lsopradetto meser Andrea de' Bardio che·lli paresse mal fareo per altra cagione o quistione con suoi consortimanifestòla detta congiura a Iacopo degli Alberti suo cognato e di caporalireggenti. Incontanente il detto Iacopo il rivelò a' priori eagli altri suoi compagni reggentiessi guerniro d'armi e di genteessendo la città in gran paura e sospettoe ciascuna partetemea di cominciare. Ma acciò ch'a' congiurati non giugnesseil loro sforzoil dì d'Ognisanti nel MCCCXLin sull'ora divesproi caporali de' reggenti salirono in sul palagio de' prioriequasi per forza feciono sonare a stormo la campana del popolochealcuno di priori amici de' Bardi la contesono assaiciò fumeser Francesco Salvesi e Taldo Valoril'uno priore e·ll'altrogonfaloniere per porta San Piero; onde molto furon ripresi dipresunzionee·cche sentissono il trattato. Come la campanacominciò a sonaretutta la città fu commossa a romoree ad arme a cavallo e a pièin sulla piazza de' priori co'gonfaloni delle compagniegridando: "Viva il popolo e muoiano itraditori!". E incontanente feciono serrare le porte dellacittàacciò che gli amici e soccorso de' congiuratinon potessono entrare nella cittài quali i più eranoin via e presso alla terra per entrare la notte con gran forza digente. I congiurati veggendo scoperto il loro trattato e fallito illoro aiutoche quasi nullo di loro congiurati di qua dall'Arnorispuose loro né·ssi scopersono per paura del popoloe'l popolo commosso a furore contro a' congiuratisi tennero mortieintesono solo al loro scampo e riparoguardando i detti casatid'Oltrarno i capi de' pontisaettando e uccidendo chi di làvolesse passare; e misono fuoco a capo di due ponti di legnamech'allora v'eranol'uno contra le case de' Canigiani e·ll'altrodi Frescobaldi; acciò che 'l popolo nogli assalissecredendosi tenere il sesto d'Oltrarno tanto che 'l soccorso venisse.Ma·cciò venne loro fallitoche i popolani d'Oltrarnofrancamente gli ripugnaroe tolsono loro i ponti coll'aiuto dipopolani di qua dall'Arnoch'andaro i·lloro aiuto per loponte alla Carraia. Messer Iacopo Gabrielli capitano si stava armatoa·ccavallo in sulla piazza colla cavalleriacon gran paura esospettosanza usare alcuno argomento o riparo di savio e valentecapitano; istando fino alla notte quasi come stupefatto; onde moltofu biasimato. Ma il valente messer Maffeo da Ponte Carradialloranostro podestàfrancamente con sua compagnia armato a cavallopassò il ponte Rubaconte con pericolo grande e rischiòdi sua personae parlò a' congiurati con savie parole ecortesi minacceli condusse la notte sotto sua sicurtà eguardia a partirsi fuori della città per la porta da SanGiorgiosanza quasi romore d'uomini o spargimento di sangueoincendio o ruberieonde molto fu commendatoch'ogni altro modo eracon grande pericolo della cittade. E come furono partitiil popolos'aquetòe l'altro di apresso fatta di loro condannagione sidisarmaro i popolanie ciascuno fece i suoi fatti come prima. Per sìfatto modo guarentì Idio la nostra città di grandepericolonon guardando a' nostri peccati e male reggimento diComune; ma per non essere di tanto benificio grati a·dDioladetta congiura ebbe apresso di male sequele a danno della nostracittàcome inanzi si farà menzione.



CXIX - Chi furono i congiurati chefurono condannati

Partiti i detti congiuratiil dìapresso si tenne consiglio come si dovesse procedere contro a·lloro;per lo migliore del Comune si prese di non fare grande fascioperòch'a troppi cittadini sarebbe toccatoche sentiro la detta congiurae·ss'aparecchiarono con arme e cavallima non si mostrarono;ma solamente si procedesse contro a quelli caporali che si mostraro efurono in armei quali furono citati e richesti; e non comparendosubitamente furono condannati nell'avere e nelle personesiccomeribelli e traditori del loro Comune. I quali furono la prima voltal'infrascritti: messere Piero di meser Gualterotto de' Bardi e Bindoe Aghinolfo suoi fratelliAndrea e Gualterotto di Filippozzo eFrancesco loro nipotemesser Piero di Ciapi suo nipotemesserGerozzo di meser Cecchino e meser Iacopo di meser GuidomesereSimone di Gerozzoma non v'ebbe colpa di certo; Simone e Cipriano diGerie Bindo di Benghitutti della casa de' Bardi; messer Iacopopriore di Sa·Iacopomesser Albanomesser Agnolo Giramonte eLapo suoi nipotimesser Bardo LambertiNiccolò e Frescobaldodi GuidoGiovanni e Bartolo di mesere FrescoIacopo di Bindo e Geridi BonaguidaMangeri di meser Lapotutti di Frescobaldi; e AndreaUbertelliGiovanni di Nerliser Tomagno degli Angioliericapellanodel detto prioreSalvestrino e Ruberto di Rossipiù de' suoiconsorti che vi tenieno manonon si mostrarono; di qua dall'Arno nonsi mostrò alcuno. I loro palazzi e beni in città e incontado a·ffurore furono disfatti e guasti. E ordinossi contutte le terre vicine guelfe e quelli della lega di Lombardia che nonritenessono i detti nuovi ribelli. E di ciò feciono ilpeggioreper la qual cosa i detti n'andaro i più a Pisae ilpriore a corte di papa a procurare quanto poterono in detto e infatto contro al Comune di Firenze. Per la detta diliberazione dellanostra città per lo Comune a dì XXVI di novembre sifece una grande processione e offerta a San Giovanni per tuttel'artie s'ordinò ch'ogni anno per l'Ognisanti si facesse; eordinossi di trarne di bando gli sbanditi per certa gabella perfortificare il popolo; che·ffu gran male a recare in cittàmolti rei uomini e mafattori. Ma altro rimedio ci voleva per apaciareIddioa·llui la gratitudine e tra' prossimi cittadini lacaritàma ad altro s'intese; e ordinossi che ogni popolanoche potesse fosse armato di corazze e barbute alla fiammingaeimpuosone VIme molte balestra per fortificare il popolo. E del mesedi gennaio seguente il Comune comperò Mangone da meser Andreade' Bardi VIImDCC fiorini d'oroscontandone MDCC che 'l Comunev'avea spesi inn-acconcime inanzi si rendesse a messere BenuccioSalimbeni marito della detta contessa da Mangone. E il castello diVernia s'arrendé al Comune di Firenze pagandone a meser Pierode' Bardiche v'era dentro asediatofiorini IIIImDCCCLX d'oro. Efecesi dicreto per lo Comune che nullo cittadino potesse aquistare otenere castello di fuori di nostro contado e distretto di lungi ilmeno per venti miglia. E del detto mese di gennaio furono condannatiVIIII di conti Guidi ch'avieno tenuta mano alla sopradetta congiura;e furo quasi tutti i loro caporalisalvo il conte Simone e Guido suonipote da Battifolle che non assentiro alla detta congiura. Di ciòfurono ripresi molto da' savi quelli che governavano la cittàdi condannare i nostri possenti vicini i conti Guidia recarline ascoperti nimici di quello peccato che non condannaro i nostricittadini ch'erano colpevolicome co·loro alla dettacongiura; bene s'aparecchiarono in arme co·lloro fedeli pervenire a Firenze. E poi più d'un anno apresso fu scoperto unaltro trattato co' detti nuovi ribellionde fu preso Schiatta de'Frescobaldie tagliatogli il capoe condannati Paniccia diBernardoe Iacopo di Frescobaldie Biordo di meser VierieGiovanni Ricchi de' Bardie Antonio degli Adimarie Bindo di Pazzitutti come ribelli. Lasceremo alquanto de' nostri fatti di Firenzech'assai ce n'è convenuto dire a questa voltafaccendoincidenzia per dire alquanto d'altre novità istate in questitempi per l'universo; ma tosto vi torneremo a direch'assai cicresce materia a' nostri fatti.



CXX - Come il re di Spagna sconfissei Saracini in Granata

Nel detto annoin calen dinovembrefurono sconfitti i Saracini di Setta e dell'altropaganesimo di Barberia e di Levante ch'erano passati di qua da·mmareinnumerabile quantitàal soccorso di quelli di Granataperlo buono re di Spagna; e rimasene tra morti e presi più diXXmcon molto tesoro e arnesi di Saracini.



CXXI - Come arse Portoveneri

Nel detto annoil dì dicalen di gennaios'aprese fuoco in Portoveneri nella riviera diGenovae·ffu sì impetuosoche non vi rimase ad arderecasa piccola o grandesalvo i due castelliovero rocchechev'hanno i Genovesicon infinito danno d'avere e di personee nonsanza giudicio di Dioche quelli di Portoveneri erano tutti corsalie pirati di maree ritenitori di corsali.



CXXII - Come in Firenze si feciono duecapitani di guardia

Nel detto annoin calen difebraiosi partì di Firenze il tirannomeser Iacopo de'Gabrielli d'Agobbioricco delle sangui de' Fiorentini ciechichepiù di XXXm fiorini d'oro si disse ne portò contanti.Ver'è che per la sua partita i savi rettori di Firenzecorressono il loro errore del suo tirannico uficioe scemaro lespese del Comuneovero le radoppiaronoche là dove primaavieno uno bargello per loro esecutore ne elessono duel'uno apetizione del detto meser Iacopo e suo parente (ciò fu meserCurrado della Brutacapitano della guardia in città perarricchire la povertà di Marchigiani)l'altro a guardia incontado sopra gli sbanditimeser Maffeo da Ponti Carradi di Bresciastato nostro podestà: questi n'era più degno per le suevirtù e operazioni; ma·ll'uno e·ll'altro uficioera d'oltraggio e a grande danno e spesa del Comune. Ma i reggenticittadini per mantenere le loro tiranniee tali di loro baratteriecome dicemmo adietrogli sostenieno a tanto danno di Comune egravezza di cittadini per essere temuti e grandi. Ma poco apressoIddio ne mostrò giudicio assai aperto per le loro praveoperazionia gran danno e vergogna e abasamento del nostro Comunecome inanzi faremo menzione. Ma gravami che non fu sopra le loropersone propiecom'erano degni i mali operantie come toccòad alquanti di loro. Ma Iddio si riserba e non lascia nullo maleimpunitobene non sia a tempi e piacere de' disideranti; e spessopulisce il popolo per li peccati de' rettorie non sanza giustogiudicioperò che il popolo è bene colpevole asostenere le male operazioni di loro reggenti; e questo basti atanto.



CXXIII - Come i Pugliesi e' loroseguaci furono cacciati di Prato

Nel detto annodel mese difebraioi Guazaliotri di Prato col caldo e favore di certiFiorentini levarono a romore la terra di Prato per sospetto de'Pugliesi e Rinaldeschi loro viciniovero per rimanerne signori; ebattaglia ebbe nella terrae morivvi alquanti dell'una parte edell'altra; alla fine i detti Pugliesi e Rinaldeschi co·lloroseguaci furono cacciati della terrae molti altri fatti confinatie' Guazzalotri ne rimasono signori.



CXXIV - Come la città di Luccavolle essere tolta a messere Mastino da Verona

Nel detto anno e mese di febraiomeser Francesco Castracani delli Interminelli ordinò colfavore di Pisani di torre la città a mesere Mastino con alcunotrattato d'entrovegnendo di fuori con gente assai a cavallo e apiè. Guiglielmo Canacci vicario di meser Mastino scoperto iltrattato prese il Ritrilla delli Uberti e XIII cittadiniche viteneano manoe corse e guarentì la terracome piacque a·dDioper riserballa a' Fiorentini per loro grande danno e vergognacomein poco tempo apresso si potrà trovare. E poi il dettoGuiglielmo fece oste in Carfagnanae tolse più terre chetenea il detto meser Francesco Castracani.



CXXV - Come il castello di SanBavello s'arrendé a' Fiorentini

Nell'anno di Cristo MCCCXLIa dìXV d'aprilei Fiorentini avendo fatto porre oste al castello di SanBavello di Guido Alberti di conti Guidiinfino che fu condannatocogli altri conticome dicemmo poco adietroper cominciarel'esecuzioni delle loro condannagioniessendo molto strettoe nonattendea soccorsos'arrendé al Comune di Firenze salve lepersone. Il quale feciono tutto diroccare per ricordo e vendettacontro al detto Guido: che più tempo dinanzi avendo il Comunedi Firenze per sua lettera richesto e citato il detto Guido peralcuna cagioneper dispetto del nostro Comune nel detto San Bavellodinanzi a più suoi fedeli al messo del Comune fece mangiare ladetta lettera con tutto il sugelloe poi accomiatandolovillanamentedicendo per dispetto del Comunese più vitornasseo egli o altrigli farebbe impiccare per la gola; ondesentendosi in Firenzegrande sdegno ne venne quasi a tutti icittadini.



CXXVI - D'uno fuoco s'aprese inFirenze

Nel detto annola notte seguentedi calen di maggios'aprese il fuoco in Terma in una casa ch'abitavaFrancesco di meser Rinieri Bondelmontie arsonvi IIII suoi fanciullimaschi con ciò ch'elli v'aveanon potendoli iscampare; ondefu una grande pietade; ma non sanza giudicio di Dioche 'l dettoFrancesco aveva occupata la detta casa e tolta a una donna vedova cuiera; ma il peccato fu delli innocenti figliuoliche portarono lapena a' loro corpi della colpa del padre.



CXXVII - Come mesere Azzo da Coreggiarubellò e tolse Parma a meser Mastino

Nel detto annotornando daNapoli dal re Ruberto mesere Azzo da Coreggia di Parmaavendotrattato col re e colli ambasciadori di meser Luchino ch'erano aNapoli lega e compagniae di rubellare Parma a meser Mastino. Valicòper Firenze chiusamentee poi ristette alla Scarperia in Mugello perVIII dìtenendo trattato e ragionamento con certi nostricittadini reggenti di torre e rubellare la città di Parma ameser Mastino suo nipote e benefattore per esserne al tutto signore;che meser Mastino l'avea tolta a' Rossi e a Gran Quiricoe rimessique' da Coreggia suoi zii in Parmatutto ne volesse esere signore esovrano. I Fiorentini intesono al trattato e favoralloisperandocome Parma fosse tolta a meser Mastino di potere avere agevolmente lacittà di Lucca; il detto meser Azzo ci tradì poicomesi vedrà pe' suoi processi. E com'elli fu in Lombardia diècompimento all'opera coll'aiuto di quelli da Gonzago signori diMantova e di Reggioe fatti nimici di quelli della Scala. E a dìXXII di maggio datali l'entrata di Parma da quelli di sua partedentrocorse la terrae con tradimento ne cacciò la gente dimeser Mastino che di lui non si prendieno guardiae fecesenesignore. Per la qual mutazione di Parma si può dire fosseassediata la città di Lucca e quasi perduta per meser Mastinoche no·lla potea fornire sanza grande costo; onde i Fiorentinisi mostrarono molti allegri; ma non sapeano il futuro che·nnedovea loro avenire. Messere Mastino veggendosi tolta Parmala qualea·llui era la chiave e porta di potere entrare a sua posta inToscanae per quella forma mantenea la città di Luccaveggendo che no·lla potea tenere sanza suo gran costo epericoloincontanente con savia e sagace pratica cercò divenderla e co' Pisani e co' Fiorentiniche a gara ciascuno ne voleaesere signoree con ciascuno tenea trattato. I Pisani per paura dinon volere i Fiorentini vicinie così di presso e colla forzadi Luccatemieno di loro statoe cercarono in prima di torla amezzo co' Fiorentini; ma tutto era con frode e con vizio Pisanoro.Ancora sentendo questa cerca meser Luchino Visconti signore diMelanoche·ssi facea nimico di meser Mastinoproferse a'Fiorentinise·lla città di Lucca volessono asediare etorla a meser Mastinodi darne aiuto all'asedio M de' suoi cavalierifermie volerne da·lloro certa somma di moneta; ed era ilmeglio a·ffarlo per vendicarsi del tradimento del Mastino; evenia tosto fatto con poco affanno e spesaa comparazione di quellone seguì poi. Ma i Fiorentininon fidandosi dell'anticonimiconon vi si vollono accordareovero nol promisse il divinodistino overo providenza. Ma i Fiorentini come grandi e·llarghie sicuri mercatantie migliori d'altre mercatantie che di guerravollono fare a·lloro sennoe i Pisani il somigliante; onde fue seguì molto male per l'uno Comune e per l'altroma piùper li Fiorentini in questo anno medesimo e apressocome assai tostofaremo menzionespediteprima di raccontare altre novitàstate d'intorno in questo tempo.



CXXVIII - Come il re Ruberto ebbeMelazzo in Cicilia per assedio

Nel detto tempoavendo il reRuberto presa l'isola di Lipari in Ciciliacome adietro facemmomenzionee veggendo per lo detto aquisto assai gli era possibiled'avere Melazzo che v'è alla 'ncontrae quello avuto poterepiù strignere Messinasì fece armare a Napoli XLV tragalee e uscierie più altro navilio grosso e minuto daportare foraggio e altro guernimento d'ostecon DC cavalieri e Mpedoni oltre a' marinieri. Col suo amiraglio partì di Napolila detta armata a dì XI di giugno del detto annoe per terramandò il re in Calavra messer Ruggieri di Sanseverino congente d'arme a cavallo e a piè per rinfrescare l'armatacomeavesse presa terra. La quale armata giunse in Cicilia a dì XVdi giugnoe bene aventurosamente si puosono all'asedio della terradi Melazzo per terra e per marechiudendola dal lato fra terra ovesi ricoglie quasi a isola per ispazio d'uno migliaiocon grandefosso e isteccati con molte bertesche; e simile verso la terra diMelazzo con fosso e steccatisicché non ne potea uscire néentrare personase non per furtosanza gran pericolo. E il navilioera d'intorno alla guardia del porto e della piaggia. Melazzo era benfornito e di gente d'arme e di vettuaglia per più d'uno annoe poco curavano l'assedio; ma lo re Ruberto il fece continovare conmolto affanno e spendioe fece cominciare a far fare un grosso murodentro al fosso e steccato detto dinanzi sì che il campo eramolto forte. E veggendo don Piero signore dell'isola che·ll'asediopure continovavae a quelli di Melazzo venia fallendo la vittuagliatre volte vi venne con tutto lo sforzo di Ciciliani ad asalire ilcampoe simile feciono que' della terra dal lato d'entro; ma invanofurono gli asaltima con gran danno de' Cicilianiper la fortezzadel campo e rinfrescamento che facea fare al continuo il re Rubertoall'oste. Fallendo la vettuaglia alla terra per lo lungo assedio eper l'affanno del detto osteggiaredon Pieroche·ssi faceare di Ciciliaamalò e morìo. Per la qual cosa Melazzos'arrendé all'amiraglio del re Ruberto a dì XV disettembre MCCCXLIsalvo l'avere e le personee di terrazzani e diforestieri. Il quale fu un bello aquisto al re Rubertotutto glicostasse più di Lm once d'oro; fece lasciare guernita la terradi gente d'arme e di vittuaglia.



CXXIX - Come messer Alberto dellaScala andò sopra Mantova e tornonne in isconfitta

Nel detto annoa dì XI digiugnomesser Alberto della Scala venne ad oste sopra il mantovanocon M cavalieri e MD pedoni di masnade sanza i paesaniper l'aiutoche quelli da Gonzago signori di Mantova aveano dato a messere Azzoda Coreggiaquando rubellò Parma a meser Mastinomandandoloro soccorso. A' detti signori di Mantovae coll'aiuto di quelli daMelanofurono loro alla 'ncontra con DCCC cavalieri e popolo assaie ingaggiarsi di combattere. Alla fine meser Alberto rifiutòla battagliae partissi quasi inn-isconfittalasciando ciòch'avea nel campo suo con gran danno e vergogna.



CXXX - Come i Fiorentinipatteggiarono di comperare Lucca da meser Mastinoe mandaro peròloro stadichi a Ferrara

Tornando a nostra materamiconviene raccontare della folle impresa fatta per lo nostro Comune diFirenze della città di Luccacome cominciammo a narrare nellafine del terzo capitolo iscritto adietro. Avendo i caporali rettoridi Firenze a mano il trattato con meser Mastino della Scala dicomperare da·llui la città di Lucca e 'l suo distrettoch'elli tenea libera e speditala qualecome dicemmo adietroteneabargagno co' Pisani e col nostro Comune di darla a·cchi piùglie ne dessesi criò in Firenzedel mese di luglio MCCCXLIuno uficio di XX cittadini popolani a seguire il detto trattato conpiena balìa di ciò faree di fare venire danari inComune per ogni via e modo ch'a·lloro paressee fare guerrae ostee pacee legae compagniacome e con cui a·lloropiacesseper termine di loro uficio d'uno annonon possendo essereasindacati di cosa che facessono. La qual cosa fu confusione epericolo del nostro Comunecome si mosterrà apresso per loroprocessi. I nomi de' quali non ligisterremo in questoperòche non sono degni di memoria di loro virtù o buone operazioniper lo nostro Comunema del contrariocome inanzi per le lorooperazioni si potrà vedereacciò che' nostrisuccessori si guardino di dare le sformate balìe a' nostricittadini per lunghi tempi. Le quali per isperienza si manifesta perantico e per novello essere la morte e abassamento del nostro Comuneperò che nulla fe' o carità era rimasa ne' cittadiniespezialmente ne' reggentia conservare la republica; ma ciascunoalla sua singularità o di suoi amici per diversi studi o modi.E però cominciò ad andare al dichino il nostro Comuneal modo di Romaniquando intesono alle loro singularitàe·llasciarono il bene comune. E non sanza cagionequando de'maggiori e de' più possenti popolani di Firenze diputati aldetto uficio ne furono capo ed esecutori. Bene ve n'ebbe alcunitra·lloro innocentisecondo si disse. Confermato il dettouficio per consigliincontanente seguiro il trattato con meserMastinoe per ingannare i Pisani overo noi medesimili si promisonoe fermaro co' suoi procuratori di dare CCLm di fiorini d'oro in certepaghe; avendo il nostro Comune debito a dare a' cittadini per laguerra del Mastino più di CCCCm di fiorini d'oro; e potendolaavere Lucca da' Tedeschi dal Cerruglio l'anno MCCCXXVIIIIcomedicemmo adietroper LXXXm di fiorini d'oroche·ffu saviaprovedenzaovero molto folle per lo nostro Comune; e piùancoraessendo in quistione e in bargagno co' Pisanie quasi cometutta guasta e assediata. E per osservare i patti a mesere Mastino adì VIIII d'agosto del detto anno mandarono a Ferrara sotto laguardia de' marchesisiccome amici e mediatori dal nostro Comuneameser Mastino L stadichi: II de' detti XX in personae XVIIIfigliuoli o fratelli o nipoti degli altri XXe XXX altri cittadini;de' quali L stadichi v'ebbe VII cavalieri e X donzelli delle maggioricase di Firenzee gli altri di maggiori e più ricchi popolanie mercatanti della nostra città. E noi autore di questa operatutto ch'a·nnoi non si confacesse e fosse contra nostravolontàfummo del detto collegio e numero per lo sesto diporta San Pieroe istemmo in Ferrara due mesi e mezzo con piùdi CL cavalli al continovoe ciascuno con famigliari vestitid'assisecon grandi e onorate spesesperando d'avere gran vittoriadella detta impresae ricevendo grande onore da' signori marchesi diconviti al continuo. E meser Mastino vi mandò uno suofigliuolo bastardo con LX stadichi gentili uomini di Verona e diVincenza e del suo distrettoo loro figliuoli. Ma non comparivano inFerrara apo i Fiorentini d'assai di nobiltà e d'orrevolezza. Idetti XXfatta la detta impresafeciono al continovo moltedisordinate spesegravezze a' singulari cittadini di prestanze ed'imposte per essere forniti di moneta; veggendosi venire in aspraguerra co' Pisani per la detta compera di Luccae' soldarono dinuovo gente da cavallo e da piè d'arme in grande quantità;e spendieno ogni mese più di XXXm fiorini d'oro. E richiesonod'aiuto i vicini e·lli amici. E notalettorese meserMastino seppe fare savia e alta vendetta della guerra e ingiuriaricevuta da' Fiorentini per lo suo tenere di Luccavendendola loroper ingordo pregiosì fatta medesima azione di Luccaassediatae con aspra guerra co' Pisani e cogli altri loro vicini eco' Lombardi suoi nimicicome apresso faremo menzionetornandoalquanto adietro.



CXXXI - Come i Pisani si puosono adassedio alla città di Lucca

I Pisani sentendo al continuo iltrattato che' Fiorentini tenieno con messere Mastino d'avere la cittàdi Luccaed ellino con meser Mastino non potendosi accordareriserbando la fortuna a' Fiorentini la mala derrata di Lucca collesue sequelenonn-istettono i Pisani oziosima inanzi che'Fiorentini compiessono la folle compera di Luccadi più mesisi providonoe incontanente soldarono cavalierisicchéda·lloro ebbono MCC cavalieri e CCC cavallate di cittadini.E·cciò potieno bene fareche il loro Comune avea dimobile ragunati più di CLm di fiorini d'oroe mandaro loroambasciadori a Milanoe feciono lega e compagnia con meser LuchinoVisconti signore di Milano e fatto nimico di meser Mastino. E nonn-èda dimenticare di mettere in nota uno crudele tradimento commesso perli Pisani per recarsi ad amico meser Luchino. Uno messere Francescoda Postierla di nobili di Milanocui n'avea cacciatoil quale itoa·ccorte a lamentarsi al papae volendo tornare in Toscanaessendo amico al suo parere de' Pisanimandò a·lloroper navile che 'l levasse da Marsiliae per sicurtà di suosalvocondotto il Comune di Pisa gli mandaro una loro galea armatapassaggerae lettera di salvocondottoove si ricolse. Arrivato aPisacom'era ordinato il tradimento con meser Luchinoincontanenteil detto meser Francescouomo di grande autorità e valorecon due suoi figliuoli i Pisani mandaro legati a Milano; a·ccuimeser Luchino fece tagliare la testa. E per tale vittima si fece lalega e compagnia da meser Luchino e Pisanidella quale per loinnormo peccato commesso per li Pisani poco apresso fu apertavendetta fatta contro a' Pisanicome si troverrà leggendo. Mail detto messer Luchino oltre a·cciò volle promissioneda·lloro di L mila fiorini d'oro in certi terminie dierliXII stadichi i Pisani di figliuoli di loro conti e di migliori e dipiù cari cittadini per osservare i patti; e meser Luchinomandò loro M cavalieri colle sue insegne a soldo di Pisaniecapitano meser Giovanni Visconti suo nipote. E' signori di Mantova edi Reggio mandaro loro CC cavalierie quelli da Coreggia di Parma CLcavalierie meser Albertino da Carrara di Padova CC cavalieri percontrari di meser Mastino; e feciono lega con tutti i conti Guidisalvo col conte Simone e 'l nipotee cogli Ubaldinie col signoredi Furlìe cogli altri Ghibellini di Romagnae col dogio diGenovache tutti diedono loro aiuto di cavalieri o di balestrieri; etali colle loro forze mossono guerra e ruppono le strade a'Fiorentini; e·cciò fu per procaccio e trattato dinostri nuovi ribelli. E ciò fatto per li Pisanicome sepponoche i Fiorentini avieno fermo il patto con meser Mastinoe mandatigli stadichidi presente a dì... d'agosto ebbono il castellodel Cerruglioquello di Montechiaro per IIIm fiorini d'oro nespesono a' masinadieri che·ll'aveano in guardia per meserMastino; e guernirli di loro genteper impedire gli andamenti de'Fiorentini al soccorso di Lucca. E·cciò fattocontutta la loro cavalleria e popolo per comune subitamente a dì...d'agosto del detto anno vennero alla città di Luccaepuosonvi l'assedio intorno intornoe 'n poco tempo apressol'affossaro e steccaro con bertesche dalla Guscianellache va aPontetettoinfino al fiume del Serchioche·ffu per ispaziodi più di VI miglia. E simile teneno il procinto dellaGuscianella insino al Serchio di sopra guernito di fortezze e digentech'era altressì grande spazio o più. E poiapresso alla città feciono un altro fosso con isteccatiche·ffu una maravigliosa opera fatta in poco tempoper modoche nullo potea entrare o uscire di Lucca sanza grande pericolo; e alcontinovo v'era per comune i due quartieri di Pisa a mutae talora itre quartierie così di loro molti contadini e balestrieriassai genovesi; e bisognava benesì era lungo il procinto. Ein mezzo di detti due procinti era accampata l'oste de' Pisani e diLombardi in tre siti e campi spianati dall'uno campo all'altro.E·cciò poterono fare liberamente e sanza contastoperciò che' Fiorentini per la 'mprovisa e sùbitaimpresa di Pisani non erano ancora aparecchiati al contasto e inLucca non avea da CL cavalieri di meser Mastino e D pedoni di soldoond'era capitano Guiglielmo Canacci; e co·llui Frignano daSessoe Ciupo delli Scolarie meser Bonetto tedescoch'avienoassai a·ffare pure di guardare la città. Ma il dettoGuiglielmo Canacci al continuo proccurava Lucca per li Pisani. Epartissi di Lucca e andò però a meser Mastinoe·llasciò la guardia agli altri detti capitani.Lasceremo alquanto di Pisani e del loro assedio di Luccae diremotornando alquanto adietro quello che i Fiorentini feciono per ladetta guerra mossa per li Pisani.



CXXXII - Come i Fiorentini si forniroessendo i Pisani all'assedio di Luccae cavalcaro sopra quello diPisa

Sentendo i Fiorentinil'aparecchio d'oste che faceano i Pisaniinanzi che ponessonol'assedio alla città di Lucca incontanente crebbono la lorocavalleriasicché egli ebbono IIm cavalieri a soldo loroemandaro per l'amistadiper esser aparecchiati se' Pisani movessonoloro guerra. I Sanesi ne mandarono CC cavalieri il Comunee C lecase guelfe di Sienae CC balestrierii Perugini CL cavalieriquelli d'Agobbio con meser Iacopo Gabrielli con L cavalieriilsignore di Bologna CCC cavalieriil marchese da Ferrara CCcavalierimeser Mastino CCC cavalierie dalle terre guelfe diRomagna CL cavalieridal signore di Volterra il figliuolo con Lcavalieri e CC pedonimessere Tarlato d'Arezzo con L cavalieri e CCpedoni. Prato XXV cavalieri e CL pedoniSan Miniato CCC pedoniSanGimignano e Colle ciascuno CL pedoni. Come i Fiorentini ebbonoragunata loro gente e amistadi elessono per capitano di guerra messerMaffeo da Ponte Carradi di Bresciach'era loro capitano di guardia.E questo fu il secondo gran fallo de' Fiorentini apresso al primodella folle compera di Lucca che con tutto che meser Maffeo fosse unvalente e buono cavalierenon era sofficiente duca a guidare sìgrande esercito. Che nella nostra cavalleria aveva L o piùconestaboli di maggiore affare di lui; ma·ll'ambizionedell'uficio de' XX e delli altri reggenti ebbono a schifo il savioconsiglio del re Rubertoch'al tutto biasimava la 'mpresa di Lucca.E però non vollono per capitano niuno de' reali suoi nipoti néaltri grandi baroniper guidare la 'mpresa più a·llorosenno. E ciò fattofeciono cavalcare loro capitano collasopradetta cavalleria e popolo grandissimo a Fucecchio e all'altreterre del Valdarno. E mandaro loro ambasciadori a Pisa a richiedere eprotestare a' Pisani che non si travagliassono della 'mpresa diLuccacom'era ne' patti della pace spressamente tra·lloro. IPisani diedono loro infinte e false scusee di presente presono ilCerruglio e Montechiaroe puosono l'assedio con tutta loro oste allacittà di Lucca. E come dicemmo nel passato capitoloiFiorentini aveggendosi della impresa e tradimento di Pisani dipresente feciono cavalcare la loro ostech'era nel Valdarno disottoin sul contado di Pisae furono IIImDC cavalieri e piùdi Xm pedoni di soldo. E di presente presono il Ponte ad Era e ilfosso Arnonicoe guastarono e arsono tutto il borgo di Cascinae·lla villa di San Sevino e di San Cascianoe infino al borgodelle Campane presso a Pisa a due miglia. E poi si rivolsono per lavia che va in Valderae andaro fino a Ponte di Saccolevando grandiprede e faccendo grandi arsioni sanza contasto alcunoistando soprail contado di Pisa per più dì; e più sarebbonostatise non che grande fortuna di pioggia li sopprese; onde avendoarse e guaste le villate non vi potero dimorare né andare piùinanzie tornarsi a Fucecchio e nell'altre castella di Valdarno. Enota che questo fu il terzo gran fallo della impresa di Lucca e malacapitaneriae·cciò non si riprende dopo il fatto.Ch'assai si vide chiaroe si disse inanzi per li savi e intendentich'a volere levare l'assedio da Lucca e disertare i Pisani l'oste diFiorentini si dovea porre al fosso Arnonico ch'era bene albergatoequello aforzare verso Pisa di fossi e steccati e aforzare il Ponte adErae fare un piccolo battifolle a piè di Marti o in suCastello del Boscoe in quelli lasciare guardia e guernigione digente d'arme per avere ispedito il cammino e·lla vittuaglia. Epoi al continovo fare grosse cavalcate in Valderae a Vadae aPorto Pisanoe Livornoe infino alle porte di Pisa intorno intornofaccendo ponte di legname sopra l'Arno; e potieno di continovocavalcare i·loro Piemonte e 'n Valdiserchioe 'mpedire lavettuaglia ch'andava da Pisa all'oste di Lucca onde convenia pernicistà si levasse l'oste da Lucca. E·cciòsentimmo poi da' Pisaniche di questo istavano continovo in granpaura; e convenia per forza venissono a battaglia co' Fiorentinie·lla battaglia era a lezione e con vantaggio dell'oste de'Fiorentini. Ma il distino ordinato da Dio per punire le peccata nonpuò preterirech'accieca l'animo de' popoli e di loro duchi erettori in non lasciare prendere il migliore partito. E cosìavenne al nostro Comune.



CXXXIII - Come i Fiorentini compiuto ilmercato della città di Lucca con meser Mastino presono laposessione essendo asediata

Infra·lla detta stanza ilMastino non dormiama sagacemente prese suo tempo e mandòsuoi ambasciadori a Firenzerichiesono e protestarono il Comune cheprendesse la posessione della città di Lucca e delle castellache tenea; e se·cciò non facessonos'accorderebbe co'Pisani e darebbela a·lloro. E per alzare la sua mercatantia efare la sua vendetta di Fiorentinicome dicemmo adietroalcontinovo stava in bargagno co' Pisani per trattato di GuiglielmoCanacciribello di Bolognastato per suo capitano in Lucca.Sopra·cciò si tennono in Firenze più consiglieper li più savi si consigliava per lo migliore che·lla'mpresa si lasciassee guerreggiassesi sopra il contado di Pisaecom'era gran follia a prendere la posessione di terra assediata; eche molto pericolo e spesa ne potea veniree potiesi lasciareragionevolemente coll'onore del Comune; però che 'l primopatto era che per lo prezzo detto di CCLm di fiorini d'oro meserMastino dovea dare la città e·lle castella libere espedite. Ma·ll'ambizione dell'uficio de' XX e de' loroseguacich'aveano fatta la prima impresavinse contra il savio ebuono consiglioma pur volerladicendo che lasciarla troppo eragran vergogna e abassamento del Comune di Firenze; questo fu ilquarto gran fallo sopra fallo fatto per l'uficio di XX. Eincontanente mandaro due altri dell'uficio de' XX e altriambasciadori con quelli di meser Mastino al marchese da Ferrarach'era mediatore per migliorare i patti. E giunti a Ferrara tostos'acordò la bisognascemando della prima somma LXXm difiorini d'oro per l'asedio di Lucca e perdita del Cerruglio e diMontechiarosicché rimase il patto a CLXXXm di fiorini d'oro:i Cm pagare infra uno annoavendo XXVII nuovi stadichi per sicurtàdi ciòe·lli LXXXm fiorini in cinque anni apressoogni anno XVIm fiorini d'oromallevadori di ciò il marchese e'l signore di Bolognae tenere meser Mastino al suo soldo Dcavalieri infino che fosse levato l'assedio di Lucca. Che 'nanzi chemessere Mastino si fosse partito da mercato l'avrebbe fatto per Cmfiorini d'orosiccome posessione disperata e ch'avea perdutae a'Pisani in nulla guisa la volea daretutto ne facesse il sembianteeper dispetto di meser Luchinoche co·lloro insieme l'aveaassediata in sua vergogna; e questo sapemmo di certoperòch'eravamo presenti al trattatodel numero delli stadichi. Ma·llafretta e troppa volontà di chi l'avea a·ffareo altraprivata cagionee bene si disse per molti cittadini che baratterias'usò per li trattatori del primo mercato dall'una parte edall'altrae noi ne sentimmo tanto in Ferraraquando si recòil mercato a CLXXXmche quelli che v'erano per messere Mastinodissono ch'elli non avea mai sentito che·lla prima somma fossepiù che CCm di fiorini d'oro. E cosìse vero fuinostri cittadini savi ingannaro l'osteovero il nostro Comune cieco;e fermo il secondo pattoincontanente tornaro da Ferrara i nostriambasciadori co' sindachi di meser Mastino. E di presente feciono inostri rettori muovere l'oste ch'era in Valdarnoe col capitanoagiunsono II cittadini per sesto per consiglieri della guerra; eandarono in arme con compagnia nobilemente a' gaggi del Comuneeandarono in sul contado di Luccaparte per la via d'Altopascio eparte dell'oste andò per Valdinievole; e accampossi tutta ladetta nostra oste in sul colle delle Donne a dì... disettembre; e poi ebbono la posessione di Pietrasanta e di Barga da'proccuratori di meser Mastino. Come l'oste de' Fiorentini fuacampatal'oste de' Pisaniov'era a tre campisi recarono a uno; etegnendosi ancora per que' di Lucca la fortezza di Pontetettocheimpedia molto la scorta di Pisanisì v'andò gran partedell'oste de' Pisani e stettonvi più dì ad assedioeper forza combattendo l'ebbono. In quella dimora la gente di meserMastino con suoi sindachi e nostrie colla gente che si voleamettere in Luccache furono CCC cavalieri e D pedonicon Xm fiorinid'oro per pagare le masnade che·nn'uscirono poie co·lloroCiupo delli Scolari e tutti i Ghibelliniche v'erano per meserMastino in Luccacon cenni di fuoco ordinati que' di Lucca a un'orauscendo fuori co' nostri che v'andavanosi scontraro al luogoordinatoruppono parte delli steccati e apianaro i fossie sanzacontasto entraro in Lucca sani e salvi. E di verose grossa gentefosse cavalcata co·llororotta era la gente de' Pisanichein quello punto non erano rimasi alla guardia dell'oste che Dcavalieri. Entrata la detta gente in Lucca v'ebbe grande allegrezza;e i nostri sindachich'erano Giovanni Bernardini di Medicie Naddodi Cenni di Naddoe Rosso di Ricciardo de' Riccipresono laposessione del castello dell'Agosta e della città dal sindacodi meser Mastinoch'era Arriguccio Pegolotti nostro antico cittadinoghibellinoa dì... di settembre. E il detto Giovanni de'Medicich'era ordinato ad esservi capitanosi fece fare cavalieree i detti Naddo e Rosso rimasono camarlinghi per lo Comune a riceverela moneta che vi si mandavae pagare le masnade a·ccavallo ea pièe fornire l'ordine della vittuaglia. E feciolla sìbene ciascuno de' detticome inanzi si leggerà.



CXXXIV - Come l'oste de' Fiorentini fusconfitta a Lucca da quella di Pisani

Istando la detta nostra oste insul colle delle Donne e in su quello di Grignanopiùscaramucci ebbono la nostra gente con quella de' nimicich'erano inSan Gromigno e in San Gennaioquando a danno dell'una parte e quandodell'altra; e fornendo Lucca del continovo di monetach'altro nonbisognava loroperò che per danari i Tedeschi dell'oste de'Pisani di dì e di notte fornivano Lucca di ciò chebisognava. Ma·lla 'ngannevole fortunama più la malaprovedenza dell'uficio de' XX e del loro consiglio di reggentich'erano in Firenzee che a ciascuno per loro ambizione parea essereil buonomesere Alardo di Vallerio il conte Guido da Montefeltromastri di guerrasi diliberaro che·lla detta nostra osteiscendesse al piano verso Luccae fossero alla battaglia co' Pisani.E questo mandaroaspramente comandando a' capitani dell'oste. Equesto fu il quinto falloe sanza rimedioche Lucca era fornitaancora per più di VIII mesi; e ciò sapieno di certoetutto dì si fornia per lo modo detto; che stando a bada co'Pisani e fermigli straccavano e consumavano di spese in poco ditempo. E di vero si seppe che'ndugiandosi pure XV dìmeserGiovanni Visconti si partia con tutta la cavalleria del capitano diMilanoperché i Pisani non gli oservavano i patti promessi;e·cciò disse poi in Firenzequando vi fu prigionepalesemente. L'altro gran falloma pazziafu andare a combattere aposta e vantaggio del nimicoch'erano dentro alla fortezza del fossoe steccati di loro campoe poteno prendere e lasciare la battagliae rinfrescarsi a·lloro posta e vantaggio; e oltre a·cciòe' nonn-erano meno ma più gente di nostri a·ccavallo ea piè; ma al fallo della guerra segue incontanente ladisciplina. I capitani dell'oste ubidendo il comandamento da Firenzeovero per le nostre peccata pulireil distino di Dio li vi condusse.Il dì di calen di ottobre iscesono al piano di Luccaeaccamparsi la notte al luogo detto la Ghiaia e greto di Serchiopresso al campo di nimici a meno d'uno miglioe·ll'una partee·ll'altra feciono la spianata; e que' del campo di Pisaabattero verso la spianata una parte dello steccatoe richiesono labattagliae' nostri l'accettarono lietamente per lo giorno apresso.E così martedìa dì II d'ottobre del detto annoMCCCXLIle due osti s'affrontaro. I nostri ch'erano rimasi IImDCCCcavalieri e popolo grandissimo feciono due schierel'una di MCCcavalieri per feditorila qual conducea il nostro capitano messerMaffeo con quelli Fiorentini che v'eranocon iscelta delle migliorimasnade ch'avessono e co' Sanesiche più donzelli delle casedi Siena guelfe si feciono il dì cavalierie portarsifrancamente. E in quella schiera fu mesere Ghiberto da FoglianoeFrignano da Sessoe uno conte d'Alamagnae meser Bonetto tedescocolla gente di meser Mastinoche in quella giornata cogli altrifeditori insieme feciono maraviglie d'armeessendo fasciati di costacon più di IIIm balestrieri. La schiera grossa con tuttal'altra cavalleria e popolo e colla salmeria caricata che·ffufolliaguidavano gli altri capitani. E messere Gian della Vallinaborgognone avea la 'nsegna realeche per bontà de' nostricittadini nullo la richiese di portare. I Pisanich'erano da IIImcavalierifeciono III schiere; l'una di feditori da DCCC cavalierila quale conducea... fasciata con molti balestrieri genovesi episaniche·nn'avieno più di noi e migliori. L'altragrossa schiera co' cavalieri del signore di Milano guidava meserGiovanni Visconti colla insegna della vipera. Un'altra schiera diCCCC cavalieri riposta adietro presso alla bocca de' loro steccati ea quella guardiaperché li nostri di Lucca ch'erano uscitidella città non assalissono il campo. Quella terza schiera diPisani guidava meser Ciupo delli Scolariche 'l dì si fececavalieree meser Francesco Castracane. Fatte le dette schiere delledue ostis'affrontaro insieme in sull'ora della terza; e prima ifeditori dall'una parte e dall'altra. La battaglia fu aspra e forteperò che da ciascuna parte di feditori era il fiore dellacavalleria dell'oste; e per la forte percossa di feditori di Pisanitutto fossono meno gente di nostrifeciono assai rinpignere adietrola nostra schiera de' feditori; ma poco apresso i feditori di Pisanifurono rotti e sconfitti; e fuggendo parte si tornarono dentro allisteccati e parte alla loro schiera grossa. I nostri feditori avendoavuta la vittoria de' feditori di Pisanifrancamente asaliro la loroschiera grossa; e quella fu una ritenuta e aspra battagliae duròinfino dopo nonae gran mortalità v'ebbe di cavallieabattuta di cavalieri per li molti balestrieri dell'una parte edell'altrae fu abattuta la 'nsegna di meser Luchinoe preso messerGiovanni Visconti capitano della sua gentee Arrigo di Castruccioemesser Bardo Frescobaldie più di migliori Pisani da cavalloe d'altri nostri uscitie quasi rotta e sbarattata la detta schieracon tutto rilevassono un'altra insegna della vipera di Melanopartedi loro si rannodaro colla schiera di meser Ciupo delli Scolari chestava ferma. E con tutto che' nostri feditori combattessono ecacciassono i nimicila nostra ischiera grossa non si mosse népinse inanzi a favorare i nostri feditoriche·ffu gran falloe mala capitaneria; ma dissesi fu per difetto di meser Gianni dellaVallinach'avea la 'nsegna realeche non volle andare contro alla'nsegna di meser Luchino per saramento fatto essendo suo prigione inLombardia. Ma maggior fallo fu de' nostri rettori a darli la 'nsegnarealee che sì grande oste non capitanaro di sofficientiducie non vi furono di nobili cittadini a·ccui ne calesse. Inostri della prima schiera credendosi avere la vittoriasi partirodi qua e di là seguendo prigioni. Dissesi che mesere Ciupodelli Scolariche stava colla schiera disparte a vedere lecontenenze della battagliae raccogliendo a·ssua schiera que'che fuggivanousò una maestria di guerrache mandòpiù ribaldi alla nostra schiera grossa e tra·lla nostrasalmeriagridando e dando boce che' nostri feditori erano sconfitti;onde la salmeria si cominciò tutta a partire. Quelli dellanostra grossa schierach'erano di lungiov'era la battaglia ecaccia per uno terzo di migliotra per la detta falsa voceeveggendo i nostri sciolti di schiera alla caccia de' nimici emischiati tra·lloroe veggendo fuggire la salmeriae·llaschiera di meser Ciupo ferma e cresciuta colle 'nsegne levatecredettono a·ccerto che' nostri fossono rottie sanza rotta ocaccia di nimici si ruppono tra·lloro e missonsi in fuga; esimile i pedoni. Messer Ciupo colla sua riposata schiera veggendo infuga la nostra schiera grossapercosse a' nostri feditori statiprima a due battaglie vincitorich'erano sparti e ricogliendoprigioni sanza ordine o ritegno alcunofedirono tra·lloroeruppogli e sconfissolli di presentee ricoveraro i loro prigionisalvo messere Giovanni Viscontich'era menato alla schiera grossaepiù altri barattatiche·ssi ricomperaro poi da quelliche·lli avieno presisanza rassegnarli al Comune. In questabattaglia non moriro di nostri oltre a CCC uomini tra cavallo e apièe niuno uomo di nome salvo Frignano da Sessoe certiconestaboli di meser Mastino e di marchesich'alla battaglia siportaro valentremente. Cavalli vi moriro più di IIm tradall'una parte e dall'altra per le molte balestre e per lo modo dellabattagliache·ffu quasi com'uno torniamento con piùriprese. Prigioni non vi rimasono de' nostri che da DCCC a M tra acavallo e a pièperò che·lla nostra schieragrossa si partì salva per lo modo dettoe ricoveraro inPesciae' nimici non seguiro cacciae molti de' nostri si fuggiroin Lucca; e meser Tarlato d'Arezzo fu di quelli. Questi furono iprigioni di rinomea di nostri che vi rimasono: cittadinimesserGiovanni della Tosamesser Francesco Brunelleschimesser Barna de'RossiAlbertaccio da Ricasoliche·ssi ricomperaro perdanari; di forestierimesser Maffeo nostro capitanomesser Bonettotedescoe VI altri conestaboli di meser Mastinoe de' marchesiedel signore di Bolognache poi di Pisa si fuggiro. E rimasonvi presida VIII tra cavalieri e donzelli di Sienae 'l figliuolo del signoredi Volterra; tutti questi furono presi nel mezzo del campocombattendo tra' nimici. E meser Iacopo Gabrielli fu preso fuggendoin Lucca. E se non che a' Pisani rimase il campo e l'onoreper logiudicio e volere d'Iddio e per lo nostro male provedimentopiùdi Pisani vi morirono assai che di nostre genti; e il costo a·lloroinnumerabile per le paghe doppie e mende de' cavalli. Ma pure lanostra mal guidata oste fu sconfitta con nostro danno e vergogna edisinoresventuramente a dì II d'ottobre MCCCXLI.



CXXXV - Digressione sopra la dettasconfitta

Quando fu la detta sconfittanoiGiovanni Villani autore di questa opera eravamo in Ferrara stadico dimeser Mastino per lo nostro Comune cogli altri insiemecome dicemmoadietro; e in due giorni apresso avemmo la novella assai piùgrave ch'ella non fuonde ci cusammo tutti essere prigioni di meserMastinostimandoci che 'l nostro Comune per la detta sconfitta fosserotto e sbarattatoe che·cci convenisse ricomperare nonsolamente Cm fiorini d'oro promessima·lla redenzione de'prigioni e·lla menda de' cavalli di meser Mastino. Ecompiagnendoci insieme amaramente sì del pericolo incorso alnostro Comunee sì del nostro propio danno e interessounode' nostri compagni cavaliere compiagnendosi quasi verso Iddiomifece quistione dicendo: "Tu hai fatto e fai memoria de' nostrifatti passati e degli altri grandi avenimenti del secoloquale puoteesere la cagioneperché Iddio abbia permesso questo arduocontro a·nnoiessendo i Pisani più peccatori di noisì di tradimenti sì d'essere sempre stati nimici epersecutori di santa Chiesae·nnoi ubidenti e benefattori?".Noi rispondemmo alla quistionecome Iddio ne spirò oltre allanostra piccola scienzadicendo che in noi regnava solo un peccatointra gli altri che più spiacea a Dio che quelli de' Pisani;ciò era non avere in noi né fede né carità.Rispuose il gentiluomo quasi commossodicendo: "Come la caritàche più se ne fa in Firenze in uno dìche in Pisa inuno mese?". Dissi ch'era vero; ma per quello membro di caritàche·llimosina si chiamaIddio ci ha guardati e guarda dimaggiori pericoli; ma·lla vera carità è fallitain noi; prima verso Iddiodi non esere a·llui grati econoscenti di tanti benifici fatti e in tanto podere e stato posta lanostra cittàe per la nostra prosunzione non istare contentia' nostri terminima volere occupare non solamente Luccama l'altrecittà e terre vicine indebitamente. Come col prossimo eravamocaritevolia ciascuno è manifesto a ditrarre e tradire evolere disertare l'uno vicino compagno e consorto l'altroedeziandio tra fratelli carnalie colle pessime usure contro a' menopossenti e bisognosi. Della fe' e carità verso il nostroComune e replubica è anche manifesto tutta esere fallita; chevenuto è tempoper li nostri difettiche ciascuno cittadinoper una sua piccola utilità ditrae e froda e mette a noncalere ogni gran cosa di Comuneche che pericolo ne corra. Ove iPisani sono il contrariocioè che sono uniti tra·lloroe fedeli e·lleali al loro Comunebenché in altre cosesieno cosìo maggiori peccatori di noi; ma come disse ilnostro signore Gesù Cristo nel Vangelo: "Io puliròil nimico mio col nimico mio etc.". E fatto silenzio alla dettaquistioneche ciascuno fu contento della detta difinizioneericonoscemmo i nostri difetti e poca carità tra·nnoi incomune e in diviso. Il marchese da Ferrara sentendo la nostraturbazione mandò per noie tutti ci ebbe in sua presenza edel suo privato consiglio. Prima dolutosi con noi del sinistro caso efortuito avenimento occorso alla nostra gente e alla sua; ma poicome il buono padre fa al suo figliuoloconfortandonemostrandonela piccola perdita ricevutae com'era de' casi della guerrae danon curarepotendosi ricoveraremagnificando il nostro Comune digran potenziae per sé e per li amici dicendo che di ciòsi farebbe alta e grande vendettaprofferendo al nostro Comune tuttosuo poderee di venire in persona elli o il suo fratello con tuttesue forzee così ci pregò significassimo al nostroComune. E immantenente mandò in Firenze suoi ambasciadoricolla detta profertaonde prendemmo gran conforto. E per simile modofece al nostro Comune meser Mastino e 'l signore di Bologna. Ma meserAlbertino da Carrara signore di Padova fece della nostra sconfittafalò e grande allegrezza per dispetto di meser Mastinoe aveadi sua gente C cavalieri coll'oste de' Pisani contro a·nnoi;ma male si ricordava o era gratoma ingratissimo de' benificiricevuti elli e' suoi antichi dal nostro Comune. Ed ellicollanostra potenza e de' Vinizianidi servo di quelli della Scala fattosignore di Padovacome adietro facemmo menzione al conquisto diquella. Avemo per questo capitolo fatta sì lunga digressionesopra la detta nostra sconfitta per dare assempro di correzione dinostri difetti a' nostri successorie perch'abbino ricordo e memoriadi quelli che·cci sono stati amici e contrari nella nostraaversitàritornando apresso a nostra materia.



CXXXVI - Della materia medesima

Come in Firenze giunse la prima esùbita novella della detta sconfittatutta la città fucommossa di grande dolore e paurae faccendo grande guardia di dìe di notteistimandosi che·lla rotta e dannaggio fosse piùgrande che nonn-era. Ma il giorno apresso fu saputo il vero dellapiccola perdita di morti e di presie·cche la città diLucca non era perdutama si tenea francamentené perdutonullo altro castello che per noi si tenesses'apersono le botteghee ciascuno disarmato intese a·ffare i fatti suoi come primanon parendo che battaglia o sconfitta fosse fatta; e in ciòper li cittadini si mostrò grande magnificenza. E poi apressoche incontanente s'ordinò di rifare maggiore oste che·llaprimaricheggendo d'aiuto il re Ruberto e gli altri amiciconsoldando gente d'arme a cavallo e a pièquanti se nepotessero avere; ed elessono per capitano di guerraper averlo piùtostomeser Malatesta da Rimino tenuto savio uomo in guerrailquale venne in Firenze a dì... di febraio con CC cavalieriintra' quali avea de' migliori uomini di Romagna e della Marca eoltramontanie CC pedoni alla guardia di sua persona; e per lo suouficio da' Fiorentini fu ricevuto a grande onore avendo di lui grandesperanza di vittoria. E oltre a·cciò non potendosiavere dal re Ruberto per capitano uno di nipotich'assai si prontòper li Fiorentinicome inanzi si farà menzionee sentendoche 'l duca d'Atene venia di Francia a Napolicerti reggenti dellanostra città scrissono al detto ducae feciono scrivere a'suoi amici e mercatanti alla sua venuta a Vignone in Proenza dov'erala corteche·lli piacesse di fare la 'mpresa d'essere sovranocapitano al servigio del nostro Comune. Il gentile signore ebisognoso pellegrino per suo avantaggio e a richiesta de' detti suoiamici e grandi di Firenzeche di ciò il confortaro erichiesono ad altro maggiore intendimentocome inanzi lui venuto inFirenze si potrà comprendereaccettò la 'mpresaesanza indugio con C gentili uomini avea in sua compagnia per marevenne a Napoliche a Pisané in quelle marinenon poteaporre e non avea cavalli. E giunto a Napolisanza fare asapere disuo intendimento al re Ruberto si venne fornendo d'arme e di cavallidando voce di volere andare in sua terra in Romania. Lasceremoalquanto della 'mpresa del duca d'Attenema assai tosto vi ciconverrà tornarecrescendone di suoi fatti grande e nuovamaterae diremo alquanto di processi che 'l re Ruberto tenne colnostro Comune ne' fatti di Lucca.



CXXXVII - Come il re Ruberto domandòa' Fiorentini la signoria di Lucca ed ebbelapromettendogli d'atase

Lo re Ruberto essendo moltoinfestato per lettere del nostro Comunee per quelli delle nostrecompagnie e suoi mercatanti ch'erano intorno di luiche mandasse unodi nipoti con gente d'arme all'aiuto dell'oste che 'l nostro Comuneintendea di fare contra i Pisani per levare l'assedio di Luccaperla sua grande avarizia non volendo fare la 'mpresa e disdire l'aiutoal nostro Comune non potea con suo onoresì volle fare e feceuna sottile segacitàche mandò a Firenze del mese dinovembre una grande ambasciataciò fu il vescovo di Grufogrande maestroe meser Gianni Barili de' maggiori di NapolieNiccola degli Acciaiuoli con grande compagniae fece per quelladimandare inn-un grande e bello consiglio la posessione e signoriadella città di Luccacome sua e di sua giuridizionetuttagli fosse tolta da Uguiccione dalla Faggiuola e Comune di Pisacomeassai adietro facemmo menzione. E se·cciò si facesseper li Fiorentini promettea tutte le sue forze per mare e per terracontra li Pisania·ffare le nostre vendette e levare l'osteloro da Luccastimandosi di certo che' Fiorentini per loro alterezzacosì gran costo e danno e vergognacom'avieno ricevuta per la'mpresa di Luccanegassono la sua dimanda e richiestae·cciòfaccendo avea giusta causa di negare l'aiuto dimandato per lo nostroComune. I Fiorentini sopra·cciò saviamente avisati econ buono consiglio liberamente rispuosono agli ambasciadorie inloro presenza rifermaro in quello consiglio di dare al reo a·lloroper luilibera la posessione di Lucca; e feciono sindachi a·cciòfaree andaro per scorta co·lloro in Luccae diedono laposessione e 'l dominio con bollate carte. E·cciòfattoi detti ambasciadori andaro a Pisae richiesono i Pisani daparte del re con solenni protestagioni che·ssi levassono dalloassedio della sua città di Lucca. I Pisani parendo a·lloroche·lla detta richiesta fosse opera disimulata a posta de'Fiorentinila quale nel vero non erama come che fossea·llorone parea avere mal partito a mano a recarsi il re Ruberto incontroed'altra parte da·lLucca l'assedio non volieno levare;disimulatamente dissono di rispondere al re per loro ambasciadori; ecosì feciono dilaiando e menando il re per parolee non nevollono in fine far niente; ma rafforzando al continovo l'assedio diLucca colle forze di meser Luchino Visconti e degli altri tiranni diLombardia di parte imperiale; ed era a' Pisani assai agevoleessendosì presso di Luccaessere afforzati.



