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GiuseppeParini

ILGIORNO



IlMattino


Allamoda

Lungida queste carte i cisposi occhi già da un secolo rintuzzatilungi i fluidi nasi de’ malinconici vegliardi. Qui non si trattadi gravi ministeri nella patria esercitatinon di severe legginondi annoiante domestica economiamisero appannaggio della canuta età.A tevezzosissima deache non sí dolci redine oggi temperi egoverni la nostra brillante gioventùa te sola questo piccololibretto si dedica e si consagra. Chi è che tequal sommonumeoggimai non riverisca ed onoripoiché in síbreve tempo se’ giunta a debellar la ghiacciata Ragioneilpedante Buon Senso e l’Ordine seccagginosotuoi capitalinemicied hai sciolto dagli antichissimi lacci questo secoloavventurato? Piacciati adunque di accogliere sotto alla tuaprotezione (ché forse non n’è indegno) questopiccolo poemetto. Tu il reca su i pacifici altariove le gentilidame e gli amabili garzoni sagrificano a se medesimi le mattutineore. Di questo solo egli è vagoe di questo solo andràsuperbo e contento. Per esserti più caro egli ha scosso ilgiogo della servile rimae se ne va libero in versi scioltisapendoche tu di questi specialmente ora godi e ti compiaci. Esso non aspiraall’immortalitàcome altri libritroppo lusingati da’loro autoriche turepentinamente sopravvenendohai seppellitinell’oblio. Siccome egli è per te natoe consagrato a tesolacosì fie pago di vivere quel solo momentoche tu timostri sotto un medesimo aspettoe pensi a cangiartie risorgere inpiù graziose forme. Se a te piacerà di riguardare conplacid’occhio questo Mattinoforse gli succederanno ilMezzogiorno e la Sera; e il loro autore si studieràdi comporli ed ornarli in modoche non men di questo abbiano adesserti cari.

(riassuntocome per la Gerus. Lib.) - in preparazione



      GiovinSignoreo a te scenda per lungo
di magnanimi lombi ordine ilsangue
purissimo celesteo in te del sangue
emendino ildifetto i compri onori
e le adunate in terra o in marricchezze
dal genitor frugale in pochi lustri
me precettord’amabil rito ascolta.

      Comeingannar questi nojosi e lenti
giorni di vitacui sì lungotedio
e fastidio insoffribile accompagna
or io t’insegnerò.Quali al mattino
quai dopo il mezzodìquali la sera
esserdebban tue cure apprenderai
se in mezzo agli ozj tuoi ozio tiresta
pur di tender gli orecchi a’ versi miei.

      Giàl’are a Vener sacre e al giocatore
mercurio ne le Gallie e inAlbïone
devotamente hai visitatee porti
pur anco i segnidel tuo zelo impressi:
ora è tempo di posa. In vano Marte
asé t’invita; che ben folle è quegli
che arischio de la vita onor si merca
e tu naturalmente il sangueaborri
né i mesti de la Dea Pallade studj
ti son menoodiosi: avverso ad essi
ti feron troppo i queruli ricinti
ovel’arti migliorie le scienze
cangiate in mostrie in vaneorride larve
fan le capaci volte echeggiar sempre
di giovanilistrida. Or primamente
odi quali il mattino a te soavi
curedebba guidar con facil mano.

      Sorgeil mattino in compagnìa dell’alba
innanzi al sol chedi poi grande appare
su l’estremo orizzonte a renderlieti
gli animali e le piante e i campi e l’onde.
Allorail buon villan sorge dal caro
letto cui la fedel sposae iminori
suoi figlioletti intepidìr la notte;
poi sulcollo recando i sacri arnesi
che prima ritrovâr CerereePale
va col bue lento innanzi al campoe scuote
lungo ilpicciol sentier da’ curvi rami
il rugiadoso umor chequasigemma
i nascenti del sol raggi rifrange.
Allora sorge ilfabbroe la sonante
officina riapree all’opretorna
l’altro dì non perfetteo se di chiave
arduae ferrati ingegni all’inquieto
ricco l’arche assecuraose d’argento
e d’oro incider vuol giojelli e vasi
perornamento a nuove spose o a mense.

      Mache? tu inorridiscie mostri in capo
qual istrice pungenteirtii capegli
al suon di mie parole? Ah non è questo
signoreil tuo mattin. Tu col cadente
sol non sedesti a parca mensae allume
dell’incerto crepuscolo non gisti
jeri a corcarti inmale agiate piume
come dannato è a far l’umile vulgo.

      Avoi celeste prolea voi concilio
di Semidei terreni altroconcesse
Giove benigno: e con altr’arti e leggi
per novocalle a me convien guidarvi.

      Tutra le vegliee le canore scene
e il patetico gioco oltre piùassai
producesti la notte; e stanco alfine
in aureo cocchiocol fragor di calde
precipitose rotee il calpestìo
divolanti corsierlunge agitasti
il queto aere notturnoe letenèbre
con fiaccole superbe intorno apristi
siccomeallor che il siculo terreno
dall’uno all’altro marrimbombar feo
Pluto col carro a cui splendeano innanzi
le tedede le Furie anguicrinite.

      Cosìtornasti a la magion; ma quivi
a novi studj ti attendea lamensa
cui ricoprien pruriginosi cibi
e licor lieti di francesicolli
o d’ispanio di toschio l’ongarese
bottigliaa cui di verde edera Bacco
concedette corona; e disse: siedi
dele mense reina. Alfine il Sonno
ti sprimacciò le morbidecoltrici
di propria manoovete accoltoil fido
servo calòle seriche cortine:
e a te soavemente i lumi chiuse
il galloche li suole aprire altrui.

      Drittoè perciòche a te gli stanchi sensi
non sciolga da’papaveri tenaci
Morfeo primache già grande ilgiorno
tenti di penetrar fra gli spiragli
de le dorate impostee la parete
pingano a stento in alcun lato i raggi
del solch’eccelso a te pende sul capo.
Or qui principio le leggiadrecure
denno aver del tuo giorno; e quinci io debbo
sciorre ilmio legnoe co’ precetti miei
te ad alte imprese ammaestrarcantando.

      Giài valetti gentili udîr lo squillo
del vicino metal cui dalontano
scosse tua man col propagato moto;
e accorser pronti aspalancar gli opposti
schermi a la lucee rigidi osservâro
checon tua pena non osasse Febo
entrar diretto a saettarti ilumi.
Ergiti or tu alcun pocoe sì ti appoggia
allioriglieri i quai lenti gradando
all’omero ti fan mollesostegno.
Poi coll’indice destrolieve lieve
sopra gliocchi scorrendoindi dilegua
quel che riman de la cimmerianebbia;
e de’ labbri formando un picciol arco
dolce avedersitacito sbadiglia.
Oh! se te in sì gentile attomirasse
il duro capitan qualor tra l’armi
sgangherando lelabbrainnalza un grido
lacerator di ben costrutti orecchi
ondea le squadre varj moti impone;
se te mirasse allorcertovergogna
avria di sé più che Minerva il giorno
chedi flauto sonandoal fonte scorse
il turpe aspetto de le guanceenfiate.

      Magià il ben pettinato entrar di novo
tuo damigello i’veggo; egli a te chiede
quale oggi più de le bevandeusate
sorbir ti piaccia in preziosa tazza:
indiche merci sontazze e bevande;
scegli qual più desii. S’oggi tigiova
porger dolci allo stomaco fomenti
sì che conlegge il natural calore
v’arda tempratoe al digerir tivaglia
scegli ’l brun cioccolatteonde tributo
ti dàil guatimalese e il caribbèo
c’ha di barbare penneavvolto il crine:
ma se nojosa ipocondrìa t’opprime
otroppo intorno a le vezzose membra
adipe crescede’ tuoilabbri onora
la nettarea bevanda ove abbronzato
fumaed ardeil legume a te d’Aleppo
giuntoe da Moca che di millenavi
popolata mai sempre insuperbisce.

      Certofu d’uopoche dal prisco seggio
uscisse un regnoe conardite vele
fra straniere procelle e novi mostri
e teme erischi ed inumane fami
superasse i confinper lungaetade
inviolati ancora: e ben fu dritto
se Cortese Pizzarroumano sangue
non istimâr quel ch’oltre l’Oceàno
scorreale umane membraonde tonando
e fulminandoalfinspietatamente
balzaron giù da’ loro aviti troni
remessicani e generosi Incassi
poiché nuove cosìvenner delizie
o gemma degli eroial tuo palato.

      Cessi’l cielo peròche in quel momento
che la sceltabevanda a sorbir prendi
servo indiscreto a te improvvisoannunzj
il villano sartor chenon ben pago
d’aver tecodiviso i ricchi drappi
oso sia ancor con pòlizzainfinita
a te chieder mercede: ahimèche fatto
quelsalutar licore agro e indigesto
tra le viscere tuete allorfarebbe
e in casa e fuori e nel teatro e al corso
ruttarplebejamente il giorno intero!

      Manon attenda già ch’altri lo annunzj
gradito ognorbenché improvvisoil dolce
mastro che i piedi tuoi come alui pare
guidae corregge. Egli all’entrar si fermi
rittosul limitareindi elevando
ambe le spallequal testudo ilcollo
contragga alquanto; e ad un medesmo tempo
inchini ’lmentoe con l’estrema falda
del piumato cappello il labbrotocchi.

      Nonmeno di costui facile al letto
del mio signor t’accostao tuche addestri
a modular con la flessibil voce
teneri cantie tuche mostri altrui
come vibrar con maestrevol arco
sul cavolegno armoniose fila.

      Néla squisita a terminar corona
d’intorno al letto tuo manchio signore
il precettor del tenero idioma
che da la Senna de leGrazie madre
or ora a sparger di celeste ambrosia
venneall’Italia nauseata i labbri.
All’apparir di lui l’italevoci
tronche cedano il campo al lor tiranno;
e a la novaineffabile armonìa
de’ soprumani accentiodio tinasca
più grande in sen contro alle impure labbra
ch’osanmacchiarsi ancor di quel sermone
onde in Valchiusa fu lodata epianta
già la bella franceseet onde i campi
all’orecchiodei re cantati furo
lungo il fonte gentil de le bell’acque.
Miserelabbra che temprar non sanno
con le galliche Grazie il sermonnostro
sì che men aspro a’ dilicati spirti
e menbarbaro suon fieda gli orecchi!

      Orte questao signorleggiadra schiera
trattenga al novo giorno; edi tue voglie
irresolute ancora or l’unoor l’altro
conpiacevoli detti il vano occùpi
mentre tu chiedi lor tra ilenti sorsi
dell’ardente bevanda a qual cantore
nel vicinverno si darà la palma
sopra le scene; e s’egli èil verche rieda
l’astuta Frine che ben cento folli
milordirimandò nudi al Tamigi;
o se il brillante danzatorNarcisso
tornerà pure ad agghiacciare i petti
de’palpitanti Italici mariti.

      Poichécosì gran pezzo a’ primi albori
del tuo mattin tecoscherzato fia
non senz’aver licenziato prima
l’ipocritapudoree quella schifa
cui le accigliate gelide matrone
chiamanmodestiaalfine o a lor talento
o da te congedati escancostoro.
Doman si potrà posciao forse l’altro
giornoa’ precetti lor porgere orecchio
se meno ch’oggi a tecure dintorno
porranno assedio. A voi divina schiatta
vie piùche a noi mortali il ciel concesse
domabile midollo entro alcerèbro
sì che breve lavor basta astamparvi
novelle idee. In oltre a voi fu dato
tal de’sensi e de’ nervi e degli spirti
moto e strutturache ad untempo mille
penetrar puotee concepir vostr’alma
cosediversee non però turbarle
o confonder giammaima scevree chiare
ne’ loro alberghi ricovrarle in mente.

      Ilvulgo intanto a cui non dessi il velo
aprir de’ venerabilimisterj
fie pago assaipoi che vedrà sovente
ire etornar dal tuo palagio i primi
d’arte maestrie con apertefauci
stupefatto berà le tue sentenze.

      Magià vegg’ioche le oziose lane
soffrir non puoi piùlungamentee in vano
te l’ignavo tepor lusinga e molce
peròche or te più gloriosi affanni
aspettan l’ore atrapassar del giorno.

      Sudunque o voi del primo ordine servi
che degli alti signor ministrial fianco
siete incontaminatior dunque voi
al mio divinoAchilleal mio Rinaldo
l’armi apprestate. Ed ecco in unbaleno
i tuoi valetti a’ cenni tuoi star pronti.
Giàferve il gran lavoro. Altri ti veste
la serica zimarra ovedisegno
diramasi chinese; altrise il chiede
più lastagionea te le membra copre
di stese infino al piètiepide pelli.
Questi al fianco ti adatta il bianco lino
chesciorinato poi cadae difenda
i calzonetti; e queid’altocurvando
il cristallino rostroin su le mani
ti versa acqueodoratee da le mani
in limpido bacin sotto le accoglie.
Qualeil sapon del redivivo muschio
olezzante all’intorno; e qualti porge
il macinato di quell’arbor frutto
che a Ròdopefu già vaga donzella
e chiama in van sotto mutatespoglie
Demofoonte ancor Demofoonte.
L’un di soavi essenzeintrisa spugna
onde tergere i dentie l’altro appresta
adimbianchir le guance util licore.

      Assaipensasti a te medesmo; or volgi
le tue cure per poco ad altroobbietto
non indegno di te. Sai che compagna
con cui dividerpossa il lungo peso
di quest’inerte vita il ciel destìna
algiovane Signore. Impallidisci?
No non parlo di nozze: antiquo evieto
dottor sarei se così folle io dessi
a teconsiglio. Di tant’altre doti
tu non orni così lospirtoe i membri
perché in mezzo a la tua nobilcarriera
sospender debbi ’l corsoe fuora uscendo
dicotesto a ragion detto bel mondo
in tra i severi di famigliapadri
relegato ti giaccia un nodo avvinto
di giorno in giornopiù penosoe fatto
stallone ignobil de la razza umana.

      D’altraparteil marito ahi quanto spiace
e lo stomaco move aidilicati
del vostr’orbe leggiadro abitatori
qualor de’semplicetti avoli nostri
portar osa in ridicolo trionfo
larimbambita Féla Pudicizia
severi nomi! E qual non suole aforza
in que’ melati seni eccitar bile
quando i calcolivili del castaldo
le vendemmiei ricoltii pedagoghi
di que’sì dolci suoi bambini altrui
gongolandoricorda; e nonvergogna
di mischiar cotai fole a peregrini
subbiettia nuovedel dir formea sciolti
da volgar fren concetti onde s’avviva
da’begli spirti il vostro amabil globo.
Pera dunque chi a te nozzeconsiglia.
Ma non però senza compagna andrai
che siagiovane damaed altrui sposa;
poiché sì vuoleinviolabil rito
del bel mondo onde tu se’ cittadino. 
 
       Tempogià fuche il pargoletto Amore
dato era in guardia al suofratello Imene;
poiché la madre lor temeache ilcieco
incauto nume perigliando gisse
misero e solo per obliquevie
e che bersaglio agl’indiscreti colpi
di senza guidae senza freno arciero
troppo immaturo al fin corresse ilseme
uman ch’è nato a dominar la terra.
Perciòla prole mal secura all’altra
in cura dato aveasìlor dicendo:
«Ite o figli del par; tu più possente
ildardo scoccae tu più cauto il guida
a certa meta».Così ognor compagna
iva la dolce coppiae in un solregno
e d’un nodo comun l’alme stringea.
Allora fuche il sol mai sempre uniti
vedea un pastoreed unapastorella
starsi al pratoa la selvaal colleal fonte;
ela suora di lui vedeali poi
uniti ancor nel talamo beato
ch’ambogli amici numi a piene mani
gareggiando spargean di gigli erose.
Ma che non puote anco in divino petto
se mai s’accendeambizion di regno?
Crebber l’ali ad Amore a poco a poco
ela forza con esse; ed è la forza
unica e sola del regnarmaestra.
Perciò a poc’aere primaindi piùardito
a vie maggior fidossie fiero alfine
entrònell’altoe il grande arco crollando
e il caporisonarfece a quel moto
il duro acciar che la faretra a tergo
gliempiee gridò: solo regnar vogl’io.
Dissee volto ala madre «Amore adunque
il più possente in fra glideiil primo
di Citerea figliuol ricever leggi
e dal minorgerman ricever leggi
vile alunnoanzi servo? Or dunque Amore
nonoserà fuor ch’una unica volta
ferire un’alma comequesto schifo
da me vorrebbe? E non potrò giammai
dappoich’io strinsi un laccioanco slegarlo
a mio talentoequalor parmi un altro
stringerne ancora? E lascerò purch’egli
di suoi unguenti impeci a me i miei dardi
perchémen velenosi e men crudeli
scendano ai petti? Or via perchénon togli
a me da le mie man quest’arcoe queste
armi dale mie spallee ignudo lasci
quasi rifiuto de gli dèiCupido?
O il bel viver che fia qualor tu solo
regni in mioloco! O il bel vedertilasso!
Studiarti a torre da lelanguid’alme
la stanchezza e ’l fastidioe spandergelo
di foco in vece! Or genitrice intendi
vaglioe vo’regnar solo. A tuo piacere
tra noi parti l’imperoond’iocon teco
abbia omai pacee in compagnìa d’Imene
menon trovin mai più le umane genti».
Qui tacque Amoree minaccioso in atto
parve all’idalia dea chiederrisposta.
Ella tenta placarloe pianti e preghi
sparge ma invano; onde a’ due figli volta
con questo dir pose alcontender fine.
«Poiché nulla tra voi pace esserpuote
si dividano i regni. E perché l’uno
siadall’altro germano ognor disgiunto
sieno tra voi diversie’l tempoe l’opra.
Tu che di strali altero a fren noncedi
l’alme feriscie tutto il giorno impera:
e tu che difior placidi hai corona
le salme accoppiae coll’ardenteface
regna la notte.» Ora di quisignore
venne il ritogentil che a’ freddi sposi
le tenebre concedee de lespose
le caste membra: e a voi beata gente
di più nobilemondo il cor di queste
e il dominio del dìlargodestìna.
Fors’anco un dì più liberalconfine
vostri diritti avranse Amor più forte
qualcheprovincia al suo germano usurpa:
così giova sperar. Tuvolgi intanto
a’ miei versi l’orecchioet odi orquale
cura al mattin tu debbi aver di lei
che spontanea opregataa te donossi
per tua dama quel dì lieto che afida
cartanon senza testimonj furo
a vicenda commessi i pattisanti
e le condizïon del caro nodo.

      Giàla dama gentil de’ cui bei lacci
godi avvinto sembrar lechiare luci
col novo giorno aperse; e suo primiero
pensier fudove teco abbia piuttosto
a vegliar questa seraeconsultonne
contegnosa lo sposo il qual pur dianzi
fu la mano abaciarle in stanza ammesso.

      Ordunque è tempo che il più fido servo
e il piùaccorto tra i tuoi mandi al palagio
di lei chiedendo se tranquillisonni
dormìo la nottee se d’imagin liete
le fuMòrfeo cortese. È ver che ieri
sera tu l’ammirastiin viso tinta
di freschissime rose; e più che mai
vivacee lieta uscìo teco del cocchio
e la vigile tua mano pervezzo
ricusò sorridendo allor che l’ampie
scalesalì del maritale albergo:
ma ciò non basti adacquetartie mai
non obliar sì giusti ufici. Ahiquanti
Genj malvagi tra ’l notturno orrore
godono uscireed empier di perigli
la placida quïete de’ mortali!

      Potriatolgalo il cieloil picciol cane
con latrati improvvisi i carisogni
troncare a la tua damaond’ellascossa
da sùbitocapriccioa rannicchiarsi
astretta fossedi sudor gelato
e lafronte bagnandoe il guancial molle.
Anco potria colui chesìde’ tristi
come de’ lieti sogni ègenitore
crearle in mente di diverse idee
in un congiunteorribile chimera
onde agitata in ansioso affanno
gridartentassee non però potesse
aprire ai gridi tra le fauciil varco.
Sovente ancor ne la trascorsa sera
la perduta tra ’lgioco aurea moneta
non men che al cavaliersuole a la dama
lungavigilia cagionar: talora
nobile invidia de la bellaamica
vagheggiata da moltie talor breve
gelosìa n’ècagione. A questo aggiugni
gl’importuni mariti i quali inmente
ravvolgendosi ancor le viete usanze
poi che cessero adaltri il giornoquasi
abbian fatto gran cosaaman d’Imene
consuperstizion serbare i dritti
e dell’ombre notturne essertiranni
non senz’affanno de le caste spose
ch’indipreveggon tra poc’anni il fiore
de la fresca beltade a sérapirsi.

      Ordunque ammaestrato a quali e quanti
miseri casi espor soglia ilnotturno
orror le dametu non esser lento
signorea chiederde la tua novelle.

      Mentreche il fido messaggier si attende
magnanimo signortu nonstarai
ozioso però. Nel dolce campo
pur in questomomento il buon cultore
sudae incallisce al vomere lamano
lietoche i suoi sudor ti fruttin poi
dorati cocchieperegrine mense.
Ora per te l’industre artier sta fiso
alloscarpelloall’asceal subbioall’ago;
ed ora a tuofavor contendeo veglia
il ministro di Temi. Ecco te pure
tela toilette attende: ivi i bei pregi
de la natura accrescerai conl’arte
ond’oggi uscendodel beante aspetto
beneficarpotrai le gentie grato
ricompensar di sue fatiche il mondo.

      Magià tre volte e quattro il mio signore
velocemente ilgabinetto scorse
col crin disciolto e su gli omeri sparso
qualea Cuma solea l’orribil maga
quando agitata dal possentenume
vaticinar s’udìa. Così dal capo
evaporarlasciò degli olj sparsi
il nocivo fermentoe de lepolvi
che roder gli potrien la molle cute
o d’atroceemicrania a lui le tempia
trafigger anco. Or egli avvolto inlino
candido siede. Avanti a lui lo specchio
altero sembra diraccor nel seno
l’imagin diva: e stassi agli occhisuoi
severo esplorator de la tua mano
o di bel crin volubilearchitetto.
Mille d’intorno a lui volano odori
che a levarie manteche ama rapire
l’auretta dolceintorno ai vasiugnendo
le leggerissim’ale di farfalla.
Tu chiedi in primaa lui qual più gli aggrada
sparger sul crinse ilgelsominoo il biondo
fior d’arancio piuttostoo lagiunchiglia
o l’ambra preziosa agli avi nostri.
Ma se lasposa altruicara al signore
del talamo nuzial si duoleescosse
pur or da lungo peso il molle lombo
ah fuggi allortutti gli odoriah fuggi;
che micidial potresti a un solmomento
tre vite insidiar: semplici sieno
i tuoi balsami allorné oprarli ardisci
pria che su lor deciso abbian lenari
del mio signoree tuo. Pon mano poscia
al pettin liscioe coll’ottuso dente
lieve solca i capegli; indi li turba
colpettine e scompiglia: ordin leggiadro
abbiano alfin da la tuamente industre.

