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Gaspara Stampa



RIMED'AMORE





Allo illustre mio Signore

    Poi che le mie pene amoroseche peramor di V. S. porto scritte in diverse lettere e rimenon hanpossutouna per unanon pur far pietosa V. S. verso di memafarla né anco cortese di scrivermi una parolaio mi sonrissoluta di ragunarle tutte in questo libroper vedere se tutteinsieme lo potranno fare. Qui dunque V. S. vedrà non ilpelago delle passionidelle lagrime e de' tormenti mieiperchéè mar senza fondo; ma un piccolo ruscello solo di esse; népensi V. S. ch'io abbia ciò fatto per farla conoscentedella sua crudeltàperché crudeltà non sipuò diredove non è obligoné percontristarnela; ma per farla più tosto conoscente dellasua grandezza ed allegrarla. Perchévedendo esser uscitidalla durezza vostra verso di me questi frutticongetureràquali saranno quelliche usciranno dalla sua pietàseaverrà mai che i cieli me la faccino pietosa: o obiettonobileo obietto chiaroo obietto divinopoi che tormentandoancora giovi e fai frutto. Legga V. S. dunquequando averàtriegua delle sue maggiori e più care curele note dellecure amorose e gravi della sua fidissima ed infelicissimaAnassilla; e da questa ombra prenda argomento quali ella le debbaprovare e sentir nell'animo; ché certose accaderàgiamai che la mia povera e mesta casa sia fatta degna delricevere il suo grande osteche è V. S.io son sicurache i lettile camerele sale e tutto racconteranno i lamentii singultii sospiri e le lagrimeche giorno e notte ho sparsechiamando il nome di V. S.benedicendo però sempre nelmezzo de' miei maggior tormenti i cieli e la mia buona sortedella cagion d'essi: percioché assai meglio è pervoicontemorireche gioir per qualunque. Ma che fo io? Perchésenza bisogno tengo V. S. troppo lungamente a noiaingiuriandoanco le mie rimequasi che esse non sappian dir le lor ragionied abbian bisogno dell'altrui aita? Rimettendomi dunque ad essefarò finepregando V. S.per ultimo guiderdone della miafedelissima servitùche nel ricever questo poverolibretto mi sia cortese sol di un sospiroil quale refreschicosì lontano la memoria della sua dimenticata edabbandonata Anassilla. E tulibretto miodepositario delle mielagrimeappreséntati nella più umil forma chesapraidinanzi al signor nostroin compagnia della mia candidafede. Ese in recevendoti vedrai rasserenar pur un poco queimiei fatali ed eterni lumibeate tutte le nostre fatiche efelicissime tutte le nostre speranze; e ti resta seco eternamentein pace.



I

      Voich'ascoltate in queste meste rime
in questi mestiin questioscuri accenti
il suon degli amorosi miei lamenti
e de lepene mie tra l'altre prime
      ovefia chi valor apprezzi e stime
glorianon che perdonde'miei lamenti
spero trovar fra le ben nate genti
poi che lalor cagione è sì sublime.
      Espero ancor che debba dir qualcuna:
- Felicissima leida chesostenne
per sì chiara cagion danno sìchiaro!
      Dehperchétant'amortanta fortuna
per sì nobil signor a me nonvenne
ch'anch'io n'andrei con tanta donna aparo?


II

      Eravicino il dì che 'l Creatore
che ne l'altezza suapotea restarsi
in forma umana venne a dimostrarsi
dalventre virginal uscendo fore
      quandodegnò l'illustre mio signore
per cui ho tanti poilamenti sparsi
potendo in luogo più altoannidarsi
farsi nido e ricetto del mio core.
      Ond'iosì rara e sì alta ventura
accolsi lieta; eduolmi sol che tardi
mi fe' degna di lei l'eternacura.
      Da indi in quapensieri e speme e sguardi
volsi a lui tuttifuor d'ognimisura
chiaro e gentilquanto 'l sol giri eguardi.


III

      Sedi rozzo pastor di gregge e folle
il giogo ascreo fe' diventarpoeta
luiche poi salse a sì lodata meta
che quasia tutti gli altri fama tolle
      chemeraviglia fia s'alza ed estolle
me bassa e vile a scrivertanta pièta
quel che può più che studio eche pianeta
il mio verdepregiato ed alto colle?
      Lacui sacraonorata e fatal ombra
dal mio corquasi sùbitatempesta
ogni ignoranzaogni bassezza sgombra.
      Questada basso luogo m'ergee questa
mi rinnova lo stilla venaadombra;
tanta virtù nell'alma ognor midesta!


IV

      Quandofu prima il mio signor concetto
tutti i pianeti in cieltutte le stelle
gli dier le graziee queste doti equelle
perch'ei fosse tra noi solo perfetto.
      Saturnodiègli altezza d'intelletto;
Giove il cercar le cosedegne e belle;
Marte appo lui fece ogn'altr'uomo imbelle;
Febogli empì di stile e senno il petto;
      Venergli dié bellezza e leggiadria;
eloquenza Mercurio; mala luna
lo fe' gelato più ch'io non vorria.
      Diqueste tante e rare grazie ognuna
m'infiammò de lachiara fiamma mia
e per agghiacciar lui restòquell'una.


V

      Ioassimiglio il mio signor al cielo
meco sovente. Il suo belviso è 'l sole;
gli occhile stellee 'l suon de leparole
è l'armoniache fa 'l signor di Delo.
      Letempestele pioggei tuoni e 'l gelo
son i suoi sdegniquando irar si suole;
le bonacce e 'l sereno è quandovuole
squarciar de l'ire sue benigno il velo.
      Laprimavera e 'l germogliar de' fiori
è quando ei fafiorir la mia speranza
promettendo tenermi in questostato.
      L'orrido verno èpoiquando cangiato
minaccia di mutar pensieri estanza
spogliata me de' miei più ricchionori.


VI

      Unintelletto angelico e divino
una real natura ed un valore
undisio vago di fama e d'onore
un parlar saggiograve epellegrino
      un sangueillustreagli alti re vicino
una fortuna a poche altreminore
un'età nel suo proprio e vero fiore
un attoonestomansueto e chino
      unviso più che 'l sol lucente e chiaro
ove bellezza egrazia Amor riserra
in non mai più vedute o uditetempre
      fûr lecateneche già mi legâro
e mi fan dolce edonorata guerra.
O pur piaccia ad Amor che stringansempre!


VII

      Chivuol conoscerdonneil mio signore
miri un signor di vago edolce aspetto
giovane d'anni e vecchio d'intelletto
imaginde la gloria e del valore:
      dipelo biondoe di vivo colore
di persona alta e spaziosopetto
e finalmente in ogni opra perfetto
fuor ch'un poco(oimè lassa!) empio in amore.
      Echi vuol poi conoscer merimiri
una donna in effetti ed insembiante
imagin de la morte e de' martiri
      unalbergo di fé salda e costante
unacheperchépiangaarda e sospiri
non fa pietoso il suo crudelamante.


VIII

      Secosì come sono abietta e vile
donnaposso portar sìalto foco
perché non debbo aver almeno un poco
diritraggerlo al mondo e vena e stile?
      S'Amorcon novoinsolito focile
ov'io non potea girm'alzòa tal loco
perché non può non con usatogioco
far la pena e la penna in me simìle?
      Ese non può per forza di natura
puollo almen permiracoloche spesso
vincetrapassa e rompe ognimisura.
      Come ciòsia non posso dir espresso;
io provo ben che per mia granventura
mi sento il cor di novo stileimpresso.


IX

      S'aviench'un giorno Amor a me mi renda
e mi ritolga a questo empiosignore;
di che paventa e non vorrebbeil core
tal gioiadel penar suo par che prenda;
      voichiamerete invan la mia stupenda
fedee l'immenso e smisuratoamore
di vostra crudeltàdi vostro errore
tardipentiteove non è chi intenda.
      Edio cantando la mia libertade
da così duri lacci ecrudi sciolta
passerò lieta a la futuraetade.
      Ese giusto pregarin ciel s'ascolta
vedrò forse anco in man dicrudeltade
la vita vostra a mia vendettainvolta.


X

      Altocollegradito e grazioso
novo Parnaso mionovo Elicona
ovepoggiando attendo la corona
de le fatiche mie dolceriposo:
      quanto sei qui tranoi chiaro e famoso
e quanto sei a Rodano e a Garona
adir in rime alto disio mi sprona
ma l'opra è talchecominciar non oso.
      Anziquanto averrà che mai ne canti
fia pura ombra del verperciò che 'l vero
va di lungo il mio stil e l'altruiinnanti.
      Le tue frondi e'l tuo giogo verdi e 'ntero
conservi 'l cieloalbergo degliamanti.
colle gentildignissimo d'impero.


XI

      Arborfeliceaventuroso e chiaro.
onde i due rami sono al mondonati
che vanno in altoe son già tanto alzati
quantoraro altri rami unqua s'alzâro:
      ramiche vanno ai grandi Scipi a paro
o s'altri fûr di lormai più lodati
(ben lo sanno i miei occhifortunati
che per bearsi in un d'essi miraro)
      atetroncoa voi ramisempre il cielo
piova rugiadasìche non v'offenda
per avversa stagion caldonégelo.
      La chioma vostra el'ombra s'apra e stenda
verde per tutto; e d'onoratozelo
odorfiorfrutti a tutt'Italia renda.


XII

      Dehperché così tardo gli occhi apersi
nel divinnon umano amato volto
ond'io scorgomirandoimpresso escolto
un mar d'alti miracoli e diversi?
      Nonavreilassagli occhi indarno aspersi
d'inutil pianto inquesto viver stolto
né l'alma avriacom'hapoco némolto
di Fortuna o d'Amore onde dolersi.
      Esarei forse di sì chiaro grido
chemercé de lostilch'indi m'è dato
risoneria fors'Adria oggie 'lsuo lido.
      Ond'io solpiango il mio tempo passato
mirando altrove; e forse anche mifido
di far in parte il foco mio lodato.


XIII

      Chidarà penne d'aquila o colomba
al mio stil bassosìch'ei prenda il volo
da l'Indo al Mauro e d'uno in altropolo
ove arrivar non può saetta o fromba?
      equasi amara e risonante tromba
la bellezzail valoralmondo solo
di quel bel visoch'io sospiro e còlo
descrivasìche l'opra non soccomba?
      Mapoi che ciò m'è toltoed io poggiare
per mestessa non posso ove conviene
sì che l'opra e lo stilvadan di pare
      l'udrannosol queste felici arene
questo d'Adria beato e chiaromare
porto de' miei diletti e di mie pene.


XIV

      Chemeraviglia fus'al primo assalto
giovane e solaio restaipresa al varco
stando Amor quindi con gli strali e l'arco
eferendo per mezzoor basso or alto
      indi'l signor che 'n rime orno ed essalto
quanto più possoe 'l mio dir resta parco
con due occhianzi straichespesso incarco
han fatto al sole e con un cor dismalto?
      Ed essendo da latoanche imboscate
sì ch'a modo nessun fess'iodifesa
alla virtute e chiara nobiltate?
      Datanti e ta' nemici restai presa;
né mi duolpur chel'alma mia beltate
or che m'ha vintanon faccia altraimpresa.


XV

      Voiche cercando ornar d'alloro il crine
per via di stileal belmonte poggiate
con quante si fe' mai salde pedate
animesaggedotte e pellegrine
      inquesto marche non ha fondo o fine
le larghe vele innanzi ame spiegate
e gli onori e le grazie ad un cantate
del miosignor sì rare e sì divine:
      perchésoggetto sì sublime e solo
senz'altra aita di feliceingegno
può per se stesso al cielo alzarci avolo.
      Io per me sola adimostrar ne vegno
quanto l'amo ad ognunquanto lo còlo;
made le lode sue non giungo al segno.


XVI

      Sìcome provo ognor novi diletti
ne l'amor mioe gioie nonusate
e veggio in quell'angelica beltate
sempre novimiracoli ed effetti
      cosìvorrei aver concetti e detti
e parole a tant'opraappropriate
sì che fosser da me scritte e cantate
efatte cónte a mille alti intelletti.
      Etudissero l'altre che verranno
con quanta invidia lor sia gitaaltera
de l'amoroso mio felice danno;
      evedesse anche la mia gloria vera
quanta i begli occhi luce eforza hanno
di far beata altruibenché sipèra.


XVII

      Ionon v'invidio puntoangeli santi
le vostre tante glorie etanti beni
e que' disir di ciò che bramanpieni
stando voi sempre a l'alto Sire avanti;
      perchéi diletti miei son tali e tanti
che non posson capire in corterreni
mentr'ho davanti i lumi almi e sereni
di cuiconven che sempre scriva e canti.
      Ecome in ciel gran refrigerio e vita
dal volto Suo solete voifruire
tal io qua giù da la beltàinfinita.
      In questo solvincete il mio gioire
che la vostra è eterna estabilita
e la mia gloria può tostofinire.


XVIII

      Quandoi' veggio apparir il mio bel raggio
parmi veder il solquand'esce fòra;
quando fa meco poi dolcedimora
assembra il sol che faccia suo viaggio.
      Etanta nel cor gioia e vigor aggio
tanta ne mostro nelsembiante allora
quanto l'erbache pinge il sol ancora
amezzo giorno nel più vago maggio.
      Quandopoi parte il mio sol finalmente
parmi l'altro vederchescolorita
lasci la terra andando in occidente.
      Mal'altro torna e rende luce e vita;
e del mio chiaro e lucidooriente
è 'l tornar dubbio e certa lapartita.


XIX

      Comechi mira in ciel fisso le stelle
sempre qualcuna nuova ve nescorge
che non più vista priafra tanti sorge
chiarilumi del mondoalmefiammelle;
      mirandofisso l'alte doti e belle
vostresignordi qualcunas'accorge
l'occhio mio novache materia porge
unde di leisi scriva e si favelle.
      Masì come non può gli occhi del cielo
tuttiperch'occhio veggaraccontare
lingua mortal e chiusa in umanvelo
      io posso ben ivostri onor mirare
ma la più parte d'essi ascondo ecelo
perché la lingua a l'opra non èpare.


XX

      Ilbelche fuor per gli occhi apparee 'l vago
del mio signor edel suo dolce viso
è tanto e talche fa restarconquiso
ognun che 'l miradi gran lungae pago.
      Mase qual è un cervier occhio e mago
potesse altri mirarintento e fiso
quel che fuor non si mostraun paradiso
dimeraviglie vi vedrebbeun lago.
      Ele donne non purma gli animali
l'erbele piantel'ondeiventi e i sassi
farian arder d'amor gli occhifatali.
      Quest'una graziaagli occhi miei sol dassi
in guiderdon di tanti e tantimali
per onde a tanto ben poggiando vassi.


XXI

      -S'ioche son dioed ho meco tant'armi
non posso star coltuo signor a prova
ed è la sua bellezza unica enova
pronta mai sempre a tante ingiurie farmi
      comea tuo pro poss'ora io consigliarmi
e darti il modocon chetu rimova
per via di preghidi consiglio o carmi?
      Tibisogna aspettar tempo o fortuna
quel saldo ghiaccioche nelcor si trova
che ti guidino a questo; ed altra via
non tiposso mostrarse non quest'una. -
      Cosìmi dicee poi si vola via;
ed io mi restoal sole ed a laluna
piangendo sempre la sventuramia.


XXII

      Rivolgetetalor pietoso gli occhi
da le vostre bellezze a le miepene
sì che quant'alterezza indi vi viene
tantaquindi pietate il cor vi tocchi.
      Vedretequal martìr indi mi fiocchi
vedrete vòte lefaretre e piene
che preste a' danni miei sempre Amortiene
quando avien che ver' me l'arco suo scocchi.
      Eforse la pietà del mio tormento
vi moveràdov'or ne gite altero
non lo vedendo voiqual io losento;
      così pensosaio menoe men voi fiero
ritorneretee cento volte ecento
benedirete i ciel che mi vidiêro.


XXIII

      Grazieche fate mai sempre soggiorno
negli occhi ch'amoe quei poide le prede
che fan tante di noivostra mercede
fanno iltempio d'Amor ricco et adorno
      quandoscherzate a que' bei rai d'intorno
co' pargoletti Amorchev'hanno sede
fate fede a colui de la mia fede
che 'ntante carte omai celebro ed orno.
      Ese di Grazie avete il nome e l'opra
fatemi graziosi que' duegiri
ch'a lo splendor del sol stanno di sopra.
      Epoi c'hanno adescato i miei desiri
fate (così maimorte non li copra)
che non mi lascin preda de'martìri.


XXIV

      Venganquante fûr mai lingue ed ingegni
quanti fûr stiliin prosae quanti in versi
e quanti in tempi e paesidiversi
spirti di riverenza e d'onor degni;
      nonfia mai che descrivan l'ire e' sdegni
le noie e i danniche'n amor soffersi
perché nel vero tanti e talifêrsi
che passan tutti gli amorosi segni.
      Enon fia anche alcunche possa dire
anzi adombrar la schierade' diletti
ch'Amorla sua mercémi fasentire.
      Voich'ad amarper grazia sète eletti
non vi dolete dunque dipatire;
perché i martir d'Amor sonbenedetti.


XXV

      -Trâmi- dico ad Amor talora - omai
fuor de le man di questo crudo edempio
che vive del mio danno e del mio scempio
per chiarsi ed ardo ancorcanto e cantai.
      Poiche con tanti miei tormenti e guai
sua fiera voglia ancor nonpago od empio
o di Diana avaro e crudo tempio
quando delsangue mio sazio sarai? -
      Poitorno a mee del mio dir mi pento:
sì l'irailrimembrar pur luimi smorza
che de' miei non vorrei meno untormento.
      Con sìnov'arte e con sì nova forza
la bellezza ch'io amoech'io pavento
ogni senso m'intricaoffusca esforza.


XXVI

      Arsipiansicantai; piangoardo e canto;
piangeroarderòcanterò sempre
(fin che Morte o Fortuna o tempostempre
a l'ingegnoocchi e corstilfoco epianto)
      la bellezzailvalor e 'l senno a canto
che 'n vaghesagge ed onoratetempre
Amornatura e studio par che tempre
nel voltopetto e cor del lume santo:
      chequando vienee quando parte il sole
la notte e 'l giornoognorla state e 'l verno
tenebre e luce darmi e tôrmisuole
      tanto con l'occhiofuorcon l'occhio interno
agli atti suoiai modia leparole
splendordolcezza e grazia ividiscerno.


XXVII

      Altrimai focostralprigione o nodo
sì vivo e acutoe sìaspra e sì stretto
non arseimpiagòtenne estrinse il petto
quanto 'l mi' ardenteacutoacerba esodo.
      Né qual iomoro e nascoe peno e godo
mor'altra e nascee pena ed hadiletto
per fermo e vario e bello e crudo aspetto
che 'nvoci e 'n carte spesso accuso e lodo.
      Néfûro ad altrui mai le gioie care
quanto è a mequando mi doglio e sfaccio
mirando a le mie luci or fosche orchiare.
      Mi dorràsolse mi trarrà d'impaccio
fin che potrò eviver ed amare
lo stral e 'l foco e la prigione e 'llaccio.


XXVIII

      Quandoinnanti ai begli occhi almi e lucenti
per mia rara ventura almondoi' vegno
lo stilla lingual'ardire e l'ingegno
ipensierii concetti e i sentimenti
      orestan tutti oppressi o tutti spenti
e quasi muta e stupidadivegno;
o sia la riverenzain che li tegno
o sia chesono in quel bel lume intenti.
      Bastach'io non so mai formar parola
sì quel fatale e miodivino aspetto
la forza insieme e l'anima m'invola.
      Omirabil d'Amore e raro effetto
ch'una sol cosauna bellezzasola
mi dia la vitae tolgal'intelletto!


XXIX

      Mentr'ioconto fra me minutamente
le doti del mio conte a parte aparte
nobilitatebellezzaingegno ed arte
che lo fanchiaro sovra l'altra gente
      talee tanto piacer l'anima sente
chesendo tutte le sue virtùsparte
mi meraviglio come non si parte
volando al cielper starci eternamente.
      Ecerto v'anderiase non temesse
che restasse il suo ben da leidiviso
e men beato il suo stato rendesse;
      perché'l suo vero e proprio paradiso
quello che per bearsi ella sielesse
è 'l mio dolce signor e 'l suo belviso.