CXXXVIII - Come i Fiorentini mandarono alre Ruberto per aiuto e no·ll'ebbonoe·cciòche·nne seguì

I Fiorentini veggendosi cosìmenare mandaro ambasciadori a Napoli a richiedere al re Ruberto ilsuo aiutoe uno de' nipoti per loro capitanoe che oservasse quelloavea fatto promettere a' suoi ambasciadori quando li fu renduta lapossessione di Luccacome detto avemo adietro; i quali ambasciadoricon grande stanzia e studio seguiro; ma poco valse che a nulla simovessebargagnando di mandare il duca d'Attene con DC cavalieripagando il Comune di Firenze la metà del soldo ed elli l'altrametà; e ancora non potendo meglioper lo nostro Comune fuaccettatoma no·llo volle il re oservare. O avarizianimicadella reale vertù di magninimitàcome guasti ogni benee onorata impresa! Che·sse lo re Ruberto ci avesse oservata la'mpromessa fatta fare al nostro Comune per li suoi ambasciadoriemandato uno de' nipoti con M cavalieri a mezzo nostro soldo all'ostede' Fiorentinie XII galee armate sopra i Pisani a tor lorol'entrata del portoch'assai gli era leggere a fornirecolla granforza e ragunata di Fiorentini col loro ostedi certo i Pisani contutto l'aiuto di meser Luchino di Milano e d'altri Lombardi nonavieno podere di tenere campo né assedio a Lucca. Per lo qualedifetto del re Ruberto nacquono molte sconvenenze e pericoli e dannicon sua vergogna e del nostro Comunecome apresso si potràcomprendereche' Fiorentini si condussono di fare oste per loropersoccorrere Lucca di più di IIIIm cavalieri e popolo infinitocome nel seguente capitolo si farà menzionecon poco onore egrande spendio. Ma quello che più portò di rischio e dipericolonon solamente al nostro Comune ma a tutta parte guelfa e diChiesae a tutta Italiaed eziandio al re Ruberto e al suo regnosi fu che per lo sopradetto isdegno preso col re Ruberto a·ssuogran difetto certi reggenti del nostro Comune per sodducimento econsiglio di meser Mastino della Scala mandaro segretamente duepopolani di maggiori reggenti ambasciadori con quelli di meserMastino a Trento in Alamagnaov'era venuto il Baveroche·ssifacea chiamare imperadoreper altre sue bisognee co·lluitrattaro per tal modo che mandò a Firenze e poi alla nostraoste più di suoi baroni con da L cavalierila maggiore partedi corredo; intra gli altri caporali furo il duca di Tecchi col suogrande sugello e il suo Luffo Mastro e il Porcaro contepromettendose 'l nostro Comune il volesse ricevere il duca di Techi per suovicario co·llarghi pattifarebbe partire tutti i Tedeschi delcampo de' Pisaniincontanente vedessono quello sugelloe romperel'oste di Pisanie tornare tutti dal nostro. E di certo venia fatto;ma di ciò avuti i nostri reggenti segreto consiglioe certisavi amatori di parte guelfa e di Chiesae a·ccui toccava lostato e parte più che a coloro ch'avieno menato il dettotrattatos'avidono che·cciò faccendo era pericolo ditornare il reggimento di Firenze e di tutta Toscana assai tosto aparte ghibellina e d'imperio; consigliarono che non si seguisse ildetto trattato per lo miglioreche che della 'mpresa seguisseda·nnoi a' Pisani; e così rimasee' detti baroni sitornaro in Alamagna. Ma per la detta loro venuta il re Ruberto entròin tanta gelosiache non sapea che·ssi faretemendo forteFirenze non prendesse rivoltura di parte d'imperio e ghibellina. Emolti suoi baroni e prelati e altri del Regno ricchi uominich'aveano dipositati loro danari alle compagnie e mercatanti diFirenzeper la detta cagione entraro in tanto sospettoche ciascunovolle esere pagatoe fallì a' Fiorentini la credenza in tutteparti dove avieno affareper modo che poco tempo apresso per cagionedi ciòe gravezze di Comune e per la perdita di Luccaapresso molte buone compagnie di Firenze fallirole quali furonoqueste: quella de' Peruzzi; gli Acciaiuolitutto non cessassonoalloraper loro grande potenza in Comunema poco apresso; e' Bardiebbono gran crolloe non pagavano a cui dovienoe poi pur falliro;falliro i Bonaccorsii Cocchili Antellesiquelli da UzzanoiCorsinie Castellanie Perondolie più altri singularimercatanti e più artefici e piccole compagnie a gran danno erovina della mercatantia di Firenzee universalmente di tutti icittadini; che·ffu maggiore danno al Comune che·llasconfitta o perdita di Lucca. E nota che per li detti fallimentidelle compagnie mancarono i danari contanti in Firenzech'apena sene trovavano. E·lle posessioni in città calarono avolerle vendere le due derrate per uno danaioe in contado il terzomeno a valutae più calaro. Lasceremo a dire della dettamaterae diremo della grande osteche' Fiorentini feciono perdiliberare Lucca dall'asedio di Pisanie non venne loro fatto.



CXXXIX - D'una grande e nobile osteche' Fiorentini feciono poi per levare i Pisani dallo assedio diLucca

Volendo i Fiorentini seguire laloro folle impresa di fare oste per levare i Pisani dall'asedio diLuccae sentendo fallia a quelli d'entro assai tosto la vittuagliaebbeno più di IIm oltramontani cavalieribuona gente al lorosoldo; cittadini a cavallo ve n'ebbe XL con VI consiglieri delcapitanoche·ffu mala providenza; e non si ricordavano irettori di Firenze di quello che scrive Lucano di Cesare quando faceale sue ostinon dicea alle sue milizie: "Andate!"ma:"Venite!"; e·cciò faccendo avea semprevittoria e onore. E così aviene il contrario a' signori erettori de' Comuniquando personalmente non sono a guidare i loroesercitilasciando la cura e providenza a' soldati e strani: equesto bastiche·lla sperienza fa pruova del fatto. Allanostra oste mandò aiuto D cavalieri meser Mastinoe D ilsignore di BolognaCCCC cavalieri i marchesi da Ferrarae CC dalleterre guelfe di Romagnae CCC da' Sanesie CL da Perugiae CLdall'altre terre d'intorno; e' conti Guidi guelfi con Xm tra pedoni ebalestrieri di masnadasanza i contadini e distrettuali: e diedonsile 'nsegne domenica d'ulivoa dì XXIIII di marzo. E il dìdi nostra Donna apressoMCCCXLIIsi mosse l'oste e andarne inValdinievole. E questo fu il sesto gran fallo e errore di XX cheguidavano la guerra e 'l reggimento della città. Che·sseancora fossono iti assediare o porre oste a Pisaera vinta laguerrae levato l'assedio da Lucca; ma no·llo permise Iddioper li nostri difetti e peccatie per arogere alle nostre disciprinee spendio e abassamento della nostra cittàe con nostravergogna avendo ragunata sì grande potenzia e nobile ostechesarebbe stato sofficiente a uno reame. Ben fu gran colpa di questodifetto di nostri cittadini ch'erano caporali in Luccach'alcontinuo scriveano a Firenze: "Soccorretesoccorreteche·llaterra nonn-è fornita per uno mese"; ed era fornita perpiù di tre. E tutto fu del fallo della guerra veduto dinanziper li savi. Partissi la detta oste da Pescia e di Valdinievole dìXXVII di marzoe puosesi ed acampossi sul poggio di Grignano e insul colle delle Donneove fu l'altra volta; e in que' luoghi tennel'oste il nostro capitanomeser Malatestauno mese e mezzoistandoin vani trattati di corrompere i soldati dell'oste de' Pisaninonfaccendo pruova o valoria alcunacome potea e dovea avendo tantabuona gente a·ccavallo e a piè; ma meser Malatestatrovò il rocco a petto al cavaliereche 'l capitano dell'ostede' Pisani era Nolfo figliuolo del conte Federigo da Montefeltro suoparenteche sapea delle volte romagnuole tenendolo in trattato vanoaltressì bene com'elli; e molti cittadini ne presono sospettod'inganno e tradimento per la lunga stanzaperdendo tanto tempobello e utole con tanto possente oste; onde molto fu ripreso meserMalatestae mandato gli fu da Firenze riprendendolo fortechemovesse l'oste verso i nimiciche che avenire ne dovesse. In questastanza i Pisani e loro allegati non dormiroche i Tarlati d'Arezzosi disse trattaro di rubellare la città d'Arezzo al nostroComune. E Guiglielmo degli Altovitich'era per capitano di guardiainn-Arezzofece per la detta cagione pigliare mesere Piero Saccone emeser Ridolfo e messere Luzimborgo e Guido e... de' Tarlatiemandogliene presi a Firenze; e nel palagio de' priori di sopra fuloro prigione più tempoe chi·lli facea colpevoli echi no; ma per quello seguì apresso pure mostrò fossonocolpevoli; e più volte si tennero consigli di giudicarli amortema vinsene il peggio per corrotti cittadini. E fu fattoprendere in Lucca meser Tarlato e tenuto sotto cortese guardiailquale poco apresso uscendo fuori di Lucca a diporto con meserGiovanni de' Medici si fuggì nel campo de' Pisani. E poi e perl'altri Tarlati si rubellaro molte castella di loro e del contadod'Arezzo alli Aretinifaccendo loro guerra. Gli Ubaldini sirubellaro al nostro Comunee colla forza de' Ghibellini di Romagna econ certe bandiere a·ccavallo di meser Luchino di Milanoassediarono la terra di Firenzuola; e andandovi di nostre genti diMugelloond'era guidatore uno de' Mediciper soccorrella maleordinatifurono per aguato sopresi e rotti a Rifredo; e pochi dìapresso ebbono Firenzuola per tradimento d'alcuno loro fedele chev'abitava dentroe tutta l'arsono e disfeciono e ripuosono di sopraa quella Montecoloretoe afforzallo; e per tradimento ebbono ilcastello di Tirli che nonn-era fornitoa gran vergogna del nostroComune. E gli Ubertini e' Pazzi rubellarono Castiglione loro castelloe Campogiallo e-lla Treggiaiasicché intorno al nostrocontado avea gran bollore stando la nostra oste in su quello diLucca.



CXL - Come l'oste de' Fiorentini sistrinse a Lucca per fornilla e nol potero faree Lucca s'arrendéa' Pisani

Partissi meser Malatesta collanostra oste a dì VIIII di maggio da Grignano; e' Tedeschidelle nostre masnade per essere male ordinati rubarono tutto ilnostro campo; e scesi al pianos'accampò l'oste a San Pieroin Campo di costa al fiume del Serchiopresso a' nimici intorno didue miglia; e quello dì giunse nel nostro per la via diBologna e da Pistoia il duca da·tTecchi e Luffo Mastro e 'lPorcaro baroni del Baverocon L armadure con XXV cavalieri a sprond'orociascuno a grandi destrierimolto nobile gentecol trattatoordinato a Trento in Alamagna col Bavero co' nostri ambasciadoricome adietro facemmo menzione. E il detto dì giunse alla dettanostra oste da Firenze il duca d'Atene con meser Uguiccione de'Bondelmonti e meser Manno de' Donati con da C cavalieri franceschi anostri gaggi in sua bandiera. E a dì X di maggio la mattinaper tempo si mosse l'oste da San Piero in Campo cavalcando schieratida uno e mezzo miglio verso i nimici richieggendogli di battaglia.Non vollono uscire di loro steccatie di ciò fecionosaviamente. La nostra ostenon potendo avere la battagliapassaronodue rami del fiume del Serchio; il terzo ramo era sìingrossato per acqua ritenuta per li nimici e pioggia cominciatache·lla sera non potero passaree quella notte con grandisagio e sofratta di vittuaglia e di tutte cosee asaliti da'nimici stettono in su quella isolafaccendo quella notte fare unoponte di legname per passare sopra quello ramo di Serchio. E il dìapresso passò tutta l'oste di là alquanto sopra ilcolle di San Quiricoov'era un forte battifolle guernito per liPisani alla guardia del poggio e del ponte a San Quirico. Veggendo iPisani passato per li nostri il fiumetemendo di perdere la fortezzadi San Quirico sì vi mandarono più gente alla difesaed ebbe tra·lla nostra gente e·lla loro piùbadalucchi a danno di Pisani. E di certo si dissese 'l capitanonostro avesse fatto pugnare l'oste verso la fortezzai Pisanil'abandonavano ed era vinto il passo; che nonn-era comparazione laforza di nimici alla nostra genteche solo i ribaldi e' ragazzidell'oste nostra avrebbono vinto colle pietre il battifolle e 'lponte. E di ciò fu assai ripreso meser Malatestail qualecolla nostra oste valicò oltree accamparsi su 'n un poggioincontro al prato di Luccalasciandosi adietro la bastita e fortezzadi San Quirico. E se 'l capitano fosse almeno isceso al piano dicontra al prato di Luccasi fornia allora la terra per forzaepartivasi l'oste di Pisani in rotta; però che non era ancoraper li Pisani fatta chiusa né fortezza alcuna al prato diLucca da quella parte. E oltre a·cciò i nostri ch'eranoin Luccauomini e femmine e fanciulliveggendo la potenza dellanostra oste armati e disarmati uscirono nel prato sanza contasto dinimici. Il capitano nostro pur volle che·ll'oste s'accampasseal poggio quel dìe·lla notte cominciò granpioggia; ma però i Pisani non lasciaro di rafforzare ilbattifolle di San Quiricoe affossaro e steccarono il prato pressoal Serchiosicché i nostri non potessono valicaree in sulprato ridussono tutta la loro potenza d'oste apetto a' nostri. Equivi dimorò la nostra oste per IIII dì sanza farealcuna cosa con molta soffratta di vittuaglia per lo male tempoe futalora vi valse il pane soldi III; poi a dì XV di maggioraconciò il tempo. Uno messer Bruschino tedesco con suabandiera e compagni valicò il Serchio in sull'ora di vesproecominciò badalucco co' nimicie seguillo il duca d'Atene consua gentee ingrossò sì il badaluccoche piùdi MD cavalieri e più pedoni di nostri valicaro il fiumeeper forza ruppono gli steccati e misero in fuga i nimici; e sefossono seguitati da' nostrie fosse stato più di giornoerimasi i nostri in sul pratoi nostri avieno la vittoria; ma lanotte fece fare la ritratta. E in quella medesima notte i Pisani conmolto affanno e sollecitudine rifeciono i fossi e steccati piùforti che prima; e ricominciò la pioggia e 'l Serchio acresceresì che non si potea ben guadare in quello luogotante furono le traverse e difalte della nostra oste per malacondotta. Veggendo il nostro capitano così aforzato il campodi Pisani e non potendo fornire Lucca con sua grande vergogna e delnostro Comune e d'amicisi partì coll'oste domenica a dìXVIIII di maggioe per li guadi de' rami del Serchioond'eranovenuti; ripassaro il fiume e per la via d'Altopascioe puosonsi insul Cerruglio a dì XXI di maggioe a quello dierono battagliae no·ll'ebbono; e poi si partiro e tornaro in Valdarno cononta e vergogna e grande spendio di Fiorentini. E da Fucecchio sipartiro a dì VIIII di giugno IIm cavalieri con molti pedoniecavalcaro in sul contado di Pisa faccendo danno assai; e CL cavalieriche de' Pisani venieno a Marti furono presi da' nostri. Ma dopo voltafu la buona providenza a venire sopra quello di Pisa. Quelli ch'eranoin Luccaveggendosi abandonati del soccorso di tanta potenzacercaro loro accordo co' Pisanie rendero loro la città diLucca salve le persone con ciò che·nne vollono trarrea dì VI di luglio MCCCXLII. E nota ch'al principio che·ll'ostenostra era a Grignano i Pisani vollono di pattipace faccendodaredi Lucca al nostro Comune CLXXXm di fiorini d'oro in sei anniperquelli promessi a meser Mastino; e oltre a·cciò peromaggio dare a perpetuo ogn'anno per san Giovanni Xm fiorini d'oroeuno palio con uno cavallo coverto di scarlatto di valuta di piùdi CC fiorini d'oro. I più di Fiorentini vi s'acordavano perfuggire spese e·lla guerra. Ma Cenni di Naddoch'allora erapriore e il figliuolo in Luccauomo presuntuosono·ll'asentìmaima il contrariò con sua settae presesi il piggiorecome siamo usati. Onde per quello ch'avenne abassò molto lostato de' Fiorentiniavendo più di IIIIm buoni cavalieri epopolo grandissimoe perdere sì fatta gara e impresa per maleconsiglio e mala condotta e capitaneria; overo più tosto perlo giudicio di Dioe per abassare la superbia e avara ingratitudinedi Fiorentini e di loro rettori. Lasceremo alquanto di nostri fattich'assai n'avemo detto a questa voltae diremo d'altre cose chefurono in altre parti in questi tempi. Ma non volemo lasciare di farememoria della profeziaovero predestinazioneche·cci mandòda Parigi il savio e valente maestro Dionigi dal Borgo della nostraimpresa di Luccacome facemmo menzione adietro nell'altro volume nelcapitolo della morte di Castruccioche tutto fu vero; che quelli percui mano avemmo la tenuta della signoria di Lucca fu GuiglielmoCanacci delli Scannabecchi di Bolognavicario in Lucca e sindaco dimesere Mastinoch'avea l'armecome dissenera e rossaciòera il campo rosso e uno becco nero. E come fu con grande affanno espendio e vergogna del nostro Comuneassai chiaro si mostra a·cchiha ben compreso l'aventure che di ciò occorsonosiccome pernoi è fatta col vero adietro etterna memoria.



CXLI - Come in Mallina in Brabantes'aprese fuocoe arse le due parti della terra

All'entrata di maggio MCCCXLIIdisaventurosamente s'aprese fuoco nella terra di Mallina in Brabantee·ffu sì impetuoso e sanza avere rimedio di soccorsoche v'arsono più di Vm casee andando l'uno parente asoccorrere la casa dell'altroin poca d'ora avea novella la suaardeva. E arse la grande chiesa e 'l palagio dell'Alla con piùdi XIIIIm pannie morivvi molte personeuomini e femmine efanciullicon infinito danno di case e maserizie e arnesi e altremercatantieche·ffu uno grande giudicio di Dio.



CXLII - Come il popolo d'Anconacacciarono della terra i loro grandi

All'entrante di giugno del dettoanno per ingiurie ricevute da certi grandi si levò in furia ilpopolo minuto d'Anconae si levò a romore e assaliro i nobilie grandi di loro città; e molti n'uccisero e fediroecacciaro della terrae rubarono le loro case; e·cciòfu crudele operazioneche per alquanti accessi fatti per alcunitutti i noboli e·lli innocenti come i colpevoli cosìaspramente fossono puniti.



CXLIII - Come morì il duca diBrettagnae·lla guerra ne seguì

Nel detto anno MCCCXLII morìil duca di Brettagna di suo male e sanza ereda maschio. Questi eraper lo suo signoraggio il maggiore barone di Franciae di XII peri;rimase di lui una figliuola la qual era moglie del siri di Valgheree visconte di Limoggia; e questa donna avea una figliuola la qualeFilippo di Valos re di Franciamorto il detto ducamaritò aCarlo di Bros suo nipote figliuolo della sirocchiae fecelo duca diBrettagnaonde i Brettoni furono mal contentie quasi la maggiorparte si rubellaroe feciono duca il conte di Monfortefigliuoloche·ffu del fratello carnale del sopradetto ducaa·ccuisuccedea il retaggio per linea masculina; onde il re di Francia fumolto ripreso d'ingiustiziamutando l'ordine e·llaconsuetudine di baronaggi di Francia per lo nipotee fece controalla sua elezione medesima del reamecome è detto per noi innaltra partesuccedendo il retaggio per femmina. A·rre Aduardod'Inghilterra succedea il reame di Francia per la madre; ma i signorisi fanno e disfanno le leggi a·lloro vantaggio. Onde nacquegrande guerra; che 'l detto conte di Monforte con parte di Brettonis'allegò col re d'Inghilterrae colle loro forze fecionomolta guerra al re di Franciacome seguirà per inanzi. E deldetto torto fatto al conte di Monforte per Filippo re di Franciatosto ne fece Iddio vendetta contro al detto re e contra il dettoCarlo di Broscome si troverrà inanzi l'anno MCCCXLVIe·ll'anno MCCCXLVII; però che niuna giusta vendettarimane impunitabene ch'ella s'indugi; e questo basti alla presentemateria. Lasceremo al presente de' fatti d'oltremontie torneremoquando fia tempo e·lluogo; e cominceremo il tredecimo librocome i Fiorentini per lo loro male stato elessono per loro signore ilduca d'Atenee conte di Brenna di Franciaonde seguì allanostra città di Firenze grandi mutamenti e pericolosi comeinanzi leggendo si potrà trovare.

Qui finisce il dodecimo libro

 

 



LIBRO TREDECIMO



I - Incomincia il tredecimo librocome il duca d'Atene occupò la signoria di Firenzee quellone seguì

Convienne cominciare il XIIIlibroperò che richiede lo stile del nostro trattato; perch'ènuova materiae grandi mutazioni e diverse rivoluzioni avennero inquesti tempi alla nostra città di Firenze per le nostrediscordie tra' cittadinie male reggimento de' XX uficialicomeadietro fatto avemo menzione; e fieno sì diversech'ioautoreche fui presentemi fa dubitare che per li nostri successoriapena fieno credute di vero; e fu pur cosìcome diremoapresso. Tornata la detta nobile e grande oste e male aventurosa daLuccae rendutasi Lucca a' Pisanii Fiorentiniparendo loro malestareveggendo che meser Malatesta nostro capitano non s'era benportato nella detta guerrae per tema del trattato avuto col Baverocome adietro toccammoper istare più sicurielessono percapitano e conservadore del popolo messere Gualtieri duca d'Atene econte di Brenna francescoall'entrante di giugno MCCCXLIIcolsalarocavalieri e pedoni ch'avea mesere Malatestaper termined'uno anno. E vollesi a suo diletto overo segacitàper quellaseguì apressotornare a Santa Croce al luogo di frati minorie·lla gente sua d'intorno. E poi in calen di agosto apressofinito il termine di meser Malatestagli fu agiunta la capitaneriagenerale della guerrae che potesse fare giustizia personale incittà e di fuori. Il gentiluomo veggendo la città indivisioneed essendo cupido di monetache·nn'avea bisognosiccome viandante e pellegrinoe ben ch'avesse il titolo del ducatod'Atene no·llo possedeae per suduzione di certi grandi diFirenzeche al continovo cercavano di rompere gli ordini del popoloe di certi grandi popolani per essere signori e non rendere i debitiloro a·ccui dovieno daree·lle loro compagniesentendosi in male statoi quali per inanzi al luogo e tempo ciconverrà per necessità fare memoriaal continuo aSanta Croce l'andavano a consigliaredi dì e di notteche sirecasse al tutto la signoria libera della città in mano; ilquale duca per le cagioni dettee vago di signoriacominciòa seguire il malvagio consiglioe ad essere crudele e tirannoperlo modo che nel seguente capitolo faremo memoriasotto titolo difare giustiziaper essere temutoe al tutto farsi signore diFirenze.



II - Di certe giustizie che 'l ducafece in Firenze per essere signore

Avenne che il dì di sanIacopo di luglio MCCCXLIIessendo molti Pratesi iti alla festa aPistoiaRidolfo di meser Tegghia de' Pugliesi venne per entrare inPratoche·nn'era ribellocon forza degli Ubaldini e conNiccolò conte da Cerbaiae con certi suoi fedelinimici de'Guazalotrie de' nostri contadini masnadieri sbanditi in quantitàdi XL a cavallo e CCC a pièche·lli dovea esere datal'entrata della terra; e per sua sventura no·lli venne fattoma fu preso con da XX nostri isbanditi andandosene per Mugello agliUbaldinie menato a Firenze. Il duca lasciò i nostriisbanditidi cui avea la giuridizionee al detto Ridolfoche nongli era suddito né sbandito di Firenzea torto gli fecetagliare il capo; e questa fu la prima giustizia che fece in Firenzeonde molto fu biasimato da' savi uomini di Firenze di crudeltàe dissesi n'ebbe moneta da' Guazalotri di Prato suoi nimiciovero ilfece come dice il proverbio di tiranni: "Chi a uno offende moltiminaccia". Apresso all'entrante d'agosto fece pigliare meserGiovanni di Medici stato per lo nostro Comune podestà inLuccae fecegli tagliare il capoaponendoli (e fece confessare) cheper danari avea lasciato fuggire di Lucca nel campo di Pisani meserTarlato d'Arezzocui avea in sua guardia; e i più dissero chenon v'ebbe colpase non di mala guardia. Apresso del detto mesed'agosto fece pigliare Guiglielmo Altoviti stato per lo nostro Comunecapitano d'Arezzoe feceli tagliare il capotrovando per suaconfessione per lui fatte molte baratteriee alcuni dissono fuprocaccio e spendio di Tarlati d'Arezzoi quali avea mandati presi aFirenzecome è detto adietro; e a·cciò diamo inparte fede; e condannò uno nipote di quello Guiglielmo eMatteo di Borgo stati inn-Arezzo e Castiglione Aretinociascuno in Dfiorini d'oroper baratterie. Ancora fece pigliare Naddo di Cenni diNaddo grande popolanoil quale era stato in Lucca camarlingo soprale masnadee fecegli rimettere in camera del Comune IIIIm fiorinid'oroi quali si disse che con inganno avea avuti da' Pisani sottofalso trattato tenuto co·lloroe giurato sopra CorpusDomini di far loro compiere l'accordo d'avere Luccaquando Cennidi Naddo suo padre era priore di Firenzecome toccammo nel quintocapitolo adietro. E oltre a·cciò gli fece rimettere incamera fiorini IImD d'oroi quali confessò avere guadagnatiin Lucca nelle paghe de' soldati e vittuaglia; e per grazia e prieghidi molti popolani gli perdonò la vitae prese da·lluimallevadori di fiorini Xm d'oroe diegli i confini a Perugia. E persimile modo fece rimettere in camera a Rosso di Ricciardo de' Riccicompagno e camarlingo del detto Naddo in Luccafiorini IIImDCCCd'oro confessati avuti in sua partee guadagnati in Lucca sopra isoldati e vittuagliae per simile modo per grandi prieghiperdonatogli la vitae messo in prigione per l'avere e per lapersona.



III - Come il duca ingannò etradì i priori e prese la signoria di Firenze

Per le sopradette giustizie fatteper lo duca in persone e inn-avere di IIII popolani delle maggioricase di Firenze di popoloMediciAltovitiRiccie Oricellaiilduca fu molto temuto e ridottato da tutti i cittadinie i grandi nepresono grande baldanzae il popolo minuto grande allegrezzaperch'avea messo mano ne' reggentimagnificando il ducagridandoquando cavalcava per la città: "Viva il signore "; equasi in ogni canto o palazzo di Firenze era dipinta l'arme sua perli cittadiniper avere sua benivolenzae·cchi per paura. Ein questi tempi ispirò e si compié l'uficio di XXrettori stati in Firenze e guastatori della republica per le cagionidette ne' loro processi adietroe lasciando il Comune in debito dipiù di CCCCm di fiorini d'oro a cittadinisanza il debitopromesso a meser Mastino. Per le quali cagioni il duca ne montòin grande pompae crebbegli la speranza del suo proponimentod'essere al tutto signore di Firenze col favore di grandi e delpopolo minuto; e per consiglio di certi de' detti grandi ne richiesei priori ch'allora erano all'uficio. I detti priori cogli altriordinidodici e' gonfalonierie gli altri consiglieriin nullaguisa vollono asentire di sottomettere la libertà dellarepublica di Firenze sotto giogo di signore a vitail quale non maifu aconsentito o soferto per li nostri padri antichi né a'mperadoriné a·rre Carloné suoi discendentie tanto fossero amici o confidenti in parte guelfa o ghibellinanéper isconfitte o male stato ch'avesse il nostro Comune. Il detto ducaper sudducimento e conforto quasi di tutti grandi di Firenzeespezialmente principali quelli della possente casa de' BardieFrescobaldiRossie CavalcantiBondelmontie CavicciulieDonatie Gianfigliazzie Tornaquinciper rompere gli ordini dellagiustizia ch'erano sopra i grandie così promise loro ilduca; e di popolo: PeruzziAcciaiuoliBaroncelliAntellesi e loroseguaciper cagione del male stato delle loro compagnieperchéil duca gli sostenea inn-istatonon lasciandoli romperenéstrignere a' loro creditori; e gli artefici minutia·ccuispiacea il reggimento stato de' XX e di popolari grassi: tutti gliprofersono aiuto in arme. Il ducail qual era segace e nudrito inGrecia e in Puglia più che in Franciaveggendosi tantofavorela vilia di nostra Donna di settembre mandò un bandoper la città di fare parlamento la mattina vegnente in sullapiazza di Santa Croce per bene del Comune. I priori e gli altrirettori sentendo la traccia del duca e il suo male consiglioe nonsentendosi forti né provedutie temendo che faccendosi ildetto parlamento non fosse discordiae romoree commovizione dicittàsì andarono parte de' priori e di loro consigliola sera a Santa Croce a trattare acordo col duca; e dopo molta tiratae dibattuta la querelarimase molto di notte in questa concordia colducache 'l Comune di Firenze gli darebbe la signoria della cittàe contado per uno annooltre al tempo ch'elli l'aveacon quellagiuridizione e patti e gaggi ch'ebbe meser Carlo duca di Calavra efigliuolo del re Ruberto gli anni MCCCXXVI; e questo accordo si fermòper vallate carte per più notai dell'una parte e dell'altraeper suo saramento che conserverebbe in sua libertà il popoloe·ll'uficio di priori e gli ordini della giustiziariducendosi il detto ordinato parlamento la mattina in sulla piazzadi priori per confermare i patti di su detti. La mattina di nostraDonnadì VIII di settembreil duca fece armare sua genteintorno di CXX uomini a cavalloch'avea in Firenze de' suoie daCCC fanti a piè. Ma quasi tutti i grandisalvo meser Giovannidella Tosa e' suoi consortifuronvi co·lluich'avenocavallie i detti popolani suoi amici con armi coperteel'acompagnaro da Santa Croce alla piazza de' priori presso ad ora diterza. I priori e gli altri ordini scesono del palagioe assettatia·ssedere col duca sulla ringhierae fatta la proposta permeser Francesco Rustichelli giudice allora priore e aringandosopra·cciò; ma com'era ordinato il tradimentonon fulasciato più direma a grido di popolo per certi scardassierie popolazzo minutoe masnadieri di certi grandidicendo: "Siala signoria del duca a vita a vitae viva il duca nostro signore!".E preso per li grandi pesolone per metterlo in sul palagioe perchéil palagio era serrato gridarono: "Alle scure! "; sicchéconvenne s'aprissee tra per forza e inganno il misono in sulpalagio in signoria; e' priori furono messi di sotto nel palagionella camera dell'arme vilmente. E fu per certi grandi istracciato illibro degli ordini e gonfalone della giustiziae poste le bandieredel duca in sulla torresonando le campane a Dio laudiamo. E fece lamattina due cavalierimesser Cerritieri de' Visdomini suo scudiere efamigliaree Rinieri di Giotto da San Gimignano capitano stato difanti di prioriil quale aconsentì al tradimento a dare eaprire il palagioch'agevole gli era a difenderecom'era tenuto edovea fare per suo uficio; e assentì al detto tradimentomesser Guiglielmo d'Ascesi allora capitano del popoloil qualerimase poi co·llui per suo bargello e carneficedilettandosidi fare crudeli giustizie d'uomini. Ma meser Meliaduso d'Ascoliallora podestà non volle consentire al tradimento del popolodi Firenzeanzi volle rinuziare l'uficio della podesteria; ben sidisse per alcunotutto fece a frode e ipocresiaperò che poipure rimase uficiale del duca. I grandi feciono gran festad'armeggiaree·lla sera grandi luminare e falò. Ivi adue dì apresso si fece il duca confermare signore a vita perli opportuni consiglie mise i priori nel palagio fu de' figliuoliPetri dietro a San Piero Scheraggio con XX fanti solamenteoven'avieno prima centolevando loro ogni uficio e signoria; e levòl'arme a tutti i cittadini brivileggiatio di che stato si fosseepoi all'ottava di nostra Donna fece il duca gran festa e solennitàa Santa Croce per la sua signoriae fece offerere più di CLprigioni; e 'l nostro vescovo sermonando molto il lodò emagnificò al popolo. In questo modo e tradimento usurpòil duca d'Atene la libertà della nostra cittàe anullòil popolo di Firenze ch'era durato intorno di L anniin grandelibertàe statoe signoria. E noti chi questo leggeràcome Iddio per le nostre peccata in poco di tempo diede e promisealla nostra città tanti fragellicome fu diluviocarestiefamee mortalitàe sconfittevergogne d'impreseperdimentidi sustanza di monetae fallimenti di mercatantie danni dicredenzae ultimamente di libertà recati a tirannica signoriae servaggio. E peròper Diocarissimi cittadini presenti efuturicorreggiamo i nostri difetti. Abbiamo tra noi amore e caritàacciò che piacciamo all'Altissimoe non ci rechiamo al'ultimo giudicio della sua iracome assai chiaro e aperto ci mostraper le sue visibili minacce: e questo basti a' buoni intenditoritornando a nostra matera de' processi del duca; che poi apressoch'ebbe la signoria di Firenzea dì XXIIII di settembre lasignoria d'Arezzoe quella di Pistoiaove avea già suoivicari il duca per lo Comune di Firenzegli si dierono a vitaepoco apresso per simile modo gli si diè Colle di Valdelsa eSan Gimignano e poi la città di Volterraonde molto li crebbelo stato e signoriae ricolse a·ssé tutti i Franceschie Borgognoni ch'erano al soldo inn-Italiasicché tosto n'ebbepiù di DCCCsanza gl'Italiani; e molti suoi parenti e baronivennero a·llui infino di Francia per la novella ita di làdella sua signoria e groria. E quando ciò fu raportato al reFilippo di Francia suo sovranosubitamente disse a' suoi baroni chegli erano d'intorno in sua lingua: "Alberges est le pelegrinmas il i a mavoes ostes"il quale fu un propio motto e di verasentenzia e profeziacome poco tempo apresso gli avenne. Ancoranonn-è da dimenticare di mettere in nota una brieve letterad'amunizione di grande sentenziache·ssi trovò in unosuo forziere quando fu cacciato di Firenzela quale gli avea mandatail re Ruberto come seppe ch'egli avea presa la signoria di Firenzesanza sua saputa o consigliola quale di latino facemmo recare involgare per seguire il nostro stilela quale dicea [...].



IV - La lettera che i·rreRuberto mandò al duca d'Atenequando seppe ch'avea presa lasignoria di Firenze

"Non sennonon vertùnon lunga amistànon servigi a meritarenon vendicatogli diloro ontet'ha fatto signore de' Fiorentinima·lla lorogrande discordia e il loro grave statodi che se' loro piùtenutoconsiderando l'amore che t'hanno mostratocredendosiriposare nelle tue braccia. Il modo ch'hai a tenere a volerli benegovernare si è questo. Che·tti ritenghi col popolo cheprima reggeae reggiti per lo loro consiglionon loro per lo tuo;fortifica giustizia e i loro ordinie come per loro si governavanoper settefa' che per te si governino per diececioè numerocomuneche lega in sé tutti i singulari numericiòvuol dire no·lli reggere per sette né divisima acomune. Abbiamo inteso che traesti quelli rettori della casa dellaloro abitazionecioè de' priorinel palagio del popolo fattoper loro contentamento del propio; rimettilivie abiterai nelpalagio ove abitava nostro figliuolocioè nel palagio dellapodestàove abitava il duca di Calavraquando fu signore inFirenze. E se questo non farainon ci pare che·ttua salute sipossa stendere inanzi per ispazio di molto tempo. Re di Gerusalem edi Cicilia. Data a Napoli a dì XVIIII di settembreMCCCXLII... indizione". E nonn-è da lasciare di farememoria d'una sformata mutazione d'abito che·cci recaro dinuovo i Franceschi che vennero al duca in Firenze; che colàdove anticamente il loro vestire ed abito era il più bellonobile e onestoche null'altra nazionea modo di togati Romanisì·ssi vestieno i giovani una cotta overo gonnellacorta e strettache non si potea vestire sanza aiuto d'altrie unacoreggia come cinghia di cavallo con isfoggiate fibbie e puntaleecon grande iscarsella alla tedesca sopra il pettignonee il capucciovestito a modo di sconcobrini col batolo fino alla cintola e piùch'era capuccio e mantellocon molti fregi e intagli; il becchettodel capuccio lungo fino a terra per avolgere al capo per lo freddoecolle barbe lunghe per mostrarsi più fieri inn-arme. Icavalieri vestivano uno sorcottoovero guarnacca strettaivi sucintie·lle punte de' manicottoli lunghi infino in terrafoderati di vaio e ermellini. Questa istranianza d'abitonon belloné onestofu di presente preso per li giovani di Firenze eper le donne giovani di disordinati manicottolicome per naturasiamo disposti noi vani cittadini alle mutazioni de' nuovi abitie istrani contraffare oltre al modo d'ogni nazione sempre al disonesto evanitade; e non fu sanza segno di futura mutazione di stato.Lasceremo di ciòe diremo d'altre novità di fuori chefurono ne' detti tempi.



V - Come i Ghibellini d'Arezzoentrarono per furto nella terrae furonne cacciati

Nel detto annoa dì VIIdi giugnonon esendo ancora il duca al tutto signore di Firenzesenon capitano della guardia della terra e come generale della guerrai Tarlati rimasi fuori d'Arezzo coll'aiuto del capitano di Furlìe di quello di Cortonae que' da Faggiuolae Pazzi di ValdarnoeUbertiniin quantità di CCC cavalieri e IIIm pedonilamattina per tempoper trattato di certi Ghibellini ch'erano dentrofurono intorno ad Arezzoe·ffu data loro porta Buiae quellatagliata ed apertae buona parte entrati dentro per correre laterra. Le masnade del duca e del Comune di Firenze ch'erano in Arezzoa·ccavallo e a piè cogli altri cittadini guelfifrancamente combattendo difesono la terrae cacciarne fuori perforza i nimici con gran danno di morti e di presi. E poi cacciaronod'Arezzo molti Ghibellini chi per ribelli e·cchi a' confiniiquali poi con molte castella de' Tarlatie che rubellarofecionogran danno ad Arezzo. E poia dì XXVIIII di lugliomeserTarlato con CCCC cavalieri e pedoni assai valicò l'Ambraevenne di qua da Montevarchiguastando quello ch'era di fuori sanzaniuno contasto. E in que' tempi Francesco di Guido Molle degliUbertinifratello del vescovo d'Arezzorubellò al Comune diFirenze il loro Castiglione per tradimento di certi terrazzanisalvola torre ch'era in sulla portache v'era il castellano per lo duca;il quale Francesco male provedutoe per lo soccorso tostano dellenostre masnade a cavallo e a piè ch'erano in Montevarchicogli altri Valdarnesi si ricoverò il castelloe fu preso ildetto Francesco e menato a Firenzee il duca gli fece tagliare ilcapo; e poi il detto Castiglione delli Ubertini prima tutto rubatoepoi tutto arso e diroccato e disfatto.



VI - Quando morì CarloUberto re d'Ungheria

Nel detto annod'agostomorìCarlo Uberto re d'Ungheria nipote del re Ruberto e figliuolo fu diCarlo Martello; del quale fu gran dannoperò ch'era signoredi gran valore in prodezza. Rimasene III figliuoliLodovicoeAndreas; il quale Lodovico primogenito fu coronato d'Ungheriae...secondo overo terzo figliuolo fu coronato re di Polloniae pocotempo apresso la reina d'Ungheriamoglie che·ffu del dettoCarlo Uberto e figliuola del re di Pollonia valente e savia donnasaputa la morte del re Rubertoche morì il gennaio vegnentecome tosto apresso si farà menzionesì passò inPuglia e a Napoli all'altro suo figliuolo Andreasa·ccuisuccedea il reame di Cicilia e di Pugliacon molti grandi baroniungheriper dare favore e consiglio al detto Andreasch'era moltogiovane; e all'altro figliuolo... rimase il reame da Pollonia perretaggio della madre.



VII - Come il papa fece piùcardinalitra' quali fu un nostro Fiorentino

Nel detto annoper le digiune disettembrepapa Clemento sesto apo Vignoneov'era la cortefece Xcardinalii nove oltramontanie·ll'altro messere AndreaGhini Malpigli di Firenze antico cittadino d'Orto San Micheleilquale era vescovo di Tornaie molto amico del re di Franciaea·ssua preghiera fu fatto cardinale. Macome piacque a·dDiomorì fra·ll'anno andando inn-Ispagna per legatoondefu gran dannoch'era savio e valorosoe·sse fosse vivutoavrebbe fatto onore e pro alla nostra città. Abbianne fattamemoriaperché pochi cardinali o papa sono stati in tantacittà com'è Firenzeper lo poco studio che' Fiorentinifanno fare a' loro figliuoli in chericiaa·lloro difetto.Funne il cardinale Attaviano degli Ubaldini; e dicesima no·lloafermiamofu un papa fiorentino di casa Papeschie uno cardinale diBellagi di porta San Piero al tempo d'Arrigo terzo imperadore.Lasceremo alquanto delle novità d'intornoe seguiremo iprocessi del duca d'Atene.



VIII - Quello che 'l duca d'Atenefece in Firenze mentre ne fu signore

Come il duca d'Atene fu fatto avita signore di Firenze per lo modo detto adietroper avere meno acontendere di fuorie credendosi fortificare dentro il suo stato esignoriasì fece di presente pace e accordo co' Pisani e contutti i loro allegatinon guardando ad onte o vergogne del Comune diFirenze ricevuteove i Fiorentini speravano ch'elli facesse ogniloro vendetta; e a dì XIII d'ottobre si piuvicò e bandìin questo modoche·lla città di Lucca rimanesse a'Pisani per XV annie poi lasciarla inn-stato comunee rimettendo alpresente li usciti guelfi in Lucca che tornare vi volessonoerendendo loro i loro benimettendovi il duca podestà cui ellivolesseil detto tempo rimanendo a' Pisani la guardia del castellodell'Agosta ch'è in Luccae tutta la guardia e dominazionedella terrache·lla podestà per lo duca non avea altroche 'l salaro e 'l nomeche altra signoria poco potea fare piùche piacesse a' Pisanima pure era una posessione per lo nostroComunee freno a' Pisani mentre che 'l duca dominava Firenzeedando i Pisani al duca ogn'anno per censo per lo san Giovanni VIIImfiorini d'oro in una coppa dorata d'argentofaccendo franchi iFiorentini in Pisa per V anniove prima eravamo franchi per sempreper li patti antichirimanendo d'accordo a' Fiorentini tutte lecastella di Valdarno e di Valdinievoleche·ssi tenienoeBarga e Pietrasanta; e che i Fiorentini dovessono rimettere inFirenze e trarre di bando tutti i loro rubelli e uscitie nuovi evecchistati al servigio e lega di Pisanie perdonare agli Ubaldinie Pazzi e Ubertinie lasciare di prigione i Tarlati d'Arezzo erendendo loro pacee trarre di prigione meser Giovanni Visconti diMilano; e così fu fatto di presente; al quale meser GiovanniVisconti il duca vestì nobilementee diè cavalli edanarie fatto acompagnare infino a Pisae domandando a' Pisani ilmendo di suoi danni e interessi avuti per lorogli ingrati Pisaninol vollono udirema apuosogli ch'egli era venuto in Pisa pertrattare cospirazione nella terra per lo ducae convenne si partissevillanamente nella terra; della quale cosa meser Luchino signore diMilano prese molto sdegno contro a' Pisanicome si potràtrovare leggendo. Per lo detto accordo dal duca a' Pisani tornaro iBardi e' Frescobaldi e' loro seguaci in Firenzee' Pisani lasciaronoogni prigione fiorentino e·lloro allegati ch'erano presi inPisa e in Lucca. A dì XV d'ottobre il duca fece nuovi priorii più artefici minutie mischiati di quelli che loro antichierano stati Ghibellini; e diè loro un gonfalone di giustiziacosì fatto di tre insegneciò fu di costa all'astal'arme del Comuneil campo bianco e 'l giglio rosso; e apresso inmezzo la sua il campo azurro biliottato col leone ad oroe al collodel leone uno scudetto dell'arme del popolo; apresso l'arme delpopolo il campo bianco e·lla croce vermigliae di sopra ilrastrello del re; e mise i priori nel palagetto ove prima staval'esegutore in sulla piazza con poco uficio e minore balìasenon il nomee sanza sonare le campane a martello o congregare ilpopolocom'era usanza. Del detto nuovo e disimulato gonfalone igrandi ch'avieno fatto signore il duca e crediansi ch'al tutto ilduca annullasse il popolo in detto e in fattocome avea promessolorosi turbarono fortee massimamente perché in que' dìfece condannare subitamente uno de' Bardi in Vc fiorini d'oro o nellamanoperch'avea stretta la gola a uno suo vicino popolano che·llidicea villania. E così puttaneggiava e disimulava il duca co'cittadinitogliendo ogni baldanza a' grandi che·ll'aveanofatto signoree togliendo la libertà e ogni balìa euficioaltro che 'l nome de' priorie al popolo; e cassòl'uficio di gonfalonieri delle compagnie del popoloe tolse loro igonfalonie ogni altro ordine e uficiali di popolo cassòsenon a suo beneplacito ritegnendosi co' beccarivinattieriscardassieri e artefici minutidando loro consoli e rettori al lorovoleredimembrando gli ordini antichi dell'arti a·ccui eranosottoposti per volere maggiori salari di loro lavorii. Per le sudettecagioni e altre fatte per luicome si troverrà leggendo assaipoco apressosi criò conspirazione contro al duca per ligrandi e popolani medesimi che·ll'avieno fatto signorecometosto si potrà trovare. E fece torre tutte le balestra grossea' cittadinie fece fare l'antiporte al palagio del popoloeferrare le finestre della sala di sotto per gelosia e sospetto de'cittadinie fece comprendere tutto il circuito dal detto palazzo aquelli che furono di figliuoli Petrie·lle torri e case diManieri e di Mancinie di Bello Alberticomprendendo tutto l'anticogardingo e ritornando in sulla piazza. E il detto compreso fececominciare e fondare di grosse mura e torri e barbacani per farne colpalagio insieme uno grande e forte castellolasciando il lavorio dideficare il ponte Vecchioch'era di tanta necessità al Comunedi Firenzetogliendo di quello le pietre conce e legname. Fecedisfare le case di Santo Romolo per fare piazza al castello infinonel Garbo. E mandò a corte al papa per licenza di disfare SanPiero Scheraggioe Santa Ciciliae Santo Romoloma no·llifu assentito per la Chiesa. Fece torre a' cittadini certi palagi efortezze e belle case ch'erano nelle circustanze del palagioemisevi suoi baroni e sua gente sanza pagare alcuna pigione. Fece farealle porti nuovi antiporti di costa a' vecchi per piùfortezzae rimurare le porte. Di donne e di donzelle di cittadiniper sé e per sue genti cominciato a·ffare di forze evillanie e di laide cose; intra·ll'altre per cagione di donnatolse San Sebbio a' poveridella guardia dell'arte di Calimalaediello altrui illicitamente. E per amore di donna rendé gliornamenti alle donne di Firenzee fece fare il luogo comune dellefemmine mondaneonde il suo maliscalco traeva molti danari. Fecefare le paci tra' cittadini e contadinie questo fu il meglio chefacessema bene ne guadagnò egli e' suoi uficiali grossamenteda coloro che·lle richiedieno. Levò gli assegnamenti a'cittadini sopra le gabelledi danari convenuti loro prestare perforza al Comune per fornire la 'mpresa di Lombardia e quella diLuccacome adietro è fatta menzionech'erano più diCCCLm di fiorini d'oroasegnati in più anni con alcunoguiderdone. E questo fu gran malee onde i cittadini più sigravaroe·ffu rompimento di fede al Comune; e molticittadiniche dovieno avere grossamente dal Comunene furonodiserti; e recò a·ssé tutte le gabellechemontavano l'anno più di CCm di fiorini d'oro sanza l'altreentrate e gravezze. Fece fare e pagare l'estimo in città e incontadoche montò più di LXXXm di fiorini d'oroondei grandi e' popolani e' contadiniche vivono di loro renditesitennono forte gravati. E quando fece fare l'estimopromisse e giuròa' cittadini di non fare loro altre gravezze d'imposte o diprestanzeo di nuove gabellema no·llo oservòma alcontinovo gravava i cittadini di prestanzee facea criare e crescerenuove e sforzate gabelle per uno ser Arrigo Fei; e quelli era suoamicoche sapea trovare modi d'avere danarionde che venissono. Ein X mesi e XVIII dì ch'elli regnò gli vennero a manodi gabelle e d'estimogravezzee condannagionie altre entratepresso di CCCCm di fiorini d'oro pure di Firenzesanza quelli chetraeva delle terre vicine ch'elli signoreggiavade' quali rimandòtra in Francia e in Puglia più di CCm di fiorini d'oroperòche non tenea tra tutte le terre che signoreggiava DCCC cavalieriequelli mal pagava; ma al bisogno della sua rovina se n'avide a suodanno e vergogna. Gli ordini de' suoi uficiali e consiglieri erano inquesto modo. I prioricome avemo dettoerano in nomema non infattosanza alcuna balìa. Era la podestà mesereBaglione da Perugiache guadagnava volentieri; messer Guiglielmod'Ascesi chiamato conservadore overo assessino di lui e bargelloestava nel palagio de' Cerchi bianchi nel Garbo. Tre giudici aveaordinatiche·ssi chiamavano della Sommariache tenieno cortenelle nostre case e cortili e logge de' figliuoli Villani da SanBrocolo; questi giudici rendieno ragione di fatto con moltebaratterie; e uno meser Simone da Norcia giudice sopra rivedere leragioni del Comuneed era più barattiere che coloro cuicondannava per baratterieabitava nel palagio fu de' Cerchi dietro aSan Brocolo. Di suo consiglio era il vescovo della Leccia sua terradi Puglia; e suo cancelliere Francesco il vescovo d'Ascesi fratellodel conservadore; il vescovo d'Arezzo degli Ubertinie meserTarlatoe il vescovo di Pistoia e quello di Volterrae messereAttaviano de' Belforti: questi tenea per sicurtà delle loroterree vescovi per una sua coperta ipocresia. Con cittadini avea dirado consiglie poco gli prezzava e meno gli oservavaristrignendosi solo al consiglio di meser Baglionee delconservadoree di mesere Cerritieri de' Visdominiuomini corrottiin ogni vizio a·ssua manierafaccendo i suoi dicreti di fattoe sotto suo sugelloil quale il suo cancelliere si facea benevalere. Signore era di poca fermezza e di meno fede di cosa chepromettessecupido e avaro e mal grazioso; piccoletto di persona ebrutto e barbucino; parea meglio Greco che Francescosegace emalizoso molto. Fece al suo conservadore impiccare meser Piero diPiagenza uficiale della mercatantia opponendoli baratteriee chemandava lettere a meser Luchino da Melanoe·cchi disse li féin parte torto. Fece costrignere i mallevadori di Naddo di Cennich'era a' confini a Perugiache tornasse con sua sicurtàe·llui tornato a dì XI di gennaionon oservandolifedeil fece impiccare e colla catena in colloacciò che nonsi potesse ispiccaree tolse a' suoi mallevadori VmDXV fiorinid'oroopponendo gli avea frodati al Comune in Luccaoltre aglialtri levatoli primae tutti i suoi beni confiscò a·sséopponendogli ch'egli avea trattato col Comune di Siena e con quellodi Perugia contro a·lluii quali non amavano la vicinanza esignoria del duca; e forse in parte fu vero. Questo Naddo fu unsottile e sagace uomoe molto grande e prosuntuoso in popolo e inComunema bene guadagnava volontieri. Il padreCenni di Naddostato molto grande in Comuneper dolore del figliuolo e tema delduca si fece frate di Santa Maria Novellae fece bene dell'animasuase 'l fece con buona intenzioneper fare penitenzia delle colpecommesse in Comunee spezialmente inn-isturbare l'accordo co' Pisanionorevole assai per lo nostro Comunecome toccammo adietro. Inquesti tempidel mese di marzofece il duca lega e compagnia co'Pisanie taglia di IIm cavalieri contro a ogni loro aversaroiPisani tenere DCCC cavalieri e 'l duca MCC cavalieri; la qualcompagnia molto spiacque ai Fiorentini e a tutti i Toscani guelfiepoco s'oservòperché non era piacevole mischiatonébuona compagnia. Del mese di marzo detto il duca fece in contado VIpodestadiuno per sestocon grande balìa di potere faregiustizia reale e personale e con grandi salarie i piùfurono de' grandiche di nuovo erano stati rubellirimessi inFirenze di poco. La qual nuova signoria molto spiacque a' cittadinie più a' contadiniche portavano la spesa e gravezza. Fecepigliare uno Matteo di Motozzoe in su uno carro atanagliaree poitranare sanz'assee impiccareperch'avea rivelato uno trattato de'Medici e d'altri che doveano offendere il ducae nol volle crederea suo pericolo e danno di quellogli avenne. L'ultimo dì dimarzo fece impiccare in su Monterinaldi Lamberto degli Abatiilquale era stato valente uomo all'oste nostra a Lucca della masnada dimeser Mastinoperch'elli gli avea rivelato uno trattato che certigrandi tenieno contro al duca con meser Guidoriccio da Foglianocapitano della gente di mesere Mastinoopponendoli il contrariochetenea trattato con meser Mastino di torli la signoria. La qual cosanon fu veroma·ffu vero quello ch'è detto; ma per lesue opere vivea in grande sospetto e gelosiae chiunque gli rivelavatrattato o da beffe o da doveroo parlava contro a·lluifacea morire; onde più altri di piccolo affare fece a tortomorire di crudeli tormenti per mano del suo carnefice conservadore dimale opere. Per la Pasqua della ResurresioneMCCCXLIIItenne granfesta a' cittadini e suoi baroni conostaboli e soldati con grandicorredima con mala voglia di cittadinie fece tenere giostre nellapiazza di Santa Croce per più dìma pochi cittadini vigiostraronoche·ggià a' grandi e a' popolanicominciavano a spiacere i suoi processi. All'uscita d'aprileMCCCXLIII ordinò e cominciò ad afforzare e chiudere SanCasciano e afforzare per riducervi dentro le villate d'intornoeche·ssi chiamasse Castello Ducalema poco andò inanzi.Fecesi in Firenze sei brigate di festadi gente di popolo minutovestiti insieme ciascuna brigata per sée danzando per laterra. La maggiore fu nella Città Rossae il loro signore sinomò lo 'mperadore. L'altra a San Giorgio col Paglialoco; edebbono zuffa tra queste due. E una ne fu a San Frianoe una nelborgo d'Ognisanti. L'altra in quello di San Pagolo. L'altra nella vialarga delli spadai; e·ffu motiva e assento del duca perrecarsi all'amore della Comune e popolo minutoper quella sforzatavanità; ma poco gli valse al bisogno. Per la festa di sanGiovanni fece fare l'oferta all'arti al modo antico sanza gonfalonie·lla mattina della festa oltre a' ceri usati delle castellach'erano da XXebbe da XXV pali di drappi ad orobracchettisparvieri e astori per omaggio d'ArezzoPistoiaVolterraSanGimignanoCollee da tutti i conti Guidida MangonaCerbaiae daMontecarellie PuntormoUbaldiniPazzie Ubertinie d'ognibaroncello d'intornoche·ffu coll'oferta de' ceri una nobilefesta; e raunarsi i detti ceri e pali e·lli altri tributi insu la piazza di Santa Crocee poi l'uno apresso l'altro andaro alpalagio ov'era il ducae poi a San Giovanni. Fece aggiugnere alpalio dello sciamito chermisi di foderallo a rovescio di vaioisgrigiato quant'era l'astach'era molto ricco a vedere. La festafece ricca e nobilee·ffu la prima e sezzaia che dovea farein Firenze per le sue opere. All'uscita di giugno fece fare unasconcia giustiziache a uno Bettone Cini da Campide' menatori de'buoi dell'antico carroccioil quale di poco l'avea il duca fatto dipriorie per la dignità del carroccio vestitolo di scarlattoperò chepoi ch'elli uscì dell'uficiosi dolfe edisse alcuna parola oziosa per una imposta gli era fatta per lo ducagli fece cavare la lingua infino allo strozzule e con essa inanzi insu una lancia per diligione mandandolo per la terrae poi pintonefuori a' confini a Peseroove poco apresso per quella tagliaturadella lingua morì. Di questa giustiza si turbaro molto icittadinie ciascuno la riputava in sé di non potere parlarené dolersi de' torti e oltraggi; ma la persona di Bettone eradegna di quelloe di peggioch'egli era publicano e villanogabellieree colla piggiore lingua ch'uomo di Firenzesì chemorì nel peccato suo. A dì II di luglio il duca fermòcompagnia e taglia con messere Mastino della Scalae co' marchesi daEstie col signore di Bolognae co·llui contrasse parentadoma più gli era utole la compagnia e benivolenza de' buonicittadini di Firenzela quale al tutto s'avea levata e toltaequella che fece con quelli signori poco o niente li valsono al suobisognoe poco durò. Assai avemo detto sopra i processi eopere del duca d'Atene fatte in Firenze mentre ne fu signoree nonsi potea fare di menoacciò che sieno manifeste le cagioniperché i Fiorentini si rubellaro della sua signoriaeprendano assempro per lo innanzi quelli che sono a venire di nonvolere signore perpetuo né a vita. Lasceremo alquanto diquesta materafaccendo incidenzaper raccontare altre novitàche furono altrove in questi tempitornando assai tosto a contare lafine ch'ebbe in Firenze la sua signoria. Ma di tanto volemo fareprima memoriae questo sentimmo e sapemmo di vero. Il dìe·ll'ora che prese la signoriaper savi astrolaghi fu presol'ascendente che·ffu gradi XXII del segno della Librasegnomobile e opposito del segno d'Aries significatore di Firenzee intermine di Martie Marti nostro significatore era nel detto segnodella Libra contrario alla sua casae il suo signore Venus nel Leonegradi VIII faccia di Saturno e contradio alla sua tripricità.Per la quale costellazione dissono d'accordo che·lla suasignoria non dovea compiere l'annoe con mala uscita e vituperevolee con molti tradimenti e romori con armema con pochi micidi. Ma piùcredo che fosse la cagione il suo male reggimento e·lle sueree opere per lo suo pravo libero albitromale usandolo.



IX - D'una compagna di gente d'armeche feciono i soldati de' Pisani

Come fu fatta la pace dal ducad'Atene e Pisanicome dicemmo adietroquasi tutti i soldatich'erano co' Pisaniintorno di MD Tedeschi a cavallo e più diIIm pedoni di masnade Ghibellinisi partirono di Pisa e feciono unacompagna con alcuno piccolo soldo de' Pisani per levarglisi d'adossoe fare far danno a' loro vicini. Vennero per quello di San Miniatoedi San Gimignanoe Colle sanza fare danno alcunoné toccarodi nostro contadoperch'erano alla signoria del duca; il borgo diStaggia guastaronoe poi stettono più dì a fonteBecciatanto che' Sanesi si ricomperarono IIIIm fiorini d'oro; eperò non lasciarono di rubare e ardere più loro villatedi Valdambrae simile feciono in Valdichiane sopra quello diPerugia; e dissesi che·cciò fu ordine del duca d'Ateneco' Pisani; e·cche vi misse danari per fare danno a' Sanesi ePeruginiperò ch'avieno rifiutata sua signoria e compagniaevoleano vivere liberi e franchi. E poi cresciuta la detta compagniavalicaro in Romagna e sopra a Rimino per fare vergogna a meserMalatesta stato nostro capitano di guerrae feciono danno assai; poisi distribuì e partì a soldo di signori e Comuni tra inRomagna e in Lombardiae venne meno la detta compagna.



