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EmilioPraga



TRASPARENZE

 

 

 

 

I ALLA MUSAIEra l'estate e l'alba - un'alba puradi amarantodi viola e di carmino -parean soli olezzar nella naturala viola e il gelsomino.Dissi alla Musa : - Usciamoandiam nei prati! Di illusïoni abbellirà la stradail ronzìo degli insetti spensieratiche imperla la rugiada.La abbellirà la placida melodeche è il benvenuto della terra al solefruscìo di selvemormorìo di prodemirifiche parole!Ma tu più bella d'ogni Belloo Divala abbellirai cantando! Andiam nei prati.E intorno a noi si susurri: "...Giuliva coppia di innamorati! ". -Deh! restarestao santa Musail mioimmacolato amor! l'ultimo... eternose un inganno non è l'occhio di Dioche nelle tombe io scerno. Siam da tempo compagni! e fu la bellaallegria dei fanciulli il nostro invito:fu certo un cenno della mia sorellache di me ti ha invaghitoo un sospir di mia madre! - Ero un intruso di cui dicean " morrà presto "ero un bimbopallido e biondo e tutto in sé racchiusoquasi agognante al limbo;un'arpa eolia a cui l'aura mancava!...Musaa mia madre tu ti festi ancellami apparisti nei dolci occhi dell'avae della mia sorella...E fui poeta. - Un povero poetadi te indegnoo divina; un sognatorecui mancâr l'ali alla celeste metama non mancò l'amore!IIQuanti sogniquante favoleche follieche visïoninon scandemmoo Musaal facilerimeggiar delle canzoni!Si cantò la lunail pallido astro immerso nel misterosi cantò d'amordi gloriae l'aprile e il cimitero.Color bruni e color cerulipiantiinganni e dubbio e speme... quanti sogniquante favolenon cantammoo Musainsieme!Mi credetti il santo apostoloil Veggentea quindici annidelirando nel tripudiodelirando negli affanni.Oh! quei dì!... quand 'era un subitoapparir di giovinettanel mio cor - tempesta candida-il baleno e la saetta! Quando inconscioardentefulgidocome i cherubi felicitutto il cielo eran le verginitutto il mondo eran gli amici!Corse ai monti e sull'Oceanofantasie di pellegrinoabbandoniebbrezzeincuriedella vita e del destino!O memorie!... beatitudinicome nuvole svanite! O miei fiori in preda al turbineo mie ninfe incanutite!Tu lo saiMusanell'estasiquanto visse il mio pensierodelirando in mezzo ai pampinidelirando in cimitero!Ma crescea nell'ombra il demoneil gemello inesorato...innocenzafede... - un tumulo-e un'epigrafe : - Passato! - Disperammoo cosa orribile!Giovinetti ancora e buonil'empietà sposando al facilerimeggiar delle canzoni.Assai più che nella crapula non sian tristi i baci e il risoi miei versi al fango attinserociò che niega il paradiso.Pur fra i roviin mezzo ai tribolioggi Satanadomani in ginocchio nella polvereimplorando a giunte mani;or frenetico di orgoglioor gemente e vergognosocome un uom che in una reggia porti un abito cencioso;né in quei dì che al vol fantasticodel novissimo poetache apparìa nel ciel d'Italiacome pallida cometala rugiada dell'encomiofu profusa al mio passaggioe stupiipovera lampadad'esser vista e d'esser raggio;né quel dì che un primo fischio mi trafisse a parte a parteper scoprirmi all'occhio attonitole voragini dell'Arte;Musa altera - oh! dillo all'animeansie ancor del mio destinoe susurralo all'orecchiodel mio pallido bambino:non un verso a Bruto o a Cesarenon un sol gettato ai ventiin cui freme e rugge e turbina la bufera degli eventi!Non un solo all'empia Satiraalla livida Ironia...Diedi il braccio alla mia patriale negai la poesia. Beli o ragli altri! - Iomia Vergineio ti amai ben d'altri amori!Dappertutto dove nuvolevan pel cielo o spuntan fioridappertutto dove un atomo l'universo mi palesadove un astro od una lucciolami rivelano la chiesadappertuttoo bionda Vergineo mia santao Musa miafosti il culto e la vertiginegaudioamormalinconiadi cui fatto ho il reliquarioche ognun dee comporsi in terra.Poche perle vi sfavillanomolte lagrime rinserra...L'uom nol curi o lo ripudii;non mi cale...: - è l'umil fiorecheborsel dell'elemosinaporrò a' piè del Creatore. IIIE or già comincia ad esser bianco il crinee più spessa sul corecade la neve... - Svaniron le larveil sogno sparve.Quante stoltezze in questa vita gramaquantoquanto dolore!E come tutto è fumoe la mestiziae la letizia!Candidatuconsolatrice e il biondocrin d'un fanciullo al mondo restate a me; la sorella e la madreson lungi - e lungi è il padre!Pur versi il soffio creatore a questoingegno infermoangelo tutelar dì e notte chino sul mio destino!Tu ancor mi adducisolitario e mestoalla chiesettaall'ermodel collealle fontaneai boschi quetisacri ai poeti. Mi affacci ancora ai burroni sognantielfignomi e giganti;mi insegni il blando linguaggio dei fiorie i miti dei colori.Leghi il mio spirto al carro di Boote con sottil filo d'oro;mi fai pensoso davanti allo stagnoimmobil lagno!Tutto che in terra fulge o soffre od amanell'onta o nel decorotu mi assimilio Musae me ne faie ditirambi e lai!Amoper Tela bellezza gentiledel sesso femminile:amoper Tela pulce insidiosae il moscherin che su un verso si posa.Amo la casa miapenso al desertoall'oasi ed ai ghiacciai...ho ancor sogni bizzarri alle mie notti...e crudi e cotti. I crudi sono quelli che non sono;gli altrio Musali sai!...Oh! come fumo è tuttoe la letiziae la mestizia!...Candidatuconsolatricee il biondo crin di un fanciulloal mondorestate a me... la sorella e la madreson lungi - e lungi è il padre!Dicembre 1873.2 - LA STRADA FERRATAA CLETTO ARRIGHIAddiobosco di frassini ombrosiondeggianti campagne di biade!del villaggio tranquille contradedove giuocano i bimbi al mattin.Addiopace de' campi pensosisolitarie abitudiniaddio;l'operaio sul verde pendìogià distende il ferrato cammin.Passerà nell'antico conventosulle fosse dei monaci estinti; se all'inferno non giacciono avvintilo sa Iddio che stupor li corrà!Dove il canticoinutilelentosi perdea per la pinta navatavoleràdal suo genio portataviafischiandola scettica età.Che terrori nel nido latentedegli ignari augelletti quel giorno!Da tugurio a capanna d'intornoche susurroche cianciequel dì! Che dirà questa povera gentecui repente - il miracolo appare ?Vecchierelliaspettate a spirarequando giunta la strada sia qui.Che diran gli infelici cui preme la tremenda miseria del pane?E cui nulla concede il dimanenella vitache affanni e sudor?Quando accanto all'aratroche gemelentamente nei solchi girandoscorreràquasi ai pigri insultandol'uragano del nostro vapor?Ahi l'aratroil congegno dilettoche diventa al confronto fatale?Veh! Coll'oro si fabbrican l'ale! Vehse i ricchi le sanno pensar!Etornando al miserrimo tettoscorderan per quel dì la canzonee nei sogni la strana visionetornerà nuovi enigmi a fischiar. Ma le vispe fanciulle dei campiche cullato ancor bimbi non hannoe ancor tutti gli stenti non sannoche si sposano ai cenci quaggiù;ma i garzoni che guardano i lampi quando tuonacon ciglia inarcatema le donnefilando invecchiatecinto il cuore di arcigne virtùche clamori faran sulla viaquando giunge il convoglio solenne; chi dirà di vedervi le pennechi Satàna a tirarlo con sé;e del fumoche lento si sviamentre lungi già il treno è trascorsoseguiran quasi estatici il corso brontolando : " Nofumo non è! ".Ma i più furbi bisbigliano invece" Sìche è fumoe ai vigneti fatale:la campagna di un soffio letalepuò colpir tutta vasta quant'è. Ah il Signor queste cose non fece;noper menon ci vado in vapore.Chi compar! L'asinello è migliore;questo almeno il Signor ce lo die' ".Razza mestaalle celie bersaglio della plebecui sopra tu staisul mio volto quel dì non vedraiinsolente il sorriso spuntar.Ma deposto il mio caro bagaglioio verrò ne' tuoi crocchi festivinon più in traccia di baci furtivima coi maschi da senno a parlar.E dirò: " Questo fischio fugacegira il mondo e affratella le gentirispondetegli intorno plaudenticospergete il gran carro di fior.Esso è l'arca novella di paceche i futuri destini rinserranon più stragi di popoli in guerranon più schiavi di avaro lavor! Voleran da villaggio a cittadenuovi patti: cultore e artigianostesa ai ricchi la nòbile manoinsiem l'almo edificio alzeran.E tesoro di nuove rugiade l'umil scienza anche ai cenci concessavi diràbenché in veste dimessasante coseche i preti non san.Vi dirà che gli è sacro al paeseil sudore dei volti onoraticome sacro è il valor dei soldaticome sacra è la mente del Re.Che non siete più mandre indifesevoi famiglie dei solchi dìlettema dal vostro vessillo protettema da legge che ingiusta non è.