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BrunettoLatini
ILTESORETTO
1.
Alvalente segnore
dicui non so migliore
sullaterra trovare:
chénon avete pare
né'n pace né in guerra;
sìch'a voi tutta terra
che'l sole gira il giorno
e'l mar batte d'intorno
san'faglia si convene
ponendomente al bene
chefate per usaggio
eda l'alto legnaggio
dondevoi sete nato;
epoi da l'altro lato
poténtanto vedere
invoi senno e savere
aogne condizione
unaltro Salamone
parein voi rivenuto;
ebene avén veduto
induro convenente
oveogn'altro semente
chevoi pur migliorate
etuttora afinate;
ilvostro cuor valente
poggiasì altamente
inogne benananza
chetutta la sembianza
d'Alesandrotenete
chéper neente avete
terraoro ed argento;
sìalto intendimento
aveted'ogne canto
chevoi corona e manto
portatedi franchezza
edi fina prodezza
sìch'Achilès lo prode
ch'aquistòtante lode
e'l buono Ettòr troiano
Lancelottoe Tristano
nonvalse me' di voe
quandobisogno fue;
epoiquando venite
chevoi parole dite
o'n consiglio o 'n aringa
parch'aggiate la lingua
delbuon Tulio romano
chefu in dir sovrano:
sìbuon cominciamento
emezzo e finimento
sapeteognora fare
eparole acordare
secondola matera
ciascunain sua manera;
apressotutta fiata
aveteacompagnata
l'adornacostumanza
che'n voi fa per usanza
sìricco portamento
esì bel reggimento
ch'avanzatea ragione
eSenica e Catone;
eposso dire insomma
che'n voisegnors'asomma
ecompie ogne bontate
e'n voi solo asembiate
sonsì compiutamente
chenon falla neente
senon com' auro fino:
ioBurnetto Latino
chevostro in ogne guisa
mison sanza divisa
avoi mi racomando.
Poivi presento e mando
questoricco Tesoro
chevale argento ed oro:
sìch'io non ho trovato
omodi carne nato
chesia degno d'avere
néquasi di vedere
loscritto ch'io vi mostro
i·llettered'inchiostro.
Adogn'altro lo nego
eda voi faccio priego
chelo tegnate caro
eche ne siate avaro:
ch'i'ho visto sovente
viltenerea la gente
moltovalente cose;
epietre prezïose
songià cadute i·lloco
cheson grandite poco.
Benconosco che 'l bene
assaival menchi 'l tene
deltutto in sé celato
chequel ch'è palesato
sìcome la candela
lucemenchi la cela.
Mai' ho già trovato
inprosa ed in rimato
cosedi grande assetto
epoi per gran sagretto
l'hodate a caro amico:
poicon dolor lo dico
lu'vidi in man d'i fanti
erasemprati tanti
chesi ruppe la bolla
erimase per nulla.
S'avencosì di questo
sidico che sia pesto
edi carta in quaderno
siagittato in inferno.
II
LoTesoro comenza.
Altempo che Fiorenza
froriae fece frutto
sìch'ell'era del tutto
ladonna di Toscana
(ancorache lontana
nefosse l'una parte
rimossain altra parte
quellad'i ghibellini
perguerra d'i vicini)
essoComune saggio
mifece suo messaggio
all'altore di Spagna
ch'orè re de la Magna
ela corona atende
seDio no·llil contende:
chégià sotto la luna
nonsi truova persona
cheper gentil legnaggio
néper altro barnaggio
tantodegno ne fosse
com'esto re Nanfosse.
Eio presi campagna
eandai in Ispagna
efeci l'ambasciata
chemi fue ordinata;
epoi sanza soggiorno
ripresimio ritorno
tantoche nel paese
diterra navarrese
venendoper la calle
delpian di Runcisvalle
incontraiuno scolaio
su'n un muletto vaio
chevenia da Bologna
esanza dir menzogna
molt'era savio e prode:
malascio star le lode
chesarebbono assai.
Iolo pur dimandai
novelledi Toscana
indolce lingua e piana;
ede' cortesemente
midisee immantenente
cheguelfi di Firenza
permala provedenza
eper forza di guerra
eranfuor de la terra
e'l dannaggio era forte
dipregioni e di morte.
Edioponendo cura
tornaia la natura
ch'audividir che tene
ogn'omch'al mondo vene:
nasceprim[er]amente
alpadre e a' parenti
epoi al suo Comuno;
ond'io non so nessuno
ch'iovolesse vedere
lamia cittade avere
deltutto a la sua guisa
néche fosse in divisa;
matutti per comune
tirasserouna fune
dipace e di benfare
chégià non può scampare
terrarotta di parte.
Certolo cor mi parte
dicotanto dolore
pensandoil grande onore
ela ricca potenza
chesuole aver Fiorenza
quasinel mondo tutto;
eioin tal corrotto
pensandoa capo chino
perdeiil gran cammino
etenni a la traversa
d'unaselva diversa.
III
Matornando a la mente
mivolsi e posi mente
intornoa la montagna;
evidi turba magna
didiversi animali
chenon so ben dir quali:
maomini e moglieri
bestieserpent' e fiere
epesci a grandi schiere
edi molte maniere
ucellivoladori
ederbi e frutti e fiori
epietre e margarite
cheson molto gradite
ealtre cose tante
chenull'omo parlante
leporria nominare
né'n parte divisare.
Matanto ne so dire:
ch'iole vidi ubidire
finiree cominciare
moriree 'ngenerare
eprender lor natura
sìcome una figura
ch'ividicomandava.
Edella mi sembrava
comefosse incarnata:
taloraisfigurata;
talortoccava il cielo
sìche parea su' velo
etalor lo mutava
etalor lo turbava
(alsuo comandamento
movëail fermamento);
etalor si spandea
sìche 'l mondo parea
tuttonelle sue braccia;
orle ride la faccia
un'oracruccia e duole
poitorna come sòle.
Eioponendo mente
al'alto convenente
ea la gran potenza
ch'aveae la licenza
uscìode·rreo pensiero
ch'ioavëa primero
efe' proponimento
difare un ardimento
pergire in sua presenza
condegna reverenza
inguisa ch'io vedere
lapotessie savere
certanzadi suo stato.
Epoi ch'i' l'ei pensato
n'andaidavanti lei
edrizzai gli occhi miei
amirar suo corsaggio.
Etanto vi diraggio
chetroppo era gran festa
licapel de la testa
sich'io credea che 'l crino
fossed'un oro fino
partitosanza trezze;
el'altre gran bellezze
ch'alvolto son congiunte
sottola bianca fronte
libelli occhi e le ciglia
ele labbra vermiglia
elo naso afilato
elo dente argentato
lagola biancicante
el'altre biltà tante
composteed asettate
e'n su' loco ordinate
lascioche no·lle dica
nécerto per fatica
néper altra paura:
malingua né scrittura
nonseria soficente
adir compiutamente
lebellezze ch'avea
néquant' ella potea
inaria e in terra e in mare
e'n fare e in disfare
e'n generar di nuovo
odi congetto o d'ovo
od'altra incomincianza
ciascunain sua sembianza.
Evidi in sua fattura
chedogne creatura
ch'aveacominciamento
venï'a finimento.
IV
Mapuoi ch'ella mi vide
lasua cera che ride
inver'di me si volse
epuoi a sé m'acolse
moltocovertamente
edisse immantenente:
"Iosono la Natura
esono una fattura
delo sovran Fattore.
Elliè mio creatore:
ioson da Lui creata
efui incominciata;
mala Sua gran possanza
fuesanza comincianza.
E'non fina né more;
matutto mio labore
quantoche io l'alumi
convienche si consumi.
Essoè onipotente;
maio non pos' neente
senon quanto concede.
Essotanto provede
eè in ogne lato
esa ciò ch'è passato
e'l futuro e 'l presente;
maio non son saccente
senon di quel che vuole:
mostramicome suole
quelloche vuol ch'i' faccia
eche vol ch'io disfaccia
ond'ioson Sua ovrera
diciò ch'Esso m'impera.
Cosìin terra e in aria
m'hafatta sua vicaria:
Essodispose il mondo
eio poscia secondo
loSuo comandamento
loguido a Suo talento.
V
Ate dicoche m'odi
chequattro so·lli modi
cheColui che governa
losecolo in eterna
mise['n] operamento
alo componimento
ditutte quante cose
sonpalese e nascose.
L'unach'eternalmente
fuein divina mente
immaginee figura
ditutta Sua fattura;
efue questa sembianza
lomondo in somiglianza.
Dipoial Suo parvente
sìcreò di neente
unagrossa matera
chenon avea manera
néfigura né forma
masì fu di tal norma
chene potea ritrare
ciòche volea formare.
Poilo Suo intendimento
mettendoa compimento
sìlo produsse in fatto;
manon fece sì ratto
nénon ci fu sì pronto
ch'Elliin un solo punto
lovolessi compiére
com'Elli avea il podere:
masei giorni durao
ilsettimo posao.
Apressoil quarto modo
èquesto ond' io godo
ch'adogne crëatura
dispuoseper misura
secondoil convenente
suocorso e sua semente;
ea questa quarta parte
haloco la mi' arte
sìche cosa che sia
nonha nulla balìa
difar né più né meno
senon a questo freno.
Bendico veramente
cheDio onnipotente
Quelloch'è capo e fine
pergran forze divine
pòin ogne figura
alterarla natura
efar Suo movimento
ditutto ordinamento:
sìcome déi savere
quandodegnò venire
laMaestà sovrana
aprender carne umana
nellaVirgo Maria
checontra l'arte mia
fu'l suo ingeneramento
elo Suo nascimento
chédavanti e da puoi
sìcome savén noi
fuenetta e casta tutta
verginenon corrotta.
