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PietroMetastasio
(pseudoninodi Pietro Trapassi)
L'OLIMPIADE
Drammarappresentato con musica del Caldarala prima volta nel giardinodell'imperial Favoritaalla presenza degli augusti regnantiil dì28 agosto 1733per festeggiare il giorno di nascita dell'imperatriceElisabettad'ordine dell'imperatore Carlo VI:
Argomento
Nacqueroa Clistenere di Sicionedue figliuoli gemelliFilinto ed Aristea:maavvertito dall'oracolo di Delfo del pericolo ch'ei correrebbed'esser ucciso dal proprio figlioper consiglio del medesimo oracolofece esporre il primo e conservò la seconda. Cresciuta questain età ed in bellezzafu amata da Megaclenobile e valorosogiovane ateniesepiù volte vincitore ne' giuochi olimpici.Questinon potendo ottenerla dal padrea cui era odioso il nomeatenieseva disperato in Creta. Quivi assalitoe quasi oppresso damasnadieriè conservato in vita da Licida creduto figlio delre dell'isola; onde contrae tenera e indissolubile amistà colsuo liberatore. Avea Licida lungamente amata Argenenobil damacretensee promessale occultamente fede di sposo. Mascoperto ilsuo amoreil rerisoluto di non permettere queste nozze inegualiperseguitò di tal sorte la sventurata Argeneche si videcostretta ad abbandonar la patria e fuggirsene sconosciuta nellecampagne d'Elidedove sotto nome di Licori ed in abito di pastorellavisse nascosta a' risentimenti de' suoi congiunti ed alle violenzedel suo sovrano. Rimase Licida inconsolabile per la fuga della suaArgene; e dopo qualche tempoper distrarsi dalla mestiziarisolsedi portarsi in Elide e trovarsi presente alla solennità de'giuochi olimpicich'ivicol concorso di tutta la Greciadopo ogniquarto anno si ripetevano. Andovvi lasciando Megacle in Cretaetrovò che il re Clisteneeletto a presiedere a' giuochisuddettie perciò condottosi da Sicione in Elideproponevala propria figlia Aristea in premio al vincitore. La vide Licidal'ammiròedobbliate le sventure de' suoi primi amoriardentemente se n'invaghì; ma disperando di poterconquistarlaper non esser egli punto addestrato agli atleticiesercizidi cui dovea farsi pruova ne' detti giuochiimmaginòcome supplire con l'artifizio al difetto dell'esperienza. Glisovvenne che l'amico era stato più volte vincitore insomiglianti contese; e (nulla sapendo degli antichi amori di Megaclecon Aristea) risolse di valersi di luifacendolo combattere sotto ilfinto nome di Licida. Venne dunque anche Megacle in Elide alleviolenti istanze dell'amico; ma fu così tardo il suo arrivoche già l'impaziente Licida ne disperava. Da questo puntoprende il suo principio la rappresentazione del presente drammaticocomponimento. Il termine o sia la principale azione di esso èil ritrovamento di quel Filintoper le minacce degli oracoli fattoesporre bambino dal proprio padre Clistene; ed a questo termineinsensibilmente conducono le amorose smanie di Aristeal'eroicaamicizia di Megaclel'incostanza ed i furori di Licida e la generosapietà della fedelissima Argene. HEROD. PAUS. NAT. COM. ec.
INTERLOCUTORI
CLISTENEre di Sicionepadre d'Aristea.
ARISTEAsua figliaamante di Megacle.
ARGENEdama cretensein abito di pastorella sotto nome di Licoriamantedi Licida.
LICIDAcreduto figlio del re di Cretaamante d'Aristea ed amico diMegacle.
MEGACLEamante d'Aristea ed amico di Licida.
AMINTAaio di Licida.
ALCANDROconfidente di Clistene
Lascena si finge nelle campagne d'Elidevicino alla cittàd'Olimpiaalle sponde del fiume Alfeo.
ATTOPRIMO
SCENAPRIMA
Fondoselvoso di cupa ed angusta valleadombrata dall'alto da grandialberiche giungono ad intrecciare i rami dall'uno all'altro collefra' quali è chiusa.
Licida: Ho risolutoAminta;
piùconsiglio non vuo'.
Aminta: Licidaascolta.
Dehmodera una volta
questotuo violento
spiritointollerante.
Licida: E in chi poss'io
fuorche in me più sperar? Megacle istesso
Megaclem'abbandona
nelbisogno maggiore. Or variposa
sula fé d'un amico.
Aminta: Ancor non dèi
condannarloperò. Breve cammino
nonè quel che divide
Elidein cui noi siamo
daCreta ov'ei restò. L'ali alle piante
nonha Megacle al fin. Forse il tuo servo
subitonol rinvenne. Il mar frapposto
forseritarda il suo venir. T'accheta:
intempo giungerà. Prescritta è l'ora
agliolimpici giuochi
oltreil meriggioed or non è l'aurora.
Licida: Sai pur che ognunche aspiri
all'olimpicapalmaor sul mattino
deepresentarsi al tempio; il gradoil nome
lapatria palesar; di Giove all'ara
giurardi non valersi
difrode nel cimento.
Aminta: Il so.
Licida: T'è noto
ch'esclusoè dalla pugna
chiquest'atto solenne
giungetardi a compir? Vedi la schiera
de'concorrenti atleti? Odi il festivo
tumultopastoral? Dunque che deggio
attenderpiùche più sperar?
Aminta: Ma quale
sarebbeil tuo disegno?
Licida: All'ara innanzi
presentarmicon gli altri.
Aminta: E poi?
Licida: Con gli altri
asuo tempo pugnar.
Aminta: Tu!
Licida: Sì. Non credi
inme valor che basti?
Aminta: Eh qui non giova
prenceil saper come si tratti il brando.
Altraspecie di guerraaltr'armi ed altri
studison questi. Ignoti nomi a noi
cestodiscopalestraa' tuoi rivali
perlung'uso son tutti
familiariesercizi. Al primo incontro
delgiovanile ardire
tipotresti pentir.
Licida: Se fosse a tempo
Megaclegiunto a tai contese esperto
pugnatoavria per me: mas'ei non viene
chefar degg'io? Non si contrastaAminta
oggiin Olimpia del selvaggio ulivo
lasolita corona. Al vincitore
saràpremio Aristeafiglia reale
dell'invittoClisteneonor primiero
dellegreche sembianze; unica e bella
fiammadi questo corbenché novella.
Aminta: Ed Argene?
Licida: Ed Argene
piùriveder non spero. Amor non vive
quandomuor la speranza.
Aminta: E pur giurasti
tantevolte...
Licida: T'intendo. In queste fole
finchél'ora trascorra
trattenermi vorresti. Addio.
Aminta: Ma senti.
Licida: No no.
Aminta: Vedi che giunge...
Licida: Chi?
Aminta: Megacle.
Licida: Dov'è?
Aminta: Fra quelle piante
parmi...No... non è desso.
Licida: Ah mi deridi
elo meritoAminta. Io fui sì cieco
chein Megacle sperai.
SCENAII
Megacle: Megacle è teco.
Licida: Giusti dei!
Megacle: Prence.
Licida: Amico.
Vienivieni al mio seno. Ecco risorta
lamia speme cadente.
Megacle: E sarà vero
cheil Ciel m'offra una volta
lavia d'esserti grato?
Licida: E pace e vita
tupuoi darmise vuoi.
Megacle: Come?
Licida: Pugnando
nell'olimpicoagone
permecol nome mio.
Megacle: Ma tu non sei
notoin Elide ancor?
Licida: No.
Megacle: Quale oggetto
haquesta trama?
Licida: Il mio riposo. Oh Dio!
nonperdiamo i momenti. Appunto è l'ora
chede' rivali atleti
siraccolgono i nomi. Ah vola al tempio;
dìche Licida sei. La tua venuta
inutilesaràse più soggiorni.
Vanne.Tutto saprai quando ritorni.
Megacle:Superbo di me stesso
andròportando in fronte
quelcaro nome impresso
comemi sta nel cor.
Diràla Grecia poi
chefur comuni a noi
l'oprei pensiergli affetti
eal fine i nomi ancor.
SCENAIII
Licida: Oh generoso amico!
OhMegacle fedel!
Aminta: Così di lui
nonparlavi poc'anzi.
Licida: Eccomi al fine
possessord'Aristea. Vannedisponi
tuttomio caro Aminta. Io con la sposa
primache il sol tramonti
voglioquindi partir.
Aminta: Più lentoo prence
nelfingerti felice. Ancor vi resta
moltodi che temer. Potria l'inganno
esserscoperto: al paragon potrebbe
Megaclesoggiacer. So ch'altre volte
fuvincitor; ma un impensato evento
soche talor confonde il vile e 'l forte;
nésempre ha la virtù l'istessa sorte.
Licida: Oh sei pure importuno
conquesto tuo noioso
perpetuodubitar. Vicino al porto
vuoich'io tema il naufragio? A' dubbi tuoi
chipresta fede intera
nonsa mai quando è l'alba o quando è sera.
Queldestrierche all'albergo è vicino
piùveloce s'affretta nel corso;
nonl'arresta l'angustia del morso
nonla voceche legge gli dà.
