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NiccolòMachiavelli
CAPITOLI
Difortuna
AGIOVAN BATTISTA SODERINI
Conche rime giammai o con che versi
canteròio del regno di Fortuna
ede' suo' casi prosperi e avversi?
Ecome iniuriosa ed importuna
secondoiudicata è qui da noi
sottoil suo seggio tutto il mondo aduna?
TemerGiovan Battistatu non puoi
nédebbi in alcun modo aver paura
d'altreferite che de' colpi suoi;
perchéquesta volubil creatura
spessosi suole oppor con maggior forza
dovepiù forza vede aver natura.
Suanatural potenza ogni uomo sforza;
e'l regno suo è sempre violento
sevirtù eccessiva non l'ammorza.
Ond'ioti priego che tu sia contento
considerarquesti miei versi alquanto
seci sia cosa di te degna drento.
Ela diva crudel rivolga intanto
verdi me gli occhi sua ferocie legga
quelch'or di lei e del suo regno canto.
Ebenché in alto sopra tutti segga
comandie regni impetuosamente
chidel suo stato ardisce cantar vegga.
Questada molti è detta onnipotente
perchéqualunche in questa vita viene
otardi o presto la sua forza sente.
Costeispesso gli buon sotto i piè tiene
gl'improbiinnalza; e se mai ti promette
cosaverunamai te la mantiene.
Esottosopra e regni e stati mette
secondoch'a lei paree' giusti priva
delbene che agli ingiusti larga dette.
Questaincostante dea e mobil diva
gl'indegnispesso sopra un seggio pone
dovechi degno n'èmai non arriva.
Costeiil tempo a suo modo dispone;
questaci esaltaquesta ci disface
senzapietàsenza legge o ragione.
Néfavorire alcun sempre le piace
pertutt'i tempiné sempre mai preme
coluiche 'n fondo di sua rota giace.
Dichi figliuola fussio di che seme
nascessinon si sa; ben si sa certo
ch'infinoa Giove sua potenzia teme.
Sopraun palazzo d'ogni parte aperto
regnarsi vedee a verun non toglie
l'entrarin quelma è l'uscir incerto.
Tuttoil mondo d'intorno vi si accoglie
desiderosoveder cose nove
epien d'ambizione e pien di voglie.
Leisi dimora in su la cimadove
lavista sua a qualunque uom non niega;
mapiccol tempo la rivolve e muove.
Eha duo volti questa antica strega
l'unfero e l'altro mite; e mentre volta
ornon ti vedeor ti minacciaor prega.
Qualunquevuole entrarbenigna ascolta;
macon chi vuole uscirne poi s'adira
espesso del partir gli ha la via tolta.
Dentrocon tante ruote vi si gira
quant'èvario il salire a quelle cose
doveciascun che vive pon la mira.
Sospirbestemmie e parole iniuriose
s'odonper tutto usar da quelle genti
chedentro al segno suo fortuna ascose;
equanto son più ricchi e più potenti
tantoin lor più discortesia si vede
tantoson del suo ben men conoscenti.
Perchétutto quel mal ch'in voi procede
s'imputaa lei; e s'alcun ben l'uom truova
persua propria virtude averlo crede.
Traquella turba variata e nuova
dique' conservi che quel loco serra
Audaciae Gioventù fa miglior pruova.
Vedevisiil Timor prostrato in terra
tantodi dubbii pienche non fa nulla;
poiPenitenzia e Invidia li fan guerra.
Quivil'Occasion sol si trastulla
eva scherzando fra le ruote attorno
lascapigliata e semplice fanciulla;
equelle ruoton sempre notte e giorno
perchéil ciel vuole (a cui non si contrasta)
ch'Ozioe Necessità le volti intorno.
L'unaracconcia il mondoe l'altro il guasta.
Vedesid'ogni tempo e ad ogni otta
quantoval Pazienzia e quanto basta.
Usurae Fraude si godono in frotta
potentie ricchi; e tra queste consorte
staLiberalità stracciata e rotta.
Veggonsiassisi sopra de le porte
chemaicome s'è dettoson serrate
senz'occhie senza orecchi Caso e Sorte.
Potenziaonorricchezza e sanitate
stannoper premio; per pena e dolore
servitùinfamiamorbo e povertate.