Poivolse Idio morire
pervoi gente guerire
eper vostro soccorso;
allortutto mio corso
mutòper tutto 'l mondo
dalcielo infin'l profondo
ché'l sole iscurao
laterra termentao:
tuttoquesto avenia
chè'l mio Segnor patia.
Eperciò che 'l me' dire
iolo voglio ischiarire
sìch'io non dica motto
chetu non sappie 'n tutto
laverace ragione
ela condizïone
faròmio detto piano
chepur un solo grano
nonsia che tu non sacci:
mavo' che tanto facci
chelo mio dire aprendi
sìche tutto lo 'ntendi;
es'io parlassi iscuro
benti faccio sicuro
didicerlo in aperto
sìche ne sie ben certo.
Maperciò che la rima
sistringe a una lima
diconcordar parole
comela rima vuole
sìche molte fiate
leparole rimate
ascondonla sentenza
emutan la 'ntendenza
quandovorrò trattare
dicose che rimare
tenesseoscuritate
conbella brevetate
tiparlerò per prosa
edisporrò la cosa
parlandotiin volgare
chetu intende ed apare.
VI
Omaia ciò ritorno
cheDio fece lo giorno
ela luce gioconda
ecielo e terra ed onda
el'aire crëao
eli angeli fermao
ciascunpartitamente:
etutto di neente.
Poila seconda dia
perla Sua gran balìa
stabilìo'l fermamento
e'l suo ordinamento.
Ilterzociò mi pare
ispecificò'l mare
ela terra divise
e'n ella fece e mise
ognecosa barbata
che'n terra e radicata.
Alquarto dì presente
fececompiutamente
tuttele luminare
stellediverse e vare.
Nellaquinta giornata
sìfu da Lui crëata
ciascunacrëatura
chenota in acqua pura.
Losesto dì fu tale
chefece ogn'animale
efece Adamo ed Eva
chepuoi ruppe la treva
delSuo comandamento.
Perquel trapassamento
mantenentefu miso
fòradi Paradiso
dov'eraogne diletto
sanzaneuno espetto
difredo o di calore
d'irané di dolore;
eper quello peccato
loloco fue vietato
maisempre a tutta gente.
Cosìfu l'uom perdente:
d'estopeccato tale
divennel'om mortale
eha lo male e 'l danno
el'agravoso afanno
quie nell'altro mondo.
Diquesto greve pondo
songli uomini gravati
evenuti em peccati
perché'l serpente antico
cheè nostro nemico
sodussea rea maniera
quellaprimaia mogliera.
Maper lo mio sermone
intendila ragione
perchéfu ella fatta
ede la costa tratta:
primache l'uomo atasse;
poiche multipricasse
eciascun si guardasse
conaltra non fallasse.
Omaiil coninciamento
e'l primo nascimento
ditutte crëature
t'hodettose me cure.
Masacce che 'n due guise
loFattor lo devise:
chél'une veramente
sonfatte di neente
ciòson l'anim' e 'l mondo
eli angeli secondo;
matutte l'altre cose
quantunquedicere ose
sond'alcuna matera
fatteper lor manera.
VII
Epoi che l'ebbe detto
davantial suo cospetto
miparve ch'io vedesse
chegente s'acogliesse
ditutte le nature
(sìcome le figure
sontutte divisate
ediversificate)
perdomandar da essa
ch'aciascun sia permessa
suabisogna compiére;
edessach'al ver dire
adognuna rendea
ciòched ella sapea
che'l suo stato richiede
cosìin tutto provede.
Eiosol per mirare
losuo nobile affare
quasitutto smarrìo;
matant' era 'l disio
ch'ioaveadi sapere
tuttele cose vere
diciò ch'ella dicea
ch'ognorami parea
maggiorche tutto 'l giorno:
sìch'io non volsi torno
anzim'inginocchiai
emerzé le chiamai
perDioche le piacesse
chedella m'acompiesse
tuttala grande storia
ond'ellafa memoria.
Elladisse esavia:
"Amicoio ben vorria
checiò che vuoli intendere
tulo potessi imprendere
esì sotile ingegno
etanto buon ritegno
avessiche certanza
d'ognunasottiglianza
ch'iovolessi ritrare
tupotessi aparare
eritenere a mente
atutto 'l tuo vivente.
Ecomincio da prima
alsommo ed a la cima
dele cose crëate
diragione informate
d'angelicasustanza
cheDio a Sua sembianza
crëòa la primera.
Disì ricca manera
lifece in tutte guise
che'n esse furo assise
tuttele buone cose
valentie prezïose
etutte le vertute
edeternal salute;
ediede lor bellezza
dimembra e di clarezza
sìch'ogne cosa avanza
biltatee beninanza;
efece lor vantaggio
talchent' io diraggio:
chenon possen morire
néunquema' finire.
Equando Lucifero
sivide così clero
ein sì grande stato
granditoed innorato
diciò s'insuperbio
e'ncontro al vero Dio
Quelloche l'avea fatto
pensaod'un maltratto
credendoElli esser pare.
Cosìvolse locare
suasedia in aquilone
mala sua pensagione
livenne sì falluta
chefu tutt' abattuta
suafolle sorcudanza
insì gran malenanza
ches'io voglio 'l ver dire
chilo volse seguire
otenersi con esso
deregno for fu messo
epiovvero in inferno
e'n fuoco sempiterno.
Apressoimprimamente
inguisa di serpente
ingannòcollo ramo
Evae poi Adamo;
echi chi neghi o dica
tuttala gran fatica
ladoglia e 'l marrimento
lodanno e 'l pensamento
el'angoscia e le pene
chela gente sostene
logiorno e 'l mese e l'anno
venneda quello inganno;
e·ladoingenerare
elo grave portare
e'l parto doloroso
e'l nudrir faticoso
chevoi ci sofferite
tuttoper ciò l'avete;
lavorerodi terra
astioinvidia e guerra
omicidioa peccato
diciò fue coninciato:
ché'nanti questo tutto
faceala terra frutto
sanzanulla semente
obriga d'on vivente.
Maquesta sottiltate
tocc'a Divinitate
edio non m'intrametto
dipunto così stretto
enon aggio talento
disì gran fondamento
trattarcon omo nato.
Maquello che m'è dato
iolo faccio sovente:
chese tu poni mente
benvedi li animali
ch'iono·lli faccio iguali
néd'una concordanza
invista né in sembianza;
erbee fiori e frutti
cosìgli albori tutti:
vediche son divisi
lenatur' e li visi.
Acciòche t'ho contato
chel'omo fu plasmato
posci'ogne crëatura
seci ponessi cura
vedraipalesemente
cheDio onnipotente
volsetutto labore
finirnello migliore:
cachi ben inconinza
audiviper sentenza
chedha bon mezzo fatto;
maguardipuoi dal tratto
cadi reo compimento
avendibassamento
ditutto 'l convenente;
machi orratamente
finasuo coninciato
dala gente è laudato
sìcome dice un motto:
"Lafine loda tutto".
Etutto ciò ch'on face
pensao parla o tace
atutte guise intende
ala fine ch'atende:
dunqu'è più grazìosa
lafine d'ogne cosa
chetutto l'altro fatto.
Peròad ogne patto
déomo accivire
ciòche porria seguire
diquella che conenza
ch'aiabella partenza.
El'omse Dio mi vaglia
crëatofu san' faglia
lapiù nobile cosa
edegna e prezïosa
ditutte crëature:
cosìQue' ch'è 'n alture
lidiede segnoria
d'ognecosa che sia
interra figurata;
ver'è ch'è 'nvizïata
delo primo peccato
dond'è 'l mondo turbato.
Vedich'ogn'animale
perforza naturale
latesta e 'l viso bassa
versola terra bassa
perfar significanza
dela grande bassanza
dilor condizïone
cheson sanza ragione
eseguon lor volere
sanzamisura avere:
mal'omo ha d'alta guisa
suanatura divisa
pervantaggio d'onore
che'n alto a tutte l'ore
miraper dimostrare
losuo nobile affare
chedha per conoscenza
eragione e scienza.
Dell'animadell'uomo
ioti diraggio como
ètanto degna e cara
enobile e preclara
chepote a compimento
averconoscimento
diciò ch'è ordinato
(solse·nno fue servato
indivina potenza):
peròsanza fallenza
fuel'anima locata
emessa e consolata
nelo più degno loco
ancorche sïa poco
chedè chiamato core.
Ma'l capo n'è segnore
ch'èmolto degno membro;
es'io ben mi rimembro
essoè lume e corona
ditutta la persona.
Benè vero che 'l nome
èdivisatocome
laforza e la scïenza:
chél'anima in parvenza
sidivide e si parte
eovra in prusor parte.
Chese tu poni cura
quandola crïatura
vedevivificata
èanima chiamata;
mala voglia e l'ardire
usala gente dire:
"Quest'è l'animo mio
questovoglio e disio";
el'om savio e saccente
diconc'ha buona mente;
echi sa giudicare
eper certo trïare
lofalso dal diritto
ragioneè nome detto;
echi saputamente
ungrave punto sente
infatt' o in dett' o in cenno
quelliè chiamato senno;
equando l'omo spira
l'alenamanda e tira
èspirito chiarnato.
Cosìt'aggio contato
che'n queste sei partute
siparte la vertute
ch'all'animafu data
ecosì consolata.