* * *O Musa miaperdonamise ti ho costretta a far da moralista!Ma sai quanto mi straziidei miseri la vista! E poiché sì cattolico e stecchitopromette poco il parroco del sitoMusaa quel primo fischiobravi saremse andremo in compagnianella turba dei poverisparsi lungo la viaa seminar qualche parola onesta:la mission sacrosantao Musaè questa!Ma poi pagato l'obolochi niegheràmia caraal tuo pittore di spiegar l'ali a scioglierel'inno del suo dolore?Deh guarda che monotona pianura!Ve' in che forma han conciata la natura!Il mio convento goticosparvee die' passo a un muricciuola biancoche dritto e ugual due migliava della selva al fianco.Un ridotto di terra alzò la frontee questo è il nostro fulgido orizzonte. Dimmiin che selve verginianderemo a studiarMusadal vero?Di pali il mondo copresiche pare un cimitero;si abbatton torri e quercie e campaniliil cielo è tutto un rabesco di filicostumi e tipi perdonsipresto la moda viaggierà in vapore;ammireranno i ciondolivillico e pescatore. Musa! E noi pingerem carta bollatae canterem... la fisica applicata!3 - SOLE ASSENTEALL'AMICO RIGHETTISolenon io ti accuserò di assenza;gli uominiinfinche mostranti di bello?Che non osan costoro in tua presenza?Vienivai... non si levano il cappello.Splendi agognando al dì della partenza; e ristucco di farci il zolfanellodi tanto in tanto perdi la pazienza!Soleil mondo è un rachitico fratellodi cui ti stanca la elegante posa;e tu cali il teloneschiudi i tubilasci la folla vana e vanitosaagli ombrellialla noia ed agli incùbi;e il tuo sguardo frattanto si riposasopra un abisso di deserte nubi.In casa di Cletto Arrighi il 21 dicembre 1862.4 - IN MORTE DI MASSIMO D'AZEGLIOQuando muore un poeta il ciel sorride;quel sorriso lo sente il volgo umanoe si guardano in facciae li conquideuno sgomento arcano.Veggono il genio allor nell'interezzaveggon Dio che all'azzurro il riconducelasciando ai vivi un po' più di tristezzae un po' meno di luce.Volgo io non son; né attenderò giammaiche il cimiter si schiuda alle canzoni per amarle e sposare a' vacui laile balde ammirazioni.Però nel giorno che un tonfo di barascote il torpore del mio suol natìofra i tardi inchini della folla avara posso prostrarmi anch'io!Eravam giovinettieravam belli;il frutto della vita era ancor fioreche si schiudea fra l'oro dei capellie le perle del core; non si sapea di patriaeppur s'amavaqual della Musa asilo e della gloriach'oraironie dell'esistenza schiavapiangon nella memoria.Albeconcentiaureole svanitein cui fu il mio bambino animo assortovoi siete un'altra volta oggi partitecol poeta ch'è morto!Tu l'avevi abbracciatoArte divinacol più fecondo de' tuoi casti amplessi; tutti i tesori della tua dottrinali avevi a lui concessi.Il desiderio delle ignote viei connubi dei versi e dei coloril'alte superbiee le malinconiee i prepotenti amori!Ed Ei brillava come un bardo anticodei mercatanti fra l'ignobil greggieche stupito il vedeadel plettro amicoa passeggiar le reggie.  Mia madre intantoimagin benedettanella sua sala profumata e foscami dicea di Fiorenza e di BarlettaFanfulla e Fieramosca...Né per mutar d'affetti e d'idealené per lotte indurate ad altro intentooblïerò quel fascino genialeche mi fe' allora attento!Voi l'obliasteper viltà grifagnavecchi poeti in legulei mutati; ed oh! come il mordeste alle calcagnacoi ceffi imparruccatiquando un pensier che non è vostro il tennee alla fucina delle vostre chiosela sua fronte magnanima e solenne arditamente espose!E vivo ancora fu chiamato estinto...or per la terrada cui van fuggendole caste Muse che la Prosa ha vintorisuscitò morendo. Montiverzure del suo dolce lagolimpidezzebisbiglialta quïeteche un desio di sparir trepido e vagosull'anime pioveteoh già da tempo al vecchio avventuroso detto avevate che di tutte al mondole vicende che il fan gaio o dogliosola migliore sta in fondo:infranti i ceppi delle forme pravecome una goccia cader nel tuo senomortetranquillo oceanosoaveplenilunio sereno!Gennaio 1866.5IL NO DELLE DONNEI- Giovinettina pallidadeh mostramise il saimostrami il mio sentier!- Come potrei mostrartelose ignoro ove te 'n vaileggiadro cavalier ?- Il tuo labbruzzo è roseoe la tua chioma è d'oroove me 'n vada ignoro.Ove tu vai me 'n vo! - Allor tu vieni al placidotetto ove veglia Iddiosu un povero pastor:corro a portargli l'umiderose del labbro mio e la mia chioma d'or!- Se basta amartio pallidabimbaper esser tuovale il mio cuore il suoe un regno io ti darò. Sùmonta in groppa! è splendidacol cavalier la vitafuggiamor miocon me!- La tua corazza è fulgidala spada tua forbitabella sarei con te...Ma il mio pastor giuravamiche la sua vita io sono;pensase l'abbandonoch'egli potrìa morir! - In groppain groppa! o pallidabimbaavrai perle e fiorisull'abito nuzial;avrai collana e strascicoavrai profumi e allori sul morbido guancial!- Egli morràgiuravalo...E poimio bel Sultanose non mi dai la manocome potrei salir? IIVorrei vederla nuda!... o Anacreonteo Teocritoo mio fulgido Orazioper veder le beltà dell'Ellespontedell'Egitto e del Lazio!E' Frine: il guardose lo fa parlarecom'ella sa per infortunio mionon l'Areopago può al perdon chinarema la Corte d'Iddio!E se il tien mutoe seimmobile fingedi non udir ciò che di dirle ardiscoti dà il vago stupor che dà la sfingedavanti all'Obelisco.Se folleggiase canta e se m'insidiaconcedendomi un po' della sua manopel Dio Termine! E' Cloriè Filliè Lidiaed io sono un romano!Nuda!... del nonno mio rinneghereiLa fedee con qualunque apostasiaFuorchè nel caso in cui potesi a leispiegar l'Eucarestia.6 - SERENATAColl'ultima cadenzal'aurora in ciel spuntòcoll'ultima cadenzala bella si svegliò!Al davanzal la povera fanciulla accorsa è giàed occhieggiando mormora:- Chi maichi mai sarà? -Orsùguitarra e liutouna sirventa ancor: orsùguitarra e liutoparlatele d'amor!D'amor che raggi e musichefan lieto al novo dìe che sì spesso il vespero non sa bear così...Coll'ultima cadenzal'affetto si destòcoll'ultima cadenzala gioia tramontò! 7 - ALLA DUCHESSA E. L.Terror et Pietas.  Duchessal'epigrafedel vostro blasonepar scritta da un angelomutato in leone...il motto al mio genio Dio forse avea datoma l'uom l'ha graffiatonon leggesi più!E ho già la vertiginee ho già la caniziee sento l'esercitodell'ore propizieche lungi perdendosivelati i tamburinei tramiti oscuri mi lascia quaggiù. Ma Voila fantasticache amate il mio cantoche avete nell'animadi tergergli il piantodi alzarlo sui verticidi dirgli : Coraggio!di accenderlo al raggiodei nobili amor!...Voi piena di fascinivoi piena di azzurrovoi fate i miracolicol vostro susurro...mi sento ancor giovaneper dirvi gentileper darvi l'aprileritorno cantor.Parlate eprogeniedi giorni dispersial vostro ginocchio cadranno i miei versi;parlatee le imaginiverran dalle stelleper farsi più belletra i vostri doppier! ..........................................Volete la canticadel bruno castellodel paggiodel monacodel pio menestrello?...Le facili istorie del vecchio Turpinomi fan cittadinodel tempo che fu!Volete travolgervitra gli elfitra i gnomi? Di tutte le silfidiso i piccoli nomi;da pari mi trattanole streghe e le fatemi accordano occhiatemi danno del tu.Vi piaccion le musichedei chioschi orientali?Ne ho chiuse nell'animale note fatali; son roseson mammoleche Voi preferiteson perle rapitenei ceruli mar ?...Conosco i bei marginiconosco le spiaggiele grottedeliziadell'erbe selvaggiele cime diafanele glauche scogliere: ché all'albe e alle serele ho viste brillar!Volete la neniadei fulvi ragazziche a Noli riposano     sui bianchi terrazzi?Si spande per l'ariadal cedro alla palmasì mestasi calmache sembra un sospir.   