Talquest'almache piena è di speme
nullatemeconsiglio non sente;
esi forma una gioia presente
delpensiero che lieta sarà.
SCENAIV
Vastacampagna alle falde d'un montesparsa di capanne pastorali. Ponterustico sul fiume Alfeocomposto di tronchi d'alberi rozzamentecommessi. Veduta della città d'Olimpia in lontanointerrottada poche pianteche adornano la pianurama non l'ingombrano.
Coro:Oh care selveoh cara
felicelibertà!
Argene: Qui se un piacer si gode
partenon v'ha la frode
malo condisce a gara
amoree fedeltà.
Coro:Oh care selveoh cara
felicelibertà!
Argene: Qui poco ognun possiede
ericco ognun si crede:
népiù bramandoimpara
checosa è povertà.
Coro:Oh care selveoh cara
felicelibertà!
Argene: Senza custodi o mura
lapace è qui sicura
chel'altrui voglia avara
ondeallettar non ha.
Coro:Oh care selveoh cara
felicelibertà!
Argene: Qui gl'innocenti amori
dininfe... Ecco Aristea.
Aristea: Sieguio Licori.
Argene: Già il rozzo mio soggiorno
tornia render feliceo principessa?
Aristea: Ah fuggir da me stessa
potessiancorcome dagli altri! Amica
tunon sai qual funesto
giornoper me sia questo.
Argene: E` questo un giorno
gloriosoper te. Di tua bellezza
qualpuò l'età futura
provaaver più sicura? A conquistarti
nell'olimpicoagone
tuttoil fior della Grecia oggi s'espone.
Aristea: Ma chi bramo non v'è. Deh si proponga
menfunesta materia
alnostro ragionar. SiediLicori:
gl'interrottilavori
riprendie parla. Incominciasti un giorno
anarrarmi i tuoi casi. Il tempo è questo
diproseguirli. Il mio dolor seduci;
raddolciscise puoi
imiei tormenti in rammentando i tuoi.
Argene: Se avran tanta virtùsenza mercede
nonva la mia costanza. A te già dissi
cheArgene è il nome mio; che in Creta io nacqui
d'illustresanguee che gli affetti miei
furpiù nobili ancor de' miei natali.
Aristea: So fin qui.
Argene: De' miei mali
eccoil principio. Del cretense soglio
Licidail regio erede
fula mia fiammaed io la sua. Celammo
prudentiun tempo il nostro amor; ma poi
l'amors'accrebbeecome in tutti avviene
laprudenza scemò. Comprese alcuno
ilfavellar de' nostri sguardi: ad altri
isensi ne spiegò. Di voce in voce
tantoin breve si stese
ilmaligno romorche 'l re l'intese:
sene sdegnòsgridonne il figlio; a lui
vietòdi più vedermie col divieto
glien'accrebbeil desio; che aggiunge il vento
fiammealle fiammee più superbo un fiume
fannogli argini opposti. Ebro d'amore
fremeLicidae pensa
dirapirmi e fuggir. Tutto il disegno
spiegain un foglio: a me l'invia. Tradisce
lafede il messoe al re lo reca. E` chiuso
incustodito albergo
ilmio povero amante. A me s'impone
chea straniero consorte
porgala destra. Io lo ricuso. Ognuno
controme si dichiara. Il re minaccia:
micondannan gli amici: il padre mio
vuolche al nodo acconsenta. Altro riparo
chela fuga o la morte
almio caso non trovo. Il men funesto
credoil più saggioe l'eseguisco. Ignota
inElide pervenni. In queste selve
miproposi abitar. Qui fra pastori
pastorellami finsie or son Licori:
maserbo al caro bene
fidoin sen di Licori il cor d'Argene.
Aristea: In ver mi fai pietà. Ma la tua fuga
nonapprovo però. Donzella e sola
cercarcontrade ignote
abbandonar...
Argene: Dunque dovea la mano
aMegacle donar?
Aristea: Megacle? (Oh nome!)
Diqual Megacle parli?
Argene: Era lo sposo
questiche il re mi destinò. Dovea
dunqueobbliar...
Aristea: Ne sai la patria?
Argene: Atene.
Aristea: Come in Creta pervenne?
Argene: Amor vel trasse
com'eistesso dicearamingoafflitto.
Nelgiungervi fu colto
dastuol di masnadieri; e oppresso ormai
lavita vi perdea. Licida a sorte
visi avvennee il salvò. Quindi fra loro
fidiamici fur sempre. Amico al figlio
funoto al padre; e dal reale impero
destinatomi fuperché straniero.
Aristea: Ma ti ricordi ancora
lesue sembianze?
Argene: Io l'ho presente. Avea
biondele chiomeoscuro il ciglioi labbri
vermiglisìma tumidettie forse
oltreil dover; gli sguardi
lentie pietosi: un arrossir frequente
unsoave parlar... Ma... principessa
tucambi di color! Che avvenne?
Aristea: Oh Dio!
QuelMegacleche pingiè l'idol mio.
Argene: Che dici!
Aristea: Il vero. A lui
lungastagion già mio segreto amante
perchénato in Atene
negommiil padre mioné volle mai
conoscerlovederlo
ascoltarlouna volta. Ei disperato
dame partì; più nol rividi: e in questo
puntoda te so de' suoi casi il resto.
Argene: In ver sembrano i nostri
favolosiaccidenti.
Aristea: Ah s'ei sapesse
ch'oggiper me qui si combatte!
Argene: In Creta
alui voli un tuo servo; e tu procura
lapugna differir.
Aristea: Come?
Argene: Clistene
èpur tuo padre: ei qui presiede eletto
arbitrodelle cose; ei puòse vuole...
Aristea: Ma non vorrà.
Argene: Che nuoce
principessail tentarlo?
Aristea: E benClistene
vadasia ritrovar.
Argene: Fermati: ei viene.
SCENAV
Clistene: Figliatutto è compìto. I nomi accolti
levittime svenateal gran cimento
l'oraè prescritta; e più la pugna ormai
senzaoffesa de' numi
dellapubblica fédell'onor mio
differirnon si può.
Aristea: (Speranzeaddio).
Clistene: Ragion d'esser superba
ioti dareise ti dicessi tutti
queiche a pugnar per te vengono a gara.
V'èOlinto di Megara
v'èClearco di SpartaAti di Tebe
Erilodi Corintoe fin di Creta
Licidavenne.
Argene: Chi?
Clistene: Licidail figlio
delre cretense.
Aristea: Ei pur mi brama?
Clistene: Ei viene
congli altri a prova.
Argene: (Ah si scordò d'Argene!)
Clistene: Sieguimifiglia.
Aristea: Ah questa pugnao padre
sidifferisca.
Clistene: Un impossibil chiedi:
dissiperché. Ma la cagion non trovo
dital richiesta.
Aristea: A divenir soggette
semprev'è tempo. E` d'Imeneo per noi
pesanteil giogo; e già senz'esso abbiamo
chesoffrire abbastanza
nellanostra servil sorte infelice.
Clistene: Dice ognuna cosìma il ver non dice.
Deldestin non vi lagnate
sevi rese a noi soggette;
sieteservema regnate
nellavostra servitù.
Fortinoivoi belle siete
evincete in ogn'impresa
quandovengono a contesa
labellezza e la virtù.
SCENAVI
Argene: Udistio principessa?
Aristea: Amicaaddio:
conviench'io siegua il padre. Ah tuche puoi
delmio Megacle amato
sepietosa pur seicome sei bella
cercarecamioh Dioqualche novella.
Tudi saper procura
doveil mio ben s'aggira
sepiù di me si cura
separla più di me.
Chiedise mai sospira
quandoil mio nome ascolta;
seil profferì talvolta
nelragionar fra sé.
SCENAVII
Argene: Dunque Licida ingrato
giàdi me si scordò! Povera Argene
ache mai ti serbar le stelle irate!
Imparateimparate
inespertedonzelle. Ecco lo stile
de'lusinghieri amanti. Ognun vi chiama
suobensua vita e suo tesoro: ognuno
giurachea voi pensando
vaneggiail dìveglia le notti. Han l'arte
dilagrimard'impallidir. Tal volta
parche su gli occhi vostri
voglianmorir fra gli amorosi affanni:
guardatevida lorson tutti inganni.
Piùnon si trovano
framille amanti
soldue bell'anime
chesian costanti
etutti parlano
difedeltà.
Eil reo costume
tantos'avanza
chela costanza
dichi ben ama
ormaisi chiama
semplicità.
SCENAVIII
Megacle:Licida.
Licida: Amico.
Megacle: Eccomi a te.
Licida: Compisti...
Megacle:Tuttoo signor. Già col tuo nome al tempio
perte mi presentai. Per te fra poco
vadoal cimento. Orfin che il noto segno
dellapugna si diaspiegar mi puoi
lacagion della trama.
Licida: Ohse tu vinci
nonha di me più fortunato amante
tuttoil regno d'Amor.
Megacle: Perché?
Licida: Promessa
inpremio al vincitore
èuna real beltà. La vidi appena
chen'arsi e la bramai. Ma poco esperto
negliatletici studi...