X - Quando morì il reRuberto

Nell'anno MCCCXLIIa dìXVIIII di gennaiopassò di questa vita il re Ruberto re diGerusalem e di Cicilia e di Puglia di sua malattia nella cittàdi Napoli. E inanzi che morissecome savio signore dispuose i suoifatti per l'anima cattolicamentesiccome a tanto signore e divoto disanta Chiesa si convenia. Vivette da LXXX annie regnò inPuglia anni XXXIII e mesi. E perch'egli non avea figliuoli altro chedue nipotefigliuole che furono del duca di Calavra suo figliuoloinanzi che morissela maggiore fece sposare ad Andreas duca diCalavra e figliuolo che fu del re d'Ungheria suo nipotecome gliavea promessoe fecelo cavalieree farli fare omaggio a·lluie alla moglie a tutti i baroni del Regnosiccome succedente re ereina. Lasciolli grande tesoroe perch'egli era di piccola etàordinò i suoi principali baroni governatori e guardiani di luie del regno a beneplacito della Chiesa. Sopellissi al monistero diSanta Chiara in Napoliil quale elli avea fatto fare e riccamentedotato a grande onore. E in Firenze se ne fece cordoglio ed esequiomolto solenne e di grande luminariae di molta buona gente e signoricherici e laici al luogo de' frati minori a dì XXXI digennaio. L'aprile seguente il duca di Durazzo nipote del re Rubertofigliuolo di meser Gianni suo fratellocon dispensagione del papaper procaccio del cardinale di Peragorgo zio del detto ducasposòl'altra figliuola fu del duca di Calavraper retare il reamese·ll'altra sirocchia morisse sanza redaonde nacque grandeisdegno tra·lloro e·lla reina sua zia figliuola fu delre di Maiolicae moglie del re Ruberto; non avendo figliuolocompiuto l'annosi commisse nel monistero a Santo Piero a Castelloch'ella fatto fare. Questo re Ruberto fu il più savio re chefosse tra' Cristiani già·ffa cinquecento annisìdi senno naturale sì di scienziacome grandissimo maestro inteologia e sommo filosofo. Dolce signore e amorevole fue amicissimodel nostro Comunedi tutte le virtù dotatose non che poiche cominciò a 'nvecchiare l'avarizia il guastava in piùguise; iscusavasene per la guerra ch'avea per raquistare la Ciciliama non bastava a tanto signore e così savio com'era in altrecose.



XI - Come papa Clemento VI ordinòil giubileo e perdono a·rRoma nel L anno

Nel detto anno MCCCXLIIdel mesedi gennaiopapa Clemento VI apo Vignone in Proenzadov'era la corteco' suoi cardinali e molti vescovi e arcivescoviricordandosi chepapa Bonifazio VIII avea ritrovato che 'l giubileocioè di Canni in C anni chi andasse a Roma confesso e pentuto di suoi peccatie vicitasse per XV dì continui la chiesa di San Piero e di SanPagologli era perdonato colpa e penadurando per uno anno il dettoperdonoe quello confermato l'anno MCCCcome adietro facemmomenzioneparendo al detto papa e cardinali ch'aspettando l'altrocentesimo molti fedeli cristiani che sono vivi per le corte vitedegli uomini saranno mortionde molto perderebbono la grazia e 'lbenificiosì ordinò e confermò che 'l dettogiubileo e perdono fosse di L anni in L annicominciando l'annoMCCCL per la natività di Cristoritraendo per l'autoritàdella sacra iscrittura che di L anni in L anni si celebrava ilgiubileo di figliuoli d'Isdrael per comandamento di Diotutto fossein altra forma. Della qual cosa il detto papa e suoi cardinali moltofurono commendati da tutti i Cristianie maggiormente da' Romaniche·nn'aspettavano la grascia.



XII - D'uno gran fuoco che·ffuin Pietrasanta

Nel detto annodel mese difebraioper fuoco apresoe·cchi disse fatto mettere per liPisaniarse gran parte di Pietrasantasalvo la roccae·lliabitanti la volieno abandonarese non che 'l duca d'Atenea·ccuiguardia era per lo nostro Comunemandò loro danari e C moggiadi grano per sovvenire la loro necessitàe fu ben fatto.



XIII - D'alcuna novità statain Firenze in questo anno

Nel detto anno e mese di febraioper impetuoso vento caddono le mura del nuovo dormentoro di frati diSan Marcoe morìvi sotto due frati e uno laico; ben erano lemura per povertà assai sottili e mal fondate. E nel detto annosi mise la nuova via dal Pozzo Toscanelli su per la costa di sopraSanta Felicita e sopra la chiesa di San Giorgio infino alla porta cheva inn-Arcetriacciò che' popolani d'Oltrarno potessonosoccorrere al bisogno la detta portae andare spediti intorno allemura d'Oltrarno sanza convenirli andare sotto la forza di Rossi e diBardie fu ben fatto per lo popolo. Ancora si recò la misuradello staioove si facea al colmoperché vi s'usava frode sirecò a rasocrescendo il colmo nel rasoe più dalibra I e mezza in II lo staio del grano; e questo anno valse lostaio del grano da soldi XXe il seguente anno del MCCCXLIII valseda soldi XXV. E il vino comune di vendemmia carissimo da fiorini V inVI cognodi soldi LXV e mezzo il fiorino.



XIV - Come Messina fu rubellata aque' d'Araona che·lla signoreggiavae come la raquistò

Nel detto annoanzi da due mesiche il re Ruberto morisseper suo trattato con certi rubelli diquello don Piero che tenea Ciciliaciò erano que' della casade' Palizzi i più possenti di Messinaper loro amici e diloro setta corsono la città di Messina con armata manoeuccisono il vicaroovero capitanoche v'era per lo loro ree piùdi sua gentee presono il forte castello di San Salvadorech'èsopra il porto di Messina; e·cciò fattomandarono XXXdi loro stadichi a Melazzo per dare di loro fidanza al conte Scaloredelli Uberti di Firenzeche v'era per capitano per lo re Rubertofatto rubello di don Pieroche mandasse sua gente per la terra e perlo castelloil quale vi mandò quelli che poténonisfornendo Melazzo. Ancora mandarono a Napoli al re Ruberto persoccorsoil quale se di sùbito v'avesse mandatocome potea edoveasanza fallo avea raquistata Messinae poi tutta l'isola;ma·lla tardezza del re Ruberto e·lla sua avarizialaquale guasta ogni nobole impresao forse volle Idio o promisse pernon darli tanta gloria mondana inanzi che morissetardò tantoil soccorsoche in quella stanza don Guiglielmo figliuolo fu di donFederigoguardiano e vicario dell'isola per lo figliuolo del rePiero suo fratelloch'era di poca etàvenne a Messina conCCCC cavalieri e popolo assaie per li cittadini di sua settacontradi di Palizzi li fu data l'entrata della terrae corse lacittà di Messinae uccisono e cacciaro tutti i loro ribelli egenti che v'erano per lo re Ruberto; e per forza di navi e cocchech'erano nel porto fece combattere Santo Salvadoree raquistollouccidendo quanti dentro ve n'avea. E notache·ssi confaalquanto alla presente materach'è delle maraviglie delsecoloi figliuoli di meser Scalore delli Uberti nostri cittadiniGhibellini e rubellie quelli d'Antioccia della casa di Soaveequelli da Lentinoe 'l conte di XX Migliae que' di meser PalmieriAbati principaliche rubellarono i loro antichi l'isola di Ciciliaal re Carlo vecchioe de' detti Palizzi di Messinae altri loroseguaci per soperchio e ingratitudine di Catalani s'erano ribellatida quelli che tenea la Ciciliae tornati al re Rubertoed elliricevutoli e dotatili nel regno di grande baronie. E ben disse ilpropio meser Farinatal'antico delli Ubertidimandato che cosa erapartecavallerescamente in brieve rispuose: "Volere e disvolereper oltraggi e grazie ricevute"; e·ffu vera sentenzia.



XV - Come il re di Raona tolseMaiolica al re di quella suo cugino

Nel detto anno il re d'Araona contrattato di grandi borgesi di Maiolica tolse Maiolica al re diquellasuo cugino; la qual cosa fu molto biasimatae messa pergrande tradigionecon tutto che quelli che·nn'era re era uomodi cattiva vita e di poco valoree tenea per sua amica la nipoteecacciava la mogliee non amato da sua gente. Lasceremo di piùdire de' fatti delli stranie torneremo a nostra materaa racontarede' fatti di Firenze; e come il duca d'Ateneche se n'era fattosignore per lo modo detto adietrone fu cacciato; e molterevoluzioni e novità che alla nostra città ne seguiroapressole quali a·nnoi autoreche·lle vedemmo efummo presentici paiono quasi impossibili a crederetanto furonodiverse e maravigliose.



XVI - Di certe congiurazioni chefurono fatte in Firenze contra il duca d'Atene che·nn'erasignore

E' si dice fra·nnoiFiorentini uno antico e materiale proverbiocioè: "Firenzenon si muovese tutta non si duole"; e bene che 'l proverbiosia di grosse parole e rimaper isperienza s'è trovato divera sentenziae viene a caso della nostra presente matera; che acerto il duca nonn-ebbe regnato III mesiche quasi a' più dicittadini non dispiacesse nella sua signoria per li suoi inniqui emalvagi processicome detto avemo adietroe più ancora chescritto non s'è per noi; però ch'ogni singulare cosa esue operazioni nonn-ho potuto sapere né ricoglierema per legenerali e aperte assai si può comprendere. Prima che' grandiche·ll'aveano fatto signoree aspettavano da·lluistato e grandezzacome avea loro promessosì trovatoingannati e traditied eziandio que' grandi ch'elli avea rimessi inFirenzenon parea loro esere ben trattati; e i grandi e possentipopolani che prima avieno retta la terrach'al tutto gli aveaanullati e tolto loro ogni statoonde il nimicavano a morte. A'mediani e artefici dispiacea la sua signoria per lo non guadagnareeper lo male stato della cittàe per le 'ncomportabiligravezze sì d'estimosì di prestanzeed'intollerabili gabellee per levare che fece a' cittadini gliasegnamenti sopra le gabelle di danari prestati al Comune. E dove icittadini avieno speranza che per lo suo reggimento scemasse lespesee desse loro buono statofece il contrario; e per le malericolte montò il grano in più di soldi XX lo staioonde il popolo minuto male si contentava. E per li oltraggi delledonne fatti per lui e per le sue gentie altre forzee crudegiustizieper le quali cagioni quasi i più di cittadinicommossi a mala volontà contro a·lluionde piùcongiurazioni s'ordinaro per torli la signoria e·lla vitachiper una formae·cchi per un'altranon sappiendo alcominciamento l'una setta dell'altrané s'ardieno a scoprireper le sue crudeli giustizie; che eziandio chi·lle rivelavagli facea morirecome detto è adietro. E principali furonoIII sette e congiurazioni; della prima fu capo il nostro vescovodegli Acciaiuoli frate predicatoreche al cominciamento delle sueprediche tanto il magnificava e gloriavae co·llui tenieno iBardi; ciò furono principali: messere Pieromessere Gerozzomessere Iacopoe Andrea di FilippozzoSimone di Geritutti dellacasa de' Bardie rimessi in Firenze per lo ducae di RossiSalvestrino e meser Pinoe più suoi consorti. E de'Frescobaldi i caporali il priore di Sa·Iacopo meser AgnoloGiramonte anche di rimessi in Firenze per lo ducae Vieri delliScalie più altri grandi e popolaniAltovitiMagalottiStrozzie Mancini. Dell'altra congiura era capo meser Manno e Corsodi meser Amerigo de' DonatiBindo e Beltramo e Mari de' PazzieNiccolò di mesere Alamannoe Tile Benzi de' Cavicciuli ecerti degli Albizi. Della terza era capo Antonio di Baldinaccio degliAdimarie Medicie BordoniOricellaie Luigi di LippoAldobrandinie più altri popolani mediani. E più modisi trovò che cercaron di torli la signoria e·cchi lavitachi con trattato di Pisanichi con Sanesi e Perugini e conconti Guidialcuni d'asalirlo in palagio andando al consiglio; maper sua gelosiadi ciò si provideche due volte mutòi sergenti e' famigliari che guardavano il palagioe per sospettofece ferrare le finestre del palagio; alcuni di saettarlo quandoandava per la terra. L'altra setta ordinaro d'asalirlo in casa gliAlbizi il dì di san Giovanniche vi dovea venire a vederecorrere il palio; anche per sospetto non v'andò. La terzasetta aveno ordinatoimperò ch'egli cavalcava sovente peramore di donna da casa i Bordoni alla Croce a Trebbio. Questiv'allogaro due caseuna da ciascuno capo della viae quelleguernirono d'arme e di balestra e di sbarre per asserragliare la viadall'uno capo e dall'altro e inchiuderlo nel mezzoe ordinati da Lmasnadieri arditi e franchiche 'l dovieno assalire con certicaporali giovani e grandi e popolani a·ccui ne caleae aveanovoglia di farloe assalito il ducalevare la terra a romoree'caporali di fuori dovieno esere in arme a cavallo e a piè alsoccorso e per atterrare lui e sua compagnia; che al principiocavalcava con XXV o XXX di sua gente disarmaticon alquanticittadini grandi e popolanidi coloro medesimi ch'erano congiuraticontro a·llui. Ma tanto gli fu messo sospettoche poi menavaa sua guardia II masnade di L di sue genti a cavallo armati e da Cfantie smontato lui da cavallo restavano armati in sulla piazza delpalazzo a sua guardia: ma poco gli valieno al suo riparo per l'ordinepreso per le dette congiure alla sua rovina; però che quasitutti i cittadini erano commossi contro a·llui per le sue reeopere. Ma come piacque a Dioper lo meno malela terza setta econgiurala qual era più pronta a·cciò farefuscoperta per uno masnadiere saneseche dovea essere a·cciòfare; il rivelò a meser Francesco Brunelleschinon pertradimentoma per consiglio e come a suo signorecredendo ilsapesse e tenesse mano alla congiura; il quale cavaliere per paura dinon esere incolpatoovero per male di suoi nimiciche di tali eranocaporali alla detta congiurail manifestò al ducae menogliil detto fante sotto fidanzail quale ritenne segreto e disaminolloe seppe d'alcuno ch'era de' detti congiurati e caporali dimasnadieri; e di presente fece pigliare Pagolo di Francesco delManzeca orrevole popolano di porta San Pierotutto fosse briganteeuno Simone da Monterappoli a dì XVIII di luglioe questi pertormento confessarono e manifestaro come Antonio di Baldinaccio eraloro capo con più altri; il quale Antonio richestopersicurtà di sua grandezza comparì. Il duca il feceritenere nel palagio; e·llui presotutti gli altri principalid'ogni setta per tema di loro chi·ssi partì dellacittàe·cchi si nascoseonde tutta la città fuin gelosia e in grande sospetto e tremore. Il duca trovando lacongiura contro a·llui sì grandee·cche tantigrandi e possenti cittadini vi tenieno manonon ardì di faregiustizia de' detti presi; che·sse di sùbito l'avessefattae corsa la terra colla sua gente e popolazzo minuto che 'lseguivarimaneva signore; ma il suo peccato l'accecòe·llimisse tanta viltà e paura nell'animoche non sapea che·ssifare; e mandò d'intorno alla terre e castella per la suagentee al signore di Bologna per aiutoil quale gli mandòCCC cavalieri. E pensossi di fare una grande vendetta e crudele dimolti cittadini con grande tradimentoche perché sabatomattina a dì XXVI di luglio era il dì di santa Annaeil dì dinanzi fece richiedere più di CCC di maggioricittadini di Firenzegrandi e popolani d'ogni famiglia e casatochevenissono dinanzi a·llui in palagio per consigliarlo quelloch'avesse a·ffare de' presicon intenzione (e questo fu poifuori di Firenze manifesto) che come fossono ragunati nella sala delpalagioch'avea le finestre ferratecome detto avemodi fareserrare la salae quanti dentro ve n'avesse fare uccidere etagliaree correre la terra al modo fece l'empissimo TotilaFlagellum Dei quando distrusse Firenze. Ma Iddioche sempreha guarentita al bisogno la nostra città per le limosine e perli meriti delle sante persone religiose e laiciche vi sonoinnocentila guardò di tanto male e pericolo; che prima missesospetto in cuore a tutti i richiesti di non andare in palagio aldetto consigliointra' quali ve n'avea molti di congiuratie poi ildì medesimo quasi tutti i cittadini di grande accordo insiemediponendo tra·lloro ogni ingiuria e malavoglienzascoprendosil'una setta all'altradi loro ordine e trattati tutti s'armarono perrubellarsi da·lluicome diremo apresso nel seguente capitolo.



XVII - Come la città diFirenze si levò a romoree cacciaronne il duca d'Ateneche·nn'era signore

Essendo la città diFirenze in tanto bolloree sospetto e gelosiasì per lo ducaavendo scoperte le congiurazioni fatte per tanti cittadinicontra·lluie fallitoli il suo proponimento di non potereraccogliere i nobili e possenti cittadini al falso e dislealeconsiglioe d'altra parte i cittadini i più possentisentendosi in colpa della congiurae sentendo il mal volere delducae che già nella terra avea più di DC cavalieri disue masnadee ogni dì agiugneva; e·lla gente delsignore di Bologna e certi altri Romagnuoli che venieno in suo aiutoavieno già valicata l'alpedubitarono che·llo indugionon fosse a·lloro pericoloricordandosi del verso di Lucano:"Tolle morasemper etc. ". Gli Adimarie Medicie Donatiprincipalisabato sonata nonausciti i lavoranti delle botteghe dìXXVI di luglioil dì di santa Anna anni DominiMCCCXLIIIordinarono in Mercato Vecchio e in porta San Piero checerti ribaldi fanti fitiziamente s'azzuffassono insiemeegridassono: "All'armeall'arme!"; e così feciono.La terra era insollita e in pauraincontanente tutta corse a furoree a sgombrare i cari luoghi; e di presentecom'era ordinatotutti icittadini furo armati a cavallo e a pièciascuno alla suacontrada e vicinanzatraendo fuori bandiere dell'armi del popolo edel Comunecom'era ordinatogridando: "Muoia il duca e' suoiseguacie viva il popolo e 'l Comune di Firenze e libertà!".E di presente fu abarrata e aserragliata tutta la città adogni capo di vie e di contrade. Quelli del sesto d'Oltrarnograndi epopolanisi giurarono insieme e baciarono in boccae abarraro icapi de' ponticon intenzione che se tutta la terra di qua siperdessedi tenersi francamente di là. E mandato il dìdinanzi da parte del Comune segretamente per soccorso e aiuto a'Sanesi; e certi di Bardi e Frescobaldi stati a Pisa e tornati dinuovo in Firenze mandarono per loro ispezialtà per aiuto a'Pisani. La qual cosa quando si seppe per lo Comune e per li altricittadiniforte se ne turbaro. La gente del duca sentendo il romores'armaro e montaro a cavalloe chi potéo di loro alcominciamento corsono alla piazza del palagio in quantità diCCC a cavallo; gli altrichi·ffu presoe rubato per lialberghie·cchi per le vie fediti e morti e scavallatie perli serragli impacciatie rubati i cavalli e·ll'arme. Alcominciamento trassono al soccorso del duca in sulla piazza di prioricerti cittadini amici del ducacui avea servitiche non sapieno ilsegreto delle congiure; ciò furono de' principali: messerUguiccione Bondelmonti con alcuno suo consorto e cogli Acciaiuoliemeser Giannozzo Cavalcanti e di suoi consortie PeruzzieAntellesie certi scardassieri e alcuno beccaiogridando: "Vivalo signore lo duca!". Ma come s'avidono che quasi tutti icittadini erano sommossi a furore contro a·lluisi tornaronoa casae seguirono il popolosalvo messere Uguiccione Bondelmonticui il duca ritenne seco in palagioe i priori dell'arti per sicurtàdi sua personai quali erano rifuggiti in palagio. Essendo levato ildetto romore e tutta gente ad armequelli de' cinque sestiond'erano capo gli Adimariper scampare Antonio di Baldinaccio loroconsorto e gli altri presi per lo ducae Medicie AltovitieOricellaie degli altri offesi da·lluicom'è dettoadietropresono le bocche delle vie che menano in sulla piazza delpalagio de' priorich'erano più di XII viee quelleabarrarono e aforzarono sicché nullo non potea entrare néuscire del palagio e piazzae di dì e di notte si combatterocolla gente del ducach'erano in sul palagio e 'n sulla piazzaov'ebbe alquanti mortima molti fediti di cittadini per lo moltosaettamento e pietre che venia del palagio dalla gente del duca. Maalla fine la gente del duca ch'era in sulla piazzala sera medesimanon poterono durare e non avendo da viverelasciando i loro cavallii più di loro si fuggiro nel compreso del palagio ov'era ilduca e' suoi baronie alquanti si guerentirono tra' nostri lasciandol'armi e cavallie·cchi preso e·cchi fedito. E come sicominciò il detto romoreCorso di meser Amerigo Donati co'suoi fratelli e altri seguaci ch'avieno loro amici e parenti inprigione assaliro e combattero la carcere delle Stinchemettendofuoco nello sportello e bertesca ch'era di legnamee collo aiuto de'prigioni dentro ruppero le dette carceree uscinne tutti i prigionie con quello empitocrescendo loro séguito di meser MannoDonatie di Niccolò di meser Alamannoe Tile di Guido Benzide' Cavicciulie Beltramo de' Pazzie di più altrich'avieno loro amici in bando e presi in palagioassalironocombattendo il palagio della podestàov'era mesere Baglioneda Perugia podestà per lo ducail quale né egli nésua famiglia si misono a risistenzama con grande paura e pericolosi fuggì a guarentigia in casa gli Albiziche 'l ricolsono;e·cchi di sua famiglia si fuggì in Santa Croce; erubato il palagio d'ogni loro arnesi infino alle finestre e panchedel Comune; e ogni atto e scritture vi furono prese e arsee rottala carcere della Volognanae scapolati i prigioni; e poi ruppono lacamera del Comunee di quella tratti tutti i libri ov'erano scrittigli sbanditi e rubelli e condannatie arsi tutti; e simile rubatigli atti dell'uficiale della mercatantia sanza contasto niuno. Altraruberia od offensione corporale non fu fatta in tanto scioglimento dicittàse non contro alla gente del duca; che·ffu grancosae tutto avenne per l'unità in che·ssi trovaro icittadini a ricoverare la loro libertà e quella dellarepublica del Comune. E·cciò fattoil detto sabatoquelli d'Oltrarno apersono l'entrata de' pontie valicaro di qua acavallo e a piè in armee cogli altri cittadini de' V sestifeciono levare le sbarre e serragli delle rughe mastrecolle 'nsegnedel Comune e del popolo cavalcarono per la città gridando:"Viva il popolo e Comune in sua libertàe muoia il ducae' suoi! "; e trovarsi i cittadini più di mille a cavalloben montatie inn-arme tra di loro cavalli e di quelli tolti allagente del ducae più di Xm cittadini armati a corazze ebarbute come cavalierisanza l'altro minuto popolo tutto in armesanza alcuno forestiere o contadino; il quale popolo fu moltoamirabile a vederee possentee unito. Il duca e sua genteveggendosi così fieramente assaliti e assediati dal popolo nelpalagio con più di CCCC uomini (e non avea quasi altro chebiscotto e aceto e acqua)ma credendosi guarentire dal furiosopopolola domenica fece cavaliere Antonio di Baldinaccio il qualenon si volea fare di sua mano; ma i priorich'erano rinchiusi inpalagiovollono si facesse a onore del popolo di Firenze; poi lasciòlui e gli altri cui avea presie puose in sul palagio bandiere delpopoloma però non cessò l'asedio e furia del popolo.La domenica di notte giunse il soccorso di SanesiCCC cavalieri eCCCC balestieri molto bella gentee co·lloro sei grandi epopolani cittadini di Siena per ambasciadori. I Saminiatesi mandatoal servigio del nostro Comune IIm pedoni armatie' Pratesi D. Evenne di presente il conte Simone da Battifollee Guido suo nipotecon CCCC fanti. E di nostri contadini armati il seguente dìvennero in grandissima quantità al Comune e a' singularicittadinionde tutta la città fu piena d'innumerabile gente.I Pisani mandavano alla richiesta di loro amicicome toccammoadietrosanza assento del ComuneD cavalierii quali venneroinfino al borgo della Lastra di là da Settimo. Sentendosi inFirenzese n'ebbe grande gelosia e grande mormorio contro a que'grandi a·ccui richiesta venivano; e per lo Comune e per lorofu contramandato che non venissonoe così feciono; matornandosi adietroda quelli di Montelupo e di Capraia e d'Empoli edi Puntormo furono assalitie tra morti e presi più di centopure de' migliori; e perderono più di CC cavalliche furonoloro tra morti e rubati.

Arezzo sentito come il duca eraassediato da' cittadini di Firenzeincontanente si rubellarono allagente e uficiali del duca per li Guelfi. E il castello dentro fattoper li Fiorentini rendé Guelfo di meser Bindo Bondelmonti. ECastiglione Aretino rendé Andrea e Iacopo Laino de' Pulciche·nn'erano castellania' Tarlati. Pistoia si rubellòe ridussonsi a·lloro libertà e a popolo guelfiedisfeciono il castello fatto per li Fiorentini e ripresonoSerravalle. E rubellossi Santa Maria a Monte e Montetopoli tenendosiper loro; rubellossi Volterrae tornò alla signoria di meserAttaviano de' Belfortiche prima la signoreggiava; e Collee SanGimignano dalla signoria del ducae disfeciono le castellaerimasono i·lloro libertà. Tale fu la rovina dellasignoria del duca in Firenze e d'intorno. In pochi giorni venuti inFirenze i Sanesi e·ll'altra amistàil vescovo concerti buoni cittadini grandi e popolani feciono richiedere a boccatutta buona gentee sonare la campana della podestàebandire parlamento per riformare lo stato e signoria della città.E congregati tutti in Santa Reparata in arme il lunedìapressodi grande accordo elessono l'infrascritti XIIII cittadiniVII grandi e VII popolani con piena balìa di riformare laterra e fare uficiali e leggi e statutiper tempo fino a calen diottobre vegnente; ciò furono del sesto d'Oltrarno messerRidolfo di Bardimesser Pino de' Rossie Sandro di Cenni Biliotti;di San Piero Scheraggio messer Giannozzo Cavalcantimesser SimonePeruzziFilippo Magalotti; per Borgo meser Giovanni GianfigliazziBindo Altoviti; per San Brancazio messer Testa TornaquinciMarcodegli Strozzi; per porta del Duomo messer Bindo della TosamesserFrancesco de' Medici; di porta San Piero mesere Talano degli Adimarimesser Bartolo de' Ricci. I detti XIIII elessono per podestàil conte Simonee ragunavansi nel vescovado. Ma il detto contecomesaviorinuziò e non voll'essere giustiziere de' Fiorentini; eperò chiamato meser Giovanni marchese da Valianoe infino chepenasse a venire elessono luogotenente di podestàl'infrascritti VI cittadiniuno per sestoIII grandi e IIIpopolani; messer Berto di meser Stoldo FrescobaldiNepo delli Spinimeser Francesco BrunelleschiTaddeo dell'AntellaPaolo BordoniAntonio degli Albizi; e stavano nel palagio del podestà con CCfanti pratesitegnendo ragione sommaria di ruberie e forze e disimilisanz'altro uficio. In questa stanza non cessava l'assedio delducadi dì e di notte combattendo il palagioe di cercare disuoi uficiali. Fu preso uno notaio del conservadore per li Altovitistato crudele e reofu tutto tagliato a bocconi. E apresso futrovato meser Simone da Norcia stato uficiale sopra le ragioni delComuneil quale molti cittadini cui a diritto e cui a torto aveatormentati crudelmente e condannatiper simile modo a pezzi tuttotagliato. E uno notaio napoletanoch'era stato capitano di sergentia piè del ducareo e fellone tutto fu abocconato dal popolo.E ser Arrigo Feich'era sopra le gabellefuggendosi da' Servivestito come frateconosciuto da San Gallo fu mortoe poi da'fanciulli tranato ignudo per tutta la cittàe poi in sullapiazza de' priori impeso per li piedie sparato e sbarrato comeporco: tal fine ebbe della sua isforzata industria di trovare nuovegabellee·lli altri di su detti della loro crudeltà. Isignori XIIII col vescovoe 'l conte Simone e·lliambasciadori di Siena al continuo erano in trattato col duca pertrarlo di palagioe sovente a vicenda a parte a parte di loroentravano e uscivano di palagiobenché poco piacesse alpopolo. Alla fine nulla concordia asentiva il popolose non avessonodal duca il conservadoree 'l figliuoloe meser Cerritieri perfarne giustizia. Il duca in nulla guisa l'asentivama i Borgognonich'erano assediati in palagio s'allegarono insiemee dissono al ducache inanzi che volessono morire di fame e a tormentodarebbono presolui al popolonon che i detti tree ordinato l'avienoe il podereavieno di farlotanti eranoe sì erano forti. Il ducaveggendosi a tal partito acconsentì; e venerdìa dìprimo d'agostoin sull'ora della cena i Borgognoni presono meserGuiglielmo d'Ascesidetto conservadore delle tirannie del ducae unsuo figliuolo d'età di XVIII annidi poco fatto cavaliere perlo ducama bene era reo e fellone a tormentare i cittadiniepinsollo fuori dell'antiporto del palagio in mano dell'arrabbiatopopoloe di parenti e amici cui il padre avea giustiziatiAltovitiMediciOricellaie quelli di Bettone principalie piùaltrii qualiin presenza del padre per più suo doloreilsuo figliuolo pinto fuori inanzi il tagliarono e smembrarono a minutipezzi; e·cciò fatto pinsono fuori il conservadore efeciono il somigliantee chi·nne portava un pezzo in sullalancia e·cchi in sulla spada per tutta la città; edebbevi de' sì crudelie con furia bestiale e tanto animosache mangiaro delle loro carni cruda e cotta. Cotale fu la fine deltraditore e persecutore del popolo di Firenze. E nota che·cchiè crudele crudelmente dee moriredixit Domino. E fattala detta furiosa vendetta molto s'aquetò e contentò larabbia del popolo; e·ffu però scampo di meserCerritieriche dovea esere il terzo; ma saziati i loro aversarino·llo domandaro; e fuggendosi la sera fu nascosto e poitraviato da certi di Bardie altri suoi amici e parenti. E per ladetta furiosa vendetta fatta sopra il conservadore e 'l figliuoloch'avea giudicati Naddo di Cenni e Guiglielmo Altoviti e gli altripoco apresso si feciono cavalieri due delli Oricellai e poi due delliAltoviti; la qual cosa poco fu loro lodata da' cittadini. Ma torniamoa nostra matera de' fatti del ducache·lla domenica apressodì III d'agostoil duca s'arrendé e diede il palagioal vescovo e a' XIIII e a' Sanesi e conte Simonesalve le persone dilui e di sue genti. La qual sua gente n'uscirono con gran pauraacompagnati da' Sanesi e da più buoni cittadini. E il ducarinuziò con saramento ogni signoria e giuridizione e ragionech'avesse aquistata sopra la città contado e distretto diFirenzedimettendo e perdonando ogni ingiuria; e a cautelapromettendo di retificare ciòquando fosse fuori del contadodi Firenze. E per paura della furia del popolocon sua privatafamiglia rimase in palagio alla guardia de' detti signori infinomercoledì notte di VI d'agosto; e raquetato il popoloin sulmattutino uscì di palagio acompagnato dalla gente de' Sanesi edel conte Simonee di più nobili e popolani e possenticittadini ordinati per lo Comune. E uscì per la porta di SanNiccolò e passò Arno al ponte a Rignano salendo aValembrosa e a Poppi; e·llà fatta la ritificagionepromessapassò per Romagna a Bolognae dal signore diBologna fu bene ricevutoe donatogli danari e cavalli; e poi sen'andò a Ferrara e a Vinegia. E·llà fatte armareII galeesanza prendere congio di più di sua gente che glierano iti dietrolasciandogli mal contenti di loro gaggiprivatamente di notte si partì di Vinegiae·nn'andòin Puglia. Cotale fu la fine della signoria del duca d'Atenech'aveacon inganno e tradimento usurpata sopra in Comune e popolo diFirenzee il suo tirannico reggimento mentre la signoreggiòe com'elli tradì il Comunecosì da' cittadini futradito. Il quale n'andò con molta sua onta e vergognama conmolti danari tratti da·nnoi Fiorentinidetti orbi einn-antico volgare e proverbio per li nostri difetti e discordieelasciandoci di male sequele. E partito il duca di Firenzela cittàs'aquetò e disarmarsi i cittadinie disfecionsi i serragliepartirsi i forestieri e' contadinie apersonsi le bottegheeciascuno attese a·ssuo mestiere e arte. E detti XIIIIcassarono ogni ordine e dicreto che 'l duca avea fattosalvo checonfermarono le paci tra' cittadini fatte per lui. E nota che come ildetto duca occupò con frode e tradigione la libertàdella republica di Firenze il dì di nostra Donna di settembrenon guardando sua reverenzaquasi per vendetta divina cosìpermisse Iddio che i franchi cittadini con armata mano laraquistassono il dì di sua madre madonna santa AnnadìXXVI di luglio MCCCXLIII; per la qual grazia s'ordinò per loComune che·lla festa di santa Anna si guardasse come pasquasempre in Firenzee si celebrasse solenne uficio e grande oferta perlo Comune e per tutte l'arti di Firenze.



XVIII - Come la città diFirenze si recò a quartieri e si raccomunarono gli ufici co'grandima poco durò

Riposato alquanto la cittàdi Firenze del furore della cacciata del ducai signori XIIII colvescovo tennero più consigli co' cittadini di riformare laterra dell'uficio di priori e collegio di XII e gonfalonieri e deglialtri ufici. A' grandi parea loro ragionevolesiccom'erano statiprincipali a ricoverare la libertà del Comuned'avere partedegli ufici del priorato e di tutti gli altri; e certi popolanigrassi ch'erano usi di regnare vi si accordavano per tornareinn-istato collo apoggio di grandico' quali aveano molti parentadi.Gli altri artefici e popolo minuto erano contenti di dare parte lorod'ogni uficiosalvo del priorato e di dodici e gonfalonieri dellecompagnie del popoloe a questi s'acordavano per pace del popolo piùal convenevole. Ma pure si vinse per lo vescovoper l'oficio de'XIIII e col consiglio di Sanesi che' grandi avessono parte di tuttigli ufici per più unità di Comune. E con ciò siacosa che quelli del sesto d'Oltrarno e di San Piero Scheraggio parealoroche non fosse giusto d'avere uno priore per sestoed ellinopiù grandi che gli altri quattroe portavano delle gravezzedel Comune più che·lla metàcioè ilsesto d'Oltrarno della 'mposta di Cm fiorini d'oro XXVIIIm e SanPiero Scheraggio XXIIIme Borgo XIIme San Brancazio XIIIm; e portadel Duomo XIme porta San Piero XIIIm; sì·ssiacordarono di recare la terra a quartieri in questo modo; Oltrarno ilprimoe chiamossi il quartiere di Santo Spirito colla 'nsegna inarmeil campo azurroe una colomba bianca co' razzi d'oro in becco.Il secondo quartiere fu tutto il sesto di San Piero Scheraggiotogliendo più che 'l terzo di porta San Pierocominciandosiin Calimala fiorentina al chiasso di Rimaldelli con tutto Orto SanMichelee giù per la via di Sa·Martinoe della Badiae di San Brocolorimanendo le dette chiese e più che mezzi ipopoli loro nel detto quartiere; e·ffu al diritto per la viadi San Brocolo per la Città Rossa infino di costa alla portaGuelfa e mura nuovetogliendo del popolo di San Piero Maggiore e diSanto Ambruogio infino a mezza alla via Ghibellinae piùquello ch'era di là dalla via Ghibellina del detto popolo; equesto si chiamò il quartiere di Santa Crocecoll'arme ilcampo azurro e·lla croce ad oro. Il terzo quartiere fu tuttoil sesto di Borgo e quello di San Brancazioe chiamarlo il quartieredi Santa Maria Novellacoll'arme il campo azurro e uno sole conrazzi d'oro. Il quarto quartiere fu tutta porta del Duomo colrimanente di porta San Pieroe chiamarlo il quartiere di SanGiovannicoll'arme il campo azurro e colla cappella di San Giovanniad orocon due chiavi dal lato al Duomo per contentare in partequelli di porte San Pieroche solo di cinque sesti era partitoquello per lo modo ch'è detto; che in prima erano i confini diporte San Piero cominciando alla casa dell'arte della lana e tuttoOrto San Micheledividendo la via che viene da casa i CerchiBianchivolgendosi nel Garbo al chiasso che parte le case de'Sacchetti alle case della Badia e mezzo il palagio del podestàe tutta quasi quella via dall'uno lato e dall'altro infino alla viadelle Tavernee poi mezza la via Ghibellinae poi passava quella alcrocicchio di sopra infino al Tempioe tutta quasi l'isola dentroalle mura e del popolo di Santo Ambruogioed era del sesto di portaSan Piero. Partita la terra a quartierisì s'ordinòper lo vescovo e per li XIIII lo squittino per fare i prioriedelessono XVII popolani e VIII grandi per quartieree co·lloroi detti XIIII e 'l vescovosicché in tutto furono CXV; e perlo consiglio de' Sanesi e del conte Simoneper recare la cittàpiù a comunesì ordinaro d'eleggere XII priori peruficioIII per quartiereuno di grandi e II di popoloe VIIIconsiglieri a diliberare le gravi cose co' prioriin luogo di XIIcome solieno eserecioè IIII grandi IIII popolaniII perquartieree tutti gli altri ufici fossero per metà co'grandi. Compiuto il detto squittino di grande acordofu messa unavoce per la terrache de' priori dovea esere meser Manno Donati e disimili caporali di case troppo possentionde il popolo si turbòfortee·ffu quasi in arme per contradiare infino che nonfurono tratti e palesati i nuovi priori; ciò fu dì IIall'uscita d'agostodovendo stare infino a Ognisanti. I nomi de'quali furono questi: nel quartiere di Santo Spirito Zanobi di meserLapo di Mannelli di grandiSandro da QuarataNiccolò diCione Ridolfi popolani; nel quartiere di Santa Croce meser Razzantedi Foraboschi di grandiBorghino TaddeiNastagio Tolosini popolani;nel quartiere di Santa Maria Novella Ugo di Lapo delli Spini digrandimeser Marco di Marchi giudiceAntonio d'Orso popolani; nelquartiere di San Giovanni meser Francesco Trita delli Adimari digrandie Billincione degli Albizi e Neri di Lippo popolani. E gliotto consiglieri de' prioriII per quartierefurono questi: Bartolodi meser Ridolfo de' BardiAdoardo BelfredelliDomenico di meserCiampolo Cavalcantimeser Francesco Salvi giudiceNepo delli Spiniser Piero di ser Feo da SignaBeltramo de' Pazzie Piero Rigaletti.Veggendo il popolo ch'erano convenevoli e pacifichi grandie non ditiranni gli elettis'aquetaronoma però malcontenti di sìfatto mischiatocome poco apresso si mostrò. E messi i dettipriori in palagioi XIIII si tornarono a·ccasa lororiserbandosi la loro balìae ragunandosi alcuno dìdella settimana in vescovado col vescovo a ordinare l'altre bisognedel Comune.



XIX - Come il popolo trassono igrandi dell'uficio del prioratoe riformaro la terra

Ma il nimico dell'umanagenerazione e d'ogni concordia seminò la sua superbia einvidia nell'animo di certi malvagi grandi e popolani. Primaveggendosi certi rei de' grandi il favore della signoriae nonessendo rifermi gli ordini della giustizia; e bene avieno ordinato iXIIII che·ssi facesse uno libro di malabbiatiove siscrivessono i mafattori de' grandie quelli fossero punitima perònon si raffrenavano i malvagi grandima cominciaro a·ffaredelle forze e micidi in città e in contadoe di false accusecontra i popolanionde i popolani si tenieno mal contenti della loroconsorteria delli uficie cominciaro forte a dubitare di maggiorepericolosentendo che colle borse dello squittino avea di maggioricaporali grandi di Firenze. Onde il popolo si commosse contro a'grandie collo aiuto e favore di meser Giovanni della Tosae dimesere Antonio degli Adimarie di meser Geri de' Pazzi cavalieri delpopoloa' quali dispiacea i modi di tali di loro consorti e deglialtri grandi contro al popoloe non parea loro stato fermo. Bene ciebbe anche colpa la 'nvidia di certi popolaniche non volieno negliufici volentieri la compagnia di loro maggiorie per essere piùsignori e fare del Comune a·lloro guisa; onde segretamentetrattato co' detti cavalieri e con certi caporali di popoloe colvescovoe con certi de' priori medesimich'erano all'uficio epopolanidi recare il secondo uficio di priori ch'uscisse pure agliotto popolanidue per quartieree uno gonfaloniere di giustiziaenullo de' grandi per lo meglio del Comune e del popolorimanendo acomune co' grandi gli altri ufici; ed era ben fatto per aquetare ilpopolo. Il vescovo credendo ben farese ne scoperse a' compagni suoiXIIIIch'eranocome detto èVII grandi pure di maggioridicendo ch'era il meglio di farlo d'amore e d'accordo co' grandionde ne tenne co' detti suoi compagni e con altri grandi piùconsigli in Santa Felicita Oltrarnoov'erano capo i Bardi e' Rossie' Frescobaldi e di più altre case di grandi di Firenzepregandoli che·cciò asentissono; i quali nulla nevollono udireparlando di grosso e con minacce: "Noi vedremochi·cci torrà la parte nostra della signoriae·ccivorrà cacciare di Firenzeche·lla francammo dal duca".E di ciò erano più principali i Bardichiamando ilvescovo traditorech'avea tradito prima il Comune e popoloe datala signoria al ducae poi tradito e cacciato lui"e ora vuoglitradire noi"; e cominciarsi a fornire d'armi e di gentee amandare per amici di fuori. Sentendosi questo per la cittàtutta fu in gelosia e sotto l'armecol consiglio e ordine disopradetti III cavalieri del popoloche·nn'erano capo; sìvennero molti popolani armati sulla piazza de' priori gridando: "Vivail popoloe muoiano i grandi traditori!"; gridando a' prioripopolani ch'erano in palagio: "Gittatene dalle finestre i priorivostri compagni de' grandio·nnoi v'arderemo in palagioco·lloro insieme"; e recarono la stipae misono il fuocoall'antiporto del palagio. I priori popolani scusavano i lorocompagni di grandidicendo ch'erano diritti e·lleali e beneinn-accordocon tutto che i più di loro il dicevano alla'nfintaed era stato loro operazione. Alla fine crescendo la forza efurore del popoloconvenne che' detti priori de' grandi rinuziassonoall'uficioe per grazia uscissono di presente di palagio sottosicurtà del popoloe con grande paura acompagnati a casaloro; e·cciò fu lunedì a dì XXII disettembre MCCCXLIII. E nota che in così piccolo tempo la cittànostra ebbe tante novità e varie rivoluzionicome avemo fattomenzionee faremo nel seguente e terzo capitolo. E bene difinìil grande filosofo maestro Michele Scotto quando fu domandatoanticamente della disposizione di Firenzeche·ssi confa allapresente matera; disse in brieve motto in latino: "Non diustabit stolida Florenzia florum; decidet in fetidumdisimulandovivet". Ciò è in volgare: "Non lungo tempo lasciocca Firenze fiorirà; cadrà in luogo bruttoedisimulando vive". Ben disse questa profezia alquanto dinanzi lasconfitta di Monte Aperti; ma poi pure asseguito ciò si vedemanifesto per nostri processi. E 'l nostro poeta Dante Allighieriscramando contra al vizio della incostanza de' Fiorentini nella suaCommediacapitolo VI Purgatorodisse intra·ll'altre parole:

Attena e·lLacedemoniachefenno

L'antiche leggi e furon sìcivili

Feciono al viver bene un piccolcenno

Verso di teche·ffaitanto sottili

Provedimentich'a mezzo novembre

Non giugne quel che·ttud'ottobre fili.

E bene fu profezia e verasentenzia in questo nostro fortuito casoe in quelli che seguirannoapressoper le nostre disimulazioni. Partiti i quattro priori dipalagio di grandie disfatto l'uficio delli otto loro consiglierimischiato co' grandicol consiglio delle capitudini delle XXI artii priori popolari ch'erano rimasi all'uficio elessono i XIIconsiglieri de' prioritutti popolanied elessono gonfalonieridelle compagnie del popolo; e de' XVIIII ch'erano prima che 'l ducaregnasse gli recarono a XVIquattro per quartiere; e fecionogonfaloniere di giustizia Sandro da Quaratach'era de' priori; efeciono il consiglio del popolo LXXV per quartiere. Cosìfortunando e disimulando si rifermò la città allasignoria del popolo.



XX - Di quello medesimoe d'altrenovità che·nne seguirono

Tegnendosi i grandi forte gravatidella villana disposizione di loro priorie volentieri a·lloropodere n'avrebbono fatta vendettae minacciavano al continuoed'altra parte temieno della forza e furia dell'arrabbiato e commossopopolosì·ssi guernirono d'arme e di cavalliemandarono per gente e·lloro amistà. Il popolo nonraquetatorifeciono i serragli per la città più grandie più forti che quando fu cacciato il ducafaccendo grandeguardia di dì e di notte e stando sotto l'armetemendo che igrandi non facessono novitàe rimandaro pe' Sanesi e peraltra amistà. In questo bollore di città si levòuno folle e matto cavaliere popolanomessere Andrea delli Strozzicontro a volere de' suoi consortimontò a cavallo covertoarmatoragunando rubaldi e scardassieri e simile gente volonterosidi rubarein grande numero di parecchie migliaiapromettendo lorodi farli tutti ricchie dare loro dovizia di granoe farli signorimenandoglisi dietro per la terrail martedì apressodìXXIII di settembregridando: "Viva il popolo minutoe muoianole gabelle e 'l popolo grasso!"; e così ne vennono sanzacontasto in sulla piazza de' priori per assalire il palagiodicendodi volervi mettere e fare signore del popolo messere Andrea. Efattigli ammunire da' priori e da' consorti di meser Andrea e altribuoni popolanie comandare al detto commosso popolo e a meser Andreache·ssi si partissononon ebbe luogo infino che dal palagionon si cominciò a gittare e pietre e saettare verrettoniondealcuno ne fu morto e molto fediti. Allora lo scomunato e disarmatopopolazzo col loro pazzo caporale si partiroe vennero al palagiodella podestà per prenderloma per simile modo saettandosi dipalagio per la gente del marchese da Valiano podestàe colloaiuto di buoni popolani vicinigli mandarono viae cominciarsi asciarraree·cchi andare in una parte e·cchi inun'altra lo scomunato popolo; e mesere Andrea bestiatornato a casafu preso da' consorti suoi e vicinie mandato a suo contrario fuoridella cittàe·ffu poi condannato nell'avere e nellapersona siccome ribelloe somovitore di romore e di congiura controalla republica e pacifico stato di Firenze. Di questa commovizionedel popolo minuto i grandich'avieno mal volere contro al popolofurono molti allegricredendo si dovidessono insieme il popolo; epresono speranza d'acostarsi insieme col popolo minutogridando a'loro ridotti e serragli in simile voce: "Viva il popolo minutoe muoia il popolo grasso e·lle gabelle!"afforzandosi alcontinuo e aspettando gente i·lloro aiuto. E sentendo i grandiche' Sanesi venieno a richiesta e servigio del Comune e popolomandarono alcuno di loro per ambasciadoremeser GiovanniGianfigliazzi e altriinfino a San Cascianopregando che nonvenissono in Firenzee che·lla loro venuta poteva generarescandalo tra' cittadini. E credendolo i Sanesis'arestarono piùd'uno dì. Questo si disse che i grandi feciono per paura diloroma i più dissono il facieno acciò che il lorosoccorso giugnesse prima che·lla venuta de' Sanesi perassalire il popolo; ma a buona opinione noi crediamo che ilguernimento che facieno i grandi era più per paura di loro cheper assalire il popolo; con tutto ci fosse la loro mala voglianonci era il poderese·ggià il popolo minuto non gliavesse seguitionde pure avieno alcuna vana speranza. Ma i prioriciò sentendo di Sanesivi mandarono per lo Comuneambasciadori popolani con letterepure che venissonoche n'avienogran bisogno per sicurtà e aiuto del Comune e del popoloperla scomovizione della città per li malvagi cittadini che·llavoleano guastare. I quali Sanesi vennero incontanente molto bellagente a·ccavallo e a pièaltrettanti e più chequando il duca fu cacciato; e i Perugini ci mandarono CL cavalieried'ogni parte venia gente d'armechi in servigio del popolo e chi inservigio di grandionde la città era tutta inn-armee conmolti forestieri e contadinie tutta iscommossa in gelosia e paurail popolo di grandie' grandi del popolo. Ma il Comune e popolo sitrovò più possentech'avieno i palagi e·llecampane e·lla dominazione delle porte della cittàsalvo di quella di San Giorgio tenieno i Bardi. E avea il Comune daCCC soldati a cavallo sanza l'amistadisicché la forza digrandi nonn-era a comparazione con quella del popolose nuovosoccorso non venisse da Pisa o di Lombardia a' grandionde per lopopolo s'avea grande gelosia; e chi avea cose care o mercatantie lefuggia in chiese e in luoghi di riligiosi sicuri. Tal era ladisposizione della nostra infortunata città.



XXI - Come il popolo di Firenzeassaliro e combattero i grandi e rubarono i Bardi e missono fuoco incasa loro

Stando tutta la cittàinn-arme e gelosiai grandi del popolo e 'l popolo de' grandicom'èdettodicendosi molte e varie novelle per la terrae come i grandiarebbono grande aiuto da' conti e Ubaldini e Pisani e d'altri tirannidi Lombardia e di Romagnae che dovieno afforzarsi Oltrarnoch'avieno la signoria di tutti i pontie di qua fare cominciarel'assalto giovedì a dì XXV di settembre; i popolani delquartiere di San Giovannionde si feciono capo i Medici e'Rondinelli e meser Ugo della Stufa giudicee' popolani di borgoSa·Lorenzo co' beccari e altri arteficisanza ordine diComunein quantità di mille uomini sanz'altra compagnia oforza di gente al cominciamentomercoledì dopo desinaredìXXIIII di settembreper non aspettare il giovedì vegnenteche·ssi dicea che' grandi doveano fare l'assalto e correre laterracon tre di loro gonfaloni delle compagnie del loro quartieretutti armati a barbute e corazze a pièe molte balestraasalirono da più parti quelli del lato degli Adimari chiamatii Cavicciulii quali con grandi serragli e guernimento di torri e dipalagi e loro case dal crocicchio del Corso dalla loggia loro allapiazza di San Giovanni s'erano aforzati con molta gente d'arme. Ecominciato per lo popolo l'asalto e battaglia manesca a' serraglisaettando e gittando pietre l'una parte all'altracrescendo alcontinovo la forza del popolo; i Cavicciuli veggendo non poteanoresisteree aiuto di fuori d'altri grandi non avieno néattendeanopatteggiati s'arrenderono al popolosalve le personee·lloro cosee disfeciono i loro serraglie puosonsi in su'loro palagi le bandiere del popolo. E·cchi di loro andòinn-uno luogo e chi inn-altro a casa di loro amici e parentipopolanisanza danno niunose non di fediti dall'una parte edall'altra. Vintosi per lo detto popolo la detta prima punga e asaltosopra i Cavicciulich'erano i più virili e arditi e possentigrandi di Firenzepresono i popolani molto ardire e vigoree alcontinovo crescendo loro la massa del popolo e aiuto d'alquanti disoldati del Comune ch'erano in Firenzecorsono a casa i Donati e poia casa i Cavalcanti. Ellino sentendo come i Cavicciuli s'eranoarrenduti al popolonon feciono nulla risistenzama per simile modos'arrenderono al popolo. In sommain poca d'ora tutte le case digrandi di qua da Arno feciono il somigliantee disarmarsi edisfeciono loro guernigioni e serragli. Le case de' grandid'OltrarnoBardie Rossie Frescobaldie Mannellie Nerlis'erano aforzati moltoe prese le bocche de' ponti. Il dettocommosso popolo volendo passare Oltrarno per lo detto ponte Vecchioch'ancora era di legnamenon ebbe luogoperò che·llaforza di Bardi e di Rossi era sì grande e di sì fortiserraglie armata la torre della parte e 'l palagio de' figliuoli dimeser Vieri de' Bardi e·lle case di Mannelli di capo del ponteVecchioche 'l popolo non vi potea accedere né passare. Macombattendo però francamente il serragliomolti ve n'ebbefediti di sassi e di verrettoni di balestri. Veggendo il popolo cheda quella parte non poteano passaree dal ponte Rubaconte peggioper la fortezza de' palagi de' Bardi da San Ghirigorosìpresono partito di lasciare alla guardia del ponte Vecchio parte de'gonfaloni del quartiere di Santa Croce e di quelli di borgo di SantoApostoloe parte rimasono alla guardia del ponte Rubaconte di qua.L'altro popolo molto cresciuto co' soldati a cavallo si misono adandare dal ponte alla Carraiail quale guardavano i Nerli; ma·llaforza di popolani di borgo San Friano e della Cuculia e del Fondacciofu sì grandeche inanzi che passasse il popolo di qua da Arnopresono il capo del ponte e·lle case de' Nerlie loro necacciaro; e preso per li popolani d'Oltrarno il ponte alla Carraiail vittorioso popolo di qua passaro al detto ponte incontanenteeacozzatosi co' popolani d'Oltrarnoe furiosamente assaliro iFrescobaldii quali prima assaliti e combattuti a' loro serragli daquelli di via Maggio e circustanti popolanima però nonvinti; ma veggendosi venire adosso la furia del detto popolo di quada Arnoebbono gran paurae abandonarono la piazza lorolasciandoogni fortezza e guernigionebalestrapavesisaettamentofuggendosi in casae faccendo croce colle bracciachieggendo mercéal popoloil quale gli ricevette sanza fare loro alcuno male. E·cciòfattocorsono alla piazza a ponte sopra i Rossii quali saputo comei Frescobaldi s'erano arenduti al popoloe tutte le case di grandidi qua da Arnosanza alcuna risistenza s'arrenderono al popolo. Que'di casa Bardi veggendosi abandonati da' Rossi e Frescobaldi ebbonogran paurama pure francamente si misono alla difesa de' loroserragli combattendogittandosaettandodov'ebbe di morti alcuno edi fediti assaid'una parte e d'altraperò che' Bardi eranomolto forti e guerniti a cavallo e a pièe con moltimasnadierisicch'era invano al popolo di vincere il serraglio perforza; ma ordinaro que' del popolo che i tre di gonfaloni d'Oltrarnosalissono al poggio di San Giorgio per la via nuova dal pozzoToscanellie così feciono; e cominciaro loro la battaglia aldi dietro. I Bardi veggendosi sì aspramente asaliti da tantepartiisbigottirono fortee cominciaro abandonare parte di loro ilserraglio della piazza a pontech'era sotto la guardia della torredella parte guelfa e del palagio di figliuoli di meser Vieri de'Bardiper difendersi di dietro dal canneto e San Giorgio. Allora unoStrozza tedesco conestabole con sua masnada si misse dentro alserraglio della piazza al ponte a grande pericoloricevendo di moltisassi e quadrellae corse infino a Santa Maria sopr'Arnoe ilpopolo francamente dietro; e quelli del popolo ch'erano di qua allaguardia del ponte Vecchio allora ruppono il serraglio del capo delponte e valicarono di làe al tutto cogli altri popolanich'erano di làruppono la resistenzia e forza di Bardiiquali tutti si fuggirono nel borgo di San Niccolòraccomandandosi alla vicinanzaonde furono le loro personeguarentiti da quelli da Quarata e da quelli da Panzano e·ll'altravicinanza del gonfalone della Scalai quali per lo popolo avieno inprima alquantoper non esere corsi e rubatipresi i palagi di Bardida Santo Ghirigoro ella guardia del capo del ponte di làincontanente i popolanich'erano alla guardia del capo del ponteRubaconte di qua del quartiere di Santa Croce; e quello iscampòi Bardi da mortei quali per la loro buona vicinanza da San Niccolòritennero il furioso popolo con quella forza e per guardare la lorocontrada. Ma tutti i palagi e case di Bardi da Santa Lucia allapiazza a ponte furono rubate dal minuto popolo d'ogni sustanziamaserizie e arnesiquello dì e·ll'altroed eziandiodi loro vicini non possenti. E·ll'arabbiato popolorubate lecasemisono fuoco in casa loroe arsonvi XXII tra palagi e casegrandi e ricchee stimossi il loro danno tra di ruberie e d'arsioneil valere di più di LXm fiorini d'oro. Tale fu la fine dellarisistenza de' Bardi contro al popolo per la loro superbia emaggioranza e per lo sfrenato popolo. Ma·ffu grande maravigliae grazia di Dioche di tanta furia di popolo e di tanti assalti ebattaglie fatte in quella giornatacome avemo raccontatonon morìin Firenze nullo uomo di rinomeae d'altri pochima fediti assai.Per la ghiottornia della ruberia da casa i Bardiche infino allelastre de' tetti e ogni vili cosenon che le caretale fu ilgiudicio contro a' Bardiche infino alle femminelle e' fanciullinon che gli uomininon si potieno saziare né raffrenare dirubare. Il giovedì medesimo si levò una compagna dimalandrini in quantità di più di mille a pièesi ragunarono per combattere i Visdomini e rubarli sotto titolo didifetti di mesere Cerritieri loro consorte fatti intorno al duca; manon ci era a ciò giusta cagioneche de' difetti e falli dimeser Cerritieri i Visdomini erano stati crucciosi; ma non movea senon solo per potere rubaree non sarebbero rimasi a talema tuttala città corsa e rubatae grandi e popolani; ma·llavicinanza con molta altra buona gente armatae·lle signorie esoldati del Comune a cavallo e a piè corsono al soccorso eriparoe cessarono tanta rovina e pistolenza alla nostra cittàandando per la terra le signorie in più parti coll'aiuto dellagente di Sanesie Peruginie dell'altre amistadie degli altribuoni cittadini a cavallo e a piècon ceppi e mannaietagliando di fatto piedi e mani a' mafattori; e in questo modos'atutò la furia dello sfrenato popolo disposti a rubare e amal faree cominciarsi aprire i fondachi e botteghee ciascuno farei fatti suoi.



XXII - Come si fece nuovo squittinodi lezione di priori e de' XII e gonfalonieri per più tempoetutti popolani

Riposata la città diFirenze di tanta furia e pericoloe il popolo fatta sua pruovacontro a' grandie vinte le loro forze e risistenze in ogni parteil popolo montò in grande stato e baldanza e signoriaispezialmente i mediani e artefici minutich'al tutto il reggimentodella città rimase alle XXI capitudini dell'arti. E perriformare la terra di nuovi priori e gonfalonieri delle compagnieede' XII consiglieri di priorii priori e' dodici col consiglio delliambasciadori di Siena e di Perugia e del conte Simoneacciòche·lla lezione andasse più comunediedono l'ordinenello 'nfrascritto modoe di grande concordia s'aseguìecelebrarono in casa i priori nuovo squittino; ciò furono VIIIIi priorie XII consiglierie XVI gonfalonierie V dellamercatantiae LII uomini delle XXI capitudinie XXVIII arroti perquartierepopolani tutti arteficisicché in somma furonoCCVImettendo allo squittino ogni buono uomo popolaro degno d'essereall'uficioe vincendosichi rimanesse priore e gonfaloniere digiustiziae di dodici per CX fave nere il meno; e andato allosquittino IIImCCCCXLVI uominima non ve ne rimasono il decimoordinaro che fossono VIII prioriII per quartieree unogonfaloniere di giustiziaacoppiandoli insieme in questo modochedovessono esere per priorato popolani II grassiIII medianiIIIartefici minutie 'l gonfaloniere della giustizia per simile modouno d'ogni sorta dettatraendosi a vicenda a quartiere a quartierecome venissecominciando a Santo Spirito. E il detto squittino fucompiuto dì XX d'ottobre MCCCXLIII. L'ordine fu assai comune ebuonoquando non fosse poi corrotto. Ma trovossi poi per li tempiquando si traevano i prioriche degli artefici minuti v'aveva piùper la ratache non fu l'ordine dato; e·cciò adivenneche quando si fece lo squittino furono più forti nelle bocigli artefici delle XXI capitudini e·lli arroti popolaniminutiche·lle boci de' popolani grassi e de' mediani; e peròsi corruppe il buono ordine dato per li ambasciadori di Siena e perlo conte Simone.



