home page
pagina iniziale |
by |
|
GiovanniPascoli
CANTI
DI
CASTELVECCHIO
Lapoesia
I
Iosono una lampada ch'arda
soave!
lalampadaforseche guarda
pendendoalla fumida trave
laveglia che fila;
eascolta novelle e ragioni
dabocche
celatenell'ombraai cantoni
làdietro le soffici rócche
chealbeggiano in fila:
ragioninovellee saluti
d'amoreall'orecchioconfusi:
gliassidui bisbigli perduti
nelsibilo assiduo dei fusi;
levecchie parole sentite
dapresso con palpiti nuovi
trail sordo rimastico mite
deibovi:
II
lalampadaforseche a cena
raduna;
chesboccia sul biancoe serena
sul'ampia tovaglia staluna
suprato di neve;
earride al giocondo convito;
poicenna
d'untrattoad un piccolo dito
lànero tuttor della penna
checorre e che beve:
malascia nell'ombraalla mensa
lamadrenel tempo ch'esplora
lafiglia più grande che pensa
guardandoil mio raggio d'aurora:
rapitanell'aurea mia fiamma
nonsente lo sguardo tuo vano;
giàfuggeè giàpovera mamma
lontano!
III
Segià non la lampada io sia
cheoscilla
davantia una dolce Maria
vivendodell'umile stilla
dicento capanne:
raccolgol'uguale tributo
d'ulivo
datutta la villae il saluto
delcolle sassoso e del rivo
sonantedi canne:
eincendeil mio raggiodi sera
tral'ombra di mesta viola
nelciglio che prega e dispera
lapovera lagrima sola;
emuorenei lucidi albori
tremandoil mio pallido raggio
tracori di vergini e fiori
dimaggio:
IV
oquellavelatache al fianco
t'addita
ladonna più bianca del bianco
lenzuoloche in gremboassopita
maturail tuo seme;
oquella che irraggia una cuna
-la barca
chealzando il fanal di fortuna
nelmare dell'essere varca
sidondolae geme -;
oquella che illumina tacita
tombeprofonde - con visi
scarnitidi vecchi; tenaci
divergini bionde sorrisi;
tuamadre!... nell'ombra senz'ore
pertedal suo triste riposo
congiungele mani al suo cuore
giàróso! -
V
Iosono la lampada ch'arde
soave!
nell'orepiù sole e più tarde
nell'ombrapiù mestapiù grave
piùbuonao fratello!
Ch'iopenda sul capo a fanciulla
chepensa
sumadre che pregasu culla
chepiangesu garrula mensa
sutacito avello;
lontanorisplende l'ardore
miocasto all'errante che trita
notturnopiangendo nel cuore
lapallida via della vita:
s'arresta;ma vede il mio raggio
chegli arde nell'anima blando:
riprendel'oscuro viaggio
cantando.
Lapartenza del boscaiolo
Lascure prendi suLombardo
daFiumalbo e Frassinoro!
Ilvento ha già spiumato il cardo
frugala tua barba d'oro.
Lombardoprendi su la scure
daCivago e da Cerù:
ètempo di passar l'alture:
tient'asu! tient'a su! tient'a su!
Piùfondo scavano le talpe
nelleprata in cui già brina.
E`tempo che tu passi l'Alpe
chéla neve s'avvicina.
Letalpe scavano più fondo.
Vannopiù alte le gru.
Facome questee va pel mondo:
tient'asu! tient'a su! tient'a su!
Perle faggete e l'abetine
dallefratte e dal ruscello
quelcanto suona senza fine
chiarocome un campanello.
Perl'abetine e le faggete
cantaogni ora ogni dì più
lacinciallegrae ti ripete:
tient'asu! tient'a su! tient'a su!
Dibosco è come tela cincia:
campasu la macchia anch'essa.
Sachecol verno che comincia
tifinisce la rimessa.
Lacincia è come tedi bosco:
sache pane non n'hai più.
Vadove n'ha rimesso il Tosco:
tient'asu! tient'a su! tient'a su!
Legemme qua e là col becco
picchia:anch'essa è taglialegna.
Nelbosco è un picchierellar secco
dellacincia che t'insegna.
Colbecco qua e là le gemme
picchiaal mo' che picchi tu.
Vataglialegnaalle maremme...
tient'asu! tient'a su! tient'a su!
Hail nido qua e là nei buchi
d'ischieo d'olmiove gli garba;
epensa forse a que' tuoi duchi
grandidalla lunga barba.
Neibuchi erbiti dove ha il nido
pensaal gran tempo che fu;
egetta ancora il vecchio grido:
tient'asu! tient'a su! tient'a su!
Un'azzaè quella con cui squadri
lànel vernoil pino e il cerro;
concui picchiavano i tuoi padri
soprai grandi elmi di ferro.
Tusquadri i tronchiora; con l'azza
buttile foreste giù.
Vaora senza più corazza...
tient'asu! tient'a su! tient'a su!
Rimanenella valle il canto.
Sonoormaile cinciesole.
Lascure dei lombardi intanto
lassùbrilla contro al sole.
Esempre il canto che rimane
giungein alto alla tribù
cheparte a guadagnarsi il pane:
tient'asu! tient'a su! tient'a su!
L'uccellinodel freddo
Vieneil freddo. Giri per dirlo
tusgricciolointorno le siepi;
esentire fai nel tuo zirlo
lostrido di gelo che crepi.
Iltuo trillo sembra la brina
chesgrigiolail vetro che incrina...
trrtrr trr terit tirit...
Vieneil verno. Nella tua voce
c'èil verno tutt'arido e tecco.
Tusomigli un guscio di noce
cheruzzola con rumor secco.
T'hainsegnato il breve tuo trillo
conl'elitre tremule il grillo...
trrtrr trr terit tirit...
Neltuo verso suona scrio scrio
conpiccoli crepiti e stiocchi
ilsegreto scricchiolettio
diquella catasta di ciocchi.
Unoscricchiolettio ti parve
d'udirvicercando le larve...
trrtrr trr terit tirit...
Tuttointornoscrepola rotto.
Tufrulli ad un tettoad un vetro.
Cosìrompere odi lì sotto
cosìscrepolare lì dietro.
Oh!lì dentro vedi una vecchia
chefiacca la stipa e la grecchia...
trrtrr trr terit tirit...
Vediil lumevedi la vampa.
Tufrulli dal vetro alla fratta.
Eccoun tizzo soffiauna stiampa
giàcrosciauna scorza già scatta.
Ecconella grigia casetta
l'allegrafiammata scoppietta...
trrtrr trr terit tirit...
Fuoriin terrafrusciano foglie
cadute.Nell'Alpe lontana
cen'è un mucchio grande che accoglie
laverde tua palla di lana.
Nidoverde tra foglie morte
chefannoad un soffio più forte...
trrtrr trr terit tirit...
Ilcompagno dei taglialegna
I
Nelboscoqua e làlombardi
sonotaciti al lavoro.
Dall'albas'ode sino a tardi
scie sci e sci e sci...
E`oltre mare l'Alpe loro
maredonde nasce il dì.
II
Adue a due: l'uno tra il vento
l'altroinginocchiato in faccia.
Dabasso il vecchio bianco e scento
inalto la gioventù.
Eforza con le forti braccia!
Sue giùe su e giù.
III
Conloro c'è il pittiere solo
orain terraora sul ramo.
Faun saltoun frulloun giroun volo;
molleggiapiù quipiù lì:
efa sentire il suo richiamo
traquel sci e sci e sci...
IV
IlSanto aveva da piombare
unbel toppo di cipresso.
Mariarestava al focolare
chedava latte a Gesù.
Orail pittiere era li presso.
Disseil Santo: - Vien qui tu! -
V
Tuffòla spugna il Santoed ecco
tinsedi sinopia il filo.
-Un capo tieni tu col becco -
disseal pittiere: - costì! -
Marianon più dal dolce asilo
oraudiva sci... sci... sci...
VI
E'sdipanava col girello
zittoil filo per la trave.
L'avevateso già bel bello
stavaper batterlo su...
Maecco si sentì: AVE!
EraMaria con Gesù.
VII
Ilpittiere si voltò netto...
Tortovenne il segno rosso.
Laspugna gli gettò nel petto
SanGiuseppe; e fu così
chediventato pettirosso
quandosente sci... sci... sci...
VIII
viensempregira intorno al toppo
guardae frullaguarda e vola;
maora non s'accosta troppo
ch'oranon si fida più:
ecol suo canto ti consola
poveraesule tribù!
"Thehammerless gun"
Tothe children Percy and Valente de Bosis
Dunqueun hammerless! un... hammerless! (dono
delvostro babboo Percyo Valentino;
delnostro Adolfoil sapienteil buono
simposiarco)...O montanine belle
lovedrete il maestro di latino!
sìlo vedrete il pedagogo imbelle!
Elungamente mi sorriderete
quandovenite ai Vespri a questa Cura
diSan Nicola. Un hammerless! Sapete?
chenon ha cani: a triplice chiusura.
"Belloma dica: quello del Fusari..."
"Questoè un hammerless!" "Quello non ha cani".
"Questoè inglese!" Ah! inghilese! "Di Fieldcari!"
Tacciono:io regno indifferente e cupo.
"Codesteselve batterò domani..."
trame dicoa voce alta. "In bocca al lupo!"
Eccol'alba (tra selve aride i fossi
vannocol fumo di vaporiere)
pienad'un tintinnìo di pettirossi
cuirisponde un tac tac di capinere...
Sula nebbia che fuma dal sonoro
Serchioleva la Pania alto la fronte
nelsereno: un aguzzo blocco d'oro
sucui piovano petali di rose
appassite.Io che l'amoil vecchio monte
gliparlo ogni albae molte dolci cose
glidico:
LAPANIA
Omonteche regni tra il fumo
delnemboe tra il lume degli astri
tunutri nei poggi il profumo
ditimidi mente e mentastri.
Tupascoli le apio gigante:
tumeni nei borri profondi
lapiccola greggia ronzante.
Seigrandesei forte: e dai cavi
tuoimassi tu gemitu grondi
dellimpido flutto dei favi.
Seibuono tugrande tra i grandi:
néspregi la nera capanna.
Alpio boscaiolo tu mandi
soventela ricca tua manna.
Glimandi un tuo sciameche scende
giùgiù per la valle remota
qualtremulo nuvoloe splende.
Losegue un tumulto canoro;
chétimpanicembalicrotali
chiamanoil nuvolo d'oro. -
Dico:egli ride roseoma scorso
ilsuo minutoridoventa azzurro
egrave. Io scendo lungo il Rio dell'Orso
neseguo un poco il fievole sussurro.
Eme segue un tac tac di capinere
eme segue un tin tin di pettirossi
unzisteretetet di cincieun rererere
dicardellini. Giungo dove il greto
s'allargapieno di cespugli rossi
divetrici: il mio luogo alto e segreto.
Giungo:e ne suona qualche frulloun misto
digridiipigoliiscampanellii
checessa a un tratto. L'hammerless m'ha visto
unfringuelloche fa: Zitti! sii sii
(siisii è nella lingua dei fringuelli
quelloche hush o stillo Percyin quella
dimamma: zitti! tacciano i monelli)...
Esento tellterelltelltelltelltell (sai?
tellterelltelltelltellnella favella
deipasseri vuol dire come out! fly!
scappaboyc'è il babau!)... Dunque più nulla.
Silenzio.Odo il ruscello che gorgoglia
enon altro. Il fringuello agile frulla
elontanofinc finc... Cade una foglia...
Propriol'ultima (guardo) d'un querciolo
secco!E` bastato il soffio di quell'ala
èbastata la molla di quel volo:
eccolagiù. Mi siedo sopra il greppo.
Eracome una spoglia di cicala
(penso)rimasta a quel non più che un ceppo:
eragiallaera gracile; ma era
l'ultima;che più dìpendulatenne...
Comeil povero vecchio ora dispera
vicinoal Rio che mormora perenne!
Sonomesto. Perché? Non lo so dire.
Intantotra le cannetra la stipa
sentoun brusire ed uno squittinire
chedico? un parlottare piano piano.
Masìparlano a meche dalla ripa
tacitoascoltoil mento su la mano.
Sento:
ILPITTIERE
-Tin tin! anche te? che c'invidi
duepippoli e due gremignoli?
tintinte che piangi sui nidi
chepìano pìano soli?
Sivienetu vedida bianche
montagneda boschi d'abeti
conl'alepuoi crederestanche.
Sifa questi bruciche sono
neibussoli e negli scopeti...
Sapessiche fame!... Sii buono! -
Epoi:
LACAPINERA
-Tac tac! anche te? non rammenti
lesere di quella tua mesta
città?le tue lagrime ardenti?
quelcanto d'ignota foresta
tral'onda di tante campane
tantiurli di follae tra il sordo
fragoredi ruote lontane?
Piangevi:e saliva il mio canto
conl'eco d'antico ricordo
colsuono di nuovo rimpianto. -
Epoi:
L'ALLODOLA
-Uid uid! anche tu ci fai guerra?
tuche ci assomigli pur tanto
colnido tra il granoper terra
masopra le nubicol canto?
Terode una cura segreta;
tucerchi l'oblìo de' tuoi mali.
Masei come tuttio poeta?
Tupiangi il tuo povero nido
perterra... Ma vienima sali
malancia nel sole il tuo grido! -
Caraallodola! - E dopo? - Dopo? Impugno
l'hammerlesse... ritorno via. Si rischia
d'infreddare:gennaio non è giugno.
Trai ginepri c'è un merlo che mi fischia.
Eun forasiepe: - Eh! tu torni... so dove.
Oh!il tuo bel nidoche nemmen ci piove!
Nebbia
Nascondile cose lontane
tunebbia impalpabile e scialba
tufumo che ancora rampolli
sul'alba
da'lampi notturni e da' crolli
d'aereefrane!
Nascondile cose lontane
nascondimiquello ch'è morto!
Ch'ioveda soltanto la siepe
dell'orto
lamura ch'ha piene le crepe
divaleriane.
Nascondile cose lontane:
lecose son ebbre di pianto!
Ch'ioveda i due peschii due meli
soltanto
chedànno i soavi lor mieli
pelnero mio pane.
Nascondile cose lontane
chevogliono ch'ami e che vada!
Ch'ioveda là solo quel bianco
distrada
cheun giorno ho da fare tra stanco
dondon di campane...
Nascondile cose lontane
nascondileinvolale al volo
delcuore! Ch'io veda il cipresso
làsolo
quisolo quest'ortocui presso
sonnecchiail mio cane.
Idue girovaghi
Siamosoli. Bianca l'aria
volacome in un mulino.
Nellaterra solitaria
siamoin duesempre in cammino.
Solii mieisoli i tuoi stracci
perle vie. Non altro suono
chedue gridi:
-Oggi ci sono
edoman me ne vo...
-Stacci!
stacci!Stacci!
Iodi quabattendo i denti
tudi làpestando i piedi:
nonti vedo e tu mi senti;
ioti sentoe non mi vedi.
Noigettiamo i nostri urlacci
comecani in abbandono
fuordell'uscio:
-Oggi ci sono
edoman me ne vo...
-Stacci!
stacci!stacci!
Questaterra ha certe porte
checi s'entra e non se n'esce.
E`il castello della morte.
S'odequi l'erba che cresce:
crescerl'erba e i rosolacci
quidi notteal tempo buono:
manient'altro...
-Oggi ci sono
edoman me ne vo...
-Stacci!
stacci!stacci!
C'incontriamo...Io ti derido?!
Nocompagno nello stento!
Nofratello! E` un vano grido
chegettiamo al freddo vento.
Néc'è un viso che s'affacci
perdireEh! spazzacamino!...
perdireOh! quel vecchiettino
deglistacci...
deglistacci!...
-stacci! stacci!
Ilbrivido
Miscossee mi corse
levene il ribrezzo.
Passatam'è forse
rasentecol rezzo
dell'ombrasua nera
lamorte...
Com'era?
Vedutavanita
com'ombradi mosca:
unaombra infinita
dinuvola fosca
chetutto fa sera:
lamorte...
Com'era?
Tremendae veloce
comeun uragano
chesenza una voce
dileguavia vano:
silenzioe bufera:
lamorte...
Com'era?
Chivede leiserra
néapre più gli occhi.
Lometton sotterra
cheniuno lo tocchi
glichieda - Com'era?
rispondi...
com'era?-
L'ordi notte
Nellecasedove ancora
siragiona coi vicini
pressoal fuocoe già la nuora
portaa nanna i suoi bambini
unoin collo e due per mano;
pelcamino nero il vento
tralo scoppiettar dei ciocchi
portaun suono lungo e lento
trepoi cinquesette tocchi
daun paese assai lontano:
trepoi cinque e sette voci
lentee languidedi gente:
vocidal borgo alle croci
genteche non ha più niente:
-Fate piano! piano! piano!
Nonvogliamo saper nulla:
notte?giorno? verno? state?
Pianovoicon quella culla!
chenon pianga il bimbo... Fate
piano!piano! piano! piano!
Nonvogliamo ricordare
vinoe granomonte e piano
lacapannail focolare
mammabimbi... Fate piano!
piano!piano! piano! piano!
Notted'inverno
IlTempo chiamò dalla torre
lontana...Che strepito! E` un treno
làse non è il fiume che corre.
Onotte! Né prima io l'udiva
lostrepito rapidoil pieno
fragoredi treno che arriva;
sìquando la voce straniera
dibronzome chiese; sìquando
mivenne a trovare ov'io era
squillandosquillando
nell'oscurità.
Iltreno s'appressa... Già sento
laquerula tromba che geme
làse non è l'urlo del vento.
Eil vento rintrona rimbomba
rimbombarintronaed insieme
risuonauna querula tromba.
Eun'altraed un'altra. - Non essa
m'annunziache giunge? - io domando.
-Quest'altra! - Ed il treno s'appressa
tremandotremando
nell'oscurità.
Seitu che ritorni. Tra poco
ritornitupiccola dama
sulmostro dagli occhi di fuoco.