Fortunail rabbioso suo furore
dimostracon quest'ultima famiglia;
quell'altraporge a chi lei porta amore.
Coluicon miglior sorte si consiglia
tratutti gli altri che in quel loco stanno
cheruota al suo voler conforme piglia;
perchégli umor ch'adoperar ti fanno
secondoche convengon con costei
soncagion del tuo bene e del tuo danno.
Nonperò che fidar ti possa in lei
nécreder d'evitar suo duro morso
suo'duri colpi impetuosi e rei;
perchémentre girato sei dal dorso
diruota per allor felice e buona
lasuol cangiar le volte a mezzo il corso;
enon potendo tu cangiar persona
nélasciar l'ordin di che 'l ciel ti dota
nelmezzo del cammin la t'abbandona.
Peròse questo si comprende e nota
sarebbeun sempre felice e beato
chepotessi saltar di rota in rota;
maperché poter questo ci è negato
perocculta virtù che ci governa
simuta col suo corso il nostro stato.
Nonè nel mondo cosa alcuna eterna:
Fortunavuol cosìche se n'abbella
acciòche 'l suo poter più si discerna.
Peròsi vuol lei prender per sua stella
equanto a noi è possibileogni ora
accomodarsial variar di quella.
Tuttoquel regno suodentro e di fuora
istoriatosi vede e dipinto
dique' trionfi de' qua' più s'onora.
Nelprimo lococolorato e tinto
sivede come già sotto l'Egitto
ilmondo stette subiugato e vinto:
ecome lungamente il tenne vitto
conlunga pacee come quivi fue
ciòch'è di bel ne la natura scritto;
veggonsipoi gli Assirii ascender sue
adalto scettroquand'ella non volse
chequel d'Egitto dominassi piue;
poicome a' Medi lieta si rivolse;
da'Medi a' Persi: e de' Greci la chioma
ornòdi quello onor ch'a' Persi tolse.
Quivisi vede Menfi e Tebe doma
BabilonTroia e Cartagin con quelle
IerusalemAteneSparta e Roma.
Quivisi mostran quanto furon belle
altericchepotenti e come al fine
fortunaa' lor nimici in preda dielle.
Quivisi veggon l'opre alte e divine
del'imperio romanpoicome tutto
ilmondo infranse con le sue rovine.
Comeun torrente rapidoch'al tutto
superboè fattoogni cosa fracassa
dovunqueaggiugne il suo corso per tutto;
equesta parte accresce e quella abbassa
variale ripevaria il letto e 'l fondo
efa tremar la terra donde passa;
cosìFortunacol suo furibondo
impetomolte volte or qui or quivi
vatramutando le cose del mondo.
Sepoi con gli occhi tuoi più oltre arrivi
Cesaree Alessandro in una faccia
vedifra que' che fur felici vivi.
Daquesto esempioquanto a costei piaccia
quantograto le siasi vede scorto
chil'urtachi la pigne o chi la caccia.
Purnondimanco al desiato porto
l'unnon pervennee l'altrodi ferite
pienofu a l'ombra del nimico morto.
Appressoquesti son genti infinite
cheper cadere in terra maggior botto
soncon costei altissimo salite.
Conquesti iace presomorto e rotto
Ciroe Pompeiopoi che ciascheduno
fuda Fortuna infin al ciel condotto.
Avrestitu mai visto in loco alcuno
comeuna aquila irata si trasporta
cacciatada la fame e dal digiuno?
Ecome una testudine alto porta
acciòche 'l colpo del cader la 'nfranga
epasca sé di quella carne morta?
CosìFortunanonch'ivi rimanga
portauno in altoma cheruinando
leise ne goda e lui cadendo pianga.
Ancorsi vien dopo costor mirando
comed'infimo stato alto si saglia
ecome ci si viva variando.
Dovesi vede come la travaglia
eTullio e Marioe li splendidi corni
piùvolte di lor gloria or cresceor taglia.
Vedesialfin che tra' passati giorni
pochisono e' felici; e que' son morti
primache la lor ruota indrieto torni
oche voltando al basso ne li porti.