Nelcapo son tre çelle
eio dirò di quelle.
Davantiè lo ricetto
ditutto lo 'ntelletto
ela forza d'aprendere
quelloche puoi intendere;
inmezzo è la ragione
ela discrezïone
checerne ben da male
elo torto e l'iguale;
didietro sta con gloria
lavalente memoria
chericorda e ritene
quelloche 'n esso avene.
Cosìse tu ti pensi
sonfatti cinque sensi
d'iquai ti voglio dire:
lovedere e l'udire
l'odoraree 'l gostare
edapoi lo toccare;
questihanno per ofizio
chelo bene e lo vizio
lifatti e le favelle
ritornanoa le zelle
ch'i'v'aggio nominate
eloco son pesate.
VIII
Ancorson quattro omori
didiversi colori
cheper la lor cagione
fannola compressione
d'ognecosa formare
esovente mutare
sìcome l'una avanza
lealtre in sua possanza:
chél'una è 'n segnoria
dela malinconia
laquale è freda e secca
certodi lada tecca;
un'altr'è in podere
disangueal mio parere
ch'ècaldo ed omoroso
efresco e gioioso;
fremain alto monta
ch'umidoe fredo pont' à
epar che sia pesante
quell'omoe più pensante;
poila collera vene
checaldo e secco tene
efa l'omo leggiero
prestoe talor fero.
Equeste quattro cose
cosìcontrarïose
etanto disiguali
intutti l'animali
miconvene acordare
edi·lor temperare
erinfrenar ciascuno
sich'io li torni a uno
sich'ogne corpo nato
nesia compressionato;
esacce ch'altremente
nonsi faria neente.
IX
Altresìtutto 'l mondo
dalciel fin lo profondo
èdi quattro aulimenti
fattoordinatamenti:
d'ariad'acqua e di foco
edi terra in suo loco;
chéper fermarlo bene
sottilmenteconvene
lofredo per calore
e'l secco per l'omore
etutti per ciascuno
sìrinfrenar a uno
chela lor discordanza
ritorniin iguaglianza:
chéciascuno è contrario
al'altro ch'è disvario.
Ogn'omoha sua natura
ediversa fattura
eson talor dispàri:
maio li faccio pari
etutta lor discordia
ritornoin tal concordia
cheio per lo·ritegno
lomondo e lo sostegno
salvala volontade
dela Divinitade.
X
Bendico veramente
cheDio onnipotente
fecesette pianete
ciascunain sua parete
edodici segnali
(ioti dirò ben quali);
efue il Suo volere
didonar lor podere
intutte crëature
secondolor nature.
Masanza fallimento
sottomeo reggimento
ètutta la loro arte
sicchénesun si parte
dalcorso che li ho dato
aciascun misurato.
Edicendo lo vero
cotalè lor mistiero
chemetton forza e cura
indar fredo e calura
epiova e neve e vento
serenoe turbamento.
Es'altra provedenza
fuemessa i·llor parvenza
no'nde farò menzione
chépicciola cagione
tiporria far errare:
chétu déi pur pensare
chele cose future
el'aperte e le scure
lasomma Maestate
ritennein potestate.
Mase di storlomia
vorraisaper la via
dela luna e del sole
comesaper si vuole
edi tutte pianete
qua'nanzi l'udirete
andandoin quelle parte
doveson le sette arte.
Benso che lungiamente
intornoal convenente
aggiotiragionato
slch'io t'aggio contato
unalunga matera
certoin breve manera.
Ese m'hai bene inteso
nelmio dire ho compreso
tutto'l coninciamento
e'l primo nascimento
d'ognecosa mondana
ede la gente umana;
ehotti detto un poco
comes'avene loco
dela Divinitate;
eholle intralasciate
sìcome quella cosa
chedè sì prezïosa
esì alta e sì degna
chenon par che s'avegna
chemette intendimento
insì gran fondamento:
matu sempicemente
crediveracemente
ciòche la Chiesa Santa
nepredica e ne canta.
Apressot'ho contato
delciel com' è stellato
maquando fie stagione
udiraila cagione
delciel com' è ritondo
edel sido del mondo.
Manon sarà pe·rima
com'e scritto di prima
maper piano volgare
tifie detto l'affare
emostrato in aperto
chene sarai ben certo.
Ond'ioti priego ormai
perla fede che m'hai
cheti piaccia partire:
chémi conviene gire
perlo mondo d'intorno
edi notte e di giorno
averestudio e cura
inogne crëatura
ch'èsotto mio mestero;
efaccio a Dio preghiero
cheti conduca e guidi
entutte partie fidi".
XI
Apressoesta parola
voltò'l viso e la gola
efecemi sembianza
chesanza dimoranza
volessevisitare
eli fiumi e lo mare.
Esanza dir fallenza
benha grande potenza
chés'io vo' dir lo vero
losuo alto mistero
èuna maraviglia:
ché'n un'ora compiglia
ecielo e terra e mare
compiendosuo affare
ché'n così poco stando
alsuo breve comando
iovidi apertamente
comefosse presente
ifiumi principali
cheson quattroli quali
secondoil mio aviso
movondi Paradiso
ciòson Tigre e Fisòn
Eofradee Gïòn.
L'unse ne passa a destra
el'altro ver' sinestra
loterzo corre in zae
e'l quarto va di lae:
sìch'Eufrade passa
ver'Babillona cassa
i·Mesopotanìa
emena tuttavia
lepietre preziose
egemme dignitose
ditroppo gran valore
perforza e per colore.
Gïònva in Etïopia
eper la grande copia
d'acquache 'n esso abonda
bagnade la sua onda
tuttaterra d'Egitto
el'amolla a diritto
unafiata l'anno
eristora lo danno
chelo 'Gitto sostene
chemai pioggia non viene:
cosìserva su' filo
edè chiamato Nilo;
d'unsu' ramo si dice
chedha nome Calice.
Tigretien altra via
chècorre per Soria
sìsmisuratamente
chenon è om vivente
chedica che vedesse
cosache sì corresse.
Fisònva più lontano
edè da noi sì strano
chequando ne ragiono
ionon trovo nessuno
chel'abbia navicato
né'n quelle parti andato.
Ein poca dimora
provideper misura
leparti del Levante
lìdove sono tante
gemmedi gran vertute
edi molte salute;
esono in quello giro
balsimeed ambra e tiro
elo pepe e lo legno
aloèch'è sì degno
espigo e cardamomo
gengiov'e cennamomo
ealtre molte spezie
checiascuna in sua spezie
èmigliore e più fina
esana in medicina.
Apressoin questo poco
misein asetto loco
letigre e li grifoni
eleofanti e leoni
cammellie drugomene
ebadalischi e gene
epantere e castoro
leformiche dell'oro
etanti altri animali
ch'ionon posso dir quali
cheson sì divisati
esì dissomigliati
dicorpo e di fazzone
disì fera ragîone
edi sì strana taglia
ch'ionon credosan' faglia
ch'alcunoomo vivente
potesseveramente
perlingua o per scritture
recittarle figure
dele bestie ed uccelli
tantosonlaidi e belli.
Poividi immantenente
laregina piagente
chestendëa la mano
verso'l mare Ucïano
quelche cinge la terra
eche la cerchia e serra
eha una natura
ch'èa veder ben dura
ch'un'oracresce molto
efa grande timolto
poitorna in dibassanza;
cosìfa per usanza:
orprende terraor lassa
ormontaor dibassa;
ela gente per motto
diconc'ha nome fiotto.
Eioponendo mente
làoltre nel ponente
apressoquesto mare
vididiritto stare
grancolonnele quale
vipose per segnale
Ercolèslo potente
permostrare a la gente
cheloco sia finata
laterra e terminata:
ch'egliper forte guerra
aveavinta la terra
pertutto l'uccidente
enon trova più gente.
Madoppo la Sua morte
sìson gente raccorte
esono oltre passati
sìche sono abitati
dilàin bel paese
ericco per le spese.
Diquesto mar ch'i' dico
vidiper uso antico
nellaperfonda Spagna
partireuna rigagna
diquesto nostro mare
checerehiaciò mi pare
quasilo mondo tutto
sìche per suo condotto
benpò chi sa dell'arte
navicartutte parte
egire in quella guisa
diSpagna infin a Pisa
e'n Grecia ed in Toscana
e'n terra ciciliana
enel Levante dritto
ein terra d'Igitto.
Ver'è che 'n orïente
lomar volta presente
ver'lo settantrïone
peruna regïone
dovelo mar non piglia
terrache sette miglia;
poitorna in ampiezza
epoi in tale stremezza
ch'ionon credo che passi
checinquecento passi.
Daquesto mar si parte
lomar che non comparte
là'v'e la regïone
diVinegia e d'Ancone:
cosìogn'altro mare
cheper la terra pare
ditraverso e d'intorno
simove e fa ritorno
inquesto mar pisano
ov'è'l mare Occïano.
Eio che mi sforzava
diciò che io mirava
saverlo certo stato
tantoandai d'ogne lato
ch'iovidi apertamente
davantial mio vidente
diciascuno animale
elo bene e lo male
ela lor condizione
ela 'ngenerazione
elo lor nascimento
elo cominciamento
etutta loro usanza
lavista e la sembianza.
Ond'ioaggio talento
nellomio parlamento
ritrareciò ch'io vidi.
Nondico ch'io m'afidi
dicontarlo pe·rima
dalpiè fin a la cima
ma'n bel volgare e puro
talche non sia oscuro
vidicerò per prosa
quasitutta la cosa
qua'nanti da la fine
perchépaia più fine.