Haifreddo? paura? C'è un tetto
c'èun cuorec'è il cuore che t'ama
qui!Riameremo. T'aspetto.
Giàil treno rallentatrabalza
sta...Mia giovinezzat'attendo!
Giàl'ultimo squillo s'inalza
gemendogemendo
nell'oscurità...
Eil Tempo lassù dalla torre
migrida ch'è giorno. Risento
latromba e la romba che corre.
Ilgiorno è coperto di brume.
Quelflebile suono è del vento
quellabile tuono è del fiume.
E`il fiume ed è il ventoso bene
chevengono vengonointendo
cosìcome all'anima viene
piangendopiangendo
ciòche se ne va.
Leciaramelle
Udiitra il sonno le ciaramelle
houdito un suono di ninne nanne.
Cisono in cielo tutte le stelle
cisono i lumi nelle capanne.
Sonovenute dai monti oscuri
leciaramelle senza dir niente;
hannodestata ne' suoi tuguri
tuttala buona povera gente.
Ognunoè sorto dal suo giaciglio;
accendeil lume sotto la trave;
sannoquei lumi d'ombra e sbadiglio
dicauti passidi voce grave.
Lepie lucerne brillano intorno
lànella casaqua su la siepe:
sembrala terraprima di giorno
unpiccoletto grande presepe.
Nelcielo azzurro tutte le stelle
paionrestare come in attesa;
edecco alzare le ciaramelle
illoro dolce suono di chiesa;
suonodi chiesasuono di chiostro
suonodi casasuono di culla
suonodi mammasuono del nostro
dolcee passato pianger di nulla.
Ociaramelle degli anni primi
d'avantiil giornod'avanti il vero
orche le stelle son là sublimi
consciedel nostro breve mistero;
chenon ancora si pensa al pane
chenon ancora s'accende il fuoco;
primadel grido delle campane
fatecidunque piangere un poco.
Nonpiù di nullasì di qualcosa
ditante cose! Ma il cuor lo vuole
quelpianto grande che poi riposa
quelgran dolore che poi non duole;
soprale nuove pene sue vere
vuolquei singulti senza ragione:
sulsuo martòrosul suo piacere
vuolquelle antiche lagrime buone!
Persempre!
Iot'odio?!... Non t'amo piùvedi
nont'amo... Ricordi quel giorno?
Lontanoportavano i piedi
uncuor che pensava al ritorno.
Edunque tornai... tu non c'eri.
Percasa era un'eco dell'ieri
d'unlungo promettere. E meco
dite portai sola quell'eco:
PERSEMPRE!
Nont'odio. Ma l'eco sommessa
diquella infinita promessa
vienmecoe mi batte nel cuore
colpalpito trito dell'ore;
mistrilla nel cuore col grido
d'implumecaduto dal nido:
PERSEMPRE!
Nont'amo. Io guardaicol sorriso
nelfiore del molle tuo letto.
Hatutti i tuoi occhima il viso...
nontuo. E baciai quel visetto
stranierosenz'urto alle vene.
Ledissi: "E a memi vuoi bene?"
"Sìtanto!" E i tuoi occhi in me fisse.
"Persempre?" le dissi. Mi disse:
"PERSEMPRE!"
Risposi:"Sei bimba e non sai
Persempre che voglia dir mai!"
Rispose:"Non so che vuol dire?
Persempre vuol dire Morire...
Sì:addormentarsi la sera:
restarecosì come s'era
PERSEMPRE!"
Lanonna
Tratutti quei riccioli al vento
tratutti quei biondi corimbi
sembravaquel capo d'argento
dicessecol tremitobimbi
sì...piccolisì...
Ei bimbi cercavano in festa
taloracon grido giulivo
letremule mani e la testa
cheavevano solo di vivo
quelpovero sì.
Sìsolo; sìsempredal canto
delfuocodall'umile trono;
sìper ogni scoppio di pianto
perogni preghiera: perdono
sì...vogliosì... sì!
Sìpure al lettino del bimbo
malato...La Morte guardava
LaMorte presente in un nimbo...
Latremula testa dell'ava
dicevasì! sì!
Sìsempre; sìsolo; le notti
lunghissimealtissime! Nera
movevaai lamenti interrotti
laMorte da un angolo... C'era
queltremulo sì
quelsìpresso il letto... E sìprese
lanonnala preselasciandole
vivereil bimbo. Si tese
quelcapo in un brivido blando
nell'ultimosì.
Lacanzone della granata
I
Ricordiquand'eri saggina
coipenduli grani che il vento
scotevacome una manina
dibimbo il sonaglio d'argento?
Cadevala brina; la pioggia
cadeva:passavano uccelli
gemendo:tu gracile e roggia
tinnivicoi cento ramelli.
Edoggi non più come ieri
tusenti la pioggia e la brina
masgrigioli come quand'eri
saggina.
II
Restavinegletta nei solchi
quand'ognipannocchia fu colta:
tecolseroquando i bifolchi
v'araronoancora una volta.
Unvecchio ti preserecise
legò;ti privò della bella
semenzatua rossa; e ti mise
nell'angoload essere ancella.
Ein casa tu restiin un canto
neglettaqui come laggiù;
maniuno è di casa pur quanto
seitu.
III
Set'odia colui che la trama
distendenegli alti solai
l'argutagallina pur t'ama
cuiporti la preda che fai.
Et'ama anche senzaché ai costi
tisbalzaed i grani t'invola
residuidel tempo che fosti
sagginanei campi già sola.
Mapiùgracilando t'aspetta
conciò che in tua vasta rapina
lestrascichi dalla già netta
cucina.
IV
Tulasci che t'odiinolasci
chet'amino: mutail tuo giorno
nell'angoloresticoi fasci
distecchi che attendono il forno.
Nell'angoloil giorno tu resti
pensosadel canto del gallo;
seal bimbo tu già non ti presti
chevienee ti vuole cavallo.
Riporticon lui che ti frena
lepaglie ch'hai toltee ben più;
egioia or n'ha esso; ma pena
poitu.
V
Seil'umile ancella; ma reggi
lacasa: tu sgridi a buon'ora
mentreimpaziente passeggi
gl'ignaviche dormono ancora.
Equanto tu muovi dal canto
larondine è ancora nel nido;
equando comincia il suo canto
giàode per casa il tuo strido.
El'alba il suo cielo rischiara
maprima lo spruzza e imperlina
cosìcome tu la tua cara
casina.
VI
Seil'umile ancellama regni
sul'umile casa pulita.
Minaccirimproveri; insegni
ch'èbellase purala vita.
Insegnicon l'acre tua cura
rodendola pietra e la creta
chesempreper essere pura
silogora l'anima lieta.
Insegnitu sacra ad un rogo
nontardonon belloche più
diciò che tu monditi logori
tu!
Lavoce
C'èuna voce nella mia vita
cheavverto nel punto che muore;
vocestancavoce smarrita
coltremito del batticuore:
voced'una accorsa anelante
cheal povero petto s'afferra
perdir tante cose e poi tante
mapiena ha la bocca di terra:
tantetante cose che vuole
ch'iosappiaricordisì... sì...
madi tante tante parole
nonsento che un soffio... Zvanî...
Quandoavevo tanto bisogno
dipane e di compassione
chemangiavo solo nel sogno
svegliandomial primo boccone;
unanottesu la spalletta
delRenocoperta di neve
drittoe solo (passava in fretta
l'acquabrontolandoSi beve?);
drittoe solocon un gran pianto
d'averea finire così
misentii d'un tratto daccanto
quelsoffio di voce... Zvanî...
Oh!la terracom'è cattiva!
laterrache amari bocconi!
Mavoleva dirmiio capiva:
-No... no... Di' le devozioni!
Ledicevi con me pian piano
consempre la voce più bassa:
latua mano nella mia mano:
ridille!vedrai che ti passa.
Nonfar piangere piangere piangere
(ancora!)chi tanto soffrì!
iltuo paneprega il tuo angelo
chete lo porti... Zvanî... -
Unanotte dalle lunghe ore
(nelcarcere!)che all'improvviso
dissi- Avresti molto dolore
tuse non t'avessero ucciso
orao babbo! - che il mio pensiero
dalcarcerecon un lamento
videil babbo nel cimitero
lepie sorelline in convento:
eche agli uominila mia vita
volevolasciargliela lì...
risentiila voce smarrita
chedisse in un soffio... Zvanî...
Oh!la terra come è cattiva!
nonlascia discorrerepoi!
Mavoleva dirmiio capiva:
-Piuttosto di' un requie per noi!
Nonpossiamo nel camposanto
piùprendere sonno un minuto
chésentiamo struggersi in pianto
lebimbe che l'hanno saputo!
Oh!la vita mia che ti diedi
perlorolasciarla vuoi qui?
quimio figlio? dove non vedi
chiuccise tuo padre... Zvanî?... -
Quantevolte sei rivenuta
neicupi abbandoni del cuore
vocestancavoce perduta
coltremito del batticuore:
voced'una accorsa anelante
cheai poveri labbri si tocca
perdir tante cose e poi tante;
mapiena di terra ha la bocca:
latua bocca! con i tuoi baci
giàtanto accorati a quei dì!
aquei dì beati e fugaci
cheaveva i tuoi baci... Zvanî!...
chem'addormentavano gravi
campanecol placido canto
esul capo biondo che amavi
sentivoun tepore di pianto!
cheti lessi negli occhich'erano
pienidi piantoche sono
pienidi terrala preghiera
divivere e d'essere buono!
Edalloraquasi un comando
noquasi un compiantot'uscì
laparola che a quando a quando
midici anche adesso... Zvanî...
Ilsole e la lucerna
I
Inmezzo ad uno scampanare fioco
sorsee batté su taciturne case
ilsolee trasse d'ogni vetro il fuoco.
C'eraad un vetro tuttaviarossastro
unlumicino. Ed ecco il sol lo invase
lotravolse in un gran folgorìo d'astro.
Edisseil sole: - Atomo fumido! io
guardoe tu fosti. - A lui l'umile fiamma:
-Ma questa notte tu non c'erio dio;
eun malatino vide la sua mamma
allamia lucefin che tu sei sorto.
Oh!grande seima non ti vede: è morto! -
II
Epoiguizzando appena:
-Chiedeva te! che tosse!
volevate! che pena!
Turicordavi al cuore
suole farfalle rosse
sule ginestre in fiore!
Iostavo lì da parte...
glirammentavo sere
lunghedi veglia e carte
pienedi righe nere!
stavovelata e trista
perfargli il ben non vista. -
Ilciocco
CantoPrimo
Ilbabbo mise un gran ciocco di quercia
sula brace; i bicchieri avvinò; sparse
ilgoccino avanzato; e mescé piano
pianoperché non croccolasseil vino.
Mapresa l'ariaegli mesceva andante.
Eciascuno ebbe in mano il suo bicchiere
pienofuor che i ragazzi; essial bicchiere
maternoognuno ne sentiva un dito.
Feceromuti i vegliatori il saggio
lodandopoiparlando dei vizzati
buoni;ma poi passarono allo strino
quindiall'annata trista e tribolata.
Ele donne ripresero a filare
conla rócca infilata nel pensiere:
tiravanoprillavano accoccavano
sfacendoi gruppi a or a or coi denti.
Comequando nell'umida capanna
lemagre manze mangianoe via via
soffiandonella bassa greppia vuota
alzanoil musoe dalla rastrelliera
tiranofuori una boccata d'erba;
d'erbalupina co' suoi fiori rossi
nelmaggio indafaritoma nel verno
d'aridapaglia e tenero guaime;
cosìdalla mannellaogni momento
nuovatiglia guidata era nel fuso.
Iodissi: "Brucia la capanna a gente!"
Ei vegliatoricol bicchiere in mano
tuttivolsero gli occhi alla finestra
quasia vedere il lustro della vampa
adascoltare il martellare a fuoco
tonton tonnella notte insonnolita.
Nonc'era nella notte altro splendore
chedi lontane costellazioni
enon c'era altro suono di campana
senon della campana delle nove
cheda Barga ripete al campagnolo:
-Dormiche ti fa bono! bono! bono! -
Noncapparone ardeva per le selve
zeppodi fronde aspre dal tramontano;
nonmeta di vincigli di castagno
fattid'agosto per serbarli al verno;
nonmetato soletto in cui seccasse
aun fuoco dolce il dolce pan di legno:
soprale cannaiole le castagne
cricchianoe il rosso fuoco arde nel buio.
Albuio il rio mandava un gorgoglìo
comes'uno ci fosse a succhiar l'acqua.
Tuttoera pace: sotto ogni catasta
sornacchiavail suo ghiro rattrappito.
Incima al colle un nero metatello
fumavaappena in mezzo alla Grand'Orsa.
Chebruciava?... La querciaassai vissuta
fuscalzata da molte opree fu svelta
egiacque morta. Ma la secca scorza
all'acquae al sole rifiorì di muschi;
eun'altra vita brulicò nel legno
cheintarmoliva: un popolo infinito
cheben sapeva l'ordine e la legge
v'impressei solchi di città ben fatte.
Echi faceva nuove case ai nuovi
echi per tempo rimettea la roba
echi dentro allevava i dolci figli
echi portava i cari morti fuori.
Quandos'udì l'ingorda sega un giorno
rodererauca torno torno il tronco;
eil secco colpo rimbombò del mazzo
calatoda un ansante ululo d'uomo.
Eil tronco sodo ora sputava fuori
lazeppola d'acciaio con uno sprillo
orla pigliavae si sentiva allora
crepareil legno frangoloe stioccare
lestiglieor dalla gran forza strappate
orarecise dalla liscia accetta:
lucidaaccetta che alzata a due mani
spaccavai ciocchi e ne facea le schiampe.
Leschiampe alcuno accatastò; poi altri
sele portò nella legnaia opaca.
Delpopolo infinito era una gente
rimastain un dei ciocchi. Ebbe l'accetta
moltecase distrutteebbe d'un colpo
ilmazzo molte sue tribù schicciate.
Mai sorvissuti non sapean già nulla:
chévolgendo i lor mille anni in un anno
chischivò l'asciachi campò dal mazzo
l'agosentìchedopo un po' che cuce
ilTempouggitopunta nel lavoro
ese ne va. Nessuno ora sapeva
cheil mondo loro fu congiunto al tutto
dellagran quercia sotto un cielo azzurro.
Sapevaognuno che non c'era altr'aria
chequell'odor di mucidoaltro suono
cheil grave gracilar delle galline
eil sottile stridìo dei pipistrelli:
deipipistrelli che pendeano a pigne
daicantoninel giornoquando il sole
faceapassare i fili suoi tra i licci
d'unatela che ordiva un vecchio ragno.
Cosìpassava la lor cauta vita
nell'odorosotarmolo del ciocco:
echi faceva nuove case ai nuovi
echi per tempo rimettea la roba
echi dentro allevava i dolci figli
echi portava i cari morti fuori.
Evidero l'incendio ora e la fine
ivegliatori: disse ognun la sua.
Edisse il Biondodomator del ferro
cuila verde Corsonna amae gli scende
cantandoper le selve allo stendino
eper lui picchia non veduta il maglio:
"Voglionodire ch'hanno tutti i ferri
quanticon sé porta il bottaioallora
ch'èpreso a opra avanti la vendemmia:
l'asprosaraccol'avido succhiello
etenaglie che azzeccanoe rugnare
discabra raspa e scivolar di pialla.
Chénon hanno bottega: a giro vanno
comeil nero magnanoquando passa
conquello scampanìo sopra il miccetto;
ossiaconcinoo fradicio ombrellaio
vocedel vernola qual morde il cuore
achi non fece le rimesse a tempo.
Néleo leo vannocome loro.
Piglianle gambe e stradanola vita
comenoistrinta dal grembial di cuoio".
Edisse il Topoportatore in collo
primofuor che del Nero; sìma questi
portapiù pocoe brontola incaschito:
-Carico piccolo è che scenta il bosco -:
"Voglionodire ch'han la tiglia soda
piùche nimo altri che di mattinata
portiin monte il cavestro e la bardella.
Ehanno l'arteperché intorno al peso
giranoora all'avanti ora all'indietro
ordalle partiper entrarci sotto.
Selo possonoviatelano; quando
nonlo possonovanno per aiuto;
esu e super una carraiuola:
comeuna nera fila di muletti
disolitari carbonaisu l'Alpe
chein quel silenzio semina i tintinni
de'suoi sonagli. Alcuno ecco s'espone
comeanco noiper ragionar con altri
chescendee frescheggiare allo sciurino".
Edisse il Mennovangatore a fondo
acui la terranell'aprir d'aprile
rottae domata ai piedi ansa e rifiata:
e'la sogguarda curvo su l'astile:
"Hointeso dire ch'hanno i suoi poderi
comenoi. Sotto le città ben fatte
coltanoun campo sodo: che bel bello
sifa lo scassoe qua si tira dentro
làsi leva la terrae si tramuta
conle pale o valletti e cestinelle.
Lapareggianoseminano. Nasce
un'erba.Ed ecco poi vanno a pulirla
levanoil loglioscerbano i vecciuli
escentano la sciàminacattiva
ela gramignache riè cattiva
ei paternostrich'è peggior di tutte.
Asuo tempo si segalegaammeta
scuoteventolaspula. Eccolo bello
nelbel soppiano dai due godi il grano".
Edisse il Boscobuon pastor di monte
ch'eraad albergo: egli da Pratuscello
menail branco alla Pievea quei guamacci:
perlà dicon guamacci: è il terzo fieno:
"Hointeso dire ch'hanno le sue bestie:
qualipecoree qualiproprio bestie
ossiada fruttoovvero anche da groppa.
Mapiccoline e verdi questee quelle
conuna lana molle come sputo:
pasconoin cento un cuccolo di fiore.
Eil pastore ha due vergheessonon una:
duecon nodetticome canne; e molge
conesse: le vellìcae dànno il latte;
ochiuse dentroo fuoriper le prata:
comenoiche si molge all'aria aperta
nellastatinale serate lunghe:
quandosu l'Alpe c'è con noi la luna
solache passae splende sui secchielli
eil poggio rende un odorin che accora".
