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Emilio Praga


FIABEE LEGGENDE




OLIMPIO
AGIOVANNI CAMERANA
   
     


Un giornoche piovea dirottamente
(era il pallido ottobre)e ivalligiani
del mondo si perdean dentro la mota
un giovinettoamico miobizzarro
gobbodagli occhi stranamente neri
questiversi cantò sotto l'ombrello:
- O padre eternose haitempo da perdere
e se non dormi nei placidi cieli
tu che ognigiorno alla turba ti sveli
padreuna voltauna solaa mesvèlati!
Deh mi esaudisci e mi donao Signore
un po'di lussodi calma e di amore!
Voglio un giardino ove i cedri coisalici
fingan le valli dell'Etnae del Rosa;
dove il colibrìtra i fior di mimosa
canti in famiglia col gufo e larondine;
dovecoperto di un'ellera eterna
mi sembri unchiosco la casa materna.
Voglio una donna cui tutte somiglino
lecento donne a vent'anni sognate;
voglio una donna di tempreinfocate
che sia la santache sia la Proserpina
e vinca inarte di teneri ludi
quante hai lassù schiere d'angiolinudi!
Dammi la calmala calma degli angeli
quando han cenato eche in cerchio fumando
dentro le piume dell'ali soffiando
globidi ambrosia da pipe di zucchero
dicon fra lor : " Siamo uncapolavoro!".
Deh fa' che tale io mi creda con loro!
Ohschiudischiudi il celeste deposito
dei puri olezzidei raggiserbati
ai fiori e agli astri che ancor non son nati!
Sol ionon valgo una violauna lucciola?
Via! mi esaudisci e mi donaoSignore
un po' di lussodi calma e di amore! -
Cosìcantava Olimpioil gobbo strano.
E la pioggia cadeacollabeata
quiete degli immortaliin un monotono
metro rimandosulle fronde e i ciottoli
l'Iliade delle gocciole.
L'ombrello
diOlimpio segna sulle bianche nubi
un semicerchio che sembra laporta
di una lontana galleria nel cielo
buia come un mister.Sono allagate
le vecchie casse dei poveri morti
sono allagatii giovinetti nidi
degli usignuoli; un passeggier non scorgi
perquanto è vasta la pianura.
I carri
dei contadini sottoi porticati
se ne stan colle braccia in su rivolte
come turchipreganti; i focolari
prestano un lume intermittente e pallido
allefinestree il genia campagnuolo
sembra da quelle osservartristemente
la rovina dei fiori.
E Olimpio canta:
- I mieigiorni in un sogno dileguano;
son già lungiben lungi ipiù belli!
Come un volo - di uccelli - che emigrano
eche solo - precipita in mar.
Li ricorda? sa forse l'Oceano
sele piume avean d'oro lucenti
se eran belli - i concenti - dilagrime
degli uccelli - che ha visti annegar?
I miei giorni inun sogno dileguano!..
Presto un gobbo di meno avrà ilmondo;
e in un buco - profondo - ma piccolo
qualche bruco - laterra di più!
O naturase nascono i salici
dalle salmedei gobbiah perdio!
così torci - tu il mio - che miveggano
rane e sorci - guardando all'insù...
Miameranno: il tranquillo rigagnolo
spargerò d'ombre tremulee fresche;
degli amici - alle tresche - di foglie
cantatrici -un idillio farò.
Chi sa! forse l'amore oltre il tumulo
aimutati viventi non falla:
qualche errante - farfalla - puònascere
qualche amante - che il gobbo sognò! -


Così cantava Olimpio ilgobbo strano:
E intanto i ceruli
monti lontani
scotean lanebbia
dai dorsi immani
e un rezzo tiepido
giunto - inquel punto
sapendo niente - dall'Orïente
dallepiramidi
dai templi eccelsi
scotea fra igelsi
modestamente
l'ultime gocciole
chelente lente
cadean sui prati
simili a lagrime
d'occhi -malati.
Fiocchi - di lana
parean le nuvole
e unacampana
lontana - al dubbio
del viatore
dicea: tre ore
.


" Vehun gobbetto! Oh ilbel gobbetto
Dal più folto di un boschetto
questo gridoa un tratto uscì.
E il gobbettoil bel gobbetto
cessòil canto e impallidì.
" Oh per Bacco! dentro ilsacco
porti un puttoporti un pacco
o una tromba dasuonar?
Oh per Bacco! giù quel sacco
lo vogliamoesaminar ".

Ed ecco dal folto compare un bel volto
eun altro lo segueda un'iride avvolto
di lunghi capelli chesembrano d'or:
son due giovinette che usciron dal folto
soffusele guance di vago rossor.
Han fior sulla vestahan fior sullatesta
li han forse cosparsi per irne a una festa?
Van forse aun altare per farsi adorar?
Han fior sulla testahan fior sullavesta
e il povero Olimpio sta muto a guardar.


" Belle dame - dice poi -
itesor del sacco mio
se volete esaminar
le padrone sietevoi;
ma lasciate ch'io v'osservi
che son ossa e che son nervi
che vi occorre di slacciar.
Con quegli occhi celestiali
conquel labbrocon quel crine
con quel seno ammaliator
so chemolti e molti mali
si pon faree esperte siete
chégià punto entrambe avete
questo povero mio cor.
Ma peròse occulte piaghe
se dolorò senza lamenti
non vi bastadi crear;
né il pensier vi rende paghe
che ridendoassassinate
e che sempreove passate
resta un'anima apregar;
chedi nottea voi pensando
chi vi ha viste allamattina
ha l'inferno al capezzal;
ealla coltriceparlando
può giocarsi il posto in cielo
e infelice ebieco e anelo
come l'angelo del mal
risvegliarsi il giornodopo
pien di affanno e di memorie
qual chi riede da lontan;
senon bastano allo scopo
per cui Dio vi ha poste in terra
questevittime di guerra
già cadute o che cadran;
se il piacergià in voi ne langue
e vi punge il desiderio
di piùpratici martir;
ecco il cuore ed ecco il sangue
di un gobbettoinnamorato...
Il mio sacco è preparato
non vi resta chea ferir! ".
Le giovinette risero
e dissero fralor:
"Questo gobbetto è lepido
in parola d'onor!".
E volte a lui: " Sei piccolo
però ne saidi belle;
a raccontar storielle
dinnechi t'insegnò?".
" Nessunmie donne amabili:
ho imparato da me;
ohil sacco delle bubbole
por ve lo posso ai piè ".
"Dehse ne sairaccontane! ".
" come vi garberà".
" Vieni in giardin: la vecchia
addormentata ègià ".
Splendea la luna e al raggio
umido dirugiada
per la fiorita strada
la comitiva entrò.
Ombrìebizzarre Olimpio
spargea col suo gobbetto
e le due donnestretto
se lo tenean fra lor.
Al vago lume un timido
gnomoil poeta par. . .
" Delle storielle il titolo
prima dicaminciar? ".
E il gobbetto inchinandosi:
"Corbellerie stupende!
Saran Fiabe e Leggende
di spiriti ed'amor! ". 




I DUE POETI


Per un sentiero a margini
digigli e di roveti
un lungo stuol precedono
due giovanipoeti;
non hanno al crin l'olimpico
raggio del grecoApollo
non l'arpa ad armacollo
perché lo stuoli liseguita
fra i gigli e fra i roveti?
Lo stuol lo ignora emormora:
quei dueson due poeti!
E meste donneevergini
dagli occhi innamorati
e giovinetti pallidi
dilarve innebriati
e vecchi malinconici
pieni di antichestorie
belli di antiche glorie
risa mescendo e lagrime
frai gigli e fra i roveti
col plauso e la bestemmia
seguono i duepoeti.
L'un canta: - I dì declinano
la creazione èstanca;
un immenso sbadiglio
il vecchio Adamo abbranca;
lavetustà dei secoli
piange nell'universo
ein alta noiaimmerso
fra i dormienti arcangeli
Dio nell'azzurro ioscerno
che raccapriccia all'orrida
idea d'essereeterno.
Desolazione e tenebra
ecco il nuovo retaggio!
Sifan di gelo i crateri
muor sulle fronti il raggio;
ontaall'amplessoo vergini!
Maledetti i neonati!
Perano i fior suiprati
ecoperta di cenere
l'umanità languente
sidissolva nei torbidi
vapor dell'occidente! -
E l'altro canta: -Vivere
è uno scoppio di riso;
il mondo è unmanicomio
che inneggia al paradiso!
Vedete i fior? Ohlagrime
della occulta allegrezza
e la terra si spezza
perchéci dican gli alberi
che giù nel tenebrore
non si cessadi ridere
e si fa ancor l'amore!

