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GiacomoLeopardi



DISCORSODI UN ITALIANO

INTORNOALLA POESIA ROMANTICA



Parteprima

         Se alla difesa delle opinioni de' nostri padri e de' nostri avi e ditutti i secoli combattute oggi da molti intorno all'arte delloscrivere e segnatamente alla poetica si fossero levati uomini famosie grandie se agl'ingegni forti e vasti si fosse fatta incontro laforza e la vastità degl'ingegnie ai pensieri sublimiprofondila sublimità e profondità dei pensierinéci sarebbe oramai bisogno d'altre discussioniné quando beneci fosse statoavrei però ardito io di farmi avanti. Ora s'èrisposto fin qui alle cose colle parolee agli argomenti collefaceziee alla ragione coll'autoritàe la guerra èstata fra la plebe e gli atletie fra i giornalisti e i filosofidimaniera che non è maraviglia se questi imbaldanziscono epaiono tenere il campoe noi tra paurosi e vergognosi e superbitenendoci al sicuro come dentro a recinti di muraglie e di torrigl'insultiamo tuttavia cogli stessi motteggiquasi ch'esser ultimo areplicare fosse vincere; né però questo stesso ci èconceduto. Ma se la nostra causa è giusta e buonae se noisiamo gagliardi e valorosie se confidiamo nel favore della ragionee della veritàche non usciamo e non combattiamo? e perchémostriamo di non intendere quello che intendiamo ottimamente ma chenon ci quadrao come ci persuadiamo senza nessuna considerazione chesia falso quello che non intendiamo? Forse ci basta di mantenere inquiete la coscienza nostrae purch'ella con dubbi importuni non cimolestie ci lasci seguitare sicuramente e lietamente i nostri studie i nostri scritti senza quella formidabile svogliatezza che provienedal timore di gittare il tempo e le fatichenon ci curiamo d'altroe per questo fuggiamo di venire alle prese e giuochiamo largonontemendo tanto il nemico che è fuori quanto quello ch'èdentro di noi medesimi? Noper Dionon sia così; ma noncerchiamo altro che il vero: e se tutto quello che abbiamo imparato èvanoe se quello che parea certo e falsoe quello che credevamo divedere non si vedevae quello che credevamo di toccare non sitoccavae se tanti altissimi ingegnie tanti dotti e tanti secolitutti né più né meno si sono ingannatisia conDio. Non guardiamo che bisognerà far conto di non avere finoad ora studiato né sudatoanzi di avere e studiato e sudatoda pazzi e per nientedire addio ai libri quasi nostri amici ecompagnibruciare gli scritti nostrie in somma farci da capoegiovani o vecchi che siamocominciare una vita nuova: rallegriamocipiù tosto che ci sia toccato quello che a' nostri maggiori nontoccòdi conoscere finalmente il veroe di questo verogioviamoci noi e facciamo ch'altri si giovi parimente. Ma se nebbie esogni e fantasmi sono più tosto le opinioni modernee se inostri antenati hanno veduto chiaroe se la verità non hapenato tanti secoli a uscire al giornoperché lasciamo che lagente sia confusa e ingannatae che la gioventù nostra stiain forse di quale delle due dottrine s'abbia a fidare? Confesso cheun silenzio magnanimo pareva a me pure il meglioanzi la sola cosache convenisse ai veri savi in questa disputa: e l'esempio de' verisavi che non ci aprono boccanon mi confermava nella mia opinionenella quale era fermissimoma mi consolava il vedere che il giudizioloro concordava in questo particolare col mio. Nondimeno sìmolte altre cosecome l'aver lette e considerate le Osservazioni delCavaliere Lodovico di Breme intorno alla poesia modernasecondochéla chiama eglim'hanno indotto a pensare che se forse il commuoversidi un uomo illustre e il rompere quel silenzio disdegnoso potrebbenuocereil comparire di un uomo oscuro il quale dica non motti maragioninon possa nuocere e possa giovareperché néla sconfitta d'un fiacchissimo combattente potrà pregiudicarealla fama dell'esercitoe caso ch'egli paresse aver fatto qualchecosasi potrà stimare quante e quanto più grandi nefarebbero i forti. Senz'altro le Osservazioni del Cavaliere a mepaiono pericolose; e dico pericoloseperché sono per la piùparte acute e ingegnose e profondee questose a noi non par veroquello che pare al Bremedobbiamo giudicare che sia pericolosopotendo persuadere a molti quello che secondo noi è falsoeche certamente è di tanto rilievo quanto le lettere e lapoesia. Però così debole come sonoho deliberato divedere se l'affetto che porto focosissimo alla mia patria e molto piùal veromi darà forza dicendo e per la patria e per quelloch'io credo vero. Useròcome ho dettole ragionie nientealtro che le ragioni: non so se saranno metafisichema sarannoragioni; e se non tutte o non molte nuoveda questo stessofacilmente si potrà inferire che le opinioni di coloro che sichiamano romanticiposto che non sieno antichecerto hanno radiciantichissimee con istrumenti d'antichissimo uso si possonoabbattere e sradicare.


        E come mi terrò lontano da molte usanze di quei che perl'addietro sono venuti a quistione coi romanticicosìmassimamente non proccurerò né mi vanterò di nonintenderedel qual costume si lagna il Breme a ragioneimperocchéchi del continuo protesta di non intenderequegli rifiuta ognicontroversia. Madirò pure quello che sentoa volereintender bene il Cavaliere e qualcheduno de' romanticiforse allevolte non basta né il desiderio né l'ingegnoma civuole un cuore che sappia aprirsi e diffondersi e palpitare d'altroche di paura o cose similie una mente non al tutto inesperta delfuoco e dell'impeto delle arti belle. Ora se la mia mente sia taleese il mio cuore abbia mai palpitato per cagione non vilenon ècosa da farne discorso: basta ch'io penso d'avere intesi iragionamenti del Cavaliere: questo però né egli néaltro lo dovrà credere alle mie parolema sì bene aifatticioè se io nel discutere le osservazioni del Cavalieredarò indizio d'averle intese. Tratterò della poesiaromantica non già pienamenteche questo da vero sarebbe uncarico disadatto alle mie spalleed io togliendolo mi mostrereitemerario non coraggioso; ma quanto basterà per tener dietroalle Osservazioni predette: e già quest'assunto non èpiccoloanzi io guardando come di lontano la folla delle materiedentro la quale bisogna ch'io mi cacciquasi mi sbigottiscoe nonso che strada troverò d'esser breve in tanta moltitudine dicose e in tanta necessità d'esser chiaro. Tuttavia stimo cheagitando le opinioni del Breme verrò anche a tentare ifondamenti delle opinioni romantichese bene queste sono cosìconfuse e gregge e scombinate e in gran parte ripugnanti che bisognaquasi assalirle a una a unae atterrata una parte dell'edifiziol'altra non pertanto si tiene in piedesegno non di fortezza ma disconnessionee però di debolezza. E incominciando dico chenon paleserò il nome mioper non far vista di credere néche altriletto quello ch'io scriveròpossa desiderared'aver notizia di chi scrissené che il mio nome manifestatovaglia a darmi a conoscereignotissimo com'egli è. Per questecagioni terrò nascosto il mio nomenon per timoreoItalianich'io non temerò mai scrivendo il vero e scrivendocome potrò per voiné l'odio di chicchessia néil potere o la fama di chicchessia.


        Già è cosa manifesta e notissima che i romantici sisforzano di sviare il più che possono la poesia dal commerciocoi sensiper li quali è nata e vivrà finattantochésarà poesiae di farla praticare coll'intellettoestrascinarla dal visibile all'invisibile e dalle cose alle ideeetrasmutarla di materiale e fantastica e corporale che erainmetafisica e ragionevole e spirituale. Dice il Cavaliere che lasmania poetica degli antichi veniva soprattutto dall'ignoranzaperla quale maravigliandosi balordamente d'ogni cosae credendodi vedere a ogni tratto qualche miracolopigliarono argomento dipoesia da qualunque accidentee immaginarono un'infinità diforze soprannaturali e di sogni e di larve: e soggiunge chepresentementeavendo gli uomini considerate e imparatee intendendoe conoscendo e distinguendo tante coseed essendo persuasi e certidi tante veritànelle facoltà loro non sonodic'egli co' suoi termini d'artecompatibili insieme econtemporanei questi due effettil'intuizione logica e il prestigiofavoloso: smagata è dunque di questa immaginazione la mentedell'uomo. Ora da queste cosechi voglia discorrer bene e dalogicosegue necessarissimamente che la poesia non potendo piùingannare gli uomininon deve più fingere né mentirema bisogna che sempre vada dietro alla ragione e alla verità.E notateo lettorisul bel principio quell'apertissima e famosacontraddizione. Imperocché i romantici i quali s'accorgevanoottimamente che tolta alla poesia già conciata com'essil'avevanoanche la facoltà di fingere e di mentirela poesiafinalmente né più né meno sarebbe sparitae dinetto si sarebbe immedesimata e diventata tutt'uno colla metafisicae risoluta in un complesso di meditazioninon che abbiano soggettatapienamente la poesia alla ragione e alla veritàsono andatiin cerca fra la gentaglia presente di ciascheduna classeespecialmente fra il popolacciodi quelle più strane e pazze eridicole e vili e superstiziose opinioni e novelle che si potevanotrovaree di queste hanno fatto materia di poesia; e quello ch'èpiù mirabileintantoché maledicevano l'uso dellefavole grechehanno inzeppate ne' versi loro quante favole turchearabe persiane indiane scandinave celtiche hanno volutoquasi chel'intuizione logica che col prestigio favoloso dellaGrecia non può starecon quello dell'oriente e delsettentrione potesse stare. Ma di questa incredibile contraddizioned'aver fatto tesoro delle favole orientali e settentrionali doposcartate le favole greche come ripugnanti ai costumi e alle credenzee al sapere dell'età nostraparlerò più avantia suo luogo. Ora tornando al Cavaliereseguita egli dicendoimmediatamente che la facoltà immaginativa èsostanzialissima nell'uomodi maniera che non può svanire néscemarema per l'opposto arde oggi come sempre d'essere invasarapita innamorata atterrita E PERFIN SEDOTTA (qui sta il punto);né avverrà mai che non soggiaccia alle ILLUSIONIdelle forme armonichealle estasi della sublime contemplazioneall'efficacia dei quadri idealipurché non sieno piùarbitrari DEL TUTTOE DEL TUTTO nudi di analogia con quelvero che ne circondao con quello ch'è in noi. Ed eccocome anch'egli concede che la poesia debba ingannarela qual cosapoi asserisce e conferma risolutamente in cento altri luoghi dellesue osservazioni. A me pare di scorgere molto chiaramente che ilCavaliere medesimo arrivato a questo passo vide che il suoragionamento si piegavae la punta si disviavae s'io non erroquelle parole perfino e del tutto sono la saldaturach'egli ci volle farecome tutto giorno si fadopo che quellotorcendosegli fra le manise gli fu rotto. Ma questa saldatura èveramente di paroleperché dalle cose precedenti seguita chela poesia non possa né debba ingannaree se ella può edeve ingannaretutti i raziocini susseguenti del Cavaliere e deiromanticinon avendo dove posinoè forza che caschino aterra. Imperocché non c'è chi non sappia che bisognadistinguere due diversi inganni; l'uno chiameremo intellettualel'altro fantastico. Intellettuale è quello per esempio d'unfilosofo che vi persuada il falso. Fantastico è quello dellearti belle e della poesia a' giorni nostri; giacché non èpiù quel tempo che la gente si guadagnava il vitto cantandoper le borgate e pe' chiassuoli i versi d'Omeroe che tutta laGrecia raunata e seduta in Olimpia ascoltava e ammirava le storied'Erodoto più soavi del meleonde poi nel vederlol'unodiceva all'altromostrandolo a dito: Questi è quegli cheha scritte le guerre di Persiae lodate le vittorie nostre: maoggi i lettori o uditori del poeta non sono altro che personedirozzate equal più qual menointelligenti: vero èch'il poeta in certo modo deve far conto di scrivere pel volgo; sebene i romantici pare che vengano a volere per lo contrario ch'egliscriva pel volgo e faccia conto di scrivere per gl'intelligentilequali due cose sono contraddittoriema quelle che ho detto iononsono; perché la fantasia degl'intelligenti può benemassime leggendo poesie e volendo essere ingannataquasi discenderee mettersi a paro di quella degl'idiotiladdove la fantasiadegl'idioti non può salire e mettersi a paro di quelladegl'intelligenti. Ora di questi che ho detto essere i lettori ouditori del poetal'intelletto non può essere ingannato dallapoesiaben può essere ed è ingannata molte voltel'immaginativa. Il Cavaliere dunque e col Cavaliere i romanticiquando gridano che il poeta nel fingere s'adatti ai costumi e alleopinioni nostre e alle verità conosciute presentementenonguardano che il poeta non inganna gl'intelletti né gl'ingannòmaise non per avventura in quei tempi antichissimi che ho detto disoprama solamente le fantasie; non guardano che sapendo noi cosìtosto comeaperto un librolo vediamo scritto in versiche quellibro è pieno di menzognee desiderando e proccurando quandoleggiamo poesied'essere ingannati e nel metterci a leggerepreparando e componendo quasi senza avvedercene la fantasia aricevere e accogliere l'illusioneè ridicola a dire che ilpoeta non la possa illudere quando non s'attenga alle opinioni e aicostumi nostriquasi che noi non le dessimo licenza di lasciarsiingannare più che tantoe che ella non avesse forza discordarsi né il poeta di farle scordare e opinioni econsuetudini e checchessianon guardano che l'intelletto in mezzo aldelirio dell'immaginativa conosce benissimo ch'ella vaneggiaeonninamente e sempre tanto crede al meno falso quanto al piùfalsotanto agli Angeli del Milton e alle sostanze allegoriche delVoltaire quanto agli Dei d'Omerotanto agli spettri del Bürgere alle befane del Southeyquanto all'inferno di Virgiliotanto cheun Angelo collo scudo celeste di lucidissimo diamante abbiadifeso Raimondoquanto che Apollo coll'egida irsuta efimbriata abbia preceduto Ettore nella battaglia. In sommatutto stacome ho detto da principiose la poesia debba illudere ono; se devecom'è chiaro che devee come i romanticiaffermano spontaneamentetutto il resto non è altro cheparole e sofisticherie e volerci far credere a forza d'argomentiquello che noi sappiamo che non è vero; perché in fattisappiamo che il poeta sì come per cristiano e filosofo emoderno che sia in ogni cosanon c'ingannerà mail'intellettocosì per pagano e idiota e antico che si mostric'ingannerà l'immaginazione ogni volta che fingerà davero poeta.


        Resta perciò che questi potendo illudere come vuolescelgadentro i confini del verisimile quelle migliori illusioni che gliparee quelle più grate a noi e meglio accomodate all'ufficiodella poesiach'è imitar la naturae al finech'èdilettare. E sia pure più malagevole a preparare quelleillusioni che ci debbono quasi vestire d'opinioni e consuetudinidiverse dalle nostre: non è obbligo né virtù delpoeta lo scegliere assunti facilima il fare che paiano faciliquelli che ha scelti. Ora bisogna vedere se quel poeta che non vamolto dietro alle opinioni e alle usanze d'oggidìposto chedel rimanente sia gran poetadiletta più o meno gli animiseconda più o meno la natura e per tanto il buon gustodi chituttavia s'attiene alle cose presenti: imperocché èmanifesto che quella strada la quale conduce al maggiore esostanziale e sodo e puro e naturale diletto degli uditoriquellasenz'altro va tenuta nella poesianon potendo accadere che questac'inganni mai altro che l'immaginativa. Ma forsecontuttoch'ilvolgonon mica ieri né ierlaltroma da lunghissimo tempoabbia finito di sentire la voce dei poetivorranno i romantici cheanch'egli debba essere effettivamente uditore o lettore del poeta; equesto mentreché si sforzano di rendere la poesia quanto piùpossono astrusa e metafisica e sproporzionata all'intelligenza delvolgo. Comunque siaponiamo che questo possa essere indotto adascoltare o leggere i poeti: più facilmente crederò chealtri speri di farlo di quello che si possa fare; ma poniamo che siafattoe che però anche l'illusione intellettuale siapossibile al poeta: primieramente domando quale delle due sia meglio;o adattandosi alla religione alle opinioni ai costumi e in questamaniera conciliandosi la credenza del popoloe contuttociòmentendo così per la necessità della poesia; comeperché grandissima parte delle opinioni del popolo èfalsaingannarlo positivamentee riempiergli la testa d'errori e difandoniee conficcarci meglio quelle che ci sonoe confortarlo allefanciullagginie accrescergli le superstizioni e gli spauracchiecorroborargli l'ignoranza; o seguendo altre opinioni e costumifingere in maniera che il volgo abbia sì bene da tali finzioniquel diletto ch'è il fine della poesiama non le credafuorché coll'immaginativae quindi senza nessun danno.Imperocchétratta materia di poesia dalla religione e dalleopinioni e dai costumi presentidi necessità deve accadereuna di queste tre cose; o che il poeta non menta maie non sia piùpoeta; o che mentendo inganni gl'intelletti del volgoe gli nocciaveramente ed empiamentesopraccaricandolo di credenze vane emalvageatteso ch'in materia di religionesecondo noiqualunquecredenza falsa è malvagia; o che gl'inganni solamente leimmaginativee da questo (conceduto che possa avvenireche certonon avverrebbe se non di rarissimoperché il volgo per lo piùcrederebbe da vero) discendo a quello ch'io voleva dire in secondoluogocioè che potendo il poeta ingannare le fantasie anchequando non s'attenga alle credenze e agli usi moderniquello che s'èdetto in proposito degl'intelligentidee valere anche per gl'idioti;sì che per questi parimente andrebbero scelte quelle finzioniche dilettassero megliopiù o meno che ingannasserostantech'il fine della poesia non è l'ingannare ma il dilettare:l'inganno pel poeta è un mezzocapitalissimo certoma bastal'inganno dell'immaginazionese no nessuno degl'intelligenti sarebbedilettato dalla poesiae quell'inganno che può stare col veroe proprio diletto poetico. Queste cose che ho dette del popolobisogna intenderle dirittamenteil che avverto perché quasipare ch'io tenga contro i romantici che la poesia non debba esserpopolarequando e noi la vogliamo popolarissimae i romantici lavorrebbero metafisica e ragionevole e dottissima e proporzionata alsapere dell'età nostra del quale il volgo partecipa poco oniente. Ma già ho notato due volte questa contraddizione deiromanticie di contraddizioni la nuova filosofia ne ribocca;talmente che forse in progresso mi toccherà qualche altravolta di combattere due opinioni contrariel'una delle qualis'avvicini alla nostrae se il lettore non ci guarderà moltoper minutogli dovrà parere ch'io combatta me medesimo. Oracerchiamo quello che ho dettocioè quale delle due manieresia più naturale nella poesia e più sodamentedilettevole tanto agl'intelligenti che agl'idiotivoglio dire ol'antica o la moderna.


