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TorquatoTasso





DISCORSIDELL'ARTE POETICA

EDIN PARTICOLARE SOPRA IL POEMA EROICO







Alsignor Scipion Gonzaga







DISCORSOPRIMO

        A tre cose deve aver riguardo ciascuno che di scriver poema eroico siprepone; a sceglier materia taleche sia atta a ricevere in séquella più eccellente forma che l'artificio del poeta cercaràd'introdurvi; a darle questa tal forma; e a vestirla ultimamente conque' più esquisiti ornamentich'a la natura di lei sianoconvenevoli questi tre capi dunquecosí distintamente come iogli ho propostisarà diviso tutto questo Discorso; peròche cominciando dal giudicio ch'egli deve mostrare ne l'elezione dela materiapassare a l'arte che se gli richiede serrare prima neldisporla e nel formarlae poi nel vestirla e ne l'adornarlo.


        La materia nuda (materia nuda è detta quella che non ha ancorricevuta qualità alcuna da l'artificio de l'oratore e delpoeta) cade sotto la considerazion del poeta in quella guisa che 'lferro o il legno vien sotto la considerazion del fabro; peròche sí come colui che fabrica le navinon solo èobligato a sapere qual debba esser la forma de le navima deve ancoconoscere qual maniera di legno è piú atta a ricever insì questa forma; cosí parimente conviene al poetanonsolo aver arte nel formare la materiama giudicio ancora nelconoscerla; e sceglierla dee taleche sia per sua natura d'ogniperfezione capace.


        La materia nuda viene offerta quasi sempre a l'oratore dal caso o dala necessità; al poeta da l'elezione; e di qui avvienech'alcune fiate quel che non è convenevole nel poetaèlodevole ne l'oratore. E ripreso il poetache faccia nascer lacommiserazione sovra personache abbia volontariamente macchiate lemani nel sangue del padre; ma del medesimo avvenimento trarrebbe lacommiserazione con somma sua lode l'oratore; in quello si biasmal'elezionein questo si scusa la necessità e si lodal'ingegno; perciò che sí come non è alcun dubioche la virtú de l'arte non possa in un certo modo violentar lanatura de la materiasí che paiano verisimili quelle cose chein sé stesse non son talie compassionevoli quelle che per séstesse non recarebbono compassionee mirabili quelle che nonportarebbono meraviglia; cosí anco non v'è dubio chequeste qualitàmolto piú facilmenteed in un gradopiú eccellentenon s'introduchino in quelle materie che sonoper sé stesse disposte a riceverle. Onde presuponiamo che co'l medesimo artificio e con la medesima eloquenzaaltri vogliatrarre la compassione d'Edippoche per semplice ignoranza uccise ilpadre; altri da Medeache molto bene consapevole de la suasceleragginelacerò i figliuoli: molto piúcompassionevole riuscirà la favola tessuta sovra gli accidentid'Edippoche l'altra composta nel caso di Medea; quella infiammaràgli animi di pietaquesta a pena sarà atta a intepidirliancora che l'artificio ne l'una e ne l'altra usato sia non solosimilema eguale. Cosí similmente la medesima forma delsigillo molto meglio fa sue operazioni ne la cera che in altramateria piú liquida o piú densa; e piú saràin pregio una statua di marmo o di oroch'una di legno o di pietramen nobilebenché in ambedue parimente s'ammiri l'industriadi Fidia o di Prassitele. Questo mi giova aver toccato acciòche si conosca quanto importi nel poema l'eleggere piú tostouna ch'un'altra materia. Resta che veggiamo da qual luogo ella debbaesser tolta.


        La materiache argomento può ancora comodamente chiamarsiosi fingeed allora par che il poeta abbia parte non solo ne lasceltama ne la invenzione ancora; o si toglie da l'istorie. Mamolto meglio èa mio giudicioche da l'istoria si prenda;perché dovendo l'epico cercare in ogni parte il verisimile(presupongo questocome principio notissimo)non èverisimile ch'una azione illustrequali sono quelle del poemaeroiconon sia stata scrittae passata a la memoria de' posteri conl'aiuto d'alcuna istoria. I successi grandi non possono esserincogniti; e ove non siano ricevuti in iscritturada questo soloargomentano gli uomini la loro falsità; e falsi stimandolinon consentono cosí facilmente d'essere or mossi ad iraor aterroreor a pietà; d'esser or allegratior contristatiorsospesior rapiti; ed in sommanon attendono con quellaespettazione e con quel diletto i successi de le cosecome farebbonose que' medesimi successio in tutto o in parteveristimassero.
Per questodovendo il poeta con la sembianza de laverità ingannare i lettorie non solo persuader loro che lecose da lui trattate sian verema sottoporle in guisa a i lor sensiche credano non di leggerlema di esser presentie di vederlee diudirleè necessitato di guadagnarsi ne l'animo loro questaopinion di verità; il che facilmente con l'autorità del'istoria gli verrà fatto: parlo di quei poeti che imitano leazioni illustriquali sono e 'l tragico e l'epico; però cheal comicoche d'azioni ignobili e popolaresche è imitatorelecito è sempre che si tinga a sua voglia l'argomento; nonrepugnando al verisimileche de l'azioni private alcuna contezza nons'abbia fra gli uomini ancorache de la medesima città sonoabitatori. E se ben leggiamone la Poetica d'Aristoteleche lefavole finte sogliono piacere al popolo per la novità loroqual fu tra gli antichi il
Fiord'Agatonee tra noi altri le favole eroiche a del Boiardo e de l'Ariostoe letragiche d'alcuni piú moderni; non dobbiamo pero lasciarcipersuadereche favola alcuna finta in poema nobile sia degna dimolta commendazionecome per la ragione tolta dal verisimile s'èprovatoe con molte altre ragioni da altri è stato concluso;oltre le quali tutte si può direche la novità delpoema non consiste principalmente in questocioè che lamateria sia finta e non piú udita; ma consiste ne la novitàdel nodo e de lo scioglimento de la favola. Fu l'argomento di Tiestedi Medeadi Edippo da vari antichi trattato; ma variamentetessendolodi commune proprioe di vecchio novo il facevano; síche novo sarà quel poema in cui nova sarà la testuradei nodinove le soluzioninovi gli episodiche per entro visaranno trapostiancora che la materia sia notissimae da altriprima trattata; ed a l'incontranovo non potrà dirsi quelpoemain cui finte sian le persone e finto l'argomentoquando peròil poeta l'avviluppi e distrighi in quel modoche da altri prima siastato annodato e disciolto; e tale per aventura s'è alcunamoderna tragediain cui la materia ed i nomi son fintima 'l groppoà cosí tessuto e cosí snodatocome presso gliantichi Greci si ritrova; si che non vi è né l'autoritàche porta seco l'istoriané la novità che par cherechi la finzione.


        Deve dunque l'argomento del poema epico esser tolto da l'istorie; mal'istoriao è di religione tenuta falsa da noio direligione che véra crediamoquale è oggi la cristianae vera fu già l'ebrea. Né giudico che l'azioni de'gentili ci porgano comodo soggettoonde perfetto poema epico se neformi: perché in que' tali poemio vogliamo ricorrer talora ale deità che da' gentili erano adorateo non vogliamoricorrervi; se non vi ricorriamo maiviene a mancarvi ilmeraviglioso; se vi ricorriamoresta privo il poema in quella partedel verisimile. Poco dilettevole è veramente quel poemachenon ha seco quelle maraviglieche tanto muovono non solo l'animo degl'ignorantima de' giudiziosi ancora: parlo di quelli anellidiquelli scudi incantatidi que' corsieri volantidi quelle naviconverse in ninfedi quelle larve che fra' combattenti sitramettonoe d'altre cose sí fatte; de le qualiquasi disaporideve il giudizioso scrittore condire il suo poema; perchécon esse invita ed alletta il gusto de gli uomini vulgarinon solosenza fastidioma con sodisfazione ancora de' piú intendenti.Ma non potendo questi miracoli esser operati da virtúnaturaleè necessario ch'a la virtú sopranaturale cirivolgiamo; e rivolgendoci a le deità de' gentilisubitocessa il verisimile; perché non può esser verisimile agli uomini nostri quelloch'è da lor tenuto non solo falsoma impossìbile; ma impossibil'è che dal potere diquell'idoli vani e senza soggettoche non sono e non furon maiprocedano coseche di tanto la natura e l'umanità trapassino.E quanto quel meraviglioso (se pur merita tal nome) che portan seco iGiovi e gli Apolli e gli altri numi de' Gentilisia non solo lontanoda ogni verisimilema freddo ed insipidoe di nissuna virtùciascuno di mediocre giudicio se ne potrà facilmente avvedereleggendo que' poemi che sono fondati sovra la falsilà del'antica religione.


        Diversissime sonosignor Scipionequeste due natureilmeraviglioso e 'l verisimile; ed in guisa diverseche sono quasicontrarie tra loro; nondimeno l'una e l'altra nel poema ènecessaria; ma fa mestieri che arte di eccellente poeta sia quellache insieme le accoppi; il chese ben'è stato sin'ora fattoda moltinissuno è (ch'io mi sappia) il quale insegni come sifaccia; anzialcuni uomini di somma dottrinaveggendo la ripugnanzadi queste due naturehanno giudicato quella parte ch'èverisimile ne' poemi non essere meravigliosané quella ch'èmeravigliosaverisimile; ma che nondimenoessendo ambeduenecessariesi debba or seguire il verisimileora il meravigliosodi maniera che l'una a l'altra non cedama l'una da l'altra siatemperata. Ioper mequesta opiniorie non approvoche parte alcunadebba nel poema ritrovarsiche verisimile non sia: e la ragione chemi muove a cosí credereè tale. La poesia non èin sua natura altro che imitazione; e questo non si puòrichiamare in dubbio: e l'imitazione non può esserediscompagnata dal verisimileperò che tanto significaimitarequanto far simile; non può dunque parte alcuna dipoesia esser separata dal verisimile; ed in sommail verisimile nonè una di quelle condizioni richieste nè la poesia amaggior sua bellezza e ornamento; ma è propria ed intrinsecade l'essenza suaed in ogni sua parte sovra ogn'altra cosanecessaria. Ma bench'io stringa il poeta epico ad un obligo perpetuodi servare il verisimilenon però escludo da lui l'altrapartecioè il meraviglioso; anzi giudico ch'un'azionemedesima possa essere e meravigliosa e verisimile; e molti credo chesiano i modi di congiungere insieme queste qualità cosídiscordanti; e rimettendo gli altri a quella parte ove de la testurade la favola si trattaràla quale è lor proprio luogode l'uno qui ricerca l'occasione che si favelli.
Attribuisca ilpoeta alcune operazioniche di gran lunga eccedono il poter degliuominia Dioa gli angioli suoia' demonio a coloro a' quali daDio o da' demoni è concessa questa podestàquali sonoi santii maghi e le fate. Queste operese per sé stessesaranno consideratemeravigliose parranno; anzi miracoli sonochiamati nel commune uso di parlare. Queste medesimese si avràriguardo a la virtú ed a la potenza di chi l'ha operateverisimili saranno giudicateperché avendo gli uomini nostribevuta ne le fasce insieme co 'l latte questa opinioneed essendopoi in loro confermata da i maestri de la nostra santa fedecioèche Dio e i suoi ministrie i demoni ed i maghipermettendolo luipossino far cose sovra le forze de la natura meravigliose; e leggendoe sentendo ogni dì ricordarne novi esempinon parràloro fuori del verisimile quelloche credono non solo esserpossibilema stimano spesse fiate esser avvenutoe poter di novomolte volte avvenire. Sí come anco a quegli antichichevivevano negli errori de la lor vana religionenon deveano parerimpossibili que' miracoliche de' lor dèi favoleggiavano nonsolo i poetima l'istorie talora: ché se pur gli uominiscienziatiimpossibili (com'erano) li giudicavano; basta al poeta inquestocom'in molte altre cosela opinion de la moltitudine; a laquale molte voltelassando l'esatta verità de le coseesuole e deve attenersi. Può essere dunque una medesima azionee meravigliosa e verisimile: meravigliosariguardandola in séstessae circonscritta dentro a i termini naturali; verisimileconsiderandola divisa da questi termini ne la sua cagionela quale èuna virtú sopranaturalepotenteed avvezza ad operar similimeraviglie.

Madi questo modo di congiungere il verisimile co'l meravigliosoprivisono que' poemine' quali le deità de' gentili sonointrodotte; si come a l'incontra comodissimamente se ne possonovalere que' poetiche fondano la lor poesia sovra la nostrareligione. Questa sola ragionea mio giudicioconcludechel'argumento de l'epico debba esser tratto da istoria non gentilemacristiana od ebrea. Aggiungasich'altra grandezzaaltra dignitàaltra maestà reca seco la nostra religionecosí ne'concili celesti ed iní`ernalicome ne' pronostichi e ne lecerimonieche quella de' gentili non portarebbe; ed ultimamentechivuol formar l'idea d'un perfetto cavalierocome parve che fosseintenzione d'alcuni moderni scrittorinon so per qual cagione glinieghi questa lode di pieta e di religioneed empio e idolatra ce lofiguri. Ché se a Teseo o s'a Giasone o ad altro simile non sipuò attribuirésenza manifesta disconvenevolezzalozelo de la vera religione; Teseo e Giasone e gli altri simili silassinoe in quella vece di Carlod'Artù e d'altrisomiglianti si faccia elezione. Taccio per orache dovendo il poetaaver molto riguardo al giovamento; se non in quanto egli èpoeta (che ciò come poeta non ha per fine)almeno in quanto èuomo civile e parte de la republica; molto meglio accenderàl'animo de' nostri uomini con l'esempio de' cavalieri fedeli ched'infedelimovendo sempre più l'esempio de' simili che deidissimilied i domestici che gli stranieri. Deve dunque l'argomentodel poeta epico esser tolto da istoria di religione tenuta vera danoi. Ma queste istorieo sono in guisa sacre e venerabilich'essendo sovr'esse fondato lo stabilimento de la nostra fedesiaempietà l'alterarle; o non sono di maniera sacrosantech'articolo di fede sia ció che in esse si contienesíche si conceda senza colpa d'audaciao di poca religionealcunecose aggiungervialcune levarnee mutarne alcun'altre. Ne l'istoriede la prima qualità non ardisca il nostro epico di stender lamanoma le lassi a gli uomini pii ne la lor pura e semplice veritàperché in esse il fingere non è lecito; e chi nissunacosa fingessechi in somma s'obligasse a que' particolari ch'ivi soncontenutipoeta non sarebbema istorico. Tolgasi dunque l'argomentode l'epopeia da istorie di vera religionema non di tanta autoritàche siano inalterabili.