XII
Dapoi ch'a la Natura
parveche fosse l'ora
delmio dipartimento
congaio parlamento
slcominciò a dire
paroleda partire
congrazia e con amore;
efaccendomi onore
disse:"Fi' di Latino
guardache 'l gran cammino
nontorni esta semmana
maquesta selva piana
chetu vedi a sinestra
cavalcheraia destra.
Nonti paia travaglia
chétu vedrai san' faglia
tuttele gran sentenze
ele dure credenze;
epoi da l'altra via
vedraiFisolofia
etutte sue sorelle;
epoi udrai novelle
dele quattro Vertute;
ese quindi ti mute
troveraila Ventura;
acui se poni cura
chénon ha certa via
vedraiBaratteria
che'n sua corte si tene
didiare e male e bene;
ese non hai timore
vedraii·Dio d'Amore
evedrai molte gente
che'l servono umilmente
evedrai le saette
chefuor de l'arco mette.
Maperché tu non cassi
inquesti duri passi
te'porta questa segna
chenel mio nome regna.
Ese tu fossi giunto
d'alcungravoso punto
tostolo mostra fuore:
nonfia sì duro core
cheper la mia temenza
nont'aggia in reverenza".
Eio gechitamente
ricevetti'l presente
la'nsegna che mi diede;
poile basciai il piede
emercé le gridai
ch'ellam'avesse ormai
persuo racomandato.
Equando io fui girato
giàpiù no·lla rividi.
Orconven ch'io mi guidi
ver'là dove mi disse
'nantiche si partisse.
XIII
Orva mastro Burnetto
perun sentiero stretto
cercandodi vedere
etoccar e sapere
ciòche l'è destinato;
enon fu' guari andato
ch'i'fu' nella deserta
dov'io non trovai certa
néstrada né sentero.
Dehche paese fero
trovaiin quella parte!
Chés'io sapesse d'arte
quivimi bisognava
chéquanto io più mirava
piùmi parea salvaggio:
quivinon ha vïaggio
quivinon ha magione
quivinon ha persone
nonbestianon uccello
nonfiumenon ruscello
néformica né mosca
nécosa ch'io cognosca.
Ediopensando forte
dottaiben de la morte:
enon è maraviglia
chében trecento miglia
duravad'ogne lato
quelpaese ismaggiato.
Masì m'asicurai
quandomi ricordai
delsicuro segnale
checontra tutto male
midà sicuramento;
eio presi andamento
quasiper aventura
peruna valle scura
tantoch'al terzo giorno
iomi trovai d'intorno
ungrande pian giocondo
lopiù gaio del mondo
elo più dilettoso.
Maricontar non oso
ciòch'i' trovai e vidi:
seDio mi porti e guidi
ionon sarei creduto
diciò ch'i' ho veduto;
ch'i'vidi imperadori
ere e gran segnori
emastri di scïenze
chedittavan sentenze
evidi tante cose
chegià in rime né in prose
no·lleporria contare;
masopra tutti stare
vidiuna imperadrice
dicui la gente dice
cheha nome Vertute
edè capo e salute
ditutta costumanza
ede la buona usanza
ed'i be' reggimenti
ache vivon le genti;
evidi agli occhi miei
essernate di lei
quattroregine figlie;
estrane maraviglie
vididi ciascheduna
ch'ormi parea pur una
ormi parean divise
e'n quattro parti mise
sìch'ognuna per séne
teneansue propie mene
edavean su' legnaggio
su'corso e su' vïaggio
e'n sua propria magione
teneancorte e ragione;
manon già di paraggio
chél'un' è troppo maggio
epoi di grado a grado
catunava più rado.
XIV
Dipiù certo sapere
lanatura del fatto
mimossi sanza patto
didomandar fidanza
etrassimi a l'avanza
dela corte maggiore
chev'è scritto 'l tenore
d'unacotal sentenza:
"Quidemora Prodenza
cuila gente in volgare
suoleSenno chiamare".
Evidi ne la corte
làdentro fra le porte
quattrodonne reali
checorte principali
teneanragion ed uso.
Poimi tornai là giuso
aun altro palazzo
evidi in bello stazzo
scrittoper sottiglianza:
"Quista la Temperanza
cuila gente talora
suolchiamare Misura".
Evidi là d'intorno
dimorarea soggiorno
cinquegran principesse
evidi ch'elle stesse
teneangran parlamento
diricco insegnamento.
Poinell'altra magione
vidiin un gran pedrone
scrittoper sottigliezza:
"Quidimora Fortezza
cuitalor per usaggio
Valenzadi coraggio
lachiama alcuna gente".
Poividi immantenente
quattroricche contesse
egente rade e spesse
chestavano a udire
ciòch'elle volean dire.
Epartendomi un poco
iovidi in altro loco
ladonna incoronata
peruna caminata
chemenava gran festa
etalor gran tempesta;
evidi che lo scritto
ch'eradi sopra fitto
inlettera dorata
dicea:"Io son chiamata
Giustiziain ogne parte".
Evidi i·l'altra parte
quattromaestre grandi
ea li lor comandi
sistavano ubidenti
quasitutte le genti.
Cosìs'i' non misconto
eranventi per conto
questedonne reali
chede le principali
sonnate per lignaggio
sìcome detto v'aggio.
Es'io contar volesse
ciòch'io ben vidi d'esse
insiemeed in divisa
noncredo i·nulla guisa
cheiscrittura capesse
néche lingua potesse
divisarlor grandore
né'l bene né 'l valore.
Peròpiù non ne dico;
masì pensai con meco
chequattro n'ha tra loro
cu'i' credo ed adoro
assaipiù coralmente
perché'l lor convenente
mipar più grazïoso
ea la gente in uso:
Cortesiae Larghezza
eLeanza e Prodezza.
Ditutte e quattro queste
ilpuro sanza veste
diròin questo libretto:
dell'altrenon prometto
didir né di ritrare;
machi 'l vorrà trovare
cerchinel gran Tesoro
ch'iofatt' ho per coloro
c'hannoil core più alto:
làfarò grande salto
perdirle più distese
nela lingua franzese.
XV
Ond'io ritorno ormai
perdir come trovai
letre a gran dilizia
incasa di Giustizia
chéson sue descendenti
enate di parenti.
Eio m'andai da canto
edimora'vi tanto
chedi' vidi Larghezza
mostrarecon pianezza
adun bel cavalero
comenel suo mistero
sidovesse portare.
Edicìeciò mi pare:
"Setu vuol' esser mio
ditanto t'afid' io
chenullo tempo mai
dime mal non avrai
anzisarai tuttore
ingrandezza e in onore
chégià om per larghezza
nonvenne in poverezza.
Ver'è ch'assai persone
diconch'a mia cagione
hannol'aver perduto
ech'è loro avenuto
perchéson larghi stati;
matroppo sono errati:
chécomo è largo quelli
chepar che s'acapilli
peruna poca cosa
oveonor grande posa
e'n un'altra bruttezza
faràsì gra·larghezza
chefie dismisuranza?
Matu sappie 'n certanza
chenull' ora che sia
venirnon ti poria
latua ricchezza meno
seti tieni al mio freno
nelmodo ch'io diraggio:
chéquelli è largo e saggio
chespende lo danaro
persalvar l'ogostaro.
Peròin ogne lato
timembri di tu' stato
espendi allegramente;
enon vo' che sgomente
sepiù che sia ragione
despendia le stagione
anz'è di mio volere
chetu di non vedere
teinfinghi a le fïate
sedanari o derrate
nevanno per onore:
pensache sia il migliore.
Ese cosa adivenga
chespender ti convenga
guardache sia intento
sìche non paie lento:
chédare tostamente
èdonar doppiamente
edar come sforzato
perdelo dono e 'l grato;
chémolto più risplende
lopocochi lo spende
tostoe a larga mano
cheque' che da lontano
dispendegran ricchezza
etardicon durezza.
Matuttavia ti guarda
d'unacosa che 'mbarda
lagente più che 'l grado
cioègioco di dado:
chénon è di mia parte
chisi gitta in quell'arte
anz'è disvïamento
egrande struggimento.
Matanto dico bene
setalor ti convene
giocarper far onore
adamico o a segnore
chetu giuochi al più grosso
enon dire: "I' non posso".
Nonabbie in ciò vilezza
malieta gagliardezza;
ese tu perdi posta
paiache non ti costa:
nondicer villania
némal motto che sia.
Ancorchi s'abandona
perastio di persona
eper sua vanagroria
escede la memoria
aspender malamente
nonm'agrada neente;
emolto m'è rubello
chidispende in bordello
eva perdendo 'l giorno
infemine d'intorno.
Machi di suo bon core
amasseper amore
unadonna valente
setalor largamente
dispendesseo donasse
(nonsì che folleggiasse)
be·llosi puote fare
mano'l voglio aprovare.
Etegno grande scherna
chidispende in taverna;
echi in ghiottornia
sigettao in beveria
èpeggio che omo morto
e'l suo distrugge a torto.
Eho visto persone
ch'acomperar capone
pernicee grosso pesce
lospender no·lli 'ncresce:
chécome vol sien cari
purtrovansi i danari
sìpagan mantenente
ecredon che la gente
liliponga i·llarghezza;
maben è gran vilezza
ingolartanta cosa
chegià fare non osa
convitiné presenti
macolli propî denti
mangiae divora tutto:
eccocostume brutto!
