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NiccolòMachiavelli
L'Asino
CAP.I
Ivari casila pena e la doglia
chesotto forma d'un Asin soffersi
canteròiopur che fortuna voglia.
Noncerco ch'Elicona altr'acqua versi
oFebo posi l'arco e la faretra
econ la lira accompagni i miei versi;
sìperché questa grazia non s'impetra
inquesti tempisì perch'io son certo
ch'alsuon d'un raglio non bisogna cetra.
Nécerco averne prezzopremio o merto;
eancor non mi curo che mi morda
undetrattoreo palese o coperto;
ch'ioso ben quanto gratitudo è sorda
a'preghi di ciascunoe so ben quanto
de'benificii un Asin si ricorda.
Morsio mazzate io non istimo tanto
quantoio solevasendo divenuto
dela natura di colui ch'io canto.
S'iofossi ancor di mia prova tenuto
piùch'io non sogliocosì mi comanda
quell'Asinsott'il quale io son vissuto.
Volsegià farne un bere in fonte Branda
bentutta Siena; e poi gli mise in bocca
unagocciola d'acqua a randa a randa.
Mase 'l ciel nuovi sdegni non trabocca
contradi mee' si farà sentire
pertutto un raglioe sia zara a chi tocca.
Maprima ch'io cominci a riferire
dell'Asinmio i diversi accidenti
nonvi rincresca una novella udire.
Fue non sono ancora al tutto spenti
isuoi consorti un certo giovanetto
purein Firenze infra l'antiche genti.
Acostui venne crescendo un difetto:
ch'inogni luogo per la via correva
ed'ogni tempo senza alcun rispetto.
Etanto il padre vie più si doleva
diquesto casoquanto le cagioni
dela sua malattia men conosceva;
evolse intender molte opinioni
dimolti savie 'n più tempo vi porse
millerimedi di mille ragioni.
Oltradi questoanco e' lo botò forse;
maciascadun rimedio ci fu vano
perciòche sempree in ogni luogo corse.
Ultimamenteun certo cerretano
de'quali ogni dì molti ci si vede
promiseal padre suo renderlo sano.
Macome avvien che sempre mai si crede
achi promette il bene (onde deriva
ch'a'medici si presta tanta fede:
espesso lor credendol'uom si priva
delbene: e questa sol tra l'altre sètte
parche del mal d'altrui si pasca e viva)
cosìcostui niente in dubbio stette
ene le man gli mise questo caso;
ch'ale parole di costui credette.
Edei gli fe' cento profumi al naso;
tràsseglisangue de la testa; e poi
gliparve aver il correr dissuaso.
Efatto ch'ebbe altri rimedi suoi
rendéper sano al padre il suo figliuolo
conquesti patti ch'or vi direm noi:
chemai non lo lasciasse andar fuor solo
perquattro mesima con seco stesse
chise per caso e' si levasse a volo
checon qualche buon modo il ritenesse
dimostrandogliin parte il suo errore
pregandolch'al suo onor riguardo avesse.
Cosìandò ben più d'un mese fòre
onestoe saggioinfra due suoi fratelli
direverenza pieno e di timore;
magiunto un di' ne la via de' Martelli
ondepuossi la via Larga vedere
cominciaroarricciarsigli i capelli.
Nonsi poté questo giovin tenere
vedendoquesta via dritta e spaziosa
dinon tornar ne l'antico piacere;
eposposta da parte ogni altra cosa
dicorrer gli tornò la fantasia
chemulinando mai non si riposa;
egiunto in su la testa de la via
lasciòire il mantello in terrae disse:
-Qui non mi terrà Cristo; - e corse via.
Edi poi corse semprementre visse
tantoche 'l padre si perdé la spesa
e'l medico lo studio che vi misse.
Perchéla mente nostrasempre intesa
dietroal suo naturalnon ci consente
contr'abitoo natura sua difesa.
Edioavendo già volta la mente
amorder questo e quelloun tempo stetti
assaiquietoumano e paziente
nonosservando più gli altrui difetti
cercandoin altro modo fare acquisto;
talche d'esser guarito i' mi credetti.
Maquesto tempo dispettoso e tristo
fasenza ch'alcuno abbia gli occhi d'Argo
piùtosto il mal che 'l bene ha sempre visto;
ondes'alquanto or di veleno spargo
bench'iomi sia divezzo di dir male
misforza il tempo di materia largo.
El'Asin nostro che per tante scale
diquesto nostro mondo ha mossi i passi
perlo ingegno veder d'ogni mortale
sebene in ogni luogo si osservassi
perle sue strade i suoi lunghi cammini
nonlo terrebbe il ciel che non ragghiassi.
Dunquenon fie verun che s'avvicini
aquesta rozza e capitosa gregge
pernon sentir degli scherzi asinini:
ch'ognunben sache sua natura legge
ch'unde' più destri giuochi che far sappi
ètrarre un paio di calci e due corregge.
Eognuno a suo modo ciarli e frappi
eabbia quanto voglia e fumo e fasto
ch'omaiconvien che questo Asin ci cappi;
esentirassi come il mondo è guasto
perch'iovorrò che tutto un vel dipinga
avantiche si mangi il freno e 'l basto:
echi lo vuol aver per malsi scinga.
CAP.II
Quandoritorna la stagione aprica
allorche primavera il verno caccia
a'ghiaccial freddoa le nevi nimica
dimostrail cielo assai benigna faccia
esuol Diana con le Ninfe sue
ricominciarpe' boschi andar a caccia;
e'l giorno chiaro si dimostra piue
massimesetra l'uno e l'altro corno
ilsol fiammeggia del celeste bue.