Male istorie o contengono avvenimenti de' nostri tempio de' tempiremotissimio cose non molto moderne né molto antiche.L'istoria di secolo lontanissimo porta al poeta gran commoditàdi fingere; però cheessendo quelle cose in guisa sepolte nelseno de l'antichitàch'a pena alcuna debole ed oscura memoriace ne rimane; può il poeta a sua voglia mutarle e rimutarleesenza rispetto alcuno del verocom'a lui piacenarrarle. Ma conquesto commodo viene un incommodo per aventura non picciolo; peròche insieme con l'antichità de' tempi è necessario ches'introduca nel poema l'antichità de' costumi; ma quellamaniera di guerreggiare o d'armeggiare usata da gli antichie quasitutte l'usanze loronon potriano esser lette senza fastidio da lamaggior parte de gli uomini di questa età; e l'esperienza siprende da i libri d'Omeroi quali come che divinissimi sianopaiononondimeno rincrescevoli. E di ciò in buona parte ècagione questa antichità de' costumiche da coloro c' hannoavezzo il gusto a la gentilezza e al decoro de' moderni secoliècome cosa vieta e rancida schivata ed avuta a noia: ma chi volessepoi con la vecchiezza de' secoli introdurre la novità de'costumipotrebbe forse parer simile a poco giudicioso pittorechel'imagine di Catone o di Cincinnato vestite secondo le foggie de lagioventù milanese o napolitana ci rappresentasseo togliendoad Ercole la clava e la pelle di leonedi cimiero e di sopravestel'adornasse.


Portanole istorie moderne gran commodità in questa partech'a icostumi ed a l'usanze s'appartiene; ma togliono quasi intutto lalicenza di fingerela quale è necessariissima a i poeti eparticolarmente a gli epici; però che di troppo sfacciataaudacia parrebbe quel poetache l'imprese di Carlo Quinto volessedescrivere altrimenti di quello che molti; ch'oggi vivonol'hannoviste e maneggiate. Non possono soffrire gli uomini d'esser ingannatiin quelle cose ch' o per sé medesimi sannoo per certarelazione de' padri e de gli avi ne sono informati. Ma l'istorie de'tempinè molto moderni nè molto remoti non recano secola spiacevolezza de' costuminè de la licenza di fingere ciprivano. Tali sono i tempi di Carlo Magno e d' Artúe quellich' o di poco successero o di poco precedettero; e quinci avviene cheabbiano pòrto soggetto di poetare ad infiniti romanzatori. Lamemoria di quelle età non è sí frescachedicendosi alcuna menzogna paia impudenzaed i costumi non sonodiversi da' nostri; e se pur sono in qualche partel'uso de' nostripoeti ce gli ha fatti domestici e familiari molto. Prendasi dunque ilsoggetto del poema epico da istoria di religione verama non sísacra che sia immutabilee di secolo non molto remotonémolto prossimo a la memoria di noi ch'ora viviamo.
Tutte questecondizionisignor Scipionecredo io che si richieggiano ne lamateria nuda; ma non però sícne mancandogliene unaella inabile divenga a ricever la forma del poema eroico. Ciascunaper sé sola fa qualche effettochi piú e chi meno; matutte insieme tanto rilevanoche senza esse non è la materiacapace di perfezione. Ma oltre tutte queste condizioni richieste nelpoemauna n'addurrò semplicemente necessaria; questa èche l'azioniche devono venire sotto l'artificio de l'epicosianonobili e illustri. Questa condizione è quella che costituiscela natura de l'epopeia; e in questo la poesia eroica e la tragicaconfacendosisono differenti da la commediache de l'azioni umili èimitatrice. Ma però che par che communemente si credache latragedia e l'epopeia non siano differenti fra loro ne le coseimitateimitando l'una e l'altra parimente le azioni grandi eillustri; ma che la differenza di speziech'è tra loronascada la diversità del modo; sarà bene che ciò piúminutamente si consideri.


PoneAristotele ne la sua Poetica tre differenze essenziali especifche (per cosí chiamarle); per le quali differenzel'unpoema da l'altro si separa e si distingue. Queste sono le diversitàde le cose imitatedel modo d'imitarede gli strumenti co' qualis'imita. Le cose sono le azioni. Il modo è il narrareed ilrappresentare: narrare è ove appar la persona del poeta;rappresentareove occulta è quella del poetaed apparequella de gl'istrioni. Gl'istrumenti sono il parlarel'armonia e 'lritmo. Ritmo intendo la misura de' movimenti e de' gestiche ne gliistrioni si vede. Poi che Aristotele ha constituite queste tredifferenze essenzialiva ricercando come da loro proceda ladistinzione de le spezie de la poesia: e dice che la tragediaconcorda con la comedia nel modo de l'imitaree ne gl'istrumenti;però che l'una e l'altra rappresentae l'una e l'altra usaoltre il viersoil ritmo e l'armonia; ma quel che le fa differentidi naturaè la diversità de l'azioni imitate; lenobili imita la tragediale ignobili la comedia. L'epopeia poi èconforme con la tragedia ne le cose imitateimitando l'una e l'altral'illustri: ma le fa differenti il modo: narra l'epicorappresentail tragico; e gr istrumenti: usa il verso solamente l'epicoed iltragicooltre il versoil ritmo e l'armonia.


Perqueste cosecosí dette da Aristotele con quella oscurabrevità che è propria di luiè stato creduto iltragico e l'epico in tutto conformarsi ne le cose imitate: la qualeopinionebenché commune ed universalevera da me non ègiudicata; e la ragione che m'induce in cosí fatta credenzaètale. Se le azioni epiche e tragiche fossero de la istessa naturaprodurrebbono gl'istessi effetti; però che da le medesimecagioni derivano gli effetti medesimi; ma non producendo i medesimieffettine seguita che diversa sia la natura loro. Che gl'istessieffetti non procedano da lorochiaramente si manifesta. Lo azionitragiche movono l'orrore e la compassione; ed ove lor manchi questoorribilé e questo compassionevoletragiche piú nonsono: ma l'epiche non son nate a mover né pietà néterrore; né questa condizione in loro si richiede comenecessaria; e se talora ne' poemi eroici si vede qualche casoorribile o miserabilenon si cerca però l'orrore e lamisericordia in tutto il contesto de la favola; anzi è queltal caso in lei accidentalee per semplice ornamento: onde se sidice parimente illustre l'azione del tragico e quella de l'epicoquesto illustre è in loro di diversa natura. L'illustre deltragico consiste ne l'inaspettata e súbita mutazion di fortunae ne la grandezza de gli avvenimentiche portino seco orrore emisericordia; ma l'illustre de l'eroico è fondato sovral'imprese d'una eccelsa virtú bellicasovra i fatti dicortesiadi generositàdi pietàdi religione; lequali azioniproprie de l'epopeiaper niuna guisa convengono a latragedia; di qui avviene che le persone che ne l'uno e ne l'altropoema s'introduconose bene ne l'uno e ne l'altro sono di stato e didignità regale e sopremanon sono però de la medesimanatura. Richiede la tragedia 3 persone né buone nécattivema d'una condizion di mezzo; tale è OresteElettraIocasta.. La qual mediocritàperché da Aristotele piùin Edippo che in alcun altro è ritrovataperò ancogiudico la persona di lui piu di nessun'altra a le favole tragicheaccomodata; l'epicoa l'incontrovuole ne le persone il sommo de levirtú; le quali eroiche da la virtú eroica sononominate. Si ritrova in Enea l'eccellenza de la pietà; de lafortezza militare in Achille; de la prudenza in Ulisse; e per venirea i nostride la lealtà in Amadigi; de la constanza inBradamante: anzi pure in alcuni di questi il cumulo di tutte questevirtú. E se pur talora dal tragico e da l'epico si prende persoggetto de' lor poemi la persona medesimaè da lorodiversamente e con vari rispetti considerata. Considera l'epico inErcole ed in Teseo il valore e l'eccellenza de l'armi: li riguarda iltragico come rei di qualche colpae per ciò caduti ininfelicità. Ricevono ancora gli epicinon solo il colmo de lavirtúma l'eccesso del viziocon minor pericolo assai che itragici non sono usi di fare. Tale è Mezenzioe Marganorreed Archeloroe può essere e Busirie Procustee Diomedeegli altri simili.


Dale cose dette può esser manifestoche la differenza ch'èfra la tragedia e l'epopeianon nasce solamente da la diversitàde gl'istrumenti e del modo de lo imitarema molto piú emolto prima da la diversità de le cose imitate; la qualdifferenza è molto piú propriae piúintrinsecae piú essenzial de l'altre: e se Aristotele non nefa menzioneè perché basta a lui in quel luogo dimostrareche la tragedia e l'epopeia siano differenti: e ciòa bastanza si mostra per quell'altre due differenzele quali a primavista sono assai piú noteche questa non è. Ma perchéguesto illustreche abbiamo sottoposto a l'eroico puù esserpiú o meno illustre; quando la materia conterrà in séavvenimenti piú nobili e piú grandipiú saràdisposta a l'eccellentissima forma de l'epopeia: chebench'io nonnieghi che poema eroico non si potesse formare di accidenti menomagnificiquali sono gli amori di Florioe quelli di Teageno e diCariclea; in guesta ideanondimenoche ora andiamo cercando delperfettissimo poemafa mestieri che la materia sia in in séstessa nel primo grado di nobiltà e di eccellenza. In questogrado è la venuta d'Enea in Italia; ch'oltra che l'argomento èper sé stesso grande e illustregrandissimo e illustrissimo èpoiavendo riguardo a l'imperio de' Romaniche da quella venutaobbe origine; a la qual cosa il divino epico ebbe particolarconsiderazione come nel principio de l'Eneida ei accenna:

Tantaemolis erat Romanam condere gentem

Tale è parimentela liberazione d'ltalia da la servitú de' Gotiche porsemateria al poema del Trissino: tali sono quelle impreseche o per ladignità de l'imperioo per esaltazione de la fede di Cristofuro felicemente e gloriosamente operate; le quali per sémedesime si conciliano gli animi de' lettorie destano aspettazionee diletto incredibile; ed aggiuntovi l'artiflcio di eecellente poetanulla è che non possino ne la mente de gli uomini.
Eccovisignor Scipionele condizioni che giudizioso poeta deve ne lamateria nuda ricercare; le quali (repilogando in breve giro di parolequanto s'è detto) sono queste: l'autorità de l'istoriala verità de la religionela licenza del fingerela qualitàde' tempi accomodatie la grandezza e nobiltà de gliavvenimenti. Ma questache prima che sia caduta sotto l'artificio del'epico materia si chiamadoppo ch'è stata dal poeta dispostae trattatae che favola è divenutanon è piúmateriama è forma ed anima del poema; e tale è daAristotele giudicata; e se non forma semplicealmeno un composto dimateria e di forma il giudicaremo. Ma avendo nel principio di questoDiscorso assomigliata questa materiache nuda vien detta da noiaquella che chiamano i naturali materia prima; giudico che sícome ne la materia primabenché priva d'ogni formanondimenovi si considera da' filosofi la quantitàla quale èperpetua ed eterna compagna di leie inanzi il nascimento de laforma vi si ritrova e doppo la sua corruzione vi rimane; cosíanco il poeta debba in questa nostra materiainanzi ad ogni altracosala quantità considerare: però che ènecessario che togliendo egli a trattare alcuna materiala togliaaccompagnata d'alcuna quantità sendo questa condizione da leiinseparabile. Avvertisca dunqueche la quantità ch'egliprende non sia tantache volend'egli poinel formare la testura dela favolainterserirvi molti episodie adornare ed illustrar lecose che semplici sono in sua naturane venga il poema a crescer intanta grandezzache disconvenevol paia e dismisurato; peròche non deve il poema eccedere una certa determinata grandezzacomenel suo luogo si trattarà; che s'egli vorrà pureschivare questa dismisura e questo eccessosarà necessitatolassare le digressioni e gli altri ornamenti che sono necessari alpoemae quasi ne' puri e semplici termini de l'istoria rimanersene.Il che a Lucano ed a Silio Italico si vede esser avvenuto: I'uno el'altro de' quali troppo ampia e copiosa materia abbracciò;perchè quegli non solo il conflitto di Farsagliacome dinotail titoloma tutta la guerra civile fra Cesare e Pompeoquestitutta la seconda guerra africana prese a trattare.
Le qualimaterie sendo in sè stesse ampissimeerano atte ad occuparetutto questo spazio ch'è concesso a la grandezza de l'epopeianon lasciando luogo alcuno a l'invenzione ed a l'ingegno del poeta: emolte volte paragonando le medesime cose trattate da Silio poeta e daLivio istoricomolto piú asciuttamentee con minor ornamentomi par di vederle nel poetache ne l'istorico; al contrario a puntodi quello che la natura delle cose richiederebbe. E questo medesimosi può notare nel Trissinoil qual volle che fosse soggettodel suo poema tutta la spedizione di Belisario contra a i Goti: operciò è molte fìate piú digiuno edaridoch'a poeta non si converrebbe; chés'una partesolamentee la piú nobil di quella impresaavesse tolta adescrivereper aventura piú ornato e piú vago di belleinvenzioni sarebbe riuscito. Ciascuno in sommache materia troppoampia si proponeè costretto d'allungare il poema oltre ilconvenevol termine (la qual soverchia lunghezza sarebbe forse nel'Innamoiato e nel Furiosochi questi due libridistinti di titoloe d'autorequasi un solo poema considerassecome in effetto sono);o almeno è sforzato di lassare gli episodi e gli altriornamentii quali sono al poeta necessariissimi. Meraviglioso fu inquesta parte il giudizio d'Omero: il quale avendo propostasi materiaassai brevequella accresciuta d'episodie ricca d'ogni altramaniera d'ornamentoa lodevole e conveniente grandezza ridusse. Piùampia alquanto la si propose Virgiliocome colui che tanto in un solpoema raccogliequanto in due poemi d'Omero si contiene; ma non peròdi tanta ampiezza la scelseche 'n alcuno di que' duo vizi siacostretto di cadere. Con tutto cio se ne va a le volte cosíristrettoe cosi parco ne gli ornamentiche se ben quella puritàe quella brevità sua è maravigliosa ed inimitabilenonha per aventura tanto del poeticoquanto ha la fiorita e facondacopia d'Omero. E mi ricordo in questo proposito aver udito dire a loSperone (la cui privata cameramentre io in Padova studiavoerasolito di frequentare non meno spesso e volontieri che le publicbescole; parendomi che mi rappresentasse le sembianza di quellaAcademia e di quel Liceoin cui i Socrati e i Platoni avevano in usodi disputare); mi ricordodicod'aver udito da luiche 'l nostropoeta latino o piú simile al greco oratore che al greco poetae'l nostro latino oratore ha maggior conformità col poetagreco che con l'orator greco; ma che l'oratore e 'l poeta grecoavevano ciascuno per sè asseguita quella virtúch'erapropria de l'arte sua; ove l'uno e l'altro latino aveva piuttostousurpata quell'eccellenzach'a l'arte altrui era convenevole. E inverochi vorrà sottilmente esaminare la maniera di ciascun dilorovedrà cne quella copiosa eloquenza di Cicerone èmolto conforme con la larga facondia d'Omero; sí come nel'acumee ne la pienezzae nel nerbo d'una illustre brevitàsono molto somiglianti Demostene e Virgilio.
Raccogliendo dunquequanto s'è dettodeve la quantità de la materia nudaesser tantae non piùche possa da l'artiticio del poetaricever molto accrescimentosenza passare i termini de laconvenevole grandezza. Ma poiché s'è ragionato delgiudicio che deve mostrare il poeta intorno a la scelta de loargomentol'ordine richiede che nel seguente Discorso si tratti del'artecon la quale deve essere disposto e forrnato.





