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Emilio Salgari



I PIRATI DELLA MALESIA




PARTE PRIMA

LA TIGRE DELLA MALESIA


 
1. Il naufragio della Young-India

 
- Mastro Billdove siamo?
- In piena Malesiamio caro Kammamuri.
- Ci vorrà molto tempo prima di arrivare a destinazione?
- Birboneti annoi forse?
- Annoiarmi noma ho molta fretta e mi pare che la Young-India cammini adagio.
Mastro Billun marinaio sui quarant'annialto più di cinque piediamericano puro sanguesbirciò con occhio torvo il suo compagno. Questi era un bell'indiano di ventiquattro o venticinque annidi alta staturad'una tinta molto abbronzatadi lineamenti bellinobilifinicogli orecchi adorni di pendenti e il collo di monili d'oro che gli ricadevano graziosamente sul nudo e robusto petto.
- Corpo di un cannone! - gridò l'americano indignato. - La Young-India cammina adagio? Questo è un insultomaharatto mio.
- Per chi ha frettamastro Billanche un incrociatore che fila quindici nodi all'ora va adagio.
- Diavolocos'è tutta questa fretta? - domandò il mastrograttandosi furiosamente la testa. - Ohébricconec'è qualche eredità da raccogliere?
- Altro che eredità!... se sapeste...
- Di' sugiovanotto...
- Non ci odo da questo lato.
- Capiscotu vuoi fare il sordo. Uhm!... Chissà che cosa c'è sotto!... Quella ragazza che hai con te... Uhm!...
- Ma!... Ditemastroquando arriveremo?
- Dove?
- A Sarawak.
- L'uomo propone e Dio disponeragazzo mio. Potrebbe piombarci addosso un tifone e mandarci a bere nella gran tazza tutti.
- Eppoi?
- Eppoi potrebbero giungere addosso i pirati e mandarci al diavolo con due braccia di corda per cravatta e un kriss piantato fra le costole.
- Eh! - esclamò l'indianofacendo una smorfia. - Ci sono dei pirati qui?
- Come ci sono degli strangolatori nel tuo paese.
- Dite davvero?
- Guarda laggiùdritto al bompresso. Che cosa vedi?
- Un'isola.
- Benequell'isola è un nido di pirati.
- Come si chiama?
- Mompracem. Mette i brividi solo nominarla.
- Davvero?
- Laggiùmio carovive un uomo che ha insanguinato il mare della Malesia.
- Come si chiama?
- Porta un nome terribile. Si chiama la Tigre della Malesia.
- Se ci assalisseche cosa accadrebbe?
- Un massacro generale. Quell'uomo è ancor più feroce delle tigri della jungla.
- E gl'inglesi non vanno a distruggere la sua orda? - chiese l'indianosorpreso.
- Distruggere i tigrotti di Mompracem è affare serio - rispose il marinaio. - Alcuni anni or sononel 1850gl'inglesi con una poderosa flotta bombardarono l'isolala occuparono e fecero prigioniera la terribile Tigre; maprima di arrivare a Labuanil piratanon si sa comescappò.
- E ritornò a Mompracem?
- Non subito. Per due anni non si fece più vederepoial principio del 1852riapparve alla testa di una nuova banda di pirati malesi e dayaki della più terribile razza. Massacrati i pochi inglesi stabilitisi nell'isolavi si insediava ricominciando le sue sanguinarie imprese.
In quell'istante un colpo di fischietto risuonò sul ponte della Young-Indiaaccompagnato da uno sbuffo di vento fresco che fece gemere i tre alberi.
- Oh! oh! - fece mastro Bill alzando vivamente la testa. - Fra poco si ballerà disperatamente.
- Lo credetemastro? - chiese l'indiano con inquietudine.
- Vedo laggiù una nuvola nera coi margini color di rame che non pronostica di certo la calma.
- Corriamo pericolo forse?
- La Young-Indiagiovanotto mioè un legno solido che se ne ride dei colpi di mare. Orsùalla manovra; la gran tazza comincia a bollire. Mastro Bill non s'ingannava. Il mare della Malesiasino allora terso come un cristallocominciava ad incresparsi come fosse scosso da una commozione sottomarina e a prendere una tinta plumbea che nulla prometteva di buono.
All'estverso la grande isola di Borneos'alzava una nube nera come il catramecon le frange tinte di un rosso ardentee a poco a poco oscurava il sole prossimo al tramonto. Per l'aria giganteschi albatrosin preda ad una viva inquietudinesvolazzavano sfiorando le onde ed emettendo rauche strida.
Al primo colpo di vento era seguita una specie di calma che metteva in maggior apprensione gli animi dei navigantipoi all'est cominciò a rullare il tuono.
- Sgombrate il ponte! - gridò il capitano Mac Clintock ai passeggeri.
Tuttia malincuoreobbedirono scendendo per i boccaporti di prua o di poppa. Uno però era rimasto sul pontee quest'uomo era l'indiano Kammamuri.
- Olàsgombrate! - tuonò il capitano.
- Capitano- disse l'indiano facendosi innanzi con passo fermo - corriamo pericolo?
- Lo saprai quando la tempesta sarà cessata.
- Bisogna che io sbarchi a Sarawakcapitano.
- Sbarcheraise non coliamo a picco.
- Ma io non voglio andare a piccomi capite. A Sarawak ho una persona che...
- Olàmastro Billlevatemi dai piedi quest'uomo. Non è questo il momento di perdere tempo.
L'indiano fu trascinato via e cacciato giù nel boccaporto di prua.
Era tempo. Il vento soffiava già dall'est con grande violenza ruggendo su tutti i toni fra l'attrezzatura della nave. La nube nera aveva preso proporzioni gigantesche coprendo quasi interamente la volta celeste. Nel suo seno brontolava incessantemente il tuono correndo all'impazzata da levante a ponente.
La Young-India era un magnifico tre-alberi che portava ancora bene i suoi quindici anni.
La sua costruzione leggera ma solidalo sviluppo veramente enorme di velelo scafo a prova di scoglio ricordavano uno di quegli audaci violatori di blocco che ebbero una parte così importantee che può chiamarsi leggendarianella guerra americana.
Partito il 26 agosto del 1856 da Calcutta con un carico di rotaie di ferro destinato a Sarawak e montato da quattordici marinaida due ufficiali e dai sei passeggerigrazie alla sua velocità e ai buoni venti era giunto in meno di tredici giorni nelle acque del mar malese e precisamente in vista della temuta isola di Mompracemun covo di pirati da cui bisognava ben guardarsi.
Sfortunatamente. La tempesta stava per scoppiare. Il mare esigeva il suo tributo prima che la traversata si completassee si vedrà in seguito quale sorta di tributo!
Alle otto di sera l'oscurità era quasi completa. Il sole era scomparso in mezzo alle nuvole e il vento cominciava a soffiare con veemenza estremafacendo udire ruggiti formidabilmente.
Il mareagitato sino agli estremi limiti dell'orizzontemontava rapidamente. Ondate enormiirte di spumasi formavano come per incanto cozzando e ricadendoinfrangendosi rabbiosamente contro Mompracemla quale ergeva la sua massa cupa e sinistra fra le tenebre.
La Young-India correva bordateora lanciandosi sulle mobili montagne a squarciare coi suoi alberetti la caliginosa massa delle nubiora precipitandosi negli avvallamenti dai quali penava ad uscire.
I marinai scalzicoi capelli al ventoi volti contrattimormoravano in mezzo all'acqua che non trovava sfogo sufficiente negli ombrinali. Comandi e bestemmie si mescolavano ai sibili della tempesta.
Alle nove di sera il tre-alberisballottolato come un giocattoloanzi come un semplice fuscello di pagliaera nelle acque di Mompracem.
Malgrado tutti gli sforzi di mastro Billche rompevasi le mani sulla ribolla del timonela Young-India fu trascinata tanto vicina alla costa irta di scogliered'isolotti madreporici e di bassi fondida temere che vi si infrangesse contro.
Il capitano Mac Clintockcon suo grande terrorescorse numerosi fuochi accesi fra le sinuosità della spiaggiaeal chiaror di un lamporitto sull'estremo ciglione d'una gigantesca rupe che cadeva a piombo sul mare scorse pure un uomo d'alta staturacon le braccia incrociate sul pettoimmobile fra gli elementi scatenati.
Gli occhi di quell'uomoche sfolgoravano come carboni accesisi fissarono su di lui in modo strano. Gli parve anzi che alzasse un braccio e gli facesse un gesto amichevole. L'apparizione del resto durò pochi secondi. Le tenebre tornarono a farsi fitte e un colpo di vento allontanò rapidamente la Young-India dall'isola.
- Che il buon Dio ci salvi! - esclamò mastro Billche aveva pure scorto quell'uomo. - Quello era la Tigre della Malesia.
La sua voce fu soffocata da uno scoppio spaventevole di tuono che si ripercosse nella profondità del cielo. Quello scoppio parve il segnale d'una musica assordanteindescrivibile. Lo spazio s'infiammò illuminando sinistramente il mare in tempesta.
Le folgori cadevano descrivendo per l'aria mille angoli bizzarrimille curve diverseinabissandosi fra le onde e roteando vertiginosamente attorno alla naveseguite da scrosci spaventosi.
Il marequasi volesse gareggiare con quei tuonis'alzò enormemente.
Non erano più ondema montagne d'acqua scintillanti sotto la vivida luce dei lampiche si slanciavano furiosamente verso il cielocome attratte da una forza soprannaturalee che s'accavallavano le une sulle altrecangiando forma e dimensione.
Il vento entrava talora a far parte di quella terribile gararuggendo furiosamente e cacciando innanzi a sé nembi di pioggia tiepida.
Il tre-alberisbandato spaventosamente ora sul tribordo ed ora a babordoaveva un gran da fare a tenere testa agli elementi scatenati. Gemeva come se si lagnasse di quei formidabili colpi di mare che lo coprivano da prua a poppaatterrando l'equipaggio; s'alzavatraballavasferzava le acque col suo bompressoveniva ora respinto a nord e ora respinto a sudmalgrado gli sforzi disperati del timoniere.
Vi erano momenti in cui i marinai non sapevano se galleggiassero ancora o se stessero colando a piccotale era la massa d'acqua che balzava sopra le semi-infrante murate.
Per colmo di sventuraa mezzanotte il vento che soffiava sempre più tremendo da nordbalzò improvvisamente all' est.
Non era più possibile lottare. Tirare innanzi col tifone che assaliva a prua era tentare la morte. Quantunque nessun approdo si presentasse sulla via dell'ovesteccettuate le temute sponde di Mompracemil capitano Mac Clintock dovette rassegnarsi a porsi alla cappa e fuggire con tutta la celerità che permettevano le poche vele ancor rimaste spiegate.
Due ore erano scorse da che la Young-India aveva virato di bordoinseguita con accanimento senza pari dai marosi che pareva avessero giurato la sua perdita.
I lampi erano diventati assai rari e l'oscurità tanto fitta da non permettere di vedere a duecento passi di distanza.
Ad un tratto agli orecchi del capitano giunse quel fragore caratteristico delle onde quando s'infrangono contro le scoglierefragore che il marinaio sa distinguere anche in mezzo alle più spaventevoli burrasche.
- Guarda a prua! - tuonò eglidominando con la voce il fracasso delle onde ed i fischi del vento.
- Mare rotto! - gridò una voce.
- I frangenti! Tuoni!...- urlò un'altra voce.
Il capitano Mac Clintock si avventò a prua aggrappandosi allo straglio del trinchettino per issarsi sulle murate.
Non si scorgeva nulla; tuttavia tra le raffiche si udiva distintamente il muggire della risacca. Non v'era da ingannarsi. A poche gomene dal tre-alberi s'ergeva una catena di frangentiforse una diramazione di quelli di Mompracem.
- Attenti a virare! - urlò egli.
Mastro Billunendo tutte le forzetirò vivamente a sé la ribolla.
Quasi nel medesimo istante la nave toccò.
L'urto però era stato appena sensibile. Solamente una parte della falsa chiglia era stata strappata dalle punte aguzze delle madrepore che formavano le cime dei frangenti. Disgraziatamente il vento soffiava sempre da poppa e le onde spingevano innanzi.
L'equipaggioche in quel terribile momento conservava uno straordinario sangue freddoriuscì a virare di bordo. La Young-India poggiò al largo con una bordata di duecento metrisfuggendo le scogliere attorno alle quali urlavanocome molossi affamatile onde. Pareva che tutto dovesse andar bene. La sondafilata in furiaaveva dato a prua quattordici braccia di profondità.
La speranza di salvare la nave cominciava a nascere nell'animo dell'equipaggioquandod'improvvisoil fragore della risacca tornò a farsi udire dritto l'asta di prua.
Il mare si sollevava con maggior violenza di prima segnalando una nuova barriera di frangenti.
- Poggia tuttoBill! - tuonò il capitano Mac Clintock.
- I frangenti sotto prua! - urlò un marinaio che era sceso fino alla dolfiniera del bompresso.
La sua voce non giunse fino a poppa. Una montagna di acqua si rovesciò sul tribordo respingendo violentemente il tre-alberi a babordoatterrando l'equipaggio aggrappato ai bracci delle vele e sfondando le imbarcazioni contro le gru.
S'udì un muggito formidabileuno schianto come di legni infrantipoi un cozzo spaventevole che fece oscillare gli alberi da poppa a prua.
La Young-India era stata sventrata d'un colpo dalle punte aguzze dei frangentie sei marinaistrappati dalle ondeerano stati gettati contro le scogliere.

 
 

2. I pirati della Malesia.

 
Per il disgraziato tre-alberi era suonata l'ultima ora. Incastrato fra due rocceche sporgevano appena appena le loro punte neredentellate in mille guise dall'eterno movimento delle acquecon le coste rotte e la chiglia frantumatanon era più che un rottame impossibile a ripararsiche presto o tardi il mare avrebbe indubbiamente ridotto in frantumi e disperso.
Lo spettacolo era grandioso e insieme spaventevole.
All'intorno il mare spumeggiava furiosamente con mille boatifrangendosi e rifrangendosi sulle scoglieretrascinando seco frammenti di muratedi madieridi corbetti e di imbarcazioni che si urtavano con mille scricchiolii.
Sul tre-alberi i superstitiquasi tutti pazzi di terrorecorrevano da prua a poppa mandando mille urlamille bestemmiemille invocazioni. Uno s'arrampicava sulle griselleun altro si spingeva fino alle coffeun terzo più sufino alle crocette. Un quarto invece saltellava come se fosse sui carboni ardenti chiamando Dio e la Madonna chi s'affannava a passarsi attraverso al corpo un salva-gentee chi a preparare un galleggiante per montarvici suappena la nave si fosse sfasciata.
Il capitano Mac Clintock e mastro Billche ne avevano viste di peggioerano i soli che conservassero un po' di calma.
Visto che il tre-alberi rimaneva immobilecome se fosse stato inchiodato sulle scoglieresi affrettarono a scendere nella stiva.
Videro subito che non v'era più speranza di rimetterlo a gallapoiché era già zeppo d'acqua.
- Orsù - disse mastro Bill con voce commossa- la poveretta ha esalato l'ultimo respiro!
- Hai ragioneBill - rispose il capitano ancor più commosso. Questa è la tomba della valorosa Young-India.
- E che cosa faremo?
- Bisogna aspettare l'alba.
- Resisterà ai colpi di mare?
- Lo spero. Le scogliere sono penetrate nel ventre come un cuneo nel tronco di un albero. Mi sembra irremovibile.
- Andiamo a incoraggiare quelli che sono sul ponte. Sono mezzi morti di paura.
I due lupi di mare risalirono sul ponte. I marinai ed i passeggericoi visi sconvolti dal terroresi precipitarono loro incontro interrogandoli con viva ansietà.
- Siamo perduti? - chiedevano gli uni.
- Andiamo a picco? - chiedevano gli altri.
- C'è speranza di salvarsi?
- Dove siamo?
- Calmaragazzi - disse il capitano. - Non corriamo per ora pericolo alcuno.
L'indiano Kammamuriche aveva mostrato di aver tanta fretta d'arrivare a Sarawaksi avvicinò al comandante.
- Capitano - chiese con voce tranquilla- andremo a Sarawak?
Vedi bene che non è possibileKammamuri.
- Ma io devo andarci.
- Non so cosa dirti. Il vascello è immobile come uno scoglio.
- Ho il padrone laggiùcapitano.
- Aspetterà.
Lo sguardo vivo e scintillante dell'indiano si fece cupo e la sua facciache aveva un non so che di ferocedivenne tetra.
- Kalì li protegge - mormorò.
- Tutto non è ancora perdutoKammamuri - disse il capitano.
- Non affonderemo dunque?
- Ho detto di no. Orsùcalmaragazzi. Domani sapremo su quale isola o scogliera abbiamo naufragato e vedremo che cosa si potrà fare. Io garantisco le vostre vite.
Le parole del capitano fecero buon effetto sugli animi dei marinaii quali cominciarono a sperare di potersi salvare. Coloro che lavoravano alle zattere abbandonarono il lavoro; quelli inerpicati sugli alberi dopo un po' d'esitazione si lasciarono scivolare giù. La calma non tardò a regnare sul ponte del vascello naufragato.
Del resto la burrascadopo d'aver raggiunta la massima intensitàcominciava a scemare. I nuvoloniqua e là squarciatilasciavano intravvedere di quando in quando il tremulo luccichìo degli astri. Il ventodopo d'aver fischiatourlatoruggitosi calmava a poco a poco.
Tuttavia il mare continuava a mantenersi assai agitato. Gigantesche ondate correvano in tutte le direzioni investendo con furia estrema le scogliere e sfasciandovisi sopra con spaventevole fracasso. Il vascello scossosbattuto a prua e a poppagemeva come un moribondolasciandosi portar via pezzi di murate e frammenti della chiglia infranta. Talvoltaanzioscillava da prua a poppa così fortementeda temere che venisse strappato dal banco madreporico e travolto in mezzo ai marosi. Per fortuna stette saldoed i marinaimalgrado l'imminente pericolo e le ondate che si rovesciavano in copertapoterono gustare anche qualche ora di sonno.
Alle quattro del mattinoverso orienteil cielo cominciò a schiarirsi. Il sole sorgeva con la rapidità che è propria delle regioni tropicaliannunciato da una tinta rossa magnifica. Il capitanoritto sulla coffa dell'albero di maestracon mastro Bill vicinoteneva gli occhi fissi al norddove sorgevaa meno di due migliauna massa oscurache doveva essere una terra.
- Ebbenecapitano - chiese il nostromo che masticava rabbiosamente un pezzo di tabacco- la conoscete quella terra?
- Credo di sì. Fa scuro ancorama le scogliere che la cingono da tutte le parti mi fanno sospettare che quell'isola sia Mompracem.
- By God! - mormorò l'americano facendo una smorfia. - Ci siamo rotte le gambe in un brutto luogo.
- Lo temo purtroppoBill. L'isola non gode buon nome.
- Dite che è un nido di pirati. È tornata la Tigre della Malesiacapitano.
- Che? - esclamò Mac Clintockmentre si sentiva correre per le ossa un brivido. - La Tigre della Malesia tornata a Mompracem?
- Sì.
- È impossibileBill! Sono parecchi anni che quel terribile individuo è scomparso.
- Ma vi dico che è tornato. Quattro mesi or sono egli assalì l'Arghilah di Calcuttail quale non gli sfuggì che con gran fatica. Un marinaio che aveva conosciuto il sanguinario pirata mi narrò di averlo scorto a prua di un praho.
- Allora siamo perduti. Non tarderà ad assalirci.
- By God! - urlò il mastrodivenendo di colpo pallidissimo.
- Che cos'hai?
- Guardate capitano! Guardate laggiù!...
- Dei prahosdei prahos! - gridò una voce dal ponte.
Il capitanonon meno pallido del mastroguardò verso l'isola e scorse quattro legni che doppiavano un capolontano appena tre miglia.
Erano quattro grandi prahos malesibassi di scafoleggerissimisnellicon vele di forme allungate sostenute da alberi triangolari.
Questi legniche filano con una sorprendente rapidità e chegrazie al bilanciere che hanno sottovento e al sostegno che portano sopraventosfidano i più tremendi uraganisono generalmente usati dai pirati malesii quali non temono di assalire con essi i più grossi vascelli che s'avventurano nei mari della Malesia.
Il capitano non lo ignoravasicché appena li ebbe scortis'affrettò a discendere sul ponte. In poche parole informò l'equipaggio del pericolo che li minacciava. Solo un'accanita resistenza poteva salvarli.
L'armeria di bordoper disgrazianon era troppo ben fornita. I cannoni mancavano totalmentei fucili erano appena sufficienti per armare l'equipaggio e in gran parte assai malandati. V'erano però delle sciabole d'arrembaggioarrugginite sìma ancora in buono statoqualche pistolonequalche rivoltella e un buon numero di scuri.
I marinai e i passeggeriarmatisi alla megliosi precipitarono verso poppala quale trovandosi immersapoteva offrire una buona scalata. La bandiera degli Stati Uniti salì maestosamente sul picco della randa e mastro Bill la inchiodò.
Era tempo. I quattro prahos malesi che filavano come uccelli non erano più che a sette od ottocento passi e si preparavano ad assalire vigorosamente il povero tre-alberi.
Il sole si alzava allora sull'orizzonte e permetteva di vedere chiaramente coloro che li montavano.
Erano ottanta o novanta uominisemi-nudiarmati di stupende carabine incrostate di madreperla e di laminette d'argentodi grandi parangs di acciaio finissimodi scimitarredi kriss serpeggianti con la punta senza dubbio avvelenata nel succo d'upase di clave smisuratedette kampilangche essi maneggiavano come fossero semplici bastoncini.
Alcuni erano malesi dalla tinta olivastramembruti e di lineamenti feroci; altri erano bellissimi dayaki di alta staturacon le gambe e le braccia coperte di anelli di rame. C'erano pure alcuni cinesiriconoscibili per i loro crani pelati e lucenti come avorioalcuni bughisimacassaresi e giavanesi. Tutti quegli uomini tenevano gli occhi fissi sul vascello e agitavano furiosamente le armiemettendo urla feroci che facevano fremere. Pareva che volessero spaventare i naufraghi prima di venire alle mani.
A quattrocento passi di distanza un colpo di cannone rimbombò sul primo praho. La palladi calibro considerevoleandò a fracassare l'albero di bompressoil quale si piegòtuffando la punta in mare.
- Animoragazzi! - urlò il capitano Mac Clintock. - Se il cannone parlaè segno che la danza è cominciata. Fuoco di bordata!
Alcuni colpi di fucile seguirono il comando. Urla atroci scoppiarono a bordo dei prahossegno che non tutto il piombo era andato perduto.
- Così va beneragazzi! - urlò mastro Bill.
- Quei brutti musi là non avranno tanto coraggio da spingersi fino a noi. Ohé! Fuoco!
La sua voce fu coperta da una serie di formidabili detonazioni che venivano dal largo. Erano i pirati che cominciavano l'attacco.
I quattro prahos parevano crateri infiammatieruttavano tremende grandinate di ferro. Tiravano i cannonitiravano le spingardetiravano le carabineschiantandoatterrandodistruggendo tutto con una precisione matematica.
In men che non si dica quattro naufraghi giacevano sulla tolda senza vita. L'albero di trinchettoschiantato sotto la coffaprecipitò sul ponte ingombrando di pennonidi veledi cavi. Alle urla di trionfo erano succedute urla di spavento e di doloregemiti e rantoli d'agonia.
Era impossibile resistere a quell'uragano di ferro che arrivava con rapidità spaventosa facendo saltare alberimuratemadieri.
I naufraghivistisi perdutidopo aver scaricato sette od otto volte i loro moschettonimalgrado i sagrati del capitano e di mastro Billabbandonarono il posto fuggendo a tribordoriparandosi dietro i rottami dell'attrezzatura e delle imbarcazioni.
Alcuni di loro perdevano sangue e gettavano grida strazianti.
I piratiprotetti dai loro cannoniin capo a un quarto d'ora giunsero sotto la poppa del vascello tentando di issarsi a bordo.
Il capitano Mac Clintock si gettò da quella parte per ribattere l'abbordaggioma una scarica di mitraglia lo freddò assieme con tre uomini.
Un urlo terribile echeggiò per l'aria:
- Viva la Tigre della Malesia!
I pirati gettano le carabineimpugnano le scimitarrele scurile mazzei kriss e danno intrepidamente l'abbordaggio aggrappandosi alle murateai paterazzi e alle griselle. Alcuni si slanciano sulla cima degli alberi dei prahoscorrono come scimmie lungo i pennoni e piombano sull'attrezzatura del tre-alberi lasciandosi scivolare in coperta. In un attimo i pochi difensorisopraffatti dal numerocadono a pruaa poppasul cassero e sul castello.
Presso l'albero di maestra un solo uomoarmato di una pesante e larga sciabola d'abbordaggiorimaneva ancora...
Quest'uomol'ultimo della Young-Indiaera l'indiano Kammamuriil quale si difende come un leonesmussando le armi del nemico incalzante e percuotendo a destra e a sinistra.
- Aiuto! aiuto!... - urlò il poveretto con voce strozzata.
- Ferma! - tuonò d'improvviso una voce. - Quell'indiano è un prode!...

 

3. La Tigre della Malesia

 
L'uomo che aveva gettato in così buon momento quel grido poteva avere trentadue o trentaquattro anni.
Era alto di staturacon la pelle biancai lineamenti finiaristocraticidue occhi azzurridolcie i baffi neri che ombreggiavano le labbra sorridenti.
Vestiva con estrema eleganza: giacca di velluto marrone con bottoni d'oro stretta ai fianchi da una larga fascia di seta azzurracalzoni di broccatellolunghi stivali di pelle rossaa punta rialzatae un ampio cappello di paglia di vera manilla in testa. Ad armacollo portava una magnifica carabina indiana e al fianco pendeva una scimitarra la cui impugnatura d'oro era sormontata da un diamante grosso quanto una nocciolad'uno splendore ammirabile.
Con un cenno allontanò i piratisi avvicinò all'indiano che non aveva pensato a rialzarsitanta era la sua sorpresa nel sentirsi ancora vivoe lo guardò per alcuni istanti con profonda attenzione.
- Che ne dici? - gli chiese con tono allegro.
- Io!... - esclamò Kammamuriche si domandava chi poteva mai essere l'uomo dalla pelle bianca che comandava quei terribili pirati.
- Sei sorpreso di sentirti ancora la testa sulle spalle?
- Tanto sorpreso che mi domando se è vero che sono ancora vivo.
- Non dubitarnegiovanotto.
- Perché? - chiese ingenuamente l'indiano.
- Perché non sei un biancoinnanzitutto...
- Ah! - esclamò - Voi odiate i bianchi?
- Sì.
- Non siete un biancovoidunque?
- Per Baccoun portoghese puro sangue!
- Non capisco allora perché voi...
- Alto làgiovanotto; questo discorso non mi va a sangue.
- Sia puree poi?
- Poiperché sei un prode e io amo i prodi.
- Sono maharatto - disse l'indiano con fierezza.
- Una razza che ha un buon nome. Dimmi un po'ti spiacerebbe esser dei nostri?
- Iopirata!
- E perché no? Per Giove! Saresti un bravo compagno.
- E se rifiutassi?
- Non risponderei più della tua testa.
- Se si tratta di salvare la pellemi farò pirata. Chissà forse è meglio.
- Bravo giovanotto. OlàKottavammi a cercare una bottiglia di whisky. Gli americani non navigano mai senza una buona provvista.
Un malese di cinque piedi di altezzacon due braccia smisuratescese nella cabina del povero Mac Clintock e pochi istanti dopo ritornava con un paio di bicchieri e una polverosa bottiglia alla quale aveva fatto saltare il collo.
- Whisky - lesse Yanez sull'etichetta. - Questi americani sono davvero eccellenti uomini. -
Empì due tazze e ne porse una all'indianochiedendogli:
- Come ti chiami?
- Kammamuri.
- Alla tua saluteKammamuri.
- Alla vostrasignor...
- Yanez - disse l'uomo bianco.
E tracannarono d'un fiato i due bicchieri.
- Oragiovanotto - disse Yanezsempre di buon umore- andremo a trovare il capitano Sandokan.
- Chi è questo Sandokan?
- Per Bacco! La Tigre della Malesia.
- E voi mi condurrete da quell'uomo?
- Certomio caroe sarà lieto di ricevere un maharatto. AndiamoKammamuri.
L'indiano non si mosse. Pareva imbarazzato e guardava ora i pirati ed ora la poppa della nave.
- Che cos'hai? - chiese Yanez.
- Signor... - disse il maharattoesitando.
- Parla.
- Non la toccherete?
- Chi?
- Ho una donna con me.
- Una donna! Bianca o indiana?
- Bianca.
- E dov'è?
- L'ho nascosta nella stiva.
- Conducila sul ponte.
- Non la toccherete?
- Hai la mia parola.
- Graziesignore - disse il maharatto con voce commossa.
Corse a poppa e sparve nel boccaporto. Pochi istanti dopo risaliva sul ponte.
- Dov'è questa donna? - chiese Yanez.
- Sta per venirema non una parolasignore. Ella è pazza.
- Pazza!... Ma chi è?
- Eccola! - esclamò Kammamuri.
Il portoghese si volse verso poppa.
Una donna di meravigliosa bellezzaavvolta in un gran mantello di seta biancaera improvvisamente uscita dal boccaporto arrestandosi presso il tronco dell'albero di mezzana.
Poteva avere quindici anni. La sua persona era elegantegraziosaflessuosa; la sua pelle roseadi una morbidezza impareggiabile; gli occhi grandineri e d'una dolcezza infinita; il naso piccolo e dritto; le labbra sottilirosse come il coralloschiuse ad un ineffabile sorrisoche lasciava scorgere due file di piccolissimi e bianchissimi denti. Una capigliatura opulentanerissimadivisa sulla fronte da un fermaglio in cui era incastonato un grosso diamantele ricadeva sulle spalle in pittoresco disordinescendendo fino alla cintura.
Ella guardò quegli uomini armatii cadaveri che ingombravano il ponte e tutti quei rottamisenza che una contrazione di pauradi orrore o di oscuritàsi disegnasse sul suo viso gentile.
- Chi è quella donna? - chiese Yanez con strano accentoafferrando una mano di Kammamuri e stringendola forte.
- La mia padrona - rispose il maharatto. - La vergine della pagoda d'Oriente
Yanez fece alcuni passi verso la pazza che continuava a conservare
l'immobilità di una statua e la guardò fissa.
- Quale rassomiglianza!... - esclamò impallidendo.
Ritornò rapidamente verso Kammamuri eprendendogli la mano:
- Quella donna è inglese? - chiese con voce alterata.
- È nata in India da genitori inglesi.
- Perché è diventata pazza?
- È una storia lunga.
- La narrerai dinanzi alla Tigre della Malesia. Imbarchiamocimaharattoe voitigrottispogliate per bene questa carcassa e poi incendiatela. La Young-India ha cessato di esistere.
Kammamuri s'avvicinò alla pazzala prese per mano e la fece scendere nel praho del portoghese. Ella non aveva opposto resistenzané pronunziato sillaba alcuna.
- Partiamo - disse Yanezprendendo la ribolla del timone.
Il mare a poco a poco si era calmato. Solamente attorno ai frangenti spumeggiava e muggivasollevandosi in larghe ondate.
Il prahoguidato da quegli abili ed intrepidi marinaisuperò le scoglierebalzando e rimbalzando sui cavalloni come una palla elastica e s'allontanò con fantastica rapidità lasciandosi dietro una scia candidissimain mezzo alla quale giocherellavano mostruosi pesci-cani.
In capo a dieci minuti raggiunse la punta estrema dell'isolala girò senza rallentare la sua velocitàe navigò verso un'ampia baia che aprivasi dinanzi a un grazioso villaggio. Composto di venti e più solidissime capannedifeso da una triplice linea di trincee armate di grossi cannoni e da numerosissime spingardeda alte palizzate e da profondi fossati irti di aguzze punte di ferro.
Un centinaio di malesi semi-nudima tutti armati fino ai dentiuscirono dalle trincee e si slanciarono verso la spiaggiamandando urla selvaggeagitando pazzamente kriss avvelenatiscimitarrescuripicchecarabine e pistole.
- Dove siamo? - chiese Kammamuri con inquietudine.
- Nel nostro villaggio - rispose il portoghese.
- È qui che abita la Tigre della Malesia?
- Abita lassùdove ondeggia quella bandiera rossa.
Il maharatto alzò il capoe sulla cima di una gigantesca rupe che cadeva a picco sul marescorse una gran capanna difesa da parecchie palizzatesu cui si agitava maestosamente una grande bandiera rossa adorna d'una testa di tigre.
- Andremo lassù? - domandò con commozione.
- Sìamico - rispose Yanez.
- Come mi riceverà?
- Come si deve accogliere un coraggioso.
- La vergine della pagoda d'Oriente verrà con noi?
- Per ora no.
- Perché? - Perché quella donna somiglia a...
S'interruppe. Una rapida commozione aveva alterato improvvisamente i suoi lineamenti e i suoi occhi si inumidirono. Kammamuri se ne accorse.
- Voi mi sembrate commossosignor Yanez - disse.
- T'inganni - rispose il portoghesetirando a sé la ribolla per evitare la punta estrema di una scogliera che riparava la baia. - SbarchiamoKammamuri.
Il praho si era arenato con la prua verso la costa.
Il portogheseKammamurila pazza e i pirati sbarcarono.
- Conducete questa donna nella migliore abitazione del villaggio - disse Yanezadditando ai pirati la pazza.
- Le faranno del male? - domandò Kammamuri.
- Nessuno ardirà toccarla - disse Yanez. - Le donne qui si rispettano forse più che in India ed in Europa. Vienimaharatto
Si diressero verso la gigantesca rupe e salirono una stretta scala scavata nel vivo massolungo la quale erano scaglionate sentinelle armate di carabine e di scimitarre.
- Perché tante precauzioni? - chiese Kammamuri.
- Perché la Tigre della Malesia ha centomila nemici.
- Non è amato dunque il capitano?
- Noi lo idolatriamoma gli altri... Se tu sapessiKammamuricome gl'inglesi lo odiano. Eccoci giunti: non temere nulla.
Infatti giungevano allora dinanzi alla gran capannadifesa pur questa da trinceeda gabbionateda fossatida cannonida mortai e da spingarde del secolo precedente.
Il portoghese spinse prudentemente una grossa porta di legno di teckcapace di resistere al cannonee introdusse Kammamuri in una stanza tappezzata di seta rossaingombra di carabine d'Europadi scuridi kriss malesidi yatagan turchidi pugnalidi bottigliedi pizzidi stoffedi maioliche della Cina e del Giapponedi mucchi d'orodi verghe d'argentodi vasi riboccanti di perle e di diamanti.
Nel mezzosemisdraiato su di un ricco tappeto di PersiaKammamuri scorse un uomo dal volto abbronzatovestito sfarzosamente all'orientalecon vesti di seta trapunta in oro e lunghi stivali di pelle pure rossa a punta rialzata.
Quell'individuo non dimostrava più di trentaquattro o trentacinque anni. Era alto di staturastupendamente sviluppatocon una testa superbauna capigliatura foltaricciutanera come l'ala di un corvoche gli cadeva in pittoresco disordine sulle robuste spalle.
Alta era la sua frontescintillante lo sguardosottili le labbraatteggiate ad un sorriso indefinibilemagnifica la barba che dava ai suoi lineamenti un aspetto fiero che incuteva ad un tempo rispetto e paura.
Nell'insiemes'indovinava che quell'uomo possedeva la ferocia di una tigrel'agilità di una scimmia e la forza di un gigante.
Appena vide entrare i due personaggicon uno scatto si alzò a sederefissando su di loro uno di quegli sguardi che penetrano nel più profondo dei cuori.
- Che cosa mi rechi? - chiese con voce metallicavibrante.
- La vittoriainnanzi tutto - rispose il portoghese. - Ti conduco però un prigioniero. -
La fronte di quell'uomo s'oscurò. - È forse quell'indiano l'individuo che tu hai risparmiato? - domandò eglidopo qualche istante di silenzio.
- SìSandokan. Ti dispiaceforse?
- Tu sai che rispetto i tuoi capricciamico mio.
- Lo soTigre della Malesia.
- E che cosa vuole quell'uomo?
- Diventare un tigrotto. L'ho veduto battersiè un eroe.
Lo sguardo della Tigre divenne lampeggiante. Le rughe che solcavano la sua fronte scomparvero come le nubi sotto un vigoroso colpo di vento.
- Avvicinati - disse all'indiano.
Kammamuriancora sorpreso di trovarsi dinanzi al leggendario pirata che per tanti anni aveva fatto tremare i popoli della Malesiasi fece innanzi.
- Il tuo nome? - chiese la Tigre.
- Kammamuri.
- Sei?
- Maharatto
- Un figlio di eroi dunque?
- Dite il veroTigre della Malesia - disse l'indiano con orgoglio.
- Perché hai lasciato il tuo paese?
- Per recarmi a Sarawak.
- Da quel cane di James Brooke? - chiese la Tigre con accento d'odio.
- Non so chi sia questo James Brooke.
- Meglio così. Chi hai a Sarawak per recarti laggiù?
- Il mio padrone.
- Cosa fa? È soldato del rajahforse?
- Noè prigioniero del rajah
- Prigioniero? E perché?
L'indiano non rispose.
- Parla - disse brevemente il pirata. - Voglio sapere tutto.
- Avrete la pazienza di ascoltarmi? La storia è lunga quanto terribile.
- Le storie terribili e sanguinose piacciono alla Tigre; siedi e narra.

4. Un terribile dramma

 
Kammamuri non se lo fece ripetere due volte. Si sedette in mezzo ad un mucchio di velluti sgualcitibruttati qua e là di macchieedopo essere rimasto alcuni istanti silenziosocome per raccogliere le ideedisse: - Tigre della Malesiaavete udito parlare delle Sunderbunds del sacro Gange?
- Non conosco quelle terre - rispose il pirata- ma so cos'è il delta di un fiume. Tu vuoi parlare dei banchi che ostruiscono la foce della grande fiumana.
- Sìdei grandi ed innumerevoli banchi coperti di canne giganti e popolati di feroci animali che si estendono per molte miglia dalla foce dell'Hugly a quella del Gange. Il mio padrone era nato là in mezzoin un'isola che si chiama la jungla nera. Era belloera forteera prodeil più prode che io abbia incontrato nella mia vita avventurosa. Nulla lo faceva tremare: né il veleno del cobra-capelloné la forza prodigiosa del pitonené gli artigli della grande tigre del Bengalané il laccio dei suoi nemici.
- Il suo nome? - chiese il pirata. - voglio conoscere questo eroe.
- Si chiamava Tremal-Naik il cacciatore di tigri e serpenti della jungla nera
La Tigre della Malesia a quel nome si alzòguardando fisso il maharatto
- Cacciatore di tigrihai detto? - domandò.
- Sì.
- Perché tale soprannome?
- Perché cacciava le tigri della jungla
- Un uomo che affronta le tigri non può essere che un coraggioso. Senza conoscerlosento già di amare quel fiero indiano. Tira avanti: divento impaziente.
- Una sera Tremal-Naik ritornava dalla jungla. Era una sera magnificauna vera sera del Bengala; dolce e profumata era l'ariaancor fiammeggiante l'orizzonte e debolmente stellato il firmamento.
Aveva già percorso un lungo tratto senza incontrare anima vivaquando gli si rizzò dinanzia meno di venti passifra un cespuglio di mussendauna giovinetta di meravigliosa bellezza.
- Chi era?
- Era una creatura dalla carnagione roseacoi capelli neri e gli occhi immensi.
Lo fissò per un istante con sguardo malinconicopoi sparve. Tremal-Naik fu così vivamente toccato da quell'apparizione che arse d'amore per la fanciulla sconosciuta.
Pochi giorni dopo un delitto veniva commesso sulle rive di un'isola che si chiama Raimangal. Uno dei nostriche si era recato colà a cacciare la tigreveniva trovato cadavere con un laccio al collo.
- Oh!... - esclamò il pirataal colmo della sorpresa. - Chi poteva aver strangolato un cacciatore di tigri?
- Siate paziente e lo saprete. Tremal-Naikcome vi dissiera un uomo coraggioso. Mi prese con sé e sbarcammo a mezzanotte a Raimangalrisoluti a vendicare lo sventurato nostro compagno.
Dapprima udimmo rumori misteriosi che uscivano di sotto terrapoi dal tronco di un gigantesco banian sbucarono parecchi uomini nudibizzarramente tatuati. Quegli uomini erano gli assassini del povero cacciatore di tigri.
- Ebbene? - chiese il piratai cui occhi brillavano di gioia.
- Tremal-Naik non esitava mai. Un colpo di carabina bastò per gettare a terra il capo di quegli indianipoi fuggimmo.
- Bravo Tremal-Naik! - esclamò la Tigre con entusiasmo. - Continua. Mi diverto più a udire questa storia che ad abbordare un vascello carico di minerale giallo.
- Il mio padroneper far perdere le tracce a quegli uomini che ci inseguivanosi separò da me e si rifugiò in una grande pagoda dove ritrovò... indovinate chi?
- La giovanetta forse?
- Sìla giovanetta che era prigioniera di quegli uomini.
- Ma chi erano?
- Gli adoratori di una divinità feroce che altro non brama che vittime umane. Si chiama Kalì.
- La terribile dea dei thugs indiani?
- La dea degli strangolatori.
- Quegli uomini sono più feroci delle tigri. Oh! io li conosco - disse il pirata. - Ne ebbi qualcuno nella mia banda.
- Un thug nella tua banda? - esclamò il maharattorabbrividendo. - Sono perduto.
- Non aver pauraKammamuri; un tempo ne ebbi qualcunoma ora non ne ho più. Continua il tuo racconto.
- La fanciullache amava ormai il mio padroneconoscendo quali pericoli lo circondavanolo scongiurò di partire all'istante; ma egli non era uomo da aver paura. Rimase là in attesa dei feroci thugsrisoluto a misurarsi con loro epotendoa rapire la prigioniera. Ma ohimè! Aveva troppo confidato nelle sue forze. Poco dopo dodici uomini armati di laccio entravano e si scagliavano contro di lui emalgrado la sua ostinata difesaveniva atterratolegato e poi pugnalato dal capo degli strangolatoriil feroce Suyodhana.
- E non morì? - chiese Sandokanche si interessava al racconto.
- No - continuò Kammamuri- non morì poiché più tardi io lo ritrovai in mezzo alla junglainsanguinatocol pugnale ancora infisso nei pettoma vivo.
- E perché lo avevano gettato nella jungla? - chiese Yanez.
- Perché le tigri lo divorassero. Lo portai nella nostra capanna e dopo molte cure guarìma il suo cuore era rimasto ferito dagli occhi neri della giovinetta... Un giornodopo essere scampato a parecchi agguati tesigli dai thugsrisolvette di partire per Raimangaldeciso a tutto pur di rivedere l'amata creatura. C'imbarcammo di nottedurante un uraganoscendemmo il Mangal e approdammo all'isola.
Nessun uomo vegliava all'entrata dei banian e ci sprofondammo sotto terra addentrandoci in oscurissimi corridoi. Avevamo saputo che i thugsnon essendo riusciti ad estirpare dal cuore della giovinetta dagli occhi neri l'amore per Tremal-Naikavevano deciso di bruciarla vivaper calmare l'ira della mostruosa deae noi correvamo a salvarla.
- Ma perché era proibito a quella donna di amare? - chiese Yanez.
- Perché era la guardiana della pagoda consacrata alla dea Kalì ecome taledoveva mantenersi pura.
- Che razza di bricconi!
- Continuo: dopo aver percorso lunghi corridoiuccidendo le sentinelleci trovammo in una immensa sala sostenuta da cento colonne e illuminata da una infinità di lampade che spandevano all'intorno una luce spettrale. Duecento indianicoi lacci in manoerano seduti all'intorno. In mezzo si ergeva la statua di Kalì: dinanzi a leiil bacino dove nuota un pesciolino rossoche si dice contenga l'anima della dea; e più oltre si levava un gran rogo.
Alla mezzanotte ecco apparire il capo Suyodhana coi suoi sacerdoti che trascinavano l'infelice ragazzaubriacata di oppio e di misteriosi profumi. Ella non opponeva più alcuna resistenza.
Già non distava che pochi passi dal rogo; già un uomo aveva acceso una fiaccola e i thugs avevano intonato la preghiera dei defuntiquando io e Tremal-Naik ci slanciammo come leoni in mezzo all'ordascaricando le nostre armi a destra e a sinistra. Sfondare quella muraglia umanastrappare la giovinetta dalle mani dei sacerdoti e fuggire attraverso le oscure galleriefu l'affare di un sol momento. Dove fuggivamo? Nessuno di noi lo sapevanon ci si pensava in quel supremo istante. Non cercavamo che di guadagnare strada sui thugsi qualirimessisi dallo spaventosi erano subito lanciati sulle nostre tracce! Corremmo per una buona ora addentrandoci sempre più nelle viscere della terra finchétrovato un pozzoci calammo entro una caverna che non aveva uscite. Quando cercammo di risalire era troppo tardi: i thugs ci avevano rinchiusi dentro!
- Maledizione! - esclamò Sandokan. - Di' sumaharatto mio; la tua storia è interessantissima. Dimmisiete fuggiti?
- No.
- Mille tuoni!
- Ci assediarono strettamenteci assetarono accendendo attorno alla caverna immensi fuochi che ci arrostivano vivipoi lasciarono irrompere su di noi un getto d'acqua alla quale era stato mescolato non so quale narcotico. Appena ci fummo dissetatistramazzammo al suolo come colpiti da sincope e cademmo senza resistenza nelle mani dei nostri nemici.
Eravamo ormai rassegnati a morirepoiché nessuno di noi ignorava che la pietà è sconosciuta ai thugsnondimeno fummo risparmiati. La morte sarebbe stata troppo dolce per noi e nella mente infernale di Suyodhanail capo degli strangolatorisi era già formato un terribile disegnoche aveva per scopo di svellere dal cuore della giovinetta l'amore per Tremal-Naik e di sbarazzarsi del mio padroneche avrebbe potuto diventare per loro un formidabile nemico. Dovete sapere che a quel tempo un uomo proderisolutocui era stata rapita la figlia dai thugsfaceva loro una guerra accanita. Quell'uomo era un inglese e si faceva chiamare capitano Macpherson.
Centinaia e centinaia di thugs erano caduti per sua manoe giorno e notte egli inseguiva gli altri senza treguapotentemente aiutato dal governo inglese. Né i lacci degli strangolatoriné i pugnali dei più fanatici settari erano giunti a colpirloné le più infernali trame avevano avuto successo contro di lui.
Suyodhanache lo temeva assaigli lanciò contro Tremal-Naik promettendogli per compenso la mano della vergine della pagoda d'Orientecosì infatti aveva nome la fanciulla dai capelli neri amata dal mio padrone. La testa del capitano doveva essere il regalo di nozze!
- E Tremal-Naik accettò? - chiese la Tigrecon viva ansietà.
- Egli amava troppo la Vergine e accettò l'orribile patto di sangue impostogli dal padre delle sacre acque del Gangelo spietato Suyodhana. Non vi narrerò tutto ciò che egli tentòtutti i pericoli in cui incorse per poter avvicinare quel disgraziato capitano.
Una fortuita combinazione gli procurò il mezzo di diventare uno dei suoi servima un giorno venne scoperto e dovette penare assai per ricuperare la libertà e salvare la vita.
Non rinunziò tuttavia ad effettuare l'impresa impostagli dai thugs ed un giorno riuscì ad imbarcarsi su di una nave che il capitano Macpherson guidava verso le Sunderbunds per assalire nel loro covo i seguaci della sanguinaria dea.
L'istessa nottescortato da alcuni complicientrava nella cabina del capitano per decapitarlo. La sua coscienza gli gridava di non commettere un delittoperché la vita di quell'uomo doveva essere sacra per luied il suo sangue si ribellava; pure era decisopoiché solamente uccidendo quel formidabile avversario avrebbe potuto avere la fidanzata: o almeno così credevanon conoscendo ancora l'infernale perversità del fanatico Suyodhana.
- E lo uccise? - chiesero Sandokan e Yanezcon ansietà.
- No - disse Kammamuri. - In quel supremo istante il nome della donna amata sfuggì dalle labbra del mio padrone e fu udito dal capitano che stava per risvegliarsi. Quel nome fu un colpo di fulmine per entrambi: risparmiò un assassinio ed un raccapricciante delittopoiché quel capitano era il padre della donna amata dal mio padrone.
- Per Giove!... - esclamò Yanez. - Quale storia tremenda ci narri!...
- La veritàsignor Yanez.
- Ma il tuo padrone non conosceva il nome della sua fidanzata?...
- Sìma il padre ne aveva assunto un altro per non far comprendere ai thugs che egli lottava per riavere la figliaperché temeva checonoscendologliela uccidessero.
- Continua - disse Sandokan.
- Ciò che accadde potete immaginarvelo. Il mio padrone confessò tutto: aveva finalmente compreso l'infernale astuzia di Suyodhana. Si offerse al capitano di guidarlo nelle caverne dei settari. Sbarcarono a Raimangalil mio padrone entrò nel tempio sotterraneo fingendo di portare con sé la testa del capitano equando poté rivedere la fanciulla amatagl'inglesi piombarono sui thugs. Suyodhanaperòuscì vivo dall'assalto improvviso dei nemicie quando il mio padroneil capitanola fidanzata ed i soldati lasciarono i sotterranei per ritornare alla navelo udirono gridare con voce minacciosa:
"Ci rivedremo nella jungla!...".
E quell'uomo sinistro manteneva la parola. A Raimangal si erano radunate parecchie centinaia di strangolatori essendo già stati informati della spedizione del capitano Macpherson. Guidati da Suyodhana piombaronoventi volte più numerosisugli inglesi. L'equipaggio della nave invano accorse in aiuto del suo capitano. Tutti caddero fra le erbe giganti della junglaschiacciati dal numeroe il capitano per primo. Perfino la nave fu presaincendiata e fatta saltare in aria.
Solo Tremal-Naik e la sua fidanzata erano stati risparmiati. Aveva rimorsoSuyodhanaa spegnere anche il mio padrone che tanto aveva fatto per quegl'infamioppure sperava di fare di lui un thug? Io non lo seppi mai.
Matre giorni dopoil mio padroneche era stato fatto impazzire mediante la somministrazione di un liquore misteriosoveniva arrestato dalle autorità inglesi presso il forte Williams. Era stato denunciato come thug ed i testimoni non erano mancatipoiché quella setta conta numerosi seguaci anche a Calcutta.
Fu risparmiato perché era pazzoma condannato alla deportazione perpetua nell'isola di Norfolkuna terra al sud d'una regione chiamata Australiacosì mi dissero.
- Quale spaventevole dramma!- esclamò la Tigredopo alcuni istanti di silenzio. - Così intensamente Suyodhana odiava lo sventurato Tremal- Naik?
- Il capo dei settari volevafacendo decapitare il capitano dal mio padronespegnere per sempre la passione che ardeva nel cuore della vergine della pagoda
- Era un mostro quel feroce capo dei thugs
- Ma il tuo padrone è ancora pazzo? - chiese Yanez.
- Noi medici riuscirono a guarirlo.
- E non si difese? Non svelò tutto?...
- Lo tentòma non fu creduto.
- Ma perché si trova a Sarawak?...
- Perché il legno che lo trasportava a Norfolk naufragò presso Sarawak. Disgraziatamente nelle mani del rajah non ci starà molto.
- E perché?
- Perché la nave è già partita dall'India e fra sei o sette giornise i miei calcoli non m'ingannanogiungerà a Sarawak. Quella nave è diretta a Norfolk.
- Come si chiama quella nave?
- L'Helgoland
- L'hai vista tu?
- Prima di lasciare l'India.
- E dove ti recavi colla Young-India?
- A Sarawak a salvare il mio padrone - disse Kammamuri con fermezza.
- Solo?
- Solo.
- Sei un giovanotto audacemaharatto mio - disse la Tigre della Malesia. - E della vergine della pagoda d'Oriente cosa fece il terribile Suyodhana?
- La tenne prigioniera nei sotterranei di Raimangalma la disgraziatadopo il sanguinoso assalto dei thugs nella junglaera impazzita.
- Ma come fuggì dalle mani dei thugs? - chiese Yanez.
- È fuggita? - domandò Sandokan
- Sìfratellino.
- E dove si trova?
- Lo saprai più tardi. NarramiKammamuriin che modo fuggì - disse Yanez.
- Ve lo dirò in due parole - disse il maharatto. Io ero rimasto coi thugs anche dopo l'atroce vendetta di Suyodhanae vegliavo attentamente sulla vergine della pagoda. Saputodopo parecchio tempoche il mio padrone era stato condannato alla deportazione nell'isola di Norfolk e che la nave che lo trasportava era naufragata a Sarawakmeditai la fuga. Comperai un canottolo nascosi in mezzo alla junglae una sera d'orgiamentre i thugsubriachi fradicinon erano più in grado di uscire dai loro sotterraneimi recai alla pagoda sacrapugnalai gl'indiani che la custodivanoafferrai fra le mie braccia la Vergine e fuggii.
All'indomani io ero a Calcutta e quattro giorni dopo a bordo della Young-India
- E la Vergine? - chiese Sandokan.
- È a Calcutta - s'affrettò a dire Yanez.
- È bella?
- Bellissima - disse Kammamuri. - Ha i capelli neri e splendidi occhi scuri.
- E si chiama?
- La vergine della pagodavi ho detto.
- Non ha nessun altro nome?
- Sì.
- Dimmelo.
- Si chiama Ada Corishant.
A quel nome la Tigre della Malesia aveva fatto un balzogettando un urlo terribile.
- Corishant!... Corishant!... Il nome dell'adorata madre della mia povera Marianna!... Dio!... Dio!... - urlò con accento disperato.
Poi piombò sul tappeto con la faccia orribilmente sconvolta e le mani contratte sul cuore. Un rauco singhiozzoche parve un ruggitolacerò il suo petto.
Kammamurispaventatosorpresosi era alzato per accorrere in aiuto del piratache pareva fosse stato colpito a mortema due mani robuste lo arrestarono.
- Una parola - gli disse il portoghesetenendolo stretto per le spalle. - Come si chiamava il padre di quella giovinetta?
- Harry Corishant - rispose il maharatto
- Gran Dio!... Ed era?
- Capitano dei sipai.
- Esci di qui!
- Ma perché?... Che cosa è accaduto?...
- Silenzioesci di qui!
Eriafferrandolo per le spallelo spinse bruscamente fuori della portache richiuse con un doppio giro di chiave.