        E l'esperienza e la conversazione scambievole e lo studio e millealtre cagioni che non occorre direci hanno fatti col tempo tantodiversi da quei nostri primi padri che se questi risuscitasserosipuò credere che a stento ci ravviserebbero per figli loro.Laonde non è maraviglia se noi così pratici e dotti ecosì cambiati come siamoai quali è manifesto quelloche agli antichi era occultoe noto un mondo di cagioni che agliantichi era ignotoe certo quello che agli antichi era incredibilee vecchio quello che agli antichi era nuovonon guardiamo piùla natura ordinariamente con quegli occhie nei diversi casi dellavita nostra appena proviamo una piccolissima parte di quegli effettiche le medesime cagioni partorivano ne' primi padri. Ma il cielo e ilmare e la terra e tutta la faccia del mondo e lo spettacolo dellanatura e le sue stupende bellezze furono da principio conformate alleproprietà di spettatori naturali: ora la condizione naturaledegli uomini è quella d'ignoranza; ma la condizione degliscienziati che contemplando le stellesanno il perché delleloro apparenzee non si maravigliano del lampo né del tuonoe contemplando il mare e la terrasanno che cosa racchiuda la terrae che cosa il maree perché le onde s'innoltrino e siritirinoe come soffino i venti e corrano i fiumi e quelle piantecrescano e quel monte sia vestito e quell'altro nudoe che conosconoa parte a parte gli affetti e le qualità umanee le forze egli ordigni più coperti e le attenenze e i rispetti e lecorrispondenze del gran composto universalee secondo il gergo dellanuova disciplina le armonie della natura e le analogiee le simpatieè una condizione artificiata: e in fattila natura non si palesa ma si nascondesì che bisogna conmille astuzie e quasi frodie con mille ingegni e macchine scalzarlae pressarla e tormentarla e cavarle di bocca a marcia forza i suoisegreti: ma la natura così violentata e scoperta non concedepiù quei diletti che prima offeriva spontaneamente. E quelloche dico degli scienziati dico proporzionatamente più o menodi tutti gl'incivilitie però di noimassime di quella partedi noi che non è plebee tra la plebe di quella parte ch'ècittadinae di qualunque è più discosto dallacondizione primitiva e naturale degli uomini. Non contendo giàdell'utilené mi viene pure in mente di gareggiare con queifilosofi che piangono l'uomo dirozzato e ripulito e i pomi e il lattecambiati in carnie le foglie d'alberi e le pelli di bestie rivoltein pannie le spelonche e i tuguri in palazzie gli eremi e leselve in città: non è del poeta ma del filosofo ilguardare all'utile e al vero: il poeta ha cura del dilettosoe deldilettoso alla immaginazionee questo raccoglie così dal verocome dal falsoanzi per lo più mente e si studia di fareingannoe l'ingannatore non cerca il vero ma la sembianza del vero.Le bellezze dunque della natura conformate da principio alle qualitàed ordinate al diletto di spettatori naturalinon variano pervariare de' riguardantima nessuna mutazione degli uomini indussemai cambiamento nella naturala quale vincitrice dell'esperienza edello studio e dell'arte e d'ogni cosa umana mantenendosi eternamentequellaa volerne conseguire quel diletto puro e sostanziale ch'èil fine proprio della poesia (giacché il diletto nella poesiascaturisce dall'imitazione della natura)ma che insieme èconformato alla condizione primitiva degli uominiènecessario chenon la natura a noima noi ci adattiamo alla naturae però la poesia non si venga mutandocome vogliono imodernima ne' suoi caratteri principalisiacome la naturaimmutabile. E questo adattarsi degli uomini alla naturaconsiste inrimetterci coll'immaginazione come meglio possiamo nello statoprimitivo de' nostri maggiorila qual cosa ci fa fare senza nostrafatica il poeta padrone delle fantasie. Ora che così facendonoici s'apra innanzi una sorgente di diletti incredibili e celestie che la natura invariata e incorrotta discopra allora non ostantel'incivilimento e la corruzione nostra il suo potere immortale sullementi umanee che in somma questi diletti sieno anche oggidìquelli che noi pendiamo naturalmente a desiderare sopra qualunquealtro quando ci assettiamo ad essere ingannati dalla poesiadileggeri si può comprenderesoltanto cheoltre il fattomedesimosi ponga mente alla nostra irrepugnabile inclinazione alprimitivoe al naturale schietto e illibatola quale è permodo innata negli uominiche gli effetti suoi perché sonogiornalieri non si consideranoe accade in questa come in millealtre coseche la frequenza impedisce l'attenzione. Ma da qualealtra fonte derivano e il nostro infinito affetto alla semplicitàde' costumi e delle maniere e del favellare e dello scrivere e d'ognicosa; e quella indicibile soavità che ci diffonde nell'animanon solamente la veduta ma il pensiero e le immagini della vitarusticae i poeti che la figuranoe la memoria de' primi tempiela storia de' patriarchi e di Abramo e d'Isacco e di Giacobbe e deicasi e delle azioni loro ne' deserti e della vita nelle tende e fragli armentie quasi tutta quella che si comprende nella Scrittura emassimamente nel libro della Genesi; e quei moti che ci suscita equella beatitudine che ci cagiona la lettura di qualunque poetaespresse e dipinse meglio il primitivodi Omero di Esiodo diAnacreontedi Callimaco singolarmente? E quelle due capitalidisposizioni dell'animo nostrol'amore della naturalezza e l'odiodell'affettazionel'uno e l'altro ingeniticredoin tutti gliuominima gagliardissimi ed efficacissimi in chiunque ebbe dallanatura indole veramente accomodata alle arti belleprovengonoparimente dalla nostra inclinazione al primitivo. E questa medesimafa che qualora ci abbattiamo in oggetti non tocchidall'incivilimentoquivi e in ogni reliquia e in ogni ombra dellaprima naturalezzaquasi soprastandogiocondissimamente cicompiacciamo con indistinto desiderio; perché la natura cichiama e c'invitae se ricusiamoci sforzala natura vergine eintattacontro la quale non può sperienza né sapere néscoperte fattené costumi cambiati né coltura néartifizi né ornamentima nessuna né splendida négrande né antica né forte opera umana soverchieràmai né pareggerànon che altroun vestigio dell'operadi Dio. E che questo che ho dettosia verochi è di noinondico poeta non musico non artefice non d'ingegno grande e sublimedico lettore di poeti e uditore di musici e spettatore d'arteficidico qualunque non è così guasto e disumanato esnaturato che non senta più la forza di nessuna fuorchélorda o bassa inclinazione umana e naturale- chi è che nonlo sappia e non lo veda e non lo senta e non lo possa confermare colracconto dell'esperienza propria certissima e frequentissima? E sealtri mancanochiamo voiLettoriin testimoniochiamo voi stessoo Cavaliere: non può mancare a voi quell'esperienza ch'iocerconon può ignorare il cuor vostro quei moti ch'io diconon può essere che la natura incorrottache il primitivochela candida semplicitàche la lezione de' poeti antichi nonv'abbia inebbriato mille volte di squisitissimo diletto; voi fatemifede che come le forme primitive della natura non sono mutate nési muterannocosì l'amore degli uomini verso quelle non èspento né si spegnerà prima della stirpe umana. Ma chevo io cercando cose o minute o scure o poco notepotendo dirne unapiù chiara della lucee notissima a chicchessiadella qualeciascunoancorché non apra boccami debba essere testimonio?Imperocché quello che furono gli antichisiamo stati noituttie quello che fu il mondo per qualche secolosiamo stati noiper qualche annodico fanciulli e partecipi di quella ignoranza e diquei timori e di quei diletti e di quelle credenze e di quellasterminata operazione della fantasia; quando il tuono e il vento e ilsole e gli astri e gli animali e le piante e le mura de' nostrialberghiogni cosa ci appariva o amica o nemica nostraindifferentenessunainsensata nessuna; quando ciascun oggetto che vedevamo cipareva che in certo modo accennandoquasi mostrasse di volercifavellare; quando in nessun luogo soliinterrogavamo le immagini ele pareti e gli alberi e i fiori e le nuvolee abbracciavamo sassi elegnie quasi ingiuriati malmenavamo e quasi beneficati carezzavamocose incapaci d'ingiuria e di benefizio; quando la maraviglia tantograta a noi che spessissimo desideriamo di poter credere per potercimaravigliarecontinuamente ci possedeva; quando i colori delle cosequando la luce quando le stelle quando il fuoco quando il volodegl'insetti quando il canto degli uccelli quando la chiarezza deifonti tutto ci era nuovo o disusatoné trascuravamo nessunaccidente come ordinarioné sapevamo il perché dinessuna cosae ce lo fingevamo a talento nostroe a talento nostrol'abbellivamo; quando le lagrime erano giornalieree le passioniindomite e svegliatissimené si reprimevano forzatamente eprorompevano arditamente. Ma qual era in quel tempo la fantasianostracome spesso e facilmente s'infiammavacome libera e senzafrenoimpetuosa e istancabile spaziavacome ingrandiva le cosepiccolee ornava le disadornee illuminava le oscureche simulacrivivi e spiranti che sogni beati che vaneggiamenti ineffabili chemagie che portenti che paesi ameni che trovati romanzeschiquantamateria di poesiaquanta ricchezza quanto vigore quant'efficaciaquanta commozione quanto diletto. Io stesso mi ricordo di avere nellafanciullezza appreso coll'immaginativa la sensazione d'un suono cosìdolce che tale non s'ode in questo mondo; io mi ricordo d'essermifigurate nella fantasiaguardando alcuni pastori e pecorelle dipintesul cielo d'una mia stanzatali bellezze di vita pastorale che sefosse conceduta a noi così fatta vitaquesta già nonsarebbe terra ma paradisoe albergo non d'uomini ma d'immortali; iosenza fallo (non m'imputate a superbiao Lettoriquello che sto perdire) mi crederei divino poeta se quelle immagini che vidi e queimoti che sentii nella fanciullezzasapessi e ritrargli al vivo nellescritture e suscitarli tali e quali in altrui. Ora che la memoriadella fanciullezza e dei pensieri e delle immaginazioni di quell'etàci sia straordinariamente cara e dilettevole nel progresso della vitanostranon voglio né dimostrarlo né avvertirlo: non èuomo vivo che non lo sappia e non lo provi alla giornatae nonsolamente lo provima se ne sia normalmente accortoe purch'abbiafilo d'ingegno e di studiose ne sia maravigliato. Ecco dunquemanifesta e palpabile in noie manifesta e palpabile a chicchessiala prepotente inclinazione al primitivodico in noi stessicioènegli uomini di questo tempoin quei medesimi ai quali i romanticiproccurano di persuadere che la maniera antica e primitiva di poesianon faccia per loro. Imperocché dal genio che tutti abbiamoalle memorie della puerizia si deve stimare quanto sia quello chetutti abbiamo alla natura invariata e primitivala quale è népiù né meno quella natura che si palesa e regna ne'puttie le immagini fanciullesche e la fantasia che dicevamosonoappunto le immagini e la fantasia degli antichie le ricordanzedella prima età e le idee prime nostre che noi siamo cosìgagliardamente tratti ad amare e desideraresono appunto quelle checi ridesta l'imitazione della natura schietta e inviolataquelle checi può e secondo noi ci deve ridestare il poetaquelle che ciridestano divinamente gli antichiquelle che i romantici bestemmianoe rigettano e sbandiscono dalla poesiagridando che non siamo piùfanciulli: e pur troppo non siamo; ma il poeta deve illudereeilludendo imitar la naturae imitando la natura dilettare: e dov'èun diletto poetico altrettanto vero e grande e puro e profondo? equal è la natura se questa non è? anzi qual è ofu mai fuorché questa?


        Nelle usanze e nelle opinioni e nel sapere del tempo nostrocercheremo la natura e le illusioni? Che natura o che leggiadraillusione speriamo di trovare in un tempo dove tutto èciviltàe ragione e scienza e pratica e artifizi; quando nonè luogo né cosa che abbia potuto essere alterata dagliuominiin cui la natura primitiva apparisca altrimenti che asomiglianza di lampo rarissimodovunque coperta e inviluppata comenel più grosso o fitto panno che si possa pensare; quando lamaraviglia è vergogna; quando non è quasi specie nonforma non misura non effetto non accidente menomissimo di passionech'altri non abbia avvertito e non avverta ed esplori e distingua esmidolli; quando il cuor nostro o disingannato dall'intelletto nonpalpitao se anche palpitacorre tosto l'intelletto a ricercargli efrugargli tutti i segreti di questo palpitoe svanisce ogn'illusionesvanisce ogni dolcezza svanisce ogni altezza di pensieri; quando sispiano e s'uccellano gli andamenti dell'animo nostro non altrimentiche i cacciatori facciano le salvaggine; quando gli affetti i moti icenni i diversi casi del cuore e della volontà umana siprevedono e predicono come fanno gli astronomi le apparenze dellestelle e il ritorno delle comete; quando non è personad'ingegno alquanto vivo ed esercitato che non l'indole e i pregi e idifetti proprie non sappia descrivere le cagioni de' fatti e de'pensieri suoie discutere le speranze e i timori della sua vitafuturae pronosticare di se medesimo e delle vicende del cuor suo;quando la scienza dell'animo umano già certa e quasimatematica e risolutamente analiticasecondo l'idiomascolastico de' moderniper poco non s'espone con angoli e cerchienon si tratta per computi e formole numerali? La vicendevolefratellanza delle scienze e delle artii miracoli dell'industrial'esperienze le scoperte gli effetti dell'incivilimento daranno lenasecondoché dice il Cavalierealla fantasia? quelle cose chel'affogano l'avviveranno? la ragione ch'a ogni poco la mette in fugae la perseguita e l'assalisce e quasi la sforza a confessare ch'ellasognal'esperienza che l'assedia e la stringe e le oppone al voltola sua molestissima lucernala scienza che le contrasta e le sbarratutti i passi col veroqueste cose alimenteranno e conforterannol'immaginativa? Non le angustienon le carceri non le catene dannobaldanza alla fantasiama la libertàné per lei sonocampi le scienze né i ritrovatima d'ordinario fossi edargininé la molta luce del vero può far bene a quellach'è vaneggiatrice per naturané di quelle cose ondes'arricchisce l'intellettos'arricchisce la fantasia giàsterminatamente ricca per se stessa; ma la sua prima e sommaricchezza consiste nella libertàed il vero conosciuto ed ilcerto hanno per natura di togliere la libertà d'imaginare. Ese il fatto stesse come vogliono i romanticiil confinedell'immaginativa sarebbe ristrettissimo ne' fanciullies'allargherebbe a proporzione che l'intelletto venisse acquistando;ma per lo contrario avviene ch'egli ne' putti sia distesissimonegliadulti mezzanone' vecchi brevissimo. Laondecome vediamochiarissimamente in ciascuno di noi che il regno della fantasia daprincipio è smisuratopoi tanto si va ristringendo quantoguadagna quello dell'intellettoe finalmente si riduce quasi anullacosì né più né meno èaccaduto nel mondo; e la fantasia che ne' primi uomini andavaliberamente vagando per immensi paesia poco a poco dilatandosil'imperio dell'intellettovale a dire crescendo la pratica e ilsaperefugata e scacciata dalle sue terre antichee sempreincalzata e spintaalla fine s'è vedutacome ora si vedestipata e imprigionata e pressoch'immobile: e in questa suacondizioneo Lettorila chiamano i romanticila chiama ilCavaliere beatissimae padrona ai vastissimi regni. Non peròva credutocome pare che molti faccianoche col tempo sia scemataall'immaginazione la forzae venga scemando tuttavia secondochés'aumenta il dominio dell'intelletto: non la forza ma l'usodell'immaginazione è scemato e scema; il quale e negli antichine per giovanezza né per maturità né pervecchiezza s'allentava mai più che un pocoe in noicomepiglia piede la signoria dell'intellettocosì va calandofinattantoch'in ultimo quasi manca. Resta la forza ma oziosarestanoi campi per li quali soleva esercitarsi la foga della fantasiamachiusi dai ripari dell'intelletto: a volere che l'immaginazionefaccia presentemente in noi quegli effetti che facea negli antichiefece un tempo in noi stessibisogna sottrarla dall'oppressionedell'intellettobisogna sferrarla e scarcerarlabisogna romperequei recinti: questo può fare il poetaquesto deve; noncontenerla dentro le stesse angustie e fra le stesse catene e nellastessa schiavitùsecondo la portentosa dottrina romantica: eogni volta che l'immaginativa è rimessa da un vero poeta nellacondizione che ho dettochiamo il mondo in testimonio dell'attivitàch'ella palesa in questo medesimo tempo nelle medesime nostre menti.



Secondaparte

        Molti e gravissimio Lettorisono i mali che ha recatiall'immaginativa il grande accrescimento della signoriadell'intellettodalla podestà dei quali la libera il poetacome e per quel tempo che può. Ma il pregiudizio non tocca ildiletto solocome porta la credenza comune: altre cose piùsostanzialibenché questa è sostanzialissimasono aparte del danno; e di ciò non è dubbio che non s'avvedae non s'attristi qualunque non dico poeta né oratoremafilosofo veramente acuto e sublimee diverso dai più de'filosofi ch'oggi stanno in lode e in riverenza. Qui potrei dire chela ragione in pressoch'infinite cose è nemica formale dellanatura; che la ragione è nemica nelle cose umane di quasi ognigrandezza; che spessissimo dove la natura è grandela ragioneè piccola; che per lo più il grande nella stima degliuomini non è altra cosa che lo straordinarioma lostraordinario è contro o fuori dell'ordine di cui la ragione èamica perpetua; che frequentissimamente vere ed eccessive piccolezzeperché sono straordinariesi chiamano grandezze; cheAlessandro e cento altri tali sonosecondo la natura e la famagrandisecondo la ragionepazzie la pazziasecondo la ragioneèsempre piccolezza; che appena può succedere che altri siagrande e faccia cose grandis'ei non è signoreggiato dalleillusionie che sia stimato grandese le illusioni non hanno forzain altrui; che quanto crescerà l'imperio della ragionetantosnervate e diradate le illusionimancherà la grandezza degliuomini e dei pensieri e dei fatti; che il poeta sopra qualunque altroha bisogno d'illusioni potentissimee dev'essere in mille cosestraordinario e in alcune quasi pazzoma questo è un tempo diragione e di luce che si burla degl'ingannie quando anche nonvolessea ogni modo li conoscerebbee conoscendoli glisprezzerebbe; né concede facilmente altrui d'esserestraordinarioma per lo più con quel nome formidabile c'haimparato dalla ragione chiama la stranezza furore o stoltizia:profonda miseria d'ogni arte bella e infinita calamità dellapoesia. Ma questo è un soggetto oltremodo vastoe ifondamenti di quello che ho detto circa all'inimicizia della ragionee della naturastanno nell'intima considerazione del compostouniversale delle cose: però non mi ci fermonon volendo atanta moltitudine di materie essenziali e necessarie del miodiscorsoaggiungerne delle superfluequantunque confacevoli estrettissimamente affini al soggetto. Faccio dunque tutto questononlodo i secoli antichinon affermo che quella vita e quei pensieri equegli uomini fossero migliori dei presentiso che questi discorsioggi s'hanno per vecchi e passati d'usanzalascio ch'altri giudichia sua voglia delle cose ch'io potrei dire; sieno sogni di fantasiedisprezzatrici del presente e vaghe del lontano. Solamente dico chequella era natura e questa non è; che l'ufficio del poeta èimitar la naturala quale non si cambia né incivilisce; chequando la natura combatte colla ragionee forza che il poeta o lascila ragioneo insieme colla natural'ufficio e il nome di poeta; chequesti può ingannaree per tanto deve coll'arte sua quasitrasportarci in quei primi tempie quella natura che ci èsparita dagli occhiricondurcela avantio più tostosvelarcela ancora presente e bella come in principioe farcelavedere e sentiree cagionarci quei diletti soprumani di cuipressoché tuttosalvo il desiderioabbiamo perdutoonde siapresentemente l'ufficio suonon solamente imitar la naturama anchemanifestarlanon solamente dilettarci la fantasiama liberarceladalle angustienon solamente somministrarema sostituire; dico chechiamare la poesia dal primitivo al modernoè lo stesso chesviarla dall'ufficio suovolerla spogliare di quel sovrano dilettoch'è suo propriotirarla dalla natura all'incivilimento. Maquesto né più né meno vogliono i romanticieconveniva bene che questo tempodopo averci snaturati indicibilmentetuttiproccurasse in fine di snaturare la poesiach'era l'ultimoquasi rifugio della naturae d'impedire agli uomini ogni dilettoogni ricordanza della prima condizionee negasse il nome di poeta achiunque verseggiando non esprimesse i costumi moderni e lospegnimento dei primitivi e la corruzione degli uomini. Perchéin somma una delle principalissime differenze tra i poeti romantici ei nostrinella quale si riducono e contengono infinite altreconsiste in questo: che i nostri cantano in genere più chepossono la naturae i romantici più che possonol'incivilimentoquelli le cose e le forme e le bellezze eterne eimmutabilie questi le transitorie e mutabiliquelli le opere diDioe questi le opere degli uomini. La qual differenza e riluceabbondantemente nei soggetti e nelle descrizioni e nelle immagini ein tutta la suppellettile e il modo e l'elocuzione poeticae intutto il complesso della poesiaed è chiarafra le altrecoseper portare un esempio praticonelle similitudinile quali inostri proccurano comunemente di pigliare dalle cose naturaliondeavviene che quelle presso loro sveglino ad ogni poco nella fantasiade' lettori mille squisitissime immagini con maraviglioso dilettoedè stato già notato che le similitudini de' sommi poetisono per lo più tratte dalle cose campestri; ma i romanticicon altrettanto studio s'ingegnano di cavarle dalle cosecittadineschee dai costumi e dagli accidenti e dalle diversecondizioni della vita civilee dalle arti e dai mestieri e dallescienze e fino dalla metafisicae fino (quando pare che lasimilitudine debba fare in certo modo più chiara la cosaassomigliata) arrivano a paragonare oggetti visibili a questo o aquell'arcano del cuore o della mente nostra; perché insostanza è più chiaro del sole che i nostri cercano atutto potere il primitivoanche trattando cose modernee iromantici a tutto potere il modernoanche trattando cose primitive oantiche. Laonde le similitudini di questi talie parimente di quasitutti i poeti inglesi e tedeschinella gente che noi chiamiamo dibuon gustocioè naturalefanno per la più parte unsenso come grossolano così spiacevolissimoche mentre ellaleggendo s'aspetta e desidera di scordarsi dell'incivilimentoa ognitratto se lo vede ficcare avanti agli occhi; giacché pressoquei poeti che ho dettoin cambio di montagne e foreste e campi espighe e fiori ed erbe e fiumi e animali e venti e nuvoletroveretedel continuo castelli e torri e cupole e logge e chiese e monasteri eappartamenti e drappi e cannocchiali e strumenti manifatture officined'ogni sortae cose simili. Che ve ne pare o Lettori? non èun bel cambio questo? non vedete che sono stufi dei vezzi celestidella naturae cercano vezzi terreni? non vedete che quei dilettiche non trovano più o dicono di non trovare nelle opere di Dioe nelle bellezze universali e perpetuee che chiamano da bisavoligli accattano dalle particolari e caduchee dalla moda e dallefatture degli uomini? e in somma non vedete manifestissimamente chenoi schiavi noi pedanti noi matti amici dell'artesiamo i veri epropri amici e partigiani della naturae questi liberi questi saviquesti amici della sola naturasono assolutamente gli amici e ifautori e gl'imitatori dell'arte?