DISCORSOSECONDO

        Scelta ch'avrà il poeta materia per sé stessa capaced'ogni perfezioneli rimane l'altra assai piú difficilefaticache è di darle forma e disposizione poetica: intornoal quale offìciocome intorno a proprio soggettoquasi tuttala virtù de l'arte si manifesta. Ma però che quello cheprincipalmente constituisce e determina la natura de la poesiae lafa da l'istoria differenteè il considerar le cose non comesono statema in quella guisa che dovrebbono essere stateavendoriguardo più tosto al verisimile in universale che a la veritàde' particulari; prima d'ogn'altra cosa deve il poeta avvertire se nela materiach'egli prende a trattarev'è avvenimento alcunoil quale altrimente essendo successoo piú del verisimileopiú del mirabileo per qual si voglia altra cagioneportassemaggior diletto; e tutti i successiche sí fatti trovaràcioè che meglio in un altro modo potessero essere avvenutisenza rispetto alcuno di vero o di istoriaa sua voglia muti erimutie riduca gli accidenti de le cose a quel modo ch'egli giudicamiglioreco 'l vero alterato il tutto finto accompagnando.


        Questoprecetto molto bene seppe porre in opra il divino Virgilio: peròche cosí ne gli errori d'Eneacome ne le guerre passate fralui e Latinoandò dietro non a quello che vero credettema aquello che migliore e più eccellente giudicò; perchénon solo è falso l'amore e la morte di Didonee quello che diPolifemo si dicee de la Sibillae de lo scendere di Enea al'inferno; ma le battaglie passate fra lui e i popoli del Laziodescrive altrimente di quello ch'avvennero secondo la verità:e ciòconfrontando la sua Eneida co 'l primo di Livio e conaltri istoricichiaramente si vede. Ma sí come in Didoneconfuse di tanto spazio l'ordine de' tempiper aver occasione dimescolare fra la severità de l'altre materie i piacevolissimiragionamenti d'amoree per assegnare un'alta ed ereditaria cagionede la inimicizia fra Romani e Cartaginesi; e sí come ricorse ala favola di Polifemo e de la Sibillaper accoppiare il meravigliosocol verisimile; cosí anco alterò la morte di Turnotacque quella d'Eneav'aggiunse la morte d'Amatamutò gliavvenimeuti e l'ordine de' conflittiper accrescer la gloria d'Eneae chiuder con un fine piú perfetto il suo nobilissimo poema. Ale quali sue finzioni fu molto favorevole l'antichità deitempi.


        Manon deve già la licenza de' poeti stendersi tanto oltrech’ardisca di mutare totalmente l'ultimo fine de le impresech'egli prende a trattareo pur alcuni di quelli avvenimentiprincipali e piú notiche già ne la notizia del mondosono ricevuti per veri. Simile audacia mostrarebbe colui che Romavinta e Cartagine vincitrice ci descrivesseo Anniballe superato acampo aperto da Fabio Massimonon con arte tenuto a bada. Similesarebbe stato l'ardire d'Omerose vero fosse quel che falsamente daalcuni si dicese ben moltot a proposito de la loro intenzione

Chei Greci rotti e che Troia vittrice
E che Penelopea fu meretrice
.

        Peròche questo è un torre a fatto a la poesia quella autorita cheda l'istoria le viene; da la quale ragione mossi concludemmodoverl'argomento de l'epico sovra qualche istoria esser fondato. Lassi ilnostro epico il tine e l'origine de la impresa. ed alcune cose piúillustri ne la lor veritào nulla o poco alterata: muti poise cosí gli pare. i mezzi e le circostanzeconfonda i tempi ogli ordini de l'altre cosee si dimostri in somma più tostoartiticioso poeta che verace istorico. Ma se ne la materia ch'eglis'ha propostaalcuni avvenimenti si trovarannoche cosìsiano successi come a punto dovrebbono esser successipuò ilpoetasí fatti come sonosenza alterazione imitarlinéper ciò de la persona di poeta si spogliavestendosi quelladi istorico: però che può a le volte avvenirechealtri come poetaaltri come istorico tratti le medesime cose; masaranno da loro considerate con diverso rispettoperò chel'istorico le narra come vereil poeta le imita come verisimili. Es'io credo Lucano non esser poeta; non mi muove a ciò crederequella ragione ch'induce alcuni altri in sí fatta credenzacioè che egli non sia poeta perché narra veriavvenimenti. Questo solo non basta: ma poeta non è egliperché talmente s'obliga a la verità de' particolariche non ha rispetto al verisimile in universale; e pur che narri lecose come sono state fattenon si cura d'imitarle come dovrianoessere state fatte.


        Orpoiché avrà il poeta ridutto il vero ed i particolaride l'istoria al verisimile ed a l'universalech'è proprio del'arte sua; procuri che la favola (Favola chiamo la forma del poemache definir si può testura o composizione de gli avvenimenti)procuridicoche la favola che indi vuol formaresia intieraotutta che vogliam diresia di convenevol grandezzae sia una. Esovra queste tre condizionich’a la favola son necessariedistintamentee con quell'ordine che le ho propostediscorrerò.Tutta o intiera deve essere la favolaperch'in lei la perfezione siricerca; ma perfetta non può esser quella cosa ch'intiera nonsia. Questa integrità si trovarà ne la favolas’ellaavrà il principioil mezzo e l'ultimo. Principio èquello che necessariamente non è doppo altra cosae l'altrecose son doppo lui. Il fine è quello ch'è doppo l'altrecosené altra cosa ha doppo sé. Il mezzo èposto fra l'uno e l'altroed egli è doppo alcune coseedalcune n'ha doppo sé. Ma per uscir alquanto da la brevitàde le definizionidico ch'intiera è quella fa\vlache in séstessa ogni cosa contienech'a la sua intelligenza sia necessaria; ele cagioni e l'origine di quella impresa che si prende a trattarevisono espresse; e per li debiti mezzi si conduce ad un fineil qualenessuna cosa lassi o non ben conclusa o non ben risoluta.
Questacondizione de l'integrità si desidera ne l'OrlandoInnamorato del Boiardoné si trova nel Furiosode l'Ariosto: manca a l'Innamorato il fineal Furiosoil principio: ma ne l'uno non fu difetto d'artema colpa di morte;ne l’altronon ignoranzama elezione di voler fornire ciòche dal primo fu cominciato. Che l’Innamorato siaimperfettonon vi fa mestieri prova alcuna; che non sia intiero ilFuriosoè parimente chiaro: però che se noivorremo che l'azione principale di quel poema sia l’amor diRuggierovi manca il principio; se vorremo che sia la guerra diCarlo e d'Agramanteparimente il principio vi manca: perchéquando o come fosse preso Ruggiero da l'amor di Bradamante non vi silegge; né meno quandoo in che modogli Africani movesseroguerra a' Francesise non forse in uno o 'n due versiaccennato: emolte volte i lettori ne la cognizione di queste favole andarebbonoal buiose da l'Innamorato non togliessero ciò che a la lorcognizione è necessario. Ma si devecome ho dettoconsiderare l'Orlando Innamorato e 'l Furioso non come due libridistintima come un poema solocominciato da l'unoe con lemedesime filaben che meglio annodato e meglio coloriteda l'altropoeta condotto al fine; ed in questa maniera risguardandolosaràintiero poemaa cui nulla manchi per intelligenza de le sue favole.


        Questacondizione de l'integrità mancherebbe parimente ne l'Iliaded'Omerose vero fosse che la guerra Troiana avesse presa perargomento del suo poema; ma questa opinione di molti antichirefiutata e confutata da i dotti del nostro secolochiaramente perfalsa si manifestae se Omero stesso è buon testimonio de lapropria intenzionenon la guerra di Troiama l'ira d'Achille sicanta ne l'lliade: 'DimmiMusal'ira d'Achille figliuol di Peleola quale recò infiniti dolori a i Grecie mandò molteanime d'eroi a l'inferno. E tutto ciò che de la guerra diTroia si dicepropone di dirlo come annesso e dependente da l'irad'Achilleed in somma come episodi che la gloria d'Achille e lagrandezza de la favola accrescano; de la quale ira pienamente el'origine e le cagioni si narrano ne la venuta di Crisa sacerdoteenel ratto di Briseide; e con un perpetuo tenore sino al fine ècondottacioè sino a la riconciliazione che fra Achille edAgamennone da la morte di Patroclo ò cagionata. Sí cheperfettissima d'ogni parte è quella favolae nel seno de lasua testura porta intiera e perfetta cognizione di sé stessa;né conviene accettare altronde estrinseche coseche la suaintelligenza ci facilitino. Il qual difetto si può peraventura riprendere in alcun modernoove è necessarioricorrere a quella prosa che dinanzi per sua dechiarazione portascritta: però che questa tal chiarezzache si ha da gliargomenti e da altri sì fatti aiutinon è néartificiosa né propria del poetama estrinseca e mendicata.


        Maessendosi trattato a bastanza de la prima condizione richiesta a lafavolapassiamo a la secondacioè a la grandezza: népaia o soverchio o disconvenevolese essendosi già ragionatode la grandezza in quel luogoove de la elezione de la materia sitrattaora se ne parli ove l'artificio de la forma si deveconsiderare: perché ivi a quella grandezza si ebbe riguardoche portava seco nel poema la materia nuda; quia quella grandezzas'avrà considerazioneche viene nel poema da l'arte del poetacol mezzo de gli episodi.


        Ricercanole forme naturali una determinata grandezzae sono circonscrittedentro a certi termini del piú e del menodai quali nécon l'eccessone co 'l difetto è lor concesso d'uscire.Ricercano similmente le forme artiflciali una quantita determinata;né potrà la forma de la nave introdursi in un grano dimiglioné meno ne la grandezza del monte Olimpo; peròche allora si dice esservi introdotta la formache l'operazionech'è propria e naturale di quella tal formavi s'introduce;ma non potrà già trovarsi l'operazione de la navech'èdi solcare il maree di condurre gli uomini e le merci da l'uno al'altro lidoin quantità ch'ecceda di tantoo di tantimanchi. Tale ancora é forse la natura de' poemi; ma non voglioperò che si consideri sino a quanta grandezza possa crescer laforma del poema eroico; ma in sino a quanta grandezza sia convenevoleche cresca; e senza alcun dubbiomaggior deve essereche le favoletragiche e le comiche non sono nate ad essere in sua natura. E sícome ne' piccioli corpi può ben essere eleganza e leggiadriama beltà e perfezione non mai; cosí anco i picciolipoemi epici vaghi ed eleganti possono esserema non belli eperfetti: perché ne la bellezza e perfezioneoltra laproporzionevi è la grandezza necessaria. Questa grandezzaperò non deve eccedere il convenevoledi maniera che quelTizio ci rappresenti

Ilqual disteso sette campi ingombra.