 

5. La caccia all'Helgoland

 
Il pirata di Mompracem si era prontamente rimesso da quella terribile commozione. La sua facciaquantunque ancora alterataaveva ripreso la sua fiera espressione che incuteva rispetto e terrore ai più coraggiosie sulle sue labbraquantunque un po' scoloriteerrava un malinconico sorriso.
Grosse gocce di sudore imperlavano però la sua ampia frontelievemente corrugatae una fiamma sinistra brillava in quegli sguardi che penetravano nel più profondo dei cuori.
- È passata la tempesta? - chiese Yanezsedendosi accanto a lui.
- Sì - disse la Tigrecon voce sorda.
- Ogni volta che tu odi un nome che ti ricorda Marianna ti agiti e stai male.
- Ho troppo amato quella donna... Yanez. Quel ricordo così bruscamente evocato mi ha fatto più male di una palla di carabina che fosse entrata nel mio petto... Mariannamia povera Marianna!
Un secondo singhiozzo lacerò il petto della Tigre.
- Coraggiofratello mio - disse Yanezche era assai commosso. - Non dimenticare che tu sei la Tigre della Malesia.
- Certi ricordi sono tremendi anche per una tigre.
- Vuoi che parliamo di Ada Corishant?
- ParliamoneYanez.
- Credi a quanto ha narrato il maharatto?
- CredoYanez.
- Che cosa farai?
- Yanez - rispose Sandokan con voce triste- ti ricordi ciò che disse una serasotto la fresca ombra di un maestoso durionmia moglie?
- Sìme lo ricordo. "Sandokanmio prode amicoti disseho una cugina che idolatro nella lontana India. È figlia d'un fratello di mia madre".
- AvantiYanez.
- Proseguo. "Ella è scomparsanon si sa dove sia. Si dice che i thugs indiani l'abbiano rapita; Sandokanmio prode amicosalvalarestituiscila all'addolorato suo genitore".
- BastabastaYanez! - esclamò il pirata con voce straziante.- Ohquei ricordi mi lacerano il cuore. E non poter riveder più quella povera donna!... Mariannamia adorata Marianna!...
Il pirata si era preso il capo fra le mani e rauchi singhiozzi sollevavano il suo atletico petto.
- Sandokan - disse Yanez- sii forte.
Il pirata rialzò il capo.
- Sono forte- rispose.
- Vuoi che riprendiamo il discorso?
- Sì.
- Purché tu sia calmo.
- Lo sarò.
- Che cosa farai per Ada Corishant?
- Che cosa farò? E me lo chiedi? Andrò subito a salvarlapoi andrò a Sarawak a liberare il suo fidanzato.
- Ada Corishant è salvaSandokan - disse Yanez.
- Salva!... salva!... - esclamò il pirata balzando in piedi.
- Dov'è?
- Qui.
- Qui!... E perché non me l'hai detto prima?
- Perché quella giovinetta somiglia alla tua defunta mogliequantunque non abbia né i capelli d'oroné gli occhi azzurri come il mare. Io temevo che tu nel vederla provassi un fiero colpo.
- Io voglio vederlaYaneziovoglio vederla!
- La vedrai subito.
Aprì la porta. Kammamuriin preda ad una indicibile ansietàera seduto su un gabbione sfondato aspettando di venire chiamato.
- Signor Yanez!- esclamò con voce tremantelanciandosi verso il portoghese.
- CalmaKammamuri.
- Salverete il mio padrone?
- Lo speriamo - disse Yanez.
- Graziesignoregrazie!
- Mi ringrazierai quando l'avremo salvato. Ora scendi al villaggio e conduci qui la tua padrona.
Il maharatto discese la stretta scala a precipizio mandando urla di gioia.
- Bravo giovanotto - mormorò il portoghese.
Rientrò e si avvicinò a Sandokanche era tornato a sedersi e teneva il viso nascosto fra le mani.
- A cosa pensifratello mio? - gli chiese con voce affettuosa.
- Al passatoYanez - rispose il pirata.
- Non pensare mai al passatoSandokan. Tu lo saiti fa soffrire. Dimmiquando partiremo?
- Subito.
- Per Sarawak?
- Per Sarawak.
- Avremo un osso duro da rodere. Il rajah di Sarawak è potente e odia terribilmente i pirati.
- Lo soma i nostri uomini si chiamano i tigrotti di Mompracem ed io la Tigre della Malesia.
- Andremo direttamente a Sarawak o incroceremo presso le coste?
- Incroceremo nella vasta baia. Bisognaprima di sbarcareaffondare l'Helgoland
- Comprendo il tuo piano.
- Lo approvi?
- SìSandokane...
Si arrestò di botto. La porta erasi improvvisamente aperta e sulla soglia era apparsa Ada Corishantla vergine della pagoda d'Oriente
- GuardalaSandokan! - esclamò il portoghese.
Il pirata si volse. Nel vedere quella donna ritta sulla soglia della porta emise un urlo e indietreggiòvacillandofino al muro.
- Quale somiglianza!... - esclamò. - Quale somiglianza!
La pazza non si era mossaconservava una immobilità assolutama guardava fisso il pirata.
D'improvviso fece due passi innanzi e pronunciò una parola:
- Dei thugs?
- No - disse Kammamuri che l'aveva seguita. - Nopadronanon sono thugs
Ella scosse il caposi avvicinò a Sandokan che pareva non fosse capace di staccarsi dal muroe gli mise una mano sul petto. Pareva che cercasse qualcosa.
- Dei thugs? - ripeté ella.
- Nopadronano - disse il maharatto
Ada aprì il gran mantello di seta bianca mettendo allo scoperto una corazza d'oro tempestata di grossi diamantiin mezzo alla quale campeggiavain alto rilievoun serpente con la testa di donna.
Guardò a lungo quel misterioso simbolo degli strangolatori indianipoi guardò il petto di Sandokan.
- Perché non vedo il serpente? - chiese con voce lievemente alterata.
- Perché questi uomini non sono thugs - disse Kammamuri.
Un lampo balenò negli occhi della pazzama subito si spense. Aveva compreso ciò che aveva detto Kammamuri? Forse.
- Kammamuri - disse Yanez sottovoce. - Se tu pronunciassi il nome del suo fidanzato?
- Nono! - esclamò il maharatto con terrore. - Essa cadrebbe in
deliquio.
- È sempre così tranquilla?
- Semprema fate che non oda lo squillo di un ramsinga o di un tarèe che non veda un laccio o una statua della dea Kalì.
- Perché?
- Perché allora fugge e per parecchi giorni delira.
In quell'istante la pazza si volsedirigendosi a lenti passi verso la porta. KammamuriYanez e Sandokanil quale si era rimesso dalla sua viva commozionela seguirono.
- Che cosa vuol fare? - chiese Yanez.
- Non lo so - rispose il maharatto
La pazzaappena uscitasi era arrestataguardando con curiosità le trincee e le palizzate che difendevano la capannapoi s'incamminò verso l'orlo della gigantesca rupeguardando il mare che muggiva lungo le scogliere dell'isola.
D'un tratto si chinòcome se volesse ascoltare meglio lo strepito delle ondepoi scoppiò in una risata argentinaesclamando:
- Il Mangal!
- Che cosa dice? - chiesero ad una voce Sandokan e Yanez.
- Credo che scambi il mare per il fiume Mangal che bagna l'isola dei thugs
- Povera giovane! - esclamò Sandokan sospirando.
- Speri di farla ritornare in sé? - chiese Yanez.
- Sìlo spero - rispose Sandokan.
- In qual modo?
- Tde lo dirò quando avremo liberato Tremal-Naik.
- Verrà con noi quella disgraziata?
- SìYanez. Durante la nostra assenza gli Inglesi potrebbero gettarsi su Mompracem e portarcela via.
- Quando si partirà? - chiese Kammamuri.
- Subito - disse Sandokan. - Abbiamo molta strada da percorrere e l'Helgoland forse non è molto lontano.
Kammamuri prese per mano Ada e scese la scalettaseguito dalla Tigre della Malesia e da Yanez.
- Che impressione ti ha fatto quella sventurata? - chiese il portoghese a Sandokan.
- Un'impressione dolorosaYanez - disse il pirata. - Ahpotessi un giorno farla felice!
- Somiglia alla defunta Marianna?
- SìsìYanez! - esclamò Sandokan con voce commossa. - Ha gli stessi lineamenti della mia povera Marianna!... BastaYaneznon parliamo più di quella morta. Ciò mi fa soffrireimmensamente soffrire!
Erano allora giunti alle prime capanne del villaggio. Proprio in quel momento i prahoscarichi del bottino tolto alla Young-Indiaentravano nella baia.
Gli equipaggiscorgendo il loro capolo salutarono con evviva entusiasticiagitando freneticamente le armi.
- Viva l'invincibile Tigre della Malesia! - urlavano.
- Viva il nostro valoroso capitano! - rispondevano i pirati del villaggio.
Sandokancon un solo gesto della manochiamò attorno a sé tutti i piratii quali non erano meno di duecentola maggior parte malesi e dayachi del Borneouomini coraggiosi come leoniferoci come tigripronti a farsi uccidere per il loro capo che adoravano come una divinità.
- Ognuno mi ascolti - diss'egli. - La Tigre della Malesia sta per intraprendere una spedizione che forse costerà la vita a gran numero di noi.
Tigrotti di Mompracemsulle coste del Borneo regna un uomofiglio d'una stirpe che tanto male ci inflisse e che noi odiamoun inglesetiene in sua mano un mio amicoil fidanzato di questa povera pazza che è cugina della defunta regina di Mompracem.
Un urlo immenso s'alzò attorno a Sandokan.
- Lo si salvi!... lo si salvi!...
- Tigrotti di Mompracemio voglio salvare il fidanzato di questa infelice.
- Lo salveremoTigre della Malesialo salveremo!... Chi lo tiene prigioniero?
- Il rajah James Brookelo sterminatore dei pirati.
Questa volta non fu un urlo quello che irruppe dai petti dei piratifu un ruggito d'ira da far fremere:
- Morte a James Brooke!...
- Morte allo sterminatore dei pirati!
- A Sarawak!... tutti a Sarawak!...
- VendettaTigre della Malesia!
- Silenzio! - tuonò la Tigre della Malesia. - Karà-Olòfatti innanzi.
Un uomo gigantescodalla pelle giallastrale membra cariche di anelli di rame e il petto adorno di perle di vetrodi denti di tigredi conchiglie e di ciuffi di capelligli si avvicinòimpugnando un pesante sciabolone che si allargava verso l'estremità.
- Quanti uomini conta la tua banda? - gli chiese Sandokan.
- Ottanta - rispose il pirata.
- Hai paura di James Brooke?
- Non ho mai avuto paura di nessuno. Quando la Tigre della Malesia mi ordinerà di gettarmi su Sarawakio l'assalirò e dietro a me verranno tutti i miei uomini.
- T'imbarcherai con l'intera banda sulla Perla di Labuan. Non occorre che ti dica che il praho deve essere zeppo di palle e di polvere.
- Sta benecapitano.
- Ed ioche cosa dovrò farecapitano? - chiese un vecchio malesesfigurato da più di venti cicatrici.
- TuNayalarimarrai a Mompracem con le altre bande; lascia che vadano i giovani a Sarawak!
- Rimarrò quigiacché me l'ordinatee difenderò l'isola finché avrò una goccia di sangue nelle vene.
Sandokan e Yanez si intrattennero ancora a parlare coi capitani delle bandeindi salirono nella grande capanna.
I loro preparativi furono brevi. Nascoste sotto le vesti alcune borse contenenti grossi diamantiper un valore di forse due milionie scelte le carabinele pistolele scimitarre ed i kriss dalla punta acuta e avvelenataridiscesero verso la costa.
La Perla di Labuancoperta di veleondeggiava nella piccola radaimpaziente di uscire in mare. Sul ponte stavano schierati gli ottanta dayachi di Karà-Olòpronti a manovrare.
- Tigrotti - disse Sandokanvolgendosi verso i pirati affollati sulla spiaggia- difendete la mia isola. - La difenderemo - risposero in coro i tigrotti di Mompracemagitando le armi.
SandokanYanezKammamuri e la vergine della pagoda d'Oriente salirono in una imbarcazione e raggiunsero la navela qualesciolte le gomenenavigò verso l'alto mare salutata da urla di:
- Evviva la Perla di Labuan!...Evviva la Tigre della Malesia!... Evviva i tigrotti di Mompracem!

 
 

6. Da Mompracem a Sarawak

La Perla di Labuancon la quale il capo dei pirati di Mompracem stava per intraprendere l'audace spedizioneera uno dei più grandidei più bei prahos che solcassero gli ampi mari della Malesia.
Stazzava centocinquanta o centosessanta tonnellateil triplo dei prahos ordinari.
Strettissima aveva la carenasvelte le formealta e solida la pruafortissimi gli alberi e amplissime le velei cui pennoni non misuravano meno di sessanta metri.
A vento largodoveva filare come una rondine marinara e lasciarsi di gran lunga indietro i più rapidi steamers e i più veloci velieri d'Asia e d'Australia.
Non aveva nulla che potesse farla credere un legno corsaro. Né cannoni in vistané equipaggio numerosoné sabordi. Pareva un elegante praho mercantile con un carico prezioso nella stivain rotta per la Cina o per le Indie. Il più astuto lupo di mare si sarebbe ingannato.
Chi però fosse sceso nella stiva avrebbe potuto vedere di che merci il praho era carico. Non erano né tappetiné oriné speziené thè: erano bombefucilipugnalisciaboloni d'arrembaggio e barili di polvere in quantità sufficiente per far saltare due fregate di alto bordo.
Chi poi fosse entrato sotto il gran casotto (attap)avrebbe potuto vedere sei cannoni di lunga portataposti sulle loro carrettepronti a vomitare uragani di mitraglia e di pallenonché due mortai da grosse bombegrappini d'arrembaggioascescuri e pesanti parangsle armi favorite dei dayachi del Borneo. Girate le innumerevoli rocce e scogliere madreporicheche rendevano inaccessibile l'entrata della piccola baia alle grosse navila svelta Perla di Labuan mise la prua verso la costa del Borneoe precisamente verso il capo Sirikche chiude ad occidente la vasta insenatura di Sarawak.
Il tempo era splendido e il mare tranquillo: in cielo pochi cirri color di fuoco: in mare nulla. Non una velanon una traccia di fumo che segnalasse uno steamer all'orizzontenon onde. La immensa distesa d'acqua color piombo era perfettamente tranquillaquantunque soffiasse un leggero venticello fresco.
In meno di venti minutiil veloce legno raggiunse l'estrema punta sud dell'isoladietro la quale finiva di sfasciarsi lo scheletro dell'Young-India e prese il largoinclinato civettuolamente a babordolasciando dietro la poppa una linea perfetta. Yanez e Kammamuricondotta la vergine della pagoda nella più vasta e bella cabina di poppaerano risaliti in copertadove Sandokan passeggiava con le braccia incrociate sul petto e il capo chinoimmerso in profondi pensieri.
- Che ti pare del nostro legno? - chiese Yanez al maharattoil qualeappoggiato al coronamento di poppaguardava attentamente le coste dirupate di Mompracem che rapidamente svanivano in lontananza.
- Non mi ricordo di aver navigato su di un legno rapido come questosignor Yanez - rispose il maharatto. - I piratia quanto paresanno scegliere i loro navigli.
- Hai ragionemio caro. Non c'è piroscafo che tenga testa a questa valorosa Perla di Labuan. In pochi giornise questo vento non diminuiscenoi saremo in vista delle coste di Sarawak.
- Senza combattimenti?
- Ciò non si può sapere. In questo mare si conosce la Perla di Labuan e molti sono gli incrociatori che battono le coste del Borneo. Potrebbe darsi il caso che a qualcuno di loro saltasse il ticchio di misurarsi con la Tigre della Malesia.
- E se ciò accadesse?
- Perbaccoaccetteremmo la sfida. La Tigre della Malesiaamico mionon rifiuta mai un combattimento.
- Non vorrei che ci assalisse qualche grosso vascello.
- Non ci farebbe paura. Abbiamo nella stiva tante sciabole e tanti fucili da armare la popolazione di una cittàtante bombe da affondare una flotta intera e tanta polvere da far saltare mille case.
- Ma solo ottanta uomini!
- Ma sai tu quali uomini sono i nostri?
- So che sono coraggiosima...
- Sono dayachimio caro.
- Che cosa vuol dire?
- Gente che non ha paura di gettarsi contro una muraglia di ferro difesa da cento cannoniquando sanno che al di là vi sono teste da tagliare.
- Danno la caccia alle testequesti dayachi?
- Sìgiovanotto mio. I dayachiche vivono per lo più nelle grandi foreste del Borneosi chiamano head-huntersossia cacciatori di teste.
- Sono terribili compagniallora.
- Formidabili.
- E anche pericolosi. Se una notte saltasse loro la brutta idea di decapitarci?
- Non aver pauragiovanotto. Rispettano e temono più noi che le loro divinità. Basta una parolauna sola occhiata della Tigre per farli diventare mansueti.
- E quando arriveremo a Sarawak?
- Fra cinque giornise non sopraggiungono accidenti.
- Burrascheforse?
- Peuh - fece il portoghese alzando le spalle. - La Perla di Labuanguidata da un lupo di mare come Sandokansi ride dei più formidabili cicloni. Sono gli incrociatoriti ripetoche di quando in quando vengono a seccarci.
- Ve ne sono moltidunque?
- Pullulano come le piante velenose. PortoghesiInglesiOlandesi e Spagnoli hanno giurato una guerra a morte contro la pirateria.
- Sicché un bel giorno i pirati scompariranno.
- Ohmai più! -esclamò Yanezcon profonda convinzione.
- La pirateria durerà finché vi sarà un solo malese.
- E perché?
- Perché la razza malese non si sente inclinata per la civiltà europea. Non conosce che il furtol'incendioil saccheggiol'assassinioterribili mezzi che le somministrano da vivere in abbondanza. La pirateria malese conta parecchi secoli di vita e continuerà per molti secoli ancora. È una eredità sanguinosa che si trasmette di padre in figlio.
- Ma non scema questa razza?? I continui combattimenti devono fare dei grandi vuoti.
- Poca cosaKammamuripoca cosa! La stirpe malese è feconda come le piante velenosecome gli insetti nocivi. Morto unoun altro ne nasce e il figlio non è meno valoroso né meno sanguinario del padre.
- La Tigre della Malesia è malese?
- Noè bornese e di una casta elevata.
- Ditemisignor Yanezcome mai un uomo terribile che assalta vascelliche trucida interi equipaggiche saccheggia e incendia villaggicheinfinesparge ovunque il terroresi è generosamente offerto di salvare il mio padrone che non ha mai conosciuto?
- Perché il tuo padrone fu il fidanzato di Ada Corishant.
- ConoscevaforseAda Corishant? - chiese Kammamuricon sorpresa.
- Non l'ha mai veduta.
- Non capisco allora...
- Lo capirai subitoKammamuri. Nel 1852cioè cinque anni or sonola Tigre della Malesia aveva raggiunto il culmine della sua potenza. Aveva molti e ferocissimi tigrottimolti prahosparecchi cannoni. Con una sola parola faceva tremare tutti i popoli della Malesia.
- Eravate anche allora insieme con la Tigre?
- Sì e da parecchi anni. Un giorno Sandokan fu informato che a Labuan viveva una fanciulla incantevolebellissimae si sentì vinto dal desiderio di contemplarla. Si recò a Labuanma fu scoperto da un incrociatorevinto e ferito. Con infinite pene e affatto solo poté riparare sotto i boschi e di là giungere ad una casa abitata da... indovina da chi?
- Non lo saprei.
- Dalla fanciulla che voleva vedere.
- Oh! quale strana combinazione!
- La Tigre della Malesia non aveva amato fino allora che le lottele stragile tempeste. Mavista la fanciullase ne innamorò alla follia.
- Chi? La Tigre? E impossibile! - esclamò Kammamuri.
- Ti narro dei fatti veri - disse Yanez. - Amò la fanciullala fanciulla amò ardentemente il pirata e si accordarono per fuggire assieme.
- Perché fuggire?
- La fanciulla aveva uno zio capitano di marinauomo ruvidoviolentonemico acerrimo della Tigre della Malesia. Passo sopra alle pugne tremende accadute fra inglesi e piratisulle disgrazie che toccarono alla Tigresul bombardamento di Mompracemalle fughe. Ti dirò solo che Sandokan finalmente poté far sua la fanciulla e rifugiarsi a Batavia. Io e una trentina di tigrotti lo seguimmo.
- E gli altri?
- Erano tutti morti.
- E perché la Tigre tornò a Mompracem?
Yanez non rispose e il maharattosorpreso di non ricevere rispostaalzò gli occhi e lo vide asciugarsi rapidamente una lacrima.
- Ma voi piangete! - esclamò.
- Non è vero - disse Yanez.
- Perché negarlo?
- Hai ragioneKammamuri. Anche la Tigre della Malesiache non aveva mai piantovidi scoppiare in lacrime. Il cuore mi si stringe e un nodo mi serra la gola tutte le volte che io penso a Marianna Guillonk.
- Marianna Guillonk!... - esclamò il maharatto. - Chi è questa Guillonk?
- Era la giovinetta fuggita con la Tigre della Malesia.
- Parente di Ada Corishant?
- CuginaKammamuri.
- Ecco perché la Tigre ha promesso di salvare Tremal-Naik e la sua fidanzata. Ditemisignor Yanezè viva Marianna Guillonk?
- NoKammamuri - disse Yanez con tristezza. - Sono due anni che dorme in una tomba.
- Morta?
- Morta!
- E suo zio?
- Vive ed è sempre in cerca di Sandokan. Lord James Guillonk ha giurato di farlo appiccare assieme a me.
- E dove si trova ora?
- Non lo sappiamo.
- Temete d'incontrarlo?
- Ti dirò che ho un presentimento. Ma... ai presentimenti già io non credo più. - Accese una sigaretta e si mise a passeggiare sul ponte. Il maharatto notò che quell'uomodi solito così ilareera diventato triste.
- Forse sono i ricordi che l'hanno reso malinconico - mormoròe scese nella cabina della pazza.
Il vento continuava a mantenersi buonoanzi tendeva a crescereaccelerando la corsa della Perla di Labuanla quale non tardò a raggiungere i sette nodi all'oravelocità che le avrebbe permesso di guadagnare ii capo Sirik molto presto.
A mezzodì furono segnalate a babordo le Romadesgruppo d'isole situate a quaranta miglia dalla costa del Borneoabitate per la maggior parte da pirati che se la intendevano a meraviglia con quelli di Mompracem. Alcuni prahosanziraggiunsero la Perla di Labuanaugurando all'equipaggio e al suo capitano buona preda.
Qualche vela lontanaun brigantino e alcune giunche cinesi di forme pesanti e barocchefurono segnalati durante il giornoma la Tigre della Malesiache temeva di arrivare dopo l'Helgoland e non voleva esporre i suoi uomini in un combattimento inutilenon si curò di quei navigli.
All'indomaniai primi alborifu segnalata Whaleisola considerevolelontana centodieci miglia da Mompracemcinta da scogliere innumerevoli che rendono oltremodo pericoloso l'approdo. Una cannoniera con bandiera olandeseche esplorava la costa cercando senza dubbio qualche legno corsaroappena ebbe scorta la Perla di Labuan prese il largo a tutto vapore; il suo pontein un balenosi coprì di marinai armati di carabine di lunga portata e gli artiglieri smascherarono a tribordo un grosso cannone.
- Aoh! - esclamò Yanezavvicinandosi a Sandokan che guardava con occhio tranquillo la cannoniera. - Fratellino mioquella bestia là ha fiutato qualcosaperché pare che si prepari a darci la caccia.
- Non crederlo - rispose la Tigre. - Si accontenterà di seguirci.
- Non mi va troppo a sangue essere seguito da una cannoniera.
- Hai paura?
- Nofratello mio. Ma se quella cannoniera ci seguisse fino a Sarawak?
- Perché vuoi che ci segua a Sarawak? Se ha un sospetto ci darà battaglia e noi la coleremo a picco.
- Diffidafratello. Mi si disse che James Brooke ha una buona flottigliache cambia assai spesso bandiera ed apparenza per dar la caccia ai pirati.
- Le conosco le astuzie di quel lupo di mare. So che talvoltaper attirare i piratidisalbera la sua naveil Realistaper mitragliarli appena giunti a tiro.
- È veroSandokanche quel diavolo d'uomo ha sterminato quanti pirati battevano le coste di Sarawak?
- È veroYanez. Col suo piccolo schooneril Realistapurgò le coste di mezzo Borneodistruggendo tutti i prahosincendiando i villaggicannoneggiando le fortezze. Quell'uomo ha del sangue nelle venenon tanto però quanto ne hanno i pirati di Mompracem. Tremi il giorno in cui i miei tigrotti approderanno sulle sue terre.
- Vuoi misurarti con lui?
- Lo spero. La Tigre darà allo sterminatore dei pirati un colpo terribileforse il colpo di grazia.
- Aho! - esclamò il portoghese.
- Cos'hai?
- Guarda la cannonieraSandokan. C'invita a mostrare la nostra bandiera.
- Non sarà certo la miaquella che mostrerò.
- Quale allora? - chiese Yanez.
- EhiKai-Malùmostra a quei curiosi una bandiera ingleseolandese o portoghese.
Pochi istanti dopouna bandiera portoghese sventolava a poppa del praho
La cannonierasoddisfattaprese quasi subito il largonon già verso l'isola Whaleche si scorgeva ancora all'orizzontema verso il sud.
Quella rotta fece aggrottare le ciglia alla Tigre della Malesia e al suo compagno.
- Uhm! - fece il portoghese. - C'è sotto qualche cosa.
- Lo sofratello.
- Quella cannoniera si dirige verso Sarawakne sono certocertissimo. Appena fuori di vista modificherà la sua rotta.
- Gli uomini che la montano sono furbi. Hanno fiutato in noi dei pirati.
- Che cosa farai?
- Nulla per ora. Quella cannonieraoggicammina più di noi.
- Che vada ad aspettarci a Sarawak?
- È probabile.
- Ci tenderà forse un agguato alla foce del fiumecon la flotta di Brooke.
- Daremo battaglia.
- Non abbiamo che otto cannoniSandokan.
- Noima l'Helgoland ne avrà più di noi. Lo vedraiportogheseci divertiremo.
Per due giorni la Perla di Labuan navigò alla distanza di una trentina di miglia dalla costa del Borneosegnalata dalla cima del monte Pataugigantesco cono coperto di superbe foreste che si eleva a 1880 piedi sul livello del mare.
La mattina del terzodopo una breve calmagirava il capo Sirikpromontorio roccioso coronato da alcune isole e isolotti che chiude la vasta baia di Sarawak verso nord. Sandokanche temeva di trovarsi da un istante all'altro dinanzi alla flottiglia di James Brookefece caricare i cannoninascondere due terzi dell'equipaggio; quindi innalzò la bandiera olandese. Dopo di chemise la prua al capo Tanjong-Datuche ad occidente chiude la baiain vicinanza del quale doveva passare l'Helgoland proveniente dall'India. Verso il mezzodì dello stesso giornotra la generale sorpresala Perla di Labuan si imbatteva nella cannoniera olandese che tre giorni prima aveva incontrato nelle acque dell'isola Whale. Sandokannel vederlalasciò andare un violento pugno sulla murata. - Ancora la cannoniera! - esclamòaggrottando la fronte e mostrando i dentibianchi e aguzzi come quelli di una tigre. - Tu vuoi che io faccia bere del sangue ai miei tigrotti.
- Ci spiaSandokan - disse Yanez.
- Ma io la colerò a picco.
- Non lo faraiSandokan. Un colpo di cannone può essere udito dalla flotta di Brooke.
- Io me ne rido della flotta del rajah
- Sii prudenteSandokan.
- Sarò prudentegiacché lo vuoima vedrai che quella cannoniera ci tenderà un agguato alla foce del Sarawak.
- Non sei la Tigre della Malesiatu?
- Sìma abbiamo la vergine della pagoda a bordo. Una palla potrebbe colpirla.
- Coi nostri petti le faremo scudo.
La cannoniera olandese era giunta a duecento metri dalla Perla di Labuan. Sul suo ponte si vedevano il capitanomunito di un cannocchiale eaffollati a pruauna trentina di marinai armati di carabine. A poppa alcuni artiglieri circondavano un grosso cannone.
Girò due volte attorno al praho descrivendo un grandissimo semicerchiopoi virò di bordo mettendo la prua a sudverso Sarawak.
La sua velocità era tale che in tre quarti d'ora non si scorgeva più che un sottile pennacchio di fumo. - Dannazione! - esclamò Sandokan. - Se mi torni a tiro ti mando a picco con una sola bordata. La Tigreanche se non è di cattivo umorenon si lascia avvicinare tre volte impunemente.
- La ritroveremo a Sarawak - disse Yanez.
- Lo speroma...
Un grido che veniva dall'alto lo interruppe bruscamente.
- Eh! Uno steamer all'orizzonte! - aveva gridato un pirata che si teneva a cavalcioni del gran pennone di maestra.
- Un incrociatoreforse! - esclamò Sandokan il cui sguardo si accese.
- Da dove viene?
- Dal nord - rispose il gabbiere.
- Lo vedi bene?
- Non scorgo che il fumo e l'estremità dei suoi alberi.
- Se fosse l'Helgoland! - esclamò Yanez.
- È impossibile! Verrebbe dall'occidentenon già dal nord.
- Può aver toccato Labuan.
- Kammamuri! - gridò la Tigre.
Il maharattoche si era issato sul coronamento di poppasi slanciò giù correndo verso il pirata.
- Conosci l'Helgoland? - chiese la Tigre.
- Sìpadrone.
- Ebbeneseguimi!
Si slanciarono verso i paterazzis'inerpicarono fino alla estremità dell'albero di maestra e fissarono i loro sguardi sulla verdastra superficie del mare.


7. L'Helgoland

 
All'orizzontelà dove il cielo si confondeva con l'oceanoera quasi improvvisamente apparso un vascello a tre alberi chequantunque ancora assai lontanos'indovinava essere di grandi dimensioni. Dal fumaiolo usciva una striscia di fumo nero che il vento portava assai lontano. La sua molela sua strutturai suoi alberi rivelavano subito che quella nave apparteneva alla categoria dei vascelli da guerra.
- Lo scorgiKammamuri? - chiese Sandokanche fissava il piroscafo con estrema attenzionecome se volesse riconoscere la bandiera che sventolava sul picco della randa.
- Sì - rispose il maharatto
- Lo conosci?
- Aspettate un pocopadrona
- È l'Helgoland?
- Aspettate... mi pare... sìsìè l'Helgoland!
- Non t'inganni?
- NoTigrenon m'inganno. Ecco la sua prua tagliata ad angolo rettoecco là i suoi alberi tutti d'un pezzoecco i suoi dodici sabordi. SìTigresìè l'Helgoland!
Un lampo sinistro guizzò negli occhi della Tigre della Malesia.
- Là v'è lavoro per tutti! - esclamò il pirata.
Si aggrappò ad una sartia e si lasciò scivolare fino al ponte. I suoi piratiche avevano brandite le armigli corsero attorno interrogandolo con lo sguardo.
- Yanez! - chiamò.
- Eccomifratello - rispose il portogheseaccorrendo da poppa.
- Prendi sei uominiscendi nella stiva e sfonda i fianchi del praho
- Che? Sfondare i fianchi del praho? Sei matto?
- Ho il mio piano. L'equipaggio del vascello udrà le nostre gridaaccorrerà e ci accoglierà come naufraghi. Tu sarai un ambasciatore portoghese in rotta per Sarawak e noi la tua scorta.
- Ebbene?
- Ebbene una volta sul vascellonon sarà difficile per uomini come noi impadronircene. Spicciati: l'Helgoland si avanza.
- Fratellosei davvero un grand'uomo! - esclamò il portoghese.
Fece armare dieci uomini e discese nella stiva ingombra di armidi barilotti di polveredi palle e di vecchi cannoni che servivano quale zavorra. Cinque uomini si misero a babordo e gli altri cinque a tribordocon le scuri in mano.
- Animoragazzi - disse il portoghese. - Picchiate sodoma che le falle non siano troppo grandi. Bisogna affondare lentamente per non farsi mangiare dai pesci-cani.
I dieci uomini si misero a picchiare contro i bordi della nave che erano solidi come fossero di ferro. Dieci minuti dopodue enormi getti d'acqua si precipitavano fischiando nella stivadirigendosi verso poppa.
Il portoghese ed i dieci pirati si slanciarono in coperta.
- Affondiamo - disse Yanez. - Saldi in gamberagazzie nascondete le pistole e i kriss sotto le casacche. Domani ne avremo bisogno.
- Kammamuri - gridò Sandokan- conduci la tua padrona sul ponte.
- Dovremo saltare in marecapitano? - chiese il maharatto
- Non c'è bisogno. Se però sarà necessariom'incarico io di portare la giovanetta.
Il maharatto si precipitò sotto copertaafferrò fra le robuste braccia la sua padronasenza che ella opponesse la minima resistenzae la portò sul ponte.
Il piroscafo era lontano un buon miglioma si avanzava colla velocità di quattordici o quindici nodi all'ora. Fra pochi minuti doveva trovarsi sulle acque del praho
La Tigre della Malesia si avvicinò ad un cannone e vi diede fuoco.
La detonazione fu portata dal vento fino al vascelloil quale mise subito la prua verso il praho
- Aiuto! a noi! - urlò la Tigre.
- Aiuto! aiuto!
- Affondiamo!
- A noi! a noi! - gridarono i pirati.
Il prahoinclinato a tribordoaffondava lentamentetraballando come fosse ubriaco. Già nella stiva si udiva l'acqua penetrare con sordo rumore attraverso le due spaccaturee i barili urtarsi e spezzarsi contro i cannoni. L'albero di maestrascavezzato alla basebarcollò un istantepoi precipitò in maretrascinando nella caduta la gran vela e tutte le sartie.
- In acqua le artiglierie - comandò Sandokanche sentiva mancarsi il praho sotto i piedi.
I cannoni furono gettati in marepoi i barili di polverele pallele ancorela zavorra che era in copertale gomene e gli alberi di ricambio.
Sei uominiafferrati alcuni mastelliscesero nella stiva per rallentare l'impeto delle acque che entravano con furia rodendo gli orli delle due spaccature..
Il vascello era giunto allora a trecento metri di distanza e si era arrestato. Sei imbarcazioni montate da marinai si staccarono dai suoi fianchi dirigendosi a tutta velocità verso il praho che affondava.
- Aiuto! aiuto! - gridò Yanezche si trovava in piedi sulla murata di babordocircondato da tutti i pirati.
- Coraggio - gridò una voce partita dal battello più vicino.
Le imbarcazioni venivano avanti con furiafendendo rumorosamente le acque. I timonieriseduti a poppacolla barra in manoincoraggiavano i marinaii quali arrancavano con furore e con perfetto accordosenza perdere un colpo di remo.
In brevi istanti il praho si trovò abbordato da due lati. L'ufficiale che comandava la piccola squadraun buon giovanotto nelle cui vene doveva scorrere sangue indianosaltò sul ponte di legno che stava per sommergersi.
Vedendo la pazzasi scoprì cortesemente il capo.
- Spicciatevi - disse- prima la signorapoi gli altri. Avete nulla da salvare?
- Nullacomandante - disse Yanez. - Abbiamo gettato tutto in mare.
- In barca!
La vergine della pagoda primapoi YanezSandokan e alcuni malesi e dayachi si precipitarono nell'imbarcazione dell'ufficialementre gli altri si accomodavano alla meglio nelle altre cinque.
La piccola squadra si allontanò in frettadirigendosi verso il vascello che avanzava a piccolo vapore.
L'acqua arrivava allora sul ponte del prahoil quale oscillava da prua a poppa scuotendo il malfermo albero di trinchetto.
D'improvviso fu visto piegarsi sul fianco drittorovesciarsipoi scomparire sotto le ondeformando un piccolo vortice che attirò le imbarcazioni per una ventina di metrinonostante gli sforzi erculei dei marinai.
Una grande ondata si distese al largosollevando i rottami e infrangendosi contro i fianchi del vascelloil quale barcollò da babordo a tribordo.
- Povera Perla! - esclamò Yanez che provò una stretta al cuore
- Da dove venivate? - chiese l'ufficiale dell'Helgolandrimasto fino allora silenzioso.
- Da Varauni - rispose Yanez.
- Si era aperta una falla?
- Sìa causa di un urto contro la scogliera dell'isola Whale. Chi sono tutti questi uomini di colore che conducete con voi?
- Dayachi e malesi. È una scorta d'onore datami dal Sultano del Borneo.
- Ma allora voi siete...?
- Yanez Gomera y Marhanhaocapitano di S.M. Cattolica il Re del Portogalloambasciatore alla Corte del Sultano di Varauni.
L'ufficiale si scoperse il capo.
- Sono tre volte felice di avervi salvato - disse inchinandosi.
- Ed io vi ringraziosignore - disse Yanezinchinandosi pure. -
Senza il vostro aiutoa quest'ora nessuno di noi sarebbe in vita.
Le imbarcazioni erano giunte presso il vascello. La scala fu abbassata e l'ufficialeYanezAdaSandokan e tutti gli altri salirono in coperta dove li attendevano ansiosamente il capitano e l'equipaggio.
L'ufficiale presentò Yanez al capitano del vascelloun bell'uomo sulla quarantina con due grossi mustacchi e la pelle abbronzata dal sole equatoriale.
- È una vera fortunasignorel'essere arrivato in così buon punto - disse il capitano stringendo vigorosamente la destra che il portoghese gli porgeva.
- Certamentemio caro capitano. Mia sorella sarebbe morta.
- È vostra sorellasignor ambasciatore? - chiese il capitanoguardando la pazza che non aveva ancor pronunciato parola.
- Sìcapitanoma l'infelice è pazza.
- Pazza?
- Sìcomandante.
- Così giovane e così bella! - esclamò il capitano guardando con occhio compassionevole la vergine della pagoda. - Forse sarà stanca.
- Lo credocapitano.
- Sir Straffordconducete la signora nella migliore cabina di poppa.
- Permettete però che il suo servo la segua - disse Yanez. - AccompagnalaKammamuri.
Il maharatto prese per mano la giovinetta e seguì l'ufficiale a poppa.
- Anche voisignoredovete essere stanco e affamato - disse il capitanorivolgendosi a Yanez.
- Non dico di nocapitano. Sono due lunghe notti che non si dorme affatto e due giorni che appena si assaggia cibo.
- Dove eravate diretti?
- A Sarawak. A propositopermettetemicapitanodi presentarvi S.A.R. Orango Kahaian fratello del sultano di Varauni - disse Yanez presentando Sandokan.
Il capitano strinse con entusiasmo la mano della Tigre della Malesia.
- By God! - esclamò. - Un ambasciatore e un principe sul mio vascello? Ciò è un avvenimento. Non occorre che vi dicasignoriche la mia nave è a vostra disposizione.
Mille graziecapitano - rispose Yanez. - Siete anche voi in rotta per Sarawak?
Precisamentee faremo il viaggio insieme. Quale fortuna! Vi recate forse dal rajah James Brooke?
- Sìcapitanodevo firmare un trattato importantissimo.
- Lo conoscete il rajah?
- Nocapitano.
- Vi presenterò iosignor ambasciatore. Sir Straffordconducete questi signori nel quadro di poppa e fate servire loro il pranzo.
- E i nostri marinaidove li alloggeretecapitano? - chiese Yanez.
- Nel frappontese non vi spiace.
- Graziecapitano.
Yanez e Sandokan seguirono l'ufficiale che li condusse in una vasta cabina fornita di lettucci e ammobiliata con molta eleganza.
Le due finestreriparate da grossi vetri e da cortine di setadavano sulla poppa della nave e permettevano alla luce e all'aria di entrare liberamente.
- Sir Strafford - disse Yanez- chi abbiamo vicino alla nostra cabina?
- Il capitano alla vostra destrae vostra sorella a sinistra.
- Benissimo. Scambieremo qualche parola attraverso le pareti.
L'ufficiale si ritiròavvertendoli che sarebbe stato subito servito il pranzo.
- Ebbenefratellino miocome va? - chiese Yanez quando furono soli. -
Va tutto a gonfie vele - rispose Sandokan: - quei poveri diavoli ci credono davvero due galantuomini.
- Che cosa ne dici del vascello?
- È un legno di prima classe che farà ottima figura a Sarawak.
- Hai contato gli uomini di bordo?
- Sìsono una quarantina.
- Accidenti! - esclamò il portoghese facendo una brutta smorfia.- Hai paura di quaranta uomini?
- Non dico di no.
- Siamo in buon numero e tutti sceltiYanez.
- Ma hanno dei buoni cannonigli Inglesi.
- Ho incaricato Hirundo di venirmi a dire di quali mezzi dispone il vascello. Il ragazzo è furbo e ci dirà tutto.
- Quando faremo il colpo?
- Questa notte. Domania mezzogiornosaremo alla foce del fiume.
- Zittoecco lo steward
Il garzone portavaaiutato da due mozziun lauto pranzo: due sanguinolenti beefsteaksun colossale puddingscelte bottiglie di vino francese e di gin. I due piratiche avevano appetitosi sedettero a tavolaassaltando bravamente il pranzo.
Stavano intaccando il puddingquando al di fuori si udì un passo silenzioso e un leggero sibilo.
- EntraHirundo - disse Sandokan.
Un bel giovanottocolor del bronzoben piantatocon lo sguardo vivo entrò chiudendo dietro di sé la porta.
- Siedi e narraHirundo - disse Yanez. - Dove sono i nostri?
- Nel frapponte - rispose il giovane dayaco
- Che cosa fanno?
- Accarezzano le armi.
- Quanti cannoni vi sono nella batteria? - chiese Sandokan.
- DodiciTigre.
- Questi inglesi sono ben armati. James Brooke avrà un osso duro da rosicchiarese gli salterà il ticchio di abbordarci. Con una sola bordata manderemo a picco il suo famoso Realista
- Lo credoTigre.
- OdimiHirundoe cacciati in testa le mie parole.
- Sono tutto orecchi.
- Che nessuno dei nostri si muovaper ora. Quando la luna tramonteràrovesciate i cannoni della batteria e salite in massa sul ponte gridando: al fuoco! al fuoco! I marinaigli ufficiali e il capitano saliranno in coperta e noi daremo loro addossose non si arrenderanno. Mi hai capito?
- PerfettamenteTigre della Malesia. Avete altro da dirmi?
- SìHirundo. Quando uscirai di quientrerai nella cabina della vergine della pagodache è attigua a questae dirai a Kammamuri di barricare solidamente la porta e di non uscire finché durerà il combattimento.
- Ho capitoTigre della Malesia.
- Vattene e obbedisci.
Hirundo uscì ed entrò nella cabina della vergine della pagoda sacra
- Li ammazzeremo tutti?
- NoYanezli costringeremo ad arrendersi. Mi spiacerebbe uccidere questi uomini che ci hanno accolto con tanta gentilezza.
I due pirati terminarono tranquillamente il pasto vuotando parecchie bottigliesorseggiarono il thè recato dallo steward e si sdraiarono nei loro lettucciaspettando pazientemente il segnale per precipitarsi in coperta.
Verso le otto il sole sparve sotto l'orizzonte e le tenebre si stesero a poco a pocosull'ampia superficie d'acqua che diventava rapidamente oscura.
Sandokan diede uno sguardo fuori dal finestrino.
A babordoa grande distanzagli sembrò di vedere una massa nerastra ergersi verso le nubi: a poppapure assai lontanauna vela biancastra che radeva l'orizzonte.
- Siamo in vista del monte Matang - mormorò. - Domani saremo a Sarawak.
Tese gli orecchiavvicinandosi alla porta della cabina.
Udì due persone scendere la scalettaun bisbigliopoi due porte aprirsi e chiudersi; una a destra e l'altra a sinistra.
- Bene - tornò a mormorare. - Il capitano e il luogotenente sono entrati nelle loro cabine. Tutto va a meraviglia.
Accese il suo scibouk che aveva avuto il tempo di salvare dal naufragio insieme alle pistolealla sua scimitarra e al suo kriss d'inestimabile prezzoe si mise a fumare colla maggiore tranquillità.
Poco dopo udì suonare nella cabina del capitano le novepoi le dieciindi le undici. Sussultò come se fosse stato colpito da una pila elettrica. Balzò dal letto.
- Yanez - esclamò.
- Fratello - rispose il portoghese.
La Tigre della Malesia fece due passi verso l'uscio colla mano destra sull'impugnatura della scimitarra. Un grido terribile rimbombò nel ventre del vascello perdendosi sul mare.
- Al fuoco! al fuoco!
- Saliamo! - esclamò Sandokan.
I due piratiaperta la portasi slanciarono sul ponte come tigri.