Madios'i' m'avedesse
ch'eglialtro ben facesse
unquadi ben mangiare
no·llodovrei blasmare:
machi 'l nasconde e fugge
econsuma e distrugge
soloche ben si pasce
certoin mal punto nasce.
Haccigente di corte
chesono use ed acorte
asollazzar la gente
madomandan sovente
danarie vestimenti:
certose tu ti senti
lopoder di donare
bendéi corteseggiare
guardandod'ogne lato
diciascun lo suo stato;
magià non ublïare
setu puoi megliorare
lodono in altro loco
nonti vinca per gioco
lusingadi buffone:
guardaloco e stagione.
Ancoraabbi paura
d'improntarea usura;
mase ti pur convene
averper spender bene
pregoche rende ivaccio
chénon è bel procaccio
népiacevol convento
didiece render cento:
giàd'usura che dài
nullagrazia non hai;
né'n ciò non ha larghezza
matua gran pigrezza.
Benforte mi dispiace
egran noia mi face
donzelloe cavalero
chequando un forestero
passaper la contrada
nonlascia che non vada
afarli compagnia
incasa e per la via
egran cose promette
maaltro non vi mette:
cosìten questa mena;
echi lo 'nvita a cena
terrebbeben lo 'nvito;
nonfarebbe convito
servigioné presente.
Masai che m'è piagente?
quandovene un forese
difarli ben le spese
secondoche s'aviene:
chépresentar ritiene
amoreed onoranza
compagniaed usanza.
Esai ch'io molto lodo?
chetu a ogne modo
abbidi belli arnesi
eprivati e palesi
sìche 'n casa e di fore
sipaia 'l tuo onore.
Ese tu fai convito
ocorredo bandito
fa'lprovedutamente
chenon falli neente:
ditutto inanzi pensa;
equando siedi a mensa
nonfar un laido piglio
nonchiamare a consiglio
sescalconé sergente
chéda tutta la gente
saraiscarso tenuto
enon ben proveduto.
Omait'ho detto assai:
perciòti partirai
edritto per la via
neva' a Cortesia
eprega da mia parte
cheti mostri su' arte
chégià non veggo lume
sanza'l su' bon costume".
XVI
Locavaler valente
simosse inellamente
egìo sanza dimora
locodove dimora
Cortesiagrazïosa
lncui ognora posa
pregiodi valimento
econ bel gechimento
lapregò che 'nsegnare
lidovess' e mostrare
tuttala maestria
difina cortesia.
Edella immantenente
conbuon viso piacente
dissein questa manera
lofatto e la matera:
"Siecerto che Larghezza
è'l capo e la grandezza
ditutto mio mistero
sìch'io non vaglio guero
es'ella non m'aita
pocosarei gradita.
Ellaè mio fondamento
eio suo doramento
ecolore e vernice:
machi lo buon ver dice
senoi due nomi avemo
quasiuna cosa semo.
Maa tebell' amico
primeramentedico
chenel tuo parlamento
abbiprovedimento:
nonsia troppo parlante
epensati davante
quelloche dir vorrai
chénon retorna mai
laparola ch'è detta
sìcome la saetta
cheva e non ritorna.
Chiha la lingua adorna
pocosenno gli basta
seper follia no'l guasta.
E'l detto sia soave
eguarda non sia grave
indir ne' reggimenti
chénon puo' a le genti
farpiù gravosa noia:
consiglioche si moia
chispiace per gravezza
chémai non si ne svezza;
echi non ha misura
sefa 'l bensì l'oscura.
Nonsia inizzatore
nésia redicitore
diquel ch'altra persona
davantea te ragiona;
nénon usar rampogna
nédire altrui menzogna
névillania d'alcuno:
chégià non è nessuno
cuinon posse di botto
dicereu·laido motto.
Nénon sie sì sicuro
chepur un motto duro
ch'altrapersona tocca
t'escafuor de la bocca:
chétroppa sicuranza
facontra buona usanza;
echi sta lungo via
guardidi dir follia.
Masai che ti comando
epongo a greve bando?
chel'amico de bene
innoraquanto téne
apiede ed a cavallo.
Négià per poco fallo
nonprender grosso core
perte non falli amore.
Eabbie sempre a mente
d'usarcon buona gente
eda l'altra ti parti:
chésì come dell'arti
qualchevizio n'aprendi
sìch'anzi che t'amendi
n'avraidanno e disnore.
Peròa tutte l'ore
titieni a buona usanza
perciòch'ella t'avanza
inpregio ed in valore
efatt' esser migliore
edà bella figura:
chéla buona natura
sirischiara e pulisce
se'l buon uso seguisce.
Maguarda tuttavia
s'aquella compagnia
tuparessi gravoso
digir non sie più oso
madaltra ti procaccia
acui il tu' fatto piaccia.
Amicoe guarda bene
conpiù ricco di téne
nonti caglia d'usare
ch'ostarai per giullare
ospenderai quant'essi:
chese tu no'l facessi
sarebbevillania;
epensa tuttavia
chelarga inconincianza
sìvuol perseveranza.
Dunquedéi provedere
se'l porta tuo podere
che'l facci apertamente;
senonsì poni mente
dinon far tanta spesa
cheposcia sia ripresa;
maprendi usanz' a tale
chesia con teco iguale;
es'avanzasse un poco
nonti smagar di loco
maspendi di paraggio:
nonprendere avantaggio.
Epensa ogne fïata
senella tua brigata
haomo al tu' parere
menpotente d'avere
perDio no·llo sforzare
piùche non posse fare:
chese per tu' conforto
ilsu' dispende a torto
etorna in basso stato
tune sarai biasmato.
Maben ci son persone
d'altracondizïone
chesi chiaman gentili:
tutt'altri tegnon vili
percotal gentilezza;
ea questa baldezza
talchiaman mercennaio
chepiù tosto uno staio
spenderiadi fiorini
ch'essidi picciolini
benchéli lor podere
fosserond'un valere.
Echi gentil si tiene
sanzafare altro bene
senon di quella boce
credesifar la croce
mae' si fa la fica:
chinon dura fatica
sìche possa valere
nonsi creda capere
tragli uomini valenti
perchésia di gran genti;
ch'iogentil tengo quelli
chepar che modo pilli
digrande valimento
edi bel nudrimento
sìch'oltre suo lignaggio
facose d'avantaggio
evive orratamente
sìche piace a le gente
Bendicose 'n ben fare
sial'uno e l'altro pare
quellich'è meglio nato
ètenuto più a grato
nonper mia maestranza
maperch' è sì usanza
laqual vince e rabatti
granparte d'i mie' fatti
sìch'altro no ne posso:
ch'estomondo è sì grosso
cheben per poco detto
sigiudica 'l diritto;
chélo grande e 'l minore
civivono a romore.
Perciòne sie aveduto
distar tra lor sì muto
chènon ne faccia·risa:
pàssatia la lor guisa
che'nanzi ti comporto
chetu segue lo torto;
chese pur ben facessi
dache lor non piacessi
nullacosa ti vale
edir bene né male.
Perònon dir novella
senon par buona e bella
aciascun che la 'ntende
chétal ti ne riprende
cheaggiunge bugia
quandose' ito via
cheti déi ben dolere.
Peròdéi tu sapere
incotal compagnia
giucardi maestria
ciòè che sappie dire
quelche deia piacere;
elo bense 'l saprai
conaltrui lo dirai
dovefie conusciuto
eben caro tenuto
chémolti sconoscenti
troveraifra le genti
chemetton maggio cura
d'udireuna laidura
ch'unacosa che vaglia:
trapassae non ti caglia.
Esie bene apensato
s'unom molto pesato
alcunavolta faccia
cosache non s'aggiaccia
inpiazza né in templo
no'nde pigliare asemplo
perciòche non ha scusa
chialtrui mal s'ausa.
Eguarda non errassi
setu stessi o andassi
condonna o con segnore
ocon altro maggiore;
ebenché sie tuo pare
chelo sappie innorare
ciascunper lo su' stato.
Sienesì ampensato
edel più e del meno
chetu non perdi freno;
magià a tuo minore
nonrender più onore
ch'aluï si convenga
néch'a vil te ne tenga:
peròs'egli è più basso
vasempre inanzi un passo.
Ese vai a cavallo
guardatid'ogne fallo;
quandovai per cittade
consigliotiche vade
moltocortesemente:
cavalcabellamente
unpoco a capo chino
ch'andarcosì 'n disfreno
pargran salvatichezza;
nénon guardar l'altezza
d'ognecasa che truove;
guardache non ti move
com'onche sia di villa;
nonguizzar com' anguilla
mava' sicuramente
pervïa tra la gente.
Chiti chiede in prestanza
nonfare adimoranza
setu li vuol' prestare:
no'lfar tanto tardare
che'l grado sia perduto
anziche sia renduto.
Equando se' in brigata
seguisciogne fïata
lorvia e lor piacere
chétu non déi volere
purfar a la tua guisa
néfar di lor divisa.
Eguàrdati ad ogn'ora
chelaida guardatura
nonfacci a donna nata
acasa o nella strata:
peròchi fa 'l sembiante
edice ch'è amante
èun briccon tenuto.
Eio ho già veduto
solod'una canzone
peggiorarcondizione:
chégià 'n questo paese
nonpiace tal arnese.
Eguarda in tutte parti
ch'Amorgià per su' arti
nont'infiammi lo core:
conben grave dolore
consumeraitua vita
némai di mia partita
nonti potrei tenere
sefossi in suo podere.
Orti torna a magione
ch'omaiè la stagione;
esie largo e cortese
sìche 'n ogne paese
tuttotuo convenente
siatenuto piagente".