        Masí come l'occhio è dritto giudice de la dicevolestatura del corpo (però che convenevole grandezza saràin quel corpone la vista del quale l'occhio non si confondamapossa tutte le sue membra rimirandola lor proporzione conoscere);cosí ancor la memoria commune a de gli uomini è drittaestimatrice de la misura conveniente del poema. Grande èconvenevolmente quel poemain cui la memoria non si perde nési smarrisce; ma tutto unitamente comprendendolopuòconsiderare come l'una cosa con l'altra sia connessa e da l'altradependae come le parti fra loro e co 'l tutto siano proporzionate.Viziosi sono senza dubbio que' poemied in buona parte perduta èl'opera che vi si spendene' quali di poco ha il lettore passato ilmezzoche del priucipio si è dimenticato; però che visi perde quel diletto che dal poetacome principale perfezionedeveessere con ogni studio ricercato. Questo ècome l'unoavvenimento doppo l'altro necessariamente o verisimilmente succeda;come l'uno con l'altro sia concatenato e da l'altro inseparabile; edinsommacome da una artificiosa testura de' nodi nasca unaintrinseca e verisimile ed inespettata soluzione. Eper aventurachi l'Innamorato e 'l Furioso come un solo poema considerassegli potria parere la sua lunghezza soverchia anzi che noe non attaad esser contenuta in una semplice lezione da una mediocre memoria.


        Doppola grandezza siegue l'unitàche fa l'ultima condizione che fuda noi a la favola attribuita. Questa è quella partesignorScipioneche ha data a i nostri tempi occasione di varie e lungheeontese a coloro

Che'l furor litterato in guerra mena.

Peròche alcuni necessaria l'hanno giudicata; altri a l'incontra hannocreduto la moltitudine de le azioni al poema eroico piúconvenirsi: Et magno iudice se quisque tuetur; facendosi idifensori de la unità scudo de la autoritàd'Aristotelede la maestà de gli antichi greci e latinipoetiné mancando loro quelle armi che da la ragione sonosomministrate: ma hanno per avversari l'uso de' presenti secoliilconsenso universale de le donne e cavalieri e de le corti; esícome parel'esperienza ancorainfallibile paragone de la verità;veggendosi che l'Ariostopartendo da le vestigie de gli antichiscrittori e de le regole d'Aristoteleha molte e diverse azioni nelsuo poema abbracciateè letto e riletto da tutte l'etàda tutti i sessinoto a tutte le linguepiace a tuttitutti illodanovive e ringiovanisce sempre ne la sua famae vola gloriosoper le lingue de' mortali; ove il Trissinod'altra parteche ipoemi di Omero religiosamente si propose d'imitaree dentro iprecetti d’Aristotele si ristrinsementovato da pochiletto dapochissimiprezzato quasi da nissunomuto nel teatro del mondoèmorto a la luce de gli uomini; sepolto a pena ne le librerie e ne lostudio d’alcun letterato se ne rimane. Né mancano infavore di questa parteoltre l'esperienzasaldi e gagliardiargomenti; però che alcuni uomini dotti ed ingegnosio perchécosí veramente credesseroo per mostrare la forza del'ingegno loroe farsi graziosi al mondoadulando a guisa ditiranno (ché tale è veramente) questo consensouniversalesono andati investigando nuove e sottili ragionicon lequali l'hanno confermato e fortificato. Io per mecome che abbiaquesti tali in somma riverenza per dottrina e per facondiae comeche giudichi che ‘l divino Ariostoe per felicità dinatura e per l'accurata sua diligenza e per la varia cognizion dicose e per la lunga pratica de gli eccellenti scrittorida la qualeacquistò un esatto gusto del buono e del belloarrivasse aquel segno nel poetare eroicamentea cui nissun modernoe pochi tragli antichi son pervenuti; giudico nondimenoche non sia da esserseguito ne la moltitudine de le azioni; la qual moltitudine scusabilenel poema epico può ben essererivolgendo la colpa o a l’usode’ tempi o al comandamento di principe o a preghiera di dama oad altra cagione; ma lodevole non sarà però mairiputata.


        Néper passionei né per temerità o a caso mi movo a cosídirema per alcune ragioni; le qualio vere o verisimili che sianohanno virtú di piegare o di tener fermo in questa credenzal'animo mio. Cbé se la pittura e l'altre arti imitatriciricercanoche d'uno una sia l'imitazione; se i filosofichevogliono sempre l'esatto e ‘l perfetto de le cosefra leprincipali condizioni richieste ne' lor librivi cercano l'unitàdel soggetto; la qual sola mancandoviimperfetto lo stimano; se nela tragedia e ne la comediafinalmenteè da tutti giudicatanecessaria: perché questa unitàcercata da' filosofiseguita da' pittori e da gli scultoriritenuta da i comici e da itragici suoi compagnideve essere da l'epico fuggita e disprezzata?Se l'unità porta in natura perfezionee imperfezione lamoltitudine; onde i Pittagorici quella fra i beni e questa fra' maliannoveravano; onde questa a la materia e quella a la formas'attribuisce: perchè nel poema eroico ancora non portaràmaggior perfezione l'unitàche la moltitudine? Oltra di ciòpresupponendo che la ravola sia il fine del poetacome affermaAristotelee nissuno ha sin qui negato; s'una sarà la favolauno sarà il fine; se piú e diverse saranno le favolepiú e diversi saranno i fini: ma quanto meglio opera chiriguarda ad un sol fineche chi diversi fini si propone; nascendo dala diversità de' fini distrazione ne l'animoed impedimentone l'operare; tanto meglio operarà l'imitator d'una solafavolache l'imitatore di molte azioni. Aggiungoche da lamoltitudine de le favole nasce l’indeterminazione; e puòquesto progresso andare in infinitosenza che le sia da l’arteprefisso o circonscritto termine alcuno. Il poeta ch'una favolatrattafinita quellaè giunto al suo fine: chi piú netesseo quattro o sei o dieci ne potrà tessere; né piúa questo numero che a quello è obligato: non potràaverdunquedeterminata certezzaqual sia quel segno ove convengafermarsi. Ultimamente la favola è la forma essenziale delpoemacome nissun dubita; orse piú saranno le favoledistinte fra lorol'una de le quali da l'altra non dependapiúsaranno conseguentemente i poemi. Essendo dunque questochechiamiamo un poema di piú azioninon un poemama unamoltitudine di poemi insieme congiuntao que' poemi sarannoperfettio imperfetti: se perfettibisognarà ch'abbiano ladebita grandezza; e avendolane risulterà una mole piúgrande assaiche non sono i volumi de’ leggisti: se imperfettiè meglio a far un sol poema perfettoche molti imperfetti.Tralassoche se questi poemi son moltie distinti di naturacomesi prova per la mol titudine e distinzion de le favoleha non solodel confusoma del mostruoso ancora il traporre e mescolare lemembra de l'uno con quelle de l'altro; simile a quella fera che cidescrive Dante:

Elleraabbarbicata mai non fue
Ad arbor sìcome l'orribil fera
Per l'altrui membra avviticchiò le sue;

equel che segue. Ma perché io ho dettoche il poema di piúazioni sono molti poemi; ed innanzi dissi ehe l'Innamorato e 'lFurioso erano un sol poema; non si noti contrarietà ne la miaopinione: pero che qui intendo la voce esattamente secondo il suoproprio e vero signiflcatoed ivi la presi come comunemente s'usa;un sol poemacioè una sola composizione d'azionicome sidirebbe una sola istoria. Da queste ragioni mosso per aventuraAristoteleo da altre ch'egli videed a me non sovvengonodeterminò che la favola del poema una esser dovesse: la qualdeterminazione fu come buona accettata da Orazio ne la Poeticalàdove egli disse ciò che si tratta sia semplice ed uno. Aquesta determinazione vari con varie ragioni hanno ripugnatoescludendo da que' poemi eroiciche romanzi si chiamanol'unitàde la favolanon solo come non necessariama come dannósaeziandio. Ma non voglio referir già tutto ciòch'intorno a questa materia è detto da loro; perchéalcune cose si leggono ip alcuni assai leggiere e puerili e indegnetotalmente di risposta. Solo addurrò quelle ragioni che conmaggior sembianza di verità questa opinione confermano; lequali in somma a quattro si riduconoe sono queste.


        Ilromanzo (cosí chiamano il Furioso e gli altri simili) èspezie di poesia diversa da la epopeiae non conosciuta daAristotele: per questo non è obbligata a quelle regole che dàAristotele de la epopeia. E se dice Aristoteleche l'unità dela favola è necessaria ne la epopeia; non dice però chesi convenga a questa poesia di romanzich'è di natura nonconosciuta da lui. Aggiungono la seconda ragioneed è tale.Ogni lingua ha da la natura alcune condizioni proprie e naturali dileich'a gli altri idiomi per nissun modo convengono: il cheapparirà manifesto a chi andrà minutamente considerandoquante cose ne la greca favella hanno grazia ed energia mirabilechene la latina poi fredde e insipide se ne restano; e quante ve nesonoch'avendo forza e virtú grandissima ne la latinasuonano male ne la toscana. Ma fra l'altre condizioni che porta secola nostra favella italianauna n'è questacioè lamoltitudine de le azioni; e sí come a' Greci e Latinidisconvenevole sarebbe la moltitudine de le azionicosì aToscani l'unità de la favola non si conviene. Oltra di ciòquelle poesie sono miglioriche da l'uso sono piú approvateappo il quale è l'arbitrio e la podestà cosísovra la poesiacome sovra l'altre cose. E ciò testificaOrazio ove dice:

Quempenes arbitrium est jus et norma loquendi.

        Maquesta maniera di poesiache romanza si chiama è piúapprovata da l'usomiglioredunquedeve essere giudicata.Ultimamente cosí concludono: quello è piúperfetto poema che meglio asseguisce il fine de la poesia; ma moltomeglio e piú facilmente è asseguito dal romanzo che dala epopeiacioè da la moltitudine che da la unità dele azioni; si deve dunque il romanzo a l'epopeia preporre: ma che 'lromanzo meglio conseguisca il fine è cosí notoche nonvi fa quasi mestiero prova alcuna; però che essendo il flne dela poesia il dilettaremaggior diletto ci recano i poemi di piúfavole che d'una solacome l'esperienza ci dimostra.


        Questisono i fondamentisovra i quali si sostiene l`opinione ai coloroche la moltitudine de le azioni hanno giudicata ne' romanziconvenevole: saldi e certi veramentema non però tanto che dale macchine de la ragione non possano esser espugnati; se pur laragione sta da la parte contrariacome a me giova di credere: contrai quali la debolezza del mio ingegno. in questa ragione confldatonon restarò d'adoperare.


        Mavegnamo al primo fondamentoove si dice: è il romanzo speziedistiuta da l'epopeianon conosciuta da Aristotele; per questo nondeve cadere sotto quelle regolea le quali egli obliga l'epopeia. Seil romanzo è spezie distinta da l'epopeiachiara cosa èche per qualche differenza essenziale è distinto; perchéle differenze accidentali non possono fare diversità dispezie: ma non trovandosi fra il romanzo e l'epopeia differenzaalcuna specificane segne chiaramenteche distinzione alcuna dispezie fra loro non si trovi. Che non si trovi tra loro differenzaalcuna essenzialea ciascuno agevolmente può esser manifesto.Tre solamente sono le differenze essenziali ne la poesia; da lequaliquasi da vari fontivari e distinti poemi derivano; e sonocome nel precedente Discorso dicemmola diversità de le coseimitatela diversità de la maniera d'imitaree la diversitàde gli istromenti co' quali s'imita. Per queste sole gli epiciicomicii tragici e' citaristi sono differenti: da queste nascerebbela diversità de la spezie fra 'l romanzo e la epopeias'alcuna ve ne fosse. Imita il romanzo e l'epopeia le medesimeazioni; imita co 'l medesimo modo; imita con gli stessi istrumenti:sono dunque : de la medesima spezie. Imita ii romanzo e l'epopeia lemedesime azionicioè l'illustri; né solo è fraloro quella convenienza d'imitar l'illustre in generech'èfra l'epico e 'l tragicoma ancora una piú particolare e piústretta affinità d'imitare il medesimo illustre; quello dicoche non è fondato sovra la grandezza de' fatti orribili ecompassionevolima sovra le generose e magnanime azioni de gli eroi;quello illustredicoche si determina non con le persone di mezzotra 'l vizio e la virtú ma le valorose in supremo grado dieccellenza: la qual convenienza d'iminitare il medesimo illustrechiaramente si vede fra' nostri romanzi e gli epici de' Latini e de'Greci. Imita il romanzo e l'epopeia con l'istessa maniera; ne l'uno ene l'altro poema vi appare la persona del poeta; vi si narrano lecosenon si rappresentano; né ha per fine la scena e l'azionide gli istrionicome la tragedia e la comedia. Imitano co' medesimiistrumenti; l'uno e l'altro usa il verso nudonon servendosi mai nédel ritmo né de l'armoniache sono del tragico e delcomico.
        Da laconvenienza dunque de le azioni imitate e degli istrumentie delmodo d'imitaresi conclude essere la medesima spezie di poesiaquella ch'epica vien detta e quella che romanzo si chiama. Onde poiquesto nome di romanzo sia derivatovarie sono l'opinionich'oranon fa mestieri di raccontare; ma non è inconveniente chesotto la medesima spezie alcuni poemi si trovino diversi perdiversità accidentalii quali con diverso nome sianochiamati: sí come fra le comedie altre sono state dettestatariealtre.... ; altre dal sagoaltre da la toga prendevano ilnome; ma tutte però convenivano ne' precetti e ne le regoleessenziali de la comedia; come questo de l'unità. Se dunque ilromanzo e l'epopeia sono d'una medesima speziea gli oblighi de lestesse regole devono essere ristretti; massi- mamente di quelleregole parlandoche non solo in ogni poema eroicoma in ogni poemaassolutamente sono necessarie. Tale è l'unità de lafavolala quale Aristotele in ogni spezie di poema ricercanon piúne l'eroico che nel tragico o nel comico: ondequando anco fossevero ciò che si diceche 'l romanzo non fosse poema epiconon però ne seguirebbe che l'unità de la favola nonfosse in luisecondo il parer d'Aristotelenecessaria. Ma che ciònon sia veroa bastanza mi pare dimostrato; ché se purvolevano affermareche 'l romanzo è spezie distinta dal'epopeiaconveniva lor dimostrare che Aristotele à manco edifettoso ne l'assegnate le differenze; e chi ben considera quellediffe- renze da le quali par che proceda diversità di speziefra 'l romanzo e l'epopeiasono in guisa accidentaliche piúaccidentale non è ne l'uomo l'essere esercitato nel corso e nela palestrao saper l'arte de lo schermo. Tale è quellachel'argomento del romanzo sia fintoe quello de l'epopeia tolto da laistoria: ché se questa fosse differenza specificanecessariamente sarebbono diversi di spezie tutti que' poemifra'quali questa differenza si ritrovasse. Diversidunquedi speziesarebbono il Fior d'Agatone e l'Edippo di Sofocleed in somma quelletragedie il cui argomento fosse fintoda quelle che l'avessero dal'istoria: esecondo la ragione usata da lorola tragediad'argomento finto non avrebbe l'obligo di quelle medesime regolecheha la tragedia d'argomento vero. Onde né l'unità de lafavola sarebbe in lei necessariané 'l movere il terrore e lacompassione sarebbe il suo fine. Ma questosenza alcun dubbioèinconveniente: inconveniente dunque sarebbe ancorache la finzione overità de l'argomento fosse differenza specifica.