Vecchi pensosievecchie
dimesseusciamo al sole;
scordiamo i dì chefurono
per intrecciar carole;
e intorno a voi si accoppiino
legiovinette razze;
proli beate e pazze
escan dai fianchiindomiti
dei forti e delle belle;
e presto andrem nell'aria
adischiodar le stelle! -
E il primo ancora: - Oh l'Ellade
laVenere di Milo!
Splendormelodieffluvii
dall'Ellesponto alNilo!...
O Memfio Babilonia!
Gioite ancor dal nulla;
gigantidella culla
ecco i pigmei del feretro!
Questa che sidissolve
ripiomberàcaligine
sopra la vostra polve!-
E l'altro ancora: - Un brindisi
fanciulliall'avvenire!
Eprepariamo un tumulo
ai dubbiai piantiall'ire!
Siam glieredi dei secoli
che ha fatto economia;
a noi la legge pia
lalibertà dell'anima
il lavoro ferace
a noi l’amoreil genio
l'innocenza e la pace! -
Tal pel sentiero amargini
di gigli e di roveti
un lungo stuol precedono
igiovani poeti.
Però la folla attonita
va ripetendointorno:
se l'un sorride al giorno
se l'altro è nelletenebre
fra i gigli e fra i roveti
perché la terraviaggiano
insieme i due poeti?
E meste donnee vergini
dagliocchi innamorati
e giovinetti pallidi
di larve inebriati
evecchi malinconici
pieni di antiche storie
belli di anticheglorie
dicon: son risa o lagrime
son gigli o son roveti
checogliean sul mistico
sentier dei due poeti?
Allora un vecchioincognito
apparve d'improvviso :
pareva un dell'Iliade
tantoera grande in viso;
certo avea visto l'epoche
dei palesatiarcani.
Stetteed alzò le mani;
i due siinginocchiarono
e quell'immenso stuolo
fu tutto muto eimmobile
in un momento solo.
- Dalle regioni eteree
daisempiterni campi
dove i Ver sono oceani
dove le Idee sonlampi
piova su temiserrima
cieca turbala luce:
èAmor che ti conduce!
É il divino carnefice
che hanquesti due nel core!
- Amor che guida al tumulo
sia gioia osia dolore! -
Disse: eil manto sciogliendone
scoperse a lordue piaghe
che nell'ombra grondavano
su quelle forme vaghe;
lostuol seguìta avevala
la bella coppia esangue
fra duerivi di sangue;
e quei due rivi uscivano
a fluttie niun livide
uno dal cor che lagrima
l'altro dal cor che ride.  




I TRE AMANTI DI BELLA     


I
La stanzuccia di Stenostava accosciata in alto
di un palazzo affittato da un ebreo diRialto;
palazzo in cui da secoli i topi son signori
e cheallora un patrizioroso dai creditori
aveadopo molto esitareesitato
dicendo: va la casama mi resta il casato.
Peròil dì della vendita l'aule antiche degli avi
cigolandogemettero dalle tarlate travi:
gemettero d'angosciagiacchéuna legge arcana
affratella le cose alla famiglia umana.
Siricordanoe serbano l'orror della mitraglia
nel desolatoaspettoi campi di battaglia;
certi monti han profili beffardi eminaccianti
perché memori ancora del passo deigiganti;
sospira al re lontano il velluto dei troni
e allenonne defunte pensano i seggioloni;
sicché il vecchiopalazzo di cui vi parlo adesso
sul torbido canale pianse ilpassato anch'esso.
E le quattro cariatidi curve sotto ilbalcone
e i putti che coll'ali sostengono ilblasone
bassorilievi e fregi lombardi e bisantini
d'antichegesta memori e di antichi quattrini
presero l'aria cupa di unpopolo di sasso
che più non sappia illudersi su questomondo basso;
e il Dio delle leggendenella facciata nera
profetamalinconicopiantò la sua bandiera.
Oh le feste di untempo! Conviti e serenate
e variopinte gondole alla sogliaaffollate!
Quando dame e patrizifanciulle ecavalieri
giungevano al palazzo con paggi e trombettieri
aesilararsi l'animo dalle cure di Stato
tra mantellini serici egonne di broccato;
a sfoggiar la ginnastica delle battagliemute
degli sguardi fatalidelle parole argute;
ad affrettarl'arrivo della gioconda bara
tra una botte di Cipro e unasembianza cara!
Dovepiù di una voltail vecchiosenatore
per il giurato premio di una notte d'amore
vendettealla bellezza il suo voto in Consiglio;
dove il capro e la volpela tigre ed il coniglio
piume al cappello e spada al fiancoingiubba o in manto
in toga o in armaturariso celando opianto
le labbra tormentavansi e si rompean le mani
inproteste di affetto svanito all'indomani;
dovebersaglio agliocchiai motti ed agli inchini
era passatobello di gloriailMorosini;
dove intorno al damasco dei tavoli seduti
delle nuoved'allora cianciavano i canuti:
narravano Cromvello pensoso eturbolento
e il papa Rospigliosi pacifico e contento;
comeamando una patriacadeva il re Sobieschi
e amando una reginaperiva il Monaldeschi;
questo ed altro narravanomentre incrocchi geniali
le matrone alla moda leggean le Provinciali. 


II
Era il buon tempo. IlFaunoguardia del porticato
fu la più mesta vittima dellosplendor passato;
egli che nel marmoreo malinconico cuore
unanotte ricorda di gioia e di dolore
in cuifra il lieto stuoloper la soglia accorrente
una vaga fanciullapallidasorridente
dal padre inosservata staccossiche volgea
parlandoa un Mocenigosu per l'ampia scalea
e accanto al piedestallofermossicurïosa
e tranquillaa osservare la sua facciarugosa.
I begli occhi profondile nudità seguendo
diuno scultor di Rodi artifizio stupendo
avean finito a spingereuna mano affilata
a palpargli le vertebre della schienacurvata...
Maidopo i colpi arcani del divino scalpello
gliavea concesso il mondo un istante più bello...
L'angelosparve. All'alba ripassòma un piumato
cinquantennepatrizio le camminava al lato
eassorta nel colloquiodimenticòla schiena
tutta per lei di elettriche scintille ancorripiena.
Povero Fauno! e in estasigià da due lustriaspetta
che ripassi per l'atrio la bella giovinetta;
ed ogninottequando batte a San Marco l'ora
che la conobbeei fremesull'ampia base ancora
dalle piante caprine fino all'irsutomento
come uno stel di mammola che si dimena al vento;
eintanto donna Bellala fanciulla curiosa
di messer Diego Alvarogià da due lustri è sposa. 


III
Quando entrònel palazzo l'Ebreo conquistatore
tutto mutò sembianzatutto mutò colore
e all'amante di sasso crebber le noie eil danno.
Tra le colonneintorno al piedestalloor stanno
cassedi segomucchi di corde e chiodi usati
arazzi e vecchi mobilighermiti o sequestrati
bottiglie senza tappovecchi stocchisguarniti
pelli e corna di buffalo e ermellini ammuffiti
librivenduti all'alba da un notaio balzano
e la sera mutati in vetridi Murano;
quiammonticchiati al prezzo di un bacio o di unducato
la gonna della vedoval'assisa del soldato;
qui un po'di tutto e un tutto di nientea sbalzia caso
arraffatodall'ugna della miseriae al naso
della beffarda Usurafiordella fameofferto!
Quanto agli appartamenti per molti giorniincerto
fu il novello padrone circa modum tenendi:
erantappezzeriecandelabri stupendi
tele piene del genio diseppelliti artisti
dei poveri antenati ambizïosiacquisti...
Rividero il sereno venduti al forastiero;
e quelgiorno gli scheletri piansero in cimitero
gli scheletri obliatidei divini pittori
cui certo un dì non s'erano pagati chei colori
mentre l'ebreofelice dell'oro conquistato
d'essernedebitore ai morti avea scordato
né un pensiernéuna lagrimané un fiorellin soltanto
aveapassando acasogettato in camposanto.
Fatto il vuotodivise l'aule immensee i saloni
come se li allestisse per nidi di piccioni
incamerette angustein stanzuccie pigmee;
lamentandosi molto cheBacchi e Citeree
e Silfidi ed Amorisulle volte dipinti
nonsi potesser vendere perché alla calce avvinti.
Si vendicòtagliandoli coi muri a centellini
e dandone una parte a tuttigli inquilini.
E qui vedi una Venere che ha la bella sembianza
lebraccia e il seno eburneo nella vicina stanza;
qui il pièdi una baccante e là sbuca una cetra
poi del fanciulterribile un piede e la faretra
poi Giunone che al laccio dellaparete appresa
ha l'ala azzurra e piangere ti sembradell'offesa.
Un tal del primo piano cui toccò in sorteparte
di un'imagine nuda che non vo' porre in carte
lagnossial proprietario e voleva andar via;
l'ebreo gli rispondeva: "Questa è un'allegoria
l'ha pinta il Tintorettoèun egregio disegno "
e l'altro a replicargli: " Fu unpittoraccio indegno! ".
Più di una vecchia cabaleastruse avea cavate
numerando le membra sul capo suo librate
equando un mendicante che stava al quinto piano
vi fu trovato mortocol suo rosario in mano
" Io beneio ben sapevalo - ronzavauna donnetta -
quella nicchia portava la cifra maledetta
trabraccia e gambe e piedi e dita bianche e scure
le ho ben contateun giornoson tredici pitture! ".
E più il poveroEbreo non l'avrebbe affittata
se Stenoil giovinetto dall'ariasventurata
dal crin lungo le spalle cadente in brune anella
nonl'avessebizzarro casotrovata bella
quando seppe che dentrov'era stato il becchino.
Steno vi prese alloggio quello stessomattino. 


V
Bella dama che uscitedal tempio del Signore
cui sta ancor forse un'ave sulle labbravagante
bella damacol viso pallido e l'occhio errante
senzasaperloadesso l'elemosina fate:
quell'occhio vagabondo duepupille ha scontrate
quel pallor senza nome le innondava dicielo.
Oh non troppo corretenon abbassate il velo!
L'uomoignoto che seguecome un povero cane
i passi onde intrecciate levostre corse strane
che per baciar la terra dove l'orme ponete
salirebbe una croce e vi morrìa di sete
chetoglierebbe il serto di fronte alla doghessa
per deporvelo aipiedi quando siete alla messa
è un timido poetanévuol né chiede nulla.
La Musa e la Sventura che l'hanraccolto in culla
gli fur madri operose : giovane ancorvent'anni!
Gli eran compagni i dubbiile noie e idisinganni...
Oh i suoi canti! caligini cosparse di faville
raggierranti nel buio come fatue scintille...
Se voi liconosceste!...
Bellapurafelice
gli appariste una serainconscia amaliatrice
e rinnegò dolori e disinganni enoie
e la vita gli apparve tutta piena di gioie!
Oh comeattese il sole quella nottevegliando!
Come accolse il suo primoraggio soave e blando!
O sol! punta spietata fitta alle nostrereni
se chi è stanco di passi a risospinger vieni
agridargli: sei vivosu la crocecammina!..
Quando porti a unfelice la candida mattina
apparenza di Dio verissima! Da un anno
bella damai pensieri del giovinetto stanno
intorno a voidìe notte : la sua delizia è questa :
possedervi sarebbelosopiù allegra festa;
a lui basta vedervi qualche poco: lasposa
siete di un vecchio illustre e l'amica pietosa
tale vicrede il mondoe talnell'ombraei v'ama.
Ma lontana dal tempioè già la bella dama. 