XVII
Percosì bel commiato
n'andòda l'altro lato
locavalier gioioso
emolto confortoso
persembianti parea
diciò ch'udito avea;
e'n questa benenanza
sen'andò a Leanza
elei si fece conto
epoi disse suo conto
sìcome parve a lui:
ecerto io che vi fui
lodoben sua manera
e'l costume e la cera.
Evidi Lealtate
chepur di veritate
teneasuo parlamento;
conbello acoglimento
lidisse: "Ora m'intendi
eciò ch'io dico aprendi.
Amicoprimamente
consiglioche non mente
e'n qual parte che sia
tunon usar bugia:
ch'ondice che menzogna
ritornain gran vergogna
peròc'ha breve corso;
equando vi se' scorso
setu a le fïate
dicessiveritate
nonti sarà creduta.
Mase tu hai saputa
laverità d'un fatto
epoi per dirla ratto
gravebriga nascesse
certose la tacesse
sene fossi ripreso
saraida me difeso.
Ese tu hai parente
ocaro benvogliente
cuila gente riprenda
d'unalaida vicenda
tudê essere acorto
adiritto ed a torto
indicer ben di lui
eper fare a colui
discrederciò che dice;
epoiquando ti lice
l'amicotuo gastiga
delfatto onde s'imbriga.
Cosache tu promette
nonvo' che la dimette:
comandoche s'atenga
purchémal non n'avenga
Bendicon buoni e rei:
"Setu fai ciò che déi
avegnaciò che puote";
mapoichi ti riscuote
s'ungrave mal n'avene?
Foll'è chi teco tene:
ch'i'tegno ben leale
chiper un picciol male
faschifare un maggiore
se'l fa per lo migliore
sìche lo peggio resta.
Echi ti manofesta
alcunasua credenza
abbineretenenza
ela lingua sì lenta
ch'unaltro no la senta
sanzala sua parola:
ch'iogià per vista sola
vidimanofestato
unfatto ben celato.
Echi ti dà in prestanza
suacosao in serbanza
rendilasì a punto
chenon sie in fallo giunto.
Echi di te si fida
semprelo guarda e guida
négià di tradimento
nonti vegna talento.
Evo' ch'al tuo Comune
rimossaogne cagione
siediritto e leale
egià per nullo male
chene poss' avenire
no·llolasciar perire.
Equando se' 'n consiglio
sempreti tieni al meglio:
néprego né temenza
timova i·rria sentenza.
Sefai testimonianza
siapiena di leanza;
ese giudichi altrui
guardasì abondui
chegià da nulla parte
nonfalli l'una parte.
Ancorti priego e dico
quand'hai lo buono amico
elo leal parente
amalocoralmente:
nonsi' a sì grave stallo
chetu li facce fallo.
Evoglio ch'am' e crede
SantaChiesa e la fede;
esolo e infra la gente
innoralealmente
GesoCristo e li santi
sìche' vecchi e li fanti
abbiandi te speranza
eprendan buon' usanza.
Eva'che ben ti pigli
eche Dio ti consigli
chéper esser leale
sicuopre molto male".
XVIII
Allorail cavalero
che'n sì alto mestero
aveala mente misa
sen'andò a distesa
egìsene a Prodezza;
equivi con pianezza
econ bel piacimento
edisse il suo talento.
Allorvid' io Prodezza
conviso di baldezza
sicuroe sanza risa
parlarein questa guisa:
"Dicotiapertamente
chetu non sie corrente
afar né a dir follia
chéper la fede mia
nonha presa mi' arte
chisegue folle parte;
echi briga mattezza
nonfie di tale altezza
chenon ruvini a fondo:
nonha grazia nel mondo.
Eguàrdati ognora
chetu non facci ingiura
néforza a om vivente:
quantose' più potente
cotantopiù ti guarda
chéla gente non tarda
diportar mala boce
aom che sempre noce.
Ditanto ti conforto
chese t'è fatto torto
arditamentee bene
latua ragion mantene.
Benti consiglio questo:
chese tu col ligisto
atartenepotessi
vorriache lo facessi
ch'egliè maggior prodezza
rinfrenarla mattezza
condolci motti e piani
chevenire a le mani.
Enon mi piace grido;
purcon senno mi guido;
mase 'l senno non vale
mettimal contra male
négià per suo romore
nonbassar tuo onore;
mas'è di te più forte
faisenno se 'l comporte
eda' loco a la mischia
chéfoll' è chi s'arischia
quandonon è potente:
peròcortesemente
tiparti di romore;
mase per suo furore
nonti lascia partire
vogliendotiferire
consigliotie comando
no'nde vada [da] bando:
abbiele mani acorte
nondubbiar de la morte
chétu sai per lo fermo
chegià di nullo schermo
sipote omo covrire
chenon vada al morire
quandolo punto vene.
Peròfa grande bene
chis'arischi' al morire
anziche soferire
vergognané grave onta:
ché'l maestro ne conta
cheomo teme sovente
talcosache neente
lifarà nocimento.
Nénon mostrar pavento
aom ch'è molto folle
chése ti truova molle
piglierànnebaldanza;
matu abbi membranza
difarli un ma·riguardo
sìsarà più codardo.
Setu hai fatto offesa
altruiche sia ripresa
ingrave nimistanza
sìabbi per usanza
diben guardarti d' esso
edabbi sempre apresso
earme e compagnia
acasa e per la via;
ese tu vai atorno
slva' per alto giorno
mirandod'ogne parte
chénon ci ha miglior arte
perfar guardia sicura
chebuona guardatura:
l'occhioti guidi e porti
elo cor ti conforti.
Eun'altra ti dico:
sequesto tuo nemico
fossedi basso afare
nonce t'asecurare
perchésie più gentile;
no·llotenere a vile
ch'ogn'omoha qualch' aiuto:
ei' ho già veduto
benfare una vengianza
chequasi rimembranza
no'nd' era tra la gente.
Peròcortesemente
delnemico ti porta
eabbie usanza acorta:
se'l truovi in alcun lato
paial'abbie innorato;
se'l truovi in alcun loco
perira né per gioco
no·llimostrare asprezza
nevillana fierezza;
dà·llitutta la via:
peròche maestria
afinapiù l'ardire
chenon fa pur ferire.
Chifere bene ardito
pòben esser ferito;
ese tu hai coltello
altril'ha buono e bello:
mamaestria conchiude
laforza e la vertude
efa 'ndugiar vendetta
ealungar la fretta
emettere in obria
eatutar follia.
Etu sia bene apreso:
chese ti fosse ofeso
diparole o di detto
nonrizzar lo tu' petto
nenon sie più corrente
cheporti 'l convenente.
Alpostutto non voglio
ch'alcunoper suo orgoglio
dicané faccia tanto
che'l gioco torni 'n pianto
néche già per parola
sitagli mano o gola.
Ei' ho già veduto
omoch'è pur seduto
nonfacendo mostranza
farben dura vengianza.
S'afesot'è di fatto
dicotia ogne patto
chetu non sie musorno
madi notte e di giorno
pensade la vendetta
enon aver tal fretta
chetu ne peggior' onta
ché'l maestro ne conta
chefretta porta inganno
e'ndugio è par di danno;
etu così digrada:
mapurcome che vada
lacosalenta o ratta
siala vendetta fatta.
Ese 'l tuo buono amico
haguerra di nemico
tune fa' quanto lui
eguàrdati di plui:
nonmenar tal burbanza
chedelli a tua fidanza
coninciassetal cosa
chemai non abbia posa.
Eancor non ti caglia
d'ostené di battaglia
nénon sie trovatore
diguerra o di romore.
Mase pur avenisse
che'l tuo Comun facesse
osteo cavalcata
voglioche 'n quell'andata
tiporte con barnaggio
edimostreti maggio
chenon porta tuo stato;
edéi in ogne lato
mostrartutta franchezza
efar buona prodezza.
Nonsie lento né tardo
chégià omo codardo
nonaquistò onore
nédivenne maggiore.
Etu per nulla sorte
nondubitar di morte
ch'assaiè più piacente
morireorratamente
ch'esservituperato
vivendoin ogne lato.
Ortorna in tuo paese
esie prode e cortese:
nonsia lanier né molle
nécorrente né folle".
Cosìnoi due stranieri
ciritornammo arrieri:
coluin'andò in sua terra
benapreso di guerra
eio presi carriera
perandar là dov' iera
tuttomio intendimento
e'l final pensamento
peresser veditore
diVentur' e d'Amore.
XIX
Orsi ne va il maestro
perlo camino a destro
pensandoduramente
intornoal convenente
dele cose vedute:
eson maggior essute
ch'ionon so divisare;
eben si dee pensare
chiha la mente sana
odha sale 'n dogana
che'l fatto è smisurato
etroppo gran trattato
sarebbea ricontare.
Orvoglio intralasciare
tantosenno e savere
quant'io fui a vedere
econtar mio vïaggio
come'n calen di maggio
passativalli e monti
eboschi e selve e ponti
iogiunsi in un bel prato
fioritod'ogne lato
lopiù ricco del mondo.
Maor parea ritondo
oraavea quadratura;
oraavea l'aria scura
orae chiara e lucente;
orveggio molta gente
ornon veggio persone;
orveggio padiglione
orveggio case e torre;
l'ungiace e l'altro corre
l'unfugge e l'altro caccia
chista e chi procaccia
l'ungode e l'altro 'mpazza
chipiange e chi sollazza:
cosìda ogne canto
vedeagioco e pianto.