Edisse il Quarraun capouno che molto
giròportando santi e re sul capo
dilà dei monti e del sonante mare:
oras'è fermoe campa a campanello:
"Lessiin un libroch'hanno contadini
comenoi; ma non come mezzaiuoli
timidisol del Santo pescatore
eched'ottobrequando uno scasato
cercapoderea lui dice il fringuello:
-Ce n'èce n'èce n'èFrancesco mio! -
Quellinosono negri. Alla lor terra
venneun lontano popolo guerriero
cheil largo fiume valicò sul ponte.
Feceroun ponte: l'uno chiappò l'altro
perle gambee così tremolò sopra
l'acquauna lunga tavola. Fu presa
lamunita cittàpresi i fanciulli
ch'orsono schiavi e fanno le faccende;
eil vincitore campa a campanello".
Equi la Chinamadre d'otto figli
giàsbozzolatiaccoccò il filo al fuso
miseil fuso sul legorole tiglie
sistrusciò dalla bocca arida; e disse:
"Iol'ho vedutecome fanno ai figli
lemadriossia le balie. Hanno figlioli
quasifasciati dentro un bozzolino.
Losa la mamma che lì dentro è chiuso
illor begettoch'è cicchin cicchino
edormee gli fa freddo e gli fa caldo.
Lascianoall'altre le faccendeed esse
altronon fanno che portare il loro
furigelloora all'ombra ed ora all'aspro
incollocome noi; ch'è da vedere
comevia via lo tengono pulito
comelo fanno dolco con lo sputo;
einfine con la bocca aprono il guscio
comea direle fasce; e il figliolino
n'esceche va da séma gronchio gronchio".
Cosìparlandoessi bevean l'arzillo
vinodell'anno. E mille madri in fuga
correanpei muschi della scorza arsita
coifiglie c'era d'ogni intorno il fuoco;
eil fuoco le sorbiva con un breve
crepitoné quel crepito giungeva
alnostro uditopiù che l'erme vette
d'Appenninoe le aguzze Alpi apuane
assisein cerchiocon l'aeree grotte
intronatedal cupo urlo del vento
odanolo stridor d'un focherello
ch'ardelaggiù laggiù forse un villaggio
conle sue selve; un puntoun punto rosso
orsì or no. Né pur vedea la gente
làche morivai mostri dalla ferrea
vocee le gigantesse filatrici:
imostri che reggean concavi laghi
disangue ardentementre le compagne
conmoto eternotra un fischiar di nembi
mordeanle bigie nuvole del cielo.
Manon vedeva il popolo morente
glidei seduti intorno alla sua morte
fattidi lunga oscurità: vedeva
forsein cima all'immensa ombra del nulla
sususudonde rimbombava il tuono
dellalor vocenelle occhiute fronti
daun'aurora notturna illuminate
guizzarei lampi e scintillar le stelle.
Elo Zi Meo parlò. Disse: "Formiche!
L'altr'annoseminai l'erba lupina.
Vennela pioggia: non ne nacque un filo.
Venneroi soli: il campo parea sodo.
Ungiorno che v'andaividi sul ciglio
delpoggio un mucchiarello alto di chicchi.
Guardaiper tutto. Ad ogni poco c'era
unmucchiarello. Erano i semii semi
d'erbalupina. Avean rumato poco?
Nonun chiccoch'è un chiccoera rimasto!
Aveanofattole formicheappietto!
Eben sì che v'avevo anco passato
l'erpicea molti dentie su la staggia
pertutte bene pianeggiar le porche
mifacev'ir di qua di làcome uno
fanel passaggioin mezzo all'Oceàno".
CantoSecondo
Edil ciocco arsee fu bevuto il vino
arzillotutto. Io salutai la veglia
cuporonzantee me ne andai: non solo:
m'accompagnavalo Zi Meo salcigno.
Eranovembre. Già dormiva ognuno
soprale nuove spoglie di granturco.
Nonc'era un lume. Ma brillava il cielo
d'uninfinito riscintillamento.
Ela Terra fuggiva in una corsa
vertiginosaper la molle strada
erotolava tutta in sé rattratta
perla puntura dell'eterno assillo.
Erotolando per fuggir lo strale
d'acutofuoco che le ruma in cuore
ellaesalava per lo spazio freddo
ansimandoil suo grave alito azzurro.
Cosìnel denso fiato della corsa
ellavedeva l'iridi degli astri
sguazzaree nella cava ombra del Cosmo
ellavedeva brividi da squamme
verdidi draghie svincoli da fruste
rossed'aurighie lampi dalle freccie
de'sagittarie spazzi dalle gemme
dellecoronee guizzi dalle corde
delleauree lire; e gli occhi dei leoni
vigilie i sonnolenti occhi dell'orse.
Noiscambiavamo rade le ginocchia
sottole stelle. Ad ogni nostro passo
trentamiglia la terra era trascorsa
coiduri monti e le maree sonore.
Eseco noi riconduceva al Sole
eintorno al Sole essa vedea rotare
glialtri prigionicome leinel cielo
diquella fiammache con sé li mena.
Comele sfingifosche atropi ossute
l'acrizanzare e l'esili tignuole
equalche spolverìo di moscerini
giranointorno una lanterna accesa:
unalanterna pendula che oscilla
nellamano d'un bimbo: egli perduta
lamonetina in una landa immensa
lacerca invano per la via che fece
erifà ora singhiozzando al buio:
enessun ode e vede luich'è ombra
mavede e svede un lume che cammina
népar che vadae sempre con lui vanno
gravironzando intorno a luile sfingi:
lontanlontano son per tutto il cielo
altrilumi che stannoombre che vanno
cheper meglio vedere alzano in vano
versole solitarie Nebulose
l'ardordi Mira e il folgorio di Vega.
Cosìpensavo; e non trovai me stesso
piùné l'alta marmorea Pietrapana
sopraun grano di polvere dell'ala
dellafalena che ronzava al lume:
dell'alache in quel punto era nell'ombra;
dellafalena che coi duri monti
ecol sonoro risciacquar dei mari
millemiglia in quel punto era trascorsa.
Edincrociò con la sua via la strada
d'unmondo infrantoe nella strada ardeva
comebrillante nuvola di fuoco
lapolvere del suo lungo passaggio.
Maniuno sa donde venissee quanto
lontaneplaghe già battesse il carro
chesenza più l'auriga ora sfavilla
passandorotto per le vie del Sole.
Nésa che cosa carreggiasse intorno
aduno sconosciuto astro di vita
alloraforse di su lui cantando
iviatori per la via tranquilla;
quandourtòforviòsi spezzòcorse
infumo e fiamme per gli eterei borri
precipitandocontro il nostro Sole
versandoil suo tesoro oltresolare:
stelle;che accese in un attimo e spente
riganoil cielo d'un pensier di luce.
Làdove i mondi sembrano con lenti
passicome concorde immensa mandra
pascereil fior dell'etere pian piano
beatidella eternità serena;
pienoè di crollie per le viebattute
dastelle in fugacome rossa nube
fumala densa polvere del cielo;
euna mischia incessante arde tra il fumo
dellerovinecome se Titani
aeriformiagli angoli del Cosmo
l'unl'altro ardendo di ferirlo spazio
fendesserocon grandi astri divelti.
Maverrà tempo che sia pacee i mondi
fattipiù densi dal cader dei mondi
stringanle vene e succhino d'intorno
ein sé serrino ogni atomo di vita:
quandosarà tra mondo e mondo il Vuoto
gelidooscuro tacito perenne;
eil Tutto si confonderà nel Nulla
comeil bronzo nel cavo della forma;
epiù la morte non sarà. Ma il vento
freddoche sibilando odo staccare
lefoglie secchenon sarà più forse
quandosi spiccherà l'ultima foglia?
Enel silenzio tutto avrà riposo
dallesue morti; e ciò sarà la morte.
Ioriguardava il placido universo
eil breve incendio che v'ardea da un canto.
Temposarà (ma è! poi ch'il veloce
immobilmentefiume della vita
ènella fontesempree nella foce)
tempoche persuasa da due dita
leggieremi si chiuda la pupilla:
néperò sia la vision finita.
Oh!il cieco io sia chenella sua tranquilla
animavedefin che sa che intorno
alui c'è qualche aperto occhio che brilla!
Cosìquand'ionel nostro breve giorno
guardoe poiquasi in ciò che guardo un velo
fosseun'ombracol lento occhio ritorno
aun guizzo d'alaa un tremolìo di stelo:
qundoa mirar torniamo anche una volta
ciòch'arde in cuoreciò che brilla in cielo;
nois'è la buona umanità che ascolta
l'esilestridoil subito richiamo
ildubbio della umanità sepolta:
ele risponde: - Io vivosìviviamo. -
Temposarà che tuTerrapercossa
dall'urtod'una vagabonda mole
divampicome una meteora rossa;
ein te scompaiain te mutata in Sole
mortecon vitacome arde e scompare
lacarta scritta con le sue parole.
Maforse allora ondeggerà nel Mare
delnettare l'azzurra acquae la vita
verzicheràsu l'Appennin lunare.
Lavecchia tomba rivivràfiorita
dininfèe grandie più di noi sereno
vedràla luce il primo Selenita.
Poila placida nottequando il Seno
dell'iridied il Lago alto e selvaggio
deisogni trema sotto il Sol terreno;
erreràforsein quell'eremitaggio
delCosmoalcuno in cerca del mistero;
enello spettro ammirerà d'un raggio
latraccia ignita dell'uman pensiero.
Osarà tempoche di làda quella
profonditàdell'infinito abisso
doveniuno mai vide orma di stella;
unatomo d'un altro atomo scisso
inmille nullaa mezzo il dìda un canto
guardila Terra come un occhio fisso;
evengae sembri come un elianto
lanottee il giornocome luna piena;
ela Terra alzi il cupo ultimo pianto;
esotto il nuovo Sole che balena
nellanotte non più notterisplenda
laTerracome una deserta arena;
eSole avanzi contro Solee prenda
giàmezzo il cieloe come un cielo immenso
sunoi discendae tutto in lui discenda...
Ioguardo là dove biancheggia un denso
sciamedi mondiquanti atomi a volo
sonoin un raggio: alla Galassia: e penso:
OSoleeterno tu non sei - né solo! -
Animanostra! fanciulletto mesto!
nostrobuono malato fanciulletto
chenon t'addormis'altri non è desto!
felicese vicina al bianco letto
s'indugiala tua madre che conduce
latua manina dalla fronte al petto;
contentoalmenose per te traluce
l'uscioda cantoe tu senti il respiro
ugualedella madre tua che cuce;
ilrespiro o il sospiro; anche il sospiro;
oalmeno che tu oda uno in faccende
percasao almeno per le strade a giro;
oveda almeno un lume che s'accende
dalungie senta un suono di campane
chelento ascende e che dal cielo pende;
almenoun lumee l'uggiolìo d'un cane:
unfioco lumeun debole uggiolìo:
unlumicino... Sirio: occhio del Cane
cheveglia sopra il limitar di Dio!
Mase al fine dei tempi entra il silenzio?
setutto nel silenzio entra? la stella
dellarugiada e l'astro dell'assenzio?
AtairAlgol? sedopo la procella
dell'Universolenta cade e i Soli
laneve della Eternità cancella?
cheposeranno senza mai più voli
némai più urti né mai più faville
fermiper sempre ed in eterno soli!
Unacripta di morti astridi mille
fossilimondiove non più risuoni
néun appartato gocciolìo di stille;
nonfiumi piùdi tanti milioni
d'esseriun fiato; non rimanga un moto
delleinfinite costellazioni!
Unsepolcreto in cui da sé remoto
dormail gran Tuttoe dalle larghe porte
nonentri un sogno ad aleggiar nel vuoto
sonnodi ciò che fu! - Questa è la morte! -
Questala morte! questa solla tomba...
segià l'ignoto Spirito non piova
conun gran tuonocon una gran romba;
eforse le macerie anco sommuova
ebatta a Vega Aldebaran che forse
dianle due selcila scintilla nuova;
eprenda in manoe getti alle lor corse
sottouna nuova lampada polare
altriCignialtri Aurighialtre Grand'Orse;
eli getti a cozzarea naufragare
aseminare dei rottami sparsi
dellor naufragio il loro etereo mare;
eli getti a impietrarsi a consumarsi
fermii lunghi millenni de' millenni
nell'impietrarsied in un attimo arsi;
all'infinitolor volo li impenni
anzinoli abbandoni all'infinita
lorocaduta: a rimorir perenni:
allavita alla vitaanzi: alla vita!
Iomi rivolgo al segno del Leone
dond'ardeil fuoco in che si muta un astro
allePleiadiai Carrialle Corone
indifferential tacito disastro;
aitanti Soliai Soli bianchiai rossi
Solilucenti appena come crune
ailor pianetiignoti a noima scossi
dallamisteriosa ansia comune;
avoia voigirovaghe Comete
chesapete le vie del ciel profondo;
oNebulose oscurea voi che siete
granaidel cieloogni cui grano è un mondo:
dilà di voidi là del firmamento
dilà del più lontano ultimo Sole;
iogrido il lungo fievole lamento
d'unfanciulletto che non puònon vuole
dormire!di questa anima fanciulla
chenon ci vuolenon ci sa morire!
chechiuder gli occhie non veder più nulla
vuolesotto il chiaror dell'avvenire!
moriresì; ma che si viva ancora
intornoal suo gran sonnoal suo profondo
oblìo;per sempreov'ella visse un'ora;
nellasua casanel suo dolce mondo:
anchese questa Terra arsadistrutto
questoSoledall'ultimo sfacelo
unastro nuovo emergaunotra tutto
ilpolverìo del nostro vecchio cielo.
Cosìpensavo: e lo Zi Meo guardando
ciòch'io guardavamormorò tranquillo:
"Stellatofisso: domattina piove".
Eraandato alle porche il suo pensiero.
Beneegli aveva sementato il grano
nellapolvereall'aspro; e San Martino
aveatenuta per più dì la pioggia
pernon scoprire e portar via la seme.
Maera già durata assai la state
diSan Martinoe facea bono l'acqua.
Elo Zi Meosicuro di svegliarsi
domanial rombo d'una grande acquata
eracontentoe andava a riposare
parlandodi Chioccetta e di Mercanti
soprale nuove spoglie di granturco
lacara vita cui nutrisce il pane.
Latovaglia
Ledicevano: - Bambina!
chetu non lasci mai stesa
dallasera alla mattina
maporta dove l'hai presa
latovaglia biancaappena
ch'èterminata la cena!
Badache vengono i morti!
itristii pallidi morti!
Entranoansimano muti.
Ognunoè tanto mai stanco!
Esi fermano seduti
lanotte intorno a quel bianco.
Stannolì sino al domani
colcapo tra le due mani
senzache nulla si senta
sottola lampada spenta. -
E`già grande la bambina:
lacasa reggee lavora:
fail bucato e la cucina
fatutto al modo d'allora.
Pensaa tuttoma non pensa
asparecchiare la mensa.
Lasciache vengano i morti
ibuonii poveri morti.
Oh!la notte nera nera
diventod'acquadi neve
lasciach'entrino da sera
colloro anelito lieve;
chealla mensa torno torno
riposinofino a giorno
cercandofatti lontani
colcapo tra le due mani.
Dallasera alla mattina
cercandocose lontane
stannofissia fronte china
suqualche bricia di pane
evolendo ricordare
bevonolagrime amare.
Oh!non ricordano i morti
icarii cari suoi morti!
-Panesì... pane si chiama
chenoi spezzammo concordi:
ricordate?...E` telaa dama:
cen'era tanta: ricordi?...
Queste?...Queste sono due
comele vostre e le tue
duenostre lagrime amare
cadutenel ricordare! -
Laschilletta di Caprona
I
Sonatagià l'Avemaria
dallachiesa di Caprona
sisente correre via via
laschilletta che risòna.
Ilpoco viene dopo il tanto;
comelà nella capanna:
unpianto ancoraun po' di pianto
dopotanta ninnananna!
II
Un'ombrava col tintinnìo
diquel vecchio campanello;
el'ombra passa lungo il rio
girail piccolo castello
siferma un poco ad ogni soglia
comevuole ancor quel primo
chenon si sa chi fuche voglia;
ch'eraNimoil vecchio Nimo.
III
Fuquando non c'era la fonte
néla chiesa né il becchino.
Ilsuo muletto cadde in monte;
glilasciò solo il bronzino
cheavea maravigliato i botri
ele polle col suo canto
quand'egliandava a su con gli otri
alSaltelloal Lago Santo.
IV
Alsuon di questo chele notti
nell'immobileabetina
squillavatra i silenzi rotti
dalcrocchiar di qualche pina
chesu gli abissi senza voce
miseil suo dondolìo blando;
ognunofa il segno di croce
chesi fa pericolando.
V
Ovecchioo nostro vecchio buono
orci sono due campane;
maquel tuo piccoletto suono
nelcastello tuo rimane.
ONimoo nostro vecchio Nimo!
orc'è un doppio bello e grave;
matu per noi sei stato il primo
adirci Ave! Ave! Ave!
VI
Enoi l'amiamoil tuo bronzino
checi mandiquando imbruna:
lomandi per un fanciullino:
iolo vidi a un po' di luna.
Aun raggio pallido lo vidi:
èun ragazzo ch'hailàteco:
ungarzonetto che ti guidi
perchéforse tu sei cieco.
VII
Lomandi a noi su la sericcia
chesi chiudono le porte:
hai piedi scalzima scalpiccia
sopratante foglie morte;
nonparlama passando in fretta
sgrollaqualche secco ramo;
perfarci udir la tua schilletta
primache ci addormentiamo.
Ilprimo cantore
I
Ilprimo a cantare d'amore
chiè?
Nonsi vede un boccio di fiore
nonancora un albero ha mosso;
lacalta sola e il titimalo
verdeggiasu l'acqua del fosso:
etu già cantio saltimpalo
sicceccè...sicceccè...
II
Unramo non c'ècon due frasche
perte!
