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GiovanniVerga



IMALAVOGLIA



 

 

Prefazione

Questo racconto è lo studio sincero espassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nellepiù umili condizionile prime irrequietudini pel benessere; equale perturbazione debba arrecare in una famigliuola vissuta finoallora relativamente felicela vaga bramosia dell'ignotol'accorgersi che non si sta beneo che si potrebbe star meglio.

Il movente dell'attività umana che produce lafiumana del progresso è preso qui alle sue sorgentinelleproporzioni più modeste e materiali. Il meccanismo dellepassioni che la determinano in quelle basse sfere è menocomplicatoe potrà quindi osservarsi con maggior precisione.Basta lasciare al quadro le sue tinte schiette e tranquillee il suodisegno semplice. Man mano che cotesta ricerca del meglio di cuil'uomo è travagliato cresce e si dilatatende anche adelevarsie segue il suo moto ascendente nelle classi sociali. NeiMalavoglia non è ancora che la lotta pei bisognimateriali. Soddisfatti questila ricerca diviene avidità diricchezzee si incarnerà in un tipo borgheseMastro-donGesualdoincorniciato nel quadro ancora ristretto di una piccolacittà di provinciama del quale i colori cominceranno adessere più vivacie il disegno a farsi più ampio evariato. Poi diventerà vanità aristocratica nellaDuchessa di Leyra; e ambizione nell'Onorevole Scipioniper arrivare all'Uomo di lussoil quale riunisce tuttecoteste bramosietutte coteste vanitàtutte cotesteambizioniper comprenderle e soffrirnese le sente nel sanguee neè consunto. A misura che la sfera dell'azione umana siallargail congegno delle passioni va complicandosi; i tipi sidisegnano certamente meno originalima più curiosiper lasottile influenza che esercita sui caratteri l'educazioneed anchetutto quello che ci può essere di artificiale nella civiltà.Persino il linguaggio tende ad individualizzarsiad arricchirsi ditutte le mezze tinte dei mezzi sentimentidi tutti gli artificidella parola onde dar rilievo all'ideain un'epoca che impone comeregola di buon gusto un eguale formalismo per mascherareun'uniformità di sentimenti e d'idee. Perché lariproduzione artistica di cotesti quadri sia esattabisogna seguirescrupolosamente le norme di questa analisi; esser sinceri perdimostrare la veritàgiacché la forma è cosìinerente al soggettoquanto ogni parte del soggetto stesso ènecessaria alla spiegazione dell'argomento generale.

Il cammino fataleincessantespesso faticoso efebbrile che segue l'umanità per raggiungere la conquista delprogressoè grandioso nel suo risultatovisto nell'insiemeda lontano. Nella luce gloriosa che l'accompagna dileguansi leirrequietudinile aviditàl'egoismotutte le passionitutti i vizi che si trasformano in virtùtutte le debolezzeche aiutano l'immane lavorotutte le contraddizionidal cui attritosviluppasi la luce della verità. Il risultato umanitario coprequanto c'è di meschino negli interessi particolari che loproducono; li giustifica quasi come mezzi necessari a stimolarel'attività dell'individuo cooperante inconscio a beneficio ditutti. Ogni movente di cotesto lavorio universaledalla ricerca delbenessere materialealle più elevate ambizionièlegittimato dal solo fatto della sua opportunità a raggiungerelo scopo del movimento incessante; e quando si conosce dove vadaquesta immensa corrente dell'attività umananon si domanda alcerto come ci va. Solo l'osservatoretravolto anch'esso dallafiumanaguardandosi attornoha il diritto di interessarsi ai deboliche restano per viaai fiacchi che si lasciano sorpassare dall'ondaper finire più prestoai vinti che levano le bracciadisperatee piegano il capo sotto il piede brutale deisopravvegnentii vincitori d'oggiaffrettati anch'essiavidianch'essi d'arrivaree che saranno sorpassati domani.

I MalavogliaMastro-don Gesualdo la Duchessade Leyra l'Onorevole Scipioni l'Uomo di lussosono altrettanti vinti che la corrente ha deposti sulla rivadopoaverli travolti e annegaticiascuno colle stimate del suo peccatoche avrebbero dovuto essere lo sfolgorare della sua virtù.Ciascunodal più umile al più elevatoha avuta la suaparte nella lotta per l'esistenzapel benessereper l'ambizione -dall'umile pescatore al nuovo arricchito - alla intrusa nelle alteclassi - all'uomo dall'ingegno e dalle volontà robusteilquale si sente la forza di dominare gli altri uomini; di prendersi dasé quella parte di considerazione pubblica che il pregiudiziosociale gli nega per la sua nascita illegale; di fare la leggeluinato fuori della legge - all'artista che crede di seguire il suoideale seguendo un'altra forma dell'ambizione. Chi osserva questospettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già moltose riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta perstudiarla senza passionee rendere la scena nettamentecoi coloriadattitale da dare la rappresentazione della realtà com'èstatao come avrebbe dovuto essere.

Milano19 gennaio 1881

 



Cap. I

Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi comei sassi della strada vecchia di Trezza; ce n'erano persino ad Ogninae ad Aci Castellotutti buona e brava gente di mareproprioall'opposto di quel che sembrava dal nomignolocome dev'essere.Veramente nel libro della parrocchia si chiamavano Toscanoma questonon voleva dir nullapoiché da che il mondo era mondoall'Ogninaa Trezza e ad Aci Castelloli avevano sempre conosciutiper Malavogliadi padre in figlioche avevano sempre avuto dellebarche sull'acquae delle tegole al sole. Adesso a Trezza nonrimanevano che i Malavoglia di padron 'Ntoniquelli della casa delnespoloe della Provvidenza ch'era ammarrata sul gretosottoil lavatoioaccanto alla Concetta dello zio Colae allaparanza di padron Fortunato Cipolla.

Le burrasche che avevano disperso di qua e di làgli altri Malavogliaerano passate senza far gran danno sulla casadel nespolo e sulla barca ammarrata sotto il lavatoio; e padron'Ntoniper spiegare il miracolosoleva diremostrando il pugnochiuso - un pugno che sembrava fatto di legno di noce - Per menare ilremo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro.

Diceva pure: - Gli uomini son fatti come le dita dellamano: il dito grosso deve far da dito grossoe il dito piccolo devefar da dito piccolo.

E la famigliuola di padron 'Ntoni era realmentedisposta come le dita della mano. Prima veniva luiil dito grossoche comandava le feste e le quarant'ore; poi suo figlio BastianoBastianazzoperché era grande e grosso quanto il SanCristoforo che c'era dipinto sotto l'arco della pescheria dellacittà; e così grande e grosso com'era filava dirittoalla manovra comandatae non si sarebbe soffiato il naso se suopadre non gli avesse detto "soffiati il naso" tanto ches'era tolta in moglie la Longa quando gli avevano detto"pigliatela". Poi veniva la Longauna piccina che badava atesseresalare le acciughee far figliuolida buona massaia;infine i nipotiin ordine di anzianità: 'Ntoni il maggioreun bighellone di vent'anniche si buscava tutt'ora qualchescappellotto dal nonnoe qualche pedata più giù perrimettere l'equilibrioquando lo scappellotto era stato troppoforte; Luca"che aveva più giudizio del grande"ripeteva il nonno; Mena (Filomena) soprannominata "Sant'Agata"perché stava sempre al telaioe si suol dire "donna ditelaiogallina di pollaioe triglia di gennaio"; Alessi(Alessio) un moccioso tutto suo nonno colui!; e Lia (Rosalia) ancorané carne né pesce. - Alla domenicaquando entravano inchiesal'uno dietro l'altropareva una processione.

Padron 'Ntoni sapeva anche certi motti eproverbi che aveva sentito dagli antichi: "Perchéil motto degli antichi mai mentì": - "Senza pilotabarca non cammina" - "Per far da papa bisogna saper far dasagrestano" - oppure - "Fa il mestiere che saiche se nonarricchisci camperai" - "Contentati di quel che t'ha fattotuo padre; se non altro non sarai un birbante" ed altre sentenzegiudiziose.

Ecco perché la casa del nespolo prosperavaepadron 'Ntoni passava per testa quadraal punto che a Trezzal'avrebbero fatto consigliere comunalese don Silvestroilsegretarioil quale la sapeva lunganon avesse predicato che era uncodino marcioun reazionario di quelli che proteggono i Borbonieche cospirava pel ritorno di Franceschelloonde poter spadroneggiarenel villaggiocome spadroneggiava in casa propria.

Padron 'Ntoni invece non lo conosceva neanche di vistaFranceschelloe badava agli affari suoie soleva dire: "Chi hacarico di casa non può dormire quando vuole" perché"chi comanda ha da dar conto".

Nel dicembre 1863'Ntoniil maggiore dei nipotierastato chiamato per la leva di mare. Padron 'Ntoni allora era corsodai pezzi grossi del paeseche son quelli che possono aiutarci. Madon Giammariail vicariogli avea risposto che gli stava beneequesto era il frutto di quella rivoluzione di satanasso che avevanofatto collo sciorinare il fazzoletto tricolore dal campanile. Invecedon Franco lo speziale si metteva a ridere fra i peli della barbonae gli giurava fregandosi le mani che se arrivavano a mettere assiemeun po' di repubblicatutti quelli della leva e delle tasse liavrebbero presi a calci nel sedereché soldati non ce nesarebbero stati piùe invece tutti sarebbero andati allaguerrase bisognava. Allora padron 'Ntoni lo pregava e lostrapregava per l'amor di Dio di fargliela presto la repubblicaprima che suo nipote 'Ntoni andasse soldatocome se don Franco cel'avesse in tasca; tanto che lo speziale finì coll'andare incollera. Allora don Silvestro il segretario si smascellava dalle risaa quei discorsie finalmente disse lui che con un certo gruzzolettofatto scivolare in tasca a tale e tal altra persona che sapeva luiavrebbero saputo trovare a suo nipote un difetto da riformarlo. Perdisgrazia il ragazzo era fatto con coscienzacome se ne fabbricanoancora ad Aci Trezzae il dottore della levaquando si vide dinanziquel pezzo di giovanottogli disse che aveva il difetto di esserpiantato come un pilastro su quei piedacci che sembravano pale dificodindia; ma i piedi fatti a pala di ficodindia ci stanno megliodegli stivalini stretti sul ponte di una corazzatain certegiornataccie; e perciò si presero 'Ntoni senza dire"permettete". La Longamentre i coscritti erano condottiin quartieretrottando trafelata accanto al passo lungo delfigliuologli andava raccomandando di tenersi sempre sul pettol'abitino della Madonnae di mandare le notizie ogni volta chetornava qualche conoscente dalla cittàche poi gli avrebberomandati i soldi per la carta.

Il nonnoda uomonon diceva nulla; ma si sentiva ungruppo nella gola anch'essoed evitava di guardare in faccia lanuoraquasi ce l'avesse con lei. Così se ne tornarono ad AciTrezza zitti zitti e a capo chino. Bastianazzoche si era sbrigatoin fretta dal disarmare la Provvidenzaper andare adaspettarli in capo alla viacome li vide comparire a quel modomogimogi e colle scarpe in manonon ebbe animo di aprir boccae se netornò a casa con loro. La Longa corse subito a cacciarsi incucinaquasi avesse furia di trovarsi a quattr'occhi colle vecchiestovigliee padron 'Ntoni disse al figliuolo:

- Va a dirle qualche cosaa quella poveretta; non nepuò più.

Il giorno dopo tornarono tutti alla stazione di AciCastello per veder passare il convoglio dei coscritti che andavano aMessinae aspettarono più di un'orapigiati dalla folladietro lo stecconato. Finalmente giunse il trenoe si videro tuttiquei ragazzi che annaspavanocol capo fuori dagli sportellicomefanno i buoi quando sono condotti alla fiera. I cantile risate e ilbaccano erano tali che sembrava la festa di Trecastagnie nellaressa e nel frastuono ci si dimenticava perfino quello stringimentodi cuore che si aveva prima.

- Addio 'Ntoni! - Addio mamma! - Addio! ricordati!ricordati! - Lì pressosull'argine della viac'era la Saradi comare Tuddaa mietere l'erba pel vitello; ma comare Venera laZuppidda andava soffiando che c'era venuta per salutare 'Ntoni dipadron 'Ntonicol quale si parlavano dal muro dell'ortoli avevavisti leicon quegli occhi che dovevano mangiarseli i vermi. Certo èche 'Ntoni salutò la Sara colla manoed ella rimase collafalce in pugno a guardare finché il treno non si mosse. AllaLongal'era parso rubato a lei quel saluto; e molto tempo dopoognivolta che incontrava la Sara di comare Tuddanella piazza o allavatoiole voltava le spalle.

Poi il treno era partito fischiando e strepitando inmodo da mangiarsi i canti e gli addii. E dopo che i curiosi si furonodileguatinon rimasero che alcune donnicciuolee qualche poverodiavoloche si tenevano ancora stretti ai pali dello stecconatosenza saper perché. Quindi a poco a poco si sbrancaronoanch'essie padron 'Ntoniindovinando che la nuora dovesse avere labocca amarale pagò due centesimi di acqua col limone.

Comare Venera la Zuppiddaper confortare comare laLongale andava dicendo: - Ora mettetevi il cuore in paceche percinque anni bisogna fare come se vostro figlio fosse mortoe nonpensarci più.

Ma pure ci pensavano semprenella casa del nespolooper certa scodella che le veniva tutti i giorni sotto mano alla Longanell'apparecchiare il deschettoo a proposito di certa ganza che'Ntoni sapeva fare meglio di ogni altro alla funicella della velaequando si trattava di serrare una scotta tesa come una corda diviolinoo di alare una parommella che ci sarebbe voluto l'argano. Ilnonno ansimando cogli ohi! ooohi! intercalava - Qui ci vorrebbe'Ntoni - oppure - Vi pare che io abbia il polso di quel ragazzo? Lamadrementre ribatteva il pettine sul telaio - uno! due! tre! -pensava a quel bum bum della macchina che le aveva portato via ilfigliuoloe le era rimasto sul cuorein quel gran sbalordimentoele picchiava ancora dentro il petto- uno! due! tre!

Il nonno poi aveva certi singolari argomenti perconfortarsie per confortare gli altri: - Del resto volete che veldica? Un po' di soldato gli farà bene a quel ragazzo; chéil suo paio di braccia gli piaceva meglio di portarsele a spasso ladomenicaanziché servirsene a buscarsi il pane.

Oppure: - Quando avrà provato il pane salato chesi mangia altrovenon si lagnerà più della minestra dicasa sua.

Finalmente arrivò da Napoli la prima lettera di'Ntoniche mise in rivoluzione tutto il vicinato. Diceva che ledonnein quelle parti làscopavano le strade colle gonnelledi setae che sul molo c'era il teatro di Pulcinellae si vendevanodelle pizzea due centesimidi quelle che mangiano i signoriesenza soldi non ci si poteva staree non era come a Trezzadove senon si andava all'osteria della Santuzza non si sapeva comespendere un baiocco. - Mandiamogli dei soldi per comperarsi le pizzeal goloso! brontolava padron 'Ntoni; già lui non ci ha colpaè fatto così; è fatto come i merluzzicheabboccherebbero un chiodo arrugginito. Se non l'avessi tenuto abattesimo su queste bracciadirei che don Giammaria gli ha messo inbocca dello zucchero invece di sale.

La Mangiacarrubbequando al lavatoio c'eraanche Sara di comare Tuddatornava a dire:

- Sicuro! le donne vestite di seta aspettavano apposta'Ntoni di padron 'Ntoni per rubarselo; che non ne avevano visti maidei cetriuoli laggiù!

Le altre si tenevano i fianchi dal rideree d'allorain poi le ragazze inacidite lo chiamarono "cetriuolo".

'Ntoni aveva mandato anche il suo ritrattol'avevanovisto tutte le ragazze del lavatoiocome la Sara di comare Tudda lofaceva passare di mano in manosotto il grembiulee laMangiacarrubbe schiattava dalla gelosia. Pareva San Michele Arcangeloin carne ed ossacon quei piedi posati sul tappetoe quella cortinasul capocome quella della Madonna dell'Ogninacosì bellolisciato e ripulito che non l'avrebbe riconosciuto più lamamma che l'aveva fatto; e la povera Longa non si saziava di guardareil tappeto e la cortina e quella colonna contro cui il suo ragazzostava ritto impalatograttando colla mano la spalliera di una bellapoltrona; e ringraziava Dio e i santi che avevano messo il suofigliuolo in mezzo a tutte quelle galanterie. Ella teneva il ritrattosul canteranosotto la campana del Buon Pastore - che gli diceva leavemarie - andava dicendo la Zuppiddae si credeva di averci untesoro sul canteranomentre suor Mariangela la Santuzza ce ne avevaun altrotal quale chi voleva vederloche glielo aveva regalatocompare Mariano Cinghialentae lo teneva inchiodato sul bancodell'osteriadietro i bicchieri.

Ma dopo un po' di tempo 'Ntoni aveva pescato uncamerata che sapeva di letteree si sfogava a lagnarsi dellavitaccia di bordodella disciplinadei superioridel riso lungo edelle scarpe strette. - Una lettera che non valeva i venti centesimidella posta! borbottava padron 'Ntoni. La Longa se la prendeva conquegli sgorbjche sembravano ami di pescelunae non potevano dirnulla di buono. Bastianazzo dimenava il capo e faceva segno di noche così non andava benee se fosse stato in lui ci avrebbemesso sempre delle cose allegreda far ridere il cuore agli altrilì sulla carta- e vi appuntava un dito grosso come un regoloda forcola - se non altro per compassione della Longala qualepoverettanon si dava pacee sembrava una gatta che avesse perso igattini. Padron 'Ntoni andava di nascosto a farsi leggere la letteradallo spezialee poi da don Giammariache era del partitocontrarioaffine di sentire le due campanee quando si persuadevache era scritto proprio cosìripeteva con Bastianazzoe conla moglie di lui:

- Non ve lo dico io che quel ragazzo avrebbe dovutonascer riccocome il figlio di padron Cipollaper stare a grattarsila pancia senza far nulla!

Intanto l'annata era scarsa e il pesce bisognava darloper l'anima dei mortiora che i cristiani avevano imparato a mangiarcarne anche il venerdì come tanti turchi. Per giunta lebraccia rimaste a casa non bastavano più al governo dellabarcae alle volte bisognava prendere a giornata Menico dellaLoccao qualchedun altro. Il re faceva cosìche iragazzi se li pigliava per la leva quando erano atti a buscarsi ilpane; ma sinché erano di peso alla famigliaavevano a tirarlisu per soldati; e bisognava pensare ancora che la Mena entrava neidiciassett'annie cominciava a far voltare i giovanotti quandoandava a messa. "L'uomo è il fuocoe la donna èla stoppa: viene il diavolo e soffia". Perciò si dovevaaiutarsi colle mani e coi piedi per mandare avanti quella barca dellacasa del nespolo.

Padron 'Ntoni adunqueper menare avanti la barcaaveva combinato con lo zio Crocifisso Campana di legno unnegozio di certi lupini da comprare a credenza per venderli aRipostodove compare Cinghialenta aveva detto che c'era unbastimento di Trieste a pigliar carico. Veramente i lupini erano unpo' avariati; ma non ce n'erano altri a Trezzae quel furbaccio diCampana di legno sapea pure che la Provvidenza se la mangiavainutilmente il sole e l'acquadov'era ammarrata sotto il lavatoiosenza far nulla; perciò si ostinava a fare il minchione. - Eh?non vi conviene? lasciateli! Ma un centesimo di meno non possoincoscienza! che l'anima ho da darla a Dio! - e dimenava il capo chepareva una campana senza batacchio davvero. Questo discorso avvenivasulla porta della chiesa dell'Ogninala prima domenica di settembreche era stata la festa della Madonnacon gran concorso di tutti ipaesi vicini; e c'era anche compare Agostino Piedipaperailquale colle sue barzellette riuscì a farli mettere d'accordosulle due onze e dieci a salmada pagarsi "col violino" atanto il mese. Allo zio Crocifisso gli finiva sempre cosìchegli facevano chinare il capo per forzacome Peppininoperchéaveva il maledetto vizio di non sapere dir di no. - Già! voinon sapete dir di noquando vi convienesghignazzava Piedipapera.Voi siete come le… e disse come.

Allorché la Longa seppe del negozio dei lupinidopo cenamentre si chiacchierava coi gomiti sulla tovagliarimasea bocca aperta; come se quella grossa somma di quarant'onze se lasentisse sullo stomaco. Ma le donne hanno il cuore piccinoe padron'Ntoni dovette spiegarle che se il negozio andava bene c'era del paneper l'invernoe gli orecchini per Menae Bastiano avrebbe potutoandare e venire in una settimana da Ripostocon Menico della Locca.Bastiano intanto smoccolava la candela senza dir nulla. Cosìfu risoluto il negozio dei lupinie il viaggio della Provvidenzache era la più vecchia delle barche del villaggioma aveva ilnome di buon augurio. Maruzza se ne sentiva sempre il cuore neromanon apriva boccaperché non era affar suoe si affaccendavazitta zitta a mettere in ordine la barca e ogni cosa pel viaggioilpane frescol'orciolino coll'oliole cipolleil cappotto foderatodi pellesotto la pedagna e nella scaffetta.

Gli uomini avevano avuto un gran da fare tutto ilgiornocon quell'usuraio dello zio Crocifissoil quale avevavenduto la gatta nel saccoe i lupini erano avariati. Campana dilegno diceva che lui non ne sapeva nullacome è vero Iddio!"Quel ch'è di patto non è d'inganno"; chel'anima lui non doveva darla ai porci! e Piedipapera schiamazzava ebestemmiava come un ossesso per metterli d'accordogiurando espergiurando che un caso simile non gli era capitato da che era vivo;e cacciava le mani nel mucchio dei lupini e li mostrava a Dio e allaMadonnachiamandoli a testimoni. Infinerossoscalmanatofuori diséfece una proposta disperatae la piantò in facciaallo zio Crocifisso rimminchionitoe ai Malavoglia coi sacchi inmano: - Là! pagateli a Nataleinvece di pagarli a tanto almesee ci avrete un risparmio di un tarì a salma! La finiteorasanto diavolone? - E cominciò ad insaccare: - In nome diDioe uno!

La Provvidenza partì il sabato versoserae doveva esser suonata l'avemariasebbene la campana non sifosse uditaperché mastro Cirino il sagrestano era andato aportare un paio di stivaletti nuovi a don Silvestro il segretario; inquell'ora le ragazze facevano come uno stormo di passere attorno allafontanae la stella della sera era già bella e lucentechepareva una lanterna appesa all'antenna della Provvidenza.Maruzza colla bambina in collo se ne stava sulla rivasenza dirnullaintanto che suo marito sbrogliava la velae la Provvidenzasi dondolava sulle onde rotte dai fariglioni comeun'anitroccola. - "Scirocco chiaro e tramontana scuramettitiin mare senza paura"diceva padron 'Ntoni dalla rivaguardandoverso la montagna tutta nera di nubi.

Menico della Loccail quale era nella Provvidenzacon Bastianazzogridava qualche cosa che il mare si mangiò. -Dice che i denari potete mandarli a sua madrela Loccaperchésuo fratello è senza lavoro; aggiunse Bastianazzoe questa ful'ultima sua parola che si udì.



Cap. 2

Per tutto il paese non si parlava d'altro che delnegozio dei lupinie come la Longa se ne tornava a casa colla Lia incollole comari si affacciavano sull'uscio per vederla passare.

- Un affar d'oro! - vociava Piedipaperaarrancandocolla gamba storta dietro a padron 'Ntoniil quale era andato asedersi sugli scalini della chiesaaccanto a padron FortunatoCipollae al fratello di Menico della Locca che stavano a prendereil fresco. - Lo zio Crocifisso strillava come se gli strappassero lepenne mastrema non bisogna badarciperché delle penne ne hamolteil vecchio. - Eh! s'è lavorato! potete dirlo anche voipadron 'Ntoni! - ma per padron 'Ntoni ei si sarebbe buttato dall'altodel fariglionecom'è vero Iddio! e a lui lo zioCrocifisso gli dava rettaperché egli era il mestolo dellapentolauna pentola grossain cui bollivano più di duecentoonze all'anno! Campana di legno non sapeva soffiarsi il naso senza dilui.

Il figlio della Locca udendo parlare delle ricchezzedello zio Crocifissoil quale a lui gli era zio davveroperchéera fratello della Loccasi sentiva gonfiare in petto una grantenerezza pel parentado.

- Noi siamo parentiripeteva. Quando vado a giornatada lui mi dà mezza pagae senza vinoperché siamoparenti.

Piedipapera sghignazzava.

- Lo fa per tuo beneper non farti ubbriacaree perlasciarti più ricco quando creperà.

Compare Piedipapera si divertiva a sparlare di questo edi quellocome capitava; ma così di cuoree senza maliziache non c'era verso di pigliarsela in criminale. - Massaro Filippo èpassato due volte dinanzi all'osteriadiceva puree aspetta che laSantuzza gli faccia segno di andarla a raggiungere nella stallaperdirsi insieme il santo rosario.

Oppure al figlio della Locca:

- Tuo zio Crocifisso cerca di rubarle la chiusaa tuacugina la Vespa; vuol pagargliela la metà di quel chevalecol darle ad intendere che la sposerà. Ma se la Vespariesce a farsi rubare qualche cos'altrapotrai pulirti la boccadella speranza dell'ereditàe ci perdi i soldi e il vino chenon ti ha dato.

Allora si misero a quistionareperché padron'Ntoni sosteneva che lo zio Crocifisso alla fin fine era cristianoenon aveva dato ai cani il suo giudizioper andare a sposare lafigliuola di suo fratello.

- Come c'entra il cristiano e il turco? ribattevaPiedipapera. È un pazzovolete dire. Lui è ricco comeun maialementre la Vespa non possiede altro che quella chiusagrande quanto un fazzoletto da naso.

- Lo dite a me che ci ho a limite la vignadisseallora padron Cipolla gonfiandosi come un tacchino.

- Li chiamate vigna quei quattro fichidindia? risposePiedipapera.

- In mezzo ai fichidindia ci sono le vitie se SanFrancesco ci manderà una buona pioggialo vedrete poi chemosto darà. Il sole oggi si coricò insaccato - acqua ovento.

- "Quando il sole si corica insaccato si aspettail vento di ponente"aggiunse padron 'Ntoni.

Piedipapera non poteva soffrire quello sputasentenze dipadron Cipollail quale perché era ricco si credeva di sapertutto luie di dar a bere le corbellerie a chi non aveva denari.

- Chi la vuol cotta e chi la vuol crudaconchiuse.Padron Cipolla aspetta l'acqua per la sua vignae voi il ponente inpoppa alla Provvidenza. Lo sapete il proverbio "Marecrespovento fresco". Stasera le stelle sono lucentie amezzanotte cambierà il vento; sentite la buffata?

Sulla strada si udivano passare lentamente dei carri.

- Notte e giorno c'è sempre gente che va attornoper il mondoosservò poi compare Cipolla.

E adesso che non si vedeva più né mare nécampagnasembrava che non ci fosse al mondo altro che Trezzaeognuno pensava dove potevano andare quei carri a quell'ora.

- Prima di mezzanotte la Provvidenza avràgirato il Capo dei Mulinidisse padron 'Ntonie il vento fresco nonle darà più noia.

Padron 'Ntoni non pensava ad altro che allaProvvidenzae quando non parlava delle cose sue non dicevanullae alla conversazione ci stava come un manico di scopa.

- Voi dovreste andare a mettervi con quelli dellaspezieriache discorrono del re e del papa; gli diceva perciòPiedipapera. Colà ci fareste bella figura anche voi! lisentite come gridano?

- Questo è don Giammariadisse il figlio dellaLoccache litiga collo speziale.

Lo speziale teneva conversazione sull'uscio dellabottegaal frescocol vicario e qualchedun altro. Come sapeva dilettere leggeva la gazzettae la faceva leggere agli altrie ciaveva anche la Storia della Rivoluzione franceseche se la tenevalàa portata di manosotto il mortaio di cristalloperciòquistionavano tutto il giorno con don Giammariail vicarioperpassare il tempoe ci pigliavano delle malattie dalla bile; ma nonavrebbero potuto stare un giorno senza vedersi. Il sabato poiquandoarrivava il giornaledon Franco spingevasi sino ad accenderemezz'oraed anche un'ora di candelaa rischio di farsi sgridaredalla moglieonde spiattellare le sue ideee non andare a letto amo' dei bruticome compare Cipollao compare Malavoglia. L'estatepoi non c'era neppur bisogno della candelagiacché si potevastar sull'usciosotto il lampionequando mastro Cirino l'accendevae qualche volta veniva don Micheleil brigadiere delle guardiedoganali; e anche don Silvestroil segretario comunaletornandodalla vignasi fermava un momento.

Allora don Franco dicevafregandosi le manichepareva un piccolo Parlamentoe andava a piantarsi dietro il bancopettinandosi colle dita la barbonacon certo sorriso furbo chepareva si volesse mangiare qualcuno a colezionee alle volte silasciava scappare sottovoce delle mezze parole dinanzi alla genterizzandosi sulle gambettee si vedeva che la sapeva più lungadegli altritanto che don Giammaria non poteva patirlo e ci simangiava il fegatoe gli sputava in faccia parole latine. DonSilvestroluisi divertiva a vedere come si guastavano il sangueper raddrizzare le gambe ai canisenza guadagnarci un centesimo;egli almeno non era arrabbiato come loroe per questodicevano inpaesepossedeva le più belle chiuse di Trezza- dove eravenuto senza scarpe ai piedi - aggiungeva Piedipapera. Ei li aizzaval'un contro l'altroe rideva a crepapancia con degli Ah! ah! ah! chesembrava una gallina.

- Ecco don Silvestro che fa l'uovoosservò ilfiglio della Locca.

- Don Silvestro fa le uova d'orolaggiù alMunicipiorispose Piedipapera.

- Uhm! - sputò fuori padron Fortunato -pezzenterie! comare Zuppidda non gli ha voluto dare la figliuola.

- Vuol dire che mastro Turi Zuppiddu preferisce le uovadelle sue galline; rispose padron 'Ntoni.

E padron Cipolla disse di sì col capo.

- "'Ntroi 'ntroiciascuno coi pari suoi"aggiunse padron Malavoglia.

Piedipapera allora ribatté che se don Silvestrosi fosse contentato di stare coi suoi pari a quest'ora ci avrebbe lazappa in mano invece della penna.

- Che ce la dareste voi vostra nipote Mena? disse alfinpadron Cipolla volgendosi a padron 'Ntoni.

- "Ognuno all'arte suae il lupo alle pecore".

Padron Cipolla continuava a dir di sì col capotanto più che fra lui e padron 'Ntoni c'era stata qualcheparola di maritar la Mena con suo figlio Brasie se ilnegozio dei lupini andava benela Mena avrebbe avuto la sua dote incontantee l'affare si sarebbe conchiuso presto.

- "La ragazza com'è educatae la stoppacom'è filata"disse infin padron Malavogliae padronCipolla confermò che tutti lo sapevano in paese che la Longaaveva saputo educarla la figliuolae ognuno che passava per lastradicciuola a quell'ora udendo il colpettare del telaio diSant'Agata diceva che l'olio della candela non lo perdevacomare Maruzza.

La Longacom'era tornata a casaaveva acceso il lumee s'era messa coll'arcolaio sul ballatoioa riempire certi cannelliche le servivano per l'ordito della settimana.

- Comare Mena non si vedema si sentee sta al telaionotte e giornocome Sant'Agatadicevano le vicine.

- Le ragazze devono avvezzarsi a quel modorispondevaMaruzzainvece di stare alla finestra. "A donna alla finestranon far festa".

- Certune però collo stare alla finestra unmarito se lo pescanofra tanti che passano; osservò la cuginaAnna dall'uscio dirimpetto.

La cugina Anna aveva ragione da vendere; perchéquel bietolone di suo figlio Rocco si era lasciato irretire dentro legonnelle della Mangiacarrubbeuna di quelle che stanno alla finestracolla faccia tosta.

Comare Grazia Piedipaperasentendo che nella stradac'era conversazionesi affacciò anch'essa sull'usciocolgrembiule gonfio delle fave che stava sgusciandoe se la pigliavacoi topi che le avevano bucherellato il sacco come un colabrodoepareva che l'avessero fatto appostacome se ci avessero il giudiziodei cristiani; così il discorso si fece generaleperchéalla Maruzza gliene avevano fatto tanto del dannoquelle bestiescomunicate! La cugina Anna ne aveva la casa pienada che gli eramorto il gattouna bestia che valeva tant'oroed era morto di unapedata di compare Tino. - I gatti grigi sono i miglioriperacchiappare i topie andrebbero a scovarli in una cruna di ago. - Aigatti non conveniva aprire l'uscio di notteperché unavecchia di Aci Sant'Antonio l'avevano ammazzata cosìche iladri le avevano rubato il gatto tre giorni avantie poi glieloavevano riportato mezzo morto di fame a miagolare dietro l'uscio; ela povera donna non sentendosi il cuore di lasciar la bestiola sullastrada a quell'oraaveva aperto l'uscioe così s'era ficcatii ladri in casa. Al giorno d'oggi i mariuoli ne inventano di ognispecie per fare i loro tiri; e a Trezza si vedevano delle facce chenon si erano mai viste sugli scoglicol pretesto d'andare a pescaree arraffavano la biancheria messa ad asciugarese capitava. Allapovera Nunziata le avevano rubato in quel modo un lenzuolo nuovo.Povera ragazza! rubare a lei che lavorava per dar pane a tutti queifratellini che suo padre le aveva lasciato sulle spallequandol'aveva piantata per andare a cercar fortuna ad Alessandria d'Egitto!- Nunziata era come la cugina Annaquando l'era morto il maritoele aveva lasciato quella nidiata di figliuoliche Roccoil piùgrandicellonon le arrivava alle ginocchia. Poi alla cugina Anna leera toccato di tirar su quel fannullone per vederselo rubare dallaMangiacarrubbe.

In mezzo a quel chiacchierio saltò su laZuppiddala moglie di mastro Turi il calafatola quale stava infondo alla straducciae compariva sempre all'improvvisoper dire lasua come il diavolo nella litaniaché nessuno s'accorgeva didove fosse sbucata.

- Del restovenne a brontolarevostro figlio Rocconon vi ha aiutata neppur luiché se si è buscato unsoldo è andato subito a berlo all'osteria.

La Zuppidda sapeva tutto quello che succedeva in paesee per questo raccontavano che andava tutto il giorno in giro a piediscalzia far la spiacol pretesto del suo fusoche lo tenevasempre in aria perché non frullasse sui sassi. Ella dicevasempre la verità come il santo evangelioquesto era il suovizioe perciò la gente che non amava sentirsela cantarel'accusava di essere una lingua d'infernodi quelle che lasciano labava. - "Bocca amara sputa fiele"; ed ella ci aveva labocca amara davvero per quella sua Barbara che non aveva potutomaritaretanto era superba e sgarbatae con tutto ciò volevadargli il figlio di Vittorio Emanuele.

- Bel pezzola Mangiacarrubbeseguitavaunasfacciata che si è fatto passare tutto il paese sotto lafinestra "A donna alla finestra non far festa"e VanniPizzuto le portava in regalo i fichidindia rubati a massaro Filippol'ortolanoe se li mangiavano insieme nella vignasotto ilmandorloli aveva visti lei. - E Peppi Nasoil beccaiodopo chegli spuntò la gelosia di compare Mariano Cinghialentailcarrettiereandava a buttarle dietro l'uscio tutte le corna dellebestie che macellavasicché dicevano che andava a pettinarsisotto la finestra della Mangiacarrubbe.

Quel cuor contento della cugina Anna invece la prendevaallegra. - Don Giammaria dice che fate peccato mortale a sparlar delprossimo!

- Don Giammaria dovrebbe piuttosto far la predica a suasorella donna Rosolinarispose la Zuppiddae non lasciarle far laragazzetta con don Silvestroquando passae con don Michele ilbrigadiereche ci ha la rabbia del maritocon tutti quegli anni equella carne che ci ha addossola poveraccia!

- Alla volontà di Dio! concluse la cugina Anna.Quando è morto mio maritoRocco non era più alto diquesta conocchia e le sue sorelline erano tutte minori di lui. Forseche mi son perduta d'animo per questo? Ai guai ci si fa il calloepoi ci aiutan a lavorare. Le mie figliuole faranno come ho fatto ioe finché ci saranno le pietre al lavatoio avremo di chevivere. Guardate la Nunziataora ella ha più giudizio di unavecchiettae si aiuta a tirar su quei piccini che pare li abbiafatti lei.

- E dove è la Nunziata che non si vede ancora?domandò la Longa a un mucchio di monelli cenciosimessi apiagnucolare sulla soglia della casuccia lì di facciai qualial sentir parlare della sorella alzarono gli strilli in coro.

- L'ho vista che andava sulla sciara a fare duefasci di ginestree c'era pure vostro figlio Alessi chel'accompagnavarispose la cugina Anna.

I bambini stettero a sentiree poi si rimisero apigolare tutti in una voltae il più grandicelloappollaiatosu di un gran sassorispose dopo un pezzetto:

- Non lo so dov'è.

Le vicine avevano fatto come le lumache quando pioveelungo la straduccia non si udiva che un continuo chiacchierio da unuscio all'altro. Persino la finestra di compare Alfio Moscaquellodel carro dell'asinoera apertae ne usciva un gran fumo diginestre. La Mena aveva lasciato il telaio e s'era affacciata alballatoio anch'essa.

- Oh! sant'Agata! esclamarono le vicine; e tutte lefacevano festa.

- Che non ci pensate a maritar la vostra Mena? chiedevasottovoce la Zuppidda a comare Maruzza. Oramai deve compire diciottoanni a Pasqualo so perché è nata l'anno delterremotocome mia figlia Barbara. Chi vuol pigliarsi mia figliaBarbaraprima deve piacere a me.

In questo momento si udì un fruscio di frascheper la viae arrivarono Alessi e la Nunziatache non si vedevanosotto i fasci di ginestretanto erano piccini.

- Oh! la Nunziata! esclamarono le vicine. Che non avevipaura a quest'ora nella sciara?

- C'ero anch'iorispose Alessi.

- Ho fatto tardi con comare Anna al lavatoioe poi nonci avevo legna per il focolare.

La ragazzina accese il lumee si mise lesta lesta adapparecchiare ogni cosa per la cenamentre i suoi fratellini leandavano dietro per la stanzucciache pareva una chioccia coi suoipulcini. Alessi s'era scaricato del suo fascioe stava a guardaredall'uscioserio serioe colle mani nelle tasche.

- O Nunziata! le gridò Mena dal ballatoio;quando avrai messo la pentola a bollirevieni un po' qua.

Nunziata lasciò Alessi a custodire il focolaree corse ad appollaiarsi sul ballatoioaccanto alla sant'Agatapergodersi il suo riposo anche leicolle mani in mano.

- Compar Alfio Mosca sta facendo cuocere le fave;osservò la Nunziata dopo un po'.

- Egli è come tepoveraccio! che non avetenessuno in casa che vi faccia trovare la minestra alla seraquandotornate stanchi.

- Sìè veroe sa pure cucire e si fa ilbucato da sée si rattoppa le camicie - la Nunziata sapevaogni cosa che faceva il vicino Alfioe conosceva la sua casa come lapianta della mano; - Adessodicevava a prender la legna; ora stagovernando il suo asino - e si vedeva il lume nel cortilee sotto latettoia. Sant'Agata ridevae la Nunziata diceva che per esserepreciso come una donna a compare Alfio gli mancava soltanto lagonnella.

- Cosìconchiudeva Menaquando si mariteràsua moglie andrà attorno col carro dell'asinoe lui resteràin casa ad allevare i figliuoli.

Le mammein crocchio nella stradadiscorrevanoanch'esse di Alfio Moscache fino la Vespa giurava di non averlovoluto per maritodiceva la Zuppiddaperché la Vespa avevala sua brava chiusae se voleva maritarsi non prendeva uno il qualenon possedeva altro che un carro da asino: "carro cataletto"dice il proverbio. Ella ha gettato gli occhi su di suo zio Campana dilegnola furbaccia!

Le ragazze fra di loro prendevano le parti di Moscacontro quella brutta Vespaccia; e la Nunziata poi si sentiva il cuoregonfio dal disprezzo che gettavano su di compare Alfiopel solomotivo che era poveroe non aveva nessuno al mondoe tutto a untratto disse a Mena: - Se fossi grande io me lo pigliereise me lodessero.

La Mena stava per dire anche lei qualche cosa; macambiò subito discorso.

- Che ci vai tu alla cittàper la festa deiMorti?

- Nonon ci vado perché non posso lasciar lacasa sola.

- Noi ci andremose il negozio dei lupini va bene;l'ha detto il nonno.

Poi ci pensò sue soggiunse:

- Compar Alfio ci suole andare anche luia vendere lesue noci.

E tacquero entrambepensando alla festa dei Mortidove compar Alfio andava a vendere le sue noci.

- Lo zio Crocifissocon quell'aria di Peppinino se lamette in tasca la Vespa! ripigliava la cugina Anna.

- Questo vorrebbe lei! rispose di botto la ZuppiddalaVespa non vorrebbe altroche se la mettesse in tasca! Ella gli èsempre per casacome il gattocol pretesto di portargli i buonibocconie il vecchio non dice di notanto più che non glicosta nulla. Ella lo ingrassa come un maialequando gli si vuol farela festa. Ve lo dico iola Vespa vuole entrargli in tasca!

Ognuna diceva la sua dello zio Crocifissoil qualepiagnucolava sempree si lamentava come Cristo in mezzo ai ladronie intanto aveva denari a palateché la Zuppiddaun giornoche il vecchio era malatoaveva vista una cassa grande cosìsotto il letto.

La Longa si sentiva sullo stomaco il debito dellequarant'onze dei lupinie cambiò discorsoperché leorecchie ci sentono anche al buioe lo zio Crocifisso si udivadiscorrere con don Giammariamentre passavano per la piazzalìvicinotanto che la Zuppidda interruppe i vituperi che stava dicendodi lui per salutarlo.

Don Silvestro rideva come una gallinae quel modo diridere faceva montare la mosca al naso allo spezialeil quale peraltro di pazienza non ne aveva mai avutae la lasciava agli asini ea quelli che non volevano fare la rivoluzione un'altra volta.

- Giàvoi non ne avete mai avutaperchénon sapreste dove metterla! gli gridava don Giammaria; e don Francoch'era piccinoci si arrabbiava e accompagnava il prete conparolacce che si sentivano da un capo all'altro della piazzaalloscuro. Campana di legnoduro come un sassosi stringeva nellespallee badava ripetere che a lui non gliene importavae attendevaai fatti suoi. - Come se non fossero fatti vostri quelli dellaConfraternita della Buona Morteche nessuno paga più unsoldo! gli diceva don Giammaria. - La gentequando si tratta dicavare i denari di tascadiventa una manica di protestantipeggiodello spezialee vi lascia tenere la cassa della Confraternita perfarvi ballare i sorciche è una vera porcheria!

Don Franco dalla sua bottega sghignazzava alle lorospalle a voce altacercando d'imitare la risata di don Silvestro chefaceva andare in bestia la gente. Ma lo speziale era della settaesi sapeva; e don Giammaria gli gridava dalla piazza:

- I denari li troverestese si trattasse di scuole edi lampioni!

Lo speziale stette zittoperché si eraaffacciata sua moglie alla finestra; e lo zio Crocifissoquando fuabbastanza lontano da non temere che l'udisse don Silvestro ilsegretarioil quale si beccava anche quel po' di stipendio dimaestro elementare:

- A me non me ne importa - ripeteva - Ma ai miei tempinon c'erano tanti lampioniné tante scuole; non si facevabere l'asino per forzae si stava meglio.

- A scuola non ci siete stato voi; eppure i vostriaffari ve li sapete fare.

- E il mio catechismo lo soaggiunse lo zio Crocifissoper non restare in debito.

Nel calore della disputa don Giammaria aveva perso ilbattutosul quale avrebbe attraversato la piazza anche ad occhichiusie stava per rompersi il colloe lasciar scappareDioperdoniuna parola grossa.

- Almeno l'accendesseroi loro lumi!

- Al giorno d'oggi bisogna badare ai fatti propriconchiuse lo zio Crocifisso.

Don Giammaria andava tirandolo per la manica delgiubbone per dire corna di questo e di quell'altroin mezzo allapiazzaall'oscuro; del lumaio che rubava l'oliodi don Silvestroche chiudeva un occhioe del sindaco "Giufà"chesi lasciava menare per il naso. Mastro Cirinoora che era impiegatodel comunefaceva il sagrestano come Giudache suonava l'angelusquando non aveva nulla da faree il vino per la messa lo comperavadi quello che aveva bevuto sulla croce Gesù Crocifissoch'eraun vero sacrilegio. Campana di legno diceva sempre di sì colcapo per abitudinesebbene non si vedessero in facciae donGiammariacome li passava a rassegna ad uno ad uno diceva: - Costuiè un ladro - quello è un birbante - quell'altro èun giacobino. - Lo sentite Piedipapera che sta discorrendo con padronMalavoglia e padron Cipolla? Un altro della settacolui! unarruffapopolocon quella gamba storta! - E quando lo vedevaarrancare per la piazza faceva il giro lungoe lo seguiva con occhisospettosiper scovare cosa stesse macchinando con quell'andatura. -Quello là ha il piede del diavolo! borbottava. - Lo zioCrocifisso si stringeva nelle spallee tornava a ripetere che egliera un galantuomoe non voleva entrarci. Padron Cipollaun altroscioccoun pallone di vento colui! che si lasciava abbindolare daPiedipapera… ed anche padron 'Ntonici sarebbe cascato anchelui!… Bisogna aspettarsi tuttoal giorno d'oggi!

- Chi è galantuomo bada ai fatti suoiripetevalo zio Crocifisso.

Invece compare Tinoseduto come un presidentesugliscalini della chiesasputava sentenze: - Sentite a me; prima dellarivoluzione era tutt'altra cosa. Adesso i pesci sono maliziative lodico io!

- No; le acciughe sentono il grecale ventiquattr'oreprima di arrivareriprendeva padron 'Ntoni; è sempre statocosì; l'acciuga è un pesce che ha più giudiziodel tonno. Ora di là del Capo dei Mulinili scopano dal maretutti in una voltacolle reti fitte.

- Ve lo dico io cos'è! ripigliò compareFortunato. Sono quei maledetti vapori che vanno e vengonoe battonol'acqua colle loro ruote. Cosa voletei pesci si spaventano e non sifanno più vedere. Ecco cos'è.

Il figlio della Locca stava ad ascoltare a boccaapertae si grattava il capo. - Bravo! disse poi. Così pescinon se ne troverebbero più nemmeno a Siracusa né aMessinadove vanno i vapori. Invece li portano di là aquintali colla ferrovia.

- Insomma sbrigatevela voi! esclamò allorapadron Cipolla indispettitoio me ne lavo le manie non me neimporta un ficogiacché ci ho le mie chiuse e le mie vigneche mi danno il pane.

E Piedipapera assestò uno scapaccione al figliodella Loccaper insegnargli l'educazione. - Bestia! quando parlano ipiù vecchi di te sta zitto.

Il ragazzaccio allora se ne andò strillando edandosi dei pugni nella testache tutti lo pigliavano per minchioneperché era figlio della Locca. E padron 'Ntoni col naso inariaosservò: - Se il maestrale non si mette prima dellamezzanottela Provvidenza avrà tempo di girare ilCapo.

Dall'alto del campanile caddero lenti lenti deirintocchi sonori. - Un'ora di notte! osservò padron Cipolla.

Padron 'Ntoni si fece la croce e rispose:

- Pace ai vivi e riposo ai morti.

- Don Giammaria ha i vermicelli fritti per la cenastasera; osservò Piedipapera fiutando verso le finestre dellaparrocchia.

Don Giammariapassando lì vicino per andare acasasalutò anche Piedipaperaperché ai tempi checorrono bisogna tenersi amici quelle buone lane; e compare Tinocheaveva tuttora l'acquolina in boccagli gridò dietro:

- Eh! vermicelli fritti staseradon Giammaria!

- Lo sentite! anche quello che mangio! borbottava donGiammaria fra i denti; fanno anche la spia ai servi di Dio per contarloro i bocconi! Tutto in odio alla chiesa! - e incontrandosi naso anaso con don Micheleil brigadiere delle guardie doganaliil qualeandava attorno colla pistola sullo stomacoe i calzoni dentro glistivaliin cerca di contrabbandieri: - A questi altri non glielofanno il conto di quel che mangiano.

- Questi qui mi piacciono! rispondeva Campana di legno:questi qui che stanno a guardia della roba dei galantuomini mipiacciono!

- Se gli dessero l'imbeccata sarebbe della setta anchelui! diceva fra di sé don Giammaria picchiando all'uscio dicasa. Tutti una manica di ladri! e continuò a borbottarecolpicchiatoio in manoseguendo con occhio sospettoso i passi delbrigadiere che si dileguavano nel buioverso l'osteriaerimuginando perché andasse a guardarli dalla partedell'osteria gl'interessi dei galantuomini colui!

Però compare Tino lo sapeva perché donMichele andasse a guardare gl'interessi dei galantuomini dalla partedell'osteriaché ci aveva perso delle notti a stare inagguato dietro l'olmo lì vicino per scoprirlo; e soleva dire:

- Ci va per confabulare di nascosto con lo zio Santoroil padre della Santuzza. Quelli che mangiano il pane del re devonotutti far gli sbirrie sapere i fatti di ognuno a Trezza edappertuttoe lo zio Santorocosì cieco com'èchesembra un pipistrello al solesulla porta dell'osteriasa tuttoquello che succede in paesee potrebbe chiamarci per nome ad uno aduno soltanto a sentirci camminare. Ei non ci sente solo quandomassaro Filippo va a recitare il rosario colla Santuzzaed èun tesoro per fare la guardiameglio di come se gli avessero messoun fazzoletto sugli occhi.

Maruzza udendo suonare un'ora di notte era rientrata incasa lesta lestaper stendere la tovaglia sul deschetto; le comari apoco a poco si erano diradatee come il paese stesso andavaaddormentandosisi udiva il mare che russava lì vicinoinfondo alla straducciae ogni tanto sbuffavacome uno che si volti erivolti pel letto. Soltanto laggiù all'osteriadove si vedevail lumicino rossocontinuava il baccanoe si udiva il vociare diRocco Spatu il quale faceva festa tutti i giorni.

- Compare Rocco ha il cuore contentodisse dopo unpezzetto dalla sua finestra Alfio Moscache pareva non ci fosse piùnessuno.

- Oh siete ancora làcompare Alfio! risposeMenala quale era rimasta sul ballatoio ad aspettare il nonno.

- Sìsono quacomare Mena; sto qua a mangiarmila minestra; perché quando vi vedo tutti a tavolacol lumemi pare di non esser tanto soloche va via anche l'appetito.

- Non ce l'avete il cuore contento voi?

- Eh! ci vogliono tante cose per avere il cuorecontento!

Mena non rispose nullae dopo un altro po' di silenziocompare Alfio soggiunse:

- Domani vado alla città per un carico di sale.

- Che ci andate poi per i Morti? domandò Mena.

- Dio lo saquest'anno quelle quattro noci son tuttefradicie.

- Compare Alfio ci va per cercarsi la moglie allacittàrispose la Nunziata dall'uscio dirimpetto.

- Che è vero? domandò Mena.

- Ehcomare Menase non dovessi far altroal miopaese ce n'è delle ragazze come dico iosenza andare acercarle lontano.

- Guardate quante stelle che ammiccano lassù!rispose Mena dopo un pezzetto. Ei dicono che sono le anime delPurgatorio che se ne vanno in Paradiso.

- Sentitele disse Alfio dopo che ebbe guardate lestelle anche lui; voi che siete sant'Agatase vi sognate un ternobuonoditelo a meche ci giuocherò la camiciae allorapotrò pensarci a prender moglie…

- Buona sera! rispose Mena.

Le stelle ammiccavano più fortequasis'accendesseroe i tre re scintillavano sui fariglionicolle braccia in crocecome Sant'Andrea. Il mare russava in fondoalla stradicciuolaadagio adagioe a lunghi intervalli si udiva ilrumore di qualche carro che passava nel buiosobbalzando sui sassie andava pel mondo il quale è tanto grande che se uno potessecamminare e camminare sempregiorno e nottenon arriverebbe maiec'era pure della gente che andava pel mondo a quell'orae non sapevanulla di compar Alfioné della Provvidenza che era inmarené della festa dei Morti; - così pensava Mena sulballatoio aspettando il nonno.

Il nonno s'affacciò ancora due o tre volte sulballatoioprima di chiudere l'uscioa guardare le stelle cheluccicavano più del doveree poi borbottò: - "Mareamaro!".

Rocco Spatu si sgolava sulla porta dell'osteria davantial lumicino. - "Chi ha il cuor contento sempre canta"conchiuse padron 'Ntoni.



Cap. 3

Dopo la mezzanotte il vento s'era messo a fare ildiavolocome se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paesee ascuotere le imposte. Il mare si udiva muggire attorno ai fariglioniche pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di sant'Alfioe ilgiorno era apparso nero peggio dell'anima di Giuda. Insomma unabrutta domenica di settembredi quel settembre traditore che vilascia andare un colpo di mare fra capo e collocome unaschioppettata fra i fichidindia. Le barche del villaggio erano tiratesulla spiaggiae bene ammarrate alle grosse pietre sotto illavatoio; perciò i monelli si divertivano a vociare efischiare quando si vedeva passare in lontananza qualche velasbrindellatain mezzo al vento e alla nebbiache pareva ci avesseil diavolo in poppa; le donne invece si facevano la crocequasivedessero cogli occhi la povera gente che vi era dentro.

Maruzza la Longa non diceva nullacom'era giustomanon poteva star ferma un momentoe andava sempre di qua e di làper la casa e pel cortileche pareva una gallina quando sta per farl'uovo. Gli uomini erano all'osteriae nella bottega di Pizzutoosotto la tettoia del beccaioa veder pioverecol naso in aria.Sulla riva c'era soltanto padron 'Ntoniper quel carico di lupiniche vi aveva in mare colla Provvidenza e suo figlioBastianazzo per giuntae il figlio della Loccail quale non avevanulla da perdere luie in mare non ci aveva altro che suo fratelloMeniconella barca dei lupini. Padron Fortunato Cipollamentre glifacevano la barbanella bottega di Pizzutodiceva che non avrebbedato due baiocchi di Bastianazzo e di Menico della LoccacollaProvvidenza e il carico dei lupini.

- Adesso tutti vogliono fare i negoziantiperarricchire! diceva stringendosi nelle spalle; e poi quando hannoperso la mula vanno cercando la cavezza.

Nella bottega di suor Mariangela la Santuzza c'erafolla: quell'ubbriacone di Rocco Spatuil quale vociava e sputavaper dieci; compare Tino Piedipaperamastro Turi ZuppidducompareMangiacarrubbedon Michele il brigadiere delle guardie doganalicoicalzoni dentro gli stivalie la pistola appesa sul ventrequasidovesse andare a caccia di contrabbandieri con quel tempaccioecompare Mariano Cinghialenta. Quell'elefante di mastro Turi Zuppidduandava distribuendo per ischerzo agli amici dei pugni che avrebberoaccoppato un buecome se ci avesse ancora in mano la malabestia dicalafatoe allora compare Cinghialenta si metteva a gridare ebestemmiareper far vedere che era uomo di fegato e carrettiere.

Lo zio Santororaggomitolato sotto quel po' ditettoiadavanti all'uscioaspettava colla mano stesa che passassequalcheduno per chiedere la carità. - Tra tutte e duepadre efigliadisse compare Turi Zuppiddudevono buscarne dei bei soldicon una giornata come questae tanta gente che viene all'osteria.

- Bastianazzo Malavoglia sta peggio di luiaquest'orarispose Piedipaperae mastro Cirino ha un bel suonare lamessa; ma i Malavoglia non ci vanno oggi in chiesa; sono in colleracon Domeneddioper quel carico di lupini che ci hanno in mare.

Il vento faceva volare le gonnelle e le foglie secchesicché Vanni Pizzuto col rasoio in ariateneva pel nasoquelli a cui faceva la barbaper voltarsi a guardare chi passavaesi metteva il pugno sul fiancocoi capelli arricciati e lustri comela seta; e lo speziale se ne stava sull'uscio della sua bottegasotto quel cappellaccio che sembrava avesse il paracqua in testafingendo aver discorsi grossi con don Silvestro il segretarioperchésua moglie non lo mandasse in chiesa per forza; e rideva delsotterfugiofra i peli della barbonaammiccando alle ragazze chesgambettavano nelle pozzanghere.

- Oggiandava dicendo Piedipaperapadron 'Ntoni vuolfare il protestante come don Franco lo speziale.

- Se fai di voltarti per guardare quello sfacciato didon Silvestroti dò un ceffone qui dove siamo; borbottava laZuppidda colla figliuolamentre attraversavano la piazza. - Quellolì non mi piace.

La Santuzzaall'ultimo tocco di campanaavevaaffidata l'osteria a suo padree se n'era andata in chiesatirandosi dietro gli avventori. Lo zio Santoropoverettoera ciecoe non faceva peccato se non andava a messa; così non perdevanotempo all'osteriae dall'uscio poteva tener d'occhio il bancosebbene non ci vedesseché gli avventori li conosceva tuttiad uno ad uno soltanto al sentirli camminarequando venivano a bereun bicchiere.

- Le calze della Santuzzaosservava Piedipaperamentre ella camminava sulla punta delle scarpettecome una gattina -le calze della Santuzzaacqua o ventonon le ha viste altri chemassaro Filippo l'ortolano; questa è la verità.

- Ci sono i diavoli per aria! diceva la Santuzzafacendosi la croce coll'acqua santa. - Una giornata da far peccati!

La Zuppiddalì vicinoabburattava avemarieseduta sulle calcagnae saettava occhiatacce di qua e di làche pareva ce l'avesse con tutto il paesee a quelli che volevanosentirla ripeteva: - Comare la Longa non ci viene in chiesaeppureci ha il marito in mare con questo tempaccio! Poi non bisogna stare acercare perché il Signore ci castiga! - Persino la madre diMenico stava in chiesasebbene non sapesse far altro che vedervolare le mosche!

- Bisogna pregare anche pei peccatori; rispondeva laSantuzza; le anime buone ci sono per questo.

- Sìcome se ne sta pregando la Mangiacarrubbecol naso dentro la mantellinae Dio sa che peccatacci fa fare aigiovanotti!

La Santuzza scuoteva il capoe diceva che mentre si èin chiesa non bisogna sparlare del prossimo - "Chi fa l'ostedeve far buon viso a tutti"rispose la Zuppiddae poiall'orecchio della Vespa: - La Santuzza non vorrebbe si dicesse chevende l'acqua per vino; ma farebbe meglio a non tenere in peccatomortale massaro Filippo l'ortolanoche ha moglie e figliuoli.

- Per merispose la Vespagliel'ho detto a donGiammariache non voglio più starci fra le Figlie di Maria seci lasciano la Santuzza per superiora.

- Allora vuol dire che l'avete trovato il marito?rispose la Zuppidda.

- Io non l'ho trovato il maritosaltò su laVespa con tanto di pungiglione. Io non sono come quelle che si tiranodietro gli uomini anche in chiesacolle scarpe verniciatee quellialtri colla pancia grossa.

Quello della pancia grossa era Brasiil figlio dipadron Cipollail quale era il cucco delle mamme e delle ragazzeperché possedeva vigne ed oliveti.

- Va a vedere se la paranza è bene ammarrata;gli disse suo padre facendosi la croce.

Ciascuno non poteva a meno di pensare che quell'acqua equel vento erano tutt'oro per i Cipolla; così vanno le cose diquesto mondoche i Cipollaadesso che avevano la paranza beneammarratasi fregavano le mani vedendo la burrasca; mentre iMalavoglia diventavano bianchi e si strappavano i capelliper quelcarico di lupini che avevano preso a credenza dallo zio CrocifissoCampana di legno.

- Volete che ve la dica? saltò su la Vespa; lavera disgrazia è toccata allo zio Crocifisso che ha dato ilupini a credenza. "Chi fa credenza senza pegnoperde l'amicola roba e l'ingegno".

Lo zio Crocifisso se ne stava ginocchioni a pièdell'altare dell'Addoloratacon tanto di rosario in manoeintuonava le strofette con una voce di naso che avrebbe toccato ilcuore a satanasso in persona. Fra un'avemaria e l'altra si parlavadel negozio dei lupinie della Provvidenza che era in mareedella Longa che rimaneva con cinque figliuoli. - Al giorno d'oggidisse padron Cipollastringendosi nelle spallenessuno ècontento del suo stato e vuol pigliare il cielo a pugni.

- Il fatto èconchiuse compare Zuppidduchesarà una brutta giornata pei Malavoglia.

- Per meaggiunse Piedipaperanon vorrei trovarminella camicia di compare Bastianazzo.

La sera scese triste e fredda; di tanto in tantosoffiava un buffo di tramontanae faceva piovere una spruzzatinad'acqua fina e cheta: una di quelle sere in cuiquando si ha labarca al sicurocolla pancia all'asciutto sulla sabbiasi gode avedersi fumare la pentola dinanzicol marmocchio fra le gambeesentire le ciabatte della donna per la casadietro le spalle. Ifannulloni preferivano godersi all'osteria quella domenica cheprometteva di durare anche il lunedìe fin gli stipiti eranoallegri della fiamma del focolaretanto che lo zio Santoromesso lìfuori colla mano stesa e il mento sui ginocchis'era tirato un po'in quaper scaldarsi la schiena anche lui.

- E' sta meglio di compare Bastianazzoa quest'ora!ripeteva Rocco Spatuaccendendo la pipa sull'uscio.

E senza pensarci altro mise mano al taschinoe silasciò andare a fare due centesimi di limosina.

- Tu ci perdi la tua limosina a ringraziare Dio che seial sicurogli disse Piedipapera; per te non c'è pericolo cheabbi a fare la fine di compare Bastianazzo.

Tutti si misero a ridere della barzellettae poistettero a guardare dall'uscio il mare nero come la sciarasenza dir altro.

- Padron 'Ntoni è andato tutto il giorno di quae di làcome avesse il male della tarantolae lo spezialegli domandava se faceva la cura del ferroo andasse a spasso conquel tempaccioe gli diceva pure: - Bella Provvidenzaeh!padron 'Ntoni! Ma lo speziale è protestante ed ebreoognunolo sapeva.

Il figlio della Loccache era lì fuori collemani in tasca perché non ci aveva un soldodisse anche lui:

- Lo zio Crocifisso è andato a cercare padron'Ntoni con Piedipaperaper fargli confessare davanti a testimoni chei lupini glieli aveva dati a credenza.

- Vuol dire che anche lui li vede in pericolo collaProvvidenza.

- Colla Provvidenza c'è andato anche miofratello Menicoinsieme a compare Bastianazzo.

- Bravo! questo dicevamoche se non torna tuo fratelloMenico tu resti il barone della casa.

- C'è andato perché lo zio Crocifissovoleva pagargli la mezza giornata anche a luiquando lo mandavacolla paranzae i Malavoglia invece gliela pagavano intiera; risposeil figlio della Locca senza capir nulla; e come gli altrisghignazzavano rimase a bocca aperta.

Sull'imbrunire comare Maruzza coi suoi figlioletti eraandata ad aspettare sulla sciarad'onde si scopriva un belpezzo di maree udendolo urlare a quel modo trasaliva e si grattavail capo senza dir nulla. La piccina piangevae quei poverettidimenticati sulla sciaraa quell'oraparevano le anime delpurgatorio. Il piangere della bambina le faceva male allo stomacoalla povera donnale sembrava quasi un malaugurio; non sapeva cheinventare per tranquillarlae le cantava le canzonette colla vocetremola che sapeva di lagrime anche essa.

Le comarimentre tornavano dall'osteria coll'orciolinodell'olioo col fiaschetto del vinosi fermavano a barattarequalche parola con la Longa senza aver l'aria di nullae qualcheamico di suo marito Bastianazzocompar Cipollaper esempioocompare Mangiacarrubbepassando dalla sciara per dareun'occhiata verso il maree vedere di che umore si addormentasse ilvecchio brontoloneandavano a domandare a comare la Longa di suomaritoe stavano un tantino a farle compagniafumandole in silenziola pipa sotto il nasoo parlando sottovoce fra di loro. Lapoverettasgomenta da quelle attenzioni insoliteli guardava infaccia sbigottitae si stringeva al petto la bimbacome sevolessero rubargliela. Finalmente il più duro o il piùcompassionevole la prese per un braccio e la condusse a casa. Ella silasciava condurree badava a ripetere: - Oh! Vergine Maria! Oh!Vergine Maria! - I figliuoli la seguivano aggrappandosi allagonnellaquasi avessero paura che rubassero qualcosa anche a loro.Mentre passavano dinanzi all'osteriatutti gli avventori siaffacciarono sulla portain mezzo al gran fumoe tacquero pervederla passare come fosse già una cosa curiosa.