Peròs'io dubitai
omi maravigliai
be·llodëon sapere
que'che stanno a vedere.
Matrovai quel suggello
cheda ogne rubello
m'afidae m'asicura:
cosìsanza paura
mitrassi più avanti
etrovai quattro fanti
ch'andavantrabattendo.
Eioch'ognora atendo
disaper veritate
dele cose trovate
pregaiper cortesia
chesostasser la via
perdirmi il convenente
de·luogoe de la gente.
El'unch'era più saggio
ed'ogne cosa maggio
midisse in breve detto:
"Sappimastro Burnetto
chequi sta monsegnore
ch'ecapo e dio d'amore;
ese tu non mi credi
passaoltra e sì 'l vedi;
epiù non mi toccare
ch'ionon t'oso parlare".
Cosìfuron spariti
ein un punto giti
ch'i'non so dove o come
néla 'nsegna né 'l nome.
Mai' m'asicurai
etanto inanti andai
ch'i'vidi al postutto
eparte e mezzo e tutto;
evidi molte genti
cu'liete e cui dolenti;
edavanti al segnore
pareache gran romore
facesseun'altra schiera;
e'n una gran chaiera
iovidi dritto stante
ignudoun fresco fante
ch'aveal'arco e li strali
eavea penn' ed ali
maneente vedea
esovente traea
grancolpi di saette
elà dove le mette
convienche fora paia
chiche periglio n'aia;
equesti al buon ver dire
aveanome Piacere.
Equando presso fui
iovidi intorno lui
quattrodonne valenti
tenersopra le genti
tuttala segnoria;
ede la lor balìa
iovidi quanto e come
eso di lor lo nome:
Paurae Disianza
eAmore e Speranza.
Eciascuna in disparte
adoverasu' arte
ela forza e 'l savere
quant'ella può valere:
chéDesïanza punge
lamente e la compunge
esforza malamente
d'averpresentemente
lacosa disïata
edè sì disvïata
chenon cura d'onore
némorte né romore
néperiglio ch'avegna
nécosa che sostegna;
senon che la Paura
latira ciascun'ora
sìche non osa gire
nésolo u·motto dire
néfar pur un semblante
peròche 'l fino amante
ritemea dismisura.
Benha la vita dura
chicosì si bilanza
tratema e disïanza;
maFino Amor solena
delgran disio la pena
efa dolce parere
eleve a sostenere
lotravaglio e l'afanno
ela doglia e lo 'nganno.
D'altraparte Speranza
aducegran fidanza
incontroa la Paura
esempre l'asicura
d'averbuon compimento
disuo inamoramento.
Equesti quattro stati
sondi Piacere nati
conessi sì congiunti
chegià ora né punti
nonpotresti contare
tra·llorlo 'ngenerare:
chéquando omo 'namora
iodico che 'n quell'ora
disiaed ha temore
esperanza ed amore
dipersona piaciuta;
chéla saetta aguta
chemove di piacere
lopungee fa volere
dilettocorporale
tant'èl'amor corale.
Cosìciascuno in parte
aòverarsu' arte
divisaed in comuno;
matutti son pur uno
cuila gente ha temore
sì'l chiaman Dio d'Amore
perciòche 'l nome e l'atto
s'acordapiù al fatto.
Assaimi volsi intorno
edi notte e di giorno
credendomicampire
delfanteche ferire
locor non mi potesse;
es'io questo tacesse
fareimaggio savere
ch'iofui messo in podere
ein forza d'Amore.
Peròcaro segnore
s'iofallo nel dettare
voidovete pensare
chel'om ch'è 'namorato
soventemuta stato.
Poimi tornai da canto
ein un ricco manto
vidiOvidio maggiore
chegli atti dell'amore
cheson così diversi
rasembra'n motti e versi.
Eio mi trassi apresso
edomandai lu' stesso
chedelli apertamente
midica il convenente
elo bene e lo male
del[o] fante dell'ale
c'hale saette e l'arco
eonde tale incarco
livenneche non vede.
Edelli in buona fede
mirispose 'n volgare
chela forza d'amare
nonsa chi no lla prova:
"Perciòs'a te ne giova
cércatifra lo petto
delbene e del diletto
delmale e de l'errore
chenasce per amore".
Ecosì stando un poco
iomi mutai di loco
credendomifuggire;
manon potti partire
ch'iov'era sì 'nvescato
chegià da nullo lato
poteamutar lo passo.
Cosìfui giuntolasso
egiunto in mala parte!
MaOvidio per arte
midiede maestria
sìch'io trovai la via
com'io mi trafugai:
cosìl'alpe passai
evenni a la pianura.
Matroppo gran paura
edafanno e dolore
dipersona e di core
m'avennequel vïaggio:
ond'iopensato m'aggio
anzich'io passi avanti
aDio ed a li santi
tornardivotamente
emolto umilemente
confessarli peccati
a'preti ed a li frati.
Equesto mio libretto
eogn'altro mio detto
ch'iotrovato avesse
s'alcunvizio tenesse
comettoogni stagione
i·llorcorrezzïone
perfar l'opera piana
cola fede cristiana.
Evoicaro segnore
pregodi tutto core
chenon vi sia gravoso
s'i'alquanto mi poso
finchédi penitenza
perfina conoscenza
mipossa consigliare
conomo che mi pare
ver'me intero amico
acui sovente dico
emostro mie credenze
etegno sue sentenze.
XX
Alfino amico caro
acui molto contraro
d'alegrezzae d'afanno
parevenuto ogn'anno:
ioBurnetto Latino
chenessun giorno fino
d'avergioia e pena
(comeVentura mena
larot' a falsa parte)
timando 'n queste carte
salutee 'ntero amore:
ch'i'non truovo migliore
amicoche mi guidi
nédi cui più mi fidi
didir le mie credenze
chétroppo ben sentenze
quandochero consiglio
intra'l bene e 'l periglio.
Orm'è venuta cosa
ch'i'non poria nascosa
tenerch'io non ti dica:
purnon ti sia fatica
d'udireinfi·la fine
amicomioch'afine
mieparole mondane
ch'iodissi ognora vane.
PerDio merzé ti mova
laragionee la prova
checiò che dire voglio
dabuona parte acoglio.
Nonsai tu che lo mondo
siporia dir non mondo
considerandoquanto
ciha no mondezza e piant ?
Chetruovi tu che vaglia?
Nonvedi tu san' faglia
ch'ognecosa terrena
portapeccato e pena
nécosa ci ha sì crera
chenon fallisca e pèra?
Orprendi un animale
piùforte e che più vale:
dicoche 'n poco punto
èdisfatto e digiunto.
Ahiomperché ti vante
vecchiomezzano e fante?
Di'che vai tu cercando?
Giànon sai l'ora e quando
venquella che ti porta
quellache non comporta
oficioo dignitate:
ahiDeoquante fïate
neporta le corone
comebasse persone!
GiulioCesar maggiore
loprimo imperadore
giànon campò di morte
néSanson lo più forte
nonvisse lungiamente;
Alesandrovalente
checonquistò lo mondo
giacemorto in fondo;
Assalonper bellezze
Ettòrper arditezze
Salamonper savere
Attavianper avere
giànon camparo un giorno
foradel suo ritorno.
Adunqueomoche fai?
Giàtorne tutto in guai
lamannaia non vedi
c'haituttora a li piedi.
Orguarda il mondo tutto:
fogliae fiore e frutto
augelbestia né pesce
dimorte fuor non esce.
Dunqueben pe·ragione
provaoSalamone
ch'ognecosa mondana
èvanitate vana.
Amicoor movi guerra
eva' per ogne terra
eva' ventando il mare
donarobe e mangiare
guadagnaargento ed oro
amassagran tesoro:
tuttoquesto che monta?
Irafatica ed onta
haimesso a l'aquistare
poinon sai tanto fare
chenon perde in un motto
tee l'aquisto tutto.
Ond'iodi ciò pensando
efra me ragionando
quant'io aggio fallato
ecome sono istato
omoreo peccatore
slch'al mio Crëatore
nonebbi provedenza
enulla reverenza
portaia Santa Chiesa
anzil'ho pur offesa
diparole e di fatto
orami tegno matto
ch'i'veggio ed ho saputo
ch'i'son dal mal perduto.
Epoi ch'io veggio e sento
ch'iovado a perdimento
seriaben for di senso
s'i'non proveggio e penso
comeper lo ben campi
chelo mal non m'avampi.
XXI
Cosìtutto pensoso
ungiorno di nascoso
entraiin Mompuslieri
econ questi pensieri
men'andai a li frati
etutti mie' peccati
contaidi motto in motto.
Ahilassoche corrotto
feciquand' ebbi inteso
com'io era compreso
dismisurati mali
oltreche criminali!
ch'iopensava tal cosa
chenon fosse gravosa
chedè peccato forte
piùquasi che di morte.
Ond'io tutto a scoverto
alfrate mi converto
chem'ha penitenziato;
epoi ch'i' son mutato
ragionè che tu muti
chésai che sén tenuti
unpoco mondanetti:
peròvo' che t'afretti
digire ai frati santi.