XXIII - Come si riformaro gli ordinidella giustizia sopra i grandie·ssi ricorressono in alcunaparte; e più casati di grandi furono recati a essere popolani

Riformata la città diFirenze a signoria del popolocome detto avemovolendo il popolorifare gli ordini della giustizia contro a' grandii quali avevaanullati il duca e poi l'uficio de' XIIIIcome è dettoadietrogli ambasciadori di Siena e quelli di Perugia e 'l conteSimoneche a ogni nostra fortuna e pericolo ci avieno soccorsi edifesie col loro buono consiglio riformata la città asignoria del popoloper amore e grazia di loro Comuni e di loro epacifico stato di Comune e di popoloe contentamento in alcuna partedi grandi che volieno bene viveree dimandarono al popolo duepitizioni: l'unache i capitoli della giustizia dov'era la rigidezzae crudeltàche' buoni uomini grandi consorti di mafattoriportassono la pena di loro malificisi correggesse; l'altrachecerte schiatte di grandi meno possenti e non malificiosi si recassonoa popolo. Le quali petizioni furono asaudite in partecome diremoapressoe fermate per li consigli dì XXV d'ottobre MCCCXLIII.Prima dove diceva l'ordine della giustizia che dove il malfattore digrandi facesse micidio contra la persona d'alcuno popolareoltrealla sua penatutta la casa e schiatta pagasse al Comune libre IIImsi corresse che non toccassese non a' suoi propinquiinfino terzogrado per diritta linea; e dove mancasse il terzo gradotoccasse alquartocon patto dove e quando rendessono preso il malfattoreol'uccidesseroriavessono dal Comune le libre IIIm ch'avessonopagate. Tutti gli altri ordini della giustizia rimasono i·lloroprimo stato. Le schiatte de' nobili di città e di contado chefurono recate a popolo furono questi: i figliuoli di meser Bernardode' RossiIIII de' Mannellitutti i Nerli di borgo Sa·Iacopoe due di quelli dal ponte alla Carraiatutti i Manieritutti gliSpinitutti gli Scalitutti i Brunelleschie parte degli Aglitutti i Piglitutti li Allottitutti i Compibiesitutti gliAmierimeser Giovanni di Tosinghi e fratelli e nipotie Nepo dimeser...messere Antonio di Baldinaccio degli Adimari e fratelli enipotie alcuno altro loro consortotutti i Giandonati e Guidiealtre schiatte quasi spente. Di nobili di contadoil conte daCertaldo e' figliuoli e' nipotiil conte da Puntormo e' figliuoli e'nipoti; e con tutto ch'avessono nome di conti erano sìannullatich'erano al pari d'altri meno possenti gentili uomini;tutti quelli da Lucardoquelli da Cacchianoquelli da Monterinaldiquelli dalla Torricellaquelli da Sezzataquelli da MugnanoiBenzi da Feghinee da Lucolenaquelli da Colle di Valdarnoequelli da Monteluco della Gerardingae più altre schiatte dicontado anullati e divenuti lavoratori di terra. In somma furon Vc itratti di grandi e recati a esere popolariper fortificare il popoloe afiebolire e partire la potenza de' grandi coll'infrascritti pattie ordini. Ma certi altri grandionde non faremo menzioneches'erano messi nella detta petizioneche s'erano messi a morte perfrancare il popoloe francaroper invidia non furono accettati perlo 'ngrato popolo; e tali sono le più volte i meriti de'servigi si fanno a' popoliispezialmente a quello di Firenze. Ipatti e' salvi furono questi. Che i detti grandi e nobili recati abenificio d'essere di popolo non possino esere di prioridodici egonfalonieri delle compagnie del popoloo capitani di lega delcontado infra cinque anni; ogni altro uficio possano avere; e·ssealcuno de' detti infra X anni pensatamente facesse micidio otagliasse membroo desse fedita innorma in persona d'alcunopopolanoo facesse fareo ingiuriasse posessione di popolanodichiaritosi per lo consiglio del popolodee a perpetuo esererimesso tra' grandi. Ma nota che parecchie schiatte e case dipopolani erano più degne d'esere messe tra' grandiche·llamaggior parte di que' che per grandi rimasonose andasse pari labilancia della giustiziaper le loro ree opere e tirannie; e tutto èquesto per difetti del nostro male reggimento. Fermati i dettiordinie tratti del nuovo squittino i priorie' dodicie'gonfalonierich'entrarono in calen di novembre apressosi trovaronoi più artefici minutionde il popolo fu contentoe aquetossila città d'ogni sospetto e gelosia. E nota ancora e ricoglilettore che quasi in poco più d'uno anno la nostra cittàavute tante rivolturee mutati stati di reggimentociò sono;inanzi che fosse signore il duca d'Atene signoreggiavano i popolarigrassie guidarla sì malecome adietro avete intesoche perloro difetto venne alla tirannica signoria del duca; e cacciato ilduca tessono i grandi e' popolani insiemetutto fosse piccolo tempoe con uscita di gran fortuna. Ora siamo al reggimento quasi delliartefici e minuto popolo. Piaccia a·dDio che sia asaltazione esalute della nostra republicaonde mi fa temere per li nostripeccati e difettie perché i cittadini sono voti d'ogni amoree carità tra·lloroma pieni d'inganni e tradimentil'uno cittadino contro all'altro; ed è rimasa questa maladettaarte in Firenze in quelli che·nne sono rettoridi prometterebene e fare il contrariose non sono proveduti o di grandi prieghi od'onde aspettino utile; ondee non sanza cagionepermette Iddio ilsuo giudicio a' popoli; e questo basti a chi sente e intende.



XXIV - Alquante cose fatte in Firenzedi nuovo

Ne' detti tempi e mese disettembreper servigi ricevuti dal conte Simone da Battifolle e daGuido suo nipote figliuolo del conte Ugoil Comune gli ristituìle terre d'AmpinanaMoncione e Balbischio. E diliberossi il Comuned'Arezzo della signoria del Comune di Firenzedando al servigio delComune a' suoi bisogni C cavalieri di qui a IIII annirendendo alComune fiorini... in... anniche v'avea messi CCm di fiorini d'oro.Diedesi il castello di Pietrasanta al vescovo di Luniacciòche guerreggiasse i Pisani coll'aiuto di meser Luchino signore diMelano suo cognatocome assai tosto faremo più stesamenzione. Per la rivoltura del duca si perdé la signoriad'Arezzoe di Pistoiae Serravallee di Volterrae San Gimignanoe CollePietrasantaSanta Maria a Montee MontetopoliCastiglioneAretinoe più altre castellaper colpa i più dinostri rei e barattieri cittadini castellani di quelle. E cosìriescono i nostri mali aquistiquando il Comune è indivisione e male guidato. Ancora del detto mese s'apresono in Firenzepiù fuochi da Santo Apostolo e arsonvi XII casee una a SanGiorgioe una a San Piero Gattolinoe una nel Corso di Tintorieuna a San Piero Celoro con grande danno; e tutto questo è delgiudicio di Dio per li nostri peccati.



XXV - Come i Fiorentini rifeciono dinuovo pace co' Pisani

Riformato il nuovo stato delpopolo in Firenze per lo modo ch'avemo dettoper nonn-avere guerradi fuori per lo nostro variato statosi fece accordo co' Pisani perlo nostro Comune con poco nostro onoree guardando piùsecondo il tempocon questi patti: che Lucca rimanesse libera allasignoria di Pisanirimettendo in Lucca i loro uscitichi vi volessetornaree i loro beni rendere alle loro famigliee di dare alComune di Firenze di censo di Luccaper lo debitoobrigati iFiorentini per quella a meser Mastinofiorini Cm d'oro in XIIIIanniogn'anno la rata per la festa di san Giovanni; e rimanendo alComune di Firenze tutte le castella e terre di Lucca che si tenienofranchi i Fiorentini in Pisa di quello venisse per mare l'anno lavaluta di CCm di fiorini d'oro allo stimo della legatiache sono lavaluta del quarto piùe da indi in su pagare danari II perlibra; che sempre ab anticho erano i Fiorentini al tuttoliberi e franchie' Pisani in Firenze. Ma per questi nuovi pattisono i Pisani franchi in Firenze l'anno la valuta di fiorini XXXmd'oro di loro mercatantia che venisse da Vinegiae 'l soprapiùpagare danari due per libra. Tale fu la 'nfinta pace co' Pisanirimagnendo la mala volontà; fu piuvicata e bandita a dìXVI di novembre MCCCXLIII. E con tutto che il duca la facesse co'Pisani al suo reggimentocome detto è adietrofu in piùcasi più onorevole per lo nostro Comune che questa.



XXVI - Come mesere Luchino Viscontidi Milano si fece nimico di Pisani

Ma i Fiorentinicome toccammoadietrolasciarono a' Pisani una mala azionequando diedonoPietrasanta al vescovo di Luni di marchesi Malispiniil qual eracognato per la sirocchia moglie di meser Luchino Visconti signore diMilanoil quale indegnato contro a' Pisaniperché tenienoSerezzanoLavenzae Massa di marchesie altre loro castella inLunigianané per suoi prieghi no·ll'avieno voluterenderené a·llui data la 'mpromessa di molti danarigli restavano a date del gran servigio fatto della sua gente controal nostro Comunequando ci sconfissono a Luccae poi a sostenerel'assedioond'ebbono la città; per la quale ingratitudine diPisanie per la vergogna feciono a meser Giovanni Visconti statoloro capitanoquando uscì della nostra prigionecometoccammo adietroe perché avieno cacciati di Lucca ifigliuoli di Castruccio suoi amici e racomandati; e con copertoconforto de' Fiorentini col vescovo di Luni e colla serocchiamessere Luchino si fece nimico di Pisanie mise in prigione XIIstadichi ch'avea figliuoli di maggiori di Pisae mandò inaiuto al vescovo di Luni MCC di suoi cavaliericapitano il dettomeser Giovanni Viscontii quali con altri che mandò apressofeciono molta guerra a' Pisanifaccendo capo in Pietrasantacometosto faremo menzione. Lasceremo alquanto di fatti di Firenze e de'Pisanie diremo d'altre novità delli strani state in questitempi per seguitare il nostro stile.



XXVII - Di grandi tempeste che furonoin mare

Nel detto anno e mese dinovembreil dì di santa Caterinafu in mare una grandissimatempesta per lo vento a scilocco in ogni portoov'ebbe podereespezialmente in Napoli; che quante galee e legni avea in quel portotutti gli ruppe e gittò a·tterrae quasi tutte le casedella marina ov'erano i magazzini del vino greco e delle nocciuoleper lo crescimento del mare tutte allagòe molte ne rovinòe guastòe menò via le botti del greco e nocelleeogni mercatantia e masserizieonde si stimò il danno piùdi XLm once d'orodi fiorini V d'oro l'oncia; e questa fu segno digrande novità e mutazione che dovea avenire e avennero assaitostoin quello paese. E per simile modo avenne nel porto di Pera inRomania d'incontro a Gostantinopoli con grande danno di Genovesicuiera la terra. E in questo tempo essendo cominciata una grande zuffaalla città della Tana nel mare Maggiore in Romania tra'Viniziani e Saracini della terraavendo i Viniziani della dettazuffa soprastati i Turchie mortine alcunie fediti moltiondetutti quelli della terra si commossono a furiae rubarono e uccisonoquanti Viniziani e Genovesie Fiorentini alquantie altri Cristianiche nella terra si trovarono alla zuffachi non poté fuggirealle loro galee; e presono poi da LX mercatanti latiniche a·romorenon furono mortie tennolli in prigione da II annie poi per danarie ingegno si fuggiroe con grande pericolo scamparono. E stimossi ildanno delle mercatantie e spezierie rubate per li Turchi da CCCm difiorini d'oro a' Vinizianie da CCCLm a' Genovesi. E tali sono listimoli e pericoli di mercatanti per le loro peccata e follie; e perquesta cagione rincarò in questo nostro paese ogni spezieriasetae avere di levantecinquanta e più per centinaiosubitamentee tali il doppio.



XXVIII - D'alcune novità fatteper li Fiorentini che reggeano la città

Del mese di dicembre del dettoannoper alcuna gelosia messa in Firenze di grandi non verafuronofatti confinati V di casa i Bardie IIII di Frescobaldie II diRossie III di Donatie II di Pazzie uno di Cavicciulicon tuttoche·lla maggiore parte degli uomini de' detti casatiperlevare sospetto al popolo e fuggire la furiase n'andarono incontado a' loro poderi ad abitarelasciando la città. A dìII di marzo del detto anno fu ferma e piuvicata la lega e compagniatra 'l Comune di Firenze e quello di Perugia e di Siena e d'Arezzoper fortificare il loro statoe per abattere i Tarlati d'Arezzo eogni tirannello d'intorno. E in questi tempi i Fiorentinis'accordarono di nuovoe feciono ragione con meser Mastino dellaScalache·lli restavano a dare per la matta compera di Luccafiorini CVIIIm d'oroe asegnarli sopra la gabella del macello e aquella di contrattiogni mese IIm fiorini d'oroe tornarono inostri XXVII stadichi cari cittadini stati a Verona più di dueanni: bontà del duca d'Atenache non ne curavama lilasciava per abandonatie per la sua avarizia non gli dava danaioné·lle paghe promesse; che·ffu intra gli altrisuoi difetti questo uno di quelli che molto gravò e dispiacquea' cittadini. Mandòvisi poi XII stadichi a vicenda di IIIImesi in IIII mesi a soldi XL il dì per uno per loro speseefiorino uno per cavaliere.



XXIX - Ancora della guerra dallagente di meser Luchino Visconti co' Pisani

Nell'anno MCCCXLIIIIa dìV d'aprileavendo la gente di Pisani ch'erano in Versilia e inLunigiana fatto uno grande fosso con isteccati e bertesche dallamarina al castello di Rotaiae poi infino alla montagna al castellodi Montegioli ch'ellino tenienoacciò che·lla gente dimeser Luchino ch'erano in Lunigiana no·lli potessono correre eguerreggiare sopra il contado di Pisae quelle fortezze siguardavano di dì e di notte co·lloro gente assai grossaa cavallo e a piè; e quella notte la gente di meser Luchinoruppono la fortezza tra Rotaia e Montegiolie passaroevigorosamente assaliro la gente di Pisani; e dopo la grande battagliala gente de' Pisani furono sconfittie molti presi e mortionde iPisani molto isbigottiro. E poi a dì II di maggio menandomeser Benedetto Maccaioni di Gualandirubello di PisaCCC cavalieridi que' di meser Luchinoch'erano vernati in Maremmaco·lluia guerreggiare i Pisani e·lloro terre per accozzarli collagente grossa di meser Luchino che per la vittoria avuta a Rotaiavolieno passare il Serchioe venire di qua in su quello di Pisaessendo albergati a Santa Gondaprovedutamente e posta fatta furonosopresi da D cavalieri di Pisani e molti balestrierich'erano statial Ponte ad Era per attenderli; e rimasene tra presi e morti piùdi C a cavalloe tutti erano tra presi e mortise non che sifuggiro sopra le spiagge di San Miniatoe quivi coll'aiuto diSaminiatesi quelli che iscampati erano si ridussono a salvamento.Sentendo questa novella meser Giovanni Visconti capitano della gentedi meser Luchino si partì di Versilia con LXX bandierechefurono da MD a cavalloe passarono il Serchio al ponte a Morianoevennero per la Cerbaia e passato la Guisciana a Rosaiuoloe poiguadarono l'Arno e ricolsono la loro gente da Santa Gondaeacamparsi a Castello del Boscoe in sulla Cecina guerreggiando ilcontado di Pisa per più tempoe prendendo più loroterre e castella. La gente de' Pisanich'erano da M cavalieris'afforzaro al fosso Arnonico e al Ponte ad Era a guardare lafrontierasanza avisarsi co' nimici. E partiti da Castello delBoscoosteggiando per più campi la Valdera e·llaMaremma infino all'agostoe più vi sarebbono dimoratise nonfosse che per lo soperchio caldo e disagi vi si cominciò unacorruzioneonde assai ve ne malarono e morirono. E infra gli altricaporali ne morì meser Benedetto Maccaioni grande nimico diPisanie Arrigo di Castruccio che·ffu signore di Lucca. E perla mortalità e pestilenza si partì la detta osteque'ch'erano scampatie tornarsi in Versilia con grande loro dannaggiodi gente. Lasceremo alquanto di questa guerrae diremo d'altrenovità occorse in questi tempi.



XXX - Come quelli di Castello Francopresono Campogiallie uccisono certi de' Pazzi di Valdarno

Nel detto annoa dìXXVIIII d'aprilequelli di Castello Franco di Valdarno di sopra conaltri Valdarnesi e masnade d'Arezzo cavalcaro sopra' Pazzi diValdarnoe per tradimento ebbono una porta del castello diCampogialloch'era di Pazzie in quello entraticorsono ilcastello uccidendo uomini e femmine sanza nulla misericordiaeuccisonvi X della casa di Pazzi di migliori di loroe rubata laterra vi missono fuocoonde caro costò a' Pazzi la guerra eoltraggi fatti a quelli di Castello Franco e agli altri Valdarnesidel contado di Firenze per lo tempo passato.



XXXI - Come il re di Spagna ebbe perassedio la forte terra della Zizera in Granata

Nel cominciamento dell'annoMCCCXLIIIIa dì XXV di marzos'arrendé al re diSpagna la forte e grande città della Zizera in Granatach'eradi Saracinialla quale era stato ad assedio per più di IIIIanni per mare e per terra con grande spesa e affanno e mortalitàdi Cristiani; però che sovente erano asaliti dal re di Granatae sua gentee guerreggiati e per mare e per terra da' Saracini diMorocco e da quelli di Barberiache ogni anno vi venieno al soccorsopiù volte con grande navilio e gente innumerabile di Saraciniov'ebbe più battagliee per mare e per terraquando a dannodi Cristiani e quando di Saraciniche sarebbe lunga matera aracontare; però che' Saracini aveano porto in mare sotto ilforte castello di Giubeltaroil quale i Saracini aveano raquistatosopra i Cristiani per tradimentocome adietro facemmo in alcunaparte menzione. Ma tutto era in vano la 'mpresa e assedio del re diSpagnaperò che·lla città era fortissima dimura e torri e fossi con buono porto e fortee fornita di vittuagliaper buono tempoe di molta gente d'arme e arcieri e balestrierisaracinie·ll'aiuto di fuoricome detto avemoe se nonfosse l'aiuto del papa e della Chiesache con moneta di decima ed'altri susidi atava e fornia il re di Spagnaonde al soldo dellaChiesa mantenea al continovo in mare XX galee armate di Genovesisanza quelle di Catalani e Spagnuolie diede indulgenzia e perdonodi colpa e di pena a chi v'andasse o mandasse aiuto. Per la qual cosamolti conti e baroni e cavalieri di Franciae d'Alamagnaed'Inghilterrae di Linguadoco v'andarono alle loro spese alservigioistando all'oste chi IIII e chi VI mesi; e andòvi ilconte d'Analdo con C cavalierie così più altribaroniper la qual cosa si continuò l'assedio; e fu sìstretta la terra per mare e per terrache nullo vi potea entrare ouscire; e dentro v'avea più di XXXm uomini d'arme saracinisanza le femmine e fanciulli; sicché fallì loro lavettuaglia per lo lungo assedioe per fame s'arrendero salve lepersoneche se ne andaro tutti in Granata fra terra; onde fu unonobile aquisto al re di Spagna e a tutta Cristianità. Etrovòvisi dentro molto tesorocose e arnesi. Ed ha ora il redi Spagna e' Cristiani porto buono all'entrata del reame di Granatada potere guerreggiare e aquistare il paese. Lasceremo di fatti diSaracinie torneremo alle novità di Firenze occorse in questitempi.



XXXII - Di certe novità statein Firenze in questi tempi

Nel detto anno del mese di giugnoe di lugliosignoreggiandosi il reggimento di Firenze per lo popolominutocome più tempo dinanzi fu detto dovea avenirecioèper le capitudini di tutte l'articome dicemmo adietro nellariformagione della terracacciato il duca d'Atenesì·ssiricercò per certi uficialie fecesi inquisizione di tutti icittadinirettori e castellanistati per lo duca nella cittàd'Arezzo e nel castello fatto per i Fiorentini in quelloe diCastiglione Aretinoe della città di Pistoia e del castelloche v'era dentroe di Serravallee di più castella diValdarno e di Valdinievolee della città di Volterrae diColle di Valdelsa e di più altrii quali alla rivoluzione delduca e di sua signoriae certi de' dettirettori e castellanigliabandonaroquali per paura e chi per la forza de' terrazzanie taliper baratteriaavendone danari. Molti ne furono condannati perl'asegutore delli ordini della giustiziacommessogli per loreggimento detto del Comunee chi a diritto e chi a torto; ondeassai danari tornaro di condannagioni in Comune; e molto ne furonocondannati in personache non compatiro dinanzie più toccòa' grandi ch'a' popolani; però che 'l duca gli avea messi inquelle signorie.

Ancora nel detto tempo e mesefurono per lo detto popolo fatti uficiali a rimettere tra ribellicerti Ghibellini caporalie altri possenti stati rubelli prima; peròche per la cacciata del duca tutti i libri di rubelli e sbanditich'erano in camera furono arsisì che di quelli si fece nuovoligistro.

Ancora nel detto tempo fucondannato Corso di meser Amerigo di meser Corso Donati nell'avere enella persona per contumaceper certe lettere che furono trovateche mandava ed erano mandate a·llui da certi tiranni diLombardiacon cui tenea alcuno trattato contro al popolo di Firenzeo vero o non vero che fosseche no·llo aproviamoperòch'a·llui era impossibile fornire sì grande impresasanza maggiore séguito; ma non comparì dinanzi ascusarseneo per tema del popolo o de' suoi nimicio per nondiscoprire chi a·cciò tenea co·llui il trattato.Il quale Corso colla mogliech'erano in Forlìmoriro inpochi dì di maggio nel MCCCXLVIIdi cui fu gran dannoperòch'era valente donzelloe per venire in grande affare se fossevivuto.

E nel detto tempoa dìIII di lugliofu in Firenze disordinata tempesta di ventituoni ebaleni molto spaventevolie caddono dentro alla città VIfolgorima poco feciono dannoma maggiore paura alle genti.

E poi la notte di santo Iacopos'aprese fuoco nel popolo di San Brocoloe arse quasi una gran casa.E pochi dì apresso arse un'altra casa in Torcicoda a' confinidel detto popolo. E poi pochi dì apresso arse un'altra grancasa nel detto popolo di San Brocolonon però con troppodanno. E poi a dì VIII d'agosto la notte s'aprese il fuoco nelpopolo di San Martino presso ad Orto Sa·Michele in botteghe dilanaiuoliaccendendosi in alcuno panno riscaldato per l'untume esoperchio caldoonde arsono XVIII tra case e botteghe e fondachi dilanaiuoli con grandissimo danno d'arsione di panni e lane e altriarnesi e maseriziesanza il danno delle case; e·cciòne dimostrò la 'nfruenza del pianeto di Marti e del sole e diMercurio stati nel segno del Leoneatribuiti significatori in partealla nostra città di Firenzeo più tosto la malaguardia del fuoco per chi l'avea a guardare.



XXXIII - Come il conte Simone daBattifolle raquistò il castello di Fronzole colla forza diFiorentini

Nel detto annoessendo il conteSimone da Battifolle con suo sforzo istato più mesi all'asediodel castello di Fronzolech'è sopra Poppiil quale sentiache non era ben fornito di vittuagliail quale manteneano i Tarlatid'Arezzo e rubellato l'avieno al contee tenutolo più tempocontro a' detti contie aforzato di ricche e forti mura e tocca perlo vescovo stato d'Arezzo di Tarlatisicché impossibile erada poterlo mai averese non per difalta di vettuaglia. Sentendo idetti Tarlati come mancava a quelli d'entro la vettuagliafeciono eragunarono loro sforzo a Bibbiena per soccorrello coll'aiuto diPisani e di Ghibellini della Marca e del Ducato e di Romagnaefurono più di DC cavalieri e popolo grande a piè.Sentendolo i Fiorentinimandarono al soccorso del conte di lorocavalieri e·lle vicherie di pedoni e masnadieri di Valdisievee di Valdarno in grande numeroe' Sanesi gli mandarono in aiuto CCcavalierie' Perugini CLonde i Tarlati e' loro amici nons'ardirono di venire al soccorso per la potenza maggiore di loronimicie per lo disavantaggio del poggio; e così s'arendéFronzole al conte Simonesalve le personea dì XXIIIId'agosto del detto annoche·ffu un bello aquisto al conteperò ch'è de' più forti castelli e rocca diToscanae cova e soprasta a Poppial di sopra poco più d'unomiglio. Il conte avutane la vettoriane fece grandi grazie al Comunedi Firenze e Sanesi e Perugini per suoi ambasciadori; e poi elli inpersona vegnendo in Firenzericonoscendo d'averlo raquistato per loaiuto e forza del nostro Comunee mandocci la campana del dettocastello per segno e ricordanza.



XXXIV - Ancora di novità fattein Firenze per rettori di quella

Nel detto annoa dì XXXId'ottobresi fece per lo popolo minuto reggente il Comune una nuovariformagione e legge contro a' grandiche·ssi guardòadietroe misesi inn ordine di giustiziacioè che fossetenuto l'uno consorto per l'altro nonistante che tra·lloroavessono nimistào disimulassono d'averlaper levare ognivizio a' grandi contro a' popolani. Ancora feciono che ogni grandeche fosse di fuori in signoria o al soldo d'alcuno signoredovesseritornare infra certo tempoo sarebbe messo per ribello. Questofeciono per sospetto e gelosia presa di loroperò che dopo lacacciata del duca d'Atenee state le novità e asalti dalpopolo a' grandicome detto avemo adietromolti grandi e gentiliuomini per fuggire la furia del popolo e per prendere loro vantaggichi era ito al servigio di meser Mastino della Scalae chi di meserLuchino Viscontie chi del marchese da Ferrara e del signore diBolognae chi n'er'ito nel regno di Puglia; e tutti convennono chetornassono co·lloro sconcio e danno. E poi a dì XI didicembre feciono i magistrati del popolo un'aspra riformagione ecrudele contra il duca d'Ateneciò·ffu che chiunquel'uccidesse avesse dal Comune Xm fiorini d'orocittadino oforestieree tratto d'ogni bando ch'avesse con asegnamento e ordine.E feciollo per suo dispetto e onta dipignere nella torre del palagiodella podestà con messer Cerritieri de' Visdominie meserMeliadussoe il suo conservadoree meser Rinieri da San Gimignanostati suoi aguzzetti e consiglieria memoria e asempro perpetuo de'cittadini e forestieri che·lla dipintura vedesse. A cuipiacquema i più di savi la biasimaronoperò ch'èmemoria del difetto e vergogna del nostro Comuneche 'l facemmonostro signore. E·lla detta legge feciono perché ilduca d'Atene adoperava in Francia col re e con altri baroni quantopotea di male contro a' Fiorentinied erano in grande dubbio d'eseresopresi di rapresaglia d'infinita moneta che domandava per amenda alComune di Firenzese non che·ssi riparò allora col redi Francia con lettere del papa e con solenni ambasciadorich'andarono in Franciafaccendo manifesto e chiaro il re di Franciade' suoi difetti e male reggimento. E oltre a·cciò nonfinava il duca di mettere sospetto e gelosia in Firenzee mandandosovente sue lettere in Firenze a·ccerti suoi accontidandoloro speranza di suo ritorno per male reggimentodiceadi quellireggeano la terraonde poco dinanzi ne fue impiccati due legnaiuolich'erano molto suoi credenzieri quand'era signore in Firenzeericevieno e mandavano le dette lettere. Lasceremo alquanto de' fattidel duca e di Firenzee diremo d'altre novità d'intorno chefurono in que' tempi.



XXXV - Come il marchese da Ferraraebbe la città di Parma

Nel detto annoall'uscitad'ottobremesere Azzo di quelli da Coreggia che tenea Parmacomel'avea rubellata a mesere Mastino suo nipote per tradimentocomecontammo adietronon potendola tenereperò che s'avea fattonimico meser Mastinoe per la continua guerra ch'aveano dal signoredi Milano e da' suoi seguacida·ccui anche s'era rubellatoancora e traditolnee da altri non potea avere aiuto nésoccorso; per trattato di meser Mastino della Scala faccendolo farea' marchesiper danari in quantità di fiorini venti miliad'oro diedono la signoria della terra ad Obizo marchese da Ferrarache tenea Modona: e andòvi a prendere la posessione meserGhiberto da Fogliano uscito di Reggio con CCC cavalieriintra' qualifurono VI bandiere di cavalieri del Comune di Firenzech'erano alservigio del marchese. Per la qual cosa quelli da Gonzagosignori diMantovache tenieno Reggiospiacendo loro la detta impresaparendoloro rimanere assediati in Reggiocon tutta la loro forza e aiuto dimeser Luchino si ragunarono a Reggio. E poi pochi dì apressoil marchese da Ferrara in personacon sicurtà e licenza de'signori di Reggioandò a Parma con M cavalieri tra di suagente e di quella del signore di Bologna e di meser Mastino; eriformata la terra della sua signoriae lasciatola fornita di suagentese ne partì a dì VII di dicembre seguente pertornare a Modona e a Ferrara; e mandò inanzi per isguarguatomeser Ghiberto da Fogliano con CCC cavalieri armatie 'l marchesevenia da uno miglio apresso colla sua gente quasi disarmatiper lasicurtà avuta da quelli di Reggio. Quelli da Gonzago nontennor fedema fuori di Reggio missono due aguati di loro genteecome meser Ghiberto da Fogliano co' detti CCC cavalieri funell'aguatofurono asaliti dinanzi e di dietroe inchiusi e presi;e chi·ssi volle difendere fu mortosicché tutti virimasono. E 'l detto meser Ghiberto con due suoi figliuoli e un suonipote presie più altri caporali conestaboli e buona gente.E come questo tradimento sentì il marchese ch'era adietrositornò con sua gente in Parma molto crucciato: e ripresi que'signori da Gonzago del detto tradimentoavendo data la sicurtàe salvocondottoe' si scusavano che·ll'aveano dato all'andarema non al tornare; ma semprechi usa tradimentoil vizio dello'nganno è aparecchiato e conseguente. I detti da Gonzagocoll'aiuto di meser Luchino da Milanoil febraio vegnentesentendoil marchese da Ferrara in Parmacavalcato in sul ferrarese insinopresso a Ferrara a III miglialevando grande predae faccendo grandannaggio a' marchesi. Per le quali cagioni l'altra lega di Lombardimeser Mastino della Scalae il signore di Bolognae quello diPadovaco' marchesialla primavera seguente feciono oste alla cittàdi Reggio con più di IIIm cavalieri e popolo grandissimoechiusono sì i passi d'intorno a Reggioche non vi poteaentrare gente né vittuaglia; e per li più si credettenon si potesse tenere. Né·ggià però meserLuchino e que' da Gonzago con tutta la loro potenza non si vollonoafrontare a battaglia co' nimicima stavano alle frontiere al borgoa San Donnino e altre loro castella di reggiana a·ffare guerraguerriata in su quello di Parma e all'oste ch'era sopra Reggio. Maper la state vegnente corruzione si cominciò nella detta osteda Reggio e infertà e mortalitàe intra gli altri dirinomo vi morì meser Francesco di marchesi da Estie meserMaffeo da Ponte Carradi capitano dell'oste e più altri; esimile dell'altra parteonde per necessità si levaro epartiro le dette osti all'entrante d'ottobre MCCCXLV.



XXXVI - Di certe novità statein Firenze in questi tempi

Nel mese di dicembre del dettoanno MCCCXLIIII la campana del popoloche suona per lo consigliolaquale poi che·ffu fatta era stata sopra i merli del palagio dipriorisi tirò e aconciò ad alti in sulla torreacciòche s'udisse meglio Oltrarnoe per tutta la cittàla qualera d'uno nobile suono della sua grandezza. E nel luogo ov'era quellafu posta la campana che venne dal castello di Verniae ordinatasonasse solamente quando s'aprendesse fuoco di notte nella cittàacciò ch'al suono di quella traessono i maestri e quelli chesono ordinati a spegnere i fuochi.

E del mese di gennaio seguente sifece per lo Comune di Firenze accordo e lega e compagnia col vescovod'Arezzoch'era delli Ubertinie con suoi consortie trattolid'ogni bando; ed elli diede in guardia le castella del vescovadoe·lle loro al conte Simone da Battifolle e a' suoi fedeli perX anni per lo Comune di Firenzee per fare guerra a' Tarlati erubelli d'Arezzoe avere gli amici per amici e' nimici per nimici.Le castella principali furono: CivitellaCenninae 'l palagio diCastiglione degli Ubertini e più altre fortezze.

E all'uscita del detto meses'aprese fuoco al munistero delle donne del Pratoe fece loro dannoassai. E apresso il primo dì di febraio s'aprese nella CittàRossae arse una casa e una femmina iv'entro. E a dì XV delmese di febraio furono condannati per processo ordinato tutti quellidella casa degli Ubaldini nell'avere e nelle persone siccome ribelli(salvo il lato di quelli da Sennoche non si trovaro colpevoli) percagione della battaglia e aguato che feciono alla nostra gente aRifrediquando andavano al soccorso di Firenzuolae per la presadella detta Firenzuola e del castello de' Tirli alla cacciata delduca d'Atenecome in alcuna parte adietro facemmo menzione; e tuttii loro beni ch'erano nel contado di Firenze messi in Comune.

E nel detto mese di febraiovennono in Firenze ambasciadori del re di Francia a petizione delduca d'Atene; ciò fu uno cavaliere e uno chericoe in pienoconsiglio domandaro l'ammenda del detto duca. E nel detto consiglio ei·lloro presenza furono publicati i suoi falli e difettiemostrate le sue quitanze; e ordinati e mandati al re di Franciaambasciadori colla risposta per lo nostro Comunecome dicemmoadietro; e a quelli ambasciadori del re presentati per lo Comuneefatto loro le spese e compagnia e onore assaimentre dimorarono inFirenze e per lo nostro contado; onde n'andarono molti contenti; maperò non lasciò il re di Francia di proccedere controa' Fiorentini per lo duca d'Atenecome inanzi si faràmenzione.

E nel detto mese di febraio perlo Comune si fece ordine che qualunque cittadino dovesse avere dalComune per le prestanze fatte al tempo di XXcome adietro facemmomenzioneche·ssi trovaro più di DLXXm di fiorinid'orosanza il debito di meser Mastino della Scalach'erano pressodi Cm fiorini d'orosi mettessono in uno ligistro ordinatamente; edare il Comune ogni anno per provisione e usufrutto a ragione di Vper centinaio l'annodando ogni mese la paga per rata di mese; ediputossi a fornire il detto guiderdone parte della gabella delleporti e d'altre gabellela qual montava l'anno da fiorini XXVmd'oroov'erano asegnate le paghe a meser Mastino; e pagato luifossero diputate alla detta sodisfazione; il qual meser Mastino fupagato del mese di dicembre per lo modo diremo inanzi. E cominciossila paga della detta provisione del mese d'ottobre MCCCXLV. Nel dettoannoa dì XII di marzopassò di questa vita esantificò uno Iacopofigliuolo fu di meser Bono Giambonigiudice del popolo di San Brocoloil qual era stato di santa vitaevergine di suo corposi dissee statosi in casa rinchiuso piùdi XXV anniche non usciva se non alcuna volta anzi il giorno aconfessione o prendere Corpus Domini; e avea dato per Dio a'poveri tutta sua sustanzia e patrimonioe poveramente e in digiuni eorazioni viveascrivendo libri a prezzoe dittando da·ssédi sante e buone cose; e chi·lli mandava limosina no·llaricevease non da divoti suoi amici; e 'l soperchio di suo guadagnofinito poveramente suo mangiare a giornatadava per Dio a' poveri.Fece Iddio visibili e aperti miracoli per lui alla sua mortee poie' soppellissi a Santa Croce a guisa di santo. E a sua vita predissea' suoi amici più cose futuree ch'avvennero nella nostracittàe della signoria e cacciata del duca d'Atene per vertùdello Spirito Santo. Lasceremo alquanto de' fatti di Firenzecheassai n'avemo detto a questa voltae diremo delli strani.



XXXVII - Di novità state nellacittà di Genova

Nel detto annoall'uscita didicembreil dogio del popolo di Genovache avea nome Simone diquelli di Boccanegrach'avea regnato signore da annicome adietro èfatta menzioneper sua motivae sentendo che gli Ori e·lliSpinolie Grimaldi e altri noboli co·lloro sforzo venivanoalla terrasì rinuziò la signoria dinanzi alparlamento del popoloe andossene a Pisa con tutta sua famiglia eparentie dissesi con più di Cm fiorini d'oro contantich'egli avea guadagnatiovero tribaldati al suo uficio.

E il popolo di Genovaacciòche i grandi non prendessono la signoriadi presente elessono dogiodel popolo e missono in signoria uno Giovanni da Monterenail qualecominciò a reggere la signoria francamente per lo popoloecontradiare i detti grandi e potentiche venieno contro al popolo. Epoi per ordine e trattato del detto dogio que' della città diSaona levato la terra a romore a dì VIII di gennaio seguentee feciono popoloe cacciarono della terra i loro grandie quantigrandi e nobili v'avea di Genovae tolsono loro le castella e ognifortezza ch'avieno in Saona.

E poi il dì seguente ilpopolo di Genova feciono il somigliante; e perché gliSquarciafichi e' Salvatichigrandi di Genovafeciono alcunarisistenzafurono assaliti e combattuti dal popoloe morti di loroe cacciati della terra.

E vegnendo in que' dìOttone Doria e suoi seguaci e amici con DCC cavalieri e popolo assaie dentro de' borghi di Preail popolo di Genova uscì dellaterrae con armata mano li assaliro e combattero e missonoinn-isconfittae rimasene assai di morti e di presi. E il febraioseguente il dogio e popolo di Genova feciono lega e compagnia conmeser Luchino Visconti signore di Milanoed elli promisse a·llorod'avere li amici per amici e nimici per nimicie servigli al lorobisogno di D cavalieri. E poi del detto mese gente d'arme di Genovach'erano iti a cavallo e a piede a porto Moricifurono rotti esconfitti da·lloro usciti. Ma poi l'aprile vegnente que' diGenova coll'aiuto di meser Luchino v'andarono a oste per mare e perterrae presono il detto porto Morici e·lla terra. Ma poiall'entrante di luglio MCCCXLV messer Luchino Visconti fece fare pacedal popolo di Genova a' loro usciti.



XXXVIII - Ancora della guerra dellagente di mesere Luchino co' Pisani

Nel detto anno e mese di febraioi Pisani feciono lega e compagnia con certo ordine con meser Mastinodella Scalae col signore di Bolognae co' marchesi da FerraraeRomagnuoli per dispetto e contrario di meser Luchino Viscontierichiesonne i Fiorentini; ma non vi si vollono acordare. Per la qualcosa la gente di meser Luchinoch'era in Versiliapassato ilSerchio in quantità di D cavalieri e popolo assaie corsonoinsino presso alla città di Pisa per la via di Valdiserchiofaccendo gran danno d'arsionie levando gran prede d'uomini e dibestie e d'arnesie tornarsi in Versilia sani e salviche di Pisanon uscì uomo a contradiagli. E poi del mese di maggio MCCCXLVmorto il marchese Malaspina cognato di meser Luchinoa cui petizionemantenea la detta guerra; e priego del dogio e popolo di Genova meserLuchino fece pace co' Pisanied ebbe d'amenda Cm fiorini d'ororimanendo a' Pisani le terre di Luccach'allora si tenieno per meserLuchinoe rendé li stadichi a' Pisani. E questo è ilfine de' tiranni di Lombardiaper trarre loro utole delle guerre edisensione di noi ciechi Toscani. Lasceremo alquanto di nostri fattidi Firenze e d'Italiae diremo di certe novità d'oltremare.



XXXIX - Come i Cristiani presono lacittà delle Smirre sopra i Turchi

Nel detto anno MCCCXLIIIIessendo per lo re di Cipri e per lo mastro dello Spedale e magioneche tenea l'isola di Rodie per lo patriarca di Gostantinopoli ecogli amiragli delle galee de' Genovesi e Vinizianich'erano alsoldo della Chiesa sopra i Turchiordinarono una grande armata dinavicocche e galee con molta buona gente d'arme per andare sopra iTurchie ragunarsi all'isola di Negroponte in Romania overo Grecia;e di là si partì la detta armata del mese di..... epuosonsi alla città delle Smirre nel paese che oggi si chiamaTurchiaassai presso dove anticamente fu la grande città diTroiae in quello golfo di mare. La qual città si tenea pe'Turchied era molto forte fornita di molta gente d'arme Turchi eSaracini. E·lla detta armata di Cristiani entrarono nel portodella detta Smirrae quello combattendo con aspre battagliee condifici e torri di legnami fatti in sulle cocche e naviper forzapresono le torri del portoe tagliarono e gittarono in mare i Turchiche v'erano alla difesa. E vinto il portoasalirono la terra da piùpartie combattendo per forza d'arme l'ebbono con gran tagliata euccisione di Saracini e Turchiche non vi lasciaro né uomininé femmina né fanciulli che non mettessono alle spade amortechi non si fuggìi quali furono quasi innumerabilegente; e trovarolla fornita di molta ricchezzacosemaserizie evittuaglia. Sentendo ciò il soldano di Turchi ch'avea nomeMarbascianoch'era fra terra a sue castelladi presente vi vennecon XXXm Turchi a cavallo e con gente a piè innumerabileepuose di fuori l'assedio alla detta terra delle Smirre con piùcampi. I Cristianich'aveano presa la terrala guernirono eaforzarono di loro gentee·lla terra era fortissima di mura etorrie sovente uscivano fuori alli scaramucci e badalucchi controa' Turchiquando a danno dell'una parte e quando dell'altra; e ildetto assedio durò parecchi mesicombattendosi al continovodi dì e di notte. In questa stanza Marbasciano soldano diTurchiveggendo che seguendo l'assedio perdea al continuo di suagentee poco potea fare alla terrasì era fortesìsi provide maestrevolmente per attrarre i Cristiani di fuoria·ccampo; sì si ritrasse colla maggiore parte di suagente adietro alquante miglia alle montagnee lasciò certaparte di sua oste a campo fuori della terra. I Cristiani ch'eranonelle Smirre veggendo asottigliato il campo di nimici di gentistimando fossono per l'assedio straccatiil dì di santoAntoniodì XVII di gennaiopopolo e cavalieriuscironodella cittàe asalirono il campo di Turchi vigorosamenteequello con poco contasto di battaglia missono inn-isconfitta e fugacon grande mortalità di Turchi; e preso e rubato il campoeintendendo certi alla caccia di Turchi che fuggienoe certi allespoglie del campoe' capitani dell'oste con buona parte dellamigliore gente intendeno a·ffare gran festae celebrare messae sagrificio nel campocredendosi avere tutto vintoe nonprendendosi guardia dell'aguatoMarbasciano con suoi Turchicom'avea ordinato per certi segnidiscesono delle montagnech'eranoassai pressoe assalì la gente de' Cristianich'eranospartie male in ordine e peggio in guardia e·cchi armato echi disarmatoe di presente con poco afanno gli ebbono rotti esconfitti e messi in volta. E chi si fuggì nella terra; e dimigliori rimasono nel campo alla battagliala quale duròpocoperò che' Cristiani erano pochi alla comparazione diTurchi; e quelli che ressono al campo rimasono tutti morti. Intra glialtri vi morì il patriarca di Gostantinopoliuomo di grandevalore e autoritadee meser Martino Zaccheria amiraglio di Genovesie meser Piero Zeno amiraglio di Vinizianie 'l maliscalco de·rredi Ciprie più frieri della magione dello Spedalee piùdi D buoni uomini di Cristiani che ressono combattendo al campoondefu grande dannaggio; tutti gli altri Cristiani si fuggirono nellaterra. E avenne loro beneche per la detta rotta e sconfitta nonisbigottironoma vigorosamente salvarono e difesono la terra da'Turchisicché per battaglie che vi dessero no·llapotero raquistarema ne moriro molta di loro gente per li moltibalestrieri che dentro v'erano alla guardia. Venuta la detta novellain ponente e al papalieti ne furono per lo raquisto delle Smirreecrucciosi della rotta e perdita di quella buona gente che vi rimasonomorti. Per la qual cosa incontanente fece il papa indulgenza eperdono di colpa e di pena chi v'andasse o mandasse al soccorsoeandarvi di Firenze di loro volontàe che furono mandati allespese di chi volle il perdonoda CCCC di croce segnatie con tuttearmi e soprasberghe bianche con giglio e croce vermigliae per loromedesimi ordinati a conestaboli e bandiere. E di Siena ve n'andaronobene CCCLe così di molte altre terre di Toscana e diLombardiachi pochi e·cchi assaisanza ordini di Comuniefeciono la via da Vinegiaperò che·llà eraordinato il passo e navile alle spese della Chiesa. E 'l papa fececapitano di crociati il Dalfino di Vienna con sua compagna di gented'arme al soldo della Chiesa; e passò per Firenze all'entrantedel mese d'ottobre MCCCXLVe andonne a Vinegia per seguire il dettoviaggio e impresae più altri cavalieri oltramontani v'andaroper avere il perdono; e·cchi affiato della Chiesa. Lasceremoal presente della detta impresae diremo d'altre novità statene' detti tempi.



XL - Come fu morto il re d'Erminia

Nel detto anno MCCCXLIIII il red'Erminiail quale avea per moglie la figliuola del prenze diTaranto e della Moreae nipote del re Rubertoe per amore dellamoglie si dilettava co' baroni e cavalieri latiniche più glipiacea i loro costumi che quelli delli Erminie quanta buona gentedi ponente capitava in sua corte gli ritenea a suo soldochi acavalloe chi a piè; per la qual cosa i baroni ermini perinvidia ordinarono tradimentoe uccisono il detto loro re. E ancoraci ebbee fu grande cagione della sua morteche 'l papa per suoilegati gli avea promesso sussidio e aiuto alla difensione diSaracinie·rre di Francia più tempo dinanzi presa lacroce e promesso di passare oltremare al conquisto della Terrasanta;e ciascuno de' detti signori tenea al continuo in vana speranza il red'Erminiae·rre i suoi baroni; e ciascunocioè ilpapa e il re di Franciagli fallironoe' Saracini corsono piùvolte l'Erminia con gran danno del paese; e però i baronis'indegnarono contro al detto ree l'uccisono. Lasceremo de' fattid'oltremare e d'altre novità d'intornofaccendo digressioneraccontando d'una grande congiunzione di certi gravi pianetiche fuin questi tempiche sono di grande significazione al secolo.



XLI - Della congiunzione di Saturnoe di Giove e di Marti nel segno d'Aquario

Nell'anno MCCCXLV a dìXXVIII di marzopoco dopo l'ora di nonasecondo l'adequazione dimastro Pagolo di ser Pierogran maestro in questa iscienziafue lacongiunzione di Saturno e di Giove a gradi XX del segno dello Aquariocollo infrascritto aspetto degli altri pianeti. Ma secondo l'almanacodi Profazio Giudeo e delle tavole tolletane dovea esere la dettacongiunzione a dì XX del detto mese di marzo; e 'l pianeto diMarti era co·lloro nel detto segno d'Aquario gradi XXVIIe·lla luna scurata tutta a dì XVIII del detto mese dimarzo nel segno della Libra gradi VII. E all'entrare che fece il solenell'Arietea dì XI di marzofu Saturno in sull'ascendentenel segno d'Aquario gradi XVIII e signore dell'annoe Giove neldetto Aquario gradi XVI. E Mars nel detto Aquario gradi XXII; maseguendo l'equazione del detto mastro Paoloch'è de' maestrimodernie dissene che co' suoi stormenti visibilmente vide lacongiunzione a dì XXVIII marzoessendo la detta congiunzionenell'angolo di ponentee 'l sole era quasi a mezzo il cielo un pocodichinante a l'angoloa gradi XVI dell'Arietee in sua saltazione;e il Leonesua casaera in su l'ascendente gradi XIII e Mars eragià nel Pesce gradi VI; Venus nel Tauro gradi XIIIIsua casae in mezzo il cielo; Mercurio in Tauro in primo gradoe·llaluna inn-Aquario gradi IIII. Questa congiunzione co' suoi aspettidelli altri pianeti e segnisecondo il detto e scritto de' libridegli antichi grandi maestri di strolomiasignificaIdioconsentientegrandi cose al mondoe battagliee micidie grandicommutazioni di regni e di popolie morte di ree tralazione disignorie e di settee aparimento d'alcuno profeta e di nuovi erroria fedee nuova venuta di signori e di nuove gentie carestia emortalità apresso in quelli crimantiregnipaesi e cittadila cui infruenza de' detti segni e pianeti è atribuita; etalora fa nascere inn-aria alcuna stella comatao altri segni ediluvi e di soperchie pioveperò ch'ella è gravecongiunzione per la propinquità di Martee sì perl'ecrissi proccedente dalla lunae sì per la figura anualea·cciò concordevolee sì ancora perchépoco tempo apresso ritrogando Saturno e Giove si rapressaro a gradiunominuti XXXVtanto che·ssi possono un'altra voltacongiunti riputare; bene darà più tardezza alli effettiper la ritrogagione. Questo non diciamo fia di nicissitàmafia il più e 'l meno al piacere di Diodisponitore de' detticorpi celestialimediante la sua giustizia e misericordiasecondo imeriti e peccati delle genti e de' regni e de' popoli per pulire erimunerare; ed ècci la libertà del libero arbitriodell'uomoquando il voglia operarela qual cosa è in pochiper lo difetto del vizio lascibile e·lla poca costanza dellevirtùonde per li più si vive al corso di fortuna. Enota ancora e troverrai che 'l pianeto di Marti entrò nelsegno del Cancro a dì XII del mese di settembre nel detto annoMCCCXLVe stette nel detto segno tra diretto e ritrogrando infino adì X di gennaioche ritrogando tornò in Geminiestettevi insino a dì XVI di febraioe ritornò poi inCancroe stette poi in quello infino a dì II di maggioMCCCXLVIsicché mostra sia stato in Cancro da mesi VI e mezzotra due volteche secondo suo usato corso non sta nel segno che Ldì. Onde per molti maestri si disse che 'l reame di Franciaavrebbe molte aversità e mutazioniperché il segno delCancro è asaltazione del pianeto di Giove dolce e pacificoedà ricchezze e nobiltà. Il quale segno del Cancro èatribuito al reame di Francia. Ancora il pianeto di Giove fusoprastato da Saturno e da Marsil quale pianeto di Gioves'atribuisce alla Chiesa e al re di Francia. Ancora nota che partitoGiove dalla congiunzione di Saturno e di Martied entrato nel segnodel Pesce sua casaal continuo fu congiunto in quello colla caudadragonisch'ancora li fa ditreazionee nel paese ov'èatribuito la sua infruenzia.

Ora potrà dire chi questocapitolo leggeràche utole porta di sapere questa strolomiaal presente trattato? Rispondiamo che a chi fia discreto e provedutoe vorrà investigare delle mutazioni che sono state per litempi adietro in questo nostro paese e altroveleggendo questacronica assai potrà comprendere per comparazione di quellesono passate pronosticate delle futureaconsentiente Idiochequesta congiunzione in questa tripicità de' segni dell'aere fue cominciò a questi nostri presenti tempi gli anni MCCCV nelsegno della Libra; e poi gli anni MCCCXXV nel segno del Gemini. Aciascuno fu ed è assai manifesto le novità state nellanostra città e altrovech'assai sono fresche dall'unacongiunzione e·ll'altrache sono state quasi di XX anni in XXanni poco meno; ch'è·lla più leggerae in LXanni tornòch'è più grave e muta tripicità.E anche si possono leggermente ritrovare le novità che furonoe·lla discordia e guerra dalla Chiesa e·llo 'mperioel'altre novitadi e dell'antico popolo di Firenzee della tralazionedella signoria del re Manfredi al re Carloe in CCXL overo inCCXXXVIII l'avrà fatta XII volte in XII segnile novitadi chefurono in que' tempi adietroil passaggio d'oltremare e altre grandicosee·lla mutazione della signoria del regno di Cicilia aRuberto Guiscardo. E in DCCCCLX overo DCCCCLIII anni fornite XLVIIIcongiunzionie tornando alla primach'è la piùponderosa di tuttese cerchi adietro troverrai il cominciamento delcalo della potenza del romano imperio alla venuta de' Gotti e diVandali inn-Italiae molte turbazioni a santa Chiesa etc. E questobasti alla presente materiae diremo d'altro.



XLII - Quando morì mesereAlbertino da Carrara signore di Padovae quello ne seguì

Nel detto anno MCCCXLVall'uscita del mese di marzomorì meser Albertino da Carrarail quale i Fiorentini e' Viniziani al conquisto della città diPadova da meser Mastinocome dicemmo adietrone feciono signore; emale ne fu conoscentecome fanno gli altri tiranni. E·lluimortolasciò in suo luogo signore meser Marsilietto suoconsorto ch'era assai valoroso e da bene; ma·lla invidiachesempre ditrae ogni beneficiocommosse Iacopo da Carrara nipotecarnale del sopradetto meser Albertinoe con suo séguitopoco tempo apressoper tradimento di notte tempore uccise il dettomeser Marsilietto suo consortoe corse la terrae come tiranno sene fece signore.



XLIII - D'una aspra legge che 'lpopolo di Firenze fece contro a' cherici

Nel detto annoa dì IIIId'aprilei reggenti e maestri del popolo di Firenzeuomini ecollegi della qualità che detto avemo adietrofeciono unaaspra e crudele legge sopra i cherici contra ogni ordine e dicreti disanta Chiesacon molti capitoli contro a libertà di santaChiesa. Intra gli altriche quale cherico offendesse ad alcuno laicod'alcuno malificio creminalefosse fuori della guardia del Comuneepotesse esere punito personalmente dalla signoria secolare inn-averee in personanon riserbando degnità; e quello cherico o laicoimpetrasse in corte di papao appo altro legatolettera oprivilegio di giudice dilegato in sua causa e quistioneche da niunasignoria di Comune fosse udito né amesso; ma che i propinqui eparenti di quelli ch'avesse fatta la 'mpetragione fossero costrettiinn-avere e in personatanto facessono rinuziare la suaimpetragione. Di queste leggie altri membri che·ssicontengono nella detta riformagionefu la motiva che certi chericirei di grandi e di possenti popolari pur facieno sotto titolo dellafranchigia di loro chericato di sconce cose a' secolari impotenti. Eper cessare l'opposizione di contratti usurarie per cagione dimolte compagnieche 'n quelli tempi e dinanzi erano fallitilevarono che non si potessono impetrare privilegi di giudicidilegati. Tutte queste fossono le cagionie hanno alcuno colore digiustiziada' savi uomini fu molto biasimata la detta legge eriformagioneche perché il Comune la si potesse farenon eralicito di farla contro alla libertà di santa Chiesa némai più fu fatta in Firenze; e·cchi vi diè aiutoo consiglio o favore issofatto fu scomunicato. E·sse inFirenze fosse in quelli tempi stato un valentre vescovo noncittadinopure come fu il vescovo Francesco da Cingole anticessorodel presentenon sarebbe stato soferto; ma il presente vescovonostro cittadinodella casa delli Acciaiuoliinvilito per lofallimento e cessagione de' suoi consortinon ebbe ardimento alriparo della inniqua e ingiusta legge. La quale saputa in cortenefu fatto grande clamore al papa e a' cardinali; e poi tra per ciòe per altri processi fatti per lo Comune di Firenze contra i chericinacque scandalo dalla Chiesa a' Fiorentinicome inanzi faremomenzione. E nota che fa il reggimento delle cittadiessendonesignori artefici e manuali e idiotiperò che i piùdelle XXI capitudini dell'artiper li quali allora si reggea ilComuneerano artefici minuti veniticci di contado e forestieria·ccui poco dee calere della republicae peggio saperlaguidare; e però che avolontatamente fanno le leggi straboccatesanza fondamento di ragionee male si ricordano chi dà lesignorie delle cittadi a sì fatte genti quello che n'ammaestraAristotile nella sua Politicacioè che' rettori delle cittadisieno i più savi e discreti che si possano trovare. E 'l savioSalamone disse: "Beato quello regno ch'è retto per saviosignore". E questo basti aver detto sopra la presente materiacon tutto che per difetti di nostri cittadini e per li nostri peccatimale fummo retti per li grassi popolanicome poco adietro avemofatta menzione. E da dubitare è del reggimento di questiartefici minuti idioti e ignoranti e sanza discrezione e avolontati.Piaccia a Dio che sia con buona riuscita la loro signoriache me nefa dubitare.