        E benché questo sarebbe il luogo di commuoversi e di gridare- Ecco il genere di poesia che vi mancao Italiani: di queste cosesiete detti poveri e ignoranti: queste ricchezze vi promette chi dicedi volervi rigenerare e risuscitare: a questi studi siete esortati eincitati e stimolati; tuttavia mi conterrònésopporterò che il doloree la miseria dell'argomento midistacchi dalla modestia che si conviene a questo discorso nonaltrimenti che a me. Diranno che quelle tali similitudinie ingenere la poesia romantica diletta soprammodo un infinito numero dipersone. E dove bisognerebbe urlarerisponderò posatamente.Tre cose fra le altre cagionano questo diletto. Prima la corruzionedei gustila quale come regna in molti poeticosì parimentein molti lettori; e in generecome le fantasie de' poeti sonoimpastoiatee avvezze e domestiche alla tirannia degl'intelletticosì anche le fantasie de' lettorie come quelle per lamaggior parte non sanno più dilettare come debbonocosìqueste non sanno come una volta essere dilettate. E che perciò?Non parvero un tempo Seneca e Plinio più dilettevoli diCicerone? Lucano più di Virgilio? E quelle incredibilistravaganze del seicento non piacquero in tutta quanta l'Italia? Euno de' pochi sania chi gli avesse allegato il consenso degliuomini in favore di quella barbarienon avrebbe risposto alloraquesto medesimo che rispondo io presentemente? e se fosse statoderisochi de' due avrebbe avuto ragione? il deriso o i derisori? Eprimieramenteposto che il genio alla poesia romantica sia tantodivulgato e potente in Europaquanto fu il genio alle pazzie delseicento in Italiae soprattutto che qualunque è dilettatodai romantici non possa essere dilettato dai nostridomando che cosadebbano fare quando il gusto sia magagnato e cattiva e torta la viatenuta dalla moltitudinequei poeti e quegli scrittori che conosconotutto questoe sono immuni dalla corruttela. Sto a vedere che periscriver cose da contemporaneinon da bisavolidovrannoadattarsi alla depravazione e comporre piuttosto da barbari che davecchie che nel seicentocome faceva benissimo l'Achillini quandoesclamava

Sudateo fochia preparar metalli

cosìoperava pessimamente il Menziniquando e fuggiva con ogni studioquello che il suo tempo cercavae deridendo la goffaggine di quelgustoscriveva fra l'altre cose:

Viacominciam; CO 'L FULMINE TREMENDO
     MANDO` IN PEZZI DI FLEGRA LA MONTAGNA
     E 'L BARATRO A' GIGANTI APERSE ORRENDO
GIOVECHE SPUNTA ANCORCON LE CALCAGNA.
      DELL'AUREE STELLEI SOLIDI ADAMANTI
      CHE SON CERCHI ACUI 'L CIEL FA DI LAVAGNA.
O che bel fraseggiare! o che galanti
      Pensieri! Aspetto ancor che sienle stelle
      A forza d'armonia paleirotanti.

        Sto a vedere che si portarono pedantescamente e da sciocchi ilGravina e il Maffei e gli altri che coll'opera e cogli scritti lorocacciarono finalmente quella peste dall'Italiaed operarono che sitornasse a leggere e stampare Dante e il Petrarca i quali non eranoné contemporanei né confacenti al gusto di quell'età.Crediamo noi che non ci avesse anche allora chi gridasse che quelloera il gusto modernoe quell'altro un gusto da passatie beffassela gente sana come abbietta e schiava e superstiziosae divotadell'anticagliee vaga della ruggine e della muffae ghiotta dellostantio? Ma che valse? Non hanno giudicato i posteri fra l'un gusto el'altro? e quella barbariee quel diluvio di versi e di scrittiela memoria di quei poeti e di quegli scrittori non è perita? Equeste opinioni presenti e questa foggia poetica e questo gusto nonperirà? Perirà senza falloo Italianie i posteri siburleranno di voi se l'avrete accoltoe vi chiameranno barbarie simaraviglieranno della stoltezza vostra come voi vi maravigliate dellastoltezza di que' del seicentoe la memoria di questo secolo saràsimilmente vile e disprezzata. In secondo luogolasciando stare chela corruzione d'oggidì molto è lungi che sia tantodiffusa e radicata in Europa quanto ho supposto dinanziquestocertamente dicoche quegli stessi che sono dilettati dai romanticipossono a maraviglia essere e sono frequentemente e vivamentedilettati dai nostri. Non è tanta la forza della depravazioneche possa formalmente opprimere la natura; e se in qualcheduno ètale se c'è persona al mondo per cui sieno onninamente chiusele fonti del diletto poetico vero e naturale e puroindubitatamenteo Lettoriil numero di queste anime dannate è cosìscarso o più tosto impercettibileche non è del poetané anche del filosofo il tenerne conto. Ma il trionfo dellaverità e della natura sopra la corruttela delle opinioni e de'gusti umanis'è veduto anche nelle età piùbarbare; e uno stesso tempo esaltò il Marini e il Chiabreraenel seicento furono letti e celebrati il Menzini e il Filicaia. Mache giova cercare esempi lontaniquando n'abbiamo in grandissimacopia vicini e presenti? Forseché gli stessi romantici nonsono intensamente dilettati da Omero e da Anacreonte e dagli altrinostri? e forseché non sanno e non vedono che di quei talidilettisì come le poesie loro non ne vengono appenaspillando qualche rara gocciacosì appresso gli antichi nesgorga continuamente a rivi da larghissima vena? E sanno e vedonoqueste cosee sono dilettati dagli antichie tuttavia negano checonvenga al tempo nostro quella maniera di poetare che dilettaineffabilmente non mica i bisavolima loro stessi; ed essendodilettati da Omeronon vogliono che nessun poeta possa dilettarepresentemente in quella forma; credoperch'avranno appaltato queitali diletti agli antichiin maniera che i moderni che altrimentiavrebbero potutoper rispetto di questo non ne potranno piùsomministrare legittimamente.


         La seconda cagione del diletto recato dai romantici è larozzezza e durezza di molti cuori e di molte fantasie che di rado eappena s'accorgono dei tasti delicatissimi della natura: ci voglionourtoni e picchiate e spuntonate romantiche per iscuoterle esvegliarle: gente alla quale i diletti fini e purissimi sono come ilrasoio alle selci: palati da sale e acetoche par ch'abbiano fattoil callo ai cibi e liquori gentili. Questa durezza molti l'hanno danaturamolti dall'incivilimentomoltissimi da ambeduecorroboratapotentemente o aiutata la disposizione ingenitache forse avrebbepotuto cedere e illanguidiredai costumi e dagli abiti e dallasnaturatezza cittadinesca. Nella fantasia di costoro fa molto piùcaso qualche lampada mezzo morta fra i colonnati d'un chieson goticodipinta dal poetache non la luna su di un lago o in un bosco; piùl'eco e il rimbombo di un appartamento vasto e solitarioche non ilmuggito de' buoi per le valli; più qualche processione ospettacolo o festa o altra opera di cittàche non messe obattitura o vendemmia o potagione o tagliatura di legneo pastura digreggi o d'armentio cura d'api o di fratte o di fossi o di rivi od'ortio uccellagione o altra faccenda di agricoltori o di pastori odi cacciatori; più lo stile corrotto e cittadinesco e modernoche non il semplice e primitivo. Non già che questi non sienocapaci di nessuna dolcezza naturale e finané che la naturadi quando in quando non li solletichi e diletti senza ch'essi cibadinoma nella poesia per un torpore d'immaginazione che asmuoverla ci bisognano gli arganie che pena a strascinarsi lontanouna spannavogliono oggetti presentiche la fantasia non abbia dafare un passo per trovarglie si contentano del piacere secco egrosso di quelle tali immaginilasciando il sugoso e sostanzioso esquisito della natura e della poesia naturale. E oltrechél'imitazione dell'incivilimento e dell'arte a petto all'imitazionedella natura è soprammodo grossolana per se medesimae perciòmeglio atta a fare impressione in quei cuori e in quelleimmaginativei romantici poicercando avidamentee scegliendo coninfinito amore le cose straordinarie e pellegrinee le sterminatezzee gli eccessi anche dove imitano veramente la naturamenano a quellefantasie manrovesci tali che la crosta ch'hanno dintornoper durache sianon ci può reggere che non ne sbalzi via qualchepezzorestandone scoperto il vivoo più tostoquantunquegli oggetti sieno lontanituttavia con quelle stranezze a marciaforza le spoltronisconoe comeché sia ce le tirano: ondequelle immaginazioni che resistono eccellentemente ai sospiri d'unpoeta tenero e infelice per una donna di Avignonenon può farche non cedano tanto o quanto ai ruggiti d'un assassino per unaTurca; e chi non batte palpebra se il poeta proccura di mostrargliuna riga di sangue sul petto d'un guerriero giovane e valorosoèforza che dia segni di vita allo spettacolo d'un soldato ubbriacosfondato e sviscerato da una palla di cannone; e chi non piega puntoil viso a un collicello verde e battuto dal solebisogna pure che difilo dia qualche occhiata a una gran roccia stagliata e nuda chesporge dal fianco d'una montagnae pende orribilmente sopra unabisso cupo non so quante miglia. Di questa durezza ne partecipa piùo meno grandissima folla di personegiacché finalmente cuorie fantasie così molli che piglino a prima giunta le forme cheil poeta vuol daree d'un senso così squisito che s'accorganoimmantinente dei più leggeri tocchie in somma cuori efantasie che seguano quasi spontaneamente il poeta dovechévadae talvolta lo precedanoe semprecome corde vivissimerisuonino spiccatamente alle menome percossenon si trovano fuorchéne' poeti (dico poeti per naturafacciano versi o non facciano): eper questo s'è dubitato dagli antichie si dubita dai modernise la moltitudine sia giudice competente del poeta; del qual dubbioso che cosa pensino i romantici; ma pensino a modo loro; io di questonon parlo: solamente dico (tornando al proposito di quei duri edifficili parte alla natura parte alla poesia): scrivano per questitali quei poeti che li somiglianoscrivano i tedeschi e gl'inglesinon gl'italiani per Diofra i quali e non regna cosìlargamentee d'ordinario non è molto intima négagliarda quella durezza. E certo quella facilità ecedevolezza di cuore e d'immaginativae anche quella mobilitàe vispezza che può stare nelle fantasie volgari e che leassomiglia a quelle de' poetie segnatamente quell'indole adattataad accogliere e sentire la soavissima operazione della pura edelicata e santa natura che non è né leziosa néferocené Sibarita né Scitané spiritosa néspiritatae non s'imitò mai né colle smorfie nécolle civetterie né colle arguzie sempiternené collesfacciatezze né colle scapigliature né colle bestialitàné cogli orrori sempiternie in breve i fondamenti del buongustoinsieme con quelle faville di fuoco poetico che possono esseredisseminate per le fantasie popolarisono stati conceduti da Dioprincipalmente ai greci e agl'italiani; e per gl'italiani intendoanche i latinipadri nostri: delle altre nazionimassime dellatedesca e dell'ingleseio non dico niente; parlano i fatti.


        L'ultima e capitalissima delle tre cagioni che ho dettoè lasingolaritàla quale sarebbe superfluo a dimostrare quantosmisuratamente possa nell'immaginazione: così non occorre direche spessissime volte l'efficacia nelle scritture è tutt'unocolla novità o rarità; onde vedremo accaderefrequentemente che quella cosa che un poeta o uno scrittore esprimeponiamocon una parola nuova o per se stessa o per l'usoe quindiefficace talmente che susciti a maraviglia ne' Lettori l'immagine oil moto convenientevenga significata nello scrivere o nel favellareordinario con una voce molto più propriaed anche per sestessa più vigorosa ed espressiva; e nondimeno quell'altravocesolamente perch'è nuovafa effetto più che nonavrebbe potuto fare la parola corrente. E caso che quella o vocenuova o maniera di adoperarla andasse in usanzaallora quel cotalpasso efficace e notabile diventerebbe ordinariocome senza fallodev'essere accaduto a moltissimi luoghi di poeti e scrittori antichiin ispecie de' più studiati e imitatie peròmassimamente di Omero. Ed è tanta la forza della singolaritànella poesiache anche messa in opera come non dovevaa ogni modosi fa sentire gagliardamente alle stesse persone di buon gusto:saranno offese e stomacate da quelle immaginima converrà chele veggano mal grado loro. Venendo dunque al caso nostronon èsi può direin Europanon in America nessun lettore di poetiche non abbia le orecchie più o meno assuefatte alla manierade' greci e de' latiniparte perch'è la maniera ordinariaappresso più nazioni sì de' poeti e sì dellaciurma de' versificatori (la quale come in Italia vediamo ch'èinfinitacosì fuori non ci lasciamo dare ad intendere che siascarsissima); e fino quei favellatori sguaiati che affettano ilparlar poeticopigliano comunemente da essa e parole e frasi econcetti: lascio certi predicatori fioriticome li chiamanoi qualiparimente accattano da essa la maggior parte de' loro fiori; lasciotante infelici prose di qualsivoglia genere (e dicendo infelici hodetto quasi lo stesso che innumerabili) sparse della stessainfioratura; e brevemente la foggia poetica degli antichi ètanto usuale e notamassimamente fra noiche né pur leorecchie della plebe l'ignorano affatto; ma anche fra i tedeschi egl'inglesi fra i quali la foggia romantica è piùdivulgata che altrovenon pare che perciò l'uso della nostrasia poco frequente; certo leggono e citano e lodano alla giornatamolte e molte loro poesie d'altri tempi scritte al nostro modo; parteperché gli stessi poeti greci e latini sono conosciuti lettistudiati usati maneggiati da tutto quanto il mondodai tedeschi edagl'inglesi specialmente; questi trattiamo nella puerizia; daquestisi può direimpariamo che cosa sieno versi e poesia;a questi esemplari conformiamo le prime idee che ci disegniamo intesta del verseggiare e del poetare; questi si stampano in tutte leformesi dichiarano in tutti i modisi trasportano in tutte lelingue in tutti i dialetti; di questi si citano si ricordanos'accennano tutto giornoscrivendo parlandoda senno da burlaallusivamente espressamentefrasi versi sentenze immaginidescrizioni favole; questi è vergogna non aver lettinonaverne su per le dita fino alle menome finzionifino a un buonnumero di concetti e di versi: in somma non c'è popoloincivilito appresso il quale i poeti greci e latini non facciano ilforte della poesia; però non credo che ci sia popolo nellastima e nell'assuefazione di cui la maniera poetica de' greci e de'latini non sia la maniera ordinaria: la poesia romantica (lasciandostare ch'è creduta nuovaalmeno in parte o quantoall'accozzamento di cose non nuove) è non ordinaria alleorecchie inglesi e tedeschestraordinaria alle francesima moltopiù alle italianeperché i francesibenchépare che facciano cattivo viso alla nuova disciplinaè unpezzo che hanno accoltonon le stravaganzema tuttavia grandissimaed essenzialissima parte della poesia romantica. Ora stando cosìle coseche maraviglia è che scuota meglio le immaginazioniuna poesia nuova o poco familiareche non un'altra a cui sono tantoassuefatte? che s'interni meglio una punta di stagno nuova e beneacutache non una d'acciaio vecchia e per lunga operaottusa?Stupisca o mi opponga l'efficacia della poesia romantica chi nonconosce le fantasie degli uomini: io stupirei se succedessealtrimenti. Ma che dico le fantasie? Nessuna cosa umana conosce chinon sa che l'assuefazione fiacca le forze dei beni e dei malideidiletti e dei dolori spirituali e corporalie quasi ci toglie ilvedere e il sentire quello che vediamo e sentiamo continuamenteeche l'avvezzare è una delle tante forme onde il tempo vaincessantemente cambiando e consumando.