La sentee soffermasila donna che recale olive al suo burchionell'anfora greca;e a nottedal tacito pendìo che le ascosele coppie amorosesi veggon redir!Parlatesia gemitosia risosia piantose è vostra elemosinase è vostro il mio cantoduchessaavrà l'iridil'ebbrezze e i tesoridi tutti gli amoridi tutte le fé.E quandodai fulgidisentier ricadutoriavranmi le tenebreattonito e mutoné in mezzo al tripudioche Iddio vi mantengapiù voce non vengache parli di me!...quel dì sarà il premiosarà la mia gloriase i mesti fantasimitornando a memoriache in voi si animaronoserafica cretatrovato il poetadel tempo che fudirete: l'epigrafeche m'orna il blasonepar scritta da un angelo mutato in leone...il motto al suo genioDio certo avea datoma l'uom l'ha graffiatonon leggesi più! Febbraio 1866.8 - LA BASTERNA DI MESSALINAEra in legno di cedro all'Asia toltoe in porpora di Tiroe in vaghe piume di colibrì avvolto.Le gemmea mille e millequelle dei glauchi oceaniquelle cui vegliannelle grotte buiegli Incubiiddii dalle pupille fuiela cospergean di innumeri scintille.Rosseggiava il rubinocome attraverso al sole opimo vino; parea ruscello immobile il zaffiroe lo smeraldo egizïan splendeadel color chea ciel foscoha la marea.Ma il topaziol'elettricagemma all'oro rivalequella che svia dai corila tristezza fatalel'altre tutte vincea co' suoi splendori.E sola era banditadalla basterna d'ogni onor vestita l'amatista pudicadei folli sogni e dell'oblio nemica.Non olezzò di ambrosiadelle Pimplee la chiomasul fonte di Ippocrenecomecon mossa or vorticosa or lenequel cocchioin mezzo ai propilei di Romae notte e dì vagante.Era mirra? era nardo?... Al suo passaggioai giovinetti dalla toga bianca salìa pei nervi un fremitoe pensavano ai bagni ove Eulïadee Lidia e Pirra altra non portan tunicache il crin disciolto sulle bianche spalle.Quattro chiomati Etìopi la sorreggonoe partanto han negli occhisplendor misterïosochedi là dentroil sol voluttüosoli irraggi della lor terra natìa.Peròscenda del Tevere alla valleo salga al Campidoglioo dai quadrivii del suburbio sbocchila follasenatorconsolischiaviliberti e sacerdotisi fanno immoti.E fosse anche il pontefice di Gioveerrante nella sua sedia di avorioumilmente si inchina - e si prosterna...E' il cocchio imperatorio - è la basternadi Messalina!..........................................................9 - IN MORTE DI ABBONDIO CHIALIVAEra canuto e amava il crine biondola gioventù d'Arte e d'Onor vestita;avea lottato come pochi al mondosenza odiar mai la vita.Era il pugilatore e il patriarca; rassomigliava a Spartaco e ad Abramoall'uom che pugna e il campo orribil varcadicendo intorno : " V'amo ".D'alte vicende altamente cercatedi prepotenti affetti e di visioni nell'invocato Avvenir divinateo in le sante illusionila bella fronte rifulgea. Non disseparola mai blandissima o feroce...vedeano il Ver le sue pupille fisse nel tenebror precoce! -Oh! il focolar dove accogliea gli amicidove erravan su noipoveri illusicome in un tempio l'onde ammaliatricidei profumi diffusile care istorie degli anni passati!...Ai piè dell'Alpioltre il mareavventurefortunosepoesie... casi ignoratidi sogni e di congiureepopea di cui rapsode avvilita è l'età che noi giovani viviamo!...Ma parmi udirda questa tomba uscitauna parola : " Io v'amo! ".Amor sia dunque il mottoAmor di tuttoche fu culto di lui ch'oggi si plora!... Certo egli or geme di vederci in luttoma ci sorride ancora.31 dicembre 187010 - VECCHIA SATIRA . . . . . . . . . . . . . Rammentouna favola udita da fanciullo. Il buon ventoor me la riconduce tutta fresca: la narro.La Cicalala Talpail Bòtolo e il Ramarroda molte albe tacevano nell'edere e nel loto. Il giardino pareva attonito ed immotoe dal loto e dall'edere correano invide occhiatedietro il vol di Libellula dalle ali dorate.La leggiadra creaturabianca come la nevefulgida come l'astro e come l'aura lievevedea sotto le spire della sua danza folleinsuperbirsi i petalischiudersi le corolle:rosegeraniimammoleanemoni e giacinticome da un vago fascino di arcana ebbrezza avvintisi curvavanoquasi invitando umilmente; il cielo era serenolimpidotrasparentela farfalla volavae volavae volava;or su un cespoor sull'altro un attimo posavae viavianell'azzurrorattavertiginosadalla mammola al gigliodal geranio alla rosacome chi cerca alcuno nella follané il vedes'alzascendefa sostasi dileguariede...E' sparita!- Ma dove?- Dove il vento conduce:forse in fondo alla tenebraforse in mezzo alla luce.... . . . . . . . . . . . . . . Come appena disparve il fulgor di quell'ale i Bòtolii Ramarrile Talpe e le Cicaleintuonarono un inno; i minuscoli insetticantarono alleluiae dai solchi reiettis'alzò un coro di festa."- Era troppo superba!- Mai non volle fermarsi per cinguettar coll'erba! - Sdegnò sempre dell'orto la procace verdura!- Del limo in cui cantiamo pareva aver paura! ".Oh! triste a dirsi! fiori!... i fiorellini anch'essipoiché fur nella disputa per alcun po' perplessidiedero poi ragione ai bruti e alla cicoria! Le favole ritornano care nella memoriacome il primo giuocatolo e come il primo amore;ma poiquando più invecchia e si fa triste il coreci avvediamosgomentiche favole non sono.-Chieggo a cui ciò non piaccia umilmente perdono. 14 gosto 1870.11 - SULLA TOMBA DI I. U. TARCHETTINato pel cieloe tutto in quello assortospirto in esilio sulla nostra mota -spirto creato per fulgere - e mortocome un ilota!Anima invasa da beati ingannimilite sacro ad una santa guerra -milite già vincente - ed a trent'anniposto sotterra!Gentile e casto e intemerato ingegnoamico nostro... se dal Fato assoltotu ci potessidal carcer di legnosporgere il volto!...Se questa terra diventasse vetroe il tuo tramonto diventasse auroraforse ameresti tu... povero spetrola vita ancora!Oh! la ameresti ancor! Ti sovverrestiunicamente degli amici buoni;dei nostri viaggi pe' sentieri agrestidelle canzoni!Del focolar con cui spessonel vernosi viveva del prossimo in disparterimescolando fra di noi l'eternotema dell'arte.Rammenteresti il dìquando s'andava passeggiando e sognando in compagnia!...E in tutto e in tutti il tuo pensier trovavala poesia.Riameresti la vitaUgo! - la vitache per te fu battaglia e fu vittoria! Veh! la tua fronte austera oggi è colpitada un po' di gloria!Né il triste e dolce cammino interrottorimpiangeresti... e la precoce metase tu leggessi come noi: "Qui sotto dorme un poeta " .Settembre 187112 MANZONIO Musa biondao giovinetta miabelladolcesoaveche mi dici al mattin la Poesiaed alla sera l'Ave...tu chein mezzo alla torbida procella di questo improbo viaggioche si chiama la vitauna sorellae una madre miraggiodei miei pensieri facestio mia Musa.soccorrimi! un bel cantoispirami! ... E' una tombaè mutaè chiusa.Ed illumina tanto!Ispirami!... La chioma orna di violedi rose e di verbenee adergio Deanel sempiterno sole le pupille serene!E allor non mi dirai che senti coseda gran tempo obliate;e le rimecastissime mimosenon ci saranno ingrate; e i bianchi crini del bel vegliopariad aureola di santoc'inviterancome raggi lunarialla mestizia e al pianto!E noi riparlerem di quando ancora l'Arte era un sogno vago;era la Notte che aspetta l'Aurorala Ubbia che attende il Mago.Blanda infanzia! Mia seria adolescenza!..Io vi chiamo Manzoni!... Dalla sua cetra ebbero forse essenzale mie poche canzoni!Sospeso al labbro della madre piache mi leggea gli Sposile prime perle dell'Arte ch'è or mia in fondo al cor deposi!Oggi piangendo vi rammento insiemeo mia madreo Poeta!..Ella che vive di fede e di spemete arrivato alla meta! IIVolge la nostra età per via funesta;Cristo è di nuovo in croce;e la vestal nella sua bianca vestatrema e non ha più voce!La libertà che idoleggiasti l'hanno i tribuni e i liberti;e i liberi davver mutoli stannod'infingardia coperti.Così nell'Arte!... Oh! eran belli i tuoi tempiGoetheToscolo... Porta! Una falange di sublimi esempiuna olimpica scorta!Noi vaghiam nell'Ignoto. I figli siamodel Dubbio (oh i grandi estinti!)siamo i reiettii fuggiti da Adamodal cieldal fango vinti!E cantiamo una squallida canzoneche al tuo sereno irrideuna canzon che muove a compassioneche ride e non sorride!... Eppur nel fondo vergine del coreuna fede ci restache si rivela in preghiera d'amore...e la preghiera è questa:casto Poeta del Buono e del Belloguardaci ancor dal cielo;e sia la croce del tuo sacro avelloluce immensa... non velo!27 maggio 1873.13 - SATANA E LA BOTTIGLIASotto colla bottiglia!La mia pugna somigliaa quella di Gesùquando dal monte Satanalo fe' guardare in giù. - Pensa - il diavol mi dice-alla ridda feliceche ti farò danzar:sarai del ciel più fulgidopiù profondo del mar! Ti sentirai poetati sentirai profetaresatrapopascià...l'illusïon baciandotiper man ti prenderà. Vedrai l'Iside austerafatta mite e ciarlierainchinarsi al tuo pièe dirti: " Ogni mio simbolovo' rivelar per te". Andrai con essa ai lididove si fanno i nididal tramonto all'albor;dove compendian gli attimiun secolo d'amor. Vedrai colline e vallidi perle e di corallie cieli di zaffir;e sarà tanto il gaudioche ti parrà morir! Udrai la greca Dianae l'Ondina Ossïanagridarti : " Endimïon! ";le abbracceraidi eoliecetre e di tube al suon. Risorgerano i giornidell'innocenza adorni;farai ritorno al dìche il primo endecasillabodalla tua penna uscì. Ritornerai bambino;vedrai la mamma al vinoper te l'acqua sposarmentre gli altribevendoloschiettoparean burlar!... Fu con questo lontanoricordo che Satànoil nappo in man mi die'.Or posso dir che il Diavoloun mentitor non è! 187314 - IL BRUCO(Versi scritti in giardino)ALLA SIGNORA CONTESSA ERMELLINA DANDOLOMi parve una farfallaed era un bruco.Movea sul tavolocoll'incesso di un bimbo o di un bisavolo;zoppicavaaleggiavacerto in cerca di un bucosul foglio sparso di versi neonati.Rideano i giorni in cui sbuccia il sambucoe vanno i grilli a spasso.La sempiterna Venererigonfiava d'amor le foglie teneree il giardino olezzavae le mandre belavano nei prati.- Che avventura fataldimmianimucciadal tuo pertugioqui ti ha sospinta ad implorar rifugio? Forse un ciottol franatoo una caduta bucciao il piè dell'uom che inconsciamente crucciao uccide ad ogni passo ?...Il giorno ride ed il sambuco sbuccia... Perché lasciasti gli onicigli intenti fiorii ruscelletti fonicila bruna tanicciuolaper errar tutta sola?Ira ti spinge nelle vie d'esilionoiavaghezzaamore?Perché lasciasti gli acidisucchi delle radici e perché i placidisospir dell'erbe che ti fean ventaglio?Va saltellando il grillola sempiterna Veneregià rigonfia d'amor le foglie tenere...Perché affrontar lo spilloe la fialail droghiere e l'entomologo?-............................Masordo al mio monologoil nomade dogliosocoll'incesso di un bimbo o di un bisavolotutto ha percorso il tavoloe allo spigolo arrestasicome chi apprestasi ad un perigliovolente e restìoe s'accomanda a Dio...Ha fatto il saltoè sul terren sabbioso:ogni gleba è montagnaogni zolla è voragine! Lo striscïante di martire è imagineè imagine di eroe:la scossa foglia il bagnalo punge il rovo... ei vasostasi arrampicascendeincespicacade...e non si lagna. E valentoma va. Dove? alla pergolache ombreggia il pozzobuioprofondo e tozzo.Desìo lo assal dell'alto... ecco già in tralicelungo il nodoso salice si inerpica e più aderge e più leggierodiventa e meno zoppicante e nero.Lo attrae lo screzio dei molli frondamifraschevirgultiramivoluttuoso amplesso!... Di estasïarsi egli desìa con esso.Eccoecco quasi ha raggiunta la festa...ormai più non gli restabruco feliceche avvinghiarsi a un'ultimapensil feluca... Esita ancor... vacilla la debile fibrilla...Dov'è?... dov'è?... - Die' in uno spin di cozzoprecipitò nel pozzo!. . . . . . . . . . . .Quanti uomini non vidial bruco similinon so perché comparsinon so perché scomparsi...dall'Ignoto - nel Vuoto!Adroottobre 187315 - IL BIMBO MALATOIl bambin che cantai nelle canzoniche son piaciute ai buoniè malatoetuttornel contemplarlonell'indagar sulle sue guancie smortese al suicidio mi ha dannato Iddioerrarmi intorno mi parea sentirel'alito della morte.O mia ricchezza unicao bimbo miolo sai tu chi son io?Sono il povero armadio e sono il tarlosono il martel spietato e il debil muroe in questa vita da cui vuoi fuggireè da gran tempo che a sarcasmi immaniesterrefattoinduro.Eppur se il sole che verrà domani dalle bianche cortinesul letticciuolotroverà un sorrisomen scolorito sotto il biondo crinee per gli effluvii del tuo dolce visoio potrò ancora credere e sperare di valer qualche cosa;o mio bambinounica mia dolcezzao mio giglioo mimosaqui chiamato da un attimo di ebrezzaper esser schiavo a un secolo di noiami farò ancor cattolicoe all'altarericercherò di quando ero io pur bimbolo sgomento e la gioia.Mi inchinerò dei serafini al nimbosulla madonna chinoe ginocchioni e con giunte le mani!...E dalle pinte finestre i bei santimi ridiranno ancor le avemariee svaniran l'ombre del tuo destinonelle fulgenze mie! Bimbonon tossir più! Son tanti e tantigli orror di questa vita!...Perché farmi tremar come un pusillo? -Dormiguariscila coltre è pulitatepida è l'aura e tutto è pace intorno... - Sai che per te vo' comperar domaniun famoso gingillo?Non so se oggi lo vidio un altro giorno:rappresenta un pastoreche accarezza una pecorae dagli occhi par che la gioia di averla trabocchi..- Non infrangerlo saiquel dono mio!Del pastor che avverrebbeo santo Iddiose la pecora muore?Gennaio 187216 - ALLA SULTANA(Dopo una lettura triste)Aiutami a viveremia bella sultanala vita dei reprobivolubile e vana.Sia solesia nebbiam'innonda di baci!Se inneggio o bestemmiotu ascoltami e taci.Deh!... Taci ed ascoltami :mi adora e non parla! L'amore ineffabiledetesta la ciarla!Di sguardi satanicidi eterei sorrisii nostri s'infiammino due pallidi visi!Facciam delle coltricigli Elisi e l'Inferno!...Si ingoii l'assenziose manca il Falerno! Te nuda assomigliomia carne idealeal legno d'un feretroche avesse le ale.Oh!... I mistici effluvii che hai tu nella gonna!...Talvolta fantasticoche il Nume è la donna.Che l'Arte è la femminache il cielo è l'amoreche il lezzo è profluvioche il fango è splendore!Oh!... Candidacandidala nostra cortinada cuistanchi e lividici assal la mattina!Tu dici: " O amatissimosei Giovee io son Frine!... "scotendo sugli omerile chiome corvine... Rispondo : " Silenzio...non parlo e tu taci!...Ritorna qui al tiepido...m'innonda di baci!...".Milanomarzo 187417 - DE PROFUNDIS CLAMAVIÈ l'ora in cui gli augelli accovacciatila testolina ascondon sotto l'ala;le lucciolette ricamano i pratie canta a vespro la fulva cicala.Traversa il cielo un vento accidiosodella sua meta incerto e senza lena;al suo passaggio il bosco pensierososaluta sìma rispettoso appena.Giù nel fosco lontan di quando in quandoguizza un baleno debole e perplesso; d'amor regna sull'orbe un senso blandoe un vago accenno di pietà con esso.Raccogliticor miol'ora è solenne!Le rondini più e più stringon le spiredei vispi voli in cui beâr le pennee le assal delle gronde il sovvenire.Così dell'uomo; la flebile calmasull'agonia dell'universa lucealle parvenze del mister lo impalmae a un altar malinconico lo adduce. Raccogliticor miopovero core!Raccoglitie preghiam; la prece è bellaqui dove un valeun sì del creatoregiunge col raggio di ciascuna stella.Onnipotente! oh! fa' che non si ammali la mia pallida musaillusioneultima e santa dei miei dì fatali!...Il mio pan quotidiano è la canzone.Manda sul mio cammino il mendicanteche guarda in viso e che non sa cercaree allontanami il giorno in cuitremantenon trovi il soldo da potergli dare.Fa' che ai coloni del mesto villaggionon turbi i sonni il perfido uraganoe sorridannon curvial mio passaggioe i più vecchi mi stringano la mano.Ch'io possa sempre adorartio Signorenegli astri in cielo e nei fiori in giardino;dammi la calma e dammi un po' d'amoree permetti che viva il mio bambino! Agosto 187418 - IN PACEAmo sedermiquando spunta il soletra queste blande aiuolenel silenzio infinitonella pace profondache il buio orbe circonda. Le perle di rugiada in grembo ai fiorial par dei nostri amoridileguano piangendo;e ogni calice olezzaal par di una carezza.Amo la calma ascensïon di lucesulla montagna truce;il primo alito lieveche vien dalla valleabaciosospir di Dea.Amo laggiù fra le tremule fogliela nebbia che si sciogliecandida illusïone;amo il bruco che primofa capolin dal limo.Amo i rabeschi delle lumachelleche van sotto le stellegeografi notturni...Spesso in quei solchi tersitrovo le rime ai versi;trovo le rime e le idee peregrineche peli bianchi al crineaccrescon di taluni...mercede unica e piache la musa mi dia!Adrosettembre 1874.19 - DA UNA CAMERA AMMOBIGLIATAIQuanti vivon cercando un po' d'oblioquanti sono in esilio e quanti in fuga!Come si paga d'esser nati il fiocome ogni dì novello è nuova ruga!Si canta dagli altar : " Lagrima e spera! "ma chi celebra mai pianto conobbené mai di Nesso la camicia nerané il letamaio del povero Giobbe.Non credo più che gioia franca esistache resti una fé pura in questa terra!...Fossi Cassandra eternamente trista!Fossi Diomede eternamente in guerra!...Oh! vi potrei strapparmaschere oscene!Vi spezzerei scudi e freccie da nolo!...E sapreste che sian quaggiù le pene che all'onestà fan la perfidia e il dolo!Ma i miei due passerini han già l'auroraindovinata e la gabbia bisbiglia;e il dolce avviso e la pace dell'oraa più lieta canzon mi riconsiglia. Scendinuova canzonvieni e diventala carezza materna al capezzale!Allontana la sfinge che spaventafatti color di cielo e metti l'ale!Rassomiglia a quei poveri augelletti che giammai non mi han fatto un male al mondoche si appagan di miglio e di confettie ch'ebbi in dono da un artier giocondo.E canti il prete : " Soffri! " e canti : " Spera!".Se mi dai sol quattro quartine buonele leggerò a un poeta doman serao giuntami all'albor nuova canzone!IICANZONENella mia stanza squallidanell'asil mio neglettooh! quante volte ho detto :sono tranquilli i dì!Son solitario e poveronon ho sorrisi intorno...ma mi sorride il giornoma la mia musa è qui!È ver: son solitario.Vivo una vita grama...ma so che al mondo m'amaqualche buon'alma ancor.Dal mio pensier le imaginifuneste ho cancellate;sono larve obliatesogni ed ubbie e d'allor!"A Bacco e all'amicizia!"dicea l'augusto pretequando le gambe vietenol sorreggevan più. Per me Bacco è a Esculapionemicoe il congedai;e l'amicizia è ormaicosa che un tempo fu.Però nessun mi toglie le dolci ore dell'estrole rime in cui son destrofatte d'argento e d'orfatte di lapislazzulidi gemme e perle fine che saran serto al crinedel bimbo mio d'amor;del bimbo mio che meditagià sulle sorti umanee sta spezzando il pane del Sapere fatal;della mia madre vedovache al par di me lo adorae in lui vede un'aurorasu un deserto guancial. Mio vecchio Metastasioso incrociar le quartine ?...Il bimbo ha biondo il crinee la mia Musa è qui!Nella mia stanza squallidanell'asil mio neglettooh! quante volte ho detto :sono tranquilli i dì!MilanoGennaio 187520 - VERSI SCRITTI IN UN GIORNO BUIOIAD ARRIGO BOITOS'anco accoglier dovesse indifferenteun sorriso o una celia il verso mio(giacché sta tra il passato ed il presenteo il disdegno o l'oblio)voli il mio versoArrigoai versi tuoi! S'amin tra loro almense più non m'ami;se m'ami ancorparlino insiem di noicome tu meglio brami.Qui vendemmian. Bei giorniallegre notti.Tripudiano le valli e le pendici; si arrotondan nel gaudioal par di bottimille pancie felici.Son più i villici assai che i gelsi e i rovicurvi dell'uva al glorïoso acquisto;sicché pei colli un angolo non trovi dove sognar non visto.E sotto a tanto azzurro e a tanto verde(Dio! come i canti miei rammento mesto!)guardo alla vita grama che si perdeagli altri e a me molesto! Veggo tutto attraverso a un velo brunoe scote appena la mia mente lassala forosetta dall'anche di Giunoche mi sorride e passa.La sua lieta canzon va via con leie un lamento ne fan le lontananze...Quanteoh! quante così gioie io perdeidi sogni e di speranze!UnicoArrigoa me resti confortoun cor d'amicouna pietosa fronte che mi sorrida!... e crederò che mortonon m'ebbe ancor Caronte!Te già non colse la terribil frondache uccide il cantoil riso e le carole:e splende ancor sulla tua testa bionda un bel raggio di sole.E mentre io cerco a quest'etica Musache mi apparve matrona ed era ganzache il poema promiseed or ricusaperfino una romanzaalcun nobile accentoun'armoniache rimi a quelle che ti piacquer tanto;mentre mi sdraio nell'inedia miasenz'ira e senza pianto;tu vivi e pensi e lotti e ardisci e speriegagliardorammenti altri gagliardiche non dissero al Dio : " Mancasti ieriquest'oggi è troppo tardi! ".Oh! te lo invocoo fratelloo poetaonnipotente te lo invoco il Dio! Ché ai dì feliciper guidarti a mètaben ti avrei dato il mio!Mi è fuggito e a te giunge. - Ioda lontanonella crescente mia ombra perdutoquandoplaudendoti diran sovrano del tuo duplice liutoesulterò come un elettoe ai lietidì ripensando della nostra spemegriderò: benedetti i due poetis'anco non giunti insieme! Ceredaottobre 1871.21 - CALENDARIOI PROLOGOOr vi dirò la cronaca dei mesicome narrar la intesida un certo vecchierellocosì pulito e bellocosì dolce e giulivo nei modi e nell'aspettoche si sarebbe dettofosse per lui la vita un dì festivo.Amo i vecchietti allegrii bei sorrisi fra i capelli bianchigli entusïasmi che son giunti intègrifino alla porta dell'eterno buio!Né ch'io giammai mi stanchidi riporli nel core ad uno ad unodi volta in volta che il fatal becchino li mena via sotto il tappeto bruno:chédi seraal caminoli vo evocando e me li schiero intorno;presiede la mia nonnacon una bianca gonnail colloquio fantasticoed in mezzoa celestiale olezzoe a qualche po' di odor di sepolturamedito e scrivo sotto dettatura.II - GENNAIOGennaio! È il mese in cui la Dea Speranzala Dea che accanto a me più non ritrovofanciulle miebussa alla vostra stanza                        vestita a nuovo.- Certo quest'anno giungerà uno sposo! - Della miseria romperò l'artiglio!- Ritornerai guarito all'aer gioioso!                        - Avremo un figlio!Fanciulle miedalle cantine ai tettial nascere d'ogni anno è un coro uguale; cantan l'atre galèecantano i letti                        dell'ospedale;il mondo intier canta alla Dea loquace!Eprima ancor che un altro mese scocchiil mondo intiero si ricredee tace                         col pianto agli occhi!E che perciò? Gemendo accanto al fuocospesso io mi ammiro assai più che nel riso;quell'esser triste e sol mi sembra un poco                        di paradiso. I miei morti mi narrano segretidi radici di fiornei catalettidi zampilli che fan nei sepolcreti                        i ruscelletti.La neve intantocome chi dispone una sorpresasilenziosa e lentasi va aggrappando intorno al mio balcone                        e mi addormenta.Sogno allor le scarpette esposte al ventoi magi in viaggio ancor sui dromedarie il gioir delle madrie lo sgomento                        dei nonni avari;e te sognogentil mia creaturati sogno addormentata in un giardinopiù soavepiù candidapiù pura                         di un gelsomino!E le farfalle colle aluccie d'orodicon d'aprirsi al bottoncin di rosae i fior già desti mormoran fra loro:                        "Che bella cosache dolce vista un angioletto blando!...".Tu schiudi gli occhi alle dolci parolee quello sguardo tuo somiglia un brando                        snudato al sole!Mi desto anch'io. Penso ai monti agghiacciatiai pini incanutiti in modi straniai mesti casolari abbandonati                        dai mandrïani.E mi avvinghio alla stufa : oh! abbracciamentich'io prodigo alla bianca ospite cara! Essa è cortese senza far commenti                        e mi preparal'intelletto al lavor meglioassai meglioche non faccia l'amor vivo dell'Evedalle braccia di cui spesso mi sveglio                         col capo greve.Ma cotesto è affar mio; poco v'importae scusatemi assai se vado a sbalzise fo com'un che viaggia senza scorta                        e a piedi scalzi. Fra un sì ed un no tutto quaggiù tentenna:la nubeil ventoil cuor dell'uomo e il mare...Io mi son un che quando va la penna                        la lascio andare...Amate i fior? di paglia circondate la gracile vïola ed il giacinto;alla cameliaalla azalea donate                        e al variopintotulipanoed all'elleraed al lillal'aure negate alle deserte aiuole: certo anche ai fior pensò chi la scintilla                        rapiva al sole!Gennaio 1872.III - FEBBRAIOCoronato di rovi e di pruinaecco il Febbraio.Buone madricui desta alla mattinala pioggia che vien giù rapida e finae il canto del rovaiobadate al fanciullin di quando in quandose mai la coltre allontanò sognando.Triste si fa la vita al cantoniereed al soldatoper gli spalti perduto e le brughiere; incertamente le sembianze neresotto il ciel sconsolatoosserva il viaggiator dallo sportelloe si chiude più e più nel suo mantello.Bimbidei frutti dell'autunno amato memori ancorae dell'ultimo grappolo doratosapete? è adesso che ai campi curvatoil contadino esplorala viteil gelsoed il pruneto e il pero su cui cova la neve il gran mistero.È questo il mese in cui più molce i cuoril'idea fatale!L'augello ai nidi e l'uom pensa agli amori...è così dolce un crin che il crin ti sfiori sullo stesso guanciale...e per le gronde il miccio esulta e gridae par che ai freddi letticciuoli irrida.Esser due nel tepordue giovinezze -Fantastichiamo! duel'un per l'altradue conscie bellezzeche più cogli occhi che colle carezzesi van dicendo " io t'amo! "cullati dalla calma e dall'oblio...Chi non m'intende non intende Iddio. Quanti veglian solinghi! ementre i ballidel carnevalesdrusciscono fanciulle e guanti giallicercan la fonte degli eterni fallidi quest'età mortale e rugiada di mistici confortiin voipoemi dei poveri morti!Beato l'uom che in queste si ricettasante demenze!Esausta all'alba la sua lucernetta tremola e impallidiscela stanzettas'empie di trasparenzedi visïoni e di memorie pieal suon delle lontane avemarie.Altri di bianche nuditàdi notedi profumi briacopallido il core e pallide le goteil selciato di ratte orme percotenel crepuscolo opacomentre le belle si tolgon di testa gl'estinti fiori dell'estinta festa.Misere gioie! oh datemi un giardinopicciolferaceper piantar maggiorana e rosmarinoe viole del pensiero; e che al mattino risvegliandomi in paceio possa dire senz'ombra d'affanno:è questo il mese più corto dell'anno.IV - MARZODe mémoire de rose on n'ajamais vu mourir de jardinier.STENDHAL.Sull'infanzia dei germi e delle frondeil marzo sbuffa; alle ospitali grondealle tiepide tanefa ogni sbuffo assassinodelle speranze dell'april bottino; e alle rive lontanecaccia un popol di morti e di feriti.Son sibili e garritie fischïate fesse...fin le tegole anch'esseforse per l'abitudine dei nidisi credon rondinelle e volan via.Fra le spighe gli steli e gli arborettiè un lottar di equilibrio e di scambiettiper non schiantarsiagli schiaffi potenti opponendo gli inchini e i complimenti.E una lepida quercia a una rugosasua vicina dicea: " Monna Ghiandosarammentate il seicento?Fu in maggiose non errodi quell'annatala maggior tempesta.Un mio ganzoun bel cerroasfissiato morì nel turbinioe noibontà di Dio!siam vive e sanee brille toccheremo il duemille! ".E che pensava il fiorellin diveltoudendo il cicalìo della vegliarda?Egliche all'alba ancor non era natomorir canuto a sera avea sperato... nel fango invece a mezzodì giaceae dolorando l'anima rendea.* * *Marzo è nipote di Vulcano e d'Eolosopra l'onde sbuffanti e sui metalli.Oh! ben vengano i venti a narrarci di cime e di convallimisterïosi accenti!Parlatecio loquaci aure azzurrinezeffiri palpitanti!Date novella a chi speraa chi lagrimaai delusiagli amanti!Che il vecchio sentasfiorandogli il crinela primavera in voi!Che il giovin senta nei novelli effiuviipiù baldi i nervi suoi. Marzo che spargi le siepi di candidispruzzi e di macchie vermiglie i giardinicol mandorlo e il sambuco;marzo che chiami da' suoi bui camminiil redivivo bruco; bel forier dell'aprile!... oh! invia nei corile verdi illusïoni!Fa' sbucciarcome dal sambuco e il mandorlofa' sbucciar le canzoni.E sian canzoni d'avvenir! gli amori! gli odiii dolor!... ma nuove!Sian della neve al parche dalle vecchietettoie si dismuove!Marzo è la Gioia in culla. È il soavissimoprimo vagito dell'atteso bimbo! È un vero e una parvenza:è la tua bella di cui scorgi il nimboe attendi la presenza!Giovinettina dai begli occhi fisipallidi adolescentiandateandate a cogliere le mammolee ad ascoltare i venti!Iopovero poeta ai vostri visiunir non posso il mio!...Cercar non posso al mondo che risuscita nullafuorché l'oblio!Marzo 1875V  - APRILEO primaveragioventù dell'annogioventùprimavera della vita.Creso pagò con luccioleed Elena ha sorriso:la terra e il paradisofavellano d'amor.La timida lucertola;che lambe i muri infranti si arresta a udir dei cantie a contemplar i fior.Le nuvole sorvolanotutte color di rosae la gleba pietosageme di voluttà!Ecco dagli olmi e i frassinila vetustà sparita;la selva ha nuova vitale foglie... eccole là!E colle foglie i nidi. - O fanciullettil'albero rispettate e le sue culle!S'oggi rapite i poveri augellettidoman potrete rapir le fanciulle. Deh! serbatele al vol le molli ale...il volo è l'Ideale!Credo che i morti stesi nella fossasentano anch'essi il risveglio d'Amoreche nudeinfrantegelide quell'ossal'april vi innesti un ignorato fiore.- Povero padre! il sole è così belloe tu sei nell'avello!Laghicime diafanecerule lontananzedove arcadiche stanzesogna il poeta ancor!...Dove dell'arpa eoliavibra tuttor la cordadove sospira il giovine e il vecchio si ricorda;del sempiterno arteficenotepoemi e tele!...Come il vento alle veleoh! date il volo ai cor! April! - dal verno pallidol'uomo esce mesto e stanco!...Pongli all'occhiello il gigliodàgli una donna al fianco!Aprile 1875VI - OTTOBREUn lenzuolo di nebbia avvolge il cieloe la pioggia minuta e lenta cade;le colline lontane han messo il veloe di fango si coprono le strade.Piangono come vedove le biadee l'elegìabattendo stelo a steloaddormenta le selve e i nidi invadei nidi pieni di piume e di gelo.Che narrano le goccie ai bruchi erranti?Alle buccie che dice il vento fioco? Oh nelle tombe scheletri grondantioh beltàrobustezzea poco a pocoscioglientisi coll'acquae vegetanti!...E la gente sonnecchia intorno al foco.22 - A MIA MADRETibi solaeMadrenarrartelavorrei la storiama è fumoè nebbianella  memoria.Storia di grandini e di vendemmiestoria di lagrimee di bestemmie;frutto vermigliosucco letalecloacaempireodi branche e d'ale;è piena d'angelipiena di streghedi geroglificid'alfe e di omeghe.Vi stride il rantolovi scroscia il riso;tutte le aureoledel paradisotutte le furiedel folle infernovi cantan l'epicadel Padre Eterno!Madrenarrartela vorrei la storiama è fumoè nebbianella memoria!.....................Però ritessimiqualche armonia che mi risuscitil'infanzia mia;qualche episodioqualche nonnulla...un capitombolo dalla mia cullaun mal di stomacola fanticellai Magii briciolidella scarsella; le panche gelidele passeggiatel'altarle predicheassaporatecogli