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GiacomoLeopardi



PARALIPOMENI

DELLA

BATRACOMIOMACHIA






Cantoprimo

    1
    Poi che da’ granchi a rintegrar venuti
Delle ranocchie lefugate squadre
Che non gli aveano ancor mai conosciuti
Comevolle colui ch’a tutti è padre
Del topo vincitor furoabbattuti
Gli ordinie volte invan l’opre leggiadre
Sparsel’aste pel campo e le berrette
E le code topesche e lebasette;   

    
2
    Sanguinosi fuggian per ogni villa
I topi galoppando in su lasera
Tal che veduto avresti anzi la squilla
Tutta farsi di lorla piaggia nera:
Quale spesso in pareteove più brilla
DelSol d’autunno la dorata sfera
Vedi un nugol di mosche atroimportuno
Il bel raggio del ciel velare a bruno.

    
3
     Come l’oste papal cui l’alemanno
Colli il franco a ferir guidava il volto
Da Faenzaondepria videro il panno
Delle insegne francesi all’ariasciolto
Mosso il tallondopo infinito affanno
Prima ilfiato in Ancona ebbe raccolto;
Cui precedeva in fervidevolanti
Rote il Colligridandoavanti avanti; 

    
4
    O come dianzi la fiamminga gente
Che Napoli infelice aveaschernita
Viste l’armi d’Olandaimmantinente
La viaricominciò ch’avea fornita
Né fermo prima ilpièche finalmente
Giunse invocata la francese aita;
Talei topi al destindi valle in valle
Per più di centomiglia offrìr le spalle.

    
5
    Passata era la nottee il dì secondo
Già l’ariaincominciava a farsi oscura
Quando un guerrier chiamato ilMiratondo
A fuggir si trovò per un’altura;
Ed ofosse ardimentoovver ch’al mondo
Vinta dalla stanchezza èla paura
Fermossi; e di spiar vago per uso
Primo del genersuo rivolse il muso.

    
6
    E ritto in su due piè con gli occhi intenti
Mirando quantosi potea lontano
Di quadi làda tutti quattro iventi
Cercò l’acqua e la terrail monte e ilpiano
Spiò le selvei laghi e le correnti
Le distesecampagne e l’oceano;
Né vide altro stranierse nonfarfalle
E molte vespe errar giù per la valle.

    
7
    Granchi non vide giàné granchiolini
Néd’armi ostili indizio in alcun lato.
Soli di verso il campo ivespertini
Fiati venian movendo i rami e il prato
Soavementesusurrandoe i crini
Era gli orecchi molcendo al buonsoldato.
Era il ciel senza nubie rubiconda
La parteoccidentalee il mar senz’onda.

    
8
    Rinvigorir sentissied all’aspetto
Di sì queta beltàl’alma riprese
Il Miratondo. E poi che con effetto
Quattrovolte a girar per lo paese
Le pupille tornandoognisospetto
Intempestivo e vano esser comprese
Osò gridarea’ suoi compagni eroi:
Sì gran fede prestava agliocchi suoi.

    
9
    Non con tanta allegrezza i diecimila
Cui lor propria virtùd’Europa ai liti
Riconduceadall’armi e dalle fila
Delre persian per tanta terra usciti
La voce udìrche via difila in fila
S’accresceadi color che pria saliti
Onde ilmar si scopriaqual chi mirare
Crede suo scampogridàrmaremare

    
10
    Con quanta i topiomai ridotti al fine
Per fatica e per temaudiro il grido
Del buono esploratorcui le marine
Cavernemuggìr con tutto il lido:
Ch’era d’intornointorno ogni confine
Ove il guardo aggiungeatranquillo efido;
Che raccorsi e far altroe che dal monte
Di novoconvenia mostrar la fronte.

    
11
    Altri in sul poggioed altri appiè dell’erta
Convennerda più bande i fuggitivi
Cui la temain un dìpervia deserta
Mille piagge avea mostro e mille rivi;
Smarritiancorae con la mente incerta
E dal corso spossati e semivivi;
Eincominciàr tra loro a far consiglio
Del bisogno presente edel periglio.

    
12
    Già la stella di Venere apparia
Dinanzi all’altrestelle ed alla luna:
Tacea tutta la piaggiae non s’udia
Senon il mormorar d’una laguna
E la zanzara stridulach’uscia
Di mezzo la foresta all’aria bruna:
D’esperodolce la serena imago
Vezzosamente rilucea nel lago.

    
13
    Taceano i topi ancorquasi temendo
I granchi risvegliarbenchélontani
E chetamente andavan discorrendo
Con la coda in granparte e con le mani
Maravigliando pur di quell’orrendo
Esercitodi bruti ingordi e strani
E partito cercando aciascheduna
Necessità della comun fortuna.

    
14
    Morto nella battaglia erasiccome
Nel poema d’Omero aveteletto
Mangiaprosciuttiil qualcredoper nome
Mangiaprosciuttiprimo un dì fu detto;
Intendo il re de’ topi; ed allesome
Del regno sostener nessuno eletto
Avea morendoe nonlasciato erede
Cui dovesser gli Dei la regia sede.

    
15
    Ben di lui rimaneva una figliuola
Leccamacine dettaaRodipane
Sposatae madre a quello onde ancor vola
Cotanta famaper le bocche umane
Rubabriciole il beldalla cui sola
Morteil foco scoppiò fra topi e rane:
Tutto ciòsimilmente o già sapete
O con agio in Omero il leggerete.

    
16
    Ma un tedesco filologodi quelli
Che mostran che il legnaggio el’idioma
Tedesco e il greco un dì furon fratelli
Anziun solo in principioe che fu Roma
Germanica cittàconmolti e belli
Ragionamenti e con un bel diploma
Prova che lungapezza era già valica
Che fra’ topi vigea la leggesalica.

    
17
    Che non provan sistemi e congetture
E teorie dell’alemannagente?
Per lornon tanto nelle cose oscure
L’un dìtutto sappiaml’altro niente
Ma nelle chiare ancor dubbi epaure
E caligin si crea continuamente:
Pur manifesto si conoscein tutto
Che di seme tedesco il mondo è frutto.

    
18
    Dunque primieramente in provvedere
A se di novo capo in quellestrette
Porre ogni lor pensier le afflitte schiere
Per loscampo comun furon costrette:
Dura necessitàch’uominie fere
Per salute a servaggio sottomette
E della vita inprezzo il mondo priva
Del maggior ben per cui la vita èviva.

    
19
    Stabile elezion per or non piacque
Far; né potean; madifferire a quando
In Topaia tornatiove già nacque
Lapiù parte di lorla tema in bando
Avrian cacciatae leranocchie e l’acque
E seco il granchio barbaro e nefando
Nécredean ciò lontan lunga stagione
Avrian posto in eternaoblivione.

    
20
    Intanto il campo stessoe la fortuna
Commetter del ritornoe deipresenti
Consigli e fatti dar l’arbitrio ad una
Militarpotestà furon contenti.
Così quando del mar la vistaimbruna
Popol battuto da contrarii venti
Segue l’acutogrido onde sua legge
Dà colui che nel rischio il pincorregge.

    
21
    Scelto fu Rubatocchi a cui l’impero
Si desse allor di milletopi e mille:
Rubatocchiche fucome d’Omero
Sona latrombadi quel campo Achille.
Lungamente per lui sul lagointero
Versàr vedove rane amare stille;
E fama èche insin oggi appo i ranocchi
Terribile a nomar sia Rubatocchi.

    
22
    Né Rubatocchi chiameria la madre
Il ranocchin per certo alnascimento
Come AnnibaleArminio odi leggiadre
Voci qui girchiamando ogni momento:
Così di nazion quello che padre
Èd’ogni laudealtero sentimento
Colpa o destinche moltagloria vinse
Già trecent’anniin questa terraestinse.

    
23
    Mancan Giulii e Pompeimancan Cammilli
E Germanici e Piisottoil cui nome
Faccia ai nati colei che partorilli
A tantanobiltàlavar le chiome?
A veder se alcun dì valoreinstilli
In lor la rimembranzae se mai dome
Sien bassevoglie e voluttà dal riso
Che un gran nome suol far difango intriso?

   
24
    Intanto a studio là nel Trasimeno
Estranio peregrin lava lemembra
Perché la strage nostra onde fu pieno
Quelfluttocon piacer seco rimembra:
La qualse al ver si guardanondimeno
Zama e Cartago consolar non sembra:
E notar nelMetauro anco potria
Quegli e Spoleto salutar per via.

    
25
    Se questo modoond’hanno altri conforto
Piacesse a noi diseguitar per gioco
In molte acque potremmo ire a diporto
Edi più selve riscaldarci al foco
Ed in più campidall’occaso all’orto
Potremmoandandoristorarci unpoco
E tra via rimembrar più d’un alloro
E nellenostre e nelle terre loro.

    
26
    Tant’odio il petto agli stranieri incende
Del nome italianche di quel danno
Onde nessuna gloria in lor discende
Solperché nostro fulieti si fanno.
Molte genti provàrdure vicende
E prave diventàr per lungo affanno;
Manessuna ad esempio esser dimostra
Di tant’odio potria come lanostra.

    
27
    E questo avvien perché quantunque doma
Servalacera seggain isventura
Ancor per forza italian si noma
Quanto ha piùgrande la mortal natura;
Ancor la gloria dell’eternaRoma
Risplende sìche tutte l’altre oscura;
E lastampa d’Italiainvan superba
Con noi l’Europain ogniparte serba.

    
28
    Né Roma purma col mental suo lume
Italia inermee con lasua dottrina
Vinse poi la barbariee in bel costume
Un’altravolta ritornò regina;
E del goffo stranierch’oggipresume
Lei dispregiarcome la sorte inchina
Rise gran tempoed infelici esigli
L’altre sedi parer vide a’ suoifigli.

    
29
    Senton gli estraniogni memoria un nulla
Esser a quella ond’èl’Italia erede;
Sentonoogni lor patria esserfanciulla
Verso colei ch’ogni grandezza eccede;
E veggonben che se strozzate in culla
Non fosser quante doti il cielconcede
Se fosse Italia ancor per poco sciolta
Reginatorneria la terza volta.

    
30
    Indi l’odio implacatoindi la rabbia
E l’ironico risoond’altri offende
Lei che fra ceppiassisa in su lasabbia
Con lingua né con man più si difende.
Echi maggior pietà mostra che n’abbia
E di speme franoi gl’ignari accende
Prima il Giudeo tornar vorrebbe invita
Ch’all’italico onor prestare aita.

    
31
    Di Roma là sotto l’eccelse moli
Pigmeo la frontespensierata alzando
Percote i monumenti al mondo soli
Con suaverghettail corpo dondolando;
E con suoi motti par che siconsoli
La rimembranza del servir cacciando.
Ed èragion ch’a una grandezza tale
L’inimicizia altrui seguaimmortale.

    
32
    Ma Rubatocchipoi che della cura
Gravato fu delle compagnegenti
Fece il campo afforzarperché sicura
Dainopinati assalti e da spaventi
Fosse la notte; e poi dinutritura
Giovare ai corpi tremuli e languenti.
Facil negoziofu questo secondo
Perché topi a nutrir tutto èfecondo.

    
33
    Poscia mestier gli parve all’odiato
Esercito spedir subito unmesso
A dimandar perchénon provocato
Contra lornella zuffa s’era messo;
Se ignaro delle raneocollegato
Se per errorse per volere espresso;
Se gir oltre otornar nella sua terra
Se volesse da’ topi o pace o guerra.

    
34
    Era nel campo il conte Leccafondi
Signor di Pesafumo eStacciavento;
Topo raro a’ suoi dìche diprofondi
Pensieri e di dottrina era un portento:
Leggi e statisapea d’entrambi i mondi
E giornali leggea più didugento;
Al cui studio in sua patria avea eretto
Siccom’oggidiciamoun gabinetto.

    
35
    Gabinetto di pubblica lettura
Con legge talche da giornali infuore
Libro non s’accogliesse in quelle mura
Che di duefogli al più fosse maggiore;
Perché credea che sopratal misura
Stender non si potesse uno scrittore
Appropriato aibisogni universali
Politicieconomici e morali.

    
36
    Pur dagli amici in partee dalle stesse
Proprie avvertenze a pocoa poco indotto
Anche al romanzo storico concesse
Albergar coigiornalie che per otto
Volumi o dieci camminar potesse;
E infincome dimostro è da quel dotto
Scrittor che sopra intestimonio invoco
Alla tedesca poesia diè loco.

    
37
    La qual d’antichità supera alquanto
Le semitiche variee la sanscrita
E parve al conte aver per proprio vanto
Sola ilbuon gusto ricondurre in vita
Contro il fallace oraziano canto
Astudioper uscir della via trita
Dando tonni al podermontonial mare;
Gran faticae di menti al mondo rare.

    
38
    D’arti tedesche ancor fu innamorato
E chiamavale a se congran mercede:
Perchégiusta l’autor sopra citato
Noneran gli obelischi ancora in piede
Né piramide il capoavea levato
Quando l’arti in Germania avean lor sede
Oveil senso del bello esser più fino
Veggiamche fu nel Grecoo nel Latino.

    
39
    La biblioteca ch’ebbeera guernita
Di libri di bellissimasembianza
Legati a foggia variae sì squisita
Conoronastri ed ogni circostanza
Ch’a saldar della veste lapartita
Quattro colpi non erano abbastanza.
Ed era ben ragionche in quella parte
Stava l’utilitànon nelle carte.

    
40
    Lascio il museol’archivioe delle fiere
Il serbatoioel’orto delle piante
E il porticonel quale era avedere
Con baffi enormi e coda di gigante
La statua colossaldi Lucerniere
Antico topolin filosofante
E dello stesso unapittura a fresco
Pur di scalpello e di pennel tedesco.

    
41
    Fu di sua specie il conte assai pensoso
Filosofo moraleefilotopo;
E natura lodò che il suo famoso
Poter mostriquaggiù formando il topo;
Di cui l’oprel’ingegnoe il glorioso
Stato ammirava; e predicea che dopo
Non moltolunga etàsaria matura
L’altra sorte che a lui davanatura.

    
42
    Però mai sempre a cor fugli il perenne
Progresso deltopesco intendimento
Che aspettar sopra tutto dalle penne
Rattede’ giornalisti era contento:
E profittare a quel sempresostenne
Ipotesisistemi e sentimento;
E spegnere o turbar laconoscenza
Analisiragione e sperienza.

    
43
    Buon topo d’altra partee da qualunque
Filosofale ipocrisialontano
E schietto in somma e veritierquantunque
Ne’maneggi nutritoe cortigiano;
Popolar per affettoe dachiunque
Trattabil sempreese dir leceumano;
Poco d’oroe d’onor molto curante
E generosoe della patria amante.

    
44
    Questi al re de’ ranocchiambasciatore
Del proprio res’eracondottoavanti
Che tra’ due regni il militar furore
Gliamichevoli nodi avesse infranti:
E com’arse la guerraappoil signore
Suo ritornatodimorò tra fanti
E sottotendeinsin che tutto il campo
Dal correr presto procacciòlo scampo.

    
45
    Ora ai compagniricercando a quale
Fosse in nome comun l’uffizioimposto
Che del campo de’ granchi al Generale
Gisseoratoree che per gli altri tosto
D’ovviar s’ingegnassea novo male
Nessun per senno e per virtù disposto
Parvea ciò più del conte; il qual di stima
Tenuto era datutti in su la cima.

    
46
    Così da quelle schierea prova eretto
L’un pièdi quei dinanziall’uso antico
Fuper parer diciaschedunoeletto
Messagger dell’esercito al nemico.
Néricusò l’uffizioancor ch’astretto
Quindi a granrischio: in campo ostilmendico
D’gni difesaandar frasconoscenti
D’ogni modo e ragion dell’altre genti.

    
47
    E sebben lassa la personae molto
Di posa avea mestiernon peròvolle
Punto indugiarsi al dipartir: ma colto
Brevissimo soporsu l’erba molle
Sorse a notte profondae seco tolto
Pochiservi de’ suoitacito il colle
Lasciando tuttoesonnolentoscese
E per l’erma campagna il cammin prese. 
 


Cantosecondo

    1
    Più che mezze oramai l’ore notturne
Eran passatee ilcorso all’oceano
Inchinavan pudiche e taciturne
Le stelleardendo in sul deserto piano.
Deserto al topo in verma lediurne
Cure sopian da presso e da lontano
Per boschipercespugli ed arboscelli
Molte fere terrestri e molti uccelli.

    
2
    E biancheggiar tra il verde all’aria bruna
Or ne’ campiremotior su la via
Or sovra colli qua e là piùd’una
Casa d’agricoltor si discopria;
E di cani unlatrar da ciascheduna
Per li silenzi ad or ad or s’udia
Erovistar negli orti; e nelle stalle
Sonar legami e scalpitarcavalli.

    
3
    Trottava il conte al periglioso andare
Affrettando co’ suoile quattro piante
A piedi intendo dirche cavalcare
Privilegioè dell’uomoil qual di tante
Bestie che il suolproduce e l’aria e il mare
Sol per propria natura ècavalcante
Comeper conseguenza ragionevole
Solo ancor pernatura è carrozzevole.

    
4
    Era maggioche amor con vita infonde
E il cuculo cantar s’udialontano
Misterioso augelche per profonde
Selve sospira insuon presso che umano
E qual notturno spirto erra e confonde
Ilpastor che inseguirlo anela invano
Né dura il cantar suoche in primavera
Nasce e il trova l’ardor venuto asera.

    
5
    Come ad Ulisse ad al crudel Tidide
Quando ai novi troianialloggiamenti
Invan per l’ombre della notte infide
Rischicercando e insoliti accidenti
Parve l’augel che si dimena estride
Segnogracchiandodi felici eventi
Arrecar daMinervaal cui soccorso
L’uno e l’altroinvocandoeraricorso;

    
6
    Non altrimenti il topoil qual solea
Voci e segni osservar conmolta cura
Non so già da qual nume o da qual dea
Topo otopessa o di simil natura
Sperò certoe mestier glienefacea
Per sollevare il cor dalla paura
Che il cuculoche itopi han per divino
Nunzio venisse di non reo destino.