Brullisono meli e marasche;
forseil mandorlo ha imbottonato:
tunella vigna sur un palo
tusul palancato d'un prato
d'amorecantio saltimpalo
sicceccè...sicceccè...
III
Haifretta di fare il tuo nido...
perché?
Perun prato gira il tuo grido
portia un prato radiche e pappi:
nonrischi dunque che sul calo
delverno si vanghi e si zappi!
Eppuregridio saltimpalo
sicceccè...sicceccè...
IV
Haifrettasei saviosai bene
perché!
Vieneil maggiosubito viene
lafrullana grande che taglia...
Frullao falce! Forti su l'ali
dalnido di musco e di paglia
frullanoi nuovi saltimpali...
sicceccè...sicceccè...
Lacapinera
Iltempo si cambia: stasera
vuoll'acqua venire a ruscelli.
L'annunziala capinera
trali àlbatri e li avornielli:
tactac.
Nonmettereo bionda mammina
aibimbi i vestiti da fuori.
Restateche l'acqua è vicina:
uditetra i pini e gli allori:
tactac.
Anch'essanel tiepido nido
s'allevai suoi quattro piccini:
perquesto ripete il suo grido
guardandoil suo nido di crini:
tactac.
Giàvede una nuvola a mare:
giàsotto le goccie dirotte
vedràtutto il bosco tremare
covandotra il vento e la notte:
tactac.
Fogliemorte
Oh!che già il vento volta
eporta via le pioggie!
Dentrola quercia folta
rumale foglie roggie
chesi staccanoe fru...
partono;un branco ad ogni
soffioche l'avviluppi.
Parche la quercia sogni
oragemendoi gruppi
delnovembre che fu.
Volanocome uccelli
mortenel bel sereno:
picchianonei ramelli
delroseo pescopieno
de'suoi cuccoli già.
Eil roseo pesco oscilla
pienodi morte foglie:
quales'appende e prilla
qualeda lui si toglie
conun sibiloe va.
Maquelle foglie morte
cheil ventocome roccia
spazzanon già di morte
parlanoai fiori in boccia
masussurrano: - Orsù!
Dentroogni cocco all'uscio
vedodei gialli ugnoli:
tuche costì nel guscio
dipiù covar ti duoli
cheti pèriti più?
Fuorile alucce pure
tuche costì sei vivo!
Ilvento ruglia... eppure
essonon è cattivo.
Rugliabrontola: ma...
contendea noi! Ché tutto
vuolche sia mondo l'orto
peinuovi fiorie il brutto
ilseccoil vecchioil morto
vuolche netti di qua.
Noic'indugiammo dove
nascemmoun po'ma era
perricoprir le nuove
gemmedi primavera... -
Cosìdiconoe fru...
partonoad un rabbuffo
piùstridulo e più forte.
Etra un voletto e un tuffo
vannole foglie morte
enon tornano più.
Canzone di marzo
Chetorbida notte di marzo!
Mache mattinata tranquilla!
checielo pulito! che sfarzo
diperle! Ogni stelouna stilla
cheride: sorriso che brilla
sulunghe parole.
Leserpi si sono destate
coltuono che rimbombò primo
Guizzavanoudendo l'estate
leverdi cicigne tra il timo;
battevanla coda sul limo
lebiscie acquaiole.
Ancorle fanciulle si sono
destatema per un momento;
pensaronoserpia quel tuono;
sognaronol'incantamento.
Insogno gettavano al vento
leloro pezzuole.
Nell'aridebresche anco l'api
sisono destate agli schiocchi.
Lavite gemeva dai capi
fremevanoi gelsi nei nocchi.
Ailampi sbattevano gli occhi
leprime viole.
Hanfattovenendo dal mare
lerondini tristo viaggio.
Maoravedendo tremare
sopr'ogniacquitrino il suo raggio
cinguettanoin loro linguaggio
ch'èciò che ci vuole.
Sìciò che ci vuole. Le loro
casinequalcuna si sfalda
qualcunaè già rotta. Lavoro
civuoleed argilla più salda;
perchéci stia comoda e calda
lagarrula prole.
Valentino
Oh!Valentino vestito di nuovo
comele brocche dei biancospini!
Soloai piedini provati dal rovo
portila pelle de' tuoi piedini;
portile scarpe che mamma ti fece
chenon mutasti mai da quel dì
chenon costarono un picciolo: in vece
costail vestito che ti cucì.
Costa;ché mamma già tutto ci spese
queltintinnante salvadanaio:
oraesso è vuoto; e cantò più d'un mese
perriempirlotutto il pollaio.
Pensaa gennaioche il fuoco del ciocco
nonti bastavatremaviahimè!
ele galline cantavanoUn cocco!
eccoecco un cocco un cocco per te!
Poile galline chiocciaronoe venne
marzoe tumagro contadinello
restastia mezzocosì con le penne
manudi i piedicome un uccello:
comel'uccello venuto dal mare
chetra il ciliegio saltae non sa
ch'oltreil beccareil cantarel'amare
cisia qualch'altra felicità
Ilcroco
I
Opallido croco
nelvaso d'argilla
ch'èbelloe non l'ami
coipetali lilla
tuchiudi gli stami
difuoco:
lemiche di fuoco
coilunghi tuoi petali
chiudinel cuore
tulesoo poeta
deipascolifiore
dicroco!
Voil'acqua di polla
ravvivio viole
nonchi la sua zolla
rivuole!
II
Mamesso ad un riso
diluce e di cielo
persubito inganno
ritornail tuo stelo
colàdonde l'hanno
diviso:
tupallidoe fiso
nelraggio che accora
nelraggio che piace
dimentichich'ora
seiesulelacero
ucciso:
tuapri il tuo cuore
ch'èchiusoche duole
ch'èrottoche muore
nelsole!
Fanciullomendico
Honel cuore la mesta parola
d'unbimbo ch'all'uscio mi viene.
Unalagrima sparsiuna sola
pertante sue povere pene;
epur quella pensai che vanisse
negl'ispidiriccioli ignota:
eglialzò le pupille sue fisse
sentendosimolle la gota.
Eioquasi chiedendo perdono
glitersi la stilla smarrita
conun bacioe ponevo il mio dono
traquelle sue povere dita.
Edallora ne intesi nel cuore
lavoce che ancora vi sta:
Nonli voglio: non vogliosignore
chescemi le vostra pietà.
Equand'egli già fuor del cancello
ripreseil solingo sentiero
iosentiicheil suo grave fardello
godevaa portarselo intiero:
echiamava sua madreche sorta
parevada nebbie lontane
avederlo; poi ch'eranomorta
leimorta! ma lui senza pane.
Lavite
Orche il cucco forse è vicino
mentrei peschi mettono il fiore
camminoe mi pende all'uncino
laspada dell'agricoltore.
Ilpennato portoché odo
giàla prima voce del cucco...
cu...cu... io rispondo a suo modo:
midice ch'io cucchie sìcucco.
Sìti cuccoviteché sento
giànel sole stridere l'api:
titaglio ogni vecchio sarmento
tilascio tre occhi e due capi.
Oche piangivite gentile
perchéal vento stai nuda nata?
Seanch'io tra i fioretti d'aprile
sembravouna vite tagliata!
Piangiquello che ti si toglie?
Mati cuccotaglio ed accollo
perchéquando cadon le foglie
tuabbia un tuo qualche grispollo!
Omia vite... noo mia vita
cosìtorta meglio riscoppi!
Epoi... com'è buonoalle dita
l'odoredi gemme di pioppi!
Eparlareritto su loro
colvenuto di là dal mare
chiedendogliin mezzo al lavoro
quant'annisi deve campare!
Ilsonnellino
Guardaidi tra l'ombragià nera
delsonnosmarrendo qualcosa
lìdentro: nell'aria non era
cheun cirro di rosa.
Eil cirro dal limpido azzurro
splendevasui grigi castelli
levandoper tutto un sussurro
d'uccelli;
chesopra le tegole rosse
deltetto e su l'acque del rio
cantavanoe non che non fosse
silenzioed oblìo:
cantavanocome non sanno
cantareche i sogni nel cuore
checantano forte e non fanno
rumore.
Eio mi rivolsi nel blando
miosonnoin un sonno di rosa
cercandocercando cercando
quelvecchio qualcosa;
eforse lo vidi e lo presi
guidatoda un canto d'uccelli
nonso per che ignoti paesi
piùbelli...
chepure ravvisoe mi volgo
piùbellia guardarli più buono...
Matutto mi toglie la folgore...
Osubito tuono!
ch'haifatto succedere a un'alba
piaciutatra il sonnopassata
nelsonnouna stridula e scialba
giornata!
Labicicletta
I
Miparve d'udir nella siepe
lasveglia d'un querulo implume.
Unattimo... Intesi lo strepere
cupodel fiume.
Miparve di scorgere un mare
doratodi tremule mèssi.
Unbattito... Vidi un filare
dineri cipressi.
Miparve di fendere il pianto
d'unlungo corteo di dolore.
Unpalpito... M'erano accanto
lenozze e l'amore.
dlin...dlin...
II
Ancoraecheggiavano i gridi
dell'innominabilefolla;
cheudivo stridire gli acrìdi
sul'umida zolla.
Midisse parole sue brevi
qualcunoche arava nel piano:
tuquando rispositenevi
lafalce alla mano.
Iodissi un'alata parola
fuggevoleverginea te;
laintese una vecchia che sola
parlavacon sé.
dlin...dlin...
III
Miaterramia labile strada
seitu che trascorri o son io?
Cheimporta? Ch'io venga o tu vada
nonè che un addio!
Mabello è quest'impeto d'ala
magrata è l'ebbrezza del giorno.
Purdolce è il riposo... Già cala
lanotte: io ritorno.
Lapiccola lampada brilla
permezzo all'oscura città.
Piùlenta la piccola squilla
dàun palpitoe va...
dlin...dlin...
Ilritorno delle bestie
Nonsul pioppo picchia il pennato
piùné l'eco più gli risponde.
L'ertasale un uomo celato
dalcarico folto di fronde.
Eil martello d'un legnaiuolo
piùlontanopiù non rimbomba.
Passail grido d'un bimbo solo:
Turella!Bianchina! Colomba!
Portain collo l'erba ch'ha fatta
nellasua crinella di salcio.
Lesue bestie al greppoalla fratta
s'indugianoal cesto ed al tralcio.
Eiche vede sopra ogni tetto
giàla nuvola celestina
leminaccia col suo falcetto:
Colomba!Turella! Bianchina!
C'èun falcetto lucido ancora
sula Paniaal fior del sereno
dentrol'aria dolce ch'odora
d'untiepido odore di fieno.
C'èsilenzio lassùdov'erra
quelfalcetto con qualche stella.
Soloil bimbo strilla da terra:
Bianchina!Colomba! Turella!
Lafiglia maggiore
Ninnavaai piccini la culla
cucivaai fratelli le fasce:
nonsapevamadre fanciulla
comesi nasce.
Nelcantucciozittada brava
preparavacercine e telo
peibimbi che mamma le andava
aprendere in cielo.
Orcantano i passeri intorno
lapiccola crocein amore...
chélo seppemiseraun giorno
comesi muore!
L'erbaè verdepiena di grilli.
Nonun passonon una voce
mai.Vivonolorotranquilli
intornola croce.
Sibeccanos'amanopascono
inmezzo a quel pieno di cose
edi silenziodove il verbasco
fatra le rose.
Nopasseri! su le sue zolle
no!non fate tanto vicino!
Làfitto di bianche corolle
èil pero e il susino.
Andatesu l'albero in fiore
cheal vento si dondola e culla!
Nonturbate l'umile cuore
chenon sa nulla!
Passail vento come un respiro
caldolungodolceche porta
sul'alito il polline in giro...
soprala morta.
Novento d'aprilenovento
d'amoreno tanto vicino!
Lànei campi bacia il frumento
soffiatra il lino!
Fache venga l'anima ai cardi
chele viti tengano il raspo:
fache abbiano l'acciapiù tardi
ilguindolo e l'aspo!
Mal'erba qui prima del fiore
mail fiore qui prima del seme
lafrullana tagliae due ore
sibilae freme.
Unvecchione falcia e raduna
l'erbee i fiori di primavera;
poitutto egli brucialàuna
limpidasera:
laserauna sera di maggio
ches'odono tanti stornelli
disui gelsie senteil villaggio
difilugelli.
Dalvillaggio vedon la fiamma
ch'ardesolarossain quel canto:
lavedono gli occhi di mamma
pienidi pianto.
Oh!piangeché il vecchio le toglie
qualcosapiù che le togliesse:
filid'erbapiccole foglie
poveramèsse
fioriturasìbianca e rossa
dellabimbache non lo sa:
suasolalaggiùnella fossa
maternità.
L'usignoloe i suoi rivali
Eglicoglieva ed ammucchiava al suolo
secchele foglie del suo marzo primo
(erail suo nuovo marzo)il rosignolo
perfarsi il nido. E gorgheggiava in tanto
tuttoil gran giorno; e dolce più del timo
epiù puro dell'acqua era il suo canto.
Cantavaquandoper le valli intorno
cu...cu... sentì ripeterecu... cu...
Ecco:al cuculo egli cedette il giorno
edi giorno non volle cantar più.
Nonpiù di giorno. Ma la notte! Appena
laluna estivadi tra l'alabastro
dellerugiadetremolò serena
ripreseil verso; e d'ora in poi soltanto
cantavaa notte; e lucido com'astro
esoave com'ombra era il suo canto.
Cantavaquandoda non so che grotte
sentìgemerechiù... piangerechiù...
All'assiuoloegli lasciò la notte
anchela notte; e non cantò mai più.
Orné canta né ode: abita presso
ilbrusìo d'una fonte e d'un cipresso.
Ilfringuello cieco
Finch...finché nel cielo volai
finch...finch'ebbi il nido sul moro
c'eraun lumelassùin ma' mai
ungran lume di fuoco e d'oro
cheandava sul cielo canoro
sparivain un tacito oblìo...
Ilsole!... Ogni alba nella macchia
ognimattina per il brolo
-Ci sarà? - chiedea la cornacchia;
-Non c'è più! - gemea l'assiuolo;
ecantava già l'usignolo:
-Addioaddio dio dio dio dio... -
Mala lodola su dal grano
salivaa vedere ove fosse.
Lovedeva lontan lontano
conle belle nuvole rosse.
Escesa al solco donde mosse
trillava:- C'èc'èlode a Dio! -
"Finch...finché non vedonon credo"
peròdicevo a quando a quando.
Ilmerlo fischiava - Io lo vedo -;
l'usignolozittìa spiando.
Poicantava gracile e blando:
-Anch'io anch'io chio chio chio chio... -
Mail dì ch'io persi cieli e nidi
ahimèche fu veroe s'è spento!
Sentiigli occhi pungermie vidi
ches'annerava lento lento.
Edora perciò mi risento:
-O sol sol sol sol... sole mio? -
Lacanzone dell'ulivo
I
A'piedi del vecchio maniero
cheingombrano l'edera e il rovo;
doveabita un bruno sparviero
nonaltrodi vivo;
chestrilla e si levaed a spire
poitornaturbato nel covo
chisa? dall'andare e venire
d'unvecchio balivo:
a'piedi dell'odio chealfine
soloè con le proprie rovine
piantiamol'ulivo!
II
l'ulivoche a gli uomini appresti
labacca ch'è cibo e ch'è luce
gremitache alcuna ne resti
peltordo sassello;
l'ulivoche ombreggi d'un glauco
pallorela rupe già truce
dov'errila pecorae rauco
lachiami l'agnello;
l'ulivoche dia le vermene
pelfiglio dell'uomoche viene
sulmite asinello.
III
Portateil piccone; rimanga
l'aratronell'ozio dell'aie.
Respingeil marrello e la vanga
losterile clivo.
Ilclivo che ripido sale
biancheggiadi sassi e di ghiaie;
loassordano l'ebbre cicale
colgrido solivo.
Quiradichi e cresca! Non vuole
percrescerech'ariache sole
chetempol'ulivo!
IV
Neimassi le barbee nel cielo
lepiccole foglie d'argento!
Serbatea più gracile stelo
piùsoffici zolle!
Trai massi s'avvinchiae non cede
sei massi non cedonoal vento.
Lìsoffrema crescené chiede
piùciò che non volle.
L'ulivoche soffre ma bea
checiò ch'è più durociò crea
chescorre più molle.
V
Perséc'è chi semina i biondi
sollecitigrani cui copra
laneve del verno e cui mondi
lozefiro estivo.
Perséc'è chi pianta l'alloro
chepresto l'ombreggi e che sopra
luiregnial sussurro canoro
dellabile rivo.
Nonmale. Noi mèsse pei figli
noiombra pei figli de' figli
piantiamol'ulivo!
VI
Voialberi sùbitidate
purombra a chi pianta ed innesta;
voifrutto; e le brevi fiammate
colrombo seguace!
Tuplacido e pallido ulivo
nondare a noi nulla; ma resta!
macrescisicuro e tardivo
neltempo che tace!
manutri il lumino soletto
chedopoci brilli sul letto
dell'ultimapace!
Passeria sera
L'uomoche intende gli uccellii gridi
deifalchii pianti delle colombe
ciòche le cincie dicono ai nidi
eil chiùche vuole più dalle tombe;
siedea un cipresso. Passae lavora
sempreun aratrolàlàsoletto
conqualche voce ruvida. E` l'ora
chevanno i bruni passeri a letto.
Chivien dal montechi vien dal piano:
tuttial cipresso. Cantano: - Sì...
Orasebbene tu non ti scopra
sappiamoquanto buono tu fossi
ponendopietra su pietrae sopra
facendoun tetto d'embrici rossi.
Perchi? Per questi passeri... E` breve
divernoil giornola notte è lunga:
tuvuoi che prima ci esca la neve
tuvuoi che il sole prima ci giunga.
Lecase fece la tua gran mano
peitettie i tetti per noi coprì.