XLIV - Come il popolo di Firenzetolse a certi grandi e gentili uomini certe posessioni e beni donatiloro per lo Comune

E poi del mese di maggio deldetto anno per li detti reggenti e maestrati del popolo di Firenzefur tolti di fattoe contra ogni debita ragionea più nobiliindotati dal Comune per antico o per loro meriti e di loroanticessorio per ogni fare per lo Comunecome diremo apresso;intra gli altri a quelli della casa de' Pazzi le posessioni e beniche il popolo e Comune di Firenze avea donati e dotati a·lloroanticessori con ogni sollennità che fare si potesse infino glianni MCCCXIquando il popolo di Firenze fece cavalieri e difenditoridel popolo quattro di loroII figliuoli di messere Pazzinoe duesuoi cuginiper la morte del detto meser Pazzinostato morto inservigio del popoloe·llui vivendocapo e difenditore delpopolo con suoi consorti contro ad ogni grande che contro al popoloerano o aoperassonocome adietro in quelli tempi facemmo menzione; eil suo padre mesere Iacopo del Nacca morto a Monte Aperticaporale egonfaloniere del popolo; e gli altri suoi consorti le grandioperazioni fatte per lo Comune e popolo di Firenze a·cCollecome adietro è fatta menzione; e per tanti benefici fatti perlo Comune e popolo di Firenzeantichi e moderninon volere esereudite niuna loro ragionené commetterla in quale giudice inFirenze o in Bolognach'al Comune piacesse. Ma meglio era non dareil dono che·lla cosa donata villanamente ritorre contra aragione. E per simile modo tolsono i beni a' figliuoli di meser Pinoe di meser Simone della Tosadonati per lo Comune e popoloquandogli feciono cavalieri del popoloche tanto per lo popoloadoperaronocome in questa è fatta menzione. E per similemodo a' figliuoli di mesere Giovanni Pini de' Rossiil quale morìapo Vignone in Proenzaessendo ambasciadore del Comune al papaGiovanni per gran cose. E montarono le dette posessioni più difiorini XVm d'oroe convertissi a rifacimento di pontima non netornò in Comune la metà in danari che valeano. Diquesto torto fatto pe' reggenti del popolo a' sopradetti gentiliuominicollo 'nzigamento degli altri grandi per invidia. avemo fattamenzione per dare asempro a quelli che verranno come riescono iservigi fatti allo 'ngrato popolo di Firenze; e nonn-è avenutopure a' dettima se ricogliamo le ricordanze antiche pure di questanostra cronicaintra gli altri notabili uomini che feciono per lopopolosi fu mesere Farinata delli Ubertiche guarentìFirenze che non fosse disfatta; e mesere Gianni Soldanieriche·ffucapo alla difensione del popolo contra al conte Guido Novello e glialtri Ghibellini; e di Giano della Bellache·ffu cominciatoree facitore del secondo e presente popolo; e meser Vieri di CerchieDante Allighierie altri cari cittadini e guelficaporali esostenitori di quello popolo. I meriti e guiderdoni ricevuti i dettie' loro discendenti dal popoloassai sono manifestipieni digrandissimo vizio d'ingratitudinee co grande offensione a·lloroe a' loro discendentisì d'esili e disfazione de' beni loroe d'altri danni fatti per lo 'ngrato popolo e malignoche discese diRomani e di Fiesolani ab antichoancorase leggiamol'antiche storie di nostri padri romaninon vogliamo tralignare.Intra·ll'altre notevoli ingratitudini fatte per lo dettopopoloassai sono manifeste: che merito ricevette il buono Camilloche difese Roma e diliberò da' Gallici? Certo fu sanza colpacacciato inn-esilio e sbandito. Che diremo del buono Iscipio Africanoche diliberò la città di Roma e 'l suo imperiod'Anibalee vinse e sottomise Cartagine e tutta la provinciad'Africa al Comune di Romae per simile modo dallo 'ngrato popolo fumandato inn-esilio per la invidia e a torto? Che diremo ancora delvalente Giulio Cesare? Quanti notabili e grandi cose fece per loComune e popolo di Roma inn-Italia e poi in Franciainn-InghilterraAlamagnae sottomisele con tanto affanno al popolo di Romae perinvidia de' rettori e senato del popolo fu rifusato a cittadinoepoilui imperadoreda' rettori del senato e suoi propinquie·llorobenefattorefu morto? Certo questi antichi asempri e moderni dannomatera che mai nullo virtuoso cittadino s'intrametta in benificiodella republica e di popoli; ch'è grande male apo Dio e almondo che' vizii della 'nvidia e della superbia ingratitudine abattale nobili virtù della magnanimità e della grataliberalitàfontana di benifici. Ma non sanza giusto giudiciod'Iddio sono le pulizioni de' popoli e de' regni soventi per li dettifalli e difetti: pognamo che Iddio non punisca di presente fatto ilfalloma quando il dispone la sua potenzia. Se nella matera avessimodetto di soperchioil soperchio del disordinato vizio dellaingratitudine ce ne scusiper l'opere delli straboccati nostrirettori.



XLV - Come volle esere tolto ilcastello di Fucecchio al Comune di Firenze

Nel detto anno MCCCXLVa dìXXVII d'aprilequelli della Volta di Fucecchio nobili e di piùpossenti di quelli della terracoll'aiuto di loro amici diSa·Miniato e di gente del contado di Luccacorsono la terradi Fucecchio per rubellalla e torla al Comune di Firenze sotto titolodi cacciarne que' di meser Simonettoun'altra casa di maggiori diFucecchioloro nimici. E sarebbe loro venuto fattose non fosse ilsùbito soccorso delle masnade di Fiorentini ch'erano nellecastella di Valdarno e di Valdinievoleche·vvi trassono dipresente; e con forza d'arme combattendofurono i detti della Voltae·lloro seguaci nella terra sconfitti e rotti e cacciatiov'ebbe assai di morti e feditie presiimpiccati per la gola. Epoi la state apresso da D fanti di Pisani ch'erano alla guardia delCerruglio e di Vivinaia e Montechiaro di notte tempo iscesono inCerbaiae parte ne passarono la Guisciana con trattato d'averFucecchio; per buona guardia si guarentì; onde i Fiorentini sidolfono forte a' Pisani per loro ambasciadorionde si scusaronomolto che non era loro fattura; ma come sempre hanno usatoil viziopisanoro d'inganni e tradimenti fu questoperò che non nefeciono né amendo né punizione; e se l'avessono presoil s'avrebbono tenuto a onta e dispetto di Fiorentini. E per la dettanovità di Fucecchioonde i Malpigli e Mangiadori diSa·Miniato furono operatori e cagioneil luglio apresso ebbezuffa e battaglia in Sa·Miniato tra' Mangiadori e Malpigli eloro seguaci; ma per li Fiorentini vi si mise accordoperchénon si guastasse quella terra. Ancora poi all'entrante di marzo deldetto anno volle essere tradito Fucecchioe più terrazzanicolpevoli di ciò ne furono morti e giustiziati. E nel dettoannoall'entrante di giugnofu fatta pace e accordo dal Comuned'Arezzo a' Tarlati e·lli altri loro usciti ghibellini permano di Perugini e Fiorentini.



XLVI - Di certi lavorii di ponti ed'altri fatti per lo Comune in questi tempi

Nel detto annoa dì XVIIIdi lugliosi compié di volgere e di serrare il nuovo ponterifatto sopra l'Arno nel luogo ove anticamente era stato il ponteVecchiocon due pile e tre archimolto bello e ricco. Costòbene fiorini... d'oro; e·ffu bene fondatoe largo bracciaXXXIIche·lla via rimase larga braccia XVIche·ffutroppo grande al nostro pareree basse l'arcora da braccia II; e·llebotteghe dall'uno lato e dall'altro larghe braccia...e lunghebraccia VIIIe furono fatte in sul sodo dell'arcora fatte a volte disopra e di sottoe furono XLIIIIonde il Comune ebbe di rendita dipigione l'anno da DCCC fiorini d'oro o piùch'anticamenteerano di legname sportate sopra l'Arnoe 'l ponte stretto bracciaXVI. E nel detto anno si cominciò a rifondare con nuove pileil ponte a Santa Trinitae compiessi l'anno MCCCXLVI a dìIIII d'ottobree·ffu molto bello e fortee costò daXXm fiorini d'oro. E merlossi con beccatelli isportati il palagioanticodove abita la podestà dietro alla Badia e da SanPulinarie missesi in volta il tetto di sopra perché nonpotesse arderecome fece altra volta. E nel detto anno si cominciòa rivolgere e rinovare la coperta del marmo del Duomo di SanGiovannie·lla cornice d'intorno troppo più bella chenon era imprimaperò che per lo lungo tempo la coperta primadi marmi in alcuna parte era rotta e guastae facea acqua e guastavale pinture dentro e storie del musaico. Lasceremo alquanto dellenovità di Firenze e d'intornoe diremo di novità fatteper lo re d'Inghilterra e sue genti in Fiandra e Brettagna eGuascognach'assai furono maravigliose.



XLVII - Come il re Adoardod'Inghilterra venne in Fiandrae mandò sue osti in Guascognae 'n Brettagna contro al re di Francia

Nel detto anno MCCCXLV Aduardo ilterzo re d'Inghilterra fece un grande aparecchiamento di navile e digente d'armeper passare di qua da mare nel reame di Franciach'erano fallite le triegue. E del mese di giugno mandò ilconte d'Ervi suo ziocugino della casa realein Guascogna con CCnavi cariche di cavalieri e d'arcieri. E mandò il conte diMonforte in Brettagnaa·ccui la duchea di quella a ragionesuccedeacome dicemmo adietrocon altre CC navi con gente d'armeassai a·ccavallo e a piè; e quello che' detti duesignori colle dette armate adoperarono in Brettagna e in Guascognadiremo ordinatamente nel presente capitolo.

Lo re Aduardo in persona colfigliuolo con altre CC coccheovero navicon gente d'arme assaiarrivò alle Schiuse in Fiandra a dì VI di luglioconintenzione e con ordine e trattato colle Comuni di Fiandra di fareconte di Fiandra il figliuolo; e il duca di Brabante d'altra parteavea trattato con Luisi conte di Fiandra lega e compagniae fattomatrimonio e parentado co·lluie dava al suo figliuolo lafigliuola del duca per mogliee dovelo rimettere colle sue forze diBrabanzoni nella signoria della contea di Fiandra. E stando il reAduardo alle Schiuse sopra i detti trattatied esendo andati al red'Inghilterra Giacomo Artivello di Guantocaporale e maestro ditutta la Comune di Fiandracon altri ambasciadori di Guanto edell'altre ville di Fiandrae dopo molti parlamenti i dettiambasciadori si partiro inn-accordo col re; Giacomo d'Artivello virimase col re alquanti dì per trattaresecondo si dissesueispezialtadionde gran sospetto generò nelle Comuni diFiandra; e·llui tornato poi a Guantofacea come signoresgombrare certi palagi e case di borgesi di Guantoe farel'aparecchiamento per lo re d'Inghilterrache·vvi doveavenire; o per lo sospetto presoo per l'aroganza del detto Giacomoo per operazione del duca di Brabantecerti della Comuna di Guantolevaro la terra a romoree corsonoe combattero e assalirono allecase il detto Giacomo d'Artivelloapellandolo per traditore; ed ellicon suo séguito si difendeae uccise due della Comunaemolti fediti. Alla fine non potendo durare all'esercito del popolofu morto elli e 'l fratello e 'l nipote con bene LXX suoi amici efamigliarie disfatte le sue possessioni. E·cciò fu dìXVIIII di luglio. E fecesi capo della Comuna di Guanto uno...

E come adietro dicemmo in altrocapitolo di fatti di Firenzetali sono le fini degli uomini troppoprosuntuosie che·ssi fanno caporali de' loro Comuni; equesto basti a tanto. Lo re Aduardo sentendo le dette novitàe non vegnendogli fornito in Fiandra il suo trattatosi partìcon suo navilio dalle Schiusee tornossi inn-Inghilterra; e fecedivieto che lanené vittuagliané suo navilionéaltro che partisse di suo paesearrivasse in Fiandra o in Brabanteonde i Fiamminghi rimasono molto confusi. Bene si raconciarono poico·lluicome si dirà in altro capitolo innanzi.

Il conte d'Ervi arrivato inGuascogna si puose ad asedio della città di Bergheragocheteneno i Franceschich'era del siri delle Brettedel mese d'agostodel detto anno. Il siniscalco di Guascogna per lo re di Franciae ilconte di Peragorga con D cavalieri e Xm pedoni vennero di notte persoccorrere la detta terracredendo improviso avere sopreso il conted'Ervi e sua oste; il quale stando di dì e di notte in buonaguardiasi difese francamente dal detto assaltoe miseroinn-isconfitta la gente del re di Franciaove ne rimasono moltimorti e presi. E poi il conte d'Ervi con sua gente combattero laterrae per forza l'ebbonoove fu grande uccisione e ruberia.

E sogiornando il detto conted'Ervi alla detta città di Bergherago con suoi Inghilesi eGuasconi di sua partel'oste del re di Franciain quantitàdi IIIm cavalieri con gente a piè innumerabilela maggioreparte Guasconi e di Linguadocoessendo allo assedio dell'Albarocciain Guascognache tenieno gl'Inghilesie meser Gianni figliuolo delre di Francia con più di Vm cavaliericon gran baronia diFranceschiera a... presso a X leghe dell'Albaroccia; e per isdegnodell'Inghilesiavendoli per nientenon volea esere al dettoassedio. Gli asediati sentendosi molto strettimandaro al conted'Ervi per soccorsoo a·lloro convenia rendere la terra. Ilquale conte d'Ervicome valente signorenon temendo di tantacavalleria e potenzia del re di Franciach'avea al detto assedio enel paese con messer Gianni di Franciasi partì da Belgeracocon quanta gente potéo con seco menare. E quando s'apressaroa' nimiciquelli ch'erano a·ccavallo scesono tutti a piedelasciando i cavalli adietro a' loro fantich'erano da MCC cavalierie arcieri e gente a piè innumerabilee assalirono cosìa piede la detta oste una mattina al punto del giornodì XXId'ottobre del detto annoove fu aspra e dura battagliae grandeuccisione dell'una parte e dell'altra; e durò infino almezzogiornoche non si sapea chi avesse il migliore. Alla fineessendo malmenata la gente del re di Francia d'uccisione di gente edi loro cavallil'Inghilesi e Guasconi di loro parte i cavalieririmontarono freschi in su i loro cavallie per forza d'arme missonoin volta e inn-isconfitta la gente del re di Franciaov'ebbe moltimorti e presi. Intra gli altri signori presi furono messer Luigi diPittieriil conte di Valentineseil conte della Illail viscontedi Nerbonail visconte di Vilatricoil visconte di Caramagnamesser Rinaldo d'Uosi nipote fu di papa Clemento V messer Ugotto dalBalzoil siniscalco di Tolosae più altri signori e baroniquasi tutti di Linguadoco; i quali si ricomperarono per lororaenzione più di libre Lm di sterlini. Messer Giovanni diFranciache v'era presso colla sua baronia di Franciacome dettoavemonon venne al soccorsoné·ttenne campoma·ssitornò adietro; onde gli fu messo in gran viltadee presogrande sospetto per quelli di Linguadoco che tenieno col re diFrancia. E per le dette due vittorie al conte d'Ervi e sua gentes'arenderono tra in Guascogna e in tolosana più di C tracittàterre e castella murate. E in questi tempi i Normandich'erano sotto al re di Franciafeciono tra·lloro Comuna almodo de' Fiamminghinon ubidendo gli uficiali del re di Franciae'loro caporali trattando col re d'Inghilterra cospirazionela qualpoco tempo apresso partorì gran cose. Sentendo le dettenovelle il papa e' cardinali di tanta commovizione del reame diFrancia per la detta guerravi mandò di presente due legaticardinalimesser per mettere pace o triegua tra' detti signorimaniente ne poterono fare; però che 'l papa era troppo parte insostenere le ragioni del re di Franciapiù che quelle del red'Inghilterraonde poi acrebbe molto malecome inanzi faremomenzione. E volle il papa proccedere contro al re d'Inghilterramadi ciò non ebbe concordia con gran parte di suoi cardinalieperò rimase. Essendo state in Guascogna le soprascrittebattaglie a danno de' Franceschimesser Giovanni di Francia contutta sua gentech'erano grandissima a·ccavallo e a·ppièpuose assedio al forte castello d'Aguglionee giurò di nonpartirsene mai che l'avrebbe; dentro v'avea buona gente d'armeGuasconi e Inghilesi; e spesso meser Giovanni facea combattere ilcastelloe que' dentro sovente uscivano fuori a scaramucci eassalire il campo. Avenne che a dì XVI di giugno venendo daTolosa per lo fiume all'oste de' Franceschi due grosse navi carichedi vettuaglia e d'arnesi da ostequelli d'Aguglione uscirono fuoriper terra e per acquae per forza combattendo presono le dette navie miserle nel castello con gran danno di nimiciandando congrand'audacia infra·ll'oste di Franceschi prendendo euccidendoonde tutto il campo de' Franceschi fu ad armech'erainnumerabile gentee per la loro moltitudine sopresono loro nimicich'erano usciti d'Aguglione all'asalto dell'oste. Inanzi che tutti sipotessono ricogliere al castellove ne rimasono assai mortie presigl'infrascritti caporali; messer Allessandro di CamonteGuiglielmoPomieriil siniscalco di Bordelloil signore di Landirosilsignore di PomiereUgo fratello del signore di Signacoil viscontedi Tartas fratello del signore di SoveracoGiovanni Colombo diBordellotutti Guasconii quali più si scambiaro con partedi presi detti di sopra. Il conte d'Ervi con sua oste venne versoAguglionee rifornì il castello di gente e di vittuaglia.Lasceremo alquanto di questa matera per dire d'altre novitàma assai tosto ci torneremo; però che·lla detta guerradal re di Francia a quello d'Inghilterra crebbe diversamentecomeinanzi faremo menzione.



XLVIII - Come il re d'Ungheria venneinn-Ischiavoniae come fu morto il re di Pollana

Nel detto anno MCCCXLVdel mesedi luglioil re Lodovico d'Ungheria con grandi eserciti a·ccavalloe a piè venne inn Ischiavonia per raquistarlach'era dirisorto del suo reameonde si rubellò a' Viniziani la cittàdi Giadrach'ellino aveano tenuta lungo tempoe rendessi al dettore d'Ungheriala quale i Viniziani tenienoper forza e potenziach'avieno per maretirannescamente e con soperchie gravezze; onde a'Giadrini parea loro male starech'era una grossa terra e buonoComuneusi di stare in loro libertàsalvo di piccolo risortorispondieno per antico al re d'Ungheria; e questa fu la cagione dellaloro rubellazione. E per simile modo si rubellarono a' Viniziani piùaltre terre; e tutta la Schiavonia era per raquistare il red'Ungheriase non che per soperchio di sua gente gli fallia lavettuagliasicché di nicistà il convenne ritrarreadietro. Ancora in questa stanza ebbe novella che 'l re di Polloniafratello della madre avea combattuto in campo con Carlo figliuolo delre Giovanni di Buemed era stato sconfitto e morto sanza lasciarealcuno figliuolo. Per la qual cosa si tornò in Ungheriae poiandò in Polloniae coronò del detto reame Stefano suosecondo fratelloa·ccui succedea per retaggio della madre.Lasceremo di dire alquanto de' fatti degli stranie diremo di nostridi Firenze.



XLIX - Come i Fiorentinis'accordarono con meser Mastino della Scala di danari gli restavano adare per la compera di Lucca

Nel detto anno e mese d'agostoessendo meser Mastino della Scala in discordia co' Fiorentini per lidanari restava ad avere dal Comune di Firenze per la matta e folleimpresa di comperare da·llui la città di Luccaassediatacome adietro è fatta menzionedomandando meserMastino tra di resto e d'amenda più di CXXXm di fiorini d'oroi Fiorentini saviamente feciono ordine e dicreto che piùstadichi non gli si mandassonosì che allo scambiaredoven'avea XII non avesse XXIIIIi vecchi e' nuoviabandonando quelliche v'eranoe·cche nullo Fiorentino stesse in sue terresenon a·lloro rischio; onde meser Mastino crucciato rinchiuse incortese prigione li XII stadichi ch'aveae fece prendere quantiFiorentini avea in Verona e Vincenza. E notalettorea·cchefine riescono le compagnie e imprese da' Comuni a' tiranni e semesere Mastino si seppe vendicare con danno e vergogna del nostroComune delle ingiurie e guerra fatta contra·llui co' Vinizianiinsiemecome lungamente adietro facemmo menzione. Avenne poi perbisogno che meser Mastino ebbe di moneta per la 'mpresa fatta fare almarchese da Ferrara dell'oste da Reggio contro quelli da Gonzagosignori di Mantovae per procaccio del marchese da Ferrara ch'erastato mediatore del sopradetto mercato di Lucca da' Fiorentini ameser Mastinomandò al Comune di Firenze che volea aconciarela quistionei quali vi mandarono discreti ambasciadori. E vennemeser Mastino in persona a Ferrarae·llà si dièfine al detto accordo per LXVm di fiorini d'oroquitando tuttoall'uscita del mese di settembrepromettendolo di pagare infra duemesi. La quale civanza del detto pagamento si trovò in Firenzedi presente per uno ordine ch'allora si fece per lo Comuneche qualecittadino dovesse avere dal Comune danari per li presti vecchiprestandone altrettanti contantifosse assegnato sopra le gabelleordinate a meser Mastino infra due anni di riavere i vecchi e nuoviprestati; e trovossi la civanza di presenteche·ffu bellacosa; e meser Mastino fu pagatoe finì il Comunee tornaronoli stadichi.



L - Di più novitàfatte e occorse in Firenze in questo anno

Nel detto annoa dì XXVId'agostosi diede al Comune di Firenze il castello delle Poci in sul'Ambra di là dal Bucinoch'era delle terre del viscontadoeavienvi su ragione i conti da Porciano. Ma 'l Comune compensòper quello dovea dare al Comune di condannagioni Guido Alberti contedi quellie per offese fatte al Comuneche·ffu un belloaquisto coll'altre terre del viscontado detto ch'avea il Comunetutto sieno di giuridizione d'imperio; ma dal fiume d'Ambra in quatutto è oggi del distretto di Firenze.

In questi tempi certi da SanGimignano corsono la villa di Campo Urbiano con grande ruberia earsioni e micidiopponendo ritenieno loro sbanditi; per la qual cosasi turbò forte il Comune e popolo di Firenzeperch'altravoltacome adietro facemmo menzioneavieno fatto il simigliante;però fu condannato il Comune di San Gimignano in...e'terrazzani nell'avere e nelle persone. Ma poi del mese di novembreper prieghi de' Sanesi e Volterrani e Colligianie per cessarescandaloper grazia fu fatta compusizione co·lloroe pagaroper amenda fiorini Vm d'oroe rimasene in bando solamente IIII de'caporali della detta cavalcata.

In questo annoa dì XIIdi settembree poi a dì XXII di dicembredi nottefuronograndi tremuotima durarono poco.

In questo anno furono moltepiogge in Firenze e in questo paese d'intornoche dall'uscita delmese di luglio fino a dì VI di novembre non finò dipiovere quasi del continuo; onde molto sconciò le ricolteeguastò molto grano e biade ne' campie uve nelle vigne moltene guastòe non fu il detto anno il vino né digesto nénaturalee·lle terre si poterono male lavorare e seminare.Per le quali soperchie piogge crebbe l'Arno per due voltesformatamente d'ottobre e di novembree coperse tutta la piazza diSanta Crocee allagò gran parte del detto quartieree vennel'acqua fino al palagio della podestà. E·lla Tersollacrebbe sì sformatamenteche valicò il ponte a Rifredie quello Borghettorovinò case e muri con gran danno eperdimento di cose e guastamento di terre. E simile diluviò ilMugnone e 'l Rimaggio e tutti i fossati d'intorno con gran dannodelle contradeed ebbesi gran paura in Firenze di generale diluvio.E·lla congiunzione passata ci cominciò a mostrare dellesue influenziee·ffu segno e cagione e avenne il seguenteanno di male ricolte e carestia di vettuagliacome inanzi faremomenzione. Lasceremo alquanto di nostri fatti di Firenzeeracconteremo d'uno screpio e scellerato peccato e tradimento commessoper le rede e congiunti del re Ruberto tra·llorocome diremonel seguente capitolo.



LI - Come e per che modo fu mortoAndreasche dovea essere re di Cicilia e di Puglia

In questi tempi e annoregnandonel regno di Puglia Andreas figliuolo di Carlo Umberto re d'Ungheriail quale avea per moglie Giovanna figliuola prima reda di Carlo ducadi Calavra e figliuolo del re Rubertoa·ccui dovea succedereil reame per lo modo e ordinecome adietro in alcuno capitolofacemmo menzione; il re Ruberto con dispensagione del papa e dellaChiesa avea diliberato che fosse re dopo la sua morte. E aspettavasidi presente d'esere coronato del reame di Cicilia e di Pugliaeordinato era in corte per lo papa uno legato cardinale che 'l venissea coronare. Invidia e avarizia di suoi cugini e consorti realiiquali vizi guastano ogni benecollo iscellerato vizio delladisordinata lussuria della moglieche palese si dicea che stavainn-avoltero con meser Luigi figliuolo del prenze di Taranto suocuginoe col figliuolo di Carlo d'Artugioe con meser IacopoCapanoe collo assento e consigliosi dissedella zia sirocchiadella madree figliuola fu di meser Carlo di Valos di Franciache·ssi facea chiamare imperadrice di Gostantinopolicheanche di suo corpo non avea buona famae del suo figliuolo meserLuigi di Tarantocugino carnale della reina per madredi luisecondo cuginoil quale si dicie ch'avea affare di leied era intrattato di torla per moglie con dispensagione della Chiesa persuccedere d'esere re dopo Andreas; e dissesi ancora che 'l duca diDurazzo suo frate l'assentìch'avea per moglie la sirocchiadella moglieacciò che se·lla prima morisse sanza redaa·llui succedesse il reame. Per questi suoi consorti e cuginidella casa realesi disse che con ordine della moglie e séguitodelli infrascritti traditorise vero fu come corse la famapiuvicamenteordinarono di fare morire il detto giovane innocente reAndreas. Ed essendo il detto re Andreas ad Aversa colla moglie algiardino di frati del Murrone a dilettoe nella camera colla moglienel lettodi notte temporea dì XVIII di settembreconordine e tradimento de' suoi ciamberlani e alcuna cameriera dellamogliea petizione dell'infrascritti traditoriil feciono chiamareche·ssi levasse per grandi novelle venute da Napoli. Il qualecon conforto della moglie si levòe uscì fuori dellacamera; e di presente per la cameriera della reina sua moglie li furiserrata la camera dietro; ed essendo nella sala Carlo d'Artugio eil figliuoloe 'l conte di Tralizzoe certi de' conti dellaLeonessa e di quelli di Stellae mesere Iacopo Capano grandemaliscalco il quale si dicea palese ch'avea affare colla reinae duefigliuoli di meser Pace da Turpiae Niccola da Mirizzano suoiciamberlanifu preso il detto Andreas e messogli uno capresto incolloe poi spenzolato dallo sporto della detta sala sopra ilgiardinoessendo per parte di detti traditori ch'erano in quellopreso e tirato pe' piedi tanto che·llo strangolarocredendosotterrarlo nel detto giardinoch'altri nol sapesse; se non ch'unasua cameriera ungara il sentìe viddee cominciò agridareonde i traditori si fuggiroe lasciaro il corpo morto nelgiardino. Tale fu la repente morte del giovane e innocente rechenon avea se non XVIIII anniper li falsi traditori. Fu recato ilcorpo a Napoli e sopellito co' realie·lla moglie ne fecepiccolo lamentoa ciò ch'ella dovea fare; e quand'elli fumortonon ne fece cramore né pianto come quella che·ssidisse palese e corse la fama ch'ella il fece fare. E uno meserNiccola ungaro balio del detto re Andreaspassando per Firenzechen'andava in Ungheriail disse a nostro fratello suo grande acconto aNapoliper la forma per noi iscritta di soprail qual era uomodegno di fede e di grande autorità; onde seguì poimolto male come inanzi si farà menzione. Ma ellacioèla reinapure rimase grossa d'infante di VI mesio·llàintorno; di cui si fusse ingeneratodicea ella del re Andreas.



LII - Di quello che seguìdella morte del re Andreas

Della detta scellerata e crudelemorte del giovane re Andreas fu molto parlato e biasimato per tutti iCristiani che·ll'udirono. E venuta la novella in cortemoltose ne turbò il papa e 'l collegio di cardinalidogliendosi ilpapa in piuvico consistoro ch'ellino erano cagione della sua morteper avere tanto indugiato la sua coronazione; e scomunicò eprivò d'ogni benificio ispirituale e temporale chiunque avesseoperatoo dato consiglio o aiuto o favore alla morte del detto re. Ecommisse nel conte d'Andridetto conte Novello di quelli del Balzoch'andasse nel Regnoe facesse giustizia e vendetta di chiunque diciò fosse colpevolein persona e in benicosì a'clesiastici come a secolari; non risparmiando per nulla dignità.E·llui andato a Napoli; ma prima per l'Università diNapoli a romore di popolo e a baratta la terrafu preso meserRamondo di Cattanach'andava per Napoli comandando per parte dellareina e somovendo come traditore fu presoe di presente anche fupreso il figliuolo detto meser Pace stato ciamberlano del re Andreas:e disaminato chi ebbe colpa del micidioe confessatolomessoglil'amo nella linguaperché non potesse parlaremenato incarrolevandogli le vive carni da dosso fu impeso e fatto morire; epoi il conte Novello fece inquisizionee più baronie altrifece mettere in prigionee due feminela maestressa della reina edama Ciancia Capanache sentiro il tradimento; i quali traditorie·lle dette donne la reina difendea a suo poderedi nonlasciarne fare giustizia. Ma poia dì II d'agosto vegnenteMCCCXLVIil detto conte Novello fece morire il conte di Tralizziche·ffu di quelli del Bolardo francescoe il conte d'Eboligrande siniscalcoquelli si dicea giacea colla reina; e mandandoliin su due carrie dalle genti furono lapidatie poi arsi. E poiadì VII d'agosto per simile modo fece giustiziare mesereRamondo di Cattana e notaio Nicola di Mirazzanoriserbandone altri agiustiziare.

Per la morte del detto re Andreassi scompigliò tutto il regno di Puglia; chi tenea colla reinach'avea la signoria del castello di Napoli e 'l tesoro del reRubertociò era meser Luigi fratello del prenze di Tarantosoldando gente d'arme per la reinae per forza volea entrare inNapoli con D; ma il fratello e 'l duca di Durazzo e gli altri baronie il popolo di Napoli il contradiarono. E così chi tenea collareina e con meser Luigi di Tarantoe chi col prenze di Tarantoe·cchi col duca di Durazzo; ciascuno soldò gente d'armeassai a cavallo per sua guardiae per paura del re d'Ungheriafratello del re Andreasch'era venuto a Giadra inn-Ischiavoniacomeinanzi faremo menzionee minacciava colle sue forze di passare nelRegno per essere ree fare vendetta di quelli reali e della reinache·ssi dicea ch'avieno fatto morire il fratello. Per la qualcosa tutto il regno stava isciolto e scomunato e in tremorerubandosi i cammini sanza niuno ordine di giustizia; e' detti realimale inn-accordo insiemeo da doveroo per disimulazione insiemeper coprire tra·lloro il peccato. E se il re d'Ungheria fossepassatonon avea ritegnosì era scommosso il paese; ma·llabriga ch'avea co' Vinizianich'erano a oste a Giadrae 'l carodella vittuaglia al grande esercitoch'avea di sua gentee ancoranon aparecchiato navilegli sturbò la venuta allora; e·llareina in questo stante avea fatto un fanciullo maschio dì XXVIdi dicembre MCCCXLVIe puosegli nome a battesimo Carlo Martello perl'avolo; ma per li più si disse ch'era figliuolo d'Andreasedi certi segni il simigliava; e·cchi dicea di noper la malafama della reina. Lasceremo alquanto di questa materach'a tempoe·lluogo vi ci converrà tornaree diremo di nostrifatti di Firenze e d'altre novitadi.



LIII - Come in Firenze si fece nuovamoneta d'argento

Nel detto anno MCCCXLVavendo inFirenze grande difettoe nulla moneta d'argentose non la moneta daquattroche tutte le monete d'argento si fondieno e portavansioltremare; e valea la lega d'once XI e mezzo di fine più dilibre XII a·ffiorini la libraond'era grande isconcio a'lanaiuoli e a più altri arteficitemendo non calasse troppoil fiorino a moneta; sì·ssi ordinò il divietoche niuno traesse della città e contado ariento sotto certagran pena; e ordinossi e fecesi nuova moneta d'argento di soldi IIIIdi piccioli l'unoo XII quattrinidi lega di buono argento d'onceXI e mezzo di fine per libra; e i soldi XI e danari X de' dettigrossi pesavano una librae soldi XI danari VIII ne rendea la zeccae grossi due rimanea per l'overaggio al Comune. E trassesi di zeccadi prima a dì XII d'ottobre del detto annoe fu molto bellamoneta colla 'mpronta del giglio e di santo Giovannie chiamavansi inuovi guelfi; ed ebbe grande corso in Firenze e per tutta Toscanaeper lo caro dell'argento tornò il fiorino a valuta di libreIII e soldi II di picciolie meno. Prima ci erano guelfi XV e mezzoper fiorino d'oro. Ma in quelli dì certi mali fattoricittadinialquanti di casa i Bardie Rubecchio del Piovanofattivenire da Siena certi maestri falsari di monetee nell'alpe diCastro avieno ordinato di falsare la detta moneta nuova e quattrini.Furonne presi due e arsie confessaron per loro chedetti tre de'Bardi la facieno loro farecitati e non comparitifurono condannatial fuoco come falsari. Lasceremo alquanto de' fatti di Firenzech'assai ne' detti tempi era in tranquillo e buono stato e sanzaguerracon tutto fosse inn-assai bollore e tribulazioni per lecompagnie e singulari persone cittadini falliticome inanzi faremomenzionee torneremo a dire d'altre novità delli strani chefurono in questi tempi.



LIV - Come furono morti il conted'Analdo e 'l marchese di Giullieri da' Fresoni

Nel detto annodel mese disettembre all'uscitaavendo il conte d'Analdo fatto suo sforzo digente d'arme col marchese di Giullieripassato in Frigia di làda Olandaonde il detto conte d'Analdo era signore per retaggiopersottomettere a sua signoria i Fresoniche no·llo ubidivano.Il quale della detta impresa ebbe lieta entratache quasi sanzacontasto conquistato gran parte del paesema poi riuscì condolorosa fine. Parendo loro essere più al sicurii Fresoni siragunaro in boschi e in maresie misero aguato a' detti signori eloro gentinon prendendosi guardiae in più parti i Fresoniruppono i dicchiciò sono gli argini fatti e alzati perforzaa modo del Poalla riva del mare per riparare il fiotto. Ondespandendosi l'acquala maggiore parte delle genti de' detti signoriannegaronoe chi dell'acqua scampò furono morti da' Fresonich'erano inn aguatoche non ne campò uomo. E morìvi ildetto conte d'Analdo e 'l marchese di Giullierionde fu grandannaggioch'erano signori di gran potenza e valore; e rimase lacontea d'Analdo sanza reda maschioe succedette la detta contea aLodovico di Baviera detto Baveroed Aduardo re d'Inghilterrach'avea ciascuno di loro per moglie una figliuola del detto conted'Analdoa'ccui succedea la contea.



LV - Del fallimento della grande epossente compagnia de' Bardi

Nel detto annodel mese digennaiofallirono quelli della compagnia de' Bardii quali eranostati i maggiori mercatanti d'Italia. E·lla cagione fuch'ellino avieno messocome feciono i Peruzziil loro e l'altruinel re Aduardo d'Inghilterra e in quello di Cicilia; che·ssitrovarono i Bardi dal re d'Inghilterra dovere averetra di capitalee di riguardi e doni impromessi per luiDCCCCm di fiorini d'oroeper la sua guerra col re di Francia no·lli potea pagare; e daquello di Cicilia da Cm di fiorini d'oro. E' Peruzzi da quellod'Inghilterra da DCm di fiorini d'oro e da quello di Cicilia da Cmfiorini d'oroe debito da CCCm di fiorini d'oro; onde convenne chefallissono a' cittadini e forestieria cui dovieno dare piùdi DLm di fiorini d'orosolo i Bardi. Onde molte altre compagnieminorie singularich'avieno il loro ne' Bardi e·nne'Peruzzi e negli altri fallitine rimasono disertie tali per questacagione ne fallirono. Per lo quale fallimento di Bardie PeruzziAcciaiuoliBonaccorsidi Cocchid'AntellesiCorsinique' daUzzanoPerondolie più altre piccole compagnie e singulariartefici che falliro in questi tempi e primaper gl'incarichi delComune e per le disordinate prestanze fatte a' signorionde adietroè fatta menzionema però non di tuttiche troppo sonoa contarefu alla nostra città di Firenze maggiore rovina esconfittache nulla che mai avesse il nostro Comunese considerrailettoreil dannaggio di tanta perdita di tesoro e pecunia perdutaper li nostri cittadinie messa per avarizia ne' signori. Omaladetta e bramosa lupapiena del vizio dell'avarizia regnante ne'nostri ciechi e matti cittadini fiorentiniche per cuvidigia diguadagnare da' signori mettere il loro e·ll'altrui pecuniai·lloro potenza e signoriaa perderee disolare di potenzala nostra republica! che non rimase quasi sustanzia di pecunia ne'nostri cittadinise non inn alquanti artefici o prestatorii qualicolla loro usura consumano e raunano a·lloro la sparta povertàdi nostri cittadini e distrettuali. Ma non sanza cagioni vengono a'Comuni e a' cittadini gli occulti giudici di Dio per pulire i peccaticommessisiccome Cristo di sua bocca vangelizzando disse: "Inpeccata vestra moriemini etc.". I Bardi renderono per pattoi·lloro possessioni a' loro creditori soldi VIIII danari IIIper librache non tornarono a giusto mercato soldi VI per libra. E'Peruzzi patteggiarono a soldi IIII per libra in posessionie soldiXVI per libra nelle dette di sopradetti signori; e se riavessonoquello deono avere dal re d'Inghilterra e da quello di Ciciliaoparterimarrebbono signori di gran potenzia di ricchezza; e' misericreditori diserti e poveriperché fallì credenze e·llemalvagie aguaglianze delli ordini e riformagioni del nostro corrottoreggimento del Comuneche chi ha podere più ha a suo senno idicreti del Comune. E questo bastie forse ch'è troppo averedetto sopra questa vergognosa matera; ma non si dee tacere il veroper chi ha a·ffare memoria delle cose notabili ch'ocorronoper dare asempro a quelli che sono a venire di migliore guardia. Contutto noi ci scusiamoche in parte per lo detto caso tocchi a·nnoiautoreonde ci grava e pesa; ma tutto aviene per la fallabilefortuna delle cose temporali di questo misero mondo.



LVI - Ancora di novità statein questi tempi in Firenze

Nel detto annoall'entrante digennaiodi mezzodì uno lupo grande e salvatico entròper la porta a San Giorgioe scese giùe corseessendoisgridatoquasi gran parte d'Oltrarno; ma poi fu preso e morto allaporta a Verzaia. E in que' dì cadde uno scudo di gesso dipintocol giglioch'era commesso sopra la porta dove abita il podestàonde molti aguriosi per li detti segni temettono di future novitàalla nostra città. E in que' dì arse una casa di messerSimone giudice da Poggibonizzi nel popolo di San Brocolo. E nel dettoanno passato III volte vi s'accese il fuoconon trovandovi cagionechi 'l v'avesse acceso o messo; e molti amirandosi di ciòdissono fu opera d'alcuno maligno spirito.



LVII - Come il re di Francia diederapresaglia sopra i Fiorentini per tutto il suo reame a petizione delduca d'Atene

Del mese di febraio del dettoanno Filippo di Valos re di Franciaa petizione del duca d'Atenegli diè rapresaglia sopra i Fiorentini inn-avere e in personain tutto il suo reame se infino al calen di maggio prossimo nonavessono contento il detto duca d'Atene di ciò che domandavadi menda a' Fiorentinich'era infinita quantità. Poi del mesedi luglio la confermòe diede balìa al duca d'Atenech'elli li potesse prendere e incarcerare e tormentare a sua volontànon togliendo loro la vita o membrosiccome traditori del lorosignore il duca d'Atene. Questo fu iscortese titolo dato per lo reper la rapresaglia contra il Comune e cittadini di Firenzesanzavolere udire o accettare le ragioni del Comune di Firenzeo·llefini e quitanze fatte per lo detto duca al Comuneessendo di làal continovo il sindaco e ambasciadore del Comune con pieno mandato eragioni del nostro Comunericheggendo ragione al re e suo consiglioe di commetterla in giudice non sospettoa·ccui al repiacesse fuori del reame; non ebbe luogo né intesa ragione perlo reo suo consiglioch'avesse il Comune di Firenzeonde convenneche tutti i Fiorentiniche non fossono suoi istanti borgesidacalen di maggio inanzi si partissono di tutto il reameo stessononascosi in franchigie o in chiese co·lloro grande sconciointeressi e dannaggio e pericoloonde il detto re fu molto biasimatoda ogni savio e buono uomo di suo reame e di fuori ch'amassonogiustizia e ragionela quale elli fuggivacome era usato di fareelli e meser Carlo di Valos suo padre; onde al tutto perdél'amore e·lla fede di tutti i cittadini di Firenzecosìdi Guelfi come di Ghibellinich'amavano suo onore e stato e dellacasa di Francia. Ma per gli altri suoi più innormi peccati inspergiuri a santa Chiesa e dislealtadi per lui fatti Iddio ne mostròe fece tosto vendettae·ggià cominciatae come tostoapresso leggendo si potrà trovare.



LVIII - D'una grande disensioneche·ffu in Firenze dal Comune allo inquisitore de' paterini

Nel detto anno e del mese dimarzoessendo inquisitore in Firenze dell'aretica pravità unofrate Piero dall'Aquila de' frati minoriuomo superbo e pecuniosoessendo fatto per guadagneria proccuratore ed esecutore di meserPiero... cardinale di Spagna per XIIm fiorini d'oro che dovea averedalla compagnia delli Acciaiuoli fallitaed essendo per rettori delnostro Comune messo in tenuta e posessione di certi beni della dettacompagniae alcuno sofficiente mallevadore di loro preso persodisfazionefece pigliare a tre messi del Comune cittadini e piùfamiglia del podestà messer Salvestro Baroncelli compagnodella detta compagnia delli Acciaiuoliuscendo del palagio de'priorie co·lloro licenza acompagnato d'alquanti lorofamigliari; onde si levò il romore in sulla piazzae per glialtri famigliari di priori e per quelli del capitano del popolochev'abitava di costafu riscosso il detto meser Salvestro; e presi idetti messi e famigliari della podestà e a' messi percomandamento de' priorie per l'ardire e prosunzione di fare controla loro signorevile franchigia e licenziadi fatto feciono tagliareloro le manie confinare fuori di Firenze e contado per X anni. Allapodestà e sua famiglia scusandosi per ignoranzae vegnendoalla mercé de' prioriprofferendo ogni amenda al loropiaceredopo molti prieghi furono liberati i suoi famigliari. Per ledetta novità lo 'nquisitore isdegnatoe ancora più perpaurase n'andò a Sienae scomunicò i priori e ilcapitanoe lasciò interdetta la terrase infra sei dìno·lli fosse renduto presomeser Salvestro Baroncelliallaquale scomunica e interdetto s'apellò al papae a corte sìmandaro grande ambasceria. I nomi de' detti ambasciadori sono questi:messer Francesco Brunelleschimessere Antonio delli AdimarimessereBonaccorso de' Frescobaldi chericomesser Ugo della Stufa giudiceeLippo Spinie ser Baldo Fracassini con sindacato per lo Comune conpieno mandatoe portarvi le ragioni del Comunee fiorini Vm d'orocontanti per dare di quelli delli Acciaiuoli al cardinalee di VIImfiorini d'oro obrigare il sindaco del Comune per li detti Acciaiuoliin pagare in certe paghe annualmente. Ancora portarono per cartetutte quelle baratterie e rivenderie fatte per lo detto inquisitoreche più di VIImD fiorini d'oro in due anni si disse si trovòfatto ricomperare più di nostri cittadinigli piùingiustamentesotto titolo di peccato di resia. E non sia intenzionedi chi questo processo leggerà per lo tempo a venireche a'nostri tempi avesse tanti eretici in Firenze per le tantecondannagioni pecuniali ch'avea fatte lo 'nquisitoreche mai non cen'ebbe menoma quasi niuno. Ma per atignere danarid'ogni piccolaparola oziosa ch'alcuno dicesse per niquità contro a·dDioo dicesse ch'usura non fosse peccato mortaleo similicondannava ingrossa somma di danarisecondo ch'era ricco. Questo s'oppose per loComuneonde a corte dinanzi al papa e cardinali in piuvicoconcestoro il detto inquisitore fu riprovato per li ambasciadori perdisleale e barattieree sospese alquanto tempo le sue scomuniche eprocessi d'interdetto. E dal papa e cardinali i detti ambasciadorifurono bene ricevuti e onorati alla loro venuta dal papacon tuttoche tra·lloro male fossono d'accordoe i più di lorointesono a·lloro singularitàche a bene di Comuneonde ne tornarono con poco onore e benificio fatto per lo Comune; ecostarono più di IImCC fiorini d'oro.

E ancora per la detta cagione ilComune e popolo di Firenzeper levare le baratterie alliinquisitorifeciono dicreto e legge al modo de' Perugini e del re diSpagna e di più altri signori e Comuniche niuno inquisitoresi potesse intramettere in altro che nel suo uficioe nullocittadino o distrettuale condannare in pecuniachi·ssitrovasse eretico mandarlo al fuoco. E fulli tolta e disfatta lacarcere datali per lo Comuneove tenea i suoi presie cui per lo'nanzi facesse prenderegli mettesse nelle carcere del Comune coglialtri. E fu fatto ordineche podestà né capitano nésecutore né altra signoria non dovesse dar loro famiglialicenza o messo per fare pigliare nullo cittadino a petizione dello'nquisitore o del vescovo di Firenze o di Fiesolesanza licenza de'signori prioriper cessare cagioni di scandali e di riottae percessare le baratterie e rivenderie di dare la licenza di portarel'arme da offendere a più cittadini per lo inquisitore e perli Vescovionde la città parea iscomunatatanti erano quelliche·lla portavano. E ordinaro che·llo 'nquisitore nonpotesse tenere più di VI famigliari con arme da offenderenédare a più licenza di portarla; e al vescovo di Firenze a XIIfamigliari; e a quello di Fiesole VI; che·ssi trovòsecondo si disseche 'l detto frate Piero inquisitore avea data lalicenza di portalla a più di CCL cittadinionde guadagnaval'anno pressoo forse piùdi mille fiorini d'oro; e me' ivescovi non ne perdienoe aquistavano amici al loro vantaggio esconcio della republica. Partiti i detti ambasciadori da corteilcardinale di Spagna sopradettocome fellonenon istando contentoall'accordo fatto con infestamento del sopradetto inquisitorech'erafuggito in cortecoll'aiuto d'alcun altro cardinaleda capo fecionocitare al papache venissono in corte il vescovo di Firenze e tuttii prelati che non aveano oservato lo 'nterdettoe' priori e signoriee collegi ch'erano allora; onde in Firenze n'ebbe grande turbazionecontra la Chiesae da capo rifeciono sindacatoe mandarono in cortea riparare. Ma·lla maggiore cagione fu perché il papavolea che per lo nostro Comune si levassono certi inniqui capitolifatti per lo Comune contra i chericii quali pur erano sconci econtra ragionecome dicemmo adietro. E volea il papa trattare co'nostri ambasciadori concordia coll'eletto suo imperadorela qualcosa non piacque al nostro Comune.



LIX - Come il re d'Ungheria seppe lamorte del re Andrease venne in Ischiavonia con grande esercito persoccorrere Giadra e passare in Puglia

Come il re d'Ungheria e quello diPollana seppono la vergognosa morte del re Andreas loro fratellocome adietro facemmo menzionefurono molto tristi e adontati controla reina sua moglie e contro a' reali di Puglia loro consortiparendo loro che fosse stata loro opera e tradigionee vestirsitutti a nero con molti di loro baronie giurato di fare vendetta. Eper più innanimare li Ungari a·cciò farefeciono fare una bandierala qual sempre si mandavano inanzi: ilcampo neroe·llo re Andreas impiccatoch'era una orribilecosa a vedere.

Per fare la detta vendetta siproferse a·lloro il Bavero re d'Alamagnae il figliuolomarchese di Brandiborgoe 'l dogio d'Osterice più altrisignori della Magna con tutto loro podere per lo innormo oltraggioa·lloro fattoi quali per loro s'accettaronoe giuraronoa·cciò fare lega e compagnia. E·llo red'Ungheria mandò a corte al papa grande ambasciaria del mesedi marzo richeggendo di volere esere coronato del reame di Cicilia edi Pugliach'a·llui succedea; e che vendetta fosse dellamorte del re Andreas così in cherici come in laicidandonecolpa al cardinale di Peragorga cognato del duca di Durazzoche·ll'avea sentito e ordinato. A' quali ambasciadori non fudato concestoro piuvico per la detta cagionee aponendosi per lopapa che 'l re d'Ungheria avea fatta lega e compagnia col dannatoBavero. Onde il re d'Ungheria e tutti gli Alamanni si tennono malcontenti del papa e della Chiesa; ma però non lasciarono difare sua impresa per passare in Puglia e per soccorrere la sua cittàdi Giadracome diremo apresso.

Essendo la città di Giadrainn-Ischiavonia ribellata a' Vinizianicome adietro facemmomenzionee partito di Schiavonia il re d'Ungheria con suo esercitol'anno passato MCCCXLVi Viniziani v'andarono incontanente a ostecon gran potenzae asediarla per terra e per maremenandovi soldatia cavallo e a piede di Lombardia e di Romagna e di Toscana con gransoldo; onde di Firenze v'andarono per ingordigia del detto soldo tredi casa i Bondelmonti con CCC masnadierii quali Fiorentini alcontinovo dalle mura erano rimprocciati da' Giaratiniche·ssipartissono dal loro asedioch'erano amicie andassono a farsisconfiggere a Luccae servissono i Viniziani che gli avieno traditialla guerra di meser Mastino. E così vi continovòl'oste dall'agosto MCCCXLV al maggio MCCCXLVIdando alla terracontinue battaglie e asaltie que' d'entro al continuo uscendo fuoria badalucchi e scaramuccie francamente asalendo il campo. Ma que'di Giadra dubitando che per lungo assedio non mancasse loro lavettuagliarimandaro per lo re d'Ungheria; il quale sentendo ciòper messaggi di quelli di Giadrae per seguire la sua impresa divenire in Pugliaritornò inn-Ischiavonia con più diXXXm tra Ungheri e Tedeschia cavallo la maggiore parteche bene iXXm erano arcierie gli altri buoni cavalieri. Sentendo i Vinizianila sua venuta ringrossaro il loro oste di gente e di navilee pernon aspettare in campo la sua venutavollono provare inanzi d'averela città per forza. A dì XVI di maggio MCCCXLVIordinaro di dare alla terra una grande battaglia per mare con IIIInavi grosse incastellatee con ponti da gittare in sulle murae conXX piatte imborbottatee con dificie XL ghianzeruole e XXXII galeearmate con molti balestrieri; e per terra con tutto l'esercitodell'ostei quali furono tra per mare e per terra più diXVIIm d'uomini in armetra' quali avea più di IIIImbalestrieri. La battaglia fu aspra e durae continovò dallamattina alla serasanza potere aquistare niente; però che·llacittà era forte di torri e di mura e fossidall'altra parteil porto forte e·lla marina; e perché quelli di Giadraerano buona gente d'arme si difesono valentementee verso la seraquando i Viniziani si ricoglienoapersono una porta della terraseguendogli vigorosamente combattendoe morivvi della gente diViniziani più di De fediti gran quantità. Veggendo iViniziani che non poteano avere la città per battagliaesentendo che 'l re d'Ungheria con suo esercito era presso a Giadra aXXX migliae ogni dì s'apressavai Viniziani si levarono delcampo dov'erano di costae quasi intorno intorno alla cittàe ritrassonsi in su un forte colletto di lunge da Giadra da uno mezzomiglio sopra la marinae quello come bastita aforzaro con fossi esteccati e torri di legname. Come il re d'Ungheria s'apressòalla terra con suo ostemandò parte di sua gente d'arme arichiedere i Viniziani di battaglia; non ebbe luogo che la volessonoma si stavano rinchiusi nella loro bastita con grande paura esofratta di vittuaglia più dì. Il re d'Ungheria fecefornire Giadra di vettuaglia e di ciò ch'avea mestieroealcuno disse v'entrò in persona isconosciutoper dare a'Giaratini vigore. I Viniziani co·lloro ambasciadori stavano incontinui trattati col detto repromettendogli di dare loro navile eaiuto a passare in Pugliama voleano Giadra a·lloro signoriacon uno piccolo censo di dare a·llui di risorto; il qualetrattato non piacendo al renon ebbe luogo. E però che'Viniziani co·lloro danari corruppono certi di suoi baroniungarie consigliaro dislealmente il loro signore che·ssitornasse in Ungheriaperch'era caro il paese d'Italia quell'anno divittuaglia a tanto esercito; e in parte era il veroe non aveaordinato il navilio da potere passare in Pugliae però sitornò in Ungherialasciando fornita Giadra. La bastita diViniziani si rimase la detta state con grande spendio di Vinizianirinovandovi spesso gente; e bisognava beneperò ch'eranoassaliti sovente da quelli della terra. E per disagi vi si cominciògrande infermeria e mortalitàe morìvi molta genteintra gli altri i sopradetti nostri tre cittadini de' Bondelmonti coni più di loro masnadeche non ne tornaro il quarto. Lasceremodi questa materae torneremo a dire della lezione del nuovo imperioCarlo figliuolo del re Giovanni di Buem.



LX - Come Carlo figliuolo del re diBuem fu eletto re de' Romani

L'anno MCCCXLVIdel mesed'aprilevenuto in corte di papa Carlo figliuolo del re di Buemasommossa del papa e per suducimento del re di Franciaperprocacciare d'essere eletto imperadore per contastare al Baveroeper avere di lui il re di Francia più stato e favoreperòch'era suo parentee venneli al re di Francia bene a bisognocomesi troverrà; e avrebbono bene proccurata la detta lezione perlo re Giovanni di Buem suo padrese non che per sua malattia eraquasi perduto della vista degli occhi. Ma il detto Carlo era pro esavio signoree d'età di... anni. Per cagione della dettalezione grande disensione n'ebbe tra 'l collegio de' cardinali tra eper la morte del re Andreas e perché gli ambasciadori del red'Ungheria non erano esauditi dal papa. Ed erano in due sette partitii cardinaliche dell'una era capo il cardinale fratello del conte diPeragorgoe questi volea la lezione del detto messer Carloecontradiavano il re d'Ungheriae tenea co' cardinali franceschiederane capo il favore del re di Francia; dell'altra setta era capo ilcardinale fratello del conte di Cominge co' cardinali guasconi e loroseguaciche volieno il contrario; e ciascuna era di gran potenza eséguito; e furono a tantoche in piuvico consistoro dinanzial papa si dissono onta e villania insiemerimprocciando quello diCominge a quello di Peragorga ch'egli era stato quelli ch'aveaordinato e fatto morire il re Andreas chiamando l'uno l'altrotraditore di santa Chiesalevandosi ciascuno da sedere peroffendersi insieme; e fatto l'avrebbonoche ciascuno era guernitod'arme da offendere privatamentese non fossono quelli ch'entraronoin mezzoonde tutta la corte ne fu scompigliata e in armeecortigiani e·lle famiglie de' cardinali. E ciascuno di dettidue cardinali abarraro le loro case e livreee stettono armati e inguardia buona pezzase non che 'l papa e gli altri cardinali gliriconciliarono insiemerimanendo ciascuno con mala voglia. A talestato venne il collegio dell'apostolica nostra santa Eclesia per ledisensioni di suoi cardinali. Di ciò è gran cagione ecolpa di papi ch'hanno eletti a cardinali i detti due grandi epossenti Galli e simigliantie questo è l'esempro ci dannoa·nnoi laicie seguono bene a contrario l'umiltà disanti apostoli di Cristoil cui ordine rapresentano. Iddio gliadirizzi nella sua santa via d'umilitàa riposo e stato disanta Chiesa. Per le dette disensioni non lasciò il papa diprocedere in prima di fare nuovi processi contro al Bavero e ilfigliuoloe chi loro desse aiuto o favoree privandoli d'ognititolo d'imperiocon molti altri articoli; e·lla dettasentenzia fece piuvicare in cortee poi mandare per tutto ilCristianesimoper potere meglio fornire la sua intenzione. E questofu ben fattoché 'l Bavero era persegutore di santa Chiesacome adietro ne' suoi processi facemmo menzione: e poi di far farecol suo favore la lezione dello 'mperio nella persona del detto meserCarlo. E perché l'arcivescovo di Maganzach'era l'uno de'lettorinogli volea dare la sua bocesì 'l dispuose il papaed elessene un altro a sua petizionee questo fu della rinforzata. Epartito il detto meser Carlo di corte colla benedizione del papa econ sua dispensagioneche nonistante che·lla lezione sidovesse per consueto fare a Midelborgo in Alamagnae·llaprima corona prendere ad Asia la Cappella colle solennitàusatech'elli le potesse fare ove a·llui piacesseperchéil Bavero né 'l suo figliuolo colla potenza delli Alamanichei più o quasi tutti tenieno co·lloronol potessecontastare. E giunto lui in suo paesea dì XI di luglioMCCCXLVI apo... fu eletto il detto Carlo a re de' Romani perl'arcivescovo di Cologna e per quello di Trievi suoi congiunti perparentadoe per lo nuovo eletto per lo papa arcivescovo di Maganzae per lo duca di Sansognae confermato per lo re di Buem suo padree figliuolo che·ffu dello 'mperadore Arrigo di Luzimborgo:falligli la boce del duca di Baviera e quella del figliuolo marchesedi Brandiborgo; ma per dispetto della detta elezioneper li piùsi chiamava lo 'mperadore de' preti. Lasceremo di questa lezione e diquello ne seguìe torneremo a dire della guerra di Guascognae della venuta del re d'Inghilterra in Normandiach'assai ne crescegrande e maravigliosa matera.



LXI - Di certa rotta che·llagente del re di Francia ricevettono dalla gente del re d'Inghilterrain Guascogna

Tornando a raccontare dellaguerra di Guascognaessendo messere Gianni figliuolo del re diFrancia intorno al castello d'Aguglionee per lo paesepercontastare il conte d'Ervi e' suoi Inghilesiche non scendessonoverso Tolosa (il detto meser Gianni era in Guascogna con VImcavalieri e bene Lm pedoni tra' Franceschi e di LinguadocoGenovesie Lombardi)del detto campo si partì il siniscalco di Gienecon DCCC cavalieri e IIIIm pedoniper prendere uno castello delnipote del cardinale della Motta presso ad Aguglione a XII leghe.Sentendo ciò l'arcidiacono d'Unfortecui era il dettocastelloandò alla Roeladov'era il conte d'Ervi colla suaoste per genteper soccorrere il detto castello; onde il conte lidiè gente assai a cavallo e arcieri inghilesi a pièecavalcaro tutta la nottee giunsono al detto castello la mattina pertempodì XXXI di luglio MCCCXLVI; e trovarono che·llagente del re di Francia v'era giunta il dì dinanzie fortecombatteano il castellola gente del re d'Inghilterra sanza piùattenderesubitamente asalirono i Franceschidov'ebbe aspra e durabattaglia. Alla fine furono sconfitti i Franceschie rimasevi presoil detto siniscalco di Gienne con molti altri gentili uomini; e moltiv'ebbe di morti e presi di cavalieri da CCCCe pedoni IIm tra mortie presi. Tornati al campo quelli di meser Gianniquelli che scamparodella detta battagliamesser Gianni ebbe suo consiglioe diliberarodi combattere il castello d'Aguglionetra per queste novelle delladetta sconfitta e perch'avea novelle che 'l re d'Inghilterra eraarrivato in Normandia con gran navilio e esercito di gente d'arme acavallo e a piè. E il primo dì d'agosto con tutta suagente fece dare battaglia intorno intorno al castello d'Aguglionedalla mattina alla sera; quelli del castelloche v'avea dentro assaibuon gente d'arme gentili uomini da CCCCe sergenti guasconi einghilesi da VIIIcsi difesono francamente. E alla ritratta la seradi Franceschiquelli del castello uscirono fuori vigorosamentefaccendo danno assai a' loro nimicie uccisonne da DCCma piùne fedirono della gente di meser Gianni ch'erano al di fuorierimase la terra fornita per VI mesi. Sentendo ciò meserGiannie veggendo che per battaglia nol potea prenderefeceritrarre sua oste adietro; e mandò al papa pregandolol'asolvesse del saramento ch'avea fatto del non partirsi se nonavesse il castelloed ebbe l'asoluzione dal papa. E diliberòd'andare colla maggiore parte di sua gente in Francia a soccorrere ilre suo padreche·nn'avea grande bisognocome diremo apressonel seguente a questo altro capitoloe fece mettere fuoco nel suocampocon gran danno di sua gente inferma e di loro arnesi; elasciate fornite le frontierecon sua gente ne venne verso Parigi.Partito meser Gianni di Guascognail conte d'Ervi prese molte villee castella. Lasceremo alquanto de' suoi andamentie diremo d'unabattaglia che·ffu in que' dì dal vescovo di Legge a'suoi cittadiniritornando poi a racontare la guerra e battaglie dalre di Francia a quello d'Inghilterra e di loro genteche furonograndi cose e maraviglioseonde assai ne cresce matera.