Sentonsigli asinelliandando attorno
romoreggiarinsieme alcuna volta
laseraquando a casa fan ritorno;
talche chiunque parlamal si ascolta;
ondeche per antica usanza è suta
direuna cosa la seconda volta;
perchécon voce tonante e arguta
alcundi loro spesso o raglia o ride
sevede cosa che gli piacciao fiuta.
Inquesto tempoallor che si divide
ilgiorno da la notteio mi trovai
inun luogo aspro quanto mai si vide.
Ionon vi so ben dir com'io v'entrai
néso ben la cagion perch'io cascassi
làdove al tutto libertà lasciai.
Ionon poteva muover i miei passi
pe'l timor grande e per la notte oscura
ch'ionon vedeva punto ov'io m'andassi.
Mamolto più mi accrebbe la paura
unsuon d'un corno sì feroce e forte
ch'ancorla mente non se ne assicura.
Emi parea veder intorno Morte
conla sua falcee d'un color dipinta
chesi dipinge ciascun suo consorte.
L'ariadi folta e grossa nebbia tinta
lavia di sassibronchi e sterpi piena
aveanla virtù mia prostrata e vinta.
Aun troncon m'er'io appoggiato a pena
quandouna luce subito m'apparve
nonaltrimenti che quando balena;
macome il balenar già non disparve
anzicrescendo e venendomi presso
sempremaggiore e più chiara mi parve.
Avevaio fisso in quella l'occhio messo
eintorno a essa un mormorio sentivo
d'unfrascheggiarche le veniva appresso.
Ioero quasi d'ogni senso privo
espaventato a quella novitate
tenevavòlto il volto a ch'io sentivo
quandouna donna piena di beltade
mafresca e frascami si dimostrava
conle sue trecce bionde e scapigliate.
Conla sinistra un gran lume portava
perla forestae da la destra mano
tenevaun corno con ch'ella sonava.
Intornoa leiper lo solingo piano
eranoinnumerabili animali
chedietro le venian di mano in mano.
Orsilupi e leon fieri e bestiali
ecervi e tassi econ molte altre fiere
unoinfinito numer di cignali.
Questomi fece molto più temere
efuggito sarei pallido e smorto
s'aggiuntofosse a la voglia il potere.
Maquale stella m'avria mostro il porto?
Edove gitomiserosarei?
Ochi m'avrebbe al mio sentiere scòrto?
Stavanodubbi tutti i pensier miei
s'iodoveva aspettar ch'a me venisse
oreverente farmi incontro a lei;
tantoch'innanzi dal tronco i' partisse
sopragiunseellae con un modo astuto
esogghignando: - Buona sera - disse.
Efu tanto domestico il saluto
contanta graziacon quanta avria fatto
semille volte m'avesse veduto.
Iomi rassicurai tutto a quello atto;
etanto più chiamandomi per nome
nelsalutar che fece il primo tratto.
Edi poisogghignandodisse: - Or come
dimmisei tu cascato in queste valle
danullo abitator colte né dome?
Leguance miech'erano smorte e gialle
mutarcolore e diventar di fuoco
etacendo mi strinsi ne le spalle.
Areivoluto dir: - Mio senno poco
vanosperare e vana openione
m'hanfatto ruinare in questo loco; -
manon potei formar questo sermone
innessun modocotanta vergogna
dime mi presee tal compassione.
Edella sorridendo: - E' non bisogna
tutema di parlar tra questi ceppi;
maparlae di' quel che 'l tuo core agogna;
chébenché in questi solitari greppi
i'guidi questa mandrae' son più mesi
chetutto 'l corso di tua vita seppi.
Maperché tu non puoi aver intesi
icasi nostriio ti dirò in che lato
ruinatotu siao in che paesi.
Quandoconvennenel tempo passato
aCirce abbandonar l'antico nido
primache Giove prendesse lo stato
nonritrovando alcuno albergo fido
négente alcuna che la ricevesse
tantoera grande di sua infamia il grido
inqueste oscure selveombrose e spesse
fuggendoogni consorzio umano e legge
suodomicilio e la sua sedia messe.
Traquesteadunquesolitarie schegge
agliuomini nimicasi dimora
nodritada' sospir di questa gregge.
Eperché mai alcun non uscì fuora
chequi venisseperò mai novelle
dilei si sepperné si sanno ancora.
Sonoal servizio suo molte donzelle
conle quai solo il suo regno governa
edio sono una del numer di quelle.
Ame è dato per faccenda eterna
chemeco questa mandria a pascer venga
perquesti boschie ogni lor caverna.
Peròconvien che questo lume tenga
equesto corno: l'uno e l'altro è buono
s'avvienche 'l giornoed io sia fuorsi spenga.
L'unmi scorge il cammin; con l'altro i' suono
s'alcunabestia nel bosco profondo
fossesmarritasappia dove i' sono.
Ese mi domandassiio ti rispondo:
sappiche queste bestie che tu vedi
uominicome tefuron nel mondo.
Es'a le mie parole tu non credi
risguardaun po' come intorno ti stanno
echi ti guarda e chi ti lecca i piedi.
Ela cagion del guardar ch'elle fanno
èch'a ciascuna de la tua ruina
rincrescee del tuo male e del tuo danno.
Ciascunacome tefu peregrina
inqueste selvee poi fu trasmutata
inqueste forme da la mia regina.
Questapropria virtù dal ciel gli è data
chein varie forme faccia convertire
tostoche 'l volto d'un uom fiso guata.
Pertanto a te convien meco venire
edi questa mia mandra seguir l'orma
sein questi boschi tu non vuoi morire.
Eperché Circe non vegga la forma
delvolto tuoe per venir secreto
tene verrai carpon fra questa torma.
Allorsi mosse con un viso lieto;
eionon ci veggendo altro soccorso
carpendocon le fiere le andai drieto
infrale spalle d'un cervio e d'un orso.
CAP.III
Dietroa le piante de la mia duchessa
andandocon le spalle volto al cielo
traquella turba d'animali spessa
ormi prendeva un caldo ed or un gelo
orle braccia tremando mi cercava
s'elleavevan cangiato pelle o pelo.
Lemani e le ginocchia io mi guastava;
ovoi ch'andate a le volte carponi
perdiscrezion pensate com'io stava.
Er'itoforse un'ora ginocchioni
traquelle fierequando capitamo
inun fossato tra duo gran valloni.
Vedereinnanzi a noi non potevamo
peròche il lume tutti ci abbagliava
diquella donna che noi seguavamo;
quandouna voce udimmo che fischiava
colrumor d'una porta che si aperse
dicui l'uno e l'altro uscio cigolava.
Comela vista el riguardar sofferse
dinanziagli occhi nostri un gran palazzo
dimirabile altura si scoperse.
Magnificoe spazioso era lo spazzo;
mabisognòper arrivare a quello
diquel fossato passar l'acqua a guazzo.
Unatrave faceva ponticello
sopracui sol passò la nostra scorta
nonpotendo le bestie andar sopr'ello.
Giuntiche fummo a piè de l'alta porta
piend'affanno e d'angoscia i' entrai drento
traquella turba ch'è peggio che morta
efummi assai di minore spavento;
chéla mia donna perch'io non temessi
aveane l'entrar quivi il lume spento.
Equesto fu cagion ch'io non vedessi
d'ondesi fosse quel fischiar venuto
ochi aperto ne l'entrar ci avessi.
Cosìtra quelle bestie sconosciuto
miritrovai in un ampio cortile
tuttosmarritosenza esser veduto.
Ela mia donna bellaalta e gentile
perispazio d'un'orao piùattese
lebestie a rassettar nel loro ovile.
Poitutta lieta per la man mi prese
edin una sua camera menommi
dov'ungran fuoco di sua mano accese;
colqual cortesemente rasciugommi
quell'acquache m'avea tutto bagnato
quandoil fossato passar bisognommi.
Posciach'io fui rasciuttoe riposato
alquantoda l'affanno e dispiacere
chequella notte m'avea travagliato
incominciai:- Madonna il mio tacere
nascenon già perch'io non sappia a punto
quantoben fatto m'haiquanto piacere.
Ioera al termin di mia vita giunto
perluogo oscurotenebroso e cieco
quandofui da la notte sopraggiunto.
Tumi menasti per salvarmi teco:
dunquela vita da te riconosco
eciò ch'intorno a quella porto meco.
Mala memoria de l'oscuro bosco
coltuo bel volto m'han fatto star cheto
(nelqual ogni mio ben veggo e conosco)
chefatto m'hanno ora doglioso or lieto:
dogliosoper quel mal che venne pria;
allegroper quel ben che venne drieto;
chépotuto non ho la voce mia
esplicara parlare infin ch'io sono
posatoin parte de la lunga via.
Matune le cui braccia io m'abbandono
eche tal cortesia usata m'hai
chenon si può pagar con altro dono
cortesein questa parte ancor sarai
chenon ti gravi sìche tu mi dica
quelcorso di mia vita che tu sai -.
-Tra la gente moderna e tra l'antica
cominciòella- alcun mai non sostenne
piùingratitudinné maggior fatica.
Questogià per tua colpa non ti avvenne
comeavviene ad alcunma perché sorte
altuo ben operar contraria venne.
Questati chiuse di pietà le porte
quandoch'al tutto questa t'ha condutto
inquesto luogo sì feroce e forte.
Maperché il pianto a l'uom fu sempre brutto
sidebbe a' colpi de la sua fortuna
voltaril viso di lagrime asciutto.
Vedile stelle e 'l cielvedi la luna
vedigli altri pianeti andar errando
oralto or basso senza requie alcuna;
quandoil ciel vedi tenebrosoe quando
lucidoe chiaro; e così nulla in terra
vienne lo stato suo perseverando.
Diquivi nasce la pace e la guerra;
diqui dipendon gli odi tra coloro
ch'unmuro insieme ed una fossa serra.
Daquesto venne il tuo primo martoro;
daquesto nacque al tutto la cagione
dele fatiche tue senza ristoro.
Nonha cangiato il cielo opinione
ancorné cangeràmentre che i fati
tengonver te la lor dura intenzione.
Equelli umori i quai ti sono stati
cotantoavversi e cotanto nimici
nonsono ancornon sono ancor purgati;
macome secche fien le lor radici
eche benigni i ciel si mostreranno
tornerantempi più che mai felici;
etanto lieti e giocondi saranno
cheti darà diletto la memoria
edel passato e del futuro danno.
Forsech'ancor prenderai vanagloria
aqueste genti raccontando e quelle
dele fatiche tue la lunga istoria.
Maprima che si mostrin queste stelle
lieteverso di tegir ti conviene
cercandoil mondo sotto nuova pelle;
chéquella Provvidenza che mantiene
l'umanaspezievuol che tu sostenga
questodisagio per tuo maggior bene.
Diqui conviene al tutto che si spenga
inte l'umana effigieesenza quella
mecotra l'altre bestie a pascer venga.
Népuò mutarsi questa dura stella;
eper averti in questo luogo messo
sidifferisce il malnon si cancella.
Elo star meco alquanto t'è permesso
acciòdel luogo esperienza porti
edegli abitator che stanno in esso.
Adunquefa che tu non ti sconforti;
maprendi francamente questo peso
sopragli omeri tuoi solidi e forti;
ch'ancorti gioverà d'averlo preso.
CAP.IV
Poiche la donna di parlare stette
leva'miin pièrimanendo confuso
perle parole ch'ella aveva dette.