Mapènsati davanti
seper modo d'orgoglio
enfiasteunque lo scoglio
sìche 'l tuo Crëatore
nonamassi di core
enon fossi ubidenti
a'Suoi comandamenti;
ese ti se' vantato
diciò c'hai operato
inbene o in follia;
oper ipocresia
mostravedi ben fare
quandovolei fallare;
ose tra le persone
vaimovendo tencione
difatto o di minacce
tantoch'oltraggio facce;
ose t'insuperbisti
oin greco salisti
percaldo di ricchezza
oper tua gentilezza
oper grandi parenti
operché da le genti
tipar esser laudato;
ose ti se' sforzato
diparer per le vie
migliorche tu non sie;
os'hai tenuto a schifo
lagenteo torto 'l grifo
pertua grammatesia;
ose per leggiadria
tise' solo seduto
quandonon hai veduto
compagnoche ti piaccia;
os'hai mostrato faccia
crucciataper superba
ela parola acerba
vedendoaltrui fallare
ete stesso peccare;
ose ti se' vantato
odetto in alcun lato
d'averciò che non hai
osaver che non sai.
Amicoe ben ti membra
setu per belle membra
oper bel vestimento
haipreso orgogliamento:
questecose contate
sondi superbia nate
dicui il savio dice
chedè capo e radice
delmale e del peccato.
E'l frate m'ha contato
sedio ben mi ramento
cheper orgogliamento
falliol'angel matto
edEva ruppe 'l patto
ela morte d'Abèl
ela torre Babel
ela guerra di Troia:
cosìconvien che muoia
superbiaper soperchio
chespezza ogne coperchio.
Amicoor ti provedi
chétu conosci e vedi
ched'orgogliose pruove
invidianasce e muove
ch'èfuoco de la mente.
Vedise se' dolente
dell'altruibeninanza;
os'avesti allegranza
dell'altruiturbamento;
oper tuo trattamento
haiordinata cosa
chesia altrui gravosa;
ese sotto mantello
haiorlato il cappello
adalcun tu' vicino
permetterlo al dichino;
ose lo 'ncolpi a torto;
ose tu dài conforto
dimale a' suo' guerreri
equando se' dirieri
neparle laido male.
Benmostri che ti cale
dimetterlo in mal nome
matu non pensi come
lospregio ch'è levato
sìpossa esser lavato
népur che mai s'amorti
loblasmochi chi 'l porti:
chétale il mal dire ode
chepoi no·llo disode.
Invidiaè gran peccato;
eho scritto trovato
cheprima coce e dole
acolui che la vuole.
Ecertochi ben mira
d'invidianasce l'ira:
chéquando tu non puoi
diservirea colui
németterlo al disotto
locor s'imbrascia tutto
d'irae di maltalento
etutto 'l pensamento
sigira di mal fare
edi villan parlare
sìche batte e percuote
efa 'l peggio che puote.
Perciòamicopenza
se'n tanta malvoglienza
ver'Cristo ti crucciasti
ose Lo biastimiasti
ose battesti padre
odafendesti a madre
ocherico sagrato
osegnore o parlato:
cuil'ira dà di piglio
perdesenno e consiglio.
Inira nasce e posa
accidianighittosa:
chéchi non puote in fretta
fornirla sua vendetta
nédafender cui vole
l'odiofa come suole
chesempre monta e cresce
nédi mente non li esce;
edè 'n tanto tormento
chenon ha pensamento
dineun ben che sia
matanto si disvia
chenon sa megliorare
négià ben cominciare;
macroio e neghittoso
ever' Dio grorïoso.
Questinon va a messa
nésa qual che si' essa
nédicer paternostro
inchiesa né nel chiostro.
Cosìper mal' usanza
sigitta in disperanza
delpeccato c'ha fatto
edè sì stolto e matto
chedi suo mal non crede
trovarein Dio merzede;
oper falsa cagione
apigliapresenzione
che'l mette in mala via
dinon creder che sia
perben né per peccato
omosalv' o dannato;
edice a tutte l'ore
chegià giusto Segnore
no·ll'avrebbecrëato
perch'e' fosse dannato
edun altro prosciolto.
Questisi scosta molto
dala verace fede:
forseche non s'avede
che'l Misericordioso
tuttoche sia pietoso
sentenzaper giustizia
intra'l bene e le vizia
edà merito e pene
secondoche s'aviene?
Orpens'amico mio
setu al vero Dio
rendestigrazia o grato
delben che t'ha donato:
chétroppo pecca forte
edè degno di morte
chinon conosce 'l bene
dilà donde li viene.
Eguarda s'hai speranza
ditrovar perdonanza.
Haialcun mal commesso?
Senon ne se' confesso
peccatohai malamente
ver'l'alto Dio potente.
Dinegghienza m'avisa
chenasce covitisa:
chéquand' om per negghienza
nonsi trova potenza
difornir sua dispensa
immantenentepensa
comepotesse avere
sìde l'altrui avere
chefornisca suo porto
adiritto ed a torto.
Macolui c'ha divizia
sìcade in avarizia
chél'avere non spende
egià l'altrui non rende
anz'ha paura forte
ch'anziche vegna a morte
l'avergli vegna meno
epu·ristringe freno.
Cosìrapisce e fura
edà mala misura
epeso frodolente
enovero fallente;
enon teme peccato
d'anstarsuo mercato
nédi cometter frode
anzi'l si tene i·llode;
dinasconderlo sòle
eper bianche parole
ingannaaltrui sovente
emolto largamente
promettedi donare
quandono'l crede fare.
Eun altro per impiezza
ala zara s'avezza
egiuoca con inganno
eper far l'altrui danno
soventepigna 'l dado
enon vi guarda guado;
eben presta a unzino
emette mal fiorino;
ese perdesse un poco
benudiresti loco
biastemiareDio e' santi
eque' che son davanti.
Eun altr' èche non cura
diDio e di Natura
sìdoventa usoriere
ein molte maniere
ravolgesuo' danari
cheli son molto cari;
nonguarda dìe né festa
néper pasqua non resta
enon par che li 'ncresca
purche moneta cresca.
Altroper semonia
sigetta in mala via
eDio e' santi afende
evende le profende
e'santi sagramenti
emette 'nfra le genti
esemprodi malfare;
maquesto lascio stare
chétocca a ta' persone
chenon è mia ragione
didirne lungiamente.
Madico apertamente
chel'om ch'è troppo scarso
credoc'ha 'l cor tutt' arso
ché'n puovere persone
e'n on che si' in pregione
nonha nulla pietade:
tuttoin inferno cade.
Periscarsezza sola
vienpeccato di gola
ch'omchiama ghiottornia:
chéquando l'om si svia
sìche monti i·rrichezza
lagola sì s'avezza
ale dolce vivande
efar cocine grande
emangiare anzi l'ora.
Emolto ben divora
chimangia più sovente
chenon fa l'altra gente;
etalor mangia tanto
chepur da qualche canto
liduole corpo e fianco
estanne lasso e stanco;
einebrïa di vino
sìch'ogne suo vicino
sene ride d'intorno
emettelo in iscorno:
benè tenuto bacco
chifa del corpo sacco
emette tanto in epa
chetalora ne crepa.
Certoper ghiottornia
s'aparecchiala via
incommetter lusura:
chimangia a dismisura
lalussura s'acende
sìch'altro non intende
senon a quel peccato
ecerca d'ogne lato
comepossa compiére
quelsuo laido volere.
Evecchio che s'impaccia
dicosì laida taccia
faben doppio peccato
edè troppo blasmato.
Benè gran vituperio
commettereavolterio
condonne o con donzelle
quantoche paian belle;
machi 'l fa con parente
peccapiù agramente.
Matra questi peccati
sonvie più condannati
que'che son soddomiti:
dehcome son periti
que'che contra natura
brigancotal lusura!
Orvedicaro amico
e'ntende ciò ch'i' dico:
vediquanti peccati
iot'aggio nominati
etutti son mortali;
esai che ci ha di tali
chene curiamo poco.
Vediche non è gioco
dicadere in peccato:
eperò da buon lato
consiglioche ti guardi
che'l mondo non t'imbardi.
Oraa Dio t'acomando
ch'ionon so l'or' né quando
tidebbia ritrovare:
ch'iocredo pur andare
lavia ch'io m'era messo;
chéciò che m'e promesso
diveder le sett' arti
edaltre molte parti
iole vo' pur vedere
imparare sapere;
chépoi che del peccato
mison penitenzato
esonne ben confesso
eprosciolto e dimesso
iometto poca cura
d'andara la Ventura.
XXII
Cosìun dì di festa
tornaia la foresta
etanto cavalcai
cheio mi ritrovai
unadiman per tempo
insul monte d'Olempo
disopra in su la cima.
Equi lascio la rima
perdir più chiaramente
ciòch'i' vidi presente:
ch'iovidi tutto 'l mondo
sìcom'egli è ritondo
etutta terra e mare
e'l fuoco sopra l'ãre;
ciòson quattro aulimenti
cheson sostenimenti
ditutte crëature
secondolor nature.
Ormi volsi da canto
evidi un bianco manto
cosìda la sinestra
dopp'una gran ginestra;
eio guatai più fiso
evidi un bianco viso
conuna barba grande
chesul petto si spande.
Ond'iom'asicurai
e'nanti lui andai
efeci mio saluto
efui ben ricevuto;
ond'iopresi baldanza
econ dolce contanza
lodomandai del nome
chielli erae come
sistava sì soletto
sanzaniuno ricetto.
Etanto 'l domandai
chenel suo dir trovai
chelà dove fu nato
fuTolomeo chiamato
mastrodi storlomia
edi fisolofia;
edè a Dio piaciuto
chesia tanto vivuto
qualche sia la cagione.
Eio 'l misi a ragione
dique' quattro aulimenti
edi lor fondamenti
ecome son formati
einsieme legati.
Eei con belle risa
rispuosein questa guisa: