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PietroMetastasio
(pseudonimodi Pietro Trapassi)
DIDONEABBANDONATA
Argomento
Didonevedova di Sicheouccisole il marito da Pigmalionere di Tirodilei fratellofuggì con ampie ricchezze in Africadoveedificò Cartagine. Fu ivi richiesta in moglie da moltiesoprattutto da Iarbare de' Morie ricusò sempre per serbarfede alle ceneri dell'estinto consorte. Intanto portato Enea da unatempesta alle sponde dell'Africafu ricevuto e ristorato da Didonela quale ardentemente se ne invaghì. Mentr'eglicompiacendosidi tale affettosi trattenea presso leigli fu dagli dei comandatoche proseguisse il suo cammino verso Italiadove gli promettevanouna nuova Troia. Partì Eneae Didone disperatamente siuccise. Tutto ciò si ha da Virgilioil quale con un feliceanacronismo unisce il tempo della fondazion di Cartagine agli erroridi Enea. Ovidiolib. III de' Fastidice che Iarba s'impadronisse diCartagine dopo la morte di Didone; e che Anna di lei sorella (chesarà da noi chiamata Selene) fosse anch'essa occultamenteinvaghita d'Enea. Per comodo della scena si finge che Iarbacuriosodi veder Didones'introduca in Cartagine come ambasciadore di sestessosotto nome d'Arbace.
INTERLOCUTORI
Didoneregina di Cartagineamante di Enea
Enea
Iarbare de' Morisotto nome d'Arbace.
Selenesorella di Didone ed amante occulta di Enea.
Araspeconfidente di Iarba ed amante di Selene.
Osmidaconfidente di Didone.
Lascena si finge in Cartagine.
ATTOPRIMO
SCENAPRIMA
Luogomagnifico destinato per le pubbliche udienzecon trono da un lato.Veduta in prospetto della città di Cartagineche staedificandosi.
Enea: Noprincipessaamico
sdegnonon ènon è timor che move
lefrigie vele e mi trasporta altrove.
Soche m'ama Didone;
purtroppo il so; né di sua fé pavento.
L'adoroe mi rammento
quantofece per me: non sono ingrato.
Mach'io di nuovo esponga
all'arbitriodell'onde i giorni miei
miprescrive il destinvoglion gli dei;
eson sì sventurato
chesembra colpa mia quella del fato.
Selene: Se cerchi al lungo error riposo e nido
tel'offre in questo lido
lagermanail tuo merto e il nostro zelo.
Enea: Riposo ancor non mi concede il Cielo.
Selene: Perché?
Osmida: Con qual favella
illor voler ti palesaro i numi?
Enea: Osmidaa questi lumi
nonporta il sonno mai suo dolce obblio
cheil rigido sembiante
delgenitor non mi dipinga innante.
"Figlio"ei dicee l'ascolto "ingrato figlio
questoè d'Italia il regno
cheacquistar ti commise Apollo ed io?
L'Asiainfelice aspetta
chein un altro terreno
opradel tuo valorTroia rinasca:
tuil promettesti; io nel momento estremo
delviver mio la tua promessa intesi
allorche ti piegasti
abaciar questa destra e mel giurasti.
Etu frattanto ingrato
allapatriaa te stessoal genitore
quinell'ozio ti perdi e nell'amore?
Sorgi:de' legni tuoi
troncail canape reosciogli le sarte".
Miguarda poi con torvo ciglioe parte.
Selene: Gelo d'orror.
Osmida: (Quasi felice io sono.
Separte Eneamanca un rivale al trono).
Selene: Se abbandoni il tuo bene
morràDidone (e non vivrà Selene).
Osmida: La regina s'appressa.
Enea: (Che mai dirò?)
Selene: (Non posso
scoprireil mio tormento).
Enea: (Difenditimio coreecco il cimento).
SCENASECONDA
Didone: Enead'Asia splendore
diCiterea soave cura e mia
vedicome a momenti
deltuo soggiorno altera
lanascente Cartago alza la fronte.
Fruttode' miei sudori
sonquegli archique' templi e quelle mura:
made' sudori miei
l'ornamentopiù grandeEneatu sei.
Tunon mi guardie taci? In questa guisa
conun freddo silenzio Enea m'accoglie?
Forsegià dal tuo core
dime l'immago ha cancellata Amore?
Enea: Didone alla mia mente
giuroa tutti gli deisempre è presente:
nétempo o lontananza
potràsparger d'obblio
questoancor giuro ai numiil foco mio.
Didone: Che proteste! Io non chiedo
giuramentida te: perch'io ti creda
untuo sguardo mi bastaun tuo sospiro.
Osmida: (Troppo s'inoltra).
Selene: (Ed io parlar non oso).
Enea: Se brami il tuo riposo
pensaalla tua grandezza
ame più non pensar.
Didone: Che a te non pensi?
Ioche per te sol vivo? Ioche non godo
imiei giorni felici
seun momento mi lasci?
Enea: Oh Dioche dici!
Equal tempo scegliesti! Ah troppotroppo
generosatu sei per un ingrato.
Didone: Ingrato Enea! Perché? Dunque noiosa
tisarà la mia fiamma.
Enea: Anzi giammai
conmaggior tenerezza io non t'amai.
Ma...
Didone: Che?
Enea: La patriail Cielo...
Didone: Parla.
Enea: Dovrei... ma no...
L'amore...Oh Dio! la fé...
Ah!che parlar non so.
Spiegalotu per me.
SCENAIII
Didone: Parte cosìcosì mi lascia Enea!
Chevuol dir quel silenzio? In che son rea?
Selene: Ei pensa abbandonarti.
Contrastanoin quel core
néso chi vinceràgloria ed amore.
Didone: E` gloria abbandonarmi?
Osmida: (Si deluda). Regina
ilcor d'Enea non penetrò Selene.
Dallareggia de' Mori
quigiunger dee l'ambasciatore Arbace...
Didone: Che perciò?
Osmida: Le tue nozze
chiederàil re superbo; e teme Enea
chetu ceda alla forza e a lui ti doni.
Perciòcosì partendo
fuggeil dolor di rimirarti...
Didone: Intendo.
Vanneamata germana
dalcor d'Enea sgombra i sospettie digli
chea lui non mi torrà se non la morte.
Selene: (A questo ancor tu mi condannio Sorte!)
Diròche fida sei;
sula mia fé riposa:
saròper te pietosa;
(perme crudel sarò).
Saprannoi labbri miei
scoprirgliil tuo desio.
(Mala mia penaoh Dio!
comenasconderò?)
SCENAIV
Didone: Venga Arbace qual vuole
suppliceo minaccioso; ei viene in vano.
Infaccia a luipria che tramonti il sole
adEnea mi vedrà porger la mano.
Soloquel cor mi piace:
sappialoIarba.
Osmida: Ecco s'appressa Arbace.
SCENAV
Araspe: (Vedimio re...
Iarba: T'accheta.
Finchédura l'inganno
chiamamiArbacee non pensare al trono:
perora io non son Iarbae re non sono).
Didoneil re de' Mori
ate de' cenni suoi
mesuo fedele apportator destina.
Iote l'offro qual vuoi
tuosostegno in un puntoo tua ruina.
Questeche miri intanto
spogliegemmetesoriuomini e fere
chel'Africa soggetta a lui produce
pegnidi sua grandezza in don t'invia.
Neldono impara il donator qual sia.
Didone: Mentre io ne accetto il dono
largamercede il tuo signor riceve.
Mas'ei non è più saggio
quelch'ora è donpuò divenire omaggio.
(Comealtiero è costui!) Siedi e favella.
Araspe: (Qual ti sembrao signor?)
Iarba: (Superba e bella).
Tirammentao Didone
qualda Tiro venistie qual ti trasse
disperatoconsiglio a questo lido.