Tuttonoia si fal'amore e il suono
E i dolci canti e i graziosiballi

diceOmero; e in effettocome ciascuno sa e predicanessuna cosa ètanto bella né piacevole che a lungo andare non annoi: cosìla nostra maniera poeticaessendo pur cosa umana per quanto siadilettevole e prossima al divinopuò tediare senza fallo; delche qualunque la riprendecon molto più convenienzariprenderebbe la natura delle cosecioè finalmente Iddio.Avviene non di rado che taluno stufo del dolce sia piùdilettato dall'amaro: diremo per questo che l'amaro sia un buonsapore? e che sia meglio del dolce? e che il dolce sia cattivo? Manon parliamo del fastidioparliamo della forza e del dominio dellanostra maniera poetica sulle immaginazioni e sui cuorich'èstenuato incredibilmente dall'uso; dico della maniera in genereall'antichità e volgarità della quale non èmaraviglia che prevalga la novità e singolarità diun'altra; che del resto la facoltà di trovare e di far cosenuove non mancherà fuorché insieme colla natura aipoeti che adopreranno quella stessa maniera anticavale a direagl'imitatori della natura. E quanto alla poesia romanticafacciamoch'ella pigli piedee si propaghie diventich'èimpossibilecosì conosciuta e trita e volgare com'è lanostra presentemente: allora si vedrà che cosa ella possa perse medesima senza la novità: quando quel vocabolario di frasie descrizioni e altre tali coseche adesso perch'è nuovo orarosveglia tante immagini e tanti motifatto vecchio e comunenon isveglierà più nientesi vedrà quanta partedi quel gran dilettodi quella gran forza dei romantici venissedalle proprietànon sostanziali né intrinsechemaestrinseche e casuali della poesia loro: né ci vuole troppotempo né troppo uso perché questo succedanétanto quanto n'è bisognato proporzionatamente per la poesianostra; che lo stagno non pena tanto a logorarsi quanto l'acciaio:nondimeno tolga Iddio ch'il mio detto sia confermato dall'esperienzae che la poesia romantica sia rovinata dall'uso: e quando io credessiche questa mia scrittura dovesse giungere ai postericome so che nongiungeràvorrei più tosto che dubitassero se ciòche ho detto sia verodi quello che mi lodassero come profetagiacch'è meglio che molti dubitinodi quello che quasi tuttisieno corrottie che un secolo disputidi quello che un mezzosecolo sia barbaro. Ora poiché la poesiacome tutte le cosedi questo mondoa forza d'uso si snervache rimedio ci troveràquesto nostro tempo scopritore e ritrovatore? Stimo che acciocch'ellamantenga sempre quell'efficacia che proviene dalla novitàbisogni mutar foggia di quando in quandoe come adessoin luogodell'anticabuona per li pedantie disadatta al tempo nostroabbiamo la romanticacosì quando questa sarà tanto oquanto appassitase ne debba mettere in sua vece un'altrae dopoun'altrae così di mano in mano. Che andiamo noi cercandobellezze eterne e immutabili? Qualunque cosa non si mutaqualunquedura semprenon fa per la poesia: questa vuol cose caduchecose chesi rinnuovinocose che passino: abbia anch'ella le sue modediventileggera per esser sempre gagliarda; duri ciascuna foggia quanto puòdurare una moda: nella fama de' poeti non fo variazione: duri a un dipresso quanto dura presentemente: spero che si potranno stampare igiornaletti a postacolle mostre di ciascheduna poesia che andràvenendo in usanzacome adesso si stampano quelli delle altre modecolle loro figurine. Queste paiono burleo Lettori; pur voi sapete evedete quanto poco sieno lontane dal fatto. Ma lasciamo questefanciullaggini. La novità o singolarità che cagionaprincipalmente l'efficacia e il diletto della poesia romanticanon ègià quella degli oggettima quella dell'imitazionela qualepuò essere singolare in due modie per le forme sue propriecioè se il poeta imiti in qualche maniera straordinariae pergli oggetticioè se il poeta imiti qualche oggetto o parte dioggetto che non soglia essere imitata nella poesia. E notateoLettoriche anche questa seconda singolarità è propriaveramente dell'imitazione e non degli oggettistante ch'io non hodetto che questi debbano essere singolarima poco imitati. Anzi unadelle cose che aiutano massimamente la poesia romantica oltre alletre considerate finoraè che moltissimi degli oggetti ch'ellaimitasono per noi comuni e presentie ci stanno o ci passano tuttogiorno avanti agli occhi; dico segnatamente le cose cittadinesche ele usanze del tempo nostro. Imperocché allora ègrandissima l'efficacia della poesiaquando l'imitazione èraral'oggetto comune. E dico l'imitazione rara nell'uno dei modispecificati qui soprao in tutti e due. Quest'è una veritàmanifesta e notabilissimache si dimostrerebbe facilmente echiaramente se ci occorresse altra prova che l'esperienza diciaschedunoe da cui si possono derivare molte e gravissimeosservazioni intorno alla poesiané pedantesche néromantichei quali due generi sono assai meno discordianzi assaimeno dissimili che non pare. E da questo si comprende quanto siascaduta la condizione della poesia da quello ch'era anticamente; dicodi quella poesia ch'eseguisce l'ufficio suoche imita la natura enon l'artee perché col tempo l'arte in moltissime cose haprevaluto alla naturaperciò quanto alla maniera èprimitiva e non moderna. Ora l'efficacia di questa poesia che sola èpropriamente poesiala doveano sentire gli antichi meglio di noicome sappiamo che facevanoimperocché un tempo furono affattoordinari in essa tutti e due quegl'inestimabili accidentila raritàdell'imitazione e la familiarità degli oggettile quali cosesono poi venute scemando l'una e l'altra. E quanto alla primaognunovede che quando pochi poeti aveano cantato e cantavanoe le formeparticolari e minute dell'imitazione doveano essere in grandissimaparte rare anzi nuovee di oggetti o parti d'oggetti non ancora opoche volte imitati ci doveva essere grande abbondanza: lascio che lapoesia per se medesima essendo sempre raradoveva anche sempreessere per questo verso più efficace. Tutto questoproporzionatamente va detto altresì di quei tempi meno remotii quali contuttoch'avessero buona quantità di poeti passati epresentinondimeno le orecchie non erano così piene di poesiacome le nostre. Quanto alla secondaè manifesto da séche infinite cose naturali e primitive furono per gli antichi quandopiù quando menoprima sommamente poi mezzanamentesempre piùcomuni e familiari che non sono per noianzi molte furono comuni perloroche sono quasi sparite dal mondo; non già che la naturala quale non solamente ne circonda e preme da ogni partema stadentro di noi vivente e gridantepossa mai divenire straordinariaper gli uomini; ma il mantello dell'incivilimento che nasconde tanteparti della naturanon all'animo né al desiderio nostromapure agli occhinascondeva assai meno agli antichimolto meno ampioe molto più radoe un tempo scarsissimo e trasparente; nonodono più il poeta la plebe e gli agricoltori che una voltal'udiano o più tosto lo vedeano dipingere con tanto amorequegli oggetti e quelle faccende ch'essi aveano tutto il giornoavanti agli occhi e per le mani; sono periti i costumi primitivi ovicini ai primitivi; e non solamente questianche altri moltolontani da essi che tuttavia conservavano un certo bellissimo colornaturale (dico quelli de' greci ch'ebbero ai tempiper esempiodiPericlee quelli de' romani ch'ebbero ai tempi di Silla e di Cesaree d'Augustoe gli altri tali)sono parimente vecchi e remoti: ilchese bene giova alla maraviglia e a molte illusionipregiudicaall'evidenzae all'efficacia ordinaria della poesia. Queste cose iromantici presso cui l'imitazione è così straordinariae buona parte degli oggetti così comunee che gridano tantoperch'il poeta imiti le cose moderne e presentile avrannosenz'altro non solamente ponderate ma svisceratee fatte norma delloro poetare. Oh per l'appunto. In fatti cercano col candelinocomeho già detto di sopraquelle più strane cose che sipossono immaginareo sieno semplicemente stravaganze singolarissimeper natura loro; e sieno eccessi di qualsivoglia generesegnatamentemisfatti atrocisimicuori e menti d'infernostermini subbissiorrori diavolerie strabocchevolicosì altre invenzioni daspaccamonti; o sieno oggetti forestieri lontanissimi dagli occhi edalla consuetudine dell'Europa o di quella tal nazione alla qualeciascuno di loro scrivesconosciutissimi almeno ai sensi della piùparte e sovente di quasi tutti i Lettori loro; o sieno costumi casifavole allegorie parimente forestiere e lontanissimeche per noispesso e in qualunque modoe massimamente nelle poesie lorosonotanti geroglifici; o finalmente sieno cose quantunque vicine enostralituttavia rare e poco note o ignote alla moltitudinecomedire animali infermità officine lavorii strumentiedifizi dicostrutture singolariche pochi hanno veduto o sentitoo che sivedono o sentono di radoavvenimenti che poche volte succedonoecose tali: in sommachi non sapesse che vogliono anche il moderno eil comune anzi il trivialeparrebbecome effettivamente pare aprima vistache in vece del comune non cercassero negli oggettialtro che il singolarenon già specificamente quellorispettivo alla poesia (vale a dire che questa non soglia imitarequei tali oggetti)ma il singolare in generecioè tantoquestoquanto il rispettivo a' paesi nostri e l'assoluto; e che nona bello studio ma per mero accidente s'abbattessero a imitare oggetticomunicioè perché questi sono anche tali da non poteressere stati molto imitati dalla poesia. E viene in parte da questoamore verso la singolarità che fanno incetta di cose vili eoscene e fetide e schifosenon istraordinarie in nessun modo per séné rispettivamente a paesi nostrima sì benerispettivamente alla poesiaperché finora i poeti erano staticigni e non corvi che volassero alle carogne; ma i romantici perchéqueste carogne sono intattee però possono far effettocivanno sopra di tutta vogliae ci ficcano e sguazzano il becco el'ugne. E viene parimente da esso bell'amorese non in tuttoalmenoin partequella segnalatissima propensione al terribile o vogliamoall'orribileper cui rigettandocome ho detto più sopraquasi tutte le idee fanciulleschenondimeno accolgonoanziraccolgono con molta curainsieme colle altre più mostruoseprincipalmente le terribili. Ma di questa propensioneperchéricercherebbe un lungo discorsonon voglio entrare a parlare: evenendo agli oggetti straordinari o assolutamente o relativamente a'paesi nostrivedete o Lettoricome la nuova scuola senta beneavanti in quella che chiamano psicologiadella quale reputa edice a tutte l'ore se stessa maestra e reginae noi altri ignoranti.Imperocchénon vi par egli? è chiaro che l'immagined'un oggetto a chi non l'ha visto maio solamente una o due volte insua vitao anche non ha pure un barlume del come è fattoperqualche parola che gliene dica il poetagli deve alla bella primasorgere nella fantasia spiccatissima e intera.

E`manifesto che chi non ha mai veduto né anche dipinta unaGiraffa un vitello marino una Diomedea una palma una meschita o cosesimilio quando pure n'abbia veduto qualch'effigienon ne serbanessuna o quasi nessuna traccia nella fantasialetti quattro versid'un romanticocrederà subito di vederle. Il poetaordinariamente non dipinge né può dipingere tutta lafigurama dà poche botte di pennelloe dipinge e piùspesso accenna qualche parteo sgrossa il contorno con entrovialcuni tratti senza più: la fantasiaquando conoscel'oggettosupplisce convenientemente le altre partio aggiunge icolori e le ombre e i lumie compie la figura. Così quandonoi vediamo quei ritagli d'oggetti che i pittori figurano insull'estremo de' quadrio fingendo che la vista del rimanente siaparata da altri oggetticome nel vedere il davanti o il di dietro oil profiloper esempiodi persona dipintac'immaginiamo tutta lapersonasimilmente allorapurché conosciamo quei talioggettisapendo com'è fatta a un di presso quella parte chenon vediamoe supponendo che non manchici formiamo bene econvenientemente nella fantasia la figura intiera. Così quandovediamo una faccia umana disegnata o incisa a chiariscurio anchesemplicemente delineatala fantasia ci aggiunge i colori naturaliese bisogna la ombreggia e lumeggia. Ma se noi non conosciamo glioggetti imitati dal poetae questi ce ne mostra solamente alcuneparti o vero i contorninon può fare che non succeda l'una diqueste tre cose; o che la fantasia nostra vedendo chiaramente secondola sua maniera di vedere le parti mostrate dal poetanon ci aggiunganientee le dovrà essere molto dilettevole il vedere quelleteste o mezze testee quelle codee quei pezzi di strumenti o diarnesi forestieri o mal notisospesi in aria così permiracolo: (ma questo non può succedereperché noi nelvedereper esempiouna testa dipintanon ce la immaginiamo sola estaccatase non quando il pittore non ha finto di nascondere ilresto del corpoma l'ha dintornata e terminata in maniera da farlastare isolata e da ségiacché allora non possiamosupporre che quello che non vediamocontuttociò non manchiquantunque non appariscama conosciamo intieramente che non c'èaltro fuori di quello che vediamo); o che aggiunga il rimanente acapriccio e a venturafacendo tanti ippogrifi e tanti ircocervi etanti innesti chimerici con quel diletto che può scaturire dalmostruoso; o che non veda né aggiunga nullao se pur vedeaggiunga oscuramente e confusamentecome se un pittore ci mostrassesoltanto le zampe o le corna di una bestia sconosciutao ce nesbozzasse il; e questo appunto è quello che avviene. E postopure ch'il poeta disegni e colorisca per minuto tutta quanta lafigurail che non può quasi mai; e quelle stesse parti chepuò dipingerecome non dev'esser difficilissimo che lerappresenti evidentemente alle fantasie quando l'oggetto non èconosciutoe quasi impossibile quando questo ha poco che fare conquelli che conosciamoo vero ha certe qualità o parti che lafantasia non si può giovar molto degli oggetti che conosce percongetturarle a dovere; mentre vediamo quanto sia raro che altri cisvegli la vera idea di questi tali oggettifavellando e gestendoefigurando cogli atti e coi moti quello che descrive colle paroleeaiutando la favella il meglio che può con cose visibiliementre non ce la svegliano gli scrittori più accurati conmolte pagine di prosase finalmente non ci pongono quegli oggettisotto gli occhieffigiati in qualche maniera? Ed ecco l'efficacia diquesta singolaritàecco la grande scienza psicologicadella nuova scuolache sapendo come ha molta forza nella poesia lanovità o la raritànon mette differenza tra quellach'è propria dell'imitazione e quella ch'è propriadegli oggetti i quali per l'opposto vorrebbero esser comuni.

Enon parlo qui del maravigliosoil quale so che richiede cosestraordinarie e queste non dico di qual fatta debbano essere; parloin genere di tutta la poesia; parlo delle similitudini dei traslatidelle immagini usualidel linguaggio poetico del magazzino de'romanticiil quale non so di che altri oggetti propri sia corredatofuorché parte comuni ma fin qui o rigettati o poco amati dallapoesiaparte singolari e stravaganti. Anche noi veramente vogliamoo più tosto la condizione de' tempi vuole ch'il poeta imitimolte cose presentemente non comunidico le primitive; ma queste nonpossono essere strane se non a quello a cui sia strana la natura; neabbiamo tutti come i germi in noi stessie le idee se non chiarealmeno confusee la inclinazione verso loro naturale e concreata;siamo stati tutti fanciullie partecipi formalmente delle coseprimitivee sudditi alla natura primitiva; non è finita nelmondo la vita campagnuolané finiràperchéinsieme finirebbe la vita cittadinescama è diffusanecessariamente per tutta la terra e poco meno che avanti agli occhidi tutti gl'incivilitie conserva una gran parte di quei costumi chesono spariti dalle città; appena si può dire che lecose primitive non sieno comuni: contuttociò non neghiamo chela condizione de' poeti nostri non sia per rispetto a questoinferiore a quella degli antichiriputiamo e chiamiamo svantaggio edisastro della poesiache tanti soggetti propri della imitazionepoetica sieno diventati meno comuniaffermiamo che il poeta bisognach'abbia gran riguardo alle cose presentiche ha mestieri adesso dimolto più arte che non un tempo. E i romantici che condannanocome lontane quelle cose che o lontane o no che sieno quanto allarealtàsaranno sempre vicine e all'immaginativa e aldesiderio nostroessi medesimi non forzati dalla necessitànon dall'indole propria della poesianon dalla condizione de' tempiné anche per un capriccio passeggeroma per proposito certo ecostante s'affaticano e s'ingegnano a tutto potere di trovar coselontanissime o singolarissime (chefacciamo contoètutt'unose non peggio); e mentre non consentono che si piglimateria di poesia dall'antichità nostrala pigliano dall'Asiae dall'Affrica e dall'America; e mentre non vogliono che si canti aibisavolicantano agli antipodi (lascio che di costoro non cantanosolo il presente ma eziandio l'antichissimo): e poi si gloriano chel'Asia e l'Affrica e l'America e tutto il mondo è tributariode' versi loro; e poi riprendono e scherniscono i poeti nostridicendo che scrivono a pochimentreché tanta parte de' loroversi per fare l'effetto suovorrebbe un uomo chefra le altrecoseavesse veduto tutto il mondoe non basterebbegiacchéné meno a costui potrebbero esser comuni e familiari glioggetti di tutto il mondo. In somma contraddizioni e poicontraddizioniin somma erroriassurdistravaganzefanciullagginiin somma nessuna candidezza nessuna realtàinsomma un ammasso un caos di sofisticherie di frenesie di mostruositàdi ridicoliè il donoo mia patriache t'offeriscono nondico i nemici non gli stranierima i figli. Taluno dirà: nonaffermavi tu poco sopra che la poesia romantica è moltoefficace? Efficace ho chiamata quella parte della poesia romantica laquale imita oggetti comuni o non singolari; efficace in tuttianchenelle persone di buon gustoquantunque non altrimenti che il puzzoin chiunque ha odoratoe massime in chi l'ha buono.

Efficaceho detto altresì quella parte che imita oggetti singolarimaefficace nelle persone di fantasia dura e torpidaper le quali civogliono cose o presentissime o lontanissime; non già che leimmagini di queste secondefigurate dal poetale vedano costoromeglio degli altri; anzi le vedono oscuramente e senza paragone piùnebbiose e più slavate che altri non vede le immagini di cosené presentissime né troppo lontanele quali essi nonarrivano a vedereperché né s'adattano alla inerziadella fantasia lororappresentando cose fra le quali ei s'aggirinocontinuamentené la vincono col fracasso e coll'urto dellanovità della stravaganza della maraviglia. Questi tali dunquefra il poco e il nientescelgono senza nessuna dubitazione il pocoattoniti che la poesia li faccia pur finalmente vedere qualche cosa;e parendo loro un gran chequello che ad altri pare una granmiseriapreferiscono di gran lunga i romantici che li fanno vederpoco e maleai nostri che fanno veder molto e bene altre fantasie manon le loro. In questo modo le stravaganze delle poesia romanticasonocome ho dettoefficaci in costoronon assolutamentemarispetto alla poesia nostra. La qual efficacia chi non conosce quantoagevolmente e con quanto poco d'ingegno e di costo si provveda? Chinon sa che si coglie più facilmente nel vero imitando lostraordinario che l'ordinario? che in tutte le arti belleregolarmente è molto più facile a imitare le coseeccessive che le mezzane? Lascio quando non s'imita ma s'inventa;lascio che a qualunque o pittore o scultore o altro tale artefice èmolto più agevole il figurare di suo capo un demonioorribilissimoche non il ritrarre una persona non deforme; lascioche seposto un oggetto da imitareè più facile ilcontraffarlo migliore ch'ei non èdi quello che tale qual èmolto più sarà facile il contraffarlo peggiore. Mivergognoo Lettori mieidi scriver cose che al presentenon dicovoima le sanno per poco i fanciulliil che non fo solamenteadessoma ho fatto già più volte in questo discorsoeper avventura farò; se non che penso come la colpa non ètanto mia che ricordo cose notequanto di quelli che mostranod'ignorarle. Certoo Italianiche se quella gente dura chedicevamovi paresse e molta fra voie degna della poesiasecredeste che il poeta dovesse cantare a quelli che la natura non hafatti per ascoltarlose non giudicaste che in vece che la poesiadebba infracidire per amor loroquesti tali debbano lasciarla dacantoe badare a cose alle quali sieno meglio adattatigiacchési vive in questo mondo anche senza poesiabrevemente se perqualunque o ragione o ghiribizzo vi piacesse di tener dietro ai poetiinglesi e tedeschivi mancherebbe la lenae non sareste da tanto dadipingere in luoghi deserti e nascosti e favorevoli all'assassinioquarti di masnadierifumanti grondanti marciosipendenti da alberiinsanguinatibraccia gambe con parti di schiena e di ventre orlatedi strambelli; da mostrare uomini scelleratissimidisperati urlantiche si sbalzassero giù da rupi alte quant'èun'occhiatanotare lo schiacciamento del cranio e lo sprazzo dellecervella e lo spaccamento e lo sfracellamento di tutto il corpoe leinteriora tutte nudate e sparpagliatee ogni cosa affogata in unpantano di sangue nero e gorgogliante; da introdurre di notte incamere buierischiarate a poco a poco da un barlume pallido esommessoscheletri o cadaveri che fiottando e scrollando catenesulletto e accostassero la faccia gialla e sudata alla faccia di personavivagiacente senza voce senza respiroassiderata dallo spavento. Enon più tosto il far cose di questa lega sarebbe un giuoco pervoie se ricusate di poetare e di applaudire a chi poeta in questaformase non mettete la gloria vostracompatriotti dei primi poetidel mondo rinato agli studinel seguitare i poeti inglesi etedeschise vi stomacatese v'irritate con mese appena vi tenetedi stracciare questa carta dove ho solamente accennato quello che avoi converrebbe dipingereviene che non credete degno della poesiaquello ch'è indegno della scrittura pedestre e delragionamento familiare; viene che se non siete effemminati esuperstiziosi nel conservare la dignità e la venustàdegli scritti vostri come una nazione vostra vicinache si spaventadella proprietà delle parole e delle cosee fuggel'efficaciae condanna ogni bell'ardimentoe snerva e snatura pocomeno che tutta la poesia e tutto lo scriverené anche perciòsiete vaghi dell'abbietto né del vergognoso nédell'infamené di sozzurre né di marciumi néd'orrori né di mostriné riputate che l'oggetto dellapoesia che molti dicono essere il bellosia principalmente ilbrutto; viene che siete figli de' romaniallievi de' greci e non de'barbariche siete italiani e non tedeschi né inglesi.Confesso il veroche quanto più riguardo agl'insegnamentidella nuova scuola e ai frutti che dannotanto più mi pardispregevole quello che m'era paruto notabiletanto meno temo chequesta peste possa prender piede in Italiatanto più vogliami viene di riderecome s'è costumato finorain cambio didiscorreretanto più conosco e lodo il senno di queigravissimi letterati che per quanto il silenzio loro dovesse darealterigia e baldanza di vittoriosi ai nuovi settarinon hannostimato che questi potessero guadagnare contro di loro altra vittoriache di condurgli a metter mano alle armi.



Terzaparte

        Ma per recare in poco quello che fin qui s'è disputatolargamenteabbiamo veduto come s'ingannino coloro i quali negandoche le illusioni poetiche antiche possano stare colla scienzapresentenon pare che avvertano che il poeta già da tempiremotissimi non inganna l'intellettoma solamente la immaginazionedegli uomini; la quale potendo egli anche oggidìmantenutal'osservanza del verisimile e gli altri dovuti rispettiingannarenel modo che vuoledee scegliere le illusioni meglio conducenti aldiletto derivato dalla imitazione della naturach'è il finedella poesia; di maniera che non essendo la natura cambiata da quellach'era anticamenteanzi non potendo variareseguita che la poesiala quale è imitatrice della naturasia parimente invariabilee non si possa la poesia nostra ne' suoi caratteri principalidifferenziare dall'anticaatteso eziandio sommamente che la naturacome non è variatacosì né anche ha perdutoquella immensa e divina facoltà di dilettare chiunque lacontempli da spettatore naturalecioè primitivonel qualestato ci ritorna il poeta artefice d'illusioni; e che in questomedesimo stato nostro è manifestissimo e potentissimo in noiil desiderio di questi diletti e la inclinazione alle cose primitive:né la poesia ci può recare altri diletti cosìveri né puri né sodi né grandie se qualchediletto è partorito anche dalla poesia romanticas'èveduto da quali cagioni proceda singolarmentee come questi dilettisieno miseri e vani appresso quelli che recano o possono recare ipoeti nostrie come impropri della poesia.