Dell'ingratitudine
AGIOVANNI FOLCHI
GiovanniFolchiil viver mal contento
pe'l dente de l'Invidia che mi morde
midarebbe più doglie e più tormento
senon fussi ch'ancor le dolci corde
d'unamia cetra che suave suona
fannole Muse al mio cantar non sorde;
nonsì ch'i' speri averne altra corona
nonsì ch'io creda che per me s'aggiunga
unagocciola d'acqua ad Elicona.
Ioso ben quanto quella via sie lunga;
conosconon aver cotanta lena
chesopra 'l colle disiato giunga;
pertutta volta un tal disìo mi mena
ch'iocredo forse andando posser còrre
qualchearbuscel di che la piaggia è piena.
Cantandoadunquecerco dal cor tOrre
efrenar quel dolor de' casi avversi
chedrieto a l'almo mio furioso corre;
ecome del servir gli anni sien persi
comeinfra rena si semini ed acque
saràor la materia de' miei versi.
Quandoa le stellequando al ciel dispiacque
lagloria de' viventiin lor dispetto
allornel mondo Ingratitudo nacque.
Fud'Avarizia figlia e di Sospetto:
nutritane le braccia de la Invidia:
de'principi e de' re vive nel petto.
Quiviil suo seggio principale annidia;
diquindi il cor di tutta l'altra gente
colvenen tinge de la sua perfidia;
ondeper tuttoquesto mal si sente
perch'ognicosa de la sua nutrice
trafiggee morde l'arrabbiato dente.
Es'alcun prima si chiama felice
pe'l ciel benigno e suo' lieti favori
nondopo molto tempo si ridice
comee' vede il suo sangue e sua sudori
eche 'l suo viver ben servendostanco
conIniuria e calunnia si ristori.
Tienquesta peste (e mai non vengon manco
chédopo l'una poi l'altra rimette
nela faretra ch'ell'ha sopra 'l fianco)
divenen tinte tre crudel saette
conle qual punto di ferir non cessa
questoe quell'altroove la mira mette.
Laprima de le treche vien da essa
fache l'uom solo il benefizio allega
masenza premiarlo lo confessa;
ela seconda che di poi si spiega
fadel ben ricevuto l'uom si scorda
masanza iniuriarlo solo il niega;
l'ultimafa che l'uom mai non ricorda
népremia il benma cheiusta sua possa
ilsuo benefattor laceri e morda.
Questocolpo trapassa dentro a l'ossa;
questaterza ferita è più mortale;
questasaetta vien con maggior possa.
Maivien menmai si spegne questo male;
millevolte rinasces'una more
perch'hasuo padre e sua madre immortale;
ecome io dissitrionfa nel core
d'ognipotentema più si diletta
nelcor del popul quando egli è signore.
Questoè ferito da ogni saetta
piùcrudelmenteperché sempre avviene
chedove men si sapiù si sospetta;
ele sue gentid'ogni invidia piene
tengondesto il sospetto sempreed esso
gliorecchi a le calunnie aperti tiene.
Diqui resulta che si vede spesso
com'unbuon cittadino un frutto miete
contrarioal seme che nel campo ha messo.
Eradi pace priva e di quiete
Italiaallor che 'l punico coltello
saziataavea la barbarica sete
quandogià nato nel romano ostello
anzida ciel mandatoun uom divino
qualmai fu ne mai fie simile a quello;
questoancor giovinettoin sul Tesino
suopadre col suo petto ricoperse:
primopresagio al suo lieto destino;
equando Canne tanti Roman perse
conun coltello in manferoce e solo
d'abbandonarl'Italia non sofferse.
Pocodi poinello Ispanico sòlo
volleil senato a far vendetta gisse
delcomun danno e del privato dolo.
Comein Affrica ancor le insegne misse
primaSifacee di poi d'Anniballe
ela fortuna e la sua patria afflisse.
Allorgli diè il gran barbaro le spalle;
allorail roman sangue vendicò
sparsoda quel per l'italiche valle.
Diquivi in Asia col fratello andò
doveper sua prudenza e sua bontà
diAsia a Roma il trionfo ne portò.
Etutte le provincie e le città
dovunqu'e'fulasciò piene d'esempi
dipietàdi fortezza e castità.
Quallingua fia che tante laudi adempi?
Qualeocchio che contempli tanta luce?
Ofelici Roman! felici tempi!