 

8. La Baia di Sarawak

 
Al grido terribile di: al fuoco! al fuoco! l'ingegnere aveva fatto immediatamente arrestare il vascelloil quale non avanzava più che sotto l'impulso delle ultime battute dell'elica.
Una confusione indescrivibileall'apparire dei due piratiregnava sul ponte. Dal castello di pruaseminudi o in camiciauscivano alla rinfusa i marinaiancora mezzo assonnatiin preda ad un indicibile sgomentourtandosi gli uni con gli altrisospingendosicadendo e risollevandosi. Gli uomini di guardianon meno atterriticredendo che il fuoco avesse già preso allarmanti proporzionis'affannavano a raccogliere le secchie sparse sul ponte. Dai boccaportiinvececome marea montantesalivano in furia i tigrotti di Mompracemcol kriss fra i denti e le pistole in pugnopronti alla battaglia. Comandigridaimprecazioniesclamazionidomandes'incrociavano per ogni dovedominando i muggiti della macchina e gli ordini dell'ufficiale di quarto.
- Dov'è il fuoco? - chiedeva uno.
- Nella batteria- rispondeva un altro.
- Alla Santa Barbara! Alla Santa Barbara!
- Formate la catena.
- Tuoni! Alle pompe!
- Capitano! Dov'è il capitano?
- Ai vostri posti! - tuonava l'ufficiale. - Animoragazzialle pompe! Ai vostri posti!
D'un tratto una vocesquillante come una trombarisuona in mezzo al ponte del vascello immobile.
- A metigrotti!
La Tigre della Malesia si slancia fra i suoi uomini. Nella mano destra stringe come una morsa la scimitarra che scintilla al vago chiarore dei fanali di prua.
Un urlo feroce rimbomba:
- Viva la Tigre della Malesia!
I marinai del vascellosorpresispaventati nel vedere tutti quegli uomini armati pronti a gettarsi contro di lorosi precipitano confusamente a prua ed a poppa afferrando le scurile aspele manovellei boscellile gomene.
- Tradimento! tradimento! - si urla da ogni parte.
I piraticol kriss in manosi preparano a sfondare le due muraglie umane. La Tigre della Malesia con un fischio arresta lo slancio.
Il capitano era apparso sul ponte e si dirigeva coraggiosamente verso di lorocol revolver nella destra.
- Che cosa succede? - chiese eglicon voce imperiosa.
Sandokan uscì dal gruppo movendo verso di lui.
- Lo vedete benecapitano - disse egli. - I miei uomini assaltano i vostri.
- Chi siete voi?
- La Tigre della Malesiamio capitano.
- Come!... Un altro nome dunque?... Dov'è l'ambasciatore?...
- Là in mezzocon la pistola in pugnopronto a sparare su di voise non vi affrettate ad arrendervi.
- Miserabile!...
- Calmacapitano. Non si insulta impunemente il capo dei pirati di Mompracem.
Il capitano fece tre passi indietro.
- Pirati!... - esclamò. - Voipirati!...
- E dei più formidabili.
- Indietro! - tuonò egli alzando il revolver. - Indietro o vi ammazzo!
- Capitano - riprese Sandokan facendosi innanzi; - noi siamo ottantatutti armati e decisi a tuttoe voi non avete che quaranta uomini quasi inermi. Io non vi odio e non voglio sacrificarvi inutilmente; arrendetevi dunquee vi giuro che non vi sarà torto un capello.
- Ma infine che cosa volete?
- Il vostro vascello.
- Per corseggiare poi il mare?
- Noper compiere una buona azione. capitano; per riparare un'ingiustizia degli uomini.
- E se io rifiutassi?
- Lancerei i miei tigrotti contro di voi.
- Ma voi volete derubarmi!
Sandokan si slacciò una cintura ben gonfia che portava sotto la casacca emostrandola al capitano:
- Qui vi è un milione in diamanti - disse: - prendete!
Il capitano lo guardò trasognato.
- Non comprendo - disse. - Avete degli uomini coi quali potreste impadronirvi del vascello senza troppi sacrifici e invece mi regalate un milione! Che uomo siete voi?
- Sono la Tigre della Malesia - rispose Sandokan. - Orsùarrendetevi o sarò costretto a scatenare contro di voi questi tigrotti che mi circondano.
- Ma che cosa farete dei miei uomini?
- V'imbarcheremo tutti nelle scialuppe e vi lasceremo liberi.
- E dove andremo?
- La costa del Borneo non è molto lontana. Spicciatevidecidete.
Il capitano esitava. Forse temeva chedeposte le armii pirati si scagliassero contro i suoi uomini per massacrarli.
Yanez indovinò subito ciò che passava nella mente di lui efacendosi innanzi:
- Capitano - disse- avete torto di dubitare della parola della Tigre della Malesiapoiché mai egli mancò alle promesse fatte.
- Avete ragione - disse il comandante. - Olàmarinaideponete le armi; ogni resistenza è inutile.
I marinaiche se la vedevano molto bruttanon esitarono un solo istante e gettarono sul ponte coltelliscurimanovelle e aspe.
- Bravi ragazzi - disse Sandokan.
Ad un suo cennole due baleniere e tre scialuppe furono calate in maredopo averle ben provviste di viveri.
I marinaiinermisfilarono in mezzo ai pirati prendendo posto nelle imbarcazioni. Ultimo rimase il capitano.
- Signore - diss'egliarrestandosi dinanzi alla Tigre della Malesia- non abbiamo né un'arma per difenderciné una bussola per dirigerci. Sandokan staccò da una catenella che gli pendeva sul petto una bussola d'oro eporgendola all'ufficiale:
- Questa è per dirigervi - rispose.
Si levò dalla cintura le due pistole e dal dito un magnifico anelloornato di un diamante grosso come una nocciolae porse i tre oggetti al capitano.
- Queste armi per difenderviquesto anello per ricordoe la borsa piena di diamanti per pagarvi il vascello che vi ho preso - disse Sandokan.
- Siete l'uomo più strano che abbia incontrato in vita mia - osservò il capitanoricevendo i tre oggetti. - E non pensate che io potrei scaricarvi addosso queste armi?
- Non lo farete.
- Perché?
- Perché siete un leale gentiluomo. Andate!
Il capitano fece un leggero saluto con la mano e discese nell'imbarcazionela quale prese subito il largoseguita da tutte le altredirigendosi verso l'ovest.
Venti minuti dopo l'Helgoland lasciava quei paraggi navigando lestamente verso la costa di Sarawak che era lontana tutt'al più un centinaio di miglia.
- Andiamo ora a trovare Kammamuri e la sua padrona - disse Sandokandopo aver dato la rotta. - Speriamo che non sia accaduto nulla alla povera Ada.
Scese la scaletta di poppa assieme con Yanez e bussò alla cabina del maharatto
- Chi è? - domandò Kammamuri.
- Sandokan.
- Abbiamo vintocapitano?
- Sìamico mio.
- Evviva la Tigre della Malesia! - urlò il bravo maharatto. Tolse i mobili che aveva accumulato dietro la porta ed aprì. Yanez e Sandokan entrarono.
Il maharatto era armato fino ai denti. Aveva ancora in mano la scimitarra e la sua cintura era zeppa di pistole e di pugnali. Sdraiata su di una poltroncina stava la pazzaoccupata a strapparecon mano nervosai petali ad una rosa di Cinatolta poco prima da un vaso di fiori.
Vedendo entrare Sandokan e Yanez si alzò di scattofissando su di loro uno sguardo che rivelava un profondo terrore.
- I thugs!... I thugs!... - esclamò.
- Sono i nostri amicipadrona - disse il maharatto
Ella guardò Kammamuri per qualche istantepoi ricadde sulla poltroncina tornando a strappare il fiore che teneva in mano.
- Le urla dei combattenti hanno prodotto qualche impressione sulla disgraziata? - chiese Sandokan al maharatto
- Sì - rispose egli. - Si è alzata tutta tremante gridando: I thugs! i thugs! Ma poia poco a pocosi è calmata.
- Null'altro?
- Null'altrocapitano.
- Veglia attentamente su di leiKammamuri.
- Non lascerò il suo fianco.
Yanez e Sandokan risalirono in coperta. Proprio in quel medesimo istante gli uomini di guardia segnalavanoverso sudun punto rossastro che correva con rapidità.
Yanez e Sandokan si slanciarono a prua guardando attentamente in quella direzione.
- Dev'essere il fanale di una nave - disse il portoghese.
- Lo è certamente. Ciò mi inquieta assai - rispose Sandokan.
- Perchéfratello mio?
- Quella nave può incontrare le scialuppe. - Corpo di una spingarda! Non ci mancherebbe che questa!...
- Non spaventartiYanez. L'Helgoland ha dei buoni cannoni. Ma... tohquella nave è a vapore. Non vediYanezquella striscia rossastra che si alza verso il cielo?
- Per Giove! Hai ragione!
- Ai cannoniragazzi! Ai cannoni! - tuonò la Tigre della Malesia. -
- Che fai? - chiese Yanezafferrandolo per un braccio.
- È la cannonieraYanez.
- Quale cannoniera?
- Quella che ci seguiva. La manderemo a picco.
- Sei matto!
- Ma non la vedi tu?
- Sì che la vedoma se tu le spari addossoa Sarawak ci cannoneggeranno. Se non andrà a picco alla prima bordatacorrerà da quel dannato di Brooke a denunciarci.
- Per Allah! - esclamò Sandokancolpito da quel ragionamento.
- Stiamo calmifratello - disse Yanez.
- E se incontra le scialuppe?
- Non è cosa facileSandokan. La notte è oscurale scialuppe filano verso ovest e la cannonierase non erroha la prua al nord. Un incontroin simili circostanzenon è facile. Ho forse torto?
- Noma vedere quella dannata cannoniera...
- Calmafratello. Lasciamola filare al nord.
La cannoniera che con tanta ostinazionema probabilmente senza saperloseguiva i pirati di Mompracemera allora vicinissima. A babordo e a tribordo brillavano i due fanali verde e rosso e sulla cima del trinchetto il bianco. A poppa si scorgeva il timoniere ritto accanto alla ruota.
Passò accanto all'Helgoland descrivendo una specie di semicerchio e sparve verso il nordlasciandosi dietro una scia fosforescente.
Non erano trascorsi dieci minuti che si udì al largo una voce gridare:
- Olàdella cannoniera!
Sandokan e Yaneznell'udire quella chiamatasi slanciarono sul cassero guardando attentamente verso il nord.
- Le scialuppeforse? - si chiese Sandokaninquieto.
- Non vedo che la cannoniera là in fondo - osservò Yanez.
- Eppure quella chiamata veniva dal largo
- Che abbiamo udito male?
- Ne dubito Yanez
- Cosa faccianmo?
- Ci terremo pronti e avanzeremo con precauzione.
Sandokan rimase sul ponte qualche orasperando di raccogliere un altro gridoma non udì altro che il rumore dei flutti che si infrangevano contro i fianchi del vascello e i gemiti del vento attraverso l'attrezzatura.
A mezzanottetranquillo ma pensierososcendeva nella cabina del capitano dove Yanez l'aveva precedutostendendosi sul lettuccio. Tutta la notte l'Helgoland filòavanzando nella baia di Sarawak che andava a poco a poco restringendosi. Dagli uomini di guardia nulla era stato avvertito di straordinario; soltanto verso le due del mattinoa cinquecento metri a tribordoera stata vista un'ombra nera passare con grandissima rapidità e sparire poco dopo. Tutti l'avevano scambiata per un praho navigante senza fanali.
All'albaquaranta miglia separavano il vascello dalla foce del Sarawak in riva al qualea poche ore di marciasorge la cittadina omonima.
Il mare era tranquillo e il vento abbastanza buono. Qua e là si scorgevano alcuni prahos e alcuni giongcon le loro immense velee all'ovestun po' confusamenteil monte Matanggigantesco picco che alzasi nell’aria sino a 2790 piedi e sui cui fianchi arrampicasi verdeggianti boscaglie.
Sandokanche non si sentiva tranquillo in quel mare battuto dai legni di James Brookelo sterminatore dei pirati malesifece spiegare sul corno la bandiera inglesela grande striscia rossa sulla sommità della maestrafece caricare i cannoniammonticchiare bombe nella batteriaaprire la Santa Barbara e armare i suoi uomini.
Alle 11 del mattinoa sette migliaappariva la costamolto bassacoperta di foreste lussureggianti e riparata da larghe scogliere. A mezzogiorno l'Helgoland girava la penisola che si biforcae si spingeva per buon tratto nella baia: poco dopo gettava l'ancora alla foce del fiumeal di là della punta Montabas.

 
 

9. La battaglia

 
La foce del fiumeche forma una specie di porto riparato da banchi sabbiosi e da scogliere contro le quali si rompe la furia del marepresentava un magnifico spettacolo. Lungo le rive si stendevano magnifiche boscaglie di pisang dalle gigantesche fogliele cui frutta hanno un color giallo doratodi stupendi mangostanidi preziosi sagù dai cui tronchi si estrae una fecola assai nutritivadi gambirdi betel e di colossali alberi della canforasui cui rami urlavano bande di scimmie di un bel colore verdee cicalavano bande di tucani dagli enormi becchi.
Sul fiume andavano e venivanoo danzavano all'ancorabarchebarchetteprahos malesibughisibornesimacassaresigrandi giong giavanesi con le vele dipintegiunche cinesi di forme barocche e pesantipiccole navi olandesi ed inglesi. Alcuni navigli erano in attesa di un carico e altri del vento propizio che permettesse loro di prendere il largo.
Sulle scogliere e sui banchi si vedevano dayachi seminudi occupati a pescare e stormi di albatrosgiganteschi volatili forniti di un becco robustissimo che sfondasenza faticail cranio di un uomoe stormi di rapidissimi uccelli marinichiamati comunemente fregate.
Sandokanappena l'Helgoland ebbe gettata l'ancora in un buon puntoproprio in mezzo alla fiumana che scendeva lentamente con la mareaaffrettossianciare uno sguardo sulle navi che lo circondavano.
I suoi occhi caddero subito su di un piccolo schoonerarmato con numerose artiglierieche sbarrava il passo trecento metri più in su. A quella vista una sorda imprecazione gli uscì dalle labbra e la sua fronte si aggrottò.
- Yanez - diss'egli all'amico che gli stava vicino- leggi il nome di quel legno.
- Temi qualche cosa? - chiese il portoghese puntando il cannocchiale.
- Chissà! LeggiYanez.
- Il Realistasta scritto a poppa.
- Non mi ero ingannato. Il cuore mi diceva che quello era proprio di legno che servì a James Brooke per sterminare i pirati malesi.
- Per Bacco! - esclamò il portoghese. - Abbiamo un vicino formidabile.
- Che manderei a picco volentieri per vendicare i miei confratelli.
- Non lo manderaise non ci seccherà. Bisogna essere prudentifratelloe moltose si vuole liberare il povero Tremal-Naik.
- Lo soe sarò prudente.
- Tohguardauna barca che si dirige verso di noi. Chi è quel brutto uomo?
Sandokan si curvò sulla murata e guardò. Una barchetta scavata nel tronco di un alberomontata da un uomo dalla pelle giallognolacon un perizoma rosso ai fianchianelli di rame ai piedi e alle maniun berretto di piume in capo e un gigantesco becco di tucano sulla frontesi avvicinava al vascello.
- È un bazir - disse Sandokan.
- Che cosa vuol dire?
- Un ministro di Dinata o di Giuwatale due divinità dei dayachi. - Che cosa viene a fare a bordo?
- A regalarci qualche stupido presagio.
- Mandiamolo a casa di Belzebùnon sappiamo che farcene dei presagi.
- Anzilo riceveremoYanez. Ci darà precise informazioni su James Brooke e sulla sua flotta.
La barchetta era giunta presso il vascello.
Sandokan fece gettare la scala e il bazir salì sul ponte con un'agilità sorprendente.
- Che cosa vieni a fare? - chiese Sandokanparlando in lingua dayaca.
- A venderti i miei presagi - rispose il bazirscrollando i suoi numerosi anelli che tintinnavano graziosamente.
- Non so che cosa farne. Ti domando altre cose.
- Quali?
- Odimi beneamico mio. Io voglio sapere molte cose da te e se mi risponderai beneavrai un bel kriss e tanto tuwak (liquore inebriante) da bere un mese.
Gli occhi del dayaco brillarono di cupidigia.
- Parla - disse.
- Da dove vieni?
- Dalla città.
- Che cosa fa il rajah Brooke?
- Si fortifica!
- Ha paura di qualche sollevazione?
- Sìdei cinesi e del nipote di Muda-Hassiml'antico nostro Sultano.
- Hai mai lasciato Sarawaktu?
- Mai.
- Hai visto condurre a Sarawak un prigioniero color del bronzo?
Il bazir pensò alcuni istanti.
- Un uomo grande e bello? - chiese.
- Sìgrande e bello - disse Sandokan.
- Che aveva il colore degli indiani?
- Sìera un indiano.
- L'ho visto sbarcare alcuni mesi or sono.
- Dove fu rinchiuso?
- Non lo soma può dirtelo un pescatore che abita laggiù disse il dayaco additando una capannuccia di foglie che sorgeva sulla sponda sinistra. - Quell'uomo accompagnò il prigioniero.
- Quando potrò vedere quel pescatore?
- Ora si trova a pescarema questa sera tornerà alla capanna.
- Basta così. OlàHirundoregala il tuo kriss a quest'uomo e deponi nella sua canoa un barile di gin.
Il pirata non se lo fece dire due volte. Fece portare nella canoa un barilotto di liquore e diede il suo kriss al baziril quale se ne andò contentocome se gli fosse stata regalata una intera provincia.
- Che cosa pensi di farefratello? - chiese Yanez appena il dayaco ebbe sgombrato il ponte.
- Agirò immediatamente - rispose Sandokan. - Fra un'ora sarà notte e manderemo a prendere il pescatore.
- E poi?
- Quando sapremo dove si trova Tremal-Naik saliremo a Sarawak e andremo a trovare James Brooke.
- James Brooke?
- Non andremo come piratima come grandi personaggi. Tu sarai ambasciatore olandese.
- Si corre un brutto pericoloSandokan. Se Brooke si accorge della gherminella ci farà appiccare.
- Non aver timoreYanez. La corda che impiccherà la Tigre della Malesia non è stata ancora intrecciata.
- Capitano - disse in quell'istante Hirundoavvicinandosi a Sandokan. - Arrivano delle navi.
La Tigre della Malesia e Yanez si volsero verso la foce del fiume e videro due brigantini da guerra con numerose artiglieriebattenti bandiera inglesebordeggiare al largocercando di girare la punta Montabas.
- Oh! - fece Yanez. - Altri vascelli da guerra!
- Ti sorprendeforse? - chiese la Tigre della Malesia.
- Un pocofratello. Quiin questo fiumesotto gli occhi di Brookenon mi sento sicuro. Dubito di tutti.
- Hai tortoYanez. Vascelli inglesi ve ne sono sempre qui.
I due brigantinidopo aver bordeggiato per una mezz'oraentrarono nella fiumanarimorchiati da una mezza dozzina di imbarcazioni.
Salutarono la bandiera del rajah con due colpi di cannonepassarono a tribordo dell'Helgoland e andarono a gettare l'ancora l'uno a destra e l'altro a sinistra del Realistaad una distanza di soli venti metri. Quando la manovra fu terminatale tenebre calavano rapidamente coprendo le boscagliegli scoglile barchele giunchei prahos e le acque del fiume.
Era il momento scelto da Sandokan per inviare i suoi uomini a terra a prendere il pescatore. Un'imbarcazione fu calata in mare e Hirundo assieme con altri tre pirati vi discesearrancando verso la riva.
Sandokan li seguì collo sguardo finché potépoi si mise a passeggiare sul pontefumando freneticamente la sua pipa.
Non aveva ancora fatto due giriquando il portoghese gli corse incontro col viso stravolto e gli occhi pieni di spavento.
- Sandokan! - esclamò.
- Cos'hai? - chiese il pirata. - Perché quella faccia atterrita?
- Sandokansi prepara qualcosa contro di noi.
- È impossibile! - esclamò la Tigregirando all'intorno uno sguardo minaccioso.
- SìSandokansi prepara un attacco. Guarda verso il mare.
Sandokaninquieto suo malgradodiresse gli sguardi verso la foce del fiume. Le sue mani si chiusero attorno all'impugnatura del kriss e della scimitarra. Un sordo ruggito gli uscì dalle labbra frementi.
Làpresso le scoglieresi scorgeva una massa neraenormeminacciosaancorata in maniera da sbarrare l'uscita. Non ci volle molto a riconoscerla per un vascello di grandi dimensioni che presentava il fianco all'Helgoland
- Folgori del cielo! - mormorò con estrema rabbia. - Sarebbe vero?... Eppure non lo credo.
- Ma non vedi che ci presenta la bocca dei suoi cannoni? - disse Yanez.
- Ma chi vuoi che ci abbia traditi?
- Forse la cannoniera.
- Non è possibile. La cannoniera andava al nord.
- Ma alle due del mattino gli uomini di guardia hanno veduto una massa nerarapidissimafilare verso Sarawak.
- E tu vuoi che...?
- La cannoniera ci abbia traditi - terminò Yanez. - Forse ha raccolto gl'inglesi delle imbarcazioni echissàforse l'uomo che gridò: "Olàdella cannoniera!" era un marinaio inglese gettatosi in mare durante il combattimento.
- Sandokan si volse e diresse gli sguardi verso il Realista. La nave di James Brooke era ancora al suo postoma le due navi inglesi si erano considerevolmente avvicinate all'Helgoland che si trovava così preso tra due fuochi.
- Ah! - esclamò Sandokan - volete battaglia? Ebbenesia! Vi farò vedere chi sonoal baleno dei miei cannoni!
Non aveva ancora terminato di parlare che un urlo acutissimo partiva dalla riva sinistraverso la quale Hirundo si era diretto.
- Aiuto! aiuto! - si era udito gridare.
SandokanYanez ed i pirati balzarono come un solo uomo a tribordo cercando di distinguere ciò che accadeva sotto la tenebrosa foresta.
- Chi grida? - esclamò un pirata.
- Che Dinata mi faccia tagliare la testa se non era la voce di Hirundo - disse un dayaco d'atletica statura.
- Ehi! Hirundo! - gridò Yanez.
Due colpi di fucile scoppiarono sotto le boscaglieseguiti da quattro tonfi.
Quantunque l'oscurità fosse profondai pirati scorsero quattro uomini che nuotavano disperatamente dirigendosi verso la nave.
- È Hirundo! - esclamò un pirata.
- Ohé! La cosa diventa seria! - esclamò un altro.
- Che ci si giuochi un brutto tiro? - chiese il terzo.
- Silenzio - disse la Tigre. - Gettate delle funi.
I quattro uominiche nuotavano come pesciin pochi istanti giunsero sotto il vascello. Aggrapparsi alle funi e arrampicarsi fino alla murata fu per essi l'affare di un solo istante.
- Hirundo! - chiamò Sandokanriconoscendo in quei quattro uomini i pirati inviati poco prima in cerca del pescatore.
- Capitano- gridò il dayacoscuotendosi di dosso l'acqua- siamo circondati.
- Folgori del cielo! - tuonò la Tigre. - Prestonarra ciò che hai veduto.
- Ho visto là sottoin quei boschisoldati del rajaharmati di fuciliappiattati dietro i tronchi degli alberi e in mezzo ai cespugli. Pare che non attendano che un segnale per incominciare il fuoco.
- Sei certo di non esserti ingannato?
- Ci sono più di duecento uomini e li ho veduti con questi occhi. Non avete udito i due colpi di fucile che ci hanno sparato contro?
- Sìho udito.
- Che cosa facciamofratello? - chiese Yanez.
- Ritirarsi non è possibile. Ci prepareremoe alle prime cannonate daremo battaglia. Tigrottia me!
I piratiche si tenevano a rispettosa distanzaalla chiamata della Tigre si fecero innanzi. I loro occhi brillavano e le loro mani accarezzavano le impugnature dei kriss. Sapevano già di che cosa si trattava e fremevano d’impazienza.
- Tigrotti di Mompracem - disse Sandokan- James Brookelo sterminatore dei pirati malesisi prepara a darci battaglia. Migliaia di uominimigliaia di malesi e di dayachi assassinati da quell'uomo; che da tanti anni chiedono ai loro confratelli vendetta. Giurate dinanzi a me di vendicare quegli uomini.
- Lo giuriamo! - risposero in coro i piratiin preda ad un terribile entusiasmo.
- Tigrotti di Mompracem - riprese Sandokan- siamo uno contro quattroma la Tigre della Malesia è con voi. Ferro e fuoco finché ci saranno polvere e palle a bordopoi fiamme da prua a poppa. Questa notte bisognerà mostrare a quei cani come sanno combattere i tigrotti della selvaggia Mompracemguidati dalla Tigre della Malesia.
Ai vostri postitigrottiai vostri posti! Al mio comandofuoco!
Un sordo urlo rispose alle parole incitatrici della Tigre della Malesia. I piraticon Yanez alla testasi precipitarono nella batteria drizzando le nere gole dei bronzi verso le navi nemiche. Sul ponte rimasero due piratiritti accanto alla ruota del timonee Sandokan che dal castello di prua spiava attentamente le mosse del nemico.
Le quattro navi che si preparavano a sfasciare l'Helgoland con i loro quaranta cannoni sembravano che dormissero profondamente. Nessun rumore si udiva sui loro ponti; però si vedevano delle ombre agitarsi a prua e a poppa.
- Si preparano - mormorò Sandokan coi denti stretti. - Fra dieci minuti la baia s'illuminerà sotto il fuoco di cinquanta e più cannoni; e questa quiete solenne sarà rotta dal ruggito dei pezzi d'artiglieriadallo scoppio delle bombedal sibilo delle palledalle urla dei feritidagli urrà dei vincitori! Quanto sarà bello lo spettacolo!
D'improvviso la sua fronte si corrugò.
- E Ada? - mormorò; - se una palla la cogliesse? Sambigliong!... Sambigliong!
Il dayaco che portava quel nome accorse prontamente alla chiamata del suo capo.
- Eccomicapitano - rispose.
- Dov'è Kammamuri? - chiese Sandokan.
- Nella cabina della vergine della pagoda
- Andrai a raggiungerlo e accumulerai intorno alle pareti della cabina quante bottiquanto ferraccio e quanti pagliericci troverai nella stiva e nel quadro di poppa.
- Si tratta di difendere dalle palle la cabina della Vergine?
- SìSambigliong.
- Lasciate fare a mecapitano. Il ferro non giungerà là dentro.
- Va'amico mio!
- Una parolacapitano. Dovrò rimanere nella cabina?
- Sìe t'incaricherai di salvare la Vergine se saremo costretti a lasciare la nave. So che tu sei il miglior nuotatore della Malesia. AffrettatiSambigliong; il nemico si prepara ad assalirci.
Il dayaco si precipitò verso poppa. Sandokan tornò a prua guardando attentamente il fiume.
Dal vascello che sbarrava la foce del fiume si era improvvisamente alzato un razzo. Quasi nel medesimo istante un lampo balenava sul ponte del Realistaseguito da una formidabile detonazione.
La Tigre della Malesia sussultòmentre l'estremità dell'albero maestrosmussata da una palla da ottocadeva in coperta con gran fracasso.
- Tigrotti! - urlò egli. - Fuoco! Fuoco!
Un urlo tremendo gli rispose:
- Viva la Tigre della Malesia! Viva Mompracem!
Successe un breve silenziogravido di minacciapoi la piccola rada s'incendiò da un capo all'altro.
Dalle quattro navi nemiche uscivano vampefumo e pallesquarciando le tenebre e turbando la pace della notte; dalle foreste giungeva un fuoco nutrito di moschetteria che si estendeva con incredibile celerità lungo le rive.
La battaglia era cominciata. I cinque vascelli combattevano con rabbia indicibilelampeggiandotuonandovomitando uragani di ferro che fendevano l'aria con fischi stridenti. Gli equipaggianneriti dala polvereebbri di entusiasmocaricavano e scaricavano senza posa le artiglieriecercando di distruggersi a vicendaincoraggiandosi con urla selvagge.
L'Helgolandin mezzo alla baiasolidamente ancoratosi difendeva furiosamente contro i giganti che lo attaccavano.
Tuonava a babordotuonava a tribordo senza perdere un colporispondendo con la mitraglia alla mitragliacon le bombe alle bombeatterrando gli alberimassacrando le manovresmontando i cannonisfondando le batterieforando le carenetempestando le foreste sotto le quali sparavano i soldati di James Brooke.
Sembrava un vascello di ferro difeso da un esercito di titani.
Cadevano i suoi pennoni e tentennavano i suoi alberi; si sventravano le imbarcazionisi demolivano le muratesi sfasciavano i suoi fianchisi ammazzavano i suoi uominima che importava? Polvere e palle ce n’era per tutti e rispondeva con crescente furorerisoluto a perire piuttosto che arrendersi.
Ad ogni colpoad ogni scaricagiù nella batteria si udivano i tigrotti di Mompracem urlare:
- Vendetta! Viva Mompracem!
La Tigre della Malesiain piedi in mezzo alla navecontemplava l'orribile spettacolo.
Come era bello quel formidabile uomolà sul ponte del vascelloche tremavagli sotto i piedial chiarore di cinquanta cannonicogli occhi in fiammei capelli sciolti al ventole labbra aperte ad un terribile sorrisola scimitarra in pugno! Il pirata sorridevamentre la morte gli fischiava attornogli alberi cadevano dinanzi a luimentre la mitraglia ruggiva ai suio orecchi schiantando le tavole del pontementre le bombe scoppiavanolanciando a trecento metri le loro schegge infuocate!
Gli stessi suoi nemicinel vederlo là sull'eroico vascelloimpassibile fra l'uragano di ferrosi sentivano presi da una voglia matta di urlare:
- Viva la Tigre della Malesia! Viva l’eroe della pirateria malese! -
La battaglia durava da mezz'orasempre più tremendasempre più accanita. L'Helgolandschiacciati dal fuoco non interrotto di quelle cinquanta bocchesbranato dalla mitragliadilaniato dalla tempesta di bombe che cadeva sempre più fittanon era più che una fumante carcassa.
Non alberinon manovrenon muratenon un madiere intero. Era una spugna: i cui fori precipitavasi fischiando l'acqua del fiume. Tirava ancorarispondeva sempre a quei quattro nemici che avevano giurato di colarlo a piccoma non si sentiva più capace di tirare innanzi. Già dieci pirati giacevano nella batteriasenza vita; giàdue cannoni non tuonavano piùsmontati dal fuoco infernale del nemico; già le bombe venivano menogià la poppa piena d'acqua calava a poco a poco. Dieciforse quindici minuti ancorae l'eroico Helgoland sarebbe andato a picco. Yanezche faceva bravamente il suo dovere scaricando un cannone dei più grossisi avvide della gravità della situazione. A rischio di ricevere una scarica di mitraglia nella testasi slanciò sul ponte in mezzo al quale stava la Tigre della Malesia.
- Fratello! - gridò.
- FuocoYanez!... fuoco!... - tuonò Sandokan. - Essi corrono all'abbordaggio.
- Non possiamo più reggerefratello! Il vascello va a picco!...
- Folgori del cielo!
- Cosa facciamo? I minuti sono preziosi. -
Uno schianto formidabile seguì queste parole. Il castello di pruacolpito da una bordata di granateera cadutosfondando parte della coperta e della camera dei marinai. La Tigre della Malesia emise un grido di rabbia.
- È finita! A metigrottia me!...
Si precipitò nella batteria dalla quale i tigrotti di Mompracem continuavano a bombardare i vascelli nemici. Un uomoil maharatto Kammamurigli sbarrò la via.
- Capitano - disse- l'acqua invade la cabina della Vergine. Dov'è Sambigliong? - chiese la Tigre.
- Nella cabina.
- È viva la Vergine?
- Sìcapitano.
- Conducetela sul ponte e state pronti a gettarvi nel fiume. Tigrottitutti in coperta!
I pirati scaricarono un'ultima volta i cannoni e salirono sulla coperta ingombra di rottami.
Le navi nemicherimorchiate da alcune scialuppesi avvicinavano per abbordare l'Helgoland
- Sandokan! - gridò Yaneznon vedendo comparire il terribile uomo. - Sandokan!
Risposero le urla vittoriose degli equipaggi nemici e le carabine dei pirati.
- Sandokan! - ripeté. - Sandokan!
- Eccomifratello - rispose una voce.
La Tigre della Malesia si slanciò sul ponte con la scimitarra nella destra e una torcia accesa nella sinistra. Dietro a lui venivano Sambigliong e Kammamuriportando la vergine della pagoda
- Tigrotti di Mompracem! - tuonò Sandokan. - Fuoco ancora una volta!
- Viva la Tigre! Viva Mompracem! - urlarono i piratiscaricando le carabine contro i quattro vascelli.
L'Helgoland barcollava come un ubriaco e si fendeva rapidamente sotto le continue scariche del nemico.
Per i fianchi squarciati entravanomuggendole acquetrascinandolo rapidamente a picco.
Da pruada poppadai boccaportidai sabordi delle batterie uscivano dense colonne di fumo.
La voce della Tigre della Malesiasquillante come una trombasi fece ancora udire fra il rombo dei cannoni.
- Si salvi chi può!... Sambiglionggettati nel fiume con la Vergine!...
Il dayaco e Kammamuri balzarono in acqua assieme con la giovanetta che aveva perduto i sensie dietro di loro si precipitarono tutti gli altrinuotando fra le navi nemiche che si trovavano bordo contro bordo col vascello affondante.
Sul legno era rimasto però un uomo. Era la Tigre della Malesia. Nella destra stringeva ancora la scimitarra e nella sinistra la torcia. Le sue labbra erano atteggiate ad un terribile sogghigno: un lampo feroce balenava nei suoi occhi.
- Viva Mompracem! - lo si udì gridare.
Un urrah formidabile echeggiò nell'aria. Ventiquarantacento uomini si slanciarono con le armi in pugno sul ponte oscillante dell'Helgoland
La Tigre della Malesia non li attese. Con un balzo prodigioso superò la murata e sparve nelle acque del fiume.
Quasi nel medesimo istante il vascello si apriva con un rimbombo orrendouna fiamma gigantesca si levava verso il cielo illuminando il fiumele navi nemichei boschii montie scagliando all'intorno miriadi di rottami incandescenti.
Vascelli ed equipaggi sparvero fra il fumo e le fiamme dell'Helgoland saltato in aria per lo scoppio della polveriera!...

 


PARTE SECONDA

IL RAJAH DI SARAWAK

 
1. LA TAVERNA CINESE

 
- Olà! Bell'uomo!
- Milord!
- Al diavolo i milord.
- Sir!...
- All'inferno i sir.
- Mastro!...
- Che ti colga il crampo.
- Monsieur?... Señor!...
- Appiccati. Che pranzo è questo?
- Cineseseñorcinese come la trattoria.
- E tu vuoi farmi mangiare alla cinese! Cosa sono queste bestioline che si muovono?
- Gamberi del Sarawak ubriacati.
- Vivi?
- Pescati mezz’ora familord.
- E tu vuoi ch'io mangi i gamberi vivi? Corpo d'un cannone!
- Cucina cinesemonsieur.
- E questo arrosto?
- Cane giovaneseñor.
- Che cosa? - Cane giovane.
- Corpo d'una spingarda! E tu vuoi che io mangi del cane? E questo stufato?
- È gattoseñor.
- Tuoni e fulmini! Un gatto!
- Un boccone da mandarinosir.
- E questa frittura?
- Topi fritti nel burro.
- Cane d'un cinese! Tu vuoi farmi crepare!
- Cucina cineseseñor.
- Cucina infernalevuoi dire. Corpo d'un cannone! Gamberi ubriachifrittura di topicane arrosto e gatto in stufato per pranzo! Se mio fratello fosse qui riderebbe tanto da scoppiare. Orsùnon bisogna essere schifiltosi. Se i cinesi mangiano questa robapuò mangiarla anche un bianco. Animoportoghese mio!
Il brav'uomo che così parlava si accomodò sulla sedia di bambùtrasse dalla cintura un magnifico kriss coll'impugnatura d'oro ornata di magnifici diamantie fece a pezzi il cane arrosto che mandava un profumo appetitoso.
Fra un boccone e l'altro si mise a osservare il locale nel quale si trovava.
Era una stanzaccia bassacolle pareti dipinte a draghi mostruosia fiori strania lune sorridentiad animali che vomitavano fuoco. Tutto all'intorno v'erano sedili e stuoie sulle quali russavano dei cinesi dal volto gialloil cranio pelatola coda lunghissima e i baffi pendenti; qua e làsenza ordinec'erano tavole di tutte le dimensionioccupate da brutti malesi dalla pelle olivastra e i denti neri e da bellissimi dayachi seminudi con le membra coperte di anelli di ottonearmati di pesanti parangscoltellacci lunghi mezzo metro. Alcuni di quegli uomini masticavano il siricomposto di foglie di betel e di noci d'arecalanciando sul pavimento sputi sanguigni; altri bevevano grandi vasi di arak o di tuwak e altri ancora fumavano lunghe pipe cariche di oppio.
- Hum - borbottò il nostro uomo sventrando il gatto. - Che brutte facce! Non so come quel briccone di James Brooke riesca a dominare questi birbanti. Deve essere un gran volpone e un...
Un fischio acutoche veniva dall'esterno della tavernagli troncò la parola.
- Oh! - esclamò.
Accostò due dita alle labbra e imitò quel fischio.
- Señor! - gridò il taverniereoccupato a scuoiare un cane grosso appena scannato.
- Che il tuo Confucio ti impicchi.
- Ha chiamatomonsieur?
- Silenzio. Scuoia il tuo cane e lasciami in pace.
Un indiano altodi belle formequasi nudocon un laccio di seta stretto attorno alle reni e un kriss sospeso al fianco destroentrògirando attorno i suoi grandi occhi neri. Il nostro uomo che stava spolpando una zampa di gattoscorgendo il nuovo arrivato si alzòmormorando:
- Kammamuri!
Stava per lasciare il suo postoquando un rapido cenno dell'indianoaccompagnato da uno sguardo supplichevolelo arrestò:
- C'è qualche pericolo in aria - tornò a mormorare. - In guardiaamico.
L'indianodopo aver un po' esitatosi sedette di fronte a lui. Il taverniere accorse.
- Una tazza di tuwak! - chiese il nuovo avventore.
- E da mettere sotto i denti?
- La tua coda
Il cinese volse le spalle e fece portare una tazza e un vaso di tuwak
- Spiati? - chiese con un fil di voce l’uomo che gli stava davanticontinuando a divorare.
L'indiano fece col capo un cenno affermativo.
- Che appetitosignore! - esclamò poi a voce alta
- Non mangio da ventiquattro oremio caro - rispose il nostro uomo checome il lettore si sarà immaginatoera il bravo Yanezl'amico indivisibile della Tigre della Malesia.
- Venite da lontano?
- Dall'Europa. Eh! taverniere di casa del diavoloun po' di tuwak!
- Vi offro del miose non vi spiace - disse Kammamuri.
- Accettatogiovanotto. Siedi vicino a me a da' un colpo di dente a tutta questa roba che mi sta dinanzi.
Il maharatto non si fece pregare e si sedette accanto al portoghese mettendosi a mangiare.
- Possiamo parlare - disse Yanez. - Nessuno può ora sospettare che noi siamo amici. Vi siete salvati tutti?
- Tuttipadron Yanez - rispose Kammamuri. - Prima che spuntasse l'albaun'ora dopo la vostra partenzalasciammo i fitti boschetti della riva e ci rifugiammo in una vasta palude. Il rajah aveva mandato soldati a perlustrare la foce del fiumema non sono riusciti a scoprire le nostre tracce.
- SaiKammamuriche siamo stati bravi a sfuggire al rajah?
- Un mezzo minuto di ritardo e saremmo saltati in aria tutti quanti. Buon per noi che la notte era tanto oscura che quei birbanti non ci videro nuotare verso la riva.
- La povera Ada ha sofferto nulla?
- Nulla affattopadron Yanez. Aiutato da Sambigliongpotei trasportarla a terra con tutta facilità.
- Dove si trova ora Sandokan?
- A otto miglia da quinel mezzo di un fitto bosco.
- Al sicuro dunque.
- Non lo so. Ho visto delle guardie del rajah aggirarsi nella foresta.
- Diavolo!
- E voinon correte alcun pericolo?
- Io! Chi sarà quel pazzo che mi prenderà per un pirata? Ioun biancoun europeo?
- State però in guardiasignor Yanez. Il rajah deve essere un uomo assai furbo.
- Lo soma noi siamo più furbi di lui.
- Sapete nulla di Tremal-Naik?
- NullaKammamuri. Ho interrogato parecchie personema senza esito.
- Povero padrone - mormorò Kammamuri.
- Lo salveremote lo prometto - disse Yanez. - Questa sera mi metterò all'opera.
- Che cosa volete fare?
- Cercare di avvicinare il rajah e diventare suo amico.
- E come?
- L'idea l'ho e mi pare buona. Provocherò un tafferugliofarò del baccanofingerò di voler accoppare qualcuno e mi farò arrestare dalle guardie del rajah
- E poi?
- Quando mi avranno arrestato inventerò qualche amena storiella e mi spaccerò per un nobile lordper un baronetto...
- E io che cosa dovrò fare?
- Nullamio caro maharatto. Andrai difilato da Sandokan e gli dirai che tutto cammina di bene in meglio. Domani però verrai a ronzare attorno all'abitazione del rajah. Forse avrò bisogno di te.
Il maharatto si alzò.
- Un momento - disse Yaneztraendo di tasca una borsa ben gonfia e porgendogliela.
- Che cosa devo fare?
- Per effettuare il mio progetto bisogna che non abbia un soldo in saccoccia. Dammi anzi il tuo krissche non ha alcun valoree prendi il mio che ha troppo oro e troppi diamanti.
- Ehi! taverniere del demoniosei bottiglie di vino di Spagna.
- Volete ubriacarvi? - chiese Kammamuri.
- Lascia fare a me e vedrai. Addio mio caro.
L'indiano gettò sulla tavola uno scellino e uscìmentre il portoghese stappava le bottiglie che certo costavano assai care. Tracannò due o tre bicchieri e il rimanente lo diede a bere ai malesi che gli erano viciniai quali non parve vero di aver trovato un europeo così generoso.
- Ehitaverniere! - gridò ancora il portoghese- portami dell'altro vino e qualche piatto di lusso.
Il cinesetutto contento di fare così grassi affari e pregando in cuor suo il buon Buddha di mandargli ogni giorno una dozzina di simili avventoriportò nuove bottiglie e una terrina di delicatissimi nidi di salanganaconditi con aceto e saleun cibo che solo i ricconi possono gustare.
Il portoghesequantunque avesse mangiato per duetornò a lavorare di dentia bere e a regalare vino a tutti i vicini.
Quando finìil sole era tramontato da una buona mezz'ora e nella taverna erano state accese gigantesche lanterne di talcoche spandevano sui bevitori la loro scialba lucecara ai caudati figli del Celeste Impero.
Accese la sigarettaesaminò la batteria delle sue pistole e si alzò mormorando:
- Andiamocenecaro Yanez. Il taverniere farà un baccano indiavolatoio ne farò più di luiaccorreranno le guardie del rajah ed io verrò arrestato. Sandokanne sono certonon avrebbe ideato un piano migliore.
Gettò in aria due o tre boccate di fumo e si diresse tranquillamente verso la porta. Stava per varcarlaquando si sentì prendere per la giacca.
- Monsieur! - disse una voce.
Yanez si volse accigliato e si trovò dinanzi il taverniere.
- Che cosa vuoimascalzone? - chiesefingendosi offeso.
- Il contoseñor.
- Quale conto?
- Voi non mi avete pagato gentleman. Mi dovete tre sterlinesette scellini e quattro penny.
- Vattene al diavolo. Non ho un soldo in tutte le dieci tasche.
Il cineseda giallo che eradivenne cinereo.
- Ma voi mi pagherete - gridò aggrappandosi ai panni del portoghese.
- Lascia il mio vestitocanaglia! - urlò Yanez.
- Mi dovete tre sterlinesette scellini e...
- E quattro pennylo so: ma io non ti pagheròbriccone... Va' a scuoiare il tuo cane e lasciami in pace.
- Siete un ladrogentleman? Io vi farò arrestare!
- Prova!
- Aiuto! Arrestate questo ladro! - urlò il cinese furibondo.
Quattro sguatteri si precipitarono in aiuto del loro padrone armati di casseruoledi pentole e di schiumarole. Era quello che desiderava il portogheseche ad ogni costo voleva far baccano.
Con mano di ferro abbrancò il taverniere per la golal'alzò da terra e lo scagliò fuori della porta a rompersi il naso sui ciottoli della via. Indi caricò i quattro sguatteridispensando con rapidità meravigliosa tali calci che i disgraziatiin meno che non si dicasi trovarono stesi per terra accanto al padrone.
Urla indemoniate scoppiarono tosto.
- Aiutocompatriotti! - urlava il taverniere.
- Al ladro! All'assassino! Accoppalo! Ammazzalo! - urlavano gli sguatteri.