      Iobreve a te parlai; ma non pertanto
lunga fia l’opra tua; néal termin giunta
prima saràche da più stranieventi
turbisi e tronchi a la tua impresa il filo.
Fisa i lumiallo speglioe vedrai quivi
non di rado il signor morder lelabbra
impazienteed arrossir nel viso.
Sovente ancor seartificiosa meno
fia la tua destradel convulso piede
udrai loscalpitar breve e frequente
non senza un tronco articolar divoce
che condannie minacci. Anco t’aspetta
vedertalvolta il mio signor gentile
furiando agitarsie destra emanca
porsi nel crine; e scompigliar con l’ugna
lo studiodi molt’ore in un momento.
Che più? Se per tuo male undì vaghezza
d’accordar ti prendesse al suosembiante
l’edificio del capoed obliassi
di prenderlegge da colui che giunse
pur jer di Franciaahi quale atrocefolgore
meschino! allor ti penderìa sul capo?
che iltuo signor vedresti ergers’in piedi;
e versando per gli occhiira e dispetto
mille strazj imprecarti; e scender fino
adusurpar le infami voci al vulgo
per farti onta maggiore; e dibastone
il tergo minacciarti; e violento
rovesciare ogni cosaal suol spargendo
rotti cristalli e calamistri e vasi
e pettiniad un tempo. In cotal guisa
se del Tonante all’ara o de laDea
che ricovrò dal Nilo il turpe Phallo
Taurospezzava i raddoppiati nodi
e libero fuggìavedeansi alsuolo
vibrar tripoditazzebendescuri
lituicoltellied’orridi muggiti
commosse rimbombar le arcate volte
ed’ogni lato astanti e sacerdoti
pallidi all’urto eall’impeto involarsi
del feroce animal che pria sìqueto
gìa di fior cintoe sotto la man sacra
umilïavale dorate corna.
Tu non pertanto coraggioso e forte
soffrieti serba a la miglior fortuna.
Quasi foco di paglia è ilfoco d’ira
in nobil cor. Tosto il signor vedrai
mansuefattoa te chieder perdono
e sollevarti oltr’ogni altromortale
con preghi e scuse a niun altro concesse;
onde securosacerdote allora
l’immolerai qual vittima a Filauzio
sommoNume de’ Grandie pria d’ognaltro
larga otterrai deltuo lavor mercede.

      Orsignorea te riedo. Ah non sia colpa
dinanzi a te s’iotravviai col verso
breve parlando ad un mortal cui degni
tudegli arcani tuoi. Saiche a sua voglia
questi ogni dìvolgee governa i capi
de’ più felici spirti; e lematrone
che da’ sublimi cocchi alto disdegnano
volgere ilguardo a la pedestre turba
non disdegnan sovente entrar conlui
in festevoli motti allor ch’esposti
a la sua man sonoi ridenti avorj
del bel collo e del crin l’aureovolume.
Perciò accogli ti prego i versi miei
tuttorbenigno: et odi or come possi
l’ore a te render graziosementre
dal pettin creator tua chioma acquista
leggiadra o almennon più veduta forma.

      Picciollibro elegante a te dinanzi
tra gli arnesi vedrai che l’arteaduna
per disputare a la natura il vanto
del renderti sìcaro agli occhi altrui.
Ei ti lusingherà forse conliscia
purpurea pelle onde fornito avrallo
o mauritanoconciatoreo siro;
e d’oro fregi dilicatie vago
mutabilecolor che il collo imiti
de la colomba v’avrà postointorno
squisito legator batavoo franco.
Ora il libro gentilcon lenta mano
togli; e non senza sbadigliare un poco
aprilo acasoo pur là dove il parta
tra una pagina e l’altraindice nastro.

      Ode la Francia Proteo multiforme
Voltaire troppo biasmato e troppoa torto
lodato ancor che sai con novi modi
imbandir ne’tuoi scritti eterno cibo
ai semplici palati; e se’ maestro
dicoloro che mostran di sapere
tu appresta al mio signor leggiadristudj
con quella tua fanciulla agli angli infesta
che il grandeEnrico tuo vince d’assai
l’Enrico tuo che non perancoabbatte
l’italian Goffredo ardito scoglio
contro a laSenna d’ogni vanto altera.  
 

      Tude la Francia onortu in mille scritti
celebrata Ninon novellaAspasia
Taide novella ai facili sapienti
de la gallica Atene ituoi precetti
pur dona al mio signore: e a lui non meno
pascila nobil mente o tu ch’a Italia
poi che rapîrle i tuoil’oro e le gemme
invidiasti il fedo loto ancora
ondemacchiato è il certaldesee l’altro
per cui va sìfamoso il pazzo conte.

      Questio signorei tuoi studiati autori
fieno e mill’altri cheguidâro in Francia
a novellar con le vezzose schiave
ibendati sultani i regi persi
e le peregrinanti arabe dame;
oche con penna liberale ai cani
ragion donâro e ai barbarisedili
e diêr feste e conviti e liete scene
ai polli eda le gru d’amor maestre.

      Opascol degno d’anima sublime!
O chiara o nobil mente! A teben dritto
è che si curvi riverente il vulgo
e glioracoli attenda. Or chi fia dunque
sì temerario che in suocor ti beffi
qualor partendo da sì begli studj
del tuopaese l’ignoranza accusi
e tenti aprir col tuo feliceraggio
la gotica caligine che annosa
siede su gli occhi a lemisere genti?
Così non mai ti venga estranea cura
questia troncar sì preziosi istanti
in cui non meno de la docilchioma
coltivi ed orni il penetrante ingegno.

      Nonpertanto avverràche tu sospenda
quindi a pochi momenti icari studj
e che ad altro ti volga. A te quest’ora
condurràil merciajuol che in patria or torna
pronto inventor dilusinghiere fole
e liberal di forestieri nomi
a merci che nonmai varcâro i monti.
Tu a lui credi ogni detto: e chi vuoich’osi
unqua mentire ad un tuo pari in faccia?
Ei fia chevendase a te piaceo cambj
mille fregi e giojelli a cui lamoda
di viver concedette un giorno intero
tra le folte d’inezieillustri tasche:
poi lieto sen andrà con l’unamano
pesante di molt’oro; e in cor giojendo
spregeràle bestemmie imprecatrici
e il gittato lavoroe i vani passi
delcalzolar disertoe del drappiere;
e dirà lor: ben degnapena avete
o troppo ancor religiosi servi
de la necessitadeantiqua è vero
madre e donna dell’artiornondimeno
fatta cenciosa e vile. Al suo possente
amabilvincitor v’era assai meglio
o miseriubbidire. Il lusso illusso
oggi sol puote dal ferace corno
versar sull’arti alui vassalle applausi
e non contesi mai premj e dovizie.

      L’orafia questa ancor che a te conduca
il dilicato miniator dibelle
ch’è de la corte d’Amatunta ePafo
stipendiato ministro atto a gli affari
sollecitardell’amorosa dea.
Impaziente or tu l’affretta esprona
perché a te porga il desiato avorio
che de leamate forme impresso ride
o che il pennel cortese ividispieghi
l’alme sembianze del tuo viso ond’abbia
tacitopasco allor che te non vede
la pudica d’altrui sposa a tecara;
o che di lei medesma al vivo esprima
l’imagin vaga;o se ti piaceancora
d’altra fiamma furtiva a tepresenti
con più largo confin le amiche membra.

      Mapoi che al fine a le tue luci esposto
fia il ritratto gentiltucauto osserva
se bene il simulato al ver risponda
vie piùrigido assai se il tuo sembiante
esprimer denno i coloratipunti
che l’arte ivi dispose. O quante mende
scorger tu visaprai! Or brune troppo
a te parran le guance; or fiach’ecceda
mal frenata la bocca; or qual conviensi
alcamuso etiòpe il naso fia.
Ti giovi ancora d’accusarsovente
il dipintorche non atteggi industre
l’agilimembra e il dignitoso busto
o che con poca legge a la tuaimago
dia contorno o la posi o la panneggi.

      Èverche tu del grande di Crotone
non conosci la scuola; e mai tuamano
non abbassossi a la volgar matita
che fu nell’altraetà cara a’ tuoi pari
cui sconosciute ancora eran piùdolci
e più nobili cure a te serbate.
Ma che non puotequel d’ogni precetto
gusto trionfator che all’ordinvostro
in vece di maestro il Ciel concesse
et onde a voi coniòle altere menti
acciò che possan de’ volgariingegni
oltre passar la paludosa nebbia
e d’aere piùpuro abitatrici
non fallibili scerre il vero e il bello?

      Perciòqual più ti par lodariprendi
non men fermo d’allorche a scranna siedi
Rafael giudicandoo l’altro eguale
chedel gran nome suo l’Adige onora:
e a le tavole ignote i notinomi
grave comparti di color che primi
fûr tra’pittori. Ah s’altri è sì procace
ch’osirider di tecostui paventi
l’augusta maestà del tuocospetto
si volga a la parete; e mentr’ei cerca
por frenoin van col morder de le labbra
allor scrosciar de le importunerisa
che scoppian da’ precordjviolenta
convulsione a luideformi il volto
e lo affoghi aspra tosse; e lo punisca
di suatemerità. Ma tu non pensa
ch’altri ardisca di te ridergiammai;
e mai sempre imperterrito decidi.

      Orl’immagin compiuta intanto serba
perché in nobilearnese un dì si chiuda
con opposto cristallo ove tufacci
sovente paragon di tua beltade
con la beltà de latua dama; o agli occhi
degl’invidi la tolgae in senl’asconda
sagace tabacchierao a te riluca
sul minor ditofra le gemme e l’oro;
o de le grazie del tuo viso desti
soavirimembranze al braccio avvolta
de la pudica altrui sposa a tecara.

      Magiunta è al fin del dotto pettin l’opra.
Già ilmaestro elegante intorno spande
da la man scossa un polverosonembo
onde a te innanzi tempo il crine imbianchi.

      D’orribilpiato risonar s’udìo
già la corte d’Amore.I tardi vegli
grinzuti osâr coi giovani nipoti
contenderedi grado in faccia al soglio
del comune Signor. Rise lafresca
gioventude animosae d’agri motti
libera punse lasenil baldanza.
Gran tumulto nascease non che Amore
ch’ognidiseguaglianza odia in sua corte
a spegner mosse i perigliosisdegni:
e a quei che militando incanutîro
suoi serviimpose d’imitar con arte
i duo bei fior che in giovenilegota
educa e nutre di sua man natura:
indi fé cennoein un balen fûr visti
mille alati ministri altovolando
scoter le piumee lieve indi fiocconne
candida polveche a posar poi venne
su le giovani chiome; e in bianco volse
ilbiondoil neroe l’odiato rosso.
L’occhio cosìnell’amorosa reggia
più non distinse le due opposteetadi
e solo vi restò giudice il tatto.

      Ortu adunqueo Signortu che se’ il primo
fregio ed onordell’amoroso regno
i sacri usi ne serba. Ecco che sparsa
priada provvida man la bianca polve
in piccolo stanzin con l’aerepugna
e degli atomi suoi tutto riempie
egualmente divisa. Orti fa cuore
e in seno a quella vorticosa nebbia
animoso tiavventa. O bravo o forte!
Tale il grand’avo tuo tra ’lfumo e ’l foco
orribile di Martefuriando
gittossi allorche i palpitanti Lari
de la patria difesee ruppe e in fuga
misel’oste feroce. Ei non pertanto
fuliginoso il voltoe d’atrosangue
asperso e di sudoree co’ capegli
stracciati edirti da la mischia uscìo
spettacol fero a’ cittadiniistessi
per sua man salvi; ove tu assai più dolce
eleggiadro a vedersiin bianca spoglia
uscirai quindi a poco abear gli occhi
de la cara tua patria a cui dell’avo
ilforte braccioe il viso almoceleste
del nipote dovean portarsalute.

      Ellati attende impazientee mille
anni le sembra il tuo tardarpoc’ore.
È tempo omai che i tuoi valetti al dorso
conlieve man ti adattino le vesti
cui la Moda e ’l Buongusto insu la Senna
t’abbian tessute a garae qui cucite
abbiaricco sartor che in su lo scudo
mostri intrecciato a forbicieleganti
il titol di Monsieur. Non sol dia leggi
a lamateria la stagion diverse;
ma sien qual si conviene al giorno eall’ora
sempre varj il lavoro e la ricchezza.

      Ferogenio di Marte a guardar posto
de la stirpe de’ numi il carofianco
tu al mio giovane eroe la spada or cingi
lieve e cortanon giàmaqual richiede
la stagion bellicosaal suolcadente
e di triplice taglio armata e d’elsa
immane.Quanto esser può mai sublime
l’annoda pureondel’impugni all’uopo
la furibonda destra in un momento:
nédisdegnar con le sanguigne dita
di ripulire et ordinar quelnodo
onde l’elsa è superba; industre studio
èdi candida mano: al mio signore
dianzi donolloe gliel appese albrando
la pudica d’altrui sposa a lui cara.
Tal del famosoArtù vide la corte
le infiammate d’amor donzelleardite
ornar di piume e di purpuree fasce
i fatati guerrierionde più ardenti
gisser poi questi ad incontrar periglio
inselve orrende tra i giganti e i mostri.

      Figliede la memoria inclite suore
che invocate scendestee i ferinomi
de le squadre diverse e degli eroi
annoveraste ai grandiche cantâro
AchilleEneae il non minor Buglione
orm’è d’uopo di voi: tropp’ardua impresa
einsuperabil senza vostr’aita
fia ricordare al mio signor diquanti
leggiadri arnesi graverà sue vesti
pria che di semedesmo esca a far pompa.

      Maqual tra tanti e sì leggiadri arnesi
sì felice saràche pria d'ogn'altro
signorvenga a formar tua nobil soma?
Tuttiimportan del par. Veggo l’astuccio
di pelle rilucente ornatoe d’oro
sdegnar la turbae gli occhi tuoi primiero
occupardi sua mole: esso a mill’uopi
opportuno si vantae in gremboa lui
atta agli orecchiai dentiai peliall’ugne
vienforbita famiglia. A lui contende
i primi onorid’odorifer’onda
colmo cristal che a la tua vita inforse
rechi soccorso allor che il vulgo ardisce
troppo accostovibrar da la vil salma
fastidiosi effluvj a le tue nari.
Némen pronto di quella all’uopo istesso
l’imitante uncuscin purpureo drappo
mostra turgido il sen d’erbeodorate
che l’aprica montagna in tuo favore
al possentemeriggio educa e scalda.
Seco vien pur di cristallinarupe
prezïoso vasello onde traluce
non volgare confettoove agli aromi
stimolanti s’unìo l’ambra o laterra
che il Giappon manda a profumar de’ grandi
l’etereofiato; o quel che il caramano
fa gemer latte dall’incisocapo
de’ papaveri suoi perchéqualora
non benfelice amor l’alma t’attrista
lene serpendo per lemembraacqueti
a te gli spirtie ne la mente induca
lietastupidità che mille aduni
imagin dolci e al tuo desìoconformi.
A questi arnesi il cannocchiale aggiugni
e laguernita d’oro anglica lente.
Quel notturno favor ti prestiallora
che in teatro t’assidie t’avvicini
glisnelli piedi e le canore labbra
da la scena rimotao conmaligno
occhio ricerchi di qualch’alta loggia
le abitatetenebreo miri altrove
gli ognor nascenti e moribondi amori
dele tenere dame onde s’appresti
per l’eloquenza tua neldì vicino
lunga e grave materia. A te la lente
nelgiorno assistae de gli sguardi tuoi
economa presiedae sìli parta
che il mirato da te vada superbo
né imalvisti accusarti osin giammai.
La lente ancora all’occhiotuo vicina
irrefragabil giudice condanni
o approvi di Palladioi muri e gli archi
o di Tizian le tele: essa a le vesti
ailibriai volti feminili applauda
severa o li dispregi. E chi delsenso
comun sì privo fia che opporsi unquanco
osi alsentenzïar de la tua lente?  


      Nonper questi però sdegnao signore
giunto a lo specchioingallico sermone
il vezzoso giornal; non le notate
eburneetavolette a guardar preste
tuoi sublimi pensier fin ch’abbianluce
doman tra i begli spirti; e non isdegna
la picciola guainaove a’ tuoi cenni
mille stan pronti ognora argentei spilli.
Oquante volte a cavalier sagace
ho vedut’io le man renderbeate
uno apprestato a tempo unico spillo!
Ma doveahi doveinonorato e solo
lasci ’l coltello a cui l’oro el’acciaro
donâr gemina lamae a cui la madre
de lagemma più bella d’Anfitrite
diè manico eleganteove il colore
con dolce varïar l’iride imìta?
Oprasol fia di lui se ne’ superbi
convivi ogni altro avanzeraiper fama
d’esimio trinciatoree se l’invidia
de’tuoi gran pari ecciterai qualora
pollo o fagian con la forcina inalto
sospesoa un colpo il priverai dell’anca
mirabilmente.Or ti ricolmi alfine
d’ambo i lati la giubbaedoleosa
Spagna e rapè cui semplice origuela
chiudao amolti colori oro dipinto;
e cupide ad ornar tue bianchedita
salgan le anella in fra le quali assai
più caro ate dell’adamante istesso
cerchietto inciso d’amorosimotti
stringati alquantoe sovvenir ti faccia
de la pudicaaltrui sposa a te cara.

      Compiutoè il gran lavoro. Odio Signore
sonar già intornola ferrata zampa
de’ superbi corsier che irrequieti
ne’grand’atri sospigne arretra e volge
la disciplina dell’arditoauriga.
Sorgie t’appresta a render baldi e lieti
del tuonobile incarco i bruti ancora.
Ma a possente signor scender nonlice
da le stanze superne infin che al gelo
o al meriggio nonabbia il cocchier stanco
durato un pezzoonde l’uom servointenda
per quanto immensa via natura il parta
dal suo signore.I miei precetti intanto
io seguirò; che varie al tuomattino
portar dee cure il varïar dei giorni.

      Taldì ti aspetta d’eloquenti fogli
serie a vergarche alRodanoal Lemano
all’ Amstelal Tirrenoall’Adrialegga
il libraio che Momoe Citerea
colmâr di benio ilpiù di lui possente
appaltator di forestiere scene
concui per opra tua facil donzella
sua virtù merchie nonsperato ottenga
guiderdone al suo canto. O di grand’alma
primofregio ed onor Beneficenza
che al merto porgied a virtùla mano!
Tu il ricco e il grande sopra il vulgo innalzi
ed alconcilio de gli Dei lo aggiugni.

      Talgiorno ancorao d’ogni giorno forse
den qualch’oreserbarsi al molle ferro
che il pelo a te rigermogliante apena
d’in su la guancia mietee par che invidj
ch’altrifuor che lui solo esplori o scopra
unqua il tuo sesso. Arroge aquesti il giorno
che di lavacro universal convienti
bagnar lemembraper tua propria mano
o per altrui con odorosespugne
trascorrendo la cute. È ver che allora
d’essermortal ti sembrerà; ma innalza
tu allor la mentee de’grand’avi tuoi
le imprese ti rimembra e gli ozj illustri
cheinsino a te per secoli cotanti
misti scesero al chiaro alterosangue
e l’ubbioso pensier vedrai fuggirsi
lunge da teper l’aere rapito
su l’ale de la Gloria alto volanti;
etindi a poco sorgerai qual prima
gran Semidèo che a sésolo somiglia.
Fama è cosìche il dì quintole Fate
loro salma immortal vedean coprirsi
giàd’orribili scagliee in feda serpe
volta strisciar sul suoloa sé facendo
de le inarcate spire impeto e forza;
ma ilprimo sol le rivedea più belle
far beati gli amantie a unvolger d’occhi
mescere a voglia lor la terra e il mare.

      Fiad’uopo ancorche da le lunghe cure
t’allevj alquantoecon pietosa mano
il teso per gran tempo arco rallenti.
Signoreal ciel non è più cara cosa
di tua salute: e troppoa noi mortali
è il viver de’ tuoi pari util tesoro.
Tuadunque allor che placida mattina
vestita riderà d’unbel sereno
esci pedestree le abbattute membra
all’aurasalutar snoda e rinfranca.
Di nobil cuojo a te la gambacalzi
purpureo stivalettoonde il tuo piede
non macchinogiammai la polve e ’l limo
che l’uom calpesta. A tes’avvolga intorno
leggiadra veste che sul dorso sciolta
vadaondeggiandoe tue formose braccia
leghi in manica angusta a cuivermiglio
o cilestro velluto orni gli estremi.
Del bel colorche l’elitropio tigne
sottilissima benda indi ti fasci
lasnella gola: e il crin... Ma il crinSignore
forma non abbiaancor da la man dotta
dell’artefice suo; che troppofora
ahi! troppo grave error lasciar tant’opra
de lelicenziose aure in balìa.
Non senz’arte peròvada negletto
su gli omeri a cader; mao che natura
a te ilnodriscao che da ignota fronte
il più famoso parrucchierlo tolga
e l’adatti al tuo capoin sul tuo capo
ripiegatol’afferri e lo sospenda
con testugginei denti il pettincurvo.

      Poiche in tal guisa te medesmo ornato
con artificio negligenteavrai
esci pedestre a respirar talvolta
l’aere mattutino;e ad alta canna
appoggiando la manquasi baleno
le vietrascorrie premi ed urta il volgo
che s’oppone al tuocorso. In altra guisa
fora colpa l’uscirperò cheandriéno
mal distinti dal vulgo i primi eroi.

      Ciòti basti per or. Già l’oriolo
a girtene ti affretta.Ohimè che vago
arsenal minutissimo di cose
ciondolaquindie ripercosso insieme
molce con soavissimo tintinno!
dicostì che non pende? avvi per fino
piccioli cocchi epiccioli destrieri
finti in oro cosìche sembran vivi.
Mav’hai tu il meglio? ah sìche i miei precetti
sagaceprevenisti: ecco che splende
chiuso in picciol cristallo il dolcepegno
di fortunato amor. Lunge o profani
che a voi tant’oltrepenetrar non lice.
E voi dell’altro secolo feroci
edispid’avi i vostri almi nipoti
venite oggi a mirar. Co’sanguinosi
pugnali a lato le campestri rocche
voi godesteabitartruci all’aspetto
e per gran baffi rigidi laguancia
consultando gli sgherrie sol giojendo
di trattarl’arme che d’orribil palla
givan notturne a traforar leporte
del non meno di voi rivale armato.
Ma i vostri alminipoti oggi si stanno
ad agitar fra le tranquille dita
Dell’orioloi ciondoli vezzosi;
ed opra è lor se all’innocenzaantica
torna pur ancoe bamboleggiail mondo.

      Orvanneo mio signoree il pranzo allegra
de la tua dama: a leidolce ministro
dispensa i cibie detta al suo palato
e a lasua fame inviolabil legge.
Ma tu non obliarche in nullacosa
esser mediocre a gran Signor non lice:
abbia il popolconfini; a voi natura
donò senza confini e menteecuore.
Dunque a la mensao tu schifo rifuggi
ogni vivandaete medesmo rendi
per inedia famosoo nome acquista
d’illustrevoratore. Intanto addio
degli uomini deliziae di tua stirpe
ede la patria tua gloria e sostegno.
Ecco che umìli inbipartita schiera
t’accolgono i tuoi servi: altri giàpronto
via se ne corre ad annunciare al mondo
che tu vieni abearlo; altri a le braccia
timido ti sostien mentre ildorato
cocchio tu salie tacitoe severo
sur un canto tisdrai. Apriti o vulgo
e cedi il passo al trono ove s’asside
ilmio signore: ahi te meschin s’ei perde
un sol per te de’preziosi istanti.
Temi ’l non mai da leggeo vergaofune
domabile cocchiertemi le rote
che già piùvolte le tue membra in giro
avvolser secoe del tuo impurosangue
corser macchiatee il suol di lunga striscia
spettacolmiserabile! segnâro.  
 




IlMezzogiorno

       Ardiròancor tra i desinari illustri
sul meriggio innoltrarmi umilcantore
poiché troppa di te cura mi punge
signorch'io spero un dì veder maestro
e dittator di graziosimodi
all'alma gioventù che Italia onora.