        Delmedesimo valore sono l'altre differenze ch'assegnano; e co'fandamenti de l'istessa ragione si possono confutare. E perchémolti hanno credutoche lI romanzo sia specio di poesia nonconosciuta da Aristotelenon voglio tacer questoche spezie dipoesia non è oggi in usoné fu in uso ne gli antichitempiné per un lungo volger di secoli di nuovo sorgeràno la cui cognizione non si debba credore che penetrasse Aristotelecon quella medesima acutezza d'ingegnocon la quale tutte le cosech'in questa gran macchina Dio e la natura rinchiusesotto diecicapi disposee con la qualetanti e sí vari sillogismi adalcune poche forme riducendobreve e perfetta arte ne compose; síche quella arte incognita a gli antichi filosofise non quantonaturalmente ciascun ne participada lui solo e 'l primo principio el'ultima perfezione riconosce. Vide Aristotele che la natura de lapoesia non era altro che imitare; vide conseguentementeche ladiversità de le sue spezie non poteva in lei altrandederivareche da qualche diversità di questa imitazione; e chequesta varietà solo in tre guise potea nascereo da le coseo dal modoo da gli istromenti. Vide dunque quante potevano esserele differenze essenziali de la poesia; ed avende viste le differenzevide in conseguenza quante potevano essere le sue spezie; perchéessendo determinate le differenze che costituiscono le speziedeterminate conviene che siano le speziee tante solamentequantisono i modine' quali possano congiunersi (o combinarecome sidice) le differenze.


        Erala seconda ragionech'ogni lingua ha alcune particolari proprietàe che la moltitudine de le azioni è propria de' poemi toscanicome è l'unità de' latini e de' greci. Non nego io checiascuno idioma non abbia alcune cose proprie di lui; però chealcune elocuzioni veggiamo cosí proprie d'una linguache 'naltra favella dicevolmente non possono esser trasportate. È lalingua greca molto atta a la espressione d'ogni minuta cosa: a questaistessa espressione inetta è la latinama molto piúcapace di grandezza e di maestà: e la nostra lingua toscanase bene con egnal suono ne la descrizione de le guerre non ci riempiegli orecchicon maggior dolcezza nondimeno nel trattare le passioniamorose ce le lusinga. Quello dunque ch'è proprio d'unalinguao è frasi ed elocuzionee ciò nulla importa alnostro propósitoparlando noi d'azioni e non di parole: o purdiremo proprio d'una lingua quelle materiele quali meglio da leiche da altra sono trattatecome è la guerra da la latinael'amore da la toscana. Ma chiara cosa èche se la toscanafavella sarà atta ad esprimere molti accidenti amorosisaràparimente atta ad esprimerne uno; e se la lingua latina saràdisposta a trattare un successo di guerrasarà parimentidisposta a trattarne molti; sí ch'io per me non possoconoscere la cagioneche l'unità de l'azioni sia propria de'latini poemie la moltitudine de' volgari. Néper aventuracagione alcuna se ne può rendere: che se essi a me dirannoper qual cagione le materie de la guerra sono stimate piúproprie de la latina e l'amorose de la toscana; rispondereiche ciòsi dice avvenire per le molte consonanti de la latinae per lalunghezza del suo esametropiú atte a lo strepito de le armied a la guerra; e per le vocali de la toscanae per l'armonia de lerimepiú convenevole a la piacevolezza de gli affettiamorosi: ma non però queste materie sono in guisa proprie diquesti idiomiche l'armi ne la toscana e gli amori ne la latina nonpossano convenevolmente esserci espressi da eccellente poeta.Concludendo dunque dicoche se ben'è vero ch'ogni linguaabbia le sue proprietaè detto nondimeno senza ragionealcunache la moltitudine de le azioni sia propria de' vulgaripoemie l'unità de' latini e de' greci. Né piúmalagevole è il rispondere a la ragionela quale erachequelle poesie sono più eccellentiche piú sono dal'uso approvate; onde più eccellente è il romanzo del'epopeiaessendo piú da l'uso approvato. A questa ragionevolendo io contradireconviene cheper maggior intelligenza echiarezza de la veritàderivi da piú alto principio ilmio ragionamento.


        Ciha alcune coseche 'n sua natura non sono né buone néreema dependendo da l'usobuone e ree sonosecondo che l'uso ledetermina. Tale è il vestireche tanto è lodevolequanto da la consuetudine viene accettato: tale é il parlare;e perciò fu convenevolmente risposto a colui: Vivi comevissero gli uomini antichie parla come oggidí si ragiona. Diqui avviene che molte paroleche già scelte e pellegrinefuronoor trite da le bocche de gli uomini comunivili epopolaresche sono divenute: molte a l'incontrache prima comebarbare e orride erano schivateor come vaghe e cittadine siricevono: molte ne invecchianomolte ne muoiono e ne nasconoe nenasceranno molte altrecome piace a l'usoche con pieno e liberoarbitrio le governa. E questa mutazion de le voci fu con lacomparazione de le foglie mirabilmente espressa da Orazio:

Utsylvae foliis pronos mutantur in annos
Prima cadunt; itaverboram vetus interit aetas
Et iuvenum ritu ftorent modo natavigentque
.

Esoggiunge:

Multarenascentur quae jam ceciderecadentque
Quae nunc sunt in honorevocabula; si volet usus
Quem penes arbitrium est et ius et normaloquendi.

        Daquesta stessa ragione concluduno i Peripatetici contra quello chealcuni fllosofi credetteroche le parole non siano opere da lanatura compostené piú in lor natura una cosach'un'altra significhino; ché se tali fosseroda l'uso nondependerebbono: ma che siano fattura de gli uomininulla per séstesse dinotanti; ondecome a lor piacepuò or questo orquel concetto esser da esse significato: e non avendo bruttezza obellezza alcunache sia lor propria e naturalebelle e bruttepaiono secondo l'uso le giudicail quale mutabilissimo essendonecessario è che mutabili siano tutte le cose che da luidependono.


        Taliin somma sono non solo il vestire e 'l parlarema tutte quelle checon un nome comuneusanze si chiamano. Questecome il lor nomedimostrada la consuetudine al biasimo ed a la lode sonodeterminate. E sotto questa considerazione caggiono molte di quelleopposizioni che si fanno ad Omero intorno al decoro de le personecome alcuni diconomal conosciuto da lui. Alcune altre cose siritrovano poiche tali determinatamente sono in sua natura; cioèo buone o ree sono per sé stessee non ha l'uso sovra loroimperio o autorità nessuna. Di questa sorte è il vizioe la virtú: per sé stesso è malvagio il vizioper sé stessa è onesta la virtù; e l'operevirtuose e viziose sono per sé stesse e lodevoli e degne dibiasimo. E quel che per sé stesso è taleperchéil mondo e i costumi si variinosempre nondimeno sarà tale;né s'una volta meritò lode colui che rifiutòl'oro de' Sannitio coluiche

Legòsé vivoe 'l padre morto sciolse

diqueste azioni lor sarà maiper volger di secolibiasimoattribuito. Di questa sorte sono parimente l'opere de la naturadimaniera che quel ch'una volta fu eccellentemalgrado de lainstabilità de l'usosarà sempre eccellente. Èla natura stabilissima ne le sue operazionie procede sempre con untenore certo e perpetuose non quanto per difetto e incostanza de lamateria si vede talor variare; perché guidata da un lume e dauna scorta infallibileriguarda sempre il buono e 'l perfetto; edessendo il buono e 'l perfetto sempre il medesimoconviene che 'lsuo modo di operare sia sempre il medesimo. Opera de la natura èla bellezzala qual consistendo in certa proporzion di membracongrandezza convenevole e con vaga soavità di coloriquestecondizioni che belle per se stesse una volta furonobelli sempresarannoné potrebbe l'uso fare ch'altrimente paressero: sícomea l'incontranon può far l'uso síche bellipaiano i capi aguzzio i gozzifra quelle nazioniove sífatte qualità ne la maggior parte de gli uomini si veggiono.Ma tali in sé stesse essendo l'opere de la naturatali in séstesse conviené che siano l'opere di quell'arte chesenzaalcun mezzo de la natora è imitatrice.


        Eper fermarsi su l'esempio datose la proporzione de le membra per sestessa è bellaquesta medesima imitata dal pittore e da loscultore per sé stessa sarà bella; e se lodevole èil naturalelodevole sarà sempre l'artiffciosoche dalnaturale depende. Di qui avviene che quelle statue di Prassitele o diFidiache salve da la malignità de' tempi ci sono restatecosí belle paiono a i nostri uominicome belle a gli antichisoleano parere; né il corso di tanti secolio l'alterazionedi tante usanzecosa alcuna ha potuto scemare de la loro degnità.Avendo io in questo modo distintofacilmente a quella ragione si puòrispon- derene la quale si dice che piú eccellenti sonoquelle poesie che piú approva l'usoperché ogni poesiaè composta di parole e di cose. In quanto a le paroleconcedasi (poi che nulla rileva al nostro proposito) cha quellemigliori sianoche piú da l'uso sono commendate; peròche in sé stesse né belle sono né bruttemequali paionotali la consuetudine le fa parere: onde le voci cheappo il re Enzoed appo gli altri antichi dicitori rono in prezzosuonano a l'orecchie nostre un non so che di spia- cevole. Le cosepoi che da l'usanza dependonocome la maniera de l'armeggiareimodi de l'aventureil rito de' sacriflci e de' convitilecerimonieil decoro e la maestà de le persone; questedicocome piace a l'usanzache oggi vive e che domina il mondosi devonoaccomodare. Però disconvenevole sarebbe ne la maestàde' nostri tenipi ch'una flgliuola di re insieme con le vergini suecompagne andasse a lavare i panni al fiume; e questo in Nausicaaintrodotta da Omeronon era in quei tempi disconvenevole: parimenteche in cambio de la giostra s'usasse il combatter su i carrie moltealtre cose similiche per brevità trapasso. Però pocogiudicioso in questa parte si mostrò il Trissino ch'imitòin Omero quelle cose ancorache la mutazione de' costumi avearendute men lodevoli. Ma quelle che immediatamente sovra la naturasono fondatee che per sé stesse sono buone e lodevolinonhanno riguardo alcuno a la consuetudine; né la tirannide del'uso sovra loro in parte alcuna si estende. Tale è l'unitàde la favolache porta in sua natura bontà e perfezione nelpoemasí come in ogni secolo passato e futuro ha recato erecarà. Tali sono i costumi; non quelli che con nome d'usanzesono chiamatima quelli che ne la natura hanno fisse le loro radicide' quali parla Orazio in quei versi:

Redderequi voces jam scit pueret pede certo
Signat humumgestitparibus colludereet iram
Colligitet ponit temereet mutaturin horas.

        Intornoa la convenevolezza de' quali si spende quasi tutto il secondo de laRetorica d'Aristotele. A questi costumi del fanciullodelvecchiodel riccodel potentedel povero e de l'ignobilequel chein un secolo è convenevolein ogni secolo èconvenevole: ché se ciò non fossenon n'avrebbeparlato Aristoteleperò ch'egli di sole quelle cose faprofession di parlareche sotto l'arte possono cadere; e l'arteessendo certa e determinatanon può comprendere sotto le sueregole ciò chedependendo da la instabilità de l'usoè incerto e mutabile. Sí come anco non avrebberagionato de l'unità de la favolas'egli non avesse giudicataquesta condizione essere in ogni secolo necessaria. Ma mentrevogliono alcuni nova arte sovra novo uso fondarela natura de l'artedistruggonoe quella de l'uso mostrano di non conoseere.


        Questaèsignor Scipionela distinzionesenza la quale non si puòrispondere a coloro che dimandassero quali poemi debbono esser piútosto imitati; o quelli de gli antichi epicio quelli de' moderniromanzatori; perché in alcune cose a gli antichiin alcune a'moderni debbiamo assomigliarci. Questa distinzionemal conosciutadal vulgoche suol piú rimirare gli accidenti che le sostanzade le coseè cagione ch'egli veggendo poca convenevolezza dicostumi e poca leggiadria d'invenzioni in que' poemine' quali lafavola è unacrede che l'unità de la favola siaparimente biasimevole. Questa medesima distinzione mal conosciuta daalcuni dottigli indusse a lassar la piacevolezza de le aventure ede le cavallerie de' romanzie il decoro de' costumi modernied aprender da gli antichiinsieme con l'unità de la favolal'altre parti ancorache men care ci sono. Questaben conosciuta eben usatafia cagione che con diletto non meno da gli uomini vulgariche da gli intelligenti i precetti de l'arte siano osservati;prendendosi da l'un latocon quella vaghezza d'invenzioniche cirendono sí grati i romanziil decoro de' costumi; da l'altrocon l'unità de la favolala saldezza e 'l verisimileche ne'poemi d'Omero e di Virgilio si vede.