 
 

2. Una notte in prigione

Quelle grida emesse da cinesi in un quartiere cinesedovevano ottenere lo stesso effetto che ha un gong battuto in una via di Canton o di Pekino.
Infattiin meno di due minutiun duecento coduti figli del Celeste Imperoarmati di bambùdi coltellidi sassi e di ombrellisi trovavano riuniti dinanzi alla porta della taverna mandando grida spaventevoli.
- Dàlli al ladro! - gridavano gli uniroteando minacciosamente bastoni e ombrelli.
- Impicca il bianco! - urlavano gli altri mostrando i coltelli.
- Gettalo nel fiume!
- salassate quel cane!
- Accopalo! Ammazzalo! Annegalo! Abbrucialo! Apppiccalo!
I bevitorispaventati da quel baccano e temendo di venire lapidatisgombrarono in fretta la tavernachi uscendo dalla porta e mescolandosi alla bandachi saltando dalle finestreche fortunatamente non erano troppo alte. Lì non rimase che il portogheseil quale rideva a crepapellecome se assistesse ad una brillantissima farsa.
- Bravi! bene! bis! bis! - gridava egliarmando però le pistole e tirando dalla cintura il kriss
Un cinese che parlava più di tuttiin prima filagli tirò una sassata: ma il ciottolo andò a spezzare un gran fiasco di sam-sciùil cui liquore si sparse per terra.
- Ehi! mariuolo! - gridò il portoghese - tu rovini il taverniere.
Raccolse il ciottolo e lo rimandò all'aggressore che n'ebbe rotto un dente.
Urla ancora più acute rimbombarono nel quartierefacendo accorrere altri cinesialcuni dei quali armati di vecchi archibugi. Tre o quattroincoraggiati dai compagni del tavernieretentarono di entrarema alla vista delle pistole che il portoghese puntava verso di loro si affrettarono a mostrare le suole di feltro dei loro zoccoli.
- Lapidiamolo! - gridò una voce.
- E la mia taverna? - gemette il taverniere.
Una grandine di ciottoli entrò nella taverna fracassando le lanternei fiaschii piattile terrine ed i vasi.
Il portoghesevisto che il tumulto aumentava pericolosamentescaricò in aria le sue due pistole.
Ai due spari tennero dietro sette archibugiate sparate nella viama senz'altro effetto che quello d'ingrossare il baccano.
D'improvviso si udirono varie voci gridare:
- Largo!... Largo!...
- Le guardie del rajah!
Il portoghese respirò. Quel frastuonoi bastoni agitati in ariai coltellile grandinate di ciottolii moschettoni e il continuo affluire della folla cominciavano ad inquietarlo.
- Facciamo baccanoora che non c'è più alcun pericolo - disse.
Si slanciò verso una tavola e la rovesciò mandando in frantumi tutti i fiaschii vasii tondi che vi erano sopra.
- Arrestatelo! Arrestatelo! - urlò il taverniere. - Quel bianco mi fracassa tutto.
- Largo! Largo alle guardie! - gridarono alcuni.
La folla si divise e sulla porta della taverna apparvero due uomini di colorealtirobusticon giacca e calzoni di tela bianca e una draghinassa in pugno.
- Indietro! - gridò il portoghesepuntando su di loro le pistole.
- Un europeo! - esclamarono le due guardiemeravigliate.
- Dite un inglese - precisò Yanez.
Le due guardie ringuainarono le draghinasse.
- Non vogliamo farvi alcun male - disse uno dei due. - Siamo al servizio del rajah Brooke vostro compatriota.
- E che cosa volete da me?
- Liberarvi da questa turba.
- E condurmi in qualche carcere?
- A questo penserà il rajah
- Mi condurrete da lui?
- Senza dubbio.
- Se è cosìvengo. Dal rajah Brooke non ho nulla da temere.
Le due guardie lo presero in mezzo e tornarono a sguainare le draghinasseonde proteggerlo dalla rabbia dei cinesi che era giunta al colmo.
- Largo! - gridarono.
- I cinesiin numero grandissimoa quella intimazione non ubbidirono: volevano ad ogni costo linciare l'europeogiacchè le due guardie non l’avevano infilzato come avevano sperato.
Le due guardie però non si perdettero d'animo. Distribuendo piattonate a destra e a sinistra e vigorosi calciriuscirono a fare un po' di largo e trassero il prigioniero in una stretta stradicciolagiurando di ammazzare quanti li avrebbero seguiti.
Quella minaccia ebbe un buon successo
I cinesidopo aver urlato su tutti i toni e lanciato imprecazioni contro Yanezcontro le guardie e contro lo stesso rajah che accusavano di proteggere i ladrisi disperserolasciando soli il taverniere e i suoi quattro sguatteri malconci.
Sarawak non e una città molto vasta: le due guardiein meno di cinque minutigiunsero alla palazzina del rajahcostruita in legnocome tutte le abitazioni dei bianchi che coronano le collinette dei dintorni.
Sulla cima ondeggiava una bandiera che al portoghese parve rossa come quella inglese: dinanzi alla porta stava impalato un indiano armato di fucile e baionetta.
- Mi condurrete subito dal rajah?
- È troppo tardi - risposero le guardie. - Il rajah dorme.
- E dove passerò la notte?
- Vi daremo una stanza.
- Purché non sia una cantina.
- Un compatriota del rajah non si mette in una cantina.
Il portoghese fu fatto entrare: salirono una scalapoi Yanez fu introdotto in una stanzetta con le finestre difese da grosse stuoie di foglie di nipail cui arredamento era costituito da un'amaca di filamenti di coccoda qualche mobile di provenienza europea e da una lampada che era stata già accesa.
- Per Giove! - esclamòstropicciandosi allegramente le mani. - Dormirò come un babirussa.
- Desidera nulla? - chiese una delle guardie.
- Che mi si lasci dormire - rispose Yanez.
Una guardia uscìma l'altra si sedette presso la porta mettendosi in bocca una noce di areca avvolta in una foglia di betel
- Approfitterò per farlo cantare; ci sono molte cose che ignoro e che quest'uomo senza dubbio sa - pensò Yanez.
Arrotolò una sigarettal'acceseaspirò alcune boccate di fumo e avvicinandosi alla guardia:
- Giovanottosei indiano? - chiese.
- Bengalesesir - rispose la guardia.
- È da molto tempo che sei qui.?
- Due anni.
- Hai udito parlare di un pirata che si chiama la Tigre della Malesia?
- Sì.
Yanez represse a stento un gesto di gioia.
- È vero che la Tigre è qui? - domandò.
- Non lo soma si dice che i pirati hanno assaltato un vascello a venti o trenta miglia dalla costa e che poi sono sbarcati.
- Dove?
- Non si sa precisamente in qual luogoma lo sapremo.
- In qual modo?
- Il rajah ha delle brave spie.
- Dimmiè vero che alcuni mesi or sono è naufragato un vascello inglese presso il capo Tanjong-Datu?
- Sì - rispose l'indiano. - Era un vascello da guerra proveniente da Calcutta.
- Chi corse in suo aiuto?
- Il nostro rajah col suo schooneril Realista
- Fu salvato l'equipaggio?
- Tuttocompreso un indiano condannato alla deportazione perpetuanon ricordo più in quale isola.
- Un indiano condannato alla deportazione perpetua! - esclamò Yanezfingendo la massima sorpresa. - E chi era costui?
- Si chiamava Tremal-Naik.
- E qual delitto aveva commesso? - chiese Yaneztrepidante.
- Mi si disse che aveva ucciso degli inglesi.
- Che brigante! Ed è ancora qui questo indiano?
- È rinchiuso nel fortino.
- In quale?
- Quello che è sul colle. Non ve n'è che uno a Sarawak.
- Ha guarnigioni il fortino?
- Vi sono i marinai del legno naufragato.
- Molti?
- Una sessantina al massimo.
Yanez fece una smorfia. - Sessanta uomini! - mormorò. - E forse vi saranno anche dei cannoni.
Si mise poi a camminare per la stanzameditabondo. Passeggiò così per alcuni minutipoi si sdraiò sull'amacapregò la sentinella di abbassare la fiamma della lampada e chiuse gli occhi.
Quantunque prigioniero e con molti pensieri pel capoil portoghese dormì tranquillo come se fosse stato a bordo della Perla di Labuan o nella capanna della Tigre della Malesia.
Quando si svegliòun raggio di sole penetrava attraverso le foglie di nipa che servivano da persiane.
Guardò verso la portama la sentinella non c'era più. Vedendolo dormire e fors'anche udendo russarese n'era andatacerta che un prigioniero di quel genere non sarebbe saltato dalle finestre.
- Benissimo - disse il portoghese. - Approfittiamone.
Balzò giù dall'amacafece un po' di toilettealzò la stuoia e si affacciò alla finestrarespirando a pieni polmoni l'aria fresca del mattino.
Sarawak presentava un bel colpo d'occhio con le sue palazzine di legno circondate da verdeggianti boschetticol suo grande fiume ombreggiato da superbi alberi e solcato da piccoli prahosda svelte pirogheda leggeri e lunghi canotticon le bizzarre casette dal tetto arcuato e dipinte a smaglianti coloridel quartiere cinesecon le capanne di foglie di nipapiantate su pali di rispettabile altezzadel quartiere dayaco e le viuzze affollate di cinesidi dayachidi bughisi e di macassaresi.
Il portoghese percorsecon un rapido sguardola città e arrestò gli sguardi sulle colline. Come si dissev’erano eleganti palazzine di legno abitate dagli europei. Più oltreperòsi vedeva una graziosa chiesetta ea non grande distanzaun forte solidamente costruito e con molte feritoie.
Il portoghese lo guardò con attenzione profonda.
- È la che vi è Tremal-Naik - mormorò. - Come liberarlo?
In quello stesso istante una voce dietro di lui diceva:
- Il rajah vi attende.
Yanez si volse e si trovò dinanzi il bengalese.
- Ah! siete voiamico? - disse sorridendo. - Come sta rajah Brooke?
- Vi attendesir.
- Andiamo a stringergli la mano.
Uscironosalirono un'altra scala ed entrarono in un salottole cui pareti scomparivano sotto un vero strato d'armi di tutte le grandezze e di tutte le forme.
- Entrate in quel gabinetto - disse il bengalese.
- Che cosa racconterò? - mormorò il portoghese. - CoraggioYanez. hai una vecchia volpe dinanzi.
Spinse la porta ed entrò risolutamente nello studio in mezzo al quale davanti ad una tavola ingombra di carte geografichestavasene seduto il rajah di Sarawak.

 

3. Il rajah James Brooke

 
James Brookeal cui valore l'intera Malesia e la marina dei due mondi devono moltomerita alcune righe di storia.
Discendevaquest'uomo audace che a prezzo di lotte sanguinosedi sforzi terribilis'ebbe il soprannome di sterminatore di piratidalla famiglia del baronetto Vynerche sotto Carlo II fu Lord-mayor di Londra. Giovanissimo ancorasi era arruolato nell'esercito delle Indie come alfiere ma ferito gravemente in una pugna contro i Bornesiaveva poco dopo date le proprie dimissioniritirandosi a Calcutta.
La vita tranquilla non era fatta per il giovane Brookeuomo freddo e positivoma dotato di una energia straordinaria e amante delle più arrischiate avventure.
Guarito della ferita tornò in Malesiapercorrendola per ogni verso. A questo viaggio egli deve la sua celebritàdivenuta più tardi mondiale.
Profondamente impressionato dall'incessante corseggiare e dalle stragi orrende che compivano i pirati malesinonché dalla tratta degli uomini di coloresi era propostomalgrado i grandi pericoli a cui andava incontrodi rendere sicura la navigazione e libera la Malesia.
James Brookenei suoi propositiera un uomo tenacissimo. Vinti gli ostacoli oppostogli dal suo governo all'esecuzione dell'ardito progettoarmava un piccolo schooneril Realistae nel 1838 salpava per Sarawakcittadina del Borneo che allora non contava più di 1500 abitanti. Vi sbarcava in un brutto momento.
La popolazione di Sarawakforse aizzata dai pirati malesisi era ribellata al suo sultano Muda-Hassin e la guerra ferveva con rabbia estrema Brooke offrì tosto il suo braccio al sultanosi mise alla testa delle truppe edopo numerosi combattimentiin meno di venti mesi domò la rivoluzione.
Terminata la campagnausciva in mare contro i pirati e i mercanti di carne umana. Agguerrito l'equipaggio con una crociera di due annidava inizio alle battagliealle distruzioniagli sterminiagli incendi. Non si può calcolare il numero dei pirati da lui uccisidelle imbarcazioni e dei prahos colati a piccodei covi arsi. Fu crudelespietatofors'anche troppo.
Vinta la pirateriatornava a Sarawak. Il sultano Muda-Hassinriconoscente per i grandi servigi resiglilo nominava rajah della cittadina e del distretto.
Nel 1857nel quale anno accadono gli avvenimenti che stiamo narrandoJames Brooke era al culmine della sua grandezzaa segno che con un sol gesto faceva tremare persino il sultano di Varauniil più vasto regno della grande isola del Borneo.
Al rumore che fece Yanez entrandoil rajah si alzò con vivacità. Per quanto avesse varcato la cinquantina da qualche anno e nonostante gli strapazzi di una vita agitatissimaera un uomo ancor vegetorobustola cui indomabile energia traspariva dallo sguardo vivo e brillante.
Certe rughe però che solcavano la sua fronte e i capelli già bianchi annunciavano che una rapida vecchiaia avanzavasi.
- Altezza! - disse Yanez inchinandosi.
- Siate il benvenutocompatriota - disse il rajahrestituendo il saluto.
L'accoglienza era incoraggiante. Yanezche nell'entrare in quello studio aveva sentito il cuore battere con maggior frequenzasi tranquillò.
- Che cosa vi è accaduto ieri sera? - chiese il rajah dopo avergli additato una sedia. - Le mie guardie mi narrarono che voi avete sparato persino delle pistolettate. Non bisogna irritare i Cinesimio caroche qui sono numerosi e non amano troppo i bianchi.
- Avevo fatto una marcia lunghissimaAltezzae morivo di fame. Trovatomi dinanzi ad una taverna cinesesono entrato a mangiare e a berequantunque non avessi un solo scellino in saccoccia.
- Come! - esclamò il rajah. - Un mio compatriota senza uno scellino? Sentiamo da dove venite e qual motivo vi guida qui. Io li conosco tutti i bianchi che abitano nel mio Statoma non vi ho mai veduto.
- È la prima volta che metto piede in Sarawak - disse Yanez.
- E da dove venite?
- Da Liverpool.
- Ma con quale legno siete venuto?
- Col mio yachtAltezza.
- Ah! voi avete uno yacht? Ma chi siete voi dunque?
- Lord Gilles Welker di Closeburn - rispose Yanezsenza esitare.
Il rajah gli tese la manoche il portoghese si affrettò a stringere molto calorosamente.
- Sono felice di accogliere nel mio Stato un lord della nobile Scozia - disse il rajah
- GrazieAltezza - rispose Yanez inchinandosi.
- Dove avete lasciato il vostro yacht?
- Alla foce del Palo.
- E come siete giunto qui?
- Percorrendo almeno duecento miglia per terrafra boschi e paludivivendo di frutta come un vero selvaggio.
Il rajah lo guardò con sorpresa.
- Vi siete smarrito forse? - chiese.
- NoAltezza.
- Una scommessa?
- Nemmeno.
- E dunque?
- Una disgrazia.
- Ha naufragato il vostro yacht?
- Noè stato colato a picco a colpi di cannonedopo essere stato però spogliato di tutto ciò che conteneva.
- Ma da chi?
- Dai piratiAltezza.
Il rajahlo sterminatore dei piratisi alzò di scatto con gli occhi scintillantiil viso animato da una terribile collera.
- I pirati! - esclamò. - Non sono sterminati ancora quei maledetti?
- Pare di noAltezza.
- Avete visto il capo dei pirati?
- Sì - disse Yanez.
- Che uomo era?
- Bello assaicoi capelli nerissimigli occhi scintillantila tinta abbronzata.
- Era lui! - esclamò il rajah con viva commozione.
- Chi lui?
- La Tigre della Malesia.
- Chi è la Tigre della Malesia? Ho già udito questo nome - disse Yanez.
- È un uomo potentemilordun uomo che possiede il coraggio del leone e la ferocia della tigreche guida una banda di pirati che di nulla ha paura. Quell'uomo tre giorni or sono gettava l'ancora alla foce del mio fiume.
- Che audacia! - esclamò Yanez che frenò a stento un fremito. - E l'avete assalito?
- Sìlo assalii e lo sconfissi. Ma la vittoria mi costò cara.
- Ah!
- Vedendosi circondatodopo una lotta ostinatissima che costò la vita a sessanta soldati di Sarawakdiede fuoco alle polveri e fece saltare il suo legno insieme con uno dei miei.
- È mortodunque?
- Ne dubitomilord. Ho fatto cercare il suo cadaverema non fu possibile trovarlo.
- Che sia ancor vivo?
- Io sospetto che si sia rifugiato nei boschi con buon numero dei suoi.
- Che tenti di assalire la città?
- È un uomo capace di tentare il colpoma che non mi coglierà indifeso. Ho fatto venire delle truppe dayache che mi sono fedelissime e ho mandato parecchi indiani della mia guardia a ispezionare le foreste.
- Fate beneAltezza.
- Lo credomilord - disse il rajahridendo. - Ma continuate il vostro racconto. In qual modo la Tigre vi assalì?
- Avevo lasciato due giorni prima Varauni mettendo la prua verso il capo Sirik. Avevo l'intenzione di visitare le principali città del Borneoprima di tornarmene a Batavia e quindi in India.
- Facevate un viaggio di piacere?
- SìAltezza. Ero in mare da undici mesi.
- Proseguitemilord.
- Verso il tramonto del terzo giornolo yacht gettava l'ancora presso la foce del fiume Palo. Mi feci condurre a terra e m'inoltrai solo nelle forestecon la speranza di abbattere qualche babirussa o una dozzina di tucani. Camminavo da due orequando udii una cannonatapoi una secondauna terzaindi un tuonare continuofurioso di artiglierie.
Spaventatotornai correndo verso la costa. Era troppo tardi. I pirati avevano abbordato il mio yachtucciso o fatto prigioniero l'equipaggioe avevano iniziato il saccheggio.
Rimasi nascostofinché il mio legno andò a picco e i pirati si furono allontanatipoi mi precipitai verso la spiaggia. Non vidi che cadaveri che la risacca rotolava tra gli scoglirottamie l'estremità dell'alberetto di maestra che usciva di mezzo piede dalle onde.
Tutta la nottedisperatomi aggirai presso la foce del fiumechiamandoma invanoi miei disgraziati marinai. Al mattino mi misi risolutamente in marcia seguendo la costaattraversando forestepaludi e fiumicibandomi di frutta e di volatili che la mia carabina mi procurava. A Sendang cedetti la mia arma e il mio orologiole uniche ricchezze che possedevoe mi riposai quarantotto ore. Acquistate nuove vesti da un colono olandeseun paio di pistole e un krissmi rimisi in viaggio e arrivai quiaffamatospossato e per di più senza uno scellino.
- Ed oracosa contate di fare?
- A Madras ho un fratello ed in Iscozia ho ancora dei possedimenti e dei castelli. Scriverò per farmi mandare alcune migliaia di sterlinee col primo legno che giungerà qui tornerò in Inghilterra.
- Lord Welker - disse il rajah- io metto la mia casa e la mia borsa a vostra disposizionee farò di tutto perché non dobbiate annoiarvi durante il tempo che rimarrete nel mio Stato.
Un lampo di gioia balenò sul volto di Yanez.
- MaAltezza... - balbettòfingendosi imbarazzato.
- Ciò che faccio per voimilordlo farei per qualunque mio compatriotta.
- Come potrò ringraziarvi?
- Se un giorno verrò in Iscoziami contraccambierete.
- Ve lo giuroAltezza. I miei castelli saranno sempre aperti per voi e per i vostri amici.
- Graziemilord - disse il rajah ridendo.
Suonò un campanello. Un indiano comparve.
- Questo signore è mio amico - gli disse il rajah additandogli il portoghese. - Metto a disposizione la mia casala mia borsai miei cavalli e le mie armi.
- Sta benerajah - rispose l'indiano.
- Dove vi recate oramilord? - chiese il principe.
- Visiterò la città ese me lo permetteteAltezzafarò un giro pei boschi. Sono molto amante della caccia.
- Verrete a pranzare con me?
- Farò il possibileAltezza.
- Pandijconducilo nella sua stanza.
Porse la mano a Yanez il quale gliela strin se vigorosamente dicendo:
- GrazieAltezzadi quanto fate per me.
- Arrivedercimilord.
Il portoghese uscì dal gabinettopreceduto dall'indianoed entrò nella stanza destinatagli.
-Vattene - disse all'indiano. - Se avrò bisogno dei tuoi servigi suonerò.
Rimasto soloil portoghese diede uno sguardo alla sua stanza. Era vastailluminata da due finestre che guardavano verso le collinetappezzata di bellissima thungoa (carta fiorita di Tung) e ammobiliata con ricercatezza. C'erano un buon lettoun tavolinoparecchie sedie di leggerissimo bambùsputacchiere cinesiuna bella lampada dorata proveniente senza dubbio dall'Europa e parecchie armi europeeindianemalesi e bornesi.
- Benissimo - mormorò il portoghesestropicciandosi le mani. Il mio amico Brooke mi tratta come se fossi un vero lord. Ti farò vedere mio caroche razza di lord Welker io sia. Ma prudenzaYanezprudenza! Hai da fare con una vecchia volpe.
In quell'istante un fischio acuto risuonò al di fuori. Il portoghese trasalì.
- Kammamuri - disse. - Questa è una imprudenza.

 

4. sotto i boschi

 
Andò a chiudere la porta a catenaccio e si affacciò con precauzione alla finestra. A quaranta passi dalla palazzinaalla fresca ombra di un'alta arenga saccarifericastupenda palma dalle lunghe foglie piumatese ne stava il maharattoappoggiato ad un lungo bambùmunito all'estremità di una aguzza punta di ferroprobabilmente avvelenata. Non senza sorpresail portoghese vide accanto a lui un piccolo cavallo carico di due grandi ceste di foglie di nipa piene fino all'orlo di frutta di ogni specie e di pani di sagù.
- Il maharatto è più prudente di quanto credevo - mormorò Yanez.- Mi sembra un provveditore delle miniere.
Arrotolò una sigaretta e l'accese. Il bagliore della piccola fiamma attirò subito lo sguardo di Kammamuri.
- Il giovanotto mi ha scorto - disse Yanez- ma non si muove. Comprende che bisogna essere prudenti.
Gli fece un cenno con la manopoi rientrò e aprì un cassetto del tavolino. C'erano dei foglietti di cartaun calamaiodelle penne e una borsa ben gonfia che diedeurtandolaun suono metallico.
- Il mio amico Brooke ha pensato a tutto - disse il portoghese ridendo. - Queste sobno fiammanti sterline.
Levò un foglietto di cartalo lacerò a metà e scrisse in minutissimo carattere:

Sii prudente e guardati bene attorno. Va' ad aspettarmi alla taverna del cinese.

Arrotolò il pezzetto di carta e staccò dalla parete un fusto cilindricodi legno durotrapanato nel mezzoarmato all'estremità di un ferro di lancia ben assicurato con strisce di rotang. Era un sumpintanuna cerbottanalunga metri 140con la quale i dayachi lanciano a sessanta passicon straordinaria precisionefrecce intinte nel velenosissimo succo dell'upas
- Devo essere ancora abile - disse il portogheseesaminando l'arma.
Staccò una freccia lunga 20 centimetrivi infilò il foglietto scritto e la fece entrare nella cerbottana. Un forte soffio bastò per lanciarla fino al maharattoil quale fu lesto a raccoglierla ed a staccare la carta. - Ed ora usciamo - disse Yanezquando ebbe veduto Kammamuri andarsene.
Si gettò a tracolla un fucile a due canne e uscìrispettosamente salutato dalla sentinella.
Percorrendo vie e viuzze puzzolentifiancheggiate da capanne posate su pali sotto le quali sonnecchiavano maiali e cani e saltellavano scimmiespandendo un odore insopportabilein meno di un quarto d'ora giunse alla tavernadinanzi alla quale era legato il cavallo del maharatto
- Prepariamo delle sterline - disse il portoghese. - Prevedo una scena burrascosa.
Guardò nella taverna. In un angoloseduto dinanzi ad una terrina di risostava Kammamuri; e dietro al bancocon un paio d'occhiali di quarzo affumicato sul nasostava il taverniereoccupato a scarabocchiare un gran foglio di carta con un pennello di rispettabile grandezza. Il celestiale era senza dubbio occupato a fare i conti.
- Olà - gridò il portoghese entrando.
Il tavernierea quella chiamataalzò la testa. Vederlobalzare in piedi e slanciarglisi controimpugnando fieramente la sua mostruosa penna intinta nell'inchiostro di Cinafu tutt'uno.
- Brigante! - urlò.
Il portoghese fu pronto a fermarlo.
- Vengo a pagarti - dissegettando sulla tavola un pizzico di sterline.
- Giusto Buddha! - esclamò il cinese precipitandosi sulle monete. - Otto sterline! Vi domando perdonoseñor...
- Sta' zittoe porta una bottiglia di vino di Spagna.
Il taverniere in quattro salti corse a prendere una bottiglia che mise dinanzi a Yanezindi si slanciò verso un gong sospeso alla porta e si mise a batterlo furiosamente.
- Cosa fai? - chiese Yanez.
- Vi salvoseñor - rispose il cinese. - Se non avverto i miei amici che voi avete pagatonon so che cosa vi accadrebbe fra qualche giorno.
Yanez gettò sulla tavola altre dieci sterline.
- Di' ai tuoi amici che lord Welker paga da bere - disse.
- Ma voi siete un principemilord! - gridò il cinese.
- Lasciami solo.
Il cineseraccolte le sterlineuscì incontro ai suoi amicii qualiallarmati da quei colpi precipitatiaccorrevano da tutte le parti armati di bambù e di coltelli.
Yanez si sedette dinanzi a Kammamuri sturando la bottiglia.
- Che nuovemio bravo maharatto? - chiese.
- Bruttesignor Yanez - rispose Kammamuri.
- Corre qualche pericolo Sandokan?
- Non ancorama potrebbe venire scoperto da un istante all'altro. Nelle foreste ronzano guardie e dayachi. Ieri sera sono stato fermato e interrogato e questa mane mi è toccata la stessa cosa.
- E tu cos'hai risposto?
- Mi sono spacciato per un provveditore delle miniere di Poma. Per ingannare meglio questi spionicome avete vistomi sono provvisto di un cavallo e di alcune ceste.
- Sei furboKammamuri. Dove si trova Sandokan?
- A sei miglia da quiaccampato presso un villaggio in rovina. Sta fortificandosi perché teme di venire assalito.
- Andremo a trovarlo.
- Quando?
- Appena vuotata la bottiglia.
- C'è qualche cosa in aria?
- Ho saputo ove sta imprigionato il tuo padrone.
Il maharatto balzò in piedifuori di sé per la gioia.
- Dov'è? Dov'è? - chiese con voce soffocata.
- Nel fortino della cittàcustodito da una sessantina di marinai inglesi.
Il maharatto si lasciò cadere sulla sediascoraggiato.
- Lo salveremo ugualmenteKammamuri - riprese Yanez.
- E quando?
- Appena lo potremo. Mi reco da Sandokan per progettare un piano.
- Graziesignor Yanez.
- Lascia là i ringraziamenti e bevi. -
Il maharatto vuotò la sua tazza.
- Volete che partiano?
- Partiamo- disse Yanezgettando sul tavolo alcuni scellini.
- Vi avverto che la strada è lunga e difficile e che bisognerà allungarla ancotra di piùonde ingannare le spie.
- Non ho fretta io. Ho detto al rajah che vado a caccia.
- Siete diventato amico del rajah?
- Certamente.
- In qual modo?
- Te lo narrerò camminando. -
Uscirono dalla taverna. Il portoghese si mise dinanzi e Kammamuri lo seguìtenendo per la briglia il cavallo.
- Evviva lord Welker! - gridò una voce.
- Evviva il lord! Viva il generoso bianco! - urlarono parecchie altre voci.
Il portoghese si volse e vide il taverniere circondato da una grossa banda di cinesi che avevano le tazze in mano.
- Addioragazzi! - gridò.
- Evviva il generoso lord! - tuonarono i cinesi.
Usciti dal quartiere cinesefiancheggiato di bugigattoli ingombri di rotoli di carta fiorita di Tungdi balle di setadi scatole di thè di ogni qualitàdi ventaglidi occhialidi sputacchieredi sedie di bambùdi codedi lanterne microscopiche o giganteschedi armidi amuletidi vestidi zoccolidi cappelli di ogni forma e dimensionetutta roba proveniente dai porti del celeste Imperoentrarono nel quartiere malese non molto dissimile da quello dayacoforse più sporco e più maleodoranteindi si arrampicarono su colli e di là raggiunsero i boschi.
- Camminate con precauzione - disse Kammamuri al portoghese. Ho incontrato parecchi serpenti pitoni stamane e ho visto anche le tracce di una tigre.
- I boschi del Borneo li conoscoKammamuri - rispose Yanez. Non
tremare per me.
- Siete venuto altre volte qui?
- Noma ho percorso più volte i boschi del reame di Varauni.
- Combattendo?
- Talvolta sì.
- Eravate nemici del sultano di Varauni?
- Nemici fierissimi. Egli odiava terribilmente i pirati di Mompracem perché in ogni scontro vincevano la sua flotta.
- Ditemipadron Yanezla Tigre della Malesia fu sempre pirata?
- Nomio caro. Una volta era un potente rajah del Borneo settentrionale; ma un inglese ambizioso istigò alla ribellione le truppe e la popolazione e lo detronizzò dopo avergli ucciso padremadrefratelli e sorelle.
- E vive ancora questo inglese?
- Sìvive.
- E non l'avete punito?
- È troppo forte. La Tigre della Malesia però non è ancora morta.
- Ma voipadron Yanezperché vi siete unito a Sandokan?
- Non mi sono unito a luiKammamuri; fui fatto prigioniero mentre navigavo verso Labuan.
- Non uccideva i prigionieri Sandokan?
- NoKammamuri. Sandokan fu sempre feroce verso i suoi più acerrimi nemici e generosissimo verso gli altrispecialmente verso le donne.
- Ed egli vi trattò sempre benepadron Yanez?
- Mi amò come e forse più di un fratello!
- Ditemipadron Yanezquando avrete liberato il mio padroneritornerete a Mompracem?
- È probabileKammamuri. Alla Tigre della Malesia occorrono grandi distrazioni per soffocare il suo dolore.
- Quale dolore?
- Quello di aver perduto Marianna Guillonk.
- L'amava molto dunque?
- Immensamentealla follia.
- È strano assaiche un uomo così feroce e terribile si sia innamorato di una donna.
- E di una donna inglese per di più - aggiunse Yanez.
- Dello zio di Marianna Guillonk avete saputo nulla?
- Nullaper ora.
- Che sia qui?
- Potrebbe darsi.
- Avete paura di lui? - Forsee...
- Alto là - gridò in quell'istante una voce. Yanez e Kammamuri si
arrestarono.

 

5. Narcotici e veleni

 
Due uomini si erano improvvisamente rizzati dietro a un cettingarbusto rampicante il cui succo è talmente velenoso che uccide in pochi istanti un bue. Il primo era un indiano altomagronervosovestito di tela bianca e armato d'una lunga carabina incrostata d'argento; l'altro era un dayaco di belle formecon le membra straordinariamente cariche di anelli di ottone e di perle di Venezia e i denti anneriti col succo caldo del legno siuka. Un solo ciawatpezzo di stoffa di cotone copriva i suoi fianchi e un fazzoletto rosso la sua testama portava indosso un vero arsenale. La terribile cerbottana con le frecce tinte nel succo dell'upas gli pendeva da una spalla; al fianco aveva il formidabile parangpesante sciabola dalla larga lama intarsiata con pezzi d'ottonedella quale i dayachi si servono per decapitare i nemici; il laccioche essi sanno adoperare forse meglio dei thugs indianigli stringeva la vita. Non mancava nemmeno il krissdalla lama serpeggiante e avvelenata.
- Alto là! - ripeté l'indianofacendosi innanzi.
Il portoghese fece a Kammamuri un rapido gesto e si avanzò con le dita della mano destra sulla batteria del fucile.
- Che vuoi e chi sei tu? - chiese all'indiano.
- Sono una guardia del rajah di Sarawak - rispose l'interrogato.
- E voi?
- Lord Gilles Welkeramico di James Brooketuo rajah
L'indiano e il dayaco presentarono le armi.
- Quell'uomo è al vostro serviziomilord? - chiese l'indiano indicando Kammamuri.
- No - rispose Yanez. - L'ho incontrato nella foresta e avenfo egli paura delle tigriha chiesto di seguirmi.
- Dove vai? - domandò l'indiano al maharatto
- Ti ho detto anche stamane che sono provveditore dei placers di
Poma - rispose Kammamuri. - Perché domandarmi anche adesso dove vado?
- Perché il rajah così vuole.
- Di' al tuo rajah che io sono un suo fedele suddito.
- Passa.
Kammamuri raggiunse Yanez che aveva continuata la sua viamentre le due spie tornavano ad imboscarsi sotto l'arbusto velenoso.
- Cosa pensatesignor Yanezdi quegli uomini? - chiese il maharatto quando fu certo che non potevano né udirlo né vederlo.
- Penso che il rajah è astuto come una volpe.
- Deviamo?
- DeviamoKammamuri. Quelle due spie possono avere qualche sospetto e seguirci per un buon tratto.
- Faremo perdere le nostre tracce.
Kammamuri abbandonò il sentiero fino allora seguito e piegò a sinistraseguito dal cavallo e dal portoghese. La via divenne ben presto difficilissima. Migliaia e migliaia d'alberidritti gli unipiegati e contorti gli altrie cespugli e rampicanti si ammassavano in modo da impedire spesso il passaggiose non agli uominialmeno al cavallo.
Qui vi erano colossali alberi della canforache dieci uomini non sarebbero stati capaci di abbracciare; là arenghe saccarifere cheincisedanno un liquore zuccherino e inebriante se lasciato fermentare; più oltre superbe palme pinang che piegavano sotto il peso delle noci formanti grandi grappoli; poi bellissimi mangostanialti quanto un ciliegiole cui fruttagrosse come arancisono le più gustose e le più delicate che sui trovino sulla terrae areche dalle foglie grandissime; uncaria cambir e isonandra guta e giunta wanpiantequeste ultimeche danno il caucciù. E come se tutti questi vegetali non bastassero a rendere difficile il camminosmisurati rotangche nel Borneo tengono il luogo delle liane e nepentes correvano da un albero all'altro formando vere e proprie reti che il maharatto e il portoghese erano costretti a tagliare a colpi di kriss
Percorso mezzo miglio descrivendo lunghi giri per trovare un passaggiosaltando alberi atterratisfondando cespuglitagliando radici e gomene vegetali a destra e a mancai due pirati giunsero sulle rive di un canale d'acqua nera e putrida. Kammamuri tagliò un ramo e misurò la profondità.
- Due piedi - disse. - Salite sul cavallopadron Yanez.
- Perché?
- Entreremo nel canale e lo risaliremo per un buon tratto. Se le due spie ci seguononon troveranno più le nostre tracce.
- BravoKammamuri.
Il portoghese salì in sella e dietro di lui salì il maharatto. Il cavallo dopo aver un po' esitatoentrò in quelle acque che spandevano un fetore insopportabile e rimontòtraballando e scivolando sul fondo melmosola corrente.
Fatti ottocento passiriguadagnò la riva. Yanez e il maharatto discesero e stettero in ascolto coll'orecchio appoggiato a terra.
- Non odo nulla - disse Kammamuri.
- E nemmeno io - aggiunse il portoghese. - È lontano il campo?
- Un miglio e mezzo almeno. Affrettiamocipadrone.
Un sentieruzzoaperto fra i cespugli e i rotang dagli animalispariva nel folto della foresta. I due pirati lo raggiunsero allungando il passo. Una mezz'ora dopoaltri due uomini s'alzavano dietro una macchiaintimando ai due pirati di arrestarsi. Kammamuri gettò un fischio.
- Avanti - risposero le due sentinelle.
Erano due pirati di Mompracem armati fino ai denti. Vedendo Yanezmandarono grida di gioia.
- Capitano Yanez! - gridaronocorrendogli incontro.
- Buon giornoragazzi - disse il portoghese.
- Vi credevamo mortocapitano.
- Le tigri di Mompracem hanno la pelle dura; dov'è Sandokan?
- A trecento passi da qui.
- Fate buona guardiaamici. Vi sono delle spie del rajah nel bosco.
- Lo sappiamo.
- Bravitigrotti.
Il portoghese e il maharatto raddoppiarono il passo e ben presto giunsero all'accampamento piantato presso un kampong in rovina. Del villaggioche un tempo doveva essere stato abbastanza grossonon rimaneva intatta che una sola capanna di foglie di nipaposta sopra pali alti più di trenta piedifuori di portata dagli assalti delle tigri e anche dagli assalti degli uomini.
I pirati però stavano ricostruendo altre capanne e piantando solide palizzate per mettersi al coperto enel caso di un attacco improvviso da parte delle truppe del rajah di Sarawakpoter resistere.
- Dov'è Sandokan? - chiese Yanezentrando nell'accampamento accolto dalle grida di gioia di tutta la banda.
- Lassùnella capanna aerea - risposero i pirati. - Avete incontrato i soldati del rajahcapitano Yanez?
- Ciò che ho detto alle sentinelle lo dirò anche a voitigrotti- disse il portoghese. - State in guardia: vi sono delle spie del rajah nel bosco. Ne ho vista più di una.
- Che si mostrino! - gridò un maleseimpugnando un pesantissimo parang ilang con la punta fatta a doccia. - I tigrotti di Mompracem non temono i cani del rajah
- Capitano Yanez - disse un altro- se incontrate una di quelle spieditele che siamo accampati qui. Sono cinque giorni che non combattiamo e le nostre armi cominciano ad arrugginire.
- Fra pocoragazziavrete da lavorare - rispose Yanez. - M’incarico io di mandarvi della gente.
- Viva il capitano Yanez! - urlarono i tigrotti.
- Ehi! fratello mio! - gridò una voce che veniva dall'alto.
Il portoghese alzò gli occhi e vide Sandokan ritto sulla piccola piattaforma della capanna aerea.
- Che cosa fai lassù? - gridò il portogheseridendo. - Mi sembri un piccione appollaiato su di un albero.
- Sali Yanez. Tu hai qualche cosa d’importante da dirmi
- Certo. -
Il portoghese si slanciò verso una lunga pertica che presentava delle tacche e con sorprendente agilità giunse sulla piattaforma della capannama qui si trovò piuttosto imbarazzato. Il suolo era formato da bambùdistanti l'uno dall'altro un buon palmoe i piedi del povero Yanez non riuscivano a trovare uno stabile appoggio.
- Ma questa è una trappola! - esclamò.
- Costruzione dayacafratello mio - disse Sandokan ridendo.
- Ma che piedi hanno quei selvaggi?
- Forse più piccoli dei nostri. Un po' di equilibriodiamine!
Il portoghesetraballando e saltando di trave in travegiunse nella capanna.
Era discretamente vastadivisa in tre camerette di cinque piedi di altezza e altrettanti di larghezzacol pavimento pure formato da bambù lontani l'uno dall'altro parecchi centimetrima coperto da stuoie.
- Che cosa mi rechi? - chiese Sandokan.
- Molte novitàfratello mio - rispose Yanez sedendosi. - Ma dimmiinnanzituttodov'è la povera Adache non ho veduta nel campo?
- Questo luogo non è molto sicuroYanez. Le guardie del rajah possono assalirci da un istante all'altro.
- Comprendofratello mio; tu l'hai nascosta in qualche luogo.
- SìYanez. L'ho fatta condurre verso la costa.
- Chi ha con sé?
- Due uomini che mi sono fedelissimi.
- È ancora pazza?
- SìYanez.
- Povera Ada!
- Guariràte lo assicuro.
- In qual modo?
- Quando si troverà dinanzi a Tremal-Naik proverà una scossa così forte che riacquisterà la ragione.
- Lo credi?
- Lo credoanzi ne sono certo.
- Possano le tue speranze avverarsi.
- Dimmi oraYanezche cos'hai fatto a Sarawak in questi giorni?
- Molte cose. Sono diventato amico del rajah
- E come?
Il portoghese in poche parole lo informò di quello che aveva fattogli narrò ciò che gli era accaduto e ciò che aveva udito. Sandokan lo ascoltò attentamentesenza interromperloora sorridente e ora pensieroso.
- Dunque tu sei amico del rajah - dissequando Yanez ebbe terminato.
- Amico intimofratello mio.
- Non ha alcun sospetto?
- Non credo; macome ti ho dettosa che tu sei qui.
- Bisogna affrettarsi a liberare Tremal-Naik. Ah! se potessi nel medesimo tempo schiacciare per sempre quel dannato Brooke!
- Lascia il rajahSandokan.
- Egli fu troppo feroceYanezverso i nostri fratelli. Darei metà del mio sangue per vendicare le migliaia di malesi uccisi da quell'uomo terribile e spietato.
- BadaSandokan; non abbiamo che sessanta uomini.
Un lampo sinistro balenò negli occhi della Tigre della Malesia.
- Tu saiYanezdi quanto io sia capace - disse con un tono di voce che faceva fremere. - Il mio passato tu lo conosci.
- Lo soSandokanche tu hai sfidato l'ira di regni ed imperi europei. Ma la prudenza non è mai troppa.
- E sia: sarò prudente. Mi accontenterò di liberare Tremal-Naik.
- Cosa forse più difficile dell'altraSandokan.
- Perché?
- Ci sono sessanta bianchi nel fortino e molti pezzi di cannone.
- Cosa sono sessanta uomini?
- Aspetta un po’fratellino mio. Mi dimenticavo di dirti che il fortino è vicinissimo alla città. Al primo colpo di cannone tu avrai i bianchi dinanzi e le truppe del rajah alle spalle. Sandokan si morse le labbra e fece un gesto di dispetto.
- Eppure bisogna salvarlo - disse.
- Che cosa dobbiamo fare?
- Giocheremo d'astuzia.
- Hai un piano?
- Sono bornese ecome i miei compatriotiho sempre amato i veleni. Con una sola goccia si uccide un uomo per quanto sia forte; con un'altra goccia lo si addormentalo si fa credere mortoo lo si fa impazzire. Il velenocome vediè un'arma potenteterribile.
- So che durante il nostro soggiorno a Giava tu ti occupavi molto di veleni. E mi ricordo che una volta un potente narcotico ti salvò dalla forca.
- Ecco che i miei studi e le mie ricerche cominciano a fruttare - disse Sandokan. - AscoltamiYanez.
Frugò in una tasca interna della sua giacca e ne trasse una scatoletta di pelle ermeticamente chiusa. L'aprì e mostrò al portoghese dieci o dodici microscopiche boccettinepiene di liquidi bianchiverdastri e neri.
- Per Giove! - esclamò Yanez.
- Non è tutto - disse Sandokanaprendo una seconda scatoletta contenente piccolissime pillole che esalavano un acuto odore. - Questi sono altri veleni.
- E cosa vuoi fare con quei liquidi e quelle pillole?
- Ascoltami con attenzioneYanez. Tu mi hai detto che Tremal-Naik è prigioniero nel forte.
- È vero.
- Credi di poter entrare nel fortechiedendo il permesso al rajah?
- Lo spero. Ad un amico non si nega un favore così piccolo.
- Tu dunque entrerai e chiederai di vedere Tremal-Naik.
- E quando l'avrò vedutocosa farò?
Sandokan levò dalla seconda scatola alcune pillole nere e gliele mise in mano.
- Queste pillole contengono un veleno che non uccidema che sospende la vita per trentasei ore.
- Ora comprendo il tuo piano. Io dovrò farne inghiottire una a Tremal- Naik.
- O scioglierne una nella brocca dell'acqua.
- Tremal-Naik non darà più segno di vitalo crederanno morto e lo seppelliranno.
- E noinella notteandremo a disseppellirlo - aggiunse Sandokan.
- Il progetto è stupendoSandokan - disse il portoghese.
- Tenterai il colpo? Tu non corrimi parealcun pericolo.
- Io lo tenteròpurché mi si permetta di entrare nel forte.
- Se non ti permettonocorrompi qualche marinaio. Hai denaro?
Il portoghese aprì la giaccail panciottoalzò la camiciae mostrò una fascia un po' rigonfia che gli cingeva i fianchi.
- Ho sedici diamanti che tutti insieme valgono un milione.
- Se ne vuoi altriparla. La mia cintura contiene il doppio della tua e a Batavia abbiamo tanto oro da acquistare la flotta intera del Portogallo.
- Lo soSandokanche il denaro non ci manca. Per ora mi accontenterò dei miei sedici diamanti.
- Nascondi ora queste pillole e anche quelle due boccettine - disse Sandokan. - Unala verdecontiene un narcotico che non sospende la vitama che addormenta profondamente per dodici ore; l'altrala rossacontiene un veleno che uccide istantaneamente e senza lasciare traccia. Chissà: possono esserti utili.
Il portoghese nascose le pillole e le boccettinesi gettò a bandoliera il fucile e si alzò.
- Te ne vai?
- Sarawak è lontanafratello mio.
- Quando farai il colpo?
- Domani.
- Mi farai subito avvertire da Kammamuri?
- Non mancherò; addiofratello.
Scese la pericolosa scalasalutò i tigrotti e tornò a cacciarsi sotto la forestacercando di orizzontarsi. Aveva percorso sei o settecento metriquando fu raggiunto dal maharatto
- Altre novità? - chiese il portoghesearrestandosi.
- Una e forse gravesignor Yanez - disse il maharatto. - Un pirata è tornato or ora al campo ed ha riferito alla Tigre di aver vedutoa tre miglia da quiuna banda di dayachi guidata da un vecchio bianco.
- Se lo incontrerò gli augurerò buon viaggio.
- Aspettate un po'signor Yanez - disse il maharatto. - Il pirata ha detto che quel vecchio dalla pelle bianca somigliava all'uomo che ha giurato di appiccare la Tigre e voi.
- Lord James Guillonk! - esclamò Yanezimpallidendo.
- Sìpadron Yanezquell'uomo somigliava allo zio della defunta moglie di Sandokan.
- È impossibile!... È impossibile!... Chi è il pirata che lo ha visto?
- Il malese Sambigliong.
- Sambigliong!... - balbettò Yanez. - Questo malese era con noi quando rapimmo la nipote di lord Jamesanzise la memoria non m'ingannaaffrontò lo stesso lord che stava per spezzarmi il cranio. Per Giove!... Io corro un gran pericolo.
- Quale? - chiese il maharatto
- Se lord Guillonk viene a Sarawak io sono perduto. Mi vedràmi riconosceràquantunque siano trascorsi sei anni dall'ultima volta che ci siamo incontratie mi farà arrestare e appiccare.
- Ma il malese non ha detto che quel vecchio era il Lord. Somigliava e nulla pi.
- Ti ha mandato Sandokan ad avvertirmi?
- Sì padron Yanez!
- Gli dirai che starò in guardiama che cerchi d'impadronirsi di quel vecchio dalla pelle bianca. AddioKammamuridomani mattina ti attendo alla taverna cinese.
Il portoghesemolto inquietosi rimise in marciaguardandosi attentamente attorno e tendendo gli orecchitimoroso di trovarsi da un istante all'altro dinanzi a quel vecchio. Fortunatamente non udivasisotto la gigantesca boscagliaalcuna voce umanané alcun segnale. I soli rumori che rompevano il silenzio erano le grida degli argus gigantimagnifici fagiani che svolazzavano a centinaiaquelle non meno acute delle cacatue nere e quelle rauche delle scimmie dal naso lungocosì chiamate perché il loro naso è molto prominente e rosso come quello di Bacco.
Camminò cosìcon grandi precauzionifra cespugli inestricabili e gigantesche macchieora piegando a destra e ora a sinistraper cinque ore. Non giunse a Sarawak che al calar del soleaffranto dalla fatica e affamato come un lupo. Pensò che fosse troppo tardi per recarsi a pranzare dal rajah e si recò alla taverna del cinese. Dopo un lauto pranzoannaffiato da parecchie bottigliefece ritorno alla palazzina. Alla sentinellaprima di entrarechiese se un vecchio dalla pelle bianca fosse giuntomaavutane risposta negativasalì nella sua camera.
Il rajah si era ritirato nella sua stanza da qualche ora.
- Meglio così - mormorò Yanez. - Un cacciatore che torna senza un pappagallo può allarmare quella vecchia volpe sospettosa.
Andò poi a dormire mettendo le pistole e il kriss sotto il capezzale.

 

6. Tremal-Naik

 
Quantunque fosse assai stancoil buon portoghese non fu capace di chiudere occhio in tutta la notte. Quel vecchio bianco che guidava un drappello di dayachi e somigliava tanto allo zio della moglie della Tigrestato visto in vicinanza della città dal malese Sambigliong l’aveva sempre nella mente e riempivagli l’animo di forti inquietudini.
Invano cercava di tranquillizzarsiripetendosi che forse il malese si era ingannatoche il lord doveva essere ancora lontanoforse a Giavaforse in Indiaforse più lontano ancorain Inghilterra. Parevagli sempre di udire la voce del vecchionell’attiguo corridoio; parevagli sempre di udire delle persone avvicinarsi alla sua stanzaun fragore d'armi risuonare nel palazzo.
Più voltenon sapendo dominare le sue inquietudiniscese dal letto e aprì prudentemente le finestrepiù volte socchiuse la porta della stanzatemendo che fossero state appostate delle sentinelle per impedirgli la fuga. Si addormentò verso l'albama fu un sonno agitato da brutti sogni che durò un paio d'ore al più. Si destò udendo un gong strepitare per la via.
Si alzòsi vestìsi cacciò nelle tasche un paio di corte pistole e si diresse verso la porta. In quell’istesso istante veniva bussato.
- Chi è? - chiese egli con viva ansietà.
- Il rajah vi aspetta nel suo gabinetto - disse una voce.
Yanez si sentì un brivido correre per le ossa. Aprì la porta e si trovò dinanzi un indiano.
- È solo il rajah? - chiesecoi denti stretti.
- Solomilord - rispose l'indiano.
- Che vuole da me?
- Vi attende per bere il thè.
- Corro da lui - disse Yanezdirigendosi verso lo studio del principe.
- Il rajah era seduto dinanzi al suo tavolinosul quale c'era un servizio da thè in argento. Vedendo Yanez entraresi alzò col sorriso sulle labbrastendendogli la mano.
- Buon giornomilord! - esclamò. - Siete rientrato tardi ieri sera.
- PerdonateAltezzase ho mancato al pranzo; ma la colpa non è mia - disse Yanezrassicurato dal sorriso del rajah
- Che vi è accaduto?
- Mi sono smarrito in mezzo ai boschi.
- Eppure avevate una guida.
- Una guida!
- Mi dissero che eravate con un indiano che si spaccia per provveditore delle miniere di Poma.
- Chi ve lo ha dettoAltezza? - chiese Yanezfacendo uno sforzo straordinario per conservare la calma.
- Le mie spiemilord.
- Altezzaai vostri servigi avete della brava gente.
- Lo credo - disse il rajah sorridendo. - L'avete incontrato dunquequell'uomo?
- SìAltezza.
- Fino dove vi ha accompagnato?
- Fino ad un piccolo villaggio di dayachi
- Indovinate chi era quell'uomo.
- Chi era? - chiese Yanezpronunciando con fatica quelle due parole.
- Un pirata - disse il rajah
- Un pirata!... È impossibileAltezza.
- Ve lo assicuro.
- E non mi ha ammazzato?
- I pirati di Mompracemmilordqualche volta sono generosicome il loro capo.
- È generosa la Tigre della Malesia?
- Così si dice. Mi si racconta che parecchie volte regalò grossi diamanti ai poveri diavoli che pochi momenti prima aveva moschettato e sciabolato.
- È un pirata molto stranodunque!
- È coraggioso e generoso insieme.
- Ma siete certoAltezzache quell'indiano facesse parte della banda di Mompracem?
- Sicurissimoperché le mie spie lo videro parlare con alcuni pirati della Tigre della Malesia. Ma non parlerà più con lorove lo giuro. A quest'ora deve essere in mano dei miei. -
In quell'istantegiù nella stradasi udirono delle grida acute e un forte colpo di gong.
Yanez pallidoagitatissimosi precipitò verso la finestra per vedere ciò che accadevama soprattutto per nascondere la propria commozione.
- Per Giove! - esclamò con voce strozzata diventando maggiormente pallido. - Kammamuri!
- Che cosa succede? - chiese il rajah
- Conducono qui il mio indianoAltezza - rispose con voce abbastanza calma.
- Non mi ero ingannatoio.
Si curvò sul davanzale e guardò.
Quattro guardiearmate fino ai denticonducevano verso il palazzo l'indiano Kammamurial quale erano state legate strettamente le braccia con solide fibre di rotang. Il prigioniero non opponeva alcuna resistenzané sembrava atterrito. Procedeva con passo calmo e guardava tranquillamente la folla di dayachicinesi e malesi che lo seguiva schiamazzando.
- Pover'uomo! - esclamò Yanez.
- Lo compiangetemilord? - chiese il rajah
- Un po'lo confesso.
- Eppure quell'indiano è un pirata.
- Lo soma con me fu assai gentile. Che ne fareteAltezza?
- Cercherò di farlo parlare innanzitutto. Se riesco a sapere dove si cela la Tigre della Malesia... Radunerò le mie guardie e l'assalirò.
- L’assalirete?
- Radunerò le mie guardie e l’assalirò.
- E se il prigioniero si ostina a non parlare?
- Lo farò appiccare - disse freddamente il rajah
- Povero diavolo!
- Tutti i pirati hanno uguale trattamentomilord.
- Quando lo interrogherete?
- Quest'oggi non ho tempoperché devo ricevere un ambasciatore olandesema domani sarò libero e lo farò parlare.
Un lampo balenò negli occhi del portoghese.
- Altezza - dissedopo un po' d'esitazione. - Potrò assistere all'interrogatorio?
- Se lo desiderate.
- GrazieAltezza.
Il rajah scosse un campanello d'argento che stava sul tavolo. Un cinese vestito di seta giallacon una coda lunga un buon metroentrò portando una teiera di porcellana di Mingpiena di thè fumante.
- Il thè non vi spiaceràspero - disse il rajah
- Non sarei inglese - rispose Yanezsorridendo.
Vuotarono parecchie tazze della deliziosa bevandaindi si alzarono.
- Ove vi recate oggimilord? - chiese il rajah
- A visitare i dintorni della città - rispose Yanez. - Ho scorto un fortino econ il vostro permessolo visiterò.
- Troverete dei compatriotimilord.
- Dei compatrioti! - esclamò Yanezfingendo di ignorare ogni cosa.
- Raccolti da me alcune settimane famentre stavano per annegare.
- Dei naufraghi dunque?
- Precisamente.
- E che cosa fanno in quel forte?
- Attendono l'arrivo di una nave per imbarcarsi e nel medesimo tempo sorvegliano un thug indiano che rinchiusi là dentro.
- Che? Un thug! Un thug indiano! - esclamò Yanez. - Oh! vorrei vedere uno di quei terribili strangolatori.
- Lo desiderate?
- Ardentemente.
Il rajah prese un foglio di cartascrisse alcune righelo piegò e lo consegnò al portoghese che lo prese con vivacità.
- Consegnatelo al luogotenente Churchill - disse il rajah. Egli vi mostrerà il thug ese desideratevi farà visitare l'intero fortino che però non ha nulla di bello.
- GrazieAltezza.
- Pranzerete con me questa sera?
- Ve lo prometto.
- Arrivedercimilord.
Yanezche non vedeva l'ora di uscire da quello studiosi diresse verso la propria stanza.
- RagioniamoYanez mio - mormorò quando si trovò solo. - Si tratta di fare un gran colpo senza essere scoperto.
Si affacciò poi alla finestraimmergendosi in profondi pensieri.
Rimase lìimmobilecon gli occhi fissi sul fortinodieci o dodici minuticorrugando di quando in quando la fronte.
- Ci siamo! - esclamò d'un tratto. - Mio caro Brookeil buon Yanez ti prepara un giochetto chese ho tutto ben calcolatosarà bellissimo. Per Giove! Sandokan sarà contento del fratello bianco.
S'avvicinò al tavoloprese una penna esopra un pezzettino di cartascrisse:

Mi manda il tuo fedele servo Kammamuri per salvarti. Tremal-Naikse vuoi essere libero e rivedere la tua Adaingoia verso la mezzanotte le pillole che qui troviné prima né dopose puoi. Yanezamico di Kammamuri.