Purdissi: - Il ciel né altri i' non accuso
némi vo' lamentar di sì ria sorte
perchénel mal più che nel ben sono uso.
Mas'io dovessi per l'infernal porte
gireal ben che detto haimi piacerebbe
nonche per quelle vie che tu m'hai porte.
Fortunadunquetutto quel che debbe
eche le parde la mia vita faccia;
ch'ioso ben che di me mai non le 'ncrebbe. -
Allorala mia donna aprì le braccia
econ un bel sembiantetutta lieta
mibaciò dieci volte e più la faccia;
poidisse festeggiando: - Alma discreta
questoviaggio tuoquesto tuo stento
cantatofia da istorico o poeta.
Maperché via passar la notte sento
vo'che pigliam qualche consolazione
eche mutiam questo ragionamento.
Eprima troverem da colezione
chéso bisogno n'hai forse non poco
sedi ferro non è tua condizione;
egoderemo insieme in questo loco.
Edetto questouna sua tovaglietta
apparecchiòsu un certo desco al fuoco.
Poitrasse d'uno armario una cassetta
dentrovipanebicchieri e coltella
unpollouna insalata acconcia e netta
ealtre cose appartenenti a quella.
Posciaa me voltadisse: - Questa cena
ognisera m'arreca una donzella.
Ancorquesta guastada porta piena
divinche ti parràse tu l'assaggi
diquel che Val di Grieve e Poppi mena.
Godiamoadunque; ecome fanno i saggi
pensache ben possa venire ancora;
echi è drittoal fin convien che caggi.
Equando viene il malche viene ognora
mandalogiù come una medicina;
chépazzo è chi la gusta o l'assapora.
Viviamoor lietiinfin che domattina
conla mia greggia sia tempo uscir fuori
perubbidire a l'alta mia regina -.
Cosìlasciando gli affanni e i dolori
lietiinsieme cenammo: e ragionossi
dimille canzonette e mille amori.
Poicome avemmo cenatospogliossi
edentro al letto mi fe' seco entrare
comesuo amante o suo marito io fossi.
Quibisogna a le Muse il peso dare
perdir la sua beltà; ché senza loro
sarebbevano il nostro ragionare.
Eranoi suoi capei biondi com'oro
ricciutie crespital che d'una stella
pareanoi raggi o del superno coro.
Ciascunoocchio pareva una fiammella
tantolucentesì chiara e sì viva
ch'ogniacuto veder si spegne in quella.
Aveala testa una grazia attrattiva
talch'io non so a chi me la somigli
perchél'occhio al guardarla si smarriva.
Sottiliarcati e neri erano i cigli
perch'aplasmargli fur tutti gli dei
tuttii celesti e superni consigli.
Diquel che da quei pende dir vorrei
cosach'al vero alquanto rispondesse
matacciolperché dir non lo saprei.
Ionon so già chi quella bocca fesse;
seGiove con sua man non la fece egli
noncredo ch'altra man far la potesse.
Identi più che d'avorio eran begli;
euna lingua vibrar si vedeva
comeuna serpeinfra le labbra e quegli:
d'ondeuscì un parlareil qual poteva
fermarei venti e far andar le piante
sìsoave concento e dolce aveva.
Ilcollo e 'l mento ancor vedeasie tante
altrebellezzeche farian felice
ognimeschino e infelice amante.
Ionon so s'a narrarlo si disdice
quelche seguì da poi; però che 'l vero
suolespesso far guerra a chi lo dice.
Purlo diròlasciandone il pensiero
achi vuol biasimar; perchétacendo
ungran piacernon è piacer intero.
Iovenni ben con l'occhio discorrendo
tuttele parti sue infino al petto
alo splendor del qual ancor m'accendo;
mapiù oltre veder mi fu disdetto
dauna ricca e candida coperta
conla qual coperto era il picciol letto.
Erala mente mia stupida e incerta
frigidamestatimida e dubbiosa
nonsapendo la via quanto era aperta.
Ecome giace stanca e vergognosa
einvolta nel lenzuolla prima sera
pressoal marito la novella sposa
cosìd'intornopaurosom'era
lacoperta del letto inviluppata
comequel che 'n virtù sua non ispera.
Mapoi che fu la donna un pezzo stata
ariguardarmisogghignando disse:
-Sare' io d'ortica o pruni armata?
Tupuo' aver quel che sospirando misse
alcungiàper averlopiù d'un grido
efe' mille quistioni e mille risse.
Beneentreresti in qualche loco infido
perritrovarti mecoo noteresti
comeLeandro infra Seto e Abido;
poiche la virtute hai sì pocache questi
panniche son fra noi ti fanno guerra
eda me sì discosto ti ponesti -.
Ecome quando nel carcer si serra
dubbiosode la vitaun peccatore
chesta con gli occhi guardando la terra;
pois'egli avvien che grazia dal signore
impetrie' lascia ogni pensiero strano
eprende assai d'ardire e di valore
taler'ioe tal divenni per l'umano
suoragionare; e a lei m'accostai
stendendofra' lenzuol la fredda mano.
Ecome poi le sue membra toccai
undolce sì soave al cor mi venne
qualio non credo più gustar mai.
Nonin un loco la man si ritenne
madiscorrendo per le membra sue
lasmarrita virtù tosto rinvenne.
Enon essendo già timido piue
dopoun dolce sospirparlando dissi:
-Sian benedette le bellezze tue!
Siabenedetta l'oraquando io missi
ilpiè ne la forestae se mai cose
cheti fossero a corfeci né scrissi.