VI
- Di chi èquella casa? Dimmelovecchio.
- Quella ?
- Dove èentrata una donna. . .
- Afféla è unastoriella
che mi chiedeteo Stenopericolosa alquanto;
ma sevoi mi giurate. . .
- Parla per il tuo santo!
- Vi si èallogato un ricco cavalier di Ferrara
e vi tien da piùgiorni gran tripudio e bambara
fuorché nell'ore in cuiquella dama...
- O Signore!
- Lo viene a visitare... èuna storia d'amore.- 


VII
Lettorche bellanotte! La luna è argento fino
le nuvolette invece sonzaffiro e rubino;
come tiepida è l'auracome tuttoriposa!
Oh l'antica repubblica come dorme! La sposa
dell'Oceanostanotte si rifiuta all'amplesso
e il marsenza rampognes'èaddormentato anch'esso.
Però veglian gli amanti ; odi laserenata ?
Già sospirato ha il fiautola ghitarra èintonata
e la gondolanido d'affetto e di armonia
lungo ilbuio canale lentamente s'avvia.
Senti il dolce motivo e le dolciparole:
" Io son come la zànzera
intorno alcandelabro:
mi struggo a un vago raggio
di neve e di cinabro!".
" Sporgi al veron la candida
faccia chem'innamora
quelle due labbra rosee
fa' ch'io le vegga ancora!".
" Io son come la nuvola
che assorbe il sold'estate:
dileguerò guardandoti
e morirò diocchiate..."
Lunavedi due lagrime cader silenti e sole?
Tule illumini in cima di quel palazzo tetro
e forse le supponi ilscintillar di un vetro...
" Sporgi al veron le piccole
maniuna sola almeno
e sembrerà un miracolo
di piùnel ciel sereno".
" E vinceràbell'idolo
lestelle del Signore
se mi faraischiudendola
la caritàdi un fiore! "
" Io son come il famelico
che muorsotto la reggia... ".
L'unamentre la musicasull'acqua chenereggia
lenta lenta svanisceil tuo raggio balzano
hailluminato un fauno di sasso in modo strano;
forse è ilvento che move dall'azzurro ove siedi...
si dirìa che lastatua trema dal capo ai piedi. 


VIII
- Chi scelse abattezzarti questo nome divìno
mia piccola Contessafu unvate o un indovino?
- Il mio nome di Bella!... furon due tristicose
il tempo e l'abitudine...
- O violeo giglio rose
opiume di colibrìraggi di sole e note
che i serafinicantano sul carro di Boote
voi cheil dì delle Palme o ildì della Madonna
vi congiungeste in cielo per crear questadonna
perché stillar lasciaste sulle sue guanciealtere
tanto pianto di nottitanto rossor di sere ?. . .
Ohsorridimi... e serba questo volto allibito
per le inerescioseveglie del tuo vecchio marito:
ridicantafolleggiaperdio!l'amante io sono
e voglio il lieto amorela celia el'abbandono!
- L'abbandono!... dicesti un'orrenda parola!
-Orrenda ?
- Dopo i nostri deliriquando sola
restooLionelloe ancora t'ho col pensiero accanto
né ancorgiunto è il rimorsoné ho ancor pregato e pianto
losai tu che mi avvenga?... A lungo in queste braccia
bacio eribacio e ammiro la tua superba faccia...
- Angeli del Signore!
-Ma è breve il dolce inganno:
le tue forme sciogliendolentamente si vanno...
Pensaquesto palazzo è cosìbuio e tetro!...
Tu Lionello alloratu diventi uno spetro
unospetro che fuggeche mi fugge lontano
ed io tento seguirti e tirichiamo...invano;
lo spetro è innamorato di un'altradonna!
- Effetto
di queste cupe stanze: da spetro acataletto
il passo è breve! Il conte che qui ti haseppellita
di questi vani incolpa terror della tua vita;
ohfoss'egli uno spetro davver!
- Taci! 
- Sul mare
conoscoun'isolettae te la vo' narrare:
è un giardinovi cresce ilbanano e la palma
la vita vi è delizialussosorriso ecalma
e non vi son mariti né consiglio dei Dieci;
L'amorlibero e santoe Iddio ne fan le veci...
Spira vento propiziofidato ho il gondoliere
qui le notti son buieed io soncavaliere...
Bella! -
E tacque. La dama guardava ilgiovinetto
fissamentee dai fregi del serico corsetto
la suacandida mano da un tremito agitata
traeva una medaglia di gemmetempestata.
V'era pinta una veneta facciaseriacanuta
chedue grandi occhi apriva fra una carne sparuta
ein quel piccoloavello fatto d'oro e d'argento
pareva dir: son mortama veggoancora e sento.
- É mia madre...-
E la voce somigliavaun sospiro
e una lacrima cadde.
Oh anch'io piangoe viammiro
povere creatureolocausti d'amore!
O lotte delpensieroe vittorie del cuore!
Misterïosi lutti nell'animacelati
mentre carezze e baci son dati e ricambiati
mentre ildelirio canta le magiche canzoni
mentre il corpo tripudia nelleimmense oblivioni!
Donna Bella a che pensa ?... Oh le formedivine!
E la è degna cornice quel suo profondocrine!
L'occhio è azzurro di cieloil labbro è rosaviva...
Oh come in un baleno tutto il volto si avviva!...
-LionelloLionello!
E allor fu un'epopea.
Come se fossed'angeli quella coppia splendea;
e Dio certovedendola dall'altoperdonava...
Ma in terra era caduto il ritratto dell'ava. 


IX
L'uscio tarlato enero chiuse a doppia chiave
e al chiodo che pendeva da unasconnessa trave
sorrise come al volto di una donna amorosa
oalle socchiuse foglie di un bottoncin di rosa.
Poi da un angolotrasse una corda sottile
milionesima parte d'una che incampanile
dimagrò stiracchiata da un monaco scortese
orasaran tre secoli morto di mal francese.
L'attortigliòlastrinsemontòl'avvinse al chiodo
e poi la smuntafacciamutocacciò nel nodo...
Ma in quellistante ilsole ruppe una nube in alto
e un raggio immenso il mondo scese abaciar d'un salto.
Fu il cader di una mascheraciecastonataabbietta
che discopra una pura faccia di giovinetta;
tale ilmondo sorrise e le faccie mortali
chine ai libri o alla motaconfitte ai capezzali
dal pianto affaticateo róse dallanoia
guardaron tutte in cielo e risero di gioia.
L'uomo che siappiccava gettò la corda ecome
chimentre altrove èassortosente chiamarsi a nome
alla finestra corsecacciòla testa fuori
tra due piccoli vasi di sitibondi fiori
eimmobile restovvi.
Di nubi accavallate
scorrean cime evoraginia trottoa voloa ondate
e un passerotranquillosotto l'orrenda scena
lieto osservava i piccoli figli seduti acena
nel niduccio ravvolto alla vicina gronda;
ese avessecantato il caso di Ildegonda
di più soavi trilli nonavrebbe guaito
tra i fumanti comignolila molle eco del sito.  


X
Il ciel rasserenavasi:bellasuperba e sola
la faccia del pianeta splendea da Chioggia aPola;
una striscia d'argento che dal canale uscìa
edrittaaguzzaimmobilein alto mar svanìa
pareva unagran spada brandita da Cagliostro
contro l’ascoso ventre diqualche immenso mostro;
San Marco circondavano i voli deicolombi
qualche gufofiutandoroteava sui Piombi
e in ariasi incontravano comandi di nocchieri
urli di ciurme e strofe diallegri gondolieri
canzoni della pesca e nenie delbucato:
tuttociòlungamente rifuso e trasformato
afuria di sbadigli e di malinconie
dai poveri impiegati delleProcuratie
arrivava sull'alta finestra al giovinetto
da quelsole improvviso rapito al cataletto.
Egli era sempre immobile frai due vasi languenti
non so se contemplando l'aspetto deiviventi
come re Carlo Quinto dalla socchiusa bara
o bevendoil viatico di una memoria cara.
Certo aveva la febbrechénon udì la porta
cader sotto un gran calcioe la sembianzasmorta
non rivolse che all'urto di un cavalier piumato
chechiamandolo a nomegli sorrideva allato. 