Deltuo germano infido
allebarbare voglieal genio avaro
tifu l'Africa sol schermo e riparo.
Fuquestoove s'inalza
lasuperba Cartagoampio terreno
donodel mio signoree fu...
Didone: Col dono
lavendita confondi...
Iarba: Lascia pria ch'io favellie poi rispondi.
Didone: (Che ardir!)
Osmida: (Soffri).
Iarba: Cortese
Iarbail mio re le nozze tue richiese:
turicusasti: ei ne soffrì l'oltraggio
perchégiurasti allora
cheal cener di Sicheo fede serbavi.
Orsa l'Africa tutta
chedall'Asia distrutta Enea qui venne:
sache tu l'accogliesti; e sa che l'ami:
nésoffrirà che venga
acontrastar gli amori
unavanzo di Troia al re de' Mori.
Didone: E gli amori e gli sdegni
fiandel pari infecondi.
Iarba: Lascia pria ch'io finiscae poi rispondi.
Generosoil mio re di guerra in vece
t'offrepace se vuoi:
ein ammenda del fallo
bramagli affetti tuoichiede il tuo letto
vuolla testa d'Enea.
Didone: Dicesti?
Iarba: Ho detto.
Didone: Dalla reggia di Tiro
iovenni a queste arene
libertadecercando e non catene.
Prezzode' miei tesori
enon già del tuo re Cartago è dono.
Lamia destrail mio core
quandoa Iarba negai
d'esserfida allo sposo allor pensai.
Orpiù quella non son...
Iarba: Se non sei quella...
Didone: Lascia pria ch'io rispondae poi favella.
Orpiù quella non son. Variano i saggi
aseconda de' casi i lor pensieri.
Eneapiace al mio corgiova al mio trono
emio sposo sarà.
Iarba: Ma la sua testa...
Didone: Non è facil trionfo; anzi potrebbe
costarmolti sudori
questoavanzo di Troia al re de' Mori.
Iarba: Se il mio signore irrìti
verrannoa farti guerra
quantiGetuli e quanti
Numidie Garamanti Africa serra.
Didone: Purché sia meco Eneanon mi confondo.
Venganoa questi lidi
GaramantiNumidiAfrica e il mondo.
Iarba: Dunque dirò...
Didone: Dirai
cheamoroso nol curo
chenol temo sdegnato.
Iarba: Pensa meglioo Didone.
Didone: Ho già pensato.
Sonregina e sono amante;
el'impero io sola voglio
delmio soglio e del mio cor.
Darmilegge in van pretende
chil'arbitrio a me contende
dellagloria e dell'amor.
SCENAVI
Iarba: Araspealla vendetta.
Araspe: Mi son scorta i tuoi passi.
Osmida: Arbaceaspetta.
Iarba: (Da me che bramerà?)
Osmida: Posso a mia voglia
liberofavellar?
Iarba: Parla.
Osmida: Se vuoi
m'offroagli sdegni tuoi compagno e guida.
Didonein me confida
Eneami crede amicoe pendon l'armi
tuttedal cenno mio. Molto potrei
a'tuoi disegni agevolar la strada.
Iarba: Ma tu chi sei?
Osmida: Seguace
dellatiria reginaOsmida io sono.
InCipro ebbi la cuna
eil mio core è maggior di mia fortuna.
Iarba: L'offerta accettoese fedel sarai
tuttoin mercé ciòche domandiavrai.
Osmida: Sia del tuo re Didonea me si ceda
diCartago l'impero.
Iarba: Io tel prometto.
Osmida: Ma chi sa se consente
iltuo signore alla richiesta audace?
Iarba: Promette il requando promette Arbace.
Osmida: Dunque...
Iarba: Ogni atto innocente
quisospetto esser può: serba i consigli
apiù sicuro loco e più nascoso.
Fidati;Osmida è rese Iarba è sposo.
Osmida: Tu mi scorgi al gran disegno:
altuo sdegnoal tuo desio
l'ardirmio ti scorgerà.
Cosìrende il fiumicello
mentrelento il prato ingombra
alimentoall'arboscello;
eper l'ombra umor gli dà.
SCENAVII
Iarba: Quanto è stoltose crede
ch'iogli abbia a serbar fede.
Araspe: Il promettesti a lui.
Iarba: Non merta fé chi non la serba altrui.
Mavanneamato Araspe
ogn'indugioè tormento al mio furore;
vanne:le mie vendette
untuo colpo assicuri. Enea s'uccida.
Araspe: Vado: e sarà fra poco
delsuodel mio valore
inaperta tenzone arbitro il fato.
Iarba: Not'arresta: io non voglio
cheal caso si commetta
l'onortuol'odio miola mia vendetta.
Improvvisol'assaliusa la frode.
Araspe: Da me frode! Signorsuddito io nacqui
manon già traditor. Dimmi ch'io vada
nudoin mezzo agl'incendiincontro all'armi
tuttofarò. Tu sei
signordella mia vita: in tua difesa
nonricuso cimento
mada me non si chieda un tradimento.
Iarba: Sensi d'alma volgare. A me non manca
bracciodel tuo più fido.
Araspe: E comeoh dei!
Latua virtude...
Iarba: Eh che virtù? Nel mondo
ovirtù non si trova
oè sol virtù quel che diletta e giova.
Fralo splendor del trono
bellele colpe sono
perdel'orror l'inganno
tuttosi fa virtù.
Fuggircon frode il danno
puòdubitar se lice
quell'animainfelice
chenacque in servitù.
SCENAVIII
Araspe: Empio! L'orrorche porta
ilrimorso d'un fallo anche felice
lapace fra' disastri
cheproduce virtùcome non senti?
Osostegno del mondo
degliuomini ornamento e degli dei
bellavirtùla scorta mia tu sei.
Sedalle stelle tu non sei guida
frale procelle dell'onda infida
maiper quest'alma calma non v'è.
Tum'assicuri ne' miei perigli;
nellesventure tu mi consigli
esol contento sento per te.
SCENAIX
Enea: Già tel dissio Selene
maleinterpreta Osmida i sensi miei.
Ahpiacesse agli dei
cheDido fosse infida; o ch'io potessi
figurarmelainfida un sol momento!
Masaper che m'adora
edoverla lasciarquesto è il tormento.
Selene: Sia qual vuoi la cagione
cheti sforza a partirper pochi istanti
t'arrestaalmenoe di Nettuno al tempio
vanne:la mia germana
vuolcolà favellarti.
Enea: Sarà pena l'indugio.
Selene: Odila e parti.
Enea: Ed a coleiche adoro
daròl'ultimo addio?
Selene: (Taccioe non moro!)
Enea: Piange Selene!
Selene: E come
quandoparli cosìnon vuoi ch'io pianga?
Enea: Lascia di sospirar. Sola Didone
haragion di lagnarsi al partir mio.
Selene: Abbiam l'istesso cor Didone ed io.
Enea: Tanto per lei t'affliggi?
Selene: Ella in me così vive
iocosì vivo in lei
chetutti i mali suoi son mali miei.
Enea: Generosa Selenei tuoi sospiri
tantapietà mi fanno
chescordo quasi il mio nel vostro affanno.
Selene: (Se mi vedessi il core
forsela tua pietà saria maggiore).
SCENAX
Iarba: Tutta ho scorsa la reggia
cercandoEneané ancor m'incontro in lui.
Araspe: Forse quindi partì.
Iarba: Fosse costui?
Africanoalle vesti ei non mi sembra.
Stranierdimmi: chi sei?
Araspe: (Quanto piace quel volto agli occhi miei!)
Enea: Troppobella Selene...
Iarba: Olà non odi?
Enea: Troppo ad altri pietosa...
Selene: Che superbo parlar!
Araspe: (Quanto è vezzosa!)
Iarba: O palesa il tuo nomeo ch'io...