    
7
    Ma già dietro boschetti e collicelli
Antica e stanca inciel salia la luna
E su gli erbosi dorsi e i ramuscelli
Spargealuce manchevole e digiuna
Né manifeste l’ombre aquesti e quelli
Davané ben distinte ad una ad una;
Lestelle nondimen tutte copria
E desiata al peregrin venia.

    
8
    Purcome ai topi il lume è poco accetto
Di lei non moltorallegrossi il conte
Il qual trottando a pièsiccome hodetto
Ripetea per la valle e per lo monte
L’orme chedianzidi fuggir costretto
Impresse avea con zampe assai piùpronte
E molti il luogo or danni ora spaventi
Di quella fugagli rendea presenti.

    
9
    Ma pietà sopra tutto e disconforto
Moveaglia ciascunpasso in sul cammino
O poco indi lontanvedere o morto
Omoribondo qualche topolino
Alcun da piaghe ed alcun altroscorto
Dalla stanchezza al suo mortal destino
A cui con losplendor languido e scemo
Parea la luna far l’onore estremo.

    
10
    Cosìmutovolgendo entro la testa
Profondi filosoficipensieri
E chiamando e sperando alla funesta
Discordia dellestirpi e degl’imperi
Medicina efficace intera e presta
Daigiornalisti d’ambo gli emisferi
Tanto andòche lanotte a poco a poco
Cedendoal tempo mattutin dièloco.

    
11
    Tutti desti cantando erano i galli
Per le campagnee gliaugelletti ancora
Ricominciando insiem gli usati balli
Su perli prati al mormorar dell’ora
E porporina i sempiternicalli
Apparecchiava al dì la fresca aurora
Népotea molto star che all’orizzonte
Levasse il re degli annialta la fronte;

    
12
    Quando da un poggio il topo rimirando
Non molto avanti in giùnella pianura
Vide quel che sebbene iva cercando
Voluto avriache fosse ancor futura
La vista suach’or tutto l’altroin bando
Parve porre dal cor che la paura
Non sol per semaparte e maggiormente
Perché pria del creduto era presente.

    
13
    Vide il campo de’ granchiil qual fugate
Ch’ebbe de’topi le vincenti schiere
Ver Topaia là doveindirizzate
S’eran le fuggitive al suo parere
Deliberossiandando a gran giornate
Dietro quelle condurre armi e bandiere;
Eseguitando lormen d’una notte
Distava ond’esse ilcorso avea condotte.

    
14
    Tremava il contee già voltato il dosso
Aveano i servialla terribil vista
E muro non avrianon vallo o fosso
Tenutoquella gente ignava e trista;
Ma il conte sempre all’onorproprio mosso
Come fortezza per pudor s’acquista
Fattocore egli priasopra si spinse
Gridando ai servied a tornar glistrinse.

    
15
    E visto verdeggiar poco lontano
Un ulivetoentràr subitoin quello
E del verde perpetuo con mano
O con la bocca coltoun ramicello
E sceso ciaschedun con esso al piano
Sentendo ungelo andar per ogni vello
E digrignando per paura identi
Vennero agl’inimici alloggiamenti.

    
16
    Non s’erano appena i granchi accorti
Quando lor furoaddossoe con gli ulivi
Stessisenza guardar dritti nétorti
Voleangli ad ogni patto ingoiar vivi
O gli avrian perlo men subito morti
Se in difesa de’ miseri e cattivi
Nongiungeva il parlarche con eterna
Possanza il mondo a suo piacergoverna.

    
17
    Perchéquantunque barbaro e selvaggio
Dei granchi ilfavellarnon fu celato
Al contech’oltre al far piùd’un viaggio
Sendo per diplomatico educato
Com’orsi diceavea ogni linguaggio
Per studio e per pratica imparato
Ei dialetti ancor di tutti quanti
Tal ch’era nelle lingue unMezzofanti. 136

    
18
    Dunque con parolette e con ragioni
A molcer cominciò queiferrei petti
Che da compagni mai né da padroni
Appresonon avean sì dolci detti
Né sapean ch’altragente i propri suoni
Parlar potesse dei lor patrii tetti
E sipensaro andar sotto l’arnese
Di topo un granchiolin del lorpaese.

    
19
    Per questo e per veder che radicati
Leccafondi in sul naso aveagli occhiali
Arme che in guerra mai non furo usati
Négli uomini portar né gli animali
Propria insegna ed onordi letterati
Essendo dal principioonde ai mortali
Piùd’iride o d’olivo o d’altro segno
Di pace e sicurtàson certo pegno.

    
20
    Dal sangue per allor di quegli estrani
Di doversi astenerdeterminaro;
E legati così come di cani
O di qualcheanimal feroce e raro
Non fecer mai pastori o cerretani
Asghemboall’uso lorgli strascinaro
Al General di queimarmorei lanzi
Gente nemica al camminare innanzi.

    
21
    Brancaforte quel granchio era nomato
Scortese a un tempo e diservile aspetto;
Dal qual veduto il conte e dimandato
Chifosseonde venutoa quale effetto
Rispose che venuto eralegato
Del proprio campoe ben legato e stretto
Era piùche mestier non gli facea
Ma scherzi non sostien l’altaepopea.

    
22
    E seguitò che s’altri il disciogliesse
Mostrerebbe ilmandato e le patenti.
Per questo il General non gli concesse
Ch’astrigarlo imprendessero i sergenti
E perché legger mai nongli successe
Eran gli scritti a lui non pertinenti
Ma chieseda chi date ed in qual nome
Assunte avesse l’oratorie some.

    
23
    E quel dicendo che de’ topi il regno
Per esser nella guerrail re defunto
E non restar di lui successor degno
Deliberatoavria sopra tal punto
Popolarmentee che di fede ilsegno
Rubatocchi al mandato aveva aggiunto
Il qual per duceelui per messaggero
Scelto aveva a suffragi il campo intero;

    
24
    Gelò sotto la crosta a tal favella
Popolsuffragielezioni udendo
Il casto lanzoal par di verginella
A cui conlabbro abbominoso orrendo
Le orecchie tenerissime flagella
Fangointorno e corrotte aure spargendo
Oste impudico o carrozzier. Sitinge
Ella ed imbiancae in se tutta si stringe.

    
25
    E disse al conte: Per guardar ch’io faccia
Legittimo potereio qui non trovo.
Da molti elettoacciò che il resto iotaccia
Ricever per legato io non approvo.
Poscia com’unche dal veder discaccia
Scandalo o mostro obbrobrioso e novo
Torsi fe’ quindi i topied in catene
Chiuder sotterra ecustodir ben bene.

    
26
    Fatto questomandò significando
Al proprio re per la piùcorta via
L’impensata occorrenzae supplicando
Checomandasse quel che gli aggradia.
Era quel reper quantoinvestigando
Ritrovoun della terza dinastia
Detta de’Senzacapie in su quel trono
Sedea di nome tal decimonono.

    
27
    Rispose adunque il reche nello stato
Della sedia vacante eral’eletto
Del campo ad accettar come legato;
Tosto quelregno o volontario o stretto
Creasse altro signor; nessuntrattato
Egli giammaise non con tal precetto
Conchiudessecon lor; d’ogni altro punto
Facesse quel che gli era primaingiunto.

    
28
    Questo comando al General pervenne
La ‘ve lui ritrovato avevail conte
Perché quivi aspettando egli sostenne
Quel cheordinasse del poter la fonte
Al cui volercom’ei l’avvisoottenne
L’opere seguitàr concordi e pronte;
Trassei cattivi di sotterra e sciolse
E sciolto il conte in suapresenza accolse.

    
29
    Il qualricercoespose al Generale
Di sua venuta le ragioni e ilfine
Chiedendo qual destinqual forza o quale
Violazion distato o di confine
Qual danno della roba o personale
Qualpatto o legao qual errore alfine
Avesse ai topi sprovveduti estanchi
Tratto in sul capo il tempestar de’ granchi.

    
30
    Sputòmirossi intorno e si compose
Il Generaldell’incrostata gente;
E con montana gravitàrispose
In questa formaovver poco altramente:
Signor topoditutte quelle cose
Che tu dimandinon sappiam niente
Ma igranchidando alle ranocchie aiuto
Per servar l’equilibriohan combattuto.

    
31
    Che vuol dir questo? Ripigliava il conte:
L’acque forse dellago o del pantano
O del fosso o del fiume o della fonte
Perderlo stato ed inondare il piano
O venir mancoo ritornare almonte
O patir altro più dannoso e strano
Sospettavatein caso che la schiatta
Delle rane da noi fosse disfatta?

    
32
    Non equilibrio d’acqua ma di terra
Rispose il granchioèdi pugnar cagione
E il dritto della pace e della guerra
Chespiegherò per via d’un paragone.
Il mondo inter conquanti egli rinserra
Dei pensar che somigli a un bilancione
Noncon un guscio o duema con un branco
Rispondenti fra lorpiùgrandi e manco.

    
33
    Ciaschedun guscio un animal raccetta
Che vuol dir della terra unpotentato.
In questo un topoin quello una civetta
Inquell’altro un ranocchio è collocato
Qui dentro ungranchioe quivi una cutretta
L’uno animal con l’altroequilibrato
In guisa tal che con diversi pesi
Fanno equilibrioinsiem tutti i paesi.

    
34
    Or quando un animal divien più grosso
D’altrui roba odi sua che non soleva
E un altro a caso o pur da luipercosso
Dimagra sì che in alto si solleva
Conviensubito al primo essere addosso
Dico a colui che la sua parteaggreva
E tagliandoli i pièla coda o l’ali
Farle bilance ritornare uguali.

    
35
    Queste membra tagliate a quei son porte
Che dimagrando scemo eradi peso
O le si mangia un animal più forte
Ch’aun altro ancor non sia buon contrappeso
O chemangiatenedivien di sorte
Che può star su due gusci a un temposteso
E l’equilibrio mantenervi salvo
Quinci col deretanquindi con l’alvo.

    
36
    Date sien queste cose e non concesse
Rispose al granchio il conteLeccafondi
Ma qual nume ordinò chepresedesse
All’equilibrio general de’ mondi
La nazionde’ granchi e ch’attendesse
A guardar se piùlarghi o se più tondi
Fosser che non dovean topi oranocchi
Per trar loro o le polpe o il naso o gli occhi?

    
37
    Noidisse il Generalsiam birri appunto
D’Europa e boia eprofessiam quest’arte.
Notasaggio lettorch’io non sopunto
Se d’Europa dicesse o d’altra parte
Perchéconfesso il vermai non son giunto
Per molto rivoltar le antichecarte
A discoprir la regione e il clima
Dove i casi seguìrch’io pongo in rima.

    
38
    Ma detto ho dell’Europa seguitando
Del parlar nostro lacomune usanza;
Ora al parlar del granchio ritornando
La nostraguardiaaggiunseè la costanza
Degli animai nell’esserprimoe quando
Di novità s’accorgeodiscrepanza
Dove che sialà corre il granchio armato
Eritorna le cose al primo stato.

    
39
    Chi tal carco vi diè? Richiese il conte:
La crostadissedi che siam vestiti
E l’esser senza né cervel néfronte
Sicuriinvariabiliimpietriti
Quanto il corallo ed ilcristal di monte
Per durezza famosi in tutti i liti:
Questo cifa colonne e fondamenti
Della stabilità dell’altregenti.

    
40
    Or lasciam le ragioni e le parole
Soggiunse l’altroediscendiamo ai fatti.
Da’ topi il re de’ granchi oggiche vuole?
Vuole ancor guerra e stragea tutti i patti?
Oconsente egli purcom’altri suole
Che qui d’accordo ed’amistà si tratti?
E qualein caso talcondizione
D’accordo e d’amistà ci si propone?

    
41
    Sputò di nuovo e posesi in assetto
Il General de’granchie così disse:
Dalla tua razza immantinenteeletto
Sia novello signor. Guerre né risse
Aver con leranocchie a lui disdetto
Per sempre sia. Le sorti a colorfisse
Saran dal nostroa cui ricever piacque
Nella tutela sualor terre ed acque.

    
42
    Un presidio in Topaia alloggerete
Di trentamila granchied in lorcura
Il castello con l’altro riporrete
S’altro v’hadi munito entro le mura.
Da mangiare e da ber giusta la sete
Conquanto è bisogno a lor natura
E doppia paga avran perciascun giorno
Da voifinchè tra voi faran soggiorno.

    
43
    Dicendo il conte allor che non aveva
Poter da’ suoid’acconsentire a tanto
E che tregua fermar si richiedeva
Perpoter quelli ragguagliare intanto
Rispose il General checoncedeva
Tempo quindici dìné da suo canto
Moverial’oste; e quel passato invano
Ver Topaia verrebbe armatamano.

    
44
    Così di Leccafondi e del guerriero
Brancaforte il colloquiosi disciolse:
E senza indugio alcuno il messaggero
De’topi a ritornar l’animo volse
All’uso della tregua ognipensiero
Avendo inteso; e tosto i suoi raccolse.
Nel partirpoche rane ebbe vedute
Per negozi nel campo allor venute.

    
45
    Le riconobbeche nel lor paese
Contezza ebbe di lor quandooratore
Là ritrovossied or da quelle intese
L’amorevolestudio e il gran favore
Che prestava ai ranocchi a loro spese
Ilre de’ granchiil qual sotto colore
Di protegger da’topi amico stato
Ogni cosa in sua forza avea recato.

    
46
    E che d’oro giammai sazio non era
Né si dava al relor veruno ascolto.
Pietà ne prese il contee consincera
Loquela i patrii dei ringraziò molto
Chedell’altrui protezion men fera
Calamità su i topiavean rivolto.
Poi dalle rane accomiatatoil calle
Liberopresee il campo ebbe alle spalle.  
 
 

Cantoterzo

    1
    Intanto Rubatocchi avea ridotte
Le sue schiere in Topaia asalvamento
Dove per più d’un giorno e d’unanotte
Misto fu gran dolor con gran contento.
Chi gode inrivederchi con dirotte
Lacrime chiama il suo fratellospento
Altri il padre o il maritoaltri la prole
Altri delregno e dell’onor si dole.

    
2
    Era Topaiaacciò che la figura
E il sito della terra io videscriva
Tutta con ammirabile struttura
Murata dentro d’unaroccia viva
La qual era per arte o per natura
Curvata sìche una capace riva
Al Sol per sempre ed alle stelleascosta
Nell’utero tenea come riposta.

    
3
    Ricordivi a ciascun se la montagna
Che d’Asdrubale il nomeanche ritiene
Là ‘ve Livio e Neron per lacampagna
Sparser dell’Affrican l’armi e laspene
Varcaste per la strada ove compagna
L’eterea luceal viator non viene
Sotterraneasonoraonde agrand’arte
Schiuso è il monte dall’una all’altraparte.

    
4
    O se a Napoli pressoove la tomba
Pon di Virgilio un’amorosafede
Vedeste il varco che del tuon rimbomba
Spesso che dalVesuvio intorno fiede
Colà dove all’entrar subitopiomba
Notte in sul capo al passegger che vede
Quasi un puntolontan d’un lume incerto
L’altra bocca onde poi riedeall’aperto:

    
5
    E queste avrete immagini bastanti
Del loco ove Topaia erafondata
La qual per quattro bocche a quattro canti
Dellamontagna posta avea l’entrata
Cui turando con arte a tuttiquanti
Chiusa non solo ma rimanea celata
In guisa tal che lacittà di fuore
Accusar non potea se non l’odore.

    
6
    Dentro palagi e fabbriche reali
Sorgean di molto buonaarchitettura
Collegi senza fine ed ospedali
Vòtisemprema grandi oltremisura
Statuecolonne ed architrionfali
E monumenti alfin d’ogni natura.
Sopra un massoritondo era il castello
Forte di sito a maraviglia e bello.

    
7
    Come chi d’Apennin varcato il dorso
Pesso Fulignoper laculta valle
Cui rompe il monte di Spoleto il corso
Prendel’aperto e dilettoso calle
Se il guardo lieto in su la mancascorso
Leva d’un sasso alle scoscese spalle
Bianconudato d’ogni fiord’ogni erba
Vede cosa onde poimemoria serba

    
8
    Di Trevi la cittàche con iscena
D’aerei tetti laventosa cima
Tien sì che a cerchio con l’estremaschiena
Degli estremi edifizi il piè s’adima;
Pursiede in vista limpida e serena
E quasi incanto il viatorl’estima
Brillan templi e palagi al chiaro giorno
Esfavillan finestre intorno intorno;

    
9
    Cotalma privo del diurno lume
Veduto avreste quel di ch’iofavello
Del polito macigno in sul cacume
Fondato solidissimocastello
Ch’al margine affacciato oltre il costume
Quasiprecipitar parea con quello.
Da un lato sol per un’angustavia
Con ansia e con sudor vi si salia.

    
10
    Luce ai topi non molto esser mestieri
Vede ciascun di noi nellasua stanza
Che chiusi negli armadi e nei panieri
Fare ogni lorfaccenda han per usanza
E spente le lucerne e i candelieri
Vengonpoi fuor la notte alla lor danza.
Pur se luce colà sirichiedea
Talorcon faci ognun si provvedea.

    
11
    D’Ercolano così sotto Resina
Che d’ignobilicase e di taverne
Copre la nobilissima ruina
Al tremolar dipallide lucerne
Scende a veder la gente pellegrina
Le membraafflitte e pur di fama eterne
Magioni e scene e templi ecolonnati
Allo splendor del giorno ancor negati.

    
12
    Certo se un suol germanico o britanno
Queste ruine nostrericoprisse
Di faci a visitar l’antico danno
Piùnon bisogneria ch’uom si servisse
E d’ogni spesa inonta e d’ogni affanno
Pompeich’ad ugual sorte il fatoaddisse
All’aspetto del Sol tornata ancora
Tuttae nonpur sì poca parte fora.

    
13
    Vergogna sempiterna e vitupero
D’Italia non diròmadi chi prezza
Disonesto tesor più che il mistero
Dell’aureaantichità porre in chiarezza
E riscossa di terra allostraniero
Mostrare ancor l’italica grandezza.
Lor siadata dal ciel giusta mercede
Se pur ciò non indarno alciel si chiede.