XXX

      Fraquell'illustre e nobil compagnia
di grazieche vi fanconteimmortale
s'erge più d'altra e vaga stende l'ale
delcanto la dolcissima armonia.
      Quellain noi ogni acerba cura e ria
può render dolcee farlieve ogni male;
quellaquand'Euro più fierol'assale
può render queto il mar turbatopria.
      Il giuocoil risoVenere e gli Amori
si veggon l'aere far serenointorno
ovunque suoni il dolce accento fuori.
      Ediopotendo far con voi soggiorno
a l'armonia di quei celesticori
poco mi curerei di far ritorno.


XXXI

      Chinon sa come dolce il cor si fura
come dolce s'oblia ognimartìre
come dolce s'acqueta ogni desire
sìche di nulla più l'alma si cura
      vengaper sua rarissima ventura
una sol volta voiconteadudire
quando solete cantando addolcire
la terra e 'l cieloe ciò che fe' natura.
      Alsuon vedrà degli amorosi accenti
farsi l'aere sereno edarrestare
l'orgoglio l'acquele tempeste e i venti.
      Evisto poi quel che potete fare
crederà ben che tigriorsi e serpenti
arrestasse anche Orfeo col suocantare.


XXXII

      Perle saette tueAmorti giuro
e per la tua possente e sacraface
chese ben questa m'arde e 'l cor mi sface
e quellemi ferisconnon mi curo;
      quantunquenel passato e nel futuro
qual l'une acutee qual l'altravivace
donne amorosee prendi qual ti piace
chesentisser giamai né fianné fûro;
      perchénasce virtù da questa pena
che 'l senso del dolorvince ed abbaglia
sì che o non duoleo non si senteappena.
      Quelche l'animae 'l corpo mi travaglia
è la temenza ch'a morir mimena
che 'l foco mio non sia foco dipaglia.


XXXIII

      Quandosarete mai sazie e satolle
del lungo strazio miode le miepene
luciassai più che 'l sol chiare eserene
ch'ora illustrate il vostro amato colle?
      Quandofia che non sia di pianto molle
il petto mioch'a gran penasostiene
l'anima fuggitivaor che la spene
ch'era sìpocaancora Amor ne tolle?
      Quandofia che vi vegga un dì pietose
e duri la pietàvostrae non manchi
tostocome le lievi e fralicose?
      O non fialassamaio saran bianchi
questi crin primae quei sensiamorosi
accesi or sìsaranno freddi estanchi.


XXXIV

      Saituperché ti mise in manoAmore
gli stral tua madreed agli occhi la benda?
Perché quella saettiimpiaghie fenda
i cor di questo e quel fido amatore;
      econ questi non possi veder fuore
de' colpi tuoi la crudeltàstupenda
sì che pietoso affatto non ti renda
oalmen non tempri l'empio tuo furore.
      Chese vedessi un dì la piaga mia
o non saresti diomacruda fèra
o pietoso o men aspro ti faria.
      Nonvorrei già che tu vedessi in cera
i raggi del mio sol;ché ti parria
forse a l'incontro picciola eleggera.


XXXV

      Accoglietebenignio colleo fiume
albergo de le Grazie alme ed'Amore
quella ch'arde del vostro alto signore
e vive solde' raggi del suo lume;
      ese fate ch'amando si consume
men aspramente il mio infiammatocore
pregherò che vi sieno amiche l'ore
ogni ninfasilvestre ed ogni nume
      elascerò scolpita in qualche scorza
la memoria di tantacortesia
quando di lasciar voi mi sarà forza.
      Malassaio sento che la fiamma mia
che devrebbe scemarpiùsi rinforza
e più ch'altrove qui s'ama edisia.


XXXVI

      Cesaree Ciroi vostri fidi spegli
in cui mai sempresignorvimirate
poi ch'a seguir le lor chiare pedate
par checiascun di lor v'infiammi e svegli
      perchésì come è stato questi e quegli
essempio diclemenzia e di pietate
solo in questa virtùv'allontanate
da que' due chiari ed onorativegli?
      Perché nonsète voi mite e clemente
a me vostra prigionvostrafattura
come fûr essi a l'acquistata gente?
      Anziforse voi sète di natura
mite con tuttie mecosolamente
d'aspra e spietata. Oh mia sommasventura!


XXXVII

      Alteronidoove 'l mio vivo sole
prese da prima il suo terrenoincarco;
onde però va più leggero e scarco
diquel che da tutt'altri andar si suole;
      i'vorrei dirma non so far parole
di tanti e tanti pregiondesei carco;
perché lo stil a l'alta impresa èparco
e via più a chi t'onora entro e ticole.
      Perciò mitaccioe prego 'l ciel che sempre
ti serbi un questo lieto evago stato
in queste care e graziose tempre;
      erenda ognor più chiaro e più lodato
il tuosignor e mioe ch'i' mi stempre
sempre nel mio bel foco altoe pregiato.


XXXVIII

      Qualunquedal mio petto esce sospiro
ch'escono ad or ad or ardenti espessi
dal dì che per mio sole gli occhi elessi
ch'aprima vista a morte mi ferîro
      vannoverso il bel colleove pur miro
benché lontanaevanno anche con essi
i miei pensieri e tutti i sensistessi;
né val s'io li ritengo o liritiro
      perché lapropria loro e vera stanza
son que' begli occhi e quella almabeltade
che prima mi destâr la desianza.
      Opur sieno ivi accolti da pietade!
di che non speropoi cheper usanza
vi suol sempre aver luogocrudeltade.


XXXIX

      Secon tutto il mio studio e tutta l'arte
io non posso accennarpur quanto e quale
è 'l foco mio dal dì che 'lprimo strale
m'aventò Amor ne la sinistraparte
      come volete voisignorche ex parte
l'altrui voglie amorose e l'altruimale
con questa forza stanca e così frale
i' dica invive vocio scriva in carte?
      Datemio 'l ciel più stile o voi men pena
ond'abbia o piùvigor o men martìre
sì che la vostra vogliaresti piena.
      Ese ciònon si puòvostro desire
adempiete da voich'avetevena
stile ed ingegno eguale al vostrodire.


XL

      Ondeche questo mar turbate spesso
come turba anco me lagelosia
venite a starvi meco in compagnia
poi che mi sètesì care e sì presso:
      cosìfiero Austro ed Aquilon con esso
men importuno e men crudo visia;
così triegua talor Eolo vi dia
quel ch'a me dal'amor non m'è concesso.
      Lassach'io ho da pianger tanto e tanto
che l'umorche per gliocchi verso fore
è poco o nullase fossealtrettanto.
      Voi mi daretevoi del vostro umore
quanto mi basti a disfogar il pianto
chesi conviene a l'alto mio dolore.


XLI

      Ahise così vi distrignesse il laccio
comemiseramestrigne ed affrena
non cerchereste d'una in altra pena
girmitraendoe d'uno in altro impaccio;
      maperch'io son di foco e voi di ghiaccio
voi sete in libertadeed io 'n catena
i' son di stanca e voi di franca lena
voivivete contento ed io mi sfaccio.
      Voimi ponete leggich'a portarle
non basterian le spalle diMilone
non ch'io debile e fral possaosservarle.
      Seguitepoiche 'l ciel così dispone:
forse ch'un giorno Amorpotria mutarle;
forse ch'un dì farà la miaragione.


XLII

      Tupur mi promettesti amica pace
Amoril dì che tuaserva divenni
mostrandomi i begli occhii guardi e icenni
ove tua madre alberga e si compiace.
      Edorquasi signor empio e fallace
poi ch'una volta il tuogiogo sostenni
ad or ad or nove saette impenni
ed accendiuna ed or un'altra face;
      emi trafigi e mi consumi il core
col mezzo de l'orgoglio dicolui
che tanto godequanto altri si more.
      Cosìmisera metradita fui
giovane incautasotto féd'Amore;
e doler mi vorreiné so dicui.


XLIII

      Duraè la stella miamaggior durezza
è quella delmio conte: egli mi fugge
i' seguo lui; altri per me sistrugge
i' non posso mirar altra bellezza.
      Odiochi m'amaed amo chi mi sprezza:
verso chi m'è umìleil mio cor rugge
e son umìl con chi mia spemeadugge;
a così stranio cibo ho l'almaavezza.
      Egli ognor dàcagione a novo sdegno
essi mi cercan dar conforto e pace;
i'lasso questied a quell'un m'attegno.
      Cosìne la tua scolaAmorsi face
sempre il contrario di quelch'egli è degno:
l'umìl si sprezzae l'empio sicompiace.


XLIV

      Setu vedessio madre degli Amori
e teco insieme il tuo figliodiletto
l'accese e vive fiamme del mio petto
a qualialtre fûr mai pari o maggiori;
      setu vedessi i pelaghi d'umori
chedapoi che 'l mio cor ti fusoggetto
mercé del vago e grazioso aspetto
perquesti occhi dolenti verso fuori;
      soch'avresti pietà del mio gran pianto
e de la fiamma miaspietata e ria
che per sfogar talor descrivo ecanto.
      Ma voi feriteepoi fuggite via
più che folgor velocied io fratanto
resto col pianto e con la fiamma mia.


XLV

      Iovo pur descrivendo d'ora in ora
la beltà vostra e 'lvostro raro ingegno
e 'l valor d'altro stilche del miodegno
se non quant'ei più d'altro maiv'onora;
      néperch'io m'affatichigiungo ancora
di tanti pregi vostri alminor segno
conted'ogni virtù nido e sostegno
senzacui la mia vita morte fôra.
      Cosìs'io prendo a scriveril mio foco
è tanto e taldach'egli da voi nasce
che s'io ne dico assaine dicopoco.
      Questo e quello ilmio cor nutrisce e pasce
e questo e quel mi dà martir egioco:
così fui destinata entro lefasce.


XLVI

      Altocollealmo fiumeove soggiorno
fan le virtuti e le Grazie egli Amori
dal dì che dimostraste al mondo fòri
chifa mechi fa lui chiaro et adorno
      asserenatu 'l frontealza tu 'l corno
tu con nove acquee tu connovi fiori
or che facolmo anch'ei di novi onori
ilsignor vostro e mio a voi ritorno.
      Epoi che fia con voiper cortesia
oprate sì ch'a meritorni tosto;
ché viver senza lui pocoporìa.
      Cosìstia 'l verno a voi sempre discosto
così Flora ePomona in compagnia
vi faccian sempre aprile e sempreagosto.


XLVII

      Ioson da l'aspettar omai sì stanca
sì vinta daldolor e dal disio
per la sì poca fede e molto oblio
dichi del suo tornarlassami manca
      cheleiche 'l mondo impalidisce e 'mbianca
con la sua falce e dàl'ultimo fio
chiamo talor per refrigerio mio
sì 'ldolor nel mio petto si rinfranca.
      Edella si fa sorda al mio chiamare
schernendo i miei pensierfallaci e folli
come sta sordo anch'egli al suotornare.
      Così colpiantoond'ho gli occhi miei molli
fo pietose quest'onde equesto mare;
ed ei si vive lieto ne' suoicolli.


XLVIII

      Comel'augelch'a Febo è grato tanto
sovra Meandroovesuol far soggiorno
quando s'accosta il suo ultimogiorno
move più dolci le querele e 'l canto
      taliolontana dal bel viso santo
sovra il superbo d'Adria ericco corno
mortetéma ed orror avendointorno
affinolassale querele e 'l pianto.
      Esono in questo a quell'uccel minore:
che per quellaondevenneistessa traccia
ritorna a Febo il suo dilettoolore;
      ed ioperchémorendo mi disfaccia
non pur non torno a star col miosignore
ma temo che di me tutto glispiaccia.


XLIX

      Qualsempre a' miei disir contraria sorte
fra la spiga e la man mis'è trasmessa
sì che la gioiache mi fupromessa
tarda tanto a venir per darmi morte?
      Lemie due vivedue fidate scorte
il signor mioanzi l'animastessa
l'imaginche nel cor m'è sempreimpressa
perché non batte omailassaa leporte?
      L'alma allargata aquesta nova speme
che ristretta nel duol prendeavigore
mancherà tosto certose non viene.
      Esaran de' miracoli d'Amore
ch'un'ombra breve di speratobene
tolga altrui vitae dia vita il dolore.


L

      Poich'Amor mi ferì di crude ponte
vostra mercéqual sète vivo e vero
v'ho scolpito nel fronte e nelpensiero
sì che nessun sembiante piùs'affronte.
      Il visostessoil proprio stesso fronte
il proprio ciglio umilementealtero
gli occhi stessii due sol de l'emisfero
lestesse grazie e le fattezze conte;
      inquesto il mio ritratto è dissimìle:
chéqual mi sètevi mostra alteretto
là dove sètea tutti gli altri umìle.
      Oraper far ch'anch'io v'abbia perfetto
per far ch'anch'io purv'abbia a voi simìle
emendate anche meco un taldifetto.


LI

      VieniAmora veder la gloria mia
e poi la tua; ché l'oprade' tuoi strali
ha fatto ambeduo noi chiariimmortali
ovunque per Amor s'ama e disia.
      Chiarafe' meperché non fui restia
ad accettar i tuoi colpimortali
essendo gli occhionde fui presaquali
naturanon fe' mai posciané pria;
      chiarofe' teperché a lodarti vegno
quanto più possoin rime ed in parole
con quellache m'hai datovena eingegno.
      Or a te siconvien far che quel sole
che mi desti per guida e persostegno
non lasci oscure queste luci esole.


LII

      Beatelucior se mi fate guerra
voidonde può venir sol lamia pace;
se 'l viver mio a voiluci almespiace
e la miavita in voi solo si serra;
      miconverrà (e chi nol crede s'erra)
o viver sempre inguerra aspra e tenace
o tosto tosto l'anima fugace
lasciatoil corpose n'andrà sotterra.
      Ecosì rimarrete senza poi
soggettoove possiateessercitare
la crudeltade vostraAmor e voi.
      Ione verrò al fine a guadagnare;
chémorend'unsenza peccati suoi
felicemente suol al cielpoggiare.


LIII

      Sed'arder e d'amar io non mi stanco
anzi crescermi ognor questoe quel sento
e di questo e di quello io non mi pento
comeAmor sache mi sta sempre al fianco
      ondeavien che la speme ognor vien manco
da me sparendo comenebbia al vento
la speme che 'l mio cor può farcontento
senza cui non si vivee non vissi anco?
      Nelmezzo del mio cor spesso mi dice
un'incognita téma: - Omiserella
non fia 'l tuo stato gran tempo felice;
      chéfra non molto poria sparir quella
luce degli occhi tuoi verabeatrice
ed ogni gioia tua sparir con ella.


LIV

      Senon temprasse il foco del mio core
l'umorche verso per gliocchi sì spesso
io avrei visto già di morte ilmesso
e l'alma ad ubidirla uscita fore;
      perchéla speme omai cede al timore
ed ogni cosa mia soggiace adesso
poi che si vede a mille segni espresso
che chi puòfarlo vuole il mio dolore.
      Dunques'io vivoè mercé del mio pianto;
s'io moroècolpa de le crude voglie
del mio signorin vista dolcetanto.
      Ei mi legòsì ch'altri non mi scioglie
ei vuol aver de la miamorte il vanto.
O poco chiare ed onoratespoglie!


LV

      Voiche 'n marmiin coloriin bronzoin cera
imitate e vincetela natura
formando questa e quell'altra figura
che poisomigli a la sua forma vera
      venitetutti in graziosa schiera
a formar la più bellacreatura
che facesse giamai la prima cura
poi che con lesue man fe' la primiera.
      Ritraggeteil mio contee siavi a mente
qual è dentro ritrarloequal è fore;
sì che a tanta opra non manchiniente.
      Fategli solamentedoppio il core
come vedrete ch'egli ha veramente
il suo e'l mioche gli ha donato Amore.


LVI

      Ritraggetepoi me da l'altra parte
come vedrete ch'io sono ineffetto:
viva senz'alma e senza cor nel petto
per miracold'Amor raro e nov'arte;
      quasinave che vada senza sarte
senza timonsenza vele etrinchetto
mirando sempre al lume benedetto
de la suatramontanaovunque parte.
      Edavvertite che sia 'l mio sembiante
da la parte sinistraafflitto e mesto;
e da la destra allegro etrionfante:
      il mio statofelice vuol dir questo
or che mi trovo il mio signordavante;
quelloil timor che sarà d'altrapresto.


LVII

      Achesignor affaticar invano
per ritrarvi e scolpirvi in marmio in carte
o gli altri c'hanno fama di quest'arte
o 'lchiaro Buonaroti o Tiziano
      sescolpito qual sète aperto e piano
v'ho nel petto e nelfronte a parte a parte
sì che l'imagin d'indi unquanon parte
perché siate voi presso o purlontano?
      Ma forse voivolete esser ritratto
in sembiante leale e grazioso
qualsète a tutti in ogn'opra in ogn'atto;
      dovelassach'a pena dirvel oso
vi porto impressoqual vi provoin fatto
un pochetto incostante edisdegnoso.


LVIII

      Dehperché non ho io l'ingegno e l'arte
di Lisippo ed'Apelleonde potessi
il visoche per sole al mondoelessi
dipinger e scolpir in qualche parte
      poiche non posso ben ritrarr'in carte
com'avrian con lo stileritratto essi
le mie due stellela cui luce impressi
priasì nel corche d'indi non si parte?
      Perch'iorimarrei sol con un tormento
d'amar e sospirare 'l corsaria
d'ogni altra cura poi pago e contento;
      dov'orpiango l'acerba pena mia
e piango ch'atta a pinger non misento
al mondo il mio bel sol quantodevria.


LIX

      Quellelagrime calde e quei sospiri
che vedete ch'io spargo sìcocenti
da poter arrestar il mar co' venti
quando aviench'ei più frema e più s'adiri
      comepotete voi coi vostri giri
rimirar non pur quetima contenti?
O cor di fère tigri e di serpenti
che vive solde' duri miei martìri!
      Dehprolungate almen per alcun'ore
questa vostra ostinatadipartita
fin che m'usi a portar tanto dolore;
      perciòch'a così sùbita sparita
io potrei de la vitarestar fuore
sol per servir a voi da megradita.


LX

      QuinciAmorquindi cruda empia Fortuna
m'affligon sìche nonso com'io possa
riparar questa e quell'altra percossa
chemi dànno a vicenda or l'altro or l'una.
      Aermarterracielsolstelle e luna
con quant'ha piùciascuna orgoglio e possa
a danno mioa mia ruinamossa
lassami si mostrò fin da la cuna.
      Equel ch'è sol il mio fido sostegno
per accrescermiduolfra sì brev'ora
partirassi da me senzaritegno.
      Almen venisseacerba morte ancora
mentr'io dolente mi lamento e sdegno
dale man di tant'oste a trarmi fòra!


LXI

      Chimi darà soccorso a l'ora estrema
che verràmorte a trarmi fuor di vita
tostodopo l'acerbadipartita
onde fin d'ora il cor paventa e trema?
      Madree sorella noperché la téma
questa e quella adolersi meco invita
e poi per prova omai la lor aita
nongiova a questa doglia alta e suprema.
      Ele vostre fidate amiche scorte
che di giovarmi avriano soleil come
saran lontane in quella altera corte.
      Dunquei' porrò queste terrene some
senza conforto alcunsenon di morte
sospirando e chiamando il vostronome.


LXII

      Orche torna la dolce primavera
a tutto il mondoa me sola siparte;
e va da noi lontana in quella parte
ov'è delsol più fredda assai la sfera.
      Eque' vermigli e bianchi fiorche 'n schiera
Amor nel viso disua man comparte
del mio signordel gran figlio diMarte
daranno agli occhi miei l'ultima sera
      efioriranno a genteove non fia
chi spiri e viva sol del lorodore
come fa la penosa vita mia.
      Otroppo iniquoe troppo ingiusto Amore
a comportar che degliamanti stia
sì lontano l'un l'altro il corpo e 'lcore!


LXIII

      Questopoco di tempo che m'è dato
anzi di vitaavanti ilpartir vostro
voi devresteo del mondo unico mostro
essermipur ad or ad or a lato;
      acciòche poiessendo dilungato
dal felice e natio terrenonostro
prenda vigor dal vago avorio ed ostro
il mio poisenza voimisero stato.
      Perchése vi partiteed io non prenda
prima vigor da voiconverràcerto
ch'a morte l'alma subito si renda.
      Edove al monte faticoso ed erto
d'onor poggiatetemo nonoffenda
questa macchia il candor del vostromerto.


LXIV

      Voiche novellamentedonneentrate
in questo pien di tèmae pien d'errore
largo e profondo pelago d'Amore
ove giàtante navi son spezzate
      siateaccortee tant'oltra non passate
che non possiate infineuscirne fore
né fidare in bonacce o 'n second'ore;
chécome a me vi fian tosto cangiate.
      Siadal mio essempio il vostro legno scorto
cui ria fortuna allordiede di piglio
che più sperai esser vicina alporto.
      Sovra tutto vi doquesto consiglio:
prendete amanti nobili; e conforto
questovi fia in ogni aspro periglio.


LXV

      Dehse vi fu giamai dolce e soave
la vostra fidelissimaAnassilla
mentre serratasì che nulloaprilla
teneste del suo corcontela chiave;
      leggendoin queste carte il lungo e grave
piantoa cui Amor per voilassasortilla
mostrar almen di pietà unascintilla
in premio di sua fénon vi siagrave.
      Accompagnate almencon un sospiro
la schiera immensa de' sospiri suoi
chemille volte i ciel pietosi udîro.
      Cosìsia sempre Amor benigno a voi
quanto a lei fu per voispietato e diro;
così non sia mai cosa chev'annoi.


LXVI

      Ricevetecortesi i miei lamenti
e portateli fide al mio signore
odi Francia beate e felici ore
che godete or de' begli occhilucenti.
      E ditegli contristi e mesti accenti
ches'ei non move a dar soccorso alcore
o tornando o scrivendofra poche ore
resteran gliocchi miei di luce spenti;
      perchéle pene mie molte ed estreme
per questa assenzia ormai songiunte in parte
dove di morte sol si pensa e teme.
      Es'egli avien che 'ndarno restin sparte
dinanzi a lui le mievoci supreme
al mio scampo non ho più schermo odarte.


LXVII

      Chiporterà le mie giuste querele
al mio signoral gran refranco appresso
d'ogni rara eccellenza essempio espresso
efuor ch'a mea tutti altri fedele?
      Aurede' miei sospirvoi che le vele
de' miei caldi disir gonfiatespesso
sarete il mio secreto e fido messo
onde 'l miostato a lui sol si rivele.
      Ese la lunga e faticosa via
vi sbigottiscevenga con voianche
la poca e nulla omai speranza mia.
      Es'egli avien ch'ancor essa si stanche
quando dinanzi a l'idolnostro fia
tornate a mech'anch'io conven chemanche.


LXVIII

      Chiaroe famoso mare
sovra 'l cui nobil dosso
si posò 'lmio signormentre Amor volle;
rive onorate e care
(consospir dir lo posso)
che 'l petto mio vedeste spessomolle;
soave lido e colle
che con fiato amoroso
udistile mie note
d'ira e di sdegno vòte
colme d'ognidiletto e di riposo;
udite tutti intenti
il suon or degliacerbi miei lamenti.
I' dico che dal giorno
che fecedipartita
l'idoloond'avean pace i miei sospiri
tolti mifûr d'attorno
tutti i ben d'esta vita;
e restai predaeterna de' martìri:
eperch'io pur m'adiri
e chiamiAmor ingrato
che m'involò sì tosto
il bench'or sta discosto
non per questo a pietade è maitornato;
e tien l'usate tempre
perch'io mi sfaccia e milamenti sempre.
      Deh fossemen lontano
almen chi move il pianto
e chi move le giustemie querele!
ché forse non invano
m'affligereicotanto
e chiamerei Amor empio e crudele
ch'amaroassenzio e fele
dopo quel dolce cibo
mi fe'lassagustare
in tempre aspre ed amare.
O duro tòscoche'n amor delibo
perché fai sì dogliosa
lavita miache fu già sì gioiosa?
      Almenpoi che m'è lunge
il mio terrestre dio
che sìlontano ancor m'apporta guai
il duol che sì mipunge
non mandasse in oblio
e l'udisse eiper cui piansie cantai:
men acerbi i miei lai
men cruda la mia pena
menfiero il mio tormento
che giorno e notte sento
fôraper la sua luce alma e serena;
e sariami 'l dispetto
dolcesovra ogni dolce alto diletto.
      S'egliè pur la mia stella
e se s'accorda il cielo
ch'iomoia per cagion così gradita
venga Mortee conella
Amore questo velo
tolganed esca fuor l'almasmarrita;
cheda suo albergo uscita
volerà lietain parte
dove s'avrà mercede
de la sua vivafede
fede d'esser cantata in mille carte.
Malassaa chenon torna
chi le tenebre mie con gli occhi adorna?
      Setu fossi contenta
canzoncome sei mesta
n'andrestichiara in quella parte e 'n questa.


LXIX

      Mentresignora l'alte cose intento
v'ornate in Francia l'onoratachioma
come fecer i figli alti di Roma
figli sol di valore d'ardimento
      io quisovr'Adria piango e mi lamento
sì da' martìrsì da' travagli doma
gravata sì da l'amorosasoma
che mi veggo morire lo consento.
      Eduolmi sol chesì come s'intende
qui 'l suon da noide' vostri onorch'omai
per tutta Italia sì chiaro sistende
      non s'oda inFrancia il suono de' miei lai
che così spesso il cielpietoso rende
e voi pietoso non ha fatto mai.


LXX

      Oorao stella dispietata e cruda
ch'io vidi dipartir lagloria mia
lasciando di beata ch'era pria
la vita miad'ogni suo bene ignuda!
      Daindi in qua per me si trema e suda
si piagnesi dispera e sidisia:
e sarà meravigliase non fia
che morte tostoqueste luci chiuda.
      Chedel lor fatal sol restate senza
altra luce giamai mirar nonponno
che lor non sembri notte e dipartenza.
      Dunqueo lor tostoAmorrendi il lor donno
oper non soffrir piùsì dura assenza
tosto le chiudi in sempiternosonno.


LXXI

      Quandopiù tardi il sole a noi aggiorna
e quando avien chepoi più tardi annotte
quand'ei mostra il crin d'òrquando la notte
mostra la luna l'argentate corna
      ilmio cor lasso a' suoi sospir ritorna
a le vocia le lagrimeinterrotte;
sì l'ha tutte ad un segnoricondotte
l'assenzia di colui che Francia adorna.
      Esì caldo disio di rivederlo
fra tutt'altri martìrmi preme e punge
che non so come omai piùsostenerlo.
      E duolmi piùch'egli è da me sì lunge
ch'a poter richiamarloed a poterlo
mover a pièta il mio gridar nongiunge.


LXXII

      Lamia vita è un mar: l'acqua è 'l mio pianto
iventi sono l'aure de' sospiri
la speranza è la naveimiei desiri
la vela e i remiche la caccian tanto.
      Latramontana mia è il lume santo
de' miei duo chiariduestellanti giri
a' quai convien ch'ancor lontana i' miri
senzatimonsenza nocchier a canto.
      Leperigliose e sùbite tempeste
son le teme e le freddegelosie
al dipartirsi tardeal venir preste.
      Bonaccenon vi sonperché dal die
che voiconteda me lontanvi feste
partîr con voi l'ore serenemie.


LXXIII

      Dehfoss'io certa almen ch'alcuna volta
voi rivolgeste a me l'altopensiero
contea cui per mio danno i cieli diêro
sìda' lacci d'Amor l'anima sciolta.
      L'acerbapena mia nel petto accolta
l'empia mercé deldispietato arciero
i sospirche 'n amor sola mi fêro
avriantriegua talor o poca o molta.
      Ma'l sentirmi patir carca di fede
senza muover pietade a chi mistrugge
a chi contento i miei tormenti vede
      sìle speranze mie tronca et adugge
chese Dio di rimedio nonprovede
l'alma per dipartirsi freme erugge.


LXXIV

      Lagran sete amorosa che m'afflige
la memoria del ben onde sonpriva
che mi sta dentro al cor tenace e viva
sìche null'altra più forte s'affige
      sovraogni forza mia move et addige
la vena mia per sé muta erestiva
e fa che 'n queste carte adombri e scriva
quantoaspramente Amor m'arde e trafige.
      Chifa qual noi parlar la muta pica?
chi 'l nero corvo e gli altrimuti uccelli?
La brama sol di quel che li nutrica.
      Peròs'avien ch'io scriva e ch'io favelli
narrando l'amorosa miafatica
non son io noson gli occhi vaghi ebelli.


LXXV

      Fa'ch'io riveggaAmoranzi ch'io moia
gli occhiche di lontanchiamo e sospiro
fuor de' quai ciò ch'io veggio e ciòch'io miro
con questi miei mi par tenebre e noia.
      Quantefiamme or vome Etnaarser già Troia
in quell'incendiodispietato e diro
a petto a le mie fiammeal miomartiro
son poco o nullaanzi son pace e gioia.
      Ese 'l sol de le luci mie divine
chi 'l crederia? tornando nonlo smorza
sento che 'l mio incendio è senzafine.
      Oh mirabil d'Amor enova forza!
ché dove avien ch'un foco l'altroaffine
qui solo un foco l'altro vince esforza.


LXXVI

      Quandotalor Amor m'assal più forte
e 'l desir e l'assenziami fan guerra
e questa e quel vorria pormi sotterra
predad'oscura e dispietata morte.
      Iomi rivolgo a le mie fide scorte
ondebenché lontanvirtù si sferra
tal che la nave miache dubbiosaerra
subito par ch'al lido si riporte;
      sìche quanto ho d'Amor onde mi doglia
tanto ho onde mi lodipoi ch'io sento
ch'una sol man mi leghiuna miscioglia.
      O gioia amaraomio dolce tormento
io prego il ciel che mai non mi vitoglia
e sia 'l mio stato or miseroorcontento.


LXXVII

      Ode le mie fatiche alto ritegno
mentre ad Amor ed a Fortunapiacque
conte gentila cui giamai non nacque
bellezzaegualvalorsangue ed ingegno;
      se'l vostro cor di maggior donna degno
una volta in me sola sicompiacque
se fin gli scogli d'Adriai lidi e l'acque
sanche voi sète il mio solo sostegno
      perchésenza mia colpa e mio difetto
se non d'esser piùch'altra fida stata
m'avete tratta fuor del vostropetto?
      Questa è lagioia mia da voi sperata?
è questo quel che voi m'avetedetto?
questa è la fé che voi m'avetedata?


LXXVIII

      Gliocchi onde mi legastiAmoraffrena
sì che non vegganmai altra bellezza
altra creanza ed altra gentilezza
dibelle donne onde la Francia è piena;
      acciòche quanto ora è dolce ed amena
non sia piena dilagrime e d'asprezza
la vita miach'ogn'altra cosasprezza
fuor che la luce lor chiara e serena.
      Es'egli avien che sia lor mostro a sorte
obietto che sia degnoesser amato
ed accenda quel cor tenace e forte
      feriscilui col tuo stral impiombato
o con quel d'oro dona a me lamorte
perché viver non voglio in talestato.


LXXIX

      Laféconteil più caro e ricco pegno
che possaaver illustre cavaliero
come cangiaste voi presto eleggiero
fuor che di lei d'ogni virtùsostegno?
      A pena vide voi'l gallico regno
che mutaste con lei voglia e pensiero;
edAnassilla e 'l suo fedele e vero
amor sparir da voi tutti adun segno.
      E piaccia pur aluiche mi governa
che non sia la ragion di questooblio
novella fiamma nel cor vostro interna!
      Ose ciò èacerbo stato mio!
o doglia mia sovraogni doglia eterna!
o fidanza d'Amor che mitradìo!


LXXX

      PrendiAmorde' tuoi lacci il più possente
che non abbia néschermoné difesa
onde Evadne e Penelope fu presa
elega il mio signor novellamente.
      Apena ei fu dagli occhi nostri assente
per gir a l'alta edonorata impresa
chenoi scherniti e sua févilipesa
rivolse altrove la superba mente.
      Equasi in alto pelago sommerso
d'oblivionea la suaAnassilla
non ha degnato mai scriver un verso.
      ONeroneo Mezenzioo Marioo Silla
chi fu di voi sìcrudo e sì perverso
d'amor gustata pur una scintilla?


LXXXI

      Questoaspro conteun cor d'orsa e di tigre
che 'n così vagoe mansueto aspetto
per forza di valor e d'intelletto
a lastrada di gloria par che migre
      nonso per qual cagion guasti e denigre
col mancarmi di fésì degno effetto
e l'ali di sua fama coldifetto
d'infedeltà renda restive e pigre.
      Almengli foss'io pressoonde potessi
dimostrargli il suo fallo e'l dolor mio
sì che fido e pietoso lofacessi!
      Ma i' son quilassacolma di desio
e i miei lamenti a l'aure soncommessi:
egli in Francia si sta colmod'oblio.


LXXXII

      Quidove avien che 'l nostro mar ristagne
contela vostra miseraAnassilla
quando la luna agghiaccia e 'l sol favilla
purvoi chiamandosi lamenta ed agne.
      Voidove avien che l'Oceano bagne
la notteil giornoa l'albaed a la squilla
menando vita libera e tranquilla
miratelieto il mar e le campagne.
      Esì l'assenzia e 'l poco amor v'invola
la memoria dileila vostra fede
che pur non le scrivete unaparola.
      O fra tutt'altremia miseria sola!
o pena miach'ogn'altra pena eccede!
Ciòsi comportaAmorne la tua scola?


LXXXIII

      Oimèle notti mie colme di gioia
i dì tranquillie laserena vita
come mi tolse amara dipartita
e converse ilmio stato tutto in noia!
      Eperché temo ancor (che più m'annoia)
che lamemoria mia sia dipartita
da quel conte crudel che m'haferita
che mi resta altro omaise non ch'io moia?
      Evo' morirché rimirar d'altrui
quel che fu mioquest'occhi non potranno
perché mirar non sanno altriche lui.
      Prendano essempiol'altre che verranno
a non mandar tant'oltre i disir sui
cheritrar non si possan da l'inganno.


LXXXIV

      Osacroamato e grazioso aspetto
o più che 'l chiarosol lucenti lumi
o sangue illustreangelici costumi
oalto ingegnoaltissimo intelletto
      ocolmi di prudenzia e di diletto
d'eloquenzia profondi elarghi fiumi
o finalmenteond'io più miconsumi
d'ogni grazia e virtùcontericetto
      qual contra a'miei disir stella empia e cruda
già mi vi tolseed orvi tien discosto
contra la fé che voi mi destepria?
      O morte dunquequeste luci chiuda
od apritele voi tornando tosto;
perchécosì non so quel ch'io sia.


LXXXV

      Quandotalvolta il mio soverchio ardore
m'assale e stringe oltra ognistil umano
userei contra me la propria mano
per finirtanti omai con un dolore.
      Senon che dentro mi ragiona Amore
il qual giamai da me non èlontano:
- Non por la falce tua ne l'altrui grano:
tu nonsei tuatu sei del tuo signore
      perchédal dìch'a lui ti diedi in preda
l'anima e 'l corpoe la morte e la vita
divenne suae a lui conven checeda.
      Sì ch'a farda te stessa dipartita
senza ch'egli tel dica o telconceda
è troppo ingiusta cosa e troppoardita.


LXXXVI

      Piangetedonnee poi che la mia morte
non move il signor mio crudo elontano
voi che sète di cor dolce ed umano
apritedi pietade almen le porte.
      Piangetemeco la mia acerba sorte
chiamando Amoril ciel empioinumano
e leiche mi ferìspietata mano
che mivegga morir e lo comporte.
      Epoi ch'io sarò cenere e favilla
dica alcuna di voimesta e pietosa
sentita del mio foco una scintilla:
      -Sotto quest'aspra pietra giace ascosa
l'infelice e fidissimaAnassilla
raro essempio di fede altaamorosa.


LXXXVII

      PrendiAmor i tuoi strali e la tua face
ch'io ti rinunzio i torti ele fatiche
le voglie a' propri danni sempre amiche
laguerra certa e la dubbiosa pace.
      Trovaun novo soggetto e più capace
cui 'l tuo foco arda ela sua rete intriche
ch'io per me non vo' più che misi diche:
- Questa per altri indarno arde e sisface.-
      Io son dal graveessilio tuo tornata
e son resa a me stessae non menpento
mercé di lui che m'ha la via mostrata.
      Ene' miei danni ho pur questo contento
ch'almens'io fui date sì mal trattata
alta fu la cagion del miotormento.


LXXXVIII

      Lassachi turba la mia lunga pace?
chi rompe il sonno e l'alta miaquiete?
chi mi stilla nel cor novella sete
di gir seguendoquel che più mi sface?
      TuAmoreil cui strale e la cui face
ogni contento uman recide emiete;
tu ber mi desti del tuo fiume Lete
che piùmi nòcequanto più mi piace.
      Ahiquando fia giamai ch'un giorno possa
voler col mio volerresaa me stessa
del grave giogo periglioso scossa?
      Quandofia mai che la sembianza impressa
dentro a le mie midolle edentro a l'ossa
mi smaghi Amore' miei martìr conessa?


LXXXIX

      Machescioccadich'io? perché vaneggio?
perchésì sfuggo questo chiaro inganno?
perchésgravarmi da sì util danno
pronta ne' danni mieiadAmor chieggio?
      Comefuordi me stessanon m'aveggio
che quante ebber mai gioieequante avranno
quante fûr donne maiquantesaranno
co' miei chiari martìr passo epareggio?
      Chél'arder per cagion alta e gentile
ogni aspra vita fa dolce ebeata
più che gioir per cosa abietta e vile.
      Edio ringrazio Amorche destinata
m'abbia a tal focoche daBattro a Tile
spero anche un giorno andar chiara elodata.


XC

      Voiche per l'amorosoaspro sentiero
donne carecom'ioforsepassate;
ed avete talor viste e provate
quante pene puòdar quel crudo arciero;
      diteper cortesiama dite il vero
se quante ne son orquante sonstate
a l'aspre pene mie paragonate
agguaglian un de'miei martìr intero.
      Edite se vedeste mai sembianza
più dolce in vista e piùspietata poi
del signor mione l'amorosa stanza.
      Cosìtalvolta amor dia tregua a voi
mentr'ei con questa duralontananza
sfoga in me tutti ad uno i furorsuoi.


XCI

      Novoe raro miracol di natura
ma non novo né raro a quelsignore
che 'l mondo tutto va chiamando Amore
che 'ltutto adopra fuor d'ogni misura:
      ilvalorche degli altri il pregio fura
del mio signorchevince ogni valore
è vintolassasol dal miodolore
dolora petto a cui null'altro dura.
      Quant'eitutt'altri cavalieri eccede
un esser bellonobile edardito
tanto è vinto da meda la miafede.
      Miracol fuor d'amormai non udito!
Dolorche chi nol prova non lo crede!
Lassach'io sola vinco l'infinito!


XCII

      Quasiquercia di monte urtata e scossa
da ogni lato e da contrariventi
chesendo or questi or quelli più possenti
percader mille volte e mille è mossa
      lavita miaquesta mia frale possa
combattuta or da speme or datormenti
non salontani i chiari lumi ardenti
in qualparte piegar ormai si possa.
      Orm'affidan le carte del mio bene
or mi disperan poi l'altruiparole;
ei mi dice: - Io pur vengo; - altri: - Non viene.-
      Sia morte meco almenpiù che non suole
pietosa a trarmi fuor di tantepene
se non debbo veder tosto il miosole.


XCIII

      Qualfuggitiva cerva e miserella
ch'avendo la saetta nelcostato
seguìta da due veltri in selva e 'nprato
fugge la morte che va pur con ella
      talioferita da l'empie quadrella
del fiero cacciator crudo edalato
gelosia e disio avendo a lato
fuggoe schivar nonposso la mia stella.
      Laqual mi mena a miserabil morte
se non ritorna a noi da gentestrana
il sol degli occhi mieiche la conforte:
      egliè 'l dittamo mioegli risana
la piaga mia; e puòfar la mia sorte
d'aspra e noiosadilettosa epiana.