Enea: Qual dritto
haitu di domandarne? A te che giova?
Iarba: Ragione è il piacer mio.
Enea: Fra noi non s'usa
dirispondere a stolti.
Iarba: A questo acciaro...
Selene: Su gli occhi di Selene
nellareggia di Didoun tanto ardire?
Iarba: Di Iarba al messaggiero
sìpoco di rispetto?
Selene: Il folle orgoglio
laregina saprà.
Iarba: Sappialo. Intanto
mivegga ad onta sua troncar quel capo
ea quel d'Enea congiunto
dell'offesomio re portarlo a' piedi.
Enea: Difficile sarà più che non credi.
Iarba: Tu potrai contrastarlo? o quell'Enea
cheper glorie racconta
tanteperdite sue?
Enea: Cedono assai
inconfronto di glorie
alleperdite sue le tue vittorie.
Iarba: Ma tu chi seiche tanto
mecoper lui contrasti?
Enea: Son un che non ti temee ciò ti basti.
Quandosaprai chi sono
sìfiero non sarai
néparlerai così.
Bramalasciar le sponde
quelpasseggiero ardente:
fral'onde poi si pente
sead onta del nocchiero
dallido si partì.
SCENAXI
Iarba: Non partiràse pria...
Selene: Da lui che brami?
Iarba: Il suo nome.
Selene: Il suo nome
senzatanto furor da me saprai.
Iarba: A questa legge io resto.
Selene: Quell'Eneache tu cerchiappunto è questo.
Iarba: Ah! m'involasti un colpo
cheal mio braccio offeriva il Ciel cortese.
Selene: Ma perché tanto sdegno? In che t'offese?
Iarba: Gli affetti di Didone
almio signor contende;
t'ènotoe mi domandi in che m'offende?
Selene: Dunque supponiArbace
chescelga a suo talento il caro oggetto
uncor che s'innamora?
Nellascuola d'amor sei rozzo ancora.
SCENAXII
Iarba: Non è più tempoAraspe
dicelarmi così. Troppa finora
sofferenzami costa.
Araspe: E che farai?
Iarba: I miei guerrierche nella selva ascosi
quindinon lungi al mio venir lasciai
chiamerònella reggia:
distruggeròCartagoe l'empio core
all'indegnorival trarrò...
Osmida: Signore
giàdi Nettuno al tempio
laregina s'invia. Su gli occhi tuoi
alsuperbo troiano
setardi a ripararporge la mano.
Iarba: Tanto ardir!
Osmida: Non è tempo
d'inutiliquerele.
Iarba: E qual consiglio?
Osmida: Il più pronto è il migliore. Io ti precedo:
ardisci.Ad ogni impresa
iosarò tuo sostegno e tua difesa.
SCENAXIII
Araspe: Dove corrio signore?
Iarba: Il rivale a svenar.
Araspe: Come lo speri?
Ancorai tuoi guerrieri
iltuo voler non sanno.
Iarba: Dove forza non valgiunga l'inganno.
Araspe: E vuoi la tua vendetta
conla taccia comprar di traditore?
Iarba: Araspeil mio favore
troppoardito ti fé. Più franco all'opre
emen pronto ai consigli io ti vorrei.
Chison io ti rammentae chi tu sei.
Sonquel fiumeche gonfia d'umori
quandoil gelo si scioglie in torrenti
selvearmenticapanne e pastori
portasecoe ritegno non ha.
Sesi vede fra gli argini stretto
sdegnail lettoconfonde le sponde
esuperbo fremendo sen va.
SCENAXIV
Osmida: Come! Da' labbri tuoi
Didosaprà che abbandonar la vuoi?
Ah!taci per pietà
erisparmia al suo cor questo tormento.
Enea: Il dirlo è crudeltà
masarebbe il tacerlo un tradimento.
Osmida: Benché costanteio spero
cheal pianto suo tu cangerai pensiero.
Enea: Può togliermi di vita
manon può il mio dolore
farch'io manchi alla patria e al genitore.
Osmida: Oh generosi detti!
Vincerei propri affetti
avanzaogni altra gloria.
Enea: Quanto costa però questa vittoria!
SCENAXV
Iarba: Ecco il rival; né seco
èalcun de' suoi seguaci...
Araspe: Ah pensa che tu sei...
Iarba: Sieguimi e taci.
Cosìgli oltraggi miei...
Araspe: Fermati.
Iarba: Indegno
alnemico in aiuto?
Enea: Che tentianima rea?
Osmida: (Tutto è perduto).
SCENAXVI
Osmida: Siam traditio regina.
Sepiù tarda d'Arbace era l'aita
ilvaloroso Enea
sottocolpo inumano oggi cadea.
Didone: Il traditor qual èdove dimora?
Osmida: Miralo: nella destra ha il ferro ancora.
Didone: Chi ti destò nel seno
sìbarbaro desio?
Araspe: Del mio signor la gloria e il dover mio.
Didone: Come! L'istesso Arbace
disapprova...
Araspe: Lo so ch'ei mi condanna:
ilsuo sdegno pavento;
mail mio non fu delittoe non mi pento.
Didone: E né meno hai rossore
delsacrilego eccesso?
Araspe: Tornerei mille volte a far l'istesso.
Didone: Ti preverrò. Ministri
custoditecostui.
Enea: Generoso nemico
inte tanta virtude io non credea.
Lasciache a questo sen...
Iarba: ScostatiEnea.
Sappiche il viver tuo d'Araspe è dono:
cheil tuo sangue vogl'io: che Iarba io sono.
Didone: Tu Iarba!
Enea: Il re de' Mori!
Didone: Un re sensi sì rei
nonchiude in seno: un mentitor tu sei.
Sidisarmi.
Iarba: Nessuno
avvicinarsiardiscao ch'io lo sveno.
Osmida: Cedi per poco almeno
finch'io genti raccolga: a me ti fida.
Iarba: E così vil sarò?
Enea: Fermateamici;
ame tocca il punirlo.
Didone: Il tuo valore
serbaad uopo miglior. Che più s'aspetta?
Osi rendao svenato al piè mi cada.
Osmida: Serbati alla vendetta.
Iarba: Ecco la spada.
Didone: Frenar l'alma orgogliosa
tuacura sia.
Osmida: Su la mia fé riposa.
SCENAXVII
Didone: Eneasalvo già sei
dallacrudel ferita.
Perme serban gli dei sì bella vita.
Enea: Oh Dioregina!
Didone: Ancora
forsedella mia fede incerto stai?
Enea: No: più funeste assai
sonle sventure mie. Vuole il destino...
Didone: Chiari i tuoi sensi esponi.
Enea: Vuol... (mi sento morir) ch'io t'abbandoni.
Didone: M'abbandoni! Perché?
Enea: Di Giove il cenno
l'ombradel genitorla patriail Cielo
lapromessail doverl'onorla fama
allesponde d'Italia oggi mi chiama.
Lamia lunga dimora
purtroppo degli dei mosse lo sdegno.
Didone: E così fin ad ora
perfidomi celasti il tuo disegno?
Enea: Fu pietà.
Didone: Che pietà? Mendace il labbro
fedeltàmi giurava
eintanto il cor pensava
comelunge da me volgere il piede!
Achimisera me! darò più fede?
Vilrifiuto dell'onde
iol'accolgo dal lido; io lo ristoro
dalleingiurie del mar: le navi e l'armi
giàdisperse io gli rendo; e gli do loco
nelmio cornel mio regno; e questo è poco.
Dicento re per lui
ricusandol'amorgli sdegni irrìto:
eccopoi la mercede.
Achimisera me! darò più fede?
Enea: Fin ch'io vivao Didone
dolcememoria al mio pensier sarai:
népartirei giammai
seper voler de' numi io non dovessi
consacrareil mio affanno
all'imperolatino.