Megacle: Intendo. Io deggio
conquistarlaper te.
Licida: Sì. Chiedi poi
lamia vitail mio sangueil regno mio;
tuttoo Megacle amatoio t'offroe tutto
scarsopremio sarà.
Megacle: Di tantio prence
stimolinon fa d'uopo
algrato servoal fido amico. Io sono
memoreassai de' doni tuoi: rammento
lavita che mi desti. Avrai la sposa;
speralopur. Nella palestra elèa
nonentro pellegrin. Bevve altre volte
imiei sudori: ed il silvestre ulivo
nonè per la mia fronte
uninsolito fregio. Io più sicuro
maidi vincer non fui. Desio d'onore
stimolid'amistà mi fan più forte.
Aneloanzi mi sembra
d'essergià nell'agon. Gli emuli al fianco
misento già; già li precorro: easperso
dell'olimpicapolve il crineil volto
delvolgo spettator gli applausi ascolto.
Licida: Oh dolce amico! Oh cara
sospirataAristea!
Megacle: Che!
Licida: Chiamo a nome
ilmio tesoro.
Megacle: Ed Aristea si chiama?
Licida: Appunto.
Megacle: Altro ne sai?
Licida: Presso a Corinto
nacquein riva all'Asopoal re Clistene
unicaprole.
Megacle: (Aimè! Questa è il mio bene).
Eper lei si combatte?
Licida: Per lei.
Megacle: Questa degg'io
conquistartipugnando?
Licida: Questa.
Megacle: Ed è tua speranza e tuo conforto
solaAristea?
Licida: Sola Aristea.
Megacle: (Son morto).
Licida: Non ti stupir. Quando vedrai quel volto
forsemi scuserai. D'esserne amanti
nonavrebbon rossore i numi istessi.
Megacle:(Ah così nol sapessi!)
Licida: Ohse tu vinci
chipiù lieto di me! Megacle istesso
quantomai ne godrà! Dì; non avrai
piacerdel piacer mio?
Megacle: Grande.
Licida: Il momento
chead Aristea m'annodi
Megacledìnon ti parrà felice?
Megacle:Felicissimo. (Oh dei!)
Licida: Tu non vorrai
pronuboaccompagnarmi
altalamo nuzial?
Megacle: (Che pena!)
Licida: Parla.
Megacle:Sì; come vuoi. (Qual nuova specie è questa
dimartirio e d'inferno!)
Licida: Oh quanto il giorno
lungoè per me! Che l'aspettare uccida
nelcasoin cui mi vedo
tunon credio non sai.
Megacle: Lo solo credo.
Licida: Sentiamico. Io mi fingo
giàl'avvenir: già col desio possiedo
ladolce sposa.
Megacle: (Ah questo è troppo!)
Licida: E parmi...
Megacle:Ma taci: assai dicesti. Amico io sono;
ilmio dover comprendo;
mapoi...
Licida: Perché ti sdegni? In che t'offendo?
Megacle:(Imprudenteche feci!) Il mio trasporto
èdesio di servirti. Io stanco arrivo
dacammin lungo: ho da pugnar: mi resta
piccioltempo al riposoe tu mel togli.
Licida: E chi mai ti ritenne
dispiegarti fin ora?
Megacle: Il mio rispetto.
Licida: Vuoi dunque riposar?
Megacle: Sì.
Licida: Brami altrove
mecovenir?
Megacle: No.
Licida: Rimaner ti piace
quifra quest'ombre?
Megacle: Sì.
Licida: Restar degg'io?
Megacle:No.
Licida: (Strana voglia!) E benriposa: addio.
MentredormiAmor fomenti
ilpiacer de' sonni tuoi
conl'idea del mio piacer.
Abbiail rio passi più lenti;
esospenda i moti suoi
ognizeffiro leggier.
SCENAIX
Megacle:Che intesieterni dei! Quale improvviso
fulminemi colpì! L'anima mia
dunquefia d'altri! E ho da condurla io stesso
inbraccio al mio rival! Ma quel rivale
èil caro amico. Ah quali nomi unisce
permio strazio la sorte! Eh che non sono
rigidea questo segno
leleggi d'amistà. Perdoni il prence
ancorio sono amante. Il domandarmi
ch'iogli ceda Aristea non è diverso
dalchiedermi la vita. E questa vita
diLicida non è? Non fu suo dono?
Nonrespiro per lui? Megacle ingrato
edubitar potresti? Ah! se ti vede
conquesta in volto infame macchia e rea
haragion d'aborrirti anche Aristea.
Notal non mi vedrà. Voi soli ascolto
obblighid'amistàpegni di fede
gratitudineonore. Altro non temo
che'l volto del mio ben. Questo s'evìti
formidabileincontro. In faccia a lei
miseroche farei! Palpito e sudo
soloin pensarloe parmi
istupidirgelarmi
confondermitremar... Nonon potrei...
SCENAX
Aristea: Stranier.
Megacle: Chi mi sorprende?
Aristea: (Oh stelle!)
Megacle: (Oh dei!)
Aristea: Megacle! mia speranza!
Ahsei pur tu? Pur ti riveggo? Oh Dio!
digioia io moro; ed il mio petto appena
puòalternare i respiri. Oh caro! Oh tanto
esospirato e pianto
erichiamato in vano! Udisti al fine
lapovera Aristea. Tornasti: e come
opportunotornasti! Oh Amor pietoso!
Ohfelici martìri!
Ohben sparsi fin or pianti e sospiri!
Megacle:(Che fiero caso è il mio!)
Aristea: Megacle amato
etu nulla rispondi?
Etaci ancor? Che mai vuol dir quel tanto
cambiartidi color? Quel non mirarmi
chetimido e confuso? E quelle a forza
lagrimetrattenute? Ah! più non sono
forsela fiamma tua? Forse...
Megacle: Che dici!
Sempre...Sappi... Son io...
Parlarnon so. (Che fiero caso è il mio!)
Aristea: Ma tu mi fai gelar. Dimmi: non sai
cheper me qui si pugna?
Megacle: Il so.
Aristea: Non vieni
adesporti per me?
Megacle: Sì.
Aristea: Perché mai
dunquesei così mesto?
Megacle:Perché... (Barbari deiche inferno è questo!)
Aristea: Intendo: alcun ti fece
dubitardi mia fé. Se ciò t'affanna
ingiustosei. Da che partistio caro
nonson rea d'un pensier. Sempre m'intesi
latua voce nell'alma: ho sempre avuto
iltuo nome fra' labbri
iltuo volto nel cor. Mai d'altri accesa
nonfuinon sonoe non sarò. Vorrei...
Megacle:Basta: lo so.
Aristea: Vorrei morir più tosto
chemancarti di fede un sol momento.
Megacle:(Oh tormento maggior d'ogni tormento!)
Aristea: Ma guardamima parla
madì...
Megacle:Che posso dir?
Alcandro: Signort'affretta
sea combatter venisti. Il segno è dato
cheal gran cimento i concorrenti invita.
Megacle:Assistetemio numi. Addiomia vita.
Aristea: E mi lasci così? Va; ti perdono
purche torni mio sposo.
Megacle: Ah sì gran sorte
nonè per me!
Aristea: Senti. Tu m'ami ancora?
Megacle:Quanto l'anima mia.
Aristea: Fedel mi credi?
Megacle:Sìcome bella.
Aristea: A conquistar mi vai?
Megacle:Lo bramo almeno.
Aristea: Il tuo valor primiero
haipur?
Megacle: Lo credo.
Aristea: E vincerai?
Megacle: Lo spero.
Aristea: Dunque allor non son io
carola sposa tua?
Megacle: Mia vita... Addio.
Ne'giorni tuoi felici
ricordatidi me.
Aristea: Perché così mi dici
animamiaperché?
Megacle:Tacibell'idol mio.
Aristea: Parlamio dolce amor.
Megacle:Ah che parlando oh Dio!
Aristea: Ah che tacendo oh Dio!
Adue: tu mi trafiggi il cor.
Aristea: (Veggio languir chi adoro
néintendo il suo languir).
Megacle:(Di gelosia mi moro
enon lo posso dir).
Adue: Chi mai provò di questo
affannopiù funesto
piùbarbaro dolor!
ATTOSECONDO
SCENAI
Argene: Ed ancor della pugna
l'esitonon si sa?
Aristea: Nobella Argene.
E`pur dura la leggeonde n'è tolto
d'essernespettatrici!
Argene: Ah! che sarebbe
forsepena maggior veder chi s'ama
incimento sì grandee non potergli
porgersoccorso: esser presente...
Aristea: Io sono
presenteancor lontana: anzi mi fingo
forsequel che non è. Se tu vedessi
comesta questo cor! Qui dentroamica
quidentro si combatte; e più che altrove
quila pugna è crudele. Ho innanzi agli occhi
Megaclela palestra
igiudicii rivali. Io mi figuro
questipiù forti e quei men giusti. Io provo
doppiamentenell'alma
ciòche or soffre il mio bengli urtile scosse
gl'insultile minacce. Ah! che presente
soloil ver temerei; ma il mio pensiero
fach'io tema lontana il falso e il vero.
Argene: Né ancor si vede alcun.