XCIV

      Acheconteassalir chi non repugna?
a che gittar per terrachi si rende?
a che contender con chi non contende?
con chiavete mai sempre fra l'ugna?
      Sapeteche co' morti non si pugna;
ché lo splendor d'uncavalier offende
e 'l vostro piùche l'ali oggimaistende
dove non so s'altrui chiarezza aggiugna.
      Guardateche la fama de le tante
vostre vittorie poi non rendaoscura
signorquest'una solae non ammante.
      Ioper me stimerei mia gran ventura
l'esser veduta al vostrocarro innante;
ma voi del vostro onor abiatecura.


XCV

      MenamiAmorormailassa! il mio sole
che mi solea non pur farchiaro il giorno
ma non men che 'l dì chiara anco lanotte
tal ch'io sprezzava il ritornar de l'alba
sìdi quest'occhi la sua vaga luce
disgombrava le tenebre e lanebbia.
      Ed ora piùnon veggio altro che nebbia
poi che l'usato mio lucentesole
con la sua e del mondo altera luce
lume facendo inaltra parte e giorno
vuol che mai non si rompa per mel'alba
perché da me non fugga unqua lanotte.
      Deh discacciasse ilvel di questa notte
il vel di tanta e sì importunanebbia
e a l'apparir del suo ritorno l'alba
mi rimenasseil mio bramato sole
sì che lieta vedessi ancora ungiorno
pria che chiudessi in tutto esta mia luce!
      Benfôra chiara e graziosa luce
che procedesse a sìbeata notte;
ben fôra chiaro e desiato giorno
edisgombrato di tempeste e nebbia
che mostrasse a quest'occhiil lor bel sole
spuntando tra le rose e tra i fiorl'alba.
      Pur ch'innanzi che'l ciel mi renda l'alba
morte amara non spenga la mialuce
invidiando a lei l'amato sole;
e chiusi gli occhi insempiterna notte
ne vadalassaa star fra quellanebbia
dove mai non si vede chiaro giorno.
      TudunqueAmorche fai di notte giorno
e puoi condurmi in unmomento l'alba
e via cacciar de' miei martìr lanebbia
e di tenebre oscure trar la luce
rompi omai 'l veldi questa lunga notte
et adduci a quest'occhi il mio belsole.
      Vivo solche soleifar chiaro il giorno
mentre la luce mia non videnebbia
perché non meni a la mia nottel'alba?


XCVI

      Dehperchécom'io son con voi col core
non vi sonconteancor con la persona
com'io vorreitanto 'l disio misprona
tanto mi stringe il signor nostro Amore?
      Chémirando talor l'aspro furore
sovra di voiquando arde piùBellona
di qualche cavalierche la corona
cercasseporsi di sì alto onore
      vedendoscender qualche colpo crudo
o pregherei Amor che loschifassi
o io del corpo mio li farei scudo.
      Ma'l ciel pur fiero a le mie voglie stassi
né m'odebenché 'l duolche dentro chiudo
rompa per la pietatei duri sassi.


XCVII

      Ogran valor d'un cavalier cortese
d'aver portato fin inFrancia il core
d'una giovane incautach'Amore
a losplendor de' suoi begli occhi prese!
      Almenm'aveste le promesse attese
di temprar con due versi il miodolore
mentresignora procacciarvi onore
tutte levoglie avete ad una intese.
      I'ho pur letto ne l'antiche carte
che non ebber a sdegno igrandi eroi
parimente seguir Venere e Marte.
      Edel reche seguiteudito ho poi
che queste cure altamentecomparte
ond'è chiar dagli espèri ai lidieoi.


XCVIII

      Conteil vostro valor ben è infinito
sì che vincequalunque alto valore
ma verissimamente è viaminore
del duolch'amando io ho per voi patito.
      Ese non s'è fin qui letto et udito
de l'infinito cosaunqua maggiore
questi sono i miracoli d'Amore
che vinceciò che 'n cielo è stabilito.
      Tempogià fuche l'alta gioia mia
di gran lunga avanzavaanco il mio duolo
mentre dolce la speme entro fioria:
      orella è gitaed ei rimaso è solo
dal dìche per mia stella acerba e ria
prendesteahi lassa! versoFrancia il volo.


XCIX

      Iopur aspettoe non veggo che giunga
il mio signor o 'l suofidato messo
al termin che da lui mi fu promesso:
lassa!ché 'l mio piacer troppo s'allunga.
      Ond'avienche temenza il cor mi punga
che qualche intoppo non gli siasuccesso;
o ch'ei sol pensi in me quanto m'è presso
el'assenzia il suo cor da me disgiunga.
      Ilche se fosseio prego morte avara
che venga in vece suapoich'ei non viene
a trarmi fuor di tèma e vitaamara.
      Ma se giusta cagionme lo ritiene
io prego Amorch'ogni fosco rischiara
ch'aprala viaond'io vegga il mio bene.


C

      Obeata e dolcissima novella
o caro annunzioche mipromettete
che tosto rivedrò le care e liete
luci ela faccia graziosa e bella;
      omia venturao mia propizia stella
ch'a tanto ben serbataancor m'avete
o fedeo spemech'a me sempre sète
statecompagne in duraaspra procella;
      ocangiato in un punto viver mio
di mesto in lieto; o quetoalmo e sereno
fatto or di verno tenebroso e rio;
      quandopotrò giamai lodarvi a pieno?
come dir qual nel coraggio disio?
di che letizia io l'abbia ingombro epieno?


CI

      Conquai degne accoglienze o quai parole
raccorrò io il miogradito amante
che torna a me con tante glorie etante
quante un non vide forse il sole?
      Qualcolor or di roseor di viole
fia 'l mio? qual cor or saldo edor tremante
condotta innanzi a quel divin sembiante
ch'ardire tèma insieme dar mi suole?
      Osaròio con queste fide braccia
cingerli il caro colloedaccostare
la mia tremante a la sua viva faccia?
      Lassache pur a tanto ben penare
temo che 'l cor di gioia non sisfaccia:
chi l'ha provato se lo puòpensare.


CII

      Viada me le tenebre e la nebbia
che mi son sempre state agliocchi intorno
sei lune e piùche 'n Francia fe'soggiorno
luiche 'l mio corcome gli piacetrebbia.
      È benragion ch'asserenarmi io debbia
or che 'l mio sol m'harimenato il giorno;
or c'han pace le guerreche d'attorno
mifûrqual vide Trasimeno e Trebbia.
      Siaogni cosa in me di riso piena
poi che seco una schiera didiletti
a star meco il mio sol almo rimena.
      Siala mia vita in mille dolcieletti
piaceri involtae tuttaalma e serena
e se stessa gioendo ognordiletti.


CIII

      IobenedicoAmortutti gli affanni
tutte l'ingiurie e tutte lefatiche
tutte le noie novelle ed antiche
che m'hai fattoprovar tante e tanti anni;
      benedicole frodi e i tanti inganni
con che convien che i tuoi seguaciintriche;
poi che tornando le due stelle amiche
m'hanno inun tratto ristorati i danni.
      Tuttoil passato mal porre in oblio
m'ha fatto la lor viva e novaluce
ove sol trova pace il mio disio.
      Questaper dritta strada mi conduce
su a contemplar le belle cose eDio
ferma guidaalta scorta e fida luce.


CIV

      Onottea me più chiara e più beata
che i piùbeati giorni ed i più chiari
notte degna da' primi eda' più rari
ingegni essernon pur da melodata;
      tu de le gioie miesola sei stata
fida ministra; tu tutti gli amari
de la miavita hai fatto dolci e cari
resomi in braccio lui che m'halegata.
      Sol mi mancòche non divenni allora
la fortunata Alcmenaa cui stètanto
più de l'usato a ritornar l'aurora.
      Purcosì bene io non potrò mai tanto
dir di tenotte candidach'ancora
da la materia non sia vinto ilcanto.


CV

      Sonpur questi i begli occhi e quellec'hanno
vinto il sol tantevoltealme bellezze;
son pur queste le grazie e levaghezze
che luce e vita a la mia morte dànno.
      Etuttavia son sì pronte a l'affanno
le voglie mie ed a'tormenti avezze
di tanta assenzia omaichel'allegrezze
ritornar a star meco più nonsanno:
      quasi 'l gran reche di sospetto pieno
fuggendo il crudo zioper lungausanza
si fece natural cibo il veleno.
      Quifa bisognoAmorla tua possanza
che del primo dolor misgombri il seno
sì che tanta mia gioia or v'abbiastanza.


CVI

      Odiletti d'amor dubbi e fugaci
o speranza che s'alza e cadespesso
e nasce e more in un momento istesso;
o poca fedeo poco lunghe paci!
      Queglia cui dissi: - Tu solo mi piaci-
è pur tornatoiol'ho pur sempre presso
io pur mi specchio e mi compiaccio inesso
e ne' begli occhi suoi chiari e vivaci;
      etuttavia nel cor mi rode un verme
di fredda gelosiafreddotimore
di tosto tosto senza lui vederme.
      Renditu vana la mia tèmaAmore
tuche beata e lieta pòitenerme
conservandomi fido il mio signore.


CVII

      Orche ritorna e si rinova l'anno
passato il verno e la stagionpiù fresca
l'amoroso desir mio si rinfresca
e lamia dolce penae 'l dolce affanno.
      Equal i novi umor gravidi fanno
gli arborionde lor frutto asuo tempo esca
tal umor nel mio petto par che cresca
alqual poi pensier dolci a dietro vanno.
      Edè ben degno che gioia ed umore
or ch'egli èmeco la mia primavera
mi rinovelli e mi ridestiAmore.
      Oh pur non giunga asì bel giorno sera!
oh pur non cangi il bel tempo inorrore
dipartendo da me l'alma mia sfera!


CVIII

      Poiche m'ha reso Amor le vive stelle
che mi guidano al ciel perdritta via
e ne le molte mie gravi tempeste
m'hanno maisempre ricondotta in porto
di questo chiaro e fortunatomare
ch'indarno turban le procelle e i venti;
      uditebenigne aureamici venti
e voiocchi del cieloardentistelle;
mentre qui sovra questo altero mare
da la mialunga e faticosa via
la mercede d'Amortornata inporto
lodo di lui gli strazi e le tempeste.
      Voivocivoisospirvoi le tempeste
sètevoi sètei graziosi venti
che dimostrate poi sì dolce ilporto
quando il sol arde e quando ardon le stelle;
voisète la sicura e dritta via
che ci guidate de' dilettial mare.
      Qual d'eloquenziafia sì largo mare
e sì scarco di nubi e ditempeste
che possa dir senza arrestar fra via
mentre stanquete le procelle e i venti
la gioia che mi dan le mie duestelle
or c'hanno il mio signor ridotto in porto?
      Dolcesicuro e grazioso porto
che del mio pianto l'infinitomare
m'hai acquetato al raggio de le stelle
ch'ovunquesplendon fugan le tempeste
sì ch'io non posso piùtemer ch'i venti
turbin sì cara e dilettosavia!
      MenamiAmoromaiper questa via
fin che quest'alma giunga a l'altroporto
ch'io non vo' navigar con altri venti
né diquesto cercar più largo mare
né nel viaggio miovo' ch'altre stelle
mi sieno scortee sgombrin letempeste.
      Aspre tempesteed importuni venti
non m'impediran più del mar lavia
or che le stelle mie m'han mostro ilporto.


CIX

      Gioiasommainfinitoalto diletto
or che l'amato mio tesoro hopresso
or che parlo con luiche 'l mirospesso
m'ingombrerebbe certamente il petto
      se'l cor non mi turbasse un sol sospetto
di tosto tosto rimanersenz'esso
per quel ch'io veggo a qualche segno espresso
chésol apre Amor gli occhi a l'intelletto.
      Ese ciò èio vo' certo finire
questa misera vitain un momento
anzi ch'io provi un tanto aspromartìre;
      perchéconosco chiaramente e sento
che senza lui mi converriamorire
ch'è l'appoggioa cui 'l viver miosostento.


CX

      Chipuò contar il mio felice stato
l'alta mia gioia e glialti miei diletti?
O un di que' del ciel angeli eletti
oaltro amante che l'abbia provato.
      Iomi sto sempre al mio signor a lato
godo il lampo degli occhie 'l suon dei detti
vivomi de' divini alti concetti
ch'esconda tanto ingegno e sì pregiato.
      Iomi miro sovente il suo bel viso
e mirando mi par vederinsieme
tutta la gloria e 'l ben del paradiso.
      Quelche sol turba in parte la mia speme
è 'l timor che dame non sia diviso;
ché 'l vorrei meco fin a l'oreestreme.


CXI

      Pommiove 'l mar irato geme e frange
ov'ha l'acqua più quetae più tranquilla;
pommi ove 'l sol più arde epiù sfavilla
o dove il ghiaccio altrui trafige edange;
      pommi al Tanaigelatoal freddo Gange
ove dolce rugiada e manna stilla
oveper l'aria empio velen scintilla
o dove per amor si ride epiange;
      pommi ove 'l crudoScita ed empio fere
o dove è queta gente e riposata
odove tosto o tardi uom vive e père:
      vivròqual vissie sarò qual son stata
pur che le fide miedue stelle vere
non rivolgan da me la luceusata.


CXII

      Sevoi potesteo sol degli occhi miei
qual sète dentrodonno del mio core
veder coi vostri apertamente fuore
ohme beata quattro volte e sei!
      Voipiù sicuroe queta io più sarei:
voi senzagelosiasenza timore;
io di due sarei scema d'un dolore
epiù felicemente ardendo andrei.
      Anziaperto per voilassasi vede
più che 'l lume del sollucido e chiaro
che dentro e fuori io spiro amor efede.
      Ma vi mostrate dicredenza avaro
per tormi ogni speranza di mercede
e faril dolce mio viver amaro.


CXIII

      Dehfoss'io almen sicura che lo stato
dov'or mi trovononmancasse presto
perchésì come or èlieto ed or mesto
sarebbe il più felice che siastato.
      I' ho Amore e 'lmio signor a lato
e mi consolo or con quelloor conquesto;
esempre che di loro un m'è molesto
ricorroa l'altroche m'è poi pacato.
      S'Amorm'assale con la gelosia
mi volgo al visoche 'n sédentro serra
virtù ch'ogni tormento scacciavia:
      se 'l mio signor mifa con ira guerra
viene Amor poi con l'altra compagnia
veraumiltà ch'ogni alto sdegno atterra.


CXIV

      Millevoltesignormovo la penna
per mostrar fuorqual chiudoentro il pensiero
il valor vostro e 'l bel sembiantealtero
ove Amor e la gloria l'ale impenna;
      maperché chi cantò Sorga e Gebenna
e seco il granVirgilio e 'l grande Omero
non basteriano a raccontarne ilvero
ragion ch'io taccia a la memoria accenna.
      Peròmi volgo a scriver solamente
l'istoria de le mie gioiosepene
che mi fan singolar fra l'altra gente:
      ecome Amor ne' be' vostr'occhi tiene
il seggio suoe come indisovente
sì dolce l'alma a tormentar miviene.


CXV

      Quellerime onorate e quell'ingegno
pari a la beltà vostra eal gran valore
rivolgete a voi stesso in far onore
contecome di lor soggetto degno;
      otrovate di me più altero pegno
se pur uscir da voivolete fore
perché a sì larga venaa tantoumore
son per me troppo frale e secco legno
      enon ho parte in me d'esser cantata
se non perch'amo eriverisco voi
oltra ogni umanaoltra ogni formausata.
      Sì chiarafiamma merta i pregi suoi;
in questa parte io deggio essercantata
fin ch'io sia vivaeternamenteepoi.


CXVI

      Lodatei chiari lumiove mirando
perdei me stessae quel bel visoumano
da cui vibrò lo stralmosse la mano
Amorquando da me mi pose in bando.
      Lodateil valor vostro alto e mirando
ch'al valor d'Alessandro èprossimano:
sallo il gran resallo il paese strano
che divoi e di lui vanno parlando.
      Lodateil sennoa cui non è simile
nel bel verde degli anni;equel che 'n carte
vedrò famosoil vostro ingegno estile.
      In mesignornonè pur una parte
che non sia tutta indegna e tuttavile
per cui sì vaghe rime sienosparte.


CXVII

      Ache vergarsignorcarte ed inchiostro
in lodar mese non hocosa degna
onde tant'alto onor mi si convegna;
ese hopur nienteè tutto vostro?
      Entroi begli occhientro l'avorio e l'ostro
ove Amor tien suagloriosa insegna
ove per me trionfa e per voi regna
quantoscrivo e ragiono mi fu mostro.
      Perchéciò che s'onora e 'n me si prezza
anzi s'io vivo espiroè vostro il vanto
a voi conviennon a la miabassezza.
      Ma voi cercatecon sì dolce canto
lassaoltra quel che fa vostrabellezza
d'accrescermi più foco e maggiorpianto.


CXVIII

      Bastanconteque' bei lumiquelli
ch'al sol raggia Ciprigna almabeltate
ad Amor armea me la libertate
furâr daprima che mirai in elli
      afar ch'arda per voi sempre e favelli
sì che l'intendala futura etate
senza cercar con pure rime ornate
d'aggiungernove al cor piaghe e flagelli.
      Chécol vostr'alto procacciarmi onore
si strigneriase sipotesseil laccio
s'accresceriase si potesseardore.
      Ma di questo e diquel son fuor d'impaccio
ché quanto arder e strignerpuote Amore
io son stretta per voicontee misfaccio.


CXIX

      Ionon mi voglio più doler d'Amore
poi chequant'ei midà doglia e tormento
tanto il signorch'io amo ech'io pavento
cerca scrivendo procacciarmi onore.
      Odi tutte bellezze e grazie il fiore
nido di cortesia ed'ardimento
come posso bramar che resti spento
cosìfamoso e così chiaro ardore?
      Anziprego che 'l ciel mi doni vita
sì che dovunque il solnasca e tramonte
sia la mia fiamma entro tai versiudita:
      e dica alcunaoved'amor si conte:
- Ben fu la sorte di costei gradita
scrittae cantata da sì alto conte.


CXX

      Sequalche tema talor non turbasse
o qualche sdegnoil miofelice stato
sarebbe il più tranquilloil piùbeato
di qualunque altra donna altr'uomo amasse.
      Chés'avien pur che 'l mio signor mi lasse
talor a qualche degnaopra chiamato
dentro il mio core e bello ed onorato
qualegli è mecoil suo sembiante stasse;
      sìche avendo mai sempre in compagnia
tutto quel che piùamo e più mi piace
turbarmi Amor o sorte nonporia
      s'egliche nel miopianto si compiace
con qualche nova e strana fantasia
nonturbasse o rompesse la mia pace.


CXXI

      Chivuol veder l'imagin del valore
l'albergo de la veracortesia
il nido di bellezza e leggiadria
la stanza de lagloria alta e d'onore
      vengaa veder l'illustre mio signore
dove si trova ciò chesi disia
fino il mio cor e fino l'alma mia
che gli diègiàné poi mi reseAmore.
      Mas'ella è donnanon s'affissi molto
ché resteràsubitamente presa
fra mille meraviglie del belvolto.
      Ivi Amor ha la retesempre tesa
indi saettaed ivi giace occolto
quando vuolfar qualche maggior impresa.


CXXII

      Quandoio movo a mirar fissa ed intenta
le ricchezze e i tesorch'Amore e 'l cielo
dentro ne l'alma e fuor nel mortalvelo
poser di luich'ogn'altra luce ha spenta
      restodel mio martìr tanto contenta
sì paga del miovivoardente zelo
che la ferita e 'l despietato telo
chemi trafige il cornon par che senta.
      Solmi struggo e mi doglioquando penso
che da me tosto debbaallontanarse
questo d'ogni mia gloria abisso immenso.
      Aquesto l'alma sol non può quetarse
a ciò gridaed esclama ogni mio senso:
- O tante indarno mie fatichesparse!


CXXIII

      Otante indarno mie fatiche sparse
o tanti indarno miei sparsisospiri
o vivo focoo féchese ben miri
di talnull'altra mai non alse ed arse
      ocarte invan vergate e da vergarse
per lodar quegli ardentiamanti giri
o speranze ministre de' disiri
a cui premiopiù degno dovea darse
      tuttead un tratto ve ne porta il vento
poi che da l'empio miosignore stesso
con queste proprie orecchie dir misento
      che tanto pensa amequanto m'è presso
epartendosi parte in unmomento
ogni membranza del mio amor daesso.


CXXIV

      Signorio so che 'n me non son più viva
e veggo omai ch'ancorin voi son morta
e l'almach'io vi diedi non sopporta
chestia più meco vostra voglia schiva.
      Equesto piantoche da me deriva
non so chi 'l mova perl'usata porta
né chi mova la mano e le siascorta
quando avien che di voi talvolta scriva.
      Stranoe fiero miracol veramente
che altri sia vivae non sia vivae pèra
e senta tutto e non senta niente;
      sìche può dirsi la mia forma vera
da chi ben mira a sìvario accidente
un'imagine d'Eco e diChimera.


CXXV

      Vorreiche mi dicessi un pocoAmore
c'ho da far io con queste tuesorelle
Temenza e Gelosia? ed ond'è ch'elle
nonsanno star se non dentro il mio core?
      Tuhai mille altre donneche l'ardore
provancom'iode l'empietue facelle:
or manda dunque queste a star con quelle
fa'ch'un dì n'escan dal mio petto fore.
      -Io ho ben - mi dic'ei - mille persone
a chi mandarle; manessuna d'esse
haqual tuda temer alta cagione.
      Leluci ch'ami son le luci stesse
cheper dar gelosia epassione
a tutto il mondola mia madreelesse.


CXXVI

      Cosìm'acqueto di temer contenta
e di viver d'amara gelosia
purche l'amato lume lo consenta
pur che non spiaccia a lui lapena mia.
      Perch'èpiù dolce se per lui stenta
che gioir per ogn'altronon saria;
ed io per me non fia mai che mi penta
di sìgradita e nobil prigionia;
      perchécapir un'alma tanto bene
senza provarvi qualche cosaaversa
questa terrena vita non sostiene.
      Edio. che sono in tante pene immersa
quando avanti il suoraggio almo mi viene
resto da quel ch'esser soleadiversa.


CXXVII

      Susperanzasu féprendete l'armi
contra questa crudelnemica mia
importuna e spietata gelosia
che cerca quantopuò di vita trarmi;
      diasiuscita a' sospirverghinsi carmi
sì che si sfoghitanta pena ria;
trovisi dolce e grata compagnia
sìche possa il dolor men danno farmi.
      Ese questo non bastaun altro amore
si prendae lassi questoonde ora avampo
e così vinca l'un l'altrodolore.
      Perch'ogni fèrain selvain pratoin campo
cerca per natural forza evigore
di tentar ogni via per lo suoscampo.


CXXVIII

      S'io'l dissi maisignorche mi sia tolto
l'arder per voicom'ardo in fiamma viva;
s'io 'l dissi maich'io resti d'amarpriva
e resti il cor del suo bel laccio sciolto.
      S'io'l dissi maiche 'l lume del bel volto
di cui conviench'ognor ragioni e scriva
a la mia luce di tutt'altroschiva
non si mostri giamai poco né molto.
      S'io'l dissi maiche gli uomini a vicenda
tuttie li dèifortuna disdegnosa
a mio dannoa ruina ultimaaccenda.
      Ma s'io noldissie non feci mai cosa
degna del vostro sdegnoomai sirenda
la vita miaqual fulieta e gioiosa.


CXXIX

      Omia sventurao mio perverso fato
o sentenzia nemica del miobene
poi che senza mia colpa mi conviene
portar la pena del'altrui peccato.
      Quandosi vide mai reo condannato
a la mortea l'essilioa lecatene
per l'altrui fallo eper maggior sue pene
senzaesser dal suo giudice ascoltato.
      Iogrideròsignortanto e sì forte
chese nonli vorrete ascoltar voi
udranno i gridi miei Amore oMorte;
      e forse alcunpietoso dirà poi:
- Questa locò per suacontraria sorte
in troppo crudo luogo i pensiersuoi.


CXXX

      Qualfu di me giamai sotto la luna
donna più sventurata epiù confusa
poi che 'l mio soleil mio signorm'accusa
di cosaov'io non ho già colpaalcuna?
      Eper farmidolente a via più d'una
guisanon vuol ch'io possa farmia scusa;
vuol ch'io tenga lo stilla bocca chiusa
comemutoo fanciul piccolo in cuna.
      Aqual più sventurato e tristo reo
di non poter usar lasua difesa
sì dura legge al mondo unqua sidèo?
      Tal èla fiammaond'hai meAmoraccesa
tal è il mio fatodispietato e reo
tal è 'l laccio crudelcon che m'haipresa.


CXXXI

      Poichéda voisignorm'è pur vietato
che dir le vere mieragion non possa
per consumarmi le midolle e l'ossa
conquesto novo strazio e non usato
      finche spirto avrò in corpo ed alma e fiato
fin chequesta mia lingua averà possa
griderò sola inqualche speco o fossa
la mia innocenzia e più l'altruipeccato.
      E forse ch'averràquello ch'avenne
de la zampogna di chi vide Mida
che sonòpoi quel ch'egli ascoso tenne.
      L'innocenziasignortroppo in sé fida
troppo è veloce ametter ale e penne
equanto più la chiude altripiùgrida.


CXXXII

      Quandoio dimando nel mio pianto Amore
che così male il mioparlar ascolta
mille fiate il dìnon una volta
chémi fere e trafigge a tutte l'ore:
      -Come esser puòs'io diedi l'alma e 'l core
al miosignor dal dì ch'a me l'ho tolta
e se ogni cosa dentroa lui raccolta
è riso e gioiaè scema didolore
      ch'io sentagelosia fredda e temenza
e d'allegrezza e gioia restipriva
s'io vivo in luie in me di me son senza?
      -Vo' che tu mora al bene ed al mal viva -
mi risponde egli inultima sentenza -
questo ti bastie questo fa' chescriva.


CXXXIII

      Cosìsenza aver vitavivo in pene
evivendo ov'è gioianon son lieta;
così fra viva e morta Amor mi tiene
evita e morte ad un tempo mi vieta.
      Talla sua sorte a ognun nascendo viene
tal fu il mio aspro e miocrudo pianeta;
di sì rio frutto in sitibondearene
senza mai sparger semeavien ch'io mieta.
      Es'io voglio per me stessa finire
con la vita i tormentinonm'è dato
ché senza vita un uom non puòcolpire.
      Qual fine Amore e'l ciel m'abbia serbato
io non solassae non possoridire;
so ben ch'io sono in un miserostato.


CXXXIV

      Questerive ch'amai sì caldamente
rive sovra tutt'altre almee beate
fido albergo di cara libertade
nido d'illustre eriposata gente
      chi 'lcrederia? mi son novellamente
sì fattamente fuor delcor andate
che di passar con lor le mie giornate
mi dogliomeco e mi pento sovente.
      Etutti i miei disiri e i miei pensieri
mirano a quel bel colleove ora stanza
il mio signor e i suoi due lumialteri.
      Quiviperacquetar la desianza
spenderei tutta seco volentieri
questavita penosa che m'avanza.


CXXXV

      Quantoè questo fatto ora aspro e selvaggio
di dolcech'essersuolee lieto mare!
Dopo il vostro da noi allontanare
quantacompassione a me propria aggio
      tantoho invidia al bel colleal pinoal faggio
che gli fannoombraal fiumeche bagnare
gli suole il piede ed a me nomedare
che godono or del vostro vivo raggio.
      Ese non che egli è pur quell'il bel nido
dove nascesteio pregherei che fesse
il ciel lui ermolor secchi e queltorbo:
      per questo iorestoe prego voio fido
del mio cor speglioove mi tergo eforbo
a tornar tosto e serbar lepromesse.


CXXXVI

      Chimi darà di lagrime un gran fonte
ch'io sfoghi a pienoil mio dolor immenso
che m'assale e trafigequando iopenso
al poco amor del mio spietato conte?
      Tostoche '1 sol degli occhi suoi tramonte
agli occhi mieia' qualiè raro accenso
tanto ha di me non più memoria osenso
quanto una tigre del più aspro monte.
      Benè 'l mio stato e 'l destin crudo e fero
chétosto che da me vi dipartite
voi cangiatesignorluogo epensiero.
      - Io ti scriveròsubito - mi dite -
ch'io sarò giunto al loco ove andarchero; -
e poi la vostra fede a metradite.


CXXXVII

      Prendeteil volo tutti in quella parte
ove sta chi può dar finea' miei mali
col raggio sol de' lumi suoi fatali
o sospiro querele al vento sparte.
      Econ quanta eloquenzia e con quant'arte
vi detterà coluic'ha face e strali
dite a la vita mia pietose quali
dìprovoquando egli da noi si parte.
      Ese con vostri umili modi adorni
potrete far pietoso il vagoaspetto
sì ch'a star oggimai con noiritorni
      non tornate piùvoich'io non v'aspetto:
rimanetevi pur in que' soggiorni
evenga a me con lui gioia e diletto.


CXXXVIII

      Sacrofiume beatoa le cui sponde
scorgi l'anticovago ed altocolle
ove nacque la pianta ch'oggi estolle
al ciel i ramie le famose fronde
      benfûr le stelle ai tuoi desir seconde
ché 'l sìspesso veder non ti si tolle
e 'l far talor la bella piantamolle
ch'a melassasì spesso si nasconde.
      Tumi dài nomeed io vedrò se 'n carte
posso conle virtù che la mi rende
al secolche verràfamoso farte.
      Oh pur nonturbi il cielcui sempre offende
la gioia miai miei disegniin parte!
Altri ch'ella so ben che nonm'intende.


CXXXIX

      Fiumeche dal mio nome nome prendi
e bagni i piedi a l'alto colle evago
ove nacque il famoso ed alto fago
de le cui frondealto disio m'accendi
      tuvedi spesso luispesso l'intendi
e talor rendi la sua bellaimago;
ed a me che d'altr'ombra non m'appago
cosìsoventelassalo contendi.
      Purnon ostante che la nobil fronde
ond'io piansi e cantai conpiù d'un verso
la tua mercésì spessolo nasconde
      prego 'l cielch'altra pioggia o nembo avverso
non turbiAnassomai le tuechiar'onde
se non quel sol che da quest'occhiverso.


CXL

      Oriveo lidiche già foste porto
de le dolci amorosemie fatiche
mentre stavan con noi le luci amiche
chesempre accese ne l'interno porto
      quantami deste già gioia e conforto
tanto mi sète ador ad or nemiche
poi che 'l mio sol (lassaconvien che 'ldiche!)
voi e me ha lasciato a sì gran torto.
      Iocangerei con voi campagne e boschi
e colli e fiumilàdove dimora
chi partendo lasciò gli occhi meifoschi
      e di tornar non fapensier ancora
non ostantecrudelche ben conoschi
chese sta moltoconverrà ch'io mora.


CXLI

      SoventeAmorche mi sta sempre a lato
mi dice: - Miserellaquale orfia
la vita tuapoi che da te si svia
lui che soleva farlieto il tuo stato? -
      Iogli rispondo: - E tu perché mostrato
l'hai a questiocchiquando 'l vidi pria
se ne dovea seguir la mortemia
subito visto e subito rubbato? -
      Ond'eisi taceavvisto del suo fallo
ed io mi resto preda del miomale:
quanto mesta e dogliosail mio cor sallo!
      Eperch'io preghiil mio pregar non vale
per ciò che achi devrebbeed a chi fàllo
o poco o nulla del miodanno cale.


CXLII

      Rimandatemiil corempio tiranno
ch'a sì gran torto avete edistraziate
e di lui e di me quel proprio fate
che letigri e i leon di cerva fanno.
      Sonpassati otto giornia me un anno
ch'io non ho vostre lettreod imbasciate
contro le fé che voi m'avete date
ofonte di valorcontee d'inganno.
      Credetech'io sia Ercol o Sansone
a poter sostener tantodolore
giovane e donna e fuor d'ogni ragione
      massimeessendo qui senza 'l mio core
e senza voi a miadifensione
onde mi suol venir forza evigore?


CXLIII

      Quandofia mai ch'io vegga un dì pietosi
gli occhiche permio mal da prima vidi
in queste rive d'Adriain questilidi
dov'Amor mille lacci aveva ascosi?
      Quandofia mai che libera dir osi
dato bando a' miei pianti ed a'miei gridi:
- Or ti confortaanima caraor ridi
or tempoè ben che godi e che riposi? -
      Lassanon so; so ben che ad ora ad ora
ho cercato placar o lui omorte
e né questa né quello ho mossoancora.
      Tal èmiserail fintal è la sorte
di chi troppo altamentes'innamora:
donne miesiate a l'invescarviaccorte.


CXLIV

      Ricorroa voiluci beate e dive
a voi che sète le mie fidescorte
da poi che 'l cieloAmorfortuna e sorte
sono aisoccorsi miei sì tardi e schive.
      Seper me in voi si spera e 'n voi si vive
come avien che pervoi pur si comporte
a star lunge da me quest'ore corte
che'l mio ben la pietà vostra prescrive?
      Dehnon state oggimai da me più lunge!
Fate che questobreve spazio sia
concesso a me d'avervi semprepresso;
      chél'ardente disio tanto mi punge
che certo finirà lavita mia
se non m'è 'l vagheggiarvi ognorconcesso.


CXLV

      Lietecampagnedolci colli ameni
verdi pratialte selveerboserive
serrata valleov'or soggiorna e vive
chi puòfar i miei dì foschi e sereni
      antrid'ombre amorose e fresche pieni
ove raggio di sol non èch'arrive
vaghi augeichiari fiumi ed aure estive
vezzoseninfePanfauni e sileni
      orendetemi tosto il mio signore
voi che l'aveteo fateglialmen cónta
la mia pena e l'acerbo asprodolore:
      ditegli che lavita mia tramonta
s'omai fra pochi giornianzi poch'ore
ilsuo raggio a quest'occhi non sormonta.


CXLVI

      Comeposso far pace col desio
o farvi treguapoi ch'egli purvuole
non essendo qui nosco il suo bel sole
tranquilloporto e sole al viver mio?
      Eglifa giorno al suo colle natio
come a chi nulla o poco increscee duole
o 'l morir nostro o 'l pianto o le parole:
lassach'io nacqui sotto destin rio!
      Làdove converrà che tosto ceda
a morte l'alma o tosto anoi ritorni
la beltà ch'al mio mal non par checreda.
      Tal quifra questid'Adria almi soggiorni
io misera Anassillad'Amorpreda
notte e dì chiamo i miei due lumiadorni.


CXLVII

      -Or sopra il forte e veloce destriero -
io dico meco - seguelepre o cerva
il mio bel soleor rapida caterva
d'uccellicon falconi o con sparviero.
      Orassal con lo spiedo il cignal fiero
quando animoso il suovenir osserva;
or a l'opre di Marte or di Minerva
rivolgel'alto e saggio suo pensiero.
      Ormangiaor dormeor leva ed or ragiona
or vagheggia il suocolleor con l'umana
sua maniera trattiene ogni persona.-
      Cosìsignorbench'io vi sia lontana
sì fattamente Amor mi punge esprona
ch'ogni vostr'opra m'è presente epiana.


CXLVIII

      Se'l cielo ha qui di noi perpetua cura
e partisce ad ognuncome conviene
che maraviglia ès'a me diede pene
emi diè vita dispietata e dura?
      ese 'l mio sol di me poco si cura?
se mi vede morir e losostiene?
Ei vince il sol con sue luci serene
illustre ebel per studio e per natura.
      Alui convien regnarea me servire
vil donna e bassa; e parmiancora troppo
ch'egli non sdegni il mio per luipatire.
      Queste ragioni edaltre insieme aggroppo
meco talorper dar tregua almartìre
col desir sempre presto e 'l poterzoppo.


CXLIX

      Sìcome tu m'insegni a sospirare
arder di fiamma talche Etnapareggia
pianger di pianto talche se n'aveggia
omaiquest'onda e cresca questo mare
      insegnamiancheAmortu che 'l puoi fare
come men duro il mio signorfar deggia
comequando adivien che pietàchieggia
possa placarlo al suon del mio pregare.
      Ch'ioti perdono e danni e strazi e torti
che tu m'hai fatto e faitanti e sì gravi
ch'io non so come il ciel te locomporti;
      perchénon fia più pena che m'aggravi
pur ch'io facciapietosi e faccia accorti
gli occhi che del mio cor hanno lechiavi.


CL

      Larghevene d'umorvive scintille
che m'ardete e bagnate in acqua e'n fiamma
sìche di me omai non resta dramma
chenon sia tutta pelaghi e faville
      fateche senta almeno una di mille
aspre mie pene chi mi lava e'nfiamma
né di foco che m'arda sente squamma
néd'umor goccia che dagli occhi stille.
      -Non son - mi dice Amor - le ragion pari;
egli è nobilee beltu brutta e vile;
egli larghitu hai li cieliavari.
      Gioia e tormento almerto tuo simìle
convien ch'io doni. - In questi stativari
io penoei gode; Amor segue suostile.


CLI

      Piangetedonnee con voi pianga Amore
poi che non piange luichem'ha ferita
sìche l'alma farà tosto partita
daquesto corpo tormentato fuore.
      Ese mai da pietoso e gentil core
l'estrema voce altrui fuessaudita
dapoi ch'io sarò morta e sepelita
scrivetela cagion del mio dolore:
      "Peramar molto ed esser poco amata
visse e morì infeliceed or qui giace
la più fidel amante che siastata.
      Pregaleviatorriposo e pace
ed impara da leisì mal trattata
anon seguir un cor crudo e fugace".


CLII

      Iovorrei pur ch'Amor dicesse come
debbo seguirlo e con qual artee stile
possa sperar di far chi m'arde umìle
odiporr'io queste amorose some.
      Ioho le forze omai sì fiacche e dome
sìspaventosa son tornata e vile
chequasi ad Eco imaginesimìle
di donna serbo sol la voce e 'l nome:
      néperché le vestigia del mio sole
io segua semprecomefece anch'ella
e risponda a l'estreme sue parole
      possoindur la mia fiera e dura stella
ad oprar sì ch'eicrudo come suole
s'arresti al suon di mia stancafavella.


CLIII

      Sepotestesignorcon l'occhio interno
penetrar i segreti delmio core
come vedete queste ombre di fuore
apertamente conquesto occhio esterno
      vivedreste le pene de l'inferno
un abisso infinito didolore
quanta mai gelosiaquanto timore
Amor ha dato opuò dar in eterno.
      Evedreste voi stesso seder donno
in mezzo a l'almacui tantitormenti
non han potuto mai cavarvio ponno;
      etutti altri disir vedreste spenti
od oppressi da grave edalto sonno
e sol quei d'aver voi desti edardenti.


CLIV

      StraziamiAmorse saidammi tormento
tommi pur luiche vorrei semprepresso
tommi purcrudo e dislealcon esso
ogni mia paceed ogni mio contento
      fammipur mesta e lieta in un momento
dammi più morti con uncolpo stesso
fammi essempio infelice del mio sesso
cheper ciò di seguirti non mi pento.
      Perchévolgendo a quei lumi il pensiero
che vicini e lontani mi sonscorta
per l'asproperiglioso tuo sentiero
      moveda lor virtùche 'l cor conforta
sì chequantopiù sei crudele e fiero
tanto più facilmente eiti comporta.


CLV

      Dueanni e più ha già voltato il cielo
ch'io restaipresa a l'amoroso visco
per una beltà talchedirloardisco
simil mai non si vide in mortal velo;
      perquesto io la divolgoe non la celo
e non mi pentoanziglorio e gioisco;
ese donna giamai gradìgradisco
questa fiamma amorosa e questo gelo;
      eduolmi solse sarà mai quell'ora
che da me sidisciolga e leghi altronde
la beltà ch'ogni cosa arde einamora.
      Ese Morte a chiprega unqua risponde
la prego che permettaanzi ch'iomora
che non vegga d'altrui l'amatafronde.


CLVI

      Mentr'iopenso dolente a l'ora breve
che del suo lume fien mie luciprive
questi lidi lo sanno e queste rive
io mi disfacciocom'al sol la neve;
      e quelche par che più m'annoi e aggreve
è che 'ltermine mio tant'oltra arrive
e che prima di vita non miprive
mortea tutt'altri gravea me sol lieve.
      Chés'io morissi innanzi a tanta doglia
l'anima andrebbe altroveconsolata
lasciando qui la sua terrena spoglia;
      mafortuna ed Amor m'hanno lasciata
perché morend'ognorapiù mi doglia
questa vita penosa che m'èdata.