Didone: Veramente non hanno
altracura gli dei che il tuo destino.
Enea: Io resteròse vuoi
chesi renda spergiuro un infelice.
Didone: No: sarei debitrice
dell'imperodel mondo a' figli tuoi.
Vapur: siegui il tuo fato:
cercad'Italia il regno: all'ondeai venti
confidapur la speme tua; ma senti.
Faràquell'onde istesse
dellevendette mie ministre il Cielo:
etardi allor pentito
d'avercreduto all'elemento insano
richiameraila tua Didone in vano.
Enea: Se mi vedessi il core...
Didone: Lasciamitraditore!
Enea: Almen dal labbro mio
convolto meno irato
prendil'ultimo addio.
Didone: Lasciamiingrato.
Enea: E pur con tanto sdegno
nonhai ragion di condannarmi.
Didone: Indegno!
Nonha ragioneingrato
uncore abbandonato
dachi giurogli fé?
Animeinnamorate
sela provaste mai
ditelovoi per me!
Perfido!tu lo sai
sein premio un tradimento
iomeritai da te.
Equal sarà tormento
animeinnamorate
sequesto mio non è?
SCENAXVIII
Enea: E soffrirò che sia
sìbarbara mercede
premiodella tua fedeanima mia!
Tantoamortanti doni...
Ah!pria ch'io t'abbandoni
pèral'Italiail mondo;
restiin obblio profondo
lamia fama sepolta;
vadain cenere Troia un'altra volta.
Ahche dissi! Alle mie
amorosefollie
grangenitorperdona: io n'ho rossore.
Nonfu Enea che parlòlo disse Amore.
Siparta... E l'empio moro
stringeràil mio tesoro?
No...Ma sarà frattanto
alproprio genitor spergiuro il figlio?
PadreAmorGelosianumiconsiglio!
Seresto sul lido
sesciolgo le vele
infidocrudele
misento chiamar.
Eintantoconfuso
neldubbio funesto
nonpartonon resto
maprovo il martìre
cheavrei nel partire
cheavrei nel restar.
ATTOSECONDO
SCENAPRIMA
Appartamentireali con tavolino e sedia.
Selene: Chi fu che all'inumano
disciolsele catene?
Araspe: A mebella Seleneil chiedi in vano.
Ioprigioniero e reo
liberoed innocente in un momento
scioltomi vedoe sento
fra'lacci il mio signor: il passo muovo
asuo prò nella reggiae vel ritrovo.
Selene: Ah contro Enea v'è qualche frode ordita.
Difendila sua vita.
Araspe: E` mio nemico:
purse brami che Araspe
dall'insidieil difenda
telprometto: sin qui
l'onormio nol contrasta:
mati basti così.
Selene: Così mi basta.
Araspe: Ah non toglier sì tosto
ilpiacer di mirarti agli occhi miei.
Selene: Perché?
Araspe: Tacer dovrei ch'io sono amante:
mareo del mio delitto è il tuo sembiante.
Selene: Araspeil tuo valore
ilvolto tuola tua virtù mi piace;
magià pena il mio cor per altra face.
Araspe: Quanto son sventurato!
Selene: E` più Selene.
Set'accende il mio volto
narrialmen le tue peneed io le ascolto.
Iol'incendio nascoso
tacernon possoe palesar non oso.
Araspe: Soffri almen la mia fede.
Selene: Sìma da me non aspettar mercede.
Sepuò la tua virtude
amarmia questa leggeio tel concedo:
manon chieder di più.
Araspe: Di più non chiedo.
Selene: Ardi per me fedele
serbanel cor lo strale
manon mi dir crudele
senon avrai mercé.
Hannosventura eguale
latuala mia costanza:
perte non v'è speranza
nonv'è pietà per me.
SCENAII
Araspe: Tu dici ch'io non speri
manol dici abbastanza;
l'ultimache si perdeè la speranza.
SCENAIII
Didone: Già so che si nasconde
de'Mori il re sotto il mentito Arbace.
Masia qual più gli piaceegli m'offese:
esenz'altra dimora
osuddito o sovranoio vuo' che mora.
Osmida: Sempre in me de' tuoi cenni
ilpiù fedele esecutor vedrai.
Didone: Premio avrà la tua fede.
Osmida: E qual premioo regina? Adopro in vano
perte fede e valore:
occupasolo Enea tutto il tuo core.
Didone: Tacinon rammentar quel nome odiato.
E`un perfidoè un ingrato
èun'alma senza legge e senza fede.
Controme stessa ho sdegno
perchéfinor l'amai.
Osmida: Se lo torni a mirarti placherai.
Didone: Ritornarlo a mirar! Per fin ch'io viva
maipiù non mi vedrà quell'alma rea.
Selene: Teco vorrebbe Enea
parlarse gliel concedi.
Didone: Enea! Dov'è?
Selene: Qui presso
chesospira il piacer di rimirarti.
Didone: Temerario! Che venga. Osmidaparti.
Osmida: Io non tel dissi? Enea
tuttadel cor la libertà t'invola.
Didone: Non tormentarmi più; lasciami sola.
SCENAIV
Didone: Come! Ancor non partisti? Adorna ancora
questibarbari lidi il grande Enea?
Epure io mi credea
chegià varcato il mard'Italia in seno
intrionfo traessi
popolidebellati e regi oppressi.
Enea: Quest'amara favella
malconviene al tuo corbella regina.
Deltuodell'onor mio
sollecitone vengo. Io so che vuoi
delmoro il fiero orgoglio
conla morte punir.
Didone: E questo è il foglio.
Enea: La gloria non consente
ch'iovendichi in tal guisa i torti miei:
seper me lo condanni...
Didone: Condannarlo per te! Troppo t'inganni.
Passòquel tempoEnea
cheDido a te pensò. Spenta è la face
èsciolta la catena
edel tuo nome or mi rammento appena.
Enea: Pensa che il re de' Mori
èl'orator fallace.
Didone: Io non so qual ei sialo credo Arbace.
Enea: Oh Dio! Con la sua morte
tuttacontro di te l'Africa irrìti.
Didone: Consigli or non desio:
tuprovvedi a' tuoi regniio penso al mio.
Senzadi te finor leggi dettai;
sorgersenza di te Cartago io vidi.
Felicemese mai
tunon giungeviingratoa questi lidi!
Enea: Se sprezzi il tuo periglio
donaloa me: grazia per lui ti chieggio.
Didone: Sìveramente io deggio
ilmio regno e me stessa al tuo gran merto.
Asì fedele amante
aderoe sì pietosoa' giusti prieghi
ditanto intercessor nulla si nieghi.
Inumano!tiranno! E` forse questo
l'ultimodì che rimirar mi dèi:
vienisu gli occhi miei;
sold'Arbace mi parlie me non curi!
T'avessipur veduto
d'unalagrima sola umido il ciglio!
Unosguardoun sospiro
unsegno di pietade in te non trovo:
epoi grazie mi chiedi?
Pertanti oltraggi ho da premiarti ancora?
Perchétu lo vuoi salvoio vuo' che mora.
Enea: Idol mioche pur sei
adonta del destin l'idolo mio
cheposso dir? Che giova
rinnovarco' sospiri il tuo dolore?
Ah!se per me nel core
qualchetenero affetto avesti mai
placail tuo sdegno e rasserena i rai.
Quell'Eneatel domanda
chetuo corche tuo bene un dì chiamasti;
quelche sinora amasti
piùdella vita tuapiù del tuo soglio;
quello...
Didone: Basta; vincesti: eccoti il foglio.
Vediquanto t'adoro ancoraingrato!
Conun tuo sguardo solo
mitogli ogni difesa e mi disarmi.
Edhai cor di tradirmi? E puoi lasciarmi?
Ah!non lasciarmino
bell'idolmio:
dichi mi fiderò
setu m'inganni?
Divita mancherei
neldirti addio;
cheviver non potrei
fratanti affanni.
SCENAV
Enea: Io sento vacillar la mia costanza
atanto amore appresso;
ementre salvo altruiperdo me stesso.
Iarba: Che fa l'invitto Enea? Gli veggo ancora
delpassato timore i segni in volto.
Enea: Iarba da' lacci è sciolto!
Chiti diè libertà?
Iarba: Permette Osmida
cheper entro la reggia io mi raggiri:
mavuol ch'io vada errando
persicurezza tua senza il mio brando.
Enea: Così tradisce Osmida
ilcomando real?
Iarba: Dimmiche temi?
Ch'iofuggendo m'involi a queste mura?
Troppovi resterò per tua sventura.
Enea: La tua sorte presente
fapietànon timore.
Iarba: Risparmia al tuo gran core
questapietà. D'una regina amante
tentapure a mio danno
cercapur d'irritar gli sdegni insani.
Conaltr'armi non sanno
leoffese vendicar gli eroi troiani.
Enea: Leggi. La regal donna in questo foglio
latua morte segnò di propria mano.
SeEnea fosse africano
Iarbaestinto saria. Prendi ed impara
barbarodiscortese
comevendica Enea le proprie offese.
SCENAVI
Iarba: Così strane venture io non intendo.
Pietànel mio nemico
infedeltànel mio seguace io trovo.
Ahforse a danno mio
l'unoe l'altro congiura.
Madi lor non ho cura.
Pietàfinga il rivale
sial'amico fallace
nonsarà di timor Iarba capace.
Foscanube il sol ricopra
osi scopra il ciel sereno
nonsi cangia il cor nel seno
nonsi turba il mio pensier.
Levicende della sorte
imparaicon alma forte
dallefasce a non temer.
SCENAVII
Enea: Fra il dovere e l'affetto
ancordubbioso in petto ondeggia il core.
Purtroppo il mio valore
all'imperoservì d'un bel sembiante.
Ahuna volta l'eroe vinca l'amante.
Araspe: Di te finora in traccia
scorsila reggia.
Enea: Amico
vienifra queste braccia.
Araspe: AllontanatiEnea; son tuo nemico.
Snudasnuda quel ferro:
guerracon tenon amicizia io voglio.
Enea: Tu di Iarba all'orgoglio
primam'involie poi
guerrami chiedied amistà non vuoi?
Araspe: T'inganni. Allor difesi
lagloria del mio renon la tua vita.
Conpiù nobil ferita
renderglia me s'aspetta
quellache tolsi a luigiusta vendetta.
Enea: Enea stringer l'acciaro
controil suo difensore!
Araspe: Olà! che tardi?
Enea: La mia vita è tuo dono
prendilapur se vuoi; contento io sono.
Mach'io debba a tuo danno armar la mano
generosoguerrierlo speri in vano.
Araspe: Se non impugni il brando
aragion ti dirò codardo e vile.
Enea: Questa ad un cor virile
vergognosaminaccia Enea non soffre.
Eccoper soddisfarti io snudo il ferro.
Maprima i sensi miei
odangli uomini tuttiodan gli dei.
Ioson d'Araspe amico:
iodebbo la mia vita al suo valore.
Adonta del mio core
discendoal gran cimento
dicodardia tacciato;
eper non esser vilmi rendo ingrato.
SCENAVIII
Selene: Tanto ardir nella reggia? Olàfermate.
Cosìmi serbi fé? Così difendi
Araspetraditord'Enea la vita?
Enea: NoprincipessaAraspe
nonha di tradimenti il cor capace.
Selene: Chi di Iarba è seguace
esserfido non può.
Araspe: Bella Selene
puoitu sola avanzarti
atacciarmi così.
Selene: T'acchetae parti.
Araspe: Taceròse tu lo brami;
mafai torto alla mia fede
semi chiami traditor.
Porteròlontano il piede;
madi questi sdegni tuoi
soche poi tu avrai rossor.
SCENAIX
Enea: Allorché Araspe a provocar mi venne
delsuo signor sostenne
leragioni con me. La sua virtude
secondannar pretendi
troppoquel core ingiustamente offendi.
Selene: Sia qual ei vuole Araspeor non è tempo
difavellar di lui. Brama Didone
tecoparlar.
Enea: Poc'anzi
dalsuo real soggiorno io trassi il piede.
Sedi nuovo mi chiede
ch'ioresti in questa arena
invan s'accrescerà la nostra pena.
Selene: Come fra tanti affanni
cormiochi t'ama abbandonar potrai?
Enea: Selenea me "cor mio"?
Selene: E` Didone che parlae non son io.
Enea: Se per la tua germana
cosìpietosa sei
noncurar più di meritorna a lei.
Dilleche si consoli
checeda al fato e rassereni il ciglio.
Selene: Ah no! Cangiamio bencangia consiglio.
Enea: Tu mi chiami tuo bene?
Selene: E` Didone che parlae non Selene.
Vienie l'ascolta. E` l'unico conforto
ch'ellaimplora da te.
Enea: D'un core amante
quest'èil solito inganno:
vacercando confortoe trova affanno.
Tormentoil più crudele
d'ognicrudel tormento
èil barbaro momento
chein due divide un cor.
E`affanno sì tiranno
cheun'alma nol sostiene.
Ah!nol provarSelene
senol provasti ancor.
SCENAX
Selene: Stolta! per chi sospiro? Io senza speme
perdola pace mia. Ma chi mi sforza
invano a sospirar? Scelgasi un core
piùgrato a' voti miei. Scelgasi un volto
degnod'amor. Scelgasi... Oh Dio! la scelta
nostroarbitrio non è. Non è bellezza
nonè senno o valore
chein noi risvegli amore: anzi talora
ilmen vagoil più stolto è che s'adora.
Bellaciascuna poi finge al pensiero
lafiamma suama poche volte è vero.
Ogniamator suppone
chedella sua ferita
siala beltà cagione
mala beltà non è.
E`un bel desioche nasce
allorche men s'aspetta;
sisente che diletta
manon si sa perché.
SCENAXI
Didone: Incerta del mio fato
iopiù viver non voglio. E` tempo ormai
cheper l'ultima volta Enea si tenti.
Sedirgli i miei tormenti
sela pietà non giova
facciala gelosia l'ultima prova.
Enea: Ad ascoltar di nuovo
irimproveri tuoi vengoo regina.
Soche vuoi dirmi ingrato
perfidomancatorspergiuroindegno:
chiamamicome vuoi: sfoga il tuo sdegno.
Didone: Nosdegnata io non sono. Infidoingrato
perfidomancator più non ti chiamo;
rammentartinon bramo i nostri ardori:
date chiedo consiglie non amori.
Siedi.
Enea: (Che mai dirà?)
Didone: Già vediEnea
chefra nemici è il mio nascente impero.
Sprezzaifin oraè vero
leminacce e 'l furor; ma Iarba offeso
quandopriva sarò del tuo sostegno
mitorrà per vendetta e vita e regno.
Incosì dubbia sorte
ognirimedio è vano:
deggioincontrar la morte
oal superbo african porger la mano.
L'unoe l'altro mi spiacee son confusa.
Alfin femminae sola
lungidal patrio cielperdo il coraggio:
enon è meraviglia
s'iorisolver non so: tu mi consiglia.
Enea: Dunque fuor che la morte
oil funesto imeneo
trovarnon si potria scampo migliore?
Didone: V'era pur troppo.
Enea: E quale?
Didone: Se non sdegnava Enea d'esser mio sposo
l'Africaavrei veduta
dall'Arabicoseno al mar d'Atlante
inCartago adorar la sua regnante:
edi Troia e di Tiro
rinnovarsi potea... Ma che ragiono?
L'impossibilmi fingoe folle io sono.
Dimmiche far degg'io? Con alma forte
comevuoisceglierò Iarbao la morte.