XI
- TuLionello ?
-Steno!
- A VeneziaLionello?
- Abbracciamicollega...
-Dammi un baciofratello!
- Ma chi ti disse...
- Il tetto doveattaccasti il nido?
Me l'ha insegnato un vecchio che tien bottegaal lido;
fu caso: fra i suoi libri presi un Catullo in mano
tusai quant'io l’adoro quel peccator romano!
Lo tengo sempremeco; ma un ultimo esemplare
che avea comprato a Sienalo diedial mio compare;
or contrattando questoperché oltremodousato
(Il libro è come il fiascomi piace impolverato)
v’è che vi leggo un nome...
- Il mio...
- Siamsempre al verde ?
- La vita...
- É un giocherello!
-Chi guadagna e chi perde!
- Viama vendere un libro che non costaun ducato...
- Erano quattro giorni ch'io non avea pranzato!
-Eppur Catullo in ghetto per desinar non vale;
o che gli hai dato abraccio Virgilio o Giovenale?
- Erano usciti primausciti inprocessione
un dopo l'altrotutti...
- Il tuo bel Cicerone?...
- Eccolo -
E si toccava la giubba di velluto.
- Davvernon lo ravvisogli nego il saluto.
E le sante Pandette?
-Eccole -
E gli mostrava
due guanti in un cantuccio.E l'altrosghignazzava:
- Così calzano meglio...
- E quel tuoQuintiliano
legato a ghirigori ?
- É adesso il miopastrano...
- Tu hai tutta quanta l'aurea latinità suldosso!...
Madimmiè anch'esso un classico questo belnastro rosso ?
- Ah! l’avevo scordato!...
Etoltolo dalcollo
dall'aperta finestra mestamente lanciollo.
- Povero miom'accorgo che tu sei sempre quello!..
- Ti mutasti tu forse? - 


IV
Puri amor checrescete nell'ombra e nel silenzio
terrene ambrosie fatte dicicuta e di assenzio
genuflessioni d'anime dall'idoloignorate
voticarezzeamplessilagrime prodigate
all'idead'una donnaamor senza speranze
eppure amor capaci di profondeesultanze;
che non chiedete l'obolo a Lei pur di un sorriso
diuno sguardo che certo sarebbe il paradiso
e tacitirodendo ilcor che vi contiene
valicate con esso alle spiaggie serene;
puriamor che in silenzio e nell'ombra vivete
oh non cosa mondanaamor d'angeli siete!
E certo in ciel si compie una giustizia:Iddio
premia le spente vittime del lutto e dell'oblio
e riparae punisce le cecità mortali
e i rossor non veduti e idisprezzi fatali
accoppiando le belle ignare ispiratrici
agliamanti che in terra fur timidi e infelici!
I castighilàin cieloson castighi d'amore. 


XII
Era un gaiocervello
già di togate zucche nella dotta Bologna
e didottori in fieri la gioia e la vergogna;
gran rompitor diciotolegran maestro d'imbrogli
Satana dei mariti e Messia dellemogli
gettando nell'azzurro degli inconsci trent'anni
lafortuna di Rolla e il cor di Don Giovanni
vivea la vita come puòviverla un uccello
in ariaa casoa voli dal fioreall'arboscello
immemore del primadel dopo indifferente
pigroannoiatostranovolubile e innocente.
Solea dir d'esser natoalla vita mondana
dall'abbraccio di un diavolo con una Deapagana;
però a far certo il prossimo d'essere un grandeinfame
lo credereste? a volte patito avea la fame
per darl'ultimo scudo a un cieco o a un saltimbanco...
Vivaddio! collepiume in testa e il ferro al fianco
in quel tempo di balde efacili avventure
di follie malinconiche e di allegre paure
vigiuroo mie fanciullechecon vostro permesso
diverso come orsonostato sarei lo stesso!
Ora tutto è svanito! e (perché nol direi? )
i nostri dì son tetrisenz'essere men rei;
nel lenzuolo del Solito sepolta èl'avventura;
il bardo e il cavaliero davanti alla Questura
inginocchio han deposto il brando e il colascione;
il motto erra sullastrico del popolo padrone;
tolto è all'oro il tripudiodelle superbe offese
tolta al vulgo la gloria delle balzaneimprese;
della Corte d'Assise Baiardo è un latitante
eFanfulla è un evaso dal medico curante;
si è sicurie difesisi è posati e dabbene
parliam di colti allori ed'infrante catene
ma interrogate il cuore di tuttiad uno aduno
e troverete un viscere d'aria e d'amor digiuno! 


XIII
I due colleghi abraccio camminavano; Steno
come un uom strascinatol'altro francoe sereno.
- Dunque c'entra un rivale?- diceva ilFerrarese-
firmagli il passaporto per un altro paese
ammazzalo!la bella s'anco diggià non t'ama
ti adorerà pelcolpo della tua nota lama.
Le son fatte così; vesti unabito strano
accoppa un galantuomo ese sei bello e sano
gliè più che bastatutte ti apriran cuore e alcova!
Credia me...
- Il tuo consiglio al caso mio non giova.
Fosse domanisolalibera e innamorata
più non saprei svelarle la miafiamma ignorata.
- Ti conoscea poetanon ti credevo un pazzo...
-Io la donna sognai non creta e non sollazzo!
quellail cui nomeal labbro non mi verrà giammai
era il simbolo purodell'idea che sognai;
tu dubiti che m'ami?... forse ch'io mai ledissi
uno solo dei cieliuno sol degli abissi
in cui per leitravota è la mia vita?
- E come
se di te non conosce chela faccia ed il nome...
- Veder la sua da lungi e lei nomar dasolo
perché i santi entusiasmi desse a' miei versi e ilvolo
ciò mi bastava! adesso... i miei versi morranno!
-Noperdio! finché io vivo vivranno e ben vivranno!
SentiStenoho molto oronoi siam vecchi all'usanza
di mettere incomune penuria ed abbondanza;
ci rifarem la cara gioventùdi Bologna...
Tu ti sei rovinatonon averne vergogna
sìrovinato fino all'inediao poeta
per seguir di cotesta tua fatuacometa
il corso fra le stelle che le girano intorno;
la cometasi è scelto un astro in Capricorno...
Disperarci perquesto? Eh son tante le stelle
che per una è da ciuco ilperderci la pelle...
Maa propositodiavolo! una or io nescordava...-
Steno senza far motto l'amico seguitava.
-Volgiamo a manca.
- Dove mi conduci?
- A un negozio
cui tipotrai rivolgere ne' tuoi momenti d'ozio- 


XIV
L'occidente era infiamme e Venezia imbruniva.
Qua e là per le finestrequalche face appariva
errantecome in mezzo a una cartaabbruciata
dai pargoli ridenti sul focolar gettata
quelleultimevaghefantastiche scintille
che sembrano una ridda dimonachine brille.
L'acque oscure parevano assetate di foco
efiaccole e lanterneaccese a poco a poco
vi prendevan la formadelle cose succhiate.
Le galere di Cipro e di Moreapoggiate
sull'ancoredormivano sonno cupo e solenne;
e peifitti cordami delle vetuste antenne
qual per entro ai capelli disognanti titani
certo correan fantasmi di naufraghi ottomani
colpetto ancor squarciato dalla punta dei rostri.
Era l'ora che ibimbi han paura dei mostri
ea non vederliil capo cacciansotto le coltri. 


XV
- Che orrendo androneè questo per cui vuoi che m'inoltri?
-Seguimi.-
Proseguirono per l'aer pesante e buio.
Steno sentiaqualcosa d'arcano intorno; il buio
gli impedìa di vedere.Ma cogli occhi dell'alma
vedeva. In quella tragicamisteriosacalma
giacean creature umane al suolo; o addormentate
osperanti nel sonno; certo stanche e affamate.
si udivano respiriaffannosi; talvolta
lo scoccare di un bacio ( qualche donnatravolta
dalla miseria in mezzo a quello stuol di oppressi
permercarne le brameo per morir con essi );
E forse tra le immondecapigliatureoh cosa
triste! stavano avvolte pur le guancie dirosa
di qualche bambinellonato a far dolce il nido
dellapovera madree che doman sul lido
stenderà le manine allafolla ciarliera
e comporrà le labbra alla primapreghiera
per cercar l'elemosina!

- È ben cotestol'uscio;
maa quel che sembral'ostrica s'è giàchiusa nel guscio.
Berenice! ehla vecchia! È il cavalierLionello
che vi chiede l'onore di entrar nel vostroostello!
VedraiStenouna reggia... ehi la gramavecchiaccia!
Non son uso ad attendere per veder la tuafaccia;
apri o getto la porta! -
Pur nessuna risposta
Comeal vento d'autunno una tarlata imposta
sbadatamente chiusa da unmandriano in viaggio
tal quella porta offerse a un urto solpassaggio.
Entrarma tosto colti da ribrezzo improvviso
retrocessero. E Steno: - Santi del paradiso!
È unatomba cotesta che scoperchiasti!..
- Taci;
questa lanternacieca val candelabri e faci
ma non qui fuor. Rientriamo e chiudiben la porta .
- Impossibile.. questo è odor di cosamorta...
- Avantiavanti... -
L'altro lo seguì nelloscuro.
- Una mano alle naritienti coll'altra al muro
e nontemere; è rnorto certo il gatto di casa. 


XVI
Ed apre la lanterna.La luce che n'è evasa
saltellando si posa su quattro bassemura
dove leggonsi cifre di magica scrittura
e pendon crocie teschi e cappelli di preti;
pur nessun che respiri fra le stranepareti.
Ma Lionello ha nell'angolo scoperto un seggiolone:
- Èlà che dorme; andiamola a svegliar colle buone;
tien tu illume. -
E accostatisila man del cavaliere
piano piano latesta scosse chein bende nere
strettae china su un mazzosparpagliato di carte
parea sognar. Toccatacadde dall'altraparte
lugubramente. E un soffio esalò dalla salma.
Lacarogna turbata par che riacquisti un'alma;
il fetore che l'abitavuol la quiete profonda:
se lo tocchis'ingrossacome il vermee t'innonda.
- Deponi la lanterna e aiutami; la vesta
miconvien perquisirle...
- Ma chi è dessa?
- Cotesta
tugià un'allegra e vaga cortigiana spagnuola
esperta all'Arsamandi più di Ovidio; orasola
e vecchiagironzavaper le strade e le piazze
e stendeva la mano alle belle ragazze.
Queste per elemosina vi lasciavan cadere
un foglietto dicarta... pel damo o il cavaliere
e talor pel sicario. Questavecchiamio caro
rinchiude più segreti che messerDiego Alvaro
Consigliere dei Diecite lo dice Lionello
efe' più matrimoni che il Patriarca
quello che li fa làin San Marco. Tienle un po' il braccio alzato...
Ecco giàun bigliettino... senti s'è profumato! -
Un mite odor diviola si diffuse.
- Leggiamo. -
" Se tu o vedi gli diraiche l'amo
che l'amo ancora come ai primi dì;
che neilanguidi sogni ancor lo chiamo
lo chiamo ancor come se fossequi.
" E gli dirai che colla fé tradita
tutto ilgaudio d'allor non mi rapì;
e gli dirai che basta alla miavita
l'ultimo bacio che l'addio finì!
" Nessun lotoglie dalla bocca mia
l'ultimo bacio che l'addio finì!...
Mase vuoi dargli un altro in compagnia
digli che l'amo e chel'aspetto qui ". -
- Questa donna ti giuro che per me nonfarebbe:
la dev'essere un ninnolo di miele e di giulebbe;
amole fortie tu? Ecco un altro messaggio:
" DomanLenucciamiagli è dì di festa
e il mio padrone èammalato a palazzo."
Nella sua gondola
vuoi che usciambellamente in Canalazzo?
" Mi adatterò la sua parruccain testa
ne porterò la spada e il giustacuore
lepiumei ciondoli
e l'amante parrai di un senatore!
"L'anima ho piena di versi rimati
e porterò con me la miamandòla:
parole e musica ti alletteran come una cosasola!
. . . . . . . ".