Daquesto invitto e glorioso duce
fua ciascun dimostro quella via
ch'ala più alta gloria l'uom conduce.
Nonmai negli uman cuor fu visto o fia
quantunquedegnigloriosi e divi
tantovalore e tanta cortesia;
etra que' che son morti e che son vivi
etra l'antiche e le moderne genti
nonsi truova uom che a Scipione arrivi.
Nonperò invidia di mostrargli i denti
teméde la sua rabbiae riguardarlo
conle pupille de' suoi occhi ardenti.
Costeifece nel populo accusarlo
evolle uno infinito benefizio
coninfinita iniuria accompagnarlo.
Mapoi che vidde questo comun vizio
armatocontro a sévolse costui
voluntariolasciar lo 'ngrato ospizio;
edette luogo al mal voler d'altrui
tostoche vidde com'e' bisognava
Romaperdesse o libertate o lui.
Nél'almo suo d'altra vendetta armava;
soloa la patria sua lasciar non volse
quell'ossache d'aver non meritava.
Ecosì il cerchio di sua vita volse
fuordel suo patrio nido; e così frutto
ala sementa sua contrario colse.
Nonfu già sola Roma ingrata al tutto:
riguardaAtenedove Ingratitudo
poseil suo nido più ch'altrove brutto.
Névalse contro a lei prender lo scudo
quandoa l'incontro assai legge creolle
perreprimer tal vizio atroce e crudo.
Etanto più fu quella città folle
quantosi vidde come con ragione
conobbeil bene e seguitar nol volle.
MilziadeAristide e Focione
diTemistocle ancor la dura sorte
furnodel viver suo buon testimone.
Questiper l'opre loro egregie e forte
furnoe' trionfi ch'egli ebbon da quella:
prigioneesiliovilipendio e morte.
Perchénel vulgo le vinte castella
ilsangue sparso e l'oneste ferite
dipicciol fallo ogni infamia cancella.
Male triste calunnie e tanto ardite
contr'a'buon cittadintal volta fanno
tirannicouno ingegno umano e mite.
Spessodiventa un cittadin tiranno
edel viver civil trapassa il segno
pernon sentir d'Ingratitudo il danno.
ACesare occupar fe' questo il regno;
equel che Ingratitudo non concesse
lidette la iusta ira e 'l iusto sdegno.
Malasciamo ir del popul l'interesse:
a'principi e moderni mi rivolto
doveanco ingrato cor natura messe.
Acomattobasciànon dopo molto
ch'egliebbe dato il regno a Baiasitte
morìcol laccio intorno al collo avvolto.
Hale parti di Puglia derelitte
Consalvoe al suo re sospetto vive
inpremio de le galliche sconfitte.
Cercadel mondo tutte le sue rive;
troveraipochi principi esser grati
seleggerai quel che di lor si scrive;
evedrai come e' mutator di stati
edonator di regni sempre mai
soncon esilio o morte ristorati.
Perchéquando uno stato mutar fai
dubitachi tu hai principe fatto
tunon gli tolga quel che dato gli hai;
enon ti osserva poi fede né patto
perchégli è più potente la paura
ch'egliha di teche l'obligo contratto.
Etanto tempo questo timor dura
quantopena a veder tua stirpe spenta
edi te e de' tuoi la sepoltura.
Ondeche spesso servendo si stenta
epoi del ben servir se ne riporta
miseravita e morte violenta.
Dunquenon sendo Ingratitudo morta
ciascunfuggir le corti e' stati debbe;
chenon c'è via che guidi l'uom più corta
apianger quel che vollepoi che l'ebbe.
Dell'Ambizione
ALUIGI GUICCIARDINI
Luigipoi che tu ti maravigli
diquesto caso ch'a Siena è seguìto
nonmi par che pe 'l verso il mondo pigli;
ese nuovo ti par quel ch'hai sentito
cometu m'hai certificato e scritto
pensaun po' meglio a l'umano appetito.
Perchédal sòl di Scizia a quel d'Egitto
dal'Inghilterra a l'opposita riva
sivede germinar questo delitto.
Qualregione o qual città n'è priva?
Qualborgoqual tugurio? In ogni lato
l'Ambizionee l'Avarizia arriva.