Vi mise dentro due piccole pillole verdastre e fece una pallottolina che nascose in un taschino della sua giacca.
- Domani gli inglesi lo crederanno morto e domani sera lo seppelliranno - mormoròstropicciandosi allegramente le manie ad avvertire il mio caro fratello manderemo Kammamuri. Ah! mio caro James Brookenon sai ancora di che cosa sono capaci i tigrotti di Mompracem.
Si cacciò in testa un cappellaccio di paglia a forma di fungosi passò nella cintura il fedele kriss e lasciò la stanza scendendo lentamente le scale.
Passando per un corridoiovide dinanzi ad una porta un indiano armato di carabina con baionetta in canna.
- Che cosa fai lì? - chiese il portoghese.
- Sono di guardia - rispose la sentinella.
- A chi fai la guardia?
- Al pirata arrestato stamane.
- Bada che non ti sfuggaamico. È un uomo pericoloso.
- Terrò gli occhi sempre apertimilord.
- Bravo ragazzo.
Lo salutò con la manoscese la scala ed uscì in strada con un sorriso ironico sulle labbra. Il suo sguardo subito si fissò sulla collina che gli stava di frontein cima alla qualefra il verde cupo delle piantespiccava la massa biancastra del fortino.
- AnimoYanez - mormorò. - C'è molto da fare.
Attraversò con passo tranquillo la cittàinvasa da una fitta folla di superbi dayachidi orrendi malesi e di caudati cinesi che schiamazzavano su tutti i tonivendendo fruttaarmivesti e giocattoli di Cantone prese un sentieroombreggiato da altissimi durion e da arecheche menava al fortino.
A mezza costa s'imbatté in due marinai inglesi che scendevano alla cittàforse per ricevere qualche ordine del rajaho forse per informarsi se qualche nave aveva gettato l'ancora alla foce del fiume.
- Olàamici - disse Yanez salutandoli. - È lassù il comandante Churchill?
- L'abbiam lasciato che fumava alla porta del fortino - rispose uno dei due.
- Grazieamici.
Si rimise in cammino e dopo un lungo giro sboccò in un largo piazzale in mezzo al quale si levava il fortino. Sulla portaappoggiato ad un fucilestava un marinaiooccupato a masticare un pezzo di tabaccoe a pochi passisdraiato in mezzo alle erbefumava un luogotenente di marinadi statura altacon lunghi baffi rossi. Yanez si arrestò.
- Toh! un bianco! - esclamò il luogotenente scorgendolo.
- E che cerca di voi - disse il portoghese.
- Di me?
- Sì!
- E che cosa desiderate?
- Ho una lettera per il luogotenente Churchill...
- Sono iosignoreil luogotenente Churchill - disse l'ufficialealzandosi e muovendogli incontro.
Yanez estrasse la lettera dal rajah e la porse all'inglese il quale l'aprì e la lesse attentamente.
- Sono ai vostri ordinimilord - dissequand'ebbe letto.
- Mi farete vedere il thug?
- Se lo vorrete.
- Accompagnatemi da luiadunque. Ho sempre desiderato vedere uno di quei terribili strangolatori.
Il luogotenente si mise in tasca la pipa ed entrò nel fortinoseguito da Yanez. Attraversarono un piccolo cortilein mezzo al quale arrugginivano quattro vecchi cannoni di ferroed entrarono nel fabbricato costruito con robustissimo legno di teckcapace di resistere ad una palla di sei e anche otto libbre.
- Ci siamomilord - disse Churchillfermandosi dinanzi ad una solida porta sprangata. - Il thug è qui dentro.
- È tranquillo o feroce?
- È mansueto come una tigre addomesticata - rispose l'inglese sorridendo.
- Non occorre quindi entrare armati.
- Non ha mai fatto male ad alcuno di noiperò non entrerei senza le mie pistole.
Levò le due spranghe ed aprì con precauzione la portasporgendo la testa.
- Il thug sonnecchia - disse. - Entriamomilord.
Yanez provò un brividonon già perché avesse paura dello strangolatorema per tema che questi lo tradisse. Infatti l'indiano poteva respingere il bigliettino e le pillole e svelare così ogni cosa al luogotenente Churchill.
- Coraggio e sangue freddo - mormorò- non è il momento di ritirarsi.
Varcò la soglia ed entrò. Si trovò in una cella piuttosto piccolacon le pareti di legno di teckrischiarata da un finestrino a solidissime inferriate.
In un angolosteso su di un letto di foglie secche e avvolto in un corto mantello di telastava il thug Tremal-Naikil padrone dell'indiano Kammamuriil fidanzato dell'infelice Ada.
Era un superbo indianoalto cinque piedi e sei pollicicolor del bronzo. Largo e robusto aveva il pettomuscolose le braccia e le gambefieri i lineamenti del volto e regolarissimi. Yanezche aveva visto cinesimalesigiavanesiafricaniindianibughisimacassaresi e tagalinon si ricordava di aver incontrato un uomo di colore così bello e così vigoroso. Non c'era che Sandokan che potesse superarlo.
Quell'uomo dormivama il suo sonno non era tranquillo. Il petto gli si sollevava affannosamentela sua ampia e bella fronte si corrugavale labbra di un rosso vivoardentefremevano e le sue manipiccole come quelle di una donnasi aprivano e si chiudevanocome se volessero afferrare qualche cosa e stritolarla.
- Bell'uomo! - esclamò Yanez.
- Zittoparla - mormorò il luogotenente.
Un rauco accento straziante era uscito dalle labbra dell'indiano.
- Mia! - aveva esclamato.
La sua facciad'un trattodivenne burrascosa. Una vena che gli solcava la fronte s'ingrossò improvvisamente.
- Suyodhana - mormoròcon accento d'odiol'indiano.
- Tremal-Naik! - disse il luogotenente.
A quel nome l'indiano si scossesi alzò di scatto e fissò sul luogotenente uno sguardo che scintillava come quello di un serpente.
- Che cosa vuoi? - chiese.
- Un signore vuol vederti.
L'indiano guardò Yanez che stava qualche passo indietro a Churchill.
Un sorriso sdegnoso sfiorò le sue labbra mettendo a nudo i denti bianchi come l'avorio.
- Sono una belva forse? - chiese. - Che...
Si arrestò e trasalì. Yanez checome si dissestava dietro al luogotenentegli aveva fatto un rapido cenno. Senza dubbio aveva compreso che gli stava dinanzi un amico.
- Come ti trovi qui dentro? - chiese il portoghese.
- Come può trovarsi un uomo che nacque e visse libero nella jungla - disse Tremal-Naik con voce triste.
- È vero che tu sei un thug?
- No.
- Eppure hai strangolato delle persone.
- E veroma non sono un thug
- Tu menti.
Tremal-Naik si alzò digrignando i denti e con gli occhi fiammeggianti; ma un nuovo gesto del portoghese lo calmò.
- Se tu mi lasciassi alzare il mantellinoti mostrerei il tatuaggio che distingue i thug
- Alzalo- disse Tremal-Naik.
- Non accostatevimilord! - esclamò il luogotenente.
- Non ho arma alcuna - disse l'indiano. - Se io alzo un braccioscaricami in petto le tue pistole.
Yanez s'avvicinò al letto di foglie e si curvò sull'indiano.
- Kammamuri - mormorò con voce appena distinta. Un rapido lampo brillò negli occhi dell'indiano. Con un gesto alzò il mantellino e raccolse il biglietto contenente le pillole che il portoghese aveva lasciato cadere.
- L'avete visto il tatuaggio? - chiese il luogotenente che avevaper precauzionearmato una pistola.
- Non lo ha - rispose Yanezraddrizzandosi.
- Non è un thug dunque?
- Chi può dirlo? I thugs hanno tatuaggi in più parti del corpo.
- Non ne ho - disse Tremal-Naik.
- Da quanto tempo si trova quiluogotenente? - chiese Yanez.
- Da due mesimilord.
- Dove lo si condurrà?
- In qualche penitenziario dell'Australia.
- Povero diavolo! Usciamoluogotenente.
Il marinaio aprì la porta. Yanez ne approfittò per volgersi indietro e fare a Tremal-Naik un ultimo gesto che significava "obbedite".
- Volete visitare il fortino? - chiese il luogotenente quand'ebbe chiusa e sprangata la porta.
- Mi pare che non abbia nulla di attraente - rispose Yanez. - Arrivederci dal rajahsignore.
- Arrivedercimilord.

 

7. La liberazione di Kammamuri

 
Mentre Yanezlavorando con astuziapreparava la salvezza di Tremal- Naikil povero Kammamuriin preda a mille terrori e a mille angoscetentava vanamente di uscire dalla sua prigione. Non aveva paura di venire appiccato o fucilato come un volgare pirata; temeva di venire sottoposto a qualche spaventevole supplizio e di essere costretto a confessare ogni cosacompromettendo contemporaneamente la vita del suo padronedell'infelice Adadella Tigre della Malesiadi Yanez e di tutti gl'intrepidi di Mompracem.
Appena rinchiusoaveva tentato di saltare dalle finestrema le aveva trovate difese da solidissime sbarre di ferroche era impossibile rompere senza una potente lima o una mazza; poi aveva cercato di sfondare il pavimentosperando di cadere in una stanza disabitatamadopo essersi rotte le unghieera stato costretto a rinunciarvi. Da ultimo aveva tentato di strangolare l'indiano che gli aveva portato il cibomasul punto di riuscirealtri indiani erano accorsi a liberare il compagno.
Persuaso dell'inutilità dei suoi sforzisi era accoccolato in un angolo della stanzarisoluto a morire di fame piuttosto che assaggiare i cibi che potevano contenere qualche misterioso narcotico; deciso a lasciarsi strappare le carni a brano a brano piuttosto che pronunciare una sola parola.
Erano trascorse dieci ore senza che egli si muovesse. Il sole era tramontatodopo un brevissimo crepuscoloe le tenebre avevano invaso la stanza: a un trattoun sibilo lamentososeguito da un colpo leggeroferì suoi orecchi. Si alzò senza far rumoregirando attorno uno sguardo indagatoree ascoltò attentamente. Non udì più nulla all'infuori delle grida rauche dei dayachi e dei malesi che passavano per la piazza.
Si avvicinò silenziosamente alla finestra e guardò attraverso le sbarre di ferro. Làpresso una gigantesca arenga saccarifera che stendeva la sua ombra su buona parte della piazzastava un uomo con un gran cappello in testa ed una specie di bastone in mano. Lo riconobbe a prima vista.
- Padron Yanez - mormorò.
Sporse un braccio e fece alcuni gesti. Il portoghese alzò le mani e rispose con altri gesti.
- Ho compreso - disse Kammamuri. - Buon padrone!
Lasciò la finestra e camminò fino alla parete che gli stava di fronte.
La osservò attentamentepoi si chinò e raccolse una specie di freccia all'estremità della quale era appesa una pallottola di carta.
- Qui dentro vi è la salvezza - mormorò. - A quanto parepadron Yanez sa adoperare bene la cerbottana.
Spiegò la carta e vi trovò due pillole nerepiccolissimeche mandavano un odore particolare.
- Veleno o narcotico? - si chiese. - Ah! la carta è scritta.
Si avvicinò alla finestra e lesse attentamente le seguenti righe:

Tutto procede di bene in meglio. Tremal-Naikse non sopraggiungono incidenti imprevistidomani sera sarà libero. Le pillole che ti uniscosciolte nell'acquaaddormentano istantaneamente. Cerca il mezzo di addormentare il guardiano e di fuggire. Domani a mezzogiorno ti attendo nei pressi del fortino. Yanez.

- Buon Yanez - mormorò il maharatto commosso. - Pensa a tutto.
S'appoggiò alle sbarre della finestra e si mise a meditare. Un leggero colpo dato alla porta lo tolse dai suoi pensieri.
- Eccolo! - esclamò.
Si avvicinò rapidamentema senza far rumoread un tavolo sul quale eranooltre a una zuppiera di riso e a parecchie fruttadue grandi tazze di tuwahe vi gettò dentro le pillole che istantaneamente si sciolsero.
- Chi è la? - chiese poi.
- Guardia del rajah - rispose una voce.
La porta si aprì e un indiano armato di una larga scimitarra e di una lunga pistola col calcio incrostato di madreperla entrò con precauzione. In una mano aveva una lanterna di talcosimile a quelle che usano i cinesie nell'altra un paniere pieno di provvigioni. - Non hai fame? - chiese la guardiavedendo le tazze pienele frutta intatte e la zuppiera ancora colma.
Il maharattoinvece di risponderegli lanciò uno sguardo torvo.
- Coraggioamico - continuò la guardia. - Il rajah è buono e non ti appiccherà.
- Ma mi avvelenerà - disse Kammamuri con finto terrore.
- E come?
- Col cibo e con la bevanda che vedi.
- È per questo che non hai assaggiato nulla?
- Certamente.
- Hai tortoamico mio.
- Perché?
- Perché né il tuwahné il risoné le frutta contengono veleno alcuno.
- Berresti tu una tazza di quel liquore?
- Se tu lo vuoi!
Kammamuri afferrò la tazza entro la quale aveva sciolto le pillole del portoghese e la porse alla guardia.
- Bevi - disse.
L'indianoche non aveva alcun sospettoavvicinò la tazza alle labbra e bevve buona parte del contenuto.
- Ma... - disse esitando. - Cos'hanno messo in questo tuwah?
- Non lo so - disse il maharatto che lo guardava attentamente.
- Un fremito strano agita le mie... membra.
- Ah!...
- Toh! la testa mi girami mancano le forzenon ci vedo piùmi pare...
Non finì. Traballò come fosse stato ferito in mezzo al pettoalzò le manisbarrò gli occhi e cadde pesantemente a terra rimanendo immobile.
Kammamuri d'un salto gli fu sopra e gli strappò la pistola e la scimitarra.
Così armato s'avvicinò alla porta e tese gli orecchi.
Temeva che il fracasso prodotto dall'indiano nel cadere attirasse altre guardie. Fortunatamente nessun passo si fece udire nel corridoio.
- Sono salvo! - esclamò respirando. - Fra dieci minuti sarò fuori della città.
Levò i corti calzonila giacca e la fascia che indossava l'indianoe in un batter d'occhio si vestì. Sulla testa si annodò un fazzoletto in modo da nascondere buona parte della fronte e un po' gli occhipoi cinse la scimitarra e passò nella cintura la pistola.
- Avanti - mormorò. - Passerò per una guardia del rajah
Aprì senza far rumore la portapercorse il corridoio che era deserto e oscurissimoscese la scala epassando rapidamente dinanzi alla sentinellauscì sulla piazza.
- Sei tuLabuk? - chiese una voce.
- Sì - rispose Kammamurisenza volgersi indietro per paura di venire riconosciuto da colui che lo interrogava.
- Che Siva ti protegga.
- Grazieamico.
Il maharatto procedeva con passo rapidoguardando attentamente intorno a sé e aguzzando l'orecchio: si teneva presso i muri delle casecelandosi quando in fondo alle vie e alle viuzze gli sembrava di scorgere qualcuno che assomigliava a una guardia del rajah
Dopo dieci buoni minuti giungeva ai piedi della collina sulla cui cima illuminato dalla lunabiancheggiava il fortino. Si arrestò tendendo gli orecchi.
Verso il fiume si sentivano i battellieri dayachi e malesi canticchiare monotoni ritornelli; nel quartiere cinese si udivano gli acuti suoni dell'yospecie di flauto a sei buchi e il dolce tremolio del kineuna chitarra con le corde di seta.
Verso la piazzaove rizzavasi gigante il palazzo del rajahnon giungeva nessun rumore.
- Sono salvo! - mormorò dopo alcuni istanti d'angosciosa attenzione. - Non hanno ancora scoperta la mia fuga.
Si cacciò in mezzo ai boschi di mangostani altissimidi mangifere di bellissimo aspetto e di cettings che si arrampicavano disordinatamente su per la collina.
Ora saltando da un albero all'altro con l'agilità di una scimmia per far perdere le tracceora entrando negli stagni di nere acque melmose ed ora sfondando cespugliin meno di un'ora giunsesenz'essere stato scorto da alcunoad un tiro di fucile dal fortino.
Si arrampicò su di un albero altissimo dal quale poteva scorgere chi saliva e chi scendeva la collina e attese pazientemente l'arrivo del portoghese.
La notte passò senza incidenti. Alle quattro del mattino il sole apparve improvvisamente all'orizzonteilluminando il fiume che si smarriva fra ubertose campagne e fitti boschila cittadina e le piantagioni circostanti.
Dall'alto del suo osservatorio il maharatto videqualche ora dopodue bianchi uscire dal fortino e lanciarsi a tutte gambe giù per il sentiero.
- Cosa succede? - mormorò Kammamuri. - Per mettersi a correre in quel modo bisogna che sia accaduto qualche cosa di serio nel fortino. Per Siva! Che quelli della città abbiano segnalato a questi uomini la mia fuga?
Si rannicchiò in mezzo al fogliameper non essere scorto da quelli che passavano pel sentieroe attesein preda ad una viva ansietà.
Un'ora dopo i due inglesi risalivano verso il fortinoseguiti da un ufficiale delle guardie e da un europeo vestito di tela biancail quale aveva una scatoletta nera appesa alla cintura.
- Che sia un medico? - si chiese Kammamuri diventando pallido. - Che qualcuno sia ammalato? Là dentro c'è il mio padrone!... Signore Yanezvenitefate presto! -
Si lasciò scivolare fino a terra e strisciò verso il sentierorisoluto ad interrogare qualcuno. Fortunatamente batterono le dodicipoi l'unale duele tresenza che alcun marinaio o alcuna guardia passassero di là.
Verso le cinqueperòun uomo con un largo cappellaccio di paglia e un paio di pistole alla cintura apparve ad una svolta del sentiero. Kammamuri lo riconobbe subito.
- Padron Yanez! - esclamò.
Il portogheseche saliva con passo lento guardando attentamente a destra e a sinistra come se cercasse qualcunoa quella chiamata si arrestò. Scorgendo Kammamuriaffrettò il passo equando l'ebbe raggiuntolo spinse nel fitto di un macchione dicendogli:
- Se qualche guardia ti scorgevaeri spacciato e questa volta per sempre; bisogna essere prudentimio caro.
- È successo qualche cosa di grave al fortinopadron Yanez - disse il maharatto. - Un sospetto mi è balenato alla mente e ho lasciato il mio nascondiglio.
- Un sospetto!... E quale?
- Che il mio padrone sia rinchiuso là dentro e che sia moribondo. Ho visto un bianco recarsi lassù e mi è sembrato un medico.
- È proprio il tuo padrone che ha messo in moto i soldati del fortino.
- Il mio padrone!...
- Sìmio caro.
- E sta male?
- È morto.
- Morto! - esclamò il maharatto traballando
- Non spaventartipiccino mio. Lo credono mortoma invece è vivo.
- Ah! padron Yanezquale paura mi avete fatto provare! Gli avete dato da bere qualche potente narcotico?
- Gli ho dato delle pillole che sospendono la vita per trentasei ore.
- E lo crederanno morto?
- Fulminato.
- E come faremo a salvarlo?
- Questa serase non m'ingannolo seppelliranno.
- Capisco - disse il maharatto. - Seppellito che sianoi lo disseppelliremo e lo porteremo al sicuro. Ma dove lo porteranno?
- Lo sapremo.
- E come?
- Quando usciranno dal forte noi li seguiremo.
- E quando faremo il colpo?
- Questa notte.
- Noi due?
- Tu e Sandokan.
- Dovrò avvertirlo dunque.
- Certamente.
- E voi non verrete con noi?
- Non posso.
- Perché?
- Il rajah questa sera dà un ballo in onore dell'ambasciatore olandese ecome capirainon posso mancare senza destare dei sospetti.
- Aho! - esclamò il maharattoalzando vivamente la testa verso il fortino.
- Che hai?
- Degli uomini escono dal forte.
- Per Giove!
Scostò con le mani i rami del fitto cespuglio e guardò la cima della collina.
Due marinai erano usciti portando sopra una barella un corpo umano chiuso in una specie di amaca. Dietro a loro uscirono altri due marinai armati di zappe e di vanghee una guardia del rajah
- Prepariamoci a partire - disse Yanez.
- Che strada prendono? - chiese Kammamuricon viva ansietà.
- Scendono il colle dal lato opposto.
- Vanno a seppellirlo nel cimitero!
- Non lo so. Giriamo il boscoma bada di non far rumore.
Uscirono dalla macchia e si cacciarono sotto la boscaglia che copriva quasi tutta la collina. Scavalcando tronchi atterratisfondando intricati cespugli e tagliando lunghe radicigirarono attorno al forte e si trovarono sul versante opposto. Yanez si arrestò.
- Dove sono? - si chiese.
- Eccoli laggiù - disse il maharatto
Il drappello infatti era in vista. Scendeva uno stretto sentiero che menava ad una piccola prateria circondata da superbi alberi. Nel mezzocinto da una bassa palizzatac'era uno spazio irto di cippi e di tavolette di legno.
- Quello dev'essere il cimitero - disse Yanez.
- Si dirigono verso quel luogo? - chiese Kammamuri.
- Sì.
- Respiropadron Yanez. Temevo che gettassero il mio povero padrone nel fiume.
- Anche a me era venuto questo pensiero.
I marinai erano entrati nel cimitero e si erano arrestati nel mezzodeponendo a terra Tremal-Naik. Yanez li vide girare per qualche istante fra i Cippicome se cercassero qualche cosapoi uno di essi alzò la zappa e cominciò a scavare.
- E là che lo sotterreranno - disse il portoghese al maharatto. - La terra smossa di fresco vi indicherà il luogo dove è sepolto
- C'è pericolo che il mio padrone muoia asfissiato? - chiese Kammamuri.
- Noamico mio. Ora corri subito da Sandokanordinagli di radunare i suoidi venire qui e dissotterrare il tuo padrone.
- E poi?
- Poi tornerete nel bosco e domani verrò a raggiungervi. Domani sera potremo lasciare questi luoghi per sempre. Va'amicova'.
Il maharatto non se lo fece dire due volte. Impugnò la pistola e scomparve sotto gli alberi con la rapidità di un daino.

 

8. Yanez in trappola

 
Quando Yanezverso le 10 di serarientrò in Sarawakrimase sorpreso dallo straordinario movimento che regnava in tutti i quartieri. Per le vie e per le viuzze passavano e ripassavano frotte di cinesi in abito da festadayachimalesimacassaresibughisigiavanesi e tagaligridandoridendo e urtandosi gli uni con gli altri. Si dirigevano tutti verso il piazzale dove sorgeva l'abitazione del rajah. Senza dubbio avevano avuto sentore della festa che dava il loro principe e vi accorrevano in massacertissimi di divertirsi non poco e di fare delle buone bevute anche rimanendo in piazza.
- Buono - mormorò il portoghesestropicciandosi allegramente le mani.
- Sandokan potrà passare presso la città senz'essere visto da alcun abitante. Mio caro Principeci aiuti molto bene. Te ne sarò grato.
Facendosi largo coi gomiti e non di rado coi pugnidopo cinque minuti giungeva nella piazza. Innumerevoli torce resinose ardevano qua e là illuminando fantasticamente le casegli alti e bellissimi alberi e la palazzina del rajahche era circondata da una doppia fila di guardie ben armate.
Una folla considerevoleparte allegra e parte ubriacasi accalcava in quello spazio mettendo urla indiavolate e agitandosi continuamente. I buoni cittadini di Sarawakudendo l'orchestra che suonava nelle stanze della palazzinadanzavano furiosamente pigiandosi contro le case e contro gli alberiurtando e rompendo le file delle guardie le quali erano talvolta costrette a mettere le armi in resta.
- Giungiamo un po' in ritardo - disse Yanezridendo. - Il principe sarà inquieto per la mia prolungata assenza.
Si fece riconoscere dalle guardiesalì le scale ed entrò nella sua stanza per fare un po' di toeletta e per deporre le armi.
- Si divertono? - chiese all'indiano che il rajah aveva messo a sua disposizione.
- Moltomilord - rispose l'interrogato.
- Chi sono gli invitati?
- Europeimalesidayachi e cinesi.
- Un miscugliodunque. Non ci sarà bisogno d'indossare l'abito neroche del resto non ho.
Si spazzolò gli abitidepose le armi cacciandosi però una corta pistola in una tasca e si diresse verso la sala da ballosulla cui soglia si arrestò con la più viva sorpresa dipinta sul viso.
La sala non era vastama il rajah l'aveva fatta addobbare con un
certo gusto.
Numerose lampade di bronzodi provenienza europeapendevano dal soffitto spargendo una viva luce; grandi specchiere di Venezia ornavano le paretistuoie dayache dipinte a vivi colori coprivano il suolo e sui tavolini facevano bella mostra grandi vasi di porcellana di Cinacontenenti peonie di un rosso vivissimo e grandi magnolie che profumavanofors'anche troppol'aria.
Gli invitati non erano più di cinquanta: ma quanti costumi e quanti tipi diversi! Vi erano quattro europei tutti vestiti di tela biancauna quindicina di cinesi vestiti di setacon crani così pelati e così lucenti che sembravano zucchedieci o dodici malesi dalla tinta verde scurainsaccati in lunghe zimarre indiane; cinque o sei capi dayachi con le loro donnepiù nudi che vestitima adorni di centinaia di braccialetti e di collane di denti di tigre. Gli altri erano macassaresibughisitagaligiavanesi che si dimenavano come ossessi e che vociavano violentemente ogni qualvolta l'orchestra cineseformata da quattro suonatori di piene-kin (istrumento formato da sedici pietre nere) e da una ventina di flautistiintonava una marcia che non impossibile a danzarsi.
- Che festa è mai questa? - chiese Yanez ridendo. - Se una delle nostre signore d'Europa la vedessescommetterei cento sterline contro u penny che pianterebbe su due piedi S.A. Brooke e la sua diabolica orchestra. -
Entrò nella sala e si diresse verso il rajahl'unico che indossava l'abito neroil quale stava chiacchierando con un grosso cinesesenza dubbio uno dei principali negozianti della città.
- Si divertono qui - disse.
- Ah! - esclamò il rajah volgendosi verso di lui. - Siete quimilord? Vi aspetto da un paio d'ore.
- Ho fatto una passeggiata sino al fortino e nel ritorno ho smarrito la strada.
- Avete assistito al funerale del prigioniero?
- NoAltezza. Le cerimonie lugubri non mi vanno troppo a sangue.
- Vi piace questa festa?
- C'è un po' di confusionemi pare.
- Mio carosiamo a Sarawak. I cinesii malesi e i dayachi non sanno far di meglio. Prendete qualche dayaca e fate un giro di danza.
- Con questa musica è impossibileAltezza.
- Ne convengo - disse il rajah ridendo.
In quell'istante verso la porta echeggiò un grido che coprì il baccano che regnava nella sala.
Il rajah si volse bruscamente ecome luisi volse Yanez. Ebbero appena il tempo di vedere un individuo vestito di biancocon una lunga barba grigiastrail quale prontamente si trasse indietro.
- Che cosa accade? - chiese il rajah
Alcune persone si diressero verso la portama ritornarono quasi subito.
- Aspettatemi quimilord - disse il rajah
Yanez non rispose né si mosse. Quel gridoche forse non udiva per la prima voltagli era sceso fino in fondo all'anima. Un leggero pallore coprì il suo viso e i suoi lineamentiordinariamente così calmiper alcuni istanti si alterarono.
- Quale grido! - mormorò finalmente. - Dove l'ho udito?... Scoppierebbe una catastrofe proprio ora che abbiamo tratto la nave in porto?
Cacciò una mano nella tasca dei calzoni e silenziosamente armò la pistolarisoluto a servirsene se fosse stato necessario.
In quel momento rientrò il rajah. Yanez vide subito che una ruga gli solcava la fronte. Trasalì e divenne inquieto.
- EbbeneAltezza? - chiese facendo uno sforzo straordinario per sembrare calmo. - Che è successo?
- Nullamilord - rispose il rajah con pacatezza.
- Ma quel grido?... - insisté Yanez.
- Lo emise un mio amico.
- Per qual motivo?
- Perché fu colto da un malore improvviso.
- Eppure...
- Volete dire?
- Quel grido non era di dolore.
- Vi siete ingannatomilord. Orsùprendete qualche dayaca ese è possibiledanzate una polka.
Il rajah passò oltremettendosi a discorrere con uno degli invitati. Yanez invece rimase lìseguendolo con uno sguardo inquieto.
- C'è sotto qualche cosa - mormorò. - Sta' in guardiaYanez.
Finse di allontanarsi e andò invece a sedersi dietro a un gruppo di malesi. Di là vide il rajah volgersi indietro e guardare all'intorno come se cercasse qualcuno. Yanez tornò a trasalire.
- Cerca me - disse. - Ebbenemio caro Brooketi giocherò un bel tiro prima che tu possa giocarlo a me.
S'alzò affettando la massima calmagirò due o tre volte attorno alla salapoi si fermò a due passi dalla porta. Lì c'era un servo del rajah. Gli fece cenno di avvicinarsi.
- Chi ha gettato poco fa quel grido?- gli chiese.
- Un amico del rajah - rispose l'indiano.
- Il suo nome?
- Lo ignoromilord.
- Dove si trova ora?
- Nello studio del rajah
- È ammalato?
- Non lo so.
- Posso recarmi a visitarlo?
- Nomilord. Due sentinelle vegliano dinanzi alla porta dello studio con l'ordine di non lasciare passare nessuno.
- E non conosci quell'uomo?
- Di nome no.
- È un inglese?
- Sì.
- Da quanto tempo è a Sarawak?
- Arrivò subito dopo il combattimento avvenuto alla foce del fiume - disse poi.
- Contro la Tigre della Malesia?
- Sì.
- È un nemico della Tigre?
- Sìperché lo cercò per i boschi.
- Grazieamico - disse Yanez mettendogli in mano una rupia. Uscì dalla sala e si diresse verso la sua stanza. Era pallido e pensieroso.
Appena entratochiuse per bene la portastaccò dalla parete un paio di pistole e un kriss dalla punta avvelenataindi aprì la finestra curvandosi sul davanzale.
Una doppia fila di indianiarmati di fucilicircondava l'abitazione.
Più in làun duecento o trecento persone danzavano disordinatamente emettendo grida selvagge.
- La fuga per di qua è impossibile - disse Yanez. - Eppure bisogna che io lasci questo palazzo al più presto. Sento che un gran pericolo mi minaccia e che... - Si arrestò improvvisamentecolpito da un sospetto balenatogli alla mente. - Quel grido... mormoròtornando ad impallidire. - Sìdeve averlo emesso lui... sìlord Guillonkil nostro nemico... Ora mi ricordo che Sambigliong disse di averlo vedutoalla testa di una banda di dayachinella foresta dove si cela Sandokan... E luisìè lui!...
Si precipitò verso il tavolo e impugnò le pistole dicendo:
- Yanez non ucciderà lo zio di Marianna Guillonkma difenderà la propria vita. Si avvicinò alla porta e tirò il catenaccioma non fu capace di aprirla. Vi appoggiò contro una spalla e fece forzama senza miglior esito. Una sorda esclamazione gli irruppe dalle labbra:
- M'hanno chiuso dentro - disse. - Ormai sono perduto.
Cercò un'altra uscitama non vi erano che le due finestre e sotto di esse stavano le guardie del rajah e più oltre la folla.
- Maledetta sia questa festa! - esclamò con rabbia.
In quell'istante udì battere alla porta. Alzò le pistolegridando:
- Chi è?
- James Brooke - rispose il rajah dal di fuori.
- Solo o accompagnato?
- Solomilorde senz'armi.
- EntrateAltezza - disse Yanez con accento ironico. Si mise le pistole alla cinturaincrociò le braccia sul petto e a testa altacon lo sguardo calmoattese la comparsa del formidabile avversario.

9. Lord James Guillonk

 
Il rajah entrò.
Era solosenz'armi e ancora vestito di nero. Però non era più l'uomo calmo e sorridente di prima. Era pallidonon già per la paurama per la collera; aveva la fronte aggrottatalo sguardo scintillanteun sorriso ironicoche gaceva male a vederlo sulle sue labbra. Non era più il principe di Sarawak; era lo sterminatore dei pirati che si preparava ad annientare uno dei più potenti capi della pirateria malese.
Per alcuni istanti stette immobile sulla soglia della portadardeggiando sopra Yanez uno sguardo acuto come la punta di una spadapoi avanzò nella stanza. La porta fu subito chiusa dietro le sue spalle.
- Signore - disse con accento duro.
- Altezza - disse Yanez con egual tono.
- Se non erroavete già compreso lo scopo della mia visita.
- È probabileAltezza. Favorite accomodarvi.
Il rajah si sedette su una sedia; Yanez invece si appoggiò allo scrittoio qualea portata di manoc'era il kriss
- Signore - ripigliò il rajah con voce tranquilla. - Sapete come mi si
chiama a Sarawak?
- James Brooke.
- Nomi chiamANo lo sterminatore dei pirati.
Yanez s'inchinò sorridendo.
- Brutto nomeAltezza - disse poi.
- Ora che sapete chi è James Brookerajah di Sarawakgettiamo la maschera e parliamo.
- GettiamolaAltezza.
- Se io approdassi a Mompracem...
- Ah!... - esclamò Yanez. Voi lo sapete...
- Lasciatemi finiresignore. Se ioripetoapprodassi a Mompracem chiedessi ospitalità alla Tigre della Malesia o al suo luogotenente e poi essi venissero a sapere che io sono uno dei loro più accaniti nemiciche cosa sarebbe di me?
- Per Bacco! Se si trattasse di James Brookela Tigre della Malesia o il suo luogotenente non esiterebbero a passargli una coRda al collo.
- Ebbenesignor Yanez de Gomera...
- Signor Yanez! - lo interruppe il portoghese. - Chi vi ha detto che io sono Yanez de Gomera?
- Un uomo che ebbe a che fare con voi!
- Sono dunque tradito?
- Cioèsiete scoperto.
- Il nome di quest'uomoJames Brooke! - gridò Yanezfacendo un passo verso il rajah. - Io lo voglio!
- E se mi rifiutassi di dirvelo?
- Vi costringerei.
Il rajah proruppe in una risata.
- Voi minacciate - disse- e non pensate che dietro a quella porta dieci uominiarmati fino ai dentiattendono una mia parola per entrare e gettarsi su di voi. Tuttavia vi accontenterò.
Batté tre volte le mani. La porta si aprì e un vecchio di alta staturaancora robustocol viso abbronzato dal sole dei tropici ed una lunga barba biancaentrò a lenti passi. Yanez non seppe frenare un grido.
quell'uomo L'aveva subito riconosciuto. Era lord James Guillonklo zio della defuntamoglie della Tigreil nemico che aveva giurato di appiccare i due capi della pirateria. Era infine lo stesso uomo che il pirata Sambigliong aveva visto sotto le foreste alla testa di un drappello di dayachi
- Mi riconosceteYanez de Gomera? - chiese egli con voce sorda.
- Sìmilord - rispose il portogheseche si era prontamente rimesso dal suo sgomento.
- Una voce mi diceva che un giorno avrei trovato i rapitori di mia nipote Marianna: non m'ingannavo.
- Avete detto rapitorimilord? Lady Marianna non fu rapita che dietro suo consenso. Ella amava la Tigre della Malesianon lo abborriva.
- Poco m'importa sapere se ella amasse od odiasse il pirata. Fu rapita a lord James Guillonksuo zioe ciò mi basta. Yanez de Gomeravi ho cercato per parecchi anni senza un istante di riposo. Sapete perché?
- L'ignoromilord.
- Per vendicarmi.
- Vi ho detto che lady Marianna non fu rapita. Di che volete vendicarvi dunque?
- Del dolore che mi avete dato privandomi dell'unica parente che avevodelle umiliazioni inflittemi e del male che avete fatto alla mia patria.
Rispondetemi ora: dov'è mia nipote? È vero ch'ella è morta?
- Vostra nipoteo meglio la moglie della Tigre della Malesiariposa nel cimitero di Bataviamilord - disse Yanez con voce triste.
- Uccisa forse dall'infame suo rapitore.
- Nomilorddal colera. E se voi lo ignoratevi dirò che Sandokanil sanguinario pirata di Mompracempiange e piangerà per molti anni ancora lady Marianna Guillonk.
- Sandokan! - esclamò il lord con intraducibile accento d'odio.- Dov'è quest'uomo?
- Vostro nipotemilordsi trova in un luogo sicuro sul territorio del rajah di Sarawak.
- Che cosa fa qui?
- Sta salvando un uomo ingiustamente condannato che ama Ada Corishantvostra parente.
- Tu menti - urlò il lord.
- Chi è questo condannato? - chiese il rajahbalzando in piedi.
- Non lo posso dire - rispose Yanez.
- Lord Guillonk - disse il rajah. - Avete un parente che porti il nome di Corishant?
- La madre di mia nipote Marianna aveva un fratello che si chiamava Harry Corishant.
- Dov'era questo Harry Corishant?
- In India.
- Vive ancora?
- Mi è stato detto che è morto.
- Aveva una figlia che si chiamava Ada?
- Sìma gli fu rapita dai thugs indianiné si udì più parlare di lei.
- Credete che si ancora viva?
- Non lo credo.
- Allora...
- Questo pirata c'inganna.
- Milord - disse il portoghesealzando la testa e guardandolo in viso. - Se io giurassi sul mio onore che quanto vi ho detto è veromi credereste voi?
- Un pirata non ha onore - disse con disprezzo lord Guillonk.
Yanez impallidì e la sua mano corse al calcio di una pistola.
- Milord - disse con voce grave. - Se dinanzi non avessi lo zio di lady Mariannaa quest'ora avrei commesso un omicidio. È la quarta volta che io vi dono la vitanon dimenticatelo.
- Ebbeneparlate. Forse presterò fede alle vostre parole.
- Ripeto ciò che vi dissi poco fa. La Tigre della Malesia è qui per salvare un uomo ingiustamente condannato che ama Ada Corishantvostra parente.
- Dov'è mia nipote?
- Ada Corishant si trova con la Tigre della Malesia.
- Dove?
- Non ve lo posso direora.
- Perché?
- Perché voi sareste capaci di piombare su Sandokan e farlo prigioniero od ucciderlo. Promettete di lasciarlo partire libero per la sua isola ed io vi dirò dove si trova e ciò che sta facendo in questo momento.
- Questa promessa non uscirà mai dalle mie labbra - disse il rajahintervenendo. - È tempo che la Tigre della Malesia scompaia per sempre da questi mariche per tanti anni ha insanguinato.
- E nemmeno dalle mie - aggiunse lord Guillonk. - Sono cinque anni che attendo la vendetta.
- Ebbenesignorifatemi frustarefatemi arrostire a lento fuocofatemi soffrire mille tormentidalla bocca di Yanez de Gomera non uscirà più sillaba. -
Mentre Yanez parlavadue indiani erano entrati dalla finestra e si erano silenziosamente avvicinati allo scrittoio. Pareva che non attendessero che un segnale per slanciarsi.
- Dunque? - disse il rajahdopo aver fatto un rapido cenno ai suoi uomini. - Dunque voi non parlerete?
- Noaltezza - rispose Yanez con incrollabile fermezza.
- Ebbenesignoreio James Brookerajah di Sarawakvi arresto! -
A quelle parole i due indiani si slanciarono sul portoghese che non si era accorto della loro presenza e lo rovesciaronostrappandogli le pistole.
- Miserabili! - gridò il prigioniero.
Con uno sforzo erculeo li atterròma altri indiani balzarono nella stanza e prontamente lo legarono e lo imbavagliarono.
- Dobbiamo ucciderlo? - chiese il capo di quegli uominisguainando il suo kriss
- No - rispose il rajah. - Quest'uomo deve farci delle rivelazioni.
- Parlerà? - chiese Guillonk.
- Subitomilord - rispose Brooke.
Ad un suo cenno un indiano uscì; poco dopo tornò recando sopra un vassoio d'argento una tazza colma di un'acqua verdognola.
- Che cos'è quella bevanda? - chiese il lord.
- Una limonata - disse il rajah
- Per che farne?
- Farà parlare il prigioniero.
- Ne dubitorajah Brooke.
- Lo vedrete.
- Avete mescolato qualche veleno?
- Un po' di oppio e alcune gocce di youma
- È una bevanda indiana?
- Sìmilord.
Due indianiad un suo cennolevarono a Yanez il bavagliogli aprirono per forza la bocca e gli fecero inghiottire la limonata.
- State attentomilord - disse il rajah. - Sapremo fra poco dove si nasconde la Tigre della Malesia.
Il prigioniero era stato nuovamente imbavagliatomalgrado i suoi morsi e le sue violenti scosseperché con le sue grida non mettesse sottosopra gli invitati che continuavano a danzare e a bere nella sala vicina.
Dopo cinque minuti il suo visopallido per l'iracominciò a colorirsi ed i suoi occhi a risplendere come quelli di un serpente irritato. I suoi contorcimenti e i suoi sforzi scemarono a poco a pocofinché cessarono del tutto.
- Lasciatelo ridere - disse il rajah
Un indiano tornò a levare il bavaglio. Cosa strana: Yanezche poco prima pareva in preda ad una collera furiosaora minacciava di scoppiare dalle risa!
Rideva di un riso convulsoe così forte che pareva fosse tutt'a un tratto diventato pazzo. E come se ciò non bastasseparlava senza arrestarsiora di Mompracemora dei tigrotti e ora di Sandokancome se dinanzi a lui ci fossero degli amicianziché dei nemici.
- Quell'uomo è pazzo - disse lord Guillonk al colmo della sorpresa.
- Non è pazzomilord - aggiunse il rajah. - È la limonata che fa ridere. Gl'indianicome vedetehanno delle bevande veramente meravigliose.
- Ci diràdove si trova la Tigre della Malesia?
- Senza dubbio. Basterà interrogarlo.
- Amico Yanez - disse il lordrivolgendosi al portoghese- parlami della Tigre della Malesia.
Il portogheseche era stato liberato dalle corde che gli stringevano i polsi e le caviglieudendo la voce del lordsi era prontamente alzato.
- Chi parla della Tigre? - chiese. - La Tigreah... ah! La Tigre della Malesia... Chi non la conosce? Sei tuvecchioche non la conosci?... Non conoscere la Tigrela invincibile Tigre?... Ah!... ah!... ah!...
- È forse qui la Tigre? - chiese il rajah.
- Ma sìè proprio quisul territorio di James Brookedel rajah di Sarawak. E quello stupido di Brooke non lo sa... ah!... ah!...
- Ma quest'uomo v'insultaAltezza - disse Guillonk.
- Che importa? - disse il rajahalzando le spalle. - Insultama darà nelle nostre mani il capo dei pirati di Mompracem.
- ProseguitedunqueAltezza.
- DitemiYanezdov'è nascosto Sandokan?
- Non lo sai?... ah!... ah!... Non sa dove sia Sandokan! È quiproprio qui - disse Yanezcontinuando a ridere.
- Ma in quale luogo?
- In quale?... È... è...
Si arrestò. Forse un lampo di lucidità gli aveva rischiarato il cervellonel momento in cui stava per tradire il suo fedele amico.
- Perché ti fermi? - chiese il rajah. - Tu non sai dunque dove si trova?
Yanez proruppe in una risata convulsa che durò alcuni minuti.
- Ma sì che lo so - rispose poi. - È in Sarawak.
- Tu non dici il veroYanez.
- Sìdico il vero. E nessuno lo sa meglio di me... ah! ah! Io non saper dove sia Sandokan... ah!... ah!... Ma tu sei pazzo.
- Ebbenedimmidov'è?
- In cittàti ho detto... Sìa quest'ora dev'essere giunto e andrà a disseppellire il finto morto... e noi rideremo; sìrideremo di aver giocato quello stupido di Brooke... Ah! ah!
Il rajah e lord Guillonk si guardarono in viso con stupore.
- Il finto morto! - esclamarono ad una voce. - Chi è questo finto morto?
- Chi?... Non lo sai? È Tremal-Naikil thug indiano.
- Ah!... miserabile! - esclamò il rajah. - Ora comprendo. ContinuaYanezamico mio. Quando disseppellirete il finto morto?
- Questa stessa notte... e domani rideremo. Oh sìrideremo Ah!... ah!... che bel tiro!... ah!... ah!...
- E sarà Sandokan che lo disseppellirà?...
- SìSandokane questa notte stessa... ah! ah! Ci divertiremo domani... e Tremal-Naik sarà contento... oh! sìcontentotanto contento!...
- Basta così - disse il rajah. - Ora sappiamo ciò che dobbiamo fare. Venitemilord.
Lasciarono la stanza e si ritirarono nello studio dove li attendeva il capitano delle guardieun bell'indiano di alta staturadi provato coraggiodi grande sagaciaantico compagno d'armi del rajah.
- Kàllooth - disse il principe. - Di quanti uomini fidati puoi disporre?
- Di sessantatutti indiani - rispose il capitano.
- Fra dieci minuti che sieno pronti a partire.
- Sta benerajah. E poi?
- Metterai quattro sentinelle nella stanza di Yanez e dirai loro di ucciderlo come un cane al primo tentativo di fuga. Va'!
L'indiano salutò e uscì rapidamente.
- Verrete anche voimilord? - chiese il rajah.
- Non occorreva chiedermeloAltezza - rispose lord Guillonk. Io esecro la Tigre della Malesia.
- Eppure è vostro nipotemilord - osservò il rajahsorridendo.
- Non lo riconosco.
- Sta bene. Domanise la sorte ci arridela pirateria malese avrà perduti per sempre i suoi due capi. A noi dueTigre della Malesia: James Brooke ti sfida.