        Restal'ultima ragionela qual' erache essendo il fine de la poesia ildilettoquelle poesie sono piu eccellentiche meglio questo fineconseguiscono; ma meglio il conseguisce il romanzo che l'epopeiacome l'esperienza dimostra. Concedo io quel che vero stimoe chemolti negarebbono; cioèche 'l diletto sia il fine de lapoesia. Concedo parimente quel che l'esperienza ci dimostra; cioèche maggior diletto rechi a' nostri uomini il Furiosochel'Italia liberatao pur l'Iliade o l'Odissea.Ma nego però quel ch'è principalee che importa tuttonel nostro proposito; cioèche la moltitudine de le azionisia piú atta a dilettareche l'unità; perché sebene piú diletta il Furiosoil qual molte favolecontieneche la Italia liberatao pur i poemi d'Omeroch'una ne contengono; non avviene per rispetto de la unità ode la moltitudinema per due cagionile quali nulla rilevano nelnostro proposito. L'unaperché nel Furioso si leggonoamoricavallerieventure ed incantie in somma invenzioni piúvaghe e piú accomodate a le nostre orecchieche quelle delTrissino non sono; le quali invenzioni non sono piúdeterminate a la moltitudine che a la unità: ma in questa edin quella si possono egualmente ritrovare. L'altra è perchéne la oonvenevolezza de le usanzee nel decoro attribuito a lepersonemolto piú eccellente si dimostra il FuriosoQuestecagioni sí come sono accidentali a la moltitudine e a l'unitàde la favolae non in guisa proprie di quellache a questa nonsiano convenevoli; così anco non debbono concludereche piúdiletti la moltitudine che l'unità. Perciò che essendola nostra umanità composta di nature assai fra loro diverseènecessario che d’una istessa cosa sempre non si compiacciamacon la diversità procuri or a l'unaor a l'altra de le sueparti sodisfare. Una ragione solaoltre le dettesi puòimmaginare molto più propria de le altre: questa è lavarietà; la quale essendo in sua natura dilettevolissimaassai maggiore diranno che si trovi ne la moltitudineche ne launità de la favola. Né già io niego che lavarietà non rechi piacere; oltre che il negar ciòsarebbe un contradire a la esperienza de' sentimentiveggendo noiche quelle cose ancorache per sé stesse sono spiacevoliperla varietà nondimeno care ci divengono; e che la vista de'desertie l'orrore e la rigidezza de le alpi ci piace doppol’amenità de' laghi e de' giardini; dico beneche lavarietà è lodevole sino a quel termineche non passiin confusione; e che sino a questo termine è tanto quasicapace di varietà l'unitàquanto la moltitudine de lefavole: la qual varietà se tale non si vede in poema d'unaazionesi deve gredere che sia più tosto imperizia del'arteficeche difetto de l'arte; i quali per iscusare forse la loroinsofficienzaquesta lor propria colpa a l'arte attribuiscono. Nonera per aventura cosí necessaria questa varieta a' tempi diVirgilio e d'Omeroessendo gli uomini di quel secolo di gusto noncosí isvogliato: però non tanto v'atteserobenchémaggiore nondimeno in Virgilio che in Omero si ritrovi.Necessariissima era a' nostri tempi; e perciò dovea ilTrissino co' sapori di questa varietà condire il suo poema; sevoleva che da questi gusti sí delicati non fosse schivato: ese non tentò d'introdurlavio non conobbe il bisognoo ildisperò come impossibile. Ioper mee necessaria nel poemaeroico la stimoe possibile a conseguire. Però chesícome in questo mirabile magisterio di Dioche mondo si chiamae 'lcielo si vede sparso o distinto di tanta varietà di stelle; ediscendendo poi giuso di mano in manol’aria e il mare pienid'uccelli e di pesci; e la terra albergatrice di tanti animali cosíferoci come mansuetine la quale e ruscelli e fonti e laghi e pratie campagne e selve e monti si trovano; e qui frutti e fiorilàghiacci e neviqui abitazioni e culturelà solitudini edorrori; con tutto ciòuno è il mondo che tante e sídiverse cose nel suo grembo rinchiodeuna la forma e l'essenza suauno il mododal quale sono le sue parti con discorde concordiainsieme congiunte e collegate; e non mancando nulla in luinullaperò vi è di soverchio o di non necessario: cosíparimente giudicoche da eccellente poeta (il quale non per altrodivino è dettose non perché al supremo artefice no lesue operazioni assomigliandoside la sua divinità viene apartecipare) un poema formar si possanel qualequasi in unpicciolo mondoqui si leggano ordinanze d'esercitiqui battaglieterrestri e navaliqui espugnazioni di cittàscaramucce eduelliqui giostrequi descrizioni di fame e di setequi tempestequi incendiqui prodigi; là si trovino concili celesti edinfernalilà si veggiano sedizionilà discordielàerrorilà venturelà incantilà opere dicrudeltàdi audaciadi cortesiadi generosità; làavvenimenti d'amoreor felicior infelicior lietiorcompassionevoli; ma che nondimeno uno sia il poemache tanta varietàdi materie contegnauna la forma e la favola suae che tutte questecose siano di maniera composte che l'una l'altra riguardil'una al'altra corrispondal'una da l'altra o necessariamente overisimilmente dependa; sí che una sola parte o tolta via omutata di sitoil tutto ruini.


        Questavarietà sí fatta tanto sarà piú lodevolequanto recarà seco piú di difficultà: peròche è assai agevol cosae di nissuna industriail far che inmolte e separate azioni nasca gran varietà d'accidentima chela stessa varietà in una sola azione si trovihoc opushic labor est. In quella che da la moltitudine de le favole persé stessa nascearte o ingegno alcuno del poeta non siconoscee può essere a' dotti e a gli indotti comune; questatotalmente da l'artificio del poeta dependee come intrinseca a luida lui solo si riconoscené può da mediocre ingegnoessere asseguita. Quellain sommatanto meno dilettaràquanto sarà piú confusae meno intelligibile; questaper l'ordine e per la legatura de le sue partinon solo saràpiú chiara e piú distintama molto piú portaràdi novità e di meraviglia. Una dunque deve esser la favola ela formacome in ogni altro poemacosì in quelli chetrattano l'armi e gli amori de gli eroi e de' cavallieri errantieche con nome comune poemi eroici si chiamano. Ma una si dice la formain piú maniere. Una si dice la forma de gli elementila qualeè semplicissimae di semplice virtù e di sempliceoperazione: una si dice parimente la forma de le piante e de glianimali; questamista e composta risulta da le forme de gli elementiinsieme raccolte e rintuzzate ed alteratede la virtú e de laqualità di ciascuna di loro partecipando. Cosí ancorane la poesiaalcune forme semplicialcune composte si trovano.Semplici sono le favole di quelle tragediene le quali non èné agnizionené mutamento di fortuna felice in miserao al contrario: compostequelle ne le quali le agnizioni e imutamenti di fortuna si ritrovano. Composta è la favola del'epico non solo in questa guisama in un altro modo ancoracheporta seco maggior mistione.


        Maacciò che questi termini siano meglio intesie la materia piúsi facilitipiú copiosamente questa parte tratterò. Ela favola (s'ad Aristotile crediamo) la serie e la composizione de lecose imitate; questasí come è la principalissimaparte qualitativa del poemacosí ha alcune parti che di leisono qualitativele quali tre sono. La peripeziachemutazion di fortuna si può chiamarel'agnizione chericonoscimento si può diree la perturbazioneche puòfra' Toscani ancora questo nome ritenere. È la mutazion difortuna ne la favolaquando in essa si vede ch'alcun di felicitàcaggia in miseriacome d'Edippo avvieneo di miseria passi infelicitàcome di Elettra. Riconoscimento ècome suonail suo nome stessoun trapasso da l'ignoranza a la conoscenzao siasemplicequal è quello d'Ulisseo reciprocoqual fu traIfigenia ed Oresteil qual trapassodi loro felicità odinfelicità sia cagione. Perturbazione è una azionedolorosa e piena d'affannocome sono le mortii tormentile feritee l'altre cose di simil manierale quali commovano i gridi e ilamenti de le persone introdotte. Di questa ci porgerà esempiol'ultimo libro de l'Iliadeove da Priamoda Ecuba e daAndromachecon lunghissima e flebilissima querelaè pianta elamentata la morte di Ettore. Stante il tatto di questa manierasemplici saranno quelle favoleche de lo scambiamento di fortuna edel riconoscimento sono privee co 'l medesimo tenore procedendosenza alterazione alcuna son condotte a lor fine. Doppie son quellele quali hanno la mutazione di fortuna e il riconoscimentoo almenola prima di queste parti; sí come anco patetiche o affettuosequelle si diconone le quali è la perturbazionechs fu postaper la terza parte de la favola; e quelle a l'incontrole qualimancando di questa perturbazione versano intorno a l'espression delcostumedilettando piú tosto con l'insegnare che col moveremorali o morate vengono dette. Sí che quattro sono i generi ole maniereche vogliamo dirledi favole: il sempliceil composto;l'affettuosoe 'lmorato. Semplice edaffettuosa è l'Iliadecomposta e morata l'Odissea. In tuttequeste maniere però l'unità si richiede: ma l'unitàde la favola sempliceè semplice unità; I'unitàde la favola compostaè composta unità. Ma in un altromodo ancor s'intende la favola del poema esser composta. Composta sidiceancora che non abbia riconoscimento o mutazion di fortunaquando ella contegna in sé cose di diversa naturacioèguerreamoriincanti e ventureavvenimenti or felici ed orinfeliciche or portano seco terrore e misericordiaor vaghezza egiocondità; e da questa diversità di nature ella mistane risulta; ma questa mistione è molto diversa da la primaesi può trovare in quelle favole ancora che sono semplicicioèche non hanno né mutazionené riconoscimento.


        Diquesta seconda maniera intese Aristotele quando disputando qualdovesse esser preposto di degnita o 'l poema tragico o l'epicodissemolto piú semplici esser le favole de la tragediache quellede l'epopeia; e che di ciò è segnoche d'una solaepopeia si possono trarre gli argomenti di molte tragedie. Questamaniera di composizione cosí è biasimevole ne latragediacome in lei è lodevole quell'altrache nasce da laperipezia e da la agnizione; però che se ben la tragedia amamolto la subita ed inopinata mutazion de le cosele desideranondimeno semplici e uniformie schiva la varietà de gliepisodi. Quella medesimach'è biasimevole ne la tragediaèa mio giudicio lodevolissima ne l'epicoe molto piúnecessaria che quell'altra che deriva dal riconoscimento o da lamutazion di fortuna E per questo anco la moltitudine e la diversitàde gli episodi è seguita da l'epico: e se Aristotele biasimale favole episodicheo le biasima ne le tragedie solamenteo perfavole episodiche non intende quellene le quali siano molti e variepisodima quelle ne le quali questi episodi sono interseriti fuordel verisimilee male congiunti con la favola e tra loro medesimi;ed in sommavani e oziosie nulla operanti al fine principal de lafavola: perché la varietà de gli episodi in tanto èlodevolein quanto non corrompe l'unità de la tavolanégenera in lei confusione. Io parlo di quell'unità ch'èmistanon di quella ch'è simplice ed uniformee nel poemaeroico poco convenevole.


        Mal'ordine è forsee la materia ricercache nel seguenteDiscorso si tratti con qual arte il poeta introduca ne l'unitàde la favola questa varietà cosí piacevolee cosídesiderata da coloroche gli orecchi a le venture de' nostriromanzatori hanno assuefatti.





DISCORSOTERZO

Avendosi a trattare de l'elocuzionesi tratteràper conseguenza de lo stile; perché non essendo quella altroche accoppiamento di parolee non essend'altro le parole cheimmagini ed imitatrici de' concettiche seguono la natura lorosiviene per forza a trattare de lo stile; non essendo quello altrochequel composto che risulta da' concetti e da le voci.
Tre sono leforme de' stili: magnifica o sublimemediocreed umile; de le quali la prima è convenevole al poemaeroico per due ragioni. Primaperché le cose altissimechesi piglia a trattare l'epicodevono con altissimo stile esseretrattate. La secondaperché ogni parte opera a quel fine cheopera il suo tutto: ma lo stile è parte del poema epicoadunque lo stile opera a quel fine che opera il poema epico; ilqualecome s'è dettoha per fine la maravigliala qualenasce solo da le cose sublimi e magnifiche.
Il magnificodunqueconviene al poema epico come suo proprio; dico suo proprioperchéavendo ad usare anco gli altri secondo 1'occorrenze e le materiecome accuratissimamente si vede in Virgilioquesto nondimeno èquello che prevale; come la terra in questi nostri corpicompostinondimeno di tutti i quattro. Lo stile del Trissinopersignoreggiare per tutto il dimessodimesso potrà esser detto;quello dell`Ariostoper la medesima ragionemediocre. È daavvertire che sí come ogni virtude ha qualche vizio vicino aleiche l'assomigliae che spesso virtude vien nominato; cosíogni forma di stile ha prossimo il viziosonel quale spesso incorrechi bene non avvertisce. Ha il magnificoil gonfio: il temperatolosnervato o secco; l'umileil vile o plebeo. Il magnificoiltemperato e l'umile de l'eroico non è il medesimo co 'lmagnificotemperato ed umile de gli altri poemi; anzisícome gli altri poemi sono di spezie differenti da questocosíancora gli stili sono di spezie differenti da gli altri. Peròavvenga che l'umile alcuna volta ne l'eroico sia dicevolenon vi siconverrà però l'umileche è proprio del comicocome fece l'Ariosto quando disse:

Ch'a dire il veroeglici avea la gola;
...........................
E riputataavria cortesia sciocca
Per darla altruilevarsela di bocca.


Ein quegli altri:

E dicea il ver; ch'era viltade espressa
Conveniente ad uom fatto di stucco...
Che tutta via stesse aparlar con essa
Tenendo l'ali basse come il cucco.


Parlariper dire il verotroppo popolareschi sono quellie questi inclinatia la bassezza comica per la disonesta cosa che si rappresentadisconvenevole sempre a 1'eroico.
. . . . . . . . . . . . . . . ..
E benché sia piú convenevolezza tra il lirico e1'epiconondimeno troppo inclinò a la mediocritàlirica in quelli:

La verginella è simile a la rosaecc.

Lo stile eroico é in mezzo quasi fra la semplicegravità del tragico e la fiorita vaghezza del liricoedavanza l'una e l'altra ne lo splendore d'una maravigliosa maestà;ma la maestà sua di questa è meno ornatadi quella menpropria. Non è disconvenevole nondimeno al poeta epicoch'uscendo da' termini di quella sua illustre magnificenzatalorapieghi lo stile verso la semplicità del tragico; il che fa piúsovente: talora verso le lascivie del lirico; il che fa più diradocome dichiarando sèguito.
Lo stile de la tragediaseben contiene ancb'ella avvenimenti illustri e persone realiper duecagioni deve essere e piú proprio e meno magnificoche quellode l'epopeia non è: l'unaperché tratta materie assaipiú affettuoseche quelle de 1'epopeia non sono; e l'affettorichiede purità e semplicità di concetti e proprietàd'elocuzioniperché in tal guisa è verisimile cheragioni unoche è pieno d'affanno o di timore o dimisericordia o d'altra simile perturbazione; ed oltra che i soverchilumi ed ornamenti di stile non solo adombranoma impediscono eammorzano l'affetto. L'altra cagione èche ne la tragedia nonparla mai il poetama sempre coloro che sono introdotti agenti eoperanti; e a questi tali si deve attribuire una maniera di parlarech'assomigli a la favella ordinariaacciò che l'imitazioneriesca piú verisimile. Al poetaa rincontroquando ragionain sua personasí come colui che crediamo essere pieno dideità e rapito da divino furore sovra sé stessomoltosovra l'uso comunee quasi come un'altra mente e con un' altralinguagli si concede a pensare e a favellare.
Lo stile dellirico poise bene non cosí magnifico come l'eroicomoltopiú deve essere fiorito ed ornato: la qual forma di direfiorita(come i retorici affermano) è propria de lamediocrità.
Fiorito deve essere lo stile del lirico; eperché piu spesso appare la persona del poetae perchéle materie che si pigliano a trattare per lo piú sonolequali inornate di fiori e di scherzivili e abiette si rimarrebbono:onde se per aventura fosse la materia morata trattata con sentenzesarà di minor ornamento contenta.
Dichiarato adunque eperché fiorito lo stile del liricoe perché puro esemplice quello del tragicol'epico vedrà chetrattandomaterie patetiche o moralisi deve accostare a la proprietà esemplicità tragica; ma parlando in persona propriaotrattando materie ozioses'avvicini a la vaghezza liricama néquesto né quello síche abbandoni affatto la grandezzae magnificenza sua propria. Questa varietà di stili deveessere usatama non sí che si muti lo stilenon mutandosi lematerie; ché saría imperfezione grandissima.


COMEQUESTA MAGNIFICENZA S'ACQUISTI
E COME UMILE O MEDIOCRE SI POSSAFORMARE


Può nascere la magnificenza da'concettida le parole e da le composizioni de le parole; e da questetre parti risulta lo stilee quelle tre formele quali dicemmo.Concetti non sono altro che imagini de le cose; le quali imagini nonhanno soda e reale consistenza in sé stesse come le cosemane 1'animo nostro hanno un certo loro essere imperfettoe quivi dal'imaginazione sono formate e figurate. La magnificenza de' concettisaràse si trattarà di cose grandi; come di Diodelmondode gli eroidi battaglie terrestrinavali e simili. Peresprimere questa grandezza accomodate saranno quelle figure disentenzele quali o fanno parer grandi le cose con le circostanze;come l'ampliazione e le iperboliche alzano la cosa sopra il vero; ola reticenzache accennando la cosae poi tacendolamaggiore lalascia a l'imaginazione; o la prosopopeiache con la finzione dipersone d'autorità e riverenza dà autorità eriverenza a la cosa; e altre similiche non caggiono cosí dileggieri ne le menti de gli uomini ordinarie che sono atte adindurvi la meraviglia. Perciò che cosí proprio delmagnifico dicitore è il commuovere e il rapire gli animicomede l'umile l'insegnaree del temperato il dilettare; ancora che e nel'essere mosso e ne l'esser insegnato trovi il lettore qualchediletto. Sarà sublime l'elocuzionese le parole sarannononcomunima peregrine e da l'uso popolare lontane.


Leparole o sono semplici o sono composte: semplicisono quelle che divoci significanti non sono composte; compostequelle che di duesigniflcantio d'una sí e d'altra noson composte. E questesono o proprieo straniereo translateo d'ornamentoo finteoallungateo scorciateo alterate. Proprie sono quelle chesignoreggiano la cosae che sono usate comunemente da tutti gliabitatori del paese; straniere quelle che appo altra nazione sono inuso: e possono le medesime parole essere e proprie e straniere inrispetto di varie nazioni. Cheronaturale a gli Spagnuolistranieroa noi. Traslazione è imposizione de l'altrui nome. Questa èdi quattro maniere; o dal genere a la spezieo da la spezie algenereo da la spezie a la spezieo per proporzione. Dal genere ala speziese daremo il nome di bestia al cavallo; da la spezie algenerequel che mille opre illustri per un nome generale; da laspezie a la spezie se diremo che il caval voli. Per proporzione saràin questo modo; I'istessa proporzione che è fra '1 giorno el'occasoè fra la vita e la morte. Si potrà dunquedire che l'occaso sia la morte del giornocome disse Dante:

Cheparea il giorno pianger che si more

e che la morte sial'occaso de la vita come:

La vita in su 'I mattin giunse al'occaso.

Finta è quella parolache non primausatadal poeta si forma; come taratantara per esprimere eimitare quell'atto. Allungata è quella ne la quale o la vocalesi fa di breve lunga come simile; o ver s'aggiunge qualche sillabacome adiviene. Accorciataper le contrarie cagioni. Mutatasarà quellaove sarà mutata qualche letteracomedespitto in vece di dispetto.


Nasceil sublime e'l peregrino ne l'elocuzione da le parole stranieredale traslate e da tutte quelle che proprie non saranno. Ma da questistessi fonti ancora nasce l'oscurità; la quale tanto èda schivarequanto ne l'eroico si ricercaoltre la magnificenzalachiarezza ancora. Però fa di mestieri di giudicio inaccoppiare queste straniere con le propriesí che ne risultiun composto tutto chiarotutto sublimeniente oscuroniente umile.Dovrà dunque sceglier quelle traslate che avranno piùvicinanza con la propria; cosí le stranierel'antiche el'altre simili; e porle fra mezzo a proprie taliche niente delplebeo abbiano. La composizione de le parole non cape in questanostra lingua; ed anco de l'accorciare ed allungare si deve ritrarrepiú che può. Avertiscasi circa la metaforache sono daschivare quelle parole chetranslateper necessitàdelproprio sono fatte plebee. Ed oltre di ciòsimili parole nonsiano transportate da le minori a le maggioricome dal suono de latromba al tuono; ma da le maggiori a le minoricome dare al suono dela tromba il romore del tuono; che questo dove mirabilmente inalzaquello altrettanto abbassa e fa vile.


Questoavvertimento si deve ancora avere ne le imaginio vogliam diresimilitudini; le quali si fanno da le metafore con l'aggiunta solo diuna di queste particellecome quasiin guisae simili.Comparazione diventa l'immagine tratta in piú lungo giroedin piú membri; ed è consiglio de' retoriche ove cipare troppo ardita la metaforala dobbiamo convertire insimilitudine. Ma certo si deve lodare l'epico ardito in similimetaforepur che non trapassi il modo.


Leparole straniere devono essere tratte da quelle lingue chesimilitudine hanno con la nostracmne la provenzalela francesca ela spagnuola. A queste io aggiungo la latinapure che a loro si diala terminazione de la favella toscana. Gli aggiunti (epiteti oaggettivindr) propri del lirico sono convenevoli a l'epico: questicome poco necessari non usati da l'oratorecome grande ornamentoricevuti dal poetasono causa di grande magnificenza.


Lacomposizioneche è la terza parte de lo stileavràdel magnificose saranno lunghi i periodie lunghi i membride'quali il periodo è composto. E per questo la stanza èpiú capace di questo eroicoche 'l terzetto. S'accresce lamagnificenza con l'asprezzala quale nasce dal concorso di vocalida rompimenti diversida pienezza di consonanti ne le rimeda loaccrescere. il numero nel fine del versoo con parole sensibili pervigore d'accentio per pienezza di consonanti. Accrescemedesimamente la frequenza de le copule (congiunzionindr)che comenervi corrobori l'orazione. Il trasportare alcuna volta i verbicontro l'uso comunebenché di radoporta nobiltà al'orazione.
Per non incorrere nel vizio del gonfioschivi ilmagnifico dicitore certe minute diligenze; come di fare che membro amembro corrispondaverbo a verbonome a nome; e non solo in quantoal numeroma in quanto al senso. Schivi gli antiteticome:

Tuveloce fanciulloio vecchio e tardo

ché tuttequeste figureove si scopre l'affettazionesono proprie de lamediocrità; e sí come molto dilettanocosínulla movono.


Lamagnificenza de lo stile nasce da le sopraddette cagioni; e da questestesseusate fuor di tempoo da altre smnigliantinasce lagonfiezza; vizio sí prossimo a la magnificenza. La gonfiezzanasce da i concettise quelli di troppo gran lunga eccederanno ilvero: comeche nel sasso lanciato dal Ciclopementre era per l'ariaportatovi pascevano suso le capre; e simili. Nasce da le parole lagonfiezzase si userà parole troppo peregrine o troppoanticheepiteti non convenientimetafore che abbiano troppo del'ardito e de l'audace. Da la composizione de le parole nasceràla tumidezza se la orazione non solo sarà numerosama sopramodo numerosa; come in assai luoghi le prose del Boccaccio. Il gonfioè simile al gloriosoche de' beni che non ha si gloriae diquelli che ha usa fuor di proposito. Perché lo stilemagnifico in materie granditratto a le picciolenon piúmagnificoma gonfio sarà detto. Né è vero chela virtú de l'eloquenzacosí oratoria come poeticaconsista in dire magnificamente le cose picciole; se benemagnificamenteVirgilio ci descrisse la repubblica de l'apichésolo per ischerzo lo fece: ché ne le cose serie sempre siricercache le parole e la composizione di quelle rispondano a'concetti.


L'umiltàde lo stile nasce da le contrarie cagioni. E primaumile saràil concettose sarà quale a punto suol nascere ne gli animide gli uomini ordinariamentee non atto ad indurre maravigliamapiú tosto a l'insegnare accomodato. Umile saràl'elocuzionese le parole saranno proprienon peregrinenon novenon stranierepoche traslatee quellenon con quell'ardire che almagnifico si conviene. Pochi epiteti e piú tosto necessari cheper ornamento. Umile sarà la composizionese brevi saranno iperiodi e i membri; se l'orazione non avrà tante copule; mafacile se ne correrà secondo l'uso comunesenza trasportarenomi o verbi; se i versi saranno senza rotturase le desinenze nonsaranno troppo scelte. Il vizio prossimo a questo è labassezza. Questa sarà ne' concettise quelli saranno troppovili ed abbiettie avranno de l' osceno e de lo sporco. Bassa saràl'elocuzionese le parole saranno di contadoo popolaresche afatto. Bassa la composizionese sarà sciolta d'ogni numero;ed il verso languido a fatto come:

Poi voide Cleopatralussuriosa.

Lo stile mediocre è posto fra 'lmagnifico e l'umilee de l'uno e de l'altro partecipa. Questo nonnasce dal mescolamento del magnifico e de l'umileche insieme siconfondano; ma nasce o quando il sublime si rimetteo l'umiles'inalza. I concetti e l' elocuzione di questa forma sono quelli cheeccedono l'uso comune di ciascunoma non portan però tanto diforza e di nerboquanto ne la magnifica si richiede. E quello in cheeccede particolarmente l'ordinario modo di favellareè la vaghezza ne gli esatti e fioriti ornamenti de' concetti e del'elocuzionie ne la dolcezza e soavità de la composizione; etutte quelle figure d'una accurata e industriosa diligenzale qualinon ardisce di usare l'umile dicitorené degna il magnificosono dal mediocre poste in opera. Ed allora incorre in quel vizioche a la lodevole mediocrità à vicinoquando che conla frequente affettazione di sì fatti ornamenti induce sazietàe fastidio. Non ha tanta forza di commuovere gli animi il mediocrestilequanto ha il magnificoné con tanta evidenza il facapace di ciò ch'egli narrama con un soave temperamentomaggiormente diletta. Stando che lo stile sia un istrumentoco 'lquale imita il poeta quelle cose che d'imitare si ha propostenecessaria è in lui l'energia la quale si con parole poneinnanzi a gli occhi la cosache pare altrui non di udirlama divederla.