       Talfra le tazze e i coronati vini
onde all'ospite suo fe' lietapompa
la punica reginai canti alzava
Jopa crinito: e laregina intanto
da' begli occhi stranieri iva beendo
l'obliviondel misero Sichèo:
e tale allor che l'orba Itaca invano
chiedea a Nettun la prole di Laerte
Femio s'udìaco' versi e con la cetra
la facil mensa rallegrar de' proci
cuidell'errante Ulisse i pingui agnelli
e i petrosi licorie laconsorte
invitavano al pranzo. Amici or piega
giovin signoreal mio cantar gli orecchi
or che tra nuove Elisee novi proci
etra fedeli ancor Penelopèe
ti guidano a la mensa i versimiei.

      Giàdal meriggio ardente il sol fuggendo
verge all'occaso: e ipiccioli mortali
dominati dal tempo escon di novo
a popolar levie ch'all'oriente
volgon ombra già grande: a tenull'altro
dominator fuor che te stesso è dato.

      Alfindi consigliarsi al fido speglio
la tua dama cessò. Quanteuopo è volte
chiedettee rimandò novelliornati;
quante convien de le agitate ognora
damigelle or convezzi or con garriti
rovesciò la fortuna; a semedesma
quante volte convien piacque e dispiacque;
e quantevolte è d'uopo a sé ragione
fecee a' suoilodatori. I mille intorno
dispersi arnesi alfin raccolse in uno
laconsapevol del suo cor ministra;
alfin velata d'un leggierzendado
è l'ara tutelar di sua beltate;
e la seggiolasacraun po' rimossa
languidetta l'accoglie. Intorno adessa
pochi giovani eroi van rimembrando
i cari lacci altruimentre da lungi
ad altra intorno i cari lacci vostri
pochigiovani eroi van rimembrando.

      Ilmarito gentil queto sorride
a le lor celie; o s'ei si crucciaalquanto
del tuo lungo tardar solo si cruccia.
Nulla peròdi lui cura te prenda
oggio signoree s'egli a par delvulgo
prostrò l'anima imbellee non sdegnosse
dichiamarsi maritoa par del vulgo
senta la fame esercitargl'inpetto
lo stimol fier degli oziosi sughi
avidi d'esca: o s'a unmarito alcuna
d'anima generosa orma rimane
ad altra mensa ilpiè rivolga; e d'altra
dama al fianco s'assida il cuimarito
pranzi altrove lontan d'un'altra a lato
ch'abbia lungilo sposo: e così nuove
anella intrecci a la catenaimmensa
ondealternandoAmor l'anime annoda.

      Masia che vuoltu baldanzoso innoltra
ne le stanze piùinterne: ecco precorre
per annunciarti al gabinetto estremo
ilnoto stropiccìo de' piedi tuoi.
Già lo sposot'incontra. In un baleno
sfugge dall'altrui man l'accorta mano
dela tua dama: e il suo bel labbro intanto
t'apparecchia un sorriso.Ognun s'arretra
che conosce i tuoi drittie si conforta
con leadulte speranze a te lasciando
libero e scarco il più beatoseggio.
Tal colà dove infra gelose mura
Bizanzio edIspaàn guardano il fiore
de la beltà che il popolatoEgèo
mandae l'armenoe il Tartaroe il circasso
perdelizia d'un soloa bear entra
l'ardente sposa il gravemunsulmano.
Tra 'l maestoso passeggiar gli ondeggiano
le latespallee sopra l'alta testa
le avvolte fasce: dall'arcatociglio
ei volge intorno imperioso il guardo;
e vede al su'apparire umil chinarsi
e il piè ritrar l'effeminataocchiuta
turbache sorridendo egli dispregia.

      Oraimponio signorche tutte a schiera
si dispongan tue grazie; e ala tua dama
quanto elegante esser più puoi timostra.
Tengasi al fianco la sinistra mano
sotto il brevegiubbon celata; e l'altra
sul finissimo lin posies'asconda
vicino al cor: sublime alzisi 'l petto
sorgan gliomeri entrambie verso lei
piega il duttile collo; ai latistringi
le labbra un poco; ver lo mezzo acute
rendile alquantoe da la bocca poi
compendiata in guisa tal sen esca
un noninteso mormorio. La destra
ella intanto ti porga: e mollecaschi
sopra i tiepidi avorj un doppio bacio.
Siedi tu poscia;e d'una man trascina
più presso a lei la seggioletta.Ognuno
tacciasi; ma tu sol curvato alquanto
seco susurra ignotidetti a cui
concordin vicendevoli sorrisi
e sfavillar dicupidette luci
che amor dimostrio che lo finga almeno.

      Marimembrao signorche troppo nuoce
negli amorosi cor lunga eostinata
tranquillità. Su l'oceàno ancora
perigliosaè la calma: oh quante volte
dall'immobile prora il buonnocchiere
invocò la tempesta! e sì crudele
soccorsoancor gli fu negato; e giacque
affamato assetato estenuato
dalvelenoso aere stagnante oppresso
tra l'inutile ciurma al suollanguendo.
Però ti giovi de la scorsa notte
ricordar levicende; e con obliqui
motti pungerl' alquantoo se nelvolto
paga più che non suole accôr fu vista
ilnovello straniere; e co' bei labbri
semiaperti aspettarquasimarina
concala soavissima rugiada
de' novi accenti: o secupida troppo
col guardo accompagnò di loggia in loggia
ilseguace di Marteidol vegliante
de' feminili votia la cuichioma
col lauro trionfal s'avvolgon mille
e mille frondidell'idalio mirto.

      Colpevoleo innocente allor la bella
dama improviso adombrerà lafronte
d'un nuvoletto di verace sdegno
o simulato; e la nevosaspalla
scoterà un poco; e premerà col dente
l'infimolabbro: e volgeransi alfine
gli altri a bear le sue paroleestreme.
Fors'anco rintuzzar di tue querele
sapràl'agrezza; e sovvenir faratti
le visite furtive ai tettiaicocchi
ed a le logge de le mogli illustri
di ricchi cittadini acui sovente
per calle che il piacer mostrapiegarsi
la maestàdi cavalier non sdegna.

      Felicetese mesta e disdegnosa
la conduci a la mensa; e s'ivi puoi
solopiegarla a comportar de' cibi
la nausea universal. Sorridan pure
ale vostre dolcissime querele
i convitati; e l'un l'altropercota
col gomito maligno: ah nondimeno
come fremon lor alme;e quanta invidia
ti portante veggendo unico scopo
di sìbell'ire! Al solo sposo è dato
nodrir nel cor magnanimaquiete
mostrar nel volto ingenuo risoe tanto
docil fidanzane le innocue luci.

      Otre fiate avventurosi e quattro
voi del nostro buon secolomariti
quanto diversi da' vostr'avi! Un tempo
uscìad'Averno con viperei crini
con torbid'occhi irrequietiefredde
tenaci branche un indomabil mostro
che ansando eanelando intorno giva
ai nuziali letti; e tutto empiea
disospetto e di fremito e di sangue.
Allor gli antri domesticileselve
l'ondele rupi alto ulular s'udièno
di feminilistrida: allor le belle
dame con mani incrocicchiatee luci
pavideal cieltremando lagrimando
tra la pompa feral de lelugubri
sale vedean dal truce sposo offrirsi
le tazzeattossicate o i nudi stili.
Ahi pazza Italia! Il tuo furormedesmo
oltre l'alpioltre 'l mar destò le risa
pressoagli emoli tuoi che di gelosa
titol ti diero; e t'è serbatoancora
ingiustamente. Non di cieco amore
vicendevol desirealterno impulso
non di costume simiglianza or guida
gl'incautisposi al talamo bramato;
ma la prudenza coi canuti padri
siedelibrando il molt'oroe i divini
antiquissimi sangui: e allor chel'uno
bene all'altro rispondeecco Imenèo
scoter suaface; e unirsi al freddo sposo
di lui non giàma de lenozze amante
la freddissima vergine che in core
giàvolge i riti del bel mondo; e lieta
l'indifferenza maritaleaffronta.
Così non fien de la crudel Megera
piùtemuti gli sdegni. Oltre Pirene
contenda or pur le desiateporte
ai gravi amanti; e di feminee risse
turbi Oriente: Italiaoggi si ride
di quello ond'era già derisa; tanto
puoteuna sola età volger le menti!

      Magià rimbomba d'una in altra sala
il tuo nomeo signor; digià l'udìro
l'ime officine ove al volubiltatto
degl'ingenui palati arduo s'appresta
solletico che mollei nervi scota
e varia seco voluttà conduca
fino al coredell'alma. In bianche spoglie
s'affrettano a compir la nobilopra
prodi ministri: e lor sue leggi detta
una gran mente delpaese uscita
ove Colberte Richelieu fûr chiari.
Forsecon tanta maestade in fronte
presso a le navi ond'Ilio arse ecadèo
per gli ospiti famosi il grande Achille
disegnavala cena: e seco intanto
le vivande cocean sui lenti fochi
Pàtroclofidoe il guidator di carri
Automedonte. O tu sagace mastro
dilusinghe al palato udrai fra poco
sonar le lodi tue dall'altamensa.
Chi fia che ardisca di trovar pur macchia
nel tuolavoro? Il tuo signor farassi
campion de le tue glorie; e male aquanti
cercator di conviti oseran motto
pronunciar contro te;ché sul cocente
meriggio andran peregrinando poi
miserie stanchie non avran cui piaccia
più popolar con le lorbocche i pranzi.

      Imbanditaè la mensa. In piè d'un salto
alzati e porgialmosignorla mano
a la tua dama; e lei dolce cadente
sopra di tecol tuo valor sostieni
e al pranzo l'accompagna. Iconvitati
vengan dopo di voi; quindi 'l marito
ultimo segua. Oprole alta di numi
non vergognate di donar voi anco
pochimomenti al cibo: in voi non fia
vil opra il pasto; a quei soltantoè vile
che il duro irresistibile bisogno
stimola ecaccia. All'impeto di quello
cedan l'orsola tigreil falcoilnibbio
l'orcail delfinoe quant'altri mortali
vivonquaggiù; ma voi con rosee labbra
la sola Voluttade invitial pasto
la sola Voluttà che le celesti
menseimbandiscee al nèttare convita
i viventi per sédèi sempiterni.

      Forsevero non è; ma un giorno è fama
che fûr gliuomini eguali; e ignoti nomi
fûr plebee nobiltade. Alciboal bere
all'accoppiarsi d'ambo i sessial sonno
unistinto medesmoun'egual forza
sospingeva gli umani: e niunconsiglio
niuna scelta d'obbietti o lochi o tempi
era lorconceduta. A un rivo stesso
a un medesimo fruttoa unastess'ombra
convenivano insieme i primi padri
del tuo sangueosignoree i primi padri
de la plebe spregiata. I medesm'antri
ilmedesimo suolo offrieno loro
il riposoe l'albergo; e a le lormembra
i medesmi animai le irsute vesti.
Sol' una cura a tuttiera comune
di sfuggire il doloree ignota cosa
era il desireagli uman petti ancora.

      L'uniformedegli uomini sembianza
spiacque a' celesti: e a variar la terra
fuspedito il Piacer. Quale già i numi
d'Ilio sui campitall'amico genio
lieve lieve per l'aere labendo
s'avvicina a laterra; e questa ride
di riso ancor non conosciuto. Ei move
el'aura estiva del cadente rivo
e dei clivi odorosi a luiblandisce
le vaghe membrae lentamente sdrucciola
sultondeggiar dei muscoli gentile.
Gli s'aggiran d'intorno i Vezzi ei Giochi
e come ambrosiale lusinghe scorrongli
da le fraghedel labbro: e da le luci
socchiuselanguidetteumide fuori
ditremulo fulgore escon scintille
ond'arde l'aere che scendendo eivarca.  
 
     Alfin suldorso tuo sentistio Terra
sua prim'orma stamparsi; e tosto unlento
tremere soavissimo si sparse
di cosa in cosa; e ognorcrescendotutte
di natura le viscere commosse:
come nell'arsastate il tuono s'ode
che di lontano mormorando viene;
e colprofondo suon di monte in monte
sorge; e la vallee la forestaintorno
mugon del fragoroso alto rimbombo
finché poicade la feconda pioggia
che gli uomini e le fere e i fiori el'erbe
ravviva riconforta allegra e abbella.

      Ohbeati tra gli altrioh cari al cielo
viventi a cui con migliorman Titano
formò gli organi illustrie meglio tese
edi fluido agilissimo inondolli!
Voi l'ignoto solleticosentiste
del celeste motore. In voi ben tosto
le vogliefermentârnacque il desio.
Voi primieri scopriste il buonoil meglio;
e con foga dolcissima correste
a possederli. Allorquel de' due sessi
che necessario in prima erasoltanto
d'amabilee di bello il nome ottenne.
Al giudizio diParide voi deste
il primo esempio: tra feminei volti
adistinguer s'apprese; e voi sentiste
primamente le grazie. A voitra mille
sapor fûr noti i più soavi: allora
fu ilvin preposto all'onda; e il vin s'elesse
figlio de' tralci piùriarsie posti
a più fervido solne' piùsublimi
colli dove più zolfo il suolo impingua.
Cosìl'Uom si divise: e fu il signore
dai volgari distinto a cui nelseno
troppo languir l'ebeti fibreinette
a rimbalzar sotto isoavi colpi
de la nova cagione onde fûr tocche:
e quasibovial suol curvati ancora
dinanzi al pungol del bisognoandâro;
e tra la servitutee la viltade
e 'l travaglioe l'inopia a viver nati
ebber nome di plebe. Or tu signore
chefeltrato per mille invitte reni
sangue racchiudipoiché inaltra etade
arteforzao fortuna i padri tuoi
grandirendettepoiché il tempo alfine
lor divisi tesori in teraccolse
del tuo senso gioiscia te dai numi
concessa parte:e l'umil vulgo intanto
dell'industria donatoora ministri
a tei piaceri tuoi nato a recarli
su la mensa realnon a gioirne.

      Eccola dama tua s'asside al desco:
tu la man le abbandona; e mentre ilservo
la seggiola avanzandoall'agil fianco
la sottoponsìche lontana troppo
ella non siané da vicin colpetto
prema troppo la mensaun picciol salto
spiccae chinoraccogli a lei del lembo
il diffuso volume. A lato poscia
dilei tu siedi: a cavalier gentile
il fianco abbandonar de la suadama
non fia lecito maise già non sorge
strana cagionea meritarch'egli usi
tanta licenza. Un nume ebber gliantichi
immobil sempree ch'allo stesso padre
degli dèinon cedetteallor ch'ei venne
il Campidoglio ad abitarsebbene
eGiuno e Febo e Venere e Gradivo
e tutti gli altri dèi da lelor sedi
per riverenza del Tonante uscîro.

      Indistintoad ognaltro il loco sia
presso al nobile desco: e s'alcunarde
ambizioso di brillar fra gli altri
brilli altramente. Ohcome i varj ingegni
la libertà del genial convito
destaed infiamma! Ivi il gentil Motteggio
maliziosetto svolazzandointorno
reca su l'ali fuggitive ed agita
ora i raccolti da lafama errori
de le belle lontaneora d'amante
o di marito isemplici costumi:
e gode di mirare il queto sposo
riderprimieroe di crucciar con lievi
minacce in cor de la sua fidasposa
i timidi segreti. Ivi abbracciata
co' festivi Raccontiintorno gira
l'elegante Licenza: or nuda appare
come le Grazie;or con leggiadro velo
solletica vie meglio; e s'affatica
dirichiamar de le matrone al volto
quella rosa gentil che fu giàun tempo
onor di belle donneall'Amor cara
e caraall'Onestade; ora ne' campi
cresce solingae tra i selvaggischerzi
a le rozze villane il viso adorna.

      Giàs'avanza la mensa. In mille guise
e di mille sapordi colormille
la variata eredità degli avi
scherza ne' piatti; egiust'ordine serba.
Forse a la dama di sua man le dapi
piaceràministrarche novo pregio
acquisteran da lei. Veloce il ferro
cheforbito ti attende al destro lato
nudo fuor esca; e come quel diMarte
scintillando lampeggi: indi la punta
fra due dita nestringie chino a lei
tu il presentao signore. Or sivedranno
de la candida mano all'opra intenta
i muscoli giocarsoavi e molli:
e le graziepiegandosi dintorno
vestiran nuoveformeor da le dita
fuggevoli scorrendoora su l'alto
de' beinodi insensibili aleggiando
et or de le pozzette in sencadendo
che dei nodi al confin v'impresse Amore.
Mille baci difreno impazienti
ecco sorgon dal labbro ai convitati;
giàs'arrischiangià volanogià un guardo
sfugge dagliocchi tuoiche i vanti audaci
fulminaet ardee tue ragiondifende.
Sol de la fida sposa a cui se' caro
il tranquillomarito immoto siede:
e nulla impression l'agita e scuote
dibramao di timor; però che Imene
da capo a pièfatollo. Imene or porta
non più serti di rose avvolti alcrine
ma stupido papavero grondante
di crassa onda letèa:Imenee il Sonno
oggi han pari le insegne. Oh come spesso
ladama dilicata invoca il Sonno
che al talamo presiedae secoinvece
trova Imenèo; e stupida rimane
quasi al meriggiostanca villanella
che tra l'erbe innocenti adagia il fianco
quetae sicura; e d'improviso vede
un serpe; e balza in piediinorridita;
e le rigide man stendee ritragge
il gomitoel'anelito sospende;
e immota e mutae con le labbraaperte
obliquamente il guarda! Oh come spesso
incauto amante ala sua lunga pena
cercò sollievo: et invocarcredendo
Imeneahi folle! invocò il Sonno; e questi
difredda oblivion l'alma gli asperse;
e d'invincibil noiae ditorpente
indifferenza gli ricinse il core.

      Mase a la dama dispensar non piace
le vivandeo non giovaallor tustesso
il bel lavoro imprendi. Agli occhi altrui
piùbrillerà così l'enorme gemma
dolc'esca agli usuraiche quella osâro
a le promesse di signorpreporre
villanamente: ed osservati fieno
i manichettila piùnobil opra
che tessesse giammai anglica Aracne.
Invidieran tuadilicata mano
i convitati; inarcheran le ciglia
sul difficillavoroe d'oggi in poi
ti fia ceduto il trinciator coltello
cheal cadetto guerrier serban le mense.

      Tecoson iosignor; già intendo e veggo
felice osservatore idetti e i motti
de' semidei che coronando stanno
e con variocostume ornan la mensa.
Or chi è quell'eroe che tantaparte
colà ingombra di locoe mangia e fiuta
e guata ede le altrui cure ridendo
si superba di ventre agita mole?
Ohdi mente acutissima dotate
mamme del suo palato! oh damortali
invidiabil anima che siede
tra la mirabil lor testura;e quindi
l'ultimo del piacer deliquio sugge!
Chi piùsaggio di lui penètra e intende
la natura migliore; o chipiù industre
converte a suo piacer l'ariala terra
e'l ferace di mostri ondoso abisso?
Qualor s'accosta al descoaltruipaventano
suo gusto inesorabile le smilze
ombre de'padriche per l'aria lievi
s'aggirano vegliando ancora intorno
aiceduti tesori: e piangon lasse
le mal spese vigiliei sobrjpasti
le in preda all'aquilon casele antique
digiune rozzegli scommessi cocchj
forte assordanti per stridente ferro
lepiazze e i tetti: e lamentando vanno
gl'invan nudati rusticilefami
mal desiatee de le sacre toghe
l'armata in vano autoritàsul vulgo.

      Chisiede a lui vicin? Per certo il caso
congiunse accorto i dueleggiadri estremi
perché doppio spettacolo campeggi;
el'un dell'altro al par più lustri e splenda.
Falcato diodegli orti a cui la greca
Làmsaco d'asinelli offrirsolea
vittima degnaal giovine seguace
del sapiente di Samo idoni tuoi
reca sul desco: egli ozioso siede
dispregiando lecarni; e le narici
schifo raggrinzain nauseanti rughe
ripiegai labbrie poco pane intanto
rumina lentamente. Altro giammai
ala squallida fame eroe non seppe
durar sì forte: nélassezza il vinse
né deliquio giammai né febbreardente;
tanto importa lo aver scarze le membra
singolare ilcostumee nel bel mondo
onor di filosofico talento.
Qual animaè volgar la sua pietade
all'Uom riserbi; e facileribrezzo
déstino in lui del suo simile i danni
ibisognie le piaghe. Il cor di lui
sdegna comune affetto; e idolci moti
a più lontano limite sospinge.
«Peracolui che prima osò la mano
armata alzar su l'innocenteagnella
e sul placido bue: né il truculento
cor glipiegâro i teneri belati
né i pietosi mugiti néle molli
lingue lambenti tortuosamente
la man che il loro fatoahimèstringea.»
Tal ei parlao signore; e sorgeintanto
al suo pietoso favellar dagli occhi
de la tua damadolce lagrimetta
pari a le stille tremulebrillanti
che a lanova stagion gemendo vanno
dai palmiti di Bacco entro commossi
altiepido spirar de le prim'aure
fecondatrici. Or le sovviene ilgiorno
ahi fero giorno! allor che la sua bella
vergine cucciade le Grazie alunna
giovenilmente vezzeggiandoil piede
villandel servo con l'eburneo dente
segnò di lieve nota: ed egliaudace
con sacrilego piè lanciolla: e quella
tre volterotolò; tre volte scosse
gli scompigliati pelie da lemolli
nari soffiò la polvere rodente.
Indi i gemitialzando: aita aita
parea dicesse; e da le aurate volte
a leil'impietosita Eco rispose:
e dagl'infimi chiostri i mestiservi
asceser tutti; e da le somme stanze
le damigelle pallidetremanti
precipitâro. Accorse ognuno; il volto
fuspruzzato d'essenze a la tua dama;
ella rinvenne alfin: l'iraildolore
l'agitavano ancor; fulminei sguardi
gettò sulservoe con languida voce
chiamò tre volte la sua cuccia:e questa
al sen le corse; in suo tenor vendetta
chiedersembrolle: e tu vendetta avesti
vergine cuccia de le graziealunna.
L'empio servo tremò; con gli occhi al suolo
udìla sua condanna. A lui non valse
merito quadrilustre; a lui nonvalse
zelo d'arcani uficj: in van per lui
fu pregato epromesso; ei nudo andonne
dell'assisa spogliato ond'era ungiorno
venerabile al vulgo. In van novello
signor sperò;ché le pietose dame
inorridìroe del misfattoatroce
odiâr l'autore. Il misero si giacque
con lasquallida prolee con la nuda
consorte a lato su la viaspargendo
al passeggiere inutile lamento:
e tu vergine cucciaidol placato
da le vittime umaneisti superba.

      Fiatua curao signoreor che più ferve
la mensadi vegliarsu i cibi; e pronto
scoprir qual d'essi a la tua dama ècaro:
o qual di raro augeldi stranio pesce
parte le aggrada.Il tuo coltello Amore
anatomico rendaAmor che tutte
deglianimali noverar le membra
puote; e discerner sa qual abbiantutte
Usoe natura. Più d'ognaltra cosa
però ticaglia rammentar mai sempre
qual più cibo le nuocao qualpiù giovi;
e l'un rapisci a leil'altro concedi
comed'uopo ti par. Serbalaoh dio
serbala ai cari figlj. Essi dalgiorno
che le alleviâro il dilicato fianco
non la rividerpiù: d'ignobil petto
esaurirono i vasie laricolma
nitidezza serbâro al sen materno.
Sgridalase ate parch'avida troppo
agogni al cibo; e le ricorda i mali
cheforse avranno altra cagionee ch'ella
al cibo imputerà neldì venturo.
Né al cucinier perdona a cui noncalse
tanta salute. A te sui servi altrui
ragion donossi inquel felice istante
che la noiao l'amor vi strinser ambo
indolce nodo; e dier ordini e leggi.
Per te sgravato d'odiosoincarco
ti fia grato colui che dritto vanta
d'impor novocognome a la tua dama;
e pinte trascinar su gli aureicocchi
giunte a quelle di lei le proprie insegne:
drittoillustre per luie ch'altri seco
audace non tentò dividermai.