Haicibi grati per noiche sono
grandipel nostro piccolo becco:
giornoper giornorompi tu buono
coni tuoi denti stessi il pan secco;
spargile bianche briciolescuoti
labianca tela; le spazzi fuori;
maun po' lontanocome è nei voti
diquesti buoni tuoi peccatori;
chesìvediamo tutto da un ramo
lietima in cuore timidi un po'.
Edaltro pensiche spetrerebbe
tral'alte nubi l'aquila e il falco!
Tuprendiappena sai che ci crebbe
famigliai chicchi d'oro dal palco;
esciall'aperto; spargi quei chicchi
prodigoe cautotra due filari;
anzia che l'oro meglio ne spicchi
suquel pulitov'erpichi ed ari.
Enoi da un ramocomodiudiamo
quelletue lunghe gridaBi... Ro...
Veroche a volte ce li nascondi
queichicchi; vero; ma fai per giuoco.
Maeccoa volte son così fondi
chenoi diremmoBadaci un poco!
Pureil tuo male mai non fa male:
quelliche copre l'invida zappa
poicol frinire delle cicale
mettonoun gambofanno una rappa:
chepoi ci sgrani... Dal male il bene:
beneche nascemale che fu. -
Magià i minori dormono. Soli
veglianoi vecchi. C'è chi sospira:
-Ahimè! talvolta di noi ti duoli!
Seigiustoeppure grave nell'ira.
Orche i novelli tengono i capi
sottole aluccevicino al cuore
lodicomentre tacciono l'api
lemoschei ragnitutto: si muore!
Tuci vuoi benecerto... ma il bene
tuolo vorremmo per un po' più... -
E`già nell'ombra tutta la valle:
suimonti un raggio trema del giorno.
Giàle notturne grandi farfalle
coineri teschironzano intorno.
-Oh! quel diluvio con che noi vivi
tupigligrandipiccolitroppi!
Oh!quel baleno con che ci arrivi
finosu l'alte cime dei pioppi!
Mada te viene ciò che ci piace:
forseanche questo ci piacerà. -
Dormono.L'uomo parte. Il cipresso
fremedi nuovi brevi bisbigli.
-C'era non visto dunque sì presso!?
Sula zampina... non c'è piùfigli! -
Val'uomoe nero tu nell'azzurro
cipressopieno d'animeaffondi.
Val'uomoed ora bada al sussurro
chefan tra loro fievole i mondi
sufitti fittipiccoliin pace
nell'infinitaserenità.
Ilgelsomino notturno
Es'aprono i fiori notturni
nell'orache penso a' miei cari.
Sonoapparse in mezzo ai viburni
lefarfalle crepuscolari.
Daun pezzo si tacquero i gridi:
làsola una casa bisbiglia.
Sottol'ali dormono i nidi
comegli occhi sotto le ciglia.
Daicalici aperti si esala
l'odoredi fragole rosse.
Splendeun lume là nella sala.
Nascel'erba sopra le fosse.
Un'apetardiva sussurra
trovandogià prese le celle.
LaChioccetta per l'aia azzurra
vacol suo pigolìo di stelle.
Pertutta la notte s'esala
l'odoreche passa col vento.
Passail lume su per la scala;
brillaal primo piano: s'è spento...
E`l'alba: si chiudono i petali
unpoco gualciti; si cova
dentrol'urna molle e segreta
nonso che felicità nuova.
Ilpoeta solitario
Odolce usignolo che ascolto
(nonsai dove)in questa gran pace
cantarecantare tra il folto
làdei sanguini e delle acace;
t'hopresa - perdonausignolo -
unadolce notasol una
ch'iocanto tra mesolo solo
nellaseraal lume di luna.
Epare una tremula bolla
tral'odore acuto del fieno
unmolle gorgoglio di polla
unlontano fischio di treno...
Chipassaal morire del giorno
ch'odeun fischio lungo laggiù
riprendenel cuore il ritorno
versoquello che non è più.
Sitrova al nativo villaggio
viritrova quello che c'era:
l'odoredi mesi-di-maggio
buonodor di rose e di cera.
Neronzano le litanie
comel'api intorno una culla:
cisono due voci sì pie!
disua madre e d'una fanciulla.
Poifatto silenziopian piano
nellanota miache t'ho presa
risentesquillare il lontano
campanellodella sua chiesa.
Riprendel'antica preghiera
ch'oraora non ha perché;
sitrova con quello che c'era
ch'oraora ora non c'è...
..........................................
Chisono? Non chiederlo. Io piango
madi notteperch'ho vergogna.
Oalatoio qui vivo nel fango.
Sonoun gramo rospo che sogna.
Laguazza
Laggiùnella nottetra scosse
d'unlento sonagliouno scalpito
èfermo. Non anco son rosse
lecime dell'Alpi.
Nelcielo d'un languido azzurro
lestelle si sbiancano appena:
sisente un confuso sussurro
nell'ariaserena.
Chipassa per tacite strade?
Chiparla da tacite soglie?
Nessuno.E` la guazza che cade
sopr'aridefoglie.
Sipartech'è orané giorno
sbarrandole vane pupille;
siparte tra un murmure intorno
dipiccole stille.
Inmezzo alle tenebre sole
qualcunariluce un minuto;
rifletteil tuo Soleo mio Sole;
poicade: ha veduto.
Primocanto
Quandoapparisce l'oro nel grano
colverdolino nuovo dei tralci
egià nell'ore d'ozio il villano
soprauna pietra batte le falci;
dall'aiedalle prodedal fimo
chevaporando sente la state
voicon la gioia del canto primo
primigallettitutti cantate:
Vitada re...!
Atutte l'ore gettate all'aria
chidi tra i solchichi di sui rami
lavostra voce stridula e varia
chiche ripetachiche richiami.
Chifioco i versi muta e rimuta
chistrilla quasi lo correggesse:
el'uno dopo l'altro saluta
lacasail solel'ombrala mèsse:
Vitada re...!
Gallettiargutigloria dell'aia
cheda due mesi v'ospita e pasce
orala vostra vecchia massaia
quandovi sentepensa alle grasce:
quandovi sentepensa ai padroni
ilcontadino vostro che miete
ementre lega manne e covoni
gallettiarguticon voi ripete:
Vitada re...!
Quandoodorati sempre di lolla
lasciatei campi dove nasceste
perchése un'aspra mano vi sgrolla
voivi beccate tra voi le creste?
Lungaè la stradagrave la state
vistringe il duro cappio di tozzo:
voil'uno all'altro rimproverate
quelvostro canto chiuso nel gozzo:
Vitada re...!
Poinel paesetra quattro mura
sottoil barlume forse d'un moggio
nellacucina tacita e scura
voiricordate l'aia ed il poggio;
ementre tutti dormonoe scialba
gemela luce dalle finestre
comeun lamento lungo su l'alba
suonal'antico grido silvestre:
Vitada re...!
Lacanzone del girarrosto
I
Domenica!il dì che a mattina
sorridee sospira al tramonto!...
Cheha quella teglia in cucina?
chebrontola brontola brontola...
E`fuori un frastuono di giuoco
percasa è un sentore di spigo...
Cheha quella pentola al fuoco?
chesfrigola sfrigola sfrigola...
Egià la massaia ritorna
damessa;
cosìcome trovasi adorna
s'appressa:
labrage qua coprelà desta
passandofrrcome in un volo
spargendoun odore di festa
dinuovodi tela e giaggiolo.
II
Lamacchina è in punto; l'agnello
nellungo schidione è già pronto;
lateglia è sul chiuso fornello
chebrontola brontola brontola...
Edecco la macchina parte
dasécol suo trepido intrigo:
lapentola nera è da parte
chesfrigola sfrigola sfrigola...
Edecco che scendeche sale
chefrulla
cheva con un dondolo eguale
diculla.
Lalegna scoppietta; ed un fioco
fragoreall'orecchio risuona
diqualche invitatoche un poco
s'èfermo su l'uscioe ragiona.
III
E`l'orain cucinache troppi
duesonoed un solo non basta:
sicuocetra murmuri e scoppi
labionda matassa di pasta.
Quanella cucinalo svolo
dipiccole grida d'impero;
làin salail ronzareormai solo
d'unospite molto ciarliero.
Avantii suoi ciocchisenz'ira
népena
ladocile macchina gira
serena
qualdocile servouna volta
ch'haintesoné altro bisogna:
lavoranel mentre che ascolta
lavoranel mentre che sogna.
IV
Vasempres'affrettach'è l'ora
conuna vertigine molle:
conqualche suo fremito incuora
lapentola grande che bolle.
E`l'ora: s'affrettané tace
chésgridarimproveraaccusa
colsuo ticchettìo pertinace
lateglia che brontola chiusa.
Campanalontana si sente
sonare.
Un'altracon onde più lente
piùchiare
risponde.Ed il piccolo schiavo
giàstancogirando bel bello
giàmormorain tavola! in tavola!
edondola il suo campanello.
L'oradi Barga
Almio cantucciodonde non sento
senon le reste brusir del grano
ilsuon dell'ore viene col vento
dalnon veduto borgo montano:
suonoche ugualeche blando cade
comeuna voce che persuade.
TudiciE` l'ora; tu diciE` tardi
voceche cadi blanda dal cielo.
Maun poco ancora lascia che guardi
l'alberoil ragnol'apelo stelo
cosech'han molti secoli o un anno
oun'orae quelle nubi che vanno.
Lasciamiimmoto qui rimanere
fratanto moto d'ale e di fronde;
eudire il gallo che da un podere
chiamae da un altro l'altro risponde
equando altrove l'anima è fissa
glistrilli d'una cincia che rissa.
Esuona ancora l'orae mi manda
primaun suo grido di meraviglia
tinnuloe quindi con la sua blanda
vocedi prima parla e consiglia
egrave grave grave m'incuora:
midiceE` tardi; mi diceE` l'ora.
Tuvuoi che pensi dunque al ritorno
voceche cadi blanda dal cielo!
Mabello è questo poco di giorno
chemi traluce come da un velo!
Loso ch'è l'oralo so ch'è tardi;
maun poco ancora lascia che guardi.
Lasciache guardi dentro il mio cuore
lasciach'io viva del mio passato;
sec'è sul bronco sempre quel fiore
s'iotrovi un bacio che non ho dato!
Nelmio cantuccio d'ombra romita
lasciach'io pianga su la mia vita!
Esuona ancora l'orae mi squilla
duevolte un grido quasi di cruccio
epoitornata blanda e tranquilla
mipersuade nel mio cantuccio:
ètardi! è l'ora! Sìritorniamo
doveson quelli ch'amano ed amo.
Ilviatico
Làsuonano a doppio. Si sente
quapressouno struscio di gente
esuona suona un campanello
suldolce mezzodì.
Sisente una lauda che sale
trail fremito delle cicale
peril sentieroove il fringuello
cautovia via zittì.
Epassa un branchetto... Son quelli.
Sonpoveri bimbi in capelli
poidonne salmeggianti in coro:
Ovivo pan del ciel!...
E`un vecchio che parte; e il paese
gliporta qualcosa che chiese
cantandosotto il cielo d'oro:
Ovivo pan del ciel!...
qualcosache in tanti e tanti anni
cercandotra gioie ed affanni
ancoranon poté riporre
daportar via con sé.
Egli altri si assidono a mensa
maegli ancor cercaancor pensa
alnienteal niente che gli occorre
aun piccolo perché
nelpiccolo passoch'è un volo
dimoscach'è un attimo solo...
Quelgiorno anche per mecampane
sonatepur così
quelcantoin quell'oras'inalzi
portatemio piccoli scalzi
portateloanche a me quel pane
sulvostro mezzodì.
L'imbrunire
Cieloe Terra dicono qualcosa
l'unoall'altro nella dolce sera.
Unastella nell'aria di rosa
unlumino nell'oscurità.
ITerreni parlano ai Celesti
quandoo Terraridiventi nera;
quandosembra che l'ora s'arresti
nell'attesadi ciò che sarà.
Trepianeti su l'azzurro gorgo
trefinestre lungo il fiume oscuro;
settecase nel tacito borgo
settePleiadi un poco più su.
Casenere: bianche gallinelle!
Casesparse: SirioAlgolArturo!
Unastella od un gruppo di stelle
perogni uomo o per ogni tribù.
Quellecase sono ognuna un mondo
conla fiamma dentroche traspare;
ec'è dentro un tumulto giocondo
chenon s'ode a due passi di là.
Etra i mondicome un grigio velo
errail fumo d'ogni focolare.
LaVia Lattea s'esala nel cielo
perla tremola serenità.
Lafonte di Castelvecchio
Ovoi chementre i culmini Apuani
ilsole cinge d'un vapor vermiglio
efa di contro splendere i lontani
vetridi Tiglio;
venitea questa fonte nuovasulle
testela broccanetta come specchio
equilibrandotremulafanciulle
diCastelvecchio;
enella strada che già s'ombrail busso
picchiade' duri zoccolie la gonna
stioccapassandoe suona eterno il flusso
dellaCorsonna:
fanciulleio sono l'acqua della Borra
dovebrusivo con un lieve rombo
sottoi castagni; ora convien che corra
chiusanel piombo.
Avoiprigione dalle verdi alture
puradi venavergine di fango
scendo;a voi sgorgo facile: mapure
verginipiango:
noncome piange nel salir grondando
l'acquatra l'aspro cigolìo del pozzo:
iosolo mando tra il gorgoglio blando
qualchesinghiozzo.
Oh!la mia vita di solinga polla
neltaciturno colle delle capre!
udirsoltanto foglia che si crolla
cardoche s'apre
vespache ronzae queruli richiami
delforasiepe! Il mio cantar sommesso
eratra i poggi ornati di ciclami
semprelo stesso;
sempresì dolce! E nelle estive notti
piùse l'eterno mio lamento solo
s'accompagnavaai gemiti interrotti
dell'assiuolo
piùdolcepiù! Ma date a meragazze
diCastelvecchiodate a me le nuove
delmondo bello: che si fa? le guazze
cadonoo piove?
eper le selve ancora si tracoglie
ofate appietto? ed il metato fuma
ogià picchiate? aspettano le foglie
mollila bruma
ole crinelle empite ne' frondai
incui dall'Alpe è scesa qualche breve
frascadi faggio? od è già l'Alpe ormai
biancadi neve?
Piùnulla io vedoio che vedea non molto
quandochiamavocon il mio rumore
frescoil fanciullo che cogliea nel folto
macolee more.
Colnepotino a me venìa la bianca
vecchiala Matta; e tuttavia la vedo
andarecome vaccherella stanca
vacol suo redo.
Nelladeserta chiesa che rovina
vivela bianca Matta dei Beghelli
più?desta lei la sveglia mattutina
piùde' fringuelli?
Essaveniva al garrulo mio rivo
sempregarrendo dentro séla vecchia:
eiogarrendo ancora piùl'empivo
semprela secchia.
Ah!che credevo d'essere sua cosa!
Conlei parlavoella parlava meco
comeuna voce nella valle ombrosa
parlacon l'eco.
Peròsinghiozzo ripensando a questa
chelasciai nella chiesa solitaria
cheavea due cose al mondoe gliene resta
l'unach'è l'aria.
Temporale
E`mezzodì. Rintomba.
Taccionole cicale
nellestridule seccie.
Echiaro un tuon rimbomba
dopouno stancouguale
rotolaredi breccie.
Rondiniad ali aperte
fannoecheggiar la loggia
de'lor piccoli scoppi.
Giàdopo l'afa inerte
fannorumor di pioggia
lefogline dei pioppi.
Untuon sgretola l'aria.
Sembravenuto sera.
Picchiaogni anta su l'anta.
Serrano.Solitaria
s'odeuna capinera
làche canta... che canta...
El'acqua cadea grosse
gocciepoi giù a torrenti
soprai fumidi campi.
S'èsfatto il cielo: a scosse
v'entranourlando i venti
evi sbisciano i lampi.
Crescein un gran sussulto
l'acquadopo ogni rotto
schiantoch'aspro diroccia;
mentrecol suo singulto
trepidopassa sotto
l'acquazzoneuna chioccia.
Appenatace il tuono
chequando al fin già pare
fatremare ogni vetro
trail vento e l'acquabuono
s'odequel croccolare
co'suoi pigolìi dietro.
Lamia sera
Ilgiorno fu pieno di lampi;
maora verranno le stelle
letacite stelle. Nei campi
c'èun breve gre gre di ranelle.
Letremule foglie dei pioppi
trascorreuna gioia leggiera.
Nelgiornoche lampi! che scoppi!
Chepacela sera!
Sidevono aprire le stelle
nelcielo sì tenero e vivo.
Làpresso le allegre ranelle
singhiozzamonotono un rivo.
Ditutto quel cupo tumulto
ditutta quell'aspra bufera
nonresta che un dolce singulto
nell'umidasera.
E`quella infinita tempesta
finitain un rivo canoro.
Deifulmini fragili restano
cirridi porpora e d'oro.
Ostanco doloreriposa!
Lanube nel giorno più nera
fuquella che vedo più rosa
nell'ultimasera.
Chevoli di rondini intorno!
chegridi nell'aria serena!
Lafame del povero giorno
prolungala garrula cena.
Lapartesì piccolai nidi
nelgiorno non l'ebbero intera.
Néio... e che voliche gridi
mialimpida sera!
Don...Don... E mi diconoDormi!
micantanoDormi! sussurrano
Dormi!bisbiglianoDormi!
làvoci di tenebra azzurra...
Misembrano canti di culla
chefanno ch'io torni com'era...
sentivomia madre... poi nulla...
sulfar della sera.
Inviaggio
Sifermae già fischiaed insieme
trail ferreo strepito del treno
sisente una squilla che geme
làda un paesello sereno
paesellolungo la via:
AveMaria...
Unpocotra l'ansia crescente
dellanera vaporiera
l'addiodella sera si sente
seguirecome una preghiera
seguireil treno che s'avvia:
AveMaria...
Ecome se voglia e non voglia
iltreno nel partir vacilla:
quelsuono ci chiama alla soglia
ealla lampada che brilla
nellacasach'è una badia:
AveMaria...
Ilpadre a quel suono rincasa
facendoun passo ad ogni tocco;
esubito all'uscio di casa
trovail visino del suo cocco
delpiù piccino che ci sia...