        Ora da tutto questo e dalle altre cose che si son detteagevolmentesi comprende che la poesia dovette essere agli antichi oltremisurapiù facile e spontanea che non può essere presentementea nessunoe che a' tempi nostri per imitare poetando la naturavergine e primitivae parlare il linguaggio della natura (lo diròcon dolore della condizione nostracon disprezzo delle risa deiromantici) è pressoché necessario lo studio lungo eprofondo de' poeti antichi. Imperocché non basta ora al poetache sappia imitar la natura; bisogna che la sappia trovarenonsolamente aguzzando gli occhi per iscorgere quello che mentre abbiamotuttora presentenon sogliamo vedereimpediti dall'usola quale èstata sempre necessarissima opera del poetama rimovendo gli oggettiche la occultanoe scoprendolae diseppellendo e spastando enettando dalla mota dell'incivilimento e della corruzione umana queicelesti esemplari che si assume di ritrarre. A noi l'immaginazione èliberata dalla tirannia dell'intellettosgombrata dalle idee nemichealle naturalirimessa nello stato primitivo o in tale che non siamolto discosto dal primitivorifatta capace dei diletti soprumanidella naturadal poeta; al poeta da chi sarà? o da che cosa?Dalla natura? Certamentein grossoma non a parte a partenéda principio; vale a dire appena mi si lascia credere che in questitempi altri possa cogliere il linguaggio della naturae diventarevero poeta senza il sussidio di coloro che vedendo tutto il dìla natura scopertamente e udendola parlarenon ebbero per esserpoetibisogno di sussidio. Ma noi cogli orecchi così pienid'altre favelleadombrate inviluppate nascoste oppresse soffocatetante parti della naturaspettatori e partecipi di costumilontanissimi o contrari ai naturaliin mezzo a tanta snaturatezza ecosì radicata non solamente in altri ma in noi medesimivedendo sentendo parlando operando tutto giorno cose non naturalicomese non mediante l'uso e la familiarità degli antichiripiglieremo per rispetto alla poesia la maniera naturale difavellarerivedremo quelle parti della natura che a noi sononascosteagli antichi non furonoci svezzeremo di tanteconsuetudinici scorderemo di tante cosene impareremo o ciricorderemo o ci riavvezzeremo a tante altree in somma nel mondoincivilito vedremo e abiteremo e conosceremo intimamente il mondoprimitivoe nel mondo snaturato la natura? E in tanta offuscazionedelle cose naturaliquale sarà se non saranno gli antichispecialmente alle parti minute della poesiala pietra paragone cheapprovi quello ch'è secondo la naturae accusi quello che nonè? La stessa natura? Ma come? quando dubiteremo appunto diquestose avremo saputo vederla e intenderla bene? L'indole el'ingegno? Non nego che ci possano essere un'indole e un ingegnotanto espressamente fatti per le arti belletanto felici tantosingolari tanto diviniche volgendosi spontaneamente alla naturacome l'ago alla stellanon sieno impediti di scoprirla dove e comech'ella si trovie di vederla e sentirla e goderla e seguitarla econsiderarla e conoscerlané da incivilimento né dacorruttela né da forza né da ostacolo di nessuna sorta;e sappiano per se medesimi distinguere e sceverare accuratamente lequalità e gli effetti veri della natura da tante altre qualitàed effetti che al presente o sono collegati e misti con quelli inguisa che a mala pena se ne discernonoo per altre cagioni paionoquasi e senza quasi naturali; e in somma arrivino senza l'aiuto degliantichi a imitar la natura come gli antichi facevano. Non nego chequesto sia possibilenego che sia provabiledico che l'aiuto degliantichi è tanto grande tanto utile tanto quasi necessariocheappena ci sarà chi ne possa far senzanessuno dovràpresumere di potere. Non mancherà mai l'amore degli uominialla naturanon il desiderio delle cose primitivenon cuori efantasie pronte a secondare gl'impulsi del vero poetama la facoltàd'imitar la naturae scuotere e concitare negli uomini questo amoree pascere questo desiderioe muovere ne' cuori e nelle fantasiediletti sostanziosi e celestilanguirà ne' poeticome giàlangue da molto tempo. E qui non voglio compiangere l'etànostrané dire come sia vantaggiosoquello che tuttaviacosì per la ragione che ho mentovatacome per altre molteèalmeno generalmente parlandonecessarissimoné pronosticaredei tempi che verranno quello che l'esperienza dei passati e delpresente dimostra pur troppo chiaroche qualunque sarà poetaeccellente somiglierà Virgilio e il Tassonon dico in ispeciema in genere; un Omero un Anacreonte un Pindaro un Dante un Petrarcaun Ariosto appena è credibile che rinasca.


        Ma omettendo di buona voglia questi presagi dolorosie pregando chesieno falsinon voglio lasciar di ammonire i romanticiche oramaisi riposino da quelle vane decrepite inette declamazioni contro l'usodelle favole greche. Non ricordo qui le favole orientali esettentrionaliamori e delizie loro; non metto in campo le disonestàle scelleraggini che sononon pure incidentima soggetti principalidelle poesie di quelli che ci rinfacciano tutto giornocheabbrividiscono che impallidiscono in ridursi a memoria i delittifavoleggiati dagli antichi. Già le contraddizioni nelle cosedella nuova setta non vanno più notate. Sia concesso alleopinioni ai detti ai fatti dei romanticipoeti e filosofi sommiquello che non si sopporta negli uomicciattoli; che sieno incoerentie contraddittori. Sappiano che quando noi disputiamo che la poesiamoderna non si dee né si può diversificare dall'anticanon difendiamo l'abuso né l'uso delle favole de' Gentili.Vogliamo che sieno essenzialmente comuni alla poesia greca e latinacolla presente e con quella di tutti i tempile cose naturalinecessarie universali perpetuenon le passeggerenon le invenzioniarbitrarie degli uomininon le credenze non i costumi particolari diquesto o di quel popolonon i caratteri non le forme speciali diquesto o di quel poeta: le favole greche sono ritrovamenti arbitrariper la più parte bellissime dolcissime squisitissimefabbricate sulla naturacome forse accennerò nel progressoma fabbricate da altri non da noifabbricatecome ho dettosullanaturanon naturali; perciò non sono comuni agli antichi connoima proprie loro: non dobbiamo usurpare le immaginazioni altruiquando o non le facciamo nostre in qualche manierao non ce neserviamo parcamente come di cose poeticissimenotissime a tuttiusitatissime appresso quei poeti che tutto il mondo legge ed esaltafonti di ricchezza alla elocuzione poeticautilissime allaspeditezza e alla nobiltà del direin generalealla lontanacome di fondamenti alle invenzioni nostreadoperando la religionedegli antichicome opportuna alle finzioniamica de' sensie piùnaturale che ragionevole non altrimenti che la poesia. Quindinonsolamente l'abuso delle favole grechenon solamente le oscenitàe le brutturema l'uso o smoderato o soltanto non parcosisconsiglia e biasima e rigetta da qualunque de' nostri ha senno esapere; perché noi non vogliamo che il poeta imiti altripoetima la naturané che vada accattando e cucendo insiemeritagli di roba altrui; non vogliamo che il poeta non sia poeta;vogliamo che pensi e immagini e trovivogliamo ch'avvampich'abbiamente divinache abbia impeto e forza e grandezza di affetti e dipensierivogliamo che i poeti dell'età presente e dellepassate e avvenire sieno simili quanto è forza che sienogl'imitatori di una sola e stessa naturama diversi quanto convieneagl'imitatori di una natura infinitamente varia e doviziosa.L'osservanza cieca e servile delle regole e dei precettil'imitazione esangue e sofisticain somma la schiavitù el'ignavia del poetasono queste le cose che noi vogliamo? sonoqueste le cose che si vedono e s'ammirano in Dante nel Petrarcanell'Ariosto nel Tasso? dei qualie massimamente dei tre primièstato detto mille volte che sono e similissimi agli antichiediversissimi. Che secolo è questo? a che si grida e sistrepita? dove sono i nemici? chi loda più la Sofonisba delTrissino perch'è modellata secondo le regole di Aristoteleel'esempio dei tragici greci? chi legge l'Avarchide dell'Alamanniperch'è un'immagine fedelissima dell'Iliade? Ma l'avere questecose in dispregioe il ricercare quelle che ho dette piùsopranon ce l'hanno insegnato i romantici. Non hanno insegnato iromantici al Parini che si aprisse una nuova stradaal Metastasio eall'Alfieri che non somigliassero il Rucellai lo Speroni il Giraldiil Gravinaal Monti che non imitasse Dante ma l'emulasse. Sappiano inuovi filosofi che oramai lo scagliarsi contro i pedanti èverissima e formale pedanteriache o non essendoci piùpedantio se ci sono non potendo più nullae il tartassargliessendo vanoperché ad essi non giovaagli altri nonoccorreo le voci o le risa dei savi si volgeranno contro isuccessori de' pedanti che sono i romanticinon per giovare a loroche anche questo è impossibilema per rispetto degli altriquantunque il bisogno sia poco; sappiano che la pedanteria non ha pernatura d'essere quanto agli oggetti del suo culto o greca o latina oitaliana soltantoma può esserecome in fatti èpresentementeinglese tedesca europea mondiale; ch'è del paripedantesco l'abborrire ciecamente uno scrittoree l'amarlociecamente; ch'è molto più pazzo e intollerabile ildispregiare uno scrittore insigne e venerato da tutto il mondochenon l'adorarlo; si vergognino d'esser pronti a lodare chiunque citiin materia di poesia lo Schlegel il Lessing la Staële dischernire chi cita Aristotele Orazio Quintiliano; avvertano che sealtri ride e se essi ridono di amplificazione di prosopopeadi metonimia di protasi di epitasi e cose talinon si sa perché non s'abbia da ridere di analogiadi... e di idee che armonizzano insiemee d'altreinarmonichee d'altre che simpatizzano; e chi vuoleandar dietro a contare i vocaboli o i modi o le cose pedantesche eridicole de' libri romantici? i quali non va messo in dubbio che nonsia più ristretto assunto il confutare che il deridere. Malasciamo queste inezie. Quanto debba o possa concedere il poeta allecredenze e ai costumi presentiè un soggetto che ha mestierid'essere trattato da altri filosofio chiarito da altri poeti chenon sono i romantici e non sono io. Però non ci pongo bocca. Equeste pochissime cose sieno dette intorno allo studio degli antichi;la qual materia vastissima e rilevantissimanon negoanzi confessoe affermo spontaneamente chenon a casoma a bello studioperchéquesto discorso non si trasmuti in un librolascio poco meno cheintatta.


        Ma i romantici e fra i romantici il Cavaliere s'appoggiano forte aquello che il Cavaliere chiama pateticodistinguendolo conragione dal tristo e lugubre o sia dal malinconico proprioquantunque esso patetico abbia ordinariamente o sempre un colore dimalinconia; e volendo che consista nel profondo e nella vastitàdel sentimentoe descrivendolo in guisa che non ci vuol molto acomprendere com'egli in sostanza col nome di patetico vuoldinotare quello che comunemente con voce moderna se guardiamo altempose all'usoantichissima(tanto se adoperata e s'adopera aitempi nostri)si chiama sentimentale. Ora parendo alCavaliere che in quella parte della poesia che costumiamo disignificare con questa voceregnino assolutamente i romanticioperché sia propria loroo perché in essa avanzino digran lunga gli altri poetiperciò non dubita di anteporre ipoeti romantici ai nostri e segnatamente agli antichi. E che quellache ho dettosia veramente una parte e non tutta né quasitutta la poesiacome pensano il Breme e i romantici con opinionemaravigliosa in qualunque ha intellettoincredibile in chi si chiamafilosofolo dirò poi. Non ignoro dunque che in certo modo quista il nerbo delle forze nemiche; so che per giudizio d'alcuniinquesto differiscono capitalmente i poeti romantici e i nostrichequelli mirano al cuore e questi alla fantasia; vedo la vastitàe la scabrosità e se volete l'importanza della materia:tuttavia tra perché quanto il peso è maggioretantomeno io mi ci debbo stimare adattatoe perché credo chequesto nerbo venga a essere sgagliardito notabilmente dalle cosedette di soprae perché finora sono stato più diffusoche non era mio proponimentonon farò altro che sfiorare ilsoggettoed essendo stato nelle cose precedenti più lungoinquesta sarò più breve ch'io non voleva.


        Primieramentedicendo il Cavaliere che il patetico ha questo diproprio e di distintivoche da una circostanza fisica qualunque egliprende occasione di più e più indentrarsi in tutta laprofondità di quel sentimento moraleche armonizza megliocoll'originaria sensazione; e del resto essendo certo che ilpoeta è imitatore della naturadomando se le cose naturalisveglino in noi questi moti o altrimenti che li vogliamo chiamare.Diranno che infiniti e vivissimi. Ridomando se per forza loroaiutata solamente dalle disposizioni e dalle qualitàdell'animo di ciascheduno; e se anticamente quando per iscarsezza diquest'aiuto ch'io diconon soleano fare gli effetti cui parliamocontuttociò fossero né più né meno taliquali sonoe avessero quella stessa forza che hanno presentemente.Risponderanno che sì. Ora che cosa faceano i poeti antichi?Imitavano la naturae l'imitavano in modo ch'ella non pare giàimitata ma trasportata nei versi loroin modo che nessuno o quasinessun altro poeta ha saputo poi ritrarla così al vivoinmodo che noi nel leggerli vediamo e sentiamo le cose che hannoimitatein somma in quel modo che è conosciuto e ammirato ecelebrato in tutta la terra. Quegli effetti dunque che fanno neglianimi nostri le cose della natura quando sono realiperchénon li dovranno fare quando sono imitate? massimamente nel modo cheho detto. Anzi è manifesto che le cose ordinarissimamenteein ispecie quando sono comunifanno al pensiero e alla fantasianostra molto più forza imitate che realiperchél'attenzione così al tutto come singolarmente alle parti dellacosala quale non è più che tantae spesso època o nessuna quando questa si vede o si sente in maniera ordinariavoglio dire nella realtàè molta e gagliarda quando lacosa si vede o si sente in maniera straordinaria e maravigliosacomenella imitazione. Aggiungete che lasciando stare quanta sial'efficacia delle cosel'uomo nel leggere i poeti è megliodisposto che non suole a sentirla qualunque ella è. Ora quellanatura ch'essendo tale al presente qual era al tempo di Omerofa innoi per forza sua quelle impressioni sentimentali che vediamo eproviamotrasportata nei versi d'Omero e quindi aiutata dallaimitazione e da quella imitazione che non ha ugualenon ne farà?E nomino Omero più tosto che verun altroparte perch'egli èquasi un'altra naturatanto per la qualità come per la copiae la varietà delle coseparte perché s'ha per l'unode' poeti meno sentimentali che si leggano oggidì. Una notteserena e chiara e silenziosailluminata dalla lunanon è unospettacolo sentimentale? Senza fallo. Ora leggete questa similitudinedi Omero:

Sìcome quando graziosi in cielo
Rifulgon gli astri intorno dellaluna
E l'aere è senza ventoe si discopre
Ogni cimade' monti ed ogni selva
Ed ogni torre; allor che su nell'alto
Tutto quanto l'immenso etra si schiude
E vedesi ogni stellae ne gioisce
Il pastor dentro all'alma.



        Un veleggiamento notturno e tranquillo non lontano dalle rivenon èoltremodo sentimentale? Chi ne dubita? Ora considerate o Lettoriquesti versi di Virgilio:

Adspirantaurae in noctemnec candida cursus
Luna negatsplendet tremulosub lumine pontus.
Proxima Circaeae raduntur litora terrae
Dives inaccessos ubi Solis filia lucos
Adsiduo resonat cantutectisque superbis
Urit odoratam nocturna in lumina cedrum
Arguto tenues percurrens pectine telas.
Hinc exaudiri gemitusiraeque leonum
Vincla recusantum et sera sub nocte rudentum.



        Che ve ne pare? Quelle cose che sono sentimentali in naturanon sonoparimente e forse da vantaggio in queste imitazioni? Come dunquediranno che i poeti antichi non sono sentimentaliquando e la naturaè sentimentalee questi imitano e per poco non contraffannola natura?


        Ma io so bene che questo per li romantici è un nulla: voglionoche il poeta a bella posta scelgainventimodellicombinidispongaper fare impressioni sentimentaliche ne' suoi poemi nonsol tanto le cose ma le maniere sieno sentimentaliche prepari econformi gli animi de' lettori espressamente ai moti sentimentaliche ce li svegli pensatamente e di sua manoche in somma e il poetasia sentimentale saputamente e volutamentee non quasi per venturacome d'ordinario gli antichie ne' poemi il colore sentimentale siarisoluto ed evidente e profondo. Ora io non dirò di questosentimentale o patetico quelle cose che tutti sanno; che poco oniente se ne può ritrovare non solo appresso i barbarimaappresso i nostri campagnuoli; ch'è tenuta per la piùsensitiva del mondo la nazione francesela quale oggidì èparimente la più corrotta del mondo e la più lontanadalla natura; che una sterminata quantità di persone tantodell'un sesso come dell'altronon è sensitiva se non perc'haletto o legge romanzi e altre fole di questa legao viene udendoalla giornata sospiri e ciarle sentimentali; di maniera che lasensibilità in costoro non è altro che un mescuglio ouna filza di rimembranze di storie di novelle di massime di sentenzedi detti di frasi lette o sentite; e mancata o illanguidita laricordanzamanca la sensibilitào ne resta solamente qualcherimasuglioin quanto altri di quando in quando è mosso daquesto o da quell'oggetto o accidentuzzo a rammemorarsi delle coseche lesse o intesee di quello che si stimòsì comeio ho veduto effettivamentee non presumo che infiniti altri nonabbiano del pari veduto o notato. Già se non ci avesse altrasensibilità che questa o simili a questanon sarebbe oscurose il sentimentale fosse materia conveniente d'altra poesia che dicommedieo satireo scherzi di questa sorta. Ma quello ch'io dirònon si deve intendere di questa sensibilità impurissima esnaturatissima. Imperocché io voglio parlare di quella intimae spontaneamodestissima anzi ritrosapura dolcissima sublimissimasoprumana e fanciullescamadre di gran diletti e di grandi affannicara e dolorosa come l'amoreineffabile inesplicabiledonata dallanatura a pochine' quali dove non sia viziata e corrottadove nonsia malmenata e soppressata e pestatenerissima com'ella èdove non sia soffocata e sterminatadove in somma vinca pienamente ifierissimi e gagliardissimi nemici che la contrarianoal che riesceoh quanto di rado! e oltracciò non sia scompagnata da altrenobili e insigni qualitàproduce cose che duranocerto sondegne di durare nella memoria degli uomini. Questa sensibilitànon confesso ma predico e grido ch'è fonte copiosissimo dimateria non solo conveniente ma propria della poesia. E se concedo alCavalierech'ella sia meglio efficace in noi che non fu negliantichinon per questo vengo a dire che non sia naturalissima esalvo in quanto ad alcuni accidentiprimitivagiacch'ella sìcom'è in noicosì fu naturalmente negli antichied èparimente adesso ne' campagnuolima impedita di mostrare gli effettisuoi; laonde qualora gl'impedimenti furono più pochi o piùdebolio ella più fortesi sviluppò e manifestossiealle volte diede frutti che il mondo per anche ammira ed esaltacomeaccadde in Omero medesimo; appresso al quale chi non sente come siapoetico quello scendere di Penelope dalle sue stanze solamenteperch'ha udito il canto di Femioa pregarlo acciocché lasciquella canzone che racconta il ritorno de' Greci da Troiadicendocom'ella incessantemente l'affanna per la rimembranza e il desideriodel maritofamoso in Grecia ed in Argo; e le lagrime di Ulisseudendo a cantare i suoi casiche volendole occultaresi cuopre lafacciae così va piangendo sotto il lembo della vestefinattanto ch'il cantore non fa pausae allora asciugandosi gliocchisempre che il canto ricominciasi ricuopre e ripiange; ecento altre cose di questa fatta? Che bisogno c'è ch'ioricordi l'abboccamento e la separazione di Ettore dalla sposae ilcompianto di questa e di Ecuba e di Elena sopra il cadaveredell'eroemercè del qualese mi è lecito far paroladi menon ho finito mai di legger l'Iliadech'io non abbia piantoinsieme con quelle donne; e soprattutto il divino colloquio di Priamoe di Achille? il quale non mi maraviglio che sia conteso ad Omero daqualche filologo: mi maravigliereise non sapessi che i romanticinon fanno caso d'incongruenzeche il Cavaliere tanto infervoratocontro ai pedanti abbia dato orecchio a questa razza di filologi. Chedirò di Ossiane dei costumi e delle opinioni così dilui come dei personaggi de' suoi poemie della sua nazione a queitempi? Ognuno vede senza ch'io parlicom'egli per essere e perparere al Breme oltremodo patetico sì nella situazionee sì nell'espressionenon ebbe mestieri di moltoincivilimento. Ma il Petrarcaal quale il Breme non conosce poetache nel genere sentimentale meriti di essere antepostoquel miracolod'ineffabile sensibilitànon visse in un tempo che nonc'era né né analisi né scienza altro chemisera e tenebrosaquando la stampa era ignotaignoto il nuovomondoil commercio scambievole delle nazioni e delle provinceristretto e scarso e difficilel'industria degli uomini addormentatada più secoli in poile credenze peggio che pueriliicostumi aspriquasi tutta l'Europa o barbara o poco meno? Certo lamente dell'uomo non si era per anche ripiegata sul cuorenon neaveva notato i lamentinon ascoltato la lunga istoria; l'animo umanonon avea raccontato le migliaia cose alla immaginazione ritornandosulle diverse sue epoche e svolgendo le diverse sue Epopeie naturaligiudaichepaganecristianeselvaggebarbaremaomettanecavallereschefilosofiche quando quello stesso secolo cheprodusse in Dante il secondo Omeroprodusse nel Petrarca ilmaraviglioso l'incomparabile il sovrano poeta sentimentalechiamatocosì non dico dai nostri ma dai romantici. E già chevale cercare esempie riandare le età passate? Non vediamo inquesto medesimo tempo che la sensibilità in altri èvivacissimain altri più rimessain altri languidain altrinessunasecondoché piace alla natura? né quello che lanatura ha fatto si può cambiare? né può megliochi non è nato sensitivo divenir talecon tutta la civiltàe la scienza presentedi quello che possa diventar poeta chi non ènato alla poesia? Non vediamo come la sensibilità si manifestie diffondasingolarmente efficace e pura e bellane' giovanettieordinarissimamente si vada poi ritirando e nascondendoo magagnandoe sfigurandoa proporzione che l'uomo col crescere in etàperde la prima candidezzae s'allontana dalla natura? Che più?Di quanto crediamo che sia tenuta all'incivilimento quella qualitàumana che ogni volta ch'è schietta ed intensale leggi diquesto incivilimento vogliono chedimostrandosivenga burlata comecosa da collegiali; e perchésecondo l'assioma antichissimodi quella nazione che è capo e mente delle nazioni inciviliteil ridicolo è il maggior male che possa intervenire allepersone gentiliperciò vogliono che chiunque ha verasensibilità guardi bene di non dimostrarla? tanto che silasciano in pace e si lodano solamente quelli che quando si mostranosensitiviapparisce o vero è noto che o fingonoo lasensibilità negli animi loro ha poco fondoo è guastae scontraffatta. Dei quali costumi scellerati e omicidi che diròio? Non caperebbero queste cartenon soffrirebbero gli occhi vostrio Lettorile esecrazioni ch'io spargereise dessi sfogo allosdegnocontro questo iniquo soffocamento strage devastazione di cosaveneranda e santissimaconforto di queste miseriecagione e premiodi fatti magnanimiseconda vita più cara della comuneequantunque aspersa di molte lagrimetuttavia meno dissimile a quelladegl'Immortali. E qui mi avvedo com'è soverchio tutto questodiscorso. Imperocché chi può dubitare che non sianaturalissima quella qualità ch'è quasi divina? Chi puòcredere che una vena così larga di moti così vivicheuna qualità così pura così profonda cosìbeata così maravigliosa arcana ineffabilesia natadall'esperienza e dagli studi umani? Forseché non vediamo diche diversa natura sieno quelle derivate da questi principiio veroda questi massimamente aiutate a sorgere e fomentate e corroborate?come esili come stentate come misere come secche come tutte in certomodo impurecome inette ad allagare e sommergere gli animi nostririspetto a questa? alla quale non rassomigliano altrimenti che gliarboscelli educati ne' giardini dall'arte agli alberi cresciuti nellecampagne e ne' monti dalla natura. In somma chi non vede in quelle lamano degli uominiin questa la mano di Dio? chi ha mai provatoveruno effetto di sensibilità pura e bene internache nonsappia come questi effetti sono spontaneicome sgorgano mollementecome non da scaturigine artifiziale ma ingenita? Non sono di questaspecie le fatture nostrené l'incivilimento è legno datali frutti: non facciamo a noi tant'onore né tanto aggravio;non ci arroghiamo di aver potuto quello che non poté népotrà mai nessuno fuori che Dionon ci abbassiamo oltre aldoveregiudicando terreno in noi quello ch'è celeste.