- Requiem eternambiascicava sottovoce lo zio Santoroquel povero Bastianazzo mi faceva sempre la caritàquandopadron 'Ntoni gli lasciava qualche soldo in tasca.

La poveretta che non sapeva di essere vedovabalbettava: - Oh! Vergine Maria! Oh! Vergine Maria!

Dinanzi al ballatoio della sua casa c'era un gruppo divicine che l'aspettavanoe cicalavano a voce bassa fra di loro. Comela videro da lontanocomare Piedipapera e la cugina Anna le venneroincontrocolle mani sul ventresenza dir nulla. Allora ella sicacciò le unghie nei capelli con uno strido disperato e corsea rintanarsi in casa.

- Che disgrazia! dicevano sulla via. E la barca eracarica! Più di quarant'onze di lupini!



Cap. 4

Il peggio era che i lupini li avevano presi a credenzae lo zio Crocifisso non si contentava di "buone parole e melefradicie"per questo lo chiamavano Campana di legnoperchénon ci sentiva di quell'orecchioquando lo volevano pagare con dellechiacchieree' diceva che "alla credenza ci si pensa".Egli era un buon diavolaccioe viveva imprestando agli amicinonfaceva altro mestiereche per questo stava in piazza tutto ilgiornocolle mani nelle tascheo addossato al muro della chiesacon quel giubbone tutto lacero che non gli avreste dato un baiocco;ma aveva denari sin che ne volevanoe se qualcheduno andava achiedergli dodici tarì glieli prestava subitocol pegnoperché "chi fa credenza senza pegnoperde l'amicolaroba e l'ingegno" a patto di averli restituiti la domenicad'argento e colle colonneche ci era un carlino dippiùcom'era giustoperché "coll'interesse non c'èamicizia". Comprava anche la pesca tutta in una voltaconribassoe quando il povero diavolo che l'aveva fatta aveva bisognosubito di denarima dovevano pesargliela colle sue bilancielequali erano false come Giudadicevano quelli che non erano maicontentied hanno un braccio lungo e l'altro cortocome sanFrancesco; e anticipava anche la spesa per la ciurmase volevanoeprendeva soltanto il denaro anticipatoe un rotolo di pane a testae mezzo quartuccio di vinoe non voleva altroché eracristiano e di quel che faceva in questo mondo avrebbe dovuto darconto a Dio. Insomma era la provvidenza per quelli che erano inangustiee aveva anche inventato cento modi di render servigio alprossimoe senza essere uomo di mare aveva barchee attrezzieogni cosaper quelli che non ne avevanoe li prestavacontentandosi di prendere un terzo della pescapiù la partedella barcache contava come un uomo della ciurmae quella degliattrezzise volevano prestati anche gli attrezzie finiva che labarca si mangiava tutto il guadagnotanto che la chiamavano la barcadel diavolo - e quando gli dicevano perché non ci andasse luia rischiare la pelle come tutti gli altriche si pappava il megliodella pesca senza pericolorispondeva: - Bravo! e se in mare micapita una disgraziaDio liberiche ci lascio le ossachi me li fagli affari miei? - Egli badava agli affari suoied avrebbe prestatoanche la camicia; ma poi voleva esser pagatosenza tanti cristi; edera inutile stargli a contare ragioniperché era sordoe perdi più era scarso di cervelloe non sapeva dir altro che"Quel che è di patto non è d'inganno"oppure"Al giorno che promise si conosce il buon pagatore".

Ora i suoi nemici gli ridevano sotto il nasoa motivodi quei lupini che se l'era mangiati il diavolo; e gli toccava ancherecitare il deprofundis per l'anima di Bastianazzoquando sifacevano le esequieinsieme con gli altri confratelli della BuonaMortecolla testa nel sacco.

I vetri della chiesetta scintillavanoe il mare eraliscio e lucentetalché non pareva più quello che gliaveva rubato il marito alla Longa; perciò i confratelliavevano fretta di spicciarsie di andarsene ognuno pei propriaffariora che il tempo s'era rimesso al buono.

Stavolta i Malavoglia erano làseduti sullecalcagnadavanti al catalettoe lavavano il pavimento dal granpiangerecome se il morto fosse davvero fra quelle quattro tavolecoi suoi lupini al colloche lo zio Crocifisso gli aveva dati acredenzaperché aveva sempre conosciuto padron 'Ntoni pergalantuomo; ma se volevano truffargli la sua robacol pretesto cheBastianazzo s'era annegatola truffavano a Cristocom'è veroDio! ché quello era un credito sacrosanto come l'ostiaconsacratae quelle cinquecento lire ei l'appendeva ai piedi di Gesùcrocifisso; ma santo diavolone! padron 'Ntoni sarebbe andato ingalera! La legge c'era anche a Trezza!

Intanto don Giammaria buttava in fretta quattro colpid'aspersorio sul catalettoe mastro Cirino cominciava ad andareattorno per spegnere i lumi colla canna. I confratelli siaffrettavano a scavalcare i banchi colle braccia in ariaper cavarsiil cappuccioe lo zio Crocifisso andò a dare una presa ditabacco a padron 'Ntoniper fargli animoche infine quando uno ègalantuomo lascia buon nome e si guadagna il paradiso- questo avevadetto a coloro che gli domandavano dei suoi lupini: - Coi Malavogliasto tranquillo perché son galantuomini e non vorranno lasciarcompare Bastianazzo a casa del diavolo; padron 'Ntoni poteva vederecoi suoi propri occhi se si erano fatte le cose senza risparmioinonore del morto; e tanto costava la messatanto i cerie tanto ilmortorio; - ei faceva il conto sulle grosse dita ficcate nei guantidi cotonee i ragazzi guardavano a bocca aperta tutte quelle coseche costavano caroed erano lì pel babbo: il catalettoicerii fiori di carta; e la bambinavedendo la luminariae udendosuonar l'organosi mise a galloriare.

La casa del nespolo era piena di gente; e il proverbiodice: "triste quella casa dove ci è la visita pelmarito!" Ognuno che passavaal vedere sull'uscio queipiccoli Malavoglia col viso sudicio e le mani nelle taschescrollavail capo e diceva:

- Povera comare Maruzza! ora cominciano i guai per lasua casa!

Gli amici portavano qualche cosacom'è l'usopastaovavino e ogni ben di Dioche ci avrebbe voluto il cuorcontento per mangiarsi tuttoe perfino compar Alfio Mosca era venutocon una gallina per mano. - Prendete queste quagnà Menadicevache avrei voluto trovarmici io al posto di vostro padrevigiuro. Almeno non avrei fatto danno a nessunoe nessuno avrebbepianto.

La Menaappoggiata alla porta della cucinacollafaccia nel grembialesi sentiva il cuore che gli sbatteva e glivoleva scappare dal pettocome quelle povere bestie che teneva inmano. La dote di Sant'Agata se n'era andata colla Provvidenzae quelli che erano a visita nella casa del nespolopensavano che lozio Crocifisso ci avrebbe messo le unghie addosso.

Alcuni se ne stavano appollaiati sulle scranneeripartivano senza aver aperto boccada veri baccalà cheerano; ma chi sapeva dir quattro parolecercava di tenere unoscampolo di conversazioneper scacciare la malinconiae distrarreun po' quei poveri Malavoglia i quali piangevano da due giorni comefontane. Compare Cipolla raccontava che sulle acciughe c'era unaumento di due tarì per barilequesto poteva interessargli apadron 'Ntonise ci aveva ancora delle acciughe da vendere; lui abuon conto se n'era riserbati un centinaio di barili; e parlavanopure di compare Bastianazzobuon'animache nessuno se lo sarebbeaspettatoun uomo nel fiore dell'etàe che crepava disalutepoveretto!

C'era pure il sindacomastro Croce Callà "Bacoda seta" detto anche Giufàcol segretario donSilvestroe se ne stava col naso in ariatalché la gentediceva che stava a fiutare il vento per sapere da che parte voltarsie guardava ora questo ed ora quello che parlavacome se cercasse lafoglia davveroe volesse mangiarsi le parolee quando vedeva ridereil segretariorideva anche lui.

Don Silvestro per far ridere un po' tirò ildiscorso sulla tassa di successione di compar Bastianazzoe ci ficcòcosì una barzelletta che aveva raccolta dal suo avvocatoegli era piaciuta tantoquando gliel'avevano spiegata beneche nonmancava di farla cascare nel discorso ogniqualvolta si trovava avisita da morto.

- Almeno avete il piacere di essere parenti di VittorioEmanuelegiacché dovete dar la sua parte anche a lui!

E tutti si tenevano la pancia dalle risatechéil proverbio dice: "Né visita di morto senza risonésposalizio senza pianto".

La moglie dello speziale torceva il muso a queglischiamazzie stava coi guanti sulla panciae la faccia lungacomesi usa in città per quelle circostanzeche solo a guardarlala gente ammutolivaquasi ci fosse il morto lì davantie perquesto la chiamavano la Signora.

Don Silvestro faceva il gallo colle donnee si muovevaogni momento col pretesto di offrire le scranne ai nuovi arrivatiper far scricchiolare le sue scarpe verniciate. - Li dovrebberoabbruciaretutti quelli delle tasse! brontolava comare Zuppiddagialla come se avesse mangiato dei limonie glielo diceva in facciaa don Silvestroquasi ei fosse quello delle tasse. Ella lo sapevabenissimo quello che volevano certi mangiacarte che non avevano calzesotto gli stivali inverniciatie cercavano di ficcarsi in casa dellagente per papparsi la dote e la figliuola: "Bellanon vogliotevoglio i tuoi soldi". Per questo aveva lasciata a casa suafiglia Barbara. - Quelle facce lì non mi piacciono.

- A chi lo dite! esclamò padron Cipolla; a me miscorticano vivo come san Bartolomeo.

- Benedetto Dio! esclamò mastro Turi Zuppidduminacciando col pugno che pareva la malabestia del suo mestiere. Va afinire bruttava a finirecon questi italiani!

- Voi state zitto! gli diede sulla voce comare Veneraché non sapete nulla.

- Io dico quel che hai detto tuche ci levano lacamicia di dossoci levano! borbottò compare Turimogiomogio.

Allora Piedipaperaper tagliar cortodisse piano apadron Cipolla: - Dovreste pigliarvela voicomare Barbaraperconsolarvi; così la mamma e la figliuola non si darebbero piùl'anima al diavolo.

- È una vera porcheria! esclamava donnaRosolinala sorella del curatorossa come un tacchinoe facendosivento col fazzoletto; e se la prendeva con Garibaldi che metteva letassee al giorno d'oggi non si poteva più viveree nessunosi maritava più. - O a donna Rosolina cosa gliene importaoramai? susurrava Piedipapera. Donna Rosolina intanto raccontava adon Silvestro le grosse faccende che ci aveva per le mani: diecicanne di ordito sul telaioi legumi da seccare per l'invernolaconserva dei pomidoro da fareche lei ci aveva un segreto tutto suoper avere la conserva dei pomidoro fresca tutto l'inverno. - Una casasenza donna non poteva andare; ma la donna bisognava che avesse ilgiudizio nelle manicome s'intendeva lei; e non fosse di quellefraschette che pensano a lisciarsi e nient'altro"coi capellilunghi e il cervello corto"ché allora un povero maritose ne va sott'acqua come compare Bastianazzobuon'anima. - Beatolui! sospirava la Santuzzaè morto in un giorno segnalatolavigilia dei Dolori di Maria Verginee prega lassù per noipeccatorifra gli angeli e i santi del paradiso. "A chi vuolbene Dio manda pene". Egli era un bravo uomodi quelli chebadano ai fatti loroe non a dir male di questo e di quelloepeccare contro il prossimocome tanti ce ne sono.

Maruzza alloraseduta ai piedi del lettopallida edisfatta come un cencio messo al bucatoche pareva la MadonnaAddoloratasi metteva a piangere più fortecol viso nelguancialee padron 'Ntonipiegato in duepiù vecchio dicent'annila guardavae la guardavascrollando il capoe nonsapeva che direper quella grossa spina di Bastianazzo che ci avevain cuorecome se lo rosicasse un pescecane.

- La Santuzza ci ha il miele in bocca! osservava comareGrazia Piedipapera.

- Per fare l'ostessarispose la Zuppiddae' s'ha adessere così. "Chi non sa l'arte chiuda bottegae chi nonsa nuotare che si anneghi".

La Zuppidda ne aveva le tasche piene di quel faremelato della Santuzzache persino la Signora si voltava a discorrerecon leicolla bocca strettasenza badare agli altricon que'guanti che pareva avesse paura di sporcarsi le manie stava col nasoarricciatocome se tutte le altre puzzassero peggio delle sardellementre chi puzzava davvero era la Santuzzadi vino e di tante altreporcheriecon tutto l'abitino color pulce che aveva indossoe lamedaglia di Figlia di Maria sul petto prepotenteche non volevastarci. Già se la intendevano fra di loro perché l'arteè parentelae facevano denari allo stesso modogabbando ilprossimoe vendendo l'acqua sporca a peso d'oroe se neinfischiavano delle tasse coloro!

- Metteranno pure la tassa sul sale! aggiunse compareMangiacarrubbe. L'ha detto lo speziale che è stampato nelgiornale. Allora di acciughe salate non se ne faranno piùele barche potremo bruciarle nel focolare.

Mastro Turi il calafato stava per levare il pugno eincominciare: - Benedetto Dio! -; ma guardò sua moglie e sitacque mangiandosi fra i denti quel che voleva dire.

- Colla malannata che si preparaaggiunse padronCipollache non pioveva da santa Chiarae se non fosse stato perl'ultimo temporale in cui si è persa la Provvidenzache è stata una vera grazia di Diola fame quest'inverno sisarebbe tagliata col coltello!

Ognuno raccontava i suoi guaianche per conforto deiMalavogliache non erano poi i soli ad averne. "Il mondo èpieno di guaichi ne ha pochi e chi ne ha assai"e quelli chestavano fuori nel cortile guardavano il cieloperché un'altrapioggerella ci sarebbe voluta come il pane. Padron Cipolla lo sapevalui perché non pioveva più come prima. - Non piove piùperché hanno messo quel maledetto filo del telegrafoche sitira tutta la pioggiae se la porta via. - Compare Mangiacarrubbeallorae Tino Piedipapera rimasero a bocca apertaperchégiusto sulla strada di Trezza c'erano i pali del telegrafo; masiccome don Silvestro cominciava a rideree a fare ah! ah! ah! comeuna gallinapadron Cipolla si alzò dal muricciuolo infuriatoe se la prese con gli ignorantiche avevano le orecchie lunghe comegli asini. - Che non lo sapevano che il telegrafo portava le notizieda un luogo all'altro; questo succedeva perché dentro il filoci era un certo succo come nel tralcio della vitee allo stesso modosi tirava la pioggia dalle nuvolee se la portava lontanodove cen'era più di bisogno; potevano andare a domandarlo allospeziale che l'aveva detta; e per questo ci avevano messa la leggeche chi rompe il filo del telegrafo va in prigione. Allora anche donSilvestro non seppe più che diree si mise la lingua intasca.

- Santi del Paradiso! si avrebbero a tagliarli tuttiquei pali del telegrafoe buttarli nel fuoco! incominciòcompare Zuppidduma nessuno gli dava rettae guardavano nell'ortoper mutar discorso.

- Un bel pezzo di terra! diceva compare Mangiacarrubbe;quando è ben coltivato dà la minestra per tutto l'anno.

La casa dei Malavoglia era sempre stata una delle primea Trezza; ma adesso colla morte di Bastianazzoe 'Ntoni soldatoeMena da maritaree tutti quei mangiapane pei piediera una casa chefaceva acqua da tutte le parti.

Infine cosa poteva valere la casa? Ognuno allungava ilcollo sul muro dell'ortoe ci dava una occhiataper stimarla cosìa colpo. Don Silvestro sapeva meglio di ogni altro come andassero lecoseperché le carte le aveva luialla segreteria di AciCastello.

- Volete scommettere dodici tarì che non ètutt'oro quello che luccicaandava dicendo; e mostrava ad ognuno ilpezzo da cinque lire nuovo.

Ei sapeva che sulla casa c'era un censo di cinque tarìall'anno. Allora si misero a fare il conto sulle dita di quel cheavrebbe potuto vendersi la casacoll'ortoe tutto.

- Né la casa né la barca si possonovendere perché ci è su la dote di Maruzzadicevaqualchedun altroe la gente si scaldava tanto che potevano udirlidalla camera dove stavano a piangere il morto. - Sicuro! lasciòandare alfine don Silvestro come una bomba; c'è l'ipotecadotale.

Padron Cipollail quale aveva scambiato qualche parolacon padron 'Ntoni per maritare Mena con suo figlio Brasiscrollavail capo e non diceva altro.

- Alloraaggiunse compare Colail vero disgraziato èlo zio Crocifisso che ci perde il credito dei suoi lupini.

Tutti si voltarono verso Campana di legno il quale eravenuto anche luiper politicae stava zittoin un cantuccioaveder quello che dicevanocolla bocca aperta e il naso in ariachesembrava stesse contando quante tegole e quanti travicelli c'eranosul tettoe volesse stimare la casa. I più curiosiallungavano il collo dall'uscioe si ammiccavano l'un l'altro permostrarselo a vicenda. - E' pare l'usciere che fa il pignoramento!sghignazzavano.

Le comari che sapevano delle chiacchiere fra padron'Ntoni e compare Cipolladicevano che adesso bisognava farle passarela dogliaa comare Maruzzae conchiudere quel matrimonio dellaMena. Ma la Longa in quel momento ci aveva altro pel capopoveretta.

Padron Cipolla voltò le spalle freddo freddosenza dir nulla; e dopo che tutti se ne furono andatii Malavogliarimasero soli nel cortile. - Oradisse padron 'Ntonisiamorovinatied è meglio per Bastianazzo che non ne sa nulla.

A quelle paroleprima Maruzzae poi tutti gli altritornarono a piangere di nuovoe i ragazzivedendo piangere igrandisi misero a piangere anche lorosebbene il babbo fosse mortoda tre giorni. Il vecchio andava di qua e di làsenza sapereche facesse; Maruzza invece non si muoveva dai piedi del lettoquasinon avesse più nulla da fare. Quando diceva qualche parolaripeteva semprecogli occhi fissie pareva che non ci avesse altroin testa. - Ora non ho più niente da fare!

- No! rispose padron 'Ntonino! ché bisognapagare il debito allo zio Crocifissoe non si deve dire di noi che"il galantuomo come impoverisce diventa birbante".

E il pensiero dei lupini gli ficcava più dentronel cuore la spina di Bastianazzo. Il nespolo lasciava cadere lefoglie vizzee il vento le spingeva di qua e di là pelcortile.

- Egli è andato perché ce l'ho mandatoioripeteva padron 'Ntonicome il vento porta quelle foglie di quae di làe se gli avessi detto di buttarsi dal fariglionecon una pietra al collol'avrebbe fatto senza dir nulla. Almeno èmorto che la casa e il nespolo sino all'ultima foglia erano ancorasuoi; ed io che son vecchio sono ancora qua. "Uomo povero ha igiorni lunghi".

Maruzza non diceva nullama nella testa ci aveva unpensiero fissoche la martellavae le rosicava il cuoredi saperecos'era successo in quella notteche l'aveva sempre dinanzi agliocchie se li chiudeva le sembrava di vedere ancora la Provvidenzalà verso il Capo dei Mulinidove il mare era liscio eturchinoe seminato di barcheche sembravano tanti gabbiani alsolee si potevano contare ad una ad unaquella dello zioCrocifissol'altra di compare Barabbala Concetta dello zioColae la paranza di padron Fortunatoche stringevano il cuore; esi udiva mastro Cola Zuppiddu il quale cantava a squarciagolaconquei suoi polmoni di buementre picchiava colla malabestiael'odore del catrame che veniva dal gretoe la tela che batteva lacugina Anna sulle pietre del lavatoioe si udiva pure Mena apiangere cheta cheta in cucina.

- Poveretta! mormorava il nonnoanche a te ècrollata la casa sul capoe compare Fortunato se ne è andatofreddo freddosenza dir nulla.

E andava toccando ad uno ad uno gli arnesi che erano inmucchio in un cantucciocolle mani tremanticome fanno i vecchi; evedendo Luca lì davantiche gli avevano messo il giubbone delbabboe gli arrivava alle calcagnagli diceva: - Questo ti terràcaldoquando verrai a lavorare; perché adesso bisognaaiutarci tutti per pagare il debito dei lupini.

Maruzza si tappava le orecchie colle mani per nonsentire la Locca che si era appollaiata sul ballatoiodietrol'uscioe strillava dalla mattinacon quella voce fessa di pazzaepretendeva che le restituissero loro il suo figliuoloe non volevasentir ragione.

- Fa così perché ha famedisse infine lacugina Anna; adesso lo zio Crocifisso ce l'ha con tutti loro perquell'affare dei lupinie non vuol darle più nulla. Ora vo aportarle qualche cosae allora se ne andrà.

La cugina Annapoverettaaveva lasciato la sua tela ele sue ragazze per venire a dare una mano a comare Maruzzala qualeera come se fosse malatae se l'avessero lasciata sola non avrebbepensato più ad accendere il fuocoe a mettere la pentolachesarebbero tutti morti di fame. "I vicini devono fare come letegole del tettoa darsi l'acqua l'un l'altro". Intanto queiragazzi avevano le labbra pallide dalla fame. La Nunziata aiutavaanche leie Alessicol viso sudicio dal gran piangere che avevafatto vedendo piangere la mammateneva a bada i picciniperchénon le stessero sempre fra i piedicome una nidiata di pulcinichéla Nunziata voleva averle libere le manilei.

- Tu sai il fatto tuo! le diceva la cugina Anna; e latua dote ce l'hai nelle maniquando sarai grande.



Cap. 5

La Mena non sapeva nulla che volessero maritarla conBrasi di padron Cipolla per far passare la doglia alla mammae ilprimo che glielo dissequalche tempo dopofu compare Alfio Moscadinanzi al rastrello dell'ortoche tornava allora da Aci Castellocol suo carro tirato dall'asino. Mena rispondeva: - Non èveronon è vero - ma si confondevae mentre egli andavaspiegando il come e il quando l'aveva sentito dire dalla Vespaincasa dello zio Crocifissotutt'a un tratto si fece rossa rossa.

Anche compare Mosca aveva un'aria stralunatae vedendoin quel modo la ragazzacon quel fazzoletto nero che ci aveva alcollose la prendeva coi bottoni del farsettosi dondolava ora sudi un piede ed ora su di un altroe avrebbe pagato qualche cosa perandarsene. - Sentiteio non ci ho colpal'ho sentito dire nelcortile di Campana di legnomentre stavo spaccando il carrubbo chefu schiantato dal temporale di Santa Chiaravi rammentate? adesso lozio Crocifisso mi fa fare le faccende di casaperché non vuolpiù sentir parlare del figlio della Loccadopo che l'altrofratello gli fece quel servizio che sapete col carico dei lupini. LaMena teneva in mano il nottolino del rastrelloma non si risolvevaad aprire. - E poise non è veroperché vi faterossa? Ella non lo sapevain coscienzae girava e rigirava ilnottolino. Quel cristiano lo conosceva soltanto di vistae nonsapeva altro. Alfio le andava snocciolando la litania di tutte lericchezze di Brasi Cipollail qualedopo compare Naso il beccaiopassava pel più grosso partito del paesee le ragazze se lomangiavano cogli occhi. La Mena stava ad ascoltare con tanto d'occhianche leie all'improvviso lo piantò con un bel salutoe sene entrò nell'orto. Alfiotutto infuriatocorse a lagnarsicolla Vespa che gli dava a bere di tali bugieper farlo litigarecolla gente.

- A me l'ha detto lo zio Crocifisso; rispose la Vespa.Io non ne dico bugie!

- Bugie! bugie! borbottò lo zio Crocifisso. Ionon voglio dannarmi l'anima per coloro! L'ho sentito dire con questeorecchie. Ho sentito pure che la Provvidenza è dotalee che sulla casa c'è il censo di cinque tarì all'anno.

- Si vedrà! si vedrà! un giorno o l'altrosi vedrà se ne dite o non ne dite delle bugie- seguitava laVespadondolandosi appoggiata allo stipitecolle mani dietro laschienae intanto lo guardava cogli occhi ladri. - Voi altri uominisiete tutti di una pastae non c'è da fidarsi.

Lo zio Crocifisso alle volte non ci sentivae invecedi abboccar l'esca seguitò a saltar di palo in frascae aparlare dei Malavoglia che badavano a maritarsima a quel discorsodelle quarant'onze non ci pensavano neppure.

- Eh! saltò su infine la Vespaperdendo lapazienzase dassero retta a voia maritarsi non ci penserebbe piùnessuno!

- A me non me ne importa che si maritino. Io voglio laroba mia. Ma del resto non me ne importa.

- Se non ve ne importa a voic'è a chi glieneimporta! sentite? Che non tutti pensano come voia rimandare le coseda oggi a domani!

- E tu che fretta hai?

- Pur troppo. Voi ci avete tempovoi; ma se credeteche gli altri vogliano far venire gli anni di San Giuseppe permaritarsi!…

- L'annata è scarsadiceva Campana di legnoenon è tempo di pensare a queste cose.

La Vespa allora si appuntellò le mani suifianchie sfoderò la lingua come un pungiglione.

- Ora sentiteche questa voglio dirvela! Alla fin finela mia roba ce l'hoe grazie a Dio non sono in istato di dovermendicare un marito. O che credete? E se non fosse che mi avevatemesso quella pulce nell'orecchiocolle vostre lusinghene avreitrovato cento di maritie Vanni Pizzutoe Alfio Moscae il cuginoColache mi stava cucito alla gonnellaprima di andar soldatoenon mi lasciava legare una calza. Tutti che friggevano d'impazienzae non mi avrebbero menato tanto tempo pel nasoda Pasqua a Natalecome avete fatto voi!

Lo zio Crocifisso stavolta si mise la mano dietrol'orecchioper sentircie cominciò a lisciarla con buoneparole.

- Sìlo so che sei una ragazza di giudizioperquesto ti voglio benee non sono come quelli che ti corrono dietroper acchiapparti la chiusache poi se la mangerebbero all'osteriadella Santuzza.

- Non è vero che mi volete beneseguitava ellarespingendolo a gomitatese fosse vero lo sapreste quel che dovetefaree lo vedreste che non ci ho altro per il capo.

Ella gli voltava le spalle corrucciatae senzaavvedersene andava stuzzicandolo coll'omero. - Ma di me a voi non vene importa! Lo zio si offese di quel sospetto ingiurioso. - Questo lodici per farmi far peccato! cominciò a lamentarsi. Non glieneimportava del sangue suo? perché infine ella era sangue suocome la chiusache era stata sempre della famigliae ci sarebberimastase suo fratellobuon'anima non avesse pensato a maritarsi ea mettere al mondo la Vespa; e perciò ei l'aveva tenuta comela pupilla degli occhi suoie pensava sempre al suo bene. - Sentile disseho pensato di darti il debito dei Malavogliain cambiodella chiusa che sono quarant'onzee colle spese e i fruttipotrebbero arrivare a cinquantae c'è da papparsi la casa delnespoloche per te ti giova meglio della chiusa.

- La casa del nespolo tenetevela voi! saltò sula Vespa. Io mi tengo la mia chiusae so io cosa devo farne!

Allora lo zio Crocifisso montò in bestia ancheluie le disse che lo sapeva cosa voleva farneche voleva farselamangiare da quel pezzente di Alfio Moscail quale le faceva l'occhiodi triglia per amor della chiusae non voleva vederselo piùper la casa e nel cortileche alla fin fine ci aveva sangue nellevene anche lui! - Sta a vedere che ora mi fate il geloso! esclamòla Vespa.

- Sicuro che son geloso! esclamò lo zioCrocifissogeloso come una bestia! e voleva pagar cinque lire perfargli rompere le ossa ad Alfio Mosca.

Ma lui non lo faceva perché era un cristiano coltimore di Dioe al giorno d'oggi chi è galantuomo ègabbatoché la buona fede sta di casa in via dei minchionidove si vende la corda per impiccarsila prova era che aveva un belpassare e ripassare davanti la casa dei Malavogliache perfino lagente si metteva a rideree diceva che ei faceva il viaggioalla casa del nespolo come quelli che hanno fatto il voto allaMadonna dell'Ognina. I Malavoglia lo pagavano a furia di sberrettate;e i ragazziappena lo vedevano spuntare in fondo alla stradicciuolascappavano come se vedessero il ba-bau; ma sinora nessuno di loro gliparlava di quei denari dei lupinie i Morti eran lì chevenivanomentre padron 'Ntoni pensava a maritare la nipote.

Egli andava a sfogarsi con Piedipaperail qualel'aveva messo in quell'imbrogliodiceva agli altri; però glialtri dicevano che ci andava per fare l'occhiolino alla casa delnespoloe la Locca che gironzava sempre da quelle partiperchéle avevano detto che il suo Menico era andato nella barca deiMalavogliae credeva che dovesse trovarlo ancora làappenavedeva suo fratello Crocifissolevava le strida al pari di unuccellaccio di malaugurioe gli smuoveva la bile anche lei. - Questaqui mi fa far peccato! borbottava Campana di legno.

- I Morti non sono ancora venutirispondevaPiedipapera gesticolando; abbiate pazienza. Volete succhiargli ilsangue a padron 'Ntoni? Già non avete perso nullaperchéi lupini erano tutti fradicilo sapete!

Ei non sapeva nulla; sapeva soltanto che il sangue suoera nelle mani di Dio. E i ragazzi dei Malavoglia non osavano giocaresul ballatoio quando egli passava davanti alla porta di Piedipapera.

E se incontrava Alfio Moscacol carro dell'asinochegli faceva il berretto anche luicolla faccia tostasi sentivabollire il sangueper la gelosia della chiusa. - Mi uccella lanipote per portarmi via la chiusa! brontolava con Piedipapera. Unfannullone! che non sa far altro che andare attorno col carrodell'asinoe non possiede altro. Un morto di fame! Un birbante chele dà ad intendere d'essere innamorato del suo grugno diporcoa quella brutta strega di mia nipoteper amor della roba.

E quando non aveva altro da fare andava a piantarsidavanti all'osteria della Santuzzaaccanto allo zio Santorochesembrava un altro poverello come luie non ci andava per spendere unsoldo di vinoma si metteva a guaiolare come lo zio Santorotalequale come se chiedesse la limosina anch'esso; e gli diceva: -Sentitecompare Santorose vedete da queste parti mia nipote laVespaquando Alfio Mosca viene a portare il carico del vino a vostrafiglia la Santuzzastate a vedere cosa fanno fra di loro; - e lo zioSantoro col rosario in mano e gli occhi spentigli diceva di sìche non dubitasseche era lì per questoe non passava unamosca che ei non lo sapesse; tanto che sua figlia Mariangela glidiceva: - A voi cosa ve ne importa? perché state a mischiarvinei fatti di Campana di legno? Già un soldoche è unsoldonon lo spende all'osteriae sta davanti all'uscio per niente.

Però Alfio Mosca non ci pensava nemmeno allaVespae se ci aveva qualcheduna per la testaera piuttosto comareMena di padron 'Ntoniche la vedeva ogni giorno nel cortile o sulballatoioo allorché andava a governare le bestie nelpollaioe se udiva chiocciare le due galline che le aveva regalatosi sentiva una certa cosa dentro di sée gli sembrava che cistesse lui in persona nel cortile del nespoloe se non fosse statoun povero carrettiere dal carro dell'asinoavrebbe voluto chiederein moglie la Sant'Agatae portarsela via nel carro dell'asino. Comepensava a tutto ciò si sentiva in testa tante cose da dirleequando poi la vedeva non sapeva come muover la linguae guardava iltempo che facevae le parlava del carico di vino che aveva preso perla Santuzzae dell'asino che portava quattro quintali meglio di unmulopovera bestia.

Mena l'accarezzava colla manola povera bestiaedAlfio sorrideva come se gliele facessero a lui quelle carezze. - Ah!se il mio asino fosse vostrocomare Mena! - Mena crollava il capo eil seno le si gonfiava pensando che sarebbe stato meglio se iMalavoglia avessero fatto i carrettieriché il babbo nonsarebbe morto a quel modo.

- "Il mare è amaroripetevaed ilmarinaro muore in mare".

Alfio che aveva fretta d'andare a scaricare il vinodella Santuzzanon sapeva risolversi a partiree rimaneva achiacchierare della bella cosa che era il fare l'osteun mestierecol quale si ha sempre il suo guadagnoe se aumenta il prezzo delmosto basta crescere l'acqua nei barili. - Lo zio Santoro si èfatto ricco in tal modoed ora chiede l'elemosina per passatempo.

- E voi ci guadagnate benecoi carichi del vino?domandò la Mena.

- Sìnell'estatequando si può andareanche di notte; allora mi busco una bella giornata. Questa poverabestia se lo guadagna il pane. Quando ci avrò messi da parteun po' di soldi comprerò un muloe potrò tirarmi su afare il carrettiere davverocome compare Cinghialenta.

La ragazza era tutta intenta a quello che dicevacompare Alfioe intanto l'ulivo grigio stormiva come se piovesseeseminava la strada di foglioline secche accartocciate. - Ecco che sene viene l'invernoe tutto ciò non si potrà fare primadell'estateosservò compar Alfio. Mena cogli occhi seguival'ombra delle nuvole che correva per i campicome fosse l'ulivogrigio che si dileguasse; così correvano i pensieri della suatestae gli disse: - Sapetecompare Alfiodi quella storia delfiglio di padron Fortunato Cipolla non ce n'è nullaperchéprima dobbiamo pagare il debito dei lupini.

- Io ci ho piacererispose Moscaché cosìnon ve ne andate dal vicinato.

- Ora poi che torna 'Ntoni da soldatocol nonno etutti gli altrici aiuteremo per pagare il debito. La mamma ha presodella tela da tessere per la Signora.

- Bel mestiere anche quello dello speziale! osservòMosca.

In questa spuntò nella viottola comare VeneraZuppiddacol fuso in mano. - Oh! Dio! esclamò Menaviengente! e scappò dentro.

Alfio frustò l'asinoe se ne voleva andareanche lui.

- Oh compare Alfioche fretta avete? gli disse laZuppidda; volevo domandarvi se il vino che portate alla Santuzza èdella stessa botte di quello della settimana scorsa.

- Io non lo so; il vino me lo danno nei barili.

- Aceto da fare l'insalata! rispose la Zuppiddaunvero veleno; così si è fatta ricca la Santuzzae ondegabbare il mondo si è messo sul petto l'abitino di Figlia diMaria. Belle cose che copre quell'abitino! Al giorno d'oggi perandare avanti bisogna fare quel mestiere là; se no si vaindietro al modo dei gambericome i Malavoglia. Ora hanno pescato laProvvidenzalo sapete?

- Noio non ci sono stato qui; ma comare Mena nonsapeva nulla.

- Hanno portato adesso la notiziae padron 'Ntoni ècorso verso il Rotoloper vederla che stanno rimorchiandola verso ilpaesee pareva che ci avesse le gambe nuoveil vecchio. Adessocolla Provvidenza i Malavoglia potranno tirarsi su un'altravoltae la Mena sarà di nuovo un bel partito.

Alfio non risposeperché la Zuppidda loguardava fissoco' suoi occhietti giallie disse che aveva frettadi andare a consegnare il vino alla Santuzza. - A me non vuole dirnulla! borbottò la Zuppidda. Come se non li avessi visti co'miei occhi. Vogliono nascondere il sole colla rete.

La Provvidenza l'avevano rimorchiata a rivatutta sconquassatacosì come l'avevano trovata di làdal Capo dei Mulinicol naso fra gli scoglie la schiena in aria.In un momento era corso sulla riva tutto il paeseuomini e donneepadron 'Ntonimischiato nella follaguardava anche luicome glialtri curiosi. Alcuni davano pure un calcio nella pancia dellaProvvidenzaper far suonare com'era fessaquasi non fossepiù di nessunoe il poveretto si sentiva quel calcio nellostomaco. - Bella provvidenza che avete! gli diceva don Francoilquale era venuto in maniche di camiciae col cappellaccio in testaa dare un'occhiata anche luifumando la sua pipa.

- Questa ora è buona da ardereconchiuse padronFortunato Cipolla; e compare Mangiacarrubbeil quale era pratico delmestieredisse pure che la barca aveva dovuto sommergersi tutt'a untrattoe senza che chi c'era dentro avesse avuto tempo di dire"Cristo aiutami!" perché il mare aveva scopato veleantenneremi e ogni cosa; e non aveva lasciato un cavicchio di legnoche tenesse fermo.

- Questo era il posto del babbodove c'è laforcola nuovadiceva Luca il quale s'era arrampicato sulla spondaequi sotto c'erano i lupini.

Ma di lupini non ne rimaneva uno soloché ilmare aveva tutto lavato e ripulito. Per questo Maruzza non si eramossa di casae non voleva più vedere la Provvidenzafinché ci aveva gli occhi aperti.

- La pancia è buonae se ne può ancorafare qualche cosasentenziò alfine mastro Zuppiddu ilcalafatoe dava anche lui dei calci coi suoi piedacci nellaProvvidenza. Con quattro lapazze ve la metto in mare un'altravolta. Non sarà più una barca che potràresistere al mare grossoun'ondata di fianco la sfonderebbe come unabotte fradicia. Ma per la pesca di scoglioe per la buona stagionepotrà servire ancora. Padron Cipollacompare Mangiacarrubbee compare Cola stavano ad ascoltare senza dir nulla.

- Sìconchiuse infine padron Fortunatogravemente. Piuttosto che buttarla sul fuoco…

- Io ci ho piacere! diceva lo zio Crocifisso ch'era lìanche lui a vederecolle mani dietro la schiena. Siamo cristianiebisogna godere del bene altrui; il proverbio dice: "Augura beneal tuo vicinoché qualche cosa te ne viene".

I ragazzi s'erano istallati nella Provvidenzainsieme agli altri monelli che volevano arrampicarvisi anche loro. -Quando avremo rattoppata per bene la ProvvidenzadicevaAlessisarà come la Concetta dello zio Cola; - e sidavano un gran da fare e sbuffavano e si affannavano a tirare e aspingere anche loro la barca davanti alla porta di mastro Zuppiddu ilcalafatodove c'erano i sassi grossi per tener su le barchee ilramaiuolo pel catramee una catasta di coste e di fasciameappoggiate al muro.

Alessi era sempre accapigliato coi ragazzi cheavrebbero voluto montare nella barcae aiutare a soffiare nel fuocosotto la caldaia della pece anche loroe quando le buscavaminacciava piagnucolando:

- Ora che viene mio fratello 'Ntoni da soldato!…

Infatti 'Ntoni s'era fatto mandare le cartee avevaottenuto il suo congedosebbene don Silvestro il segretario avesseassicurato che se ci stava altri sei mesi a fare il soldatoavrebbeliberato suo fratello Luca dalla leva. Ma 'Ntoni non voleva starcipiù nemmeno sei giorniora che gli era morto il padre; Lucaavrebbe fatto come luiche s'era pianta la sua disgrazia laggiùdove si trovavae avrebbe voluto non far più nientequandogli recarono la notizia del babbose non fosse stato per quei canidi superiori.

- Per medisse Lucaci vado volentieri a fare ilsoldatoin cambio di 'Ntoni. Cosìcome tornerà luipotrete mettere in mare la Provvidenzae non ci saràpiù bisogno di nessuno.

- Questo è proprio un Malavoglia nato sputato!osservava padron 'Ntoni gongolante. Tutto suo padre Bastianazzocheaveva un cuore grande come il maree buono come la misericordia diDio.

Una seradopo che tornarono le barche dal marepadron'Ntoni arrivò in casa trafelatoe disse: - C'è qui lalettera; me l'ha data or ora compare Cirinomentre andavo a portarele nasse in casa dei Pappafave. - La Longa si fece bianca come unfazzolettodalla contentezzae corsero tutti in cucina a veder lalettera.

'Ntoni arrivò col berretto sull'orecchioe lacamicia colle stelleche la mamma non sapeva saziarsi ditoccarglielae gli andava dietro in mezzo a tutti i parenti e gliamicimentre tornavano dalla stazione; in un momento la casa e ilcortile si riempirono di gentecome quando era morto Bastianazzotempo addietroche nessuno ci pensava più. A certe cose cipensano sempre soltanto i vecchiquasi fosse stato ieri - tanto chela Locca era sempre lì davanti alla casa dei Malavogliaseduta contro il muroad aspettare Menicoe voltava il capo di quae di là per la straducciaad ogni passo che sentiva.



Cap. 6

'Ntoni era arrivato in giorno di festae andava diporta in porta a salutare i vicini e i conoscentisicchétutti stavano a guardarlo dove passava; gli amici gli facevanocodazzoe le ragazze si affacciavano dalle finestre; ma la sola chenon si vedesse era Sara di comare Tudda.

- Se n'è andata ad Ognina con suo maritoglidisse la Santuzza. Ha sposato Menico Trincail quale era vedovo consei figliuolima è ricco come un maiale. Si è maritatache non era compiuto il mese dacché a Menico Trinca gli eramorta la prima mogliee il letto era ancora caldoDio liberi!

- Uno che è vedovo è come uno che vadasoldatoaggiunse la Zuppidda. "Amore di soldato poco duraatocco di tamburo addio signora". E pois'era persa laProvvidenza.

Comare Venerala quale era alla stazionequando erapartito 'Ntoni di padron 'Ntoniper vedere se Sara di comare Tuddafosse andata a salutarloché li aveva visti parlare dal murodella vignavoleva godersi la faccia che avrebbe fatto 'Ntoni aquella notizia. Ma era passato del tempo anche per cotestoe si suoldire "lontan dagli occhilontan dal cuore". 'Ntoni oraportava il berretto sull'orecchio. - Compare Menico vuol morirebecco! disse egli per consolarsie questo le piacqueallaMangiacarrubbeche l'aveva chiamato "cetriolo" ed oravedeva che era un bel cetrioloe l'avrebbe barattato volentieri conquel disutilaccio di Rocco Spatuil quale non valeva nienteel'aveva preso perché non c'era altri.

- A me non mi piacciono quelle fraschette che fannoall'amore con due o tre per voltadisse la Mangiacarrubbetirandosisul mento le cocche del fazzoletto da testae facendo la madonnina.Se volessi bene ad unonon vorrei cambiarlo nemmeno per VittorioEmanueleo Garibaldivedete!

- Lo so a chi volete bene! disse 'Ntoni col pugno sulfianco.

- No che non lo sapetecompare 'Ntonie vi hannodetto delle chiacchiere. Se qualche volta poi passate dalla miaportavi racconterò ogni cosa.

- Ora che la Mangiacarrubbe ha messo gli occhi addossoa 'Ntoni di padron 'Ntonila sarà una provvidenza per lacugina Annadiceva comare Venera.

'Ntoni se ne andò tutto boriosodondolandosisui fianchicon un codazzo di amicie avrebbe voluto che tutti igiorni fosse domenicaper menare a spasso la sua camicia collestelle; quel dopopranzo si divertirono a prendersi a pugni concompare Pizzutoil quale non aveva paura nemmeno di Diosebbene nonavesse fatto il soldatoe andò a rotolare per terra davantiall'osteriacol naso in sangue; ma Rocco Spatu invece fu piùfortee si mise 'Ntoni sotto i piedi.

- Per la madonna! esclamarono quelli che stavano avedere. Quel Rocco è forte come mastro Turi Zuppiddu. Sevolesse lavorare se lo buscherebbe il pane!

- Io le mie devozioni so dirmele con questo qui! dicevaPizzuto mostrando il rasoioper non darsi vinto.

Insomma 'Ntoni si divertì tutta la giornata;però la seramentre stavano attorno al desco a chiacchieraree la mamma gli domandava di questo e di quelloe i ragazzimezzoaddormentatilo stavano a guardare con tanto d'occhie Mena glitoccava il berretto e la camicia colle stelleper vedere com'eranfattiil nonno gli disse che gli aveva trovato d'andare a giornatanella paranza di compar Cipollacon una bella paga.

- Li ho presi per caritàdiceva padronFortunato a chi voleva sentirloseduto davanti alla bottega delbarbiere. Li ho presi per non dir di noquando padron 'Ntoni èvenuto a dirmisotto l'olmose ci avessi bisogno di uomini per laparanza. Di uomini io non ne ho mai bisogno; ma "carceremalattiee necessitàsi conosce l'amistà"; conpadron 'Ntoni poiche è tanto vecchioci si perde quel chegli si dà!…

- È vecchio ma sa il mestiererisposePiedipapera; non ce li perdete i danari; e suo nipote poi è unragazzo che tutti ve lo ruberebbero.

- Quando mastro Turi avrà messo in ordine laProvvidenzaarmeremo la nostra barcae non avremo piùbisogno d'andare a giornata; diceva padron 'Ntoni.

La mattinaquando egli andò a svegliare ilnipoteci volevano due ore per l'albae 'Ntoni avrebbe preferitostarsene ancora un po' sotto le coperte; allorché uscìfuori nel cortile sbadigliandoil Tre bastoni era ancora altoverso l'Ogninacolle gambe in ariala Puddara luccicavadall'altra partee il cielo formicolava di stelleche parevano lemonachine quando corrono sul fondo nero della padella. - È lastessa cosa come quand'ero soldatoche suonava la diana neitrapontiborbottava 'Ntoni. Allora non valeva la pena di tornare acasa!

- Sta zittoché il nonno è lì amettere in ordine gli attrezzie si è alzato un'ora prima dinoigli rispose Alessi. Ma Alessi era un ragazzo che somigliavatutto a suo padre Bastianazzobuon'anima. Il nonno colla lanternaandava e veniva pel cortile; fuori si udiva passare la gente cheandava al maree passava a picchiare di porta in portaper chiamarei compagni. Peròcome giunsero sul lidodavanti al marenerodove si specchiavano le stellee che russava lento sul gretoe si vedevano qua e là le lanterne delle altre barcheanche'Ntoni si sentì allargare il cuore.

- Ah! esclamò stirandosi le braccia. Èuna bella cosa tornare a casa sua. Questa marina qui mi conosce. -Già padron 'Ntoni diceva sempre che un pesce fuori dell'acquanon sa starcie chi è nato pesce il mare l'aspetta.

Nella paranza lo canzonavano perché la Saral'aveva piantatomentre serravano le velee la Carmelavogava in tondo lenta lentalasciandosi dietro le reti come la codadi un serpente. - "Carne di porco ed uomini di guerra duranopoco"dice il proverbioper questo Sara ti ha piantato.

- "Allora la donna è fedele ad unoquandoil turco si fa cristiano"; aggiunse lo zio Cola.

- Delle innamorate ne ho quante ne vogliorispose'Ntoni; a Napoli mi correvano dietro come i cagnolini.

- A Napoli ci avevi il vestito di pannoe il berrettocollo scrittoe le scarpe ai piedidisse Barabba.

- Che vi son delle belle ragazze come quia Napoli?

- Le belle ragazze di qui non sono degne di portarglile scarpea quelle di Napoli. Io ne avevo una colla veste di setaenastri rossi nei capelliil corsetto ricamatoe le spalline d'orocome quelle del comandante. Un bel pezzo di ragazza cosìcheportava a spasso i bambini dei padronie non faceva altro.

- Bello stare deve essere da quelle parti! osservòBarabba.

- A voi di sinistra! fermi i remi! gridò padron'Ntoni.

- Sangue di Giuda! che mi fate andare la paranza sullereti! cominciò a strillare lo zio Cola al timone. La voletefinire colle chiacchiere; stiamo qui a grattarci la panciao a fareil mestiere?

- È la maretta che ci accula; disse 'Ntoni.

- Staglia da quella partefiglio di porcogli gridòBarabba; colle regine che ci hai in testa ci fai perdere la giornata!

- Sacramento! rispose allora 'Ntoni col remo in ariase lo dici un'altra voltate lo do sulla testa.

- Che novità è questa? saltò su lozio Cola dal timonel'hai imparato da soldatoche non si puòdire più una parola?

- Allora me ne vado; rispose 'Ntoni.

- E tu vatteneche coi suoi denari padron Fortunato netroverà un altro.

- "Al servo pazienzaal padrone prudenza"disse padron 'Ntoni.

'Ntoni continuò a remare brontolandoperchénon poteva andarsene a piedie compare Mangiacarrubbeper metter lapacedisse che era ora di far colazione.

In quel momento spuntava il solee un sorso di vino sibeveva volentieripel fresco che s'era messo. Allora quei ragazzi simisero a lavorare di mascellecol fiasco fra le gambementre laparanza mareggiava adagio adagio fra il largo cerchio dei sugheri.

- Una pedata per di dietro a chi parla per il primo!disse lo zio Cola.

Per non buscarsi la pedata tutti si misero a masticarecome buoiguardando le onde che venivano dal largoe si rotolavanosenza spumaquelle otri verdi che in un giorno di sole fanno pensareal cielo nero e al mare color di lavagna.

- Padron Cipolla le lascerà correre quattrobestemmie stasera; saltò su lo zio Cola; ma non ci abbiamo chefare. Col mare fresco non se ne piglia pesci.

Prima compare Mangiacarrubbe gli sferrò unapedataperché lo zio Cola che aveva fatta la legge avevaparlato pel primo; e poi rispose: - Intanto ora che siamo quiaspettiamo a tirare le reti.

- La maretta viene dal largoe a noi ci giova;aggiunse padron 'Ntoni.

- Ahi! borbottava intanto lo zio Cola.

Ora che il silenzio era rottoBarabba chiese a 'NtoniMalavoglia: - Me lo dai un mozzicone di sigaro?

- Non ne horispose 'Ntonisenza pensare piùalla quistione di poco primama te ne darò mezzo del mio.

Gli uomini della paranzaseduti sul fondocollaschiena contro il banco e le mani dietro il capocantavano dellecanzonetteognuno per suo contoadagio adagioper nonaddormentarsiche infatti socchiudevano gli occhi sotto il solelucente; e Barabba faceva scoppiettare le ditacome i cefalisguizzavano fuori dell'acqua.

- Essi non hanno nulla da farediceva 'Ntonie sidivertono a saltare.

- Buono questo sigaro! rispose Barabbane fumavi aNapolidi questi?

- Sìne fumavo tanti.

- Però i sugheri cominciano ad affondareosservò compare Mangiacarrubbe.

- Lo vedi dove si è persa la Provvidenzacon tuo padre? disse Barabba; laggiù al Capodove c'èl'occhio del sole su quelle case bianchee il mare sembra tuttod'oro.

- Il mare è amaro e il marinaro muore in mare;rispose 'Ntoni.

Barabba gli passò il suo fiascoe dopo simisero a brontolare sottovoce dello zio Colail quale era un caneper gli uomini della paranzaquasi padron Cipolla fosse làpresentea vedere quel che facevano e quel che non facevano.

- Tutto per fargli credere che senza di lui la paranzanon andrebbeaggiunse Barabba. Sbirro!

- Ora gli dirà che il pesce l'ha preso luiperl'abilità suacon tutto il mare fresco. Guarda come affondanole retii sugheri non si vedono più.

- O ragazzi! gridò lo zio Colavogliamo tirarele reti? perché se ci arriva la maretta ce le strappa di mano.

- Ohi! oohi! cominciarono a vociare gli uomini dellaciurma passandosi la fune.

- San Francesco! esclamava lo zio Colaei non par veroche abbiamo preso tutta questa grazia di Diocolla maretta.

Le reti formicolavano e scintillavano al sole a misurache s'affacciavano dall'acquae tutto il fondo della paranzasembrava pieno d'argento vivo. - Padron Fortunato ora saràcontentomormorò Barabbatutto rosso e sudatoe non cirinfaccerà quei tre carlini che ci dà per la giornata.

- Questo ci tocca a noi! aggiunse 'Ntonia romperci laschiena per gli altri; e poi quando abbiamo messo assieme un po' disoldiviene il diavolo e se li mangia.

- Di che ti lagni? gli disse il nonnonon te la dàla tua giornata compare Fortunato?

I Malavoglia si arrabattavano in tutti i modi per farquattrini. La Longa prendeva qualche rotolo di tela da tessereeandava anche al lavatoio per conto degli altri; padron 'Ntoni coinipoti s'erano messi a giornatas'aiutavano come potevanoe se lasciatica piegava il vecchio come un uncinorimaneva nel cortile arifar le maglie alle retia raccomodar nassee mettere in ordinedegli attrezziché era pratico di ogni cosa del mestiere.Luca andava a lavorare nel ponte della ferroviaper cinquantacentesimi al giornosebbene suo fratello 'Ntoni dicesse che nonbastavano per le camicie che sciupava a trasportar sassi nelcorbello; ma Luca non badava che si sciupava anche le spalleeAlessi andava a raccattar dei gamberi lungo gli scoglio deivermiciattoli per l'escache si vendevano a dieci soldi il rotoloealle volte arrivava sino all'Ognina e al Capo dei Mulinie tornavacoi piedi in sangue. Ma compare Zuppiddu si prendeva dei bei soldiogni sabatoper rabberciare la Provvidenzae ce ne volevanodelle nasse da acconciaredei sassi della ferroviadell'esca adieci soldie della tela da imbiancarecoll'acqua sino ai ginocchie il sole sulla testaper fare quarant'onze! I Morti erano venutielo zio Crocifisso non faceva altro che passeggiare per la straducciacolle mani dietro la schienache pareva il basilisco.

- Questa è storia che va a finire coll'usciere!andava dicendo lo zio Crocifisso con don Silvestro e con donGiammaria il vicario.

- D'usciere non ci sarà bisognozio Crocifissogli rispose padron 'Ntoni quando venne a sapere quello che andavadicendo Campana di legno. I Malavoglia sono stati sempregalantuominie non hanno avuto bisogno d'usciere.

- A me non me ne importa; rispose lo zio Crocifissocolle spalle al murosotto la tettoia del cortilementre stavanoaccatastando i suoi sarmenti: Io non so altro che devo esser pagato.

Finalmenteper intromissione del vicarioCampana dilegno si contentò di aspettare a Natale ad esser pagatoprendendosi per frutti quelle settantacinque lire che Maruzza avevaraccolto soldo a soldo in fondo alla calza nascosta sotto ilmaterasso.

- Ecco com'è la cosa! borbottava 'Ntoni dipadron 'Ntoni; lavoriamo notte e giorno per lo zio Crocifisso. Quandoabbiamo messo insieme una lirase la prende Campana di legno.

Il nonnocolla Maruzzasi consolavano a far castelliin aria per l'estatequando ci sarebbero state le acciughe dasalaree i fichidindia a dieci un granoe facevano dei grandiprogetti d'andare alla tonnarae per la pesca del pesce spadadovesi buscava una buona giornatae intanto mastro Turi avrebbe messo inordine la Provvidenza. I ragazzi stavano attenticol mento inmanoa quei discorsi che si facevano sul ballatoioo dopo cena; ma'Ntoni che veniva da lontanoe il mondo lo conosceva meglio deglialtrisi annoiava a sentir quelle chiacchieree preferiva andarsenea girandolare attorno all'osteriadove c'era tanta gente che nonfaceva nullae anche lo zio Santoroil quale era il peggio che cipotesse esserefaceva quel mestiere leggiero di stendere la mano achi passavae biascicare avemarie; o se ne andava da compareZuppidducol pretesto di vedere a che stato fosse la Provvidenzaper far quattro chiacchiere con Barbarala quale veniva a metterfrasche sotto il calderotto della pecequando c'era compare 'Ntoni.

- Voi siete sempre in faccendecomare Barbaralediceva 'Ntonie siete il braccio destro della casa; per questovostro padre non vi vuol maritare.

- Non mi vuol maritare con quelli che non fanno per me- rispondeva Barbara"pari con pari e statti coi tuoi".

- Io ci starei anch'io coi vostriper la madonna! sevoleste voicomare Barbara…

- Che discorsi mi fatecompare 'Ntoni. La mamma èa filare nel cortilee sta a sentirci.

- Dicevo per quelle frasche che son verdie nonvogliono accendere. Lasciate fare a me.

- Che è vero che venite qui per vedere laMangiacarrubbequando si affaccia alla finestra?

- Io ci vengo qui per tutt'altrocomare Barbara. Civengo per vedere a che stato è la Provvidenza.

- È a buon statoe il babbo ha detto che per lavigilia di Natale la metterete in mare.

Come s'avvicinava la novena di Natale i Malavoglia nonfacevano altro che andare e venire dal cortile di mastro TuriZuppiddu. Intanto il paese intero si metteva in festa; in ogni casasi ornavano di frasche e d'arance le immagini dei santie ifanciulli si affollavano dietro la cornamusa che andava a suonaredavanti alle cappellette colla luminariaaccanto agli usci. Solo incasa dei Malavoglia la statua del Buon Pastore rimaneva all'oscuromentre 'Ntoni di padron 'Ntoni correva a fare il gallo di qua e dilàe Barbara Zuppidda gli diceva:

- Almeno ci penserete che ho squagliata la pece per laProvvidenzaquando sarete in mare?

Piedipapera predicava che tutte le ragazze se lorubavano.

- Chi è rubato son io! piagnucolava lo zioCrocifisso. Voglio un po' vedere d'onde prenderanno i denari deilupinise 'Ntoni si maritae se devono anche dare la dote allaMenacol censo che hanno sulla casae tutti quegli imbroglidell'ipoteca che son saltati fuori all'ultimo. Il Natale eccolo quama i Malavoglia ancora non li ho visti.

Padron 'Ntoni tornava a cercarlo in piazzao sotto latettoiae gli diceva: - Cosa volete che si faccia se non ho denari?Spremete il sasso per cavarne sangue! Aspettatemi sino a giugnosevolete farmi questo favoreo prendetevi la Provvidenza e lacasa del nespolo. Io non ci ho altro.

- Io voglio i miei danariripicchiava Campana di legnocolle spalle al muro. Avete detto che siete galantuominie che nonpagate colle chiacchiere della Provvidenza e della casa delnespolo.

Egli ci perdeva l'anima ed il corpoci aveva rimessoil sonno e l'appetitoe non poteva nemmeno sfogarsi col dire chequella storia andava a finire coll'usciereperché subitopadron 'Ntoni mandava don Giammaria o il segretarioa domandarpietàe non lo lasciavano più venire in piazzapergli affari suoisenza metterglisi alle calcagnasicché tuttinel paese dicevano che quelli erano danari del diavolo. ConPiedipapera non poteva sfogarsi perché gli rimbeccava subitoche i lupini erano fradicie che egli faceva il sensale. - Ma quelservizio lì potrebbe farmelo! disse a un tratto fra di sé- e non dormì più quella nottetanto gli piacque latrovata - e andò a trovare Piedipapera appena fatto giornoche ancora si stirava le braccia e sbadigliava sull'uscio. - Voidovreste fingere che mi comprate il mio creditogli dissecosìpotremo mandare l'usciere dai Malavogliae non vi diranno che fatel'usuraiose volete riavere il vostro denaroné che èdanaro del diavolo. - Vi è venuta stanotte la bella idea?sghignazzò Piedipaperache mi avete svegliato all'alba perdirmela? - Son venuto a dirvi pure per quei sarmenti; se li voletepotete venire a pigliarveli. - Allora potete mandare per l'usciererispose Piedipapera; ma le spese le fate voi. Quella buona donna dicomare Grazia s'era affacciata apposta in camicia per dire a suomarito: - Cosa è venuto a confabulare con voi lo zioCrocifisso? Lasciateli stare quei poveri Malavogliache ne hannotanti di guai! - Tu va a filare! rispondeva compare Tino. Le donnehanno i capelli lunghi ed il giudizio corto. - E se ne andòzoppicando a bere l'erbabianca da compare Pizzuto.

- Vogliono dargli il cattivo Natale a quei poverettimormorava comare Grazia colle mani sulla pancia.

Davanti a ogni casa c'era la cappelletta adornata difrasche e d'arancee la sera vi accendevano le candelequandoveniva a suonare la cornamusae cantavano la litania che era unafesta per ogni dove. I bambini giocavano ai nocciuolinella stradae se Alessi si fermava a guardare colle gambe apertegli dicevano:

- Tu vattenese non hai nocciuoli per giocare. - Oravi pigliano la casa.

Infatti la vigilia di Natale venne apposta l'usciere incarrozza pei Malavogliatalché tutto il paese si mise insubbuglio; e andò a lasciare un foglio di carta bollata sulcanteranoaccanto alla statua del Buon Pastore.

- L'avete visto l'usciere che è venuto peiMalavoglia? andava dicendo comare Venera. - Ora stanno freschi!

Suo maritoche non gli pareva vero di aver ragioneallora cominciò a gridare e a strepitare.

- Io l'avevo dettosanti del Paradiso! che quel 'Ntonia bazzicare per la casa non mi piaceva!

- Voi state zitto che non sapete nulla! gli rimbeccavala Zuppidda. Questi sono affari nostri. Le ragazze si maritano cosìse no vi restano sulla panciacome le casseruole vecchie.

- Che maritare! ora che è venuto l'usciere!

Allora la Zuppidda gli piantava le mani sulla faccia.

- Che lo sapevate che doveva venire l'usciere? Voiabbaiate sempre a cose fattema un ditoche è un ditononlo sapete muovere. Infine l'usciere non se la mangiala gente.

L'usciere è vero che non si mangia la gentemai Malavoglia erano rimasti come se li avesse presi un accidente tuttiin una voltae stavano nel cortileseduti in cerchioa guardarsiin visoe quel giorno dell'usciere non si misero a tavola in casadei Malavoglia.

- Sacramento! esclamava 'Ntoni. Siamo sempre come ipulcini nella stoppaed ora mandano l'usciere per tirarci il collo.

- Cosa faremo? diceva la Longa.

Padron 'Ntoni non lo sapevama infine si prese in manola carta bollata e andò a trovare lo zio Crocifisso coi duenipoti più grandicelliper dirgli di prendersi laProvvidenzache mastro Turi l'aveva rattoppata allora allorae al poveraccio gli tremava la voce come quando gli era morto ilfiglio Bastianazzo. - Io non so nientegli rispose Campana di legno.Io non c'entro più. Ho venduto il mio credito a Piedipapera edovete sbrigarvela con lui.

Piedipapera appena li vide venire in processionecominciò a grattarsi il capo. - Cosa volete che ci faccia?rispose lui; io sono un povero diavolo e ho bisogno di quei denariedella Provvidenza non so che farneperché non èil mio mestiere; ma se la vuole lo zio Crocifisso vi aiuterò avenderla. Or ora torno.

Quei poveracci rimasero ad aspettare seduti sulmuriccioloe senza aver coraggio di guardarsi in faccia; magettavano occhiate lunghe sulla strada donde s'aspettava Piedipaperail quale comparve finalmente adagio adagio - ma quando voleva sapevaarrancare speditamente colla sua gamba storpia. - Dice che ètutta rotta come una scarpa vecchiae non sa che farsene; gridòda lontano; - mi dispiacema non ho potuto far nulla. Così iMalavoglia se ne tornarono a casa colla carta bollata in mano.

Pure qualche cosa bisognava fareperché quellacarta bollata lìposata sul canteranoavevano inteso diresi sarebbe mangiato il canteranola casa e tutti loro.

- Qui ci vuole un consiglio di don Silvestro ilsegretariosuggerì Maruzza. Portategli quelle due galline làe qualche cosa vi saprà dire.

Don Silvestro disse che non c'era tempo da perdereeli mandò da un bravo avvocatoil dottor Scipioniil qualestava di casa in via degli Ammalatidi faccia allo stallatico dellozio Crispinoed era giovanema quanto a chiacchiere ne possedeva damettersi in tasca tutti gli avvocati vecchi che pretendevano cinqueonze per aprir la boccamentre lui si contentava di venticinquelire.

L'avvocato Scipioni stava facendo delle spagnoletteeli fece andare e venire due o tre volte prima di dar loro pratica; ilbello poi era che andavano tutti in processionel'un dietro l'altroe da principio ci si accompagnava anche la Longa colla bimba incolloper aiutare a dire le proprie ragionie così perdevanotutti la giornata. Quando poi l'avvocato ebbe letto le cartee potécapire qualche cosa dalle risposte ingarbugliate che doveva strapparecon le tenaglie a padron 'Ntonimentre gli altri se ne stavanoappollaiati sulle loro scranne senza osare di fiataresi mise aridere di tutto cuoree gli altri ridevano con luisenza sapereperchéper ripigliar fiato. - Nienterispose l'avvocato; nonc'è da far niente; - e siccome padron 'Ntoni tornava a direche era venuto l'usciere- L'usciere lasciatelo venire anche unavolta al giornocosì il creditore si stancherà piùpresto di rimetterci le spese. Non potranno prendervi nullaperchéla casa è dotalee per la barca faremo il reclamo in nome dimastro Turi Zuppiddu. Vostra nuora non c'entra nella compera deilupini.

L'avvocato seguitò a parlare senza sputaresenza grattarsi il capoper più di venticinque liretalmenteche padron 'Ntoni e i suoi nipoti si sentivano venire l'acquolina inbocca di parlare anche lorodi spifferare la loro brava difesa chesi sentivano gonfiare in testa; e se ne andarono intontitisopraffatti da tutte quelle ragioni che avevanoruminando egesticolando le chiacchiere dell'avvocato per tutta la strada.Maruzza che stavolta non era andatacome li vide arrivare collafaccia rossa e gli occhi lucentisi sentì sgravare di un granpeso anche leie si rasserenò in viso aspettando chedicessero quel che aveva detto l'avvocato. Ma nessuno apriva bocca estavano a guardarsi l'un l'altro.

- Ebbenedomandò infine Maruzza la quale morivad'impazienza.

- Niente! non c'è paura di niente! risposetranquillamente padron 'Ntoni.

- E l'avvocato? - Sìl'avvocato l'ha detto luiche non ci è paura di niente.

- Ma cosa ha detto? insisté Maruzza.

- Ehlui sa dirle le cose; un uomo coi baffi!Benedette quelle venticinque lire!

- Ma infine cos'ha detto di fare?

Il nonno guardò il nipotee 'Ntoni guardòil nonno. - Nullarispose alfine padron 'Ntoni. Ha detto di non farnulla.

- Non gli pagheremo nienteaggiunse 'Ntoni piùarditoperché non può prenderci né la casa néla Provvidenza… Non gli dobbiamo nulla.

- E i lupini?

- È vero! e i lupini? ripeté padron'Ntoni.

- I lupini?… Non ce li abbiamo mangiatii suoilupini; non li abbiamo in tasca; e non può prenderci nulla lozio Crocifisso; l'ha detto l'avvocatoche ci rimetterà lespese.

Allora successe un momento di silenzio; intanto Maruzzanon sembrava persuasa.

- Dunque ha detto di non pagare?

'Ntoni si grattò il capoe il nonno soggiunse:- È veroi lupini ce li ha datie bisogna pagarli.

Non c'era che dire. Adesso che l'avvocato non era piùlàbisognava pagarli. Padron 'Ntoni scrollando il capoborbottava:

- Questo poi no! questo non l'hanno mai fatto iMalavoglia. Lo zio Crocifisso si piglierà la casae la barcae tuttoma questo poi no!

Il povero vecchio era confuso; ma la nuora piangeva insilenzio nel grembiule.

- Allora bisogna andare da don Silvestro; conchiusepadron 'Ntoni.

E di comune accordononnonipoti e nuorapersino labimbaandarono di nuovo in processione dal segretario comunaleperchiedergli come dovevano fare per pagare il debitosenza che lo zioCrocifisso mandasse dell'altre carte bollateche si mangiavano lacasala barca e tutti loro. Don Silvestroil quale sapeva di leggestava passando il tempo costruendo una gabbia a trappola che volevaregalare ai bambini della Signora. Ei non faceva come l'avvocatoeli lasciò chiacchierare e chiacchierareseguitando ad infilargretole nelle cannucce. Infine disse quel che ci voleva: - Orbèse la gnà Maruzza ci mette la manoogni cosa si sarebbeaggiustata. La povera donna non sapeva indovinare dove dovessemettere la sua mano. - Dovete metterla nella venditale disse donSilvestroe rinunziare all'ipoteca della dotequantunque i lupininon li abbiate presi voi. - I lupini li abbiamo presi tutti!mormorava la Longae il Signore ci ha castigati tutti insieme colprendersi mio marito.

Quei poveri ignorantiimmobili sulle loro scrannesiguardavano fra di loroe don Silvestro intanto rideva sotto il naso.Poi mandò a chiamare lo zio Crocifissoil quale venneruminando una castagna seccagiacché aveva finito allora didesinaree aveva gli occhietti più lustri del solito.Dapprincipio non voleva sentirne nullae diceva che lui non cientrava piùe non era affar suo. - Io sono come il murobassoche ognuno ci si appoggia e fa il comodo suoperchénon so parlare come un avvocatoe non so dire le mie ragioni; la miaroba par roba rubatama quel che fanno a me lo fanno a GesùCrocifisso che sta in croce; e seguitava a borbottare e brontolarecolle spalle al muroe le mani ficcate nelle tasche; né sicapiva nemmeno quel che dicesse per quella castagna che ci aveva inbocca. Don Silvestro sudò una camicia per fargli entrare intesta che infine i Malavoglia non potevano dirsi truffatorisevolevano pagare il debitoe la vedova rinunziava all'ipoteca. - IMalavoglia si contentano di restare in camicia per non litigare; mase li mettete colle spalle al murocominciano a mandar carta bollataanche loroe chi s'è visto s'è visto. Infine un po' dicarità bisogna averlasanto diavolone! Volete scommettere chese continuate a piantare i piedi in terra come un mulonon avreteniente?

E lo zio Crocifisso allora rispondeva: - Quando miprendono da questo lato non so più che dire; e promise diparlarne a Piedipapera. - Per riguardo all'amicizia io fareiqualunque sacrificio. - Padron 'Ntoni poteva dirlose per un amicoavrebbe fatto questo ed altro; e gli offrì la tabacchieraapertafece una carezza alla bimbae le regalò una castagna.- Don Silvestro conosce il mio debole; io non so dir di no. Staseraparlerò con Piedipaperae gli dirò di aspettare sino aPasqua; purché comare Maruzza ci metta la mano. - ComareMaruzza non sapeva dove bisognava metterlala manoe rispose che cel'avrebbe messa anche subito. - Allora potete mandare a prenderviquelle fave che mi avete chiesto per seminarle; - disse poi lo zioCrocifisso a don Silvestroprima di andarsene.

- Va beneva benerispose don Silvestro; lo so cheper gli amici avete il cuore grande quanto il mare.

Piedipapera davanti alla gente non voleva sentirparlare di dilazione; e strillava e si strappava i capelliche lovolevano ridurre in camiciae volevano lasciarlo senza pane pertutto l'invernolui e sua moglie Graziadopo che l'avevano persuasoa comprare il debito dei Malavogliae quelle erano cinquecento lirel'una meglio dell'altrache s'era levate di bocca per darle allo zioCrocifisso. Sua moglie Graziapoverettaspalancava gli occhiperché non sapeva di dove li avesse presi quei denariemetteva buone parole pei Malavogliai quali erano brava genteetutti li avevano sempre conosciuti per galantuomini nel vicinato. Lozio Crocifisso adesso prendeva anche lui la parte dei Malavoglia. -Han detto che pagherannoe se non potranno pagare vi lasceranno lacasa. La gnà Maruzza ci metterà la mano anche lei. Nonlo sapete che al giorno d'oggi per avere il fatto suo bisogna farecome si può? - Allora Piedipapera s'infilò il giubbonedi furiae se ne andò via bestemmiandoche facessero purecome volevanolo zio Crocifisso e sua mogliegiacché lui noncontava per nulla in casa.



Cap. 7

Quello fu un brutto Natale pei Malavoglia; giusto inquel tempo anche Luca prese il suo numero alla levaun numero bassoda povero diavoloe se ne andò a fare il soldato senza tantipiagnisteiche oramai ci avevano fatto il callo. Stavolta 'Ntoniaccompagnando il fratello col berretto sull'orecchiotalchépareva fosse lui che partissegli diceva che non era nullae anchelui aveva fatto il soldato. Quel giorno piovevae la strada eratutta una pozzanghera.

- Non voglio che mi accompagniate - ripeteva Luca allamamma; - già la stazione è lontana. - E stavasull'uscio a veder piovere sul nespolocol suo fardelletto sotto ilbraccio. Poi baciò la mano al nonno e alla mammae abbracciòMena e i fratelli.

Così la Longa se lo vide partire sottol'ombrelloaccompagnato da tutto il parentadosaltando sui ciottolidella stradicciuola ch'era tutta una pozzangherae il ragazzosiccome era giudizioso quanto il nonnosi rimboccò i calzonisul ballatoiosebbene non li avrebbe messi piùora che lovestivano da soldato.

- Questo qui non scriverà per danariquandosarà laggiùpensava il vecchio; e se Dio gli dàgiorni lunghila tira su un'altra volta la casa del nespolo. Ma Dionon gliene diede giorni lunghiappunto perché era fatto diquella pasta; - e quando giunse più tardi la notizia che eramortoalla Longa le rimase quella spina che l'aveva lasciato partirecolla pioggiae non l'aveva accompagnato alla stazione.

- Mamma! disse Luca tornando indietroperchégli piangeva il cuore di lasciarla così zitta zitta sulballatoiocome la Madonna addolorata; quando tornerò viavviserò primae così verrete ad incontrarmi tuttialla stazione. - E quelle parole Maruzza non le dimenticòfinché le chiusero gli occhi; e sino a quel giorno si portòfitta nel cuore quell'altra spina che il suo ragazzo non assistevaalla festa che si fece quando misero di nuovo in mare la Provvidenzamentre c'era tutto il Paesee Barbara Zuppidda s'era affacciatacolla scopa per spazzar via i trucioli. - Lo faccio per amor vostro;aveva detto a 'Ntoni di padron 'Ntoni; perché è lavostra Provvidenza.

- Voi colla scopa in mano sembrate una regina: rispose'Ntoni. - In tutta Trezza non c'è una brava massaia come voi!

- Ora che vi portate via la Provvidenza non civerrete più da queste particompare 'Ntoni.

- Sì che ci verrò. E poi per andare allasciara questa è la strada più corta.

- Ci verrete per vedere la Mangiacarrubbeche si mettealla finestra quando passate.

- La Mangiacarrubbe gliela lascio a Rocco Spatuchéci ho altro pel capo.

- Chissà quante ce ne avete in testadellebelle ragazze di fuori regnonon è vero?

- Qui ce n'è pure delle belle ragazzecomareBarbarae lo so io.

- Davvero?

- Per l'anima mia!

- O a voi che ve ne importa?

- Me ne importasì! ma ad esse non glieneimporta di meperché ci hanno i zerbinotti che passeggianosotto le finestrecolle scarpe inverniciate.

- Io non le guardo nemmenole scarpe inverniciateperla Madonna dell'Ognina! La mamma dice che le scarpe inverniciate sonfatte per mangiarci la dote e ogni cosa; e qualche bel giorno vuoleuscire fuori sulla stradacolla rocca in manoa fare una commediacon quel don Silvestrose non mi lascia in pace.

- Che lo dite sul seriocomare Barbara?

- Sìdavvero!

- Questa cosa mi piace! disse 'Ntoni.

- Sentiteandateci il lunedì alla sciaraquando mia madre va alla fiera.

- Al lunedì il nonno non mi lasceràpigliar fiatoora che mettiamo in mare la Provvidenza.

Appena mastro Turi disse che la barca era in ordinepadron 'Ntoni venne a pigliarsela coi suoi ragazzie tutti gliamicie la Provvidenzamentre camminava verso la marinabarcollava sui sassi come avesse il mal di marein mezzo alla folla.

- Date qua! gridava più forte di tutti compareZuppiddu; ma gli altri sudavano e gridavano per spingerla sui regoliquando la barca inciampava nei sassi. - Lasciate fare a me; se no mela piglio in braccio come una bambinae ve la metto nell'acqua tuttain una volta.

- Compare Turi è capace di farlocon quellebraccia! dicevano alcuni. Oppure: - Adesso i Malavoglia si mettono dinuovo a cavallo.

- Quel diavolo di compare Zuppiddu ci ha le fate nellemani! esclamavano. Guardate come l'ha ridottache prima sembrava unascarpaccia vecchia addirittura!

E davvero adesso la Provvidenza sembravatutt'altra cosalucente della pece nuovae con quella bella fasciarossa lungo il bordoe sulla poppa il san Francesco colla barba chesembrava di bambagiatalché persino la Longa si erariconciliata colla Provvidenzada quando era tornata senzasuo maritoe aveva fatto la pace per la pauraora che era venutol'usciere.

- Viva san Francesco! gridava ognuno come vedevapassare la Provvidenza e il figlio della Locca gridava piùforte degli altriper la speranza che adesso padron 'Ntoni prendessea giornata anche lui. Mena si era affacciata sul ballatoioepiangeva un'altra volta dalla contentezzae fin la Locca si alzòe andò colla folla anche lei dietro i Malavoglia.

- O comare Menaquesta deve essere una bella giornataper voi altri; le diceva Alfio Mosca dalla sua finestra dirimpetto;dev'essere come quando potrò comprare il mio mulo.

- E l'asino lo venderete?

- Come volete che faccia? Io non sono ricco come VanniPizzuto; se noin coscienzanon lo venderei.

- Povera bestia!

- Se avessi a dar da mangiare a un'altra boccaprenderei mogliee non starei solo come un cane! disse Alfioridendo.

Mena non sapeva che direed Alfio aggiunse poi:

- Ora che ci avete in mare la Provvidenza vimariteranno con Brasi Cipolla.

- Il nonno non mi ha detto nulla.

- Ve lo dirà dopo. Ancora c'è tempo. Daora a quando vi mariterete chissà quante cose succederannoeper quali strade andrò col mio carro? Mi hanno detto che allaPianaal di là della cittàc'è da lavorare pertutti alla ferrovia. Ora la Santuzza s'è intesa con massaroFilippopel mosto nuovoe non avrò più nulla da farqui.

Padron Cipolla invecemalgrado che i Malavoglia sifossero messi di nuovo a cavallocontinuava a scrollare il capoeandava sentenziando che era un cavallo senza gambe; lui lo sapevadove erano le magagnenascoste sotto la pece nuova.

- Una Provvidenza rattoppata! - sogghignava lo speziale- sciroppo d'alteae mucillaggine di gomma arabicacome lamonarchia costituzionale. Vedrete che gli faranno pagare anche laricchezza mobilea padron 'Ntoni.

- Fin l'acqua che si beve ci faranno pagare. Ora diceche metteranno il dazio sulla pece. Per questo padron 'Ntoni si èaffrettato a far allestire la sua barca; contuttoché mastroTuri Zuppiddu avanza ancora cinquanta lire da lui.

- Chi ha avuto giudizio è stato lo zioCrocifissoche ha venduto a Piedipapera il credito dei lupini.

- Orase la ruota non gira pei Malavogliala casa delnespolo se la piglia Piedipapera; e la Provvidenza torna dacompare Zuppiddu.

Intanto la Provvidenza era scivolata in marecome un'anitracol becco in ariae ci sguazzava dentrosi godevail frescodondolandosi mollementenell'acqua verdeche lecolpettava attorno ai fianchie il sole le ballava sulla vernice.Padron 'Ntonise la godeva anche luicolle mani dietro la schiena ele gambe aperteaggrottando un po' le cigliacome fanno i marinaiquando vogliono vederci bene anche al soleche era un bel soled'invernoe i campi erano verdiil mare lucentee il cieloturchino che non finiva mai. Così tornano il bel sole e ledolci mattine d'inverno anche per gli occhi che hanno piantoe lihanno visti del color della pecee ogni cosa si rinnova come laProvvidenzache era bastata un po' di pece e di coloreequattro pezzi di legnoper farla tornare nuova come primae chi nonvede più nulla sono gli occhi che non piangono piùesono chiusi dalla morte.

- Compare Bastianazzo non poté vederla questafesta! pensava fra di sé comare Maruzza andando innanzi eindietro davanti all'orditoioa disporre la tramache quei regoli equelle traverse glieli aveva fatti tutti suo marito colle sue manila domenica o quando piovevae li aveva piantati lui stesso nelmuro. Ogni cosa in quella casa parlava ancora di luie c'era il suoparacqua d'incerata in un cantuccio e le sue scarpe quasi nuove sottoil letto. Menamentre imbozzimava l'orditoaveva il cuore neroanch'essapensando a compare Alfioil quale se ne andava allaBicoccae avrebbe venduto il suo asinopovera bestia! ché igiovani hanno la memoria cortae hanno gli occhi per guardaresoltanto a levante; e a ponente non ci guardano altro che i vecchiquelli che hanno visto tramontare il sole tante volte.

- Ora che hanno rimesso in mare la Provvidenzadisse infine Maruzzavedendo la figliuola pensierosatuo nonno haripreso ad andare con padron Cipolla; li ho visti insieme anchestamattina dal ballatoiodavanti alla tettoia di Peppi Naso.

- Padron Fortunato è ricco e non ha nulla dafaree se ne sta in piazza tutto il giorno; rispose Mena.

- Sìe suo figlio Brasi ne ha della grazia diDio. Ora che abbiamo la nostra barcae i nostri uomini non dovrannoandare a giornataci trarremo fuori dalla stoppa anche noi; e se leanime del Purgatorio ci aiutano a levarci il debito dei lupinisipotrà cominciare a pensare alle altre cose. Tuo nonno non cidormesta tranquillae quanto a questo non ve lo faràsentire che avete perso il padreché è come un altropadrelui.

Poco dopo arrivò padron 'Ntoni carico di retiche pareva una montagnae non gli si vedeva la faccia. - Son venutoa riprenderle dalla paranzadissee bisogna rivedere le magliegiacché domani armeremo la Provvidenza.

- Perché non vi siete fatto aiutare da 'Ntoni?gli rispose Maruzza tirando per un capomentre il vecchio girava inmezzo al cortile come un arcolaioper dipanare le reti che nonfinivano piùe pareva un serpente colla coda. - L'ho lasciatodi là da mastro Pizzuto. Povero ragazzoha da lavorare tuttala settimana! E' fa caldo anche in gennaio con quel po' di roba sullespalle.

Alessi rideva del nonnovedendolo così rosso ecurvo come un amoe il nonno gli disse: - Guarda che qui fuori c'èquella povera Locca; suo figlio è in piazza senza far nullaenon hanno da mangiare. - Maruzza mandò Alessi dalla Loccaconquattro favee il vecchioasciugandosi il sudore colla manica dellacamiciasoggiunse: - Ora che ci abbiamo la nostra barcasearriviamo all'estatecoll'aiuto di Diolo pagheremo il debito. - Einon sapeva dir altroe guardava le sue retiseduto sotto ilnespolocome se le vedesse piene.

- Adesso bisogna far la provvista del saleprima checi mettano il daziose è vero - andava dicendo colle manisotto le ascelle. Compare Zuppiddu lo pagheremo coi primi denariedegli mi ha promesso che allora ci darà a credenza la provvistadei barilotti.

- Nel canterano ci sono cinque onze della tela di Mena;aggiunse Maruzza.

- Bravo! con lo zio Crocifisso non voglio farci piùdebitiperché non me lo dice il cuoredopo l'affare deilupini; ma trenta lire ce le darebbe per la prima volta che andiamoin mare con la Provvidenza.

- Lasciatelo stare! esclamò la Longai danaridello zio Crocifisso portano disgrazia! Anche stanotte ho sentitocantare la gallina nera!

- Poveretta! esclamò il vecchio sorridendo alvedere la gallina nera che passeggiava pel cortile colla coda in ariae la cresta sull'orecchiocome se non fosse fatto suo. Essa fa purel'uovo tutti i giorni.

Allora Mena prese la parola e si affacciòsull'uscio. - Ce n'è un paniere pieno di uovaaggiunseelunedìse compare Alfio va a Cataniapotete mandare avenderle al mercato.

- Sìanche queste aiutano a levare il debito!disse padron 'Ntoni; ma voi altri dovreste mangiarvelo qualche uovoquando avete voglia.

- Nonon ne abbiamo voglia- rispose Maruzzae Menasoggiunse: - Se le mangiamo noicompare Alfio non avrà piùda venderne al mercato; ora metteremo le uova di anitra sotto lachiocciae i pulcini si vendono otto soldi l'uno. Il nonno la guardòin faccia e le disse:

- Tu sei una vera Malavogliala mia ragazza!

Le galline starnazzavano nel terriccio del cortilealsolee la chiocciatutta ingrullitacolla sua penna nel nasoscuoteva il becco in un cantuccio; sotto le frasche verdi dell'ortolungo il muroc'era appeso su dei piuoli dell'altro ordito adimbiancarecoi sassi al piede. - Tutta questa roba fa danariripeteva padron 'Ntoni; e colla grazia di Dionon ci manderanno piùvia dalla nostra casa. "Casa miamadre mia".

- Ora i Malavoglia devono pregare Dio e san Francescoperché la pesca riesca abbondantediceva intanto Piedipapera.

- Sìcolle annate che corrono! esclamòpadron Cipollaché in mare ci devono aver buttato il colèraanche per i pesci!

Compare Mangiacarrubbe diceva di sì col capoelo zio Cola tornava a parlare del dazio del sale che volevanometteree allora le acciughe potevano starsene tranquillesenzaspaventarsi più dalle ruote dei vaporiché nessunosarebbe più andato a pescarle.

- E ne hanno inventata un'altra! aggiunse mastro Turiil calafatodi mettere anche il dazio sulla pece. Quelli a cui nongliene importava della pece non dissero nulla; ma lo Zuppiddu seguitòa strillare che egli avrebbe chiuso bottegae chi aveva bisogno dicalafatare la barca poteva metterci la camicia della moglie perstoppa. Allora si levarono le grida e le bestemmie. In questo momentosi udì il fischio della macchinae i carrozzoni dellaferrovia sbucarono tutt'a un tratto sul pendio del colledal bucoche ci avevano fattofumando e strepitando come avessero il diavoloin corpo. - Ecco qua! conchiuse padron Fortunato: - la ferrovia dauna parte e i vapori dall'altra. A Trezza non ci si può piùviverein fede mia!

Nel villaggio successe una casa del diavolo quandovolevano mettere il dazio sulla pece. La Zuppiddacolla schiuma allaboccasalì sul ballatoioe si mise a predicare che eraun'altra bricconata di don Silvestroil quale voleva rovinare ilpaeseperché non l'avevano voluto per marito: non lo volevanonemmeno per compagno alla processionequel cristianoné leiné sua figlia! Comare Veneraquando parlava del marito chedoveva prendere sua figliapareva che la sposa fosse lei. MastroTuri avrebbe chiuso bottegadicevama voleva vedere poi comeavrebbe fatto la gente a mettere le barche in mareche si sarebberomangiati per pane gli uni cogli altri. Allora le comari siaffacciarono sull'usciocolle conocchie in mano a sbraitare chevolevano ammazzarli tuttiquelli delle tassee volevano dar fuocoalle loro cartaccee alla casa dove le tenevano. Gli uominicometornavano dal marelasciavano gli arnesi ad asciugaree stavano aguardare dalla finestra la rivoluzione che facevano le mogli.

- Tutto perché è tornato 'Ntoni di padron'Ntoniseguitava comare Veneraed è sempre làdietrole gonnelle di mia figlia. - Ora gli danno noia le cornaa donSilvestro. Infine se non lo vogliamocosa pretende? Mia figlia èroba miae posso darla a chi mi pare e piace. Gli ho detto di nochiaro e tondo a mastro Callàquand'è venuto a farel'ambasciata in personal'ha visto anche lo zio Santoro. DonSilvestro gli fa fare quel che vuolea quel Giufà delsindaco; ma io me ne infischio del sindaco e del segretario. Oracercano di farci chiudere bottega perché non mi lasciomangiare il fatto mio da questo e da quello! Che razza di cristianieh? Perché non l'aumentano sul vino il loro dazio? o sullacarneche nessuno ne mangia? ma questo non piace a massaro Filippoper amore della Santuzzache sono in peccato mortale tutti e dueelei porta l'abitino di Figlia di Maria per nascondere le sueporcheriee quel becco dello zio Santoro non vede nulla. Ognuno tiral'acqua al suo mulinocome compare Nasoche è piùgrasso dei suoi maiali! Belle teste che abbiamo! Ora vogliamo farglila festa a tutte coteste teste di pesce della malannata.

Mastro Turi Zuppiddu si dimenava sul ballatoio collamalabestia ed il patarasso in pugnoche voleva far sanguee nonl'avrebbero trattenuto nemmen colle catene. La bile andavagonfiandosi da un uscio all'altro come le onde del mare in burrasca.Don Franco si fregava le manicol cappellaccio in capoe diceva cheil popolo levava la testa; e come vedeva passare don Michelecollapistola appesa sulla panciagli rideva sul naso. Anche gli uominiapoco a poco si erano lasciati riscaldare dalle loro donnee sicercavano l'un l'altro per mettersi in collera; e perdevano lagiornata a stare in piazza colle mani sotto le ascellee la boccaapertaad ascoltare il farmacista il quale predicava sottovoceperché non udisse sua moglie ch'era di sopradi fare larivoluzionese non erano minchionie non badare al dazio del sale oal dazio della pecema casa nuova bisognava faree il popolo avevaad essere re. Invece certuni torcevano il muso e gli voltavano lespalledicendo: - Il re vuol essere lui. Lo speziale è diquelli della rivoluzioneper affamare la povera gente! E se neandavano piuttosto all'osteria della Santuzzadove c'era buon vinoche scaldava la testae compare Cinghialenta e Rocco Spatu facevanoper dieci. Ora che si ricominciava la canzone delle tasse si sarebbeparlato nuovamente di quella del pelocome la chiamavano latassa sulle bestie da somae di aumentare il dazio sul vino. - Santodiavolone! stavolta andava a finir maleper la madonna!

Il vino buono faceva vociaree il vociare mettevaseteintanto che non avevano ancora aumentato il dazio sul vino; equelli che avevano bevuto levavano i pugni in ariacolle manichedella camicia rimboccatee se la prendevano persin colle mosche chevolavano.

- Questa è come una festa per la Santuzza!dicevano. Il figlio della Loccail quale non aveva denari per beregridava lì fuori dell'uscio che voleva farsi ammazzarepiuttostoora che lo zio Crocifisso non lo voleva più nemmenoa mezza pagaper quel suo fratello Menico che s'era annegato coilupini. Vanni Pizzuto aveva anche chiuso la bottegaperchénessuno andava più a farsi raderee portava il rasoio intascae vomitava improperi da lontanoe sputava addosso a coloroche se ne andavano pei fatti lorocoi remi in collostringendosinelle spalle.

- Quelli sono carogneche non gli importa un cornodella patria! sbraitava don Francotirando il fumo dalla pipa comese volesse mangiarsela. Gente che non muoverebbe un dito pel suopaese.

- Tu lasciali dire! diceva padron 'Ntoni a suo nipoteil quale voleva rompere il remo sulla testa a chi gli dava dellacarogna; colle loro chiacchiere non ci danno panené cilevano un soldo di debito dalle spalle.

Lo zio Crocifissoil quale era di quelli che badano aifatti proprie quando gli cavavano sangue colle tasse si masticavala sua bile dentro di séper paura di peggioadesso non sifaceva più vedere in piazzaaddossato al muro del campanilema stava rintanato in casaal buioa recitare paternostri eavemarie per digerire la collera contro quelli che strillavanoedera gente che voleva mettere a sacco e a fuoco il paesee andare asvaligiare chi ci aveva quattro soldi in casa. - Lui ha ragionedicevano in paeseperché dei soldi deve averne a palate. -Ora ci ha pure le cinquecento lire dei lupini che gli ha datoPiedipapera!

Ma la Vespala quale aveva tutta la sua roba al solee non temeva che gliela rubasseroandava gridando per luicollemani in arianera come un tizzonee coi capelli al ventoche suozio se lo mangiavano vivo ogni sei mesicolla fondiariae volevacavargli gli occhi colle sue mani all'esattorese tornava da suozio. - Adesso ella ronzava continuamente da comare Graziadallacugina Anna e dalla Mangiacarrubbeora con un pretesto ed ora con unaltroper vedere come se la intendessero compare Alfio collaSant'Agataed avrebbe voluto annichilire la Sant'Agata con tutti iMalavoglia; perciò andava dicendo che non era vero chePiedipapera avesse comprato il credito dei lupiniperchéPiedipapera non le aveva mai possedute cinquecento liree iMalavoglia avevano sempre sul collo i piedi di suo zio Crocifissoilquale poteva schiacciarli come formichetanto era riccoed ellaaveva avuto torto a dirgli di nopei begli occhi di uno il quale nonci aveva che un carro da asinomentre lo zio Crocifisso le volevabene come alla pupilla degli occhi suoisebbene in quel momento nonvolesse aprirle l'uscioper timore che gli entrassero in casa a faresacco e fuoco.

Chi ci aveva da perdere qualcosacome padron Cipolla omassaro Filippo l'ortolanostava tappato in casacon tanto dicatenaccioe non metteva fuori nemmeno il naso; per questo BrasiCipolla si era buscato un potente ceffone da suo padrequandol'aveva trovato sulla porta del cortile a guardare in piazza come unbaccalà. I pesci grossi stavano sott'acqua durante la marettae non si facevano vedereanche quelli che erano teste di pesceelasciavano il sindaco col naso in aria a cercare la foglia.

- Non lo vedete che si servono di voi come di unburattino? gli diceva sua figlia Betta coi pugni sui fianchi. Ora chevi hanno messo nell'impiccio vi voltano le spallee vi lasciano soloa sgambettare nel pantano; ecco quel che vuol dire farsi menare pelnaso da quell'imbroglione di don Silvestro.

- Io non mi lascio menar per il naso da nessuno!saltava su Baco da seta. Il sindaco lo faccio ioe non donSilvestro.

Don Silvestro diceva invece che il sindaco lo facevasua figlia Bettae mastro Croce Callà portava i calzoni perisbaglio. Cosìfra tutt'e dueil povero Baco da seta stavafra l'incudine e il martello. Adesso poi che era venuta la burrascae tutti lo lasciavano a strigliare quella mala bestia della follanon sapeva più da che parte voltarsi.

- A voi cosa ve ne importa? gli gridava Betta. Fateanche voi come fanno gli altri; e se non vogliono il dazio dellapecedon Silvestro ci penserà lui a trovare qualche altracosa.

Don Silvestroinveceera più fermo; continuavaad andare attornocon quella faccia tosta; e Rocco Spatu eCinghialentacome lo vedevanorientravano in fretta nell'osteriaper non fare uno spropositoe Vanni Pizzuto bestemmiava fortetoccando il rasoio dentro la tasca dei calzoni.

Don Silvestrosenza badarciandava a far quattrochiacchiere collo zio Santoroe gli metteva due centesimi nellamano.

- Sia lodato Dio! esclamava il ciecoquesto èdon Silvestro il segretarioché nessun'altri di tutti quelliche vengono qui a gridare e a pestare i pugni sulle panche fa uncentesimo di limosina per le anime del Purgatorioe vengono a direche vogliono ammazzarli tuttiil sindaco e il segretario; l'hannodetto Vanni PizzutoRocco Spatue compare Cinghialenta. VanniPizzuto s'è messo ad andare senza scarpeper non essereconosciuto; ma io lo riconosco egualmenteche striscia sempre ipiedi per terrae fa levar la polvere come quando passano le pecore.

- A voi che ve ne importa? gli diceva sua figliaappena don Silvestro se ne andava. Questi non sono affari nostri.L'osteria è come un porto di marechi va e chi vieneebisogna essere amici con tuttie fedeli con nessuno; per questol'anima l'abbiamo ciascuno la suae ognuno deve badare ai suoiinteressie non fare giudizi temerari contro il prossimo. CompareCinghialenta e Spatu spendono del denaro in casa nostra. Non dico diPizzuto che vende l'erbabianca e cerca di levarci gli avventori.

Don Silvestro poi andava a fermarsi dallo spezialeilquale gli piantava la barba in facciae gli diceva che era tempo difinirlae buttar tutto a gambe in ariae far casa nuova.

- Volete scommettere che questa volta va a finir male?ribatteva don Silvestromettendo due dita nel taschino del farsettoper cavar fuori il dodici tarì nuovo. Non c'è tasse chebastanoe un giorno o l'altro bisognerà finirla davvero. S'haa mutar registro con Baco da seta che si lascia metter la gonnelladalla figliae il sindaco lo fa lei; - a massaro Filippo poi nongliene importava un cavoloe padron Cipollaaveva la superbia dinon voler fare il sindaco neanche se l'accoppavano. - Tutti unamanica di borbonici della consorteria; dei minchioni che oggi diconobianco e domani neroe l'ultimo che parla ha ragione lui. La gentefa bene a strillare con questo governo che ci succhia il sanguepeggio di una mignatta; ma i denari devono venir fuori per amore oper forza. Qui ci vorrebbe un sindaco di testa e liberale come voi.

Lo speziale allora cominciava a dire quel che avrebbefatto luie come aggiustava ogni cosa; e don Silvestro stava adascoltarlo zitto ed intento che pareva fosse alla predica. Bisognavapensare anche a rinnovare il consiglio; padron 'Ntoni non ce lovolevanoperché egli aveva la testa strambaed era statocausa della morte di suo figlio Bastianazzo- un uomo di giudiziocoluise fosse stato vivo! - poi in quell'affare dei lupini avevafatto mettere la mano nel debito a sua nuorae l'aveva lasciata incamicia. Se gli interessi del comune li faceva a quel modo!…

Ma intanto se la Signora si affacciava alla finestradon Franco cambiava discorsoe gridava: - Bel tempoeh? -ammiccando di nascosto a don Silvestroper fargli capire quel che ciaveva nello stomaco da dire. - Andate a fidarvi di quel che vuol fareuno che ha paura della moglie! pensava fra di sé donSilvestro. - Padron 'Ntoni era di quelli che si stringevano nellespalle e se ne andavano coi remi in collo; e al nipoteil qualeavrebbe voluto correre in piazza anche luia vedere quel che sifacevagli andava ripetendo:

- Tu bada ai fatti tuoiché tutti costorogridano ognuno pel suo interessee l'affare più grosso pernoi è quello del debito.

Anche compare Mosca era di quelli che badavano ai fattiproprie se ne andava tranquillamenteinsieme al suo carroinmezzo alla gente che gridava coi pugni in aria. - A voi non ve neimporta se mettono la tassa del pelo? gli domandava Menacome lovedeva arrivare coll'asino tutto ansante e colle orecchie basse. - Sìche me ne importama bisogna camminare per pagarlala tassa; se nosi pigliano il pelo con tutto l'asinoe il carro pure.

- Dice che vogliono ammazzarli tuttiGesummaria! Ilnonno ha raccomandato di tenere la porta chiusae non aprire se nontornan loro. Voi andrete ancora via domani?

- Io andrò a prendere un carico di calce permastro Croce Callà!

- O cosa ci andate a fare? non lo sapete che èil sindacoe vi ammazzeranno anche voi?

- Egli dice che non gliene importa a lui; che fa ilmuratoree deve allestire quel muro della vigna per conto di massaroFilippoe se non vogliono il dazio della pecedon Silvestro cipenserà lui a qualche altra cosa.

- Ve l'aveva detto io ch'è tutta roba di donSilvestro! sclamava la Zuppidda la quale era sempre lìasoffiare nel fuoco colla conocchia in mano. È roba di ladri edi gente che non ha nulla da perderee non paga nulla col daziodella peceperché non ha mai avuto nemmeno un pezzo di tavolain mare. - La colpa è di don Silvestroseguitava poscia asbraitare di qua e di làper tutto il paesee diquell'imbroglione di Piedipaperail quale non ha barchee vive allespalle del prossimotiene il sacco a questo e a quello. - Voletesaperne una? Non è vero niente che ha comprato il creditodello zio Crocifisso! È tutta una finzione fra lui e Campanadi legnoper spogliare quei poveretti. Piedipapera non li ha maivisti cogli occhi cinquecento lire!

Don Silvestroper sentire quello che dicevasi di luiandava spesso a comprare qualche sigaro all'osteriae allora RoccoSpatue Vanni Pizzutouscivano fuori bestemmiando; o si fermava achiacchierare collo zio Santorotornando dalla vignae cosìvenne a sapere tutta la storia della finta compera di Piedipapera; malui era "cristiano" con uno stomaco fondo come un pozzoemetteva tutto là dentro. Egli sapeva il fatto suoe comeBetta l'accoglieva colla bocca spalancata peggio di un canearrabbiatoe mastro Croce Callà s'era lasciato scappare ildetto che a lui non gliene importavarispose: - Volete scommettereche ora vi pianto? - e non si fece più vedere in casa delsindaco; così ci avrebbero pensato loro a cavarsi d'impiccioe la Betta non avrebbe potuto più dirgli sul mostaccio chevoleva rovinare suo padre Callàe i suoi consigli eranoquelli di Giudache aveva venduto Cristo per trenta denarie cosìegli voleva riescire a buttar giù il sindaco pei suoi finiefare il gallo in paese. Sicché la domenica in cui dovevaradunarsi il consigliodon Silvestrodopo la santa messaandòa ficcarsi nello stanzone del municipiodove c'era prima il postodella Guardia Nazionalee si mise tranquillamente a temperare lepennedavanti alla tavola d'abeteper ingannare il tempomentre laZuppidda e le altre comari vociferavano nella stradafilando alsolee volevano strappare gli occhi a tutti loro.

Baco da setacome corsero a chiamarlo dal muro dellavigna di massaro Filippos'infilò il giubbone nuovosi lavòle manisi spolverò dalla calcema non volle muoversi seprima non gli chiamavano don Silvestro. Betta aveva un bel sgridarloe spingerlo per le spalle fuori dell'usciodicendogli che chil'aveva preparata la minestra l'avrebbe mangiatae lui dovevalasciar fare agli altripurché lo lasciassero star sindaco.Stavolta mastro Callà aveva visto quella folla davanti almunicipiocolle conocchie in manoe puntava i piedi in terrarestio peggio di un mulo. - Non ci vado se non viene don Silvestro!ripeteva cogli occhi fuori della testa; - don Silvestro lo satrovareun ripiego.

- Il ripiego ve lo trovo io- rispondeva Betta. - Nonlo vogliono il dazio sulla pece? E voi lasciatelo stare.

- Brava! e i denari di dove si prendono?

- Di dove si prendono? Fateli pagare a chi ne haallozio Crocifissoa mo' d'esempioo a padron Cipollao a Peppi Naso.

- Brava! se sono loro i consiglieri!

- Allora mandateli via e chiamatene degli altri; giànon saranno loro che vi faranno restare sindaco quando tutti glialtri non vi vorranno più. Voi dovete far contenti quelli chesono in maggior numero.

- Ecco come discorrono le donne! Quasi fossero quelliche mi tengono su! Tu non sai nulla. Il sindaco lo fanno iconsiglierie i consiglieri non possono essere che quelli e nonaltri. Chi vuoi che facciano? i pezzenti di mezzo alla strada?

- Allora lasciate stare i consiglieri e mandate via ilsegretarioquell'imbroglione di don Silvestro.

- Bravae chi lo fa il segretario? chi lo sa fare? Tuo ioo padron Cipolla? sebbene sputi sentenze peggio di un filosofo!

Allora la Betta non seppe più che diree sisfogò a scaricare ogni sorta d'improperi alle spalle di donSilvestroch'era il padrone del paesee se li teneva tutti intasca.

- Bravasoggiunse Baco da seta. Eccose non c'èlui io non so cosa dire. Vorrei vederci te nei miei panni!

Finalmente arrivò don Silvestrocolla facciapiù dura del murole mani dietro la schienae zufolandoun'arietta. - Ehnon vi perdete d'animomastro Croceche non cascail mondo per questa volta! - Mastro Croce da don Silvestro si lasciòmenar via e metter alla tavola d'abete del consigliocol calamaiodavanti; ma dei consiglieri non c'erano altri che Peppi Naso ilmacellaiotutto unto e colla faccia rossache non aveva paura dinessuno al mondoe compare Tino Piedipapera. - Quello lì nonha nulla da perdere! vociava dall'uscio la Zuppiddae ci viene persucchiare il sangue alla povera gentepeggio di una sanguisugaperché vive alle spalle del prossimoe tiene il sacco aquesto e a quello per fare le birbonate! Razza di ladri e diassassini!

Piedipaperasebbene volesse far l'indifferentepeldecoro della caricafinì col perdere la pazienzae si rizzòsulla gamba stortagridando a mastro Cirinol'inserviente comunaleil quale era incaricato del buon ordinee per questo ci aveva ilberretto col rosso quando non faceva il sagrestano: - Fatemi tacerequella linguaccia là.

- Eha voi vi piacerebbe che nessuno parlasseeh!compare Tino?

- Come se tutti non lo sapessero il mestiere che fateche poi chiudete gli occhi quando 'Ntoni di padron 'Ntoni viene aparlare con vostra figlia Barbara.

- Gli occhi li chiudete voibecco che siete! quandovostra moglie fa il comodino alla Vespala quale viene tutti igiorni a mettersi sulla vostra porta per cercare Alfio Moscae voialtri tenete il candeliere. Bel mestiere! Ma compare Alfio non vuolsaperneve lo dico io; ci ha pel capo Mena di padron 'Ntonie voialtri ci perdete l'olio della lucernase la Vespa ve l'ha promesso.

- Ora vengo a romperti le corna! minacciòPiedipaperae cominciò ad arrancare dietro la tavola d'abete.

- Oggi va a finir male! borbottava mastro Croce Giufà.

- Ohè! ohè! che maniere son questevipar d'essere in piazza! urlava don Silvestro. - Volete scommettereche vi caccio fuori tutti a calci? Ora l'aggiusto io questa faccenda.

La Zuppidda non voleva sentirne affatto d'aggiustarlae si dibatteva contro don Silvestro il quale la spingeva fuoritirandola pei capellie poi se la menò in disparte dietro ilrastrello della chiusa.

- Infine che volete? le disse come furono solia voiche ve ne importa se mettono il dazio sulla pece? forse che lo pagatevoi o vostro marito? o non devono pagarlo piuttosto quelli che hannobisogno di far accomodare le loro barche? Sentite a me: vostro maritoè una bestia ad essere in collera col municipioe a far tuttoquesto chiasso. Ora si devono fare gli assessori nuoviin cambio dipadron Cipolla o di massaro Marianoche non valgono nientee sipotrebbe metterci vostro marito.

- Io non ne so nullarispose la Zuppiddacalmatasitutt'a un tratto. - Io non me ne immischio negli affari di miomarito. So che si mangia le mani dalla collera. Io non posso faraltro che andare a dirglielose la cosa è certa.

- Andate a dirglieloè certo come ècerto Diovi dico! Siamo galantuomini o no? santissimo diavolo!

La Zuppidda partì correndo a prendere suomaritoil quale stava rincantucciato nel cortile a cardar stoppapallido come un mortoe non voleva escire per tutto l'oro del mondogridando che gli facevano fare qualche spropositosanto Dio!

Per aprire il sinedrioe vedere che pesci sipigliavanoci mancava ancora padron Fortunato Cipollae massaroFilippo l'ortolanoi quali non spuntavano maisicché lagente incominciava ad annoiarsitanto che le comari s'erano messe afilare lungo il muricciuolo della chiusa.

Infine mandarono a dire che non venivano perchéavevano da fare; e il daziose volevanoavrebbero potuto metterlosenza di loro. - Il discorso di mia figlia Betta tale e quale!brontolava mastro Croce Giufà.

- Allora fatevi aiutare da vostra figlia Betta! esclamòdon Silvestro. Baco da seta non fiatò più e continuòa masticarsi fra i denti il suo brontolio. - Oradisse donSilvestrovedrete che i Zuppiddi verranno loro stessi a dire che midanno la Barbarama voglio farmi pregareio.

La seduta fu sciolta senza concludere nulla. Ilsegretario voleva un po' di tempo per prender lume; in questo mentreera suonato mezzogiorno e le comari se n'erano andate leste leste. Lepoche che erano rimastecome videro mastro Cirino chiudere la portae mettersi la chiave in tascase ne andarono anch'esse pei fattiloro di qua e di làchiacchierando degli improperii ches'erano detti Piedipapera e la Zuppidda.

La sera 'Ntoni di padron 'Ntoni seppe quellechiacchieree sacramento! voleva fargli vedere che era statosoldatoa Piedipapera! Lo incontrò giusto che veniva dallasciaravicino alla casa dei Zuppiddicon quel suo piede deldiavoloe cominciò a dirgli il fatto suoche era unacarognae si guardasse bene dal dir male dei Zuppiddi e di quel chefacevanoche lui non ci aveva nulla a vedere. Piedipapera non avevala lingua in tasca. - O che ti pare che sei venuto da lontano a farelo spaccamontagnequi?

- Son venuto a rompervi le cornase aggiungete altro.- Alle grida la gente si era affacciata sugli uscie si era radunatauna gran folla; sicché si azzuffarono perbenee Piedipaperail quale ne sapeva più del diavolosi lasciò cadere aterra tutto in un fascio con 'Ntoni Malavogliache così nonvalevano a nulla le gambe buonee si avvoltolarono nel fangopicchiandosi e mordendosi come i cani di Peppi Nasotanto che 'Ntonidi padron 'Ntoni dovette ficcarsi nel cortile dei Zuppiddiperchéaveva la camicia tutta stracciatae Piedipapera lo condussero a casainsanguinato come Lazzaro.

- Sta a vedere! strepitava ancora comare Veneradopoche ebbero chiusa la porta sul naso ai vicinista a vedere che incasa mia non sono padrona di fare quello che mi pare e piace. Miafiglia la do a chi vogl'io.

La ragazzatutta rossas'era rifugiata in casacolcuore che gli batteva come un pulcino.

- Ti ha mezzo strappata quest'orecchia! diceva compareTuri versando adagio adagio dell'acqua sulla testa di 'Ntoni. Mordepeggio di un cane corsocompare Tino!

'Ntoni aveva ancora il sangue agli occhie voleva fareun precipizio.

- Sentitecomare Veneradisse allora davanti a tuttoil mondoper me se non mi piglio vostra figlia non mi marito più.- E la ragazza sentiva dalla camera. - Questi non son discorsi dafarsi oracompare 'Ntoni; ma se vostro nonno dice di sìioper me non vi cambio per Vittorio Emanuele. - Compare Zuppidduintanto stava zitto e gli dava un pezzo di salvietta per asciugarsi;dimodoché 'Ntoni quella sera se ne andò a casa tuttocontento.

Ma i poveri Malavogliacome avevano saputo della suarissa con Piedipaperasi aspettavano di momento in momento l'usciereche venisse a scacciarli dalla casagiacché Pasqua era lìvicinae dei denari del debitoa gran stentone avevano raccoltoappena una metà.

- Vedi quel che vuol dire bazzicare dove ci son ragazzeda marito! diceva a 'Ntoni la Longa. Ora tutta la gente parla deifatti vostri. E mi dispiace per la Barbara.

- Ed io me la piglio! disse allora 'Ntoni.

- Te la pigli? esclamò il nonno. - Ed io chisono? e tua madre non conta per nulla? Quando tuo padre prese moglieed è quella che vedi làme lo fece dire a me prima.Allora viveva tua nonnae venne a parlarmene nell'ortosotto ilfico. Ora non si usano più queste cosee i vecchi non servonoa nulla. Un tempo si soleva dire "ascolta i vecchi e non lasbagli". Prima deve maritarsi tua sorella Mena; lo sai questo?

- Maledetta la mia sorte! cominciò a gridare'Ntoni strappandosi i capelli e pestando i piedi. Tutto il giorno alavorare! all'osteria non ci vado! e in tasca non ho mai un soldo!Ora che mi son trovata la ragazza che mi ci vuolenon possoprenderla. Perché son tornato dunque da soldato?

- Senti! gli disse il nonno rizzandosi su a stento peidolori che gli mangiavano la schiena. - Va a dormire che èmeglio. Questi discorsi non dovresti farceli mai davanti a tua madre!

- Mio fratello Luca sta meglio di me a fare il soldato!brontolò 'Ntoni nell'andarsene.



Cap. 8

Lucapoverettonon ci stava né meglio népeggio; faceva il suo dovere laggiùcome l'aveva fatto a casasuae si contentava. Non scriveva spessoè vero - ifrancobolli costavano venti centesimi - né aveva ancoramandato il ritrattoperché da ragazzo lo canzonavano cheaveva le orecchie d'asino; e invece di tanto in tanto metteva nellalettera qualche biglietto da cinque lireche trovava modo dibuscarsi servendo gli ufficiali.

Il nonno aveva detto: "Prima deve maritarsi laMena". Ancora non ne parlavama ci pensava sempree adesso chetenevano nel canterano qualcosuccia per pagare il debitoaveva fattoil conto che colla salatura delle acciughe si sarebbe pagatoPiedipaperae la casa restava libera per la dote della nipote.Perciò erano stati qualche volta a chiacchierare sottovoce conpadron Fortunatosulla rivamentre aspettavano la paranzao sedutial sole davanti la chiesaquando non c'era gente. Padron Fortunatonon voleva far torto alla sua parolase la ragazza aveva la dotetanto più che suo figlio Brasi gli dava sempre dei grattacapia correre dietro le ragazze che non avevano nullacome un baccalàche era.

- "L'uomo per la parolae il bue per le corna"tornava a ripetere.

Mena aveva spesso il cuore nero mentre tessevaperchéle ragazze hanno il naso fineed ora che il nonno era sempre aconfabulare con compare Fortunatoe in casa si parlava spesso deiCipollaci aveva sempre la stessa cosa davanti agli occhicome quelcristiano di compar Alfio fosse incollato sui panconi del telaiocolle immagini dei santi. Una sera aspettò sino a tardi perveder tornare compare Alfio insieme al carro dell'asinocolle manisotto il grembialeperché faceva freddo e tutte le porteerano chiusee per la stradicciuola non si vedeva anima viva; cosìgli diede la buona notte dall'uscio.

- Che ve ne andate alla Bicocca al primo del mese? glidisse finalmente.

- Ancora no; ci ho più di cento carichi di vinoper la Santuzza. Dopo ci penserà Dio. - Ella non sapeva piùche direintanto che compar Alfio si affaccendava nel cortile astaccare l'asinoe ad appendere gli arnesi al piuoloe portava lalanterna di qua e di là. - Se ve ne andate alla Bicocca chi saquando ci vedremo più! disse infine Mena che le mancava lavoce.

- O perché? Ve ne andate anche voi?

La poveretta stette un pezzetto senza risponderesebbene fosse buio e nessuno potesse vederla in viso. Di tanto intanto si udivano i vicini parlar dietro gli usci chiusie piangere ibambinie il rumore delle scodelledove stavano cenandosicchénessuno poteva udire. - Ora dei denari che ci vogliono perPiedipapera ne abbiamo la metàe alla salatura delle acciughepagheremo anche il resto.

Alfio a quel discorso lasciò l'asino in mezzo alcortilee venne sulla strada. - Allora vi maritano dopo Pasqua?

Mena non rispose. - Ve l'avevo detto io! aggiunsecompare Alfio. - Li ho visti parlare io padron 'Ntoni con padronCipolla.

- Sarà come vuole Dio! disse poi Mena. A me nonimportava di maritarmipurché mi avessero lasciata stare qui.

- Che bella cosaaggiunse Moscaquando uno èricco come il figlio di padron Cipollache può prendersi lamoglie che vuolee può stare dove gli piace!

- Buona nottecompare Alfio; disse poi Menadopoessere stata un altro pezzetto a guardare la lanterna appesa alrastrelloe l'asino che andava abboccando le ortiche pel muricciolo.Compare Alfio diede la buona notte anche luie se ne tornò amettere l'asino nella stalla.

- Quella sfacciata di Sant'Agatabrontolava la Vespala quale era a tutte l'ore dai Piedipaperacol pretesto di farsiprestare dei ferri da calzao per venire a regalare qualche pugno difave che aveva raccolto nella chiusa- quella sfacciata diSant'Agata è sempre a stuzzicare compare Mosca. Non gli lasciaun momento per grattarsi il capo! Vergogna! - e brontolava ancora perla stradamentre Piedipapera chiudeva l'usciotirandole dietrotanto di lingua. - La Vespa è infuriata come fossimo inluglio! sghignazzava compare Tino.

- A lei che gliene importa? chiese comare Grazia.

- Gliene importa perché ce l'ha con tutti quelliche si maritanoe ora sta covando cogli occhi Alfio Mosca.

- Tu dovresti dirglieloche a me non mi piace ditenere il candeliere. Come se non si vedesse che sta qui per comparAlfioe poi la Zuppidda va spargendo che noi ci troviamo il nostroconto a fare questo mestiere.

- La Zuppidda farebbe meglio a grattarsi la sua testaperché ci è da grattare! Con quella porcheria ditirarsi in casa 'Ntoni di padron 'Ntonimentre il vecchio e tuttifanno il diavoloe non ne vogliono sapere. Chiudi la finestra. Oggisono stato mezz'ora a godermi la commedia che facevano 'Ntoni con laBarbarache mi dolgono ancora le reni dallo stare chinato dietro ilmuroper sentire quello che dicevano. 'Ntoni era scappato dallaProvvidenzacol pretesto di andare a pigliare la fiocinagrande pei cefali; e le diceva: - Se il nonno non vuolecome faremo?- Faremo che scapperemo insiemee poi quando la cosa è fattadovranno pensarci loro a maritarcie saranno costretti a dir di sìper forzarispondeva lei; e sua madre era lì dietro adascoltareci giuocherei tutt'e due questi occhi! Bella la parte cherappresenta quella strega! Ora voglio far ridere tutto il paese. DonSilvestro come gliela raccontaidisse che scommetteva di farecascare la Barbara coi suoi piedicome una pera matura. Non cimettere il saliscendi all'uscioperché aspetto Rocco Spatuche deve venire a parlarmi.

Don Silvestroper far cascare comare Barbara coi suoipiedi ne aveva almanaccata unache il frate il quale dà inumeri del lottonon l'avrebbe trovata. - Voglio levarmi davantiaveva dettotutti quelli che cercano di prendermi la Barbara. Quandonon avrà più nessuno da sposareallora dovrannopregarmi loroe farò i patti grassicome s'usa alla fieraquando i compratori sono scarsi.

Fra quelli che cercavano di prendersi la Barbara c'erastato Vanni Pizzutoallorché andava a far la barba a mastroTuri che aveva la sciaticaed anche don Micheleil quale siannoiava a passeggiare colla pistola appesa alla panciasenza farnullaquando non era dietro il banco della Santuzzae faceval'occhietto alle belle ragazzeper ingannare il tempo. La Barbara daprincipio aveva risposto all'occhietto; ma poidopo che sua madre leaveva detto che quelli eran tutti mangiapani a ufopiù birriche altroe i forestieri vanno frustatigli aveva sbattuta lafinestra sul nasocosì baffuto e col berretto gallonatocom'erae don Michele se n'era mangiato il fegatoe per dispettoseguitava a passare e ripassare per la viaattorcigliandosi i baffie col berretto sugli occhi. La domenica poi si metteva il cappellocolla piumae andava a scaricarle un'occhiataccia dalla bottega diVanni Pizzutomentre la ragazza andava a messa colla mamma. DonSilvestro prese ad andare a farsi radere anche luifra quelli cheaspettavano la messae a scaldarsi al braciere per l'acqua caldaescambiare le barzellette. - Quella Barbara gli lascia addosso gliocchi a 'Ntoni Malavogliaandava dicendo. Volete scommettere dodicitarì che se la piglia lui? Lo vedete che s'è messo adaspettarlacolle mani nelle tasche?

Vanni Pizzuto allora lasciò don Michele collasaponata sulla facciae si affacciò all'uscio:

- Che pezzo di ragazzaper la madonna! E come camminacol naso nella mantellinache pare un fuso! Pensare poi che devepapparsela quel cetriolo di 'Ntoni Malavoglia!

- Se Piedipapera vuol essere pagato'Ntoni non se lapappa; ve lo dico io. I Malavoglia avranno altro da grattarsisePiedipapera si piglia la casa del nespolo.

Vanni Pizzuto tornò a prendere pel naso donMichele. - Eh? che ne ditedon Michele? Anche voi le avete fatto ilcascamorto. Ma quella è una ragazza che fa mangiare agro dilimone.

Don Michele non diceva nullasi spazzolavasiarricciava i baffie si metteva il cappello davanti allo specchio. -Ci vuol altro che cappelli colla penna per quella lì!sogghignava Pizzuto.

Finalmente una volta don Michele disse:

- Santo diavolone! se non fosse pel cappello collapennagli farei tenere la candela ioa quel ragazzaccio diMalavoglia. Don Silvestro ebbe la premura di andare a raccontare ognicosa a 'Ntonie che don Michele il brigadiereera un uomo il qualenon si lasciava posare le mosche sul naso; e doveva avercela con lui.

- Io gli rido sul mostaccioa don Michele ilbrigadiere! rispose 'Ntoni. Lo so perché ce l'ha con me; maper stavolta può pulirsi la boccae farebbe meglio a nonsciuparsi le scarpe per passare e ripassare davanti alla Zuppiddacol berretto gallonatocome se ci avesse la corona in capo; che lagente se ne impipa di lui e del suo berretto.

E se lo incontrava lo guardava bene in facciaammiccando gli occhicome deve fare un giovanotto di fegato che èstato soldatoe non si lascia portar via il suo berretto in mezzoalla folla. Don Michele continuava a passare dalla straduccia perpuntiglioper non darla vinta a luiché se lo sarebbemangiato come il panese non fosse stato pel cappello colla penna.

- Si mangiano! diceva Vanni Pizzuto a tutti coloro cheandavano a farsi radere la barbao venivano a comprare dei sigariodelle lenzeo degli ami da pescareo dei bottoni d'osso di quellida cinque un grano. - Don Michele e 'Ntoni Malavoglia un giorno ol'altro si mangiano come il pane! È quel benedetto cappellocolla penna che gli lega le mani a don Michele. Egli pagherebbequalche cosa a Piedipapera se glielo levasse davantiquel cetriolodi 'Ntoni. - Tanto che il figlio della Loccail quale era sempre agironzare tutto il giornocolle braccia penzoloniallorchéli incontrava si metteva loro alle calcagnaper vedere come finiva.

Piedipaperaquando andava a farsi la barbae sentivache don Michele gli avrebbe dato qualche cosa per levargli davantigli occhi 'Ntoni Malavogliasi gonfiava come un gallo d'Indiachécosì lo tenevano da conto nel paese.

Vanni Pizzuto tornava a dirgli: - Il brigadierepagherebbe qualunque cosa per avere in pugno i Malavoglia come litenete voi. O perché gliel'avete fatta passar liscia quellastoria dei pugni che vi ha dato 'Ntoni?

Piedipapera alzava le spalle e seguitava a scaldarsi lemani sul braciere. Don Silvestro si metteva a ridere e rispondeva perlui:

- A mastro Vanni gli piacerebbe levar le castagne dalfuoco collo zampino di Piedipapera. Già sapete che comareVenera non vuole né forestieri né berretti gallonati;così quando si sarebbe levato d'attorno 'Ntoni Malavogliaresterebbe lui solo a far l'asino alla ragazza.

Vanni Pizzuto non disse nullama ci pensò sututta la notte.

- Non sarebbe poi una cosa sbagliata! ruminava fra disé; tutto sta a prendere Piedipapera per il colloe in ungiorno buono.

Il giorno buono venne a propositoche una sera RoccoSpatu non si era fatto vivoPiedipapera era venuto due o tre voltead ora tardaa chieder di luicolla faccia bianca e gli occhistravoltie le guardie doganali s'erano viste correre di qua e dilàtutte in faccendecol naso a terra come cani da cacciaedon Michele insieme a loro colla pistola sulla panciae i calzoniinfilati negli stivali. - Voi potreste fargli un gran servizio a donMichelecol levargli davanti 'Ntoni Malavoglia - tornò a direPizzuto a compare Tinomentre costui per comprare un sigaro andava acacciarsi nell'angolo più oscuro della botteguccia. Glirendereste un famoso servizioe ve lo fareste amico per davvero!

- Magari! sospirò Piedipaperaché glimancava il fiato quella serae non aggiunse altro.

Nella notte si udirono delle fucilate verso il Rotoloe lungo tutta la spiaggiache pareva la caccia alle quaglie. - Altroche quaglie! mormoravano i pescatori rizzandosi sul letto adascoltare. E' son quaglie a due piedidi quelle che portano lozucchero e il caffèe i fazzoletti di seta di contrabbando.Don Michele ier sera andava per la strada coi calzoni dentro glistivali e la pistola sulla pancia!

Piedipapera stava nella bottega di Pizzuto a bere ilbicchierinoprima dell'albache c'era ancora il lanternino davantiall'uscio; ma stavolta aveva la faccia di un cane che ha rotta lapentola; non diceva le solite barzellettee domandava a questo e aquello cos'era stato quel diavolioe se si erano visti Rocco Spatu eCinghialentae si sberrettava con don Micheleil quale aveva gliocchi gonfii e gli stivali polverosie voleva pagargli per forza ilbicchierino. Ma don Michele era già stato all'osteriadove laSantuzza gli dicevamescendogliene di quel buono:

- Dove siete stato a rischiar la pellesantocristiano? Non lo sapete che se chiudete gli occhi voivi portatenella fossa anche degli altri?

- E il mio dovere dove lo lasciate? Se li coglievocolla pasta in mano stanotte c'era un bel guadagno per noisangue diun cane!

- Se vogliono farvi credere che egli era massaroFilippoche tentava di far entrare il suo vino di contrabbandononci credeteper quest'abito benedetto di Maria che ci ho sul pettoindegnamente! Tutte bugie di gente senza coscienzache si dannal'anima a volere il male del prossimo.

- Nolo so cos'era! erano tutti fazzoletti di setaezucchero e caffèpiù di mille lire di robacorpodella madonna! che mi son sgusciati di mano come anguille; ma li hosott'occhio tutti quelli della combriccolae un'altra volta non miscapperanno!

Piedipapera poi gli diceva: - Bevetelo un bicchierinodon Micheleche vi farà bene allo stomacocol sonno cheavete perso.

Don Michele era di cattivo umore e sbuffava.

- Giacché vi dice di prenderloprendeteloaggiungeva Vanni Pizzuto. Se compare Tino paga lui vuol dire che neha da spendere. Denari ne hail furbaccio! tanto che ha comprato ildebito dei Malavoglia; ed ora lo pagano a bastonate.

Don Michele si lasciò tirare a ridere un po'.

- Sangue di Giuda! esclamò Piedipaperabattendoil pugno sul bancoe fingeva di mettersi in collera davvero. A Romanon voglio mandarloquel ragazzaccio di 'Ntonia fare penitenza!

- Bravo! appoggiò Pizzuto. - Io non me la sareilasciata passare liscia di certo. Eh? don Michele?

Don Michele approvò con un grugnito. - Cipenserò a ridurre come si deve 'Ntoni e tutta la suaparentela! minacciava Piedipapera. - Non voglio farmi ridere sul nasoda tutto il paese. Potete star tranquillodon Michele!

E se ne partì zoppicando e bestemmiando come senon ci vedesse più dagli occhimentre andava dicendo fra disé "Convien tenerseli amici tuttiquesti birri qui!";e ruminando come potesse fare a tenerseli amici andòall'osteriadove lo zio Santoro gli disse che non s'erano visti néRocco Spatu né Cinghialentae passò dalla cugina Annala quale poveretta non aveva dormitoe stava sulla porta guardandodi qua e di làcolla faccia pallida. Lì davantiincontrò pure la Vespala quale veniva a vedere se comareGrazia ci avesse un po' di lievitoper caso.

- Ho incontrato or ora compare Mosca; disse allora luiper far quattro chiacchiere. - Era senza il carroe scommetto cheandava a ronzare nella sciaradietro l'orto della Sant'Agata."Amare la vicina è un gran vantaggiosi vede spesso enon si fa viaggio".

- Bella santa da attaccarsi al muroquella Mena!cominciò a sbraitare la Vespala vogliono dare a BrasiCipollae seguita a civettare con questo e con quello! - Puh! cheporcheria!

- Lasciatela fare! lasciatela fare! così glialtri conosceranno che roba èe apriranno gli occhi. Ma nonlo sa compare Mosca che vogliono darle Brasi Cipolla?

- Sapete come sono gli uominise c'è unafraschetta che li guardale corrono tutti dietro per divertirsi. Mapoiquando vogliono far sul seriocercano una come m'intendo io.

- Compare Mosca dovrebbe prendere una come voi.

- Io non ci penso per ora a maritarmi; ma certo che dame si troverebbe quel che ci vuole. A buon conto il mio pezzo dichiusa ce l'hoe nessuno ci tiene le unghie addossocome la casadel nespoloche se soffia la tramontana se la porta via. Questasarebbe da vederese soffia la tramontana!

- Lasciate fare! lasciate fare! che non è semprebel tempoe il vento se le porta all'aria le frasche. Oggi ho daparlare con vostro zio Campana di legnoper quell'affare che sapete.