occhi timidi fisi sui Santiche mi guardavanoda tutti i cantimentre dal piccololibro di prece i tuoi sfuggivanocercando invece- materna imaginedi paradiso! -del bimbo pallido l'intento viso.Oh! sì - ritessimiqualche armoniache mi risuscitil'infanzia miache mi risuscitil'albe svanite!...Gioie od angoscie!Se voi le ditelabbra che il bacio comprime orandotornerò verginerobusto e blando!...M'udrai ripetereche la mia storia è fumoé nebbianella memoriama che l'aureoladel tuo sorrisola muta in estasine fa un Eliso!Milanoaprile 187523 - IL FANCIULLO LONTANOQuando mi sei lontanoil cuor mio non sa più perché sia vivofanciullo mio giulivoe mi sento infelice in modo stranoquando mi sei lontano. Fanciullo mio giulivocerco l'oro dei tuoi ricci all'intornoe mi par notte il giornoperché nol vedoo viaggiator estivofanciullo mio giulivo! E mi par notte il giornoe l'aer più greve e più cattivo il mondobambino mio giocondoperché sei lungi; e col pensier ti attornoe mi par notte il giorno! Bambino mio giocondocantaridi tra il verdeall'aura fresca;ma poi non ti rincrescapensare ch'io non veggo il tuo crin biondobambino mio giocondo! Ma poi non ti rincrescapensar che questi tuoi giorni beatison giorni a me rubati;fa' che un sospiro al tuo gioir si mescama poi non ti rincresca. Aprile 186724 - AL MIO EREDEIo son povero al par di un fraticello;ma tu sei visporubicondo e bellol'avvenire tu seil'ultima legge ormai dei giorni miei.Ti lascioamico miomolte sciagure di cui farai tesoro:esse valgono - sai? - nell'ore oscureoh! molto più dell'oro!Ti lascio i sogni e le illusïonimille imagini gaiee le canzoni che leggerai pensandodi chi visse di temio venerando.Mio bel vecchietto dalle chiome biondeche già osservi e già pensicui non giunsero ancor lemuri immonde dall'anima nei sensi!Ti lascio il meglio che mi resta ancora:il pio desir di una celeste auroradei pedanti il disprezzoe la manìa di cercar perle al lezzo. Ti lascio - forse - alcune avite bottiil vecchio Dante onde al cielo si arripaeausigliatrice di non vacue nottiuna eccellente pipa!Luglio 187425 - AD UN CAMPANILE GOTICOFosti eretto da uomini orgogliosiin un'età di ferro!Nelle viscere tue stan marmo e cerrobel campanile!I tuoi merli son gloria e apoteosi! L'ellera vagabondaagli ermi amicatutto ti circondacon vago stile!I tuoi merli li fe' la durlindanatramutata in martelloond'è che appari simile a un castelloo mole strana!* * *Ti contemplo quaggiù dalla vallatadell'erbe in sullo smaltoo mio bel campanileo chiesao spaltoche il sole indora!L'elleraamica agli ermiha incoronatala tua vetusta frontee tu rammentio campanileun montee una calma dimora! Come t'aman le rondini fedeli!Al tramonto è una festadi voli e trilli intorno alla tua testache guarda i cieli!* * *La tua campana è una nenia soave e riverente io l'odo:e ripenso ai misteri e a Quasimodobel campanile!Che l'Angelus tu pianga o canti l'Avecanti e piangi d'amore: e fai pensare ai poveri e al Signoresuperbo e umìle.O mole strana! e alle rondini accantol'upupa tu ricetti:da secoli tu accogli anche i reietticampanil santo!* * *Lascierò questa valle; assai lontanoforse il destin mi attende:ma per mutar di luoghi e di vicendemuro feudalericorderò che non t'ho visto invanoperché in te mi specchiai!Nel tuo destino il destin mio guardaio pieno d'ale:o pieno d'aleo pieno di misterodi memorie e d'obliomuro triste e lealmi hai mostro interoil genio mio.27 - LE VEGLIEA LUIGI CHIALIVAIChe sarebbe se più non discendessesulla terra la sera?Se più dalle convesse plaghe dell'orizzontedalla boscaglia nerao dal ceruleo monteo dalla siepe che cinge le aiuolepiù non sparissse il sole?Il vignaiuol più non verrìa cantandola sua dolce canzonela canzon cheesulandodice all'alme perversequanto all'anime buonepur nelle sorti avversedona a chi segue la sua legge Iddiod'esultanza o d'oblio!Né più il pastoredalle prime stelleaccorto e dalla brumagiovenche e pecorelledrizzerebbe alla voltadel tugurio che fuma;e la greggia raccoltapiù non udrìa sposarsi alle campanele sommesse litane.La madre dì famigliaalma creatura ne' suoi figli viventepiù dall'acre frescuracolla voce aspettataal letticiuol tepentetrarrìa la sua covata; né brillerebbe più la lucernettadella mia cameretta.Voi non verreste piùcoppie amorosedi ombrìe silenti in traccia;né sull'onde oblïoseil nocchierfantasiatodalla infida bonacciapresso poppa sdraiatocercherebbe il tiepor del focolaroai riflessi del faro.Che avverebbeo pittore? addio le tintedelle nubiprocacicome donne discinte!...Quando l'astro già evasopar che di amplessi e baci cosperga il caldo occasoe par che inviti colle fiamme estremele razze a unirsi insieme!Addio sussurri di cui Dio soltantoha la profonda chiave; addio lene compiantodegli steli alla lucee il rintocco dell'aveche a meditar ti adducee l'apparir dei fatui fochi e il rezzo di cui lo spiro è olezzo!Addio lugubri ammanti onde ricoprel'ombra i taciti pianiforse in dubbio che l'opreviste dal sole inerte compiersi dagli umanipossan ferir le aperteunicamente per le cose bellepalpebre delle stelle!IICOLLOQUIOIL FOCOLARE Eccomi lampeggiante!Colla mia fiammaerrantecome la tua speranzasciogliti dalla cretafantastico poeta! IL POETA Piove - dalla mia stanzasento il rombo del volgo...Dal fango non mi sciolgose qualche nuovo Iddionon scende al fianco mio! IL FOCOLARE Avrò sconfitta invanola salamandra? e il vanogrillo ti avrà chiamatoinutilmente? e a millesprecate avrò scintille? IL POETAHo il cranio assideratoho la neve nel cuore...son solo e senza amore!...Povero focolareper chi deggio cantare? IL FOCOLARE Colle molle mi aiuta!Vediun tizzo rifiutadi far arco a una grottadove ti avrei createdanze di gnomi e fate! IL POETALa gente mi rimbrottaperché teco favelloperchéo lieto fratellocol tuo raggio tepentelascio andar la mia mente. IL FOCOLAREDalla cappa anch'io sentopassar fischiando il vento...Grullo lui! - suo malgradola mia caligin brutain nuvole tramuta. IL POETA già leggendo io vadonei tuoi vaghi rabeschiminiature ed afreschi...Ma a chimio focolarea chi posso cantare? IL FOCOLARE per chi dunque abbrucio e per chi mi consumo?Pel genio tuopoetaper la tua dolce Musa!Oh! il canto non ricusanon rifiutar le tue sante scintilleche scalderan l'anime a mille e mille! IL POETAE sia delle mie strofe come avvien del tuo fumo!Dicembre 1873III*Tu ritorni ben tardi... l'orologio ha sonatomezzanotte; la madre ti ha finora aspettato.Testévinta dal sonnoandò triste al riposo...Vedigià quasi spenta è la face!* *Non osopalesartio fanciulloperché mi attardai tanto. Dimmiandando a dormirela nostra madre ha pianto?*Noma guardava il pendolo; e dicea le orazioni.Vuoi che sul focolare ti ravvivi i tizzoni ?...Il tuo libro ti aspetta...* *E tufratello mionon hai tu pur pregatoaspettandomiIddio? *Tentai più di tre volte di dire il Paternostroma... non potei...* *Perché ?*Stava sull'uscio un mostroche appuntava la mano verso la via chiassosae guardava la madree parea dir...* *                                                Che cosa ?*Che tu a noi non pensavi e che verresti tardi. * *Per lo ciel! mio fanciulloperché così mi guardi ?E quel mostro è sparito?*Sìquando tu bussasti.* *Né tu ardisti affrontarloe non lo interrogasti?*Temea ches'ei parlavanostra madre morisse.* *E sparì quando io venni?*Sparve!* *E nulla ti disse? *Noe la madre giàtristeera andata al riposo.Vuoi che ti avvivi il foco?* *O fanciulpensierosopiù che non chieggan gli anninolascia spento il focoe i tuoi sonni innocenti indugia ancor per poco.Ascoltami: quel mostro che ti apparve staseratienti bene a memoriaun fantasma non era.*Pur la madre nol vide...* *Essa lo avea nel core!Fratelquando udrai dire questa parola : " Amore"pensa a quel mostro!... dimminon avea sulla facciail pallorelo schernol'inganno e la minaccia? *Era un mostro ti dissi...