Leggiam quest'altro -
" Ilbimbo
viaggia in fondo al mare
e l'alma sua nel limbo... ".
-Infamia!
- Oh Lionellousciam da questo orrore!
Ho la testache bollee mi si spezza il cuore;
certo un malor ci aspetta...
-Un malore! t'inganni.
Qui un biglietto mi attende per cui dareivent'anni
di sonno e di bagordi... eccolo!... affediddio
vivala Berenice! è ben cotesto il mio!
Graziepovera morta;che il ciel vi ricompensi
né ai vostri peccatucci il buonIddio ripensi. .
- Badaun'ombra è passata sul muro...alcun ci spia.
- Oh fosse un sì che scrive la contessinamia!
- Badal'ombra si appressa.
E la lanterna cieca
drizzòalla porta. Videro corne una forma bieca
di cui gli occhisoltanto apparivan.
Lionello ha sguainata la spada.
- Spegniil lumefratello -
Ma la strana figura s'era giàdileguata.
Allor dall'atra stanzadi fogli seminata
chetamentesortirono; ripassar per l'androne
in cui parea vagasse comeun'alta visione
di misterdi delittidi stanchezza e d'amore
e rividero il cielo tutto calma e splendore. 


XVII
Genti pie chepregate prima di porvi a letto
non pregate pei morti che stannel cataletto
non pregate per gli ospiti del tenebrore eterno
chedal mondo partendo sono usciti d'inferno.
Stesi placidamente ecolle braccia in croce
della sacra Natura ascoltano la voce:
senton la vita immensa che si prepara al sole
han neicapegli l'umide radici delle viole
han nei pugni gli steli chediverranno abeti;
i morti nella terra son tranquilli e lieti.
Genti pie che pregate quando la notte cade
non pregate peimorti che bevon le rugiade
che si mutano in foglieche simutano in fiori;
non pregate pei giuntipregate pei viatori
peri vivi pregate quando cade la notte.
E allor che i Mali intornoscaraventansi a frotte
e par che Iddio dimentichi le miserecreature
come s'Ei pur dormisse nelle sue regge oscure.
Pregateper le madri che aspettano; pregate
per le livide teste nel giocoottenebrate;
per la donna che stende le braccia all'uomo ignoto
pel povero poetaaltro prigion del loto
che assalta il cielcoll'anima che lagrima e fa sangue;
pregate per la turba negliospitali esangue
sovra cuicol crepuscolopeggior dell'agonia
la memoria s'abbatte e la malinconia;
per gli amanti pregatescongiurate il Signore
che creò la Sventura quando creòl'Amore! 


XVIII
Benchéadorna di pelo molto canuto e raro
era bella la testa di messerDiego Alvaro;
quando uscia dal Consiglio nell'ampia togabruna
pareva in lui vivente la veneta fortuna.
Camminavasecuroparlava ad alta voce
era come il leone benevolo eferoce;
l'amor della repubblical'amor della sua Bella
nonaveva altre gioienon aveva altra stella.
Or s'è mutato :attoniti se ne accorsero i servi ;
un tremito convulsocupogliagita i nervi;
non parla piùma sembra interrogar cogliocchi
chi gli sta intorno; a voltecome se un serpe iltocchi
balza repentee corre per le stanzee si affaccia
aglispecchie si scruta nella pallida faccia.
Ier prendendo commiatodalla sposala mano
così torvo le strinsee un mormorìosì strano
lasciò uscir dalle labbra che donna Bellapianse.
Stamanquasi ruggendol'anel di nozze infranse. 


XIX
- É un sì!- gridò Lionelloe fu un grido sì forte
cherintronò per tutte le taciturne porte
del palazzo affittatodall'ebreo di Rialto.
Certo il Fauno guardava il cavalierdall'alto:
l'eco di quella vocefra le sue forme desto
errònel peristilioa lungooscuro e mesto.
Ma il cavalierbeatocome un chierco in vacanza
gli saltava d'intorno in forsennatadanza.
- Stanotte! Ella acconsente... mi seguiràstanotte!
Ah messer Diego Alvaro! le Fondamenta Rotte
vedransciogliere un legno a insaputa dei Dieci!
Ben n'era certo! e tuttoa predispor ben feci:
a quest'ora Consalvo già appresta;donna Bella
finge di coricarsi e rimanda l’ancella...
Grazie!cortese lampada che a legger m'aiutasti.
Scriveremo un poema pernarrare i tuoi fasti!
Insiem lo scriveremomio dolce Stenoinsieme!
Perché a te pur l'amoreperché a te pur laspeme
dee ricantar la bella canzon dei dì passati:
va'raccogli i tuoi versisaluta i tuoi penati
e qui mi attendi; unfischio ti avviserà; d'un salto
nella gondola seiedomattina in alto
marsulla mia galera che fugge in Orïente
alsuon della mandolain faccia al dì nascente
alla piùvaga donna ti inchinerai del mondo!
Solo il vederne gli occhi tirifarà giocondo;
e poigiunti al paese là delleeterne rose
ti sceglierai fra quelle giovanette amorose
perviaggiar nei piaceriqualche pietosa stella...
La miasappiloèil sole... é la contessa Bella!-
Tutto ciò in unminuto fu dettoe senza pure
guardar l'altro nel visovia per lestrade oscure
Il cavalier disparve. 


XX
Tutti abbiam nellavita
L'ora fatal che restacome un negro stilita
sul nostrocapoimmobilefinché andiam sottoterra;
l'ora in cuil’uom s'accorge che la pugnata guerra
le lagrime versatelesciagure sofferte
l'ostie fatte coi lembi del cuorsull'areofferte
del suo triste cammino per questa scabra valle
eranpeso leggero alle sue scarne spalle
eran foglie di rosa. Daquell’ora (deh! amici
di me non vi burlate perchésiete felici!
Essa vi attende al varcoè il fatouniversale
il lotto irrevocabile del sempiterno Male)
daquell'ora il suo sguardo è confitto alla mota
e la tomba èvicina.
Dimmipupilla immota
qual fu per te?... Fu l’orache conoscesti l'Eva
e ti impietrì una vipera che unangelo pareva.
E qual per tefanciulla languente come un'ava?
Ful'ora in cui la povera tua madre agoninava.
Qual per tevecchiocurvo come un tronco abbattuto?
L'ora che soloattonitocoimendichi caduto
come in sogno fra i passi dei cittadinierrante
il primo obol sentisti nella mano tremante.
E per teè questao Steno! 


XXI
Egli è làsteso al suolo.
il manto ha già le pieghe del funebrelenzuolo
la faccia ha già compostaquasialla paceeterna;
e negli occhi che immobili affisan la lucerna
palpitantedi fievoli raggi e morente anch'essa
sembra la arcana calmadell'infinito impressa.
Oh quel raggio di soleperchégiunse in quel punto ?
A quest'ora ei sarebbe un pallidodefunto
obliante e obliato; sarebbe all'ombre sceso
da menferoce strale in meno all'alma offeso!
Veder l'astro cadere dalsuo cielo pudico
perder l'idoloe perderlo per la man di unamico
che lo strappa all'altare per gettarlo all'alcova!
Oh fuignobile il giocofu d'inferno la prova
raggio dal ciel cadutoquand'ei forse presago
già avea l'impronte al collodell'imprecato spago!
E or l'orribile morte pur gli èpressoe nol vuole.
Come ad ebro sospinto in rapide carole
tuttoche ingombra il sordido peristilio traballa
intorno a Stenoorribile famíglia macra e gialla.
Son gli stocchi cheguizzano come in mano a ribelli
son gli arazzi che sembrano alidi pipistrelli;
son le gonne vendute dalle Circi del ghetto
chegli danzano in giro e gli sfiorano il petto;
son le coltrilasciate dalle tremule vecchie
che passanogettandogli vaghepreci all'orecchie;
e in la cupa vertiginefra le larve e ilfetore
delle casse di segoallo scoccar dell'ore
ohmeraviglia! è il marmo che si muoveè il macigno
dacui sembra svanito il cinico sogghigno
è il Fauno che siabbassa sulla testa di Steno
e par dica : - Per piangereora houn compagno almeno! 


XXII
Dio che misura ilvento all'agnello tosato
perché all'uom non misuraquandoil verno è arrivato
de' suoi dì tempestosilebufere del cuore?
Perchése su lo sterpo inaridisce ilfiore
l'amor non appassisce sotto i capelli bianchi?
Ahpiuttosto una serpe mi si configga ai fianchi
che alloggiarvi ilbell'angelo dei celestiali affanni
quando dal mio battesimoconterò sessant'anni!
Cavalier di ventura cerca castelfatato;
ed è triste ospitare in tugurio gelato
chi fuavvezzo alle fiamme dell'ampio focolare.
Sei vecchioe chiediamoree ti ostini ad amare?
Sei vecchioe dentro il pugno purstringi il frutto sacro?
Vuoi che il prete ti troviall'ultimolavacro
dell'odor della donna tutto olezzante ancora:
Piùmisero del gufo quando spunta l'aurora!
É il crin biondodel giovane che te al buio rincaccia
è la sua balda gioiache ti offusca la faccia.
Tu spronalodimenticachiudi gliocchiti abbranca
alla maga illusione!... vestal sommessa estanca
vegli una figlia d'Eva l'imbiancata ara tua...
E domandietro quellatu scoprirai la sua! 


XXIII
Povero conteAlvaro!... ecco ci pensa la sera
(era già ben lontana dalui la primavera
e la volubil ridda delle ore serene)
in cuiscoprì la blanda fanciullae nelle vene
gli rifluìl'antico nobil sanguee gli parve
rivedersi d'intornodell'infanzia le larve
E che fosse il baleno di un attimopassato
dai lontanibeati dì che già avevaamato...
Ei passò fra i garzoni della fanciulla alfianco
poscia sentì il profumo del suo bel seno bianco
poscia baciò la cara paradisiaca faccia
poi l'idealcreatura si sentì nelle braccia;
ma sempree nelle festequando un altro venia
a invitarla alla danza e insieme a leisparia;
o alla messase alzava dal sacro libro il volto
enell'aurata alcova quandotra il crin disciolto
vedea nel sonnoimmergersi la sua pupilla brana
al chiaror di una lampada mitecome la luna;
sempreovunqueall'orgoglioalla dolcezzavaga
del possesso invidiato e della voglia paga
nell'anima delvecchio mescevansi i pensieri
surti come fantasmiil primo dìfra i ceri
della chiesa auspicante alle sue nozzequando
dopoi motti latiniil prete venerando
avea detto al bell'angelo : "Voi beata tre volte
o fanciullacui Dioin un sol uomoaccolte
le virtù riserbava di un padre e di unosposo!..."
Padre!... Padre!... il più augusto dei nomial vanitoso
vecchio suonò bestemmia e vituperioe incori
gli accoppiònodo orribilelo spaventoall'amore!...
Or quel prete è sepolto sotto le zollemute
e il conte Alvaroa prezzo dell'eterna salute
vedeancor più beffardala sua disciolta creta
e vorrebbecoll'ossa dell'infausto profeta
farsi una clava e correre per ilmondo con quella
inzuppata nel sangue della contessa Bella. 


XXIV
Dimmisantamemoria del mio più dolce amore
dimmi come a Lionellobattea frattanto il core!
Solo colla sua gondolatacitopalpitante
attendeva nell'ombra la sospirata amante...
Ominuti divini di speranza e dubbiezza
non vi valgono quelli dellasecura ebbrezza
come non vince il sole del meriggio possente
ilmite oro onde l'alba inghirlanda l'oriente!
Attendeva nell'ombrapresso la rivaa pochi
passi dal gran palazzo di Don Dïego.I fochi
n'erano spenti; solo da una rossa cortina
un barlumeche andava e venìaperegrina
facellacertamente in manoalla contessa.
S'apre una porticina... alcun ne scendeèdessa.
Un balenoed ei l'ebbe nelle braccia.
- Se t'amo!
-Angiol mio!... come fredda...
- Non è nullafuggiamo!
-Perché tremi ?...
- Scoperti... ah! è giàtardi!-
E svenuta
rotolò dentro il felze.
OrLionellot'aiuta!
Tre gondolier stemmati guidano allavendetta
l'uom tradito... t'ingolfa dove l'acqua è piùstretta
voladeviati perdi nei laberinti oscuri
cercaaiuto alle mille convessità dei muri
alle volte dei pontiai trabaccoli vuoti;
che il nemico non senta ove il remopercoti
eora a destraora a mancacome guizzo di lampo
loabbarbaglia!...
Sventura!... non più speme di scampo! 


XXV
Un grido acutolungoangosciosola oscura
squarciò calma notturna. Dilivida paura
ansimantel'Ebreosignor di quel palazzo
da cuila mia leggenda prese il suo folle andazzo
si gettò dallecoltri e lanciossi al verone.
In quel punto una gondolacosteggiava il portone.
E il grido non finiva : - Steno! Steno!...fratello!-
Ritti in fronte i capegliallor l'Ebreozimbello
spesso dei sognivide uscir sulla scalea
unospetro.
La luna sul suo viso splendea
e splendea sullagondola.
Il remator gli porse
la man; la sua lo spetroatterrito ritorse.
(- Se lo spetro ha pauragli è chel'altro è Satàno-
pensò l'Ebreo).
Quand'eccosull'acqua e non lontano
una facee un sommesso vociar digondolieri.
I due sotto il veronefantasmi cupi e neri
s'eranstretti a colloquio.
A un trattoquello uscito
dal palazzocome abbia terribil cosa udito
si slancia nella immobile gondolaafferra il remo
ecol ringhio di un veltro cui tocchi il colpoestremo
la sospinge...
È sparita. 


XXVI
Lionello èsolo. Il conte
l'oderivolta all'atrio del palazzo la fronte
dircon voce secura e gentil: - Donna Bella
volger piacciavi a manca;salitee la mia cella
troverete dischiusa. Io vi raggiungotosto.
Non finì : che Don Diegocon uno sbalzoaccosto
gli si era piantato. L'altro ha snudato il ferro
e stainnanzi alla porta come un tronco di cerro.
Orribile minuto!
Quelvecchio dalle braccia
conserte al pettoimmobile e taciturnoinfaccia
non ha pinta la rabbianon ha pinto il terrore
ma unaltoinenarrabilesterminato dolore.
Non tremama i suoi labridalla febbre riarsi
somigliano a due belve che anelino asbranarsi.
Ha stretti i pugni e stillano sangue. Oh pietà!Gli spunta
dalle ciglia una lagrimae sul giovin le appunta.
-Dio del ciel! Come bellocome è giovane e bello!-
Ciònon dissepensò ; poi proruppe :
- Lionello
per la tuamadre mortaper l'orror dell'inferno
per l'angelo custode che tiamica l'Eterno
giurami che fu un filtro che te la diè inbalìa
che un maleficio ha vinto la creatura mia
ch'ellaè innocente...
- Conterispose il giovinetto
nonconobbi mia madrel'inferno ho in gran dispetto
néposseggoch'io sappiaamici in paradiso.
Da onesto cavaliere lacontessa ho conquiso
e or vi prego osservare che m'ho un ferrosnudato
che il mio custode è questoe che al rezzogelato
potrebbe irruginire. Ciò mi dorrìa dasenno.-
I gondolier stemmati partono a un muto cenno
e giànell'aria tacita sfavilla un altro brando. 


XXVII
Or tutto da queipettifuorché il furoreè in bando.
- Ferro einferno! cotestae quest'altra ripara!
- Dalla man di unvegliardo tu a darle meglio impara!-
E non son più duespadeson due lampi che guizzano;
or volanoor s'abbassanoorrotanoor si drizzano
or si arrestan di un tratto...
Allorpotevi udire
i fiati ansantie credere che a sceglier chicolpire
l'invisibile Fato fosse in mezzoindeciso.
- Tu faisangue...
- Tu menti!
- Già la morte hai sul viso!
-Vecchioson gioia e amoree a te sembran la morte ? -
Nonavesse proferta l'ingiuria!
Come sorte
il boato che annuncia larabbia del vulcano
dalle fauci del conteun urlo uscì...
Dimano
sfugge il ferro a Lionello che china il capo e cade.
Purmentre il sonno eterno freddamente lo invade
non lo lascia labalda fierezza indifferente.
- Fu un bellissimo colpomesser -dice il morente -
se non fossi obbligato a partirgiuro aDio!
che darei mille scudi per impararlo anch'io.-
Poi con vocepiù fiocariprese:
- Alla malora!
Facciamo un po' dibenealmen nell'ultima ora...
Don Diego... non cercate madonna inquesta casa...
quando mi raggiungeste... ella era giàevasa...
Buona notte... alcun soffia davver sull'alma mia...
Nontemete per Bella... è in buona compagnia. -
Cosìmorì Lionellocavalier ferrarese. 


XXVIII 
Quelleestreme parole non le ha don Diego intese?
O credere non vuole cheDio possa far tanto
per strappar dalle viscere di un uom l'ultimopianto?
Perché nell'atrio oscuro s'inòltraebrancicando
per l'ingombro cammino colla punta del brando
allivido barlume dell'imminente aurora
attonitoatterritol'aulasquallida esplora?
Un'arcana potenza lo strascina; il suopasso
l'eco fievole sembra invitar: fra l'ammasso
lutulentos'innalzanocome in sognofigure
che gli fan cennoe sfumano.Egli vacillaeppure
retroceder non vuole : non puòforse!
Repente
gli appare il Fauno.
Orrore!
Gli sischiara la mente
riconosce il palazzo dove Bella ha incontrato
echiesta al padre.
È questo il portico incantato
per cuipassòpremendo il suo braccio di neve
braccio di fataahi lasso! di una piuma men greve...
Scorser due lustri appenaedera l'ora istessa!
Come splendean le faci! Con che frontedimessa
qual per pudore inconscioaccanto alla sfacciata
nuditàdi quel Fauno era colei passata!...
Quel Fauno!. .
Ah! fuggifuggimisero conte Alvaro!
A sollevar le nubi del tuo passatoamaro
non sei solo qui dentro... fuggi... un mister quiregna...
di tremuli vapori l'aria fosca si impregna...
parprofumi l'ambrosia!
Miracolo!
Che avvenne?
. . . . . . .
Laleggenda s'arresta a un segreto solenne:
come cadder dall'alto diSan Marco sei ore
il palazzo fu scosso da un immenso fragore. 