Campana di legno era proprio ben disposto per parlaredi quell'affare che non finiva più"e le cose lunghediventano serpi". Padron 'Ntoni gli cantava sempre che iMalavoglia erano galantuominie avrebbero pagatoma ei voleva poivedere di dove li avrebbero scavati i denari. Già nel paese sisapeva quel che possedeva ciascunofino all'ultimo centesimoe queigalantuomini dei Malavogliamagari a vendersi l'anima al turcononavrebbero potuto pagare nemmeno la metàdi lì aPasqua; e per prendersi la casa del nespolo ce ne voleva della cartabollatae delle altre spesequesto lo sapevae avevano ragione donGiammaria e lo speziale quando parlavano del governo ladro; luicom'è vero che si chiamava zio Crocifissoce l'aveva non solocon quelli che mettevano le tassema anche con quelli che non levolevanoe mettevano talmente in subbuglio il paese che ungalantuomo non era più sicuro di starsene in casa sua collasua robae quando erano venuti a domandargli se voleva fare ilsindacoegli aveva risposto: - Bravo! e i miei affari chi me li fa?Io bado ai fatti miei. - Intanto padron 'Ntoni pensava a maritare lanipoteche l'avevano visto andare attorno con compare Cipolla -l'aveva visto lo zio Santoro - e aveva visto anche Piedipapera chefaceva il mezzano alla Vespae serviva di comodino a quellospiantato di Alfio Moscail quale voleva arraffarsi la sua chiusa. -Ve lo dico io che ve l'arraffa! gli gridava Piedipapera nell'orecchioper persuaderlo. - Avete un bel strillare e fare il diavolo per lacasa. Vostra nipote è cotta come una pera per coluie gli stasempre alle calcagna. Io non posso mica chiuderle l'uscio sul musoquando viene a far quattro chiacchiere con mia moglieper riguardovostroche infine è sempre vostra nipote e sangue vostro.

- Bel riguardo che mi avete! Così mi fateperdere la chiusacol riguardo!

- Sicuro che la perdete! Se la Malavoglia si marita conBrasi Cipollacompare Mosca non avrà più che fareesi prende la Vespa e la chiusaper mettersi il cuore in pace.

- Che se la pigli anche il diavolo! esclamòalfine lo zio Crocifisso stordito dalle chiacchiere di compare Tino.- A me non me ne importa nulla; son più i peccati che mi hafatto farequella scomunicatache altro. Io voglio la roba miachel'ho fatta col sangue mio come il sangue di Gesù Cristo chec'è nel calice della messae par roba rubatache tutti fannoa chi piglia pigliacompare Alfiola Vespa e i Malavoglia. Oraincomincio la lite e mi piglio la casa.

- Voi siete il padrone. Se dite di far la lite lafaccio subito.

- Ancora no. Aspettiamo a Pasqua; "l'uomo per laparola e il bue per le corna"; ma voglio esser pagato sinoall'ultimo centesimoe non darò più retta a nessunoper accordare dilazioni.

La Pasqua infatti era vicina. Le colline erano tornatea vestirsi di verdee i fichidindia erano di nuovo in fiore. Leragazze avevano seminato il basilico alla finestrae ci si venivanoa posare le farfalle bianche; fin le povere ginestre della sciaraavevano il loro fiorellino pallido. La mattinasui tettifumavanole tegole verdi e giallee i passeri vi facevano gazzarra sino altramonto.

Anche la casa del nespolo sembrava avesse un'aria difesta; il cortile era spazzatogli arnesi in bell'ordine lungo ilmuricciuolo e appesi ai piuolil'orto tutto verde di cavoli e dilattughee la camera aperta e piena di sole che sembrava contentaanch'essae ogni cosa diceva che la Pasqua si avvicinava. I vecchisi mettevano sull'uscio verso mezzogiornoe le ragazze cantavano allavatoio. I carri tornavano a passare nella nottee la sera si udivaun'altra volta il brusio della gente che chiacchierava nellastradicciuola.

- Comare Mena la fanno sposasi diceva. Sua madre hatutta la roba del corredo per le mani.

Era passato del tempoe il tempo si porta via le cosebrutte come le cose buone. Adesso comare Maruzza era tutta infaccende a tagliare e cucire della robae Mena non domandava nemmenoper chi servisse; e una sera le avevano condotto in casa BrasiCipollacon padron Fortunato suo padree tutto il parentado. - Quici è compare Cipolla che è venuto a farvi una visita;disse padron 'Ntonifacendoli entrarecome se nessuno ne sapessenientementre nella cucina c'era preparato il vino ed i ceciabbrustolitie i ragazzi e le donne avevano i vestiti della festa.Mena sembrava davvero Sant'Agatacon quella veste nuova e quelfazzoletto nero in testatalché Brasi non le levava gli occhid'addossocome il basiliscoe stava appollaiato sulla scrannacolle mani fra le gambeche se le fregava di tanto in tanto dinascosto dalla contentezza. - È venuto con suo figlio Brasiil quale adesso si è fatto grande - seguitava padron 'Ntoni.

- Sicuroi ragazzi cresconoe ci spingono per lespalle nella fossarispose padron Fortunato.

- Ora bevete un bicchier di vino che è di quellobuonoaggiunse la Longae questi ceci qui li ha abbrustoliti miafiglia. Mi dispiace che non sapevo nientee non vi ho fatto trovarecose degne del vostro merito.

- Eravamo qui vicino di passaggiorispose padronCipollaed abbiamo detto: andiamo a vedere comare Maruzza.

Brasi si riempì le tasche di ceciguardando laragazzae dopo i monelli diedero il sacco al tondoche invano laNunziata colla bambina in collo cercava di trattenerliparlandobasso come se fosse in chiesa. I vecchi in questo tempo si eranomessi a discorrer fra di lorosotto il nespolocolle comari chefacevano cerchio e cantavano le lodi della ragazzacom'era bravamassaiache teneva quella casa meglio di uno specchio. "Lafigliuola com'è avvezzatae la stoppa com'è filata".

- Anche la vostra nipote è cresciutaosservòpadron Fortunato - e sarebbe tempo di maritarla.

- Se il Signore le manda un buon partito noi nonvogliamo altrorispose padron 'Ntoni.

- "Matrimonii e vescovadi dal cielo sonodestinati" aggiunse comare la Longa.

- "A buon cavallo non gli manca sella" -conchiuse padron Fortunato; ad una ragazza come vostra nipote un buonpartito non può mancare.

Mena stava seduta accanto al giovanottocom'èl'usoma non alzava gli occhi dal grembiulee Brasi si lamentavacon suo padrequando se ne andaronoche ella non gli avesse offertoil piatto con i ceci.

- Che ne volevi ancora! gli diè sulla vocepadron Fortunatoquando furono lontani; se non si sentiva rosicarealtri che tecome ci fosse un mulo davanti a un sacco d'orzo! Guardache ti sei lasciato cascare il vino sui calzoniGiufà! e mihai rovinato un vestito nuovo!

Padron 'Ntoni tutto contento si fregava le maniediceva alla nuora:

- Non mi par vero d'essere in portocoll'aiuto di Dio!La Mena non avrà nulla da desiderareed ora aggiusteremotutte le altre nostre cosucce e potrete dire "Lasciòdetto il povero nonnoil riso con i guai vanno a vicenda".

Quel sabatoverso serala Nunziata venne a prendereun pugno di fave per i suoi bambini e disse: - Compare Alfio se ne vadomani. Sta levando tutta la sua roba.

Mena si fece bianca e smise di tessere.

Nella casa di compar Alfio c'era il lumee ogni cosasottosopra. Egli venne a picchiare all'uscio poco dopoe aveva lafaccia in un certo modo anche luie faceva e disfaceva dei nodi allafrusta che teneva in mano.

- Sono venuto a salutarvi tutticomare Maruzzapadron'Ntonii ragazzie anche voicomare Mena. Il vino di Aci Catena èfinito. Ora la Santuzza ha preso quello di massaro Filippo. Vado allaBicoccadove c'è da fare col mio asino.

Mena non diceva nulla; sua madre sola aprì labocca per rispondere: - Volete aspettarlo padron 'Ntoni? che avràpiacere di salutarvi.

Compar Alfio allora si mise a sedere in punta allascrannacolla frusta in manoe guardava intornodalla parte dovenon era comare Mena.

- Ora quando tornate? domandò la Longa.

- Chi lo sa quando tornerò? Io vado dove miporta il mio asino. Finché dura il lavoro vi starò; mavorrei tornar presto quise c'è da buscarmi il pane.

- Guardatevi la salutecompare Alfio. Alla Bicocca mihanno detto che la gente muore come le moschedalla malaria.

Alfio si strinse nelle spallee disse che non potevafarci nulla. - Io non vorrei andarmeneripetevaguardando lacandela. E voi non mi dite nullacomare Mena?

La ragazza aprì la bocca due o tre volte perdire qualche cosama il cuore non le resse.

- Anche voi ve ne andate dal vicinatoora che vimaritanoaggiunse Alfio. Il mondo è fatto come unostallaticoche chi viene e chi se ne vae a poco a poco tutticambiano di postoe ogni cosa non sembra più quella. - Cosìdicendo si fregava le mani e ridevama colle labbra e non col cuore.

- Le ragazzedisse la Longavanno come Dio le hadestinate. Ora son sempre allegre e senza pensierie com'entrano nelmondo cominciano a conoscere i guai e i dispiaceri.

Compar Alfiodopo che furono tornati a casa padron'Ntoni e i ragazzie li ebbe salutatinon sapeva risolversi apartiree rimaneva sulla sogliacolla frusta sotto l'ascellaastringere la mano a questo e a quelloanche a comare Maruzzaeripetevacome si suol fare quando uno se ne va lontanoe non si sabene se ci si rivede più: - Perdonatemi se ho mancato qualchevolta. - La sola che non gli strinse la mano fu Sant'Agatala qualestava rincantucciata vicino al telaio. Ma le ragazze si sa che devonofare così.

Era una bella sera di primaveracol chiaro di luna perle strade e nel cortilela gente davanti agli uscie le ragazze chepasseggiavano cantando e tenendosi abbracciate. Mena uscìanche lei a braccetto della Nunziataché in casa si sentivasoffocare.

- Ora non si vedrà più il lume di comparAlfioalla seradisse Nunziatae la casa rimarrà chiusa.

Compar Alfio aveva caricato buona parte delle suecosuccie sul carroe insaccava quel po' di paglia che rimaneva nellamangiatoiaintanto che cuocevano quelle quattro fave della minestra.

- Partirete prima di giornocompar Alfio? gli domandòNunziata sulla porta del cortile.

- Sìvado lontanoe quella povera bestiabisogna che si riposi un po' nella giornata.

Mena non diceva nullae stava appoggiata allo stipitea guardar il carro caricola casa vuotail letto mezzo disfattoela pentola che bolliva l'ultima volta sul focolare.

- Siete là anche voicomare Mena? - esclamòAlfio appena la videe lasciò quello che stava facendo.

Ella disse di sì col capoe Nunziata intantoera corsa a schiumare la pentola che riversavada quella bravamassaia che era.

- Così son contentoche posso dirvi addio anchea voi! disse Alfio.

- Sono venuta a salutarvi- disse leie ci aveva ilpianto nella gola. - Perché ci andate alla Bicocca se vi èla malaria?

Alfio si mise a ridereanche questa volta amalincuorecome quando era andato a dirle addio. - O bella! perchéci vado? e voi perché vi maritate con Brasi Cipolla? Si faquel che si puòcomare Mena. Se avessi potuto fare quel chevolevo iolo sapete cosa avrei fatto!… - Ella lo guardava e loguardavacogli occhi lucenti. - Sarei rimasto quiche fino i murimi conosconoe so dove metter le manitanto che potrei andar agovernare l'asino di notteanche al buio; e vi avrei sposata iocomare Menaché in cuore vi ci ho da un pezzoe vi portomeco alla Bicoccae dappertutto ove andrò. Ma questi oramaisono discorsi inutilie bisogna fare quel che si può. Ancheil mio asino va dove lo faccio andare.

- Ora addioconcluse Mena; anch'io ci ho come unaspina qui dentro… ed ora che vedrò sempre quella finestrachiusami parrà d'avere chiuso anche il cuoree d'avercichiusa sopra quella finestrapesante come una porta di palmento. Macosì vuol Dio. Ora vi saluto e me ne vado.

La poveretta piangeva cheta chetacolla mano sugliocchie se ne andò insieme alla Nunziata a pianger sotto ilnespoloal chiaro di luna.



Cap. 9

Né i Malavogliané alcun altro in paesesapevano di quel che stavano almanaccando Piedipapera collo zioCrocifisso. Il giorno di Pasqua padron 'Ntoni prese quelle cento lireche ci erano nel canteranoe si mise il giubbone nuovo per andare aportarle allo zio Crocifisso.

- Che son tutte qui? disse costui.

- Tutte non ci possono esserezio Crocifisso; voi losapete quel che ci vuole a far cento lire. Ma "meglio poco chenulla" e "chi dà acconto non è cattivopagatore". Ora viene l'estatee coll'aiuto di Dio pagheremoogni cosa.

- A me perché venite a contarmela? Sapete chenon c'entroed è affare di compare Piedipapera.

- È tutta una cosaperché il debito mipare di avercelo sempre con voiquando vi vedo. A voi compare Tinonon vi dirà di noper aspettare sino alla Madonnadell'Ognina.

- Queste qui non bastano per le spese! ripeteva Campanadi legnofacendo saltare i denari nella mano. Andate a dirglielo voise vuole aspettarvi; perché non è più affar mio.

Piedipapera cominciò a bestemmiare e a buttareil berretto per terraal solito suodicendo che non aveva pane damangiaree non poteva aspettare nemmeno sino all'Ascensione.

- Sentitecompare Tinogli diceva padron 'Ntoni collemani giunte come dinanzi al Signore Iddiose non mi volete aspettaresino a san Giovanniora che sto per maritare mia nipoteèmeglio che mi date un colpo di coltello addirittura.

- Santo diavolone! gridò compare Tinomi fatefare quello che non possomaledetto sia il giorno e il minuto in cuimi misi in quest'imbroglio! e se ne andò stracciando ilberretto vecchio.

Padron 'Ntoni tornò a casa ancora pallidoedisse alla nuora: - Ce l'ho tiratoma ho dovuto pregarlo come Dio-e tremava ancora il poveretto. Però era contento che padronCipolla non ne sapesse nullae il matrimonio della nipote nonandasse in fumo.

La sera dell'Ascensionementre i ragazzi saltavanoattorno ai falòle comari si erano riunite di nuovo dinanzial ballatoio dei Malavogliaed era venuta anche comare Venera laZuppidda a sentir quello che si dicevae a dir la sua. Oramai comepadron 'Ntoni maritava la nipotee la Provvidenza s'erarimessa in gambetutti tornavano a far buon viso ai Malavogliachenon sapevano nulla di quel che ci aveva nello stomaco Piedipaperanemmeno comare Graziasua mogliela quale chiacchierava con comareMaruzza quasi suo marito non ci avesse niente di male nello stomaco.'Ntoni andava ogni sera a far quattro chiacchiere colla Barbara e leaveva confidato che il nonno aveva detto: Prima deve maritarsi laMena. - E dopo vengo io! - conchiuse 'Ntoni. La Barbara perciòaveva mandato in regalo alla Mena il vaso del basilicotutto ornatodi garofanie con un bel nastro rossoche era l'invito di farsicomari; e tutti le facevano festa a Sant'Agatapersino sua madres'era levata il fazzoletto neroperché dove ci sono sposi èdi malaugurio portare il lutto; e avevano scritto anche a Lucaperdargli la notizia che Mena si maritava.

Ella solapoverettanon sembrava allegra come glialtrie pareva che il cuore le parlasse e le facesse vedere ognicosa in neromentre i campi erano tutti seminati di stelline d'oro ed'argentoe i ragazzi infilavano le ghirlande per l'Ascensioneedella stessa era salita sulla scala per aiutare sua madre ad appenderele ghirlande all'uscio e alle finestre.

Mentre tutte le porte eran fioritesoltanto quella dicompar Alfionera e sgangheratastava sempre chiusae non c'erapiù nessuno che appendesse i fiori dell'Ascensione.

- Quella civetta di Sant'Agata! andava dicendo la Vespacolla schiuma alla boccatanto ha detto e tanto ha fatto che hamandato via del paese compar Alfio!

Intanto a Sant'Agata le avevano messa la veste nuovaeaspettavano la festa di san Giovanni per toglierle la spadinad'argento dalle treccee spartirle i capelli sulla fronteprimad'andare in chiesasicché ognuna al vederla passare diceva: -Beata lei!

La mamma invecepoverettasi sentiva dentro tutta infestaperché la sua ragazza andava in una casa dove non lesarebbe mancato nullae intanto ella era sempre in faccende atagliare e cucire. Padron 'Ntoni voleva vedere anche luiquandotornava a casa la serae teneva la tela e la matassa del cotoneeogni volta che andava alla città portava qualche cosuccia. Ilcuore tornava ad aprirsi col bel tempoi ragazzi guadagnavano tuttichi più chi menoe la Provvidenza si buscava il paneanch'essae facevano il conto che coll'aiuto di Dio a san Giovannisi sarebbero cavati d'imbarazzo. Padron Cipolla allora stava dellesere intere seduto sugli scalini della chiesa con padron 'Ntoniadiscorrere di quel che aveva fatto la Provvidenza. Brasigirandolava sempre per la straduccia dei Malavogliacol vestitonuovo; e poco dopo si seppe per tutto il paese che quella domenicacomare Grazia Piedipapera andava lei a spartire i capelli dellasposae a levarle la spadina d'argentoperché Brasi Cipollaera orfano della madree i Malavoglia avevano invitato apposta laPiedipapera per ingraziarsi suo marito; e avevano anche invitato lozio Crocifissoe tutto il vicinatoe tutti gli amici e parentisenza risparmio.

- Io non ci vengo! borbottava lo zio Crocifisso acompare Tinocolle spalle all'olmo della piazza. Ho mangiato troppabile e non voglio dannarmi l'anima. Andateci voi che non ve neimporta nientee non si tratta della roba vostra. Ancora c'ètempo per mandare l'usciere; l'ha detto l'avvocato.

- Voi siete il padronee farò come dite voi.Adesso non ve ne importa più perché Alfio Mosca se ne èandato. Ma vedrete che appena si marita Menaegli torna qui e sipiglia vostra nipote.

Comare Venera la Zuppidda faceva il diavolo perchéavevano invitato comare Grazia a pettinare la sposamentre sarebbetoccato a leiche stava per diventare parente dei Malavogliae lasua figliuola s'era fatta comare di basilico con la Menatanto cheaveva fatto cucire alla Barbara in fretta e furia la veste nuovachénon se lo aspettava quell'affronto. 'Ntoni ebbe un bel pregarla escongiurarla di non attaccarsi a quel peloe lasciar correre. ComareVeneratutta pettinatae colle mani intrise di farinache s'eramessa apposta ad impastare il paneper far veder che non leimportava più d'andare al convito dei Malavogliarispondeva:

- Avete voluto la Piedipapera? tenetevela! O lei o io!Tutte e due al mondo non possiamo starci. I Malavoglia lo sapevanobene di aver preferito comare Grazia per amore di quei denari chedovevano a suo marito. Adesso erano tutti una cosa con compare Tinodopo che padron Cipolla gli aveva fatto fare la pace con 'Ntoni dipadron 'Ntoni nell'osteria della Santuzzaper quell'affare deipugni.

- Gli leccano le scarpe perché gli devono queisoldi della casa! andava borbottando la Zuppidda.

- Anche a mio marito gli devono più di cinquantalire per la Provvidenza. Domani voglio farmeli dare.

- Lasciate staremamma! lasciate stare! supplicava laBarbara. Ma anch'ella aveva tanto di musoperché non avevapotuto mettere la veste nuovae quasi quasi si pentiva dei soldispesi pel basilico che aveva mandato a comare Mena; e 'Ntoni il qualeera venuto a prenderlelo rimandarono mogio mogioche il giubbonenuovo gli cascava di dosso. Madre e figlia poi stavano a guardare dalcortilementre infornavano il panela babilonia che c'era in casadei Malavogliatanto che le voci e le risate si udivano fin làper farle arrabbiare maggiormente. La casa del nespolo era piena digentecome quando era morto compare Bastianazzo; e Menasenzaspadina d'argento e coi capelli spartiti sulla fronteparevatutt'altratalché tutte le comari le facevano ressa intornoe non si sarebbe sentita una cannonata dal cicaleccio e dalla festa.Piedipapera sembrava che facesse il solletico alle donnetante nedicevamentre l'avvocato stava preparando le cartegiacché amandare l'usciere c'era tempoaveva detto lo zio Crocifisso; persinopadron Cipolla si lasciò andare a dir delle barzelletteallequali rideva soltanto suo figlio Brasi; e tutti parlavano in unavoltamentre i monelli si disputavano le fave e le castagne fra legambe della gente. La stessa Longapoverettaaveva dimenticato isuoi guai dalla contentezza; e padron 'Ntoniseduto sul muricciuolodiceva di sì col capoe rideva tutto solo.

- Bada a non dar da bere ai tuoi calzonicome l'altravoltache non hanno setediceva al figlio compare Cipolla; e dicevapure che si sentiva in gamba meglio della sposa e voleva ballare lafasola con lei.

- Allora io non ho più nulla da far quie me neposso andare! rispondeva Brasi il quale voleva dire le suebarzellette anche luie gli seccava che lo lasciavano in uncantuccio come un minchionee non gli dava retta nemmeno comareMena.

- La festa si fa per comare Menadiceva la Nunziatama essa non è contenta come tutti gli altri.

Allora la cugina Anna finse che le scappasse di mano ilboccalenel quale c'era ancora più di un quartuccio di vinoe cominciò a gridare:

- Allegria! allegria! "Dove ci sono i cocci ci sonfeste"e il vino che si spande è di buon augurio.

- Un altro po' me lo versava sui calzoni anche questavolta! brontolò Brasiil quale dacché gli era accadutaquella disgrazia sul vestito stava guardingo.

Piedipapera s'era messo a cavalcioni sul murocolbicchiere fra le gambeche sembrava il padroneper quell'usciereche poteva mandaree disse: - All'osteria non c'è nemmenoRocco Spatuoggi tutta l'allegria è quie pare di esseredalla Santuzza.

- Qui è meglio assai! osservò il figliodella Loccail quale era venuto in coda alla follae l'avevanofatto entrare per dare da bere anche a lui. Dalla Santuzza se ciandate senza denari non vi danno niente.

Piedipapera dal muro stava guardando un piccolocrocchio di persone che discorrevano fra di loro vicino alla fontanacolla faccia seria come se fosse per cascare il mondo. Alla spezieriac'erano i soliti sfaccendatiche si dicevano le orazionicolgiornale in manoo si piantavano le mani sulla facciachiacchierandoquasi volessero accapigliarsi; e don Giammaria ridevae ci tirava su una presache si vedeva di là il piacere chegli faceva.

- O perché non sono venuti il vicario e donSilvestro? domandò Piedipapera.

- Gliel'ho detto anche a loroma vuol dire che hannoda farerispose padron 'Ntoni.

- Son làalla spezieriache sembra ci siaquello dei numeri del lotto. O cosa diavolo è successo?

Una vecchia andava strillando per la piazzae sistrappava i capelliquasi le avessero portata la malanuova; edavanti alla bottega di Pizzuto c'era folla come quando casca unasino sotto il caricoe tutti si affollano a vedere cos'èstatotalché anche le donnicciuole guardavano da lontanocolla bocca aperta senza osare d'accostarsi.

- Ioper mevado a vedere cos'è successo;disse Piedipaperae scese dal muro adagio adagio.

In quel crocchioinvece dell'asino cadutoc'erano duesoldati di marinacol sacco in spalla e le teste fasciatechetornavano in congedo. Intanto si erano fermati dal barbiere a farsidare un bicchierino d'erbabianca. Raccontavano che si era combattutauna gran battaglia di maree si erano annegati dei bastimenti grandicome Aci Trezzacarichi zeppi di soldati; insomma un mondo di coseche parevano quelli che raccontano la storia d'Orlando e dei paladinidi Francia alla Marina di Cataniae la gente stava ad ascoltarecolle orecchie tesefitta come le mosche.

- Il figlio di Maruzza la Longa ci era anche lui sul Red'Italiaosservò don Silvestroil quale si era accostatoper sentire.

- Ora vado a dirlo a mia moglie! saltò su mastroTuri Zuppidducosì si persuaderà ad andarci da comareMaruzzaché i musi lunghi non mi piaccionofra vicini edamici.

Ma intanto la Longa non ne sapeva nullapoveraccia! erideva ed era in festa coi parenti e gli amici.

Il soldato non finiva di chiacchierare con quelli chevolevano ascoltarlogiocando colle braccia come un predicatore. -Sìc'erano anche dei siciliani; ce n'erano di tutti i paesi.Del restosapetequando suona la generale nelle batterienon sisente più né sciavossiae lecarabine le fanno parlar tutti allo stesso modo. Bravi giovanottitutti! e con del fegato sotto la camicia. Sentitequando si èvisto quello che hanno veduto questi occhie come ci stavano queiragazzi a fare il loro dovereper la Madonna! questo cappello qui losi può portare sull'orecchio!

Il giovanotto aveva gli occhi lustrima diceva che nonera nullaed era perché aveva bevuto. - Si chiamava il Red'Italiaun bastimento come non ce n'erano altricolla corazzavuol dire come chi dicesse voi altre donne che avete il bustoequesto busto fosse di ferroche potrebbero spararvi addosso unacannonata senza farvi nulla. È andato a fondo in un momentoenon l'abbiamo visto piùin mezzo al fumoun fumo come se cifossero state venti fornaci di mattonelo sapete?

- A Catania c'era una casa del diavolo! aggiunse lospeziale. - La gente si affollava attorno a quelli che leggevano igiornaliche pareva una festa.

- I giornali son tutte menzogne stampate! sentenziòdon Giammaria.

- Dicono che è stato un brutto affare; abbiamoperso una gran battagliadisse don Silvestro.

Padron Cipolla era accorso anche lui a vedere cos'eraquella folla.

- Voi ci credete? sogghignò egli alfine. Sonchiacchiere per chiappare il soldo del giornale.

- Se lo dicono tutti che abbiamo perso!

- Che cosa? disse lo zio Crocifisso mettendosi la manodietro l'orecchio.

- Una battaglia.

- Chi l'ha persa?

- Iovoitutti insommal'Italia; disse lo speziale.

- Io non ho perso nulla! rispose Campana di legnostringendosi nelle spalle; adesso è affare di comparePiedipapera e ci penserà lui; e guardava la casa del nespolodove facevano baldoria.

- Sapete com'è? conchiuse padron Cipollaècome quando il comune di Aci Trezza litigava pel territorio colComune di Aci Castello. Cosa ve n'entrava in tascaa voi e a me?

- Ve n'entra! esclamò lo speziale tutto rosso.Ve n'entra… che siete tante bestie!…

- Il guaio è per tante povere mamme! s'arrischiòa dire qualcheduno; lo zio Crocifisso che non era mamma alzòle spalle.

- Ve lo dico io in due parole com'èraccontavaintanto l'altro soldato. È come all'osteriaallorchéci si scalda la testae volano i piatti e i bicchieri in mezzo alfumo ed alle grida. L'avete visto? Tale e quale! Dapprincipioquandostate sull'impagliettatura colla carabina in pugnoin quel gransilenzionon sentite altro che il rumore della macchinae vi pareche quel punf! punf! ve lo facciano dentro lo stomaco: null'altro.Poialla prima cannonatae come incomincia il parapigliavi vienvoglia di ballare anche voiche non vi terrebbero le catenecomequando suona il violino all'osteriadopo che avete mangiato ebevutoe allungate la carabina dappertutto dove vedete un po' dicristianoin mezzo al fumo. In terra è tutt'altra cosa. Unbersagliere che tornava con noi a Messina ci diceva che non si puòstare al pinf panf delle fucilate senza sentirsi pizzicar le gambedalla voglia di buttarsi avanti a testa bassa. Ma i bersaglieri nonsono marinarie non sanno come si fa a stare nel sartiame col piedefermo sulla corda e la mano sicura al grillettomalgrado il rolliodel bastimentoe mentre i compagni vi fioccano d'attorno come perefradicie.

- Per la madonna! esclamò Rocco Spatu. Avreivoluto esserci anch'io a far quattro pugni!

Tutti gli altri stavano ad ascoltare con tanto d'occhiaperti. L'altro giovanotto poi raccontò pure in qual modo erasaltata in aria la Palestro- la quale ardeva come unacatasta di legnaquando ci passò vicinoe le fiamme salivanoalte sino alla penna di trinchetto. Tutti al loro posto peròquei ragazzinelle batterie o sul bastingaggio. Il nostro comandantedomandò se avevano bisogno di nulla. - Nograzie tanterisposero. Poi passò a babordo e non si vide più.

- Questa di morire arrostito non mi piacerebbeconchiuse Spatu; ma pei pugni ci sto. E la Santuzza come tornòall'osteria gli disse: - Chiamateli quaquei poverettiche devonoaver setedopo tanta strada che hanno fattoe ci vuole un bicchieredi vino schietto. Quel Pizzuto avvelena la gente colla suaerbabiancae non va a confessarsene. Certuni la coscienza l'hannodietro le spallepoveretti loro!

- A me mi sembrano tanti pazzicostoro! diceva padronCipolla soffiandosi il naso adagio adagio. Che vi fareste ammazzarevoi quando il re vi dicesse: fatti ammazzare per conto mio?

- Poveraccinon ci hanno colpa! osservava donSilvestro. Devono farlo per forzaperché dietro ogni soldatoci sta un caporale col fucile caricoe non ha a far altro che star avedere se il soldato vuol scapparee se il soldato vuol scappare ilcaporale gli tira addosso peggio di un beccafico.

- Ah! così va bene! Ma è una bricconatabell'e buona!

Tutta la sera si rise e si bevette nel cortile deiMalavogliacon un bel chiaro di luna; e sul tardi poiquando tuttierano stanchie ruminavano lentamente le fave abbrustolitee alcunianche cantarellavano sottovocecolle spalle al murovennero araccontare la storia che avevano portato in paese i due congedati.Padron Fortunato se n'era andato di buon'orae aveva condotto viaBrasi col vestito nuovo.

- Quei poveri Malavogliadiceva incontrando sullapiazza Campana di legnoDio gliela mandi buona! Hanno la iettaturaaddosso!

Lo zio Crocifisso stava zitto e si grattava la testa.Lui non c'entrava piùse n'era lavate le mani. Ora era affaredi Piedipapera; ma gli dispiacevain coscienza.

Il giorno dopo cominciò a correre la voce chenel mare verso Trieste ci era stato un combattimento tra i bastimentinostri e quelli dei nemiciche nessuno sapeva nemmeno chi fosseroed era morta molta gente; chi raccontava la cosa in un modo e chi inun altroa pezzi e bocconimasticando le parole. Le vicine venivanocolle mani sotto il grembiule a domandare se comare Maruzza ci avesseil suo Luca laggiùe stavano a guardarla con tanto d'occhiprima d'andarsene. La povera donna cominciava a star sempre sullaportacome ogni volta che succedeva una disgraziavoltando la testadi qua e di làda un capo all'altro della viaquasiaspettasse più presto del solito il suocero e i ragazzi dalmare. Le vicine le domandavano pure se Luca avesse scrittoo eramolto che non riceveva lettera di lui. - Davvero ella non ci avevapensato alla lettera; e tutta la notte non poté chiudereocchioe aveva sempre la testa lànel mare verso Triestedov'era successa quella ruina; e vedeva sempre suo figliopallido eimmobileche la guardava con certi occhioni sbarrati e lucentiediceva sempre di sìcome quando l'avevano mandato a fare ilsoldato - talché sentiva anche lei una seteun'arsura da nondirsi. - In mezzo a tutte le storie che correvano pel villaggioeche erano venuti a raccontarglielele era rimasto in mente di uno diquei marinariche l'avevano pescato dopo dodici orequando stavanoper mangiarselo i pescicanie in mezzo a tutta quell'acqua moriva disete. Allora la Longacome pensava a quell'uomo che moriva di setein mezzo a tutta quell'acquanon poteva stare dall'andare adattaccarsi alla broccaquasi ce l'avesse avuta dentro di séquell'arsurae nel buio spalancava gli occhidove ci aveva semprestampato quel cristiano.

Coll'andare dei giorni perònessuno parlava piùdi quello che era successo; ma come la Longa non vedeva spuntare laletteranon aveva testa né di lavorare né di stare incasa; era sempre in giro a chiacchierare di porta in portaquasiandasse cercando quel che voleva sapere. - Avete visto una gattaquando ha perso i suoi gattini? dicevano le vicine. La lettera nonveniva però. Anche padron 'Ntoni non s'imbarcava più estava sempre attaccato alle gonnelle della nuora come un cagnolino.Alcuni gli dicevano: - Andate a Catania che è paese grossoequalcosa sapranno dirvi.

Nel paese grosso il povero vecchio si sentiva persopeggio del trovarsi in mare di nottee senza sapere dove drizzare iltimone. Infine gli fecero la carità di dirgli che andasse dalcapitano del portogiacché le notizie doveva saperle lui.Colàdopo averlo rimandato per un pezzo da Erode a Pilatosimisero a sfogliare certi libracci e a cercare col dito sulla listadei morti. Allorché arrivarono ad un nomela Longa che nonaveva ben uditoperché le fischiavano gli orecchieascoltava bianca come quelle cartaccesdrucciolò pian pianoper terramezzo morta.

- Son più di quaranta giorni - conchiusel'impiegatochiudendo il registro. Fu a Lissa; che non lo sapevateancora?

La Longa la portarono a casa su di un carroe fumalata per alcuni giorni. D'allora in poi fu presa di una grandevozione per l'Addolorata che c'è sull'altare dellachiesettae le pareva che quel corpo lungo e disteso sulle ginocchiadella madre colle costole nere e i ginocchi rossi di sanguefosse ilritratto del suo Lucae si sentiva fitte nel cuore tutte quellespade d'argento che ci aveva la Madonna. Ogni sera le donnicciuolequando andavano a prendersi la benedizionee compare Cirino facevarisuonare le chiavi prima di chiuderela vedevano sempre lìa quel postoaccasciata sui ginocchie la chiamavano anche lei lamadre addolorata.

- Ha ragione - dicevano nel paese. - Luca sarebbetornato fra brevee i suoi trenta soldi al giorno se li sarebbeguadagnati. "A nave rotta ogni vento è contrario".

- Avete visto padron 'Ntoni? aggiungeva Piedipapera;dopo la disgrazia di suo nipote sembra un gufo tale e quale. - Adessola casa del nespolo fa acqua davvero da tutte le particome unascarpa rottae ogni galantuomo bisogna che pensi ai suoi interessi.

La Zuppidda era sempre con tanto di musoe borbottavache ora tutta la famiglia rimaneva sulle braccia di 'Ntoni! Questavolta una ragazza ci penserà prima di pigliarselo per marito.

- Cosa ci hai con quel povero giovane? domandava mastroTuri.

- Voi taceteché non sapete nulla; gli gridavala moglie. I pasticci non mi piacciono! Andate a lavorare che nonsono affari vostri - e lo mandava fuori dell'uscio colle bracciapenzoloni e quella malabestia di dieci rotoli in mano.

Barbaraseduta sul parapetto del terrazzoa strapparele foglioline secche dei garofanicolla bocca stretta anche leifaceva cascare nel discorso che "maritati e muli vogliono starsoli" e che "fra suocera e nuora ci si sta in malora".

- Quando Mena si sarà maritatarispondeva'Ntoniil nonno ci darà la camera di sopra.

- Io non ci sono avvezza a star nella camera di sopracome i colombi! tagliava corto la Barbara; tanto che suo padrech'era suo padre! diceva a 'Ntoniguardandosi attornomentre se neandavano per la straduccia: - Verrà tutta sua madrelaBarbara; pensa a non farti mettere il basto da principiose no tisuccede come a me.

Però comare Venera aveva dichiarato: - Prima chemia figlia vada a dormire nella stanza dei colombi bisogna sapere achi resta la casae voglio stare a vedere dove finisce questo affaredei lupini.

Andava a finire che Piedipapera stavolta voleva esserepagatosanto diavolone! San Giovanni era arrivatoe i Malavogliatornavano a parlare di dare degli accontiperché non avevanotutti i denarie speravano di raggranellare la somma alla raccoltadelle ulive. Lui se l'era levati di bocca quei soldie non avevapane da mangiarecom'è vero Dio! non poteva campare di ventosino alla raccolta delle ulive.

- A me mi dispiacepadron 'Ntoni; gli aveva detto: mache volete? Bisogna che pensi ai miei interessi. San Giuseppe primafece la sua barba e poi quella di tutti gli altri.

- Presto compie l'anno! aggiungeva lo zio Crocifissoquand'era solo a brontolare con compare Tino - e non si èvisto un grano d'interessi - quelle duecento lire basteranno appenaper le spese. Vedrete che al tempo delle ulive vi diranno diaspettarli sino a Natalee poi sino a Pasqua. Così vanno inrovina le case. Ma io la roba mia l'ho fatta col sudore della fronte.Adesso uno è in paradisol'altro vuole la Zuppidda; nonpossono menare innanzi quella barca rottae cercano di maritare laragazza. Costoro non pensano ad altro che a maritarsi; hanno larabbiacome mia nipote la Vespa. Adesso che Mena si maritavedreteche compare Mosca torna quiper chiapparsi la chiusa della Vespa.

In conclusione se la prendevano coll'avvocatoil qualenon finiva mai di scrivere le sue carte prima di mandare l'usciere.

- Ci sarà stato padron 'Ntoni a dirgli di andareadagio; soggiungeva Piedipapera; con un rotolo di pesce se necomprano dieci di avvocati.

Stavolta egli l'aveva rotta sul serio coi Malavogliaperché la Zuppidda era andata a togliere la roba di comareGrazia dalla sponda del lavatoioe ci aveva messa la sua: di quellesoperchierie che fanno montare la mosca al naso; la Zuppidda sifidava perché le dava di spalla quel cetriolo di 'NtoniMalavogliail quale faceva il bravaccio. Una manica di carognequeiMalavogliae non voleva vederli più nel battesimo porco chequell'altro porco di don Giammaria gli aveva messo in fronte.

Le carte bollate allora cominciarono a piovereePiedipapera diceva che l'avvocato non doveva esser rimasto contentodel regalo di padron 'Ntoni per lasciarsi compraree questo provavache razza di stitici essi fossero; se ci era da fidarsi quandopromettevano che avrebbero pagato. Padron 'Ntoni tornò acorrere dal segretario e dall'avvocato Scipioni; ma questi gli ridevasul nasoe gli diceva che "chi è minchione se ne sta acasa"che non doveva lasciarvi mettere la mano alla nuoraepoiché aveva fatto il pasticcio se lo mangiasse. "Guai achi casca per chiamare aiuto!".

- Sentite a megli suggerì don Silvestropiuttosto dategli la casase no se ne va in spese perfino laProvvidenza e i capelli che ci avete in testa; e ci perdeteanche le vostre giornatecoll'andare e venire dall'avvocato.

- Se ci date la casa colle buonegli dicevaPiedipaperavi lasceremo la Provvidenzache potrete sempreguadagnarvi il panee resterete padronie non verràl'usciere colla carta bollata.

Compare Tino non aveva fiele in corpoe andava aparlare a padron 'Ntoni come se non fosse fatto suopassandogli ilbraccio attorno al colloe gli diceva: - Scusatemifratello mioame mi dispiace più di voidi cacciarvi fuori dalla vostracasama che volete? sono un povero diavolo; quelle cinquecento lireme le son levate dalla boccae san Giuseppe prima fece la sua barba.Fossi ricco come lo zio Crocifisso non ve ne parlerei nemmenoincoscienza mia!

Il povero vecchio non aveva il coraggio di dire allanuora che dovevano andarsene colle buone dalla casa del nespolodopotanto tempo che ci erano statie pareva che fosse come andarsene dalpaeseespatriareo come quelli che erano partiti per ritornareenon erano tornati piùche ancora c'era lì il letto diLucae il chiodo dove Bastianazzo appendeva il giubbone. Ma infinebisognava sgomberare con tutte quelle povere masseriziee levarledal loro postoche ognuna lasciava il segno dov'era statae la casasenza di esse non sembrava più quella. La roba latrasportarono di nottenella casuccia del beccaio che avevano presain affittocome se non si sapesse in paese che la casa del nespolooramai era di Piedipaperae loro dovevano sgomberarlama almenonessuno li vedeva colla roba in collo.

Quando il vecchio staccava un chiodoo toglieva da uncantuccio un deschetto che soleva star lì di casafaceva unascrollatina di capo. Poi si misero a sedere sui pagliericci ch'eranoammonticchiati nel mezzo della cameraper riposarsi un po'eguardavano di qua e di là se avessero dimenticato qualchecosa; però il nonno si alzò tosto ed uscì nelcortileall'aria aperta.

Ma anche lì c'era della paglia sparsa per ognidovedei cocci di stovigliedelle nasse sfasciatee in un canto ilnespoloe la vite in pampini sull'uscio. - Andiamo via! diceva egli.Andiamo viaragazzi. Tantooggi o domani!… e non si muoveva.

Maruzza guardava la porta del cortile dalla quale eranousciti Luca e Bastianazzoe la stradicciuola per la quale il figliosuo se ne era andato coi calzoni rimboccatimentre piovevae nonl'aveva visto più sotto il paracqua d'incerata. Anche lafinestra di compare Alfio Mosca era chiusae la vite pendeva dalmuro del cortile che ognuno passando ci dava una strappata. Ciascunoaveva qualche cosa da guardare in quella casae il vecchionell'andarsene posò di nascosto la mano sulla portasconquassatadove lo zio Crocifisso aveva detto che ci sarebberovoluti due chiodi e un bel pezzo di legno.

Lo zio Crocifisso era venuto a dare un'occhiata insiemea Piedipaperae parlavano a voce alta nelle stanze vuotedove leparole si udivano come se fossero in chiesa. Compare Tino non avevapotuto durarla a campare d'aria sino a quel giornoe aveva dovutorivendere ogni cosa allo zio Crocifissoper riavere i suoi denari.

- Che voletecompare Malavoglia? gli dicevapassandogli il braccio attorno al collo. Lo sapete che sono un poverodiavoloe cinquecento lire mi fanno! Se voi foste stato ricco vel'avrei venduta a voi. - Ma padron 'Ntoni non poteva soffrire diandare così per la casacol braccio di Piedipapera al collo.Ora lo zio Crocifisso ci era venuto col falegname e col muratoreeogni sorta di gente che scorrazzavano di qua e di là per lestanze come fossero in piazzae dicevano: - Qui ci vogliono deimattoniqui ci vuole un travicello nuovoqui c'è da rifarel'imposta- come se fossero i padroni; e dicevano anche che sidoveva imbiancarla per farla sembrare tutt'altra.

Lo zio Crocifisso andava scopando coi piedi la paglia ei coccie raccolse anche da terra un pezzo di cappello che era statodi Bastianazzoe lo buttò nell'ortodove avrebbe servitoall'ingrasso. Il nespolo intanto stormiva ancoraadagio adagioe leghirlande di margheriteormai vizzeerano tuttora appese all'uscioe le finestrecome ce le avevano messe a Pasqua delle Rose.

La Vespa era venuta a vedere anche leicolla calzettaal colloe frugava per ogni doveora che era roba di suo zio. - Il"sangue non è acqua" - andava dicendo forteperchéudisse anche il sordo. A me mi sta nel cuore la roba di mio ziocomea lui deve stare a cuore la mia chiusa. Lo zio Crocifisso lasciavadire e non udivaora che dirimpetto si vedeva la porta di compareAlfio con tanto di catenaccio. - Adesso che alla porta di compareAlfio c'è il catenacciovi metterete il cuore in pacee locrederete che non penso a lui! diceva la Vespa all'orecchio dello zioCrocifisso.

- Io ci ho il cuore in pace! rispondeva lui: statranquilla.

D'allora in poi i Malavoglia non osarono mostrarsi perle strade né in chiesa la domenicae andavano sino ad AciCastello per la messae nessuno li salutava piùnemmenopadron Cipollail quale andava dicendo: - Questa partaccia a me nonla doveva fare padron 'Ntoni. Questo si chiama gabbare il prossimose ci aveva fatto mettere la mano di sua nuora nel debito dei lupini!

- Tale e quale come dice mia moglie! aggiungeva mastroZuppiddu. Dice che dei Malavoglia adesso non ne vogliono nemmeno icani.

Però quello scimunito di Brasi pestava i piedi evoleva la Menache gliel'avevano promessacome fa un ragazzodavanti alle baracche dei balocchi alla fiera.

- Ti pare che io l'abbia rubata la tua robabietolone!gli gridava il babboper andarla a buttare con chi non ha niente!

Gli avevano ripreso persino il vestito nuovo a Brasied ei si sfogava ad andare a stanare le lucertole nella sciarao a mettersi a cavalcioni sul muricciuolo del lavatoioe giurava dinon far più nullaneanche se l'ammazzavanoora che nonvolevano dargli la mogliee gli avevano ripreso persino il vestitonuovo delle nozze; per fortuna la Mena non poteva vederlo piùcosì vestito com'eraperché i Malavoglia stavanosempre colla porta chiusa ancor essipoverettinella casuccia delbeccaio che avevano presa in affittonella strada del Nerovicinoai Zuppiddie se accadeva di vederli da lontanoBrasi correva anascondersi dietro il muroo tra i fichidindia.

La cugina Anna che scopriva ogni cosa dal greto doveera a stendere la teladiceva con comare Grazia: - Ora quella poveraSant'Agata resta in casapeggio di una casseruola appesa al murotale e quale come le mie figliuole che non hanno dote.

- Poveretta! rispondeva comare Graziae le avevanoperfino spartito i capelli!

Mena però era tranquillae s'era rimessa laspadina d'argento nelle trecce da se stessasenza dir nulla. Adessoaveva tanto da fare nella casa nuova dove bisognava mettere ogni cosaa un altro postoe non si vedeva più il nespolo e la portadella cugina Anna e della Nunziata. Sua madre la covava cogli occhimentre lavorava accanto a leie l'accarezzava col tono della vocequando le diceva: - dammi la forbiceotienmi la matassa - che sela sentiva nelle viscerela sua figliuolaora che tutti levoltavano le spalle; ma la ragazza cantava come uno stornelloperchéaveva diciotto annie a quell'età se il cielo èazzurro vi ride negli occhie gli uccelli vi cantano nel cuore. Peraltro il cuore non ce lo aveva mai avuto per quel cristianolo disseall'orecchio della mammamentre ordivano la trama. La madre era lasola che le aveva letto in cuoree che ci avesse lasciata cascareuna buona parola in quell'angustia. - Almeno se ci fosse comparAlfionon ci avrebbe voltate le spalle anche lui. Ma quando saràil tempo del vino nuovo tornerà qui.

Le comaripoverettenon avevano voltate le spalle aiMalavoglia. Ma la cugina Anna era sempre in faccendecon tuttoquello che aveva da fare per tirare innanzi con le sue figliuolechele erano rimaste in casa peggio di casseruole appesee comarePiedipapera si vergognava di farsi vedere per quel tiro che compareTino aveva fatto ai poveri Malavoglia. Ella aveva il cuore buonolagnà Graziae non diceva come suo marito: - Lasciali starecoloroche non hanno più né re né regno. Cosate ne importa? - La sola che si vedesse di tanto in tanto eraNunziatacol piccino in colloe tutti gli altri dietro; ma anchelei doveva badare ai fatti suoi.

Così va il mondo. - Ciascuno deve badare aifatti suoi: quello che diceva a 'Ntoni di padron 'Ntoni comareVenera. - Ciascuno deve pensare alla sua barba prima di pensare aquella degli altri. Tuo nonno non ti dà nulla; dunque cheobbligo hai verso di loro? Se ti maritivuol dire che fai casa datee quel che guadagnilo guadagni per la tua casa. "Centomani Dio benedissema non tutte in un piatto!".

- Bella cosarispondeva 'Ntoni. Ora che i miei parentisono in mezzo alla strada mi dite di piantarli anch'io! Come se lacaverà il nonno a far andare la Provvidenza e a dar damangiare a tantise lo lascio solo?

- Allora sbrigatevela tra voi altri! esclamava laZuppidda voltandogli le spalle per andare a frugare nei cassettioin cucinabuttando in aria ogni cosa per darsi da fareonde nonguardarlo in faccia. Mia figlia io non l'ho rubata! Si potrebbechiudere gli occhi se non avete nullaperché siete giovaneeci avete sempre la salute da lavoraree siete del mestieretantopiù che adesso i mariti sono scarsicon questa leva deldiavolo che ci scopa via tutti i giovanotti del paese; ma se devonodarvi la dote per papparvela con tutti i vostriè un'altracosa! Marito voglio dargliene uno solo alla mia figliuolae noncinque o seie metterle sulle spalle due famiglie.

Barbara nell'altra stanza fingeva di non udireeseguitava a far girare l'arcolaio lesto lesto. Ma appena 'Ntoni siaffacciava sull'uscio chinava gli occhi sui cannellie allungava ilmuso anche lei. Talché il poveraccio si faceva giallo e verdee di cento colorie non sapeva che fareperché Barbara loteneva invischiato come un passerottocon quegli occhioni neriegli diceva poi: - Vuol dire che a me non mi volete bene come aivostri! e si metteva a piangere nel grembiule quando non c'era lamamma.

- Sacramento! esclamava 'Ntonivorrei tornare a fareil soldato! - E si strappava i capelli e si dava dei pugni nellatestama non sapeva risolversi a pigliare la risoluzione che civolevada vero cetriolo che era. - Alloradiceva la Zuppidda"'Ntrua'ntrua! ciascuno a casa sua!". E suo marito leripeteva: - Te l'avevo detto che a me i pasticci non mi piacciono! -Voi andatevene a lavorare! rispondeva leiche non sapete nulla.

'Ntoniogni volta che andava dai Zuppidditrovavatanto di grugnoe la gnà Venera gli rinfacciava ogni voltache i Malavoglia avevano invitato la Piedipapera a pettinare la Menabella pettinatura che le aveva fatto! per leccare le ciabatte acompare Tinoa motivo di quei quattro soldi della casa; che poi lacasa se l'era presa egualmentee li aveva lasciati in camicia comeGesù Bambino.

- Vi pare che non lo sappia cosa ha detto vostra madreMaruzza in quei tempi in cui portava il naso in suche la Barbaranon era quella che ci voleva per suo figlio 'Ntoniperché eraavvezza come una signorinae non sapeva quel che ci vuole ad essereuna buona moglie di marinaro. Me l'hanno raccontato al lavatoiocomare Mangiacarrubbe e la gnà Cicca.

- Comare Mangiacarrubbe e la gnà Cicca sono duecarognerispondeva 'Ntonie parlano per l'invidia che non hosposato la Mangiacarrubbe.

- Per me pigliatevela pure! Bel guadagno che ci fa laMangiacarrubbe!

- Alloracomare Venerase mi dite questo ècome se mi diceste: in casa mia non ci mettete più piede.

'Ntoni voleva far l'uomoe non si lasciava vedere perdue o tre giorni. Ma la piccola Liache non sapeva tutte quellechiacchierecontinuava a venire a giocare nel cortile di comareVeneracome l'avevano avvezzataquando la Barbara le dava ifichidindia e le castagneperché voleva bene a suo fratello'Ntonied ora non le davano più nulla; la Zuppidda le diceva:- Che vieni a cercare tuo fratello qui? Tua madre ha paura chevogliono rubartelo tuo fratello!

Comare la Vespa veniva anche lei nel cortile deiZuppiddicolla calzetta al colloa dire roba di fuoco degli uominiche sono peggio dei cani. E la Barbara rinfacciava alla ragazzina: -Lo so che non sono brava massaia come tua sorella! E comare Veneraconchiudeva: - Tua madre che fa la lavandaiainvece di stare aciarlare dei fatti altrui al lavatoiofarebbe bene a dare unarisciacquata a quei quattro soldi di vestina che hai indosso.

La bambina molte cose non le capiva; ma quel po' cherispondeva faceva montare la mosca al naso alla Zuppiddae le facevadire ch'era sua madre Maruzza che la indettavae la mandava appostada quelle parti per stuzzicarle la biletanto che finalmente lapiccina non ci andò piùe la gnà Venera disseche era megliocosì non venivano in casa a far le spieche temevano sempre volessero rubarsi quel tesoro di Cetriolo.

Le cose arrivarono al punto che comare Venera e laLonga non si parlavano piùe se si vedevano in chiesa sivoltavano la schiena.

- Vedrete che arriveranno a metter fuori le scope!diceva la Mangiacarrubbe gongolando. Non mi chiamo la Mangiacarrubbese non ci arrivano! Bell'affare che ha fatto la Zuppidda conCetriolo!

Di solito gli uomini non s'immischiano in quelle litidi donnese no le questioni s'ingrosserebbero e potrebbero andare afinire a coltellate; invece le comaridopo che hanno messo fuori lascopae si sono voltate le schienee si sono sfogate a dirsiimproperie a strapparsi i capellisi riconciliano subitoe siabbracciano e si bacianoe si mettono sull'uscio a chiacchierarecome prima. 'Ntoni poistregato dagli occhi della Barbaraeratornato quatto quatto a piantarsi sotto la finestraper metter paceche la gnà Venera voleva buttargli sulla testa la broda dellefavequalche voltaed anche la figliuola si stringeva nelle spalleora che i Malavoglia non avevano più né re néregno.

E glielo disse anche in facciaalla fineonde levarsid'addosso quella noiaperché quel cristiano stava sempredavanti alla sua porta come un canee le avrebbe fatto perdere lafortunase mai qualcun altro avesse avuto l'intenzione di passare dilà per lei.

- Orbècompare 'Ntoni"I pesci del mareson destinati a chi se l'ha da mangiare"; mettiamoci il cuore inpace voi ed ioe non ci pensiamo più.

- Voi potete mettervelo il cuore in pacecomareBarbarama per me"Amare e disamare non sta a chi lo vuolfare".

- Provateche ci riescirete anche voi. A provare nonsi perde nulla. Io vi auguro ogni bene e ogni fortunama lasciatemibadare ai fatti mieiché ho già ventidue anni.

- Io lo sapeva che dovevate dirmi così quando cihanno preso la casaora che tutti ci voltano le spalle.

- Sentitecompare 'Ntonimia madre può venireda un momento all'altroe non è bene che mi trovi qui convoi.

- Sìsìè vero; ora che ci hannotolto la casa del nespolo non è giusto. Egli aveva il cuoregrossoil povero 'Ntonie non voleva lasciarla così. Ma elladoveva andare a riempir la brocca alla fontanae gli disse addiocorrendo lesta lestae dimenando i fianchi con bel garbo - chéZuppidda la chiamavano perché il nonno di suo padre s'erarotta la gamba in uno scontro di carri alla festa di TrecastagnimaBarbara le sue brave gambe ce le aveva tutte e due.

- Addiocomare Barbara! rispose il poveraccioe cosìci mise una pietra su quel che era statoe se ne tornò aremare come un galeottoche già quella era una vera galeradal lunedì al sabatoed egli era stanco di rompersi l'animaper nienteperché quando non si ha nulla è inutilearrabbattarsi da mattina a serae non trovate un cane che vi vogliaper questo egli ne aveva le tasche piene di quella vita; preferivapiuttosto di non far niente davveroe starsene in letto a fare ilmalatocome quando era seccato del servizio militaree il nonno poinon stava a cercare il pelo nell'uovo come il dottore della fregata.- Che hai? gli domandava.

- Nulla ho. Ho che sono un povero diavolo.

- E che vuoi farci se sei un povero diavolo? Bisognavivere come siamo nati.

Egli si lasciava caricare svogliatamente degli attrezzimeglio di un asinoe lungo la giornata non apriva bocca che perbestemmiare o brontolare: "Chi cade nell'acqua è forzache si bagni". Se suo fratello si metteva a cantarementrestavano alla vela:

- Sìsìcanta pure. Quando saraivecchio poi abbaierai come il nonno.

- Ad abbaiare adesso non ci guadagni nulla nemmeno;rispondeva il ragazzo.

- Hai ragioneperché la vita è bella!

- Bella o nonon l'abbiamo fatta noi cosìcom'èconchiudeva il nonno.

La sera mangiava ingrugnato la sua minestrae ladomenica andava a gironzare attorno all'osteriadove la gente nonaveva altro da fare che ridere e spassarsisenza pensare che ilgiorno dopo si tornava a fare quel che si era fatto in tutta lasettimana; oppure stava delle ore intere seduto sugli scalini dellachiesacol mento in manoa veder passare la gentealmanaccando suquei mestieri in cui non ci era nulla da fare.

La domenica almeno si godeva quelle cose che si hannosenza quattriniil solelo star colle mani sotto le ascelle a nonfar nullae allora gli seccava anche quella fatica di pensare al suostatodi desiderare quelle cose che aveva visto da soldatocolricordo delle quali ingannava il tempo nei giorni di lavoro. Glipiaceva stendersi come una lucertola al solee non far altro. E comeincontrava i carrettieri che andavano seduti sulle stanghe - Belmestiere che fanno! borbottava. Vanno in carrozza tutto il giorno! ese vedeva passare qualche povera donnicciuolache tornava dallacittàcurva sotto il carico come un asino stancoe andavalamentandosi per viasecondo il costume dei vecchi:

- Vorrei farlo io quello che fate voisorella mia! lediceva per confortarla. Alla fin fine è come andare a spasso.



Cap. 10

'Ntoni andava a spasso sul mare tutti i santi giorniegli toccava camminare coi remilogorandosi la schiena. Peròquando il mare era cattivoe voleva inghiottirseli in un bocconelorola Provvidenza e ogni cosaquel ragazzo aveva il cuorepiù grande del mare.

Il sangue dei Malavoglia! diceva il nonno; e bisognavavederlo alla manovracoi capelli che gli fischiavano al ventomentre la barca saltava sui marosi come un cefalo in amore.

La Provvidenza si avventurava spesso al largocosì vecchia e rattoppata com'eraper amore di quel po' dipescaora che nel paese c'erano tante barche che spazzavano il marecolla scopa. Anche in quei giorni in cui le nuvole erano basseversoAgnonee l'orizzonte tutto irto di punte nere al levantesi vedevasempre la vela della Provvidenza come un fazzoletto da nasolontano lontano nel mare color di piomboe ognuno diceva che quellidi padron 'Ntoni andavano a cercarsi i guai col candeliere.

Padron 'Ntoni rispondeva che andava a cercarsi il panee quando i sugheri scomparivano ad uno ad unonel mare largo che eraverde come l'erbae le casucce di Trezza sembravano una macchiabiancatanto erano lontanee intorno a loro non c'era che acquasimetteva a chiacchierare coi nipoti dalla contentezzache poi allasera la Longa e tutti gli altri li avrebbero aspettati sulla rivaquando vedevano la vela far capolino tra i fariglioniesarebbero stati a guardare anche loro la pesca che saltellava nellenasse e riempiva il fondo della barca come fosse d'argento; e padron'Ntoni soleva rispondere prima che nessuno avesse aperto bocca - Unquintaleo un quintale e venticinque - che non si sarebbe sbagliatodi un rotolo; e poi se ne parlava tutta la seramentre le donnepestavano il sale fra i ciottolie quando contavano i barilotti aduno ad unoe lo zio Crocifisso veniva a vedere quel che avevanofattoper gettare la sua offerta a occhi chiusie Piedipaperagridava e bestemmiava per dire il prezzo giustoché allorafacevano piacere le grida di Piedipaperagià a questo mondonon bisogna restare in collera colla gentee la Longa poi si contavaa soldo a soldo davanti al suocero i denari che portava Piedipaperanel fazzolettoe diceva: - Questi sono per la casa! Questi altrisono per la spesa. La Mena aiutava anch'essa a pestare il salee amettere in ordine i barilottie ci aveva un'altra volta la vesteturchina e la collana di corallo che avevano dovuto dare in pegnoallo zio Crocifisso; ora le donne potevano tornare ad andare allamessa del paeseché se qualche giovinotto gettava gli occhisulla Menagliela stavano facendola sua dote.

- Per mediceva 'Ntonimenando il remo adagio adagioperché la corrente non li facesse derivare dal cerchio delleretimentre il nonno pensava a tutte quelle cose: - per me desideroquesto soltantoche quella carogna della Barbara s'abbia a mangiarei gomiti quando ci avremo il fatto nostro anche noie s'abbia apentire d'avermi chiusa la porta in faccia.

- "Il buon pilota si conosce alle burrasche";rispondeva il vecchio. Quando saremo un'altra volta quel che siamosempre statiognuno ci farà buon visoe torneranno adaprirci la porta.

- Chi non ce l'ha chiusa in facciaaggiunse Alessièstata la Nunziataed anche la cugina Anna.

- "Carceremalattie e necessitàsiconosce l'amistà". Per questo il Signore le aiutacostorocon tutte quelle bocche che hanno in casa.

- Quando la Nunziata va a far la legna nella sciarao il fagotto della tela è troppo pesante per leil'aiutoanch'iopoverettadisse Alessi.

- Adesso aiuta a tirare da questa parteché sanFrancesco stavolta ha mandata la grazia di Dio! Il ragazzo tirava epuntava i piedie sbuffava che pareva facesse tutto lui. Intanto'Ntoni cantavasdraiato sulla pedagna e colle braccia sotto il capoa veder volare i gabbiani bianchi sul cielo turchino che non finivamaie la Provvidenza si dondolava sulle onde verdichevenivano da lontano fin dove arrivava la vista.

- Che vuol dire che il mare ora è verdeora èturchinoe un'altra volta è biancoe poi nero come lasciarae non è sempre di un colore come dell'acqua cheè? chiese Alessi.

- È la volontà di Diorispose il nonnocosì il marinaio sa quando può mettersi in mare senzatimoree quando è meglio non andarci.

- Quei gabbiani hanno una bella sorteche volanosempre in altoe non hanno paura delle ondate se il mare è intempesta.

- Allora non hanno da mangiare nemmeno loropoverebestiole.

- Dunque tutti hanno bisogno del bel tempotale equale come la Nunziata che non può andare alla fontana sepioveconchiuse Alessi

- "Buon tempo e mal tempo non dura tutto iltempo"osservò il vecchio!

Ma quando era mal tempoo che soffiava il maestraleei sugheri ballavano sull'acqua tutto il giornocome se ci fosse chisuonava il violinoo il mare era bianco al pari del latteo crespoche sembrava che bollissee la pioggia si rovesciava sino a serasulle loro spalle che non ci erano cappotti che bastasseroe il marefriggeva tutto intorno come il pesce nella padellaallora era unaltro par di manichee 'Ntoni non aveva voglia di cantarecolcappuccio sul nasoe gli toccava vuotare dall'acqua la Provvidenzache non si finiva piùe il nonno badava a ripetere "Marebiancoscirocco in campo" o "mare crespovento fresco"come se fossero là per imparare i proverbi; e con queibenedetti proverbimentre la sera stava a guardare il tempo dallafinestra col naso in ariadiceva pure "Quando la luna èrossa fa ventoquando è chiara vuol dire sereno; quando èpallidapioverà".

- Se lo sapete che pioverà perchétorniamo ad andare in mare oggi? gli diceva 'Ntoni. Non era megliorestarci in letto un altro par d'ore?

- "Acqua di cieloe sardelle alle reti!"rispondeva il vecchio.

'Ntoni si dava l'anima al diavolocoll'acqua a mezzagamba.

- Staseragli diceva il nonnola Maruzza ci faràtrovare una bella fiammata e ci asciugheremo tutti.

E la serasull'imbrunirecome la Provvidenzacolla pancia piena di grazia di Diotornava a casache la vela sigonfiava come la gonnella di donna Rosolinae i lumi delle caseammiccavano ad uno ad uno dietro i fariglioni nerie parevache si chiamassero l'un l'altropadron 'Ntoni mostrava ai suoiragazzi il bel fuoco che fiammeggiava nella cucina della Longainfondo al cortiletto della straduccia del Neroche c'era il murobasso e dal mare si vedeva tutta la casacolle quattro tegole sottocui si appollaiavano le gallinee il forno dall'altro lato dellaporta. - Lo vedete che la Longa ce l'ha fatta trovare la fiammata! -diceva tutto giulivo; e la Longa li aspettava sulla riva colle cestepronteche quando dovevano riportarsele indietro vuote non avevanovoglia di ciarlarema invece se le ceste non bastavanoe Alessidoveva correre a casa a prenderne delle altreil nonno si metteva lemani alla bocca per chiamare - Mena! oh Mena! - E Mena sapeva cosavoleva diree venivano tutti in processioneleila Liaed anchela Nunziatacon tutti i suoi pulcini dietro; allora era una festané si badava più al freddoo alla pioggiae davantialla fiammata stavano a chiacchierare sino a tardi della grazia diDio che aveva mandato san Francescoe quel che si sarebbe fatto deidenari.