Aristea: Né alcuno... Oh Dio!
Argene: Che avvenne?
Aristea: Oh come io tremo
comepalpito adesso!
Argene: E la cagione?
Aristea: E` deciso il mio fato:
vediAlcandroche arriva.
Argene: Alcandroah corri:
consolane.Che rechi?
SCENAII
Alcandro: Fortunate novelle. Il re m'invia
nunziofeliceo principessa. Ed io...
Aristea: La pugna terminò?
Alcandro: Sì; ascolta. Intorno
giàimpazienti...
Argene: Il vincitor si chiede.
Alcandro: Tutto dirò. Già impazienti intorno
leturbe spettatrici...
Aristea: Eh ch'io non cerco
questoda te.
Alcandro: Ma in ordine distinto...
Aristea: Chi vinse dimmi sol.
Alcandro: Licida ha vinto.
Aristea: Licida!
Alcandro: Appunto.
Argene: Il principe di Creta!
Alcandro: Sìche giunse poc'anzi a queste arene.
Aristea: (Sventurata Aristea!)
Argene: (Povera Argene!)
Alcandro: Oh te felice! Oh quale
sposoti diè la sorte!
Aristea: Alcandroparti.
Alcandro: T'attende il re.
Aristea: Partiverrò.
Alcandro: T'attende
nelgran tempio adunata...
Aristea: Né parti ancor?
Alcandro: (Che ricompensa ingrata!)
SCENAIII
Argene: Ah dimmio principessa
v'èsotto il ciel chi possa dirsioh Dio!
piùmisera di me?
Aristea: Sìvi son io.
Argene: Ah non ti faccia amore
provarmai le mie pene! Ah tu non sai
qualperdita è la mia! Quanto mi costa
quelcor che tu m'involi!
Aristea: E tu non senti
noncomprendi abbastanza i miei tormenti.
Grandiè verson le tue pene:
perdiè verl'amato bene;
masei tuama piangi intanto
madomandi almen pietà.
Iodal fato io sono oppressa:
perdoaltruiperdo me stessa;
néconservo almen del pianto
l'infelicelibertà.
SCENAIV
Argene: E trovar non poss'io
népietà né soccorso?
Aminta: Eterni dei!
parmiArgene colei.
Argene: Vendetta almeno
vendettasi procuri.
Aminta: Argenee come
tuin Elide! Tu sola!
Tuin sì ruvide spoglie!
Argene: I neri inganni
asecondar del prence
dunqueancor tu venisti? A saggio in vero
regolatorcommise il re di Creta
diLicida la cura. Ecco i bei frutti
ditue dottrine. Hai gran ragioneAminta
d'andarnealtier. Chi vuol sapere appieno
sefu attento il cultorguardi il terreno.
Aminta: (Tutto già sa). Non da' consigli miei...
Argene: Basta... Chi sa: nel Cielo
v'ègiustizia per tutti; e si ritrova
talvoltaanche nel mondo. Io chiederolla
agliuominiagli dei. S'ei non ha fede
ritegniio non avrò. Vuo' che Clistene
vuo'che la Greciail mondo
sappiach'è un traditoreacciò per tutto
questainfamia lo siegua; acciò che ognuno
l'abborriscal'evìti
econ orrorea chi nol sal'addìti.
Aminta: Non son questi pensieri
degnid'Argene. Un consigliero infido
anchegiustoè lo sdegno. Io nel tuo caso
piùdolci mezzi adoprerei. Procura
ch'eiti rivegga: a lui favella: a lui
lepromesse rammenta. E` sempre meglio
ilracquistarlo amante
cheopprimerlo nemico.
Argene: E crediAminta
ch'eitornerebbe a me?
Aminta: Lo spero. Al fine
fostil'idolo suo. Per te languiva
deliravaper te. Non ti sovviene
checento volte e cento...
Argene: Tuttoper pena miatutto rammento.
Chenon mi disse un dì!
Quainumi non giurò!
Ecomeoh Dio! si può
comesi può così
mancardi fede?
Tuttoper lui perdei;
oggilui perdo ancor.
Poveriaffetti miei!
Questami rendiAmor
questamercede?
SCENAV
Aminta: Insana gioventù! Qualora esposta
tiveggo tanto agl'impeti d'amore
dimia vecchiezza io mi consolo e rido.
Dolceè il mirar dal lido
chista per naufragar; non che ne alletti
ildanno altruima sol perché l'aspetto
d'unmalche non si soffreè dolce oggetto.
Mache! l'età canuta
nonha le sue tempeste? Ah che pur troppo
hale sue proprie; e dal timor dell'altre
scioltanon è. Son le follie diverse
mafolle è ognuno: e a suo piacer ne aggira
l'odioo l'amorla cupidigia o l'ira.
Siamnavi all'onde algenti
lasciatein abbandono:
impetuosiventi
inostri affetti sono:
ognidiletto è scoglio:
tuttala vita è mar.
Benqual nocchieroin noi
vegliaragion; ma poi
purdall'ondoso orgoglio
silascia trasportar.
SCENAVI
Coro:Del forte Licida
nomemaggiore
d'Alfeosul margine
mainon sonò.
Partedel coro: Sudor più nobile
delsuo sudore
l'arenaolimpica
mainon bagnò.
Altraparte: L'arti ha di Pallade
l'aliha d'Amore:
d'Apolloe d'Ercole
l'ardirmostrò.
Coro:Notanto merito
tantovalore
l'ombrade' secoli
coprirnon può.
Clistene: Giovane valoroso
chein mezzo a tanta gloria umìl ti stai
quell'onoratafronte
lasciach'io baci e che ti stringa al seno.
Feliceil re di Creta
cheun tal figlio sortì! Se avessi anch'io
serbatoil mio Filinto
chisasarebbe tal. RammentiAlcandro
conqual dolor tel consegnai? Ma pure...
Alcandro: Tempo or non è di rammentar sventure.
Clistene: (E` ver). Premio Aristea
saràdel tuo valor. S'altro donarti
Clistenepuòchiedilo purche mai
quantodar ti vorrei non chiederai.
Megacle:(Coraggioo mia virtù). Signorson figlio
edi tenero padre. Ogni contento
checon lui non divido
èinsipido per me. Di mie venture
priad'ogni altro io vorrei
giungergliapportator: chieder l'assenso
perqueste nozze; elui presentein Creta
legarmiad Aristea.
Clistene: Giusta è la brama.
Megacle:Partiròse il concedi
senz'altroindugio. In vece mia rimanga
questidella mia sposa
servocompagno e condottier.
Clistene: (Che volto
èquesto mai! Nel rimirarlo il sangue
misi riscuote in ogni vena). E questi
chiè? Come s'appella?
Megacle: Egisto ha nome
Cretaè sua patria. Egli deriva ancora
dallastirpe real: ma più che 'l sangue
l'amiciziane stringe; e son fra noi
sìconcordi i voleri
comunia segno e l'allegrezza e 'l duolo
cheLicida ed Egisto è un nome solo.
Licida: (Ingegnosa amicizia!)
Clistene: E benla cura
dicondurti la sposa
Egistoavrà. Ma Licida non debbe
partirsenza vederla.
Megacle: Ah nosarebbe
penamaggior. Mi sentirei morire
nell'attodi lasciarla. Ancor da lunge
tantapena io ne provo...
Clistene: Ecco che giunge.
Megacle:(Oh me infelice!)
SCENAVII
Aristea: (All'odiose nozze
comevittima io vengo all'ara avanti).
Licida: (Sarà mio quel bel volto in pochi istanti).
Clistene: Avvicinatio figlia; ecco il tuo sposo.
Megacle:(Ah! non è ver).
Aristea: Lo sposo mio!
Clistene: Sì. Vedi
segiammai più bel nodo in Ciel si strinse.
Aristea: (Ma se Licida vinse
comeil mio bene?... Il genitor m'inganna?)
Licida: (Crede Megacle sposo e se ne affanna).
Aristea: E questio padreè il vincitor?
Clistene: Mel chiedi?
Nonlo ravvisi al volto
dipolve asperso? All'onorate stille
chegli rigan la fronte? A quelle foglie
cheson di chi trionfa
l'ornamentoprimiero?
Aristea: Ma che dicestiAlcandro?
Alcandro: Io dissi il vero.
Clistene: Non più dubbiezze. Ecco il consortea cui
ilCiel t'accoppia: e nol potea più degno
ottenerdagli dei l'amor paterno.
Aristea: (Che gioia!)
Megacle: (Che martìr!)
Licida: (Che giorno eterno!)
Clistene: E voi tacete? Onde il silenzio?
Megacle: (Oh Dio!
comecomincierò?)
Aristea: Parlar vorrei
ma...
Clistene: Intendo. Intempestiva
èla presenza mia. Severo ciglio
rigidamaestàpaterno impero
incomodicompagni
sonoagli amanti. Io mi sovvengo ancora
quantoincrebbero a me. Restate. Io lodo
quelmodesto rossorche vi trattiene.
Megacle:(Sempre lo stato mio peggior diviene).
Clistene: So ch'è fanciullo Amore
néconversar gli piace
conla canuta età.
Discherzi ei si compiace;
sistanca del rigore:
estan di rado in pace
rispettoe libertà.