Enea: Iarbao la morte! E consigliarti io deggio?
Coleiche tanto adoro
all'odiatorival vedere in braccio!
Colei...
Didone: Se tanta pena
trovinelle mie nozzeio le ricuso:
maper tormi agl'insulti
necessarioè il morir. Stringi quel brando;
svenala tua fedele:
èpietà con Didone esser crudele.
Enea: Ch'io ti sveni? Ah! più tosto
cadasopra di me del Ciel lo sdegno:
primascemin gli dei
peraccrescer tuoi giornii giorni miei.
Didone: Dunque a Iarba mi dona. Olà.
Enea: Deh ferma.
Troppooh Dio! per mia pena
sollecitatu sei.
Didone: Dunque mi svena.
Enea: Nosi ceda al destino: a Iarba stendi
latua destra real. Di pace priva
restil'alma d'Eneapurché tu viva.
Didone: Giacché d'altri mi brami
appagartisaprò. Iarba si chiami.
Vediquanto son io
ubbidientea te.
Enea: Reginaaddio.
Didone: Dovedove? T'arresta.
Delfelice imeneo
tivoglio spettatore.
(Resisternon potrà).
Enea: (Costanzao core).
SCENAXII
Iarba: Didonea che mi chiedi?
Seifollese mi credi
dall'iratuada tue minacce oppresso.
Nonsi cangia il mio cor; sempre è l'istesso.
Enea: (Che arroganza!)
Didone: Deh placa
iltuo sdegnoo signor. Tucol tacermi
iltuo grado e il tuo nome
agran rischio esponesti il tuo decoro.
Edio... Ma qui t'assidi
econ placido volto
ascoltai sensi miei.
Iarba: Parlat'ascolto.
Enea: Permettimi che ormai...
Didone: Fermati e siedi.
Troppolunghe non fian le tue dimore.
(Resisternon potrà).
Enea: (Costanzao core).
Iarba: Eh vada. Allor che teco
Iarbasoggiornaha da partir costui.
Enea: (Ed io lo soffro?)
Didone: In lui
invece d'un rival trovi un amico.
Eisempre a tuo favore
mecoparlò: per suo consiglio io t'amo.
Secredi menzognero
illabbro miodillo tu stesso.
Enea: E` vero.
Iarba: Dunque nel re de' Mori
altromerto non v'è che un suo consiglio?
Didone: NoIarba; in te mi piace
quelregio ardirche ti conosco in volto:
amoquel cor sì forte
sprezzatorde' perigli e della morte.
Ese il Ciel mi destina
tuacompagna e tua sposa...
Enea: Addioregina.
Bastache fin ad ora
t'abbiaubbidito Enea.
Didone: Non basta ancora.
Siediper un momento.
(Cominciaa vacillar).
Enea: (Questo è tormento!)
Iarba: Troppo tardio Didone
conosciil tuo dover. Ma pure io voglio
donargli oltraggi miei
tuttialla tua beltà.
Enea: (Che penao dei!)
Iarba: In pegno di tua fede
dammidunque la destra.
Didone: Io son contenta.
Apiù gradito laccio Amor pietoso
stringernon mi potea.
Enea: Più soffrir non si può.
Didone: Qual iraEnea?
Enea: E che vuoi? Non ti basta
quantofin or soffrì la mia costanza?
Didone: Eh taci.
Enea: Che tacer? Tacqui abbastanza.
Vuoidarti al mio rivale
bramich'io tel consigli;
tuttofaccio per te; che più vorresti?
Ch'ioti vedessi ancor fra le sue braccia?
Dimmiche mi vuoi mortoe non ch'io taccia.
Didone: Odi. A torto ti sdegni.
Saiche per ubbidirti...
Enea: Intendointendo;
iosono il traditorson io l'ingrato;
tusei quella fedele
cheper me perderebbe e vita e soglio:
matanta fedeltà veder non voglio.
SCENAXIII
Didone: Senti.
Iarba: Lascia che parta.
Didone: I suoi trasporti
ame giova calmar.
Iarba: Di che paventi?
Dammila destrae mia
divendicarti poi la cura sia.
Didone: D'imenei non è tempo.
Iarba: Perché?
Didone: Più non cercar.
Iarba: Saperlo io bramo.
Didone: Giacché vuoitel dirò: perché nont'amo:
perchémai non piacesti agli occhi miei;
perchéodioso mi sei; perché mi piace
piùche Iarba fedeleEnea fallace.
Iarba: Dunqueperfidaio sono
unoggetto di riso agli occhi tuoi!
Masai chi Iarba sia?
Saicon chi ti cimenti?
Didone: So che un barbaro seiné mi spaventi.
Iarba: Chiamami pur così.
Forsepentita un dì
pietàmi chiederai
manon l'avrai da me.
Quelbarbaroche sprezzi
nonplacheranno i vezzi:
nésoffrirà l'inganno
quelbarbaro da te.
SCENAXIV
Didone: E pure in mezzo all'ire
trovapace il mio cor. Iarba non temo;
mipiace Enea sdegnatoed amo in lui
comeeffetti d'amorgli sdegni sui.
Chisa. Pietosi numi
rammentatevialmeno
chefoste amanti un dìcome son io;
edabbia il vostro cor pietà del mio.
Valusingando Amore
ilcredulo mio core:
glidice"sei felice";
manon sarà così.
Perpoco mi consolo;
mapiù crudele io sento
poiritornar quel duolo
chesol per un momento
dall'almasi partì.
ATTOTERZO
SCENAPRIMA
Enea: Compagni invittia tollerare avvezzi
edel cielo e del mar gl'insulti e l'ire
destateil vostro ardire
cheper l'onda infedele
ètempo già di rispiegar le vele.
Andiamoamiciandiamo.
Aitroiani navigli
fremanopur venti e procelle intorno;
saranglorie i perigli;
edolce fia di rammentarli un giorno.
SCENAII
Iarba: Dove rivolgedove
quest'eroefuggitivo i legni e l'armi?
Vuolportar guerra altrove?
Oda me col fuggir cerca lo scampo?
Enea: Ecco un novello inciampo.
Iarba: Per un momento il legno
puòrimaner sul lido.
Vienise hai cor; meco a pugnar ti sfido.
Enea: Vengo. Restateamici
chead abbassar quel temerario orgoglio
altriche il mio valor meco non voglio.
Eccomia te. Che pensi?
Iarba: Penso che all'ira mia
latua morte sarà poca vendetta.
Enea: Per ora a contrastarmi
nonfai poco se pensi. All'armi.
Iarba: All'armi.
Enea: Venga tutto il tuo regno.
Iarba: Difenditise puoi.
Enea: Non temoindegno.
Giàcadesti e sei vinto. O tu mi cedi
otrafiggo quel core.
Iarba: In van lo chiedi.
Enea: Se al vincitor sdegnato
nondomandi pietà...
Iarba: Siegui il tuo fato.
Enea: Sìmori... Ma che fo? Novivi. In vano
tentiil mio cor con quell'insano orgoglio.
No;la vittoria mia macchiar non voglio.
Iarba: Son vinto sìma non oppresso. Almeno
oggettoall'ire tuesorte incostante
Iarbasol non sarà.
Lacaduta d'un regnante
tuttoun regno opprimerà.
SCENAIII
Osmida: Già di Iarba in difesa
lostuol de' Mori a queste mura è giunto.
Eccovicino il punto
dellagrandezza mia. D'essere infido
aduna donna ingrata
nonon sento rossor. Così punisco
l'ingiustiziadi leiche mai non diede
unpremio alla mia fede.
SCENAIV
Iarba: Seguitemio compagni:
allareggiaalla reggia.
Osmida: Odisignore:
letue schiere son pronte: è tempo al fine
chevendichi i tuoi torti.