 

10. Nel cimitero

 
Mentre nella casa del rajah accadevano gli avvenimenti or ora narratiSandokan che era statodue ore dopo il seppellimento di Tremal-Naikraggiunto dal bravo maharattosi avvicinava a grandi passi alla cittàseguito da tutta la sua terribile bandaarmata fino ai denti e pronta a combattere.
La notte era bellissima. Miriadi di stelle luccicavano in cielo come diamanti e la luna vagava nello spaziospandendo al di sopra dei grandi boschi una luce azzurrognola d'infinita dolcezza.
Un silenzio quasi perfetto regnava ovunquerotto solodi quando in quandoda una lieve brezzolina che veniva dal mare e che curvavacon lieve sussurriole foglie degli alberi.
Sandokancon la carabina sotto i] bracciogli occhi ben apertigli orecchi tesi per raccogliere il minimo rumore che segnalasse la presenza di un nemicocamminava innanzi a tuttiseguito a breve distanza dal maharatto.
I pirati lo seguivano in fila indiana col dito sul grilletto del fucilecalpestando con precauzione le foglie secche ed i rami mortie guardando attentamente a destra e a sinistra per non cadere in un agguato.
Alle diecinel momento in cui la festa da ballo del rajah cominciavai pirati giungevano sul limite estremo dell'immensa boscaglia.
Ad oriente scintillavacome un immenso nastro d'argentoil fiumee presso le sue rive biancheggiavano le case e le casette della città. In mezzo a questelo sguardo acuto di Sandokan distinse l'abitazione del rajahle cui finestre erano illuminate.
- Vedi nulla laggiùKammamuri? - chiese.
- Sìcapitano. Vedo delle finestre illuminate.
- Si danzadunquea Sarawak.
- È certo.
- Sta bene. Domani James Brooke si pentirà!...
- Lo credocapitano.
- Mettiti in testa e guidaci al cimitero. Bada però di tenerti lontano dalla città.
- Non temetecapitano.
- Avantidunque.
La banda lasciò la foresta e s'inoltrò attraverso una vasta pianura coltivatasparsa qua e là di bellissimi gruppi di cetting e di aranghe saccarifere.
Dalla cittàquando il venticello soffiava un po' più fortementegrida confusema per le campagne non si vedeva alcun abitantené alcun drappello di guardie.
Il maharatto nondimeno prese un passo rapido e condusse la banda sotto un nuovo bosco che girava attorno al colle difeso dal fortino.
Egli sapeva che il rajah era estremamente sospettoso e che teneva delle spie attorno alla cittàpaventando un improvviso attacco da parte dei pirati di Mompracem.
Dopo un venti minutiKammamuri faceva cenno alla banda di arrestarsi.
- Che cosa c'è - chiese Sandokan raggiungendolo.
- Siamo in vista del cimitero - disse il maharatto.
- Dov'è?
- Guardate laggiùcapitanoin quel prato.
Sandokan guardò nella direzione indicata e vide il recinto. La luna faceva biancheggiare i cippi e scintillare le croci di ferro dei sepolcri europei.
- Odi nulla? - chiese Sandokan.
- Nulla - rispose il maharatto- fuorché il vento che sussurra fra i rami degli alberi.
Sandokan gettò un fischio. I pirati si affrettarono a raggiungerlo e lo circondarono.
- Uditemitigrotti di Mompracem - diss'egli. - Forse non succederà nullama bisogna diffidare. James Brookeio lo soè un uomo perspicace e sospettoso che darebbe il suo regno per schiacciare la Tigre della Malesia ed i suoi tigrotti.
- Lo sappiamo - risposero i pirati.
- Prendiamo dunque delle precauzioni per non venire disturbati nel nostro lavoro. TuSambigliongprenderai otto uomini e li disporrai attorno al cimiteroa mille passi di distanza. Al primo segnale che odio al primo uomo che vedimanderai uno dei tuoi ad avvertirmi.
- Sta benecapitano - rispose il pirata.
- TuTanauduriamne prenderai sei e li disporrai attorno al cimitero a cinquecento passi da noi. Anche tu al primo fischio o al primo uomo che vedrai mi verrai ad avvertire.
- Sarà fattocapitano.
- E tuAïer-Dukprenderai quattro uomini e salirai a mezza costa di quella collina. Lassù c'è un fortino abitato e potrebbe scendere qualcuno.
- Sono prontoTigre della Malesia.
- Andatedunquee al mio primo fischio ripiegatevi tutti verso il cimitero.
I tre drappelli si diviseroprendendo tre diverse direzioni. Gli altri piratiguidati dalla Tigre della Malesia e da Kammamuriscesero verso il recinto.
- Sai precisamente dove fu sepolto? - chiese Sandokan a Kammamuri.
- In mezzo al cimitero - rispose il maharatto.
- Molto profondo?
- Non lo so. Io e il capitano Yanez eravamo ai piedi del colle quando i marinai lo sotterrarono. Lo ritroveremo vivo?
- Vivo sìma non riaprirà gli occhi che domani dopo mezzodì.
- Dove andremo dopo che lo avremo disotterrato?
- Torneremo nei boschi eappena Yanez ci avrà raggiuntici recheremo da Ada.
- E poi?
- Poi partiremo subito. Se James Brooke si accorge del tiroci darà la caccia su tutto il territorio.
Erano allora giunti nel recintoSandokan per primoil maharatto e i pirati poi entrarono nel cimitero.
- Siamo solia quanto pare - disse Sandokan. - Avanti.
Si diressero verso il centro del cimitero e si arrestarono davanti ad una fossa riempita di fresco.
- Dev'essere qui - disse il maharatto con viva commozione. Povero padrone!
Sandokan estrasse la scimitarra e sollevò con precauzione la terra.
Kammamuri e i pirati col loro krisslo imitarono.
- Era chiuso in una cassa o in un'amaca? - chiese Sandokan.
- In un'amaca - rispose Kammamuri.
- Scavate adagio; si potrebbe ferirlo.
Scavando con prudenza e ritirando la terra con le manierano giunti a due piedi di profonditàquando la punta di un kriss incontrò una certa resistenza.
- Ci siamo - disse un pirata ritirando prontamente il braccio.
- Hai trovato il corpo? - chiese Sandokan.
- Sì - rispose l'interrogato.
- Leva la terra.
Il pirata cacciò le braccia nella fossa e fece volare a destra e a sinistra la terra. Subito apparve l'amaca che avvolgeva Tremal-Naik.
- Prova ad alzarla - disse Sandokan.
Il pirata afferrò l'amaca eriunendo tutte le sue forzesi mise a tirare. A poco a poco la terra si alzòpoi si divise e il tumulato apparve.
- Padron mio - mormorò il maharatto con voce soffocata dalla gioia.
- Deponetelo qui - disse Sandokan.
Tremal-Naik fu collocato presso la fossa. L'amaca era perfettamente immobile e umida.
- Vediamo - disse Sandokan.
Impugnò il kriss e delicatamente squarciò in tutta la lunghezza la grossa stoffamettendo allo scoperto Tremal-Naik.
L'indiano aveva le apparenze di un morto. I suoi muscoli erano rigidila sua pelle lucente e di una tinta grigiastrainvece che bronzeagli occhi rovesciati che lasciavan solamente vedere il biancole labbra aperte e macchiate d'una bava sanguigna. Chiunque l'avesse vistoavrebbe detto che quell'uomo era stato ucciso da un potente veleno.
- Padron mio! - ripeté Kammamuri curvandosi su di lui. - È proprio verocapitanoche non è morto?
- Te lo garantisco - rispose Sandokan.
Il maharatto appoggiò una mano sul petto di Tremal-Naik.
- Il suo cuore non batte - disse con terrore.
- Ma non è mortoti ho detto.
- Non si può farlo risuscitare ora?
- È impossibile.
- E domani a...
Il maharatto non finì la domanda. Nella pianura era improvvisamente echeggiato un fischio acuto: il fischio d'allarme.
Sandokanche si era inginocchiato presso Tremal-Naikbalzò in piedi con l'agilità d'una tigre. Il suo sguardo percorse d'un colpo solo la prateria.
- Un uomo s'avvicina - disse. - Un pericolo ci minaccia forse?
Un pirata s'avvicinava al recinto con la rapidità di un cervo. Nella destra aveva una scimitarra sguainata che la luna faceva scintillare come se fosse d'argento.
In brevi istantidopo aver varcato con un solo salto la palizzatafu presso Sandokan.
- Sei tuSambigliong? - chiese la Tigre della Malesiaaggrottando la fronte.
- Sìmio capitano - disse il pirata con voce rotta per la lunga corsa.
- Che nuove mi rechi?
- Stiamo per essere assaliti.
- Chi?
- Nopi -
Sandokan fece un passo innanzi. S'era tutto d'un tratto trasfigurato. I suoi occhi mandavano balenile labbraritrattesimostravano i dentibianchi come quelli di un carnivoro. La Tigre della Malesia stava per risvegliarsi.
- Noiassaliti!... - ripeté stringendo con frenesia la sua terribile scimitarra.
- Sìcapitano. Una banda d'uomini armati è uscita dalla città e si dirige a rapidi passi verso questo luogo - disse Sambigliong.
- Quanti uomini sono?
- Una sessantina almeno.
- E si dirigono qui?
- Sìcapitano.
- Che cos'è accaduto dunque?... E Yanez?... Che sia stato scoperto?... Guai a teJames Brookeguai a te!...
- Che cosa dobbiamo fare? - chiese Sambigliong.
- Radunare i nostri uominiprima di tutto.
Accostò alle labbra un fischietto al cui suono tutti i pirati si raccolsero attorno a lui.
- Siamo in cinquantasei - disse quindima tutti coraggiosi; cento uomini non ci fanno paura.
- Nemmeno duecento - disse Sambigliong agitando la scimitarra. -
Quando la Tigre della Malesia darà il comandopiomberemo su Sarawak e la incendieremo.
- Non domandotantoper ora - disse Sandokan. - Ascoltatemi.
- ParlateTigre della Malesia.
- TuSambigliongprenderai otto uomini e andrai a nasconderti dietro quegli alberi. TuTanauduriamne prenderai altrettanti e ti nasconderai dietro quell'altro gruppo di pianteproprio di fronte a Sambigliong.
- Bene - dissero i due capi.
- TuAïer-Dukprenderai tre uomini e ti collocherai in mezzo al cimitero.
- Va bene.
- Ma fingerai di scavare una fossa.
- Perché?
- Per lasciare che le guardie si avvicinino senza timore. Io mi nasconderò cogli altri dietro al muricciuolo equando sarà giunto il momento propiziodarò il segnale dell'attacco.
- Che sarà?... - chiese Sambigliong.
- Un colpo di fucile. Dato il segnaletutti voi scaricherete le carabine sul nemicopoi lo assalirete con le scimitarre.
- Bel piano! - esclamò Tanauduriam. - Li prenderemo in mezzo.
- A posto! - comandò la Tigre.
Sambigliong con i suoi uomini andò ad imboscarsi nella macchia di destra; Tanauduriam cogli altri in quella di sinistra. La Tigre della Malesia s'inginocchiò dietro al muricciuolocircondato dagli altrie Aïer-Duk coi compagni si mise presso Tremal-Naik fingendo di scavare la terra.
Era tempo. Una doppia fila d'indiani sbucava allora nella prateria preceduta da un uomo vestito di tela bianca. Si avanzavano in silenziocoi fucili in manopronti ad assalire.
- Kammamuri - disse Sandokan che spiava la banda nemicavedi chi è quell'uomo vestito di bianco?
- S'capitano.
- Sapresti dirmi chi è?
Il maharatto aggrottò le ciglia e guardò con estrema attenzione.
- Capitano - disse con una certa commozione- scommetterei che quell'uomo è il rajah Brooke.
- Lui... lui... - esclamò la Tigre con accento d'odio. - Lui viene a sfidarmi!... Rajah Brookesei perduto!
- Volete ucciderlo!
- Il mio primo colpo di fucile sarà per lui.
- Non lo faretecapitano.
La Tigre della Malesia si volse verso Kammamuri mostrando i denti.
- CapitanoYanez è forse prigioniero.
- È vero.
- Se noi c'impadronissimo del rajahnon sarebbe meglio?
- Ti comprendo. Tu vorresti fare uno scambio.
- Sìcapitano.
- L'idea è eccellenteKammamuri. Ma io odio quell'uomo che tanto male ha fatto ai pirati malesi.
- Yanez vale più del rajah.
- Hai ragionemaharatto. SìYanez è prigionieroil cuore me lo dice.
- Dunque? Chi si incaricherà di prenderlo?
- Noi due. Zitto ora e attenti al segnale.
Gl'indiani erano giunti a quattrocento metri dal cimitero. Temendo di venire scoperti da Aïer-Dukche continuava a scavare imitato dai suoi tre compagnisi erano gettati a terra e avanzavano strisciando.
- Ancora dieci passi - mormorò Sandokantormentando la batteria della sua carabina- poi vi farò vedere come si batte la Tigre della Malesia in mezzo ai tigrotti di Mompracem.
Ma gli indianiinvece di continuare ad avanzarsiad un cenno del rajah si erano fermati volgendo gli sguardi verso le macchie che circondavano la prateria.
Senza dubbio sospettavano un agguato.
Dopo alcuni minuti si allargaronoformando una specie di semicerchioe ripreseroma con maggior prudenzala marcia in avanti.
Ad un certo momento Sandokanche era inginocchiato dietro al muricciuolosi alzò. Puntò la carabinamirò alcuni secondipoi premette il grilletto. Un colpo rintronò turbando il profondo silenzio che regnava nel cimitero. Un indianoil capofilacadeva all'indietro con una palla in fronte.

 

11. Il combattimento

 
La detonazione non era ancora cessata che urla spaventevoli rimbombavano nella prateria.
Subito dopodieciquindiciventi schioppettate partivano dai cespugli con rapidità fulminea. Una quindicina di indianiparte morti e parte feritiera rotolata fra le erbe prima ancora di aver potuto far uso delle armi.
- Avantimiei tigrotti! - urlò la Tigre della Malesia scavalcando il muricciuolo seguito da Kammamurida Aïer-Duk e dagli altri. - Addosso a quei cani!
Sambigliong e Tanauduriam si slanciarono fuori dai cespugli con la scimitarra in pugnotraendosi dietro i loro drappelli.
- Viva la Tigre della Malesia! - urlarono gli uni.
- Viva Sandokan! Viva Mompracem! - urlarono gli altri.
Gl'indianivedendosi assalitisi riunirono rapidamente scaricando a casaccio i loro fucili. Tre o quattro pirati caddero insanguinando il suolo.
- Avantitigrotti! - ripeté la Tigre.
I piratiincoraggiati dal loro caposi gettarono furiosamente contro le file nemichesciabolando senza pietà quanti si trovavano dinanzi a loro.
L'urto fu così terribile che gli indiani ripiegarono confusamente gli uni addosso agli altriformando una massa compatta di corpi umani.
La Tigre della Malesia vi penetròcome un cuneo entro il tronco di un alberoe la divise in due.
Dieci pirati lo seguirono prendendo alle spalle gli indianii qualiperduta ormai ogni speranzasi gettarono a destra e a sinistra cercando di salvarsi con una pronta fuga.
Alcuni di essiperòtenevano duro: in mezzo a loro stava James Brooke.
Sandokan assalì furiosamente quel gruppodeciso a distruggerlo pur d'avere in mano il suo mortale nemico.
KammamuriAïer-Duk e Tanauduriam lo avevano seguito con parecchi altrimentre Sambigliong dava la caccia ai fuggiaschi per impedire loro di riunirsi e di ritornare alla carica.
- ArrendeteviJames Brooke - gridò Sandokan.
Il rajah rispose con un colpo di pistola la cui palla fece stramazzare un pirata.
- Avantitigrotti! - urlò Sandokanrovesciando un indiano che lo toglieva di mira.
Il gruppo in men che non si dicamalgrado la sua disperata resistenza fu aperto dalle scimitarre e dai kriss avvelenati dei tigrotti di Mompracem. Kammamuri e Tanauduriam si gettarono sul rajahimpedendogli di seguire i suoi fedeli che fuggivano attraverso alla prateria inseguiti da Aïer-Duk e dai suoi compagni.
- Arrendetevi! - gli gridò Kammamuristrappandogli la sciabola e le pistole.
- Mi arrendo - rispose James Brookeche comprendeva come ogni resistenza fosse ormai inutile.
Sandokan si fece innanzi con la scimitarra in pugno.
- James Brooke - disse con accento beffardo- sei mio.
Il rajahche era stato atterrato dal pugno di ferro di Tanauduriamsi alzò guardando in viso il capo dei pirati che non aveva mai veduto.
- Chi sei tu? - chiese con voce strozzata dall'ira.
- Guardami in viso - disse Sandokan.
- Saresti tu...
- Sono Sandokano megliola Tigre della Malesia.
- Lo avevo sospettato. Ebbenesignor piratache cosa si vuole da James Brooke?
- Una rispostainnanzi a tutto.
Un sorriso ironico sfiorò le labbra del rajah.
- E risponderò io? - disse.
- Sì; dovessi impiegare il fuoco per farti parlareJames Brooke. Ti odiosaima ti odio come sa odiare la Tigre. Tu hai fatto troppo male ai pirati della Malesiae potrei vendicare quelli che hai spietatamente assassinati.
- E non avevo forse il diritto di sterminarli?
- Ed anch'io avevo il diritto di sterminare gli uomini di razza bianca che mi avevano colpito al cuore. Ma lasciamo i diritti e rispondete alla mia domanda.
- Parlate.
- Che avete fatto di Yanez?
- Yanez! - esclamò il rajah. - Vi interessa molto quell'individuo?
- AssaiJames Brooke.
- Non avete torto.
- L'avete fatto prigioniero?
- Sì.
- Lo sospettavo. E quando?
- Questa sera.
- E in che modo?
- Siete troppo curiososignor pirata.
- Non volete dirmelo?
- Anzive lo dirò.
- Parlate dunque.
- Conoscete lord Guillonk?
Sandokan nell'udire quel nome trasalì. Una profonda ruga si disegnò sulla sua ampia frontema tosto si dileguò.
- Sì - rispose con voce sorda.
- Se non m'ingannolord Guillonk è vostro zio.
Sandokan non rispose.
- Fu vostro zio che riconobbe Yanez e che lo fece arrestare.
- Lui!... - esclamò Sandokan. - Ancora lui!... E dove trovasi Yanez?
- Nella mia abitazionesolidamente legato e ben guardato.
- Che farete di lui?
- Non lo soma vi penserò.
- Ci penserete? - esclamò la Tigre della Malesia sorridendoma d'un sorriso che faceva fremere. - E non pensateJames Brookeche siete in mia mano? E non pensateJames Brookeche io vi odio? E non pensate che domani mattina potreste non essere più rajah di Sarawak?
Il rajahquantunque possedesse un coraggio straordinarioa quelle parole era diventato pallido.
- Si vorrebbe uccidermi? - chiese con un tono di voce che non era più calmo.
- Se non accettate lo scambiolo farò - disse freddamente Sandokan.
- Uno scambio? E quale?
- Che i vostri mi restituiscano Yanezed io restituirò a voi la libertà.
- Vi preme dunque quell'uomo?
- Assai.
- Perché?
- Perché mi ha sempre amato come se fossi suo fratello. Accettate la proposta?
- Accetto - disse il rajahdopo un momento di riflessione.
- Dovete lasciarvi legare e imbavagliare.
- Perché?
- I vostri potrebbero ritornare qui in maggior numero e darci battaglia.
- Volete condurmi via?
- In un luogo sicuro.
- Fate quello che credete.
Sandokan fece un gesto a Kammamuri. Subito quattro barelle di rami intrecciatiportate da robusti piratisi fecero innanzi. La prima era liberala seconda era occupata da Tremal-Naik e le altre da due dayachi del drappello di Sambiglionggravemente feriti.
- Imbavaglia e lega il rajah - disse Sandokan al maharatto.
- Sta benecapitano.
Con solide corde legò il rajahlo imbavagliò con un fazzoletto di setaindi lo fece collocare nella barella vuota.
- Dove andiamocapitano? - chiese quand'ebbe finito.
- Torniamo all'accampamento - rispose Sandokan.
Accostò il fischietto d'argento alle labbra e ne trasse tre note acute.
I pirati che stavano inseguendo gli indiani tornarono rapidamente indietrocon Sambigliong e Aïer-Duk.
Sandokan fece rapidamente l'appello.
Undici uomini mancavano.
- Sono morti - disse Tanauduriam.
Il drappello si mise rapidamente in camminocacciandosi sotto i boschi e descrivendo un semicerchio attorno alla collina dominata dal fortino. Dieci uominiguidati da Sambigliong e da Tanauduriamaprivano la marcia con le carabine in manopronti a respingere qualsiasi attaccopoi venivano le barelle dei feritiquella del rajah e quella di Tremal-NaikAïer-Dukcon gli altrichiudeva la marcia.
Il viaggio fu rapidissimo. Alle cinque del mattinosenza che avessero incontrato alcun indiano od alcun dayacogiungevano al villaggio abbandonatodifeso da solide palizzate e da terrapieni.
Sandokan lanciò alcuni uomini in tutte le direzioniper non venire improvvisamente attaccato dalle truppe di Sarawakpoi fece slegare il rajahil quale durante il viaggio non aveva mai tentato di pronunciare una parola.
- Se non vi dispiacescriveteJames Brooke - gli disse Sandokan presentandogli un foglietto di carta e una matita.
- Cosa devo scrivere? - chiese il rajah che sembrava assai calmo.
- Che siete prigioniero della Tigre della Malesia e che per salvarvi bisogna porre immediatamente in libertà Yanezo meglio lord Welker.
Il rajah prese il fogliettose lo mise sulle ginocchia e si accinse a scrivere.
- Un momento - disse Sandokan.
- C'è qualcosa d'altro? - chiese l'inglese inarcando le ciglia.-
Aggiungete che se fra quattro ore Yanez non è quiio vi impiccherò al più grosso albero della foresta.
- Sta bene.
- Un'altra cosa aggiungete - disse Sandokan.
- Ed è?...
- Che non tentino di liberarvi con la forzaperché al primo drappello armato che scorgo vi faccio egualmente appiccare.
- Pare che vi prema assai di vedermi appiccato - disse il rajah con ironia.
- Non lo negoJames Brooke - rispose Sandokan dardeggiando su di lui uno sguardo feroce. - Scrivete.
Il rajah prese la matita e scrisse la lettera che poi passò a Sandokan.
- Va bene - rispose questi dopo averla letta. - Sambigliong!
Il pirata accorse.
- Porterai questa lettera a Sarawak - disse la Tigre. - La consegnerai a lord James Guillonk.
- Devo prendere le mie armi?
- Nemmeno il tuo kriss. Va' e torna presto.
- Correrò come un cavallocapitano.
Il pirata nascose la lettera sotto la cinturagettò a terra la scimitarrala scure ed il kriss e partì di corsa.
- Aïer-Duk - disse Sandokanrivolgendosi al pirata che gli stava vicino. - Sorveglierai attentamente questo inglese. Bada che se fugge ti faccio fucilare.
- Fidatevi di mecapitano - rispose il tigrotto.
Sandokan armò la sua carabinachiamò Kammamuri che si era accoccolato presso il suo padrone addormentato e lasciò il villaggio dirigendosi verso un'altura dalla qualein lontananzasi vedeva la città di Sarawak.
- Lo salveremodunqueil capitano Yanez? - chiese il maharatto che lo seguiva.
- Sì - rispose Sandokan. - Fra due ore sarà qui.
- Siete certo?
- Certissimo. Il rajah vale quanto Yanez.
- State in guardiaperòcapitano - disse il maharatto. - Gli indianim e a Sarawak ve ne sono parecchisono capaci di attraversare un bosco senza produrre il più piccolo rumore.
- Non temereKammamuri. I miei pirati sono più astuti degli indiani e nessun nemico si avvicinerà al nostro villaggio senz'essere scoperto.
- Ci inseguirà poi il rajah?
- CertamenteKammamuri. Appena sarà tornato a Sarawak raccoglierà le sue guardie e i dayachi e si lancerà sulle nostre tracce.
- Avremo quindi una seconda battaglia.
- Noperché partiremo subito.
- Per dove?
- Per la baia ove trovasi Ada Corishant.
- E dopo?
- Acquisteremo un praho e lasceremo per sempre queste costeti ho detto.
- E dove condurrete il mio padrone?
- Dove egli vorrà andare. -
Erano allora giunti sulla cima dell'altura che si alzava di parecchi metri sopra i più alti alberi della boscaglia. Sandokan accostò le mani agli occhi per difenderli dai raggi solari e guardò attentamente il paese circostante.
A dieci miglia era Sarawak. Il fiume che passava vicino alla città spiccava chiaramente fra il verde delle piantagioni e dei boschicome un gran nastro d'argento.
- Guarda laggiù - disse Sandokan additando al maharatto un uomo che correva come un cervo verso la città.
- Sambigliong! - esclamò Kammamuri. - Se mantiene quel trotto sarà qui fra due ore.
- Lo spero.
Si sedette ai piedi di un albero e si mise a fumareguardando attentamente la città. Kammamuri lo imitò.
Trascorse un'oralunga quanto un secolosenza che nulla accadesse; poi ne passò una secondapiù lunga per i due pirati della prima. Finalmenteverso le 10un drappello di persone apparve vicino a un boschetto di ippocastani.
Sandokan balzò in piedi. Sul suo visodi solito impassibileera dipinta una viva ansietà. Quell'uomoquel pirata sanguinariolo si capivaamava straordinariamente il suo fido compagnoil coraggioso Yanez.
- Dov'è? Dov'è?... - lo udì mormorare Kammamuri.
- Vedo una veste bianca in mezzo al drappello. Guardate! - disse Kammamuri.
- Sìsìla vedo! - esclamò Sandokan con indescrivibile gioia.- È luiil mio buon Yanez. Prestofratello miofa' presto!
Stette lìimmobilecurvocon gli occhi fissi su quel vestito biancopoi quando vide il drappello scomparire sotto la grande foresta si slanciò precipitosamente giù dall'altura correndo verso il campo.
Due pirati che guardavano il bosco giungevano nel medesimo istante.
- Capitano - gridarono- essi vengono col signor Yanez.
- Quanti sono? - chiese Sandokanche si dominava a stento.
- Dodici con Sambigliong.
- Armati?
- Senz'armi.
Sandokan accostò il fischietto alle labbra e ne cavò tre note acute.
In pochi istanti tutti i pirati si trovarono attorno a lui.
- Preparate le armi - disse la Tigre.
- Signore! - gridò James Brookeche stava seduto ai piedi di un alberoattentamente guardato da Aïer-Duk. - Volete assassinare i miei uomini?
La Tigre si volse verso l'inglese.
- James Brooke - rispose con voce grave- la Tigre della Malesia mantiene la sua parola. Fra cinque minuti voi sarete libero.
- Chi va là? - gridò in quell'istante una sentinella appostata a duecento metri dalle trincee.
- Amici - rispose la voce ben nota di Sambigliong. - Abbasso il fucile.

 

12. La resurrezione di Tremal-Naik

 
Il drappello sbucava dal folto del bosco. Era composto da Sambigliongda un ufficiale della guardia del rajahda dieci indiani disarmati e da Yanez che non aveva né le mani né le gambe legate.
Sandokannello scorgere l'amiconon fu capace di vincersi. Gli corse incontro eallontanando violentemente gli indianise lo strinse al petto con frenesia. Eppure quell'uomo era la Tigre della Malesiaera il feroce capo dei pirati di Mompracem che da tanti anni insanguinavano i flutti del mare malese.
- Yanez!... Fratello mio! - esclamò con voce soffocata dalla gioia.
- Sandokanamico miofinalmente ti rivedo!.. - gridò il buon portogheseche non era meno commosso. - Temevo di non abbracciarti mai più!
- Non ci lasceremo piùYanezte lo giuro.
- Lo credofratellino. Che bella idea hai avuto facendo prigioniero il rajah. L'ho sempre detto che tu sei un grand'uomo. E Tremal-Naik? Dov'è quel povero indiano?
- A pochi passi da noi.
- Vivo?
- Vivoma ancora addormentato.
- E la fidanzata?
- È ancora pazzama tornerà in sé.
- Signore - disse in quell'istante una voce.
Sandokan e Yanez si volsero. James Brooke stava loro dinanzicalmoma un po' pallidocon le braccia incrociate sul petto.
- Siete liberoJames Brooke - disse Sandokan. - La Tigre della Malesia mantiene la sua parola.
Il rajah fece un leggero inchino e si allontanò di alcuni passipoi tornando bruscamente indietro:
- Tigre della Malesia - disse- quando ci rivedremo?
- Volete una rivincita? - chiese Sandokan con ironia.
- James Brooke non perdona.
Sandokan lo guardò per alcuni istanti in silenzioquasi fosse sorpreso che quell'uomo osasse sfidarlopoistendendo il braccio destro verso il maredisse con un accento che faceva fremere:
- Laggiù c'è un'isola: Mompracem. Il mare che la circonda è ancora rosso di sangue e ingombro di navi colate a picco. Quando vi avvicinerete a quelle coste udrete il ruggito della Tigre e i suoi tigrotti vi muoveranno incontro. Ma non scordateviJames Brookeche la Tigre e i suoi tigrotti hanno sete di sangue.
- Verrò a trovarvi.
- Quando?
- L'anno venturo.
Un sorriso sfiorò le labbra del pirata.
- Sarà troppo tardi - disse.
- Perché? - chiese il rajah sorpreso.
- Perché allora non sarete più rajah di Sarawak. Allora la rivoluzione sarà scoppiata nel vostro Stato e il nipote del Sultano Muda-Hassin siederà al vostro posto.
Il rajahnell'udire quelle paroleimpallidì e fece un passo indietro.
- Perché inventate queste cose? - chiese con un tono di voce tutt'altro che calmo.
- Non invento nullamilord - rispose Sandokan.
- Voi sapete qualche cosadunque?
- È probabile.
- Se vi pregassi di spiegarvimi...
- Non mi spiego di più - interruppe Sandokan.
- Non mi resta che ringraziarvi dell'avvertimento.
Fece nuovamente un leggero inchinoraggiunse le sue guardie e si allontanò a rapidi passidirigendosi verso Sarawak.
Sandokan con le braccia incrociatecupo in voltolo seguiva con lo sguardo. Quando non lo vide piùun sospiro gli uscì dal petto.
- Quell'uomo mi porterà sventura - mormorò. - Lo sento.
- Che cos'haiSandokan? - gli chiese Yanez avvicinandosi. - Mi sembri inquieto.
- Ho un triste presentimentofratello - disse il pirata.
- Quale?
- Fra noi e il rajah non è tutto finito.
- Temi che ci assalga?
- Il cuore me lo dice.
- Non credere ai presentimentifratello mio. Fra due o tre giorni noi avremo abbandonato queste coste e più nulla avremo da temere da parte del rajah. Dove andiamo ora?
- Alla baia e subito. Qui non mi sento sicuro.
- Partiamo dunque. Ma... e Tremal-Naik!
- Prima di mezzogiorno non si sveglierà.
Sandokan diede il segnale della partenza e il drappellocoi feriti e con Tremal-Naikmalgrado la rapidissima marcia del mattinosi rimise in cammino seguendo un piccolo sentieruzzo apertochi sa quanti anni primadagli abitanti della foresta.
Sandokan e Yanez con dieci dei più coraggiosi tigrotti aprivano la marcia con le carabine in mano: dietro venivano le barelle e poi tutti gli altridue a duecon gli occhi volti ai due lati del sentiero e gli orecchi tesi per raccogliere il più piccolo rumore.
Avevano percorso mezzo miglio circaquando Aïer-Dukche si era spinto alcuni passi più innanzi per esplorare la viaimprovvisamente si arrestava armando il fucile. Yanez e Sandokan s'affrettarono a raggiungerlo.
- Non muovetevi - disse il dayaco.
- Che cos'hai visto? - chiese Sandokan.
- Un'ombra attraversare rapidamente quelle macchie.
- Un uomo o un animale?
- Mi è parso un uomo.
- Può essere un povero dayaco - disse Yanez.
- E anche una spia del rajah - disse Sandokan.
- Lo credi?
- Ne sono quasi certo. Aïer-Dukprendi quattro uomini e batti il bosco. Noi intanto andremo avanti.
Il dayaco chiamò quattro compagni e si cacciò nella fitta boscagliastrisciando fra le radicii rami d'albero ed i cespugli.
Poi la marcia fu ripresa attraverso filari di sontarspecie di palme che dannoincidendo il loro troncoun succo zuccherino assai gradevolee delle cui foglie anticamente si servivano i popoli della Malesia per scrivervi sopra.
Poco dopo il drappello veniva raggiunto da Aïer-Duk e dai suoi compagni. Avevano perlustrato la foresta in tutti i sensima non avevano trovato nulla fuorché tracce recenti di piedi umani.
- Erano numerose? - chiese Sandokan che era ancora assai inquieto.
- Quattro - rispose il dayaco.
- Erano impronte di piedi nudi o calzati?
- Di piedi nudi.
- Forse quei due uomini erano dayachi. Affrettiamocitigrottiqui non siamo troppo sicuri.
Per la terza volta il drappello si rimise in cammino sorvegliando attentamente gli alberi ed i cespugli edopo tre quarti d'oragiungeva sulle rive di un ampio corso d'acqua che sfociava in una vasta baia semi-circolare.
Sandokan mostrò al portoghese un isolottoalla distanza di trecentocinquanta metri circaombreggiato da bellissimi gruppi di alberi sagùdi duriondi mangostani e di arenghe saccarifere e difesoverso la punta meridionaleda un vecchio ma ancor solido fortino dayacocostruito con panconi e pali di tecklegno duro quanto il ferroche resiste alle palle di un cannone di non piccolo calibro.
- È là che riposa la vergine della pagoda? - chiese Yanez.
- SìAda è in quel fortino - rispose Sandokan.
- Non potevi trovarle un posto migliore. La baia è bella e l'isolotto ben difeso. Se James Brooke verrà ad assalirciavrà un osso duro da rodere.
- Il mare è a cinquecento passi dall'isolottoYanez - disse Sandokan- e una nave può bombardare il fortino.
- Ci difenderemo.
- Non abbiamo cannoni.
- Ma i nostri uomini sono coraggiosi.
- È veroma sono pochi e...
- Che cos'hai?
- Zitto!... Hai udito?...
- Io?... NullaSandokan.
- Mi parVE che un ramo si sia spezzato.
- Dove?
- In mezzo a quel macchione.
- Che ci siano proprio delle spie?... Comincio ad essere inquietoSandokan.
- ED anch'io. Affrettiamoci: sospiro il momento di giungere all'isolotto. Aïer-Duk!...
Il dayaco s'avvicinò alla Tigre.
- Prendi otto uomini e accampati in questo luogo - disse Sandokan. - Se vedi degli uomini ronzare in questi dintorni verrai ad avvertirmi.
- Contate su di mecapitano- rispose il dayaco. - Nessuno s'avvicinerà alla baia senza il mio permesso.
SandokanYanez e gli altri scesero verso la baiale cui sponde erano coperte da fitte boscagliee giunsero ad una piccola cala presso la quale stava nascostasotto un ammasso di canne e di rami d'allorouna scialuppa.
La Tigre girò all'intorno un rapido sguardoma non vide alcuno. Una viva inquietudine si dipinse sul suo volto.
- Uno dei miei due uomini dovrebbe guardare la scialuppa-disse.
- Saranno tutti e due al fortino - disse Yanez.
- E hanno lasciato qui la scialuppa!... Yanez... ho il cuore che mi batte forte... temo una disgrazia.
- Quale?
- Che abbiano rapito Ada.
- Sarebbe un colpo terribile!
- Taci!
- Ancora un rumore?...
- Sìcapitano Yanez - confermarono i pirati impugnando le armi. Si vedevano i rami di un macchione di cespugli agitarsi a cento passi dalla spiaggia.
- Chi vive? - gridò Sandokan.
- Mompracem - rispose una voce.
Poco dopo un pirata usciva dai cespugli. Era ansante e sudatocome se avesse fatto una lunga corsae stringeva un fucile.
- Viva la Tigre! - esclamò scorgendo il capo.
- Da dove vieni? - chiese Sandokan.
- Dalla forestacapitano.
- Dov'è la Vergine?
- Nel fortino.
- Sei certo?...
- L'ho lasciata due ore or sono sotto la guardia di Koty. Sandokan respirò liberamente.
- Cominciavo a temere - disse. - Come sta?
- Benissimo.
- Che cosa faceva?
- Quando la lasciai dormiva.
- Hai veduto qualcuno nei boschi?
- Io noma Koty stamane ha visto un uomo passare lungo la sponda e guardare con viva curiosità il fortino. Vedendosi osservato si affrettò a scomparire.
- E l'hai veduto quell'uomo?
- L'ho cercatoma non sono riuscito a scoprirlo.
- Che sia una spia del rajah? - chiese Yanez.
- È probabile - rispose Sandokan che pareva preoccupato.
- Che vengano ad assalirci qui?...
- Chi può dirlo?
- Che cosa conti di fare?...
- Lasciare questo posto al più presto. Imbarchiamoci.
I due capi e i loro uomini salirono nella scialuppaattraversarono il braccio di mare che era largo due o trecento metri e sbarcarono ai piedi della fortezza ove li attendeva Koty.
- Dorme ancora la vergine? - gli chiese Sandokan.
- Sìcapitano.
- È accaduto nulla di straordinario?
- No.
- Andiamo a vederla - disse Yanez.
Sandokan gli additò Tremal-Naik che era stato deposto su di uno strato di erbe e di foglie verdi.
- Mancano pochi minuti a mezzodì - disse. - Aspetta che si svegli.
Ordinò ai suoi uomini di entrare nel fortino e si sedette accanto all'indiano che non dava ancora segno di vita. Yanez si accese una sigaretta e si sdraiò vicino a lui.
- Ci vorrà moltoprima che apra gli occhi? - chiese dopo alcune fumate a Sandokan che guardava attentamente il viso dell'indiano.
- NoYanez. Vedo che la sua pelle a poco a poco riacquista il colore naturale. È segno che il suo sangue ricomincia a circolare.
- Gli farai subito vedere la sua Ada?
- Subito noma prima di questa sera sì.
- E se non lo riconoscesse? Se ella non riacquistasse la ragione?
- La riacquisterà.
- Io dubitofratello mio.
- Ebbenetenteremo una prova.
- E quale?
- A suo tempo te lo dirò.
- E perché?...
- Taci!...
Un debole respiro aveva improvvisamente sollevato l'ampio petto di Tremal-Naik e aveva mosso leggermente le sue labbra.
- Si sveglia- mormorò Yanez.
Sandokan si curvò sull'indiano e gli posò una mano sulla fronte.
- Si sveglia - disse.
- Subito?
- Subito.
- Senza fargli alcuna puntura?
- Non ce n'è bisognoYanez.
Un secondo respiropiù forte del primosollevò nuovamente il petto di Tremal-Naik e le sue labbra tornarono a muoversi. Poi le sue maniche erano apertelentamente si chiuserole sue gambe pure lentamente si piegarono e infine i suoi occhi si aprirono dilatandosi assai e si arrestarono su Sandokan.
Rimase così alcuni istanticome se fosse sorpreso di trovarsi tuttora in vitapoicon uno sforzo violentosi alzò a sedere esclamando:
- Vivo!... Ancora vivo!
- E libero - disse Yanez.
L'indiano guardò il portoghese. Lo riconobbe subito.
- Voi!... Voi!... - esclamò. - Ma che cosa è successo? Come mi trovo qui? Ho dormito io?
- Per Bacco! - esclamò Yanez ridendo. - Non vi ricordate di quella pillola che vi diedi nel fortino?
- Ah!... Sìsì... ora ricordo... voi eravate venuto a trovarmi... Signoresignorequanto vi ringrazio di avermi liberato!...
Così dicendo Tremal-Naik si era precipitato ai piedi di Yanez. Questi lo rialzò e lo strinse affettuosamente al petto.
- Come siete buonosignore! - esclamò l'indiano che pareva avesse subito ricuperato le sue forzee che era fuori di sé dalla gioia. - Libero! Sono libero!... Vi ringraziosignorevi ringrazio!...
- Ringraziate quest'uomoTremal-Naik - disse Yanez additandogli Sandokan checon le braccia incrociate sul pettoguardava con occhio commosso l'indiano. - È a quest'uomoalla Tigre della Malesiache voi dovete la vostra libertà.
Tremal-Naik si precipitò verso Sandokan che lo accolse fra le sue braccia dicendo:
- Sei mio amico!
In quell'istante un urlo di gioia risuonò alle loro spalle. Kammamuriche era allora uscito dal fortecorreva loro incontro urlando:
- Padrone! mio buon padrone!...
Tremal-Naik si slanciò verso il fedele maharatto che pareva fosse diventato pazzo.
I due indiani si abbracciarono a più ripresesenz'essere capaci di scambiarsi una sola parola.
- Kammamurimio buon Kammamuri! - esclamò finalmente Tremal-Naik. - Credevo di non rivederti mai più su questa terra. Ma come sei qui? Non ti hanno ucciso i thugsdunque?
- Nopadroneno. Io sono fuggito per cercare te.
- Per cercare me! Ma sapevi che ero in questo luogo?
- Sìpadronel'avevo saputo. Ah! padrone! quanto ti ho pianto dopo quella notte fatale. Io ti stringo fra le bracciati sentoeppure stento a credere che tu sia ancora vivo e libero. Non ci lasceremo piùè vero?
- NoKammamurimai più.
- Vivremo assieme al signor Yanez e alla Tigre della Malesia. Quali nobili uominipadrone! Se tu sapessi quanto hanno fatto per tese tu sapessi quante lotte...
- Alto làKammamuri - disse Yanez. - Altri uomini avrebbero fatto quello che abbiamo fatto noi.
- Non è veropadrone. Nessun uomo potrà mai fare ciò che hanno fatto la Tigre della Malesia e il signor Yanez.
- Ma perché interessarsi tanto di me? - chiese Tremal-Naik. - Eppure non vi ho mai vedutisignori.
- Perché foste un giorno il fidanzato di Ada Corishant - disse Sandokane mia moglie era cugina di Ada Corishant.
A quel nome l'indiano aveva fatto un passo indietrobarcollando come se avesse ricevuto una pugnalata in mezzo al petto. Poi si coprì con le mani il visomormorando con voce straziante:
- Ada!... o mia adorata Ada!...
Un singhiozzo sollevò il suo petto e due lacrimeforse le prime che stillavano da quegli occhigli rotolarono più per le gote abbronzate. Sandokan gli si avvicinò eabbassandogli le manidisse con dolcezza:
- Perché piangetemio povero Tremal-Naik? Questo è un giorno di gioia.
- Ahsignore!... - mormorò l'indiano. - Se voi sapeste quanto ho amato quella donna!... Ada!... oh mia Ada!...
Un secondo singhiozzo lacerò il petto dell'indiano e nuove lacrime gli spuntarono sulle ciglia.
- CalmateviTremal-Naik - disse Sandokan. - La vostra Ada non è perduta.
L'indiano risollevò il capo che teneva curvo sul petto. Un lampo di speranza balenava nei suoi occhi neri.
- Ella è salva?
- Salva!... - disse Sandokan. - Ed è quiin quest'isolotto.
Un urlo inumano irruppe dalle labbra di Tremal-Naik.
- Ella è qui... qui!... - gridò gettando all'intorno sguardi smarriti.
- Dov'è?... Io voglio vederlaio voglio vederla!... Ada!... Ada!... Oh mia adorata Ada!...
Fece l'atto di slanciarsi verso il fortinoma Sandokan lo afferrò per i polsi e con tale forza da fargli crocchiare i polsi.
- Calmatevi - gli disse. - Ella è pazza.
- Pazza!... la mia Ada pazza!... - gridò l'indiano. - Ah!... Ma io voglio vederlasignoreio voglio vederla fosse pure per un solo momento.
- La vedreteve lo prometto.
- Quando?
- Fra pochi minuti.
- Graziesignore! grazie!
- Sambigliong! - gridò Yanez.
Il dayacoche ronzava attorno al fortino esaminando attentamente le palizzate per assicurarsi se erano abbastanza solide per sostenere un assaltoalla chiamata del portoghese accorse.
- Dorme la vergine della pagoda? - chiese Sandokan.
- Nocapitano - rispose il pirata. - È uscita alcuni minuti fa coi suoi guardiani.
- Dove si è diretta?
- Verso la costa.
- VeniteTremal-Naik - disse Sandokan prendendogli una mano. Ma vi raccomando di essere calmo: ricordate che è pazza.