Ma a quel giuoco da disperati si arrischiava la vitaper qualche rotolo di pescee una volta i Malavoglia furono a unpelo di rimettercela tutti la pelleper amor del guadagnocomeBastianazzomentre erano all'altezza dell'Agnoneverso serae ilcielo era tanto fosco che non si vedeva più neppure l'Etnaeil vento soffiava a ondate che pareva avesse la parola.

- Brutto tempo! diceva padron 'Ntoni. Il vento oggigira peggio della testa di una fraschettae il mare ha la facciacome quella di Piedipapera quando vuol farvi qualche brutto tiro.

Il mare era del color della sciarasebbene ilsole non fosse ancora tramontatoe di tratto in tratto bollivatutt'intorno come una pentola.

- Adesso i gabbiani devono essere tutti a dormire;osservò Alessi.

- A quest'ora avrebbero dovuto accendere il faro diCataniadisse 'Ntonima non si vede niente.

- Tieni sempre la sbarra a grecoAlessiordinòil nonnofra mezz'ora non ci si vedrà più peggio diessere in un forno.

- Con questa brutta sera e' sarebbe meglio trovarsiall'osteria della Santuzza.

- O coricato nel tuo letto a dormirenon èvero? rispose il nonno; allora dovevi fare il segretariocome donSilvestro.

Il povero vecchio aveva abbaiato tutto il giorno peisuoi dolori. - È il tempo che muta! diceva luilo sento nelleossa io.

Tutt'a un tratto si era fatto oscuro che non ci sivedeva più neanche a bestemmiare. Soltanto le ondequandopassavano vicino alla Provvidenzaluccicavano come avesserogli occhi e volessero mangiarsela; e nessuno osava dire piùuna parolain mezzo al mare che muggiva fin dove c'era acqua.

- Ho in testadisse a un tratto 'Ntoniche staseradovremmo dare al diavolo la pesca che abbiamo fatta.

- Taci! gli disse il nonnoe la sua voce in quel buioli fece diventare tutti piccini piccini sul banco dov'erano.

Si udiva il vento sibilare nella vela della Provvidenzae la fune che suonava come una corda di chitarra. All'improvviso ilvento si mise a fischiare al pari della macchina della ferroviaquando esce dal buco del montesopra Trezzae arrivòun'ondata che non si era vista da dove fosse venutala quale fecescricchiolare la Provvidenza come un sacco di nocie la buttòin aria.

- Giù la vela! giù la vela! gridòpadron 'Ntoni. Taglia! taglia subito!

'Ntonicol coltello fra i dentis'era abbrancato comeun gatto all'antennae ritto sulla sponda per far di contrappesosilasciò spenzolare sul mare che gli urlava sotto e se lo volevamangiare.

- Tienti forte! tienti forte! gli gridava il nonno inquel fracasso delle onde che lo volevano strappare di làebuttavano in aria la Provvidenza e ogni cosae facevanopiegare la barca tutta di un latoche dentro ci avevano l'acqua sinoai ginocchi. Taglia! taglia! ripeteva il nonno.

- Sacramento! esclamò 'Ntoni. Se tagliocomefaremo poi quando avremo bisogno della vela?

- Non dire sacramento! che ora siamo nelle mani di Dio!

Alessi s'era aggrappato al timonee all'udire quelleparole del nonno cominciò a strillare - Mamma! mamma mia!

- Taci! gli gridò il fratello col coltello fra identi. Taci o ti assesto una pedata!

- Fatti la crocee taci! ripeté il nonno.Sicché il ragazzo non osò fiatare più.

Ad un tratto la vela cadde tutta di un pezzotanto eratesae 'Ntoni la raccolse in un lampo e l'ammainò stretta.

- Il mestiere lo sai come tuo padregli disse ilnonnoe sei Malavoglia anche tu.

La barca si raddrizzò e fece prima un gransalto; poi seguitò a far capriole sulle onde.

- Da' qua il timone; ora ci vuole la mano ferma! dissepadron 'Ntoni; e malgrado che il ragazzo ci si fosse aggrappato comeun gatto anche luiarrivavano certe ondate che facevano sbattere ilpetto contro la manovella a tutt'e due.

- Il remo! gridò 'Ntoniforza nel tuo remoAlessi! che a mangiare sei buono anche tu. Adesso i remi valgonomeglio del timone.

La barca scricchiolava sotto lo sforzo poderoso di quelpaio di braccia. E Alessi ritto contro la pedagnaci dava l'animasui remi come poteva anche lui.

- Tienti fermo! gli gridò il nonno che appena sisentiva da un capo all'altro della barcanel fischiare del vento -Tienti fermoAlessi!

- Sìnonnosì! rispose il ragazzo.

- Che hai paura? gli disse 'Ntoni.

- Norispose il nonno per lui. Soltantoraccomandiamoci a Dio.

- Santo diavolone! esclamò 'Ntoni col pettoansantequi ci vorrebbero le braccia di ferro come la macchina delvapore. Il mare ci vince.

Il nonno si tacque e stettero ad ascoltare la burrasca.

- La mamma adesso dev'essere sulla riva a vedere setorniamo; disse poi Alessi.

- Ora lascia stare la mammaaggiunse il nonnoèmeglio non ci pensare.

- Adesso dove siamo? domandò 'Ntoni dopo unaltro bel pezzocol fiato ai denti dalla stanchezza.

- Nelle mani di Diorispose il nonno.

- Allora lasciatemi piangereesclamò Alessi chenon ne poteva più. E si mise a strillare e a chiamare la mammaad alta vocein mezzo al rumore del vento e del mare; néalcuno osò sgridarlo più.

- Hai un bel cantarema nessuno ti senteed èmeglio starti chetogli disse infine il fratello con la voce mutatache non si conosceva più nemmen lui. Sta zitto che adesso nonè bene far cosìné per tené per glialtri.

- La vela! ordinò padron 'Ntoni; il timone alvento verso grecoe poi alla volontà di Dio.

Il vento contrastava forte alla manovrama in cinqueminuti la vela fu spiegatae la Provvidenza cominciò abalzare sulla cima delle ondepiegata da un lato come un uccelloferito. I Malavoglia si tenevano tutti da un latoafferrati allasponda; in quel momento nessuno fiatavaperché quando il mareparla in quel modo non si ha coraggio di aprir bocca.

Padron 'Ntoni disse soltanto: - A quest'ora laggiùdicono il rosario per noi.

E non aggiunsero altrocorrendo col vento e colleondenella notte che era venuta tutt'a un tratto nera come la pece.

- Il fanale del molo- gridò 'Ntoni- lovedete?

- A dritta! gridò padron 'Ntonia dritta! Non èil fanale del molo. Andiamo sugli scogli. Serra! serra!

- Non posso serrare! rispose 'Ntoni colla vocesoffocata dalla tempesta e dallo sforzola scotta è bagnata.Il coltelloAlessiil coltello.

- Tagliatagliapresto.

In questo momento s'udì uno schianto: laProvvidenzache prima si era curvata su di un fiancosirilevò come una mollae per poco non sbalzò tutti inmare; l'antenna insieme alla vela cadde sulla barca rotta come unfilo di paglia. Allora si udì una voce che gridava: - Ahi!come di uno che stesse per morire.

- Chi è? chi è che grida? domandava'Ntoni aiutandosi coi denti e col coltello a tagliare le rilinghedella velala quale era caduta coll'antenna sulla barca e coprivaogni cosa. Ad un tratto un colpo di vento la strappò netta ese la portò via sibilando. Allora i due fratelli poteronosbrogliare del tutto il troncone dell'antenna e buttarlo in mare. Labarca si raddrizzòma padron 'Ntoni non si raddrizzòluie non rispondeva più a 'Ntoni che lo chiamava. Oraquando il mare e il vento gridano insiemenon c'è cosa chefaccia più paura del non udirsi rispondere alla voce chechiama. - Nonnononno! gridava anche Alessie al non udir piùnullai capelli si rizzarono in capocome fossero viviai duefratelli. La notte era così nera che non si vedeva da un capoall'altro della Provvidenzatanto che Alessi non piangeva piùdal terrore. Il nonno era disteso in fondo alla barcacolla testarotta. 'Ntoni finalmente lo trovò tastoni e gli parve chefosse mortoperché non fiatava e non si moveva affatto. Lastanga del timone urtava di qua e di làmentre la barcasaltava in aria e si inabissava.

- Ah! san Francesco di Paola! Ah! san Francescobenedetto! strillavano i due ragazziora che non sapevano piùche fare.

San Francesco misericordioso li udìmentreandava per la burrasca in soccorso dei suoi devotie stese il suomantello sotto la Provvidenzagiusto quando stava perspaccarsi come un guscio di noce sullo scoglio dei colombisotto la guardiola della dogana. La barca saltò come unpuledro sullo scoglioe venne e cadere in seccocol naso in giù.- Coraggiocoraggio! gridavano loro le guardie dalla rivaecorrevano qua e là colle lanterne a gettare delle corde. -Siam qui noi! fatevi animo! - Finalmente una delle corde venne acadere a traverso della Provvidenzala quale tremava come unafogliae batté giusto sulla faccia a 'Ntoni peggio di uncolpo di frustama in quel momento gli parve meglio di una carezza.

- A me! a me! gridò afferrando la fune chescorreva rapidamente e gli voleva scivolare dalle mani. Alessi vi siaggrappò anche lui con tutte le sue forzee cosìriescirono ad avvolgerla due o tre volte alla sbarra del timonee leguardie doganali li tirarono a riva.

Padron 'Ntoni però non dava più segno divitae allorché accostarono la lanterna si vide che aveva lafaccia sporca di sanguesicché tutti lo credettero mortoe inipoti si strappavano i capelli. Ma dopo un paio d'ore arrivòcorrendo don MicheleRocco SpatuVanni Pizzutoe tutti glisfaccendati che erano all'osteria quando giunse la notiziaecoll'acqua fresca e le fregagioni gli fecero riaprir gli occhi. Ilpovero vecchiocome seppe dove si trovavache ci voleva meno diun'ora per arrivare a Trezzadisse che lo portassero a casa su diuna scala.

MaruzzaMenae le vicineche strillavano sullapiazza e si battevano il pettolo videro arrivare in tal mododisteso sulla scalae colla faccia biancacome un morto.

- Niente! niente! - andava assicurando don Michele incapo alla folla- una cosa da nulla! - e corse dallo speziale perl'aceto dei sette ladri. Don Franco venne in persona tenendo colledue mani la boccettae accorsero anche Piedipaperacomare GraziaiZuppiddipadron Cipolla e tutto il vicinatonella strada del Neroché in quelle occasioni si mette un sasso su ogni quistioneed era venuta anche la Loccala quale andava sempre dove c'erafollaquando sentiva del brusio pel paesedi notte o di giornoquasi non chiudesse più gli occhie aspettasse sempre il suoMenico. Sicché la gente si accalcava nella stradicciuoladavanti alla casa dei Malavogliacome se ci fosse il mortotantoche la cugina Anna dovette chiuder l'uscio sul mostaccio a tutti.

- Lasciatemi entrare! gridava la Nunziata picchiandocoi pugni sull'uscioche era accorsa mezzo svestita. Lasciatemivedere cos'è successo da comare Maruzza!

- Allora era inutile mandarci per la scalache doponon ci lasciano entrare in casa per vedere cos'è! strepitavail figlio della Locca.

La Zuppidda e la Mangiacarrubbe avevano dimenticatotutti gli improperi che si erano dettie cianciavano davanti allaportacolle mani sotto il grembiule. - Già quel mestiere lìè fatto in tal modoe si finisce col lasciarci la pelle. Unache mariti la figlia con gente di marediceva la Zuppiddaun giornoo l'altro se la vede tornare a casa vedovae cogli orfani pergiuntaché se non fosse stato per don Micheledei Malavogliaquella notte non restava nemmeno la semenza. Il meglio era fare comequelli che non fanno nullae si guadagnano la loro giornataegualmentecome don Michelea mo' d'esempioil quale era grasso egrosso meglio di un canonicoe andava sempre vestito di pannoe simangiava mezzo paesee tutti lo lisciavano; anche lo spezialeilquale voleva mangiarsi il regli faceva tanto di cappellocolcappellaccio nero.

- Non è nullavenne a dire don Franco; gliabbiamo fatta la fasciatura; ma se non viene la febbrese ne va.

Piedipapera volle andare a vedere anche luiperchéera di casae padron Fortunatoe chi d'altri poté entrareafuria di gomitate.

- La faccia non mi piace niente affatto! sentenziavapadron Cipolla scrollando il capo; come vi sentitecompare 'Ntoni?

- Per questo padron Fortunato non gli ha voluto dare ilfiglio alla Sant'Agatadiceva intanto la Zuppiddache l'avevanolasciata sulla porta. Ha il naso fine quell'omaccio!

E la Vespa soggiungeva:

- "Chi ha roba in mare non ha nulla". Civuole la terra al soleci vuole.

- Che notte è venuta pei Malavoglia! esclamavacomare Piedipapera.

- Avete vistoche tutte le disgrazie in questa casaarrivano di notte? osservò padron Cipollauscendo dalla casacon don Franco e compare Tino.

- Per buscarsi un pezzo di panepoveretti! aggiungevacomare Grazia.

Per due o tre giorni padron 'Ntoni fu più di làche di qua. La febbre era venutacome aveva detto lo spezialemaera venuta così forte che stava per portarsi via il malato. Ilpoveraccio non si lagnava piùnel suo cantucciocolla testafasciata e la barba lunga. Aveva solo una gran setee quando Mena ola Longa gli davano da bere afferrava il boccale con le manitremantiche pareva volessero rubarglielo.

Don Ciccio veniva la mattina; medicava il feritoglitastava il polsovoleva veder la linguae poi se ne andavascrollando il capo.

Una notte persino lasciarono accesa la candelaquandodon Ciccio aveva dimenato il capo più forte; la Longa ci avevamesso accanto l'immagine della Madonnae dicevano il rosario davantial letto del malatoil quale non fiatava più e non volevanemmeno dell'acquae nessuno andò a dormiretanto che la Liasi rompeva le mascelle dallo sbadigliarepel gran sonno. Nella casac'era un silenzio di malauguriosicché i carri passando perla strada facevano ballare i bicchieri sulla tavolae trasalirecoloro che stavano a vegliare il malato; così passòanche tutta la giornatae le vicine stavano sulla portacianciandoa voce bassa fra di loroe guardando pel vano dell'uscio cosasuccedeva. Verso sera padron 'Ntoni volle veder tutti i suoi ad unoad unocogli occhi spentie domandava cosa aveva detto il medico.'Ntoni era accanto al capezzale e piangeva come un ragazzochéil cuore l'aveva buonoquel giovane.

- Non piangere così! gli diceva il nonno. Nonpiangere. Ora tu sei il capo della casa. Pensa che ci hai tutti glialtri sulle spallee fa come ho fatto io.

Le donne si mettevano a gridare colle mani nei capelliudendolo discorrere a quel modopersino la piccola Liagiacchéle donne non hanno giudizio in quelle circostanzee non siaccorgevano che il poveretto si turbava in volto al vederledisperarsicome se stesse per morire. Ma egli continuava con vocefioca: - Non fate tante spese quando non ci sarò più.Il Signore lo sa che non possiamo spenderee si contenteràdel rosario che mi diranno Maruzza e la Mena. TuMenafai semprecome ha fatto tua madreche è stata una santa donnae deiguai ne ha visti anche lei; e ti terrai sotto le ali tua sorellacome fa la chioccia coi suoi pulcini. Finché vi aiuterete l'unl'altro i guai vi parranno meno gravi. Ora 'Ntoni è grandeepresto Alessi sarà in grado di aiutarvi anche lui.

- Non dite così! supplicavano le donnesinghiozzandocome se egli avesse voluto andarsene di sua volontà.- Per carità non dite così. Egli scuoteva il capotristamentee rispondeva:

- Adesso che vi ho detto quello che volevo dirvinonme ne importa. Io sono vecchio. Quando non c'è più olioil lume si spegne. Ora voltatemi dall'altra parte che sono stanco.

Più tardi chiamò ancora 'Ntonie glidisse:

- Non la vendete la Provvidenzacosìvecchia come èse no sarete costretti ad andare a giornataenon sapete com'è duraquando padron Cipolla o lo zio Cola vidicono: - Non ho bisogno di nessuno per lunedì. - Equest'altra cosa voglio dire a te'Ntoniche quando avrete messoinsieme qualche soldodovete maritare prima la Menae darle uno delmestiere che faceva suo padree che sia un buon figliuolo; e vogliodirti anche che quando avrete maritato pure la Liase fate deirisparmi metteteli da parte e ricomprate la casa del nespolo. Lo zioCrocifisso ve la venderàse ci avrà il suo guadagnoperché è stata sempre dei Malavogliae di làsono partiti vostro padre e la buon'anima di Luca.

- Sì! nonno! sì! prometteva 'Ntonipiangendo. Alessi ascoltava anche luiserio serio come fosse giàun uomo.

Le donne credevano che il malato avesse il delirioudendolo chiacchierare e chiacchieraree gli mettevano delle pezzebagnate sulla fronte. - Nodiceva padron 'Ntonisono in sensi.Voglio finire tutto quel che devo dirvi prima di andarmene.

Intanto cominciavano ad udirsi i pescatori che sichiamavano da un uscio all'altroe i carri cominciavano a passare dinuovo per la via. - Fra due ore sarà giornodisse padron'Ntonie potrete andare a chiamare don Giammaria.

Quei poveretti aspettavano il giorno come il Messiaeandavano ad ogni momento a socchiudere la finestra per veder sespuntasse l'alba. Finalmente la stanzuccia cominciò a farsibiancae padron 'Ntoni tornò a dire: - Ora chiamatemi ilpreteche voglio confessarmi.

Don Giammaria venne quando il sole era già altoe tutte le vicinecome udirono il campanello per la stradicciuoladel Neroaccorrevano a vedere il viatico che andava dai Malavogliaed entravano tutteperché dove va il Signore non si puòchiudere l'uscio in faccia alla gentetanto che quei poveretti alvedersi la casa piena non osavano nemmeno piangere e disperarsimentre don Giammaria borbottava fra i dentie mastro Cirino glimetteva il cero sotto il naso al malatogiallo e stecchito come unaltro cero anche lui.

- E' sembra il patriarca san Giuseppe addiritturasuquel letto e con quella barba lunga! beato lui! esclamava laSantuzzache piantava i boccali e ogni cosae andava sempre dovesentiva il Signore - come una cornacchia! - diceva lo speziale.

Don Ciccio arrivò che c'era ancora il vicariocoll'olio santotanto che voleva voltare la briglia dell'asinello etornarsene indietro. - Chi vi ha detto che c'era bisogno del prete?Chi è andato a chiamare il viatico? Quello dobbiamo dirvelonoi altri mediciquando è l'ora; e mi meraviglio del vicarioche è venuto senza la polizza del viatico. Ora volete saperlo?non c'è bisogno del viatico. Se sta megliovi dico!

- È il miracolo della Madonna Addolorata!esclamava la Longa; la Madonna ci ha fatto il miracoloperchéil Signore ci è stato troppe volte in questa casa! - Ah!Vergine benedetta! esclamava Mena colle mani giunte. Ah! Verginesantache ci avete fatta la grazia! - E tutti piangevano dallaconsolazionecome se l'infermo fosse già stato in grado ditornare ad imbarcarsi sulla Provvidenza.

Don Ciccio se ne andava borbottando: - Così miringraziano! Se campanola Madonna ha fatto la grazia! Se muoionoson io che li ammazzo!

Le comari aspettavano sulla porta per veder passare ilmortoche dovevano venirselo a prendere da un momento all'altro. -Poveretto! brontolavano anch'esse.

- Quel vecchio ha il cuoio duro; se non batte il nasoper terra come i gattinon muore. State attenti a quel che vi dicooggi - predicava la Zuppidda. - Siamo qui da due giorni ad aspettare:muorenon muore? Vi dico che egli ci sotterrerà tutti. - Lecomari fecero le corna. "Lontano sia ché son figlia diMaria!" e la Vespa baciava anche la medaglia che ci avevasull'abitino. "Sciatara e matara! Tuono dell'ariae vinosolforoso!" La Zuppidda soggiunse: - Voi almeno non avete figlida maritarecome li ho ioche farei gran danno se andassi sotterra.- Le altre ridevanoperché la Vespa non ci aveva che leistessa da maritaree non ci arrivava anche. - Quanto a questopadron 'Ntoni fa più danno di tuttiperché è lacolonna della casa- rispose la cugina Anna. Quel cetriolo di 'Ntoniora non è più un ragazzo. - Ma tutte si strinsero nellespalle. - Se muore il vecchiola vedrete come casca quella casa!

In questa arrivò la Nunziatalesta lestacollabrocca sul capo. - Largo! largo! ché aspettano l'acqua dacomare Maruzza. E i miei ragazzi se si mettono a giocare mi lascianola roba in mezzo alla strada.

Lia s'era messa sulla portatutta pettoruta a direalle comari: - Il nonno sta meglio. Ha detto don Ciccio che il nonnoper adesso non muore; e non le pareva vero che tutte le comaristessero ad ascoltarla come una donna fatta. Venne anche Alessi edisse alla Nunziata:

- Ora che sei quiin due salti vado a vedere che n'èdella Provvidenza.

- Questo qui ha più giudizio del grande! dicevala cugina Anna.

- A don Michele gli daranno la medaglia per averbuttato la corda alla Provvidenzadiceva lo speziale. E ci èanche la pensione. Così li spendono i denari del popolo!

Piedipapera per difendere don Michele andava dicendoche se l'era meritatala medaglia e la pensioneper questo si erabuttato all'acqua sino a mezza gambacon tutti gli stivalonipersalvare la vita ai Malavogliavi par poco? tre persone! ed era statoa un pelo di lasciarci il cuoio anche luitanto che se ne parlavadappertuttosicché la domenicaquando si metteva l'uniformenuovole ragazze gli lasciavano gli occhi addosso per veder se ciavesse la medaglia.

- Barbara Zuppiddaora che si è levato di mentequel ragazzaccio di Malavoglianon gli volterà più lespalle a don Micheleandava dicendo Piedipapera. L'ho vista io colnaso fra le imposte quando egli passa per la strada.

E don Silvestrosentendo questodiceva a VanniPizzuto:

- Bel guadagno che ci avete fattoa levarvi d'addosso'Ntoni di padron 'Ntoniora che la Barbara ha messo gli occhiaddosso a don Michele!

- Se ce li ha messi li leveràché suamadre non può vedere né sbirriné mangiapanené forestieri.

- Vedretevedrete; la Barbara ha ventitre annie sesi mette in testa che ad aspettare ancora il marito comincia a far lamuffase lo pigliacolle buone o colle cattive. Volete scommetteredodici tarì che si parlano dalla finestra? - E tiròfuori il pezzo da cinque lire nuovo.

- Io non voglio scommettere niente! rispose Pizzutostringendosi nelle spalle. - A me non me ne importa un corno.

Quelli che stavano a sentirePiedipapera e RoccoSpatusi scompisciavano dalle risa. - Ve lo faccio per niente -aggiunse don Silvestromesso di buon umore; e se ne andòcogli altri a chiacchierare con lo zio Santorodavanti all'osteria.- Sentitezio Santorovolete guadagnarvi dodici tarì? e cavòfuori la moneta nuovasebbene lo zio Santoro non ci vedesse. -Mastro Vanni Pizzuto vuol scommettere dodici tarì che ora donMichele il brigadiere va a parlare colla Barbara Zuppiddala sera.Volete buscarveli voi quei dodici tarì?

- O anime sante del purgatorio! esclamò baciandoil rosario lo zio Santoroil quale era stato ad ascoltare tuttointentocogli occhi spenti; ma egli era inquietoe muoveva lelabbra di qua e di làcome fa delle orecchie un cane dacaccia che sente la pedata.

- Sono amicinon temete - aggiunse don Silvestrosghignazzando.

- Sono compare Tinoe Rocco Spatuaggiunse il ciecodopo essere stato attento un altro po'.

Egli conosceva tutti quelli che passavanoal rumoredei loro passifossero colle scarpe o a piedi nudie diceva - Voisiete compare Tinooppure siete compare Cinghialenta. E siccome erasempre làa dir delle barzellette con questo e con quellosapeva ciò che accadeva in tutto il paesee allora perbuscarsi quei dodici tarìcome i ragazzi andavano a prendereil vino per la cenali chiamava - Alessio Nunziatao Lia- edomandava pure: Dove vai? d'onde vieni? che hai fatto oggi? oppure:L'hai visto don Michele? ci passa dalla strada del Nero?

'Ntonipoverettofinché c'era stato bisognoera corso di qua e di là senza fiatoe s'era strappati icapelli anche lui. Adesso che il nonno stava megliogirandolava pelpaesecolle mani sotto le ascelleaspettando che potessero portareun'altra volta la Provvidenza da mastro Zuppiddu perrabberciarla; e andava all'osteria a far quattro chiacchieregiacchénon ci aveva un soldo in tascae raccontava a questo e a quello comeavevano visto la morte cogli occhie così passava il tempocianciando e sputacchiando. Quando gli pagavano poi qualche bicchieredi vinose la prendeva con don Micheleche gli aveva rubatal'innamorata e andava ogni sera a parlare colla Barbarali avevavisti lo zio Santoroche aveva domandato alla Nunziata se donMichele ci passava per la strada del Nero.

- Ma sangue di Giuda! non mi chiamo 'Ntoni Malavogliase non mi taglio questo cornosangue di Giuda!

La gente ci si divertiva a vedergli mangiare l'animaeperciò gli pagavano da bere. La Santuzzamentre risciacquavai bicchierisi voltava dall'altra parteper non sentire lebestemmie e le parolacce che dicevano; ma all'udir discorrere di donMichelesi dimenticava anche di questoe stava ad ascoltare contanto d'occhi. Era divenuta curiosa anche leie stava tutta orecchiquando ne parlavanoe al fratellino della Nunziatao ad Alessiallorché venivano pel vinoregalava delle mele e dellemandorle verdiper sapere chi s'era visto nella strada del Nero. DonMichele giurava e spergiurava che non era veroe spesso la seraquando l'osteria era già chiusasi udiva un casa del diavolodietro la porta. - Bugiardo! gridava la Santuzza. Assassino! ladro!nemico di Dio!

Tanto che don Michele non si fece più vedereall'osteriae si contentava di mandare a prendere il vino e berselonella bottega di Pizzutosolo col suo fiascoper amor della pace.

Massaro Filippoinvece di esser contento che si fossetolto così un altro cane da quell'osso della Santuzzamettevabuone parole e cercava di rappattumarliche nessuno ci capiva piùnulla. Ma era tempo perso. - Non vedete che voga al largo e non si fapiù vedere? esclamava la Santuzza. - Questo è segno chela cosa è vera com'è vero Iddio! No! non vogliosentirne parlar piùdovessi chiuder l'osteriae mettermi afar calzetta!

Massaro Filippo allora si faceva la bocca amara dallacollerae andava a pregare don Michele come un santonel postodelle guardieo nella bottega di Pizzutoperché la finissequella lite con la Santuzzadopo che erano stati amici! ed oraavrebbero fatto chiacchierare la gente- e lo abbracciava e lotirava per la manica. Ma don Michele appuntava i piedi in terra comeun muloe diceva di no. E chi era là presentea godersi lascenaosservava che massaro Filippo faceva una bella figura com'èvero Dio! - Massaro Filippo ha bisogno d'aiutodiceva Pizzuto. Nonlo vedete? Quella Santuzza si mangerebbe anche il Crocifisso!

La Santuzza allora un bel giorno si mise la mantellinae andò a confessarsisebbene fosse lunedìe l'osteriafosse piena di gente. La Santuzza andava a confessarsi ogni domenicae ci stava un'ora col naso alla graticola del confessionarioarisciacquarsi la coscienzache amava tenerla pulita meglio dei suoibicchieri. Ma quella volta donna Rosolinache era gelosa di suofratello il vicarioe si confessava spesso anche lei per tenerci gliocchi addossorestò colla bocca apertalà dov'era adaspettare ginocchioniche la Santuzza ci avesse tanta roba nellostomacoe osservò che suo fratello vicario si soffiòil naso più di cinque volte.

- Cosa aveva oggi Santuzza che non finiva più?domandò perciò a don Giammaria quando furono a tavola.

- Nienteniente- rispondeva suo fratello stendendola mano verso il piatto. Ma ella che gli conosceva il debole lasciavail coperchio sulla zuppiera e lo tormentava a furia di domandesicché infine il poveretto dovette dire che c'era il sigillodella confessionee sinché fu a tavola rimase col naso sulpiattoe ingozzava i maccheroni come se non avesse visto grazia diDio da due giornitanto che gli andarono in velenoe borbottava fradi sé perché non lo lasciavano mai quieto. Dopo pranzoprese il cappello e il ferraiuoloe andò a fare una visitaalla Zuppidda. - Ci dev'essere sotto qualche cosa! borbottava dalcanto suo donna Rosolina. Ci dev'essere qualche sudiceria fra suorMariangela e la Zuppiddasotto il sigillo della confessione. E simise alla finestra per vedere quanto ci stava suo fratellonellacasa di comare Venera.

La Zuppidda saltò su tutte le furie all'udirequello che le mandava a dire suor Mariangela con don Giammariae simise sul ballatoio a gridare che lei non ne voleva roba degli altriaprisse bene le orecchie la Santuzza! che se vedeva passare donMichele per la sua strada voleva cavargli gli occhi con la conocchiache teneva in manoin barba alla pistola che portava sulla panciagiacché ella non aveva paura né delle pistole nédi nessunoe sua figlia non l'avrebbe data a uno che si mangiava ilpane del re e faceva lo sbirroed era nel peccato mortale collaSantuzza per giuntaglielo aveva detto don Giammaria sotto sigillodi confessionema ella se lo teneva nelle ciabatteil sigillo dellaconfessionequando ci andava di mezzo la sua Barbara- e ne dissetanti e tanti degli improperiche la Longa e la cugina Annadovettero chiudere la porta perché non udissero le ragazze; emastro Turi suo maritoonde non restare indietrosbraitava anchelui: - Se mi toccano la coda mi fanno fare qualche spropositobenedetto Dio! Io non ho paura di don Michelee di massaro Filippoe di tutta la ciurma della Santuzza!

- State zitto! gli dava sulla voce comare Venera; nonavete inteso che massaro Filippo non c'entra più collaSantuzza?

Gli altri invece continuavano a dire che la Santuzza ciaveva massaro Filippo per aiutarla a dire le orazionil'aveva vistoPiedipapera. - Bravo! Massaro Filippo ha bisogno d'aiuto anche lui!ripeteva Pizzuto. Non l'avete visto che è venuto a pregare estrapregare don Michele per aiutarlo?

Nella spezieria don Franco chiamava la gente appostaper schiamazzare sull'avventura.

- Ve l'avevo dettonon è vero? Tutti cosìquei leccasanti! col diavolo sotto le gonnelle! Bel lavoroeh! duealla voltaper fare il paio! Ora che gli danno la medaglia a donMichelel'appenderanno insieme a quella di Figlia di Maria che ci hala Santuzza. - E sporgeva il capo fuori dall'uscio per vedere se cifosse sua moglie alla finestra di sopra. - Eh! la chiesa e lacaserma! Il trono e l'altare! sempre la stessa storiave lo dico io!

Egli non aveva paura della sciabola e dell'aspersorio;e se ne infischiava di don Micheletanto che gli leggeva le cornaquando la Signora non era alla finestrae non poteva udire quelloche si diceva nella spezieria; ma donna Rosolina diede una buonalavata di capo a suo fratelloappena venne a sapere che si era messoin quel pasticcioperché quelli della sciabola bisognatenerseli amici.

- Amici un corno! rispondeva don Giammaria. Con quelliche ci hanno levato il pan di bocca? Io ho fatto il debito mio. Ionon ho bisogno di loro! Son loro piuttosto che hanno bisogno di noialtri.

- Almeno dovreste dire che vi ci ha mandato laSantuzzasotto sigillo di confessione; sosteneva donna Rosolina;così non l'acchiappereste voi l'inimicizia.

Però in aria misteriosa andava ripetendo che erauna cosa sotto sigillo di confessionea tutte le comari e i viciniche venivano a ronzarle attorno per sapere come s'era venuto ascoprire quell'imbroglio. Piedipaperadacché aveva sentitodire a don Silvestro che voleva far cadere la Barbara coi suoi piedicome una pera maturaandava sussurrando: - Questa è tuttamanovra di don Silvestroche vuol far cadere la Zuppidda coi suoipiedi.

E tanto lo disse che arrivò all'orecchio didonna Rosolinamentre cuoceva la conserva dei pomidorocollemaniche rimboccatee si sbracciava a difender don Michele davantialla genteperché si sapesse cheloro come loronon glivolevano male a don Michelesebbene ei fosse di quei del governo; ediceva che l'uomo è cacciatoree la Zuppidda doveva pensarcilei a guardarsi la figliuola e se don Michele ci aveva degli altriintrighi cotesto riguardava lui e la sua coscienza.

- Questa è opera di don Silvestroche vuol laZuppiddae ha scommesso dodici tarì che la faràcascare coi suoi piedi; - venne a dirle comare la Vespamentreaiutava donna Rosolina a fare la conserva dei pomidoro; ella civeniva a pregare don Giammaria che facesse entrare gli scrupoli intesta a quel birbante dello zio Crocifissoil quale ci aveva latesta più dura di un mulo. - Non lo vede che ha i piedi nellafossa? diceva. Che vuol portarsi anche questo scrupolo sullacoscienza?

Ma all'udire la storia di don Silvestro donna Rosolinadi botto cambiò registroe si mise a predicare col mestolo inariarossa come la conserva dei pomidorocontro gli uomini chelusingano le ragazze da maritoe quelle pettegole le quali stannoalla finestra ad uccellarli. Già si sapeva che razza dicivetta fosse la Barbara; ma faceva specie che ci cascasse anche unocome don Silvestroil quale sembrava un uomo di propositoe nessunosi sarebbe aspettato da lui un tradimento simile; invece poi andava acercarsi i guai con la Zuppidda e con don Michelementre ci aveva lasorte in mano e se la lasciava scappare. - Al giorno d'oggi perconoscere un uomo bisogna mangiare sette salme di sale.

Però don Silvestro si faceva vedere a braccettocon don Michelee nessuno osava dir parola in faccia a loro di queidiscorsi che correvano. Ora donna Rosolina gli sbatteva la finestrasul nasoallorché il segretario stava a guardare in ariadalla porta dello spezialee non voltava nemmeno il capo quandometteva al sole sul terrazzino la conserva dei pomidori; una voltapoi volle andare a confessarsi ad Aci Castelloperché ciaveva un peccato che non poteva dire a suo fratelloe tanto fece cheincontrò per caso don Silvestrogiusto mentre tornava dallavigna.

- Oh! beato chi vi vede! cominciò a dirglifermandosi a prender fiatoperch'era tutta rossa e scalmanata. Ciavete gran roba pel capoche non vi ricordate più degli amiciantichi.

- Io non ci ho nulla pel capodonna Rosolina.

- A me mi hanno detto che ce l'avetema è unabestialitàche vi farebbe venire il capo grosso davvero.

- Chi ve l'ha detto?

- Lo dice tutto il paese.

- Lasciatelo dire. E poivolete saperla? io faccioquel che mi piace a me; e se ci avrò la testa pesante ci ho dapensar io.

- Buon prò vi faccia- rispose donna Rosolinacol viso rosso. - Vuol dire che cominciate ad avercela d'adessosemi rispondete in questo modotanto che non me l'aspettavoe vi hoavuto sinora per giudizioso; scusate se mi sono sbagliata. Vuol direche "acqua passata non macina più"e "buontempo e mal tempo non dura tutto il tempo". Pensateci che ilproverbio dice: "Chi cambia la vecchia per la nuovapeggiotrova"e "chi piglia bellezze piglia corna". Godetevila Zuppidda in santa paceperché a me non me ne importa. Eper tutto l'oro del mondo non vorrei che si dicesse di me quello chesi dice della vostra Zuppidda.

- State tranquilladonna Rosolinaché oramainon si può dir più nulla di voi.

- Almeno non si dice che mi mangio mezzo paese; aveteinteso don Silvestro?

- Lasciateli diredonna Rosolina"chi ha boccamangiae chi non mangia se ne muore".

- E non si dice pure quel che si dice di voiche sieteun truffatore! seguitò donna Rosolinaverde come l'aglio. Miavete intesodon Silvestro? e di tutti non si può dire lastessa cosa! Quando non vi servono piùpoidatemele quelleventicinque onze che vi ho prestate. Io non li rubo i denaricomecerta gente.

- Non dubitatedonna Rosolinaio non l'ho detto chele avete rubate le vostre venticinque onzee non andrò adirglielo a vostro fratello don Giammaria. A me non me ne importa disapere se gliele avete rubate sulla spesa o no; so che non ve le devoio. Mi avevate detto di metterle a fruttoper farvi la dotesequalcuno vi avesse volutaed io li avevo messi in una banca perconto vostrosotto il mio nomeper non far scoprire la cosa avostro fratello il quale vi avrebbe domandato di dove vi erano venutiquei denari. Ora la banca è fallita. Che colpa ce ne ho io?

- Imbroglione! gli sputava in faccia donna Rosolinacolla schiuma alla bocca. Truffatore! Io non vi avevo dato queidenari per andare a metterli in una banca che falliva. Io ve li avevodati per tenerci gli occhi addosso come se fosse stata roba vostra!…

- Sì! ho fatto come se fosse stata roba mia! -rispondeva il segretario con la faccia tostatanto che donnaRosolina gli voltò le spalle per non crepare dalla rabbiaese ne tornò a Trezza sudata come una spugnanell'ora caldacollo scialle sulla schiena. Don Silvestro rimase lì fermo asogghignaredavanti al muro dell'orto di massaro Filippofinchéella non ebbe scantonatoe si strinse nelle spalleborbottando fradi sé: - A me non me ne importa nulla di quel che dicono.

Ed aveva ragione di non curarsi di quel che dicevano.Dicevano che se don Silvestro si era messo in testa di far cascare laBarbara coi suoi piedici sarebbe cadutatal briccone matricolatoegli era! Però gli facevano di berrettoe gli amici gliaccennavano col caposogghignandoquando andava a chiacchierarenella spezieria. - Siete un bel prepotente! gli diceva don Francoaccarezzandolo sulle spalle. - Un vero feudatario! Siete l'uomofatalemandato in terra per provare come quattro e quattr'otto chebisogna fare il bucato alla vecchia società. - E allorchéveniva 'Ntoni a prendere il medicamento pel nonno: - Tu sei ilpopolo. Finché sarai paziente come il somaro ti toccheranno lebastonate. - La Signorache faceva la calzetta dietro il bancopermutar discorso domandava: - Come sta ora il nonno? 'Ntoni non osavaaprir bocca davanti la Signorae se ne andava brontolandocolbicchiere nelle mani.

Il nonno ora stava meglioe lo mettevano sull'uscioal soleavvolto nel tabarroe col fazzoletto in testache sembravaun morto risuscitatotanto che la gente andava a vederlo percuriosità; ed il poveraccio chinava il capo a questo e aquellocome un pappagalloe sorridevatutto contento di trovarsilànel suo cappottoaccanto all'usciocon Maruzza che glifilava accantoil telaio della Mena che si udiva nelle stanzee legalline che razzolavano nella strada. Ora che non aveva altro da fareaveva imparato a conoscere le galline ad una ad unae stava a vederequello che facevanoe passava il tempo ad ascoltare le voci deivicinidicendo: - Questa è comare Venera che strapazza suomarito. - Questa è la cugina Anna che torna dal lavatoio. Poise ne stava a vedere l'ombra delle case che si allungava; e quandonon c'era più il sole sulla porta lo mettevano contro il murodirimpettoch'egli somigliava al cane di mastro Turiil qualecercava il soleper sdraiarsi.

Infinecominciò a stare sulle gambee loportarono sulla rivareggendolo sotto le ascelleperché glipiaceva dormicchiare accoccolato sui sassiin faccia alle barcheediceva che l'odore dell'acqua salata gli faceva bene allo stomaco; esi divertiva a vedere le barchee sentire com'era andata la giornataper questo e per quello. I comparimentre attendevano alle lorofaccendegli regalavano qualche parolae gli dicevano perconsolarlo: - Vuol dire che c'è olio ancora alla lucernaehpadron 'Ntoni!

La seraquando tutti i suoi erano in casacoll'usciochiusomentre la Longa intonava il rosariose la godeva a vederselivicinie li guardava in faccia ad uno ad unoe guardava i muridella casae il cassettone colla statuetta del Buon Pastoree ildeschetto col lume sopra; e ripeteva sempre: - Non mi par vero diessere ancora quicon voialtri.

La Longa diceva che lo spavento le aveva messo un granrimescolio nel sangue e nella testaed ora le pareva di non avercipiù davanti agli occhi quei due poveretti che erano mortiesino a quel giorno le eran rimasti come due spine dentro il pettotanto che era andata a confessarsene con don Giammaria. Peròil confessore le aveva data l'assoluzioneperché coidisgraziati succede cosìche una spina scaccia l'altrae ilSignore non vuole ficcarcele tutte in una voltaperché simorirebbe di crepacuore. Le erano morti il figlio e il marito;l'avevano scacciata dalla casa; ma adesso era contenta che fosseriescita a pagare il medico e lo spezialee non doveva piùniente a nessuno.

A poco a poco il nonno era arrivato a dire: - Datemi dafare qualche cosacosì non so starcisenza far nulla.Rattoppava delle reti; e intrecciava delle nasse; poi cominciòad andare col bastoncello sino al cortile di mastro Turia vedere laProvvidenzae stava lì a godersi il sole. Infine eratornato a imbarcarsi coi ragazzi.

- Tale e quale come i gatti! diceva la Zuppidda; che senon danno il naso per terra son sempre vivi!

La Longa aveva pure messo sulla porta un panchettinoevendeva arancienociova sode ed ulive nere.

- State a vedere che a poco a poco arrivano a vendereanche il vino! diceva la Santuzza. Io ci ho piacereperchéson gente col timore di Dio! E padron Cipolla si stringeva nellespalle quando passava per la strada del Nerodavanti alla casa deiMalavogliache volevano fare i negozianti.

Il negozio andava bene perché le uova eranosempre freschetanto che la Santuzzaora che 'Ntoni bazzicavaall'osteriamandava da comare Maruzza a prendere le ulivequandoc'erano dei bevitori che non avevano sete. Così a soldo asoldo avevano pagato mastro Turi Zuppiddue avevano rattoppatoun'altra volta la Provvidenzache adesso pareva davvero unaciabatta; eppure si metteva da parte qualche lira. Avevano compratoanche una buona provvista di barilottie il sale per le acciughesesan Francesco mandava la provvidenzala vela nuova per la barcaemesso un po' di denaro nel canterano. - Facciamo come le formichediceva padron 'Ntoni; e ogni giorno contava i denarie andava agirondolare davanti la casa del nespoloa guardare in altocollemani dietro la schiena. La porta era chiusai passeri cinguettavanosul tettoe la vite si dondolava adagio adagio sulla finestra. Ilvecchio si arrampicava sul muro dell'ortodove ci avevano seminatedelle cipolle che facevano come un mare di pennacchi bianchie poicorreva dietro allo zio Crocifissoper dirgli cento volte: - Sapetezio Crocifissose giungiamo a metterli insiemequei denari dellacasadovete venderla a noiperché è stata sempre deiMalavoglia; "ad ogni uccello il suo nido è bello" edesidero morire dove son nato. "Beato chi muore nel proprioletto". Lo zio Crocifisso grugniva di sìper noncompromettersi; e alla casa ci faceva mettere una tegola nuovaoduna cazzolata di calcina al muro del cortileper far crescere ilprezzo.

Lo zio Crocifisso lo rassicurava così: - Nondubitatenon dubitate. La casa è là che non scappa.Basta tenerci gli occhi addosso. Ognuno tiene gli occhi addosso aquel che gli preme. - E una volta aggiunse: - Che non la maritate piùla vostra Mena?

- La mariterò quando vorrà Dio! risposepadron 'Ntoni. Per me vorrei maritarla anche domani.

- Io se fossi in voigli darei Alfio Moscache èun buon ragazzoonesto e laborioso; e cerca moglie di qua e di lànon ha altro difetto. Ora dicono che tornerà in paesee parfatto apposta per vostra nipote.

- O se dicevano che volesse pigliarsi vostra nipote laVespa?

- Anche voi! anche voi! cominciò a gridareCampana di legno. Chi lo dice? Son tutte chiacchiere; vuol papparlela chiusa a mia nipoteecco cosa vuole! Bella cosaeh? Che direstevoi se la vostra casa la vendessi a un altro?

Piedipapera il quale era sempre lì per lapiazzaappena c'erano due che discorrevanoa cercare di buscarsi lasenseriasi ficcò nel discorso anche lui. - La Vespa ora ciha per le mani Brasi Cipolladopo che andò in aria ilmatrimonio della Sant'Agatali ho visti con questi occhicheandavano insieme per la viottola del torrente; io ci ero andato acercare due ciottoli lisci per l'intonaco dell'abbeveratoio che nontiene l'acqua. E gli faceva la smorfiosala civetta! colle cocchedel fazzoletto sulla boccae gli diceva: - Per questa medagliabenedetta che ci ho quinon è vero niente. Puh! che mi fatestomaco quando mi parlate di quel vecchio barbogio di mio zio! -Parlava di voizio Crocifisso; e gli lasciava toccare la medagliasapete dove la tiene? Campana di legno faceva il sordoe dimenava ilcapocome Tartaglia. Piedipapera continuava: e Brasi disse: - Allorache facciamo? - Io non lo so quel che volete fare - rispondeva laVespama se è vero che mi volete benein questo stato non milascereteché quando non vi vedo mi pare che il cuore l'abbiadiviso in duecome due spicchi d'aranciae se vi maritano conqualchedun'altra vi giuro per questa medaglia benedetta che ci hoquisentiteche vedrete qualche cosa di grosso nel paesee mibutterò in mare bella e vestita come sono. Brasi si grattavail capoe seguitava: - Per meio vi voglio; ma mio padre poi chefarà? - Andiamocene via dal paesediceva leicome se fossimomarito e mogliee quando la frittata sarà fattavostro padredovrà dir di sì per forza. Già non ha altrifigliuolie la roba non sa a chi lasciarla.

- Che genteeh! cominciò a strillare lo zioCrocifissodimenticandosi che era sordo. Quella strega ha il diavoloche la pizzica sotto la gonnella! E dire che tengono la medagliadella Madonna sul petto! Bisognerà dirlo a padron Fortunatobisognerà! Siamo galantuomini o no? Se padron Fortunato nonsta in guardiaquella strega di mia nipote gli fa il tiro dirubargli il figliopoveretto!

E correva per la strada come un pazzo.

- Mi raccomandonon dite che li ho visti io! gridavaPiedipapera andandogli dietro. Non voglio mettermi in bocca a quellavipera di vostra nipote.

Lo zio Crocifisso in un attimo mise sottosopra tutto ilpaeseche voleva mandare perfino le guardie e don Michele a metteresotto custodia la Vespa; la qualeinfineera sua nipotee dovevapensarci lui; e don Michele era pagato per questoper guardare gliinteressi dei galantuomini. La gente si divertiva a veder padronCipolla correre di qua e di là anche lui con tanto di linguafuorie ci aveva gusto che quel bietolone di suo figlio Brasi fosseandato a cascare nella Vespamentre pareva che per lui non fossebuona nemmeno la figlia di Vittorio Emanueleché avevapiantato la Malavoglia senza dire: vi saluto!

Mena però non s'era messa il fazzoletto neroquando Brasi l'aveva piantata; anzi ora tornava a cantare mentrestava al telaioo aiutava a salare le acciughenelle belle sered'estate. Stavolta san Francesco l'aveva proprio mandata laprovvidenza. C'era stata una passata di acciughe come mai sen'erano viste; una ricchezza per tutto il paese; le barche tornavanocarichecolla gente che cantava e sventolava i berretti da lontanoper far segno alle donne che aspettavano coi bambini in collo.

I rigattieri venivano in folla dalla cittàapiedia cavallosui carrie Piedipapera non aveva tempo digrattarsi il capo. Verso l'avemaria sulla riva c'era una fieraaddiritturae grida e schiamazzi d'ogni genere. Nel cortile deiMalavoglia il lume stava acceso sino a mezzanotteche pareva unafesta. Le ragazze cantavanoe venivano anche le vicine ad aiutarele figlie della cugina Anna e la Nunziataperché c'era daguadagnare per tuttie lungo il muro si vedevano quattro file dibarilotti già belli e preparaticoi sassi di sopra.

- Adesso vorrei qui la Zuppidda! esclamava 'Ntoniseduto sui sassi a far peso anche luicolle mani sotto le ascelle. -Adesso lo vedrebbe che abbiamo il fatto nostro anche noie ce neinfischiamo di don Michele e di don Silvestro!

I rigattieri correvano dietro a padron 'Ntoni coidenari in mano. Piedipapera lo tirava per la manica dicendogli: -Questo è il tempo d'approfittare. Ma padron 'Ntoni teneva duroa rispondere: - Ne parleremo ad Ognissanti; allora le acciugheavranno il loro prezzo. Nonon voglio caparranon voglio legarmi lemani! So io come vanno le cose. - E picchiava i pugni sui barilidicendo ai nipoti: - Qui c'è la vostra casa e la dote di Mena."La casa ti abbraccia e ti bacia". San Francesco mi hafatto la grazia di lasciarmi chiudere gli occhi contento.

Nello stesso tempo avevano fatte tutte le provviste perl'invernoil granole favel'olio; e avevano data la caparra amassaro Filippo per quel po' di vino della domenica.

Ora erano tranquilli; suocero e nuora tornavano acontare i danari nella calzai barilotti schierati nel cortileefacevano i loro calcoli onde vedere quello che ci mancasse ancora perla casa. La Maruzza conosceva quei denari soldo per soldoquellidelle arancie e delle uovaquelli che aveva portati Alessi dallaferroviaquelli che Mena s'era guadagnati col telaioe diceva: - Cen'è di tutti. - Non ve l'avevo detto che per menare il remobisogna che le cinque dita della mano si aiutino l'un l'altro?rispondeva padron 'Ntoni. - Oramai pochi ce ne mancano. E allora simettevano in un cantuccio a confabulare colla Longae guardavanoSant'Agatala quale se lo meritavapoverettache parlassero di lei"perché non aveva né bocca né volontà"e badava a lavorarecantando fra di sé come fanno gli uccellinel nido prima di giorno; e soltanto quando udiva passare i carrilaserapensava al carro di compare Alfio Moscache andava pel mondochi sa dove; e allora smetteva di cantare.

Per tutto il paese non si vedeva altro che della gentecolle reti in colloe donne sedute sulla soglia a pestare i mattoni;e davanti a ogni porta c'era una fila di barilottiche un cristianosi ricreava il naso a passare per la stradae un miglio prima diarrivare in paese si sentiva che san Francesco ci aveva mandata laprovvidenza; non si parlava d'altro che di sardelle e di salamoiaperfino nella spezieria dove aggiustavano il mondo a modo loro; e donFranco voleva insegnare una maniera nuova di salare le acciughechel'aveva letta nei libri. Come gli ridevano in facciasi metteva agridare: - Bestie che siete! e volete il progresso! e volete larepubblica! - La gente gli voltava le spallee lo piantava lìa strepitare come un pazzo. Da che il mondo è mondo leacciughe si son fatte col sale e coi mattoni pesti.

- Il solito discorso! Così faceva mio nonno!seguitava a gridare loro dietro lo speziale. - Siete asini che vimanca soltanto la coda! Con gente come questa cosa volete fare? e sicontentano di mastro Croce Giufàperché il sindaco èstato sempre lui; e sarebbero capaci di dirci che non vogliono larepubblica perché non l'hanno mai vista! - Questi discorsi poili ripeteva a don Silvestroa proposito di certo ragionamento cheavevano fatto a quattr'occhisebbene don Silvestro non avesse apertoboccaè veroma era stato zitto ad ascoltare. Si sapeva poiche era in rotta colla Betta di mastro Croceperché ilsindaco voleva farlo leie suo padre s'era lasciato mettere lagonnella al collotalché oggi diceva bianco e domani nerocome voleva la Betta. Egli non sapeva dir altro che: - Il sindaco soniocaspitina! - come glielo aveva insegnato a dire sua figlialaquale appuntava i pugni sui fianchi parlando con don Silvestroe glirinfacciava:

- Vi pare che vi lasceranno menar sempre pel naso quelbuon uomo di mio padreper fare gli affari vostri e mangiare adoppio palmento? che perfino donna Rosolina va predicando che virosicate tutto il paese! Ma me non mi mangereteno! ché nonci ho la smania di maritarmie bado agli interessi di mio padre.

Don Franco predicava che senza uomini nuovi non sifaceva nullaed era inutile andare a cercare i pezzi grossicomepadron Cipollail quale vi diceva che per grazia di Dio ci aveva ilfatto suoe non aveva bisogno di fare il servitore del pubblico perniente; oppure come massaro Filippo il quale non pensava ad altro chealle sue chiuse e alle sue vignee solo ci aveva prestato orecchioquando s'era parlato di levare il dazio sul mosto. - Gente vecchia! -conchiudeva don Franco colla barba in aria. - Gente buona pel tempodella camarilla. Al giorno d'oggi ci vogliono uomini nuovi.

- Adesso manderemo dal fornaciaio per farli fareapposta- rispondeva don Giammaria.

- Se le cose andassero come dovrebbero andare sinuoterebbe nell'oro! - diceva don Silvestro: non diceva altro.

- Sapete cosa ci vorrebbe? - suggeriva lo spezialesotto vocee lasciando correre un'occhiata nella retrobottega. - Civorrebbe gente come noi!

E dopo aver soffiato loro quel segreto nel bucodell'orecchiocorreva in punta di piedi a piantarsi sull'usciocolla barba in ariasballottandosi in cima alle gambette colle manidietro la schiena.

- Brava gente che sarebbe! - borbottava don Giammaria.- A Favignanao nelle altre galerene trovate quanti ne voletesenza mandare dal fornaciaio. Andate a dirlo a compare TinoPiedipaperao a quell'ubbriacone di Rocco Spatuche loro ci stannocolle idee del vostro tempo! Io so che mi hanno rubato venticinqueonze di casa miae in galeraa Favignananon ci è andatonessuno! Questi sono i tempi e gli uomini nuovi!

In quel momento entrò nella bottega la Signoracolla calza in manoe lo speziale mandò giù in frettaquello che stava per direseguitando a borbottare nella barbamentre fingeva di guardare la gente che andava alla fontana. DonSilvestro finalmentevedendo che nessuno fiatava piùdissechiaro e tondo che di uomini nuovi non c'erano altri che 'Ntoni dipadron 'Ntoni e Brasi Cipollaperché lui non aveva suggezionedella moglie dello speziale.

- Tu non ti c'immischiare; - rimbrottò allora laSignora a suo marito; questi sono affari che non ti riguardano. - Ionon sto parlando; - rispose don Franco lisciandosi la barba.

E il vicarioora che aveva il disoprae la moglie didon Franco era làche ei poteva tirare le sassate dietro ilmurosi divertiva a fare arrabbiare lo speziale. - Belliqueivostri uomini nuovi! Sapete cosa fa Brasi Cipollaadesso che suopadre va cercandolo per tirargli le orecchie a causa della Vespa?corre a nascondersi di qua e di là come un ragazzaccio.Stanotte ha dormito nella sagrestia; e ieri mia sorella dovettemandargli un piatto di maccheroninel pollaio dov'era nascostoperché quel bietolone non mangiava da ventiquattr'oreed eratutto pieno di pollini! E 'Ntoni Malavoglia! altro bell'uomo nuovo!Suo nonno e tutti gli altri sudano e si affannano per tirarsi suun'altra volta; e luiquando può scappare con un pretestovaa girandolare pel paesee davanti all'osteriatale e quale comeRocco Spatu.

Il sinedrio si sciolse come tutte le altre voltesenzaconchiudere nullache ognuno restava della sua opinionee questavolta inoltre c'era lì presente la Signoratalché donFranco non poteva sfogarsi a modo suo.

Don Silvestro rideva come una gallina; e appena sisciolse la conversazione se ne andò anche luicolle manidietro la schiena e la testa carica di pensieri. - Non vedi donSilvestro che ha più giudizio di te? - diceva la Signora a suomaritomentre egli chiudeva la bottega. - Quello è un uomoche ha stomacoe se ha da dire qualche cosa ce la chiude dentro enon parla più. Tutto il paese sa che ha truffato leventicinque onze a donna Rosolinama nessuno va a dirglielo infacciaa un uomo come quello! Tu poi sarai sempre uno sciocco chenon saprai fare gli affari tuoi; uno di quei grulli che abbaiano allaluna! un chiacchierone! - Ma infine cosa ho detto? piagnucolava lospeziale andandole dietro per la scala col lume in mano. - Lo sapevalei quel che aveva detto? Ei non si azzardava a dire davanti a lei lesue corbellerie senza capo e senza coda. Sapeva solo che donGiammaria se n'era andato facendosi la croce per la piazzaeborbottando: - Bella razza d'uomini nuovicome quel 'NtoniMalavoglia làche va girelloni a quest'ora pel paese!



Cap. 11

Una volta 'Ntoni Malavogliaandando gironi pel paeseaveva visto due giovanotti che s'erano imbarcati qualche anno prima aRipostoa cercar fortunae tornavano da Triesteo da Alessandriad'Egittoinsomma da lontanoe spendevano e spandevano all'osteriameglio di compare Nasoo di padron Cipolla; si mettevano acavalcioni sul desco; dicevano delle barzellette alle ragazzeeavevano dei fazzoletti di seta in ogni tasca del giubbone; sicchéil paese era in rivoluzione per loro.

'Ntoniquando la sera tornava a casanon trovavaaltro che le donnele quali mutavano la salamoia nei barilottiecianciavano in crocchio colle vicinesedute sui sassi; e intantoingannavano il tempo a contare storie e indovinellibuoni peiragazzii quali stavano a sentire con tanto d'occhi intontiti dalsonno. Padron 'Ntoni ascoltava anche luitenendo d'occhio lo scolaredella salamoiae approvava col capo quelli che contavano le storiepiù bellee i ragazzi che mostravano di aver giudizio come igrandi nello spiegare gli indovinelli.

- La storia buonadisse allora 'Ntoniè quelladei forestieri che sono arrivati oggicon dei fazzoletti di seta chenon par vero; e i denari non li guardano cogli occhiquando litirano fuori dal taschino. Hanno visto mezzo mondodiceche Trezzaed Aci Castello messe insiemesono nulla in paragone. Questo l'hovisto anch'io; e laggiù la gente passa il tempo a scialarsitutto il giornoinvece di stare a salare le acciughe; e le donnevestite di seta e cariche di anelli meglio della Madonna dell'Ogninavanno in giro per le vie a rubarsi i bei marinari.

Le ragazze sgranavano gli occhie padron 'Ntoni stavaattento anche luicome quando i ragazzi spiegavano gli indovinelli:- Iodisse Alessiil quale vuotava adagio adagio i barilottie lipassava alla Nunziata- io quando sarò grandese mi maritovoglio sposar te.

- Ancora c'è temporispose Nunziata seriaseria.

- Devono essere delle città grandi come Catania;che uno il quale non ci sia avvezzo si perde per le strade; e glimanca il fiato a camminare sempre fra due file di casesenza vederené mare né campagna.

- E' c'è stato anche il nonno di Cipollaaggiunse padron 'Ntonied è in quei paesi là che s'èfatto ricco. Ma non è più tornato a Trezzae mandòsolo i denari ai figliuoli.

- Poveretto! disse Maruzza.

- Vediamo se mi indovini quest'altrodisse laNunziata: Due lucentidue pungentiquattro zoccoli e una scopa.

- Il bue! rispose tosto Lia.

- Questo lo sapevi! ché ci sei arrivata subito;esclamò il fratello.

- Vorrei andarci anch'iocome padron Cipollaa farmiricco! aggiunse 'Ntoni.

- Lascia starelascia stare! gli disse il nonnocontento pei barilotti che vedeva nel cortile. Adesso ci abbiamo leacciughe da salare. Ma la Longa guardò il figliuolo col cuorestrettoe non disse nullaperché ogni volta che si parlavadi partire le venivano davanti agli occhi quelli che non eranotornati più.

E poi soggiunse: - "Né testanécodach'è meglio ventura".

Le file dei barilotti si allineavano sempre lungo ilmuroe padron 'Ntonicome ne metteva uno al suo postocoi sassi disopradiceva: - E un altro! Questi a Ognissanti son tutti danari.

'Ntoni allora ridevache pareva padron Fortunatoquando gli parlavano della roba degli altri. - Gran denari!borbottava; e tornava a pensare a quei due forestieri che andavano diqua e di làe si sdraiavano sulle panche dell'osteriaefacevano suonare i soldi nelle tasche. Sua madre lo guardava come segli leggesse nella testa; né la facevano ridere le barzelletteche dicevano nel cortile.

- Chi deve mangiarsi queste sardelle quicominciava lacugina Annadeve essere il figlio di un re di coronabello come ilsoleil quale camminerà un announ mese e un giornocol suocavallo bianco; finché arriverà a una fontana incantatadi latte e di miele; dove scendendo da cavallo per bere troveràil ditale di mia figlia Marache ce l'avranno portato le fatedopoche Mara l'avrà lasciato cascare nella fontana empiendo labrocca; e il figlio del recol bere che farà nel ditale diMarasi innamorerà di lei; e camminerà ancora un announ mese e un giornosinché arriverà a Trezzae ilcavallo bianco lo porterà davanti al lavatoiodove mia figliaMara starà sciorinando il bucato; e il figlio del re lasposerà e le metterà in dito l'anello; e poi la faràmontare in groppa al cavallo biancoe se la porterà nel suoregno.

Alessi ascoltava a bocca apertache pareva vedesse ilfiglio del re sul cavallo biancoa portarsi in groppa la Mara dellacugina Anna. - E dove se la porterà? domandò poi laLia.

- Lontano lontanonel suo paese di là del mare;d'onde non si torna più.

- Come compar Alfio Moscadisse la Nunziata. Io nonvorrei andarci col figlio del rese non dovessi tornare più.

- La vostra figlia non ha un soldo di doteperciòil figlio del re non verrà a sposarla; rispose 'Ntoni; e levolteranno le spallecome succede alla gentequando non ha piùnulla.

- Per questo mia figlia sta lavorando qui adessodopoessere stata tutto il giorno al lavatoioper farsi la dote. Non èveroMara? Almeno se non viene il figlio del reverràqualchedun altro. Lo so anch'io che il mondo va cosìe nonabbiamo diritto di lagnarcene. Voiperché non vi sieteinnamorato di mia figliainvece d'innamorarvi della Barbara che ègialla come il zafferano? perché la Zuppidda aveva il fattosuo; non è vero? E quando la disgrazia vi ha fatto perdere ilfatto vostroa voi altriè naturale che la Barbara v'avessea piantare.

- Voi vi accomodate a ogni cosarispose 'Ntoniimbronciatoe hanno ragione di chiamarvi Cuor contento.

- E se non fossi Cuor contentoche si cambianole cose? Quando uno non ha nienteil meglio è di andarsenecome fece compare Alfio Mosca.

- Quello che dico io! esclamò 'Ntoni.

- Il peggiodisse infine Menaè spatriare dalproprio paesedove fino i sassi vi conosconoe dev'essere una cosada rompere il cuore il lasciarseli dietro per la strada. "Beatoquell'uccelloche fa il nido al suo paesello".

- Brava Sant'Agata! conchiuse il nonno. Questo sichiama parlare con giudizio.

- Sì! brontolò 'Ntoniintantoquandoavremo sudato e faticato per farci il nido ci mancherà ilpanico; e quando arriveremo a ricuperar la casa del nespolodovremocontinuare a logorarci la vita dal lunedì al sabato; e saremosempre da capo!

- O tu che non vorresti lavorare più? Cosavorresti fare? l'avvocato?

- Io non voglio fare l'avvocato! brontolò'Ntonie se ne andò a letto di cattivo umore.

Ma d'allora in poi non pensava ad altro che a quellavita senza pensieri e senza fatica che facevano gli altri; e la seraper non sentire quelle chiacchiere senza sugosi metteva sull'usciocolle spalle al muroa guardare la gente che passavae digerirsi lasua mala sorte; almeno così si riposava pel giorno dopochesi tornava da capo a far la stessa cosaal pari dell'asino dicompare Moscail quale come vedeva prendere il basto gonfiava laschiena aspettando che lo bardassero! - Carne d'asino! borbottava;ecco cosa siamo! Carne da lavoro! E si vedeva chiaro che era stancodi quella vitacciae voleva andarsene a far fortunacome gli altri;tanto che sua madrepoverettal'accarezzava sulle spalleel'accarezzava pure col tono della vocee cogli occhi pieni dilagrimeguardandolo fisso per leggergli dentro e toccargli il cuore.Ma ei diceva di noche sarebbe stato meglio per lui e per loro; equando tornava poi sarebbero stati tutti allegri. La povera donna nonchiudeva occhio in tutta la nottee inzuppava di lagrime ilguanciale. Infine il nonno se ne accorsee chiamò il nipotefuori dell'uscioaccanto alla cappellettaper domandargli cosaavesse.