LXII - Come il vescovo di Legge consua gente furono sconfitti da quelli della città di Legge

Nel detto anno MCCCXLVIa dìXXV di luglioil giorno di santo Iacopoavendo grande discordia dalvescovo di Legge ch'era... al suo capitolo di calonaci e borgesi diLeggeciascuna parte fece sua ragunata di gente d'arme. E colvescovo fu della gente di meser Carlo eletto re de' Romanie chidisse vi fu in personach'andava con sua gente a Parigi in servigiodel re di Franciache n'avea gran bisogno; e fuvi il sire diFalcamonte e più altri baroni di Valdireno. E con quelli diLegge simigliantemente avea di baroni del paesee fuvi inn-armeco·lloro la moglie del Bavero e il figliuolo ch'andavanoinn-Analdoche·lle succedea per la morte del conte suo padre.E fuori della città di Legge fu tra·lloro granbattagliatutta non fosse campale né ordinata; e·ffuin quella sconfitto il vescovo e sua gentee morìvi il siredi Falcamontee più altri gentili uomini e de' calonaciedell'una parte e dell'altra. Il Vescovo si fuggì con sua gentea Dinante. Lasceremo a dire più di questa guerrae torneremoa dire come il re d'Inghilterra passò in Normandia sopra il redi Franciach'assai ne cresce matera di scrivere.



LXIII - Come il re d'Inghilterra passòcon sua oste in Normandiae quello vi fece

Nel detto anno MCCCXLVIavendoil re Aduardo ragunato suo navilio di DC navi a l'isoletta d'Uicheinn-Inghilterracolla sua gente in quantità di IImD cavalierie da XXXm sergenti e arcieri a piè per passare nel reame diFranciaudita la messa solennementee comunicatosi co' suoi baronie a·lloro fatta una bella diceriacom'elli con giusta causaandava sopra il re di Francia che·lli ocupava la Guascogna atortoe·lla contea di Ponti per la dote della madree perfrode gli tenea Normandiacome lungamente adietro facemmo menzioneal tempo del bisavolo del padre re Ricciardo d'Inghilterrae del reFilippo il Bornio re di Franciaquando tornaro d'oltremare gli anniDomini intorno MCC; e ancora proponendo a sua gente com'avea nelreame di Francia più ragione per la successione della reinaIsabella sua madre figliuola del re Filippo il Belloche non avea ilre Filippo di Valos figliuolo di meser Carlo fratello secondo che·ffudel re Filippo il Bello che·lla possedeache non era delladiritta lineama per collaterale; pregando sua gente che fossonofranchi uominiperò ch'elli avea intenzione di rimandareadietro il navilecome fosse arrivato nel reame di Franciasicch'a·lloro bisognava d'esere valorosi e d'aquistare terracolla spada in mano o d'essere tutti mortiche 'l fuggire nonavrebbe luogo; pregando chi dubitasse o temesse di passare rimanesseinn Inghilterra colla sua buona grazia; tutti rispuosono a grido auna boce che 'l seguirebbono come loro caro signore di buona vogliafino alla morte. E·llo re veggendo sua gente ben disposti allaguerradando sue lettere chiuse alli amiragli delle navise casoavenisse che per forza di vento si partissono dallo stuoloper lequa' lettere contava dove volea arrivaree comandò nonl'aprissonose non quando s'apressassono a terra. E così sipartì a dì X di luglio; e navicando più giorniquando adietro e quando inanzicome gli portava la marea del fiottoarrivò sano e salvo con tutto suo navile e genti a Biafiore inNormandia a dì XX di luglio. E come la sua gente fu smontataco·lloro armi e cavalli e arnesi e vettuaglia recata co·llororimandò la maggiore parte del navile adietro inn-Inghilterra;ed elli con sua oste cominciò a correre la Normandiarubandoe ardendo e dibruciando chi nol volea ubidire e darli mercato divittuaglia; e in pochi dì gli s'arendéo la cittàdi Sallu e Gostanza e Gostantino e Balliuolo terre di Normandiaericomperarsi da·lluiperché no·lli guastasse.La terra di Camo gli fece risistenza per lo castello che v'era fortedel re di Franciaed eravi venuto il conte di Ducioè ilconestabole di Franciacon gran gente d'arme a cavallo e a piè;la quale terra di Camo combatté più dì; allafine per forza combattendosconfisse il detto conistabile e suagente alquanto fuori della terra. Avuta la vittoria del dettoconestabile e di sua genteincontanente ebbe e prese la terra diCamoche non era guari forte salvo il castello. E prese allabattaglia il detto conestabolee·ll'arcivescovo di Tervanae'l camarlingo di Mollue più altri cavalieri e baroni inquantità di LXXXVIe morìvi assai gente in quantitàdi Vm; e rubata la terrache bene XLm panni ebbe tra di Camo edell'altre ville dettee' fece mettere fuoco in Camoperch'aveafatta risistenzae arsene assai; e' prigioni ne mandò presiinn-Inghilterra colla preda presa. E così cominciò lafortuna del franco Aduardo d'Inghilterrae adirizzò sua osteverso Ruemecrescendoli ogni dì gente d'Inghilterrachetutto dì vi passavano di volontà per guadagnareeseguendolo molti Normandigentili uomini e altriche non amavano lasignoria di Franciasicché si trovò con IIIImcavalieri buona gentee più di Lm sergenti a piè co'Normandiche i XXXm erano arcieri inghilesi.



LXIV - Come 'l re d'Inghilterra sipartì di Normandia e venne presso di Parigi ardendoeguastando il paese

Sentendo il re di Francia come ilre d'Inghilterra era arrivato in Normandiae prese le sopradetteterre e 'l suo conestabole e di sua genteincontanente si partìdi Parigi con quanta gente potéo raunare a·ccavallo e apièper andare a soccorrere Ruem in Normandia che non sirubellassesentendo che certi di baroni del paese ribelli del re diFrancia ne tenieno trattato col re d'Inghilterra e con quelli dellacittà di Ruem; e posesi a campo il re di Francia al ponte adArce sopra il fiume della Sennae quello fece tagliaree tutti glialtri ponti ch'erano sopra Sennaacciò che 'l red'Inghilterra e sua gente non potesse di qua passare; e fornìRuem di sua gente a·ccavallo e a piede; e lasciòquando si partì di Parigial suo proposto di Parigi chefacesse disfare le case ch'erano di fuori e dentro di costa le muradi Parigiper afforzare la città. Per la qual cosa icittadini di cui erano le case cominciarono a·llevare romoreonde la terra fu tutta scompigliata e sotto l'armee in pericolo dirubellarsi al rese non fosse che in quelli giorni giunsono inParigi il re Giovanni di Buem e Carlo suo figliuolo eletto re de'Romani con D cavalieri rimasi loro della rotta del vescovo di Leggecome dicemmo adietro. Costoro rifrancarono Parigie feciono aquetareil romoree rimanere la detta disfazione delle case per contentare iborgesi di Parigi. Lo re d'Inghilterra ch'era acampato con sua ostedi là da Ruem tre leghe; e·llà venuti duecardinali legati del papamesser Anibaldo da Ceccano e messer Pierodi Chiermontei quali cardinali mandava il papa per fare accordotra·llui e·rre di Franciavolendo che·ssirimettesse nel papa ogni quistione; il re Aduardo d'Inghilterra nonfidandosi del papano·lli volle udire dell'accordoe per piùriprese si ruppe da' trattati de' detti legatiperch'a·lluiparea che 'l papa favoreggiasse troppo la parte del re di Francia;anzi furono d'alquante loro cose rubati dall'Inghilesi; ma il reAduardo gli fece ristituiree donò loro del suo assai peramendae così si tornaro verso Parigi. Lo re Aduardo perdutala speranza d'avere la città di Ruemond'era in alcunotrattatoperò che v'era giunto al soccorso il re di Franciacon grande oste di cavalieri e popolosi misse a venire verso Parigidi là dal fiume di Sennaardendo e guastando il paese conmolte prede e prigioniperò che 'l paese era molto popolato ericco. E·lla vilia di nostra Donna d'agosto s'acampò aPusci e San Germano dell'Aia e·lla sua gente scorse finopresso a Parigi a due leghee arsono la villa di Sancro e quella diLuvierie più altre ville grandi e piccoleprima rubateepoi arsech'era il più bello paese e il più caro delmondo del tantostato più di cinque centinaia d'anni inriposo e tranquillo sanza guerraonde fu gran dannaggio. O maladettaguerraquanti malifici fai a disertamento de' reami e de' popoliper punizione de' peccati delle genti!Lo re di Francia sentendo comelo re d'Inghilterra con sua oste era venuto verso Parigisi partìdal ponte ad Arcee vennene costeggiando la riviera di Sennainmezzo dall'una oste all'altra verso Parigi; e giunto a Parigimandòa meser Carlo Grimaldi e Antone Doria di Genovaamiragli delle sueXXXIII galeech'erano a Rifrore in Normandiache disarmassonoecon tutte le ciurme con balestrieri venissono a Parigie cosìfeciono; e·llo re di Francia s'acampò fuori di Parigimezza lega a San Germano di Pratie·llà fece suamostrae trovossi con VIIIm buoni cavalieri e più di LXm disergenti a pièche più di VIm v'avea di Genovesi abalestratra delle galee e venuti da Genova per terra al soldo delre; intra 'l quale esercito aveasanza il re di FranciaV re dicorona; ciò era il re di Navarra suo cuginoil re diMaiolicae il re di Bueme 'l suo figliuolo eletto re de' Romanieil re di Scozia; ciò fu Davit figliuolo di Ruberto di Brusrubello del re d'Inghilterra.



LXV - Come il re d'Inghilterra sipartì di Pusci per andare in Piccardia per accozzarsi co'Fiaminghi

Come il re d'Inghilterra seppe lavenuta del re di Francia a Parigie avendo guaste le ville fra 'lfiume dell'Era e quello di Sennae fallendo la vivanda all'ostepernon essere sopresocom'ordinava il re di Franciasì ordinòe fece fare uno ponte di legname e barche a Pusci in sulla Senna; ebene che fosse contastato dalla gente del re di Franciach'eranodall'altra rivaper forza d'arme e di suoi arcieri li sconfisseefece il ponte compiere; e levato il campo da Pusci e da San Germanodell'Aiain quelli fece mettere fuocoe con sua oste passòil fiume di Senna a dì XVI d'agostoe venne a Pontosae·llàtrovò risistenza di gente che v'avea mandata il re di Franciaa·ccavallo e a pièe fornito il castello; ondecombatté la terra per due dì; alla fine la vinse perforzasalvo il castello; e quanta gente vi trovò mise amortesalvo le femmine e' fanciullia' quali diè licenzia sipartissono con ciò che·nne potessono portaree guastòla terrasalvo i monisteri e·lle chiese. E poi seguìsuo cammino per andare ad Albavilla in Ponti per ritrovarsi co'Fiammighi ch'erano usciti fuori con più di XXXm in armeederano stati a Bettonae poi presso ad Arazo a IIII leghe guastandoil paesee poi s'erano ridotti a Scrusieri inn-Artese per accozzarsicol re d'Inghilterracom'era dato l'ordine tra·llorochemeser Ugo d'Astigheparente e barone del re d'Inghilterravenne adì XVI di luglio in Fiandra con XX navi e DC arcieripersollicitare i Fiamminghi a·cciò farei quali eranoritornati all'asedio di Bettonae a quella diedono piùbattaglie e co·lloro danno di morti e di fediti. Lasciamo adire alquanto di Fiaminghie torneremo a dire degli andamenti del redi Franciache seguì il re d'Inghilterra.



LXVI - Come il re di Francia con suaoste seguì il re d'Inghilterra

Come il re di Francia seppe lapartita del re d'Inghilterra da Pontosasi partì con suagente da San Germano di Pratie andonne a San Donigi per seguire ilre d'Inghilterraper combattere co·llui in campoacciòche non distruggesse il paesee inanzi che s'acostasse co' Fiaminghisuoi ribelli; e lasciò in Parigi alla guardia della terraedella reina sua moglie e di più figliuolii borgesi possentidi Parigiche con alcuna altra gente d'arme di suo ostiere efamiglia furono MCC uomini a cavallo. E mandò di sua genteinanzi in Piccardiache togliessono i passi e gli andamenti al red'Inghilterra e·lla vittuagliae tagliassono i ponti allerivieree stare sue genti d'arme a guardare i detti passi e riviere;e il re di Francia con suo esercito n'andò ad Albavilla inPontie così fu fatto. Per la qual cosa il re d'Inghilterrafu a gran pericolo con sua ostee a gran soffratta di vittuagliache VIII dì stettonoche non ebbono se non poco pane népunto di vinoe vivettono di carne di loro bestiameche·nn'avienoassaie mangiando alcuno frutto e bevendo acquaed ebbono grandedifetto di calzamento; e non potendo andare ad Albavilla pe' passiche gli erano toltie fatte le tagliate inanzi. Il re d'Inghilterraprese partito d'andare verso Fiandrama i Franceschi e' Piccardi glifurono apetto alla riviera di Sommach'elli avea a passare. Ma persollicitudine cercò un altro passo in un altro luogodove lariviera facea un gran marese che fiottavama avea sodo fondoche·lli fu insegnatodove mai non era veduto passare cavallo;e·llàritratto il fiottopassò in una nottecon tutta sua gente salvamentelasciando parte delle sue tende efuochi accesi ov'era stato acampatoper mostrare la notte a' nimicich'ancora vi fosse a campo. E come fu passatola mattina per tempoandò asalire parte di suoi nimici che·ll'avienocontastato il passoche v'erano assai presso accampatie non siprendeano guardiacredendo non avessono potuto passare la riviera diSommae missegli inn-isconfittaonde furono tutti morti e presi;che furono tra a·ccavallo e a piè parecchi migliaia.Apresso seguiro loro cammino affamati con grandi disagie andaronoil venerdì XXV d'agosto tra 'l dì e·lla nottebene XII leghe piccardesanza riposarecon grande affanno e fameearrivarono presso Amiensa a VI leghe a uno luogo e borgo di costa auno bosco che·ssi chiama Crescì. E avendo a passare unapiccola rivierama era profondaconvenne passassono uno o a dueinsiemetanto ch'uscissono del passoche non aveano contasto: esentendo che 'l re di Francia gli seguitavasì s'acamparonoin quello luogo fuori della villa di Crescì in su uno collettotra Crescì e Albavilla in Ponti; e per afforzarsisentendositroppo men gente che' Franceschie per loro sicurtàchiusonol'oste di carriche·nn'aveano assai di loro e del paesee·llasciarvi una entratacon intenzionee non potendoschifare la battagliadisposti di combattere e di volere anzi morirein battaglia che morire di fameche·lla fuga non avea luogo.E ordinò il re d'Inghilterra i suoi arcieriche·nn'aveagran quantità su per le carrae tali di sotto e con bombardeche saettavano pallottole di ferro con fuocoper impaurire edisertare i cavalli di Franceschi. E della sua cavalleria il dìapresso fece dentro al carrino III schiere; della prima fu capitanoil figliuolo del re della seconda il conte di Rondellodella terzail re d'Inghilterra; e chi era a·ccavallo isciese a pièco' cavalli a destro per prendere lena e confortarsi di mangiare e dibere.



LXVII - D'una grande e sventuratasconfitta ch'ebbe il re Filippo di Francia con sua gente dal reAdoardo il terzo re d'Inghilterra a Crescì in Piccardia

Lo re Filippo di Valos re diFranciail quale con suo esercito seguia il re Aduardo d'Inghilterrae sua gentesentendo come s'era acampato presso di Crescì easpettava la battagliasi andò in verso lui francamentecredendolo avere sopresocome straccato e vinto per lo disagio efame soferta in cammino. E sentendosi di tre tanti di buona gented'arme a cavalloperò che 'l re di Francia avea bene da XIImcavalierie sergenti a piè quasi innumerabiliove il red'Inghilterra non avea IIIIm cavalierie da XXXm arcieri inghilesi egualesie alquanti con acce gualesi e lance corte; e venuto pressoal campo dell'Inghilesi quanto un corso di cavallo potesse trarreuno sabato dopo nonaa dì XXVI d'agostoanni MCCCXLVIil redi Francia fece fare alla sua gente III schiere a·lloro guisadette battaglie; nella prima avea bene VIm balestrieri genovesi ealtri italianila quale guidava meser Carlo Grimaldi e Anton Doriae co' detti balestrieri era il re Giovanni di Bueme meser Carlo suofigliuolo eletto re de' Romanicon più altri baroni ecavalieri in quantità di IIIm a·ccavallo. L'altrabattaglia guidava Carlo conte di Lanzone fratello del re di Franciacon più conti e baroni in quantità di IIIIm cavalieri esergenti a piè assai. La terza battaglia guidava il re diFranciain sua compagnia gli altri re nomati e conti e baronicontutto il rimanente del suo esercitoch'erano innumerabile gentea·ccavallo e a piè. Inanzi che·lla battaglia sicominciasseaparvono sopra le dette osti due grandi corbi gridando egracchiando; e poi piovve una piccola acqua; e ristatasi cominciòla battaglia. La prima schiera co' balestrieri genovesi si strinsonoal carrino del re d'Inghilterra e cominciaro a saettare co·lloroverrettoni; ma furono ben tosto rimbeccatiche 'n su carri e sotto icarri alla coverta di sargane e di drappi che·lli guarentienoda' quadrellie nelle battaglie del re d'Inghilterrach'eranodentro al carrino nelle battaglie ordinate e schiere di cavalieriavea XXXm arciericome detto ètra Inghilesi e Gualesichequando i Genovesi saettavano uno quadrello di balestroquellisaettavano III saette co·lloro archiche parea inn aria unonuvoloe non cadieno invano sanza fedire genti e cavallisanza icolpi delle bombardeche facieno sì grande timolto e romoreche parea che Iddio tonassecon grande uccisione di gente esfondamento di cavalli. Ma quello che peggio fece all'oste de'Franceschi sì fuche essendo il luogo stretto da combatterequant'era l'aperta del carrino del re d'Inghilterrae percotendo epignendo la seconda battaglia del conte di Lanzonestrinsono sìi balestrieri genovesi a' carriche non si potieno reggere nésaettare co' loro balestriessendo al continuo al di sopra da quellich'erano in sulle carrette fediti di saette degli arcieri e dallebombardeonde molti ne furono fediti e morti. Per la qual cagione idetti balestrieri non potendo sostenereessendo affoltati eristretti al carrino da' loro cavalieri medesimi per modo che simisono in voltai cavalieri franceschi e·lloro sergentiveggendoli fuggirecredettono gli avessono traditi; ellino medesimigli uccidienoche pochi ne scamparo. Veggendo Aduardo quartofigliuolo del re d'Inghilterra prenze di Gales che guidava la primabattaglia de' suoi cavalierich'erano da Me da VIm arcierigualesimettere in volta la prima schiera di balestrieri del re diFranciamontarono a·ccavallo e uscirono del carrinoeassalirono la cavalleria del re di Franciaov'era il re di Buem e 'lfigliuolo colla prima schierae il conte di Lanzone fratello del redi Franciail conte di Fiandrail conte di Broisil conted'Iricortemesser Gianni d'Analdo e più altri conti e gransignori. Quivi fu la battaglia aspra e duraperò che apressolui il seguì la seconda battaglia del re d'Inghilterralaquale guidava il conte di Rondelloe al tutto misono in volta laprima e seconda battaglia di Franceschie massimamente per lafuggita de' Genovesi. E in quello stormo rimasero morti il re di Bueme 'l conte di Lanzonecon più conti e baroni e cavalieri esergenti molti. E·llo re di Francia veggendo volgere la suagentecolla sua terza battaglia e con tutto il rimanente di suagente percosse alle schiere dell'Inghilesie di sua persona fecemaraviglie in armetanto fece ritrarre gl'Inghilesi al carrino; esarebbono stati rottise non fosse il ritegno del re Aduardo collasua terza battagliach'uscì fuori del carrino per un'altraaperta che fece fare al suo carreggio per uscire adosso a' nimici aldi dietroe per essere al socorso di suoifrancamente asalendo inimicifeggendo per costae co' suoi Gualesi e Inghilesi a piècoll'arcora e lance gualesie solo intendeano a sventrare i cavalli.Ma quello che più confuse i Franceschi fu che per lamoltitudine della loro gentech'era tanta a·ccavallo e a pièe non intendieno se non a pignere e a urtare co·lloro cavallicredendo rompere gl'Inghilesich'ellino medesimi s'afollarono l'unosopra l'altro al modo che divenne loro a Coltrai co' Fiaminghiespezialmente gl'impediro i Genovesi mortiche·nn'era copertala terra della prima rotta battagliae' cavalli afollati morti ecadutiche tutto il campo n'era copertoe fediti delle bombarde esaetteche non v'ebbe cavallo di Franceschiche non fosse feditoeinnumerabili morti. La dolorosa battaglia durò da anzi vesproa due ore infra·lla notte. Alla fine non potendo piùdurare i Franceschi si misero in fuggae il re di Francia si fuggìla notte ad Amiensa feditocoll'arcivescovo di Rense col vescovod'Amiensae col conte d'Alzurroe col figliuolo del cancelliere diFrancia con da LX a cavallo sotto il pennone del Dalfino di Vienna;però che tutte le sue bandiere e insegne reali erano rimase alcampo abattute. E fuggendo le brigate la notte a·ccavallo e apièda' paesani di loro parte medesima erano rubati e morti;e per questo modo ne perirono assai sanz'altra caccia. La domenicamattina seguenteessendo della gente del re di Francia fuggiti lanottee ridottisi ivi presso ov'era stata la battaglia in su unopoggetto presso al bosco in quantità di VIIIm a cavallo e apièintra gli altri v'era meser Carlo eletto imperadorescampato della prima rottae ivi afrontatisinon sapiendo ovefuggireil re d'Inghilterra vi mandò il conte di Vervich equello di Norentona con gente a cavallo e a piè assaieassalendo quellicome gente sconfittapoco ressonoe fuggendomolti ne furono presi e mortie 'l detto meser Carlo con tre feditesi fuggì alla badia da Riscampoov'erano i cardinali. E·lladomenica mattina medesima giunse il duca dello Renno nipote del re diFrancia in sul campoche venia suo aiuto con IIIm cavalieri e IIIImpedoni di suo paeseessendo ignorante della battaglia e sconfittadella nottechi·ss'avesse vinto; veggendo quella gente de·rredi Francia che detto avemoche per paura tenieno schierati alpoggettosi diè e percosse tra l'Inghilesi; ma tosto furottoe rimasevi morto con da C de' suoi cavalierima·llamaggiore parte di quelli da piè rimasero mortie·llialtri si fuggirono. Nella detta dolorosa e sventurata battaglia perlo re di Francia si disse per li più che scrissono che vifurono presentiquasi inn-accordoche bene XXm uomini tra pièe a·ccavallo vi rimasono mortie cavalli innumerabilequantitàe più di MDC tra conti e baroni e banderesi ecavalieri di paraggiosanza gli scudieri a·ccavallochefurono più di IIIIme presi altrettantie tutti i fuggitifediti quasi di saette. Intra gli altri notabili signori vi rimaseromorti il re Giovanni di Buem con V conti d'Alamagna ch'erano in suacompagniae quello di Maiolicail conte di Lanzone fratello del redi Franciail conte di Fiandrail conte di Broisil duca delloRennoil conte di Sansurroil conte d'Allicorteil conted'Albamala e 'l figliuoloil conte di Salemmi d'Alamagna ch'era colre di Buemmesser Carlo Grimaldi e Anton Doria di Genovae moltialtri signoriche non si sa per noi i nomi di tutti. Il re Aduardorimase in sul campo due dìe fecevi cantare solennemente lamessa del santo Spiritoringraziando Iddio della sua vittoriaequella di mortie consagrare il luogoe dare sepoltura a' morticosì a' nimici come agli amicie' fediti trarre tra' morti efarli medicarela minuta gente e fece dar loro danarie mandollivia. I signori morti ritrovati fece più nobilmente sopellireivi presso a una badiae tra gli altri molto grande onore ed esequiofece al re di Buemsiccome a corpo di ree per suo amorepiagnendosi di sua morte elli con più suoi baroni si vestìa·nneroe rimandò il suo corpo molto onorevolmente amesere Carlo suo figliuolo ch'era alla badia da Riscampoe di làlo ne portò il figliuolo a Luzimborgo. E·cciòfattoil detto re Aduardo colla sua bene aventurosa vittoriachepoca di sua gente vi morì a comparazione di Franceschisipartì da Crescì il terzo dìe andonne aMosteruolo. O santus santus santus dominus deus Sabaotcioèi·llatinosanto di santinostro signoreIddio dell'oste;quant'è la potenza tua in cielo e in terrae spezialmentenelle battaglie! Che talora e bene sovente fa che·lle menogenti e potenza vincono gli grandi esercitiper mostrare la suapotenziae abattere le superbie e orgoglie pulire le peccata de're e de' signori e de' popoli. E in questa sconfitta bene si mostròla sua potenziache' Franceschi erano tre cotanti che·ll'Inghilesi.Ma non fu sanza giusta cagionee non avenne questo pericolo al re diFranciache intra gli altri peccatilasciamo stare il torto fattoal re d'Inghilterra e altri suoi baroni d'occupare il loro retaggio esignoriema più di X anni dinanzi a papa Giovanni giurato epresa la crocepromettendo infra due anni andare oltremare araquistare la Terrasantae prese le decime e susidii di tutto suoreamefaccendone guerra contro i signori cristiani ingiustamente;per la cui cagione moriro e furono schiavi di Saracini d'oltramareErmini e altri Cm Cristianiche per la sua speranza avienocominciata guerra a' Saracini di Soria: e questo basti a tanto.



LXVIII - Quello che 'l re d'Inghilterracon sua oste fece dopo la detta vittoria

Partito il re Aduardo del campoda Crescìove avea avuta la detta vittoriase n'andòcon sua oste a Mosteruolocredendolsi averech'era della contea edota della madre. La terra era ben guernita per lo re di Francia e dimolti Franceschi rifuggiti dalla sconfitta; sì·ssidifesee no·lla poté avere: guastolla intornoe poin'andò a Bologna sor la meree fece il somigliante. Poi nevenne a Guizzantee perché nonn-era muratoil rubòtuttoe poi vi missero fuocoe tutta la villa guastaro. E poi nevennero a Calesee quello era murato e aforzatoe diedonvi piùbattaglie. E non potendolo averevi si puose ad assedio per terra eper maree fecevi una bastita di fuori com'una buona terra aforzatae aconcia da vernarvie ivi con sua oste istette all'assediolungamentecome inanzi faremo menzione; e in ciò misse ognisuo podere per aquistarloper avere porto forte e ridotto di qua damare in su·rreame di Francia. E in questa stanza venne al red'Inghilterra la madre e·lla moglie con due sue sirocchiee·lla figliuolae poi il conte d'Ervi con molto navilio egente d'arme e rinfrescamento di vittuaglia ed ogni guernimento daoste. In questa stanza i due legati cardinali con altri baroni diFrancia e d'Inghilterra furo più volte presso di Calese aparlamentare di pace; non vi poté avere accordo. Ancora standoil re d'Inghilterra al detto assedio di Caleseavendo d'accordopromessa la figliuola per moglie al giovane conte di Fiandraedoveasi allegare co·llui; ma per sodducimento e trattato delre di Francia e per onta rimprocciataliche 'l padre era stato mortoessendo col re di Francia alla battaglia di Crescìcomeadietro facemmo menzionesì·ssi partì dal red'Inghilterra di nascosoe vennesene al re di Franciae tolse permoglie la figliuola del duca di Brabante; e 'l detto duca si partìdalla lega del re d'Inghilterra e allegossi col re di Francia eimparentossi co·llui: e diede il duca al suo maggiorefigliuolo la figliuola di meser Gianni figliuolo del re di Franciaeall'altro figliuolo la figliuola del duca di Borbona della casa diFrancia; e 'l detto duca di Brabante data per moglie la secondafigliuola al duca di Ghelleri nipote del re d'Inghilterra figliuolodella sirocchiaavendo prima tolta e sposata la figliuola delmarchese di Giullieri. Tutte queste rivolture e leghe fece fare il redi Francia contro al re d'Inghilterra per danarionde il duca diBrabante fu molto ripreso; ma però il re d'Inghilterra nonlasciò sua impresa e asedio di Calese. E meser Giannifigliuolo del re di Franciacol duca d'Atene e con altri baroni egrande cavalleria e sergenti a piè in grande quantitàstavano in Bologna sor la mere e d'intorno a fare al continuo guerraguerriata al re d'Inghilterra e a·ssua ostee per mare congalee e altro navileper fornire Calese; ove ebbe più assaltie badalucchi e scontrazziquando a danno dell'una parte e quandodell'altrache lungamente sarebbe a racontare. E dall'altra parte ilre di Francia fece un'altra oste; e fece porre l'assedio a Casella inFiandraacciò che' Fiamminghi non potessono venire in aiuto eaccozzarsi a Calese col re d'Inghilterraonde i Fiaminghi percomunefatto con ordine del re d'Inghilterra loro capitano eguidatore il marchese di Giulierivennero verso Casella percombattersi co' Franceschii quali rifusaro la battagliae partirsidall'asedio di Casellae andarsene a Santo Mieri. Lasceremo alquantode' processi della detta guerra de' due re insino ch'arà altrariuscitae diremo di nostri fatti di Firenze e d'altre novitàche furono ne' detti tempi.



LXIX - Come Luigi il giovanechetiene la Ciciliariebbe Melazzoe trattò di fare parentado elega col re d'Ungheria

A dì V d'agostol'annoMCCCXLVILuigi il giovanefigliuolo che fu di don Piero figliuolodi don Federigoche possiede l'isola di Ciciliasentendosi per losuo balio e zio don Guiglielmovalente uomo d'armee per liCicilianila discordia ch'era nel regno di Puglia rede del re Carloe Rubertoper la morte del giovane re Andreasonde adietro èfatta menzionesi puosono assedio alla terra di Melazzo in Ciciliache·ssi tenea per li detti realiper mare e per terraestettonvi più tempo all'assedioperò che·ll'eramolto forte e bene guernita di gente e di vittuaglia. Ma i capitaniche v'erano alla guardiaper le dette discordie de' reali del Regnonon poteno avere le loro paghe per loro e per la gente v'avieno allaguardiae veggendo non poteno avere né soccorso nérinfrescamento del Regnocercaro loro concordia co' Cicilianie perdanari che n'ebbono rendero la terra detto dì. E nel dettomese essendo venuti in Cicilia ambasciadori del re d'Ungheria percontrario de' detti reali del Regno per trattare lega e compagnia coldetto Luigi il giovane che tenea la Ciciliae adomandaro XXX galeeal soldo del detto re d'Ungheria al suo passaggio nel Regno.Guiglielmo zio del detto giovane Luigiche·ssi facea chiamareduca d'Ateneed era balìo del detto Luigie governatoredell'isola di Ciciliasi trattarono e ragionarono di fare parentadoche il detto Luigitorrebbe per moglie la sirocchia del detto red'Ungheriae promise di darli aiutoquando volesse passare nelRegnodi XL galee armate al soldo del detto Luigi; e mandò inUngheria suoi ambasciadori in su una galea armata per confermare ladetta lega e matrimonio. Ma venuti in Ungheria gli ambasciadori diquello di Ciciliadimandavano di rimanere libero re di Ciciliaedimandavano Reggio in Calavra e altre terre che vi tenea l'avolo suodon Federigo; la qual domanda il re d'Ungheria non accettòmasarebbe condisceso a lasciarli l'isolarispondendogli certo censoerimanendo a quello d'Ungheria il risorto e·ll'apello comesovranoe il titolo del reame. A·cciò nons'accordarono quelli di Ciciliae rimase il trattatoe poi iltennero co' reali di Puglia. Il fine a·cche ne vennero si diràinanzi a tempo e luogoquando saremo sopra la detta matera.



LXX - Come certe galee di Genovapassaro nel mare Maggioree presono Sinopia e·ll'isola delSilo

Nel detto anno e tempo sipartirono di Genova XL galee armate e andarono in Romania per farevendetta del cerabi signore di Turchi del mare Maggioreper lotradimento e danno ch'elli avea fatto a' Genovesicome in alcunaparte adietro facemmo menzione; e presono la terra di Sinopiaequella rubaro e guastaroe corsono il paesee recarne molta roba emercatantia di Turchi; e 'l simile feciono all'isola del Silo inArcipelago di Romaniae quella presono e sonne signorie tolsollaa' Greciove nasce la masticala quale è di grande frutto erendita. Lasceremo a dire delle novità delli stranietorneremo a dire di nostri fatti di Firenze e d'altre parti d'Italia.



LXXI - Di certe novità chefurono in questi tempi nel Regno

Nel detto annoa dì VIIId'ottobrepassò per Firenze il cardinale d'Onbruno legato delpapach'andava nel Regno per recarsi in sua guardia per la Chiesa ildetto Regnoper le discordie de' reali per la morte del re Andreas;da' Fiorentini gli fu fatto grande onore. Andato lui nel Regnomalevi fu veduto da quelli reali e per la reinae peggio vi fu ubiditoe 'l paese tutto scommosso quasi in rubellione; e rubellossi l'Aquilaper uno ser Ralli cittadino di quella col suo séguitoecoll'aiuto e favore di meser Ugolino de' Trinci signore di Fulignoepiù altre terre d'Abruzzi a petizione del re d'Ungheriae 'lpaese tutto corrotto a rubare i Comunie chi più potea. Illegato colla reina feciono più signori per giustizierimapoco furono ubiditi e temuti. Il legato veggendo così corrottoil paesese n'andò a dimorare a Beneventoe poco era tenutoa capitale.



LXXII - Di certi ordini si feciono inFirenzeche niuno forestiere non potesse avere ufici di Comuneecome si compié il ponte a Santa Trinita

Nel detto annoa dìXVIIII d'ottobresi fece ordine e dicreto in Firenze che nulloforestiere fatto cittadinoil quale il padre e·ll'avolo edelli non fossono nati in Firenze o nel contadonon potesse essereuficiale o avere alcuno uficiononistante che fosse eletto oinsaccatosotto certa grande pena. E questo si fece per moltiartefici minuti veniticci delle terre d'intornosotto titolo direggenti delle XXI capitudini dell'arti; erano insaccati priori ealtri assai ufici. Ed era il loro un gran fastidioche con maggioreaudacia e prosunzione usavano il loro maestrato e signoriache nonfacieno gli antichi originali cittadini. Ben fu questa motiva operadi capitani di parte guelfa e di loro consiglioche parea loro vi simischiassono di Ghibellinie per afiebolire il reggimento delle XXIcapitudini dell'arti che reggevano la città; e fu quasi unocominciamento di rivolgimento di stato per le sequele che neseguirono apressocome inanzi ne faremo menzione. Nel detto annoadì IIII d'ottobresi serrò l'arco di mezzo del ponteda Santa Trinita con III pile e archi; molto bene fondato e riccolavorioe costò da XXm fiorini d'oroe fecevisi in su unapila una bella cappella di San Michele Agnolo.



LXXIII - D'uno grande caro che fu inFirenze e d'intorno e in più parti

Nel detto anno MCCCXLVIcominciandosi la cagione d'ottobre e di novembre MCCCXLVal tempodella sementa furono soperchie piovesicché corruppono lasementae poi l'aprile e 'l maggio e giugno vegnente MCCCXLVI nonfinò di pioveree talora tempesteonde per simile modo siperdé la sementa delle biadee·lle seminate siguastarono; e·cciò avenne quasi in più parti diToscana e d'Italiae in Proenzae Borgognae Francia (onde nacquegrande fame e caro ne' detti paesi)ed a Genovae a Vignone inProenzaov'era il papa colla corte di Roma. E·cciòavennesecondo dissono gli astrolagi e maestri in naturaper lacongiunzione passata di Saturno e di Giove e di Marti nel segnodell'Aquariocome adietro è per noi fatta menzione. Ondeavenne che già sono più di cento anni passati non fu sìpessima ricolta in questo paese di grano e biadadi vino e d'olio edi tutte cosecome fu in questo anno. E 'l vino valse di vendemmiail comunale da fiorini VI in VIII il cognoe quasi non rimasonocolombi e polli per difetto d'escae valea il paio di capponifiorini uno d'oro e libre IIIIe non se ne trovavano; e' pollastriper Pasqua soldi XII il paioe' pippioni soldi Xe·ll'uovodanari IIII o V danarie non se ne trovavano; e·ll'olio montòin libre VIII l'orcio. Per difetto di ciò la carne di castronee di bue grosso e di porco montò in danari XX in soldi II lalibrae quella della vitella in soldi II e mezzo in soldi III lalibrae fu gran caro di frutte e di camangiare; e tutto ciòfu per la cagione sopradetta. Per la qual cosaavegna che per litempi passati alcuni anni fosse caropure si trovava dellavittuaglia in alcuna contrada; ma questo anno quasi non se netrovavaimperciò che·lle terre non rispuosono alquartoné tali al sesto del dovuto e usato tempo. E valse diricolta lo staio del grano presso a soldi XXXmontando ogni dì;e inanzi che fosse l'altra ricoltao calen di maggio MCCCXLVIImontò a fiorino uno d'oro lo staio; e·llo staiodell'orzo e delle fave in soldi L lo staioe·ll'altre biadeall'avenante; ella crusca in soldi XI lo staio e piùche nonse ne trovava per danaio; e sarebbe il popolo morto di famese nonfosse la larga e buona provedenza fatta per lo Comunecome diremoapresso. E·ffu sì grande la nicissitàche·llepiù delle famiglie di contadini abandonarono i poderierubavano per la fame l'uno all'altro ciò che trovavanoemolti ne vennero mendicando in Firenzee così di forestierid'intornoch'era una piatà a vedere e udiree non si potenolavorare le terre né seminare; se non che coloro cui eranosen'avieno il podereconvenia che pascesse quelli che·llelavoravanoe fornire di semee quello con grande necessità ecosto. E con tutto che·ll'anno MCCCXXVIIII e del MCCCXL fossegran carocome adietro in que' tempi facemmo menzionema pure delgrano e della biada si trovava in città e in contado; ma inquesto anno non si trovava né grano né biadaispezialmente in contado a più di lavoratori e contadini. IlComune si provide e comperòne e fece mercaticon caparra dimoneta con certi mercatanti genovesi e fiorentini e altridi XLmmoggia di grano di Pelagodi Ciciliadi Sardignae da Tunisie diBarberiae di Calavrae di IIIIm moggia d'orzoma non ci se nepotéo conducere per la via di Pisa in tutto che moggia XXIImdi granoe moggia MDCC d'orzoil quale venne costatoposto inFirenzefiorini XI d'oro il moggio del granoe fiorini VII ilmoggio dell'orzo. Ma perché non avemmo tutto quello che per lonostro Comune fu comperatosì fu la cagione però che iPisani n'avieno bisogno grande di granoe simile i Genovesiche perforza si prendeno il grano della nostra compera giunto in PortoPisanotanto che si fornivano inanzi a·nnoi; e questo cidiede grande difettoe più volte grande stretta e pauraenon ce ne potavamo atare. Di Romagna e di Maremma ne fece venire ilComune quello si potéo avere di grazia da quelli signori eComunial di dietro intorno di moggia IImCCe costò carodafiorini XX d'oro il moggioond'ebbe tra d'interesso colla spesa ilComune più di XXXm fiorini d'oro. Bene si trovò checerti ch'erano camarlinghi de' detti uficiali aveano frodato ilComune falsare per la misura e 'l peso del panee mischiare il granocol loglio e altre biadeonde trassono di guadagno grossa quantitài quali furono presi e condannati in fiorini Xm d'oro a ristituzionedel Comune. E nota che tutto questo è infama grande di malicittadini e di coloro che·lli chiamano agli uficise colpav'ebbonocome si dissee confessaro per tormento. Ed era rimaso alComune della provisione dell'anno passato da moggia MDCC di grano;sicché in tutto fu il soccorso e fornimento del Comune daXXVImD di moggia di grano e da MDCC moggia d'orzo. Al cominciamentogli uficiali del Comune faceano mettere per dì in piazzamoggia LX in LXXX di grano a soldi XL lo staio; e poi montando ilgrano a soldi L e·ll'orzo a soldi XL lo staio; ma tutto questonon fornia per li molti contadini ch'erano ritratti nella cittàsanza gli altri cittadini bisognosi. Feciono gli uficiali del Comunefare in su i casolari de' Tedaldini di porta San Pieroch'èuno grande compresoX forni con palchi e chiuso a porte per loComuneove per uomini e femmine di dì e di notte si faceapane della farina del grano del Comune sanza aburattare o trarnecruscach'era molto grosso e crudele a vedere e a mangiaredi pesod'once VI l'unoche se ne facea per istaio da VIIII serqueecocevasene il dì da LXXXV in C moggia; e poi si stribuiva lamattina a cenno della campana grossa de' priori a più chiese ecanove per tutta la cittàe di fuori dalle mastre porte perli contadini d'intorno presso alla città del piviere SanGiovannie d'altri pivieri che venieno alle porti per essoedavanne per bocca II pani per danari IIII l'uno. E soprabondòtanta gentee che·nne volieno più che due pani perboccache per la calca gli uficiali non potieno cospicere; sìordinaro di dare il pane alle famiglie per iscritte e polizzeIIpani per bocca. E trovossi in mezzo aprile nel MCCCXLVII che daLXXXXIIIIm bocche eranoche n'avieno a dispensare per dì; edi questo sapemmo il vero dal mastro uficiale della piazzachericevea le scritte e polizze. Omai potete avisarechi·ssaalbitrare come innumerabile popolo era ritratto per la carestia inFirenze a pascersi; e nel detto numero non erano i cittadini e lorofamiglie ch'erano forniti per loro viveree non volieno pane diComuneo comperavano del migliore pane alle piazze o a' fornaidanari VIII il panee tale X in XII il meglioché ciascunopotea fare e vendere pane sanza ordine o di peso o di pregioe noncontando i religiosi mendicanti né i poveri che viveano dilimosinech'erano sanza numeroche di tutte le terre circustantierano per lo caro ch'aveno acommiatati e ridotti in Firenzeond'erauna continua battaglia quella di poveri e di dì e di notte a'cittadini. E con tutto il bisogno e·lla grande nicissitàdel Comune e di cittadininon si acommiatò povero niunonéforestiere o contadino che fosseroma al continuo pasciuti dilimosine al convenevoleconsiderando il disordinato caro e fame; eper più ricchi e buoni e piatosi cittadini si feciono di bellee di larghe limosineonde dovemo sperare in Dioche non guarderàalli soperchi peccati de' cittadinichécome avemo dettoadietrola città nostra n'è bene fornita; ma per lelimosine e pe' buoni e cari cittadini Iddio compenseràse fiasuo piacere la misericordiacome fece a quelli di Ninive"peròche·lla limosina spegne il peccato"; dixit Domino.Avenne come piacque a·dDioper la festa di san GiovanniBattista MCCCXLVIIsforzandosi delle primaticce ricoltesubitamentecalò il grano novello di soldi XL in XXIIe 'l vecchio delComune in soldi XX lo staio; e·ll'orzo in soldi XI in X. Perquesto sùbito calare del grano i fornai e chi facea pane avendere innarravano il grano a garae subitamente il fecionorimontare in presso a soldi XXX lo staioe feciono postura di nonfar pane a vendere se non con certo loro ordineper sostenere ilcaro. Per la qual cosa il popolo si commosse contro a·lloroefu quasi la città per correre a romore e ad armese non cheper li savi rettori s'aquetò il romoree unoche·nnefu cominciatorene fu impiccato; e 'l grano tornò al suostato di soldi XXII lo staio. E poi in piena ricolta del mesed'agosto e di settembre si riposò da soldi XVII in XXbeneche poi rimontò per lo caro stato; che·ffu una grandeconsolazione al popolo per la fame passata. Ma bene lasciòcom'è usatoancora alquanta carestia e per conseguenteinfermità e mortalitàcome per lo 'nanzi si troverràleggendo. Lasceremo di questa passione della carestia e fameediremo d'altre cose che furono in questi tempi.



LXXIV - Come messer Luchino Viscontisignore di Melano ebbe la città di Parma

Tegnendo la città di Parmai marchesi da Esti da Ferrarache·ll'avieno comperata dameser Ghiberto da Coreggiacome in alcuno capitolo adietro facemmomenzionemesser Luchino signore di Melano al continovo laguerreggiava colle sue forze e coll'aiuto di quelli da Gonzagosignori di Mantova e di Reggioe per dispetto e contradio di meserMastino ch'era i·llega co' detti marchesie quasi per lui latenieno; essendo circundata di qua della città di Reggioe dilà da Mantova e da Piagenza e dalle terre di meser Luchinoemale poteno avere aiuto né soccorso da meser Mastino e daaltri loro amici e da Ferrara sanza grande pericolo; si cercaro loroaccordo con meser Luchinoal quale si diede compimento all'uscitadel mese di settembre MCCCXLVIche·ssi feciono compari dimeser Luchino d'un suo figliuoloe renderli Parmaed ebbono da·lluiLXm fiorini d'oro; e riebbono per patti il loro castello di SanFilice e' loro prigioni che tenieno quelli da Gonzagoe con grandefesta n'andarono con meser Luchino a Milano affare il suo figliuolocristianoe fermarono lega e compagnia insieme. E nota s'elli hatra' Cristiani al suo tempo nullo rese non se quello di Francia equello d'Inghilterra e d'Ungheriadi tanto podere quanto mesereLuchinoche tenea del continuo più di IIIm cavalieri alsoldoe talora IIIIm e Vm e piùche non ha re tra' Cristianiche·lli tenga. E signoreggiava le 'nfrascritte XVII cittàcolle loro castella e contadi MilanoCommoBergamoBresciaLodiMonciaPiagenzaPaviaCremonaCremmaAstiTortonaAllessandraNoaraVercelliTorinoe ora Parma. Ma guardisi del proverbio chedisse Marco Lombardo al conte Ugolino di Pisaquand'era nella suamaggiore felicità e stato; come dicemmo nel suo capitoloch'egli era meglio disposto a ricevere la mala miccianzae cosìgli avenne. E a meser Mastino signore di XI cittadi le perdétuttese non se Verona e Vincenzae in quelle fu osteggiato. E perònon si dee niuno groriare troppo delle filicità mondaneespezialmente i tiranni; che la fallace fortuna come dà a·lloroco·llarga manocosì ritoglie; e questo basti a tantoe tosto si vedrà il fine.



LXXV - Come il conte di Fondisconfisse la gente della reina moglie che fu del re Andreas

In questi tempi il conte diFondinipote che·ffu di papa Bonifazioa petizione del red'Ungheria prese Terracina e il castello d'Itri presso di Gaeta percominciare la guerra da quella parte alla reina e a' reali di Napolii quali vi mandarono DC cavalieri e pedoni assai del Regnoperassediare il detto castello d'Itri. Il conte fece suo sforzo di gentedi Campagnae con CC cavalieri tedeschi ch'avea furono CCCC acavallo e gente a piè assaie assalì la detta oste emiseli inn-isconfitta; ov'ebbe assai di presi e di morti; e·llacittà di Gaeta quasi si rubellòtegnendosi per loromedesimisanza rispondere a' reali o alla reina di Napoli. In questitempiall'entrante d'ottobremorì a Napoli quella si faceachiamare imperadrice di Gostantipolifigliuola che fu di meser Carlodi Valos di Franciae moglie che·ffu del prenze di Taranto.Di questa si disse ch'ordinò colla moglie del re Andreas suanipote la morte del detto ree con più altri signori ebaronicome racontammo nel capitolo adietro della morte del reAndreasper darla per moglie a meser Luigi di Taranto suo figliuolocome fece poicome diremo alquanto inanzi. Ed ella dopo la morte delprenze suo marito portò mal nome di sua personase vero fuche palese si diceache infra gli altri suoi amadori tenea meserNiccola Acciaiuoli nostro cittadino per suo amicoed ella il fececavaliere e fecelo molto ricco e grande. Lasceremo alquanto di fattidel Regnoe torneremo a' fatti e guerra del re d'Inghilterra.



LXXVI - Come fu sconfitto il re Davitdi Scozia dagl'Inghilesi a Durem

Essendo il re Aduardod'Inghilterra rimaso di qua da mare all'asedio di Calesecomelasciammo adietroil re di Francia dopo la sua sconfitta tornòa Parigie sommosse tutto il suo reame ed i suoi amici per ragunaregente maggiore che di primaper vendicarsi del re d'Inghilterraelevarlo dall'asedio di Calese. E oltre a·cciò rimandòinn Iscozia Davit di Brustro re di Scoziache·ffu co·lluialla battagliae diègli molti danari e gente d'armeacciòche di Scozia venisse con sua oste inn-Inghilterra. Il quale giuntoinn-Iscoziae sapiendo che 'l re d'Inghilterra era colla sua ostedell'Inghilesi a Caleseragunò sua oste di bene Lm uomini trapiè e a cavallo di suoi Scottie·lla gente gli aveadata il re di Franciae passò inn Inghilterra insino allacittà di Duremfaccendo gran danno al paese di ruberia ed'arsione. Certi baroni ch'erano rimasi inn-Inghilterra alla guardiadel reameonde fu capo... e none isbigottiti perché non vifosse il loro reragunarono bene XVIm uomini buona gente d'arme traa cavallo e a pièla più gran parte Inghilesi eGualesie francamente vennero contro al re di Scozia e sua ostech'erano tre tanti di loroe al valico della riviera dell'Ombro gliasaliro vigorosamente. Gli Scotti del sùbito assalto edubitandosi che gl'Inghilesi non fossono in maggior quantitàsi misero in volta e furono sconfittie molti Scotti vi rimaseropresi e mortie fuvi preso il loro re Davit e 'l figliuoloe menatipresi a Londra; e·cciò fu a dì XVI d'ottobreMCCCXLVI. E nota ch'ancora èe fia sempreche 'l nostro IdioSabaot fa vincere e perdere le battaglie a cui gli piacenonguardando a numero e forza di gentesecondo i suoi giudici perpunizione di peccati di re e de' popoli.



LXXVII - Ancora della guerra diGuascogna

Dopo la sconfitta ch'ebbe il redi Francia dal re d'Inghilterra a Crescìcome adietro facemmomenzioneil conte d'Ervich'era per lo re d'Inghilterra inGuascognanon istette oziosoma più vigorosamente e con piùaudacia e baldanza con sua oste proccedette contro alla gente del redi Franciacavalcando il paese; e·lla gente del re di Franciaimpaurita e sbigottita moltoperò che se n'era partito meserGiovanni figliuolo del re di Francia con sua ostee venuto versoParigi per la vittoria ch'ebbe il re d'Inghilterra sopra il re diFrancia a Crescì; sì·lli si arrendéo laterra di San Giovanni Angiulinie·lla città diPittierie·lLisignanoe Minortoe Santi in Santogiaconpiù altre castella e villesanza alcuna risistenza; e quellerubò d'ogni sustanziae ritennesi San Giovanni e·lLisignanoe Minortoe quelle fornì di sua gente per guerreggiare ilpaese; onde il paese era in gran tremoree tutta tolosana infino aTolosa. Fatto il conte d'Ervi il detto conquistofornì leterre e frontiere di gente d'armee tornossi inn-Inghilterra.Partito il conte d'Ervi del paeseque' di Pittieri colle lorovicinanzesanz'altro capitano del re di Franciafeciono unacavalcatacredendosi riprendere Lisignano che facea loro una grandeguerrae furonvi isventuratamente sconfitti dal conte di Monforteed erano tre cotanti che·lla gente del re d'Inghilterra; ecosì aviene chi è in volta di fortuna. Lasceremoalquanto della guerra del re di Francia a quello d'Inghilterraediremo del nuovo eletto imperadore.



LXXVIII - Come Carlo re di Buem fuconfermato per lo papa e per la Chiesa a esere imperadoree comeprese la prima corona

Nel detto anno MCCCXLVI aVignoneov'era il papa colla corteessendovi venuti ambasciadori diCarlo re di Buem colla sua confermagione della lezione dello 'mperiofatta di luicome adietro facemmo menzioneil papa a priego estanza del re di Franciae per abattere il titolo dello 'mperio delBaverosì confermò a essere degno imperadore il dettoCarlo con autorità di santa Chiesacommendandolo il papa dimolte virtudi in suo sermone in piuvico consistoroove furono tuttii cardinali vescovi e prelati ch'erano in cortee tutti i cortigianiche vi vollono esserepromettendogli ogni aiuto e favore alla suadignità che·ssi potesse per santa Chiesae dandolilicenza che·ssi potesse coronare della prima coronainn-Alamagnaov'elli volessee per quale vescovo o arcivescovoch'a·llui piacessenonistante il luogo consueto d'Asia laCappellao coronare per l'arcivescovo di Cologna; e ciò fu adì VI di novembre gli anni MCCCXLVI. Il detto Carlo avuta dalpapa la sua confermagionesanza indugionon potendosi coronare adAsia la Cappella per la forza del Bavero e de' suoi amici ch'era inquello paese ragunato con forza d'arme per contastarlosì·ssifece coronare a una terra che·ssi chiama Bona presso diColognain forza di lui e di suoi amicinon tenendo tre dìcampo in armecome dice ed è consueto per dicreto; e·cciòfu il dì di santa Caterinadì XXV di novembreMCCCXLVI. E pochi signori e baroni d'Alamagna furono alla suacoronazioneperò che·lla maggiore parte tenieno conLodovico di Baviera chiamato Bavero. Lasceremo alquanto delle novitàdi là da' monti e del nuovo imperioinfino che luogo e temposaràe torneremo a dire di fatti di Firenze e di nostro paeseche furono in que' tempi.



LXXIX - Di novità fatte inFirenze per cagione degli ufici del Comune

Nel detto annoavendosi inFirenze novelle della confermazione e prima coronazione del nuovoimperadore Carlo di Buemcome detto avemoconsiderando ch'egli eranipote dello 'mperadore Arrigo di Luzimborgoil quale fu all'asediodi Firenzee trattocci come suoi nimici e ribellicome ne' suoiprocessi al suo tempo facemmo menzione; e con tutto che 'l papa e·llaChiesa mostri di favoralloper quelli della parte guelfa in Firenzese n'ebbe gran sospetto. E sentendo e sapiendo che ne' bossolioveroborse della lezione de' priori avea mischiati più Ghibellinisotto nome d'artefici delle XXI capitudini dell'artie d'esere buoniuomini e popolaripiù consigli se ne tennero per correggerela detta lezione de' priori. Ma era tanto il podere delle capitudinidell'arti e delli arteficie per tema di non comuovere la terra aromore e ad armeche si rimase di non fare cernao toccare lalezione di priori; ma per contentare in parte i Guelfi si fece a dìXX di gennaiodicreto e riformagione che d'allora inanzi nulloGhibellinoil qualeelli o suo padresuo congiuntodal MCCCI inqua fosse stato ribelloo in terra ribella statoo venuto contro alnostro Comunepotesse avere niuno uficio; e se fosse elettopena a'lettori o·llui che ricevesse fiorini M d'oro o·llatesta; e che niuno altroil quale non fosse vero Guelfo e amatore diparte di santa Chiesabene ch'elli né suoi non fossono statiribellinon possa avere alcuno uficioa pena di libre D e allesignorieove ne fosse acusatopena libre M se nol condannasse;e·lla pruova di ciò si dovesse fare per VI testimoni dipiuvica famaaprovati i detti testimoni fossero idonise·ll'accusato fosse arteficeper li consoli di sua arteese fosse l'accusato iscioperatoi detti VI testimoni aprovati per lipriorie XII loro consiglieri; e funne condannato UbaldinoInfangatiperché accettò l'uficio di XVI sopra isindacati de' falliti in libre D; e alcuni altri per quello uficio ealtri uficiper non esere condannati né isvergognatinonaccettaro né vollono giurare i detti uficie altri Guelfifurono messi in quello scambio.



LXXX - Di novità ch'ebbe inArezzo simile per cagione degli ufici

All'entrante del mese di novembredel detto anno nella città d'Arezzo si levò romoreefurono sotto l'arme per cagione che a' Guelfi d'Arezzoond'eranocapo i Bostoliper potere meglio tiranneggiare i loro cittadinidicendo che parea loro che troppi Ghibellini fossono mischiatico·lloro agli ufici e reggimento della città; econvenne si facesse la cernae che i Ghibellini ch'erano ne'sacchettiovero bossoliper essere rettori e uficialine fossonotratti. E tutto questo avenne per gelosia del nuovo imperadoreondeseguì poi assai sconcio alla città d'Arezzo e a' dettidella casa de' Bostolicome si troverrà per inanzi leggendo.



LXXXI - Come la città di Giadrainn-Ischiavonia s'arrendé a' Viniziani

Nel detto annoil dì disanto Tommaso di dicembrela città di Giadra inn-Ischiavoniaove i Viniziani erano stati sì lungamente ad asedioperdifalta di vittuaglia s'arenderono al Comune di Vinegiasalve lepersone e l'avererimanendosi sotto la signoria di Vinegia per lomodo s'erano inanzi si rubellassono. Il re d'Ungheriaa·ccuipetizione e baldanza Giadra s'era rubellatae di ragione n'erasignore e sovranocome adietro facemmo menzioneno·lli potésoccorrere per difalta e fame ch'era inn-Ischiavonia; non vi potévenire né mandare suo oste né poterla far fornire. Nédeziandio il detto re d'Ungheria non potéo seguire la suaimpresa di passare in Pugliaper la carestia e fame che·ffuquasi in tutta Italia e in più partie maggiormenteinn-Ischiavonia.



LXXXII - Di certe novità chefurono nel castello di Sa·Miniato e come si diedono allasignoria e guardia del Comune di Firenze per V anni

Nel detto annodel mese difebraioessendo podestà di Sa·Miniato mesereGuiglielmo delli Oricellai popolano di Firenzevolendo faregiustizia di certi malfattori i quali erano masnadieri di Malpigli eMangiadorile dette case co·lloro sforzo d'amici con armatamano levaro la terra a romoree per forza tolsono i malfattori alladetta podestàe voleno disfare gli ordini del popolo. Se nonche' popolani di Sa·Miniato furono ad armee col sùbitosoccorso delle masnade di Fiorentini ch'erano nel Valdarno di sottoa·ccavallo e a piè vi trassonoonde il popolo sidifese e guarentìe 'l Comune di Firenze vi mandò loroambasciadori per riformare la terrae così feciono; per laqual cosa il popolo e Comune di Sa·Miniatodi loro buonavolontà e per vivere in pacedierono la signoria e guardiadella loro terra al Comune di Firenze per V anni. E poi perfortificare il popolo di Sa·Miniato si fecedì XIIId'ottobre MCCCXLVIIriformagione in Firenzeche' grandi di Firenzes'intendessono e fossono grandi e trattati per grandi in Sa·Miniatoacciò che non potessono fare forza e violenze a' popolanieche i grandi di Sa·Miniato s'intendessono per grandi inFirenze. E ordinossi di raforzare la rocca e fare via chiusa di muralarga braccia XVI dalla rocca alle mura di fuoricon una portaallespese comuni del Comune di Firenze e di Sa·Miniatoacciòche 'l Comune di Firenze avesse spedita l'entrata ella guardia delladetta rocca. E ordinossi di fare un ponte sopra il fiume de l'Elsaalle spese de' detti due Comuniacciò che quando bisognassead ogni tempola forza di Fiorentini potesse essere in Sa·Miniatoalla loro difesa.