SCENAVIII
Megacle:(Fra l'amico e l'amante
chefarò sventurato!)
Licida: All'idol mio
ètempo ch'io mi scopra.
Megacle: (Aspetta). Oh Dio!
Aristea: Sposoalla tua consorte
noncelar che t'affligge.
Megacle: (Oh pena! Oh morte!)
Licida: L'amor miocaro amico
nonsoffre indugio.
Aristea: Il tuo silenzioo caro
micrucciami dispera.
Megacle: (Ardir mio core:
finiamodi morir). Per pochi istanti
allontanatio prence.
Licida: E qual ragione?...
Megacle:Va: fidati di me. Tutto conviene
ch'iospieghi ad Aristea.
Licida: Ma non poss'io
esserpresente?
Megacle: No: più che non credi
delicatoè l'impegno.
Licida: E bentu 'l vuoi
iolo farò. Poco mi scosto: un cenno
basteràperch'io torni. Ah! pensaamico
diche parlie per chi. Se nulla mai
feciper tese mi sei grato e m'ami
mostraloadesso. Alla tua fida aìta
lamia pace io commetto e la mia vita.
SCENAIX
Megacle:(Oh ricordi crudeli!)
Aristea: Al fin siam soli:
potròsenza ritegni
ilmio contento esagerar; chiamarti
miaspememio diletto
lucedegli occhi miei...
Megacle: Noprincipessa
questisoavi nomi
nonson per me. Serbali pure ad altro
piùfortunato amante.
Aristea: E il tempo è questo
diparlarmi così? Giunto è quel giorno...
Masemplice ch'io son: tu scherzio caro
edio stolta m'affanno.
Megacle: Ah! non t'affanni
senzaragion.
Aristea: Spiegati dunque.
Megacle: Ascolta:
macoraggioAristea. L'alma prepara
adar di tua virtù la prova estrema.
Aristea: Parla. Aimè! che vuoi dirmi? Il cor mi trema.
Megacle:Odi. In me non dicesti
millevolte d'amarpiù che 'l sembiante
ilgrato corl'alma sincerae quella
chem'ardea nel pensierfiamma d'onore?
Aristea: Lo dissiè ver. Tal mi sembrastie tale
ticonoscot'adoro.
Megacle: E se diverso
fosseMegacle un dì da quel che dici;
seinfedele agli amici
sespergiuro agli deisefatto ingrato
alsuo benefattormorte rendesse
perla vita che n'ebbe; avresti ancora
amorper lui? Lo soffriresti amante?
L'accetterestisposo?
Aristea: E come vuoi
ch'iofigurar mi possa
Megaclemio sì scellerato?
Megacle: Or sappi
cheper legge fatale
setuo sposo divienMegacle è tale.
Aristea: Come!
Megacle: Tutto l'arcano
eccoti svelo. Il principe di Creta
langueper te d'amor. Pietà mi chiede
ela vita mi diede. Ah principessa
senegarla poss'iodillo tu stessa.
Aristea: E pugnasti...
Megacle: Per lui.
Aristea: Perder mi vuoi...
Megacle:Sìper serbarmi sempre
degnodi te.
Aristea: Dunque io dovrò...
Megacle: Tu dèi
coronarl'opra mia. Sìgenerosa
adorataAristeaseconda i moti
d'ungrato cor. Siaqual io fui fin ora
Licidain avvenire. Amalo. E` degno
disì gran sorte il caro amico. Anch'io
vivodi lui nel seno;
es'ei t'acquistaio non ti perdo appieno.
Aristea: Ah qual passaggio è questo! Io dalle stelle
precipitoagli abissi. Eh no: si cerchi
migliorcompenso. Ah! senza te la vita
perme vita non è.
Megacle: Bella Aristea
noncongiurar tu ancora
controla mia virtù. Mi costa assai
ilprepararmi a sì gran passo. Un solo
diquei teneri sensi
quant'operadistrugge!
Aristea: E di lasciarmi...
Megacle:Ho risoluto.
Aristea: Hai risoluto? E quando?
Megacle:Questo (morir mi sento)
questoè l'ultimo addio.
Aristea: L'ultimo! Ingrato...
Soccorretemio numi! Il piè vacilla:
freddosudor mi bagna il volto; e parmi
ch'unagelida man m'opprima il core!
Megacle:Sento che il mio valore
mancandova. Più che a partir dimoro
menone son capace.
Ardir.VadoAristea: rimanti in pace.
Aristea: Come! Già m'abbandoni?
Megacle: E` forzao cara
separarsiuna volta.
Aristea: E parti...
Megacle: E parto
pernon tornar più mai.
Aristea: Senti. Ah no... Dove vai?
Megacle:A spirarmio tesoro
lungidagli occhi tuoi.
Aristea: Soccorso... Io... moro.
Megacle:Misero meche veggo!
Ahl'oppresse il dolor! Cara mia speme
bellaAristeanon avvilirti; ascolta:
Megacleè qui. Non partirò. Sarai...
Cheparlo? Ella non m'ode. Aveteo stelle
piùsventure per me? Noquesta sola
mirestava a provar. Chi mi consiglia?
Cherisolvo? Che fo? Partir? Sarebbe
crudeltàtirannia. Restar? che giova?
forsead esserle sposo? E 'l re ingannato
el'amico traditoe la mia fede
el'onor mio lo soffrirebbe? Almeno
partiampiù tardi. Ah che sarem di nuovo
aquest'orrido passo! Ora è pietade
l'essercrudele. Addiomia vita: addio
miaperduta speranza. Il Ciel ti renda
piùfelice di me. Dehconservate
questabell'opra vostraeterni dei;
ei dìch'io perderòdonate a lei.
Licida...Dov'è mai? Licida.
SCENAX
Licida: Intese
tuttoAristea?
Megacle: Tutto. T'affrettao prence;
soccorrila tua sposa.
Licida: Aimèche miro!
Chefu?
Megacle: Doglia improvvisa
leoppresse i sensi.
Licida: E tu mi lasci?
Megacle: Io vado...
Dehpensa ad Aristea. (Che dirà mai
quandoin sé tornerà? Tutte ho presenti
tuttele smanie sue). Licidaah senti.
Secercase dice:
"L'amicodov'è?".
"L'amicoinfelice"
rispondi"morì".
Ahno! sì gran duolo
nondarle per me:
rispondima solo:
"Piangendopartì".
Cheabisso di pene
lasciareil suo bene
lasciarloper sempre
lasciarlocosì!
SCENAXI
Licida: Che laberinto è questo! Io non l'intendo.
SemivivaAristea... Megacle afflitto...
Aristea: Oh Dio!
Licida: Ma già quell'alma
tornaagli usati uffizi. Apri i bei lumi
principessaben mio.
Aristea: Sposo infedele!
Licida: Ah! non dirmi così. Di mia costanza
eccoin pegno la destra.
Aristea: Almeno... Oh stelle!
Megacleov'è?
Licida: Partì.
Aristea: Partì l'ingrato?
Ebbecor di lasciarmi in questo stato?
Licida: Il tuo sposo restò.
Aristea: Dunque è perduta
l'umanitàla fede
l'amorela pietà! Se questi iniqui
incenerirnon sanno
numii fulmini vostri in ciel che fanno?
Licida: Son fuor di me. Dìche t'offeseo cara?
Parla;brami vendetta? Ecco il tuo sposo
eccoLicida...
Aristea: Oh dei!
Tuquel Licida sei! Fuggit'invola
nasconditida me. Per tua cagione
perfidomi ritrovo a questo passo.
Licida: E qual colpa ho commessa? Io son di sasso.
Aristea: Tu me da me dividi;
barbarotu m'uccidi:
tuttoil dolorch'io sento
tuttomi vien da te.
Nonon sperar mai pace.
Odioquel cor fallace:
oggettodi spavento
sempresarai per me.
SCENAXII
Licida: A me "barbaro"! Oh numi!
"Perfido"a me! Voglio seguirla; e voglio
saperealmen che strano enigma è questo.
Argene: Fermatitraditor.
Licida: Sogno o son desto!
Argene: Non sogni no: son io
l'abbandonataArgene. Anima ingrata
riconosciquel volto
chefu gran tempo il tuo piacer; se pure
insorte sì funesta
delleantiche sembianze orma vi resta.
Licida: (Donde viene; in qual punto
misorprende costei! Se più mi fermo
Aristeanon raggiungo). Io non intendo
bellaninfai tuoi detti. Un'altra volta
potraimeglio spiegarti.
Argene: Indegnoascolta.
Licida: (Misero me!)
Argene: Tu non m'intendi? Intendo
benio la tua perfidia. I nuovi amori
lefrodi tue tutte riseppi; e tutto
sapràda me Clistene
pertua vergogna.
Licida: Ah no! SentimiArgene.
Nonsdegnarti: perdona
setardi ti ravviso. Io mi rammento
gliantichi affetti; ese tacer saprai
forse...chi sa.
Argene: Si può soffrir di questa
ingiuriapiù crudel! "Chi sa"mi dici?
Invero io son la rea. Picciole prove
ditua bontà non sono
levie che m'offri a meritar perdono.