XXIX
La marina rifulgesimile a terso argento;
non un fiocco di nubenon un filo divento;
l'alcïon che coll'ali sferza l'acque tranquille
leincrespa ealzando il volovi fa cader scintille.
Libellule efarfalle i fiori hanno lasciati
eattratte dalla calmai debolimeati
cimentan per vedere negli azzurri cammini
roteargaiamente la danza dei delfini...
Empie un alto riposo l'Universoferace
tutto il ciel dice : Amore! tutto il mar dice : Pace!  


XXX 
Poichéil lido è scomparsopoiché nulla ne appare
Stenolascia alla forcola il remo.
Il cielo e il mare
e il fataleamor suo!
Tutto il resto è caduto.
Bella è làdentroignara dello scambio avvenuto;
tanto terror la prese cheancor non mosse accento.
Il giovinetto trema come una foglia alvento
eoffrendo in olocausto l'anima al suo buonsanto
rattenendo il respiro e rattenendo il pianto
quasiaprisse la porta di una chiesala porta
del felzeschiude.
Immobilebianca come una morta
Bella a lungo lofisapoi guarda intorno... sola!
Indietreggiafa un cennoma allabro la parola
le si gelae qual vinta da un affanno deliro
sicopre il viso e cade.
Non han pure un sospiro
i malorsterminati.
In ginocchiocon voce
che sembra uscir da untumuloe colle mani in croce
così favella il misero:
-Madonna... non temete
se a voi davanti un povero sconosciutovedete...
Fu Lionelper salvarviche mi affidò quelremo...
OforseIddio! -
La damacon uno sforzo estremo
solleva il capo e volge gli occhi sullo straniero
che segue:
-Perdonatemi... fui troppo arditoè vero
ma era grande ilpericolo... e poi... benché la morte
già mi fossevicinasentìa che il braccio forte
abbastanza per trarviin salvamento avrei...
I più felici istanti vissi deigiorni miei;
or Lïonello certo non tarderà avenire
col legno... e partirete... ora posso morire...
Nononè inganno: a Steno già già sfugge la vita
ela contessa Bellatrepidaimpietosita
come attratta da unfascino dolce e misterïoso
gli solleva il bel crine che quasiha il volto ascoso
e
- Vi conosco! - esclama - giovinettoquel nastro
ch'io perdetti alla messal'anno scorso...-
Se unastro
fosse disceso sotto le pupille di Steno
dippiùnon brillerebbero; ma l'ansia del suo seno
or si è fattaterribile.
- Fu raccolto da voi
e da lontano sempre miseguiste dippoi...
Perché ? -
Due grosse lagrime fur larisposta. 


XXXI
Ignoro
ciòche farebbe quella ch'io senza speme adoro
ove per l'amor suo metrapassar vedesse.
Non avrei meraviglia s'ella fra séridesse!
Molte ridere ho vistementrein fondo all'oblio
v'eran anime umane maledicenti Iddio
e pugni che cercavano lapistola o il pugnale...
Ma digredisco ancorae in questo punto èmale. 


XXXII
Che vide allorl'ascoso occhio dell'Infinito?
Piansero i cherubinisu in cielmostrando a dito
quella barca perduta sul lontanoemisfero
picciola tanto eppure contenente un mistero
piùdi una culla dolcepiù buio di un avello ?...
Solo forsenell'aria qualche migrante augello
tentò un trillo digioiaquando quelle due teste
in così immensa calmagravide di tempeste
mirò l'una ver l'altra chinarsiel'occhio ardente
cercar l'occhio di affanno e di languor fulgente;
e già stese le bracciaed avida una bocca
del contattosupremo da cui l'amor trabocca
pender da un'altra attratta dallostesso desio!...
Miserere!... al poeta non concesso èl'oblio...
Come offusca lo specchio di un bambolo il respiro
come sfoglia la rosa un placido zeffìro
cosìl'orail minutol'attimo sciagurato
può nel cor che pelBello e per il Giusto è nato
avvelenar la santa semenza delfuturo!...
Quanti corron baleni dalla luce allo scuro?
PoveroSteno!... è dessala blanda incantatrice
quella che seguiestatico da un annoed è infelice
come lo fostie ètua!...
Vedi se la Sventura
questa provvida Erinne che per ilciel ci appura
non affratella; vedi se non è premio ilfine
di chi lieto sul cranio si conficcò le spine;
vedisol due parolesol due lagrimee tutto
che di smanie ti pesasull'anima e di lutto
si svelò nel fatidico animofemminile!...
É ben dessala donna sopra tutte gentile
èben dessao poeta...
Ma quel vecchio ti disse
come occulta aiconvegni di uno stranier venisse;
è la contessa Alvaromasotto al suo balcone
hai sentito alitare la tenera canzone;
èl'idol tuoma ruggono ancor nel tuo cervello
le sonore risatedel povero Lionello!... 


XXXIII
Oh sìbeati i morti che bevon le rugiade...
Chi saprà dir se inmare ei si getta o vi cade? 


XXXIV
Il mare ègeneroso come ogni cosa grande:
ama tanto la terra che gonfio inlei si espande;
della rondin che porta dall'uno all'altro lido
lequerule speranze e la pietà del nido
l'ali cogliinfallibili aliti suoi distende;
ciò che cade disprezza ilmar che all'alto tende:
quando l'albero è infranto esommersa è la stiva
li rifiuta esdegnosoli rimandaalla riva;
e vi getta le perle e le conchiglieechino
comesul formidabile specchio del suo destino
l'uom su quel glaucoabissonon satriste ed anelo
s'esso mai non racchiuda piùmisteri che il cielo.
E il mar conosce l'uomo più che l'uomnol conosca;
ond'è che dal profondo della sua valle fosca
èrisospinto il naufrago alla luce del sole.  


XXXV
- Troppo tardi!-
Di Steno fur l'ultime parole.
E sparì. Mie signoredalla cera stravolta
perchémai non avendo che un amantealla volta
già m'aspettate al varco per gridar: "L'eroina
fino a qui perdonabile or del tutto rovina
chéfra Steno e Lionello si appiglia all'uno e all'altro ".
V'ingannatesignore: la Dio mercé son scaltro
né saprete cheavvenne nel cor di Bella Alvaro.
Sol vi dirò che quando ilfreddo corpo ignaro
a fior d'acqua riapparvesulla facciaspetrale
del morente poeta cadde un bacio... 


XXXVI
Fatale
notte!notte di incanti e meraviglie!
Un grido
sommessodai canalipiù spopolati al lido
corre di bocca in bocca nella follaatterrita.
Fu trovato Don Diego disteso e senza vita
sotto unFauno di marmo dalla base travolto!
I pescator di Chioggiacollostupor sul volto
han portato un cadavere che gettò lamarea
e mirabile a dirsi! quel morto sorridea!
E sullaspiaggia è un premersi di mozzi e di nocchieri
daiberretti turchini e dai capucci neri
che non san per qual stranaavventura di mare
una gondola errante sull'orizzonte appare.
Ecosì ben si aggruppano le sussurranti tornie
e v'ètanta dovizia di colori e di forme
da innebriar di gioia l'animadi un artista.
A mezzodì la gondola si perdette divista.   




PAESAGGI
A CARLOMANCINI
    


I
Era un parco antico esquallido
da molt'anni abbandonato;
desolato
come un campodi battaglia
pien di nidie rami e zolle
come un colle -orïental.
Querce ed olmi e abeti e frassini
in feraceabbracciamento
sotto il vento
si movean come un sol albero;
e alle nubiaugusta e folta
l'ampia volta - era guancial.
Edisottoeran rigagnoli
zampillanti in vaghi suoni
pei burroni;
econ gesti da cadaveri
tronchi fracidi riversi
ecospersi - d'alghe e fior.
Eran templi d'erba e d'ellera
galleriedi clematidi
foschi siti ;
trasparenze glauche edumide
d'ombre tremule rabeschi
toni freschi - e tonid'or.
Compagnie di strani Fauni
su marmoreipiedistalli
scabri e gialli
i sentier ne sorvegliavano
especchiavansi agli stagni;
mentre i ragni - erranti ordir
fraquei menti aguzzi e lepidi
si vedean le argentee reti;
efaceti
gli augelletti si posavano
su quei pugni irsuti edalti
a far salti - ed a garrir.
Ai meriggialtosilenzio
incumbea sulla riviera;
se non era
il cader di unfrutto fracido
che faceanell'acqua immota
una nota - enulla più.
I tramonti vi eran tragici;
ombre orrendeincendii immani!
Draghi o nani
somigliavano gli arbuscoli
ei grandi alberi giganti
inneggianti - a Belzebù.
Ilviator chea notterapido
presso il parco transitava
palpitava;
si sentìa sul viso battere
come scosse l'aure dense
daali immense - di sparvier.
Né fanciul di nidi in caccia
né pastorné mendicante
né brigante
négiammai di amanti coppia
(tanti spetri vi eran corsi!)
osòporsi - in quei sentier.  