LXXXIII - Di certe novità eordini che·ssi feciono in Firenze per lo caro ch'eraemortalità

Essendo in Firenze e d'intorno ilcaro grande di grano e d'ogni vittuagliacome poco adietro avemofatta menzioneessendone afritti i cittadini e contadinispezialmente i poveri e impotentie ogni dì venia montando ilcaro ella difalta; e oltre a·cciò conseguentecominciata grande infermità e mortalitàil Comuneprovide e fece dicreto a dì XIII di marzo che niuno potesseesere preso per niuno debito di fiorini C d'oroo da indi in giùinfino a calen di agosto vegnentesalvo all'uficiale dellamercatantia da libre XXV in suacciò che·ll'impotentinon fossono tribolati di loro debitiavendo la passione della fame emortalità. E oltre a·cciò feciono ordine chenessuno potesse vendere lo staio del grano più di soldi XL; echi·nne recasse di fuori del contado di Firenze per vendereavesse dal Comune fiorino uno d'oro del moggio; ma non si potéoosservareche tanto montò la carestia e difaltache·ssivendea fiorino uno d'oro lo staioe talora libre IIII; e se nonfosse la provisione del Comunecome dicemmo adietroil popolo moriadi fame. E per la pasqua di Risoresso seguenteche·ffu incalen di aprile MCCCXLVIIil Comune fece offerta di tutti i prigionich'erano nelle carcere che riavessero pace da' loro nimicie statiin prigione da calen di febraio adietro; e chiunque v'era per debitoda libre C in giùrimanendo obrigato al suo creditore; e·ffugran bene e limosinache per la 'nopia è·ggiàcominciata la mortalitàogni dì morivano nelle carceredue o tre prigioni; furono gli oferti in quello dì CLXXIIIche ve ne avea più di D in più in grande inopia epovertà. E poi a l'uscita di maggio per le sudette cagioni sifece riformagione per lo Comune di Firenzeche chiunque fosse nellecarcere o fosse in bando di pecunia da fiorini C d'oro in sunepotesse uscire pagando al Comune in danari contanti soldi III perlibra di quello fosse condannato o sbanditoe scontando ancora isoldi XVII per libra del debito del Comune che s'avea chi·llovolea comperare per XXVIII o XXX per C da coloro che doveano averedal Comuneche venia la detta gabella di pagare da soldi VII e mezzoper libra. Certi gli pagaro e uscirono di bando e di prigionema nonfuro guari; tanto era povero il comune popolo di cittadini per locaro e·ll'altre aversità occorse.



LXXXIV - Di grande mortalitàche·ffu in Firenzema più grande altrovecome diremoapresso

Nel detto anno e tempocomesempre pare che segua dopo la carestia e famesi cominciò inFirenze e nel contado infermeriae apresso mortalità digentie spezialmente in femine e fanciulliil più in poverigentie durò fino al novembre vegnente MCCCXLVII ma perònon fu così grandecome fu la mortalità dell'annoMCCCXL come adietro facemmo menzione; ma albitrando al grossoch'altrimenti non si può sapere a punto in tanta cittàcome Firenzema in di grosso si stimò che morissono in questotempo più di IIIIm personetra uomini e più femmine efanciulli; morirono bene de' XX l'uno; e fecesi comandamento per loComune che niuno morto si dovesse bandirené sonare campanealle chieseove i morti si sotterravanoperché·llagente non isbigottisse d'udire di tanti morti. E·lla dettamortalità fu predetta dinanzi per maestri di strologiadicendo che quando fu il sostizio vernalecioè quando il soleentrò nel principio dell'Ariete del mese di marzo passatol'ascendente che·ffu nel detto sostizio fu il segno dellaVerginee 'l suo signorecioè il pianeto di Mercuriositrovò nel segno dell'Ariete nella ottava casach'ècasa che significa morte; e se non che il pianeto di Giovech'èfortunato e di vitasi ritrovò col detto Mercurio nella dettacasa e segnola mortalità sarebbe stata infinitase fossepiaciuto a·dDio. Ma·nnoi dovemo credere e avere percerto che Idio promette le dette pestilenze e·ll'altre a'popolicittadi e paesi per pulizione de' peccatie non solamenteper corsi di stellema talorasiccome signore dell'universo e delcorso del celestocome gli piace; e quando vuolefa accordare ilcorso delle stelle al suo giudicio; e questo basti in questa parte ed'intorno a Firenze del detto delli astrolagi. La detta mortalitàfu maggiore in Pistoia e Prato e nelle nostre circustanzeall'avenante della gente di Firenzee maggiore in Bologna e inRomagnae maggiore a Vignone e in Proenza ov'era la corte del papae per tutto il reame di Francia. Ma infinita mortalitàe chepiù duròfu in Turchiae in quelli paesi d'oltremaree tra' Tarteri. E avenne tra' detti Tarteri grande giudicio di Dio emaraviglia quasi incredibilee·ffu pure vera e chiara ecertache tra 'l Turigi e 'l Cattai nel paese di Parcae oggi diCasano signore di Tartari in Indiasi cominciò uno fuocouscito di sotterraovero che scendesse da cieloche consumòuominie bestiecasealberie·lle pietre e·llaterrae vennesi stendendo più di XV giornate atorno con tantomolestoche chi non si fuggì fu consumatoogni criatura eabituroistendendosi al continuo. E gli uomini e femine chescamparono del fuocodi pistolenza morivano. E alla TanaeTribisondae per tutti que' paesi non rimase per la detta pestilenzade' cinque l'unoe molte terre vi s'abandonaro tra per pestilenziae tremuoti grandissimie folgori. E per lettere di nostri cittadinidegni di fede ch'erano in que' paesici ebbe come a Sibastiapiovvono grandissima quantità di vermini grandi uno sommessocon VIII gambetutti neri e codutie vivi e mortiche apuzzaronotutta la contradae spaventevoli a vederee cui pugnevanoatosicavano come veleno. E in Soldaniain una terra chiamata Alidianon rimasono se non femminee quelle per rabbia manicaro l'unal'altra. E più maravigliosa cosa e quasi incredibile contaroavenne in Arcaccia uomini e femine e ogni animale vivo diventarono amodo di statue morte a modo di marmoritoe i signori d'intorno alpaese pe' detti segni si propuosono di convertire alla fedecristiana; ma sentendo il ponente e paesi di Cristiani tribolatisimile di pistolenzesi rimasono nella loro perfidia. E a portoTaluccoinn-una terra ch'ha nome Lucco inverminò il mare beneX miglia fra mareuscendone e andando fra terra fino alla dettaterraper la quale amirazione assai se ne convertirono alla fede diCristo. E stesesi la detta pistolenza infino in Turchia e Greciaavendo prima ricerco tutto Levante i·MisopotaniaSiriaCaldeaSuriaCiproil Cretii·Rodie tutte l'isoledell'Arcipelago di Greciae poi si stese in Ciciliae SardignaCorsicaed Elbae per simile modo tutte le marine e riviere dinostri mari; ed otto galee di Genovesi ch'erano ite nel mareMaggioremorendo la maggiore partenon ne tornarono che quattrogalee piene d'infermimorendo al continuo; e quelli che giunsono aGenovatutti quasi morironoe corruppono sì l'aria dovearivavanoche chiunque si riparava co·lloro poco apressomorivano. Ed era una maniera d'infermitàche non giacial'uomo III dìaparendo nell'anguinaia o sotto le ditellacerti enfiati chiamati gavocciolie tali ghianduccee tali glichiamavano bozzee sputando sangue. E al prete che confessava lo'nfermoo guardavaspesso s'apiccava la detta pistilenza per modoch'ogni infermo era abandonato di confessionesagramentomedicine eguardie. Per la quale sconsolazione il papa fece dicretoperdonandocolpa e pena a' preti che confessassono o dessono sagramento alliinfermie·lli vicitasse e guardasse. E durò questapestilenzia fino a... e rimasono disolate di genti molte province ecittadini. E per questa pistilenzaacciò che Iddio lacessasse e guardassene la nostra città di Firenze e d'intornosi fece solenne processione in mezzo marzo MCCCXLVII per tre dì.E tali son fatti i giudici di Dio per pulire i peccati de' viventi.Lasceremo della materae diremo alquanto de' processi di Carlo diBuem nuovo eletto imperadore.



LXXXV - Come Carlo di Buem elettoimperadore venne in Chiarentana

Nel detto annoall'uscita delmese d'aprile e all'entrante di maggio MCCCXLVIICarlo re di Buemenuovamente eletto a esere imperadore e già confermato per laChiesacome adietro facemmo menzionecon aiuto di cavalieri dimesser Luchino Visconti signore di Milanoe di meser Mastino dellaScala signore di Veronavenne in Chiarentana per raquistare ilpaeseche in parte gli succedea per retaggio della madree peravere spedita l'entrata d'Italia; e rendéllisi la cittàdi Trento e quella di Feltro e Civita Bellona colla forza delpatriarca d'Aquilea per comandamento del papae arse il borgo eterra di Buzzanoe puosesi allo assedio a Tiralli. Sentendo ciòil marchese di Brandiborgo figliuolo del Baveroch'ancora cusavaragione in parte della detta contea per la madree ancora per lanimistà impresa contra il suo padre Baveroavendosi fattoeleggere imperadore lui vivendosi venne della Magna con grandecavalleria per soccorrere Tiralli e raquistare il paese. Sentendo lasua venuta il detto Carlo eletto imperadoree ch'egli era conmaggiore potenza di gente di luisi partì con sua osted'asedio dal detto Tiralli con alcuno danno di sua gente e convergognaperdendo parte del paese aquistato. Lasceremo alquanto disuoi fattie diremo ancora del processo della guerra del re diFrancia e di quello d'Inghilterrach'ancora ne cresce matera.



LXXXVI - Di certo parlamento che feceil re di Francia per andare contro al re d'Inghilterra

Nel detto annoil dì didomenica d'ulivoil re di Francia fece grande ragunata di suoibaroni a Parigie fece suo parlamento richieggendo tutti i suoibaroni e prelati e Comuni di suo reame d'aiuto per fare suo ostecontra al re d'Inghilterrach'era con suo oste all'asedio di Calesecome lasciammo adietro. E giurò di non fare mai co·lluipace o triegua infino a tanto che non avesse fatto vendetta dellasconfitta ricevuta a Crescìe dell'onta che 'l red'Inghilterra avea fatta alla corona di Franciad'essere venuto conoste in suo reame e d'essere ancora all'asedio di Calese. Il qualesaramento non poté oservarema procacciò di farne suopodere in ragunando tutti i suoi baroni prelati e caporali di grandiComuni e cittadi al suo parlamento. Nel quale parlamento tutti quellidel reame gli promissono aiuto di gente d'armei gentili uomini egli altri di sussidio di moneta. E fece trarre di San Donigi la'nsegna d'oro e fiammala quale per usanza non si trae maise non agrandi bisogni e necessitadi del re e del reamela quale èadogata d'oro e di vermiglio; e quella diede al siri di... diBorgognanobile e gentile uomo e prode in arme; e comandato a tuttiche s'aparecchiassono di seguirlo alla sua richesta; e poi si partìil parlamento.



LXXXVII - Del parlamento che fece il red'Inghilterra co' Fiaminghi e col duca di Brabante

In questo medesimo tempo lo red'Inghilterralasciata sua oste ordinata e fornita all'assedio diCalesevenne in Fiandrae·llà fece suo parlamento co'rettori delle buone villee fuvi il duca di Brabante e 'l giovaneconte di Fiandrarimaso del conte suo padreche morì allabattaglia di Crescì in servigio del re di Francia. E in quelloparlamento ordinaro insieme lega e compagnia contro al re di Francia;e promissono parentadoil duca di Brabante di dare al figliuolo unasirocchia del re d'Inghilterrae al giovane conte di Fiandra lafigliuola; e ordinarono guidatore di Fiandra e del giovane conte ilmarchese di Giulieri. E·cciò fattoil re d'Inghilterrasi tornò alla sua oste allo assedio di Calese. Ma partito diFiandra il detto parlamentoi detti parentadi e·llega non sioservarono per lo duca di Brabantené per lo giovane conte diFiandracome assai tosto per lo innanzi faremo menzioneperprocaccio e spendio del re di Francia. Lasceremo alquanto dire delladetta guerrae diremo d'altre novità d'Italia e della nostracittà di Firenze.



LXXXVIII - Di novità e discordiache fu nella città di Genova

Nel detto annodel mesed'aprileessendo i Genovesi tra·lloro in discordia da' nobolial popolotrattaro di dare il reggimento della terraquasi comemediatore tra·lloroa meser Luchino Visconti signore diMilanoe mandarli ambasciadori il popolo per sédi darli lasignoria limitata e a certo termine; e' noboli e' grandi aveanomandato per li loro ambasciadori ch'elli gliele voleano dare liberategnendosi mal contenti del reggimento del dugi e del popolo; ondemessere Luchino sdegnato contro al popolonon volendoli dare liberala signoria. Per la qual cosa tornati a Genova i detti ambasciadorisi levò il popolo a romore e ad armee corsono sopra igrandie presonne da L pure de' migliorie impuosono loro di penalibre Cm di genovinie convenne che li pagassono al Comune; eracchetossi il romore nella cittàrimanendo il dogi e 'lpopolo signori; e di caporali delle case di grandi il dogio mandòa' confini in diverse parti; ma i più ruppono i confini efecionsi rubellie poicome diremo inanzivennero sopra Genova. Edi questo mese d'aprile essendo arrivate in Porto Pisano II cocchecariche di granoche venia di Cicilia comperato per gli uficiali delComune di Firenzeessendo in Genova gran caro di granomandaro lorogalee in Porto Pisanoe combattero le dette cocchee per forza lemenarono a Genovapagandone poi con male pagamento i mercatanti dicui era il caricoquello ch'a·lloro piacque. Per la qualeingiuria e tirannia fatta pe' Genovesi al Comune di Firenzesubitamente montò il grano in Firenze a soldi XLV lo staiopoi salì tosto a fiorini uno d'oro e più. E per questacagione e oltraggio di Genovesi ebbe in Firenze grande gelosia epaura che non mancasse la vittuagliae mandarono in Romagna a farnevenire con gran costo e interesso del nostro Comunecome adietrofacemmo menzione nel capitolo della carestia.



LXXXIX - Come l'Aquila e altre terred'Abruzzi si rubellarono a' reali di Puglia a petizione del red'Ungheria

Nel detto annoessendo quasirubellata l'Aquila alla reina di Puglia e agli altri reali rede delre Ruberto per uno ser Ralli dell'Aquilache se n'era fatto signorea pitizione del re d'Ungheriagiunsono nella cittàdell'Aquila del mese di maggio l'arcivescovo d'Ungheria e meserNiccola ungaroil quale meser Niccola era stato nel Regno balio delre Andreased eraviquando fu mortoambasciadore del red'Ungheriacon grande quantità di moneta per mantenere que'dell'Aquilae per soldare gente d'arme e cavallo e a pièsìche tosto ebbono più di M cavalieri. Del mese di giugno e'corsono il paese; e più terre d'Abruzzi si rubellaro alladetta reina e realie·ssi tennero per lo re d'Ungheria. Ciòfu Civita di Tietie Civita di...e Popolie Lancianoe·llaGuardiae altre terre e castella; e puosono oste alla cittàdi Sermona. Sentendosi ciò a Napolii detti realitra dibaroni del Regno e soldatiassai tosto feciono più di IImDcavalieri e gente d'arme a piè assaie feciono capitanodell'oste il duca di Durazzofigliuolo che fu di meser Gianni enipote del re Rubertoe vennero al soccorso di Sermona. Sentendo ciòquelli dell'Aquilache v'erano a ostese ne partirono con alcunodannoe ridussonsi nell'Aquila a guardia della terrae quellaaforzaro e guerniro di vittuaglia. Il duca di Durazzo colla sua ostech'ogni dì gli crescea gentesi puose all'asedio della cittàdell'Aquilae quivi stettono fino all'uscita d'agosto guastandointorno; ed ebbevi più scontrazzi e badalucchiquando a dannodell'una partee quando dell'altra. In questa stanza arrivòin Italia il vescovo di Cinque Chieseovero di V Vescovadifratellobastardo del re d'Ungheria (si dicea savio signore e valentre inarme) con da CC gentili uomini d'Ungheria e d'Alamagna a cavallo e inarmee con danari assaie sogiornò alquanto a Forlì ein Romagnaprima ricevuti graziosamente da meser Mastino al suovalicaree poi da tutti i signori di Romagnae ivi soldòquanta gente poté avere a cavalloe arrivò a Fuligno;sicché con gente ch'era soldata a Fulignoch'al tutto sitenieno dalla parte del re d'Ungheriaond'era capo mesere Ugolinode' Trincivi si trovò più di M cavalierienell'Aquila e d'intorno al paese n'avea bene altri mille al soldo delre d'Ungheria. Sentendo ciò quelli ch'erano all'asediodell'Aquilaed essendo già fornito il servigio di tre mesiche' baroni deono servire la coronae non avendo soldo dalla cortesi cominciarono a partire; e 'l primo si partisse fu il conte diSanseverinoche per li più si disse ch'amava più lasignoria del re d'Ungheria che degli altri reali; e partito luitutti gli altri si partirono sconciamente e sciarratiricevendoalcuno danno dalla gente ch'erano nell'Aquila. E giunti all'Aquilala gente ch'era a Filigno de·rre d'Ungheria corsono il paesee presono il castello della Leonessae quello arsono. Lasceremoalquanto di questa impresa del re d'Ungariach'assai tosto di ciòci crescerà materae diremo d'una grande novitàche·ffu nella città di Roma di mutazione di popolo e dinuova signoria.



XC - Di grandi novitadi che furonoin Romae come i Romani feciono tribuno del popolo

Nel detto annoa dì XX dimaggioil dì di Pentecostaessendo tornato a Roma unoNiccolò di... ch'era andato a corte del papa per lo popolo diRoma a richiederlo che venisse a dimorare alla sedia di san Pierocome doveacolla sua corte; e avendoli il papa di ciò databuona ma vana speranzasi ragunò parlamento in Romaove sicongregò molto popoloe in quello isposta sua ambasciata consavie e ornate parolecome quelli che di rettorica era maestrocom'elli avea ordinato con certi caporali del popolo minutoa gridofu fatto tribuno del popolo e messo in Campidoglio in signoria. E dipresente che fu fatto signore tolse ogni signoria e stato a' nobolidi Roma e d'intornoe fecene prendere de' caporaliche mantenienole ruberie in Roma e d'intornoe fecene fare aspre giustizieemandò a' confini certi degli Orsini e Colonnesi e altri nobolidi Romae tutti gli altri se n'andarono quasi fuori di Roma a·lloroterre e castella per fuggire la furia del detto tribuno e del popoloe tolse loro il tribuno ogni fortezza della terra. E ordinòoste contra il prefetto e alla città di Viterboche no·lloubbidiva; e in brieve per sua rigida giustizia Roma e intorno fu intanta sicurtàche di dì e di notte vi si potea andaresalvamente. E mandò lettere a tutte le caporali cittàd'Italiae una ne mandò al nostro Comunecon moltoeccellente dittato; e poi ci mandò V solenni ambasciadorigloriando sée poi il nostro Comunee come la nostra cittàera figliuola di Roma e fondata e dificata dal popolo di Romaerichiesene d'aiuto alla sua oste. A' quali ambasciadori fu fattogrande onoree mandati a Roma al tribuno cento cavalierie profertomaggiore aiutoquando bisognasse; e' Perugini gline mandaro CL. Epoi il dì di san Piero in Vincoladì primo d'agostocome avea significato inanzi per sue lettere e ambasciadorifecesiil detto tribuno fare cavaliere al sindaco del popolo di Romaall'altare di Santo Pietro; e prima per grandezza si bagnòa·lLaterano nella conca del paragoneche v'èove sibagnò Gostantino imperadorequando santo Salvestro papa ilguarì della lebbra. E fatta la grande corte e festa di suacavalleriaragunato il popolofece uno gran sermonedicendo comevolea riformare tutta Italia all'ubidienzia di Roma al modo anticomantegnendo le città i·lloro libertà egiustiziae fece trarre fuori certe nuove insegne ch'avea fattefaree una ne diè al sindaco del Comune di Perugia coll'armedi Giulio Cesareil campo vermiglio e·ll'aguglia d'oro;un'altra ne trasse di nuova fazionedov'era una donna vecchia asedere in figura di Romae dinanzi le stava ritta una donna giovanecolla figura del mappamondo in manorapresentando alla figura dellacittà di Firenzeche 'l porgesse a Romae fece chiamare sev'avesse sindaco del Comune di Firenze; e non essendovila feceporre ad alti in su una staccae disse: "E' verrà benechi·lla prenderà a tempo e luogo". E piùaltre insegne diede a' sindachi d'altre città vicine ecircustanze di Roma; e quello dì fece impiccare il signore diCornetoche facea rubare il paese d'intorno a Roma. E·cciòfattofece a grido nel detto parlamento invocaree poi per suelettere citare i lettori dello 'mperio della Magnae Lodovico diBaviera detto Baveroche·ss'era fatto imperadoree Carlo diBuemche novellamente s'era fatto imperadoreche d'allora allaPentecosta a venire fossono a Roma a mostrare la loro lezionee conche titolo si facieno chiamare imperadorie' lettori dovessonomostrare autoritade li avessono eletti; e fece trarre fuori epiuvicare certi privilegi del papacome avea commessione di ciòfare. Lasceremo alquanto della nuova e grande impresa del nuovotribuno di Romache tutto a tempo vi potremo ritornarese·llasua signoria e stato arà podere con efettocon tutto che perli savi e discreti si disse infino allora che·lla dettaimpresa del tribuno era un'opera fantastica e da poco durare; ediremo alquanto di certe novità occorse in que' tempi allacittà di Firenze.



XCI - Di certe tempeste e fuochi chefurono in Firenze

Nel detto annoa dì XX edì XXII del mese d'aprilefurono in Firenze e d'intornograndi turbichi di piove e tuoni e baleni oltre all'usato modo. Ecaddono nella città e di fuori più folgorie alcunan'abatté certi merli delle mura. Poi a dì XVIII e dìXX di giugno furono per simile modo gran pioggegragnuoletuoni efolgoriguastando frutti e biade in più parti del contado.Per la qual cosa il vescovo di Firenze col chericato e grande popoloandarono per la terra a processione per III dìpregando Iddiola cessasse; e come gli piacquecosì fece. E·lla nottevegnenteil dì di san Giovannia dì XXIIII di giugnos'aprese fuoco in Porta Rossa contra alla via traversa che va a casagli Strozziove arsono più di XX casesanza quelle sidisfeciono d'intorno per ispegnerlocon grande danno e disuluzionedella contradae morìvi più maestri di rovina di caseche caddono loro adosso. E ne' detti dì s'aprese in piùparti di Firenze con danno di più case e forni. E notalettorequante tempeste occorse in questo anno alla nostra cittàdi famemortalitàrovinatempestee fuochie discordietra' cittadiniper li soperchi di nostri peccati. Piaccia a·dDioche questi segni ci correggano de' nostri difettiacciò cheIddio non ci condanni a maggiori giudiciche paura ne fannosìè fallita la fede e caritade tra' cittadini.



XCII - Ancora di novità chefurono in Firenzee di certi ordini confermati contro a' Ghibellini

Nel detto annoa dì VI diluglioavendo il popolo di Firenze inn-odio la memoria del ducad'Atene per la sua malvagia signoriacome adietro facemmo menzionesi fece dicreto che niuno priore che fosse stato fatto per lo dettoduca non avesse privilegio né potere portare arme come glialtri priori fatti per lo popolo; e chiunque avesse dipinta l'armesua in casa o di fuorila dovesse ispignere e acecare; e a·ccuifosse trovatapena fiorini mille d'oro. E·llevaro che nonpotesse portare arme da offendere niuno gabelliere e niunosoprastante e·lloro guardiese non nelle carcere o d'intornoche in prima n'era piena tutta la città di privilegiper piùcasich'era sconcia cosa. E in questo tempociò furono VI dinove priorivollono correggere il dicreto ch'era fatto dì XXdi gennaio passatoche parlava che niuno Ghibellino potesse avereufici sotto certe peneessendo accusato per lo modo che dicemmoadietrovolendo riducere che' testimoni non fossono accettatisenon fossono prima aprovati pe' priori e loro collegi; e per cotalemodo si credettono anullare il detto dicreto. Ma sentendosi per licapitani di parte guelfae quasi commossa la terraper modo che·llaprima detta legge fatta dì XX di gennaio si confermòefortificossi più ferma e con maggiori pene contro al voleredella maggiore parte del detto uficio de' priori ch'allora era. Ebene disse il propio il maestro Michele Scotto de' fatti di Firenzeche "disimulando vive etc.". Lasceremo alquanto dellenovità di Firenzetanto che surgano delle più fresche;e torneremo a dire de' fatti d'oltremontie della guerra dal re diFrancia al re d'Inghilterrach'al continovo ne cresce materia.



XCIII - Come meser Carlo di Brois fusconfitto in Brettagna

Nel detto annoa dì XXIIdel mese di giugnomeser Carlo di Broische·ssi faceachiamare duca di Brettagna per retaggio della moglie figliuola dellafigliuola del duca di Brettagnacome contammo adietro al capitolodella morte del ducaessendo in Brettagna con grande oste alcastello e rocca d'Ariaroche·lli s'era ribellatoil contedi Monforte figliuolo del fratello carnale che·ffu del duca diBrettagnaa cui di ragione succedea il detto ducato per lineamascolinase non che·rre di Francia gliele contradiavaetolsee avielo dato al detto meser Carlo di Brois suo nipotecomedicemmo in alcuna parte adietrosentendo la detta oste maleordinatasì ragunò suo sforzo di quelli Brettonich'erano di sua parte coll'aiuto ch'avea dell'Inghilesi e Gualesida·rre d'Inghilterra. E bene aventurosamente asalirono ladetta ostee missongli inn isconfittaove rimasono morti e presimolta buona gente del reame di Franciatra' quali vi rimasono mortie presi de' caporali di rinomeail siri della Vallee meser Rosedee meser Giovanni suoi fratelliil visconte di Dureme 'l fratelloe 'l figliuoloe 'l signore de Ruallae 'l figliuoloe 'l signoredi Roggeoil signore di Malostrettoil signore di Ciastelbrialtoil signore di Rasa di Rasie più altri cavalieri e scudieriche non sapemmo il nome. E il detto meser Carlo di Brois con moltialtri baroni e gentili uomini fu presoe mandati pregioni a Londrainn-Inghilterra.



XCIV - Come quelli della cittàdi Legge furono sconfitti dal loro vescovo e dal duca di Brabante

Nel detto annoa l'uscita diluglioil vescovo di Leggecoll'aiuto del duca di Brabante e di suagentefece oste sopra la città di Leggeche·lli s'erarubellata l'anno passatocome adietro facemmo menzionedella qualeoste fu capitano e conducitore il detto duca. Que' di Legge uscironofuori a battagliapopolo e cavaliericol loro aiuto e sforzod'amici e loro allegati; nella qual battaglia quelli di Legge furonoisconfittie in grande quantità morti e presi. E il dettoduca e vescovoavuta la detta vettoriaebbono la città diLegge sanza contasto niunoe·lla terra Dui e quella diDinanteche sono della partinenza di Leggegrosse terre e ricche ebene popolatee prese le dette terre e paesecon volontà delvescovo ne feciono signore il duca di Brabantecon tutto che fossonoterre ch'apartenieno alla Chiesa di Roma. E nota che Legge èuna città nobile e di ricchi borgesie anticamente fuedificata per li Romaniperò che in quello luogoch'ètra Francia e Alamagnatenieno le loro legioniquando dominavanoquelle provincee da quello ebbe dirivo Legge il propio nomedalegio legionis.



XCV - Come il navilio che·llore di Francia mandava per fornire Calese fu sconfitto dagl'Inghilesi

Nel detto annoall'uscita digiugnoavendo il re di Francia fatte aparecchiare al porto diRiflore in Normandia LXX naviovero cocchearmate e fornite ecariche di molta vittuagliae altri arnesi e d'arme da guerraperfornire la terra di Calesech'avea asediata il re d'Inghilterraein compagnia del detto navile XII galee armate di Genovesi; epassando il detto navile contro a Dovero inn-Inghilterraove avea daCC cocche armate del re d'Inghilterrale quali vi stavanoaparecchiate per fornire l'oste di Calese del re d'Inghilterraconpiene velefiotto e marea vennono adosso al detto navile del re diFrancia; e·cciò veggendo l'amiraglio delle galee diGenovesiil soperchio navilio de' nimici non ressonoma per forzadi remi si ritrassono adietroe abandonaro le dette navile qualifurono tutte presee morti la maggiore parte degli uomini delnavilio del re di Inghilterrae con tutta la roba e vittuaglia chev'era susoche valea danari assaiche·ffu gran conforto alre d'Inghilterra e alla sua ostee grande speranza d'avere tosto laterra di Calese; e gli assediati di Calese furono in grande dolore eaffanno e disperazione di loro salute.



XCVI - Come il re di Francias'affrontò con sua oste per combattere col re d'Inghilterraecome s'arrendé Calese all'Inghilesi

Sentendo il re di Francia com'erapreso il suo navilio col fornimento che mandava a Calesee sapiendoche in Calese venia meno la vittuagliae perdea la terra se no·llasoccorressefece richiedere i suoi baroni che s'aparecchiassono inarme per seguirlocome avea ordinato nel suo parlamentocomedicemmo adietroe così fu fatto. E partissi da Parigi delmese di luglio con sua ostela qual era di più di Xm uomini acavallogentili uomini e buona gente d'armecon XXXm pedonioveavea buona parte Genovesi a balestrae altri Lombardi e Toscani alsoldo. E venuto lui in Arteses'acampò presso all'oste del red'Inghilterra a mezza legaa dì XXVII di luglio. Lo red'Inghilterra era con sua oste e campo intorno a Calese con piùdi IIIIm gentili uomini a cavalloe con XXXm arcierie gualesi einghilesied erano co·llui il marchese di Giulieri capitanodi Fiaminghicon più di XXm Fiaminghi armati a piede. E 'l red'Inghilterra avea affossato e steccato Calese tutto intorno dal latodi terrae simile abarrato per mare e di fuori con pali e traversedi legnameil suo navilio alla guardiasicché per mare néper terra non vi potea entrare né uscire persona. E di fuoriavea tre campiquello del requello de' Fiaminghie quello delconte d'Ervi con parte della cavalleria e con Gualesi a piè: etutti i detti III campi affossati e steccati intorno; e dentro allelicce si potea andare dall'uno campo all'altroed erano signori diprendere e di schifare la battaglia a·lloro posta.

In questa stanza venneronell'oste messere Anibaldo cardinale e 'l cardinale di Chiermontelegati mandati per lo papaandando dall'una oste all'altra perragionare e trattare accordo di pace dall'uno re all'altroeco·lloro s'accozzarocon ordine di due rein mezzo di duecampi V baroni da ciascuna parte. E dopo tre dì stati ne'detti trattati non vi poté avere concordiada·ccui chesi rimanesse. Dissesi dal re d'Inghilterraperché il re diFrancia nogli accettava le sue adimandee non voleva recare ilgiuoco vinto a partitoaspettandosi d'ora inn-ora d'avere Caleseche più non si potea tenere. Veggendo il re di Francia che nonpotea avere né pace né trieguafece spianare tra duecampi e richiedere il re d'Inghilterra di battaglia; e a dì IId'agosto uscì fuori del suo campo così ordinato eschieratofaccendo della sua gente VI battaglie a·lloroguisaciò sono schiere. La prima era da mille o piùcavalierii più Alamanni al soldo e Anoierila qualeconducea meser Gianni d'Analdo e 'l conte di Namurro suo genero. Laseconda fu di più altri mille cavalieriil fiore di Franciala qual guidava il maliscalco di Francia. La terza era di presso aIIIIm cavalieri con tutti i pedoni del paese e bidali di Navarra eLinguadoco e di nostro paesee quest'era la schiera grossala qualguidava mesere Gianni duca di Normandiafigliuolo del re di Francia.La quarta era di M o più cavalieri di Linguadoco e Savoini; laquale conducieno il conte d'Armignaccae 'l figliuolo del contedella Illa. [...] La sesta era di più di IIm cavalieriov'erail re di Francia con suoi ciamberlanied era schierato allarietroguardia. Lo re d'Inghilterra fece armare e schierare sua gentedentro alle liccema non volle uscire fuori alla battaglia; e mandòa dire al re di Francia che volea prima Calesee poise volessecombatterepassasse in Fiandraed elli con sua oste vi sarebbeaparecchiato di combattere. Lo re di Francia non volle accettare ilpartito d'andare a combattere in Fiandra fra·lla moltitudinede' Fiaminghi suoi ribelli e nemici. E veggendo che quivi non poteaavere battagliané soccorrere Calese sanza suo gran pericolosi partì con sua ostee si ritrasse adietro VI leghe quelloprimo dìe poi seguendo sue giornate verso Parigilasciandodi sue gente d'arme alla guardia delle terre delle frontieree conpoco suo onorema 'l contrarioe con grande spendio si tornòa Parigi. Que' di Calese veggendo partito il re di Francia e suaostepatteggiaro col re d'Inghilterra co·rrenderli la terrasalve le persone a' forestieriuscendone in camicia iscalzi colcapresto in colloe' terrazzani alla sua misericordia; e·cciòfu a dì IIII d'agosto del detto anno. Ed entrò nellaterra a dì V d'agosto il re e sua gentee trovarono che nonv'era rimaso di che vivere e che ogni vile animale aveano mangiatoper famee trovò nella terra molto tesorosì delleruberie di quelli di Calese che tutti erano ricchi di danariguadagnati in corso sopra Inghilesi e Fiaminghi e altri navicanti perquello mare; però che Calese era uno ricetto di corsaliespilonca di ladroni e piratti di mare; ancora v'erano dentro tutti idanari delle paghe mandati per lo re di Francia in più tempoch'era durata la guerrach'erano buona quantitàche tutto vilasciaroe uscirne ignudicome detto avemo; e tormentarolli perfarsi insegnare la pecunia nascosa e sotterrata. E volendo il red'Inghilterra far fare giustizia di terrazzanisiccome di piratti dimaree tutti impenderli alle forchei detti due cardinali furonocon molti prieghi al re e alla reinache perdonasse loro la vita perl'amore di Dioe per la grazia e vittorie che Iddio gli avea fatte;e dopo molte pregherie di cardinali e della madre e della moglieperdonò loro la vitae tutti gliene mandò col caprestoin collo. E questa vittoria di Calese fu grande onore e aquisto al red'Inghilterra. I Fiaminghich'erano co·llui nell'osterichiesono il re che 'l disfacesseche non potesse far loro piùguerra e ruberiae' loro porti ne fossono migliori. Lo re nol volledisfareanzi fece crescere la terra verso la marinae aforzare dimura e torri e fossi e steccatie popololla di suoi Inghilesiefornilla di vittuaglia e d'arme. E bene che Calese fosse al red'Inghilterra piccola terragli fu grande aquistoperch'èterra di portoe per vincere sì grande punga contro al re diFrancia e suo gran podere nel suo paese medesimo. Ma·llesopradette vittorie avuteil re d'Inghilterra sopra il re di Franciasì in Guascogna e in Brettagna e in Franciae poi nellabattaglia e vittoria avuta a Crescìcome adietroordinatamente è fatta menzionenon ebbe in dono; che tornatoil detto re Aduardo con sua oste in Inghilterratra' morti inbattagliee poi al suo ritorno morti d'infermitadi e malattiesitrovaro meno da Lm Inghilesi; e però non si dee nullo groriaredelle pompe e vittorie mondaneche·lle più sono conmale uscita. Lasceremo alquanto a dire della presente guerra de' duerech'ha avuto alcuno fine di triegua; e torneremo a dire di Firenzee del nostro paese d'Italia. Ma inanzi che·llo re Adoardo sipartisse da Calese e del paeseassai guerra e correrie fece la suagente a Santo Mieri e all'altre terre d'Artesecon gran prede edannaggio del paese. In questa stanza i legati cardinali trattaronoaccordo e triegua dal re di Francia a quello d'Inghilterra infinoalla san Giovanni a veniremandando ciascuno di detti re suoiambasciadori a corte di papa a dare compimento d'acordo. Il red'Inghilterra vi s'acordò volentieriperch'avea il miglioredella guerraed era per la detta guerra molto afannato e straccoelli e sua gentee con grande dispensa. E·cciòordinatosi partì il detto re Aduardo del reame di Franciacon sua oste lasciando fornito Calese: passò il maree tornòin Inghilterra con grande festa e allegrezzafaccendo giostre etorniamenti.



XCVII - Come in Firenze si fece nuovamonetapiggiorando la prima

Del mese d'agosto del detto annoessendo in Firenze montato l'ariento della lega d'once XI e mezzo difine per libra in libre XII e soldi XV a·ffiorinoperòche' mercatanti per guadagnare il ricoglieno e portavallo oltremareov'era molto richiesto; per la qual cosa la moneta da soldi IIII diFirenze fatta l'anno MCCCXLV dinanzie·lla moneta diquattrinisi sbolzonavano e portavano viaonde il fiorino d'oroogni dì calavaed era per calare da libre III in giù;onde i lanaiuolia cui tornava a interessoperché pagavano iloro ovraggi a picciolie vendeano i loro panni a·ffioriniessendo possenti in Comunefeciono ordinare al detto Comune nuovamoneta d'argento e nuovi quattrinipiggiorando l'una e·ll'altramoneta per lo modo diremo apressoacciò che 'l fiorino d'oromontassee non abassasse. Ordinossi e fecesi una moneta grossaallaquale diedono corso per soldi V l'unochiamandoli guelfidi legad'once XI e mezzo per libracome la lega di grossi di soldi IIIIl'unofaccendone soldi VIIII e danari VIIII per librae rendene lamoneta del Comune soldi VIIIIdanari IIItre quinti; e costava ognioveraggio e calo soldi VI la libra di picciolisicché ilComune ne guadagnava soldi XXII piccioli d'ogni librach'eraoltraggio a mantenere buona monetapeggiorando a quella di soldiIIII il grosso più di XI per centinaio. E·lla moneta diquattrini si piggiorò non di legama di pesoche dove diprima se ne faceva soldi XXIII per librae 'l Comune ne rendeasoldi... per librasi feciono di nuovi soldi XXVI e danari VI perlibrae rendene la moneta soldi XXIIII e danari VIIII di quattriniper librae costava d'ovraggio e calo soldi VI di piccioli perlibra; sicché il Comune n'avanzava danari XII piccioli perlibra; sicchéchi·ssa di ragionela moneta grossapeggiorò XI per Ce quella di quattrini da XV per C a quelloch'era la moneta fatta mesi... dinanzi. E nota che bene disse ilnostro poeta Dante il propio nella sua Commediaove scramando controa' Fiorentini disse cominciando: "Godi Firenze etc.";conseguente ancora:

del tempo che rimmembra

Leggemonetae usanze e costume

Ha' tu mutate e rinovate membraetc.

 



XCVIII - Come in cielo aparve unacommeta

Nel detto annodel mesed'agostoaparve in cielo la stella commetache·ssi chiamaNigranel segno del Tauroa gradi XVI nel capo della figura e segnodel Gorgonee durò XV dì. Questa Nigra è dellanatura di Saturnoe per sua infruenzia si criasecondo che diceZael filosofo e strolagoe più altri maestri della dettascienziala quale significa pure male e morte di re e di potenti; equesto dimostrò assai tosto in più re e realicomeinanzi leggendo si troverrà; e ingenerò grandemortalità ne' paesi ove il detto pianeto e segnosignoreggiano; e bene il dimostrò inn Oriente e nelle marined'intornocome dicemmo adietro.



XCIX - Come messere Luigi figliuolodel prenze di Taranto prese per moglie la reina di Puglia sua cugina

Nel detto annoa dì XXd'agostomeser Luigifigliuolo che·ffu del prenze di Tarantosecondogenitosposò la reinafigliuola che·ffu delduca di Calavra sua cugina carnalee ch'era stata moglie d'Andreasre figliuolo del re d'Ungheriaed erano da parte di madre nati didue sirocchie carnali. E fu dispensato il detto iscelleratomatrimonio per Clemento VI papae fatto duca di Calavra e balio delRegno. E ciò fu per procaccio e opera del cardinale diPeragorga suo zioonde fu ripreso da tutti i Cristiani che 'lsentiroe ciascuno che 'l seppe ne scificò e disse chesarebbe con mala uscita sì abominevole peccatocon tutto chepalese si dicea che 'l detto meser Luigi avea affare di lei vivendoil re Andreas suo maritoed egli ed ella furono trattatori dellavillana e abominevole morte del detto re Andreascome contammoadietrocon più altri che 'l misono ad esecuzione; onde seguìmolto malecome inanzi si farà per noi menzione.



C - Di certe battaglie che fecionoi Genovesi co' Catalani in Sardigna e in Corsica

Del mese d'agosto del detto annoil vicaro del re di Raonach'era in Sardignasi puose con sua ostealla terra detta Alleghierala qual terra per lungo tempo aveanotenuta quelli della casa Doria di Genovavolendola recare a signoriadel re. I quali di casa Doria v'andarono co·lloro sforzoemissono inn-isconfitta la detta oste di Catalanie morivenne piùdi DC. E poi coll'aiuto del Comune di Genovache male erano contentidella vicinanza de' Catalanisi puosono a oste a Sasserie a quellovennero al soccorso i Catalani con CCC cavalieri e popolo assaielevarne i Genovesi inn-isconfitta: e così va di guerra. E deldetto mese e anno i Genovesi ebbono la signoria di tutta l'isola diCorsica con volontà di quasi di tutti i baroni e signori diCorsica; e·ffu loro un bello aquisto colla terra di Bonifazioch'ellino teneno; se non che·ffu con mala uscitache per lamortalità venuta di levante nell'isole e marine furono sìmaculati d'infermità e di morte le dette isole di Sardigna edi Corsicache non vi rimasono il terzo vivi degli abitanti delpaese e Genovesi.



CI - Come volle essere tradito etolto il castello di Laterino a' Fiorentini

Nel detto annoin calen diottobreper trattato di Tarlati usciti d'Arezzo volle essere traditoe tolto a' Fiorentini il castello di Laterino per danari ne doveanoavere certi terrazzani ghibellini e delle guardie che v'erano per loComune di Firenze. Il quale trattato si disse menava uno frate minoreguardiano dei frati di Montevarchi; il quale tradimento fu scopertoe presi i traditorie parte di loro impiccati ad Arezzoe parte aFirenze. E 'l detto frate fu preso e menato a Firenzee inn-istrettacarcere sotto la scala del capitano istette più mesi congrande inopia. Alla fine non trovandolo in colpae a priego de'fratifu dilibero. Lasceremo alquanto a dire delle novità daFirenzetornando alquanto adietro a dire d'una grande e scellerataopera ch'avenne a' reali di Tunisi in poco di tempodicendolo il piùbrieve che·ssi potràcome avemmo da uno nostro amicofiorentino e mercatante e uomo degno di fedeche a tutto fu a Tunisipresente.



CII - Come i reali del reame diTunisi per loro discordie s'uccisono insieme

Regnando in Tunisi e nel suoreame Mule Buchieriche tanto è a dire Mule in saracinescocome Re in nostro latino; questi fu quello re di cui facemmo menzioneadietro nel capitolo delle trallazioni del detto reame di Tunisi;questi era gran signore e sotto lui più reamie avea piùfigliuoli di più mogli e amichech'avea al modo saracinesco;venne a morte del mese d'ottobre MCCCXLVI. E a·lloro modo fecesuo testamentoe lasciò che fosse re apresso lui un suofigliuolo chiamato Calidoil qualequando morì il padrenonn-era in Tunisi. Un altro suo figliuolo giovane di XXVI annipro'e arditoch'avea nome Amarech'alla morte del padre si trovòin Tunisie acordandosi col siniscalco del regnoil quale avea nomeCon Betteframoed era apresso il re il maggiore signore del reamecol suo aiuto si fece coronare re allora sanza alcuno contasto.Sentendo ciò Calido l'altro fratellocui il padre avealasciato che fosse res'acostò co' signori delli Arabiiquali signoreggiavano le terre campestre e·lle montagne (esempre stanno a campo co·lloro tendee non hanno cittàné castella né ville né case murate)e congrande sforzo d'Arabi venne a Buggea con sua oste. Amareche s'erafatto recol suo siniscalco e con sua oste uscirono di Tunisie dilungi X miglia verso Buggea s'acamparono. Ma il vizio dellaingratitudine che regnava nel re Amarenon trattava bene il suosiniscalcoche gli avea data la signoriama tutto dì ilminacciava di farlo morire. Il quale per tema della fellonia del reAmare si partì dell'oste da·lluie tornossi a Tunisi;e di là con sua gente n'andò nel Garboe Amare re contutta sua oste n'andò a Buggea. Calido cogli Arabi venne aTunisie sanza contasto entrò nella terrae di presente sidiede a' diletti carnalistandosi a' giardini realiche sono moltodilettevolie soggiornando in bagni con sue femmine stando in vitadisoluta. E avendo con non buona providenza dato congio alli Arabiche·ll'avieno rimesso in signoriae non provedendosi dellaguerra del fratelloAmare venne a Tunisi con IIm cavalieri; e giuntodi fuori di Tunisi fece asapere a' soldati cristiani ch'erano nellaterra di sua venutai quali gli promisonoper danari fece loroproffereredi seguirloed elli con CCC uomini a cavallo scalòin più parti le mura della cittàed entròdentro sanza contasto. Lo re Calido sentendo ciòsalìa·ccavallo disarmato con due suoi fratellil'uno re di Susa el'altro di Sachisii quali elli avea tratti di prigioneove gliavea messi il re Amare loro fratelloquando prese la signoria. Eandando i detti per la città di Tunisi gridando a borgesi che'l dovessono atarerispuosono che di ciò non sitravaglierebbonoche così avieno per loro signore l'unofratello come l'altro. Andando per lo detto modo lo re Calido per laterracerti Cristiani rinegati l'assalironoe uno gli lanciòuna lanciae fedilloonde cadde a terra del cavalloe incontanentegli fu tagliata la testae presentata a·re Amare; la qualfece mettere in su una lanciae mandarla per tutta la terra; e glialtri due fratelli presifece loro tagliare le manie poi infra tredì gli fece moriree più altri caporali delli Arabich'avieno seguito il re Calido fece il somigliante. E·cciòfattoil re Amare sedette nella sedia reale come refaccendosi farel'omaggio e reverenza a tutte maniere di gentie regnòapresso X mesi in pacefaccendo grandi feste con disoluta vita emali reggimenti.

Benteframo e Betara siniscalchiche s'erano ribellati da·lluie iti al re del GarbodettoBulaferecome adietro facemmo menzionecommossono il detto re delGarbo contra i·re Amare per le sue scellerate operee mossesicon grande oste di XXXm a cavallotra' quali avea IIm Cristianievenne verso Tunisie per mare mandò un suo amiraglio conVIIII galee e altri legni; e giunto il detto Bulafar re del Garbo consua oste a Buggeal'ebbe sanza contasto niunoe simile la terra diGostantinae trasse delle dette terre i reali e possentie quellimandò nel Garbo con buona guardiae fornì le detteterre di sue genti.

Lo re Amare di Tunisi sentendo lavenuta del re del Garbos'aparecchiò di ragunare sua oste pervenirli incontro infino a Buggeae uscì di Tunisi a dìXI d'agosto MCCCXLVII con IImD cavalieriaspettando a campo il suosoccorsoche tuttora gli venia. E in quella istanza ebbe novellecome il navile del re del Garbo era arrivato nel porto di Tunisionde tornò a Tunisi per difendere la terrae al continovofacea badaluccare con balestra e archiacciò che quelli delnavile non prendessono terra. In questa stanza il re del Garbo consua oste a piccole giornate ne venne verso Tunisi. Lo re Amare diTunisi veggendosi così assalire per terra e per mareeche·lla sua forza e 'l séguito non era forte alla forzade' suoi nimicisi partì di Tunisi con M Barberiné'soldati cristiani nol vollono seguire per la sua avariziae andonneverso il Caroano per andarsene alla città di Susa. Alloral'amiraglio ch'era nel porto iscese alla terra con D balestrieriefurono riceuti in Tunisi come signori. E poi apresso vi venneentrando della gente del re del Garbo; e 'l re del Garbo sentendo che'l re Amar s'era partito di Tunisi per la via del Caroanoil feceseguire a un suo amiraglio con IIIIm uomini a cavallocomandandogligli apresentasse il re Amar o morto o vivo; il quale seguendoloiltrovaro di lungi a Tunisi C miglia con poca compagnia a una fontanaove abeveravano loro e loro cavalli; il quale asalito dal dettoamiragliofu fedito e mortoe tagliatoli il capo; e' compagni chefurono presi menati prigioni al re del Garboe presentatali la testadel re Amar; e certificatosi il re del Garbo ch'ell'era di vero lasua testala mandò a Tunisie fecela sopellire tra' reali.E·llo re Bufar con sua oste s'apressò alla cittàdi Tunisie·lla città e 'l regno ebbe al suocomandamento sanza contasto niunoche·ggià v'eradentro la sua gente e per mare e per terracome avemo detto dinanzi;e solo uno dì stette in Tunisie ciò fu del mese digennaio MCCCXLVII. E rifermata la città e 'l reame d'uficialidi sua gentefece prendere tutti i regoliovero i realidiscendenti del re Bucchieri detto dinanziove che fossono nelreameche da LX eranoo piùe con buona guardia gli mandònel Garbo; e dov'egli era stato a campo da IIII miglia di fuori diTunisifece ordinare si dificasse una terra a modo di bastitaequivi sogiornò con sue femine a gran festa.

Or notalettoree ricogliquello ch'avemo detto nel presente capitoloe troverrai che per lipeccati della superbia e avarizia e lussuria principalmente venutatra fratelli e congiuntivolendo l'uno all'altro torre lo stato esignoriaquanti micidi e altra distruzione avenne in poco di tempoa' figliuoli e discendenti reali del re Bucchieri di Tunisionde illoro lignaggio fu distrutto. E per simile modo in questi tempiavennero tra·nnoi Cristiani tra' reali del regno di Pugliacom'era già cominciato per la morte del re Andrease seguinneapressocome assai tosto ne faremo menzione. Lasceremo de' fatti de'Barberi del regno d'Africach'assai n'avemo dettoe torneremo adire de' fatti di questo nostro paese d'Italiach'assai ci crescemateria.



CIII - Come la città diSermona e altre terre s'arrendero alla gente del re d'Ungheria

Nel detto annodel mesed'ottobreessendo la gente del re d'Ungheria all'assedio di Sermonané per la reina né per li altri reali nonn-eranosoccorsisì patteggiarono di rendere la terra a comandamentidel re d'Ungheria con questi pattise da' reali non fossero soccorsiinfra XV dì: e rimanendo nelle loro franchigie e costumech'erano col re Rubertoe che dentro della terra non dovessonoentrare soldati né gente d'arme più di X per voltase·ggià non fosse colla persona del re d'Ungheriaosuo fratello; e di ciò diedono XX stadichi de' migliori dellaterra. E avuta Sermonanon rimase persona in Abruzzi che non fosseall'ubidienza del re d'Ungheria. E del mese di novembre apressodella detta gente d'arme del re d'Ungheria che facieno loro capoall'Aquilain quantità di MD cavalieri e pedoni assaiavutaSermonapassaro la montagna di Cinque Migliae scesono in Terra diLavoroe presono Sarne·ll'antica città di Venastrie Cianoche tenea il figliuolo del conte Novello; diede alla dettagente il mercato e·lla redditaperò checome ilpadreamava più la signoria del re d'Ungheria che degli altrireali. E il conte di Fondinipote che·ffu di papa BonifazioVIIIentrò in San Germano colle 'nsegne del re d'Ungheria econ gente d'arme per lui.



CIV - Come i reali col loro sforzoinn-arme si ragunarono alla città di Capova

Sappiendo la reina e gli altrirealionde si facea capo meser Luigich'avea sposata la dettareinacome Sermona e·ll'altre dette terre s'erano renduteall'ubidienza del re d'Ungheriaincontanente feciono capo grossoalla città di Capovaacciò che·lla forza del red'Ungheria non potessono passare il fiume del Voltorno per andareverso Napoli. Il prenze di Taranto e il duca di Burazzo vennero aCapova con più altri baronie co·lloro sforzo di gented'armee ritrovarsi con meser Luigi con più di IImDcavalieribene e riccamente montati e bene in armee con popolograndissimoe quivi s'accamparono a modo d'oste nella terra e difuorie ogni dì crescea loro sforzo e podere per modo che·ssei detti reali fossono stati costanti e uniti insiemeper forza digente che 'l re d'Ungheria avessenéd eziandio venendo inpersonanon avea podere di passare. Ma a·ccui Idio vuole perle peccata giudicaretoglie a' signori e a' popoli la forza e·llaconcordia. E così avenne fra' detti reali; che tuttora conpoca fermezza ciancellavano insieme e tali di loro e degli altri granbaroni del Regno s'intendeano con lettere al segreto col red'Ungheria. In questa stanza ebbe più scontrazzi dalla gentede' reali a quella del re d'Ungheriaquando a danno dell'una partee quando dell'altra. Lasceremo alquanto di questa matera infino allavenuta del re d'Ungheriae diremo d'altre novità che ne'detti tempi furono in Roma. La reina e gli altri reali mandaronolettere e ambasciadori in mezzo novembre al Comune di Firenze persoccorso di Dc cavalieri: fu loro risposto saviamente come il nostroComune nonn-era aconcio di travagliarsi tra·lloro realiinn-opera di guerrama tramettersi di pace tra·llorocomecari amici.



CV - Di novità e battaglieche·ffu in Romaove i Colonnesi furono sconfitti e poi comeil tribuno fu cacciato della signoria

Nel detto annoall'entranted'ottobreambasciadori del re d'Ungheria vennero a Romaprofferendosi al tribuno e popolo di Romail quale a grido di popoloil detto re d'Ungheria fu ricevuto a·llega e compagnia delpopolo di Roma.

E a dì XX di novembre deldetto annoessendo fatta una congiura e cospirazione per li signoriColonnesi e parte degli Orsini dal Monte loro parentiper abatterela signoria del tribunoper cagione che il tribuno con tradimentoessendo venuti a' suoi comandamenti il prefetto e 'l conte Guidoe'l fratelloe II figliuoli di Curradoe altri baroni venuti i·llorocompagniae data loro desinaregli fece pigliare e incarcerare cononta e·lloro vergogna. E per avere i detti presique' diViterbo corsono la terrae furono tagliate a XII le testech'eranopure de' maggioriche a quello tradimento diedono opera col tribuno.Gli amici loro di RomaColonnesi e altriragunarono molto disegretocoll'aiuto del legato del papa ch'era a Montefiasconeda DLcavalieri e pedoni assaiond'erano caporali meser Stefano eStefanuccio e Gianni Colonna e Giordano di Marino; e di nottegiunsono a Romae ruppono la porta che va a Santo Lorenzo fuori lemuraper entrare dentro. Sentendosi in Roma la detta venutasonandola campana di Campidoglioil tribuno col popolo furono in armechia cavallo e chi a piècoll'aiuto di certi degli Orsini diCampo di Fiore e da Pontee Giordano da Monteasalironovigorosamente i feditori di quelli della Colonnache·ggiàper forza d'arme e con danno d'alquanti del popolo di Roma s'eranopinti dentro alla portai quali erano CL a cavallo; ma per losoperchio de' Romani d'entro furono ripinti di fuori della porta inisconfitta; e uscendo fuori della terra la gente del tribuno e delpopoloond'era capitano Cola Orsini e Giordano dal Montee pernimistà di suoi consorti e di Colonnesicacciandoglisconfitti quellino ch'erano rimasi di fuorinon ressonoma simissono in fuga; ove rimasono morti e presi assai. Intra gli altricaporali furono morti VI di casa Colonnesiciò furonoStefanuccio e Gianni Colonna suo figliuoloe il proposto diMarsiliae Gianni figliuolo d'Agabitoe due altri loro bastardivalentri in arme; onde i Colonnesi ricevettono gran danno eabassamentoe 'l tribuno ne montò in gran pompa e superbia; emandonne lettera co' messi e con ulivi significando la sua grandevittoria al nostro Comunee quello di Perugia e di Sienae deglialtri suoi vicini confidenti. Il quale messoche venne in Firenzefu riccamente vestito. E avuta il tribuno la detta vittorial'altrodì fece grande processione di tutto il chericato di Roma aSanta Maria Maggiore. E poi a dì XXIIII di novembrefatta lamostra di sua cavalleriafece cavaliere il suo figliuolo andando aSa·Lorenzoe meser Lorenzo della Vittoria il nominò.In quelli dìpoco apressovenne in Roma uno vicario delpapa. Il tribuno il ricevette per compagnofaccendo un grandeparlamento in Campidoglioe ivi aringando propuose l'autorità:"Legem pone michiDomine in via giustificazione tuais";mostrando al popolo di volere ubidire al papaistando in grandefesta e pomposa. Ma poco durò al tribuno la sua vana gloria efelicitàcome diremo; che per la sua audace e aspra giustiziaavea fatto citaree poi non vegnendo a' suoi comandamentiil contePaladino d'Altemura di Pugliail fece sbandireperché nelleparti di Terracina in Campagna usavasecondo si dicearuberie eforze; venne a Roma con CL cavalieri coll'aiuto del capitano delPatrimonioper opera del legato. E nota che·lla Chiesa alcominciamento al tribuno diè favoree poicui fosse lacolpafé il contradio. Il detto Paladino si ridusse nellacontrada di Colonnesi da Santo Apostoloe con certi de' Colonnesirimasi e co·lloro vicini e amici fece sonare a martello lecampane della detta chiesa e dell'altre della forza de' Colonnesiein quelle contrade levò la terra a romoree ragunògente assai a'ccavallo e a piè e amici di Colonnesie·cciòfu a dì XV di dicembre del detto annogridando: "Viva laColonnae muoia il tribuno e' suoi seguaci!". A questo romorele contrade di Roma s'abarrarociascuno colle sue forze e fortezzeguardando loro contrade. Il detto Paladino e popolo di Colonnesivennero a Campidoglio. Il tribuno non fu seguitocome doveanédagli Orsini né dal popolo. Il tribuno veggendosi cosìabandonatosconosciuto uscì di Campidoglioe vennesene inCastello Sant'Agnoloe là nascosamente si dimorò finoalla venuta del re d'Ungheria a Napolia·ccui si dice andòper mare sconosciuto in su uno legno. Tale fu la fine della signoriadel tribuno di Roma. E notalettoreche·lle piùvoltequasi sempreaviene a chi si fa signore o caporale di popolid'avere sì fatta uscitaperò che di veri segni dellafortuna è che' sùbiti avenimenti di felicità edi vettoria e signoria mondana tosto vegnono meno. E bene acade altribuno il motto che disse in sua rima un savio:

Nessuna signoria mondana dura

E·lla vana speranza t'hascoperto

Il fine della fallace ventura.