    
14
    E mercè s’abbia non di riso e d’ira
Di ch’ebbesempre assaima d’altri danni
L’ipocrita canagliaondesospira
L’Europa tutta invan tanti e tanti anni
I papiriove cauta ella delira
Scacciando ognunsu i mercenariscanni;
Razza e cagion di cui mi dorrebb’anco
Se boia eforche ci venisser manco.

    
15
    Tornando ai topia cui dagli scaffali
Di questi furbi agevole èil ritorno
Vincea Topaia allor le principali
Città daltramontano al mezzogiorno
O rare assai fra quelle avevauguali
Proprio de’ topi e natural soggiorno
Làdove consistea massimamente
Il regno e il fior della topescagente.

    
16
    Perché lunge di là stabil dimora
Avean pochi onessun di lor legnaggio
Salvo in colonieove soleanoallora
Finir le genti or questo or quel viaggio.
Ciò bensapete lungo tempo ancora
Più d’un popolo usòcivile e saggio:
Chiudea sola una cerchia un regno intero
Cheper colonie distendea l’impero.

    
17
    Potete immaginar quale infinita
Turba albergò Topaia entrosue mura.
Di Statistica ancor non s’era udita
La parola aquei dì per isventura
Ma di più milioni avercompita
Color la quantità s’ha per sicura
Sentenzae con Topaia oggi si noma
Ninive e Babilonia e Menfi e Roma.

    
18
    Tornato dunquecome sopra ho detto
L’esercito dei topi allacittade
e cessato il picchiar le palme e il petto
Pei caffèper le case e per le strade
Cedendo all’amor patrio ognialtro affetto
Od al timorcome più spesso accade
Delritorno a cercar del messaggero
Fu volto con le lingue ognipensiero.

    
19
    Perché parea che nel saper l’intento
Degl’inimiciconsistesse il tutto
E fosse senza tal conoscimento
Ogniconsiglio a caso e senza frutto
Né trattar del durabilreggimento
Del regno aver potesse alcun costrutto
Se latempesta pria non si quetasse
Ch’ogni estremo parea cheminacciasse.

    
20
    Ma per quei giorni sospirata invano
La tornata del conte alla suaterra
Il qualvenuto a fera gente in mano
Regii cenniattendea prigion sotterra
Crescendo dell’ignoto e dellontano
L’ansia e la temaed a patir la guerra
Parendopurse guerra anco s’avesse
Che lo stato ordinar sirichiedesse;

    
21
    Giudicò Rubatocchi e i principali
Della città conluidi non frapporre
Più temponé dar loco a novimali
Ma prestamente il popolo raccorre
E le gravi materie ecapitali
Del reggimento in pubblico proporre
Sì ch’airischi di fuor tornando l’oste
Dentro le cose pria fossercomposte.

    
22
    Ben avria Rubatocchie per le molte
Parentele sue nobili epotenti
E perché de’ soldati in lui rivolte
Conamor da gran tempo eran le menti
E per quel braccio che dal mondotolte
Cotante avea delle nemiche genti
Potuto ritener quel giàsovrano
Poter che il fato gli avea posto in mano.

    
23
    E spontanei non pochi a lui venendo
Capi dell’armi e principie baroni
Confortandolo piano ed offerendo
Se pronti a sostenerle sue ragioni.
Ma ributtò l’eroe con istupendo
Valorle vili altrui persuasioni
E il dar forma allo stato e il proprioimpero
Nell’arbitrio comun rimise intero.

    
24
    Degno perciò d’eterna lodeal quale
Non ha l’anticae la moderna istoria
Altro da somigliar non ch’altrouguale
quanto or so rinvenir con la memoria
Fuor tred’inclita fama ed immortale
Timoleon corintio ed AndreaDoria
In sul fianco di qua dall’oceano
E Washington dallato americano.

    
25
    Dei quali per pudor per leggiadria
Vera di fatti e probitàd’ingegno
Negar non vo né vo tacer che sia
Quantunqueitalian Doria il men degno
Ma perfetta bontà nonconsentia
Quel secolo infeliceov’ebbe regno
Ferocia conarcano avvolgimento
E viltà di pensier con ardimento.

    
26
    Deserto è la sua storiaove nessuno
D’incorrottavirtude atto si scopre
Cagion che sopra ogni altra aciascheduno
Fa grato il riandar successi ed opre;
Tedio ilresto ed obbliosalvo quest’uno
Sol degli eroici fatti alfinricopre
Del cui splendor non è beato
Il deserto ch’iodico in alcun lato.

    
27
    Maraviglia è colà che s’appresenti
Maurizio diSassonia alla tua vista
Che con mille vergogne e tradimenti
Granparte a’ suoi di libertade acquista
EgmontOrangea lorgrandezza intenti
Lor patria liberando oppressa e trista
Equel miglior che invia con braccio forte
Il primo duca di Firenzea morte.

    
28
    Né loco d’ammirar vi si ritrova
Se d’ammirarcolui non vi par degno
Che redando grandezze antiche innova
Nongià virtudie che di tanto regno
Se minor dimostrando inogni prova
Par che mirar non sappia ad alcun segno
Cittadialternamente acquista e perde
E il fior d’Europa in Affricadisperde.

    
29
    Non di cor generoso e non abbietto
non infedel né piocrudo né mite
Non dell’iniquo amante e non delretto
Or servate promesse ed or tradite
Al grandeal bel nonmai volto l’affetto
Non agevoli imprese e non ardite
Dueprenci imprigionati in suo potere
Né liberi sa farnéritenere.

    
30
    Alfin di tanto suontanta possanza
Nessuno effetto riuscir sivede
Anzi il gran fascioche sue forze avanza
Gitta eglistesso e volontario cede
La cui mole che invan passòl’usanza
Divide e perde infra più d’unoerede;
Poi chiuso in monacali abiti involto
Gode prima chemorto esser sepolto.

    
31
    O costanzao valor de’ prischi tempi!
Far gran cose di nullaera vostr’arte
Nulla far di gran cose età discempi
Apprese da quel dì che il nostro marte
Costantinpari ai più nefandi esempi
Donò col nostro scettroad altra parte.
Tal differenza insiem han del romano
Veroimperio gli effettie del germano.

    
32
    Non d’onore appo noima d’odio e sdegno
Han gara isommi di quel secol bruno.
Né facilmente a chi dovuto ilregno
Dell’odio sia giudicherebbe alcuno
Se tuportentodi superbia e pegno
D’ira del cielnon superassi ognuno
Osecondo Filippoaustriaca pianta
Di cui Satan maestro ancor sivanta.

    
33
    Tant’odio quanto è sul tuo capo accolto
De’ tuoipari di tempo e de’ nepoti
Altro mai non portò vivo osepolto
O ne’ prossimi giorni o ne’ remoti.
Tunominato ogni benigno volto
Innaspri ed ogni cor placidoscoti
Stupendo in ricercar nell’ira umana
La piùvivace ed intima fontana.

    
34
    Dopo te quel grandissimo incorono
Duca d’Alba che quasi emuloardisce
Contender tecoe il general perdono
Tutti escludendoai Batavi bandisce.
Nobile esempio e salutarche al trono
De’successori tuoi tanto aggradisce
A cui d’Olanda il novosdegno e il tanto
Valor si debbe ed il tuo giogo infranto.

    
35
    Ma di troppo gran tratto allontanato
Son da Topaiae làritorno in fretta
Dove accoltoo lettoriin sul mercato
Uninfinito popolo m’aspetta
Che un infinito cicalar distato
Ode o presume udirloda o rigetta
E si consiglia oconsigliarsi crede
E fa leggi o di farle ha certa fede.

    
36
    Chi dir potria le pratichei maneggi
Le discordieil romorlefazioni
Che soglion accader quando le greggi
Procedono a sìfatte elezioni
Per empier qual si sia specie di seggi
Non chesforniti rifornire i troni?
Tutto ciò fra colorointervenia
E da me volentier si passa via.

    
37
    E la conclusion sola toccando
Dico che dopo un tenzonareeterno
All’alba ed alle squilleor disputando
Dello statodi fuorior dell’interno
Novella monarchia fu percomando
Del popol destinata al lor governo:
Una di quelle chetemprate in parte
Son da statuti che si chiaman carte.

    
38
    Se d’Inghilterra più s’assomigliasse
Allostatuto o costituzione
Com’oggi il nominiamoos’accostasse
A quel di Francia o d’altra nazione
ConParlamenti o corti alte o pur basse
Di pubblica o di regiaelezione
Doppio o semplice alfincome in Ispagna
Lo statutode’ topi o carta magna

    
39
    Da tutto quel che degli antichi ho letto
Dintorno a ciòraccor non si potria.
Questo solo affermar senzasospetto
D’ignoranza si può né di bugia
Esseresotto il prence allora eletto
Da’ topie la novellasignoria
Quel chese in verso non istesse male
Avreichiamato costituzionale.

    
40
    Deputato a regnar fu Rodipane
Genero al morto reMangiaprosciutti.
Così quando Priamo alle troiane
Gentie di sua radice i tanti frutti
Mancàrfuggendo a regioniestrane
Sotto il genero Enea convenner tutti:
Perché diregno alfin sola ci piace
La famiglia real creder capace.

    
41
    E quella estintai prossimi di sangue
E poscia ad uno ad un glialtri parenti
Cerchiam di grado in grado insin che langue
Ilregio umor negli ultimi attenenti.
Né questo in pace solma quando esangue
Il regno è omai per aspritrattamenti
Allor per aspra e sanguinosa via
Ricorre in armi anova dinastia.

    
42
    E quando per qualunque altra occorrenza
Mutando stato il pristinodisgombra
Di qualche pianta di real semenza
Sempre s’accogliedesioso all’ombra.
Qual pargoletto che rimasto senza
Lagonna che il sostiene e che l’adombra
Dopo breve ondeggiartosto col piede
Gridandoe con la man sopra vi riede.

    
43
    O come ardita e fervida cavalla
Che di mano al cocchier per giocouscita
A gran salti ritorna alla sua stalla
Dove sferzaebaston forsel’invita;
O come augello il vol subitoavvalla
Dalle altezze negate alla sua vita
Ed alla fida gabbiaove soggiorna
Dagli anni acerbivolontario torna.

    44
     Re corteseper altroamante ebuono
Veggo questo in antico esser tenuto
Memore ognor inquanto appiè del trono
Soggetto infra soggetti eravissuto:
Al popol in comun per lo cui dono
E non del cieloalregno era venuto
Riconoscente; e non de’ mali ignaro
Diquesto o quelné di soccorso avaro.

    45
     E lo statuto o patto cheaccettato
Dai cittadini avea con giuramento
Trovo che incontroallo straniero armato
Difese con sincero intendimento
Néperché loco gliene fosse dato
Di restarsene sciolto ebbetalento.
Di questopoi che la credenza eccede
Interpongol’altruinon la mia fede.  
 
 


Cantoquarto

    1
    Maraviglia talor per avventura
Leggitori onorandi eleggitrici
Cagionato c’avrà questa lettura.
E comeson degli uomini i giudici
Facili per usanza e per natura
Forsebenché benevoli ed amici
Più d’un pensiero inmente avrete accolto
Ch’essere io deggia o menzognero ostolto

    
2
    Perché le cose del topesco regno
Che son per vetustàda noi lontane
Tanto che come appar da più d’unsegno
Agguaglian le antichissime indiane
I costumiilparlarl’oprel’ingegno
E l’infime faccende e lesovrane
Quasi ieri o l’altr’ier fossero state
Similia queste nostre ho figurato.

    
3
    Ma con la maraviglia ogni sospetto
Come una nebbia vi torràdi mente
Il leggers’anco non avete letto
Quel che isavi han trovato ultimamente
Speculando col sempliceintelletto
Sopra la sorte dell’umana gente
Che d’Europail civil presente stato
Debbe ancor primitivo esser chiamato.

    
4
    E che quei che selvaggi il volgo appella
Che nei più caldie nei più freddi liti
Ignudi al soleal vento allaprocella
E sol di tetto natural forniti
Contenti son da poiche la mammella
Lasciàrd’erbe e di vermi essernutriti
Temon l’aurele frondie che disciolta
Dal Solnon cangia la celeste volta;

    
5
    Non vita naturale e primitiva
Menancome fin qui furoncreduti
Ma per corruzion sì difettiva
Da una perfettaciviltà caduti
Nella qual come in propria ed in nativa
Ipadri de’ lor padri eran vissuti:
Perché stato sìreocome il selvaggio
Estimar natural non è da saggio:

    
6
    Non potendo mai star che la natura
Che al ben degli animali èsempre intenta
E più dell’uom che principalfattura
Esser di quella par che si consenta
Da tutti noisìpovera e sì dura
Vita ove pur pensando ei si sgomenta
Comepropria e richiesta e conformata
Abbia al genere uman determinata.

    
7
    Né manco sembra che possibil sia
Che lo stato dell’uomvero e perfetto
Sia posto in capo di sì lunga via
Quantaa farsi civile appar costretto
Il gener nostro a misurare inpria
U’ son cent’anni un dì quantoall’effetto:
Sì lento è il suo cammin perquelle strade
Che il conducon dal bosco a civiltade.

    
8
    Perché ingiusto e crudel sarebbe stato
Né per modonessun conveniente
Che all’infelicitàpredestinato
Non per suo vizio o colpa anzi innocente
Perordin primo e natural suo fato
Fosse un numero tal d’umanagente
Quanta nascer convennee che morisse
Prima che aciviltà si pervenisse.

    
9
    Resta che il viver zotico e ferino
Corruzion si creda e nonnatura
E che ingiuria facendo al suo destino
Caggia quivi ilmortal da grande altura
Dico dal civil gradoove il divino
Sennoavea di locarlo avuto cura:
Perché se al ciel non vogliamfare oltraggio
Civile ei nascee poi divien selvaggio.

    
10
    Questa conclusion che ancor che bella
Parravvi alquanto inusitatae strana
Non d’altronde provien se non da quella
forma diragionar diritta e sana
Ch’a priori in iscola ancoras’appella
Appo cui ciascun’altra oggi par vana
Laqual per certo alcun principio pone
E tutto l’altro a quelpiega e compone.

    
11
    Per certo si suppon che intenta sia
Natura sempre al ben deglianimali
E che gli ami di cor come la pia
Chioccia fa delpulcin che ha sotto l’ali:
E vedendosi al tutto acerba eria
La vita esser che al bosco hanno i mortali
Per forza siconchiude in buon latino
Che la città fu pria delcittadino.

    
12
    Se libere le menti e preparate
Fossero a ciò che i fatti ela ragione
Sapessero insegnarnon inchinate
A questa piùche a quella opinione
Se natura chiamar d’ogni pietate
Edi qual s’è cortese affezione
Sapesser privae de’suoi figli antica
E capital carnefice e nemica;

    
13
    O se piuttosto ad ogni fin rivolta
Che al nostro che diciamo obene o male;
E confessar che de’ suoi fini è tolta
Lavista al riguardar nostro mortale
Anzi il saper se non da finisciolta
Sia veramentee se ben v’abbiae quale;
Diremmoancor con ciascun’altra etade
Che il cittadin fu pria dellacittade.

    
14
    Non è filosofia se non un’arte
La qual di ciòche l’uomo è risoluto
Di creder circa a qualsivogliaparte
Come meglio alla fin l’è conceduto
Leragioni assegnando empie le carte
O le orecchie talor perinstituto
Con più d’ingegno o mengiusta ilpotere
Che il maestro o l’autor si trova avere.

    
15
    Quella filosofia dico che impera
Nel secol nostro senza guerraalcuna
E che con guerra più o men leggera
Ebbe neglialtri non minor fortuna
Fuor nel prossimo a questoove seintera
La mia mente oso dirportò ciascuna
Facoltànostra a quelle cime il passo
Onde tosto inchinar l’èforza al basso.

    
16
    In quell’etàd’un’aspra guerra in onta
Altrafilosofia regnar fu vista
A cui dinanzi valorosa e pronta
L'etànostra arretrossi appena avvista
Di ciò che più lespiace e che più monta
Esser quella in sostanza amara etrista;
Non che i pricipii in lei né le premesse
Mostrarfalse da sé ben ben sapesse.
 
    
17
    Ma false o verema disformi o belle
Esser queste si fosse o nomostrato
Le conseguenze lor non eran quelle
Che l'uom d'averper ferme ha decretato
E che per ferme avrà fin che lestelle
D'orto in occaso andran pel cerchio usato
Perchétal fede in tali o veri o sogni
Per sua quiete par che glibisogni.
 
    
18
    Ed ancor piùperché da lunga pezza
È la suamente a cotal fede usata
Ed ogni fede a che sia quellaavvezza
Prodotta par da coscienza innata:
Che come suol congrande agevolezza
L'usanza con natura esser cangiata
Cosìvien facilmente alle persone
Presa l'usanza lor per la ragione.
 
    
19
    Ed imparar cred'io che le più volte
Altro non siase benvi si guardasse
Che un avvedersi di credenze stolte
Che perlungo portar l'alma contrasse
E del fanciullo racquistar conmolte
Cure il saper ch'a noi l'età sottrasse;
Il qualgià più di noi non sa né vede
Ma di veder nédi saper non crede.
 
    
20
    Ma nois'è fuor dell'usoogni pensiero
Assurdo giudichiamtosto in effetto
Né pensiam ch'un assurdo il mondo e ilvero
Esser potrebbe al fral nostro intelletto:
E misterogridiamperch'a mistero
Riesce ancor qualunque uman concetto
Mai misteri e gli assurdi entro il cervello
Vogliam foggiarci come anoi par bello.
 
    
21
    Orleggitori mieiscendendo al punto
Al qual per lunga etortuosa via
Sempre pure intendendoecco son giunto
Poteteomai veder che non per mia
Frode o sciocchezza avvien che taliappunto
Si pingan nella vostra fantasia
De' topi gliantichissimi parenti
Quali i popoli son che abbiam presenti:
 
    
22
    Ma procede da ciòche il nostro stato
Antico èveramente e primitivo
Non degli uomini solma in ogni lato
D'ognianimal che in aria o in terra è vivo.
Perchéingiusto saria che condannato
Fosse di sua natura a un viverprivo
Quasi d'ogni contento e pien di mali
L'interminato stuoldegli animali.
 