- Orsùche c'è di nuovo? dillo a tuononnodillo! - 'Ntoni si stringeva nelle spalle; ma il vecchioseguitava ad accennare di sì col capoe sputavae sigrattava il capo cercando le parole.

- Sìsìqualcosa ce l'hai in testaragazzo mio! Qualcosa che non c'era prima. "Chi va coi zoppiall'anno zoppica".

- C'è che sono un povero diavolo! ecco cosa c'è!

- Bè! che novità! e non lo sapevi? Seiquel che è stato tuo padree quel ch'è stato tuononno! "Più ricco è in terra chi meno desidera"."Meglio contentarsi che lamentarsi".

- Bella consolazione!

Questa volta il vecchio trovò subito le paroleperché si sentiva il cuore sulle labbra:

- Almeno non lo dire davanti a tua madre.

- Mia madre… Era meglio che non mi avessepartoritomia madre!

- Sìaccennava padron 'Ntonisì! meglioche non t'avesse partoritose oggi dovevi parlare in tal modo.

'Ntoni per un po' non seppe che dire: - Ebbene! esclamòpoilo faccio per leiper voie per tutti. Voglio farla riccamiamadre! ecco cosa voglio. Adesso ci arrabattiamo colla casa e colladote di Mena; poi crescerà Liae un po' che le annateandranno scarse staremo sempre nella miseria. Non voglio piùfarla questa vita. Voglio cambiar statoio e tutti voi. Voglio chesiamo ricchila mammavoiMenaAlessi e tutti.

Padron 'Ntoni spalancò tanto d'occhie andavaruminando quelle parolecome per poterle mandar giù. -Ricchi! dicevaricchi! e che faremo quando saremo ricchi?

'Ntoni si grattò il capoe si mise a cercareanche lui cosa avrebbero fatto. - Faremo quel che fanno gli altri…Non faremo nullanon faremo!… Andremo a stare in cittàa non far nullae a mangiare pasta e carne tutti i giorni.

- Vava a starci tu in città. Per me io vogliomorire dove son nato; - e pensando alla casa dove era natoe che nonera più sua si lasciò cadere la testa sul petto. - Tusei un ragazzoe non lo sai!… non lo sai!… Vedrai cos'èquando non potrai più dormire nel tuo letto; e il sole nonentrerà più dalla tua finestra!… Lo vedrai! te lodico io che son vecchio!

Il poveraccio tossiva che pareva soffocassecol dorsocurvoe dimenava tristamente il capo: - "Ad ogni uccellosuonido è bello". Vedi quelle passere? le vedi? Hanno fattoil nido sempre colàe torneranno a farceloe non voglionoandarsene.

- Io non sono una passera. Io non sono una bestia comeloro! rispondeva 'Ntoni. Io non voglio vivere come un cane allacatenacome l'asino di compare Alfioo come un mulo da bindolosempre a girar la ruota; io non voglio morir di fame in un cantuccioo finire in bocca ai pescicani.

- Ringrazia Dio piuttostoche t'ha fatto nascer qui; eguardati dall'andare a morire lontano dai sassi che ti conoscono."Chi cambia la vecchia per la nuovapeggio trova". Tu haipaura del lavorohai paura della povertà; ed io che non hopiù né le tue braccia né la tua salute non hopauravedi! "Il buon pilota si prova alle burrasche". Tuhai paura di dover guadagnare il pane che mangi; ecco cos'hai! Quandola buon'anima di tuo nonno mi lasciò la Provvidenza ecinque bocche da sfamareio era più giovane di tee nonaveva paura; ed ho fatto il mio dovere senza brontolare; e lo faccioancora; e prego Iddio di aiutarmi a farlo sempre sinché ciavrò gli occhi aperticome l'ha fatto tuo padree tuofratello Lucabenedetto! che non ha avuto paura di andare a fare ilsuo dovere. Tua madre l'ha fatto anche lei il suo doverepoverafemminuccianascosta fra quelle quattro mura; e tu non sai quantelagrime ha piantoe quante ne piange ora che vuoi andartene; che lamattina tua sorella trova il lenzuolo tutto fradicio! E nondimeno stazitta e non dice di queste cose che ti vengono in mente; e halavoratoe si è aiutata come una povera formica anche lei;non ha fatto altrotutta la sua vitaprima che le toccasse dipiangere tantofin da quando ti dava la poppae quando non sapeviancora abbottonarti le bracheche allora non ti era venuta in mentela tentazione di muovere le gambee andartene pel mondo come unozingaro.

In conclusione 'Ntoni si mise a piangere come unbambinoperché in fondo quel ragazzo il cuore ce l'avevabuono come il pane; ma il giorno dopo tornò da capo. Lamattina si lasciava caricare svogliatamente degli arnesie se neandava al mare brontolando: - Tale e quale l'asino di compare Alfio!come fa giorno allungo il collo per vedere se vengono a mettermi ilbasto. - Dopo che avevano buttato le retilasciava Alessi a menareil remo adagio adagio per non fare deviare la barca e si metteva lemani sotto le ascellea guardare lontanodove finiva il mareec'erano quelle grosse città dove non si faceva altro chespassarsi e non far nulla; o pensava a quei due marinai ch'eranotornati di laggiùed ora se n'erano già andati da unpezzo; ma gli pareva che non avessero a far altro che andar gironipel mondoda un'osteria all'altraa spendere i denari che avevanoin tasca. La serai suoi parentidopo aver messo a sesto la barca egli attrezziper non vedergli quel muso lungolo lasciavano andarea gironzolare come un cagnacciosenza un soldo in tasca.

- Che hai'Ntoni? gli diceva la Longa guardandolotimidamente nel visocogli occhi lustri di lagrime; perché lapoveretta indovinava quel che avesse. - Dimmelo a me che son tuamadre! Egli non rispondeva; o rispondeva che non aveva niente. Einfine glielo disse cosa avevache il nonno e tutti gli altri nevolevano la pelle di luie non ne poteva più. Voleva andare acercarsi la fortunacome tutti gli altri.

Sua madre lo ascoltavae non aveva coraggio di aprirboccacogli occhi pieni di lagrimetanto gli faceva pena quello cheei dicevapiangendo e pestando i piedie strappandosi i capelli. Lapoveretta avrebbe voluto parlaree buttargli le braccia al colloepiangere anche lei per non lasciarselo scappare; ma quando voleva dirqualche cosale labbra le tremavano e non poteva proferir parola.

- Sentidisse alfinetu te ne andraise vuoiandartenema non mi troverai più; ché ora mi sentovecchia e stancae mi pare che non potrei reggere a quest'altraangustia.

'Ntoni cercava di rassicurarlache sarebbe tornatoprestoe carico di denarie sarebbero stati allegri tutti. Maruzzascuoteva il capo tristamenteguardandolo sempre negli occhiediceva di nodi noche lei non l'avrebbe trovata più.

- Mi sento vecchia! ripetevami sento vecchia!guardami in faccia! Ora non ho più la forza di piangere tantocome quando mi hanno portato la notizia di tuo padre e di tuofratello. Se vado al lavatoiola sera torno a casa stanca che non neposso più; e prima non era così. Nofiglio miononson più quella! Alloraquando fu di tuo padre e di tuofratelloero più giovane e forte. Il cuore si stanca ancheluivedi; e se ne va a pezzo a pezzocome le robe vecchie sidisfanno nel bucato. Ora mi manca il coraggioe ogni cosa mi fapaura; mi pare di bevermi il cuorecome quando l'onda vi passa sullatestase siete in mare. Tu vattenese vuoi; ma prima lasciamichiudere gli occhi.

Ella aveva il viso tutto bagnato; ma non si accorgevache piangessee le pareva di averci davanti agli occhi suo figlioLucae suo maritoquando se n'erano andati e non s'erano piùvisti.

- Così non ti vedrò più! glidiceva. - Ora la casa va vuotandosi a poco a poco; e quando se neandrà anche quel povero vecchio di tuo nonnoin mano di chiresteranno quei poveri orfanelli? Ah! Maria Addolorata!

Ella se lo teneva abbracciatocolla testa sul pettoquasi il suo ragazzo volesse scapparle subito; e l'andava tastandosulle spalle e per la faccia colle mani tremanti. Allora 'Ntoni nonne poté piùe si mise a baciarla e a parlarle collabocca nella bocca.

- No! no! non partirò se non volete voi!Guardate! Non mi dite cosìnon mi dite! Beneseguiteròa fare come l'asino di compare Moscache quando non ne puòpiù di tirare la carretta lo butteranno a crepare in un fosso.Siete contenta ora? Ma non piangete più così! Lo vedeteil nonno come si è arrabattato tutta la vita? ed ora che èvecchio si arrabatta ancora come se fosse il primo giornoa tirarsifuori dal pantano! Ecco come siamo destinati!

- E tu credi che dei guai non ne abbiano tutti? "Ognibuco ha il suo chiodochi l'ha vecchio e chi l'ha nuovo!".Guarda padron Cipolla che corre dietro il suo Brasiperchénon vada a buttare il ben di Diopel quale ha sudato e lavoratotutta la vitanel grembiule della Vespa! E massaro Filippocosìricco com'èche guarda il cieloe recita avemarie per la suavigna ad ogni nuvola che passa! E lo zio Crocifisso che si leva ilpan di bocca per mettere da parte i soldied è sempre alitigare con questo e con quello! E tu credi che quei due marinaiforestieri non abbiano i loro guai anche loro? Chi sa se citroveranno ancora le mammequando torneranno alle loro case?… Enoise arriviamo a ricomprare la casa del nespoloquando ci avremoil grano nel graticcioe le fave per l'invernoe avremo maritataMenache cosa ci mancherà? Dopo che io saròsottoterrae quel povero vecchio sarà morto anche luieAlessi potrà buscarsi il paneallora vattene dove vuoi. Maallora non te ne andrai piùte lo dico io! ché locomprenderai quello che ci avevamo tutti qua dentro il pettoquandoti vedevamo ostinato a voler lasciare la tua casaeppure sicontinuava a fare le solite faccende senza dirti nulla! Allora non tibasterà il cuore di lasciare il paese dove sei nato ecresciutoe dove i tuoi morti saranno sotterrati sotto quel marmodavanti all'altare dell'Addolorata che si è fatto lisciotanti ci si sono inginocchiati soprala domenica.

'Ntonida quel giorno innanzinon parlò piùdi diventar riccoe rinunziò alla partenzaché lamadre lo covava cogli occhiquando lo vedeva un po' tristesedutosulla soglia dell'uscio; e la povera donna era davvero cosìpallidastancae disfattaquel momento in cui non aveva nulla dafaree si metteva a sedere anche leicolle mani in manoe il dorsodiggià curvo come quello del suoceroche stringeva il cuore.Ma non sapeva che doveva partire anche lei quando meno se loaspettavaper un viaggio nel quale si riposa per sempresotto ilmarmo liscio della chiesa; e doveva lasciarli tutti per viaquellicui voleva benee gli erano attaccati al cuoreche glielostrappavano a pezzettiora l'uno e ora l'altro.

A Catania c'era il colèrasicché ognunoche potesse scappava di qua e di làpei villaggi e lecampagne vicine. Allora a Trezza e ad Ogninaera venuta laprovvidenzacon tutti quei forestieri che spendevano. Ma irigattieri torcevano il musose si parlava di vendere una dozzina dibarilotti d'acciughee dicevano che i denari erano scomparsiper lapaura del colèra. - Che non ne mangia più acciughe lagente? - diceva loro Piedipapera. Ma a padron 'Ntonie a chi neaveva da vendereper conchiudere il negoziodiceva invece che colcolèra la gente non voleva guastarsi lo stomaco con leacciughee simili porcherie; piuttosto mangiava pasta e carne;perciò bisognava chiudere gli occhied essere correnti pelprezzo. Questa non ce l'avevano messa nel conto i Malavoglia! Quindiper non andare indietro a mo' dei gamberila Longa andava a portarele ova e il pane fresco di qua e di là per le casine deiforestierimentre gli uomini erano in maree così si facevaqualche soldo. Ma bisognava guardarsi bene dai cattivi incontrienon accettare nemmeno una presa di tabacco da chi non si conosceva!Andando per la strada bisognava camminare nel bel mezzoe lontanodai muridove si correva rischio di acchiapparsi mille porcherie; ebadare di non mettersi a sedere sui sassio lungo i muricciuoli. LaLonga una voltamentre tornava da Aci Castellocol paniere albracciosi sentì così stanca che le gambe letremavanoe sembrava fossero di piombo. Allora si lasciòvincere dalla tentazione di riposare due minuti su quelle quattropietre liscie messe in fila all'ombra del caprifico che c'èaccanto alla cappellettaprima d'entrare nel paese; e non siaccorsema ci pensò dopoche uno sconosciutoil qualepareva stanco anche luipoveraccioc'era stato seduto pochi momentiprimae aveva lasciato sui sassi delle gocce di certa sudiceria chesembrava olio. Insomma ci cascò anche lei; prese il colera etornò a casa che non ne poteva piùgialla come un votodella Madonnae colle occhiaie nere; talché la Mena che erasola in casasi mise a piangere al solo vederlae la Lia corse acogliere dell'erba santae delle foglie di malva. Mena tremava comeuna frondamentre faceva il letto; eppure l'ammalataseduta sullascrannastanca mortacol viso giallo e le occhiaie nerebadava adirle: - Non è nullanon vi spaventate: quando mi saròmessa in letto ogni cosa passerà- e cercava di aiutare ancheleima ad ogni momento le mancavano le forzee tornava a sedersi.

- Vergine santa! balbettava Mena. Vergine santa! E gliuomini che sono in mare! - Lia si sfogava a piangere.

Mentre padron 'Ntoni tornava a casa coi nipotie videl'uscio socchiusoe il lume dalle impostesi mise le mani neicapelli. Maruzza era già coricatacon certi occhiche visticosì nel buioa quell'orasembravano vuoti come se la mortese li avesse succhiatie le labbra nere al pari del carbone. In queltempo non andavano intorno né medico né speziale dopoil tramonto; e le vicine stesse si sprangavano gli usciper la pauradel colèrae ci incollavano delle immagini di santi a tuttele fessure. Perciò comare Maruzza non poté avere altroaiuto che dei suoipoveraccii quali correvano per la casa comepazzial vederla andarsene in tal modoin quel lettuccioe nonsapevano che faree davano della testa nelle pareti. Allora la Longavedendo che non c'era più speranzavolle che le mettesserosul petto quel soldo di cotone coll'olio santo che aveva comperato aPasquae disse pure che lasciassero la candela accesacome quandostava per morire padron 'Ntoniché voleva vederseli tuttidavanti al lettoe saziarsi di guardarli ad uno ad uno con quegliocchi sbarrati che non ci vedevano più. La Lia piangeva inmodo da spezzare il cuore; e tutti gli altribianchi come un cenciosi guardavano in faccia quasi chiedendosi aiuto l'un l'altro; e sistringevano il petto per non scoppiare a piangere davanti allamoribondala quale nondimeno se ne accorgeva benesebbene non civedesse piùe nell'andarsene le rincresceva di lasciare cosìdesolati quei poveretti. Li andava chiamando per nome ad uno ad unocolla voce rauca; e voleva alzare la manoche non la poteva piùmuovereper benedirlicome se sapesse di lasciare loro un tesoro. -'Ntoni! ripetevacolla voce che già non si sentiva più'Ntoni! A te che sei il maggiore raccomando questi orfanelli! - Esentendola parlar cosìmentre era ancor vivatutti gli altrinon poterono trattenersi di scoppiare a piangere e singhiozzare.

Così passarono tutta la notte davanti allettucciodove Maruzza non si muoveva piùsin quando lacandela cominciò a mancare e si spense anch'essae l'albaentrava dalla finestrapallida come la mortala quale aveva il visodisfatto e affilato al pari di un coltelloe le labbra nere. Ma pureMena non si stancava di baciarla nella boccae parlarlecome sepotesse sentirla. 'Ntoni si picchiava il petto singhiozzando: - Omamma! che ve ne siete andata prima di me! e volevo lasciarvi! -Alessi non se la levò più davanti agli occhila suamammacon quei capelli bianchie quel viso giallo e affilato comeun coltellonemmeno quando arrivò ad avere i capelli bianchianche lui.

Sul tardi vennero a pigliarsi la Longa in fretta e infuriae nessuno pensò a fare la visita del morto; checiascuno pensava alla pellee lo stesso don Giammaria rimase sullasogliaquando spruzzò l'acqua santa coll'aspersoriotenendoraccolta e sollevata la tonaca di san Francesco- da vero frateegoista che era! - predicava lo speziale. Lui invecese gli avesseroportato la ricetta del medico per qualche medicinaavrebbe aperto laspezieria anche di notteche non aveva paura del colèra; ediceva pure che era una minchioneria di credere che il colera lobuttassero per le strade e dietro gli usci. - Segno che è luiche sparge il colèra! - andava soffiando don Giammaria. Perquesto nel paese volevano fargli la festa allo speziale; ma lui simetteva a ridere come una gallinapreciso come faceva don Silvestroe diceva: - Io che sono repubblicano! Se fossi un impiegatooqualcuno di quelli che fanno i tirapiedi al governonon direi!…- Ma i Malavoglia rimasero solidavanti a quel lettuccio vuoto.

Per un pezzo non aprirono più l'usciodopo chene era uscita la Longa. Fortuna che ci avevano in casa le favelalegna e l'olioperché padron 'Ntoni aveva fatto come laformica nel buon tempose no morivano di famee nessuno andava avedere se erano morti o vivi. Poia poco a pococominciarono amettersi il fazzoletto nero al colloe ad uscire nella stradacomele lumache dopo il temporalecolla faccia pallida e ancorasbalorditi. Le comari da lontano domandavano come fosse accaduta ladisgrazia; ché comare Maruzza c'era capitata una delle prime.E quando passava don Michele o qualcun altro di quelli che mangiavanoil pane del ree portavano il berretto col galloneli guardavanocogli occhi lustrie correvano a chiudersi in casa. Nel paese era ungran squalloree per le strade non si vedevano nemmeno le galline;persino mastro Cirino non si faceva più vivoe lasciava staredi suonare mezzogiorno e l'avemariaché mangiava il pane delcomune anche luiper quei dodici tarì al mese che gli davanodi bidello comunalee temeva che gli facessero la festa cometirapiedi del governo.

Adesso don Michele era padrone della stradadacchéPizzutodon Silvestroe tutti gli altri erano andati a rintanarsicome coniglie non c'era che lui a passeggiare davanti all'usciochiuso della Zuppidda. Peccato che lo vedessero soltanto iMalavogliai quali adesso non avevano più nulla da perdereeperciò se ne stavano a vedere chi passavaseduti sullasogliaimmobilie col mento in mano. Don Michele per non perdere lasua gitaguardava la Sant'Agataora che tutti gli altri usci eranochiusi; e lo faceva anche per far vedere a quel ragazzaccio di 'Ntoniche lui non aveva paura di nessuno al mondo. E poi la Menacosìpallidapareva tutta Sant'Agata davvero; e la sorellinacon quelfazzoletto nerocominciava a farsi una bella ragazzina anche lei.

Alla povera Mena pareva che tutt'a un tratto le fosserocaduti venti anni sulla schiena. Adesso faceva colla Lia come laLonga aveva fatto con lei; le pareva di doversela tenere sotto le alicome una chiocciae di averci tutta la casa sulle spalle. S'eraabituata a rimaner sola colla sorellinaquando gli uomini andavanoin maree a stare con quel lettuccio vuoto sempre dinanzi agliocchi. Se non aveva nulla da faresi metteva a sedere colle mani inmanoguardando quel lettuccio vuotoe allora sentiva che la mammal'aveva lasciata davvero; e quando dicevano nella strada: - Èmorta la tale; è morta la tal'altra; pensava - Anche cosìhanno sentito dire - È morta la Longa! - la quale l'avevalasciata sola con quella povera orfanella che aveva il fazzolettonero come lei.

La Nunziatao la cugina Annavenivano di tanto intantocol passo leggero e il viso lungosenza dir nulla; e simettevano sulla porta a guardar la strada desertacolle mani sottoil grembiule. Quelli che tornavano dal mare andavano in frettaguardinghicolle reti in colloe i carri non si fermavano nemmenoall'osteria.

Chissà dove andava il carro di compar Alfio? ese in quel momento moriva di colera buttato dietro una siepequelpoveretto che non ci aveva nessuno al mondo? Passava anche qualchevolta Piedipaperacon una faccia di affamatoguardandosi intorno; olo zio Crocifissoche ci aveva la sua roba di qua e di làeandava a toccare il polso ai suoi debitoriché se morivanogli rubavano il debito. Il viatico andava anch'esso di frettanellemani di don Giammariacolla sottana rimboccatae un ragazzo scalzoche suonava il campanelloperché mastro Cirino non si vedevapiù. Quel campanellonelle strade desertedove non passavanemmeno un canee perfino don Franco teneva chiusa metà dellasua portafaceva stringere il cuore.

La sola persona che si vedesse andare di qua e di làgiorno e notteera la Loccacoi capelli bianchi e arruffatiche simetteva a sedere davanti alla casa del nespoloo aspettava le barchealla rivae nemmeno il colèra la volevapoveretta.

I forestieri erano fuggiti anch'essicome gli uccelliquando viene l'inverno; e il pesce non trovava chi lo comprasse.Sicché diceva ciascuno: - Dopo il colèra verràla fame. Padron 'Ntoni aveva dovuto metter mano ai denari della casae li vedeva assottigliare a soldo a soldo. Ma ei non pensava ad altrose non che Maruzza era morta fuori della sua casae cotesto non glipoteva uscir di mente. - 'Ntoni come vedeva spendere i denaritentennava il capo anche lui.

Finalmentequando il colèra finìe deidenari raccolti con tanto stento ne restarono appena la metàtornò a dire che così non si poteva durarea quellavita di fare e disfare; che era meglio di tentare un colpo solo perlevarsi dai guai tutti in una voltae che làdov'era mortasua madre in mezzo a tutta quella porca miserianon voleva piùstarci.

- Non ti rammenti che tua madre ti ha raccomandato laMena? gli diceva padron 'Ntoni.

- Che aiuto posso darci alla Mena se resto qui? ditelovoi!

Mena lo guardò cogli occhi timidima dove ci sivedeva il cuoretale e quale come sua madree non osava proferirparola. Ma una voltastringendosi allo stipite dell'usciosi fececoraggio per dirgli:

- A me non me ne importa dell'aiutopurché tunon ci lasci soli. Ora che non c'è più la mamma misento come un pesce fuori dell'acquae non m'importa più diniente. Ma mi dispiace per quell'orfanella che resta senza nessuno almondose tu vaicome la Nunziata quando l'è partito ilpadre.

- No! diceva 'Ntonino! Io non posso aiutarti se nonho nulla. Il proverbio dice "aiutati che t'aiuto". Quandoavrò guadagnato dei denari anch'ioallora torneròestaremo allegri tutti.

La Lia e Alessi spalancavano gli occhie lo guardavanosbigottiti; ma il nonno si lasciava cadere la testa sul petto - Oranon hai più né padre né madree puoi farequello che ti pare e piacegli disse alfine. - Finché vivròa quei ragazzi ci penserò ioquando non ci sarò piùil Signore farà il resto.

La Menapoiché 'Ntoni voleva andarsene a ognicostogli metteva in ordine tutta la robacome avrebbe fatto lamammae pensava che laggiùin paese forestierosuo fratellonon avrebbe avuto più nessuno che pensasse a luicome comparAlfio Mosca. E mentre gli cuciva le camiciee gli rattoppava ipannila testa correva lontano lontanoa tante cose passateche ilcuore ne era tutto gonfio.

- Dalla casa del nespolo non posso passarci più- diceva quando stava a sedere accanto al nonno- me la sento nellagolae mi soffocadopo tante cose che sono avvenute dacchél'abbiamo lasciata!

E mentre preparava la roba del fratellopiangeva comese non dovesse vederlo più. Infinequando ogni cosa fu inordineil nonno chiamò il suo ragazzo per fargli l'ultimapredicae dargli gli ultimi consigli per quando sarebbe stato soloche avrebbe dovuto far capitale soltanto della sua testae nonavrebbe avuti accanto i suoi di casa per dirgli come doveva fareoper disperarsi insieme; e gli diede anche un po' di denarocaso maine avesse bisognoe il suo tabarro foderato di pellechéoramai lui era vecchioe non gli serviva più.

I ragazzi vedendo il fratello maggiore affaccendarsinei preparativi della partenzagli andavano dietro pian piano per lacasae non osavano dirgli più nullacome fosse diggiàun estraneo.

- Così se ne è andato mio padre- disseinfine la Nunziata la quale era andata a dirgli addio anche leiestava sull'uscio. Nessuno allora parlò più.

Le vicine venivano ad una ad una a salutare compare'Ntonie poi stettero ad aspettarlo sulla strada per vederlopartire. Egli indugiava col fagotto sulle spallee le scarpe inmanocome all'ultimo momento gli fossero venute meno il cuore e legambe tutt'a un tratto. E guardava di qua e di là perstamparsi la casa e il paeseogni cosa in mentee aveva la facciasconvolta come gli altri. Il nonno prese il suo bastone peraccompagnarlo sino alla cittàe la Mena in un cantucciopiangeva cheta cheta. - Via! diceva 'Ntoniorsùvia! Vadoper tornare alla fin fine! e sono tornato un'altra volta da soldato.- Poidopo ch'ebbe baciata Mena e la Liae salutate le comarisimosse per andarsenee Mena gli corse dietro colle braccia apertesinghiozzando ad alta vocequasi fuori di sée dicendogli: -Ora che dirà la mamma? ora che dirà la mamma? - Come sela mamma avesse potuto vedere e parlare. Ma ripeteva quello che leera rimasto più fitto nella mentequando 'Ntoni aveva dettoun'altra volta di voler andarsenee aveva vista la mamma piangereogni notteche all'indomani trovava il lenzuolo tutto fradicionelrifare il letto:

- Addio'Ntoni! gli gridò dietro Alessifacendosi coraggiocome il fratello era già lontano; e allorala Lia cominciò a strillare. - Così se n'èandato mio padredisse infine la Nunziatala quale era rimastasulla porta.

'Ntoni si voltò prima di scantonare dalla stradadel Nerocogli occhi lagrimosi anche luie fece un saluto collamano. Mena allora chiuse l'uscioe andò a sedersi in unangolo insieme alla Liala quale piangeva a voce alta. - Ora nemanca un altro della casa! disse lei. E se fossimo nella casa delnespolo parrebbe vuota come una chiesa.

Come se ne andavano ad uno ad uno tutti quelli che levolevano beneella si sentiva davvero un pesce fuori dell'acqua. Ela Nunziatalà presentecolle sue piccine in collotornavaa dire: - Così se ne è andato mio padre.



Cap. 12

Padron 'Ntoniora che non gli era rimasto altri cheAlessi pel governo della barcadoveva prendere a giornataqualchedunoo compare Nunzioche era carico di figliuolie avevala moglie malatao il figlio della Loccail quale veniva apiagnucolare dietro l'uscio che sua madre moriva di famee lo zioCrocifisso non voleva dargli nullaperché il colèral'aveva rovinatodicevacon tanti che erano morti e gli avevanotruffati i denaritalché aveva preso il colèra ancheluima non era mortoaggiungeva il figlio della Loccae scuotevail capo tristamente. - Adesso ci avremmo da mangiareio e mia madree tutto il parentadose fosse morto. Siamo stati a curarlo duegiorni colla Vespache pareva avesse ad andarsene da un momentoall'altroma poi non è morto!

Peròquel che i Malavoglia guadagnavano nonbastava spesso a pagare lo zio Nunzioo il figlio della Loccae sidoveva metter mano a quei soldi raccolti con tanta fatica per la casadel nespolo. Ogni volta che Mena andava a pigliare la calza sotto lamaterassalei e il nonno sospiravano. Il povero figlio della Loccanon ci aveva colpa; avrebbe voluto farsi in quattro per guadagnarsila sua giornata; era il pesce che non voleva farsi prendere. E quandotornavano mogi mogisbattendo i remi e colla vela allentatailfiglio della Locca diceva a padron 'Ntoni: - Fatemi spaccar dellalegnao legar dei sarmenti; io posso lavorare sino a mezzanotte secredetecome facevo collo zio Crocifisso. Non voglio rubarvelalagiornata.

Allora padron 'Ntoni dopo averci pensato su un pezzocol cuore strettosi decise a parlare colla Mena di quel che dovevafarsi oramai. Ella era giudiziosa come sua madree non c'era altriin casa per parlarnedi tanti che c'erano prima! Il meglio eravendere la Provvidenzache non rendeva nullae si mangiavale giornate di compare Nunzio e del figlio della Locca; se no queisoldi della casa se ne sarebbero andati tutti a poco a poco. LaProvvidenza era vecchia e aveva sempre bisogno che cispendessero dei denari per metterle delle toppee farla stare agalla. Più tardise tornava 'Ntoni e spirava un po' difortuna in poppacome quando avevano messo insieme quei denari dellacasaavrebbero comprato un'altra barca nuovae l'avrebbero chiamatadi nuovo la Provvidenza.

La domenica andò sulla piazza a parlarne aPiedipaperadopo la messa. Compare Tino scrollava le spalledimenava il capodiceva che la Provvidenza era buona damettere sotto la pentolae così parlando lo tirava sullariva; là si vedevano le toppesotto la impeciatura nuovaeracome certe donnacce che sapeva luicolle rughe sotto il corsetto; etornava a darci dei calci nella panciacol piede zoppo. Del resto ilmestiere andava male; piuttosto che compraretutti avrebbero volutovendere le loro barchee più nuove della Provvidenza.Poichi avrebbe potuto comprarla? Padron Cipolla non voleva di queivecchiumi. Quello era affare dello zio Crocifisso. Ma in quel momentolo zio Crocifisso aveva altro per la testacon quell'ossessa dellaVespa che gli faceva dannare l'animacorrendo dietro a tutti gliuomini che c'erano da maritare nel paese. Infineper la santaamiciziasarebbe andato a parlarne allo zio Crocifissonel buonmomentose padron 'Ntoni voleva vendere ad ogni costo la Provvidenzaper un pezzo di pane; perché egliPiedipaperagli facevafare quello che voleva lui allo zio Crocifisso.

Infattiquando gliene parlòtirandolo indisparte verso l'abbeveratoiolo zio Crocifisso rispondeva aspallatee dimenava il capo come Peppininoe voleva scapparglidalle mani. Compare Tinopoveracciolo afferrava pel giubboneperché stesse a sentire per forza; gli dava delle scrollate;lo abbracciava stretto per parlargli nell'orecchio. - Sìsiete una bestia se vi lasciate scappare quell'occasione! per unpezzo di pane! padron 'Ntoni la vende proprio perché non puòtirare innanziora che suo nipote l'ha piantato. Ma voi potrestedarla in mano a compare Nunzioo al figlio della Loccache muoionodi famee verrebbero a lavorare per niente. Tutto quello chebuscheranno ve lo papperete voi. Siete una bestiavi dico! La barcaè ben conservatacome se fosse nuova. Padron 'Ntoni se neintendeva quando l'aveva fatta fare. Questo è un affare d'orocome quello dei lupinisentite a me!

Ma lo zio Crocifisso non voleva sentir parlare dinienteche quasi quasi gli spuntavano le lagrimecon quella facciagiallaora che aveva preso il colèra; e tirava per andarsenee voleva lasciargli il giubbone nelle mani. - Non me ne importa!ripeteva. Non me ne importa niente. Voi non sapete cosa ci ho quidentrocompare Tino! Tutti vogliono succhiarmi il sangue come lesanguisughee prendersi il fatto mio. Ora v'è anche Pizzutoche corre dietro la Vespatutti come cani da caccia!

- E voi prendetevela la Vespa! O infine non èsangue vostrolei e la sua chiusa? Non sarà una bocca di piùno! che ha le mani benedette quella donnae non lo perderete il paneche gli darete da mangiare! Ci avrete una serva in casasenza darlesalarioe vi prenderete anche la chiusa. Sentite a mezioCrocifissoquesto è un altro affare come quello dei lupini!

Padron 'Ntoni intanto aspettava la risposta davantialla bottega di Pizzutoe guardava come un'anima del Purgatorio queidue che pareva si azzuffasseroper cercare di indovinare se lo zioCrocifisso diceva di sì. Piedipapera veniva a dirgli quel cheaveva potuto ottenere dallo zio Crocifissoe poi tornava a parlarecon lui; e andava e veniva per la piazza come la spola nel telaiotirandosi dietro la sua gamba stortafinché riescì ametterli d'accordo. - Benone! - diceva a padron 'Ntoni; e allo zioCrocifisso: - Per un pezzo di pane! - così combinòanche la vendita di tutti gli attrezziché i Malavoglia nonsapevano che farseneora che non possedevano più una tavolasull'acqua; ma a padron 'Ntoni gli parve che gli strappassero lebudella dallo stomacocome si portavano via le nassele retilefiocinele cannee ogni cosa.

- Ci penserò io a trovarvi d'andare a giornatavoi e vostro nipote Alessinon dubitate; - gli diceva Piedipapera. -Bisogna che vi contentiate di pocosapete! "Forza di giovane econsiglio di vecchio". Per la mia senseria poi mi rimetto alvostro buon cuore.

"In tempo di carestia pane d'orzo".Rispondeva padron 'Ntoni. "Necessità abbassa nobiltà".

- Va beneva benesiamo intesi! conchiusePiedipaperae andò davvero a parlarne con padron Cipollanella spezieriadove don Silvestro era riuscito a tirarli un'altravoltaluimassaro Filippo e qualche altro pesce grossoperdiscorrere degli affari del comuneche infine erano denari loroedè una minchioneria non contare per nulla nel paese quando si èricchie le tasse si pagano peggio degli altri. - Voi che sietetanto riccopotreste dargli del pane a quel poveraccio di padron'Ntoni- soggiungeva Piedipapera. - A voi non vi farebbe nulla diprenderlo a giornatacon suo nipote Alessi; sapete che ne sa piùdi ogni altro del mestieree si contenterebbe di pocochéson proprio senza pane. Fareste un affar d'orosentite a mepadronFortunato.

Padron Fortunatopreso così in quel momentonon seppe dir di no; ma dopo che ebbero tirato e stiracchiato un po'sul prezzo; giacché i tempi erano magrigli uomini nonavevano da lavorarepadron Cipolla faceva proprio un atto di caritàa prendersi padron 'Ntoni.

- Sìlo prendo se viene a dirmelo lui! Locredereste che mi porta il broncio dacché mandai in aria quelmatrimonio di mio figlio colla Mena. Eh! bell'affare che ci avreifatto! Ed hanno il coraggio di portarmi il broncio per giunta!

Don Silvestromassaro Filippoed anche Piedipaperatuttis'affrettavano a dire che padron Fortunato aveva ragione.Brasi non gli lasciava più pacedopo che gli avevano fattovenire il pensiero di maritarloe correva dietro a tutte le donnecome un gatto in gennaioch'era una sollecitudine continua pelpovero padre. Ora era entrata in ballo anche la Mangiacarrubbelaquale s'era messo in testa di pigliarselo leiBrasi Cipollagiacchéera di chi se lo pigliava; lei almeno era una bella ragazza con tantodi spallee non vecchia e spelata come la Vespa. Ma la Vespa avevala sua chiusae la Mangiacarrubbe non ci aveva altro che le suetrecce neredicevano gli altri.

La Mangiacarrubbe sapeva quel che doveva fare se sivoleva pigliare Brasi Cipollaora che suo padre se l'era rimorchiatodi nuovo in casa pel colèrae non andava a nascondersi piùnella sciara o per la chiusao dallo speziale e nellasacristia. Ella gli passava davanti lesta lestacolle scarpettenuove; e passando si faceva urtare nel gomitoin mezzo alla follache veniva dalla messa; oppure lo aspettava sulla portacolle manisul ventree il fazzoletto di seta in testae gli lasciava andareun'occhiata assassinadi quelle che rubano il cuoree si voltava adaggiustarsi le cocche del fazzoletto sul mento per vedere se leveniva dietro; o scappava in casa com'ei compariva in capo allastraducciae andava a nascondersi dietro il basilico ch'era sullafinestracon quegli occhioni neri che se lo mangiavano di nascosto.Ma se Brasi si fermava a guardarla come un bietolonegli voltava lespallecol mento sul pettotutta rossae gli occhi bassimasticandosi la cocca del grembiuleche ognuno se la sarebbemangiata per pane. Infinepoiché Brasi non sapeva risolversia mangiarsela per panedovette acciuffarlo lei pei capellie glidisse: - Sentitecompare Brasiperché volete togliermi lapace? Io lo so che non sono per voi. Ora è meglio che non cipassiate più di quaperché più vi vedo e piùvorrei vedervie oramai son la favola del paese; la Zuppidda simette sulla porta ogni volta che vi vede passaree poi va a dirlo atutti; ma farebbe meglio a tener d'occhi quella civetta di sua figliaBarbarache l'ha ridotta come una piazza questa stradatanta lagente che ci tirae non va a dirlo quante volte passa e ripassa donMicheleper vedere la Barbara alla finestra.

Con queste chiacchiere Brasi non si moveva piùdalla straduzzache non l'avrebbero mandato via neanche a bastonateed era sempre là intornoa gironzolare colle bracciapenzoloniil naso in aria e la bocca apertacome Giufà. LaMangiacarrubbe dal suo canto stava alla finestrae cambiava ognigiorno fazzoletti di setae collane di vetrocome una regina. -Tutto quello che aveva lo metteva alla finestra - andava dicendo laZuppiddae quel bietolone di Brasi prendeva tutto per oro contanteed era imbestialitoche non aveva paura nemmeno di suo padresefosse venuto a prenderlo a scapaccioni. - Questa è la mano diDio per castigar la superbia di padron Fortunato- diceva la gente.- Per lui sarebbe stato cento volte meglio dare a suo figlio laMalavogliala quale almeno ci aveva quel po' di dotee non laspendeva in fazzoletti e collane. - Mena invece non ci mettevaneppure il naso alla finestraperché non ci stava beneadesso che le era morta la mammae aveva il fazzoletto nero; e poidoveva anche badare a quella piccinae farle da mammae non avevachi l'aiutasse nelle faccenduole di casatanto che doveva andareanche al lavatoioe alla fontanae a portare il pane agli uominiquando erano a giornata; sicché non era più comeSant'Agataquando nessuno la vedevae stava sempre al telaio.Adesso aveva poco tempo da stare al telaio. Don Micheledal giornoche la Zuppidda s'era messa a predicare sul ballatoiocollaconocchia in manoche voleva cavargli gli occhi con quellaconocchiase tornava a bazzicar da quelle parti per la Barbarapassava e ripassava per la strada del Nero dieci volte al giornoonde mostrare che non aveva paura della Zuppidda né della suaconocchia; e quando arrivava alla casa dei Malavogliarallentava ilpasso e guardava dentroper vedere le belle ragazze che crescevanonella casa dei Malavoglia.

La sera gli uomini tornando dal maretrovavano ognicosa preparata; la pentola che bollivae la tovaglia sul desco;oramai quel desco era troppo grande per loroe ci si perdevano.Chiudevano l'uscio e mangiavano in santa pace. Poi si mettevano asedere sulla portacoi ginocchi fra le bracciae si riposavanodella giornata. Almeno non mancava nullae non toccavano piùi denari della casa. Padron 'Ntoni aveva sempre la casa davanti agliocchilà vicinocolle finestre chiusee il nespolo che siaffacciava sul muro del cortile. Maruzza non aveva potuto morire inquella casa; né egli forse vi sarebbe morto; ma i denariricominciavano a raggranellarsie i suoi ragazzi ci sarebberotornati un giornoora che Alessi cominciava a farsi uomo anche luied era un buon figliuolo della pasta dei Malavoglia. Quando poiavrebbero maritato le ragazze e ricomperata la casase potevanometter su anche la barcanon avevano più nulla a desideraree padron 'Ntoni avrebbe chiuso gli occhi contento.

La Nunziata e la cugina Anna venivano anche loro asedersi lì accanto sui sassia chiacchierare dopo cena conquei poverettiche erano rimasti soli e derelitti anch'essitalchésembrava fossero parenti. La Nunziata pareva che fosse a casa suaeci conduceva i suoi piccinicome la chioccia. Alessiseduto accantoa lei le diceva: - O che l'hai finita oggi la tua tela? - oppure: -Lunedì ci andrai a vendemmiare da massaro Filippo? Ora cheviene il tempo delle ulive avrai sempre da buscartela la tuagiornataanche se non hai roba da lavare; e potrai condurvi il tuofratellinoche ora glieli daranno due soldi al giorno. - LaNunziataseria seriagli raccontava tutti i suoi progettie glidomandava dei consiglie ragionavano insieme in dispartecome seavessero già i capelli bianchi. - Hanno imparato presto perchéhanno visti guai assai! diceva padron 'Ntoni: il giudizio viene colledisgrazie. - Alessicoi ginocchi fra le bracciaal pari del nonnoanche luidomandava alla Nunziata:

- Mi vorrai per marito quando sarò grande?

- Ancora c'è tempo; rispondeva lei.

- Sìc'è tempoma è megliopensarci adessocosì saprò quel che devo fare. Primabisogna maritare la Menae la Liaquando sarà grande anchelei. Lia comincia a volere le vesti lunghe e i fazzoletti colle rosee tu pure ci hai i tuoi ragazzi da situare. Bisogna arrivare acomprare la barca; la barca poi ci aiuterà a comprare la casa.Il nonno vorrebbe avere un'altra volta quella del nespoloe anche ame mi piacerebbeché saprei dove andare a occhi chiusio dinottesenza battere il naso; e c'è il cortile grande per gliattrezzie in due salti s'è al mare. Poiquando le miesorelle saranno maritateil nonno verrà a stare con noie lometteremo nella stanza grande del cortileche c'entra il sole; cosìquando non potrà più venire sul marepovero vecchiose ne starà accanto all'uscio nel cortilee nell'estate ciavrà lì vicino il nespolo per fargli ombra. Noiprenderemo la camera dell'ortoti piace? e ci avrai accanto lacucina; così avrai ogni cosa sotto la manonon è vero?Quando tornerà mio fratello 'Ntoni gliela daremo a luie noiandremo a stare sul solaio. Tu non avrai che a scendere la scalettaper essere in cucina o nell'orto.

- In cucina vuol essere rifatto il focolaredisseNunziata. L'ultima volta che ci cuocevo la minestraquando la poveracomare Maruzza non aveva animo di far nullala pentola bisognavatenerla su coi sassi.

- Sìlo so! rispondeva Alessicol mento sullemanie approvando colla testa. Aveva gli occhi incantatiquasivedesse la Nunziata davanti al focolaree la mamma che si disperavaaccanto al letto. - Anche tu potresti andare al buio per la casa delnespolotante volte ci sei stata. La mamma diceva sempre che sei unabuona ragazza.

- Ora ci hanno messo le cipolle nell'ortoe son venutegrosse come arancie.

- Che ti piacciono a te le cipolle?

- Per forza mi piacciono. Aiutano a mangiare il pane ecostano poco. Quando non abbiamo denari per la minestra ne mangiamosempre coi miei piccini.

- Per questo se ne vendono tante. Allo zio Crocifissonon gliene importa di aver cavoli e lattugheperché ci hal'altro orto di casa suae l'ha messo tutto a cipolle. Ma noi cimetteremo pure i broccolie i cavolfiori… Buonieh?

La ragazzettaaccoccolata sulla sogliacoi ginocchifra le bracciaguardava lontano anche lei; e poi si mise a cantarementre Alessi stava ad ascoltaretutto intento. Infine disse:

- Ma ancora c'è tempo.

- Sìaffermò Alessi; prima bisognamaritare la Menaed anche la Liae situare i tuoi piccini. Ma èmeglio pensarci adesso.

- Quando canta la Nunziatadisse Mena affacciandosisull'uscioè segno che il giorno dopo farà bel tempo epotrà andare al lavatoio. - La cugina Anna era nello stessocasoperché la sua chiusa e la sua vigna erano il lavatoioela sua festa era quando aveva della roba per le manitanto piùora che suo figlio Rocco faceva festa all'osteria da un lunedìall'altroper smaltire il malumore che gli aveva ficcato in corpoquella civetta della Mangiacarrubbe.

- Ogni male non viene per nuocere - le diceva padron'Ntoni. - Forse in tal modo metterà giudizioil vostro Rocco.Anche al mio 'Ntoni gli gioverà stare lontano da casa sua;così quando torneràe sarà stanco di girare ilmondoogni cosa gli sembrerà buonae non si lamenteràpiù di tutto; e se arriviamo un'altra volta ad aver dellebarche sull'acquae a mettere i nostri letti laggiùinquella casavedrete che bello starsi a riposare su quell'usciolasera quando si torna a casa stanchie che la giornata èandata bene; e veder il lume in quella camera dove l'avete vistotante voltee ci avete visto tutte le facce care che avete avuto almondo. Ma ora tanti se ne sono andatiad uno ad unoche non tornanopiùe la camera è buia e colla porta chiusacome sequelli che se ne sono andati avessero portato la chiave in tasca persempre.

- 'Ntoni non doveva andarsene! soggiunse il vecchiodopo un pezzetto. Doveva saperlo che son vecchioe se muoio io queiragazzi non hanno più nessuno.

- Se compreremo la casa del nespolo mentre egli èlontanonon gli parrà vero quando torneràdisse Menae verrà a cercarci qui.

Padron 'Ntoni scosse il capo tristamente.

- Ma ancora c'è tempo! disse infine anche luicome la Nunziata; e la cugina Anna soggiunse:

- Se 'Ntoni torna ricco la comprerà lui la casa.

Padron 'Ntoni non rispondeva nulla; ma tutto il paesesapeva che 'Ntoni doveva tornare riccodopo tanto tempo ch'eraandato a cercare fortunae molti già lo invidiavanoevolevano lasciar ogni cosa e andarsene a caccia della fortunacomelui. Infine non avevano tortoperché non lasciavano altro chedelle donnicciuole a piagnucolare; e solo chi non gli bastava l'animodi lasciare la sua donnicciuolaera quella bestia del figlio dellaLoccache aveva quella sorta di madre che sapetee Rocco Spatuilquale ce l'aveva alla taverna l'animo.

Ma per fortuna delle donnicciuoletutt'a un trattosivenne a sapere che era tornato 'Ntoni di padron 'Ntonidi notteconun bastimento catanesee che si vergognava di farsi vedere senzascarpe. Se fosse stato vero che tornava riccoi danari non avrebbeavuto dove metterlitanto era lacero e pezzente. Ma il nonno e ifratelli gli fecero festa ugualmentecome se fosse venuto carico didenarie le sorelle gli si appesero al colloridendo e piangendoche 'Ntoni non conosceva più la Liatanto s'era fatta grandee gli dicevano: - Ora non ci lascerai piùnon è vero?

Il nonno si soffiava il naso anche luie brontolava: -Adesso posso morire tranquilloora che quei ragazzi non rimarrannopiù soli e in mezzo a una strada.

Ma per otto giorni 'Ntoni non ebbe il coraggio dimetter piede nella strada. Come lo vedevano tutti gli ridevano sulnasoe Piedipapera andava dicendo: - Avete visto le ricchezze che haportato 'Ntoni di padron 'Ntoni? - E quelli che ci avevano messo unpo' di tempo a fare il fagottocolle scarpe e le camicieprima diavventurarsi a quella minchioneria di lasciare il paesesi tenevanola pancia dal ridere.

Quando uno non riesce ad acchiappare la fortuna èun minchionequesto si sa. Don Silvestrolo zio CrocifissopadronCipollae massaro Filippo non erano minchionie tutti facevano lorofestaperché quelli che non hanno niente stanno a guardare abocca aperta i ricchi e i fortunatie lavorano per lorocomel'asino di compare Moscaper un pugno di pagliainvece di tirarcalcie mettersi sotto i piedi il carrettoe sdraiarsi sull'erbacolle zampe in aria. Aveva ragione lo speziale che bisognava dare uncalcio al mondo come era fatto adessoe rifarlo da capo. Anche luicolla sua barbonache predicava di cominciar da capoera di quelliche avevano acchiappato la fortunae la teneva negli scarabattoliesi godeva il ben di Dio stando sulla porta della bottegaachiacchierare con questo o con quell'altroe quando aveva pestatoquel po' d'acqua sporca nel mortaioaveva fatto il suo lavoro. Chebel mestiere gli aveva insegnato suo padre a colui di far denaricoll'acqua delle cisterne! Ma a 'Ntoni suo nonno gli aveva insegnatoil mestiere di rompersi le braccia e la schiena tutto il giornoearrischiare la pellee morir di famee non aver mai un giorno dasdraiarsi al sole come l'asino di Mosca. Un ladro di mestiere che simangiava l'animaper la madonna! e ne aveva fino al nasochepreferiva fare come Rocco Spatuil quale almeno non faceva nulla.Già adesso non gliene importava più della Zuppidda edella Sara di comare Tuddae di tutte le ragazze del mondo. Esse noncercano che di pescare un marito il quale lavori peggio di un caneper dar loro da mangiaree comprarle dei fazzoletti di setaquandosi mettono sull'uscio la domenicacolle mani sulla pancia piena.Piuttosto voleva starci luicolle mani sulla panciala domenica eil lunedìed anche gli altri giornigiacché èinutile affaticarsi per nulla.

Così 'Ntoni faceva il predicatorecome lospeziale; almeno aveva imparato questo nel viaggioed ora avevaaperto gli occhicome i gattini dopo i quaranta giorni che son nati."La gallina che cammina torna a casa colla pancia piena".Se non altro egli se l'era riempita di giudiziola panciae andavaa raccontare quello che aveva imparato sulla piazzanella bottega diPizzutoed anche all'osteria della Santuzza. Ora non vi andava piùdi nascosto all'osteria della Santuzzache s'era fatto grandee ilnonno non gli avrebbe tirato le orecchiealla fin fine; ed egliavrebbe saputo rispondere il fatto suo se gli rimproveravano diandare a cercarsi quel po' di bene che poteva.

Il nonnopoveraccioinvece di prenderlo per leorecchielo prendeva colle buone. - Vedigli dicevaora che seiqua tu ci arriveremo presto a fare i denari della casa- gli cantavasempre la canzone della casa. - Lo zio Crocifisso ha detto che non ladarà ad altri. Tua madrepoverettanon ha potuto morircilei! Sulla casa potremo anche dare la dote a Mena. Poicoll'aiuto diDiometteremo su un'altra barca; perchédevo dirteloallamia età l'è dura andare a giornatae vedersi comandarea bacchettaquando si è stati padroni. Anche voi altri sietenati padroni. Vuoi che compriamo prima la barca coi denari dellacasa? Ora sei grandee devi dirla anche tu la tua parolaperchédevi avere più giudizio di meche son vecchio. Cosa vuoifare?

Nulla voleva farelui! Che gliene importava dellabarca e della casa? Poi veniva un'altra malannataun altro colèraun altro guajoe si mangiava la casa e la barcae si tornava dinuovo a fare come le formiche. Bella cosa! E poi quando si aveva lacasa e la barcache non si lavorava più? o si mangiava pastae carne tutti i giorni? Mentre laggiùdov'era stato luic'era della gente che andava sempre in carrozzaecco quello chefaceva. Gente appetto dei quali don Franco ed il segretariolavoravano come tanti asini a sporcar cartaccee a pestare l'acquasporca nel mortaio. Almeno voleva sapere perché al mondo cidoveva essere della gente che se la gode senza far nullae nascecolla fortuna nei capellie degli altri che non hanno nienteetirano la carretta coi denti per tutta la vita?

Poi quella storia d'andare a giornata non gli andavaaffattoa lui ch'era nato padronel'aveva detto anche il nonno.Vedersi comandare a bacchettada gente che erano venuti su dalnullache tutti lo sapevanoin paesecome avevano fatto i lorodenari a soldo a soldosudando ed affaticandosi! A giornata ciandava proprio perché il nonno ve lo conducevae non glibastava ancora l'anima di dir di no. Ma quando il soprastante glistava addosso come un canee gli gridava dalla poppa: - Oh! laggiùragazzo! che facciamo? gli veniva voglia di dargli del remo sullatestae preferiva starsene ad aggiustare le nassee rifare lemaglie delle retiseduto sulla rivacolle gambe distesee laschiena appoggiata ai sassi; che allora se pure stava un momentocolle mani sotto le ascelle nessuno gli diceva nulla.

Là veniva anche a stirarsi le braccia RoccoSpatue Vanni Pizzutoquando non aveva che farefra una barba el'altraed anche Piedipaperache era il suo mestiere dichiacchierare con questo e con quello per cercare le senserie. E sidiscorreva di ciò che succedeva in paesedi quello che donnaRosolina aveva raccontato a suo fratellosotto il sigillo dellaconfessionequando era stato il tempo del colèrache donSilvestro le aveva truffato le 25 onzee non poteva andare dalgiudiceperché le 25 onze donna Rosolina le aveva rubate asuo fratello il vicarioe si sarebbe saputo il motivo per cui avevadato in mano a don Silvestro quel denaroper sua vergogna.

- Poiosservò Pizzutodonde l'erano venute le25 onze a donna Rosolina? "Roba rubata non dura".

- Almeno erano sempre nella casadiceva Spatu; se miamadre avesse 12 tarìe glieli prendessiche passerei perladro?

Di ladro in ladro vennero a parlare dello zioCrocifissoil quale aveva perso più di 30 onzedicevanocontanta gente che era morta di colèrae gli erano rimasti ipegni. Ora Campana di legnoper non saper che fare di tutti queglianelli e di tutti quegli orecchini rimastigli in pegnosi maritavacon la Vespa; la cosa era certache l'avevano visto persino andare afarsi scrivere al municipiopresente don Silvestro. - Non èvero che se la piglia per gli orecchinidiceva Piedipaperail qualepoteva saperlo. Gli orecchini e le collane alla fin fine sono d'oroed argento colatoe avrebbe potuto andare a venderli alla città;anzi ci avrebbe guadagnato il tanto per tanto sui denari che ha dati.Se la piglia perché la Vespa gli fece vedere e toccare conmano che stava per andare dal notaiocon compare Spatuora che laMangiacarrubbe s'è tirato in casa Brasi Cipolla. Scusate veh!compare Rocco.

- Niente nientecompare Tino; - rispose Rocco Spatu. -A me non me ne importa; perché chi si fida di quelle canagliedi femmineè un porco. Per me la mia innamorata è laSantuzzache mi fa credenza quando voglio; e ne vuol due delleMangiacarrubbe nella sua bilancia! con quel pettoeh? compare Tino!

- "Ostessa bella conto caro!" disse Pizzutosputacchiando.

- Cercano il marito per farsi mantenere da lui!aggiunse 'Ntoni. Tutte le stesse! - E Piedipapera seguitò: -Lo zio Crocifisso allora corse trafelato dal notaioche aveva ilfiato ai denti. Così se la piglia la Vespa.

- Bella sorte eh! quella della Mangiacarrubbe! esclamò'Ntoni.

- Brasi Cipollada qui a cent'anni che muore suopadrese Dio vuolesarà ricco come un maialedisse Spatu.

- Adesso suo padre fa il diavoloma col tempo chineràil capo. Non ha altri figlie non gli resta altro che maritarsisenon vuole che la sua roba se la goda la Mangiacarrubbe alla suabarba.

- Io ci ho gustoconchiuse 'Ntoni. - La Mangiacarrubbenon ha niente. O perché padron Cipolla deve essere riccosoltanto lui?

Qui prese parte al discorso lo spezialeil qualeveniva a fumare la sua pipa sulla rivadopo desinaree pestaval'acqua nel mortaio che così il mondo non andava beneebisognava buttare in aria ogni cosae rifar da capo. Ma con quellagente lìera proprio come pestar l'acqua nel mortaio. Il soloche ne capisse qualche cosa era 'Ntoniche aveva visto il mondoeaveva aperto un po' gli occhi come i gattini; da soldato gli avevanoinsegnato a leggereperciò andava anche lui sulla porta dellaspezieriaa sentire quello che diceva il giornalee a chiacchierarecollo spezialeil quale era un buon diavolaccio con tuttie nonaveva pel capo i fumi di sua mogliela quale lo sgridava: - O tuperché t'immischi negli affari che non ti riguardano?

- Le donne bisogna lasciarle diree far le cose dinascosto; diceva don Franco appena la Signora se ne saliva nellastanza. Lui non aveva difficoltà di starsene in sinedrio anchecon quelli senza scarpepurché non mettessero i piedi suiregoli delle scranne; e spiegava loro parola per parola quello chediceva il giornalemettendoci il ditoche il mondo avrebbe dovutoandare come era scritto là.

Don Francoarrivando sul greto quando gli amicitenevano quei discorsiammiccava a 'Ntoni Malavogliail qualerimendava le maglie delle reti colle gambe distese e la schienaappoggiata ai sassie gli faceva dei cenni col caposcuotendo labarbona in aria. - Eh! bella giustizia che certuni abbiano a rompersila schiena contro i sassie degli altri stiano colla pancia al solea fumar la pipamentre gli uomini dovrebbero essere tutti fratellil'ha detto Gesùil più gran rivoluzionario che ci siastatoe i suoi preti al giorno d'oggi fanno i birri e le spie! Nonlo sapevano che l'affare di don Michele colla Santuzza l'avevascoperto don Giammarianella confessione?

- Altro che don Michele! La Santuzza ci ha massaroFilippo; e don Michele ronza sempre per la via del Nerosenzanessuna paura di comare Zuppidda e della sua conocchia! Lui ci ha lapistola.

- Tutte e due vi dico! Coteste che si confessano ognidomenica hanno il sacco grande da metterci i peccati; per questo laSantuzza porta la medaglia sul petto! per coprire le porcherie che cistan sotto.

- Don Michele perde il tempo colla Zuppidda; ilsegretario ha detto che vuol farla cascare coi suoi piedi come unapera matura.

- Ma sì! Intanto don Michele si diverte collaBarbarae con le altre che stanno nella via. - Lo so io - eammiccava di soppiatto a 'Ntoni. - Non ha niente da faree ognigiorno ha i suoi quattro tarì di soldo.

- Quello che dico sempre! ripeteva lo spezialetirandosi la barba. - Tutto il sistema è così; pagardegli sfaccendati per non far nientee farci le cornaa noi che lipaghiamo! ecco che cos'è. Della gente che ha quattro tarìal giorno per stare a passeggiare sotto le finestre della Zuppidda; edon Giammaria che si pappa la lira al giorno per confessare laSantuzzae sentire le porcherie che gli racconta; e don Silvestroche… so io! e mastro Cirino che è pagato per romperci glistivali colle sue campanema i lumi poi non li accendee si mettein tasca l'olioché lìal municipio poici son altreporcherie! in fede mia! E volevano far casa nuova di tutti nellabaraccama poi si sono intesi un'altra voltadon Silvestro e glialtrie non ne hanno parlato più… Tale e quale comequegli altri ladri del parlamentoche chiacchierano e chiacchieranofra di loro; ma ne sapete niente di quel che dicono? Fanno la schiumaalla boccae sembra che vogliano prendersi pei capelli di momento inmomentoma poi ridono sotto il naso dei minchioni che ci credono.Tutte vesciche pel popolo che paga i ladri e i ruffianie gli sbirricome don Michele.

- Che bella cosadisse 'Ntoniquattro tarì algiorno per andare a passeggiare di qua e di là. Io vorreiessere guardia doganale.

- Ecco! ecco! esclamò don Franco cogli occhi chegli schizzavano dalla testa. - Vedete la conseguenza del sistema! Laconseguenza è che tutti diventano canaglia. Non vi offendetecompare 'Ntoni. "Il pesce puzza dalla testa". Anch'io sareicome voise non avessi studiatoe non avessi quel mestiere daguadagnarmi il pane.

Infatti dicevano che era un bel mestiere quello che gliaveva insegnato suo padre allo spezialedi pestare nel mortaioe difar denari coll'acqua sporca; mentre c'era gente che doveva cuocersile corna al solee cavarsi gli occhi colle maglie delle retieprendersi il granchio alle gambe e alla schiena per guadagnarsi diecisoldi; e così lasciarono le reti e le chiacchieree se netornarono all'osteria sputacchiando per la strada.



Cap. 13

Padron 'Ntonicome il nipote gli arrivava a casaubbriacola serafaceva di tutto per mandarlo a letto senza che glialtri se ne avvedesseroperché questo non c'era mai stato neiMalavogliae gli venivano le lagrime agli occhi. La nottequando sialzava e chiamava Alessi per andare al marelasciava dormirel'altro; tantonon sarebbe stato buono a nulla. 'Ntoni da prima sene vergognavae andava ad aspettarli sulla riva appena tornavanocolla testa bassa. Ma a poco a poco ci fece il calloe diceva fra disé: - Così domani faremo ancora domenica!

Il povero vecchio cercò tutti i mezzi ditoccargli il cuoree di nascosto gli fece persino esorcizzare lacamicia da don Giammariae spese tre tarì. - Vedi! glidicevaquesto non c'è mai stato nei Malavoglia! Se tu prendila mala strada di Rocco Spatutuo fratello e le tue sorelle tiverranno dietro. "Una mela fradicia guasta tutte le altre"e quei soldi che abbiamo messo insieme con tanto stento se neanderanno in fumo. "Per un pescatore si perde la barca"eallora che faremo?

'Ntoni restava a capo chinoo brontolava fra i denti;ma l'indomani tornava da capoe una volta glielo disse: - Chevolete? almeno quando non sono più in sensi non penso alla miadisgrazia.

- Che disgrazia! Tu hai la salutesei giovanesai iltuo mestiereche ti manca? Io che son vecchioe tuo fratello che èancora un ragazzoci siamo tirati su dal fosso. Ora se tu volessiaiutarcitorneremo ad essere quelli che eravamose non piùcol cuore contentoperché quelli che sono morti non tornanopiùalmeno senza altre angustie; e tutti uniticome devonostare le dita della manoe col pane in casa. Se io chiudo gli occhicome resterete voi altri? Adessovedimi tocca d'aver paura ognivolta che c'imbarchiamo per andar lontano. E son vecchio!…

Quando il nonno riesciva a toccargli il cuore'Ntonisi metteva a piangere. I fratelliche sapevano tuttosirincantucciavanoappena lo sentivano venirecome ei fosse unestraneoo quasi avessero paura di lui; e il nonnocol rosario inmanoborbottava: - O anima benedetta di Bastianazzo! O anima di mianuora Maruzza! fatelo voi il miracolo! - Come Mena lo vedeva arrivarecolla faccia pallida e gli occhi lustrigli diceva: - Entra daquesta parteche ci è il nonno! - E lo faceva entrare dallaporticina della cucina; poi si metteva a piangere cheta cheta accantoal focolare; tanto che 'Ntoni disse alla fine: - Non voglio andarcipiù all'osterianeanche se m'ammazzano! E tornò alavorare di buonavoglia come prima; anzisi alzava prima deglialtrie andava ad aspettare il nonno alla marinache ci volevanodue ore a far giornoi Tre Re erano ancora alti sul campaniledel villaggioe i grilli si udivano trillare nelle chiuse come sefossero lì accanto. Il nonno non ci capiva più nellacamicia dalla contentezza; andava chiacchierando con lui ondeprovargli come gli volesse benee fra di sé diceva: - Sonl'anime sante di sua madre e di suo padre che hanno fatto ilmiracolo.

Il miracolo durò tutta la settimanae ladomenica 'Ntoni non volle nemmeno andare in piazzaper non vederel'osteria da lontano e gli amici che lo chiamavano. Ma si rompeva lemascelle a sbadigliare tutto quel giorno in cui non aveva nulla dafaree non finiva più. Oramai non era un ragazzo per passareil tempo ad andare per le ginestre nella sciaracantando comesuo fratello Alessi e la Nunziatao a spazzar la casa come Menaenemmeno un vecchio come il nonno per divertirsi ad accomodare ibarilotti sfondatie le nasse sfasciate. Egli restò sedutoaccanto alla portanella strada del Neroche non ci passava nemmenouna gallinae sentiva le voci e le risate all'osteria. Tanto cheandò a dormire per non sapere che faree il lunedìtornò a fare il muso lungo. Il nonno gli diceva: - Per tesarebbe meglio che non venisse la domenica; perché il giornodopo sei come se fossi malato. Ecco quello che era meglio per luiche non venisse mai la domenica! e gli cascava il cuore per terra apensare che tutti i giorni fossero dei lunedì. Sicchéquando tornava dal marela seranon aveva voglia nemmeno d'andare adormiree si sfogava a scorazzare di qua e di là colla suadisgraziatanto che infine venne a capitare di nuovo all'osteria.

Primaallorché tornava a casa malfermo sullegambesi ficcava dentro mogio mogiofacendosi piccino e balbettandodelle scuseo almeno non fiatava. Ma ora alzava la vocelitigavacolla sorella se l'aspettava sull'usciocolla faccia pallida e gliocchi gonfie se gli diceva sottovoce d'entrare dalla cucina che incasa c'era il nonno. - A me non me ne importa! rispondeva. Il giornodopo si levava stravolto e di cattivo umore; e cominciava a gridare ebestemmiare dalla mattina alla sera.

Una volta successe una brutta scena. Il nonnononsapendo più che fare per toccargli il cuorel'aveva tiratonell'angolo della camerucciaad usci chiusiperché nonudissero i vicinie gli diceva piangendo come un ragazzoil poverovecchio: - Oh 'Ntoni! non ti rammenti che qui c'è morta tuamadre? Perché vuoi darle questo dolore a tua madredi vedertifare la riescita di Rocco Spatu? Non lo vedi come stenta e siaffatica la povera cugina Anna per quell'ubbriacone di suo figlio? ecome piange alle volteallorché non ha pane da dare aglialtri suoi figliuolie non le basta il cuore di ridere? "Chi vacol lupo allupa" e "chi pratica con zoppi all'annozoppica". Non ti rammenti quella notte del colèra cheeravamo qui tutti davanti a quel lettuccioed ella ti raccomandavaMena e i ragazzi? - 'Ntoni piangeva come un vitello slattatoediceva che voleva morire anche lui; ma poi adagio adagio tornavaall'osteriae la notteinvece di venire a casaandava per la viafermandosi dietro gli uscicolle spalle appoggiate al murostancomortoinsieme a Rocco Spatu e a Cinghialenta; e si metteva a cantarecon loroper scacciare la malinconia.

Infine il povero padron 'Ntoni non osava piùmostrarsi per le strade dalla vergogna. Il nipote inveceper evitarele predicheveniva a casa colla faccia scura; così non glirompevano la devozione con le solite prediche. Già le predichese le faceva da se stessoa voce bassaed era tutta colpa della suadisgrazia che l'aveva fatto nascere in quello stato.

E andava a sfogarsi collo speziale e con altri diquelli che avevano un po' di tempo per chiacchierare dell'ingiustiziasacrosanta che ci è a questo mondo in ogni cosa; che se uno vadalla Santuzzaper dimenticare i suoi guaisi chiama ubbriacone;mentre tanti altri che si ubbriacano a casa di vino buono non hannoguai per la testané nessuno che li rimproveri o faccia lorola predica di andare a lavoraregiacché non hanno nulla dafaree son ricchi per due; eppure tutti siamo figli di Dio allostesso modoe ognuno dovrebbe avere la sua parte egualmente. - Quelragazzo lì ha del talento! diceva lo speziale a don Silvestroe a padron Cipollae a chi voleva sentirlo. - Vede le coseall'ingrossocosì alla carlonama il sugo c'è; non ècolpa sua se non sa esprimersi meglio; è colpa del governo chelo lascia nell'ignoranza.

Per istruirlo gli portava il Secolo e laGazzetta di Catania. Però 'Ntoni si seccava a leggere;prima di tutto perché era una faticae quand'era soldato gliavevano insegnato a leggere per forza; ma adesso era libero di farequello che gli pareva e piacevae aveva un po' dimenticato come sicacciano insieme le parole nello scritto. Poi tutte quellechiacchiere stampate non gli mettevano un soldo in tasca. Che glieneimportava a lui? Don Franco glielo spiegava lui perché avrebbedovuto importargliene; e quando passava don Michele per la piazzaglielo indicava colla barbonaammiccandoe gli spifferava sottovoceche passava per donna Rosolina anche quelloora che aveva sentitocome donna Rosolina avesse dei denarie li dava alla gente per farsisposare.

- Bisogna cominciare dal levarci dai piedi tutticostoro col berretto gallonato. Bisogna far la rivoluzione. Eccoquello che bisogna fare!

- E voi cosa mi date per fare la rivoluzione?

Don Franco allora si stringeva nelle spallee se neandava indispettito a pestare l'acqua sporca nel mortaio; giacchécon gente siffatta era proprio pestar l'acqua nel mortaiodiceva. EPiedipaperaappena 'Ntoni voltava le spallesoggiungeva sottovoce:

- Se volesse ammazzare don Micheledovrebbe ammazzarloper qualche altra cosa; ché gli vuol rubare la sorella; ma'Ntoni è peggio d'un maialetanto che si fa mantenere dallaSantuzza. Piedipapera se lo sentiva sullo stomaco don Micheledacchéguardava cogli occhi torvi lui e Rocco Spatu e Cinghialenta quando liincontrava; perciò voleva levarselo davanti.

Quelle povere Malavoglia erano arrivate al punto cheandavano per le bocche di tuttiper colpa del fratellotanto iMalavoglia erano caduti in bassa fortuna. Ora tutto il paese sapevache don Michele passava e ripassava per la strada del Neroonde fardispetto alla Zuppiddala quale stava a guardia di sua figlia collaconocchia in mano. Intanto don Michele per non perdere i suoi passiaveva gettato gli occhi su di Liala quale si era fatta una bellaragazza anche leie non aveva nessuno che le stesse a guardiatranne la sorella che si faceva rossa per leie le diceva: -Rientriamo in casaLia. Sulla porta non ci stiamo bene ora che siamoorfane.

Ma la Lia era vanerella peggio di suo fratello 'Ntonie le piaceva starsene sulla porta a far vedere il fazzoletto colleroseche ognuno le diceva: - Come siete bella con quel fazzolettocomare Lia! e don Michele se la mangiava cogli occhi.

La povera Menamentre stava là sulla portaadaspettare il fratello che tornava a casa ubbriacosi sentiva cosìstanca ed avvilita che le cascavano le braccia quando voleva tirarein casa la sorellaperché passava don Michelee Lia lerispondeva: - Hai paura che mi mangi? Giànessuno ne vuole dinoi altriora che non abbiamo più niente. Non lo vedi come èandato a finire mio fratelloche non lo vogliono nemmeno i cani!

- Se 'Ntoni avesse fegatoandava dicendo Piedipaperase lo leverebbe dinanzi quel don Michele.

'Ntoni invece voleva levarsi dinanzi don Michele perun'altra cosa. La Santuzzadopo che l'aveva rotta con don Micheleaveva preso a ben volere 'Ntoniper quel modo di portare il berrettosull'orecchioe di dondolare le spalle camminando che aveva preso dasoldato; e gli metteva in serbo sotto il banco tutti i piatti coiresti che lasciavano gli avventori; e un po' di qua e un po' di làgli riempiva anche il bicchiere. In tal modo lo manteneva perl'osteria grasso e unto come il cane del macellaio. Al bisogno poi'Ntoni si disobbligava facendo a pugni con quegli avventori dellamalannatache cercano il pelo nell'uovo all'ora del contoe gridanoe bestemmiano prima di pagare. Cogli amici della taverna invece eraallegro e chiacchieronee teneva d'occhio anche il bancoallorchéla Santuzza andava a confessarsi. Sicchétutti colàgli volevano bene come se fosse a casa sua; tranne lo zio Santoro ilquale lo guardava di mal'occhioe borbottavafra un'avemaria el'altracontro di luiche viveva alle spalle di sua figliacome uncanonico; la Santuzza rispondeva che era la padronase voleva farvivere alle sue spalle 'Ntoni Malavogliagrasso come un canonico;segno che ci aveva il suo piaceree non aveva più bisogno dinessuno.

- Sì! sì! brontolava lo zio Santoroquando poteva chiapparla un momento a quattr'occhi. Di don Michele nehai sempre bisogno. Massaro Filippo m'ha detto dieci volte che ètempo di finirlache il vino nuovo non può tenerlo piùnella cantinae bisognerebbe farlo entrare in paese di contrabbando.

- Massaro Filippo pensa al suo interesse. Ma iovedetedovessi pagare il dazio due voltee il contrabbandodonMichele non lo voglio piùno e poi no!

Ella non voleva perdonare a don Michele quellapartaccia che gli aveva fatta colla Zuppiddadopo tanto tempo ch'erastato trattato come un canonico nell'osteriaper l'amore dei suoigalloni; e 'Ntoni Malavogliasenza gallonivaleva dieci volte donMichele; a luiquello che gli dava glielo dava di tutto cuore.'Ntoni si guadagnava il pane in tal modoe quando il nonno glirimproverava il suo far nullae la sorella lo guardava tristamentecogli occhi fissirispondeva: - Forse che vi costo qualche cosa? Deidenari della casa non ne spendoe il mio pane me lo guadagno da me.- Meglio sarebbe che tu morissi di famegli diceva il nonnoe cheavessimo a morire tutti oggi stesso! - Infine nessuno parlava piùseduti dov'eranoe voltandosi le spalle. Padron 'Ntoni era ridotto anon aprir boccaper non litigare col nipote; e 'Ntoni poiquand'erastanco della predicapiantava lì tutti della paranzaapiagnucolaree se ne andava a trovar Rocco o compare Vannicoiquali si stava allegri e se ne trovava sempre una nuova da inventare.

Una volta inventarono di fare la serenata allo zioCrocifissola notte in cui s'era maritato colla Vespae condusserosotto le finestre di lui tutti coloro cui lo zio Crocifisso nonvoleva prestare più un soldocoi coccie le pentole fesseicampanacci del beccaio e gli zufoli di cannaa fare il baccano e uncasa del diavolo sino a mezzanottetalché la Vespa l'indomanis'alzò più verde del solitoe se la prese con quellacanaglia della Santuzzanella taverna della quale s'era macchinatatutta quella birbonataper gelosia che lei se l'era trovato ilmaritoonde stare in grazia di Diomentre le altre erano sempre nelpeccato mortalee facevano mille porcheriesotto l'abitino dellaMadonna.

La gente gli rideva sul muso allo zio Crocifissocomelo vide sposo sulla piazzavestito di nuovoe giallo come un mortodalla paura che gli aveva fatto la Vespa con quel vestito nuovo checostava denari. La Vespa era sempre a spendere e spandereche sel'avessero lasciata fare avrebbe vuotato il sacco in una settimana; ediceva che la padrona adesso era leitanto che tutti i giorni c'erail diavolo dallo zio Crocifisso. Sua moglie gli piantava le unghiesulla facciae gli gridava che voleva aver le chiavi leie nonvoleva star sempre a desiderare un pezzo di pane e un fazzolettonuovo peggio di prima; perché se avesse saputo quel che ledoveva venire dal matrimoniocon quel bel marito che le era toccatosi sarebbe tenuta la chiusa e la medaglia di Figlia di Mariapiuttosto; giàtanto e tanto avrebbe potuto portarla ancorala medaglia di Figlia di Maria! E lui strillava che era rovinato; chenon era più padrone del fatto suo; che v'era tuttora il colèrain casae volevano farlo morire di crepacuore prima del tempoperscialacquarsi allegramente la roba che egli aveva stentato tanto araggranellare! Lui purese avesse saputo tutto questoavrebbemandato al diavolo la chiusa e la moglie; ché già luidi moglie non ne aveva bisognoe l'avevano preso per il collofacendogli credere che la Vespa avesse acchiappato Brasi Cipollaestesse per scappargli insieme alla chiusamaledetta chiusa!

Giusto in quel punto si seppe che Brasi Cipolla s'eralasciato rubare dalla Mangiacarrubbecome un bietolonee padronFortunato li andava cercando per la sciarae pel valloneesotto il pontecolla schiuma alla boccagiurando e spergiurando chese li trovava voleva dar loro tante di quelle pedatee farsi venirele orecchie di suo figlio nelle mani. Lo zio Crocifisso a queldiscorso si cacciava le mani nei capelli anche luie diceva che laZuppidda l'aveva rovinato a non rapire Brasi una settimana prima. -Questa è stata la volontà di Dio! andava dicendopicchiandosi il petto; la volontà di Dio è stata che iom'avessi a pigliar la Vespa per castigo dei miei peccati! - E deipeccati doveva avercene grossi assaiperché la Vespa gliavvelenava il pane in boccae gli faceva soffrire le pene delpurgatorionotte e giorno. Per giunta poi si vantava di esserglifedeleche non avrebbe guardato in faccia un cristianofossegiovane e bello come 'Ntoni Malavoglia o Vanni Pizzutoper tuttol'oro del mondo; mentre gli uomini le ronzavano sempre attorno atentarla come ci avesse il miele nelle gonnelle. - Se fosse veroandrei a chiamarglielo io stesso colui! borbottava lo zio Crocifisso;- purché me la levasse davanti! E diceva pure che avrebbepagato qualche cosa a Vanni Pizzuto o a 'Ntoni Malavoglia perchégli facessero le cornagiacché 'Ntoni faceva quel mestiere. -Allora potrei mandarla via quella strega che mi son cacciata in casa!

Ma 'Ntoni il mestiere lo faceva dove era grassoe cimangiava e bevevache era un piacere a vederlo. Ora portava la testaaltae se la rideva se il nonno gli diceva qualche parola a bassavoce; adesso era il nonno che si faceva piccinoquasi il torto fossesuo. 'Ntoni diceva che se non lo volevano in casa sapeva dove andarea dormirenella stalla della Santuzza; e già non spendevanonulla a casa sua per dargli da mangiare. Padron 'Ntonie AlessieMenatutto quello che buscavano colla pescacol telaioallavatoioe con tutti gli altri mestieripotevano metterlo da parteper quella famosa barca di san Pietrocolla quale si guadagnava dirompersi le braccia tutti i giorni per un rotolo di pesceo per lacasa del nespolonella quale si sarebbe andati a crepareallegramente di fame! tanto lui un soldo non l'avrebbe voluto; poverodiavolo per povero diavolopreferiva godersi un po' di riposofinché era giovanee non abbaiava la notte come il nonno. Ilsole c'era lì per tuttie l'ombra degli ulivi per mettersi alfrescoe la piazza per passeggiaree gli scalini della chiesa perstare a chiacchieraree lo stradone per veder passare la gente esentir le notiziee l'osteria per mangiare e bere cogli amici. Poiquando gli sbadigli vi rompevano le mascellesi giocava alla moraoa briscola; e quando infine si aveva sonnoci era lì lachiusa dove pascevano i montoni di compare Nasoper sdraiarsi adormire il giornoo la stalla di comare suor Mariangela quand'eranotte.

- Che non ti vergogni di fare questa vita? gli dissealfine il nonnoil quale era venuto apposta a cercarlo colla testabassa e tutto curvo; e piangeva come un fanciullo nel dir cosìtirandolo per la manica dietro la stalla della Santuzzaperchénessuno li vedesse. - E alla tua casa non ci pensi? e ai tuoifratelli non ci pensi? Ohse fossero qui tuo padre e la Longa!'Ntoni! 'Ntoni!…

- Ma voi altri ve la passate forse meglio di me alavoraree ad affannarvi per nulla? È la nostra mala sorteinfame! ecco cos'è! Vedete come siete ridottoche sembrate unarco di violinoe sino a vecchio avete fatto sempre la stessa vita!Ora che ne avete? Voi altri non conoscete il mondoe siete come igattini cogli occhi chiusi. E il pesce che pescate ve lo mangiatevoi? Sapete per chi lavoratedal lunedì al sabatoe vi sieteridotto a quel modo che non vi vorrebbero neanche all'ospedale? perquelli che non fanno nullae che hanno denari a palate lavorate!

- Ma tu non ne hai denariné io ne ho! Non neabbiamo avuti maie ci siamo guadagnato il pane come vuol Dio; èper questo che bisogna darsi le mani attornoa guadagnarlise no simuore di fame.

- Come vuole il diavolovolete dire! Che ètutta opera di Satanasso la nostra disgrazia! Ora sapete quel che ciaspettaquando non potrete più darvele attorno le maniperché i reumatismi le avranno ridotte come una radica divite? Vi aspetta il vallone sotto il ponte per andare a creparvi.

- No! no! esclamò il vecchio tutto giulivoegettandogli al collo le braccia rattratte come radiche di vite. Idenari per la casa ci son giàe se tu ci aiuti…

- Ah! la casa del nespolo! Credete che sia il piùbel palazzo del mondovoi che non avete visto altro?

- Lo so che non è il più bel palazzo delmondo. Ma non dovresti dirlo tu che ci sei natotanto più chetua madre non ci è morta.

- Nemmeno mio padre non ci è morto. Il nostromestiere è di lasciare la pelle laggiùin bocca aipescicani. Almenofinché non ce la lasciovoglio godermiquel po' di bene che posso trovaregiacché è inutilelogorarmi la pelle per niente! E poi? quando avrete la casa? e quandoavrete la barca? E poi? e la dote di Mena? e la dote di Lia?…Ah! sangue di Giuda ladro! che malasorte è la nostra!

Il vecchio se ne andò desolatoscuotendo ilcapocol dorso curvoché le parole amare del nipotel'avevano schiacciato peggio di un pezzo di scoglio piombatogli sullaschiena. Adesso non aveva più coraggio per nullaglicascavano le bracciae aveva voglia di piangere. Non poteva pensaread altrose non che Bastianazzo e Luca non ci avevano mai avuto pelcapo quelle cose che ci aveva 'Ntonie avevano sempre fatto senzalamentarsi quello che dovevano fare; e mulinava pure che era inutilepensare alla dote di Menae di Liagiacché non ci sarebberoarrivati mai.

La povera Mena pareva che lo sapesse anche leitantoera avvilita. Le vicine ora tiravano di lungo dinanzi alla porta deiMalavogliacome durasse il colèrae la lasciavano solaaccanto alla sorella col fazzoletto colle roseo insieme allaNunziatae alla cugina Annaquando esse facevano la caritàdi venire a cianciare un po'; giacché la cugina Anna ci avevaanche leipoverettaquell'ubbriacone di Roccoe oramai tutti losapevano; e la Nunziata era troppo piccola quando quel bel mobile disuo padre l'aveva piantata per andarsene a cercare fortuna altrove.Le poverette s'intendevano fra di loro appunto per questoquandodiscorrevano a bassa vocecol capo chinoe le mani sotto ilgrembiuleed anche quando tacevanosenza guardarsi in visopensando ognuno ai casi suoi. - Quando si è ridotti allo statoin cui siamodiceva Lia che parlava come una donna fattabisognaaiutarsi da sée che ognuno pensi ai suoi interessi.

Don Michele di tanto in tanto si fermava a salutarle oa dir qualche barzelletta; tanto che le donne si erano addomesticatecol berretto gallonatoe non ne avevano più paura: anzi laLia s'era lasciata andare a dire anche lei le barzellettee cirideva sopra; né la Mena osava sgridarlao andarsene incucina e lasciarla solaora che non aveva più la madre; erestava lì anche lei accasciata su di sé stessaguardando di qua e di là della strada con gli occhi stanchi.Oramai come si vedeva che i vicini li avevano abbandonatile sigonfiava il cuore di riconoscenza ogni volta che don Michele contutto il suo berretto gallonato non sdegnava di fermarsi sulla portadei Malavoglia a far quattro chiacchiere. E se don Michele trovava laLia solala guardava negli occhitirandosi i mustacchicolberretto gallonato messo alla sgherrae le diceva: - Che bellaragazza che sietecomare Malavoglia.

Nessuno le aveva detto questo; perciò ella sifaceva rossa come un pomodoro.

- Come va che non vi siete maritata ancora? le dicevaanche don Michele.

Ella si stringeva nelle spallee rispondeva che non losapeva.

- Voi dovreste avere la veste di lana e setae gliorecchini lunghi; ché allorain parola d'onoregli farestetenere il candeliere a molte signore della città.

- La veste di lana e seta non fa per medon Michele!rispondeva Lia.

- O perché? La Zuppidda non l'ha? e laMangiacarrubbeora che ha acchiappato Brasi di padron Cipollanonl'avrà anche lei? e la Vespase la vuolenon se la faràcome le altre?

- Loro son riccheloro!

- Sorte scellerata! esclamava don Michele battendo colpugno sulla sciabola. Vorrei pigliare un terno al lottovorreipigliarecomare Lia! per farvi vedere cosa son capace di fare!

Alle volte don Michele aggiungeva: - Permettete? -colla mano nel berrettoe si metteva a sedere lì vicino suisassimentre non aveva da fare. Mena credeva che volesse stare lìper comare Barbarae non gli diceva nulla. Ma don Michele alla Liale giurava che non era per la Barbarae non ci aveva mai pensatosulla santa parola d'onore! Pensava a tutt'altro luise non losapeva comare Lia!…

E si fregava il mentoo si stirava i baffi guardandolacome il basilisco. La ragazza si faceva di mille colori e si alzavaper andarsene. Però don Michele la prendeva per la manoe lediceva: - Perché volete farmi quest'offesacomare Malavoglia?Restate lìche nessuno vi mangia.

Cosìmentre aspettavano gli uomini dal marepassavano il tempo; ella sulla portae don Michele sui sassisminuzzando qualche sterpolino per non sapere che faree ledomandava: - Che ci verreste a stare nella città?

- Che verrei a farci nella città?

- Quello è il posto per voi! Voi non siete fattaper star quifra questi villaniin parola d'onore! Voi siete unaroba fine e di prima qualitàe siete fatta per stare in unabella casettae andare a spasso alla Marina e alla Villaquando c'èla musicavestita benecome m'intendo io. Con un bel fazzoletto diseta in testae la collana d'ambra. Qui par di stare in mezzo aiporciparola mia d'onore! e non vedo l'ora di essere traslocatochemi hanno promesso di richiamarmi alla città coll'anno nuovo.

Lia si metteva a ridere della burlae scrollava lespalleche lei non sapeva nemmeno come fossero fatte le collaned'ambra e i fazzoletti di seta. Una volta poi don Michele tiròfuori in gran mistero un bel fazzoletto giallo e rossocolla suabrava cartache l'aveva avuto da un contrabbandoe voleva regalarloa comare Lia.

- No! no! diceva lei tutta rossa. Non lo piglio se miammazzate! - E don Michele insisteva: - Questa non me l'aspettavocomare Lia. Non me lo meritovedete! - E dovette avvolgere un'altravolta il fazzoletto nella carta e metterselo in tasca.

D'allora in poiquando vedeva spuntare il naso di donMicheleLia correva a ficcarsi in casaper paura che volesse darleil fazzoletto. Don Michele aveva un bel passare e ripassaree farbrontolare la Zuppidda colla schiuma alla boccae aveva unbell'allungare il collo dentro l'uscio dei Malavogliache non vedevapiù nessunotalché alla fine si decise ad entrare. Leragazzecome se lo videro dinanzirimasero a bocca apertatremandoquasi avessero la terzanae senza saper che fare. - Voi non l'avetevoluto il fazzoletto di setacomare Liadiss'egli alla ragazzalaquale s'era fatta rossa come un papaveroma io sono tornato pel beneche voglio a voi altri. Che cosa fa vostro fratello 'Ntoni?

Anche Mena si faceva rossaquando le domandavano checosa facesse suo fratello 'Ntoniperché non faceva nulla. Edon Michele continuò: - Ho paura che vi dia qualchedispiacerea tutti voi altrivostro fratello 'Ntoni. Io vi sonoamico e chiudo gli occhi; ma quando verrà qui un altrobrigadiere in vece miavorrà sapere che cosa va a fare vostrofratello con Cinghialentala seraverso il Rotoloe conquell'altro buon arnese di Rocco Spatuquando vanno a passeggiarenella sciaracome se avessero delle scarpe da buttar via.Aprite bene gli occhi anche voi a quel che vi dico oracomare Mena;e ditegli pure che non bazzichi tanto con quell'imbroglione diPiedipaperanella bottega di Pizzutoche si sa tuttoe nei guaipoi ci resterà lui. Gli altri sono volpi vecchiee sarebbebene che vostro nonno non lo facesse andare a passeggiare nellasciara perché la sciara non èfatta per andarci a passeggiaree gli scogli del Rotolo ci sentonocome se avessero le orecchiediteglie vedono anche senzacannocchiale le barche che vanno costeggiando quatte quatte versol'imbrunirecome se andassero a pescar pipistrelli. Ditegli questocomare Menae ditegli pure che chi gli dà quest'avvertimentoè un amico il quale vi vuol bene. Quanto a compareCinghialenta e Rocco Spatued anche Vanni Pizzutoson tenutid'occhio. Vostro fratello si fida di Piedipaperae non sa che leguardie doganali hanno il tanto per cento sui contrabbandie persorprenderli bisogna dar la parte a uno della combriccola e farlocantare per chiapparla. Di Piedipapera questo solo rammentategli: -Gli disse Gesù Cristo a San Giovanni"degli uominisegnati guàrdatene!". Lo dice pure il proverbio.

Mena sbarrava gli occhie impallidivasenza capirbene quel che ascoltava; ma sentiva già la paura che suofratello avesse a fare con quelli del berretto gallonato. Don Micheleallora la prese per mano onde farle animoe seguitò:

- Se si sapesse che son venuto a dirvi tutto questosarei fritto. Io mi giuoco il mio berretto gallonatoper il bene chevi voglio a voi altri Malavoglia. Ma non mi piace che vostro fratellopatisca qualche guaio. No! non vorrei incontrarlo di notte in qualchebrutto postonemmeno per acchiappare un contrabbando di mille lireparola mia d'onore!

Le povere ragazze non ebbero più pacedacchédon Michele ebbe messo loro quella pulce nell'orecchio. Nonchiudevano occhio nella notteaspettando il fratello dietro l'usciosino a tarditremando di freddo e di pauramentre egli andavacantando per le strade con Rocco Spatu ed altri della combriccolaealle povere ragazze pareva sempre di udire delle gridae delleschioppettatecome quando avevano detto che c'era stata la cacciadelle quaglie a due piedi.

- Tu va a dormireripeteva Mena alla sorella. Tu seitroppo giovanee certe cose non devi saperle.

Al nonno non diceva nulla per non dargli quest'altrocrepacuore; ma a 'Ntoniquando lo vedeva un po' calmoche simetteva a sedere tristamente sulla portacol mento in manosifaceva coraggio per chiedergli: - Cosa vai a fare sempre con RoccoSpatu e Cinghialenta? Guardati che ti hanno visto sulla sciarae verso il Rotolo. Guardati di Piedipapera. Sai il detto dell'anticoche gli disse Gesù Cristo a San Giovanni: "degli uominisegnati guàrdatene!".

- Chi te l'ha detto? domandava 'Ntoni saltando su comeun diavolo. Dimmi chi te l'ha detto?

- Don Michele me l'ha detto! rispondeva lei collelacrime agli occhi. M'ha detto di guardarti di Piedipaperache peracchiappare un contrabbando bisogna dar la parte ad uno dellacombriccola.

- E non ti ha detto altro?

- Nonon mi ha detto altro.

'Ntoni allora giurava che non era vero nientee non lodicesse al nonno. Poi si levava di là frettolosoe se neandava all'osteriaa smaltire l'uggiae se incontrava quelli delberretto gallonatofaceva il giro lungo per non vederli neanche nelbattesimo. Già don Michele non sapeva nullae parlava acasaccioonde fargli pauraper la bizza che ci aveva contro di luidopo l'affare della Santuzzala quale l'aveva messo fuori dellaporta come un cane rognoso. Alla fin fine egli non aveva paura di donMichele e dei suoi galloniche era ben pagato per succhiare ilsangue del povero. Bella cosa! Don Michele non aveva bisogno dicercare di aiutarsi in qualche manieracosì grasso epasciuto! e non aveva altro da fare che metter le mani addosso aqualche povero diavolose si industriava a buscarsi come poteva unpezzo di dodici tarì. E quell'altra prepotenza che persbarcare la roba di fuori regnobisognava pagare il daziocomefosse roba rubata! e doveva metterci il naso don Michele coi suoisbirri! Loro erano padroni di mettere le mani su ogni cosaeprendere quello che volevano; ma gli altrise cercavano a rischiodella pelle di fare come volevanoper sbarcare la loro robapassavano per ladrie li cacciavano peggio dei lupi colle pistole ele carabine. - Ma rubare ai ladri non è stato mai peccato. Lodiceva anche don Giammaria nella bottega dello speziale. E don Francoapprovava col capo e con tutta la barbasogghignandoche quando sifaceva la repubblica non se ne vedevano più di quelleporcherie. - E di quegli impiegati di Satanasso! - aggiungeva ilvicario. A don Giammaria gli cuoceva tuttora delle venticinque onzeche gli erano scappate di casa.

Ora donna Rosolina aveva perso anche la testacolleventicinque onzee correva dietro a don Micheleper farsi mangiareil resto. Come lo vedeva andare nella strada del Nerocredeva ciandasse per veder lei sul terrazzinoe stava sempre al terrazzinocolla conserva dei pomidoroe colle bocce dei peperoniper farvedere di che era capace; poiché non glielo avrebbero levatodalla testa colle tenaglie che don Michelecolla sua panciaora chesi era levato dal peccato mortale colla Santuzzanon cercasse unadonna di casa e di giudiziocome intendeva lei; perciò lodifendevase suo fratello diceva corna del governo e dei mangiapanee rispondeva: - Dei mangiapane come don Silvestro sì! che simangiano un paese senza far nulla; ma i dazii ci vogliono per pagarei soldatiche fanno bella vista colla monturae senza soldati cimangeremmo come lupi fra di noi.

- Dei fannulloni pagati per portare il fucilee nonaltro! sogghignava lo speziale; come i pretiche prendono tre tarìper messa. Dite la veritàdon Giammariache capitale cimettete voi nella messa che vi pagano tre tarì?

- E voi che capitale ci mettete in quell'acqua sporcache vi fate pagare a sangue d'uomo? rimbeccava il vicario collaschiuma alla bocca.

Don Franco aveva imparato a ridere come don Silvestroper far dannare l'anima a don Giammaria; e continuava senza darglirettaché aveva sperimentato il mezzo migliore per fargliperdere la tramontana: - In mezz'ora si guadagnano la loro giornatae poi sono a spasso tutto il giorno; tale e quale come don Michele ilquale sembra un uccellaccio perdigiornosempre là per ipiedidacché non va più a scaldare le panche dellaSantuzza.

- Per questo ce l'ha con meentrava a dire 'Ntoni; èarrabbiato come un canee vuol fare il prepotente perché ciha la sciabola. Masangue della Madonna! una volta o l'altra vogliodargliela sul muso la sua sciabolaper fargli vedere che me neinfischioio!

- Bravo! esclamava lo spezialecosì va fatto!Bisogna che il popolo mostri i denti. Ma lontano di quache nonvoglio pasticci nella mia spezieria. Al governo non parrebbe vero ditirarmi nell'imbroglio pei capelli; ma a me non mi piace aver chefare coi giudici e con tutta quella canaglia della baracca.

'Ntoni Malavoglia levava i pugni al cieloegiurava e sacramentava per Cristo e per la Madonna che volevafinirlaavesse dovuto andare in galera; già egli non avevaniente da perdere. La Santuzza non lo guardava più dellostesso occhiotante gliene aveva dette quel paneperso di suopadrepiagnucolando fra un'avemaria e l'altradopo che massaroFilippo non mandava più il vino all'osteria! Le diceva chegli avventori cominciavano a diradare come le mosche a sant'Andreadacché non ci trovavano più il vino di massaroFilippoal quale erano avvezzi come il bambino alla poppa. Lo zioSantoro ogni volta ripeteva alla figliuola: - Che vuoi farne diquell'affamato di 'Ntoni Malavoglia? Non vedi che ti mangia tuttala roba senza frutto? Tu lo ingrassi meglio di un maialee poi vaa fare il cascamorto colla Vespa e colla Mangiacarrubbeora chesono ricche. - E le diceva pure: - Gli avventori se ne vanno perchéegli ti sta sempre alla gonnellae non ti lascia un momento dadirti una barzelletta. - Oppure: - Così lacero e sudicio èuna porcheria avercelo per la bettola; che sembra tutta una stallae la gente ha schifo di beverci nei bicchieri. Don Michele sìche ci stava bene sulla portacoi galloni nel berretto. La genteche paga il vinovuol berselo in santa paceed è contentadi vedere uno colla sciabola lì davanti. Poi tutti glifacevano di berrettoe nessuno ti avrebbe negato un soldo se te lodovevaquando era segnato col carbone sul muro. Ora che non c'èpiù luinon viene nemmeno massaro Filippo. L'altra volta èpassato di quaed io volevo farlo entrare; ma ei dice che èinutile venircigiacché il mosto non può farlopassare più di contrabbandoora che sei in collera con donMichele. Una cosa che non è buona né per l'animanépel corpo. La gente comincia perfino a mormorare che a 'Ntoni glifai la carità pelosagiacché massaro Filippo non civiene piùe vedrai come andrà a finire! Vedrai chearriverà all'orecchio del vicarioe ti leveranno lamedaglia di Figlia di Maria.

La Santuzza teneva duro ancoraperché incasa sua voleva esser sempre la padrona; ma cominciava ad apriregli occhi anche leigiacché tutto quello che le diceva suopadre era il santo evangeloe non trattava più 'Ntoni comeprima. Se c'era un rimasuglio da riporre in serbo nel piattononlo dava più a luie gli metteva dell'acqua sporca nei fondidi bicchiere; sicché 'Ntoni alla fine cominciò a fareil viso lungoe la Santuzza gli rispose che i fannulloni non lepiacevanoe lei e suo padre se lo guadagnavano il panecosìpure avrebbe dovuto far luie aiutare un po' nella casaa spaccarlegna o a soffiare nel fuocoinvece di starsene come un lazzaronea vociare e dormire colla testa fra le bracciao a sputacchiareper terra dappertuttoche faceva un mare e non si sapeva piùdove mettere i piedi. 'Ntoni un po' andò a spaccar legnabrontolandoo a soffiare nel fuocoper fare meno fatica. Ma gliera duro lavorare tutto il giorno come un canepeggio di quelloche faceva un tempo a casa suaper vedersi trattare peggio di uncane a sgarbi e parolaccein grazia di quei piatti sporchi che glidavano da leccare. Una volta finalmentementre la Santuzza tornavadal confessarsi col rosario in manole fece una scenatalagnandosi che questo avveniva perché don Michele eratornato a gironzolare davanti l'osteriache l'aspettava anchesulla piazzaquando andava a confessarsie lo zio Santoro gligridava dietro per salutarloquando sentiva la sua vocee andavaa cercarlo fin nella bottega di Pizzutotastando i muri colbastone per trovar la strada. La Santuzza allora cominciò afare il diavoloe rispondergli che era venuto apposta per farlefare peccatimentre aveva l'ostia in boccae farle perdere lacomunione. - Se non vi piace andatevene! gli diceva. Io non vogliodannarmi l'anima per voi; e non vi ho detto nulla quando ho saputoche correte dietro le donnacce come la Vespa e la Mangiacarrubbeora che sono malmaritate. Correte a trovarleche ora ci hanno iltruogolo in casae cercano il maiale. - Ma 'Ntoni giurava che nonera veroe a lui non gliene importava di queste cose; alle femminenon ci pensava piùe avrebbe potuto sputargli in faccia selo vedeva parlare con un'altra donna.

- Nocosì non te lo levi dai piediripeteva intanto lo zio Santoro. Non vedi come è attaccatoal pane che ti mangia? Bisogna rompere la pentola per aggiustarla.Bisogna farlo mettere fuori a pedate. Massaro Filippo mi ha dettoche il mosto non può tenerlo più nelle bottie lovenderà ad altri se tu non fai la pace con don Micheleenon ti riesce di farlo entrare di contrabbando come prima! - Etornava a cercare massaro Filippo nella bottega di Pizzutotastando i muri col bastone. Sua figlia faceva la sdegnosaprotestando che non avrebbe mai piegato il capo a don Micheledopola partaccia che colui le aveva fatto. - Lascia fare a me chel'aggiusto io! assicurava lo zio Santoro. - Farò le cose congiudizio. Non ti lascerei fare la figura di tornare a leccare glistivali a don Michele; sono tuo padre o nosanto Dio?

'Ntonidacché la Santuzza gli facevadegli sgarbibisognava che pensasse come pagare il pane che glidavano all'osteriagiacché a casa sua non osava compariree quei poveretti intanto pensavano a lui quando mangiavano la lorominestra senza appetitocome se anch'egli fosse mortoe nonstendevano nemmeno la tovagliasparpagliati per la casacollascodella sulle ginocchia. - Questo è l'ultimo colpo per meche sono vecchio! - ripeteva il nonno; e chi lo vedeva passarecolle reti in spallaper andare a giornatadiceva: - Questa èl'ultima invernata per padron 'Ntoni. Poco ci vorrà chetutti quegli orfani rimangono sulla strada. - E la Liase la Menale diceva di ficcarsi dentro quando passava don Michelerispondevacon tanto di bocca:

- Sì! bisogna ficcarsi in casaquasifossi un tesoro! Sta tranquilla che di tesori come noi non nevogliono neppure i cani!

- Oh! se tua madre fosse quinon diresti così!mormorava Mena.

- Se mia madre fosse quinon sarei orfanae nondovrei pensarci da me ad aiutarmi. E nemmeno 'Ntoni andrebbe per lestradeche è una vergogna sentirsi dire che siamo suesorellee nessuno vorrà prendersi in moglie la sorella di'Ntoni Malavoglia.

'Ntoniora che era in miserianon aveva piùritegno di mostrarsi insieme a Rocco Spatu e a Cinghialenta per lasciara e verso il Rotoloe a discorrere sottovoce fra dilorocolla faccia scuraa guisa di lupi affamati. Don Micheletornava a dire alla Mena: - Vostro fratello vi darà qualchedispiacerecomare Mena!

Mena era ridotta ad andare a cercare il fratellosulla sciara anche leie verso il Rotoloo sulla portadell'osteria; e piangeva e singhiozzavatirandolo per la manicadella camicia. Ma egli rispondeva:

- No! È don Michele che mi vuole maletel'ho detto. Sta sempre a macchinar birbonate contro di me collo zioSantoro. Li ho sentiti io nella bottega di Pizzutoche lo sbirrogli diceva: - E se tornassi da vostra figliache figuraccia cifarei? - E lo zio Santoro rispondeva: - Oh bella! se vi dico chetutto il paese si mangerebbe i gomiti dall'invidia!

- Ma tu cosa vuoi fare? ripeteva Mena collafaccia pallida. Pensa alla mamma'Ntonie pensa a noi che nonabbiamo più nessuno!

- Niente! Voglio svergognare lui e la Santuzzadavanti a tutto il paesequando vanno alla messa! Voglio dir loroil fatto mioe far ridere la gente. Già non ho paura dinessuno al mondo; e mi sentirà anche lo speziale lìvicino.

Mena infatti aveva un bel piangere e un belpregareegli tornava a dire che non aveva nulla da perdereedovevano pensarci gli altri più di lui; che era stanco difare quella vitae voleva finirla - come diceva don Franco. Esiccome all'osteria lo vedevano di malocchioandava a girandolareper la piazzaspecialmente la domenicae si metteva sugli scalinidella chiesa per vedere che faccia facevano quei svergognati chevenivano lì a gabbare il mondoe far le corna al Signore ealla Madonna sotto i loro occhi stessi.

La Santuzzadacché incontrava 'Ntoni chefaceva la sentinella sulla porta della chiesase ne andava ad AciCastello per la messadi buon mattinoonde sfuggire la tentazionedi far peccati. 'Ntoni vedeva passare la Mangiacarrubbecol nasonella mantellinasenza guardar più nessunoora che avevaacchiappato il marito. La Vespatutta in fronzolie con tanto dirosario in manoandava a pregare il Signore di liberarla di quelcastigo di Dio di suo marito; e 'Ntoni sghignazzava loro dietro: -Ora che l'hanno pescato il marito non hanno più bisogno dinulla. Ci è chi deve pensare a dar loro da mangiare!

Lo zio Crocifisso aveva persa anche la devozionedacché si era messa la Vespa addossoe non andava nemmenoin chiesaper stare lontano dalla moglie almeno il tempo dellamessa; così si dannava l'anima.

- Questo è l'ultimo anno per me! andavapiagnucolando; e adesso correva a cercare padron 'Ntonie glialtri disgraziati al pari di lui. - Nella mia vigna ci hagrandinatoe alla vendemmia non ci arrivo di certo.

- Sapetezio Crocifissorispondeva padron'Ntoni; quando vogliamo andare dal notaio per quell'affare dellacasa io son prontoe ci ho qui i denari. - Colui non pensava adaltro che alla sua casae non gliene importava un corno degliaffari degli altri.

- Non mi parlate di notaiopadron 'Ntoni! Quandosento parlare di notaiomi rammento del giorno in cui mi cilasciai trascinare dalla Vespa; maledetto sia il giorno che ci misii piedi!

Ma compare Piedipapera che fiutava la senseriagli diceva: - Quella strega della Vespase morite voiècapace di dargliela per un pezzo di pane la casa del nespolo; ed èmeglio che li facciate voi i vostri affarifinché ci avetegli occhi aperti.

Allora lo zio Crocifisso rispondeva: - Sìsìandiamoci pure dal notaio; ma bisogna che mi facciateguadagnare qualche cosa su questo affare. Vedete quante perdite hofatte! - E Piedipapera aggiungevafingendo di parlare con lui: -Quella strega di vostra moglie se sa che avete ripreso i denaridella casaè capace di strozzarviper comprarsene tantecollane e fazzoletti di seta. - E diceva pure: - Almeno laMangiacarrubbe non ne compra più collane e fazzoletti disetaora che ha acchiappato il marito. La vedete come viene amessa con una vesticciuola di cotonina!

- A me non me ne importa della Mangiacarrubbemaavrebbero dovuto bruciarla viva anche leicon tutte le altre donneche sono al mondo per farci dannare l'anima. Che ci credete che noncompra più nulla? Tutta impostura per minchionare padronFortunatoil quale va gridando che vuole pigliarsi piuttosto unadi mezzo alla stradapiuttosto che lasciar godere la roba sua aquella pezzente la quale gli ha rubato il figliuolo. Io per me gliregalerei la Vespase la volesse! Tutte le stesse! e guai a chi cicapitaper sua disgrazia! che il Signore leva il lume. Vedete donMicheleche va nella strada del Neroper far l'occhietto condonna Rosolina; cosa gli manca a costui? Rispettatoben pagatocon tanto di pancia!… Ebbene! corre dietro alle donne anchelui per cercarsi i guai colla lanterna; per la speranza di queiquattro soldi del vicario.

- Noegli non ci viene per donna Rosolinano!diceva Piedipapera ammiccandogli di nascosto. - Donna Rosolina puòfarci le radiche sul terrazzino in mezzo ai suoi pomidoroa farglil'occhio di pesce morto. A don Michele non gliene importa nulla deidenari del vicario. Lo so io cosa va a fare nella strada del Nero!

- Dunque cosa pretendete per la casa? tornòa dire padron 'Ntoni.

- Ne parleremone parleremo quando saremo dalnotaiorispose lo zio Crocifisso. Adesso lasciatemi ascoltare lasanta messa; e in tal modo lo mandava via mogio mogio.

- Don Michele ci ha altro per la testa - ripetevaPiedipaperacacciando fuori tanto di lingua dietro le spalle dipadron 'Ntonie accennando coll'occhio a suo nipoteil qualeandava ad appollaiarsi sui muricon un pezzo di giubbone sullespallesaettando delle occhiatacce sullo zio Santoroil qualeaveva preso a venire alla messa per stendere la mano ai fedeliborbottando avemarie e gloriapatrie conosceva tutti ad uno adunocome la folla usciva dalla chiesadicendo all'uno: - IlSignore vi dia la provvidenza! e a quell'altro: - Tanta salute! - ecome gli passò accanto don Michele gli disse pure: -Andateciche vi aspetta nell'orto dietro la tettoia. - SantaMariaora pro nobis! Signore Iddio perdonatemi!…

La genteappena don Michele tornò abazzicare dalla Santuzzadiceva: - Fecero pace cani e gatti! Vuoldire che ci era sotto qualche cosa per tenersi il broncio. - E comemassaro Filippo era pure tornato all'osteria - Anche quell'altro!Che non sa starci senza don Michele? È segno che èinnamorato di don Michelepiuttosto che della Santuzza. Certuninon sanno star soli neppure in paradiso.

Allora 'Ntoni Malavoglia masticava bilevedendosi scacciato a pedate fuori della bettola peggio di un canerognososenza un baiocco in tasca per andare a bere sul mostaccioa don Michelee piantarsi là tutto il giornocoi gomitisul descoa far loro mangiare il fegato. Invece gli toccava starsulla strada come un cagnacciocolla coda fra le gambe e il muso aterraborbottando: - Sangue di Giuda! un giorno o l'altrosuccederà una commediasuccederà!

Rocco Spatue Cinghialentache avevano semprequalche soldogli ridevano sul nasodalla porta della tavernafacendogli le corna; e venivano a parlargli sottovocetirandolopel braccio verso la sciara e parlandogli nell'orecchio.Egli tentennava sempre a dir di sìcome un minchione cheera. Allora gli rinfacciavano: - Ti sta bene a morir di famelìdavantie a vederti far le corna sotto agli occhi tuoi stessi dadon Michelecarogna che sei!

- Sangue di Giuda! non dite così! gridava'Ntoni col pugno in aria- che un giorno o l'altro facciosuccedere una commediafaccio succedere!

Ma gli altri lo piantavano lìalzando lespallesghignazzando; tanto che infine gli fecero montare la moscaal naso; e andò a piantarsi proprio nel bel mezzodell'osteriagiallo come un mortocol pugno sul fiancoe ilgiubbone vecchio sulle spalleche pareva ci avesse un vestito divellutogirando gli occhiacci intorno per stuzzicare chi sapevalui. Don Micheleper amore dei gallonifingeva di non vederloecercava di andarsene; ma 'Ntoni ora che don Michele faceva ilminchione si sentiva cuocere il fegatoe gli rideva e glisghignazzava sul mostaccioa lui e alla Santuzza; e sputava sulvino che bevevadicendo che era tossico di quello che avevano datoa Gesù sacramentato! - E battezzato per giuntache laSantuzza ci aveva messa l'acquaed era una vera minchioneriavenire a lasciarsi rubare i soldi in quella bettolaccia; per questoei non ci veniva più! - La Santuzzatoccata nel debolenonseppe più contenersie gli disse che non ci veniva piùperché erano stanchi di mantenerlo per caritàcheerano stati costretti a cacciarlo fuori dell'uscio colla scopatanto era affamato. Allora 'Ntoni cominciò a fare ildiavologridando e rompendo i bicchieriche l'avevano messo fuoriper tirarsi in casa quell'altro baccalà col berrettogallonato; ma gli bastava l'anima di fargli uscire il vino dalnasose volevaperché lui non aveva paura di nessuno. DonMichelegiallo anche luicol berretto di traversobalbettava: -Per la santa parola d'onorestavolta finisce brutta! - intanto chela Santuzza faceva piovere i bicchieri e le mezzette addosso atutte e due. Così finalmente si azzuffarono e cominciarono adarsi dei pugnie a rotolarsi sotto le pancheche volevanomangiarsi il nasomentre la gente li prendeva a calci e a pugniper separarli; e ci riescì infine Peppi Naso colla cinghiadi cuoio che s'era levata dai calzonie dove arrivava levava ilpelo.

Don Michele si spolverò la monturaandòa raccattare la sciabola che aveva persae se ne uscìborbottando fra i dentisenz'altroper amor dei galloni. Ma 'NtoniMalavogliail quale mandava un fiume di sangue dal nasovedendolosgattaiolarenon lo potevano tenere dal gridargli dietro un mared'improperi dalla porta dell'osteriamostrandogli il pugnoeasciugandosi colla manica il sangue che gli colava dal naso; e gliprometteva che voleva dargli il resto quando l'incontrava.



Cap. 14

Quando 'Ntoni Malavoglia incontrò don Micheleper dargli il resto fu un brutto affaredi nottementre diluviavaed era scuro che non ci avrebbe visto neppure un gattoall'angolodella sciara verso il Rotolodove bordeggiavano quatte quattele barche che facevano finta di pescar merluzzi a mezzanottee dove'Ntoni andava a ronzarecon Rocco Spatue Cinghialentaed altrimalarnesicolla pipa in boccache le guardie le conoscevano ad unaad una quelle punte di fuoco delle pipementre stavano appiattatefra gli scogli con le carabine in mano.

- Comare Mena- aveva detto don Michele un'altra voltapassando dalla strada del Nero; - ditegli a vostro fratello di nonandarci di notte al Rotolocon Rocco Spatu e Cinghialenta.

Ma 'Ntoni aveva fatto il sordo perché "ventreaffamato non sente ragione"; e don Michele non gli faceva piùpauradopo che si erano rotolati a pugni e a cazzotti sotto lepanche all'osteria; inoltre gli aveva promesso di dargli il restoquando l'incontravae non voleva passare per canaglia e per spacconeagli occhi della Santuzza e di tutti quelli che erano stati presentialla minaccia. - Gli ho detto che gli darò il rimanente dovel'incontrerò; e se l'incontro al Rotolo glielo dò alRotolo! - ripeteva coi suoi amicie ci avevano tirato anche ilfiglio della Locca. Avevano passato la sera all'osteriaa bere eschiamazzareche la bettola è come un porto di maree laSantuzza non avrebbe potuto mandarlo viaora che ci aveva dei soldiin tasca e li faceva ballare nella mano. Don Michele era passato afar la rondama Rocco Spatuche sapeva la leggedicevasputacchiando: - Finché c'è il lume sulla porta abbiamoil diritto di star qua! - e si appoggiava al muro per star meglio.'Ntoni Malavoglia se la godeva anche a far sbadigliare la Santuzzala quale dormicchiava dietro i bicchiericolla testa posata su queicuscini che portavano la medaglia di Figlia di Maria. - E ci sta sulmorbido meglio che su un fascio d'erba fresca! - diceva 'Ntoniilquale aveva il vino chiacchierone; mentre Roccopieno come unabottenon fiatava piùcolle spalle al muro.

Lo zio Santoro intanto a tastoni aveva ritirato il lumee chiudeva la porta. - Ora andatevene che ho sonno; disse laSantuzza.

- Io non ho mica sonno io! Massaro Filippo a me milascia dormire la notte.

- A me non me ne importa se vi lascia dormire; ma nonvoglio che mi prendano la multa per amor vostrose mi trovanol'uscio aperto a quest'ora.

- Chi ve la piglia la multa? quello sbirro di donMichele? Fatelo venire qui che gliela dò io la multa! ditegliche c'è qui 'Ntoni Malavogliasangue della Madonna!

La Santuzza intanto lo aveva preso per le spalle e lospingeva fuori dell'uscio. - Andate a dirglielo voi stesso; e andatea cercarvi i guai fuori di qui. Io non ne voglio chiacchiere collapolizia pei vostri begli occhi.

'Ntonivistosi cacciare in quel modo sulla stradanelfangoe coll'acqua che veniva giù come Dio la mandavatiròfuori tanto di coltelloe giurava e sacramentava che voleva pungerlitutti quantilei e don Michele! Cinghialenta era il solo che stessein sensi per tuttie lo tirava pel giubbonee gli diceva: - Lasciastare per stasera! Non lo sai quello che abbiamo da fare?

Al figlio della Locca allora gli venne una gran vogliadi mettersi a piangereal buio.

- È ubbriacoosservò Rocco Spatumessosotto la gronda. Portatelo qui che gli farà bene.

'Ntoniun po' calmato dall'acqua che gli pioveva dallagrondasi lasciò condurre da compare Cinghialentaseguitandoa sbuffarementre sguazzava nelle pozzangheree sacramentava che seincontrava don Michele voleva dargli quello che gli aveva promesso.Tutt'a un tratto si trovò davvero naso a naso con don Micheleil quale ronzava lì intorno anche lui; colla pistola sullapancia e i calzoni dentro gli stivali. Allora 'Ntoni si calmòdi bottoe tutti e tre si allontanarono quatti quattiverso labottega di Pizzuto. Arrivati dietro l'uscioadesso che don Micheleera ben lontano'Ntoni volle a forza che si fermassero per udirequello che diceva.

- Lo vedete dove andava don Michele? e la Santuzza chediceva d'aver sonno! Adesso come faranno se c'è tuttoramassaro Filippo nella stalla?

- E tu lascia stare don Michele - disse Cinghialentacosì ci lascerà andare pei fatti nostri.

- Voi altri siete tante canaglie! disse 'Ntonicheavete paura di don Michele.

- Stasera sei ubbriaco! ma ti farei vedere se ho pauradi don Michele! Ora che ho venduto il mulo non voglio che nessunovenga a vedere come mi guadagno il panesangue di un cane!

Là si misero a cianciare a voce bassa a ridossodel murointanto che lo scroscio della pioggia copriva i lorodiscorsi. Ad un tratto suonarono le oree tacquero tutti e quattroper stare ad ascoltare.

- Entriamo da compare Pizzutodisse Cinghialenta. Egliè padrone di tenere la porta aperta sino che vuolee senzalume fuori.

- È scuro che non ci si vede! disse il figliodella Locca.

- Bisogna bere qualche cosacol tempo che fa; risposeRocco Spatu. Se no ci romperemo il naso nella sciara.

Cinghialenta si mise a brontolare: - Come se andassimoa giuocare! Ora vi farò dare dell'acqua col limone da mastroVanni.

- Io non ho bisogno dell'acqua col limone! saltòsu 'Ntoni; e vedrete se il fatto mio lo saprò fare meglio divoi altri!

Compare Pizzuto non voleva aprire a quell'oraerispondeva che era in letto; ma siccome continuavano a picchiareeminacciavano di svegliare tutto il paese e di far correre la guardiaa mettere il naso nei fatti lorosi fece dare la voce e venne adaprire in mutande.

- Che siete pazzi a picchiare in questo modo?esclamava. Or ora ho visto passare don Michele.

- Sìl'abbiamo visto anche noi; adesso starecitando il rosario colla Santuzza.

- Che lo sai d'onde viene don Michele? gli domandòPizzuto guardandolo negli occhi: 'Ntoni fece una spallata; e Vannimentre si faceva da parte per lasciarli entrareammiccò aRocco e a Cinghialenta:

- È stato dalle Malavogliasoffiò loronell'orecchio. - L'ho visto escire io!

- Buon pròrispose Cinghialenta; mabisognerebbe dire a 'Ntoni che raccomandi a sua sorella di tratteneredon Michele tutta la nottequando abbiamo da fare…

- Che cosa volete da me? chiese 'Ntoni colla linguagrossa.

- Nientenon è affare per questa sera.

- Se non è affare per questa sera perchémi avete fatto lasciar l'osteriache son tutto fradicio dallapioggia? disse Rocco Spatu.

- È un altro discorso che stavamo facendo concompare Cinghialenta.

E Pizzuto aggiunse:

- Sìè venuto l'uomo dalla cittàe ha detto che per questa sera la roba è làma saràun affare grosso sbarcarla con questo tempo.

- Tanto meglio; così nessuno ci vede asbarcarla.

- Sìma le guardie hanno l'orecchio fino; ebadate che m'è parso di vederle ronzare qui davantieguardare dentro la bottega.

Allora successe un momento di silenzioe compareVanniper finirlaandò a riempire tre bicchieri dierbabianca.

- Me ne impipo delle guardie! esclamò RoccoSpatu dopo che ebbe bevuto. - Peggio per loro se vengono a mettere ilnaso nei fatti miei; ho qui il mio temperino che non fa tanto chiassocome le loro pistole.

- Noi ci buschiamo il pane come possiamoe nonvogliamo far male a nessuno! aggiunse Cinghialenta. - O che uno non èpiù padrone di farsi sbarcare la roba dove vuole?

- Loro stanno a spasso come i ladriper farsi pagareil dazio di ogni fazzoletto da naso che volete portare a terraenessuno li prende a schioppettate; aggiunse 'Ntoni Malavoglia. -Sapete cos'ha detto don Giammaria? che rubare ai ladri non èpeccato. E i primi ladri son quelli coi galloniche ci mangianovivi.

- Vogliamo farne tonnina! conchiuse Rocco Spatucogliocchi lucenti al pari di un gatto.

Ma a quel discorso il figlio della Locca posò ilbicchierino senza accostarlo alla boccagiallo come un morto.

- Che sei già ubbriaco? gli chiese Cinghialenta.

- Norispose luinon ho bevuto.

- Esciamo fuori che l'aria aperta farà bene atutti. Buona notte a chi resta.

- Un momento! gridò Pizzuto colla mano sulbattente. - Non è pei soldi dell'erbabianca; questa ve l'hodata per nientecome amici che siete; ma vi raccomandoeh! La miacasa è qui per voi altrise l'affare va bene. Sapete che ciho lì dietro una camera dove ci starebbe un bastimento dirobae nessuno ci mette il nasoché con don Michele e le sueguardie siamo come pane e cacio. Di compare Piedipapera non mi fidoperché l'altra volta mi fece le cornae andò a portarela roba in casa di don Silvestro. Don Silvestro non si contenterebbemai di quel che gli dareste di sua partecol pretesto che arrischiadi perdere il posto; ma con me non avete questo timoree mi daretequel ch'è giusto. E sì che a compare Piedipapera nongli ho mai negato la senseriae gli dò il bicchierino ognivolta che viene quie la barba gliela faccio per niente. Ma santodiavolone! se mi fa le corna un'altra volta non voglio passar perminchionee andrò a contare a don Michele tutte questebricconate.

- Nono! compare Vanni; non c'è bisognod'andarle a contare a don Michele! E Piedipapera s'è vistostasera?

- Neanche sulla piazza; era lì nella spezieria afare la repubblica collo speziale. Ogni volta che si fa il colpo eglivoga al largoper provare che lui non ci entra in tutto quel che puòsuccedere. È volpe vecchia e le palle delle guardie non locoglieranno maisebbene sia zoppo come il diavolo. Poi domattinaacose fatteverrà a riscuotere la senseriacolla facciatosta. Ma le palle le lascia pegli altri.

- Piove sempre! disse Rocco Spatu. Che non vuol finirestanotte?

- Con questo tempaccio non ci sarà nessuno alRotolosoggiunse il figlio della Loccaed è megliotornarsene a casa.

'NtoniCinghialenta e Rocco Spatuche erano sullasogliadavanti alla pioggia che scrosciava come il pesce nellapadellarimasero un momento zittiguardando nel buio.

- Minchione che sei! esclamò Cinghialenta perfargli coraggioe Vanni Pizzuto adagio adagio chiuse l'usciodopodi aver detto sottovoce:

- Sentiteveh! se vi accadesse qualche disgraziavoinon m'avete visto stasera! Il bicchierino ve l'ho dato perl'amiciziama in casa mia non ci siete stati. Non mi traditechenon ho nessuno al mondo.

Gli altri se ne andarono mogi mogisotto la pioggiarasente i muri. - E anche costui! masticava fra i denti Cinghialenta- che sta a sparlare di Piedipaperae dice che non ha nessuno almondo. Almeno Piedipapera ci ha la moglie. E ci ho la moglie anch'io!Ma io son di quelli delle palle!…

In quel momento passavano quatti quatti dietro l'usciodella cugina Annae Rocco Spatu disse che anche lui ci aveva lamammala quale a quell'ora stava dormendobeata lei.

- Chi può starsene fra le lenzuolacon questotempaccionon va in giro di certo; conchiuse compare Cinghialenta.

'Ntoni fece segno di star zittie di scantonare per laviottolaonde evitare di passare davanti alla sua casachéMena o il nonno potevano stare ad aspettarloe li avrebbero uditi.

- Non sta ad aspettar tenotua sorella; gli dicevaquell'ubbriacone di Rocco Spatu. Se mai aspetta don Michele!

'Ntoni allora voleva mangiargli l'animamentre sitrovava il coltello in tascae Cinghialenta chiese loro se eranoubbriachia volersi quistionare per delle sciocchezzementreandavano a fare quello che sapevano.

Mena infatti aspettava il fratello dietro l'usciocolrosario in manoed anche Liasenza dir nulla di quello che sapevama pallida come una morta. E meglio sarebbe stato per tutti che'Ntoni fosse passato per la strada del Neroinvece di scantonare perla viottola. Don Michele c'era stato davvero verso un'ora di notteeaveva picchiato all'uscio.

- Chi è a quest'ora? disse Liala quale orlavadi nascosto un fazzoletto di seta che don Michele infine era riescitoa farle prendere.

- Sono iodon Michele; aprite che devo parlarvi dipremura!

- Non apro perché tutti sono in letto e miasorella è di là ad aspettare 'Ntoni dietro l'uscio.

- Se vostra sorella vi sente ad aprire non fa nulla. Sitratta appunto di 'Ntonied è affare di premura. Non voglioche vada in galera vostro fratello. Ma apritemiche se mi vedono quiperdo il pane.

- Oh vergine Maria! cominciò a dire allora laragazza. Oh vergine Maria!

- Chiudetelo in casa stanottevostro fratellocometorna. Ma non gli dite che ci sono stato io. Ditegli che èmeglio che stia in casa. Diteglielo!

- Oh vergine Maria! Oh vergine Maria! ripeteva Liacolle mani giunte.

- Adesso è all'osteriama deve passar di qua.Voi aspettatelo sull'uscioche è meglio per lui.

Lia piangeva sottovoceperché non udisse suasorellacol viso nelle manie don Michele la vedeva piangerecollepistole sulla pancia e i calzoni dentro gli stivali. - Per me staseranon c'è nessuno che stia inquietoo che si metta a piangerecomare Liama anch'io sono in pericolo come vostro fratello. Allorase mi accade qualche disgraziapensateci che son venuto adavvertirvi ed ho arrischiato di perdere il pane per voi!

Allora Lia alzò il viso dalle manie lo guardòcogli occhi pieni di lacrime. - Dio ve la pagadon Michelelacarità!

- Io non voglio esser pagatocomare Lia; l'ho fattoper voi e pel bene che vi voglio.

- Ora andateveneche tutti dormono! andateveneperl'amor di Diodon Michele!

Don Michele se ne andòed ella rimase dietrol'uscio a dire il rosario per suo fratello; e pregava il Signore chelo mandasse da quelle parti.

Ma il Signore non ve lo mandò. Tutti e quattro'NtoniCinghialentaRocco Spatu e il figlio della Loccafilavanoquatti quatti lungo i muri della viottolae come furono sulla sciarasi cavarono le scarpee stettero ad origliare un po'inquieti ecolle scarpe in mano.

- Non si sente nulladisse Cinghialenta.

La pioggia continuava a caderee dalla sciara nonsi udiva altro che il brontolare del mare là sotto.

- Non ci si vede nemmeno a bestemmiaredisse RoccoSpatu. Come faranno ad afferrare lo scoglio dei colombi conquesto scuro?

- Sono tutti gente praticarispose Cinghialenta.Conoscono le costepalmo a palmoad occhi chiusi.

- Ma io non sento nulla! osservò 'Ntoni.

- È veronon si sente nulla! risposeCinghialenta. Ma devono essere laggiù da un pezzo.

- Allora è meglio tornarsene a casaaggiunse ilfiglio della Locca.

- Tu ora che hai mangiato e bevuto non pensi ad altroche a tornartene a casa; ma se non stai zitto ti butto in mare conuna pedata! gli disse Cinghialenta.

- Il fatto èbrontolò Roccoche misecca passar qui la nottesenza far nulla.

- Ora sapremo se ci sono o no; e si misero a fare lostrido della civetta.

- Se sentono le guardie di don Micheledisse 'Ntonicorreranno qui subitoperché con una notte come questa lecivette non vanno in giro.

- Allora è meglio andarcenepiagnucolòil figlio della Loccagiacché nessuno risponde.

Tutti e quattro si guardarono in voltosebbene non sivedesseroe pensarono a quel che aveva detto 'Ntoni di padron'Ntoni.

- Che facciamo? tornò a dire il figlio dellaLocca.

- Scendiamo sulla stradapropose Cinghialenta; se nonc'è nessuno nemmeno làvuol dire che non son venuti.

'Ntonimentre scendevano sulla strada disse:

- Piedipapera è capace di venderci tutti per unbicchiere di vino.

- Ora che non hai più il bicchiere dinanziglidisse Cinghialentahai paura anche tu.

- Andiamosangue del diavolo! Vi farò vedere seho paura.

Nello scendere adagio adagio per gli scoglitenendosibene per non rompersi il colloSpatu osservò sottovoce:

- Vanni Pizzuto a quest'ora è nel suo lettoluiche se la prendeva con Piedipapera perché si acchiappa lasenseria senza far nulla.

- Orbè! conchiuse Cinghialentase non voleterischiar la pelledovevate restare a casa a dormire.

Nessuno fiatò piùe 'Ntoni andavapensandomentre metteva le mani avanti per vedere dove posava ipiediche compare Cinghialenta avrebbe potuto fare a meno di dircosìperché a ciascuno in quei frangenti gli vienedavanti agli occhi la sua casacol letto e la Mena che sonnecchiavadietro l'uscio.