* *                                E' per lui che ritornotalvolta a mezzanottespesso sul far del giorno!...Tu che a piè della madre dormi nel letticiuoloquando dormirai solorammentae dormi solo!*La madre ha sospirato?* *Ti attende; e le dirai che pria di coricarmi suò viso ti baciai;e che verreitremandoad abbracciarla purese le labbrarammenta!... non mi sentissi impure.IVMi chiaman pazzo le vicinee infattifra tanti mattiposso esser matto anch'io.Maaffé d'Iddioio le sento russarle donnicciuole; oppurda sole a soleingiurïar la tepida stagioneo il sol che va in Scorpione...se pur qualche burlevole comparedalla bettola giuntoa giusto puntonon le fa col bastone addormentare.Pazzo! e sia. Geloil verno; nell'estatedalle inferriatemi piove olio bollente... Ma nella mentesia verno o estateio m'ho tante vaghezzetante nel cor dolcezzee so sì bene errar da me lontanoper entro al mondo arcanochedican tutti ciò che voglion direbrilli piena la lunasia notte brunanon c'è mai caso ch'io possa dormire.Piove ? fa vento ?... o m'ho un magro tizzonee allorle buoneveglie! ancor io sfavilloudendo il grillo.Non l'ho? penso a chi è desto oppur sognantein un letto elegante; e dico: forse e i bambini e la sposanon ti sanno di rosacome sa a me di ambrosia l'esser solosotto un povero tetto;ma non soggetto tranne che al mio soffitto e al mio lenzuolo.Brilla limpido e puro il firmamento?Io mi sto attentoall'usignuol che geme:cantiamo insieme agli olezzialla pacealla frescuradella molle natura;e mille udiam risposte intorno intornofino al nascer del giorno!...Edican tutti ciò che voglion direbrilli piena la lunasia notte brunanon c'è mai caso ch'io possa dormire.28 - MONACI E CAVALIERIAD ARRIGO BOITOPROLOGOSe fosse nostroArrigoil secol bellodella fervida fede e dell'amorepensa che tu saresti un menestrellodi nordici lïuti animatoreun giovin paggio tutto pallido e biondo e triste e altero.Però sul tuo passaggiocastellanebaroni e giovinettisorridendo dirian: " Dolce stranierocui fan guerra gli affettie il lungo peplo del pòeta ammantafermatie canta! ".Se fosse nostroArrigoil secol bellodella fervida fede e dell'amorepensa ch'io sarei forse un fraticello di tavole e di dogmi indagatoree che vivrei contentoscordando l'ora e contemplando il poi!Però del mio conventotu verresti a fermar spesso alle grate il più tranquillo dei morelli tuoieper le vaghe arcatemediteremmo insiem messale ed arpacilizio e ciarpa.Inganniamo il destino: in una queta stanzuccia di villaggio ecco la cellacella di solitario e di poeta!- Da quifra l'oro delle bionde anellarivedo chine le tue gote smortesul pianoforte.Leggi ancora Marcello ogni mattino?Io vo a spasso col vescovo Turpino:è un vecchio strano e pazzoche mi parla in latino.Gli fan codazzotorri di foco e sibilanti draghie fantasimi e maghie paladini e fateinnamorate.Sulla sua mitra poispessopian pianocompare un nano.E il bel mar degli azzurri e delle calmesi popola di chiostri e di romitied ecco Abido e il suo serto di palmee il tempio di Memnonee i monolitie lontanper le sabbie e fra gli abissii crocefissi!Oh! pallidezzeaureolevisioniamicizie coll'aquile e i leonio colloquii con Dioo lotteo tentazioni!O templio tombe di profondo oblioo monaci guerriermonaci maghi!O visi smunti in mezzo a pergamenee cantilene!o intential suon dei bronzi e dei flagellipenne e pennelli!... Per gli occhi tristi della donna miaper l'amicizia degli amici buoniper l'allegrezza e la malinconiae per l'affetto delle mie canzoniio dico e giuro che nel mondo ho vissuto un'altra volta!E fu in quel tempo oscuroe credetti e pregaiforse in delirioconie i bimbi e le vergini che han coltala palma del martirio!... Un soffioahimè! dell'anima d'alloram'agita ancora...M'agita ancora una pietà prodondaedal cinico ingegno al cor devotoil desiderio dell'Iddio m'innonda!... Ma l'Iddio del mio tempo è il Nume Ignotoma sull'altareride l'augure ancora e il sofo piange!Arrigoodo cantarel'organo della chiesa...è dì di festa: l'armonia che al mio tavolo si frangemi conturba la testa...Non ti dissi che vivo in una cella ?...- Musafavella!Noli (Riviera di Ponente) 1864 .LA MUSALA MUSA Fuggifuggio poetaall'armoniadell'organo ululante!Ciò che sposa al tuo cor la fantasiaè la presenza miaè il mio vergine amoreè il mio sorriso. Fuggi; l'incenso dall'altar si sviae già per l'aria giungonocanti di preti e odor di sagrestia.Seguimiamicosulla gaia spiaggiadove vola l'alcione e dove nuota l'anitra selvaggia:da qui l'anima viaggiada qui si libra alla bella regioneov'oggi il canto è voltosenza la prosa del rossor sul volto. La prima chiesa fu il deserto immenso!IL POETAE il sacro mare ove beveva il solee i fiumi sacri dovebevea la luna!...LA MUSA                         Il mio peplo di violetrema alle tue parole come a pensier di patria abbandonata.O poetason lungi incenso e stole;qui le vetuste imaginitornan sereneimmacolate e sole!IL POETA E i fiumi sacri ove bevea la luna! Spesso il pastor caldeorichiedendo le stelle ad una ad unadella errante fortunastupito udìa cantar canto giudeole palme montanine; e delle greggie le bianche indovinealzando il musosocchiudean le ciglia.LA MUSA Era il mio canto!IL POETA Per le sacre grottetu erravi allorao verginebaciandoegizie labbra; ed eri tu che a notte squarciavi il velo vaporoso e blandoe squarciavi la cretae l'uom vedevail paradiso!Tu dei baci del Cristo umida ancorao più gentil delle sue cento amantitu inebrïata della grande auroratu che portavi sull'ali vagantialle figlie d'Adamo e ai figli d'Evail nuovo avviso!Ma le corde del tuo plettro di Tebedel tuo plettro glorioso ancor vibranted'Ustica lieta sulle verdi glebel'ultime lodi a Creta e ad Alicanteo Musail giorno che mutasti fededi'non piangesti? Dal buio Olimpo volando al Calvariopieno di ragginon pensavio amicalo smisuratopallido sudarioche discendeva sulla corte anticadei vecchi numifra le spente tedee i fior calpesti?LA MUSA Piansi l'uom che tessuto l'aveaper vicende di noie immortalipiansi l'uomo che gli idoli creapoidelusone sfronda l'allor.Oh! la fé che guidavami l'alisul cammino del mio Nazarenoquandoalzando il bel volto serenopredicava tra i pargoli e i fior!quando il sofo dei greci papiriquando il mago dei miti di Beloanelante di arcani delirivanitoso di occulte virtùcome stelo che aggiungasi a stelofra i vegliardi e le donne invaghiteprosternava le tempie abbronzitesulle vie della vaga tribù!...Oh! l'amor che guidavami alloranon vedea questo orrendo avvenirenon temeva di piangere ancorasul tramonto di un ultimo dì!Non temea di vederlo morirepiù oltraggiatopiù mesto che in crocenon vedeva la sfinge feroceche sull'ara lo spense così!IL POETAO Musaper le tue guance di rosascorre una lagrima!...Lagrima ardentelagrima sdegnosaio ti conosco:tu sei quella dell'ira e dell'orgoglioe sai di tosco!...Tergilao Musail tuo sorriso io voglioascolta il cantico!..................29 - A ENRICO JUNKDella cittàmadre di inganni e toschisei stancoamicoe aneli ai verdi boschie a un po'di acqua corrente;a un po' di acqua corrente in cui si specchiala ricciuta fanciulla oppur al vecchiache ti guarda ridente.Aneli alla mestizia solitariaper cui l'arte respiri insiem coll'ariacoll'aria imbalsamata!Vuoi della vita frivola l'oblioe da lontan già senti il brulichiodi una allegra borgata!Di una borgata allegra e faccendieradove si ciarla da mattina aseradi centomila cose;dove a ogni angol di muro il sol rischiarae ombreggia qualche immaginetta cara:o bimbio cencio rose.Dove il paffuto ostier ti accoglie umanoe la cuoca stringendoti la manopar che un bacio ti scocchi.Dove ti sveglia all'alba il bue che muggee la giovenca che il figlio suggecontempla coi grandi occhi.Ti sveglia e allor per l'umido sentieroti affacci all'alma nudità del verodi cui siam casti amanti.Penna e pennelloun dio v'agita allora!...sufacciam le valigeEnricoè l'oradi diventare erranti.Aprile 1875