Licida: Ascolta. Io volli dir...
Argene: Lasciamiingrato:
nonti voglio ascoltar.
Licida: (Son disperato).
Argene: Nola speranza
piùnon m'alletta:
vogliovendetta
nonchiedo amor.
Purche non goda
quelcor spergiuro
nullami curo
delmio dolor.
SCENAXIII
Licida: In angustia più fiera
ionon mi vidi mai. Tutto è in ruina
separla Argene. E` forza
raggiungerlaplacarla... E chi trattiene
laprincipessa intanto? Il solo amico
potria...Ma dove andò? Si cerchi. Almeno
econsiglio e conforto
Megaclemi darà.
Aminta: Megacle è morto!
Licida: Che diciAminta!
Aminta: Io dico
purtroppo il ver.
Licida: Come! Perché? Qual empio
sìbei giorni troncò? Trovisi: io voglio
ch'esempiodi vendetta altrui ne resti.
Aminta: Principenol cercar: tu l'uccidesti.
Licida: Io! Deliri?
Aminta: Volesse
ilCiel ch'io delirassi. Odimi. In traccia
mentreor di te venìafra quelle piante
ungemito improvviso
sento:mi fermo: al suon mi volgo; e miro
uomche sul nudo acciaro
pronogià s'abbandona. Accorro. Al petto
fod'una man sostegno;
conl'altra il ferro svio. Maquando al volto
Megacleravvisai
pensacom'ei restòcom'io restai!
Dopoun breve stupore: "Ah qual follia
bramarti fa la morte!"
iovolea dirgli. Ei mi prevenne: "Aminta
hovissuto abbastanza"
sospirandomi disse
dalprofondo del cor. "Senz'Aristea
nonso viverné voglio. Ah! son due lustri
chenon vivo che in lei. Licidaoh Dio!
m'uccidee non lo sa; ma non m'offende:
suodono è questa vita; ei la riprende".
Licida: Oh amico! E poi?
Aminta: Fugge da meciò detto
comepartico stral. Vedi quel sasso
signorcolàche il sottoposto Alfeo
signoreggiaed adombra? Egli v'ascende
inmen che non balena. In mezzo al fiume
siscaglia: io grido in van. L'onda percossa
balzòs'aperse; in frettolosi giri
siriunì; l'ascose. Il colpoi gridi
replicaronle sponde; e più nol vidi.
Licida: Ah qual orrida scena
orsi scopre al mio sguardo!
Aminta: Almen la spoglia
chealbergò sì bell'alma
vadasia ricercar. Da' mesti amici
questia lui son dovuti ultimi uffici.
SCENAXIV
Licida: Dove son! Che m'avvenne! Ah dunque il Cielo
tuttesopra il mio capo
rovesciòl'ire sue! Megacleoh Dio!
Megacledove sei? Che fo nel mondo
senzadi te! Rendetemi l'amico
ingiustissimidei! Voi mel toglieste
lorivoglio da voi. Se lo negate
barbaria' voti mieidovunque ei sia
aviva forza il rapirò. Non temo
tuttii fulmini vostri: ho cor che basta
aricalcar su l'orme
d'Ercolee di Tesèo le vie di morte.
Alcandro: Olà!
Licida: Del guado estremo...
Alcandro: Olà!
Licida: Chi sei
tuche audace interrompi
lesmanie mie?
Alcandro: Regio ministro io sono.
Licida: Che vuole il re?
Alcandro: Che in vergognoso esiglio
quindilungi tu vada. Il sol cadente
sein Elide ti lascia
seireo di morte.
Licida: A me tal cenno?
Alcandro: Impara
amentir nomea violar la fede
adeludere i re.
Licida: Come! Ed ardisci
temerario...
Alcandro: Non più. Principeè questo
miodover; l'ho adempito: adempi il resto.
SCENAXV
Licida: Con questo ferroindegno
ilsen ti passerò... Folleche dico?
chefo? Con chi mi sdegno? Il reo son io
ioson lo scellerato. In queste vene
conpiù ragion l'immergerò. Sìmori
Licidasventurato... Ah perché tremi
timidaman? Chi ti ritiene? Ah questa
èben miseria estrema! Odio la vita:
m'atterriscela morte; e sento intanto
stracciarmia brano a brano
inmille parti il cor. Rabbiavendetta
tenerezzaamicizia
pentimentopietàvergognaamore
mitrafiggono a gara. Ah chi mai vide
animalacerata
datanti affetti e sì contrari! Io stesso
nonso come si possa
minacciandotremarearder gelando
piangerein mezzo all'ire
bramarla mortee non saper morire.
Gemoin un punto e fremo:
foscomi sembra il giorno:
hocento larve intorno;
homille furie in sen.
Conla sanguigna face
m'ardeMegera il petto;
m'empieogni vena Aletto
delfreddo suo velen.
ATTOTERZO
SCENAPRIMA
Bipartitache si forma dalle rovine di un antico ippodromogiàricoperte in gran parte d'ederadi spini e d'altre piante selvagge.
MEGACLEtrattenuto da AMINTA per una partee dopo ARISTEAtrattenuta daARGENE per l'altra: ma quelli non veggono queste.
Megacle:Lasciami. In van t'opponi.
Aminta: Ah tornaamico
unavolta in te stesso. In tuo soccorso
prontasempre la mano
delpescatorch'or ti salvò dall'onde
crediminon avrai. Si stanca il Cielo
d'assisterchi l'insulta.
Megacle: Empio soccorso
inumanapietà! negar la morte
achi vive morendo. Amintaoh Dio!
lasciami.
Aminta: Non fia ver.
Aristea: LasciamiArgene.
Argene: Non lo sperar.
Megacle: Senz'Aristea non posso
nondeggio viver più.
Aristea: Morir vogl'io
doveMegacle è morto.
Aminta: Attendi.
Argene: Ascolta.
Megacle:Che attender?
Aristea: Che ascoltar?
Megacle: Non si ritrova
piùconforto per me.
Aristea: Per me nel mondo
nonv'è più che sperar.
Megacle: Serbarmi in vita...
Aristea: Impedirmi la morte...
Megacle:Indarno tu pretendi.
Aristea: In van presumi.
Aminta: Ferma.
Argene: Sentiinfelice.
Aristea: Oh stelle!
Megacle: Oh numi!
Aristea: Megacle!
Megacle: Principessa!
Aristea: Ingrato! E tanto
m'odiidunque e mi fuggi
cheper esserti unita
s'iom'affretto a morirtu torni in vita?
Megacle:Vedi a qual segno è giunta
adorataAristeala mia sventura;
ionon posso morir: trovo impedite
tuttele vieper cui si passa a Dite.
Aristea: Ma qual pietosa mano...
SCENAII
Alcandro: Oh sacrilego! Oh insano!
Ohscellerato ardir!
Aristea: Vi sono ancora
nuovidisastriAlcandro?
Alcandro: In questo istante
rinasceil padre tuo.
Aristea: Come!
Alcandro: Che orrore
cheruinache lutto
se'l Ciel non difendean'avrebbe involti!
Aristea: Perché?
Alcandro: Già sai che per costume antico
questofestivo dì con un solenne
sacrifiziosi chiude. Or mentre al tempio
venìafra' suoi custodi
lasacra pompa a celebrar Clistene
perchénon soné da qual parte uscito
Licidaimpetuoso
ciattraversa il cammin. Non vidi mai
piùterribile aspetto. Armato il braccio
nudala fronte avealacero il manto
scompostoil crin. Dalle pupille accese
usciatorbido il guardo; e per le gote
d'inariditelagrime segnate
traspiravail furore. Urtarovescia
isorpresi custodi; al re s'avventa:
"Mori"grida fremendoe gli alza in fronte
ilsacrilego ferro.
Aristea: Oh Dio!
Alcandro: Non cangia
ilre sito o color. Severo il guardo
gliferma in faccia; e in grave suon gli dice:
"Temerarioche fai?". (Vedi se il Cielo
vegliain cura de' re!) Gela a que' detti
ilgiovane feroce. Il braccio in alto
sospendea mezzo il colpo. Il regio aspetto
attonitorimira: impallidisce;
incominciaa tremar: gli cade il ferro;
edal ciglioche tanto
minacciosopareaprorompe il pianto.
Aristea: Respiro.
Argene: Oh folle!
Aminta: Oh sconsigliato!
Aristea: Ed ora
ilgenitor che fa?
Alcandro: Di lacci avvolto
hail colpevole innanzi.
Aminta: (Ah! si procuri
disalvar l'infelice).
Megacle:E Licida che dice?
Alcandro: Alle richieste
nullarisponde. E` reo di mortee pare
chenol sappiao nol curi. Ognor piangendo
ilsuo Megacle chiama: a tutti il chiede
lovuol da tutti; e fra' suoi labbricome
altronon sappia dirsempre ha quel nome.
Megacle:Più resister non posso. Al caro amico
perpietà chi mi guida?
Aristea: Incauto! E quale
sarebbeil tuo disegno? Il genitore
sache tu l'ingannasti;
sache Megacle sei; perdi te stesso
presentandotial re; non salvi altrui.
Megacle:Col mio principe insieme
almenmi perderò.