Quell'ubbriacone di Rocco Spatu disse infine:

- La nostra pelle non vale un baiocco.

- Chi va là! udirono gridare a un tratto dietroil muro della strada. - Fermi! fermi tutti!

- Tradimento! tradimento! cominciarono a gridaremettendosi a fuggire per la sciarasenza badare piùdove mettevano i piedi.

Ma 'Ntoni che aveva già scavalcato il muro sitrovò naso a naso con don Micheleil quale aveva la pistolain pugno.

- Sangue della Madonna! gridò Malavoglia tirandofuori il coltello; voglio farvi vedere se ho paura della pistola!

La pistola di don Michele partì in ariama eglistramazzò come un buecolpito al petto. 'Ntoni allora volevafuggiresaltando meglio di un caprioloperò le guardie glifurono addossointanto che piovevano le schioppettate come lagrandinee lo gettarono a terra.

- Ora come farà mia mamma! piagnucolava ilfiglio della Loccamentre lo legavano peggio di Cristo.

- Non stringete tanto fortesangue della Madonna!urlava 'Ntoni; lo vedete che non posso più muovermi!

- Va làva làMalavoglia! glirispondevano. Il tuo conto è bello e aggiustato! e lospingevano a boccate di carabina.

Mentre lo conducevano in casermalegato peggio diCristo anche luie gli portavano dietro don Michelesulle spalledelle guardieandava cercando cogli occhi dove fossero Cinghialentae Rocco Spatu. - L'hanno scappata! diceva fra di sé; non hannoa temere più nientecome Vanni Pizzuto e Piedipapera chedormono fra le lenzuola a quest'ora. Soltanto a casa mia non dormonopiùdacché hanno udito le schioppettate.

Infatti quei poveretti non dormivanoe stavano sullaportasotto la pioggiacome se avesse parlato loro il cuore; mentrei vicinisi voltavano dall'altra partee tornavano a dormiresbadigliando: - Domani sapremo cos'è stato.

Sul tardiappena principiò a rompere l'albalagente si affollava davanti alla bottega di Pizzutoche c'era ancorail lumicino; e lì si faceva un gran chiacchierare di quel cheera successoin quel diavolio della notte.

- Hanno sorpreso il contrabbando e i contrabbandieri;raccontava Pizzuto- e don Michele ci ha buscato una coltellata. -La gente guardava verso la porta dei Malavogliae faceva segno coldito. Infine venne la cugina Annatutta spettinatabianca come uncencioe non sapeva che dire. Padron 'Ntonicome se gli parlasse ilcuoredomandò: - E 'Ntoni? Sapete dov'è 'Ntoni? -L'hanno arrestato stanotte nel contrabbandoinsieme al figlio dellaLocca! - rispose la cugina Annala quale aveva perduto la testa. -Hanno ammazzato don Michele!

- Ah! mamma mia! - gridò il vecchio cacciandosile mani nei capelli; ed anche la Lia si era cacciate le mani neicapelli. Padron 'Ntonisempre colle mani in testanon faceva altroche dire: - Ah! mamma mia! Ah! mamma mia!

Sul tardi venne Piedipaperacolla faccia angustiatapicchiandosi la fronte: - Avete sentitoehpadron 'Ntonichedisgrazia! Io son rimasto di sale quando l'ho saputo. - ComareGraziasua mogliepiangeva davveropoverettavedendo come ledisgrazie fioccavano nella casa dei Malavoglia. - Tu che ci vieni afare? gli diceva sottovoce suo maritotirandola vicino allafinestra. - Tu non ci entri. Adesso a bazzicare in questa casa sitira addosso gli occhi degli sbirri.

La gente perciò non si affacciava nemmenoall'uscio dei Malavoglia. Solo la Nunziataappena sentita lanotiziaaveva affidato i ragazzi al più grandicelloeraccomandata la sua casa alla vicinaed era corsa da comare Menaapiangere con leicome una che non aveva ancora gli anni delgiudizio. Gli altri stavano a godersi la vista da lontanosullastradao si affollavano come le mosche davanti alla casermapervedere come sembrava 'Ntoni di padron 'Ntoni dietro la gratadopoche aveva dato la coltellata a don Michele; oppure correvano nellabottega di Pizzutoil quale vendeva acquabiancae faceva la barbae raccontava ogni cosa com'era stataparola per parola.

- I minchioni! sentenziava lo speziale. Vedete chi silascia prendere? i minchioni!

- Sarà un affare brutto! aggiungeva donSilvestro; la galera non gliela levano nemmeno col rasoio.

E don Giammaria andava a dirgli sul mostaccio: - Ingalera non ci vanno quelli che dovrebbero andarci!

- Sicuro! non ci vanno! rispondeva don Silvestro collafaccia tosta.

- Al giorno d'oggiaggiungeva padron Cipollagiallodalla bilei veri ladri vi rubano il fatto vostro di mezzogiornoein mezzo alla piazza. Vi si ficcano in casaper forzasenza romperené porte né finestre.

- Come voleva fare in casa mia 'Ntoni Malavogliaaggiungeva la Zuppiddavenendo a filare la sua canapa nel crocchio.

- Io te l'ho sempre dettopace degli angeli!cominciava suo marito.

- Voi state zittoche non sapete niente! Guardate chegiornata sarebbe venuta adesso per mia figlia Barbarase non stavoall'erta!

Sua figlia Barbara stava alla finestraper vederepassare fra gli sbirri 'Ntoni di padron 'Ntoni quando l'avrebberoportato alla città.

- Di là non n'esce più - dicevano tutti.- Sapete cosa c'è scritto alla Vicaria di Palermo? "Corriquanto vuoi che qui t'aspetto!" e "il malo ferro se lomangia la mola". Poveri diavoli!

- La buona gente non ci si mette a quel mestiere!sbraitava la Vespa. - I guai li ha chi li cerca. Vedete chi ci simette a queste cose? Chi non fa altro mestiereed è unmalarnesecome Malavogliae il figlio della Locca! - Tutti dicevanodi sìche quando capita un figlio di quella fatta èmeglio che gli caschi la casa addosso. La sola Loccaandava cercandosuo figlioe si piantava davanti alla caserma delle guardiestrepitando che glielo desserosenza voler sentir ragione; e quandoandava a seccare suo fratello Campana di legnoe si piantava sugliscalini del ballatoio per delle ore interecoi capelli bianchi chesvolazzavanolo zio Crocifisso gli diceva: - La galera ce l'ho incasa! Vorrei esserci io al posto di tuo figlio! Cosa vuoi da me? Giàil pane non te lo portava nemmeno lui!

- La Locca ci guadagna! osservava don Silvestro. Orache non ha più quel pretesto di averci chi la mantienelametteranno all'albergo dei poverie mangerà pasta e carnetutti i giorni. Se no resta a carico del comune.

E come tornavano a concludere che "il malo ferrose lo mangia la mola"padron Fortunato soggiungeva:

- È un buon affare anche per padron 'Ntoni.Credete che non gliene mangi dei soldi quel malarnese di suo nipote?Io lo so quel che vuol dire un figlio che vi fa questa riuscita! Oraglielo manterrà il re.

Ma padron 'Ntoni invece di pensare a risparmiare queisoldiadesso che il nipote non glieli mangiava piùseguitavaa buttarglieli dietrocon avvocati e mangiacarte - quei soldi checostavano tantoe che erano destinati alla casa del nespolo. - Oranon abbiamo più bisogno della casané di nulla! -diceva egli col viso pallido come quello di 'Ntoniquando l'avevanocondotto in città fra gli sbirrie tutto il paese era andatoa vederlo colle mani legate e il fagotto delle camicie sotto ilbraccioche glielo aveva portato piangendo Menadi seraquandonessuno poteva vederla. Il nonno era andato a cercare l'avvocatoquello delle chiacchiereche adessodopo aver visto passare anchedon Michelementre lo portavano all'ospedalein carrozzacollafaccia gialla lui puree la montura sbottonatail povero vecchioaveva paurae non stava a cercare il pelo nell'uovo collechiacchiere dell'avvocatopurché gli sciogliessero le mani asuo nipote e lo lasciassero tornare a casa; giacché gli parevache 'Ntoni dopo quel terremoto dovesse tornare a casa e starsenesempre con lorocome quando era ragazzo.

Don Silvestro gli fece la carità d'andar con luidall'avvocatoperché diceva che quando a un cristiano accadeuna disgrazia come quella dei Malavogliabisogna aiutare il prossimocolle mani e coi piedifosse pure un birbante da galerae fare ilpossibile per levarlo di mano alla giustiziaper questo siamocristiani e dobbiamo aiutare i nostri simili. L'avvocatodopo cheebbe udito ogni cosae si fu raccapezzato per merito di donSilvestrodisse che era una bella causada buscarsi sicuro lagalerase non c'era luie si fregava le mani. Padron 'Ntonidiventava molle come un minchione al sentir parlare di galera; ma ildottor Scipione gli batteva sulla spallae gli diceva che non eradottore se non gliela faceva cavare con quattro o cinque anni diprigione.

- Cosa ha detto l'avvocato? domandò Mena appenavide comparire il nonno con quella faccia; e si mise a piangere primadi udire la risposta. Il vecchio si strappava quei pochi capellibianchie andava come un pazzo per la casaripetendo: - Ah! perchénon siamo morti tutti! - Liabianca come la camiciapiantava tantod'occhi in faccia a ciascuno che parlavasenza potere aprir bocca.Poco dopo arrivò la citazione per testimonianza a BarbaraZuppiddaa Grazia Piedipaperae don Franco lo spezialee a tuttiquelli che chiacchieravano nella piazza e nella bottega di Pizzuto;sicché il paese intero si mise in subbuglioe la gente siaffollava colla carta bollata in manoe giurava che non sapevanullacom'è vero Dio! perché non voleva averci chefare colla giustizia. Accidenti a 'Ntoni e ai Malavoglia che litiravano pei capelli nei loro imbrogli. La Zuppidda strillava comeun'ossessa: - Io non so niente; io all'avemaria mi chiudo in casaenon sono come loro che vanno in giro per fare quello che fannoo chestanno sull'uscio per cicalare con gli sbirri.

- Alla larga col governo! aggiungeva don Franco. Sannoche sono repubblicanoe sarebbero contenti di acchiappare unpretesto per farmi sparire dalla faccia della terra.

La gente si logorava il cervello a sapere che cosapotessero dire in testimonianza la Zuppidda e comare Grazia e glialtriche non avevano visto nientee le schioppettate l'avevanoudite dal lettomentre dormivano. Ma don Silvestro si fregava lemani come l'avvocatoe diceva che lo sapeva lui perché liavevano citatied era meglio per l'avvocato. Ogni volta chel'avvocato andava a parlare con 'Ntoni Malavogliadon Silvestrol'accompagnava alla prigionequando non avea nulla da fare; alconsiglio adesso non ci andava nessunoe le ulive erano raccolte.Anche padron 'Ntoni aveva tentato d'andarci due o tre volte; macom'era arrivato davanti a quelle finestre colle inferriatee isoldati col fucile che le guardavanoe guardavano tutti coloro cheentravanosi era sentito male allo stomacoed era rimasto adaspettare lì davantiseduto sul marciapiediin mezzo aquelli che vendevano castagne e fichidindiae non gli pareva veroche il suo 'Ntoni fosse làdietro a quelle gratecoi soldatia guardia. L'avvocato poi tornava dal chiacchierare con 'Ntoni frescocome una rosafregandosi le mani; e gli diceva che suo nipote stavabeneanzi era ingrassato. Adesso al povero vecchio gli pareva chesuo nipote fosse dei soldati.

- Perché non me lo lasciano andare? - domandavaogni volta come un pappagalloo come un ragazzo che non senteragionee voleva anche sapere se lo tenevano colle mani legate. -Lasciatelo stare dov'ègli rispondeva il dottor Scipioni. Inqueste cose è meglio farci passare del tempo sopra. Giànon gli manca nullave l'ho dettoe ingrassa come un cappone. Lecose vanno bene. Don Michele è quasi guarito dalla sua feritae anche questo per noi è una cosa buona. Non ci pensatevidicoe tornatevene nella barca ché questo è affar mio.

- Non ci posso tornare nella barcaora che 'Ntoni ècarcerato; non ci posso tornare. Ognuno ci guarderebbe dove passiamoe poi non ho più la testa al suo postoora che 'Ntoni ècarcerato.

E tornava a ripetere sempre la stessa cosaintanto chei denari se ne andavano come l'acquae tutti i suoi passavano legiornate rincantucciati in casacoll'uscio chiuso.

Finalmente arrivò il giorno della citazioneebisognava che quelli che ci erano scritti andassero al tribunale coiloro piedise non volevano andarci coi carabinieri. Ci andòpersino don Francoil quale lasciò il cappellaccio nero percomparire davanti alla giustiziaed era pallido peggio di 'NtoniMalavoglia che stava dietro la grata come una bestia ferocecoicarabinieri allato. Don Franco non ci aveva avuto mai a fare collagiustiziae gli rompeva le scarabattole dover comparire per la primavolta davanti a quella manica di giudici e di sbirri che uno ve lomettono dietro la grata come 'Ntoni Malavoglia in un batter d'occhio.

Tutto il paese era andato a vedere che faccia ci avessedietro la grata 'Ntoni di padron 'Ntoniin mezzo ai carabinieriegiallo come una candelache non ardiva soffiarsi il naso per nonvedere tutti quegli occhi d'amici e di conoscenti che se lomangiavanoe voltava e rivoltava nelle mani il suo berrettomentreil presidentecol robone nero e la tovaglia sotto il mentoglispifferava tutte le birbonate che aveva fattoed erano scritte senzache vi mancasse una parola sulla carta. Don Michele era làgiallo anche luiseduto sulla sediadi faccia ai giudei chesbadigliavano e si facevano vento col fazzoletto. L'avvocato intantochiacchierava sottovoce col suo vicinocome se non fosse stato fattosuo.

- Per stavoltamormorava la Zuppidda all'orecchiodella vicinaudendo tutte quelle porcherie che 'Ntoni aveva fattola galera non gliela levano di certo.

C'era anche la Santuzzaper dire alla giustizia doveera stato 'Ntoni e dove aveva passata quella sera. - Guardate cosavanno a domandare alla Santuzzaborbottava la Zuppidda. Son curiosadi sentire cosa risponderàper non spiattellare allagiustizia tutti i fatti suoi.

- Ma da noi che vogliono sapere? domandò comareGrazia.

- Vogliono sapere se è vero che la Lia se laintendeva con don Michelee che suo fratello 'Ntoni abbia volutoammazzarlo per tagliarsi le corna; me l'ha detto l'avvocato.

- Che vi venga il colèra! soffiò loro lospeziale facendo gli occhiacci. Volete che andiamo tutti in galera?Sappiate che colla giustizia bisogna dir sempre di noe che noi nonsappiamo niente.

Comare Venera si rincantucciò nella mantellinama seguitò a borbottare. - Questa è la verità.Li ho visti io cogli occhi mieie lo sa tutto il paese.

Quella mattina nella casa dei Malavoglia c'era statauna tragediache il nonnocome aveva visto partire tutto il paeseper andare a sentire condannare 'Ntoniaveva voluto correre coglialtrie Liacoi capelli arruffatigli occhi pazzi e il mento cheballavaavrebbe voluto andare anche leie cercava la mantellina perla casa senza dir nullama colla faccia stravolta e le manitremanti. Mena però l'aveva afferrata per le manipallidaanche leie le diceva: - Notu non ci devi andare! tu non ci deviandare! - e non le diceva altro. Il nonno aggiungeva che lorodovevano stare in casaa pregare la Madonna; e il piagnisteo siudiva per tutta la strada del Nero. Il povero vecchio appena fu allacittànascosto dietro una cantonatavide passare suo nipotein mezzo ai carabinierie colle gambe che gli si piegavano ad ognipasso andò a sedersi sulla scala del tribunalein mezzo allagente che saliva e scendeva pei fatti suoi. Poi al pensare che tuttaquella gente andava a sentire condannare suo nipotelà inmezzo ai soldatidavanti ai giudicigli parve come se l'avesseabbandonato in mezzo a una piazzao in un mare in burrascae salìanche lui colla follalevandosi sulla punta dei piediper vedere lagrata in altocoi cappelli dei carabinierie le baionette cheluccicavano. 'Ntoni però non si vedevain mezzo a tuttaquella gentee il povero vecchio pensava sempre che adesso suonipote era dei soldati.

Intanto l'avvocato chiacchierava e chiacchierava che leparole andavano come la carrucola di un pozzo. Diceva di noche nonera vero che 'Ntoni Malavoglia avesse fatto tutte quelle birbonate.Il presidente era andato a scavarle fuori per cacciare nei guai unpovero figliuolopoiché questo era il suo mestiere. Ma infinecome poteva dirlo il presidente? L'aveva visto lui forse 'NtoniMalavoglia quella nottecol buio che faceva? "Alla casa delpovero ognuno ha ragione" e "La forca è fatta peldisgraziato". Il presidente senza darsene per inteso lo guardavacogli occhialie i gomiti appoggiati sui libracci. Il dottorScipioni tornava a dire che voleva sapere dov'era il contrabbando! eda quando in qua un galantuomo non potesse andare a spasso all'orache gli pareva e piacevamassime se ci aveva un po' di vino intestaper smaltirlo. Padron 'Ntoni allora affermava col capoediceva di sì! di sì colle lagrime negli occhichéavrebbe abbracciato in quel momento l'avvocato il quale diceva che'Ntoni era un ubbriacone. Ad un tratto rizzò il capo. Questaera buona! questa che diceva l'avvocato valeva da sola cinquantalire: diceva che poiché volevano metterlo colle spalle almuroe volevano provargli come quattro e quattr'otto che 'Ntonil'avevano acchiappato proprio sul fattocol coltello in manoe gliavevano portato don Michele là davanticolla faccia daminchione per tanto di coltellata che s'era presa nello stomaco: -Chi dice che gliel'ha data 'Ntoni Malavoglia? predicava l'avvocato.Chi lo può provare? e chi lo sa se don Michele non se l'eradata da sé la coltellataapposta per mandare in galera 'NtoniMalavoglia? Ebbene volevano saperlo? Il contrabbando non ci entravaproprio per nulla! Fra don Michele e 'Ntoni di padron 'Ntoni c'eradella ruggine vecchia per affar di donne. - E padron 'Ntoni tornava afar segno col capoche se l'avessero fatto giurare davanti alcrocifisso l'avrebbe giuratoe lo sapeva tutto il paesela storiadella Santuzza con don Micheleil quale si mangiava le mani dallagelosiadopo che la Santuzza s'era incapricciata di 'Ntonies'erano incontrati di notte con don Michelee dopo che il ragazzoaveva bevuto; si sa come succede quando non ci si vede piùdagli occhi. L'avvocato continuava: - Potevano domandarlo un'altravolta alla Zuppiddae a comare Venerae a centomila testimonichedon Michele se la intendeva con la Liala sorella di 'NtoniMalavogliae ronzava là da quelle parti della strada del Nerotutte le sere per la ragazza. L'avevano visto anche quella nottedella coltellata!

Allora padron 'Ntoni non udì più nullaperché le orecchie gli si misero a zufolaree vide per laprima volta 'Ntoniil quale s'era alzato anche lui nella gabbiaestrappava il berretto colle manifacendo certi occhi da spiritatoevoleva parlareaccennando col capo di nodi no! I vicini portaronovia il vecchiocredendo che gli fosse venuto un accidente; e icarabinieri lo coricarono giusto nella camera dei testimonisultavolaccioe gli buttarono l'acqua sulla faccia. Più tardimentre lo facevano scendere per le scalebarcollantereggendolosotto le ascellela folla usciva anch'essa come una fiumanae sisentiva dire: - L'hanno condannato ai ferriper cinque anni. - Inquel momento 'Ntoni usciva dall'altra porticina anche luipallidoin mezzo ai carabinieriammanettato come un Cristo.

La gnà Grazia si mise a correre verso il paesee arrivò prima degli altricon tanto di lingua fuoriperchéla malanuova la porta l'uccello. Appena vide Lia la quale aspettavasull'usciocome un'anima del purgatoriole disse prendendole lemanie tutta sottosopra anche lei.

- Cosa avete fattoscellerata! che al giudice hannodetto che ve l'intendete con don Michelee a vostro nonno gli èvenuto un accidente!

Lia non disse nullacome non avesse uditoo nongliene importasse niente. Rimase a guardarla cogli occhi sbarrati ela bocca aperta. Infine adagio adagio cadde sulla sediae parve chele avessero rotto le gambe in un colpo. Poidopo che fu stata ungran pezzo a quel modosenza muoversi e senza dire una parolachecomare Grazia le gettava l'acqua sulla facciacominciò abalbettare: - Voglio andarmene! non voglio starci più qui! - el'andava dicendo al canteranoe alle seggiolecome una pazzacheinvano sua sorella le andava dietro piangendo- Te l'aveva detto! tel'aveva detto! - e cercava di afferrarla un'altra volta per le mani.La seracome portarono il nonno sul carroe Mena era corsa adincontrarloche oramai non si vergognava più della genteLiauscì nel cortile e poscia nella stradae se ne andòdavveroe nessuno la vide più.



Cap. 15

La gente diceva che la Lia era andata a stare con donMichele; già i Malavoglia non avevano più niente daperderee don Michele almeno le avrebbe dato il pane. Padron 'Ntoniadesso era diventato del tutto un uccellaccio di camposantoe nonfaceva altro che andare intornorotto in duecon quella faccia dipipaa dir proverbi senza capo e senza coda: "Ad un alberocaduto accetta! accetta!" - "Chi cade nell'acqua èforza che si bagni" - "A cavallo magromosche". - E achi gli domandava perché andasse sempre in girodiceva che"la fame fa uscire il lupo dal bosco"e "caneaffamato non teme bastone"; ma di lui non volevano saperneorache era ridotto in quello stato. Ognuno gli diceva la suae glidomandava cosa aspettasse colle spalle al murolì sotto ilcampanileche pareva lo zio Crocifisso quando aspettava d'imprestaredei denari alla genteseduto a ridosso delle barche tirate in seccocome se ci avesse in mare la paranza di padron Cipolla; e padron'Ntoni rispondeva che aspettava la mortela quale non voleva venirea prenderseloperché "lo sfortunato ha i giorni lunghi".Della Lia nessuno parlava più in casanemmeno Sant'Agatalaquale se voleva sfogarsi andava a piangere di nascostodavanti allettuccio della mammaquando in casa non c'era nessuno. Adesso lacasa era grande come il maree ci si perdevano dentro. I denari sen'erano andati con 'Ntoni; Alessi era sempre lontanoper guadagnarsiil panedi qua e di là; e la Nunziata faceva la caritàdi venire ad accendere il fuocoquando la Mena doveva andare aprendere il nonno per manoverso l'avemariacome un bambinoperchédi sera non ci vedeva piùpeggio di una gallina.

Don Silvestroe gli altri del paesedicevano cheAlessi avrebbe fatto meglio a mandare il nonno all'albergo deipoveriora che non era più buono a nulla; ma questa era lasola cosa che facesse paura al poveraccio. Ogni volta che la Menaandava a metterlo al soleconducendolo per manoe ci stava pertutta la giornata ad aspettare la mortecredeva che lo portasseroall'albergotalmente era diventato un cuccoe balbettava: - Lamorte non viene mai! - tanto che certuni andavano a chiedergliridendo dove fosse arrivata.

Alessi tornava a casa il sabatoe gli veniva a contarei denari della settimanacome se il nonno avesse ancora il giudizio.Egli rispondeva sempre di sìcol capo; e bisognava cheandasse a nascondere il gruzzoletto sotto la materassae gli dicevaper farlo contentoche ci voleva poco a mettere insieme un'altravolta i denari della casa del nespoloe fra un anno o due cisarebbero arrivati.

Ma il vecchio scrollava il capocolla testa duraeribatteva che adesso non avevano più bisogno della casa; emeglio che non ci fosse mai stata al mondo la casa dei Malavogliaora che i Malavoglia erano di qua e di là.

Una volta chiamò in disparte la Nunziatasottoil mandorlonel momento in cui non ci era nessunoe pareva dovessedirle qualcosa di grosso; però muoveva le labbra senzaparlaree stava cercando le paroleguardando di qua e di là.- È vero quella cosa che hanno detto di Lia? chiese infine.

- No! rispondeva Nunziatacolle mani in croceno! perla Madonna dell'Ogninanon è vero!

Egli si mise a tentennare il capocol mento sul petto.- Allora perché se n'è fuggita anche lei? perchése n'è fuggita?

E l'andava cercando per la casafingendo di aver persoil berretto; toccava il letto e il canteranoe si metteva a sedereal telaiosenza dir nulla. - Lo sai? chiese infine; lo sai dove sen'è andata? - Ma alla Mena non disse nulla.

La Nunziata non lo sapevain coscienzanénessun altro del paese.

Una sera si fermò nella strada del Nero AlfioMoscacol carroche ci aveva attaccato il mulo adessoe per questoaveva acchiappato le febbri alla Bicoccaed era stato per moriretanto che aveva la faccia gialla e la pancia grossa come un otre; mail mulo era grasso e col pelo lucente.

- Vi rammentate quando sono partito per Bicocca? dicevaluiche stavate ancora nella casa del nespolo? Ora ogni cosa ècambiataché "il mondo è tondochi nuota e chiva a fondo". - Stavolta non potevano dargli nemmeno un bicchieredi vinopel ben tornato. Compar Alfio lo sapeva dov'era Lia; l'avevavista coi suoi occhied era stato come se avesse visto comare Menaquando stavano a chiacchierare da una finestra all'altra. Perciòguardava di qua e di là i mobili e le pareticome se ciavesse il carro carico sullo stomacoe sedette anche lui senza direuna parola accanto al desco dove non c'era nullae nessuno sedevapiù a mangiare la sera.

- Ora me ne vadoripeteva luivedendo che non glidicevano nulla. - Quando uno lascia il suo paese è meglio chenon ci torni piùperché ogni cosa muta faccia mentreegli è lontanoe anche le faccie con cui lo guardano sonmutatee sembra che sia diventato straniero anche lui.

Mena continuava a star zitta. Intanto Alessi gliraccontò che voleva pigliarsi la Nunziataquando avrebberaccolto un po' di denaried Alfio gli rispose che faceva benesela Nunziata aveva un po' di denari anche leiché era unabuona ragazzae tutti la conoscevano in paese. Così anche iparenti dimenticano quelli che non ci sono piùe ognuno aquesto mondo è fatto per pensare a tirare la carretta che gliha data Diocome l'asino di compar Alfioche adesso faceva chissàcosadopo che era andato in mano altrui.

La Nunziata ci aveva la sua dote anche leidacchéi suoi fratellini cominciavano a buscarsi qualche soldoe non avevavoluto comprarsi né oro né roba biancaperchédiceva che quelle cose son fatte per i ricchie la roba bianca nonera bene di farsela intanto che cresceva ancora.

Era cresciuta infatti una ragazza alta e sottile comeun manico di scopacoi capelli nerie gli occhi buoni buonichequando si metteva a sedere sulla portacon tutti quei monellidavantipareva che pensasse ancora a suo padre nel giorno che liaveva piantatie ai guai in mezzo ai quali aveva sgambettato sinoalloracoi suoi fratellini appesi alle gonnelle. Al vedere come sen'era tirata fuori dai guailei e i suoi fratellinicosìdebole e sottile al pari di un manico di scopaognuno la salutava esi fermava volentieri a far quattro chiacchiere con lei.

- I denari ce li abbiamodisse a compar Alfioilquale era quasi un parenteda tanto che lo conoscevano. - AOgnissanti mio fratello entra garzone da massaro Filippoe il minoreprenderà il suo posto da padron Cipolla. Quando avròcollocato anche Turiallora mi mariterò; ma bisogna aspettareche io abbia gli annie che mio padre mi dia il consenso.

- O che tuo padre pensa più che sei al mondo! -disse Alfio.

- S'egli tornasse ora- rispose Nunziata con quellavoce dolcee così calmacolle braccia sulle ginocchia- einon se ne andrebbe piùperché adesso i denari liabbiamo.

Allora compar Alfio tornò a dire ad Alessi chefaceva bene a prendersi la Nunziatase ci aveva quel po' di denari.

- Compreremo la casa del nespoloaggiunse Alessi; e ilnonno starà con noi. Quando torneranno gli altri ci starannopure; e se tornerà il padre della Nunziata ci saràposto anche per lui.

Di Lia non fecero parola; ma ci pensavano tutti e trementre stavano a guardare il lumecolle braccia sui ginocchi.

Finalmente compare Mosca si alzò per andarseneperché il suo mulo scuoteva la sonaglieraquasi l'avesseconosciuta anch'esso colei che compar Alfio aveva incontrata per lastradae che adesso non l'aspettavano più nella casa delnespolo.

Lo zio Crocifisso invece aspettava da un pezzo iMalavoglia per quella casa del nespolo che nessuno la volevacome sefosse scomunicatae gli era rimasta sulla pancia; sicchéappena seppe che era tornato in paese Alfio Moscaquello cui volevafar rompere le ossa a bastonatequand'era geloso della Vespaandòa pregarlo che s'intromettesse coi Malavoglia per fargli conchiudereil negozio. Adesso quando l'incontrava per le strade lo salutavaecercava di mandargli anche la Vespa per parlargli di quell'affarechissà che non si fossero rammentati dell'amore anticonellostesso tempoe compare Mosca non riescisse a levargli quella crocedi su le spalle. Ma quella cagna della Vespa non voleva sentirparlare di compar Alfioné di nessunoadesso che ci aveva ilsuo marito ed era padrona in casae non avrebbe cangiato lo zioCrocifisso con Vittorio Emanuele in carne ed ossaneanche sel'avessero tirata pei capelli. - Mi toccano tutte a mele disgrazie!- si lamentava lo zio Crocifisso; e andava a sfogarsi con compareAlfioe si picchiava il petto come davanti al confessoredi averpensato a pagare dieci lire per fargli rompere le ossa a bastonate.

- Ah! compare Alfio! se sapeste che rovina ècapitata nella mia casache non dormo né mangio piùenon faccio altro che della bilee non sono più padrone di unbaiocco del fatto miodopo aver sudato tutta la vita ed essermilevato il pan di bocca per raggranellarlo a soldo a soldo. Ora mitocca vederlo in mano di quella serpela quale fa e disfàcome vuol lei! e non mi riesce nemmeno di levarmela d'addosso per viadel giudiceche non si lascerebbe tentare neanche da Satanasso! e mivuol tanto bene che non me la leverò d'addosso prima dicreparese non chiudo gli occhi dalla disperazione!

- Quello che stavo dicendo qui a compare Alfio-seguitava lo zio Crocifisso vedendo accostarsi padron Cipollailquale andava bighellonando per la piazza come un cane di macellaiodacché gli era entrata in casa quell'altra vespa dellaMangiacarrubbe. - Non possiamo più stare nemmeno in casa pernon schiattare dalla bile! Ci hanno scacciato fuori di casa nostraquelle carogne! hanno fatto come il furetto col coniglio. Le donneson messe al mondo per castigo dei nostri peccati. Senza di loro sistarebbe meglio. Chi ce l'avrebbe dettoeh? padron Fortunato! Noiche avevamo la pace degli angeli! Guardate com'è fatto ilmondo! C'è gente che va cercando questo negozio del matrimoniocolla lanternamentre chi ci si trova vorrebbe levarsene.

Padron Fortunato stette un po' a fregarsi il mentoepoi si lasciò andare: - Il matrimonio è come unatrappola di topi; quelli che son dentro vorrebbero uscirnee glialtri ci girano intorno per entrarvi.

- A me mi sembrano pazzi! Vedete don Silvestrocosagli manca? e s'è messo in testa di far cascare la Zuppidda coisuoi piedivanno dicendo; e se comare Venera non trova di megliobisogna che la lasci cascare.

Padron Cipolla continuò a fregarsi il mento enon disse altro. - Sentitecompare Alfio- seguitò Campanadi legno- fatemelo conchiudere quel negozio della casa coiMalavogliafinché ci hanno quei soldiche vi regaleròpoi da comprarvi le scarpeper i passi che farete.

Compare Alfio tornò a parlare ai Malavoglia; mapadron 'Ntoni ora scuoteva il capoe diceva di no. - Adesso dellacasa non abbiamo che farneperché Mena non si può piùmaritaree dei Malavoglia non ci è nessuno! Io ci sono ancoraperché gli sfortunati hanno i giorni lunghi. Ma quando avròchiuso gli occhi Alessi piglierà la Nunziata e se ne andràvia dal paese.

Anch'egli stava per andarsene. Il più del tempolo passava in lettocome un gambero sotto i ciottoliabbaiandopeggio di un cane: - Cosa ci ho a far qui io? - balbettava; e glipareva di rubare la minestra che gli davano. Invano Alessi e la Menacercavano di dissuaderlo. E' rispondeva che rubava loro il tempo e laminestrae voleva che gli contassero i denari messi sotto lamaterassae se li vedeva squagliare a poco a pocoborbottava: -Almeno se non ci fossi io non spendereste tanto. Ora non ho piùniente da far quie potrei andarmene.

Don Ciccioil quale veniva a tastargli il polsoconfermava che era meglio lo portassero all'ospedaleperchélì dov'era si mangiava la carne sua e quella degli altrisenza utile. Intanto il poveraccio stava a vedere quello chedicessero gli altricogli occhi spentie aveva paura che lomandassero all'albergo. Alessi non voleva sentirne parlare dimandarlo all'albergoe diceva che finché ci era del panecen'era per tutti; e la Menadall'altra partediceva di no anch'essae lo conduceva al solenelle belle giornatee si metteva accanto alui colla conocchiaa raccontargli delle fiabecome ai bambinie afilarequando non aveva da andare al lavatoio. Gli parlava pure diquel che avrebbero fatto quando arrivava un po' di provvidenzaperfargli allargare il cuore; gli diceva che avrebbero comprato unvitellino a San Sebastianoed ella bastava a procurargli l'erba e ilmangime per l'inverno. A maggio si sarebbe venduto con guadagno; egli faceva vedere pure la nidiata di pulcini che aveva messoevenivano a pigolare davanti ai loro piedial solestarnazzandonella polvere della strada. Coi denari dei pulcini avrebbe anchecomperato un maialeper non perdere le bucce dei fichidindiael'acqua che serviva a cuocere la minestrae a fin d'anno sarebbestato come aver messo dei soldi nel salvadanaio. Il vecchiocollemani sul bastoneapprovava del capoguardando i pulcini. Ci stavacosì attentopoverettoche arrivava fino a dire che seavessero avuto la casa del nespolo si poteva allevarlo nel cortileil maialegiacché quello era un guadagno sicuro con compareNaso. Nella casa del nespolo c'era pure la stalla pel vitelloe latettoia pel mangimee ogni cosa; se ne andava ricordando a poco apococercando qua e là cogli occhi morti e col mento sulbastone. Poi domandava sottovoce alla nipote: - Cosa ha detto donCiccio dell'ospedale? - Mena allora lo sgridava come si fa coibambinie gli rispondeva: - Perché pensate a quelle cose? -Egli stava zittoe ascoltava cheto cheto tutto quello che diceva laragazza. Ma poi tornava a ripetere: - Non mi ci mandare all'ospedaleperché non ci sono avvezzo.

Infine non si alzava più dal lettoe don Cicciodisse che era proprio finitae non ci era più bisogno di luiché là in quel letto dove erapoteva starci anchedegli annie Alessi o la Mena ed anche la Nunziata dovevano perderele loro giornate a far la guardia; se no se lo sarebbero mangiato iporcicome trovavano l'uscio aperto.

Padron 'Ntoni intendeva benissimo quello che si dicevaperché guardava tutti in viso ad uno ad unocon certi occhiche facevano male a vedere; ed appena il medico se ne fu andatomentre stava a parlare ancora sull'uscio con Mena che piangevaeAlessi il quale diceva di no e batteva i piedifece segno allaNunziata di accostarsi al lettoe le disse piano:

- Se mi mandate all'ospedale sarà meglio; qui veli mangio io i denari della settimana. Mandami via quando non ci saràin casa la Mena e Alessi. Direbbero di no perché hanno il buoncuore dei Malavoglia; ma io vi mangio i soldi della casae poi ilmedico ha detto che posso starci degli anni qui dove sono. E qui nonci ho più nulla da fare. Però non vorrei camparci degliannilaggiù all'ospedale.

La Nunziata si metteva a piangere anch'essa e diceva dinotanto che tutto il vicinato sparlava di loroche volevano fare isuperbi senza aver pane da mangiare. Si vergognavano di mandare ilnonno all'ospedalementre ci avevano tutti gli altri di qua e di làe dove poi!

E la Santuzza baciava la medaglia che portava sulpettoper ringraziare la Madonna che l'aveva protetta dal pericolodove era andata a cascare la sorella di Sant'Agatacome tante altre.- Quel povero vecchio dovrebbero mandarlo all'ospedaleper nonfargli avere il purgatorio prima che muoia- diceva. Almeno lei nongli faceva mancar nulla a suo padreadesso che era invalidoe se loteneva sull'uscio. - E vi aiuta anzi! aggiungeva Piedipapera. -Quell'invalido lì vale tant'oro quanto pesa! Par fatto appostaper la porta di un'osteriacosì cieco e rattrappito com'è.E dovreste pregare la Madonna che vi campi cent'anni. Già cosavi costa?

La Santuzza aveva ragione di baciare la medaglia;nessuno poteva dire nulla dei fatti suoi; dacché don Michelese n'era andatomassaro Filippo non si faceva veder piùnemmeno luie la gente diceva che colui non sapeva stare senzal'aiuto di don Michele. Ora la moglie di Cinghialenta veniva di tantoin tanto a fare il diavolo davanti all'osteriacoi pugni suifianchistrillando che la Santuzza le rubava il maritoe perciòquando costui tornava a casa ella si buscava delle frustate colleredini della cavezzadopo che Cinghialenta aveva venduto il muloenon sapeva più che farsene delle rediniche la notte i vicininon potevano chiuder occhio dalle grida.

- Questo non va bene! diceva don Silvestrola cavezzaè fatta per il mulo. Compare Cinghialenta è un uomogrossolano. - Egli andava a dire queste cose quando c'era comareVenera la Zuppiddala quale dopo che la leva si portava via igiovanotti del paeseaveva finito per addomesticarsi un po' con lui.

- Ognuno sa gli affari di casa suarispondeva laZuppidda; - se lo dite per ciò che vanno predicando le malelingueche io metto le mani addosso a mio maritovi rispondo chenon sapete un cornotuttoché sapete di lettera. Del restoognuno in casa sua fa quel che gli pare e piace. Il padrone èmio marito.

- Tu lasciali dire- rispondeva suo marito. - Poi losanno che se vengono a toccarmi il naso ne faccio tonnina!

La Zuppidda adesso predicava che il capo della casa erasuo maritoed egli era il padrone di maritare la Barbara con chi glipiacevae se voleva darla a don Silvestro voleva dire che glielaaveva promessae aveva chinato il capo; e quando suo marito avevachinato il capoera peggio di un bue.

- Già! sentenziava don Franco colla barba inaria- ha chinato il capo perché don Silvestro è diquelli che tengono il manico nel mestolo.

Dacché era stato al tribunale in mezzo a tuttiquegli sbirridon Franco era più arrabbiato di primaegiurava che non ci sarebbe tornato più neanche in mezzo aicarabinieri. Allorché don Giammaria alzava la voce perdiscutereei gli piantava le unghie negli occhirizzandosi sullegambetterosso come un galloe lo cacciava in fondo alla bottega. -Lo fate apposta per compromettermi! - gli sputava in faccia collaschiuma alla bocca; e se due quistionavano nella piazzacorreva achiudere l'uscio acciò non lo chiamassero per testimonio. DonGiammaria era trionfante; quell'asparagio verde aveva del coraggioquanto un leoneperché ci aveva la tonaca sulle spalleesparlava del governopappandosi la lira al giornoe diceva che selo meritavano quel governogiacché avevano fatto larivoluzionee ora venivano i forestieri a rapire le donne e i denaridella gente. Ei sapeva di chi parlavache gli era venuta l'itteriziadalla collerae donna Rosolina era dimagrata dalla bilemassimedopo che se n'era andato don Michelee s'erano sapute tutte leporcherie di quest'altro. Adesso non faceva che andare a caccia dimesse e di confessoridi qua e di làsino all'Ognina e adAci Castelloe trascurava la conserva dei pomidoro e il tonnosottolioper darsi a Dio.

Don Franco allora si sfogava mettendosi a ridere comeuna gallinaall'uso di don Silvestrorizzandosi sulla punta deipiedicoll'uscio spalancato a due battentiche per questo non c'erapericolo d'andare in prigione; e diceva che finché cisarebbero stati i preti era sempre la stessa cosae bisognava faretavola rasas'intendeva luitrinciando colla mano in giro.

- Io per me li vorrei tutti arsi! rispondeva donGiammariache intendeva anche lui di chi parlava.

Ora lo speziale non teneva più cattedra; equando veniva don Silvestroandava a pestare i suoi unguenti nelmortaioper non compromettersi. Già tutti quelli chebazzicano col governoe mangiano il pane del reson tutta gente daguardarsene. E si sfogava soltanto con don Giammariae con donCiccio il medicoquando lasciava l'asinello alla spezieria perandare a tastare il polso a padron 'Ntonie ricette non ne scrivevaperché diceva che erano inutilicon quella povera gente chenon aveva denari da buttar via.

- Allora perché non lo mandano all'ospedalequel vecchio? tornavano a dire gli altri- e perché se lotengono in casa a farselo mangiare dalle pulci?

Tanto chepesta e ripestail medico ripeteva cheandava e veniva per nientee faceva il viaggio del salee allorchéc'erano le comari davanti al letto del malatocomare Piedipaperalacugina Anna o la Nunziatapredicava sempre che se lo mangiavano lepulci. Padron 'Ntoni non osava più fiatarecolla facciabianca e disfatta. E come le comari cinguettavano fra di loroe finoalla Nunziata cascavan le bracciaun giorno che Alessi non c'eradisse infine: - Chiamatemi compare Moscache lui me la faràla carità di portarmi all'ospedale sul suo carro.

Così padron 'Ntoni se ne andòall'ospedale sul carro di Alfio Moscail quale ci aveva messo lamaterassa ed i guancialima il povero malatosebbene non dicessenullaandava guardando dappertuttomentre lo portavano fuorireggendolo per le ascelleil giorno in cui Alessi era andato aRipostoe avevano mandato via la Mena con un pretestoche se no nonl'avrebbero lasciato partire. Sulla strada del Neronel passaredavanti alla casa del nespoloe nell'attraversare la piazzapadron'Ntoni continuava a guardare di qua e di là per stamparsi inmente ogni cosa. Alfio guidava il mulo da una partee Nunziatalaquale aveva lasciato in custodia a Turi il vitelloi tacchinie lepollastreveniva a piedi dall'altro latocol fagotto delle camiciesotto il braccio. Al vedere passare il carro ognuno si affacciavasulla portae stava a guardare; e don Silvestro disse che avevanofatto beneper questo il comune pagava la sua rata all'ospedale; edon Franco avrebbe anche spifferata la sua predicache ce l'aveva intesta bella e fattase non ci fosse stato lì presente donSilvestro. - Almeno quel povero diavolo va a stare in paceconchiuselo zio Crocifisso.

- "Necessità abbassa nobiltà"rispose padron Cipolla; e la Santuzza disse un'avemaria pelpoveretto. Solo la cugina Anna e comare Grazia Piedipapera siasciugavano gli occhi col grembiulecome il carro se ne andavalentamente sobbalzando sui sassi. Ma compare Tino rimbeccòalla moglie: - O perché mi fai il piagnisteo? Che son forsemorto io? A te che te ne importa?

Alfio Moscamentre guidava il muloandava raccontandoalla Nunziata come e dove avesse vista la Liach'era tuttaSant'Agatae ancora non gli pareva vero a lui stesso che l'avessevista coi suoi occhitanto che la voce gli mancava nella golamentre ne parlava per ingannare la noialungo la strada polverosa. -Ah Nunziata! chi l'avrebbe dettoquando stavamo a chiacchierare daun uscio all'altroe c'era la lunae i vicini discorrevano lìdavantie si udiva colpettare tutto il giorno quel telaio diSant'Agatae quelle galline che la conoscevano soltanto all'aprireche faceva il rastrelloe la Longa che la chiamava pel cortilecheogni cosa si udiva da casa mia come se fosse stato proprio làdentro! Povera Longa! Adessovediche ci ho il muloe ogni cosacome desideravoche se fosse venuto a dirmelo l'angelo del cielo nonci avrei credutoadesso penso sempre a quelle sere làquandoudivo la voce di voialtrementre governavo l'asinoe vedevo il lumenella casa del nespoloche ora è chiusae quando son tornatonon ho trovato più niente di quel che avevo lasciatoe comareMena non mi è parsa più quella. Uno che se ne va dalpaese è meglio non ci torni più. Vediora penso pure aquel povero asino che ha lavorato con me tanto tempoe andavasempresole o pioggiacol capo basso e le orecchie larghe. Adessochissà dove lo caccianoe con quali carichie per qualistradecolle orecchie più basse ancoraché anch'eglifiuta col naso la terra che deve raccoglierlocome si fa vecchiopovera bestia!

Padron 'Ntonidisteso sulla materassanon udivanullae ci avevano messo sul carro una coperta colle cannesicchésembrava che portassero un morto. - Per lui è meglio che nonoda più nullaseguitava compare Alfio. L'angustia di 'Ntonigià l'ha sentitae un giorno o l'altro gli toccherebbe anchedi sentire come è andata a finire la Lia.

- Me lo domandava spessoquando eravamo solirisposela Nunziata. Voleva sapere dove fosse.

- È andata dietro a suo fratello. Noi poverettisiamo come le pecoree andiamo sempre con gli occhi chiusi dovevanno gli altri. Tu non glielo direné lo dire a nessuno delpaesedove ho visto la Liaché sarebbe un colpo di coltelloper Sant'Agata. Ella mi riconobbe di certomentre passavo davantiall'uscioperché si fece bianca e rossa nella facciaed iofrustai il mulo per passare prestoe son certo che quella poverettaavrebbe voluto piuttosto che il mulo le fosse camminato sulla panciae la portassero distesa sul carro come portiamo adesso suo nonno. Orala famiglia dei Malavoglia è distruttae bisogna rifarla dinuovo tu e Alessi.

- I denari per la roba ci sono già; a SanGiovanni venderemo anche il vitello.

- Bravi! cosìquando ci avrete i denari dapartenon c'è pericolo che vi sfumino in un giornocomeaccadrebbe se il vitello venisse a morireDio liberi! Ora siamo alleprime case della cittàe tu potrai aspettarmi quise nonvuoi venire sino all'ospedale.

- Novoglio venire anch'io; così almeno vedròdove lo mettonoed egli pure mi vedrà sino all'ultimomomento.

Padron 'Ntoni poté vederla sino all'ultimomomentoe mentre la Nunziata se ne andava via con Alfio Moscaadagio adagio pel camerone che pareva d'essere in chiesa alcamminareli accompagnava cogli occhi; poi si voltòdall'altra parte e non si mosse più. Compar Alfio e laNunziata risalirono sul carroarrotolarono la materassa e lacopertae se ne tornarono senza dir nullaper la lunga stradapolverosa.

Alessi si dava i pugni nella testa e si strappava icapellicome non trovò più il nonno nel suo lettoevide che gli riportavano la materassa arrotolata; e se la prendevacolla Menaquasi fosse stata lei a mandarlo via. Ma compar Alfio glidiceva: - Che volete? La casa dei Malavoglia ora è distruttae bisogna che la facciate di nuovo voi altri.

Egli voleva tornare a fargli il conto della roba e delvitellodi cui avevano chiacchierato lungo la strada colla ragazza;ma Alessi e Mena non gli davano rettacolla testa nelle mani e gliocchi fissi e lucenti di lagrimeseduti sulla porta della casa doveoramai erano soli davvero. Compar Alfio in questo mentre cercava diconfortarli col rammentar loro com'era prima la casa del nespoloquando stavano a chiacchierare da un uscio all'altrocolla lunaesi udiva tutto il giorno il colpettare del telaio di Sant'Agatae legalline che chiocciavanoe la voce della Longa che aveva sempre dafare. Adesso tutto era cambiatoe quando uno se ne va dal paeseèmeglio che non ci torni piùperché la strada stessanon sembrava più quelladacché non c'era piùquel passeggio per la Mangiacarrubbee don Silvestro non si facevavedere nemmeno luiaspettando che la Zuppidda cascasse coi suoipiedie lo zio Crocifisso s'era chiuso in casa a guardarsi la suarobao ad accapigliarsi colla Vespae persino non si udivaquistionar tanto nella spezieriadacché don Franco avevavisto la giustizia nel mostaccioed ora andava a rincantucciarsi perleggere il giornalee si sfogava a pestare nel mortaio tutto ilgiorno per passare il tempo. Anche padron Cipolla non ci stava piùa schiacciare gli scalini davanti la chiesadacché avevaperso la pace.

Un bel giorno corse la notizia che padron Fortunato simaritavaperché la sua roba non se la godesse laMangiacarrubbealla barba di lui; per questo non ci stava piùa schiacciare gli scalinie si pigliava la Zuppidda. - E mi dicevache il matrimonio è come una trappola di topi! andavabrontolando allora lo zio Crocifisso. - Ora state a fidarvi degliuomini?

Le ragazze invidiose dicevano che la Barbara sposavasuo nonno. Ma la gente di propositocome Peppi Nasoe Piedipaperaed anche don Francomormoravano: - Questa l'ha vinta comare Veneracontro don Silvestro; è un gran colpo per don Silvestroed èmeglio che se ne vada dal paese. Già i forestierifrustali! equi non ci hanno messo mai radici i forestieri. Con padron Cipollanon ardirà mettercisi a tu per tu don Silvestro.

- O che credeva? sbraitava comare Venera colle mani suifianchi- di prendersi mia figlia colla carestia? Stavolta comandoio! e gliel'ho fatta capire a mio marito! Chi è buon canemangia al trogolo; forestieri non ne vogliamo per la casa. Una voltain paese si stava meglioquando non erano venuti quelli di fuori ascrivere sulla carta i bocconi che vi mangiatecome don Silvestrooa pestare fiori di malva nel mortaioe ingrassarsi col sangue diquei del paese. Allora ognuno si conoscevae si sapeva quel chefacevae quel che avevano sempre fatto suo padre e suo nonnoeperfino quel che mangiavae quando si vedeva passare uno si sapevadove andavae le chiuse erano di quelli che c'erano natie il pescenon si lasciava prendere da questo e da quello. Allora la gente nonsi sbandava di qua e di làe non andava a morireall'ospedale.

Giacché tutti si maritavanoAlfio Mosca avrebbevoluto prendersi comare Menache nessuno la voleva piùdacché la casa dei Malavoglia s'era sfasciatae compar Alfioavrebbe potuto dirsi un bel partito per leicol mulo che ci aveva;così la domenica ruminava fra di sé tutte le ragioniper farsi animomentre stava accanto a leiseduto davanti allacasacolle spalle al muroa sminuzzare gli sterpolini della siepeper ingannare il tempo. Anche lei guardava la gente che passavaecosì facevano festa la domenica: - Se voi mi volete ancoracomare Menadisse finalmenteio per me son qua.

La povera Mena non si fece neppur rossasentendo checompare Alfio aveva indovinato che ella lo volevaquando stavano perdarla a Brasi Cipollatanto le pareva che quel tempo fosse lontanoed ella stessa non si sentiva più quella. - Ora sono vecchiacompare Alfiorisposee non mi marito più.

- Se voi siete vecchiaanch'io sono vecchiochéavevo degli anni più di voiquando stavamo a chiacchieraredalla finestrae mi pare che sia stato ieritanto m'èrimasto in cuore. Ma devono esser passati più di otto anni. Eora quando si sarà maritato vostro fratello Alessivoirestate in mezzo alla strada.

Mena si strinse nelle spalleperché era avvezzaa fare la volontà di Diocome la cugina Anna; e compareAlfiovedendo cosìriprese:

- Allora vuol dire che non mi volete benecomare Menae scusatemi se vi ho detto che vi avrei sposata. Lo so che voi sietenata meglio di mee siete figlia di padroni; ma ora non avete piùnullae se si marita vostro fratello Alessirimarrete in mezzo allastrada. Io ci ho il mulo e il mio carroe il pane non ve lo fareimancare giammaicomare Mena. Ora perdonatemi la libertà!

- Non mi avete offesanocompare Alfio; e vi avreidetto di sì anche quando avevamo la Provvidenza e lacasa del nespolose i miei parenti avessero volutoche Dio sa quelche ci avevo in cuore quando ve ne siete andato alla Bicocca colcarro dell'asinoe mi pare ancora di vedere quel lume nella stallae voi che mettevate tutta la vostra roba sul carrettonel cortile;vi rammentate?

- Sìche mi rammento! Allora perché nonmi dite di sìora che non avete più nullae ci ho ilmulo invece dell'asino al carrettoe i vostri parenti non potrebberodir di no?

- Ora non son più da maritare; tornava a direMena col viso bassoe sminuzzando gli sterpolini della siepe anchelei. Ho 26 annied è passato il tempo di maritarmi.

- Noche non è questo il motivo per cui nonvolete dirmi di sì! ripeteva compar Alfio col viso basso comelei. - Il motivo non volete dirmelo! - E così rimanevano insilenzio a sminuzzare sterpolini senza guardarsi in faccia. Dopo eglisi alzava per andarsenecolle spalle grosse e il mento sul petto.Mena lo accompagnava cogli occhi finché poteva vederloe poiguardava al muro dirimpetto e sospirava.

Come aveva detto Alfio MoscaAlessi s'era tolta inmoglie la Nunziatae aveva riscattata la casa del nespolo.

- Io non son da maritareaveva tornato a dire la Mena;- maritati tu che sei da maritare ancora; - e così ella erasalita nella soffitta della casa del nespolocome le casseruolevecchiee s'era messo il cuore in paceaspettando i figliuoli dellaNunziata per far la mamma. Ci avevano pure le galline nel pollaioeil vitello nella stallae la legna e il mangime sotto la tettoiaele reti e ogni sorta di attrezzi appesiil tutto come aveva dettopadron 'Ntoni; e la Nunziata aveva ripiantato nell'orto i broccoli edi cavolicon quelle braccia delicate che non si sapeva come ci fossepassata tanta tela da imbiancaree come avesse fatti quei marmocchigrassi e rossi che la Mena si portava in collo pel vicinatoquasi liavesse messi al mondo leiquando faceva la mamma.

Compare Mosca scrollava il capomentre la vedevapassaree si voltava dall'altra partecolle spalle grosse. - A menon mi avete creduto degno di quest'onore! le disse alfine quando nonne poté piùcol cuore più grosso delle spalle.- Io non ero degno di sentirmi dir di sì!

- Nocompar Alfio! - rispose Mena la quale si sentivaspuntare le lagrime. - Per quest'anima pura che tengo sulle braccia!Non è per questo motivo. Ma io non son più da maritare.

- Perché non siete più da maritarecomare Mena?

- No! no! - ripeteva comare Menache quasi piangeva. -Non me lo fate direcompar Alfio! Non mi fate parlare! Ora se io mimaritassila gente tornerebbe a parlare di mia sorella Liagiacchénessuno oserebbe prendersela una Malavogliadopo quello che èsuccesso. Voi pel primo ve ne pentireste. Lasciatemi stareche nonsono da maritaree mettetevi il cuore in pace.

- Avete ragionecomare Mena! rispose compare Mosca; -a questo non ci avevo mai pensato. Maledetta la sorte che ha fattonascere tanti guai!

Così compare Alfio si mise il cuore in paceeMena seguitò a portare in braccio i suoi nipotiquasi ciavesse il cuore in pace anche leie a spazzare la soffittaperquando fossero tornati gli altriche c'erano nati anche loro- comese fossero stati in viaggio per tornare! - diceva Piedipapera.

Invece padron 'Ntoni aveva fatto quel viaggio lontanopiù lontano di Trieste e d'Alessandria d'Egittodal quale nonsi ritorna più; e quando il suo nome cadeva nel discorsomentre si riposavanotirando il conto della settimana e facendo idisegni per l'avvenireall'ombra del nespolo e colle scodelle fra leginocchiale chiacchiere morivano di bottoche a tutti parevad'avere il povero vecchio davanti agli occhicome l'avevano vistol'ultima volta che erano andati a trovarlo in quella gran cameracciacoi letti in filache bisognava cercarlo per trovarloe il nonno liaspettava come un'anima del purgatoriocogli occhi alla portasebbene non ci vedesse quasie li andava toccandoper accertarsiche erano loroe poi non diceva più nullamentre gli sivedeva in faccia che aveva tante cose da diree spezzava il cuorecon quella pena che gli si leggeva in faccia e non la poteva dire.Quando gli narrarono poi che avevano riscattata la casa del nespoloe volevano portarselo a Trezza di nuovorispose di sìe disìcogli occhiche gli tornavano a luccicaree quasi facevala bocca a risoquel riso della gente che non ride piùo cheride per l'ultima voltae vi rimane fitto nel cuore come uncoltello. Così successe ai Malavoglia quando il lunedìtornarono col carro di compar Alfio per riprendersi il nonnoe nonlo trovarono più.

Rammentando tutte queste cose lasciavano il cucchiaionella scodellae pensavano e pensavano a tutto quello che eraaccadutoche sembrava scuro scurocome ci fosse sopra l'ombra delnespolo. Ora quando veniva la cugina Anna a filare un po' con lecomariaveva i capelli bianchie diceva che aveva perso il risodella boccaperché non aveva tempo di stare allegracollafamiglia che aveva sulle spallee Rocco che tutti i giorni bisognavaandare a cercare di qua e di làper le strade e davanti labettolae cacciarlo verso casa come un vitello vagabondo. Anche deiMalavoglia ce n'erano due vagabondi; e Alessi si tormentava ilcervello a cercarli dove potevano essereper le strade arse di solee bianche di polvereche in paese non sarebbero tornati piùdopo tanto tempo.

Una seratardiil cane si mise ad abbaiare dietrol'uscio del cortilee lo stesso Alessiche andò ad aprirenon riconobbe 'Ntoni il quale tornava colla sporta sotto il bracciotanto era mutatocoperto di polveree colla barba lunga. Come fuentratoe si fu messo a sedere in un cantuccionon osavano quasifargli festa. Ei non sembrava più quelloe andava guardandoin giro le pareticome non le avesse mai viste; fino il cane gliabbaiavaché non l'aveva conosciuto mai. Gli misero fra legambe la scodellaperché aveva fame e seteed egli mangiòin silenzio la minestra che gli diederocome non avesse visto graziadi Dio da otto giornicol naso nel piatto; ma gli altri non avevanofametanto avevano il cuore serrato. Poi 'Ntoniquando si fusfamato e riposato alquantoprese la sua sporta e si alzò perandarsene.

Alessi non osava dirgli nullatanto suo fratello eramutato. Ma al vedergli riprendere la sportasi sentì balzareil cuore dal pettoe Mena gli disse tutta smarrita: - Te ne vai?

- Sì! rispose 'Ntoni.

- E dove vai? chiese Alessi.

- Non lo so. Venni per vedervi. Ma dacché sonqui la minestra mi è andata tutta in veleno. Per altro qui nonposso starciché tutti mi conosconoe perciò sonvenuto di sera. Andrò lontanodove troverò da buscarmiil panee nessuno saprà chi sono.

Gli altri non osavano fiatareperché ci avevanoil cuore stretto in una morsae capivano che egli faceva bene a dircosì. 'Ntoni continuava a guardare dappertuttoe stava sullaportae non sapeva risolversi ad andarsene. - Ve lo faròsapere dove sarò; disse infinee come fu nel cortilesottoil nespoloche era scurodisse anche:

- E il nonno?

Alessi non rispose; 'Ntoni tacque anche luie dopo unpezzetto:

- E la Lia che non l'ho vista?

E siccome aspettava inutilmente la rispostaaggiunsecolla voce tremantequasi avesse freddo: - È morta anche lei?

Alessi non rispose nemmeno; allora 'Ntoni che era sottoil nespolocolla sporta in manofece per sedersipoiché legambe gli tremavanoma si rizzò di bottobalbettando:

- Addio addio! Lo vedete che devo andarmene?

Prima d'andarsene voleva fare un giro per la casaondevedere se ogni cosa fosse al suo posto come prima; ma adessoa luiche gli era bastato l'animo di lasciarlae di dare una coltellata adon Michelee di starsene nei guainon gli bastava l'animo dipassare da una camera all'altra se non glielo dicevano. Alessi chegli vide negli occhi il desideriolo fece entrare nella stallacolpretesto del vitello che aveva comperato la Nunziataed era grasso elucente; e in un canto c'era pure la chioccia coi pulcini; poi locondusse in cucinadove avevano fatto il forno nuovoe nella cameraaccantoche vi dormiva la Mena coi bambini della Nunziatae parevache li avesse fatti lei. 'Ntoni guardava ogni cosae approvava colcapoe diceva: - Qui pure il nonno avrebbe voluto metterci ilvitello; qui c'erano le chiocciee qui dormivano le ragazzequandoc'era anche quell'altra… - Ma allora non aggiunse altroestette zitto a guardare intornocogli occhi lustri. In quel momentopassava la Mangiacarrubbeche andava sgridando Brasi Cipolla per lastradae 'Ntoni disse: - Questa qui l'ha trovato il marito; ed oraquando avranno finito di quistionareandranno a dormire nella lorocasa.

Gli altri stettero zittie per tutto il paese era ungran silenziosoltanto si udiva sbattere ancora qualche porta che sichiudeva; e Alessi a quelle parole si fece coraggio per dirgli:

- Se volessi anche tu ci hai la tua casa. Di làc'è apposta il letto per te.

- No! rispose 'Ntoni. Io devo andarmene. Làc'era il letto della mammache lei inzuppava tutto di lagrime quandovolevo andarmene. Ti rammenti le belle chiacchierate che si facevanola seramentre si salavano le acciughe? e la Nunziata che spiegavagli indovinelli? e la mammae la Liatutti lìal chiaro dilunache si sentiva chiacchierare per tutto il paesecome fossimotutti una famiglia? Anch'io allora non sapevo nullae qui non volevostarcima ora che so ogni cosa devo andarmene.

In quel momento parlava cogli occhi fissi a terrae ilcapo rannicchiato nelle spalle. Allora Alessi gli buttò lebraccia al collo.

- Addioripeté 'Ntoni. Vedi che avevo ragioned'andarmene! qui non posso starci. Addioperdonatemi tutti.

E se ne andò colla sua sporta sotto il braccio;poi quando fu lontanoin mezzo alla piazza scura e desertachetutti gli usci erano chiusisi fermò ad ascoltare sechiudessero la porta della casa del nespolomentre il cane gliabbaiava dietroe gli diceva col suo abbaiare che era solo in mezzoal paese. Soltanto il mare gli brontolava la solita storia lìsottoin mezzo ai fariglioniperché il mare non hapaese nemmen luied è di tutti quelli che lo stanno adascoltaredi qua e di là dove nasce e muore il soleanzi adAci Trezza ha un modo tutto suo di brontolaree si riconosce subitoal gorgogliare che fa tra quegli scogli nei quali si rompee par lavoce di un amico.

Allora 'Ntoni si fermò in mezzo alla strada aguardare il paese tutto nerocome non gli bastasse il cuore distaccarseneadesso che sapeva ogni cosae sedette sul muricciuolodella vigna di massaro Filippo.

Così stette un gran pezzo pensando a tante coseguardando il paese neroe ascoltando il mare che gli brontolava lìsotto. E ci stette fin quando cominciarono ad udirsi certi rumorich'ei conoscevae delle voci che si chiamavano dietro gli usciesbatter d'impostee dei passi per le strade buie. Sulla rivainfondo alla piazzacominciavano a formicolare dei lumi. Egli levòil capo a guardare i Tre Re che luccicavanoe la Puddarache annunziava l'albacome l'aveva vista tante volte. Allora tornòa chinare il capo sul pettoe a pensare a tutta la sua storia. Apoco a poco il mare cominciò a farsi biancoe i Tre Read impallidiree le case spuntavano ad una ad una nelle vie scurecogli usci chiusiche si conoscevano tuttee solo davanti allabottega di Pizzuto c'era il lumicinoe Rocco Spatu colle mani nelletasche che tossiva e sputacchiava. - Fra poco lo zio Santoro apriràla portapensò 'Ntonie si accoccolerà sull'uscio acominciare la sua giornata anche lui. - Tornò a guardare ilmareche s'era fatto amarantotutto seminato di barche che avevanocominciato la loro giornata anche lororiprese la sua sporta edisse: - Ora è tempo d'andarmeneperché fra pococomincierà a passar gente. Ma il primo di tutti a cominciar lasua giornata è stato Rocco Spatu.


Fine

 


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