Epien di gesti e parole amorose
rinvoltoin quelle angeliche bellezze
chescordar mi facean l'umane cose
intornoal cor sentii tante allegrezze
contanto dolcech'io mi venni meno
gustandoil fin di tutte le dolcezze
tuttoprostrato sopra il dolce seno.
CAP.V
Venivagià la fredda notte manco:
fuggivansile stelle ad una ad una
ed'ogni parte il ciel si facea bianco;
cedevaal sole il lume de la luna
quandola donna mia disse: - E' bisogna
poich'egli è tale il voler di Fortuna
s'ionon voglio acquistar qualche vergogna
tornara la mia mandrae menar quella
doveprender l'usato cibo agogna.
Tuti resterai solo in questa cella
equesta seraal tornarmenerotti
dovetu possa a tuo modo vedella.
Nonuscir fuor; questo ricordo dotti;
nonrisponder s'un chiamaperché molti
deglialtri questo errore ha mal condotti.
Indipartissi; ed ioch'aveva volti
tuttii pensieri a l'amoroso aspetto
chelucea più che tutti gli altri volti
sendorimaso in camera soletto
permitigardel letto i' mi levai
l'incendiogrande che m'ardeva il petto.
Comeprima da lei mi discostai
miriempié di pensier la saetta
quellaferita che per lei sanai.
Estav'io come quello che sospetta
divarie cosee se stesso confonde
desiderandoil ben che non aspetta.
Eperché a l'un pensier l'altro risponde
lamente a le passate cose corse
che'l tempo per ancor non ci nasconde;
equa e là ripensando discorse
comel'antiche gentialte e famose
fortunaspesso or carezzò e or morse;
etanto a me parver maravigliose
chemeco la cagion discorrer volli
delvariar de le mondane cose.
Quelche ruina da' più alti colli
piùch'altroi regniè questo: che i potenti
dilor potenza non son mai satolli.
Daquesto nasce che son mal contenti
queich'han perdutoe che si desta umore
perruinar quei che restan vincenti;
ondeavvien che l'un sorge e l'altro muore;
equel ch'è surtosempre mai si strugge
pernuova ambizione o per timore.
Questoappetito gli stati distrugge:
etanto è più mirabilche ciascuno
conoscequesto errornessun lo fugge.
SanMarco impetuoso ed importuno
credendosiaver sempre il vento in poppa
nonsi curò di ruinare ognuno;
névide come la potenza troppa
eranocivae come il me' sarebbe
tenersott'acqua la coda e la groppa.
Spessouno ha pianto lo stato ch'egli ebbe
edopo il fattopoi s'accorge come
asua ruina e a suo danno crebbe.
Atenee Spartadi cui sì gran nome
fugià nel mondoallor sol ruinorno
quandoebber le potenze intorno dome.
Madi Lamagna nel presente giorno
ciascadunacittà vive sicura
peraver manco di sei miglia intorno.
Ala nostra città non fe' paura
Arrigogià con tutta la sua possa
quandoi confini avea presso a le mura;
edor ch'ella ha sua potenza promossa
intornoe diventata è grande e vasta
temeogni cosanon che gente grossa.
Perchéquella virtute che soprasta
uncorpo a sostenerquando egli è solo
aregger poi maggior peso non basta.
Chivuol toccar e l'uno e l'altro polo
sitruova ruinato in sul terreno
com'Icargià dopo suo folle volo.
Veroè che suol durar o più o meno
unapotenzasecondo che più
omen sue leggi buone e ordin fieno.
Quelregno che sospinto è da virtù
adoperareo da necessitate
sivedrà sempre mai gire all'insù;
eper contrario fia quella cittate
pienadi sterpi silvestri e di dumi
cangiandoseggio dal verno a la state
tantoch'al fin convien che si consumi
eponga sempre la sua mira in fallo
cheha buone leggi e cattivi costumi.
Chile passate cose leggesallo
comegli imperii comincian da Nino
epoi finiscono in Sardanapallo.
Quelprimo fu tenuto un uom divino
quell'altrofu trovato fra l'ancille
com'unadonna dispensar il lino.
Lavirtù fa le region tranquille:
eda tranquillità poi ne risolta
l'ozio:e l'ozio arde i paesi e le ville.
Poiquando una provincia è stata involta
ne'disordini un tempotornar suole
virtutead abitarvi un'altra volta.
Quest'ordinecosì permette e vuole
chici governaacciò che nulla stia
opossa star mai fermo sotto 'l sole.
Edèe sempre fu e sempre fia
che'l mal succeda al beneil bene al male
el'un sempre cagion dell'altro sia.
Veroè ch'un crede sia cosa mortale
pe'regnie sia la lor distruzione
l'usurao qualche peccato carnale;
edella lor grandezza la cagione
eche alti e potenti gli mantiene
siandigiunilimosineorazione.
Unaltropiù discreto e saviotiene
ch'aruinargli questo mal non basti
nébasti a conservargli questo bene.
Crederche senza te per te contrasti
Diostandoti ozioso e ginocchioni
hamolti regni e molti stati guasti.
E'son ben necessarie l'orazioni:
ematto al tutto è quel ch'al popol vieta
lecerimonie e le sue divozioni;
perchéda quelle in ver par che si mieta
unionee buono ordine; e da quello
buonafortuna poi dipende e lieta.
Manon sia alcun di sì poco cervello
checredase la sua casa ruina
cheDio la salvi senz'altro puntello;
perchée' morrà sotto quella ruina.
CAP.VI
Mentrech'io stava sospeso ed involto
conl'affannata mente in quel pensiero
avevail sole il mezzo cerchio volto:
ilmezzodicodel nostro emispero;
talche da noi s'allontanava il giorno
el'oriente si faceva nero;
quandoio conobbi pe 'l sonar d'un corno
epe 'l ruggir de l'infelice armento
comela donna mia facea ritorno.