Iarba: Amiciandiamo;
nonsoffre indugi il mio furor.
Osmida: T'arresta.
Iarba: Che vuoi?
Osmida: Deh non scordarti
chedeve alla mia fede
l'amortuo vendicato una mercede.
Iarba: E` giusto: anzi preceda
latua mercede alla vendetta mia.
Osmida: Generoso monarca...
Iarba: Olàcostui
sidisarmis'annodie poi s'uccida.
Osmida: Come! Questo ad Osmida?
Qualingiusto furore...
Iarba: Quest'è il premio dovuto a un traditore.
SCENAV
Enea: Siam tutti al fin raccolti. Alcun non manca
de'dispersi compagni. E ben si tronchi
ognidimora al fin. Sereno è il cielo;
l'auree l'onde son chiare:
allenavialle navi: al mareal mare.
Osmida: Invitto eroe.
Enea: Che avvenne?
Osmida: In questo stato
Iarbail barbaro re...
Enea: Comprendo. Amici
siponga Osmida in libertà. (L'indegno
dachi men può sperarlo abbia soccorso
edapprenda virtù dal suo rimorso).
Osmida: Ah lasciaeroe pietoso
chegrato a sì gran don...
Enea: Sorgied altrove
rivolgii passi tuoi.
Osmida: Grato a virtù sì rara...
Enea: Se grato esser mi vuoi
adesser fido un'altra volta impara.
Osmida: Quando l'ondache nasce dal monte
alsuo fonte ritorni dal prato
saròingrato a sì bella pietà.
Fiadel giorno la notte più chiara
sea scordarsi quest'anima impara
diquel braccioche vita mi dà.
SCENAVI
Enea: Principessaove corri?
Selene: A te. M'ascolta.
Enea: Se brami un'altra volta
rammentarmil'amort'adopri in vano.
Selene: Ma che farà Didone?
Enea: Al partir mio
mancaogni suo periglio.
Lamia presenza i suoi nemici irrìta.
Iarbaal trono l'invita;
stendaa Iarba la destrae si consoli.
Selene: Senti: se a noi t'involi
nonsol Didoneancor Selene uccidi.
Enea: Come?
Selene: Dal dì ch'io vidi il tuo sembiante
celaitimida amante
l'amormiola mia fede;
mavicina a morir chiedo mercede;
mercése non d'amore
almenodi pietà; mercé...
Enea: Selene
ormaipiù del tuo foco
nonmi parlarné degli affetti altrui.
Nonpiù amantequal fuiguerriero or sono.
Tornoal costume antico.
Chitrattien le mie glorie è mio nemico.
Atrionfar mi chiama
unbel desio d'onore;
egià sopra il mio core
comincioa trionfar.
Congenerosa brama
frai rischi e le ruine
dinuovi allori il crine
iovolo a circondar.
SCENAVII
Selene: Sprezzar la fiamma mia
toglierealla mia fede ogni speranza
esservanto potria di tua costanza:
mase né pur consenti
chesfoghi i suoi tormenti un core amante
ah!sei barbaroEneanon sei costante.
Iod'amoreoh Dio! mi moro
emi niega il mio tiranno
ancheil misero ristoro
dilagnarmi e poi morir.
Checostava a quel crudele
l'ascoltarle mie querele
edonare a tanto affanno
qualchetenero sospir!
SCENAVIII
Didone: Va crescendo
ilmio tormento;
iolo sento
enon l'intendo:
giustideiche mai sarà!
Osmida: Deh reginapietà!
Didone: Che rechiamico?
Osmida: Ah nocosì bel nome
nonmerta un traditore
d'Eneadi te nemico e del tuo amore.
Didone: Come!
Osmida: Con la speranza
diposseder Cartago
m'offersia Iarba: ei m'accettò: si valse
finor di me: poi per mercé volea
l'empiosvenarmi; e mi difese Enea.
Didone: Reo di tanto delitto hai fronte ancora
dipresentarti a me?
Osmida: Sìmia regina.
Tuvedi un infelice
chenon spera il perdono e nol desia:
chiedoa te per pietà la pena mia.
Didone: Sorgi. Quante sventure!
Miseramesotto qual astro io nacqui!
Mancane' miei più fidi...
SCENAIX
Selene: Oh Diogermana!
Alfine Enea...
Didone: Partì?
Selene: Noma fra poco
levele scioglierà da' nostri lidi.
Orora io stessa il vidi
versoi legni fugaci
sollecitocondurre i suoi seguaci.
Didone: Che infedeltà! Che sconoscenza! Oh dei!
Unesule infelice
Unmendìco stranier... Ditemi voi
sepiù barbaro cor vedeste mai?
Etucruda Selene
partirlo vedied arrestar nol sai?
Selene: Fu vana ogni mia cura.
Didone: VanneOsmida; e procura
cheresti Enea per un momento solo.
M'ascolti;e parta.
Osmida: Ad ubbidirti io volo.
SCENAX
Selene: Ah non fidarti: Osmida
tunon conosci ancor.
Didone: Lo so pur troppo.
Aquesto eccesso è giunta
lamia sorte tiranna:
deggiochiedere aita a chi m'inganna.
Selene: Non haifuor che in te stessaaltra speranza.
Vannea luiprega e piangi;
chisaforse potrai vincer quel core.
Didone: Alle preghiereai pianti
Didoscender dovrà! Didoche seppe
dallesidonie rive
correrdell'onde a cimentar lo sdegno
altroclima cercando ed altro regno!
Sonioson quella ancora
chedi nuove cittadi Africa ornai
cheil mio fasto serbai
frale insidiefra l'armi e fra i perigli;
eda tanta viltà tu mi consigli?
Selene: O scordati il tuo grado
oabbandona ogni speme.
Amoree maestà non vanno insieme.
SCENAXI
Didone: Araspe in queste soglie!
Araspe: A te ne vengo
pietosodel tuo rischio. Il re sdegnato
diCartagine i tetti arde e ruina.
Vedivedio regina
lefiammeche lontane agita il vento.
Setardi un sol momento
aplacare il suo sdegno
unsol giorno ti toglie e vita e regno.
Didone: Restano più disastri
perrendermi infelice?
Selene: Infausto giorno!
SCENAXII
Didone: Osmida.
Osmida: Arde d'intorno...
Didone: Lo so: d'Enea ti chiedo.
Cheottenesti da Enea?
Osmida: Partì. Lontano
ègià da queste sponde. Io giunsi appena
aravvisar le fuggitive antenne.
Didone: Ah stolta! io stessaio sono
complicedi sua fuga. Al primo istante
arrestarlo dovea. RitornaOsmida;
corrivola sul lido; aduna insieme
arminaviguerrieri:
raggiungil'infedele
lacerai lini suoisommergi i legni:
portamifra catene
queltraditore avvinto;
ese vivo non puoiportalo estinto.
Osmida: Tu pensi a vendicartie cresce intanto
lasollecita fiamma.
Didone: E` vercorriamo.
Iovoglio... Ah no... Restate...
Mala vostra dimora...
Iomi confondo... E non partisti ancora?
Osmida: Eseguisco i tuoi cenni.
SCENAXIII
Araspe: Al tuo periglio
pensao Didone.
Selene: E pensa
aripararne il danno.
Didone: Non fo poco s'io vivo in tanto affanno.
Vatucara Selene;
provvediordinaassisti in vece mia.
Nonlasciarmise m'amiin abbandono.
Selene: Ah che di te più sconsolata io sono!
SCENAXIV
Araspe: E tu qui resti ancor? Né ti spaventa
l'incendioche s'avanza?
Didone: Perduta ogni speranza
nonconosco timor. Ne' petti umani
iltimore e la speme
nasconoin compagniamuoiono insieme.
Araspe: Il tuo scampo desio. Vederti esposta
atal rischio mi spiace.