Lasceremo de' fatti di Romaalquantola quale rimase in più pessimo stato in tutti icasiche no·lla trovò il tribuno quando prese diquella la signoriacredendola per sua audacia correggerlaessendoin rovina; e diremo come morì il Bavero che·ssichiamava imperadore.



CVI - Come morì Lodovico diBaviera chiamato Baveroche·ssi tenea d'essere imperadoreefu eletto a nuovo imperadore Adoardo re d'Inghilterra

Nel detto anno MCCCXLVIIall'entrante d'ottobreLodovico di Bavierache·ssi chiamavaimperadoreessendo alla sua città... e cavalcando... ilcavallo gli cadde sottoe della detta caduta subitamente morìosanza penitenzascomunicato e dannato da santa Chiesa; peròche·nn'era perseguitore e nimicocome adietro in piùparti avemo fatta menzione. Fu sopellito dal figliuolo e da' suoibaroni a grande onore a guisa d'imperadore nella sua terra di... Ilfigliuoloch'avea nome... ed era marchese di Brandiborgouomo prodee valorosorimase in Alamagna in grande stato e signoria e ricco. Enota che chi muore in contumacia di santa Chiesa e scomunicato semprepare che faccia mala fine; e questo si vede palese per antico e pernovello. Morto il Baveroparte delli elettori dello 'mperiociòfurono per contradio del papa e della Chiesaperch'avieno fattoeleggere e poi confermato Carlo re di Buem quasi per contrario di piùsignori e popoli d'Alamagnavivendo Lodovico detto Baveroe perdispetto e dilegione della Chiesagli Alamanni il chiamavano lo'mperadore di pretie piccolo séguito avea in Alamagnaelessono a nuovo imperadore Aduardo terzo re d'Inghilterraal qualefu mandata la lezione con grandi impromesse di baroni e signori dellaMagnaper agrandilloe per dispetto del re di Franciaperòch'avea procacciato col papa la lezione e confermagione di Carlo diBuem. Il quale re Aduardo e 'l suo figliuolo aveano diliberatod'accettare la detta lezione; ma·lla maggior parte de' baronid'Inghilterra e' capi delle Comuni nol consigliavanoe rimase atanto sospesa la detta elezione etc. Lasceremo alquanto dellaelezione de' detti II imperadorich'a tempoquando seguissono iloro processitorneremo a·cciò; e diremodell'avenimento inn-Italia del re d'Ungheriache·nne seguegrandi cose e novitadi.



CVII - Come 'l re d'Ungheria passòinn-Italia per andare in Puglia

Lodovico re d'Ungheria non avendodimenticato la crudele e vituperevole morte fatta in Aversa del suofratello Andreasal quale succedea d'essere re di Cicilia e diPugliacome stesamente raccontammo in uno capitolo adietroe avendoda' suoi capitani e gentii quali avieno per lui rubellata la cittàdell'Aquilae al continovo prosperavano felicementecome in quelliprocessi adietro è fatta menzionenon si volle piùindugiare di venire a fare vendettaparendogli tempo acettevole araquistare il regno di Pugliache di ragione per retaggio del reCarlo Martello suo avolo gli succedea. Bene aventurosamente si partìodi sua terra d'Ungheria a dì III di novembre MCCCXLVIIsabatomattina un'ora o più anzi il sole levantecon da cavalieri opiù eletti Ungaricon molti suoi baronie con molto tesoro efiorini contanti da spenderei quali per abondanza d'oro faceabattere in Ungheria contrafatti a' nostri fiorini d'orosalvo delnomeche dicieno: "Lodovico re". E lasciò inUngheria... suo fratello re di Pollonia colla madre e colla moglieeordinò ch'al continovo il seguissono gente d'armecomesofferisse il camino per lo caro ch'era stato l'anno passatoed eraancora e di là da' monti e inn Italia. E a dì XXVI dinovembre giunse inn-Udine; il quale dal patriarca d'Aquilea furicevuto graziosamente. E·llà giugnendo gliambasciadori del Comune di Vinegia per proffereglisii qualiisdegnòe apena gli volle udire tenendosi gravato dal Comunedi Vinegia della presa di Giadra fatta per loro contro a suo onorecome contammo adietro. E entrando inn-Italia il detto re d'Ungheriaarrivò a Cittadellae il signore di Padova gli andòincontro a farli onoree profferendoglisi con D cavalierima perònon volle entrare in Padovama entrò in Verona a dì IIdi dicembre; e da meser Mastino della Scala fu riceuto graziosamentefaccendogli grande onore; vi soggiornò alcuno dì. Ealla sua partita gli diè CCC de' suoi cavalieri della miglioregente ch'egli avesse che gli feciono compagnia fino a Napoli. Partitoil re di Veronanon volle entrare in Ferrarama fece la via daModonae·llà giunse dì X di dicembre; e da'marchesi gli fu in Modona fatto grande onore; e vennevi meserFilippino da Gonzago di signori di Mantova e di Reggio con CLcavalierie seguillo infino a Napoli. E partito da Modonagiunse inBologna a dì XI di dicembree dal signore di Bologna furicevuto a grande onorenon lasciando spendere né a·lluiné a sua gente niuno danaio in Bologna né in suodistretto. Partendosi di Bologna il conte di Romagna che v'era per laChiesano-llo lasciò entrare né inn-Imola né inFaenzama ne' borghi di fuori albergò. E il signore di Forlìgli andò incontro fino in sul contado di Bologna con CCcavalieri e mille fanti a piè in armee con grande onore ilricevette in Forlì a dì XIII di dicembrefornendoglila spesa a·llui e a sua gentee in Forlì sogiornòIII dì con grande festa e carole d'uomini e di donne e didonzelle; e fece cavalieri il signore di Forlì e li suoifigliuoli e poi altri Romagnuolie meser Pazzino di Donati nostrocittadino. E partito di Forlìgiunse a Rimino a dì XVIdi dicembree da meser Malatesta fu ricevuto a grande onore al mododegli altri signorie più magnamentee là sogiornòalcuno dìe di là il seguì il signore di Forlìcon CCC cavalieri di sua migliore gente fino a Napoli onoratamente.Partito il detto re da Riminofaccendo il cammino da Orbino giunsein Fuligno a dì XX di dicembreil quale da meser Ugolino de'Trinci che·nn'era signorefu ricevuto a grande onoreesoggiornòvi da III dì. E·llà venne a·lluiil legato del papa cardinalee ragionò co·llui di piùcose delle bisogne del Regnoamunendo il re non facesse crudelevendetta né contra a' reali divoti di santa Chiesa einnocentie che furono solamente due quelli che furono colpevolieque' furono giustiziati. Apresso l'amonìo che contra lasignoria di santa Chiesadi cui era il Regnonon dovesse usaresignoria né dominazione sanza l'asento del papa e de' suoicardinali sorto pena di scomunicazione; bene che di ciòdicesse che dal papa non avea speziale mandatoma di questo ilconsigliava ed amoniva. Al quale i·re rispuose saviamente econ alte parole e franchedicendo che di sua vendetta non s'avea atramettere né elli né·lla Chiesae dove diceache furono duesapea di CC; e che il Regno era suo per giustasuccessione dell'avoloe che riavendo la signoriacome intendead'avere coll'aiuto di Dioalla Chiesa risponderebbe di quello chedovesse ragionevolemente. La scomunica a tortose·lli fossefattapoco curavaperò che Iddio maggiore che 'l papa sapeala sua giusta impresa; questo sapemmo da alcuno di nostriambasciadoricon cui il legato ne parlòuomo degno di fede.Lasceremo alquanto della matera degli andamenti del detto requandoe come entrò nel Regnoe di suoi processiche·nnefaremo assai tosto nuovo capitoloe diremo inanzi d'una riccaambasceria che 'l Comune di Firenze mandò al detto re e 'lComune di Perugia.



CVIII - Come il Comune di Firenzemandò una grande ambasceria a·rre d'Ungheria

Sentendo i Fiorentini la venutadel re d'Ungheriae come già era a Veronaordinarono dimandarli una solenne ambasceria; ciò furono gl'infrascritti Xgrandi popolanie niuno di grandicioè di nobolipergelosia che' grandi no·llo 'nformassono in nullo caso contralo stato del popolo. E in questa parte i rettorie quelli del loroconsiglio che·ll'ebbono a provedereda' savi ne furonoripresiimperò che diedono matera a' grandi e noboli disdegno essendo ischiusi degli onori del Comune in sì fattocasoe da dovere più tosto criare discordia cittadinae alsignore fare amirare. E più chiaro consiglio e migliore per loComune era ad avervi mandati tra' detti ambasciadori almeno tre dinoboli buoni uomini e confidenti al popolo; ma quello che pareall'empito del popolo non si può ripararecon tutto che·llepiù delle volte sia con mala uscita. I detti ambasciadorifurono questi: messer Antonio di Baldinaccio degli Adimarituttofosse di più grandi e noboliper grazia era messo tra 'lpopolomesser Oddo Altoviti giudicemesser Tommaso de' Corsinigiudicemesser Francesco degli Strozzimesser Simone de' Peruzzimesser Andrea delli Oricellaicavalieri popolani; Antonio degliAlbiziVanni di Manno di MediciGherardo di Chele BordoniPagolodi Boccuccio de' Capponi; questi III ultimi si feciono fare cavalierial detto re. Ciascuno di detti ambasciadori per ordine del Comune sivestiro di roba di scarlatto a tre guernimenti federate di vaio. Eciascuno con due o tre compagni vestiti tutti insieme d'un pannodivisato molto apparente. E oltre a·cciò ciascunoalmeno due donzellie·cchi trevestiti d'una assisa d'unapartitae co·lloro II cavalieri di corte; onde furono con daC cavalli e bestiecolle someche non si ricorda a' nostri dìsì ricca e onorevole ambasciata ch'uscisse di Firenze. Epartirsi di Firenze a dì XI di dicembree giunsono il red'Ungheria in Forlìe·llà gli feciono lariverenza; e da·llui furono ricevuti graziosamentee similemolto onorati da quelli signori di Romagna. E·re volle acautela e magnificenza di sé il seguissono infino a Filigno;ma a Rimino gli sponessono loro ambasciatala quale ambasciata erisposta fu nella forma ch'è ritratta qui apresso per meserTommaso Corsiniche·nne fu dicitore. E poi giunti a Filignopregato il re da' nostri ambasciadoridi buona voglia fece isopradetti III delli ambasciadori cavalieri di sua mano con granfesta; e poi il dì apresso si partì di Filignoeandonne verso l'Aquilae·lli ambasciadori nostri tornarono inFirenze a dì XI di gennaio.



CIX - Ambasciata sposta a Rimino pergli ambasciadori di Firenze al re d'Ungheria mandatirecitata nelcospetto del re e del suo consiglio per meser Tommaso Corsini ingramatica con molti alti latini; fatta volgarizzare per seguire lostile

Priegoti che gli occhi tuoistieno aperti alla mia orazionela quale oggi dinanzi a·ttefarò per tuoi figliuoli e devoti. Le parole predette sonoparole di Geremia profetale quali si discrivono nel proemio dellibro suo.

Serenissimo principeil quale atutti l'Italiani siccome splendida e chiara stella gitti razzie 'lquale per la chiarezza di te ogni altro lume di splendore diminuiscisiccome aviene alla luna e alle stelle in comperazione a·dDionel cospetto del quale la luna non risprendele stelle non traluconoe immonde sono. La presente orazionela quale con istupore e pauraparlerò per tanta presenzia di così grande refutura èdi grande e alta materiala quale infino a' cieli passeràl'onore e·llo stato reale da ogni parte riguardandoper laquale ancora dipenderà lo stato de' devoti della casa realela quale se sarà con soavità d'amore compresadolcissimi frutti partorirà e graziosi avenimentiaparecchierà. Questa è orazioneper la quale iFiorentini veghievoli con animata devozione a' pregenitori tuoiigualmente e a·tte la tua celsitudine amantissimamentedestanoacciò che quella destatutte le nebbie passino viae al tutto venghino meno. Sieno adunque intorno alle parole promessegli occhi della tua maestà aperti alla mia orazioneacciòche per quellosì allo stato realecome allo stato de' suoidivoti si possa salutevolmente provedere. La presente orazioneacciòche quelle cose che·ssi debbono dire chiaramente si possanovederesi divide in tre parti: la prima è raccomandatoria eofferitoriala seconda narratoria e supplicatoriala terzaconfutatoria.

Al primo: i priori dell'artiegonfaloniere di giustiziail popolo e 'l Comune della cittàdi Firenze imposono a·nnoi che a' piè della tua maestàloro e·lla loro città e tutti gli altri divoti d'Italiaraccomandare con riverenza dovessimoe que' Fiorentini siccomedevotissimie·lla loro fiorentissima città siccomemuro e steccato realecon quella devozionecon che a' tuoipregenitorisiccome a' padri e benefattori suoiessere suti fattila publica fama il manifestaa·tte come degnissimo capo dellatua schiatta pe' nostri raportamenti ti dobbiamo offerere quellecoseche con allegro animo raportiamo e narriamosuplicandotiche·lla reale ecelsitudine la racomandagione e·ll'ofertadi tanti tuoi devoti con graziosi effetti degni d'accettare.

Al secondo: quale Fiorentinoseuomo si può direper virtude puote esere dimentico delladivozione e della benevolenzia tra·lla casa reale e' tuoipregenitori e 'l Comune di Firenze da lunghi tempi congiuntae congraziosi effetti e diversi avenimenti per successione di tempoaprovata? A·tte ancoraamantissimo principesi conviene diquesta benivolenza de' tuoi pregenitorie della nostra devozionealmeno per udita e per notoria famala quale questo nell'universomondo grida esere manifesta. Noi ancora della circuspezione realeeancora del circulato de' cavalieri di quellaè convenevolede' lor fatti rinovare memoriaacciò che non periscano per lopassamento del passato tempo quelle cose che hanno meritato inperpetuo avere vigore. Se adunque con attento animo rivolgerai lecose fatte magnifiche e benifici della prechiara memoria delcristianissimo principe re Carlo trisavolo tuoor none i Fiorentiniguelfidella città di Firenze cacciaticolla sua potenzia econ armata mano in quella città groriosamente rimise? Se delsecondo re Carlo bisavolo tuo le cose fatte rivolgeraipartissi ellidall'opere del padre suo? Certo no. Ma con quello proveduto efavorevole seguire lui seguitandomolti beni a' Fiorentini fece. Sedel sapientissimo de' savi re Ruberto tuo zioil quale fu specchionon corrotto di tutti i re (avegna che per generazione Rubertoe perunzione re Ruberto fosse nomatoper la smisurata e non uditasapienzaper una regenerazione dovrebbe esere apellato novelloSalamone)i suoi fatti rivolgeraipartissi elli dalle vie de' suoipregenitori? Or none. Quando della degnità ducale usava adistanza di Fiorentini a strignere e vincere la città diPistoiacon risprendevole compagnia di cavalieri personalmentevenne. E poi venuto a dignità reale partissi elli dalle coseincominciate? O innumerevoli benifici a quelli Fiorentini feceintanto che in caso del bisogno al suo unigenito figliuolo nonperdonasse? Che se rivolgerai le cose fatte da meser Filippo prencipedi Tarantoche se di meser Piero suo fratello grandi tuoi ziichese di meser Carlo figliuolo del detto meser lo prencipe di Tarantoconsubrino tuo le cose fatte ripensinone i due ultimi moriro nelpiano da Montecatini vincendo i nimicie il loro sanguebattaglievolmente fu spartoil quale sangue ancora della terracrudelmente grida? Qua' linguaquantunque eloquentetante cosepotrà narrare? Certomeglio sotto silenzio è passareche più parlarnecon ciò sia cosa che per silenzio adirittamente raguardanti più e maggiori cose si deano a'ntendere. Adunqueacciò che' detti benifici non paianodimenticatila nostra intenzione è questa eziandiose de'fanciulli infanti domandii figliuolile ricchezzela vitae·ll'essere ricognosciamo essere proceduta de' detti tuoipregenitori. Ma·sse adomandi quello che abbiamo fatto a questituoi pregenitorise·llicito è de' fatti benificiracordareche feciono i Fiorentini contra lo scomunicato reManfredi? Che contro a Curradino? Che contro allo 'mperadore Arrigo?Che contro al Bavero dannato? A' quali i detti Fiorentinicontastantiper conservare la casa realecon gran potenza sifecero. L'altre cose sotto silenzio passiamosotto il quale silenziola reale circuspezione eziandio più e maggiori cosecomprenderà. Le quali sono ancora più vere che·llesuddettein tanto che·nnoi non siamo solamente de' tuoipregenitori e di te figliuoli d'adozzionema più tostocongiunti di vera natura. Re adunque gloriosissimochi potràsì fatta congiunzione e devozione individua spartire? Chi·llapotrà divellere o maculare o turbare? Certoniuno. Per ledette adunque cose la preghiera nostra è questareverendissima coronache·tti preghiamo che gli occhi dellatua celsitudine a·nnoi e agli altri devoti d'Italiabenignamente convertiacciò che sempre nel cuore reale sialegame indissolubile di benivoglienza e d'amoree quello nonabandonima in te per uno ordine di successione si palesi quelladivozione ed amore indissolubole radicata ne' cuori de' Fiorentinia·tte siccome a padre e benifattore nostro pe' nostri e delledette comunità preghieri ci offeriamocom'è detto.

A l'ultimo: avegna Idioamantissimo prencipeche·lla maestà reale lacircunvenzione degli emuli e·lle sforzate macchinazioni a suopodere con somma provedenza scaccineentemeno la faccia di dettiinvidiatoriche con tante arti con tanti colori adornati con sommaragione noi proveduti e cauti ci rendee ancora ci strigne la maestàreale di queste cose informaree ancora più attentamentepregareacciò che nelle vie de' suoi pregenitori fermamenteperseveranti li sforzamenti di quelli emulisiccome contagiosomorbocon sottile ingegno di lungi da·ssé cacci edistrugga. Per la qual cosa l'astuzia de' detti emuli diverràvana e non potrà prevalerema come il fieno subitamente sisecchie·ll'amore nostro e degli altri della casa realedevoti crescerà e sarà immutabile. Dio altissimobenedicenti e lodantie sanza fine dicenti: "Benedetto chevenne nel nome del Signore".



CX - Risposta fatta in presenziadella maiestà reale ivi per lo venerabile uomo messerGiovannicherico di Visprimiensea·ccui il re la rispostacommisse

"L'ambasciata del Comune diFirenze così solennemente e ordinatamente esposta messere lore volentieri ha uditae·lle cose fatte de' suoi pregenitoriella benivolenzala quale al Comune di Firenzea' Fiorentini e aquella cittài pregenitori suoi sempre hanno avutoe·llacongiunzione che sempre fu intra·lloro e col Comune predettocon grazioso animo ha acettatoofferendosi ancora quella sempreservaree·lle vie de' suoi pregenitori sempre sequitare".

E mentre che 'l detto elettoquesta risposta faceail re gli s'acostò all'orecchio mancoe in silenzio a·llui parlòil quale elettoincontanente disse: "Il nostro signore dice ch'elli intende iGuelfi d'Italia sempre avere raccomandati".

Poscia che giunti fummo aFilignoe quivi furono gli onorevoli ambasciadori del Comune diPerugiae avuta tra·nnoi e·lloro collazione ediliberagionein prima co·lloro ci rapresentammo dinanzi alcospetto realee quelle cose in diversi sermoni spartitamente e perloro e per noi alla maestà reale furono recitatele qualierano inn-effetto una medesima cosain comune sermone recate per lodetto meser Tommaso di comune concordia dell'uno e dell'altro Comunefurono sposte. Il qualeoltre alle predettelo stato e·llalibertà de' detti Comuni e degli altri di Toscana e di tuttaItaliadivoti della casa reale e de' suoi pregenitoriallaescelsitudine reale raccomandò. Il re udite le predette cosetutte graziosamente accettòe offersesi di fare tutte quellecose che nella detta pitizione erano pienamente narrate e che ilComune di Firenzee quello di Perugiae di Sienagli rimandassonoper comune due o tre di loro ambasciadori savi e discretii qualivoleva nel Regno intorno a·llui per suo consiglio; e a' dettiambasciadori diede graziosamente congio di tornare a Firenze. Inostri ambasciadori partiti di Filignovennero a Perugiae quivisogiornarono alquanti dì a parlamentare col legato cardinalee co' rettori di Perugia e cogli altri ambasciadori de' Comunich'erano stati a·rre d'Ungheriadello stato di Toscana e delpaese intorno in benificio di parte guelfa e della Chiesaper lavenuta del detto re d'Ungheria e dello imperadore Carlo suo suoceroche parea loro che 'l detto re avesse presa troppa famigliaritàco' tiranni e signori di Lombardia e di Romagna e della Marca diparte ghibellina. Il quale legato consigliò i detti Comuni chemandassono loro ambasciadori al papa a pregarlo s'intraponesseche·llo imperadore Carlo non passasseacciò che·llaparte imperiale non crescesse collo apoggio e favore della potenzade·rre d'Ungheria suo generoe che·cciòpiacerebbe al papa e a' cardinalie ch'elli ne sapea benel'oppinione suo segretoe s'elli l'avea creato e fattoera percontrario del dannato Baverovivendo; ma dapoi ch'era mortononfacea per la Chiesa che·lla signoria del detto Carlocollapotenza del re d'Ungheria signoreggiando il Regnocrescesse inItalia: questo segreto sapemmo da alcuno di nostri ambasciadori. Enotalettorel'essempri de' rettori di santa Chiesadi fare e divolere disfare la signoria dello 'mperio a·ssuo utile ebeneplacito; e questo basti.



CXI - Come il re d'Ungheria entrònel Regnoed ebbe la signoria a queto e sanza contasto

Sogiornando in Filigno il red'Ungheria II dì con grande festae fatti cavalieri i dettidi nostri ambasciadoricome detto avemoe fatti cavalieri piùaltri e di Perugia e di Filigno e della Marca e del Ducatoe poi sipartì di Filigno a dì XXII di dicembree giunseall'Aquila la vilia di Natalee là fece la festae venneviall'Aquila a·rre il conte di Celanoe 'l conte di Loretoe'l conte di San Valentinoe Nepoleone d'Orsoe più altriconti e baroni d'Abruzzie feciono l'omaggio e fedaltà aldetto re; poi si partì dall'Aquilafatta la festa di Natalee andonne col conte di Celano a Castello Vecchio sua terra. E a dìXXVII di dicembre entrò il re in Sermonae da' Sermontini furicevuto onoratamente come loro signore; e partito di Sermona n'andòa Castello di Sanguine e poi a Sarnoe di là n'andò aBruzzano; e ivi presso a tre miglia avea due castellettadov'eranomeser Niccola Caraccioli e meser Agnolo di Napolii quali fecionoalcuna risistenzaonde furono combattuti dalla gente del ree perforza vinti e tutti rubatie poi arsi; e' detti II cavalierinapoletani presi con più altri.

E sappiendo il re che a Capovaera messer Luigi e gli altri reali co·lloro sforzo di gented'armenon si volle mettere al contasto di quella gente nédel passo del fiume del Voltornoche·llà èmolto grosso e profondoe però fece la via che feceanticamente il re Carlo vecchio per la contea d'Alifi da Marconeepoi arrivò a Benevento a dì XI di gennaio; egiugnendovi la sua genteque' di Benevento per tema d'esere rubatich'assai danno avea sua gente di ratto fatto per camminoe peròserrarono le porte. Ma quando vidono la persona del res'asicuraronoe·ll'apersono. E venuto il re in Beneventovisogiornò da VI dìe·llà venne tutta lasua gente dall'Aquila e ch'erano stati a Tiano; e in quello paeseecon suoi Ungari e con Lombardi e Romagnuolich'erano venuti al suoservigiosi trovò in Benevento con più di VImcavalieri e popolo infinito; e·llà vennero tutti ibaroni del paese a farli reverenza e omaggio. E vennevi una grandeambasceria da Napolia profferelli la terracome a·llorosignore. Sentendo i reali e gli altri baroni ch'erano a Capova conmeser Luigi che il re era a Beneventoe prosperava felicemente esanza contastosi partirono co·lloro gentee andarono aNapoliabandonando meser Luigie lasciandolo con poca compagniaeordinaro di venire al re a farli reverenzacome s'apressasse aNapoli. Lo re si partì di Benevento a dì XVI digennaioe venne a Mattalonae nella sua partita que' da Beneventos'armaroe azzuffarsi co' malandrini che seguivano l'oste del re erubavano dove poteanoed ebbevi de' morti assai d'una parte ed'altrae fu arso parte d'un borgo di Benevento.

La reina Giovannache·ss'eraridotta e aforzata nel castello di Napolisentendo che 'l re veniacon tanta forza verso Napolinascostamente e di nottea dìXV di gennaiosi partì del castello con sua privata famigliae con quello tesoro che potéo trarre del castelloche poco ven'era rimasosi·nn'era fatta mala guardia dopo la morte delre Rubertoe per la via di Piedigrotta si ricolse la reina in su tregalee armate di Provenzalich'ella avea fatte stare in concioefecesi porre a Nizza in Proenza a dì XX di gennaio; come fecein Proenza diremo poi assai tosto in altro capitolo. Messer Luigisentendo come la reina s'era partita di Napolie 'l re d'Ungheriaprosperava felicementedi notte con meser Niccola Acciaiuoli suofidato compagno e consigliereparendo loro male staree veggendosiabandonato dagli altri reali e baronisi partirono di Capovaevennero a Napoli. E non trovandovi galea armatacon grande fretta epaura si ricolsono co·lloro privata famiglia su un panfilonon potendo avere galea di cui si fidassono; e con quellocon grandepena e misagioarrivarono a Porto Ercole in Maremmae·llàscesono a dì XX di gennaioe vennero a Siena a dìXXIIII di gennaio privatamente; e poi nel contado di Firenze venneroe·llà sogiornarono alquantocome in altro capitolodiremo più stesotornando a dire de' processi del red'Ungheriae della morte del duca di Durazzo e della presa deglialtri reali.



CXII - Come il re d'Ungheria fecemorire il duca di Durazzoe fece pigliare gli altri realie comeentrò in Napoli

Partito il re d'Ungheria diBeneventofece la via da Matalonae giunse in Aversa a dìXVII di gennaio. Que' d'Aversa ebbono gran pauraperché sidicea che 'l re la farebbe distruggereperché v'era morto ilre Andreas suo fratelloe nascosono e sotterrarono tutto loro tesoroe cose care; ma il re ordinò un suo vicaro chiamato fraMoriale con suoi Ungari in arme alla guardia della terrae faregiustizia di rubatori e malandrinich'assai ne seguivano suo oste. Einn-Aversa soggiornò il re da VI dìdimorando nelcastello reale d'Aversa. E·llà vi vennero più dimille gentili uomini di Napoli a vedere il ree vennevi il conte diFondinipote che·ffu di papa Bonifaziodi Campagnacon Dcavalieri al suo servigio; e più altri baroni del paese vivennero a farli omaggio. Vennervi i realiciò furono ilprenze di Tarantonominato Rubertocon Filippo suo minore fratello;che meser Luigicome avemo dettos'era fuggito da Napoli. E venneviCarlo duca di Durazzoe meser Luigi e Ruberto suoi fratelliefigliuoli che furono di meser Gianni prenza della Morea. E venneco·lloro Giovannone di Cantelmoe Giufredi conte di Squillaciamiraglio del Regno con molti altri baroni e cavalieri (avendo il redata loro fidanzacon patto che non fossono stati colpevoli dellamorte del fratello)e giunti al re al castello d'Aversagli fecionoomaggio; e tutti gli baciò in bocca e diè lorodesinare; e·cciò fu dì XXIII di gennaio. E dopomangiare il re fece armare tutta sua genteed elli medesimo s'armòe mossesi per venire a Napolie' reali disarmati cogli altri baroniintorno di lui faccendogli compagnia. E come furono a cavalloil redisse al duca di Durazzo: "Menatemi ove fu morto Andreas miofratello". Il duca disse: "Non ve ne travagliatech'io nonvi fu' mai"credendolo levare dall'oppenionee giàtemendo per li crudi sembianti de·rre. Il re disse vi purevoleva andare a vedere; e giunti al monistero di frati di Maiellasmontò da cavalloe saliro in sulla sala e al gueffocioèsporto sopra il giardinoove il re Andreas fu gittato strangolato emorto. Allora il re si volse al duca di Durazzoe dissegli: "Tufosti traditore e adoperatore della morte del tuo signore e miofratello e adoperasti in corte col tuo zio cardinale di Peragorgache a tua pitizione s'indugiò e non si fececome doveaperlo papa la sua coronazione. Lo quale indugio fu cagione della suamortee con frode e inganno ti facesti dispensare al papa di torreper moglie la tua cugina sua cognataacciò che·lluimorto e·lla reina Giovanna sua moglietu succedessi ad eserere; e·sse' stato in arme contro alla nostra potenza coltraditore meser Luigi di Taranto tuo cuginoe nostro ribello enimicoil quale ha fatto come tucon frode e sagrilegio sposataquella rea femmina e adultera e traditrice del suo signore e maritoGiovanna moglie che·ffu d'Andreas nostro fratello. E peròe' conviene che·ttu muoia ove facesti morire lui". Ilduca di Durazzo si volea scusare non colpevolee domandò alre misericordia. Lo re gli disse: "Come ti puo' tu scusare?"mostrandogli lettere con suo suggello ch'elli avea mandate a Carlod'Artugio del trattato della morte d'Andreas. E incontanentecomeavea ordinatoil fedì nel pettoche non avea armeuno meserFilippo ungaroe poi lo prese uno per li capelli; e 'l detto meserFilippo gli tagliò la golanon però afatto il colloma de' detti colpi morì di presente. E da certi Ungari che glierano d'intorno fu preso e gittato da quello verone nel giardino ovefu gittato Andrease comandò nogli fosse data sepoltura sanzasua licenzia. E·cciò fattocom'era ordinatogli altriIIII nominati reali furono presi e messi in buona guardia dicavalieri ungari nel castello d'Aversa; e di certo si dissee credeche s'elli avesse preso co·lloro meser Luigi e·llareinatutti gli avrebbe fatti morire co·llui. E loro presitutti i loro cavalli e arnesi furono rubatie simile i loro ostellidi Napolisalvo quello del prenze di Taranto. E·lla mogliedel duca di Durazzoch'era in Napolidi nottemal vestita e peggioin arnesecon due sue piccole fanciulle in bracciosi fuggìnel munistero di Santa Crocee poi di là nascosamente vestitain abito di fratee con poca compagniaarrivò aMontefiascone al legato; e poi isconosciuta se n'andò versoFrancia. Tale fu la fine del duca di Durazzoe·lla presuradegli altri realie scacciamento di loro donne e di loro famiglie.Per molti se ne fece quistioneopponendo al re tradimento del suosangueavendogli fidati e baciati in boccae caritevolementemangiato co·lloroe poi fatto morire il duca di Durazzoegli altri reali innocenti presi. Altri dissono che non era tradimentoa tradire il traditorese colpa v'ebbecome gli oppose. Ma per lisavi si giudicò che questa crudeltà e quello ne seguìdi male fu dispensato e premesso da·dDio per li ladii peccaticomessi nello re Andreasch'era giovane e innocenteche per lopeccato della invidia e covidigia della signoria sua con superbia fucommesso tradimento con iscellerato paricida di loro signoreeancora ci fu il laido e abominevole peccato per cagione d'avolterio esacrilegio tra congiunticome avemo adietro fatta menzioneche·ffucagione della morte di quello innocente. E già la vendettad'Iddio non passa sanza penitenzia e meriti di sì innormipeccati. La presura degli altri reali fece più per suasicurtàche per colpa ch'avessonose non d'essere in arme aCapova contra a·llui.

Lo re d'Ungheria quello medesimodìdì XXIIII di gennaiocon sua gente armati ed ellimedesimo armato colla barbuta in testacon una sopravesta indosso disciamito porporino ivi su i gigli di perle seminatientrò inNapolie non volle palio sopra capo né altra pompacom'eraaparecchiato per lui dalli Napoletani di fare. E smontò aCastello Nuovoe intese a riformare la terra e il reamefaccendonuovi dicreti e nuove inquisizioni della morte di suo fratelloerinovando ufici e signoraggie togliendogli a·cchi trovòcolpevolie dandoli a chi l'avea servitoche sarebbe lunga mena adire. I Napoletani i più erano tristi e in paurasìper le grascie degli ufici del Regno e vantaggi ch'avieno da' reali;e allora furono mutati e tolti essi per la morte del duca; checomedice Senecachi a uno offende molti ne minaccia. Ivi a pochi dìmandò il re a Castello dell'Uovo per lo fanciullo si dicearimaso dello re Andreasnominato Carlo Martelloe videlograziosamentee fecelo duca di Calavra. E con buona compagnia dicameriere e di balie che 'l nodrivano e governavanoinn-una baracavallereccia nobilemente a dì II di febraio il mandòad Aversae di làcogli altri reali che v'erano presiconbuona guardia d'Ungari il mandò ad Ortonae di là permare passarono inn Ischiavoniae di là in Ungheria. Avendoassai larga prigionecon buona guardia si riposano co·llorovergogna in Ungheriae con poco onoree meno da spendere. E cosìsi muta la fortuna di questo secolo in poco tempoaltrui par esserein maggiore stato.



CXIII - Come di soldati stati alservigio del re d'Ungheria e di quelli stati con messere Luigi diTaranto si fece una gran compagnia

Riformato il re d'Ungheria la suasignoria in Napolie mandati i reali suoi congiunti in Ungheriatrovò che uno duca Guernieri tedesco stato al suo soldoecapitano di sua gente dall'Aquilail dovea tradire per danari apetizione del re Luigi e della reina; della quale tradigione apellòe vollesi combattere in campo contra uno signore tedesco che·ll'aveaaccusato; ma·llo re saviamente procedette di non volere loroquistioni. Ma 'l detto duca e gli altri soldati che·ll'aveanoservito pagò cortesementee fece giurare loro di non prenderesoldo dalla Chiesa di Roma né dalla reinané da meserLuiginé da nullo suo nimico né contrarionéda meser Luchino Visconti di Milanoné di non esserecontra·llui né suoi amicispezialmente contro a'FiorentiniPeruginie Sanesi; e diede loro congioch'uscissono delRegno cogli altri soldati ch'erano stati al soldo della reina e dimeser Luigi. E feciono una compagnaonde fu capitano il detto ducaGuernierie furono intorno di IIIm cavalierie vennersene inCampagna nelle contrade di Terracina vivendo di ratto. E partita delRegno la detta compagnase n'andò il re in Puglia inpellegrinaggio al Monte Santo Agnolo e San Nicolò di Barieper sagire i baroni e paese di Puglia alla sua signoriae percessare la pistolenza della mortalitàche già eracominciata a Napoli grandissima; e 'nanzi si partisse di Napoli mandòal Comune di Firenze e a quello di Perugia e a quello di Siena persuo messo a·ccavallo la 'nfrascritta letterala quale facemmovolgarizzare a verboch'era in latino; e il messo che mandòfu vestito nobilementee donatoli cavallo e danari dal nostroComunee dagli altri.



CXIV - La lettera che mandò ilre d'Ungheria al Comune di Firenze

"A' nobili e potenti signoripriorie consiglio e Comune della città di Firenzeamicinostri carissimi e dilettiLodovico per la Dio grazia re d'Ungheriadi Ierusalemmee di Cicilia. Imperò chefavorandoci ladivina potenza e grazianoi tegniamo libero e intero tutto il regnodi Cicilia di qua dal Faroa noi già lungo tempo per debitodi ragione concedutasiccome la evidenza del fatto a tutto il mondofa manifesto e dichiaranoi ad alcuni soldati a cavallodelservigio de' quali noi al presente non abisognamocon sodisfazionepiena e intera prima a·lloro fattafacemmo dare licenzaintra' quali il duca Guernieri con certi suoi seguaci fu l'unodalquale corporal giuramento alle sante Idio Vangele ricevemmo conlettere della sua promessione fatte alla nostra eccellenzachecontra alla maestà nostrao contra alcuni diletti nostri ofedelie spezialmente e nominatamente contra a voiovero la vostracomunità o città o distretto vostroniuna cospirazionefarà legaovero compagniapel protestoda casionedellaquale noi o voio qualunque altri nostri diletti o fedelipotessimoessere dannificatimolestati o perturbati inn-alcuno modo. Ma imperòche niuna fede e niuna pietà è in coloro che seguitanole battagliee il detto duca Guernieri hae altre volte moltepericolose cosesotto protesto di compagniaausate di faree peròalla dilezione e carissima amistà vostra con chiara effezionevi rechiamo a memoriaacciò che con diligente cura esollecitudine veghiateacciò che alcuna malvagia concezione orea effezione di quelli soldati non potesse a voi generare alcunonocimento. E se avenisse che per l'aversità di detti soldati od'altri nostri invidiatori contra voi o·lla vostra cittàin alcuna nocevole cosa volesse mandare fuori suo velenoinfino adora siamo pronti con tutto il nostro podere a voi dare il nostroaiuto e consiglio opportunoacciò che·lla sinceritàdell'amoreil quale tra' generitori nostri e voi già lungotempo fu ed è indisolubileinsieme con noi perseveri econtinuamente s'acresca e·lli rei de' suoi malivoli propositie innique operazioni confusione patiscanoe pene sempiterne. Data inNapoli nel nostro castellodì VIIII del mese di febraioprima indizione".

E notalettorecome felicementee prosperamente il re d'Ungheria passò inn-Italia sanza alcunocontastoma fattoli grande onore e reverenzae datoli aiuto dicavalieri da tutti i signori e Comuni guelfi e ghibellini che trovòper camino; che·ffu tenuta gran cosae quasi maravigliosache in LXXX dì che si partì di suo paesefece in granparte la vendetta del suo fratello Andreased ebbe a queto il regnodi Pugliaper lo piacere di Diosanza contasto o battaglia; che perli più si stimò che se meser Luigi e gli altri baroni ereali del Regno ch'erano ragunati a Capova fossono stati d'accordo emessosi al contastomai non avea la signoria. Ma a·ccui Iddiovuole male per le peccata gli toglie il podere e·llaconcordia. E 'l Cresiastico dice: "Il regno si trasporta digente in gente per le ingiustizie e ingiurie e contumelie e diversiinganni etc."; e così pare manifestamente che pergiudicio d'Iddio avenisse a' reali del regno di Pugliae desseprosperità al re d'Ungheria. Ben si disse per alcuno astrolagoche venne co·llui d'Ungheria ch'elli si partì di suaterracome dicemmo adietroa dì III di novembre la mattinae prese l'ascendente di sua mossa onde fece la figura che disegneremoqui apresso e come si può vedere.

Il suo ascendente pare che fosseil segno dello Scorpione a gradi VIIII e·llo suo signorepianetacioè Martiil qual era nella X casache·ssidice casa realee nella faccia di Giovi e termine di Venusfortunatie nel segno del Leone sua tripicitàe atribuito alpaese d'Italiae con caput Dragonis fortunato e fortech'assai chiaro mostrò in parte quello che·lli avennein suo avenimento. L'altre significazioni e suo fine giudichi chi èdell'arte d'astrologia maestro. Ma noti che quando il re entrònel Regnociò fu a dì XXIIII di dicembreil suopianeto Marti cominciò a retrogradare; e quando entròin Napoli ed ebbe la dominazionedì XXIII di gennaioeraretrogradato. Lasceremo di questa materache non era di necessitàal nostro trattato; ma per dare alcuno diletto a'cchi della scienzias'intende il ci misi. Ancora lasceremo di processi del re d'Ungariae diremo come la reina Giovanna e meser Luigi ella prenzessa diTaranto arivarono in Proenza.



CXV - Come mesere Luigi di Tarantoe·lla reina Giovanna arrivarono in Proenza

Come in breve dicemmo adietroquella che·ssi facea chiamare la reina Giovannamoglieche·ffu del re Andreasarrivò a Nizza in Proenza a dìXX di gennaio con tre galeee in sua compagnia meser MaruccioCaraccioli di Napolicui ella avea fatto conte camarlingoe di suacompagnia colla reina si parlava infama di male e di sospetto. Comepresono porto a Nizzase n'andaro ad Acchisi; e·lloro giuntiinn Acchisiil conte d'Avellino de' signori del Balzo e il signoredi Salto con altri maggiori baroni di Provenza furono alla dettareinae di presente feciono pigliare il detto meser Maruccio con VIsuoi compagnie mettere nella pregione di Nuva. La reina con corteseguardia menaro a Castello Arnaldoe nullo le potea parlare insegreto sanza la presenza de' detti baroni di Provenza; peròch'erano entrati in sospetto e gelosiach'ella non facesse scambiodella contea di Provenza a un'altra contea di Francia con meserGianni figliuolo del re di Francia e suo cuginoil quale in quelligiorni era venuto al papa a Vignone col conte d'Armignaccae statonein trattato col papaonde i Provenzali s'erano molto iscandalezzatinon volendo esere sottoposti al re di Franciae quasi voluto farerubellazione di Proenza col Dalfino di Vienna per la detta cagioneea petizione del re d'Ungheria; per la qual cosa il papa temendone nerimandò mesere Gianni in Franciae contentollo di moltidanari; dissesi di fiorini CCm contanti e·lle decime del reamedi Francia per V anni a venire a pagare in dueche sono grandissimotesoro. E così si dispensa il tesoro della Chiesa per loconquisto della Terrasantaovero etc.

Messer Luigi di Taranto co·mmeserNiccola Acciaiuoli di Firenze suo fidato compagno venuti a Sienamesser Niccola volendolo menare in Firenze (e già l'aveacondotto nel nostro contado in Valdipesa)sentendosi ciò perli priori e gli altri rettori di Firenzedubitando che·llasua venuta non generasse scandalo tra' cittadini e indegnazione delre d'Ungheriaritenendolo in Firenzedi presente mandarono loroincontro due grandi popolari per ambasciadoridifendendo loro nonentrassono nella cittàma seguissono loro cammino; e standoco·lloro al continovoacciò che nullo altro cittadinoandasse loro a parlare; e così dimorarono in Valdipesa a'luoghi degli Acciaiuoli per X dìche nullo cittadino v'andòse non il vescovo di Firenzech'era degli Acciaiuolie voleaeandò co·lloro a corte di papa. Di questa venuta dimeser Luigi ebbe grande mormorio tra' cittadiniche parte di Guelfich'amavano i realie ricordavansi de' servigi ricevuti dal prenze diTaranto suo padree come meser Carlo suo fratello rimase morto inservigio del nostro Comune con meser Piero suo zio insieme allasconfitta di Montecatinil'avessono volentieri ricevuto in Firenze efattogli grandissimo onore. Ma i rettoritemendo di non dispiacereal re d'Ungheriatennero il modo dettoe per li savi fu lodato perlo migliore del Comune.

I detti non potendo venire aFirenzeavendo mandato a Genova a·ffare conducere e armarea·lloro amici due galeee per la Via da Volterra n'andaronoe 'l vescovo co·lloro a Porto Pisano; e·llà siricolsono a dì XI di febraio; e giunti in Proenzae sentendolo stato della reina Giovannanon s'ardiro di porre né aNizza né a Marsiliaanzi arrivaro all'Agua Mortae di làa Belcaro nelle terre del re di Franciae poi contro a Vignone di làdal Rodano. E 'l vescovo e messer Niccola vennono in Vignone al papae tanto adoperaro co·llui che la reina Giovanna fu dilibera diCastello Arnaldoe entrò in Vignone con palio sopra capoetutti i cardinali le vennono incontro a cavalloricevendola a grandeonorea dì XV di marzo. E meser Luigi venne al papae inquello dì riconfermò il papa il disonesto matrimonio dameser Luigi alla detta reina Giovanna. E ancora di questo fu il papamolto caloniato da più Cristiani che 'l seppono. E poi a dìXXVII di marzo il papa diede la rosa dell'oro al detto meser Luigiessendo in Vignone il re di Maiolica; e poi cavalcò perVignone con pennone sopra capo a guisa di ree·lla reinaco·llui; si tornarono poi di là da·rRodanoe 'lpapa diè loro III cardinali a udire la quistione da·lloroal re d'Ungheriach'erano in corte suoi ambasciadori. Lasceremo oraquesta materae diremo d'altri signori e donne che in questi dìpassarono per Firenze.

A dì XXVII di febraiomeser Filippino da Gonzago di signori di Mantovatornando con suagente d'arme dal re d'Ungheriache·ll'avea acompagnato fino aNapolipassò per Firenze e·ffu ricevuto a grandeonoree acompagnato da' rettori e da più cittadini. E di ciòfu ancora grande mormorio per li Guelfi di Firenzedicendo: "Inostri rettori ricevono in Firenze e fanno onore a' tirannighibellini che·cci sono stati incontro co' nostri nimicienon voluto ricevere meser Luigi"come detto è di sopra:ma pur fu preso il migliore e lodato per li savie peròn'avemo fatta memoria per asempro per l'avenire.

E a dì X di marzo passòper Firenze la moglie del prenze di Tarantoche·ssi faceasopranomare imperadrice di Gostantinopoli sanza lo 'mperio; erafigliuola del duca di Bolbonafigliuolo che·ffu di Chiermontedella casa di Francia; la quale poi che 'l marito cogli altri realiera mandato preso inn-Ungheriase n'andava in Francia. Fulle inFirenze fatto grande onore d'acompagnarla di cavalieri e di donneealbergalla in casa Peruzzifaccendole il Comune le spese riccamente;due dì ci dimoròe per lo cammino andando e vegnendoper lo contado e distretto di Firenze. E 'l Comune le fece lettere alpapapregandoloe racomandandoglieles'adoperasse col red'Ungheria della diliberazione del suo marito e degli altri innocentireali. Lasceremo alquanto delle sequele occorse per l'avenimento delre d'Ungheriach'assai n'avemo dettoe torneremo a dire d'altrenovità state in Firenze e altrove in questi tempi.



CXVI - Quando si cominciò ilmuro da San Ghirigoro inn-Arnoche richiude le due pile del ponteRubaconte

In questo anno MCCCXLVII sicominciò a fondare inn-Arno di costa a San Ghirigoro un grossomuro con pali a castelloe presono due pile e due arcora del ponteRubaconte di là da l'Arno andando diritto verso levante infinoalla coscia del ponte Realeche·ss'ordinò di fare. Edi qua dal ponte più tempo dinanzi s'era cominciatosimilemente uno muroprendendo una pila e arco del detto ponteandando fino al castello Altrafonte. Questi muri s'ordinaro perconducere l'Arno dentro alla città per diritto canale eacrescerne terreno alla cittàspezialmente verso San Niccolòed era la città più fortepiù bella avendo ilriguardo e parapetto del muro a modo di pilasicché l'ordinee 'l lavorio de' detti muri fu bene provedutofaccendosi unaagiuntach'è di nicistàcioè di fare un murocominciandolo di qua dal fiume d'Arno alla coscia del ponte Realeecontinuandolo verso levante infino alle mulina di San Salvi;allargando la bocca ed entrata del fiume d'Arnoacciò checrescendo l'Arnonon venisse di sopra a' fossi e mura di qua allaporta della Croce o più oltrecome avenne l'anno MCCCXXXIIIal tempo del diluvio: e sarebbene la terra più forte e piùbellae raquisterebbesi terrenoche varrebbe più noncosterebbe il muroil quale si faràquando a quelli reggonola città piacerà loro.



CXVII - Come i Bostoli furo cacciatid'Arezzo

Nel detto annoall'uscitad'ottobrequelli della casa de' Bostoli a romore di popolo furonocacciati d'Arezzo per forze e tirannie che facieno a' cittadinipopolari di quella; e bene che inn-Arezzo fossono capo di parteguelfaegli erano isconoscenti e ingratispezialmente contro alnostro Comune di Firenze; che quando erano fuori d'Arezzo cogli altriGuelfierano sostenuti al soldo del nostro Comunee fatta per lorola guerra contro a' Tarlati; e poi per lo nostro Comune rimessi inArezzo in grande stato e signoria. Ed ellino per loro superbia peggiotrattavano i nostri rettori e cittadini che v'erano per lo Comune diFirenzee del continovo puttaneggiavano col Comune di Perugiaperdiminuire la signoria del Comune di Firenzeper meglio poteretiranneggiare. Ma a·cciò non guardò il nostroComuneperch'erano Guelfidi fare loro rendere i beni loroeordinalli a' confini a·lloro castella e possesioni fuorid'Arezzo; ma male stettono contenti ne' termini e confini loro datich'al continuo stavano in trattati co·lloro amici dentro. E adì XI d'aprile seguentela notteco·lloro amici acavallo e a piè vennero alla terra con iscale scalandola perentrare dentro; furono sentiti e ripinti per forza fuorie di presidi quelli d'entroche rispondieno loro; di certi fu fatta giustiziaed ellino e·lloro seguaci condannati per traditori e ribelli.



CXVIII - Di certe novità che inquesti tempi furono in Firenze

All'uscita di novembree·ll'entrata di dicembre del detto anno subitamente montòil grano in Firenzedi soldi XXII che valea lo staioin uno mezzofiorino d'oroe infino soldi XXXV lo staioonde il popolo simaravigliòe temette fortedubitando non tornasse lacarestia passata. E·cciò avenne perché laRomagnad'onde ci solea venire il grano delle circustanze delMugellon'andava in Romagnaperò che in Vinegia avea grancaro di grano; e per la generale mortalità e infermitàdelle terre marinecome detto avemo adietroe per la venuta del red'Ungheria in Pugliai Viniziani non potieno avere tratta di granoné di Cicilia né di Puglia; e' Viniziani male potienonavicare. Provvidesi sopra·cciò per gli uficiali dellavittuaglia di fare guardare i confini del nostro contado versoRomagnae di fare venire grano da Pisa e di Maremma e di Siena ed'Arezzoonde per la providenza buona tosto tornò in soldiXXII e soldi XX lo staio.

E a dì XI di gennaio sifece riformagione per lo Comunee ordinossi che·lle signoriecome la podestàentrasse al suo uficio a calen di gennaio ein calen di luglioe 'l capitano del popolo in calen di maggio e incalen di novembree·ll'esecutore degli ordini della giustiziain calen di aprile e in calen di ottobrecom'era usato per li tempipassati; i quali tempi s'erano rimossi per la tirannia del ducad'Ateneche·lli facea a suo beneplacito quando signoreggiòFirenze. E ordinossi che come fossero entrate le dette signorieincontanente infra XV dì apresso i priori e gli altri collegich'hanno ad eleggere le dette signorie li dovessono eleggere sottocerta penaper cessare le pregherie di rettorie non avere cagionedi raffermarli; che·ffu buono e ottimo dicretoquandos'osservasse. Ma il nostro difetto di mutare spesso leggi e ordini ecostumi col non istante che·ssi mette nelleriformagioni del Comune guasta ogni buono ordine e leggema è·ssinostro difetto quasi naturato

[...] che in mezzo novembre

Non giugne quel che·ttud'ottobre fili

come disse il nostro poeta.



CXIX - Come la città di Pisamutò stato e reggimento

Nel detto annoreggendosi lacittà di Pisa sotto il governo di messer Dino e di Tinucciodella Rocca di Maremma loro distrettuale sotto titolo di loro contii quali conti erano giovani di tempoe morti i loro maggiorie'detti della Rocca con altri loro seguaci popolani l'avieno rettabuono tempo a·lloro sennoe chiamavasi la setta de' Raspanti;ma assai bene reggeano la terrase non che se n'erano signoriliberi; l'altra settache non reggeano né avieno ufici inComunee per dispetto gli chiamavano i Bergolii quali eranoGambacorti e Agliati e altri ricchi mercatanti e popolanie' nobilie' grandi v'erano poco richesti e peggio trattati; e parendo a' dettinoboli e popolari esere mal trattati e schiusi degli uficisegretamente s'acordarono insiemee poi co' conestaboli dellemasnade con grandi impromessee·lla vilia di NataledìXXIIII di dicembrelevaro la città a romore gridando: "Vivail popolo e libertà!"e corsono la terrae cacciarne iconti e' detti della Rocca e' loro seguacisanza altro mal fare inpersonese non di rubare e mettere fuoco nelle case di quelli dellaRocca. E mandarli a' confini i conti e·lloro in diversi luoghie paesi. E Andrea Gambacorti con suoi seguaci se ne feciono signori.



CXX - D'uno grande segno e miracoloch'aparve in Vignone

Nel detto annoa dì XX didicembrela mattina levato il soleaparve in Vignone in Proenzaov'era la corte del papasopra i palazzi e abituri del detto papaquasi com'una colonna di fuocoe dimoròvi per ispazio d'unaora; la quale da tutti i cortigiani fu vedutae faciensene grandemaraviglia; e con tutto che·cciò potesse esserenaturalmente per li raggi del sole al modo dell'arcotuttora fusegno di future e grandi novitadi che avennero apressocome leggendosi potrà trovare.



CXXI - Come i Guelfi furono cacciatidi Spuleto

Nel detto annoa dì X digennaiomesere Piero di meser Cello di Spuletoil quale n'era fuoria' confinia pitizione degli altri grandi Guelfi di Spuletoperchéusava contro a·lloro e gli altri soperchia maggioranzacittadinail detto meser Piero con suoi seguaci e amici e aiuto delcapitano del Patrimonio e del duca di Spuleto venne alla terra consuo sforzo di genti a cavallo e a pièe datagli l'entratad'una portaentrò combattendo nella terra. I cittadini ciòsentitolevaronsi a romoree presono l'armionde si fecionocaporali i Guelfi della terra medesimie per forza combattendoruppono mesere Piero e' suoi con danno di loroe cacciarli dellaterra. E pochi dì apresso i Ghibellini della terra avendosospetto de' Guelfi che v'eranocon tutto che fossono stati co·lloroa cacciarne meser Piero e' suoi seguacicome ingrati e sconoscentigli cacciarono di Spuleto; ondetutto fosse loro fatta sconcia cosafu giusta vendetta e prestaperché n'avieno cacciati i loroGuelfi medesimi. E avenne loro la parola del Vangelo: "Regno inse medesimo diviso disolabitur". Lasceremo di questematere per raccontare un grande giudicio e quasi incredibile che aquesti tempi avenne per tremuoti nella città di PisadiVinegia e di Padovama più in Frioli e in Baviera.



CXXII - Di grandi tremuoti che furonoin VinegiaPadovae Bolognae Pisa

Nel detto annovenerdìnotte dì XXV di gennaiofurono diversi e grandissimi tremuotiin Italia nella città di Pisae di Bolognae di Padovamaggiori nella città di Vinegianella quale ruvinaronoinfiniti fummaiuoliche ve ne avea assai e belli; e piùcampanili di chiese e altre case nelle dette città s'apersonoe tali rovinarono. E significarono alle dette terre danni epistolenzecome leggendo inanzi si potrà trovare. Ma ipericolosi furono la detta notte in Friolie inn Aquileae in partedalla Magnasì fatti e per tale modo e con tanto dannochedicendolo o scrivendolo parranno incredibili; ma per dirne il vero enon errare nel nostro trattatosì·cci metteremo lacopia della lettera che di là ne mandaro certi nostriFiorentini mercatanti e degni di fedeil tinore delle quali diremoqui apressoscritte e date inn-Udine del mese di febraio MCCCXLVII.



CXXIII - Di grandi tremuoti che furonoin Frioli e in Baviera

Avrete udito di diversi epericolosi tremuoti che sono stati in questi paesii quali hannofatto grandissimo danno. Correndo gli anni del nostro Signoresecondo il corso della chiesa MCCCXLVIIIindizione primama secondoil nostro corso della Anuziazioneancora nel MCCCXLVIIa dìXXV di gennaioil dì di venerdìil dì dellaconversazione di san Paoload ore VIII e quarta appresso vesprocheviene ore V infra la nottefu grandissimo tremuotoe duròper più oreil quale non si ricorda per niuno vivente ilsimile.

In prima in Sancille la porta diverso Friole tutta cadde. Inn-Udine cadde parte del palazzo di meserlo patriarcae più altre case; cadde il castello di SantoDaniello in Friolie morìvi più uomini e femmine;caddono due torri del castello di Ragognaed iscorsono infino alTagliamentocioè uno fiume così nomatoe morìvipiù genti.

In Gelmona la metà e piùdelle case sono rovinate e cadutee 'l campanile della maggiorechiesa è tutto fesso e apertoe·lla figura di sanCristofano intagliato in pietra viva si fesse tutta per lungo. Per liquali miracoli e paura i prestatori a usura della detta terraconvertiti a penitenziafeciono bandire che ogni persona ch'avessonoloro dato merito e usura andasse a·lloro per essa; e piùd'otto dì continuarono di renderla.

A Vencione il campanile dellaterra si fesse per mezzoe più case rovinarono. Il castellodi Tornezzo e quello di Dorestagno e quello di Destrafitto caddono erovinarono quasi tuttiove morirono molte genti.

Il castello di Lemborgoch'erain montagnasi scommosse; rovinando fu trasportato per lo tremuotoda X miglia del luogo dov'era in primatutto disfatto. Uno montegrandissimoov'era la via ch'andava al lago Dorestagnosi fesse epartissi per mezzo con grande rovinarompendo il detto cammino.

E Ragni e Vedronedue castellacon più di L villeche sono sotto il contado da Guriziaintorno al fiume di Giegliasono rovinate e coperte da due montiequasi tutte le genti di quelle perite.

La città di Villaco inFrioli vi rovinarono tutte le casese non fu una d'un buono uomoegiustoe caritevole per Dio. E poi del suo contado più di LXsue tra castella e ville sopra il fiume d'Atri per simile modo dettodi sopra sono tutte rovinate e somerse da due montagnee ripiena lavalle onde correa il detto fiume per più di X miglia; e 'lmonistero d'Orestano rovinato e somersoe mortavi molta gente. E 'ldetto fiume non avendo sua uscita e corso usatoal di sopra ha fattouno nuovo e grande lago. Nella detta città di Villaco moltemaraviglie v'apariroche·lla grande piazza di quella si fessea modo di crocedella quale fessura prima uscì sangue e poiacqua in grande quantità. E nella chiesa di Santo Iacopo diquella città vi si trovarono morti uomini che v'erano fuggitisanza gli altri morti per la terrapiù delle tre parti degliabitanti; iscamparono per divino miracolo i Latini e' forestieri e'poveri. Per Carnia più di XVm uomini sono trovati morti per lotremuoto; e tutte le chiese di Carnia sono cadutee·lle casee 'l monistero d'Osgalche e quello di Verchir tutti sobbissati.

In Baviera la città diTrasborgoe Paluziae·lla Mudae·lla Croceoltramontila maggiore parte delle case cadutee morta molta gente.

E notalettorechellesopradette rovine e pericoli di tremuoti sono grandi segni e giudicidi Dioe non sanza gran cagione e premessione divinae di quellimiracoli e segni che Gesù Cristo vangelizzando predisse a'suoi discepoli che dovieno apparire alla fine del secolo.

 

FINE