     Manon sempreo signortue cure fieno
a la dama rivolte: ancotalora
ti fia lecito aver qualche riposo;
e de la querciatrionfale all'ombra
te de la polve olimpica tergendo
al varioragionar degli altri eroi
porgere orecchioe il tuo sermone ailoro
ozioso mischiar. Già scote un d'essi
learchitettate del bel crine anella
su l'orecchio ondeggianti; e adogni scossa
de' convitati a le narici manda
vezzoso nembod'arabi profumi.
Allo spirto di lui l'alma Natura
fu prodigacosìche più non seppe
di che il volto abbellirgli;e all'Arte disse:
- Compisci 'l mio lavoro; - e l'Artesuda
sollecita d'intorno all'opra illustre.
Molli tinturepreziose linfe
polvipastigliedilicati unguenti
tuttoarrischia per lui. Quanto di novo
e mostruoso più satesser spola
o bulino intagliar francese ed anglo
a lui primoconcede. Oh lui beato
che primo può di non piùviste forme
tabacchiera mostrar! l'etica invidia
i grandieguali a lui lacerae mangia;
ed ei pago di sésuperbamente
crudo fa loro balenar su gli occhi
l'ultima gloriaonde Parigi ornollo.
Forse altera così d'Egitto infaccia
vaga prole di Semele apparisti
i giocondi rubini altolevando
del grappolo primiero: e tal tu forse
tessalico garzonmostrasti a Jolco
l'auree lane rapite al fero drago.

      Vedio signorquanto magnanim'ira
nell'eroe che vicino all'altrosiede
a quel novo spettacolo si desta:
vedi come s'affannaesembra il cibo
obliar declamando. Al certo al certo
il nemico èa le porte: ohimè i Penati
tremanoe in forse è lacivil salute.
Ah no; più grave a luipiùpreziosa
cura lo infiamma: - Oh depravati ingegni
degliartefici nostri! In van si spera
dall'inerte lor man lavoroindustre
felice invenzion d'uom nobil degna:
chi saintrecciarchi sa pulir fermaglio
a nobile calzar? chi tesserdrappo
soffribil tantoche d'ornar presuma
le membra di signorche un lustro a pena
di feudo conti? In van s'adopra e stanca
chi'l genio lor bituminoso e crasso
osa destar. Di làdall'Alpi è forza
ricercar l'eleganza: e chi giammai
fuorche il Genio di Francia osato avrebbe
su i menomi lavori i Grechiornati
recar felicemente? Andò romito
il bongusto finoraspaziando
su le auguste cornicie su gli eccelsi
timpani de lemoli al nume sacre
e agli uomini scettrati; oggi ne scende
vagoalfin di condurre i gravi fregi
infra le man di cavalieri edame:
tosto forse il vedrem trascinar anco
su molli velienuziali doni
le greche travi; e docile trastullo
fien de lamoda le colonnee gli archi
ove sedeano i secoli canuti -.

      -Commercio! - alto gridar; gridar: - commercio! -
all'altro lato dela mensa or odi
con fanatica voce: e tra 'l fragore
d'unperegrino d'eloquenza fiume
di bella novità stampate alconio
le forme apprendionde assai meglio poi
brillantati ipensier picchin la mente.
Tu pur grida: - Commercio! e la tuadama
anco un motto ne dica. Empiono è vero
il nostrosuol di Cerere i favori
che tra i folti di biade immensicampi
move sublime; e fuor ne mostra a pena
tra le spigheconfuso il crin dorato.
Baccoe Vertunno i lieti poggi intorno
necoronan di poma: e Pale amica
latte ne preme a larga manoetonde
candidi vellie per li prati pasce
mille al palato umanvittime sacre:
cresce fecondo il lin soave cura
del vernorusticale; e d'infinita
serie ne cinge le campagne il tanto
perla morte di Tisbe arbor famoso.
Che vale or ciò? Su lenatie lor balze
rodan le capre; ruminando il bue
lungo i pratinatii vada; e la plebe
non dissimile a lorsi nutra e vesta
dele fatiche sue; ma a le grand'alme
di troppo agevol ben schifeCillenio
il comodo presenti a cui le miglia
pregio acquistinoe l'oro; e d'ogn'intorno:
commerciorisonar s'odacommercio.
Tale dai letti de la molle rosa
Sìbari ancorgridar soleva; i lumi
disdegnando volgea dai campi aviti
troppoper lei ignobil cura; e mentre
Cartagin dura a le faticheeTiro
pericolando per l'immenso sale
con l'oro altrui levoluttà cambiava
Sìbari si volgea sull'altrolato;
e non premute ancor rose cercando
pur di commercionovellavae d'arti.

      Nésenza i miei precettie senza scorta
inerudito andraisignorqualora
il perverso destin dal fianco amato
t'allontani a lamensa. Avvien sovente
che un grande illustre or l'Alpiorl'oceàno
varcae scende in Ausoniaorribil ceffo
pernatura o per artea cui Ciprigna
rose le nari; e sale impuro ecrudo
snudò i denti ineguali. Ora il distingue
risibilgobbaor furiosi sguardi
obliqui o loschi; or rantolosoavvolge
tra le tumide fauci ampio volume
di voce che gorgogliaed esce alfine
come da inverso fiasco onda che goccia.
Orad'avi or di cavalli ora di Frini
instancabile parlaor de'celesti
le folgori deride. Aurei monili
e gemme e nastrigloriose pompe
l'ingombran tutto; e gran titolo suona
dinanzi alui. Qual più tra noi risplende
inclita stirpeche onorarnon voglia
d'un ospite sì degno i lari suoi?
Ei peròsederà de la tua dama
al fianco ancora: e tu lontan daGiuno
tra i silvani capripedi n'andrai
presso al marito; epranzerai negletto
col popol folto degli dèi minori.

      Manegletto non già dagli occhi andrai
de la dama gentilchea te rivolti
incontreranno i tuoi. L'aere a quell'urto
arderàdi faville: e Amor con l'ali
l'agiterà. Nel fortunatoincontro
i messaggier pacifici dell'alma
cambieran lor novellee alternamente
spintirifluiranno a voi con dolce
deliziosotremito sui cori.
Tu le ubbidisci allorao se t'invita
levivande a gustar che a lei vicine
l'ordin disposeo se a techiede in vece
quella che innanzi a te sue voglie punge
non colsoave odorma con le nove
leggiadre forme onde abbellir laseppe
dell'ammirato cucinier la mano.
Con la mente si pasconogli dèi
sopra le nubi del brillante Olimpo:
e le labbraimmortali irrita e move
non la materiama il divin lavoro.

      Néintento meno ad ubbidir sarai
i cenni del bel guardo allor chequella
di licor peregrino ai labbri accosta
colmo bicchiere alo cui orlo intorno
serpe dorata striscia; o a cui vermiglia
cerala base improntae parche dica:
- Lungi o labbra profane: allabbro solo
de la diva che qui soggiorna e regna
il castissimocalice si serbi:
né cavalier con l'alito maschile
osiappannarne il nitido cristallo
né dama convitata unquapresuma
di porvi i labbri; e sien pur casti e puri
equant'esser si può cari all'amore.
Nessun'altra è dilei più pura cosa;
chi macchiarla oserà? Le Ninfe invano
da le arenose loro urne versando
cento limpidi rivialcandor primo
tornar vorrièno il profanato vaso;
e degnofarlo di salir di novo
a le labbra celestia cui nonlice
lnviolate approssimarsi ai vasi
che convitati cavalieriedame
convitate macchiâr coi labbri loro. -
Tu ai cennidel bel guardoe de la mano
che reggendo il bicchiersospesaondeggia
affettuoso attendi. I guardi tuoi
sfavillando digioiaaccolgan lieti
il brindisi segreto; e tu ti accingi
insimil modo a tacita risposta.

      Immortalcome voi la nostra Musa
Brindisi grida all'unoe all'altroamante;
all'altrui fida sposa a cui se' caro
e a tesignorsua dolce cura e nostra.
Come annoso licor Lièo vimesce
tale Amore a voi mesca eterna gioia
non gustata almaritoe da coloro
invidiata che gustata l'hanno.
Veli conl'ali sue sagace oblìo
le alterne infedeltà che uncor dall'altro
potrièno un giorno separar per sempre
esole agli occhi vostri Amor discopra
le alterne infedeltàche in ambo i cori
ventilar possan le cedenti fiamme.
Unsempiterno indissolubil nodo
Àuguri ai vostri cor volgarcantore;
nostra nobile Musa a voi desia
sol fin che piace a voidurevol nodo.
Duri fin che a voi piace; e non si sciolga
senzache fama sopra l'ali immense
tolga l'alta novellae granden'empia
col reboàto dell'aperta tromba
l'ampia cittadee dell'Enotria i monti
e le piagge sonantie s'esser puote
labianca Tetie Guadianae Tule.
Il mattutino gabinettoilcorso
il teatrola mensa in vario stile
ne ragionin grantempo: ognun ne chieda
il dolente marito; ed ei dall'alto
lalamentabil favola cominci.
Tal su le scene ove agitarsolea
l'ombre tinte di sangue Argo piagnente
squallido messoal palpitante coro
narravacome furiando Edipo
al talamocorresse incestuoso;
come le porte rovescionnee come
alsubito spettacolo risté
quando vicina del nefandoletto
vide in un corpo solo e sposa e madre
pender strozzata; edel fatale uncino
le mani armossi; e con le proprie mani
a séle care luci da la testa
con le man propriemisero! strapposse.

      Eccovolge al suo fine il pranzo illustre.
Già Comoe Dionisioal desco intorno
rapidissimamente in danza girano
con la liberagioia: ella saltando
or questo or quel dei convitati lieve
toccacol dito; e al suo toccar scoppiettano
brillanti vivacissimescintille
ch'altre ne destan poi. Sonan le risa;
e il clamorosodisputar s'accende.
La nobil vanità punge le menti;
el'Amor di sé solbaldo scorrendo
porge un scettro aciascunoe dice: - Regna. -
Questi i concilj di Bellonaequegli
penetra i tempj de la pace. Un guida
i condottieri: aiconsiglier consiglio
l'altro donae divide e capovolge
conseste ardite il pelago e la terra.
Qual di Pallade l'arti e de leMuse
giudica e libra: qual ne scopre acuto
l'alte cagioni; e igran principj abbatte
cui creò la naturae chetiranni
sopra il senso degli uomini regnâro
gran tempo inGrecia; e ne la tosca terra
rinacquer poi più poderosi eforti.

      Cotantoadunque di sapere è dato
a nobil mente? Oh lettoohspecchiooh mensa
oh corsooh scenaoh feudioh sangueohavi
che per voi non s'apprende? Or tu signore
col volo arditodel felice ingegno
t'ergi sopra d'ognaltro. Il campo èquesto
ove splender più dei: nulla scienza
siaquant'esser si vuole arcana e grande
ti spaventi giammai. Se cosaudisti
o leggesti al mattino onde tu possa
gloria sperar; qualcacciator che segue
circuendo la ferae sì la guida
evolge di lontanche a poco a poco
s'avvicina a le insidieedentro piomba;
tal tu il sermone altrui volgi sagace
finchélà cada over spiegar ti giovi
il tuo novo tesor. Se novaforma
del parlare apprendestiallor ti piaccia
materia esporchefavellandoammetta
la nova gemma: e poi che il punto haicolto
ratto la scoprie sfolgorando abbaglia
qual altra èmente che superba andasse
di squisita eloquenza ai granconvivj.
In simil guisa il favoloso amante
dell'animosa vergindi Dordona
ai cavalier che l'assalien superbi
usar lasciavaogni lor possa ed arte;
poi nel miglior de la terribilpugna
svelava il don dell'amoroso mago:
e quei sorpresidall'immensa luce
cadeano ciechi e soggiogati a terra.
Se alcundi Zoroastroe d'Archimede
discepol sederà teco a lamensa
a lui ti volgi: seco lui ragiona;
suo linguaggio neapprendie quello poi
quas'innato a te fossealto ripeti:
népaventar quel che l'antica fama
narrò de' suoi compagni.Oggi la diva
Urania il crin compose: e gl'irti alunni
smarritivergognosi balbettanti
trasse da le lor cave ove pur dianzi
colprofondo silenzio e con la notte
tenean consiglio: indi le servebraccia
fornien di leve onnipotenti ond'alto
salisser poipiramidiobelischi
ad eternar de' popoli superbi
i gravi casi:oppur con feri dicchi
stavan contro i gran letti; o dipignone
audace armati spaventosamente
cozzavan con la pienaegiù a traverso
spezzatedissipate rovesciavano
le tetrecornadecima fatica
d'Ercole invitto. Ora i selvaggi amici
Uraniaincivilì: baldi e leggiadri
nel gran mondo li guida o tra'l clamore
de' frequenti convivjoppur tra i vezzi
de'gabinetti ove a la docil dama
e al saggio cavalier mostran qualvia
Venere tenga; e in quante forme o quali
suo voltolucidissimo si cambi.  


     Nédel poeta temeraiche beffi
con satira indiscreta i dettituoi;
né che a maligne risa esponer osi
tuo talentoimmortal. Voi l'innalzaste
all'alta mensa: e tra la vostraluce
beato l'avvolgeste; e de le Muse
a dispetto e d'Apolloalsacro coro
l'ascriveste de' vati. Egli 'l suo Pindo
feo de lamensa: e guai a luise quinci
le dèe sdegnate giùprecipitando
con le forchette il cacciano! Meschino!
Piùnon potria su le dolenti membra
del suo infermo signor chiedereaita
da la buona Salute; o con alate
odi ringraziarnétesser inni
al barbato figliuol di Febo intonso:
più delgiorno natale i chiari albori
salutar non potrebbee l'aureefrecce
nomi-sempiternanti all'arco imporre:
non più gliurti festevolio sul naso
l'elegante scoccar d'illustri dita
foradato sperare. A lui tu dunque
non isdegnao signorvolgertalvolta
tu' amabil voce: a lui declama i versi
del dilicatocortigian d'Augusto
o di quel che tra Veneree Lièo
pinseTrimalcion. La Moda impone
ch'arbitroo Flacco a un bello spirtoingombri
spesso le tasche. Il vostro amico vate
t'udràmaravigliandoil sermon prisco
or sciogliere or frenar qual piùti piace:
e per la sua faretrae per li cento
destrier focosiche in Arcadia pasce
ti giureràche di Donato al paro
ildifficil sermone intendi e gusti.

      Cotestoancor di rammentar fia tempo
i novi sofiche la Galliael'Alpe
esecrando persegue: e dir qual arse
de' volumi infelicie andò macchiato
d'infame nota: e quale asiloappresti
filosofia al morbido Aristippo
del secol nostro; equal ne appresti al novo
Diogene dell'auro spregiatore
e dellaopinione de' mortali.
Lor volumi famosi a te verranno
da lefiamme fuggendo a gran giornate
per calle obliquoe compri a grantesoro
o da cortese man prestatifièno
lungo ornamentoa lo tuo speglio innanzi.
Poiché scorsi gli avrai pochimomenti
specchiandotie a la man garrendo indotta
delparrucchier; poiché t'avran la sera
conciliato il facilsonnoallora
a la toilette passeran di quella
checomuni ha con te studi e liceo
ove togato in cattedraelegante
siede interprete Amor. Ma fia la mensa
il favorevolloco ove al sol esca
de' brevi studj il glorioso frutto.

      Quiti segnalerai co' novi sofi
schernendo il fren che i credulimaggiori
atto solo stimâr l'impeto folle
a vincer de'mortalia stringer forte
nodo fra questie a sollevar lorspeme
con penne oltre natura alto volanti.
Chi por freno oseràd'almo signore
a la mente od al cor? Paventi il vulgo
oltrenatura: il debole prudente
rispetti il vulgo; e queicui dona ilvulgo
titol di saggiomediti romito
il ver celato; e alfincada adorando
la sacra nebbia che lo avvolge intorno.
Ma il miosignorcom'aquila sublime
dietro ai sofi novelli il volospieghi.
Perché più generoso il volo sia
volisenz'ale ancor; né degni 'l tergo
affaticar con penne.Applauda intanto
tutta la mensa al tuo poggiare ardito.
Te conlo sguardoe con l'orecchio beva
la dama dalle tue labbrarapita:
con cenno approvator vezzosa il capo
pieghi sovente: eil «calcolo»e la «massa»
e l'«inversaragion» sonino ancora
su la bocca amorosa. Or più nonodia
de le scole il sermone Amor maestro;
ma l'accademia e iportici passeggia
de' filosofi al fiancoe con la molle
manoaccarezza le cadenti barbe.
Ma guàrdatio signorguàrdatioh Dio!
dal tossico mortal che fuora esala
dai volumi famosi; eocculto poi
saper le luci penetrato all'alma
gir serpendonei cori; e con fallace
lusinghevole stil corromper tenta
ilgeneroso de le stirpi orgoglio
che ti scevra dal vulgo. Udrai daquelli
che ciascun de' mortali all'altro è pari;
checaro a la Naturae caro al cielo
è non meno di te coluiche regge
i tuoi destrierie quei ch'ara i tuoi campi;
e chela tua pietadee il tuo rispetto
dovrien fino a costor scendervilmente.
Folli sogni d'infermo! Intatti lascia
cosìstrani consiglj; e sol ne apprendi
quel che la dolce voluttàrinfranca
quel che scioglie i desirie quel che nutre
lalibertà magnanima. Tu questo
reca solo a la mensa: e sol daquesto
cerca plausi ed onor. Così dell'api
l'industriosopopolo ronzando
gira di fiore in fiordi prato in prato;
e idissirnili sughi raccogliendo
tesoreggia nell'arnie: un giornopoi
ne van colme le pàtere dorate
sopra l'ara de' numi;e d'ogn'intorno
ribocca la fragrante alma dolcezza.

      Orversa pur dall'odorato grembo
i tuoi doni o Pomona; e l'ampiecolma
tazze che d'oro e di color diversi
fregiò ilsàssone industre; il fine è giunto
de la mensadivina. E tu dai greggi
rustica Pale coronata vieni
di melissaolezzante e di ginebro;
e co' lavori tuoi di pressolatte
vergognando t'accosta a chi ti chiede
ma deporli nonosa. In su la mensa
potrien deposti le celesti nari
commovertroppoe con volgare olezzo
gli stomachi agitar. Torregginsolo
su' ripiegati lini in varie forme
i latti tuoi cui diserbato verno
rassodarono i salie reser atti
a dilettar consubito rigore
di convitato cavalier le labbra.

      Tusignorche farai poiché fie posto
fine a la mensae chelieve puntando
la tua dama gentil fatto avrà cenno
chedi sorger è tempo? In piè d'un salto
balza prima ditutti; a lei t'accosta
la seggiola rimovila man porgi;
guidalain altra stanzae più non soffri
che lo stagnante de ledapi odore
il célabro le offenda. Ivi con glialtri
gratissimo vapor t'invitaond'empie
l'aria il caffèche preparato fuma
in tavola minor cui vela ed orna
indicatela. Ridolente gomma
quinci arde intanto; e va lustrando epurga
l'aere profanoe fuor caccia del cibo
le volantireliquie. Egri mortali
cui la miseria e la fidanza un giorno
sulmeriggio guidâro a queste porte;
tumultuosaignudaatrocefolla
di tronche membrae di squallide facce
e di bare e digrucceora da lungi
vi confortate; e per le aperte nari
deldivin pranzo il néttare beete
che favorevol aura a voiconduce:
ma non osate i limitari illustri
assediarfastidiosooffrendo
spettacolo di mali a chi ci regna.

      Orla piccola tazza a te conviene
apprestareo signorche i lentisorsi
ministri poi de la tua dama ai labbri:
or memore avvertirs'ella più goda
o sobria o liberaltemprar col dolce
labollente bevanda; o se più forse
l'ami cosìcomesorbir la suole
barbara sposaallor chemolle assisa
su'broccati di Persiaal suo signore
con le dita pieghevoli 'lselvoso
mento vezzeggiae la svelata fronte
alzandoilguarda; e quelli sguardi han possa
di far che a poco a poco di mancada
al suo signore la fumante canna.

      Mentreil labbroe la man v'occupae scalda
l'odorosa bevandaalterecose
macchinerà tua infaticabil mente.
Qual coppia didestrieri oggi de' il carro
guidar de la tua dama; o l'altemoli
che su le fredde piagge educa il cimbro;
o quei cheabbeverò la Dravao quelli
che a le vigili guardie un dìfuggîro
da la stirpe campana. Oggi qual meglio
siconvenga ornamento ai dorsi alteri:
se semplici e negletti; o sepomposi
di ricche nappe e variate stringhe
andran su l'altocollo i crin volando;
e sotto a cuoi vermigli e ad aureefibbie
ondeggeranno li ritondi fianchi.
Quale oggi cocchiotrionfanti al corso
vi porterà: se quel cui l'oro copre;
oquel su le cui tavole pesanti
saggio pennello i dilicatifinse
studj dell'agoonde si fregia il capo
e il bel sen latua dama; e pieni vetri
di freschissima linfa e di fior varj
glidiede a trascinar. Cotanta mole
di cose a un tempo sol nell'altamente
rivolgerai: poi col supremo auriga
arduo consiglio neterrainon senza
qualche lieve garrir con la tua dama
servi leleggi tue l'auriga: e intanto
altre v'occupin cure. Il giocopuote
ora il tempo ingannare: ed altri ancora
forse ingannarpotrà. Tu il gioco eleggi
che due soltanto a un tavoliereammetta;
tale Amor ti consiglia. Occulto ardea
già dininfa gentil misero amante
cui null'altra eloquenza usar conlei
fuor che quella degli occhi era concesso;
poiché ilrozzo marito ad Argo eguale
vigilava mai sempre; e quasibiscia
ora piegandoor allungando il collo
ad ogni verbo congli orecchi acuti
era presente. Oimècome con cenni
ocon notata tavola giammai
o con servi sedotti a la suaninfa
chieder pace ed aita? Ogni d'Amore
stratagemma finissimovinceva
la gelosìa del rustico marito.
Che piùlice sperare? Al tempio ei corre
del nume accorto che le serpiintreccia
all'aurea vergae il capo e le calcagna
d'alifornisce. A lui si prostra umile;
e in questa guisalagrimandoil prega:
- O propizio agli amantio buon figliuolo
de lacandida Majao tu che d'Argo
deludesti i cent'occhie a luirapisti
la guardata giovencai preghi accetta
d'un amanteinfelice; e a me concedi
se non gli occhi ingannargli orecchialmeno
d'un marito importuno. - Ecco si scote
il divinsimulacroa lui si china
con la verga pacifica la fronte
glipercote tre volte: e il lieto amante
sente dettarsi ne la mente ungioco
che i mariti assordisce. A lui diresti
che l'ali del suopiè concesse ancora
il supplicato dio; cotanto eivola
velocissimamente a la sua donna.
Là bipartitatavola prepara
ov'ebanoed avorio intarsiati
regnan sul piano;e partono alternando
in dodici magioni ambe le sponde.
Quindicinere d'ebano girelle
e d'avorio bianchissimo altrettante
standivise in due parti; e moto e norma
da due dadi gittati attendonpronte
ad occupar le casee quinci e quindi
pugnar contrarie.Oh cara a la Fortuna
quella che corre innanzi all'altree seco
hala compagnaonde il nemico assalto
forte sostenga! Oh giocatorfelice
chi pria l'estrema casa occupa; e l'altro
de le propriemagioni ordin riempie
con doppio segnoe quindi poisecuro
dala falange il suo rival combatte;
e in proprio ben rivolge i colpiostili.
Al tavolier s'assidono ambidue
l'amante cupidissimoela ninfa:
quella occupa una spondae questi l'altra.
Il maritocol gomito s'appoggia
all'un de' lati: ambi gli orecchi tende;
esotto al tavolier di quando in quando
guata con gli occhi. Orl'agitar dei dadi
entro ai sonanti bossoli comincia;
ora ilpicchiar de' bossoli sul piano;
ora il vibrarlo sparpagliarl'urtare
il cozzar de' due dadi; or de le mosse
pedine ilmartellar. Torcesi e freme
sbalordito il geloso: a fuggirpensa
ma rattienlo il sospetto. Il romor cresce
il rombazzoil frastonoil rovinìo.
Ei più regger non puote; inpiedi balza
e con ambe le man tura gli orecchi
tu vincesti oMercurio: il cauto amante
poco dissee la bella intese assai.

      Talne la ferrea età quando gli sposi
folle superstizionchiamava all'armi
giocato fu. Ma poi che l'aureo fulse
secol dinovoe che del prisco errore
si spogliâro i maritial soldiletto
la damae il cavalier volsero il gioco
che lanecessità scoperto avea.
Fu superfluo il romor: di mollepanno
la tavola vestissie de' patenti
bossoli 'l sen: loschiamazzìo molesto
tal rintuzzossi; e durò al giocoil nome
che ancor l'antico strepito dinòta.
 
     Giàde le feree degli augelli il giorno
e de' pesci notantie de'fior varj
degli alberie del vulgo al suo fin corre.
Di sottoal guardo dell'immenso Febo
sfugge l'un mondo; e a berne i viviraggi
Cuba s'affrettae il Messicoe l'altrice
di molte perleCalifornia estrema.
Già da' maggiori collie dal'eccelse
torri il sol manda gli ultimi saluti
all'Italiafuggente; e parche brami
rivedertio signoreanzi chel'Alpe
o l'Appenninoo il mar curvo ti celi
agli occhi suoi.Altro finor non vide
che di falcato mietitore i fianchi
su le.campagne tue piegati e lassi
e su le armate mura or fronti orspalle
carche di ferroe su le aeree capre
degli edificj tuoiman scabre e arsicce
e villan polverosi innanzi ai carri
gravidel tuo ricoltoe sui canali
e sui fertili laghi irsutebraccia
di remigante che le alterne merci
al tuo comodo guidaed al tuo lusso
tutt'ignobili oggetti. Or colui vegga
che datutti servitoa nullo serve.

      Giàdi cocchi frequente il Corso splende:
e di mille che làvolano rote
rimbombano le vie. Fiero per nova
scoperta biga ilgiovine leggiadro
che cesse al carpentier gli avìticampi
là si scorge tra i primi. All'un de' lati
sdrajasitutto: e de le stese gambe
la snellezza dispiega. A lui nelseno
la conoscenza del suo merto abbonda;
e con gentil sorrisoarde e balena
su la vetta del labbro; o da le ciglia
disdegnandode' cocchi signoreggia
la turba inferior: soave intanto
eglialza il mentoe il gomito protende;
e mollemente la manripiegando
i merletti finissimi su l'alto
petto si ricomponcon le due dita.
Quinci vien l'altro che pur oggi al cocchio
daicasali pervennee già s'ascrive
al concilio de' numi. Eglioggi impara
a conoscere il vulgoe già da quello
millemiglia lontan sente rapirsi
per lo spazio de' cieli. A luidavanti
ossequiosi cadono i cristalli
de' generosi cocchioltrepassando;
e il lusingano ancor perché sostegno
siade la pompa loro. Altri ne viene
che di compro pur or titol sivanta;
e pur s'affacciae pur gli orecchi porge
e pursembragli udir da tutti i labbri
sonar le glorie sue: mal abbia illungo
de le rote stridoree il calpestìo
de' ferraticavallie l'aurae il vento
che il bel tenor de le bramatevoci
scender non lascia a dilettargli 'l core.
Di momento inmomento il fragor cresce
e la folla con esso. Ecco le vaghe
acui gli amanti per lo dì solenne
mendicarono i cocchi. Eccole gravi
matrone che gran tempo arser di zelo
contro al belMondoe dell'ignoto Corso
la scelerata polvere dannâro;
mapoi che la vivace amabil prole
crebbee invitar sembrò congli occhi Imene
cessero alfine; e le tornite braccia
e delsorgente petto i rugiadosi
frutti prudentemente al guardoaprîro
dei nipoti di Giano. Affrettan quindi
le bellecittadineora è più lustri
note a la Famapoi cheai tetti loro
dedussero gli dèi; e sepper meglio
e inpiù tragico stil da la toilette
ai loro amicideclamar l'istoria
de' rotti amori; ed agitar repente
concelebrata convulsion la mensa
il teatroe la danza. Il lorventaglio
irrequieto sempre or quinci or quindi
con variataeloquenza esce e saluta.
Convolgonsi le belle: or su l'unfianco
or su l'altro si posano tentennano
volteggiano sirizzansul cuscino
ricadono pesantie la lor voce
acutascorre d'uno in altro cocchio.

      Maecco alfin che le divine spose
degl'Italici eroi vengonoanch'esse.
Io le conosco ai messaggier volanti
che le annuncianda lungied urtan fieri
e rompono la folla; io le conosco
dala turba de' servi al vomer tolti
perché oziosi poidiretro pendano
al carro trionfal con alte braccia.
Male aGiuno ed a Pallade Minerva
e a Cinzia e a Citerea mischiarviosate
voi pettorute Naiadi e Napee
vane di picciol fonte od'umil selva
che agli Egipani vostri in guardia diede
Giovedall'alto. Vostr'incerti sguardi
vostra frequente inanemaraviglia
e l'aria alpestre ancor de' vostri moti
vitradisconoahi lassee rendon vana
la multiplice in fronte aipalafreni
pendente nappach'usurpar tentaste
e la divisa ondecopriste il mozzo
e il cucinier che la seguace corte
accrebberstanchie i miseri lasciâro
canuti padri di famigliasoli
ne la muta magion serbati a chiave.
Troppo da voi diverseesse ne vanno
ritte negli alti cocchi alteramente;
e a la turbavolgare che si prostra
non badan punto: a voi talor si volge
lorguardo negligentee parche dica:
- Tu ignota mi sei; - o nelmirarvi
col compagno susurrano ridendo.

      Legiovinette madri degli eroi
tutto empierono il Corsoe tutte hanseco
Un giovinetto eroeo un giovin padre
d'altri futuri eroiche a la toilette
a la mensaal teatroal corsoalgioco
segnaleransi un giorno; e fien cantati
s'io scorgol'avvenirda tromba eguale
a quella che a me diede Apolloedisse:
canta gli Achilli tuoicanta gli Augusti
del secol tuo.Sol tu manchio Pupilla
del più nobile mondo: ora nevieni
e del rallegratore de le cose
rallegra or tu lamoribonda luce.

      Giàd'untuosa polvere novella
di propria man la tabacchiera empisti
ala tua damae di novelli odori
il cristallo dorato; ed al suocrine
la bionda che svanìo polve tornasti
con piumadilicata; e adatto al giorno
le scegliesti 'l ventaglio: al prontococchio
di tua man la guidastie già conessa
precipitosamente al corso arrivi.
Il memore cocchier serbiquel loco
che voi dianzi scegliestee voi non osi
tra leignobili rote esporre al vulgo
se star fermi vi piaceod oltrescorra
se di scorrer v'aggrada. Uscir del cocchio
ti fialecito ancor. T'accolgan pronti
allo scendere i servi. Ancora unsalto
spicca; e rassetta i rincrespati panni
e le trine sulpetto: un po' t'inchina
ed ai lievi calzàri un guardovolgi;
ergitie marcia dimenando il fianco.
Il corso misurarpotrai soletto
s'ami di passeggiare; anzi potrai
dell'altruidame avvicinarti al cocchio
e inerpicartiet introdurvi 'lcapo
e le spalle e le bracciae mezzo ancora
dentro versarti.Ivi sonar tant'alto
fa le tue risache da lunge gli oda
la tuadamae si turbied interrompa
il celiar degli eroi che accorsertosto
tra 'l dubbio giorno a custodir la bella
che solingalasciasti. O sommi numi
sospendete la Notte; e i fatti egregi
delmio giovin signor splender lasciate
al chiaro giorno. Ma la Nottesegue
sue leggi inviolabilie declina
con tacit'ombra sopral'emispero;
e il rugiadoso piè lenta movendo
rimescolai color varj infiniti
e via gli spazza con l'immenso lembo
dicosa in cosa: e suora de la morte
un aspetto indistintoun solovolto
al suoloai vegetantiagli animali
a i grandied a laplebe equa permette;
e i nudi insiemeed i dipinti visi
de lebelle confondee i cenci e l'oro.
né veder mi concedeall'aer cieco
qual de' cocchi si partao qual rimanga
soloall'ombre segrete; e a me di mano
toglie il pennello; e il miosignore avvolge
per entro al tenebroso umido velo. 1195
 


IlMeriggio


     Ardiròancor tra i desinari illustri
sul meriggio innoltrarmi umilcantore
poi che troppa di te cura mi punge
signorch'iospero un dì veder maestro
e dittator di graziosimodi
all'alma gioventù che Italia onora.

      Talfra le tazze e i coronati vini
onde all'ospite suo fe' lietapompa
la punica reginai canti alzava
Jopa crinito: e laregina in tanto
dal bel volto straniero iva beendo
l'obliviondel misero Sicheo:
e taleallor che l'orba Itaca in vano
chiedeaa Nettun la prole di Laerte
Femio s'udìa co' versi e conla cetra
la facil mensa rallegrar de' Proci
cui dell'erranteUlisse i pingui agnelli
e i petrosi licorie laconsorte
convitavano in folla. Amici or china
giovin signoreal mio cantar gli orecchi
or che tra nuove Elisee novi Proci
etra fedeli ancor Penelopee
ti guidano a la mensa i versi miei.

      Giàdall'alto del cielo il sol fuggendo
verge all'occaso: e i piccolimortali
dominati dal tempo escon di novo
a popolar le viech'all'oriente
spandon ombra già grande: a tenull'altro
dominator fuor che te stesso è dato
stirpedi numi: e il tuo meriggio è questo.

      Alfindi consigliarsi al fido speglio
la tua dama cessò. centogià volte
o chiese o rimandò novelli ornati;
ecento ancor de le agitate ognora
damigelle or con vezzi or congarriti
rovesciò la fortuna. A sé medesma
quantevolte convien piacque e dispiacque;
e quante volte è d'uopoa sé ragione
fece e a' suoi lodatori. I milleintorno
dispersi arnesi alfin raccolse in uno
la consapevol delsuo cor ministra;
alfin velata di legger zendado
è l'aratutelar di sua beltate;
e la seggiola sacraun po'rimossa
languidetta l'accoglie. Intorno a lei
pochi giovanieroi van rimembrando
i cari lacci altruimentre da lunge
adaltra intorno i cari lacci vostri
pochi giovani eroi vanrimembrando.
Il marito gentil queto sorride
a le lor celie; os'ei si cruccia alquanto
del tuo lungo tardar solo sicruccia.
Nulla però di lui cura te prenda
oggiosignoree s'ei del vulgo a paro
prostrò l'anima imbelleenon sdegnosse
di chiamarsi maritoa par del vulgo
senta lafame esercitargli in petto
lo stimol fier degli oziosi sughi
avidid'esca: o se a i mariti alcuno
d'anima generosa impeto resta
adaltra mensa il piè rivolga; e d'altra
dama al fiancos'assidail cui marito
pranzi altrove lontan d'un'altra alfianco
che abbia lungi lo sposo: e così nuove
anellaintrecci a la catena immensa
ondealternandoAmor l'animeavvince.

      Pursia che vuol; tu baldanzoso innoltra
ne le stanze piùinterne: ecco precorre
per annunciarti al gabinetto estremo
ilnoto scalpiccìo de' piedi tuoi.
Già lo sposot'incontra. In un baleno
sfugge dall'altrui man l'accorta mano
dela tua dama: e il suo bel labbro in tanto
ti apparecchia unsorriso. Ognun s'arretra
che conosce tuoi drittie siconforta
con le adulte speranzea te lasciando
libero e scarcoil più beato seggio.
Talcolà dove infra gelosemura
Bisanzio ed Ispaàn guardano il fiore
de la beltàche il popolato Egeo
mandae l'armeno e il tartaro e il circasso
per delizia d'un soloa bear entra
l'ardente sposa il gravemunsulmano.
Nel maestoso passeggiar gli ondeggiano
le latespallee su per l'alta testa
le avvolte fasce: dall'arcatociglio
intorno ei volge imperioso il guardo;
e vede al suoapparire umil chinarsi
e il piè ritrar l'effeminataocchiuta
turbache d'alto sorridendo ei spregia.

      Oracomandao signorche tutte a schiera
vengan le grazie tue; sìche a la dama
quanto elegante esser più puoi timostri.
Tengasi al fianco la sinistra mano
sotto il brevegiubbon celata; e l'altra
sul finissimo lin posies'asconda
vicino al cor; sublime alzisi il petto
sorgan gliomeri entrambia lei converso
scenda il duttile collo; a i latiun poco
stringansi i labbri: vêr lo mezzo acuti
escanoalquantoe da la bocca poi
compendiata in guisa talsen esca
unnon inteso mormorio. Qual fia
che a tante di beltade armepossenti
schermo si opponga? Eccola destra ignuda
giàla bella ti cede. Or viala strigni
e con soavi negligenze allabbro
qual tua cosa l'appressa; e cader lascia
sovra i tiepidiavori un doppio bacio.
Siedi fra tanto; e d'una man istrascica
piùpiù a lei vicin la seggioletta. Ognaltro
tacciasi; ma tusolcurvato alquanto
seco susurra ignoti detti a cui
concordinvicendevoli sorrisi
e sfavillar di cupidette luci
che amordimostrio che il somigli almeno.

      Marimembrao signorche troppo nuoce
negli amorosi cor lunga eostinata
tranquillità. Nell'oceàno ancora
perigliosaè la calma: ahi quante volte
dall'immobile prora il buonnocchiere
invocò la tempesta! e sì crudele
soccorsoancor gli fu negato; e giacque
affamatoassetatoestenuato
dalvenenoso aere stagnante oppresso
fra le inutili ciurme al suollanguendo.
Dunque a te giovi de la scorsa notte
ricordar levicende; e con obliqui
motti pugnerla alquantoo se nelvolto
paga più che non suole accôr fu vista
ilnovello straniero; e co' bei labbri
semiaperti aspettarquasimarina
concala soavissima rugiada
de' novi accenti: o secupida troppo
col guardo accompagnò di loggia inloggia
l'almo alunno di Marteidol vegliante
de' feminilivotia la cui chioma
col lauro trionfal mille s'avvolgono
emille frondi dell'idalio mirto.
Colpevole o innocenteallor labella
dama improviso adombrerà la fronte
d'un nuvolettodi verace sdegno
o simulato; e la nevosa spalla
scoteràun poco; e volgeransi alfine
gli altri a bear le sue paroleestreme.
Fors'anco rintuzzar di tue rampogne
sapràl'agrezza; e noverarti a punto
le visite furtive a i cocchi e a itetti
e all'alte logge de le mogli illustri
di ricchi popolaria cui sovente
scender per calle dal piacer segnato
la maestàdi cavalier non teme.
Felice tese mesta e disdegnosa
tu laguidi a la mensa; o se tu puoi
solo piegarla a tollerar de'cibi
la nausea universal! Sorridan pure
a le vostre dolcissimequerele
i convitati; e l'un l'altro percota
col gomito maligno:ah non di meno
come fremon lor alme! e quanta invidia
tiportante mirando unico scopo
di sì bell'ire! Al solosposo è dato
in cor nodrir magnanima quiete
mostrar nelvolto ingenuo risoe tanto
docil fidanza ne le innocue luci.

      Otre fiate avventurosi e quattro
voi del nostro buon secolomariti
quanto diversi da' vostr'avi! Un tempo
uscìad'Averno con viperei crini
con torbid'occhi irrequieti efredde
tenaci brancheun indomabil mostro
che ansando eanelando intorno giva
a i nuziali letti; e tutto empiea
disospetto e di fremito e di sangue.
Allor gli antri domesticileselve
l'ondele rupi alto ulular s'udièno
di feminilistrida. Allor le belle
damecon mani incrocicchiate e luci
pavideal cieltremandolagrimando
tra la pompa feral de lelugùbri
salevedean dal truce sposo offrirsi
le tazzeattossicate o i nudi stili.
Ahi pazza Italia! Il tuo furormedesmo
oltre l'alpeoltre il mar destò le risa
pressoagli emuli tuoi che di gelosa
titol ti diêro; e t'èserbato ancora
ingiustamente. Non di cieco amore
vicendevoldesirealterno impulso
non di costume simiglianza orguida
giovani incauti al talamo bramato;
ma la Prudenza co icanuti padri
siede librando il molto oro e i divini
antiquissimisangui: e allor che l'uno
bene all'altro rispondeeccoImeneo
scoter sue faci; e unirsi al freddo sposo
di lui nongiàma de le nozze amante
la freddissima vergine che incore
già i riti volge del bel mondo; e lieta
l'indifferenzamaritale affronta.
Così non fien de la crudel Megera
piùtemuti gli sdegni. Oltre Pirene
contenda or pur le desiate porte
ai gravi amanti; e di femminee risse
turbi Oriente: Italia oggi siride
di quello ond'era già derisa; tanto
puote una solaetà volger le menti.

      Magià rimbomba d'una in altra sala
signoreil nome tuo. Digià l'udîro
l'ime officine ove al volubil tatto
degl'ingenui palati arduo s'appresta
solletico che molle i nerviscota
e varia seco voluttà conduca
fino al coredell'alma. In bianche spoglie
affrettansi a compir la nobilopra
gravi ministri: e lor sue leggi detta
una gran mente delpaese uscita
ove Colberto e Risceliù fûrchiari.
Forse con tanta maestade in fronte
presso a le naviond'Ilio arse e cadeo
a gli ospiti famosi il grandeAchille
disegnava la cena: e seco intanto
le vivande cocean sui lenti fochi
Pàtroclo fido e il guidator dicarri
Automedonte. O tusagace mastro
di lusinghe al palatoudrai fra poco
sonar le lodi tue dall'alta mensa.
Chi fia cheardisca di trovar mai fallo
nel tuo lavoro? Il tuo signor fiatosto
campion de le tue glorie; e male a quanti
cercator diconviti oseran motto
pronunciar contro a te; ché sulcocente
meriggio andran peregrinando poi
miseri e stanchi; enon avran cui piaccia
più popolar con le lor bocche ipranzi.

      Imbanditaè la mensa. In piè d'un salto
alzati e porgialmogarzonla mano
a la tua dama; e leidolce cadente
sopra ditecol tuo valor sostieni
e al pranzo l'accompagna. Iconvitati
vengan dopo di voi; quindi lo sposo
ultimo segua. Oprole alta di numi
non vergognate di donar voi anco
brevialcibo momenti. A voi non vile
cura sia questa. A quei soltanto èvile
che il duro irrefrenabile bisogno
stimola e caccia.All'impeto di quello
cedan l'orsola tigreil falcoilnibbio
l'orcail delfinoe quanti altri animantii
cresconqua giù: ma voi con rosee labbra
la sola Voluttade al pastoappelli
la sola Voluttàche le celesti
menseapparecchiae al nettare convita
i viventi per sé dèisempiterni.

      Forsevero non è; ma un giorno è fama
che fûr gliuomini eguali; e ignoti nomi
fûr nobili e plebei. Al ciboal bere
all'accoppiarsi d'ambo i sessial sonno
uno istintomedesmoun'egual forza
sospingeva gli umani: e niunconsiglio
nulla scelta d'obbietti o lochi o tempi
era lorconceduto. A un rivo stesso
a un medesimo fruttoa unastess'ombra
convenivano insieme i primi padri
del tuo sangueosignoree i primi padri
de la plebe spregiata: e glistess'antri
il medesimo suol porgeano loro
il riposo el'albergo; e a le lor membra
i medesmi animai le irsutevesti.
Sola una cura a tutti era comune
di sfuggire il dolore:e ignota cosa
era il desire agli uman petti ancora.

      L'uniformedegli uomini sembianza
spiacque a' celesti: e a variar lorsorte
il Piacer fu spedito. Ecco il bel genio
qual d'Ilio su icampi Iride o Giuno
e la terra s'appress: e questa ride
diriso ancor non conosciuto. Ei move
e l'aura estiva del cadenterivo
e dei clivi odorosi a lui blandisce
le vaghe membraelenemente sdrucciola
sul tondeggiar de' muscoli gentile.
A luigiran d'intorno i Vezzi e i Giochi
e come ambrosia le lusinghescorrono
da le fraghe del labbro; e da le luci
socchiuselanguidetteumide fuori
di tremulo fulgore esconscintille
ond'arde l'aere che scendendo ei varca.
Alfin suldorso tuo sentistio Terra
sua prima orma stamparsi; e tosto unlento
fremere soavissimo si sparse
di cosa in cosa; e ognorcrescendotutte
di natura le viscere commosse:
come nell'arsastate il tuono s'ode
che di lontano mormorando viene;
e colprofondo suon di monte in monte
sorge; e la valle e la forestaintorno
mugon del fragoroso alto rimbombo.  
 
 


      Ohbeati fra gli altri e cari al cielo
viventi a cui con miglior manTitano
formò gli organi illustrie meglio tese
e difluido agilissimo inondolli!
Voi l'ignoto solletico sentiste
delceleste motore. In voi ben tosto
la voglia s'infiammònacque il desio:
voi primieri scopriste il buonoil meglio;
voicon foga dolcissima correste
a possederli. Allor quel de i duosessi
che necessario in prima era soltanto
d'amabile e dibello il nome ottenne.
Al giudizio di Paride fu dato
il primoesempio: tra femminei volti
a distinguer s'apprese; e e fursentite
primamente le Grazie. Allor tra mille
sapor fur noti ipiù soavi. Allora
fu il vin preposto all'onda; e il vins'elesse
figlio de' tralci più riarsie posti
a piùfervido solne' più sublimi
colli dove più zolfo ilsuolo impingua.
Così l'uom si divise: e fu il signore
daimortali distinto a cui nel seno
giacquero ancor l'ebeti fibreinette
a rimbalzar sotto a i soavi colpi
de la nova cagioneonde fur tocche;
e quasi bovial suol curvati ancora
dinanzial pungol del bisogno andâro;
e tra la servitute e laviltade
e il travaglio e l'inopia a viver nati
ebber nome diplebe. Or tugarzone
che per mille feltrato invitte reni
sangueracchiudipoi che in altra etade
arteforza o fortuna i padrituoi
grandi rendettepoi che il tempo al fine
lor divisitesori in te raccolse
godi de gli ozi tuoia te da inumi
concessa parte: e l'umil vulgo in tanto
dell'industriadonatoa te ministri
ora i piaceri tuoi nato a recarli
su lamensa regalnon a gioirne.

      Eccosplende il gran desco. In mille forme
e di mille sapordi colormille
la variata eredità degli avi
scherza in nobil divasi ordin disposta.
Già la dama s'appressa: e giàda i servi
il morbido per lei seggio s'adatta.
Tusignorditua mano all'agil fianco
il sottoponsì che lontanatroppo
ella non sieda o da vicin col petto
ahi! di troppo nonprema: indi un bel salto
spiccae chino raccogli a lei dellembo
il diffuso volume: e al fin t'assidi
prossimo a lei. Acavalier gentile
il lato abbandonar de la sua dama
non fialecito maise già non sorge
strana cagione a meritarch'ei tolga
tanta licenza. Un nume ebber gli antiqui
immobilsempree che lo medesmo padre
de gli dèi non cedetteallor ch'ei venne
il Campidoglio ad abitarsebbene
e Giuno eFebo e Venere e Gradivo
e tutti gli altri dèi da le lorsedi
per riverenza del Tonante uscîro.

      Indistintoad ognaltro il loco sia
all'alta mensa intorno: e s'alcunarde
ambizioso di brillar fra gli altri
brilli altramente. Ohcome i var ingegni
la libertà del genial convito
destaed infiamma! Ivi il gentil Motteggio
malizioso svolazzandoreca
spra le penne fuggitive fuggitive ed agita
ora i raccoltida la fama errori
de le belle lontaneo de gli amanti
or de'mariti i semplici costumi;
e gode di mirare l'intento sposo
riderprimieroe di crucciar con lievi
minacce in cor de la sua fidasposa
i timidi segreti. Ivi abbracciata
co' festivi Raccontiesulta e scherza
l'elegante Licenza. Or nuda appare
come leGrazie; or con leggiadro velo
solletica più scaltrae purfatica
di richiamar de le matrone al volto
quella rosa che caroal fregio
fu dell'avole nostreed or ne' campo
cresce solingae tra i selvaggi scherzi
a le rozze villane il viso adorna.

      Forsea la bella di sua man le dapi
piacerà ministrarche novial senso
gusti otterran da lei. Tu dunque al ferro
che forbitoti giace al destro lato
quasi spada sollecito snudando
fa chein alto lampeggi: e china a lei
magnanimo lo cedi. Or sivedranno
de la candida mano all'opra intenta
i muscoli giocarsoavi e molli:
e le graziepiegandosi con essa
vestiran nuoveformeor da le dita
fuggevoli scorrendoora su l'alto
de' beinodi insensibili aleggiando
et or de le pozzette in sencadendo
che dei nodi al confin v'impresse Amore.
Mille baci difreno impazienti
ecco sorgon dal labbro a i convitati;
giàs'arrischiangià volanogià un guardo
sfugge dagli occhi tuoiche i vanti audaci
fulmina ed ardee tue ragiondifende.
Sol de la fida sposa a cui se' caro
il tranquillomarito immoto siede:
e nulla impression l'agita o move
di bramao di timor; però che Imene
da capo a piè fatollo.Imene or porta
non più serti di rose al crine avvolti
mastupido papavero grondante
di crassa onda letèache soloinsegna
pur dianzi era del Sonno. Ahi quante volte
la damadilicata invoca il Sonno
che al talamo presiedae secoinvece
trova Imeneo; e timida s'arretra
quasi al meriggiostanca villanella
che tra l'erbe innocenti adagia il fianco
lietae sicura; e di repente vede
un serpe; e balza in piediinorridita;
e le rigide man stendee ritragge
il cubitoel'anelito sospende;
e immota e mutae con le labbra aperte
ilguarda obliquamente. Ahi quante volte
incauto amante a la sualunga pena
cercò sollievo: e d'invocar credendo
Imeneahi folle! invocò il Sonno; e questi
di fredda oblivionl'alma gli asperse;
e d'invincibil noiae ditorpente
indifferenza gli ricinse il core.

      Mase a la dama dispensar non piace
le vivandeo non giovaallor tustesso
la bell'opra imprendi. Agli occhi altrui
più piùcosì smaglierà l'enorme gemma
dolc'esca a gliusuraiche quella osâro
a le promesse di signorpreporre
villanamente: e contemplati fiéno
i manichettila più nobil opra
che tessesser giammai anglicheAracni.
Invidieran tua delicata mano
i convitati; inarcheran leciglia
al difficil lavoroe d'oggi in poi
ti fia ceduto iltrinciator coltello
che al cadetto guerrier serban le mense.

      Siatua curafra tanto errar su i cibi
con sollecita occhiataeprontamente
scoprir qual d'essi a la tua dama è caro;
equal di raro augeldi stranio pesce
parte le aggrada. Il tuocoltello Amore
anatomico rendaAmor che tutte
degli animantiannoverar le membra
puotee discerner sa qual aggian tutte
usoe natura. Più d'ogn'altra cosa
però ti cagliarammentar mai sempre
qual più cibo le nocciao qual piùgiovi;
e l'un rapisci a leil'altro concedi
come d'uopo a tepar. Oh Diola serba
serbala ai cari figli. Essi dal giorno
chele alleviâro il dilicato fianco
non la rivider più:d'ignobil petto
esaurirono i vasie la ricolma
nitidezzaserbâro al sen materno.
Sgridalase a te par ch'avidatroppo
al cibo agogni; e le ricorda i mali
che forse avrannoaltra cagionee ch'ella
al cibo imputerà nel dìventuro.
Né al cucinier perdona a cui non calse
tantasalute. A te ne' servi altrui
ragion fu data in quel beatoistante
che la noia o l'amor ambo vi strinse
in dolce nodo; epose ordini e leggi.
Per te sgravato d'odioso incarco
ti fiagrato colui che dritto vanta
d'impor novo cognome a la tua dama;
epinte strascinar su gli aurei cocchi
giunte a quelle di lei leproprie insegne:
dritto sacro a lui solch'altri giammai
audacenon tentò divider seco.
Vedi come col guardo a te facenno
pago ridendoe a le tue leggi applaude;
mentre l'altaforcina in tanto ei volge
di gradite vivande al piatto ancora.

      Nonperò sempre a la tua bella intorno
sudin gli studi tuoi.Anco tal volta
fia lecito goder brevi riposi;
e de la querciatrionfale all'ombra
te de la polve olimpica tergendo
al varioragionar degli altri eroi
porgere orecchioe il tuo sermone a iloro
frammischiar ozioso. Uno già scote
le architettatedel bel crine anella
su la guancia ondeggianti; ead ogniscossa
de' convitati a le narici manda
vezzoso nembo d'arabiprofumi.
A lo spirto di lui l'alma Natura
fu prodiga cosìche più non seppe
di che il volto abbellirgli; e all'Artedisse:
- Tu compi il mio lavoro- e l'Arte suda
sollecitad'intorno all'opra illustre.
Molli tinturepreziose linfe
polvipastigliedelicati unguenti
tutto arrischia per lui. Quanto dinovo
e mostruoso più sa tesser spola
o bulinointagliar gallico ed anglo
a lui primo concede. Oh lui beato
cheprimo ancor di non più viste forme
tabacchiera mostrò!L'etica invidia
i grandi eguali a lui lacera e mangia;
ed eipago di sésuperbamente
crudofa loro balenar su gliocchi
l'ultima gloria onde Parigi ornollo.
Forse altera cosìd'Egitto in faccia
vaga prole di Semele apparisti
i giocondirubini alto levando
del grappolo primiero: e tal tuforse
tessalico garzonmostrasti a Jolco
l'auree lane rapiteal fero drago.

      Orvedi or vedi qual magnanim'ira
nell'eroe che dell'altro a cantosiede
a sì novo spettacolo si desta:
vedi quanto eis'affannae il pasto sembra
obliar declamando! Al certoalcerto
il nemico è a le porte. Ohimè iPenati
tremanoe in forse è la civil salute.
Ma no; piùgrave a luipiù preziosa
cura lo infiamma: - Oh depravatoingegno
degli artefici nostri! In van si spera
da la inerte lorman lavoro egregio
felice invenzion d'uom nobil degna.
Chi saintrecciarchi sa pulir fermaglio
a patrizio calzar? chi tesserdrappo
soffribil tantoche d'ornar presuma
i membri di signorche un lustro a pena
conti di feudo? In van s'adopra e stanca
chila lor mente sonnolenta e crassa
cerca destar. Di làdall'Alpi è d'uopo
appellar l'eleganza. E chi giammai
fuorche il Genio di Francia osato avria
su i menomi lavori i grechiornati
condur felicemente? Andò romito
il Bongustofinora spaziando
per le auguste cornicie per gli eccelsi
timpanide le moli a i numi sacre
o a gli uomini scettrati; ed or nescende
vago alfin d'agitar gli austeri fregi
entro le man dicavalieri e dame.
Ben tosto si vedrà strascinar anco
frai nuziali donisu e i lievi veli
le greche travi; e dociletrastullo
fien de la moda le colonne e gli archi
ove sedeano isecoli canuti.
- Commercio! - alto gridar; gridar: - commercio!-
all'altro lato de la mensa or odi
con fanatica voce: e tra 'lfragore
d'un peregrino d'eloquenza fiume
di bella novitàstampate al conio
le forme apprendionde assai megliopoi
brillantati i pensier picchin lo spirto.
Tu pur grida: -Commercio! e un motto ancora
la tua bella ne dica. Empionoèvero
il nostro suol di Cerere i favori
che per folti di biadeimmensi campi
ergesi altera; e pur ne mostra a pena
tra lespighe confuso il crin dorato:
Bacco e Vertunno i lieti poggi e ilmonte
ne coronan di poma: e Pale amica
latte ne preme a largamanoe tonde
candidi vellie per li prati pasce
mille alpalato uman vittime sacre:
sorge fecondo il linsoave cura
diverni rusticali; e d'infinita
serie ne cinge le campagne iltanto
per la morte di Tisbe arbor famoso.
Che vale or ciò?Su le natie lor balze
rodan le capre; ruminando il bue
lungo iprati natii vada; e la plebe
non dissimile a lorsi nutra evesta
de le fatiche sue; ma a le grand'alme
di troppo agevolben schifeCillenio
il comodo ministria cui le miglia
pregioacquistino e l'oro; e d'ogn'intorno
- Commercio- risonar s'oda- commercio. -
Tale dai letti de la molle rosa
Sìbari undì gridar soleva; e i lumi
disdegnando volgea da i fruttiaviti
troppo per lei ignobil cura; e mentre
Cartagindura ale fatichee Tiro
pericolando per l'immenso sale
con l'oroaltrui le voluttà cambiava
Sibari si volgea su l'altrolato;
e non premute ancor rose cercando
pur di commercionovellava e d'arti.  
 

      Machi è quell'eroe che tanta parte
colà ingombra diloco; e mangia e fiuta
e guata; e de le altrui fole ridendo
sìsuperba di ventre agita mole?
Oh di mente acutissima dotate
mammedel suo palato! oh da' mortali
invidiabil anima che siede
tral'ammiranda lor testurae quindi
l'ultimo del piacer deliquiosugge!
Chi più saggio di lui penétra e intende
lanatura migliore? o chi più industre
converte a suo piacerl'ariala terra
e il ferace di mostri ondoso abisso?
Qualoraei viene al desco altruipaventano
suo gusto inesorabile lesmilze
ombre degli aviche per l'aria lievi
aggiransivegliando ancor intorno
a i ceduti tesori; e piangonlasse!
lemal spese vigiliei sobri pasti
le in preda all'aquilon caseleantique
digiune rozzegli scommessi cocchi
forte assordantiper stridente ferro
le piazze e i tetti: e lamentando vanno
gl'invan nudati rusticile fami
mal desiatee de le sacretoghe
l'armata in vano autorità sul vulgo.

      L'altrovicin chi fia? Per certo il caso
congiunse accorto i due leggiadriestremi
perché doppio spettacolo campeggi;
e l'undell'altro al par più lustri e splenda.
Falcato dio degliorti a cui la greca
Làmsaco d'asinelli offrir solea
vittimadegnaal giovane seguace
del sapiente di Samo i doni tuoi
recasul desco. Egli ozioso siede
aborrenndo le carni; le narici
schiforaggrinza; e in nauseanti rughe
ripiega i labbri; e poco pane intanto
rumina lentamente. Altro giammai
a la squallida inediaeroe non seppe
durar sì forte: né lassezza ilvinse
né deliquio giammai né febbre ardente;
tantoimporta lo aver scarze le membra
singolare il costumee nel belmondo
onor di filosofico talento!
Qual anima è volgar lasua pietade
serbi per l'uomo; e facile ribrezzo
déstinoin lui del suo simìle i danni
o i bisogni o le piaghe. Ilcor di questo
sdegna comune affetto; e i dolci moti
a piùlontano limite sospinge.
- Péra colui che prima osòla mano
armata alzar su l'innocente agnella
e sul placido bue:né il truculento
cor gli piegâro i teneri belati
néi pietosi mugitiné le molli
lingue lambentitortuosamente
la man che il loro fatoahimè! stringea.-
Tal ei parlao signor: ma sorge in tanto
a quel pietosofavellarda gli occhi
de la tua dama dolce lagrimetta
pari ale stille tremulebrillanti
che a la nova stagion gemendovanno
dai palmiti di Baccoentro commossi
al tiepido spirar dele prim'aure
fecondatrici. Or le sovviene il giorno
ahi ferogiorno! allor che la sua bella
vergine cuccia de le Graziealunna
giovenilmente vezzeggiandoil piede
villan del servocon gli eburnei denti
segnò di lieve nota: e questiaudace
col sacrilego piè lanciolla: ed ella
tre volterotolò; tre volte scosse
lo scompigliato peloe da levaghe
nari soffiò la polvere rodente:
indi i gemitialzando: Aitaaita
parea dicesse; e da le aurate volte
a leil'impietosita Eco rispose:
e dall'infime chiostre i mestiservi
asceser tutti; e da le somme stanze
le damigelle pallidetremanti
precipitâro. Accorse ognuno; il volto
fud'essenze spruzzato a la tua dama:
ella rinvenne al fine. Ira edolore
l'agitavano ancor; fulminei sguardi
gettò sulservo; e con languida voce
chiamò tre volte la sua cuccia:e questa
al sen le corse; in suo tenor vendetta
chiedersembrolle: e tu vendetta avesti
vergine cuccia de le Graziealunna.
L'empio servo tremò; con gli occhi al suolo
udìla sua condanna. A lui non valse
merito quadrilustre; a lui nonvalse
zelo d'arcani ufici. Ei nudo andonne
de le assisespogliato onde pur dianzi
era insigne a la plebe: e in vannovello
signor sperò; ché le pietosedame
inorridìroe del misfatto atroce
odiârl'autore. Il misero si giacque
con la squallida prolee con lanuda
consorte a lato su la viaspargendo
al passeggero inutililamenti:
e tuvergine cucciaidol placato
da le vittimeumaneisti superba.

      Nésenza i miei precetti o senza scorta
inerudito andraisignorqualora
il perverso destin dal fianco amato
t'allontani a lamensa. Avvien sovente
che con l'aio seguace o con l'amico
ungrande illustre or l'Alpior l'oceàno
varchi e scenda inAusoniaorribil ceffo
per natura o per arte; a cui Ciprigna
ròsele nario sale impuro e crudo
snudò i denti ineguali. Orail distingue
risibil gobbaor furiosi sguardi
obliqui oloschi: or rantoloso avvolge
fra le tumide fauci ampio volume
divoce che gorgogliaed esce al fine
come da inverso fiasco ondache goccia;
or d'avior di cavalliora di Frini
instancabileparla; or de' celesti
le folgori deride. Aurei monili
e nastrie gemmegloriose pompe
l'ingombran tutto; e gran titolosuona
dinanzi a lui. Qual più tra noi risplende
inclitastirpech'onorar non voglia
d'un ospite sì degno i larisuoi?
Ei però col compagno ammessi fiéno
di Giunoa ifianchi: e tu lontan da lei
co' Silvani capripedin'andrai
presso al marito; e pranzerai negletto
col popol foltode gli dèi minori.

      Manegletto non già da gli occhi andrai
de la dama gentilchea te rivolti
incontreranno i tuoi. L'aere aquell'urto
arderà di faville: e Amor con l'ali
l'agiterà.Nel fortunato incontro
i messagger pacifici dell'alma
cambieranlor novelle: e alternamente
spintirifluiranno a voi condolce
delizioso tremito sui cori.
Allor tu le ubbidisci; o set'invita
le vivande a gustarche a lei vicine
l'ordin disposeo se a te chiede invece
quella che innanzi a te sue vogliepugne
non col soave odorma con le nove
leggiadre forme ondeabbellir la seppe
dell'ammirato cucinier la mano.
Con la mentesi pascono le dive
sopra le nubi del brillante Olimpo:
e lorlabbra immortali irrita e move
non la materiama il divin lavoro.

      Néallor men destro ad ubbidir sarai
che di rado licor la bellastrigne
colmo bicchierea lo cui orlo intorno
serpe doratastriscia; e par che dica:
- Lungio labbra profane: a i labbrisolo
de la diva che qui soggiorna e regna
è ilcastissimo calice serbato:
né cavalier con alitomaschile
osi appannarne il nitido cristallo;
né damaconvitata unqua presuma
i labbri apporvi ; e sien pur casti epuri
e quanto esser può mai cari all'amore. -

      Tuai cenni de' bei guardi e de la destra
che reggendo il bicchiersospesa ondeggia
affettuoso attendi. I lumi tuoi
di gioiasfavillandoaccolgan pronti
il brindisi segreto: e ti prepara
insimil modo a tacita risposta.

      Eccod'estro già puntaecco la Musa
brindisi grida all'uno eall'altro amante;
all'altrui fida sposa a cui se' caro
e a tesignorsua dolce cura e nostra.
Quale annoso licor Lieo vimesce
tale Amore a voi mesca eterna gioia
non gustata almaritoe da coloro
invidiata che gustata l'hanno.
Veli conl'ali sue sagace oblio
le alterne infedeltà che un cordall'altro
porièno un giorno separar per sempre:
e soloagli occhi vostri Amor discopra
le alterne infedeltà che inambo i petti
ventilar ponno le cedenti fiamme.
Di sempiternoindissolubil nodo
cento auguri per voi vano cantore:
nostranobile Musa a voi desia
sol quanto piace a voi durevol nodo.
Durifin che a voi piace; e non si sciolga
senza che fama sopra l'aleimmense
tolga l'alta novellae grande n'empia
col reboatodell'aperta tromba
l'ampia cittadee dell'Enotria i monti
ele piagge sonanties'esser puote
la bianca Teti e Guadiana eTule.
Il mattutino gabinettoil corso
il teatro la mensa invario stile
ne ragionin gran tempo. Ognun ne chieda
il dolentemarito; ed ei dall'alto
la lamentabil favola cominci.
Tal su lesceneove agitar solea
l'ombre tinte di sangue Argopiagnente
squallido messo al palpitante coro
narravacomefuriando Edipo
al talamo sen corse incestuoso
come le porterovescionnee come
al sùbito spettacolo ristette
quandovicina del nefando letto
vide in un corpo solo e sposa emadre
pender strozzata; e del fatale uncino
le mani armosse; econ le proprie mani
a sé le care luci da la testa
con leman propriemisero! strapposse.

      Magià volge al suo fine il pranzo illustre:
già Como eDionisio al desco intorno
rapidissimamente in danza girano
conla libera Gioia. Ella saltando
or questo or quel de' convitatilieve
tocca col dito; e al suo toccar scoppiettano
brillantivivacissime scintille
ch'altre ne destan poi. Sonan le risa:
ilclamoroso disputar s'accende:
la nobil vanità punge lementi:
e l'amor di sé solbaldo scorrendo
porge unscettro a ciascuno; e dice: - Regna. -
Questi i concili diBellonae quegli
penetra i tempii de la Pace. Un guida
icondottieri: a i consiglier consiglio
l'altro dona; e divide ecapovolge
con seste ardite il pelago e la terra.
Qual diPallade l'arti e de le Muse
giudica e libra; qual ne scopreacuto
l'alte cagioni; e i gran princìpi abbatte
cui creòla naturae che tiranni
sopra il senso degli uomini regnâro
grantempo in Greciae nel paese tosco
rinacquer poi piùpoderosi e forti.

      Cotantoadunque di saper fia dato
a nobil capo? Oh lettioh specchiohmense
oh corsioh sceneoh feudioh sangueoh avi
che pervoi non s'apprende? Or tusignore
co' voli arditi del feliceingegno
sopra ognaltro t'innalza. Il campo è questo
ovesplender più déi. Nulla scienza
sia quant'esser maipuote arcana e grande
ti spaventi giammai. Se cosa udisti
oleggesti al mattinoonde tu deggia
gloria sperar; qual cacciatorche segue
circuendo la ferae sì la guida
e volge dilontanche a poco a poco
a le insidie s'accosta e dentropiomba;
tal tu il sermone altrui volgi sagace
fin che làcada over spiegar ti giove
il tuo novo tesoro. E se pur ieri
scesain Italia peregrina forma
del parlar t'è già notaallor tu studia
materia espor chefavellandoammetta
la novagemma: e poi che il punto hai còlto
ratto la scopri; esfolgorando abbaglia
qual altra è mente che superbaandasse
di squisita eloquenza a i gran convivi.
In simil guisail favoloso mago
che fe' gran tempo desiar l'amante
all'animosavergin di Dordona
da i cavalier che l'assalien bizzarri
oprarlasciava ogni lor possa ed arte;
poi eccoin mezzo a la terribilpugna
strappava il velo a lo incantato scudo;
e queisorpresidal bagliore immenso
ciechi spingea e soggiogati a terra.

      Talordi Zoroastro o d'Archimede
discepol sederà teco a lamensa.
Tu a lui ti volgiseco lui ragiona
suo linguaggio neapprendi; e quello poi
qual se innato a te fossealto ripeti.
Népaventar quel che l'antica fama
narra de' lor compagni. Oggi ladiva
Urania il crin compose: e gl'irti alunni
smarritivergognosibalbettanti
trasse da le lor caveove giàtempo
col profondo silenzio e con la notte
tenean consiglio:indi le servili braccia
fornien di leve onnipotentiond'alto
salisser poi piramidiobelischi
ad eternar de' popolisuperbi
i gravi casi: oppur con feri dicchi
stavan contro igran letti; o di pignone
audace armati spaventosamente
cozzavancon la pienae giù a traverso
spezzaterovesciatedissipavano
le tetre cornadecima fatica
d'Ercole invitto. Orai selvaggi amici
Urania ingentilì. Baldi e leggiadri
nelgran mondo li guidao tra il clamore
de' frequenti convivioppurtra i vezzi
de' gabinettiove a la docil dama
e al carocavalier mostran qual via
Venere tenga; e in quante forme oquali
suo volto lucidissimo si cangi.  


     Nédel poeta temeraiche beffi
con satira indiscreta i detti tuoi;
oche a maligne risa esponer osi
tuo talento immortal. All'altamensa
voi l'innalzaste; e tra la vostra luce
beatol'avvolgeste; e de le Muse
a dispetto e d'Apolloal sacrocoro
l'ascriveste de' vati. Ei de la mensa
fece il suo Pindo: eguai a luise quindi
le dee sdegnate giù precipitando
conle forchette il cacciano! Meschino!
Più non poria su ledolenti membra
del suo infermo signor chiedere aita
da la buonaSalute; o con alate
odi ringraziarné tesser inni
albarbato figliuol di Febo intonso.
Più del giorno natale ichiari albori
salutar non potrebbe; e l'aureefrecce
nomi-sempiternanti all'arco imporre
non più gliurti festevolio sul naso
l'elegante scoccar d'illustri dita
fôradato sperare. A lui tu dunque
non disdegnao signorvolgertalora
tu' amabil voce: a lui canta i versi
del delicatocortigian d'Augusto
o di quel che tra Venere e Lieo
pinseTrimalcion; la Moda impone
ch'Aarbitro o Flacco a i begli spirtiingombri
spesso le tasche. Oh come il vate amico
te udràmaravigliandoil sermon prisco
or sciogliere or frenar qual piùti piace:
e per la sua faretrae per li cento
destrier focosiche in Arcadia pasce
ti giurerà che di Donato al paro
ildifficil sermone intendi e gusti.

      Equesto ancor di rammentar fia tempo
i novi sofiche la Gallia ol'Alpe
ammirando persegue: e dir qual arse
de' volumi infelicio andò macchiato
d'infame nota; e quale asiloappresti
filosofia al morbido Aristippo
del secol nostro; equal ne appresti al novo
Diogene dell'auro sprezzatore
e dellaopinione de' mortali.
Lor volumi famosi a te discesi
per calleobliquoe compri a gran tesoro
o da cortese man prestatifiéno
lungo ornamento a lo tuo speglio innante.
Poi chebrevi gli avrai scorsi momenti
ornandoti o la man garrendoindotta
del parrucchier; poi che t'avran piùnotti
conciliato il facil sonnoal fine
anco a lo spegliopasseran di lei
che comuni ha con te studi e liceo
ove togatoin cattedra elegante
siede interprete Amore. Or fia la mensa
ilfavorevol loco ove al sol esca
de' brevi studi il gloriosofrutto.
Chi por freni oserà d'inclita stirpe
al'animoalla mente? Il vulgo tema
oltre natura: e queicui dona ilvulgo
titol di saggiomediti romito
il ver celato; e alfincada adorando
la sacra nebbia che lo avvolge intorno.
Ma tucome sublime aquila vola
dietro ai sofi novelli. Alto diaplauso
tutta la mensa al tuo poggiare audace.
Te con lo sguardoe con l'orecchio beva
la dama dalle tue labbra rapita:
concenno approvator vezzosa il capo
pieghi sovente: e il «calcolo»e la «massa»
e la «inversa ragion» soninoancora
su la bocca amorosa. Or più non odia
de le scoleil sermone Amor maestro:
e l'accademia e i portici passeggia
de'filosofi al fianco; e con la molle
mano accarezza le cadentibarbe.

      Ma guàrdatio signorguàrdatioh Dio!
dal tossico mortal che fuora esala
dai volumi famosi; eocculto poi
saper le luci penetrato all'alma
gir serpendone' cori; e con fallace
lusinghevole stil corromper tenta
ilgeneroso de le stirpi orgoglio
che ti scevra dal vulgo. Udrai daquelli
che ciascun de' mortali all'altro è pari;
checaro a la Natura e caro al cielo
è non manco di te coluiche regge
i tuoi destrieri e quei ch'ara i tuoi campi;
e che latua pietade o il tuo rispetto
devrien fino a costor scendervilmente.
Folli sogni d'infermo! Intatti lascia
cosìstrani consigli: e solo attigni
ciò che la dolce voluttàrinfranca
ciò che scioglie i desirie ciò chenudre
la libertà magnanima. Tu questo
reca solo a lamensa: e sol da questo
cerca plausi ed onor. Cosìdell'api
l'industrioso popolo ronzando
gira di fiore in fiordi prato in prato;
e i dissirnili sughi raccogliendo
tesoreggianell'arnie: un giorno poi
ne van colme le pàteredorate
sopra l'ara de' numi; e d'ogni lato
ribocca la fragrantealma dolcezza.

      Orversa pur dall'odorato grembo
i tuoi donio Pomona; e l'ampiecolma
tazze che d'oro e di color diversi
fregia il sassoneindustre; E tu dai greggi;
rustica Pale coronata vieni
dimelissa olezzante e di ginebro;
e co' lavori tuoi di pressolatte
declina vergognando a chi ti chiede:
ma deporli non osa.In su la mensa
poriendepostile celesti nari
punger ahitroppo; e con ignobil senso
gli stomachi agitar. Soli torreggino
sul ripiegato lino in varia forma
i latti tuoi cui di serbatoverno
assodarono i salie fecer atti
a dilettar con sùbitorigore
di convitato cavalier le labbra.

      Tusignorche farai poi che la dama
con la mano e col pièlieve puntando
move in giro i begli occhi; e altrui dàcenno
che di sorger è tempo? In piè d'unsalto
balza primo di tutti; a lei soccorri
la seggiola rimovila man porgi;
guidala in altra stanzae più nonsoffri
che lo stagnante de le dapi odore
il célabro leoffenda. Ivi con gli altri
gratissimo vapor t'invitaond'empie
l'aere il caffè che preparato fuma
in tavolaminorcui vela ed orna
indica tela. Ridolente gomma
quinciarde in tanto; e va lustrando e purga
l'aere profanoe fuorcaccia dei cibi
le volanti reliquie. Egri mortali
che lamiseria e la fidanza un giorno
sul meriggio guidâro a questeporte;
tumultuosaignudaatroce folla
di tronche membrae disquallide facce
e di bare e di grucceor via da lunge
viconfortate; e per le alzate nari
del divin prandio il néttarebeete
che favorevol aura a voi conduce:
ma non osate i limitariillustri
assediarfastidioso offrendo
spettacolo di mali a inostri eroi.

      Ea tenobile garzontazza intanto
apprestar converràchei lenti sorsi
ministri poi de la tua dama a i labbri:
e memoreavvertir s'ella più goda
o sobria o liberaltemprar coldolce
la bollente bevanda; o se più forse
l'ami cosìcome sorbir la gode
barbara sposaallor chemolle assisa
ne'broccati di Persiaal suo signore
con le dita pieghevoli ilselvoso
mento vezzeggia; ela svelata fronte
alzandoilguarda; e quelli sguardi han possa
di far che a poco a poco di mancada
al suo signore la fumante canna.

      Mentrei labbri e la man v'occupa e scalda
l'odoroso licorsublimi cosecose
macchinerà tua infaticabil mente.
Quale oggi coppiadi corsier de' il carro
condur de la tua bella; o l'alte moli
cheper le fredde piagge educa il cimbro;
o quei che abbeveròla Drava; o quelli
che a le vigili guardie un dì fuggîro
dela stirpe campana: oggi qual meglio
si convegna ornamento ai dorsialteri;
se semplici e neglettio se pomposi
di ricche nappe evariate stringhe
andran su l'alto collo i crin volando
e sottoa cuoi vermigli e ad auree fibbie
ondeggeranno li ritondifianchi.
Quale oggi cocchio trionfanti al corso
vi porterà:se quel cui l'oro copre
fulgido al sole; o de' vostr'altiaspetti
per cristallo settemplice concede
al popolo bearsi; oquel che tutto
caliginoso e tristo e a la marmorea
tomba similche de' vostr'avi chiude
i cadaveri eccelsiammette a pena
cupidosguardo altrui. Cotanta mole
di cose a un tempo solnell'altoingegno
tu verserai; poi col supremo auriga
arduoconsiglio ne terrainon senza
qualche lieve garrir con la tuadama.
Servi l'auriga ogni tua legge: e in tanto
altra curasubentri. Or mira i prodi
compagni tuoi cheministrato apena
dolce conforto di vivande a i membri
già scelto ilcampo e già distinti in bande
preparansi giocando a fieriassalti.
Così a questeo signoreillustre inganno
orelente si faccia. E s'altri ancora
vuole Amor che s'inganni;altronde pungi
la turba convitata; e tu da un lato
sol con ladama tua quel gioco eleggi
che due soltanto a un tavoliereammetta.

      Giàdi ninfa gentil tacito ardea
dinsoffribile ardor miseroamante
cui null'altra eloquenza usar con lei
fuor che quelladegli occhi era concesso;
poi che il rozzo maritoad Argoeguale
vigilava mai sempre; equasi biscia
ora piegandoorallungando il collo
ad ogni verbo con gli orecchi acuti
erapresente. Oimècome con cenni
o con notate tavolegiammai
o con servi sedottia la sua bella
chieder pace edaita? Ogni d'Amore
stratagemma finissimo vincea
la gelosìadel rustico marito.
Che più lice sperare? Al tempio eicorre
del nume accorto che le serpi annoda
all'aurea vergaeil capo e le calcagna
d'ali fornisce. A lui si prostra umìle;
ein questi dettilagrimandoil prega:
- O propizio agli amantiobuon figliuolo
de la candida Maiao tu che d'Argo
deludesti icent'occhie a lui rapisti
la guardata giovencai preghiaccogli
d'un amante infelice; e a lui concedi
se non gli occhiingannargli orecchi almeno
d'un marito importuno. - Ecco siscote
il divin simulacroa lui s'inchina
con la vergapacifica la fronte
gli percote tre volte: e il lieto amante
sentedettarsi ne la mente un gioco
che i mariti assordisce. A luidiresti
che l'ali del suo piè concesse ancora
ilsupplicato dio;cotanto ei vola
velocissimamente a la suadonna.
Là bipartita tavola prepara
ov'ebanoed avoriointarsiati
regnan sul pianoe partono alternando
in due voltesei case ambo le sponde.
Quindici nere d'ebano rotelle
ed'avorio bianchissimo altrettante
stan divise in due parti; e motoe norma
da duo dadi gittati attendonpronte
gli spazi adoccupare quinci e quindi
pugnar contrarie. Oh cara a laFortuna
quella che corre innanzi all'altre; e seco
trae lacompagnaonde il nemico assalto
forte sostenga! Oh giocatorfelice
chi pria l'estrema casa occupae l'altro
de gli spazi asé dati ordin riempie
con doppio segno! Ei trionfanteallora
da la falange il suo rival combatte;
e in proprio benrivolge i colpi ostili!
Al tavolier s'assidono ambidue
l'amantecupidissimo e la ninfa.
Quella una sponda ingombrae questil'altra.
Il marito col gomito s'appoggia
all'un de' lati: ambigli orecchi tende
e sotto al tavolier di quando in quando
guatacon gli occhi. Or l'agitar de i dadi
entro a' sonanti bossolicomincia;
ora il picchiar de' bossoli sul piano;
ora il vibrarlo sparpagliarl'urtare
il cozzar de i duo dadi; or de lemosse
rotelle il martellar. Torcesi e freme
sbalordito ilgeloso: a fuggir pensa
ma rattienlo il sospetto. Il fragorcresce
il rombazzoil frastonoil rovinio.
Ei piùregger non puote; in piedi balza
e con ambe le man tura gliorecchi.
Tu vincestio Mercurio. Il cauto amante
poco disseela bella intese assai.

      Talne la ferrea etàquando gli sposi
folle superstizionchiamava all'arme
giocato fu. Ma poi che l'aureo venne
secoldi novo; e che del prisco errore
si spogliâro i maritialsol diletto
la dama e il cavalier volsero il gioco
che lanecessità trovato avea.
Fu superfluo il romor: di mollepanno
la tavola vestissie de' patenti
bossoli 'l sen: loschiamazzio molesto
tal rintuzzossi; e durò al gioco ilnome
che ancor l'antico strepito dinota.  
 



IlVespro


 Ma de gli augelli e de le fere il giorno
e de' pescisquammosi e de le piante
e dell'umana plebe al suo fin corre.
Giàsotto al guardo de la immensa luce
sfugge l'un mondo: e a berne ivivi raggi
Cuba s'affretta e il messico e l'altrice
di molteperle California estrema:
e da' maggiori colli edall'eccelse
rocche il sol manda gli ultimi saluti
all'Italiafuggente; e par che brami
rivederti o Signor prima che l'alpe
ol'appennino o il mar curvo ti celi
a gli occhi suoi. Altro finornon vide
che di falcato mietitore i fianchi
su le campagne tuepiegati e lassi
e su le armate mura or braccia or spalle
carchedi ferroe su le aeree capre
de gli edificii tuoi man scabre earsicce
e villan polverosi innanzi a i carri
gravi del tuoricoltoe su i canali
e su i fertili laghi irsuti petti
diremigante che le alterne merci
a' tuoi comodi guida ed al tuolusso;
tutti ignobili aspetti. Or colui veggia
che da tuttiservito a nullo serve.

 Pronto è il cocchio felice. Odo le rote
odo i lieticorsier che all'alma sposa
e a te suo fido cavalier nodrisce
ilplacido marito. Indi la pompa
affrettasi de' servi; e quindiattende
con insigni berretti e argentee mazze
candida gioventùche al corso agogna
i moti espor de le vivaci membra:
enell'audace cor forse presume
a te rapir de la tua bella i voti.

  Che tardi omai? Non vedi tu com'ella
già conmorbide piume a i crin leggeri
la bionda che svanì polverendette;
e con morbide piume in su la guancia
fe' piùvermiglie rifiorir che mai
le dall'aura predate amiche rose?
Ortu nato di lei ministro e duce
l'assisti all'opra; e di novelliodori
la tabacchiera e i bei cristalli aurati
con la peritamano a lei rintégra:
tu il ventaglio le scegli adatto algiorno;
e tenta poi fra le giocose dita
come agevole scorra.Oh qual con lieti
nè ben celati a te guardi e sorrisi
plaude la dama al tuo sagace tatto!

 Ecco ella sorge; e del partir dà cenno:
ma non senzasospetti e senza baci
a le vergini ancelle il cane affida
alpar de' giochial par de' cari figli
grave sua cura: e il miserodolente
mal tra le braccia contenuto e i petti
balza e guaiscein suon che al rude vulgo
ribrezzo porta di stridente lima;
econ rara celeste melodia
scende a gli orecchi de la dama e alcore.

 Mentre così fra i generosi affetti
e le inteseblandizie e i sensi arguti
e del cane e di sè la bellaoblia
pochi momenti; tu di lei più saggio
usa del tempo:e a chiaro speglio innante
i bei membri ondeggiando alquantolibra
su le gracili gambe; e con la destra
molle verso il tuosen piegata e mossa
scopri la gemma che i bei lini annoda;
e inun di quelle ond'hai sì grave il dito
l'invidiato folgorarcimenta:
poi le labbra componi; ad arte i guardi
tempra qualpiù ti giova; e a te sorridi.
Al fin tu da te scioltoelladal cane
ambo al fin v'appressate. Ella da i lumi
spande sopradi te quanto a lei lascia
d'eccitata pietà l'amata belva;
etu sopra di lei da gli occhi versi
quanto in te di piacer destòil tuo volto.
Tal seguite ad amarvi: e insieme avvinti
tu alei sostegnoella di te conforto
itene omai de' cari nodivostri
grato dispetto a provocar nel mondo.

 Qual primiera sarà che da gli amati
voi sul vespronascente alti palagi
fuor conduca o Signor voglia leggiadra?
Fiala santa Amistànon più feroce
qual ne' prischieccitar tempi godea
l'un per l'altro a morir gli agresti eroi;
maplacata e innocente al par di questi
onde la nostra etàsorge sì chiara
di Giove alti incrementi. Oh dopo itardi
de lo specchio consigli e dopo i giochi
dopo le menseamabil deatu insegni
come il giovin Marchese al collo balzi
del giovin Conte; e come a lui di baci
le gote imprima; ecome il braccio annode
l'uno al braccio dell'altro; e comeinsieme
passeggino elevando il molle mento
e volgendolo inguisa di colombe;
e palpinsi e sorridansi e rispondansi
conun vezzoso «tu». Tu fra le dame
sul mobil arco de leargute lingue
i già pronti a scoccar darditrattieni
s'altra giugne improvviso a cui rivolti
pendean digià: tu fai che a lei presente
non osin dispiacer le fideamiche:
tu le carche faretre a miglior tempo
di serbar leconsigli. Or meco scendi;
e i generosi ufici e i cari sensi
mecodetta al mio eroe; tal chefamoso
per entro al suon de le futureetadi
e a Pilade s'eguagli e a quel che trasse
il buon Tesèoda le Tenarie foci.

 Se da i regni che l'alpe o il mar divide
dall'Italico lidoin patria or giunse
il caro amico; e da i perigli estremi
sorged'arcano malche in dubbio tenne
lunga stagione i fisicieloquenti
magnanimo garzone andrai tu forse
trepido ancora perl'amato capo
a porger voti sospirando? Forse
con alma dubbia epalpitante i detti
e i guardi e il viso esplorerai de' molti
cheil giudizio di voi menti sì chiare
fra i primi assunsed'Esculapio alunni?
O di leni origlieri all'omer lasso
porraisostegno; e vital sugo a i labbri
offrirai di tua mano? O pur conlieve
bisso il madido fronte a lui tergendo
e le auretteagitandoil tardo sonno
inviterai a fomentar con l'ali
lanascente salute? Ahi no; tu lascia
lascia che il vulgo di sìtenui cure
le brevi anime ingombri; e d'un sol atto
rendil'amico tuo felice a pieno.

     Sai che fra gli ozi del mattino illustri
delgabinetto al tripode sedendo
grand'arbitro del bello oggicreasti
gli eccellenti nell'arte. Onor cotanto
basti a dartiragion su le lor menti
e su l'opre di loro. Util ciascuno
aqualch'uso ti fia. Da te mandato
con acuto epigramma il tuo poeta
la mentita virtù trafigger puote
d'una bella ostinata:e l'elegante
tuo dipintor può con lavoro egregio
tuttidell'amicizia onde ti vanti
compendiar gli ufici in breve carta;
o se tu vuoi che semplice vi splenda
di nuda maestade il tuogran nome;
o se in antica lapide imitata
inciso il brami; ose in trofeo sublime
accumulate a te mirar vi piace
ledomestiche insegneindi un lione
rampicar furibondo e quindil'ale
spiegar l'augel che i fulmini ministra
qua timpani evessilli e lance e spade
e là scettri e collane e manti evelli
cascanti argutamente. Ora ti vaglia
questa carta osignor serbata all'uopo;
or fia tempo d'usarne. Esca e con essa
del caro amico tuo voli a le porte
alcun de' nunci tuoi;quivi deponga
la tessera beata; e fugga; e torni
ratto sul'orme tue pietoso eroe
che già pago di te ratto atraverso
e de' trivii e del popolo dilegui.

          Già il dolce amico tuo nelcor commosso
e non senza versar qualche di pianto
tenerastilla il tuo bel nome or legge
seco dicendo: - oh ignoto al durovulgo
sollievo almo de' mali! Oh sol concesso
facil commercio anoi alme sublimi
e d'affetti e di cure! Or venga il giorno;
chesì grate alternar nobili veci
a me sia dato! - Talesbadigliando
si lascia da la man lenta cadere
l'amata carta; ete la carta e il nome
soavemente in grembo al sonno oblia.

          Tu fra tanto colà rapido ilcorso
declinando intraprendi ove la dama
co' labbri desiosi eil premer lungo
del ginocchio sollecito ti spigne
ad altre oprecortesi. Ella non meno
all'imperio possente a i carimoti
dell'amistà risponde. A lei non meno
palpita nelbel petto un cor gentile.

          Che fa l'amica sua? Misera!Ieri
qual fusse la cagionfremer fu vista
tutta improvvisoed agitar repente
le vaghe membra. Indomito rigore
occupollele cosce; e strana forza
le sospinse le braccia. Illividîro
i labbri onde l'Amor l'ali rinfresca;
enfiò la neve dela bella gola;
e celato candor da i lini sparsi
effusorivelossi a gli occhi altrui.
Gli Amori si schermiron con labenda;
e indietro rifuggironsi le Grazie.
In vano ilcavalierein van lo sposo
tentò frenarlain van ledamigelle
che su lo sposo e il cavaliere e lei
scorrean colguardo; e poi ristrette insieme
malignamente sorrideansi involto.
Ella truce guatando curvò in arco
duro e ferocele gentili schiene;
scalpitò col bel piede; e ripercosse
la mille volte ribaciata mano
del tavolier ne le pugnentisponde.
Livida pesta scapigliata e scinta
al fin stancòtutte le forze; e cadde
insopportabil pondo sopra il letto.

          Né fra l'intime stanze o frale chiuse
gemine porte il prezioso evento
tacque ignotomolt'ore. Ivi la Fama
con uno il colse de' cent'occhi suoi;
eil bel pegno rapito uscì portando
fra le adulte matroneacui segreto
dispetto fanno i pargoletti amori
che da la maestàde gli otto lustri
fuggon volando a più scherzosi nidi.
Unaè fra lor che gli altrui nodi or cela
comoda e strigne; ord'ispida virtude
arma suoi detti; e furibonda in volto
einfiammata ne gli occhi alto declama
interpretaingrandisce isagri arcani
de gli amorosi gabinetti; e a un tempo
odiata edesiata eccita il riso
or co' propri misteri or con gli altrui.
Lavidela notòsorrise alquanto
la volatile deadisse: -Tu sola
sai vincere il clamor de la mia tromba. -
Dissee inlei si mutò. Prese il ventaglio
prese le tabacchiereilcocchio ascese;
e la venne trottando ove de' grandi
è ilconsesso più folto. In un momento
lo sbadigliar s'arresta.In un momento
tutti gli occhi e gli orecchi e tutti i labbri
siraccolgono in lei: ed ella al fine
e ansando e percotendosi conambe
le mani le ginocchiail fatto espone
e del fatto leorigini riposte.
Riser le dame allor pronte domane
a fortunasimìlse mai le vaghe
lor fantasie commoverànegato
da i mariti compenso a un gioco avverso
in faccia alor per deità maggiore
negligenza d'amanteo al candiletto
nata subita tosse: e rise ancora
La tua dama conelle: e in cor dispose
di teco visitar l'egra compagna.  
 
      Ite al pietoso uficioitene or dunque:
malungo consigliar duri tra voi
pria che a la meta il vostro cocchioarrive.
Se visitarnon già veder l'amica
forse a voipiacetacita a le porte
la volubile rota il corso arresti:
eil giovanetto messagger salendo
per le scale sublimi a leiv'annunzi
sì che voi non volenti ella non voglia.
Masevaghezza poi ambo vi prende
di spiar chi sia secoe diturbarle
l'anima un pocoe ricercarle in volto
de' suoi casila serieil cocchio allora
entri: e improvviso ne rimbombi efrema
l'atrio superbo. Egual piacere inonda
sempre il cor de lebelle o che opportune
o giungano importune alle lor pari.

          Già le fervide amiche adincontrarse
volano impazienti; un petto all'altro
giàpremonsi abbracciando; alto le gote
d'alterni baci risonar giàfanno;
già strette per la man co' dotti fianchi
ad untempo amendue cadono a piombo
sopra il sofà. Qui l'una unsottil motto
vibra al cor dell'amica; e a i casi allude
che laFama narrò: quella repente
con un altro l'assale. Una nelviso
di bell'ire s'infiamma: e l'altra i vaghi
labbri un pocosi morde: e cresce in tanto
e quinci ognor più violento equindi
il trepido agitar de i duo ventagli.
Cosìse maial secol di Turpino
di ferrate guerriere un paro illustre
siscontravan per viaciascuna ambiva
l'altra provar quel chevalesse in arme;
e dopo le accoglienze oneste e belle
abbassavanlor lance e co' cavalli
urtavansi feroci; indi infocate
dimagnanima stizza i gran tronconi
gittavan via de lo spezzatocerro
e correan con le destre a gli elsi enormi.
Ma di lontanper l'alta selva fiera
un messagger con clamoroso suono
venirs'udiva galoppando; e l'una
richiamare a re Carloo al campol'altra
del giovane Agramante. Osa tu pure
osainvittogarzoneil ciuffo e i ricci
sì ben finti stamane all'urtoesporre
de' ventagli sdegnati: e a nuove imprese
la tua bellainvitandoi casi estremi
de la pericolosa ira sospendi.

          Oh solenne a la patriaoh all'orbeintero
giorno fausto e beato al fin sorgesti
di non piùvisto in ciel roseo splendore
a sparger l'orizzonte. Ecco lasposa
di ramni eccelsi l'inclit'alvo al fine
sgravò dimaschia desiata prole
la prima volta. Da le lucid'aure
fu ilnobile vagito accolto a pena
che cento messi a precipiziouscîro
con le gambe pesanti e lo spron duro
stimolando icavallie il gran convesso
dell'etere sonoro alto ferendo
discutiche e di corni: e qual si sparse
per le cittadi popoloseediede
a i famosi congiunti il lieto annunzio:
e qual per montia stento rampicando
trovò le rocche e le cadenti mura
de'prischi feudi ove la polve e l'ombra
abita e il gufo; e irugginosi ferri
sopra le rote mal sedenti al giorno
di novoesposee fe' scoppiarne il tuono;
e i gioghi de' vassalli e levallèe
ampie e le marche del gran caso empièo.
Néle Muse devoteonde gran plauso
venne l'altr'anno a gl'imeneifelici
già si tacquero al parto. Anziqual suole
làsu la notte dell'ardente agosto
turba di grillie piùlontano ancora
innumerabil popolo di rane
sparger d'altofrastuono i prati e i laghi
mentre cadon su lor fendendo ilbuio
lucide striscee le paludi accende
fiamma improvvisa chelambisce e vola;
tal sorsero i cantori a schiera a schiera;
etal piovve su lor foco febèo
che di motti ventosi altacompaggine
fe' dividere in righeo in simil suono
uscirpomposamente. Altri scoperse
in que' vagiti Alcidealtrid'Italia
il soccorso promisealtri a Bizanzio
minacciòlo sterminio. A tal clamore
non ardì la mia Musa unir suevoci:
ma del parto divino al molle orecchio
appressò nonveduta; e molto in poco
strinse dicendo: tu sarai simìle
altuo gran genitore. - . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . .

          Già di cocchi frequente ilCorso splende:
e di mille che là volano rote
rimbombanole vie. Fiero per nova
scoperta biga il giovine leggiadro
checesse al carpentier gli aviti campi
là si scorge tra iprimi. All'un de' lati
sdraiasi tutto: e de le stese gambe
lasnellezza dispiega. A lui nel seno
la conoscenza del suo mertoabbonda;
e con gentil sorriso arde e balena
su la vetta dellabbro; o da le ciglia
disdegnandode' cocchi signoreggia
laturba inferior: soave intanto
egli alza il mentoe il gomitoprotende;
e mollemente la man ripiegando
i merletti finissimisu l'alto
petto si ricompon con le due dita.
Quinci vienl'altro che pur oggi al cocchio
dai casali pervennee giàs'ascrive
al concilio de' numi. Egli oggi impara
a conoscere ilvulgoe già da quello
mille miglia lontan senterapirsi
per lo spazio de' cieli. A lui davanti
ossequiosicadono i cristalli
de' generosi cocchi oltrepassando;
e illusingano ancor perché sostegno
sia de la pompa loro. Altrine viene
che di compro pur or titol si vanta;
e pur s'affacciae pur gli orecchi porge
e pur sembragli udir da tutti ilabbri
sonar le glorie sue: mal abbia il lungo
de le rotestridoree il calpestìo
de' ferrati cavallie l'auraeil vento
che il bel tenor de le bramate voci
scender non lasciaa dilettargli 'l core.
Di momento in momento il fragor cresce
ela folla con esso. Ecco le vaghe
a cui gli amanti per lo dìsolenne
mendicarono i cocchi. Ecco le gravi
matrone che grantempo arser di zelo
contro al bel Mondoe dell'ignoto Corso
lascelerata polvere dannâro;
ma poi che la vivace amabilprole
crebbee invitar sembrò con gli occhi Imene
cesseroalfine; e le tornite braccia
e del sorgente petto irugiadosi
frutti prudentemente al guardo aprîro
deinipoti di Giano. Affrettan quindi
le belle cittadineora èpiù lustri
note a la Famapoi che ai tetti loro
dedusserogli dèi; e sepper meglio
e in più tragico stil dala toilette
ai loro amici declamar l'istoria
de' rottiamori; ed agitar repente
con celebrata convulsion la mensa
ilteatroe la danza. Il lor ventaglio
irrequieto sempre or quincior quindi
con variata eloquenza esce e saluta.
Convolgonsi lebelle: or su l'un fianco
or su l'altro si posanotentennano
volteggiano si rizzansul cuscino
ricadono pesantie la lor voce
acuta scorre d'uno in altro cocchio.

          Ma ecco alfin che le divinespose
degl'Italici eroi vengono anch'esse.
Io le conosco aimessaggier volanti
che le annuncian da lungied urtan fieri
erompono la folla; io le conosco
da la turba de' servi al vomertolti
perché oziosi poi diretro pendano
al carrotrionfal con alte braccia.
Male a Giuno ed a Pallade Minerva
ea Cinzia e a Citerea mischiarvi osate
voi pettorute Naiadi eNapee
vane di picciol fonte o d'umil selva
che agli Egipanivostri in guardia diede
Giove dall'alto. Vostr'incertisguardi
vostra frequente inane maraviglia
e l'aria alpestreancor de' vostri moti
vi tradisconoahi lassee rendon vana
lamultiplice in fronte ai palafreni
pendente nappach'usurpartentaste
e la divisa onde copriste il mozzo
e il cucinier chela seguace corte
accrebber stanchie i miseri lasciâro
canutipadri di famiglia soli
ne la muta magion serbati a chiave.
Troppoda voi diverse esse ne vanno
ritte negli alti cocchialteramente;
e a la turba volgare che si prostra
non badanpunto: a voi talor si volge
lor guardo negligentee parchedica:
- tu ignota mi sei; - o nel mirarvi
col compagnosusurrano ridendo.

          Le giovinette madri deglieroi
tutto empierono il Corsoe tutte han seco
Un giovinettoeroeo un giovin padre
d'altri futuri eroiche a la teletta
ala mensaal teatroal corsoal gioco
segnaleransi un giorno; efien cantati
s'io scorgo l'avvenirda tromba eguale
a quellache a me diede Apolloe disse:
- Canta gli Achilli tuoicantagli Augusti
del secol tuo. - Sol tu manchio pupilla
del piùnobile mondo: ora ne vieni
e del rallegratore del'universo
rallegra or tu la moribonda luce.

          Già tarda a la tua dama; egià con essa
precipitosamente al corso arrivi.
Il memorecocchier serbi quel loco
che voi dianzi scegliestee voi nonosi
tra le ignobili rote al vulgo esporre
se star fermi vipiaceod oltre scorra
se di scorrer v'aggrada; e a i guardialtrui
spiegar gioie novellee nuove paci
che la pubblica famaignori ancora.
Né conteso a te fia per brevi istanti
uscirdel cocchio: e sfolgorando intorno
qual da repente spalancatanube
tutti scoprir di tua bellezza i rai
nel tergone legambe e nel sembiante
simile a un dio; poi che a tenon meno
cheall'altro semideoVenere diede
e zazzera leggiadra eporporino
splendor di gioventùquando stamane
allospeglio sedesti. Ecco son pronti
al tuo scendere i servi. Un saltoancora
spicca e rassetta gli increspati panni
e le trine sulpetto: un po' t'inchina:
ai lucidi calzari un guardovolgi:
ergitie marcia dimenando il fianco.
O il corso misurarpotrai soletto
se il passeggiar tu brami: o tu potrai
dell'altruidame avvicinarti al cocchio
e inerpicartiet introdurvi ilcapo
e le spallee le bracciae mezzo ancora
dentro versarte.Ivi sonar tant'alto
fa le tue risache da lunge le oda
la tuadamae si turbied interrompa
il celiar degli eroi che accorsertosto
tra 'l dubbio giorno a custodirla in tanto
che solingarimase. O sommi numi
sospendete la notte: e i fatti egregi
delmio giovin signor splender lasciate
al chiaro giorno. Ma la nottesegue
sue leggi inviolabilie declina
con tacit'ombra sopral'emispero;
e il rugiadoso piè lenta movendo
rimescolai color vari infiniti
e via gli sgombra con l'immenso lembo
dicosa in cosa: e suora de la morte
un aspetto indistintoun solovolto
al suoloai vegetantiagli animali
a i grandied a laplebe equa permette;
e i nudi insiemee li dipinti visi
de lebelle confonde e i cenci e l'oro:
né veder mi concedeall'aere cieco
qual de' cocchi si partao qual rimanga
soloall'ombre segrete: e a me di mano
toglie il pennelloil miosignore avvolge
per entro al tenebroso umido velo.  




LaNotte


     Nètu contenderai benigna Notte
che il mio giovane illustre iocerchi e guidi
con gli estremi precetti entro al tuo regno.

      Giàdi tenebre involta e di perigli
sola squallida mesta altosedevi
su la timida terra. Il debil raggio
de le stelle remotee de’ pianeti
che nel silenzio camminando vanno
rompeagli orrori tuoi sol quanto è duopo
a sentirli assai più.Terribil ombra
giganteggiando si vedea salire
su per le case esu per l’alte torri
di teschi antiqui seminate al piede.
Eupupe e gufi e mostri avversi al sole
svolazzavan per essa; e conferali
stridi portavan miserandi augurj.
E lievi dal terreno esmorte fiamme
sorgeano in tanto; e quelle smorte fiamme
di sudi giù vagavano per l’aere
orribilmente tacito edopaco;
e al sospettoso adulteroche lento
col cappel su leciglia e tutto avvolto
entro al manto sen gìa con l’armiascose
colpìeno il coree lo strignean d’affanno.
 
     E fama è ancor che pallide fantasime
lungo lemura de i deserti tetti
spargean lungo acutissimo lamento
cuidi lontano per lo vasto buio
i cani rispondevano ululando.

      Talfusti o Notte allor che gl’inclit’avi
onde pur sempreil mio garzon si vanta
eran duri ed alpestri; e con l’occaso
cadean dopo lor cene al sonno in preda;
fin che l’aurorasbadigliante ancora
li richiamasse a vigilar su l’opre
dei per novo cammin guidati rivi
e su i campi nascenti; onde poigrandi
fûro i nipoti e le cittadi e i regni.

      Maecco Amoreecco la madre Venere
ecco del giocoecco del fasto iGenj
che trionfanti per la notte scorrono
per la nottechesacra è al mio signore.
Tutto davanti a lor tuttos’irradia
di nova luce. Le inimiche tenebre
fuggonoriversate; e l’ali spandono
sopra i coviliove le fere e gliuomini
da la fatica condannati dormono.
Stupefatta la Notteintorno vedesi
riverberar più che dinanzi al sole
aureecornicie di cristalli e spegli
pareti adornee vesti varieebianchi
omeri e bracciae pupillette mobili
e tabacchierepreziosee fulgide
fibbie ed anella e mille cose e mille.
Cosìl’eterno caosallor che Amore
sopra posovvi e il fomentòcon l’ale
sentì il generator moto crearsi
sentìschiuder la luce; e sé medesmo
vide meravigliando e itanti aprirsi
tesori di natura entro al suo grembo.

      Ode’ miei studj glorioso alunno
tu seconda me dunqueorch’io t’invito  
glorie novelle ad acquistar làdove
o la veglia frequente o l’ampia scena
i grandieguali tuoidegna de gli avi
e de i titoli loro e di lor sorte
e de i pubblici votiultima cura
dopo le tavolette e dopo iprandj
e dopo i corsi clamorosi occùpa.

      Ordove ahi dove senza me t’aggiri
lasso! da poi che incompagnia del sole
t’involasti pur dianzi a gli occhimiei?
Qual palagio ti accoglie; o qual ti copre
da i nocentivapor ch’Espero mena
tetto arcano e solingo; o di qualvia
l’ombre ignoto trascorriove la plebe
affrettandotenton s’urta e confonde?

      Ahimètolgalo il cielforse il tuo cocchio
ove il varco è piùangustoil cocchio altrui
incontrò violento: e qual de iduo
retroceder convegna; e qual star forte
dispùtanogli aurighi alto gridando.
Sdegna invitto garzon sdegnad’alzare
fra il rauco suon di Stentori plebei
tu’amabil voce; e taciturno aspetta
sia che a l’un piacciarovesciar dal carro
lo suo rivale; o rovesciatoanch’esso
perigliar tra le rote; e te per l’alto
delo infranto cristal mandar carpone.
Ma l’avverso cocchierd’un picciol urto
pago sen fugge o d’un resisterbreve:
al fin libero andrai. Tu non pertanto
doman chiedivendetta; alto sonare
fa il sacrilego fatto; osa pretendi
e itribunali minimi e i supremi
sconvolgi agita assorda: il mondos’empia
del grave caso; e per un anno almeno
parli di tede’ tuoi corsierdel cocchio
e del cocchiere. Di sìfatte cose
voi progenie d’eroi famosi andate
ne le bocchede gli uomini gran tempo.

      Forseciarlier fastidioso indugia
te con la dama tua nel vuotocorso.
Forse a nova con lei gara d’ingegno
tu mal cautovenisti: e già la bella
teco del lungo repugnars’adira;
già la manche tu baci arretraetenta
liberar da la tua; e già minaccia
ricovrarsi alsuo tettoe quivi sola
involarse ad ognuno in fin che ilsonno
venga pietoso a tranquillar suoi sdegni.
Tu in van chiedimercè; di mente in vano
tu a lei te stesso sconsigliataincolpi:
ella niega placarse. Il cocchio freme
dell’alternoclamore; e il cocchio in tanto
giace immobil fra l’ombra: evoi sue care
gemme il bel mondo impaziente aspetta.
Ode ilcocchiere al fin d’ambe le voci
un comando indistinto; ebestemmiando
sferza i corsieri; e via precipitando
ambo viporta: e mal sa dove ancora.

[Folle!di che temei? Sperdano i venti]
ogni augurio infelice. Ora ilmio eroe
fra l’amico tacer del vuoto corso
lieto si sta lafresca ora godendo
che dal monte lontan spira e consola.
Siedeal fianco di lui lieta non meno
l’altrui cara consorte. Amornasconde
la incauta face; e il fiero dardo alzando
allontana imaligni. O nume invitto
non sospettar di me; ch’io giànon vegno
invido esploratorma fido amico
de la coppia beataa cui tu vegli.
E tu signor tronca gl’indugi. Assai
fûrgioconde quest’ombreallor che prima
nacque il vago desioche te congiunse
all’altrui cara sposa or son due lune.
Eccoil tedio a la fin serpe tra i vostri
così lunghi ritiri: etempo e ormai
che in più degno di te pubblicoagone
splendano i genj tuoi. Mira la Notte
che col carrostellato alta sen vola
per l’eterea campagna; e a te coldito
mostra Tèseo nel cielmostra Polluce
mostra Baccoed Alcide e gli altri egregi
che per mille d’onore ardentiprove
colà fra gli astri a sfolgorar salìro.
Svegliatia i grandi esempi; e meco affretta.

      Locoèben saine la città famoso
che splendidamatrona apre al notturno
concilio de’ tuoi paria cui lavita
fora senza di ciò mal grata e vile.
Ivi le belleedi feconda prole
inclite madri ad obliar sen vanno
fra la sortedel gioco i tristi eventi
de la sorte d’amoreonde fu ilgiorno
agitato e sconvolto. Ivi le grandi
Avole auguste e igenitor leggiadri
de’ già celebri eroi il senso el’onta  
volgon de gli anni a rintuzzar fra l’ire
magnanime del gioco. Ivi la turba
de la feroce gioventùdivina
scende a pugnar con le mutabil’arme
di vaghigiubbonceid’atti vezzosi
di bei modi del dir stamaneappresi;
mentre la vanità fra il dubbio marte
nobilfûror ne’ forti petti inspira;
e con vario destindando e togliendo
la combattuta palma alto abbandona
ileggeri vessilli all’aure in preda.

      Eccoche già di cento faci e cento
gran palazzo rifulge.Multiforme
popol di servi baldanzosamente
sale scende s’aggira.Urto e fragore
di rote di flagelli e di cavalli
che vengono chevannoe stridi e fischi
di genteche domandan cherispondono
assordan l’aria all’alte mura intorno.
Tutto è strepito e luce. O tuche porti
la dama e ilcavalier dolci mie cure
primo di carri guidatorqua volgi;
efra il denso di rote arduo cammino
con olimpica man splendi; ed’un corso
subentrando i grand’atrja dietro lascia
qual pria le porte ad occupar tendea.
Quasi a propria virtùplauda al gran fatto
il generoso eroe: plauda la bella
checon l’agil pensier scorre gli aurighi
de le dive rivali; enovi al petto
sente nascer per te teneri orgogli.

      Mail bel carro s’ arresta: e a te signore
a te prima di leisceso d’un salto
affidata la dealieve balzando
colsonante calcagno il suol percote.
Largo dinanzi a voi fiammeggi egrondi
sopra l’ara de’ numi ad arder nato
il tesorodell’api: e a lei da tergo
pronta di servi mano a terraproni
lo smisurato lembo alto sospenda:
somma felicitàche lei sepàra
da le ricche viventia cui peranco
misere! sopra il suol l’estrema veste
sibila per lapolvere strisciando.

      Ahise fresco sdegnuzzo i vostri petti
dianzi forse agitòtuchino e grave
a lei porgi la destra; e seco innoltra
qualeIbèro amador quandoraccolta
dall’un lato la cappacontegnoso
guida l’amanza a diportarsi al vallo
dove iltauroabbassando i corni irati
spinge gli uomini in alto; ogemer s’ode
crepitante giudeo per entro al foco.
Ma no;ché l’amorosa onda pacata
oggi siede per voi: e quantoè duopo
a vagarvi il piacer solo la increspa
una lievealeggiando aura soave.
Snello adunque e vivace offri a labella
mollemente piegato il destro braccio.
Ella la mancav’inserisca. Premi
tu col gomito un poco. Anch’ella unpoco
ti risponda premendo; e a la tua lena
dolce peso a portartutta si doni
mentre a piccioli salti ambo affrettate
per lesonanti scale alto celiando.

      Ohcome al tuo venir gli archi e le volte
de’ gran titoli tuoiforte rimbombano!
come a quel suon volubili le porte
cedonospalancate; ed a quel suono
degna superbia in cor ti bolle; eface
l’anima eccelsa rigonfiar più vasta!

      Entrain tal forma; e del tuo grande ingombra
gli spazj fortunati. Eccodi stanze
ordin lungo a voi s’apre. Altra di servi
infimogregge albergaove tra lampi
di molteplice lume acceso espento
e fra sempre incostanti ombre schiamazza
il sermonpatrio e la facezia e il riso
dell’energica plebe. Altra divaghi
zazzerati donzelli è certa sede
ove accentostranier misto al natio
molle susurra: e s’apparecchia intanto
copia di carte e multiforme avorio
arme l’uno a lapugnaindice l’altro
d’alti cimenti e di vittorieillustri.

      Alfin più internae di gran luce e d’oro
e di ricchitapeti aula superba
sta servata per voi prole de’ numi.
Iodi razza mortale ignoto vate
come ardirò di penetrar fra icori
de’ semideine lo cui sangue in vano
gocciola impuracercheria con vetro
indagator colui che vide a nuoto
per l’ondagenitale il picciol uomo?
Qui tra i servi m’arresto; e quida loro
nuove del mio signor virtudi ascose
tacitoapprenderò. Ma tu sorridi
invisibil camena; e me rapisci
invisibil con te fra li negati
ad ognaltro profano aditisacri.

      Giàil mobile de’ seggi ordine augusto
sovra i tiepidi strati incerchio volge:
e fra quelli eminente i fianchi estende
il gravecanapè. Sola da un lato
la matrona del loco ivi si posa;
econ la manche lungo il grembo cade
lentamente il ventaglio apree socchiude.
Or di giugner è tempo. Ecco le snelle
e legravi per molto adipe dame
che a passi velocissimis’affrettano
nel gran consesso. I cavalieri egregi
lorcamminano a lato: ed elleintorno
a la sede maggior vorticefatto
di sè medesmecon sommessa voce
brevi notebisbigliano; e dileguansi
dissimulando fra le sedie umìli.

      Untempo il canapè nido giocondo
fu di risi e di scherziallor che l’ombre
abitar gli fu grato ed i tranquilli
delpalagio recessi. Amor primiero
trovò l’opraingegnosa. Io voglioei disse
dono a le amiche mie far d’unbel seggio
che tre ad un tempo nel suo grembo accoglia.
Cosìqualor de gl’importuni altronde
volga la turbasederan gliamanti
l’uno a lato dell’altroed io con loro.
Dissepercosse ambe le palme; e l’ali
aprì volandoimpaziente all’opra.
Ecco il bel fabbro lungo pian dispone
di tavole contestoe molli cigne
a reggerlo vi dàvaghe colonne
che del silvestre Pane i piè leggieri
imitano scendendo; al dorso poi
v’alza patulo appoggio;e il volge a i lati 
come far soglion flessuosi acanti
oricche corna d’Arcade montone.
Indipredando a le vagantiaurette
l’ali e le piumele condensa e chiude
in tumidocuscinche tutta ingombri
la macchina elegante: e al finl’adorna
di molli sete e di vernici e d’oro.
Quantoil dono d’Amor piacque a le belle!
Quanti pensier lorbalenàro in mente!
Tutte il chiesero a gara: ognuna ilvolle
ne le stanze più interne: applause ognuna
a lainnata energia del vago arnese
mal repugnante e mal cedenteinsieme
sotto a i mobili fianchi. Ivi sedendo
si ritrasser leamiche; e da lo sguardo
de’ maligni lontanea i fidiorecchi
si mormoràro i delicati arcani.
Ivi la coppia degli amanti a lato
dell’arbitra sagace o i nodi strinse;
ocalmò l’irae nuove leggi apprese.
Ivi soventel’amador faceto
raro volume all’altrui cara sposa
lessespiegando; e con sorrisi arguti
fe’ tra i fogli notar lepidaimago.
Il fortunato seggio invidia mosse
de le sedie minori alpopol vario:
e fama è che talora invidia mosse
anco a italami stessi. Ah perchè mai
vinto da insana ambizioneuscìo
fra lo immenso tumulto e fra il clamore
de leveglie solenni! Avvi due Genj
fastidiosi e tristia cui diervita
l’Ozio e la vanitàche noti al nome
diPuntiglio e di noiaerran cercando
gli alti palagi e le vigilieillustri
de la prole de’ numi. Un ne le mani
porta vergafataleonde sospende
ne’ miseri percossi ogni lor voglia;
edi macchine al parche l’arte inventi
modera l’alme asuo talento e guida:
l’altro piove da gli occhi atrovapore;
e da la bocca sbadigliante esala
alito lungochesembiante a i pigri
soffi dell’austrosi dilata e volve
ed’inane torpor le menti occùpa.
Questa del Canapècoppia infelice
allor prese l’imperio; e i risi e i giochi
edAmor ne sospinse. Il trono è questo
ove le madri de lemadri eccelse
de’ primi eroi esercitan lor tosse;
ovel’inclite moglia cui beata
rendon la vita titolidistinti
sbadigliano distinte. ahse tu sai
fuggi ratto osignorfuggi da tanto
pernicioso influsso: e là fra iseggi
de le più miti dèequindi remoto
con l’alma gioventù scherza e t’allegra.