Didone: Araspeper pietà lasciami in pace.
SCENAXV
Didone: I miei casi infelici
favolosememorie un dì saranno:
eforse diverranno
soggettimiserabili e dolenti
alletragiche scene i miei tormenti.
Osmida: E` perduta ogni speme.
Didone: Così presto ritorni?
Osmida: In vanooh Dio!
tentaipassar dal tuo soggiorno al lido:
tuttadel Moro infido
ilminaccioso stuol Cartago inonda.
Frale strida e i tumulti
agl'insultidegli empi
sonle vergini esposteaperti i tempii:
népiù desta pietade
ol'immatura o la cadente etade.
Didone: Dunque alla mia ruina
piùriparo non v'è?
SCENAXVI
Selene: Fuggio regina.
Sonvinti i tuoi custodi;
nonci resta difesa.
Dallacittade accesa
passanle fiamme alla tua reggia in seno
edi fumo e faville è il ciel ripieno.
Didone: Andiam. Si cerchi altrove
pernoi qualche soccorso.
Osmida: E come?
Selene: E dove?
Didone: Veniteanime imbelli;
sevi manca valore
imparateda me come si muore.
SCENAXVII
Iarba: Fermati.
Didone: Oh dei!
Iarba: Dove così smarrita?
Forseal fedel troiano
corria stringer la mano?
Vapureaffretta il piede
cheal talamo reale ardon le tede.
Didone: Lo soquesto è il momento
dellevendette tue; sfoga il tuo sdegno
orche ogni altro sostegno il Ciel mi fura.
Iarba: Già ti difende Enea; tu sei sicura.
Didone: E ben sarai contento.
Mivolesti infelice? Eccomi sola
traditaabbandonata
senzaEneasenza amicie senza regno.
Debolemi volesti? Ecco Didone
ridottaal fine a lagrimar. Non basta?
Mivuoi supplice ancor? Sìde' miei mali
chiedoa Iarba ristoro:
daIarba per pietà la morte imploro.
Iarba: (Cedon gli sdegni miei).
Selene: (Giusti numipietà!)
Osmida: (Soccorsoo dei!)
Iarba: E purDidonee pure
sìbarbaro non sonqual tu mi credi.
Deltuo pianto ho pietà; meco ne vieni.
L'offeseio ti perdono
emia sposa ti guido al letto e al trono.
Didone: Io sposa d'un tiranno
d'unempiod'un crudeld'un traditore
chenon sa che sia fede
nonconosce dovernon cura onore?
S'iofossi così vile
sariagiusto il mio pianto.
Nola disgrazia mia non giunse a tanto.
Iarba: In sì misero stato insulti ancora!
Olàmiei fidiandate:
s'accrescanole fiamme. In un momento
sidistrugga Cartago; e non vi resti
ormad'abitator che la calpesti.
Selene: Pietà del nostro affanno!
Iarba: Or potrai con ragion dirmi tiranno.
Cadràfra poco in cenere
iltuo nascente impero
eignota al passeggiero
Cartaginesarà.
Sea te del mio perdono
menoè la morte acerba
nonmeritisuperba
soccorsoné pietà.
SCENAXVIII
Osmida: Cedi a Iarbao Didone.
Selene: Conserva con la tua la nostra vita.
Didone: Solo per vendicarmi
deltraditore Enea
cheè la prima cagion de' mali miei
l'aurevitali io respirar vorrei.
Ah!faccia il vento almeno
faccianoalmen gli dei le mie vendette.
Efolgori e saette
eturbini e tempeste
rendanol'aure e l'onde a lui funeste.
Vadaramingo e solo; e la sua sorte
cosìbarbara sia
chesi riduca ad invidiar la mia.
Selene: Deh modera il tuo sdegno. Anch'io l'adoro
esoffro il mio tormento.
Didone: Adori Enea!
Selene: Sìma per tua cagione...
Didone: Ah disleale!
Turivale al mio amor?
Selene: Se fui rivale
ragionnon hai...
Didone: Dagli occhi miei t'invola;
nonaccrescer più pene
adun cor disperato.
Selene: (Misera donnaove la guida il fato!)
SCENAXIX
Osmida: Crescon le fiammee tu fuggir non curi?
Didone: Mancano più nemici? Enea mi lascia
trovoSelene infida
Iarbam'insultae mi tradisce Osmida.
Mache feciempi numi? Io non macchiai
divittime profane i vostri altari:
némai di fiamma impura
fecil'are fumar per vostro scherno.
Dunqueperché congiura
tuttoil Ciel contro metutto l'inferno?
Osmida: Ah pensa a te; non irritar gli dei.
Didone: Che dei? Son nomi vani
sonchimere sognateo ingiusti sono.
Osmida: (Gelo a tanta empietadee l'abbandono).
SCENAULTIMA
Didone: Ah che dissiinfelice! A qual eccesso
mitrasse il mio furore?
OhDiocresce l'orrore! Ovunque io miro
mivien la morte e lo spavento in faccia:
tremala reggia e di cader minaccia.
SeleneOsmida! Ah! tutti
tutticedeste alla mia sorte infida:
nonv'è chi mi soccorrao chi m'uccida.
Vado...Ma dove? Oh Dio!
Resto...Ma poi... Che fo?
Dunquemorir dovrò
senzatrovar pietà?
Ev'è tanta viltà nel petto mio?
Nonosi mora; e l'infedele Enea
abbianel mio destino
unaugurio funesto al suo cammino.
PrecipitiCartago
ardala reggia; e sia
ilcenere di lei la tomba mia.
Dicendol'ultime parole corre Didone a precipitarsi disperata e furiosa nelleardenti ruine della reggia: e si perde fra i globi di fiammedifaville e di fumoche si sollevano alla sua caduta.
Neltempo medesimo su l'ultimo orizzonte comincia a gonfiarsi il mare ead avanzarsi lentamente verso la reggiatutto adombrato al di soprada dense nuvole e secondato dal tumulto di strepitosa sinfonia.Nell'avvicinarsi all'incendioa proporzione della maggior resistenzadel fuocova crescendo la violenza delle acque. Il furioso alternardell'ondeil frangersi ed il biancheggiar di quelle nell'incontrodelle opposte ruinelo spesso fragor de' tuonil'interrotto lumede' lampie quel continuo muggito marinoche suole accompagnar letempesterappresentano l'ostinato contrasto dei due nemici elementi.
Trionfandofinalmente per tutto sul fuoco estinto le acque vincitricisirasserena improvvisamente il cielosi dileguano le nubisi cangial'orrida in lieta sinfonia; e dal seno dell'onde già placate etranquille sorge la ricca e luminosa reggia di Nettuno. Nel mezzo diquella assiso nella sua lucida concatirata da mostri marini ecircondata da festive schiere di nereididi sirene e di tritonicomparisce il numeche appoggiato al gran tridente parla nelseguente tenore.
LICENZA
Nettuno: Se alla discordia antica
ritornargli elementiastri benigni
delciel d'Iberiain questo dì vedete
nonvi rechi stupor. Di merto eguali
bellagara d'onor ci fa rivali.
Sel'emulo Vulcano
quidegl'incendi suoi
faspettacolo a voiper qual cagione
dovràsì nobil peso
ame nume dell'acque esser conteso?
Perchéceder dovrei? S'ei tuona in campo
talorda' cavi bronzi
dell'iravostra esecutor fedele;
dellavostra giustizia
fedeleognora esecutore anch'io
portoa' mondi remoti
levostre leggi; e ne riporto i voti.
Ondea ragion pretesi
partealla gloria; onde a ragion costrinsi
nell'illustrecontesa
afremer le procelle in mia difesa.
Taceteo mie procelle
diquesto soglio al piè
orche il rivale a me
cedéla palma.
Edell'ibere stelle
alfausto balenar
tuttii regni del mar
torninoin calma.