CLVII

      Ache pur diro mio dolce signore
ch'esca frutto da me di lodedegno
a che alzarmi a sì gradito segno
a chescrivendo procacciarmi onore
      seda quel dìch'entrar mi fece Amore
con l'arme de'vostr'occhi entro 'l suo regno
voi movete lo still'artel'ingegno
sensispirtipensiervogliealma ecore?
      Se da me dunquenasce cosa buona
è vostranon è mia; voi miguidate
a voi si deve il pregio e la corona.
      Voinon meda qui indietro omai lodate
di quanto per me s'opra esi ragiona:
ché l'ingegno e lo stilsignormidate.


CLVIII

      Dehlasciatesignorle maggior cure
d'ir procacciando in questaetà fiorita
con fatiche e periglio de la vita
altipregialti onorialte venture;
      ein questi colliin queste alme e sicure
valli e campagnedove Amor n'invita
viviamo insieme vita alma e gradita
finche 'l sol de' nostr'occhi alfin s'oscure.
      Perchétante fatiche e tanti stenti
fan la vita più duraetanti onori
restan per morte poi subito spenti.
      Quicoglieremo a tempo e rose e fiori
ed erbe e fruttie condolci concenti
canterem con gli uccelli i nostriamori.


CLIX

      Quellafebre amorosache m'atterra
due anni e più e quelgravoso incarco
ch'io sentopoi ch'Amor mi prese al varco
diduo begli occhionde l'uscir mi serra
      poteabastare a farmi andar sotterra
lasciar lo spirto del suocorpo scarco
senza voler ch'oltra i suoi strali el'arco
altra febrealtro mal mi fesse guerra.
      Padredel cieltu vedi in quante pene
questo misero spirto e questascorza
a tormentare Amor e febre viene.
      Diqueste febri o l'uno o l'altra smorza
ché due tantinemici non sostiene
donna sì frale e di sì pocaforza.


CLX

      Carestelleche tutte insieme insieme
con Cupido e Ciprigna vaghee pronte
deste il mio cor a quell'altero conte
che perpremio m'ha poi tolto la speme
      poiche vedete ch'eiche nulla teme
contra voicontra me alzala fronte
vendicate le vostre e le mie onte
con vendettepiù crude e più supreme.
      Equesto sia non che 'l mio cor mi renda
ma mi dia il suoerendami la spene
e così si dia otta pervicenda.
      Fate che 'nquelle ond'io son or catene
presa e legatail conte i' leghie prenda;
questo strazio al superbo si convene.







CLXI

      Versoil bel nidoove restai partendo
ove vive di me la migliorparte
quando il sol faticoso torna e parte
mai semprel'ale del disir io stendo.
      Eme ad or ad or biasmo e riprendo
ch'a star con voi non usaiforza ed arte
sapendo cheda voi stando in disparte
benmille volte al dì moro vivendo.
      Laspeme mosse il mio dubbioso piede
che deveste venir tosto avedermi
per arrestar questa fugace vita.
      Osservatesignorla data fede:
fatevenendoquesti lidiorermi
cari e gioiosie me lieta e gradita.


CLXII

      Se'l fin degli occhi miei e del pensiero
è 'l vedervi edi voi pensarmia vita
poi l'un mi tolse l'empiadipartita
ch'io fei da voi per non drittosentiero
      l'imagin delsembiante vostro vero
mi sta sempre nel cor fissa escolpita
qual donna in parteove sia più gradita
chegemme orientaloro od impero.
      Maperché l'alma disiosa e vaga
troppo aggravatad'amorosa sete
di questo sol rimedio mal s'appaga
      fatele luci mie gioiose e liete
signordi vostra vistae questapiaga
saldateche voi sol saldarpotete.


CLXIII

      Quandomostra a quest'occhi Amor le porte
de l'immensa bellezza edinfinita
de l'unico mio soll'alma invaghita
de le sueglorie par che si conforte.
      Quandopoi mostra a la memoria a sorte
quelle di crudeltà mainon udita
tutta a l'incontro afflitta e sbigottita
restapreda ed imagine di morte.
      Ecosì vita e mortee gioie e pene
e temenza e fidanzae guerra e pace
per le tue maniAmord'un luogoviene.
      Né questovario stato mi dispiace
sì son dolci i martìrie le catene;
ma temo che sarà breve efugace.


CLXIV

      Occhimiei lassinon lasciate il pianto
come non lascian me témae spavento
di veder tosto a noi rubato e spento
il lumech'amo e riverisco tanto.
      Pregatemortese si puòfra tanto
che mi venga essa a cavarfuor di stento;
perché morir a un tratto è mentormento
che viver sempre a mille morti a canto.
      Iodirei che pregaste prima Amore
che facesse cangiar voglia epensiero
al nostro crudo e disleal signore;
      maso che saria invanperché sì fiero
cosìindurato ed ostinato core
non ebbe mai illustrecavaliero.


CLXV

      S'unavera e rarissima umiltate
una fé più che marmoe scoglio salda
una fiamma ch'abbrucianon pur scalda
unnon curar de la sua libertate
      unper piacer a le due luci amate
aver l'alma al morir ardita ebalda
un liquefarsi come neve in falda
mertan per tempoomai trovar pietate.
      iodevrei pur sperar d'aprir lo scoglio
ch'intorno al core ha ilmio signor sì sodo
ch'altrui pregare o strazio anconon franse.
      Ed io ne pregoardentecome soglio
Amor e luiche m'hanno stretto ilnodo
e san quanto per me si piange epianse.


CLXVI

      Ioaccuso talora Amor e lui
ch'io amo; Amorche mi legòsì forte;
luiche mi può dar vita e dammimorte
cercando tôrsi a me per darsi altrui;
      mameglio avistapoi scuso ambedui
ed accuso me sol de la miasorte
e le mie voglie al voler poco accorte
ch'io de lepene mie ministra fui.
      Perchévedendo la mia indegnitade
devea mirar in men graditoloco
per poterne sperar maggior pietade.
      FetonteIcaro ed ioper poter poco
ed osar moltoin questa e quellaetade
restiamo estinti da troppo altofoco.


CLXVII

      Poiche disia cangiar pensiero e voglia
l'empio signorch'onoroed amo tanto
senza curar de' fiumi del mio pianto
e delmancar de la mia frale spoglia
      ioprego morteche di qua mi toglia
perché non abbiaquesto crudo il vanto;
o prego Amorche mi rallentialquanto
poi che de' doni suoi tutta mi spoglia;
      sìche o morta non vegga tanto danno
o viva e sciolta non lostimi molto
allor che gli occhi altro mirarsapranno.
      Dunque o siafalso il mio temere e stolto
o resti sciolta al rinovar del'anno
o queti il corpo in bel marmosepolto.


CLXVIII

      Chebella lodeAmorche ricche spoglie
avrai d'una infiammatagiovenetta
che t'è stata sì fida e sìsoggetta
seguendo più le tue che le suevoglie
      se per te cosìtosto si discioglie
da la catenache l'aveva stretta
laqual le piace sìsì le diletta
ch'a penardolcemente par l'invoglie?
      Nonconviene ad un dio l'esser sì lieve
massimamentequando il cangiar stato
non è diletto altruima dogliagreve.
      Ma tu pur segui iltuo costume usato
e fai la gioia mia fugace ebreve
ritogliendomi il ben che m'hai donato.


CLXIX

      Ache più saettarmiarcier spietato?
Se tu lo fai permostrar la tua forza
io ho già tutto dentro e ne lascorza
questo misero corpo arso e 'mpiagato.
      Setu lo fai per farmi un dì placato
chi la mia libertàmi lega e smorza
tu speri invanperché tua poggia edorza
nulla rileva il suo legno ostinato.
      Eglisi pasce del mio crudo strazio
quanto è maggiore del'aspre mie pene
non pur che mai ne sia pentito esazio;
      ed in una gran témami mantiene
chefatto d'altra donnain breve spazio
mitorrà le sue luci alme e serene.


CLXX

      Fammipur certaAmorche non mi toglia
tempofortunainvidia ocrudeltade
la mia viva ed angelica beltade
quellach'appaga e queta ogni mia voglia;
      edammi quanto sai tormento e doglia:
che tutto mi saràgioia e pietade;
tommi riposotommi libertade
ese tipartommi anco questa spoglia:
      cheper certo io morrò lieta e contenta
morendo suapurche non vegga io
ch'ella sia fatta d'altra donnaosenta.
      Questa sol tèmaturba il piacer mio
questa fa ch'a' miei danni nonconsenta
e fa la speme ritrosa al desio.


CLXXI

      Voipotetesignorben tôrmi voi
con quel cor d'induratodiamante
e farvi d'altra donna novo amante;
di che cosanon èche più m'annoi;
      manon potete già ritormi poi
l'imagin vostrail vostroalmo sembiante
che giorno e notte mi sta sempre innante
poiche mi fece Amor de' servi suoi;
      nonpotete ritôrmi quei desiri
che m'acceser di voi sìcaldamente
il focoil piantoche per gli occhiverso.
      Questi mi fien ne'miei gravi martìri
dolce sostegnoe la memoriaardente
del diletto provatoc'handisperso.


CLXXII

      S'unacandida fedeun cor sincero
una gran riverenzaunainfinita
voglia a servir altrui pronta ed ardita
un servograto al suo signor mai fêro
      devrebbepursignorl'affetto vero
e la mia fede esser da voigradita
se i vostri onor più cari che la vita
mifûr mai sempree più ch'oro ed impero.
      Mapoi che mia fortuna mi contende
mercé sì giustapoi che a sì gran torto
a schivo il servir mio da voisi prende
      ciò ch'avoi piace paziente porto
sperando pur che Dioche tuttointende
vi faccia un dì de la mia fedeaccorto.


CLXXIII

      CantatemecoProgne e Filomena
anzi piangete il mio gravemartìre
or che la primavera e 'l suo fiorire
i mieilamenti e voitornandomena.
      Avoi rinova la memoria e pena
de l'onta di Tereo e legiust'ire;
a me l'acerbo e crudo dipartire
del mio signoremorte empia rimena.
      Dunqueessendo più fresco il mio dolore
aitatemi amiche adisfogarlo
ch'io per me non ho tanto entro vigore.
      Ese piace ad Amor mai di scemarlo
io piangerò poi 'lvostro a tutte l'ore
con quanto stile ed arte potròfarlo.


CLXXIV

      Unainaudita e nova crudeltate
un esser al fuggir pronto eleggiero
un andar troppo di sue doti altero
un tôrread altri la sua libertate
      unvedermi penar senza pietate
un aver sempre a' miei danni ilpensiero
un rider di mia morte quando pèro
un avervoglie ognor fredde e gelate
      uneterno timor di lontananza
un verno eterno senzaprimavera
un non dar giamai cibo a la speranza
      m'hanfatto divenir una Chimera
uno abisso confusoun march'avanza
d'onde e tempeste una marinavera.


CLXXV

      Quasiuom che rimaner de' tosto senza
il ciboonde nudrir suol lasua vita
più dell'usato a prenderne s'aita
fin chegli è presso posto in sua presenza;
      conviench'innanzi a l'aspra dipartenza
ch'a si crudi digiuni l'almainvita
ella più de l'usato sia nodrita
per poterpoi soffrir si dura assenza.
      Peròvaghi occhi mieimirate fiso
più de l'usatoanzibevete il bene
e 'l bel del vostro amato e caro viso.
      Evoiorecchieoltra l'usato piene
restate del parlarché'l paradiso
certo armonia più dolce noncontiene.


CLXXVI

      Sevoi vedete a mille chiari segni
che tanto ho carae non piùquesta vita
quant'è con voiquant'è da voigradita
ultimo fin de tutti i miei disegni
      ache pur con nov'arte e novi ingegni
darmi qualche novellaaspra ferita
tramando or questaor quella dipartita
quasiogni pace mia da voi si sdegni?
      Sevolete ch'io moraun colpo solo
m'uccidasì ch'omaisi ponga fine
ai dispiacervial vivere ed alduolo;
      perché cosìsta sempre sul confine
di morte l'almae mai non prende ilvolo
pensando pur a voiluci divine.


CLXXVII

      Poiche tu mandi a far tanta dimora
empia Fortunain sìlontan paese
il chiaro e vivo raggio che m'accese
empia edaversa a' miei disiri ognora
      convenientee giusto e degno fôra
che tu mi fossi almen tantocortese
che quest'ore sì brevi avesse spese
quimeco tutte lui che m'innamora;
      sìche 'l cor e gli orecchi e gli occhi insieme
prendesser cibo asostenermi in vita
quel lungo tempo poi ch'ei fialontano
      Ma tu stai duraed io mi doglio invano
dal cielda te e poi d'Amortradita;
però l'alma di ciò sospira egeme.


CLXXVIII

      Perchémi siisignorcrudo e selvaggio
disdegnosoinumano edinclemente
perché abbi vòlto altroveultimamente
spirtopensiericoranima e raggio
      nonper questo adivien che 'l fococh'aggio
nel petto accesosispenga o s'allente;
anzi si fa più vivo e piùcocente
quant'ha da te più strazi e fierooltraggio.
      Chés'io t'amassi come l'altre fanno
t'amerei solo e seguirei fintanto
ch'io ne sentissi utilee non danno;
      maper ciò ch'amo teamo quel santo
lumeche gli occhimiei visto prima hanno
convien ch'io t'ami a l'allegrezza eal pianto.


CLXXIX

      Meraviglianon èse 'n uno istante
ritraeste da me pensieri evoglie
ché vi venne cagion di prender moglie
edivenir maritoov'eri amante.
      Nodoe féche non è stretto e costante
per picciolacagion si rompe e scioglie:
la mia fede e 'l mio nodo il vantotoglie
al nodo gordiano ed al diamante.
      Perònon fia giamai che scioglia questo
e rompa quellase noncruda morte
la qual pregosignorche venga presto;
      sìch'io non vegga con le luci scorte
quello ch'or col pensieratro e funesto
mi fa veder la mia spietatasorte.


CLXXX

      Certofate gran torto a la mia fede
contesovra ogni fécandida e pura
a dir che 'n Francia è più saldae più dura
la fé di quelle donne a chi lorcrede.
      Secome Amor ch'ipensier dentro vede
e passa ov'occhio uman nons'assicura
penetraste anco voi per mia ventura
ovel'imagin vostra altera siede
      voila vedreste salda come scoglio
immobilmente appresso del miocore
e diporreste meco il vostro orgoglio.
      Mavoi vedete sol quel ch'appar fuore;
per questo io restomiserauno scoglio
e voi credete poco al miodolore.


CLXXXI

      Diversieffetti Amor mi fe' vedere
poco anzi; or mi pascea digelosia
dimostrandomi quanto lieve sia
creder suo quelch'a molte può piacere;
      ormi pascea di speme e di piacere
mostrandomi la fé maisempre pria
salda e costante de la gloria mia
e lepromesse sue secure e vere.
      Perquesto or fra tempesteor fra bonaccia
guidai la barca miadubbia e sicura
vedendo Amor or foscoor chiaro infaccia.
      Or la speranza piùnon m'assicura
e la temenza vuol ch'io mi disfaccia.
Dirpiù non osoe sallo chi n'ha cura.


CLXXXII

      Lavita fuggeed io pur sospirando
trapassolassail piùdegli anni miei
né di passarli ardendo mi dorrei
ala cagion de' miei sospir mirando;
      senon che non so punto il come o 'l quando
den le mie gioie darluogo agli omei;
ché forse a poco a poco m'userei
adandar le mie pene sopportando.
      Anzimiseraio so che sarà tosto
ché per partenza oper cangiar volere
il fin de' miei piacer non èdiscosto.
      Eperch'Amormel faccia prevedere
non è per questo il mio pettodisposto
a poter tanta doglia sostenere.


CLXXXIII

      Dehconsolate il cor co' vostri rai
questo almen poco spaziochem'avanza
de la vostra vicina lontananza
ch'io non vedròcon gli occhi asciutti mai.
      Lasciatei vostri amati colli e gai
a voi sì cara e a me nemicastanza
collic'hanno imparato per usanza
a farmioltraggio sì sovente omai.
      Giàsenza voi non fia manco fiorita
la chioma de' bei collidov'io forsi
resteròsenza voisenza lavita.
      Che cosa ècontea la pietate opporsi
se non negare a chi dimandaaita
i suoi pietosii suoi dolcisoccorsi?


CLXXXIV

      Ionon trovo più rimeonde più possa
lodar vostrabeltàvostro valore
e contare i tormenti del miocore;
sì cresce a quelli e a me manca lapossa.
      Equasi fiamma chesia dentro mossa
e non possa sfogar l'incendio fore
questointerno disio cresce 'l dolore
e mi consuma le midolle el'ossa;
      sì che fratutti i beni e tutti i mali
ch'Amor suol dario ho questovantaggio
che quanti sien ridir non possoequali.
      Dunqueo tuvivomio lucente raggio
dammi vigoreo tu dammiAmorl'ali
ch'io saglia a mostrar fuor quel che 'n coraggio.


CLXXXV

      Iopenso talor meco quanto amaro
fora il mio statose perqualche sdegno
o per stimarsi il mio signor piùdegno
mi ritogliesse il suo bel lume e chiaro;
      emi risolvo che 'l vero riparo
quando ad essaminar ben tuttovegno
per finire i miei mal tutti ad un segno
saria dimorte il colpo aspro ed avaro.
      Chés'io restassi in vitagli occhi e 'l core
la speranzaildisio mi farian guerra
che prendon sol da lui ésca evigore;
      doves'io fossimorta e posta in terra
si porria fin ad un tratto aldolore
ch'è vita morte che più mortiatterra.


CLXXXVI

      -Che fia di me - dico ad Amor talora-
poi che del mio signorgli occhi sereni
lasseran questi miei di pianto pieni
fattoesso d'altri infin a l'ultim'ora?
      -Che fia di me - mi rispond'egli allora-
ch'arco e saette efaci e teme e speni
tengo in quegli occhie tutti altri mieibeni
né mai ritrarli io ho potuto ancora?
      D'indisoglio infiammard'indi ferire;
orse come tu di'ce liritoglie
caduta è la mia gloria e 'l nostro ardire.-
      In queste amare edispietate voglie
restiam noi dueed ei segue di gire
carcoe superbo de le nostre spoglie.


CLXXXVII

      Segran temenza non tenesse a freno
la mia lingua bramosa e 'lmio disio
sì ch'io potessi dire al signor mio
comeamando e temendo io vengo meno
      iospererei che quel di grazie pieno
viso leggiadroondetutt'altro oblio
quant'è 'l mio stato travagliato erio
tanto lo fesse un dì chiaro e sereno;
      equelloonde m'avinse e strinsenodo
non cercherebbelassadi slegarlo
allor che più credea che fossesodo.
      Ma per troppo timornon oso farlo;
così dentro al mio cor mi struggo erodo
e sol con meco e con Amor neparlo.


CLXXXVIII

      Quasivago e purpureo giacinto
che 'n verde pratoin piaggiaaprica e lieta
crescendo ai raggi del più belpianeta
che lo mantien degli onor suoi dipinto
      subitotorna languidetto e vinto
sì che mai non si vide tantapièta
se di veder gli usati rai gli vieta
nubeche'l sol abbia coperto e cinto;
      talla mia spemech'ognor s'erge e cresce
dinanzi a' rai de labeltà infinita
onde ogni sua virtute e vigoresce.
      Ma la ritorna poifiacca e smarrita
oscura témache con lei simesce
che la sua luce tosto fiasparita.


CLXXXIX

      Lassain questo fiorito e verde prato
de le delizie miefra sìfresca erba
ondela tua mercévo sìsuperba
Amorpoi che 'l mio sol m'hai ritornato
      perquel ch'a certi segni m'è mostrato
un empio e venenosoaspe si serba
per far la vita mia di dolce acerba
eavelenarmi il mio felice stato.
      Ilche se de' seguirprego che priva
mi faccia morte e di vita edi senso
prima che questa téma giunga ariva;
      perch'a dover provardolor sì immenso
assai meglio è morir cherestar viva
se le provate mie dogliecompenso.


CXC

      Acconciatevispirti stanchi e frali
a sostener la perigliosa guerra
e'l colpoche fortuna empia disserra
da noi partendo i lumimiei fatali.
      Quanti avetefin qui tormenti e quali
soffertipoi che crudo Amorn'atterra
son sogni ed ombrea lato a quei che serra
questaseconda assenzia strazi e mali.
      Perchécontra il dolor mi fece ardita
un poco di virtùcheaveva allora
che fece il mio signor l'altra partita;
      oressendo mancata quella ancora
ed essendo cresciuta laferita
altro schermo non hose non ch'iomora.