Aristea: Senti. E non stimi
consiglioassai migliorche il padre offeso
vadaa placare io stessa?
Megacle: Ah! che di tanto
lusingarminon so.
Aristea: Sìquesto ancora
perte si faccia.
Megacle: Oh generosaoh grande
ohpietosa Aristea! Facciano i numi
quell'almabella in questa bella spoglia
lungamentealbergar. Ben lo diss'io
quandopria ti miraiche tu non eri
cosamortal. Vamio conforto...
Aristea: Ah basta;
nonfa d'uopo di tanto.
Unsol de' guardi tuoi
micostringe a voler ciò che tu vuoi.
Caroson tua così
cheper virtù d'amor
imoti del tuo cor
risentoanch'io.
Midolgo al tuo dolor;
gioiscoal tuo gioir;
edogni tuo desir
diventail mio.
SCENAIII
Megacle:Deh secondateo numi
lapietà d'Aristea. Chi sa se il padre
peròsi placherà. Troppa ragione
hadi punirloè ver; ma della figlia
lovincerà l'amore. E se nol vince?
OhDio! Potessi almeno
vedercome l'ascolta. Argeneio voglio
seguitarlada lungi.
Argene: Ah tanta cura
nonprender di costui. Vedi che 'l Cielo
èstanco di soffrirlo. Al suo destino
lascialoin abbandono.
Megacle:Lasciar l'amico! Ah così vil non sono.
Loseguitai felice
quand'erail ciel sereno
alletempeste in seno
voglioseguirlo ancor.
Comedell'oro il fuoco
scoprele masse impure
scopronole sventure
de'falsi amici il cor.
SCENAIV
Argene: E pure a mio dispetto
sentopietade anch'io. Tento sdegnarmi
neho ragionlo vorrei; ma in mezzo all'ira
mentreil labbro minacciail cor sospira.
SaraideboleArgene
dunquea tal segno? Ah no. Spergiuro! Ingrato!
nonsarà ver. Detesto
lamia pietà. Mai più mirar non voglio
quelvolto ingannator. L'odio: mi piace
divederlo punir. Trafitto a morte
semi cadesse accanto
nonverserei per lui stilla di pianto.
Aminta: Misero dove fuggo? Oh dì funesto!
OhLicida infelice!
Argene: E` forse estinto
queltraditor?
Aminta: Noma il sarà fra poco.
Argene: Non lo credereAminta. Hanno i malvagi
molticompagni; onde giammai non sono
poveridi soccorso.
Aminta: Or ti lusinghi:
nonv'è più che sperar. Contro di lui
gridanle leggiil popolo congiura
fremonoi sacerdoti. Un sangue chiede
l'offesamaestà. De' sagrifizi
cheuna colpa interrompeè il delinquente
vittimanecessaria. Ha già deciso
ilpubblico consenso. Egli svenato
fiasu l'ara di Giove. Esser vi deve
l'offesore presente; e al sacerdote
porgereil sacro acciaro.
Argene: E non potrebbe
rivocarsiil decreto?
Aminta: E come? Il reo
giàin bianche spoglie è avvolto. Il crin di fiori
iocoronar gli vidi; e 'l vidioh Dio!
incamminarsial tempio. Ah! fors'è giunto:
ah!forse adessoArgene
labipenne fatal gli apre le vene.
Argene: Ah nopovero prence!
Aminta: Che giova il pianto?
Argene: Ed Aristea non giunse?
Aminta: Giunse; ma nulla ottenne. Il re non vuole
onon può compiacerla.
Argene: E Megacle?
Aminta: Il meschino
ne'custodi s'avvenne
chene andavano in traccia. Or l'ascoltai
chiederfra le catene
dimorir per l'amico: ese non fosse
ancorei delinquente
ottenutol'avria. Ma un reo per l'altro
morirnon può.
Argene: L'ha procurato almeno.
Ohforte! Oh generoso! Ed io l'ascolto
senzaarrossir? Dunque ha più saldi nodi
l'amistàche l'amore? Ah quali io sento
d'un'emulavirtù stimoli al fianco!
Sìrendiamoci illustri. In fin che dura
parliil mondo di noi. Faccia il mio caso
meravigliae pietà: né si ritrovi
nell'universotutto
chiripeta il mio nome a ciglio asciutto.
Fiammaignota nell'alma mi scende:
sentoil nume; m'inspiram'accende
dime stessa mi rende maggior.
Ferribendebipenniritorte
pallid'ombrecompagne di morte
giàvi guardoma senza terror.
SCENAV
Aminta: FuggisalvatiAminta. In queste sponde
tuttoè orrortutto è morte. E doveoh Dio!
senzaLicida io vado? Io l'educai
consì lungo sudore: a regie fasce
iol'innalzai da sconosciuta cuna;
edor potrei senz'esso
partircosì? No. Si ritorni al tempio:
sivada incontro all'ira
dell'oltraggiatore. Licida involva
meancor ne falli sui:
simora di dolorma accanto a lui.
Sonqual per mare ignoto
naufragopasseggiero
giàcon la morte a nuoto
ridottoa contrastar.
Oraun sostegno ed ora
perdeuna stella; al fine
perdela speme ancora
es'abbandona al mar.
SCENAVI
Aspettoesteriore del gran tempio di Giove Olimpicodal quale si scende perlunga e magnifica scala divisa in vari piani. Piazza innanzi almedesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all'intorno de' sacri ulivisilvestridonde formavansi le corone per gli atleti vincitori.
Coro:I tuoi strali terror de' mortali
ah!sospendigran padre de' numi
ah!deponigran nume de' re.
Partedel coro: Fumi il tempio del sangue d'un empio
cheoltraggiò con insano furore
sommoGioveun'immago di te.
Coro:I tuoi strali terror de' mortali
ah!sospendigran padre de' numi
ah!deponigran nume de' re.
Partedel coro: L'onde chete del pallido Lete
l'empiovarchi; ma il nostro timore
mail suo fallo portando con sé.
Coro:I tuoi strali terror de' mortali
ah!sospendigran padre de' numi
ah!deponigran nume de' re.
Clistene: Giovane sventuratoecco vicino
de'tuoi miseri dì l'ultimo istante.
Tantapietade (e mi punisca Giove
seadombro il ver) tanta pietà mi fai
chenon oso mirarti. Il Ciel volesse
chepotess'io dissimular l'errore:
manon lo possoo figlio. Io son custode
dellaragion del trono. Al braccio mio
illesaaltri la diede;
erenderla degg'io
illesao vendicata a chi succede.
Obbligodi chi regna
necessarioè cosìcome penoso
ildover con misura esser pietoso.
Purse nulla ti resta
adesiarfuor che la vitaesponi
liberoil tuo desire. Esserne io giuro
fedeleesecutor. Quanto ti piace
figlioprescrivi; e chiudi i lumi in pace.
Licida: Padreche ben di padre
nondi giudice e reque' detti sono
nonmerito perdono
nonlo speronol chiedoe nol vorrei.
Afflissei giorni miei
dital modo la sorte
ch'iola vita paventoe non la morte.
L'unicode' miei voti
èil riveder l'amico
priadi spirar. Già ch'ei rimase in vita
l'ultimagrazia imploro
d'abbracciarlouna voltae lieto io moro.
Clistene: T'appagherò. Custodi
Megaclea me.
Alcandro: Signortu piangi! E quale
eccessivapietà l'alma t'ingombra?
Clistene: Alcandrolo confesso
stupiscodi me stesso. Il voltoil ciglio
lavoce di costui nel cor mi desta
unpalpito improvviso
chelo risente in ogni fibra il sangue.
Fratutti i miei pensieri
lacagion ne ricercoe non la trovo.
Chesaràgiusti deiquesto ch'io provo?
Nonso donde viene
queltenero affetto
quelmotoche ignoto
minasce nel petto;
quelgelche le vene
scorrendomi va.
Nelseno a destarmi
sìfieri contrasti
nonparmi che basti
lasola pietà.
SCENAVII
Licida: Ah! vieniillustre esempio
diverace amistà: Megacle amato
caroMegaclevieni.
Megacle: Ah qual ti trovo
poveroprence!
Licida: Il rivederti in vita
mifa dolce la morte.
Megacle: E che mi giova
unavitache in vano
vogliooffrir per la tua? Ma molto innanzi
Licidanon andrai. Noi passeremo
ombreamiche indivise il guado estremo.
Licida: O delle gioie miede' miei martiri
finchépiacque al destindolce compagno
separarciconvien. Poiché siam giunti
agliultimi momenti
quelladestra fedel porgimie senti.
Siapreghierao comando
vivi;io bramo così. Pietoso amico
chiudimitu di propria mano i lumi;
ricordatidi me. Ritorna in Creta
alpadre mio... Povero padre! a questo
preparatonon sei colpo crudele.
Dehtu l'istoria amara
raddolciscinarrando. Il vecchio afflitto
reggiassisticonsola;
loraccomando a te. Se piangeil pianto
tugli asciuga sul ciglio;
ein tese un figlio vuolrendigli un figlio.
Megacle:Taci: mi fai morir.