        Ora non negandoconforme ho dettoche la sensibilitàcomunque naturalissimatuttavia dimostri meglio oggidì glieffetti suoi che non fece anticamentedico che nell'esprimere questimedesimi effettie gli antichi furono in quanto alla manieradivinicome nelle altre parti della poesiaqualora n'espressero alcunoe imoderni non s'hanno a discostare un capello dalla maniera anticaecoloro che se ne scostanovale a dire e quelli che portano il nomedi romanticie quelli che per rispetto alle loro o prose o versisentimentalisono in certa guisa del bel numerocontutto ch'il nomenon lo portinoe anche l'odino e lo rifiutinovanno errati digrandissima lungae offendono scelleratamentenon isperino ch'iodica né Aristotele né Oraziodico la natura.Imperocché non basta ch'il poeta imiti essa natura ma siricerca eziandio che la imiti con naturalezza; o più tosto nonimita veramente la natura chi non la imita con naturalezza. Anche ilMarini imitò la naturaanche i seguaci del Marinianche ipiù barbari poetastri del seicento; e per proporre un esempiodeterminato e pianoimitò la natura Ovidio; chi ne dubita? ele imitazioni sue paiono quadripaiono cose vive e vere. Ma in chemodo la imitò? Mostrando prima una parte e poi un'altra e dopoun'altradisegnando colorando ritoccandolasciando vedere moltoagevolmente e chiaramente com'egli facea colle parole quella cosadifficile e non ordinaria né propria di essech'è ildipingeremanifestando l'arte e la diligenza e il propositochescopertofa tanto guasto; brevemente imitò la natura con pocanaturalezzaparte per quel tristissimo vizio della intemperanzaparte perché non seppe far molto con poconé sarebbeevidente se non fosse lungo e minuto. Con questa non efficacia mapertinacia finalmente viene a capo di farci vedere e sentire etoccaree forse talvolta meglio che non fanno Omero e Virgilio eDante. Contuttociò qual uomo savio antepone Ovidio a questipoeti? anzi chi non lo pospone di lungo tratto? Chi non lo pospone aDante? il quale è giusto il contrario d'Ovidioin quanto condue pennellate vi fa una figura spiccatissimacosì franco ebellamente trascurato che appena pare che si serva delle parole adaltro che a raccontare o a simili usi ordinarimentrechédipinge superbamentee il suo poema è pieno d'immaginivivacissimema figurate con quella naturalezza della quale Ovidioscarseggiandosazia in poco d'orae non ostante la molta evidenzanon diletta più che tantoperché non è beneimitato quello ch'è imitato con poca naturalezzael'affettazione disgustae la maraviglia è molto minore. Esimilmente si riprendono quelle tante pitture per lo più dimani oltramontane e oltramarinedove la imitazione del vero èse così vogliamo diremolto acconcia e sottilematrasparisce la cura e l'artifizioné i tocchi sono cosìrisoluti e sicuri e in apparenza negletti come dovrebberodi modoche il vero non è imitato veramentené la naturanaturalmente. Venendo dunque da questi esempi al proposito miodicoche gli effetti della sensibilitàcome gl'imitavano gliantichi naturalmentecosì gl'imitano i romantici e i pariloro snaturatissimamente. Imitavano gli antichi non altrimenti questeche le altre cose naturalicon una divina sprezzaturaschiettamenteepossiamo direinnocentementeingenuamentescrivendo non comechi si contempla e rivolge e tasta e fruga e spreme e penetra ilcuorema come chi riceve il dettato di esso cuoree così lopone in carta senza molto o punto considerarlo; di maniera che ne'versi loro o non parlava o non parea che parlasse l'uomo perito dellequalità e degli affetti e delle vicende comunque oscure esegrete dell'animo nostronon lo scienziato non il filosofo non ilpoetama il cuore del poetanon il conoscitore della sensibilitàma la sensibilità in persona; e quindi si mostravano comeinconsapevoli d'essere sensitivi e di parlare da sensitivie ilsentimentale era appresso loro qual è il verace e purosentimentalespontaneo modesto verecondo semplice ignaro di semedesimo: e in questo modo gli antichi imitavano gli effetti dellasensibilità con naturalezza. Che dirò dei romantici edel gran nuvolo di scrittori sentimentaliornamento e gloria de'tempi nostri? Che altro occorre dire se non che fanno tutto l'oppostodelle cose specificate qui sopra? laonde appresso loro parlainstancabilmente il poetaparla il filosofoparla il conoscitoreprofondo e sottile dell'animo umanoparla l'uomo che sa o crede percerto d'essere sensitivoè manifesto il proposito d'apparirtalemanifesto il proposito di descriveremanifesto ilcongegnamento studiato di cose formanti il composto sentimentaleeil prospetto e la situazione romanticae che so iomanifesta lascienzamanifestissima l'arte per cagione ch'è pochissima: ein questo modo che naturalezza può essere in quelle imitazionedove il patetico non ha nessuna sembianza di casuale né dinegletto né di spontaneoma è nudo e palesel'intendimento risoluto dello scrittoredi fare un libro o unanovella o una canzone o un passo sentimentale: e ometto come ilpatetico sia sparso e gittato e versato per tuttoentri o non entrie fatti sensitivisto per direfino i cani o cose similicondifetto non solo di naturalezza nella manierama di convenienzanelle cosee di giudizio e di buon senno nello scrittore. Non parlogià sol tanto di quegli scritti che per la intollerabileaffettazione soprastando agli altrisono riprovati e disprezzatiuniversalmente; parlo ancheda pochissimi in fuoridi tutti quelliche il gusto fracido e sciagurato di una infinità di gente haper isquisiti e preziosissimi; parlo di tutti quelli dove ilsentimentale è manifestamente volutoe molto bene consapevolee intelligente di se stessoe amante della luce e vanaglorioso esfacciato; le quali proprietà quanto sieno lontane e opposte aquelle della vera e incorrotta sensibilitàlo dica chiunquel'ha provata pure un istante. Non che sia sfacciatama ètimida e poco meno che vergognosa; tanto non ama la luceche quasil'abborree d'ordinario la fuggee cerca le tenebree in queste sidiletta: né se l'ambizione umana e altre qualità chenon hanno che fare con leila scrutinano e se ne pregiano e lamettono in luceper questo si deve attribuire alla sensibilitàquello ch'è proprio di tutt'altro: ma se il poeta la vuoldipingere e farla parlarecontuttoch'egli la conosca ben dentrocontuttoché se ne stimie sia vago di farne mostranon ladee perciò dipingere né indurre a favellare in modocome se queste qualità del poeta fossero sue: nécertamente parla appresso i romantici la sensibilità veraenon istravolta né sformata e sconciata da forze estranieovogliamo dire contaminata e corrotta. La quale essendo di quellanatura che ho dettopossiamo vedere non so s'io dica senza pianto osenza riso o senza sdegnoscialacquarsi il sentimentale cosìdisperatamente come usa ai tempi nostrigittarsi a manatevendersia staia; persone e libri innumerevoli far professione aperta disensibilità; ridondare le botteghe di Lettere sentimentalieDrammi sentimentalie Romanzi sentimentali e Bibliotechesentimentali intitolate cosìrisplendere questi titoli nellepiazze; tanta pudicizia strascinata a civettare sulla stessa frontede' libri; fatta verissima baldracca quella celeste e divina verginebellezza degli animi che l'albergano; e queste cose lodate ecelebratenon dico dalla feccia degli uominima da' savi e da'sapientie quando svergognano il genere umanochiamate gloriadell'età nostra; e perché in Italia tantasfacciataggine ancoramercè di Dionon è volgaree ilibri sentimentali per professioneson pochie questi pochi nonsono suoi (noitalianima derivati a dirittura e più spessoattinti dalle paludi verminose degli stranieri: non gli adduciamovigliaccamente e stoltamente in difesa nostrama doniamoglio piùveramente rendiamogli a coloro che ci accusano: sieno stranieri essie con essi quegli scrittori ai qualiessendo per natura italianiparve meglio di mostrarsi nello scrivere figliuoli d'altra terra)l'Italia per questo chiamata infingarda e ignorante e rozza e dapocodisprezzata villaneggiata schernita sputacchiata calpestata? Edè chiaro che i romantici e l'altra turba sentimentalenonsolamente coll'imitare senza naturalezzama scientemente estudiosamente e di propositoimita con grande amore quellasensibilità che comunque forte e profondaè sfiguratae snaturata dall'ambizione e dalla scienza e dal troppoincivilimentoo vero quelle altre da commedia che dicevamo alquantosopra. Ora seguiti pure innanzi da valorosae beatifichi il mondoea se medesima acquisti gloria incomparabile ese tutte le etàfuture somiglieranno alla presenteimmortale: io non ho piùcuore di menarmi per bocca questa materia schifosissima che solamentea pensarne mi fa stomacare.


        Frattanto vadano e insuperbiscano della scienza dell'animo umano laquale col tempo è dovuta prosperaree vantandosi di questadisprezzino gli antichie si credano da molto più di loronella poesia. Non ignoro ch'essi antichi per conto di questa scienzasottostanno ai modernimeno certamenteche altri non va spacciando;imperocché appresso lorosì come per esempio neitragici greciriscontriamo a ogni poco manifestissimi argomenti dicognizione così squisita e sottile da farci maravigliareequasi talvolta credere che in cambio di sottostare ci soprastieno:contuttociò prevalgono indubitatamente i moderni. Ma che giovache per rispetto alla cognizione di noi medesimi siamo piùricchi di quello che fossero i poeti antichise di queste ricchezzemaggiori non sappiamo far uso che si possa pur mettere in paragonecon quello che faceano gli antichi di ricchezze minori? E tuttaviase questo difetto non venisse naturalmente insieme colla copia dellericchezzemi rallegrerei coll'età nostrae non credereitroppo difficile che quando che sia dovesse sorgere qualche poeta ilquale dipingendo la natura umanatrapassasse notabilmente gliantichi. Ora appunto la molta scienza ci toglie la naturalezza el'imitare non da filosofi ma da poeticome faceano gli antichidovenoi dimostriamo da per tutto il sapere ch'essendo troppoèdifficilissimo a ricoprirloe scriviamo trattati in versine' qualinon parlano le cose ma noinon la natura ma la scienzae cosìla finezza e squisitezza delle pitturee le sentenze frequentissimee acutissime e reconditedi rado nascoste e contenute e nascenti dase quantunque non espressema per lo più rilevate e scolpitee brevemente ogni cosa manifesta la decrepitezza del mondola qualecom'è orribile a vedere nella poesiacosì vogliono iromantici e i pari loro acciò colla maraviglia del rimanentesi spenga tra gli uomini anche quella delle opinioni portentoseches'imprima altamente nelle poesie moderne come carattere e distintivoin maniera che apparisca e dia negli occhi a prima giunta. Chi negache poetando non ci dobbiamo giovare della cognizione di noimedesiminella quale siamo tanto avanti? Gioviamocene puree poichéci conosciamo benedipingiamoci al vivo; ma per Dio non mostriamo diconoscercise non vogliamo ammazzare la poesia. Lo schivare il qualmale compiutamenteè difficilissimonon impossibile: ben cibisogna grandissimo studio di quei poeti che di scienza piùscarsa fecero quell'usosenza del quale è inutile ai poetimoderni la scienza più larga.


        E per esempio di quella celeste naturalezza colla quale ho detto chegli antichi esprimevano il pateticopuò veramente bastare ilsolo Petrarca ch'io metto qui fra gli antichiné senzaragioneperch'è loro ugualeoltreché fu l'uno deiprimi poeti nel mondo appresso al gran silenzio dell'etàmedia; e tuttaviapotendo anche addurre altri esempi innumerabilimi piace di portare questi versi di Mosco presi dal Canto funebre inmorte di Bione bifolco amoroso;

Ahiahiquando le malve o l'appio verde
O il crespo aneto negli ortiperio
Si ravviva un altr'anno e rifiorisce.
Ma noi que'grandi e forti uomini o saggi
Come prima siam mortiin cavafossa
Lungo infinito ineccitabil sonno
Dormiamdov'altri maivoce non ode:
E tu starai sotterra ascoso e muto
Quandoparve alle ninfe eterno canto
Dare alla rana: a cui perònon porto
Invidiache canzon dolce non canta.



        Altro splendidissimo esempio di quella immortale naturalezza èVirgilionel qual poeta fu per certo una sensibilità cosìviva e bella quanto presentemente in pochissimi. De' cui molti edivini luoghi sentimentali non posso fare ch'io non ricordi la favolad'Orfeo ch'è nel fine delle Georgichee di questa non recitiquella similitudine:

Qualispopulea maerens Philomela sub umbra
Amissos queritur foetusquosdurus arator
Observansnido implumes detraxit: at illa
Fletnoctemramoque sedens miserabile carmen
Integratet moestislate loca questibus implet.



         Che è? Non dubito che a moltissimi il sentimentale di Virgilioe del Petrarca e degli altri tali non paia appresso a poco tutt'unacosa con quello per lo meno di una gran parte dei moderni. Anzi vedoche non pochi di costoro mentreché lodano mentrech'esaltanomentreché scrivono cose delle quali è da credere che iposteri qualche volta arrossiranno e stomacherannoardiscono dirammentare quei poeti soprumani in modo come se fossero dellaschiatta loroe partecipi della stessa coronae familiari ecompagniquando però non li fanno inferioricome soventealle ignominie del tempo nostro e delle nazioni che le producono e leammirano. Questi tali e chiunque non discerne a prima vista ladifferenza che corre fra il sentimentale degli antichi enominatamente dei due che si son detti e quello dei moderniforsech'io debbo credere che possano arrivare a discernerla mai?temere che non mi dieno per vinto e non mi deridano e non midisprezzino? e non più tosto desiderarlo? Desideroo Lettorifocosamentee domando al cielonon dico il biasimo né leingiurie né l'odio che a molti suol essere meno gravosoma ildisprezzo di costorosapendo che se bene questo può caderealle volte in persone da pococertamente non è da molto coluinel quale egli non cade.



Quartaparte

        Ora non metterò a confronto la delicatezza la tenerezza lasoavità del sentimentale antico e nostrocolla ferocia collabarbarie colla bestialità di quello dei romantici propri.Certamente la morte di una donna amata è un soggetto pateticoin guisa ch'io stimo che se un poetacolto da questa sciaguraecantandolanon fa piangeregli convenga disperare di poter maicommuovere i cuori. Ma perché l'amore dev'essere incestuoso?perché la donna trucidata? perché l'amante una cima discelleratoe per ogni parte mostruosissimo? Troppe parole sipotrebbero spendere intorno a questo argomentostante chel'orridezza è l'uno dei caratteri più cospicui delsentimentale romantico; ma quanto più cose ci sarebbero dadiretanto più volentieri le tralascio; e sia pur gloria deiromanticicome gridanol'esser più dilettati dallasensibilità dei demonii che degli uominie vituperio nostrol'avere tanto o quanto di contraggenio alle bellezze infernali. Maquel ridurre pressoché tutta la poesia ch'è imitatricedella naturaal sentimentalecome se la natura non si potesseimitare altrimenti che in maniera patetica; come se tutte le coserispetto agli animi nostri fossero sempre patetiche; come se il poetanon fosse più spinto a poetare da nessuna cosaeccetto lasensibilitào per lo meno senza questa; come se non ci fossepiù gioia non ira non passione quasi verunanon leggiadria nédolcezza né forza né dignità né sublimitàdi pensierinon ritrovato né operazione veruna immaginativasenza un colore di malinconico; questa cosa con che nome si devechiamare? Dunque le cetre dei poeti avranno per l'avvenire una cordasola? e ciaschedun poema assolutamente e tutti rispettivamentesaranno unisoni? dunque non ci saranno epopeenon canzoni trionfalinon inni non odi non canti di nessuna sorta se non patetici? nonparlo del quanto è da stimare che accresceremo il dilettodella poesiatogliendole tanta parte di quella varietà senzala qualesi può dir tutte le cose di questo mondonon chelavengono in fastidio così per poco. Ma che diremo deicantori passati? Dunque Virgilio non fu poeta fuorché nelquarto dell'Eneidee nell'episodio di Niso ed Eurialoe che so io?Dunque il Petrarca dove non parlò d'amore non fu poeta? dunquePindaroperché non fu sentimentalenon fu poeta? dunqueOmero non fu poeta? o vero fu (come parve a molti che fosse)ma nonè più? o vero è poeta e saràe diletta ediletterà supremamentema nessun poeta moderno dee cantare inquella forma? Ora come sarà disdetto ai poeti il cantare nellaforma di Omero e di Pindaro e in breve degli antichifinattantochégli antichi diletteranno? e questo ineffabilmente? Ma non voglioparere anch'io quello che paiono i romanticimettendomi di propositoa confutare queste fandonie.