CXCI

      Cominciaalma infelicea poco a poco
a ricever di fiera sorte ilcolpo
a cui pensando sol mi snervo e spolpo
ed in guai siconverte ogni mio gioco.
      L'altacagion del nostro chiaro foco
partirà tostodi chelassaio scolpo
Amoree 'l crudo mio signor incolpo
sìveloce a cangiar pensier e loco.
      Sìchequando si parte e torna il sole
non vegga l'occhio tuodi pianto asciutto
poi chedove si puòcosìsi vuole;
      ch'un cor saldoe costante vince il tutto
e morte alfineo 'l tempocomesuole
ti trarran fuor di vita e fuor dilutto.


CXCII

      Amorlo stato tuo è proprio quale
è una ruotachemai sempre gira
e chi v'è suso or canta ed orsospira
e senza mai fermarsi or scende or sale.
      Orti chiama fedeleor disleale;
or fa pace con tecoed ors'adira;
ora ti si dà in predaor si ritira;
or nelben temeed or spera nel male;
      ors'alza al cieloor cade ne l'inferno;
or è lunge dallidoor giunge in porto;
or trema a mezza stateor suda ilverno.
      Iolassa menelmio maggior conforto
sono assalita d'un sospetto interno
chemi tien sempre il cor fra vivo e morto.


CXCIII

      Sequel grave martìr che il cor m'afflige
non temprassetalor cortese Amore
già mi sarei di vita uscitafuore
e varcato averei Cocito e Stige;
      maperché quant'ei più m'ange e trafige
tanto lagioia poi tempra l'ardore
tenendo sempre fra duelassailcore
né al sìné al no l'almas'affige.
      Cosìd'ambrosia vivo e di veleno
né di vita o di morte stasicura
l'animach'or s'aviva ed or vien meno.
      Ostranao novao insolita ventura
o petto di dolor e noiapieno
o dilettoo martìrche pocodura!


CXCIV

      -Chi darà lena a la tua stanca vita -
talor dentro nelcor mi dice Amore-
or che chi ti suol dar lena evigore
s'apparecchia di far da te partita?
      Pensandoa ciòsì a lagrimar m'invita
questo vero egiustissimo dolore
che sarei già di vita uscitafore
se non che 'l raggio di chi può m'aita.
      Erimango pregando o lui o Morte:
luiche non partao leichea me ne vegna
sì ch'ei vegga presente tantapièta.
      Ma al miogridare e al mio pregar sì forte
di risponder néquesta né quel degna
e la sua aita ognun di lor mivieta.


CXCV

      Voivi partiteconteed ioqual soglio
mi rimango di duolpreda e di morte
e questa o quello ingiurioso e forte
useràcontra me l'usato orgoglio.
      Népotrò farmi a' colpi loro scoglio
non avendo con mechi mi conforte
il vostro viso e le due fide scorte
chene' perigli per iscudo toglio.
      Dehfoss'io certa almen che di due cose
seguisse l'una: o voitornaste presto
o fossero anche in voi fiammeamorose!
      Ché misarebbe schermo e quello e questo
in far meno l'assenzie miepenose
e 'l vostro dipartir menomolesto.


CXCVI

      EccoAmorio morròperché la vita
si partiràda mee senza lei
tu sei certo ch'io viver non potrei
chésaria cosa nova ed inaudita.
      Quantoa mene sarò poco pentita
perché la lungaistoria degli omei
de' sospirde' martìrde' dolormiei
sarà per questo mezzo almen finita;
      midorrà sol per conto tuoche poi
non avrai cor sìsaldo e sì costante
dove possi aventar gli stralituoi;
      e le vittorie tuele tante e tante
tue glorie perderanno i pregi suoi
alcader di sì fida e salda amante.


CXCVII

      Chi'l crederia? Felice era il mio stato
quando a vicenda ordoglia ed or diletto
or témaor speme m'ingombrava ilpetto
e m'era il cielo or chiaro ed or turbato;
      perchéquesto d'Amor fiorito prato
non è a mio giudicio a pienperfetto
se non è misto di contrario effetto
quandola noia fa il piacer più grato.
      Maor l'ha pieno sì di spine e sterpi
chi lo puòfaree svelti i fiori e l'erba
che sol v'albergan venenosiserpi.
      O fécangiatao mia fortuna acerba!
Tu le speranze mie recidi esterpi:
la cagion dentro al petto mio siserba.


CXCVIII

      Sesoffrir il dolore è l'esser forte
e l'esser forte èvirtù bella e rara
ne la tua corteAmorcertos'impara
questa virtù più ch'in ogn'altracorte
      perché non èchi teco non sopporte
de' dolori e di téme lemigliara
per una luce in apparenza chiara
che poi scureombre e tenebre n'apporte.
      Lacontinenzia vi s'impara ancora
perché da quelloondes'ha più disio
per riverenza altrui s'astientalora.
      Queste virtuti edaltre ho imparate io
sotto questo signorche sìs'onora
e sotto il dolce ed empio signormio.


CXCIX

      Signorite felice ove 'l disio
ad or ad or più chiaro virichiama
a far volar al ciel la vostra fama
secura da lamorte e da l'oblio;
      ricordatevisol come rest'io
solinga tortorella in secca rama
chesenza luiche sol sospira e brama
fugge ogni verde pianta echiaro rio.
      Al mio corfate cara compagnia
il vostro ad altra donna non donate
poiche a me sì fedel nol deste pria.
      Sopratutto tornar vi ricordate
es'avien che fia quando estintaio sia
de la mia rara fé non viscordate.


CC

      Alpartir vostro s'è con voi partita
ogni mia gioia edogni mia speranza
l'ardirla forzail core e la baldanza
epoco men che l'anima e la vita:
      erestò solpiù che mai fosse ardita
l'importunaed ardente disianza
la quale in questa vostra lontananza
midàmisera me! doglia infinita.
      Ese da voi non vien qualche conforto
o di lettra o di messo odi venire
certosignoril viver mio fia corto;
      perchéin amor non è altro il morire
per quel ch'a mille emille prove ho scorto
che aver poca speranza e grandisire.


CCI

      -È questa quella viva e salda fede
che promettevi a latua pastorella
quandopartendo a la stagionnovella
n'andasti ove gran re gallico siede?
      Odi quanto il sol scalda e quanto vede
perfidoingrato in attoed in favella;
misera meche ti divenni ancella
perriportarne sì scarsa mercede!
      Cosìl'afflitta e misera Anassilla
lungo i bei lidi d'Adria ivachiamando
il suo pastorda cui 'l ciel dipartilla;
      el'acque e l'auredolce risonando
allor che 'l sol piùarde e più sfavilla
i suoi sospir al ciel givanportando.


CCII

      Poiche per mio destin volgeste in parte
piedi e volerondeperdei la spene
di riveder più mai quelle serene
lucic'ho già lodate in tante carte
      iomi volsi al gran Solee con quell'arte
e quella luceche dalui sol viene
trassi fuor da le sirti e da l'arene
illegno mio per via di remi e sarte.
      Laragion fu le sartee i remi fûro
la volontàchea l'ira ed a l'orgoglio
d'Amor si fece poi argine emuro.
      Cosìsenzatemer di dar in scoglio
mi vivo in porto omai queto esicuro;
d'un sol mi lodoe di nessun midog1io.


CCIII

      Ardentemio disira chepur vago
de' nostri danniin parte stendil'ale
ov'è cui de' miei strazi poco cale
e del miotrar fuor di quest'occhi un lago?
      Bensi può del mio stato esser presago
il partir de laspeme fiacca e frale
e la memoriache sì pocoassale
quel de le voglie mie tiranno e mago.
      Eglia novi diletti aperto ha 'l seno
e di me sì fedele haquella cura
che di chi non si vede e' si puòmeno.
      Dunque tu di tornara me procura
ché 'l turbar la mia pace e '1 miosereno
è troppo intempestiva cosa edura.


CCIV

      Virtutieccelse e doti illustri e chiare
ch'alzate al cielo il mioreal signore
sol co' passi di gloria e d'alto onore
giàgiunto in parteove non ha più pare;
      voivoi sol voglio volgermi ad amare
temprando il mio focoso ecieco amore
guidato sol da tenebre ed errore
ove ambeduepotrà forse annoiare.
      Orracquistato alquanto del mio lume
potrò specchiarmi inquel bel raggio ardente
che da prima m'elessi per mionume;
      e di cibo migliorpascer la mente
dove io pasceva i sensi per costume
dicosache si fugge via repente.


CCV

      Queldisirche fu già caldo ed ardente
a bellezza seguirfugace e frale
l'alta mercé di Dioprese ha giàl'ale
ed è rivolto a più fidooriente
      seguendo del mioconte solamente
quella interna bellezza e senza eguale
checon fortuna non scende e non sale
e del tempo e d'altrui curaniente.
      Da qui indietro ilsuo sommo valore
la cortesia e 'l saggio altointelletto
d'alte opre vago e di perpetuo onore
      saranpiù degna fiamma del mio petto
e più degnoricetto del mio core
e de le rime mie più degnooggetto.


CCVI

      Cantatumusa mianon più quel volto
non più quegliocchi e quell'alme bellezze
che 'l senso mal accorto par cheprezze
in quest'ombre terrene impresso e involto;
      mal'alto senno in saggio petto accolto
mille tesori e millealtre vaghezze
del conte mioe tante sue grandezze
ond'oggiil pregio a tutti gli altri ha tolto.
      Orsarà il tuo Castalio e 'l tuo Parnaso
non fumo edombrama leggiadra schiera
di virtù verechiuse innobil vaso.
      Quest'èvia da salir a gloria vera
questo può farti da l'ortoa l'occaso
e di verace onor chiara edaltera.


CCVII

      Poiche m'hai resaAmorla libertade
mantiemmi in questo dolcee lieto stato
sì che 'l mio cor sia miosìcome è stato
ne la mia prima giovenil etade;
      ose pur vuoi che dietro a le tue strade
amandosegua il miocostume usato
fa' ch'io arda di foco più temprato
eches'io ardoaltrui n'abbia pietade;
      perchémi par vedera certi segni
che ordisci novi lacci e novefaci
e di ritrarmi al giogo tuo t'ingegni.
      SerbamiAmorin queste brevi paci
Amorche contra me superboregni
Amorche nel mio mal sol ticompiaci.


CCVIII

      Amorm'ha fatto tal ch'io vivo in foco
qual nova salamandra almondoe quale
l'altro di lei non men stranio animale
chevive e spira nel medesmo loco.
      Lemie delizie son tutte e 'l mio gioco
viver ardendo e nonsentire il male
e non curar ch'ei che m'induce a tale
abbiadi me pietà molto né poco.
      Apena era anche estinto il primo ardore
che accese l'altroAmorea quel ch'io sento
fin qui per provapiù vivo emaggiore.
      Ed io d'arderamando non mi pento
pur che chi m'ha di novo tolto ilcore
resti de l'arder mio pago e contento.


CCIX

      Ionon veggio giamai giunger quel giorno
ove nacque Colui checarne prese
essendo Dioper scancellar l'offese
delnostro padre al suo Fattor ritorno
      chenon mi risovenga il modo adorno
col qualeavendo Amor lereti tese
fra due begli occhi ed un risomi prese;
occhich'or fan da me lunge soggiorno;
      ede l'antico amor qualche puntura
io non senta al desire ed alcor darmi
sì fu la piaga mia profonda e dura.
      Ese non che ragion pur prende l'armi
e vince il sensoquestaacerba cura
sarebbe or tal che non potrebbeaitarmi.


CCX

      VeggioAmor tender l'arcoe novo strale
por ne la corda e saettarmiil core
enon ben saldo ancor l'altro dolore
nova piagarifarmi e novo male;
      e sìil suo foco m'è proprio e fatale
sì son preda emancipio ognor d'Amore
cheperché l'alma vegga il suomigliore
ripararsi da lui né vuol névale.
      Ben è ver chela telache m'ordisce
sempre è di ricco stame; equindi aviene
che ne' suoi danni il cor père egioisce;
      e 'l ferro ètaleonde a ferirmi or viene
che si può dir che chiper lui perisce
prova sol una vita e sommobene.


CCXI

      Qualsagittarioche sia sempre avezzo
trarre ad un segnoe maicolpo non falla
o da propria vaghezza tratto o dalla
spenec'ha da ritrarne onore e prezzo
      Amorche nel mio mal mai non è sezzo
torna a ferirmi ilcorné mai si stalla
e la piaga or risalda apre erifalla;
né mi val s'io 'l temo o s'io losprezzo.
      Tanto di me ferirdiletto prende
e tal n'attende e merca onorch'omai
perquel ch'io provoad altro non intende.
      Ilvivo focoond'io arsi e cantai
molti annia pena èspentoche raccende
d'un altro il corche tregua non hamai.


CCXII

      Chefaraialma? ove volgerai il piede?
qual sentir prenderaichepiù ti vaglia?
Tornerai a seguir Amorche smaglia
ogniloricaquando irato fiede?
      ostanca e sazia de le tante prede
fatte di te ne l'aspra suabattaglia
t'armerai sì cheperch'ei purt'assaglia
non ti vincerà più qual suole ecrede?
      Il ritrarsi èsicuroe 'l contrastare
è glorioso; e l'éscache ci mostra
è talche può nocendo ancogiovare.
      Non perde e nonvince anco uom che non giostra;
in queste imprese perigliose erare
si potria far maggior la glorianostra.


CCXIII

      Unveder tôrsi a poco a poco il core
miserae non dolerside l'offesa;
un veder chiaro la sua fiamma accesa
neglialtrui lumi e non fuggir l'ardore;
      uncercar volontario d'uscir fore
de la sua libertà pocoanzi resa;
un aver sempre a l'altrui voglia intesa
l'almavaga e ministra al suo dolore;
      unparer tutto grazia e leggiadria
ciò che si vede in unaspetto umano
se parli o tacciao se si mova ostia
      son le cagion ch'iotemo non pian piano
cada nel mar del piantoov'era pria
lavita mia; e prego Dio che 'nvano.


CCXIV

      Lapiagach'io credea che fosse salda
per la omai molta assenziae poco amore
di quell'alpestro ed indurato core
freddo piùche di neve fredda falda
      sidesta ad or ad ora e si riscalda
e gitta ad or ad or sangueed umore;
sì che l'alma si vive anco in timore
ch'esserdevrebbe omai sicura e balda.
      Néperché cerchi agiunger novi lacci
al collo mioso farche molto o poco
quell'antico mio nodo non m'impacci.
      Sisuol pur dir che foco scaccia foco;
ma tuAmorche 'l miomartìr procacci
fai che questo in melassaor non haloco.


CCXV

      Qualdarai fineAmora le mie pene
se dal cenere estinto d'unardore
rinasce l'altrotua mercémaggiore
e sìvivace a consumar mi viene?
      Qualne le più felici e calde arene
nel nido acceso sol divario odore
d'una fenice estinta esce poi fore
un vermeche fenice altra diviene.
      Inquesto io debbo a' tuoi cortesi strali
che sempre èdegno ed onorato oggetto
quelloonde mi ferisciondem'assali.
      Ed ora ètale e tanto e sì perfetto
ha tante doti a la bellezzaeguali
che arder per lui m'è sommoaltodiletto.


CCXVI

      D'essersempre ésca al tuo cocente foco
e sempre segno a' tuoipungenti strali
d'esser sempre ministra de' miei mali
edaver sempre i miei tormenti a gioco
      ionon mi doglioAmormolto né poco
poi che dal dìche 'l desir prese l'ali
mi son fatti i martìr proprie fatali
e libertade in me non ha più loco.
      Purche tu mi conservi in questo stato
dov'or m'hai postaesotto quel signore
onde il cor novamente m'hailegato
      o mi fia dolceotornerà minore
quanto son per provarquanto hoprovato
la sua rara bellezza e 'l suovalore.


CCXVII

      Ache bramarsignorche venga manco
quel che avete di medisire e speme
s'Amorpoi che per lui si spera e teme
ipiù giusti di lor non vide unquanco?
      Chevuol dir ch'ogni dì divien più franco
quel chedi voi desir m'ingombra e preme?
La speme noche par ch'ognorsi sceme
vostra mercedeond'io mi snervo e 'mbianco.
      -Ama chi t'odia- grida da lontano-
non pur chi t'ama- ilSignorche la via
ci aperse in croce da salire alcielo.
      Riverite la suapossente mano
non cercatesignorla morte mia
chéquesto è 'l vero et a Dio caro zelo.


CCXVIII

      Dovevolete voi ed in qual parte
voltar speme e disio che piùconvegna
se voletesignorfar cosa degna
di quell'amorch'io vo spiegando in carte?
      Forsea Dio? Già da Dio non si diparte
chi d'Amor segue lafelice insegna:
Ei di sua bocca propria pur c'insegna
adamar lui e 'l prossimo in disparte.
      Orse devete amarnon è via meglio
amar meche v'adoro eche ho fatto
del vostro vago viso tempio espeglio?
      Dunque amateeservateamandoil patto
c'ha fatto Cristo; ed amando io visveglio
che amiate corche ad amar voi siaatto.


CCXIX

      Bensi conviensignorche l'aureo dardo
Amor v'abbia aventato inmezzo il petto
rotto quel duro e quel gelato affetto
tantoa le fiamme sue ritroso e tardo
      avendoa me col vostro dolce sguardo
onde piove disirgioia ediletto
l'alma impiagata e 'l cor legato e stretto
oltramisuraonde mi struggo ed ardo.
      Mendunque acerbo de' parer a vui
esser nel laccio aviluppato epreso
ov'io sì stretta ancor legata fui.
      Zelod'ardente caritate acceso
esser conviene eguale omai franui
nel nostro dolce ed amoroso peso.


CCXX

      Signorpoi che m'avete il collo avinto
di sì tenace nodo ecosì forte
poi che a me piaceed Amor vuol ch'ioporte
nel cor voi solo e nullo altro dipinto
      avoi convien per quel gentil instinto
che natura e virtùv'han dato in sorte
volger pietoso le due fide scorte
versochi di suo grado avete vinto.
      Caritàpacefede ed umiltate
sian le nostr'armionde si menivita
rado o non mai menata in altra etate.
      Esia chi dica: - O coppia alma e gradita
ben avesti le stelleamiche e grate
sì dolcemente in un volerunita!


CCXXI

      Amezzo il marech'io varcai tre anni
fra dubbi ventied eraquasi in porto
m'ha ricondotta Amorche a sì grantorto
è ne' travagli miei pronto e ne' danni;
      eper doppiare a' miei disiri i vanni
un sì chiarooriente agli occhi ha pòrto
cherimirando luiprendoconforto
e par che manco il travagliar m'affanni.
      Unfoco eguale al primo foco io sento
ese in sì pocospazio questo è tale
che de l'altro non sia maggiorpavento.
      Ma che poss'iose m'è l'arder fatale
se volontariamente andarconsento
d'un foco in altroe d'un in altromale?


CCXXII

      -Dimmi per la tua face
Amore per gli strali
per questiche mi dàn colpi mortali
e quellache mi sface
ondeavien che non osi
ferir il mio signore
altero de' tuoistrazi e del mio core
in sembianti pietosi?
- Ove annideròpoi -
mi risponde ei- s'io perdo gli occhisuoi?


CCXXIII

      Cosìm'impresse al core
la beltà vostra Amor co' raggisuoi
che di me fuor mi trasse e pose in voi;
or che sonvoi fatt'io
voi meco una medesma cosa sète
onde albenal mal mio
come al vostropensar sempre devete;
mapurse al fin volete
che il vostro orgoglio la mia vitauccida
pensate che di voi sèteomicida.


CCXXIV

      L'empiotuo straleAmore
è più crudo e piùforte
assai che quel di Morte;
ché per Morte unavolta sol si more
e tu col tuo colpire
uccidi millee nonsi può morire.
DunqueAmoreè men male
lamorte che 'l tuo strale.


CCXXV

      Ioveggio spesso Amore
girarsi intorno agli occhi chiari evaghi
dolci del mio cor maghi
de l'amato e gradito miosignore.
Quinci par che saetti
e sian gli strali suoigioie e diletti;
queste son armiche dànno altruivita
in luogo di ferita.


CCXXVI

      Sapetevoi perché ognun non accende
e non empied'amore
l'infinita beltà del mio signore?
Peròch'ognuncom'ionon la comprende
a cui per sorte èdato
vedervi quelch'a tant'altri è vietato;
chése non fosse ciòle pietre e l'erbe
spirerebberoardore
e girian di tal fiamma alte esuperbe.


CCXXVII

      Setu credi piacere al mio signore
come si vede chiaro
Amorempio ed avaro
poi che non gli hai pur tócco l'alma e'l core;
ecome è anche degno
poi che con gliocchi suoi mantieni 'l regno;
perché vuoi pur ch'iomoia?
Per dargli biasmo e noia?
biasmo d'essercrudele
avendo uccisa donna sì fedele;
noiaperchése vive del mio strazio
chi lo farà poisazio?


CCXXVIII

      Ilcor verrebbe teco
nel tuo partirsignore
s'egli fossepiù meco
poi che con gli occhi tuoi mi preseAmore.
Dunque verranno teco i sospir miei
che sol mi sonrestati
fidi compagni e grati
e le voci e gli omei;
ese vedi mancarti la lor scorta
pensa ch'io saròmorta.


CCXXIX

      Qualfosse il mio martìre
nel vostro dipartire
voi 'lpotete di quisignorstimare
che mi fu tolto infin illagrimare.
E l'umorcheper gli occhi uscendo fore
suolsfogarmi 'l dolore
in quell'amara e cruda dipartita
minegò la sua aita.
mio misero stato
d'altra donnanon mai visto o provato
poi che quelloond'Amor è sìcortese
nel maggior uopo a me solacontese!


CCXXX

      Signorper cortesia
non mi dite chequand'andaste via
Amor minegò 'l pianto
perchévedendo in me giàspento il foco
l'acqua non v'avea loco
per temperarloalquanto;
anzi dite più tosto che fu tanto
in quelpunto l'ardore
che diseccò l'umore;
e non poteimostrare
l'acerba pena mia col lagrimare
per ciòche 'l corpo miod'ogni umor casso
o restò tuttofocoo tutto sasso.


CCXXXI

      Lepene de l'inferno insieme insieme
appresso il mio granfoco
tutte son nulla o poco;
perch'ove non èspeme
l'anima risoluta al patir sempre
s'avezza al duolche mai non cangia tempre.
La mia è maggiornoia
perché gusto talor ombra di gioia
mercéde la speranza
e questa varia usanza
di gioir e patire
famaggior il martìre.


CCXXXII

      Se'l ciboonde i suoi servi nutre Amore
è 'l dolore e'l martìre
come poss'io morire
nodrita daldolore?
Il semplicetto pesce
che solo ne l'umor vive erespira
in un momento spira
tosto che de l'acqua esce;
el'animalche vive in fiamma e 'n foco
muor come cangialoco.
Orse tu vòi ch'io moia
Amortrammi di guaie pommi in gioia;
perché col piantomio cibovitale
tu non mi puoi far male.


CCXXXIII

      Beatoinsogno e caro
che sotto oscuro velo m'hai mostrato
il miofelice stato
qual potrà ingegno chiaro
quant'iodebbo e vorreigiamai lodarte
in vive voci o 'n carte?
Ioper me farò fede
dovunque esser potrà mia voceudita
chesol la tua mercede
io son restata invita.


CCXXXIV

      Dehfarà mai ritorno agli occhi miei
quel vivo e chiarolume
ond'io vivo e quei veggon per costume?
Potran mai lemie lagrime e gli omei
far molle chi di lor si pasce evive
che sta da me lontanoe non mi scrive?
Aspro eselvaggio core
quest'è la féd'Amore?


CCXXXV

      Contedov'è andata
la fé sì tostoche m'avetedata?
Che vuol dir che la mia
è più costanteche non era pria?
Che vuol dir cheda poi
che voipartisteio son sempre con voi?
Sapete voi quel che diràla gente
dove forza d'Amor punto si sente?
- O che contecrudele!
o che donna fedele!


CCXXXVI

      Spessoch'Amor con le sue tempre usate
assal la vostra miseraAnassilla
vi prenderia di leicontepietate
in vederlaet udilla;
perché le pene suei suoi cordogli
romponoi duri scogli;
ma voi state lontano
ed ella piangeinvano.
Veggano Amore e 'l cielche 'l tutto vede
lavostra rotta e la sua salda fede.


CCXXXVII

      S'iocredessi por fine al mio martìre
certo vorreimorire;
perché una morte sola
non occideconsola.
Ma temolassa meche dopo morte
l'amoroso martìrprema più forte;
e questo posso dirloperchéio
moro più voltee pur cresce il disio.
Dunque permen tormento
di vivere e penarlassaconsento.


CCXXXVIII

      Conquai segnisignorvolete ch'io
vi mostri l'amor mio
seamando e morendo ad ora ad ora
non si crede per voilassach'io mora?
Aprite lo mio corch'avete in mano
esel'imagin vostra non v'è impressa
dite ch'io non siadessa;
es'ella v'èa che pungermi invano
l'almadi sì crudi ami
con dir pur ch'io non v'ami?
Iov'amo ed amerò fin che le ruote
girin del sole piùse più si puote;
ese voi nol credete
èperché crudo séte.


CCXXXIX

      Dalmio vivace foco
nasce un effetto raro
che non ha forse inaltra donna paro:
chequando allenta un poco
egli par chem'incresca
sì chiaro è chi l'accende e dolcel'ésca.
Edove per costume
par che 'l fococonsume
me nutre il foco e consuma il pensare
che 'l focoabbia a mancare.


CCXL

      Dehperché soffriAmorche disiando
la mia vivacefede
resti senza mercede
anzi di vita e di me stessa inbando?
S'io amo ed ardo fuor d'ogni misura
perchési prende a gioco
l'amor mio e 'l mio foco
chi mi vedemorir e non ha cura?
Gli orsii leoni e le più crudefère
move talor pietade
di chi con umiltade
nelmaggior uopo suo mercé lor chiere;
e quella crudavoglia
che vive di martìre
allor suol piùgioire
quand'avien ch'io più sfaccia e piùm'addoglia.


CCXLI

      Donnevoi che fin qui libere e sciolte
degli amorosi lacci vitrovate
onde son io e son tant'altre avolte
      sedi saper che cosa sia bramate
quest'Amorche signor ha fattoe dio
non pur la nostrama l'antica etate
      èun affetto ardenteun van disio
d'ombre fallaciunvolontario inganno
un por se stesso e 'l suo bene inoblio
      un cercar suomalgrado con affanno
quel che o mai non si trovaose purviene
avutoarreca penitenzia e danno
      unnutrir la sua vita sol di spene
un aver sempre mai pensieri evoglie
di fredda gelosiadi dubbi piene
      unlaccio che s'allaccia e non si scioglie
quando altrui piaceun gir spargendo seme
di cui buon frutto mai non siricoglie
      una curamordaceche 'l cor preme
un la sua libertate e la suagioia
e la sua pace andar perdendo insieme
      unmorirné sentir perché si moia
un arder dentrod'un vivace ardore
un esser mesta e non sentir lanoia
      un mostrar quelch'uom chiude dentr'e fore
un esser sempre pallido etremante
un errar sempre e non veder l'errore
      unavilirsi al viso amato innante
un esser fuor di lui franca edardita
un non saper tener ferme le piante
      unaver spesso in odio la sua vita
ed amar più l'altruiun esser spesso
or mesta e foscaor lieta ecolorita
      un ogni studioin non cale aver messo
un fugir il comerzio de le genti
unesser da sé lunge ed altrui presso
      unfar seco ragioni ed argomenti
e disegni ed imaginichepoi
tutti qual polve via portano i venti
      unnon dormire a pieno i sonni suoi
un destarsi sdegnosa ed unsognarsi
sempre cosa contraria a quel che vuoi
      unaver doglia e non voler lagnarsi
di chi n'offendeanzirivolger l'ira
contra se stesso e sol seco sdegnarsi
      unveder sol un viso ove si mira
un in esso affissarsibenchélunge
un gioir l'almaquando si sospira
      efinalmente un mal che unge e punge.


CCXLII

      Dapiù lati fra noiconterisuona
che voi sèt'itoove disio d'onore
sotto Bologna vi sospinge esprona
      per mostrar ivi ilvostr'alto valore:
valor degno di tanto cavaliero
ma nondegno però di tant'amore.
      Ioquando a la ragion volgo il pensiero
godo mecoe gioiscoevo lodando
che così prode amante i ciel midiêro.
      Ma quando poiritorno al sensoquando
penso ai periglionde la guerra èpiena
che Marte a' figli suoi va procacciando
      ditimor in timordi pena in pena
meno questa noiosa e mestavita
(mentre voi foste quidolce e serena)
      meaccusando ch'io non fossi ardita
di finir con un colpo i dolormiei
anzi che voi da me fèste partita.
      Feliceè quella donnaa cui li dèi
han dato amante menillustre in sorte
e men vago di spoglie e ditrofei;
      col qual le suedimore lunghe e corte
trapassa lietaavendol sempre alato
fidocostantevaloroso e forte.
      Feliceil tempo antico e fortunato
quando era il mondo semplice einnocente
poco a le guerrea le rapine usato!
      Allorquella beata e queta gente
sotto una amica e carapovertate
menava i giorni suoi sicuramente.
      Allorle pastorelle inamorate
avean mai sempre seco i lorpastori
dai quai non eran mai abbandonate.
      Conlor dai primi matutini albori
scherzavan fin al dipartir delsole
lietamente cogliendo e frutti e fiori.
      Edor di vaghe rose e di viole
tessevan vaghe ghirlandette ecare
come chi sacri altari onora e cole.
      Néle quiete lor potea turbare
l'émpito de le guerre amaroed empio
che l'umane allegrezze suol cangiare:
      guerreche fan di noi sì crudo scempio
guerre che turban sìl'umano stato
guerre suggetto d'ogni crudoessempio.
      Ben fu fierocoluiper cui trovato
fu prima il ferrocausa a tantimali
quanti il mondo prova ora ed ha provato.
      Leguerre e le battaglie de' mortali
erano tutte in quella etànovella
contra i semplici e poveri animali;
      contra'quali il pastorla pastorella
con rete in spalla e con laccie con cani
givan cingendo questa selva e quella.
      Mapoi quegli appetiti ingordiinsani
di posseder l'altrui robee l'avere
da l'antica pietà si fêrlontani.
      Quindi sicominciâr prima a vedere
le crude guerre e strepiti del'armi
che fanmisere noitanto temere.
      Allorsonare i bellicosi carmi
s'udiro per citade e percampagne
contra' quai ogni stil convien che s'armi
      Dilor convien ch'io mi lamenti e lagne:
la lor mercedeil miosignor m'è lunge;
per lor non è chilassam'accompagne.
      Voise zelod'Amor pur poco punge
cavalier onoratise si trova
alcuncui Marte dal suo ben disgiunge
      dimostratein altrui la vostra prova
perdonate cortesi al signor mio
incui morir e viver sol mi giova.
      L'aspettosuo devria sol far restio
l'émpito d'ogni cruda edempia mano
senza che lo chiedessi umilment'io;
      laqual con quanto posso affetto umano
con quanta posso estremacortesia
(e giunga il prego mio presso e lontano)
      pregoch'ardito alcun di voi non sia
d'offender per un poco unsignor tale
e turbar seco ancor la vita mia.
      Evoicontevoianimo reale
provato e riprovato in ogniimpresa
dehse di me pur poco ancor vi cale
      quandosarà l'aspra battaglia accesa
andate cautoed abbiaterispetto
a metutta per voi dubbia e sospesa.
      Epensate che sia nel vostro petto
l'anima mia con la vostr'almaunita
quasi in suo proprio e suo alto ricetto.
      Esì come pensaste a la partita
pensateconteomaianco al ritorno
se voi cercate di tenermi invita;
      ch'io vi vorichiamando notte e giorno.


CCXLIII

      Dettatadal dolor cieco ed insano
vattene al mio signorletteraamica
baciando a lui la generosa mano.
      Edigli che dal dìche la nimica
mia stella me lo tolseil cibo mio
è sol noiadolorpianto efatica.
      Ben fu 'l ciel almio ben contrario e rio
ch'a pena mi mostrò l'amatoobietto
chemiserada me lo dipartìo.
      Obrevi gioieo fral uman diletto!
o nel regno d'Amor tesorfugace
subito mostro e subito intercetto!
      Ilbel paeseche superbo giace
fra 'l Rodano e la Mosaor micontende
la suprema cagion d'ogni mia pace.
      Mentreivi il mio signor gradito intende
a l'onorate giostrea'pregia' ludi
di cui sì chiara a noi famas'estende
      iomiserache'n lui tutti i miei studi
tutte le voglie ho posteessendolunge
conven che disiando agghiacci e sudi.
      Esì fiero il martìr m'assale e punge
ch'io mivivo sol d'esso e vivrommi anco
fin che 'l cielcontea mevi ricongiunge.
      Voiqualguerrier vittorioso e franco
ferite altrui con l'onoratalancia;
io son ferita qui dal lato manco.
      Oper me poco aventurosa Francia!
o bel paeseavverso a' mieidisiri
che 'mpallidir mi fai spesso laguancia!
      Dovunque avienche gli occhi volga e giri
non vi trovando voicontemiresto
senza speranzapreda de' sospiri.
      Voiprometteste ben di scriver presto
non possendo tornarperporger èsca
fra tanto al mio disir atro efunesto:
      non possendotornarper porger ésca
da la memoria vostra la miafede
e che del mio dolor poco v'incresca.
      Èquesta de l'amor mio la mercede?
e de la vostra fede èquesto il pegno?
Misera donna ch'ad amantecrede!
      Credetti amar uncavalier più degno
e 'l più bel che mai fosseed or m'aveggio
che la credenza mia non giunge alsegno.
      Empia fortunaorche mi pòi far peggio
rottemi le promesse dicolui
senza cuid'ogni mal predavaneggio?
      Ionon spero giamai checome fui
vostraconteuna voltanonsia sempre;
così non foste voiconted'altrui!
      Non so perchéla vita non si stempre
non so com'or con voi ragioni escriva
afflitta sì de l'amorose tempre.
      Malassache dich'io? perché mi priva
sì 'l duoldel vero mio conoscimento
ch'io tema d'una fé tenace eviva?
      Non sète voiquel pieno d'ardimento
di senno e di valorch'a milleprove
trovato ho fido cento volte e cento?
      Perchédebb'io temer ch'essendo altrove
da me partito a penain voisì tosto
novo amor a' miei danni si rinove?
      Dehdolce conte mioper quelle e queste
fra noi ore lietissimepassate
ond'io mi piacqui e voi vi compiaceste
      piùlungamente omai non indugiate
a scrivermi due versisolamente
se 'l mio diletto e la mia vita amate.
      Chénon potendo veder voi presente
il veder vostre carte daràcerto
qualche soccorso a l'affannata mente.
      Questoal mio grand'amor è picciol merto
ma sarànondimeno ampio ristoro
al faticoso mio poggiar ederto.
      Ben felice èlo stato di coloro
che per buona fortuna e destro fato
hansempre presso il lor caro tesoro!
      Miserameche m'è 'l mio ben vietato
allor che piùbramava e più devea
essergli caramente ognor alato!
      La mia fortunainstabilmente rea
mi vi diè tosto e tosto mi vitolse
che maggior danno far non mi potea.
      Mavoise dentro il vostro cor s'accolse
giamai vera pietàdi chi v'adora
di chi più voiche la sua vitavolse
      non fatecom'hodettopiù dimora
di scrivermi e poi far tostoritorno
se non volete comportar ch'io mora
      comesto per morir di giorno in giorno.


CCXLIV

      Dele ricchebeate e chiare rive
d'Adriadi cortesia nido ed'Amore
ove sì dolce si soggiorna e vive
      donnaavendo lontano il suo signore
quando il sol si diparteequando poi
a noi rimena il matutino albore
      perisfogar gli ardenti disir suoi
con queste voci lo sospira echiama;
voiriveche l'uditeditel voi.
      Tuche volando vai di rama in rama
consorte amata e fidatortorella
e sai quanto si tema e quanto s'ama
      quandovolando in questa parte e 'n quella
sei vicina al mio benmostragli aperto
in notech'abbian voce difavella:
      digli quant'è'l mio stato aspro ed incerto
or chelassada lui mi trovolunge
per ria fortuna mia e non per merto.
      Etuche 'n cave e solitarie grotte
Ecosoggiorniil suonde' miei lamenti
rendi a l'orecchie sue con vocirotte.
      E voidolci aureed amorosi venti
i miei sospir accolti in lunga schiera
dehfate al signor mio tutti presenti.
      Evoiche lunga e dolce primavera
serbateombrose selveesète spesso
fido soggiorno a questa e a quellafèra
      mostratetutte al mio signore espresso
che non pur i diletti mi sonnoia
ma la vita m'è morte anco senz'esso.
      Eisi portòpartendoogni mia gioia
esetornandoomainon la rimena
per forza converrà tosto ch'iomoia.
      La speme sola alviver mio dà lena
la qualnon tornand'einon puòdurare
da soverchio disio vinta e da pena.
      Quell'orech'io solea tutte passare
liete e tranquillementre er'eipresente
or ch'egli è lunge son tornateamare.
      Malassaa tortodel suo mal si pente
a torto chiama il suo destincrudele
chi volontario al suo morir consente.
      Lassaio devea con mie giuste querele
far che non andasseo farch'andando
non desse al vento senza me le vele;
      ch'ornon m'andrei dolente lamentando
né temenza d'oblionégelosia
non m'avrebber di me mandata in bando.
      Emendatesignorla colpa mia
voiritornando ove 'l vostro ritorno
piùche la propria vita si disia.
      Ese rimena il sole un dì quel giorno
non pensate maipiù da me partire
ch'io non vi sia da presso notte egiorno
      poi ch'io mi veggosenza voi morire.


CCXLV

      Musamiache sì pronta e sì cortese
a pianger fostimeco ed a cantare
le mie gioie d'amor tutteel'offese
      in tempre oltral'usato aspre ed amare
movi meco dolente e sbigottita
conle sorelle a pianger e a gridare
      inquesta aspra ed amara dipartita
che per far me da me stessapartire
hanno Fortuna e 'l mio signor ordita.
      Eperché forse non potrem supplire
noi soli a tantadogliain parte al pianto
queste rive e quest'onde fa'venire:
      ondeche meco sicompiacquer tanto
de la cara presenza di colui
ch'or lungesospirando io chiamo e canto.
      QuestiAmorson gli usati frutti tui
brevissimi diletti e lunghedoglie
ch'io provoche tua serva sono e fui.
      Chécome toglie agli arbori le foglie
tosto l'autunnocosìdi tua mano
se si dona alcun bentosto si toglie.
      Tumi donastied or mi tien lontano
quanto ben tu puoi darmiequanto vede
di caro il soltornando a l'oceàno.
      Ebench'io sia sicura di sua fede
bench'io riposi in quantom'ha promesso
ne le dolci parole che mi diede
      quando'l disio m'assalech'è sì spesso
non essendoqui meco chi l'appaga
la vita mia è un morirespresso.
      Donnecui pungel'amorosa piaga
di lassar dipartir l'amato bene
non siaalcuna di voi che sia vaga;
      perchéson poi maggior assai le pene
di quel ch'altri si crede o ches'aspetta
qualor l'amara disianza viene.
      Niunacosa a noi piace o diletta
se non v'è quel che ne lafa piacere
quel ch'ogni nostra gioia fa perfetta.
      Ioquel che voglio non posso volere
se quel ch'amo non ho pressoo dintorno
quel che le noie mie torna in piacere.
      Tuche fai ora a Lendenara giorno
almo mio soleed a me notteoscura
solea cui sempre col pensier ritorno
      del'alta fede mia sincera e pura
tien'almen la memoria che sideve
che durerà fin che mia vita dura.
      Ese degna pietà ti movein breve
scrivi o vieni omandasì ch'io sia
scema di cura dispietata egreve.
      Ché tantodurerà la vita mia
quant'io sarò sicura d'essercara
e d'esser presso a chi 'l mio cor desia
      ilmio corch'ora alberga in Lendenara.