    
23
    Per tanto in civiltàdata secondo
Il grado naturale aciascheduna
Tutte le specie lor vennero al mondo
E tutteposcia da cotal fortuna
Per lor proprio fallir caddero in fondo
Einfelici son or; né causa alcuna
Ha il ciel peròdell'esser lor sì tristo
Il qual bene al bisogno aveaprovvisto.
 
    
24
    E se colma d'angoscia e di paura
Del topolin la vita ciapparisce
Il qual mirando mai non s'assicura
Fugge e per ognicrollo inorridisce
Corruzion si creda e non natura
La miseriache il topo oggi patisce
A cui forse il menàr quei casi inparte
Che seguitando narran queste carte.
 
    
25
    E la dispersion della sua schiatta
Ebbe forse d'allorcominciamento
La qual raminga in su la terra èfatta
Perduto il primo e proprio alloggiamento
Come il popolgiudeoche mal s'adatta
Esulesparsoa cento sedi e cento
Edi Solima il tempio e le campagne
Di Palestina si rammenta epiagne.
 
    
26
    Ma il novello signor giurato ch'ebbe
Servar esso e gli eredieterno il patto
Incoronato fu come si debbe
E il manto sivestì di pel di gatto
E lo scettro impugnòched'auro crebbe
Nella cui punta il mondo era ritratto
Perchécredeva allor del mondo intero
La specie soricina aver l'impero.
 
    
27
    Dato alla plebe fu cacio con polta
E vin vecchio gittàrmolte fontane
Gridando ella per tutto allegra e folta
Viva lacarta e viva Rodipane
Tal ch'eccheggiando quell'alpestrevolta
Carta per tutto ripeteva e pane
Cose al governo delleculte genti
Chi le sa ministrarsufficienti.
 
    
28
    Re de' topi costui con nuovo nome
O suo trovato fosse o de'soggetti
S'intitolònon di Topaiacome
Propriamentein addietro s'eran detti
I portatori di quell'auree some.
Cosamolto a notarche negli effetti
Differisce d'assaibenchénon paia
S'alcun sia re de' topi o di Topaia.
 
    
29
    La noto ancorperò che facilmente
Nella cronologia nonpoco errato
Potrebbe andar chi non ponesse mente
A questometafisico trovato
E creder che costui primieramente
Rodipanfra quei re fosse nomato
Quando un Rodipan terzo avanti aquesto
Da libri e da monete è manifesto.
 
    
30
    Primo fra' re de' topima contando
Quei di Topaia ancors'iobene estimo
Fu quarto Rodipan. Questo ignorando
Può lacronologia da sommo ad imo
Andar sossopra. A ciò dunqueovviando
Notate che costui Rodipan primo
E il notin glieruditi e i filotopi
Fra i re de' topi funon fra i re topi.
 
    
31
    Non era il festeggiar finito ancora
Quando giunse dal campo ilmessaggero
Non aspettato omaiche la dimora
Sua lunga aveanesgombro ogni pensiero;
Né desiato piùche insinoallora
Soleano i sogni più gradir che il vero.
Sognieran gli ozi brevi e l'allegria
Ver ciò che il conte arapportar venia.
 
    
32
    Immantinente poi che divulgato
Fu per fama in Topaia il suoritorno
Interrotto il concorso ed acchetato
Il giulivo romorfu d'ogni intorno.
Tristo annunzio parea quel che bramato
Esospirato avean pur l'altro giorno
Perché già perobblio fatte sicure
Destava l'alme ai dubbi ed alle cure.
 
    
33
    Prestamente il legato a Rodipane
L'umor del granchio e l'aspreleggi espose
E nel maggior consiglio la dimane
Per mandato delre l'affar propose.
Parver l'esposte leggi inique e strane
Fattisopra vi fur comenti e chiose
Alfin per pace aver dentro e difuore
A tutto consentir parve il migliore.
 
    
34
    Tornò nel campo ai rigidi contratti
Il conte con famigli econ arnesi
E l'accordo fermò secondo i patti
Che giàper le mie rime avete intesi.
Soscriver non sapeanélegger gli atti
Il granchioarti discare a' suoi paesi;
Malesse e confermò con la sua mano
Un ranocchio che allor gliera scrivano.
 
    
35
    Ratto uno stuol di trentamila lanzi
Ver Topaia lietissimo simosse
A doppie paghe e più che doppi pranzi
Benchérato l'accordo ancor non fosse
E nella terra entròdietroe dinanzi
Schernito per le vie con le più grosse
Beffeche immaginar sapea ciascuno
Non s'avvedendo quelli in modoalcuno.
 
    
36
    Nel superbo castel furo introdotti
Dove l'insegna cor piantata esciolta
Poser mano a votar paiuoli e botti
E speràrpace i topi un'altra volta.
Lieti i giorni tornàrliete lenotti
Ch'ambo sovente illuminar con molta
Spesa fece il comunper l'allegria
Dell'acquistata nuova monarchia.
 
    
37
    Ma quel che più rilevaa far lo stato
Prospero quanto piùfar si potesse
Del popolo in comune e del privato
Fama èche cordialmente il re si desse.
Il qual subito poi cheritornato
Fu Leccafondiconsiglier lo elesse
Ministrodell'interno e principale
Strumento dell'impero in generale.
 
    
38
    Questi a rimover l'ombra ed all'aumento
Di civiltà rivolseogni sua cura
Sapendo che con altro fondamento
Prosperitàdi regni in piè non dura
E che civile e saggiail suocontento
La plebe stessa ed il suo ben procura
Meglio d'ognialtroné favor né dono
Fuor ch'esser francal'èmestier dal trono.
 
     39
    E bramò che sapesse il popol tutto
Leggere e computar perdisciplina
Stimando ciòcred'iomaggior costrutto
Chenon d'Enrico quarto la gallina.
Quindi nella città fe daper tutto
Tante scole ordinarche la mattina
Piazzeportici evie per molti dì
Non d'altro risonàr che d'a b c.
 
    
40
    Crescer più d'una cattedra o lettura
Anco gli piacque aciaschedun liceo
Con più dote che mai per avventura
Nonebbe professor benché baggeo.
Dritto del topodritto dinatura
Ed ogni dritto antegiustinianeo
E fuvvi col civilcolcriminale
Esposto il dritto costituzionale.
 
    
41
    E già per la fidanza ond'è cagione
All'alme unconvenevol reggimento
D'industria a rifiorir lanazione
Cominciava con presto accrescimento.
Compagnie diricchissime persone
Cercar da grandi spese emolumento
D'ortibagniginnasi a ciascun giorno
Vedevi il loco novamente adorno.
 
    
42
    Vendite nuove ed utili officine
Similmente ogni dì sivedean porre
Merci del loco e merci pellegrine
In copia grandeai passeggeri esporre
Stranie commodità farcittadine
Nuovi teatri il popolo raccorre
Qui strade araccorciar la plebe intenta
Là d'un palagio a por lefondamenta.
 
    
43
    Concorde intanto la città con bianchi
Voti il convegnoricevuto avea
E che di quello dal signor de' granchi
Fossefatto altrettanto s'attendea.
Andando e ritornando eran giàstanchi
Più messie nulla ancor si conchiudea
Tantoche in fin dei principali in petto
Nasceabenché confusoalcun sospetto.
 
    
44
    Senzacapo re granchio il più superbo
De' prenci di queltempo era tenuto
Nemico ostinatissimo ed acerbo
Del nome soldi carta o di statuto
Che il poter ch'era in lui senzariserbo
Partir con Giove indegno avria creduto.
Se carta alcunsognò dentro il suo regno
Egli in punirlo esercitòl'ingegno. 352
 
    
45
    E cura avea che veramente fosse
Con perfetto rigor la penainflitta
Né dalle genti per pietà commosse
Qualcheparte di lei fosse relitta
E il numero e il tenor dellepercosse
Ricordava e la verga a ciò prescritta.
Buonsonator per altro anzi divino
La corte il dichiarò diviolino.
 
    
46
    Questi poiché con involute e vaghe
Risposte ebbe gran tempoascoso il vero
Al capitan di quei che doppie paghe
Giàda' topi esigean senza mistero
Ammessi senza pugna e senzapiaghe
Mandòquando gli parveun suo corriero.
Aveaquel capitan fra i parlatori
Della gente de' granchi i primionori.
 
    
47
    Forte nei detti sì che per la forte
Loquela il dimandàrBoccaferrata.
Il qual venuto alle reali porte
Chiese udienzainsolita e privata.
Ed intromessofecome di corte
Riverenzaper granchio assai garbata:
Poi disse quel che riposatoalquanto
Racconteròlettornell'altro canto.  
 


Cantoquinto

    1
    Signordisseche tale esser chiamato
Dei pel sangue che portientro le vene
Il qual certo sappiam che derivato
Da sorgentereal ne' tuoi perviene
E perché di sposar fostidegnato
Colei che sola in vita ancor mantiene
Caduti tuttigli altri augusti frutti
La famiglia del re Mangiaprosciutti;
 
     2
    Degno quant'altro alcun di regio trono
T'estima il signor mio perogni punto
Ma il sentieroa dir vercrede non buono
Per cuilo scettro ad impugnar sei giunto.
Tai che a poter ben darlo attinon sono
T'hanno ai ben meritati onori assunto.
Ma re fare odisfarcome ben sai
Altro ch'a' re non si appartenne mai.
 
     3
    Se vedovo per morte il seggio resta
Che legittimamente eratenuto
Né la succession sia manifesta
Per discendenza oregio altro statuto
Né men per testamento in quella o inquesta
Forma dal morto re sia provveduto
Spontaneamente alderelitto regno
S'adopran gli altri re di por sostegno.
 
    4
     O un successore è dato aquella sede
Che sia da lor concordemente eletto
O partono essire pieni di fede
L'orbo stato fra lor con pari affetto
O chiprimo il può far primo succede
Per lo più chi piùforte è con effetto
Cause genealogiche allegando
E perlo più con l'arnie autenticando.
 
    5
     Re novodi lor man pesato escosso
Dare i sudditi a sé mai non fur visti
Néfora assurdo al mio parer men grosso
Che se qualche lavor de'nostri artisti
Come orologio da portare indosso
O cosa tal cheper danar s'acquisti
Il compratore elegger si vedesse
Che leiportare e posseder potesse.
 
    6
     Negli scettri non han ragione ovoto
I popoli nessuno o ne' diademi
Ch'essi non ferma Diosiccome è noto.
Anzi s'anco talvolta in casi estremi
Restail soglio deserto non che vòto
Per popolari fremiti e persemi
D'ire o per non so qual malinconia
Onde spenta riman lamonarchia
 
     7
    Al popol che di lei fu distruttore
Cercan rimedio ancor l'altrecorone
E legittimo far quel mal umore
Quasi e rettificarl'intenzione
Destinato da lor novo signore
Dando a quel con letriste o con le buone
Né sopportan giammai che da sestesso
Costituirsi un re gli sia concesso.
 
    8
     Che se pur fu da Brancaforteingiunto
A' tuoi di provveder d'un re novello
Non volea questodir ch'eletto a punto
Fosse il creato re questo néquello
Ma non altro dar lor se non l'assunto
Che i piùcapaci del real mantello
Proponessero a' piè de'potentati
Che gli avriano a bell'agio esaminati.
 
    9
     Or dunque avendo alla virtùrispetto
Signorche manifesta in te dimora
E sopra tutto aquei che prima ho detto
Pregi onde teco il gener tuo s'onora
Nondella elezion solo il difetto
Supplire ed emendarma vuoleancora
La maestà del mio padrone un segno
Dartidell'amor suo forse più degno.
 
    10
Perché non pur con suo real diploma
Chevalevol fia sempre ancor che tardo
E di color che collegati einoma
Che il daran prontamente a suo riguardo
Riponendoti ilserto in su la chioma
Legittimo farà quel ch'èbastardo
Che legittimitàcosa volante
Vien dal cieloo vi riede in un istante:
 
    11
     Ma il poco onesto e nonportabil patto
Che il popolo a ricever ti costrinse
A cui benvede il mio signor che un atto
Discorde assai dal tuo volert'avvinse
Sconcio a dir vero e tal che quasi affatto
La maestàdi questo trono estinse
A potere annullar de' topi inonta
Compagnia t'offerisce utile e pronta.
 
    12
     Non solo i nostri trentamilaforti
Che nel suo nome tengono il castello
Alla bell'opra tisaran consorti
Di render lustro al tuo real cappello
Macinquecentomila che ne' porti
De' ranocchi hanno stanzaio vo dirquello
Esercito già noto a voi che sotto
Brancaforte inquei lochi or s'è ridotto
 
    13
     E che per volontà delsignor nostro
Così fermato in prossime contrade
Aspettaper veder nel regno vostro
Che movimento o cosa nova accade
Tostoche un cenno tuo gli sarà mostro
Il cammin prenderàdella cittade
Dove i topi o ravvisti o con lor danno
A servirprestamente torneranno.
 
    14
     Fatto questoil diploma a tespedito
Saràdi quel tenor che si conviene.
E un pattofra' due re fia stabilito
Quale ambedue giudicherete bene.
Matroppo oggi saria diminuito
L'onor che fra' re tutti il mioritiene
Se un accordo da lui si confermasse
Che con sudditaplebe altri contrasse.
 
     15
    Né certo ei sosterrà che d'aver fatto
Onta agliscettri il popol tuo si vanti
E che che avvengail disdicevolpatto
Che tutti offender sembra i dominanti
Combatteràfinché sarà disfatto
Tornando la città qualera innanti.
Questa presso che ostil conclusione
Ebbe delcapitan l'orazione.
 
     16
    Rispose Rodipanche udir solea
Che stil de' granchi era cangiareaspetto
Secondo i tempie che di ciò vedea
Chiaratestimonianza or per effetto
Essendo certo che richiestoavea
Senzacapo che un re subito eletto
Fosse da' topi allor cheavea temenza
D'altra più scandalosa esperienza.
 
    17
     Che stato franco avesseroanteposto
A monarchia di qualsivoglia sorte
E che l'esempioloro avesse posto
Desiderio in altrui d'un'ugual sorte
La qualsospizion come più tosto
S'avea tolto dal cordiBrancaforte
Condannava i trattatie i chiari detti
Torceva ainopinabili concetti.
 
     18
    Privo l'accordo del real suggello
Né re de' topi alcunriconosciuto
A sé poco gravarma che il castello
Conmaraviglia grande avria veduto
Da genti granchie ritenerche inquello
Entrar per solo accordo avean potuto
Se non sapesse aipopoli presenti
Esser negati i dritti delle genti.
 
    19
     Anzi i dritti comuni e dinatura
Perché frodeperfidia e qual si sia
Prettasolenne autentica impostura
È cosa verso lor lecita epia
E quelli soppiantar può con sicura
Mente ogniestrania o patria monarchia
Che popolo e nessun tornantutt'uno
Se intier l'ammazzinon ammazzi alcuno.
 
    20
     Quanto al proposto affarcheinterrogato
Capo per capo avria la nazione
Non essendo in suaman circa lo stato
Prender da sé deliberazione
E chequel che da lei fosse ordinato
Faria come per propriaelezione
Caro avendo osservarpoi che giurollo
Lo statuto. Eciò dettoaccommiatollo.
 
    21
     L'altra mattina al generalconsiglio
Il tutto riferì personalmente
E la grandezzadel comun periglio
Espose e ragionò distesamente
Etrovar qualche viaqualche consiglio
Qualche provvisionconveniente
Spesse volte inculcòquasi sapesse
Egli unaviama dir non la volesse.
 
    22
     Arse d'ira ogni pettoarseogni sguardo
E come per l'aperta ingiuria suole
Che negl'imiprecordii anche il codardo
Fere là dove certo il ferirdole
Parve ancora al più vile esser gagliardo
Veravendetta a far non di parole.
Guerra scelta da tutti e risoluto
Fuda tutti morir per lo statuto.
 
    23
     Commendò Rodipan questoconcorde
Voler del popol suo con molte lodi
Morte imprecando aquelle bestie sorde
Dell'intelletto e pur destre allefrodi;
Purchédissenessun da sé discorde
Seguail parlarnon poi gli atti de' prodi:
E soldatesche ed armi el'altre cose
Spettanti a guerra ad apprestar si pose.
 
    24
     Di suo vero od al ver piùsomigliante
Sentirdel quale ogni scrittore èmuto
Dirovvi il parer mio da mal pensante
Qual da non molto inqua son divenuto
Che per indole prima io rette e sante
Levolontà gran tempo avea creduto
Né d'appormi cosìm'accadde mai
Né di fallar poi che il contrariousai.
 
     25
    Dico che Rodipan di porre sciolta
La causa sua dalla comun de'topi
In man de' granchiavea per cosa stolta
Vedutosi puòdircon gli occhi propi
Tanta perfidia in quelle gentiaccolta
Quanta sparsa è dagl'Indi agli Etiopi
Epotendo pensar che dopo il patto
Similmente lui stesso avriandisfatto.
 
     26
    Ma desiato avria che lo spavento
Della guerra de' granchi avesseindotto
Il popolo a volere esser contento
Che il seggio dato alui non fosse rotto
Sì che spargendo volontario alvento
La fragil cartasenza più far motto
Fosse statoa veder se mai piacesse
Al re granchio adempir le sue promesse.
 
     27
    Così re senza guerra e senza patto
Forse trovato in breveei si saria
Da doppio impaccio sciolto in un sol tratto
Eradicata ben la dinastia
Né questo per alcun suo tristofatto
Per tradimento o per baratteria
Né violatoavendo in alcun lato
Il giuramento alla città giurato.
 
     28
    Queste cosecred'iotra sé volgendo
Meno eroica la plebeavria voluta.
Per congetture mie queste vi vendo
Che in ciòla storiacome ho dettoè muta.
Se vi paresser fraschenon intendo
Tor fama alla virtù sua conosciuta.
Visto ilvoler de' suoiper lo migliore
La guerra apparecchiò congrande ardore.
 
     29
    Guerra tonar per tutte le concioni
Udito avreste tutti glioratori
LeonidiTemistocli e Cimoni
Muzi ScevolaFabidittatori
DeciAristidiCodri e Scipioni
E somiglianti eroide' lor maggiori
Iterar ne' consigli e tutto il giorno
Per lebocche del volgo andare attorno.
 