Questenel mondocome l'uom fu nato
nacquonoancora; e se non fussi quelle
sarebbeassai felice il nostro stato.
Dipoco aveva Dio fatto le stelle
ilciella lucegli elementi e l'uomo
dominatordi tante cose belle
ela superbia degli Angeli domo
diparadiso Adam fatto ribello
conla sua donna pe 'l gustar del pomo;
quandochenati Cain ed Abello
colpadre loro e de la lor fatica
vivendolieti nel povero ostello
potenziaocculta che 'n ciel si nutrica
trale stelle che quel girando serra
ala natura umana poco amica
perprivarci di pace e porne in guerra
pertorci ogni quiete e ogni bene
mandòduo furie ad abitare in terra.
Nudeson questee ciascheduna viene
congrazia taleche agli occhi di molti
paiondi quella e di diletto piene.
Haciascheduna d'esse quattro volti
conotto mani; e queste cose fanno
tiprenda e vegga ovunque una si volti.
ConquesteInvidiaAccidia e Odio vanno
dela lor peste riempiendo il mondo
econ lor CrudeltàSuperbia e Inganno.
Daqueste Concordia è cacciata al fondo;
eper mostrar la lor voglia infinita
portanoin mano una urna sanza fondo.
Percostor la quieta e dolce vita
diche l'albergo di Adam era pieno
sifucon Pace e Caritàfuggita.
Questedel lor pestifero veneno
contr'alsuo buon fratelCain armaro
empiendoglieneil gremboil petto e 'l seno.
Eloro alta potenzia demostraro
poiche posserno far ne' primi tempi
unpetto ambiziosoun petto avaro
quandogli uomin vivieno e nudi e scempi
d'ognifortunae quando ancor non era
dipovertà e di ricchezze esempi.
Omente umana insaziabilaltera
subdolae variae sopra ogni altra cosa
malignainiquaimpetuosa e fera
poicheper la tua voglia ambiziosa
sife' la prima morte violenta
nelmondoe la prima erba sanguinosa!
Cresciutapoi questa mala sementa
multiplicatala cagion del male
nonc'è ragion che di mal far si penta.
Diqui nasce ch'un scende e l'altro sale;
diqui dipendesanza legge o patto
Ilvariar d'ogni stato mortale.
Questaha di Francia il re più volte tratto;
questadel re Alfonso e Lodovico
edi san Marco ha lo stato disfatto.
Nésol quel che di bene ha il suo nimico
maquel che pare (e così sempre fue
ilmondo fattomoderno e antico)
ogniuom stimaogni uom spera piue
sormontareopprimendo or quello or questo
cheper qualunche sua propria virtue.
Aciascun l'altrui ben sempre è molesto;
eperò semprecon affanno e pena
almal d'altrui è vigilante e desto.
Aquestoistinto natural ci mena
perproprio moto e propria passione
selegge o maggior forza non ci affrena.
Mase volessi saper la cagione
perch'unagente imperi e l'altra pianga
regnandoin ogni loco Ambizione;
eperché Francia vittrice rimanga;
dal'altra parteperché Italia tutta
unmar d'affanni tempestoso franga;
eperché 'n queste parti sia redutta
lapenitenzia di quel tristo seme
cheAmbizione ed Avarizia frutta:
secon Ambizion congiunto e insieme
uncor feroceuna virtute armata
quividel proprio mal raro si teme.
Quandouna region vive effrenata
persua naturae poiper accidente
dibuone leggi instrutta e ordinata;
l'Ambizioncontr'a l'esterna gente
usail furor ch'usarlo infra se stessa
néla legge né il re gliene consente;
ondeil mal proprio quasi sempre cessa;
masuol ben disturbar l'altrui ovile
dovequel suo furor l'insegna ha messa.
Fieper adversoquel loco servile
adogni dannoad ogni iniuria esposto
dovesie gente ambiziosa e vile.
SeViltà e trist'ordin siede accosto
aquesta Ambizioneogni sciaura
ogniruinaogni altro mal vien tosto.
Equando alcun colpassi la natura
sein Italiatanto afflitta e stanca
nonnasce gente sì feroce e dura
dicoche questo non escusa e franca
laviltà nostraperché può supplire
l'educaziondove natura manca.