        E non altrimenti io credo che gitterei le parole e il tempo sevolessi ricordare la sazievolezza e la stanchezza massimamente delterribile e di tutti gli altri caratteri gagliardi oltre al consueto(peggio poi quando sieno eccessivicome appresso i romantici)deiquali non si può far uso più che tanto lungo efrequente senza una singolare ignoranza delle cose dell'animo nostroné senza interminabile o riso o stupore o compassione dellagente savia quando altri per soprappiù si dia vanto dipsicologo eccellentissimo; se volessi notare la fatica e losforzo dei romantici per durarla sempre con quella veemenzasterminatache ha per natura di essere in quasi tutte le coseordinariamente poco durevoleil quale sforzoe vengo a direl'affettazione è così manifestache ci bisogna uncieco o un romantico a non vederla; se volessi domandare ai nuovipoeti come dalla psicologia non abbiano imparato ad apprezzarespecialissimamentee conservare con ogni studio la moderazionenonsolamente in quelle che ho dettoma in tutte le altre coseappartenenti alla poesia (giacché adesso non ci convieneparlare fuorché di queste)non la necessità di sceltaavveduta e di mescolanza opportunanon quelle tante veritàch'essendo certe e sperimentatee la cognizione loro derivando o piùtosto essendo contenuta nella cognizione dell'animo umanoe avendolenotate e ripetute mille volte quell'arte poetica frivolissima eanticaè maraviglioso che le ignori la scienza psicologicadivina e moderna; se volessi chiedere al mondo come abbia potutonascere in questi tempi chi dimenticasse quella veritàoriginaria e fondamentaleche nelle arti belle si richiede laconvenienzavale a dire che nessuna cosa stia fuori di luogolaqual verità si para spontaneamente innanzi a chiunqueconsidera tanto o quanto la natura o di esse arti o degli uomini odelle cosené si può disprezzare senza chequalsivoglia arte diventi inetta a produrre altro che mostricome inun viso piccolo un naso grandecome in un edifizio svelto un ornatogrevecome in qualunque sia cosa la sconvenienza cagiona labruttezzao più veramente la bruttezza assoluta non èaltro che sconvenienza. Di queste cose perché dannosingolarmente nell'occhioha parlato e parla qualunque hacontraddetto o contraddice ai romanticidi modo ch'io poco o nientedi nuovo ne potrei dire; come anche di quella mirabile e prodigiosacontraddizionedi negare che le credenze e i costumi antichi siconvengano alla poesia modernae accogliere e cercare erappresentare con sommo affetto le credenze e i costumisettentrionali orientali americani. Forseché questi hannomolto che fare coi nostri? convengono molto col sapere odiernod'Europa? e non più tosto in grandissima parte assai meno chequelli de' greci e de' latini? E se cercano cose remote e diversedalle nostrali a cagione del maraviglioso e del venerandoperchédunque rigettano le cose greche e le latine? forsech'il venerando eil maraviglioso non può essere altro che barbaro? anzi comeponno esser venerande le cose di coloro che si disprezzano? e qualgente è più disprezzata che le barbare? massime di unabarbarie come quellaper esempiode' popoli maomettani. Perchéa dimostrare aspetti grandie rappresentare azioni nobilivaintrodotto più tosto un Agà che un tribunopiùtosto un Pechinese che un Lacedemonepiuttosto un ceffo che unvolto? Ma lascio questo. Dunque tutto il male sta nel tempoinmaniera che quando la lontananza di luogocon tutta la diversitàdi costumi e di opinioni che porta seconon fa danno anzi giovalalontananza di tempo è intollerabile e micidiale? Ora comesuccede che noileggendo i poetie non solamente i poeti maeziandio gli storici e gli altri talisiamo così facili aentrare a parte e frammetterci negli avvenimenti e nelle cose grechee romane di venti o più secoli addietroe cosìdifficili in quelle comunque freschissime o presentiponiamo casodel Tibet o della Nubia o degli irocchesi o degli afgani o anche digente più nota e famosa? in prova di chelasciando le molteragioni che si potrebbero addurrebasti allegare l'esperienzauniversale. Che dirò delle favole barbare sostituite dainostri riformatori in luogo delle greche? Nienteperch'èmateria divulgatissimae toccasi può direda chiunquesparla dei romantici; se non che mi rallegrerò prima colnostro secoloil quale tra il greco e il barbaro non dubito che nonabbia fatto un bel cambiopoi co' nemici della pedanteriache nondebbono trovar luogo dall'allegrezzavedendo ch'i poeti oramai nonsi potranno intendere senza postille e comenti. Imperocché lefavole greche in Europa si sanno a memoria da chicchessia: bene omaleconvenga o disdica all'età nostrapiaccia o non piacciaai romanticiil fatto sta così; e quando il poeta europeo siserve di esse favolee usa quell'idioma favolosoo anche sen'abusaeccetto se l'abuso non fosse enormeè inteso datutti coloro fra' quali ed a' quali canta: ma le favolesettentrionali orientali americane quanti le sanno o ce ne curano?talmente ch'è forza o ch'i poeti nostri stando in Europanoncantino all'Europama più tosto all'Asia all'Affricaall'Americaefacciamo che debbano essere intesi adoperando lefavelle europeeci bisognerà un bel vocione a volere chesieno uditi; o si lavorino a posta un'altra Europa bene istrutta diquelle favole onde questa nostra si beffa e non le n'importa un'acca;o finalmente ch'i poemi si trascinino dietro le loro note e le lorochiosee questo senza fallo ammazzerà la pedanteriagiacchésapete bene che un comento lastricatoper esempiodi pezzidell'Edda maggiore o minoreo dell'Alcorano o di Ferdosi o deiPurana o del Ramaiana o del Megadutanon sarebbe mica pedantescomaseminato di versi d'Omero o di Virgilio o di Dantesì beneperché la pedanteria sta essenzialmente e immobilmente fitta eradicata nelle cose greche e latine e italiane. E questo che ho dettodelle favoles'intenda parimente delle opinioni e delle usanze. Giànon fa di mestieri non dico notare ma né anche ricordarequella famosissima contraddizione dei romantici che riguarda lefavoleessendoch'ella non può sdrucciolare dalla memoriadegli uominise prima il tempo non abolisce ogni qualsivogliaricordanza di questa setta. Certo ch'il rifiutare e deridere ebestemmiare le favole grechenegando ch'il sapere dell'etàpresente conceda spazio nelle menti nostre alle illusioni favoloseeintanto così facendopescar l'oriente e il settentrione equalunque paese barbaro è illuminato dal solee far materiasostanzialissima di poesia le favole loroin grandissima partemostruosissime e ridicolissimetutte oitremodo ripugnanti allecredenze nostretutte disprezzateperch'essendo vanità perse stesseniuna cosa estrinseca le fa venerandenon l'averle noistudiate e venerate da fanciullinon memoria degli avi nostrinonpregio né fama insigne né uso frequente appresso noi discrittori che le abbiano adoperateo in altra maniera segnalatenongloria né dignità delle nazioni che le inventaronooaccolsero e coltivaronole quali anzi essendo barbare e tali checiascuno di noi si vergognerebbe se avesse per madre qualunque traloro è più nobiles'anche hanno qualche cosapregevolesiamo inclinati a disprezzarlae senz'alcun dubbio nonsogliamo curarla gran fatto; certo che quest'è unacontraddizione così formale e sfacciatach'èimpossibile a nasconderlaimpossibile a colorarlae non voglio direi fanciullima credo che le bestiepurché potesserointendere qualcheduno dei linguaggi umaniarriverebbero facilmente aconoscerla. Ora che dobbiamo stimare di quella disciplina dovetroviamo ripugnanze di questa sorta? vale a dire e palpabili ecapitali? quando colui che contraddice a se medesimotanto stapeggio di colui che dice il falsoquanto costui può esserconvintoquegli si convince di propria bocca; e il detto di costuipuò cadere per mano d'altriquello senza nessun impulsorovina da per se stesso; e questo anche svolto e messo in lucepuònondimeno aver sembianza di veroquellosol tanto che le sue partisieno poste in chiaro e confrontate insiemenon può. Etuttavia la disciplina romantica ha seguaci e difensori epredicatorie spazia per l'Alemagna e l'Inghilterra e assaliscel'Italia nostratanto ch'io mi maraviglio veramenteo Lettoridiquesto secolo.


        Ma poiché m'è venuta fatta menzione delle favolegrechenoterò con poche parole una svista rilevantissima delCavaliere intorno a esse favoledalla quale nuovamente potremointendere quanta parte della scienza psicologica de' nuovisettari consista nel gridare che ne son zeppie nel gergo scolasticoe nelle tenebre. Imperocché il Breme volendo mostrare lavanità poetica della mitologia (ponete mente ch'egli nondice mica la vanità filosofica o somigliantemapoetica)e avendo detto che la natura è vitamodificata in migliaia di guisee che la poesia tanto più amadi credere o di fingere che dovunque è vita siaviparimenti coscienza e sentimento di un se stessoquanto meno èdimostrato dalla ragione; e che l'attitudine poeticach'ènell'animo umano si compiacque mai sempre di questa fantasia;prosegue dicendo che nelle mitologie la natura veniva piuttostoconvertita in individui che immediatamente avvivata; il qualsistemase bene il primo concettoda qualunqueavvedimento sia procedutone fuanzichenòimmaginosonondimeno doveva sottrarre ogni dì più al sentimentoe snaturare a poco per volta tutti gli oggettie impoverirci ilcuore di elementi poetici: perocché infrapponendo semprepersone fra noi e i fenomeni naturalie fra noi e noi stessinonsolamente rendeva infine troppo uniforme l'artifizio poeticoma lospogliava della più miracolosa fra tutte le magiequella cioèche attribuisce un senso ad ogni cosae riconosce vita sotto tuttele possibili formenon esclusivamente sotto le umane. E cosìriprovando il sistema mitologicoe opponendogli il vitalech'è seguìtodicecon predilezione dallapoesia modernavuole in sostanza che il poeta avvivi checchessiatal qual ènon trasmutandolo in persona umana; e che tuttosenta e vivanon però tutto il mondo sia popolato di persone:e reca per esempio certi versi del Byron dove toccando una novellaPersiana degli amori della rosa e dell'usignoloattribuisce allarosa innamorata sospiri odoriferi. Della qual sentenza discorreròbrevemente.


        E` certo e manifestissimo e ingenito non solo ne' poeti mauniversalmente negli uominiun desiderio molto efficace di vedere etoccare e aggirarsi tra cose vivedal qual desiderio mossa lafantasia vivifica oggetti insensaticome vediamoe come dice ilCavaliere nei passi riferiti di soprae io dirò poco stante.La natura di questo desiderio si può discernere considerandoa cagione d'esempiogli effetti che fa negli animi nostri unapittura di paesela quale s'è vota d'ogni figura d'animaleper molto che ci diletti a riguardarlanondimeno sogliamo provareuna certa scontentezzae un desiderio maldistinto come di cosa chemanchi; e la scontentezza è minore caso che ci si veggarappresentata qualche statuama poco minoreperchéconoscendo che quella è imitazione di cosa non viva masolamente ritrattasecondoché si fingedal vivopoca vitaci può trovare l'immaginazione. Molto più ci consola ericrease ci occorre nessuna figura di bestiache rompa lasolitudinee animi la veduta. Ma né pur questa ci contentané ci può contentare altro che figure umanee questetanto più quanto più sono accurate e notabili; cheallora in esse quasi ci riposiamoe per esse prendiamo piùgusto delle altre parti del quadrotrovataci quella vita chedesideriamobenché per l'ordinario senz'avvedercene. E questaènon dico la principalema certo una delle cagioni per cuisono tanto più dilettose e pregiate le pitture e sculture dianimalie singolarmente di personeche non di soli paesi o diqualsivoglia cosa inanimata. Ma vediamo in che forma sogliagratificare l'immaginativa nostra a questo desiderio ingenerato negliuominispecialmente quand'ella essendo più liberain modoche la sua forza è più manifestaseconda meglio e piùefficacemente la natura; io voglio dire nei fanciulli: nei quali inoltre sì come la podestà della natura universalmente èmaggiore che nei provetticosì particolarmente di queldesiderio naturale ch'io dico; laonde le proprietà e glieffetti di questo risaltano meglioe si possono esaminare piùfacilmente. E vi pregoo Lettoriche non vogliate credere ch'io dianel leggero e nel fanciullescose anderò dietro a certeminuzieperchés'io non falloindagando queste minuzieperverremo in breve all'intento nostroal quale forse anche nonpotremmo arrivare per altra strada. Quanto sia comune e trita usanzadelle immaginative puerili il vivificare oggetti insensatie non c'èquasi chi l'ignoried a me stesso è accaduto già dimentovarlo in questo Discorso. Ma bisogna considerare che vita siaquella che da esse immaginative si attribuisce a questi tali oggetti.Ora chiunque ci porrà menteverrà subito in chiaro chenella immaginativa de' putti il sole e la luna appresso a poco nonsono altro che un uomo e una donnae il tuono e il vento e il giornoe la notte e l'aurora e il tempo e le stagioni e i mesi e l'ozio e lamorte e infinite cose d'ogni genere non sono altro che uomini odonnee in somma i fanciulli non attribuiscono alle cose inanimatealtri affetti altri pensieri altri sensi altra vita che umanaequindi proccurano altresì di vestirleed effettivamente levestono di forme umane il meglio che possonoquando piùquando meno confusamentesecondo la facoltà immaginativa diciaschedunoe le altre circostanze. Ed io mi ricordo ch'essendopiccinocostumava non solamente spassarmi ad avvivaree guardare emostrare altrui per maniera come se vivesseroma eziandio cercare etrovare alcuni vestigi di sembianza umanasecondoch'allora mipareanoevidentinegli alberi ch'erano lungo le strade per cui mimenavanoe in altre cose tanto remote da ogni similitudine umanach'io stimo per certo d'avere a muovere il riso specificandonequalchedunacome dire i caratteri dell'alfabetoe seggiole evaselli e altri arnesi di cento speciee cose simili; nelle quali inoltre mi figurava di scorgere parecchie diversità difisonomiache riputandole argomento di buona o cattiva indolem'erano poi motivo d'amar queste e d'odiar quelle. E tantomanifestamente si diletta la fantasia nostra in attribuire alle cosenon vita semplicemente ma vita umanache non appagandosi diqualunque non è tales'ingegna di trasmutarla in questamedesima nostra vitacome vediamo segnatamente nei fanciulliche sifingono le bestie ragionevoli e intellettivee discorrono econversano seco loro non altrimenti che colle persone. Da tuttequeste coseche quantunque sieno più cospicue ne' fanciullinon per questo non appariscono almeno in parte anche nei provettisecondo massimamente che resta all'immaginazione maggiore o minoreimperioda tutte questee da molte altre che si potrebbero direfacilmente si raccoglie che quel desiderio naturale di vita del qualetrattiamoprovenga da quella vastissima inclinazione che tuttiabbiamo alle creature simili a noimadre di svariatissimi effettienon sia veramente altro che un desiderio della presenza di talicreature; laonde se potesse avvenire che una cosa pensasse e nonvivessequesta cosa non rassomigliando alle creature viventinéanche avrebbe in sé questo desiderio di vita; sì comequesto medesimo (e intendocome v'accorgetenon mica il desideriodi viverema quello che ho determinato di sopra)se ha punto diforza nei brutiè da credere che gli spinga a desiderareciascuno la vita della sua specie. Ora venendo a quello chescaturisce da questi principiinon tanto io quanto voi stessioLettorispontaneamente avvertirete in primo luogo la naturalezza ebellezza delle favole grechele quali compiacendo a questo desideriopoeticissimo ch'è in noipopolarono il mondo di personeumanee alle stesse bestie attribuirono origine umanaacciocchél'uomo trovasse in certa maniera per tuttoquello che non l'esempioné l'insegnamento né l'uso né la pedanteria néil gusto classico né le altre baie fantasticate dai romanticima la natura lo spinge irrepugnabilmente a cercaredico enti similia séné riguardasse veruna cosa con noncuranza; e ilpoeta potesse rivolgersi colle parole a checchessiaconforme ha percostume ingenito e naturalenon altrimenti che i fanciulli:secondariamente come stieno male in bocca d'un maestro di psicologiaquelle paroleche il primo concetto d'avvivare la naturaconvertendola in individui di questa nostra specieda qualunqueavvedimento sia procedutofuanzichenòimmaginoso;appunto come se questo concetto fosse stato casuale e arbitrarioenon naturalissimo e necessarissimoné venuto allo stessoBreme quando era bambinoe anche oggi mandato sovente ad effettodalla sua propria immaginativa: ultimamente la vanità estranezza di quella sentenza del Cavaliereche abbiamo preso adiscuterevale a dire che il poeta volendo avvivar la naturagliconvenga avvivarla immediatamentenon come gli antichitrasformando le cose inanimate in persone. Il che quanto sia non diròfalsoma peggio che ridicolo e intollerabileapparisce non solodalle cose che si son dettema in oltre primieramente da questochenoi non fummo giammai né saremo tocchiné prenderemocurané verremoper così direa parte degli affettio delle azionio di qualsivoglia altra cosa appartenente allecreature introdotte o comunque mentovate dal poetase queste nonsaranno simili a noi; e veruno al mondo non pianse né piangeràdelle disgrazie d'un fiore o d'un pomo o d'un lago o d'un montenési rallegrò delle fortune di una stellaeccetto se prima nonl'ebbe immaginando trasmutata in persona. E che questo sia vero (sebene chi ne dubita? o chi non avrà voglia di burlarsi di mevedendo ch'io quasi mi metto a provare una sentenza cosìrancida e triviale?) non solamente è dannosa anzi mortifera ladissomiglianza delle creaturema anche degli uominitanto chec'importano assai meno le cose dei Neri che quelle de' Bianchie trai Bianchi assai meno quelle de' Samoiedi o de' Cinesi o di qualunquedifferisce grandemente da noi di costumi o di forme o d'altra cosanotabileche quelle de' nostrali; ond'èlo dirò purepropriamente matta la consuetudine dei romantici di pigliar soggettie persone specialissimamente dai barbari cantando agl'incivilitiovero introdur gente il più che sanno straordinariae mostridi naturacoi quali ci convenga immedesimarci e rallegrarci edolerci e provare quegli affetti che piaccia al poeta. E certamenteche quello che tutto il mondo sa ed affermasia negato o ignoratodai romanticiè affatto maravigliosoma quello che sto perdire è incredibile. Poiché la maniera voluta dal Bremenon solo è nemica della naturanon solo scemerebbeindicibilmente il diletto poeticomalasciando tutto questoèimpossibile. In oltre l'esempio del Byron portato dal Cavalierenonsolamente non giova a luima conferma né più némeno quello ch'io dico. Forseché veruno di noi si puòfigurare nessuna vita diversa dall'umana? forsech'all'animo nostro ènon dico facilema possibile il concepire l'idea d'un sentimentod'un affetto d'un pensiero non umano? Lasciamo stare i poeti che nonposson essere troppo sottili. Io provoco qualunque è al mondoo filosofo o metafisico o psicologo oquello ch'è piùdi tuttoromantico a immaginarsi una maniera di vivere differentedalla nostrala quale possano attribuire a Dio che sappiamo di certocome vive altrimenti che l'uomoagli Angelia qualsivoglia sostanzavisibile o invisibilemateriale o noreale o immaginaria. E se nonpossono essi e non può l'uomo idearsi positivamente altramaniera di vivere che la propria (e dico positivamente perchénegativamente è facilema non ha che fare colla poesia)sealtre specie di vita appena c'induciamo a credere che ci possanoesserenon che sappiamo immaginarne verunacome dunque e che vitase non umana attribuirà il poeta alle cose? come potràil poetail quale parla al popoloe non segue la ragione ma lanaturaquello che non può il metafisico? Ma stante ch'eglinon possa vivificare altrimenticonverrà che dia sìbene alle cose vita umanama non perciò le rivesta di formeumane? Che cos'è altro il poetare non dico da barbaro ma dapersona di un altro mondo? E ci dovranno mettere avanti agli occhiora piante ora sassi ora nuvole ora strumentie in somma cose d'ognigenerecon dir che sentono e pensano e vivono come fa l'uomononessendo altro a vederli che sassi e piante e che so ionon mutatiniente di figurané meno confusamente né menolasciandolo il poeta immaginare agli uditorianzi proccurando chequanto alla forma non si figurino pento di umano; e questo non comecose stravaganti e miracolosema ordinarienon per capriccio ma peristitutonon di rado ma tuttogiorno? Non vede il Breme che questesarebbero menzognenon già sol tanto assolutema poeticheinverisimili incredibili impudenti? non vede che tanto ènaturale all'uomo il vestire gli oggetti insensati di forme umanequanto l'avvivarli? né quella proprietà si puòda questa? e per levargli quel vizio bisognerebbe rifarlo? non vedech'il poeta è uomo? che gli uditori del poeta son uomini? aquesto dunque saremo giunti? e la poesia nostra non sarà piùsolamente barbarama in tutto e per tutto disumana? anzicome hodettodi un altro mondogiacché delle stesse bestie dicevaSenofane che se i buoi se gli elefanti avessero manie con questepotessero dipingeree fare quelle cose che fanno gli uominiallorai cavalli dipingendo gli Dei gli avrebbero fatti di figura cavallinae i buoi di figura bovinae dato loro un corpo simile al proprio.E soggiungeva che gli Etiopi si figuravano i loro Dei neri e camoscie i Traci d'occhio cilestro e colore vermiglioe parimente gli Egizii Medi i Persiani se li fabbricavano ciascuna gente in sembianzasimile alla sua. La qual cosa detta da Senofane di queste pochenazioni barbarenoi la possiamo nello stesso modo affermare di centoaltre sconosciute agli antichi: tanto è naturale e universalee indelebile il costume d'immaginarsi in figura somigliante allapropria quelle cose che sapendo o credendo o fingendo che vivanoaltra vita non ce ne possiamo ideare fuorché la propria. Chese le bestiealle quali non sappiamo attribuire affetto o pensiero osentimento altro che umanotuttavia non ci pare incredibile chevivanocome fannosotto altra formaquesto nasce primieramente chela forma loro s'assomiglia alla nostra quanto conviene essendo ilgenere loro e il nostro uno solo; poi che l'inverisimile èvinto dal veroe l'uso impedisce la maraviglia. Ma tanta è laforza del verisimileche noi siamo più propensi a creder vivoqualunque oggetto inanimato s'accosta alla figura ordinaria deglianimaliche non qualunque animale se ne scosta notabilmentesalvose questo non è volgare in modo che la stranezza della formanon faccia caso per cagione della consuetudine. Ora poniamo che ilpoeta abbia avvivato oggetti privi di sensolasciando loro népiù né meno la forma naturale: o questi oggettistaranno sempre immobili e inoperosie al poeta basterà didire che vivono e amano e odiano e sperano e temono e cose tali; odovendo dar segni di vitae operaree dimostrare colle cose difuori le cose di dentrosaprei volentieri che moti che atti cheoperazioniin somma che vita eterna attribuirà loro il poeta;e quali effetti farà l'intrinsecoil quale come ho detto nonpuò essere altro che umanonell'estrinseco il quale saràtutt'altro; e parimente in che modo le cose esterne opereranno inquesti oggetti che non hanno organi come noi né come gli altrianimali. Vediamo in che maniera abbia proceduto il Byronda certiversi del quale il Cavaliere prende occasione d'esporre questasentenza che abbiamo per le mani; e i versi son questiriportati dalCavaliere secondo la traduzione del Rossi:



     Che là sul colle e in seno al praticello
Dell'usignuoldiscopri la signora
Quella per cui l'innamorato augello
Fa lasua risonar voce canora;
E del suo vago al canto un verginale
Rossor la donna de' bei fior colora.
Lontana là dalverno occidentale
Da freddi ventida gelata brina
Eblandita da Zefiro vitale
La dei giardindell'usignuol regina
Ilprofumo che a lei natura diede
Ne' suoi calici accogliee sìlo affina
Che in più soave incenso al ciel poi riede.
Ohquanta i suoi sospir spargon fragranza!