    30
     Guerra sonar canzoni ecanzoncine
Che il popolo a cantar prendea diletto
Guerraripeter tutte le officine
Ciascuna al modo suo col proprioeffetto.
Lampeggiavan per tutte le fucine
Lancioniarmi delcapoarmi del petto
E sonore minacce in tutti i canti
S'udianoe d'amor patrio ardori e vanti.
 
    31
     Primo fatto di guerraa talfatica
Movendo Rubatocchi i cittadini
Fu di torri e steccatialla nemica
Gente su del castel tutti i confini
Chiuder dondecolei giù dall'aprica
Vetta precipitar sopra ivicini
Poteva ad ogn'istantee nella terra
Improvvisa portartempesta e guerra.
 
     32
    Poi dubitato fu se al maggior nerbo
De' granchi che verrebbe omaidi fuore
Come torrente rapido e superbo
Opporsi a mezza viafosse il migliore
Ovver nella città con buonriserbo
Schernirchiuse le porteil lor furore.
Questo aivecchi piaceama parve quello
Ai damerini della patriabello.
 
     33
    Come Aiace quel dì che di tenebre
Cinte da Giove fur legreche schiere
Che di servar Patroclo alla funebre
Cura feanbattagliando ogni potere
Al nume supplicò che allepalpebre
Dei figli degli Achei desse il vedere
Riconducesse ildìpoi se volesse
Nell'aperto splendor li distruggesse;
 
     34
    Così quei prodi il popolar consiglio
Pregàr che lavirtù delle lor destre
Risplender manifesta ad ogniciglio
Potesse in parte lucida e campestre
Né celatorestasse il lor periglio
Nel buio sen di quella grottaalpestre.
Vinse l'alta sentenzae per partito
Fuori ilgranchio affrontar fu stabilito.
 
    35
     E già dai regni arimembrar beati
Degli amici ranocchi che per forza
Gli aveanoinsino allor bene albergati
Movevan quei dalla petrosascorza
Brancaforte co' suoi fidi soldati
Per quel volerch'ogni volere sforza
Del lor padrone e re che di gir tosto
SopraTopaia aveva al duce imposto.
 
    36
     Dall'altra parte orrenda ne'sembianti
Da Topaia movea la cittadina
Falange che di numero difanti
A un milione e mezzo era vicina.
Serse in Europa nonpassò con tanti
Quando varcata a piè fu lamarina.
Coperto era sì lunge ogni sentiero
Che la vedutasi perdea nel nero.
 
     37
    Venuti erano al loco ove diè fine
Alla fuga degli altri ilMiratondo
Loco per praticelli e per colline
E per quieteamabile e giocondo.
Era il tempo che l'ore mattutine
Cedono almezzodì le vie del mondo
Quando assai di lontan parverimpetto
All'esercito alzarsi un nugoletto.
 
    38
     Un nugoletto il qual di mano inmano
Con prestezza mirabile crescea
Tanto che tutto ricoprireil piano
Dover fra poco e intenebrar parea
Come nebbia talorcui di lontano
Fiume o palude in bassa valle crea
Che persoffio procede e la sua notte
Campi e villaggi a mano a manoinghiotte.
 
     39
    Conobber facilmente i principali
Quel di che il bianco nugolo erasegno
Che dai passi nascea degli animali
Che venieno avversarial misto regno.
Però tempo ben parve ai generali
Dimostrar la virtù del loro ingegno
E qui fermato il pièle ardite schiere
A battaglia ordinàr con gran sapere.
 
     40
    Al lago che di sopra io ricordai
Ch'or limpido e brillando alchiaro giorno
Spargea del Sol meridiano i rai
Appoggiàrdelle squadre il destro corno
L'altro al poggio che innanzi anconarrai
Alto ed erettoe quanti erano intorno
Lochi angusti eboscosi ed eminenti
Tutti fero occupar dalle lor genti.
 
    41
     Già per mezzoall'instabil polverio
Si discernea de' granchi il popol duro
Chequetamente e senza romorio
Nella sua gravità veniasicuro.
Alzi qui la materia il canto mio
E chiaro il renda sefu prima oscuro
Qui volentieri invocherei la musa
Se non chel'invocarla or più non s'usa.
 
    42
     Eran le due falangi a fronte afronte
Già dispiegate ed a pugnar vicine
Quando datutto il pianda tutto il monte
Diersi a fuggir le gentisoricine.
Come non soma né ruscel né fonte
Balzané selva al corso cor diè fine.
Fuggirian credoancorse i fuggitivi
Tanto tempo il fuggir serbasse vivi.
 
    43
     Fuggiro al par del ventoalpar del lampo
Fin dove narra la mia storia appresso.
Solo ditutti in sul deserto campo
Rubatocchi restò comecipresso
Dirittoimmotodi cercar suo scampo
Non estimando acittadin concesso
Dopo l'atto de' suoidopo lo scorno
Di cheprincipio ai topi era quel giorno.
 
    44
     In lui rivolta la nemicagente
Sentì del braccio suo l'erculea possa.
A salvarlada quel non fu possente
La crosta ancor che dura ancor chegrossa.
Spezzavala cadendo ogni fendente
Di quella spadaescricchiolar fea l'ossa
E troncava le branche e di mal viva
Edi gelida turba il suol copriva.
 
    45
     Così pugnando sol controinfiniti
Durò finché il veder non venne manco.
Poiche il Sol fu disceso ad altri liti
Sentendo il mortal corpoafflitto e stanco
E di punte acerbissime feriti
E laceri inpiù parti il petto e il fianco
Lo scudo ove una selvaorrida e fitta
D'aste e d'armi diverse era confitta
 
    46
     Regger più non potendoove più folti
Gl'inimici sentiascagliòlontano.
Storpiati e pesti ne restaron molti
Altri schiacciatiinsucidaro il piano.
Poscia gli estremi spiriti raccolti
Pugnandomai non riposò la mano
Finché densato della notte ilvelo
Caddema il suo cader non vide il cielo.
 
    47
     Bella virtùqualor dite s'avvede
Come per lieto avvenimento esulta
Lo spirto mio:né da sprezzar ti crede
Se in topi anche sii tu nutrita eculta.
Alla bellezza tua ch'ogni altra eccede
O nota e chiarao ti ritrovi occulta
Sempre si prostra: e non pur vera esalda
Ma imaginata ancordi te si scalda.
 
    48
     Ahi ma dove sei tu? sognata ofinta
Sempre? vera nessun giammai ti vide?
O fosti giàcoi topi a un tempo estinta
Né più fra noi la tuabeltà sorride?
Ahi se d'allor non fosti invan dipinta
Nécon Teseo peristi o con Alcide
Certo d'allora in qua fu ciascungiorno
Più raro il tuo sorriso e meno adorno.  
 
 


 Cantosesto

    1
    Meta al fuggir le inviolate schiere
Di Topaia ingombràr lequattro porte.
Non che ferirpotute anco vedere
Non ben leavea de' granchi il popol forte.
Cesar che vide e vinseal mioparere
Men formidabil fu di Brancaforte
Al qual senza vederfu co' suoi fanti
Agevole a fugar tre volte tanti.
 
    2
Tornata l'oste a' babbi intera e sana
Se a qualcunoil fuggir non fu mortale
Chiuse le porte fur della lor tana
Condiligenza alla paura uguale.
E per entrarvi lungamente vana
Stataogni opra saria d'ogni animale
Sì che molti anni in questoavria consunto
Brancaforte che là tosto fu giunto
 
    3
     Se non era che quei che pernefando
Inganno del castello eran signori
E ch'or piùfaci al vento sollevando
Sedean lassù nell'altoesploratori
Visto il popolo attorno ir trepitando
E dentroritornar quelli di fuori
Indovinàr quel ch'erae fattiarditi
I serragli sforzàr mal custoditi.
 
    4
     E con sangue e terror corsa laterra
Aprìr le porte alla compagna gente
Che qual tigredal carcer si disserra
O da ramo si scaglia atroserpente
Precipitaron dentroe senza guerra
Tutto il locoebber pieno immantinente.
Il rubareil guastar d'unanemica
Vincitrice canaglia il cor vi dica.
 
    5
     Più giorni a militarforma d'impero
L'acquistata città fusottoposta
Brancaforte imperandoanzi nel vero
Quel ranocchinch'egli avea seco a posta
A ciò che l'alfabeticomistero
Gli rivelasse in parte i dì di posta
E sempreche bisogno era dell'arte
D'intendere o parlar per via di carte.
 
     6
    Tosto ogni attoogn'indizioinsegna o motto
Di mista monarchiafu sparso al vento
Rasoabbattutotrasformato o rotto.
Chistatuto nomava o parlamento
In carcere dai lanzi era condotto
Chedel parlar de' topi un solo accento
Più là nonintendendoin tal famiglia
Di parole eran dotti a maraviglia.
 
     7
    Leccafondi che noto era per vero
Amor di patria e del civilprogresso
Non sol privato fu del ministero
E del poter che ilre gli avea concesso
Ma dalla corte e dai maneggi intero
Bandosostenne per volere espresso
Di Senzacapoe i giorni e lestagioni
A passar cominciò fra gli spioni.
 
    8
     Rodipan mi cred'io chevolentieri
Precipitato i granchi avrian dal trono.
Ma trovarnon potendo di leggeri
Chi per sangue a regnar fosse sìbuono
Spesi d'intorno a ciò molti pensieri
Parve al revincitor dargli perdono
E re chiamarlo senza altro contratto
Seper dritto non era almen per fatto.
 
    9
     Ma con nome e colord'ambasciatore
Inviogli il baron Camminatorto
Faccendier grandee gran raggiratore
E in ogni opra di re dotto ed accorto
Cheper arte e per forza ebbe valore
Di prestamente far che perconforto
Suo si reggesse il regnoe ramo o foglia
Non simovesse in quel contro sua voglia.
 
    10
     Chiuso per suo comando ilgabinetto
Chiuse le scole fur che stabilito
Aveva il contecome sopra ho detto
E d'esser ne' caratteri erudito
Fucom'eivolleal popolo interdetto
Se di licenza special munito
A ciònon fosse ognun: perché i re granchi
D'oppugnar l'abbiccìnon fur mai stanchi.
 
     11
    Quindi i reami lor veracemente
Fur del mondo di sopra i regnibui.
Ed era ben ragionche chiaramente
Dovean veder che lasuperbia in cui
La lor sopra ogni casa era eminente
Non altroavea che l'ignoranza altrui
Dove covar: che dal disprezzosgombra
Che fosse questanon aveano altr'ombra.
 
    12
     Lascio molti e molti altriordinamenti
Del saggio nunzioe sol dirò che segno
Dellabontà de' suoi provvedimenti
Fu l'industria languir pertutto il regno
Crescer le usureimpoverir le genti
Nascondersidal Sol qualunque ingegno
Sciocchi o ribaldi conosciuti echiari
Cercar soli e trattar civili affari.
 
    13
     Il popolo avvilito e pien dispie
Di costumi ogni dì farsi peggiore
Ricorrereagl'ingannialle bugie
Sfrontato divenendo e traditore
Malsicure da' ladri esser le vie
Per tutta la città non che difuore;
L'or fuggendo e la fede entrar le liti
Ed ir grassi iforensi ed infiniti.
 
     14
    Subito poi che l'orator fu giunto
Cui de' topi il governo eracommesso
Dal re de' granchia Brancaforte ingiunto
Fu dipartir co' suoi. Ma dallo stesso
Cresciuto insino a centomilaappunto
Fu lo stuolo in castel male intromesso
Il resto atrionfar di topi e rane
Tornò con Brancaforte alle suetane.
 
     15
    Allor nacque fra' topi una follia
Degna di riso più che dipietade
Una setta che andava e che venia
Congiurando agrand'agio per le strade
Ragionando con forza e leggiadria
D'amorpatriod'onordi libertade
Fermo ciascunse si venisseall'atto
Di fuggir come dianzi avevan fatto
 
    16
     E certo quanto a sé chepur col dito
Lanzi ei non toccheria né con la coda.
Purea futuri eccidi amaro invito
O ricevere o dar con facciasoda
Massime all'età verde era gradito
Perché dicongiurar correa la moda
E disegnar pericoli e sconquasso
Dellacittà serviva lor di spasso.
 
    17
     Il pelame del muso e lebasette
Nutrian folte e prolisse oltre misura
Sperandoperchéil pelo ardir promette
D'averealmeno ai topia farpaura.
Pensosi in su i caffècon le gazzette
Fra manparlando della lor congiura
Mostraronsi ogni giornoe poi lesere
Cantando arie sospette ivano a schiere.
 
    18
     Al tutto si rideaCamminatorto
Di sì fatte commediee volentieri
Ai topipermettea questo conforto
Che con saputa sua senza misteri
Luidecretando or presoor esser morto
Gli congiurasser contro ilustri interi:
Ma non sostenne poi che capo e fonte
Di questetrame divenisse il conte.
 
    19
     Al quale i giovinastri andandoin frotte
Offrian sé per la patria a morir presti;
Edisgombro giammai né dì né notte
Non era iltetto suo d'alcun di questi.
Egliperché le genti ancorchédotte
E sagge e d'opre e di voleri onesti
Di comandare altruisempre son vaghe
E più se in tempo alcun di ciò furpaghe;
 
     20
    Anche dal patrio nome e da quel vero
Amor sospinto ond'ei fusempre specchio
Inducevasi a darse non intero
Il sentimentoalmen grato l'orecchio
Al dolce suon che lui nel ministero
Eche la patria ritornar nel vecchio
Onore e grado si veniavantando
E con la speme il cor solleticando.
 
    21
     L'ambasciadorquantunque dellepie
Voglie del conte ancor poco temesse
Pur com'era mestierche molte spie
Con buone paghe intorno gli tenesse
Rivolgerquei danari ad altre vie
E torsi quella noia un giorno elesse
Egentilmente e in forma di consiglio
Costrinse il conte a girsenein esiglio.
 
     22
    Peregrin per la terra il chiaro topo
Vide popoli assaistati ecostumi;
A quante bestie narrò poscia Esopo
Si condussevarcando or mari or fiumi
Con gli occhi intenti sempre ad unoscopo
D'augumentar come si dice i lumi
Alle sue gentie se glifosse dato
Trovar soccorso al lor dolente stato.
 
    23
     Com'esule e com'un ch'eradiscaro
Al re granchioal baron Camminatorto
E ch'alfabeto epopolo avea caro
Molte corti il guardàr con occhiotorto.
Più d'un altro con lui fu meno avaro
Piùd'un ministro e re largo conforto
Gli porse di promesseed eicontento
Il cammin proseguia con questo vento.
 
    24
     Una notte d'autunnoandando eimolto
Di nottecome i topi han per costume
Un temporal soprail suo capo accolto
Oscurò delle stelle ognibarlume
Gelato un nembo in turbine convolto
Colmò lepiagge d'arenose spume
Ed ai campi adeguò così lavia
Che seguirla impossibil divenia.
 
    25
     Il vento con furorprecipitando
Schiantava i rami e gli arbori svellea
E trattotratto il fulmine piombando
Vicine rupi e querce scoscendea
Conaltissimo suoncui rimbombando
Ogni giogoogni vallerispondea
E con tale un fulgor che tutto il loco
Pareasubitamente empier di foco.
 
    26
     Non valse al conte aver lavista acuta
E nel buio veder le cose appunto
Che la stradaassai presto ebbe perduta
E dai seguaci si trovòdisgiunto.
Per la campagna un lago or divenuta
Notava osdrucciolava a ciascun punto.
Più volte d'affogar corseperiglio
E levò supplicando all'etra il ciglio.
 
    27
     Il vento ad or ad or mutandolato
più volte indietro e innanzi il risospinse
Talorail capovolse e nel gelato
Umor la coda e il dorso e il crin glitinse
E più volte a dir ver quell'apparato
Di tremendeminacce il cor gli strinse
Che di rado il timorma lospavento
Vince spesso de' saggi il sentimento.
 
    28
     Cani pecore e buoi che sparsial piano
O su pe' monti si trovàr di fuore
Dallecorrenti subite lontano
Ruzzolando fur tratti a gran furore
Insinoai fiumiinsino all'oceano
Orbo lasciando il poveropastore.
Fortuna e delle membra il picciol pondo
Scamparo ilconte dal rotare al fondo.
 
    29
     Già ristato era ilnemboed alle oscure
Nubi affacciarsi or l'una or l'altrastella
Quasi timide ancora e mal sicure
Ed umide parean dallaprocella.
Ma sommerse le valli e le pianure
Erano intornoecome navicella
Vota fra l'ondesenza alcuna via
Il topo or quaor là notando gia.
 
    30
     E in suo cor sottentrata allospavento
Era l'angoscia del presente stato.
Senza de' lochiaver conoscimento
Solo e già stancoe tutto erabagnato.
Messo s'era da borea un picciol vento
Freddodi puntee di coltella armato
Che dovunquespirandoil percotea
Pungereal vivo e cincischiar parea.
 
    31
     Sì che se alcun forame os'alcun tetto
Non ritrovasse a fuggir l'acqua e il gelo
E lanotte passar senza ricetto
Dovesseche salita a mezzo ilcielo
Non era ancorsentiva egli in effetto
Che innanzi l'albalascerebbe il pelo.
Ciò pensandoe mutando ognorcammino
Vide molto di lungi un lumicino
 
    32
     Che tra le siepi e gli arboristillanti
Or gli appariva ed or parea fuggito.
Ma s'accorseegli ben passando avanti
Che immobile era quello e stabilito
Edi propor quel segno ai passi erranti
O piuttosto al notarpresepartito:
E così fatto più d'un miglio a guazzo
Siritrovò dinanzi ad un palazzo.
 
    33
     Grande era questo e bello adismisura
Con logge intorno intorno e con veroni
Davanti alqual s'udian per l'aria oscura
Piover due fonti con perennisuoni.
Vide il topo la mole e la figura
Questa aver chedell'uomo han le magioni:
Dal lume il qual d'una finestrauscia
Ch'abitata ella fosse anco apparia.
 
    34
     Però di fuor con cura econ fatica
Cercolla il topo stanco in ogni canto
Per veder ditrovar nova od antica
Fessura ov'ei posar potesse alquanto
Nonmolto essendo alla sua specie amica
La nostra insin dalla stagionch'io canto.
Ma per molto adoprarsi una fessura
Né unbuco non trovò per quelle mura.
 