 
 

13. Le due prove

 
Erano le due del pomeriggio.
Uno splendido sole fiammeggiava nel cielo facendo scintillare le acque azzurrognole della baiae un frescoleggero venticello spirava dal mare sussurrando misteriosamente fra le foglie degli alberi. Non si udiva né sull'isolotto né nella baia alcun rumore all'infuori del monotono gorgoglio dell'onda che si rompeva contro le coste e lo svolazzare incessante e il cicaleccio delle cacatua nere e degli argus giganteussplendidi uccelli della famiglia dei fagiani.
Tremal-Naikin preda ad una vivissima eccitazioneSandokanYanez e Kammamuri camminavano a rapidi passi verso la punta settentrionale dell'isolottonascosta da una fitta cortina di alberi gommiferi e di piante rampicanti.
A quaranta passi dalla costauno dei guardiani della pazzache stava sdraiato dietro un cespugliosi alzò.
- La mia Ada? - chiese Tremal-Naikprecipitandosi incontro a lui.
- È sulla sponda - rispose il pirata.
- Che cosa fa? - chiese Sandokan.
- Guarda il mare.
- Dov'è l'altro tuo compagno?
- A pochi passi da qui.
- Ritiratevi tutti e due nel fortino.
Tremal-NaikSandokanYanez e il maharatto attraversarono rapidamente la fitta cortina d'alberi e si arrestarono sul margine della boscaglia. Un grido soffocato uscì dalle labbra dell'indiano.
- Ada!... - esclamò.
Spiccò un salto per slanciarsi verso la spiaggiama Sandokan fu pronto ad afferrarlo per i polsi.
- Calmatevi - gli disse. - Non dimenticate che quella donna è pazza.
- Sarò calmo.
- Lo promettete?
- Ve lo prometto.
- Andate dunque. Noi vi aspetteremo qui.
- SandokanYanez e Kammamuri si sedettero sul tronco di un albero rovesciato e Tremal-Naikin apparenza calmoma in realtà profondamente commossosi diresse verso la spiaggia.
Làa pochi passi dal mareseduta all'ombra di un bellissimo albero di garofanii cui fiori spandevano un inebbriante profumostava la vergine della pagoda con le mani incrociate sulla splendida corazza d'oro che scintillava per i riflessi dei numerosi diamantii neri capelli sciolti sulle spalle e gli occhi fissi sull'azzurra distesa d'acqua che si apriva dinanzi a lei: le onde venivano ad infrangersi con dolce mormorio ai suoi piedi. La si sarebbe presa per una statua messa lì per abbellire la spiaggia.
Non parlavanon si muoveva: sembrava la statua superba di una divinità misteriosa.
Tremal-Naikcol viso alteratogli occhi fiammeggiantiansantes'avvicinava alla fidanzata con passo rapido e silenzioso. Si arrestò a due passi dalla giovinetta che pareva non l'avesse udito.
- Ada!... Ada!... - esclamò d'un tratto l'indiano con voce soffocata.
La pazza non si mosse. Forse non lo aveva ancora udito.
- Ada!... Oh mia diletta Ada!... - ripeté Tremal-Naik precipitandosi alle ginocchia di lei.
La vergine della pagodaalla vista di quell'uomo che le tendeva le mani con gesto supplicantes'alzò di scatto. Ella guardò fisso l'indianopoi fece due passi indietro mormorando:
- I thugs!...
La pazza non aveva riconosciuto il fidanzato di un tempo
- Ada!... mia diletta Ada! - gridò Tremal-Naik in preda ad una terribile disperazione. - Non mi riconosci piùdunque?
- I thugs!... - ripeté ellama senza manifestare terrore.
Tremal-Naik mandò un grido di dolore e di rabbia.
- Ma non mi riconosci piùAda? - esclamò l'infelice cacciandosi le unghie nelle carni. - Non ti ricordi più del disgraziato Tremal-Naikdel cacciatore di tigri della jungla nera? Ritorna in teAdaritorna in te. Non ricordi più i nostri incontri nella jungla? Non ricordi più la notte che io ti vidi nella pagoda sacra? Non ti ricordi più di quella notte fatale in cui i thugs ci fecero prigionieri?
Adao mia Adariconosci il tuo Tremal-Naikriconoscilo!...
La pazza lo aveva ascoltato senza batter cigliosenza fare il minimo gesto. Evidentemente non ricordava più nulla. La pazzia aveva tutto spento nel cuore della povera donna.
- Ada - riprese Tremal-Naik che non frenava le lacrimeguardami fissoguardamio mia Ada. Non è possibile che tu non riconosca il tuo Tremal-Naik.. Ma perché taci? Perché non guardi? Perché non ti getti fra le mie braccia? È forse perché hanno ucciso tuo padre?... Sìucciso... ucciso...
Il disgraziato indiano a quel terribile ricordo scoppiò in singhiozzinascondendo il viso fra le mani.
D'improvviso la pazzache aveva assistito impassibile alla disperazione di quell'uomo che un tempo ella aveva adoratofece un passo innanzicurvandosi verso terra. Il suo viso aveva subito un rapido cambiamento: era diventata più pallida e un lampo balenava nei suoi occhioni neri.
- Dei singhiozzi - mormorò. - Perché qui si piange?
Tremal-Naikudendo quelle paroleaveva rialzato il capo.
- Ada!... - gridò tendendo le braccia verso di lei. - Mi riconosci?
La pazza lo guardò per alcuni istanti in silenzioaggrottando a più riprese le ciglia. Pareva che cercasse di rammentarsi dove aveva visto il viso dell'indiano e udita la voce di lui.
- Dei singhiozzi - ripeté. - Perché si piange qui?
- Perché tu non mi conosci piùAda - disse Tremal-Naik. Guardami in visoguardami.
Ella si curvò verso di luipoi fece un passo indietro e diede in uno scoppio di risa.
- I thugs! I thugs! - esclamò.
Poi volse le spalle e si allontanò rapidamentedirigendosi verso il fortino.
Tremal-Naik emise un urlo di disperazione.
- Gran Siva! - esclamòscoppiando nuovamente in singhiozzi. - Tutto è perduto! Ella non mi riconosce più!
Ricadde in ginocchioma poi si alzò di scattolanciandosi verso la pazza che stava per scomparire sotto un boschetto.
Ma non aveva fatto cinque passi che due braccia di ferro l'arrestavano.
- CalmateviTremal-Naik - disse una voce.
Era Sandokan che aveva lasciato il suo postoseguito da Yanez e da Kammamuri.
- Ah! signore - balbettò l'indiano.
- Calmatevi - ripeté Sandokan. - Tutto non è ancora perduto.
- Non mi riconosce più. Ed io che credevo di stringerla ancoradopo tanto tempotante angosce e tante torturefra le mie braccia! Tutto è finitotutto! - mormorò il povero indiano.
- C'è ancora speranzaTremal-Naik.
- Perché illudermisignore? Ella è pazzané più mai guarirà più.
- Guariràe questa sera stessa: te lo dice la Tigre della Malesia.
Tremal-Naik guardò Sandokan con gli occhi pieni di lacrime.
- Non è una speranza del momentodunque? - chiese. - È proprio vero quello che dite? Voi che vi siete mostrato tanto generoso verso di meche tanto bene mi avete fattooperate anche questo miracoloe la mia vita sarà vostra.
- Questo miracolo lo compiròve lo promettoTremal-Naik - disse Sandokan con voce grave.
- E quando?...
- Questa seravi ho detto.
- In che modo?
- Lo saprete presto. Kammamuri!
Il maharatto si fece innanzi. Il buon giovanottocome il suo padroneaveva le lacrime agli occhi.
- Parlatecapitano - disse.
- La notte in cui il tuo padrone si presentò nella caverna di Suyodhanac'eri nel tempio?
- Sìcapitano.
- Sapresti ripetermi ciò che dissero il capo dei thugs e il tuo padrone?
- Sìparola per parola.
- Ebbenevieni con me al forte.
- E noi che cosa dovremo fare? - chiese Yanez.
- Per ora non abbiamo bisogno né di te né di Tremal-Naik - disse Sandokan. - Andate a passeggiare e non ritornate al forte prima di questa sera. Vi preparerò una sorpresa.
Sandokan e il maharatto si allontanarono in direzione del forte. Yanez passò un braccio in quello del povero Tremal-Naik e si misero a passeggiare lungo la costa discorrendo.
- Che cosa preparerà? - chiese Tremal-Naik al portoghese.
- Non lo soTremal-Naik; ma senza dubbio prepara qualcosa di straordinario.
- Per la mia Ada?
- Certamente.
- Riuscirà a farle riacquistare la ragione?
- Lo credo. La Tigre della Malesia sa mille cose che noi ignoriamo.
- Ah! potesse riuscire!
- RiusciràTremal-Naik. Ditemiè ancora vivo questo Suyodhana?
- Lo credo.
- È potente?
- Potentissimosignor Yanez. Comanda a migliaia e migliaia di strangolatori.
- Sarà difficile colpirlo.
- Dite impossibile.
- Per tuttima non per la Tigre della Malesia. Chissàforse un giorno la Tigre della Malesia e la Tigre dell'India potrebbero trovarsi l'una di fronte all'altra.
- Lo credete?
- Ho un presentimento. DitemiTremal-Naikcredete che i thugs abbiano ancora la loro sede nell'isola di Raimangal?
- Non lo credo. Quando gli inglesi mi processaronosvelai il luogo ove abitavano i thugs e alcune navi furono mandate a Raimangalma tornarono senza avere trovato un solo strangolatore.
- Erano fuggiti?
- Senza dubbio.
- Ma dove?
- Non lo so.
- Sono ricchi i thugs?
- Ricchissimisignor Yanezperché essi non si accontentano di strangolare. Saccheggiano carovane e paesi interi.
- Che bel nemico da combattere! La Tigre della Malesia si divertirebbe. Chissàun giorno forsestanchi di Mompracempotremmo andare in India a misurarci con Suyodhana e le sue genti.
- Avete intenzione di ritornare a Mompracem?
- SìTremal-Naik - disse Yanez. - Domani manderemo alcuni uomini a Sarawak ad acquistare dei prahos e poi riguadagneremo la nostra isola.
- Ed io verrò con voi?
- Se voi veniste esporreste la vergine della pagoda ad un continuo pericolo. Voi sapete che noi siamo pirati e che ogni giorno dobbiamo combattere.
- Dove andrò dunque?
- Vi daremo una scorta di valorosi pirati che vi condurranno a Batavia. Là abbiamo una palazzina e l'abiterete con Ada.
- Questo è tropposignor Yanez - disse Tremal-Naik con voce commossa. - Non vi basta aver esposto la vostra vita per salvarmivolete ancora darmi una casa?
- E un gruzzolo di diamanti che varrà qualche milionemio caro Tremal-Naik.
- Ma io non accetterò.
- Alla Tigre della Malesia nulla si deve rifiutareTremal-Naik. Un rifiuto la irriterebbe.
- Ma...
- State zittoTremal-Naik. Un milione per noi è nulla.
- Siete molto ricchi dunque?
- Forse più dei thugs indiani.
Mentre discorrevanoil sole era rapidamente tramontato e le tenebre erano calate. Yanez guardò l'orologio all'incerto chiarore delle stelle.
- Sono le nove - disse- possiamo tornare al forte.
Lanciò un ultimo sguardo sull'ampia distesa d'acqua che appariva deserta fino agli estremi limiti dell'orizzontepoi lasciò la costa entrando nel boschetto. Tremal-Naiktriste e pensierosocol capo chino sul pettolo seguiva.
Pochi minuti dopo i due compagni si trovarono dinanzi al fortino sull'entrata del quale stava Sandokan che fumava flemmaticamente la pipa.
- Vi aspettavo - diss'egli muovendo loro incontro. - Tutto è pronto.
- Che cosa è pronto? - chiese Tremal-Naik.
- Ciò che deve far riacquistare la ragione alla vergine della pagoda. -
Prese per mano i due amici e li condusse nell'interno di una vastissima capanna che occupava quasi l'intero recinto del forteun tempo destinato a contenere una guarnigione e gran copia di viveri e di munizioni.
Tremal-Naik e Yanez mandarono un grido di sorpresa.
L'ampia salain poche oreera stata trasformataper opera di Sandokandi Kammamuri e dei piratiin un'orribile caverna che a Tremal-Naik ricordavain parteil tempio dei thugs indianidove il truce Suyodhana aveva compiuto la sua spaventevole vendetta.
Una infinità di rami resinosi accesi spandevano all'intorno una luce azzurrognolalividaspettrale. Qua e là erano stati accumulati massi enormi e rizzati tronchi d'alberi che potevano passare per colonneadorni di mostri d'argilla rozzamente plasmati rappresentanti Visnùil dio conservatore degli indianiil quale ha la sua residenza nel Vaicondu o mare di latte del serpente Adissescien altri dèi caterigiganteschi geni malvagi chedivisi in cinque tribùvanno errando per il mondo dal quale non possono uscire né meritare la beatitudine promessa agli uominise non dopo aver raccolto un certo numero di preghiere.
Nel mezzo si ergeva una statuapure d'argillaorribile a vedersi.
Aveva quattro bracciauna lingua smisurata e i suoi piedi posavano sopra un cadavere. Dinanzi a quel mostro era collocata una vaschetta entro la quale nuotava un pesciolino.
- Dove siamo noi? - chiese Yanezguardando con stupore quei mostri e quelle torce.
- In una pagoda dei thugs indiani - disse Sandokan.
- Chi ha fatto tutti questi brutti mostri?
- Noifratello.
- In così poche ore?
- Tutto si faquando si vuole.
- Chi è quella brutta figura che ha quattro braccia?
- Kalìla dea dei thugs - rispose Tremal-Naik che l'aveva riconosciuta.
- Vi sembraTremal-Naikche questa pagoda improvvisata somigli a quella dei thugs?
- SìTigre della Malesia. Ma che cosa volete fare?
- Uditemi.
- Vi ascoltiamo.
- Io credo che solamente una straordinaria impressione possa far riacquistare la ragione a Ada.
- Anch'io sono del tuo parereSandokan - disse Yanez- e comprendo il tuo piano. Tu vuoi ripetere la scena che accadde nella pagoda dei thugs quando Tremal-Naik si presentò a Suyodhana.
- SìYanezè proprio così. Io sarò il capo dei thugs e ripeterò le parole pronunciate dal terribile uomo in quella notte fatale.
- E i thugs? - chiese Tremal-Naik.
- I thugs saranno i miei uomini - disse Sandokan. - Sono stati istruiti da Kammamuri.
- Avanti dunque.
Sandokan accostò alle labbra il fischietto d'argento ed emise un suono acuto. Subito trenta dayachi seminudi coi fianchi stretti da un laccio di fibre di rotang e con un serpente dalla testa di donna dipinto in mezzo al petto entrarono nella grande capanna schierandosi ai lati della mostruosa divinità dei thugs.
- Perché hanno quel serpente sul petto? - chiese Yanez.
- Tutti i thugs hanno un tatuaggio simile - rispose Tremal-Naik.
- Kammamuri non ha dimenticato nulla a quanto pare.
- Siete pronti? - chiese Sandokan.
- Tutti - risposero i dayachi.
- Yanez - disse allora Sandokan- ti affido una parte importante.
- Che cosa devo fare?
- Tu che sei un biancodevi rappresentare il padre di Ada. Guiderai gli altri pirati che fingeranno di essere i sipai indiani e farai quanto ti dice Kammamuri.
- Sta bene.
- Quando io fingerò di assalirti fuori del fortecadrai dinanzi a Ada come morto.
- Fidati di mefratello. Ognuno al suo posto.
Tremal-NaikYanez e Kammamuri uscironomentre Sandokan si fermava dinanzi alla statua della dea Kalì e i dayachii finti thugssi schieravano ai suoi lati.
Ad un cenno della Tigreun pirata percosse dodici volte una specie di gong che era stato trovato in un angolo del fortino.
All'ultimo colpo la porta del capannone s'aprì e la vergine della pagoda entrò sorretta da due dayachi.
- Avanzativergine della pagoda - disse Sandokan con voce grave- Suyodhana te lo comanda.
A quel nome di Suyodhanala pazza si era arrestataliberandosi dalle braccia dei due pirati. Il suo sguardoimprovvisamente acceso e dilatatosi fissò su Sandokanche stava ritto in mezzo alla pagodapoi sui dayachi che conservarono una immobilità assoluta e da ultimo sulla dea Kalì. Un fremito agitò il suo corpo e alcune rughe si disegnarono sulla nivea fronte.
- Kalì - mormorò con un accento nel quale si sentiva una vibrazione di terrore. - I thugs...
Si avanzò di alcuni passi continuando a volgere lo sguardo ora su Sandokanora sui piratiora sulla mostruosa divinità dei thugspoi si passò due o tre volte la mano sulla fronte e parve che facesse un supremo sforzo per richiamare alla memoria una qualche orribile scena.
D'improvviso Tremal-Naik irruppe nella pagoda e le si slanciò incontro gridando:
- Ada!...
La giovinetta si era arrestata di colpo; il suo volto era diventato pallidissimo e manifestava una inesprimibile ansietà. I suoi occhiche pareva perdessero a poco a poco quella luce stranapropria dei pazzisi fissavano su Tremal-Naik.
- Ada!... - ripeté questi con voce straziante. - Ritorna in te!...
In quell'istante si udì una voce gridare:
- Fuoco!
Alcuni spari rimbombarono sulla soglia della pagoda ed un gruppo di uomini guidati da Yanez irruppe nell'internomentre i dayachicome i thugs in quella fatale nottefuggivano in tutte le direzioni.
Ada era rimasta immobile. Ad un tratto trasalìpoi si curvò innanzicome se cercasse di raccogliere il rumore di una nuova scarica o qualche altra voce.
Sandokan si era fermato all'estremità della pagoda e non la perdeva di vista. Comprese ciò che aspettava ancora la disgraziata?... Forsepoiché con voce tonante si mise a gridarecome aveva gridato il feroce Suyadhama:
- Andate!... Ci rivedremo nella jungla!...
Aveva appena pronunciate quelle parole che un urlo acutissimo irrompeva dalle labbra della pazza.
Fece un passo innanzi col viso sconvoltole braccia alzatebarcollògirò su se stessa e cadde fra le braccia di Yanez.
- Morta!... morta!... - urlò Tremal-Naik con accento disperato.
- No - disse Sandokan. - Ella è salva!
Appoggiò una mano sul petto della vergine. Il cuore battevadebolmente sìma batteva.
- È svenuta - diss'egli.
- Allora è salva - disse Yanez.
- Fosse vero! - esclamò Tremal-Naik che rideva e piangeva ad un tempo.
Kammamuri ritornava con dell'acqua. Sandokan spruzzò a più riprese il viso della giovinetta e attese che ella ritornasse in sé.
Passarono alcuni minutipoi un sospiro profondo uscì dalle labbra della fanciulla.
- Sta per rinvenire - disse Sandokan.
- Devo rimanere qui? - chiese Tremal-Naik.
- No - rispose Sandokan. - Quando noi le avremo narrato ogni cosavi manderemo a chiamare.
L'indiano gettò un lungo sguardo sulla vergine della pagoda e uscì soffocando un singhiozzo.
- SperiSandokan? - chiese Yanez.
- Molto - rispose il pirata. - Domani questi due infelici potranno unirsi per sempre.
- E noi...
- ZittoYanez: apre gli occhi.
La giovinetta infatti ritornava in sé. Mandò un secondo sospiro più lungo del primopoi aprì gli occhi fissandoli su Sandokan e Yanez. Il suo sguardo non era più torbido; era limpidoera lo sguardo di una donna che non era più pazza.
- Dove sono? - chiese con voce debolecercando di alzarsi.
- Fra amicisignora - disse Sandokan.
- Ma che cos'è successo? - mormorò. - Ho sognato? Dove sono?... Chi siete voi?
- Signora - disse Sandokan- vi ripeto che siete fra amici. Cos'è successomi chiedete? Vi dirò che non siete più pazza.
- Pazza?... pazza?... - esclamò la ragazza con sorpresa. - Ero pazza io?
Non ho sognatodunque? Ah... mi ricordo... È orribile... È orribile...
Uno scoppio di pianto soffocò la sua voce.
- Calmatevisignora - disse Sandokan. - Qui non correte alcun pericolo. Suyodhana non esiste più e thugs qui non ce ne sono. Non siamo in Indiama nel Borneo.
Con uno sforzo Ada si rizzò in piedi eafferrando strettamente le mani di Sandokangli disse piangendo:
- In nome di Dioditemi ciò che è successo e chi siete voi. Mi sembra di non comprendere più nulla.
Erano le domande che Sandokan aspettava. Allora con voce grave le narrò succintamente tutto quello che era accaduto prima in Indiapoi a Mompracem e da ultimo nel Borneo.
- Ora - concluse Sandokan- se amate ancora Tremal-Naikil coraggioso indiano che per voi ha compiuto miracoliad un vostro cenno egli sarà alle vostre ginocchia.
- Se lo amo!... - esclamò Ada. - Dov'è? Lasciate che lo riveda dopo una così lunga separazione.
- Tremal-Naik!... - gridò Yanez.
L'indiano si precipitò nella pagoda e cadde ai piedi di Adaesclamando:
- Mia!... Ancora mia!... Dimmelo ancora una voltaAdache sarai mia moglie!...
La giovinetta posò le mani sul capo del fidanzato:
- Sìsarò tua moglie - diss'ella. - Mio padre mi ha promessa a tee t'amo ancora.
Nel medesimo istante una scarica di fucili rintronava sulle sponde della baiaseguita da una voce tonante che gridava:
- All'erta!... pirati di Mompracem!... Ecco il nemico!...

 

14. La rivincita del Rajah Brooke

Nell'udire quei colpi di fucile e quelle gridala Tigre della Malesia aveva fatto un salto verso la porta della capannamandando un vero ruggito.
- Il nemico qui!... - esclamò coi denti stretti. - Quiin questo momento!... James Brookeguai a te!
Tirò la scimitarraterribile arma nelle mani di quel formidabile uomoe si slanciò fuori del forte gridando:
- A metigrotti di Mompracem!...
Yanezi piratiKammamuri e persino i due fidanzati si slanciarono dietro a lui con le armi in pugno. La vergine della pagoda aveva anch'ella impugnato una scimitarrapronta a combattere a fianco dei suoi benefattori.
Aïer-Duk e i suoi otto uomini discendevanocorrendola china che menava alla baia.
Dietro di essifra gli alberi della forestaSandokan vide una grossa squadra d'uomini armatialcuni bianchialtri indiani e dayachi.
- All'ertapirati di Mompracem! il nemico! - gridò Aïer-Dukprecipitandosi verso la barca che era arenata sulla riva.
Sei o sette colpi di fucile rintronarono sotto la foresta ed alcune palle caddero in acqua.
- Le truppe del rajah Brooke! - esclamò Sandokan. - E proprio in questo momentoquando io credevo che la mia missione fosse terminata!
EbbeneJames Brookevieni pure a sfidarmi! La Tigre della Malesia non ti teme!
- Cosa facciamoSandokan? - chiese Yanez.
- Combatteremofratello - rispose il pirata.
- Vi bloccheranno.
- Che importa?
- Siamo sopra un'isolafratello mio.
- Ma dentro un forte.
Aïer-Duk ed i suoi uominiattraversato rapidamente il braccio di mareerano sbarcati sull'isola. Sandokan e Yanez si slanciarono verso il bravo dayaco che aveva un braccio insanguinato.
- Sei stato sorpreso? - gli chiese Sandokan.
- Sìcapitanoma riconduco tutti i miei uomini.
- Quanti sono i nemici?
- Trecento almeno.
- Chi li comanda?
- Un biancocapitano.
- Il rajah?
- Nonon è il rajah; è un luogotenente di marina.
- Un uomo di alta statura con due lunghi baffi rossi? - chiese Yanez.
- Sì - rispose il dayaco. - E ha con sé una quarantina di marinai europei.
- È il luogotenente Churchill.
- Chi è questo Churchill? - chiese Sandokan
- Il comandante del fortino che domina la città di Brooke.
- E non hai veduto il rajah? - domandò la Tigre ad Aïer-Duk.
- Nocapitano.
Sandokan digrignò i denti.
- Che hai? - chiese Yanez.
- Temo che il maledetto ci assalga dal mare - osservò il pirata. - Forse a quest'ora il Realista naviga verso la baia.
- Per Giove! - esclamò Yanezaggrottando la fronte. - Saremo presi fra due fuochi!
- Ma ci batteremoe quando non avremo più né polvere né palleandremo all'attacco con la scimitarra e col kriss.
Il nemicoche si era arrestato a seicento metri dalle rive della baiacominciava allora ad avanzare tenendosi nascosto dietro gli alberi ed ai fitti cespugli. La moschetteriaper un istante sospesaricominciò a scrosciare.
- Per Giove! - esclamò Yanez- grandina!
- Ritiriamoci nel forte - disse Sandokan. - È solido e resisterà alle palle di fucile.
I piratiTremal-NaikAda e Kammamuri rientrarono nel recintodopo aver però affondata la barcaperché il nemico non potesse servirsene per passare il braccio di mare.
La porta d'entrata fu barricata con enormi macigninumerose feritoie vennero aperte nella palizzata che era tanto alta da sfidare una scalapoi ogni combattenteeccettuata la vergine della pagoda che venne condotta nella gran capannaprese il posto che meglio gli conveniva.
- Fuocotigrotti di Mompracem! - tuonò Sandokanche si era arrampicato con Yanez e sette o otto dei più arditi pirati sul tetto della gran capanna.
Al comando rispose l'urlo di guerra dei piratiseguito da parecchi colpi di fucile. - Viva la Tigre della Malesia! Viva Mompracem!
Il nemicocontinuando a sparareera giunto presso la spiaggia.
Alcuni uomini cercavano di abbattere alberiforse con l'intenzione di fare una zattera e approdare all'isola.
Ben presto s'accorsero però che non era cosa tanto facile avvicinarsi ad un fortino difeso dai terribili pirati di Mompracem.
Scariche micidiali partivano dal recinto con una rapidità tale e una precisione così matematicache in pochi minuti quindici o sedici uomini giacevano a terra senza vita.
- Fuocotigrotti di Mompracem! - si udiva gridaread ogni istantedalla Tigre della Malesia.
- Viva la Tigre!... Viva Mompracem! - rispondevano i piratie scaricavano le loro armi dirigendo le palle nel più fitto della massa nemica.
I soldati del rajah ben presto si videro costretti a retrocedere fino al bosco e celarsi dietro i tronchi degli alberi.
Quella ritirata si era appena effettuataquando dalla sponda opposta della baia apparveall'incerto chiarore delle stelleun'altra grossa truppa d'uomini.
Una terribile grandinata di palle cadde quasi subito sul forte e sul tetto della gran capanna sulla cima della qualerittocol fucile in manosi teneva Sandokan.
- Per Giove! - esclamò Yanez che udì fischiare alcune palle ai suoi orecchi.
- Altri nemici!
- E anche delle barche - disse Sambigliong che gli era vicino.
- Dove?
- Guardate laggiùall'estremità della baia. Sono duequattrosetteuna vera flottiglia!...
- Mille tuoni! - esclamò il portoghese. - Ehi! fratello mio!
- Che cosa vuoi? - chiese Sandokan che stava caricando la sua carabina.
- Stiamo per venir presi.
- Non hai un fucile tu?
- Sì.
- E una scimitarra e un kriss?
- Certamente.
- Ebbenefratellonoi ci batteremo.
Salì sulla cima del tettosenza darsi pensiero delle palle che gli fischiavano attorno e tuonò:
- Tigrotti di Mompracemvendetta! Lo sterminatore dei pirati si avvicina! Tutti sulle palizzate e fuoco su quei cani che ci sfidano!
I pirati abbandonarono precipitosamente le feritoie e si arrampicarono come gatti sul recinto.
Tremal-NaikSambigliongTanauduriam e Aïer-Duk li dirigevanoincoraggiandoli con la voce e con l'esempio.
Ben presto la moschetteria ricominciò con furia incredibile. Sotto ogni albero della costa balenava un lamposeguito da una detonazione.
Centinaia e centinaia di palle s'incrociavano nell'aria con fischi lamentevoli.
Di quando in quandofra il crescente frastuonosi udivano la voce tonante della Tigre della Malesiale imprecazioni dei tigrottii comandi degli ufficiali del rajah e le urla selvagge degli indiani e dei dayachi. Talvolta però non erano esclamazioni di trionfo o di entusiasmo: erano grida straziantigemiti di feriti e di moribondi.
D'improvvisoverso il maresi udì una fortissima detonazione che coprì lo scrosciare della moschetteria. Era la possente voce del cannone.
- Ah! - esclamò Sandokan. - La flotta del rajah!
Guardò verso l'Oceano. Una grande ombra entrava nella baia accostandosi all'isola; due fanaliverde l'unorosso l'altrobrillavano ai suoi fianchi.
- Ehi! Sandokan!... - gridò una voce. - Corpo di una spingarda!
- CoraggioYanez! - rispose Sandokan.
- Per Giove! Abbiamo una nave alle spalle.
- Se occorre l'abborderemo e...
Non finì. Una fiammata era balenata a prua della nave che entrava nella vasta baia e una palla aveva abbattuto un pezzo di recinto.
- Il Realista! - esclamò Sandokan.
Infatti quella nave che accorreva in aiuto degli assalitori era lo schooner del rajah Brookelo stesso che alla foce del Sarawak aveva attaccato e mandato a picco l'Helgoland.
- Maledetto - ruggì Sandokanguardandolo con due occhi che mandavano fiamme. - Ah! Perché non ho un praho anch'io? Ti farei vedere come sanno battersi all'arma bianca i tigrotti di Mompracem!...
Un nuovo colpo di cannone rimbombò sul ponte del legno nemico e una nuova palla venne ad aprire un nuovo foro.
La Tigre della Malesia mandò un urlo di dolore e di rabbia.
- Tutto è finito! - esclamò.
Si precipitò giù dal tetto della capannaseguito da tutti i suoi compagnimentre un nembo di mitraglia spazzava la sommità del fortesalì sulla barricata che chiudeva l'entrata del fortino gridando:
- Fuocotigrotti di Mompracemfuoco! Mostriamo al rajah come sanno battersi i pirati della Malesia!...
La battaglia prendeva allora proporzioni spaventevoli. Le truppe del rajahche fino allora si erano tenute nascoste sotto i boschisi erano spinte verso la spiaggia e di là facevano un fuoco infernale; la flottigliatenutasi sempre ad una rispettabile distanzavedendosi appoggiata dai cannoni del legnoaveva ora fatto una mossa innanzirisolutaa quanto parevaad approdare all'isola.
La posizione dei pirati divenne ben presto disperata. Combattevano con rabbia estremaora tirando sulla naveora tirando sulla flottigliaora sparando sulle truppe ammassate sulla spiaggia della baiaentusiasmati dalla voce della Tigre della Malesia; ma erano troppo pochi per tener testa a tanti nemici!
Le palle cadevano fitteentrando per le feritoie e le fessure della cintae facevano cadere a duea tre alla volta i pirati che sparavano dall'alto della palizzata. E spesso non erano semplici pallema granate che i cannoni del Realista vomitavano e chescoppiando con terribile violenzaaprivano brecce enormiper le quali il nemicouna volta sbarcatopoteva penetrare nel fortino.
Alle tre del mattino un nuovo soccorso giungeva agli assalitori. Era uno svelto yacht armato di un solo ma grosso cannoneil quale aprì subito il fuoco contro le ormai cadenti palizzate del forte.
- È finita! - disse Sandokan dall'alto della barricatamentre con le dita arsela faccia stravoltatirava contro la flottiglia che continuava ad avanzare. - Fra dieci minuti bisognerà arrendersi.
Alle quattro del mattinonel fortino non rimanevano che sette persone: SandokanYanezTremal-NaikAdaSambigliongKammamuri e Tanauduriam. Avevano lasciato la cinta che non offriva più riparo alcuno e si erano ritirati nella gran capannauna parte della quale era stata già distrutta dalle cannonate del Realista e dello yacht.
- Sandokan - disse Yanez ad un certo momento- non possiamo più resistere.
- Finché abbiamo polvere e palle non dobbiamo arrenderci - rispose la Tigre della Malesiaguardando la flottiglia nemica cherespinta sei volte di seguitotornava alla carica per sbarcare i suoi uomini.
- Noi siamo soliSandokan. Abbiamo con noi una donnala vergine della pagoda.
- Possiamo ancora vincereYanez. Lasciamo che i nemici sbarchino e gettiamoci a corpo perduto contro di loro.
- E se una palla cogliesse la Vergine? GuardaSandokanguarda!...
Una granata lanciata dal Realista era in quel momento scoppiatasfondando un lungo tratto della parete. Alcuni frammenti di ferro entrarono nel cameronefischiando sopra il gruppo dei pirati.
- Ammazzano la mia fidanzata!... - esclamò Tremal-Naik che si era prontamente gettato dinanzi alla vergine della pagoda.
- Bisogna arrendersi o prepararsi a morire - disse Kammamuri.
- ArrendiamociSandokan - gridò Yanez. - Si tratta di salvare la cugina di Marianna Guillonk.
Sandokan non rispose. Dinanzi ad una delle finestre col fucile fra le manigli occhi fiammeggiantile labbra semiapertei lineamenti alterati da una rabbia violentaguardava il nemico che si avvicinava rapidamente all'isola.
- ArrendiamociSandokan - ripeté Yanez.
La Tigre della Malesia rispose con un rauco sospiro. Una seconda granata entrò da un foro e cadde contro la parete opposta dove scoppiòscagliando all'intorno schegge infuocate.
- Sandokan!... - gridò per la terza volta Yanez.
- Fratello - mormorò la Tigre.
- Bisogna arrendersi.
- Arrendersi!... - gridò Sandokan con un accento che più nulla aveva di umano. - La Tigre della Malesia arrendersi a James Brooke!... Perché non ho un cannone da opporre a quelli del rajah? Perché non ho qui i tigrotti lasciati nella mia Mompracem?... Arrendermi!... Arrendersi la Tigre della Malesia!...
- Hai una donna da salvareSandokan!...
- Lo so...
- E questa donna è la cugina di tua moglie.
- È vero! è vero!
- ArrendiamociSandokan.
Una terza granata scoppiò nella stanza mentre due palle di grosso calibrocolpendo la sommità della capannafacevano rovinare buona parte del tetto. La Tigre della Malesia si volse e guardò i suoi compagni. Avevano tutti le armi in pugno ed erano pronti a continuare la lotta; in mezzo ad essi la vergine della pagoda. Sembrava tranquillama nei suoi occhi si leggeva la più viva ansietà.
- Non vi è più speranza alcuna - mormorò con voce cupa il pirata. - Fra dieci minuti nessuno di questi prodi rimarrà in piedi. Bisogna arrendersi. -
Si prese il capo fra le mani e parve volesse schiacciarsi la fronte.
- Sandokan! - disse Yanez.
Un urrah fragoroso coperse la sua voce. I soldati del rajah avevano attraversato il braccio di mare e si dirigevano verso il forte.
Sandokan si scosse. Impugnò la sua terribile scimitarra e fece l'atto di slanciarsi fuori della capanna per contrastare il passo ai vincitorima si trattenne.
- L'ultima ora è suonata per le tigri di Mompracem! - esclamò con dolore. - Sambigliongissa la bandiera bianca.
Tremal-Naik con un gesto arrestò il pirata che stava legando uno straccio bianco sulla canna di un fucilee si avvicinò a Sandokan tenendo per mano la sua fidanzata.
- Signore - gli disse- se vi arrendeteioKammamuri e la mia fidanzata saremo salvima voiche siete pirati e perciò odiati a morte dal rajahverrete senza dubbio tutti impiccati. Voi ci avete salvati: noi mettiamo nelle vostre mani la vita di noi tutti. Se avete ancora la speranza di vincerecomandate l'assalto e noi ci slanceremo contro il nemico al grido di: Viva la Tigre della Malesia! Viva Mompracem!
- Graziemiei nobili amici - disse Sandokan con voce commossastringendo vigorosamente le mani della giovinetta e dell'indiano. - Ormai il nemico ha approdato e noi non siamo che sette. Arrendiamoci.
- Ma voi? - chiese Ada.
- James Brooke non mi appiccheràsignora - rispose il pirata.
- La bandiera biancaSambigliong - disse Yanez.
Il pirata s'arrampicò sul tetto della capanna e agitò lo straccio bianco. Subito s'udì uno squillo di tromba echeggiare sul ponte del Realistaseguito da strepitosi urrah.
Sandokan con la scimitarra in pugno uscì dalla capannaattraversò il piazzale del forte ingombro di rottami e di cadaveridi armi e di palle di cannonee si fermò presso la barricata sfondata.
Duecento soldati del rajah erano sbarcati e stavano allineati sulla spiaggia con le armi in manopronti a slanciarsi all'assalto. Una scialuppa montata dal rajah Brookeda lord Guillonk e da dodici marinai si era staccata dal fianco del Realista e si avvicinava rapidamente all'isola.
- Lui è mio zio - mormorò Sandokan con voce triste.
Incrociò le braccia sul pettodopo aver ringuainata la scimitarrae aspettò tranquillamente i suoi due più acerrimi nemici.
L'imbarcazionevigorosamente spinta innanziin pochi minuti approdò presso il fortino: James Brooke e lord Guillonk sbarcaronoeseguiti a breve distanza da un forte drappello di soldatis'avvicinarono a Sandokan.
- Chiedete una tregua o vi arrendete? - chiese il rajah salutando con la sciabola.
- Mi arrendosignore - disse il pirata restituendo il saluto. I vostri cannoni ed i vostri uomini hanno domato le tigri di Mompracem.
- Lo sapevo che avrei finito col vincere la indomabile Tigre della Malesia - disse. - Signoreio vi arresto.
Sandokanche fino allora non si era mossonell'udire quelle parole rialzò fieramente la testagettando sul rajah uno sguardo che lo fece fremere.
- Rajah Brooke - disse con voce sibilante. - Ho dietro di me cinque tigri di Mompracemcinque solema capaci di sostenere ancora una lotta contro tutti i vostri soldati. Ho dietro di me cinque uomini capaci di scagliarsi ad un mio cenno contro di voi e di stendervi a terra senza vita. Mi arresterete quando a quegli uomini avrò dato l'ordine di deporre le armi.
- Non vi arrendete?
- Mi arrendoma ad un patto.
- Signorevi faccio notare che le mie truppe son già sbarcate; che voi siete in sei e noi duecentocinquanta; vi faccio notare che basta un mio cenno per farvi fucilare. Mi sembra strano che la Tigre della Malesia vinta voglia dettare ancora delle condizioni.
- La Tigre della Malesia non è ancora vintarajah Brooke disse Sandokan con fierezza. - Ho ancora la mia scimitarra e il mio kriss.
- Devo comandare l'assalto?
- Quando vi avrò detto ciò che io chiedo.
- Parlate.
- Rajah Brookeioil capitano Yanez de Gomera e i dayachi Tanauduriam a Sambigliongtutti appartenenti alla banda di Mompracemci arrendiamo alle seguenti condizioni:
"Che ci si giudichi alla Corte Suprema di Calcutta e che si accordi ampia libertà di andarsene dove meglio crederanno a Tremal-Naikal suo servo Kammamuri e a miss Ada Corishant!..."
- Ada Corishant! Ada Corishant! - esclamò lord Guillonkslanciandosi verso Sandokan.
- SìAda Corishant - rispose Sandokan.
- È impossibile che sia qui!
- E perchémilord?
- Perché ella fu rapita dai thugs indiani e non se ne udì più parlare.
- Eppure è in questo fortemilord.
- Lord James - disse il rajah. - Avete conosciuto miss Ada Corishant?
- SìAltezza - rispose il vecchio lord. - La conobbi pochi mesi prima che fosse rapita dai settari di Kalì.
- Vedendolala riconoscereste?
- Sìe sono certo che anch'ella mi riconoscerebbequantunque siano trascorsi da quell'epoca funesta ben cinque anni.
- Ebbenesignoriseguitemi - disse Sandokan.
Fece loro varcare la palizzata e li condusse nella gran capannain mezzo alla quale stavanoriuniti attorno alla vergine della pagodacoi fucili in mano e il kriss fra le labbraYanezTremal-NaikKammamuriTanauduriam e Sambigliong.
Sandokan prese Ada per mano epresentandola al lordgli disse:
- La riconoscete?
Due grida gli risposero:
- Ada!
- Lord James!
Poi il vecchio e la giovanetta si abbracciarono con effusionebaciandosi. Entrambi si erano riconosciuti.
- Signore - disse il rajah volgendosi verso Sandokan- come mai miss Ada Corishant si trova nelle vostre mani?
- Ve lo dirà ella stessa - rispose Sandokan.
- Sìsìvoglio saperlo! - esclamò lord James che continuava ad abbracciare e baciare la giovanettapiangendo di gioia. - Voglio sapere tutto.
- Narrategli tuttodunquemiss Ada - disse Sandokan.
La giovanetta non se lo fece ripetere e narrò brevemente al lord e al rajah la sua storiache i lettori già conoscono.
- Lord James - diss'ellaquando ebbe finito - la mia salvezza la devo a Tremal-Naik e a Kammamuri; la mia felicità alla Tigre della Malesia. Abbracciate questi uominimilord.
Lord James si avvicinò a Sandokan checon le braccia incrociate sul petto e il volto lievemente alteratoguardava i suoi compagni.
- Sandokan - disse il vecchio con voce commossa. - Mi avete rapito mia nipotema mi ridonate un'altra donna che io amavo quanto l'altra. Vi perdono; abbracciateminipoteabbracciatemi!...
La Tigre della Malesia si precipitò nelle braccia del vecchio e quegli accaniti nemicidopo tanti annisi baciarono in viso.
Quando si separaronogrosse lacrime cadevano dagli occhi del vecchio lord.
- È vero che tua moglie è morta? - chiese egli con voce rotta.
A quella domanda la faccia della Tigre della Malesia si alterò spaventevolmente. Chiuse gli occhise li coprì con le dita contratte e mandò un rauco gemito.
- Sìè morta - disse la Tigre con un gemito straziante.
- Povera Marianna! Povera nipote!
- Tacetetacete - mormorò Sandokan.
Un singhiozzo soffocò la sua voce. La Tigre della Malesia piangeva! Yanez si avvicinò all'amico emettendogli una mano sulla spalla:
- Coraggiofratellino mio - gli disse. - Dinanzi allo sterminatore dei piratila Tigre della Malesia non deve mostrarsi debole. -
Sandokan si terse quasi con rabbia le lacrime e rialzò il capo con fiero gesto.
- Rajah Brookesono a vostra disposizione. Io e i miei compagni ci arrendiamo.
- Quali sono questi vostri compagni? - chiese il rajah con la fronte abbuiata.
- YanezTanauduriam e Sambigliong.
- E Tremal-Naik?
- Come!... Voi osereste...
- Io non oso nulla - disse James Brooke. - Obbedisco e niente più.
- Che cosa volete dire?
- Che Tremal-Naik rimarrà prigioniero al pari di voi.
- Altezza!... - esclamò lord Guillonk. - Altezza!...
- Mi rincresce per voimilordma non sta a me accordare la libertà a Tremal-Naik. Io l'ho avuto in consegna e devo restituirlo alle autorità inglesile quali non mancheranno di reclamarlo.
- Ma voi avete udito tutta la storia di questo mio nuovo nipote.
- È veroma non posso trasgredire gli ordini ricevuti dalle autorità Anglo-Indiane. A giorni un vascello di deportati toccherà Sarawak ed io dovrò consegnarlo a quel comandante.
- Signore!... - esclamò Tremal-Naik con voce rotta - voi non permetterete che mi separino dalla mia Ada e che mi conducano a Norfolk.
- Rajah Brooke - disse Sandokan- voi commettete una infamia.
- Noobbedisco - rispose il rajah. - Lord Guillonk potrà recarsi a Calcuttaspiegare le arti codarde dei thugs e fargli ottenere la grazia ed io promettoda parte miadi appoggiarlo.
Adache fino allora era rimasta mutaoppressa da un'angoscia mortalesi fece innanzi:
- Rajah - diss'ella con voce commoventevolete dunque che ritorni pazza?...
- Riavrete presto il fidanzatomiss. Le autorità Anglo-Indiane rivedranno il processo e non indugeranno a rimettere in libertà Tremal-Naik.
- Allora lasciate che m'imbarchi con lui.
- Voi!... Eh via!... Scherzatemiss?...
- Voglio seguirlo.
- Su di un vascello di forzati!... In una simile bolgia infernale!...
- Vi dico che voglio seguirlo - ripeté ella con esaltazione. James Brooke la guardò con una certa sorpresa. Pareva che fosse impressionato della suprema energia di quella giovanetta.
- Rispondetemi - disse Adavedendo che rimaneva muto.
- È impossibilemiss - disse poi. - Il comandante della nave non vi accetterebbe. Sarà meglio per voi che seguiate vostro zio in India per ottenere la grazia del vostro fidanzato. La vostra testimonianza basterà per fargli rendere la libertà.
- È veroAda - disse lord Guillonk. - Seguendo Tremal-Naik io rimarrei solo e mi mancherebbe il testimonio principale per salvare il tuo fidanzato.
- Ma volete che l'abbandoni ancora!... - esclamò ella scoppiando in singhiozzi.
- Ada!... - disse Tremal-Naik.
- Altezza - disse Sandokan avanzandosi verso il rajah. - Mi accorderete cinque minuti di libertà!
- Che cosa volete fare? - chiese James Brooke.
- Voglio persuadere miss Ada a seguire lord James.
- Fate pure.
- Ma la vostra presenza non è necessaria: voglio parlare liberosenza che altri odano.
Uscì dalla semi-diroccata capanna e condusse i suoi amici nella cinta del forte.
- Vi accordo ciò che chiedete. Vi acerto peròche se sperate di fuggire v'ingannateperchè la baia è tutta circondata.
- Lo so. Seguitemiamici. -
- Ascoltatemiamici - diss'egli. - Io possiedo ancora tali mezzi da far impallidire il rajah se potesse conoscerli. Miss Adalord James...
- Non lord Jameschiamatemi zioSandokan - osservò l'inglese.- Siete pur voi mio nipote.
- È verozio mio - disse la Tigre con voce commossa. - Miss Adanon insistete oltre e rinunciate all'idea di seguire il vostro fidanzato all'isola di Norfolk. Cerchiamo invece di ottenere dal rajah che trattenga in Sarawak Tremal-Naik fino a che le autorità di Calcutta avranno riveduto il processo e deciso della sua sorte.
- Ma sarà una lunga separazione - disse Ada.
- Nomisssarà breveve l'assicuro. Cerco di ottenere ciò dal rajah per guadagnare tempo.
- Cosa volete dire? - chiesero Tremal-Naik e lord Guillonk.
Un sorriso sfiorò le labbra di Sandokan.
- Ah! - diss'egli. - Credete che io ignori la sorte che mi attenderebbe anche a Calcutta?... Gli inglesi mi odiano ed ho fatto loro una guerra troppo aspra e feroce per sperare che mi lascino la vita. Voglio ancora essere liberoscorrere il mare e rivedere la mia selvaggia Mompracem.
- Ma che cosa vuoi fare? Su chi speri? - chiese lord Guillonk.
- Sul nipote di Muda-Hassin.
- Del sultano spodestato da Brooke? - chiese lord James.
- Sìzio. Io so che sta congiurando per riacquistare il trono e che minalentamente ma incessantementela potenza di Brooke.
- Che cosa possiamo fare? - chiese Ada. - A voi devo la mia salvezza e dovrò la libertà di Tremal-Naik.
- Andare a trovare quell'uomo e dire a lui che le tigri di Mompracem sono pronte ad aiutarlo. I miei pirati sbarcheranno quisi porranno alla testa degli insorti e verranno ad assalire prima di tutto la nostra prigione.
- Ma io sono inglesenipote - disse il lord.
- E nulla esigo da voizio mio. Voi non potete cospirare contro un compatriota.
- Ma chi agirà?
- Miss Ada e Kammamuri.
- Ohsìsignore - disse la giovanetta. - Parlate. Che cosa devo fare?
Sandokan si slacciò la casacca e trasse dalla fascia che teneva sopra la camicia di seta una borsa rigonfia.
- Vi recherete dal nipote di Muda-Hassin e gli direte che Sandokanla Tigre della Malesiagli regala questi diamantiche valgono due milioniper affrettare la rivolta.
- E io che cosa devo fare? - chiese Kammamuri. Sandokan si levò un anellod'una forma specialeadorno d'un grosso smeraldo e glielo porse dicendogli:
- Tu andrai a Mompracem e farai vedere ai miei pirati questo anellodirai loro che io sono prigioniero e che si imbarchino per aiutare l'insurrezione del nipote di Muda-Hassin. Ritorniamo: il rajah è sospettoso.
Rientrarono nella capanna diroccata dove Brooke li aspettavacircondato dai suoi ufficiali che erano già sbarcati.
- Ebbene? - chiese brevemente.
- Ada rinuncia all'idea di seguire il fidanzatoa condizione che voiAltezzatratteniate prigioniero in Sarawak Tremal-Naik fino a che la Corte di Calcutta avrà riveduto il processo disse il lord.
- Sia - disse Brooke dopo alcuni istanti di riflessione.
Allora Sandokan si avanzò egettando a terra la scimitarra e il krissdisse:
- Sono vostro prigioniero.
YanezTanauduriam e Sambigliong gettarono pure le loro armi.
Lord Jamescon gli occhi umidisi gettò fra il rajah e Sandokan.
- Altezza - disse- che cosa farete di mio nipote?
- Gli accordo ciò che mi ha chiesto.
- Cioè?
- Lo manderò in India. La Corte Suprema di Calcutta s'incaricherà di giudicarlo.
- E quando partirà?
- Fra quaranta giornicol postale proveniente da Labuan.
- Altezza... è mio nipoteed io ho cooperato alla sua cattura.
- Lo so milord.
- Ha salvato Ada CorishantAltezza.
- Lo soma nulla può fare colui che si chiama lo sterminatore dei pirati.
- E se mio nipote vi promettesse di lasciare per sempre questi mari?... E se mio nipote vi giurasse di non rivedere più Mompracem?
- Fermatevizio - disse Sandokan. - Né io né i miei compagni abbiamo paura della giustizia umana. Quando l'ultima ora sarà suonatale tigri di Mompracem sapranno morire da forti. -
S'avvicinò al vecchio lord che piangeva in silenzio e lo abbracciòmentre Tremal-Naik abbracciava Ada.
- Addiosignora - disse poistringendo la mano alla giovanetta che singhiozzava. - Sperate!...
Si volse verso il rajah che lo attendeva presso la porta ealzando fieramente il capogli disse:
- Sono ai vostri ordiniAltezza.
I quattro pirati e Tremal-Naik uscirono dal fortino e presero posto nelle imbarcazioni. Quando queste presero il largo dirigendosi verso il Realistavolsero gli sguardi verso l'isolotto.
Sulla porta del recinto stava il lord con Ada a destra e Kammamuri a sinistra. Tutti e tre piangevano.
- Povero ziopovera miss - esclamò Sandokansospirando. - Fatalità!... Fatalità!... Ma la separazione sarà brevee tuJames Brookeperderai il trono!...