Ebench'io fossi in quel pensiero intento
chetutto il giorno a sé mi aveva tratto
edel mio petto ogni altra cura spento
com'iosentii la mia donnadi fatto
pensaich'ogni altra cosa fosse vana
fuordi colei di cui fui servo fatto;
chegiunta dov'io eratutta umana
ilcollo mio con un de' bracci avvinse
conl'altro mi pigliò la man lontana.
Vergognaalquanto il viso mi dipinse
népotti dire alcuna cosa a quella
tantafu la dolcezza che mi vinse.
Purdopo alquanto spazioe io ed ella
insiemeragionammo molte cose
com'unoamico con l'altro favella.
Mariposate sue membra angosciose
erecreate dal cibo usitato
cosìparlando la donna propose:
-Già ti promisi d'averti menato
inloco dove comprender potresti
tuttala condizion del nostro stato;
adunquese ti piacefa' t'appresti
evedrai gente con cui per l'adrieto
granconoscenza e gran pratica avesti -.
Indilevossie io le tenni drieto
com'ellavolsee non senza paura;
purnon sembrava né mesto né lieto.
Fattaera già la notte ombrosa e scura;
ond'ellaprese una lanterna in mano
ch'asuo piacer il lume scuopre e tura.
Gitiche fummoe non molto lontano
miparve entrar in un gran dormitoro
sìcome ne' conventi usar veggiàno.
Unlandrone era proprio come il loro
eda ciascun de' lati si vedeva
portepur fatte di pover lavoro.
Allorla donna ver me si volgeva
edisse come dentro a quelle porte
ilgrande armento suo meco giaceva.
Eperché variata era la sorte
eranvarie le loro abitazioni
eciaschedun si sta col suo consorte.
-Stanno a man destraal primo uscio i leoni
cominciòpoi che 'l suo parlar riprese
-co' denti acuti e con gli adunchi unghioni.
Chiunqueha cor magnanimo e cortese
daCirce in quella fera si converte;
mapochi ce ne son del tuo paese.
Benson le piagge tue fatte deserte
eprive d'ogni gloriosa fronda
chele facea men sassose e meno erte.
S'alcundi troppa furia e rabbia abbonda
tenendovita rozza e violenta
tragli orsi sta ne la stanza seconda;
ene la terzase ben mi rammenta
voracilupi e affamati stanno
talche cibo nessun non gli contenta.
Lordomicilio nel quarto loco hanno
buffolie buoi; e se con quella fiera
sitruova alcun de' tuoiàbbisi il danno.
Chisi diletta di far buona ciera
edorme quando e' veglia intorno al fuoco
sista fra' becchi nella quinta schiera.
Ionon ti vuo' discorrere ogni loco:
perchéa voler parlar di tutti quanti
sarebbeil parlar lungo e 'l tempo poco.
Bàstitiquesto: che dietro e davanti
cison cervipantere e leopardi
emaggior bestie assai che leofanti.
Mafa ch'un poco al dirimpetto guardi
quell'ampiaporta ch'a l'incontro è posta
nela quale entrerembenché sia tardi. -
Eprima ch'io facessi altra risposta
tuttasi mossee disse: - Sempre mai
sidebbe far piacer quando e' non costa.
Maperchépoi che dentro tu sarai
possaconoscer del loco ogni effetto
eme' considerar ciò che vedrai
intenderdebbi chesotto ogni tetto
diqueste stanzesta d'una ragione
d'animaibruticome già t'ho detto.
Solquesta non mantien tal condizione
ecome avvien nel Mallevato vostro
chevi va ad abitar ogni prigione
cosìcolà in quel loco ch'io ti mostro
puòir ciascuna fiera a diportarsi
cheper le celle stan di questo chiostro;
talcheveggendo quellapotrà farsi
senzariveder l'altre ad una ad una
dovesarebbon troppi passi sparsi.
Eanche in quella parte si raguna
fiereche son di maggior conoscenza
dimaggior grado e di maggior fortuna.
Ese ti parran bestie in apparenza
benne conoscerai qualcuna in parte
a'modia' gestia gli occhia la presenza.
Mentreparlavanoi venimmo in parte
dovela porta tutta ne appariva
conle sue circostanze a parte a parte.
Unafigurache pareva viva
eradi marmo scolpita davante
sopra'l grande arco che l'uscio copriva:
ecome Annibal sopra un elefante
pareache trionfasse; e la sua vesta
erad'uom gravefamoso e prestante.
D'allorouna ghirlanda aveva in testa;
lafaccia aveva assai gioconda e lieta;
d'intornogente che li facean festa.
-Colui è il grande abate di Gaeta
dissela donnacome saper dei
chefu già coronato per poeta.
Suosimulacro da' superni Dei
cometu vediin quel loco fu messo
congli altri che gli sono intorno a' piei
perchéciascun che gli venisse appresso
senz'altrointendergiudicar potesse
quaisian le genti là serrate in esso.
Mafacciam sì omaich'io non perdesse
cotantotempo a risguardar costui
chel'ora del tornar sopragiungesse.
Vienneadunquecon meco; e se mai fui
corteseti parrò a questa volta
neldimostrarti questi luoghi bui
setanta grazia non m'è dal ciel tolta.
CAP.VII
Noieravam col piè già 'n su la soglia
diquella portae di passar là drento
m'aveafatto venir la donna voglia;
edi quel mio voler restai contento
perchéla porta subito s'aperse
edimostronne il serrato convento.
Eperché me' quel potesse vederse
illume ch'ella avea sotto la vesta
chiusone l'entrar là tutto scoperse.
Ala qual luce sì lucida e presta
com'egliavvien nel veder cosa nuova
piùche duemila bestie alzar la testa.