        Ci vuole un tedesco a pronunziare quest'ultimo verso: ma badiamo alfatto nostro. Quando il poeta ha finto che la rosa innamorata sitinga in presenza dell'amante di rossore verginalee sospirichealtro ha fatto se non trasformata la rosa in persona umana? Chis'immagina un sospiro non s'immagina anche una bocca? e se una boccanon anche un volto? e se un voltonon anche una persona? Onde larosavolere o non voleree nella fantasia del poeta e nellafantasia de' lettori è una donna. Se non che l'immagine èlanguida e incerta perché quelle due finzioni del poetaessendo troppo comuni e leggerenon bastano a suscitare nellafantasia più che tantocome se un pittore mostra solamente icapelli o altra tal parte di una figura. E giànon destandoverun'immagineil che senza fallo è piacevolissimoeconvenientissimo alla poesiafacilmente s'impedisce che il lettorenon si figuri nessun vestigio di forma umana. Il fatto sta che osorge nella fantasia de' lettori l'immagine di una donnao la rosaresta una rosa qual èné amante né amata néviva né altro che un fior vero e semplice: e se molte o tuttele finzioni del poeta moderno riuscissero a un esito come questochipuò dire il guadagno che ci farebbe la poesia nostra? Ed eccola maniera onde il Breme ha dimostrato la vanità poeticadella mitologia.


        Qui potrei discorrere della foggia d'imitare tenuta dai romanticieconsiderandola rispetto al fine della poesia ch'è il dilettorammemorare ch'esso diletto quando scaturisce dalla imitazione delveronon procede soltanto dalle qualità degli oggettiimitatima in oltre specialissimamente ed essenzialmente dallamaraviglia che nasce dal vedere quei tali oggetti quasi trasportatidove non pareva appena che si potessee rappresentati da cose chenon pareano poterli rappresentare; di modo che infiniti oggetti iquali in natura non dilettano puntoimitati dal poeta o dal pittoreo da altro tale arteficedilettano estremamente; e altri chedilettavano anche realidilettano da vantaggio imitati. Dalla qualcosa apparisce quanto s'ingannino i romantici pensando d'accrescerpregio alla poesia con rendere la imitazione oltre ogni modo facilee sottrarla da ogni leggee sostituire meglio che possono il vero inluogo del simile al verosì che vengono a scemare e quasiannullare il maravigliosoe per conseguenza il dilettosodell'imitazioneil quale è tanto essenziale che tolto viasipuò dire che il diletto poetico parte si riduca alla metàparte al niente. E in oltre imitando la poesia massime romanticainfinite cose che in natura non solamente non dilettano anzimolestanoné possono dilettare altrimenti che imitateilmetterci queste cose avanti agli occhi non tanto imitate quanto verenon è né bizzarriané gusto singolarenéstranezza di opinioniné fierezza né altroma pura epretta ignoranzae grossezza di cervello. Credono i romantici chel'eccellenza della imitazione si debba stimare solamentesecondoch'ella è vicina al verotanto che cercando lo stessoverosi scordano quasi d'imitareperché il vero non puòessere imitazione di se medesimo. Ma l'imitare semplicemente al vivoe del resto comeché sianon è pur cosa facile matriviale: imita ciascuno di noi tutto giornoimita il volgoprincipalmenteimitano le bertucceimitava quel buffone di Fedroquanto si può dire al naturale il grugnito del porco. Ma chemaraviglia deriva da questa sorta d'imitazioni? e quindi che diletto?Se la sentenza dei romantici fosse veraandrebbe fatto molto piùconto delle balie che dei poetie un fantoccio vestito d'abitieffettivi con parruccaviso di ceraocchi di vetrovarrebbe assaipiù che una statua del Canova o una figura di Raffaello. Ma lafaccenda non va cosìnon mica perché tutto il mondotiene e ha tenuto il contrario; poiché ragionevolmente sipersuadono i romantici che tutto il mondo e tutte le età delmondo non vagliano un'acca rispetto a loro; ma perché ildiletto cagionato dal poeta e dagli arteficicome sa e provachiunque ha la mente sanaè senz'alcun paragone maggiore diquello che partoriscono queste imitazioni facili e volgari chevediamoe sentiamo e facciamo alla giornatanonostantech'ingrandissima parte sieno tanto vive quanto nessuna imitazione di poetao d'artefice; e quelle difficoltà e quelle leggioltrechésono convenientissime e necessarie per altri rispettifanno laimitazione maravigliosa e dilettevole; ma senza nessuna difficoltàe senza nessuna legge non è maraviglia che s'imiti vivamente.Ed io vedoper esempioche appresso i poeti antichi s'incontranomolto di rado quei troncamenti e quelle interruzioni e sospensioniche i moderni fanno a gara di seminarle da per tuttoempiendo lepagine di lineette o di punti; perché stimavano che il veronella poesia non si dovesse introdurre ma imitaree che l'imitare inguisa troppo facilee uscire dalle leggi ordinarie della poesia nonaccrescesse il diletto ma lo scemasse. Talmente che paragonando lapoesia loro a quella statua o figura dipinta ch'io dicea poco soprala poesia romanticala quale imita il calpestio de' cavalli col traptrap trape il suono de' campanelli col tin tin tinecosì discorrendosi può molto acconciamenterassomigliare a quel fantoccioo volete a un burattino che ha lamobilità da vantaggio. Che se l'evidenza sola va cercata nelleimitazioniperché non dismettiamo del tutto questa materiadisadattissima delle parole e dei versie non ci appigliamo a quellascrittura di certi barbari ch'esprime i concetti dell'animo configure in vece di caratteri? anzi perché ciaschedun poeta incambio di scrivere non inventa qualche bella macchina la qualemediante diversi ingegni metta fuori di mano in mano vedute e figuredi qualsivoglia speciee imiti il suono col suonoe in breverappresentando ordinatamente quello che sarà piaciutoall'inventorenon operi soltanto nella immaginativa ma eziandio ne'sensi del non più lettore ma spettatore e uditore e che so io?E mentrech'io scrivo queste coseviene con un nome infernale da unpaese romantico uno strumento non dissimile in quanto all'ufficio daquesto ch'io m'andava immaginando quasi per giuoco; ed io mi rallegrod'aver preveduto dove convenia che arrivasse la nuova scuolae midolgo che né meno da scherzo si possa quasi né dire népensar cosa tanto strana e ridicola che dai romantici non sia pensatae detta epotendopraticata da buon senno. Anche potrei confermarequello che ho scritto in altro luogo di questo Discorsodel quantogiovi alla imitazione che gli oggetti sieno comunie per locontrario noccia che sieno straordinari e sconosciuti; imperocchéallora il maraviglioso e per tanto il dilettevole della imitazione èmolto scarsonon potendosi veruno maravigliare che sia ritratta alnaturale una cosa ch'egli non sappia come sia fattae quando anchel'imitazione sia vivissimacagionando appresso a poco lo stessoeffetto che un'invenzione del poeta: ora fu noto ai bisavied ènoto ai fanciulli che generalmente è molto più facile emeno maraviglioso l'inventare che l'imitare. Ed io so bene chel'esperienza propria fa fede a chicchessia di quello ch'io diconéc'è persona la quale non si avveda che quando ella contemplaponiamo casouna bella pittura o sculturasuol provare a cagionedella maraviglia uno squisitissimo diletto notando così tuttal'imitazione come questa o quella parte quanto somigli bene eaccuratamente al veroe quasi credendo di vedersi davanti lo stessooggetto imitato; nel quale anche sogliamo por mente allora a nonpoche minuzieche nel vederlo effettivamenteper lo più nonattendiamo: né questo diletto può cadere in chiunquenon conoscendo o appena conoscendo l'oggetto realenon puòconfrontare seco medesimo senza veruna difficoltà néfatica l'imitazione colla cosa imitatané discernere a primagiunta la somiglianza scambievole dell'una e dell'altra. Aveadeliberato di parlare di tutte queste cose distintamente. Ma oramaisono sazio di scriveree voi sarete sazi di leggerese peròla pazienza v'avrà sostenuti fin adessoo Lettori miei.Perciò bastino le cose che si son dette. Ma già sulfinireessendomi sforzato sin qui di costringere i moti dell'animomionon posso più reprimerliné tenermi ch'io non mirivolga a voiGiovani italianie vi preghi per la vita e lesperanze vostre che vi moviate a compassione di questa nostra patriala quale caduta in tanta calamità quanta appena si legge diverun'altra nazione del mondonon può sperare névuole invocare aiuto nessuno altro che il vostro. Io muoio divergogna e dolore e indignazione pensando ch'ella sventuratissima nonottiene dai presenti una goccia di sudorequando assai menobisognosa ebbe torrenti di sangue dagli antichi prontissimi e lieti;né c'è una penna tra noi che s'adopri per quella chegli avi nostri difesero e accrebbero con milioni e milioni di spade.Soccorreteo Giovani italianialla patria vostradate mano aquesta afflitta e giacenteche ha sciagure molto più che nonbisogna per muovere a pietànon che i figlii nemici. Fupadrona del mondoe formidabile in terra e in maree giudice deipopolie arbitra delle guerre e delle pacimagnifica ricca lodatariverita adorata; non conosceva gente che non la ubbidissenon ebbeoffesa che non vendicassenon guerra che non vincesse; non c'èstato imperio né fortuna né gloria simile alla sua néprima né dopo. Tutto è caduto: inferma spossatacombattuta pesta lacera e alla fine vinta e doma la patria nostraperduta la signoria del mondo e la signoria di se stessaperduta lagloria militarefatta in branidisprezzata oltraggiata schernita daquelle genti che distese e calpestònon serba altro chel'imperio delle lettere e arti belleper le quali come fu grandenella prosperitànon altrimenti è grande e reginanella miseria. Questo solo regno questa gloria questa vita rimanealla patria nostra quasi levata dal numero delle nazionigrandeavanzo d'immensa grandezzasempre finora invidiato e bestemmiatoinvano dagli altri popoliinsofferenti che la regina del mondoquantunque sordida e guastaa ogni modo non sia per anche spogliatadi scettro e di corona. Ma già per rapirle questo medesimoavanzo adoprano armi ed arti assai più terribili e potenti cheper l'addietrostudiandosi di viziare e corrompere gl'ingegniitalianie imbarbarire le arti e lettere nostree fare che lamisera Italia di maestra delle nazioni moderne diventi emula eimitatricee di signorauguale e servaequello che nessun altroha potutosi spogli finalmente del regno e s'uccida essa stessa. Iovi prego e supplicoo Giovani italianiio m'atterro dinanzi a voi;per la memoria e la fama unica ed eterna del passatoe la vistalagrimevole del presenteimpedite questo acerbo fattosostenetel'ultima gloria della nostra infelicissima patrianon commettete perDio che quella che per colpa d'altri infermòper colpad'altri agonizzamuoia fra le mani vostre per colpa vostra. Chevalse che quella nazione il cui dominio consumato nella decima partedi un secolotanto ha durato meno del nostro quanto era degnocirapisse le opere de' nostri arteficie sfornisse le vie le case itempii gli altari nostri per adornare le sue piazze e le saleforseanche i tempii e gli altari insanguinatiquasi le dovesse fruttargloria e non vergogna l'aver tolto colle armi a un popolo inermequelle opere ch'ella forzatamente ammirando e invidiandonon seppené sa produrre? Non le opere dovea rapirci ma gl'ingegniequella divina fiamma che non ci fa ebbri né pazzi nérabbiosinon diavoli incarnati né bestiema quasi numi; néperò ci taglia i nerviné c'empie di superstizione ecodardiané del timore d'offendere occhi e orecchi paurosi eschivi della naturané ci manda dietro alle inezie o allebolle per piacere a un popolo tutto fatto di spumapresso al quale èvanto la leggerezza come presso agli altri la gravitànéritrova lode una pagina che non sia stillata per lambicco dalcervello dello scrittorebiasimato e disprezzato ogni volta che nonsia spiritoso. Certo quelle tele e quei marmi cattivi in un luogodove confluia tutta l'Europaaccusavano la povertà e superbiadi quella gentee predicavano l'eccellenza e ricchezza di questaterra ch'ella ha sempre odiatae odieràgià vintadalle armi nostre armata e potente e ripugnantepoi vincitrice dinoi fiacchi ed inermi ed immobilima sempre vinta nelle arti e nelloscriverech'è maschio appresso noifemmina imbelle e civettaappresso lei. Ora questadebellata due volte dal ferroe aperto aviva forza l'artiglioha rilasciato la preda; e quelle opereimmortali ch'erano e saranno sempre nostredovunque la fortuna lesbalziritornate alla patria loroalbergano qui fra noibeando gliocchi e gli animi nostrie quasi gridando ci esortano ad emularequei divini artefici nati da una stessa madre con noiche imitandoquesta naturae contemplando questo cielo e questi campi e questicollia se medesimi acquistarono e alla patria mantennero nome egloria più durevole dei regni e delle nazioni. Ma se alla voceloro e dei sommi scrittori nostri e di tutte le età passate edella ragione e della natura prevarrà la voce dei nuovimaestrie se alla fine ci sarà toltonon la vista dellepitture e delle statuema l'uso conveniente dei nostri ingegnicerto che questo tesoro ricuperato incredibilmenteladdove primasvergognava i suoi ladronisvergognerà noi medesimieattesterà la fine del nostro regno e la morte dell'Italia. Laqual cosa pur troppo è da temere che non avvengae in questamedesima età spettatrice del lutto e del giubilo dell'Italiaspogliata e rivestita; pur troppo vedo corrotta la linguail che nonè mai scompagnato dalla corruttela del gusto; vedo negletti eavuti a schifo i nostri sovrani scrittorie i greci e i latiniantecessori nostrie accoltee ingozzate ghiottissimamenteelodate e magnificate quante poesie quanti romanzi quante novellequanto sterco sentimentale e poetico ci scola giù dalle alpi ec'è vomitato sulle rive dal mare; vedo languido e pressochéspento l'amore di questa patria: vedo gran parte degl'italianivergognarsi d'essere compatriotti di Dante e del Petrarca edell'Ariosto e dell'Alfieri e di Michelangelo e di Raffaello e delCanova. Ora chi potrebbe degnamente o piangere o maledire questaportentosa rabbiaper cuimentre i Lapponi e gl'Islandesi amano lapatria lorol'Italial'Italia diconon è amataanzi èdisprezzataanzi sovente è assalita e addentata einsanguinata da' suoi figli? O Giovani italiani: lascio stare le coseantiche: purché vogliamo essere questo medesimoio dicoitalianiancora siamo grandi; ancora parliamo quella favella a cuicedono tutte le vivee che forse non cederebbe alle morte; ancoraabbiamo nelle vene il sangue di coloro che prima in un modo e quindiin un altro signoreggiarono il mondo; ancora beviamo quest'aria ecalchiamo questa terra e godiamo questa luce che godè unesercito d'immortali; ancora arde quella fiamma che accese i nostriantenatie parlino le carte dell'Alfieri e i marmi del Canova;ancora non è cambiata quell'indole propria nostramadre dicose altissimeardente e giudiziosaprontissima e vivacissimaetuttavia riposata e assennata e sodarobusta e delicataeccelsa emodestadolce e tenera e sensitiva oltre modoe tuttavia grave edisinvoltanemica mortalissima di qualsivoglia affettazioneconoscitrice e vaga sopra ogni cosa della naturalezzasenza cui nonc'è né fu né sarà mai beltà négraziaamante spasimata e finissima discernitrice del bello e delsublime e del veroe finalmente savissima temperatrice della naturae della ragione; ancora siamo più di qualunque altro popolovicini a quel puntoche quando si oltrepassanon è quellaciviltà ma barbariecome si vide ne' greci e si vide ne'romanie se ora non ci par di vedere in nessuna gente d'Europaviene che molti oggetti non si distinguono da presso ma solamentediscostoe che non sappiamo quasi mai ragguagliare le cose lontanecolle vicine in maniera che non ci paiano differenticomespessissimo non sono. Questa patriao Giovani italianiconsideratese vada sprezzata e rifiutatavedete se sia tale da vergognarsenequando non accatti maniere e costumi e lettere e gusto e linguaggiodagli stranierigiudicate se sia degna di quella barbarie la qualeio seguitando fin qui colla scritturanon ho saputo né potutoappena adombrare. Io non vi parlo da maestro ma da compagno(perdonate all'amore che m'infiamma verso la patria vostraseragionando per lei m'arrischio di far parola di me stesso) nonv'esorto da capitanoma v'invito da soldato. Sono coetaneo vostro econdiscepolo vostroed esco dalle stesse scuole con voicresciutofra gli studi e gli esercizi vostrie partecipe de' vostri desiderie delle speranze e de' timori. Prometto a voi prometto al cieloprometto al mondoche non mancherò finch'io viva alla patriamiané ricuserò fatica né tedio néstento né travaglio per leisì ch'ella quanto saràin me non ritenga salvo e fiorente quel secondo regno che le hannoacquistato i nostri maggiori. Ma che potrò io? e qual uomosolo ha potuto mai tanto quanto bisogna presentemente alla patrianostra? Alla quale se voi non darete mano così com'èlanguida e moribondasopravvivrete o Giovani italiani all'Italiaforse anch'io sciagurato sopravvivrò. Ma sovvenite alla madrevostra ricordandovi degli antenati e guardando ai futuridai qualinon avrete amore né lode se trascurando avrete si puòdire uccisa la vostra patria; secondando questa beata natura onde ilcielo v'ha formati e circondati; disprezzando la fama presente chetocca per l'ordinario agl'indegnie cercando la fama immortale cheagl'indegni non tocca maich'essendo toccata agli artefici escrittori italiani e latini e grecinon toccherà né a'romantici né a' sentimentali né agli orientali néa veruno della schiatta moderna; considerando la barbarie che cisovrasta; avendo pietà di questa bellissima terrae de'monumenti e delle ceneri de' nostri padri; e finalmente non volendoche la povera patria nostra in tanta miseriaperciò sirimanga senz'aiutoperché non può essere aiutatafuorché da voi.