II
L'uom se ne va senzaindagar l'arcano:
giunto alla metaal teunine abborrito
al dìche tutto strugge
si accorge di aver stretto nella mano
un po'd'aria che sfugge.
Eglio s'illuda alle apparenze incerte
opreghiignaro del Numeo allibito
sghignazzi in faccia alcielo
o del Real dorma sul seno inerte
vive e muore in unvelo.
I suoi piacer sanno di toscoi mali
gli aizzan l'almaai giubili vietati
che presente e non trova:
è dallaculla all'avel (due guanciali!)
ciò che sempre s'innova.
Carlone san più assai gli immensi boschi
sovra cuisono i secoli passati;
doveimmobile e chino
al suon dei ramipalpitanti e foschi
meditava il bramino.
Di certezze piùricca è la brughiera
chea dispetto dei gelieterna ilfiore
del luppolo e del timo;
sa dove porta la regal riviera
lesue pietre e il suo limo.
Pane immortalefra le biadeirride
coi suoi cori di Faunial mietitore;
lo stagnoacento a cento
cader dal fiero campanil rivide
le crocetted'argento.
E la montagna che si specchia al lago
vince ingloria la Vénere di Milo:
prima che il grecoartista
sfidasse il sol colla divina imago
di quel masso allavista
che stendea lungo il limpido orizzonte
sotto il raggiolunarl'ermo profilo
qualche pastor poeta
fermò lagreggia ecolla gioia in fronte
disse : "È costìla meta!".
Sìciò che l'uom calpesta e percui passa
senza tender l'orecchio e alzar le ciglia
ciòcon cui io favello
pel tramite dei versie in te trapassa
pelveggente pennello
Carloè un tesoro che ci ha datoIddìo
come ci diè gli amici e la famiglia!...
Oh!dimmiquante volte
ha le tue fedi un blando nuvolìo
nellesue spire avvolte!
Dimmi che cosa sa narrar la terra
dissepellitadall'aratro appena
quanti avvisi divini
la primavera dal suosen disserra...
Dimmi i cenni marini!
Spesso io mi curvo altripode profondo
atomo qual mi sono: e l'alma scena
m'agita emi sublima;
e mi inabisso nei mister del mondo
per risalirne incima!
Un dì (lontano come i dì felici)
per unalanda erravo ove tu avresti
una tela eternata;
e pensavo a miamadre ed agli amici
e alla patria lasciata.
Trovai quelparco. In mezzo era un castello:
di fulgori splendean biechi efunesti
pel tramontoi suoi vetri.
Là stetti e appresiciò che fosse quello
ch'altri chiamava: spetri.  


III
Lungo il viale
peri viottoli
nelle sale
in mezzo ai portici
dalla freccia
delle aguglie
fino all'ultima
corteccia
doveintreccia
la sua feccia
il ramingo
scarafaggio
perchéun raggio
dell'albor
vi dipinga
perle ed or;
nelleogive
che si abbracciano
più lascive
delle Naiadi;
nelle grotte
che somigliano
quando è squallida
lanotte
a una botte
dovea frotte
istrioni
conmegere
vanno a bere;
sul manier
nel vallone
torvo ener;
per le vaghe
latitudini
per le plaghe
che siincurvano
trasparenti
sulle cerule
zone roride
fuggenti
dove i venti
caldi e lenti
van dicendo
allarugiada
(ché non cada
pria del dì)
laleggenda
delle Urì ;
dappertutto
in terra e in aria
l'alto lutto
ed il silenzio
le movenze
spaventevoli
ele magiche
apparenze
son parvenze
son coscienze
sonmemorie
palpitanti
favellanti
in amistà
dellastoria
d'altre età! 


IV
Vedila selva delle quercie estatiche
drizzar nel buio le bracciaritorte
funebre asilo di civette e d'upupe
in vago sonnoassorte?
Le diresti Titania cui l'olimpica
ira inchiodava ipiè possenti al suolo
da mill'anni seguenti delle nuvole
einvidianti il volo.
Sai perché sì lontano i ramiallungano
dal poderoso tronco?... Un dìla plebe
chele giovani piante errar vedevano
per le feraci glebe
intentaai riti della bionda Cerere
balzò alla piccaallacorazzaal brando
e si accalcò dinnanzi a un fratepallido
che proclamava un bando.
Poifu un urlo terribile: epartirono.
Le alte cime mirâr nel polverìo
queimille e mille all'oriente perdersi
cantando preci a Dio.
Nonpiù brillar di falci in mezzo all'alighe
né vociardi bifolchie comitive
tornanti a sera con a spalle ipargoli;
non più donne giulive
inghirlandate di spichee di mammole!...
Sol qualche vecchio erranteall'imbrunire
sovra cui la tristezzacolle tenebre
lentaparea salire.
Muto il castellodeserto il tugurio!
Si sentìache la vita in altra terra
batteache tutte avea rapitel'anime
quella lontana guerra.
E fu allor che alle quercie malinconica
sife' la balda gioventù ferace:
peròpensâr chedopo qualche secolo
doveatornar la pace;
chepopolata rivedrian di mandrie
lavallee che il meriggio alla frescura
ricondurrebbedelle ombrìe balsamiche
unagente futura.

Edassorte in pensier di spaventevoli
colpidi scimitarre e catapulte
inmezzo all'alta noia ed al misterio
dellecamgagne inculte

intrecciaronoi ramie avvilupparono
frondea frondein feroci atteggiamenti;
econtesti di vòlte e d'archieressero
misticimonumenti ;

ondeil venturo mandriandestandosi
làsotto: " Ecco - dicesse alle sue donne -
chefér le quercie mentre i miei bisavoli
pugnavanna Sïonne ".


V

Isalici piangenti hanno attitudini
diprefiche commosse:
sembransudarii per raccoglier lagrime
lesottoposte fosse.

Ecome vivele cime si cullano
sottoil molle zeffìro;
nésai se il suono che nell'aria espandono
siarantolo o sospiro.

Ondeggiamentidi blande Nereidi
gestida cortigiane
incliinidi Elfio di chi al suol prosternasi
perun tozzo di pane.

Neghia quei rami un sentimentoun'anima
chinon nacque poeta!
Queglinon oda il sovrumano eloquio
dellanatura queta;

siasordo alla eloquenza inenarrabile
delgrande Essere ignoto;
nonscorga il filo arcanoincomprensibile
chelega l'aria al loto!

Queglial tramontoquando il cielo è incendio
evan le avemarie
dacampanile a campanildicendosi:
"Siam dell'alme le spie! "

quandola valle si ingombra di nebbia
edi vaghi colori
eduna mesta voluttà ineffabile
assaltai nostri cuori;

eti senti immortalpensando al celere
riappariredel sole;
ese pur fosti coll'amicainutili
tisarian le parole;

quandodall'Universo assorto è l'atomo
queglisbadiglio vada
davantia sésegugio inconsapevole
peruna ignota strada!

Oh!pel ciel che splendea colle miriadi
dellevaganti stelle;
peicampi a cui davan bagliori e screzii
lucciolee coccinelle;

giuroche a me quei cesolati salici
dipinserol'istoria!...
Cosìputessi la vision terribile
cassardalla memoria!

Eranoin mezzo al tenebror diafano
spallein catene attorte
elunghe braccia che parean difendersi
frala vita e la morte.

Contorcimentidi dannatiimpavide
poseda gladiatore...
Queitozzi tronchi di rabbia fremevano
efremevan d'amore.

Nodositàcurvepuntesembravano
cercarvendetta a Dio;
mentreal raggio lunarle bianche foglie
bisbigliavano: oblìo!...

LaMusa mi fe' mago. Allor dai salici
uscìquesta parola
ch'eralamento e che parea bestemmia:
"Ci ha piantati Loyola! ".


VI

Piùin su della nebbia
piùin su della torre
neicampi che l'aquila
superbatrascorre
ergevail fantastico
suociuffo un abete
possibilepania
diincerte comete.

Immobileolimpico
nell'ariagelata
dicevaagli arbuscoli
dell'imavallata
specchiandoil pinocchio
nelplacido stagno:
"Per questi viottoli
passòCarlo Magno ".


VII

Ilcastelloimmobil macchia
cosainforme e minacciosa
trafiggeaco' suoi pinacoli
l'ampiabruma nebulosa;
dallegotiche - compagini
pianteesotiche - a cui garba
porsui muri un po' di barba
scomponeanlo stil corretto
diun pregievole architetto.

Elontanlontanoall'ultimo
fildi cieloun guizzo strano
segnalavaincerto e rapido
qualchenomade uragano.
Lefinestre illuminavansi
argentavansi- le mura;
poinell'aria opaca e oscura
riapparivaancor più tetro
ilcastelcome uno spetro.

Dasospirda supplichevoli
gridiinvasi erano i campi;
forsearcane metamorfosi
accadeansotto quei lampi...
Larvepallide - sfuggevoli
perle squallide - vallée
pareanStrigio parean Dee;
almio pièfilando bava
unabiscia strisciava.

Leninfe si arrovesciavano
comevergini tentate;
unronzìo d'ali invisibili
leavea certo ridestate.
Dilanguoredi bisbiglio
discompiglio - ebropagano
sicoprìa l'immenso piano...
Eraun coro a voci uguali
ecantavano " Sponsali ".


VIII

Ifior che nascon tardi e a cui par che la luna
l'acreolezzo regaligià per l'aiuola bruna
comincianoa brillarecome un altro corteggio
distelle. Ein mezzo ad essivenirsene a passeggio
eccola castellana col suo vago paggetto.
Tuttoè d'oro lo strascicoè d'argento il corsetto;
èneve il dolce viso che il fanciul signoreggia.
Certoè un sogno d'amore ch'ella fra sé vagheggia
carezzandolascivaque' suoi capelli biondi!
Eglicon un ceruleo sguardopar che la innondi
didolcezza infinita...
Cosìmentre il barone
russapensando ai fasti di qualche vecchio arcione
l'idealcoppia passa.
L'allodolala mira
edal ramo ospitaledi voluttà sospira.


IX

L'aurora!E già i frassini
comariverbose
l'alborcommentavano
constridule chiose;
poipunto d'invidia
scrosciavail querciuolo...
giàtuttain un solo
superbomonologo
laselva stormì!

Gliaugelli si destano
cantandoalleluia
levette si indorano
lavalle è men buia
lontanicomignoli
lanebbia disvela
cominciaa far vela
neltremulo spazio
lanave del dì!


X

Carloe mentre si aprian tarlate imposte
dicascinalied apparian d'un tratto
camiciebianche alle finestre nere
enella brinaper sentieri ignoti
giàcigolava qualche vigil carro
dacuiforse dicendo una preghiera
guardavail parco leggendario un pio
beneditordi solchiuscì da un cespo
dituberosiinterprete io suppongo
diquel verde mister che mi invaghiva
questomotto gentil:
"Tu ci hai compresi! ".