Orguarda bense di veder ti giova
dissela donnail copioso drappello
che'n questo loco insieme si ritruova.
Néti paia fatica a veder quello
chénon son tutti terrestri animali;
benc'è tra tante bestie qualche uccello.
Iolevai gli occhie vidi tanti e tali
animaibrutich'io non crederei
potermai dir quanti fossero e quali;
eperché a dirlo tedioso sarei
narreròdi qualcunla cui presenza
diedepiù maraviglia a gli occhi miei.
Vidiun gatto per troppa pazienza
perderla predae restarne scornato
benchéprudente e di buona semenza.
Poividi un drago tutto travagliato
voltarsisenza aver mai posa alcuna
orasul destro ora su l'altro lato.
Vidiuna volpemaligna e 'mportuna
chenon truova ancor rete che la pigli;
eun can còrso abbaiar a la luna.
Vidiun leon che s'aveva gli artigli
e'denti ancor da se medesmo tratti
pe'suoi non buoni e non saggi consigli.
Pocopiù làcerti animai disfatti
qualcoda non aveaqual non orecchi
vidimusando starsi quatti quatti.
Iove ne scorsi e conobbi parecchi;
ese ben mi ricordo in maggior parte
eraun mescuglio fra conigli e becchi.
Appressoquestiun po' così da parte
vidiun altro animalnon come quelli
mada natura fatto con più arte.
Avevarari e delicati e' velli;
pareasuperbo in vista e animoso
talche mi venne voglia di piacelli.
Nondimostrava suo cuor generoso
Gliugnoni avendo incatenato e i denti;
peròsi stava sfuggiasco e sdegnoso.
Una________________
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___________________
Vidi________________
___________________
___________________
Poividi una giraffache chinava
ilcollo a ciascheduno; e da l'un canto
avevaun orso stanco che russava.
Vidiun pavon col suo leggiadro ammanto
girsipavoneggiandoe non temeva
se'l mondo andasse in volta tutto quanto.
Unoanimal che non si conosceva
sìvariato avea la pelle e 'l dosso
e'n su la groppa una cornacchia aveva.
Unabestiaccia vidi di pel rosso
ch'eraun bue senza corna; e dal discosto
m'ingannòche mi parve un caval grosso.
Poividi uno asin tanto mal disposto
chenon potea portarnon ch'altro il basto;
eparea proprio un citriuol d'agosto.
Vidiun segugioch'avea il veder guasto:
eCirce n'arìa fatto capitale
senon foss'itocom'un orboal tasto.
Vidiuno soricciuolch'avea per male
d'essersì piccolettoe bezzicando
andavaor questoor quell'altro animale.
Poividi un braccoch'andava fiutando
aquesto il ceffo a quell'altro la spalla
comes'andasse del padron cercando.
Iltempo è lungoe la memoria falla;
tantoch'io non vi posso ben narrare
quelch'io vidi in un dì per questa stalla.
Unbuffolche mi fe' raccapricciare
colsuo guardare e 'l suo mugliar sì forte
d'averveduto i' mi vo' ricordare.
Uncervio vidiche temeva forte
orqua or là variando il cammino
tantoavea paura de la morte.
Vidisopra una trave un armellino
chenon vuol ch'altri il guardinon che 'l tocchi
edera a una allodola vicino.
Inmolte buche più di cento allocchi
vidie una oca bianca come neve
euna scimia che facea lo 'mbocchi.
Viditanti animaiche saria greve
elungo a raccontar lor condizioni
comefu il tempo a riguardarli breve.
Quantimi parver già Fabi e Catoni
chepoi che quivi di lor esser seppi
miriusciron pecore e montoni!
Quantine pascon questi duri greppi
cheseggono alto ne' più alti scanni!
Quantinasi aquilin riescon gheppi!
Ebench'io fossi involto in mille affanni
purparlare a qualcuno arei voluto
sevi fossero stati i torcimanni;
mala mia donnach'ebbe conosciuto
questamia voglia e questo mio appetito
disse:- Non dubitarch'e' fia adempiuto.
Guardaun po' là dov'io ti mostro a dito
senz'essertipiù oltre mosso un passo
purlungo il murocome tu se' ito. -
Alloraio vidi entro in un luogo basso
com'ioebbi ver lui dritto le ciglia
tra'l fango involto un porcellotto grasso.
Nondirò già chi costui si somiglia;
bàstivich'e' saria trecento e piue
libbrese si pesasse a la caviglia.
Ela mia guida disse: - Andiam là giue
pressoa quel porcose tu se' pur vago
d'udirle voglie e le parole sue.
Chese trar lo volessi di quel lago
facendoltornar uome' non vorrebbe;
comepesce che fosse in fiume o in lago.
Eperché questo non si crederebbe
acciòche far ne possa piena fede
domandera'lose quindi uscirebbe.
Appressomosse la mia donna il piede;
eper non separarmi da lei punto
lapresi per la man ch'ella mi diede;
tantoch'io fui presso a quel porco giunto.
CAP.VIII
Alzòquel porco al giunger nostro il grifo
tuttovergato di meta e di loto
talche mi venne nel guardarlo a schifo.
Eperch'io fui già gran tempo suo noto
verme si mosse mostrandomi i denti
standocol resto fermo e senza moto.
Ond'ioli dissipur con grati accenti:
-Dio ti dia miglior sortese ti pare;
Dioti mantengase tu ti contenti.
Semeco ti piacesse ragionare
misarà grato; e perché sappia certo
purche tu vogliati puoi sodisfare.
Eper parlarti libero e aperto
teldico con licenza di costei
chemostro m'ha questo sentier deserto.
Cotantagrazia m'han fatto li Dei
chenon gli è parso il salvarmi fatica
etrarmi degli affanni ove tu sei.