Questal'Italia già fece fiorire
edi occupare il mondo tutto quanto
lafiera educazion le dette ardire.
Orvivese vita è vivere in pianto
sottoquella ruina e quella sorte
ch'hameritato l'ozio suo cotanto.
Viltateè quellocon l'altre consorte;
d'Ambizioneson quelle ferite
ch'hannod'Italia le provincie morte.
Lasciarir di Siena le fraterne lite;
voltagli occhiLuigia questa parte:
fraqueste genti attonite e smarrite.
Vedraid'Ambizion l'una e l'altra arte:
comequel ruba e quell'altro si duole
dele fortune sue lacere e sparte.
Rivolgagli occhi in qua chi veder vuole
l'altruifatichee riguardi se ancora
cotantacrudeltà mai vidde il sole.
Chi'l padre morto e chi 'l marito plora;
quell'altromesto del suo proprio tetto
battutoe nudotrar si vede fora.
Oquante volteavendo il padre stretto
inbraccio il figliocon un colpo solo
èsuto rotto a l'uno e l'altro il petto!
Quelloabbandona il suo paterno solo
accusandogli Dei crudeli e ingrati
conla brigata sua piena di dolo.
Oesempli mai più nel mondo stati!
perchési vede ogni dì parti assai
perle ferite del lor ventre nati.
Drietoa la figlia sua piena di guai
dicela madre: - A che infelici nozze
ache crudel marito ti servai! -
Disangue son le fosse e l'acque sozze
pienedi teschidi gambe e di mani
ed'altre membra laniate e mozze.
Rapaciucceifere silvestricani
sonpoi le lor paterne sepolture:
osepulcri crudeiferoci e strani!
Sempreson le lor faccie orride e scure
aguisa d'uom che sbigottito ammiri
pernuovi danni o sùbite paure.
Dovunchegli occhi tu rivoltimiri
dilacrime la terra e sangue pregna
el'aria d'urlasingulti e sospiri.
Seda altri imparare alcun si degna
comesi debba Ambizione usarla
l'esemplotristo di costor lo 'nsegna.
Dapoi che l'uom da sé non può cacciarla
debbeil iudicio e l'intelletto sano
conordine e ferocia accompagnarla.
SanMarcoa le sue spesee forse invano
tardiconosce come li bisogna
tenerla spada e non il libro in mano.
Puraltrimenti di regnar s'agogna
perla più parte; e quanto più s'acquista
siperde prima e con maggior vergogna.
Dunquese spesso qualche cosa è vista
nascereimpetuosa ed importuna
che'l petto di ciascun turba e contrista
nonne pigliare ammirazione alcuna
perchénel mondo la parte maggiore
silascia dominar da la fortuna.
Lasso!che mentre ne l'altrui dolore
tengoor l'ingegno involto e la parola
sonooppressato da maggior timore.
Iosento Ambizioncon quella scola
ch'alprincipio del mondo el ciel sortille
soprade' monti di Toscana vola;
eseminato ha già tante faville
traquelle genti sì d'invidia pregne
ch'arderàle sue terre e le sue ville
segrazia o miglior ordin non la spegne.
Dell'Occasione
AFILIPPO DE' NERLI
-Chi se' tuche non par' donna mortale
ditanta grazia el ciel t'adorna e dota?
Perchénon posi? e perché a' piedi hai l'ale? -
-Io son l'Occasionea pochi nota;
ela cagion che sempre mi travagli
èperch'io tengo un piè sopra una rota.
Volarnon è ch'al mio correr s'agguagli;
eperò l'ali a' piedi mi mantengo
acciònel corso mio ciascuno abbagli.
Lisparsi mia capei dinanti io tengo;
conessi mi ricuopro il petto e 'l volto
perch'unnon mi conosca quando io vengo.
Drietodal capo ogni capel m'è tolto
ondeinvan s'affatica unse gli avviene
ch'i'l'abbi trapassatoo s'i' mi volto. -
-Dimmi: chi è colei che teco viene? -
-È Penitenzia; e però nota e intendi:
chinon sa prender mecostei ritiene.
Etumentre parlando il tempo spendi
occupatoda molti pensier vani
giànon t'avvedilasso! e non comprendi
com'ioti son fuggita tra le mani. -