AveMaria...
Sichiudela casa; e s'appanna
d'untratto il vocerìo che c'è;
sichiuderistringeaccapanna
perparlare tra sé e sé;
esaluta la compagnia...
AveMaria...
Otinta d'un lieve rossore
casinache sorridi al sole!
pernoi c'è la notte con l'ore
lunghelunghecon l'ore sole
conl'ore di malinconia...
AveMaria...
Iltreno già vola e ci porta
sbuffandol'alito di fuoco;
eancora nell'aria più smorta
cigiunge quell'addio più fioco
dalpaese che fugge via:
AveMaria...
Ecessa. Ma uno che vuole
velargli occhipensar lontano
tragemiti e strilli e parole
trail frastuono or tremolo or piano
odeil suono che non s'oblia:
AveMaria...
Conl'uomo che va nella notte
tragli aspri urlii lunghi racconti
deltreno che corre per grotte
dimontisopra lenti ponti
viennell'ombrìa la voce pia:
AveMaria...
Maria
Tisplende su l'umile testa
lasera d'autunnoMaria!
Tivedo sorridere mesta
trai tocchi d'un'Avemaria:
sorrideil tuo gracile viso;
nétrovail tuo dolce sorriso
nessuno:
cosìcon quelli occhi che nuovi
sifissano in ciò che tu trovi
pervia; che nessuno ti sa;
quelliocchi sì puri e sì grandi
coiquali perdonie domandi
pietà:
quelliocchi sì grandisì buoni
sìpiiche da quando li apristi
nediedero dolci perdoni!
nesparsero lagrime tristi!
quelliocchi cui nulla mai diede
nessunocui nulla mai chiede
nessuno!
quelliocchi che toccano appena
lecose! due poveri a cena
dalriccoignorati dai più;
dueumili in fondo alla mensa
dueospiti a cui non si pensa
giàpiù!
Lamia malattia
I
L'altr'annoero malatoero lontano
aMessina: col tifo. All'improvviso
udivospesso camminar pian piano
apiedi scalzi. Era Mariacol viso
tutt'ombradove un mio levar di ciglia
gettavasempre un lampo di sorriso.
Avolte erano i mortila famiglia
nostra...Io pian piano mi sentia toccare
ilpolsoe sussurrare: - Oh! la mia figlia!
sola!con nulla! con di mezzo il mare! -
II
QuellesereMaria noncome suole
pregavaal mio guancialeco' suoi lenti
bisbiglicon le sue dolci parole:
dolciparole dette per gli assenti
albuon Gesùdette per me: preghiere
perchéin pace riposi e m'addormenti.
Pregae vuol ch'io ripeta. Quelle sere
nullao diceva: "Dormich'hai la voce
debole;è meglio ora per te tacere
dormire;fatti il segno della croce".
III
Iopensava: - Ma dunque ella non crede
piùtanto? Che sarà della sua vita
unvilucchio avvoltato alla sua fede? -
Epensandoalla mente illanguidita
iorichiamava le devozioni
giàdette con le mie tra le sue dita.
Ericordai che tra quei fiochi suoni
chea un Angiolo bisbiglia che li porti
suc'era il Requiem; c'era anche: Vi doni
nostroSignore eterna paceo morti!
IV
Mortiche amatemorti che piangete
mortiche udivo camminar pian piano
nellamianella sua stanza a parete:
chesempre in dubbio d'aspettare in vano
sempreaspettate con pupille fisse
comeil mendicotesa ch'ha la mano
quellepreghiere; oh! sìMaria le disse
quellepreghierema da séma ebbre
dipiantoma di là... che non sentisse
suofratelloche aveva alta la febbre...
Unricordo
Andavanoe tornavano le rondini
intornoalle grondaie della Torre
airondinotti nuovi. Era d'agosto.
Avantila rimessa era già pronto
ilcalessino. La cavalla storna
calavagiùseccata dalle mosche
l'undopo l'altro tutti quattro i tonfi
dell'unghiesu le selci della corte.
Eraun dolce mattinoera un bel giorno:
diSan Lorenzo. Il babbo disse: "Io vo".
Ein un gruppo tubarono le tortori.
Esselà nella paglia erano in cova.
Traquel hu humia madre disse: "Torna
prestino"."Sai che volerò!" "Non correr
tanto:la tua stornella è appena doma".
"Eh!mi vuol bene!" "Addio". "Addio". "Vaisolo?
nonprendi Jên?" "Aspetto quel signore
daRoma..." "E` vero. Ti verremo incontro
aSan Mauro. Io sarò sotto la Croce.
Tuci vedrai passando". "Io vi vedrò".
EMargheritala sorella grande
disedici annidisse adagio: "Babbo..."
"Chehai?" "Hoche leggemmo nel giornale
chec'è gente che uccide per le strade..."
Chinòmio padre tentennando il capo
conun sorriso verso lei. Mia madre
laguardò coi suoi cari occhi di mamma
comedicendo: A cosa puoi pensare!
Ele rondini andavano e tornavano
ainidipiene di felicità.
Miopadre palpeggiò la sua cavalla
chel'ammusò con cenno familiare.
Riguardòle tirelle e il sottopancia
eraccolte le brigliecalmo e grave
sivolse ancora a dire: "Addio!" Mia madre
s'appressòcon le due bimbe per mano:
lapiù piccina a lui toccò la mazza.
Egliteneva il piede sul montante.
Ein un gruppo le tortori tubarono
esi sentì: "Papà! Papà! Papà!"
Eun poco presa egli sentìma poco
pocola canna come in un vignuolo
comev'avesse cominciato il nodo
unvilucchino od una passiflora.
Sì:era presa in una mano molle
maninaancora nuovacosì nuova
chetutto ancora non chiudeva a modo.
Erala bimba che vi avea ravvolte
comepotevale sue dita rosa
eche gemeva: "No! no! no! no! no!"
Miopadre prese la sua bimba in collo
colsuo gran pianto ch'era di già roco;
ela baciòla ribaciò negli occhi
zuppidi già per non so che martoro.
"Nonvuoi che vada?" "No!" "Perché non vuoi?"
"No!no!" "Ti porto tante belle cose!"
"No!no!" La pose in terra: essa di nuovo
stesealla canna le sue dita rosa
glimise l'altro braccio ad un ginocchio:
"No!no! papà! no! no! papà! no! no!"
Nons'udì che quel pianto e quei singulti
neltranquillo mattino tutto luce.
Piùnon raspava i ciottoli con l'unghia
lacavallae volgea la testa smunta
allabimba. E le tortorihuhu!
Poverabimba! non avea compiuti
dueannie ancor dormiva nella culla.
Sapeadi latte il suo gran pianto lungo:
assomigliavaad un vagir notturno.
Miopadre disse: "Non partirò più".
Jêna un suo cennomenò fuor del muro
lacavallaaspettando ad un altro uscio.
Lontanòessa con un ringhio acuto.
Emio padre baciò la creatura
ele disse: "Non vado: entro; mi muto
esto con te. Perché tu sia sicura
prendila canna". Rabbrividì tutta
essacome un uccello quando arruffa
lepiume; le spianò; poi con le due
bracciaabbracciò la canna di bambù.
Edaspettò. Aspetta ancora. Il babbo
nontornò più. Non si rivide a casa.
Loportarono a sera in camposanto
lostesero in un tavolo di marmo
disserooh! sì! dissero ch'era sano
eche avrebbe vissuto anche molti anni.
Mauno squarcio aveva egli nel capo
mapiena del suo sangue era una mano.
Maria!Maria! quel pegno di tuo padre
ciòche di lui rimaseove sarà?
Sorellaa volte penso che tu l'abbia
chetu lo tenga ancora fra le braccia.
Cosìmi pare a volteche ti guardo
etu non vediché tu stai pregando.
Tienile braccia in croceun poco lasse;
etieni ancora gli occhi fissi in alto.
Staicome quando ti lasciò tuo padre;
sicuracome allora. Ma una lagrima
ancorascorre a tedi quellee il labbro
balbettaancorasì: "Papà! Papà!"
Ilnido di "farlotti"
Tragli autunnali giorni ricorre
almio pensiero sempre quel giorno
chedal palazzodalla gran Torre
facemmoun tanto mesto ritorno:
ritornotanto mestosebbene
fossealla bianca nostra casina
cheaveva ai piedi tante verbene
esu pei muri tanta cedrina;
dov'eradietro siepi riquadre
dibiancospinodietro un cancello
verdeciò ch'era della mia madre
nostroma poco; pocoma bello.
Ionon credevafuori che in sogno
fosseroaltrove gigli e giaggioli
eil dolce odore del catalogno
egli agri pomi de' lazzeruoli:
ech'altro al mondo fosse che il troppo
dopole canne fitte dell'orto
ela mimosach'è mortae il pioppo
ch'èmortoe l'alto cedroch'è morto.
Oh!sìcom'era mesto il ritorno
esìla sera com'era mesta
bench'in San Mauro fossequel giorno
un'argentinaromba di festa!
Mamorto il babbo da più d'un mese
nonc'era posto per i suoi nati
piùnella Torresì che al paese
ritornavamocome scacciati.
Nois'era in ottonove con essa
nellacarrozzapiccolistretti
alei che stava bianca e dimessa
tralo scoppiare dei mortaretti;
chesi vedeva pallida e magra
trail rintoccare delle campane.
Noisi tornava per una sagra
senzapiù padre senza più pane.
Edisse un uomo; disse: e l'udiva
ellae ne pianse le lunghe notti
ene fu trista fin che fu viva
unanno: "Un nidove'di farlotti!"
Verlettequando v'odo cantare
nunzieche il caldo viene e la state
nellemattine tacite e chiare
nelleopaline lunghe serate;
Oh!- dico - il nido fatto tra i rovi.
ilvostro nido messo tra il rusco
oh!che il villano non ve lo trovi
ilmolle nido pieno di musco!
cherozzo è fuoriradiche e stecchi
madentro è tutto lana e lichene
doved'un solo tratto sei becchi
s'apronoa un solo grillo che viene!
vienenel becco vostroche intanto
statesur una vetta vicine
spiandoil cibo raro e col canto
cullandoil nido ch'è tra le spine!
Oh!voi nonmentre gettate il grido
chesalva gli altripredi l'astore;
néil bruco e il grillo manchi nel nido
néil calduccino di sotto il cuore!
Equando viene Santa Maria
cherende all'uomo l'arma sua lunga
oh!la covata vostra già sia
buonaa volare; ch'e' non vi giunga!
Sianovolastri per mezzo agosto
nécon la mano l'uomo li pigli
dopoun volettopoco discosto
dalnido... comemadrei tuoi figli!
Ecomeo madrequella parola
tisi confisse tanto nel petto
cheassomigliava la famigliuola
tuanuda a quella d'un uccelletto?
Omadre! o madre! non era vero?
noneran ali dunque le tue?
nonanche prese te lo sparviero
lasciandoil nido senza voi due?
primacon otto bocchepoi sette
seicinque... aperte sempre al tuo volo
aperteinvano... sìdi verlette:
nidofra i duri triboli solo.
Traquei che il falco non ghermì poi
ol'uomo vilemadre mia santa
traquei farlotti piccoli tuoi
unonon vola dunque? non canta?
nonera vero vero? le prime
arienon cantasemplici e tristi?
nonvolain altopoi dalle cime
scendelà dove tu gli sparisti?
Ilsogno della vergine
I
Lavergine dorme. Ma lenta
lafiamma del puro alabastro
leimmemori palpebre tenta;
bussaalla chiusa anima. Il lume
vacillanell'ombracome astro
divita tra un velo di brume.
Echeggianell'animainvasa
dalsonnoquel batteree pare
destarela tacita casa.
Lacasa si desta: un sorriso
s'accendesi muove ed appare
viavia qua e là per il viso...
Lavergine sogna: ed un rivo
disangue stupisce le intatte
suevened'un sangue più vivo
piùtiepido: come di latte...
II
Stupiscele placide vene
quelflutto soave e straniero
quelrivololabilelene
d'ignotasorgenteche sembra
cheinondi di blando mistero
lepie sigillate sue membra.
Legracili membra non sanno
loschiantonon sanno l'amplesso:
nelcuoresìforse un affanno
c'èl'ombra di un palpitol'orma
d'ungrido: il respiro sommesso
d'unvago ricordo che dorma;
chedorma nel cuore ed esali
nelcuore il suo sonno romito.
Lavergine sogna: ecco un alito
piccoloaccanto... un vagito...
III
Unfiglio! che posa nel letto
suovergine! e cerca assetato
lefonti del vergine petto!
Ofiglio d'un intimo riso
dell'anima!o fiore non nato
dasemee sbocciato improvviso!
Tufiore non retto da stelo
tuluce non nata da fuoco
tusimile a stella del cielo;
dalcielo dell'animaov'ora
sbocciastiimprovvisotra poco
tudileguerai nell'aurora.
Intanto tu vivi per una
breveora; in un'animain tanto
divergine; in quella tua cuna
tupiangi il tuo tacito pianto.
IV
Sidondola dondola dondola
senzarumore la cuna
nelmezzo al silenzio profondo;
cosìcome tacito al vento
neltacito lume di luna
sidondola un cirro d'argento.
Oh!dormi col tremolìo muto
dell'esilecuna che avesti!
nonpiangerlo tuttoil minuto
cheavestidell'esile vita!
nelcuore di mamma non resti
quell'ecodi piantoinfinita!
Sorridileguardala; appressati
amammach'ormai non ha più
pervivere un poco ancor essa
cheil poco di fiato ch'hai tu!
V
Illume inquieto ora salta
guizzandoora crepita e scende:
s'èspento. Quiete più alta.
Nell'ombragià raragià scialba
traversole immobili tende
sisfuma la nebbia dell'alba.
Ilfiore improvvisonon sorto
dasemenon retto da stelo...
svanito!Non natonon morto:
svanitonell'alito chiaro
dell'alba!svanito dal cielo
notturnodel sogno! - Cantarono
igallirabbrividì l'aria
s'empìdi scalpicci la via;
dalungi squillò solitaria
lavoce dell'Avemaria.
Ilmendico
I
Solettosu l'orlo di un lago
cheal rosso tramonto riluce
v'èun uomo col refe e con l'ago
checuce
tral'erica bassa.
Ecuce; e nel cielo turchino
giàridono l'aspre civette
eil lago sul capo suo chino
riflette
qualcheala che passa.
Ecuce; e i suoi cenci nell'acqua
trapuntadi tacite bolle
sispecchianoe l'ombra li sciacqua
conmurmure molle.
II
Main tanto cheombrato da un velo
nell'acquail lavoro suo fiotta
tral'urto dei cirri del cielo
s'èrotta
latenue gugliata.
Eglialza la testa. Il suo filo
s'èrotto; e si sente dai tufi
dall'inaccessibileasilo
deigufi
lamorte che fiata.
Epiccolo il sole che muore
gliappare traverso la cruna
dell'ago.Egli dice nel cuore:
-Ti lodoFortuna!
III
Nelmondo a te piacque gettare
tuofiglioterribile e gaia
siccomeal fanciullonel mare
laghiaia
chesbalzi su l'onde.
Matutto m'hai dato a ch'io viva:
lamanoche regge la croce
ilpiedeche mai non arriva
lavoce
cuiniuno risponde.
M'haidato la dolce speranza
chearretra se il cuore si avvia
l'immemorecuore che avanza
sunave che scìa.
IV
Hoerrato seguendo le foglie
cheil vento sospinge per gioco
sostandonon più che alle soglie
perpoco
tral'ira dei cani.
Hoerrato nel mondo sì bello
seguìtoda un cupo latrato
tendendoall'oblìo del fratello
mutato
lesimili mani.
Songiunto: alla tomba; che trova
contiguala querula cuna
com'ondaad ogni attimo nuova
ritrovala duna.
V
Sea me non fu dato vederti
maiora nonavida ancora
tentandole palpebre inerti
lavora
lacieca pupilla.
Senon mi porgesti né un sorso
didolcele fauci inquiete
nonm'arde con vano rimorso
lasete
dell'ultimastilla.
Nonvidi che neronon bebbi
chefiele; ma ingrato non sono:
tilodo per ciò che non ebbi;
chenon abbandono.
VI
Nonebbi il superbo banchetto
traquelli che aspettano al canto
lemiche: e né letto né tetto
tratanto
dipopolo nudo.
Nonverso nell'ultimo istante
lalagrima vile a versarsi:
laprima! la sola! E le tante
ch'iosparsi
congli occhi le chiudo.
Ionudobussando alle porte
tidiconell'ora che imbruna:
Didolce sol ebbi la morte;
matutto è quest'una!
VII
Iot'amo pel freddo e lo stento
l'insonniail digiunol'affanno
cuidevo che senza sgomento
chefanno
ch'espertoio rimuoia.
Iot'amo perch'ora meschino
nonchiedofelice non rendo;
mastanco del lungo cammino
discendo
senz'ontadi gioia;
discendolaggiù tra le grame
miegentinel mondo che tace
tragli umili morti di fame
chedormono in pace. -
VIII
Sul'orlo d'un lago nei monti
frastridulo ansare di grilli
sullago in cuiluna che monti
scintilli
c'èun neroc'è un mucchio
disquallidi cenci e di membra
c'èun uomo con gli occhi rivolti
nellagoe che attonito sembra
cheascolti
l'eternorisucchio:
esimile a sogno di nulla
nell'acquac'è l'ombra sua bruna
cheappena si dondola e culla
nellume di luna.
Ov'è?
C'èuno di nuovo stamane
sunella casa solitaria.
Dall'uscioleva il muso il cane
neodora la vocina in aria.
Eppurefu notte serena!
nél'uscio sui gangheri appena
ciulì...
Nonl'hanno (che dicono?) preso
inuna ceppa di castagno!
Stanottesi sarebbe inteso
nelgran silenzio quel suo lagno.
Invecenei prati tranquilli
nonc'era che il canto dei grilli:
tri...tri...
Nonl'hanno comprato alla fiera
nonl'hanno avuto dal convento.