Vuoleancor da sua parte ch'io ti dica
cheti libererà da tanto male
setornar vuoi ne la tua forma antica. -
Levossiallora in piè dritto il cignale
udendoquello; e fe' questa risposta
tuttoturbatoil fangoso animale:
-Non so d'onde tu vengao di qual costa;
mase per altro tu non se' venuto
cheper trarmi di quivanne a tua posta.
Vivercon voi io non voglioe rifiuto;
eveggo ben che tu se' in quello errore
cheme più tempo ancor ebbe tenuto.
Tantov'inganna il proprio vostro amore
chealtro ben non credete che sia
fuorde l'umana essenza e del valore;
mase rivolgi a me la fantasia
priache tu parta da la mia presenza
faròche 'n tale error mai più non stia.
Iomi vo' cominciar da la prudenza
eccellentevirtùper la qual fanno
gliuomin maggiore la loro eccellenza.
Questasan meglio usar color che sanno
senz'altradisciplinaper sé stesso
seguirlor bene ed evitar lor danno.
Senz'alcundubbioio affermo e confesso
essersuperior la parte nostra;
eancor tu nol negherai appresso.
Qualè quel precettor che ci dimostra
l'erbaqual siao benigna o cattiva?
Nonstudio alcunnon l'ignoranza vostra.
Noicangiam region di riva in riva
elasciare uno albergo non ci duole
purche contento e felice si viva.
L'unfugge il ghiaccio e l'altro fugge il sole
seguendoil tempo a viver nostro amico
comenatura che ne insegnavuole.
Voiinfelici assai più ch'io non dico
gitecercando quel paese e questo
nonper aere trovar freddo od aprico
maperché l'appetito disonesto
del'aver non vi tien l'animo fermo
nelviver parcocivile e modesto;
espesso in aere putrefatto e infermo
lasciandol'aere buonvi trasferite;
nonche facciate al viver vostro schermo.
Noil'aere solvoi povertà fuggite
cercandocon pericoli ricchezza
chev'ha del ben oprar le vie impedite.
Ese parlar vogliam de la fortezza
quantola parte nostra sia prestante
sivedecome 'l sol per sua chiarezza.
Untoroun fer leoneun leofante
e'nfiniti di noi nel mondo sono
acui non può l'uom comparir davante.
Ese de l'alma ragionare è buono
vedraidi cori invitti e generosi
eforti esserci fatto maggior dono.
Tranoi son fatti e gesti valorosi
senzasperar trionfo o altra gloria
comegià quei Roman che fur famosi.
Vedesine' leon gran vanagloria
del'opra generosae de la trista
volerneal tutto spegner la memoria.
Alcunafera ancor tra noi s'è vista
cheper fuggir del carcer le catene
egloria e libertà morendo acquista;
etal valor nel suo petto ritiene
ch'avendoperso la sua libertate
diviver serva il suo cor non sostiene.
Ese a la temperanza risguardate
ancorae' vi parrà ch'a questo gioco
abbiamle parti vostre superate.
InVener noi spendiamo e breve e poco
tempo;ma voisenza alcuna misura
seguitequella in ogni tempo e loco.
Lanostra specie altro cibar non cura
che'l prodotto dal ciel sanz'artee voi
voletequel che non può far natura.
Névi contenta un sol ciboqual noi
maper me' sodisfar le 'ngorde voglie
giteper quelli infin ne' regni Eoi.
Nonbasta quel che 'n terra si ricoglie
chévoi entrate a l'Oceano in seno
perpotervi saziar de le sue spoglie.
Ilmio parlar mai non verrebbe meno
s'iovolessi mostrar come infelici
voisiete più ch'ogni animal terreno.
Noia natura siam maggiori amici;
epar che in noi più sua virtù dispensi
facendovoi d'ogni suo ben mendici.
Sevuoi questo vederpon mano a' sensi
esarai facilmente persuaso
diquel che forse pe 'l contrario pensi.
L'aquilal'occhioil can l'orecchio e 'l naso
e'l gusto ancor possiam miglior mostrarvi
se'l tatto a voi più proprio s'è rimaso;
ilqual v'è dato non per onorarvi
masol perché di Vener l'appetito
dovessemaggior briga e noia darvi.
Ognianimal tra noi nasce vestito:
che'l difende dal freddo tempo e crudo
sottoogni cielo e per qualunque lito.
Solnasce l'uom d'ogni difesa ignudo
enon ha cuoiospine o piume o vello
setoleo scaglieche li faccian scudo.
Dalpianto il viver suo comincia quello
contuon di voce dolorosa e roca;
talch'egli è miserabile a vedello.
Dapoicrescendo la sua vita è poca
senz'alcundubbioal paragon di quella
chevive un cervouna cornacchiaun'oca.
Leman vi diè natura e la favella
econ quelle anco ambizionvi dette
eavarizia che quel ben cancella.
Aquante infermità vi sottomette
naturaprimae poi fortuna! Quanto
bensenz'alcun effetto vi promette!
Vostr'èl'ambizion lussuria e 'l pianto
el'avarizia che genera scabbia
nelviver vostro che stimate tanto.
Nessunaltro animal si trova ch'abbia
piùfragil vitae di viver più voglia
piùconfuso timore o maggior rabbia.
Nondà l'un porco a l'altro porco doglia
l'uncervo a l'altro; solamente l'uomo
l'altr'uomammazzacrocifigge e spoglia.
Pens'orcome tu vuoi ch'io ritorni uomo
sendodi tutte le miserie privo
ch'iosopportava mentre che fui uomo.
Es'alcuno infra gli uomini ti par divo
felicee lietonon gli creder molto
ché'n questo fango più felice vivo
dovesenza pensier mi bagno e vòlto. -