 
15. Lo yacht di Lord James

La baiadopo quel furioso cannoneggiamento e quella tremenda lotta che aveva distrutte le indomabili tigri della selvaggia Mompracem e vinti gli ultimi superstiti della formidabile bandaera ritornata silenziosa.
Il Realista si era allontanato assieme alla piccola flottiglia e le truppe del rajah avevano ripresa la via dei boschi per ritornare a Sarawak. Solo rimaneva lo yacht ancorato presso l'isolottoin attesa di Lord James che ne era il proprietario.
Dinanzi al fortinoseduta su un pezzo di cinta che le palle dei cannoni avevano diroccatosinghiozzava Ada e presso di lei stavano il vecchio Lord e Kammamuri.
- Imbarchiamocinipote mia- diceva il Lord. - Non è colle lagrime che noi potremmo salvarli.
- È veropadrona- diceva il maharatto. - Bisogna agire e presto. Pensate che fra quaranta giorni Sandokan verrà condotto in India e che se quell'uomo non è quiforse nemmeno il mio padrone potrà essere libero.
- Ho l'anima infrantazio. lo non soma si direbbe che su di me pesa la maledizione dell'orribile divinità dei thugs.
- Lascia andare simili ubbieAdae partiamo.
- Ma per dove?
- Per Mompracem- disse una voce dietro di loro.
Si volsero tutti e tre e si trovarono dinanzi ad un pirata col viso sfigurato e imbrattato di sangue.
- Chi siete? - chiese il Lordindietreggiando.
- Aïer-Dukuno dei capi-banda della Tigre della Malesia.
- Vivo ancora!... - esclamarono Ada e Kammamuri.
- Ho pensato che un uomo libero poteva essere più utile al capitano che un mortoe quando ho veduto che la battaglia era perdutami sono lasciato cadere fra i cadaveri.
- Madisgraziatotu sei ferito!... - esclamò Ada.
- Bah!... - fe' il pirata alzando le spalle. - La palla che mi ha colpito è solamente strisciata sul mio cranio.
- È una fortuna che tu sia vivo- disse il Lord. - Sarai tu che andrai a Mompracem a levare le bande di Sandokan.
- Sono pronto a partiremilord. Ho udito tutto ciò che ha detto il capitano e basta che abbia un canotto qualunque per prendere subito il largo. Imbarcherò tutte le tigri di Mompracem e le condurrò dal nipote di Muda-Hassin.
- Ti procurerò un canotto a vapore- disse il Lord. - Io ne posseggo uno.
- Quando potrò partire?
- Appena saremo giunti a Sarawak. A bordoamici mieie ritorniamo in città.
- Andiamozio- disse Ada. - Non sarò da meno di Tremal-Naik e dei suoi valorosi amici.
- Una parolamilord- disse Kammamuri.
- Parla.
- Ritornando a Sarawak non metteremo in sospetto il rajah? Sarebbe meglio fargli credere di essere partiti per l'India.
- t vero- disse Lord Jamescolpito da quella riflessione. -Potrebbe credere che noi tentassimo la liberazione di Sandokan e di Tremal-Naik. Sei molto perspicaceKammamuri.
- Sono maharatto - rispose l'indianocon orgoglio.
- Milord- disse Aïer-Duk- sapete dove si trova il nipote di Muda-Hassin?
- A Sedang.
- Libero?
- Guardato a vista.
- Sedang è sul fiume omonimose non m'inganno.
- Sì.
- Andate ad ancorarvi alla foce di quel corso d'acquamilorded io fra due settimane verrò a raggiungervi colla flottiglia di Mompracem. Intanto potrete cercare d'avvicinare il nipote di Muda-Hassin e metterlo al corrente degli avvenimenti che si preparano.
- Credo che sia il progetto migliore- disse il Lord. - In tal modo eviteremo le diffidenze del rajah. Imbarchiamociamici: ormai più nulla abbiamo da fare qui. -
Una scialuppa dello yachtmontata da sei marinaili attendeva alla punta estrema dell'isolotto. Il LordAdaKammamuri ed il pirata così miracolosamente scampato alla mortes'imbarcarono e raggiunsero la piccola nave.
Quello yacht era uno dei più belli e dei più eleganti che si fossero veduti in quei mari. Stazzava centocinquanta tonnellate tutt'al più; aveva la carena strettala prua tagliata ad angolo retto ma costruita a prova di scoglio ed era attrezzato a golettacon certe rande che avevano uno sviluppo enorme per poter approfittare anche delle più deboli brezze.
Lord Jamesda vero gran signorel'aveva fatto ammobiliare con ricercatezza. Le cabine ed il salotto del quadro non potevano essere più elegantiné più comode e la cantina e la dispensa non potevano essere meglio fornite.
Lo montavano venti uominiscelti per lo più fra i bughisivalenti marinai che non la cedono ai malesiche pur sono considerati come i più intrepidi lupi di mare di tutto il vasto arcipelago della Sonda.
Solamente il mastro ed il sotto-capitano erano di razza diversapoiché erano meticci anglo-indianiallievi senza dubbio della scuola marittima di Calcutta o di Bombay.
Appena il Lord mise i piedi sullo yachtil sotto-capitanoche era un bell'uomo di alta staturacolla pelle leggiermente abbronzata che tradiva l'incrocio del sangue indiano con quello europeogli occhi nerissimi ed assai intelligenti ed i lineamenti energici ma che avevano ancora un non so che di fierezza selvaggiasi fece innanzi dicendo:
- Devo mettere la prua verso la baiamilord?
- Sì- rispose il vecchio capitano- ma andiamo a Sedang e non a Sarawak.
- Sta benemilord. Ha altri ordini da darmi?
- Assegnate due cabine a questi uomini- continuò il Lordindicando Kammamuri e Aïer-Duk- e fate medicare il ferito. -
Poi diede il braccio ad Ada e la condusse nel quadro di poppaquindi in una elegantissima cabinadicendole:
- Sei in casa tuanipote mia.
- Grazie zio- rispose ella. - Partiamo subito?
- Sull'istante.
- E quando giungeremo a Sedang?
- Fra tre giornise il vento si mantiene favorevole.
- Sono impaziente di vedere il nipote del sultano.
- Lo credo.
- Riusciremozio?
- Spalleggiati dai tigrottí di Mompracemsìnipote mia.
- Sono adunque uomini terribili costoro?
- L'hai veduto or ora come sanno battersi. Quando apprenderanno che il loro capo è prigionieroaccorreranno tutti e si faranno uccidere per salvarlo.
- Lo adorano quel valoroso uomo?
- Alla follia. lo li conosco quegli uominiche un tempo furono miei nemici. Quando sì battonosono più formidabili delle tigried i cannoni non bastano per arrestarli.
- Ma avrà dei partigianiil nipote di Muda-Hassin?
- Sìe molti. Brooke è temuto dai suoi soldati ma è odiato per le atrocità da luì commesse contro i pirati malesi. Perfino i nostri compatriotti hanno alzato più volte un grido d'indignazione contro di lui.
Ma è un uomo energico e si difenderà terribilmente.
È veroma non potrà resistere all'onda devastatrice che lo travolgerà.
- Potesse ciò avvenire prestozio- disse Adasospirando. -Povero Tremal-Naik!... Vedersi ancora una volta separato da mequando la felicità gli arrideva!... Ah... zio miosiamo nati entrambi sotto una cattiva stella.
- Sarà l'ultima provaAda. Quando lo avremo liberato vi condurrò con me in Indiama lontani da Calcutta per mettervi al coperto dalle vendette dello spietato Suyodhanaod a Giavae non ci lasceremo più.
- E verrà anche Sandokan?
- Lui!... È un uomo che non è fatto per la vita tranquillama chissà... in India potrebbe forse seguircima per intraprendere una tremenda lotta contro i thugs ed il loro capo. Basta: riposa tranquilla nella tua cabinache ne hai tanto bisognoAda. lo risalgo sul ponte. -
Il Lord abbandonò il quadro e sali in coperta.
Lo yacht era già uscito dalla baia e veleggiava nell'ampia baia di Sarawak colla prua verso l'est.
Il mare era deserto. Il Realista e la piccola flottigliapartiti un'ora primadovevano già essere giunti alla foce del fiume e forse stavano per approdare alla cittàportando con loro i prigionieri.
Anche la costache si disegnava verso il sudformando come un immenso arcoappariva disabitata. Si vedevano solamente delle cupe foreste che si estendevano fino al mare e più oltre giganteggiava l'alto cono di Matang.
Il ventoche si manteneva favorevolissimospingeva lo svelto yacht con una velocità di sei o sette nodi all'ora. Se quella corsa non scemavafra due giorniinvece di trequel rapido veliero poteva giungere alla foce del Sedang.
Tre ore dopoquando lo yacht si trovava quasi di fronte al Sarawakla scialuppa a vapore che stava ormeggiata a poppaveniva tratta sotto la scala di tribordo. La macchina era già sotto pressione e l'elica pronta a funzionare.
Aïer-Dukche era stato medicato della sua feritapiù dolorosa che pericolosacomparve sul pontepronto a prendere il largo per Mompracem.
- Le vostre istruzionimilord- disse.
- Le conoscete: armare la flotta e venire alla foce del fiume. Quanti uomini sono rimasti a Mompracem?
- Duecentoma valgono come mille.
- Avete prahos bastanti?
- Ve ne sono trenta armati di quaranta cannoni e di sessanta spingarde.
- Nel ritorno cercate di non farvi sorprendere dalla flotta del rajah.
- Se la incontriamo la distruggeremomilord.
- E dareste l'allarme
- È vero. Agiremo con prudenza.
- Parti: i minuti sono preziosi. La scialuppa percorre dieci nodi all'ora ed in due giorni puoi essere a Mompracem.
- Arrivederci prestomilord. -
Aïer-Duk discese nella scialuppa dove l'attendevano due fuochisti e diede il comando di prendere il largo. Un quarto d'ora dopola rapida imbarcazione non era che un punto nero appena visibile sull'azzurra superficie del mare.
Lo yacht aveva ripresa la corsa verso l'esttenendosi al largo dalla foce del Sarawak per non venire scorto dai piccoli guardacoste del rajahpremendo al Lord di giungere a Sedang inosservato.
Durante la notte il rapido veliero oltrepassava la piccola baia racchiusa fra le due lunghe penisole che formano l'avamporto della cittàe all'indomani poggiava verso la costa.
Alle sette di seraessendosi il vento mantenuto fresco assaigiungeva alla foce del fiumesulle cui rive sorge la piccola città di Sedang.
L'ancora fu calata a picco entro una piccola darsena semi-nascosta da altissimi durion e da splendide arenghe saccarifere le cui foglie piumate proìettavano sulle rive una cupa ombra.
- Si vede nessunozio? - chiese Ada che era salita in coperta.
- La foce è deserta- rispose il Lord. - Sedang è una città poco frequentata.
- Quando ci recheremo dal nipote di Muda-Hassin?
- Domanima bisogna cambiare pelle.
- Cosa volete dire?
- Degli uomini bianchi sarebbero subito notati ed il rajah non tarderebbe ad esserne informato.
- Cosa dobbiamo fare?
- Travestirci da indiani e lasciarci dipingere il viso.
- Purché possa salvare Tremal-Naik ed i suoi valorosi amicisono pronta a tuttozio.
- A domaniAda. -


16. IL GOVERNATORE DI SEDANG

 
Dodici ore dopouna scialuppa montata da sei bughisi dell'equipaggio dello yachtda lord Ada e Kammamurisaliva il fiume per giungere a Sedang.
I marinai avevano indossato i loro costumi nazionaliconsistenti in gonnellini variopinti e un piccolo turbantee il lord e Adala cui pelle aveva assunto un bel color bronzeosi erano avvolti in ricche vesti a tinte vivacistrette alla cintola da larghe fasce di seta rossaper farsi credere principi indiani in viaggio di piacere.
Solamente Kammamuri aveva conservato il suo costume maharattoche non poteva far nascere alcun sospetto. Il fiumeangusto e dalle acque assai torbideera quasi deserto. Solamente i tratto in tratto appariva sulle sue sponde qualcuna di quelle grandi capanne piantate sopra fitte file di paliad una altezza di quindici o venti piediidi fabbricazione dayaca.
Invece vi erano grandi boscaglie di alberi gommiferi di giunta wan; piante di piper nigrum già coperte di bacche rossastre che danno un granello assai aromatico; di gluga dalla cui corteccia macerata si estrae una specie di carta; d'immensi alberi della canfora esalanti un acuto profumo e di bananidi areche e di rotangpiante sarmentose questeche in quelle regioni tengono il luogo delle liane e raggiungono lunghezze straordinarie poiché toccano sovente i trecento metri.
In mezzo a quella ricca vegetazione si vedevano talora scimmie dal naso lungo dondolarsi sulle più alte cime degli alberi o svolazzare i calaos gigantistravaganti volatili dai becchi enormigrossi quanto l'intero corpoil cui capo è sormontato da un bizzarro elmetto a forma di virgola. Apparivano pure stormi di splendidi argusadorni di lunghissime pennedi cacatua neree anche qualcuno di quei pipistrelli enormi che gl'indigeni chiamano kulanggrossi come un piccolo canele cui ali misurano perfino un metro e trenta centimetri.
A mezzogiornola scialuppache risaliva il fiume col favore della mareagiungeva dinanzi a Sedang ancorandosi alla estremità della borgata.
Quantunque vanti il nome di cittàSedang non è che un villaggio al pari di Kutschingla seconda cittadina per importanza del reame di Sarawak. A quell'epoca si componeva di un centinaio di capanne piantate su paliquasi tutte abitate da dayachi-lautossia da dayachi costieridi alcune casette coi tetti arcuati appartenenti a pochi cinesie di due edifici in legnouno abitato dal nipote di Muda-Hassinche veniva guardato come un prigionieronon ignorandosi che egli aspirava alla riconquista del tronoe l'altro dal governatorecreatura devotissima al rajahche aveva ai suoi ordini una ventina d'indiani armati.
Non essendovi a Sedang nemmeno la più modesta trattoriail Lord acquistò una delle più belle casette cinesi situata presso il fiumealla estremità settentrionale della cittadina; vi condusse Ada e Kammamuripoi disse alla nipote:
- La mia missione finisce qui. Tutto quello che ho potuto fare per tesenza compromettere il mio onore di marinaio inglese e di compatriotta di James Brookeio l'ho fatto. Alla guerra che tu e i pirati state per scatenare io non posso parteciparequantunque lo Stato di Sarawak sia assolutamente indipendentenon abbia legami con l'Inghilterra e io abbia avuto a dolermi ultimamente della eccessiva rigorosità di Brooke nei riguardi di Tremal-Naik. Io rimango tuo zio e tuo protettorema come inglese devo serbarmi neutrale.
- Dunque voi ci lasciate già? - disse Ada con dolore.
- È necessario. Ritorno al mio yachtma non lascerò la foce del fiume prima che siano aperte le ostilitàper potere eventualmente proteggerti. Tu non hai dimenticato di essere una donna abbastanza energica per agire anche da sola.
- Oh sìzio!... Sono decisa a tutto.
- Ti lascio quattro dei miei marinai con l'incarico di difenderti e di aiutarti. Ti obbediranno come a me stessoe sono uomini d'un provato coraggio e d'una fedeltà sicura. Addio! Qualunque pericolo ti minacciassemanda a me uno dei miei marinai. Il mio yacht è armato e ad ogni tua richiesta salirà prontamente il fiume.
Si abbracciarono a lungopoi il lord tornò ad imbarcarsi e ridiscese il fiume. La giovinetta era rimasta sulla riva e lo guardava allontanarsi: non si accorse che una guardia del rajah si era avvicinataosservandola con viva curiositànon esente da una certa diffidenza.
Se ne avvide soltanto quando l'uomo fu al suo fianco.
- Chi siete voi? - chiese la guardia.
La giovinetta gettò su quell'indiano uno sguardo acuto ed altero.
- Cosa vuoi tu? - gli chiese.
- Sapere chi siete - rispose l'indiano.
- Ciò non ti riguarda.
- È l'ordinepoiché voi siete una straniera.
- L'ordine di chi?
- Del governatore.
- Non lo conosco.
- Ma egli deve sapere chi sbarca a Sedang.
- E il motivo?...
- Qui vi è il nipote di Muda-Hassin.
- Non so chi sia.
- Il nipote del sultano che prima regnava in Sarawak.
- Non conosco sultani.
- Non importa: io devo sapere chi siete.
- Sono una principessa indiana.
- Di quale regione?...
- Della grande tribù dei maharatti - disse Kammamuri che si era silenziosamente avvicinato a loro.
- Una principessa maharatta!... - esclamò l'indianotrasalendo.- Ma anch'io sono maharatto.
- Notu sei un rinnegato - disse Kammamuri. - Se tu fossi un vero maharatto saresti libero come mee non schiavo o servo d'un uomo che appartiene alla razza dei nostri oppressorid'un inglese.
Il soldato del rajah ebbe negli occhi un lampo d'irache subito si spensee chinò il capomormorando:
- È vero.
- Vattene - disse Kammamuri. - I liberi maharatti disprezzano i traditori.
L'indiano trasalìpoialzando gli occhi velati di lacrimedisse con voce triste:
- Nonon ho dimenticato la mia patrianon ho dimenticato la mia tribùnon si è spento nel mio cuore l'odio verso gli oppressori dell'India: sono ancora maharatto.
- Tu!... - disse Kammamuricon maggior disprezzo. - Dammene una prova!...
- Comanda.
- Ecco la mia padronaprincipessa d'una delle nostre più valorose tribù. Giurale obbedienza come le giurarono tutti i liberi figli delle nostre montagnese osi!...
L'indiano girò intorno un rapido sguardo per accertarsi di non essere osservatopoi cadde ai piedi di Ada con la fronte nella polveredicendo:
- Comanda: per SivahVisnù e Brahmadivinità protettrici dell'Indiaio giuro di obbedirti.
- Ora ti riconosco per un compatriota - disse Kammamuri. - Seguici!...
Entrarono nell'abitazione cinese guardata dai quattro marinai dello yachti quali tenevano alla cintura delle rivoltelle per proteggere la nipote del padrone contro qualunque attentatoe s'arrestarono in una stanzuccia con le pareti coperte di carta fiorita di Tung: leggerissime sedie di bambù e alcuni tavoli ingombri di teiere e di chicchere di porcellana color del cielo dopo la pioggiala tinta favorita dai figli del Celeste Imperoammobiliavano la camera.
- Comanda - ripeté l'indiano prostrandosi nuovamente dinanzi ad Ada.
Allora la giovinettafissando su di lui un lungo sguardocome se volesse leggergli nell'animogli disse:
- Sai che io odio il rajah?
- Tu!... - esclamò l'indianorialzando il capo e guardandola con stupore.
- Sì - disse la giovinetta con energia.
- Hai forse da lagnarti di lui?
- Noma lo odio perché è ingleselo odio perché io sono maharatta e lui appartiene alla stirpe degli oppressori dell'Indiae perché un giorno appartenne a quella compagnia che distrusse l'indipendenza dei nostri rajah. Noi popoli liberi abbiamo giurato odio eterno agli uomini della lontana Europa.
- Ma tu adunque sei potente? - chiese l'indiano con maggior stupore.
- Ho uomini valorosiho navi e cannoni.
- E vieni a portare la guerra qui?
- Sìperché qui trovo un oppressore della nostra patria che ora cerca di opprimere altri uomini di colore al pari di noi.
- Ma chi ti aiuterà nell'impresa?...
- Chi?... Il nipote di Muda-Hassin.
- Lui!...
- Lui.
- Ma se è prigioniero!
- Noi lo libereremo.
- E lo sa lui che tu ti prepari a lottare in suo favore?...
- Noma lo vedrò.
- Ti ho detto che è prigioniero.
- Deluderemo la vigilanza delle guardie.
- In che modo?...
- Lo troverai tu il modo.
- Io!...
- Ecco la prova che attendo da tese sei veramente un maharatto.
- Ho giurato di obbedirti e Bangawadi non mancherà alla parola data - disse l'indiano con voce solenne.
- Sentiamo - disse Kammamuri che fino allora era rimasto silenzioso. - Quante guardie vegliano su Hassin?
- Quattro.
- Giorno e notte?
- Sempre.
- Senza mai lasciarlo?
- Non lo abbandonano mai.
- Vi è qualche maharatto fra quegli indiani?
- Nosono tutti del Guzerate.
- Fedeli al governatore?...
- Incorruttibili.
Il maharatto fece un gesto di stizza e parve immergersi in profondi pensieri. Poi frugò nell'ampia cintura che gli stringeva i fianchi e ne trasse un diamante grosso come una nocciuola.
- Recati dal governatore - disse rivolgendosi all'indiano- e gli dirai che la principessa Raibh gli offre questo regalo e lo prega di accordarle una visita.
- Ma che cosa intendi fareKammamuri? - chiese Ada.
- Ve lo diròpoipadrona. Va'Bangawadi: contiamo sul tuo giuramento.
L'indiano prese il diamantesi prostrò un'ultima volta dinanzi alla giovinetta e uscì a rapidi passi.
Kammamuri lo seguì con lo sguardo fino a che potépoivolgendosi verso Adale disse:
- Speropadronache riusciremo.
- A fare che cosa?
- A rapire Muda-Hassin.
- Ma in che modo?...
Kammamuriinvece di risponderelevò dalla cintura una scatoletta e mostrò alcune pillole piccolissimeche esalavano uno strano odore.
- Me le ha date il signor Yanez - disse - e so per esperienza quanto siano potenti. Basta lasciarne cadere una in un bicchiere di acqua o di vino o di caffè per addormentare istantaneamente la persona più robusta.
- E a che cosa possono servire? - chiese la giovanetta con maggior sorpresa.
- Per addormentare il governatore e le guardie che vegliano nella casa di Hassin.
- Non riesco a comprenderti.
- Col regalo che gli abbiamo mandatoil governatore c'inviterà a pranzoo lo inviteremo noi. M'incarico io di fargli bere il narcoticoe quando lo vedremo addormentato andremo da Hassine là ripeteremo il giuoco con le guardie.
- Ma ci lasceranno entrare dal prigionieroquegli indiani?...
- Penserà Bangawadi ad aprirci il passofingendo d'aver ricevuto l'ordine del governatore di farci visitare Hassin.
- Ma dove condurremo il prigioniero?...
- Dove vorrà luidove avrà i suoi partigiani. M'incarico io di far comprare dei cavalli dai nostri uomini.
Stava per uscire quando vide ritornare Bangawadi. L'indiano pareva contento perché aveva il sorriso sulle labbra.
- Il governatore vi attende - diss'eglientrando.
- Ha gradito il dono?... - chiese Kammamuri.
- Non l'ho mai veduto così di buon umore come oggi.
- Andiamopadrona - disse il maharatto.
Uscirono preceduti dalla guardia e seguiti dai quattro marinai dello yacht che avevano ricevuto dal lord l'ordine di non lasciare Ada un solo istante. Pochi minuti dopo giungevano alla sede del governatore di Sedang.
Quel fabbricatochiamato pomposamente palazzo dagli abitantiera una modesta casa di legnoa due pianicol tetto coperto di tegole azzurre come le abitazioni del quartiere cinese di Sarawakcinta da una palizzata e difesa da due pezzi di cannone arrugginititenuti là per spauracchiopoiché non avrebbero potuto sparare due colpi di seguito senza scoppiare. Una dozzina d'indianivestiti come i sipai del Bengalacon la giacca rossai calzoni bianchiil turbante in capoma i piedi nudistavano schierati dinanzi alla cinta e presentarono le armi alla principessa dei maharatti. Il governatore attendeva la giovanetta ai piedi della scalasegno evidente che quel regalo di grande valore aveva fatto il suo effetto.
Sir Huntoncomandante di Sedangera un anglo-indiano che aveva preso parte alla sanguinosa crociera del Realista contro i pirati del Borneo in qualità di mastro d'equipaggio.
Aveva quarant'annima ne dimostrava di più perché il clima non era troppo propizio per gli stranieri. Era alto come tutti gli indianima tarchiato; aveva la pelle leggermente abbronzata con sfumature dorategli occhi nerissimila barba più folta dei puri indostani e già brizzolata.
Poiché aveva dato prove di grande coraggio e di fedeltà era stato destinato al comando di Sedang coll'incarico di esercitare un'attiva vigilanza sul nipote di Muda-Hassin. James Brooke non ignorava di avere un potente e pericoloso rivale nel discendente del defunto sultano.
Sir Huntonvedendo la principessa indianale mosse incontro tendendole la mano: si scoprì il capopoi le offerse galantemente il braccio e la condusse in un salottino arredato con eleganti mobili europei.
- A quale evento fortunato devo l'onore della vostra visitaAltezza? - chiese eglisedendosi di fronte alla giovanetta. È un caso raro veder giungere in questa sperduta cittadina alle frontiere del reame una persona distinta come voi.
- Compio un viaggio di piacere nelle isole della Sondasire ho voluto visitare anche Sedangavendo solamente qui la possibilità di vedere quei formidabili tagliatori di teste che chiamasi dayachi.
- Siete venuta qui per pura curiosità? Credevo che lo scopo fosse un altro.
- E quale?...
- Per vedere il nipote di Muda-Hassin.
- Non so chi sia.
- Un rivale del rajah Brookeche passa il suo tempo sognando continue cospirazioni.
- Un uomo interessantedunque?
- Può essere.
- Col vostro permesso non mancherò di visitarlo.
- A qualunque altra persona non lo permettereima a voiAltezzache venite dall'India e perciò non potete avere alcun interesse se non una certa curiositànon negherò questo favore.
- Graziesir.
- Vi tratterrete molto qui?...
- Alcuni giornifinché il mio yacht avrà riparato alcuni guasti.
- Siete giunta con uno yacht?...
- Sìsir.
- E andrete poi a Sarawak?
- Certamente; voglio vedere il famoso sterminatore dei pirati. Io sono una delle sue più ardenti ammiratrici.
- È un valent'uomo il rajah!
- Lo credo.
- Ritornate allo yacht questa sera?...
- Noho preso a pigione una piccola casa.
- Allora spero che mi farete l'onore di accettare l'ospitalità della mia abitazione.
- Ah!... Signore!...
- È la migliore di Sadang.
- Graziesirma amo meglio essere libera.
- Allora spero che vii tratterrete oggi presso di me.
- Non potrei rifiutare una simile cortesia.
- Farò il possibile perché non abbiate ad annoiarviAltezza.
- Intanto mi farete vedere il vostro regale prigioniero - disse Adaridendo.
- Dopo il pranzoAltezzaandremo a bere il tè da Hassin.
- È un uomo gentile od un selvaggio?...
- Un uomo astuto ed educato che ci farà buona accoglienza.
- Conto su di voisignore. Questa sera sarò vostra commensale.
Si era alzata ad un cenno di Kammamuriil quale l'aveva seguita tenendosi in un angolo del salotto. Il governatore la imitò e la condusse fino alla portadove il drappello indiano le rese gli onori spettanti al suo grado di principessa indostana.
Ritornata alla propria abitazioneseguita sempre da Kammamuri e dai quattro indiani dello yachtritrovò l'indiano Bangawadi che l'attendeva sulla porta dimostrando una certa impazienza.
- Ancora tu? - chiese la giovanetta.
- Sìpadrona - rispose.
- Hai delle novità?...
- Ho parlato con Hassin.
- Quando?
- Pochi minuti or sono.
- E che cosa gli hai detto?...
- Che alcune persone s'interessano della sua sorte e cercano di farlo evadere.
- E che cosa ti ha risposto?
- Che è pronto a tutto.
- Sei un brav'uomoBangawadi.
- E lo sarai di più se tu tornerai da lui - aggiunse Kammamuri.
- Sono a vostra disposizione.
- Va' allorae gli dirai che questa sera la principessa Raibh andrà a visitarlo in compagnia del governatoree che cerchi di essere soloalmeno nelle sue stanze. Dirai inoltre a lui che lasci a me la cura di preparare il thè per il governatore. -
Poilevandosi dalla cintola un piccolo diamanteglielo porse aggiungendo:
- Questo è per tee pagherai da bere alle sentinelle che vegliano sulla casa di Hassin. Questa sera poi offrirò io!...

 

17. La fuga del principe Hassin

 
Sir Huntonche non dubitava di aver invitato un'autentica principessa indiana e non aveva il minimo sospetto della trama così abilmente ordita dall'astuto maharattofece gli onori di casa con la più squisita cortesia e senza risparmipoiché gli era stato donato un diamante di grande valore.
Il pranzo offerto alla principessa non poteva essere migliore. Il cuoco aveva saccheggiato la dispensai pollai dei dayachi e i vivai di pesce. Non mancavano nemmeno autentiche bottiglie di vino di Spagna che il governatore aveva ricevuto in dono da un suo amico delle Filippine e aveva serbato con cura per le grandi occasioni.
Quando i commensali ebbero terminato il tradizionale puddingla notte incominciava a calare.
- Il principe Hassin si inquieterà non vedendoci - osservò Adadopo aver gettato uno sguardo all'esterno. - Le tenebre scendono rapidamentesignor governatore.
- È già stato avvertito che andremo a prendere il thè in casa suaAltezza - rispose sir Hunton.
- Non facciamoci aspettare troppo.
- Se credetealziamoci.
- Una passeggiata in riva al fiume ci farà bene.
Si era alzatagettandosi sul capo una ricca mantiglia di seta per difendersi dall'umidità della notteassai pericolosa in quelle regioni.
Kammamuriche aveva preso parte al pranzo nella sua qualità di segretario dell'amabile principessaera già uscito.
Due marinai dello yacht lo attendevano in riva al fiume.
- È tutto pronto? - chiese loro.
- Sì - risposero.
- Quanti cavalli avete acquistati?
- Otto.
- Dove ci attendono?
- Sul margine del bosco.
- Va bene: raggiungete i compagni.
Ada usciva in quel momento al braccio del governatore. Kammamuri la raggiunse e con un rapido gesto lo fece comprendere che tutto era pronto.
La notte era splendida. Ad oriente una nube roseache diventava rapidamente grigiaindicava il luogo dove era scomparso il sole. Il cielo si copriva rapidamente di stelle che si specchiavano nelle placide acque del fiume.
Per l'aria svolazzavano i pipistrelli gigantie fra i cespugli e gli alberi erravano miriadi di lucertoline volantimentre le to-chialtre lucertolinema simili alle tarantoleuscivano dalle screpolature delle case per cominciare le loro ardite evoluzioni sui soffitti delle stanze emettendo le loro lievi strida: to-chi!... to-chi!...
Sul fiume qualche battelliere cantava una monotona canzonementre le giunche cinesile sole navi che salgano fino a Sedangaccendevano le loro monumentali lanterne di carta oliata o di talco.
Mille profumi giungevano dalle vicine foreste: gli alberi della canforale noci moscategli alberi dei garofani e i mangostani esalavano i loro acuti aromi.
Ada non parlavama cercava invece di affrettare il passo; il governatoreche aveva bevuto un po' troppola seguivafacendo sforzi per mantenersi ritto.
Fortunatamente la via era breve. Pochi minuti dopo si trovavano dinanzi alla reggia dell'erede del sultano; una reggia molto modestapoiché era una casetta a due pianicircondata da una veranda e guardata da quattro indiani armati incaricati di sorvegliare attentamente il prigioniero.
Il governatoredopo essersi fatto annunziarecondusse la principessa in un salottino adorno di divani e di tappeti già in gran parte consuntidi alcuni specchi e d'un tavolo sul quale stavano ammucchiatiin completo disordinegingilli cinesichicchereteiere e palle d'avorio traforate.
Il nipote di Muda-Hassin li attendeva seduto su di una vecchia poltrona mezzo sgangheratasormontata da un piccolo gaviale doratoemblema dei sultani di Sarawak.
Il rivale di James Brooke non aveva in quell'epoca che trent'anni. Era di alta staturadi portamento maestosocon una bella testa coperta da lunghi e neri capelliun viso leggermente abbronzato adorno d'una barba fuligginosa ma radae due occhi ardenti e intelligentissimi. Portava in capo il turbante verde dei sultani del Borneo e indossava una lunga zimarra di seta biancastretta alla cintola da una larga fascia di seta rossadalle cui pieghe uscivano le impugnature di due krissdistintivo dei grandi capimentre al fianco gli pendeva un golokpesante sciabola maleselungaaffilatissimadi ferro battuto.
Vedendo entrare il governatores'alzò facendo un piccolo inchinopoi fissò i suoi occhi sulla giovanetta con viva curiositàdicendo:
- Siate i benvenuti nella mia casa.
- La principessa Raibh aveva mostrato il desiderio di visitarvi e ve l'ho condotta nella speranza di farvi un piacere - rispose il governatore.
- Vi ringrazio della vostra cortesiasignore. Sono così rare le distrazioni in questa città e ancora più rare le visite!... Il rajah Brooke ha torto a lasciarmi in questo isolamento.
- Voi lo sapete che il rajah diffida di voi.
- Senza ragionepoiché io non ho più partigiani. La saggia amministrazione del rajah Brooke me li ha staccati tutti.
- I dayachi sìma i malesi...
- Anche quellisir Hunton... ma lasciamo la politicae permettete che vi offra un buon thè.
- Si dice che voi ne abbiate di veramente eccellente - disse il governatore ridendo.
- Vero thè fioritove lo assicuro: il mio amico Tai-Sin me ne regala semprequando approda a Sedang. Servite il thè - disse poi. Kammamuri fu lesto a passare in una stanza attigua dove si udiva un rumore di chicchere e poco dopo rientrava seguito da un piccolo maleseil quale recava un servizio completo su di un vassoio d'argento.
Il furbo maharatto versò la deliziosa bevanda e nella chicchera destinata al governatore lasciò cadere una pillolache subito si sciolse.
Offrì la prima tazza alla sua padronala seconda a sir Hunton e la terza al nipote del sultanopoi ritornò nella stanza vicina. Riempì rapidamente quattro tazzevi sciolse altrettante pillolepoi disse al piccolo malese:
- Seguimi col vassoio.
- Vi sono altri invitatisignore? - chiese il servo.
- Sì - rispose il maharatto con un misterioso sorriso. - Vi è un'altra uscita senza passare per il salotto?
- Sì.
- Precedimi.
Il malese lo fece passare in una terza stanzetta la cui porta metteva sulla via. A pochi passi vegliavano le quattro sentinelle.
- Giovanotti - disse il maharatto muovendo verso di loro. - La mia padronala principessa Raibhvi offre il thè di Hassin. Giù tutto alla sua saluteed ecco un pugno di rupie che vi prega di accettare.
I quattro indiani non si fecero pregare due volte. Intascarono sollecitamente le rupie e tracannarono d'un fiato il thèalla salute della munifica principessa.
- Buona guardiagiovanotti - disse Kammamuriironicamente. Ritornò nel salotto del nipote del sultano. Proprio in quel momento il governatorevinto dal potente narcoticorotolava dalla sedia stramazzando pesantemente sui tappeti.
- Buon riposo- disse il maharatto. Ada e Hassin si erano alzati.
- Morto?...- chiese quest'ultimo con accento selvaggio.
- Noaddormentato - rispose Ada.
- E non si sveglierà?...
- Sìma fra ventiquattro ore e noi allora saremo molto lontani.
- Dunque è vero che voi siete venuta qui per rendermi la libertà?...
- Sì.
- E per aiutarmi a riacquistare il trono dei miei avi?
- È vero!
- Ma per quale motivo?... Che cosa potrò fare io per voisignora?...
- Lo saprete più tardi: ora si tratta di fuggire.
- Sono pronto a seguirvi: ordinate.
- Avete dei partigiani?
- Tutti i malesi sono con me!
- E i dayachi?...
- Si batteranno sotto le bandiere di Brooke.
- Conoscete un luogo sicuro dove possiate attendere i vostri partigiani?
- Sìil kampong del mio amico Orango-Tuah.
- È lontano?
- Presso la foce del fiume.
- Andiamo: i cavalli sono pronti.
- Ma le guardie?
- Dormono al pari del governatore - disse Kammamuri.
- Andiamo - ripeté Ada.
Il giovane principe raccolse le gioie racchiuse in un piccolo forzierestaccò da una parete un fucile e seguì Ada e Kammamuridopo aver lanciato un ultimo sguardo sul governatoreil quale russava sonoramente.
Dinanzi alla porta giacevano i quattro indianil'uno sull'altroprofondamente addormentati. Kammamuri prese loro le carabine e le cartuccepoi emise un fischio. Dal bosco vicino uscirono i quattro marinai dello yacht e Bangawadi. Essi conducevano otto cavalli. Kammamuri aiutò la sua padrona a salire su uno dei miglioripoi balzò agilmente in groppa a un altro dicendo: - Al galoppo!...
Il drappelloguidato dal principe che conosceva la via meglio di Bagawadisi mise al galoppo seguendo il margine della grande foresta che si estendeva lungo la sponda destra del fiume.
I cavalieri erano giunti di fronte alla cittàquando sulla riva opposta si udì una voce gridare:
- Chi passa?...
- Che nessuno risponda - disse il principe.
- Chi passa? - ripeté la voce con accento minaccioso.
Non ricevendo rispostala sentinella che doveva aver scorto quel gruppo di cavalieriquantunque la notte fosse oscurafece fuoco gridando:
- All'armi!...
La palla passò fischiando sopra il drappello e si perdette nella vicina foresta.
- Sprona!... - gridò Kammamuri.
I cavalli partirono di carrieramentre verso la città si udivano le guardie del palazzo del governatore gridare:
- All'armi!...
Il drappello percorse buon tratto della riva destrapoi guadò il fiume ad un miglio dalla città e passò sulla sponda sinistra per percorrere la via che conduce alla costa.
- Credete che c'inseguiranno? - chiese Ada al principe.
- Lo temosignora - rispose il pretendente. - A quest'ora avranno già trovato il governatore eaccorgendosi della mia fugasi lanceranno tutti sulle nostre tracce.
- Ma sono solamente venti.
- Sedicisignorapoiché quattro dormono.
- Tanto meglio. Potremo respingerli facilmente.
- Ma andranno a cercare soccorsi nei villaggi dei dayachi e prima di dodici ore avremo ai talloni due o trecento armati.
- Giungeremo prima al kampong?
- Fra due ore ci saremoe se verranno ad assalirci troveranno un osso duro da rodere. Fra due giorni spero di radunare cinque o sei mila malesi e un centinaio di prahos.
- Armati di cannonii prahos?
- Alcuni solamentee saranno sufficienti per assalire la flotta di Brooke.
- Fortunatamente fra quattro o cinque giorni giungeranno molte artiglierie.
- Delle artiglierieavete detto?... - esclamò il principeal colmo dello stupore.
- Sìservite dai più formidabili pirati del Borneo.
- Da quali?
- Da quelli di Mompracem.
- Di Mompracem?... Sandokanla invincibile Tigre della Malesiaviene dunque in mio soccorso?...
- Lui noma le sue bande forse a quest'ora navigano verso la baia di Sarawak.
- Ma dov'è Sandokan?
- Nelle mani del rajah.
- Lui prigioniero?... È impossibile!...
- È stato vinto da forze venti volte superiori alle suedopo un terribile combattimentoe fatto prigioniero assieme con il suo luogotenente e il mio fidanzato. È per salvare loro che io vi ho fatto fuggire.
- Ma dove sono ora?
- A Sarawak.
- Li libereremosignorave lo giuro. Quando i malesi sapranno che le bande di Mompracem prendono parte alla lotta insorgeranno tutti. James Brooke non ha che pochi giorni di potere.
- Alt! - gridò in quell'istante una voce.
Il principe rattenne violentemente il proprio cavallo e si pose davanti alla giovanetta snudando il golok.
- Chi vive? - gridò.
- Guerrieri di Orango-Tuah.
- Va' a dire al tuo capo che il nipote di Muda-Hassin viene a visitarlo.
Poi volgendosi verso la giovanetta e indicandole una massa oscura che s'ergeva sull'orlo d'una grande forestale disse:
- Ecco il kampong!... Ora possiamo sfidare le guardie del governatore.

 
 

18. La sconfitta di James Brooke

Il kampong di Orango-Tuah era un grosso villaggio malesefortificato come lo sono in generale tutti quelli del Borneo per difendersi dalle scorrerie dei popoli dell'internoe specialmente dei dayachicoi quali sono sempre in guerra.
Si componeva di trecento capanne di legno con i tetti coperti di foglie di nipadifese da alte e solide palizzate e da fitti macchioni di bambù spinosiostacoli quasi insuperabili per i piedi e le membra nude degli indigeni.
Gli abitanti potevano inoltre contare su una mezza dozzina di prahos armati da spingarde che stazionavano in un piccolo lago comunicante col mare per mezzo d'un canale.
Orango-Tuahun malese robustissimodalla tinta foscacogli occhi obliqui e gli zigomi assai sporgentiscorridore del mare prima delle sanguinose repressioni di James Brookeprontamente avvertitos'affrettò a recarsi incontro al suo principeseguito da grande numero di sudditi che recavano rami resinosi accesi.
L'accoglienza fu festosa. Tutta la popolazionesvegliata dai tam tamaccorse in massa a felicitare il futuro signore di Sarawak. Orango-Tuah condusse gli ospiti nella migliore capanna del villaggiopoiavendo appreso che le guardie del governatore li inseguivanofece appostare una cinquantina d'uomini armati di fucili nei vicini boschi per respingerle.
Prese quelle misurefece radunare i suoi sottocapi a consiglio per promuovere rapidamente l'insurrezione nei villaggi malesi e raccogliere un corpo considerevoleprima che la notizia della fuga del principe giungesse a Sarawak.
La stessa notte quaranta emissari partivano per l'interno e tre prahos uscivano in mare per avvisare i malesi della costa della grande lotta che si preparavamentre due altri venivano mandati ad incrociare al capo Siriki per far poggiare le bande di Mompracem verso il kampong.
Ada invece inviò uno dei marinai dello yacht alla foce del fiume per avvertire lord James di ciò che si preparava.
L'indomani i primi rinforzi cominciarono ad affluire nel kampong. Erano bande di malesiper lo più armate di fuciliche accorrevano da tutte le parti per combattere sotto le bandiere del loro principe. Anche dal mare giungevano ad ogni istante prahos montati da numerosi equipaggi e armati di qualche pezzo d'artiglieria.
Tre giorni doposettemila malesi erano accampati intorno al kampong. Non attendevano che le bande di Mompracem per mettersi in marcia verso Sarawak e piombare improvvisamente sulla città.
Già tutte le vie dell'interno erano state occupate per impedire ai dayachi di recare notizie sull'estendersi dell'insurrezione al rajahil quale doveva ancora ignorare la fuga del suo avversario. Il quinto giorno la flottiglia di Mompracem si ancorava davanti alla spiaggia del kampong. Era composta di ventiquattro grossi prahosarmati di quaranta cannoni e di sessanta spingardee montata da duecento combattenti che per coraggio e abilità guerresca valevano mille malesi.
Appena sbarcatoAïer-Duk si recò da Ada che era stata alloggiata nella stessa abitazione di Orango-Tuah.
- Signora - le disse- le tigri di Mompracem sono pronte a piombare su Sarawak. Hanno giurato di liberare Sandokan e i suoi amici o di farsi uccidere tutti.
- I malesi non aspettavano che voi - rispose la giovanetta. - Giuratemi peròinnanzi tuttoche non farete alcun male a James Brooke e chese lo vinceretelo lascerete libero.
- Proteggeremo la sua fugagiacché lo volete. Voi parlate in nome del nostro capitano e noi vi obbediremo. -
Due ore dopo l'esercito maleseguidato dal futuro sultanolasciava il kampong percorrendo la via costieramentre la flottiglia di Mompracem sulla quale si erano imbarcati Ada e Kammamuriprendeva il largo seguita da altri cento prahos accorsi da tutti i villaggi della vasta baia di Sarawak.
Tutte le misure erano state prese per attaccare di sorpresa la capitale del rajah ed era stato fissato il giorno per assalirla contemporaneamente dalla parte di terra e dalla parte del fiume.
La flottiglia che navigava lentamente per lasciar tempo alle truppe di ordinarsi e di avanzareogni sera si radunava sotto la costa per attendere i corrieri di Hassin.
Per non restare inoperosidavano la caccia ai velieri che si dirigevano verso Sarawakper impedire al raja di ricevere notizie sull'avanzarsi di quella squadra sospetta.
Aïer-Duk però doveva faticare assai per calmare l'impazienza dei tigrotti di Mompracemi quali ardevano dal desiderio di vendicare la sconfitta toccata al loro capo.
Quattro giorni dopoverso il tramontola flottiglia giungeva alla foce del fiume. Quella stessa notte le truppe di Hassin dovevano piombare sulla capitale.
Aïer-Duk ordinò al praho che era montato da Ada di tenersi celato in una piccola cala della foceper non esporre la giovanetta agli orrori della battaglia; ma Kammamuri passò sul legno del caponon volendo rimanere inoperoso in quel supremo momento.
- Riconducimi Tremal-Naik - gli disse Ada prima che si separassero.
- Mi farò storpiare ma il padrone sarà salvo - rispose il bravo maharatto. - Appena sbarcato andrò a circondare il palazzo del rajahpoiché sono certo che i prigionieri sono tenuti là dentro.
- Va'mio valorosoe che Iddio ti protegga!
Aïer-Duk aveva dato gli ultimi ordini pel combattimento. Aveva messo alla testa della squadra i prahos più grossiarmati di cannoni e montati dai più intrepidi pirati di Mompracem.
Questi dovevano sostenere il primo urto e gli altri fare massa contro la flotta per l'abbordaggio.
Alle 10i sera la flottiglia si mise in moto risalendo rapidamente il fiume. Tutte le vele erano state ammainate per tenere i ponti sgombrie le piccole navi avanzarono a forza di remi.
Il fiume pareva deserto: nessuna nave nemica appariva presso le rivee perfino le forestefacili a difendersierano prive di soldati.
Quel silenzio però non rassicurava Aïer-Duk. Gli pareva impossibile che nulla fosse trapelato della insurrezione che da cinque giorni dilagava attraverso il reamee che il rajahuomo astutoaudacefedelmente servito dai dayachi e dalla guardia indianasi lasciasse sorprendere. Temeva invece un agguato presso la città e aguzzava gli sguardi e tendeva gli orecchi.
A mezzanotte la flottiglia non era che a mezzo miglio da Sarawak. Si cominciava a distinguere le prime case sulla oscura linea dell'orizzonte.
- Odi nulla? - chiese Aïer-Duk a Kammamuri che gli stava a fianco.
- Nulla - rispose il maharatto.
- Questo silenzio m'inquieta. Hassin dovrebbe già essere giunto e avrebbe dovuto cominciare l'attacco.
- Forse aspetterà di udire i nostri cannoni.
- Ah!...
- Che cos'hai?
- La flotta!...
Ad una svolta del fiume erano apparse le navi del rajah in linea di battagliapronte a respingere l'attacco.
D'improvviso quindici o venti lampi ruppero le tenebreseguiti da un orribile rimbombo. La flotta di Brooke aveva cominciato un fuoco infernale contro la squadra degli assalitori.
Un urlo immenso echeggiò sul fiume:
- Viva Mompracem!...
- Viva Hassin!...
Quasi nello stesso momento al nord della cittàsi udirono furiose scariche di moschetteria. Le truppe di Hassin piombavano sulla capitale.
- All'abbordaggiotigrotti di Mompracem!... - tuonò Aïer-Duk. Viva la Tigre della Malesia!
I prahos si gettano contro le navi del rajahnonostante la mitraglia che spazza i ponti e le palle che massacrano le manovre. Nessuno resiste alla furia di quell'assalto.
In un baleno le navi sono circondate da quei numerosi legni montati dai più intrepidi scorridori del mare della Malesia!
Tigrotti e malesi s'inerpicano su pei fianchi delle navisuperano le murateinvadono i ponticircondano gli equipaggi impotenti a resistere a tanta furiali disarmano e li rinchiudono nelle stive e nelle batterie. Le bandiere del rajah vengono ammainate ed in loro vece si alzano quelle rosse di Mompracem adorne di una testa di tigre.
- A Sarawak!... - tuonano Kammamuri e Aïer-Duk.
I prahos riprendono il largo per piombare sulla città. La battaglia impegnata dalle truppe malesi ferve intanto accanita nelle vie della capitale.
In tutti i quartieri la moschetteria tuona e perfino sui canali. Si odono le urla dei malesi che avanzano verso la piazza dove sorge il palazzo del rajah.
Alcune case bruciano in diversi luoghi della città spandendo all'intorno una luce sanguignamentre in alto volteggiano nembi di scintille che il vento porta lontano attraverso le campagne.
Aïer-Duk e Kammamuri approdano sulla calata e alla testa di quattrocento uomini irrompono nel quartiere cinese i cui abitanti sono pure insorti.
Due drappelli di indiani della guardiaappostati allo sbocco del quartierecercano di respingerli con due scarichema le tigri di Mompracem li assaltano con le scimitarre in pugno e li mettono in fuga disordinata.
- Al Palazzo!... - urla Kammamuri.
E trascinandosi dietro quelle bande formidabiligiunge sulla grande piazza. Il palazzo del rajah non è difeso che da un pugno di guardie le qualidopo una breve resistenzasi disperdono.
- Viva la Tigre della Malesia! - tuonano i pirati di Mompracem.
Una vocesquillante come una trombaecheggia nell'interno del palazzo:
- Viva Mompracem!...
È la voce di Sandokan. I tigrotti l'hanno riconosciuta.
Irrompono su per le scaleabbattono le porte che erano state barricatepercorrono all'impazzata le stanze e finalmentein una cella difesa da solide inferriatetrovano SandokanYanezTremal- NaikTanauduriam e Sambigliong.
Non lasciano loro il tempo di parlare. Li sollevano fra le braccia e li portano in trionfo sulla piazzafra urla assordanti.
Proprio in quel momento un'onda d'indiani fuggiaschirespinti dalle truppe di Hassinsi riversa sulla piazza.
Sandokan strappa la scimitarra ad uno dei suoi fedeli e si lancia in mezzo ai fuggiaschiseguito da Yanezda Tremal-Naik e da una ventina dei suoi.
Gli indiani si disperdonoma un uomo rimane: era James Brookecon le vesti stracciatela sciabola insanguinata ancora in pugnogli occhi torvi.
- Siete mio!... - grida Sandokan afferrandogli la sciabola.
- Voi! - esclama il rajah con voce cupa. - Ancora voi!
- Mi dovevate questa rivincitaAltezza.
- Il mio regno è finito ed io non sono che un prigionieroriservato alle vendette del nipote di colui ch'io difesi con la mia spada e che mi diedein ricompensaun così malfermo trono.
- Non un prigionieroJames Brooke: voi siete libero - disse Sandokanfacendogli largo fra i pirati. - Aïer-Duk!... Conduci S. A. alla foce del fiume e veglia sulla sua vita.
L'ex-rajah guardò Sandokan con stuporepoivedendo irrompere nella piazza i malesi di Hassin che emettevano grida di morte contro di luiseguì rapidamente Aïer-Duk il quale ha radunato attorno a sé una trentina di uomini.
- Ecco un uomo che non ritornerà mai più su queste spiagge - soggiunge Sandokan. - La potenza del rajah James Brooke è tramontata per sempre!...

 
CONCLUSIONE

L'indomaniil nipote di Muda-Hassin entravacon grande pompanel palazzo di James Brookel'antica sede dei sultani di Sarawak.
La popolazione intera della cittàche non aveva mai perdonato al fuggiasco rajah la sua origine europeamalgrado i grandi miglioramenti introdotti da quell'uomo energicocoraggioso e saggioaveva fraternizzato con le truppe insorte.
Il nuovo sultano non fu ingrato verso i suoi alleati: offrì a Sandokana Yanez e a Tremal-Naik onori e ricchezzepregandoli di rimanere nel suo regnoma tutti rifiutarono.
Due giorni dopo Tremal-Naik e Adasposi felicis'imbarcavano con Kammamuri sullo yacht di lord James per recarsi in Indiaportando con sé preziosi regali e Sandokan e Yanez s'imbarcavano con le loro bande per far ritorno nella loro isola.
- Ci rivedremo un giorno? - chiesero AdaTremal-Naik e lord James alla Tigre della Malesiaprima di separarsi.
- Chissà! - rispose Sandokanabbracciandoli uno dopo l'altro. - L'India mi tentae può darsi che un giorno la Tigre della Malesia e la Tigre delle Sunderbunds s'incontrino fra le deserte isole del Gange. Suyodhana!... Ecco un nome che mi fa battere il cuore: ecco un uomo che vorrei vedere. Addiozio; addioamici: sperate!...