Clistene: Non possoAlcandro
resisterpiù. Guarda que' volti: osserva
que'replicati amplessi
que'teneri sospiri e que' confusi
frale lagrime alterne ultimi baci.
Poveraumanità!
Alcandro: Signortrascorre
l'orapermessa al sacrifizio.
Clistene: E` vero.
Olàsacri ministri
lavittima prendete. E voicustodi
dall'amicoinfelice
dividetecolui.
Megacle: Barbari! Ah voi
avetedal mio sen svelto il cor mio!
Licida: Ah dolce amico!
Megacle: Ah caro prence!
Licida:MEG. Addio!
Coro:I tuoi strali terror de' mortali
ah!sospendigran padre de' numi
ah!deponigran nume de' re.
(Neltempo che si canta il coroLicida va ad inginocchiarsi a pièdell'ara appresso al sacerdote. Il re prende la sacra scureche glivien presentata sopra un bacile da un de' ministri del tempio; enelporgerla al sacerdote canta i seguenti versiaccompagnati da gravesinfonia)
Clistene: O degli uomini padre e degli dei
onnipotenteGiove
alcui cenno si move
ilmarla terrail ciel; di cui ripieno
èl'universoe dalla man di cui
pended'ogni cagione e d'ogni evento
laconnessa catena;
questache a te si svena
sacravittima accogli. Essa i funesti
cheti splendono in manfolgori arresti.
SCENAVIII
Argene: Fermatio re. Fermate
sacriministri.
Clistene: Oh insano ardir! Non sai
ninfaqual opra turbi?
Argene: Anzi più grata
vengoa renderla a Giove. Una io vi reco
vittimavolontaria ed innocente
cheha valorche ha desio
dimorir per quel reo.
Clistene: Qual è?
Argene: Son io.
Megacle:(Oh bella fede!)
Licida: (Oh mio rossor!)
Clistene: Dovresti
saperche al debil sesso
pelpiù forte morir non è permesso.
Argene: Ma il morir non si vieta
perlo sposo a una sposa. In questa guisa
soche al tessalo Admeto
serbòla vita Alceste; e so che poi
l'esempiosuo divenne legge a noi.
Clistene: Che perciò? Sei tu forse
diLicida consorte?
Argene: Ei me ne diede
inpegno la sua destra e la sua fede.
Clistene: Licoriioche t'ascolto
sonpiù folle di te. D'un regio erede
unavil pastorella
dunque...
Argene: Né vil son io
néson Licori. Argene ho nome: in Creta
chiaraè del sangue mio la gloria antica:
ese giurommi féLicida il dica.
Clistene: Licidaparla.
Licida: (E` l'esser menzognero
questavolta pietà). Nonon è vero.
Argene: Come! E negar lo puoi? Volgitiingrato;
riconoscii tuoi doni
seme non vuoi. L'aureo monile è questo
chenel punto funesto
digiurarmi tua sposa
ebbida te. Ti risovvenga almeno
chedi tua man me ne adornasti il seno.
Licida: (Pur troppo è ver).
Argene: Guardaloo re.
Clistene: Dinanzi
misi tolga costei.
Argene: Popoliamici
sacriministrieterni deise pure
n'èalcun presente al sacrifizio ingiusto
protestoinnanzi a voi; giuro ch'io sono
sposaa Licidae voglio
morirper lui: né... Principessaah! vieni;
soccorrimi:non vuole
udirmiil padre tuo.
SCENAIX
Aristea: Credimio padre
èdegna di pietà.
Clistene: Dunque volete
ch'iomi riduca a delirar con voi?
Parla;ma siano brevi i detti tuoi.
Argene: Parlino queste gemme
iotacerò. Van di tai fregi adorne
inElide le ninfe?
Clistene: Aimèche miro!
Alcandroriconosci
questomonil?
Alcandro: Se il riconosco? E` quello
cheal collo aveaquando l'esposi all'onde
iltuo figlio bambin.
Clistene: Licida (oh Dio!
tremoda capo a piè). Licidasorgi
guarda:è ver che costei
l'ebbein dono da te?
Licida: Però non debbe
morirper me. Fu la promessa occulta
nonebbe effetto; e col solenne rito
l'imeneonon si strinse.
Clistene: Io chiedo solo
seil dono è tuo.
Licida: Sì.
Clistene: Da qual man ti venne?
Licida: A me donollo Aminta.
Clistene: E questo Aminta
chiè?
Licida: Quello a cui diede
ilgenitor degli anni miei la cura.
Clistene: Dove sta?
Licida: Meco venne;
mecoin Elide è giunto.
Clistene: Questo Aminta si cerchi.
Argene: Eccolo appunto.
SCENAX
Aminta: AhLicida...
Clistene: T'accheta.
Rispondie non mentir. Questo monile
dondeavesti?
Aminta: Signorda mano ignota
giàscorse il quinto lustro
ch'iol'ebbi in don.
Clistene: Dov'eri allor?
Aminta: Làdove
inmar presso a Corinto
sboccail torbido Asopo.
Alcandro: (Ah! ch'io rinvengo
dellenote sembianze
qualchetraccia in quel volto. Io non m'inganno:
certoegli è desso). Ah! d'un antico errore
mioreson reo. Deh mel perdona: io tutto
fedelmentedirò.
Clistene: Sorgifavella.
Alcandro: Al marcome imponesti
nonesposi il bambin: pietà mi vinse.
Costuistranieroignoto
mivenne innanzie gliel donaisperando
chein rimote contrade
trattol'avrebbe.
Clistene: E quel fanciulloAminta
dov'è?Che ne facesti?
Aminta: Io... (Quale arcano
hoda scoprir!)
Clistene: Tu impallidisci! Parla
empio;dìche ne fu? Tacendo aggiungi
all'anticodelitto error novello.
Aminta: L'hai presenteo signor: Licida è quello.
Clistene: Come! non è di Creta
Licidail prence?
Aminta: Il vero prence in fasce
finìla vita. Ioritornato appunto
conlui bambino in Cretaal re dolente
l'offersiin dono: ei dell'estinto in vece
altrono l'educò per mio consiglio.
Clistene: Oh numi! ecco Filintoecco il mio figlio.
Aristea: Stelle!
Licida: Io tuo figlio?
Clistene: Sì. Tu mi nascesti
gemelload Aristea. Delfo m'impose
d'esportial mar bambinoun parricida
minacciandomiin te.
Licida: Comprendo adesso
l'orrorche mi gelòquando la mano
sollevaiper ferirti.
Clistene: Adesso intendo
l'eccessivapietàche nel mirarti
misentivo nel cor.
Aminta: Felice padre!
Alcandro: Oggi molti in un punto
puoirender lieti.
Clistene: E lo desio. D'Argene
Filintoil figlio mio
Megacled'Aristea vorrei consorte;
maFilintoil mio figlioè reo di morte.
Megacle:Non è più reoquando è tuo figlio.
Clistene: E` forse
lalibertà de' falli
permessaal sangue mio? Qui viene ogni altro
valorea dimostrarl'unico esempio
esserdegg'io di debolezza? Ah questo
dime non oda il mondo. Olàministri
risvegliatesu l'ara il sacro fuoco.
Vafiglioe mori. Anch'io morrò fra poco.
Aminta: Che giustizia inumana!
Alcandro: Che barbara virtù!
Megacle: Signort'arresta.
Tunon puoi condannarlo. In Sicione
seirenon in Olimpia. E` scorso il giorno
acui tu presiedesti. Il reo dipende
dalpubblico giudizio.
Clistene: E ben s'ascolti
dunqueil pubblico voto. A prò del reo
nonpregonon comandoe non consiglio.
Corodi sacerdoti e popolo
Vivail figlio delinquente
perchéin lui non sia punito
l'innocentegenitor.
Néfunesti il dì presente
nédisturbi il sacro rito
un'ideadi tanto orror.
LICENZA
Ahnol'augusto sguardo
nonrivolgere altroveeccelsa Elisa.
Ubbidirò.Tu ascolteraise m'odi
(duralegge a compir!) voti e non lodi.
Vegganoancor ben cento volte e cento
inumerosi tuoi sudditi regni
tornarsempre più chiaro
questogiorno per te: per teche sei
lalor felicitàche nel tuo seno
lepiù belle virtùcome in lor trono
l'unaall'altra congiunte... Aimè! Perdono.
Votiin mente io formai; ma dal mio labbro
escon(per qual magia dir non saprei)
trasformatiin tua lode i voti miei.
Errai:ma il mondo intero
hocomplice nel fallo; e (non sdegnarti)
mipar bello l'error. L'anime grandi
avantaggio di tutti il Ciel produce.
Nascondernela luce
perchése agli altri il buon cammino insegna?
Lelodi di chi regna
sonoscuola a chi serve. Il grande esempio
innamoracorregge
persuadeammaestra. Appresso al fonte
tuttinon sono: è ben ragion che alcuno
dissetianche i lontani. Ahnon è reo
chicelebrando i pregi
dell'animereali
ubbidisceagli deigiova a' mortali.
Nubecosì profonda
nonpuò formarsi mai
chele tue glorie asconda
chene trattenga il vol.
Sariadifficil meno
torrealle stelle i rai
a'fulmini il baleno
lachiara luce al sol.