    35
     Strano questo vi parma certoil fato
Intento il conducea là dove udrete.
Chevedendosi omai la morte allato
Che il Cesari chiamò mandarpel prete
E sentendosi il conte esser dannato
D'ogni male amorir fuorché di sete
Se fuor durassedi cangiarperiglio
D'osare e di picchiar prese consiglio.
 
    36
     E tratto all'uscio e tolto unsassolino
Dievvi de' colpi a suo poter più d'uno.
Subitoda un balcon fe capolino
Un uom guardandoma non videalcuno.
Troppo quel che picchiava era piccino
Né facilda veder per l'aer bruno.
Risospinse le impostee pocostante
Ecco tenue picchiar siccome avante.
 
    37
     Qui trasse fuori una lucernaaccesa
L'abitator del solitario ostello
E sporse il capoecon la vista intesa
Mirando inverso l'uscioinnanzi a quello
Videil topo che pur con la distesa
Zampa facea del sassolinmartello.
Crederete che fuor mettesse il gatto
Ma disceso adaprir fu quegli a un tratto
 
    38
     E il pellegrin con modo assaicortese
Introdusse in dorati appartamenti
Parlando dellaspecie e del paese
Dei topi i veri e naturali accenti.
Evedutol così male in arnese
E dal freddo di fuor battere identi
Ad un bagno il menò dove lavollo
Dalla mota eglistesso e riscaldollo.
 
     39
    Fatto questodi noci e fichi secchi
Un pasto gli arrecò diregal sorte
Formaggio parmegianma di quei vecchi
Fette dilardo e confetture e torte
Tutto di tal sapor che paglia estecchi
Parve al conte ogni pasto avuto in corte.
Cenatoch'ebbeil dimandò del nome
E quivi donde capitasseecome.
 
     40
    A dire incominciòsiccome Enea
Nelle libiche saleilperegrino.
Al dirimpetto l'altro gli sedea
Sur una scrannaedei sul tavolino
Con due zampe atteggiandoe gli pendea
Segnod'onor dal collo un cordoncino
Che salvo egli a fatica avea daiflutti
Dato dal morto re Mangiaprosciutti.
 
    41
     E dal principio il seme e igenitori
E l'esser suo narrò succintamente.
Poidiscendendo ai sostenuti onori
Fecesi a ragionar della suagente
Narrò le rane ed i civili umori
La carta e ilgranchio iniquo e prepotente
Le due fughe narrò chinando ilciglio
E le congiureed il non degno esiglio.
 
    42
     E conchiudendosiccom'erausato
Raccontò le speranze e le promesse
Che da piùd'un possibile alleato
Raccolte avea autentiche ed espresse
El'ospite pregò che avesse dato
Soccorso anch'egli ai topiove potesse.
Rari veleni d'erbe attive e pronte
Quegli offerìma ricusolli il conte.
 
     43
    Dicendoch'oltre al non poter sì fatto
Rimedio porsiagevolmente in opra
A quell'intento saria vano affatto
Ch'egliad ogni altro fin ponea di sopra
Che il popol suo d'onor fosserifatto
Dal qual va lunge un ch'arti prave adopra.
Lodòl'altro i suoi detti e gli promesse
Che innanzi che dal sonno eglisorgesse
 
     44
    Pensato avrebbe al caso intentamente
Per trovarse poteaqualchepartito.
Già l'aere s'imbiancava in oriente
E di piùstelle il raggio era sparito
E il seren puro tutto etralucente
Promettea ch'un bel dì fora seguito.
Quasisgombro dall'acque era il terreno
E il soffio boreal venutomeno.
 
     45
L'ospite adun veron condusse il conte
Mostrando il tempo placido etranquillo.
Sola i silenzi l'una e l'altra fonte
Rompea dapressoe da lontano il grillo.
Qualche raro balen di sopra ilmonte
Il nembo rammentava a chi soffrillo.
Poscia a un letto ilguidò ben preparato
E da lui per allor presecommiato.   
 
 


Cantosettimo

    1
    D'aggiunger mi scordai nell'altro canto
Che il topo ancorl'incognito richiese
Del nome e dello statoe come tanto
Fossead un topo pellegrin cortese
E da che libri ovver per qualeincanto
Le soricine voci avesse apprese.
Parte l'altro glidissee il rimanente
Voler dir più con agio il dìseguente.
 
     2
    Dedalo egli ebbe nomee fu per l'arte
Simile a quel che fece illaberinto.
Che il medesimo fosse antiche carte
Mostran la famaaver narrato o finto.
Se la ragion de' tempi in due li parte
Nonvo d'anacronismo esser convinto.
Gli anni non so di Creta o diMinosse:
Il Niebuhr li diria se vivo fosse.
 
    3
     Antichissimacome èmanifesto
Fu del nostro l'età. Peròdichiaro
Lettori e leggitricianzi protesto
Che il Dedalo perfama oggi sì chiaro
Forse e probabilmente non fu questo
Delquale a ragionarvi io mi preparo;
Ma più moderno io nonsaprei dir quanto:
Ed in via senza più torna il mio canto.
 
     4
    Quel Dedalo che al topo albergo diede
Fu di ricca e gentilcondizione
Da quei che il generàr lasciato erede
Enoiato non so per qual ragione
Degli uomini che purchi drittovede
In general son ottime persone
Ridotto s'era solitario invilla
A condur vita libera e tranquilla.
 
    5
     Questi adunquepoichépiù di quattr'ore
Alto il sole ebbe vistoalpellegrino
Che dall'alba dormia con gran sapore
Recò chemolto innanzi era il mattino
E levato il condusse ove incolore
Vario splendea tra l'oro il marrocchino
Nello studiocioèche intorno intorno
Era di libri preziosi adorno.
 
     6
    Ivi gli fe veder molti volumi
D'autori topi antichi e direcenti:
I Delirii del gran Fiutaprofumi
La Trappolatragediain atti venti
Topaia innanzi l'uso de' salumi
Gli Attidell'Accademia de' Dormienti
L'Amico de' famelicied uncantico
Per nascita reale in foglio atlantico.
 
    7
     La grammatica inoltre e ildizionario
Mostrogli della topica favella
E più d'unaltro libro necessario
A drittamente esercitarsi in quella
Checon l'uso de' verbi alquanto vario
Alle lingue schiavone erasorella.
Indi fattol sedereanch'ei s'assise
Ed in un lungoragionar si mise.
 
     8
    E disse com'ancor presso al confine
Di pubertà quel nidoavendo eletto
Di fisiche e meccaniche dottrine
Preso aveva inquegli ozi un gran diletto
Tal che diverse cose e peregrine
Aveaper mezzo lor poste ad effetto
E correndo di poi moltipaesi
Molti novi trovati aveva appresi.
 
    9
     E sommamente divenutoesperto
Della storia che detta è naturale
Ben giàfin dal principio essendo certo
Dello stato civil d'ognianimale
Gl'idiomi di molti avea scoperto
Quale ascoltandointentamente e quale
Per volumi trovati: ond'esso a quante
Bestieper caso gli venian davante
 
    10
     Come a simili suoicome aconsorti
Sempre in ciò che poteva era cortese.
Ma dopoaver così di molte sorti
E città d'animai le lingueapprese
E quinci de' più frali e de' più forti
Lepiù riposte qualitadi intese
Un desiderio in cor gli eraspuntato
Che l'avea per molti anni esercitato.
 
    11
     Un desiderio di dovereandando
Per tutto l'orbea qualche segno esterno
Come ilnostro scopriro altri cercando
Degli animali ritrovarl'inferno
Cioè quel loco ove al morir passando
Vivessel'io degli animali eterno.
Il qual ch'eterno fosse al par delnostro
Dal comun senso gli parea dimostro.
 
    12
     Perchédiceachiunquegli occhi al sole
Chiudereo rinnegar la coscienza
Ed a sestesso in sé mentir non vuole
Certo esser dee che dallaintelligenza
De' bruti a quella dell'umana prole
È qualda meno a più la differenza
Non di genere tal che serigetta
La materia un di lorl'altro l'ammetta.
 
    13
     Che certo s'estimar materiafrale
Dalla retta ragion mi si consente
L'io del topodel cand'altro mortale
Che senta e pensi manifestamente
Perchénon possa il nostro esser cotale
Non veggo: e se non pensa in verné sente
lI topo o il candi dubitar concesso
M'èdel sentire e del pensar mio stesso.
 
    14
     Così dicea. Ma chel'uman cervello
Ciò che d'aver per fermo ha stabilito
Credatalmente che dal creder quello
Nol rimova ragion forza opartito
Due coseparmiche accoppiare è bello
Mostranquant'altra mai quasi scolpito:
L'unache poi che senza dubbioalcuno
Di Copernico il dogma approva ognuno
 
    15
     Non però fermi epersuasi manco
Sono i popoli tutti e son le scole
Che l'uomoin sommasenza uguali al fianco
Segga signor della creatamole
Né con modo men lepido o men franco
Si ripetonancor le antiche fole
Che fan dell'esser nostro e de' costumi
Pernostro amor partecipare i numi.
 
    16
     L'altrache quei chedell'umana mente
L'arcana essenza a ricercar procede
Laquestion delle bestie interamente
Lasciar da banda per lo piùsi vede
Quasi aliena alla sua con impudente
Dissimulazione emala fede
E conchiuder la sua per modo tale
Ch'all'altraassurdo sianulla gli cale.
 
    17
     Ma lasciam gli altri a cui perdritto senso
I topi anche moderni io pongo avanti.
A Dedalotorniamo ed all'intenso
Desio che il mosse a ricercar perquanti
Climi ha la terra e l'oceano immenso
Come fer poscia icavalieri erranti
Delle amate lor donnein qual dimora
Lebestie morte fosser vive ancora.
 
    18
     Trovollo alfin veracemente emolte
Vide con gli occhi propri alme di bruti
Ignudeio dicoda quei corpi sciolte
Che quassù per velami aveanoavuti
Se bene in quelli ancor pareano involte
Comenonsaprei dirma chi veduti
Spiriti ed alme ignude ha dipresenza
Sa che sempre di corpi hanno apparenza.
 
    19
     Dunque menarlo all'immortalsoggiorno
De' topi estinti offerse al peregrino
Dedaloacciòche consultarli intorno
A Topaia potesse ed al destino:
Perchésappiam che chiusi gli occhi al giorno
Diventa ogni mortal quasiindovino
E qual che fosse priadotto e prudente
Si rende sìche avanza ogni vivente.
 
    20
     Strana questa in principio efera impresa
Al conte e piena di terror parea.
Non avean fattasimile discesa
OrfeoTeseola PsicheErcoleEnea
Chevantàr posciae forse l'arte appresa
Da topi o talpe alcundi loro avea.
Dedalo l'ammonì che denno i forti
Pocotemere i vivi e nulla i morti.
 
    21
     E inanimito ed all'impresaindotto
Avendol facilmentee confortato
D'alcun de' cibi diche il topo è ghiotto
D'alucce armogli l'uno e l'altrolato.
Più non so dirl'istoria non fa motto
Di quelloonde l'ordigno era formato
Non degl'ingegni e nondell'artifizio
Per la virtù del qual facea l'uffizio.
 
     22
    Palesemente dimostrò l'effetto
Che queste d'ali inusitatesome
Di quell'altre non ebbero il difetto
Ond'Icaro volando almar diè nome:
Di quellesia per incidenza detto
Chevenner men dal caldo io non so come
Poiché nell'altaregion del cielo
Non suole il caldo soverchiar ma il gelo.
 
    23
     Dedaloio dico il nostroalesi pose
Accomodate alla statura umana.
Dubitar non convien diqueste cose
Perocché sien di specie alquanto strana.
Udiamfra molte che l'età nascose
La macchina vantar del padreLana
E il globo aerostatico ottien fede
Non per udir maperocché si vede.
 
    24
     Così d'ali ambeduevestito il dosso
Su pe' terrazzi del romito ostello
Il novocarco in pria tentato e scosso
Preser le vie che proprie ebbel'uccello.
Parea Dedalo appunto un uccel grosso
L'altro al suolato appunto un pipistrello;
Volàr per tratto immenso edinfiniti
Vider gioghi dall'alto e mari e liti.
 
    25
     Vider città di cui nonpur l'aspetto
Ma la memoria ancor copron le zolle
E vidercampo o fitta selva o letto
D'acque palustri limaccioso emolle
Ove ad altre città fu luogo eletto
Di poich'ancofioriroanco atterrolle
Il tempoed or del loro statoavanza
Peritura del par la rinomanza.
 
    26
     Non era Troia allornon eranquelle
Ch'al terren l'adeguaro Argo e Micene
Non le rivalidued'onor sorelle
Di fortuna non giàSparta eMessene;
Né quell'altra era ancor che poi le stelle
Doveastancar con la sua fama Atene
Vòto era il portoe dove orperegrina
La gente al tronco Partenon s'inchina.
 
    27
     Presso al Gange ed all'Indoeccelse mura
E popoli appariano a mano a mano.
Pagodi nellaCinaed alla pura
Luce del Sol da presso e da lontano
Canalirifulgeansopra misura
Vari di corso per lo verde piano
Chedi città lietissimo e di gente
Di commerci e di danze erafrequente.
 
     28
    La torre di Babel di sterminata
Ombra stampava la deserta landa;
Ela terra premean dall'acque nata
Le piramidi in questa o in quellabanda.
Poco Italia a quel tempo era abitata
Italia ch'al finirdell'ammiranda
Antichità per anni ultima viene
E primiper virtù gli onori ottiene.
 
    29
     Sparsa era tutta di vulcaniardenti
E incenerita in questo lato e in quello.
Fumavan gliApennini allor frequenti
Come or fuman Vesuvio e Mongibello
Edi liquide pietre ignei torrenti
Al mar tosco ed all'Adria eranflagello;
Fumavan l'Alpie la nevosa schiena
Solcavan fiammeed infocata arena.
 
     30
    Non era ai due volanti peregrini
Possibile drizzar tant'alto ivanni
Che non ceneri pur ma sassolini
Non percotesser lor lemembra e i panni:
Tali in sembianza di smodati pini
Sorgeandiluvi inver gli eterni scanni
Da eccelsissimi gioghialtod'intorno
A terra e mare intenebrando il giorno.
 
    31
     Tonare i monti e rintronars'udiva
Or l'illirica spiaggia ed or la sarda.
Né giàcome al presenteera festiva
La veneta pianura e la lombarda
Nétanti laghi allor né con sua riva
Il Lario l'abbellia néquel di Garda
Nuda era e senza amenità nessuna
E perlave indurate orrida e bruna.
 
    32
     Sovra i colli ove Roma oggidimora
Solitario pascea qualche destriero
Errando al Soltersissimo che indora
Quel loco al mondo sopra tutti altero.
Nonconduceva ancor l'ardita prora
Per le fauci scillee smortonocchiero
Che di Calabria per terrestre via
Nel suol trinacrioil passegger venia.
 
     33
    Dall'altra parte aggiunto al gaditano
Era il lido ove poi Cartagonacque:
E già si discoprian di mano in mano
Feniciilegni qua e là per l'acque.
Anche apparia di fuor sul'oceano
Quella che poi sommersa entro vi giacque
Atlantidechiamataimmensa terra
Di cui leggera fama or parla ed erra.
 
     34
    Per lei più facil varco aveasi allora
Ai lidi là diquell'altro emisfero
Che per l'artiche nevi e per l'aurora
Polarche avvampa in ciel maligno e nero
Né di perigli pien cosìcom'ora
Dritto fendendo l'oceano intero.
Di lei fra gli altriragionò Platone
E il viaggio del topo è testimone.
 
     35
    Per ogni dove andar bestie giganti
O posar si vedean su laverdura
Maggiori assai degl'indici elefanti
E di qual bestiaenorme è di statura.
Parean dall'alto collinette erranti
Osorgenti di mezzo alla pianura.
Di sì fatti animai son lesemente
Come sapeteda gran tempo spente.
 
    36
     Reliquie lor le scole ed imusei
Soglion l'ossa serbar disotterrate.
Riconosciuta ancorda' nostri augei
L'umile roccia fu che la cittate
Copria de'topie quattro volte e sei
L'esule volator pien di pietate
Larimirò dall'alto e sospirando
Si volse indietro e si lagnòdel bando.
 
     37
    Alfin dopo volare e veder tanto
Che con lingua seguir non sipotria
Scoprì la coppia della quale io canto
Un mar chesenza termini apparia.
Forse fu quel cui della pace il vanto
Alcunche poi solcollo attribuia
Detto da molti ancor meridiano
Sopratutti latissimo oceano.
 
    38
     Nel mezzo della lucidapianura
Videro un segno d'una macchia bruna
Qual pare ariguardarma meno oscura
Questa o quell'ombra in su l'argentealuna.
E là drizzando il vol nell'aria pura
Che percoteadel mar l'ampia laguna
Videro immota ecome dirconfitta
Unanebbia stagnar putrida e fitta.
 
    39
     Qual di passeri un groppo o dipernici
Che s'atterri a beccar su qualche villa
Pare al pastorche su per le pendici
Pasce le capre al Sol quando piùbrilla
Cotal dall'alto ai due volanti amici
Parve quellach'eterna ivi distilla
Nebbia anzi nottenella qualeinvolta
Un'isola o piuttosto era sepolta.
 
    40
     Altissima in sul mar da tutti ilati
Quest'isola sorgea con tali sponde
E scogli intorno a lorsì dirupati
E voragini tante e sì profonde
Ovecon tal furorcon tai latrati
Davano e sparse rimbalzavanl'onde
Che di pure appressarsi a quella stanza
Mai notator nélegno ebbe speranza.
 
     41
    Sola potea la region del vento
Dare al sordido lido alcuna via.
Magli augelli scacciava uno spavento
Ed un fetor che dalla nebbiauscia.
Pure ai nostri non fur d'impedimento
Queste coseil cuivolo ivi finia
Che quel funereo padiglione eterno
Copria de'bruti il generale inferno.
 
    42
     Colà rompendo laselvaggia notte
Gli stanchi volatori abbassàr l'ale
Equella terra calpestàr che inghiotte
Puro e semplice l'iod'ogni animale
E posersi a seder su le dirotte
Ripe ove il piènon porse altro mortale
Levando gli occhi alla feral montagna
Cheil mezzo empiea dell'arida campagna.
 
    43
     D'un metallo immortal massiccioe grave
Quel monte il dosso nuvoloso ergea
Nero assai piùche per versate lave
Non par da presso a montagna etnea
Tornitoe liscio e fra quell'ombre cave
Un monumento sepolcral parea:
Talialcun sogno a noi per avventura
Spettacoli creò fuor dinatura.
 
     44
    Girava il monte più di cento miglia
E per tutto il suo giroalle radici
Eran bocche diverse a maraviglia
Di grandezza tralor ma non d'uffici.
Degli estinti animali ogni famiglia
Dallebalene ai piccioli lombrici
Alle pulciagl'insetti onde ogniumore
Han pieno altri animai dentro e di fuore
 
    45
     Microscopici o in tutto anchenascosti
All'occhio uman quanto si voglia armato
Ha quivi lasua bocca. E son disposti
Quei fori sì che de' maggioriallato
I minori per ordine son posti.
Della maggior balena esmisurato
È il primoe digradando a mano a mano
L'occhios'aguzza in su gli estremi invano.
 
    46
     Porte son questi d'altrettantiinferni
Che ad altrettanti generi di bruti
Son ricetti durabilied eterni
Dell'anime che i corpi hanno perduti.
Quivi peròda tutti i lidi esterni
Venian radendo l'aria intenti emuti
Spirti d'ogni manierae quella bocca
Prendea ciascunch'alla sua specie tocca.
 
    47
     Cervibufaliscimmieorsi ecavalli
Ostricheseppiemuggini ed ombrine
Ochestruzzipavoni e pappagalli
Vipere e bacherozzi e chioccioline
Formeaffollate per gli aerei calli
Empiean del tetro loco ogniconfine
Volandoperché il volo anche èvirtude
Propria dell'alme di lor membra ignude.
 
    48
     Ben quivi discernean Dedalo eil conte
Queste forme che al Sol non avean viste
Bench'allespalle ai fianchi ed alla fronte
Sempre al lor volo assai ne furcommiste
Che d'ogni valleo poggioo selvao fonte
Van perl'alto ad ogni ora anime triste
Verso quel loco che l'eternasorte
Lor seggio destinò dopo la morte.
 
    49
     Ma come solamente all'aureoscure
Del suo foco la lucciola si tinge
E spariscono al Solquelle figure
Che la lanterna magica dipinge
Così lementi assottigliate e pure
Di quel vel che vivendo lecostringe
Sparir naturalmente al troppo lume
Né parerche nell'ombra han per costume.
 
    50
     E di qui forse avvien che lesepolte
Genti di notte comparir son use
E che dal giornofuorche rade volte
Soglion le visioni essere escluse.
Vuole alcunche le umane alme disciolte
In un di questi inferni anco sienchiuse
Posto là come gli altri in quella sede
Che lagrandezza in ordine richiede.
 
    51
     E che Virgilio e tutti quei chediero
All'uman seme un eremo in disparte
Favoleggiasserseguitando Omero
E lo stil proprio de' poeti e l'arte
Essendodel mortal genere in vero
Più feconda che l'uom la maggiorparte.
Io di questo per me non mi frammetto:
Peròl'istoria a seguitar m'affretto.  
 


Cantosettimo

    1
    D'aggiunger mi scordai nell'altro canto
Che il topo ancorl'incognito richiese
Del nome e dello statoe come tanto
Fossead un topo pellegrin cortese
E da che libri ovver per qualeincanto
Le soricine voci avesse apprese.
Parte l'altro glidissee il rimanente
Voler dir più con agio il dìseguente.
 
     2
    Dedalo egli ebbe nomee fu per l'arte
Simile a quel che fece illaberinto.
Che il medesimo fosse antiche carte
Mostran la famaaver narrato o finto.
Se la ragion de' tempi in due li parte
Nonvo d'anacronismo esser convinto.
Gli anni non so di Creta o diMinosse:
Il Niebuhr li diria se vivo fosse.
 
    3
     Antichissimacome èmanifesto
Fu del nostro l'età. Peròdichiaro
Lettori e leggitricianzi protesto
Che il Dedalo perfama oggi sì chiaro
Forse e probabilmente non fu questo
Delquale a ragionarvi io mi preparo;
Ma più moderno io nonsaprei dir quanto:
Ed in via senza più torna il mio canto.
 
     4
    Quel Dedalo che al topo albergo diede
Fu di ricca e gentilcondizione
Da quei che il generàr lasciato erede
Enoiato non so per qual ragione
Degli uomini che purchi drittovede
In general son ottime persone
Ridotto s'era solitario invilla
A condur vita libera e tranquilla.
 
    5
     Questi adunquepoichépiù di quattr'ore
Alto il sole ebbe vistoalpellegrino
Che dall'alba dormia con gran sapore
Recò chemolto innanzi era il mattino
E levato il condusse ove incolore
Vario splendea tra l'oro il marrocchino
Nello studiocioèche intorno intorno
Era di libri preziosi adorno.
 
     6
    Ivi gli fe veder molti volumi
D'autori topi antichi e direcenti:
I Delirii del gran Fiutaprofumi
La Trappolatragediain atti venti
Topaia innanzi l'uso de' salumi
Gli Attidell'Accademia de' Dormienti
L'Amico de' famelicied uncantico
Per nascita reale in foglio atlantico.
 
    7
     La grammatica inoltre e ildizionario
Mostrogli della topica favella
E più d'unaltro libro necessario
A drittamente esercitarsi in quella
Checon l'uso de' verbi alquanto vario
Alle lingue schiavone erasorella.
Indi fattol sedereanch'ei s'assise
Ed in un lungoragionar si mise.
 
     8
    E disse com'ancor presso al confine
Di pubertà quel nidoavendo eletto
Di fisiche e meccaniche dottrine
Preso aveva inquegli ozi un gran diletto
Tal che diverse cose e peregrine
Aveaper mezzo lor poste ad effetto
E correndo di poi moltipaesi
Molti novi trovati aveva appresi.
 
    9
     E sommamente divenutoesperto
Della storia che detta è naturale
Ben giàfin dal principio essendo certo
Dello stato civil d'ognianimale
Gl'idiomi di molti avea scoperto
Quale ascoltandointentamente e quale
Per volumi trovati: ond'esso a quante
Bestieper caso gli venian davante
 
    10
     Come a simili suoicome aconsorti
Sempre in ciò che poteva era cortese.
Ma dopoaver così di molte sorti
E città d'animai le lingueapprese
E quinci de' più frali e de' più forti
Lepiù riposte qualitadi intese
Un desiderio in cor gli eraspuntato
Che l'avea per molti anni esercitato.
 
    11
     Un desiderio di dovereandando
Per tutto l'orbea qualche segno esterno
Come ilnostro scopriro altri cercando
Degli animali ritrovarl'inferno
Cioè quel loco ove al morir passando
Vivessel'io degli animali eterno.
Il qual ch'eterno fosse al par delnostro
Dal comun senso gli parea dimostro.
 
    12
     Perchédiceachiunquegli occhi al sole
Chiudereo rinnegar la coscienza
Ed a sestesso in sé mentir non vuole
Certo esser dee che dallaintelligenza
De' bruti a quella dell'umana prole
È qualda meno a più la differenza
Non di genere tal che serigetta
La materia un di lorl'altro l'ammetta.
 
    13
     Che certo s'estimar materiafrale
Dalla retta ragion mi si consente
L'io del topodel cand'altro mortale
Che senta e pensi manifestamente
Perchénon possa il nostro esser cotale
Non veggo: e se non pensa in verné sente
lI topo o il candi dubitar concesso
M'èdel sentire e del pensar mio stesso.
 
    14
     Così dicea. Ma chel'uman cervello
Ciò che d'aver per fermo ha stabilito
Credatalmente che dal creder quello
Nol rimova ragion forza opartito
Due coseparmiche accoppiare è bello
Mostranquant'altra mai quasi scolpito:
L'unache poi che senza dubbioalcuno
Di Copernico il dogma approva ognuno
 
    15
     Non però fermi epersuasi manco
Sono i popoli tutti e son le scole
Che l'uomoin sommasenza uguali al fianco
Segga signor della creatamole
Né con modo men lepido o men franco
Si ripetonancor le antiche fole
Che fan dell'esser nostro e de' costumi
Pernostro amor partecipare i numi.
 
    16
     L'altrache quei chedell'umana mente
L'arcana essenza a ricercar procede
Laquestion delle bestie interamente
Lasciar da banda per lo piùsi vede
Quasi aliena alla sua con impudente
Dissimulazione emala fede
E conchiuder la sua per modo tale
Ch'all'altraassurdo sianulla gli cale.
 
    17
     Ma lasciam gli altri a cui perdritto senso
I topi anche moderni io pongo avanti.
A Dedalotorniamo ed all'intenso
Desio che il mosse a ricercar perquanti
Climi ha la terra e l'oceano immenso
Come fer poscia icavalieri erranti
Delle amate lor donnein qual dimora
Lebestie morte fosser vive ancora.
 
    18
     Trovollo alfin veracemente emolte
Vide con gli occhi propri alme di bruti
Ignudeio dicoda quei corpi sciolte
Che quassù per velami aveanoavuti
Se bene in quelli ancor pareano involte
Comenonsaprei dirma chi veduti
Spiriti ed alme ignude ha dipresenza
Sa che sempre di corpi hanno apparenza.
 
    19
     Dunque menarlo all'immortalsoggiorno
De' topi estinti offerse al peregrino
Dedaloacciòche consultarli intorno
A Topaia potesse ed al destino:
Perchésappiam che chiusi gli occhi al giorno
Diventa ogni mortal quasiindovino
E qual che fosse priadotto e prudente
Si rende sìche avanza ogni vivente.
 
    20
     Strana questa in principio efera impresa
Al conte e piena di terror parea.
Non avean fattasimile discesa
OrfeoTeseola PsicheErcoleEnea
Chevantàr posciae forse l'arte appresa
Da topi o talpe alcundi loro avea.
Dedalo l'ammonì che denno i forti
Pocotemere i vivi e nulla i morti.
 
    21
     E inanimito ed all'impresaindotto
Avendol facilmentee confortato
D'alcun de' cibi diche il topo è ghiotto
D'alucce armogli l'uno e l'altrolato.
Più non so dirl'istoria non fa motto
Di quelloonde l'ordigno era formato
Non degl'ingegni e nondell'artifizio
Per la virtù del qual facea l'uffizio.
 
     22
    Palesemente dimostrò l'effetto
Che queste d'ali inusitatesome
Di quell'altre non ebbero il difetto
Ond'Icaro volando almar diè nome:
Di quellesia per incidenza detto
Chevenner men dal caldo io non so come
Poiché nell'altaregion del cielo
Non suole il caldo soverchiar ma il gelo.
 
    23
     Dedaloio dico il nostroalesi pose
Accomodate alla statura umana.
Dubitar non convien diqueste cose
Perocché sien di specie alquanto strana.
Udiamfra molte che l'età nascose
La macchina vantar del padreLana
E il globo aerostatico ottien fede
Non per udir maperocché si vede.
 
    24
     Così d'ali ambeduevestito il dosso
Su pe' terrazzi del romito ostello
Il novocarco in pria tentato e scosso
Preser le vie che proprie ebbel'uccello.
Parea Dedalo appunto un uccel grosso
L'altro al suolato appunto un pipistrello;
Volàr per tratto immenso edinfiniti
Vider gioghi dall'alto e mari e liti.
 
    25
     Vider città di cui nonpur l'aspetto
Ma la memoria ancor copron le zolle
E vidercampo o fitta selva o letto
D'acque palustri limaccioso emolle
Ove ad altre città fu luogo eletto
Di poich'ancofioriroanco atterrolle
Il tempoed or del loro statoavanza
Peritura del par la rinomanza.
 
    26
     Non era Troia allornon eranquelle
Ch'al terren l'adeguaro Argo e Micene
Non le rivalidued'onor sorelle
Di fortuna non giàSparta eMessene;
Né quell'altra era ancor che poi le stelle
Doveastancar con la sua fama Atene
Vòto era il portoe dove orperegrina
La gente al tronco Partenon s'inchina.
 
    27
     Presso al Gange ed all'Indoeccelse mura
E popoli appariano a mano a mano.
Pagodi nellaCinaed alla pura
Luce del Sol da presso e da lontano
Canalirifulgeansopra misura
Vari di corso per lo verde piano
Chedi città lietissimo e di gente
Di commerci e di danze erafrequente.
 
     28
    La torre di Babel di sterminata
Ombra stampava la deserta landa;
Ela terra premean dall'acque nata
Le piramidi in questa o in quellabanda.
Poco Italia a quel tempo era abitata
Italia ch'al finirdell'ammiranda
Antichità per anni ultima viene
E primiper virtù gli onori ottiene.
 
    29
     Sparsa era tutta di vulcaniardenti
E incenerita in questo lato e in quello.
Fumavan gliApennini allor frequenti
Come or fuman Vesuvio e Mongibello
Edi liquide pietre ignei torrenti
Al mar tosco ed all'Adria eranflagello;
Fumavan l'Alpie la nevosa schiena
Solcavan fiammeed infocata arena.
 
     30
    Non era ai due volanti peregrini
Possibile drizzar tant'alto ivanni
Che non ceneri pur ma sassolini
Non percotesser lor lemembra e i panni:
Tali in sembianza di smodati pini
Sorgeandiluvi inver gli eterni scanni
Da eccelsissimi gioghialtod'intorno
A terra e mare intenebrando il giorno.
 
    31
     Tonare i monti e rintronars'udiva
Or l'illirica spiaggia ed or la sarda.
Né giàcome al presenteera festiva
La veneta pianura e la lombarda
Nétanti laghi allor né con sua riva
Il Lario l'abbellia néquel di Garda
Nuda era e senza amenità nessuna
E perlave indurate orrida e bruna.
 
    32
     Sovra i colli ove Roma oggidimora
Solitario pascea qualche destriero
Errando al Soltersissimo che indora
Quel loco al mondo sopra tutti altero.
Nonconduceva ancor l'ardita prora
Per le fauci scillee smortonocchiero
Che di Calabria per terrestre via
Nel suol trinacrioil passegger venia.
 
     33
    Dall'altra parte aggiunto al gaditano
Era il lido ove poi Cartagonacque:
E già si discoprian di mano in mano
Feniciilegni qua e là per l'acque.
Anche apparia di fuor sul'oceano
Quella che poi sommersa entro vi giacque
Atlantidechiamataimmensa terra
Di cui leggera fama or parla ed erra.
 
     34
    Per lei più facil varco aveasi allora
Ai lidi là diquell'altro emisfero
Che per l'artiche nevi e per l'aurora
Polarche avvampa in ciel maligno e nero
Né di perigli pien cosìcom'ora
Dritto fendendo l'oceano intero.
Di lei fra gli altriragionò Platone
E il viaggio del topo è testimone.
 
     35
    Per ogni dove andar bestie giganti
O posar si vedean su laverdura
Maggiori assai degl'indici elefanti
E di qual bestiaenorme è di statura.
Parean dall'alto collinette erranti
Osorgenti di mezzo alla pianura.
Di sì fatti animai son lesemente
Come sapeteda gran tempo spente.
 
    36
     Reliquie lor le scole ed imusei
Soglion l'ossa serbar disotterrate.
Riconosciuta ancorda' nostri augei
L'umile roccia fu che la cittate
Copria de'topie quattro volte e sei
L'esule volator pien di pietate
Larimirò dall'alto e sospirando
Si volse indietro e si lagnòdel bando.
 
     37
    Alfin dopo volare e veder tanto
Che con lingua seguir non sipotria
Scoprì la coppia della quale io canto
Un mar chesenza termini apparia.
Forse fu quel cui della pace il vanto
Alcunche poi solcollo attribuia
Detto da molti ancor meridiano
Sopratutti latissimo oceano.
 
    38
     Nel mezzo della lucidapianura
Videro un segno d'una macchia bruna
Qual pare ariguardarma meno oscura
Questa o quell'ombra in su l'argentealuna.
E là drizzando il vol nell'aria pura
Che percoteadel mar l'ampia laguna
Videro immota ecome dirconfitta
Unanebbia stagnar putrida e fitta.
 
    39
     Qual di passeri un groppo o dipernici
Che s'atterri a beccar su qualche villa
Pare al pastorche su per le pendici
Pasce le capre al Sol quando piùbrilla
Cotal dall'alto ai due volanti amici
Parve quellach'eterna ivi distilla
Nebbia anzi nottenella qualeinvolta
Un'isola o piuttosto era sepolta.
 
    40
     Altissima in sul mar da tutti ilati
Quest'isola sorgea con tali sponde
E scogli intorno a lorsì dirupati
E voragini tante e sì profonde
Ovecon tal furorcon tai latrati
Davano e sparse rimbalzavanl'onde
Che di pure appressarsi a quella stanza
Mai notator nélegno ebbe speranza.
 
     41
    Sola potea la region del vento
Dare al sordido lido alcuna via.
Magli augelli scacciava uno spavento
Ed un fetor che dalla nebbiauscia.
Pure ai nostri non fur d'impedimento
Queste coseil cuivolo ivi finia
Che quel funereo padiglione eterno
Copria de'bruti il generale inferno.
 
    42
     Colà rompendo laselvaggia notte
Gli stanchi volatori abbassàr l'ale
Equella terra calpestàr che inghiotte
Puro e semplice l'iod'ogni animale
E posersi a seder su le dirotte
Ripe ove il piènon porse altro mortale
Levando gli occhi alla feral montagna
Cheil mezzo empiea dell'arida campagna.
 
    43
     D'un metallo immortal massiccioe grave
Quel monte il dosso nuvoloso ergea
Nero assai piùche per versate lave
Non par da presso a montagna etnea
Tornitoe liscio e fra quell'ombre cave
Un monumento sepolcral parea:
Talialcun sogno a noi per avventura
Spettacoli creò fuor dinatura.
 
     44
    Girava il monte più di cento miglia
E per tutto il suo giroalle radici
Eran bocche diverse a maraviglia
Di grandezza tralor ma non d'uffici.
Degli estinti animali ogni famiglia
Dallebalene ai piccioli lombrici
Alle pulciagl'insetti onde ogniumore
Han pieno altri animai dentro e di fuore
 
    45
     Microscopici o in tutto anchenascosti
All'occhio uman quanto si voglia armato
Ha quivi lasua bocca. E son disposti
Quei fori sì che de' maggioriallato
I minori per ordine son posti.
Della maggior balena esmisurato
È il primoe digradando a mano a mano
L'occhios'aguzza in su gli estremi invano.
 
    46
     Porte son questi d'altrettantiinferni
Che ad altrettanti generi di bruti
Son ricetti durabilied eterni
Dell'anime che i corpi hanno perduti.
Quivi peròda tutti i lidi esterni
Venian radendo l'aria intenti emuti
Spirti d'ogni manierae quella bocca
Prendea ciascunch'alla sua specie tocca.
 
    47
     Cervibufaliscimmieorsi ecavalli
Ostricheseppiemuggini ed ombrine
Ochestruzzipavoni e pappagalli
Vipere e bacherozzi e chioccioline
Formeaffollate per gli aerei calli
Empiean del tetro loco ogniconfine
Volandoperché il volo anche èvirtude
Propria dell'alme di lor membra ignude.
 
    48
     Ben quivi discernean Dedalo eil conte
Queste forme che al Sol non avean viste
Bench'allespalle ai fianchi ed alla fronte
Sempre al lor volo assai ne furcommiste
Che d'ogni valleo poggioo selvao fonte
Van perl'alto ad ogni ora anime triste
Verso quel loco che l'eternasorte
Lor seggio destinò dopo la morte.
 
    49
     Ma come solamente all'aureoscure
Del suo foco la lucciola si tinge
E spariscono al Solquelle figure
Che la lanterna magica dipinge
Così lementi assottigliate e pure
Di quel vel che vivendo lecostringe
Sparir naturalmente al troppo lume
Né parerche nell'ombra han per costume.
 
    50
     E di qui forse avvien che lesepolte
Genti di notte comparir son use
E che dal giornofuorche rade volte
Soglion le visioni essere escluse.
Vuole alcunche le umane alme disciolte
In un di questi inferni anco sienchiuse
Posto là come gli altri in quella sede
Che lagrandezza in ordine richiede.
 
    51
     E che Virgilio e tutti quei chediero
All'uman seme un eremo in disparte
Favoleggiasserseguitando Omero
E lo stil proprio de' poeti e l'arte
Essendodel mortal genere in vero
Più feconda che l'uom la maggiorparte.
Io di questo per me non mi frammetto:
Peròl'istoria a seguitar m'affretto.  
 


Cantoottavo

    1
    La ragion perché i morti ebber sotterra
L'albergo lor nonm'è del tutto nota.
Dei corpi intendo benperch'allaterra
Riede la spoglia esanime ed immota;
Ma lo spirto immortalch'indi si sferra
Non so ben perché al fondo anchepercota.
Pur s'altre autorità non fosser pronte
Ciòla leggenda attesteria del conte.
 
    2
     Attonito a mirar lunga fiata
Lanovità dell'infernal soggiorno
Stette il buon Leccafondiedell'andata
La cagione obbliava ed il ritorno.
Ma Dedalo ilriscossee rigirata
Ch'ebbero in parte la montagna intorno
Labocca ritrovàr là dove a torme
De' topi estinticoncorrean le forme.
 
     3
    Ivi dinanzi all'inamabil soglia
Dipartirsi convenne ai dueviventi
Per non poterbenché n'avesse voglia
Dedalopenetrar fra' topi spenti
Non sol vivendoma né men sespoglia
Anima andasse fra le morte genti:
Che non cape purmezza in quella porta
La figura dell'uom viva né morta.
 
     4
    Maggiori inferni e dalla sua statura
Ben visitati avea l'uom fortee saggio
E vedutilifuor nella misura
Conformi esser tralordi quel viaggio
Predetta aveva al topo ogni avventura
Ch'orgli ridissee fecegli coraggio
E messol dentro al sempiternoorrore
Ad ispettarlo si fermò di fuore.
 
    5
     Io vidi in Roma su le lietescene
Che il nome appresso il volgo han di Fiano
In una grottaove sonar catene
S'ode e un lamento pauroso e strano
DiscenderCassandrin dalle serene
Aure per forza con un lume in mano
Checon tremule note in senso audace
Parlandospegne per tremar laface.
 
     6
    Poco altrimenti all'infernal discesa
Posesi di Topaia ilcavaliere
Salvo che non avea lucerna accesa
Ch'ai topi perveder non è mestiere;
Né minacciando giache inquella impresa
Vedeva il minacciar nulla valere
E pur volendocredo che a gran pena
Bastata a questo gli saria la lena.
 
    7
     Tacito discendeva incompagnia
Di molte larve i sotterranei fondi.
Senza precipitarquivi la via
Mena ai più ciechi abissi e piùprofondi.
Can Cerbero latrar non vi s'udia
Sferze fischiar nérettili iracondi
Non si vedevan barche e non paludi
Néspiriti aspettar sull'erba ignudi.
 
    8
     Senza custode alcuno eral'entrata
Ed aperta la via perpetuamente
Che da persone viveesser tentata
La non può mai che malagevolmente
E perl'uso de' morti apparecchiata
Fu dal principio suonaturalmente
Onde non è ragion farvisi altrui
Ostacoloal calar ne' regni bui.
 
     9
    E dell'uscir di là nessun desio
Provano i mortise benhanno il come;
Che spiccato che fu de' topi l'io
Non sirappicca alle corporee some
E ritornando dall'eternoobblio
Sanno ben che rizzar farian le chiome;
E fuggiti daognuno e maledetti
Sarian per giunta da' parenti stretti.
 
    10
     Premii né pene non trovònel regno
De' morti il conteovver di ciò non danno
Lesue storie antichissime alcun segno.
E maraviglia in questo a menon fanno
Che i morti aver quel ch'alla vita èdegno
Piacere eterno ovvero eterno affanno
Tacqueanzi mainon seppea dire il vero
Non che il prisco Israeleil dottoOmero.
 
     11
    Sapete che se in lui fu lungamente
Creduta ritrovar questadottrina
Avvenne ciò perché l'umana mente
Queidogmi ond'ella si nutrì bambina
Veri non crede sol mad'ogni gente
Natii quantunque antica o pellegrina.
Dianzi inOmero errar di ciò la fama
Scoprimmo: ed imparar questo sichiama.
 
     12
    Né mai selvaggio alcun di premii o pene
Destinate aglispenti ebbe sentore
Né già dopo il morir delleterrene
Membra l'alme credè viver di fuore
Ma palpitareancor le fredde vene
E in somma non morir colui chemore
Perch'un rozzo del tutto e quasi infante
La morte aconcepir non è bastante.
 
    13
     Però questa caduca ecorporale
Vitanon altrae il breve uman viaggio
In modi eluoghi incogniti immortale
Dopo il fato durar crede il selvaggio
Elo stato i sepolti anco aver tale
Qual ebber quei di sopra al lorpassaggio
Tali i bisogni e non in parte alcuna
Gli esercizimutati o la fortuna.
 
     14
    Ond'ei sotterra con l'esangue spoglia
Ripon cibi e ricchezze evestimenti
Chiude le donne e i servi acciò non toglia
Ilsepolcro al defunto i suoi contenti
Canifrecce ed arnesi aqualsivoglia
Arte ch'egli adoprasse appartenenti
Massime se ildestin gli avea prescritto
Che con la man si procacciasse ilvitto.
 
     15
    E questo è quello universal consenso
Che in testimon dellafutura vita
Con eloquenza e con sapere immenso
Da dottorigravissimi si cita
D'ogni popol più rozzo e piùmilenso
D'ogni mente infingarda e inerudita:
Il non poternell'orba fantasia
La morte immaginar che cosa sia.
 
    16
     Son laggiù nel profondoimmense file
Di seggi ove non può lima o scarpello
Seggonoi morti in ciaschedun sedile
Con le mani appoggiate a unbastoncello
Confusi insiem l'ignobile e il gentile
Come dimano in man gli ebbe l'avello.
Poi ch'una fila è pienaimmantinente
Da più novi occupata è la seguente.
 
     17
    Nessun guarda il vicino o gli fa motto.
Se visto avete mai qualchepittura
Di quelle usate farsi innanzi a Giotto
O statua anticain qualche sepoltura
Goticacome dice il volgo indotto
Diquelle che a mirar fanno paura
Con le facce allungate esonnolenti
E l'altre membra pendule e cadenti
 
    18
     Pensate che tal forma han perl'appunto
L'anime colaggiù nell'altro mondo
E tali letrovò poi che fu giunto
Il topo nostro eroe nel piùprofondo.
Tremato sempre avea fino a quel punto
Per la discesail ver non vi nascondo
Ma come vide quel funereo coro
Per poconon restò morto con loro.
 
    19
     Forse con talnon giàcon tanto orrore
Visto avete in sua carne ed in suoipanni
Federico secondo imperatore
In Palermo giacer dasecent'anni
Senza naso né labbrae di colore
Quale iltempo può far con lunghi danni
Ma col brando alla cinta eincoronato
E con l'imago della terra allato.
 
    20
     Poscia che dal terror con granfatica
A poco a poco ritornato il conte
Oso fu di mirar laschiera antica
Negli occhi mezzo chiusi e nella fronte
Cercandose fra lor persona amica
Riconoscesse alle fattezze conte
Grantempo andò con le pupille errando
Di cotanti nessunraffigurando.
 
     21
    Sì mutato d'ognuno era il sembiante
E sì tra lorconformi apparian tutti
Che a gran pena gli venne in suldavante
Riconosciuto in fin Mangiaprosciutti
Rubatocchi epoche altre anime sante
Di cari amici suoi testèdistrutti:
A cui principalmente il sermon volto
Narròperché a cercarli avesse tolto.
 
    22
     Ma gli convenne incominciar dalprimo
Assalto che dai granchi ebbero i suoi
Novo agli scesianzi quel tempo all'imo
Essendo quel che occorso era da poi.
Benciascun giorno dal terrestre limo
Discendon topi al mondo deglieroi
Ma non fan mottoche alla gente morta
Questa vita di quaniente importa.
 
     23
    Narrato ch'ebbe alla distesa il tutto
La treguail novo prence elo statuto
lI brutto inganno dei nemicie il brutto
Galoppardell'esercito barbuto
Addimandò se la vergogna e illutto
Ove il popol de' topi era caduto
Sgombro sarebbe per laman de' molti
Collegati da lui testè raccolti.
 
    24
     Non è l'estinto unanimal risivo
Anzi negata gli è per legge eterna
Lavirtù per la quale è dato al vivo
Che unasciocchezza insolita discerna
Sfogar con un sonoro econvulsivo
Atto un prurito della parte interna.
Peròdel conte la dimanda udita
Non risero i passati all'altra vita.
 
     25
    Ma primamente allor su per la notte
Perpetua si diffuse un suongiocondo
Che di secolo in secolo alle grotte
Più remotepervenne insino al fondo.
I destini tremàr non forserotte
Fosser le leggi imposte all'altro mondo
E non potentel'accigliato Eliso
Udito il contea ritenere il riso.
 
    26
     Il conteancor che la pauraavesse
De' suoi pensieri il principal governo
Visto pocomancar che non ridesse
Di sé l'antico tempo ed ilmoderno
E tutto per tener le non concesse
Risa sudandotravagliar l'inferno
Arrossito sariase col rossore
Mostrasseil topo il vergognardi fuore.
 
    27
     E confuso e di cor tuttosmarrito
Con voce il più che si poteva umile
E in attoancor dimesso e sbigottito
Mutando al dimandar figura estile
Interrogò gli spirti a qual partito
Appigliar sidovesse un cor gentile
Per far dell'ignominia ov'era involta
Lasua stirpe de' topi andar disciolta.
 
    28
     Come un liuto rugginoso eduro
Che sia molti anni già muto rimaso
Risponde con unsuon fioco ed oscuro
A chi lo tenta o lo percota a caso
Talcon un profferir torbo ed impuro
Che fean mezzo le labbra e mezzoil naso
Rompendo del tacer l'abito antico
Risposer l'ombre aquel del mondo aprico.
 
     29
    E gli ordinàr che riveduto il sole
Di penetrar fra' suoitrovasse via
Che poi ch'entrar della terrestre mole
Potea nelcupoanche colà potria.
Ivi in pensieriin opre ed inparole
Seguisse quel che mostro gli saria
Per lavar di suagente il disonore
Dal general di nome Assaggiatore.
 
    30
     Era questi un guerrier canuto eprode
Che per senno e virtù pregiato e culto
D'un vanoperigliar la vana lode
Fuggiavivendo a più potereocculto
Trattar le ciance come cose sode
A genti di cervel nonbene adulto
Lasciandoe sotto non superbo tetto
Schifando delservaggio il grave aspetto.
 
    31
     Infermo egli a giacer s'eratrovato
Quando il granchio alle spalle ebbero i suoi
Ed acongiure sceniche invitato
Chiusi sempre gli orecchi avea dipoi
Onde cattivo cittadin chiamato
Era talor dai fuggitivieroi
Ed eitranquillo in sua virtùla poco
Saggianatura altrui prendeva in gioco.
 
    32
     Tale oracolo avuto allesuperne
Contrade i passi ritorceva il conte
Scritto portandodelle valli inferne
Lo spavento negli atti e nella fronte.
Qualdi Trofonio già nelle caverne
Agli arcani di Stige ed'Acheronte
Ammesso il volgoin su l'aperta riva
Pallido etrasformato indi reddiva.
 
    33
     Presso alla soglia dell'avarospeco
Dedalo ritrovò che l'attendeva
E poi ch'alquantoragionando seco
Di quel che dentro là vedutoaveva
Riposato si fu sotto quel cieco
Vel di nebbia che mainon si solleva
Rassettatesi l'ali in su la schiena
Con lui dinovo abbandonò l'arena.
 
    34
     Riviver parve al semivivouscito
Che fu del buio a riveder le stelle.
Era notte esplendean per l'infinito
Ocean le volubili facelle
Leggermentequel mar che non ha lito
Sferzavan l'aure fuggitive e snelle
Es'andava a quel suono accompagnando
Il rombo che color faceanvolando.
 
     35
    Rapido sì che non cedeva al vento
Ver Topaia drizzàrsubito il volo
Portando l'occhio per seguire intento
I duelumi ch'ha sempre il nostro polo.
D'isole sparso il liquidoelemento
Scoprian passandoe su l'oscuro suolo
Volareallocchie più d'un pipistrello
Che al topo s'accostòcome fratello.
 
     36
    Valiche l'acquevalicàr gran tratto
Di terra ferma edaltro mar di poi
E così come prima avevan fatto
Laparte rivarcàr che abitiam noi.
Già di rincontro alor nasceva e ratto
Si spandeva il mattin sui monti eoi
Quandolà di Topaia accanto al sasso
Chinàr Dedalo e ilconte i vanni al basso.
 
     37
    Quivi non visti rintegràr le dome
Forze con bacche e consilvestri ghiande.
Poscia Dedaloavuta io non so come
Unapelle di granchio in quelle bande
L'altro coprì dellenemiche some
Tal che parve di poi tra le nefande
Bestie ungranchio più ver che appresso i Franchi
Non paion delledonne i petti e i fianchi.
 
    38
     Alfin del conte alle onorateimprese
Fausto evento pregando e fortunato
L'ospite e duce econsiglier cortese
Partendosida lui prese commiato.
Piangevail topoe con le braccia stese
Cor gli giurava eternamentegrato.
Quei l'abbracciò come potevae solo
Poi verso ilnido suo riprese il volo.
 
    39
     L'esule a rientrar nelladolente
Città non fe dimorae poi che l'ebbe
Con gliocchi intorno affettuosamente
Ricorsae con gli orecchi avidobebbe
Le patrie vocia quel che alla sua agente
Udito avea chelume esser potrebbe
Senza punto indugiarsi andòdiritto
Dico al guerrier di cui più sopra èscritto.
 
     40
    A conoscer si diedee qual desire
Il movesse a venir fecepalese.
Quegli onorollo assaima nulla udire
Volle di trame odi civili imprese.
Cercollo il conte orando ammorbidire
Matacque il volo e l'infernal paese
Perché temé daquel guerrier canuto
Per visionario e sciocco esser tenuto.
 
     41
    Più volte l'instancabile oratore
Or solo ed or con altracompagnia
Tornato era agli assaltied a quel core
Aperta nons'aveva alcuna via.
Ultimamente un dì che Assaggiatore
Conpiù giovani allato egli assalia
Quei ragionò tralor nella maniera
Che di qui recitar creduto io m'era.
 
    42
     Perchése ben leantiche pergamene
Dietro le quali ho fino a qui condotta
Lastoria mia qui mancanoe se bene
Per tal modo la via m'erainterrotta
La leggenda che in quella si contiene
Altrove inqual si fosse lingua dotta
Sperai compiuta ritrovar: mavòto
Ritornommi il pensiero e contro il voto.
 
    43
     Questa in lingua sanscrita etibetana
Indostanicapahli e giapponese
Arabicarabbinicapersiana
Etiopicatartara e cinese
Siriacacaldaicaegiziana
Mesogoticasassone e gallese
Finnicaserviana edalmatina
Valaccaprovenzalgreca e latina
 
    44
     Celata in molte biblioteche emolte
Di levante si trova e di ponente
Che vidi io stesso oche per me rivolte
Fur da più d'un amico intelligente.
Madi tali scritture ivi sepolte
Nessuna al caso mio valseniente
Che non v'ha testo alcun della leggenda
Ove piùche nel nostro ella si stenda.
 
    45
     Però con gran dolor sonqui costretto
Troncando abbandonar l'istoria mia
Tuttimancando in finsiccome ho detto
I testiqual che la cagion sisia:
Come viaggiatorcui per difetto
Di cavalli o di roteall'osteria
Restar sia forzao qual nocchiero intento
Al corsosuocui venga meno il vento.
 
    46
     Voileggitori mieil'involontario
Mancamento imputar non mi dovete.
Se maiperfetto in qualche leggendario
Troverò quel che in parteinteso avete
Al narrato dinanzi un corollario
Aggiungeròse ancor legger vorrete.
Paghi del buon desio restate intanto
Efiniscasi qui l'ottavo canto.