Stanotteper le vie non c'era
chequalche scalpiccìo del vento;
eintorno alle tacite case
poisola la voce rimase
delchiù.
Lecase eran tacitechiare
levie; dormiva il cane all'uscio.
Incasa egli dovette entrare
comeil pulcino nel suo guscio!
Cadevanostelle celesti
brillando...Oh! dal cielo cadesti
purtu!
Dalcielo! Dal cielo! che piove
laguazza su le dure zolle.
Tusei cadutoe non sai dove
egiri l'occhio tutto molle.
Nonfu la caduta di nulla!
Mac'era una morbida culla
perte!
Oh!il mondo in cui oggi ti trovi
deltuo cielo non t'è più caro!
faitante rughe! e sempre muovi
laboccache ci senti amaro!
Oh!il cielo! il tuo cielo! e ne chiedi
colfievole grido a chi vedi:
ov'è?ov'è?
Nechiedi ai ragazzicol giorno
venutisopra il piè leggieri
ealle rondini che intorno
passanocome lampi neri.
Népiùtra il bisbiglio e il sussurro
capisciil tuo cielo d'azzurro
dov'è!
Zitti!...ora non chiede più nulla:
dov'èsua madre gliel'ha detto.
Alei lo porser dalla culla;
lamamma se l'è messo al petto.
Oh!ecco il suo cielo infinito!
epiù non si sente il vagito:
ov'è?ov'è?
Laservetta di monte
Sonousciti tutti. La serva
èin cucinasola e selvaggia.
Inun canto siede ed osserva
tantirami appesi alla staggia.
Faun giro con gli occhie bel bello
ritornaa guardarsi il pannello.
Nonc'è nulla ch'essa conosca.
Tuttopende tacito e tetro.
Enon ode che qualche mosca
ched'un tratto ronza ad un vetro;
nonode che il croccolìo roco
cherende la pentola al fuoco.
Ilmusino aguzzo del topo
èapparito ad uno spiraglio.
E`sparitoper venir dopo:
fagià l'acqua qualche sonaglio...
Lontanolontano lontano
sisente sonare un campano.
E`un muletto per il sentiero
ches'arrampica su su su;
chetra i faggi piccolo e nero
sivede e non si vede più.
Mail suo campanaccio si sente
sonarecontinuamente.
E`forse anco un'ora di giorno.
C'ènell'aria un fiocco di luna.
Comeè dolce questo ritorno
nellasera che non imbruna!
peruna di queste serate!
tratanto odorino d'estate!
Laragazza guardae non sente
piùil campano che a quando a quando.
Glielovela forse il torrente
chea' suoi piedi cade scrosciando;
seforse non glielo nasconde
labrezza che scuote le fronde;
odil canto dell'usignolo
chetacendo passero e cincia
solosolo con l'assiuolo
lasua lunga veglia comincia
ch'hafine su l'albaalla squilla
nelcielodella tottavilla.
Addio!
Dunquerondini rondiniaddio!
Dunqueandatedunque ci lasciate
perpaesi tanto a noi lontani.
E`finita qui la rossa estate.
Appassiscel'orto: i miei gerani
piùnon hanno che i becchi di gru.
Dunquerondini rondiniaddio!
Ilrosaio qui non fa più rose.
Lungoil Nilo voi le rivedrete.
Voleretesopra le mimose
dellaKhaladentro le ulivete
delsolingo Achilleo di Corfù.
Oh!serondini rondinianch'io...
Voicantate forse morti eroi
suquest'albedalle vostre altane
quandoascolto voi parlar tra voi
nellavostra lingua di gitane
unalingua che più non si sa.
Oh!serondini rondinianch'io...
Oson forse gli ultimi consigli
aipiccini per il lungo volo.
Rampicatistanno al muro i figli
cheal lor nido con un grido solo
sirivolgono a dire: Si va?
Dunquerondini rondiniaddio!
Nonsaranno quelle che le case
hanmurato questo marzo scorso
chea rifarne forse le cimase
striscerannosopra il Rio dell'Orso
cherugliavae non mormora più.
Dunquerondini rondiniaddio!
Masaranno pur gli stessi voli;
masaranno pur gli stessi gridi;
quellagioiaper gli stessi soli;
quell'amorenegli stessi nidi;
risaràtutto quello che fu.
Oh!serondini rondinianch'io...
ioli avessi quattro rondinotti
dentroquesto nido mio di sassi!
ch'iovegliassi nelle dolci notti
chein un mesto giorno abbandonassi
allalibera serenità!
Oh!serondini rondinianch'io...
rivolandosu le vite loro
ritrovandol'alba del mio giorno
rimurassisempre il mio lavoro
ricantassisempre il mio ritorno
mioritorno dal mondo di là!
Ilritratto
I
Nelcollegio d'Urbino il mio fratello
facevain grande un piccolo ritratto.
Quandoil già fatto a noi parea pur bello
sottola gomma il bello era già sfatto.
Tornavamoscontenti alla finestra
perguardareintrecciati alla ringhiera
seuna carrozza per la via maestra
montavanella pace della sera.
Erapace nei cuori. Era l'esame
passatoalfine con le sue lunghe ore:
tranquilloalfine da più dì lo sciame
ronzavanella nuova arnia maggiore.
Piùgrande all'improvviso ogni fanciullo
siritrovava dopo tante acquate;
ilboccio apriva i petali in un frullo
meravigliandoche già fosse estate;
eche fosse già coltoanziil ciliegio
mache di rosa si tingesse il melo;
chefosse tanto verde oltre il collegio
ch'oltrela scuola fosse tanto cielo.
Sironzava: non altro. Fra due scuole
giàchiuseuna di fronteuna alle spalle
nelmezzo c'era l'ariac'era il sole
odordi timo e voli di farfalle.
Manell'orepiù brevi ma più lente
distudiotra due librich'uno troppo
sapevae l'altro non sapea più niente
stanchidel nostro insolito galoppo
contra le mani che sentian di lauro
edi bussole guancie ancor di fiamma
noipensavamo al nostro bel San Mauro
albabbo atteso d'ora in oraa mamma...
Seil babboa casacol più grande ch'era
giàdi liceoportava anche noi tre!...
Eraquellolo studio: una preghiera
primache al babboo Dio presentea te!
II
Ilpiù grandeun fanciullo esile e bianco
nostrobabbo d'Urbinoal suo ritratto
calmoattendeva; ed ogni tanto al fianco
gliera un di noi che gli chiedeva: E` fatto?
Quasi...Ma il babbo arriva questa sera.
edil ritratto non sarà finito!
Tornavamoa intrecciarci alla ringhiera
ariguardaread appuntare il dito
adireVedi? a direViene! O belle
seratefin che il cielo era celeste
ele vie bianchee non ardean le stelle
soprail nero di monti e di foreste!
Macrescendo il silenziocome triste
sonavala campana della cena;
mentrestelle lassùviste e non viste
cadevanper l'oscurità serena!
Oh!non venivanon veniva ancora!
Ilritrattosìforse era venuto.
Anchedue segnil'opera d'un'ora
didue: sarebbe vivobenché muto.
Sì:finito in alcune oredomani!
esì: domanici sarebbe anch'esso!
Lospiegherebbe tra le sue due mani
sorriderebbetacito a sé stesso;
equindi al figlioal caro primoal vanto
dicasaal fiore che già dava il frutto:
epoicon gli occhi molli un po' di pianto;
ancheai minori - Eh! sapevate tutto? ! -
troverebbeuna lode anche per loro...
Domanidunqueall'ora del tramonto.
Ilfanciulloil domaniera al lavoro;
versosera il lavoro era già pronto.
Mancavaun nulla. Noi fissi alla via
auna carrozza che montava su...
Oh!gittò un gridospinse tutto via
etutto in pianto non lavorò più!
III
Erail dieci d'agosto. Era su l'ora
delloscurire. L'ora del ritorno.
Nonattese al ritratto egli d'allora
più.Mai piùda quell'ora e da quel giorno.
Quellasera restammo alla finestra
ancoraancora. Ma pareva in vano.
Sì:erail babboin una via maestra:
sìma comema quanto era lontano!
Oltremontioltre fiumioltre pianure
oltrecittà. Veniva da Cesena.
Dibuon trotto. Non anco erano oscure
lestrade. Solo. L'animaserena.
Oltrefiumicittàmontida un monte
ilcaro figlio lo guardava in viso:
nesfiorava la bianca larga fronte
sorridevaal suo placido sorriso.
Oh!mio fratelloche fu mai? La bianca
fronted'un tratto si macchiò di stille
rossela testa in un attimo stanca
persempresi piegòcon le pupille
fermein eterno... O tu che sei congiunto
aluich'oltre lo spaziooltre la vita
vedevialloraoh! non egli in quel punto
sisentì su la fronte le tue dita?
Latua carezza non gli fu conforto
trail sudor freddo e il rompere del sangue?
Nongli fu meglioo mio fratello morto
nonveder là un doppio teschio esangue
dietrola siepee due vili ombre nere
fuggirnell'ombra; ma veder tenoi?
miserisìper semprema vedere
nellavia sola quattro figli suoi?
Nellavia soladopo il soprassalto
dipiantotutti quattroorfani già
guardammoancora. E poi guardammo in alto
caderle stelle nell'oscurità.
Lacavalla storna
NellaTorre il silenzio era già alto.
Sussurravanoi pioppi del Rio Salto.
Icavalli normanni alle lor poste
frangeanla biada con rumor di croste.
Làin fondo la cavalla eraselvaggia
natatra i pini su la salsa spiaggia;
chenelle froge avea del mar gli spruzzi
ancorae gli urli negli orecchi aguzzi.
Consu la greppia un gomitoda essa
eramia madre; e le dicea sommessa:
"Ocavallinacavallina storna
cheportavi colui che non ritorna;
tucapivi il suo cenno ed il suo detto!
Egliha lasciato un figlio giovinetto;
ilprimo d'otto tra miei figli e figlie;
ela sua mano non toccò mai briglie.
Tuche ti senti ai fianchi l'uragano
tudài retta alla sua piccola mano.
Tuch'hai nel cuore la marina brulla
tudài retta alla sua voce fanciulla".
Lacavalla volgea la scarna testa
versomia madreche dicea più mesta:
"Ocavallinacavallina storna
cheportavi colui che non ritorna;
losolo soche tu l'amavi forte!
Conlui c'eri tu sola e la sua morte.
Onata in selve tra l'ondate e il vento
tutenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendolasso nella bocca il morso
nelcuor veloce tu premesti il corso:
adagioseguitasti la tua via
perchéfacesse in pace l'agonia..."
Lascarna lunga testa era daccanto
aldolce viso di mia madre in pianto.
"Ocavallinacavallina storna
cheportavi colui che non ritorna;
oh!due parole egli dové pur dire!
Etu capiscima non sai ridire.
Tucon le briglie sciolte tra le zampe
condentro gli occhi il fuoco delle vampe
connegli orecchi l'eco degli scoppi
seguitastila via tra gli alti pioppi:
loriportavi tra il morir del sole
perchéudissimo noi le sue parole".
Stavaattenta la lunga testa fiera.
Miamadre l'abbracciò su la criniera
"Ocavallinacavallina storna
portavia casa sua chi non ritorna!
amechi non ritornerà più mai!
Tufosti buona... Ma parlar non sai!
Tunon saipoverina; altri non osa.
Oh!ma tu devi dirmi una una cosa!
Tul'hai veduto l'uomo che l'uccise:
essot'è qui nelle pupille fise.
Chifu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
Etu fa cenno. Dio t'insegnicome".
Orai cavalli non frangean la biada:
dormiansognando il bianco della strada.
Lapaglia non battean con l'unghie vuote:
dormiansognando il rullo delle ruote.
Miamadre alzò nel gran silenzio un dito:
disseun nome... Sonò alto un nitrito.
Inritardo
El'acqua cade su la morta estate
el'acqua scroscia su le morte foglie;
etutto è chiusoe intorno le ventate
gettanol'acqua alle inverdite soglie;
eintorno i tuoni brontolano in aria;
senon qualcuno che rotola giù.
Apersiun poco la finestra: udii
rugliarein piena due torrenti e un fiume;
emi parve d'udir due scoppiettìi
edi vedere un nereggiar di piume.
Orondinella spersa e solitaria
perquesto tempo come sei qui tu?
Oh!non è questo un temporale estivo
colgiorno buio e con la rosea sera
serache par la sera dell'arrivo
tenerae fresca come a primavera
quandotrovati i vecchi nidi al tetto
lisalutava allegra la tribù.
Sen'è partita la tribùda tanto!
tantoche forse pensano al ritorno
tantoche forse già provano il canto
checanteranno all'alba di quel giorno:
sognanol'alba di San Benedetto
nellontano Baghirmi e nel Bornù.
Echiudo i vetri. Il freddo mi percuote
l'acquami sferzami respinge il vento.
Nonpiù gli scoppiettìima le remote
vocidei fiumima sgrondare io sento
semprepiù l'acquarotolare il tuono
ilvento alzare ogni minuto più.
Efuori vedo due ombredue voli
duevolastrucci nella sera mesta
rimastiqui nel grigio autunno soli
ch'alianosoli in mezzo alla tempesta:
rimastiaddietro il giorno del frastuono
dellegrida d'amore e gioventù.
Sonpadre e madre. C'è sotto le gronde
unnidoin fila con quei nidi muti
illor nido che geme e che nasconde
seirondinini non ancor pennuti.
Alprimo nido già toccò sventura.
Feceroquesto accanto a quel che fu.
Oh!tardi! Il nido ch'è due nidi al cuore
hafame in mezzo a tante cose morte;
el'anno è mortoed anche il giorno muore
eil tuono mugliae il vento urla più forte
el'acqua frusciaed è già notte oscura
equello ch'era non sarà mai più.
ILRITORNO A SAN MAURO
Lerane
Hovisto inondata di rosso
laterra dal fior di trifoglio;
hovisto nel soffice fosso
lesiepi di pruno in rigoglio;
ei pioppi a mezz'aria man mano
distendereun penero verde
lunghessola via che si perde
lontano.
Qualè questa via senza fine
cheall'alba è sì tremula d'ali?
chichiamano le canapine
coilunghi lor gemiti uguali?
Trai rami giallicci del moro
chisquilla il suo tinnulo invito?
chisvolge dal cielo i gomitoli
d'oro?
Iosento gracchiare le rane
daiborri dell'acque piovane
nell'umidaserenità.
Efanno nel lume sereno
lostrepere nero d'un treno
cheva...
Unsufolo suonaun gorgoglio
soavesolingosenz'eco.
Tracampi di rosso trifoglio
tracampi di giallo fiengreco
mitrovo; mi trovo in un piano
chealbeggiatra il verdedi chiese;
mitrovo nel dolce paese
lontano.
Perl'ariami giungono voci
conuna sonorità stanca.
Dasiepilunghe ombre di croci
sistendono su la via bianca.
Notandonel cielo di rosa
miarriva un ronzìo di campane
chedice: Ritorna! Rimane!
Riposa!
Esento nel lume sereno
lostrepere nero del treno
chenon s'allontanae che va
cercandocercando mai sempre
ciòche non è maiciò che sempre
sarà...
LaMessa
Lasquilla sonava l'entrata.
Dicevacon voce affrettata:
-Non entri? Non entri? Perché?
C'èun rito con fioricon ceri
confiocchi d'incenso leggieri.
Suentraché suono per te.
Udraidopo un chiaro tintinno
salirela gloria d'un inno
dall'organoche gemerà.
C'èun vecchio che mormora stanco
contutto un suo tremolìo bianco
paroledi felicità.
Lapanca vedrai dove un giorno
venivacoi piccoli intorno
tuamamma: venivi anche tu.
Pregava(tuo padre non c'era)
pregava;ma quella preghiera
s'èforse smarrita laggiù.
T'udrai(sa il tuo nome!) chiamare
daquella... Ha le lagrime amare
delcuore che invano pregò.
Nonentri? Anche tu piangerai.
Mail piangere è buonolo sai;
mail piangere è buonolo so.
Sonaiper tua mamma... ma grave
madolcema piacome un Ave.
sonaiper la madre che fu!
Sonaicon rintocchi sì piani!
pensandoche aveva lontani
voibimbiche non vide più... -
Latessitrice
Mison seduto su la panchetta
comeuna volta... quanti anni fa?
Ellacome una voltas'è stretta
sula panchetta.
Enon il suono d'una parola;
soloun sorriso tutto pietà.
Labianca mano lascia la spola.
Piangoe le dico: Come ho potuto
dolcemio benepartir da te?
Piangee mi dice d'un cenno muto:
Comehai potuto?
Conun sospiro quindi la cassa
tiradel muto pettine a sé.
Mutala spola passa e ripassa.
Piangoe le chiedo: Perché non suona
dunquel'arguto pettine più?
Ellami fissa timida e buona:
Perchénon suona?
Epiangee piange - Mio dolce amore
nont'hanno detto? non lo sai tu?
Ionon son viva che nel tuo cuore.
Morta!Sìmorta! Se tessotesso
perte soltanto; comenon so;
inquesta telasotto il cipresso
accantoalfine ti dormirò. -
Casamia
Miamadre era al cancello.
Chepianto fu! Quante ore!
Lìsotto il verde ombrello
dellamimosa in fiore!
M'erala casa avanti
tacitaal vespro puro
tuttafiorita al muro
dirose rampicanti.
Ellanon anche sazia
dilagrimeparlò:
-Saidopo la disgrazia
ciristringemmo un po'... -
Unalieve ombra d'ale
annunziòla notte
lungole bergamotte
ei cedri del viale.
-ci ristringemmo un poco
conle tue bimbe; e fanno... -
Erail suo dire fioco
fiococon qualche affanno.
S'udivanosussurri
cupidi macroglosse
sule peonie rosse
esui giaggioli azzurri.
-Fanno per casa (io siedo)
letue sorelle tutto.
Quandocosì le vedo
colgrembiul biancoin lutto... -
Iovidi allor la mia
vitapassar soave
trale sorelle brave
pressola madre pia.