Etanto piú ne l'epopea è necessaria questa virtúche ne la tragediaquanto che quella è priva de l'aiuto e degli istrioni e de la scena. Nasce questa virtú da una accuratadiligenza di descrivere la cosa minutamente; a la quale però èquasi inetta la nostra lingua; benché in ciò Dante pareche avanzi quasi sé stessoin ciò degno forse d'esseragguagliato ad Omeroprincipalissimo in ciò in quantocomporta la lingua. Leggasi nel Purgatorio:

Come lepecorelle escon dai chiuso
Ad una a due a tre; e l'altre stanno
Timidette alterrando l'occhio e 'l muso:
E ciò che fala primae l'altre fanno
Addossandosi a lei s'ella s'arresta
Semplici e quetee lo 'mperché non sanno.


Nascequesta virtúquando introdotto alcuno a parlaregli si fafare quei gesti che sono suoi propri; come: Mi guardo un poco e poiquasi sdegnoso. È necessaria questa diligente narrazione ne leparti patetiche però che è principalissimo instrumentodi mover l'affetto: e di questo sia esempio tutto il ragionamento delconte Ugolino ne l'Inferno. Nasce questa virtú ancorase descrivendosi alcuno effettosi descrive ancora quellecircostanze che l'accompagnano; come descrivendo il corso de la navesi diràche 1' onda rotta le mormora intorno. Quelletranslazioniche mettono la cosa in attoportano seco questaespressionemassime quando è da le animate a le inanimate.Come:

..... insin che 'I ramo
Rende a la terra tutte lesue spoglie;

Ariosto:

In tanto fuggee sidilegua il lito;

dire la spada vindiceassetata disangueempiacrudeletemerariae simile. Deriva molte voltel'energia da quelle paroleche a la cosache l'uom vuole esprimeresono naturali.


Chelo stile non nasca dal concettoma da le vociaffermò Dante;ed in tanto credette questa opinione esser verache per non esserela forma del sonetto atta a la magnificenzaspiegandosi in essomaterie grandinon dovevano essere spiegate magnificamentema conumiltà secondo che è il componimento e la sua qualità.Incontroi concettisono il finee per conseguenza la forma de leparole e de le voci. Ma la forma non deve essere ordinata in graziade la materianè pendere da quella; anzitutto il contrario:adunque i concetti non devono pendere da le parole; anzitutto ilcontrario è veroche le parole devono pendere da' concettieprender legge da quelli.

Laprima si provaperché ad altro non diede a noi lanatura il parlarese non perché significassimo altrui iconcetti de l'animo. La seconda è pur troppo chiara.

Secondaragione. Le imagini debbono essere simili a la cosa imaginataed imitata: ma le parole sono imagini e imitatrici de' concetticomedice Aristotele; adunque le parole devono seguitare la natura de'concetti. La prima è assai chiara: ché tropposconvenevole sarebbe fare una statua di Venereche non la grazia evenustà di Venerema la ferocità e robustezza di Marteci rappresentasse.

Terzaragione. Se vorremo trovare parte alcuna nel liricocherisponda per proporzione a la favola de gli epici e de' tragiciniun'altra potremo dire che siase non i concetti; perché sicome gli affetti e i costumi Si appoggiano su la favolacosínel lirico si appoggia su i concetti. Adunquesí come inquelli l'anima e la forma loro è la favolacosí diremoche la forma in questi lirici siano i concetti. È opinione de'buoni rètori antichiche subito che il concetto nascenascecon esso lui una sua proprietà naturale di parole e di numericon la quale dovesse essere vestito; il che se è cosícome potrà mai essere che quel concetto vestito d'altra formapossa convenientemente apparere? Né si potrà giammaifarecome disse il Falereoche in virtú de l'elocuzione"Amor paia una furia infernale." Chéper dirlalaqualità de le parole può bene accrescere e diminuirel'apparenza del concettoma non affatto mutarla: ché da duecose nasce ogni carattere di dire; cioè da' concetti e dal'elocuzione (per lasciare ora fuori il numero); e non è dubioche maggiore non sia la virtú de' concetticome di quelli dacui nasce la forma del direche de l’elocuzione. È benvero che quando d'altra qualità sono i concettid'altra leparole o l'elocuzionene nasce quella disconvenevolezzache sivederebbe in uomo di contado vestito di toga lunga da senatore.


Perischivare adunque questa sconvenevolezza non deve chi si piglia atrattare concetti grandi nel sonetto (poiché vi ha concessoquestoche è maggiorenegandogli poi quello che èminore) vestire quei concetti di umile elocuzioneaome fece purDante. Incontro a questo che si è dettoche lo stile nasca daconcettisi "dice: se fosse vero questoseguirebbe chetrattando il lirico i medesimi concetti che l’epico(come diDiode gli eroie simili)lo stile de 1'uno e de 1'altro fosse ilmedesimo: ma questo ripugna a la verità.come appare; adunqueè falsoecc. E si può anco aggiungereche stando chele cose trattate da l'uno e da l'altro siano le medesimeresta chesia l'elocuzioneche faccia differenza di spezie tra 1'una e 1'altra sorte di poesia; e perciò che da questae non da'concettinasca lo stile. Si rispondeche grandissima differenza ètra le cosetra i concettie tra le parole. Cose sono quellechesono fuori de gli animi nostrie che in sé medesimeconsistono. I concetti sono imagini de le cose che ne l'animo nostroci formiamo variamentesecondo che varia è l'imaginazione degli uomini. Le voci ultimamente sono imagini de le imagini; cioèche siano quelle che per via de l'udito rappresentino a l'animonostro i concettiche sono ritratti da le cose. Se adunque alcunodirà: lo stile nasce da' concetti; i concetti sono i medesimide l’eroico o del lirico; adunque il medesimo stile è del'uno e de l'altro; negherò che l'uno e l'altro tratti imedesimi concettise bene alcuna volta trattano le medesime cose.


Lamateria del lirico non è determinataperchésícome l'oratore spazia per ogni materia a lui proposta con le sueragioni probabili tratte da' luoghi comunicosí il liricoparimente tratta ogni materia che occorra a lui; ma ne tratta conalcuni concetti che sono suoi proprinon comuni al tragico e a1'epico; e da questa varietà de' concetti deriva la varietàde lo stileche è fra l'epico e il lirico. Né èvero che quello che costituisce la spezie de la poesia liricasia ladolcezza del numerola sceltezza de le parolela vaghezza e losplendore de 1'elocuzionela pittura de' translati e de l'altreflgure; ma è la soavitàla venustàeper cosídirlal'amenità de' concettida le quali condizionidipendono poi quell'altre. E si vede in loro un non so che diridentedi fiorito e di lascivoche ne 1'eroico èdisconvenevoleed è naturale nel lirico. Veggioper esempiocome trattando l'epico e il lirico le medesime coseusino diversiconcetti: da la quale diversità de’ concetti ne nasce poila diversità de lo stileche fra loro si vede. Ci descriveVirgilio la bellezza d'una donna ne la persona di Dido:

Reginaad templumforma pulcherrimaDido
Incedit magna iuvenumstipante caterva:
Qualis in Eurotae ripisaut per juga Cynthi
Exercet Diana chorosetc.


Semplicissimo concetto èquello forma pulcherrima Dido. Hanno alquanto di maggioreornamento gli altri; ma non tantoche eccedano il decoro del'eroico. Ma se questa medesima bellezza avesse a descrivere ilPetrarca come liriconon si contenterebbe già di questapurità di concetti; ma direbbeche la terra le rided'intornoche si gloria d'esser tocca da' suoi piediche l'erbe e ifiori desiderano d'esser calcati da leiche 'l cielo percosso da'suoi raggi s' inflamma d'onestadeche si rallegra d'esser fattosereno da gli occhi suoiche 'I sole si specchia nel suo volto nontrovando altrove paragone; ed inviterebbe insieme Amoreche stesseinsieme a contemplare la sua gloria. E da questa varietà diconcettiche usasse il lirico dependerebbe poi la variètàde lo stile. Non avrebbe mai usato simili concetti l'epicoche congran sua lode usa il lirico:

Qual fior cadea su 'l lembo
Qual su le trecce bionde
Ch'oro forbito e perle
Eranquel dí a vederle;
Qual si posava in terra e qual sul'onde;
Qual con un vago errore
Girando parea dir: qui regnaAmore!


Onde è tassato (ripresondr) l'Ariostoch'usasse simili concetti nel suo Furioso troppo liricicome:

Amor che m'arde il corfa questo vento ecc.

Maveniamo al paragonee vediamo come abbia lasciate scritte lemedesime cose e il Lirico toscano forse piú eccellented'alcuno latinoe il latino epico piú d'ogni altroeccellente. Descrivendo Virgilio l'abito di Venere in forma tlicacciatrice disse:

..... Dederatque comam diffundereventis.

Né disse quello che per aventura la maestàeroica non pativae che con gran vaghezza dal lirico fu aggiuntodicendo:
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
Ch'in milledolci nodiecc..


Si può comportare ne l'epicoquello:

Ambrosiaeque comae divinum vertice odorem
Spiravere.


Onde troppo lascivo sarebbe statoquell'altro:

E tutto 'l cielcantando il suo bel nome
Sparser di rose i pargoletti Amori
.

Descrive Virgiliol'innamorata Didoneche sempre aveva fisso il pensiero nel suo amatoEneae dice:

. . . Illum absens absentem auditquevidetque.

Arguto certoe graveè questo concetto;ma semplice. Intorno a l'istessa materia trova il Petrarca concettidi minor gravitàma di maggior vaghezza e di maggiorornamento; onde ne riesce la composizione de le parole piúdipinta e più fiorita:

Io l’ho piúvolte (or chi fia che me 'l creda?)
Ne l'acqua chiara e sopral'erba verde
Veduta vivae nel troncon d'un faggio
E 'nbianca nube sí fattache Leda
Aria ben detto che suafiglia perde
Come stella che 'l sol coprí col raggio;

edi sí fatti concetti sovra l'istessa cosa si vede ripienatutta la canzone:

In quella parle dove amor misprona.

Con concetti ordinari è da Virgiliodescritto il pianto di Didoneonde le parole sono anco comuni:

Siceffata sinum lachrymis implevit obortis.

Molto maggiorornamento di concetti cerca nel duodecimodescrivendo il pianto diLaviniae con maggiori ornamenti di parole lo spiega:

Accepitvocem lacrymis Lavinia matris
Flagrantes perfusa genas; cuiplurimus ignem
Subiecit ruboret calefacta per ora cucurrit.
Indum sanguineo veluti violaverit ostro
Si quis eburautmixta rubent ubi lilia multa
Alba rosa: tales virgo dabat orecolores.

Fioriti concetti sono questie quasi síche non siano assai piú ridenti quegli altri

Perlee rose vermiglie ove l'accolto
Dolor formava voci ardenti ebelle
Fiamma i sospir le lagrime cristallo
.

E questoultimoper aventura da Virgilio non saria stato ammesso. Némeno quelli:

Amor; sennovalorpietade e doglia
Faceanpiangendo un piú dolce concento
D'ogni altro che nel mondoudir si soglia
Ed era il ciel a l'armonia sí intento
Chenon si vedea in ramo mover foglia;
Tanta dolcezza avea pien l'aeree 'l vento!.

Semplicissimi concetti son quelli di Virgilionel descrivere il sorger de l'aurora:

Humentemque Aurorapolo dimoverat umbram

e

Oceanum intereasurgens Aurora reliquit.

Descrivendo la medesima cosa ilPetrarca va cercando ogni amenità di concettie quali sono iconcettitali ritrova le parole:

Il cantar novo e 'lpianger de gli augelli
In su 'l dí fanno risentir levalli;
E 'l mormorar di liquidi cristalli
Giú perlucidi freschi rivi e snelli;
Quellaecc.

Apparedunqueche la diversità de lo stile nasce da la diversitàde' concetti i quali sono diversi nel lirico e ne l'epicoediversamente spiegati. Né si conclude che da' concetti nonnascano gli stili; perché trattando i medesimi concetti illirico e l'epicodiversi nondimeno siano gli stili. Perchénon vale (il direndr): tratta le medesime coseadunque tratta imedesimi concetti; come di sopra dichiarammo: ché ben si puòtrattare la medesima cosa con diversi concetti. E perché piúappaia la veritàdi tutto questoveggasi come lo stile del'epico quando tratta concetti lirici (e questo non determino io giàse s'abbia da fare) tutto lirico si faccia; veggasi come amenocomevagocome fiorito è l'Ariosto quando disse:

Era ilbel viso suo qual esser suole

con quello che séguita.Ché in effettousando quei concetti sí amenine vennelo stile sí lirico che forse piú non si potriadesiderare. Veggasi parimente in Virgilio come usando concetti dolcie pieni d'amenitàvestitili poi di quella vaghezzad'elocuzionene risultò lo stile mediocre e fiorito. Leggasinel quarto la descrizione della notte:

Nox eratetplacidumecc.'.

La qual materia con medesimi concetticioè amenitrattò il Petrarca in quel sonetto:

Orche 'l cielo e la lerra e 'l vento tace;

dove per non viessere dissimilitudine di concettinon v'è ancodissimilitudine di stile. E quinci si raccolgache se il lirico el'epico trattasse le medesime cose co' medesimi concettinerisulterebbe che lo stile de l'uno e de l'altro fosse il medesimo.


Siha adunque che lo stile nasce da' concettie da' concettiparimente le qualità del versocioèche sianoo gravio umili ecc. Il che si può anco cavare da Virgilioche umilemediocree magnifico fece il medesimo verso con lavarietà de' concetti. Che se da la qualità del verso sideterminassero i concettiavria trattato con l'esametronato persua natura a la gravitàle cose pastorali con magnificenza.Né si dubiti perché alcuna volta usi il lirico lamagnifica forma di direl'epico la mediocre e l'umile; perchéla determinazione de la cosa si fa sempre da quella parte chesignoreggia: ed hassi prima riguardo a quello che viene ad essereintenzione principale. Ondebenché l'epico usi alcuna voltalo stile mediocrenon deve per questo esser che lo stile suo nondebba essere detto magnificocome quello che èprincipalissimo di lui; cosí del lirico ancorasenza alcunacontroversiapotremo dire.