Dissi:- Oh! restare io voglio!
Vidinel mio cammino
alsangue del trifoglio
pressoil celeste lino.
Quisperderò le oscure
nubie la mia tempesta
pressola madre mesta
trale sorelle pure!
Lavoreròdi lena
tuttoil gran giorno; e sento
ch'allatua parca cena
m'assideròcontento
quandodal mio lavoro
ola tua lieve mano
odil vocio lontano
michiameràdi loro.
Esarò lieto e ricco
iodelle mie fatiche
quandoogni tenue chicco
germineràtre spiche.
Ecomprerò leggiadre
vestialle mie fanciulle
el'abito di tulle
allalor dolce madre. -
Cosìdicevo: in tanto
ellapiangea più forte
egocciolava il pianto
perle sue guancie smorte.
S'udivanosussurri
cupidi macroglosse
sule peonie rosse
esui giaggioli azzurri.
-Oh! tu lavorerai
doveson io? Ma dove
soniofigliuolosai
cinevica e ci piove! -
Unalieve ombra d'ale
annunziòla notte
lungole bergamotte
ei cedri del viale.
-Oh! dolce qui sarebbe
vivere?oh! qui c'è bello?
Altriqui nacque e crebbe!
Iostovedial cancello. -
M'erala casa avanti
tacitaal vespro puro
tuttafiorita al muro
dirose rampicanti.
Miamadre
Zitticoi cuori colmi
ciallontanammo un poco.
Trail nereggiar degli olmi
brillavail cielo in fuoco.
...Come fa presto sera
odolce madrequi!
Vidiuna massa buia
dilà del biancospino:
viravvisai la thuia
l'ippocastanoil pino...
...Or or la mattiniera
vocemandò il luì;
Trai pigolìi dei nidi
iovi sentii la voce
miadi fanciullo... E vidi
nelcroceviala croce.
...sonava a messaed era
l'albadel nostro dì:
Evidi la Madonna
dell'Acquaerma e tranquilla
conun fruscìo di gonna
dentroe l'odor di lilla.
...pregavo... E la preghiera
dimente già m'uscì!
Sospiròellapiena
dinon so che sgomento.
Iome le volsi: appena
vidiil tremor del mento.
...Come non è che sera
madred'un solo dì?
Mela miravo accanto
esilesìma bella:
pallidasìma tanto
giovane!una sorella!
biondacosì com'era
quandoda noi partì.
Commiato
Unastella sbocciò nell'aria.
Lerisplendé nelle pupille.
Sula campagna solitaria
tremavail pianto delle squille.
-E` orao figlioora ch'io vada.
Sonostata con te lunghe ore.
Traquesti bussi è la mia strada;
latuatra quelle acacie in fiore.
Siibuono e forteo figlio mio:
vadove t'aspettano. Addio!
...Venircon te? Ma non è dato!
Saipure: m'han cacciata via.
Cifu chi non mi volle allato
nelmondocosì larga via;
chinon permise chesia pure
stessicon le mie creature.
...Tuvenir qui? Viene chi muore...
Etu vuoi dunque venir qui.
Seistanco: è vero? Hai male al cuore.
Quelmale l'ebbi anch'ioZvanî!
E`un male che non fa dormire;
mache alfine poi fa morire. -
Sichiudevano i casolari.
Cresceval'ombra delle cose.
Ancortra i lontani filari
trasparivacolor di rose.
-Ma dimmio madredimmi almeno
senel tramonto del suo giorno
tuofiglio si deve sereno
preparareper un ritorno!
seciò che qualcuno ci prende
v'èqualch'altro che ce lo rende!
Ricorderòquella preghiera
conquei gesti e segni soavi;
tuofiglio risarà qual era
allorache glieli insegnavi:
s'abbracceràtutto all'altare:
mafa che ritorni a sperare!
Asperare e ora e nell'ora
cosìbella se a te conduce!
Omadrefa ch'io creda ancora
inciò ch'è amorein ciò ch'è luce!
Omadrea me non direAddio
sedi là èse teco è Dio! -
Sfiorivail crepuscolo stanco.
Cadevadal cielo rugiada.
Nonc'era avanti meche il bianco
dellasilenziosa strada.
Giovannino
Inuna brecciaallo smorir del cielo
vidiun fanciullo pallido e dimesso.
Ilfior caduto ravvisò lo stelo;
ionel fanciullo ravvisai me stesso.
Cirivedemmo all'ultimo riflesso;
esìl'uno dell'altro ebbe pietà.
Glidissi: - Tu sei qui solo soletto:
unmucchiarello d'alga presso il mare.
Haivisto un chiusoe tu non hai più tetto;
dilà c'è gentee tu vorresti entrare.
Oh!quella casa è senza focolare:
nonc'èfuor che silenzioaltrodi là. -
Scossei capelli biondi di su gli occhi.
-No! - mi rispose: - là c'è il camposanto.
Tuamadre ti riprende sui ginocchi;
tuti rivedi i fratellini accanto.
Sitrova un bacio quando qui s'è pianto;
sitrova quello che smarrimmo qui. -
-O fior caduto alla mia vita nuova! -
iorispondeva- o raggio del mattino!
Iopersi quello che non più si trova
evano è stato il lungo mio cammino.
Anotte io vedostanco pellegrino
chedeviai su l'alba del mio dì!
Felicete che a quello che rimpiango
cosìda pressoal limitarrimani! -
-Misero meche fuori ne rimango
cosìlontano come i più lontani!
Allaporta che s'apre alzo le mani
matu sai ch'io... non posso entrarvi più.
S'aprea tant'altri gracili fanciulli
addormentatisui lor lunghi temi
addormentatiin mezzo ai lor trastulli;
s'apreappena e si chiude e par che tremi:
assaiselàvenir tra i crisantemi
vedola rossa veste di Gesù!... -
Ilbolide
Tuttoannerò. Brillavain alto in alto
ilcielo azzurro. In via con me non c'eri
inlontananzase non tuRio Salto.
Ionon t'udiva: udivo i cantonieri
tuoile ranegridar rauche l'arrivo
d'acquasempre acquaa maceri e poderi.
Ricordavo.A' miei venti annimal vivo
pensaitramata anche per me la morte
nelsangue. Esoloa notte altavenivo
perquesta viadove tra l'ombre smorte
erail nemicoforse. Io lento lento
passavae il cuore dentro battea forte.
Macolui non vedrebbe il mio spavento
sebbentremassi all'improvviso svolo
d'unalucciolaa un sibilo di vento:
lentolento passavo: e il cuore a volo
andavaavanti. E che dunque? Uno schianto;
esu la strada rantolereisolo...
nonon solo! Lì presso è il camposanto
conla sua fioca lampada di vita.
Accorrerebbela mia madre in pianto.
Misfiorerebbe appena con le dita:
lesue lagrimecome una rugiada
nell'ombrasentirei su la ferita.
Verrannogli altrie me di su la strada
porterannocon loro esili gridi
amedicare nella lor contrada
cosìsoave! dove tu sorridi
eternamentesopra il tuo giaciglio
fattodi muschi e d'erbecome i nidi!
Mentrepensavoe già sentìasul ciglio
delfossonella siepeoltre un filare
divitidietro un grande olmoun bisbiglio
truceun lampouno scoppio... ecco scoppiare
ebrillarecadereesser caduto
dall'infinitotremolìo stellare
unglobo d'oroche si tuffò muto
nellecampagnecome in nebbie vane
vano;ed illuminò nel suo minuto
siepisolchicapannee le fiumane
errantial buioe gruppi di foreste
ebianchi ammassi di città lontane.
Gridairapito sopra me: Vedeste?
Manon v'era che il cielo alto e sereno.
Nonombra d'uomonon rumor di péste.
Cieloe non altro: il cupo cielopieno
digrandi stelle; il cieloin cui sommerso
miparve quanto mi parea terreno.
Ela Terra sentii nell'Universo.
Sentiifremendoch'è del cielo anch'ella.
Emi vidi quaggiù piccolo e sperso
erraretra le stellein una stella.
TraSan Mauro e Savignano
Unavoce ora udii nel camposanto.
-Dal tetro sonno in pieno dì mi scosse
unlungo squillo che parea di pianto.
E...Oh! speranza del mio cuor superba!
Imiei cari lasciai nelle lor fosse
dormireavvolti in bianche fibre d'erba.
Cantavanoun soave inno le trombe
dipianto e gloria; ed echeggiava lento
sul'immobilità delle altre tombe.
Lamia sussultò sola. Era d'un grande
popoloil passo... mi parea che al vento
s'esalassel'odor delle ghirlande...
Chivenne in pia soavità di rose
allasua pace? Forse... Ora che ai vivi
april'animeo notteombri le cose;
vado:la voglio rimirarcon l'orme
delpensiero ma già sui semprevivi
calmala fronte di colui che dorme.
Odordi fiori mi conduce ov'egli
dorme...Non è chi mi sperava il cuore.
Nonè. Non è... Ma chi sei tu? Tu vegli!
Oh!non hai pace!... Io so chi sei... chi eri.
Tusei colui che uccide e che poi muore.
Oh!son annison anni anni... Fu ieri.
Tunon hai fatto che bagnar la fossa
tuadel mio sangue. E tu davi la morte
cheignoravi? Ma eri anche tu d'ossa.
L'uomonon ti punì? Tu dalla vita
giungitra i fiori? Hai oggi dalla morte
lapena che sarebbe oggi finita.
Riposeresti...Oh! i figli miei! Tu giungi
ordalla vita. Alcuni già qui sono
conmecon noi. Gli altrinon soma lungi.
Unadormiva ancora nella culla.
Tuttipiccolitristiin abbandono
escoramento... Ne sai nulla?... Nulla.
Avevii tuoi... Ma ioio ombra esangue
iodi qui sopra le lor nude vite
gettoil mantello del mio puro sangue.
Sefanno il maleli difendo iosorto
suloro. Uominime me non punite
sechi m'ucciseinfuria su me morto!
Sepoi si sono strettiumili e proni
allor destino e nella terra amara
perbontà loro vollero esser buoni;
oh!benedetti! E il tristo ieri adorni
oggidi fiori semplici la cara
miserioladei lor miti giorni.
Mase alcuno di lorodallo stento
dellasua giovinezzaa poco a poco
avessealzatooh! non la fronte e il mento
mail cuore! il cuore! se dalla sua creta
insanguinataavesse tratto il fuoco!
sefossequel mendicoora un poeta!
fosseun consolatoreegli cui niuno
consolò!fosseil derelittoun forte!
ungrande fosse l'orfano digiuno!...
Iosogno! Io sognoo muto autor del male!
mase di quelli che dannasti a morte
colpadre lorofosseunoimmortale!
Oh!se quicon soavi innia' suoi morti
ch'egliamò tantoil popolo suo mai
inun giorno d'amornon lo riporti;
iolà saròcol figlio mio sepolto
chemi ridona ciò che gli donai
chem'ha ridato ciò che tu m'hai tolto! -
Ohpadre!... Gli astri... VegaAquilaArturo...
splendeanosopra il camposanto oscuro...
APPENDICE
Diarioautunnale
(1907)
I
Bologna1 novembre.
Chefanno làpresso la muta altana
icrisantemii nostri fiorche fanno?
Oh!stanno làcon la beltà lor vana
acapo chinolagrimandostanno.
Pensanoche quest'anno sei lontana
lagrimanoche non ci sei quest'anno.
Nontorna più! mormora la campana...
Male cincie: Sì! Sì! Ritorneranno!
II
Bologna2 novembre.
Peril vialeneri lunghi stormi
facendotutto a man a man più fosco
passano:pretinella nebbia informi
chevanno in riga a San Michele in Bosco.
Vanno.Tra loro parlano di morte.
Cadonosopra loro foglie morte.
Sonocon loro morte foglie sole.
Vannoa guardare l'agonia del sole.
III
Torredi San Mauro.
Nottedal 9 al 10 novembre.
Dormiisopra la chiesa della Torre.
Cantarla notteudii soave e piano.
Udiitra sonno e sonnovoci e passi
etintinnire il campanello d'oro
edun fruscìo di pii bisbigli bassi
edun ronzìo d'alte preghiere in coro
eduna gloria d'organo canoro
chedileguava a sospirar lontano.
Asospirar così soave e piano!
Erauna messa. Santo! Santo! Santo!
Maeran voci morte che cantare
udiila notte fino sul mattino:
unmorto prete curvo su l'altare
unbimbo morto ritto sul gradino
consu le spalle il suo lenzuol di lino
inche l'avvolse la sua madre in pianto.
Erala messa. Santo! Santo! Santo!
Masul mattino ecco garrir gli uccelli:
-No: era il vento quel ronzìo che udisti
eranopioggia quei bisbigli bassi.
Frusciavanalto i vecchi abeti tristi
brusivancupo i tristi vecchi tassi.
Eranofogliefoglie secchei passi
caduteai vecchi tigliai vecchi ornelli. -
Cosìgarrendo mi dicean gli uccelli.
Ei vecchi alberi: - Il tempocome corre!
Quelcampanello era il tuo vecchio cuore
incui battean vecchie memorie care;
male altre vocifievoli o sonore
dinoinon le potevi ricordare...
Siamodi dopo!... A que' tuoi giornipare
tuttoera a prato avanti quella Torre. -
IV
Bologna14 novembre.
Laluna par che adagio si avvicini
aSan Michelee guardi nel Convento.
No:non ci sono fratima bambini...
fuoridel nido. Ella ristà tra il vento.
Hanl'ali rotte... Ma nei letti bianchi
dormonoin lunghe filecome stanchi;
stanchidi voliora sognati almeno
chepoi la madre li raccoglie al seno.
Laluna ascolta. Non li vuol destare
mavuol vedere; e se ne vama sale.
Illuminaredeve i monti e il mare
maun raggio manda anche sul lor guanciale.
Esale il cielol'alto cielo buono;
cercale stelle in cielo: dove sono?...
ecorre e cerca: dove mai son elle?...
Vuoldir la cosa alle virginee stelle.
V
Bologna20 novembre.
Ilponte sull'Aposa
Aposatrista! Il povero al tuo ponte
sostae non altri. Siede sul sedile
néguarda: non a valle non a monte:
nonalle torri lunghe e sdutteche oggi
sfumanoin grigionon a quelle file
d'alticipressi tra i castagni roggi:
ascoltaa capo chinoad occhi bassi
teche laggiù brontoli cupae passi.
Ate vengono gli uomini infelici
Aposatrista! E nella solitaria
nottea qualcuno tristi cose dici.
T'ascoltaa lungo. E poiquando una foglia
seccadi platanoa un brivido d'aria
sembraun fruscìo di gonna su la soglia:
eccoquell'uomo non è più: dirupa...
tupassie dopo un po' brontoli cupa.
Aposatrista! E l'Aposa risponde:
-Vien l'usignoloa marzotra le acace!
Algorgoglìo delle mie picciole onde
staprima attentoa lungo imparae tace.
Mapoi di canto m'empie le due sponde;
eil canto suo già mio singulto fu.
Cantaal suo nidoal nido suo di fronde
diquelle fronde che cadono giù... -
VI
Bologna12 decembre.
Narcissi
-Narcissi d'orocandidi narcissi
voiche corona avete oltre corolla:
percuna aveste un vasoe non la zolla;
terriccioa lettoe non la madre terra.
Pergli altri il freddoma per voi la serra;
morivangli altrie voi veniste in boccia.
Oraogni foglia stride e s'accartoccia;
evoi fioritelietibellie soli. -
-Oh! i primi caldi dopo il vernoe i voli
dellefarfallee i canti dei fringuelli!
Alsole uscir con tutti i suoi fratelli
odorartutti al cominciar d'aprile!
alventoall'acquaa gruppi a macchie a file
intantiin tantida sfiorire in pace!
nelpratocon le altr'erbefin che piace
allafalce che agguaglia erbe e narcissi. -
VII
Castelvecchio15 decembre.
Nell'orto
Acasa mia giunto sul vespro alfine
iovedo un sogno ch'è pur cosa vera.
Iquattro peri che piantai nell'orto
acircondar la conca d'arenaria
vedofioriti! E il cielo è bigio e smorto
lanebbia fumafredda punge l'aria:
laneve è su la Pania solitaria...
-Alloraa marzoo che lassù non c'era? -
Etutto cadetutto vasi perde;
ilfiume va come una folla in pianto.
Laquercia ha il musco e l'ederadi verde:
suiverdi rami ha un suo gran rosso manto.
Solfoglie secchee i vostri fior soltanto!...
-O non era così di primavera? -
Marzoa decembrealba somiglia a sera!
Eppurealtro è il principioaltro la fine.
Vedotremare un poco le fogline
dellecorolle al vento che le sfiora.
Aveteil tempoarbusti mieisbagliato:
oranon viene la dolciura in cielo.
Nonsi prepara a rifiorire il prato:
vienela brina e mangia ogni suo stelo.
Vienela brinaed anche viene il gelo...
-E così dunque non accadde allora? -
Mail monte allora ritornò turchino
efiorirono i peschi e gli albicocchi.
Erafiorito il mandorlo e il susino
mettevail melo foglie e fiori a gli occhi.
Fioriper tuttoa spighea mazzia fiocchi...
-A noicol gelo li strinò l'aurora! -
Poveriarbusti! E si riprovan ora.
Oh!videro fiorire anche le spine!...
VIII
Castelvecchio21 decembre.
Iosento il suono dell'antica avena
sul'alba ancora scialba ma serena.
Edecco il monte trascolora in rosa
splendonoi vetri a tutte le finestre.
Egente vache vuol saper la cosa
perle callaie e per le vie maestre.
Vadove il placido organo silvestre
cantal'antica sacra cantilena.
E`un pastor bianco al pari della neve
chenon ha casa ed anco all'otre beve.
Dice:- Era il sole per fuggir dal cielo.
Oggis'è fermo e tornerà pian piano.
Piccoloè il semema fa lungo stelo;
ilseme è pocoma fa tanto grano:
edil buon Sole per un anno sano
seminao gentiil giorno suo più breve. -